ISSN 1977-0944 |
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Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517 |
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Edizione in lingua italiana |
Comunicazioni e informazioni |
64° anno |
Sommario |
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I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri |
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PARERI |
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Comitato economico e sociale europeo |
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563a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 22.9.2021-23.9.2021 |
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2021/C 517/01 |
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2021/C 517/02 |
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2021/C 517/03 |
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2021/C 517/04 |
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2021/C 517/05 |
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III Atti preparatori |
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Comitato economico e sociale europeo |
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563a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 22.9.2021-23.9.2021 |
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2021/C 517/06 |
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2021/C 517/07 |
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2021/C 517/08 |
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2021/C 517/09 |
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2021/C 517/10 |
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2021/C 517/11 |
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2021/C 517/12 |
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2021/C 517/13 |
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2021/C 517/14 |
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2021/C 517/15 |
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2021/C 517/16 |
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2021/C 517/17 |
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2021/C 517/18 |
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2021/C 517/19 |
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2021/C 517/20 |
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2021/C 517/21 |
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2021/C 517/22 |
IT |
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I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri
PARERI
Comitato economico e sociale europeo
563a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 22.9.2021-23.9.2021
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/1 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il ruolo della politica di coesione nella lotta alle disuguaglianze nel nuovo periodo di programmazione successivo alla crisi della pandemia di COVID-19. Complementarità ed eventuali sovrapposizioni con il dispositivo per la ripresa e la resilienza e i piani nazionali per la ripresa»
(parere d’iniziativa)
(2021/C 517/01)
Relatore: |
Ioannis VARDAKASTANIS |
Correlatrice: |
Judith VORBACH |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
25.3.2021 |
Base giuridica |
Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno |
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Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale |
Adozione in sezione |
8.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
23.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
211/0/6 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Lo strumento Next Generation EU non si fonda soltanto sulla solidarietà tra gli Stati membri ma rappresenta anche un simbolo della visione del futuro che essi condividono. Esercitando un effetto positivo sulla fiducia, esso ha già contribuito a ridurre la probabilità che si produca una crisi profonda in alcuni paesi; il suo impatto benefico si farà sentire pienamente quando inizierà la spesa effettiva. Il CESE apprezza vivamente il fatto che l’UE sia riuscita ad elaborare e adottare un meccanismo di così ampia portata in un periodo di tempo tanto breve, ma allo stesso tempo chiede di fare ogni sforzo per apportare ulteriori miglioramenti e porre rimedio alle eventuali carenze. |
1.2. |
In generale il CESE chiede una strategia economica e sociale imperniata sulla prosperità, in cui il benessere dei cittadini sia prioritario e nessuno sia lasciato indietro. Il presente parere si concentra sui modi in cui la politica di coesione e Next Generation EU, soprattutto tramite la sua iniziativa faro, il dispositivo per la ripresa e la resilienza (1), intendono porre rimedio alle disuguaglianze. Next Generation EU contribuirà in effetti a realizzare una convergenza verso l’alto tra gli Stati membri e potrà anche rafforzare il margine di bilancio per la realizzazione di misure di politica sociale. In ultima analisi, tuttavia, la misura e il modo in cui sarà possibile combattere, tramite Next Generation EU, le disuguaglianze tra paesi e gli squilibri tra regioni costituiscono la grande sfida che dovremo affrontare nei prossimi anni. |
1.3. |
Le disuguaglianze rappresentavano un gravissimo problema già prima della pandemia di COVID-19. La crisi ha ulteriormente accentuato ed esacerbato queste carenze che da tempo affliggono le nostre società: tra le altre, le disuguaglianze in termini di distribuzione del reddito e della ricchezza, nonché di accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione. Tali disparità variano in funzione del genere e dell’età, del livello di istruzione e della disabilità, ma anche tra regioni, settori e professioni. La pandemia ha colpito in maniera sproporzionata le donne e i giovani. L’incidenza delle infezioni da COVID-19 è stata più elevata tra le fasce di popolazione più svantaggiate, e questa circostanza può a sua volta incidere negativamente sul reddito. I cittadini più poveri sono anche quelli che hanno meno probabilità di accedere al telelavoro, fattore che si è dimostrato determinante nella perdita del posto di lavoro. |
1.4. |
L’UE dovrebbe sfruttare l’opportunità senza precedenti offerta da Next Generation EU per colmare le carenze delle politiche sociali, economiche e ambientali e per attuare un approccio imperniato sulla prosperità. Il CESE si compiace che gli obiettivi sociali, soprattutto quello della coesione economica, sociale e territoriale, siano integrati nei sei pilastri del dispositivo per la ripresa e la resilienza e che i criteri di valutazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR) considerino anche il loro impatto sociale. A giusto titolo, gli Stati membri dovranno anche chiarire in che modo i PNRR contribuiscano alla parità di genere e alle pari opportunità per tutti. Il CESE tuttavia ritiene necessario concentrare l’attenzione in maniera assai più specifica sull’equità della distribuzione nel quadro complessivo dei PNRR e di Next Generation EU. |
1.5. |
Per garantire che i PNRR siano dotati di una più solida dimensione sociale, il CESE suggerisce alla Commissione non solo di definire una metodologia per la rendicontazione della spesa sociale, come previsto dall’articolo 29, paragrafo 4, del regolamento sul dispositivo per la ripresa e la resilienza, ma anche di elaborare una metodologia per valutare l’impatto sociale delle riforme strutturali proposte nei PNRR. In tale contesto è fonte di grande perplessità il fatto che l’atto delegato, contenente indicazioni specifiche sulla dimensione sociale, sarà messo a disposizione soltanto dopo la stesura dei PNRR e addirittura dopo la loro approvazione. |
1.6. |
Una delle sfide cruciali è quella di assicurare coerenza e sinergie tra la politica di coesione e Next Generation EU, e in particolare il dispositivo per la ripresa e la resilienza e React-EU. Se da un lato è importante evitare sovrapposizioni e confusione nell’attuazione dei programmi, dall’altro è anche essenziale garantire che i programmi non si contraddicano o si compromettano a vicenda. Inoltre, il fatto che i finanziamenti del dispositivo per la ripresa e la resilienza siano potenzialmente considerati prioritari rispetto alla politica di coesione, date le pressioni per un rapido assorbimento, rischia di ridurre l’attenzione e la capacità di gestire la programmazione e l’attuazione dei finanziamenti della politica di coesione per il periodo 2021-2027, contribuendo così a ulteriori ritardi e a problemi nell’utilizzo delle risorse di coesione. |
1.7. |
Il CESE teme che, a causa della differente base giuridica (cfr. il punto 3.4), le disposizioni per attenuare le disuguaglianze stabilite dalla politica di coesione non siano adeguatamente rispecchiate nelle norme che disciplinano l’utilizzo di Next Generation EU e del dispositivo per la ripresa e la resilienza. È importante che l’ampiezza e la trasparenza con cui la dimensione sociale viene trattata nella politica di coesione servano da modello per Next Generation UE e il dispositivo per la ripresa e la resilienza. Inoltre le norme rigorose previste dalla politica di coesione per la consultazione dei portatori d’interessi, e in particolare il principio di partenariato, dovrebbero essere adottati quanto meno come modello per le procedure del dispositivo per la ripresa e la resilienza, al fine di indirizzare efficacemente gli investimenti verso misure di inclusione sociale, e di combattere la disuguaglianza. |
1.8. |
Dal momento che l’erogazione dei fondi è subordinata all’attuazione di raccomandazioni specifiche per paese, è ancor più importante riformare il semestre europeo, inserendovi norme minime per la consultazione delle parti sociali e della società civile, come suggerisce la risoluzione del CESE sul coinvolgimento della società civile organizzata nei piani per la ripresa e la resilienza (2). Nel contesto della politica di coesione, dello strumento Next Generation EU e delle raccomandazioni specifiche per paese, il CESE raccomanda vivamente di concentrare una particolare attenzione su tutti i diversi aspetti della disuguaglianza e di perseguire una crescita sostenibile e inclusiva, esercitando al contempo un rigoroso controllo sul modo in cui vengono spesi i fondi. |
1.9. |
Inoltre, il CESE invita a integrare sistematicamente il pilastro europeo dei diritti sociali e il quadro di valutazione della situazione sociale in Next Generation EU e nella valutazione dei PNRR. Nel quadro di tale integrazione, occorre verificare che Next Generation EU sia in linea con l’obiettivo di creare posti di lavoro dignitosi. Pertanto, l’erogazione dei fondi del dispositivo per la ripresa e la resilienza alle imprese dovrebbe essere subordinata al rispetto di determinati criteri, quali l’applicazione di contratti collettivi o l’offerta di posti di lavoro di qualità sulla base di leggi e regolamenti nazionali derivati dagli accordi nazionali delle parti sociali. Occorre far sì che i benefici della ripresa e delle transizioni verde e digitale siano condivisi fra tutti i cittadini che vivono nell’Unione europea. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
Ormai da molto tempo l’Unione europea ricorre alla politica di coesione, e soprattutto a fondi come il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo sociale europeo, per attenuare le disuguaglianze sia tra gli Stati membri che al loro interno. Nel 2020 la pandemia di COVID-19 ha provocato uno shock sistemico ed economico di eccezionale gravità, esacerbando gli squilibri già esistenti tra gli Stati membri in una misura che i fondi di coesione non sono stati in grado di contrastare da soli. Ciò ha determinato la creazione di una nuova iniziativa di finanziamento denominata Next Generation EU: un pacchetto per la ripresa da 750 miliardi di EUR, da ripartire tra gli Stati membri. |
2.2. |
Next Generation EU non si fonda soltanto sulla solidarietà tra gli Stati membri, bensì rappresenta anche una svolta decisiva nel processo d’integrazione europea che prevede, per esempio, la mutualizzazione del debito, con la quale si intende l’emissione comune di obbligazioni e l’assunzione collettiva del debito. L’effetto positivo sulla fiducia prodotto da Next Generation EU ha già contribuito a ridurre la probabilità che si produca una crisi profonda in alcuni paesi; il suo impatto benefico si farà sentire pienamente quando inizierà la spesa effettiva. L’effetto positivo sulla crescita economica contribuirà a ridurre la disoccupazione. Nel lungo periodo, Next Generation EU dovrebbe offrire un contributo sostanziale alla sostenibilità ambientale, economica e sociale. A parere del CESE, Next Generation EU rappresenta un’opportunità senza precedenti per rafforzare il modello sociale europeo e costruire un’Unione europea competitiva e integrata, contribuendo a una ripresa economica rapida, equa e sostenibile. È probabile che, alla fine, tutti gli Stati membri risulteranno beneficiari netti (3). In ultima analisi il CESE è convinto che i fondi europei non siano soltanto numeri, obiettivi e scadenze, ma rappresentino il simbolo della visione del futuro condivisa dagli Stati membri dell’Unione. |
2.3. |
Il dispositivo per la ripresa e la resilienza, elemento centrale di Next Generation EU, metterà a disposizione 672,5 miliardi di EUR in prestiti e sovvenzioni, a favore di riforme e investimenti effettuati dagli Stati membri dell’UE. L’obiettivo è quello di attenuare l’impatto economico e sociale della pandemia di COVID-19 e di rendere le società e le economie europee più sostenibili, inclusive e resilienti, nonché meglio preparate sia ad affrontare le sfide poste dalla duplice transizione verde e digitale sia a cogliere le opportunità che essa offre. |
2.3.1. |
Il dispositivo per la ripresa e la resilienza si articola in sei «pilastri» che comprendono la coesione economica, sociale e territoriale; la salute e la resilienza sociale; e le politiche per la prossima generazione, l’infanzia e la gioventù. Gli Stati membri sono tenuti a favorire sinergie e promuovere uno stretto coordinamento tra i PNRR e la programmazione della politica di coesione. Inoltre i PNRR dovrebbero affrontare efficacemente le sfide derivanti da sviluppi economici sempre più divergenti e percorsi di ripresa diversi, non direttamente individuati nel quadro del semestre europeo. Di particolare rilevanza al riguardo sono le raccomandazioni specifiche per paese formulate nel 2019 e nel 2020. |
2.4. |
Oltre al dispositivo per la ripresa e la resilienza, Next Generation EU comprende anche l’Assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa (REACT-EU), cui sono assegnati 47,5 miliardi di EUR. Si tratta di una nuova iniziativa volta ad ampliare le misure di risposta alla crisi e di superamento dei suoi effetti, realizzate tramite l’Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus e l’Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus Plus. Tuttavia, rispetto ad altre misure il bilancio disponibile è modesto e può quindi contribuire solo in misura limitata alla ripresa verde, digitale, sostenibile, inclusiva e resiliente dell’economia. I fondi di REACT-UE saranno messi a disposizione del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD). |
2.5. |
Inoltre, 377,8 miliardi di EUR in totale saranno erogati agli Stati membri tramite i programmi di coesione per il periodo di programmazione 2021-2027. Quest’importo sarà assegnato tramite i seguenti fondi:
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3. Complementarità, sinergie e divari tra il dispositivo per la ripresa e la resilienza e la politica di coesione
3.1. |
In generale il CESE chiede una strategia economica e sociale imperniata sulla prosperità, in cui il benessere dei cittadini sia prioritario e nessuno sia lasciato indietro. Tra gli obiettivi strategici principali devono figurare la crescita sostenibile e inclusiva, la qualità della vita e la riduzione delle disuguaglianze. Il CESE invita a integrare tali obiettivi nei vari settori d’intervento, tra cui la fiscalità, il mercato del lavoro, la politica industriale e quella monetaria. Nell’ambito del semestre europeo, del quadro di governance economica e del quadro finanziario pluriennale si raccomanda vivamente di intensificare gli sforzi per risolvere il problema delle crescenti disuguaglianze. Il presente parere si concentra sui modi in cui la politica di coesione e Next Generation EU, soprattutto tramite la sua iniziativa faro, il dispositivo per la ripresa e la resilienza, sono intesi a porre rimedio a tali disuguaglianze. |
3.2. |
I pagamenti lordi di Next Generation EU non sono basati su criteri molto chiari. Per queste ragioni, molto probabilmente Next Generation EU consentirà alle economie più deboli dell’UE di riprendersi più velocemente e contribuirà a una reale convergenza verso l’alto, esito che il CESE considera assai positivo. Tuttavia, non è chiaro in che misura e in che modo si dovranno combattere, tramite Next Generation EU, le disuguaglianze tra paesi e gli squilibri tra regioni. In ogni caso, le sovrapposizioni tra politica di coesione e Next Generation EU rendono assai probabili anche effetti avversi. |
3.2.1. |
È fondamentale che le politiche sociali e occupazionali garantiscano parità di condizioni e le disposizioni di Next Generation EU dovrebbero imporre riforme in tal senso. Il CESE ricorda le varie proposte che ha avanzato per affrontare il problema delle disuguaglianze all’interno dei diversi paesi, per esempio tramite il collegamento del sistema degli appalti pubblici al rispetto di taluni criteri e l’adozione di programmi di sostegno ai gruppi vulnerabili (come la garanzia per i giovani). A tale proposito sarebbe opportuno promuovere anche la qualità dei posti di lavoro e dei sistemi di contrattazione collettiva. |
3.2.2. |
Il sostegno fornito dai fondi di Next Generation EU potrebbe inoltre alleviare la pressione sui bilanci pubblici e ampliare il margine di bilancio, in particolare dei paesi più indebitati, il quale potrebbe essere utilizzato anche per migliorare le misure di politica sociale volte ad attenuare le disuguaglianze. Inoltre, il CESE raccomanda di analizzare i fattori che hanno svolto un ruolo significativo nel deterioramento delle finanze pubbliche in alcuni Stati membri nel contesto della crisi della COVID-19. |
3.3. |
Una delle sfide cruciali è quella di assicurare coerenza e sinergie tra la politica di coesione e Next Generation EU, e in particolare il dispositivo per la ripresa e la resilienza e React-EU. Sulla base dei PNRR che sono stati presentati e resi pubblici nel quadro del processo del dispositivo per la ripresa e la resilienza, a un primo sguardo pare che quest’ultimo e i programmi della politica di coesione abbiano vari obiettivi in comune (4). Sembra però di notare forti differenze nei processi impiegati per determinare la destinazione degli investimenti: ci si chiede pertanto se i due meccanismi possano operare in armonia. Se da un lato è importante evitare sovrapposizioni e confusione nell’attuazione dei programmi, dall’altro è anche essenziale garantire che i programmi non si contraddicano o si compromettano a vicenda. Le procedure del dispositivo per la ripresa e la resilienza dovrebbero riprendere i principi della politica di coesione (che prevedono norme rigorose in materia di consultazione dei portatori di interessi) per indirizzare efficacemente gli investimenti verso misure di inclusione sociale. |
3.4. |
La politica di coesione vanta una lunga tradizione per quanto riguarda lo stanziamento strategico di fondi e risorse a favore di obiettivi sociali, oltre ai partenariati e all’istituzione obbligatoria di comitati di sorveglianza, in cui è rappresentata una molteplicità di portatori di interessi e parti sociali per la selezione dei progetti. L’efficacia di tali principi, pur non tale da garantire con assoluta certezza investimenti di qualità, è stata comunque dimostrata in generale, nel corso del tempo, da audit e valutazioni ex post. Purtroppo queste pratiche di provata validità sono state utilizzate solo parzialmente nella progettazione dei PNRR. Il CESE invita gli Stati membri ad adottare pratiche come l’istituzione di comitati di sorveglianza nella fase di attuazione dei PNRR. Di tali comitati dovrebbero far parte anche rappresentanti delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile. |
3.5. |
Se consideriamo il più recente regolamento recante disposizioni comuni (RDC) (5), che disciplina le modalità di utilizzo dei fondi di coesione, le norme che determinano l’ammissibilità delle azioni sono chiarissime. L’articolo 73, per esempio, afferma che «per la selezione delle operazioni l’autorità di gestione stabilisce e applica criteri e procedure non discriminatori e trasparenti, garantisce l’accessibilità per le persone con disabilità nonché la parità di genere». Il CESE teme che, a causa della differente base giuridica (cfr. il punto 3.4), le disposizioni per attenuare le disuguaglianze stabilite dalla politica di coesione non siano adeguatamente rispecchiate nelle norme che disciplinano l’utilizzo di Next Generation EU e del dispositivo per la ripresa e la resilienza. È importante che l’ampiezza e la trasparenza con cui la dimensione sociale viene trattata nella politica di coesione servano da modello per Next Generation UE e il dispositivo per la ripresa e la resilienza. |
3.6. |
Per quanto riguarda i partenariati, l’articolo 8 afferma che «per l’accordo di partenariato e per ogni programma ciascuno Stato membro organizza e attua un partenariato globale» che include «gli organismi pertinenti che rappresentano la società civile, quali i partner ambientali, le organizzazioni non governative e gli organismi incaricati di promuovere l’inclusione sociale, i diritti fondamentali, i diritti delle persone con disabilità, la parità di genere e la non discriminazione». Le condizioni abilitanti indicate nell’allegato del regolamento specificano anch’esse formalmente che i finanziamenti dell’UE non devono contribuire alla segregazione di persone in strutture di assistenza istituzionale. |
3.7. |
Come la politica di coesione, anche la coesione economica, sociale e territoriale è menzionata esplicitamente nell’ambito di applicazione e tra gli obiettivi del dispositivo per la ripresa e la resilienza. Dal momento però che Next Generation EU si basa sull’articolo 122 del TFUE, che si riferisce alle emergenze causate da imprevedibili e gravi difficoltà economiche, il principio essenziale qui in gioco è la solidarietà. Dato che il dispositivo per la ripresa e la resilienza si basa invece sull’articolo 175 del TFUE, la coesione dovrebbe costituire uno degli obiettivi perseguiti nei PNRR (6). Dei PNRR dotati di una dimensione territoriale debole potrebbero avere ripercussioni sulla politica di coesione e sulla coesione territoriale, nonché sulla riduzione delle disparità interne, sul ruolo dei livelli subnazionali e sul principio della governance a più livelli. |
3.8. |
Desta particolare preoccupazione la sovrapposizione tra la politica di coesione e il dispositivo per la ripresa e la resilienza che si rileva in alcuni ambiti, tra cui le transizioni verde e digitale. Inoltre, l’ampio ambito di applicazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza, che abbraccia diverse aree tematiche, rende ancor più impegnativo definire un centro d’interesse chiaro e garantire il coordinamento con gli interventi della politica di coesione, in termini di delimitazione delle diverse fonti, elemento della massima importanza per le ragioni che si illustrano di seguito. Questo è un altro motivo per cui la partecipazione della società civile organizzata e la sorveglianza che essa esercita rivestono tanta importanza. |
3.9. |
Il fatto che i finanziamenti del dispositivo per la ripresa e la resilienza siano potenzialmente considerati prioritari rispetto alla politica di coesione, date le pressioni per un rapido assorbimento o una rapida attuazione (ad esempio il carattere urgente, la durata più breve e il serrato calendario dei PNRR), rischia di ridurre l’attenzione e la capacità di gestire la programmazione e l’attuazione dei finanziamenti della politica di coesione per il periodo 2021-2027, contribuendo così a creare ulteriori ritardi e problemi nell’utilizzo delle risorse destinate alla coesione. |
3.10. |
La società civile e le parti sociali hanno operato instancabilmente per garantire una formulazione rigorosa del regolamento recante disposizioni comuni (RDC), che disciplina l’utilizzo dei fondi di coesione e di altri finanziamenti UE. Il regolamento per il periodo 2021-2027 definisce chiaramente il modo in cui si dovrebbero utilizzare le risorse per rafforzare l’inclusione sociale dei gruppi emarginati e non segregarli ulteriormente. Esso fissa anche delle norme precise per l’inclusione della società civile e delle parti sociali nel processo di selezione, governance e sorveglianza delle operazioni finanziate dall’UE. Il contrasto con il dispositivo per la ripresa e la resilienza è netto. L’articolo 18, paragrafo 4, lettera q), impone alle autorità nazionali unicamente di presentare una sintesi del processo di consultazione. In pratica, la mancanza di disposizioni giuridiche più dettagliate sul coinvolgimento delle parti sociali e della società civile si è tradotta in una consultazione pubblica totalmente inadeguata da parte degli Stati membri e in livelli di trasparenza estremamente bassi: molti Stati membri non hanno affatto reso pubblici i propri progetti di PNRR. |
3.10.1. |
Il CESE riconosce che l’intervallo di tempo tra l’approvazione di Next Generation EU e la scadenza per la presentazione dei PNRR era breve. È convinto però che gli Stati membri avrebbero dovuto scorgere in una piena e significativa consultazione della società civile e delle parti sociali un’opportunità da cogliere per agevolare l’elaborazione di PNRR di elevata qualità, anziché un onere che molti Stati membri hanno deciso di evitare. |
3.11. |
L’assenza di controllo pubblico durante il periodo di elaborazione dei piani ha suscitato il timore che gli Stati membri utilizzino il dispositivo per la ripresa e la resilienza per aggirare le norme che vietano di utilizzare i fondi di coesione per determinati tipi di investimenti. Come sì è potuto constatare, questo si è già verificato in alcuni dei pochi progetti di PNRR resi disponibili al pubblico, in particolare per quanto riguarda le norme relative agli investimenti nell’inclusione sociale. Le norme contenute nell’RDC, in particolare quelle relative alle condizioni abilitanti, sono state introdotte su richiesta della società civile e delle parti sociali. Se non è necessario dimostrare che, per essere approvate, le azioni finanziate parallelamente dal dispositivo per la ripresa e la resilienza rispetteranno i rigorosi principi sanciti dall’RDC, la garanzia che tali principi saranno rispettati diventa assai più debole. Bisogna ammettere che il regolamento recante disposizioni comuni, in sé, non è stato sempre gestito in modo da impedire un uso improprio dei fondi, ma esso offre almeno una base per contestare o chiedere di sospendere i finanziamenti che non soddisfano le condizioni abilitanti. Con il dispositivo per la ripresa e la resilienza, la possibilità di contestare l’uso improprio dei fondi o di sospenderli rimane incerta. |
3.12. |
Il CESE deplora il fatto che nella progettazione di molti PNRR non sia stato rispettato il principio di partenariato. A giudizio del CESE, il principio di partenariato e il coinvolgimento della società civile organizzata sono elementi essenziali sia per elaborare politiche efficaci, sia ai fini della titolarità. Il principio di partenariato fa parte del DNA della politica di coesione. Abbiamo rilevato validi esempi di partecipazione attiva da parte di cittadini, comunità locali e società civile. Per attuare ed eventualmente riprogettare i PNRR si dovrebbe introdurre un sistema più ambizioso di consultazione delle parti interessate, che si riferisca come modello al principio di partenariato. Per quanto riguarda le questioni locali, le strategie di sviluppo di tipo partecipativo (CLLD), gli investimenti territoriali integrati nelle città, le azioni urbane innovative e la cooperazione transfrontaliera nel quadro di Interreg offrono numerosi esempi di progetti realizzati in tutta l’UE di cui si dovrebbe tenere conto anche nell’attuazione dei PNRR. |
4. Combattere le disuguaglianze mediante la politica di coesione, Next Generation EU e il dispositivo per la ripresa e la resilienza
4.1. |
Per quanto riguarda l’evoluzione della pandemia, i responsabili politici devono ancora fare i conti con un elevato livello di incertezza. In molti paesi le previsioni sulla crescita per il periodo dal 2019 al 2023 sono state rivedute al ribasso. Nell’Unione europea vi saranno divergenze notevoli e sempre più marcate nella crescita, circostanza dovuta in larga misura ai diversi effetti della pandemia sui differenti settori economici. Ad esempio, i paesi in cui il settore turistico riveste grande importanza sono stati gravemente danneggiati, mentre sono stati duramente colpiti anche i settori delle arti e dell’intrattenimento, del commercio, dei viaggi e dell’accoglienza, del commercio al dettaglio e dei trasporti (7). |
4.1.1. |
La pandemia ha inoltre aggravato divari da lungo tempo radicati nelle nostre società, tra cui l’iniqua distribuzione del reddito e della ricchezza, le disparità di accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione nonché, infine, la differente esposizione ai danni ambientali, causando anche esclusione sociale e finanziaria. In Germania, per esempio, il numero dei disoccupati di lungo periodo ha superato il milione. La disoccupazione ha colpito soprattutto i lavoratori precari, nelle cui file il numero dei disoccupati è cresciuto del 40 %: in gran parte si tratta di giovani e donne. In generale le disuguaglianze variano in funzione del genere, dell’età e del livello di istruzione, ma anche tra regioni, settori e professioni. I gruppi vulnerabili come, per esempio, le persone con disabilità e i migranti, sono i più colpiti dalle conseguenze della crisi sanitaria. |
4.2. |
In generale, durante una recessione le difficoltà derivanti dalla perdita di reddito sono probabilmente maggiori per i cittadini più poveri che per i più ricchi. Quando l’economia ricomincia a crescere, però, i poveri non sono i primi a trarre vantaggio da tale ripresa, e di conseguenza le disuguaglianze sociali provocate, per esempio, da una crisi finanziaria possono farsi sentire per decenni. L’aumento delle disuguaglianze derivanti dalla crisi attuale potrebbe aggravarsi ulteriormente a causa dell’impatto avverso della pandemia. Come abbiamo visto, l’incidenza delle infezioni da COVID-19 è più elevata tra le fasce di popolazione più svantaggiate, e questa circostanza può a sua volta incidere negativamente sul loro reddito. I cittadini più poveri sono anche quelli che hanno meno probabilità di accedere al telelavoro, fattore che si è dimostrato determinante per la perdita del posto di lavoro. |
4.2.1. |
Per di più, i settori in cui prevalgono i lavoratori a basso reddito (per esempio ristoranti, viaggi, intrattenimento) sono stati particolarmente colpiti (8). Dal momento che la pandemia ha accelerato i processi di automazione e digitalizzazione, tra cui l’intelligenza artificiale, la domanda di forza lavoro altamente qualificata è cresciuta, mentre i lavoratori scarsamente qualificati sono stati esclusi dal mercato del lavoro (9). È probabile altresì che la disoccupazione di lunga durata abbia effetti destinati a protrarsi nel tempo, come la perdita di competenze, e possa ostacolare la reintegrazione dei lavoratori. Inoltre, i segmenti vulnerabili della società sono stati i più duramente colpiti dalla chiusura delle scuole e delle università. |
4.3. |
Al di là degli effetti della pandemia sul benessere materiale, il CESE desidera sottolineare anche l’impatto sproporzionato che essa ha avuto sulla sicurezza dei cittadini e sull’esercizio dei loro diritti fondamentali. Non è un segreto che le strutture sanitarie e di assistenza sono diventate focolai di infezione con un elevato numero di morti, soprattutto tra gli anziani e le persone con disabilità. |
4.3.1. |
In alcuni Stati membri il sovraffollamento degli ospedali ha portato a introdurre un sistema di triage per decidere chi ammettere, o non ammettere, a trattamenti di emergenza. In alcuni casi si sono verificate gravi discriminazioni. L’età e la disabilità sono state usate come giustificazione per respingere i pazienti, mettendo chiaramente in luce le priorità sulla cui base i governi misurano il valore dei singoli cittadini. È di cruciale importanza impedire che tale situazione si ripeta, e che le persone vulnerabili siano trattate come cittadini di seconda classe. |
4.4. |
Il CESE rileva pure l’assenza di dati di alta qualità relativi alla distribuzione della ricchezza. Già nel 2016, peraltro, la BCE concludeva nella sua «Indagine sulle finanze e sui consumi delle famiglie» che la distribuzione della ricchezza netta dei nuclei familiari nella zona euro faceva registrare forti squilibri: il 10 % più ricco possedeva il 51,2 % del patrimonio netto (10). Altre proiezioni segnalano una distribuzione della ricchezza ancor più disuguale: stimano infatti che l’un per cento più ricco dei nuclei familiari detenga una quota che può giungere al 32 % della ricchezza totale. Con ogni probabilità la crisi della COVID-19 aggraverà ulteriormente la disuguaglianza in termini di ricchezza. Nel complesso sembra aver determinato un incremento dei risparmi. I nuclei familiari a basso reddito hanno tuttavia ridotto le proprie spese in misura minore rispetto a quelli che percepiscono redditi più elevati. Data la necessità di soddisfare i fabbisogni di sussistenza, i nuclei familiari a basso reddito sono ritornati ai livelli pre-crisi più rapidamente di quanto abbiano fatto i percettori di redditi più elevati (11). |
4.5. |
La pandemia ha colpito le donne in misura sproporzionata. La probabilità che fossero licenziate, poste in cassa integrazione o che dovessero ridurre l’orario di lavoro formale è stata più elevata per tutta una serie di ragioni. Esse sono più rappresentate in alcune delle occupazioni più duramente colpite dal lockdown, e in un maggior numero di casi detenevano contratti di lavoro atipici o a tempo parziale. Tendenzialmente le imprese hanno preferito proteggere i lavoratori con contratti a tempo indeterminato. Inoltre, le donne hanno lasciato il lavoro o hanno ridotto l’orario di lavoro per potersi dedicare maggiormente ai figli in ragione della chiusura delle scuole. La pandemia ha altresì aggravato il divario di genere nei lavori domestici non retribuiti (12). |
4.6. |
Next Generation EU è concepito come uno dei principali strumenti elaborati dall’Unione per attenuare gli impatti sociali avversi della crisi, rafforzare la resilienza sociale e accrescere l’occupazione. Tuttavia il suo successo dipende dal modo in cui sarà attuato. Per realizzare la ripresa è importante spendere le risorse in maniera efficace e tempestiva. Un utilizzo efficiente delle risorse genererà inoltre un clima di fiducia tra gli Stati membri. Nel complesso, sarà essenziale impiegare Next Generation EU non solo per portare avanti investimenti già programmati prima della pandemia, ma anche per reagire in maniera estremamente chiara introducendo riforme che contribuiscano a impedire il ripetersi degli effetti peggiori prodotti dalla COVID-19 sulle nostre società. |
4.7. |
Il CESE si rallegra che gli obiettivi sociali, e in particolare l’obiettivo della coesione economica, sociale e territoriale, siano integrati nei sei pilastri del dispositivo per la ripresa e la resilienza, che i criteri di valutazione dei piani di ripresa e resilienza comprendano il loro impatto sociale, e che gli Stati membri debbano chiarire in che modo i piani per la ripresa e la resilienza contribuiscano alla parità di genere e alle pari opportunità per tutti. Il CESE teme, tuttavia, che la dimensione sociale non sia adeguatamente rappresentata nei PNRR, o che alcune misure siano considerate «sociali» benché non contribuiscano agli obiettivi sociali definiti nel regolamento. Finora sembra improbabile che i PNRR riescano ad affrontare con efficacia le disparità sociali. Per garantire che ciascun PNRR sia dotato di una dimensione sociale solida, il CESE suggerisce alla Commissione non solo di definire una metodologia per la rendicontazione della spesa sociale, come previsto dall’articolo 29, paragrafo 4, del regolamento sul dispositivo per la ripresa e la resilienza, ma anche di elaborare una metodologia per valutare l’impatto sociale delle riforme strutturali proposte nei PNRR. Occorre inoltre rivolgere un’attenzione maggiore e più mirata all’equità della distribuzione. |
4.8. |
Il dispositivo per la ripresa e la resilienza dev’essere utilizzato per introdurre riforme che favoriscano la ripresa degli Stati membri dall’impatto della pandemia. Il CESE invita a destinare gli investimenti in via prioritaria a quei gruppi che sono stati colpiti più duramente dalla COVID-19 e a trarre insegnamenti dalle situazioni in cui i cittadini hanno subito le conseguenze più gravi di questa crisi sanitaria. È necessario orientare investimenti specifici verso il reinserimento dei cittadini in impieghi di qualità; pensiamo soprattutto alle donne, ai giovani, ai disoccupati di lungo periodo, alle persone appartenenti a minoranze etniche, alle persone con disabilità e agli anziani, il cui numero è probabilmente destinato ad aumentare nella società in generale. Si deve infine salvaguardare la sostenibilità dei sistemi pensionistici. |
4.8.1. |
È assolutamente indispensabile potenziare i servizi della sanità e dell’assistenza pubbliche, soprattutto in quegli Stati membri in cui la crisi della COVID-19 ha messo a nudo gravi carenze. A giudizio del CESE, il dispositivo per la ripresa e la resilienza offre agli Stati membri un’occasione senza precedenti per riformare questi tipi di servizi, oltre che per introdurre forme di sostegno personalizzato per i cittadini all’interno della comunità, tra cui l’assistenza individuale e a domicilio. |
4.9. |
Inoltre, occorre verificare che Next Generation EU sia in linea con l’obiettivo di creare posti di lavoro dignitosi. Il CESE raccomanda di applicare un approccio strategico già collaudato nel contesto dei fondi strutturali europei, che consiste nel collegare l’erogazione dei fondi del dispositivo per la ripresa e la resilienza al rispetto di determinati criteri. Ad esempio, le imprese dovrebbero poter beneficiare delle risorse di tale dispositivo solo se applicano contratti collettivi od offrono posti di lavoro di qualità sulla base di leggi e regolamenti nazionali derivati dagli accordi nazionali delle parti sociali, accettano di ridurre il numero di posti di lavoro precari (ad esempio, impieghi a tempo determinato o temporanei imposti unilateralmente dal datore di lavoro) o dispongono di strutture forti per la cogestione. |
4.10. |
Non sono ancora stati presentati gli atti delegati concernenti il quadro di valutazione della ripresa e della resilienza e la metodologia per la comunicazione delle spese sociali, ivi incluse quelle destinate all’infanzia e ai giovani. Il CESE sostiene senza riserve l’invito, rivolto dal Parlamento europeo alla Commissione, «a garantire la piena trasparenza in relazione al calendario per l’approvazione» di tali atti, nonché «la rapida attuazione di tali atti delegati prima della pausa estiva» (13). È fonte di grande perplessità il fatto che le indicazioni specifiche sulle dimensioni sociali saranno fornite dopo la stesura dei PNRR e addirittura dopo la loro approvazione. |
4.11. |
Purtroppo manca anche una condizione specifica che imponga di spendere una determinata quota delle risorse del dispositivo per la ripresa e la resilienza a favore di progetti sociali. In effetti la quota di spesa direttamente connessa agli obiettivi sociali non è definita e appare alquanto modesta. Il CESE chiede una relazione chiara sulla quota e la progettazione delle spese e dei progetti che si ritiene siano in grado di conseguire gli obiettivi sociali in generale e la coesione sociale in particolare. Occorre inoltre garantire che gli investimenti verdi e digitali e tutte le altre spese di Next Generation EU si effettuino rispettando l’obiettivo della sostenibilità sociale. Anche in questo caso si richiede un quadro più chiaro degli investimenti previsti. |
4.12. |
Il fatto che i piani per la ripresa e la resilienza si basino sul processo del semestre europeo, le raccomandazioni specifiche per paese e le condizionalità appare problematico dato che, negli ultimi anni, diverse raccomandazioni si sono rivelate discutibili, per esempio in materia di spese sanitarie o di pensioni. Anziché collegare il dispositivo per la ripresa e la resilienza al semestre europeo, sarebbe stato più opportuno stanziare i fondi secondo criteri trasparenti, con una rigorosa condizionalità che assicuri un assorbimento efficace dei fondi dell’UE. Dal momento che l’erogazione di fondi è subordinata all’attuazione di raccomandazioni specifiche per paese, è ancor più importante riformare il semestre europeo, inserendovi norme minime per la consultazione delle parti sociali e della società civile, come suggerisce la risoluzione del CESE sul coinvolgimento della società civile organizzata nei piani per la ripresa e la resilienza (14). È altresì necessario garantire l’effettivo coinvolgimento dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo. |
4.12.1. |
Nel contesto della politica di coesione, dello strumento Next Generation EU e delle raccomandazioni specifiche per paese, il CESE raccomanda vivamente di concentrare una particolare attenzione su tutti i diversi aspetti della disuguaglianza e di perseguire una crescita sostenibile, resiliente e inclusiva, esercitando al contempo un controllo rigoroso sul modo in cui vengono spesi i fondi. Occorre far sì che i benefici della ripresa e delle transizioni verde e digitale siano condivisi fra tutti gli europei, tenendo conto nel contempo della necessità di combattere l’esclusione digitale e la povertà energetica, due fenomeni che rischiano di essere aggravati dalla transizione. |
4.12.2. |
Il CESE accoglie con favore l’attenzione riservata, nell’ambito del processo del semestre europeo, al pilastro europeo dei diritti sociali e al quadro di valutazione della situazione sociale, e pertanto anche a Next Generation EU. Tuttavia, chiede esplicitamente che siano integrati in maniera sistematica in Next Generation EU e nella valutazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza. Il Comitato sottolinea in particolare il segnale positivo venuto dal vertice di Porto secondo il quale dovremmo andare oltre il PIL come misura della prosperità. Next Generation EU non dev’essere valutato soltanto sulla base della sua interazione con il semestre europeo, ma dev’essere considerato anche uno strumento di coesione territoriale e sociale e di attuazione dei rispettivi programmi. |
4.13. |
Nel complesso, il CESE invita l’Unione europea a cogliere l’occasione senza precedenti offerta da Next Generation EU per accelerare e promuovere le indispensabili riforme strutturali e colmare le carenze delle politiche sociali, economiche e ambientali, attuando così un approccio imperniato sulla prosperità. Dal momento che l’impatto e l’impiego dei fondi si misureranno nel lungo periodo, il CESE raccomanda di creare un consenso tra i partiti politici, gli attori sociali, gli imprenditori, i sindacati e la società civile per assicurare a questa opportunità il più ampio successo possibile. Il CESE è convinto che i fondi europei non siano soltanto numeri, obiettivi e scadenze, ma rappresentino il simbolo della visione del futuro condivisa dagli Stati membri dell’Unione. |
Bruxelles, 23 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (GU L 57 del 18.2.2021, pag. 17).
(2) Coinvolgimento della società civile organizzata nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza — Cosa funziona e cosa no?, Comitato economico e sociale europeo (GU C 155 del 30.4.2021, pag. 1).
(3) The nonsense of Next Generation EU net balance calculations («L’insensatezza dei calcoli del saldo netto di Next Generation EU»).
(4) Dispositivo per la ripresa e la resilienza, Commissione europea.
(5) Regolamento (UE) 2021/1060 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 giugno 2021, recante le disposizioni comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo Plus, al Fondo di coesione, al Fondo per una transizione giusta, al Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura, e le regole finanziarie applicabili a tali fondi e al Fondo Asilo, migrazione e integrazione, al Fondo Sicurezza interna e allo Strumento di sostegno finanziario per la gestione delle frontiere e la politica dei visti (GU L 231 del 30.6.2021, pag. 159).
(6) Dispositivo per la ripresa e la resilienza, Commissione europea.
(7) The great COVID-19 divergence: managing a sustainable and equitable recovery in the European Union («La grande divergenza della COVID-19: gestire una ripresa duratura ed equa nell’Unione europea»), Bruegel.
(8) WP-2021-06_30032021.pdf.
(9) Inequalities in the Times of a Pandemic, Stantcheva.
(10) The Household Finance and Consumption Survey: results from the Second wave (Indagine sulle finanze e sui consumi delle famiglie: risultati della seconda tornata di analisi), Banca centrale europea, n. 18/dicembre 2016.
(11) Inequalities in the Times of a Pandemic, Stantcheva.
(12) Inequalities in the Times of a Pandemic, Stantcheva.
(13) Proposta di risoluzione sul diritto del Parlamento di essere informato riguardo alla valutazione in corso dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza.
(14) Coinvolgimento della società civile organizzata nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza — Cosa funziona e cosa no?, Comitato economico e sociale europeo.
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/9 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Garantire la libertà e la diversità dei media in Europa»
[parere d’iniziativa]
(2021/C 517/02)
Relatore: |
Christian MOOS |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
20.2.2020 |
Base giuridica |
Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali, cittadinanza |
Adozione in sezione |
7/9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione |
|
(favorevoli/contrari/astenuti) |
223/2/8 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
La libertà dei media (in cui rientra anche la sicurezza e la protezione dei giornalisti) e il pluralismo dei media sono elementi fondamentali della democrazia liberale, come tutti gli Stati membri hanno convenuto nei Trattati dell’UE. |
1.2. |
Benché l’Europa rimanga nel complesso un continente con media liberi e diversificati, all’interno dell’UE si assiste a sviluppi allarmanti. Alcuni Stati membri non sono più democrazie liberali, dato che sottopongono i media indipendenti a un controllo politico e limitano attivamente la diversità dei media. |
1.3. |
Le minacce alla libertà dei media e il loro calante pluralismo non riguardano solo alcuni Stati membri, ma costituiscono una tendenza generale in tutta l’Unione. Tutti gli Stati membri devono adottare con urgenza misure atte a preservare la libertà e la pluralità dei media. |
1.4. |
Dal momento che alcuni Stati membri non sono disposti ad adottare le misure necessarie, spetta alle istituzioni dell’UE assicurare il rispetto dei valori europei e garantire il funzionamento della democrazia liberale e dello Stato di diritto in tutti gli Stati membri dell’Unione europea. |
1.5. |
Le sfide fondamentali consistono nel garantire la sicurezza, la protezione e l’indipendenza dei giornalisti in tutti gli Stati membri e in qualsiasi momento, nel difendere i media indipendenti dalle influenze politiche e nell’adottare misure contro le restrizioni alla pluralità dei media imputabili a una volontà politica e a imperativi economici. |
1.6. |
Il CESE accoglie con favore il gran numero di relazioni e iniziative del Parlamento europeo (1) e della Commissione; sottolinea però che il compito principale che si profila all’orizzonte è quello di realizzare miglioramenti concreti in materia di libertà e pluralità dei media a livello nazionale, come sottolineato nella relazione annuale 2021 delle organizzazioni partner della Piattaforma del Consiglio d’Europa per promuovere la tutela del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti (2). |
1.7. |
Il CESE invita la Commissione a valersi senza indugio del regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione, al fine di affrontare la grave minaccia che in alcuni Stati membri incombe sulla libertà e il pluralismo dei media. |
1.8. |
Il CESE apprezza l’intenzione della Commissione di proporre misure per rafforzare la sicurezza dei giornalisti, e sottolinea la necessità di vietare per legge le azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (SLAPP — Strategic lawsuit against public participation). |
1.9. |
Il CESE invita la Commissione a rendere più trasparenti ed equi gli appalti pubblici nel settore dei media e il sostegno pubblico alle aziende di tale settore. |
1.10. |
Il CESE è decisamente favorevole al piano della Commissione relativo a una «legge europea per la libertà dei media» che offra alla Commissione stessa strumenti giuridici efficaci per assicurare il rispetto della libertà e del pluralismo dei media nel mercato comune. |
1.11. |
Il CESE ritiene che il sostegno pubblico imparziale alle aziende del settore dei media costituisca un investimento nel giornalismo di qualità — così come emittenti pubbliche indipendenti e imparziali offrono un contributo indispensabile alla pluralità dei media. |
1.12. |
Il CESE propone di creare un servizio pubblico radiotelevisivo europeo completamente indipendente. |
1.13. |
Il CESE sottolinea l’importanza di un ulteriore sviluppo dell’alfabetizzazione mediatica e sostiene la proposta di istituire un’agenzia europea che rafforzi le competenze mediatiche dei cittadini dell’UE per mezzo di programmi educativi. |
2. La libertà e la diversità dei media come presupposto essenziale della democrazia
2.1. |
L’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani, l’articolo 10, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e l’articolo 11, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea garantiscono la libertà di cercare, di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. L’indipendenza e la diversità dei media sono essenziali per garantire tale libertà di informazione. |
2.2. |
La libertà dei media e il loro pluralismo, garantiti dall’articolo 11, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sono a loro volta un presupposto essenziale della democrazia. Devono essere rispettati a tutti i livelli, affinché i cittadini dell’Unione possano esercitare in maniera efficace il diritto di partecipare alla vita democratica, sancito dall’articolo 10, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea (TUE). |
2.3. |
La diversificazione del panorama dei media, oltre a quella dei partiti politici e della società civile, reca un contributo indispensabile alla formazione di opinioni e intenzioni nei processi decisionali democratici. |
2.4. |
I media indipendenti apportano altresì un contributo indispensabile al rispetto del principio di trasparenza cui le istituzioni e altri organismi dell’Unione sono vincolati ai sensi dell’articolo 15 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). |
2.5. |
Come rappresentanti del «quarto potere», i giornalisti investigativi svolgono una funzione di organo di controllo sull’operato dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, oltre che su quello dei soggetti privati. In tal modo rafforzano l’obbligo di rendere conto che ricade sui rappresentanti eletti responsabili delle decisioni a tutti i livelli. |
2.6. |
Gli Stati membri in cui la libertà o la diversità dei media subiscono restrizioni non sono democrazie e violano i valori (articolo 2 TUE) e gli obiettivi (articolo 3 TUE) dell’Unione europea. |
2.7. |
Benché alcuni Stati membri dell’UE si collochino sempre all’avanguardia, a livello mondiale, nel garantire la libertà e la diversità dei media, le minacce alla libertà dei media e il loro calante pluralismo nell’Unione non riguardano singoli paesi: tendenze negative appaiono evidenti, in varia misura, in tutta l’Unione europea. |
2.8. |
Le limitazioni interne alla libertà e al pluralismo dei media compromettono la capacità dell’UE di promuovere la democrazia nei paesi vicini, dato che le recenti crisi in alcuni Stati mostrano come in qualche paese la situazione riguardante la libertà e la pluralità dei media, oltre che la sicurezza dei giornalisti, è anche peggiore. |
2.9. |
Alcuni Stati membri dell’UE hanno ormai abbandonato il consorzio dei paesi democratici e nell’ultimo decennio si sono rapidamente avvicinati a quella parte del mondo in cui vige l’autocrazia. Le restrizioni alla libertà e alla diversità dei media rappresentano un elemento di questa tendenza. |
2.10. |
La pandemia ha accelerato ancor più tale tendenza, o è stata persino sfruttata per legittimare ulteriori erosioni della libertà dei media. |
2.11. |
L’indice sulla libertà di stampa nel mondo 2021 di Reporter senza frontiere e le relazioni annuali di Freedom House Freedom and the MEDIA e Freedom on the NET mostrano chiaramente che l’UE fatica a difendere i valori europei al proprio interno (4). |
3. Minacce alla libertà e alla diversità dei media
3.1. Le minacce ai giornalisti
3.1.1. |
Perché i media adempiano la propria missione, i giornalisti devono poter lavorare senza ostacoli ed essere certi che la loro protezione personale sarà sempre pienamente assicurata dall’UE e da tutti i suoi Stati membri. Oggi non è più così. |
3.1.2. |
Dal 2015 a oggi nell’Unione europea almeno 16 giornalisti sono stati uccisi mentre svolgevano il proprio lavoro, o proprio a causa di esso. Non dobbiamo dimenticare Daphne Caruana Galizia, Giorgos Karaivaz, Ján Kuciak e la sua fidanzata Martina Kušnírová, Lyra McKee, Peter de Vries e i loro colleghi. |
3.1.3. |
I giornalisti sono sempre più esposti ad aggressioni verbali e fisiche; in particolare, seguire proteste e dimostrazioni diviene sempre più rischioso, giacché il pericolo proviene sia dai dimostranti, sia dalle forze dell’ordine. Con gli oltre cento casi connessi alla pandemia, in Europa la minaccia ha assunto proporzioni inedite (5). |
3.1.4. |
In alcuni paesi europei che non fanno parte dell’UE la situazione dei giornalisti è catastrofica; i provvedimenti energici adottati contro giornalisti indipendenti in Bielorussia ne costituiscono un esempio molto allarmante. |
3.1.5. |
I social media e le dinamiche di gruppo osservate in quei casi abbassano la soglia oltre la quale sono possibili molestie e minacce. Esistono campagne coordinate, miranti a impedire il lavoro dei media o di singoli giornalisti. Ciò solleva la questione di un’eventuale necessità di regolamentare le piattaforme dei social media senza porre restrizioni alle libertà fondamentali. |
3.1.6. |
Rispetto ai loro colleghi di sesso maschile, le giornaliste hanno maggiori probabilità di subire aggressioni verbali e fisiche, oltre che molestie e minacce online, spesso di natura misogina, sessista o maschilista. |
3.1.7. |
In alcuni Stati membri le misure volte a contrastare la disinformazione e i divieti in materia di diffamazione sono concepiti in maniera che sia possibile utilizzarli per criminalizzare il giornalismo critico e minacciare i giornalisti con pene detentive o pesanti multe. |
3.1.8. |
Le azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (SLAPP) vengono utilizzate sempre più spesso per ridurre al silenzio i giornalisti e i portatori di interessi della società civile. |
3.1.9. |
I problemi economici che attualmente affliggono le aziende del settore dei media hanno provocato tagli nel numero di giornalisti che possono contare su un rapporto di lavoro regolare. Per i giornalisti freelance che si trovano in una situazione sempre più precaria e vulnerabile, le controversie legali rappresentano una minaccia alla loro fonte di sostentamento anche se le denunce sporte sono infondate. |
3.1.10. |
Soprattutto a livello locale sono osservabili dei «deserti giornalistici» senza precedenti, e spesso i media indipendenti sono sostituiti dalle cosiddette testate cittadine, giornali gratuiti, di proprietà delle élite economiche e politiche locali, che possono mettere a repentaglio la libertà e il pluralismo dei media. |
3.1.11. |
Le minacce, il cui obiettivo è indurre all’autocensura, compromettono la libertà dei media in Europa. |
3.2. Minacce alla libertà dei media
3.2.1. |
Affinché i media possano operare liberamente, il quadro giuridico che ne assicura la libertà e la diversità deve consentire a giornalisti e aziende del settore dei media di svolgere il proprio lavoro senza ingerenze politiche. |
3.2.2. |
In vari Stati membri si nutrono profondi timori per l’indipendenza delle autorità di regolamentazione dei media, che in qualche caso costituiscono di fatto per i governi uno strumento atto a influenzare il panorama dei media. Organismi veramente indipendenti di autoregolamentazione volontaria dei media possono rappresentare un mezzo per proteggere questi ultimi dalle ingerenze politiche. |
3.2.3. |
Alcuni Stati membri utilizzano una legislazione fiscale discriminatoria e spendono per campagne pubblicitarie mirate allo scopo di influenzare i media. |
3.2.4. |
Alcuni Stati membri hanno sfruttato il pericolo del diffondersi della disinformazione relativa alla pandemia per legittimare le restrizioni alla libertà di stampa e impedire così resoconti giornalistici critici sulla gestione della crisi. |
3.2.5. |
I media pubblici sottoposti a un controllo politico diretto, oppure a un controllo politico indiretto attraverso organi di vigilanza che non operano nel pieno rispetto della libertà giornalistica, costituiscono una grave minaccia per la libertà dei media. Stanno aumentando i tentativi di esercitare un’influenza politica diretta sul campo di attività dei media indipendenti, nonché gli attacchi verbali rivolti da responsabili politici e le azioni legali intentate contro i giornalisti e i media che esprimono critiche. |
3.2.6. |
In vari Stati membri i rapporti eccessivamente stretti tra gli imprenditori del settore dei media e il governo, o coloro cui sono stati affidati incarichi pubblici, nonché la proprietà, da parte di partiti politici o Stati, di aziende del settore dei media detentrici di quote di mercato troppo ampie, danno luogo a notevoli restrizioni della diversità e della libertà dei media. |
3.2.7. |
Anche nelle democrazie liberali funzionanti viene messa in discussione l’esistenza di un servizio pubblico radiotelevisivo indipendente e imparziale a garanzia della diversità di opinioni, e si invoca un’influenza politica sulla programmazione e sui contenuti trasmessi. |
3.3. Minacce alla diversità dei media
3.3.1. |
Nel corso degli ultimi tre anni le concentrazioni nel mercato dei media nell’UE, compresi i segmenti del mercato pubblicitario e dei canali di distribuzione, sono notevolmente aumentate e, secondo l’Osservatorio del pluralismo dei media 2020, questo andamento rappresenta un rischio da medio a elevato per la libertà dei media in tutta l’UE (6). |
3.3.2. |
I cambiamenti nelle dinamiche di utilizzo dei media, innescati dalla rivoluzione digitale, mettono in discussione i modelli aziendali dei media già affermati. I giornali e i piccoli organi d’informazione a livello locale, che costituiscono l’asse portante della diversità dei media nell’UE, ne sono particolarmente colpiti, e diventano facile bersaglio di operazioni di concentrazione che trovano la loro ragion d’essere in motivazioni politiche. |
3.3.3. |
L’importanza sempre crescente dei media digitali accresce il potere di mercato — e, di conseguenza, l’influenza sull’opinione pubblica — delle grandi piattaforme che, in quanto imprese straniere, spesso aggirano le normative europee. |
3.3.4. |
Le conseguenze economiche della pandemia, e in particolare il calo delle entrate pubblicitarie, accelerano i cambiamenti in corso nel mercato dei media e limitano ancor più la diversità dei media. |
4. Raccomandazioni per rafforzare la libertà e la diversità dei media in Europa
4.1. Raccomandazioni generali
4.1.1. |
Il CESE rileva che le persone e i governi che, con le parole o le azioni, mettono in discussione la libertà o il pluralismo dei media non sono idonei a presiedere né le istituzioni dell’UE, né i loro organi preparatori, e neppure a rappresentare l’Unione. |
4.1.2. |
Il CESE si compiace che il regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione abbia rafforzato il braccio correttivo del pacchetto di strumenti dell’UE relativi allo Stato di diritto, anche per quel che concerne la libertà e il pluralismo dei media. |
4.1.3. |
Il CESE esprime apprezzamento per il fatto che anche la relazione della Commissione europea sullo Stato di diritto, comprendente il monitoraggio per paese del pluralismo e della libertà dei media, e il dibattito svoltosi in seno al Consiglio dell’Unione europea hanno contribuito a rafforzare il braccio preventivo del pacchetto di strumenti dell’UE relativi allo Stato di diritto. |
4.1.4. |
Il CESE invita a rendere più efficace il braccio preventivo includendo in futuro, nei capitoli sui singoli paesi della relazione sullo Stato di diritto, raccomandazioni specifiche di riforma per Stato membro la cui attuazione sarà valutata nella relazione dell’anno successivo. |
4.1.5. |
Il CESE si impegna a fare della protezione della libertà e della diversità dei media uno dei punti centrali della Conferenza sul futuro dell’Europa, al fine di sensibilizzare all’importanza di questa sfida e di intensificare ulteriormente il dibattito sulle misure necessarie. |
4.2. Raccomandazioni sulla protezione dei giornalisti
4.2.1. |
Il CESE sottolinea che la forma migliore di protezione dei giornalisti consiste nel perseguire rigorosamente tutti i responsabili dei casi di molestie, minacce e aggressioni contro i giornalisti stessi. |
4.2.2. |
Il CESE invita la Commissione a valersi senza indugio del regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione, al fine di affrontare la grave minaccia che in alcuni Stati membri incombe sulla libertà e il pluralismo dei media. Ciò include chiaramente il rifiuto di concedere l’accesso ai finanziamenti europei agli Stati membri che violano la libertà dei media. |
4.2.3. |
Il CESE sostiene la posizione assunta dal Parlamento europeo (7), che intende adottare provvedimenti nei confronti della Commissione europea, a norma dell’articolo 265 TFUE, qualora essa «non adempia agli obblighi che le incombono». |
4.2.4. |
Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione di presentare proposte tangibili per l’attuazione coerente della raccomandazione del Comitato dei ministri sulla protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti e di altri attori del settore dei media (8) in tutti gli Stati membri dell’UE, e di monitorarne il rispetto nell’ambito della propria relazione sullo Stato di diritto. |
4.2.5. |
Il CESE apprezza gli impegni assunti dalla Commissione per fornire sostegno finanziario ai progetti concernenti la tutela giurisdizionale e pratica dei giornalisti; suggerisce inoltre di prendere in considerazione metodi per far sì che i sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri coprano i rischi professionali dei giornalisti (in particolare di quelli freelance). |
4.2.6. |
Il CESE rileva che le autorità preposte alla sicurezza negli Stati membri hanno il dovere di proteggere i giornalisti. Propone di intensificare la formazione della polizia per quanto riguarda i rapporti con i giornalisti, coinvolgendo le associazioni della stampa e le organizzazioni dei giornalisti, allo scopo di promuovere lo scambio delle migliori pratiche. |
4.2.7. |
Per quanto riguarda la protezione dei giornalisti da molestie e minacce online, il CESE richiama l’attenzione sul proprio parere relativo alla lotta ai contenuti illeciti online (9) e sottolinea la particolare vulnerabilità dei giornalisti dovuta all’estrema visibilità del loro ruolo pubblico. |
4.2.8. |
Il CESE rileva che eventuali misure da adottare dovranno garantire la parità di genere e la protezione dei giornalisti appartenenti a minoranze. |
4.2.9. |
Il CESE riconosce che la garanzia del principio di trasparenza e il diritto alla libertà di informazione hanno registrato miglioramenti a livello di Unione europea, ma non in tutti gli Stati membri. Invita tutti gli Stati membri a rispettare rigorosamente le norme UE e sottolinea la necessità di realizzare ulteriori miglioramenti anche a livello di Unione europea (10). |
4.2.10. |
Il CESE accoglie con favore la costituzione del gruppo di esperti sulle SLAPP, nonché l’intenzione della Commissione di presentare, entro la fine del 2021, una proposta per proteggere i giornalisti e la società civile dalle SLAPP. È convinto che un divieto delle SLAPP imposto per legge debba avere la precedenza su misure complementari a sostegno delle persone colpite. |
4.2.11. |
Il CESE sottolinea l’importanza delle iniziative intraprese dalla società civile, come la Coalizione europea anti-SLAPP (CASE) (11), per proteggere i giornalisti dalle SLAPP e invita a rafforzare il sostegno dell’UE. |
4.2.12. |
Il CESE osserva che, per quanto riguarda le SLAPP, le disposizioni dei regolamenti Bruxelles I (12) e Roma II (13) non devono portare a un indebolimento della tutela giurisdizionale tramite la scelta della giurisdizione attraverso cui intentare azioni legali vessatorie (turismo della diffamazione). Sottolinea inoltre la necessità di tener conto di questo problema nel prossimo riesame dei due regolamenti. |
4.3. Raccomandazioni per rafforzare l’indipendenza dei media
4.3.1. |
Il CESE invita la Commissione a integrare la metodologia della relazione sullo Stato di diritto valutando l’indipendenza del servizio radiotelevisivo pubblico e statale. |
4.3.2. |
Il CESE rileva che perseguendo efficacemente la corruzione si offre un certo grado di tutela contro le ingerenze governative nel settore dei media; invita pertanto la Commissione non solo ad assicurare il rispetto delle norme anticorruzione, ma anche ad adottare tutte le misure necessarie, indipendentemente da qualsiasi considerazione politica, per garantire che i fondi erogati a titolo del nuovo quadro finanziario pluriennale e dello strumento europeo per la ripresa (NextGenerationEU) non siano utilizzati per limitare la diversità dei media o per alimentare altre forme di corruzione. |
4.3.3. |
Il CESE invita tutti gli Stati membri a istituire registri nazionali per la trasparenza sul modello del registro europeo per la trasparenza; anche tali registri infatti rendono trasparenti i contatti tra politici e imprenditori dei media. I registri per la trasparenza dovrebbero essere ricompresi in un registro per la trasparenza multilivello esteso a tutta l’Unione europea. |
4.3.4. |
Il CESE invita la Commissione a valutare se il progetto pilota per creare una banca dati di informazioni accessibile al pubblico sulla proprietà nel settore dei media possa essere sviluppato in modo da includervi informazioni sulla promozione di aziende del settore del media e l’aggiudicazione di contratti a loro favore da parte dell’UE, dei suoi Stati membri, degli enti locali e regionali, di organismi di diritto pubblico, o di imprese pubbliche e private in cui uno o più di questi enti detengano la maggioranza delle azioni con diritto di voto. |
4.3.5. |
Il CESE invita la Commissione a presentare una proposta relativa a norme minime a livello UE per tutti gli appalti pubblici e le forme di sostegno alle aziende del settore dei media concessi dagli enti di cui al punto 4.3.4. |
4.3.6. |
Il CESE accoglie con favore le proposte della Commissione tese a combattere la disinformazione in generale (14) e quella relativa alla COVID-19 sui social media (15), ma segnala il rischio che gli Stati membri possano utilizzare la lotta contro la disinformazione per giustificare restrizioni alla libertà dei media. È urgente che i fenomeni della disinformazione e dell’incitamento all’odio vengano esaminati in modo approfondito, tra l’altro in ulteriori pareri del CESE. |
4.4. Raccomandazioni per rafforzare la diversità dei media
4.4.1. |
Il CESE esprime critiche per il fatto che la relazione della Commissione sullo Stato di diritto riduce la questione del pluralismo del mercato a quella della trasparenza della proprietà dei media, senza tenere conto del grado di concentrazione del mercato. Invita la Commissione ad adattare la metodologia della relazione per meglio rispecchiare, in futuro, in che misura la diversità dei media è esposta a rischi nei singoli Stati membri. |
4.4.2. |
Il CESE accoglie con favore il piano d’azione della Commissione «I media europei nel decennio digitale» (16) e il suo obiettivo di preservare i mezzi d’informazione in quanto bene pubblico; apprezza in particolare la previsione di un sostegno europeo per impedire una riduzione della diversità dei media a causa delle ripercussioni della pandemia. |
4.4.3. |
Il CESE sottolinea che il giornalismo di qualità necessita di una base economica sostenibile e chiede che l’UE continui a sostenere le aziende del settore dei media, quale investimento nel buon giornalismo. Gli investimenti serviranno per porre fine al processo di concentrazione nel settore dei media, che minaccia la pluralità in questo mercato. Ciò non preclude alle aziende del settore dei media che ne hanno le capacità di acquisire legittimamente altre aziende dello stesso settore, oppure di stringere alleanze strategiche, poiché la sostenibilità economica delle aziende del settore dei media è una garanzia della loro indipendenza, a condizione che il principio di trasparenza sia rispettato e non si creino monopoli. |
4.4.4. |
Il CESE rileva che il valore delle aziende del settore dei media sta nella loro diversità, e che l’affermarsi di «campioni nazionali» distrugge tale valore, il quale è proprio la caratteristica che contraddistingue i media e le industrie creative da altri settori dell’economia. |
4.4.5. |
La progressiva riduzione dello spazio di cui dispongono i media indipendenti impone con urgenza di introdurre meccanismi pubblici e privati di aiuto, per offrire un sostegno al giornalismo in quanto bene pubblico. Occorrono ulteriori ricerche per varare efficienti meccanismi di sostegno pubblico che garantiscano normali condizioni di mercato e nuovi modelli aziendali innovativi e sostenibili per il giornalismo di interesse pubblico. |
4.4.6. |
Il CESE è decisamente favorevole al piano della Commissione relativo a una «legge europea per la libertà dei media» che offra alla Commissione stessa strumenti giuridici efficaci per assicurare il rispetto della libertà e del pluralismo dei media in tutti gli Stati membri dell’UE. Il CESE invita la Commissione a esaminare in che modo il diritto europeo della concorrenza possa essere impiegato e sviluppato per fermare ulteriori concentrazioni nel mercato dei media (in particolare quelle indotte dai governi nazionali), nonché per evitare il crearsi di monopoli mediatici nei mercati nazionali dei media dell’UE, soprattutto a opera di governi o di soggetti a loro vicini. |
4.4.7. |
Il CESE rimanda al proprio parere sull’iniziativa della Commissione relativa al sistema comune d’imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali (17) e rileva che tale imposta compenserà probabilmente le distorsioni della concorrenza esistenti tra media tradizionali e digitali (soprattutto quelli che hanno sede all’estero). |
4.4.8. |
Il CESE sottolinea che, per garantire la diversità dei media, è importante un servizio radiotelevisivo pubblico che sia indipendente e imparziale, e richiama l’attenzione sull’accordo contenuto nel protocollo n. 29 del TUE. |
4.4.9. |
Il CESE rileva che il libero mercato non è in grado di offrire servizi mediatici estesi a tutta l’UE nel campo della trasmissione radiotelevisiva e pertanto auspica la creazione di un servizio pubblico europeo di radiotelevisione che sia indipendente e imparziale. |
4.4.10. |
Secondo il CESE, per tutti i casi in cui il libero mercato non è in grado di garantire la diversità dei media, un servizio radiotelevisivo pubblico indipendente e imparziale rappresenta un modello per garantire tale diversità, anche per quanto riguarda la stampa e i media online. |
4.4.11. |
Il CESE sottolinea che il libero accesso ai media è una parte fondamentale della libertà dei media, e manifesta preoccupazione per le crescenti forme di discriminazione — diretta o indiretta — nei media basate sulla disabilità. Il CESE invita a introdurre una legislazione che elimini le pratiche restrittive il cui effetto è quello di ostacolare o impedire a una persona di beneficiare della libertà e diversità dei media. |
4.5. Raccomandazioni per rafforzare l’alfabetizzazione mediatica
4.5.1. |
Il CESE apprezza le numerose proposte avanzate dalla Commissione per rafforzare l’alfabetizzazione mediatica dei cittadini (18), con particolare riguardo per le competenze digitali. È questo un elemento di estrema importanza per migliorare la resilienza dei cittadini alla disinformazione. |
4.5.2. |
Il CESE sostiene la proposta di istituire una «Agenzia europea per l’educazione alla cittadinanza» che rafforzi le competenze mediatiche dei cittadini dell’UE per mezzo di programmi educativi. Invita la Commissione a esaminare la possibilità di istituire tempestivamente un’istituzione centrale di tal genere e a far sì che una delle sue competenze sia quella di impartire formazione in materia di media, soprattutto digitali. |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Relazione di Magdalena Adamowicz, deputata al Parlamento europeo — Risoluzione del Parlamento europeo, del 25 novembre 2020, sul rafforzamento della libertà dei media: protezione dei giornalisti in Europa, incitamento all’odio, disinformazione e ruolo delle piattaforme (GU C 425 del 20.10.2021, pag. 28).
(2) https://www.coe.int/en/web/media-freedom
(3) Regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione (GU L 433 I del 22.12.2020, pag. 1).
(4) Reporters without Borders: 2021 World Press Freedom Index, https://rsf.org/en/ranking (consultato il 24 maggio 2021).
(5) International Press Institute: COVID-19: Number of MEDIA Freedom Violations by Region, https://ipi.media/covid19-media-freedom-monitoring/ (consultato l’8 aprile 2021).
(6) Elda Brogi et al., 2020: Monitoring MEDIA Pluralism in the Digital Age. Application of the MEDIA Pluralism Monitor in the European Union, Albania and Turkey in the years 2018-2019, Fiesole, pag. 50.
(7) P9_TA(2021)0103.
(8) CM/Rec(2016)4.
(9) GU C 237 del 6.7.2018, pag. 19.
(10) GU C 487 del 28.12.2016, pag. 51, GU C 13 del 15.1.2016, pag. 192.
(11) https://www.the-case.eu
(12) Regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 351 del 20.2.2012, pag. 1).
(13) Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II) (GU L 199 del 31.7.2007, pag. 40).
(14) COM(2020) 790 final.
(15) JOIN(2020) 8 final.
(16) COM(2020) 784 final.
(17) GU C 367 del 10.10.2018, pag. 73.
(18) JOIN(2020) 8 final; COM(2020) 624 final; COM(2020) 784 final; COM(2020) 790 final.
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/16 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulle misure di emergenza a sostegno dell’occupazione e del reddito durante la crisi pandemica
(parere d’iniziativa)
(2021/C 517/03)
Relatrice: |
Cinzia DEL RIO |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
26.4.2021 |
Base giuridica |
Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali, cittadinanza |
Adozione in sezione |
7.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astensioni) |
211/1/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE approva la strategia dell’UE per affrontare la crisi pandemica, per il rilancio e la resilienza dei sistemi economici, sociali e sanitari degli Stati membri e per la salvaguardia del sistema produttivo, dell’occupazione e del sostegno al reddito delle persone. |
1.2. |
Il CESE condivide l’istituzione di SURE quale strumento finanziario innovativo di solidarietà europea per mantenere i posti di lavoro, per dare sostegno al reddito ai lavoratori e supportare le imprese, nonché come strumento di integrazione e capacità di resilienza socioeconomica dell’UE. |
1.3. |
Il CESE sottolinea il valore sociale di SURE che, attraverso l’emissione di obbligazioni destinate a finanziare iniziative a scopi sociali, anticipa il meccanismo del programma Next Generation EU. |
1.4. |
Il CESE ritiene positiva l’azione SURE che, attraverso il finanziamento dei regimi di riduzione dell’orario di lavoro, le forme di sostegno al reddito e il supporto alle imprese, ha tutelato un quarto del totale della popolazione occupata, preservando posti di lavoro e la capacità produttiva delle imprese, nonché avendo effetti positivi sull’economia e sul mercato del lavoro. Tuttavia si rileva come tali dati non mettano sufficientemente in evidenza quali siano state le singole misure finanziate dai vari paesi, i loro importi e le categorie di lavoratori coperte dagli aiuti. |
1.5. |
Il CESE propone l’istituzione di un osservatorio sul funzionamento di SURE per tutta la sua durata, con il coinvolgimento delle parti sociali e delle altre organizzazioni della società civile, con lo scopo di monitorare e valutare gli impatti nei singoli paesi delle misure finanziate, anche per identificare modelli validi per il futuro di sistemi di riduzione dell’orario di lavoro e di sostegno al reddito in situazioni simili di crisi. |
1.6. |
Durante i periodi di crisi economica la velocità delle decisioni e delle scelte è un fattore determinante. Per questo motivo, per il CESE sono apprezzabili la rapidità con la quale la Commissione europea ha istituito SURE e la celerità con cui ha concluso in poco tempo i negoziati con gli Stati membri, dimostrando una capacità di reazione di fronte alla gravità della crisi. |
1.7. |
Il CESE raccomanda di coniugare l’utilizzo di SURE con interventi di politiche attive del mercato del lavoro e percorsi di formazione e riqualificazione professionale volti alla creazione di occupazione stabile e di qualità, contrastando forme di lavoro povero, frammentato e instabile che non offrono alcuna garanzia di una copertura previdenziale adeguata e impattano anche sui sistemi pubblici di welfare. |
1.8. |
Il CESE ritiene che SURE sia uno degli strumenti adatti a fornire incentivi ai datori di lavoro affinché trattengano i lavoratori nonostante la riduzione dell’attività produttiva. Si possono incentivare, tramite accordi collettivi, interventi per destinare parte dell’orario di lavoro alla formazione. Ciò permette alle imprese di adeguare le competenze dei lavoratori, destinando parte dell’orario alla formazione, con le ore di salario del personale in formazione a carico di SURE. |
1.9. |
Il CESE sottolinea che è necessario definire e completare in modo più compiuto e coeso la dimensione sociale europea, sempre garantendo la competitività dell’Europa sulla scena mondiale e anche in considerazione delle nuove sfide della transizione verde e digitale, tenendo conto delle misure individuate nel piano d azione del pilastro europeo dei diritti sociali, tra cui gli interventi e gli investimenti a sostegno dell’occupazione, della formazione e delle politiche attive del mercato del lavoro. |
1.10. |
Il CESE condivide la comunicazione della CE di sospensione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita e chiede una «svolta» verso un quadro di governance economica riveduto e riequilibrato, orientato a promuovere investimenti produttivi. Sarà essenziale aiutare gli Stati membri a mettere le proprie finanze pubbliche su un piano sostenibile, rafforzando in questo modo la fiducia negli investimenti. |
1.11. |
Il CESE ritiene che la condivisione e la partecipazione delle parti sociali siano un valore aggiunto delle politiche europee e nazionali. È quindi fondamentale il loro coinvolgimento anche nelle azioni cofinanziate da SURE, facendo perno anche sulla contrattazione collettiva nei settori specifici, più colpiti dalla crisi. È però fondamentale che il coinvolgimento delle parti sociali sia sostanziale e legittimo, e non formale. |
1.12. |
Il CESE riconosce pienamente i risultati positivi di SURE evidenziati dalla relazione della Commissione del marzo 2021 e condivide la proposta di una sua stabilizzazione a sostegno di lavoratori e imprese, quale strumento di integrazione e capacità di resilienza socioeconomica dell’UE nei periodi di crisi come quello attuale, anche a seguito del monitoraggio e valutazione dell’osservatorio sul funzionamento di SURE, che il CESE propone di istituire. |
1.13. |
Il CESE accoglie con favore la raccomandazione della Commissione europea (UE) 2021/402 (1) (EASE), che adotta l’approccio strategico consistente nel transitare gradualmente dalle misure di emergenza adottate durante la pandemia a nuove misure necessarie per assicurare una ripresa ricca di posti di lavoro, in particolare politiche attive del mercato del lavoro quali incentivi temporanei all’assunzione per i gruppi vulnerabili, opportunità di miglioramento delle competenze e di riqualificazione professionale nonché sostegno imprenditoriale, anche per l economia sociale. |
2. Introduzione
2.1. |
L’economia europea è stata fortemente danneggiata dalla pandemia ancora in corso. Il CESE accoglie con favore le misure economiche e sociali che l’UE ha messo in campo con strumenti straordinari per affrontare gli effetti della crisi pandemica, in quanto rappresentano una grande opportunità per ridisegnare un Europa più equa e solidale, un’economia sociale di mercato competitiva e per affrontare anche le nuove sfide legate alla transizione verde e digitale. Tra questi strumenti compaiono, oltre al piano Next Generation EU:
|
2.2. |
In questo parere si intende analizzare l’impatto delle misure di emergenza per contenere la disoccupazione, sostenere il reddito e supportare le imprese, con particolare attenzione allo strumento SURE. |
2.3. |
Ad aprile 2020, più di 50 milioni di lavoratori in vari paesi europei erano stati inseriti in programmi di riduzione dell’orario di lavoro (2), o misure simili costituite ad hoc per far fronte alla perdita temporale delle ore di lavoro, parziali o totali. Eurofound ha registrato 500 misure, la maggior parte delle quali rivolte ad aiuti alle imprese (35 %), al sostegno al reddito (oltre alle misure di riduzione dell’orario di lavoro, 20 %) e a proteggere l’occupazione (13 %) (3). Le aziende operanti nei settori manifatturiero, del commercio, dei servizi, del turismo e della cultura sono state le più colpite dalla crisi (4). |
2.4. |
Le varie forme di cassa integrazione per sostenere le ore di lavoro non effettuate, esistenti nella maggior parte dei paesi europei, rappresentano lo strumento più utilizzato di protezione dei posti di lavoro durante i periodi di crisi economica, in quanto hanno effetti positivi sui lavoratori e sulle imprese. Nella relazione del 2020 relativa alla presentazione del programma SURE, la Commissione europea sottolinea che «evitando gli esuberi, i regimi di riduzione dell’orario lavorativo possono impedire che uno shock temporaneo abbia ripercussioni negative più gravi e durature sull’economia e sul mercato del lavoro negli Stati membri. Contribuiscono così a sostenere i redditi delle famiglie e a preservare la capacità produttiva e il capitale umano delle imprese e dell’economia nel suo complesso» (5). |
2.5. |
Nei paesi dove esistevano già questi programmi, i governi hanno adottato misure ad hoc per facilitare l’accesso, i criteri di eleggibilità, estendere la copertura e aumentare il sostegno economico, ma con grandi differenze tra paesi (6). |
2.6. |
Queste misure hanno permesso alle imprese di coprire la riduzione dell’orario di lavoro in linea con la riduzione dell’attività economica a costi limitati o inesistenti, riducendo in modo significativo il numero dei posti di lavoro a rischio, dovuti alla carenza di liquidità. Alcune categorie di lavoratori occupati in posti di lavoro atipici sono rimaste escluse dalle forme di sostegno in alcuni paesi dell’UE, in particolare i lavoratori con contratti occasionali e, in alcuni casi, anche gli interinali (agency workers) e i lavoratori con contratti a termine, mentre in altri paesi gli aiuti pubblici sono stati estesi ad alcune forme di lavoro autonomo (7). Si registrano inoltre tra paesi differenti modalità e criteri per accedere a questi sussidi relativi alla copertura, ai beneficiari, alla durata ecc (8). |
2.7. |
Gli schemi di riduzione dell’orario di lavoro hanno aiutato ad evitare la rottura del rapporto di lavoro, che risulta molto costosa per imprese e lavoratori. Queste misure di «job retention» nel secondo trimestre del 2020 hanno ridotto sensibilmente la perdita di posti di lavoro, dal 12 % stimato al 4 % nei paesi OCSE. Nell UE i dati dimostrano che i lavoratori ufficialmente occupati, ma a zero ore, erano raddoppiati al 17 % nel secondo trimestre del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019 (9). |
2.8. |
Da considerare l’impatto della crisi occupazionale su donne e giovani, spesso occupati con contratti atipici, lavori a basso salario e più esposti all’instabilità occupazionale, senza alcuna garanzia di una copertura previdenziale adeguata. Inoltre, essi rappresentano una percentuale altissima della forza lavoro nel settore turistico, alberghiero e della ristorazione, particolarmente colpiti, così come nel settore della cultura, del divertimento e nel settore non-profit impegnato nei servizi sociali. Anche la ripresa economica dovrà prevedere riforme e misure specifiche concordate con le parti sociali, per affrontare le diseguaglianze di genere e di età anche preesistenti alla crisi attuale e mettere in campo azioni mirate a breve, medio e lungo termine (10). |
2.9. |
Accanto alle misure a sostegno della riduzione delle ore di lavoro, diversi paesi hanno adottato misure di protezione contro il licenziamento nelle imprese che ricevono gli aiuti pubblici per la cassa integrazione, sia per evitare abusi durante il periodo di crisi sia per porre delle condizionalità all’utilizzo di aiuti pubblici nazionali ed europei, che devono servire per evitare il licenziamento e sostenere le imprese temporaneamente fino alla ripresa. In alcuni paesi sono i contratti collettivi stessi che prevedono il divieto di licenziamento in caso di aiuti pubblici (11). |
2.10. |
Un ruolo importante è stato svolto dalla contrattazione collettiva con accordi e protocolli specifici sia per affrontare e gestire l’emergenza sanitaria nei luoghi di lavoro, sia per introdurre disposizioni contrattuali ad hoc durante la pandemia, modificando l’organizzazione e le condizioni di lavoro (ad esempio Germania, Francia, Italia, Svezia, Spagna, Austria, Danimarca). In alcuni paesi sono state adottate anche altre forme di sostegno alle imprese (moratoria sui mutui, posticipo o sospensione del pagamento di tasse, affitti o contributi sociali), che ritardano gli impegni di pagamento e sono concepite per sostenere le imprese, in particolare le PMI, o i lavoratori autonomi con l’obiettivo di mantenere i posti di lavoro e consentire liquidità nel breve termine. |
3. Caratteristiche, regolamento e primi risultati di SURE
3.1. |
Lo strumento europeo SURE è un fondo di natura temporanea che fornisce assistenza finanziaria sotto forma di prestiti, a condizioni agevolate, fino a 100 miliardi agli Stati membri per contrastare la disoccupazione, sostenere la riduzione dell’orario di lavoro e il reddito per tutti i lavoratori. Il fondo resterà operativo fino al 31 dicembre 2022. |
3.2. |
Le obbligazioni emesse per la prima volta dalla Commissione europea a titolo dello strumento SURE sono «obbligazioni sociali», che garantiscono a chi investe in tali obbligazioni che i fondi mobilitati siano realmente destinati a scopi sociali. La richiesta è stata 10 volte superiore all’offerta e ha garantito rendimenti competitivi sul mercato. |
3.3. |
Dalla sua introduzione il Consiglio ha assegnato, sulla base di proposte della Commissione, più del 90 % della dotazione complessiva a 19 Stati membri (12). Di questi, 15 lo hanno utilizzato per contribuire a finanziare regimi di riduzione dell’orario lavorativo o misure analoghe e 14 paesi hanno finanziato anche misure a sostegno dei lavoratori autonomi. |
3.4. |
Alcuni paesi non hanno richiesto i fondi di SURE. Le ragioni fornite dai governi sono diverse: in alcuni paesi i fondi nazionali a disposizione erano sufficienti a coprire le spese pubbliche aggiuntive legate all'aumento della disoccupazione; la richiesta sul mercato di risorse aggiuntive sarebbe stata a tassi altrettanto vantaggiosi; in altri casi la scelta è dovuta ai costi legati alle procedure amministrative per accedere a SURE, altri paesi hanno utilizzato le misure temporanee messe in campo dalla CE sulle flessibilità dei bilanci e per gli aiuti di Stato (13). |
3.5. |
Sulla base delle relazioni trasmesse dagli Stati membri, la CE stima, nella relazione (14) di marzo 2021, che nel 2020 SURE abbia sostenuto tra i 25 e i 30 milioni di lavoratori, pari a un quarto del totale della popolazione occupata negli Stati membri beneficiari. Si tratta di circa 21,5 milioni di lavoratori dipendenti e 5 milioni di lavoratori autonomi. Inoltre, sono tra 1,5 milioni e 2,5 milioni le imprese che hanno usufruito di tale strumento, pari al 12-16 % delle imprese degli Stati membri beneficiari (15). |
3.6. |
La relazione sottolinea che gli schemi di sostegno pubblico finanziati con SURE stanno avendo l’effetto di ridurre il costo del lavoro per le imprese e di offrire un sostegno alternativo al reddito delle famiglie, con risultati migliori rispetto ai sussidi di disoccupazione tradizionali. Inoltre, la CE sottolinea che gli schemi di sostegno all’occupazione sono più efficaci nei paesi che già avevano schemi nazionali di aiuto per mitigare l’impatto della disoccupazione. |
3.7. |
Alla fine del 2020 era già stato utilizzato l 80 % della spesa pubblica totale programmata per le misure ammissibili. Quasi tutti gli Stati membri hanno già speso o programmato di spendere l’importo totale concesso nell’ambito di SURE. |
3.8. |
Gli Stati membri hanno risparmiato circa 5,8 miliardi di euro di interessi utilizzando SURE, rispetto al caso in cui avessero emesso essi stessi debito sovrano, grazie all’elevato rating creditizio della CE. Gli esborsi futuri, probabilmente, genereranno ulteriori risparmi. |
4. Osservazioni generali
4.1. |
Il CESE approva la strategia dell’UE per affrontare la crisi pandemica, per il rilancio e la resilienza dei sistemi economici, sociali e sanitari degli Stati membri e per la salvaguardia dell’occupazione e la ritiene adatta a definire e completare in modo più compiuto la dimensione sociale europea, garantendo al tempo stesso la competitività dell’Europa su scala mondiale. Il piano di azione per l’implementazione del Pilastro europeo dei diritti sociali indica le misure da attuare per incoraggiare gli investimenti necessari per una crescita sostenibile ed inclusiva. |
4.2. |
Il CESE ha più volte sottolineato la necessità di raggiungere una maggiore convergenza economica e sociale dell’UE per rafforzare la competitività dell’economia sociale di mercato europea (European social market economy) e assicurare a tutti i cittadini di poter godere appieno dei propri diritti e supportare la costruzione di un mercato del lavoro in grado di tenere conto dei cambiamenti in atto con azioni e strategie conformi al Pilastro europeo dei diritti sociali e delle transizioni verdi e digitali. È essenziale che gli Stati membri facciano buon uso del sostegno che ricevono dal dispositivo per la ripresa e la resilienza (16). |
4.3. |
È importante aiutare la crescita e la produttività delle imprese sostenibili, comprese le PMI e microimprese. SURE è uno degli strumenti adatti a fornire incentivi ai datori di lavoro per trattenere i lavoratori nonostante la riduzione dell’attività produttiva. Sono da incentivare accordi collettivi anche su nuove forme di rimodulazione dell’orario di lavoro finalizzate all’accesso a percorsi formativi, nonché misure di sostegno alle imprese volte a favorire il mantenimento dei posti di lavoro, delle competenze e la continuità di reddito. |
4.4. |
SURE rappresenta uno strumento fondamentale per tutelare i lavoratori e attenuare le gravi ripercussioni socioeconomiche della pandemia sul sistema occupazionale, in quanto da un lato si sostengono finanziariamente i regimi nazionali di riduzione dell’orario lavorativo e misure analoghe, anche in costanza di rapporti di lavoro, proteggendo i posti di lavoro, contenendo la disoccupazione e la perdita di reddito dei lavoratori; dall’altro, si sostengono i costi delle imprese inerenti i sussidi di disoccupazione e la contribuzione sociale, coperti in larga misura dalle risorse pubbliche con le misure di emergenza. |
4.5. |
Il CESE apprezza la rapidità nella definizione della proposta della CE di istituire SURE e gli immediati negoziati con gli Stati membri conclusi in poche settimane. Con SURE si sottolinea l’importanza di programmi di riduzione dell’orario di lavoro e sostegno al reddito a breve termine e si incentivano gli Stati membri a utilizzarli. Uno degli obiettivi del Semestre europeo, nel medio e lungo periodo, è quello di promuovere investimenti orientati alla piena e stabile occupazione e nel contrasto a nuove forme di povertà, anche attraverso riforme strutturali socialmente sostenibili. |
4.6. |
Il CESE ritiene importante il sostegno finanziario sotto forma di prestiti a condizioni agevolate concessi dall’UE agli Stati membri e apprezza che le obbligazioni emesse dalla CE siano «obbligazioni sociali», con finalità specifiche. |
4.7. |
Il finanziamento dei regimi di riduzione dell’orario di lavoro e le forme di sostegno al reddito hanno un effetto positivo sull’economia nel suo insieme, perché si mantiene vivo il rapporto tra datore di lavoro e lavoratori, aiutando a preservare le competenze degli stessi e la capacità produttiva delle imprese e si impedisce che gli effetti della pandemia possano avere ulteriori effetti negativi e persistenti sull’economia e sul mercato del lavoro. |
4.8. |
Il CESE ritiene che l’istituzione di SURE sia un ulteriore passo verso un sistema solidaristico nell’UE, che rispetta i principi di sussidiarietà e proporzionalità, in quanto si tratta di una forma di «European safety asset», che può essere rafforzata con i bond europei che serviranno a finanziare il programma Next Generation EU (17). Il CESE sottolinea che un vantaggio importante di SURE consiste nel dimostrare che, se necessario, l’UE può creare una capacità di prestito ed emettere un «common safe asset» utilizzando il metodo comunitario, anziché gli accordi intergovernativi come per il MES e l EFSF. |
4.9. |
Il CESE sollecita a rivedere le procedure di assistenza e di accesso ai finanziamenti di SURE auspicando una semplificazione delle procedure amministrative e dei meccanismi di rendicontazione. |
4.10. |
Il CESE raccomanda di coniugare l’utilizzo di SURE con interventi di politiche attive pubbliche e percorsi di formazione e riqualificazione professionale utili sia per i lavoratori che per le imprese (18). In questo contesto ritorna il dibattito su come rendere più efficienti i servizi per l’impiego anche in periodi di crisi. Nei periodi di riduzione involontaria dell’orario di lavoro, vanno incentivati percorsi formativi per la riqualificazione o per accompagnare la fase di transizione verso nuove opportunità di lavoro qualificato e stabile. Purtroppo gli esempi di politiche attive in questo contesto sono piuttosto modesti (19). |
4.11. |
Il CESE ritiene che gli interventi di SURE nei singoli Stati membri dovrebbero garantire la copertura di tutti i lavoratori dipendenti e di tutte le tipologie di lavoro autonomo e atipico, che impattano in particolare sui giovani. |
4.12. |
Dai pochi dati a disposizione, si rileva che le parti sociali non sono state attivamente coinvolte né dalle istituzioni europee né dalle istituzioni nazionali sul migliore utilizzo di SURE; il CESE raccomanda di prevedere un apposito meccanismo di consultazione stabile. |
4.13. |
Il CESE ha preso visione delle stime che riguardano le persone e le aziende beneficiarie del sostegno di SURE (20), tuttavia rileva come tali dati non mettano sufficientemente in evidenza quali siano state le singole misure finanziate dai vari paesi e i loro importi, né quale impatto abbiano avuto sulla tenuta per attenuare i rischi di disoccupazione e della difesa del reddito. |
5. Osservazioni specifiche — Quale impatto?
5.1. |
La crisi pandemica ha messo a dura prova i sistemi economici, sociali e sanitari dell’UE e ha colpito la vita delle persone e l’attività delle imprese incrementando le disuguaglianze all’interno di ciascun paese e, in alcuni casi, tra i diversi paesi. Per questo il CESE indica la necessità di definire e completare in modo più compiuto e coeso la dimensione sociale europea tenendo conto delle misure individuate nel piano di azione del Pilastro europeo dei diritti sociali, garantendo al tempo stesso la competitività dell’Europa su scala mondiale. |
5.2. |
Il CESE ha già evidenziato (21) che occorre riprendere il processo di revisione del quadro di governance economica dell’UE, sospeso con la comunicazione della Commissione del 20 marzo 2020 (22) fino al 2022. Il CESE condivide tale comunicazione nella quale si esprime l’intenzione di decidere in merito ad una futura disattivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita sulla base di una valutazione complessiva dell’andamento dell’economia basata su criteri quantitativi. Per questo il CESE chiede una «svolta» verso un quadro di governance economica riveduto e riequilibrato, orientato alla prosperità, preferibilmente con regole semplificate e una prociclicità ridotta che rifletta il contesto post-pandemia. Sarà essenziale aiutare gli Stati membri a mettere le proprie finanze pubbliche su un piano sostenibile, rafforzando in questo modo la fiducia negli investimenti. |
5.3. |
Tra le misure del pacchetto economico e sociale per contrastare gli effetti della pandemia, il CESE condivide l’adozione di SURE quale strumento finanziario innovativo di solidarietà europea che, anticipando il meccanismo del programma Next Generation EU, ha emesso per la prima volta obbligazioni per scopi sociali. |
5.4. |
SURE si è rivelata una rete di sicurezza e di protezione dei posti di lavoro esistenti e di salvaguardia delle imprese, nelle varie forme e secondo le prerogative nazionali di tutela. Ma è necessario accompagnare le misure di protezione sociale adottate con SURE con politiche attive del mercato del lavoro per la creazione di buona e stabile occupazione e di sistemi di adeguamento delle competenze, contrastando le forme di lavoro povero, frammentato e instabile che non offrono alcuna garanzia di una copertura previdenziale adeguata e impattano anche sui sistemi pubblici di welfare. |
5.5. |
Il CESE apprezza la raccomandazione della Commissione europea «EASE», adottata nel quadro dell’implementazione del Pilastro europeo dei diritti sociali e volta al sostegno effettivo attivo all’occupazione a seguito della crisi della COVID-19. Se ne sottolinea l’approccio strategico di transitare gradualmente dalle misure di emergenza adottate durante la pandemia a nuove misure necessarie per assicurare una ripresa ricca di posti di lavoro, in modo particolare nei settori verde e digitale. Politiche efficaci che promuovano la creazione di posti di lavoro di qualità e le transizioni professionali dovrebbero essere accompagnate da servizi occupazionali efficienti che forniscano un sostegno su misura alle persone in cerca di lavoro, in particolare i giovani, le donne e gli imprenditori sociali. |
5.6. |
Per il CESE, la condivisione e la partecipazione delle parti sociali è un valore, per questo è fondamentale il loro coinvolgimento sia a livello europeo che nazionale finalizzato al confronto, alla partecipazione e alla contrattazione delle azioni cofinanziate da SURE, facendo perno anche sulla contrattazione collettiva in settori specifici, più colpiti dalla crisi. È però fondamentale che il coinvolgimento delle parti sociali sia sostanziale e legittimo, e non formale. |
5.7. |
Il CESE ritiene rilevante segnalare come sia importante che le risorse di SURE siano destinate a finanziare anche interventi per il contenimento della diffusione del virus nei luoghi di lavoro, con interventi e azioni volte a prevenire e a tutelare la sicurezza e la salute, mitigando i costi che le aziende hanno affrontato per adeguare la produzione ai protocolli di sicurezza. |
5.8. |
Il CESE propone l’istituzione di un osservatorio sul funzionamento di SURE per tutta la sua durata, aperto alla partecipazione attiva delle parti sociali e delle altre organizzazioni della società civile con lo scopo di monitorare e valutare gli impatti nei singoli paesi delle misure finanziate, analizzando le migliori pratiche e gli schemi di protezione realizzati in ogni singolo paese per identificare modelli validi anche per il futuro di sistemi di riduzione dell’orario di lavoro e sostegno al reddito in situazioni di crisi. |
5.9. |
Il CESE riconosce pienamente i risultati positivi di SURE evidenziati dalla relazione della Commissione del marzo 2021. Il programma SURE risponde a criteri temporanei di sostegno agli Stati membri per aiutare lavoratori e imprese a superare la crisi, salvare posti di lavoro e per avviare la strada per la ripresa economica e sociale. Il CESE condivide la proposta di una stabilizzazione di SURE a sostegno di lavoratori e imprese quale strumento di integrazione e capacità di resilienza socioeconomica dell’UE nei periodi di crisi come quello attuale, anche a seguito del monitoraggio e valutazione dell’osservatorio sul funzionamento di SURE. Questa proposta emerge dal dibattito che ha visto esprimersi governi, parti sociali ed economiche, organizzazioni della società civile, accademici e studiosi dei diversi paesi europei, nonché all’interno della stessa Commissione (23). |
5.10. |
In caso di crisi economica, il CESE invita le istituzioni europee a svolgere un ruolo più efficace e di sostegno in campo sociale e in particolare nella regolazione e nel finanziamento di misure a sostegno dei lavoratori e delle imprese, promuovendo un dibattito pubblico per l’istituzione di un regime permanente europeo di assicurazione contro la disoccupazione con una base giuridica diversa, facendo anche riferimento a precedenti pareri del CESE (24). |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Raccomandazione (UE) 2021/402 della Commissione, del 4 marzo 2021, relativa a un sostegno attivo ed efficace all’occupazione (EASE) in seguito alla crisi COVID-19 (GU L 80 dell’8.3.2021, pag. 1)
(2) Eurofound, COVID-19: Implications for Employment and working life (COVID-19: implicazioni per l’occupazione e la vita lavorativa), marzo 2021.
(3) Eurofound, COVID-19: Policy responses across Europe (COVID-19: risposte politiche in tutta Europa), giugno 2020.
(4) OECD Employment Outlook 2021 (OCSE, prospettive dell’occupazione 2021), cap. 2.
(5) COM(2021) 148 final, SURE: il punto della situazione sei mesi dopo, 22 marzo 2021; cfr. inoltre la nota informativa del Parlamento europeo SURE Implementation, aprile 2021.
(6) OECD — Employment Outlook 2021, cap. 2, tabella 2.1 Job retention schemes in OECD countries — ibidem Eurofound.
(7) Eurofound, COVID-19: Policy responses across Europe (COVID-19: risposte politiche in tutta Europa), giugno 2020.
(8) Dati OCSE, ETUI, CE, scheda PE.
(9) Eurofound, COVID-19: Policy responses across Europe (COVID-19: risposte politiche in tutta Europa), giugno 2020, dati Eurostat elaborati da Eurofound.
(10) Analisi CE, Eurofound e si veda anche ILO-UN Women Joint Programme, Policy tool, Assessing the gendered employment impacts of Covid-19 and supporting a gender-responsive recovery, marzo 2021.
(11) ETUI — Policy Brief No 7, 2020.
(12) Cfr. COM(2021) 148 final, SURE: il punto della situazione sei mesi dopo, 22 marzo 2021 e il sito della Commissione europea su SURE per aggiornamenti sugli stanziamenti agli Stati membri.
(13) Eurofound, ibidem, capitolo 3, 2021.
(14) COM(2021) 105 final, Comunicazione della Commissione al Consiglio — A un anno dall’insorgere della pandemia di COVID-19: la risposta della politica di bilancio.
(15) COM(2021) 148 final, SURE: il punto della situazione sei mesi dopo, 22 marzo 2021; cfr. inoltre la nota informativa del Parlamento europeo SURE Implementation, aprile 2021.
(16) Risoluzione del CESE Il contributo del Comitato economico e sociale europeo al programma di lavoro della Commissione europea per il 2022 (giugno 2021) (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 1).
(17) Christina Katami, «Protecting employment in 2021 and beyond: what can the new SURE instrument do?», ELIAMEP Policy Paper, 2021; L. Andor, «Protecting Jobs and Incomes in Europe: Towards an EU Capacity for Employment Stabilisation in the Pandemic Period», 2021, in Caetano J., Vieira I., Caleiro A., «New Challenges for the Eurozone Governance».
(18) Eurofound, COVID-19: implications for employment and working life, marzo 2021.
(19) OECD — Employment Outlook, cap. 2.5 Combining job retention policies with job reallocation, 2021 e Eurofound, ibidem, con esempi di misure adottate in alcuni paesi.
(20) COM(2021) 148 final.
(21) Risoluzione adottata nel corso della sessione plenaria di giugno 2021 Il contributo del Comitato economico e sociale europeo al programma di lavoro della Commissione europea per il 2022 (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 1).
(22) COM(2020) 123 final.
(23) Cfr. Christina Katami, «Protecting employment in 2021 and beyond: what can the new SURE instrument do?», ELIAMEP Policy Paper, 2021; L. Andor, «Protecting Jobs and Incomes in Europe: Towards an EU Capacity for Employment Stabilisation in the Pandemic Period», 2021, in Caetano J., Vieira I., Caleiro A., «New Challenges for the Eurozone Governance»; cfr. la relazione CE e Eurofound + OCSE COVID-19: Implications for Employment and working life (COVID-19: implicazioni per l’occupazione e la vita lavorativa), marzo 2021; COM(2021) 148 final, SURE: il punto della situazione sei mesi dopo, 22 marzo 2021; cfr. inoltre la nota informativa del Parlamento europeo SURE Implementation, aprile 2021.
(24) Parere del CESE su norme minime comuni (GU C 97 del 24.3.2020, pag. 32); Beblavy Miroslav, Karolien Lenaerts, «Feasibility and added value of a European Unemployment Benefits Scheme», CEPS, 2017.
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/23 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Elementi fondamentali del lavoro sostenibile di qualità durante e dopo la ripresa»
(parere esplorativo richiesto dalla presidenza slovena)
(2021/C 517/04)
Relatore: |
Andrej ZORKO |
Parere richiesto dalla presidenza slovena del Consiglio dell’UE |
Lettera del 19.3.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali e cittadinanza |
Adozione in sezione |
7.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
23.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
146/24/54 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
La qualità del lavoro è uno degli elementi costitutivi fondamentali della qualità della vita. Occorre rispettare il principio della qualità del lavoro per la qualità della vita, poiché si tratta di uno dei presupposti di uno sviluppo sociale sostenibile. Pertanto, il CESE è fermamente convinto che si debba riservare un’attenzione particolare a tale principio nell’ambito delle politiche dell’UE, dato che esso deve prevenire i rischi di disuguaglianza, di povertà, di esclusione sociale e di concorrenza sleale. |
1.2. |
Il CESE è inoltre fermamente convinto che i problemi e le sfide che si pongono in materia di lavoro di qualità dovrebbero essere affrontati alla luce dei principi del pilastro europeo dei diritti sociali e degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) dell’Agenda 2030. Si dovrebbe altresì tener conto delle norme internazionali dell’OIL in materia di lavoro dignitoso (1) e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (2). Invita pertanto gli Stati membri e le parti sociali, nel quadro del dialogo sociale e della contrattazione collettiva, a individuare ed elaborare, ai livelli appropriati e in funzione del contesto nazionale, delle soluzioni alle trasformazioni intervenute nel mercato del lavoro, alle quali la pandemia di coronavirus ha impresso un’accelerazione. |
1.3. |
Il CESE ritiene che l’Unione europea e gli Stati membri debbano adottare un approccio più ambizioso al fine di sostenere, coordinare e realizzare gli sforzi diretti all’attuazione di politiche attive nel mercato del lavoro, proteggendo nel contempo i diritti fondamentali dei lavoratori e garantendo alle aziende un contesto imprenditoriale sostenibile e competitivo nel quadro dell’economia globale. Il pilastro europeo dei diritti sociali dovrebbe servire da guida per l’attuazione dei principi dell’Europa sociale, della giustizia sociale e della ripresa sostenibile. |
1.4. |
Sulla base dell’esperienza maturata con la pandemia in ambito lavorativo, la Commissione europea e gli Stati membri, con il coinvolgimento attivo delle parti sociali e di altri soggetti interessati, potrebbero monitorare l’applicazione delle normative in vigore o, se del caso, rivederle e, se necessario, modificarle, nonché elaborare politiche adeguate volte a garantire un lavoro dignitoso e sostenibile di qualità. Tra le misure per ottenere questo risultato potrebbero figurare la tutela dei lavoratori e un’adeguata organizzazione del lavoro che determini una maggiore produttività e un incremento dell’innovazione, promuovendo nel contempo gli aspetti positivi della digitalizzazione, inclusa l’esigenza dei lavoratori di ricevere una formazione digitale per favorirne l’occupabilità (3). Ci si dovrebbe concentrare in particolare sulla legislazione e le politiche in materia di intelligenza artificiale e sull’assicurazione che tutte le parti interessate abbiano l’opportunità di partecipare all’adozione di nuove soluzioni, attraverso una consultazione e negoziati con lavoratori e datori di lavoro. |
1.5. |
Il CESE invita la Commissione europea, segnatamente nel quadro del processo del semestre europeo rafforzato e di altri meccanismi in vigore, a istituire nuovi meccanismi e/o (4) a proseguire l’opera di individuazione dei fabbisogni del mercato del lavoro a medio e a lungo termine. Ciò consentirebbe agli Stati membri, con il coinvolgimento attivo delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile, di mettere a punto una pianificazione e un’attuazione di più lungo periodo delle politiche occupazionali, inclusa la pianificazione della formazione e dell’apprendimento permanente dei lavoratori dipendenti e l’offerta di soluzioni volte a colmare il divario di competenze. È anche importante che i servizi pubblici per l’impiego vengano rafforzati e che ne sia potenziata la cooperazione con il settore privato, per contribuire a un inserimento più efficace dei gruppi più vulnerabili nel mercato del lavoro. |
1.6. |
Il CESE ribadisce che le politiche attive del mercato del lavoro (PAML) devono essere efficaci e mirate per ottenere buoni risultati in termini di occupazione (5) e sottolinea che gli Stati membri e le parti sociali devono impegnarsi per elaborare politiche attive del mercato del lavoro che promuovano un lavoro di qualità. Il CESE sottolinea inoltre la propria adesione ad un approccio graduale in tema di norme minime comuni in materia di assicurazione contro la disoccupazione al fine di garantire un lavoro di qualità negli Stati membri (6). |
1.7. |
Gli Stati membri devono creare le condizioni necessarie per garantire sia un’adeguata partecipazione (governance collettiva) ai processi di elaborazione delle politiche occupazionali o per il mercato del lavoro che l’attuazione di tali politiche. |
1.8. |
Il CESE incoraggia gli Stati membri e le parti sociali a rafforzare il dialogo sociale a livello nazionale. Raccomanda inoltre di prendere come base di partenza i contenuti tradizionali di tale dialogo sociale per aggiungervi altri contenuti, più strategici e orientati alla sostenibilità e alle soluzioni. Tale dialogo potrebbe affrontare, ad esempio, temi quali l’anticipazione dei fabbisogni futuri di imprese e lavoratori provvisti di determinate competenze e abilità, le attività congiunte per la formazione dei lavoratori, la garanzia di una transizione equa verso l’economia verde e quella digitale, nonché la regolamentazione del lavoro delle piattaforme e la formulazione di soluzioni equilibrate per questo particolare tipo di lavoro, e altre simili questioni di grande rilievo nel campo dello sviluppo. |
1.9. |
Il CESE riconosce il ruolo importante delle parti sociali e dei contratti collettivi per il mantenimento dell’equilibrio nel mercato del lavoro. Una formazione adeguata delle parti sociali è fondamentale per l’ulteriore sviluppo del dialogo sociale (7). Questo è un aspetto che si sta dimostrando al tempo stesso un punto essenziale e un elemento fondamentale per l’ulteriore sviluppo del dialogo sociale, il quale dovrebbe anche puntare a garantire un lavoro sostenibile di qualità. |
1.10. |
Il CESE ritiene che la Commissione e gli Stati membri debbano rafforzare la capacità delle parti sociali e della società civile. Occorre creare un clima di fiducia nel dialogo sociale, riconoscerne l’importanza e coinvolgere in tempo utile le parti sociali e gli altri soggetti interessati nella definizione delle misure e nello stesso processo decisionale, laddove opportuno e in linea con le esigenze di sviluppo. È necessario un quadro robusto in materia di informazione e consultazione dei lavoratori per poter affrontare adeguatamente la duplice transizione verde e digitale, garantendo nel contempo la qualità del lavoro (8). |
1.11. |
Il CESE riconosce che il dispositivo per la ripresa e la resilienza potrebbe dare un contributo positivo nel rafforzare e garantire la qualità del lavoro nonché del ruolo che svolgono le parti sociali nella sua attuazione. Propone quindi alla Commissione di organizzare annualmente delle riunioni con le parti sociali e le organizzazioni della società civile per raccogliere i loro punti di vista sull’attuazione del dispositivo. Date le differenti situazioni di ciascuno Stato membro, sarebbe utile svolgere consultazioni distinte per ogni paese e formulare orientamenti comuni e raccomandazioni congiunte per continuare ad attuare con successo il dispositivo. |
1.12. |
Il CESE rileva che il dispositivo per la ripresa e la resilienza non tratta direttamente la questione degli elementi costitutivi di un lavoro di qualità e invita pertanto la Commissione ad aggiungere questa parte mancante nello strumento. La qualità del lavoro è un aspetto cruciale per conseguire gli obiettivi stabiliti nel dispositivo per la ripresa e la resilienza. Non si dovrebbero trascurare i gruppi vulnerabili, come i lavoratori precari e i giovani lavoratori, che hanno più duramente sofferto della pandemia. |
1.13. |
Il CESE chiede che siano realizzati degli studi per monitorare più da vicino gli sviluppi del mercato del lavoro durante il periodo di ripresa. Si deve altresì tenere conto dei cambiamenti dei modelli imprenditoriali che hanno un’incidenza sulle modalità di svolgimento del lavoro e sui diritti fondamentali dei lavoratori, e occorre anche considerare il processo di digitalizzazione e l’introduzione delle nuove tecnologie, con un’attenzione particolare alle carenze di competenze e alla transizione nel mercato del lavoro: ne andrebbero valutate ed esaminate con attenzione le implicazioni per l’organizzazione del lavoro e per altri importanti aspetti del lavoro di qualità, tenendo conto sia delle soluzioni positive che dei pericoli di una rapida digitalizzazione. Il Comitato sottolinea la necessità di tenere conto di fattori come la diversità tra i vari paesi e le ripercussioni della pandemia sia sulla società che sul mercato del lavoro. I cambiamenti intervenuti devono essere valutati ricorrendo ad un approccio olistico. |
2. Contesto
2.1. |
Il CESE riconosce la diversità e la natura multiforme del concetto di lavoro sostenibile di qualità e sottolinea che quest’ultimo si compone di diversi elementi che incidono direttamente o indirettamente sulla qualità della vita delle persone, come pure sui diritti e sulla sicurezza sociale dei lavoratori. Al tempo stesso, il CESE riconosce anche che i datori di lavoro e gli Stati membri svolgono un ruolo centrale nel garantire un lavoro di qualità, tra l’altro attraverso la promozione delle competenze, di un’occupazione di qualità, delle nuove e diverse forme di lavoro, della sicurezza, del benessere dei lavoratori e della competitività delle imprese. La Commissione sembra esserne consapevole, dal momento che durante la pandemia di COVID-19 un gran numero di programmi e buona parte dell’assistenza finanziaria erogata, in particolare il programma SURE, sono stati mirati sia alla ripresa economica che al mantenimento delle prestazioni di sicurezza sociale dei beneficiari. Il CESE è fermamente convinto che la ripresa economica e la crescita dell’economia europea non saranno possibili se i sistemi di sicurezza sociale non verranno preservati e sviluppati garantendo nel contempo un contesto imprenditoriale competitivo per le aziende europee nell’economia globale, ed è anche convinto che ripresa economica e ripresa sociale debbano procedere di pari passo. |
2.2. |
Il CESE ritiene che la Commissione, gli Stati membri e le parti sociali a livello europeo e nazionale abbiano la responsabilità di pianificare e attuare provvedimenti tesi a garantire un lavoro sostenibile di qualità. È pertanto necessario elaborare e attuare quanto prima, sulla base di sforzi congiunti da parte di tutti i soggetti pertinenti, strategie e misure volte ad assicurare detto lavoro sostenibile di qualità. |
2.3. |
Garantire che l’economia europea benefici di condizioni eque e competitive, investire nell’innovazione e nello sviluppo, prevenire il dumping sociale, stimolare la creazione di occupazione e promuovere condizioni di lavoro eque e incentivi adeguati dovrebbero essere altrettante componenti essenziali delle strategie dell’UE e degli Stati membri, e costituiscono misure che possono dare un contributo sostanziale al miglioramento della qualità del lavoro. |
2.4. |
Se sussistono le condizioni idonee, le imprese europee possono contribuire a una prosperità sostenibile, all’incremento di posti di lavoro di qualità e ad un maggiore benessere. Ciò richiede condizioni quadro favorevoli, in particolare per quanto riguarda la capacità di garantire un approvvigionamento energetico affidabile, una forza lavoro qualificata, infrastrutture di trasporto adeguate e mercati del lavoro efficienti. |
2.5. |
Il concetto di lavoro sostenibile di qualità è una delle componenti fondamentali della qualità della vita e va considerato in associazione con il concetto di sviluppo sostenibile, tenendo conto del più ampio contesto della crescita sostenibile e dell’occupazione, in particolare della transizione verso un’economia verde e della digitalizzazione, due processi che devono essere equi per tutti i soggetti interessati. A questo proposito, il CESE rimanda segnatamente ai pareri che ha già adottato in questo ambito. |
2.6. |
Il CESE è fermamente convinto che l’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) dell’Agenda 2030, adottata dai 193 Stati membri delle Nazioni Unite nel 2015 (9) — e in particolare dell’OSS n. 8 — possa contribuire in misura significativa ad assicurare un lavoro sostenibile di qualità, tenendo altresì conto della crescita economica e di un’occupazione piena e produttiva. Soprattutto durante il periodo di ripresa la Commissione europea dovrebbe concentrarsi maggiormente sul conseguimento degli OSS e incoraggiare gli Stati membri a realizzarli. |
2.7. |
Il CESE sottolinea inoltre che l’attuazione dei principi sanciti dal pilastro europeo dei diritti sociali e dal relativo piano d’azione, come pure delle pertinenti norme giuridiche a livello internazionale (10), riveste la massima importanza per garantire un lavoro sostenibile di qualità. Il CESE ha già adottato una serie di pareri su questi temi ed esorta le istituzioni dell’UE e gli Stati membri, in funzione delle rispettive competenze, a partecipare attivamente all’attuazione dei suddetti principi unitamente alle parti sociali e ad altri soggetti interessati. |
2.8. |
Nel definire le misure volte a garantire un lavoro sostenibile di qualità occorre prendere in considerazione i diversi fattori che incidono sulla qualità della vita, assicurano un lavoro dignitoso, riducono le disuguaglianze e l’esclusione sociale, prevengono la povertà e garantiscono la competitività dell’economia europea, favorendo al tempo stesso una transizione fluida verso una società e un’economia digitali e verdi. L’insieme di questi fattori dev’essere bilanciato con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, e le parti sociali e le organizzazioni della società civile devono essere attivamente coinvolte nell’elaborazione di dette misure. In questo contesto, il CESE mette l’accento sull’importanza di un più ampio consenso sociale. |
2.9. |
Il CESE è consapevole dell’esistenza di una serie di elementi, fattori e circostanze che incidono sulla qualità e l’offerta sostenibile di lavoro, e ne ha già preso atto in un suo precedente parere (11). Questi elementi sono, ad esempio, il livello e la prevedibilità delle retribuzioni dei lavoratori, le forme e i metodi di lavoro, l’ambiente lavorativo, la salute e la sicurezza sul lavoro, la stabilità dell’occupazione, l’apprendimento permanente, la formazione dei lavoratori, orari di lavoro regolari e prevedibili, la tutela dei diritti dei lavoratori, l’equilibrio tra vita professionale e vita privata, come pure un dialogo sociale attivo ed efficace. |
2.10. |
Il CESE osserva che assicurare un lavoro dignitoso è uno degli elementi fondamentali per garantire un lavoro di qualità. Invita pertanto la Commissione, gli Stati membri e le parti sociali a riservare una maggiore attenzione alle questioni del lavoro dignitoso e di qualità. |
2.11. |
Il CESE è consapevole che offrire gli elementi costitutivi di un lavoro di qualità dipende anche dalla resilienza delle imprese europee nel mercato globale, nonché dalla situazione del mercato interno, dai diversi modelli imprenditoriali adottati e dalle politiche economiche attuate. Chiede quindi alla Commissione e agli Stati membri di creare, insieme alle parti sociali, condizioni propizie alla realizzazione di investimenti sostenibili e che, quindi, consentano ai datori di lavoro di offrire un lavoro di qualità su base sostenibile e di combattere le pratiche sleali. Gli Stati membri dovrebbero contribuire ad accelerare questo processo tramite diversi incentivi, politiche e regolamentazioni adeguate. |
3. La crisi della COVID-19
3.1. |
Il CESE riconosce che il declino dell’attività economica è stato asimmetrico durante l’epidemia e che il meccanismo di SURE (strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza), introdotto dalla Commissione europea durante la pandemia, ha contribuito al mantenimento di un gran numero di posti di lavoro. Al fine di evitare licenziamenti e il deterioramento della sicurezza del reddito dei cittadini, gli Stati membri hanno adottato tutta una serie di provvedimenti: regimi di riduzione dell’orario lavorativo, integrazioni salariali per i lavoratori dipendenti, sistemi di cassa integrazione (ad esempio non autorizzando lavoratori in attività a lavorare) con riduzione del salario, varie misure di politica occupazionale attiva, tutela dei giovani e degli anziani, versamento di sussidi a parziale compensazione della perdita di reddito, un reddito di base per alcune categorie di popolazione ecc. Tuttavia, il CESE sottolinea che queste misure temporanee non dovrebbero far dimenticare la necessità di adottare, nell’UE e nei singoli Stati membri, politiche economiche sane e sostenibili volte a incrementare la crescita e a creare nuovi posti di lavoro. |
3.1.1. |
Il CESE si rammarica che la Commissione non abbia in maniera attiva introdotto, quale importante criterio per potersi avvalere di questi fondi, un adeguato coinvolgimento delle parti sociali e di altri soggetti interessati. In alcuni Stati membri le parti sociali non sono state attivamente coinvolte nella definizione delle misure e delle politiche per il mercato del lavoro. In questi paesi sarà più difficile far ripartire l’economia e garantire un lavoro di qualità. |
3.2. |
Il CESE prende atto che durante la pandemia sono cambiate le modalità di svolgimento di alcune attività lavorative, al punto che alcune di queste trasformazioni permarranno durante il periodo di ripresa e anche oltre. È pertanto fondamentale riconoscere tali cambiamenti, affrontarli in modo adeguato, monitorarli e incanalarne lo sviluppo in direzione dell’assicurazione di una qualità duratura del lavoro, al fine di creare ulteriori opportunità per le imprese e per i lavoratori. Occorre prestare particolare attenzione all’impatto e alle conseguenze della digitalizzazione e dell’introduzione dell’intelligenza artificiale nei posti di lavoro. |
3.3. |
Il CESE rileva che l’epidemia ha puntato i riflettori su determinati modelli economici e imprenditoriali e su forme e modalità di lavoro fino ad allora trascurati o non sufficientemente presi in considerazione. Bisogna assicurarsi che queste forme divenute più frequenti di attività imprenditoriali e lavorative non abbiano un’incidenza negativa sul mercato del lavoro né sulla qualità del lavoro e non costituiscano pratiche sleali. |
3.4. |
Il CESE accoglie con favore la raccomandazione della Commissione relativa a un sostegno attivo ed efficace all’occupazione (Effective Active Support to Employment — EASE) a seguito della crisi della COVID-19 e invita gli Stati membri a dare la priorità alle politiche del mercato del lavoro così da fare degli investimenti nelle persone uno degli elementi chiave per uscire dalla crisi, tenendo conto della necessità di una duplice transizione verde e digitale. Gli Stati membri dovrebbero includere misure di tipo EASE, concordate con le parti sociali, nei rispettivi piani nazionali per la ripresa e la resilienza. |
3.5. |
Il CESE esprime il timore che, nel periodo della pandemia, il benessere mentale dei lavoratori europei sia peggiorato in misura significativa, in particolare tra i giovani e tra quanti hanno perso il posto di lavoro (12). Il Comitato chiede pertanto l’adozione di un approccio olistico e congiunto, che combini una serie di politiche ambiziose in campo sanitario e in materia di sicurezza e di benessere mentale. |
3.6. |
Il CESE ribadisce le posizioni assunte e le proposte formulate in una serie di pareri (13) su questioni riguardanti il futuro del lavoro, la digitalizzazione, il lavoro a domicilio, l’organizzazione dell’orario di lavoro, l’apprendimento permanente e la formazione nonché l’equilibrio tra attività professionale e vita familiare. Tutto quanto sopra affermato in merito alla qualità del lavoro vale anche per chiunque lavori, indipendentemente dalla nazionalità, ragion per cui sono importanti anche le questioni dell’immigrazione e dell’integrazione dei cittadini di paesi terzi. |
3.7. |
Tenuto conto dei cambiamenti indotti dalla pandemia, della parallela evoluzione della digitalizzazione e del fatto che sulla qualità del lavoro incidono numerosi fattori, il presente parere si concentra solo su taluni aspetti evidenziati dalla presidenza slovena che richiedono particolare attenzione quanto alla questione dello sviluppo di un lavoro di qualità. Si tratta dei seguenti elementi: 1) l’adattamento dell’ambiente di lavoro al fenomeno dell’invecchiamento demografico; 2) la formazione e l’apprendimento permanente; 3) la garanzia dell’uguaglianza; 4) la presa in considerazione dei benefici e degli svantaggi della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale; e 5) il ruolo delle parti sociali. |
4. Adattamento dell’ambiente di lavoro al fenomeno dell’invecchiamento demografico
4.1. |
Con l’invecchiamento della popolazione in Europa, anche la vita lavorativa si sta prolungando nella maggior parte degli Stati membri e va aumentando l’età effettiva di pensionamento. Questo, a sua volta, impone la creazione di condizioni di lavoro adeguate per gli anziani: si tratta principalmente di adattamenti alle capacità psicofisiche di questo segmento della popolazione, assicurando nel contempo che la loro base di competenze stia al passo con le esigenze del mercato del lavoro. Anche migliorare la tutela della salute sul luogo di lavoro e l’accesso all’apprendimento permanente per i lavoratori anziani sono due elementi indispensabili per garantire la qualità del lavoro dei lavoratori più avanti con l’età. |
4.2. |
Sebbene garantire condizioni di lavoro adeguate sia un dovere primario del datore di lavoro, anche la cooperazione tripartita tra le parti sociali e i governi svolge un ruolo importante al riguardo, in quanto, con la loro conoscenza delle procedure di lavoro e degli stessi lavoratori, questi soggetti possono contribuire, mediante il dialogo sociale e contratti collettivi al livello appropriato, a creare un ambiente di lavoro che consenta ai lavoratori anziani di lavorare correttamente. |
4.3. |
Anche gli Stati membri hanno un ruolo importante da svolgere in questo ambito. Garantendo un livello adeguato di protezione sociale, l’accesso a servizi di assistenza sanitaria di qualità e una serie di incentivi e sussidi per i datori di lavoro, essi possono contribuire a creare un ambiente di lavoro che consenta ai lavoratori, man mano che invecchiano, di lavorare in modo sicuro e produttivo. |
4.4. |
Il CESE propone di riservare maggiore attenzione all’attuazione di politiche per il mercato del lavoro legate alle questioni demografiche nel quadro del semestre europeo. È essenziale coinvolgere attivamente le parti sociali nelle strategie e nell’attuazione di politiche e misure relative agli anziani nel mercato del lavoro, incluso un loro adeguato inserimento in tale mercato. |
4.5. |
Occorre sviluppare modalità moderne e innovative che consentano a giovani e anziani di lavorare insieme. È essenziale un adeguato trasferimento bidirezionale di conoscenze ed esperienze tra le generazioni. |
5. Formazione e apprendimento permanente
5.1. |
Nei suoi pareri il CESE ha insistito ripetutamente sull’importanza dell’apprendimento permanente e della formazione sia per i disoccupati che per i lavoratori in attività (14). |
5.2. |
Il CESE rileva che è importante anticipare in tempo utile i fabbisogni dei lavoratori e dei datori di lavoro in termini di competenze e di pianificazione strategica in questo ambito. A tal fine è necessaria la collaborazione delle parti sociali, in particolare a livello settoriale e aziendale. |
5.3. |
Particolare attenzione andrebbe prestata ai disoccupati di lungo periodo e a chi è rimasto fuori dal mercato del lavoro per un periodo di tempo prolungato. L’assenza prolungata dal mercato del lavoro costituisce un significativo freno all’occupabilità, soprattutto se si tiene conto della velocità della trasformazione digitale (15). La pandemia — con la chiusura di determinate attività, che ha costretto i lavoratori a rimanere a casa — ha aggravato il problema. Ecco perché, date le circostanze attuali, sono necessarie politiche attive per l’occupazione efficaci. |
5.4. |
Le attività di formazione dovrebbero essere incentrate su un’adeguata sensibilizzazione dei datori di lavoro all’importanza di una pianificazione tempestiva in termini di fabbisogni di abilità e di competenze per il lavoro futuro. A questo proposito, il CESE raccomanda di prestare particolare attenzione ai piani per la formazione digitale dei lavoratori. |
5.5. |
Il CESE raccomanda agli Stati membri di prendere in considerazione anche l’introduzione di incentivi finanziari e fiscali diretti ad una formazione più attiva dei lavoratori da parte dei datori di lavoro, sotto forma di finanziamenti diretti o di sgravi/agevolazioni fiscali per le imprese. |
6. Garanzia dell’uguaglianza
6.1. |
Il CESE ritiene che, durante e dopo il processo di ripresa, sia cruciale preservare l’uguaglianza per quanto riguarda la situazione personale del singolo ed evitare qualsiasi forma di pratica discriminatoria. Pur riconoscendo le opportunità offerte da forme di lavoro diversificate, vi è però il rischio che tale varietà delle forme di lavoro accresca la disuguaglianza tra i lavoratori, anche sotto il profilo della parità di genere (16). Occorre trovare dei modi per garantire la parità di trattamento dei lavoratori attraverso tutti i canali appropriati, tra i quali sia la legislazione che i contratti collettivi. |
6.2. |
Il CESE osserva che l’uguaglianza non è stata garantita durante la pandemia, dal momento che le misure adottate non hanno riguardato tutti i lavoratori e tutte le imprese. Le piccole e medie imprese, i lavoratori occupati in forme di lavoro precarie, i lavoratori autonomi, i migranti, i giovani e le donne spesso non hanno avuto la possibilità di accedere agli indennizzi per la perdita di reddito o non sono stati inclusi nelle misure adottate, con un conseguente aumento della povertà e dell’esclusione sociale durante l’epidemia. Inoltre, diverse imprese hanno cessato la loro attività, con conseguenti perdite di posti di lavoro. |
6.3. |
Il CESE osserva che durante la pandemia la situazione delle donne nel mercato del lavoro si è notevolmente deteriorata (17): molte di loro hanno perso il posto di lavoro, l’equilibrio tra vita professionale e vita privata è peggiorato e, in ultima analisi, si è registrato un aumento della precarietà. |
6.4. |
È peggiorata anche la situazione dei migranti sul mercato del lavoro e quella dei giovani, che hanno sempre più difficoltà a trovare un posto di lavoro, e per di più sono alle prese in misura ancora maggiore con forme precarie di lavoro, che non garantiscono loro una vita dignitosa. |
6.5. |
La disuguaglianza trova maggiormente riscontro nel livello di reddito e nella stabilità dell’occupazione. Pertanto, il CESE è fermamente convinto che le politiche per il mercato del lavoro debbano affrontare il problema del divario retributivo, come pure la questione di misure che promuovano la trasparenza salariale, si occupino della segregazione orizzontale e verticale del mercato del lavoro, incentivino il lavoro a tempo pieno per le donne e affrontino gli impegni e le difficoltà legati al lavoro di assistenza non retribuito e l’attuazione del principio della parità di retribuzione per un lavoro di pari valore. Occorre inoltre adottare misure che garantiscano il rispetto dei diritti dei lavoratori. Si dovrebbe inoltre incoraggiare il dialogo sociale con un’attenzione specifica alla contrattazione collettiva in attività non standard quali il lavoro domestico, il lavoro di assistenza e cura alla persona, il lavoro tramite piattaforme e altri aspetti simili. |
7. Digitalizzazione e intelligenza artificiale
7.1. |
La digitalizzazione ha un forte impatto sulle relazioni industriali, date le ripercussioni sia positive che negative della sua applicazione nei processi lavorativi da parte dei datori di lavoro. |
7.2. |
Le soluzioni digitali suscitano dei timori per quanto riguarda le relazioni contrattuali tra lavoratori e datori di lavoro. Al fine di garantire elementi costitutivi sostenibili di un lavoro di qualità, è necessario monitorare gli sviluppi nel mercato del lavoro e assicurare che esistano meccanismi adeguati a tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, senza ostacolare lo sviluppo di soluzioni digitali. L’UE, gli Stati membri, le parti sociali e gli altri soggetti interessati dovrebbero ciascuno avere un ruolo da svolgere nel trovare soluzioni eque alle preoccupazioni dei cittadini. Il CESE sottolinea che l’aumento della digitalizzazione nella vita lavorativa può apportare benefici, ma pone anche delle sfide. A questo proposito, il CESE riconosce che attuare in tempi rapidi l’accordo quadro delle parti sociali europee sulla digitalizzazione può avere il suo peso e la sua importanza (18). |
7.3. |
Vi è l’urgente necessità di gestire l’uso dell’intelligenza artificiale sul luogo di lavoro, in particolare per quanto riguarda la prevenzione delle pratiche discriminatorie, la sorveglianza illegale dei lavoratori — incluso il diritto alla disconnessione — e altri trattamenti lesivi dei lavoratori. Le parti sociali devono essere associate ai processi di adozione e di attuazione della legislazione in materia di intelligenza artificiale. |
Bruxelles, 23 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) https://www.ilo.org/global/topics/decent-work/lang--en/index.htm
(2) GU C 326 del 26.10.2012, pag. 391.
(3) GU C 374 del 16.9.2021, pag. 16.
(4) A seconda della situazione nei singoli Stati membri.
(5) GU C 125 del 21.4.2017, pag. 10, punto 3.19.
(6) Cfr. GU C 97 del 24.3.2020, pag. 32 e GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, punto 1.6.
(7) Voss, Eckhard, Broughton, Andrea, Pulignano, Valeria, Franca, Valentina, Rodriguez Contreras, Ricardo, Exploring the connections between EU- and national-level social dialogue (Esplorare i collegamenti tra il dialogo sociale a livello di UE e nazionale), Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2018.
(8) Ad esempio, la risoluzione del CESE sul vertice sociale di Porto (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 6) e il parere (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 23).
(9) Transforming our World: The 2030 Agenda for Sustainable Development (Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’ONU).
(10) Norme dell'OIL e articoli 151 e 156 del TFUE.
(11) GU C 125 del 21.4.2017, pag. 10, punto 3.4.
(12) Eurofound — Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (2021), Vita, lavoro e COVID-19 (aggiornamento aprile 2021): peggiorano la salute mentale e la fiducia in tutta l'UE con l'inizio di un altro anno di pandemia, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, pag. 4.
(13) GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 44, GU C 197 dell'8.6.2018, pag. 45, GU C 237 del 6.7.2018, pag. 8, GU C 367 del 10.10.2018, pag. 15, GU C 440 del 6.12.2018, pag. 37, GU C 232 del 14.7.2020, pag. 18.
(14) Come precisato nella GU C 374 del 16.9.2021, pag. 38.
(15) Il livello di competenze digitali e di formazione dei lavoratori varia notevolmente da uno Stato membro all’altro, il che aggrava le disparità tra le situazioni dei lavoratori. Nel 2019, in media, meno del 25 % delle imprese dell’UE ha fornito ai lavoratori una formazione digitale, con percentuali che vanno dal 6 % della Romania al 37 % della Finlandia.
(16) GU C 220 del 9.6.2021, pag. 13.
(17) https://eige.europa.eu/news/covid-19-derails-gender-equality-gains
(18) Accordo quadro delle parti sociali europee sulla digitalizzazione e relative firme: https://www.etuc.org/system/files/document/file2020-06/Final 22 06 20_Agreement on Digitalisation 2020.pdf.
ALLEGATO
I seguenti emendamenti sono stati respinti nel corso del dibattito, ma hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi (articolo 43, paragrafo 2, del Regolamento interno):
EMENDAMENTO 3
Presentato da:
ARDHE Christian
HOŠTÁK Martin
KONTKANEN Mira-Maria
LE BRETON Marie-Pierre
SOC/685
Elementi fondamentali del lavoro sostenibile di qualità durante e dopo la ripresa
Punto 2.9
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
Il CESE è consapevole dell’esistenza di una serie di elementi, fattori e circostanze che incidono sulla qualità e l’offerta sostenibile di lavoro, e ne ha già preso atto in un suo precedente parere (11). Questi elementi sono, ad esempio, il livello e la prevedibilità delle retribuzioni dei lavoratori, le forme e i metodi di lavoro, l’ambiente lavorativo, la salute e la sicurezza sul lavoro, la stabilità dell’occupazione, l’apprendimento permanente, la formazione dei lavoratori, orari di lavoro regolari e prevedibili, la tutela dei diritti dei lavoratori, l’equilibrio tra vita professionale e vita privata, un dialogo sociale attivo ed efficace e altri fattori simili. |
Il CESE è consapevole dell’esistenza di una serie di elementi, fattori e circostanze che incidono sulla qualità e l’offerta sostenibile di lavoro, e ne ha già preso atto in un suo precedente parere (11). Questi elementi sono, ad esempio, il livello e la prevedibilità delle retribuzioni dei lavoratori, le forme e i metodi di lavoro — compresa la necessità di forme diverse di lavoro e di flessibilità nel quadro del dialogo sociale —, l’ambiente lavorativo, la salute e la sicurezza sul lavoro, la stabilità dell’occupazione, l’apprendimento permanente, la formazione dei lavoratori, orari di lavoro regolari e prevedibili, la tutela dei diritti dei lavoratori, l’equilibrio tra vita professionale e vita privata, un dialogo sociale attivo ed efficace e altri fattori simili. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
92 |
Voti contrari: |
120 |
Astensioni: |
15 |
EMENDAMENTO 4
Presentato da:
ARDHE Christian
HOŠTÁK Martin
KONTKANEN Mira-Maria
LE BRETON Marie-Pierre
SOC/685
Elementi fondamentali del lavoro sostenibile di qualità durante e dopo la ripresa
Punto 3.3
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
Il CESE rileva che l’epidemia ha puntato i riflettori su determinati modelli economici e imprenditoriali e su forme e modalità di lavoro fino ad allora trascurati o non sufficientemente presi in considerazione. Bisogna assicurarsi che queste forme divenute più frequenti di attività imprenditoriali e lavorative non abbiano un’incidenza negativa sul mercato del lavoro né sulla qualità del lavoro e non costituiscano pratiche sleali. |
Il CESE rileva che l’epidemia ha puntato i riflettori su determinati modelli economici e imprenditoriali e su forme e modalità di lavoro fino ad allora trascurati o non sufficientemente presi in considerazione. Se da un lato è importante migliorare e rafforzare politiche favorevoli all’imprenditorialità e all’autoimprenditorialità sia a livello europeo che nazionale e promuovere lo sviluppo sostenibile di queste forme divenute più frequenti di attività imprenditoriali e lavorative, dall’altro ci si dovrebbe assicurare che esse non abbiano un’incidenza negativa sul mercato del lavoro né sulla qualità del lavoro e non costituiscano pratiche sleali. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
90 |
Voti contrari: |
125 |
Astensioni: |
16 |
EMENDAMENTO 5
Presentato da:
ARDHE Christian
HOŠTÁK Martin
KONTKANEN Mira-Maria
LE BRETON Marie-Pierre
SOC/685
Elementi fondamentali del lavoro sostenibile di qualità durante e dopo la ripresa
Punto 6.2
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
Il CESE osserva che l’uguaglianza non è stata garantita durante la pandemia, dal momento che le misure adottate non hanno riguardato tutti i lavoratori e tutte le imprese. Le piccole e medie imprese, i lavoratori occupati in forme di lavoro precarie , i lavoratori autonomi, i migranti, i giovani e le donne spesso non hanno avuto la possibilità di accedere agli indennizzi per la perdita di reddito o non sono stati inclusi nelle misure adottate, con un conseguente aumento della povertà e dell’esclusione sociale durante l’epidemia. Inoltre, diverse imprese hanno cessato la loro attività, con conseguenti perdite di posti di lavoro. |
Il CESE osserva che l’uguaglianza non è stata garantita durante la pandemia, dal momento che le misure adottate non hanno riguardato tutti i lavoratori e tutte le imprese. Le piccole e medie imprese, i lavoratori occupati in forme di lavoro meno stabili e sicure , i lavoratori autonomi, i migranti, i giovani e le donne spesso non hanno avuto la possibilità di accedere agli indennizzi per la perdita di reddito o non sono stati inclusi nelle misure adottate, con un conseguente aumento della povertà e dell’esclusione sociale durante l’epidemia. Inoltre, diverse imprese hanno cessato la loro attività, con conseguenti perdite di posti di lavoro. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
88 |
Voti contrari: |
138 |
Astensioni: |
14 |
EMENDAMENTO 6
Presentato da:
ARDHE Christian
HOŠTÁK Martin
KONTKANEN Mira-Maria
LE BRETON Marie-Pierre
SOC/685
Elementi fondamentali del lavoro sostenibile di qualità durante e dopo la ripresa
Punto 6.3
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
Il CESE osserva che durante la pandemia la situazione delle donne nel mercato del lavoro si è notevolmente deteriorata (17): molte di loro hanno perso il posto di lavoro, l’equilibrio tra vita professionale e vita privata è peggiorato e, in ultima analisi, si è registrato un aumento della precarietà . |
Il CESE osserva che durante la pandemia la situazione delle donne nel mercato del lavoro si è notevolmente deteriorata (17): molte di loro hanno perso il posto di lavoro, l’equilibrio tra vita professionale e vita privata è peggiorato e, in ultima analisi, si è registrato un aumento della difficoltà di trovare un’occupazione più stabile e sicura . |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
80 |
Voti contrari: |
143 |
Astensioni: |
10 |
EMENDAMENTO 7
Presentato da:
ARDHE Christian
HOŠTÁK Martin
KONTKANEN Mira-Maria
LE BRETON Marie-Pierre
SOC/685
Elementi fondamentali del lavoro sostenibile di qualità durante e dopo la ripresa
Punto 6.4
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
È peggiorata anche la situazione dei migranti sul mercato del lavoro e quella dei giovani, che hanno sempre più difficoltà a trovare un posto di lavoro, e per di più sono alle prese in misura ancora maggiore con forme precarie di lavoro , che non garantiscono loro una vita dignitosa . |
È peggiorata anche la situazione dei migranti sul mercato del lavoro e quella dei giovani, che hanno sempre più difficoltà a trovare un posto di lavoro, e per di più sono alle prese in misura ancora maggiore con la difficoltà di trovare forme di lavoro più stabili e sicure . |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
80 |
Voti contrari: |
143 |
Astensioni: |
10 |
EMENDAMENTO 8
Presentato da:
BARRERA CHAMORRO Maria del Carmen
MEYNENT Denis
SALIS-MADINIER Franca
ZORKO Andrej
SOC/685
Elementi fondamentali del lavoro sostenibile di qualità durante e dopo la ripresa
Punto 6.5
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
La disuguaglianza trova maggiormente riscontro nel livello di reddito e nella stabilità dell’occupazione. Pertanto, il CESE è fermamente convinto che le politiche per il mercato del lavoro debbano affrontare il problema del divario retributivo, come pure la questione di misure che promuovano la trasparenza salariale, si occupino della segregazione orizzontale e verticale del mercato del lavoro, incentivino il lavoro a tempo pieno per le donne e affrontino gli impegni e le difficoltà legati al lavoro di assistenza non retribuito e l’attuazione del principio della parità di retribuzione per un lavoro di pari valore. Occorre inoltre adottare misure che garantiscano il rispetto dei diritti dei lavoratori. Si dovrebbe inoltre incoraggiare il dialogo sociale con un’attenzione specifica alla contrattazione collettiva in attività non standard quali il lavoro domestico, il lavoro di assistenza e cura alla persona, il lavoro tramite piattaforme e altri aspetti simili. |
La disuguaglianza trova maggiormente riscontro nel livello di reddito e nella stabilità dell’occupazione. Pertanto, il CESE è fermamente convinto che le politiche per il mercato del lavoro debbano affrontare il problema del divario retributivo, come pure la questione di misure vincolanti che promuovano la trasparenza salariale, si occupino della segregazione orizzontale e verticale del mercato del lavoro, incentivino il lavoro a tempo pieno per le donne e affrontino gli impegni e le difficoltà legati al lavoro di assistenza non retribuito e l’attuazione del principio della parità di retribuzione per un lavoro di pari valore. Occorre inoltre adottare misure che garantiscano il rispetto dei diritti dei lavoratori. Si dovrebbe inoltre incoraggiare il dialogo sociale con un’attenzione specifica alla contrattazione collettiva in attività non standard quali il lavoro domestico, il lavoro di assistenza e cura alla persona, il lavoro tramite piattaforme e altri aspetti simili. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
102 |
Voti contrari: |
113 |
Astensioni: |
16 |
EMENDAMENTO 10
Presentato da:
ARDHE Christian
HOŠTÁK Martin
KONTKANEN Mira-Maria
LE BRETON Marie-Pierre
SOC/685
Elementi fondamentali del lavoro sostenibile di qualità durante e dopo la ripresa
Punto 7.3
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
Vi è l’urgente necessità di gestire l’uso dell’intelligenza artificiale sul luogo di lavoro, in particolare per quanto riguarda la prevenzione delle pratiche discriminatorie, la sorveglianza illegale dei lavoratori — incluso il diritto alla disconnessione — e altri trattamenti lesivi dei lavoratori. Le parti sociali devono essere associate ai processi di adozione e di attuazione della legislazione in materia di intelligenza artificiale. |
Per garantire uno sviluppo trasparente ed equilibrato dell’intelligenza artificiale , vi è l’urgente necessità di gestirne l’uso sul luogo di lavoro, in particolare per quanto riguarda l’esigenza di dissipare le preoccupazioni infondate, la promozione dell’autonomia dei lavoratori e la prevenzione delle pratiche discriminatorie, della sorveglianza illegale dei lavoratori e di altri trattamenti lesivi dei lavoratori. Le parti sociali devono essere associate ai processi di adozione e di attuazione della legislazione in materia di intelligenza artificiale. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
88 |
Voti contrari: |
136 |
Astensioni: |
10 |
EMENDAMENTO 11
Presentato da:
ARDHE Christian
HOŠTÁK Martin
KONTKANEN Mira-Maria
LE BRETON Marie-Pierre
SOC/685
Elementi fondamentali del lavoro sostenibile di qualità durante e dopo la ripresa
Punto 1.1
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
La qualità del lavoro è uno degli elementi costitutivi fondamentali della qualità della vita. Occorre rispettare il principio della qualità del lavoro per la qualità della vita, poiché si tratta di uno dei presupposti di uno sviluppo sociale sostenibile. Pertanto, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è fermamente convinto che si debba riservare un’attenzione particolare a tale principio nell’ambito delle politiche dell’UE, dato che esso deve prevenire i rischi di disuguaglianza, di povertà, di esclusione sociale e di concorrenza sleale. |
La qualità del lavoro è uno degli elementi costitutivi fondamentali della qualità della vita e va considerato in associazione con il concetto di sviluppo sostenibile, tenendo conto del più ampio contesto della crescita sostenibile e dell’occupazione, e in particolare della transizione verso un’economia verde e della digitalizzazione . Al tempo stesso, il CESE riconosce il ruolo che svolgono i datori di lavoro per la promozione delle competenze, dell’occupazione, delle diverse forme di lavoro, della sicurezza, del benessere dei lavoratori e della competitività delle imprese. Pertanto, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è fermamente convinto che le politiche dell’UE debbano riservare un’attenzione particolare alla qualità del lavoro in quanto componente della crescita economica e dell’occupazione , dato che essa può apportare un duplice e importante contributo al rafforzamento della crescita sostenibile, dell’occupazione e della produttività, contrastando nel contempo i rischi di disuguaglianza, di povertà, di esclusione sociale e di concorrenza sleale. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
79 |
Voti contrari: |
136 |
Astensioni: |
11 |
EMENDAMENTO 12
Presentato da:
ARDHE Christian
HOŠTÁK Martin
KONTKANEN Mira-Maria
LE BRETON Marie-Pierre
SOC/685
Elementi fondamentali del lavoro sostenibile di qualità durante e dopo la ripresa
Punto 1.2
Inserire un nuovo punto:
Posizione: dopo l’attuale punto — stesso livello
Parere della sezione |
Emendamento |
|
Il CESE sottolinea la necessità di condurre un’azione globale e adeguatamente mirata per far sì che i mercati del lavoro negli Stati membri siano reattivi, resilienti e inclusivi, anche a seguito della pandemia, con particolare attenzione alla creazione di posti di lavoro flessibili. Fa notare, tuttavia, che gli sviluppi del mercato del lavoro devono essere sostenuti, e non sovraregolamentati né ostacolati. Per quanto riguarda le competenze dell’UE e degli Stati membri e i diversi strumenti a loro disposizione, occorre prestare particolare attenzione ai principi di sussidiarietà e proporzionalità. Al fine di assicurare un fondamento economico solido inteso a sostenere delle transizioni eque in Europa, si dovrebbe porre l’accento sulla creazione di un quadro normativo equo, stabile e prevedibile per le imprese, ed evitare di imporre loro degli oneri amministrativi. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
79 |
Voti contrari: |
144 |
Astensioni: |
7 |
EMENDAMENTO 15
Presentato da:
ARDHE Christian
HOŠTÁK Martin
KONTKANEN Mira-Maria
LE BRETON Marie-Pierre
SOC/685
Elementi fondamentali del lavoro sostenibile di qualità durante e dopo la ripresa
Punto 1.12
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
Il CESE rileva che il dispositivo per la ripresa e la resilienza non tratta direttamente la questione degli elementi costitutivi di un lavoro di qualità e invita pertanto la Commissione ad aggiungere questa parte mancante nello strumento . La qualità del lavoro è un aspetto cruciale per conseguire gli obiettivi stabiliti nel dispositivo per la ripresa e la resilienza. Non si dovrebbero trascurare i gruppi vulnerabili , come i lavoratori precari e i giovani lavoratori , che hanno più duramente sofferto della pandemia. |
Il CESE rileva che il dispositivo per la ripresa e la resilienza non tratta direttamente la questione degli elementi costitutivi di un lavoro di qualità e invita pertanto la Commissione a garantire che nell’attuazione del dispositivo si tenga adeguatamente conto di tali elementi . La qualità del lavoro è un aspetto cruciale per conseguire gli obiettivi stabiliti nel dispositivo per la ripresa e la resilienza. Non si dovrebbero trascurare i gruppi vulnerabili, che hanno più duramente sofferto della pandemia. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
82 |
Voti contrari: |
140 |
Astensioni: |
8 |
(11) GU C 125 del 21.4.2017, pag. 10, punto 3.4.
(11) GU C 125 del 21.4.2017, pag. 10, punto 3.4.
(17) https://eige.europa.eu/news/covid-19-derails-gender-equality-gains
(17) https://eige.europa.eu/news/covid-19-derails-gender-equality-gains
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/38 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Verso una filiera alimentare equa»
(parere esplorativo)
(2021/C 517/05)
Relatore: |
Branko RAVNIK |
Correlatore: |
Peter SCHMIDT |
Consultazione |
Lettera della presidenza slovena del Consiglio, 19.3.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente |
Adozione in sezione |
9.09.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
211/1/6 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE accoglie con favore la direttiva UE in materia di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare, che rappresenta un passo in avanti nel porre rimedio agli squilibri di potere che si registrano lungo tutta la filiera. Le pratiche commerciali sleali sono un fenomeno complesso dalle vaste implicazioni sociali, e in tale contesto la regolamentazione svolge un ruolo fondamentale. Il Comitato esorta gli Stati membri a recepire e attuare la direttiva e ad affrontare con urgenza le pratiche commerciali sleali. |
1.2. |
La filiera alimentare europea ha dato prova di notevole resilienza durante la pandemia di COVID-19: i consumatori hanno sempre avuto accesso a quasi tutti i generi alimentari e, pur essendo esposti al rischio di contagio, i lavoratori dell’intera filiera alimentare hanno svolto un lavoro straordinario. |
1.3. |
Tuttavia, le prime osservazioni segnalano significative modifiche dei comportamenti a livello di produzione, distribuzione e consumo. Il CESE raccomanda di sostenere la trasformazione dei sistemi alimentari europei per renderli più sostenibili, resilienti, equi e inclusivi sul piano ambientale, economico e sociale, e soprattutto per far sì che possano fornire ai consumatori europei alimenti sani e sicuri prodotti in maniera sostenibile. Osserva che la cooperazione (piuttosto che la concorrenza) tra gli operatori della filiera alimentare è essenziale per promuovere un sistema alimentare più resiliente e sostenibile, al fine di garantire un’equa ripartizione tra gli operatori e di evitare la denigrazione. |
1.4. |
Il CESE rinnova la raccomandazione che agli operatori più deboli, e in particolare agli agricoltori, sia pagato un prezzo equo e giusto che consenta loro di ricevere un reddito che sia adeguato per gli investimenti, l’innovazione e la produzione sostenibile (1). Dovrebbe essere istituito un meccanismo per dare seguito al monitoraggio della distribuzione del valore aggiunto lordo nella filiera alimentare. Secondo i dati della Commissione, la quota del valore aggiunto lordo della filiera alimentare che va al produttore primario è scesa dal 31 % del 1995 al 23,4 % del 2015 (dati più recenti disponibili). |
1.5. |
Il CESE rinnova altresì la raccomandazione di affrontare le pratiche commerciali sleali che non rientrano nelle prescrizioni minime della direttiva (2) e apprezza gli sforzi compiuti da vari Stati membri per risolvere problemi come gli acquisti a prezzi inferiori ai costi di produzione, le aste al doppio ribasso, o la tutela di tutti gli attori della filiera, indipendentemente dalle loro dimensioni o dalla loro posizione nella filiera alimentare. Il CESE accoglie con favore la decisione della Commissione di regolamentare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare. Tuttavia, si rammarica che la Commissione non abbia promosso un approccio armonizzato per evitare la frammentazione del mercato unico. Ritiene che le future misure supplementari dovrebbero essere compatibili con il mercato unico e soggette a un’adeguata valutazione d’impatto. Tuttavia, il CESE accoglie con favore il recepimento e l’attuazione della direttiva da parte degli Stati membri, garanzia di una maggiore equità nella filiera alimentare, e chiede un approccio più armonizzato in futuro. |
1.6. |
Il CESE invita gli Stati membri ad adottare leggi che proteggano tutti i soggetti economici. Le dimensioni non costituiscono necessariamente una misura indiretta del potere di mercato; di conseguenza è necessario proteggere contro le pratiche commerciali sleali tutti gli operatori economici, grandi e piccoli. |
1.7. |
Il CESE incoraggia inoltre gli Stati membri a introdurre meccanismi che li mettano in grado di monitorare, valutare e garantire l’attuazione delle leggi di recepimento e creare sedi di dialogo in collaborazione con tutte le parti interessate. |
1.8. |
Attualmente gli squilibri di potere economico e contrattuale nei sistemi alimentari europei (ma anche in quelli mondiali) mettono a dura prova la redditività del settore agricolo e i salari, aggravando il calo del potenziale di investimenti delle piccole e medie imprese del settore alimentare e l’abbandono del commercio al dettaglio a conduzione familiare a livello locale. Occorre pertanto introdurre meccanismi correttivi basati su dati concreti, per assicurare lo sviluppo equilibrato dei soggetti operanti nella filiera alimentare europea e promuovere una ripartizione equa dei vantaggi economici della produzione e della distribuzione di generi alimentari all’interno e all’esterno dell’UE, promuovendo in tal modo sistemi alimentari più sostenibili. La Commissione non ha tratto conclusioni dalle valutazioni d’impatto della strategia «Dal produttore al consumatore». |
1.9. |
Il CESE sottolinea quanto sia importante che tutte le parti interessate dispongano degli strumenti e delle informazioni adeguati per trarre vantaggio dalla direttiva. Di conseguenza il CESE invita la Commissione europea, gli Stati membri e il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) a far sì che le parti interessate conoscano i propri diritti e le procedure per il loro esercizio, anche quando si tratta di commercio transnazionale, sia all’interno dell’UE sia con paesi terzi. |
1.10. |
Il CESE ribadisce che la promozione di pratiche commerciali più eque dovrebbe rientrare in una politica alimentare e commerciale globale dell’UE che comprenda l’intera filiera e garantisca l’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite. |
2. Introduzione
2.1. |
Le pratiche commerciali sleali sono definite quali «pratiche che si discostano nettamente dalle buone pratiche commerciali, sono in contrasto con i principi di buona fede e correttezza e sono imposte unilateralmente da un partner commerciale alla sua controparte» (3). La filiera alimentare è particolarmente vulnerabile a tali pratiche, dati i forti squilibri di potere tra operatori. Le pratiche commerciali sleali possono verificarsi in tutte le fasi della filiera, e quelle che hanno origine ad un determinato livello della filiera possono produrre effetti in altre parti della stessa a seconda del potere di mercato degli attori coinvolti (4). |
2.2. |
Come si illustra dettagliatamente nei pareri del CESE Una catena di approvvigionamento agroalimentare più equa, adottato nel 2016 (5), e Migliorare la filiera alimentare, adottato nel 2018 (6), la concentrazione del potere di contrattazione ha portato ad abusi di posizione dominante che hanno reso gli operatori più deboli sempre più vulnerabili alle pratiche commerciali sleali. In tal modo si trasferisce il rischio economico dal mercato verso i segmenti più a monte della filiera, con un impatto particolarmente negativo sui consumatori e su taluni operatori, per esempio gli agricoltori, i lavoratori e le PMI. Secondo i dati della Commissione, la quota del valore aggiunto lordo della filiera alimentare che va al produttore primario è scesa dal 31 % del 1995 al 23,4 % del 2015 (dati più recenti disponibili). Secondo la Commissione, il problema delle pratiche commerciali sleali è stato riconosciuto da tutte le parti interessate della filiera alimentare ed è stato riferito che la maggioranza degli operatori ha avuto esperienza di tali pratiche (7). |
2.3. |
La direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) sulle pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare è stata adottata nell’aprile 2019. La direttiva è breve, concisa e basata su alcuni principi fondamentali. Gli Stati membri erano tenuti a recepire la direttiva nel diritto nazionale entro il 1o maggio 2021 e ad applicarla sei mesi dopo. Questo processo fa parte di un’agenda più ampia in materia di governance, volta a realizzare una filiera alimentare più efficiente e più equa, e comprende inoltre la cooperazione dei produttori e misure per rafforzare la trasparenza del mercato. La strategia «Dal produttore al consumatore» (9) è concepita a sua volta per migliorare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare. |
2.4. |
La presidenza slovena dell’UE ha chiesto al CESE di elaborare un parere esplorativo sull’effettivo conseguimento concreto degli obiettivi della direttiva, sulle buone pratiche degli Stati membri in materia di regolamentazione della filiera alimentare e sulle misure necessarie per garantire che il processo non si arresti. |
3. La posizione del CESE sulle pratiche commerciali sleali
3.1. |
Nel suo parere del 2018 (10) il CESE si è rallegrato della proposta della Commissione europea volta a ridurre il verificarsi di tali pratiche, in quanto essa rappresenta un primo passo necessario per proteggere gli operatori più deboli, in particolare gli agricoltori, i lavoratori e alcuni operatori, e migliorare la governance della filiera alimentare. Un approccio normativo e un quadro legislativo con meccanismi di attuazione solidi ed efficaci rappresentano la soluzione per affrontare efficacemente le pratiche commerciali sleali al livello dell’UE. Queste considerazioni sono state riprese nel parere adottato dal CESE nel 2020 sulla strategia «Dal produttore al consumatore» (11). |
3.2. |
Il CESE si è però rammaricato che la Commissione europea abbia introdotto solo un livello minimo di tutela comune a tutta l’UE vietando unicamente un numero specifico di pratiche commerciali sleali, mentre sarebbe necessario vietarle tutte. |
3.3. |
Per quanto riguarda l’attuazione, il CESE ha accolto con favore la proposta della Commissione di creare un quadro armonizzato UE delle autorità di contrasto. |
3.4. |
Oltre al contrasto delle pratiche commerciali sleali, il CESE ha raccomandato alla Commissione di incoraggiare e sostenere modelli commerciali che contribuiscano a rendere sostenibile la filiera alimentare, riequilibrandola e migliorandone l’efficienza, in modo da rafforzare la posizione degli operatori più deboli. |
4. Recepimento e attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali: stato di avanzamento
4.1. |
Attualmente gli Stati membri sono impegnati nel processo di recepimento e attuazione della direttiva (12). Gran parte delle associazioni di agricoltori, dei sindacati e dell’industria della trasformazione ritiene di non ricevere una tutela adeguata dalle misure programmate. Questi soggetti hanno tuttavia sostenuto le misure proposte per l’attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali e hanno anzi invocato ambizioni più elevate; in alcuni casi però i commercianti al dettaglio hanno manifestato opinioni divergenti. |
4.2. |
Entro novembre 2021 la Commissione europea presenterà una relazione intermedia sul recepimento della direttiva; nel 2025 presenterà invece una valutazione sull’efficacia della stessa. Tale valutazione si fonderà sulle relazioni annuali degli Stati membri e sui risultati scaturiti dalle indagini svolte dalla Commissione presso le parti interessate in merito alla situazione delle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare (13). Il CESE propone che la Commissione consulti anche gli acquirenti e le loro esperienze riguardo alla direttiva. Il meccanismo di cooperazione istituito dalla direttiva dovrebbe rappresentare una sede adeguata, per le autorità incaricate di assicurare l’attuazione e per la Commissione, per discutere l’efficacia della direttiva, sulla base delle relazioni annuali degli Stati membri. Nel corso di queste riunioni periodiche è possibile individuare buone pratiche ma anche lacune e confrontare gli approcci degli Stati membri. |
4.3. |
Il CESE accoglie con favore la decisione della Commissione di regolamentare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare. Tuttavia, si rammarica che la Commissione non abbia promosso un approccio armonizzato, e questo crea una frammentazione del mercato unico. Accoglie comunque con favore il recepimento e l’attuazione della direttiva da parte degli Stati membri, garanzia di una maggiore equità nella filiera alimentare, e chiede un approccio più armonizzato in futuro. |
5. Buone pratiche nel processo di recepimento/attuazione
5.1. |
Il CESE apprezza le ambiziose leggi nazionali di recepimento (definite di seguito «buone pratiche») che vietano alcune pratiche commerciali sleali che sono invece consentite dalla direttiva, pur a determinate condizioni: per esempio il divieto di rendere prodotti invenduti al fornitore senza pagarli, oppure di trasferire sul fornitore i costi di magazzinaggio sostenuti dall’acquirente, divieto che è stato introdotto dalla legge di recepimento tedesca (14). |
5.2. |
Il CESE accoglie con favore l’introduzione, nelle leggi di recepimento, di articoli che vietano l’acquisto a prezzi inferiori al costo di produzione, includendo tutti gli operatori. È il caso della legge spagnola (15) la quale, oltre a vietare a tutti gli operatori l’acquisto a prezzi inferiori al costo di produzione, proibisce la distruzione di valore lungo la filiera alimentare. Anche il legislatore italiano è stato incaricato di affrontare la questione nella legge di recepimento (16). In Germania, il parlamento federale effettuerà un audit sulla possibilità di vietare gli acquisti a prezzi inferiori al costo di produzione, nell’ambito della valutazione che avrà luogo due anni dopo l’entrata in vigore. |
5.3. |
Tutto questo rientra in un più ampio pacchetto di iniziative, promosse dalla Commissione europea, che comprendono per esempio osservatori del mercato dei prezzi (17), strumenti essenziali per promuovere la trasparenza e l’equità del settore. Occorre ricordare inoltre l’importanza della reciprocità negli scambi internazionali (18). |
5.4. |
Il CESE esprime apprezzamento per le leggi che istituiscono la figura del Mediatore allo scopo di monitorarne l’attuazione. In Spagna è stata istituita un’agenzia indipendente (AICA) per monitorare l’attuazione delle leggi, mentre un Mediatore ha il compito di incoraggiare codici di condotta volontari. In Germania, le persone che hanno subito pratiche commerciali sleali potranno presentare un esposto anonimo a un Mediatore indipendente ed anche segnalare pratiche sleali non elencate nella legislazione. Il Mediatore potrà anche avviare indagini e trasmettere le violazioni all’Ufficio federale per i prodotti agricoli e alimentari (BLE), nonché monitorare i costi di produzione e l’andamento dei prezzi (19). |
5.5. |
Le dimensioni non costituiscono necessariamente una misura indiretta del potere di mercato; di conseguenza è necessario proteggere contro le pratiche commerciali sleali tutti gli operatori economici, grandi e piccoli. Il CESE invita gli Stati membri ad adottare leggi che proteggano tutti i soggetti economici. Qualora tale ambizione non si concretizzi, il Comitato riconosce i meriti di quei paesi le cui leggi si estendono anche a soggetti di dimensioni maggiori, almeno nei settori principali. In Germania, per esempio, la soglia di 350 milioni di EUR è conservata per le imprese dell’agricoltura, della pesca e della produzione alimentare, ma per le carni e i prodotti ortofrutticoli la soglia sarà fissata a un fatturato di 4 miliardi di EUR: in tal modo la legge tutelerà un maggior numero di soggetti (20). Il disegno di legge preliminare belga elimina l’«approccio a scaglioni», offrendo a tutti i soggetti economici al di sotto della soglia di 350 milioni di EUR una tutela contro le pratiche commerciali sleali indipendentemente dalle loro dimensioni rispetto all’acquirente. La Spagna offre una protezione speciale ai produttori primari, ma tutti gli operatori, indipendentemente dalle loro dimensioni e/o dalla loro posizione di mercato, sono tutelati dalla legge. |
5.6. |
Le aste al doppio ribasso (21) sono state associate a gravi effetti negativi per gli agricoltori (22), i quali sono costretti de facto ad accettare questa pratica a causa dello squilibrio di potere tra acquirenti e venditori. Il divieto delle aste al doppio ribasso contribuirebbe a impedire i casi in cui i fornitori sono obbligati a vendere a prezzi inferiori al costo di produzione. Il processo di recepimento della direttiva in Italia non è ancora completato, ma il CESE segue con interesse la discussione in corso sulla possibilità di vietare le aste al doppio ribasso in quel paese, in cui il legislatore è stato incaricato di affrontare la questione nella legge di recepimento. |
5.7. |
A giudizio del CESE costituisce una buona pratica anche l’obbligo di redigere, per tutte le operazioni, contratti scritti che saranno poi inseriti in una banca dati per migliorare la trasparenza e il controllo. La legge spagnola prevede un obbligo di questo tipo che ha un impatto molto positivo sulle relazioni commerciali. I contratti dovrebbero comprendere concetti quali qualità, durata, prezzo, indicatore del prezzo, rinegoziazione, rinnovo e recesso con preavviso. |
5.8. |
Il CESE accoglie con favore la clausola della legge tedesca che prevede una prima valutazione due anni dopo l’entrata in vigore della legge, e il fatto che, oltre a esaminare il rispetto dei divieti vigenti, il parlamento federale tedesco possa anche ampliare l’elenco delle pratiche commerciali sleali vietate (23); prende inoltre atto del disegno di legge preliminare belga, che prevede la possibilità di aggiungere pratiche commerciali sleali all’elenco in qualsiasi momento tramite un regio decreto, dopo aver consultato le parti interessate. |
6. Carenze individuate
6.1. |
Il CESE ribadisce che tutte le pratiche commerciali sleali citate dalla direttiva, comprese le cosiddette «pratiche grigie», possono esercitare un impatto negativo sui soggetti più deboli della filiera. I fornitori più deboli potrebbero sentirsi costretti a firmare con un acquirente più potente accordi che contengono condizioni contrattuali contrarie ai loro interessi. In vari Stati membri è stata discussa la possibilità di introdurre un «divieto generalizzato» che proibisca tutte le pratiche commerciali sleali, ma si è rivelato difficile conseguire questo livello di ambizione senza l’intervento dell’UE. Analogamente, nel suo parere del 2018, il CESE ha invitato a vietare tutte le pratiche commerciali sleali e ad accordare agli Stati membri la possibilità di ampliare l’elenco delle pratiche commerciali sleali inizialmente vietate. Rimane da vedere quali meccanismi di revisione saranno introdotti dalle leggi di recepimento. |
6.2. |
La direttiva concede ai fornitori, alle loro organizzazioni e a organizzazioni senza scopo di lucro operanti per conto dei fornitori il diritto di presentare denunce. Il CESE tuttavia teme che in alcuni casi abbiano luogo pratiche commerciali sleali illegali e una parte lesa (ad esempio un lavoratore) ottenga informazioni pertinenti, ma le autorità di contrasto non siano in grado di agire poiché non sono state presentate denunce formali da parte degli operatori che hanno subito tali pratiche o da parte delle loro organizzazioni. Poiché tali operatori potrebbero essere restii a presentare denunce, persino qualora i loro diritti non vengano rispettati, il CESE invita la Commissione europea a monitorare attentamente e valutare quali modifiche potrebbero rendersi necessarie per proteggere più efficacemente le parti più vulnerabili che dipendono dagli operatori, come lavoratori, agricoltori e pescatori. La direttiva sulle pratiche commerciali sleali non richiede un contratto scritto, ma presuppone l’esistenza di un rapporto di vendita. Il CESE sottolinea quindi la sua proposta di ampliare la tutela ai casi in cui una pratica commerciale sleale si verifichi in assenza di un contratto (scritto). Il CESE ha già chiesto l’introduzione del diritto all’azione collettiva (24). |
6.3. |
L’«approccio a scaglioni» previsto dalla direttiva implica che, in alcune situazioni, un operatore debole in termini di potere di mercato ma avente un fatturato cospicuo non è protetto dalla legge. Ciò comporta incertezza per quei fornitori che non conoscono il fatturato annuale dei propri partner commerciali. Il CESE invita la Commissione europea e gli Stati membri dell’UE a monitorare e affrontare le conseguenze negative di tale «approccio a scaglioni» e a prendere in considerazione l’opportunità di tutelare tutti i soggetti economici indipendentemente dalle loro dimensioni. |
6.4. |
Relazioni commerciali stabili, equilibrate e a lungo termine tra gli operatori della filiera alimentare possono aiutare gli agricoltori a partecipare maggiormente al valore aggiunto dei prodotti, mentre gli agricoltori ricevono una percentuale ridotta del prezzo finale, che continua a diminuire nel tempo. Gli aspetti di regionalità e qualità permettono di conservare il valore aggiunto nelle regioni, contrariamente alle importazioni di materie prime da paesi terzi con norme di produzione generalmente inferiori a quelli dell’UE. Una migliore etichettatura sull’origine dei prodotti migliorerebbe la trasparenza delle filiere alimentari. |
7. Le vulnerabilità della filiera agroalimentare messe in evidenza dalla COVID-19
7.1. |
Nel complesso, la filiera alimentare europea ha dato prova di notevole resilienza durante la crisi provocata dalla COVID-19. i consumatori hanno sempre avuto accesso a quasi tutti i generi alimentari e, pur essendo esposti al rischio di contagio, i lavoratori dell’intera filiera alimentare hanno svolto un lavoro straordinario che, tuttavia, ha ripercussioni sull’intero sistema agroalimentare mondiale. La pandemia colpisce con un shock simmetrico ma asincrono i sistemi alimentari mondiali e quelli nazionali, con effetti su: 1) i canali di domanda e offerta, in momenti diversi; 2) tutti gli elementi del sistema alimentare, dalla produzione primaria alla trasformazione degli alimenti, dalla vendita al dettaglio ai servizi legati ai prodotti alimentari (settore alberghiero e ristorazione), dai sistemi commerciali e logistici internazionali alla domanda intermedia e finale; 3) i mercati dei fattori della produzione (lavoro e capitale) e i prodotti semilavorati. I canali di trasmissione di tali effetti comprendono numerosi fattori macroeconomici (per esempio i tassi di cambio, i prezzi dell’energia, l’accesso ai mercati finanziari) e soprattutto la contrazione dell’attività economica aggregata e l’aumento della disoccupazione. |
7.2. |
Le restrizioni alla libertà di circolazione dei lavoratori (la Commissione ha pubblicato orientamenti sulle persone con funzioni essenziali, ad esempio i lavoratori stagionali) da uno Stato membro all’altro hanno interessato vari segmenti della produzione e della trasformazione degli alimenti (per esempio la raccolta di frutta e ortaggi e la trasformazione di carni e prodotti lattiero-caseari), che dipendono dai lavoratori stagionali provenienti da altri Stati membri o da paesi terzi. Inoltre, i lavoratori migranti spesso vivono e lavorano in condizioni precarie e corrono maggiori rischi di infezioni, come dimostrano i focolai rilevati in macelli e impianti di confezionamento delle carni in tutto il mondo. Questa situazione provoca un grave problema di salute pubblica e un’interruzione della filiera alimentare. |
7.3. |
E ancora, sconvolgendo i trasporti di generi alimentari a causa delle misure di contenimento e delle interruzioni della logistica, la pandemia ha generato anche un protezionismo che incide sulle importazioni e sulle esportazioni di prodotti alimentari. Allo stesso tempo, molti osservatori hanno sottolineato l’importanza dei generi alimentari prodotti in ambito regionale nell’UE e i tradizionali vantaggi delle filiere corte, nonché della produzione e del commercio a livello locale. Le filiere corte e la produzione e il commercio a livello locale si sono dimostrate ancor più invitanti durante la crisi, poiché i cittadini cercano modalità nuove e più dirette per acquistare gli alimenti e i produttori trovano nuovi sbocchi per i propri prodotti. Uno degli aspetti più importanti è però la maturata consapevolezza della necessità di portare avanti un commercio equo e sostenibile a livello regionale e internazionale. Le restrizioni al commercio possono mettere a repentaglio la stabilità, con effetti particolarmente gravi per le fasce di popolazione a basso reddito. |
7.4. |
Il confinamento ha messo in ginocchio il settore dell’ospitalità e in parte quello alimentare (per esempio gli alberghi e i ristoranti e altri settori del «fuori casa» e dei servizi di consegna di cibo, nonché i grossisti e i dettaglianti delle località turistiche), con conseguenze di lungo periodo. A parte gli stabilimenti in sé, l’interruzione delle attività ha sconvolto pure il consolidato sistema di approvvigionamento alimentare su cui si fondava l’attività di molti agricoltori e fornitori di prodotti agricoli. I fornitori di prodotti freschi hanno subito un duro colpo: vini pregiati, formaggi e tagli di carne di prima scelta, normalmente venduti nei ristoranti, sono stati sostituiti da prodotti standard acquistati nei supermercati e consumati a casa (FAO, 2020; OCSE, 2020). Alcuni produttori hanno reagito avvicinandosi ai mercati al dettaglio o a quelli online, raggiungendo in molti casi ottimi compromessi e accordi, ma molti non sono stati capaci di adattarsi e hanno perso clienti e reddito. Anche l’agriturismo, che spesso aiuta gli agricoltori a diversificare le proprie fonti di reddito, è stato duramente colpito dalle restrizioni connesse alla COVID-19. |
7.5. |
La crisi provocata dalla COVID-19 ha accelerato drasticamente il passaggio agli acquisti online e questa tendenza dovrebbe continuare anche in futuro. Un recente studio di McKinsey (25) mostra che nel 2020 il canale online per i generi alimentari in Europa è cresciuto del 55 % e che si tratta di una tendenza destinata a continuare, dato che il 50 % dei consumatori che ha utilizzato canali online durante tutta la pandemia intende continuare a farlo. |
7.6. |
La comparsa della COVID-19 e la sua rapida diffusione su scala mondiale rappresentano un grave shock per l’Unione europea e per l’economia di tutto il mondo. Per offrire un sollievo ai settori più colpiti sono state immediatamente adottate misure globali di carattere politico e in materia di bilancio e liquidità. L’UE si è dotata di un ampio pacchetto di misure di intervento sul mercato, molte delle quali sono state attivate durante la crisi della COVID-19 per sostenere i redditi agricoli. La risposta è stata però limitata, poiché nel bilancio UE non vi erano praticamente fondi disponibili per finanziare misure di emergenza supplementari a favore dell’agricoltura nell’ultimo anno del periodo di bilancio 2014-2020. |
7.7. |
La Commissione ha infine varato il Green Deal europeo, ricco di implicazioni anche per l’agricoltura (strategie «Dal produttore al consumatore» e sulla biodiversità), mentre il pacchetto di stimoli Next Generation UE ha assegnato al FEASR altri 7,5 miliardi di EUR. Le valutazioni d’impatto della strategia «Dal produttore al consumatore» sono preoccupanti per l’UE. Il CESE invita tuttavia a introdurre un sostegno politico più equilibrato a favore del settore agroalimentare rispetto ad altri segmenti dell’economia, caratterizzati da una struttura economica assai più resiliente e da livelli di redditività molto più elevati. |
8. Fasi successive
8.1. |
Lo spazio di manovra che la direttiva concede agli Stati membri per redigere le leggi che recepiscono la direttiva ha consentito a ciascuno di essi di porre in atto provvedimenti legislativi concepiti su misura e idonei al rispettivo contesto nazionale. Come già si è detto, alcuni Stati membri hanno innalzato le proprie ambizioni al di sopra del livello minimo di armonizzazione previsto dalla direttiva, adottando leggi che offrono una tutela supplementare ai fornitori dell’UE e dei paesi terzi. |
8.2. |
Si prevede che i fornitori di un determinato Stato membro possano accedere senza difficoltà alle specificità della propria legge di recepimento nazionale (anche per quanto riguarda il meccanismo di denuncia e l’autorità competente), ma per i fornitori che esportano verso altri Stati membri dell’UE e i fornitori di paesi terzi che esportano nell’Unione potrebbe non essere così. Il CESE apprezza lo sforzo di divulgazione che la Commissione europea ha intrapreso pubblicando l’opuscolo sulla direttiva in materia di pratiche commerciali sleali (26), ma rileva che questo documento contiene soltanto informazioni relative ai livelli minimi di armonizzazione. Allo scopo di offrire agli esportatori gli strumenti più idonei per beneficiare delle leggi di recepimento nazionali, il CESE invita la Commissione a far sì che tutte le informazioni più pertinenti, relative a ciascuna di queste leggi, siano facilmente accessibili agli esportatori. |
8.3. |
Il CESE sottolinea che è nell’interesse di tutte le parti in causa che la direttiva si applichi a qualsiasi rapporto commerciale in cui almeno l’acquirente o il venditore sia un’impresa dell’UE, anche quando il fornitore è un soggetto di un paese terzo. Il CESE invita la Commissione europea e il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) a sfruttare il potenziale di divulgazione delle delegazioni UE nei paesi terzi per fornire informazioni ai fornitori che provengono da paesi non aderenti all’UE. Tali informazioni devono andare al di là degli orientamenti generali della direttiva e comprendere informazioni pratiche sulle specificità e sulle autorità di contrasto degli Stati membri. |
8.4. |
Il CESE accoglie con favore il fatto che la filiera agroalimentare sia considerata un ecosistema strategico per la ripresa europea e chiede una maggiore cooperazione nella catena di approvvigionamento e un dialogo con le parti interessate al fine di agevolare la transizione verso sistemi alimentari più sostenibili in modo quanto più inclusivo possibile. A questo proposito, segnala l’importanza, la diversità e la portata delle iniziative intraprese lungo la filiera alimentare per sostenere la transizione verso la sostenibilità, investendo nella promozione di una produzione sostenibile e locale. |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Parere del CESE Migliorare la filiera alimentare (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 165).
(2) Parere del CESE Una catena di approvvigionamento agroalimentare più equa (GU C 34 del 2.2.2017, pag. 130) e parere del CESE Migliorare la filiera alimentare (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 165).
(3) CE, 2014.
(4) Task force Mercati agricoli, 2016.
(5) Parere del CESE Una catena di approvvigionamento agroalimentare più equa (GU C 34 del 2.2.2017, pag. 130).
(6) Parere del CESE Migliorare la filiera alimentare (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 165).
(7) Comunicazione della Commissione europea, 2014.
(8) Direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare (GU L 111 del 25.4.2019, pag. 59).
(9) Strategia «Dal produttore al consumatore».
(10) Parere del CESE Migliorare la filiera alimentare (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 165).
(11) Parere del CESE Una strategia alimentare sostenibile«Dal produttore al consumatore» (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268).
(12) Recepimento nazionale da parte degli Stati membri.
(13) Sito della Commissione europea.
(14) In attesa dell’approvazione da parte del secondo ramo del parlamento, e quindi non ancora comunicata ufficialmente alla Commissione europea. Prevista per il 28.5.2021.
(15) Ley 12/2013, de 2 de agosto, de medidas para mejorar el funcionamiento de la cadena alimentaria. Questa legge sarà modificata da un progetto di legge, attualmente in corso di negoziazione, denominato in spagnolo Proyecto de Ley por el que se modifica la Ley 12/2013 de medidas para mejorar el funcionamiento de la cadena alimentaria (Progetto di legge che modifica la legge 12/2013 intesa a migliorare il funzionamento della filiera alimentare).
(16) Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana 23.4.2021.
(17) Osservatori del mercato della Commissione europea. Cfr. anche l’esempio del Programma di vigilanza francese sui prezzi e i margini nel settore alimentare.
(18) Parere del CESE Compatibilità della politica commerciale dell’UE con il Green Deal europeo (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 66).
(19) Sito del BLE.
(20) Questa clausola si applicherà fino a maggio 2025; in seguito la soglia scenderà a 350 milioni di EUR.
(21) Le aste al doppio ribasso sono meccanismi usati dagli acquirenti per contrapporre i fornitori gli uni agli altri in aste online convocate con breve preavviso, in cui questi sono spinti a offrire i propri prodotti al prezzo più basso possibile.
(22) Caso studio Oxfam.
(23) La valutazione dovrebbe comprendere anche i risultati dell’esame di un possibile divieto di acquistare prodotti agroalimentari a prezzi inferiori al costo di produzione.
(24) Parere del CESE Una catena di approvvigionamento agroalimentare più equa (GU C 34 del 2.2.2017, pag. 130).
(25) https://www.mckinsey.com/industries/retail/our-insights/disruption-and-uncertainty-the-state-of-european-grocery-retail-2021
(26) Opuscolo della Commissione europea.
III Atti preparatori
Comitato economico e sociale europeo
563a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 22.9.2021-23.9.2021
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/45 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Legiferare meglio: unire le forze per produrre leggi migliori»
[COM(2021) 219 final]
(2021/C 517/06)
Relatore: |
Heiko WILLEMS |
Consultazione |
Lettera della Commissione europea dell'1.7.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sezione |
2.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
231/0/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE apprezza che l’esigenza di legiferare meglio continui a essere una priorità per la nuova Commissione. Invita la Commissione e i legislatori dell’UE a promuovere e approfondire coerentemente il sistema europeo «Legiferare meglio» in tutti i suoi aspetti e a utilizzare in modo sistematico gli strumenti e gli orientamenti per legiferare meglio nel loro lavoro. |
1.2. |
Il CESE sottolinea che una migliore regolamentazione costituisce un elemento fondamentale per il buon governo e una corretta attività legislativa. Può contribuire a garantire processi decisionali trasparenti, responsabili e partecipativi che si traducono in norme fondate su dati concreti, verificate in modo indipendente, semplici, chiare, coerenti, efficaci, sostenibili, idonee allo scopo, proporzionate, adeguate alle esigenze future e facilmente attuabili. Si tratta di un presupposto essenziale per garantire la legittimità democratica dell’UE e delle sue istituzioni e la fiducia dei cittadini in esse. |
1.3. |
Il CESE mette in evidenza che gli strumenti per legiferare meglio devono essere neutrali rispetto alle varie politiche ed essere chiaramente distinti dal processo decisionale, che deve essere lasciato agli organi politici legittimamente designati. Gli aspetti di carattere economico, ambientale e sociale della legislazione dell’Unione dovrebbero sempre essere considerati su un piano di parità, utilizzando analisi quantitative e qualitative per la valutazione dei relativi impatti. |
1.4. |
Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che la pandemia di COVID-19 rappresenta una crisi senza precedenti dal punto di vista sanitario, sociale ed economico nell’Europa dopo il 1945. Invita pertanto la Commissione a prestare particolare attenzione agli effetti multipli delle azioni proposte su tali aspetti nel quadro delle attuali circostanze straordinarie, al fine di sostenere una ripresa rapida e completa. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
Il CESE osserva che la comunicazione è stata presentata con notevole ritardo. Esorta la Commissione a recuperare il tempo perduto, a chiarire le proprie proposte sulla base dei commenti che seguono e ad attuare quanto prima le azioni proposte. |
2.2. |
Il CESE osserva che una migliore regolamentazione può contribuire a creare i migliori quadri normativi possibili per i cittadini, i lavoratori, le imprese e le pubbliche amministrazioni. Sottolinea che essa dovrebbe inoltre contribuire a completare il mercato unico in tutti gli ambiti, a migliorarne il funzionamento e a rafforzarne la resilienza e competitività, a promuovere la ricerca e l’innovazione, a dare slancio alla crescita sostenibile e alla creazione di posti di lavoro di elevata qualità, a sostenere la transizione verde e digitale e a rafforzare la dimensione sociale e l’economia sociale di mercato, come sancito dall’articolo 3 del TFUE. |
2.3. |
Il CESE incoraggia la Commissione a continuare a promuovere i principi e gli strumenti per legiferare meglio in tutti i propri servizi, anche attraverso la formazione regolare del personale a tutti i livelli, al fine di garantire la conoscenza di detti principi e strumenti e la conformità ad essi. |
2.4. |
Facendo riferimento ai precedenti pareri (1), il CESE rammenta che l’approccio inteso a legiferare meglio «non implica affatto che nell’UE debbano esservi “più” o “meno” atti normativi, e non significa nemmeno deregolamentare determinati settori d’intervento oppure subordinarli ad altre priorità e quindi mettere in forse i valori propugnati dall’UE, ossia tutela sociale, protezione ambientale e diritti fondamentali» (2). Sottolinea altresì che il miglioramento normativo non deve subordinare il processo decisionale a ulteriori vincoli burocratici né sostituire le decisioni politiche con procedure tecniche. |
3. Osservazioni particolari
3.1. |
Il CESE è il portavoce istituzionale della società civile organizzata europea e funge da intermediario tra i legislatori dell’UE, da un lato, e le organizzazioni della società civile e le parti sociali, dall’altro. Il CESE ha accumulato una notevole esperienza in merito a tutte le questioni relative al programma «Legiferare meglio» e ha sviluppato competenze in materia. Di seguito illustra la propria valutazione riguardante aspetti specifici della comunicazione nonché altri elementi ivi non considerati ma che ritiene debbano essere sottolineati. |
3.2. Sussidiarietà e proporzionalità
3.2.1. |
Il CESE richiama le raccomandazioni formulate nei suoi pareri precedenti in merito alla sussidiarietà e proporzionalità (3). Ribadisce che l’Unione dovrebbe agire soltanto laddove tali principi siano pienamente rispettati e dove le azioni comuni garantiscano un valore aggiunto per tutti. A tal fine, il Comitato incoraggia la Commissione a dare pienamente seguito ai suggerimenti presentati dalla «task force per la sussidiarietà e la proporzionalità e per fare meno in modo più efficiente» (4). |
3.3. Raccolta di elementi fattuali e consultazioni pubbliche
3.3.1. |
Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione di ottimizzare e agevolare la raccolta di elementi fattuali. Apprezza altresì l’obiettivo di promuovere la partecipazione di portatori di interessi pertinenti e della comunità scientifica al processo decisionale e di agevolare l’accesso del pubblico agli elementi fattuali su cui si basano le proposte. |
3.3.2. |
Per quanto riguarda la consultazione dei portatori di interessi, il CESE rimanda al proprio parere (5) e al parere della piattaforma Refit (6) che ha contribuito a elaborare. Sottolinea che le consultazioni pubbliche sono un elemento fondamentale del processo di raccolta di elementi fattuali e contributi e non devono mai essere condotte pro forma su esiti predeterminati. La Commissione dovrebbe sempre cercare di consultare le parti direttamente interessate dalle misure proposte e garantire la rappresentatività. Le consultazioni pubbliche non dovrebbero inoltre pregiudicare il ruolo consultivo del CESE o l’autonomia e le prerogative delle parti sociali, come sancito dai Trattati, in particolare per quanto riguarda le questioni di carattere sociale e occupazionale (dialogo sociale). |
3.3.3. |
Il CESE incoraggia la Commissione a seguire rigorosamente gli orientamenti di cui al capo VII degli Strumenti per legiferare meglio sulle consultazioni delle parti interessate (7) nel programmare e condurre le consultazioni. Sottolinea, in particolare, che i questionari dovrebbero sempre essere chiari, semplici e di facile utilizzo, essere forniti in formato editabile, consentire la formulazione di risposte aperte e di commenti, consentire il caricamento di ulteriori documenti ed evitare l’uso di domande guidate. |
3.3.4. |
Il CESE rammenta alla Commissione che, tenuto conto della sua funzione rappresentativa, il Comitato dispone degli strumenti per contribuire a individuare le parti maggiormente interessate dalle misure strategiche proposte. Invita la Commissione a consultare maggiormente il Comitato per l’elaborazione delle strategie di consultazione e per individuare i pertinenti gruppi destinatari. |
3.3.5. |
Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione di fornire ai portatori di interessi informazioni migliori sull’utilizzo dei loro contributi. Fornire un riscontro adeguato su come i contributi offerti sono stati utilizzati nel quadro del processo decisionale costituisce uno strumento fondamentale per assicurare la fiducia del pubblico e la partecipazione all’attività politica. |
3.3.6. |
Il CESE invita la Commissione a rispondere alla richiesta che esso ha già avanzato molto tempo fa, cioè a spiegare concretamente come valuta i contributi ricevuti in occasione delle consultazioni pubbliche in base alla loro rappresentatività. In un’epoca contraddistinta dalla disinformazione, da campagne di massa (ad esempio attraverso i social media) e dall’uso di bot, tale valutazione diventa sempre più importante. |
3.4. Valutazioni d’impatto (VI)
3.4.1. |
Il CESE ricorda il proprio parere (8) su come migliorare l’ecosistema europeo per le valutazioni d’impatto. |
3.4.2. |
Il CESE sottolinea che la Commissione dovrebbe sempre corredare ogni proposta legislativa di una valutazione d’impatto completa. In caso contrario, la Commissione dovrà motivare dettagliatamente le proprie decisioni e fornire tutti i dati e le informazioni alla base e/o a sostegno della proposta. |
3.4.3. |
Il CESE invita il Parlamento europeo e il Consiglio a dare seguito all’impegno assunto con l’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (9) e a eseguire le valutazioni d’impatto sulle modifiche sostanziali durante il processo legislativo, ivi compreso sui cambiamenti apportati durante i negoziati di trilogo. Suggerisce alla Commissione e ai legislatori di elaborare, unitamente al Comitato per il controllo normativo, una serie comune di criteri per contribuire a definire il significato di «sostanziale» e determinare con maggiore precisione quando le modifiche richiedono un’ulteriore valutazione d’impatto. |
3.4.4. |
Il CESE ricorda il proprio invito (10) alla Commissione ad istituire una matrice di valutazione intelligente che consenta di elaborare modelli dinamici degli effetti delle modifiche sostanziali da parte dei colegislatori, oggettivando l’impatto di taluni parametri nonché i dati qualitativi. In tale contesto, il CESE chiede di avviare un progetto pilota sulla modellizzazione intelligente. |
3.4.5. |
Il CESE prende atto con preoccupazione dei risultati della relazione annuale del Comitato per il controllo normativo (11) sulla qualità delle valutazioni d’impatto della Commissione in cui si sostiene che nel 2020 il Comitato ha espresso un numero decisamente inferiore di pareri favorevoli (12 % dei pareri) rispetto a quelli negativi (46 % dei pareri). Nella relazione si afferma altresì che il punteggio medio della qualità delle valutazioni iniziali era decisamente inferiore a quello degli anni precedenti e che in molti casi la minore qualità era dovuta alla mancanza di tempo sufficiente per preparare le valutazioni d’impatto, viste le scadenze ambiziose fissate per realizzare le priorità della nuova Commissione. Il CESE esorta pertanto la Commissione a fissare delle scadenze realistiche in modo da consentire sempre ai propri servizi di eseguire valutazioni d’impatto complete. |
3.4.6. |
Il CESE prende atto con preoccupazione delle conclusioni della relazione del Comitato per il controllo normativo in merito alla presentazione delle opzioni da parte della Commissione secondo cui la serie di opzioni spesso era incompleta e queste ultime tendevano a riguardare solo la scelta (politica) preferita, senza includere le alternative sostenute dai principali gruppi di portatori di interessi. Altre valutazioni d’impatto omettevano invece scelte fondamentali perché i dipartimenti ritenevano che necessitassero innanzi tutto di un orientamento politico. Il CESE sottolinea che lo scopo delle valutazioni d’impatto è presentare elementi concreti e analisi che consentano di effettuare scelte politiche, e non già giustificare la scelta preferita dalla Commissione. Esorta la Commissione ad astenersi dall’elaborare relazioni tendenziose. |
3.4.7. |
Il CESE accoglie favorevolmente l’intenzione della Commissione di «integrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite», in linea con la precedente richiesta del Comitato (12), e di allineare le valutazioni d’impatto a sostegno della «duplice transizione». Allo stesso modo, il Comitato sottolinea che le valutazioni d’impatto devono continuare a essere un esercizio fattuale, fondato su dati concreti e neutrale sotto il profilo strategico e che il processo di valutazione d’impatto non deve essere finalizzato a giustificare i risultati desiderati dal punto di vista politico e non deve sostituire l’attività decisionale degli organi competenti. Gli impatti pertinenti non devono essere classificati a seconda delle preferenze politiche ma essere sempre analizzati su un piano di parità. Il CESE vigilerà in particolare sull’attuazione di detta integrazione nel corso della revisione degli strumenti per legiferare meglio, che esaminerà nel corso di un parere supplementare ove necessario. |
3.4.8. |
Il CESE sottolinea l’esigenza di seguire sistematicamente il principio «pensare anzitutto in piccolo» e di applicare il «test PMI» nelle valutazioni d’impatto. Rammenta alla Commissione i dieci principi alla base del processo decisionale per le PMI definiti nello «Small Business Act» per l’Europa. Sottolinea che la legislazione dell’Unione deve essere efficace e facilmente applicabile per le PMI e per le microimprese in particolare. Accoglie con favore l’intenzione annunciata dalla Commissione nella comunicazione di consultare il rappresentante dell’Unione per le PMI nel corso delle decisioni sulle valutazioni d’impatto e invita tale rappresentante a proseguire il dialogo e la collaborazione con le organizzazioni nazionali coinvolte nella tutela degli interessi delle PMI. Il CESE invita infine la Commissione a limitare gli oneri a carico delle PMI, incluse le microimprese, e a valutare in modo più sistematico la possibilità di regimi più snelli (sulla base di una valutazione caso per caso, al fine di stabilire se la questione riguardi tutte le PMI, oppure soltanto le microimprese), come indicato nello strumento #22 dello strumentario per legiferare meglio, senza per questo compromettere il conseguimento degli obiettivi definiti dalla legislazione o dalle norme e disposizioni stabilite. |
3.4.9. |
Il CESE ricorda il proprio parere precedente (13) in cui sostiene che le valutazioni d’impatto possono e devono essere eseguite sistematicamente per gli atti delegati e di esecuzione. Rammenta alla Commissione che «il fatto che sia stata condotta una valutazione d’impatto sul testo legislativo da cui derivano gli atti delegati e quelli di esecuzione non rappresenta una giustificazione sufficiente per la mancata realizzazione di una valutazione d'impatto sugli atti derivati. Ogni singolo atto deve essere valutato sulla base delle sue caratteristiche […].» |
3.4.10. |
Il CESE apprezza l’intenzione della Commissione di integrare la previsione strategica nel processo decisionale politico dell’UE e richiama il proprio parere in merito (14). In qualità di rappresentante di un’ampia gamma di voci di tutti gli Stati membri e di osservatore del Sistema europeo di analisi strategica e politica (ESPAS), il CESE è pronto a fornire informazioni e indicazioni importanti per il processo di previsione. |
3.5. Comitato per il controllo normativo
3.5.1. |
Il CESE accoglie molto positivamente il lavoro svolto dal Comitato per il controllo normativo nel garantire la sorveglianza sulla regolamentazione. Per far sì che il Comitato possa adempiere pienamente al suo mandato, il CESE invita la Commissione ad assicurare che esso abbia a sua disposizione risorse e capacità sufficienti. |
3.5.2. |
Il CESE sottolinea che il Comitato non è formalmente indipendente. Quattro dei suoi sette membri sono membri della Commissione. Per assicurare un migliore equilibrio, il CESE suggerisce che il Comitato venga ampliato in modo da includere un ulteriore membro esterno. |
3.6. Riduzione degli oneri e approccio «one-in, one-out»
3.6.1. |
Il CESE prende atto dell’intenzione della Commissione di limitare il flusso di costi e oneri normativi derivanti dai nuovi regolamenti e di ridurre i costi e gli oneri superflui esistenti a carico dei cittadini, delle imprese e delle pubbliche amministrazioni. Analogamente, il Comitato rinnova la propria richiesta di un approccio qualitativo che operi su un piano di parità con l’analisi quantitativa, tenendo conto anche dei benefici attesi dalla legislazione (15). Come affermato dal Comitato nel proprio parere (16), «i costi della regolamentazione devono essere proporzionati ai benefici che ne derivano». Sottolinea pertanto che il principio di proporzionalità rimane della massima importanza nell’introduzione di una nuova legislazione. Inoltre, la Commissione dovrebbe sempre valutare il costo della mancata azione, ad esempio in relazione all’approfondimento del mercato unico e alle sfide di carattere sociale e ambientale. |
3.6.2. |
Analogamente, il CESE sottolinea che la riduzione degli oneri non deve portare a una dearmonizzazione nel mercato unico o creare pressioni a favore della deregolamentazione. La riduzione degli oneri non deve pregiudicare il perseguimento delle finalità strategiche, né abbassare gli elevati standard economici, sociali e ambientali dell’UE o impedire l’adozione di nuove iniziative con un chiaro valore aggiunto. Gli oneri devono tuttavia essere ridotti laddove sia dimostrato che non sono necessari per il conseguimento degli obiettivi strategici. |
3.6.3. |
Per quanto riguarda l’approccio «one in, one out», in base al quale ogni proposta legislativa che crea nuovi oneri dovrebbe sollevare i cittadini e le imprese da un onere equivalente esistente a livello dell’UE nello stesso settore politico, il CESE osserva con preoccupazione che, contrariamente a quanto annunciato dalla Commissione, la comunicazione non illustra i dettagli operativi e metodologici di tale approccio. Ciò pregiudica la capacità del CESE di valutare i possibili benefici e le potenziali sfide associati all’applicazione di detto approccio. Il Comitato invita pertanto la Commissione a fornire tali dettagli senza ulteriori indugi e si riserva il diritto di fornire un’ulteriore valutazione sulla metodologia «one in, one out» una volta pubblicati. |
3.6.4. |
Il CESE sottolinea che, sebbene l’approccio «one in, one out» possa essere uno strumento per legiferare meglio, esso non deve essere considerato un metodo separato per la riduzione degli oneri. Esso dovrà piuttosto essere uno strumento complementare da utilizzare in sinergia con gli strumenti europei per legiferare meglio esistenti, comprese le valutazioni d’impatto, le consultazioni pubbliche, le valutazioni e il controllo regolamentare. Il CESE accoglie con favore l’assicurazione della Commissione secondo cui l’approccio «one in, one out» non sarà applicato meccanicamente o basato su obiettivi numerici prestabiliti, ma sarà anzi fondato su una valutazione caso per caso che determinerà specificamente ciò che può essere semplificato, razionalizzato o eliminato, tenendo conto nel contempo dei vantaggi della legislazione. Il Comitato continuerà a vigilare affinché la Commissione traduca in pratica detta assicurazione. Il Comitato sottolinea altresì il ruolo della piattaforma «Fit for Future», di cui è membro, nel fornire consulenza alla Commissione sulla semplificazione della legislazione dell’Unione e la riduzione degli oneri superflui, garantendo nel contempo che le politiche dell’Unione siano lungimiranti e pertinenti alla luce delle nuove sfide, ivi compresi gli sviluppi sociali, ambientali, geopolitici, tecnologici e digitali. |
3.6.5. |
Il CESE sottolinea che l’attuazione dell’approccio «one in, one out» deve essere considerata uno sforzo istituzionale comune che richiede una stretta cooperazione tra tutte le istituzioni dell’UE lungo l’intero ciclo legislativo. In linea con il punto 3.4.3 del presente parere, il CESE invita il Parlamento europeo e il Consiglio a garantire che la legislazione dell’Unione persegua le proprie finalità nel modo economicamente più efficiente. A tal fine è necessaria una stretta cooperazione tra i legislatori e la Commissione in tutte le fasi del processo legislativo, mentre gli Stati membri devono condividere con la Commissione le informazioni sui costi e i benefici derivanti dall’attuazione della legislazione europea. |
3.6.6. |
Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione di fornire, in ciascuna valutazione d’impatto, una stima dei costi amministrativi e di adeguamento derivanti dall’intervento proposto. Osserva tuttavia che soltanto i costi amministrativi saranno compensati dallo strumento «one in, one out», mentre i costi di adeguamento saranno compensati mediante altri strumenti, quali il dispositivo per la ripresa e la resilienza, la politica di coesione, i fondi per l’agricoltura e il meccanismo per una transizione giusta. Poiché i costi di adeguamento possono gravare pesantemente sulle imprese, in particolare sulle PMI e le microimprese, il Comitato invita la Commissione a includere, insieme alla stima dei costi, proposte concrete per le misure a sostegno delle imprese affinché non solo si adeguino e rispettino i nuovi quadri normativi, ma mantengano anche l’occupazione stabile, assicurando al contempo la formazione e la riqualificazione professionali dei lavoratori. |
3.6.7. |
Il CESE prende atto dell’intenzione della Commissione di considerare automaticamente la sostituzione di 27 regolamenti nazionali con un quadro armonizzato come «out». Si tratta di un approccio meccanico che la Commissione afferma di voler evitare. L’armonizzazione non si traduce automaticamente in miglioramenti in termini di efficienza; gli effetti devono essere valutati caso per caso. Il Comitato invita pertanto la Commissione a definire gli «out» sempre sulla base di una specifica analisi costi-benefici. |
3.6.8. |
In relazione agli accordi sulla flessibilità relativi all’approccio «one in, one out», il CESE chiede alla Commissione di chiarire i criteri in base ai quali deciderà in merito alle deroghe e alle «circostanze eccezionali» per gli scambi. |
3.6.9. |
Il CESE osserva che l’approccio «one in, one out» sarà applicato soltanto alle iniziative incluse nel programma annuale di lavoro della Commissione per il 2022, escludendo così importanti iniziative politiche presentate durante la prima metà del mandato della Commissione. La Commissione non dà in tal modo seguito all’impegno assunto dalla presidente Ursula von der Leyen nei suoi metodi di lavoro (17) e nelle lettere di missione inviate ai commissari, secondo cui il collegio dei commissari avrebbe applicato il principio «one in, one out» per ogni proposta legislativa che creasse nuovi oneri. |
3.6.10. |
Il CESE invita la Commissione a istituire un quadro di riferimento per le relazioni sull’attuazione dell’approccio «one in, one out», al fine di garantire una valutazione adeguata negli anni a venire. |
3.7. Piattaforma «Fit for future»
3.7.1. |
Il CESE accoglie con favore la creazione della piattaforma «Fit for Future» (in appresso «la piattaforma»). Rammenta che il mandato della piattaforma riguarda la valutazione ex post e non la proposta di nuove legislazioni. Il Comitato parteciperà attivamente ai suoi lavori. |
3.7.2. |
Il CESE sottolinea che le osservazioni presentate attraverso il sito «Di' la tua: Semplifica!» devono continuare a offrire un contributo al programma di lavoro annuale della piattaforma, anche se non previste dall’allegato II del programma di lavoro della Commissione. La piattaforma dovrebbe inoltre continuare a fornire consulenza alla Commissione sui flussi di lavoro orizzontali per legiferare meglio. |
3.7.3. |
Il CESE suggerisce che la persona o l’organizzazione che trasmette un’osservazione alla piattaforma riceva dalla Commissione un riscontro motivato su come è stato trattato il caso. |
3.8. Monitoraggio e valutazioni ex post
3.8.1. |
Il CESE sostiene fermamente il principio di procedere innanzi tutto con la valutazione e incoraggia la Commissione a garantirne l’applicazione sistematica. |
3.8.2. |
Il Comitato è lieto della cooperazione positiva con la Commissione nel lavoro di valutazione ex post, in cui il suo contributo è stato giudicato utile per migliorare le valutazioni della Commissione in virtù delle indicazioni ottenute dalla società civile organizzata. Il Comitato invita a continuare a rafforzare tale cooperazione. Esorta altresì a inserire le valutazioni del CESE nel previsto registro comune dei contributi, il portale legislativo comune. |
3.8.3. |
In relazione al monitoraggio sull’attuazione della legislazione dell’Unione, il CESE avverte che gli obblighi di monitoraggio e comunicazione per la raccolta delle informazioni e dei dati necessari devono sempre essere proporzionati e non tradursi in un onere eccessivamente gravoso per i cittadini, le imprese o le pubbliche amministrazioni. |
3.8.4. |
Il CESE prende atto con preoccupazione delle conclusioni della relazione del Comitato per il controllo normativo sulle valutazioni della Commissione. In detta relazione, si afferma che le conclusioni delle valutazioni non riflettevano adeguatamente i risultati. Il Comitato per il controllo normativo ha sistematicamente espresso preoccupazioni per il fatto che le conclusioni costituivano interpretazioni selettive dei dati fattuali, o non erano abbastanza chiare in merito alle carenze degli elementi raccolti. Si tratta di una lacuna fondamentale poiché pregiudica la funzione principale della valutazione come esercizio di apprendimento. Il CESE esorta la Commissione a presentare relazioni non viziate da parzialità sull’efficacia della legislazione dell’Unione. |
3.8.5. |
Il CESE osserva con preoccupazione che i servizi della Commissione non sono obbligati a ripresentare relazioni di valutazione in caso di parere negativo del Comitato per il controllo normativo. Suggerisce di applicare lo stesso sistema delle valutazioni di impatto alle valutazioni e di obbligare i servizi della Commissione a rivedere le relazioni in caso di primo parere negativo e a ottenere formalmente un parere positivo da parte del Comitato per il controllo normativo. |
3.9. Attuazione e applicazione
3.9.1. |
Il CESE richiama le raccomandazioni sull’attuazione e applicazione formulate nel suo parere (18). |
3.9.2. |
Il CESE accoglie con favore il piano d’azione a lungo termine della Commissione per una migliore attuazione e applicazione delle norme del mercato unico (19) e la incoraggia ad attuare rapidamente le azioni proposte. |
3.9.3. |
Il CESE ribadisce che la maggior parte degli oneri normativi per i cittadini e le imprese continua ad essere generata a livello nazionale a causa sia delle procedure e dei metodi di recepimento, sia dell’applicazione inadeguata del diritto dell’Unione da parte delle autorità nazionali. Se i legislatori nazionali, utilizzando il loro margine di discrezionalità, decidono di aggiungere requisiti a livello nazionale, lo dovrebbero fare in modo trasparente, informando la Commissione e altre autorità nazionali e adducendo spiegazioni, in linea con l’impegno assunto con l’accordo interistituzionale «Legiferare meglio». Gli Stati membri dovrebbero altresì tenere conto dei possibili effetti delle loro aggiunte sull’integrità e sul corretto funzionamento del mercato unico e dovrebbero, ove possibile, evitare di adottare misure che potrebbero causare distorsioni e frammentazioni significative. |
3.9.4. |
Inoltre, il CESE invita, come ribadito nei propri pareri (20), a dare principalmente priorità ai regolamenti piuttosto che alle direttive, in modo da evitare quadri normativi incoerenti nell’UE e sostenere l’integrazione del mercato unico. Il CESE osserva infine che l’attuale livello di protezione dei cittadini, dei consumatori, dei lavoratori e dell’ambiente non deve essere ridotto. |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) GU C 13 del 15.1.2016, pag. 192, GU C 262 del 25.7.2018, pag. 22.
(2) COM(2015) 215 final.
(3) GU C 487 del 28.12.2016, pag. 51 e GU C 262 del 25.07.2018, pag. 22.
(4) C(2017) 7810.
(5) GU C 383 del 17.11.2015, pag. 57.
(6) Parere della piattaforma REFIT sull’osservazione XXII.4.a, presentata dalla Camera tedesca dell’industria e del commercio (DIHK), e sull’osservazione XXII.4.b, presentata da un cittadino, in merito ai meccanismi di consultazione delle parti interessate. Data dell’adozione: 7.6.2017.
(7) Strumenti per legiferare meglio, Commissione europea (europa.eu).
(8) GU C 434 del 15.12.2017, pag. 11.
(9) GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32016Q0512(01)&from=IT).
(10) GU C 14 del 15.1.2020, pag. 72.
(11) https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/rsb_report_2020_en_0.pdf.
(12) GU C 14 del 15.1.2020, pag. 72.
(13) GU C 262 del 25.7.2018, pag. 22.
(14) GU C 220 del 9.6.2021, pag. 67.
(15) GU C 434 del 15.12.2017, pag. 11.
(16) GU C 487 del 28.12.2016, pag. 51.
(17) P(2019) 2.
(18) GU C 262 del 25.7.2018, pag. 22.
(19) https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/communication-enforcement-implementation-single-market-rules_en_0.pdf
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/51 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2013/34/UE, la direttiva 2004/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e il regolamento (UE) n. 537/2014 per quanto riguarda la comunicazione societaria sulla sostenibilità
[COM(2021) 189 final — 2021/104 (COD)]
(2021/C 517/07)
Relatore: |
Marinel Dănuț MURESAN |
Consultazione |
Consiglio dell’Unione europea, 22.6.2021 Parlamento europeo, 23.6.2021 |
Base giuridica |
Articoli 50 e 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sezione |
2.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
226/0/7 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive — CSRD), e ritiene che la comunicazione di informazioni di elevata qualità sulla sostenibilità da parte delle imprese costituirà un elemento chiave nell’attuazione del Green Deal europeo, inclusa la realizzazione degli ambiziosi obiettivi del pacchetto Pronti per il 55 %. |
1.2. |
In particolare, l’estensione dell’ambito di applicazione delle norme in materia di comunicazione societaria sulla sostenibilità a tutte le grandi imprese che soddisfano determinate condizioni, oltre che alle PMI quotate in borsa, contribuirà alla trasformazione dell’economia europea nel rispetto degli impegni dell’accordo di Parigi, così come vi contribuirà il mandato conferito al gruppo consultivo europeo sull’informativa finanziaria (EFRAG) di elaborare norme coerenti dell’UE in materia di informativa di carattere non finanziario. |
1.3. |
Facendo seguito al piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile, il CESE si compiace che la Commissione europea insista sull’incentivazione della comunicazione di dati di elevata qualità sulla sostenibilità da parte delle imprese e degli istituti finanziari. Il settore pubblico e quello privato devono lavorare di concerto per conseguire questo risultato, e in questo campo il quadro legislativo per la finanza sostenibile e per la comunicazione di informazioni da parte delle imprese svolge un ruolo fondamentale. |
1.4. |
Il CESE incoraggia i colegislatori a valutare i costi operativi e amministrativi connessi all’inclusione graduale e volontaria delle PMI nell’ambito di applicazione della direttiva e a prendere in considerazione eventuali misure di sostegno aggiuntive per contribuire a compensare eventuali oneri amministrativi e operativi per questo segmento cruciale dell’economia. |
1.5. |
Il CESE accoglie decisamente con favore il chiarimento e l’osservanza da parte della Commissione europea del principio della «doppia rilevanza», nonché la descrizione che ne viene fatta al paragrafo 3 della proposta. |
1.6. |
Il CESE approva il mandato conferito al gruppo consultivo europeo sull’informativa finanziaria (EFRAG) di preparare la consulenza tecnica per l’elaborazione di una norma europea di informativa non finanziaria. Questo processo di definizione delle norme deve coinvolgere tutte le parti interessate che hanno un interesse rilevante nella preparazione e nell’utilizzo dell’informativa sulla sostenibilità: occorre garantire alle imprese interessate, finanziarie e non finanziarie, alle parti sociali e alla società civile un ruolo chiaro in tutte le fasi. |
1.7. |
Il CESE incoraggia la Commissione europea, le autorità europee di vigilanza e i colegislatori a garantire un attento allineamento, in termini di contenuto e di sequenza temporale, delle diverse componenti del quadro di comunicazione sulla sostenibilità, comprese quelle riguardanti gli istituti finanziari. |
1.8. |
Il CESE invita inoltre la Commissione europea e l’EFRAG a valutare in che modo l’imposizione a tutte le entità che rientrano nell’ambito di applicazione della proposta di direttiva di obblighi specifici di rendicontazione paese per paese sui rischi e l’impatto in termini di sostenibilità possa incoraggiare la comunicazione di informazioni più granulari e significative. |
1.9. |
Infine, il CESE invita la Commissione europea a prendere in considerazione l’idea di rafforzare l’alfabetizzazione finanziaria e l’educazione in materia di sostenibilità. Se è vero che la proposta in esame garantirà che le imprese e gli istituti finanziari siano in grado di fornire dati accurati agli utenti finali, ai futuri beneficiari e ad altri investitori finali, è necessario un ulteriore sforzo per consentire a questi soggetti di convogliare i loro risparmi verso investimenti sostenibili con sufficiente fiducia. Il CESE accoglie pertanto con favore gli impegni assunti al riguardo nel quadro della strategia per il finanziamento della transizione verso un’economia sostenibile (1). |
2. Proposta della Commissione
2.1. |
La direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (2)), che modifica la direttiva contabile, è stata adottata nel 2014. Conformemente alle disposizioni della direttiva, le imprese che rientrano nel suo ambito di applicazione sono state tenute per la prima volta a presentare una relazione contenente tali informazioni nel 2018 (per l’esercizio finanziario 2017). |
2.2. |
Conformemente alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario, nel 2017 la Commissione europea ha pubblicato degli orientamenti non vincolanti in materia di comunicazione da parte delle imprese (3). Nel 2019 la Commissione ha pubblicato degli orientamenti integrativi sulla comunicazione di informazioni relative al clima (4), i quali tuttavia non hanno migliorato adeguatamente la qualità delle informazioni comunicate dalle imprese a norma della direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario. |
2.3. |
La Commissione europea si è impegnata a proporre una revisione della direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario sia nell’ambito del Green Deal europeo che nel suo programma di lavoro per il 2020 (5). |
2.4. |
Nel marzo 2018 la Commissione europea ha pubblicato il piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile (6), in cui ribadiva la necessità di un’ulteriore standardizzazione delle informazioni di carattere non finanziario che le imprese sono tenute a comunicare, e che sono indispensabili per orientare le decisioni di investimento. Dopo la pubblicazione di tale piano d’azione, la Commissione ha presentato tre proposte legislative in cui i dati richiesti alle imprese a tal fine vengono indicati in modo ancora più dettagliato, e cioè: il regolamento sulla tassonomia (7), il regolamento relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (8) e il regolamento sugli indici di riferimento di basse emissioni di carbonio (9). |
2.5. |
Nella relazione d’iniziativa del maggio 2018 sulla finanza sostenibile il Parlamento europeo ha chiesto di sviluppare ulteriormente gli obblighi di comunicazione da parte delle imprese previsti dalla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (10). Nella risoluzione del dicembre 2020 sul governo societario sostenibile il PE ha accolto con favore l’impegno della Commissione a rivedere la direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario, ha chiesto di estendere l’ambito di applicazione della direttiva anche ad altre categorie di imprese e ha espresso compiacimento per l’impegno della Commissione a sviluppare norme dell’UE in materia di informativa di carattere non finanziario (11). Il Parlamento europeo ha inoltre ritenuto che le informazioni di carattere non finanziario comunicate dalle imprese a norma della direttiva in materia dovrebbero essere soggette a un obbligo di revisione contabile. |
2.6. |
Le disposizioni della direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario, insieme a quelle del regolamento relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari e del regolamento sulla tassonomia, costituiscono gli elementi centrali degli obblighi di comunicazione di informazioni sulla sostenibilità che sono alla base della strategia dell’UE per la finanza sostenibile. |
2.7. |
L’obiettivo della proposta in esame è pertanto quello di migliorare l’informativa sulla sostenibilità al fine di sfruttare meglio il potenziale offerto dal mercato unico europeo per contribuire alla transizione verso un sistema economico e finanziario pienamente sostenibile e inclusivo, conformemente al Green Deal europeo — compreso il pacchetto Pronti per il 55 % — e agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Attualmente l’Europa è in fase di uscita da un’emergenza sanitaria che ha messo in luce la necessità di un sistema finanziario ed economico resiliente che consenta di tutelarsi in futuro da crisi impreviste. Secondo quanto sostiene la Banca centrale europea (BCE), la pandemia è servita a rammentarci con forza che, per impedire che i cambiamenti climatici danneggino in modo permanente l’economia globale, sono necessarie modifiche strutturali fondamentali della nostra economia, che portino a cambiamenti sistemici dei modi di produzione e di consumo dell’energia (12). Allo stesso tempo, la BCE sottolinea che se non si interviene con urgenza verrà messa a repentaglio la vita umana stessa, in particolare quella delle persone più povere e vulnerabili. La comunicazione di informazioni di carattere non finanziario di qualità da parte delle imprese è una componente essenziale per garantire che siano debitamente affrontate entrambe le dimensioni del problema in esame. |
3.2. |
Al tempo stesso, i progressi nel completamento dell’Unione dei mercati dei capitali garantiranno che l’industria europea, la cui struttura portante è costituita da PMI che contribuiscono a oltre la metà del PIL dell’Europa (13), continui a prosperare, a creare posti di lavoro di qualità e ad assicurare la competitività a lungo termine dell’Unione europea. Questi progressi dipendono dal fatto che imprese impegnate nella transizione verso il conseguimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi e nel sostenere le finalità del Green Deal europeo possano disporre di capitali, nonché dall’assicurazione che l’educazione finanziaria e in materia di sostenibilità diventi parte integrante degli impegni assunti dall’Europa. |
3.3. |
Dati aziendali di elevata qualità, comparabili e pertinenti, che aderiscano all’approccio della «doppia rilevanza», sono un presupposto fondamentale per far sì che il settore finanziario abbia la capacità di valutare il profilo di sostenibilità di clienti e controparti sia finanziari che non finanziari, consentendogli di accompagnare i suoi clienti verso il conseguimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi. Il CESE invita i colegislatori ad assicurare che la proposta in esame soddisfi questo obiettivo chiave, che costituirà la base di una ripresa sostenibile dalla pandemia di COVID-19 e garantirà la competitività e la crescita a lungo termine del mercato unico. |
3.4. |
Il gruppo consultivo europeo sull’informativa finanziaria (European Financial Reporting Advisory Group — EFRAG) è incaricato di elaborare norme tecniche («norme») che traducano nella pratica il testo legislativo. Facendo seguito alla pubblicazione della relazione finale dell’EFRAG sull’argomento (14), il CESE invita le due piattaforme sulla finanza sostenibile — dell’UE e in ambito internazionale — a consultarsi strettamente con l’EFRAG per valutare un livello adeguato di granularità delle norme, assicurando che i soggetti che comunicano le informazioni forniscano dati rilevanti e comparabili. Dal momento che il settore della comunicazione di informazioni in materia di sostenibilità conosce oggi un’evoluzione molto rapida, che comprende anche un impiego diffuso da parte sia delle imprese che degli istituti finanziari dei quadri della GRI (Global Reporting Initiative = Iniziativa globale in materia di comunicazione di informazioni), del SASB (Sustainability Accounting Standards Board = Consiglio per le norme contabili in materia di sostenibilità) e della TCFD (Task Force on Climate-related Financial Disclosures = task force sulle comunicazioni di informazioni di carattere finanziario relative al clima), il CESE raccomanda che le norme siano basate sulle disposizioni fondamentali di tali quadri. Come indicato anche dall’EFRAG, la cooperazione internazionale in questo campo non dovrebbe tuttavia rappresentare un ostacolo all’ambizione perseguita dall’UE di diventare leader mondiale nel settore della sostenibilità quanto ad ambito di applicazione e rapidità di elaborazione del quadro normativo europeo. Assicurare una rappresentanza equilibrata delle principali categorie di parti interessate, comprese le parti sociali, all’interno della struttura di governance dell’EFRAG garantirà che tale processo, una volta intrapreso, venga portato avanti con la massima decisione. |
3.5. |
La coerenza nell’adozione di pratiche di comunicazione sulla sostenibilità in tutte le giurisdizioni dell’UE-27 sarà fondamentale per la fornitura di dati comparabili e di elevata qualità. Il CESE esorta i colegislatori a garantire che i negoziati sfocino in un risultato sufficientemente flessibile, di modo che non sia necessario apportare modifiche sostanziali alle disposizioni della direttiva nel processo di recepimento, a causa della mancata adozione di un regolamento. Questo aspetto sarebbe fondamentale per garantire obblighi di comunicazione di informazioni coerenti e omogenei in tutta l’UE-27, prevenire la frammentazione del mercato e promuovere una circolazione senza ostacoli dei capitali agli stessi livelli in tutte le giurisdizioni. Sebbene il CESE si attenda decisamente che le future norme siano applicate in modo coerente in tutta l’UE-27, vale la pena di sottolineare l’importanza di garantire che i risultati sia del recepimento della CSRD che della definizione delle norme diano luogo a comunicazioni di elevata qualità, comparabili e rilevanti di informazioni sulla sostenibilità in tutta l’UE-27. Il lavoro empirico svolto in precedenza dalla società civile ha dimostrato l’esistenza di notevoli differenze regionali, che possono compromettere tale obiettivo (15). |
4. Osservazioni particolari
4.1. Ambito di applicazione
4.1.1. |
Il CESE accoglie con favore la proposta di estendere l’ambito di applicazione della direttiva anche alle PMI quotate in borsa — ad esclusione di quelle quotate nei sistemi multilaterali di negoziazione (Multilateral Trading Facilities — MTF) o nei mercati di crescita per le PMI — nonché le disposizioni in materia di comunicazione volontaria delle informazioni per le PMI non quotate e il periodo di transizione di tre anni e la norma semplificata per le PMI quotate. A causa dei notevoli oneri amministrativi e operativi che gravano sulle PMI per ottenere i dati adeguati ed elaborare le loro relazioni, aggravati dagli effetti della pandemia di COVID-19, il CESE sostiene l’attuale ambito di applicazione della proposta a tale riguardo. Questo approccio equilibrato permette alle PMI di seguire un percorso prevedibile per soddisfare le crescenti aspettative di informazioni sulla sostenibilità tra i loro investitori e le parti interessate in senso lato, offrendo loro nel contempo la flessibilità e il tempo necessari per soddisfare tali requisiti in modo graduale e volontario. |
4.1.2. |
Il CESE raccomanda alla Commissione europea di accelerare i tempi per una valutazione d’impatto specifica e un’analisi costi-benefici dedicate agli effetti del periodo di introduzione graduale e della norma di comunicazione semplificata delle informazioni sulle PMI quotate e non quotate. Un elemento significativo di tale analisi dovrebbe includere prove empiriche concrete e raccomandazioni riguardanti l’inclusione, entro un termine ragionevole, di PMI quotate e non quotate operanti in settori ad alto rischio, nell’ambito di applicazione della direttiva. Se necessario, la Commissione europea dovrebbe anche prendere in considerazione ulteriori misure di sostegno per assistere le PMI nel far fronte ai loro prossimi obblighi di comunicazione. |
4.2. Comunicazione dei rischi e dell’impatto lungo le catene del valore
4.2.1. |
Il CESE accoglie con favore l’approccio proposto dalla direttiva di includere obblighi di comunicazione riguardanti la catena del valore delle entità che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva stessa. Tenuto conto della complessità delle moderne catene del valore, il CESE raccomanda di introdurre criteri più chiari e dettagliati per stabilire i casi in cui si debba rispettare l’approccio alla comunicazione di informazioni per l’intera catena del valore, conformemente alle disposizioni della proposta di direttiva secondo cui tale comunicazione deve essere effettuata «a seconda dei casi», ai sensi del considerando 29. Poiché le attività lungo le catene del valore comportano significativi rischi e impatti ambientali, sociali e di governance (ESG), il CESE desidera sottolineare che queste specifiche aggiuntive non dovrebbero pregiudicare l’obbligo di riferire in modo da promuovere la piena trasparenza dell’impatto delle attività svolte nelle catene del valore. |
4.3. Allineamento degli obblighi di comunicazione delle informazioni in termini di tempistica e di contenuti
4.3.1. |
Il CESE sottolinea che il buon esito della proposta presuppone un’attenta sequenza temporale e un accurato allineamento degli obblighi di comunicazione previsti dalla medesima proposta di direttiva sulla comunicazione societaria in materia di sostenibilità e da altri quadri legislativi. In particolare, poiché si tratta di un aspetto attinente alle esigenze dei soggetti che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva, i quali sono sia utenti che elaboratori di informazioni di carattere non finanziario, sarà importante garantire che essi dispongano di un tempo sufficiente per la raccolta, la valutazione e la comunicazione dei dati pertinenti. Un coordinamento di questo tipo dovrebbe assicurare che i clienti non finanziari delle entità finanziarie rientranti nell’ambito di applicazione siano tenuti a comunicare in un primo tempo i dati necessari, per consentire in un secondo momento alle entità finanziarie di valutarli e di elaborare le proprie informazioni da comunicare. |
4.3.2. |
La Commissione europea e i colegislatori dovrebbero valutare queste esigenze di sequenziamento temporale, soprattutto in quanto esse hanno un’incidenza sulle entità rientranti nell’ambito di applicazione, le quali saranno soggette a obblighi di informativa in materia di sostenibilità a norma del regolamento sui requisiti patrimoniali (16), dell’articolo 8 del regolamento sulla tassonomia, degli atti delegati del regolamento relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (17) e di eventuali future norme relative allo sviluppo della tassonomia sociale, nonché di altre tassonomie. Il rispetto di tali esigenze dipenderà dalla disponibilità di dati di elevata qualità forniti ai sensi della proposta in esame. Le informazioni richieste attraverso le comunicazioni di dati previste dalla proposta di direttiva sulla comunicazione societaria in materia di sostenibilità dovrebbero avere un ambito di applicazione simile a quello per le informazioni da comunicare che prevedono tali esigenze correlate, comprese quelle degli atti delegati del regolamento sulla tassonomia, il che potrà essere ulteriormente chiarito, se del caso, nella proposta di direttiva e nel lavoro dell’EFRAG sull’elaborazione delle norme. |
4.4. Garanzie
4.4.1. |
Il CESE riconosce l’importanza di garantire l’elevata qualità e la verificabilità delle informazioni di carattere non finanziario comunicate ai sensi della proposta di direttiva. Il ruolo della garanzia è fondamentale al riguardo, e il CESE accoglie con favore la raccomandazione formulata nella proposta di ricorrere ad una garanzia limitata per verificare i dati non finanziari delle entità che rientrano nell’ambito di applicazione. |
4.4.2. |
Data l’assenza di un quadro concordato per la ragionevole garanzia delle informazioni comunicate in materia di sostenibilità e la qualità ancora incerta di determinate forme di dati non finanziari, si raccomanda che le esigenze di garanzia rimangano al livello di valutazione richiesto per una garanzia limitata. |
4.5. Diritti umani
4.5.1. |
Il CESE si compiace dell’individuazione più granulare delle questioni di sostenibilità riguardo alle quali devono essere comunicate le informazioni, incluse le questioni riguardanti gli impatti sulle comunità vulnerabili e sui lavoratori. In collegamento con i progressi previsti per quanto riguarda la pubblicazione di una proposta sulla governance societaria sostenibile, il CESE ritiene che la proposta in esame offra un’opportunità significativa per elaborare un quadro pratico per la valutazione dei rischi finanziari derivanti da operazioni commerciali che hanno un’incidenza sulle comunità, favorendo al tempo stesso una buona comprensione dell’impatto di tali operazioni commerciali sulle medesime comunità. Una più precisa definizione sia degli obblighi di comunicazione che di quelli di dovuta diligenza dovrebbe calibrare attentamente le esigenze delle parti sociali, mediante un diritto di consultazione formale. |
4.5.2. |
Il CESE invita i colegislatori a prendere in considerazione una definizione più chiara delle parti interessate da tenere presenti e da consultare in questo processo, e a garantire il pieno allineamento di tali requisiti con le disposizioni della futura proposta sulla governance societaria sostenibile. Il processo che le imprese dovrebbero intraprendere per conformarsi agli obblighi di consultazione delle parti interessate dovrebbe essere sottolineato, da un lato, identificando soltanto le parti interessate più pertinenti e, dall’altro, garantendo che tali processi siano concepiti in modo adeguato, siano semplici e non facciano gravare sulle imprese inutili complessità derivanti dall’ambito di applicazione esteso della proposta di direttiva. |
4.6. Pianificazione della transizione
4.6.1. |
Il CESE sostiene che le imprese impegnate nella transizione devono attrarre finanziamenti. Risulta pertanto essenziale l’accento posto dalla proposta sulla necessità di comunicare informazioni in merito alla compatibilità dei modelli e delle strategie aziendali con la transizione verso un’economia sostenibile e il contenimento del riscaldamento globale a +1,5 oC. Tenuto conto della relazione dell’Agenzia internazionale per l’energia sul conseguimento dell’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050 (18), assicurare la comunicazione di dati validi e di elevata qualità per soddisfare tale requisito della proposta di direttiva costituirà un fattore abilitante fondamentale per garantire che le imprese dispongano di piani di transizione credibili e che le banche e i mercati dei capitali possano aiutarle a raggiungere i loro obiettivi. Il CESE è favorevole a una maggiore granularità dei requisiti che dimostrino tale allineamento, in modo proporzionato. Questi requisiti dovrebbero prevedere la comunicazione di informazioni supplementari sugli scenari di transizione adottati dalle imprese, nonché sugli elementi che determinino la compatibilità di tali scenari con gli obiettivi della transizione giusta. |
4.7. Elaborazione delle norme UE sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario
4.7.1. |
Il CESE ribadisce il proprio sostegno all’estensione del mandato dell’EFRAG per la prestazione di servizi di consulenza tecnica in merito all’elaborazione di norme UE in materia di informativa non finanziaria. Il CESE desidera richiamare l’attenzione sul fatto che tale mandato richiede «una procedura appropriata, sotto il controllo pubblico e nella trasparenza necessaria», compresa la consultazione di un’ampia gamma di soggetti interessati all’elaborazione delle norme, e sottolinea l’importanza di garantire che i sindacati, le parti sociali in senso lato, le PMI e altre parti che hanno un interesse rilevante nell’elaborazione delle norme, comprese le società finanziarie e non finanziarie e le organizzazioni della società civile, siano incluse e consultate durante la definizione della consulenza tecnica. A tale riguardo, il CESE sostiene gli sforzi intrapresi dall’EFRAG per raccogliere le opinioni delle parti interessate sullo sviluppo della procedura appropriata (19) e si attende un esito che garantisca l’inclusione di tutte le suddette parti interessate. |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) COM(2021) 390 final.
(2) Direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, recante modifica della direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni (GU L 330 del 15.11.2014, pag. 1).
(3) Comunicazione della Commissione C(2017) 4234 final (GU C 215 del 5.7.2017, pag. 1).
(4) Comunicazione della Commissione C(2019) 4490 final (GU C 209 del 20.6.2019, pag. 1).
(5) COM(2019) 640 final, comunicazione della Commissione sul tema Il Green Deal europeo, COM(2020) 440 final, Programma di lavoro adattato 2020 della Commissione.
(6) COM(2018) 97 final.
(7) Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del del Consiglio, del 18 giugno 2020, relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088 (GU L 198 del 22.6.2020, pag. 13).
(8) Regolamento (UE) 2019/2088 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (GU L 317 del 9.12.2019, pag. 1).
(9) Regolamento (UE) 2019/2089 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 che modifica il regolamento (UE) 2016/1011 per quanto riguarda gli indici di riferimento UE di transizione climatica, gli indici di riferimento UE allineati con l’accordo di Parigi e le comunicazioni relative alla sostenibilità per gli indici di riferimento (GU L 317 del 9.12.2019, pag. 17).
(10) Risoluzione del Parlamento europeo del 29 maggio 2018 sulla finanza sostenibile (2018/2007(INI)] (GU C 76 del 9.3.2020, pag. 23).
(11) Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2020 sul governo societario sostenibile (2020/2137(INI)] (GU C 445 del 29.10.2021, pag. 94).
(12) https://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2020/html/ecb.sp200717~1556b0f988.it.html
(13) https://ec.europa.eu/growth/smes_it
(14) https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/business_economy_euro/banking_and_finance/documents/210308-report-efrag-sustainability-reporting-standard-setting_en.pdf
(15) https://www.allianceforcorporatetransparency.org/assets/Research_Report_EUKI_2020.pdf, p. 51.
(16) Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 1).
(17) C(2021) 2800 final.
(18) https://www.iea.org/reports/net-zero-by-2050
(19) https://www.efrag.org/Assets/Download?assetUrl=%2fsites%2fwebpublishing%2fSiteAssets%2fEFRAG%2520Due%2520Process%2520Procedures_V04.pdf
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/56 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Promuovere un approccio europeo all’intelligenza artificiale
[COM(2021) 205 final]
(2021/C 517/08)
Relatrice: |
Marie-Françoise GONDARD-ARGENTI |
Consultazione |
Commissione europea, 1.7.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Adozione in sezione |
2.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
235/0/7 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e social europeo (CESE) accoglie con favore la revisione del piano coordinato sull’intelligenza artificiale (IA), che è il risultato del lavoro condotto congiuntamente dalla Commissione e dagli Stati membri. Invita ad accelerare l’attuazione di detto piano mobilitando tutti i pertinenti portatori di interessi. |
1.2. |
Il CESE sostiene l’approccio olistico adottato dalla Commissione nella sua strategia per un’IA inclusiva e sostenibile, basata sulla creazione di un ecosistema di eccellenza e fiducia. Le proposte relative ad un piano e ad un regolamento, ciascuna delle quali forma oggetto di un parere separato, ne costituiscono i due pilastri al fine di conferire all’Europa un ruolo di attore globale nel campo dell’IA. |
1.3. |
Per ottenere i benefici economici, sociali, ambientali e di salute pubblica attesi per tutti i cittadini europei senza discriminazioni, il piano deve imprimere un nuovo slancio all’istruzione integrando le tematiche etiche e ambientali, la formazione e lo sviluppo delle competenze lungo tutto l’arco della vita, nonché le sfide riguardanti l’innovazione e il sostegno ai lavoratori e alle imprese, comprese quelle più piccole. |
1.4. |
Nel mondo del lavoro, la fiducia è la chiave per il successo. L’IA non fa eccezione a questa regola. Il CESE ritiene legittimo che questo nuovo piano conferisca al dialogo sociale e alle parti sociali un ruolo chiave nell’intero processo. Sebbene la questione delle competenze sia essenziale, la riflessione dovrebbe comprendere tutte le tematiche relative all’automazione nel mondo del lavoro. |
1.5. |
Il CESE raccomanda alla Commissione, nell’ambito del quadro politico che intende istituire, di incoraggiare vivamente gli Stati membri a rafforzare il dialogo sociale e civico sulle problematiche e gli strumenti relativi all’IA. |
1.6. |
Il CESE rammenta che la fiducia si ottiene solo garantendo il diritto di tutti i lavoratori, consumatori o cittadini alla spiegabilità dei processi algoritmici, nella misura in cui questi hanno un impatto sulla loro vita e sul loro ambiente. Il nuovo piano coordinato deve rientrare in questo requisito di trasparenza e spiegabilità, inscindibile dal diritto di ogni cittadino di impugnare le decisioni prese esclusivamente da un algoritmo. |
1.7. |
Il CESE ritiene che l’UE possa affermarsi come leader mondiale credibile nel campo dell’IA a condizione che vi sia un coordinamento impeccabile tra le istituzioni dell’UE, gli Stati membri e la società civile organizzata — parti sociali, consumatori e cittadini — con una chiara definizione delle rispettive responsabilità. Tale coordinamento, realizzandosi tra le istituzioni europee, tra queste e gli Stati membri e tra gli Stati membri fra loro, massimizzerà l’impatto complessivo garantendo nel contempo un’attuazione rapida e coerente delle politiche e dei programmi di investimento. |
1.8. |
Intrinsecamente globale, l’IA è però sensibile alla portata della sua diffusione: essa, infatti, ne rappresenta una funzione diretta. Facendo degli Stati membri gli attori chiave della scena internazionale dell’intelligenza artificiale, il piano coordinato rappresenta il cardine della strategia europea sull’IA. |
1.9. |
Il CESE si compiace del fatto che il piano coordinato riveduto proponga azioni concrete per stimolare l’attuazione delle strategie nazionali e moltiplicare le sinergie. Esso, tuttavia, può espletare pienamente la sua funzione solo in stretta sinergia con la strategia europea in materia di dati — la creazione di uno spazio europeo dei dati e della loro tutela — e di sicurezza informatica. |
1.10. |
Per ovviare all’assenza di un coordinamento vincolante, il CESE raccomanda di istituire un dispositivo di monitoraggio permanente dei progressi compiuti attraverso indicatori di prestazione elaborati da tutte le parti interessate. |
1.11. |
Il CESE incoraggia quindi gli Stati membri a ricorrere al dispositivo per la ripresa e la resilienza — nonché ad altri strumenti finanziari quali Orizzonte Europa, il programma Europa digitale e InvestEU — per sostenere lo sviluppo e l’adozione dell’IA, in particolare da parte delle piccole imprese. Una recente relazione della BEI chiarisce il percorso da seguire (1). |
2. Osservazioni generali
2.1. |
La Commissione desidera fare dell’UE il motore mondiale di un’intelligenza artificiale incentrata sull’essere umano, inclusiva, sicura, sostenibile e affidabile. Traendo i dovuti insegnamenti dalla crisi sanitaria, essa vuole accelerare gli investimenti, rafforzare le misure già esistenti e procedere a un loro rigoroso allineamento per favorire sinergie e semplificazione (2). Il CESE sostiene l’applicazione urgente e risoluta di tale approccio per consolidare l’eccellenza interna e internazionale dell’Unione europea. |
2.2. |
Il CESE prende atto dei progressi compiuti dal primo piano coordinato del 2018. Il piano aggiornato identifica chiaramente le priorità: investire nelle infrastrutture e nella condivisione dei dati, favorire l’eccellenza mobilitando innovazione e competenze, garantire l’affidabilità e la trasparenza in tutta la catena del valore. L’investimento di 7 miliardi di EUR nel 2019 (+ 30 %) è ritenuto incoraggiante. |
2.3. |
Il piano coordinato si inserisce nel rispetto dei diritti fondamentali e sociali e della non discriminazione attraverso gli algoritmi: in tal senso, il presente parere è indissociabile da quello relativo alla proposta comune di regolamento, che affronta aspetti etici e stabilisce norme armonizzate (3). |
2.4. |
Il CESE ritiene che l’inquadramento etico e una norma riconosciuta e condivisa, corredati di un piano coordinato, siano i catalizzatori fondamentali e strutturanti, in grado di suscitare la fiducia necessaria per l’adesione degli europei all’IA, garantendo nel contempo un vantaggio competitivo e una risorsa a livello mondiale. |
2.5. |
Questa fiducia dei cittadini è indissolubilmente legata al diritto alla spiegabilità degli algoritmi e alla possibilità di impugnare qualsiasi decisione che incida sulla vita delle persone. La vigilanza è fondamentale per gli sviluppatori dell’IA e delle sue applicazioni, come pure per gli utenti, e deve prendere la forma di controlli e verifiche periodiche. L’essere umano deve restare padrone delle decisioni. |
2.6. |
Il CESE esprime preoccupazione per il rischio di frammentazione legato alle diverse strategie nazionali e invita gli Stati membri a intensificare la loro cooperazione, in particolare in materia di cibersicurezza, una prerogativa sovrana che, tuttavia, costituisce l’ossatura del piano, nell’interesse dell’UE. |
2.7. |
Il CESE auspica un’IA sostenibile per quanto riguarda gli obiettivi economici, sociali e ambientali, nel rispetto delle responsabilità economiche, sociali e ambientali. |
3. Osservazioni particolari
3.1. |
Pienamente giustificate, le ambizioni della Commissione impongono a quest’ultima di operare di concerto con gli Stati membri, il settore privato e la società civile organizzata allo scopo di:
|
3.2. |
Il CESE sostiene la volontà della Commissione di utilizzare il programma per un’Europa digitale e Orizzonte Europa nella misura di almeno 1 miliardo di EUR all’anno tra il 2021 e il 2027; l’effetto leva atteso promuoverà investimenti pubblici e privati nell’IA per 20 miliardi di EUR all’anno nel medesimo periodo, mentre il dispositivo per la ripresa e la resilienza rafforzerà tale effetto leva. |
3.3. Creare le condizioni favorevoli — dati e infrastrutture
3.3.1. |
Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a intensificare la cooperazione e il coordinamento nella governance dell’IA: attuazione delle strategie nazionali e condivisione delle conoscenze, delle esperienze e delle buone pratiche, per accelerare lo sviluppo e l’adozione dell’IA e affrontare le sfide mondiali poste da quest’ultima. |
3.3.2. |
Disponibilità, accessibilità e libera circolazione dei dati sono condizioni indispensabili per lo sviluppo dell’IA, coniugata alla strategia relativa ai dati, alla loro tutela e alla sicurezza informatica. Il CESE ricorda che uno scambio agevole di dati personali dipende da un intenso coordinamento e dal rispetto assoluto del regolamento generale sulla protezione dei dati. Al pari della sicurezza e della trasparenza dei dati, anche la norma può presentare un vantaggio competitivo nella concorrenza globale (4). Il CESE approva lo sviluppo dello spazio europeo dei dati e degli spazi settoriali specifici. |
3.3.3. |
Fatta eccezione per alcuni sistemi di IA che non dipendono dai dati, le prestazioni dell’IA dipendono direttamente dal volume, dalla pertinenza e dalla qualità dei dati disponibili. Il CESE ritiene pertanto essenziale un potenziale ottimizzato che agevolerà scambi di dati flessibili, interoperabili e sicuri. Il CESE approva l’identificazione di settori chiave, quali la produzione industriale, il Green Deal, la mobilità, la sanità, la finanza e l’energia per monitorare attentamente le evoluzioni e valutare i progressi compiuti. |
3.3.4. |
Il CESE sostiene:
|
3.3.5. |
Il CESE auspica un maggiore impegno degli Stati membri in materia di ricerca e innovazione per sviluppare le strutture, le infrastrutture e gli strumenti necessari al bene comune e contribuire alla sovranità dell’UE in materia di IA. |
3.4. Favorire l’eccellenza dal laboratorio al mercato — innovazione e partenariati
3.4.1. |
Il CESE sostiene l’approccio olistico volto a fare dell’UE uno spazio d’eccellenza, dalla ricerca fondamentale e dall’innovazione fino all’immissione in commercio. Il CESE reputa essenziale che l’Unione e gli Stati membri accelerino la loro cooperazione per creare le condizioni propizie all’innovazione, alle prospettive commerciali dell’IA e allo sviluppo dei talenti e delle competenze, in linea con la visione europea incentrata sull’umano e sulla fiducia. Il CESE constata con favore che le strutture di collaborazione orizzontali sostengono tali ambizioni. |
3.4.2. |
Il CESE saluta le ambizioni della Commissione di favorire le sperimentazioni, rafforzare i poli dell’innovazione digitale regionali in cooperazione con le iniziative nazionali e regionali, e condividere le esperienze. Detti poli dell’innovazione e le piattaforme su richiesta promuovono la titolarità dell’IA da parte delle microimprese e delle piccole e medie imprese, a integrazione di un sostegno finanziario mirato. Il CESE ritiene importante sostenere le imprese in fase di avviamento, le imprese in fase di espansione e le PMI tradizionali nello sviluppo dell’IA. |
3.4.3. |
Il CESE sottolinea tuttavia che tale politica di poli d’eccellenza non deve pregiudicare il finanziamento regolare e continuo dei laboratori di ricerca tradizionali per timore di ritardare l’emergere di tecnologie di rottura. |
3.4.4. |
Il CESE auspica di favorire i programmi di acculturazione per le organizzazioni, le microimprese e le piccole e medie imprese, sviluppando reti di sostegno mirate. Sarebbe auspicabile che le iniziative avviate per favorire l’accesso delle microimprese e delle piccole e medie imprese all’IA (strutture di prova e sperimentazione, poli dell’innovazione digitale e piattaforme di IA su richiesta) siano rafforzate e valutate, a fini migliorativi, alla luce dei loro effetti pratici per tali imprese. |
3.4.5. |
Uno studio recente commissionato dal CESE indica che l’espansione è un passaggio obbligato, che si tratti dell’accesso alle competenze necessarie, ai bacini di dati per gli algoritmi o ai necessari finanziamenti, oppure dell’orientamento di un mercato sufficientemente sviluppato da garantire il rapido ammortamento di infrastrutture economicamente onerose. I decisori politici devono pertanto attribuire priorità alle microimprese e piccole e medie imprese e proporre politiche adeguate. Per quanto riguarda i danni economici causati dalla pandemia, il sostegno alle imprese in fase di avviamento, a quelle in fase di espansione e alle PMI tradizionali nello sviluppo dell’IA è ormai una necessità impellente. |
3.4.6. |
Il CESE è favorevole allo sviluppo di spazi appositi per sperimentare nuove idee in condizioni vicine alla realtà e favorire l’agilità, e si attende una migliore condivisione dei risultati e il loro riconoscimento reciproco senza frontiere. |
3.4.7. |
L’eccellenza della ricerca riflette i talenti e le competenze che popolano i laboratori, ma anche la fiducia degli utenti nei confronti dell’IA. Ecco perché il CESE desidera che i programmi d’istruzione superiore generino talenti di classe mondiale nell’innovazione e nello sviluppo commerciale, e chiede all’UE di garantire le condizioni che consentano di trattenere i talenti e di attirare competenze dall’estero. Il CESE auspica un contesto commerciale globale stabile e affidabile, che consentirà alle imprese e ai lavoratori una migliore acquisizione dell’IA a vantaggio della ricerca e dell’innovazione. |
3.4.8. |
Le organizzazioni della società civile meritano di essere sostenute nell’attuazione di soluzioni di IA e di rientrare tra i beneficiari dei fondi e delle risorse dedicate all’IA. Ciò è particolarmente vero per i servizi sociali, nel pieno rispetto del diritto alla vita privata e della normativa sul trattamento e la conservazione dei dati, ivi compresi i dati biometrici. |
3.5. Garantire un’IA al servizio dei cittadini — competenze e fiducia
3.5.1. |
Il CESE sostiene la strategia della Commissione fondata sulla creazione di un ecosistema di eccellenza e di un ecosistema di fiducia. Tale approccio è l’oggetto del libro bianco adottato nel 2019 (6). L’istruzione e la formazione sono elementi chiave che consentono di favorire l’eccellenza e di accrescere la fiducia nell’IA. È quindi compito dei sistemi d’istruzione e di formazione provvedere a una vasta gamma di esigenze, dalle conoscenze di base e dalla comprensione generale fino all’acquisizione di conoscenze specializzate e competenze di alto livello (7). |
3.5.2. |
Il CESE accoglie con favore l’adozione del nuovo piano d’azione per l’istruzione digitale, adottato dalla Commissione per il periodo 2020-2027. Esso consentirà una migliore comprensione della natura e del funzionamento dell’IA, dalla scuola primaria fino all’università, nonché il rinnovamento delle competenze. |
3.5.3. |
Il CESE auspica che gli Stati membri sviluppino un’offerta didattica in materia di IA che contenga anche gli argomenti etici e ambientali connessi, e incoraggia lo scambio di buone pratiche al fine di promuovere la diversità nell’accesso alla formazione, lo sviluppo e l’utilizzo dell’IA. Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e del suo utilizzo a vantaggio di tutti richiede un approccio multidisciplinare e l’introduzione di gateway. |
3.5.4. |
Il CESE ritiene che le parti sociali siano attori essenziali per anticipare l’evoluzione delle competenze e i cambiamenti nel mondo del lavoro. Il dialogo sociale è fondamentale per contribuire all’accompagnamento dei lavoratori che subiscono le conseguenze dell’automazione dei loro compiti. |
3.5.5. |
Il CESE sottolinea l’importanza della cooperazione tra governi, istituti d’istruzione, parti sociali e organizzazioni della società civile interessate per mettere a punto e attuare nuovi programmi d’istruzione e formazione permanente, destinati principalmente alle persone in cerca di occupazione. Attività di formazione mirate alle microimprese e piccole e medie imprese sono necessarie sia per i datori di lavoro che per i dipendenti. |
3.5.6. |
Il CESE lamenta che il piano non preveda un’eventuale riflessione comune sul mondo del lavoro e il suo futuro alla luce dell’automazione. Per stimolare la fiducia dei lavoratori nelle applicazioni dell’IA occorre rafforzare il dialogo sociale, indispensabile per introdurre sistemi di IA che hanno un impatto sui lavoratori, soprattutto per quanto riguarda il settore della gestione o delle risorse umane. Dinanzi alla possibile distruzione di posti di lavoro, all’aggravarsi delle disuguaglianze e alla ricomposizione dei settori produttivi, appare necessario garantire un perfetto coordinamento tra gli Stati membri, in stretta cooperazione con le imprese, i territori, le parti sociali e i corpi intermedi, al fine di:
|
3.5.7. |
Essendo la fiducia il cardine di una società digitalizzata, il CESE accoglie con particolare favore l’approccio della Commissione in tutti gli ambiti pertinenti per garantire l’interesse generale e in particolare l’interesse dei cittadini, dei consumatori nonché dei lavoratori e delle imprese, ivi comprese quelle del settore dell’economia sociale, al fine di accrescere il livello di fiducia generale nell’IA: protezione dei diritti fondamentali, sicurezza informatica, protezione dei dati, proprietà intellettuale e utilizzo sostenibile ed efficace delle risorse, senza dimenticare le questioni normative connesse all’innovazione. Risulta importante identificare accuratamente gli eventuali rischi derivanti da un utilizzo abusivo dell’IA e proporre rimedi adeguati. Il CESE sostiene le misure previste dalla Commissione per rafforzare la sicurezza in tutti i settori e adattare il quadro normativo alle sfide poste dall’IA. Al riguardo, ricorda il ruolo pionieristico svolto dalla società civile organizzata, ad esempio nella valutazione dei rischi inerenti al riconoscimento del volto. |
3.5.8. |
Il CESE sostiene pienamente l’ambizione di promuovere nel mondo la visione europea di un’IA sostenibile e affidabile, incoraggiando la definizione di norme mondiali in materia di IA e sviluppando partenariati e iniziative congiunte con i paesi terzi. |
3.6. Sviluppare una leadership strategica nei settori a forte impatto
3.6.1. |
Il CESE accoglie con favore l’approccio realistico adottato dalla Commissione, che consiste nel concentrare le sue azioni sui settori in cui è essenziale rivestire un ruolo guida in materia di IA: clima e ambiente, sanità, robotica e automazione, servizi pubblici, sicurezza pubblica, ivi compresi terrorismo e politiche migratorie, mobilità intelligente, agricoltura e settori connessi. |
3.6.2. |
Il CESE ritiene che la transizione digitale sia uno strumento chiave nella decarbonizzazione e nella gestione dell’ambiente e che, al contempo, occorra limitare il possibile impatto negativo di soluzioni basate sull’IA sul clima, l’ambiente e il consumo di energia. Il ricorso all’IA nella gestione dei sistemi energetici e di trasporto, nonché nei processi industriali e nell’agricoltura, favorisce il rendimento energetico, l’economia circolare e la gestione sostenibile delle risorse naturali: si tratta di un fattore di produttività e di efficienza economica. L’IA fornisce inoltre i mezzi per comprendere e conoscere meglio i fenomeni climatici e ambientali. |
3.6.3. |
Il CESE invita a cogliere le opportunità offerte dall’IA nella ricerca sulle origini delle malattie e nello sviluppo di nuove molecole, di dispositivi medici e trattamenti avanzati, oppure nei settori dell’indagine, della diagnosi e del trattamento, ad esempio nella lotta contro il cancro. Lo spazio europeo dei dati sanitari previsto, nel rispetto assoluto della vita privata e dei dati personali, è una tappa fondamentale per poter sfruttare appieno il potenziale dell’IA. L’assistenza quotidiana che i robot forniscono ai pazienti e alle persone anziane o con disabilità illustra i vantaggi di un’eccellenza robotica meno incentrata sulle prodezze tecnologiche e più attenta a padroneggiare l’interfaccia tra umani e robot. |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Artificial intelligence, blockchain and the future of Europe: How disruptive technologies create opportunities for a green and digital economy (Intelligenza artificiale, blockchain e il futuro dell’Europa: come le tecnologie dirompenti creano opportunità per un’economia verde e digitale).
(2) GU C 240 del 16.7.2019, pag. 51.
(3) Parere del CESE sul regolamento relativo all'intelligenza artificiale (cfr. pagina 61 della presente Gazzetta ufficiale).
(4) La norme sans la force: l’énigme de la puissance européenne (La norma senza la forza: l’enigma della potenza europea), Zaki Laïdi, 2005.
(5) Regolamento relativo alla governance europea dei dati.
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/61 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale (legge sull’intelligenza artificiale) e modifica alcuni atti legislativi dell’Unione
[COM(2021) 206 final — 2021/0106 (COD)]
(2021/C 517/09)
Relatrice: |
Catelijne MULLER |
Consultazione |
Parlamento europeo, 7.6.2021 Consiglio, 15.6.2021 |
Base giuridica |
Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione, consumo |
Adozione in sezione |
2.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
225/03/06 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il fatto che la proposta della Commissione relativa alla legge sull’intelligenza artificiale (IA) non si limiti ad affrontare i rischi associati all’IA, ma alzi anche notevolmente l’asticella per quanto riguarda la qualità, le prestazioni e l’affidabilità dell’IA che l’UE è disposta a consentire. Il CESE constata con particolare soddisfazione il ruolo centrale attribuito alla salute, alla sicurezza e in generale ai diritti fondamentali nella legge sull’intelligenza artificiale nonché la portata globale di tale iniziativa. |
1.2. |
Il CESE individua margini di miglioramento per quanto riguarda la portata, la pertinenza e la chiarezza delle disposizioni relative alle pratiche di IA vietate, le implicazioni delle scelte di categorizzazione effettuate in relazione alla «piramide di rischio», l’effetto di attenuazione del rischio dei requisiti relativi all’IA ad alto rischio, la possibilità di imporre il rispetto della legge sull’intelligenza artificiale e il rapporto con la normativa esistente e altre recenti proposte normative. |
1.3. |
Il CESE sottolinea che l’IA non ha mai operato in un mondo privo di leggi. In ragione della sua ampia portata e della sua preminenza in quanto regolamento UE, la legge sull’intelligenza artificiale potrebbe creare tensioni con le normative nazionali ed europee esistenti e le proposte legislative ad esse correlate. Il CESE raccomanda di modificare il considerando 41 affinché rispecchi e chiarisca adeguatamente le relazioni tra la legge sull’IA e la legislazione vigente e futura. |
1.4. |
Il CESE raccomanda di chiarire la definizione di IA stralciando l’allegato I e modificando leggermente l’articolo 3, come pure ampliando l’ambito di applicazione della legge in modo da includere i «sistemi legacy di IA» e le componenti IA dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia di cui all’allegato IX. |
1.5. |
Il CESE raccomanda di fare chiarezza riguardo ai divieti relativi alle «tecniche subliminali» e allo «sfruttamento delle vulnerabilità», in modo da rispecchiare il divieto della manipolazione nociva, e di aggiungere quali condizioni per l’applicazione di tali divieti anche «il pregiudizio ai diritti fondamentali, alla democrazia e allo Stato di diritto». |
1.6. |
Il CESE ritiene che nell’UE non vi sia cittadinanza per un sistema che attribuisce un punteggio all’affidabilità dei cittadini europei sulla base del loro comportamento sociale o delle caratteristiche della loro personalità, quale che sia l’attore che assegna tale punteggio. Il CESE raccomanda di ampliare l’ambito di applicazione di questo divieto in modo da includervi il punteggio sociale da parte di organizzazioni private e autorità semipubbliche. |
1.7. |
Il CESE chiede di vietare l’uso dell’IA ai fini del riconoscimento biometrico automatico in spazi pubblici, aperti al pubblico o privati, tranne a fini di autenticazione in circostanze specifiche, nonché ai fini del riconoscimento automatico di segnali comportamentali umani in spazi pubblici, aperti al pubblico o privati, salvo in casi molto specifici, come alcuni scopi sanitari, in cui il riconoscimento delle emozioni del paziente può essere prezioso. |
1.8. |
L’approccio «basato su elenchi» per l’IA ad alto rischio minaccia di considerare «a norma» una serie di sistemi di IA — e generalizzare una serie di impieghi di quest’ultima — ancora fortemente criticati. Il CESE avverte che il rispetto dei requisiti stabiliti per l’IA ad alto e medio rischio non riduce necessariamente i rischi di un pregiudizio alla salute, alla sicurezza e in generale ai diritti fondamentali associati a tutta l’IA ad alto rischio. Il CESE raccomanda quindi che la legge sull’intelligenza artificiale fornisca al riguardo soluzioni appropriate, aggiungendo ai requisiti già previsti quantomeno quelli di i) intervento umano, ii) riservatezza, iii) diversità, non discriminazione ed equità, iv) spiegabilità e v) benessere ambientale e sociale di cui agli Orientamenti etici per un’IA affidabile. |
1.9. |
In linea con l’approccio all’IA di «sorveglianza con controllo umano» a lungo auspicato, il CESE raccomanda vivamente che la legge sull’intelligenza artificiale preveda che determinate decisioni rimangano prerogativa degli esseri umani, in particolare negli ambiti in cui tali decisioni hanno una componente morale e implicazioni giuridiche o un impatto sociale, come ad esempio in campo giudiziario, nelle attività di contrasto, nei servizi sociali, nella sanità, nella politica degli alloggi, nei servizi finanziari, nei rapporti di lavoro e nell’istruzione. |
1.10. |
Il CESE raccomanda di rendere obbligatorie le valutazioni di conformità da parte di terzi per tutta l’IA ad alto rischio. |
1.11. |
Il CESE suggerisce di includere nella legge sull’IA un meccanismo di reclamo e ricorso per le organizzazioni e i cittadini che hanno subito un pregiudizio a causa di qualsiasi sistema, pratica o uso dell’IA che rientri nell’ambito di applicazione della legge stessa. |
2. Proposta normativa sull’intelligenza artificiale — legge sull’intelligenza artificiale
2.1. |
Il CESE accoglie con favore il fatto che la proposta della Commissione relativa alla legge sull’intelligenza artificiale non si limiti ad affrontare i rischi associati all’IA, ma alzi anche notevolmente l’asticella per quanto riguarda la qualità, le prestazioni e l’affidabilità dell’IA che l’UE è disposta a consentire. |
3. Osservazioni generali — legge sull’intelligenza artificiale
Obiettivo e ambito di applicazione
3.1. |
Il CESE accoglie con favore l’obiettivo e l’ambito di applicazione della legge sull’intelligenza artificiale, e constata con particolare soddisfazione il ruolo centrale attribuitovi dalla Commissione alla salute, alla sicurezza e in generale ai diritti fondamentali. Il CESE si compiace inoltre della dimensione esterna della legge sull’intelligenza artificiale, che garantisce che l’IA sviluppata al di fuori dell’UE debba soddisfare gli stessi requisiti giuridici di quella sviluppata nell’UE qualora sia utilizzata o abbia un impatto all’interno dell’Unione. |
Definizione di IA
3.2. |
La definizione di IA (articolo 3, n. 1, in combinato disposto con l’allegato I della stessa legge) è stata oggetto di discussione tra gli scienziati del settore, i quali ritengono che alcuni esempi forniti nell’allegato I non costituiscano applicazioni di intelligenza artificiale e che, viceversa, la legge non menzioni tutta una serie di importanti tecniche di IA. Il CESE non ravvisa alcun valore aggiunto nell’allegato I e raccomanda di stralciarlo completamente dalla legge sull’intelligenza artificiale. Il Comitato raccomanda inoltre di modificare come segue la definizione di cui all’articolo 3, n. 1:
«“Sistema di intelligenza artificiale” (sistema di IA): un software che può, in modo automatizzato, per una determinata serie di obiettivi definiti dall’uomo, generare output quali contenuti, previsioni, raccomandazioni o decisioni che influenzano l’ambiente con cui il sistema interagisce». |
Salute, sicurezza e altri diritti fondamentali — la piramide di rischio
3.3. |
Il ricorso a una «piramide di rischio» ascendente (che va dal rischio basso/medio a quello elevato, fino al rischio inaccettabile) per classificare, nell’ambito dell’IA, una serie di casi di pratiche generali e di impieghi specifici di determinati settori, implica che non tutta l’IA comporta dei rischi e che non tutti i rischi sono uguali o richiedono le stesse misure di attenuazione. |
3.4. |
L’approccio scelto pone due interrogativi importanti: in primo luogo, se le misure di attenuazione (per l’IA ad alto rischio e a basso/medio rischio) riducono davvero in misura sufficiente i rischi di un pregiudizio alla salute, alla sicurezza e ad altri diritti fondamentali, e, in secondo luogo, se siamo disposti a permettere all’IA di sostituire in larga misura il processo decisionale umano, anche in processi critici come l’attività di contrasto e quella giudiziaria. |
3.5. |
Quanto al primo interrogativo, il CESE avverte che la conformità ai requisiti stabiliti per l’IA a medio e alto rischio non attenua necessariamente, in tutti i casi, i rischi di un pregiudizio alla salute, alla sicurezza e ad altri diritti fondamentali. Tale aspetto sarà ulteriormente approfondito nella sezione 4 di questo parere. |
3.6. |
Quanto al secondo interrogativo, il concetto mancante nella legge è che la promessa dell’IA consiste nel migliorare il processo decisionale umano e l’intelligenza umana, anziché sostituirsi ad essi. La legge sull’intelligenza artificiale parte dal presupposto che, una volta soddisfatti i requisiti relativi all’IA a medio e alto rischio, questa possa sostituire in larga misura il processo decisionale umano. |
3.7. |
Il CESE raccomanda vivamente che la legge sull’intelligenza artificiale stabilisca che determinate decisioni rimangano prerogativa degli esseri umani, in particolare in ambiti in cui tali decisioni hanno una componente morale e implicazioni giuridiche o un impatto sociale, come ad esempio in campo giudiziario, nelle attività di contrasto, nei servizi sociali, nella sanità, nelle politiche degli alloggi, nei servizi finanziari, nei rapporti di lavoro e nell’istruzione. |
3.8. |
I sistemi di IA non operano in un mondo senza leggi. Già oggi una serie di norme giuridicamente vincolanti a livello europeo, nazionale e internazionale si applicano o sono pertinenti per i sistemi di IA. Le fonti giuridiche comprendono, tra le altre cose, il diritto primario dell’UE (i Trattati dell’Unione europea e la sua Carta dei diritti fondamentali), il diritto derivato dell’UE (come il regolamento generale sulla protezione dei dati, la direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, il regolamento sulla libera circolazione dei dati non personali, le direttive contro la discriminazione, il diritto dei consumatori e le direttive sulla sicurezza e la salute sul luogo di lavoro), i trattati delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, le convenzioni del Consiglio d’Europa (come la Convenzione europea dei diritti dell’uomo) e numerose leggi in vigore negli Stati membri dell’UE. Oltre alle norme applicabili orizzontalmente, esistono varie norme specifiche a taluni settori che si applicano a specifiche applicazioni dell’IA (ad esempio il regolamento sui dispositivi medici nel settore sanitario). Il CESE raccomanda di modificare il considerando 41 per tenere debitamente conto di questo aspetto. |
4. Osservazioni particolari e raccomandazioni — legge sull’intelligenza artificiale
Pratiche di IA vietate
4.1. |
Il CESE concorda nel ritenere che le pratiche di IA di cui all’articolo 5 non apportino alcun beneficio sociale effettivo e dovrebbero essere vietate. Osserva però che talune formulazioni poco chiare potrebbero rendere alcuni divieti di difficile interpretazione e facilmente aggirabili. |
4.2. |
Vi sono prove del fatto che le tecniche subliminali possono non solo provocare danni fisici o psicologici (le condizioni attuali per l’applicazione di questo particolare divieto) ma, considerato il contesto in cui vengono impiegate, anche determinare altri effetti negativi a livello personale, sociale o democratico, come ad esempio alterare il comportamento elettorale. Inoltre, spesso non è la tecnica subliminale di per sé, ma piuttosto la scelta riguardo ai suoi destinatari a essere guidata dall’intelligenza artificiale. |
4.3. |
Allo scopo di chiarire quali pratiche la legge sull’intelligenza artificiale intenda vietare all’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), ossia quelle che manipolano le persone spingendole a comportamenti dannosi, il CESE raccomanda di modificare tale paragrafo come segue: «[…] un sistema di IA impiegato, finalizzato o utilizzato alla scopo di distorcere materialmente il comportamento di una persona in un modo che provochi o possa provocare un pregiudizio ai diritti fondamentali, compresi quelli alla salute e alla sicurezza fisiche o psicologiche, di tale persona, di un’altra persona o di un gruppo di persone, o alla democrazia e allo Stato di diritto». |
4.4. |
Il CESE raccomanda di modificare allo stesso modo il divieto relativo alla pratica di sfruttamento delle vulnerabilità di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), in modo da includervi la lesione dei diritti fondamentali, compreso il danno fisico o psicologico. |
4.5. |
Il CESE accoglie con favore il divieto relativo al «punteggio sociale» di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera c). Il CESE raccomanda che tale divieto si applichi anche alle organizzazioni private e alle autorità semipubbliche, anziché solamente alle autorità pubbliche. Nell’UE non può avere cittadinanza un sistema che attribuisca un punteggio all’affidabilità dei cittadini europei sulla base del loro comportamento sociale o delle caratteristiche della loro personalità, quale che sia l’attore che assegna tale punteggio. Se ciò fosse possibile, l’UE aprirebbe le porte a un punteggio sociale applicabile a molteplici ambiti, come ad esempio il posto di lavoro. Le condizioni di cui ai punti i) e ii) dovrebbero essere chiarite in modo da tracciare una chiara linea di demarcazione tra ciò che è considerato «punteggio sociale» e ciò che può essere considerato una forma accettabile di valutazione per un determinato scopo, ossia stabilire quando le informazioni utilizzate per la valutazione non dovrebbero più essere considerate pertinenti o ragionevolmente connesse all’obiettivo della valutazione. |
4.6. |
La legge sull’intelligenza artificiale mira a vietare l’identificazione biometrica remota in tempo reale (tramite riconoscimento facciale, per esempio) a fini di attività di contrasto, e intende classificare tale pratica come «ad alto rischio» se utilizzata per altri scopi. In base a tale disposizione, continua ad essere autorizzato il riconoscimento biometrico «a posteriori» e «quasi» in tempo reale, come pure il riconoscimento biometrico non finalizzato all’identificazione di una persona, bensì alla valutazione del suo comportamento in base alle caratteristiche biometriche (microespressioni, andatura, temperatura, frequenza cardiaca ecc.). La limitazione alle «attività di contrasto» consente l’identificazione biometrica, nonché tutte le altre forme di riconoscimento biometrico non finalizzate all’identificazione di una persona, comprese tutte le forme menzionate di «riconoscimento delle emozioni» per tutti gli altri scopi, da parte di tutti gli altri attori, in tutti i luoghi pubblici e privati, compresi i luoghi di lavoro, i negozi, gli stadi, i teatri ecc. In questo modo si spiana la strada per un mondo in cui saremmo costantemente «valutati emotivamente» per qualsiasi scopo che l’autore della valutazione ritenga necessario. |
4.7. |
La legge sull’intelligenza artificiale classifica il «riconoscimento delle emozioni» generalmente come a basso rischio, ad eccezione di alcuni domini utente in cui tale riconoscimento è classificato come ad alto rischio. Questo tipo di riconoscimento biometrico è noto anche come «riconoscimento degli affetti» e talvolta «riconoscimento del comportamento». Tutti questi tipi di pratiche ad opera dell’IA sono estremamente invasivi, sono privi di solide basi scientifiche e comportano rischi sostanziali di ledere una serie di diritti fondamentali sanciti dalla Carta dell’UE, come il diritto alla dignità umana, il diritto all’integrità della persona (che include l’integrità psichica) e il diritto alla vita privata. |
4.8. |
Ampiamente in linea con l’invito del Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) e del comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) del 21 giugno 2021 a vietare l’uso dell’IA per il riconoscimento automatizzato di caratteristiche umane negli spazi accessibili al pubblico e di alcuni altri usi dell’IA che possono portare a ingiuste discriminazioni, il CESE chiede di:
|
IA ad alto rischio
4.9. |
Nel decidere se una pratica o un uso dell’IA che presenta un rischio per la salute, la sicurezza o gli altri diritti fondamentali debba essere comunque consentito a condizioni rigorose, la Commissione ha esaminato due elementi: i) se la pratica o l’uso dell’IA può apportare benefici sociali e ii) se i rischi di pregiudizio alla salute, alla sicurezza e ad altri diritti fondamentali che tale uso comporta possono essere attenuati conformandosi a una serie di requisiti. |
4.10. |
Il CESE accoglie con favore l’allineamento di tali requisiti con i contenuti degli Orientamenti etici per un’IA affidabile. Tuttavia, la legge sull’intelligenza artificiale, nello stabilire i requisiti relativi all’IA ad alto rischio, non indica nello specifico cinque importanti requisiti menzionati in tali orientamenti, vale a dire i) l’intervento umano, ii) la riservatezza, iii) la diversità, la non discriminazione e l’equità, iv) la spiegabilità e v) il benessere ambientale e sociale. Il CESE ravvisa in questa omissione un’occasione mancata, perché molti dei rischi posti dall’IA attengono proprio alla riservatezza, ai pregiudizi e all’esclusione nei confronti delle persone, all’inesplicabilità dei risultati delle decisioni dell’IA, alla compromissione della capacità di intervento umano e ai danni all’ambiente, tutti aspetti che si ripercuotono sui nostri diritti fondamentali. |
4.11. |
Il CESE raccomanda di includere questi requisiti tra quelli menzionati al capo 2 del titolo III della legge sull’intelligenza artificiale, al fine di migliorare la capacità della legge stessa di proteggere efficacemente la nostra salute, la nostra sicurezza e i nostri altri diritti fondamentali dall’impatto negativo dell’IA, utilizzata sia dalle autorità pubbliche che dalle organizzazioni private. |
4.12. |
Il CESE accoglie con favore la forte correlazione tra la legge sull’intelligenza artificiale e la normativa di armonizzazione dell’Unione, e raccomanda di estendere l’ambito di applicazione della legge sull’intelligenza artificiale e i requisiti relativi all’IA ad alto rischio affinché non si limitino ai «componenti di sicurezza dell’IA» o ai casi in cui il sistema di IA è esso stesso un prodotto disciplinato dalla normativa di armonizzazione dell’Unione di cui all’allegato II. Questo perché l’IA può comportare dei rischi non solo quando è utilizzata come componente di sicurezza di tali prodotti, e perché il sistema di IA stesso non è sempre un prodotto. È il caso, ad esempio, dell’IA utilizzata come parte di uno strumento diagnostico o prognostico in campo medico, oppure di un termostato basato sull’intelligenza artificiale che regola una caldaia. |
4.13. |
Il CESE avverte tuttavia che l’approccio «basato su elenchi» scelto per l’IA ad alto rischio nell’allegato III può portare alla legittimazione, alla normalizzazione e alla generalizzazione di un certo numero di pratiche di IA che sono ancora fortemente criticate e i cui benefici a livello sociale sono discutibili o assenti. |
4.14. |
Inoltre, i rischi di un pregiudizio alla salute, alla sicurezza o ad altri diritti fondamentali non possono sempre essere mitigati dalla conformità ai cinque requisiti stabiliti per l’IA ad alto rischio, in particolare quando questa potrebbe incidere su diritti fondamentali meno spesso menzionati quando si tratta di IA, quali ad esempio, solo per citarne alcuni, i diritti alla dignità umana, alla presunzione di innocenza e a condizioni di lavoro giuste ed eque, oppure ancora la libertà di associazione e di riunione come pure il diritto di sciopero. |
4.15. |
Il CESE raccomanda vivamente di aggiungere la gestione e il funzionamento dell’infrastruttura di telecomunicazione e di Internet all’allegato III, punto 2, e di estendere inoltre l’ambito di applicazione di questo punto al di là dei componenti di sicurezza dell’IA. |
4.16. |
I sistemi di IA impiegati per determinare l’accesso all’istruzione e valutare gli studenti comportano una serie di rischi che possono pregiudicare la salute, la sicurezza e altri diritti fondamentali degli studenti. Gli strumenti di supervisione online che potrebbero essere usati, ad esempio, per segnalare «comportamenti sospetti» e «indicazioni di imbroglio» durante gli esami online, avvalendosi di ogni tipo di biometria e monitoraggio del comportamento, sono assolutamente invasivi e privi di fondamenti scientifici. |
4.17. |
L’uso dei sistemi di IA per monitorare, tracciare e valutare i lavoratori solleva serie preoccupazioni per quanto riguarda i diritti fondamentali dei lavoratori stessi a condizioni di lavoro eque e giuste, all’informazione e alla consultazione come pure alla giustificazione di un eventuale licenziamento. L’aggiunta di questi sistemi di intelligenza artificiale all’elenco dei sistemi ad alto rischio potrebbe entrare in conflitto con le legislazioni nazionali del lavoro e i contratti collettivi di lavoro in materia di (in)giusto licenziamento, condizioni di lavoro sane e sicure e informazione dei lavoratori. Il CESE chiede che sia garantita la piena partecipazione e informazione dei lavoratori e delle parti sociali nell’ambito del processo decisionale riguardante l’uso dell’IA sul luogo di lavoro, nonché il suo sviluppo, acquisizione e diffusione. |
4.18. |
Il requisito della «sorveglianza umana» è particolarmente rilevante nei rapporti di lavoro, perché la supervisione sarà svolta da un lavoratore o da un gruppo di lavoratori. Il CESE sottolinea che tali lavoratori dovrebbero ricevere una formazione su come svolgere questo compito e, inoltre, prevedendo che essi possano ignorare l’output del sistema di IA o addirittura decidere di non utilizzarlo, è opportuno mettere in atto misure volte a evitare il timore di conseguenze negative (ad esempio la retrocessione di grado o il licenziamento) nel caso venga presa una tale decisione. |
4.19. |
L’uso dei sistemi di IA in relazione all’accesso a servizi pubblici e alla fruizione degli stessi risulta più ampio rispetto all’uso dei sistemi di IA in relazione all’accesso a servizi privati essenziali e alla relativa fruizione, e per questi ultimi solo la valutazione del merito di credito (affidabilità creditizia) da parte dell’IA è considerata ad alto rischio. Il CESE raccomanda di estendere l’ambito di applicazione dell’allegato III, punto 5, lettera b), ai sistemi di IA destinati a valutare l’ammissibilità ai servizi privati essenziali. |
4.20. |
L’impiego dell’IA da parte delle autorità di contrasto e nella gestione delle migrazioni, dell’asilo e del controllo delle frontiere per effettuare valutazioni dei rischi (di commissione di reati o in generale per la sicurezza) posti da singoli individui rischia di pregiudicare la presunzione di innocenza, il diritto alla difesa e il diritto di asilo di cui alla Carta dell’UE. I sistemi di IA, in generale, si limitano a cercare correlazioni basate su caratteristiche riscontrate in altri «casi». La valutazione, quindi, non si basa sull’effettivo sospetto di un reato o atto illecito da parte di una determinata persona, ma semplicemente su caratteristiche che tale persona condivide con criminali condannati (come indirizzo, reddito, cittadinanza, situazione debitoria, occupazione, comportamento proprio, di amici e familiari, e così via). |
4.21. |
L’uso dell’intelligenza artificiale nell’amministrazione della giustizia e nei processi democratici costituisce un tema particolarmente delicato e dovrebbe essere affrontato con più sfumature e controlli di quanto non avvenga attualmente. Il riferimento ai sistemi di IA utilizzati per assistere l’autorità giudiziaria nella ricerca e nell’interpretazione dei fatti e del diritto e nell’applicazione delle norme a una serie concreta di fatti non considera che giudicare è attività assai più complessa della mera ricerca di schemi ricorrenti in dati storici (che in sostanza è ciò che gli attuali sistemi di intelligenza artificiale fanno). Il testo presuppone altresì che questi tipi di IA forniranno soltanto assistenza in campo giudiziario, escludendo dall’ambito di applicazione il processo decisionale giudiziario completamente automatizzato. Il CESE si rammarica inoltre del fatto che nella legge sull’IA non vi sia alcun riferimento a sistemi di IA impiegati nell’ambito di processi democratici, come le elezioni. |
4.22. |
Il CESE raccomanda di includere nella legge sull’IA una disposizione per i casi in cui risulti evidente o emerga chiaramente dalla valutazione della conformità preventiva che i sei requisiti indicati sopra non attenueranno in misura sufficiente il rischio di pregiudizi alla salute, alla sicurezza e ai diritti umani (ad esempio modificando l’articolo 16, lettera g), della legge). |
Governance e applicabilità
4.23. |
Il CESE accoglie con favore la struttura di governance istituita dalla legge sull’intelligenza artificiale. Raccomanda al comitato europeo per l’intelligenza artificiale di organizzare scambi di opinioni periodici e obbligatori con la società in generale, comprese le parti sociali e le ONG. |
4.24. |
Il CESE raccomanda vivamente di estendere il campo di applicazione della legge sull’intelligenza artificiale in modo da includervi i «sistemi legacy di IA», ovvero i sistemi che sono già in uso o lo saranno prima dell’entrata in vigore della legge stessa, onde evitare che i soggetti che applicano l’IA velocizzino l’attuazione di sistemi IA vietati, ad alto e medio rischio per eludere i requisiti di conformità. Inoltre, il CESE raccomanda vivamente di non escludere dall’ambito di applicazione della legge in esame l’IA che è una componente dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia di cui all’allegato IX. |
4.25. |
La complessità dei requisiti e degli obblighi di informazione, in aggiunta all’autovalutazione, rischia di banalizzare questo processo, riducendolo a una lista di controllo dove un semplice «sì» o «no» potrebbe essere sufficiente per soddisfare i requisiti. Il CESE raccomanda di rendere obbligatorie le valutazioni da parte di terzi per tutta l’IA ad alto rischio. |
4.26. |
Il CESE raccomanda di predisporre adeguate misure di sostegno (finanziario) nonché strumenti semplici e accessibili per le organizzazioni di piccole e piccolissime dimensioni, nonché per le organizzazioni della società civile, affinché tali entità siano in grado di comprendere lo scopo e il significato della legge sull’intelligenza artificiale e quindi conformarsi ai relativi requisiti. Tali misure dovrebbero andare oltre il mero sostegno ai poli dell’innovazione digitale e agevolare l’accesso a competenze di alto livello in relazione alla legge sull’intelligenza artificiale, ai suoi requisiti, ai suoi obblighi e, in particolare, alle motivazioni alla loro base. |
4.27. |
Il CESE raccomanda di includere nella legge sull’IA un meccanismo di reclamo e ricorso per le organizzazioni e i cittadini che hanno subito danni causati da qualsiasi sistema, pratica o impiego dell’IA che rientri nell’ambito di applicazione della legge stessa. |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/67 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti macchina
[COM(2021) 202 final — 2021/0105 (COD)]
(2021/C 517/10)
Relatore: |
Martin BÖHME |
Consultazione |
Consiglio dell’Unione europea, 9.6.2021 Parlamento europeo, 7.6.2021 |
Base giuridica |
Articoli 114 e 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sezione |
2.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
226/0/7 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il comparto dei prodotti macchina è uno dei settori economici cruciali dell’Unione europea. Le capacità e i campi di applicazione delle macchine stanno crescendo rapidamente grazie alle nuove possibilità tecniche e ingegneristiche. È tempo di tenere maggiormente conto di tecnologie digitali quali l’intelligenza artificiale, l’Internet degli oggetti e la robotica. Occorre adeguare di conseguenza anche i requisiti normativi in materia di sicurezza e salute relativi alle macchine. In tale contesto, la proposta di regolamento in esame riveste grande importanza anche per il mercato interno. Il CESE ha già affrontato ampiamente la questione della direttiva macchine 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) nella sua relazione informativa del 2020 in merito alla revisione di tale direttiva (2). |
1.2 |
Il CESE sottolinea che, anche di fronte alla necessità di definire per le macchine norme a livello dell’UE e requisiti giuridicamente vincolanti, nonché di vigilare sulla loro coerente applicazione, non si devono perdere di vista le imprese dell’UE, i fabbricanti e i gestori di macchine. Ciò vale per le grandi così come per le piccole e medie imprese. Il settore delle macchine è un’industria internazionale, e la normativa UE in materia di prodotti deve essere in grado di promuovere la qualità, la sicurezza e la competitività e di aiutare le imprese a sviluppare approcci innovativi senza che la normativa stessa sia loro di ostacolo in tal senso. |
1.3 |
Il CESE si compiace del fatto che la proposta di regolamento continui a concentrarsi sugli operatori dei prodotti macchina e sui lavoratori, poiché la tutela della loro sicurezza e della loro salute rimane una preoccupazione fondamentale. Ritiene inoltre che la trasformazione della direttiva sulle macchine in un regolamento comporterà un vantaggio in termini di maggiore uniformità interpretativa negli Stati membri. Ciò renderà ancora più facile individuare e correggere in futuro le carenze in materia di sicurezza, a beneficio in particolare degli operatori delle macchine. |
1.4 |
Il CESE rivolge alla Commissione le seguenti raccomandazioni: |
1.4.1 |
Le disposizioni transitorie che disciplineranno il passaggio al nuovo regolamento macchine devono essere rese più concrete al fine di garantire la certezza del diritto per tutte le parti interessate. |
1.4.2 |
Il CESE ritiene che gli allegati alla proposta di regolamento debbano essere adattati da un punto di vista strutturale e di contenuto. La numerazione, la classificazione dei tipi di macchine e le sovrapposizioni con la correlata normativa dell’UE sollevano ancora interrogativi. |
1.4.3 |
Secondo il CESE, deve essere chiaro che le macchine devono essere sicure al momento dell’immissione sul mercato e per tutta la loro durata di vita. |
1.4.4 |
Macchine sempre più complesse richiedono una formazione specifica di chi le utilizza, in modo che i lavoratori non siano esposti a rischi inutili (3). Inoltre, sono necessarie strutture che, in caso di incidenti, consentano di imputare con chiarezza le relative responsabilità. Occorrerebbe altresì che i rappresentanti dei lavoratori venissero coinvolti nelle procedure di acquisto e di installazione di nuovi macchinari. |
1.4.5 |
La diffusione dell’intelligenza artificiale esige la definizione di un quadro di sicurezza specifico entro cui possano operare i sistemi che la utilizzano. |
1.4.6 |
La partecipazione obbligatoria degli organismi di notifica all’elaborazione delle valutazioni di conformità per i prodotti macchina deve continuare ad essere finanziariamente accessibile per le imprese. |
1.4.7 |
Il CESE considera necessario monitorare costantemente, in coordinamento con le parti interessate pertinenti, la normativa sui prodotti macchina, al fine di poter rispondere alle innovazioni tecnologiche, alle sfide per i produttori e alle esigenze di tutela della salute fisica e psichica dei lavoratori. |
2. Contesto del parere e della proposta legislativa in esame
2.1 |
Nel 2018 il giro d’affari del settore delle macchine è stato di 700 miliardi di EUR, con una produzione del valore di 670 miliardi di EUR e un valore aggiunto di 230 miliardi di EUR. Le esportazioni di macchine e apparecchiature dell’UE sono ammontate a 517 miliardi di EUR e sono state destinate per circa il 50 % ad altri Stati membri (commercio intra-UE) e per il resto all’esterno dell’Unione (commercio con paesi terzi) (4). |
2.2 |
La proposta della Commissione relativa a un nuovo regolamento sui prodotti macchina fa parte di un più ampio pacchetto sull’intelligenza artificiale. La proposta concernente le macchine costituisce una revisione della direttiva 2006/42/CE relativa alle macchine ed è volta sia a promuovere la trasformazione digitale sia a rafforzare il mercato unico. La direttiva relativa alle macchine fa parte della legislazione sulla sicurezza dei prodotti ed è intesa a garantire un elevato livello di protezione dei lavoratori, dei consumatori e delle altre persone esposte, mettendo al centro la questione della sicurezza delle macchine stesse. Essa obbliga i fabbricanti di macchine a tenere conto del requisito della sicurezza fin dalla progettazione e dalla costruzione delle stesse (Safety by Design). |
2.3 |
La proposta fissa sei obiettivi specifici:
|
2.4 |
Nell’ambito di una valutazione d’impatto, la Commissione ha preso in considerazione diverse opzioni concernenti la direttiva relativa alle macchine, emanata nel 2006 — dunque in vigore ormai da 15 anni — e basata su un regolamento del 1989. Considerata la rapidità dello sviluppo tecnico e ingegneristico, si tratta di un arco di tempo molto lungo. In tale contesto, si è optato per una revisione globale, con l’obiettivo di aumentare la competitività riducendo al minimo l’onere gravante sui fabbricanti ma anche di accrescere la sicurezza attraverso requisiti aggiuntivi e/o più chiari, accettandone le conseguenze in termini di maggiori costi di conformità. |
2.5 |
Il cambiamento di tipo di atto legislativo — ossia il passaggio da una direttiva a un regolamento — è inteso a evitare divergenze di recepimento negli Stati membri. La Commissione si ripromette così di aumentare — e in generale di garantire — la coerenza nell’interpretazione e nell’applicazione dell’atto. |
3. Osservazioni generali
3.1 |
A differenza di molte altre direttive vigenti, quella relativa alle macchine non è stata ancora adattata al cosiddetto nuovo quadro legislativo. Il CESE si compiace pertanto del fatto che la normativa venga adesso aggiornata e adattata al mutato contesto legislativo dell’UE. Sono considerati importanti i chiarimenti in merito al campo di applicazione, e in particolare la separazione rispetto alla direttiva «bassa tensione», alla direttiva sulle attrezzature a pressione e ad altre direttive, nonché il chiarimento di definizioni come ad esempio quella di «quasi-macchine». |
3.2 |
Il CESE valuta la proposta di revisione come un intervento in un settore importante per molte imprese, lavoratori e altre categorie di rilievo dell’UE. Le norme proposte costituiscono la base giuridica fondamentale per qualsiasi impresa che progetti, costruisca o adoperi macchine. La sicurezza dei lavoratori che operano alle macchine dipende fortemente da un’applicazione e da un controllo coerenti delle disposizioni negli Stati membri. |
3.3 |
È in linea con il principio di uguaglianza nell’UE che i requisiti di sicurezza e di tutela della salute relativi alle macchine debbano essere uniformi in tutti gli Stati membri e applicarsi allo stesso modo a tutti i fabbricanti, distributori e operatori di tali Stati. Per il CESE è chiaro che, ove tali requisiti siano soddisfatti, i prodotti possono essere liberamente scambiati tra tutti gli Stati membri. |
3.4 |
Il CESE si compiace del fatto che la normativa proposta mantenga l’obiettivo centrale dell’attuale direttiva: elaborare, per quanto riguarda le macchine, disposizioni di base, valide in tutta Europa, in materia di sicurezza, tutela della salute e libera circolazione delle merci. Gli obiettivi principali rimangono, da un lato, la sicurezza e, dall’altro, l’eliminazione degli ostacoli agli scambi, ma adesso vengono tenute in considerazione le innovazioni tecniche e ingegneristiche attuali e future nel settore delle macchine. |
3.5 |
Il CESE sottolinea la necessità che il passaggio dalla direttiva macchine al nuovo regolamento sui prodotti macchina sia disciplinato da norme transitorie trasparenti, adeguate e comprensibili. Occorre rendere più specifico l’articolo 50 del regolamento proposto. Non è chiaro quali norme si applichino alle macchine prodotte o immesse sul mercato durante i 30 mesi della fase di transizione e come tali macchine vengano distinte dai prodotti del periodo precedente tale fase. I fabbricanti e gli importatori hanno bisogno di un periodo transitorio adeguato, dato il tempo che intercorre tra l’ordinazione e la consegna dei prodotti. Una soluzione ragionevole sarebbe, per esempio, quella di prevedere che, fino a 42 mesi dopo l’entrata in vigore del nuovo regolamento, gli Stati membri non possano ostacolare l’immissione sul mercato di macchine prodotte conformemente alla direttiva 2006/42/CE prima della data della sua abrogazione. |
3.6 |
La proposta sui prodotti macchina in esame amplia ulteriormente la gamma dei tipi di macchine, tra loro molto diversi, che rientrano nell’ambito di applicazione della normativa. A giudizio del CESE, ciò serve adeguatamente allo scopo di creare un corpus di norme completo e comprensibile. In particolare per i produttori, gli esportatori e anche gli acquirenti di macchine è importante che venga disciplinata in modo sicuro specialmente l’integrazione dei sistemi di intelligenza artificiale nel parco macchine. Questo approccio normativo globale consente alle imprese di effettuare, in ciascun caso, una sola valutazione della conformità. |
3.7 |
Il CESE ritiene che gli allegati alla proposta di regolamento debbano essere adattati da un punto di vista strutturale e di contenuto. Non si vede il motivo della modifica riguardante la numerazione degli allegati del regolamento proposto (l’allegato IV è ora allegato I ecc.). Le modifiche dovrebbero essere limitate ai casi in cui esse risultino chiaramente necessarie. Vanno poi aggiunti all’elenco dei prodotti macchina ad alto rischio di cui all’allegato I alcuni componenti di sicurezza di cui all’allegato II, quali le strutture di protezione in caso di ribaltamento (ROPS), le strutture di protezione contro la caduta di oggetti (FOPS) o i software che garantiscono funzioni di sicurezza, dati i rischi potenzialmente elevati che essi comportano. Inoltre, occorrerebbe evitare sovrapposizioni e conflitti con altre normative dell’UE vigenti in materia di macchinari, come ad esempio la direttiva «bassa tensione». Le procedure di valutazione della conformità dovrebbero essere effettuate una sola volta. Ciò varrebbe, ad esempio, per la conformità ad alcuni requisiti in materia di salute e sicurezza di cui all’allegato III della proposta che sono connessi a determinati rischi (per esempio in relazione alle procedure previste dalla direttiva 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) sulle apparecchiature radio o dalla direttiva 2014/68/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (6) sulle attrezzature a pressione): in tal caso, dovrebbero applicarsi soltanto le procedure di valutazione della conformità per l’immissione sul mercato o la messa in servizio di cui alla proposta di regolamento in esame. |
3.8 |
Il CESE considera la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori un fattore essenziale. I produttori e i progettisti di macchine sono responsabili della sicurezza di base delle macchine. Le macchine non possono essere messe in servizio se non se ne può garantire la sicurezza. Le persone che quotidianamente operano alle macchine non devono essere esposte a pericoli evitabili. Ciò significa, in concreto, che le macchine devono essere sicure al momento dell’immissione sul mercato e per l’intera durata del loro ciclo di vita. Il rispetto delle norme di sicurezza va controllato periodicamente. Le macchine devono poter essere utilizzate in condizioni di sicurezza, e tutti i dispositivi di sicurezza e di protezione devono essere progettati in modo da non poter essere facilmente aggirati o disattivati. Inoltre, tutti i rischi residui che non possono essere eliminati in fase di costruzione devono essere resi chiaramente visibili agli utilizzatori o agli operatori mediante un’etichettatura e la documentazione tecnica, in particolare il manuale di utilizzazione. Il CESE invita la Commissione a includere nella proposta di regolamento una raccomandazione sull’esigenza di consultare i rappresentanti dei lavoratori e i rappresentanti della sicurezza sul luogo di lavoro. Inoltre, le responsabilità delle persone fisiche o giuridiche in caso di incidente dovrebbero essere definite con chiarezza, in particolare per quanto riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale. |
3.9 |
Il CESE richiama l’attenzione sul contenuto del suo parere del 2019 in merito al Piano coordinato sull’intelligenza artificiale (7), in cui osserva che, per ridurre i rischi ai quali le persone potrebbero essere esposte quando utilizzano macchinari, i lavoratori devono essere formati individualmente all’uso dell’intelligenza artificiale e dei robot al fine di lavorare in sicurezza e fermarli in caso di emergenza («principio del freno di emergenza»). Ciò vale in particolare quando persone e macchine lavorano a strettissimo contatto. L’Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) ha adottato una norma sui robot destinata ai fabbricanti, ai distributori e agli utilizzatori, la quale fornisce orientamenti per la progettazione e l’organizzazione delle aree di lavoro al fine di ridurre i rischi sul luogo di lavoro. |
3.10 |
Il CESE ritiene che si debbano preferire manuali in formato digitale. Qualora il cliente ne faccia richiesta, il fabbricante può fornire le istruzioni in formato cartaceo; tuttavia, i fabbricanti hanno fatto presente che già adesso i clienti richiedono in molti casi manuali di istruzioni in formato digitale. |
3.11 |
L’uso quotidiano delle macchine dimostra che la diversità delle destinazioni d’uso e dei rischi che ne derivano rendono praticamente impossibile applicare regole generalizzate e presumibilmente più semplici, come ad esempio la mera «messa al bando» degli spigoli metallici taglienti, poiché questi elementi sono talvolta intrinsecamente collegati al funzionamento di determinate macchine. Per molti tipi di macchine, come le presse o i macchinari per il taglio laser, i rischi per gli operatori sono indissolubilmente legati al compito che ci si attende dalla macchina. Rientra tra le responsabilità dei fabbricanti ridurre al minimo tali rischi di lesioni mediante misure di protezione adeguate. |
3.12 |
Il CESE considera appropriato che la proposta di regolamento comprenda ora anche e soprattutto i macchinari più avanzati e quindi meno dipendenti dagli operatori umani. Si prevede che la quota di queste tecnologie nel complesso del mercato europeo dei macchinari crescerà notevolmente nei prossimi anni. In particolare, sono necessarie norme uniformi per le macchine in grado di imparare in modo indipendente a diventare progressivamente più autonome e quindi ad eseguire nuove azioni e fasi operative. Va da sé che tecnologie digitali come l’intelligenza artificiale, l’Internet degli oggetti e la robotica comporteranno nuove sfide in termini di sicurezza dei prodotti. In particolare la diffusione dell’intelligenza artificiale esige ormai la definizione di un quadro di sicurezza specifico entro cui possano operare i sistemi che la utilizzano. |
3.13 |
Il CESE sottolinea che, ai fini della sicurezza di una data macchina, oltre alla tutela della salute (fisica e psichica) degli operatori, devono assumere un rilievo cruciale anche le considerazioni ambientali e le conseguenze sul clima. La produzione e l’impiego di una macchina e la questione della sostenibilità devono essere considerati congiuntamente e valutati in termini di impatto sulle persone e sull’ambiente. Una macchina che nuoce in modo duraturo al clima può difficilmente essere considerata sicura. La proposta in esame affronta la questione dell’impatto ambientale, e in particolare ciò che accade quando le macchine vengono successivamente modificate mediante un intervento fisico o digitalmente, specie qualora ciò non fosse stato previsto dal fabbricante. Ciò potrebbe far sì che requisiti essenziali di salubrità e sicurezza non siano più soddisfatti e che le valutazioni di conformità effettuate non siano più valide. Per una valutazione complessiva della protezione dell’ambiente e del clima nel quadro della fabbricazione e dell’impiego di una macchina, è necessario fare riferimento in modo coerente ad altre normative dell’UE (ad esempio in materia di sostenibilità dei prodotti). |
3.14 |
La proposta della Commissione prevede che, per le macchine ad alto rischio, per le quali sussiste l’obbligo di eseguire prove, in futuro venga meno la possibilità per il fabbricante di eseguire in maniera interamente autonoma la procedura di valutazione della conformità in caso di applicazione di norme armonizzate. Tuttavia, molte delle macchine in questione sono prodotte in piccola serie o anche come esemplari unici, per cui il coinvolgimento di un verificatore esterno in questi casi non è attuabile nella pratica. Il CESE raccomanda pertanto di mantenere le norme attuali in singoli casi giustificati, ad esempio qualora la componente di intelligenza artificiale riguardi soltanto software «statici» che non possono, da soli, evolvere o prendere decisioni. È lecito chiedersi se l’intervento obbligatorio di un organismo notificante ai fini della valutazione della conformità non comporterà costi considerevoli, destinati a gravare pesantemente soprattutto sulle piccole e medie imprese. Ciò vale in particolare quando l’intelligenza artificiale è integrata solo in una piccola componente della macchina, ma questa deve essere testata a fondo e notificata come macchina ad alto rischio. Proprio nel caso di singoli elementi, per i quali non è possibile applicare norme di prova adeguate, vi è da chiedersi se abbia senso, in termini di efficienza, fare intervenire un organismo notificante esterno. |
3.15 |
Il CESE si compiace del fatto che la Commissione possa elaborare proprie specifiche tecniche in caso di mancanza di norme armonizzate adeguate. A tal fine, tutte le parti interessate pertinenti dovrebbero essere coinvolte ex ante. |
3.16 |
Il CESE raccomanda che, nel contesto di procedure di prova e notifica uniformi, sia introdotto un certificato europeo per le imprese che attesti l’affidabilità dei sistemi di intelligenza artificiale di provata solidità (8). |
3.17 |
La proposta prevede che i prodotti macchina siano immessi sul mercato o messi in servizio solo se sono correttamente installati e sottoposti a manutenzione, e utilizzati conformemente alla loro destinazione. Occorre inoltre che siano soddisfatti i requisiti essenziali in materia di salute e di sicurezza di cui all’allegato III (articolo 7). Le quasi-macchine non devono tuttavia essere messe in servizio e dovrebbero pertanto essere esentate dalle disposizioni relative alla messa in servizio. Al riguardo si potrebbe, per esempio, introdurre una norma apposita che consenta l’immissione sul mercato di una quasi-macchina solo se questa soddisfi i requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute di cui all’allegato III per i quali il fabbricante ha dichiarato la conformità nella dichiarazione di incorporazione. |
3.18 |
Nel contesto di un’attuazione quanto più possibile coerente del regolamento sulle macchine, il CESE ritiene che per la Commissione europea e per tutte le parti interessate sia necessario un monitoraggio continuo. Ciò richiede processi di concertazione coordinati tra le DG GROW, EMPL e CONNECT. Inoltre, onde garantire un coordinamento costante, si potrebbe — per addurre un esempio assai concreto — istituire un organismo congiunto, finanziato dalla Commissione europea, composto dai gruppi di cooperazione amministrativa (ADCO) nel settore delle macchine e dal comitato degli alti responsabili dell’ispettorato del lavoro (SLIC) per la sicurezza e la salute sul lavoro. |
Bruxelles, 22 settembre 2021.
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Direttiva 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, relativa alle macchine e che modifica la direttiva 95/16/CE (GU L 157 del 9.6.2006, pag. 24).
(2) Relazione informativa Revisione della direttiva «macchine».
(3) Cfr. anche GU C 240 del 16.7.2019, pag. 51.
(4) Fonte: https://ec.europa.eu/growth/sectors/mechanical-engineering/machinery_it.
(5) Direttiva 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio e che abroga la direttiva 1999/5/CE (GU L 153 del 22.5.2014, pag. 62).
(6) Direttiva 2014/68/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di attrezzature a pressione (GU L 189 del 27.6.2014, pag. 164).
(7) GU C 240 del 16.7.2019, pag. 51.
(8) Cfr. anche GU C 240 del 16.7.2019, pag. 51.
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/72 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Tassonomia dell’UE, comunicazione societaria sulla sostenibilità, preferenze di sostenibilità e doveri fiduciari: dirigere i finanziamenti verso il Green Deal europeo
[COM(2021) 188 final]
(2021/C 517/11)
Relatore: |
Stefan BACK |
Consultazione |
Commissione europea, 31.5.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale |
Adozione in sezione |
8.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
191/1/10 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il pacchetto sulla finanza sostenibile e sottolinea il potenziale ruolo chiave del regolamento delegato della Commissione («il regolamento delegato») (1) nella creazione di un quadro chiaro, coerente e completo per evidenziare lo sviluppo ambizioso di un’economia più verde senza effetti di immobilizzo (lock-in effect), con criteri tecnici che definiscano chiaramente gli investimenti verdi che contribuiscono direttamente agli obiettivi climatici europei e ai quali possono essere allineate le pratiche dei settori di attività interessati e del settore finanziario. |
1.2. |
Il CESE sottolinea l’urgenza di misure efficaci per affrontare il cambiamento climatico e ridurre le emissioni, secondo quanto disposto dalla normativa europea sul clima e alla luce della sesta relazione del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (2). È pertanto essenziale ricorrere a strumenti efficaci, di facile applicazione, innovativi e produttivi, per conseguire risultati rapidi e comprensibili. La valutazione del regolamento delegato dovrebbe essere condotta con questo spirito. |
1.3. |
Il CESE riconosce il ruolo cruciale del regolamento delegato nel creare trasparenza grazie a criteri chiari in materia di investimenti sostenibili, per aiutare coloro che desiderano investire in tali progetti, prevenendo così l’ecologismo di facciata (greenwashing), facendo opera di sensibilizzazione circa i progetti sostenibili e rendendo appetibili gli investimenti in questo tipo di progetti. Esso può quindi creare condizioni eque e trasparenti per la finanza verde nell’UE. |
1.4. |
Pertanto il presupposto fondamentale per un impegno ragionevole, realistico e accettabile senza il rischio di greenwashing è una definizione chiara e precisa dei criteri tecnici stabiliti nel regolamento delegato che rispondono all’ambizione di un’economia a basse emissioni di carbonio per l’Europa. Dato il ruolo centrale del regolamento delegato nella credibilità della tassonomia, che è essenziale per il successo di questo sistema sostanzialmente volontario, suscitare questo impegno è una importante sfida. |
1.5. |
Il CESE ritiene pertanto che le attività economiche e i progetti definiti «sostenibili» nel regolamento delegato debbano essere appetibili per gli investitori dell’economia reale; presume quindi che gli investitori si attendano che un progetto sostenibile sia al contempo realistico, realizzabile, ragionevolmente redditizio e prevedibile per gli attori del mercato. In altre parole, deve essere appetibile senza creare un rischio di greenwashing. |
1.6. |
In termini generali, un alto livello di ambizione relativamente alle misure di mitigazione dei cambiamenti climatici o ampi requisiti di informazione con proiezioni future a lungo termine in relazione all’adattamento ai cambiamenti climatici possono costituire una sfida complessa e costosa, in particolare per le PMI in un’economia di mercato Ciò ha sollevato inoltre la questione del riconoscimento più ampio delle soluzioni transitorie come percorso eco-compatibile per garantire una transizione agevole. È tuttavia indispensabile prevenire effetti di lock-in. |
1.7. |
Il CESE prende atto delle preoccupazioni degli attori dell’economia reale circa gli effetti negativi del regolamento delegato sulle possibilità e i costi di finanziamento. Il Comitato sottolinea pertanto l’importanza di un adeguato monitoraggio del mercato da parte delle autorità di sorveglianza, onde prevenire effetti di distorsione sui mercati finanziari, specie in considerazione dell’ampliamento del campo di applicazione dei criteri di tassonomia al fine di comprendere, ad esempio, la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e la proposta di una norma dell’UE per le obbligazioni verdi. |
1.8. |
Il CESE segnala altresì il rischio di costi eccessivi nell’applicazione dei criteri di tassonomia così come previsti dal regolamento delegato. Per questo motivo il CESE sottolinea la necessità di sviluppare un’assicurazione verde per le PMI al fine di ridurre questo rischio di costo. |
1.9. |
Il regolamento delegato stabilisce criteri ambientali che sono spesso più ambiziosi di quelli della legislazione settoriale dell’UE. Alla luce dell’esigenza di chiarezza e di appetibilità menzionata più in alto, questo può portare a una situazione confusa, compresi problemi di finanziamento per gli attori che rispettano i criteri ambientali più rigorosi ai sensi della legislazione settoriale dell’UE. Il CESE concorda nel ritenere che serva un livello elevato di ambizione, ma nondimeno, per ragioni pratiche e per evitare confusione, raccomanderebbe di applicare alla tassonomia i più elevati criteri ambientali stabiliti nella legislazione dell’UE di primo livello. Inoltre, il regolamento delegato (un atto giuridico di secondo livello) sembra contenere alcune disposizioni poco coerenti, poco chiare e non pienamente valutate. Questo, insieme alle osservazioni formulate più in alto, in particolare nei punti da 1.5 a 1.10, induce il CESE a dubitare che il regolamento delegato, malgrado il suo lodevole obiettivo, sia adatto allo scopo nella sua forma attuale. Il CESE raccomanda vivamente alla Commissione di presentare proposte volte a rafforzare le norme della legislazione ambientale dell’UE. |
1.10. |
Il CESE accoglierebbe con favore le iniziative volte a migliorare il sistema della tassonomia secondo le linee sopra descritte per ampliarne il campo di applicazione e migliorarlo come mezzo per sostenere gli obiettivi della politica climatica dell’UE, attraverso un’efficiente attuazione della legislazione ambientale dell’UE, e invita la Commissione ad adottare ulteriori iniziative in tal senso. Il Comitato prende atto che rimane aperta l’importante questione della tassonomia UE relativa alle attività che danneggiano il clima e l’ambiente. Tale questione andrebbe affrontata con urgenza. |
2. Contesto di riferimento
2.1. |
Il 21 aprile 2021 la Commissione europea ha pubblicato un pacchetto sulla finanza sostenibile («il pacchetto») che comprende:
|
3. Osservazioni generali
3.1. |
Secondo la comunicazione, il pacchetto è inteso come un mezzo volto a incoraggiare gli investimenti privati in progetti sostenibili, al fine di assicurare le vaste risorse finanziarie necessarie per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica stabilito nel Green Deal, al di là delle risorse stanziate per aiutare l’economia europea a riprendersi dalla crisi della COVID-19. |
3.2. |
La comunicazione sottolinea l’importanza del regolamento delegato nel fissare i criteri che definiscono le attività economiche verdi che daranno un contributo sostanziale agli obiettivi del Green Deal. |
3.3. |
Il CESE accoglie con favore il pacchetto e sottolinea il potenziale ruolo chiave del regolamento delegato nella creazione di un quadro chiaro, coerente e completo per consentire lo sviluppo ambizioso di un’economia più verde senza effetti di immobilizzo (lock-in effect), con criteri tecnici chiari e trasparenti che definiscano gli investimenti verdi che contribuiscono direttamente agli obiettivi climatici europei e ai quali possano essere allineate le pratiche dei settori di attività interessati e del settore finanziario. |
3.4. |
Il CESE sottolinea l’urgenza di misure efficaci per affrontare il cambiamento climatico e ridurre le emissioni, secondo quando disposto dalla normativa europea sul clima e alla luce della sesta relazione del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (5). È pertanto essenziale ricorrere a strumenti efficaci, di facile applicazione, innovativi e produttivi, per conseguire risultati rapidi e comprensibili. La valutazione del regolamento delegato dovrebbe essere condotta con questo spirito. |
3.5. |
Pertanto il presupposto fondamentale per un impegno ragionevole, realistico e accettabile senza il rischio di greenwashing è una definizione chiara e precisa dei criteri tecnici stabiliti nel regolamento delegato che rispondono all’ambizione di un’economia a basse emissioni di carbonio per l’Europa. Dato il ruolo centrale del regolamento delegato nella credibilità della tassonomia, che è essenziale per il successo di questo sistema sostanzialmente volontario, suscitare questo impegno è una importante sfida. |
3.6. |
Il CESE accoglie comunque con favore l’ambizione, mostrata nel regolamento delegato, di stabilire una norma uniforme dell’UE che definisca le attività che possono essere considerate un contributo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici o all’adattamento ad essi. I criteri tecnici dovrebbero offrire un quadro chiaro affinché gli investimenti creino la parità di condizioni nei mercati finanziari ed evitare i progetti di greenwashing. Le opinioni divergono per quanto riguarda la portata e l’utilità delle opzioni transitorie. Il CESE ritiene che i criteri tecnici dovrebbero offrire maggiori possibilità di riconoscere le soluzioni transitorie come un percorso che rende possibile una transizione agevole. È indispensabile prevenire effetti di lock-in. |
3.7. |
Il CESE prende atto dell’affermazione contenuta nella comunicazione secondo cui il regolamento delegato va considerato come un documento in evoluzione nel tempo sia per quanto riguarda il campo di applicazione che il livello. |
3.8. |
Il CESE riconosce pertanto l’importante ruolo del regolamento delegato nel creare trasparenza riguardo alle attività che soddisfano i criteri stabiliti e attirano gli investitori interessati a investire in progetti sostenibili. Esso costituisce quindi una base per definire un’attività economica come sostenibile dal punto di vista ambientale, nonché per applicare le disposizioni obbligatorie in materia di trasparenza e divulgazione previste dal regolamento sulla tassonomia. Potrebbe avere rilievo per fare opera di sensibilizzazione circa i progetti sostenibili, rendere appetibili gli investimenti in questo tipo di progetti e prevenire il greenwashing. |
3.9. |
Il regolamento delegato è descritto come uno strumento di trasparenza e fa parte di un sistema volontario, nel senso che gli operatori di mercato non hanno l’obbligo di rispettare i criteri ivi stabiliti, né gli investitori sono obbligati a investire in attività economiche o progetti che soddisfano tali criteri. |
3.10. |
Pertanto, come già sottolineato, le attività economiche e i progetti definiti come sostenibili ai sensi del regolamento delegato devono essere chiaramente appetibili per gli investitori dell’economia reale. Inoltre, è ragionevole presupporre che gli investitori investano in progetti verdi sostenibili che siano realistici redditizi e prevedibili. Le aspettative di redditività possono variare e saranno spesso più basse in situazioni che prevedono finanziamenti attraverso banche cooperative o di proprietà locale o regionale, con un’aspettativa del 5-6 % anziché l’aspettativa generale dell’11-15 %. Normalmente una maggiore redditività attirerà grandi flussi di capitale, mentre la scelta di banche cooperative o regionali riguarda generalmente progetti di scala minore. |
3.11. |
È fondamentale che i criteri stabiliti nel regolamento delegato per considerare sostenibile dal punto di vista ambientale un’attività economica, o un progetto, sembrino attuabili a un costo ragionevole, redditizi e ragionevolmente prevedibili o, in altre parole, appetibili dal punto di vista commerciale. In tale contesto è tuttavia importante tenere presente che, in particolare, le PMI possono spesso avere bisogno di sostegno per gestire la transizione verde. Nondimeno la tassonomia in quanto tale dovrebbe essere limitata ai criteri tecnici. |
3.12. |
Se la tassonomia non soddisfa i criteri di cui ai due paragrafi precedenti, le prospettive dell’intero progetto possono essere messe in discussione. Un sistema volontario deve essere appetibile per realizzare la trasformazione che persegue. |
3.13. |
Sulla base degli elementi chiave delineati sopra, alcune delle disposizioni del regolamento delegato risultano discutibili. In termini generali, un alto livello di ambizione relativamente alle misure di mitigazione dei cambiamenti climatici o ampi requisiti di informazione con proiezioni future a lungo termine in relazione all’adattamento ai cambiamenti climatici possono sembrare troppo difficili da realizzare, troppo complessi, costosi o non abbastanza redditizi in un’economia di mercato, tranne che per un esiguo numero di attori molto grandi, e con poca considerazione degli effetti pratici, in particolare per le PMI. Questo significherebbe perdere l’ampia adesione ovviamente ricercata, mentre continuerebbe a causerebbe difficoltà di finanziamento per le aziende che rispettano la legislazione ambientale dell’UE applicabile ma non il regolamento delegato. Per questo motivo il CESE sottolinea la necessità di sviluppare un’assicurazione verde per le PMI al fine di ridurre questo rischio di costo. Alcuni esempi al riguardo saranno forniti più avanti, nelle osservazioni particolari. |
3.14. |
Attori dell’economia reale hanno espresso la preoccupazione che i criteri tecnici definiti nel regolamento delegato possano causare difficoltà di finanziamento in rapporto alle attività non conformi al regolamento. Il CESE concorda nel ritenere che un tale rischio possa sussistere, tenuto conto dell’ampliamento del campo di applicazione della tassonomia per servire da base alla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario di cui all’articolo 8 del regolamento sulla tassonomia, nonché alla norma dell’UE per le obbligazioni verdi (6) che è stata proposta. |
3.15. |
Il CESE sottolinea quindi l’importanza del controllo dell’applicazione del regolamento delegato da parte delle autorità di sorveglianza, per evitare effetti discriminatori sulle possibilità e sui costi del credito per le imprese che non soddisfano i criteri di tassonomia. Tali soggetti dovrebbero comunque beneficiare di un trattamento equo nel momento in cui fanno appello ai necessari mezzi finanziari. |
3.16. |
In tale contesto il CESE rinvia a una relazione del comitato scientifico del ministero tedesco delle Finanze, da cui è emerso che è molto difficile tentare di orientare l’uso dei flussi di capitale nell’economia reale attraverso la regolamentazione finanziaria, che sarebbe necessaria una legislazione capillare, particolareggiata e molto completa, e che tale tassonomia comporta il rischio di una elevata complessità e di costi burocratici eccessivi (7). |
3.17. |
Gli unici elementi obbligatori del pacchetto, relativamente al presente parere, sono le disposizioni sulla trasparenza di cui agli articoli da 4 a 7 del regolamento sulla tassonomia e gli atti delegati modificati relativi ai mercati degli strumenti finanziari, alla distribuzione assicurativa e ai vari doveri fiduciari per sensibilizzare alle possibilità e ai rischi connessi agli investimenti sostenibili e per garantire che i clienti e i potenziali clienti siano sufficientemente informati al riguardo. |
3.18. |
Gli atti delegati del mercato finanziario risultano complessivamente adatti allo scopo e sono quindi strumenti adeguati per fare opera di sensibilizzazione circa gli investimenti sostenibili e aprire pertanto la strada per incanalare le risorse tanto necessarie verso tali investimenti. |
3.19. |
Il regolamento delegato stabilisce criteri ambientali che sono spesso più ambiziosi di quelli della legislazione settoriale dell’UE. Alla luce dell’esigenza di chiarezza menzionata nel punto 3.6, questo sistema doppio di criteri può portare a una situazione confusa, compresi problemi di finanziamento per gli attori che rispettano i criteri ambientali più rigorosi ai sensi della legislazione settoriale dell’UE. Il CESE concorda nel ritenere che serva un livello elevato di ambizione, ma nondimeno, per ragioni pratiche e per evitare confusione, raccomanderebbe di applicare i più elevati criteri ambientali stabiliti nella legislazione dell’UE di primo livello anche ai fini della tassonomia, affinché possa adempiere efficacemente al suo obbligo di garantire la trasparenza dei prodotti finanziari e prevenire il greenwashing. Queste ragioni, insieme alle osservazioni formulate più in alto nei punti 3.6 e da 3.13 a 3.16, inducono il CESE a dubitare che il regolamento delegato (un atto giuridico di secondo livello), malgrado il suo lodevole obiettivo, sia adatto allo scopo nella sua forma attuale (8). Il CESE raccomanda vivamente alla Commissione di presentare proposte volte a rafforzare le norme della legislazione ambientale dell’UE. |
3.20. |
È noto che i prodotti finanziari verdi sono appetibili per i mercati finanziari. Il CESE elogia pertanto l’intenzione di fondo della tassonomia di creare trasparenza, prevenire il greenwashing e attirare l’attenzione sui prodotti finanziari verdi, ma segnala comunque il rischio di generare un malsano effetto di bolla speculativa sui mercati finanziari. |
3.21. |
Il CESE accoglierebbe con favore le iniziative volte a migliorare il sistema della tassonomia secondo le linee sopra descritte per ampliarne il campo di applicazione e migliorarlo come mezzo significativo per sostenere gli obiettivi della politica climatica dell’UE stabiliti, attraverso un’efficiente attuazione della legislazione ambientale dell’UE, e invita la Commissione ad adottare ulteriori iniziative in tal senso. |
3.22. |
Il Comitato prende atto che rimane aperta l’importante questione della tassonomia UE relativa alle attività che danneggiano il clima e l’ambiente. Tale questione andrebbe affrontata con urgenza. |
4. Osservazioni particolari
Il regolamento delegato
4.1. |
Il CESE sottolinea il ruolo essenziale dell’energia rinnovabile nella transizione verso la sostenibilità e richiama l’attenzione sull’esigenza di garantire soluzioni transitorie adeguate, come richiesto tra l’altro per garantire il corretto funzionamento delle catene del valore logistiche, tenendo a mente al tempo stesso l’assoluta necessità di evitare effetti di lock-in. |
4.2. |
Il punto 6.3 dell’allegato 1 del regolamento delegato indica che gli autobus che soddisfano il criterio di emissioni dallo scarico pari a zero possono essere considerati sostenibili solo se operano nel traffico urbano e suburbano, mentre le altre attività di autobus sono ammissibili solo per le cosiddette attività di transizione fino al 31 dicembre 2025 se corrispondono alla categoria di classe EURO più alta (EURO VI). In caso contrario, si applicherà il criterio di emissioni dallo scarico pari a zero, ma dal testo, a norma dell’articolo 19 del regolamento sulla tassonomia, sembra che possano essere considerate solo attività di transizione soggette a rivalutazione almeno ogni tre anni. Non sembra esserci alcun riferimento ai criteri di cui alla direttiva sui veicoli puliti. Data l’incertezza della situazione oltre il 31 dicembre 2025, chi oserebbe investire in un’azienda di autobus? Considerare i requisiti ambientali più rigorosi della legislazione europea, ovvero la classe EURO VI, come un’attività di transizione risulta strano e rischia di creare confusione. |
4.2.1. |
Possono essere considerati sostenibili i veicoli commerciali pesanti (categoria N2 e N3) nei servizi di trasporto merci su strada (sezione 6.6) se sono veicoli a emissioni zero ai sensi dell’articolo 3, punto 11, del regolamento (UE) 2019/1242 del Parlamento europeo e del Consiglio (9) con emissioni inferiori a 1 g CO2/km, oppure i veicoli di massa superiore a 7,5 tonnellate, «laddove non sia tecnologicamente ed economicamente fattibile» ottenere emissioni zero, se soddisfano il criterio di basse emissioni ai sensi dell’articolo 3, punto 12, come attività di transizione. Per i veicoli commerciali leggeri con una massa massima a pieno carico fino a 3,5 tonnellate (N1), si applica il criterio di emissioni dallo scarico pari a zero. Tutti gli altri servizi di trasporto merci su strada sono considerati attività di transizione. |
4.2.2. |
Il trattamento dei mezzi pesanti mostra un approccio pragmatico che avrebbe dovuto essere più frequente nel regolamento delegato. Il requisito di emissioni dallo scarico pari a zero per i veicoli commerciali leggeri (N1) di cui alla sezione 6.6 non sembra coerente con la sezione 6.5 sul trasporto mediante moto, autovetture e veicoli commerciali leggeri, al quale, senza alcuna ragione evidente, si applicano disposizioni più indulgenti. |
4.2.3. |
Nell’insieme, il diverso trattamento dei veicoli su strada nelle diverse attività sembra incoerente e disordinato, senza alcuna spiegazione dell’approccio molto diversificato nei diversi contesti. |
4.3. |
Una disposizione ricorrente alla sezione 6 (Trasporto) dell’allegato 1 esclude i veicoli o le navi adibiti al trasporto di combustibili fossili, poiché l’accesso a tali combustibili non dovrebbe essere facilitato. Tuttavia, secondo il considerando 35, l’«utilizzabilità» di tale requisito deve essere valutata. L’inserimento di un requisito quando esistono dubbi sulla sua utilizzabilità risulta opinabile. Inoltre, il requisito non è chiaro. Un veicolo può spesso trasportare combustibili sia fossili che alternativi. Non è chiaro se il requisito si riferisca alle caratteristiche di costruzione o di utilizzo dei veicoli o delle navi, quindi né l’interpretazione né l’impatto sono chiari. |
4.4. |
Ulteriori esempi sono rappresentati dalle disposizioni sulle analisi dei benefici climatici ai punti 1.1, 1.2 e 1.3 dell’allegato 1, che si aggiungono ad esempio ai piani di imboschimento, ai piani di ripristino delle aree forestali e ai piani di gestione forestale e che si applicano fino alle piccole aziende di 13 ettari. I requisiti sembrano abbastanza complessi e il riferimento alla disponibilità di strumenti online forniti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura è probabilmente di scarso conforto per i piccoli proprietari, e dimostra la situazione svantaggiosa per le piccole imprese imputabile all’approccio dall’alto utilizzato nel regolamento delegato. |
4.5. |
Certamente, la conservazione delle foreste, compresi i pozzi di assorbimento del carbonio, è un elemento essenziale della politica ambientale dell’UE, ma gli obblighi amministrativi devono rimanere proporzionati alle risorse dei destinatari. I principi applicati dal Forest Stewardship Council (Consiglio per la gestione forestale) sono un esempio di indicazioni chiare e ragionevoli in materia di sfruttamento e gestione delle foreste (10). |
4.6. |
Relativamente all’adattamento ai cambiamenti climatici, si può fare riferimento alle disposizioni di cui al punto 1.3 dell’allegato 2 sulla gestione forestale e al punto 6.3 sul trasporto urbano, suburbano e interurbano di passeggeri su strada, che prevede un’analisi degli effetti sul clima dei grandi investimenti che vanno da 10 a 30 anni. |
4.7. |
L’affermazione contenuta nella comunicazione secondo cui la tassonomia non accetta le attività che, pur migliorando gli attuali livelli di prestazione ambientale, non lo fanno al livello di contributo sostanziale, è in contraddizione con l’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento sulla tassonomia. Occorre pertanto, come già suggerito, lasciare più spazio alle soluzioni transitorie. |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Regolamento delegato della Commissione che integra il regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio fissando i criteri di vaglio tecnico che consentono di determinare a quali condizioni si possa considerare che un'attività economica contribuisce in modo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici o all'adattamento ai cambiamenti climatici e se non arreca un danno significativo a nessun altro obiettivo ambientale [C(2021) 2800 final]
(2) Climate Change 2021 — The Physical Science Basis (Cambiamenti climatici 2021: fondamento nella scienza fisica), 2021.
(3) COM(2021) 188 final.
(4) Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del del Consiglio, del 18 giugno 2020, relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088 (GU L 198 del 22.6.2020, pag. 13).
(5) Climate Change 2021 — The Physical Science Basis (Cambiamenti climatici 2021: fondamento nella scienza fisica), 2021.
(6) Proposta di regolamento sulle obbligazioni verdi europee, presentata dal Commissione — [COM(2021) 391 final — 2021/0191 (COD)].
(7) Grüne Finanzierung und Grüne Staatsanleihen — Geeignete Instrumente für eine wirksame Umweltspolitik? [Finanziamento verde e titoli di Stato verdi: strumenti adeguati per una politica ambientale efficace?] Parere del comitato consultivo economico del ministero federale tedesco delle Finanze, 02/2021.
(8) Sustainable finance — Eine kritische Würdigung der deutschen und europäischen Vorhaben — IHK München und Oberbayern, Leibniz — Institut für Wirtschaftsforschung an der Universität München e.V. [Finanza sostenibile: una valutazione critica dei progetti tedeschi ed europei] Camera di commercio di Monaco e dell’Alta Baviera e Istituto Leibniz per la ricerca economica presso l’università di Monaco di Baviera, 2020
(9) Regolamento (UE) 2019/1242 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi e modifica i regolamenti (CE) n. 595/2009 e (UE) 2018/956 del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 96/53/CE del Consiglio (GU L 198 del 25.7.2019, pag. 202).
(10) www.fsc.org.
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/78 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativo alla strategia dell’UE per la lotta alla tratta degli esseri umani 2021-2025
[COM(2021) 171 final]
(2021/C 517/12)
Relatore: |
Carlos Manuel TRINDADE |
Consultazione |
Commissione europea, 31.5.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali e cittadinanza |
Adozione in sezione |
7.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
215/1/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
La tratta di esseri umani costituisce innanzi tutto una grave violazione dei diritti umani. Vengono lesi diritti fondamentali, quali la libertà, la dignità e l’uguaglianza, sanciti da molti strumenti internazionali, come la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea o il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. |
1.2 |
Le cause profonde della tratta di esseri umani risiedono nella vulnerabilità delle vittime, che è imputabile alla povertà, alla disuguaglianza di genere e alla violenza contro le donne e i bambini, nonché a situazioni di conflitto e postbelliche, a mancanza di integrazione sociale, di prospettive, di posti di lavoro e di accesso all’istruzione, nonché al lavoro minorile. |
1.3 |
I trafficanti sfruttano queste situazioni di vulnerabilità per sviluppare un modello di attività criminale complesso ed estremamente lucrativo che, ancora oggi, presenta pochi rischi ed è altamente redditizio. |
1.4 |
La pandemia ha aggravato le situazioni di vulnerabilità economica e sociale, ostacolando l’accesso alla giustizia e la repressione dei reati. Allo stesso tempo, è stato sviluppato un nuovo modello economico che utilizza Internet per attirare le possibili vittime e sfruttarle. |
1.5 |
Il CESE sostiene in linea di massima la strategia dell’Unione europea per la lotta alla tratta degli esseri umani per il periodo 2021-2025 (in appresso anche: «la strategia») presentata dalla Commissione europea, fatte salve le osservazioni, le proposte e le raccomandazioni formulate nel presente parere. |
1.6 |
Il CESE conviene con la Commissione sulla necessità di migliorare la qualità dei dati raccolti in forma armonizzata negli Stati membri su questo fenomeno (1). Per una maggiore efficacia della lotta alla tratta di esseri umani, è necessaria — e in particolare al momento di definire risposte adeguate in materia — una conoscenza rigorosa, approfondita e tempestiva del fenomeno da parte di tutti gli attori interessati, siano essi vittime, trafficanti o utenti, nonché del modus operandi delle reti di trafficanti. Se si agisce diversamente, la reale dimensione della tratta sarà sottostimata e sottovalutata. |
1.7 |
Il CESE rileva che le misure volte a combattere la tratta di esseri umani non sono state sufficientemente efficaci e che occorre intensificare la lotta, mediante una strategia più onnicomprensiva, adottando nuove misure (2). |
1.8 |
Il CESE è favorevole a un’eventuale revisione della direttiva sulla lotta alla tratta di esseri umani, a seguito di una valutazione della sua attuazione, ma rileva che, nella lotta a questo fenomeno, il perfezionamento degli strumenti sanzionatori, pur se necessario, non è sufficiente. |
1.9 |
Il CESE mette in evidenza e appoggia l’intenzione di stabilire norme minime a livello dell’Unione europea che configurino come attività criminose quelle delle reti coinvolte nella tratta e nello sfruttamento di esseri umani, e come reato «l’utilizzo dei servizi derivanti dallo sfruttamento delle vittime della tratta». Sarà essenziale configurare come reato le attività dell’intera filiera che impiega, direttamente o indirettamente, esseri umani per sfruttarli e farne oggetto di tratta. |
1.10 |
Il CESE ritiene che, per essere più efficace, la lotta alla tratta di esseri umani debba basarsi su un’analisi più ampia, comprensiva anche della dimensione sociale dell’ambiente che consente l’espansione di questo fenomeno, la quale viene presa in considerazione solo sporadicamente nell’elaborazione della strategia in esame. |
1.11 |
Il CESE rileva inoltre (3) che esiste un legame tra lo sviluppo della tratta di esseri umani nei paesi a basso reddito e la tratta di minori, «la maggior parte [dei quali sono] costretti al lavoro minorile», una situazione peraltro legata ai problemi di sostentamento delle loro famiglie. |
1.12 |
Il CESE ritiene che l’enorme sofferenza delle vittime debba portare a seguire in tutte le fasi un approccio umanistico alla loro situazione. La prospettiva predominante della strategia non può limitarsi al rimpatrio delle vittime o ad incoraggiarle al ritorno volontario nel loro paese di origine, sottovalutando le condizioni che vi troverebbero e che ne aumenterebbero la vulnerabilità rispetto ai trafficanti di esseri umani, ma dovrebbe prevedere anche il riconoscimento del loro diritto all’integrazione nelle società di accoglienza. |
1.13 |
Il CESE rileva che non è prevista alcuna misura volta a riconoscere e garantire il rispetto dei diritti delle vittime, né a fornire loro assistenza, sostegno e protezione immediati (anche sul piano sanitario e giuridico), in particolare in rapporto a qualsivoglia forma di punizione loro inflitta dagli sfruttatori. Il CESE raccomanda alla Commissione di tenere conto di tale proposta nella strategia. |
1.14 |
Il CESE osserva che la strategia riconosce che le vittime incontrano delle difficoltà nel ricostruirsi una vita e che le loro possibilità di integrazione nel mercato del lavoro sono scarse, ma sottolinea altresì che non prevede alcuna misura per cambiare questo stato di cose (4). Per rimediare a tale situazione, il Comitato propone di riconoscere alle vittime il diritto all’integrazione nella società di accoglienza mediante un processo di integrazione che sia adeguato e rapido. |
1.15 |
La legislazione dell’Unione prevede la possibilità di concedere un permesso di soggiorno o di residenza alle vittime solo se collaborano alle indagini e ai procedimenti penali contro i trafficanti. Il CESE desidera richiamare l’attenzione su questa situazione, che può essere estremamente penalizzante per le vittime, in quanto le costringe a rivivere tutte le esperienze e i traumi che hanno subito, senza tenere in considerazione la loro salute fisica e mentale. Suggerisce che tali situazioni siano esaminate caso per caso, a seconda delle circostanze e del profilo psicologico di ciascuna vittima, e ritiene che queste debbano beneficiare, tra l’altro, di un forte sostegno psicologico per riuscire a superare la difficoltà di dover rivivere i traumi vissuti e testimoniare in merito. |
1.16 |
Il CESE apprezza la posizione della Commissione secondo cui le vittime non andrebbero punite per i reati che sono state costrette a commettere e, nell’ottica della loro protezione, la direttiva del Consiglio del 2004 andrebbe riveduta per quel che riguarda i permessi di soggiorno alle vittime della tratta di esseri umani. |
1.17 |
A questo riguardo, il CESE propone di istituire un fondo pubblico per risarcire debitamente tutte le vittime della tratta di esseri umani, con il versamento di indennizzi in funzione della gravità delle sofferenze loro inflitte. Se sono state oggetto di sfruttamento lavorativo, le vittime avranno anche diritto a percepire la remunerazione corrispondente alle prestazioni effettuate, fermo restando che sarà necessario stabilire la responsabilità del destinatario diretto del loro lavoro, cioè del datore di lavoro finale oppure, in casi particolari, del beneficiario di tali prestazioni lavorative, qualora le «filiere di approvvigionamento» costituiscano un labirinto inestricabile. |
1.18 |
Il CESE ritiene che la legislazione europea in materia di immigrazione non tenga conto della situazione dei migranti economici meno qualificati e più poveri che arrivano in Europa in cerca di migliori condizioni di vita e di lavoro, mentre lo fa nel caso dei migranti più qualificati o che dispongono di maggiori risorse finanziarie. Questa carenza ha contribuito a far sì che i migranti economici rimanessero invischiati nelle reti della tratta di esseri umani a causa della mancanza di meccanismi che consentano loro di immigrare regolarmente. Il CESE raccomanda alle istituzioni dell’UE di adottare una normativa europea per porre rimedio a questa situazione. |
1.19 |
Secondo il CESE, l’integrazione di una dimensione internazionale (5) nella strategia aumenterà l’efficacia della lotta alla tratta di esseri umani. Tuttavia, rileva che viene prestata scarsa attenzione alla necessità di creare, nei paesi di origine, condizioni economiche e sociali dignitose e sufficienti (6) per le popolazioni, una condizione fondamentale per ostacolare o impedire che le possibili vittime siano attirate nelle reti della tratta di esseri umani. Il CESE suggerisce di valorizzare e integrare nella strategia la dimensione della cooperazione allo sviluppo e la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite come strumenti principali per la creazione di tali condizioni strutturali. |
1.20 |
Il CESE rileva che, in termini di attività economica e per quanto riguarda la tratta di esseri umani a fini di sfruttamento lavorativo, la strategia non fa alcun riferimento alla concorrenza sleale praticata da alcune imprese che utilizzano questa manodopera a danno delle altre imprese che esercitano la loro attività nel rispetto della legge. Questa situazione di dumping sociale è incompatibile con la responsabilità sociale delle imprese e dovrebbe essere affrontata, al di là dell’ambito di competenze delle forze di polizia e delle autorità giudiziarie, anche a livello di dialogo sociale. |
1.21 |
Il CESE osserva che la tendenza a ricorrere a questa manodopera è maggiore nei settori di attività in cui l’economia informale è più presente e dove è generalizzata l’assenza di dialogo sociale, di contrattazione collettiva e di accordi collettivi. Per combattere più efficacemente lo sfruttamento lavorativo, il CESE raccomanda alla Commissione di prevedere, nella strategia, il coinvolgimento attivo delle parti sociali nella lotta contro la tratta di esseri umani, conformemente alle loro competenze e nel rispetto della loro autonomia, e di promuovere così sia il dialogo sociale che la contrattazione collettiva quali strumenti essenziali per il raggiungimento di questo scopo. |
1.22 |
Il CESE accoglie con favore l’imminente iniziativa della Commissione sulla governance societaria sostenibile che mira in particolare a garantire che gli appalti pubblici favoriscano la trasparenza e siano socialmente responsabili (7). Il CESE osserva che diversi contratti collettivi sono già stati conclusi a livello nazionale allo scopo di prevenire gli abusi e la tratta di esseri umani sul luogo di lavoro e di fornire un risarcimento alle vittime (8). Il CESE raccomanda che la strategia tenga conto di questi esempi di buone pratiche, che dovrebbero essere promossi e replicati negli Stati membri come mezzo concreto per assicurare la trasparenza. |
1.23 |
Il CESE accoglie con favore l’impegno della Commissione a rafforzare la direttiva sulle sanzioni comminate ai datori di lavoro che non rispettano la legislazione in vigore, il che consentirà di inasprire le sanzioni già applicabili nei loro confronti (9). |
1.24 |
Il CESE rileva che nella strategia manca un riferimento all’importanza che riveste il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali, in particolare dei sindacati. Bisogna debitamente segnalare e valorizzare non solo il ruolo di queste organizzazioni, ma anche le attività che esse hanno realizzato nel corso degli anni, in particolare per gli aspetti della tratta di esseri umani riguardanti lo sfruttamento sessuale e lavorativo (compreso quello dei minori), attraverso l’individuazione, la denuncia e la lotta contro queste situazioni e il sostegno attivo alle vittime. Il CESE suggerisce che la strategia preveda tale coinvolgimento e che queste organizzazioni ricevano un sostegno adeguato, anche finanziario. |
1.25 |
Il CESE osserva altresì che la strategia non contiene alcun riferimento né all’importante azione di appoggio svolta dalle organizzazioni della società civile, dalle reti comunitarie di solidarietà e dalle parti sociali al fine di proteggere, accogliere e integrare le vittime, né alla necessità di un sostegno finanziario per realizzare tali attività. Il CESE suggerisce alla Commissione di tenere conto di tale dimensione nella strategia. |
1.26 |
Il CESE appoggia l’orientamento secondo cui, in questa lotta, è necessario coinvolgere, oltre a Europol ed Eurojust, l’Autorità europea del lavoro (ELA), che deve operare in stretta collaborazione con le autorità pubbliche nazionali, in particolare con gli ispettorati del lavoro, e le cui competenze vanno rafforzate, oltre a dover esser dotata di risorse materiali, specialmente sul piano digitale e formale. Il CESE suggerisce alla Commissione che la strategia esorti gli Stati membri a rispettare le proporzioni stabilite dalla convenzione n. 81 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO/OIL) (10). |
2. Contesto
2.1 |
Tutti noi vediamo, ascoltiamo e leggiamo — e non possiamo ignorarlo — che la tratta di esseri umani provoca enormi sofferenze alle sue vittime, ne intacca la dignità, le priva della libertà e distrugge le loro vite. Il CESE e tutti i suoi membri, così come tutti i cittadini dell’Unione europea, sono pienamente consapevoli di quanto sia terribile la tratta di esseri umani e delle conseguenze nefaste che essa ha per le sue vittime, con cui sono solidali e nel cui interesse appoggiano ogni misura atta a combattere ed eliminare la tratta. |
2.2 |
Sebbene grazie a studi e relazioni sia stata approfondita la conoscenza di questo fenomeno, contribuendo così a perfezionare le strategie di risposta, la tratta di esseri umani rappresenta tuttavia ogni anno un pericolo per migliaia di persone, soprattutto donne e minori. Si è potuto così constatare quanto segue:
|
2.3 |
La strategia dell’UE per la lotta alla tratta degli esseri umani 2021-2025 (17) s’inserisce in un contesto caratterizzato da una crescente consapevolezza che, da un lato, la lotta alla tratta di esseri umani costituisce un’esigenza per l’Unione europea, alla luce del suo impegno per la difesa della dignità umana e dei diritti umani, e, dall’altro, che la tratta di esseri umani è in continuo aumento. |
2.4 |
Fin dal 2002 l’Unione europea ha seguito un percorso sempre più esigente nel cui solco l’attuale proposta di strategia intende proseguire (18). |
2.5 |
L’adozione della direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (19) ha rappresentato un importante passo in avanti nella lotta contro la tratta di esseri umani ed è stata quindi giustamente denominata la «direttiva anti-tratta». La definizione data del concetto di «tratta di esseri umani» è stata resa più rigorosa e onnicomprensiva. |
2.6 |
La direttiva ha attribuito alla tratta un significato più ampio, in modo da comprendere nuove forme di sfruttamento delle persone vittime di questo fenomeno. Il CESE richiama in particolare l’attenzione sull’articolo 2, concernente i «reati relativi alla tratta di esseri umani», che stabilisce le linee fondamentali della lotta contro la tratta di esseri umani. |
2.7 |
Il CESE rinvia al proprio rilevante corpus di pareri dedicati alla tratta degli esseri umani, le cui conclusioni hanno generalmente contribuito, al momento dell’elaborazione di ciascuno di questi testi, alla lotta contro tale piaga (20). |
2.8 |
È in questo contesto che la Commissione presenta la proposta di strategia in esame, suddivisa in sei capitoli, per ciascuno dei quali si assume degli impegni, per un totale di 26; per l’attuazione della strategia nel suo ambito di applicazione, inoltre, la Commissione invita gli Stati membri ad adottare 16 misure, tramite le quali la strategia dovrebbe portare alla realizzazione di un numero complessivo di 42 iniziative e azioni. |
3. Osservazioni generali
3.1 Necessità di disporre di dati (conoscenza della realtà)
3.1.1 |
Il CESE sottolinea che la Commissione riconosce che, malgrado le iniziative adottate, la tratta di esseri umani è in continua espansione nell’Unione europea, con un numero crescente di vittime e con costi umani, sociali ed economici molto elevati, dovuti in particolare al modus operandi delle organizzazioni criminali. |
3.1.2 |
Il CESE evidenzia che il numero delle vittime identificate e presunte dà un’idea della gravità della situazione, motivo per cui è necessario approfondire la conoscenza di questa realtà, poiché il reperimento dei dati resta difficile, in particolare nel contesto della pandemia di COVID-19, che ostacola l’accesso a determinate informazioni a causa della situazione di rigido confinamento imposta al personale sia del settore pubblico che di quello privato. |
3.2 La lotta contro la tratta di esseri umani
3.2.1 |
Il CESE sottolinea che, nella lotta contro la tratta degli esseri umani in quanto forma di reato, la strategia privilegia gli aspetti penali e di sicurezza, ponendoli al centro della sua azione e affrontandone le diverse dimensioni. |
3.2.2 |
Il CESE osserva che, in questo quadro, la strategia mette in rilievo il ruolo della legislazione, in particolare la direttiva sulla lotta alla tratta di esseri umani, ma riconosce che, nonostante il monitoraggio della sua attuazione da parte della Commissione, il suo recepimento è disomogeneo e, soprattutto, che nell’Unione europea gli autori di questi reati rimangono spesso impuniti e che il numero di condanne contro i trafficanti rimane assai modesto (21). |
3.3 La dimensione sociale della lotta contro la tratta degli esseri umani
3.3.1 |
Il CESE rileva che, come viene riconosciuto nella comunicazione in esame (22), «le giovani donne e i minori delle comunità Rom sono particolarmente vulnerabili allo sfruttamento e alla tratta in ragione di diversi fattori socioeconomici quali la povertà multidimensionale […]». |
3.3.2 |
Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che le persone che si trovano in situazioni in cui la povertà multidimensionale si aggiunge a circostanze personali (ad esempio, disabilità e orientamento LGBTI), sono anch’esse particolarmente vulnerabili allo sfruttamento e alla tratta di esseri umani. |
3.3.3 |
Il CESE rileva inoltre (23) che esiste un legame tra lo sviluppo della tratta di esseri umani nei paesi a basso reddito e la tratta di minori, «la maggior parte [dei quali sono] costretti al lavoro minorile», una situazione peraltro legata ai problemi di sostentamento delle loro famiglie. |
3.3.4 |
Il CESE prende atto con grande soddisfazione che l’Autorità europea del lavoro, gli ispettorati del lavoro negli Stati membri, le parti sociali, numerose organizzazioni della società civile e parecchi media, compresi quelli sociali, si battono costantemente per lanciare l’allarme sulla tratta di esseri umani e per contrastare il fenomeno, in particolare condividendo e diffondendo informazioni, denunciando determinate situazioni e combattendole nonché cercando in ogni modo di proteggere le vittime e punire i trafficanti. Propone alla Commissione di integrare questo tipo di azioni e interventi nella strategia e di valorizzarli come esempi di buone pratiche da imitare. |
3.3.5 |
Il CESE ricorda che numerose organizzazioni della società civile, che hanno svolto un’opera particolarmente meritoria nei vari aspetti della lotta alla tratta di esseri umani e dell’aiuto o sostegno alle vittime (segnatamente il salvataggio dei naufraghi, l’accoglienza delle vittime e l’appoggio alla loro integrazione), sono state, in alcuni casi, criminalizzate. Il CESE respinge quest’ottica di criminalizzazione e invita la Commissione ad affrontare tale problematica nella strategia. |
3.4 I diritti delle vittime
3.4.1 |
Il CESE ritiene che la strategia, nel suo complesso, non affronti la situazione delle vittime in modo coerentemente umanistico. |
3.4.2 |
Secondo il CESE, l’esercizio dei propri diritti da parte delle vittime deve essere una preoccupazione centrale, secondo un approccio sempre incentrato sull’affermazione della dignità umana delle vittime e dei loro diritti fondamentali. |
3.4.3 |
Il CESE sottolinea che la situazione delle vittime che non hanno la cittadinanza di un paese dell’UE è ancora più difficile. Ricorda poi che in parecchi casi, che le vittime abbiano la cittadinanza di un paese dell’Unione o di un paese terzo, i trafficanti possono entrare nuovamente in contatto con loro, ed esse rischiano di finire nuovamente preda della tratta. |
3.5 La portata della strategia e la sua attuazione
3.5.1 |
Il CESE non ignora che, come precisato dalla Commissione, le vittime sono «soggette alla tratta nel contesto di flussi migratori misti verso l’UE attraverso tutte le rotte» gestite da organizzazioni appartenenti alla criminalità organizzata (24). Tuttavia, la risposta a questa situazione di fatto non può limitarsi alla lotta contro le reti dei favoreggiatori dell’immigrazione irregolare, ma dovrebbe essere più globale. |
3.5.2 |
Il CESE sottolinea che la strategia di lotta contro la tratta di esseri umani non può pertanto essere considerata separatamente né dal nuovo patto sulla migrazione e l’asilo, né dal piano d’azione per l’integrazione e l’inclusione 2021-2027 (25). Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che occorre considerare anche il piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali, in quanto esso costituisce un quadro generale per la strategia dell’Unione europea in campo sociale. Raccomanda inoltre alla Commissione di garantire un buon coordinamento con le altre politiche sociali dell’UE, creando sinergie e rafforzando l’efficacia di queste politiche. |
3.5.3 |
Il CESE appoggia l’elaborazione, da parte di dieci agenzie europee, della dichiarazione comune di impegno a lavorare di concerto, e propone che ogni anno siano presentate relazioni sul lavoro svolto. |
3.5.4 |
Il CESE si compiace che la strategia adotti una prospettiva di genere, e che formuli diverse proposte volte a potenziare e migliorare la lotta alla tratta di esseri umani quando ne sono vittime dei minori. |
4. Osservazioni particolari
4.1 Capitolo 2 della comunicazione
4.1.1 |
Il CESE ritiene che la protezione delle vittime debba essere assicurata efficacemente in tutte le fasi, in particolare quando si tratta di donne e minori (26), e che a tal fine è necessario coinvolgere in ogni fase del processo sia le organizzazioni della società civile operanti nel settore che le parti sociali. |
4.1.2 |
Il CESE accoglie con favore e appoggia la posizione della Commissione secondo cui l’applicazione della direttiva sulla lotta alla tratta di esseri umani deve essere garantita in tutti gli Stati membri, e la sua revisione deve basarsi su una valutazione rigorosa dei limiti rilevati e dell’evoluzione osservata in questo fenomeno, in particolare per quanto riguarda Internet quale canale per attirare le possibili vittime e sfruttarle. |
4.1.3 |
Il CESE ritiene che l’asse portante della strategia debba consistere nella possibilità che le vittime, ove opportuno, dispongano delle condizioni per recuperare il pieno esercizio dei loro diritti fondamentali, garantendo loro, prima di tutto, l’accesso alla protezione e al risarcimento dei danni per le sofferenze subite, e in particolare l’accesso a un posto di lavoro con i diritti connessi, ovunque esse si trovino, anziché essere rimpatriate o costrette a tornare in qualche altro modo al loro paese di origine. Bisogna preoccuparsi di integrare le vittime, sia che optino per rimanere nel paese in cui si trovano, sia che scelgano liberamente di tornare al loro paese di origine. Il CESE ribadisce che occorre riconoscere alle vittime il diritto all’integrazione nella società di accoglienza attraverso uno specifico processo di integrazione in tempi rapidi. |
4.1.4 |
Il CESE accoglie con favore l’impegno della Commissione a garantire finanziamenti adeguati per combattere la tratta di esseri umani sia all’interno che all’esterno dell’Unione europea (27). |
4.2 Capitolo 3 della comunicazione
4.2.1 |
Il CESE apprezza la proposta della Commissione che invita gli Stati membri a considerare la possibilità di configurare come reato il ricorso consapevole ai servizi ottenuti dallo sfruttamento di persone vittime della tratta (28). |
4.2.2 |
Il CESE propone di promuovere il coinvolgimento delle parti sociali nelle operazioni nazionali e transfrontaliere in materia di sorveglianza o monitoraggio e di lotta alla tratta degli esseri umani e al lavoro forzato, in collaborazione con gli ispettorati del lavoro negli Stati membri e con l’Autorità europea del lavoro. Osserva che sono già stati conclusi diversi contratti collettivi a livello nazionale allo scopo di prevenire gli abusi e la tratta di esseri umani sul luogo di lavoro e di prevedere un risarcimento per le vittime (29). Raccomanda che nella strategia siano inclusi questi esempi di buone pratiche, che dovrebbero essere incoraggiate e replicate nei vari Stati membri. |
4.2.3 |
Il CESE avverte che, in merito alla tratta di esseri umani, è necessario analizzare anche le conseguenze della massificazione di nuove forme di prestazioni lavorative e le sue implicazioni sul piano delle nuove forme di sfruttamento della manodopera. La strategia fa correttamente riferimento all’uso delle reti digitali, ma sembra considerare la tratta più in funzione dello sfruttamento sessuale anziché di quello lavorativo, in particolare attraverso l’uso delle piattaforme digitali. Il CESE raccomanda che la strategia adotti una prospettiva globale in questo approccio. |
4.2.4 |
Il CESE appoggia l’impegno della Commissione a garantire che il lavoro forzato sia assente dalle catene del valore delle imprese europee e che le loro filiere di approvvigionamento non includano il lavoro minorile (30). |
4.3 Capitolo 4 della comunicazione
4.3.1 |
Il CESE condivide la constatazione in merito alle modalità con cui la criminalità organizzata cerca di penetrare nelle attività economiche legali e ai rischi che ne derivano per la società stessa, e pertanto, al fine di combattere tale criminalità organizzata, risulta in particolare necessario il ricorso sistematico a indagini finanziarie nel quadro delle indagini condotte dalle autorità di contrasto, oltre all’elaborazione e all’attuazione di un quadro solido per individuare, sequestrare e confiscare i proventi dei reati (31). |
4.3.2 |
Il CESE riconosce la necessità di rafforzare le capacità di lotta contro la tratta attraverso la formazione sistematica delle autorità di contrasto e degli operatori della giustizia, tenendo presente che tale formazione deve tener conto del punto di vista delle vittime e delle loro esigenze (32). Il Comitato richiama in particolare l’attenzione sulla necessità di rafforzare le risorse umane dei servizi competenti in questo settore. |
4.3.3 |
Il CESE ritiene che la lotta al modello economico che attira le possibili vittime attraverso Internet al fine di sfruttarle richieda il rispetto degli obblighi giuridici già imposti alle piattaforme, oltre che un dialogo con le imprese tecnologiche e di Internet, al fine di ridurne il ricorso a piattaforme online per attirare le possibili vittime e sfruttarle (33). È del parere che l’Osservatorio europeo dei media digitali (34) possa rappresentare uno strumento utile per monitorare i canali illegali di reclutamento online impiegati per la tratta di esseri umani. |
4.3.4 |
Il CESE ritiene indispensabile garantire che i prestatori di servizi Internet e le imprese correlate appoggino la lotta alla tratta di esseri umani, individuando e rimuovendo i contenuti associati allo sfruttamento e all’abuso delle vittime. |
4.3.5 |
In particolare, il CESE fa presente che il successo della lotta per smantellare il modello criminale della tratta di esseri umani e combattere lo sfruttamento delle vittime della tratta dipenderà in larga misura dal coinvolgimento attivo della società nel suo insieme e dalla partecipazione dei cittadini, in particolare degli enti locali, del sistema di istruzione, del sistema sanitario, delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile, oltre che dai messaggi diffusi dai media, compresi quelli sociali. La società deve assumersi la propria parte di responsabilità nella lotta contro la tratta di esseri umani. Il CESE propone che la strategia prenda in considerazione l’introduzione di specifici programmi di informazione e di formazione destinati ai summenzionati attori istituzionali e sociali, dal momento che l’efficacia della strategia ha un legame diretto con il loro coinvolgimento e la loro efficienza. |
4.4 Capitolo 5 della comunicazione
4.4.1 |
Il CESE ritiene che debbano essere promossi sistemi di orientamento più efficaci per le vittime della tratta di esseri umani, al fine di garantirne la protezione e tutelarne i diritti a livello di ciascuno Stato membro, attraverso risposte coordinate e per mezzo dell’assistenza specializzata delle organizzazioni della società civile, delle parti sociali e delle organizzazioni internazionali non governative, tenendo tra l’altro conto dello scambio di buone pratiche in materia (35). |
4.4.2 |
Il CESE appoggia la posizione della Commissione secondo cui le vittime non andrebbero punite per i reati che sono state costrette a commettere e, nell’ottica della loro protezione, la direttiva del Consiglio del 2004 andrebbe riveduta per quel che riguarda i permessi di soggiorno alle vittime della tratta di esseri umani. |
4.4.3 |
Il CESE si allinea alla posizione della Commissione sul rafforzamento della cooperazione in vista dell’istituzione di un meccanismo europeo di riferimento. |
4.4.4 |
Per quanto riguarda i minori, il CESE richiama l’attenzione sulla necessità di tenere conto del loro percorso di vita, poiché un evento traumatizzante subìto durante l’infanzia avrà ripercussioni nella fase dell’adolescenza e nell’età adulta. Il Comitato ritiene che nella strategia di sostegno alle vittime si debba stabilire di seguire lo sviluppo di questi minori. |
4.5 Capitolo 6 della comunicazione
4.5.1 |
Il CESE sottolinea che, nel panorama internazionale, il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite costituisce il pilastro fondamentale su cui costruire, nei paesi di origine, condizioni economiche, sociali, politiche e di rispetto dei diritti umani che permettano ai cittadini di questi paesi di condurre una vita dignitosa, in pace e in sicurezza. Le azioni di cooperazione realizzate dall’Unione europea e dagli Stati membri a favore dello sviluppo sostenibile rappresentano uno dei principali strumenti dell’UE in questo ambito, pertanto il CESE le pone in evidenza, le appoggia e propone che siano valorizzate e integrate nella strategia. |
4.5.2 |
Il CESE appoggia gli sforzi compiuti dalla Commissione, nell’ambito dell’azione esterna, assieme alle diverse agenzie delle Nazioni Unite e al Consiglio d’Europa per combattere la tratta di esseri umani, ma sottolinea che l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO/OIL) ha una lunghissima e proficua esperienza nella lotta contro questo fenomeno (36). Anche l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) ha accumulato un importante bagaglio di esperienze e buone pratiche, di cui è opportuno tenere conto. Il CESE raccomanda alla Commissione di interagire con queste agenzie nel quadro delle relazioni interistituzionali attraverso le quali si adopererà per attuare la strategia. |
4.5.3 |
Il CESE ritiene che l’esistenza di flussi migratori misti, attraverso cui si realizza l’ingresso dei migranti in Europa parallelamente alla tratta di esseri umani, non debba essere considerata soltanto nella logica del contrasto delle reti dei favoreggiatori dell’immigrazione irregolare, e a tale riguardo rimanda al nuovo patto sulla migrazione (37). |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) COM(2021) 171 final, pagg. 10 e 13.
(2) COM(2021) 171 final, nota n. 20, pag. 4, nota n. 39 pag. 10 e nota n. 41, pag. 11.
(3) COM(2021) 171 final, capitolo 6 — Dimensione internazionale.
(4) COM(2021) 171 final, pag. 17.
(5) COM(2021) 171 final, capitolo 6 — Dimensione internazionale.
(6) COM(2021) 171 final, pag. 17.
(7) COM(2021) 171 final, pag. 8.
(8) Cfr. la relazione 2021 dell’OIL — Accesso alla protezione e alla riparazione per le vittime della tratta a fini di sfruttamento lavorativo in Belgio e nei Paesi Bassi.
(9) COM(2021) 171 final, pagg. 8 e 9.
(10) La convenzione n. 81 dell’Organizzazione internazionale del lavoro concernente l’ispezione del lavoro stabilisce che si debba prevedere un ispettore del lavoro ogni 10 000 lavoratori.
(11) COM(2021) 171 final, pagg. 1 e 19.
(12) COM(2021) 171 final, pag. 6.
(13) COM(2021) 171 final, pag. 7.
(14) COM(2021) 171 final, pag. 7.
(15) COM(2021) 171 final, pag. 14.
(16) COM(2021) 171 final, pag. 11.
(17) COM(2021) 171 final.
(18) Si rinvia alla decisione quadro 2002/629 GAI del Consiglio del 19 luglio 2002 sulla lotta alla tratta degli esseri umani (GU L 203 dell’1.8.2002, pag. 1); al piano dell’Unione europea sulle migliori pratiche, le norme e le procedure per contrastare e prevenire la tratta di esseri umani (2005), alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani (1o febbraio 2008) e al «programma di Stoccolma — Un’Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini» (2010).
(19) Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1).
(20) Lotta alla tratta degli esseri umani (GU C 51 del 17.2.2011, pag. 50); Misure di prevenzione per la protezione dei minori contro gli abusi sessuali (GU C 24 del 28.1.2012, pag. 154); Strategia dell’UE per l’eradicazione della tratta degli esseri umani (GU C 44 del 15.2.2013, pag. 115); Agenda europea sulla sicurezza (GU C 177 del 18.5.2016, pag. 51).
(21) COM(2021) 171 final, pag. 11.
(22) COM(2021) 171 final, capitolo 5 — Proteggere, sostenere ed emancipare le vittime, in particolare donne e minori.
(23) COM(2021) 171 final, capitolo 6 — Dimensione internazionale.
(24) COM(2021) 171 final, capitolo 6 — Dimensione internazionale.
(25) COM(2021) 171 final, pag. 17.
(26) COM(2021) 171 final, capitolo 2.
(27) COM(2021) 171 final, pag. 5.
(28) COM(2021) 171 final, pag. 7.
(29) Cfr. la relazione 2021 dell’OIL — Accesso alla protezione e alla riparazione per le vittime della tratta a fini di sfruttamento lavorativo in Belgio e nei Paesi Bassi.
(30) COM(2021) 171 final, pag. 8.
(31) COM(2021) 171 final, pag. 10.
(32) COM(2021) 171 final, pag. 11.
(33) COM(2021) 171 final, pag. 12.
(34) Cfr. la direzione generale delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie (DG CNECT) della Commissione europea.
(35) A tale riguardo, il nuovo sistema adottato in Portogallo, denominato «sistema di riorientamento nazionale per i minori che sono (presunte) vittime di tratta degli esseri umani», costituisce una buona pratica.
(36) Convenzione n. 29/1930 sul lavoro forzato, convenzione n. 105 sull’abolizione del lavoro forzato e protocollo dell’ILO/OIL del 2014 alle convenzioni sul lavoro forzato e sull’abolizione del lavoro forzato.
(37) COM(2021) 171 final, pag. 19.
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/86 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — La strategia dell’UE sui rimpatri volontari e la reintegrazione
[COM(2021) 120 final]
(2021/C 517/13)
Relatore: |
José Antonio MORENO DÍAZ |
Consultazione |
Commissione europea, 31.5.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali, cittadinanza |
Adozione in sezione |
7.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astensioni) |
219/1/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
La strategia sui rimpatri volontari e la reintegrazione mira a stabilire un’impostazione condivisa nella concezione, nello sviluppo e nell’esecuzione dei programmi di rimpatrio volontario assistito e di reintegrazione promossi dagli Stati membri, definendo obiettivi comuni e promuovendo la coerenza tra i programmi nazionali e tra questi e quelli dell’Unione europea. Inoltre, la strategia è volta a promuovere e introdurre strumenti comuni e a migliorare la cooperazione tra Stati membri nei suddetti ambiti. |
1.2. |
Finora, l’esistenza di un gran numero di strumenti e impostazioni in materia di rimpatri volontari e di reintegrazione si è tradotta in una congerie di iniziative, programmi e progetti cui molte volte mancano quadri di riferimento comuni, il che rende difficile valutarli ed attuarli in modo appropriato. L’obiettivo della strategia in esame è quello di procedere nell’armonizzazione dei suddetti quadri di riferimento e di stimolare la cooperazione tra i paesi europei nello sviluppo dei programmi di rimpatrio volontario e di reintegrazione. |
1.3. |
Il CESE accoglie con favore la strategia in esame, in quanto strumento di gestione inteso a migliorare il coordinamento e gli obiettivi condivisi degli Stati membri nella governance del fenomeno migratorio. Il CESE condivide l’approccio della Commissione consistente, tra l’altro, nel migliorare la revisione e l’armonizzazione degli strumenti, la raccolta dei dati e i meccanismi di consulenza alle persone coinvolte, in modo da superare la frammentazione delle impostazioni, nonché nel ridurre i costi di rimpatrio e nel rafforzare le dotazioni finanziarie dei programmi pertinenti. |
1.4. |
Tuttavia, come già in altre occasioni, il CESE si rammarica che, per quanto concerne le misure relative ai percorsi regolari di ingresso, che sono quelli che interessano la maggior parte delle persone straniere residenti nell’Unione europea, i progressi siano più lenti e limitati rispetto alle proposte intese a risolvere questioni relative all’irregolarità. Un approccio globale alla mobilità è essenziale per offrire alternative che vadano al di là dei soli controlli alle frontiere e rimpatri. |
1.5. |
Il CESE sottolinea che la maggioranza dei rimpatri non si svolge correttamente a causa della mancanza di partecipazione dei paesi di origine, nonché per la riluttanza a parteciparvi delle persone in situazione irregolare. Di conseguenza, pur apprezzando gli sforzi della Commissione, il CESE non può non manifestare dubbi in merito all’efficacia di alcune delle soluzioni proposte nella comunicazione, come ad esempio la sponsorizzazione dei rimpatri. |
1.6. |
Il CESE esprime inoltre preoccupazione per il futuro ruolo di Frontex, in particolare alla luce della relazione pubblicata dal Parlamento europeo in merito alla violazione di alcuni diritti da parte di tale agenzia europea (1). Per il CESE, è indispensabile esigere non solo l’istituzione di meccanismi snelli ed efficienti per la vigilanza e il controllo effettivo (accountability) dell’attività di Frontex, ma anche la garanzia che il suo operato sia conforme al rispetto dei diritti umani. |
1.7. |
Il CESE è favorevole a un migliore coordinamento tra tutte le parti interessate, nonché ai miglioramenti previsti per rafforzare la solidarietà tra gli Stati membri e la cooperazione con i paesi terzi; accoglie con favore gli sforzi volti a migliorare le attività di consulenza e orientamento in materia di rimpatrio e il coinvolgimento della società civile nelle azioni di rimpatrio ma anche e soprattutto di reintegrazione sostenibile; e valuta positivamente gli sforzi intesi a migliorare la disponibilità delle risorse e la raccolta dei dati, come pure lo scambio di buone pratiche in questi ambiti. |
1.8. |
Il CESE esprime preoccupazione per l’obiettivo enunciato di aumentare i rimpatri volontari rapidi dalle frontiere esterne, data la mancanza di garanzie che questi rimpatri possono comportare. In particolare è preoccupato che tali procedure possano risolversi in operazioni che siano di fatto espulsioni o compensazioni economiche per i paesi di destinazione che accolgono le persone rimpatriate, senza tenere in sufficiente considerazione i desideri di queste persone, né — cosa ancora più inquietante — i loro diritti. Il CESE, inoltre, mette di nuovo in guardia contro l’incongruenza di offrire incentivi in programmi che presuppongono l’esistenza di persone in situazione irregolare, dato che ciò può disincentivare qualsiasi intenzione dei paesi di origine di ridurre i relativi flussi migratori. |
1.9. |
In quest’ottica, il CESE continua a ritenere una debolezza strategica della politica d’immigrazione e asilo dell’Unione europea il fatto di essere incentrata quasi esclusivamente sulla lotta contro l’irregolarità, sia alle frontiere sia attraverso i rimpatri volontari o forzati; e invita pertanto, ancora una volta, la Commissione a rivedere il suo quadro di riferimento e a lavorare in modo efficace per conferire una visione olistica alla politica in materia di immigrazione e asilo, promuovendo una mobilità ordinata, regolare e sicura. |
2. Contesto
2.1. |
Agevolare i rimpatri volontari è un obiettivo strategico della politica di migrazione dell’Unione europea, introdotto dalla direttiva sui rimpatri nel 2018 e confermato dal nuovo patto sulla migrazione e l’asilo. |
2.2. |
Il rimpatrio volontario è considerato lo strumento che permette il rimpatrio nel paese di origine delle persone migranti che si trovano nel territorio dell’UE in situazione irregolare. Con questo strumento si intende permettere ai migranti di prendere una decisione volontaria, facilitarne la riammissione nel luogo d’origine e consentirne una migliore reintegrazione nella società di nuova accoglienza rispetto alle procedure di rimpatrio forzato. Nel 2019, su un totale di 491 195 cittadini di paesi terzi che erano in situazione irregolare nel territorio dell’UE e cui era stato ingiunto il rimpatrio, quelli che hanno effettivamente fatto ritorno in un paese terzo sono stati 142 320. |
2.3. |
L’obiettivo della strategia in esame è stabilire un’impostazione condivisa nella concezione, nello sviluppo e nell’esecuzione dei programmi di rimpatrio volontario assistito e di reintegrazione promossi dagli Stati membri, definendo obiettivi comuni e promuovendo la coerenza tra i programmi nazionali e tra questi e quelli dell’Unione europea. Inoltre, la strategia è volta a promuovere e introdurre strumenti comuni e a migliorare la cooperazione tra Stati membri. |
2.4. |
L’assistenza al rimpatrio e alla reintegrazione è intesa ad aiutare le persone migranti in situazione irregolare a rimpatriare volontariamente e a cominciare una vita indipendente nel loro paese di origine, riducendo in tal modo il rischio di un’immigrazione di ritorno irregolare. L’assistenza al ritorno nel loro paese per tali persone può comprendere, per esempio, una consulenza prima della partenza, un appoggio psicosociale e un aiuto per organizzare il viaggio, un aiuto per rispondere a necessità mediche immediate e/o un sostegno finanziario per agevolare il ritorno e creare un quadro di vita stabile all’arrivo nel paese d’origine. L’assistenza alla reintegrazione ha per obiettivo aiutare la persona a reinserirsi con successo nella società e può comprendere assistenza e consulenza immediate dopo l’arrivo, appoggio per trovare o creare un’attività generatrice di redditi per la persona rimpatriata, nonché attività con le comunità locali. |
2.5. |
L’UE finanzia, direttamente o attraverso i programmi degli Stati membri, un notevole numero di azioni collegate al rimpatrio volontario e alla reintegrazione. Tra il 2014 e il 2018 sono stati finanziati circa 60 programmi di rimpatrio volontario e reintegrazione con le risorse del Fondo Asilo, migrazione e integrazione, e sono state finanziate iniziative analoghe mediante il Fondo di sviluppo europeo e dispositivi come lo strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo e lo strumento di assistenza preadesione. Peraltro, molti Stati membri dispongono di loro propri programmi di rimpatrio volontario e reintegrazione. |
2.6. |
L’esistenza di una tale gamma di strumenti si è tradotta in una congerie di iniziative, programmi e progetti cui molte volte mancano quadri di riferimento comuni, il che rende difficile valutarli ed attuarli in modo appropriato. L’obiettivo della strategia in esame è quello di procedere nell’armonizzazione dei suddetti quadri di riferimento e di stimolare la cooperazione tra i paesi europei nello sviluppo dei programmi di rimpatrio volontario e di reintegrazione. |
2.7. |
La strategia presentata dalla Commissione stabilisce i seguenti obiettivi: 1) aumentare l’accettazione dei rimpatri volontari presso le persone migranti e la loro incidenza sulla cifra totale dei rimpatri; 2) creare una modalità aggiuntiva per la cooperazione e la solidarietà tra gli Stati membri, con il contributo alla sponsorizzazione del rimpatrio; 3) migliorare l’efficienza dell’assistenza individuale e a livello di comunità, riducendo le lacune e i doppioni e aumentando le sinergie con altri donatori e con i paesi terzi, anche mediante una migliore protezione delle persone migranti vulnerabili; 4) configurare azioni di rimpatrio e reintegrazione sostenibili per dare la considerazione e la risposta adeguate ai bisogni individuali; 5) promuovere la sostenibilità dei rimpatri e ridurre l’immigrazione di ritorno irregolare, anche attraverso l’appoggio alle comunità di accoglienza del paese d’origine; 6) migliorare la sostenibilità delle azioni di reintegrazione a livello individuale e della comunità e il loro contributo ai piani di sviluppo di paesi terzi, anche tramite i collegamenti con altre attività finanziate per lo sviluppo a livello nazionale o della comunità; 7) accrescere le capacità e l’implicazione dei paesi terzi con riferimento alle procedure di rimpatrio, riammissione e reintegrazione; 8) collegare gli obiettivi summenzionati all’interno di un’impostazione basata sui diritti e incentrata sulle persone migranti. |
2.8. |
Il rimpatrio volontario offre alle persone rimpatriate opportunità reali e tiene conto delle loro necessità, aspettative e prospettive dopo il loro ritorno. Può inoltre contare, nel quadro della cooperazione con i paesi terzi, sulla partecipazione dei paesi d’origine. Dal canto suo, la reintegrazione è cruciale per l’efficienza e la credibilità dei programmi di rimpatrio, presupponendo lo sviluppo di strumenti per aiutare le persone migranti a superare le difficoltà socioeconomiche e psicosociali cui devono far fronte quando ritornano nelle loro comunità di origine e a far sì che il loro rimpatrio sia più sostenibile. La reintegrazione va messa a punto con la partecipazione delle autorità nazionali e locali, le comunità locali di accoglienza nel luogo d’origine e la società civile per contribuire a offrire alla persona rimpatriata e alla sua comunità locale prospettive concrete per il futuro. |
2.9. |
Per sostenere le parti interessate nell’applicazione della strategia, questa propone modalità operative concrete per raggiungere gli obiettivi summenzionati e un insieme di strumenti che vanno dalle soluzioni IT per colmare lacune in termini di informazioni e facilitare la gestione dei dati fino all’orientamento centrato nella gestione di progetti, programmazione dello sviluppo e creazione di capacità. |
2.10. |
La strategia è stata il risultato di un processo di partecipazione aperto, cui hanno preso parte diversi attori cruciali, nonché le autorità nazionali responsabili dei programmi di rimpatrio volontario e reintegrazione, organismi coinvolti in progetti di rimpatrio, reti di servizi ecc. |
3. Osservazioni sulla presentazione della strategia sui rimpatri volontari e la reintegrazione
3.1. |
Il CESE accoglie con favore la strategia europea sui rimpatri volontari e la reintegrazione, in quanto strumento di gestione diretto a migliorare il coordinamento e gli obiettivi condivisi degli Stati membri nella governance del fenomeno migratorio. |
3.2. |
Secondo il CESE è giusto che, nella revisione di uno strumento come i rimpatri volontari e la reintegrazione, trovino posto miglioramenti come quelli indicati dalla Commissione nella sua comunicazione. Superare la frammentazione delle impostazioni, ridurre i costi di rimpatrio, migliorare la raccolta di informazioni, il sistema di consulenza per le persone rimpatriate e il coordinamento tra le parti coinvolte, promuovere la sostenibilità dei progetti di rimpatrio volontario e di reintegrazione e rafforzare le dotazioni finanziarie dei relativi programmi sono elementi che il CESE considera necessari per migliorare l’efficienza degli strumenti in questione. Inoltre, il CESE ritiene imprescindibile migliorare la raccolta dei dati e l’individuazione delle buone pratiche al fine di condividere gli insegnamenti tratti dall’esperienza acquisita. |
3.3. |
Tuttavia, come già in altre occasioni (cfr. il parere SOC/649 (2)), il CESE si rammarica che, per quanto concerne le misure relative ai percorsi regolari di ingresso, che sono quelli che interessano la maggior parte delle persone straniere residenti nell’Unione europea, i progressi siano più lenti e limitati rispetto alle proposte intese a risolvere questioni relative all’irregolarità. Si ricorda che una visione completa della mobilità è essenziale per offrire alternative che vadano al di là dei soli controlli alle frontiere e dei rimpatri. |
3.4. |
Il CESE prende atto delle difficoltà che devono affrontare i paesi dell’UE nel garantire rimpatri efficaci, nonché della volontà della Commissione di procedere verso l’istituzione di un sistema europeo comune ed efficiente in materia di rimpatri. Malgrado ciò, il CESE desidera far presente che la maggioranza dei rimpatri non si svolge correttamente per mancanza di partecipazione dei paesi di origine e anche per la riluttanza a parteciparvi delle persone in situazione irregolare. Un rimpatrio volontario per evitare un’espulsione forzata non può essere considerato un’azione libera da condizionamenti. |
3.5. |
Il CESE esprime ancora una volta i suoi dubbi sulla fattispecie del rimpatrio sponsorizzato, non risultando chiaro quali sarebbero per gli Stati membri gli incentivi a partecipare a tale meccanismo che continua a basarsi sulla solidarietà volontaria. |
3.6. |
Il CESE riconosce gli sforzi compiuti dalla Commissione in materia di rimpatri, sia nel monitoraggio dei programmi nazionali sia nelle iniziative finanziate dalla stessa UE. In tal senso, va menzionata in particolare la rete europea di rimpatrio e reintegrazione, che facilita la cooperazione tra le autorità competenti in materia di migrazione. La Commissione ha previsto che, a partire dal 2022, Frontex rilevi le attività di tale rete, e questa disposizione desta grande preoccupazione nel CESE, alla luce della relazione che un apposito gruppo di lavoro del Parlamento europeo ha pubblicato in merito alla violazione di alcuni diritti da parte di questa agenzia europea. Per il CESE, tale disposizione esige non solo l’istituzione di meccanismi snelli ed efficaci per la vigilanza e il controllo effettivo (accountability) dell’attività di Frontex, ma anche la garanzia che la sua attività sia conforme al rispetto dei diritti umani (3). È indispensabile porre l’accento su questo punto, in quanto la tutela dei diritti umani è fondamentale in tutte le azioni dell’Unione europea, compresa la politica migratoria, e anche nelle procedure di rimpatrio e di reintegrazione, cosicché la vigilanza sull’operato di Frontex deve poter essere effettuata (e le correzioni eventualmente necessarie devono poter essere apportate) in tempo reale. |
3.7. |
I programmi di rimpatrio e reintegrazione mobilitano un’importante serie di attori, prestatori di servizi, formazioni, scambio di informazioni e risorse, sia nei paesi d’uscita che in quelli d’entrata. Tale dinamica si basa sulla presenza di persone in situazione irregolare sul territorio europeo. È quindi con inquietudine che si pensa al possibile emergere di una sfera di attività economica che viva proprio dell’esistenza di persone in situazione irregolare e che sua volta potrebbe contribuire a stimolare questo percorso d’immigrazione, con aspettative di rimpatrio (volontario o forzato). |
4. Alcune considerazioni ulteriori in merito all’impostazione della strategia
4.1. |
Il CESE continua a ritenere una debolezza strategica della politica d’immigrazione e asilo dell’Unione europea il fatto di essere incentrata quasi esclusivamente sulla lotta contro l’irregolarità, sia alle frontiere sia attraverso i rimpatri volontari o forzati. Evitare le situazioni irregolari esige l’istituzione di meccanismi regolari, agili, sicuri e efficaci di ingresso, capaci inoltre di limitare le possibilità che emergano spazi di sfruttamento economico basati su tali situazioni. |
4.2. |
Il CESE esprime preoccupazione per l’obiettivo enunciato di aumentare i rimpatri volontari rapidi dalle frontiere esterne, data la mancanza di garanzie che questi rimpatri possono comportare. Se il processo di rimpatrio volontario va inteso come una decisione ponderata (della persona interessata) che implica una serie di misure di reintegrazione (cui partecipano le amministrazioni di ambedue i paesi), non si capisce perché puntare a questo modello di rimpatrio. Diversamente, infatti, si potrebbe pensare che «rimpatrio volontario» sia un eufemismo per quelle che sarebbero di fatto espulsioni o compensazioni economiche per i paesi di destinazione che accolgano le persone rimpatriate, senza tenere in sufficiente considerazione i loro desideri, né, cosa ancora più inquietante, i loro diritti. |
4.3. |
Un coordinamento efficace tra tutte le parti interessate. Il CESE non può che approvare i miglioramenti nel coordinamento tra le parti coinvolte in una politica pubblica. Esprime tuttavia preoccupazione per l’espandersi della rete di operatori e parti interessate che scorgono nel rimpatrio volontario un’opportunità di lucro senza curarsi dei bisogni delle persone rimpatriate. |
4.4. |
Migliorare la solidarietà e la cooperazione. Le azioni di rimpatrio e di reintegrazione dovrebbero essere effettuate in un quadro di cooperazione e solidarietà tra gli Stati membri. L’obiettivo è potenziare gli strumenti di coordinamento ben al di là del mero contributo finanziario, ossia sostenendo altresì le iniziative volte a condividere le conoscenze, a stimolare e rafforzare l’impegno, a far tesoro dei risultati ottenuti e ad apprendere dall’esperienza. Inoltre, occorre far sì che tutte le azioni si basino sul rispetto e sul partenariato con i paesi terzi in cui si svolgeranno tali iniziative, favorendo non solo la partecipazione istituzionale, ma anche la collaborazione e il contributo della società civile. |
4.5. |
L’aiuto al rimpatrio volontario e alla reintegrazione dei migranti a partire da paesi terzi e tra paesi terzi. Ad avviso del CESE, il sostegno alla cooperazione tra paesi terzi è cruciale per la governance del fenomeno migratorio. Articolare tale cooperazione intorno a strumenti che collegano l’esistenza di risorse con le situazioni irregolari non sembra la maniera più indicata di disincentivare tali situazioni. |
4.6. |
Un servizio di consulenza e orientamento efficace in materia di rimpatrio. È fondamentale migliorare l’informazione offerta alle persone migranti in tutto il processo, partendo dal presupposto che anche in un procedimento di espulsione i diritti delle persone sono inalienabili e devono essere garantiti. Precisamente per questa ragione, e dato il gran numero di attori coinvolti in un programma di rimpatrio volontario riuscito (all’origine, alla destinazione, nelle comunità di migranti), tali programmi non possono essere costruiti come strumenti estemporanei e senza collegamenti chiari con i progetti di reintegrazione. |
4.7. |
La garanzia di un aiuto di qualità. Ancora una volta il CESE non può che concordare sull’importanza di dotare l’aiuto al rimpatrio volontario di un ampio ventaglio di servizi e prestazioni, che vanno dai servizi di consulenza al sostegno medico e psicologico fino all’assistenza finanziaria, legale e logistica per i viaggi. Per questo non può tralasciare di segnalare ancora una volta che i programmi di rimpatrio volontario e reintegrazione non possono essere considerati come uno strumento da usare in misura massiccia e generalizzata, perché per esempio il rimpatrio di nuclei familiari esige un’attenzione particolare nei confronti delle persone minori che è diversa rispetto ad altre situazioni di rimpatrio. Al momento attuale, il ruolo di Frontex nella prestazione e nella valutazione di alcuni di questi servizi è fonte di preoccupazioni. |
4.8. |
La promozione della sostenibilità dell’appoggio alla reintegrazione e dell’adesione dei paesi partner. Si tratta di un punto cruciale non solo per il futuro delle persone rimpatriate, ma anche per l’obiettivo di evitare un’immigrazione irregolare di ritorno. Il CESE mette di nuovo in guardia contro l’incongruenza di offrire incentivi in programmi che presuppongano l’esistenza di persone in situazione irregolare, dal momento che ciò può disincentivare qualsiasi intenzione dei paesi di origine di ridurre tali flussi. Inoltre, basare tutta l’efficacia di una politica come quella del rimpatrio volontario su una realtà che dipende dalla volontà di paesi terzi potrebbe minare gravemente la credibilità e la coerenza della politica migratoria europea. |
4.9. |
Il finanziamento del rimpatrio volontario e della reintegrazione. È chiaro che l’UE è, per molti versi, un attore essenziale nel finanziamento dei programmi di rimpatrio volontario e di reintegrazione. È indispensabile che la cooperazione con paesi terzi si basi, in ogni ambito, sul rispetto del diritto pubblico internazionale, come pure sulla tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, anche da parte di tali paesi. Qualsiasi spazio di cooperazione con paesi terzi in cui si trattino questioni legate ai diritti umani dovrebbe essere salutato con favore del Parlamento europeo. Far diventare la cooperazione in materia di rimpatri un criterio per l’azione esterna e la politica di vicinato dell’Unione europea, in una maniera che non tiene conto della realtà, costituisce in effetti più un incentivo alle situazioni irregolari che un meccanismo per ridurle. |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Cfr. la relazione sull’indagine per l’accertamento dei fatti in merito all’attività di Frontex per quanto concerne presunte violazioni dei diritti fondamentali, Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del PE, 14 luglio 2021: https://www.europarl.europa.eu/cmsdata/238156/14072021%20Final%20Report%20FSWG_en.pdf
(2) GU C 123 del 9.4.2021, pag. 15.
(3) Cfr. la relazione sull’indagine per l’accertamento dei fatti in merito all’attività di Frontex per quanto concerne presunte violazioni dei diritti fondamentali, Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del PE, 14 luglio 2021: https://www.europarl.europa.eu/cmsdata/238156/14072021%20Final%20Report%20FSWG_en.pdf
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/91 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia dell’UE per la lotta alla criminalità organizzata 2021-2025
[COM(2021) 170 final]
(2021/C 517/14)
Relatore: |
Rafał Bogusław JANKOWSKI |
Consultazione |
Commissione europea, 31.5.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali, cittadinanza |
Adozione in sezione |
7.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astensioni) |
226/0/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione europea relativa a una strategia dell’UE per la lotta alla criminalità organizzata per il periodo 2021-2025, che stabilisce le priorità, le azioni e gli obiettivi da realizzare nei prossimi cinque anni. Un’iniziativa, questa, tanto più importante se si considera che si tratta della prima strategia in materia di criminalità organizzata proposta dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, tesa a fissare obiettivi specifici, di medio e lungo termine, da perseguire nel pieno rispetto dei diritti fondamentali. |
1.2. |
Il CESE osserva che la strategia si basa principalmente sul rafforzamento degli strumenti esistenti volti a sostenere la cooperazione transfrontaliera — compresa quella internazionale –, combattere i reati ad alta priorità, contrastare il finanziamento delle attività criminali e i metodi — corruzione compresa — usati dalle organizzazioni criminali per infiltrare l’economia legale, e sostenere le azioni volte a lottare contro l’impiego delle nuove tecnologie per finalità criminose. |
1.3. |
Il CESE ritiene che l’UE e gli Stati membri dovrebbero essere in grado di anticipare le attività delle organizzazioni criminali per mantenere una lunghezza di vantaggio, concentrandosi sul monitoraggio, sull’infiltrazione degli ambienti in pericolo, sulla raccolta e l’analisi dei dati, nonché sulle misure preventive. In tale contesto, un’importanza particolare deve essere attribuita allo sviluppo di forme moderne e globali di cooperazione internazionale, all’aumento della capacità funzionale dei sistemi e delle banche dati utilizzati, alla cooperazione con le organizzazioni della società civile e agli investimenti in strumenti che impieghino nuove tecnologie. |
1.4. |
Il CESE accoglie con favore l’idea di sviluppare ulteriormente le attività nell’ambito del ciclo programmatico dell’UE EMPACT (European Multidisciplinary Platform Against Criminal Threats — Piattaforma multidisciplinare europea di lotta alle minacce della criminalità). Il CESE ritiene pienamente giustificato l’annuncio di un aumento dei finanziamenti destinati a tale iniziativa nonché il sostegno allo sviluppo della cooperazione con i paesi terzi in questo ambito. |
1.5. |
Il CESE è convinto che una particolare attenzione andrebbe rivolta anche ai seguenti aspetti:
|
1.6. |
Il CESE tiene a sottolineare il suo appoggio allo stanziamento di risorse aggiuntive volte ad assistere gli Stati membri con soluzioni informatiche avanzate, con l’obiettivo di acquisire informazioni elettroniche, salvaguardare prove informatiche e rendere disponibili attrezzature tecniche e software specifici da utilizzare attivamente in operazioni e indagini transfrontaliere. |
1.7. |
Il CESE riconosce che il «rafforzamento delle misure di recupero dei beni e di lotta al riciclaggio di denaro» e la «promozione delle indagini finanziarie per eliminare gli utili generati dalla criminalità organizzata e prevenirne l’infiltrazione nell’economia legale e nella società» sono azioni cruciali nella lotta contro la criminalità organizzata (1). |
1.8. |
Il CESE osserva che la criminalità organizzata può avere un forte impatto sulle comunità locali, sui servizi pubblici e comunali, sulla protezione dei gruppi vulnerabili, sull’ambiente per le attività imprenditoriali locali, in particolare per le PMI, nonché sul settore delle attività a favore della neutralità climatica. Il CESE raccomanda di rafforzare il ruolo dei seguenti soggetti nella lotta alla criminalità organizzata in senso lato, in particolare nell’ambito della prevenzione: le ONG, le organizzazioni della società civile, il mondo accademico, le organizzazioni giovanili, le istituzioni di controllo sociale e gli informatori. |
1.9. |
Il CESE incoraggia gli Stati membri a condurre campagne pubbliche sulla criminalità organizzata affinché i cittadini ricevano le informazioni necessarie in merito ai modi di operare delle organizzazioni criminali e alle precauzioni atte a evitare di esserne vittime. La cooperazione con la Rete europea di prevenzione della criminalità costituisce un’integrazione eccellente di questo tipo di attività. Ciascuno Stato membro dovrebbe adoperarsi al massimo per realizzare un sistema d’informazione chiaro e sicuro, che garantisca l’anonimato, riguardo agli eventi e ai fenomeni che possono essere collegati alla criminalità organizzata. |
1.10. |
Il CESE tiene a far notare che l’«adeguamento dei servizi di contrasto e del sistema giudiziario all’era digitale», compreso l’«accesso a indizi e prove digitali», costituisce uno degli aspetti più importanti della lotta contro la criminalità organizzata. |
1.11. |
Al fine di accrescere l’accesso della società civile all’informazione in materia, il CESE propone di istituire un meccanismo di riesame (valutazione intermedia e finale) dell’attuazione della strategia, sulla base delle informazioni fornite dalla Commissione europea. |
1.12. |
Il CESE osserva che, per prevenire e combattere efficacemente i gruppi criminali organizzati e garantire la sicurezza come una delle massime priorità per i cittadini dell’Unione europea, le autorità di contrasto devono avere accesso alle informazioni necessarie nel pieno rispetto dei diritti fondamentali. Non dovrebbero esservi preoccupazioni quanto alla tutela della vita privata e dei diritti fondamentali nel trattamento dei dati. Il trattamento dei dati personali è già disciplinato in modo molto rigoroso, e una legislazione aggiornata e armonizzata consentirebbe un esame più efficace delle questioni legate alla protezione dei dati. |
1.13. |
Il CESE accoglie con favore e sostiene l’iniziativa di sviluppare la cooperazione con i paesi terzi, in particolare:
|
2. Proposta della Commissione
2.1. |
La strategia dell’UE per la lotta alla criminalità organizzata 2021-2025 proposta dalla Commissione europea mira ad affrontare in modo globale il problema, complesso ed ampio, della criminalità organizzata stabilendo le priorità, le misure e gli obiettivi da attuare nei prossimi cinque anni. Un’iniziativa, questa, tanto più importante se si considera che si tratta della prima strategia in materia di criminalità organizzata proposta dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, tesa a fissare obiettivi specifici, di medio e lungo termine, da perseguire nel pieno rispetto dei diritti fondamentali. |
2.2. |
La Commissione europea fa notare che la criminalità organizzata costituisce una minaccia fondamentale per la sicurezza delle persone in ogni parte dell’Unione europea. Vi è un numero crescente di gruppi criminali organizzati che operano in tutta l’UE, generando enormi profitti e utilizzandoli per espandere le proprie attività e infiltrarsi nell’economia legale. |
2.3. |
Le priorità stabilite dalla Commissione europea sottolineano la necessità di rafforzare l’azione a livello dell’UE per sostenere gli Stati membri nella lotta contro la criminalità organizzata. In particolare si tratta di:
|
2.4. |
Dato l’attuale contesto, e considerata l’eterogeneità delle minacce poste dalla criminalità organizzata e, più in generale, dalle forme gravi di criminalità, qualsiasi iniziativa volta a individuare e intensificare forme di cooperazione operativa, non operativa e nel campo della formazione è senz’altro importante, al pari delle (altre, diverse) iniziative che dimostrano che la sola opzione praticabile per compiere passi avanti consiste nel cooperare, lavorare insieme, condividere buone pratiche con i partner internazionali, migliorare il funzionamento dei sistemi esistenti e investire nello sviluppo di nuove tecnologie. |
3. Osservazioni generali e particolari
3.1. |
La criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità internazionale costituiscono una delle più gravi minacce globali allo sviluppo di società moderne. Le organizzazioni criminali sono estremamente mobili e, nella maggior parte dei casi, operano su scala internazionale, ragione per cui non è possibile per un singolo paese combatterle efficacemente da solo. Il carattere transfrontaliero della criminalità organizzata implica la necessità di una stretta cooperazione non solo tra i servizi e le istituzioni pertinenti, ma anche con i loro omologhi stranieri, sia all’interno dell’Unione europea che nelle agenzie internazionali. Il CESE ritiene pertanto che la strategia della Commissione sia tempestiva e rivesta una grande importanza. |
3.2. |
Le minacce attuali impongono non solo di estendere la cooperazione a nuovi ambiti, riunendo le competenze dei diversi soggetti che operano nei vari settori della sicurezza con l’obiettivo di potenziare i meccanismi di contrasto e lotta alla criminalità, ma anche di utilizzare altri strumenti e tecnologie. Il CESE reputa che in questo campo sia quindi necessaria una stretta cooperazione tra le istituzioni dell’UE e gli Stati membri, come anche un autentico coordinamento e la possibilità di avvalersi del sostegno operativo di Europol. |
3.3. |
Il CESE ritiene essenziale sviluppare ulteriormente il piano d’azione volto a combattere le organizzazioni criminali, gli obiettivi di alto valore che pongono le minacce più gravi, ricorrendo a task force operative, progetti internazionali e iniziative regionali. Sia le operazioni relative ai cosiddetti obiettivi di alto valore che le task force operative vanno considerate esempi di sostegno pratico ed effettivo agli Stati membri. |
3.4. |
Oggi si può osservare che, operando nel ciberspazio, la criminalità organizzata impiega soltanto tecnologie avanzate per commettere i reati «tradizionali» di traffico illegale di armi e munizioni, di sostanze usate per la produzione di esplosivi, di stupefacenti e di nuove droghe sintetiche. Il principale ostacolo a un’individuazione efficace dei reati di questo tipo è senza dubbio costituto dal fatto che, per commetterli, vengono impiegati strumenti di anonimizzazione. Il fatto che le relative comunicazioni siano criptate dalle diverse applicazioni, comprese quelle di messaggistica online, utilizzate da chi commette i suddetti reati rende altamente problematico il processo di individuazione dei loro autori. |
3.5. |
La mancanza di accesso, da parte delle autorità di contrasto, alle comunicazioni criptate utilizzate dalle organizzazioni criminali andrebbe considerata una delle carenze più gravi, in quanto l’impossibilità di accedere alle informazioni impedisce di agire in maniere efficace e in tempo utile. Pertanto, il CESE ritiene che il nuovo strumento di decrittografia di Europol lanciato dalla Commissione europea, che contribuirà ad affrontare tali sfide, vada considerato altamente pratico e necessario. Nondimeno, considerato il rapido sviluppo delle nuove tecnologie, sarà necessario continuare ad approfondire il lavoro in questo campo. |
3.6. |
Un altro aspetto della lotta contro la criminalità informatica è la darknet, ossia il lato «oscuro» della rete Internet, accessibile con il software Tor, che garantisce efficacemente l’anonimato dei criminali che utilizzano il «criptomercato» — servizi commerciali sotterranei mediante i quali si svolge tutta una serie di attività criminali: dal traffico illegale di armi e di stupefacenti a quello di dati di carte di credito sottratti illegalmente, dalla cessione di malware fino ai contatti con sicari per omicidi su commissione. I pagamenti per queste transazioni sono effettuati mediante valute virtuali (ad esempio bitcoin), che, in quanto strumenti per il trasferimento anonimo di fondi derivanti da attività criminali nel ciberspazio, possono essere utilizzate anche per riciclare denaro di provenienza illegale. Le autorità di contrasto, infatti, non dispongono degli strumenti giuridici adeguati per imporre ai fornitori di servizi di mettere a loro disposizione le chiavi crittografiche per accedere ai contenuti di tali comunicazioni, di trasmettere loro gratuitamente i dati utili ai fini dei procedimenti in corso o di registrare i dati degli utenti e gli indirizzi IP in relazione a chiamate e messaggi (SMS) telefonici. |
3.7. |
Il CESE esorta le istituzioni dell’UE a migliorare il quadro giuridico al fine di sostenere e rafforzare la capacità delle istituzioni specializzate negli Stati membri di contrastare efficacemente tali minacce. L’annuncio della Commissione di «sviluppare, attraverso il suo Centro comune di ricerca, uno strumento di monitoraggio per raccogliere informazioni sulle attività illegali che si sviluppano nella darknet», va considerato estremamente ambizioso. Nel contempo, la messa a punto di uno strumento siffatto può considerarsi una pietra miliare nella lotta contro la criminalità organizzata nel ciberspazio. |
3.8. |
La pratica e l’esperienza in materia di contrasto alla criminalità sembrano indicare che è aumentato il rischio che le criptovalute siano utilizzate per attività criminali quali il riciclaggio di denaro e le frodi, in particolare attraverso le reti informatiche e di comunicazione, ad esempio per pagare le somme estorte con ricatti commessi mediante appositi software (ransomware). Una minaccia altrettanto importante e prevedibile è la possibilità che i criminali utilizzino criptovalute per evitare il rischio che l’autorità giudiziaria ponga sotto sequestro i beni da loro acquisiti illegalmente. Il CESE raccomanda di adottare nuove misure per l’elaborazione di una regolamentazione relativa al monitoraggio e al controllo delle transazioni finanziarie che si avvalgono di questi tipi di strumenti. |
3.9. |
A giudizio del CESE, il settore tecnico costituisce un altro ambito in cui il sostegno agli Stati membri va accolto con estremo favore. La disponibilità di infrastrutture avanzate renderà le azioni più efficaci e ridurrà notevolmente l’onere finanziario per le singole istituzioni (aumentando l’efficacia dei fondi spesi a livello nazionale). In effetti, la sfida per gli Stati membri consiste nell’aggiornare le attrezzature e i software degli strumenti in grado di combattere efficacemente la criminalità informatica, aggiornamento che, data la rapida evoluzione del mercato e lo sviluppo da esso raggiunto, comporta un onere finanziario significativo per le singole istituzioni. Il CESE raccomanda pertanto alla Commissione e agli Stati membri di valutare meglio le esigenze delle istituzioni e di stanziare risorse sufficienti per consentire loro di agire efficacemente per contrastare tali minacce. |
3.10. |
Il CESE sostiene e considera estremamente importante l’annuncio, da parte della Commissione europea, di una proposta legislativa volta a migliorare la protezione dei minori dagli abusi sessuali, imponendo tra l’altro agli operatori di servizi online di individuare il materiale pedopornografico e di segnalarlo alle autorità competenti (2). |
3.11. |
Il pacchetto di strumenti dell’UE per la lotta alla contraffazione — nel quale sono stabiliti i principi per l’azione congiunta, la cooperazione e lo scambio di dati tra le autorità di contrasto, i titolari dei diritti e gli intermediari — sta adesso acquisendo nuova importanza, in particolare nel contesto della contraffazione di prodotti medici e sanitari durante la pandemia di COVID-19. La criminalità organizzata, infatti, si è lanciata anche nella produzione e nella fornitura di dispositivi di protezione, kit di analisi per i test e medicinali contraffatti. Il CESE ritiene che la cooperazione e lo scambio di dati costituiscano un elemento chiave, per cui sostiene l’ulteriore sviluppo di questo strumento. |
3.12. |
In quanto portavoce della società civile europea, il CESE reputa che le attività nel campo della protezione dell’ambiente e dei beni culturali richiedano un sostegno adeguato, anche mediante lo sviluppo di capacità per gli esperti, e una cooperazione strutturale. |
3.13. |
Secondo il CESE, è importante che gli Stati membri si avvalgano delle possibilità offerte da due reti internazionali informali: la rete operativa contro il riciclaggio di denaro (AMON), che collega unità antiriciclaggio delle autorità di contrasto, e la rete interagenzie Camden per il recupero dei beni (rete CARIN), che collega operatori delle autorità di contrasto e delle autorità giudiziarie specializzati nel reperimento, nel congelamento, nel sequestro e nella confisca dei beni. |
3.14. |
Il CESE sostiene la proposta della Commissione di sviluppare un sistema di formazione in materia di criminalità informatica, e raccomanda in particolare la creazione di «sistemi di certificazione/accreditamento per gli esperti in indagini digitali», in quanto costituirà una dimensione molto pratica della lotta contro la criminalità informatica. |
3.15. |
La criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità costituiscono una delle più gravi minacce globali allo sviluppo di società moderne. La lotta contro la criminalità organizzata esige oggi un impegno senza precedenti. Le organizzazioni criminali, infatti, operano con metodi sempre più sofisticati; le loro attività sono sempre più specializzate e nascoste, dissimulate come sono sotto forma di svariate altre attività. Pertanto, dato l’attuale contesto geopolitico, e considerata l’eterogeneità delle minacce poste dalla criminalità organizzata e, più in generale, dalle forme gravi di criminalità, il CESE sostiene l’importanza di qualsiasi iniziativa volta a individuare e intensificare forme di cooperazione operativa, non operativa e nel campo della formazione: la sola opzione praticabile per compiere passi avanti consiste nel cooperare, lavorare insieme e condividere buone pratiche sulla mutata scena internazionale. |
3.16. |
L’azione di contrasto al finanziamento delle attività criminali, nonché le misure di recupero e confisca dei beni acquisiti illegalmente, sono fondamentali per smascherare le suddette attività, così come sono essenziali le azioni volte a smantellare le strutture criminali, a infrangere il codice del silenzio e a prevenire il compimento di nuove attività criminose. Tutto questo, inoltre, contribuisce a impedire l’infiltrazione dell’economia legale e della società. Eppure, nonostante lo sviluppo del quadro giuridico in questo campo e l’espansione delle tattiche impiegate dalle autorità di contrasto, oggi soltanto l’1 % dei proventi di reato è oggetto di confisca. Per quanto riguarda la lotta contro il traffico di droga nella darknet, il CESE ritiene che le sfide consistano principalmente nella rapidità con cui mutano i relativi mercati (che hanno una durata di vita molto breve) e nella complessità del sistema per individuare i pagamenti in criptovalute. La carenza di ampie conoscenze tra i funzionari delle autorità di contrasto nel campo della criminalità informatica, compresa quella connessa ai traffici di droga su Internet e nella darknet, costituisce un fattore di debolezza che può essere eliminato se le proposte della Commissione saranno attuate. |
3.17. |
Secondo il CESE, occorrerebbe prendere in considerazione la possibilità di adottare misure di prevenzione della criminalità attraverso la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, ad esempio con campagne pubbliche che informino i cittadini in merito alle nuove minacce e ai nuovi ambiti di attività della criminalità organizzata, nonché al modus operandi di quest’ultima, dato che in molti casi la società e i cittadini non sono in grado di riconoscere il carattere criminoso delle attività delle organizzazioni criminali.
Creare un sistema in base al quale i cittadini dell’UE possano facilmente informare le autorità di contrasto (grazie all’anonimizzazione delle segnalazioni) qualora individuino possibili indizi di attività criminose potrebbe avere un impatto significativo sia sul senso di sicurezza dei cittadini stessi che sull’efficacia della lotta contro la criminalità organizzata. |
3.18. |
In tutto il mondo, la cosa più probabile è che le autorità di contrasto e i servizi di polizia intervengano soltanto dopo che un reato è stato commesso e, nella maggior parte dei casi, le une e gli altri non sono in grado di adottare contromisure prima che si sia verificato un reato. A giudizio del CESE, l’approccio ideale consisterebbe nell’agire per prevenire le attività criminali, ma tutti dovrebbero essere consapevoli del fatto che è estremamente difficile mantenere una lunghezza di vantaggio rispetto alle organizzazioni criminali. I criminali utilizzano le nuove tecnologie con facilità, non sono soggetti a vincoli di bilancio e non si preoccupano di rispettare le leggi o la correttezza politica: per loro il perseguimento del profitto viene prima della vita delle persone; essi si adeguano assai rapidamente al mutare delle condizioni, escogitano nuove modalità operative e penetrano in ambiti in cui prima non erano attivi: e la situazione venutasi a creare con la pandemia di COVID-19 potrebbe costituire un esempio in tal senso. |
3.19. |
Ogni anno, nel quadro di EMPACT, vengono predisposti piani d’azione operativi in risposta alle ultime tendenze delle attività criminali a livello europeo e mondiale. È importante sottolineare come il piano d’azione rispecchi le preoccupazioni dei paesi dell’Unione europea e di paesi terzi cooperativi come l’Islanda, la Norvegia e la Svizzera. Il loro lavoro, infatti, rende possibile non solo l’individuazione dei problemi in una fase precoce, ma anche la messa a punto di una metodologia di lavoro appropriata. È inoltre necessario sostenere finanziariamente le attività operative volte a contrastare la criminalità organizzata. |
3.20. |
Il CESE sottolinea l’importanza dei nuovi strumenti disponibili per contrastare la criminalità organizzata, quali: a) il sistema d’informazione Schengen (SIS), il quadro di Prüm, il codice di prenotazione (Passenger Name Record — PNR) e il sistema di informazioni anticipate sui passeggeri (Advance Passenger Information — API); b) la piattaforma di collaborazione tra le squadre investigative comuni per migliorare la comunicazione e lo scambio di informazioni, nonché — in questa stessa ottica — il potenziamento della cooperazione di Eurojust con i paesi terzi; c) i cosiddetti «obiettivi di alto valore» (High Value Targets — HVT) che utilizzano task force operative, progetti internazionali e iniziative regionali, al fine di sviluppare reti di cooperazione e azione internazionale per combattere in modo efficace le organizzazioni criminali. |
3.21. |
Le differenze tra le legislazioni e le prassi degli Stati membri sono spesso invocate come uno dei motivi della debolezza, quando non addirittura della mancanza, della cooperazione internazionale. Ragione di più per accogliere con favore l’iniziativa di istituire un codice di cooperazione di polizia dell’UE. In tale contesto risulterà indubbiamente utile uno studio esterno già avviato dalla Commissione europea per valutare la decisione quadro del Consiglio del 2008 relativa alla lotta contro la criminalità organizzata. |
3.22. |
Un ruolo importante nella promozione della dimensione locale, abbinato a un approccio amministrativo alla lotta alla criminalità organizzata, lo svolge il metodo che consente agli enti locali di cooperare con gli organi di contrasto e con la società civile utilizzando strumenti amministrativi per impedire alle organizzazioni criminali di infiltrare le imprese legali e l’infrastruttura amministrativa. |
3.23. |
Il problema della lotta alla criminalità organizzata, ampiamente discusso nella strategia della Commissione europea per il periodo 2021-2025, costituisce un fenomeno criminale in costante evoluzione che, in forme diverse, entra in tutti i settori della nostra vita e nella sfera politica e sociale. Esso si avvale delle nuove opportunità offerte dall’era digitale e, in genere, continua a sfruttare le fasce più povere della popolazione e a far leva sugli istinti più bassi, creando una dipendenza tra i più disperati e costringendoli con il terrore ad esercitare attività criminali. Il CESE è consapevole del fatto che, per affrontare questo problema, è indispensabile che l’UE e gli Stati membri adottino azioni congiunte e che si comprenda la necessità di avere una lunghezza di vantaggio sulle organizzazioni criminali, individuando nuove tendenze all’interno dei gruppi criminali che operano indipendentemente dai confini politici e amministrativi. |
3.24. |
Il CESE ha recentemente affrontato il tema della lotta contro il terrorismo in relazione alla lotta contro la criminalità organizzata in diversi pareri come pure in una relazione informativa. Il CESE, a nome della società civile, continuerà a seguire le misure che verranno adottate per contrastare i gruppi della criminalità organizzata, e prende atto con soddisfazione delle proposte presentate dalla Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo di coinvolgere, nel quadro di questo sforzo comune, il Servizio europeo per l’azione esterna, Eurojust ed Europol nei negoziati al riguardo con paesi terzi (3). |
3.25. |
Il CESE sottolinea che le organizzazioni della società civile, le istituzioni indipendenti deputate ai controlli e gli informatori dovrebbero essere consultati e coinvolti, con garanzia di piena protezione, nel meccanismo di lotta contro la criminalità organizzata, al fine di proteggere efficacemente i cittadini, l’economia europea e le comunità locali e salvaguardare lo Stato di diritto e i diritti fondamentali. |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 6.
(2) GU C 374 del 16.9.2021, pag. 58.
(3) SOC/673 — Rafforzamento del mandato di Europol ( GU C 341 del 24.8.2021, pag. 66 ), SOC/675 — Valutazione della direttiva sulla lotta al terrorismo, SOC/676 — Un programma di lotta al terrorismo dell’UE ( GU C 341 del 24.8.2021, pag. 71 ).
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/97 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Consiglio relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione
[COM(2021) 282 final — 2021/0137 (NLE)]
(2021/C 517/15)
Relatrice: |
Marina Elvira CALDERONE |
Consultazione |
Consiglio dell’Unione europea, 11.6.2021 |
Base giuridica |
Articolo 148, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali, cittadinanza |
Adozione in sezione |
7.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
23.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
185/1/16 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE accoglie con favore la proposta di decisione del Consiglio relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione. Le indicazioni appaiono un riferimento utile per dare un indirizzo a politiche per l’occupazione in grado di sostenere la graduale e auspicata uscita dalla situazione di crisi pandemica e per orientare le diverse forme di sostegno economico verso un risultato favorevole in termini occupazionali. Tali orientamenti costituiranno altresì un valido riferimento affinché gli interventi volti alla resilienza ed alla ripresa pongano le basi per la creazione di posti di lavoro di qualità, all’interno di una economia sostenibile sul piano ambientale e sociale. Il coordinamento di politiche occupazionali efficaci costituisce un riferimento fondamentale per migliorare il livello di coesione tra gli Stati membri e ridurre le condizioni di disparità sociale ed economica. |
1.2. |
Gli orientamenti in materia di occupazione devono tenere conto dell’impatto della pandemia COVID-19 sul mercato del lavoro, del piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali e delle risultanze del vertice sociale di Porto, ove sono stati indicati target sociali ambiziosi in materia di occupazione, lotta alla povertà ed accesso alle competenze. Occorrerà altresì monitorare l’impatto occupazionale degli strumenti di aiuto quali il programma SURE e Next Generation EU, fondati su emissioni obbligazionarie «comunitarie» quale forma di mutualità di debito generato per sostenere anche le politiche del lavoro. I piani nazionali per la ripresa e la resilienza garantiranno inoltre disponibilità di risorse per le politiche del lavoro dei paesi membri, accompagnate però da una condizionalità specifica sugli obiettivi, gli ambiti di intervento e le modalità di spesa ed un’attenzione particolare alle politiche attive del lavoro. |
1.3. |
Le politiche europee devono essere coordinate con gli obiettivi degli orientamenti in materia di occupazione, rafforzando il mercato del lavoro, sostenendo la produttività e la capacità competitiva delle imprese, così come l’economia sociale di mercato dell’Unione europea e potenziando gli interventi strutturali per la transizione da misure temporanee di protezione del lavoro alla creazione di lavoro di qualità. In tali processi, deve essere valorizzato il dialogo sociale, la contrattazione collettiva e la partecipazione alle scelte delle parti sociali e dei rappresentanti della società civile. |
1.4. |
Per quanto riguarda l’orientamento 5 «rilanciare la domanda di forza lavoro», il CESE ritiene necessario che il processo di ripresa della domanda sia accompagnato da azioni volte ad un miglioramento della domanda stessa, che favoriscano l’accesso al mercato del lavoro, promuovendo la sostenibilità economica e sociale delle imprese, la professionalizzazione dei lavoratori e la qualificazione delle condizioni di lavoro. Ciò è possibile attraverso la piena valorizzazione delle opportunità di trasformazione dei sistemi produttivi, l’adozione di tecnologie digitali e di strumenti volti alla sostenibilità ambientale e la promozione dell’apprendimento continuo durante tutto l’arco della vita. Le misure di politica economica devono essere fortemente coordinate con politiche di rilancio della domanda di forza lavoro. |
1.5. |
Per l’orientamento 6, che interviene per potenziare l’offerta di forza lavoro e migliorare l’accesso all’occupazione, abilità e competenze, il CESE osserva come sia determinante la capacità di pianificare nei singoli Stati membri un efficace coordinamento tra le misure di investimento per la formazione ed il mercato del lavoro previste dai piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) e dai fondi strutturali. La crisi attuale ha reso ancora più evidente la necessità di riconoscere e garantire il diritto alla formazione continua e l’accesso effettivo a un’istruzione e una formazione di qualità, nonché all’adeguamento delle competenze, e di ridurre la disomogeneità attualmente presente nel ricorso all’aggiornamento professionale, sia tra le categorie produttive che tra gli Stati membri; il target sull’accesso alla formazione fissato nel piano d’azione del pilastro sociale è un obiettivo che misurerà la capacità degli Stati membri di dotarsi di strumenti nuovi che riducano le disparità di accesso e rispondano alle esigenze del mercato del lavoro sulle nuove competenze necessarie. |
1.6. |
Per quanto riguarda l’orientamento 7 «migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l’efficacia del dialogo sociale», il CESE è favorevole a valutare la fattibilità di una piattaforma digitale europea per l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, che costituisca uno standard condiviso tra gli Stati membri ed i servizi per l’impiego, così da promuovere le politiche attive e la mobilità europea, anche attraverso il rafforzamento dei servizi per il lavoro, sia pubblici che privati. L’adozione di forti misure per la sicurezza e la prevenzione dei rischi deve costituire la base per la promozione in ogni Stato membro di una più diffusa cultura della prevenzione, quale componente fondamentale per la diffusione e la condivisione di una «cultura del lavoro» che valorizzi le potenzialità di ogni persona, promuova il benessere ed elimini ogni situazione di pericolo e di rischio sui luoghi di lavoro. Il dialogo sociale e la contrattazione collettiva sono un pilastro importante della sostenibilità e della resilienza delle economie europee, ma in taluni Stati membri vi è tuttora necessità di un quadro normativo ed istituzionale a livello nazionale che faciliti e sostenga i sistemi di relazioni industriali. |
1.7. |
Insieme al rafforzamento delle politiche occupazionali per il lavoro dipendente, il CESE ritiene importante che sia stimolata la capacità degli Stati di promuovere interventi di sostegno all’autoimpiego, al lavoro autonomo e professionale, indirizzati soprattutto ai giovani. |
1.8. |
L’orientamento 8 intende «promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l’inclusione sociale e combattere la povertà». Il CESE condivide questo orientamento, in quanto appare fondamentale definire una strategia di politica occupazionale in grado di assicurare condizioni di parità di accesso al mercato del lavoro e nell’ambito dei rapporti di lavoro. Il rapporto tra welfare, mercato del lavoro, funzionamento dell’economia e contrasto alla disuguaglianza ed alla povertà costituisce un orientamento fondamentale ed una linea guida per politiche occupazionali in grado di determinare una connessione tra la crescita economica e lo sviluppo sociale. Il CESE ribadisce inoltre l’importanza di definire politiche efficaci volte all’inclusione, da considerare come investimenti determinanti per la stessa crescita e qualificazione dei sistemi economici e produttivi. Appare inoltre determinante introdurre dispositivi che evitino il rischio di «nuove povertà» nei lavoratori a basso reddito, in combinazione con altre strategie coerenti di lotta alla povertà. |
2. Contesto
2.1. Introduzione
2.1.1. |
Le linee guida sull’occupazione sono state adottate nel 2019, ma nel 2020 sono state allineate per incorporare alcuni elementi dovuti alla crisi COVID-19, la transizione verde e digitale e gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Il CESE ha già presentato un parere, SOC 646 (1), di analisi e valutazione, che ribadiamo, ma questo parere intende integrare alcune osservazioni tenuto conto dell’impatto della crisi pandemica sulle condizioni di vita e di lavoro dei cittadini europei e sulla necessità di rimodulare le priorità di intervento degli Stati membri e delle istituzioni europee. |
2.1.2. |
La proposta della Commissione prevede che le linee guida per l’occupazione — allegate alla decisione del Consiglio (UE) 2020/1512 (2) — siano mantenute per il 2021 e che siano di riferimento per gli Stati membri nella definizione delle politiche per l’occupazione e nei programmi di riforma nazionali. L’obiettivo prioritario appare oggi quello di garantire un positivo impatto sociale delle misure di sostegno alla resilienza ed alla ripresa economica e produttiva. |
2.2. |
Le linee guida sono:
|
2.3. |
La proposta sottolinea che l’UE e gli Stati membri dovrebbero: |
2.3.1. |
Combattere l’esclusione sociale e la discriminazione e promuovere la giustizia e la protezione sociale, cosi come la parità di genere, la solidarietà tra generazioni e la salvaguardia dei diritti dell’infanzia: in occasione del vertice sociale di Porto, gli Stati membri si sono impegnati ad attuare target sociali ambiziosi per la definizione di politiche nazionali e nuovi strumenti europei a sostegno della transizione verde e digitale e verso una convergenza economica e sociale che rafforzi la competitività dell’economia sociale di mercato dell’UE. |
2.3.2. |
Assicurare che le politiche economiche e dell’occupazione siano coordinate per realizzare la neutralità climatica nell’UE, per accompagnare la transizione europea verso un’economia digitale e verde sostenibile, per aggiornare le competenze, per migliorare la competitività, assicurando condizioni di lavoro adeguate, stimolando l’innovazione, promuovendo la giustizia sociale e le pari opportunità, così come affrontando le diseguaglianze e le disparità regionali. La condivisione di politiche e l’implementazione di efficaci ed omogenee strategie occupazionali costituiscono un elemento determinante per passare dalla gestione dell’emergenza ad una fase di ripresa in grado di promuovere uno sviluppo sostenibile sul piano ambientale e sociale e di creare nuovi posti di lavoro e migliori condizioni per l’occupazione. |
2.3.3. |
Lavorare insieme per affrontare i fattori strutturali quali il cambiamento climatico e le sfide ambientali, la globalizzazione, la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale, il telelavoro, l’economia su piattaforma ed i cambiamenti demografici, adattando, ove necessario, i sistemi esistenti. |
2.3.4. |
Adottare le misure e le politiche necessarie per rafforzare la crescita sostenibile dell’economia, l’occupazione di qualità e la produttività, ma incrementando la coesione sociale e territoriale, stimolando la convergenza verso l’alto e la resilienza delle economie e promuovendo la responsabilità di bilancio degli Stati membri. |
2.3.5. |
Assicurare che le riforme del mercato del lavoro, inclusi i meccanismi nazionali di definizione dei salari, rispettino le pratiche nazionali di dialogo sociale e di contrattazione collettiva, con l’obiettivo di assicurare salari equi e standard di vita e di lavoro dignitosi. |
2.3.6. |
Assicurare che l’impatto economico, sociale e occupazionale della crisi COVID-19 sia mitigato con politiche e strumenti efficaci. |
2.4. |
Gli Stati membri e l’Unione devono adoperarsi per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro qualificata, formata e con competenze adeguate alle trasformazioni in atto (nonché di mercati del lavoro orientati al futuro e in grado di rispondere ai mutamenti economici). Gli Stati membri devono considerare la promozione dell’occupazione una questione di interesse comune e coordinare in sede di Consiglio le loro azioni al riguardo. L’articolo 148 TFUE prevede che il Consiglio adotti orientamenti in materia di occupazione, che definiscono la portata e la direzione del coordinamento delle politiche degli Stati membri e servono da base per le raccomandazioni specifiche per paese nell’ambito del semestre europeo. |
2.5. |
Appare importante sottolineare come la presenza di fattori di rischio, come reso evidente dall’impatto della pandemia da COVID-19 sui sistemi economici e sociali, implichi strumenti di sostegno, anche finanziario, che permettano la condivisione tra gli Stati membri di iniziative comuni per contrastare l’impatto delle crisi sulle condizioni di lavoro e di vita dei cittadini europei. |
2.6. |
Il CESE ritiene che le decisioni prese dalla Commissione nel corso degli ultimi mesi e che hanno portato alla approvazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza siano condivisibili e che vadano nella direzione del sostegno ad un modello di sviluppo equo e sostenibile. Allo stesso modo va scongiurato che, in uscita dalla crisi derivante dalla pandemia, si determinino condizioni di maggiore rischio di esclusione sociale ed una accelerazione di quella condizione di squilibrio territoriale che negli ultimi anni si è aggravata anche tra le regioni europee, come rilevato fin dal 2013 dal Regional Competitiveness Index della Commissione europea, che misura la capacità competitiva tra i territori. |
2.7. |
La costruzione di un modello economico e di sviluppo inclusivo impone di affiancare le politiche e gli investimenti rivolti al potenziamento delle infrastrutture per la produttività, la digitalizzazione e la logistica, ad interventi rivolti alla coesione territoriale, alla promozione del capitale umano, alla formazione della forza lavoro oltre che al rafforzamento degli strumenti di sostegno del mercato del lavoro ed il sistema dei servizi sociali ed alla persona. Un’Europa che comprenda eccessive differenze e disomogeneità nell’accesso alle opportunità è più debole ed il CESE ritiene che la coesione debba continuare a costituire il pilastro di riferimento anche per le politiche rivolte alla crescita. |
2.8. |
La crisi derivante dalla pandemia ha aggravato alcuni problemi strutturali presenti nel mercato del lavoro europeo ed ha evidenziato problematiche che richiedono una politica di largo respiro, in grado di affrontare sia la situazione delle categorie più fragili che la presenza di elementi di difficoltà in particolari settori del mercato del lavoro. La transizione che gli Stati membri stanno affrontando richiede politiche, azioni e misure fortemente condivise e coordinate ed un costante supporto del dialogo sociale. |
2.9. |
Tutti i lavoratori dovrebbero avere accesso alla protezione sociale, anche nel caso del telelavoro e delle nuove forme di occupazione, ivi compreso il lavoro su piattaforma digitale, tramite un rafforzamento dei sistemi di welfare. Deve essere favorita l’inclusione delle categorie più deboli e la piena valorizzazione della partecipazione femminile al mercato del lavoro, in modo da evitare ogni forma di discriminazione ed eliminare il gender pay gap. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il CESE, anche in riferimento a quanto indicato in precedenti pareri sugli orientamenti in materia di occupazione, sottolinea quanto segue: |
3.1.1. |
Il tema della lotta contro le discriminazioni coincide con l’impegno per migliorare la qualità del lavoro e questo sforzo implica la condivisione tra gli Stati membri di strategie volte a collegare la produttività e la capacità competitiva a sistemi in grado di promuovere il capitale umano e di garantire le migliori condizioni di lavoro per i lavoratori. |
3.1.2. |
Le situazioni di crisi tendono a incrementare i fattori di rischio sociale e, in particolare, di disuguaglianza, e per questa ragione gli investimenti e le forme di sostegno alla ripresa economica devono essere collegate da un robusto sistema di investimenti per le infrastrutture sociali e del lavoro, in grado di migliorare con adeguate politiche e misure gli standard della protezione sociale presenti negli Stati membri. |
3.1.3. |
Il processo di crescita dei sistemi economici e sociali europei deve prevedere un’azione forte e condivisa volta a prevenire fenomeni di dumping sociale fra gli Stati membri basati sulla diminuzione delle forme di tutela, di garanzia e di sicurezza dei lavoratori, mentre va favorita una competizione equa che guardi all’innovazione e sia fondata sulla valorizzazione della forza lavoro e sulla sostenibilità delle produzioni e dei servizi. Sono necessarie politiche attive del mercato del lavoro, quali incentivi temporanei all’assunzione per i gruppi vulnerabili, opportunità di miglioramento delle competenze e di riqualificazione professionale, nonché sostegno imprenditoriale, anche per l’economia sociale. |
3.1.4. |
Per innovare è determinante la spinta proveniente dalle nuove generazioni, alle quali va garantito l’accesso a posti di lavoro di qualità e stabili, valorizzando la mobilità dei lavoratori tra i paesi membri. Il CESE condivide il contenuto della dichiarazione di Porto, laddove si afferma che «i giovani rappresentano una fonte indispensabile di dinamismo, talento e creatività per l’Europa». Anche a questi fini, il lavoro autonomo, intellettuale e professionale è parte importante da sostenere insieme a nuove attività di impresa e start-up innovative. |
3.1.5. |
La necessità di garantire la qualità sociale della crescita impone una rinnovata attenzione al lavoro non produttivo, in particolare ai servizi alla persona, al territorio ed alle forme di organizzazione cooperativa delle attività economiche e sociali, in un contesto che collochi i legami sociali come elemento fondamentale per lo sviluppo e la crescita. |
3.1.6. |
In quest’ambito appare fondamentale, che gli orientamenti siano mirati all’implementazione del pilastro europeo dei diritti sociali, che costituisce il riferimento per garantire un adeguato e positivo impatto sulla società delle misure volte a superare la crisi economica e sociale, in un contesto di maggior rischio di esclusione determinato dall’emergenza sanitaria (3). I tre nuovi target definiti nel piano d’azione sul tasso di occupazione, sull’accesso alla formazione e adeguamento delle competenze e sulla lotta alla povertà, a partire da quella infantile, impongono agli Stati membri la necessità di individuare politiche e strumenti, nel quadro del processo del semestre europeo, che definiscano le tappe per il raggiungimento degli obiettivi indicati. Inoltre, il Comitato ha già sottolineato la necessità di definire nuovi indicatori sociali per misurare i progressi effettuati dagli Stati membri. |
3.1.7. |
Il coinvolgimento attivo e strutturato delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile è essenziale per l’implementazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) ed il raggiungimento degli obiettivi del piano d’azione. Il Comitato ribadisce la necessità di istituire procedure formali di consultazione che facilitino gli scambi reali con i governi e le istituzioni nazionali e rimuovano gli ostacoli esistenti per una efficace consultazione e partecipazione della società civile; inoltre, devono essere definiti strumenti per rafforzare la contrattazione collettiva e promuovere la copertura contrattuale. |
3.1.8. |
Appare del tutto evidente come la connessione tra le politiche sociali, economiche e del lavoro sia costituita dai sistemi formativi e dall’apprendimento continuo e che questa centralità e trasversalità delle competenze sia determinante anche per l’efficacia delle politiche attive e debba costituire una linea di fondo degli orientamenti. |
3.1.9. |
L’evoluzione qualitativa dei sistemi formativi va indicata come obiettivo prioritario, non solo nella promozione di competenze trasversali che riguardano il digitale e la sostenibilità ambientale, ma anche per quanto riguarda il rafforzamento delle soft skills e della capacità di collaborazione tra i lavoratori. |
3.1.10. |
La situazione di emergenza ha portato all’attivazione di forme specifiche di sostegno finalizzate alla gestione delle crisi e all’attenuazione del rischio di disoccupazione, tra cui il programma SURE. Alla luce dell’orientamento 5 e nel corso del processo di ripresa, appare importante che la Commissione preveda il mantenimento di strumenti di finanziamento e sostegno per il contrasto alla crisi, unitamente a strumenti e politiche di riaccompagnamento al lavoro dei disoccupati. |
3.1.11. |
Questi interventi devono consentire il sostegno finanziario a misure quali i regimi di riduzione dell’orario di lavoro, i meccanismi di compensazione del reddito e altre misure volte a prevenire la disoccupazione, fino al superamento dell’attuale situazione di crisi derivante dalla COVID-19. |
3.1.12. |
In quest’ottica appare determinante il proseguimento nel 2021 delle politiche avviate dal 2020, attraverso l’uso di strumenti di solidarietà, volti a dare sollievo alle situazioni di maggiore difficoltà occupazionale, accompagnate da politiche attive del mercato del lavoro. |
3.1.13. |
Appare pertanto decisivo favorire l’accesso al credito, sostenere gli investimenti innovativi e produttivi, ed in generale creare condizioni territoriali, fiscali ed infrastrutturali favorevoli all’innovazione e alla promozione di iniziative economiche, in particolare per le PMI, le imprese dell’economia sociale, il lavoro autonomo e professionale, tali da generare effetti sull’occupazione. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Il CESE ribadisce quanto espresso nel parere SOC/646, ma intende sottolineare alcuni aspetti tenuto conto dell’impatto della pandemia, che ha evidenziato criticità, ma anche priorità di azione e di intervento. Il CESE ritiene fondamentale, a fronte di un fenomeno di crescita degli squilibri in atto da più di un decennio ed aggravato dalla fase della crisi derivante dalle conseguenze dalla COVID-19, intervenire con politiche efficaci in grado di allineare la crescita economica allo sviluppo sociale, attraverso misure di sostegno alla capacità competitiva ed in grado di fare leva sulla qualità dei sistemi del lavoro e delle politiche occupazionali. In questo senso gli investimenti collegati al piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) debbono essere attuati negli Stati membri e verificati in ragione degli obiettivi degli orientamenti indicati per il 2021, con particolare attenzione al miglioramento della domanda ed offerta di lavoro ed alla promozione delle condizioni per le pari opportunità, il funzionamento del mercato del lavoro e l’inclusione. Occorre agire per un’azione di stretto e coerente coordinamento tra le politiche definite per affrontare l’emergenza, le forme di sostegno avviate tramite il programma SURE, gli interventi e gli investimenti promossi per la ripresa attraverso il Recovery plan e quanto definito e finanziato attraverso la programmazione dei fondi strutturali 2021-2027. |
4.2. |
La ripresa economica auspicata per il 2021 e resa possibile in particolare dai progetti di investimento collegati ai piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) può determinare una diffusa ripresa occupazionale se accompagnata da interventi mirati degli Stati membri in campo sociale e del lavoro, che rispondano alle sfide dei cambiamenti in atto. |
4.3. |
In questo scenario appare importante ribadire gli obiettivi del pilastro europeo per i diritti sociali e dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile. Si tratta di decisioni che devono spingere la Commissione e gli Stati membri verso scelte non procrastinabili, che la fase di pandemia ha reso ancora più evidenti e necessarie rispetto al modello di sviluppo da promuovere. In particolare, gli obiettivi indicati dall’Agenda per la sostenibilità economica, sociale ed ambientale e la centralità del benessere umano indicano un percorso di estrema rilevanza ed ispirano alcune scelte di fondo riportate sia dal Recovery plan che dai principali orientamenti dei fondi strutturali europei. |
4.4. |
Il CESE condivide la necessità di rilanciare la domanda di forza lavoro — orientamento 5 — e di garantire salari minimi adeguati ed equi a tutti i lavoratori in Europa, nel rispetto delle normative e delle prassi nazionali ed estendendo la protezione sociale e l’accesso ai sistemi di welfare a tutti i lavoratori, anche nelle nuove forme di lavoro. Per passare dalla gestione della crisi alla ripresa, l’accento dovrebbe essere posto su misure di welfare sostenibile e incentivi efficaci alle assunzioni, in particolare per le PMI. A tale proposito occorre favorire interventi di riqualificazione anche nell’ambito dei periodi di lavoro a orario ridotto a causa della pandemia. Dovrebbe essere promosso il dialogo sociale, e le parti sociali dovrebbero essere coinvolte in un processo di relazioni industriali solido, nel rispetto dell’autonomia delle stesse. La diminuzione della pressione fiscale sul lavoro non deve tradursi in una riduzione della copertura sociale che avrebbe effetti negativi sui sistemi di welfare e sulla loro sostenibilità; il CESE ritiene che vada rafforzata la lotta all’evasione e all’elusione fiscale. |
4.5. |
Per l’orientamento 6 che interviene per potenziare l’offerta di forza lavoro e migliorare l’accesso all’occupazione, abilità e competenze, il CESE osserva come sia determinante la capacità di pianificare nei singoli Stati membri un efficace coordinamento tra le misure di investimento per la formazione ed il mercato del lavoro previste dai piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) e dai fondi strutturali. In particolare dovrà essere attuato un coordinamento tra l’FSE+ e le misure di protezione sociale e di tutela previste fino al 31 dicembre 2022 dal programma SURE e da altri strumenti, per favorire la creazione di sistemi nazionali di attivazione al lavoro efficaci che consentano l’inserimento, la riqualificazione e la ricollocazione dei lavoratori. Dovrebbero essere presi in considerazione incentivi efficaci all’assunzione e misure di riqualificazione per sostenere la creazione di posti di lavoro durante la ripresa. |
4.6. |
La pandemia, con la diffusione del lavoro da remoto, ha reso ancora più evidente la necessità di definire regole e strumenti volti a rendere virtuoso il rapporto tra organizzazione del lavoro, benessere aziendale ed utilizzo delle tecnologie digitali. Il CESE ribadisce l’importanza di sfruttare il pieno potenziale offerto dal telelavoro come strumento per migliorare le condizioni di svolgimento della prestazione lavorativa e l’equilibrio tra vita professionale e vita privata, evitando, nel contempo, che diventi una possibile fonte di discriminazioni e di disagio (4). |
4.7. |
La crisi attuale ha reso ancora più evidente la necessità di riconoscere e garantire il diritto alla formazione continua e l’accesso effettivo a un’istruzione e una formazione di qualità, nonché all’adeguamento delle competenze, e di ridurre la disomogeneità attualmente presente nel ricorso all’aggiornamento professionale, sia tra le categorie produttive che tra gli Stati membri; il target sull’accesso alla formazione fissato nel piano d’azione del pilastro sociale è un obiettivo che misurerà la capacità degli Stati membri di dotarsi di strumenti nuovi che riducano le disparità di accesso e rispondano alle esigenze del mercato del lavoro sulle nuove competenze necessarie. |
4.8. |
Il CESE, per l’orientamento 7, che interviene per migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l’efficacia del dialogo sociale, osserva che gli obiettivi legati al sostegno della mobilità e occupabilità dei lavoratori potrebbero essere raggiunti attraverso la realizzazione di una piattaforma digitale europea per l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, che costituisca uno standard condiviso tra gli Stati membri ed i servizi per l’impiego, così da promuovere le politiche attive e la mobilità europea. |
4.9. |
Il dialogo sociale e la contrattazione collettiva sono un pilastro importante della sostenibilità e della resilienza delle economie europee, ma in taluni Stati membri vi è tuttora necessità di un quadro normativo ed istituzionale (5) a livello nazionale che faciliti e sostenga i sistemi di relazioni industriali; l’attuazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) rappresenterà un banco di prova della reale volontà degli Stati membri di coinvolgere e far partecipare la società civile alle scelte e agli interventi di sviluppo nazionale. |
4.10. |
Per quanto riguarda l’orientamento 8, volto a promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l’inclusione sociale e combattere la povertà, il CESE ribadisce l’importanza in questa fase di definire efficaci politiche volte all’inclusione, da considerare come investimenti determinanti per la stessa crescita dei sistemi economici e produttivi. Il CESE afferma altresì il ruolo dell’attivazione al lavoro come strumento per l’inclusione e la lotta alla povertà, evitando il ricorso a misure meramente assistenziali e promuovendo l’inclusione attraverso l’occupabilità e l’inserimento al lavoro. In questa logica appare tuttavia determinante introdurre dispositivi che evitino il rischio di «nuove povertà» nei lavoratori a basso reddito, in combinazione con politiche coerenti di lotta alla povertà. |
4.11. |
Costituiscono infine componenti determinanti della strategia per le pari opportunità la condivisione di standard comuni per quanto riguarda le politiche di genere, l’integrazione dei disabili e delle persone che vivono condizioni di fragilità e la realizzazione di sistemi di promozione sociale in grado di promuovere l’invecchiamento attivo ed il passaggio generazionale delle competenze. |
4.12. |
La pandemia ha reso evidente quanto sia fondamentale investire per garantire salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e quanto sia urgente potenziare gli ispettorati del lavoro negli Stati membri per assicurare controlli a tutela dei lavoratori. Diversi paesi europei hanno sottoscritto protocolli con le parti sociali per contrastare la diffusione del virus nei luoghi di lavoro dimostrando responsabilità e capacità di reazione di fronte a situazioni di emergenza. |
Bruxelles, 23 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) GU C 232 del 14.7.2020, pag. 18.
(2) Decisione (UE) 2020/1512 del Consiglio, del 13 ottobre 2020, relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (GU L 344 del 19.10.2020, pag. 22).
(3) GU C 374 del 16.9.2021, pag. 38.
(4) GU C 220 del 9.6.2021, pag. 13 e GU C 220 del 9.6.2021, pag. 1
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/103 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Orientamenti strategici per un’acquacoltura dell’UE più sostenibile e competitiva per il periodo 2021-2030»
[COM(2021) 236 final]
(2021/C 517/16)
Relatore: |
Anastasis YIAPANIS |
Consultazione |
Commissione europea, 31/05/2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente |
Adozione in sezione |
9.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
233/2/6 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE appoggia gli sforzi e le iniziative intrapresi dalla Commissione europea per promuovere la crescita del settore dell’acquacoltura nell’UE e migliorarne la sostenibilità; osserva che, malgrado tali iniziative e tali sforzi, questo settore non realizza ancora appieno il suo vero potenziale di crescita; ed esprime preoccupazione per il fatto che il 65 % dei prodotti dell’acquacoltura consumati in Europa sia di importazione (1). |
1.2. |
Le scelte dei consumatori si sono evolute verso uno stile di vita più attento alla salubrità nutrizionale, con i prodotti della pesca e dell’acquacoltura in cima all’elenco degli alimenti di elezione. Una situazione, questa, che per il settore in esame rappresenta un’opportunità di crescita significativa, ma comporta anche la responsabilità di garantire la futura sicurezza alimentare dell’UE. Garantire un approvvigionamento alimentare sicuro, sano e sostenibile nell’UE dovrebbe costituire una delle priorità principali. |
1.3. |
È quindi necessario uno sforzo coordinato della Commissione europea e degli Stati membri per incrementare la capacità di produzione e la redditività del settore. L’immediata semplificazione delle procedure amministrative deve accompagnarsi a elevati standard ambientali allo scopo di preservare gli ecosistemi e la biodiversità, oltre che migliorare la qualità dell’acqua. Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di istituire in tutti gli Stati membri sportelli unici per il rilascio di licenze nel settore dell’acquacoltura. |
1.4. |
Il CESE reputa che occorra trovare il giusto equilibrio tra l’esigenza di preservare la biodiversità del pianeta e quella di soddisfare il fabbisogno alimentare, tenendo conto delle ripercussioni sul piano sociale e della necessità di promuovere uno stile di vita sano e di proteggere l’ambiente. Bisognerebbe preservare e proteggere le acque marine ed interne, e nel contempo promuovere attività di acquacoltura sostenibili che assicurino la produzione alimentare necessaria per la popolazione dell’UE. |
1.5. |
Il problema della disponibilità di spazio rappresenta un grave ostacolo per lo sviluppo del settore. Il CESE stima necessaria una maggiore espansione degli impianti d’acquacoltura in tutto il territorio dell’Unione, ma soprattutto nelle zone costiere e rurali, dove non esistano condizioni idonee allo svolgimento di altre attività economiche. Il CESE invita gli Stati membri a porre in atto progetti coordinati di assetto del territorio, comprendenti tra l’altro la pianificazione a livello di bacino marittimo, il ripristino di impianti di acquacoltura abbandonati e sistemi di analisi dei megadati. |
1.6. |
Il CESE reputa che il coinvolgimento delle parti sociali e delle pertinenti organizzazioni della società civile nella futura strategia di sviluppo del settore sia destinato a creare un valore aggiunto per l’Unione. Questi soggetti, infatti, possono offrire sia competenze di alto livello che ottime opportunità di comunicazione. |
1.7. |
Il CESE ritiene che il rapporto tra i portatori d’interessi lungo le catene del valore debba essere improntato a valori etici. Occorrerebbe assicurare alle PMI e alle start-up un pieno sostegno, che permetta loro di crescere, offrire posti di lavoro di qualità e creare nuovi modelli economici sostenibili, mentre i partenariati pubblico-privato dovrebbero fruire di strumenti di finanziamento che coprano impegni a lungo termine. |
1.8. |
I programmi di istruzione e formazione professionale possono contribuire a soddisfare il fabbisogno del settore in materia di forza lavoro altamente qualificata. In quest’ottica, i relativi progetti per il settore dell’acquacoltura possono essere finanziati, attraverso appositi bandi, ricorrendo al Fondo sociale europeo. |
1.9. |
Le prescrizioni in materia di etichettatura assolvono una funzione importantissima nell’informare i consumatori in merito alla qualità dei prodotti dell’acquacoltura. I cittadini europei dovrebbero ricevere informazioni attendibili, specie riguardo ai prodotti provenienti da paesi il cui quadro normativo in materia è minimo o inesistente. Le prescrizioni in materia di tracciabilità dovrebbero operare a ritroso, fino agli incubatori, per tutti i prodotti commercializzati nel mercato interno. L’obiettivo finale dovrebbe essere quello di ottenere condizioni di perfetta parità nel mercato unico. |
1.10. |
La comunicazione in merito agli sforzi e ai progressi compiuti dal settore per garantire prestazioni ambientali e climatiche adeguate è di capitale importanza per conseguire l’accettazione sociale e mettere i consumatori al corrente di tali sforzi. È immediatamente necessario introdurre sistemi di gestione dei rifiuti in un settore che ha un elevato potenziale di riduzione della propria impronta ambientale. Il settore dispone altresì di un notevole potenziale per quanto riguarda la scelta della circolarità e di risorse acquatiche rinnovabili, nello sforzo di ridurre il consumo di energia e le emissioni di carbonio. |
1.11. |
Sono necessari investimenti pubblici e privati rapidi e cospicui, specialmente nelle attività di ricerca e sviluppo. La Commissione dovrebbe promuovere tutti i pertinenti fondi europei disponibili, nonché le opportunità di partenariato, tramite le parti sociali e le reti di organizzazioni della società civile, con l’obiettivo finale di raggiungere tutti i produttori e in particolare le PMI. |
1.12. |
Il CESE apprezza e sostiene la proposta di creare un meccanismo di assistenza per l’acquacoltura dell’UE con una piattaforma online dedicata, e reputa che a livello europeo sia necessaria e urgente una strategia per la crescita dell’acquacoltura che stimoli il potenziale di questo settore. |
2. Contesto
2.1. |
Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), la popolazione mondiale potrebbe crescere di oltre due miliardi di persone rispetto ai livelli odierni, raggiungendo entro il 2050 i 9,15 miliardi. E i redditi faranno registrare un incremento ancor più rapido. La FAO prevede che, per soddisfare l’aumento della domanda, nel 2050 la produzione agricola globale sarà superiore del 60 % rispetto a quella del 2005 (2). Il settore dell’acquacoltura è potenzialmente in grado di crescere e soddisfare una quota notevole di tale domanda, alleviando in una certa misura la pressione che grava sul settore dell’agricoltura. |
2.2. |
La produzione acquicola è ampiamente dominata dai paesi asiatici, la cui quota della produzione mondiale negli ultimi due decenni si attesta intorno all’89 % (3). Nell’UE la produzione acquicola varia dall’acquacoltura in serbatoi e lagune tradizionali all’uso di gabbie e serbatoi in mare aperto o di sistemi a ricircolo. Il settore impiega direttamente oltre 74 000 persone, in oltre 12 000 imprese (4). |
2.3. |
L’UE è il secondo operatore commerciale mondiale nel settore della pesca e dell’acquacoltura, dopo la Cina. In quanto importatore netto, nel 2019 l’UE ha registrato un disavanzo della bilancia commerciale pari a 21 miliardi di EUR. Secondo i dati più recenti la produzione acquicola dell’UE rappresenta appena l’1,15 % della produzione globale totale (5). Uno studio di Eurobarometro del 2017 (6) segnala che la grande maggioranza dei cittadini dell’UE consuma prodotti ittici almeno una volta al mese e che la maggiore frequenza di consumo di tali prodotti si riscontra nei consumatori più anziani. |
2.4. |
La comunicazione della Commissione europea sugli Orientamenti strategici per lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura nell’UE (7) offre un’analisi davvero esaustiva della situazione attuale nel settore dell’acquacoltura ed indica svariati percorsi d’azione per rendere questo settore più sostenibile e competitivo. L’UE è fermamente impegnata nella realizzazione degli obiettivi del Green Deal europeo e della strategia «Dal produttore al consumatore». |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il pesce e gli altri prodotti dell’acquacoltura hanno un elevato valore nutritivo e sono vivamente raccomandati per mantenersi in buona salute. La domanda, da parte dei consumatori, di prodotti sostenibili di alta qualità che garantiscano un’alimentazione sana è cresciuta, così come sono cresciute le aspettative dei consumatori riguardo a tali prodotti. L’ottima qualità degli alimenti prodotti dall’acquacoltura nell’Unione europea costituisce ancora un importante vantaggio competitivo. Tuttavia, il settore non realizza appieno il suo vero potenziale di crescita e si sta contraendo in termini di quota percentuale sulla produzione globale rispetto ad altre parti del mondo. |
3.2. |
A giudizio del CESE, il settore acquicolo dell’UE dovrebbe offrire una varietà di prodotti assai maggiore per soddisfare la domanda nel mercato interno. Non si può che restare increduli di fronte al fatto che il 65 % dei prodotti di acquacoltura consumati in Europa sia ancora costituito da prodotti d’importazione. Stando così le cose, l’Unione europea sta mettendo a repentaglio la propria futura sicurezza alimentare. Il CESE ha già fatto notare che «lo squilibrio della bilancia commerciale […] dei prodotti di origine acquatica non è accettabile, né da un punto di vista economico (per il disavanzo commerciale che ne deriva) né da un punto di vista sociale (per le opportunità occupazionali che non vengono sfruttate)» (8); ed oggi constata con grande rammarico che, a distanza di cinque anni, la situazione è identica e i risultati attesi non sono stati raggiunti. |
3.3. |
L’acquacoltura del nostro continente dispone di uno straordinario potenziale di crescita. L’allevamento in stagni è certamente la forma di acquacoltura di acqua dolce più rispettosa dell’ambiente, ma presenta una bassa produttività. L’UE può tuttavia vantare un’esperienza pratica sufficiente per gestire un allevamento in stagni intensivo in maniera pienamente rispettosa del clima e dell’ambiente, nonché conforme ai principi dell’economia circolare. È necessario integrare appieno le tecnologie conformi alle esigenze climatiche nella tassonomia degli investimenti verdi, al fine di garantire un flusso regolare di finanziamenti. Infine, lo sviluppo della trasformazione degli alimenti, in una prospettiva sia verticale che orizzontale, con l’inclusione di nuove specie, è prezioso per migliorare il valore aggiunto, l’accettazione dei consumatori, l’occupazione e il ricircolo dei prodotti alimentari e dei rifiuti. |
3.4. |
La maggiore domanda di prodotti alimentari attesa per i prossimi anni dovrà essere soddisfatta per mezzo di progetti sostenibili che offrano alimenti di alta qualità e nel contempo proteggano l’ambiente. L’UE è in prima fila nell’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite; e, a giudizio del CESE, è questa la strada giusta da seguire. Il settore dell’acquacoltura è estremamente importante per il conseguimento degli OSS, e in particolare dell’OSS 2 (Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile), dell’OSS 12 (Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo) e dell’OSS 15 (Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre). |
3.5. |
Il CESE ritiene che il settore disponga di un notevole potenziale per quanto riguarda la scelta della circolarità e di risorse acquatiche rinnovabili, nello sforzo di ridurre il consumo di energia e le emissioni di carbonio. La comunicazione in merito agli sforzi e ai progressi compiuti dal settore per migliorare le sue prestazioni ambientali e climatiche è di capitale importanza per conseguire l’accettazione sociale e quindi per la crescita ulteriore del settore e della domanda dei consumatori. |
3.6. |
Le aspettative dei cittadini si sono evolute: adesso, infatti, essi desiderano un regime alimentare più sano, e in quest’ottica i prodotti della pesca e dell’acquacoltura sono tra i più richiesti (9). D’altra parte alla produzione alimentare si associano una significativa impronta ambientale e costi elevati. È evidente che quella di «continuare come prima» non si può più considerare un’opzione sostenibile e occorre pertanto sviluppare nuovi modelli economici. |
3.7. |
Secondo il rapporto Food from the Oceans commissionato alla SAPEA, c’è un solo modo per ottenere dall’oceano una quantità sensibilmente maggiore di prodotti alimentari e biomassa: ottenere prodotti ittici provenienti, in media, da un livello trofico inferiore a quello da cui si ottengono attualmente; e la maricoltura sembra oggi il settore più vicino a realizzare quest’obiettivo. Tutto ciò implicherebbe in effetti l’adozione di un nuovo modello economico, imperniato sull’allevamento di specie che oggi non vengono sfruttate o lo sono in misura limitata. |
3.8. |
Molluschi e alghe svolgono un ruolo importante, poiché si trovano alla base della catena alimentare e traggono il proprio nutrimento direttamente dall’acqua. In molti paesi asiatici le alghe sono coltivate e consumate su vasta scala; nell’UE si possono considerare un prodotto nuovo e solo poche vengono coltivate con buoni risultati. Le alghe sono povere di calorie, ma sono ricche di fibre che offrono svariati benefici alla salute. Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione europea di preparare un’iniziativa specifica per promuovere il consumo di alghe. |
3.9. |
A giudizio del CESE, è possibile migliorare notevolmente la competitività del settore e nel contempo creare posti di lavoro di qualità nelle zone costiere e rurali di tutta l’Unione europea, dove è alquanto arduo sviluppare altre attività economiche. Il CESE è convinto che sviluppare le future norme sociali, garantire condizioni di lavoro dignitose e porre fine a pratiche inaccettabili sia estremamente importante, non solo per la capacità di creare posti di lavoro, ma anche per le catene di approvvigionamento. Per garantire la sicurezza alimentare, occorre mantenere un equilibrio fra i tre aspetti dello sviluppo sostenibile: quello ambientale, quello sociale e quello economico. |
4. Osservazioni specifiche
4.1. |
Dal momento che l’acquacoltura è gestita in regime di competenza concorrente tra la Commissione europea e gli Stati membri, è necessario uno sforzo coordinato per migliorare la sostenibilità e la redditività del settore. Ciò comporta la semplificazione delle procedure amministrative e una piena cooperazione tra la Commissione e le pubbliche amministrazioni nazionali e regionali. Occorre sfrondare gli oneri amministrativi tradizionali e superflui che gravano sul settore, e al tempo stesso introdurre elevati standard ambientali allo scopo di preservare gli ecosistemi e la biodiversità, oltre che migliorare la qualità dell’acqua. |
4.2. |
Il CESE ha già fatto notare che «il motivo principale all’origine sia della lentezza delle pratiche amministrative per l’autorizzazione dell’esercizio dell’acquacoltura che della mancanza di siti disponibili per quest’attività risiede nella complessa attuazione delle normative ambientali dell’Unione europea (essenzialmente, la direttiva quadro sulle acque, la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino e le regole relative a Natura 2000) da parte delle amministrazioni pubbliche degli Stati membri e delle loro regioni. Questa situazione esige dalle imprese dell’acquacoltura il rispetto di requisiti che sono eccessivamente gravosi sul piano economico e che, paradossalmente, non garantiscono una maggiore protezione dell’ambiente» (10). |
4.3. |
Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di istituire in tutti gli Stati membri sportelli unici per il rilascio di licenze nel settore dell’acquacoltura. In tal modo si abbrevierebbe sensibilmente l’attuale processo di approvazione, caratterizzato da incredibili lungaggini. |
4.4. |
È estremamente importante fornire finanziamenti adeguati, sia pubblici che privati, per le iniziative di acquacoltura sostenibile. A giudizio del CESE, la Commissione dovrebbe promuovere — attraverso le parti sociali e le reti di organizzazioni della società civile — tutti i fondi europei disponibili pertinenti, con l’obiettivo finale di raggiungere tutti i produttori e in particolare le PMI. Occorrerebbe assicurare alle start-up un pieno sostegno, che permetta loro di crescere e di offrire posti di lavoro di qualità; e i nuovi partenariati pubblico-privato dovrebbero fruire di strumenti di finanziamento che coprano impegni a lungo termine. Il CESE ritiene altresì che, in tutte le fasi della trasformazione, del trattamento e della distribuzione, il rapporto tra produttori, dettaglianti e altri portatori di interessi debba essere improntato a valori etici, al fine di garantire l’accesso al mercato ai piccoli produttori e porre termine alle pratiche sleali. |
4.5. |
Sono necessari investimenti in ricerca e sviluppo rapidi e cospicui, per un settore che vuole crescere e ha la capacità di fornire prodotti alimentari sani e insieme sostenibili. L’UE deve proporre una strategia per la crescita dell’acquacoltura che stimoli il potenziale del settore. In un settore in cui prevalgono le PMI è importantissimo sensibilizzare i produttori in merito alle opportunità disponibili di finanziamenti europei. |
4.6. |
A parere del CESE, il mercato interno sarebbe capace di assorbire almeno il triplo dell’attuale capacità produttiva. Garantire un approvvigionamento alimentare sicuro, sano e sostenibile nell’UE dovrebbe costituire una delle principali priorità. Il nuovo approccio all’acquacoltura sostenibile dovrebbe inoltre tener conto dell’impatto della Brexit, giacché il recesso del Regno Unito dall’UE ha inciso profondamente sul settore dell’acquacoltura europea. |
4.7. |
Il CESE esorta la Commissione europea a garantire che i prodotti importati rispettino i medesimi requisiti e le stesse norme che sono imposti ai produttori locali. Il CESE ha già invitato «le autorità pubbliche [a] pretendere per i prodotti importati la stessa sicurezza sanitaria richiesta alla produzione europea, con una tracciabilità totale “dal produttore al consumatore” (11)». È necessario che i requisiti in materia di tracciabilità operino a ritroso, fino agli incubatori, per tutti i prodotti immessi sul mercato interno; ed è di vitale importanza garantire parità di condizioni di concorrenza ai produttori europei e prodotti sicuri e di qualità ai consumatori. |
4.8. |
Le prescrizioni in materia di etichettatura assolvono una funzione importantissima nell’informare i consumatori europei in merito alla qualità dei prodotti dell’acquacoltura sostenibile. La normativa UE offre il quadro giuridico per assicurare parità di condizioni di concorrenza, ma non viene rispettata sempre né completamente. Occorre intensificare le attività di controllo della qualità e quelle in materia di etichettatura per tutelare sia i consumatori sia le imprese che agiscono correttamente e comunicare informazioni attendibili, specie riguardo ai prodotti provenienti da paesi il cui quadro normativo in materia è minimo o inesistente. |
4.9. |
Il CESE ritiene che l’obiettivo finale della Commissione e degli Stati membri dovrebbe essere quello di ottenere condizioni perfettamente uniformi nel mercato interno. Tale obiettivo si può conseguire solo assicurando il pieno rispetto delle norme UE per tutti i prodotti venduti nel mercato interno, indipendentemente dal fatto che siano prodotti localmente o importati. Il CESE chiede prodotti completamente tracciabili, che rispettino i requisiti ambientali e di qualità. A giudizio del CESE, la tracciabilità dei prodotti dell’acquacoltura e la trasparenza a livello di catena di approvvigionamento rivestono grande importanza, soprattutto per le specie minacciate. |
4.10. |
Sulle PMI gravano in maniera sproporzionata gli adempimenti burocratici e i forti costi amministrativi connessi alla costituzione e all’esercizio di un’impresa che pratica l’acquacoltura. Dal momento che nel settore prevalgono le PMI e le piccole aziende familiari, il CESE invita a istituire in tutti gli Stati membri centri d’informazione che fungano da sportelli unici, siano completamente digitalizzati e forniscano a produttori, investitori e consumatori informazioni aggiornate in tempo reale. Il CESE giudica inoltre opportuno costituire un maggior numero di organizzazioni di produttori, data la loro estrema importanza per la competitività del settore e specialmente delle PMI; e reputa necessario anche istituire una piattaforma dedicata che sostenga la continuazione e il rilevamento delle attività d’impresa. |
4.11. |
Il CESE chiede di introdurre un quadro di incentivi specifico che sostenga il settore e lo guidi verso la sostenibilità. Il CESE raccomanda di elaborare immediatamente un sistema di incentivi basato sulla sostenibilità, nel quadro dell’OSS 14. In alternativa, un’altra opzione da seguire è rappresentata dal ricorso a incentivi fiscali alla produzione acquicola sostenibile. |
4.12. |
La questione della disponibilità di spazio pone un’altra sfida al settore dell’acquacoltura, che spesso deve competere con altre attività economiche: cantieristica, energie rinnovabili, attività ricreative, industria estrattiva eccetera. Gli Stati membri dovrebbero porre in atto progetti coordinati di assetto del territorio, comprendenti tra l’altro la pianificazione a livello di bacino marittimo, il ripristino di impianti di acquacoltura abbandonati e sistemi di analisi dei megadati. |
4.13. |
La raccolta e la valutazione dei dati possono assolvere una funzione importante per lo sviluppo del settore, e il CESE esorta ad attivarsi quanto prima in questo senso. I risultati dipenderanno dalla disponibilità dei finanziamenti necessari, nonché dal coinvolgimento diretto degli enti pubblici e dei soggetti privati. Inoltre, il trasferimento delle migliori pratiche dai gruppi di azione locale (GAL) ai gruppi di azione locale nel settore della pesca (FLAG) e l’incremento dei fondi destinati a questi ultimi gruppi miglioreranno la capacità dei piccoli produttori. |
4.14. |
I programmi di istruzione e formazione professionale possono contribuire a soddisfare le esigenze del settore dell’acquacoltura, sensibilizzando nel contempo le giovani generazioni in merito alle opportunità di lavoro e di carriera che si presentano nel settore. Il CESE invita inoltre a istituire anche corsi di formazione permanente in materia di pratiche di acquacoltura sostenibile. A tal fine è possibile ricorrere al Fondo sociale europeo per finanziare, attraverso appositi bandi, progetti destinati specificamente al settore dell’acquacoltura. |
4.15. |
È immediatamente necessario introdurre sistemi di gestione dei rifiuti in un settore con un elevato potenziale di riduzione della propria impronta ambientale, nonché adottare norme in materia di controllo della qualità e di sicurezza sanitaria e alimentare. Tutto ciò sarebbe particolarmente importante per la futura sostenibilità del settore. |
4.16. |
Le azioni che si adotteranno nei prossimi cinque anni a sostegno del settore acquicolo saranno di capitale importanza per il futuro del settore e avranno un ruolo cruciale nel determinare il grado di dipendenza dalle importazioni. Il CESE giudica estremamente importante il coinvolgimento delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile nei processi di progettazione e attuazione; tale coinvolgimento produrrà un valore aggiunto per l’Unione, stimolando la produttività sostenibile e la competitività del settore. |
4.17. |
Il CESE ritiene necessario preservare e proteggere le acque marine e interne, promuovendo nel contempo attività di acquacoltura sostenibili che garantiscano la produzione alimentare necessaria per la popolazione dell’UE. Occorre trovare il giusto equilibrio tra l’esigenza di preservare la biodiversità del pianeta e quella di soddisfare il fabbisogno alimentare, tenendo conto delle ripercussioni sul piano sociale e della necessità di promuovere uno stile di vita sano e di proteggere l’ambiente. L’acqua, i nutrienti, l’ubicazione dell’azienda e l’energia sono alcuni dei fattori più importanti che determinano la sostenibilità ecologica delle imprese acquicole. |
4.18. |
Il CESE apprezza infine tutti gli sforzi e le iniziative intrapresi dalla Commissione europea per promuovere la crescita del settore e migliorarne la sostenibilità; ritiene che la proposta di istituire un meccanismo di assistenza per l’acquacoltura dell’UE con una piattaforma dedicata online sia estremamente importante per i produttori; e reputa necessario migliorare anche lo scambio di buone pratiche tra gli Stati membri. |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) https://www.eumofa.eu/documents/20178/415635/EN_The+EU+fish+market_2020.pdf
(2) http://www.fao.org/fileadmin/user_upload/esag/docs/AT2050_revision_summary.pdf
(3) Expert Working Group on Economic Report of EU aquaculture sector
(4) https://stecf.jrc.ec.europa.eu/reports/economic/-/asset_publisher/d7Ie/document/id/2871698
(5) https://www.eumofa.eu/documents/20178/415635/EN_The+EU+fish+market_2020.pdf
(6) Special Eurobarometer 450: EU consumer habits regarding fishery and aquaculture products
(7) Orientamenti strategici per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura nell'UE
(8) Parere del CESE sul tema Rimuovere gli ostacoli a un’acquacoltura sostenibile in Europa (GU C 34 del 2.2.2017, pag. 73).
(9) Science Advice for Policy by European Academies (SAPEA), rapporto Food from the Oceans, 2017.
(10) Parere del CESE sul tema Rimuovere gli ostacoli a un’acquacoltura sostenibile in Europa, GU C 34 del 2.2.2017, pag. 73.
(11) Parere del CESE sul tema Orientamenti strategici per lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura nell’UE (GU C 67 del 6.3.2014, pag. 150).
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/108 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Un nuovo approccio per un’economia blu sostenibile nell’UE — Trasformare l’economia blu dell’UE per un futuro sostenibile»
[COM(2021) 240 final]
(2021/C 517/17)
Relatore: |
Simo TIAINEN |
Consultazione |
Commissione europea, 31.5.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente |
Adozione in sezione |
9.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
229/0/11 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
L’economia blu svolge un ruolo fondamentale e presenta un potenziale sempre maggiore nell’Unione europea (UE) e nell’economia globale, per quanto concerne la creazione di posti di lavoro e il benessere delle persone. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene estremamente importante cogliere queste opportunità nella misura massima possibile e nel contempo ridurre al minimo l’impatto negativo sul clima, sulla biodiversità e sull’ambiente. La buona qualità dell’acqua e la buona salute degli ecosistemi acquatici costituiscono una condizione essenziale per un’economia blu fiorente e sostenibile. |
1.2. |
Oltre alle sfide ambientali, gli operatori dell’economia blu devono affrontare anche una serie di altre sfide, a cominciare da una concorrenza sleale a livello globale e da uno sviluppo tecnologico sempre più rapido. Molte attività, in particolare il turismo, sono state duramente colpite dalla pandemia di COVID-19. Una ripresa agevole e robusta è quindi di cruciale importanza per l’economia blu. |
1.3. |
L’economia blu abbraccia un’ampia gamma di settori e attività, sia tradizionali che emergenti. La crescente diversità delle attività legate all’economia blu pone una serie di sfide, in termini di compatibilità reciproca tra le stesse nonché di competizione per lo spazio e le risorse marini. Il CESE evidenzia l’importanza della pianificazione dello spazio marittimo sia per consentire la coesistenza di diverse attività sia nella preparazione all’adattamento ai cambiamenti climatici. |
1.4. |
Il CESE invita l’UE a sostenere attivamente lo sviluppo e l’introduzione di tecnologie e soluzioni verdi e digitali per le attività marine, con l’obiettivo di generare benefici economici, sociali ed ambientali. Il CESE sottolinea inoltre l’importanza della ricerca oceanografica, affiancata dalla ricerca sugli effetti socioeconomici e ambientali delle attività dell’economia blu. |
1.5. |
Il CESE esorta l’UE a garantire un ambiente favorevole e prevedibile per l’innovazione e gli investimenti, con procedure amministrative semplificate e certezza di condizioni normative e finanziarie. Il Comitato si compiace che l’UE metta a disposizione risorse finanziarie consistenti per l’economia blu sostenibile, e sottolinea la necessità di rendere tale sostegno finanziario facilmente accessibile agli operatori a livello nazionale e locale. |
1.6. |
Il CESE evidenzia la necessità di considerare l’economia blu dell’UE e il suo potenziale in un contesto globale, che includa anche le relazioni commerciali ed esterne. Il Comitato invita l’UE ad assicurare alle imprese europee condizioni di parità rispetto ai concorrenti internazionali e a migliorare l’attuazione, su scala globale, delle convenzioni e degli accordi internazionali concernenti la cooperazione economica, le condizioni di lavoro e l’ambiente. |
1.7. |
Il CESE sottolinea che le parti sociali hanno un ruolo fondamentale da svolgere nel prevedere le trasformazioni del mondo del lavoro, nell’accompagnare lo sviluppo delle competenze e nel migliorare l’occupabilità dei lavoratori nell’economia blu. Inoltre, il dialogo sociale a livello nazionale, settoriale e aziendale è cruciale per garantire condizioni di lavoro appropriate. |
1.8. |
Dato il suo carattere orizzontale, l’economia blu deve essere integrata in modo globale e coerente nell’elaborazione delle politiche. Ciò richiede una cooperazione continua tra i decisori a tutti i livelli: tra l’UE e gli Stati membri, tra gli Stati membri nelle varie regioni, e tra i diversi settori d’intervento quali l’industria, la pesca, il commercio, i trasporti, l’energia, l’occupazione e l’ambiente. |
1.9. |
Il CESE sottolinea la necessità che le politiche in materia di economia blu siano fondate su conoscenze scientifiche solide e su una base di dati affidabili, e che tengano pienamente conto delle esigenze e dei punti di vista dei portatori di interessi e degli attori dell’economia blu. Il Comitato invoca uno stretto coinvolgimento di dipendenti, lavoratori e altri soggetti della società civile nell’elaborazione, nell’attuazione e nel monitoraggio delle politiche nazionali e dell’UE a favore di un’economia blu. |
1.10. |
Se, da un lato, è importante e necessario considerare l’economia blu in modo globale e orizzontale, dall’altro è anche importante esaminare i diversi settori e le diverse attività dal punto di vista delle rispettive opportunità e sfide specifiche, in modo da poter fornire un contributo dal basso alle politiche in materia di economia blu. |
1.11. |
Inoltre, il CESE pone l’accento sulla necessità di misure educative e di sensibilizzazione volte ad accrescere la consapevolezza delle importanti opportunità offerte dall’economia blu in termini di alimentazione sana, mobilità e attività ricreative, nonché di posti di lavoro e prosperità, e sottolinea l’importanza della protezione dell’ambiente marino, ad esempio dai rifiuti di plastica. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
Il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione europea su un nuovo approccio per un’economia blu sostenibile nell’UE, e appoggia gli obiettivi volti a sostenere la transizione verso un’economia climaticamente neutra, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva, in linea con il Green Deal europeo. |
2.2. |
Il CESE sostiene e raccomanda un approccio integrato all’economia blu riguardo alle varie dimensioni dello sviluppo sostenibile, e sottolinea che l’economia blu contribuisce al raggiungimento della maggior parte degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite, e in particolare di quelli relativi agli oceani, ai mari e alle risorse marine, all’azione per il clima, alla riduzione della povertà e della fame, alla promozione della salute e del benessere, al consumo e alla produzione responsabili, al lavoro dignitoso e alla crescita economica (1). |
2.3. |
L’economia blu contribuisce in misura considerevole — e lo può fare in misura sempre maggiore — a rafforzare l’economia dell’UE e quella mondiale e a migliorare la qualità dell’occupazione e il benessere delle persone in varie parti del mondo, apportando benefici specifici alle zone rurali e a quelle costiere. Il CESE ritiene che sia estremamente importante cogliere queste opportunità nella misura massima possibile. |
2.4. |
Nel contempo, il CESE giudica essenziale ridurre al minimo l’inquinamento idrico e atmosferico, la produzione di rifiuti e l’impatto nocivo sul clima e la biodiversità. Ciò è fondamentale non solo per la tutela dell’ambiente, ma anche perché una buona qualità ambientale ed ecosistemi in buona salute sono indispensabili per assicurare condizioni adeguate e risorse sufficienti per la stessa economia blu. Pertanto la gestione degli aspetti ambientali deve essere considerata come parte integrante di qualsiasi attività economica. |
2.5. |
L’economia blu comprende un ampio ventaglio di attività che sono essenziali per la vita quotidiana delle persone, e le imprese coinvolte vanno dalle grandi multinazionali alle PMI locali. La produzione alimentare ed energetica, l’attività estrattiva, le industrie marittime, i trasporti e il turismo costituiscono attualmente i settori principali collegati alle attività marine, accanto a settori emergenti quali la produzione di nuovi tipi di prodotti della bioeconomia blu. Anche l’economia circolare e le attività di protezione delle acque sono intrinsecamente legate all’economia blu. |
2.6. |
L’economia blu si riferisce per definizione agli oceani, ai mari e alle coste, e riguarda pertanto in primo luogo gli Stati che si affacciano sul mare. Tuttavia, catene di approvvigionamento transfrontaliere e mercati comuni, come anche il fatto di condividere le questioni climatiche e ambientali, fanno dell’economia blu un tema di interesse per l’intera UE e per tutti i suoi Stati membri, dal Mediterraneo al Mar Baltico fino all’Oceano Artico, e dal Mar Nero all’Oceano Atlantico fino al Mare del Nord. |
2.7. |
Il CESE sottolinea inoltre come il concetto di economia blu non debba riguardare soltanto i mari e gli oceani, in quanto attività economiche analoghe si basano sulle risorse di acqua dolce, considerando che i corsi d’acqua interni vanno comunque a sfociare nei mari e negli oceani. Questo rende evidente l’importanza della cooperazione regionale per il controllo dell’inquinamento idrico. |
2.8. Sfide e opportunità
2.8.1. |
La crescente diversità delle attività legate all’economia blu comporta una serie di sfide, in termini di compatibilità reciproca tra le stesse nonché di competizione per lo spazio e le risorse marini. Pertanto il CESE sottolinea l’importanza della pianificazione dello spazio marittimo, comprese la gestione integrata e la valutazione degli effetti cumulativi, ed esorta gli Stati membri a cercare e assegnare spazi appropriati alle diverse attività, con l’obiettivo di consentire ad esse di svilupparsi e coesistere con ripercussioni negative minime su altri attori e sull’ambiente marino. |
2.8.2. |
Se, da un lato, gli oceani e i mari svolgono un ruolo importante come pozzi di assorbimento del carbonio, dall’altro gli ecosistemi marini e le aree costiere sono vulnerabili ai cambiamenti climatici e al loro impatto, tra cui il riscaldamento delle acque, l’innalzamento del livello dei mari ed eventi meteorologici estremi, ragion per cui il CESE reputa che l’economia blu debba essere ben preparata per l’adattamento ai cambiamenti climatici, ed esorta gli Stati membri a considerare tale adattamento come una componente essenziale della pianificazione dello spazio marittimo, favorendo misure che contribuiscano anche a sostenere la biodiversità. Il Comitato fa altresì notare che i periodi di siccità sempre più frequenti e la scarsità di acqua dolce impongono di adottare nuove soluzioni per garantire la sicurezza alimentare. |
2.8.3. |
Il CESE osserva che gli operatori dell’economia blu devono affrontare molte altre sfide, a cominciare da una concorrenza sleale a livello globale e da uno sviluppo tecnologico sempre più rapido. Per soprammercato, molte attività sono state duramente colpite dalla crisi indotta dalla pandemia di COVID-19 e devono far fronte alle relative conseguenze, e ciò vale in particolare per il turismo e i servizi connessi. Una ripresa agevole e robusta — in linea con le transizioni verde e digitale — è quindi di cruciale importanza per l’economia blu. |
2.8.4. |
In generale, l’economia blu offre molte opportunità per quanto concerne la transizione verde e digitale. Per cogliere queste opportunità, saranno necessari sforzi intensi nel campo della ricerca e dell’innovazione. Ciò è essenziale sia per lo sviluppo di attività tradizionali che per la creazione di nuove attività, e contribuirà dunque anche ad attrarre i giovani verso di esse e a diversificare lo spettro dell’economia blu. |
2.8.5. |
Il CESE invita l’UE a sostenere attivamente lo sviluppo e l’introduzione di soluzioni digitali per le attività connesse al mare, anche per quanto concerne il rilevamento del fondo marino e il monitoraggio, l’esplorazione, la modellizzazione e la previsione dello stato dell’ambiente e delle risorse marini. L’innovazione è inoltre necessaria per migliorare l’efficienza nell’uso dell’energia e dei materiali e contribuire a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, l’inquinamento atmosferico e idrico e la quantità di rifiuti. Occorre prestare una particolare attenzione a sostenere le piccole imprese nella transizione verde e digitale. Il CESE esorta altresì a condividere le buone pratiche e ad ampliare la diffusione delle innovazioni sociali create dai portatori di interessi e dagli attori dell’economia blu, anche al fine di accrescere l’interconnettività, la resilienza, la trasparenza e l’equità delle catene del valore. |
2.8.6. |
Lo sviluppo di un’economia blu sostenibile richiede una comprensione adeguata dei fenomeni fisici, chimici e biologici legati all’ambiente marino, nonché dei relativi cambiamenti. Il CESE sottolinea l’importanza della ricerca oceanografica, affiancata dalla ricerca sugli effetti socioeconomici e ambientali delle attività dell’economia blu, nonché del fatto che nel condurre tali ricerche si adotti l’approccio della scienza aperta e ci si avvalga di progetti di scienza dei cittadini. |
2.8.7. |
Nello sfruttare il potenziale offerto dall’economia blu in termini di creazione di posti di lavoro, è essenziale puntare a un’occupazione di qualità che promuova il benessere delle persone. Per far ciò, inoltre, sono necessari lo sviluppo di una formazione avanzata e di competenze trasferibili, il riconoscimento reciproco delle qualifiche, mobilità intersettoriale e adattabilità ai cambiamenti del mercato del lavoro. Il CESE esorta gli Stati membri e i responsabili dell’istruzione — in cooperazione coi rappresentanti degli operatori dell’economia blu e delle parti sociali — a tenere conto delle suddette esigenze nell’elaborare i programmi di istruzione e formazione, compresi quelli volti a migliorare il livello delle competenze e la riqualificazione professionale, e a farlo utilizzando, tra le altre risorse, il Fondo sociale europeo Plus. |
2.8.8. |
Il CESE sottolinea inoltre il ruolo cruciale delle parti sociali nell’anticipare le trasformazioni del mondo del lavoro, nell’accompagnare lo sviluppo delle competenze e nel migliorare l’occupabilità dei lavoratori nell’economia blu. Inoltre, il dialogo sociale a livello settoriale, nazionale e aziendale, compresa la contrattazione collettiva, è essenziale non solo per garantire determinati standard minimi, ma anche per migliorare le condizioni di lavoro in tutti i settori dell’economia blu. |
2.9. Investimenti, finanziamenti e quadro internazionale
2.9.1. |
Per realizzare il potenziale dell’economia blu sostenibile, il CESE esorta l’UE ad assicurare un ambiente favorevole e prevedibile per l’innovazione, gli investimenti e l’attività d’impresa, in particolare semplificando le procedure amministrative e garantendo certezza di condizioni normative e finanziarie. Definendo una visione globale e a lungo termine, la comunicazione della Commissione in esame costituisce uno strumento prezioso per garantire la prevedibilità. |
2.9.2. |
Il CESE si compiace che l’UE metta a disposizione risorse finanziarie consistenti per l’economia blu sostenibile, compresi fondi specifici per le attività connesse con il mare e strumenti generali quali Orizzonte Europa, i fondi strutturali e d’investimento e il dispositivo per la ripresa e la resilienza, e sottolinea la necessità di rendere tale sostegno finanziario facilmente accessibile agli operatori a livello nazionale e locale. |
2.9.3. |
È altresì importante mobilitare i finanziamenti privati per lo sviluppo dell’economia blu, il che richiede progetti che siano allettanti per gli investitori e i finanziatori privati, in linea con le norme e i principi della finanza sostenibile. Inoltre, il CESE chiede di rafforzare i progetti di partenariato tra il settore pubblico, le imprese e i cittadini al livello di base. |
2.9.4. |
Il CESE richiama l’attenzione sulla necessità di considerare l’economia blu dell’UE ed il suo potenziale in un contesto globale, dato che la maggior parte delle attività dell’economia blu ha un respiro internazionale attraverso il commercio e le catene di approvvigionamento oppure attraverso le zone marine condivise; sottolinea pertanto la necessità della cooperazione internazionale e di regole comuni, al fine di garantire pari condizioni di concorrenza ed evitare conflitti in relazione alle risorse marine. Il CESE incoraggia l’UE a migliorare l’attuazione, su scala mondiale, delle convenzioni e degli accordi internazionali, in particolare in materia di commercio, trasporti, condizioni di lavoro, clima e ambiente, oltre che della Convenzione ONU sul diritto del mare. |
2.9.5. |
Il CESE esorta l’UE a fare in modo che le condizioni da essa stabilite per l’economia blu siano competitive rispetto a quelle di altri attori internazionali quali la Cina. Ciò è necessario affinché i prodotti, le tecnologie e le soluzioni delle imprese dell’UE legati all’economia blu sostenibile possano sia affermarsi nei mercati internazionali che competere con successo con quelli importati nell’UE da paesi terzi. |
2.9.6. |
Il CESE richiama altresì l’attenzione sulle opportunità offerte dalla cooperazione con i paesi in via di sviluppo, e incoraggia l’UE a fare dell’economia blu uno degli elementi costitutivi del suo partenariato con l’Africa. |
2.10. Un’elaborazione delle politiche coerente ed inclusiva
2.10.1. |
Dato il suo carattere orizzontale, l’economia blu deve essere integrata in modo globale e coerente nell’elaborazione delle politiche. Ciò richiede una cooperazione fluida tra i decisori politici a tutti i livelli, sia verticalmente che orizzontalmente: tra l’UE e i responsabili decisionali nazionali, tra gli Stati membri, e tra i diversi settori d’intervento delle politiche, quali l’industria, la pesca, il commercio, i trasporti, l’energia, l’occupazione e l’ambiente. |
2.10.2. |
La cooperazione regionale tra gli Stati membri e con i paesi esterni all’UE è particolarmente importante (2), tenuto conto del fatto che le zone marine, così come molti corsi d’acqua interni, rivestono carattere transfrontaliero. La cooperazione è dunque di cruciale importanza per garantire la sicurezza delle attività legate al mare e proteggere i diritti umani e l’ambiente rispetto a un ampio e variegato ventaglio di minacce interne ed esterne, che vanno dai rischi geopolitici alla pirateria fino ai reati ambientali e alla criminalità informatica. |
2.10.3. |
Il CESE sottolinea la necessità che le politiche e le misure dell’economia blu siano fondate su fatti ricavati da conoscenze scientifiche solide e su una solida base di dati. Inoltre, tenuto conto del ruolo vitale degli attori della società civile nella creazione concreta di un’economia blu sostenibile, il Comitato chiede uno stretto coinvolgimento delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, nonché delle organizzazioni ambientali e delle altre organizzazioni interessate, nell’elaborazione, nell’attuazione e nel monitoraggio delle politiche nazionali e dell’UE. |
2.10.4. |
Il CESE esorta la Commissione a continuare ad adoperarsi a favore di una tabella di marcia di interventi più specifici, basata sul riscontro e sui contributi forniti dai diversi portatori di interessi e attori dell’economia blu, nonché sul ricorso al dialogo nell’ambito del Forum blu per gli utenti del mare («Blue Forum»). |
2.10.5. |
Il CESE pone inoltre l’accento sulla necessità di misure educative e di sensibilizzazione volte ad accrescere la consapevolezza delle importanti opportunità offerte dall’economia blu in termini di alimentazione sana, mobilità e attività ricreative, nonché di posti di lavoro e prosperità, e sottolinea l’importanza della protezione dell’ambiente marino, ad esempio dai rifiuti di plastica. |
3. Osservazioni specifiche
3.1. |
Se, da un lato, è importante e necessario considerare l’economia blu in modo globale e orizzontale, dall’altro, è anche importante esaminare i diversi settori e le diverse attività dal punto di vista delle rispettive opportunità e sfide specifiche, in modo da poter fornire un contributo dal basso e combinarlo con l’approccio dall’alto previsto nella comunicazione in esame. |
3.2. Trasporti e porti
3.2.1. |
Il trasporto marittimo è cruciale per la logistica del trasporto merci e per il trasporto dei passeggeri sia all’interno che al di fuori dell’UE. Il CESE invita l’UE a migliorare le condizioni per promuovere la competitività internazionale, la digitalizzazione e l’ecologizzazione del trasporto marittimo e ad adoperarsi per eliminare le pratiche che portano a una concorrenza sleale, come le pratiche abusive nel contesto della navigazione sotto bandiera straniera. Oltre agli sviluppi delle singole tecnologie, anche le soluzioni digitali a livello di sistema contribuiscono a migliorare le prestazioni economiche e ambientali dei trasporti, ad esempio attraverso un migliore allineamento tra domanda e offerta. È opportuno sfruttare appieno anche i vantaggi della navigazione marittima a corto raggio per ridurre l’impatto ambientale dei trasporti. Inoltre, il CESE richiama l’attenzione sulle opportunità offerte dalle nuove vie di trasporto mondiali quali il passaggio a nord-est nella regione artica. |
3.2.2. |
Il CESE evidenzia il ruolo chiave dei porti che fungono da «hub» dell’economia blu, tra l’altro anche per quanto concerne le transizioni verde e digitale. Se, da un lato, i porti continuano a mantenere la funzione tradizionale di abilitatori del trasporto marittimo e luoghi di sbarco del pescato, dall’altro, il loro ruolo va espandendosi per includere nuove attività quali la facilitazione delle energie da fonti rinnovabili e dell’economia circolare. Ciò richiede investimenti nelle infrastrutture e, in generale, una nuova forma di gestione. L’emergere di nuovi ruoli potrebbe inoltre rendere i piccoli porti più importanti per le rispettive regioni. |
3.3. Pesca, acquacoltura e nuovi prodotti biologici
3.3.1. |
Il CESE sottolinea l’importanza del ruolo della pesca, dell’acquacoltura e dei settori ad esse correlati nel garantire agli europei un’alimentazione sana e a basso contenuto di carboidrati. Considerata la gran quantità di prodotti ittici importati nell’UE, vi sono ottime ragioni per ridurre la dipendenza dell’UE dalle importazioni alimentari e garantire la competitività delle imprese europee della pesca, dell’acquacoltura e dei settori ad esse correlati, al fine di garantire la sicurezza e la sovranità alimentari. Data la vetustà della flotta peschereccia dell’UE, i finanziamenti a titolo del Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura andrebbero destinati all’ammodernamento delle flotte e quindi al miglioramento delle prestazioni ambientali delle loro unità, delle condizioni di lavoro dei loro equipaggi e dell’attrattiva delle loro attività. Il CESE riconosce e incoraggia gli sforzi costantemente profusi dal settore della pesca per mantenere gli stock ittici a livelli sostenibili e proteggere gli ecosistemi marini. Il CESE incoraggia inoltre la condivisione di pratiche concrete quali la partecipazione dei pescherecci da traino alla raccolta dei rifiuti di plastica. |
3.3.2. |
Per quanto concerne l’acquacoltura, il CESE rimanda a un altro suo parere, dedicato ai nuovi orientamenti strategici per l’acquacoltura nell’UE (3). Il CESE sostiene altresì lo sviluppo di nuovi prodotti biologici quali prodotti farmaceutici, alimenti e additivi alimentari, mangimi per animali, cosmetici e nuovi materiali a base di alghe e altri organismi marini. Questi prodotti biologici integrano la gamma di attività della cosiddetta «bioeconomia blu», oggetto di un precedente parere del CESE (4) che riguardava anche le acque dolci. |
3.4. Turismo e servizi connessi
3.4.1. |
Il turismo marittimo e costiero, con le diverse attività connesse quali i settori dei trasporti, alberghiero e della ristorazione, è di vitale importanza per molte regioni dell’UE. In merito alle misure volte ad affrontare i problemi causati dalla pandemia, il CESE rimanda al suo parere sul turismo e i trasporti (5). Occorre che, dopo la ripresa dalla pandemia, il turismo torni ad assumere il suo posto di rilievo in quanto settore che, facendo leva in molti casi su piccole e medie imprese, contribuisce alle economie locali e a un’occupazione di qualità; ma occorre assicurarsi che la ripresa del settore abbia luogo in modo tale da garantirne la sostenibilità complessiva. Il CESE fa notare che il turismo sostenibile costituisce uno strumento essenziale per offrire alle persone non solo opportunità ricreative, ma anche una possibilità di conoscere e scoprire la diversità delle culture e degli ambienti dell’UE. |
3.5. Cantieristica navale e tecnologia marittima
3.5.1. |
La cantieristica navale è un’industria marittima tradizionale al servizio del trasporto di merci e passeggeri; oggi, però, in essa vengono introdotti molti nuovi elementi ed approcci, in linea con le transizioni verde e digitale. Ad esempio, l’automazione avanzata delle navi contribuisce a migliorare l’efficienza energetica e la sicurezza dei trasporti; inoltre, lo sviluppo e l’adozione di sistemi di propulsione puliti e di combustibili rinnovabili sono fondamentali per ridurre il più possibile le emissioni atmosferiche. Anche la tecnologia e le pratiche di riparazione, manutenzione e demolizione navali che rafforzano l’economia circolare sono essenziali in questo sviluppo. Il CESE esorta pertanto l’UE a garantire condizioni atte a favorire lo sviluppo della, e gli investimenti nella, tecnologia marittima, anche per quanto riguarda le attrezzature, il software e le condizioni di lavoro. |
3.6. Energia
3.6.1. |
Benché tradizionalmente incentrate sullo sfruttamento dei combustibili fossili, le attività marine relative all’energia sono ora orientate alle energie da fonti rinnovabili, principalmente quelle eolica ed oceanica. L’introduzione dell’energia da fonti rinnovabili è di cruciale importanza per compiere progressi verso la neutralità climatica, e l’energia rinnovabile marina può contribuire in modo considerevole al futuro mix energetico e alla riduzione delle emissioni di carbonio. Nel contempo, si rende necessario trovare soluzioni per affrontare i conflitti di interessi tra i diversi usi delle zone marine. Il Comitato ha espresso il suo punto di vista sull’energia rinnovabile offshore nel suo recente parere sulla strategia per sfruttare il potenziale di tale energia (6). |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) https://www.un.org/sustainabledevelopment/oceans/
(2) 2. Parere del CESE sull’Iniziativa per lo sviluppo sostenibile dell’economia blu nel Mediterraneo occidentale (GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 82).
(3) Parere del CESE NAT/816 sugli Orientamenti strategici per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura nell'UE (cfr. pag. 103 della presente Gazzetta ufficiale).
(4) Parere del CESE sul tema Bioeconomia blu (GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 58).
(5) Parere del CESE sul tema Turismo e trasporti nel 2020 e oltre (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 219).
(6) Parere del CESE sul tema Strategia dell’UE per sfruttare il potenziale delle energie rinnovabili offshore (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 152).
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/114 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa a un piano d’azione per lo sviluppo della produzione biologica
[COM(2021) 141 final]
(2021/C 517/18)
Relatore: |
Andreas THURNER |
Consultazione |
Commissione europea, 21.4.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente |
Adozione in sezione |
9.9.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
185/3/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE):
1.1. |
riconosce il ruolo dell’agricoltura biologica ai fini del conseguimento degli obiettivi del Green Deal europeo, e accoglie con favore la comunicazione della Commissione europea relativa a un piano d’azione per lo sviluppo della produzione biologica, in cui ravvisa una base solida per portare avanti uno sviluppo sostenibile del settore biologico; |
1.2. |
giudica molto ambizioso l’obiettivo, formulato nel Green Deal europeo, di destinare il 25 % delle superfici agricole dell’UE all’agricoltura biologica entro il 2030; |
1.3. |
sostiene in particolare l’approccio orientato al mercato della Commissione europea, volto a rafforzare ulteriormente la domanda e la fiducia dei consumatori nei confronti dei prodotti biologici. Per favorire in modo efficace l’ulteriore sviluppo del settore, è decisivo un rapporto equilibrato tra domanda e offerta; |
1.4. |
raccomanda, vista la diversità delle situazioni di partenza nei vari paesi dell’UE, di istituire una sorta di «meccanismo di gemellaggio» per facilitare lo scambio di esperienze tra gli Stati membri. Anche lo scambio tra agricoltori va incoraggiato. Il CESE è disponibile a collaborare a qualsiasi attività di sensibilizzazione alla produzione biologica (ad esempio nel quadro di una giornata annuale dell’UE dedicata al biologico); |
1.5. |
invita gli Stati membri a coinvolgere i portatori d’interesse pertinenti per elaborare piani d’azione nazionali e/o regionali per l’agricoltura biologica ed a sfruttare le possibilità offerte dalla PAC per sostenere l’agricoltura biologica. La fase impegnativa della conversione all’agricoltura biologica richiede in questo caso particolare attenzione; |
1.6. |
considera importanti le misure proposte per migliorare la trasparenza del mercato e la base di dati nel settore biologico; e, a tale proposito, propone che gli sviluppi di tale settore siano presentati in modo adeguato anche nel corso della conferenza annuale sulle prospettive agricole organizzata dalla DG AGRI; |
1.7. |
ricorda che i consumatori attribuiscono sempre maggiore importanza agli alimenti di origine regionale. Secondo il CESE, circuiti più brevi e locali di produzione e commercializzazione di prodotti biologici, che tengano anche conto dell’aspetto della stagionalità, possono essere un mezzo promettente per conseguire una maggiore creazione di valore lungo la filiera alimentare. Il CESE riconosce inoltre che queste attività potrebbero offrire ulteriori opportunità di occupazione nelle zone rurali; |
1.8. |
fa notare che i prodotti biologici normalmente costano più dei prodotti convenzionali, e che ciò rappresenta un ostacolo al loro acquisto da parte delle persone con un reddito basso; e propone pertanto di adottare misure di accompagnamento atte a far sì che i prodotti biologici siano accessibili anche ai gruppi sociali più deboli; |
1.9. |
ritiene che incomba soprattutto al settore pubblico (amministrazioni comunali, cittadine, regionali, statali) la responsabilità di puntare in maniera più decisa sugli alimenti biologici regionali negli appalti pubblici (ad esempio per la fornitura delle mense); In tale contesto va anche tenuto in considerazione l’aspetto della stagionalità; |
1.10. |
sottolinea la necessità di destinare risorse finanziarie sufficienti per la ricerca e l’innovazione a sostegno del settore biologico. |
2. Contesto
2.1. |
Nel quadro del Green Deal europeo, con la strategia «Dal produttore al consumatore» e la strategia dell’UE sulla biodiversità la Commissione europea ha fissato un obiettivo ambizioso per la produzione biologica nell’UE: entro il 2030 almeno il 25 % delle superfici agricole dovrà essere destinato all’agricoltura biologica. Il 25 marzo 2021 la Commissione europea ha pubblicato al riguardo un piano d’azione per la produzione biologica (1), il quale mira ad aiutare gli Stati membri nell’attuazione di tale obiettivo. |
2.2. |
Secondo la Commissione europea, il piano d’azione per la produzione biologica fa leva sui successi conseguiti grazie al piano d’azione 2014-2020 e tiene conto dei risultati di una consultazione pubblica svoltasi tra il settembre e il novembre 2020 (2). Il piano d’azione si articola in tre assi tematici principali, tra loro collegati:
|
2.3. |
Queste tre priorità si basano a loro volta su 23 misure, per la cui realizzazione si prevede di mobilitare diverse fonti di finanziamento. Il sostegno finanziario per l’agricoltura biologica continuerà ad essere fornito attraverso impegni in materia di sviluppo rurale (secondo pilastro), e un ulteriore flusso di finanziamenti potrà essere messo a disposizione attraverso regimi ecologici (primo pilastro). Inoltre, alla politica di promozione dell’UE sarà assegnata una dotazione ambiziosa per incentivare il consumo di prodotti biologici. |
2.4. |
I servizi di consulenza agricola verranno potenziati, al fine di promuovere lo scambio di conoscenze in materia di agricoltura biologica. Per sostenere gli obiettivi del piano d’azione, la Commissione europea intende destinare almeno il 30 % dei mezzi finanziari assegnati per le azioni di ricerca e innovazione nel settore dell’agricoltura, della silvicoltura e delle zone rurali a tematiche specifiche del settore biologico o per esso rilevanti, quali ad esempio l’aumento della resa delle colture, la biodiversità genetica e le alternative ai prodotti controversi. |
2.5. |
Più in dettaglio, nell’ambito dei tre diversi assi, le azioni proposte saranno intese a: |
Asse 1 — Stimolare la domanda e acquisire la fiducia dei consumatori
a) |
promuovere l’agricoltura biologica e il logo UE; |
b) |
promuovere l’offerta di prodotti biologici nelle mense e intensificare il ricorso agli appalti pubblici verdi; |
c) |
rafforzare il ruolo dell’alimentazione biologica nei programmi destinati alle scuole; |
d) |
prevenire le frodi alimentari e acquisire la fiducia dei consumatori; |
e) |
migliorare la tracciabilità; |
f) |
agevolare il contributo del settore privato. |
Asse 2 — Stimolare la riconversione e rafforzare l’intera catena del valore
a) |
incoraggiare la riconversione, gli investimenti e gli scambi delle migliori pratiche; |
b) |
sviluppare l’analisi settoriale per aumentare la trasparenza del mercato; |
c) |
sostenere l’organizzazione della filiera alimentare; |
d) |
rafforzare i piccoli stabilimenti di trasformazione a livello locale e promuovere il circuito commerciale breve; |
e) |
migliorare l’alimentazione degli animali conformemente alle norme di produzione biologica; |
f) |
rafforzare l’acquacoltura biologica. |
Asse 3 — migliorare il contributo dell’agricoltura biologica alla sostenibilità
a) |
ridurre l’impronta biologica e limitare il contributo ai cambiamenti climatici; |
b) |
migliorare la biodiversità genetica e aumentare la resa; |
c) |
sviluppare alternative ai fattori di produzione controversi e ad altri prodotti fitosanitari; |
d) |
migliorare il benessere degli animali; |
e) |
rendere più efficiente l’uso delle risorse. |
2.6. |
Per l’attuazione, la Commissione europea raccomanda agli Stati membri di elaborare piani di azione per la produzione biologica nazionali adeguati e con obiettivi chiari, tenendo in considerazione le caratteristiche regionali, e di considerarli di conseguenza nel piano strategico nazionale della PAC. |
2.7. |
Il presente parere andrebbe letto in connessione coi pareri già adottati dal CESE sul tema della sostenibilità della produzione e del consumo alimentari (tra cui Compatibilità della politica commerciale dell’UE con il Green Deal europeo (3), Una strategia «Dal produttore al consumatore» per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente (4), Promuovere filiere alimentari corte e alternative nell’Unione europea: il ruolo dell’agroecologia (5) e Promuovere un’alimentazione sana e sostenibile nell’UE (6). |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il CESE giudica molto ambizioso l’obiettivo, formulato nel Green Deal europeo, di destinare il 25 % delle superfici agricole nell’UE all’agricoltura biologica entro il 2030. Attualmente nell’UE la percentuale delle superfici agricole destinata alla produzione biologica è mediamente dell’8,5 %. Ciò significa che, per raggiungere il suddetto obiettivo, le superfici agricole destinate alla coltivazione di prodotti biologici dovrebbero essere triplicate entro il 2030. A titolo di paragone, nel periodo che va dal 2009 al 2019 la superficie adibita ad agricoltura biologica è aumentata da circa 8,3 a circa 13,8 milioni di ettari (ossia del 70 %), il che evidenzia comunque una tendenza progressiva. L’obiettivo del 25 % comporta però un ampliamento della superficie destinata a questo tipo di agricoltura a circa 40 milioni di ettari, dunque ben al di là della tendenza attuale. |
3.2. |
Il CESE accoglie con favore l’approccio orientato al mercato della Commissione europea, volto a rafforzare ulteriormente la domanda e la fiducia dei consumatori nei confronti dei prodotti biologici. Per favorire in modo efficace l’ulteriore sviluppo del settore biologico, è decisivo un rapporto equilibrato tra domanda e offerta. |
3.3. |
L’incremento della produzione biologica deve inoltre essere orientato alla domanda. Occorre prestare attenzione a che l’aumento dell’offerta sia anticipato da uno sviluppo corrispondente anche sul versante della domanda. Se, infatti, la produzione di alimenti biologici fosse portata avanti più intensamente di quanto si sviluppi la domanda, ciò porterebbe immancabilmente ad una concorrenza negativa sul mercato e di conseguenza ad un crollo dei prezzi di produzione. |
3.4. |
Rispetto all’agricoltura convenzionale, quella biologica ha di norma costi di produzione più elevati per unità di prodotto (dovuti a spese più alte e a rese inferiori). Per uno sviluppo sostenibile del settore biologico, questi costi aggiuntivi devono essere coperti anche tramite ricavi di mercato adeguati. Tuttavia, con l’avanzare della professionalizzazione lungo l’intera filiera alimentare biologica, il rapporto prezzo-prestazioni dovrebbe evolversi in modo positivo. |
3.5. |
La situazione di partenza varia da uno Stato membro all’altro. Da una parte, infatti, vi sono Stati membri nei quali l’agricoltura biologica e la sua commercializzazione sono già ben affermati; dall’altra, invece, vi sono Stati membri in cui la quota di superfici destinate all’agricoltura biologica rappresenta una percentuale che non arriva alla doppia cifra. Queste differenze nelle situazioni regionali di partenza sono da tenere adeguatamente in considerazione nella pianificazione delle misure. A tal proposito, il CESE raccomanda di istituire una sorta di «meccanismo di gemellaggio» per facilitare lo scambio di esperienze tra gli Stati membri. Gli Stati membri con un settore biologico già affermato hanno spesso optato per un approccio «push-pull», e adottato quindi sia misure per promuovere la produzione che misure per rafforzare la domanda di prodotti biologici. Anche il commercio al dettaglio di generi alimentari svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo del settore biologico. |
3.6. |
In Europa, la molteplicità delle strutture e le grandi differenze regionali fanno sì che, al momento di attuare le disposizioni del regolamento UE relativo alla produzione biologica, si presentino continuamente casi concreti che pongono complesse questioni applicative. Affinché il settore continui a svilupparsi con successo, è necessario trovare, in fase di attuazione, un equilibrio che non solo rispetti l’esigenza di un’applicazione unitaria delle regole in tutta l’UE e soddisfi le aspettative dei consumatori, ma offra anche la flessibilità necessaria per tenere adeguatamente conto delle differenze e delle caratteristiche locali, nella misura in cui il suddetto regolamento lo consente. |
3.7. |
Il piano di azione per la produzione biologica della Commissione europea, con i tre assi tematici in cui si articola (promuovere il consumo, aumentare la produzione e rafforzare ulteriormente la sostenibilità), costituisce una base solida per portare avanti uno sviluppo sostenibile del settore biologico; e la sua realizzazione negli Stati membri dovrebbe essere accompagnata da un processo di monitoraggio e valutazione costante. |
3.8. |
Gli Stati membri dovrebbero coinvolgere i portatori d’interesse pertinenti per elaborare piani d’azione nazionali e/o regionali per l’agricoltura biologica e sfruttare le possibilità offerte dalla PAC (ad esempio in sede di attuazione dei relativi piani strategici nazionali) per sostenere l’agricoltura biologica. |
4. Osservazioni specifiche
4.1. |
Una profonda fiducia del consumatore è la premessa per il successo dell’agricoltura biologica. I consumatori devono poter essere certi che gli standard di produzione in vigore siano rispettati lungo l’intera filiera alimentare, dalla produzione alla trasformazione fino al consumo. Per tale motivo le misure previste per evitare frodi e per migliorare la tracciabilità sono particolarmente importanti; e a tal fine sarebbe opportuno sfruttare a fondo anche e soprattutto le possibilità offerte dalla digitalizzazione. |
4.2. |
Le misure previste dal piano d’azione per migliorare la trasparenza del mercato e la base di dati nel settore biologico aiuteranno gli operatori economici a trarre le conclusioni giuste. Finora, nelle statistiche a livello europeo, perlopiù non si è fatta alcuna distinzione fra il segmento dei prodotti convenzionali e quello dei prodotti biologici. Considerare la produzione biologica ai fini delle analisi degli osservatori del mercato della DG AGRI costituisce già un passo nella direzione giusta. Si propone quindi che gli sviluppi del settore biologico siano illustrati in modo adeguato anche nel corso della conferenza annuale sulle prospettive agricole organizzata dalla DG AGRI. |
4.3. |
Il previsto potenziamento dei servizi di consulenza agricola, come anche le azioni volte a promuovere lo scambio di conoscenze sull’agricoltura biologica, sono misure di accompagnamento importanti. Andrebbero intensificati gli scambi tra scienza, consulenza, formazione, agricoltori e società. I programmi di scambio regionali e internazionali possono essere di grande beneficio, specialmente per i giovani agricoltori. |
4.4. |
I benefici e le sfide che i prodotti biologici comportano dovrebbero essere fatti conoscere meglio anche ai consumatori, tramite iniziative di informazione e sensibilizzazione adatte (e l’ideale sarebbe iniziare già dalla scuola). Il programma dell’UE per la distribuzione di frutta, verdura e latte nelle scuole (7) offre al proposito dei validi spunti. |
4.5. |
Al fine di sensibilizzare in merito alla produzione biologica, la Commissione europea prevede, tra le altre cose, di introdurre una giornata annuale europea dedicata al biologico, nonché di istituire premi per prestazioni eccellenti in tutti gli ambiti della filiera alimentare biologica. Il CESE è lieto di offrire la sua disponibilità a collaborare come partner a tale scopo. |
4.6. |
I consumatori attribuiscono sempre maggiore importanza agli alimenti di origine regionale. La pandemia di COVID-19 ha indotto le persone ad essere ancora più sensibili alla qualità degli alimenti. Circuiti più brevi e locali di produzione e commercializzazione di prodotti biologici possono quindi, in combinazione tra loro, essere un mezzo promettente per conseguire una maggiore creazione di valore. Anche in riferimento alla sostenibilità, gli aspetti della produzione biologica, della regionalità e della stagionalità dovrebbero essere considerati il più possibile in modo congiunto. Un ulteriore potenziamento del logo «biologico» dell’UE dovrebbe potere essere effettuato in armonia con il rafforzamento dei loghi nazionali e/o regionali analoghi già affermati. Le informazioni sull’origine dei prodotti alimentari (materie prime) dovrebbero essere quanto più specifiche possibile, andando oltre il marchio «Agricoltura UE/non UE» e, se possibile, identificando il paese o la regione. |
4.7. |
Nel turismo e nella gastronomia potrebbe esserci un grande potenziale per i prodotti biologici; e in quest’ottica la trasparenza e sistemi di certificazione credibili sono presupposti fondamentali. |
4.8. |
Dati i molteplici processi di produzione che essa comporta, l’agricoltura biologica va spesso di pari passo con un maggiore impiego di manodopera e potrebbe quindi anche offrire ulteriori opportunità di occupazione nelle zone rurali. D’altra parte, però, gli alti costi del lavoro potrebbero ostacolare lo sviluppo del settore biologico. |
4.9. |
I prodotti biologici normalmente costano più di quelli convenzionali, con differenze di prezzo che tendono a diminuire (da un lato perché cresce la produttività dell’agricoltura biologica e dall’altro perché aumentano i requisiti ambientali previsti per altre forme di agricoltura man mano che si evolve la PAC). Tale differenza di prezzo rappresenta un ostacolo all’acquisto dei prodotti biologici da parte delle persone con un reddito basso, come pensionati, giovani o famiglie appartenenti agli strati sociali meno abbienti. Il CESE propone di adottare misure adatte a far sì che tali prodotti siano accessibili anche a queste persone. |
4.9.1. |
I responsabili della tutela dei consumatori fanno notare che, nel commercio dei prodotti biologici, i margini percentuali sono in parte significativamente più alti di quelli relativi ai prodotti non biologici, e che ciò potrebbe ripercuotersi anche sul prezzo dei prodotti biologici rispetto a quello degli alimenti convenzionali. I margini commerciali dovrebbero pertanto essere adeguati. |
4.9.2. |
In alcuni Stati membri la differenza di prezzo rispetto ai prodotti convenzionali, che è talvolta assai netta, rappresenta un ostacolo fondamentale alla crescita del mercato dei consumatori di prodotti biologici. Tuttavia, i prezzi degli alimenti biologici includono anche prestazioni migliori in relazione a beni pubblici, come ad esempio la biodiversità sui terreni agricoli o il benessere degli animali. In tale contesto, l’inclusione delle esternalità nel costo di tutti i prodotti (ossia in definitiva la veridicità dei costi) potrebbe essere uno strumento per sostenere il settore dell’agricoltura biologica. |
4.9.3. |
Il CESE ritiene inoltre che incomba soprattutto al settore pubblico (amministrazioni comunali, cittadine, regionali, statali) la responsabilità di dare il buon esempio in questo campo e di puntare in maniera più decisa sugli alimenti biologici stagionali e regionali negli appalti pubblici (ad esempio per la fornitura delle mense). Molte città europee (8) (tra cui Copenaghen, Vienna, Norimberga) hanno già attuato progetti di grande successo in questo senso. |
4.9.4. |
Le filiere alimentari più corte, al pari delle opportunità di commercializzazione diretta, consentono di definire prezzi adeguati sia per i produttori che per i consumatori. |
4.10. |
L’aumento della quota di superfici destinata alla coltivazione di prodotti biologici farà sorgere nuove sfide. Lo sviluppo di parassiti e malattie delle piante andrebbe osservato attentamente tramite un processo di monitoraggio, in una visione d’insieme che consideri congiuntamente l’avanzamento dei cambiamenti climatici. Servono mezzi sufficienti per la ricerca applicata, al fine di coltivare varietà adatte all’agricoltura biologica e di sviluppare misure efficaci di protezione delle piante e soluzioni innovative. A tale proposito il CESE sottolinea che si deve continuare a garantire un accesso libero a varietà e sementi. |
4.11. |
Nel campo dell’alimentazione animale persistono già da alcuni anni difficoltà a garantire un approvvigionamento sufficiente di mangimi proteici e amminoacidi essenziali (vitamina B) prodotti in maniera biologica. La prevista intensificazione della ricerca di alternative in questo campo è necessaria e urgente e va decisamente accolta con favore. |
4.12. |
Per gli agricoltori il lasso di tempo necessario per la conversione alla produzione biologica pone una sfida particolare, in quanto in tale periodo essi devono già far fronte a maggiori costi (ad esempio quelli relativi ai controlli e ai mezzi di produzione biologici), ma non possono ancora commercializzare i loro prodotti come biologici. Gli Stati membri dovrebbero prevedere misure di sostegno adeguate per tale situazione. Sarebbe opportuno verificare la possibilità di istituire eventualmente anche un mercato per i «prodotti di conversione» (tra il biologico e convenzionale). |
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) https://ec.europa.eu/info/food-farming-fisheries/farming/organic-farming/organic-action-plan_it
(2) https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12555-Agricoltura-biologica-piano-dazione-per-lo-sviluppo-della-produzione-biologica-dellUE_it
(3) Parere del CESE sul tema Compatibilità della politica commerciale dell’UE con il Green Deal europeo (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 66).
(4) Parere del CESE sul tema Una strategia«Dal produttore al consumatore»per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268).
(5) Parere del CESE sul tema Promuovere filiere alimentari corte e alternative nell’Unione europea: il ruolo dell’agroecologia (GU C 353 del 18.10.2019, pag. 65).
(6) Parere del CESE sul tema Promuovere un’alimentazione sana e sostenibile nell’UE (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 9).
(7) https://ec.europa.eu/info/food-farming-fisheries/key-policies/common-agricultural-policy/market-measures/school-fruit-vegetables-and-milk-scheme_it
(8) https://www.organic-cities.eu/
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/120 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) 2020/2222 del Parlamento europeo e del Consiglio in relazione all’infrastruttura transfrontaliera che collega l’Unione e il Regno Unito attraverso il collegamento fisso sotto la Manica
[COM(2021) 402 final — 2021/0228(COD)]
(2021/C 517/19)
Consultazioni |
Consiglio dell’Unione europea, 15.7.2021 Parlamento europeo, 13.9.2021 |
Base giuridica |
Articoli 91, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
239/1/5 |
Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 563a sessione plenaria dei giorni 22 e 23 settembre 2021 (seduta del 22 settembre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 239 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.
Bruxelles, 22 settembre 2021
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/121 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell’Unione europea in sede di comitato direttivo regionale della Comunità dei trasporti in merito all’adozione del bilancio della Comunità dei trasporti per il 2022
[COM(2021) 479 final — 2021/0272 (NLE)]
(2021/C 517/20)
Consultazione |
Consiglio dell’Unione europea, 25.8.2021 |
Base giuridica |
Articolo 218, paragrafo 9, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
238/0/7 |
Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 563a sessione plenaria dei giorni 22 e 23 settembre 2021 (seduta del 22 settembre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 238 voti favorevoli, 0 voti contrari e 7 astensioni.
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/122 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a talune disposizioni per la pesca nella zona di applicazione dell’accordo CGPM (Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo) (rifusione)
[COM(2021) 434 final — 2021/0248 (COD)]
(2021/C 517/21)
Consultazione |
Parlamento europeo, 13.9.2021 Consiglio, 03/09/2021 |
Base giuridica |
Articoli 43, paragrafo 2, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
235/1/2 |
Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 563a sessione plenaria dei giorni 22 e 23 settembre 2021 (seduta del 22 settembre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 235 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
22.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 517/123 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, per quanto riguarda le restrizioni all’accesso alle acque dell’Unione
[COM(2021) 356 final — 2021/0176 (COD)]
(2021/C 517/22)
Consultazione |
Parlamento europeo, 08.7.2021 Consiglio, 16/07/2021 |
Base giuridica |
Articoli 43, paragrafo 2, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente |
Adozione in sessione plenaria |
22.9.2021 |
Sessione plenaria n. |
563 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
232/0/5 |
Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 563a sessione plenaria dei giorni 22 e 23 settembre 2021 (seduta del 22 settembre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 232 voti favorevoli, 0 voti contrari e 5 astensioni.
Bruxelles, 22 settembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG