ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 286

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

64° anno
16 luglio 2021


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

560a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo (JDE) - INTERACTIO, 27.4.2021 - 28.4.2021

2021/C 286/01

Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo Una nuova narrazione per l’Europa — Risoluzione del CESE in merito alla Conferenza sul futuro dell’Europa

1

2021/C 286/02

Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo La società civile europea collabora per il nostro futuro sostenibile — Risoluzione in merito al contributo del CESE al vertice sociale di Porto

6

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

560a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo (JDE) - INTERACTIO, 27.4.2021 - 28.4.2021

2021/C 286/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Libere professioni 4.0 (parere d’iniziativa)

8

2021/C 286/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Il ruolo dell’economia sociale nella creazione di posti di lavoro e nell’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali(parere esplorativo)

13

2021/C 286/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Formazione professionale: l’efficacia dei sistemi di anticipazione e adeguamento delle competenze alle esigenze del mercato del lavoro e il ruolo delle parti sociali e delle diverse parti interessate (parere esplorativo richiesto dalla presidenza portoghese)

20

2021/C 286/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Come promuovere, sulla base dell’istruzione e della formazione e in una prospettiva di apprendimento permanente, le competenze di cui l’Europa ha bisogno per creare una società più giusta, più coesa, più sostenibile, più digitale e più resiliente(parere esplorativo richiesto dalla presidenza portoghese)

27

2021/C 286/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Come realizzare nell’UE un’armonizzazione dell’ingresso sul mercato degli integratori alimentari: soluzioni e buone pratiche(parere esplorativo)

33


 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

560a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo (JDE) - INTERACTIO, 27.4.2021 - 28.4.2021

2021/C 286/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla governance europea dei dati (Atto sulla governance dei dati)[COM(2020) 767 final]

38

2021/C 286/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Nuova agenda dei consumatori —Rafforzare la resilienza dei consumatori per una ripresa sostenibile[COM(2020) 696 final]

45

2021/C 286/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia farmaceutica per l’Europa[COM(2020) 761 final]

53

2021/C 286/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Sfruttare al meglio il potenziale innovativo dell'UE — Piano d'azione sulla proprietà intellettuale per sostenere la ripresa e la resilienza dell'UE[COM(2020) 760 final]

59

2021/C 286/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale (legge sui mercati digitali)[COM(2020) 842 final — 2020/374 (COD)]

64

2021/C 286/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un mercato unico dei servizi digitali (legge sui servizi digitali) e che modifica la direttiva 2000/31/CE[COM(2020) 825 final — 2020/0361 (COD)]

70

2021/C 286/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio — La strategia dell’UE in materia di cibersicurezza per il decennio digitale[JOIN(2020) 18 final]

76

2021/C 286/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un sistema informatizzato di comunicazione per i procedimenti civili e penali transfrontalieri (sistema e-CODEX) e che modifica il regolamento (UE) 2018/1726[COM(2020) 712 final — 2020/345 (COD)]

82

2021/C 286/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Digitalizzazione della giustizia nell’Unione europea — Un pacchetto di opportunità[COM(2020) 710 final)]

88

2021/C 286/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla valutazione delle tecnologie sanitarie, che modifica la direttiva 2011/24/UE[COM(2018) 51 final — 2018/18 (COD)]

95

2021/C 286/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il conferimento di competenze di esecuzione alla Commissione al fine di determinare il significato dei termini utilizzati in talune disposizioni di tale direttiva[COM(2020) 749 final — 2020/331 (CNS)]

102

2021/C 286/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 389/2012 relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise per quanto concerne il contenuto dei registri elettronici[COM(2021) 28 final — 2021/0015 (CNS)]

106

2021/C 286/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Costruire un’Unione europea della salute: rafforzare la resilienza dell’UE alle minacce per la salute a carattere transfrontaliero[COM(2020) 724 final]; su Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un ruolo rafforzato dell’Agenzia europea per i medicinali nella preparazione alle crisi e nella loro gestione in relazione ai medicinali e ai dispositivi medici[COM(2020) 853 final — 2020/321 (COD)]; su Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 851/2004 con il quale si crea un Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie[COM(2020) 726 final — 2020/320 COD] e su Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 1082/2013/UE[COM(2020) 727 final — 2020/322 COD]

109

2021/C 286/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Un’Unione dell’uguaglianza: il piano d’azione dell’UE contro il razzismo 2020-2025[COM(2020) 565 final]

121

2021/C 286/22

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Unione dell’uguaglianza: la strategia per la parità LGBTIQ 2020-2025[COM(2020) 698 final]

128

2021/C 286/23

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano d’azione per l’integrazione e l’inclusione 2021-2027[COM(2020) 758 final]

134

2021/C 286/24

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Garantire la giustizia nell’UE — Una strategia europea di formazione giudiziaria per il periodo 2021-2024[COM(2020) 713 final]

141

2021/C 286/25

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione per agevolare la libera circolazione durante la pandemia di COVID-19 (certificato verde digitale)[COM(2021) 130 final — 2021/0068 (COD)]

146

2021/C 286/26

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia dell’UE per sfruttare il potenziale delle energie rinnovabili offshore per un futuro climaticamente neutro[COM(2020) 741 final]

152

2021/C 286/27

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia per una mobilità sostenibile e intelligente: mettere i trasporti europei sulla buona strada per il futuro[COM(2020) 789 final]

158

2021/C 286/28

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a misure per un livello comune elevato di cibersicurezza nell’Unione, che abroga la direttiva (UE) 2016/1148, e proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla resilienza dei soggetti critici[COM(2020) 823 final — 2020/0359(COD) — COM(2020) 829 final — 2020/0365(COD)]

170

2021/C 286/29

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — I media europei nel decennio digitale: un piano d’azione per sostenere la ripresa e la trasformazione[COM(2020) 784 final]

176

2021/C 286/30

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili — Verso un ambiente privo di sostanze tossiche[COM(2020) 667 final]

181

2021/C 286/31

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda le esenzioni sulle importazioni e su talune forniture, nel rispetto delle misure di interesse pubblico adottate dall’Unione[COM(2021) 181 final — 2021/0097 (CNS)]

190


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato economico e sociale europeo

560a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo (JDE) - INTERACTIO, 27.4.2021 - 28.4.2021

16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/1


Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo «Una nuova narrazione per l’Europa — Risoluzione del CESE in merito alla Conferenza sul futuro dell’Europa»

(2021/C 286/01)

Relatori:

Stefano MALLIA (I gruppo)

Oliver RÖPKE (II gruppo)

Séamus BOLAND (III gruppo)

Nel corso della sessione plenaria del 27 e 28 aprile 2021 (seduta del 27 aprile) il Comitato economico e sociale europeo ha adottato la seguente risoluzione con 226 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.

1.1.

La Conferenza sul futuro dell’Europa (in appresso «la Conferenza») offre all’Europa l’opportunità unica di ristabilire il contatto e il dialogo con i cittadini europei, passando anche attraverso gli attori della società civile, per dar loro voce in capitolo sul loro futuro comune. È giunto il momento di tenere fede alla promessa formulata nell’articolo 11 del trattato sull’Unione europea secondo cui le istituzioni danno ai cittadini e alle associazioni rappresentative la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell’Unione e mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile.

1.2.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che il successo della Conferenza dipenderà anche dalla capacità di proporre una nuova narrazione per l’Europa, che sia calata nelle realtà della vita quotidiana e che i cittadini europei possano fare propria. Una tale narrazione non può essere un semplice elenco dei risultati ottenuti, ma deve creare un collegamento concreto, razionale ed emotivo tra l’UE e i suoi cittadini. I temi strategici dovrebbero essere inquadrati in una prospettiva comune per evitare l’Europa alla carta, ovvero un’Europa a più velocità, che si sta profilando. L’obiettivo è riscoprire e rivitalizzare il senso, di cui vi è tanto bisogno, di una comunità basata su valori condivisi, creando un nuovo slancio europeo per far fronte alle sfide attuali e future.

1.3.

Il CESE ha legami profondi con tutte le componenti della società (datori di lavoro, sindacati, società civile in generale) di tutti gli Stati membri ed è, quindi, nella posizione ideale per coinvolgere efficacemente la società civile organizzata, potendo contare a tal fine sulle reti corrispondenti. Queste sono, incontestabilmente, le sue competenze specifiche e la sua ragion d’essere. La partecipazione permanente del CESE all’intero processo della Conferenza, anche all’interno del comitato esecutivo, è fondamentale.

1.4.

Il CESE deve far parte a pieno titolo della governance della Conferenza; esso è deciso a presentare proposte forti e chiare, basate sulla sua narrazione e sulla sua visione dell’UE per i prossimi decenni. Il Comitato ribadisce la sua ferma convinzione che la Conferenza debba presentare proposte e offrire soluzioni in grado di cambiare veramente le cose in modo tangibile per i cittadini dell’UE. È pertanto essenziale che la Conferenza compia progressi concreti e misurabili e non risulti solo in discussioni non vincolanti con i cittadini, senza nessuno sbocco. A tale proposito, la proposta del vicepresidente della Commissione Šefčovič di includere le conclusioni della Conferenza nel programma di lavoro della Commissione per il 2022 va nella giusta direzione. Si tratta di un elemento cruciale, sul quale si fondano la credibilità e l’ambizione di questo processo politico nella sua interezza.

1.5.

La governance della Conferenza dovrebbe definire la portata e le finalità della partecipazione dei cittadini e della società civile, che andrebbero indicate fin dall’inizio. Conoscere l’obiettivo degli strumenti di partecipazione può servire anche ad allineare gli obiettivi con le risorse disponibili, sia in termini di progettazione dei processi che di bilancio. La governance dovrà certamente ricorrere a formati e metodi di coinvolgimento diversi, a seconda della fase e del livello interessato in un dato momento, e trovare il modo di raggiungere quei cittadini europei che non sono motivati a partecipare. Il contributo dei cittadini e della società civile dovrebbe essere preso in considerazione dai politici e dalle istituzioni o trovare riscontro nelle decisioni adottate, altrimenti la fiducia dei cittadini nei confronti di tali iniziative è destinata probabilmente ad affievolirsi. Occorre evitare di suscitare aspettative troppo elevate. Un meccanismo di feedback garantirà che le idee espresse nel quadro della Conferenza si traducano in raccomandazioni concrete per azioni dell’UE.

1.6.

La breve durata della Conferenza impone delle limitazioni a tutti i partecipanti. Essa dovrebbe pertanto essere concepita come il punto di partenza di un processo costante di un’interazione accresciuta con i cittadini europei, che faccia perno su questa tappa iniziale. Questa opportunità dovrebbe essere sfruttata per operare un cambiamento di paradigma e di livello di ambizione in tutti i settori d’intervento, comprese le politiche economiche, sociali e ambientali.

1.7.

Occorre che tutti gli attori diano seguito alle deliberazioni della Conferenza e si accostino ad esse con uno spirito aperto, senza anticipare le conclusioni relative alle prossime tappe, mantenendo sulla tavola tutte le opzioni. A tale proposito, negli ultimi anni è stata lanciata una serie di iniziative e strumenti dell’UE, che ora devono essere attuati. È opportuno promuovere un monitoraggio regolare dell’attuazione e un aggiornamento sui progressi compiuti a livello dell’UE in merito alle misure adottate e agli strumenti disponibili.

2.   Una nuova narrazione per l’Europa — L’Europa: un luogo ideale per vivere e prosperare

2.1.

In questo contesto il CESE propone una nuova narrazione per l’Europa, che colleghi il passato lontano e recente dell’Europa al presente e offra una visione per il futuro basata sulla cooperazione attraverso le frontiere, rafforzando i legami tra i popoli europei, e sia saldamente radicata nei valori della solidarietà, della giustizia sociale, della cooperazione intergenerazionale, della parità di genere, della prosperità sostenibile e di una transizione verde e di una transizione digitale giuste. È indispensabile mobilitare il sostegno pubblico per questi valori, al fine di ripensare i nostri modelli di crescita e governance in direzione della sostenibilità, costruire una società più uguale e porre le organizzazioni della società civile al centro di questo processo di ricostruzione e ripresa.

L’Europa di cui i nostri cittadini hanno bisogno è un’Europa che:

riconosce che la società civile è custode del bene comune ed è fondamentale per individuare soluzioni ai problemi comuni dell’Europa;

si concentra su una ripresa equa e sostenibile dalla crisi della pandemia di COVID-19 in grado di aprire la strada a una società più inclusiva e di sviluppare una competitività a lungo termine, tenendo pienamente conto delle crisi sociali, economiche, democratiche, demografiche e climatiche tra loro collegate che interessano gli Stati membri dell’UE, della necessità delle transizioni verdi e digitali, nonché dei cambiamenti strutturali a più lungo termine innescati dalla pandemia. L’economia europea deve essere pienamente sostenuta al fine di recuperare il terreno perduto, tenendo conto della necessità di una convergenza verso l’alto, di una maggiore coesione e protezione sociale, di investimenti rafforzati nei servizi pubblici, come pure del conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) e della riduzione della povertà;

sostiene la ripresa economica e sociale, l’imprenditorialità, la transizione giusta, la creazione di posti di lavoro di qualità, l’istruzione e l’acquisizione di competenze, l’innovazione, gli investimenti infrastrutturali e sociali, la decarbonizzazione, la digitalizzazione, il completamento del mercato unico e l’integrazione economica e monetaria;

protegge tutti i suoi cittadini, compresi i più emarginati, tutelando la loro salute, la loro sicurezza e il loro benessere, l’ambiente e la biodiversità;

rispetta e promuove la diversità, la parità di genere, i diritti fondamentali, la democrazia, il dialogo sociale e la governance inclusiva; e

promuove la pace, la sicurezza e il progresso nel mondo attraverso il multilateralismo, la promozione della democrazia e dello Stato di diritto, i diritti umani, il dialogo sociale, gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), la diplomazia e un commercio aperto, equo e sostenibile.

2.2.

Il CESE è unanime nel riconoscere che la duplice transizione, verde e digitale, è d’importanza fondamentale per rafforzare la competitività sostenibile dell’Europa, la sua solidarietà e la sua resilienza nel far fronte alle crisi future. La pandemia di COVID-19 è stata la crisi più grave affrontata dall’UE dal momento della sua creazione. La pandemia ha acuito la necessità per l’UE di fornire risposte forti e coerenti per migliorare le sue dimensioni, quella politica e quella sanitaria, la dimensione economica e quella sociale. La Conferenza offre all’UE un’opportunità unica per raggiungere questo risultato.

La necessità di un approccio comune europeo è stata evidenziata dall’impatto della pandemia di COVID-19 sui nostri cittadini, sulle nostre società e sulle nostre economie. La pandemia ha dimostrato che vi sono solide ragioni per agire insieme, ma ha anche messo in luce tutta una serie di debolezze nel modo in cui l’Europa affronta tali sfide fondamentali. In un’epoca di crisi permanente («perma-crisi»), l’UE dovrà rafforzare la sua capacità di affrontare le crisi per ottenere gli esiti che i cittadini europei desiderano e meritano.

2.3.

La crisi ha inoltre reso evidente come sia opportuno un maggiore sforzo da parte dell’UE per garantire che le imprese, i lavoratori e coloro che si trovano ad affrontare la povertà e l’esclusione sociale siano debitamente protetti dall’impatto delle sfide recenti e di quelle imminenti. La pandemia di COVID-19 ha altresì evidenziato che occorre promuovere una competitività sostenibile e rafforzare, in tutta l’UE, gli investimenti nella sanità, nell’assistenza, nell’istruzione e nei servizi sociali di qualità. Sarà fondamentale intensificare ulteriormente il coordinamento in campo sanitario a livello dell’UE, affrontare in modo più efficace le minacce per la salute a carattere transfrontaliero e rafforzare i sistemi sanitari dell’UE.

2.4.

L’UE può contare su diversi punti di forza cruciali, come il mercato interno, che è uno dei mercati più grandi al mondo, un insieme di valori fondamentali non negoziabili (1) che formano parte integrante della società e della democrazia europee, e sulla solidarietà, come dimostrato dall’ambizioso dispositivo per la ripresa e la resilienza, che richiede un’attuazione efficace dei piani nazionali per la ripresa. L’obiettivo ultimo dell’UE deve essere quello di rafforzare il nostro modello economico sociale di mercato, in cui un’economia sostenibile e competitiva va di pari passo con politiche sociali ben sviluppate. Da ciò deriva che la strada da seguire è quella della realizzazione del Green Deal europeo, accolto con favore dal CESE sin dall’inizio. Il Green Deal è la nuova strategia europea per la crescita, incentrata sulla prosperità, sulla sostenibilità e sulla giustizia sociale. Portare a termine una transizione giusta verso uno stile di vita climaticamente neutro, promuovere posti di lavoro di qualità e favorire l’imprenditorialità e l’innovazione sostenibili, comprese l’economia circolare e l’economia sociale, saranno tutti aspetti fondamentali per garantire la prosperità dell’Europa.

2.5.

L’UE deve tuttavia far fronte a sfide rilevanti: la pandemia aumenterà inevitabilmente le disuguaglianze tra gli Stati membri e all’interno di essi. Ecco perché è necessario che il nostro impegno tenga conto dei due lati della medaglia: da un lato, occorre rafforzare ulteriormente la competitività sostenibile dell’economia e delle imprese europee di tutte le dimensioni, in particolare le PMI, e, dall’altro, l’Europa dovrebbe adottare una dimensione sociale più ambiziosa e concreta, che non lasci indietro nessuno.

2.6.

Per proteggere i suoi valori e realizzare le sue priorità, l’UE deve anche svolgere un ruolo positivo nella sfera economica internazionale. In un mondo caratterizzato da un’agguerrita concorrenza e da forti attriti, a livello non solo economico ma anche politico, l’UE deve diventare un attore globale in grado di difendere più efficacemente i propri interessi e valori. Il conseguimento di un certo grado di autonomia strategica aperta, che consenta di mantenere la capacità dell’UE di agire in settori economici fondamentali, deve essere controbilanciato dalla volontà di cooperare per favorire soluzioni a sfide comuni come i cambiamenti climatici e rafforzare il sistema multilaterale funzionante sulla base di regole.

2.7.

La pandemia ha evidenziato l’importanza di una base industriale europea forte e resiliente. L’Europa deve dotarsi di una politica industriale ambiziosa che promuova le due transizioni, quella della digitalizzazione e quella della sostenibilità, rafforzando nel contempo la competitività europea a livello globale. Una nuova politica industriale, che utilizzi una serie di politiche diverse (tra cui quella commerciale e quelle in materia di competenze professionali, investimenti, ricerca ed energia), deve costantemente saper individuare in anticipo i futuri settori e motori economici fondamentali, realizzando le condizioni quadro, compresi i profili delle competenze necessarie, per consentire all’industria europea di rimanere all’avanguardia della tecnologia e dell’innovazione globali, creando posti di lavoro di alta qualità e garantendo una crescita sostenibile per l’Europa. Riuscire a realizzare, nello stesso tempo, gli obiettivi di competitività, sostenibilità e giustizia sociale salvaguarderà il modello socioeconomico dell’Europa per il futuro.

2.8.

È fondamentale che l’UE sfrutti questa opportunità per modernizzare e trasformare i suoi settori industriali e le loro catene di approvvigionamento, in modo che rimangano competitivi in un mondo a più basse emissioni. Affrontare le sfide associate alle trasformazioni a lungo termine richiede un’anticipazione del cambiamento e una gestione attiva della transizione da parte dei responsabili politici, delle parti sociali, delle organizzazioni della società civile e dei principali portatori di interessi in questi paesi e regioni. Il dialogo sociale, l’informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni rappresentative svolgono un ruolo fondamentale per una gestione lungimirante delle transizioni. Questo aspetto sarà assolutamente cruciale per l’Europa, poiché essa potrà avere successo solo se metterà sia le imprese che i lavoratori al centro della ripresa e delle politiche future. La competitività e l’inclusività devono andare di pari passo: gli Stati membri che ottengono i migliori risultati dal punto di vista economico sono quelli che garantiscono gli standard sociali più elevati, non il contrario.

3.   Ruolo del CESE

3.1.

Rafforzare il ruolo del CESE richiede di dimostrarne la pertinenza e il valore aggiunto in quanto organo consultivo, sulla base del suo ruolo unico consistente nel colmare il divario (1) tra i responsabili politici e la società civile, (2) tra i diversi attori della società civile (3) e tra gli attori a livello sia nazionale che europeo. In particolare, occorre creare un dibattito transnazionale che colleghi tra loro i dibattiti europei portati avanti nei singoli Stati membri.

3.2.

La posizione del CESE dovrebbe essere il risultato di un autentico dibattito, che parta dal contributo degli attori della società civile e si sviluppi dal basso verso l’alto. Questo è l’unico approccio capace di garantire che tutti i punti di vista siano presi in considerazione e di ottenere risultati chiari ed efficienti.

3.3.

Si dovrebbe instaurare una cooperazione con il Comitato delle regioni (CdR) e organizzare insieme missioni del tipo Going Local nel pieno rispetto delle competenze, diverse ma complementari, delle due istituzioni.

3.4.

Il CESE è invitato ad agire, tramite i suoi membri nella plenaria della Conferenza e tramite i suoi osservatori nel comitato esecutivo, come intermediario istituzionale tra la Conferenza stessa e le organizzazioni nazionali che rappresentano la società civile.

3.5.

Il CESE dispone di un gruppo ad hoc, che ha fissato una tabella di marcia con i seguenti obiettivi:

migliorare le modalità di dialogo e di collegamento con gli attori della società civile, in particolare tramite l’interazione con gli ambienti di riferimento dei membri del CESE e la loro attivazione sul campo;

valorizzare e rafforzare il ruolo specifico e l’influenza del CESE;

fornire un contributo strutturato della società civile alla definizione delle politiche dell’UE presentando proposte pertinenti al Consiglio, al Parlamento europeo e alla Commissione europea su come migliorare il funzionamento dell’UE e il lavoro del CESE nel quadro della procedura legislativa;

3.6.

riferire in merito ai dibattiti e ai dialoghi negli Stati membri e nell’ambito della Conferenza in occasione della sessione plenaria del CESE, con la partecipazione di membri del Parlamento europeo, membri del CdR, commissari e ministri del Consiglio.

4.   Conclusioni

Il futuro che vogliamo: un ruolo guida per la società civile

4.1.

Il CESE crede nella necessità di una narrazione forte e condivisa per l’Unione europea.

In tal senso, l’Europa deve essere considerata come: 1) custode di valori fondamentali condivisi, come la libertà, la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto, 2) promotrice, a livello globale, della sostenibilità, di un commercio aperto ed equo e del multilateralismo, 3) bastione di un modello economico e sociale unico, basato su una concorrenza equa e sulla solidarietà in uno spazio senza confini interni, e 4) motore di una prosperità sostenibile, con al suo centro una società civile europea forte.

4.2.

La Conferenza sul futuro dell’Europa dovrebbe essere il vettore che renderà possibili cambiamenti duraturi dell’UE, compreso un coinvolgimento maggiore e più significativo dei cittadini e della società civile organizzata nella sfera pubblica europea. Come primo passo di questo processo, la società civile deve lavorare in partenariato, collaborando intensamente, creando reti, scambiando buone pratiche e cercando il consenso.

4.3.

Le organizzazioni della società civile sono fondamentali per individuare soluzioni alle sfide attuali. Il CESE chiede che l’UE e le autorità nazionali riconoscano il ruolo cruciale della società civile organizzata nella costruzione della fiducia, nella formazione dell’opinione pubblica e in quanto agente positivo del cambiamento. È inoltre indispensabile che l’UE sostenga il ruolo centrale svolto dalle organizzazioni della società civile nel promuovere e difendere i valori europei, la democrazia, i diritti fondamentali e lo Stato di diritto, contro l’espansione di ideologie illiberali, la crescita del populismo e la «riduzione dello spazio civico».

4.4.

Per il rinnovamento e la ricostruzione socioeconomica dell’UE sarà essenziale garantire che tutte le componenti della società siano effettivamente coinvolte nella co-progettazione, co-partecipazione, co-attuazione e co-valutazione delle politiche dell’UE, in particolare dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza e dei futuri programmi nazionali di riforma, utilizzando le strutture di consultazione esistenti, come il processo del semestre europeo, e riconoscendo espressamente gli attori della società civile come partner e beneficiari decisivi dell’attuazione.

4.5.

Immaginare e costruire queste società resilienti, uguali e sostenibili richiederà iniziative dal basso che contemplino nuove definizioni di benessere e sviluppo, al di là del prodotto interno lordo (PIL), nel rispetto delle opinioni e dei diritti dei cittadini. Inoltre, è essenziale che le limitazioni dei diritti introdotte durante la pandemia di COVID-19 non siano mantenute una volta che essa si sarà conclusa.

4.6.

Infine, per il CESE è altresì fondamentale che le misure e le azioni strategiche proposte siano oggetto di una valutazione costante. Il Comitato offrirà un valido contributo a questo processo, grazie all’esperienza e alle competenze specifiche di cui dispone in materia di dialogo con i cittadini di tutte le componenti della società in tutti gli Stati membri dell’UE.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Articolo 2 del TUE.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/6


Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo «La società civile europea collabora per il nostro futuro sostenibile — Risoluzione in merito al contributo del CESE al vertice sociale di Porto»

(2021/C 286/02)

Relatori:

Stefano MALLIA (I gruppo)

Oliver RÖPKE (II gruppo)

Séamus BOLAND (III gruppo)

Nel corso della sessione plenaria del 27 e 28 aprile 2021 (seduta del 28 aprile) il Comitato economico e sociale europeo ha adottato la seguente risoluzione con 225 voti favorevoli, 1 voto contrario e 6 astensioni.

Il vertice sociale di Porto del 7 maggio 2021 offre all’UE un’opportunità senza precedenti per porre i cittadini esattamente al centro del progetto europeo. È un’occasione per dimostrare che l’UE e gli Stati membri agiscono insieme ai cittadini europei e per il loro benessere, senza lasciare indietro nessuno. Il vertice rappresenta il punto più alto delle ambizioni perseguite dall’Europa con l’obiettivo di costruire società sostenibili, innovative, competitive e coese, e traghetterà l’UE fino al 2030 e anche oltre, consentendole sia di rispondere alle sfide della duplice transizione verde e digitale che di trarne vantaggio. Dovrebbe inoltre aiutare l’economia e la società europee a conseguire la sostenibilità, attribuendo pari importanza alle tre dimensioni — economica, sociale e ambientale.

La pandemia di COVID-19 ha reso ancora più urgente l’adozione di un approccio che riservi la stessa attenzione tanto agli aspetti sociali come a quelli economici delle nostre società ed economie. L’esperienza vissuta da tutti è quella di una pandemia che ha colpito l’intera umanità e, man mano che l’Europa si avvia lentamente verso la ricostruzione socioeconomica e attua i principi del pilastro europeo dei diritti sociali, le persone e le comunità devono rimanere saldamente al centro dell’attenzione. In quest’ottica, il piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali non potrebbe cadere più a proposito in questo periodo.

Una dichiarazione di Porto dovrebbe impegnare tutti gli attori istituzionali, economici e sociali ad attuare il piano d’azione a partire dai risultati di un dialogo civile e sociale. È, questo, un momento cruciale perché l’Europa intraprenda le prossime tappe fondamentali per la costruzione di un’Unione vitale e sostenibile.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esorta gli Stati membri e le istituzioni europee a prendere delle iniziative nei seguenti ambiti:

1.

Il piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali deve diventare uno strumento efficace per consentire a tutti gli attori di lavorare in partenariato alla costruzione di società europee più eque, sostenibili, inclusive e resilienti. Tutte le dimensioni della società civile rappresentate in seno al CESE hanno un contributo fondamentale da dare alla riuscita di questo processo. Tutti i cittadini, comprese le persone con disabilità, gli appartenenti a gruppi etnici e minoritari o i più vulnerabili ed emarginati, devono avere la possibilità di essere coinvolti, identificarsi e trovare motivo di speranza nella prospettiva e futura attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, per il tramite dell’impegno attivo della società civile europea. L’economia sociale, che svolge un ruolo cruciale nel dare una risposta ad esigenze sociali insoddisfatte, nell’alleviare la povertà e nel ridurre le disuguaglianze, dovrebbe ricevere un riconoscimento particolare e uno specifico sostegno.

2.

Sarà possibile realizzare società europee più eque, sostenibili, inclusive e resilienti solo grazie all’impegno fermo e inderogabile della società civile e a un dialogo reale ed efficace con le parti sociali e la stessa società civile. Misurare e comunicare l’impatto della società civile, fare opera di sensibilizzazione sul contributo positivo che essa apporta, instaurare un contesto giuridico favorevole e creare una combinazione di misure strategiche propizie sono tutte azioni di fondamentale importanza.

3.

Per concepire e realizzare società resilienti, inclusive, eque e sostenibili saranno necessarie iniziative dal basso, che aderiscano a nuove definizioni di benessere e di sviluppo al di là del PIL e che puntino sugli investimenti nell’innovazione sociale, nel rispetto dei punti di vista e dei diritti dei cittadini. Inoltre, è indispensabile che le limitazioni dei diritti introdotte durante la pandemia non vengano mantenute una volta superata la crisi della COVID-19.

4.

L’Europa deve continuare a essere unita e a procedere lungo il cammino in uno spirito di solidarietà, sostenuta da una cultura del dialogo civile e sociale, come sta avvenendo nell’attuale pandemia. Il pilastro europeo dei diritti sociali sorregge un’economia sociale di mercato, dato che ne espande e adatta il modello sociale ai futuri mutamenti. Per realizzare resilienza e sostenibilità sul piano sociale, il piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali deve garantire un benessere diffuso e un mercato del lavoro inclusivo dal quale le discriminazioni siano bandite e in cui i posti di lavoro siano stabili e ben retribuiti.

5.

All’indomani della pandemia, le istituzioni e le parti sociali dovranno immaginare, attraverso il dialogo sociale, soluzioni che rafforzino la resilienza sociale delle nostre economie con una mentalità nuova e aperta al cambiamento, puntando nel contempo a introdurre norme minime in materia di tutela e pari opportunità, con una particolare attenzione all’adeguatezza dei salari, alle discriminazioni basate sul genere, al sostegno ai giovani lavoratori e alla protezione dei lavoratori precari e dei migranti.

6.

Una delle principali sfide economiche e sociali dell’Europa consiste non solo nello stimolare la crescita economica, la creazione di posti di lavoro e la partecipazione all’occupazione (anche da parte di anziani, giovani, donne, persone molto lontane dal mercato del lavoro e inattivi), ma anche nel ridurre la disoccupazione, in particolare quella giovanile, oltre a rafforzare la posizione delle donne nel mercato del lavoro. Per raggiungere tutti questi obiettivi, è importante assicurare una base competitiva per gli investimenti.

7.

La competitività e un’accresciuta produttività basate sulle competenze e sulle conoscenze rappresentano una valida ricetta per preservare il benessere delle società europee. La crescita economica e il buon funzionamento del mercato interno sono elementi importanti per rafforzare la dimensione sociale dell’UE. Dobbiamo consolidare i punti di forza del sistema europeo di economia sociale di mercato ed eliminarne le lacune, così da adattarlo perché possa affrontare le sfide che ci attendono.

8.

Tutte le principali componenti della nostra economia e delle nostre società devono essere pronte a sfruttare le possibilità offerte dalla digitalizzazione e dalla transizione verso un’economia verde. Perché questo accada, condizioni imprescindibili sono la volontà e la capacità di attuare cambiamenti strutturali, che riguardino i mercati del lavoro, la sicurezza sociale, l’istruzione e la formazione oppure la fiscalità. Questo implica che le riforme devono essere realmente fatte proprie dagli Stati membri, nonché coordinate e promosse da quadri e azioni a livello dell’UE, come avviene, ad esempio, con il processo del semestre europeo. Si tratta di una questione fondamentale per incoraggiare le imprese a investire in Europa.

9.

L’azione combinata dell’invecchiamento della popolazione e della diminuzione della forza lavoro porterà a un aumento delle persone anziane economicamente dipendenti, a meno che non si riesca ad ampliare la platea dei lavoratori grazie a mercati del lavoro più inclusivi, capaci di inserire nella vita attiva anche gruppi attualmente esclusi o sottorappresentati nel mondo del lavoro. Occorre intervenire per superare le sfide cui devono oggi far fronte i sistemi di sicurezza sociale e di assistenza sanitaria negli Stati membri. Il cambiamento demografico significherà anche che avremo bisogno di sistemi di istruzione, mercati del lavoro e regimi di protezione sociale nazionali che siano adattabili e flessibili. Tutte queste sfide non rappresentano necessariamente delle difficoltà, bensì delle opportunità da trasformare in risultati positivi.

10.

Il piano d’azione dovrebbe essere improntato alla concretezza e a risultati tangibili con azioni misurabili che siano accompagnate da quadri di monitoraggio, definiti di comune accordo tra le parti interessate pertinenti, che comprendano criteri sociali, ambientali ed economici. Il CESE accoglie con favore gli obiettivi principali proposti dalla Commissione europea e invita gli Stati membri a prefiggersi una serie di traguardi ambiziosi in modo tale che tutti i paesi dell’UE diano un contributo concreto al conseguimento degli obiettivi europei.

11.

Nel momento in cui l’Europa passa dalla fase di risposta alla crisi a quella di ripresa, il dialogo sociale, l’informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, attraverso opportuni canali, svolgono un ruolo importante nel plasmare la transizione economica e nel promuovere l’innovazione sul luogo di lavoro, in particolare nell’ottica della duplice transizione in atto e di un mondo del lavoro in trasformazione.

12.

Il pilastro europeo dei diritti sociali non prende sufficientemente in considerazione l’impatto della crisi della COVID-19 sui sistemi sanitari europei nel medio e lungo periodo. La pandemia ha dimostrato chiaramente che la salute può avere un’incidenza diretta sulla stabilità economica e sociale, anche nell’UE. Nel processo di attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali gli Stati membri devono investire di più e in maniera sostenibile per modernizzare servizi e infrastrutture della sanità pubblica e per rendere più efficace il coordinamento in questo settore all’interno degli Stati membri e tra di essi.

13.

Nutriamo grandi aspettative che in occasione del vertice tutte le parti interessate assumano un impegno forte a salvaguardare e sviluppare il modello sociale europeo, fondato su una combinazione equilibrata di diritti e responsabilità. Rivolgiamo agli Stati membri e alle istituzioni europee un appello a dar prova di ambizione e di determinazione.

Bruxelles, 28 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


PARERI

Comitato economico e sociale europeo

560a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo (JDE) - INTERACTIO, 27.4.2021 - 28.4.2021

16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/8


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Libere professioni 4.0»

(parere d’iniziativa)

(2021/C 286/03)

Relatore:

Rudolf KOLBE

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.2.2020

Base giuridica

Articolo 32 del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

31.3.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

233/0/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Le libere professioni utilizzano già con successo e in misura consistente applicazioni digitali e basate sull’intelligenza artificiale (IA) a vantaggio dei loro committenti, per esempio nel settore dell’ingegneria, e partecipano come protagonisti allo sviluppo tecnologico di tali applicazioni. Essi devono anche in futuro continuare a essere maggiormente coinvolti nel processo di sviluppo e convalida al fine di garantire l’applicabilità pratica e l’efficacia delle applicazioni.

1.2.

Le applicazioni digitali non dovrebbero essere considerate come concorrenti o sostituti dei servizi delle libere professioni. Si tratta piuttosto di strumenti che già oggi migliorano e ampliano la fornitura di servizi professionali.

1.3.

Le libere professioni devono essere in grado di individuare e valutare i pericoli derivanti dall’uso delle tecnologie digitali nell’interesse dei loro clienti, pazienti e committenti. Ciò risulta dallo speciale aspetto della fiducia che caratterizza il rapporto e che rimarrà un elemento chiave anche nel caso di canali commerciali digitali.

1.4.

I pazienti, i clienti e i committenti devono poter confidare, nel contesto delle applicazioni digitali, nel fatto che i servizi sono prestati sotto la responsabilità del professionista sulla base di una competenza specialistica e indipendentemente da interessi esterni. Un presupposto importante a tal fine sono norme professionali adeguate e conformi agli sviluppi digitali.

1.5.

Le libere professioni devono garantire la protezione dei dati in modo coerente e difenderla nei confronti di terzi. Per prevenire l’uso improprio dei dati è necessario che le infrastrutture digitali nell’UE siano sicure.

1.6.

Le libere professioni devono aggiornare i contenuti della formazione e del perfezionamento professionale al fine di garantire il massimo standard qualitativo per quanto riguarda le loro competenze in materia di tecnologie dell’informazione e digitalizzazione e quelle dei loro dipendenti. L’UE è invitata ad accompagnare questi processi con adeguati programmi di sostegno.

1.7.

Le libere professioni devono adattare i loro sistemi di autogoverno agli sviluppi digitali e contribuire attivamente a configurare il processo. Ciò può richiedere un’estensione delle regole deontologiche professionali.

1.8.

La nascita di nuove libere professioni resa possibile dalla digitalizzazione dovrebbe essere incoraggiata sulla base dei criteri e dei principi citati nel Manifesto di Roma.

2.   COVID-19 e libere professioni

2.1.

Anche nel caso delle libere professioni la pandemia ha innescato un massiccio processo di digitalizzazione. L’accresciuta domanda di servizi professionali e le restrizioni imposte dalla pandemia hanno reso necessaria una forte espansione dei servizi digitali. La crisi ha messo chiaramente in luce come la nostra società dipenda dall’eccellenza del know-how professionale dei liberi professionisti essenziali. In quanto partner importante dei governi nella gestione delle crisi e nel soddisfacimento dei bisogni fondamentali della popolazione, in futuro le libere professioni dovranno essere ancora meglio integrate nei sistemi delle parti sociali e i loro servizi devono essere garantiti da idonee norme professionali, adeguate agli sviluppi digitali. Un aspetto fondamentale da considerare è che durante la pandemia molti lavoratori autonomi e molti liberi professionisti non hanno avuto nessun accesso o un accesso solo insufficiente agli aiuti di Stato.

2.2.

La forte digitalizzazione dei servizi prestati dalle libere professioni può avere un impatto duraturo sul miglioramento della copertura, anche nelle regioni remote. In tale contesto è importante garantire che il divario attualmente ancora troppo elevato tra zone urbane e rurali per quanto riguarda l’Internet a banda larga veloce sia ridotto quanto prima e che i servizi digitalizzati siano accessibili in egual misura agli abitanti di tutte le regioni. Durante la crisi, le libere professioni hanno investito nella digitalizzazione e nella protezione dei dati al fine di essere in grado di svolgere il loro ruolo di fornitori di servizi d’interesse generale in posizioni chiave della società. È quindi importante includere esplicitamente le libere professioni come gruppo essenziale in tutte le misure di rilancio dell’economia.

3.   Manifesto di Roma — Definizione di libera professione

3.1.

Le libere professioni svolgono un ruolo decisivo nello sviluppo economico e sociale dell’UE. Esse formano parte dell’ampia gamma di professioni regolamentate per il cui esercizio occorre possedere qualifiche specifiche e rappresentano in Europa il 22 % di tutti i lavoratori. Nel 2013 oltre un decimo del valore aggiunto lordo nell’UE proveniva dal settore delle libere professioni. La crisi della pandemia di COVID-19 ha messo in evidenza quanto la nostra società dipenda per la sua esistenza da servizi altamente qualificati forniti dalle libere professioni. In quanto datori di lavoro e imprese resilienti, le libere professioni offrono un notevole potenziale occupazionale. Assolvono inoltre importanti compiti di interesse generale. I servizi che forniscono sono strettamente correlati ai bisogni fondamentali degli individui, quali quelli relativi alla vita, al lavoro, alla salute, alla sicurezza o alla proprietà di beni. In tale contesto, è importante garantire l’accesso democratico ai servizi delle libere professioni, che sia in campo sanitario, nel quadro dei regimi di sicurezza sociale o nel campo dell’assistenza legale gratuita. Le raccomandazioni sui massimali degli onorari o dei costi hanno la funzione di proteggere coloro che si avvalgono dei servizi delle libere professioni e che, a causa dell’asimmetria in termini d’informazione esistente, dipendono dalla fissazione di tali parametri.

3.2.

Il Comitato economico e sociale europeo si è più volte occupato delle libere professioni e nel 2014 ha commissionato un ampio studio dal titolo The State of Liberal Professions Concerning their Functions and Relevance to European Civil Society (La situazione delle libere professioni: le loro funzioni e la loro rilevanza per la società civile europea) (1). Nel corso di questi lavori è emerso che finora non esiste un’interpretazione o una definizione universalmente valida del concetto di libera professione a livello dell’UE.

3.3.

Per definire tale concetto, nel dicembre 2017 il CESE ha quindi adottato il Manifesto di Roma. In tale contesto, è stato possibile attingere ai lavori preparatori svolti dalle singole federazioni europee delle libere professioni, che hanno cercato congiuntamente di formulare una definizione europea sotto forma di una Carta delle libere professioni.

3.4.

Nella definizione del Manifesto di Roma, le libere professioni consistono nella prestazione di servizi intellettuali, sulla base di una specifica qualificazione o abilitazione professionale. La prestazione di tali servizi è caratterizzata da un elemento personale e si basa su un rapporto di fiducia. L’attività è esercitata sotto la responsabilità del professionista e in modo professionalmente indipendente. Le libere professioni sono tenute al rispetto di una precisa deontologia professionale, sono obbligate a tutelare gli interessi del committente così come a svolgere un pubblico servizio, e sono soggette alla disciplina e al controllo di un’organizzazione professionale.

3.5.

Tale definizione non è esaustiva ma aperta ai nuovi sviluppi tecnologici e alle nuove professioni. Il Manifesto di Roma segnala che tali caratteristiche sono indicative delle libere professioni, ma che non sempre devono essere simultaneamente presenti.

4.   Sfide della digitalizzazione

4.1.

La digitalizzazione globale ha innescato un processo di trasformazione della società nel suo complesso, le cui conseguenze non sono prevedibili. La pandemia di COVID-19 contribuirà ad accelerare questo sviluppo.

4.2.

Gli esempi che seguono mostrano che le applicazioni e i canali commerciali digitali e l’uso dell’intelligenza artificiale sono ormai una parte imprescindibile di molti servizi professionali e possono ulteriormente contribuire a ottimizzarli in futuro. L’impatto della mancanza di contatti personali sul particolare rapporto di fiducia tra i liberi professionisti e i loro clienti, committenti e pazienti, e la risposta all’interrogativo di fino a che punto il cosiddetto fattore umano possa essere sostituito dall’intelligenza artificiale sono ancora questioni aperte.

4.2.1.

Nel settore della consulenza legale si registra una crescente diffusione delle tecnologie blockchain (tecnologie a catena di blocchi) e delle legal tech (software giuridici). Le caselle di posta elettronica degli avvocati e le applicazioni di e-government cambieranno in modo duraturo le modalità di rapporto con i tribunali e le autorità. Le libere professioni sono già partner importanti nell’attuazione dei progetti di eGovernment e in questo settore contribuiscono in modo considerevole alla semplificazione amministrativa.

4.2.2.

Nell’area della pianificazione, la modellizzazione delle informazioni sugli edifici (Building Information Modelling, BIM), un metodo di pianificazione, realizzazione e gestione in rete degli edifici, sta diventando sempre più importante e molte valutazioni della sicurezza delle infrastrutture sono effettuate con l’ausilio dell’intelligenza artificiale.

4.2.3.

Nel settore sanitario, le applicazioni di IA stanno portando a cambiamenti significativi nella diagnostica medica. A ciò si aggiungono lo sviluppo delle consultazioni in telemedicina, le prescrizioni elettroniche e il crescente ricorso alle cartelle cliniche elettroniche.

4.3.

La digitalizzazione sta cambiando i canali di comunicazione e informazione. Da un lato, offre ai consumatori la possibilità di ottenere informazioni prima e durante l’utilizzo dei servizi professionali, riducendo così l’asimmetria informativa esistente. D’altro canto, vi è il rischio che un’offerta eccessiva di informazioni non filtrate e non commentate o di notizie false mirate possa confondere i consumatori, causando gravi malintesi e, addirittura, aggravando le asimmetrie informative.

4.4.

La digitalizzazione dei servizi delle libere professioni e i sistemi di riconoscimento vocale e di traduzione basati sull’IA ridurranno la dipendenza da un determinato luogo geografico e da una determinata lingua. Ciò vale soprattutto per i servizi di consulenza e pianificazione, ma anche per quelli del settore sociosanitario. Ciò non deve pregiudicare il principio del paese di destinazione sancito nella direttiva sui servizi.

4.5.

La qualità dei dati nelle applicazioni di IA è di particolare importanza nel settore dei servizi delle libere professioni. Affinché tali applicazioni in settori sensibili possano essere utilizzate con successo nell’esercizio della professione, è essenziale coinvolgere le libere professioni nello sviluppo tecnico e, in particolare, nella garanzia della qualità dei dati.

4.6.

Un aspetto importante in questo contesto è anche l’anonimizzazione o pseudonimizzazione dei dati come base per un uso sicuro dei dati nell’interesse dei committenti. Al tempo stesso, gli sviluppi tecnologici aumentano il rischio di crimini informatici, che minacciano anche i servizi offerti dalle libere professioni.

4.7.

La digitalizzazione faciliterà l’ingresso sul mercato di nuovi operatori commerciali che offrono modelli commerciali specifici delle libere professioni. L’Unione europea e gli Stati membri dell’UE sono invitati ad accompagnare tale processo, ove necessario, con un’azione di regolamentazione volta a disciplinare, ad esempio, il rapporto tra gli operatori delle piattaforme e le libere professioni e l’accesso a tali piattaforme. In questo processo dovrebbero essere coinvolte le autorità nazionali di vigilanza o gli ordini professionali. Nel settore dell’assistenza farmaceutica, negli ultimi anni sono nate grandi farmacie online che operano su scala transfrontaliera. È probabile che in questo panorama saranno avvantaggiate, come nuovi operatori, le imprese che dispongono già di competenze digitali.

5.   Elementi essenziali delle libere professioni nel quadro della trasformazione digitale

5.1.

Tra un libero professionista e il suo cliente, paziente o committente esiste un particolare rapporto di fiducia, rapporto che costituisce una caratteristica essenziale dei servizi prestati dalle libere professioni. La digitalizzazione mette alla prova questo rapporto di fiducia. Ciò avviene, per esempio, per il fatto che il contatto personale non è più diretto, ma sempre più spesso mediato da strumenti tecnici, come i collegamenti video o i servizi di messaggeria elettronica. Nondimeno, la consulenza e l’assistenza personali basati su un rapporto di fiducia rimarranno un elemento chiave della prestazione di servizi delle libere professioni anche nel formato digitale.

5.2.

A lungo termine, tuttavia, è lecito chiedersi se le applicazioni di IA possano soddisfare gli stessi requisiti dei servizi di consulenza prestati dalle persone. In teoria, è ipotizzabile che il rapporto di fiducia tra persone possa trasformarsi in un rapporto di fiducia tra esseri umani e macchine. Attualmente le applicazioni di IA sono ancora lontane da questo scenario. L’ultima decisione deve essere della persona e non della macchina (principio del controllo umano). La programmazione su cui si fonda l’IA deve essere trasparente, incentrata sulla persona e orientata in primo luogo agli interessi dei destinatari dei servizi e a criteri uguali in materia di responsabilità. Per il successo e la fiducia nei servizi di IA è essenziale anche la trasparenza degli algoritmi sottostanti, che non devono dar luogo a distorsioni o alla riproduzione di pregiudizi.

5.3.

Una base importante per questo rapporto di fiducia è l’indipendenza professionale e la responsabilità individuale. È una caratteristica indispensabile dei servizi delle libere professioni che i pazienti, i clienti e i committenti possano confidare nel fatto che tali servizi siano forniti sotto la responsabilità dei professionisti e indipendentemente da interessi di terzi. La fiducia nella competenza professionale indipendente diventerà sempre più importante, soprattutto nel settore digitale, in cui sarà più difficile individuare le influenze degli interessi di terzi.

5.4.

Garantire la sicurezza e la protezione dei dati sono elementi chiave della fornitura di servizi da parte dei liberi professionisti nell’era digitale. A tale riguardo, questi ultimi hanno un ruolo fondamentale da svolgere nei confronti dei loro clienti e pazienti nel garantire l’uso sicuro delle applicazioni digitali e informarli sui pericoli connessi. Ciò rafforza il rapporto di fiducia con il destinatario del servizio e va di pari passo con il rispetto del segreto professionale.

5.5.

Allo stesso tempo, va osservato che le libere professioni non sono in grado di individuare tutti i casi di uso improprio dei dati, il che è determinante per eventuali questioni di responsabilità. Ciò vale in particolare quando l’uso improprio dei dati avviene attraverso l’accesso di terzi alle infrastrutture digitali disponibili al di fuori dell’UE. L’Unione europea dovrebbe pertanto promuovere la creazione e lo sviluppo di infrastrutture digitali sicure per rimanere in condizioni di parità con i concorrenti di altre regioni del mondo.

6.   Digitalizzazione e formazione

6.1.

La digitalizzazione modificherà i requisiti per l’istruzione, la formazione e il perfezionamento dei liberi professionisti. È necessario un impegno a favore dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, che non riguardi solo il campo specifico di competenze in sé, ma comporti anche l’acquisizione di competenze digitali in rapida evoluzione in altri settori.

6.2.

Al fine di garantire le basi necessarie per le competenze digitali, a coloro che esercitano le libere professioni devono essere trasmesse competenze digitali appropriate già durante la loro formazione e nel prosieguo della loro vita lavorativa. L’UE è invitata ad accompagnare questi processi con adeguati programmi di sostegno.

6.3.

L’acquisizione e l’ulteriore sviluppo delle competenze digitali riguardano anche i collaboratori dei liberi professionisti, la cui formazione è di competenza del libero professionista stesso.

7.   Digitalizzazione e diritto professionale

7.1.

I requisiti elevati di qualità e sicurezza per la prestazione di servizi da parte dei liberi professionisti sono disciplinati dalla legge in molti paesi. Essi devono essere garantiti indipendentemente dal fatto che tali servizi siano forniti in formato digitale o meno. Il diritto professionale nazionale nell’UE è un campo soggetto a forti tensioni da molti anni. Mentre la Commissione europea auspica che la riduzione delle regolamentazioni nazionali nel settore delle professioni generi maggiore crescita economica e più concorrenza, vengono ignorati i costi conseguenti a prestazioni carenti dovute al fatto che nei mercati deregolamentati viene meno la garanzia della qualità delle prestazioni dei liberi professionisti. Pertanto, molti Stati membri ritengono che le loro norme siano necessarie e adeguate per garantire la qualità, in particolare nel settore dei servizi delle libere professioni di importanza sistemica.

7.2.

Poiché sarà sempre più difficile integrare le nuove forme digitali di prestazione di servizi delle libere professioni nelle disposizioni giuridiche vigenti, si dovrà giungere a un adattamento del diritto professionale esistente. Al fine di introdurre le flessibilità necessarie, è opportuno rivedere le norme che risultano superflue a seguito della digitalizzazione. D’altro canto, si renderà maggiormente necessario garantire per legge alcuni principi relativi all’accesso alle libere professioni e al loro esercizio, al fine di evitare gli effetti negativi della digitalizzazione sui consumatori e sulle libere professioni.

7.3.

In linea di principio, l’obiettivo sarà quello di trovare un rapporto ottimale tra le norme vincolanti e le cosiddette norme non vincolanti (soft law). In questo senso riveste priorità l’autoregolamentazione delle professioni. Solo quando essa non funziona il legislatore sarà chiamato ad attivarsi a livello regolamentare. Per le libere professioni non regolamentate dovrebbe essere incoraggiata l’adozione di norme deontologiche.

8.   Digitalizzazione e autogoverno delle libere professioni

8.1.

Una caratteristica essenziale della libera professione è una forma di organizzazione professionale, qualunque ne sia la natura, organizzazione che in un confronto a livello dell’UE, varia, tuttavia, notevolmente da un paese all’altro.

8.2.

L’autogoverno è organizzato principalmente a livello regionale e talvolta locale. La digitalizzazione elimina la tradizionale dipendenza geografica e linguistica della prestazione di servizi. Ciò solleva la questione di come la vigilanza professionale possa essere efficacemente garantita in futuro. La questione dovrebbe essere affrontata tempestivamente dagli organi di autogoverno.

8.3.

La digitalizzazione apre nuovi compiti agli ordini professionali e alle associazioni professionali delle libere professioni, i quali possono offrire assistenza ai loro membri nel quadro dello sviluppo di nuovi settori di attività digitali o della gestione di nuovi media.

8.4.

La digitalizzazione richiederà un adeguamento delle norme deontologiche professionali elaborate nell’ambito dell’autogoverno. Una deontologia professionale che garantisca il rispetto dei principali elementi di base delle libere professioni è un prerequisito importante per evitare gli effetti negativi dei processi di digitalizzazione sui consumatori. Le norme deontologiche possono completare le basi giuridiche.

9.   Emergere di nuove libere professioni

9.1.

La digitalizzazione può ampliare il campo delle libere professioni esistenti e rafforzare la cooperazione interdisciplinare con altre professioni e, sulla base dei criteri stabiliti nel Manifesto di Roma, incoraggiare l’emergere di nuove libere professioni nell’interesse di un sistema aperto e in evoluzione.

9.2.

Inoltre, la digitalizzazione aumenterà la continua commercializzazione dei servizi dei liberi professionisti e trasformerà le libere professioni tradizionali.

9.3.

L’autogoverno, la deontologia professionale e i requisiti giuridici minimi svolgeranno pertanto un ruolo importante in futuro al fine di garantire, attraverso approcci innovativi e flessibili, l’aspetto dell’interesse generale contrapposto al mero scopo di lucro e quindi la qualità stessa dei servizi forniti dalle libere professioni ai consumatori.

Bruxelles, 27oaprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Studio The State of Liberal Professions Concerning their Functions and Relevance to European Civil Society, EESC-2014-46-EN, ISBN 978-92-830-2462-0.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/13


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Il ruolo dell’economia sociale nella creazione di posti di lavoro e nell’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali»

(parere esplorativo)

(2021/C 286/04)

Relatore:

Giuseppe GUERINI

Correlatrice:

Cinzia DEL RIO

Consultazione

Presidenza portoghese del Consiglio, 26.10.2020

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

31.3.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

239/2/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE è grato alla presidenza portoghese per aver richiesto questo parere e ritiene importante individuare negli enti dell’economia sociale i partner strategici per l’implementazione del pilastro europeo dei diritti sociali e per l’edificazione di un’Unione europea che ribadisca che la funzione principale dell’economia è di essere al servizio delle persone. A tale proposito raccomanda che, nei piani nazionali di ripresa e resilienza per l’uscita dalla crisi pandemica, le autorità degli Stati membri prevedano un ampio coinvolgimento degli enti dell’economia sociale.

1.2.

Il CESE ritiene necessario consolidare i criteri operativi adottati dalle istituzioni dell’Unione europea per promuovere un adeguato riconoscimento delle organizzazioni e delle imprese dell’economia sociale, nelle diverse forme giuridiche in cui si costituiscono. Tali criteri prevedono che si antepongano obiettivi sociali di interesse generale, che si adotti una governance democratica e partecipata da diversi portatori di interesse e che, anche quando si consegua una «lucratività limitata», questa venga destinata al perseguimento degli scopi statutari.

1.3.

Al fine di misurare gli impatti sociali creati dalle organizzazioni e imprese dell’economia sociale, il CESE ritiene necessario per l’Unione europea un sistema permanente di censimento statistico che consenta di avere dati qualificati, comparabili e aggiornati circa la consistenza e l’incidenza del settore.

1.4.

Il CESE ritiene che, quando il ruolo dell’economia sociale nella creazione e nel mantenimento dell’occupazione coinvolge lavoratori svantaggiati e in territori svantaggiati, siano necessarie politiche di sostegno adeguate e capaci di riconoscere la funzione di interesse generale di queste organizzazioni che, pur avendo natura giuridica privata, svolgono una funzione sostanzialmente pubblica.

1.5.

Tali politiche di sostegno si debbono tradurre in quattro livelli:

politiche fiscali e regime di tassazione che riconoscano la funzione di interesse generale;

politiche di promozione di investimenti pubblici e privati che favoriscano lo sviluppo di una finanza a impatto sociale — anche attraverso la leva degli appalti pubblici e delle concessioni;

politiche di sostegno all’occupazione stabile e al protagonismo economico dei lavoratori delle imprese dell’economia sociale;

politiche per il sostegno alla qualificazione del personale e per l’innovazione tecnologica nelle organizzazioni dell’economia sociale.

1.6.

In merito alla creazione e al mantenimento di posti di lavoro, il CESE ritiene che la formula nota come worker buy out costituisca una buona prassi utile non solo per il rilancio di aziende in crisi ma anche nei casi di trasmissione di PMI i cui fondatori non hanno successori. Per questo potrebbe essere interessante creare uno specifico fondo d’investimento europeo.

1.7.

Il CESE chiede che sia sostenuto e incoraggiato, anche mediante politiche di incentivo, il crescente interesse di operatori finanziari per gli investimenti a impatto sociale, che devono individuare nelle imprese dell’economia sociale il principale protagonista per un’azione di rilancio di investimenti dedicati all’attuazione di obiettivi sociali, ambientali e solidaristici.

1.8.

Il CESE ritiene che le imprese dell’economia sociale possano essere una forma organizzativa ideale per le nuove forme di imprenditorialità realizzate mediante le piattaforme digitali e in particolare per le attività di «sharing economy», per la loro propensione al coinvolgimento attivo di lavoratori e utenti delle piattaforme digitali.

1.9.

Il CESE sottolinea che condizioni di lavoro dignitose e la governance democratica sono elementi qualificanti per le imprese dell’economia sociale e che, quando non sono previste statutariamente come nel caso delle cooperative di lavoro e sociali, si debbano prevedere forme concrete di consultazione e partecipazione dei lavoratori.

1.10.

Il CESE crede che le organizzazioni dell’economia sociale, e in particolare le associazioni di volontariato, svolgano una funzione fondamentale per la coesione alimentando il capitale sociale e sostenendo il ruolo responsabile della società civile.

1.11.

Il volontariato tra i giovani rappresenta una risorsa fondamentale per aumentare l’occupabilità e il capitale umano delle nuove generazioni, creando un effetto positivo che aumenta le occasioni di occupazione. Tale funzione appare utile anche per ridurre il fenomeno dei NEET e meriterebbe che si attivino politiche per favorire il passaggio dalle esperienze di volontariato a forme di lavoro retribuito stabili.

1.12.

Il CESE infine richiede e auspica che il piano d’azione per l’economia sociale sia l’occasione per mettere in campo strumenti operativi e proposte legislative concrete.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Con questo parere esplorativo, richiesto dalla presidenza portoghese del Consiglio dell’UE, il CESE è lieto di contribuire al perseguimento delle priorità del programma con particolare riguardo alla promozione del modello sociale europeo, grazie all’individuazione di proposte concrete sul ruolo delle imprese dell’economia sociale nella creazione di lavoro stabile e dignitoso e di un’economia più inclusiva, sostenibile e resiliente.

2.2.

L’economia sociale è sempre più riconosciuta a livello internazionale come attore decisivo e rilevante capace di esprimere la capacità organizzativa e trasformativa della società civile. In diversi Stati membri si sono prodotte legislazioni che ne riconoscono finalità e funzioni, delineando il profilo e la forma giuridica delle organizzazioni riconosciute come espressioni dell’economia sociale (1).

2.3.

Il CESE, in merito al riconoscimento giuridico, nel parere INT/871 (2) evidenzia come le organizzazioni e le imprese dell’economia sociale antepongano obiettivi sociali al ruolo del capitale anche grazie a una governance democratica partecipata da diversi portatori di interesse. Non perseguono finalità di lucro privato e, anche quando conseguono una «lucratività limitata», mediante un’attività imprenditoriale, i guadagni vanno destinati al perseguimento degli scopi statutari e alla creazione di posti di lavoro.

2.4.

Il sostanziale riconoscimento dell’economia sociale è sostenuto da documenti di studio realizzati da istituzioni e organismi internazionali, come l’OCSE, le Nazioni Unite, l’OIL, e da diverse istituzioni dell’UE tra cui lo stesso CESE, i cui 13 pareri dedicati all’economia sociale fra il 2009 e il 2020 hanno identificato le organizzazioni e le imprese dell’economia sociale in 4 famiglie: le cooperative, le associazioni, le mutue e le fondazioni, a cui si sono aggiunte in tempi più recenti le imprese sociali.

2.5.

Sebbene i criteri e i concetti più rappresentativi dell’economia sociale quali il primato delle persone sul capitale, il reinvestimento dei profitti e la governance partecipativa siano stati riconosciuti dall’Unione europea (3), non si è potuto ancora raggiungere un accordo per una definizione giuridica omogenea europea. Nel 2018 il Parlamento ha proposto l’introduzione di una certificazione per le organizzazioni dell’economia sociale basata sull’articolo 50 del TFUE. Il CESE ritiene che, perché questo si concretizzi, sia necessaria una migliore e più omogenea rilevazione dei dati statistici per il censimento delle organizzazioni e imprese dell’economia sociale secondo una definizione operativa comune, come accade nei paesi che hanno istituito registri pubblici delle organizzazioni e imprese dell’economia sociale.

2.6.

Una definizione operativa riconosciuta e formalmente accettata e valida per le istituzioni dell’Unione europea è ormai sempre più necessaria, soprattutto per consentire l’accesso alle molte opportunità di crescita e sviluppo, nonché per favorire una migliore comprensione dell’economia sociale da parte delle istituzioni pubbliche e private.

2.7.

Questa definizione è indispensabile per una piena accessibilità al mercato dei capitali, dove cresce l’interesse verso gli investimenti a impatto sociale. Il piano d’azione per l’economia sociale rappresenta un’occasione opportuna per affrontare questo tema, ma anche nel piano d’azione per l’Unione dei mercati dei capitali per le persone e le imprese (4) si dovrebbe considerare il ruolo dell’economia sociale per attrarre in Europa investimenti per un’economia attenta alle persone.

2.8.

La funzione e il valore economico generato dalle organizzazioni dell’economia sociale appare assai significativo, sia per dimensione (8 % del PIL europeo) sia per qualità e persistenza di questo valore (5), che anche durante gli anni della crisi finanziaria ha visto crescere sia i valori economici prodotti, sia il numero di lavoratori occupati.

2.9.

Rilevante è il ruolo nella creazione e nel mantenimento di posti di lavoro, con oltre 13,6 milioni di posti di lavoro retribuiti in Europa, pari a circa il 6,3 % della popolazione attiva dell’UE a 28 (6), più di 232 milioni di soci di cooperative, mutue ed enti analoghi, oltre 2,8 milioni di imprese e organizzazioni. Fra questi lavoratori, circa 2,6 milioni sono lavoratori di imprese sociali rispondenti ai requisiti descritti dalla Social Business Initiative del 2011.

2.10.

Molti occupati nelle organizzazioni e nelle imprese dell’economia sociale si trovano in piccole organizzazioni, ma esistono casi in cui le imprese dell’economia sociale assumono grandi dimensioni, con un numero che a volte supera le centinaia e le migliaia di occupati. Una grande parte si trova in organizzazioni caratterizzate da una governance partecipativa di tipo democratico, che evidenzia una correlazione fra l’ampia partecipazione dei portatori d’interesse alla governance e la propensione al mantenimento di alti livelli di occupazione, oltre a una migliore capacità di resistere agli shock (7).

2.11.

Significativa, nell’economia sociale, è l’ampia presenza di lavoratrici, che in molti casi arriva a superare la quota del 70 % della forza lavoro, ma che in generale comunque si attesta su percentuali superiori al 50 %. Sebbene servano ulteriori passi per la piena parità, significativa è la presenza delle donne nelle funzioni direttive e apicali di molte organizzazioni dell’economia sociale. Si distingue quindi, tra queste organizzazioni e imprese, una significativa equità retributiva — sia fra le diverse posizioni della gerarchia organizzativa, sia nelle retribuzioni, che non manifestano eccessivi squilibri di genere (8).

2.12.

Una maggiore equità delle retribuzioni non compensa il dato, presente in non pochi casi, per cui i livelli retributivi dei lavoratori delle organizzazioni e imprese dell’economia sociale permangono nelle fasce basse della distribuzione del reddito. Questo è in parte riconducibile a una generale scarsa valorizzazione del lavoro di cura, che in troppi casi non ottiene un riconoscimento economico adeguato nemmeno nelle forme imprenditoriali convenzionali. È a questo proposito importante che si rafforzino i diritti sindacali dei lavoratori del settore sociale e assistenziale.

2.13.

Importante è anche la funzione svolta nella promozione e attuazione di innovazioni sociali, che dimostra che tali organizzazioni sanno interpretare e accompagnare i cambiamenti della società mobilitando risorse di capitale umano che si esprime in una partecipazione attiva e solidale, con oltre 82,8 milioni di volontari.

2.14.

Il numero elevato delle persone attive in settori importanti, così come le sfide di innovazione sociale e tecnologica a cui sono chiamate le organizzazioni e le imprese dell’economia sociale, devono essere sostenuti da adeguati interventi di formazione permanente e di qualificazione per la crescita delle competenze professionali e organizzative.

2.15.

Il CESE quindi ritiene molto opportuno l’annuncio, da parte della Commissione europea, di un piano d’azione per l’economia sociale e di azioni concrete per l’implementazione del pilastro europeo dei diritti sociali con un suo specifico piano d’azione, su cui il CESE si è espresso col parere SOC/614 (9).

3.   Proposte per una politica europea di sostegno e promozione dell’economia sociale

3.1.

Per dare ulteriore slancio e consistenza al contributo delle organizzazioni e imprese dell’economia sociale e per costruire un’«Europa più sociale, resiliente e inclusiva», è necessario che si introducano misure legislative e programmi di politica economica europea che promuovano e favoriscano la crescita delle organizzazioni e imprese dell’economia sociale anche in virtù del contributo che esse possono portare per un modello di sviluppo sostenibile, ecologico e solidale.

3.2.

In questa direzione riteniamo sia possibile individuare interventi su quattro livelli:

un regime di tassazione che riconosca la funzione di interesse generale svolta dalle imprese dell’economia sociale, con particolare riguardo a quelle che operano in settori di primario interesse pubblico come servizi sociali, sanitari, educativi e di inclusione sociale;

politiche di promozione di investimenti pubblici e privati che favoriscano lo sviluppo di una finanza a impatto sociale — con un ulteriore miglioramento dell’accessibilità al mercato degli appalti pubblici e delle concessioni;

politiche di sostegno all’occupazione stabile e al protagonismo economico dei lavoratori delle imprese dell’economia sociale, specie nella governance democratica delle stesse;

politiche di sostegno per implementare nuove competenze e favorire la diffusione di innovazione e nuove tecnologie nella società civile.

3.3.

Il CESE, nel riconoscere la fondamentale funzione svolta dalle organizzazioni e imprese dell’economia sociale nell’ambito dei servizi alla persona e servizi sociali, ritiene comunque che rimangano imprescindibili le responsabilità degli Stati e delle pubbliche amministrazioni per garantire i servizi essenziali ai cittadini.

3.4.

Vanno ulteriormente rafforzate le misure per sostenere l’occupazione nelle imprese sociali che hanno come missione l’inserimento lavorativo di lavoratori disabili o gravemente svantaggiati. Queste misure dovrebbero agire per la riduzione del peso degli oneri fiscali e contributivi sul costo del lavoro, mediante l’assunzione da parte delle autorità pubbliche delle quote di contribuzione necessarie ad assicurare le tutele assicurative e previdenziali di questi lavoratori svantaggiati. Tali incentivi non andrebbero considerati come aiuti di Stato alle imprese dell’economia sociale, in quanto destinati a sostenere una piena inclusione lavorativa per persone gravemente svantaggiate. In ogni caso gli incentivi andrebbero concessi soltanto a organizzazioni che rispettano i contratti collettivi di lavoro e i diritti fondamentali dei lavoratori.

3.5.

In molti casi le imprese dell’economia sociale sono il principale gestore di servizi essenziali per la popolazione — quali servizi educativi, socio sanitari, assistenziali o di formazione e inserimento lavorativo per persone svantaggiate — gestendo attività che, se anche assumono carattere commerciale o d’impresa, sono sempre attività che hanno una forte valenza comunitaria e territoriale, e i cui profitti sono comunque reinvestiti per gli scopi statutari. Sono servizi che si realizzano con la partecipazione diretta degli stessi destinatari e hanno un radicamento territoriale che è parte stessa della missione che svolgono. Tali condizioni quindi non si possono assimilare incondizionatamente ai regimi di concorrenza di mercato. Pertanto andrebbero allentate alcune delle attuali prescrizioni sugli «aiuti di Stato» che impediscono di introdurre un regime di tassazione che riconosca il merito sociale e di pubblica utilità di queste organizzazioni.

3.6.

Per la stessa ragione, inoltre, il CESE, come già richiesto nel parere INT/906 (10), ritiene necessario che il massimale previsto dal regolamento de minimis sui servizi di interesse economico generale, pari a 500 000 EUR nell’arco di tre esercizi finanziari, debba essere di almeno 800 000 EUR per esercizio finanziario.

Ferma restando l’opportunità di prevedere regole di accesso ai finanziamenti pubblici armonizzate con criteri omogenei, trasparenti e nel pieno rispetto delle norme sul lavoro e sull’applicazione dei contratti collettivi di settore.

3.7.

È importante individuare strumenti utili a incrementare gli investimenti a impatto sociale realizzati nelle organizzazioni dell’economia sociale. In questa direzione alcune esperienze interessanti si sono realizzate con delle specifiche obbligazioni o titoli di partecipazione (equity o quasi equity) in un’impresa dell’economia sociale, legata al perseguimento di obiettivi sociali di interesse generale.

3.8.

Su questi strumenti finanziari, applicando una tassazione agevolata per l’investitore si potrebbero creare volani di crescita rilevanti alla luce del fatto che già i dati storici confermano che, seppure con investimenti limitati, le organizzazioni dell’economia sociale hanno saputo generare molti posti di lavoro e molti benefici sociali per i fruitori dei servizi da esse realizzati.

3.9.

È però necessario prevedere adeguate metriche che rendano possibile la misurazione e la comparazione dei risultati ottenuti, come l’aumento occupazionale stabile, l’applicazione di elevati standard di sicurezza sul lavoro e la verifica dell’effettivo raggiungimento degli obiettivi sociali alla base dell’iniziativa. Per questo è opportuno che gli Stati membri si dotino di leggi quadro sull’economia sociale e che attivamente mettano in campo politiche favorevoli alla crescita e sviluppo delle imprese dell’economia sociale.

3.10.

Già dal 2011 la Commissione europea individuava la necessità di migliorare il livello di conoscenza e di rilevazione pubblica dei dati e delle statistiche sulle imprese dell’economia sociale, tuttavia resta ancora molto da fare per l’individuazione di standard coordinati, che peraltro sarebbero particolarmente utili anche per evitare fenomeni di «social washing» o di accesso improprio alle misure di sostegno.

3.11.

Si potrebbero per questo identificare delle authority nazionali, negli Stati che ancora non le hanno implementate, incaricate di monitorare e verificare il rispetto dei requisiti e degli standard e la coerenza con le finalità sociali.

3.12.

Tra le specifiche misure di sostegno, una delle più rilevanti è quella della partecipazione al mercato degli appalti pubblici e delle concessioni, su cui già la direttiva 2014/24/UE ha proposto significativi strumenti (11), che non in tutti gli Stati membri hanno trovato adeguata attuazione. Al fine di incoraggiare gli appalti pubblici socialmente responsabili, la Commissione europea dovrebbe dare l’esempio e sfruttare al massimo le proprie procedure di appalto per perseguire obiettivi di politica sociale.

3.13.

Sempre tra le misure di sostegno appaiono interessanti quelle destinate alla riconversione di attività produttive e di servizio, o il trasferimento di queste attività da aziende in crisi o da imprenditori a fine carriera ai lavoratori, organizzati in forma cooperativa o in imprese partecipative.

3.14.

Molte di queste esperienze che si identificano come worker buyout  (12), già realizzate con successo per la ripresa di attività industriali in crisi, oggi vedono crescere i casi in cui un’impresa sociale partecipata dai lavoratori si propone per il trasferimento di piccole imprese. Ciò avviene in particolare tra i giovani che non hanno adeguate dotazioni di capitale per intraprendere un’attività d’impresa ma spesso sono frenati dalla solitudine e dalla preoccupazione di affrontare le difficoltà del mercato in forma individuale.

3.15.

Per incrementare il potenziale di queste iniziative servirebbe un intervento di investimento e accompagnamento che aiuti l’avvio dell’attività d’impresa attraverso una partecipazione di capitale finanzia i lavoratori di aziende in crisi che scelgono di riprendere l’attività costituendosi in cooperativa. In alcuni Paesi queste iniziative hanno consentito di riqualificare diverse imprese e di salvaguardare migliaia di posti di lavoro.

3.16.

Fondamentale in questi processi di riconversione industriale è il ruolo delle organizzazioni sindacali dei lavoratori. Forme di autoimprenditorialità come il WBO sono parte integrante delle politiche attive del lavoro. Una buona prassi di collaborazione tra cooperative e sindacati è l’accordo firmato in Italia fra le tre federazioni cooperative e i tre sindacati più rappresentativi per una cooperazione sistematica sui worker buyout (13).

3.17.

Il CESE auspica che il piano d’azione per l’economia sociale promuova l’introduzione nell’Unione europea di iniziative analoghe in tutti gli Stati membri, istituendo una struttura dedicata nell’ambito del Fondo europeo per gli investimenti o di quello per l’adeguamento alla globalizzazione, allo scopo di avere strumenti concreti per sostenere la ripartenza delle attività economiche dissestate dalla crisi provocata dalla pandemia.

4.   Nuove forme di economia sociale

4.1.

Le imprese dell’economia sociale stanno sviluppando nuova occupazione e iniziative di innovazione sociale anche nel contesto della green economy e per la promozione di uno sviluppo sostenibile. Sono in crescita le esperienze di economia circolare realizzate delle organizzazioni dell’economia sociale che creano anche nuova occupazione nel settore del riuso o dell’agricoltura sociale. Finora il quadro giuridico e le politiche in molti Stati membri non consentono l’implementazione di politiche per lo sviluppo di cooperative di inserimento lavorativo. Per questo sono auspicabili interventi a livello di UE, per avviare un progresso in questi contesti.

4.2.

Particolarmente interessante è il ruolo che le cooperative di lavoro (14) possono svolgere per rendere più inclusive le nuove forme di imprenditorialità realizzate mediante le piattaforme digitali, al fine di rendere più sostenibile e condivisa la partecipazione di lavoratori e utilizzatori per sviluppare nuove forme di mutualità e di solidarietà, mediante tecnologie digitali capaci di favorire una partecipazione diffusa. Fermo restando che la tutela dei lavoratori di piattaforma e dei lavoratori atipici passa necessariamente dalla sottoscrizione di adeguati contratti collettivi con le organizzazioni sindacali dei lavoratori.

4.3.

Le imprese dell’economia sociale possono creare occasioni di lavoro e di sviluppo locale, organizzando la partecipazione dei cittadini per la realizzazione di servizi come la fornitura di energie rinnovabili oppure per l’organizzazione di servizi in aree decentrate e in zone rurali, come nelle esperienze francesi dei Poli Territoriali per la Cooperazione Economica (PTCE), che aggregano attorno a un progetto associazioni, cooperative, enti locali, aziende tradizionali, università, e si stanno facendo promotori di esperienze di agricoltura sociale, turismo sostenibile, valorizzazione di beni ambientali o culturali.

4.4.

Nell’economia sociale è fondamentale la funzione delle attività di volontariato, importanti per le giovani generazioni, ma anche per le persone anziane, per le quali in taluni casi rappresentano una importante occasione per mantenere un ruolo sociale e civile attivo che contribuisce a migliorare la qualità della vita. Per questo è importante rafforzare le sinergie tra i percorsi formativi e le ore di volontariato, come strumenti per favorire l’inserimento al lavoro nel settore sociale. Un coordinamento maggiore tra periodi di volontariato e di tirocinio potrebbe facilitare la formazione di personale giovane e qualificato.

4.5.

La positiva esperienza del «Corpo europeo di Solidarietà» è una esperienza da potenziare e potrebbe essere ampliata istituendo una sorta di «Erasmus per Imprenditori Sociali» che favorisca la collaborazione transfrontaliera nell’ambito dell’economia sociale.

4.6.

Tale funzione appare molto utile anche per ridurre il fenomeno complesso dei NEET e meriterebbe che si attivino politiche di incentivazione per favorire il passaggio dalle esperienze di volontariato verso il lavoro stabile.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://oeil.secure.europarl.europa.eu/oeil/popups/ficheprocedure.do?reference=2016/2237(INL)&l=en,

https://betterentrepreneurship.eu,

https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/MEMO_11_735,

https://cecop.coop/works/cecop-report-on-social-enterprises-laws-in-europe-a-worker-and-social-coops-perspective.

(2)  https://www.eesc.europa.eu/en/our-work/opinions-information-reports/opinions/towards-appropriate-european-legal-framework

(3)  Social Business Initiative: https://ec.europa.eu/growth/sectors/social-economy/enterprises_en.

Conclusioni del Consiglio sulla promozione dell’economia sociale 2015: https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-15071-2015-INIT/it/pdf.

Social Economy Charter (Carta dei principi dell’economia sociale) 2002: https://www.socialeconomy.eu.org/wp-content/uploads/2020/04/2019-updated-Social-Economy-Charter.pdf.

(4)  Un’Unione dei mercati dei capitali per le persone e le imprese: nuovo piano d’azione, COM(2020) 590 final.

(5)  I dati sono ripresi dalla pubblicazione della Commissione europea https://ec.europa.eu/social/BlobServlet?docId=22304&langId=en.

(6)  I dati sono estratti dal rapporto CESE https://www.eesc.europa.eu/sites/default/files/files/qe-04-17-875-it-n.pdf.

(7)  The resilience of the cooperative model, CECOP, 2012 https://www.cecop.coop/works/the-resilience-of-the-cooperative-model.

(8)  Las mujeres en las cooperativas de trabajo, COCETA, 2019 https://www.coceta.coop/publicaciones/estudio-mujer-cooperativismo-coceta-2019.pdf.

(9)  GU C 14 del 15.1.2020, pag.1.

(10)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 131

(11)  https://ec.europa.eu/info/policies/public-procurement/support-tools-public-buyers/social-procurement_en.

(12)  Business transfers to employees under the form of a cooperative in Europe: opportunities and challenges, CECOP, 2013 (GU C 191 del 29.6.2012, pag. 24).

(13)  Italy, historic agreement between unions and coops on worker buyouts, CECOP, 2021: https://cecop.coop/works/italy-historic-agreement-between-unions-and-coops-to-promote-worker-buyouts.

(14)  All for one — Worker-owned cooperatives’ response to non-standard employment, CECOP 2019: https://cecop.coop/works/cecop-report-all-for-one-reponse-of-worker-owned-cooperatives-to-non-standard-employment.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/20


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Formazione professionale: l’efficacia dei sistemi di anticipazione e adeguamento delle competenze alle esigenze del mercato del lavoro e il ruolo delle parti sociali e delle diverse parti interessate»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza portoghese)

(2021/C 286/05)

Relatore:

Jean-Michel POTTIER

Consultazione da parte della presidenza portoghese del Consiglio dell’UE

26.10.2020

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Ufficio di presidenza

28.10.2020

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

16.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

222/0/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE ribadisce l’importanza che riveste il tema dell’adeguamento delle competenze alle esigenze del mercato del lavoro. Il CESE sottolinea il ruolo cruciale di sistemi di formazione efficaci e delle capacità di anticipazione delle esigenze in termini di competenze, nell’attuale contesto di profondi sconvolgimenti dovuti alla crisi della COVID-19 che sta imprimendo un’accelerazione alle trasformazioni della nostra economia, in particolare nei settori digitale e ambientale.

1.2.

Di fronte alle difficoltà incontrate dalle imprese europee al momento di assumere il loro personale, il CESE sottolinea l’opportunità di ricorrere a sistemi di formazione duale per l’acquisizione di competenze secondo un ampio ventaglio di modalità. La grande maggioranza dei datori di lavoro svolge con onestà il ruolo di formatore nel sistema duale, al fine di trasmettere le proprie competenze e abilità professionali. Tuttavia, occorre prestare particolare attenzione per prevenire e vietare ogni tipo di abuso legato ai posti di lavoro produttivi e non retribuiti offerti ai tirocinanti.

1.3.

Il CESE rammenta che la varietà dei suddetti dispositivi permette un adattamento ottimizzato alle diverse situazioni relative alle dimensioni dell’impresa, ai tipi di certificazione, alla strutturazione del sistema di formazione, alla natura e al livello dell’impiego da assegnare. Consente inoltre ai lavoratori e alle persone in cerca di occupazione di acquisire nuove competenze, al fine di combattere l’obsolescenza delle competenze professionali.

1.4.

Il CESE sottolinea le specificità delle PMI. Tenuto conto della tecnicità delle professioni svolte in un numero considerevole di PMI il cui il know-how è unico, in particolare in mercati di nicchia, la formazione duale potrebbe apportare una risposta pertinente alle esigenze di tali imprese in termini di competenze. In molte zone rurali il know-how delle piccole imprese rappresenta un’opportunità unica per i giovani, e un contesto imprenditoriale favorevole potrebbe migliorare le loro opportunità professionali.

1.5.

Per il CESE, le parti sociali sono attori efficaci nella concezione e nella gestione di un sistema di formazione, e sono nella posizione ideale per valutare le esigenze del mercato del lavoro in termini di competenze. Esse sono in grado di individuare le carenze di manodopera specifiche per settore professionale e per territorio, garantendo uno sviluppo delle competenze efficace e incentrato sull’esercizio pratico delle diverse professioni. Possono contare sull’appoggio delle parti interessate quali lo Stato, la regione o il servizio pubblico per l’impiego (SPI) per incrociare i dati quantitativi e qualitativi in termini di esigenze relative alle competenze.

1.6.

Il CESE fa notare che le parti sociali devono svolgere sistematicamente un ruolo di primo piano nello sviluppo delle qualifiche e del loro contenuto. È essenziale che le parti sociali siano coinvolte sin dalle prime fasi dell’approccio adottato, per far sì che le risorse soddisfino le reali esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori in Europa.

Inoltre, le parti sociali sono qualificate per facilitare l’orientamento professionale di tutte le categorie di cittadini.

1.7.

Il CESE rammenta che le parti interessate (Stato, regione, SPI) svolgono un ruolo rilevante nel proporre soluzioni che favoriscano l’inclusione sociale. Il CESE raccomanda un migliore coordinamento tra tutti i soggetti coinvolti, le parti interessate e le parti sociali, mediante un accordo contrattuale che specifichi le interazioni e le responsabilità di ciascuno di essi, al fine di facilitare la comprensione dei dispositivi di formazione e sostegno. Le organizzazioni della società civile, i servizi sociali pubblici e senza scopo di lucro, le imprese sociali, gli organismi di protezione sociale e gli operatori sociali svolgono un ruolo fondamentale nel sostenere i giovani e i meno giovani, prestando un’attenzione particolare alle persone che appartengono a gruppi socialmente svantaggiati. I quadri giuridici e finanziari di alcuni Stati membri forniscono una base responsabile per lo svolgimento di queste importanti funzioni e servizi. Sono inoltre essenziali politiche forti nel settore della formazione professionale per conseguire l’obiettivo della promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile e di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici, come stabilito all’articolo 145 del TFUE.

1.8.

Il CESE sottolinea l’importanza di tenere conto delle caratteristiche specifiche delle PMI, che comprendono anche le microimprese, al fine di rispondere al fabbisogno di competenze nelle professioni in difficoltà. Queste imprese non dispongono di un servizio interno per le risorse umane, mentre la gestione della relazione tra formazione, competenze e lavoro richiede un approccio particolare. Le PMI rappresentano una vasta riserva di posti di lavoro e hanno bisogno di un sostegno specifico, che deve essere fondato sulla definizione delle loro esigenze in termini di competenze, sulla costruzione dell’offerta di posti di lavoro, sul comitato di consultazione, sul processo di assunzione e su sistemi di formazione adeguati, che consentano un inserimento occupazionale a lungo termine.

1.9.

Il CESE ricorda che la formazione è uno strumento fondamentale per l’integrazione delle persone con disabilità. Occorre adottare misure adeguate per rispondere alla sfida di garantire pari opportunità alle persone con disabilità, in particolare alle donne, nel quadro di un accesso equo a programmi di formazione professionale inclusivi. Il CESE rammenta inoltre che la sostenibilità del lavoro si basa in particolare sul diritto a una formazione di qualità.

1.10.

Il CESE raccomanda di elaborare accordi strategici nazionali in materia di formazione professionale e orientamento, sulla base di negoziati tra le autorità e le parti sociali, con il coinvolgimento delle parti interessate del settore dell’istruzione e della formazione professionale (IFP). Il CESE prende atto dell’esistenza di tali accordi in un certo numero di imprese, settori professionali o territori, e invita a un’applicazione generalizzata di accordi nazionali strategici di questo tipo. Le azioni dell’Unione dovrebbero, quanto ad esse, facilitare l’adattamento alle trasformazioni industriali al fine di promuovere l’inserimento e il reinserimento professionale nel mercato del lavoro.

2.   Contesto

2.1.

La pertinenza della riflessione sulla relazione tra le competenze disponibili e le esigenze del mercato del lavoro dovrebbe essere valutata nel contesto europeo, come illustrato nella «Dichiarazione di Osnabrück», che dichiara di tenere conto, tra le parti interessante, anche delle parti sociali. Questo contesto europeo comprende in particolare i seguenti aspetti:

da un lato, il pilastro europeo dei diritti sociali fa dell’istruzione, della formazione e dell’apprendimento permanente il suo primo e quarto principio in materia di pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, anche in una prospettiva di apprendimento permanente;

dall’altro, nel 2020 la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione sullo spazio europeo della formazione e dell’istruzione in cui ribadisce i propri principi d’azione e i propri obiettivi, segnatamente quelli relativi a un’istruzione universale di qualità;

infine, nel parere SOC/570 (1) sul tema Il futuro del lavoro e delle competenze professionali, il CESE, per prepararsi e reagire ai rapidi mutamenti tecnologici e digitali, ha chiesto di definire politiche mirate e di adottare misure concrete volte a migliorare e adattare i sistemi d’istruzione e formazione.

2.2.

La questione dell’allineamento delle competenze disponibili e delle esigenze del mercato del lavoro è percepita in modi diversi nei vari paesi dell’Unione europea. Le discussioni sul cosiddetto «squilibrio tra domanda e offerta di competenze» erano iniziate già prima della crisi della COVID-19, e il CESE ha invitato alla prudenza nell’affrontare questo problema. Secondo il Cedefop, il 45 % dei lavoratori ritiene che le proprie competenze non corrispondano pienamente al posto di lavoro occupato, mentre il 70 % delle imprese soffre di carenze di competenze, ma poche tra di esse associano tali difficoltà agli ostacoli incontrati, quali i problemi riguardanti le assunzioni, l’ubicazione geografica dell’impresa stessa, il livello di retribuzione e le condizioni di lavoro. Uno studio approfondito dovrebbe analizzare le ragioni precise dello squilibrio tra domanda e offerta di competenze nonché le modalità per aiutare le persone interessate a trovare lavoro.

2.3.   Le esigenze in termini di competenze

Le competenze richieste variano da un paese all’altro, tuttavia tale diversità dipende dal livello dell’apparato produttivo industriale del paese, che va messo a confronto con le esigenze delle economie rivolte ai servizi o al turismo. Sebbene il livello generale delle competenze richieste sia orientato verso competenze più elevate, vi è anche la necessità di livelli di qualifica inferiori per i quali si ricorre all’immigrazione.

2.4.   Il sistema di formazione

L’istruzione e la formazione professionale sono i settori educativi più vicini al mercato del lavoro e alle sue esigenze in termini di competenze. Generalmente proposta al livello secondario superiore, la formazione professionale iniziale avviene in ambito scolastico o in ambito professionale, presso centri di formazione e imprese. La percentuale di giovani che hanno ricevuto una formazione professionale rispetto a un’istruzione generale varia all’interno dell’Unione europea, ma è in graduale diminuzione dappertutto. Questa constatazione porta solitamente a misure correttive o di incentivazione, su iniziativa tanto dei poteri pubblici quanto degli ambienti professionali, comprese le parti sociali. Tra queste misure, la nuova agenda per le competenze pone l’accento sulla digitalizzazione dei contenuti delle formazioni.

Il sistema di formazione professionale continua è orientato principalmente al lavoro, e la maggior parte delle azioni di formazione avviene in un contesto professionale.

2.5.   Il ruolo delle parti sociali

Tale ruolo, che è presente in tutti i paesi a livelli diversi, dovrebbe essere rafforzato. In virtù della loro esperienza, le parti sociali partecipano alla definizione delle esigenze attuali e future in materia di competenze nei diversi settori occupazionali o a livello interprofessionale nazionale. Esse partecipano molto spesso anche alla definizione dei repertori di certificazioni e diplomi, alla governance dei sistemi di formazione, alla gestione dei fondi per la formazione professionale e gli apprendistati e al sistema di orientamento professionale lungo tutto l’arco della vita. Inoltre, la questione della formazione professionale è in genere oggetto di negoziati condotti dalle parti sociali nell’ambito della contrattazione collettiva.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE rileva un crescente squilibrio nel mercato del lavoro, legato in particolare a una carenza di competenze, con l’impatto complementare della crisi sanitaria che aumenta il divario tra le esigenze e le competenze dei giovani in un’economia sempre più concentrata.

3.1.1.

Tale situazione, che esisteva già prima della crisi sanitaria, si è sviluppata e aggravata da una ventina d’anni. Il 60 % dei lavoratori adulti rischia di vedere le proprie competenze tecnologiche diventare obsolete (dati UE-28 del 2014) (2). Il corollario della situazione è la coesistenza della disoccupazione e delle tensioni sul mercato del lavoro (3)(4).

3.1.2.

Gli effetti della crisi sanitaria determinano un’accelerazione delle tensioni sul mercato del lavoro, in particolare di quelle derivanti da uno sviluppo sempre più rapido della trasformazione digitale.

3.2.

Il CESE accoglie con favore l’agenda europea per le competenze e, in particolare, il fatto che la raccomandazione del Consiglio sull’istruzione e la formazione professionale (IFP) per la competitività sostenibile e l’equità sociale possa riguardare azioni in tutte le fasi della professionalizzazione e affrontare la natura mutevole di tutti i tipi di esigenze e competenze:

a)

in ogni fase della professionalizzazione (riferimento Cedefop — panorama delle competenze) (5):

prima dell’ingresso nel mondo del lavoro:

tramite lo sviluppo delle competenze e della professionalizzazione (formazione professionale iniziale e continua, formazione duale, apprendistato);

al momento dell’inserimento lavorativo nell’azienda o in caso di mobilità interna:

tramite l’adattamento delle competenze professionali e comportamentali al contesto dell’impresa (sostegno all’adattamento al posto di lavoro, formazione in ambito lavorativo);

lungo tutto l’arco della vita professionale:

tramite l’adeguamento delle competenze professionali all’evoluzione delle esigenze dell’impiego e della professione;

b)

adeguando i dispositivi alle esigenze derivanti dall’evoluzione delle situazioni occupazionali: sviluppo delle competenze (upskilling); riqualificazione professionale (reskilling); polivalenza (cross-skilling); nuove competenze;

c)

secondo la natura delle competenze previste: competenze di base, competenze tecniche e professionali; competenze trasversali.

3.3.

Nelle dichiarazioni delle organizzazioni di rappresentanza di datori di lavoro e lavoratori del settore delle aziende produttrici per il mercato a livello europeo figurano una serie di proposte con cui esse rivendicano la legittimità del loro intervento in questo ambito.

Ad esempio, la Confederazione europea dei sindacati (CES) promuove il dialogo sociale in questo settore, a livello sia europeo che nazionale; SMEunited (Organizzazione europea dell’artigianato e delle PMI) ritiene che i governi dovrebbero delegare la governance degli apprendistati alle parti sociali; BusinessEurope raccomanda che siano le parti sociali a definire le esigenze in termini di programmi di formazione, e chiede una negoziazione congiunta con i prestatori di formazione nel settore della formazione dei lavoratori.

3.4.   Il ruolo delle parti interessate

Il CESE chiede che le parti sociali siano coinvolte, accanto ad altre parti interessate, per facilitare l’individuazione delle esigenze, delle risorse e delle azioni da realizzare e lavorino in concertazione con esse, avvalendosi dei mezzi che queste ultime sono in grado di mettere in campo. In particolare, gli enti o i soggetti interessati sono: le imprese, i settori professionali e altre organizzazioni professionali e interprofessionali, le parti sociali settoriali e nazionali, i quadri nazionali delle qualifiche o i sistemi di classificazione dei diplomi professionali (NQF), gli enti regionali e gli organismi pubblici o parapubblici regionali, le autorità nazionali, le organizzazioni della società civile, le imprese sociali, i servizi sociali, gli organismi di protezione sociale, gli organismi di orientamento e di sostegno all’inserimento, al reinserimento e al collocamento delle persone, comprese quelle con disabilità, e gli organismi di formazione professionale iniziale (IVET/CVET(6).

4.   Osservazioni particolari

4.1.   Anticipare le future esigenze in termini di competenze

4.1.1.

Le parti sociali svolgono un ruolo centrale nella conoscenza, nella valutazione e nell’anticipazione delle esigenze in termini di competenze del mercato del lavoro. Si tratta di una funzione essenziale per incoraggiare gli osservatori delle professioni e delle competenze e analizzare i dati raccolti. La loro analisi previsionale deve articolarsi con le valutazioni svolte da tutte le parti interessate: lo Stato, le regioni, le camere e tutti gli organismi che operano nel settore dell’occupazione, della formazione e dell’orientamento professionale, quali i servizi e gli organismi sociali. Questo tipo di cooperazioni contribuiscono a porre l’Europa al centro del mercato del lavoro.

4.1.2.

Secondo il CESE, questo ruolo essenziale deve essere consolidato dotando le parti sociali di tutti i mezzi necessari per agire con la stessa celerità con cui avvengono le principali trasformazioni sul mercato del lavoro. La crisi sanitaria, economica e sociale cominciata nel 2020 e tuttora in corso si è rivelata un potente acceleratore dei mutamenti della nostra economia. La digitalizzazione delle imprese è assolutamente indispensabile affinché queste ultime, comprese le più piccole, siano in grado di adattarsi. Al di là delle nuove professioni che accompagnano la transizione ecologica, quest’ultima è oggi attesa con fervore dai clienti e dai consumatori quale reazione alle conseguenze della crisi.

4.2.   Rendere più efficiente l’offerta formativa e i relativi contenuti

4.2.1.

Sulla base della valutazione delle esigenze in termini di competenze, i repertori di formazione e certificazione devono essere oggetto di un aggiornamento regolare onde evitarne l’obsolescenza. Pertanto, le competenze legate alle nuove tecnologie, agli imperativi della transizione ecologica o alle trasformazioni digitali accelerate dalla crisi sanitaria necessitano di risposte rapide. Per i gruppi di destinatari difficili da raggiungere, si dovrebbero adattare delle pratiche pedagogiche innovative utilizzando metodi inclusivi appropriati.

Il principio della formazione duale consente di combinare i sistemi di formazione e la capacità formante delle imprese, la quale facilita ampiamente l’inserimento sostenibile nel mondo del lavoro per favorire lo sviluppo delle attività economiche. Sebbene la grande maggioranza dei datori di lavoro svolga pienamente il proprio ruolo di formatore nei sistemi duali, occorre prestare particolare attenzione per prevenire e vietare ogni abuso legato ai posti di lavoro produttivi a costo zero occupati dai tirocinanti.

4.2.2.

Tali dispositivi di formazione duale possono essere di diversa natura:

formazione professionale di giovani e meno giovani mediante l’apprendistato, volta al conseguimento di una certificazione professionale completa relativa a una professione specifica;

formazione professionale iniziale con periodi di tirocinio in azienda, in base a dispositivi di alternanza;

tirocinio completo in azienda, in particolare per scoprire un mestiere;

formazione professionale delle persone in cerca di occupazione in alternanza;

formazione interna all’azienda nel contesto di una situazione lavorativa;

formazione preliminare all’inserimento professionale volta ad acquisire le competenze necessarie allo svolgimento di una professione;

formazione all’autonomia, analisi delle competenze, in particolare per le persone in difficoltà, le persone con disabilità e i giovani che abbandonano la scuola senza qualifiche.

4.2.3.

Infine, lo sforzo teso a rendere più efficace l’offerta di formazione deve fornire delle risposte alle persone più vulnerabili. È indispensabile prendere in considerazione le situazioni di disabilità nel concepire l’accessibilità materiale e fisica del sistema di formazione e della risposta educativa diretta ai gruppi destinatari.

4.3.   Coinvolgere maggiormente le parti sociali e le parti interessate

4.3.1.

Al di là di un approccio volontario, l’assunzione contrattuale degli attori consolida tali buone pratiche per anticipare meglio le esigenze in termini di competenze e il rafforzamento dell’efficacia dei sistemi di formazione professionale.

4.3.2.

Grazie a una ripartizione efficace dei ruoli in materia di sostegno e di assistenza alle persone più vulnerabili, le parti interessate devono garantire un ruolo fondamentale in termini di inclusione sociale. Mediante percorsi di formazione e un sostegno indispensabile, le parti interessate portano avanti una missione specifica che va a beneficio delle persone molto lontane dall’occupazione.

4.3.3.

Il sistema di formazione professionale funzionerà bene se sarà stato progettato con il coinvolgimento attivo delle parti sociali. Un fattore chiave di tale successo risiede nella cooperazione tra i due luoghi di apprendimento che sono gli organismi di formazione e le imprese. La definizione delle politiche nazionali o regionali deve prevedere la flessibilità necessaria affinché le parti sociali possano adattare la struttura e il contenuto delle formazioni alle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori nello specifico contesto del mercato del lavoro.

4.4.   Suscitare l’interesse delle imprese e dei lavoratori verso gli investimenti destinati alla formazione

4.4.1.

La percentuale di lavoratori che ogni anno ha accesso a un colloquio o a un incremento delle competenze rimane troppo ridotta, soprattutto nelle piccole e medie imprese. I deterrenti sono numerosi: finanziamento della formazione e difficoltà per i datori di lavoro di sostituire il personale in formazione, rifiuto della formazione iniziale, disponibilità e qualità dei contenuti e dei sistemi di formazione per i dipendenti.

4.4.2.

A tal proposito, le conoscenze di base restano prerequisiti imprescindibili per l’accesso all’impiego, in particolare nelle PMI. I giovani in formazione risentono fortemente dell’impatto della crisi della COVID-19 e si registra un maggior numero di abbandoni, il che rende più urgente la questione del sostegno e dell’orientamento professionale lungo tutto l’arco della vita. Tale aspetto è determinante per suscitare l’interesse dei lavoratori e delle persone in cerca di occupazione, in quanto offre loro la possibilità di diventare attori del proprio sviluppo professionale. Un obiettivo pertinente consisterebbe nel garantire all’8 % degli apprendisti e dei tirocinanti della formazione permanente la possibilità di trascorrere un periodo di mobilità all’estero; gli studi d’impatto del programma Erasmus evidenziano il miglioramento delle competenze e dell’occupabilità derivante da un periodo di mobilità.

4.4.3.

Si pone infine il problema dell’individuazione delle competenze dei candidati da parte delle imprese, soprattutto di quelle che non dispongono di un servizio interno delle risorse umane.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 237 del 6.7.2018, pag. 8.

(2)  https://www.cedefop.europa.eu/files/3075_en.pdf, pag. 26.

(3)  Tasso di disoccupazione (per Stato membro) https://ec.europa.eu/eurostat/web/lfs/visualisations: tasso di disoccupazione, gennaio 2021, UE-27.

(4)  Posti di lavoro vacanti (per Stato membro): https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Job_vacancy_statistics.

(5)  https://skillspanorama.cedefop.europa.eu/en/dashboard/european-skills-index

(6)  VET providers — VET4EU2 https://ec.europa.eu/transparency/regexpert/index.cfm?do=groupDetail.groupDetailDoc&id=38451&no=1.


ALLEGATO

ESEMPI DI BUONE PRATICHE

In Austria, è possibile iniziare un apprendistato dai 15 anni di età

Nel paese il 45 % dei giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni segue un apprendistato. Nella maggior parte dei casi, il periodo di formazione dei giovani che optano per una formazione duale (alternanza scuola/lavoro in azienda) è di tre anni. Tra i giovani si contano 130 000 apprendisti, i quali trascorrono l’80 % del loro tempo in azienda, ossia, nell’arco di una settimana, quattro giorni di corsi pratici e un giorno di scuola.

Il diritto all’apprendistato è garantito per legge: gli alunni che non riescono a trovare un’impresa che li accolga come apprendisti per via dei loro risultati scolastici insufficienti seguono una formazione in laboratori pubblici o in officine pubbliche di apprendistato.

In generale, in Austria, le probabilità di un apprendista di trovare un impiego sono tre volte maggiori rispetto a quelle di un giovane che non ha proseguito gli studi o la formazione dopo la scuola dell’obbligo. Nel 2018 il tasso di disoccupazione dei giovani di età inferiore ai 25 anni era del 9,6 %.

La preparazione operativa all’impiego (préparation opérationnelle à l’emploi, POE) in Francia

La preparazione operativa all’impiego consente di fornire una risposta rapida e concepita su misura per le professioni che registrano scarsità di candidati idonei da assumere. Si tratta di una formazione che consente di acquisire o di sviluppare ulteriormente le competenze professionali necessarie per soddisfare un’esigenza di assunzione già individuata.

La POE è gestita in collaborazione tra Pôle emploi (il servizio pubblico per l’impiego) e l’azienda o il settore di attività professionale interessati. La formazione, di una durata non superiore a 400 ore, comprende un periodo di tirocinio completo in azienda, conferisce lo status di tirocinante in formazione professionale e dà diritto ad una retribuzione. Al termine del periodo di formazione, se il candidato raggiunge il livello di competenze richiesto per occupare il posto di lavoro, si procede alla firma di un contratto di lavoro di lungo periodo con l’azienda che lo ha selezionato.

Nell’ultimo triennio 70 000 tirocinanti all’anno hanno beneficiato della POE, con un tasso di inserimento nell’impiego occupato di circa l’80 %.

Il ruolo delle parti sociali in Germania

L’esperienza delle parti sociali garantisce che i profili professionali siano in linea con le esigenze del mercato del lavoro, in modo tale che le componenti della formazione siano facilmente integrate nei processi di produzione e di prestazione di servizi delle imprese.

In Germania gli accordi in materia di formazione professionale sono per lo più negoziati dalle parti sociali per poi venire sanciti da contratti collettivi di categoria. Qualora il contenuto delle formazioni dispensate non corrisponda più alle esigenze del mercato del lavoro, le parti sociali rivedono le formazioni o attivano nuovi corsi di formazione per le nuove professioni.

Sulla base di finanziamenti pubblici e disciplinati dal diritto sociale (Sozialgesetzbuch), l’autonomia e il sostegno professionale per i giovani svantaggiati e con disabilità sono sostenuti da organismi di protezione sociale dell’apprendistato e dai loro servizi professionali.

Negoziazione di un accordo strategico sulla formazione professionale in Portogallo

Nel quadro della commissione permanente per il dialogo sociale, il governo portoghese ha lanciato un processo negoziale per concludere un accordo strategico sulla formazione professionale e l’apprendimento permanente. Un gruppo di lavoro, formato attualmente da rappresentanti dell’esecutivo, organi di vigilanza e parti sociali, è all’opera per giungere a un accordo sulla governance, la regolamentazione e il finanziamento del sistema di formazione. L’accordo da concludere punta inoltre a migliorare la qualità della formazione, la capacità di adeguamento rapido del quadro nazionale delle qualifiche, la risposta alle esigenze settoriali, gli incentivi alla formazione delle imprese e dei cittadini, l’innovazione didattica come pure le formazioni digitali e l’apprendimento a distanza.

Sistema di formazione duale in Polonia

Nell’ambito del sistema di istruzione polacco, la formazione duale abbina le lezioni scolastiche per l’acquisizione di conoscenze teoriche e il lavoro in azienda per l’acquisizione di un’esperienza pratica in un contesto lavorativo. La durata della formazione, che si avvale degli istituti di insegnamento professionale, varia tra 2 e 5 anni. Sulla base di un sistema di formazione duale, la formazione pratica si svolge nel quadro di un contratto di lavoro di formazione professionale. La formazione teorica è oggetto di un contratto di apprendistato tra il direttore dell’istituto scolastico e il datore di lavoro che accoglie l’apprendista. Dal settembre 2019 tutti gli alunni di istituti di insegnamento professionale che non beneficiano di questo particolare regime possono accedere ad un periodo di tirocinio retribuito, in qualità di studenti, presso un datore di lavoro. Va sottolineato che le imprese artigiane hanno sviluppato le formazioni duali con la collaborazione di 23 500 artigiani e hanno accolto quasi 65 000 giovani.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/27


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Come promuovere, sulla base dell’istruzione e della formazione e in una prospettiva di apprendimento permanente, le competenze di cui l’Europa ha bisogno per creare una società più giusta, più coesa, più sostenibile, più digitale e più resiliente»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza portoghese)

(2021/C 286/06)

Relatrice:

Tatjana BABRAUSKIENĖ

Consultazione da parte della presidenza portoghese del Consiglio dell’UE

Lettera del 26.10.2020

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

16.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

219/1/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE sottolinea l’importanza di utilizzare in modo efficiente il dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility, RRF) e altri investimenti per sostenere la crescita economica e una società resiliente nell’ambito della transizione digitale e verde dell’economia, migliorando la qualità e l’inclusività dell’istruzione e della formazione (sistemi, istituzioni e programmi) al fine di rispondere alle esigenze dei discenti di tutte le età e in ciascuna fase dell’apprendimento, di prepararli alla vita e al lavoro e di garantire che tutti i lavoratori, così come il crescente numero di persone non occupate, soprattutto donne, abbiano accesso alla formazione. Ciò contribuirà anche a salvaguardare la libera circolazione dei lavoratori e dei servizi, e a garantire che le imprese siano ben preparate per gestire gli sviluppi nel loro settore e colmare la carenza di competenze che si trovano ad affrontare nella transizione digitale e verde dei settori economici.

1.2.

Il CESE raccomanda di fissare obiettivi a lungo termine raggiungibili e di istituire un sistema di monitoraggio costante all’interno dello Spazio europeo dell’istruzione (SEI) per ciascuno Stato membro, al fine di realizzare un’istruzione, una formazione e un apprendimento permanente di alta qualità e inclusivi per tutti, e di garantire che ciascuno abbia le conoscenze, le abilità, le competenze e l’atteggiamento necessari affinché l’Europa possa creare una società più giusta, più coesa, più sostenibile, più digitale e più resiliente.

1.3.

Il Comitato sottolinea che la governance democratica dei sistemi di istruzione e formazione — ad esempio attraverso il dialogo sociale — nell’ambito del prossimo quadro strategico dell’UE rappresenta uno strumento essenziale per una riuscita elaborazione e attuazione delle politiche a livello europeo e nazionale. A tal fine, la governance deve essere garantita e rafforzata, e prevedere una consultazione significativa della società civile organizzata.

1.4.

Il CESE raccomanda che ogni futuro «gruppo di lavoro sul metodo di coordinamento aperto» presenti i risultati politici, e preferibilmente le raccomandazioni strategiche, al Consiglio Istruzione affinché li discuta. I risultati dei gruppi di lavoro dovrebbero essere resi pubblici ed efficacemente attuati, e ottenere visibilità al livello politico appropriato e tra i professionisti in ambito UE e nazionale; è quindi importante che tra i membri di questi gruppi figurino le parti sociali pertinenti e le altre parti interessate attive nell’elaborazione della politica dell’istruzione, nonché i rappresentanti dei dirigenti scolastici, degli insegnanti e degli studenti di ciascun paese.

1.5.

Per tenere conto degli indicatori, dei parametri di riferimento e degli obiettivi del piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali, della risoluzione del Consiglio sullo Spazio europeo dell’istruzione (2020), della raccomandazione del Consiglio relativa all’istruzione e formazione professionale (IFP) e della dichiarazione di Osnabrück, il CESE propone di effettuare ulteriori ricerche e una valutazione d’impatto per adeguare gli indicatori e aggiungerne altri necessari al fine di aiutare i paesi a migliorare la comunicazione delle informazioni sull’attuazione, visto che l’impatto complessivo della crisi COVID-19 sui sistemi d’istruzione, sugli studenti e sugli insegnanti non è ancora chiaro. Gli indicatori dovrebbero anche consentire di elaborare misure per sostenere gli studenti e i discenti svantaggiati sotto il profilo socioeconomico nonché quelli disabili con politiche sociali e d’istruzione congiunte a livello nazionale. I risultati ottenuti in termini di rispetto dei parametri di riferimento e degli indicatori dovrebbero essere comunicati dopo aver consultato le parti sociali pertinenti e le altre parti interessate a livello dell’UE, degli Stati membri e degli enti regionali e locali.

1.6.

Il CESE suggerisce di proseguire il lavoro fondamentale svolto in seno alle riunioni informali di cooperazione guidate dalla presidenza sui settori dell’istruzione (DG School, DGVET, DGHE) (1), individuando sinergie tra loro e migliorandone la visibilità, con il coinvolgimento delle parti sociali pertinenti di ciascun paese dell’UE e in consultazione con le opportune organizzazioni della società civile, seguendo l’esempio del comitato consultivo per l’IFP. Il Comitato raccomanda di creare collegamenti tra le politiche nazionali/regionali nell’ambito di partenariati e di una governance efficaci tra ministeri, parti sociali e società civile.

1.7.

Il CESE chiede l’efficace attuazione del primo principio del pilastro europeo dei diritti sociali (EPSR) a livello europeo e nazionale nel quadro del piano d’azione per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali che sarà adottato al vertice sociale del 2021, con il pieno coinvolgimento delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile pertinenti e con il contributo di finanziamenti pubblici sostenibili e del dispositivo per la ripresa e la resilienza.

1.8.

Il Comitato richiama l’attenzione sull’approccio onnicomprensivo all’istruzione e alla formazione e sull’importanza di adottare tale approccio per l’attuazione delle recenti iniziative dell’UE in materia di istruzione (Spazio europeo dell’istruzione), IFP (raccomandazione sull’IFP), competenze (Un’agenda per le competenze per l’Europa), istruzione dei giovani (Un ponte verso il lavoro) e competenze digitali (Piano d’azione per l’istruzione digitale 2021-2027), assicurando che esse contribuiscano alla parità di accesso all’istruzione e alla formazione di qualità, alla riqualificazione e al miglioramento delle competenze dei lavoratori per una transizione giusta nel mercato del lavoro, fornendo sostegno per aiutare gli adulti poco qualificati a trovare lavoro e ad acquisire competenze imprenditoriali, e aiutando le imprese a mettersi al passo con l’innovazione e con la competitività globali.

1.9.

Il CESE sottolinea che l’attuazione del piano d’azione per l’istruzione digitale 2021-2027 deve garantire un dialogo sociale e una consultazione efficaci con le parti interessate, il rispetto e l’applicazione dei diritti dei lavoratori nonché l’informazione, la consultazione e la partecipazione di quest’ultimi allo sviluppo delle competenze digitali e imprenditoriali, in particolare nell’ambito dell’IFP, dell’apprendimento degli adulti e della formazione dei lavoratori al fine di ridurre la carenza di competenze che le imprese si trovano ad affrontare. Con riferimento alla relazione della Corte dei conti europea, il CESE, al fine di raggiungere l’obiettivo della Commissione europea di aumentare la percentuale dei cittadini tra i 16 e i 74 anni con competenze digitali di base dal 56 % nel 2019 al 70 % nel 2025, chiede l’assegnazione di importi specifici all’interno dei futuri programmi dell’UE, la definizione di obiettivi e stadi intermedi, e la valutazione coerente delle competenze digitali in un ambiente digitale in costante e rapida evoluzione.

1.10.

Il CESE invita gli Stati membri ad assicurare un sostegno efficace agli occupati e ai disoccupati che hanno difficoltà ad accedere a un’istruzione e a una formazione per adulti inclusive e di qualità, garantendo finanziamenti mirati per coloro che ne hanno bisogno, come i disoccupati, i lavoratori atipici e quelli poco qualificati, le persone con disabilità, i lavoratori anziani, gli anziani in generale e le persone appartenenti a categorie svantaggiate sotto il profilo socioeconomico, tenendo conto nel contempo della dimensione di genere.

1.11.

Il CESE propone di combattere le crescenti disuguaglianze nelle scuole e nella società in generale attraverso efficaci politiche sociali ed educative congiunte a livello nazionale. Suggerisce di organizzare una riunione congiunta del Consiglio tra i ministri dell’Istruzione e degli Affari sociali al fine di trovare soluzioni per affrontare le disuguaglianze nell’istruzione e nell’accesso all’istruzione e alla formazione come conseguenza della crisi COVID-19.

1.12.

Il CESE, pur accogliendo con favore gli obiettivi stabiliti dalla nuova risoluzione sullo Spazio europeo dell’istruzione, propone di adeguare periodicamente gli indicatori e i parametri di riferimento del SEI e di aggiungerne altri necessari (ad esempio capacità e competenze verdi/apprendimento in materia di sviluppo sostenibile) sui quali i paesi possono facilmente riferire, al fine anche di garantire che le misure nazionali sostengano efficacemente gli studenti e i discenti svantaggiati sotto il profilo socioeconomico.

1.13.

Il Comitato sottolinea che è fondamentale sviluppare le competenze sociali per tutti i discenti nell’ottica di un apprendimento permanente, garantire che tali competenze vengano insegnate fin dalla prima infanzia e lungo tutta l’istruzione degli adulti, e lottare per la tolleranza e la non discriminazione nell’istruzione e nella formazione per tutti i cittadini. Le competenze chiave — in particolare la sensibilità sociale, l’empatia, il dialogo interculturale, le competenze civiche e quelle sociali, le competenze imprenditoriali e l’imprenditorialità sociale — dovrebbero essere insegnate lungo tutto il processo di istruzione e formazione.

1.14.

Il CESE invita gli Stati membri a utilizzare in modo efficiente e coerente il piano per la ripresa, Next Generation EU e altri fondi dell’UE, tra cui Erasmus, FSE+ e il Fondo per una transizione giusta, al fine di sostenere le politiche in materia di istruzione e formazione per una società più giusta, più coesa, più inclusiva, più sostenibile, più digitale e più resiliente.

1.15.

Il CESE ritiene che il processo del semestre europeo debba continuare a incoraggiare i governi a garantire investimenti pubblici sostenibili con impegni a lungo termine per migliorare la qualità, l’equità, l’uguaglianza e l’inclusione sociale nelle scuole, rafforzare la parità di accesso al materiale digitale per tutti i discenti di ogni età e sostenere l’uso sicuro delle tecnologie digitali nelle scuole e negli istituti di istruzione.

1.16.

Il CESE sottolinea che le conoscenze, le abilità e le competenze devono essere riconosciute e considerate valide, nel rispetto dei requisiti educativi e professionali di ciascuno Stato membro. Garantire la parità di accesso a qualifiche complete è fondamentale, pertanto il CESE invita ad attuare la raccomandazione del Consiglio sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale (2) e la convenzione di Lisbona sul riconoscimento (3). Il Comitato ribadisce il proprio punto di vista (4) secondo cui la formazione che porta a ottenere microcredenziali dovrebbe disporre di standard di qualità e di informazioni chiare sul valore della formazione, affinché possa essere efficacemente impiegata nel mercato del lavoro come formazione continua e possa essere aggiunta alle qualifiche complete. È importante non eccedere nella regolamentazione delle microcredenziali al fine di preservarne la flessibilità rispetto alle esigenze del mercato del lavoro.

1.17.

Il CESE chiede l’attuazione dello Spazio europeo dell’istruzione a livello nazionale — a seguito di un efficace dialogo sociale con gli insegnanti — per migliorare la qualità ed elevare gli standard dell’insegnamento nell’era digitale, predisporre una formazione iniziale e uno sviluppo professionale continuo degli insegnanti di maggiore qualità e inclusivi, e garantire ai docenti condizioni di lavoro e retribuzioni dignitose al fine di migliorare l’attrattiva di tale professione per i candidati altamente qualificati.

1.18.

Il CESE sottolinea la necessità di rispettare la libertà accademica, l’autonomia e la governance degli istituti di istruzione superiore in relazione al loro contributo all’apprendimento permanente, e di garantire investimenti pubblici adeguati nell’istruzione superiore e nella ricerca, nonché l’inclusività e la diversità delle reti universitarie in Europa e il rispetto delle competenze nazionali e istituzionali in materia di istruzione superiore. Il CESE chiede che le idee sulla cosiddetta «laurea europea» e sullo «statuto dell’università europea» vengano ulteriormente discusse con i governi e con le parti sociali e le organizzazioni della società civile pertinenti e che si sostenga lo sviluppo di offerte di istruzione e formazione professionale (IFP) di livello terziario.

2.   Contesto

2.1.

Il presente parere rappresenta un contributo alle discussioni del Consiglio nell’ambito della presidenza portoghese (primo semestre 2021) sull’attuazione delle iniziative dell’UE in materia di istruzione, formazione e apprendimento permanente, in particolare lo Spazio europeo dell’istruzione, la nuova agenda per le competenze e il piano d’azione per l’istruzione digitale 2021-2027.

2.2.

La crescente disuguaglianza di reddito, la mobilità umana e l’invecchiamento della popolazione sono fattori sociali che influenzano le politiche di istruzione e formazione. In un momento in cui la società sta affrontando imperativi economici come la trasformazione digitale e l’economia circolare, il sostegno all’apprendimento degli individui potrebbe essere una delle soluzioni per una società più sostenibile, al fine di superare gli ostacoli e le sfide della trasformazione sociale ed economica e promuovere al contempo le abilità per imparare.

2.3.

In occasione del vertice di Göteborg del 17 novembre 2017 per la firma del pilastro europeo dei diritti sociali, i leader degli Stati membri dell’UE hanno avviato le prime discussioni sul lancio del cosiddetto Spazio europeo dell’istruzione (5), cui sono seguite diverse nuove proposte in materia tra il 2018 e il 2020 che, nel febbraio 2021, hanno portato alla nuova risoluzione del Consiglio. L’iniziativa si riferisce al primo principio del pilastro sociale, in virtù del quale «ogni persona ha diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, al fine di mantenere e acquisire competenze che consentano di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro», nonché ai diritti menzionati nel quarto principio, compreso il sostegno alla formazione e alla riqualificazione, in particolare l’accesso dei giovani alla formazione continua, all’apprendistato e al tirocinio.

2.4.

Il 1o luglio 2020 la Commissione europea ha pubblicato il nuovo pacchetto di misure che comprende la comunicazione dal titolo «Un’agenda per le competenze per l’Europa per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza» (6), la proposta di raccomandazione del Consiglio relativa all’istruzione e formazione professionale (IFP) (7), nonché la comunicazione (8) e la proposta di raccomandazione del Consiglio (9) dal titolo «Sostegno all’occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione». Tali documenti programmatici collegano l’apprendimento continuo, il miglioramento delle competenze e la riqualificazione professionale all’attuazione e realizzazione dello Spazio europeo dell’istruzione. Il CESE ha dato seguito a queste iniziative mediante l’adozione, nel 2020, dei pareri su una nuova agenda per le competenze (10), sul rafforzamento della garanzia per i giovani (11) e sul tema «Verso una strategia dell’UE per migliorare le abilità e le competenze verdi per tutti» (12).

2.5.

Nel proprio parere del 2019 sul tema «Il “valore d’uso” è tornato: nuove prospettive e sfide per i prodotti e i servizi europei» (13), il CESE ha espresso l’opinione secondo cui la fornitura di prodotti e servizi innovativi e altamente specializzati rispondenti alle esigenze dei clienti e ai requisiti di sostenibilità sociale e ambientale può diventare l’essenza e il fulcro della competitività europea moderna. Il Comitato raccomanda pertanto interventi strategici nei servizi di istruzione e formazione pertinenti.

2.6.

Il 30 settembre 2020 la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione sulla realizzazione dello spazio europeo dell’istruzione entro il 2025 (14), incentrata su sei dimensioni: qualità, inclusione e parità di genere, transizioni verde e digitale, insegnanti e formatori, istruzione superiore e dimensione geopolitica. Il Consiglio Istruzione dell’UE del 30 novembre 2020 ha sottolineato l’importanza della competenza nazionale in materia di istruzione e del rispetto della diversità delle culture e dei sistemi di istruzione, e ha individuato alcune questioni in sospeso, come «il meccanismo di governance dello Spazio europeo dell’istruzione e la proposta di obiettivi a livello dell’Unione da raggiungere entro il 2030» (15).

2.7.

In aggiunta alle precedenti iniziative strategiche, la comunicazione della Commissione dal titolo «Piano d’azione per l’istruzione digitale 2021-2027 — Ripensare l’istruzione e la formazione per l’era digitale» (16) è stata seguita dalle conclusioni del Consiglio, che hanno sottolineato come l’istruzione digitale debba essere «incentrata sul discente e aiutare tutti gli individui e i cittadini a sviluppare la propria personalità e le proprie competenze con fiducia, libertà e responsabilità» (17).

3.   Osservazioni generali

3.1.

La pandemia di COVID-19 ha sprofondato l’economia europea in una pesante recessione e ha fatto aumentare il tasso di disoccupazione a causa del rallentamento senza precedenti dell’economia e delle sfide cui sono poste di fronte le aziende alle prese con la crisi. Malgrado l’ampio ricorso a programmi di mantenimento dei posti di lavoro, sostenuti da strumenti sia europei che nazionali, le stime indicano che la disoccupazione nell’UE salirà dal 6,7 % del 2019 e 7,7 % del 2020 all’8,6 % nel 2021, per poi scendere leggermente all’8 % nel 2022 (Eurostat, 5 novembre 2020). L’elevato tasso di disoccupazione dovuto alla crisi COVID-19 va ad aggiungersi alla crescente domanda di competenze, di miglioramento delle stesse e di riqualificazione della forza lavoro europea per effetto della transizione digitale e verde dell’industria. Una politica europea efficace deve sostenere la crescita economica e una società resiliente.

3.2.

La crisi COVID-19 ha accelerato inoltre la transizione digitale nell’istruzione, nel lavoro e nella vita quotidiana. Il parere del CESE su una nuova agenda per le competenze sottolinea che «tutti i cittadini europei dovrebbero infatti avere il diritto di accedere, nell’ambito di una transizione giusta, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, anche alla luce dei cambiamenti demografici». E continua sottolineando «la necessità di affrontare il problema della povertà educativa, aggravatosi a causa delle ulteriori disuguaglianze nell’accesso all’istruzione e alla formazione per tutti createsi durante la crisi della COVID-19» (18). Lo sviluppo delle conoscenze, delle abilità e delle competenze non deve soltanto venire incontro alle esigenze del mercato del lavoro e alle prospettive di una competitività totale basata sulla qualità, ma deve anche preparare i discenti a essere cittadini attivi e democratici, e contribuire a ridurre le disuguaglianze sociali ed educative. A tal fine, l’alfabetizzazione mediatica digitale, oltre a garantire il miglioramento delle competenze digitali dei cittadini dell’UE, è fondamentale per assicurare che essi siano in grado di navigare attraverso le complessità del mondo odierno.

3.3.

È essenziale che le misure politiche a livello dell’UE e nazionale garantiscano che l’istruzione e la formazione costituiscano diritti umani e un bene pubblico e rispettino la diversità culturale dell’Europa, e che le politiche in materia di istruzione e formazione siano competenze nazionali. La politica a livello dell’UE e nazionale deve adottare azioni efficaci per attuare l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (ONU) e il Pilastro europeo dei diritti sociali al fine di assicurare un’istruzione e una formazione di buona qualità, efficace e inclusiva per tutti in ogni paese europeo, coinvolgendo tutti gli Stati membri, le parti sociali e le organizzazioni della società civile nel piano d’azione per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali.

3.4.

È fondamentale che lo Spazio europeo dell’istruzione implichi un approfondimento della cooperazione politica tra gli Stati membri dell’UE e continui a fungere da piattaforma sull’apprendimento per i ministeri, le parti sociali dell’istruzione e le altre parti interessate della società civile. Una governance efficace richiede politiche di istruzione e formazione coerenti da applicare a tutti i settori educativi, dall’istruzione della prima infanzia fino all’apprendimento degli adulti, compresa l’IFP per tutte le fasce d’età e la creazione di collegamenti tra le politiche dell’UE e quelle nazionali/regionali nell’ambito di partenariati efficaci tra ministeri, parti sociali e società civile, all’interno di gruppi politici tripartiti.

3.5.

Il CESE fa riferimento al proprio parere sul tema «Finanziamenti sostenibili per l’apprendimento permanente e lo sviluppo di competenze nel contesto della carenza di manodopera qualificata» (19), sottolineando che investimenti pubblici sostenibili nell’istruzione e formazione e investimenti privati efficaci nell’istruzione e formazione professionale per tutte le età sono i presupposti per il successo delle misure politiche a favore dell’inclusione sociale ed economica dei discenti di tutte le età e del sostegno alle aziende. Pertanto, è importante che il piano per la ripresa, Next Generation EU e altri fondi dell’UE (ad esempio FSE+ e il Fondo per una transizione giusta) siano impiegati in modo efficiente e coerente per sostenere le politiche di istruzione e formazione in relazione al semestre europeo.

3.6.

Poiché diversi indicatori e parametri di riferimento del quadro strategico ET2020 non sono stati raggiunti, il CESE accoglie con favore che molti degli indicatori siano stati rafforzati nell’iniziativa sullo Spazio europeo dell’istruzione. Tuttavia, tali indicatori implicano sfide considerevoli e richiedono un impegno finanziario da parte dei governi. È inoltre essenziale chiarire i termini utilizzati come indicatori da ciascun paese e migliorare il parametro di riferimento relativo all’istruzione in materia di ambiente sostenibile.

3.7.

La crisi COVID-19 ha evidenziato che le scuole sono essenziali affinché gli studenti possano sviluppare le loro competenze sociali. Occorre insegnare agli studenti come migliorare queste competenze lungo tutto l’arco della loro vita, attraverso l’abilità di «imparare a imparare» e la partecipazione attiva alla società, la conoscenza di culture e lingue diverse, la mobilità, l’arricchimento delle conoscenze artistiche ecc. Queste competenze sono particolarmente importanti perché la storia ha dimostrato più volte che le crisi economiche e finanziarie accentuano le tendenze alla radicalizzazione. Il CESE desidera pertanto sottolineare l’importanza di intraprendere azioni per rafforzare l’attuazione della Dichiarazione sulla promozione della cittadinanza e dei valori comuni di libertà, tolleranza e non discriminazione attraverso l’istruzione (2015) (20), applicandola ai discenti di tutte le età.

3.8.

Per migliorare le abilità, le competenze e le condotte rispettose dell’ambiente («verdi») di ogni cittadino in Europa, gli Stati membri dell’UE devono collegare le politiche ambientali alle politiche in materia di istruzione e creare strategie nazionali sulle abilità e competenze verdi. Il CESE osserva (21) che a livello dell’UE si potrebbero sviluppare indicatori e parametri di riferimento sulle abilità e competenze verdi per quanto concerne la consapevolezza dei cambiamenti climatici, la responsabilità ambientale e lo sviluppo sostenibile, al fine di aiutare i paesi a inglobare le abilità e le competenze verdi che seguono un approccio di istruzione trasformativa nei programmi di studio fin dalla prima infanzia, anche per l’apprendimento degli adulti, nel quadro dell’apprendimento permanente.

3.9.

Il CESE accoglie con favore il fatto che il piano d’azione per l’istruzione digitale 2021-2027 si concentri sulla parità di accesso agli strumenti digitali, a Internet e allo sviluppo di competenze e abilità digitali, in particolare per le donne nelle professioni delle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e della TI. Efficaci strategie a livello nazionale e aziendale in materia di competenze e digitalizzazione dovrebbero sostenere i lavoratori con l’offerta di una formazione pertinente e di alta qualità. È importante che anche le aziende ricevano un sostegno per garantire il miglioramento delle competenze e la riqualificazione dei lavoratori, in particolare nella digitalizzazione dei loro posti di lavoro. Ciò, tra l’altro, è in linea con la trasformazione verde dell’industria — in termini di prodotti e processi — che rappresenta al tempo stesso una necessità e un’opportunità per l’imprenditoria europea.

3.10.

Il rispetto delle qualifiche complete è fondamentale. Per quanto riguarda la realizzazione del riconoscimento reciproco automatico entro il 2025, il CESE sottolinea che le conoscenze, le abilità e le competenze devono essere riconosciute e considerate valide, nel rispetto dei requisiti educativi e professionali di ciascuno Stato membro, e che occorre migliorare l’accesso degli studenti e dei discenti a informazioni aggiornate sulle procedure di riconoscimento. A tal fine, l’attuazione della raccomandazione del Consiglio sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale (22) e della convenzione di Lisbona sul riconoscimento (23) deve essere rafforzata per sostenere l’apprendimento permanente per tutti.

3.11.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa del piano d’azione per l’istruzione digitale 2021-2027 di creare una piattaforma europea di scambio di materiali e corsi digitali. È essenziale fornire informazioni complete sui corsi, affinché gli utenti sappiano se è previsto il rilascio di qualifiche complete o parziali oppure microcredenziali, da chi sono convalidati i corsi online e chi ne garantisce la qualità, se e come sono riconosciuti e come possono essere aggiunti alle qualifiche complete. Sarebbe importante elencare questi corsi nel portale Europass e valutare attentamente i diritti d’autore e di proprietà intellettuale sui materiali online, così come la qualità e la pertinenza dei corsi online in questione.

3.12.

Gli insegnanti svolgono un ruolo centrale nel fornire un’istruzione e una formazione di qualità, eppure — secondo l’OCSE — meno di un insegnante su cinque ritiene che la propria professione sia apprezzata nella società (24), e gli insegnanti sono pagati in media l’11 % in meno di altri professionisti con un diploma di istruzione superiore (25). Lo Spazio europeo dell’istruzione deve fornire un sostegno efficace agli insegnanti, ai formatori e ad altro personale educativo per superare gli effetti negativi della crisi COVID-19.

3.13.

L’inclusione e la diversità delle reti universitarie europee di istituzioni, studenti e docenti coinvolti devono essere sostenute in tutti i paesi del processo di Bologna, rispettando e preservando le competenze nazionali e istituzionali nell’istruzione superiore.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Riunione dei direttori generali per l’istruzione scolastica (DG School), dei direttori generali per l’istruzione e la formazione professionale (DGVET) e dei direttori generali per l’istruzione superiore (DGHE).

(2)  2012/C 398/01

(3)  The Lisbon Recognition Convention (convenzione di Lisbona sul riconoscimento)

(4)  GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 40

(5)  COM(2017) 673 final.

(6)  COM(2020) 274 final.

(7)  COM(2020) 275 final.

(8)  COM(2020) 276 final.

(9)  COM(2020) 277 final.

(10)  GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 40.

(11)  GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 48

(12)  GU C 56 del 16.2.2021, pag. 1.

(13)  GU C 97 del 24.3.2020, pag. 27.

(14)  COM(2020) 625 final

(15)  Videoconferenza dei ministri dell’Istruzione, 30 novembre 2020 — Principali risultati: https://www.consilium.europa.eu/it/meetings/eycs/2020/11/30/education/#.

(16)  COM(2020) 624 final.

(17)  2020/C 415/10.

(18)  GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 40.

(19)  GU C 232 del 14.7.2020, pag. 8.

(20)  Dichiarazione di Parigi (2015).

(21)  GU C 56 del 16.2.2021, pag. 1.

(22)  2012/C 398/01.

(23)  The Lisbon Recognition Convention (convenzione di Lisbona sul riconoscimento).

(24)  TALIS — Indagine internazionale sull'insegnamento e l'apprendimento 2018 dell'OCSE.

(25)  OECD Education at a Glance 2020 (OCSE, L'istruzione in sintesi, 2020) OECD iLibrary | Introduction: The indicators and their framework (oecd-ilibrary.org) (OCSE, iLibrary, Introduzione: gli indicatori e il loro quadro).


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/33


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Come realizzare nell’UE un’armonizzazione dell’ingresso sul mercato degli integratori alimentari: soluzioni e buone pratiche»

(parere esplorativo)

(2021/C 286/07)

Relatore:

Veselin MITOV

Consultazione

Presidenza portoghese del Consiglio dell’UE, 26.10.2020

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

15.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

245/0/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il mercato europeo degli integratori alimentari è in crescita. Gli integratori alimentari sono regolamentati dalla direttiva 2002/46/CE (1), che non è applicata in modo omogeneo in tutta l’UE. Tuttavia, l’applicazione uniforme della normativa è essenziale per il corretto funzionamento del mercato interno dell’UE, poiché consente la libera circolazione di prodotti sicuri.

1.2.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è favorevole alla revisione di tale normativa, in particolare attraverso l’aggiornamento della definizione di integratori alimentari, l’aggiunta dell’obbligo di notifica e di studio degli atti amministrativi nonché la creazione di un sistema di vigilanza alimentare che raccolga gli effetti indesiderati, rafforzando così la protezione della salute pubblica.

1.3.

La sicurezza dei prodotti e degli ingredienti deve essere un requisito prioritario, pertanto dovrebbe essere determinata su base scientifica. Il CESE raccomanda di fissare livelli quantitativi massimi per le vitamine e i minerali e di stabilire elenchi positivi e negativi per gli ingredienti, compresi quelli di origine botanica.

1.4.

Le informazioni fornite ai consumatori devono consentire loro di consumare i prodotti in completa sicurezza. Il Comitato raccomanda di adottare misure di comunicazione e sensibilizzazione dei consumatori, in particolare per quanto riguarda il commercio elettronico.

1.5.

Il CESE incoraggia le autorità a rafforzare il controllo, l’analisi e la sorveglianza dei prodotti al fine di proteggere i consumatori e gli operatori, ritirando dal mercato i prodotti non conformi. Tali controlli devono inoltre prevenire la concorrenza sleale tra operatori (utilizzo di indicazioni nutrizionali non autorizzate, prodotti non conformi provenienti in particolare da paesi terzi).

1.6.

Il CESE invita pertanto tutte le parti interessate ad armonizzare il quadro normativo relativo agli integratori alimentari e la sua attuazione, per un’economia più equa e una maggiore sicurezza sanitaria dei prodotti.

2.   Introduzione

2.1.

Il presente parere è stato elaborato su richiesta della presidenza portoghese del Consiglio dell’UE, al fine di trovare le soluzioni e individuare le buone pratiche per realizzare nell’UE un’armonizzazione dell’ingresso sul mercato degli integratori alimentari. Il parere del CESE potrà contribuire ai lavori della presidenza in materia, in particolare nell’ambito di una conferenza da organizzare durante il primo semestre e dei gruppi di lavoro in seno al Consiglio. Il Comitato ha accolto con favore tale richiesta, che riguarda un ambito poco studiato del settore alimentare.

2.2.

Il CESE ritiene che questo tema rientri perfettamente nel concetto di «One Health» dell’Organizzazione mondiale della sanità e nella strategia europea «Dal produttore al consumatore», che raccomandano un’alimentazione sana e sostenibile e una migliore informazione dei consumatori, garantendo al contempo un commercio equo tra gli operatori (2). Il CESE è del parere che un’alimentazione sana e sostenibile costituisca un «pilastro» fondamentale di una politica alimentare globale dell’UE: dobbiamo infatti riorientare quanto prima i nostri regimi alimentari al fine di migliorare — e non danneggiare — lo stato di salute sia degli ecosistemi che dei cittadini (3).

2.3.

Il CESE è da sempre fautore di una politica dell’UE di tutela della salute lungo tutta la catena alimentare, al fine di promuovere sicurezza e igiene e un’informazione chiara, trasparente e sicura sui prodotti (4). Il Comitato ribadisce inoltre che la sicurezza alimentare deve continuare a fondarsi su un sistema solido e un’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA), con procedure trasparenti di valutazione della sicurezza dei nuovi prodotti immessi nella catena alimentare, una piena tracciabilità e un’adeguata comunicazione dei rischi (5).

3.   Verso un’armonizzazione nel settore degli integratori alimentari

3.1.   Un quadro normativo da migliorare

3.1.1.

Gli integratori alimentari sono regolamentati nello specifico dalla direttiva 2002/46/CE, che non è stata quasi mai modificata dalla sua adozione.

3.1.2.

La definizione di integratori alimentari è rimasta invariata, eppure questo settore ha registrato e registra tuttora innovazioni e nuove modalità di consumo. Si tratta di una definizione non sufficientemente precisa e dunque suscettibile di diverse interpretazioni. Ne è un esempio il concetto di «piccoli quantitativi unitari», che differisce da paese a paese (non è stato definito alcun quantitativo). Tali interpretazioni possono portare a divergenze tra gli Stati membri per quanto riguarda la natura degli integratori alimentari e i risultati dei controlli, pertanto tale definizione deve essere ampliata e precisata.

3.1.3.

Il CESE propone un aggiornamento della normativa che armonizzi meglio il mercato degli integratori alimentari e tenga conto dei nuovi sviluppi.

3.2.   Rendere la notifica più efficiente

3.2.1.

La direttiva prevede la possibilità di informare l’autorità competente mediante notifica. Questa dichiarazione è una registrazione amministrativa dei prodotti prima che vengano immessi sul mercato. Non si tratta di un’autorizzazione alla commercializzazione o di una prova di conformità o di sicurezza. Ciascuno Stato membro (24/27) può decidere in merito al contenuto della notifica nonché alla procedura per il trattamento dei relativi dati (che può variare dal semplice inserimento/registrazione dei dati a uno studio molto approfondito).

3.2.2.

Le informazioni contenute nella notifica consentono alle autorità competenti di conoscere meglio il loro mercato, mentre il trattamento dei dati previene la distribuzione di prodotti non conformi (alla legislazione nazionale ed europea) e agevola i relativi controlli.

3.2.3.

Il CESE propone una migliore armonizzazione dei sistemi nazionali e raccomanda di includere nella legislazione le informazioni minime obbligatorie (quali la composizione qualitativa e quantitativa, l’etichettatura ecc.) da fornire, preferibilmente in formato digitale, al fine di semplificare i compiti amministrativi dell’operatore, garantendo nel contempo gli standard più elevati possibili. Se è fattibile, il CESE propone la creazione di un portale multilingue europeo, il cui contenuto sarebbe lasciato alla discrezione degli Stati membri. Infatti, dato che la composizione non è molto armonizzata (cfr. più avanti), questo problema può essere affrontato solo a livello nazionale.

3.2.4.

Per tutelare i consumatori, il Comitato ritiene che la notifica dovrebbe essere resa obbligatoria. Questa pratica consente di immettere sul mercato prodotti più sicuri e facilita anche il controllo e la sorveglianza del mercato. L’elenco dei prodotti notificati e le relative conclusioni dovrebbero essere messi a disposizione del consumatore. I consumatori non dovrebbero esitare ad informarsi né a presentare un reclamo alle autorità di controllo qualora venga accertata una violazione.

3.3.   La fissazione di valori massimi per i nutrienti: una priorità legislativa

3.3.1.

Vitamine e minerali sono gli ingredienti più noti degli integratori alimentari. I nutrienti e le loro forme chimiche sono stati regolamentati ed elencati inizialmente nel regolamento (CE) n. 1170/2009 (6) a seguito di valutazioni della sicurezza condotte dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Attualmente le dosi massime sono fissate a livello nazionale, sulla base della loro dose utile o della tossicità (7). Alcuni paesi non hanno fissato limiti legali. L’EFSA, nei suoi vari pareri, ha definito delle soglie di tossicità. Tali valori si riferiscono all’esposizione globale nel quadro dell’alimentazione (8) e non possono essere estrapolati con riferimento ai soli integratori alimentari.

3.3.2.

Il CESE raccomanda alla Commissione di incaricare rapidamente l’EFSA affinché fissi i limiti massimi di nutrienti e i criteri di purezza degli integratori alimentari. A causa dell’estensione del territorio europeo e delle diverse abitudini alimentari (consumo di verdura, pesce o carne, composizione dell’acqua di rubinetto ecc.), potrebbe non essere possibile stabilire un unico valore massimo, ma i limiti potrebbero piuttosto essere fissati dalle regioni o da gruppi di paesi. Sarebbe inoltre preferibile che venissero stabiliti dei limiti per le categorie vulnerabili: bambini, donne in stato di gravidanza ecc.

3.3.3.

Questa armonizzazione europea sarebbe vantaggiosa per tutte le parti interessate: la sicurezza dei consumatori sarebbe rafforzata e il rischio di sovradosaggio ridotto, mentre la libera circolazione dei prodotti andrebbe a vantaggio sia degli operatori, che potrebbero commercializzare i loro prodotti in un numero maggiore di mercati, sia dei consumatori, che avrebbero accesso a una scelta più ampia.

3.3.4.

Sebbene l’aspetto prioritario riguardi i nutrienti, anche gli altri ingredienti utilizzati in questi prodotti dovrebbero costituire oggetto di armonizzazione, cosa che ne promuoverebbe la circolazione e consentirebbe di dimostrarne la sicurezza dopo una valutazione scientifica. Alcuni paesi, in particolare, hanno cercato di allineare in parte le rispettive legislazioni in materia di prodotti di origine botanica stilando elenchi comuni: Belgio, Francia, Italia e recentemente Germania, Svizzera e Austria. Anche gli ingredienti ottenuti mediante le biotecnologie, come i microrganismi (probiotici, lieviti), meritano un’attenzione particolare.

3.3.5.

Il CESE raccomanda inoltre alla Commissione di valutare la possibilità di redigere elenchi positivi e negativi relativi alle altre sostanze, sia in termini di identità e quantità che di condizioni d’uso, così come avviene nell’ambito del regolamento (UE) 2015/2283 (9) relativo ai nuovi alimenti.

3.4.   Indicazioni nutrizionali: uno strumento di scelta per i consumatori

3.4.1.

Le informazioni destinate al consumatore sono generalmente fornite dall’etichetta del prodotto, che riporta l’elenco degli ingredienti, gli allergeni ecc., e sono disciplinate dal regolamento (UE) n. 1169/2011 (10)(11). Alle etichette, tuttavia, era imputabile il 58 % delle infrazioni rilevate durante controlli effettuati nel 2018 (12). Il CESE accoglie con favore gli sforzi compiuti dall’Unione nell’ambito dei lavori del Consiglio in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, tuttavia rileva il perdurare di alcuni problemi.

3.4.2.

Le proprietà del prodotto sono descritte nelle indicazioni riportate sull’etichetta ma anche nella pubblicità su riviste, in televisione, su Internet ecc. La pubblicità può incoraggiare l’acquisto di determinati prodotti. Il regolamento (CE) n. 1924/2006 (13) prevedeva degli elenchi positivi di indicazioni nutrizionali e sulla salute. Le indicazioni relative alle vitamine e ai minerali sono già state valutate e pubblicate dall’EFSA, ma quelle relative ai prodotti di origine botanica e ad altre sostanze devono ancora essere esaminate. Tali indicazioni sono dunque soggette alle norme nazionali, se disponibili, e sul mercato sono presenti dichiarazioni non verificate di ogni tipo, il che determina una distorsione del mercato.

3.4.3.

Il CESE chiede pertanto alla Commissione di trovare la migliore scelta operativa affinché l’EFSA possa continuare a valutare le indicazioni nutrizionali e sulla salute delle sostanze in attesa di autorizzazione — in via prioritaria le indicazioni sulle sostanze di origine botanica — e stabilire le condizioni per garantire che gli ingredienti siano sicuri.

3.5.   Prodotti «di frontiera» (o «prodotti borderline»): prodotti non privi di rischi

3.5.1.

Accade anche che la presentazione e la pubblicità relative agli integratori alimentari possano generare confusione sulla natura di questi prodotti. Alcuni operatori non esitano ad attribuire loro proprietà curative o profilattiche, a presentarli come sostituti dei farmaci e a chiamarli «nutraceutici» (termine derivante dalla fusione delle parole «nutritivo» e «farmaceutico»). Una campagna di controllo mirata ha mostrato il ricorso a queste indicazioni ingannevoli nella prevenzione o nel controllo della COVID-19 (14). I consumatori possono essere influenzati da queste false promesse.

3.5.2.

Questi prodotti, la cui natura non è chiara (15), vengono definiti «prodotti di frontiera» o «prodotti borderline». Questa zona grigia è dovuta al luogo in cui sono venduti, alla forma dei prodotti e al fatto che alcuni ingredienti possono essere utilizzati sia negli alimenti che nei medicinali, anche se in dosi diverse.

3.5.3.

Il CESE consiglia alla Commissione di creare un gruppo di lavoro sui «prodotti di frontiera», ad esempio all’interno del gruppo di esperti del comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (PAFF), come ve ne sono per i medicinali, i dispositivi medici, i cosmetici o i biocidi, e tali esperti pubblicano documenti che aiutano le autorità e gli operatori a chiarire la natura dei prodotti. La creazione di un gruppo di lavoro europeo non impedisce l’istituzione di comitati misti a livello nazionale che stabiliscano la natura dei prodotti.

3.5.4.

Il CESE esorta le autorità a effettuare controlli mirati specificamente per questi prodotti al fine di ritirarli dal mercato. La presenza di tali prodotti costituisce una forma di concorrenza sleale nei confronti delle aziende farmaceutiche, che devono ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio per i loro medicinali. La pubblicazione di tali controlli consentirebbe inoltre ai consumatori di conoscere i rischi connessi a questi prodotti.

3.6.   L’emergere del commercio online: fonte di scelta ma anche di disuguaglianze

3.6.1.

Le vendite a distanza di prodotti alimentari sono aumentate a causa della pandemia di COVID-19. Gli integratori alimentari sono prodotti che generalmente hanno una data di scadenza lunga e sono facili da trasportare.

3.6.2.

Purtroppo, un certo numero di questi prodotti, soprattutto provenienti da paesi terzi, non è conforme ai livelli dichiarati nella composizione e in particolare nelle indicazioni, dando origine a una concorrenza sleale nei confronti degli operatori europei che rispettano la normativa. Inoltre, gli Stati membri hanno rilevato la presenza di sostanze vietate e pericolose (amfetamine negli integratori per sportivi, medicinali ecc.) in alcuni prodotti, che costituiscono un pericolo per il consumatore.

3.6.3.

Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a rafforzare la sorveglianza e il controllo delle piattaforme e dei siti di commercio elettronico, nonché a prelevare campioni ed effettuare analisi e a segnalare i prodotti costituenti violazione nel sistema di allarme rapido per i prodotti alimentari e i mangimi (RASFF — Rapid Alert System for Food and Feed).

3.6.4.

Il Comitato ritiene inoltre che si dovrebbero rafforzare la comunicazione e la sensibilizzazione dei consumatori e degli operatori sanitari al fine di garantire acquisti più sicuri tramite Internet. Sebbene per poter essere messi in vendita i prodotti alimentari debbano essere sicuri, i consumatori dovrebbero essere consapevoli che alcuni prodotti venduti online possono comportare dei rischi per la loro salute.

3.7.   La vigilanza alimentare: uno strumento di allarme

3.7.1.

Alcuni ingredienti possono provocare effetti indesiderati anche se i prodotti sono conformi a quanto disposto dalla normativa. La sicurezza non viene valutata per ogni prodotto o ingrediente, né viene controllata la loro possibile interazione con altri prodotti come i medicinali.

3.7.2.

Pochissimi Stati membri dispongono di un sistema strutturato per la raccolta degli effetti indesiderati (vigilanza alimentare) e ne assicurano il monitoraggio. I paesi che dispongono di un tale sistema sono l’Italia, la Francia, la Danimarca, il Portogallo, la Repubblica ceca, la Slovenia e la Croazia.

3.7.3.

Il CESE incoraggia la creazione di una vigilanza alimentare nazionale per promuovere la sicurezza dei prodotti e garantire un elevato livello di protezione della salute pubblica attraverso l’individuazione precoce dei segnali di allerta, così da prevenire eventuali problemi di salute. Questo sistema dovrebbe consentire la raccolta degli effetti indesiderati, indipendentemente dalla loro gravità, al fine di corroborare la valutazione della sicurezza dei prodotti, adottare misure di emergenza o adattare la normativa, se necessario, e consentire agli operatori di sviluppare prodotti più sicuri, integrando le informazioni nel loro controllo di qualità. A livello di produzione, gli integratori alimentari seguono le stesse norme di sicurezza degli altri prodotti del settore agroalimentare (HACCP (16) ecc.) e non sono stati individuati rischi specifici per i lavoratori del settore.

3.7.4.

Il CESE propone inoltre la creazione, a livello europeo, di un gruppo di lavoro per gli Stati membri, sotto la supervisione dell’EFSA, che consentirebbe lo scambio di informazioni tra i paesi, la condivisione di buone pratiche per una valutazione omogenea, lo scambio di conoscenze scientifiche e la loro integrazione nella legislazione europea, ove necessario.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU L 183 del 12.7.2002, pag. 51.

(2)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268.

(3)  GU C 190 del 5.6.2019, pag. 9

(4)  GU C 440 del 6.12.2018, pag. 158.

(5)  GU C 268 del 14.8.2015, pag. 1.

(6)  GU L 314 dell'1.12.2009, pag. 36.

(7)  Sentenza della Corte di giustizia europea, causa C-672/15.

(8)  In conformità dell’articolo 6 del regolamento (CE) n. 1925/2006 sull’aggiunta di vitamine e minerali, la Commissione avrebbe dovuto fissare, entro il 19 gennaio 2009, i valori massimi di nutrienti per gli alimenti (tranne gli integratori alimentari).

(9)  GU L 327 dell'11.12.2015, pag. 1.

(10)  GU L 304 del 22.11.2011, pag. 18.

(11)  Il Consiglio ha attualmente all’esame una tabella di marcia, con un impatto limitato sugli integratori alimentari, relativa alla revisione delle norme sulle informazioni per il consumatore per quanto riguarda l’origine degli ingredienti e le date di scadenza.

(12)  Rete europea per la lotta alle frodi alimentari (EU Food Fraud Network) e sistema di assistenza e cooperazione amministrativa — Relazione annuale 2018.

(13)  GU L 404 del 30.12.2006, pag. 9.

(14)  I risultati di tali controlli sono disponibili cliccando su questo link.

(15)  In base a una sentenza della Corte di giustizia europea, la natura giuridica dei prodotti rientra nelle competenze delle autorità nazionali e un integratore alimentare può avere una natura diversa a seconda del paese in cui è commercializzato: cause riunite C-211/03, C-299/03, C-316/03, C-317/03 e C-318/03.

(16)  Hazard Analysis and Critical Control Points («sistema di analisi dei pericoli e punti critici di controllo»).


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

560a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo (JDE) - INTERACTIO, 27.4.2021 - 28.4.2021

16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/38


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla governance europea dei dati (Atto sulla governance dei dati)»

[COM(2020) 767 final]

(2021/C 286/08)

Relatore:

Giuseppe GUERINI

Correlatore:

Marinel Dănuț MUREŞAN

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 11.12.2020

Parlamento europeo, 14.12.2020

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

31.3.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

234/3/13

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di regolamento per la «governance dei dati» che integra e completa la direttiva (UE) 2019/1024 del Parlamento europeo e del Consiglio (1)(«direttiva open data»), concentrandosi sui dati detenuti da enti del settore pubblico e soggetti a diritti di terzi.

1.2.

Il CESE ritiene questo intervento utile e necessario poiché il trattamento, la conservazione e la condivisione di dati digitali assumono sempre più un rilievo non solo economico, ma anche sociale e civile, che coinvolge individui, amministrazioni e imprese in un contesto regolatorio complesso e articolato.

1.3.

Il CESE ritiene indispensabile l’adozione di un quadro di regole armonizzato, in grado di creare fiducia nei cittadini, nei consumatori, nelle PMI, e in particolare nelle micro imprese, rispetto a un’adeguata tutela dei loro dati, al fine di favorire opportunità di sviluppo per gli operatori economici, oltre che per gli enti di ricerca e sviluppo.

1.4.

Il CESE condivide l’obiettivo della Commissione di applicare il regolamento oggetto del presente parere alle amministrazioni, agli enti pubblici e agli organismi di diritto pubblico secondo un approccio che includa tutti i soggetti appartenenti alla sfera pubblica, a prescindere dalla loro forma organizzativa.

1.5.

Il CESE ritiene importante che, quando la gestione e il trattamento di dati mediante dispositivi di intelligenza artificiale riguardano la sfera del lavoro, vengano previste adeguate forme di consultazione e contrattazione preventiva con le parti sociali sulle relative questioni. Anche la società civile organizzata deve essere coinvolta quando tali dispositivi interessano i diritti dei cittadini.

1.6.

Il CESE supporta la proposta che prevede l’individuazione di autorità nazionali chiamate a garantire un adeguato controllo della nuova disciplina.

1.7.

Il CESE condivide l’utilità della creazione di punti di contatto in ogni Stato membro e, a tale proposito, raccomanda che questi siano accessibili a tutti gli interessati, così da garantire un funzionamento efficiente e promuovere una buona collaborazione con le organizzazioni della società civile e le parti sociali.

1.8.

Il CESE apprezza la proposta di prevedere una regolamentazione per le organizzazioni che si occupano della «gestione altruistica» in materia di dati e condivide la regola per cui tali organizzazioni debbano avere natura giuridica di enti senza finalità di lucro e perseguire finalità di interesse generale in condizioni di indipendenza e autonomia rispetto ad altre organizzazioni che perseguono obiettivi di lucro nella gestione di dati.

1.9.

Il CESE considera particolarmente interessante la possibilità, prevista dal regolamento, di riconoscere l’utilità di un modello «cooperativo per la gestione e lo scambio di dati» come strumento volto a favorire i cittadini e le micro, piccole e medie imprese, i lavoratori autonomi e i liberi professionisti.

1.10.

Il modello cooperativo potrebbe inoltre costituire uno strumento molto utile per una gestione neutrale e condivisa dei dati. A tale proposito il CESE incoraggia la Commissione e gli Stati membri a sostenere i cittadini e le PMI e le loro organizzazioni nell’intraprendere iniziative per sviluppare organizzazioni mutualistiche finalizzate alla gestione e allo scambio di dati.

1.11.

Il CESE ritiene che la protezione dei dati personali, insieme alla tutela dell’identità digitale e della privacy, siano aspetti fondamentali della «governance dei dati» direttamente connessi al tema del rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali. Per questa ragione, si ritiene indispensabile il riconoscimento dei diritti di proprietà dei dati personali, al fine di consentire ai cittadini europei il controllo sull’uso dei propri dati.

2.   La proposta della Commissione

2.1.

La proposta della Commissione oggetto del presente parere si propone di:

i.

rendere disponibili i dati del settore pubblico per il riutilizzo in situazioni in cui tali dati sono soggetti a diritti di terzi;

ii.

permettere la condivisione dei dati tra le imprese;

iii.

consentire l’utilizzo dei dati personali in linea con il GDPR;

iv.

consentire l’utilizzo dei dati per motivi altruistici.

2.2.

La proposta integra e completa la direttiva (UE) 2019/1024 sugli open data e sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico («direttiva open data»), concentrandosi sui dati detenuti da enti del settore pubblico soggetti a diritti di terzi.

2.3.

La proposta si basa sull’articolo 114 TFUE e persegue l’obiettivo di ravvicinare le legislazioni e le prassi amministrative degli Stati membri al fine di garantire il flusso dei dati nell’Unione europea in un contesto regolatorio armonizzato e tale da garantire un adeguato consolidamento del mercato interno per quanto riguarda la circolazione dei dati detenuti da enti pubblici.

2.4.

Il capo I del regolamento ne definisce l’ambito di applicazione, precisando che lo stesso stabilisce:

i.

le condizioni per il riutilizzo, all’interno dell’UE, di determinate categorie di dati detenuti da enti del settore pubblico;

ii.

un quadro di notifica e vigilanza per la fornitura di servizi di condivisione dei dati;

iii.

un quadro per la registrazione volontaria delle entità che raccolgono ed elaborano dati resi disponibili per scopi altruistici.

2.5.

Il capo II crea un meccanismo per il riutilizzo di alcune categorie di dati del settore pubblico, il cui utilizzo è subordinato al rispetto di diritti altrui. La tutela dei diritti di terzi può rilevare, in particolare, per motivi di protezione dei dati personali, ma anche rispetto alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale e riservatezza commerciale.

2.6.

Gli Stati membri dovranno istituire un punto di contatto unico a sostegno dei ricercatori e delle imprese innovative interessati all’individuazione di dati adeguati e dovranno predisporre strutture per supportare gli enti del settore pubblico con mezzi tecnici adeguati e un approccio consapevole del quadro regolatorio di settore.

2.7.

Il capo III mira ad aumentare la fiducia nella condivisione di dati personali e non personali e a ridurre i costi di transazione legati alla condivisione dei dati tra imprese, oltre che tra imprese e consumatori, creando un regime di notifica per gli enti che intendano operare nell’ambito della condivisione dei dati e una cornice regolatoria rispetto all’attività di tali soggetti. I fornitori avranno l’obbligo di rimanere neutrali per quanto riguarda i dati scambiati, senza la possibilità di utilizzare tali dati per altri scopi.

2.8.

Il capo IV punta a facilitare la condivisione altruistica di dati resi disponibili in via volontaria da individui o aziende per il bene comune. In particolare, si stabilisce la possibilità per le organizzazioni che si impegnano nell’altruismo dei dati di registrarsi come «Organizzazione per l’altruismo dei dati riconosciuta nell’UE», al fine di aumentare la fiducia nelle loro operazioni.

2.9.

Si prevede anche lo sviluppo di un modulo comune europeo di consenso per l’altruismo dei dati, con l’obiettivo di ridurre i costi di raccolta del consenso e per facilitare la portabilità dei dati.

2.10.

Il capo V stabilisce i requisiti per il funzionamento delle autorità competenti a supervisionare e attuare il quadro di notifica per i fornitori di servizi di condivisione dei dati e le entità impegnate nell’altruismo dei dati. Il capo contiene inoltre disposizioni volte alla tutela effettiva dei diritti del singolo e, in particolare, sul diritto di proporre reclamo amministrativo e/o ricorso giurisdizionale contro le decisioni delle autorità di settore designate.

2.11.

Il capo VI istituisce il «Comitato europeo per l’innovazione dei dati», che faciliterà l’emergere di migliori pratiche da parte delle autorità degli Stati membri, in particolare sul trattamento delle richieste di riutilizzo dei dati e sul raggiungimento di una pratica coerente riguardo al quadro di notifica per i fornitori di servizi di condivisione dei dati, oltre che per l’uso altruistico dei dati.

2.12.

Il capo VII consente alla Commissione di adottare atti esecutivi relativi al modulo di consenso europeo per l’altruismo dei dati, mentre il capo VIII contiene le disposizioni transitorie per il funzionamento del regime generale di autorizzazione ai fornitori di condivisione dei dati e le disposizioni finali.

3.   Osservazioni generali

3.1.

La proposta della Commissione appare opportuna e necessaria poiché il trattamento, la conservazione e la condivisione di dati digitali assumono sempre più un rilievo non solo economico, ma anche sociale e civile, che coinvolge individui, amministrazioni e imprese in un contesto regolatorio complesso e articolato.

3.2.

L’utilizzo avanzato dei dati digitali può infatti permettere lo sviluppo di nuovi prodotti e l’efficientamento dei processi produttivi tradizionali, stimolare la ricerca, combattere il riscaldamento climatico e migliorare l’utilizzo di risorse energetiche e idriche, tutelando sempre meglio la salute umana.

3.3.

Un uso efficace e virtuoso dei dati richiede la possibilità di condividerne e scambiarne grandi quantità, sfruttando la potenza di calcolo delle macchine dell’intelligenza artificiale nell’elaborare e funzionalizzare tali dati per obiettivi di interesse comune sempre più ambiziosi. Un esempio in questo senso è lo scambio di dati per individuare tempestivamente le malattie tramite la diagnostica per immagini.

3.4.

La complessità e quantità di dati che ogni istante vengono prodotti, estratti e trasferiti ha fatto nascere imprese, organizzazioni ed enti che si sono specializzati nella gestione dei dati o nell’intermediazione degli stessi ai fini di scambio, sia con modalità commerciali sia con una logica di interesse generale rivolta al perseguimento del bene comune (soprattutto ai fini di ricerca scientifica).

3.5.

Nell’attuale contesto economico e tecnologico, i dati sono una risorsa di grande valore e utilità, che si accompagnano a rilevanti temi di carattere etico, economico e politico, con una incidenza assai rilevante sul piano della competitività e della concorrenza non solo fra imprese, ma anche tra gli Stati. È pertanto opportuno che la Commissione intervenga nel definire un quadro regolatorio proporzionato e chiaro rispetto alla governance pubblica dei dati, in modo da proteggerne il valore non solo economico, ma anche strategico nei diversi ambiti in cui la capacità di possedere e trattare dati digitali assume rilievo.

3.6.

Per quanto riguarda i dati sensibili, e in particolare quelli relativi alla salute, il CESE ritiene utile elaborare e diffondere ampiamente buone prassi operative, come per esempio quella adottata da «Microsoft», che ha scelto di avvisare i propri clienti quando alcune autorità governative hanno richiesto all’azienda di comunicare i dati personali dei clienti stessi.

3.7.

Il CESE riconosce e apprezza che l’obiettivo della proposta della Commissione sia principalmente quello di creare le condizioni per consentire a cittadini, consumatori, lavoratori autonomi e professionisti, oltre che alle imprese (con particolare riguardo alle piccole e micro imprese), di condividere i loro dati, sapendo che saranno gestiti da organizzazioni regolamentate e adeguatamente vigilate, così da favorire la fiducia e la costruzione di un quadro regolatorio pienamente compatibile con i valori e i principi dell’Unione europea.

3.8.

Il CESE ricorda, come ha già avuto modo di affermare nei suoi precedenti pareri, che quando si affronta la questione della governance dei dati e degli strumenti di Intelligenza Artificiale, è necessario un quadro normativo europeo che garantisca trasparenza e tracciabilità degli algoritmi, controllo umano sugli strumenti di IA e rispetto dei diritti fondamentali.

3.9.

Occorre inoltre ricordare che, quando questi strumenti di intelligenza artificiale vengono introdotti nei luoghi di lavoro, la Commissione europea deve prevedere regole per il rafforzamento del dialogo sociale e della contrattazione attraverso la consultazione preventiva dei rappresentanti dei lavoratori e deve incoraggiare l’istituzione di comitati/osservatori nazionali sulla diffusione di strumenti di intelligenza artificiale, che coinvolgano tutte le parti interessate: consumatori, piccole e medie imprese, associazioni professionali, rappresentanti dei lavoratori e della società civile organizzata.

3.10.

Sarebbe altresì importante che il regolamento favorisse un percorso per omologare le Condizioni generali di utilizzo dei servizi di gestione dei dati, in modo che le clausole dei contratti di cessione o accesso ai dati che violino le norme di protezione pubblicate dall’UE possano essere annullate per via giudiziaria. Con la medesima finalità, il CESE raccomanda di armonizzare e rafforzare il principio del consenso semplificando la procedura per accettare o rifiutare i cookie.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

Il CESE apprezza che la proposta della Commissione sia in linea con i principi di proporzionalità e sussidiarietà contenuti nei Trattati, giacché sviluppa e propone regole che non sacrificano l’interesse privato in modo eccessivo rispetto all’obiettivo perseguito in termini di condivisione e utilizzo virtuoso dei dati.

4.2.

Per questo, un regolamento volto a garantire regole uniformi e contemporaneamente applicabili su tutto il mercato interno appare come lo strumento più adeguato, giacché diverse regolamentazioni nazionali risulterebbero inefficienti e tali da porre un eccessivo costo di compliance a carico delle imprese europee, soprattutto delle PMI, ostacolando un’adeguata circolazione dei dati.

4.3.

La scelta dello strumento regolatorio utilizzato risulta quindi la più indicata per perseguire la costruzione di un mercato europeo ove i dati possano circolare in modo virtuoso grazie a un quadro di regole armonizzato, in grado di creare fiducia nei cittadini, nei consumatori e nelle piccole e medie imprese rispetto ad una adeguata tutela dei loro dati e tale da generare opportunità di sviluppo e crescita per gli operatori economici, oltre che per gli enti di ricerca e sviluppo.

4.4.

Il CESE condivide l’obiettivo della Commissione di applicare il regolamento oggetto del presente parere alle amministrazioni, agli enti pubblici e agli organismi di diritto pubblico, come già avviene per la disciplina in materia di appalti, in modo da garantire, secondo un approccio sostanzialista, un’adeguata effettività e ampiezza di applicazione alla disciplina che includa tutti i soggetti appartenenti alla sfera pubblica, a prescindere della loro forma organizzativa.

4.5.

In quest’ottica, appare inoltre proporzionato e coerente rispetto all’impostazione generale delle nuove regole esentare dall’applicazione della disciplina le imprese pubbliche, considerato il loro modello organizzativo sempre più ispirato a modelli imprenditoriali e di mercato.

4.6.

Il CESE supporta la disposizione normativa di cui all’articolo 6, per cui «gli enti del settore pubblico che consentono il riutilizzo delle categorie di dati possono addebitare tariffe per consentire il riutilizzo di tali dati» e per cui tali «tariffe devono essere non discriminatorie, proporzionate e obiettivamente giustificate e non devono limitare la concorrenza». A tale proposito è utile sottolineare che le imprese, le PMI, le micro e piccole organizzazioni e le organizzazioni dell’economia sociale forniscono molti dati alle autorità; dati che hanno costi che possono essere rilevanti e la cui incidenza, in particolare per le PMI, dovrebbe essere presa in considerazione quando si fissano le tariffe.

4.7.

Risulta inoltre condivisibile e apprezzabile che la metodologia per il calcolo delle tariffe debba essere pubblicata in anticipo e che questa si basi necessariamente sui costi di gestione e condivisione dei dati, piuttosto che su un diverso sistema di determinazione del costo assimilabile a una licenza di dati.

4.8.

Il CESE richiama l’attenzione sulla necessità che gli scambi di dati avvengano in conformità con quanto dispone l’articolo 101 del TFUE in materia di intese anticoncorrenziali. In particolare, sarà importante che vengano rispettate le linee guida della Commissione sugli accordi di cooperazione orizzontale sotto forma di scambio di informazioni, in modo da evitare che gli enti che scambiano informazioni possano turbare la trasparenza del mercato favorendo esiti collusivi tra concorrenti diretti, con riduzione della concorrenza a scapito del benessere dei consumatori, delle piccole e micro imprese, distorcendo quindi la corretta competitività dei mercati.

4.9.

Il CESE supporta fortemente l’individuazione di autorità nazionali (articolo 12 e 20) chiamate a garantire un adeguato controllo circa l’effettività della nuova disciplina stabilita dalla Commissione e condivide le caratteristiche che tali autorità dovranno assumere ai sensi dell’articolo 23.

4.10.

Al fine di evitare un uso improprio delle banche dati a livello nazionale o europeo, il controllo sull’uso dei dati dovrebbe essere esercitato dalle varie autorità nazionali interessate, in collaborazione tra di loro e con la Commissione europea.

4.11.

Con riferimento alle organizzazioni altruistiche in materia di dati e alle condizioni generali per il riconoscimento di tali enti, risulta apprezzabile che la proposta di regolamento definisca che le organizzazioni che vi aderiscono debbano avere natura giuridica di enti senza finalità di lucro che perseguono finalità di interesse generale e soprattutto essere indipendenti ed autonome, in particolare rispetto ad altre organizzazioni che invece perseguono obiettivi commerciali o di lucro nella gestione di dati.

4.12.

Tali caratteristiche, congiuntamente all’istituzione di un apposito registro pubblico di tali enti, rispondono in modo adeguato alla necessità di trasparenza, tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini e delle imprese che caratterizzano lo scambio altruistico dei dati. Si ottiene così un rafforzamento del livello di fiducia di tutti i soggetti interessati.

4.13.

Il CESE sostiene convintamente l’utilità della creazione di un punto di contatto in ogni paese membro, come previsto dall’articolo 8 della proposta di regolamento. Questo punto di contatto deve essere molto accessibile a tutti gli interessati, così da garantire un funzionamento efficiente e promuovere una buona collaborazione con le organizzazioni della società civile e le parti sociali.

4.14.

È infine particolarmente apprezzabile che il regolamento nel capo III faccia riferimento alla possibilità di costituire «cooperative per la gestione e lo scambio di dati» come strumento per favorire i cittadini (lavoratori, consumatori, imprenditori), le piccole imprese e i singoli imprenditori, che non potrebbero accedere o trattare grandi quantità di dati in forma individuale. A tale proposto il CESE incoraggia la Commissione e gli Stati membri a sostenere le organizzazioni di PMI, al fine di intraprendere iniziative collegiali per sviluppare questo tipo di organizzazioni mutualistiche per la gestione e lo scambio di dati.

4.15.

La forma cooperativa e le forme collaborative in genere sembrano infatti particolarmente indicate per gestire attività di intermediazione, scambio o condivisione di dati tra i cittadini (lavoratori, consumatori, imprenditori) e le imprese, poiché in particolare la forma cooperativa consente una coincidenza di interessi nella gestione dei dati tra i data subject e il data holder cooperativo che in questo caso è di proprietà degli stessi data subject, e quindi potrebbero assicurare una governance partecipata condivisa tra cittadini, imprese e imprenditori, che potrebbero giocare il duplice ruolo sia di «conferitori» che di utilizzatori e beneficiari dei dati. Questo meccanismo potrebbe sostenere quel clima di fiducia e apertura che appare come una condizione necessaria per una buona governance dei dati nel mercato unico digitale europeo.

4.16.

A questo proposito il CESE ritiene sia necessaria una collaborazione efficace con le organizzazioni della società civile, le parti sociali e le organizzazioni professionali.

4.17.

Per quanto riguarda la protezione dei dati personali, il CESE ricorda che il diritto europeo ritiene la tutela della privacy e il rispetto della dignità umana parte imprescindibile dei diritti fondamentali e inviolabili della persona. Tuttavia, accade che l’adeguata tutela di questi diritti sia minacciata dall’uso distorto di dati liberamente ottenuti previo un consenso che non sempre viene ottenuto con modalità semplificate. Vi sono inoltre casi più gravi in cui i dati vengono sottratti abusivamente con veri e propri furti di identità. I tribunali di giustizia di alcuni Stati membri hanno ripetutamente condannato il «furto di dati». Riconoscere il furto significa riconoscere il diritto alla proprietà dei dati.

4.18.

Il CESE raccomanda quindi di riconoscere i diritti di proprietà europei sui dati digitali al fine di consentire ai cittadini (lavoratori, consumatori, imprenditori) il controllo e la gestione dell’uso dei propri dati o il divieto del loro utilizzo. Ciò aprirebbe la strada ad azioni collettive, con una chiara legittimità giuridica, volte a impedire o controllare l’accesso ai dati personali e a favorire la gestione degli stessi, al fine di creare il mercato digitale europeo.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU L 172 del 26.6.2019, pag. 56.


ALLEGATO

Essendo stato accolto un emendamento in tal senso, il seguente punto del parere della sezione è stato soppresso, benché oltre un quarto dei votanti si sia espresso a favore del suo mantenimento:

 

1.6.

Il CESE supporta la proposta che prevede l’individuazione di autorità nazionali chiamate a garantire un adeguato controllo della nuova disciplina e, a questo proposito, ricorda che le autorità di protezione dei dati personali, già operative negli Stati membri, si potrebbero occupare di attuare le regole oggetto della proposta della Commissione avvalendosi dell’esperienza acquisita, senza istituire nuove autorità.

4.9.

Il CESE supporta fortemente l’individuazione di autorità nazionali (articolo 12 e 20) chiamate a garantire un adeguato controllo circa l’effettività della nuova disciplina stabilita dalla Commissione e condivide le caratteristiche che tali autorità dovranno assumere ai sensi dell’articolo 23. A questo proposito, ferma restando la libertà organizzativa degli Stati membri, il CESE richiama che le autorità di protezione dei dati personali già operative godono di una notevole expertise tecnica e regolatoria di settore. Pertanto, esse stesse si potrebbero occupare di attuare le regole oggetto della proposta della Commissione, senza istituire nuove autorità.

Esito della votazione:

Voti a favore dell’emendamento (ossia della soppressione del punto):

124

Voti contrari:

94

Astensioni:

27


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/45


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Nuova agenda dei consumatori —Rafforzare la resilienza dei consumatori per una ripresa sostenibile»

[COM(2020) 696 final]

(2021/C 286/09)

Relatore:

Bernardo HERNÁNDEZ BATALLER

Correlatore:

Gonçalo LOBO XAVIER

Consultazione

Commissione, 14.1.2021

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

31.3.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

218/2/24

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE prende atto della nuova agenda dei consumatori, oltre che delle 22 azioni in essa proposte, e ritiene che difficilmente avrebbe potuto essere più completa e dettagliata.

1.2.

Riconoscendo gli sforzi profusi dalla Commissione, il CESE ritiene tuttavia che un'«agenda» dei consumatori debba costituire il corollario, oppure la conseguenza, di una reale strategia in materia di politica dei consumatori. Poiché la più recente strategia della Commissione in materia di politica dei consumatori risale al 13 marzo 2007 e fa riferimento al periodo 2007-2013, essa è ormai del tutto obsoleta.

1.3.

Il CESE teme pertanto che, com'è strutturata, la nuova agenda dei consumatori possa essere vista come un elenco di iniziative scollegate che sarà difficile da attuare sul campo.

1.4.

Inoltre, secondo il CESE le misure per fare fronte alla pandemia di COVID-19 devono essere eccezionali e, in molti casi, prioritarie e urgenti, tenuto conto della situazione senza precedenti rappresentata da una crisi non solo sanitaria, ma anche economica e sociale; si chiede se le suddette misure debbano essere incluse nell'agenda dei consumatori che peraltro, a suo giudizio, affronta in misura insufficiente il tema della difficile situazione attuale.

1.5.

In tale contesto, il CESE non può esimersi dal ribadire il proprio punto di vista secondo cui l'Unione della salute deve essere approfondita quanto più possibile e la politica sanitaria non rappresenta una politica esclusiva degli Stati membri, perché l'articolo 168 del TFUE va opportunamente modificato per renderlo più simile all'articolo 169 sulla politica dei consumatori.

1.6.

Il CESE insiste che il completamento del mercato interno, sia esso fisico o digitale, deve avvenire nel rispetto delle condizioni di parità e assicurare un elevato livello di protezione dei consumatori, come ha raccomandato in svariate occasioni. Per tale motivo conviene sulla necessità di adottare un approccio orizzontale, integrato con altre politiche dell'Unione, in modo che si tenga conto degli interessi dei consumatori nelle fasi di definizione e attuazione delle politiche settoriali.

1.7.

Il CESE ritiene essenziale la parte dell'agenda relativa alla transizione verde e ricorda il proprio appoggio al Green Deal europeo. In particolare, il CESE auspica una maggiore durabilità dei beni, l'accesso a prodotti sostenibili, un'economia pulita, circolare e più rispettosa dell'ambiente, un uso efficiente dei prodotti, nonché la lotta contro l'obsolescenza programmata e il diritto alla riparazione di beni e prodotti guasti.

1.8.

Il CESE è tuttavia consapevole che il lavoro necessario per misurare «l'impronta di carbonio» deve tenere conto del ciclo di vita dei prodotti, e non si tratta di un compito facile.

1.9.

Le norme sulla protezione dei consumatori devono essere adattate al mondo digitale. Le nuove sfide poste dalle tecnologie emergenti — come l'intelligenza artificiale (IA), l'Internet degli oggetti (IoT) e la robotica — impongono un rafforzamento dell'attuale protezione e devono essere affrontate, soprattutto nel quadro della revisione della direttiva sulla sicurezza dei prodotti, e bisogna altresì individuare e colmare le lacune esistenti nella legislazione in vigore. È anche per questo motivo che la legge sui servizi digitali e la legge sui mercati digitali saranno essenziali per completare questa strategia.

1.10.

Il CESE raccomanda che il sostegno europeo prenda la forma anche di una partecipazione di tutte le organizzazioni della società civile (soprattutto delle organizzazioni dei consumatori), tenuto conto del loro ruolo nell'attuazione dell'agenda. La società civile organizzata — in particolare le organizzazioni dei consumatori e i rappresentanti delle imprese, insieme ad altre parti sociali — deve sviluppare una relazione vantaggiosa per tutti, al fine di assicurare una partecipazione più ampia alla definizione e all'attuazione di tale politica.

1.11.

Di conseguenza, il ruolo dell'educazione al consumo e dell'informazione dei consumatori dovrebbe essere potenziato e rafforzato nel quadro dell'agenda, in quanto contribuisce a consolidare un elevato livello di protezione.

1.12.

Il CESE è consapevole delle difficoltà per le PMI nel dare il loro apporto alla riuscita dell'agenda, in particolare per quanto riguarda la sensibilizzazione e l'informazione dei consumatori, nonché l'offerta di beni e servizi sostenibili che però implicano un costo economico maggiore.

1.13.

Il CESE richiama l'attenzione sulla necessità di dotare le imprese, in particolare le PMI, dei mezzi finanziari per rispettare gli obblighi indicati nell'agenda, soprattutto in un momento in cui la lotta contro la crisi provocata dalla pandemia di COVID-19 ha ridotto gli investimenti delle imprese nel settore digitale e in quello «verde».

2.   La comunicazione della Commissione

2.1.   Informazioni di carattere generale

2.1.1.

La comunicazione della Commissione

mira a rafforzare il quadro generale per la collaborazione tra le istituzioni dell'UE, gli Stati membri e le parti interessate;

adotta un approccio onnicomprensivo che abbraccia varie politiche dell'Unione;

rispecchia la necessità di prendere in considerazione le esigenze inerenti alla protezione dei consumatori nella definizione e attuazione di altre politiche, a complemento di altre iniziative dell'UE;

richiede una stretta cooperazione tra l'UE e gli Stati membri, oltre che il recepimento, l'applicazione e l'esecuzione del quadro per la protezione dei consumatori messo a punto dal diritto derivato dell'UE.

2.1.2.

La comunicazione fa riferimento a 22 azioni che riguardano cinque settori prioritari fondamentali:

la transizione verde;

la trasformazione digitale

i mezzi di ricorso e l'applicazione dei diritti dei consumatori;

le esigenze specifiche di determinate categorie di consumatori;

la cooperazione internazionale.

2.1.3.

La comunicazione affronta i problemi partendo dall'importante presupposto che tutti devono avere un accesso paritario e tempestivo ai test necessari disponibili, ai dispositivi di protezione, alle cure e ai vaccini futuri, fornendo al consumatore tutte le garanzie per quanto riguarda i diritti fondamentali, la deontologia medica, la privacy e la protezione dei dati, conformemente al regolamento generale in materia.

2.1.4.

Lo sconcerto, sul piano sociale ed economico, dovuto alla pandemia rappresenta una sfida per la società. Sebbene sia importante garantire un livello elevato di protezione, persistono tuttora alcune sfide, ad esempio per quanto concerne:

l'attuazione della legislazione sul il diritto al rimborso integrale degli acconti versati agli operatori turistici;

l'aumento delle truffe a danno dei consumatori, delle tecniche di commercializzazione ingannevoli e delle frodi negli acquisti online;

la modifica nei modelli di consumo, come l'aumento dei rifiuti di imballaggio monouso.

2.2.   Settori prioritari

2.2.1.

La transizione verde: contribuire alla neutralità climatica, alla conservazione delle risorse naturali e della biodiversità, nonché alla riduzione dell'inquinamento idrico, atmosferico e del suolo. L'accesso a prodotti sostenibili dev'essere garantito a tutti.

2.2.2.

Il Green Deal europeo definisce una strategia globale per trasformare l'UE in una società equa e prospera, con un'economia climaticamente neutra, efficiente sotto il profilo delle risorse, pulita e circolare, e che produce un'impronta ambientale limitata.

2.2.3.

La direttiva sulla vendita di beni dev'essere modificata per favorire la riparazione dei beni venduti, in modo da rendere la loro riparazione un diritto effettivo. Sono previste misure supplementari in rapporto a gruppi specifici di beni e servizi.

2.2.4.

I consumatori devono essere meglio protetti dalle informazioni false o presentate in modo confuso o fuorviante che danno l'impressione che un prodotto o un'impresa siano più rispettosi dell'ambiente (una pratica chiamata «greenwashing»).

2.3.   La trasformazione digitale

2.3.1.

La direttiva concernente una migliore applicazione e un aggiornamento del diritto dei consumatori e la direttiva sul contenuto digitale rappresentano tappe importanti, sebbene siano necessarie misure supplementari, vista la rapidità dei progressi tecnologici.

2.3.2.

Bisogna evitare l'uso di «dark pattern», ossia di certe pratiche di personalizzazione basate sulla profilazione, la pubblicità occulta, le frodi, le informazioni false o fuorvianti e le manipolazioni delle recensioni dei consumatori. Sono inoltre necessari orientamenti supplementari in rapporto alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali e alla direttiva sui diritti dei consumatori, perché questi ultimi devono beneficiare di un livello di protezione e di correttezza online comparabile a quello di cui godono offline.

2.3.3.

L'intelligenza artificiale apporta vantaggi, ma alcuni suoi usi potrebbero violare i diritti dei consumatori e danneggiarli. Il CESE desidera sottolineare che, ai sensi dell'articolo 22 del regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD), gli interessati hanno diritto all'intervento umano quando una decisione basata sul trattamento automatizzato li riguarda in modo significativo.

2.3.4.

Il nuovo regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori rafforza la capacità online delle autorità competenti, i meccanismi di cooperazione e il sistema di raccolta dei dati al fine di reprimere le violazioni su vasta scala della legislazione dell'UE in materia di protezione dei consumatori, di garantire un livello uniforme di difesa dei consumatori e di offrire uno «sportello unico» alle imprese.

2.4.   Affrontare le esigenze specifiche dei consumatori

2.4.1.

Si parte dal presupposto che, in generale, i consumatori rappresentano la controparte più debole di un'operazione e che, pertanto, i loro interessi devono essere protetti. Tuttavia, alcuni gruppi di consumatori possono essere particolarmente vulnerabili e necessitano di garanzie specifiche. Tale vulnerabilità può essere dovuta a circostanze sociali o a caratteristiche specifiche, come l'età, il genere, lo stato di salute, l'alfabetizzazione digitale o matematica, oppure la situazione finanziaria.

2.4.2.

La maggiore vulnerabilità finanziaria di molte famiglie nell'UE è motivo di particolare preoccupazione in questo momento.

2.4.3.

La revisione dovrebbe porsi come obiettivo anche quello di evitare situazioni discriminatorie nell'accesso ai servizi di credito.

2.4.3.1.

Gli anziani e le persone con disabilità hanno esigenze specifiche in materia di consumo ed è importante assicurare la disponibilità di informazioni chiare, accessibili e di facile utilizzo sia online che offline, in linea con i requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi.

2.4.3.2.

Un approccio equo e non discriminatorio alla transizione digitale deve tenere conto delle necessità dei consumatori anziani, di quelli disabili e, più in generale, delle persone «non ferrate», che potrebbero non trovarsi proprio agio con gli strumenti digitali.

2.4.3.3.

I bambini e i minori sono particolarmente esposti a pratiche di commercializzazione online ingannevoli o aggressive e bisognerà trovare delle soluzioni a questo problema. I bambini devono inoltre essere protetti dai prodotti non sicuri esistenti e dai rischi connessi ai prodotti e, pertanto, vanno aggiornati i requisiti di sicurezza stabiliti nelle norme relative a certi prodotti per l'infanzia.

2.4.3.4.

Il rischio di discriminazione è talvolta aggravato da alcuni algoritmi, utilizzati da taluni fornitori di beni e servizi, che possono essere messi a punto con distorsioni spesso derivanti da aspettative culturali o sociali preesistenti.

2.5.   Protezione dei consumatori nel contesto globale

2.5.1.

È importante che l'UE presenti, a livello internazionale, il proprio elevato livello di protezione dei consumatori come un valore e un modello europei.

2.5.2.

Per garantire la sicurezza delle importazioni e proteggere i consumatori dell'UE contro le pratiche commerciali sleali utilizzate dagli operatori di paesi terzi è necessaria un'azione più incisiva all'interno dell'Unione, tramite un potenziamento degli strumenti di vigilanza del mercato, e una cooperazione più stretta con le autorità dei paesi partner dell'UE.

2.5.3.

La cooperazione multilaterale sulle questioni relative ai beni di consumo è fondamentale per promuovere un elevato livello di protezione e sicurezza a livello internazionale e per difendere i consumatori a livello mondiale.

2.6.   Governance

2.6.1.

L'agenda presenta le azioni volte a promuovere le priorità della politica in materia di consumatori che l'UE e gli Stati membri potranno sviluppare nel prossimo quinquennio.

2.6.2.

Questa nuova visione di cooperazione tra le priorità politiche dell'UE e quelle nazionali implica un nuovo quadro per la cooperazione rafforzata che possa realizzare azioni concrete.

2.6.3.

La Commissione cercherà di tenere discussioni periodiche con il Parlamento europeo, il CESE e il CdR, e collaborerà strettamente con le autorità nazionali per assicurare uno stretto coordinamento delle azioni e un uso migliore dei fondi disponibili.

2.6.4.

Questi sforzi vanno accompagnati da una stretta ed efficace cooperazione con le parti interessate, comprese le organizzazioni dei consumatori, l'industria e il mondo accademico. Le organizzazioni dei consumatori con una forte rappresentatività a livello nazionale ed europeo sono partner fondamentali per pianificare i lavori nel quadro dell'agenda e raggiungere i consumatori.

2.6.5.

Per questo motivo la Commissione ha intenzione di:

istituire un nuovo gruppo consultivo per la politica in materia di consumatori;

rinnovare nel 2021 il quadro di valutazione delle condizioni dei consumatori.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Per quanto riguarda la crisi sanitaria, il CESE esorta la Commissione e gli Stati membri a proseguire i loro sforzi per vaccinare la popolazione e rendere la strategia europea di vaccinazione accessibile, sul piano sia sociale che economico, a tutti i cittadini.

3.2.

È importante responsabilizzare e coinvolgere i consumatori nell'economia e renderli protagonisti di una ripresa sostenibile, rafforzando in tal modo la competitività economica dell'Unione e del suo mercato unico. Sono importanti i nuovi modelli imprenditoriali in grado di ottimizzare l'efficienza e la sostenibilità dei beni e dei servizi.

3.3.

I consumatori dovrebbero essere attori di primo piano nella transizione verde, promuovendo una produzione e un consumo sostenibili. Tutti i prodotti devono essere sicuri, disponibili, abbordabili e accessibili, in particolare per quanto riguarda la promozione della durata di conservazione, la durabilità, la riparabilità e la riciclabilità. Il CESE si era già dichiarato favorevole alla regolamentazione della cosiddetta «obsolescenza programmata» e alla durabilità dei prodotti, anche in rapporto ai programmi informatici. Le misure proposte sono generalmente orizzontali e non specifiche alla protezione dei consumatori.

3.4.

Le PMI devono essere coinvolte in questa transizione verde senza che i loro oneri amministrativi aumentino in modo significativo.

3.5.

Il CESE è impegnato a collaborare attivamente alla realizzazione di una transizione «verde» e di una trasformazione «digitale» che non generino esclusione sociale, evitando un regime a due velocità per i consumatori vulnerabili e situazioni discriminatorie che limitino le possibilità di scelta e l'accesso a beni e servizi, come il rifiuto di erogare credito alle donne incinte motivato dall'eventuale perdita di reddito e l'esclusione delle madri sole da taluni servizi finanziari.

3.6.

Dovrebbero essere adottate misure di sostegno che affrontino la vulnerabilità finanziaria delle famiglie (comprese quelle con un solo genitore o in cui i genitori sono dello stesso sesso), in particolare in termini di indebitamento. Nei propri pareri il CESE si è ripetutamente dichiarato favorevole alla regolamentazione dell'indebitamento eccessivo delle famiglie.

3.7.

Per quanto concerne le misure orizzontali, la Commissione deve agire nel campo della precarietà energetica ed evitare situazioni che possano condurre all'esclusione sociale.

3.8.

Il CESE auspica che la Commissione affronti quanto prima la questione della revisione delle direttive sulla sicurezza dei prodotti, sul credito al consumo, sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari, sui diritti dei consumatori e sulle pratiche commerciali sleali.

3.9.

Il CESE nutre grandi aspettative in rapporto alla direttiva sulle azioni rappresentative a protezione degli interessi collettivi dei consumatori, e auspica che il recepimento della direttiva sia coerente con i quadri giuridici degli Stati membri.

3.10.

Il CESE appoggia l'obiettivo di responsabilizzare i consumatori affinché svolgano un ruolo più attivo nella transizione verde. Non è sufficiente che le imprese apportino cambiamenti e innovazioni, è altresì necessario che il mercato accetti le novità e si trasformi in modo che l'economia possa funzionare in maniera più circolare: consumo di prodotti più sostenibili (che saranno presumibilmente più cari), maggiore durabilità e riparabilità dei prodotti connesse all'auspicata progettazione ecocompatibile (sviluppo di prodotti basati su criteri rispettosi dell'ambiente) e maggiore efficienza nell'uso delle risorse naturali. Nel quadro della transizione verde va inoltre preso in considerazione il ruolo dei trasporti.

3.11.

Occorre trasmettere il messaggio che l'impegno nei confronti dell'ambiente riguarda tutti: sia le imprese, che adottano misure e prassi più sostenibili oltre a informare e formare i consumatori, che i consumatori stessi, che devono seguire abitudini e comportamenti sostenibili affinché le misure adottate siano efficaci. Per quanto riguarda i costi aggiuntivi che ne potrebbero derivare per le PMI europee, misurati nel quadro della valutazione d'impatto del test PMI (che è parte integrante dell'iniziativa dell'UE nota come «Small Business Act»), bisogna assicurare che tali costi vengano ridotti per mezzo di questo meccanismo, che comprende anche la consultazione in corso dei rappresentanti delle PMI. Sarà necessario creare meccanismi e strumenti che consentano alle PMI di aggiornare e rinnovare le proprie conoscenze.

3.12.

Il CESE ritiene importante intensificare la lotta contro le pratiche commerciali sleali online, che violano i diritti dei consumatori e quelli di tutti gli altri operatori coinvolti nel ciclo dei prodotti. Sostiene che tutto ciò che è considerato un abuso nel mondo fisico (offline) debba essere trattato allo stesso modo nel mondo digitale (online). Nuovi tipi di abuso nel mondo offline, come le strategie di sorveglianza delle imprese e i «dark pattern», richiedono lo sviluppo di una protezione ancora più forte.

3.13.

Bisogna rafforzare le risorse informatiche e umane, nonché quelle che forniscono un sostegno nella lotta contro le frodi digitali che, per effetto del loro carattere onnicomprensivo e pervasivo, rendono molto più complesso l'intervento delle autorità, anche nei casi in cui è la salute pubblica ad essere «sotto attacco» (ad esempio con l'acquisto online di farmaci illegali).

3.14.

Nelle azioni 8, 9 e 10 bisogna preservare l'equilibrio tra la sicurezza e la necessaria flessibilità, al fine di non bloccare l'innovazione e il progresso tecnologico ed economico. Occorre elaborare un piano d'azione con la Cina sulla sicurezza dei prodotti e bisogna altresì aumentare il sostegno ai paesi partner dell'UE, compresi i paesi africani, affinché sviluppino capacità in termini di regolamentazione e assistenza tecnica. È importante proteggere i prodotti autentici (oltre ai diritti dei marchi), in quanto è risaputo che in alcuni paesi terzi la contraffazione e la falsificazione dei prodotti sono assai diffuse. I prodotti originali — per motivi legati al riconoscimento della qualità, della convenienza e della reputazione — meritano grande attenzione e interesse da parte dei consumatori.

3.15.

Il CESE raccomanda l'adozione di un metodo di valutazione sia qualitativo che quantitativo. È importante valutare se le direttive dell'Unione vengono attuate nei termini stabiliti, conformemente alle disposizioni del diritto derivato e ai principi per «legiferare meglio».

3.16.

Il CESE rileva un divario crescente tra le strategie (ad esempio, il Green Deal in generale e la strategia «Dal produttore al consumatore» o la nuova agenda dei consumatori in particolare) e le iniziative normative (o non normative) più dettagliate che dovrebbero mettere in atto tali strategie. Il Comitato sottolinea la necessità che le ambizioni della nuova agenda dei consumatori in merito all'attuazione degli obiettivi del Green Deal siano costanti in tutte le fasi della realizzazione delle singole iniziative di follow-up

4.   La crisi della COVID-19

4.1.

L'attuale crisi pandemica ha colpito duramente il mondo intero e si è ripercossa in misura rilevante su molti settori della vita. Questa crisi ha spinto gli Stati membri a modificare le loro massime priorità e si è rivelata estremamente penalizzante per i consumatori, che hanno visto i loro diritti indebitamente limitati senza che i meccanismi esistenti venissero rafforzati, oppure senza che fossero creati dei meccanismi destinati ad affrontare le nuove realtà, in modo da garantire la protezione finanziaria dei consumatori.

4.2.

Pertanto, al fine di evitare possibili conseguenze per i consumatori e nell'ottica di fare tesoro degli insegnamenti tratti dalla crisi pandemica, è essenziale cercare di rafforzare, in futuro, la protezione dei consumatori nei settori della salute, dell'energia, delle comunicazioni, dei servizi finanziari, del trasporto aereo e dei diritti passeggeri, dei pacchetti turistici, dei controlli, dei prodotti alimentari e dei servizi digitali.

4.3.

D'altro canto, la crisi non solo ha contribuito al diffondersi di pratiche commerciali sleali dirette alle persone più vulnerabili, ma ha anche causato, per un certo periodo, l'esaurimento di taluni prodotti e dispositivi di protezione individuale, oltre a rendere possibile l'imposizione, a fini speculativi, di prezzi altissimi. A questa situazione bisognerà nuovamente prestare attenzione e, in previsione di un nuovo aggravarsi della crisi, andranno rafforzate le risorse a disposizione delle autorità di contrasto.

4.4.

Il CESE dovrà incoraggiare l'elaborazione di un parere d'iniziativa su questo tema al fine di assistere la Commissione nella definizione e attuazione di queste misure.

5.   Altri settori da prendere in esame non inclusi nella nuova agenda dei consumatori, oppure trattati indirettamente

5.1.   Gestione della salute pubblica negli Stati membri

Si stanno compiendo i primi passi verso la creazione dell'Unione europea della salute. La crisi del coronavirus ha dimostrato che l'UE deve svolgere un ruolo molto più incisivo nel settore della salute pubblica, per proteggere la salute di tutti i cittadini europei con sistemi sanitari più resilienti e un quadro più solido in materia di sicurezza sanitaria.

5.2.   Servizi finanziari

Nel quadro della revisione della direttiva sul credito al consumo, sarà fondamentale porre l'accento sul meccanismo di moratoria dei pagamenti e sull'introduzione di un approccio integrato che salvaguardi gli interessi dei consumatori, indipendentemente dalla natura del credito. Sarà importante valutare a livello europeo il meccanismo di insolvenza dei privati, tenendo conto della necessità di evitare che perduri l'attuale mancanza di protezione dei consumatori.

5.3.   Turismo, tempo libero e diritti dei passeggeri del trasporto aereo

È importante introdurre nuovi diritti dei consumatori, oppure rafforzare o modificare quelli esistenti, e istituire fondi europei per salvaguardare gli interessi dei consumatori in questi settori. Sarà inoltre un'ottima occasione per rivedere le norme sulla protezione dei consumatori con l'introduzione di un adeguato sistema di protezione finanziaria, al fine di proteggere i passeggeri dal rischio di una crisi di liquidità o dall'eventuale insolvenza di una compagnia aerea, per quanto riguarda il rimborso dei biglietti e, se necessario, il loro rimpatrio.

5.4.   Alloggio

È necessario creare un programma europeo integrato in materia di alloggi che tenga conto di vari ambiti, come l'ambiente, l'energia, i servizi finanziari, i diritti contrattuali e la salute, al fine di istituire il diritto dei consumatori europei ad avere accesso a un alloggio dignitoso e disponibile per un lungo periodo. Bisogna incentivare la costruzione di case sostenibili (ad esempio, le cosiddette «case passive»). L'applicazione dei principi dell'economia circolare alla ristrutturazione degli edifici ridurrà le emissioni di gas a effetto serra associate ai materiali da costruzione. La ristrutturazione degli edifici può offrire molte possibilità e generare benefici sociali, ambientali ed economici di grande portata.

5.5.   Energia

Bisogna rafforzare i diritti dei consumatori nell'attuazione delle politiche in materia di energie rinnovabili, autoconsumo e tariffe di mercato, garantendo che nessun consumatore sia discriminato o privato del collegamento alla rete per effetto dell'introduzione di vere alternative in materia di forniture energetiche.

5.6.

È necessario definire meglio e aumentare le responsabilità a carico delle piattaforme digitali, per quanto concerne sia la sicurezza dei prodotti che le responsabilità nell'intermediazione di contratti conclusi online.

5.7.

È importante stabilire una struttura chiara in materia di responsabilità delle piattaforme online, compresa l'adozione di misure adeguate per combattere le pratiche commerciali fraudolente, sleali e ingannevoli, nonché la vendita di prodotti non conformi e di beni e servizi pericolosi attraverso le suddette piattaforme online. In quest'ottica, è importante rafforzare la cooperazione tra la Commissione e le autorità nazionali, al fine di combattere queste pratiche disoneste.

5.8.

La vendita direttamente ai consumatori di prodotti pericolosi, soprattutto a causa della loro composizione chimica, deve cessare o essere limitata. Il CESE accoglie con favore l'introduzione del «Safety Gate», che è un sistema di allerta rapido dell'UE per i prodotti non alimentari pericolosi.

5.9.

È importante rafforzare la protezione nel settore dei servizi via internet (over-the-top), che non solo non è ancora disciplinato dalla maggior parte delle legislazioni nazionali, ma neppure è preso in considerazione nel codice europeo delle comunicazioni elettroniche.

5.10.

Sviluppando la politica a protezione dei consumatori, l'UE rafforzerà la sua coesione economica, sociale e territoriale. Indipendentemente dall'elaborazione delle politiche a livello generale, l'UE dovrà mettere in atto una serie di interventi e programmi che siano più vicini ai cittadini; a tal fine dovrà rafforzare, con il coinvolgimento di tutte le autorità nazionali competenti, la rete dei Centri europei dei consumatori (CEC) e la rete di cooperazione per la tutela dei consumatori.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


ALLEGATO

La seguente proposta di emendamento di compromesso, pur essendo stata respinta dall'Assemblea, h tuttavia raccolto un quarto dei voti espressi (articolo 59, paragrafo 3, del RI):

Punto 1.13

Sopprimere il punto:

 

1.13

Il CESE richiama l'attenzione sulla necessità di dotare le imprese, in particolare le PMI, dei mezzi finanziari per rispettare gli obblighi indicati nell'agenda, soprattutto in un momento in cui la lotta contro la crisi provocata dalla pandemia di COVID-19 ha ridotto gli investimenti delle imprese nel settore digitale e in quello «verde».

Motivazione

 

Così come è formulato il punto, sembra che il sostegno del settore pubblico debba essere fornito per fare in modo che le imprese rispettino gli obblighi basilari in materia di protezione dei consumatori. Va da sé che l'attività impresa, se condotta in questo modo, spinge troppo in là la ricerca del profitto nell'attuale sistema economico ed è in contrasto con i principi basilari che permettono a tale sistema di funzionare. La protezione dei consumatori è un obbligo, non un lusso o un «optional» che viene fornito se pagato con denaro dei contribuenti.

Esito della votazione

Voti favorevoli:

64

Contrari:

139

Astensioni:

35


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/53


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia farmaceutica per l’Europa»

[COM(2020) 761 final]

(2021/C 286/10)

Relatore:

Martin SCHAFFENRATH

Consultazione

Commissione europea, 14.1.2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

31.3.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

232/1/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si compiace innanzitutto dell’intenzione della Commissione europea di assicurare, con la sua nuova strategia farmaceutica per l’Europa, non solo la promozione della competitività dell’industria farmaceutica, ma anche l’approvvigionamento di medicinali sicuri, di elevata qualità e a prezzi accessibili, e la sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari degli Stati membri. I nuovi approcci comuni adottati a livello europeo svolgono un ruolo chiave in particolare nei seguenti settori:

l’accesso ai medicinali e la loro disponibilità;

l’accessibilità economica e la sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari nazionali;

la promozione della ricerca e dell’innovazione al fine di rafforzare la competitività dell’industria farmaceutica europea;

il consolidamento di catene di approvvigionamento e di produzione resilienti e trasparenti;

l’efficace attuazione degli obiettivi del Green Deal (1) da parte di un’industria farmaceutica climaticamente neutra.

1.2.

L’attuale pandemia di COVID-19 dimostra quanto sia importante ricorrere a un approccio coordinato a livello europeo. Il CESE richiama pertanto l’attenzione sull’importanza di adottare strategie comuni per la ricerca e lo sviluppo in materia di farmaci nonché per la fissazione dei prezzi, in particolare quando si tratta di prodotti che comportano rischi elevati e che non garantiscono ai produttori la redditività dei loro investimenti.

1.3.

Il CESE sottolinea che tutte le misure politiche a livello dell’UE devono garantire il rispetto delle competenze degli Stati membri e del principio di sussidiarietà, conformemente all’articolo 168, paragrafo 7, del trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), al fine di tener conto delle differenze che esistono tra di essi nell’organizzazione dei loro sistemi sanitari, e di evitare che questi ultimi siano destabilizzati sul piano finanziario. Questo vale in particolare per le questioni relative alla fissazione dei prezzi e ai rimborsi, che rientrano nell’esclusivo ambito di competenza degli Stati membri. Tuttavia, è indispensabile garantire uno scambio costante, a livello dell’UE, delle informazioni, delle conoscenze e delle buone pratiche, onde evitare ogni forma di frammentazione e disuguaglianza.

1.4.

Nel contesto attuale, il CESE osserva che, negli ultimi anni, il settore farmaceutico europeo si è evoluto in una direzione che talvolta ha portato a un uso improprio dei diversi sistemi di incentivi messi in atto e a una mancanza di trasparenza sotto molti aspetti, nonché a privilegiare settori di attività che presentano margini di profitto elevati e, in taluni casi, a praticare prezzi eccessivi. Il CESE ritiene pertanto che sia urgente rivedere e adattare il quadro normativo vigente in materia di medicinali e subordinarlo a condizioni più rigorose in termini di accessibilità economica e disponibilità.

1.5.

Il CESE sottolinea in particolare il ruolo centrale di un mercato unico funzionante, equo ed efficiente, in grado, da un lato, di promuovere e ricompensare un’autentica innovazione medica che costituisca un reale valore aggiunto per l’assistenza sanitaria e, dall’altro, di rafforzare la competitività allo scopo di assicurare un accesso ai farmaci equo e a costi contenuti.

1.6.

Al fine di promuovere una ricerca e uno sviluppo (R&S) innovativi in grado di costituire una base per la competitività globale dell’industria farmaceutica europea, il CESE sostiene in particolare l’idea di unificare il quadro giuridico per la protezione della proprietà intellettuale e di garantirne un’applicazione coerente negli Stati membri.

1.7.

Per quanto riguarda la necessità di disporre di catene di approvvigionamento e di produzione più resilienti, che permettano di rafforzare l’autonomia strategica dell’Europa e di ovviare alla carenza di prodotti farmaceutici, il CESE si pronuncia a favore di un approccio equilibrato che promuova una maggiore diversificazione dei siti di produzione e una rilocalizzazione graduale, parziale e allo stesso tempo durevole della produzione verso l’Europa. È necessario avviare, a livello europeo, un dibattito e un’analisi collettivi sugli incentivi finanziari e fiscali che potrebbero essere adottati a livello degli Stati membri e sulla relativa efficacia.

1.8.

Il CESE accoglie inoltre con favore la prevista revisione del sistema europeo di incentivi per le attività di R&S in campo farmaceutico in Europa, in particolare del quadro giuridico per i medicinali per uso pediatrico nonché per i medicinali orfani. Soprattutto la generale mancanza di terapie adeguate per combattere i tumori pediatrici deve costituire una priorità per le future strategie in questo ambito.

1.9.

A giudizio del CESE, la revisione del quadro normativo per i farmaci e ogni iniziativa futura a livello dell’UE devono essere basate primariamente sul principio di trasparenza, al fine di produrre un reale valore aggiunto per il bene comune. Questo riguarda non solo i costi sostenuti dai produttori, ma anche l’assegnazione di finanziamenti pubblici per le attività di R&S, per l’utilizzo degli incentivi ecc.

1.10.

Il CESE accoglie con favore e sostiene le iniziative degli Stati membri che, con l’appoggio della Commissione europea, sono volte a realizzare procedure di appalto congiunto per medicinali innovativi di prezzo elevato, al fine di assicurare la sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari nazionali.

1.11.

Il CESE riconosce il ruolo positivo dei farmaci generici e biosimilari per assicurare l’accesso a medicinali a prezzi ragionevoli, nonché la loro importanza per garantire il finanziamento sostenibile dei sistemi sanitari e il loro contributo a un mercato farmaceutico europeo resiliente e strategicamente indipendente. Il CESE è favorevole a misure che contribuiscano a configurare in modo sostenibile il mercato dei farmaci generici e biosimilari, ad esempio, nel contesto degli appalti pubblici, attraverso l’applicazione dei criteri MEAT (ovvero dell’offerta economicamente più vantaggiosa) e le gare d’appalto che permettono di selezionare più vincitori, tenendo conto degli aspetti ambientali e di protezione sociale.

1.12.

Il CESE raccomanda prudenza nell’accelerare le procedure di autorizzazione che si fondano su evidenze insufficienti e su un maggiore ricorso a dati reali, a meno che non si tratti di una crisi sanitaria transfrontaliera. È essenziale evitare che il rischio sia trasferito dalla fase che precede l’autorizzazione a quella che la segue, recando in tal modo pregiudizio ai pazienti. Pertanto i dati e i risultati degli studi devono essere pubblicati in modo coerente al fine di garantire un monitoraggio efficace nella fase successiva all’autorizzazione all’immissione in commercio.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Secondo la relazione Health at a Glance: Europe (Uno sguardo alla sanità: Europa) (2) pubblicata il 18 novembre 2020, tra il 2013 e il 2019 le spese sanitarie in tutti i 27 Stati membri dell’Unione europea sono aumentate a un ritmo annuo medio del 3,0 %, per attestarsi all’8,3 % del PIL nel 2019. Sebbene questa percentuale si sia evoluta in linea con la crescita economica degli Stati membri, è assai probabile che, nel contesto attuale della pandemia di COVID-19, essa registri un drastico aumento.

2.2.

Come già sottolineato nelle conclusioni del Consiglio del 2016 (3) e nella relazione d’iniziativa del Parlamento europeo sulle opzioni dell’UE per un miglior accesso ai medicinali (4), l’aumento dei prezzi dei farmaci esercita pressioni sempre più forti sui sistemi sanitari nazionali. Nell’Unione europea è pertanto necessario ripristinare l’equilibrio, nel quadro del complesso sistema farmaceutico, tra l’autorizzazione dei medicinali e le misure volte a promuovere l’innovazione, al fine di garantire un equo accesso ai medicinali ai cittadini di tutti gli Stati membri.

2.3.

La stabilità dei bilanci farmaceutici e, di conseguenza, anche l’accesso dei pazienti ai medicinali sono messi in pericolo, in particolare, dall’aumento dei prezzi delle terapie di recente autorizzazione (5). In questo contesto, il CESE esprime particolare preoccupazione per i potenti raggruppamenti che si formano (ad esempio nel caso del settore oncologico) in alcuni ambiti che sono già stati ampiamente oggetto di ricerca e che coincidono in larga misura con i portafogli esistenti dei produttori. In futuro sarà quindi necessario trovare soluzioni efficaci per smantellare tali raggruppamenti, dato che le terapie devono essere disponibili a prezzi abbordabili e, di conseguenza, accessibili a tutti i pazienti su un piano di parità. A tal fine occorre orientare le attività di R&S verso settori che presentano delle reali esigenze mediche non soddisfatte, come le malattie rare o i tumori pediatrici.

2.4.

Nella tabella di marcia prevista dal piano d’azione europeo sulla proprietà intellettuale (6) si sottolinea di già che l’Unione dispone di un quadro giuridico solido a tutela della proprietà intellettuale. Pertanto, qualsiasi intervento inteso a modificare tale sistema dovrebbe essere accompagnato da una solida valutazione d’impatto, al fine di procedere unicamente alle modifiche necessarie.

2.4.1.

Mediante il ricorso ai brevetti, ai certificati protettivi complementari (CPC) e all’esclusività dei dati è necessario creare incentivi che promuovano la ricerca in ambiti nuovi. È essenziale che i futuri sviluppi della strategia farmaceutica siano orientati al valore aggiunto che essa offre alla società. Occorre prestare particolare attenzione all’accesso e alla disponibilità di medicinali efficaci, sicuri e a prezzi abbordabili per il benessere di tutti i pazienti, in linea con il diritto a un’assistenza sanitaria adeguata sancito dal pilastro europeo dei diritti sociali (7). Questo non si applica solo alla fornitura di nuovi medicinali innovativi e protetti da brevetto, ma riguarda anche l’accesso ai medicinali generici e biosimilari. Un mercato unico efficace ed equo svolge pertanto un ruolo fondamentale.

2.4.2.

Il CESE è inoltre favorevole all’armonizzazione del quadro normativo in materia di certificati protettivi complementari, affinché la procedura di rilascio sia più coerente e sia applicata in maniera più omogenea negli Stati membri. Alla luce dell’impatto sociale dei certificati protettivi complementari, è importante garantire che l’autorità centrale che dovrà essere istituita in questo contesto sia tenuta a rendere conto alle istituzioni dell’UE.

2.4.3.

Il CESE esprime viva preoccupazione per un’eventuale proroga della durata dei diritti esclusivi e per un ulteriore rafforzamento dei diritti di proprietà intellettuale nel quadro del mercato farmaceutico. Se si vuole che i pazienti possano continuare ad accedere a terapie a prezzi abbordabili, è assolutamente necessario assicurare che lo sviluppo e l’immissione in commercio di medicinali generici e biosimilari non ostacolino la concorrenza basata sui prezzi. È quindi importante evitare che un prodotto benefici della protezione multipla, che sia in diversi Stati membri o attraverso molteplici brevetti (patent slicing), soprattutto poiché non vi sono prove a conferma del fatto che una protezione rigorosa della proprietà intellettuale promuova l’innovazione e la produttività (8).

2.4.4.

Ogni eventuale modifica del quadro giuridico in materia di proprietà intellettuale va sottoposta ad un’analisi approfondita, in particolare nel contesto del dibattito politico in corso sulla rilocalizzazione dell’industria verso l’Europa allo scopo di garantire gli approvvigionamenti. Secondo la valutazione d’impatto della direttiva 2011/62/UE (9), relativa alle «misure antifalsificazione», la maggior parte dei principi attivi destinati ai medicinali generici proverrebbe dall’India e dalla Cina, mentre nel caso dei nuovi medicinali coperti da brevetto, esse sono per lo più prodotte in Europa. Di conseguenza, se si vuole procedere a una rilocalizzazione, in particolare della produzione di medicinali generici, sarebbe necessario mettere in campo altri incentivi e dispositivi, diversi da un ulteriore rafforzamento dei diritti di proprietà intellettuale. Tra le misure alternative potrebbero figurare, ad esempio, gli accordi di licenza, gli accordi preliminari di acquisto o anche i cosiddetti pool di brevetti per i farmaci (10). Parallelamente alla rilocalizzazione, si dovrebbe altresì trovare un modo per diversificare maggiormente la produzione sia all’interno che all’esterno dell’Europa, al fine di rafforzare le catene di approvvigionamento e di metterle in sicurezza.

2.5.

Per quanto riguarda i medicinali orfani, il CESE si compiace del fatto che il numero di quelli autorizzati abbia registrato un aumento costante, grazie agli incentivi previsti dal regolamento (CE) n. 141/2000 (11), il che ha permesso di migliorare notevolmente la parità di accesso per i pazienti e costituisce un aspetto positivo. Tuttavia, l’accesso dei pazienti ai farmaci risulta sempre più difficile a causa dei prezzi elevati imposti dai produttori (12). Il CESE sottolinea pertanto che lo status di medicinale orfano non deve essere utilizzato per richiedere prezzi e realizzare profitti sproporzionati, e sostiene pertanto la revisione del relativo quadro giuridico avviata dalla valutazione d’impatto (13) pubblicata nel novembre 2020. A tale proposito sarebbe opportuno prendere in considerazione la possibilità di procedere a una rivalutazione automatica e periodica dei criteri nonché a un adeguamento della durata del periodo di esclusiva sul mercato, a determinate condizioni ancora da definire. Il CESE è inoltre favorevole a un eventuale riesame dei criteri, in particolare della prevalenza (tenendo conto di tutte le indicazioni autorizzate), per l’assegnazione della qualifica di medicinali orfani.

2.6.

Il CESE sostiene in particolare la richiesta, formulata dalla Commissione europea e da numerosi membri del Parlamento europeo, di una maggiore trasparenza nel settore farmaceutico nel suo complesso, in particolare per quanto riguarda i costi delle attività di R&S. Data l’assenza, nella maggior parte dei casi, di norme di base sulla trasparenza dei costi nello sviluppo di medicinali, le autorità competenti in materia di fissazione dei prezzi e di rimborso non possono né procedere alle verifiche del caso qualora, nella procedura di fissazione dei prezzi dei nuovi medicinali, si affermi di aver sostenuto spese elevate per la ricerca, né stabilire la ragionevolezza dei prezzi praticati.

2.6.1.

In questo contesto, la direttiva 89/105/CEE (14) riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia potrebbe, a giudizio del CESE, costituire uno strumento importante. L’articolo 6 di tale direttiva prevede che gli Stati membri che applicano il sistema dell’elenco positivo delle specialità medicinali coperte dal loro regime nazionale di assicurazione malattia hanno l’obbligo di pubblicare tale elenco completo, con l’indicazione dei prezzi stabiliti dalle loro autorità competenti, e di comunicarlo alla Commissione. Tuttavia, i prezzi effettivamente corrisposti sono protetti da accordi di acquisto riservati, per cui diventa notevolmente più difficile per le autorità nazionali procedere a scambi di informazioni. La banca dati Euripid (15) potrebbe fungere da punto di partenza in tal senso, a condizione che tutti gli Stati membri siano tenuti a comunicare le informazioni relative ai prezzi che praticano.

2.6.2.

Il CESE ritiene inoltre essenziale aumentare in modo significativo la trasparenza delle catene globali di approvvigionamento e produzione di farmaci, allo scopo di ovviare a eventuali interruzioni nelle forniture e rafforzare la resilienza dei sistemi sanitari. A tal fine, oltre alla creazione di un sistema coordinato di notifica, come già previsto nel quadro dell’Unione europea della salute, con la partecipazione obbligatoria di tutte le parti interessate, è anche fondamentale costituire scorte strategiche di medicinali ritenuti essenziali dall’Organizzazione mondiale della sanità.

2.6.3.

Nel contesto dell’attuale pandemia di COVID-19, il CESE si unisce a un gran numero di membri del Parlamento europeo e di parti interessate del settore per chiedere maggiore trasparenza negli accordi di acquisto dei vaccini contro il coronavirus conclusi con le case farmaceutiche, dato che si tratta di un fattore essenziale per conquistare la fiducia e l’adesione dei cittadini dell’UE all’immunizzazione contro il virus. Questo non dovrebbe applicarsi solo ai contratti di acquisto dei vaccini in corso, ma dovrebbe anche fornire un nuovo quadro che garantisca la trasparenza delle gare d’appalto congiunte in futuro.

2.7.

È necessario rafforzare e incoraggiare esplicitamente a livello europeo gli appalti congiunti di medicinali costosi e di recente autorizzazione. In questo modo, oltre a conseguire una maggiore sicurezza dell’approvvigionamento in Europa, sarà possibile anche consolidare la posizione negoziale nei confronti dei produttori farmaceutici e ottenere una netta riduzione dei costi attraverso un maggiore volume d’acquisto.

2.8.

Per quanto riguarda la promozione dell’attività di R&S in ambito farmaceutico, il CESE sostiene le critiche formulate da numerosi soggetti e parti interessate circa la scarsa trasparenza, l’insufficiente coinvolgimento degli operatori pubblici e la mancanza di accesso da parte del pubblico ai risultati della ricerca.

2.8.1.

Il CESE chiede pertanto che, in futuro, tutti i finanziamenti destinati alla ricerca a mezzo di fondi pubblici nonché i costi delle attività di R&S siano resi pubblici, in modo che sia possibile tenere conto di questa componente nella fissazione dei prezzi a livello nazionale e garantire un reale rendimento pubblico degli investimenti pubblici. A tale proposito, sarebbe utile riflettere sull’opportunità di sottoporre il finanziamento della ricerca a una valutazione periodica e di presentare una relazione in merito al Parlamento europeo. In un settore sensibile quale l’assistenza sanitaria, il fatto che il finanziamento della ricerca sia incentrato esclusivamente sugli interessi dell’industria è particolarmente pregiudizievole. È pertanto necessario che, in futuro, la Commissione coinvolga tutte le parti interessate nei suoi programmi di ricerca, al fine di garantire che tengano effettivamente conto delle reali esigenze mediche e sociali.

2.8.2.

In tale contesto è essenziale stabilire una definizione comune a livello dell’UE del concetto di «esigenze mediche non soddisfatte», al fine di indirizzare efficacemente le attività di R&S in ambito farmaceutico verso i settori in cui non sono disponibili terapie adeguate o efficaci. Tali criteri dovrebbero essere incentrati sulle esigenze dei pazienti e tenere conto delle necessità della salute pubblica.

2.9.

Nel contempo, nel quadro dell’attività di R&S in ambito medico e degli studi clinici, il CESE chiede che siano adottate misure a livello dell’UE che, sulla base di indicatori pertinenti, permettano di tenere maggiormente conto delle differenze di genere e dei diversi effetti dei medicinali nella pratica medica quotidiana. A tale riguardo chiede inoltre una maggiore trasparenza e quindi una maggiore consapevolezza da parte di tutti i soggetti interessati.

2.10.

Secondo il CESE, è particolarmente positivo il fatto che la strategia farmaceutica sottolinei in maniera esplicita la crescente minaccia della resistenza antimicrobica. Oltre ad adottare misure efficaci per ridurre l’uso degli antibiotici, occorre adoperarsi in modo particolare per stabilire modelli di incentivazione alternativi lungo l’intero ciclo della ricerca e dello sviluppo, nonché per definire nuovi sistemi di fissazione dei prezzi. In questo ambito è anche possibile ricorrere, tra l’altro, alle buone pratiche in materia di incentivi, quali gli scambi con l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) in una fase precoce della procedura oppure l’esenzione dai diritti per l’autorizzazione all’immissione in commercio. In futuro sarà importante dissociare i profitti del produttore dai volumi delle vendite. Tuttavia, parallelamente alla promozione di nuovi antibiotici, si potrebbero adottare anche altre misure, come gli accordi preliminari di acquisto, per consentire una maggiore capacità di pianificazione da parte dei produttori.

2.11.

Per quanto riguarda le questioni relative alle autorizzazioni e all’immissione in commercio, in linea di principio il CESE accoglie con favore la rapida disponibilità di medicinali innovativi, in particolare nei settori in cui si registra un livello elevato di esigenze mediche non soddisfatte. Tuttavia, il fatto di garantire autorizzazioni più rapide non implica automaticamente un migliore approvvigionamento di farmaci. Pertanto l’obiettivo ultimo della politica farmaceutica europea deve essere quello di garantire a tutti i pazienti l’accesso paritario a medicinali sicuri, convenienti e di qualità elevata.

2.11.1.

In un contesto contraddistinto dalla rapida evoluzione delle possibilità tecnologiche e dalla conseguente richiesta di flessibilità nella progettazione degli studi, il CESE concorda con la Commissione europea sul fatto che gli studi controllati randomizzati e dotati (idealmente) di comparatori e parametri pertinenti devono continuare a essere considerati uno standard di riferimento per l’autorizzazione all’immissione in commercio. Eccezioni a tale procedura potranno essere previste solo in casi specifici e debitamente motivati. Se si vuole che la produzione di evidenze relative a un farmaco sia ritardata in modo da avere luogo dopo l’autorizzazione dell’immissione in commercio, è importante garantire che le aziende farmaceutiche non trasferiscano i relativi costi al settore pubblico e che un’autorizzazione prematura non pregiudichi la sicurezza dei pazienti. Nella formazione dei prezzi si dovrà tener conto dell’insufficiente disponibilità di dati e quindi della necessità che ne siano prodotti altri.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_it

(2)  https://ec.europa.eu/health/state/glance_it

(3)  GU C 269 del 23.7.2016, pag. 31.

(4)  https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-8-2017-0040_IT.pdf

(5)  https://www.oecd.org/health/health-systems/Addressing-Challenges-in-Access-to-Oncology-Medicines-Analytical-Report.pdf

(6)  https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12510-Intellectual-Property-Action-Plan

(7)  https://ec.europa.eu/info/publications/european-pillar-social-rights-booklet_en

(8)  https://pubs.aeaweb.org/doi/pdf/10.1257/jep.27.1.3

(9)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32011L0062&from=IT (GU L 174 dell'1.7.2011, pag. 74).

(10)  https://www.who.int/bulletin/volumes/97/8/18-229179/en/

(11)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:02000R0141-20190726&qid=1598193643269&from=IT (GU L 18 del 22.1.2000, pag. 1).

(12)  https://ec.europa.eu/health/sites/health/files/files/paediatrics/docs/orphan-regulation_study_final-report_en.pdf

(13)  https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12767-Revision-of-the-EU-legislation-on-medicines-for-children-and-rare-diseases

(14)  GU L 40 del 12.2.1989, pag. 8.

(15)  Euripid è una banca dati su base volontaria delle autorità nazionali responsabili delle questioni relative alla definizione dei prezzi dei medicinali e al loro rimborso. In essa sono raccolti — in base alla direttiva sulla trasparenza 89/105/CEE — i prezzi di riferimento ufficiali dei medicinali prescritti per la maggior parte in ambito ambulatoriale; https://euripid.eu/about/.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/59


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Sfruttare al meglio il potenziale innovativo dell'UE — Piano d'azione sulla proprietà intellettuale per sostenere la ripresa e la resilienza dell'UE»

[COM(2020) 760 final]

(2021/C 286/11)

Relatore:

Rudolf KOLBE

Consultazione

Commissione europea, 14.1.2021

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione, consumo

Adozione in sezione

31.3.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

241/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene pienamente il piano d'azione della Commissione europea sulla proprietà intellettuale (PI) considerandolo un approccio globale molto efficace al fine di modernizzare il sistema di PI dell'Unione europea (UE).

1.2.

Il CESE è fermamente convinto che il lancio di un sistema brevettuale unitario debba costituire una priorità centrale e che questo rafforzerà notevolmente la competitività delle imprese dell'UE. Tenendo conto delle palesi difficoltà relative all'attuazione del sistema, il CESE è persuaso del fatto che il trasferimento del sistema brevettuale unitario nel sistema legislativo europeo debba diventare l'obiettivo (nel lungo termine).

1.3.

Il CESE sottolinea l'importanza delle misure di sostegno a favore delle PMI in tutti i settori che rientrano nella tutela dei diritti di proprietà intellettuale (DPI). Oltre alle misure di sostegno finanziario, occorre rivolgere un'attenzione particolare al potenziamento del know-how in materia di DPI e all'assistenza e ai servizi di consulenza personalizzati.

1.4.

Il CESE desidera avviare una discussione su come potenziare le conoscenze relative ai DPI e alla gestione di questi ultimi a tutti i livelli dei sistemi di istruzione dell'UE.

1.5.

Il CESE invita la Commissione europea ad attuare un titolo unitario per i certificati protettivi complementari (CPC) e a vagliare la possibilità di applicare il sistema dei CPC a nuovi settori.

1.6.

Il CESE ritiene che l'armonizzazione del quadro in materia di diritti d'autore e della gestione dei dati sul diritto d'autore promuoverebbe il ricorso ai DPI nel settore creativo.

1.7.

Il CESE sollecita un processo di dialogo sociale che, accanto alle norme giuridiche, chiarisca e definisca DPI equi attraverso una contrattazione collettiva al fine di offrire agli autori e ai produttori incentivi sotto forma di riconoscimento delle loro creazioni nonché un'adeguata compensazione economica.

1.8.

Il CESE ritiene che le indicazioni geografiche (IG) costituiscano uno strumento importante per rafforzare la competitività dei produttori locali ed evidenzia il potenziale offerto dall'introduzione di un sistema armonizzato per la protezione delle IG di prodotti non agricoli.

1.9.

Il CESE riconosce il potenziale economico e l'interesse pubblico di promuovere il flusso di dati nell'UE, ma pone in rilievo i problemi risultanti da una normativa poco equilibrata.

1.10.

Il CESE plaude a tutte le misure volte a rafforzare la lotta contro le violazioni dei DPI, e accoglie con favore il potenziamento del ruolo dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode nella lotta alla contraffazione.

1.11.

Il CESE raccomanda un ulteriore rafforzamento degli strumenti di sostegno diretto a favore delle imprese dell'UE che operano in paesi terzi e la rigorosa applicazione delle leggi in materia di PI e delle disposizioni degli accordi commerciali dell'UE a protezione di tali aziende contro possibili violazioni dei DPI.

1.12.

L'attuale crisi sanitaria ha reso evidente la necessità di un accesso alla PI di rilevanza sistemica in tempi di crisi. I DPI non devono ostacolare l'accessibilità e la disponibilità di vaccini o trattamenti contro la pandemia: l'esistenza di sistemi efficaci per il rilascio di licenze obbligatorie rappresenta una rete di sicurezza per la società in situazioni di emergenza e un equo compenso per le imprese.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE valuta positivamente il piano d'azione della Commissione europea sulla proprietà intellettuale (PI) considerandolo un approccio importante in termini di modernizzazione del sistema di PI dell'UE e di rafforzamento dell'enorme potenziale di innovazione delle società dell'Unione, in particolare le PMI e le microimprese. Tenuto conto del fatto che la grande importanza economica dei prodotti di proprietà intellettuale quali invenzioni, creazioni artistiche e culturali, marchi, software, know-how, processi aziendali e dati all'interno dell'UE continua ad aumentare, il CESE reputa fondamentale un quadro politico e giuridico ottimizzato e di facile accesso.

2.2.

Molte società, in particolare le PMI, le quali rappresentano il 99 % di tutte le imprese nell'UE, non sfruttano (appieno) le opportunità offerte dalla protezione della PI. Promuovere il ricorso alla protezione della PI nelle imprese dell'UE, rivolgendo un'attenzione speciale alle PMI e alle microimprese, deve costituire l'aspetto centrale del piano d'azione sulla PI. Le misure richieste sono molteplici e comprendono la necessità di ridurre i costi, semplificare le procedure, accrescere la consapevolezza e le conoscenze, fornire assistenza e consulenza personalizzate, e modernizzare il sistema di istruzione in relazione al know-how sui DPI.

2.3.

In un contesto in cui le industrie legate alla PI rappresentano attualmente quasi il 45 % del PIL europeo e il 30 % dei posti di lavoro, la PI oltre a costituire un fattore economico fondamentale è anche un elemento chiave per affrontare le principali sfide che si pongono alla nostra società. La crisi della COVID-19 ha chiaramente messo in luce la dipendenza dell'UE dall'eccellenza professionale nonché l'importanza di norme e strumenti efficaci in materia di PI per garantire una rapida diffusione della PI essenziale. Il successo nella lotta ai cambiamenti climatici dipenderà altresì, in ampia misura, dal rapido sviluppo e dalla rapida diffusione di tecnologie all'avanguardia e da strumenti efficaci per elaborare approcci equi per quanto riguarda la condivisione di attività immateriali essenziali e lo scambio dei dati.

2.4.

La rivoluzione tecnologica rappresenta un volano per i DPI, ma è anche una sfida che richiede un approccio ben equilibrato agli strumenti orientati all'innovazione. La digitalizzazione e le tecnologie correlate all'intelligenza artificiale (IA) sollevano molte questioni in materia di PI che meritano di essere prese in considerazione, quali la trasparenza, l'origine dei dati e il diritto d'autore, il grado di intervento umano, i principi etici ecc. Il CESE sostiene il parere della Commissione europea secondo cui i sistemi di IA non dovrebbero essere trattati come autori né come inventori. In generale, il CESE ritiene che, con modifiche e aggiornamenti ben equilibrati, il quadro europeo in materia di PI sia adeguato per affrontare le sfide poste dalla digitalizzazione e dall'IA. L'UE presenta tuttora un considerevole ritardo rispetto alle altre regioni in termini di numero di brevetti concessi per prodotti e tecnologie digitali, pertanto occorre rivolgere un'attenzione particolare a misure specifiche volte a migliorare questo importante mercato.

3.   Osservazioni specifiche

3.1.   Protezione della proprietà intellettuale

3.1.1.

Il sistema brevettuale unitario, in quanto sportello unico per le imprese, è determinante per ridurre notevolmente i costi dei brevetti, semplificare la concessione di licenze, aumentare la trasparenza e superare le barriere all'accessibilità per le PMI. Il lancio del sistema brevettuale unico e l'entrata in funzione di un tribunale unificato dei brevetti miglioreranno in modo significativo la protezione della PI e devono costituire una priorità del piano d'azione. L'agevolazione delle procedure renderà altresì possibile un'accelerazione dell'intero processo, aumentando così la competitività dei titolari di brevetti europei. L'accordo relativo al tribunale unificato dei brevetti fornisce una base importante per istituire un sistema di risoluzione delle controversie in materia di brevetti efficiente, specializzato e tecnicamente competente, in grado di migliorare la certezza del diritto, la semplicità e l'efficienza. Tuttavia, come emerge dalle difficoltà relative all'attuazione, l'obiettivo dovrebbe essere trasferire tale sistema nel sistema legislativo dell'UE. Nel frattempo, occorre affrontare urgentemente la questione concernente gli ulteriori ritardi causati dai procedimenti in corso negli Stati membri e/o dal recesso del Regno Unito dall'accordo. Anche il fatto che la percentuale dei brevetti mondiali dell'UE sia scesa drasticamente dal 17,4 % nel 2009 all'11,3 % nel 2019 mostra palesemente la necessità di intraprendere un'ulteriore azione al riguardo.

3.1.2.

I certificati protettivi complementari (CPC) possono estendere la protezione concessa da un brevetto a medicinali o prodotti fitosanitari per i quali si applica la rispettiva autorizzazione all'immissione in commercio. Essi costituiscono pertanto uno strumento importante per compensare la perdita di una protezione brevettuale efficace dovuta alla durata richiesta di test, sperimentazioni cliniche/prove di campo e processi regolatori. Il CESE ritiene che i CPC siano essenziali per promuovere efficacemente l'innovazione di nuove sostanze attive e attrarre centri di ricerca e sviluppo (R&S) nell'UE; d'altro canto, è dell'opinione che esenzioni equilibrate dai diritti relativi ai CPC debbano garantire l'accessibilità economica e forniture di farmaci sufficienti. Sebbene il meccanismo dei CPC costituisca un sistema diretto e volto a incentivare l'innovazione, risulta essere tuttora frammentato e richiede la compilazione di una domanda di CPC in ciascuno Stato membro dell'UE in cui si vuole ottenere la protezione. La creazione, attraverso un apposito regolamento dell'UE, di un titolo unitario per i CPC e l'istituzione di un'autorità unica come sportello unico per la concessione di brevetti unitari e CPC in un sistema brevettuale unitario renderebbe i CPC più allettanti per i titolari di brevetti, offrirebbe una migliore protezione agli innovatori e garantirebbe la certezza giuridica ai terzi. Il CESE sostiene altresì l'approccio volto a esaminare l'applicabilità di un sistema di CPC ottimizzato a nuovi settori i cui prodotti potrebbero richiedere l'autorizzazione all'immissione in commercio.

3.1.3.

Sulla base dell'esperienza relativa alla revisione della legislazione dell'UE in materia di marchi, il CESE è persuaso del fatto che l'aggiornamento della normativa dell'UE in materia di protezione dei disegni e modelli sarà realizzato con successo. L'esperienza positiva risultante dalla regolamentazione di tali questioni attraverso la legislazione dell'UE dovrebbe motivare la Commissione a formulare una proposta per un nuovo regolamento apposito in materia di brevetti unitari e CPC e, nel lungo termine, a integrare il sistema brevettuale unico nel sistema giuridico dell'UE.

3.1.4.

Il CESE osserva che le indicazioni geografiche (IG) rappresentano una risorsa unica e preziosa per i produttori dell'Unione europea in un mercato mondiale sempre più liberalizzato e competitivo. Il sistema dell'UE per la protezione delle IG presenta un considerevole valore economico nel settore agricolo. Nel complesso, il sistema funziona molto bene, ma la protezione delle IG deve essere applicata, ad esempio, attraverso un sistema di controllo armonizzato da parte delle autorità e mediante una definizione comune di frode alimentare. Gli accordi commerciali dovrebbero essere altresì incentrati su tali misure di protezione specifiche. Il CESE pone in risalto il potenziale offerto dall'aggiunta di un sistema armonizzato per la protezione delle IG di prodotti non agricoli, che costituiscono una parte importante dell'identità locale. Ciò aiuterebbe i produttori locali a presentare i loro prodotti di qualità con maggiore successo e avrebbe un ulteriore impatto positivo sulle regioni meno sviluppate. Inoltre, la semplificazione della procedura di registrazione gioverebbe ai produttori.

3.1.5.

Il sistema della privativa comunitaria per ritrovati vegetali costituisce un altro esempio positivo di approccio armonizzato alla protezione della PI basato su un regolamento dell'UE. Tale sistema può offrire altresì una base sicura per i costitutori di piccole e medie dimensioni e contempla esoneri importanti per l'agricoltura e i costitutori. In termini di obiettivi definiti, questo sistema costituisce una solida base con cui i costitutori possono contribuire efficacemente al conseguimento degli obiettivi della transizione verde.

3.1.6.

Il CESE sottolinea che la protezione del diritto d'autore, dei disegni e modelli e dei diritti correlati è fondamentale per le professioni creative e culturali, che producono una considerevole ricchezza economica e contribuiscono in modo significativo all'identità, alla cultura e ai valori europei quali opere architettoniche e altre opere culturali, ma spesso non dispongono di un know-how sufficiente o di mezzi finanziari per proteggere la PI e trasformare le innovazioni in prodotti. L'armonizzazione del quadro in materia di diritti d'autore e della gestione dei dati sui diritti d'autore è importante e deve essere affiancata da ulteriori misure di sostegno.

3.1.7.

I lavoratori che svolgono un'attività creativa e, in particolare, realizzano invenzioni, sono possibili titolari di diritti. È di cruciale importanza istituire un processo incentrato sul dialogo sociale a livello europeo, nazionale, settoriale o aziendale, che, accanto alle norme giuridiche, chiarisca e definisca DPI equi attraverso una contrattazione collettiva, al fine di offrire agli autori e ai produttori incentivi sotto forma di riconoscimento delle loro creazioni, nonché un compenso economico adeguato. Gli accordi sulla cessione dei diritti d'autore non dovrebbero essere considerati come un obbligo di trasferire in toto la PI al datore di lavoro senza una compensazione adeguata.

3.1.8.

La direttiva sulle biotecnologie offre un importante quadro per la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche. Essa si occupa di questioni sensibili dal punto di vista politico ed etico, pertanto è il risultato di un'accurata ponderazione di interessi molto controversi. Tuttavia, la rapida evoluzione della biotecnologia è altresì necessaria nei settori della salute e della lotta contro gravi epidemie, nonché per contrastare la fame nel mondo. È pertanto importante promuovere in ampia misura la ricerca e l'innovazione in questi ambiti, oltre a sostenere una divulgazione e una concessione di licenze efficaci.

3.1.9.

I segreti commerciali costituiscono beni immateriali che vanno ad integrare i diritti di proprietà intellettuale (DPI). Sono ampiamente utilizzati nel processo creativo che porta all'innovazione e alla creazione di diritti di proprietà intellettuale; per tale motivo è estremamente importante garantirne una protezione efficace. Il CESE ritiene pertanto che chiarire la base definita nella direttiva (UE) 2016/943 (1) rappresenti un obiettivo importante.

3.2.   Uso e diffusione della PI — una particolare attenzione rivolta alle PMI

3.2.1.

Il CESE è dell'opinione che sfruttare maggiormente il potenziale offerto dalla protezione della proprietà intellettuale da parte delle PMI costituisca uno degli obiettivi principali del piano d'azione, il quale riguarda tutti i vari sistemi di protezione della proprietà intellettuale. Se, da un lato, vi è un notevole potenziale di innovazione per le PMI e le microimprese dell'UE, dall'altro, la maggior parte di esse non riesce ad aggiungere valore ai propri beni immateriali.

3.2.2.

Il fattore di costo rappresenta un motivo per il quale solo il 9 % delle PMI dell'UE ha registrato diritti di PI. Attualmente i costi da sostenere per ottenere un brevetto nell'UE sono considerevolmente più elevati rispetto agli Stati Uniti o al Giappone, ad esempio, e rappresentano un enorme onere finanziario per le PMI e le microimprese. Pertanto occorre ridurre i costi al fine di migliorare l'accesso delle PMI alla protezione della PI. La rapida attuazione del sistema brevettuale unico, che ridurrà in misura significativa i costi della registrazione di un brevetto, costituirà un punto di svolta per le PMI e le microimprese innovative come le società di ingegneria di liberi professionisti. Il CESE sottolinea altresì l'importanza di tutti i diversi approcci per quanto riguarda il sostegno finanziario e l'assistenza in termini di know-how a favore delle PMI, il sistema di voucher EUIPO per la PI, l'approccio volto ad aiutare le PMI a beneficiare della PI al fine di accedere al finanziamento e al programma IPA4SME, che fornisce fino a 15 000 EUR per cofinanziare misure di diagnostica e di protezione della PI ecc. Il CESE nota altresì l'importante ruolo svolto dagli avvocati specializzati in materia di brevetti in questo sistema di sostegno.

3.2.3.

Il CESE ritiene che un grave problema sia costituito dall'enorme carenza di conoscenze relative alle strategie di gestione dei DPI nelle imprese dell'UE, soprattutto, ma non solo, nelle PMI e nelle microimprese. La fornitura di informazioni generali e personalizzate, facilmente accessibili, e di assistenza e consulenza alle PMI e alle microimprese, come previsto da numerosi programmi e iniziative, quali l'helpdesk europeo per la PI, e attraverso diversi canali e reti, è pertanto di grande importanza per affrontare questa sfida e dovrebbe essere ulteriormente ampliata. Occorre accrescere la consapevolezza del potenziale offerto agli imprenditori dai DPI, a cui vanno affiancati diversi programmi di formazione facilmente accessibili. Il CESE propone di vagliare le varie possibilità di aumentare il numero di gestori qualificati dei DPI nelle imprese dell'UE.

3.2.4.

Il CESE desidera altresì avviare una discussione su come stimolare la conoscenza dei DPI e la gestione di questi ultimi nel sistema di istruzione dell'UE: la conoscenza di base e la sensibilizzazione alla gestione dei DPI dovrebbero essere integrate nell'istruzione secondaria e superiore, e una conoscenza approfondita degli studi concernenti i DPI dovrebbe essere inserita nei programmi degli studi tecnici e aziendali nonché in molti altri percorsi d'istruzione. La gestione dei DPI dovrebbe essere anche offerta come materia curriculare individuale nel corsi di istruzione superiore. Il CESE è convinto del fatto che la promozione del know-how disponibile possa accrescere il ricorso alla protezione della PI.

3.2.5.

L'importanza di convertire i risultati della ricerca in innovazione è palese, pertanto il CESE accoglie con favore qualsiasi attività che promuova il trasferimento delle conoscenze e una migliore gestione della PI nella comunità di R&I. Le PMI e le microimprese sono spesso piccoli partner in un consorzio di progetto e, in questa funzione, necessitano di un sostegno più efficace per trasformare i DPI in prodotti e proteggere i loro diritti all'interno di tali consorzi. Questo aspetto dovrebbe costituire un priorità specifica dei programmi di sostegno che forniscono assistenza e consulenza personalizzate.

3.3.   Accesso ai beni cui si applica la tutela della PI e loro condivisione

3.3.1.

L'attuale crisi sanitaria ha reso evidente la necessità di un accesso alla PI di rilevanza sistemica in tempi di crisi. I DPI non devono ostacolare l'accessibilità e la disponibilità di vaccini o trattamenti contro la pandemia. L'impatto della ricerca condotta grazie ai fondi pubblici europei dovrebbe essere massimizzato, garantendo la condivisione delle conoscenze ottenute e della PI. D'altro canto, l'esistenza di sistemi efficaci per il rilascio di licenze obbligatorie rappresenta una rete di sicurezza per la società in situazioni di emergenza. Le rispettive procedure devono basarsi su un'accurata ponderazione dei diversi interessi in gioco, assicurando al contempo che esse siano rapide e coordinate a livello europeo al fine di soddisfare le esigenze della sanità pubblica nel modo più efficace possibile. In tale contesto, il CESE desidera anche sottolineare l'importanza del regolamento (CE) n. 816/2006 concernente la concessione di licenze obbligatorie per brevetti relativi alla fabbricazione di prodotti farmaceutici destinati all'esportazione verso paesi con problemi di salute pubblica (2).

3.3.2.

Il rafforzamento della trasparenza in merito alla titolarità e alla gestione della PI costituisce un presupposto per agevolare il rilascio di licenze e la condivisione della proprietà intellettuale. In tale contesto, il CESE desidera inoltre porre in rilievo la necessità di un'attuazione rapida del sistema brevettuale unico e l'importanza di migliorare l'infrastruttura relativa ai diritti d'autore in termini di informazioni sui titolari dei diritti nonché di condizioni e opzioni riguardanti la concessione di licenze, anche in relazione alla tecnologia blockchain.

3.3.3.

Dato che la standardizzazione è un processo in cui sono coinvolti gli interessi di diversi soggetti, i brevetti essenziali (Standard Essential Patent, SEP) richiedono un livello particolarmente elevato di trasparenza e norme eque in materia di concessione delle licenze. Pertanto il CESE sostiene gli approcci orientati a un sistema indipendente di verifica del carattere essenziale da parte di terzi e appoggia misure finalizzate a ridurre le violazioni e i punti di frizione.

3.3.4.

Il CESE riconosce il potenziale economico della promozione della condivisione dei dati e del flusso di dati sull'intero territorio dell'UE e in tutti i settori, ma rileva che permettere il flusso e l'utilizzo generalizzato dei dati richiede un approccio equilibrato che garantisca riservatezza, protezione, sicurezza, il rispetto di norme etiche e la tutela degli interessi legittimi legati alla protezione della PI. Tali aspetti devono essere garantiti nella revisione della direttiva relativa alla tutela giuridica delle banche di dati prevista per il 2021 (3).

3.4.   Le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale

3.4.1.

Visto che un'applicazione e un ricorso giurisdizionale efficaci costituiscono i principali criteri per un sistema di protezione della PI funzionante, essi devono essere sostanzialmente rafforzati. Il CESE sottolinea che l'attuazione dell'accordo relativo al tribunale unificato dei brevetti darà un forte impulso all'applicazione dei diritti brevettuali e rileva che anche l'applicazione dei DPI in altri sistemi di DPI (ad esempio le assicurazioni) deve essere ulteriormente rafforzata attraverso misure pratiche e/o giuridiche. Le PMI e le microimprese, in particolare, spesso non dispongono dei mezzi necessari per applicare i loro DPI.

3.4.2.

on la digitalizzazione sono emerse nuove forme di violazione della PI, come i furti informatici di segreti commerciali, lo streaming illegale, ecc. Il CESE plaude alle disposizioni vincolanti al riguardo, come la legge sui servizi digitali (4), volte a garantire un quadro giuridico più adeguato.

3.4.3.

La contraffazione e la pirateria comportano ingenti perdite di vendite nell'UE; questo fenomeno costituisce inoltre una grave minaccia per la salute, la sicurezza e la protezione dei consumatori. Il CESE accoglie con favore la cooperazione di tutti i portatori di interesse, l'istituzione di un pacchetto di strumenti dell'UE, nonché il rafforzamento del ruolo dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode nell'azione di contrasto al fenomeno della contraffazione.

3.5.   Fair play a livello mondiale

3.5.1.

L'Unione europea non svolge un ruolo leader nella concorrenza globale in materia di DPI. In termini di domande di brevetto, l'Asia ha accresciuto la propria quota delle domande di brevetto a livello mondiale raggiungendo una percentuale del 65 % nel 2019, mentre la quota dell'UE è scesa drasticamente dal 17,4 % (2009) all'11,3 %. È dunque estremamente importante rafforzare la posizione dell'UE.

3.5.2.

La protezione e l'applicazione dei DPI costituisce una sfida aggiuntiva per le imprese dell'UE che operano in paesi terzi. Pertanto il CESE appoggia tutte le misure della Commissione volte a migliorare tale situazione. La negoziazione dei capitoli concernenti la proprietà intellettuale con un elevato livello di protezione negli accordi di libero scambio e i dialoghi sulla PI con i partner commerciali costituiscono approcci importanti nel lungo termine; altrettanto importanti sono la cooperazione in seno a organizzazioni internazionali quali l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) e l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), nonché la partecipazione agli accordi globali sulla PI.

3.5.3.

Il CESE sottolinea l'importanza di strumenti di sostegno diretto volti a fornire informazioni alle imprese dell'UE che operano in paesi terzi, quali il controllo degli investimenti esteri, l'elenco di controllo sulla contraffazione e la pirateria e la relazione su uno Stato terzo. Misure quali l'istituzione di helpdesk per le PMI sulla PI a sostegno delle piccole e medie imprese e delle microimprese sono particolarmente importanti e dovrebbero essere ulteriormente sviluppate.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU L 157 del 15.6.2016, pag. 1.

(2)  GU L 157 del 9.6.2006, pag. 1.

(3)  GU L 77 del 27.3.1996, pag. 20.

(4)  COM(2020) 825 final.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/64


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale (legge sui mercati digitali)»

[COM(2020) 842 final — 2020/374 (COD)]

(2021/C 286/12)

Relatrice:

Emilie PROUZET

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 10.2.2021

Parlamento europeo, 8.2.2021

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

31.3.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

179/9/16

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Negli ultimi dieci anni sono state sollevate questioni ed espresse esigenze, in termini sia di concorrenza che di regole del mercato interno, la cui importanza è certamente aumentata durante la crisi della COVID-19. Il CESE accoglie con favore la proposta di regolamento relativo alla legge sui mercati digitali, tesa a evitare che i fornitori di servizi di piattaforma di base (in appresso «gatekeeper») impongano condizioni inique alle imprese e ai consumatori e a garantire l’accessibilità di importanti servizi digitali.

1.2.

Le piattaforme online sono un fenomeno sempre più presente che mette in discussione gli operatori storici modificando il nostro modo di consumare e fornire prodotti e servizi, ma anche il nostro modo di lavorare e di dare lavoro. A questo proposito, il CESE si rallegra dell’approccio olistico adottato dalla Commissione europea nel trattare tutti gli aspetti di questo ecosistema. Il Comitato sarà particolarmente vigile in materia di fiscalità, governance dei dati e condizioni di lavoro. Su quest’ultimo punto, il CESE si compiace della consultazione della Commissione europea sul miglioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori delle piattaforme digitali, e attende con interesse l’iniziativa legislativa in materia prevista per la fine dell’anno.

1.3.

Il conseguimento di condizioni di parità per i diversi operatori sui mercati digitali rimane l’obiettivo principale. L’Europa ha bisogno di un ambiente delle piattaforme online equo e contendibile per conseguire un migliore funzionamento del mercato interno. Il CESE ritiene che la legge sui mercati digitali e la legge sui servizi digitali (1) formeranno insieme la chiave di volta di un quadro che dovrà essere perfezionato nel corso degli anni e applicato coerentemente con altre politiche digitali fondamentali come il regolamento e-privacy, il RGPD, il regolamento P2B e l’allineamento delle norme in materia di concorrenza all’era digitale.

1.4.

La salvaguardia di un contesto imprenditoriale equo e favorevole all’innovazione, che tuteli nel contempo gli utenti finali, rimane fondamentale. La proposta di regolamento relativo alla legge sui mercati digitali costituisce una risposta all’era digitale, che è in continua e repentina evoluzione, e prevede scadenze brevi e procedure aggiornabili rapidamente, salvaguardando nel contempo la certezza del diritto e il diritto alla difesa. Tuttavia, il CESE ritiene che l’articolo 16 relativo all’indagine di mercato sui casi di inosservanza debba essere rafforzato in termini sia di tempistica (attendere tre atti di inosservanza entro cinque anni causerebbe un danno eccessivo) che di sanzioni.

1.5.

Concentrandosi su servizi specifici, indipendentemente dal luogo in cui è stabilito il prestatore di servizi o dalla legge applicabile alla prestazione del servizio, la Commissione affronta efficacemente la questione della parità di condizioni per gli operatori online europei e globali. Il CESE ritiene che il fatto di concentrarsi sul servizio piuttosto che sull’operatore rappresenti una buona soluzione alle difficoltà incontrate nel tentativo di controllare soggetti digitali così diversi tra loro.

1.6.

A differenza della legge sui servizi digitali quella sui mercati digitali non impone direttamente ai responsabili designati delle piattaforme (i cosiddetti gatekeeper) di nominare un rappresentante legale nell’Unione europea. Tuttavia, le procedure di valutazione e di indagine descritte di seguito richiedono il dialogo e il coordinamento tra le piattaforme di servizi di base e la Commissione. Il CESE raccomanda di inserire un riferimento agli articoli 10 e 11 della legge sui servizi digitali per garantire che tutti i gatekeeper stabiliscano un rappresentante legale nell’Unione europea.

1.7.

A giudizio del CESE, inoltre, una delle massime priorità consiste nell’evitare che il moltiplicarsi delle legislazioni nazionali si traduca in una ulteriore frammentazione del mercato interno. Il CESE ritiene che l’azione al livello dell’UE sia della massima importanza e sostiene pienamente le disposizioni di cui all’articolo 1, paragrafi 5 e 7.

1.8.

Al tempo stesso, il CESE concorda con la legge sui mercati digitali sul fatto che gli Stati membri debbano avere la possibilità di agire in stretta cooperazione con la Commissione (mediante una decisione adottata ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 6, dell’articolo 33 o in parallelo, sulla base delle norme in materia di concorrenza).

1.9.

Per disciplinare i casi in cui la responsabilità deriva contemporaneamente dalla violazione della legge sui mercati digitali e dall’infrazione alle norme di cui agli articoli 101 e 102 del TFUE, è inteso che queste due normative possono essere applicate simultaneamente. La legge sui mercati digitali dovrebbe pertanto chiarire i processi di attuazione e coordinamento nell’interesse della certezza del diritto e dell’efficienza (articolo 1, paragrafo 6).

1.10.

Il CESE ritiene che sia necessario un dibattito approfondito sui motivi e sull’impatto del diverso approccio alla definizione di nuovi obblighi ai sensi dell’articolo 10 e all’estensione delle pratiche di cui all’articolo 17. Al tempo stesso, il CESE ritiene che occorra definire le circostanze eccezionali specifiche relative ai sei parametri utilizzati per designare i gatekeeper (articolo 3, paragrafo 6).

1.11.

Il CESE ritiene pertanto che le definizioni di «servizio di base», «utente finale» e «utente commerciale» dovrebbero essere molto più specifiche.

1.12.

Il CESE ritiene opportuno chiarire che le pratiche di cui agli articoli 5 e 6 costituiscono pratiche «nere». Tuttavia, l’articolo 6, relativo alle pratiche, deve essere attuato specificamente nel corso del dialogo costante tra la Commissione e i gatekeeper.

2.   Osservazioni sull’ambito di applicazione e sulla designazione

2.1.

Il CESE ritiene che l’ambito di applicazione dei servizi, benché di fondamentale importanza, sia molto ampio. Infatti, solo le pratiche direttamente collegate a questi servizi di piattaforma di base rientrano nell’ambito di applicazione e sono soggette a obblighi. Il CESE sostiene la certezza del diritto offerta dalla revisione del regolamento con qualsiasi modifica dell’ambito di applicazione dei servizi.

2.2.

Il CESE osserva che le preoccupazioni espresse in merito al funzionamento del mercato dei servizi di base non riguardano tutte gli utenti finali [cfr. i servizi f), g) e h)] e si chiede se l’impatto del processo previsto dalla legge sui mercati digitali nell’ambito dei servizi di base B2B sia stato adeguatamente valutato, in particolare nell’ecosistema pubblicitario (mercato degli annunci pubblicitari).

2.3.

Se viene proposto un servizio di base, è allora possibile valutare se un fornitore di tale servizio abbia caratteristiche che soddisfano cumulativamente i criteri per essere considerato un gatekeeper per quel servizio specifico. Il CESE sostiene questo approccio cumulativo.

2.4.   Osservazioni specifiche sulla valutazione quantitativa — Gatekeeper presunti

2.4.1.

Per quanto riguarda la prima soglia, il CESE osserva che la soglia si riferisce al fatturato totale della società proprietaria della piattaforma — comprese eventuali attività che non rientrano tra i modelli d’impresa delle piattaforme o che non sono attività online — e non al fatturato del servizio.

2.4.2.

Il CESE sostiene la soglia dei dati finanziari, in particolare il modo in cui essa include i dati di capitalizzazione in modo da rispecchiare la capacità delle piattaforme di monetizzare i loro utenti e la loro capacità finanziaria (compresa la capacità di trarre vantaggio dall’accesso al mercato finanziario).

2.4.3.

Per quanto riguarda la seconda soglia, il CESE riconosce la pertinenza dei criteri relativi al numero di utenti (per lo specifico servizio di piattaforma di base in esame).

2.4.4.

Nella proposta di regolamento, la definizione di utente finale (articolo 2, paragrafo 16) è simile alla definizione di consumatore e, come è consuetudine, si contrappone a quella di utente professionale. L’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), definisce il concetto di utente finale in termini di durata (mesi) e di pertinenza (attività). Il CESE ritiene che la definizione di utente finale dovrebbe essere precisa (ossia includere, per esempio gli utenti che «transitano» sul sito, lo visitano o lo utilizzano una volta al mese). Lo stesso si applica agli utenti commerciali. Ai fini della certezza del diritto, il CESE raccomanda che i concetti di «utente finale» e di «utente commerciale» siano chiariti o almeno definiti nella proposta di regolamento.

2.5.   Osservazioni specifiche sulla valutazione qualitativa — Gatekeeper valutati

2.5.1.

Se le soglie non sono tutte raggiunte cumulativamente, la Commissione europea può effettuare un’indagine di mercato. Quest’ultima può essere richiesta da uno Stato membro (articolo 15) e utilizzare altri sei parametri per determinare se la piattaforma soddisfa i tre criteri determinanti (articolo 3, paragrafo 6).

2.5.2.

La valutazione qualitativa del mercato interno introdotta dalla Commissione ricalca molti parametri pertinenti nell’ambito del diritto della concorrenza e dell’economia. Tuttavia, data la mancanza di precedenti (non è necessario definire un mercato pertinente o dimostrare una posizione dominante per stabilire lo status di gatekeeper), non si sa o non è stato verificato quanti o quanto determinanti saranno le caratteristiche/i parametri.

2.5.3.

Se l’obiettivo è quello di concentrarsi su situazioni comparabili a quelle individuate nella valutazione quantitativa, ma in cui le soglie non siano state superate, il CESE ritiene che il meccanismo di valutazione sia ben poco dettagliato. A prima vista nulla impedisce un’interpretazione più ampia di questi parametri da applicare a un maggior numero di operatori, in quanto è noto che molti modelli imprenditoriali in tutto il panorama economico si stanno evolvendo e stanno sperimentando attraverso la trasformazione digitale e nuovi modelli d’impresa.

2.5.4.

Poiché questi sei parametri consentono di designare i gatekeeper, il CESE ritiene che occorra definire le specifiche circostanze eccezionali che li riguardano.

3.   Osservazioni sulle pratiche elencate

3.1.

Per comprendere gli elenchi di pratiche contenuti nella proposta di regolamento in oggetto, il CESE ritiene importante guardare retrospettivamente al lavoro della Commissione: le pratiche individuate negli ultimi anni, quelle già contemplate dal nuovo regolamento P2B e quelle che potrebbero essere disciplinate mediante un adeguamento del diritto della concorrenza all’ecosistema digitale.

3.2.

Il CESE ritiene che l’ambito di applicazione di tali pratiche dovrebbe essere chiarito, soprattutto se la Commissione può estenderlo. Sembra pertanto che molte delle pratiche di cui all’articolo 5 facciano parte del servizio di base della piattaforma, mentre l’articolo 6 fa riferimento all’uso di tali servizi di piattaforma di base per esercitare un effetto leva e influenzare i risultati del mercato.

3.3.

Il CESE chiede sia messo a punto un robusto sistema di certificazione basato su procedure di prova che consentano alle imprese di affermare l’affidabilità e la sicurezza dei loro sistemi di IA. La trasparenza, in particolare dei sistemi di rating, la tracciabilità e la spiegabilità dei processi decisionali algoritmici rappresentano una sfida tecnica che richiede il sostegno di strumenti dell’UE come il programma Orizzonte Europa (2).

3.4.   Osservazioni specifiche sulle pratiche sleali relative ai dati

3.4.1.

Il CESE riconosce la necessità di migliorare ulteriormente l’attuazione del regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD) prevedendo la prassi di cui all’articolo 5, lettera a). Il CESE invita inoltre la Commissione a rivedere periodicamente il RGPD, nonché gli atti normativi ad esso correlati, alla luce dell’evoluzione tecnologica (3).

3.4.2.

Per quanto riguarda l’effettiva portabilità dei dati [articolo 6, paragrafo 1, lettera h)], il CESE sottolinea che, nell’ambito del regolamento sulla libera circolazione dei dati, il settore del cloud sta elaborando un codice di condotta per garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali e tecniche per la risoluzione dei contratti e la portabilità dei dati tra i fornitori di servizi cloud o il ritorno dei dati stessi all’archiviazione in loco. Sarà presto valutata l’efficacia di detto codice nel promuovere la portabilità nel mercato dei servizi cloud.

3.5.   Osservazioni specifiche sulle pratiche di autoagevolazione sleali

3.5.1.

La legge sui mercati digitali stabilisce l’obbligo per il gatekeeper di astenersi da un trattamento più favorevole anche nei confronti di «terzi che appartengono alla stessa impresa». Questa ulteriore precisazione non è tuttavia ripetuta in altre disposizioni, sebbene un gatekeeper possa evitare la restrizione stabilita in queste disposizioni fornendo dati pertinenti a una parte terza. Si possono prendere, a titolo di esempio, l’articolo 5, lettera a), o l’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), in cui il trasferimento di dati a terzi (appartenenti o meno alla stessa impresa) non è vietato. Sebbene l’articolo 11 offra una soluzione certa, a giudizio del CESE essa non è sufficiente.

3.5.2.

Clausola di parità [articolo 5, lettera b)]: ai gatekeeper sarebbe ormai vietato di impedire agli utenti commerciali di offrire gli stessi beni e servizi ai consumatori attraverso altri servizi di intermediazione online o motori di ricerca a condizioni diverse da quelle offerte attraverso la loro piattaforma. Il CESE ritiene che l’espressione «… a prezzi o condizioni diverse …» sia ampia e possa comprendere criteri diversi da quello del prezzo, che potrebbe essere necessario specificare.

3.6.   Osservazioni specifiche sulle condizioni di accesso discriminatorie

3.6.1.

Per quanto riguarda la pratica di cui all’articolo 5, lettera d), il CESE osserva che il regolamento P2B contiene già disposizioni volte a garantire agli utenti commerciali l’accesso ai reclami e la trasparenza per quanto riguarda la gestione dei reclami e mette in dubbio la pertinenza di tale pratica. Il CESE si chiede perché non siano inclusi gli utenti finali.

4.   Osservazioni sui poteri di indagine, di esecuzione e di monitoraggio

4.1.

Ai fini dell’articolo 3, paragrafo 6, è opportuno prestare maggiore attenzione alla partecipazione delle autorità degli Stati membri interessati al processo decisionale. Si ritiene che le autorità di uno Stato membro debbano avere il diritto di presentare alla Commissione una richiesta di decisione ai sensi del paragrafo 6, e che la Commissione debba avere il corrispondente obbligo di discutere la richiesta e, se del caso, consentire allo Stato membro interessato di adottare misure preliminari in attesa della decisione della Commissione. Ai fini della decisione, la Commissione dovrebbe inoltre chiedere il parere di tutti gli Stati membri in cui opera il potenziale gatekeeper.

4.2.

La proposta di regolamento combina l’autovalutazione da parte delle piattaforme e la valutazione da parte dell’autorità competente, ossia la Commissione europea. Tale valutazione è tuttavia effettuata in primo luogo dalla piattaforma di servizi di base, che deve notificare alla Commissione entro tre mesi che tali soglie sono state raggiunte (articolo 3, paragrafo 3). Il CESE riconosce che il processo previsto dalla legge sui mercati digitali rende le piattaforme responsabili, e se ne rallegra. Rileva altresì che la proposta rispetta i diritti alla difesa e all’appello e tiene conto della rapida evoluzione delle imprese digitali.

4.3.

Il CESE è favorevole alle misure previste dalla legge sui mercati digitali che consentono alla Commissione di valutare e monitorare la crescita delle piattaforme gatekeeper, come le fusioni al di fuori delle soglie di cui al regolamento (CE) n. 139/2004 (4).

4.4.

Inoltre, il CESE sostiene la valutazione effettuata dalla Commissione volta a stabilire se l’attuale regime dell’UE consenta di cogliere in misura sufficiente importanti acquisizioni di obiettivi a basso fatturato che possono avere un impatto sulla concorrenza nel mercato interno dell’UE (5). La proposta del commissario Vestager di iniziare ad accettare segnalazioni sulle concentrazioni da parte delle autorità nazionali garanti della concorrenza, indipendentemente dal fatto che tali autorità abbiano il potere di riesaminare il caso, potrebbe costituire un’opzione interessante (6).

4.5.

Accanto alla Commissione europea, per conseguire la massima efficacia è altresì necessario istituire il previsto comitato consultivo per i mercati digitali. Il CESE ritiene che l’articolo 32 sia molto vago in proposito, e che il comitato debba essere incaricato della vigilanza e del monitoraggio continui. Il CESE suggerisce inoltre di valutare se il comitato possa ricevere reclami dalle associazioni dei consumatori e dalle parti sociali.

4.6.

A giudizio del CESE, le organizzazioni che si occupano degli interessi delle imprese, della protezione dei consumatori e dei sindacati dovrebbero essere ascoltate, e le loro opinioni essere prese in considerazione, come avviene nei casi relativi alla concorrenza. L’articolo 20 della legge sui mercati digitali autorizza la Commissione a procedere ad audizioni e a raccogliere dichiarazioni. Il CESE propone che la loro partecipazione e il loro diritto di essere ascoltati siano chiaramente indicati in questo articolo.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Parere del CESE sul tema La legge sui mercati digitali (cfr. pag. 64 della presente Gazzetta ufficiale)

(2)  GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 64.

(3)  GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 64.

(4)  GU L 24 del 29.1.2004, pag. 1.

(5)  https://one.oecd.org/document/DAF/COMP/WD(2020)24/en/pdf

(6)  https://ec.europa.eu/commission/commissioners/2019-2024/vestager/announcements/future-eu-merger-control_en


ALLEGATO

Il seguente punto del parere della sezione è stato respinto a favore di un emendamento adottato dall’Assemblea, ma ha ottenuto un numero di voti favorevoli pari ad almeno un quarto dei voti espressi:

«2.3.

Se viene proposto un servizio di base, è allora possibile valutare se un fornitore di tale servizio abbia caratteristiche che soddisfano cumulativamente i criteri per essere considerato un gatekeeper per quel servizio specifico. Il CESE ritiene che questo approccio cumulativo non copra in modo efficace i gatekeeper, ma propone che sia soddisfatto un solo criterio, preferibilmente quello del numero di utenti per coerenza con la legge sui servizi digitali Esprime inoltre preoccupazione per il fatto che la procedura per individuare i gatekeeper possa risultare complessa, e raccomanda pertanto un processo più rapido.»

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

98

Voti contrari:

83

Astensioni:

20


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/70


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un mercato unico dei servizi digitali (legge sui servizi digitali) e che modifica la direttiva 2000/31/CE»

[COM(2020) 825 final — 2020/0361 (COD)]

(2021/C 286/13)

Relatore:

Gonçalo LOBO XAVIER

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 11.2.2021

Parlamento europeo, 8.2.2021

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

31.3.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

235/3/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta relativa a un mercato unico dei servizi digitali (legge sui servizi digitali), in un periodo in cui sono emersi nuovi e innovativi servizi (digitali) della società dell’informazione, che hanno cambiato la vita quotidiana dei cittadini dell’Unione plasmando e trasformando il loro modo di comunicare, connettersi, consumare e svolgere attività economiche. Questi servizi hanno recato contributi di grande portata alla trasformazione sociale ed economica nell’Unione e nel resto del mondo; la crisi della COVID-19 ne ha dimostrato la cruciale importanza per la creazione di una società migliore.

1.2.

Il CESE sostiene gli sforzi della Commissione per impedire la frammentazione del mercato interno dovuta al proliferare di norme e regolamenti nazionali, che potrebbe compromettere il funzionamento del sistema e privare tutte le imprese europee della possibilità di cogliere i vantaggi di un robusto mercato unico. Il CESE chiede pertanto una dichiarazione chiara sulla natura esaustiva della legge sui servizi digitali. Il CESE ritiene che si tratti di un’opportunità per stabilire norme globali per i mercati digitali che possano portare l’Europa in questa nuova era, garantendo un elevato livello di sicurezza e protezione dei consumatori online.

1.3.

Il CESE non ignora che la discussione relativa alla legge sui servizi digitali si protrarrà per molto tempo e che nel lungo periodo alcuni compromessi saranno inevitabili. Ciononostante, il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a definire un calendario ragionevole per avviare la discussione e una consultazione pubblica inclusiva e per attuare il regolamento e la strategia. È fondamentale che le parti sociali e le organizzazioni della società civile svolgano un ruolo in questo processo al fine di creare condizioni di parità per tutti gli attori, indipendentemente dal fatto che siano stabiliti nell’Unione europea.

1.4.

Data l’importanza delle tecnologie digitali, il CESE ritiene inoltre che l’esigenza di nuove norme e regolamenti atti a risolvere le sfide e i problemi posti da queste tecnologie costituisca ormai una priorità. Una nuova economia esige nuovi approcci.

1.5.

Il CESE si rallegra che sia stata introdotta maggior trasparenza in materia di pubblicità e sistemi di raccomandazione. Sarebbe però sbagliato demonizzare questi sistemi di raccomandazione, ma si dovrebbe fare in modo che essi garantiscano ai consumatori di ricevere solo le comunicazioni pubblicitarie che vogliono. I regolamenti dovrebbero pertanto ribadire il principio dell’autonomia individuale; a giudizio del CESE gli articoli 29 e 30 del regolamento dovrebbero pertanto puntare a raggiungere un buon punto di equilibrio.

1.6.

Il CESE osserva che il principio del paese di origine presenta numerose lacune e chiede che si considerino attentamente metodi alternativi, come il principio del paese di destinazione, in special modo nelle questioni in materia di fiscalità, lavoro e consumatori, a meno che non vi sia una regolamentazione più incisiva a livello dell’UE, al fine di garantire una concorrenza leale e il massimo livello possibile di protezione dei consumatori. Si dovrebbe garantire che alle persone che lavorano tramite piattaforma si applichino le stesse disposizioni del diritto del lavoro vigenti nel paese in cui viene prestato il servizio, in quanto le cattive condizioni di lavoro dei dipendenti pongono gravissimi problemi per una concorrenza leale. L’obiettivo generale è quello di far rispettare e rafforzare il mercato interno garantendo condizioni uniformi per tutti gli attori.

1.7.

Gli obblighi di trasparenza non dovrebbero impedire i progressi della tecnologia, soprattutto nel settore dell’intelligenza artificiale e dell’informatica. L’intelligenza artificiale con effetto «scatola nera» comporta dei rischi ma può anche recare notevoli vantaggi. Il CESE sottolinea l’esigenza di affinare il diritto senza intralciare il progresso tecnico, tenendo conto del livello più alto possibile di protezione dei consumatori e dei lavoratori. Chiede che sia sviluppato un quadro adeguato per consentire alle imprese di affermare l’equità, l’affidabilità e la sicurezza dei loro sistemi di IA.

1.8.

L’esenzione dalla responsabilità per i servizi di hosting dovrebbe cessare di applicarsi solo quando si tratti di contenuti chiaramente illegali o che siano stati dichiarati illegali da una decisione dell’autorità giudiziaria. Il CESE raccomanda di istituire un regime di responsabilità positiva per i mercati online da applicare in determinate circostanze.

1.9.

Sarebbe opportuno semplificare e, nella misura del possibile, armonizzare le definizioni utilizzate con i testi giuridici collegati come la legge sui mercati digitali, la direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale e il regolamento P2B.

1.10.

La legge sui servizi digitali fa parte di un approccio normativo più ampio all’economia delle piattaforme, che deve riguardare anche la fiscalità, i diritti dei lavoratori (compresi aspetti quali la protezione sociale, la salute e la sicurezza, il diritto di organizzarsi e la contrattazione collettiva), la distribuzione della ricchezza, la sostenibilità e la sicurezza dei prodotti. Il CESE richiama l’attenzione sul vastissimo compito di assicurare un coordinamento adeguato fra tutti gli strumenti e tutte le iniziative pertinenti, soprattutto in materia di proprietà intellettuale, telecomunicazioni, tutela dei dati e della vita privata, responsabilità dei prodotti, sicurezza dei prodotti, settore audiovisivo, senza dimenticare naturalmente la direttiva sul commercio elettronico. È necessario un appropriato quadro generale per capire come queste diverse prospettive che influiscono sulla legge sui servizi digitali possano essere integrate.

1.11.

Il CESE sarà particolarmente vigilante per quanto concerne la fiscalità, la governance dei dati, lo status occupazionale, le condizioni di lavoro e la protezione dei consumatori, in quanto si tratta di fattori significativi per il carattere talvolta sleale della concorrenza nelle economie digitali. Il Comitato sottolinea che tali sfide devono essere affrontate alla luce degli obiettivi di sviluppo sostenibile, dell’agenda digitale, della Carta dei diritti fondamentali e del pilastro europeo dei diritti sociali.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Le tecnologie digitali possono avere un’importanza cruciale per la nostra vita quotidiana. Possono recare grandi vantaggi alla società e all’economia, ed è ormai generalmente riconosciuto che sono indispensabili per le modalità di funzionamento del mercato e dei nostri rapporti reciproci, con concreti benefici per la comunità nel suo complesso. Tuttavia, i servizi digitali hanno anche presentato sfide significative per gli individui, la società e il mercato. Un’Europa più equa dipende da un’appropriata disciplina del settore digitale e dalla garanzia di una corretta ripartizione di tali benefici e di una tutela adeguata di tutti i partecipanti al mercato (cittadini, consumatori, lavoratori e imprese, indipendentemente dalle dimensioni).

2.2.

La risposta della Commissione a una serie di documenti, sviluppi della giurisprudenza ed appelli — da un lato per riforme ambiziose del quadro giuridico dell’UE sul commercio elettronico in vigore, che mantengano nel contempo i principi essenziali del regime di responsabilità, il divieto di imporre un obbligo generale di sorveglianza, nonché la clausola del mercato interno e, dall’altro per un mercato digitale competitivo, al passo con i tempi e più equo — si concentra su due settori principali: la legge sui servizi digitali e la legge sui mercati digitali.

2.3.

Con la legge sui servizi digitali l’UE dovrebbe assicurare un alto livello di protezione dei consumatori europei in riferimento a diversi aspetti dell’economia digitale, segnatamente per quanto riguarda le piattaforme digitali online. Tra gli aspetti più importanti e più controversi di tale proposta vi sono la lotta contro i contenuti illegali e una migliore trasparenza delle modalità della pubblicità mirata.

2.4.

Con la legge sui mercati digitali la Commissione si concentra sul modo di funzionamento del mercato digitale europeo, cercando nel contempo di renderlo più equilibrato, più competitivo e più innovativo, in modo che sia fornito ai cittadini un maggior numero di servizi di migliore qualità, e ciò attraverso la creazione di condizioni uniformi per tutti i partecipanti al mercato.

2.5.

Il CESE apprezza pertanto gli sforzi della Commissione, tesi a disciplinare ulteriormente l’economia digitale e a renderla più affidabile, a vantaggio sia della società, sia dell’economia. I cittadini, i lavoratori e gli operatori economici, in particolare le PMI e le persone vulnerabili, hanno bisogno di garanzie nei loro rapporti con le piattaforme digitali; è inoltre necessario garantire la sicurezza per quanto riguarda tutte le operazioni, in termini di contenuto, transazioni economiche e anche diritti di proprietà intellettuale.

2.6.

Le norme dell’UE in materia di ciberspazio stanno diventando sempre più complesse e frammentate. Occorre intensificare gli sforzi per renderle più leggibili e coerenti. Norme eccessivamente complesse possono nuocere sia alle imprese che ai cittadini, poiché soffocano l’innovazione, aumentano i costi e rendono più difficile per i cittadini esercitare i propri diritti. Il CESE accoglie pertanto con favore l’intenzione della Commissione di coordinare e razionalizzare gli aspetti procedurali delle regole di esecuzione delle norme negli Stati membri e la scelta di uno strumento giuridico direttamente applicabile.

2.7.

Il CESE sottolinea che la legge sui servizi digitali dovrebbe essere coerente con il potenziale quadro giuridico relativo ad altri importanti problemi concernenti l’economia delle piattaforme, come i diritti dei lavoratori (tra cui protezione sociale, salute e sicurezza, diritto di organizzarsi e contrattazione collettiva) (1), fiscalità e distribuzione della ricchezza e sostenibilità; sottolinea inoltre la necessità di affrontare queste sfide a livello europeo, e alla luce degli obiettivi di sviluppo sostenibile, dell’agenda digitale, della Carta dei diritti fondamentali e del pilastro europeo dei diritti sociali. In relazione alle future iniziative della Commissione, il Comitato sarà particolarmente vigilante per quanto concerne quelle tra di esse che riguarderanno la fiscalità, la governance dei dati, lo status occupazionale, le condizioni di lavoro e la protezione dei consumatori, in quanto si tratta di fattori significativi per il carattere talvolta sleale della concorrenza nelle economie digitali.

2.8.

Il ciberspazio dev’essere disciplinato secondo criteri quanto più possibile rivolti al futuro e tecnologicamente neutri. In tal modo sarà possibile garantire chiarezza e offrire opportunità di mercato a tutti, prestando particolare attenzione alla sicurezza e alla protezione dei consumatori.

2.9.

È importante che nel settore dell’imposizione fiscale del digitale la Commissione prenda iniziative nel quadro delle discussioni internazionali introducendo principi di equità e trasparenza, di distribuzione della ricchezza e sostenibilità; il Comitato sottolinea la necessità di affrontare tali questioni a livello europeo e in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, la strategia digitale, la Carta dei diritti fondamentali e il pilastro europeo dei diritti sociali.

3.   Osservazioni specifiche

3.1.

Una regolamentazione migliore e più efficiente, anche per evitare la concorrenza sleale, è uno dei temi principali di questa nuova economia. La Commissione è chiaramente convinta — e il CESE concorda — che siano necessari nuovi mezzi e approcci per disciplinare un mercato in cui non è possibile usare gli stessi strumenti e continuare a operare con le stesse modalità di sempre. È un fatto che il «normale» quadro di regolamentazione della concorrenza non è sufficiente per affrontare con efficacia le sfide e le difficoltà derivanti dall’esistenza delle grandi imprese tecnologiche.

3.2.

Il CESE chiede norme più chiare, come quelle che la Commissione intende esaminare sulla base di un quadro di regolamentazione del mercato interno semplificato e rapido per il mondo digitale. L’UE deve aggiornare il suo pacchetto di strumenti normativi per occuparsi efficacemente dei mercati digitali, oltre alle questioni relative alle piattaforme che fungono da gatekeeper (controllori dell’accesso). La nuova economia richiede azioni diverse e pertanto il CESE accoglie con favore anche l’iniziativa della legge sui mercati digitali (2).

3.3.

La sovranità digitale europea dev’essere integrata in tutti i lavori di regolamentazione, allo scopo di proteggere non solo le imprese ma anche i lavoratori, i consumatori e i cittadini. Con la crisi della pandemia di COVID-19, la vendita di prodotti non sicuri, le recensioni false, le pratiche commerciali sleali e altre violazioni del diritto dei consumatori, la pirateria e la contraffazione sulle piattaforme digitali hanno raggiunto livelli inaccettabili. Da quanto precede emerge chiaramente il valore dell’iniziativa per la legge sui servizi digitali, nonché la necessità di un intervento urgente.

3.4.

È evidente altresì che i meccanismi di esecuzione delle norme nel campo della lotta alle frodi e alle attività illegali legate alle piattaforme digitali presentano una sfida e occorre garantire che le imprese che traggono i maggiori vantaggi dall’economia digitale abbiano anche maggiori responsabilità. A parere del CESE la legge sui servizi digitali assolve una funzione cruciale per ripristinare la fiducia nel mercato e per indurre gli Stati membri a definire un meccanismo di esecuzione delle norme rapido ed efficiente, che sia idoneo per tutti gli Stati membri, tenendo conto delle differenze esistenti tra di loro. Il CESE accoglie con favore il fatto che le carenze nell’esecuzione delle norme nel settore della pubblicità illegale online saranno molto probabilmente ridotte grazie alla legge sui servizi digitali.

3.5.

Quale che sia l’approccio adottato in termini di sistemi e meccanismi di esecuzione delle norme, è necessario che la Commissione e gli Stati membri stanzino fondi sufficienti da investire in risorse umane, sistemi di formazione, software e hardware che rafforzino la fiducia a livello di mercato e di singoli cittadini. La definizione dei costi che deriveranno dall’attuazione della legge sui servizi digitali, in aggiunta ai costi previsti per la società in assenza di interventi, e la garanzia di condizioni adeguate, in modo che tutti gli Stati membri partecipino pienamente, rappresentano pertanto delle priorità.

3.6.

Per quanto riguarda il campo di applicazione della legge sui servizi digitali, le dimensioni sono un fattore che non può essere trascurato: per evitare una concorrenza sleale fondata sulle dimensioni e sul potere finanziario, non è opportuno riservare lo stesso trattamento a tutte le imprese attive in questo settore. Tuttavia, il criterio proposto, ossia il numero dei lavoratori, potrebbe rivelarsi inadeguato e facilmente aggirabile. Ciò è particolarmente importante perché elementi significativi degli obblighi imposti alle piattaforme dal regolamento proposto, come la gestione dei reclami, i comportamenti abusivi, la denuncia di reati, la trasparenza pubblicitaria, gli audit indipendenti e i segnalatori affidabili, non si applicano alle microimprese o alle piccole imprese.

3.7.

Tuttavia, il CESE sottolinea l’importanza di proteggere le PMI, le microimprese e le imprese dell’economia sociale. È possibile che queste imprese non siano in grado di sostenere i costi risultanti dall’adeguamento alla normativa e dagli investimenti e occorre garantire che esse non risentano negativamente dell’attuazione di un regolamento che nelle intenzioni doveva assicurare loro condizioni eque di concorrenza. Il CESE invita pertanto a individuare metodi alternativi per definire le microimprese e le piccole imprese (articolo 16), quali il fatturato annuo oppure la loro struttura proprietaria o organizzativa.

3.8.

Il CESE approva il periodo di adattamento previsto per le imprese che rientrano nella categoria delle piattaforme online di dimensioni molto grandi (articolo 25, paragrafo 4). La crescita di tali imprese è spesso rapidissima ed è opportuno che esse dispongano di un’equa opportunità per adattarsi agli obblighi e ai requisiti più rigorosi fissati dalla proposta.

3.9.

Benché nella proposta si affermi chiaramente che essa deve essere intesa come lex generalis, in diversi strumenti sembrano esserci numerose definizioni strettamente connesse che possono risultare eccessivamente gravose in termini di conformità, poiché impongono costi supplementari a imprese e consumatori. Per esempio la proposta definisce il concetto di «piattaforma online»; il concetto di «piattaforma» è utilizzato, ma non è definito, nel regolamento P2B [regolamento (UE) 2019/1150 (3)]; la direttiva sul mercato unico digitale [(UE) 2019/790 (4)] impiega il concetto di «prestatore di servizi di condivisione di contenuti online»; la proposta relativa alla legge sui mercati digitali fa riferimento a «gatekeeper (controllori dell’accesso)» e a «servizi di piattaforma di base».

3.10.

Con l’aumento dei servizi digitali, i modelli imprenditoriali si sono evoluti e sono diventati più complessi e le distinzioni tra i diversi attori si attenuano. I rapidi sviluppi del settore rappresentano una sfida per le autorità di regolamentazione e impongono l’adozione di definizioni chiare. Il CESE raccomanda di definire più chiaramente i termini «piattaforme», «utenti» o «destinatari» (la proposta li utilizza entrambi, ma «destinatari» ricorre con frequenza assai maggiore), «consumatori» e «lavoratori» nell’economia digitale.

3.11.

Ai sensi della proposta attuale le norme sulla tracciabilità degli operatori commerciali si applicano soltanto «qualora una piattaforma online consenta ai consumatori di concludere contratti a distanza con operatori commerciali» (articolo 22). In alternativa le piattaforme/i prestatori di servizi che consentono ai consumatori di concludere contratti a distanza con operatori commerciali potrebbero essere definiti «mercati», precisando le norme da applicare a questa categoria di intermediari.

3.12.

L’elaborazione di codici di condotta a norma degli articoli 35 e 36 dovrebbe procedere in modo aperto e partecipativo, coinvolgendo le organizzazioni che rappresentano gli utenti e i destinatari, le organizzazioni della società civile, le parti sociali e le autorità competenti.

3.13.

Il CESE osserva che il principio del paese di origine presenta numerose lacune e chiede che si considerino attentamente metodi alternativi, come il principio del paese di destinazione, in special modo nelle questioni in materia di fiscalità, lavoro e consumatori, a meno che non vi sia una regolamentazione più incisiva a livello dell’UE, al fine di garantire una concorrenza leale e il massimo livello possibile di protezione dei consumatori. Si dovrebbe garantire che alle persone che lavorano tramite piattaforma si applichino le stesse disposizioni del diritto del lavoro vigenti nel paese in cui viene prestato il servizio, in quanto le cattive condizioni di lavoro dei dipendenti pongono gravissimi problemi per una concorrenza leale. L’obiettivo generale è quello di far rispettare e rafforzare il mercato interno garantendo condizioni uniformi per tutti gli attori.

3.14.

Inoltre il sistema delineato agli articoli 8 e 9 della proposta non si dovrebbe considerare alternativo al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni; occorre inoltre chiarire che le norme sul rifiuto di riconoscimento e di esecuzione rimangono valide e applicabili.

3.15.

Il CESE apprezza la precisazione per cui le indagini promosse di propria iniziativa non incidono sull’applicabilità dell’esenzione dalla responsabilità (articolo 6), nonché il mantenimento del principio generale che esclude l’obbligo di sorveglianza (articolo 7). Tuttavia, tali norme non dovrebbero incidere sull’obbligo dei mercati online di effettuare controlli regolari sugli operatori commerciali e sui prodotti e servizi offerti come stabilisce l’articolo 22.

3.16.

La prima frase dell’articolo 12, paragrafo 1, andrebbe chiarita, segnatamente per precisare se questa disposizione riguardi informazioni come i dati tecnici comunicati a un fornitore di software nel quadro di un accordo SaaS (servizio a livello di software).

3.17.

Il CESE accoglie con favore la dettagliata regolamentazione della procedura di notifica e gestione interna dei reclami, nonché le garanzie introdotte dalla proposta. Il CESE tuttavia ritiene che l’esenzione dalla responsabilità (articolo 5) si dovrebbe escludere soltanto qualora il contenuto sia chiaramente illegale ai sensi del diritto nazionale nel paese d’origine o del diritto dell’UE direttamente applicabile oppure quando sia stato dichiarato illegale da una decisione dell’autorità giudiziaria. In caso contrario, gli intermediari saranno incentivati a rimuovere i contenuti per prassi (by default). La valutazione sulla legalità di alcuni tipi di contenuti può risultare assai complessa e di conseguenza gli intermediari non dovrebbero essere considerati responsabili della mancata rimozione dei contenuti stessi. Ciò è in linea con l’obbligo di sospensione sancito all’articolo 20, che si riferisce a contenuti manifestamente illegali.

3.18.

La creazione di servizi digitali si basa essenzialmente sulla capacità di gestire e accedere ai dati. A questo proposito, è importante ricordare l’atto sulla governance dei dati [COM(2020) 767 final], che menziona la possibilità di creare cooperative di gestione e scambio di dati, uno strumento che favorirà le piccole imprese, le imprese commerciali e le imprese individuali che potrebbero non essere in grado di accedere a grandi quantità di dati individualmente o di elaborarli. Tali strutture potrebbero fornire una governance partecipativa condivisa per la gestione dei servizi di intermediazione, scambio o condivisione dei dati tra imprese e tra imprese commerciali e imprese individuali, che potrebbero fornire dati ma anche beneficiarne e utilizzarli.

4.   Strategia di attuazione — portare a termine il lavoro

4.1.

Si afferma che la relazione sulla valutazione d’impatto ha chiarito i collegamenti tra la legge sui servizi digitali e il più ampio quadro normativo, descrivendo in maniera più dettagliata le opzioni strategiche e fornendo un’analisi più minuziosa degli elementi di fondo affrontati nella relazione sulla valutazione d’impatto riveduta. Si tratta di un elemento cruciale, ma non basterà a placare l’ansia della società di fronte a tutte le variabili in gioco, né indurrà ad abbandonare la cautela. L’importanza dei servizi digitali per la nostra economia e la nostra società continuerà ad aumentare, come pure i rischi crescenti che essi comportano.

4.2.

Per quanto riguarda il valore aggiunto dell’esecuzione delle misure, l’iniziativa offre vantaggi significativi in termini di efficienza nella cooperazione tra gli Stati membri e nella messa in comune di alcune risorse per l’assistenza tecnica a livello di UE e per le attività di ispezione e di audit dei sistemi di moderazione dei contenuti, dei sistemi di raccomandazione e della pubblicità online sulle piattaforme di dimensioni molto grandi. Ciò a sua volta porterà a un aumento dell’efficacia delle misure di esecuzione delle norme e di vigilanza, mentre il sistema vigente si affida in larga misura alle limitate capacità di vigilanza in un numero ridotto di Stati membri. Tuttavia, la proposta deve essere migliorata per garantire la rapidità e l’efficacia dell’esecuzione delle norme e dei mezzi di ricorso per i consumatori. La legge sui servizi digitali deve prevedere compensazioni, compreso il risarcimento dei danni per i consumatori qualora le imprese non rispettino i loro obblighi ai sensi della legge stessa.

4.3.

Si afferma che la Commissione istituirà un quadro completo per il costante monitoraggio degli esiti, dei risultati e dell’impatto del presente strumento legislativo dalla data della sua applicazione. Sulla base del programma di monitoraggio stabilito, si prevede di effettuare una valutazione dello strumento entro cinque anni dall’entrata in vigore. Il CESE ritiene che non si tratti di un lasso di tempo ragionevole in grado di stimolare la fiducia a livello del mercato e dei cittadini e garantire la coerenza con la revisione della direttiva sul commercio elettronico. La Commissione dovrebbe prevedere una valutazione periodica ogni due anni.

4.4.

Le norme devono essere comunicate in maniera efficace e non devono compromettere l’immagine dell’UE. La protezione dei cittadini e dei consumatori dell’UE dovrebbe essere uno degli elementi principali della futura comunicazione e dell’applicazione della legge. L’Unione è e deve rimanere un contesto accogliente per le imprese, i lavoratori e i cittadini, anche quelle e quelli di paesi terzi. Il regolamento non dovrebbe dare l’impressione di costituire un onere o un ostacolo ma piuttosto presentarsi come un approccio equilibrato alla regolamentazione di Internet nel ventunesimo secolo, un approccio che fissa la norma per un’economia digitale migliore e più equa, uno spazio online più sicuro che tutela democrazie vitali.

5.   Diritti fondamentali

5.1.

Occorre tutelare adeguatamente i diritti dei lavoratori, garantire un alto livello di protezione dei consumatori, la protezione della vita privata e dei dati, proteggere le libertà fondamentali come la libertà d’impresa, la libera prestazione di servizi e la libertà di espressione, pensiero e opinione, in conformità con la legislazione e in linea con la Carta dei diritti fondamentali. La proposta dovrebbe puntare a trovare un giusto equilibrio in tal senso.

5.2.

Un aspetto importante della proposta è l’equità delle procedure, che tuttavia può risultare insufficiente a garantire una situazione di equità reale ed effettiva qualora gli incentivi non vengano adeguatamente allineati. Un concetto ampio di contenuti illegali o, come alcuni hanno proposto, di «contenuti dannosi», può tradursi in una restrizione della libertà di espressione e di opinione.

5.3.

La dignità umana è garantita da norme incisive e chiare a protezione dei cittadini e dei consumatori. Questi aspetti hanno un peso rilevante nella proposta e devono essere mantenuti.

5.4.

Il quadro proposto dalla legge sui servizi digitali fornisce alle autorità gli strumenti adeguati per prevenire e monitorare le manipolazioni, i rischi di discriminazione e altri abusi e per reagirvi. Il CESE ritiene che l’UE e i suoi Stati membri debbano investire risorse considerevoli e garantire che queste siano sfruttate a vantaggio della società in generale.

5.5.

Al fine di ridurre il rischio di discriminazione, il CESE chiede che l’UE e i suoi Stati membri investano risorse sufficienti per controllare e sorvegliare gli algoritmi utilizzati dalle piattaforme. Il CESE apprezza l’estensione dell’accesso ai dati e agli algoritmi e raccomanda che tale accesso sia garantito alle autorità pubbliche a tutti i livelli e a ricercatori indipendenti di comprovata affidabilità, compresi quelli provenienti da organizzazioni indipendenti della società civile che operano nell’interesse pubblico.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  European Commission consultation on improving the working conditions in platform work. (Consultazione della Commissione europea sul miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro tramite piattaforma digitale)

(2)  Parere del CESE sul tema La legge sui mercati digitali (cfr. pag. 64 della presente Gazzetta ufficiale).

(3)  GU L 186 dell'11.7.2019, pag. 57.

(4)  GU L 130 del 17.5.2019, pag. 92.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/76


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio — La strategia dell’UE in materia di cibersicurezza per il decennio digitale»

[JOIN(2020) 18 final]

(2021/C 286/14)

Relatore:

Philip VON BROCKDORFF

Consultazione

Commissione europea, 21.4.2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

31.3.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

238/0/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che la strategia proposta costituisca un passo avanti nella giusta direzione verso la protezione di governi, cittadini e aziende in tutta l’UE da minacce informatiche globali, come pure verso la difesa della crescita economica.

1.2.

Il CESE reputa che sia necessario rendere accessibili ulteriori risorse di finanziamento per gli enti pubblici, al fine di realizzare investimenti in un’infrastruttura di cibersicurezza che consenta di rispondere efficacemente a crisi quali una pandemia.

1.3.

Il CESE accoglie con favore la proposta di creare una rete di centri operativi di sicurezza (Security Operations Centres, SOC) in tutta l’UE e la raccomandazione all’Agenzia dell’Unione europea per la cibersicurezza (ENISA) di collaborare con tutti i portatori di interessi per limitare i rischi connessi alla tecnologia 5G.

1.4.

Il CESE plaude inoltre alla proposta di sviluppare ulteriormente il ruolo di Europol quale centro di competenza sulla criminalità informatica. Considera importante anche la cooperazione con la comunità multipartecipativa e a livello internazionale.

1.5.

Il CESE mette in guardia contro la carenza di competenze nel settore della cibersicurezza e raccomanda di introdurre uno strumento per percorsi professionali nel campo della cibersicurezza (Cyber Security Career Pathways Tool) a livello dell’UE, che aiuti le persone a individuare, creare ed esplorare un potenziale percorso di carriera in questo settore.

1.6.

Il CESE sottolinea il problema della disinformazione: diffonderla potrebbe avere gravi conseguenze, e la prevenzione della disinformazione dovrebbe far parte di qualsiasi strategia in materia di cibersicurezza.

1.7.

Il CESE raccomanda che qualsiasi investimento estero nei settori strategici dell’Unione venga realizzato in conformità con la politica di sicurezza dell’UE.

1.8.

Il CESE consiglia di usare cautela per quel che riguarda l’avvento dei computer quantistici e i rischi che comportano. Questo giustifica la necessità di passare a una crittografia a prova di computer quantistici o post-quantistica.

1.9.

Il CESE raccomanda che la strategia della Commissione in materia di cibersicurezza sia aggiornata periodicamente, e in ogni caso almeno ogni due anni, affinché sia in grado di offrire una risposta efficace alle tecnologie future e ai rischi futuri.

1.10.

Infine, il CESE sottolinea l’importanza del dialogo sociale nell’elaborazione di politiche in materia di cibersicurezza che tutelino efficacemente le persone nei contesti di lavoro a distanza (telelavoro) e più in generale di attività online.

2.   Comunicazione della Commissione europea

2.1.

L’obiettivo della comunicazione in esame è quello di sottolineare l’impegno dell’Unione europea (UE) volto a salvaguardare l’ambiente online garantendo il più alto livello possibile di libertà e di sicurezza, a vantaggio dei suoi cittadini.

2.2.

La comunicazione delinea la visione dell’UE in tale ambito, definendo ruoli e responsabilità, e propone attività specifiche a livello dell’UE finalizzate a fornire una protezione forte ed efficace, salvaguardando al contempo i diritti dei cittadini al fine di rendere l’ambiente online sicuro e protetto.

2.3.

Le azioni proposte mirano a:

raggiungere la ciberresilienza aumentando capacità, preparazione, cooperazione, scambio di informazioni e consapevolezza nel campo della sicurezza delle reti e dell’informazione, per il settore pubblico e quello privato, a livello nazionale e dell’UE;

standardizzare le procedure di ciberdifesa in tutta l’Unione e creare una banca dati contenente informazioni pertinenti per fornire dati di intelligence sulle minacce, a sostegno del settore o dell’economia interessati;

ridurre drasticamente la criminalità informatica rafforzando le competenze specifiche di coloro che sono incaricati di indagare su di essa e perseguirla, adottando un approccio più coordinato tra le autorità di contrasto nazionali nell’Unione, e potenziando la cooperazione con gli altri attori;

istituire programmi di formazione e certificazione a livello dell’UE per i professionisti che soddisfano i requisiti di esperti qualificati in materia di criminalità informatica in modo da giungere a un livello di competenze omogeneo in tutta l’Unione;

elaborare una politica dell’UE in materia di ciberdifesa e sviluppare capacità nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune;

promuovere le risorse industriali e tecnologiche necessarie per beneficiare del mercato unico digitale. Ciò aiuterà a stimolare l’emergere di un’industria europea e di un mercato europeo per tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) sicure; tali azioni contribuiranno alla crescita e alla competitività dell’economia dell’UE e incrementeranno la spesa pubblica e privata in materia di ricerca e sviluppo (R&S) sulla cibersicurezza;

potenziare la politica internazionale dell’UE sul ciberspazio al fine di sostenere i valori fondamentali dell’UE, definire norme per un comportamento responsabile, promuovere l’applicazione del diritto internazionale esistente in materia di ciberspazio e fornire assistenza ai paesi terzi per quanto concerne lo sviluppo di capacità nel campo della cibersicurezza; nonché

sviluppare e attuare un marchio di qualità in materia di sicurezza dell’UE per i prodotti, i servizi e le tecnologie che soddisfano le norme e i requisiti stabiliti per le soluzioni di cibersicurezza.

2.4.

La strategia proposta riguarda la sicurezza di servizi essenziali quali ospedali, reti energetiche e ferrovie, nonché un numero sempre crescente di dispositivi connessi utilizzati nelle nostre abitazioni, uffici e fabbriche, lo sviluppo di capacità collettive di risposta a gravi attacchi informatici e la collaborazione con partner di tutto il mondo al fine di garantire la sicurezza e la stabilità internazionali nel ciberspazio.

2.5.

Le minacce alla cibersicurezza sono quasi sempre di carattere transfrontaliero e un attacco informatico in un paese può compromettere o un gruppo di Stati membri o anche l’intera UE: per questo motivo, la Commissione propone altresì di istituire un’unità congiunta per il ciberspazio al fine di fornire la risposta più efficace possibile alle minacce informatiche attingendo alle risorse e alle competenze collettive di cui dispongono l’UE e gli Stati membri.

2.6.

La strategia sarà finanziata per un importo di 2 miliardi di EUR a titolo del programma Europa digitale dell’UE e di Orizzonte Europa, a cui si aggiungono investimenti degli Stati membri e del settore privato.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Oggi la cibersicurezza è universalmente accettata come parte integrante del funzionamento delle istituzioni e delle agenzie dell’UE, di ciascuno Stato membro e delle economie nazionali. La cibersicurezza è un elemento fondamentale per promuovere l’infrastruttura energetica dell’Unione e la diffusione delle reti intelligenti (1), nonché la digitalizzazione e l’ecologizzazione delle economie dell’UE. Altrettanto importante è la tutela e la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini garantite dalla cibersicurezza. Salvaguardare i diritti e le libertà è particolarmente importante poiché gli attacchi informatici potrebbero ripercuotersi negativamente sui cittadini e sulle famiglie (come pure sulle imprese, le organizzazioni e i servizi pubblici). Il recente attacco informatico a un centro ospedaliero di Tournai (Belgio) è un esempio di minaccia non solo per i beni materiali, ma anche per la vita umana a causa del rinvio degli interventi chirurgici che ne è conseguito (2).

3.2.

Secondo Digitaleurope (3), l’Associazione europea dell’industria delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, le minacce informatiche costituiscono un grave ostacolo al percorso dell’Europa verso la prosperità. A livello mondiale, si stimava che le perdite economiche dovute alla criminalità informatica sarebbero ammontate a 2 500 miliardi di EUR entro la fine del 2020 e il 74 % delle aziende mondiali può aspettarsi di essere vittima della pirateria informatica nel 2021. Malgrado ciò, solo il 32 % delle imprese europee ha messo in campo politiche per la cibersicurezza. È chiaro ed evidente che le minacce informatiche richiedono una risposta coordinata a livello dell’UE e una strategia in materia di cibersicurezza capace di rispondere alle attuali sfide e di difendere le organizzazioni e i cittadini dalla prossima generazione di minacce informatiche. Questo vale in particolare per i servizi pubblici che gestiscono grandi quantità di dati personali e sensibili e che devono essere protetti. Inoltre, il percorso verso la sovranità europea dei dati e il mantenimento della riservatezza di questi all’interno dell’Unione deve essere rafforzato attraverso la resilienza informatica e digitale, il che a sua volta accrescerà la prosperità all’interno dell’UE.

3.3.

Le potenziali perdite economiche derivanti dagli attacchi informatici sono ingenti e includono:

la perdita di proprietà intellettuale e di informazioni commerciali riservate;

frode online e criminalità finanziaria, spesso come risultato di informazioni sull’identità rubate;

manipolazione finanziaria, utilizzando informazioni commerciali sensibili rubate su possibili fusioni di società o conoscenze anticipate riguardanti relazioni sulla performance per società quotate in borsa;

costi di opportunità, tra cui eventuali perturbazioni nella produzione o nella fornitura di servizi e calo di fiducia per le attività online;

costi per la messa in sicurezza delle reti, quali la sottoscrizione di un’assicurazione informatica (4) e spese da sostenere per il recupero a seguito di attacchi informatici; e

danno reputazionale e rischio di responsabilità per la società vittima della pirateria informatica e per il suo marchio, ivi inclusi danni temporanei al valore azionario.

3.4.

È importante precisare che l’Europa è la regione del mondo che subisce il maggiore danno economico dovuto alla criminalità informatica, stimato pari allo 0,84 % del PIL dell’UE rispetto allo 0,78 % dell’America settentrionale, secondo l’ultima relazione sull’impatto economico della criminalità informatica a cura del Centro di studi strategici internazionali (CSIS).

3.5.

In tale contesto, la strategia proposta, presentata dopo un periodo di ampie consultazioni con i portatori di interesse, non sarebbe potuta giungere in un momento più opportuno, tenuto conto che gli esperti prevedono che il numero di dispositivi connessi in tutto il mondo arriverà a 25 miliardi entro il 2025. Secondo le previsioni, un quarto di questi dispositivi sarà operativo in Europa.

3.6.

L’annuncio della strategia ha coinciso con l’attacco informatico contro un’azienda statunitense sviluppatrice di software per le imprese per aiutarle a gestire le loro reti e i loro sistemi informatici: un attacco che, secondo quanto riferito, ha compromesso i computer di alcune agenzie del governo federale degli Stati Uniti d’America. Anche centinaia di altre società statunitensi sono state esposte all’attacco, in cui gli hacker hanno introdotto un malware in un aggiornamento del software che è stato scaricato da migliaia di clienti dell’azienda statunitense di sviluppo software colpita. Questo incidente dimostra come le amministrazioni pubbliche, le imprese di ogni settore e la società nel suo complesso possano correre il rischio di subire un attacco informatico.

3.7.

Non sorprende, dunque, che alcuni settori chiave rientrino nell’ambito d’applicazione della strategia, ossia, tra l’altro, i fornitori di dati e servizi cloud, i servizi di telecomunicazioni, i sistemi informatici delle autorità pubbliche e il settore manifatturiero. Ulteriori esempi pertinenti di ambiti in cui potrebbero insorgere minacce a livello di cibersicurezza comprendono le app di tracciamento dei contatti, come quelle utilizzate nella lotta alla COVID-19. La messa in sicurezza di queste app di tracciamento contribuisce ovviamente ad accrescere la fiducia dell’opinione pubblica nella protezione dei dati privati per quanto riguarda le misure ritenute fondamentali per combattere la pandemia di COVID-19.

3.8.

La pandemia ha accelerato un cambiamento nei modelli di lavoro, in un contesto in cui nel 2020 ben il 40 % dei lavoratori dell’Unione è passato al telelavoro (5). Tuttavia, secondo le stime, il 40 % degli utenti dell’UE ha riscontrato problemi legati alla sicurezza nel 2020, e oltre il 12 % delle aziende è stato colpito da attacchi informatici.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

Il CESE ritiene che la strategia proposta costituisca un passo nella giusta direzione verso la protezione di governi, cittadini e aziende in tutta l’UE da minacce informatiche globali, e verso l’obiettivo di assumere un ruolo guida nell’ambito del ciberspazio, garantendo al contempo che ciascuno possa trarre vantaggio da Internet e dall’utilizzo delle tecnologie.

4.2.

Il CESE reputa la cibersicurezza un aspetto fondamentale al fine di salvaguardare le attività economiche, incrementare la crescita economica e assicurare la fiducia degli utenti nelle attività online. Concorda altresì sulla necessità di adottare misure coraggiose per garantire che i cittadini europei possano beneficiare di innovazione, connettività e automazione in piena sicurezza.

4.3.

Il CESE riconosce che i settori economici dell’UE sono sempre più dipendenti e interdipendenti a livello digitale. Vi è stata anche un’enorme espansione dell’uso dei dispositivi IoT (Internet degli oggetti) da parte di consumatori e imprese, nonché in contesti industriali quali la produzione manifatturiera, mentre anche il FinTech (tecnologia finanziaria) e il RegTech (tecnologia applicata alla regolamentazione) sono entrati a far parte della vita quotidiana. L’introduzione delle reti 5G ha acquistato velocità e, di recente, la crisi della COVID-19 ha accelerato la trasformazione digitale di numerose società e autorità pubbliche, spingendole — praticamente da un giorno all’altro — a svolgere le loro attività a distanza, sfruttando perlopiù servizi basati sul cloud. Tali sviluppi richiedono una risposta efficace, rapida e inclusiva in materia di cibersicurezza.

4.4.

Questi cambiamenti hanno aumentato il livello di rischio critico per le autorità pubbliche e il settore industriale Il CESE sostiene pertanto la nuova strategia in materia di cibersicurezza e appoggia la serie di proposte volte a migliorare la ciberresilienza all’interno e all’esterno dell’UE. Sebbene gli enti pubblici siano ammissibili ai finanziamenti dell’UE a titolo dei vari programmi pertinenti che sostengono gli investimenti in questo settore, quali Orizzonte 2020/Orizzonte Europa, il CESE ritiene che possano essere necessarie ulteriori opportunità di finanziamento per gli enti pubblici o semipubblici, al fine di consentire investimenti per un’adeguata infrastruttura di cibersicurezza capace di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento dei cittadini, specialmente in momenti di crisi come durante una pandemia.

4.5.

È importante e giunge al momento opportuno la proposta della Commissione europea di creare una rete di centri operativi di sicurezza (Security Operations Centres — SOC) in tutta l’UE che potrebbe sfruttare l’intelligenza artificiale (IA) e l’apprendimento automatico per migliorare la velocità di rilevamento delle minacce e degli incidenti, di analisi e di risposta. Il CESE riconosce che sta diventando più difficile riuscire a prevenire attacchi informatici in modo non automatizzato, a causa dell’enorme numero di segnalazioni giornaliere che devono essere gestite dai team per la sicurezza, un fattore a cui si aggiunge la generale carenza di personale specializzato in questo ambito. Tutto ciò rende inevitabile l’automazione dei centri operativi di sicurezza.

4.6.

Il CESE accoglie con favore gli obiettivi e le azioni sulla sicurezza del 5G, che saranno assolutamente determinanti per contribuire a mitigare eventuali nuovi rischi derivanti dalla sempre più ampia superficie di attacco che sarà creata dalle infrastrutture delle reti 5G. Il CESE sostiene in particolare l’appello rivolto all’Agenzia dell’Unione europea per la cibersicurezza (ENISA) e agli Stati membri di collaborare con tutti i portatori di interessi per comprendere meglio le nuove tecnologie e capacità connesse alla sicurezza del 5G nonché le relative minacce. È palese che tale strategia riconosca che l’utilizzo di nuove tecnologie tramite la rete 5G, quali la virtualizzazione di rete, il network slicing (segmentazione della rete) e l’edge computing (elaborazione dati ai margini della rete), è particolarmente soggetto a vulnerabilità specifiche che richiedono misure di sicurezza aggiuntive.

4.7.

Il CESE accoglie con favore la proposta di sviluppare ulteriormente il ruolo di Europol quale centro di competenza sulla criminalità informatica a sostegno delle autorità nazionali di contrasto, e si compiace dell’aumento del finanziamento e del potenziamento del mandato per il CERT-UE (squadra di pronto intervento informatico delle istituzioni, degli organi e delle agenzie europee). Entrambi gli organi svolgono un ruolo fondamentale nel sostenere gli sforzi in materia di cibersicurezza in tutta l’UE. Tali sforzi contribuiranno sicuramente a migliorare la cibersicurezza delle istituzioni e delle agenzie dell’UE e non solo.

4.8.

Il CESE si compiace dell’importanza attribuita nella strategia alla cooperazione internazionale dell’UE, ad esempio attraverso il ricorso alla diplomazia informatica nelle relazioni internazionali, il potenziamento dei dialoghi bilaterali sulla cibersicurezza e lo sviluppo delle capacità informatiche nei paesi terzi. Le minacce alla sicurezza informatica hanno un carattere globale e non solo regionale, pertanto anche le politiche efficaci per contrastarle devono essere attuate a livello globale.

4.9.

Il CESE rileva altresì che la strategia sottolinea l’importanza del dialogo e della cooperazione con la comunità multipartecipativa, in particolare attraverso scambi regolari con il settore privato e quello pubblico, oltre che con le parti sociali e il mondo accademico. Questo approccio è accolto con favore e sarà determinante per elaborare ulteriormente le proposte contenute nella strategia e per affrontare sviluppi importanti come, ad esempio, le sfide in materia di sicurezza poste dal lavoro a distanza (telelavoro). Il contributo di tutti i portatori di interessi pertinenti dovrebbe essere continuo, poiché il livello di tecnologia utilizzato nella criminalità informatica diviene più sofisticato.

4.10.

Il CESE plaude all’accento posto sullo sviluppo delle competenze pertinenti necessarie a proteggere in generale dalle minacce informatiche. Tuttavia, per la maggior parte delle aziende europee, e in particolare per le PMI, la crescente carenza di competenze continua a essere un enorme problema a fronte delle minacce alla cibersicurezza. Il CESE ritiene che questa carenza di competenze possa essere affrontata solo attraverso l’introduzione di uno strumento per percorsi professionali nel campo della cibersicurezza (Cyber Security Career Pathways Tool) a livello dell’UE, che aiuti le persone a individuare, creare ed esplorare un potenziale percorso di carriera nell’ambito della cibersicurezza aumentando la comprensione delle conoscenze, delle competenze e delle abilità necessarie a intraprendere, passare a o proseguire una carriera nel settore della cibersicurezza. Tale strumento dovrebbe comprendere anche programmi specifici che trattino le questioni dell’accessibilità e della diversità nello spazio della cibersicurezza. Il ruolo degli istituti di istruzione e formazione professionale (IFP) è ritenuto fondamentale per sostenere la creazione di un Cyber Security Career Pathways Tool a livello dell’Unione. Inoltre, l’UE dovrebbe puntare sempre più su iniziative di ricerca congiunte (sia all’interno che all’esterno dell’Unione stessa) al fine di formare professionisti della cibersicurezza specializzati e qualificati in modo inclusivo, dato il ruolo in evoluzione che la tecnologia riveste nel creare luoghi di lavoro e una società più inclusivi. Infine, si dovrebbero considerare attentamente misure volte a incoraggiare gli studenti a intraprendere studi universitari di cibersicurezza fornendo loro borse di studio per corsi di laurea magistrale, corsi di laurea specialistica e studi post-laurea incentrati sulla cibersicurezza, in cambio di un servizio da prestare presso le istituzioni e le agenzie dell’UE nonché presso i servizi pubblici dei paesi dell’UE a seguito del conferimento del titolo di laurea.

4.11.

Il CESE rileva che un aspetto che non è stato affrontato nella strategia in materia di cibersicurezza è il collegamento tra cibersicurezza e disinformazione, e al riguardo fa riferimento, in particolare, allo studio commissionato dal dipartimento tematico Diritti dei cittadini e affari costituzionali del Parlamento europeo (6). Nell’era del ciberspazio formato da Internet, la diffusione della disinformazione potrebbe avere gravi conseguenze. Gli attacchi transfrontalieri possono prendere di mira i centri di informazione, le istituzioni governative o europee allo scopo di diffondere la disinformazione e potrebbero anche minare la fiducia nelle autorità pubbliche. Ne deriva quindi la necessità di porre l’accento sulla prevenzione della disinformazione in qualsiasi strategia in materia di cibersicurezza.

4.12.

Il CESE osserva inoltre che anche gli investimenti esteri nei settori strategici, l’acquisizione di beni, tecnologie e infrastrutture critici nell’Unione e la fornitura di apparecchiature fondamentali possono mettere a rischio la sicurezza dell’UE. A questo proposito e in conformità con le norme vigenti in materia di appalti pubblici, il CESE raccomanda di attribuire maggiore importanza alle considerazioni di sicurezza in sede di aggiudicazione degli appalti.

4.13.

Il CESE rileva altresì che la sicurezza dei software e dei sistemi crittografici attuali è insidiata dall’avvento dei computer quantistici, che secondo le previsioni saranno disponibili al pubblico nel giro di una decina d’anni, se non prima. Questa prospettiva giustifica la necessità di passare a una crittografia a prova di computer quantistici o post-quantistica, una necessità testimoniata da iniziative su scala mondiale per la standardizzazione di sistemi crittografici post-quantistici, come i protocolli crittografici post-quantistici destinati a portare a nuovi standard su cui sta lavorando il National Institute of Science and Technology (NIST) statunitense, il progetto di crittografia a prova di computer quantistici del gruppo di lavoro dell’Istituto europeo per le norme di telecomunicazione (ETSI) e il concorso di crittografia post-quantistica indetto dall’Associazione cinese per la ricerca crittografica.

4.14.

Il CESE raccomanda di rivedere le strategie nazionali in materia di cibersicurezza al fine di garantire coerenza con la strategia della Commissione e di assicurare che le decisioni adottate a livello di Stati membri siano in linea con le proposte contenute nella strategia della Commissione. La strategia a livello europeo unitamente alle strategie nazionali dovrebbero convergere al fine di affrontare efficacemente le minacce informatiche attuali e future.

4.15.

Dato che i rischi futuri sono in gran parte imprevedibili e con riferimento al punto 4.13 del presente parere, il CESE raccomanda che la strategia della Commissione in materia di cibersicurezza sia aggiornata periodicamente, e in ogni caso almeno ogni due anni, affinché sia in grado di offrire una risposta efficace alle tecnologie future e ai rischi futuri. Come affermato in precedenza, il coinvolgimento dei portatori di interessi e la ricerca ad alto livello saranno altresì determinanti per l’aggiornamento delle strategie in materia di cibersicurezza.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Un attacco informatico contro una rete intelligente potrebbe incidere sulla fornitura di energia ai consumatori e alle imprese.

(2)  https://www.databreaches.net/chwapi-hospital-hit-by-ransomware-operations-canceled-and-another-city-hit/

(3)  https://www.digitaleurope.org/

(4)  La copertura di un’assicurazione informatica non è, ovviamente, illimitata. La COVID-19 ha in effetti messo in evidenza il fatto che l’accumulo di rischi rappresenta una sfida in termini di assicurabilità. Un recente studio della società AON avvalora l’affermazione che l’assicurazione costituisce solo una parte minima (5 %) delle spese per la preparazione alle minacce informatiche. L’auditing e la formazione sono risultati essere i più importanti fattori che determinano i costi.

(5)  Eurofound (2020), Living, working and COVID-19 — COVID-19 series (Vivere, lavorare e la COVID-19 — Serie sulla COVID-19), Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo.

(6)  https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2019/608864/IPOL_STU(2019)608864_EN.pdf


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/82


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un sistema informatizzato di comunicazione per i procedimenti civili e penali transfrontalieri (sistema e-CODEX) e che modifica il regolamento (UE) 2018/1726»

[COM(2020) 712 final — 2020/345 (COD)]

(2021/C 286/15)

Relatrice:

Ozlem YILDIRIM

Consultazione

Commissione europea, 24.2.2021

Base giuridica

Articoli 81, paragrafo 2, e 82, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione, consumo

Adozione in sezione

31.3.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

247/0/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa di regolamentazione presentata, che deve essere integrata dalle proposte del Parlamento europeo. Il sistema e-CODEX avrà un impatto positivo indiretto in quanto semplificherà e accelererà le procedure giudiziarie e la cooperazione a livello transfrontaliero, il che contribuirà anche a migliorare il funzionamento del mercato unico.

1.2.

È opportuno notare che il sistema e-CODEX non è limitato alla giustizia elettronica. Per il futuro, il CESE raccomanda di includere una disposizione volta a rendere possibili anche altri impieghi da parte di altre amministrazioni pubbliche, tra cui, ad esempio, il trasferimento del fascicolo sanitario elettronico.

1.3.

Il CESE raccomanda alla Commissione di includere l’aspetto della scalabilità nel campo di applicazione del regolamento. Il sistema e-CODEX è già operativo in alcuni Stati membri che sono i promotori iniziali di questo progetto. Tuttavia, l’attuale progetto deve essere esteso garantendone il buon funzionamento in tutti gli Stati membri, come nelle intenzioni della proposta di regolamento.

1.4.

La digitalizzazione della società, dell’economia e dell’amministrazione sta accelerando e costituisce, nell’insieme, un obiettivo ambizioso; questa è una realtà di cui bisogna ormai tenere conto. Il sistema e-CODEX è una componente fondamentale del «pacchetto sulla cooperazione giudiziaria digitale» e dell’infrastruttura di servizi digitali in materia di giustizia elettronica, tra le altre iniziative. Poiché questo sistema riguarda la giustizia e i diritti fondamentali, il CESE ritiene che debba essere collegato alla strategia digitale globale di cui alla comunicazione Plasmare il futuro digitale dell’Europa (1), un aspetto fondamentale che nella proposta di regolamento non è menzionato esplicitamente.

1.5.

Dato che l’Agenzia dell’Unione europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-LISA) non è un’agenzia di regolamentazione, il CESE ritiene che il capo 2 della proposta di regolamento debba riguardare la trasparenza del processo decisionale, il coinvolgimento degli Stati membri e di altre parti interessate e la necessaria indipendenza delle decisioni adottate dagli organismi coinvolti nella sua governance.

1.6.

Poiché il sistema e-CODEX consiste in un pacchetto software che può essere utilizzato per istituire un punto di accesso per una comunicazione sicura, la garanzia di un elevato livello di sicurezza deve essere un obiettivo fondamentale del regolamento, inteso come la necessità di introdurre misure di sicurezza che garantiscano il libero esercizio dei diritti individuali.

1.7.

Un aspetto che, a giudizio del CESE, merita una maggiore attenzione è la necessità di assicurare che l’accesso alla giustizia digitale sia ampio ed effettivo. I vantaggi offerti dal sistema e-CODEX devono andare oltre gli aspetti legati al miglioramento delle capacità di gestione, funzionamento e comunicazione. Il CESE ritiene che la diffusione della giustizia digitale debba essere volta a garantire a tutti i cittadini dell’UE un accesso sicuro, affidabile e agevole alla giustizia.

1.8.

Il CESE richiama l’attenzione sulle preoccupazioni espresse da varie parti interessate e da diversi Stati membri circa il fatto che il principio di indipendenza della magistratura sia sufficientemente garantito nel funzionamento permanente e nell’ulteriore sviluppo del sistema e-CODEX da parte dell’agenzia eu-LISA.

2.   Contesto e sintesi della proposta della Commissione

2.1.

Il sistema e-CODEX (e-Justice Communication through On-line Data Exchange) è stato lanciato nell’ambito del piano d’azione pluriennale 2009-2013 in materia di giustizia elettronica (2), con lo scopo principale di promuovere la digitalizzazione dei procedimenti giudiziari transfrontalieri e facilitare la comunicazione tra le autorità giudiziarie degli Stati membri.

2.2.

Il sistema e-CODEX costituisce lo strumento principale per istituire una rete di comunicazione interoperabile e decentrata tra i sistemi informatici nazionali nei procedimenti civili e penali transfrontalieri. Si tratta di un pacchetto software che consente il collegamento tra i sistemi nazionali, permettendo agli utenti, quali le autorità giudiziarie, gli operatori della giustizia e i cittadini, di inviare e ricevere documenti, moduli giuridici, prove e altre informazioni in modo rapido e sicuro. Il sistema e-CODEX consiste in un pacchetto software che può essere utilizzato per istituire un punto di accesso per una comunicazione sicura.

2.3.

Il sistema e-CODEX è una delle componenti chiave della politica della Commissione in materia di giustizia elettronica per migliorare l’accesso alla giustizia e la sua efficienza negli Stati membri ed è incluso nel piano d’azione pluriennale 2019-2023 in materia di giustizia elettronica (3). Viene inoltre confermato come lo strumento principale per la comunicazione digitale sicura nei procedimenti giudiziari transfrontalieri nella comunicazione della Commissione intitolata Digitalizzazione della giustizia nell’Unione europea — Un pacchetto di opportunità (4). Nel contesto di un mercato unico digitale che mira a fornire infrastrutture e servizi ad alta velocità, sicuri e affidabili, le soluzioni per promuovere la giustizia elettronica rientravano nel piano d’azione per l’eGovernment del 2016 (5).

2.4.

Il sistema e-CODEX è stato messo a punto da 21 Stati membri dell’UE con la partecipazione di altri paesi/territori/organizzazioni terzi (6) tra il 2010 e il 2016.

2.5.

Attualmente il sistema è gestito da un consorzio di Stati membri e di altre organizzazioni ed è finanziato da una sovvenzione dell’UE.

2.6.

Il sistema e-CODEX deve essere gestito in modo da non mettere in discussione l’indipendenza delle autorità giudiziarie nazionali.

2.7.

La Commissione presenta una proposta di regolamento per istituire il sistema e-CODEX al livello dell’UE e ne affida la gestione operativa all’Agenzia dell’Unione europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-LISA). Una governance stabile del sistema e-CODEX consentirà di renderlo il sistema predefinito per lo scambio di messaggi elettronici a fini di cooperazione giudiziaria a livello dell’UE. L’agenzia eu-LISA non assumerà la gestione operativa del sistema e-CODEX prima del luglio 2023.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa di regolamentazione presentata, che deve essere integrata dalle proposte del Parlamento europeo. Il sistema e-CODEX avrà un impatto positivo indiretto in quanto semplificherà e accelererà le procedure giudiziarie e la cooperazione a livello transfrontaliero, il che contribuirà anche a migliorare il funzionamento del mercato unico.

3.2.

L’Europa è una forza trainante nella trasformazione digitale, e il sistema e-CODEX costituisce un catalizzatore di questa trasformazione in Europa e negli Stati membri e, soprattutto, tra di essi. La sua portata va al di là delle esigenze informatiche funzionali, interessando fattori chiave quali l’armonizzazione, la cultura, i diritti umani e altri processi che devono essere affrontati dagli Stati membri nel processo di digitalizzazione della società e dell’economia.

3.3.

Poiché il regolamento in esame consente ai cittadini di beneficiare di un migliore accesso transfrontaliero alla giustizia, il CESE ritiene che esso debba anche affrontare specificamente il rafforzamento e l’armonizzazione necessari delle capacità degli Stati membri nel settore della cooperazione giudiziaria. Questo riguarda in primo luogo l’ecosistema digitale su cui si fonda e-CODEX, che deve consentire di realizzare un ambiente interoperabile e interconnesso. Il CESE sottolinea che l’adozione delle tecnologie dell’informazione da parte della magistratura in Europa è stata finora poco uniforme. Il CESE chiede pertanto una maggiore cooperazione tra le articolazioni giudiziarie nazionali e una maggiore convergenza in tutta l’UE ai loro diversi livelli, nel pieno rispetto delle specificità dei sistemi nazionali, e in particolare dei ruoli e delle responsabilità dei diversi soggetti coinvolti. A livello tecnico, occorre garantire che gli Stati membri dispongano di gradi di automazione simili e della capacità tecnica di gestione e archiviazione di documenti elettronici di grandi dimensioni, come anche di collegamento in rete ad alti livelli di sicurezza con i fornitori di servizi.

3.4.

È fondamentale rafforzare la fiducia nell’interazione elettronica transfrontaliera tra cittadini, imprese e autorità pubbliche. Un aspetto da non trascurare è quello riguardante l’impatto del regolamento in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato unico europeo (eIDAS) sull’infrastruttura e sul funzionamento del sistema e-CODEX. Poiché il regolamento eIDAS disciplina le firme elettroniche, le operazioni elettroniche, gli organismi coinvolti e i relativi processi, il CESE osserva che il sistema e-CODEX svolge un ruolo di efficace strumento per la comunicazione su vasta scala. La sua infrastruttura deve funzionare conformemente ai requisiti del regolamento eIDAS e consentire alle parti di interoperare in maniera sicura.

3.5.

È opportuno notare che il sistema e-CODEX non è limitato alla giustizia elettronica. Per il futuro, il CESE raccomanda di includere una disposizione volta a rendere possibili anche altri impieghi da parte di altre amministrazioni pubbliche, tra cui, ad esempio, il trasferimento del fascicolo sanitario elettronico. L’applicazione del sistema e-CODEX al di là della giustizia elettronica contribuirà a garantirne l’impiego a lungo termine e incoraggerà gli Stati membri a effettuare i necessari investimenti nelle relative infrastrutture. Poiché la proposta in esame disciplina unicamente gli aspetti relativi alla giustizia, sarebbero quindi necessarie altre proposte legislative.

3.6.

Il CESE sostiene il sistema e-CODEX in quanto consente la trasmissione elettronica sicura di informazioni e documenti nei procedimenti civili e penali transfrontalieri. Come osserva la Commissione, questo regolamento è necessario per due motivi principali: 1) creare e garantire la sostenibilità a lungo termine del sistema e-CODEX, e 2) affidarne la gestione, l’ulteriore sviluppo e la manutenzione all’agenzia eu-LISA. Il CESE sottolinea tuttavia che una governance efficace del sistema giudiziario digitale richiede sia un’architettura tecnica sostenibile e stabile che una infrastruttura di governance solida.

3.7.

Il CESE raccomanda alla Commissione di includere l’aspetto della scalabilità nel campo di applicazione del regolamento. Il sistema e-CODEX è già operativo in alcuni Stati membri che sono i promotori iniziali di questo progetto. Tuttavia, l’attuale progetto deve essere esteso garantendone il buon funzionamento in tutti gli Stati membri, come nelle intenzioni della proposta di regolamento. Il CESE sottolinea che spetta a ciascuno Stato membro garantire il buon funzionamento e la sicurezza dei sistemi e delle infrastrutture informatiche nazionali e assicurare la protezione dei dati personali e della vita privata.

3.8.

Il CESE invita la Commissione a valutare la possibilità di aiutare le entità che operano al di fuori dell’UE, in particolare nei paesi a essa associati, a creare il pacchetto di prodotti software del sistema e-CODEX. Tale allargamento del progetto, che dovrebbe basarsi su un chiaro modello di cofinanziamento, apporterebbe benefici a tutte le parti interessate. Si dovrebbe tenere conto della necessità di garantire la scalabilità e l’operatività del sistema.

4.   Osservazioni particolari

4.1.   Allineamento e coerenza con le principali strategie europee

4.1.1.

La digitalizzazione della società, dell’economia e dell’amministrazione sta accelerando e costituisce, nell’insieme, un obiettivo ambizioso; questa è una realtà di cui bisogna ormai tenere conto. Il sistema e-CODEX è una componente fondamentale del «pacchetto sulla cooperazione giudiziaria digitale» e dell’infrastruttura di servizi digitali in materia di giustizia elettronica, tra le altre iniziative. Poiché questo sistema riguarda la giustizia e i diritti fondamentali, il CESE ritiene che debba essere collegato alla strategia digitale globale di cui alla comunicazione Plasmare il futuro digitale dell’Europa (7), un aspetto fondamentale che nella proposta di regolamento non è menzionato esplicitamente.

4.1.2.

Secondo il CESE, la prevista iniziativa legislativa sull’intelligenza artificiale, che sarà presentata dalla Commissione nella primavera del 2021 (8), dovrà affrontare specificamente il ruolo delle tecnologie basate sull’intelligenza artificiale nel consentire soluzioni di giustizia elettronica, nonché i rischi associati all’impiego di tali tecnologie da parte delle autorità giudiziarie. Tra questi possibili impieghi rientrano la «giustizia predittiva» e le sfide che essa comporta, le piattaforme di risoluzione delle controversie online e l’utilizzo di algoritmi nelle indagini penali.

4.1.3.

Il CESE riconosce che il sistema e-CODEX non implica l’impiego dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, questa tecnologia è sempre più utilizzata nei sistemi giudiziari. Pertanto, considerando la relazione indiretta, il CESE raccomanda che il primo riesame del piano coordinato sull’intelligenza artificiale (9), in programma per il primo trimestre del 2021, affronti il collegamento tra l’intelligenza artificiale, la giustizia digitale e il sistema e-CODEX.

4.2.   Governance efficace e aspetti operativi del sistema e-CODEX

4.2.1.

Dato che l’agenzia eu-LISA non è un’agenzia di regolamentazione, il CESE ritiene che il capo 2 della proposta di regolamento debba riguardare la trasparenza del processo decisionale, il coinvolgimento degli Stati membri e di altre parti interessate e la necessaria indipendenza delle decisioni adottate dagli organismi coinvolti nella sua governance. In questo senso, poiché il principale gruppo potenziale di utenti del sistema e-CODEX sarà quello degli avvocati, la partecipazione di questa categoria potrebbe essere inclusa a livello sia strategico che di attuazione per rispondere, ad esempio, alla necessità di garantire che il sistema favorisca condizioni di parità in termini di accessibilità per tutte le parti e soddisfi le esigenze della categoria. I professionisti del settore giudiziario dovrebbero pertanto essere coinvolti in maniera strutturale e non solo consultati.

4.2.2.

Sul piano operativo, il CESE sottolinea che sono necessari alcuni chiarimenti per quanto riguarda, ad esempio, la rigorosa delimitazione delle questioni relative agli affari interni e la questione dello «sportello unico». Occorre inoltre armonizzare i formati per la presentazione e lo scambio di elementi di prova tra giurisdizioni.

4.2.3.

Per quanto riguarda l’agenzia eu-LISA, bisogna che sia dotata di risorse sia umane che finanziarie sufficienti. A sostegno di ciò, il CESE rinnova la sua raccomandazione (10) sulla necessità che il personale di questa agenzia, e in particolare quello informatico, sia adeguatamente formato, in modo da avere una corretta conoscenza di come la gestione del sistema e-CODEX debba garantire l’indipendenza della magistratura e il diritto a un processo equo. Questo aspetto può essere ulteriormente sviluppato nell’articolo 13 della proposta di regolamento.

4.3.   Un livello elevato di sicurezza per proteggere i diritti e le libertà

4.3.1.

Poiché il sistema e-CODEX consiste in un pacchetto software che può essere utilizzato per istituire un punto di accesso per una comunicazione sicura, la garanzia di un elevato livello di sicurezza deve essere un obiettivo fondamentale del regolamento, inteso come la necessità di introdurre misure di sicurezza che garantiscano il libero esercizio dei diritti individuali (11). Il CESE ritiene inoltre che il regolamento sul sistema e-CODEX debba indicare chiaramente, nel capo 2, che tra l’agenzia eu-LISA e l’agenzia dell’UE per la cibersicurezza (ENISA) esiste un accordo di cooperazione (12).

4.3.2.

Le soluzioni digitali devono garantire un elevato livello di protezione della vita privata e dei dati. Un elevato livello di sicurezza implica anche la garanzia di una protezione dei dati armonizzata a livello nazionale. Il CESE insiste sulla necessità che i responsabili del trattamento dei dati negli Stati membri adottino misure tecniche e organizzative adeguate, attuino i principi di protezione dei dati in modo efficace e siano dotati delle risorse finanziarie sufficienti a tal fine.

4.3.3.

I rischi legati alla sicurezza sono sempre più imprevedibili. Il CESE riconosce che la valutazione e l’attenuazione dei rischi sono aspetti centrali della pianificazione annuale, delle operazioni di routine e del ciclo di rendicontazione dell’agenzia eu-LISA. Il CESE ritiene che, oltre alle strategie di attenuazione dei rischi e alla mappatura dei «rischi maggiori», l’agenzia potrebbe rafforzare il suo ambito operativo effettuando la rilevazione dei possibili rischi con esiti imprevisti. In tal modo diverrebbe più resiliente e rafforzerebbe il suo ruolo di prevenzione.

5.   Conformità con i diritti fondamentali

5.1.   Una giustizia digitale accessibile per tutti, al fine di garantire l’uguaglianza e la non discriminazione

5.1.1.

Un aspetto che, a giudizio del CESE, merita una maggiore attenzione è la necessità di assicurare che l’accesso alla giustizia digitale sia ampio ed effettivo. I vantaggi offerti dal sistema e-CODEX devono andare oltre gli aspetti legati al miglioramento delle capacità di gestione, funzionamento e comunicazione. Il CESE ritiene che la diffusione della giustizia digitale debba essere volta a garantire a tutti i cittadini dell’UE un accesso sicuro, affidabile e agevole alla giustizia. La parità di accesso deve essere un elemento centrale del regolamento, affinché siano evitate discriminazioni e disuguaglianze. Il CESE raccomanda che il regolamento e-CODEX metta maggiormente in evidenza il fatto che i cittadini devono beneficiare realmente e in modo equo ed efficace della protezione giuridica e dell’accesso alla giustizia elettronica e ai servizi digitali ad essa collegati.

5.1.2.

I benefici del sistema e-CODEX devono raggiungere e servire una più ampia platea di cittadini. In una dimensione frontaliera, gli organi giudiziari e le autorità transfrontaliere non sono le uniche parti interessate. L’ambiente del sistema e-CODEX deve integrare non solo le autorità giudiziarie e i punti di accesso al sistema stesso, ma anche una molteplicità di soggetti: cittadini, tribunali, personale giudiziario, funzionari amministrativi e del settore informatico, autorità di contrasto, notai, esperti di informatica forense, avvocati e terze parti che beneficiano direttamente o indirettamente del sistema.

5.1.3.

Inoltre, data l’importanza del sistema e-CODEX nel garantire un efficace accesso dei cittadini e delle imprese alla giustizia, nel testo della proposta dovrebbe essere incluso anche il riferimento alla tutela dei diritti procedurali.

5.2.   Rispetto dell’indipendenza della magistratura e del diritto a un processo equo

5.2.1.

L’indipendenza della magistratura costituisce una pietra angolare del principio della separazione dei poteri ed è uno dei fondamenti essenziali dello Stato di diritto. L’impiego della tecnologia non dovrebbe sacrificare la coerenza nell’amministrazione della giustizia. Per questo motivo, il CESE invita la Commissione a valutare adeguatamente se il sistema utilizzato per interconnettere i sistemi nazionali di giustizia elettronica sia in grado di rispettare i principi di un giusto ed equo processo. Tali garanzie devono valere, in particolare, qualora il sistema e-CODEX sia affidato all’agenzia eu-LISA.

5.2.2.

Il CESE richiama l’attenzione sulle preoccupazioni espresse da varie parti interessate e da diversi Stati membri circa il fatto che il principio di indipendenza della magistratura sia sufficientemente garantito nel funzionamento permanente e nell’ulteriore sviluppo del sistema e-CODEX da parte dell’agenzia eu-LISA. Le attuali disposizioni contenute nella proposta relative all’indipendenza della magistratura non sono soddisfacenti. Data l’importanza di tale principio, è necessaria una formulazione più rigorosa. Inoltre, il CESE chiede che sia chiarito il modo in cui la struttura di governance proposta per il sistema e-CODEX garantirà effettivamente il rispetto di questo principio nella pratica.

5.3.   Rispetto dei diritti fondamentali e riferimento agli stessi

5.3.1.

Il CESE sottolinea che il regolamento deve rispettare i diritti fondamentali e osservare i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalle costituzioni degli Stati membri. Tra questi figurano il diritto alla sicurezza, il diritto a un ricorso effettivo e i principi di legalità e proporzionalità. Il CESE segnala che la tutela di tali diritti dipende anche dalle condizioni in cui possono verificarsi interferenze nella loro fruizione, e da chi decide in materia.

5.3.2.

L’impiego delle tecnologie digitali non dovrebbe pregiudicare il diritto a un processo equo e a una tutela giurisdizionale effettiva. Questo aspetto è particolarmente importante per quanto riguarda: la pari opportunità per entrambe le parti di far valere le proprie ragioni (parità delle armi); il diritto di prendere conoscenza/discutere di tutte le prove e le osservazioni depositate (contraddittorio); il diritto a un’udienza pubblica; nei procedimenti penali, la non ingerenza nei diritti della difesa.

5.3.3.

Occorre quindi aggiungere al testo della proposta un riferimento esplicito all’applicabilità del titolo VI (Giustizia) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e all’articolo 47 della stessa.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2020) 67 final.

(2)  GU C 75 del 31.3.2009, pag. 1.

(3)  Regolamento (UE) 2018/1726.

(4)  COM(2020) 710 final.

(5)  COM(2016) 179 final.

(6)  Jersey, Norvegia, Turchia, Consiglio degli ordini forensi europei (CCBE) e Consiglio dei notariati dell’Unione europea (CNUE).

(7)  COM(2020) 67 final.

(8)  https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/eu-affairs/20201208STO93329/prossimamente-l-ue-in-prima-linea-per-la-ripresa-nel-2021.

(9)  COM(2018) 795 final https://eur-lex.europa.eu/legal-content/en/ALL/?uri=CELEX:52018DC0795

(10)  GU C 283 del 10.8.2018, pag. 48.

(11)  Parere CESE 2020-05923 adottato nella sessione plenaria dell’aprile 2021 (cfr. pag. 76 della presente Gazzetta ufficiale).

(12)  https://www.enisa.europa.eu/publications/artificial-intelligence-cybersecurity-challenges.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/88


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Digitalizzazione della giustizia nell’Unione europea — Un pacchetto di opportunità»

[COM(2020) 710 final)]

(2021/C 286/16)

Relatore:

João NABAIS

Consultazione

21.4.2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione, consumo

Adozione in sezione

31.3.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

237/2/9

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la comunicazione in esame, in quanto si tratta di un passo essenziale ed efficace per rendere possibile la digitalizzazione della giustizia. È essenziale sostenere gli Stati membri a livello nazionale nella realizzazione di questo cambiamento fornendo loro non solo i finanziamenti necessari, ma anche gli strumenti. Con questo sostegno sarà possibile estendere la digitalizzazione della giustizia a livello europeo, per istituire meccanismi che consentano una maggiore cooperazione transfrontaliera tra le autorità giudiziarie.

1.2.

Il CESE osserva che esiste un quadro molto eterogeneo tra gli Stati membri e che gli strumenti informatici nazionali utilizzati sono di vario tipo, con la conseguenza che tali strumenti non utilizzano determinati meccanismi — come e-CODEX (1) — in modo coerente.

1.3.

Per il CESE, quindi, è quanto mai importante stabilire norme per una maggiore omogeneizzazione tra i vari Stati membri.

1.4.

Il CESE ritiene che la digitalizzazione della giustizia sia uno strumento essenziale per assicurare un’autentica cooperazione tra le autorità degli Stati membri nella lotta alle pratiche criminali che danneggiano gravemente lo spazio europeo.

1.5.

Il CESE rileva che alcuni aspetti specifici della comunicazione non tengono conto della realtà multiforme dei sistemi giudiziari nei vari Stati membri.

1.6.

Il CESE propone alla Commissione che venga adottata una direttiva sulla partecipazione ai procedimenti giudiziari a distanza in cui sia previsto e accettato qualsiasi mezzo per entrare in contatto mediante videochiamata, con l’ausilio di qualsiasi supporto che garantisca il diritto alla tutela della vita privata e non pregiudichi la protezione dei dati personali degli interessati, anche all’interno del procedimento in corso.

1.7.

Il CESE non ritiene che l’utilizzo di altri mezzi di comunicazione a distanza, già esistenti, possa mettere a rischio la protezione dei dati, dato che nella realtà offline chiunque può assistere alla maggior parte delle udienze.

1.8.

Il CESE ritiene che, quando le indagini riguardano un potenziale gruppo terroristico in uno Stato membro, l’autorità di polizia di quello Stato debba avere immediatamente accesso alle informazioni contenute non solo nelle banche dati di Europol, di Eurojust e della Procura europea (EPPO), ma anche in quelle di tutte le autorità di polizia degli altri Stati membri.

1.9.

Il CESE sottolinea inoltre la necessità di sfruttare al massimo i vantaggi offerti dalla digitalizzazione per poter dare esecuzione a sentenze in altri Stati membri, utilizzare i meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie e migliorare la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri e le agenzie dell’UE.

2.   La comunicazione della Commissione

2.1.

La comunicazione presenta un pacchetto di strumenti per la digitalizzazione della giustizia, al fine di compiere progressi in ambito digitale nel settore della giustizia. L’approccio proposto tiene conto delle diverse circostanze e competenze nazionali degli Stati membri e rispetta appieno i principi di sussidiarietà e proporzionalità. Allo stesso tempo, è importante che tutti gli Stati membri si adoperino per ridurre le lacune esistenti in materia di digitalizzazione e la frammentazione tra i sistemi giudiziari nazionali e per sfruttare le opportunità disponibili nel contesto dei meccanismi di finanziamento pertinenti dell’UE.

3.   Osservazioni generali

3.1.

La crisi COVID-19 ha causato molti problemi al funzionamento del sistema giudiziario e all’efficacia della tutela giurisdizionale. Si sono registrati ritardi nelle udienze presenziali e nella notificazione transfrontaliera di atti giudiziari, c’è stata un’impossibilità temporanea di ottenere assistenza legale personale e le scadenze non sono state rispettate a causa di ritardi. Parallelamente, l’aumento del numero di casi di insolvenza e di licenziamento legati alla pandemia rende ancora più cruciale l’attività degli organi giurisdizionali.

3.2.

In quest’ottica, è necessario introdurre nuove misure che consentano di intensificare l’attività giudiziaria e di portarla a termine più celermente mediante la sua digitalizzazione. A tal fine, è essenziale sostenere gli Stati membri a livello nazionale fornendo loro non solo i finanziamenti necessari, ma anche gli strumenti che consentano a tutte le autorità giudiziarie e agli operatori della giustizia di prepararsi a questa nuova era di cambiamenti. È essenziale rendere la giustizia più accessibile e più vicina ai cittadini.

3.3.

Solo con questo sostegno a livello nazionale sarà possibile estendere la digitalizzazione della giustizia a livello europeo, in modo da poter istituire meccanismi che consentano una maggiore cooperazione transfrontaliera tra le autorità giudiziarie.

3.4.

Va osservato che, in generale, esiste attualmente un quadro molto eterogeneo tra gli Stati membri e che gli strumenti informatici nazionali utilizzati sono di vario tipo, con la conseguenza che tali strumenti non utilizzano determinati meccanismi — come e-CODEX — in modo coerente.

3.5.

È quindi quanto mai importante stabilire norme per una maggiore omogeneizzazione tra i vari Stati membri dell’Unione europea.

3.6.

La comunicazione riguarda essenzialmente l’ulteriore digitalizzazione dei servizi pubblici di giustizia, la promozione dell’uso di tecnologie di comunicazione a distanza (videoconferenza) sicure e di qualità elevata, l’agevolazione dell’interconnessione delle banche dati e dei registri nazionali e la promozione dell’uso di canali di trasmissione elettronica sicuri tra le autorità competenti.

3.7.

La digitalizzazione della giustizia è uno strumento fondamentale per assicurare un’autentica cooperazione tra le autorità degli Stati membri nella lotta contro le pratiche criminali che colpiscono gravemente lo spazio europeo, come i reati di terrorismo, il riciclaggio di capitali, la corruzione, la tratta di esseri umani, i reati generati dall’odio, e l’incitamento all’odio e alla violenza.

3.8.

I reati a cui si è fatto sopra riferimento presentano sempre più un carattere trasversale in termini territoriali e, per questo motivo, la transizione digitale costituisce un passo avanti formidabile, ed essenziale, nell’approccio investigativo e di contrasto a questi fenomeni così deleteri.

3.9.

La Commissione ha certamente compiuto enormi sforzi in questo settore e la comunicazione in esame merita una valutazione molto positiva, ma occorre ricordare che la digitalizzazione della giustizia è un processo lungo e difficile.

3.10.

Esistono tuttavia alcuni aspetti concreti nella comunicazione che vanno criticati per le loro carenze, oppure addirittura perché le idee presentate rivelano una mancata comprensione della realtà multiforme ravvisabile negli ambienti giudiziari dei diversi Stati membri.

3.11.

La Commissione sembra ignorare le procedure per lo svolgimento dei processi e di altri procedimenti giudiziari, che si tratti del diritto civile, commerciale, del lavoro o penale (come l’interrogatorio degli imputati e l’audizione di testimoni nel corso di un’indagine penale), con il coinvolgimento di attori processuali che partecipano a distanza tramite applicazioni disponibili sul mercato o videochiamate nel quadro di app di contatto.

3.12.

Il CESE si rende conto che vanno rispettati gli aspetti formali della giustizia, ma la crisi COVID-19 ha permesso di comprendere che la videoconferenza non deve necessariamente essere effettuata con i dispositivi esistenti per l’interazione tra gli organi giurisdizionali (a livello nazionale o internazionale), ossia con le parti del procedimento che si recano nell’aula di un tribunale dell’area in cui risiedono o in locali previamente stabiliti e autorizzati (come i comandi di polizia, i locali in cui vengono condotte perizie forensi, o ancora altre strutture), dato che il collegamento in videoconferenza con i testimoni può avvenire anche tramite computer o cellulare, indipendentemente da dove si trovino fisicamente.

3.13.

Al giorno d’oggi esistono già alcuni mezzi di comunicazione a distanza che consentono di assicurare il diritto alla protezione non solo della vita privata, ma anche dei dati personali, e questo è un aspetto essenziale che va garantito.

3.14.

Va rilevato che, nella maggior parte dei procedimenti giudiziari, vige il principio della pubblicità del dibattimento. Di conseguenza, alle udienze dibattimentali e giudiziali realizzate a porte aperte, tra il pubblico si trovano non solo i familiari e gli amici delle varie parti del procedimento (l’attore e il convenuto nei procedimenti di diritto civile, commerciale e del lavoro, la parte offesa e l’imputato nei procedimenti penali), ma anche altre persone che non hanno alcun interesse in gioco nel procedimento e persino, in molti casi, giornalisti e altri operatori dei media.

3.15.

Il CESE non ritiene pertanto che l’utilizzo di altri mezzi di comunicazione a distanza, come le piattaforme informatiche e altre applicazioni digitali debitamente certificate già esistenti, possa mettere a rischio la protezione dei dati, quando nella realtà offline chiunque può assistere alla maggior parte delle udienze.

3.16.

Inoltre — e questo vale in particolare nel diritto processuale penale — lo stesso imputato deve avere la possibilità di scegliere se essere ascoltato tramite mezzi di comunicazione a distanza, invece di dover comparire personalmente in giudizio, qualora non esistano specifiche eccezioni che giustifichino la presenza fisica dell’imputato davanti all’autorità giudiziaria.

3.17.

Per quanto riguarda i testimoni, è necessario garantire che una persona con una disabilità fisica di qualsiasi tipo, che risiede in una piccola località distante molti chilometri dal tribunale più vicino, non sia obbligata ad abbandonare il comfort della propria abitazione per recarsi in un’aula di tribunale e attendere ore prima di essere chiamata a fare la propria deposizione in qualità di testimone, perché al giorno d’oggi esistono piattaforme elettroniche affidabili e certificate che permettono di garantire sicurezza e riservatezza nello scambio di informazioni e nel rilascio di deposizioni a distanza.

3.18.

Nella comunicazione in esame la Commissione propone di promuovere l’uso di «tecnologie di comunicazione a distanza (videoconferenza) sicure e di qualità elevata».

3.19.

Pertanto — e in linea con quanto suesposto — il CESE propone alla Commissione che venga adottata una direttiva sulla partecipazione ai procedimenti giudiziari a distanza in cui sia previsto e accettato qualsiasi mezzo per entrare in contatto mediante videochiamata, con l’ausilio di qualsiasi supporto (come un computer da tavolo o portatile, oppure un cellulare) che garantisca il diritto alla tutela della vita privata e non pregiudichi la protezione dei dati personali degli interessati, anche all’interno del procedimento in corso.

3.20.

Questo è in linea con la relazione di previsione strategica della Commissione per il 2020, secondo cui la transizione digitale nella giustizia dovrebbe mettere al primo posto i cittadini e creare nuove opportunità per le diverse parti interessate, contribuendo a ridurre i ritardi, aumentare la certezza del diritto e rendere l’accesso alla giustizia più economico e più semplice.

3.21.

Questi risultati positivi dovranno peraltro essere garantiti in rapporto ai minori e alle persone vulnerabili, nonché nei procedimenti riguardanti reati sessuali o generati dall’odio, in cui la necessità di garantire la protezione della vita privata e la certezza del diritto è più acuta, se non imprescindibile.

3.22.

Nella comunicazione in esame la Commissione si occupa anche dello sviluppo di un modello di accesso alla giurisprudenza degli organi giurisdizionali nazionali in forma leggibile da un dispositivo automatico, un identificatore europeo della giurisprudenza.

3.23.

La proposta merita pieno sostegno ma, per renderla completamente efficace, potrebbe rendersi necessaria un’integrazione legislativa, nel senso di una standardizzazione sul piano formale (non sostanziale) delle decisioni prese dagli organi giurisdizionali.

3.24.

È infatti risaputo che ogni Stato membro possiede non soltanto una propria legislazione, ma anche un proprio sistema di forme da rispettare. La struttura e gli elementi costitutivi di una sentenza pronunciata in Portogallo saranno certamente diversi da quelle dell’Italia o della Francia, e tali differenze devono quindi essere debitamente prese in considerazione dalla Commissione.

3.25.

La Commissione propone inoltre di creare una piattaforma informatica per la collaborazione tra le squadre investigative comuni (che riuniscono investigatori e pubblici ministeri degli Stati membri, se necessario con il sostegno di Europol, di Eurojust e dell’EPPO). L’accesso ai dati e alle banche dati disponibili negli Stati membri dovrebbe essere limitato alle autorità competenti, nel rispetto dei requisiti in materia di protezione dei dati.

3.26.

Si tratta di una proposta eccellente che potrebbe tuttavia essere ostacolata dall’assenza di una standardizzazione delle norme stabilite nei vari codici di procedura penale degli Stati membri che disciplinano tutte le questioni relative all’assunzione delle prove.

3.27.

Finché non verrà realizzata tale standardizzazione, è possibile che determinati atti investigativi risultino viziati da nullità conformemente alla legislazione di alcuni Stati membri, con la conseguenza di pregiudicare in tal modo l’efficacia delle indagini comuni.

3.28.

La lotta al terrorismo figura tra le questioni di cui la Commissione si occupa nella comunicazione in esame; tuttavia, oltre ad affermare la necessità di una proposta legislativa sullo scambio di dossier digitali nei casi di terrorismo transfrontalieri, è indispensabile creare e attuare strumenti basati sull’interconnessione digitale per lo scambio di informazioni riguardanti anche i sospetti e le attività dei gruppi sorvegliati (2).

3.29.

In considerazione della necessità di porre fine al terrorismo, il CESE ritiene che, quando le indagini riguardano un potenziale gruppo terroristico in uno Stato membro, l’autorità di polizia di quello Stato debba avere immediatamente accesso alle informazioni contenute non solo nelle banche dati di Europol, di Eurojust e dell’EPPO, ma anche in quelle di tutte le autorità di polizia degli altri Stati membri. Bisogna tuttavia adoperarsi per garantire che le informazioni non siano trasmesse a persone non autorizzate o non affidabili.

3.30.

Bisogna altresì assicurare la prestazione di servizi online — come il rinnovo della carta d’identità, il certificato elettronico del casellario giudiziario, l’atto di stato civile o persino l’estratto del casellario — oppure la consultazione online dei procedimenti giudiziari, perché così, oltre a ridurre gli spostamenti verso i locali in cui questi servizi sono prestati offline, è possibile offrire questi servizi anche quando tali locali fossero chiusi.

3.31.

Tuttavia, per quanto riguarda l’interconnessione dei dati (in particolare di quelli riguardanti imprese, insolvenze, registri immobiliari e commerciali, nonché estratti di casellari giudiziari), è necessario garantire che l’accesso a tali dati non pregiudichi il diritto alla tutela della vita privata e alla protezione dei dati personali (ad esempio, nei casi riguardanti dati estratti da casellari giudiziari).

3.32.

È pertanto essenziale sviluppare ulteriormente soprattutto il modello informatico in questo settore, affinché l’auspicata digitalizzazione non vada a danno dei cittadini e non metta in pericolo i loro diritti fondamentali.

3.33.

Nella comunicazione in esame la Commissione illustra la creazione dello strumento denominato «Il mio spazio di giustizia elettronica», volto a permettere ai privati cittadini di accedere per via elettronica agli atti giudiziari che essi o i loro rappresentanti legali sono autorizzati a consultare e/o ottenere (nel quadro di cause intentate davanti agli organi giurisdizionali nazionali o di altri Stati membri).

3.34.

La possibilità di accesso digitale alle informazioni menzionate nel processo in cui un cittadino è parte in causa rappresenta un aspetto molto importante per creare un’autentica trasparenza giudiziaria, che è uno strumento essenziale affinché i cittadini sentano che la giustizia non è oscura e inaccessibile, dato che viene promosso un accesso più rapido ed efficace alla giustizia, e a costi inferiori.

3.35.

Il fatto che le autorità giudiziarie e gli avvocati stessi possano accedere per via elettronica a cause che sono state giudicate in un altro Stato membro è un passo avanti enorme e riveste una grande importanza nella tanto auspicata digitalizzazione della giustizia.

3.36.

Tuttavia, tenuto conto delle differenze tra i vari Stati membri per quanto riguarda la portata del segreto istruttorio nei procedimenti penali, si ha l’impressione che, in assenza di un’armonizzazione tra le legislazioni nazionali in questo settore, questa ottima proposta della Commissione sarà certamente ostacolata sul piano della registrazione transfrontaliera.

3.37.

L’auspicata digitalizzazione della giustizia deve offrire ai cittadini dell’UE nuove e importanti possibilità per la risoluzione dei problemi in un contesto transfrontaliero. Soltanto in questo modo verrà realizzato l’obiettivo di rafforzare il diritto dei cittadini di accedere alla giustizia.

3.38.

A tale riguardo, la Commissione segnala, ad esempio, la creazione di mezzi (digitali) per l’inoltro transfrontaliero di ingiunzioni e la possibilità di esecuzione transfrontaliera dell’obbligo, derivante dalle proprie responsabilità genitoriali, di pagare l’assegno di mantenimento per i minori.

3.39.

Tuttavia, nella sua comunicazione la Commissione non ha preso in esame una questione realmente essenziale, vale a dire la possibilità di dare esecuzione a sentenze giudiziarie in altri Stati membri. Orbene, la digitalizzazione offre i mezzi per realizzare questo obiettivo, che è una richiesta che molti professionisti del settore avanzano da lunga data. Va osservato che in vari settori (del diritto commerciale e del diritto di famiglia) tale possibilità è già prevista, pertanto è necessario estenderla ai settori che non la prevedono ancora.

3.40.

È consuetudine da tempo consolidata che le decisioni giudiziarie sono necessariamente pronunciate dagli organi giurisdizionali degli Stati membri e, a tale riguardo, la sovranità degli Stati membri dell’Unione va considerata inviolabile.

3.41.

È però vero che molte decisioni giudiziarie hanno come destinatari finali cose, imprese o cittadini situati al di fuori del territorio in cui la decisione è stata pronunciata.

3.42.

In tali casi, le frontiere tra gli Stati membri costituiscono degli ostacoli a una rapida attuazione della giustizia e, per tale motivo, la cooperazione giudiziaria all’interno dell’UE deve cogliere le opportunità offerte dalla digitalizzazione, affinché l’esecuzione delle sentenze avvenga direttamente nel territorio in cui si trovano i beni interessati.

3.43.

Lo stesso vale per i mezzi di risoluzione alternativa delle controversie, dato che anche per essi dovrebbe essere permesso lo svolgimento online dei procedimenti, a integrazione delle attività dei centri di arbitrato, dei giudici di pace e dei sistemi di mediazione pubblici.

3.44.

Per quanto riguarda la cooperazione tra le autorità nazionali e le agenzie e gli organismi dell’UE nella lotta contro la criminalità transfrontaliera, la Commissione segnala giustamente la necessità di rafforzare le capacità di cooperazione digitale.

3.45.

Tuttavia, anche se si attendeva che la Commissione definisse nella sua comunicazione il modello da adottare e gli investimenti che sarebbe stata disposta a sostenere per raggiungere questo importante obiettivo, quello che vi si può trovare è soltanto l’auspicio che «… l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust), la Procura europea (EPPO), l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol) concordino un approccio comune che garantisca una cooperazione agevole e sicura con gli Stati membri […]».

3.46.

Orbene, in un settore così importante come questo, la Commissione è tenuta non solo a fissare un orizzonte temporale per l’istituzione di un modello di cooperazione, anziché limitarsi ad auspicare che le istituzioni si intendano tra di loro, ma anche ad assumersi l’impegno di creare uno strumento (magari una direttiva) per imporre, anche in questo settore, un meccanismo basato sulle potenzialità della digitalizzazione.

3.47.

Il CESE si compiace che nella comunicazione in esame la Commissione abbia manifestato le sue intenzioni in rapporto al sostegno finanziario per gli Stati membri in vista sia dello sviluppo di sistemi informatici adeguati che della definizione di una strategia sulla digitalizzazione della giustizia nell’UE, nel quadro del nuovo programma Giustizia e del programma Europa digitale.

3.48.

Va osservato che il principale ostacolo alla digitalizzazione non è rappresentato dalle autorità giudiziarie o dai cittadini, ma bensì dalla mancanza di mezzi a disposizione degli Stati membri per dare attuazione alle misure volte a creare e utilizzare piattaforme digitali e mezzi elettronici nel settore della giustizia.

3.49.

Pertanto, occorre trovare con urgenza soluzioni di finanziamento per gli Stati membri, affinché la digitalizzazione della giustizia possa essere realizzata con l’armonia e l’uniformità di cui c’è bisogno, soprattutto nel contesto dell’attuale crisi che sta generando ripercussioni devastanti sull’economia degli Stati membri, non solo per il breve termine ma anche nel lungo periodo. Soltanto così si riuscirà a realizzare la cooperazione transfrontaliera a livello europeo.

3.50.

Il CESE sottolinea inoltre che la Commissione si preoccupa che per questo obiettivo così importante — ossia, avvalersi del processo di digitalizzazione per realizzare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia all’interno dell’UE — siano utilizzate le risorse che saranno messe a disposizione nel quadro del dispositivo per la ripresa e la resilienza.

3.51.

È altresì rassicurante sapere che, secondo la Commissione, lo strumento di sostegno tecnico previsto da un’apposita proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio aiuterà tutti gli Stati membri ad attuare riforme nel settore della giustizia, riforme che ovviamente richiederanno gli investimenti qui menzionati in rapporto alla transizione digitale.

3.52.

Tenuto conto che, secondo la Commissione, l’attuale cooperazione transfrontaliera basata su documenti cartacei presenta molte carenze, che si ripercuotono negativamente sull’efficacia e sul costo dei procedimenti giudiziari, è essenziale che la trasmissione elettronica diventi il canale predefinito per la comunicazione e lo scambio degli atti.

3.53.

Sarebbe fattibile creare un sistema informatico decentrato che riunisca i sistemi nazionali in modo che i documenti possano essere trasmessi per via elettronica in modo più rapido e sicuro. A tal fine, nella trasmissione dei documenti e nella raccolta delle prove si dovrebbe tenere conto della protezione dei dati e della tutela della vita privata.

3.54.

Per la digitalizzazione della giustizia costituiscono misure essenziali l’universalizzazione dello svolgimento elettronico dei procedimenti, la dematerializzazione delle comunicazioni tra gli organi giurisdizionali e altri enti o servizi, nonché la trasmissione di atti procedurali multimediali da parte dei rappresentanti legali.

3.55.

Occorre inoltre richiamare l’attenzione della Commissione sulla necessità di fornire agli operatori del settore giudiziario gli strumenti che permettano loro di attuare le misure auspicate, attraverso corsi di formazione sul settore digitale e corsi di specializzazione per l’utilizzo di determinate applicazioni e piattaforme elettroniche, corsi che comporteranno necessariamente anche dei costi.

3.56.

Bisogna tuttavia prevedere un’eccezione per gli Stati membri oggetto di procedimenti per violazione dei diritti fondamentali o dello Stato di diritto:

a)

non dovrebbero poter beneficiare dei finanziamenti dell’UE, e

b)

non dovrebbero ricevere tutte le informazioni, perché non è più possibile fidarsi dei loro organi giurisdizionali, del loro sistema giudiziario e delle loro autorità di polizia.

3.57.

Gli attuali sforzi di trasformazione forniscono una solida base per una maggiore mobilitazione delle capacità tecnologiche, attraverso le tecnologie emergenti per la costruzione di un ecosistema giudiziario dotato di competenze digitali e incentrato sulle persone.

3.58.

Il CESE attende con grande interesse che la legislazione venga modificata in modo da permettere la tanto auspicata transizione della giustizia verso l’era digitale, ad esempio per quanto riguarda l’identificazione elettronica ai fini della trasmissione digitale di atti giudiziari e dell’ammissibilità di documenti elettronici, o trasmessi per via elettronica, per l’assunzione di prove nel quadro di procedimenti giudiziari.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2020) 712 final.

(2)  Cfr. il parere del CESE (GU C 110 del 22.3.2019, pag. 67).


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/95


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla valutazione delle tecnologie sanitarie, che modifica la direttiva 2011/24/UE»

[COM(2018) 51 final — 2018/18 (COD)]

(2021/C 286/17)

Relatore:

Dimitris DIMITRIADIS

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 24.3.2021

Base giuridica

Articoli 168, paragrafo 4, e 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

227/0/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa della presidenza portoghese del Consiglio dell’UE volta ad ottenere dagli Stati membri un mandato (1) per avviare negoziati con il Parlamento europeo su una proposta legislativa relativa alla valutazione delle tecnologie sanitarie (HTA) a beneficio dei pazienti.

1.2.

Il CESE concorda sul fatto che processi basati su dati probanti come le valutazioni delle tecnologie sanitarie (HTA), che costituiscono un fattore chiave per la crescita socioeconomica e l’innovazione nell’Unione, possano comprendere sia gli aspetti clinici che quelli non clinici di una tecnologia sanitaria, e che tali processi possano essere realizzati attraverso la cooperazione tra gli Stati membri a livello dell’Unione, con il fine di garantire un’elevata protezione della salute dei pazienti e il buon funzionamento di un mercato unico inclusivo.

1.3.

Il CESE sottolinea che il regolamento sulla valutazione delle tecnologie sanitarie, una volta adottato, costituirà un importante passo avanti nel settore dell’assistenza sanitaria e spianerà la strada a una solida Unione europea della salute, che migliorerà e tutelerà la salute di tutti i cittadini.

1.4.

Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che il mandato si riferisce alla sanità come a un mercato, mentre la salute è un bene pubblico e dovrebbe essere trattata in una prospettiva di interesse generale.

1.5.

Il CESE riconosce che l’HTA potrebbe svolgere un ruolo chiave nella prestazione di un’assistenza sanitaria equa e sostenibile.

1.6.

Il CESE ritiene opportuna la decisione della Commissione europea di preferire il percorso giuridico del regolamento rispetto ad altri strumenti giuridici, perché si garantisce così una cooperazione più diretta ed efficace a livello degli Stati membri (2) e tra di essi, in una prospettiva europea.

1.7.

Il CESE ritiene che la tendenza all’invecchiamento della popolazione europea continuerà probabilmente nei prossimi anni. Inoltre, l’incidenza delle malattie croniche e delle pandemie e la complessità delle nuove tecnologie accrescerà la necessità di investimenti nei sistemi sanitari, mentre, nel contempo, gli Stati membri sono sempre più spesso posti di fronte a vincoli di bilancio.

1.8.

Il CESE sarebbe favorevole al ricorso a incentivi fiscali in alcuni Stati membri, come pure eventualmente alla revisione verso l’alto della soglia «de minimis» per gli aiuti di Stato.

1.9.

Il CESE ritiene che gli Stati membri debbano sostenere e finanziare le idee delle nuove tecnologie sanitarie e le eventuali iniziative pertinenti provenienti dalle start-up.

1.10.

Il CESE concorda con l’iniziativa di introdurre un maggiore coordinamento in materia di HTA mediante la trasmissione di un fascicolo unico e approva un calendario di attuazione progressiva, ma sottolinea l’assenza di disposizioni specifiche per le PMI.

1.11.

Il CESE esprime preoccupazione per i tempi previsti per l’attuazione e, in particolare, per la possibilità di differire la partecipazione al sistema di HTA di tre anni, e ritiene che tale periodo potrebbe essere ridotto, a tutto vantaggio dei pazienti e dell’efficacia in termini di costi.

1.12.

Il CESE raccomanda di fare riferimento, nel regolamento, alle misure di prevenzione che avranno un impatto significativo sui pazienti, come ad esempio gli orientamenti forniti agli ospedali per il controllo, la prevenzione e la riduzione delle infezioni nosocomiali, e di estendere il campo di applicazione in modo da integrare tali misure nei bisogni medici non soddisfatti.

1.13.

Il CESE sottolinea che, per mantenere la promessa di garantire una sanità e un’assistenza digitali, campo in cui rientra la valutazione delle tecnologie sanitarie, il coinvolgimento della società civile (in particolare delle organizzazioni dell’economia sociale e dei pazienti) è fondamentale.

2.   Contesto

2.1.

La proposta di regolamento è il frutto di oltre vent’anni di cooperazione volontaria nel campo della valutazione delle tecnologie sanitarie (HTA). A seguito dell’adozione della direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera (direttiva 2011/24/UE) (3), nel 2013 è stata istituita una rete volontaria HTA, costituita da organismi e agenzie nazionali di valutazione delle tecnologie sanitarie al fine di offrire un orientamento strategico e politico alla cooperazione scientifica e tecnica nell’UE.

2.2.

Queste attività sono state completate da tre azioni comuni successive (4) in materia di HTA e hanno offerto alla Commissione europea e agli Stati membri la possibilità di costruire una solida base di conoscenze e di metodi sulla valutazione delle tecnologie sanitarie.

2.3.

Il CESE riconosce che i sistemi sanitari e il processo di valutazione delle tecnologie sanitarie hanno le loro radici nelle tradizioni e culture nazionali. In quanto cittadini europei, tuttavia, siamo fermamente convinti che solo un’efficace collaborazione a livello europeo permetterà di superare le sfide sanitarie future e di cogliere le opportunità che si presenteranno nel settore dell’assistenza sanitaria in avvenire.

2.4.

È necessario promuovere il principio dell’elaborazione di un’analisi prospettica, in particolare mediante l’individuazione delle tendenze emergenti (horizon scanning), per consentire l’individuazione precoce a livello sia europeo che nazionale delle tecnologie sanitarie emergenti che potrebbero avere un impatto significativo sui pazienti, sulla sanità pubblica e sui sistemi sanitari. Tale analisi prospettica potrebbe essere utilizzata per sostenere il gruppo di coordinamento nella pianificazione dei suoi lavori.

3.   Problemi o lacune da sormontare grazie alla proposta

3.1.

Il CESE concorda con la constatazione, frutto di un’ampia consultazione, secondo cui, finora, l’accesso al mercato delle tecnologie innovative è risultato ostacolato e/o distorto dalle diverse procedure burocratiche e dai differenti metodi e requisiti a livello nazionale o regionale in materia di HTA, che si riscontrano in tutta l’UE e sono imposti dalle diverse legislazioni e pratiche nazionali. È questo il motivo che ha indotto la Commissione a presentare una proposta di regolamento in quanto impostazione legislativa più indicata (5).

3.2.

Il CESE concorda inoltre nel ritenere che la situazione attuale contribuisca alla mancanza di prevedibilità del contesto imprenditoriale, con la conseguenza di generare costi più elevati per le imprese del settore e le piccole e medie imprese (PMI), determina ritardi nell’accesso alle nuove tecnologie e ha effetti negativi sull’innovazione. Come esempio dell’attuale situazione non armonizzata si potrebbe citare il documento elaborato da I-Com (Institute for Competitiveness — Istituto per la competitività) (6) in cui, alla pagina 49, viene fatto riferimento al BEUC (Ufficio europeo delle unioni dei consumatori) e segnalato che alcuni organismi HTA mettono le valutazioni a disposizione del pubblico, direttamente o su richiesta, mentre altri le considerano riservate. Inoltre, gli studi osservazionali condotti per stabilire il valore di un medicinale sono accettati da alcuni organismi HTA, ma respinti da altri. Come dimostrano i vari decenni di cooperazione nell’UE basata sui progetti HTA, l’approccio puramente volontario delle iniziative congiunte intraprese finora non è stato in grado di affrontare adeguatamente tali questioni.

3.3.

Nella sostanza, l’iniziativa affronterà l’attuale frammentazione dei sistemi nazionali HTA (le discrepanze nelle procedure e nei metodi di HTA che incidono sull’accesso al mercato), tenendo presente che l’affidabilità di qualsiasi nuovo meccanismo poggerà sui principi dell’indipendenza e della libertà di espressione dei partecipanti e si baserà su criteri scientifici, etici e imparziali, e che gli obiettivi di questa iniziativa potranno essere conseguiti in misura sufficiente grazie a una cooperazione rafforzata a livello dell’UE in materia di HTA sulla base di tali principi. Pur rafforzando la cooperazione anche ad altri livelli necessari per l’HTA (ad esempio, negli Stati membri in cui vi sono difficoltà dovute alla mancanza di registri dei pazienti) andranno introdotti piani d’azione nazionali per tutte le malattie, in modo da accelerare i lavori dei pertinenti ministeri della Salute, tenendo conto delle buone pratiche adottate da altri Stati membri. Si tratta di un approccio che integra anche valori e priorità sociali nel processo decisionale scientifico.

3.4.

Il CESE sottolinea la necessità di sostenere l’innovazione tecnologica in campo sanitario anche per le attività di assistenza extra-ospedaliera a livello locale. L’invecchiamento della popolazione (7), l’aumento delle malattie croniche e il crescente problema della non-autosufficienza richiedono una specializzazione e un uso più efficace delle tecnologie e dei metodi di intervento per l’assistenza a domicilio. Per questo motivo andrebbero incoraggiati programmi specifici di HTA volti a migliorare le cure e l’assistenza a domicilio, non solo tramite il ricorso a nuove tecnologie e alla telemedicina, ma anche mediante un miglioramento generale della qualità professionale dei servizi di assistenza.

4.   Obiettivo della proposta in esame

4.1.

L’obiettivo del regolamento dell’UE sulla valutazione delle tecnologie sanitarie è, tra l’altro, quello di assicurare che il meccanismo che consente la realizzazione delle valutazioni cliniche sia presentato una sola volta a livello dell’Unione per contribuire alla disponibilità di tecnologie sanitarie innovative per i pazienti in Europa, utilizzare meglio le risorse disponibili e accrescere la prevedibilità del contesto imprenditoriale.

4.2.

Il CESE ritiene opportuna la decisione della Commissione europea di preferire il regolamento ad altri strumenti giuridici, perché si garantisce così una cooperazione più diretta ed efficace a livello degli Stati membri, nonché tra di essi, adottando un approccio europeo.

4.3.

La proposta di regolamento intende anche garantire che i metodi e le procedure applicate nelle HTA siano più prevedibili in tutta l’UE e che le valutazioni cliniche congiunte non siano ripetute a livello nazionale, evitando così duplicazioni e discrepanze. Si ritiene che l’opzione preferita presenti la migliore combinazione di efficienza ed efficacia nel raggiungere gli obiettivi strategici prefissati, rispettando nel contempo i principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Essa rappresenta la soluzione migliore per conseguire gli obiettivi del mercato interno.

4.4.

Il CESE concorda sul fatto che la proposta di regolamento offra agli Stati membri un quadro sostenibile, che permette di mettere in comune le competenze, di rafforzare il processo decisionale basato su dati probanti e di sostenere i loro sforzi per garantire la sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali. L’opzione preferita è altresì efficiente sotto il profilo dei costi nel senso che i costi sono più che compensati dai risparmi realizzati dagli Stati membri, dalle imprese del settore e dalle PMI, grazie alla messa in comune delle risorse, all’esclusione di duplicazioni e al miglioramento della prevedibilità del contesto imprenditoriale. La proposta contiene disposizioni sull’uso di strumenti comuni in materia di HTA, che prevedono un progressivo ampliamento dell’oggetto delle valutazioni, a partire dai farmaci antitumorali, dai medicinali orfani e dai medicinali per terapie avanzate (ATMP), e definisce le quattro sezioni per inquadrare le attività congiunte che gli Stati membri condurranno a livello dell’UE, quali le valutazioni cliniche congiunte, le consultazioni congiunte, l’individuazione delle tecnologie sanitarie emergenti e la cooperazione volontaria.

4.5.

Il CESE, pur concordando con un calendario di attuazione dettagliato, ritiene che il ruolo significativo dell’IA, unitamente alla trasformazione digitale, abbia modificato il panorama della sanità e dell’assistenza, offrendo strategie di terapie veloci. Pertanto il CESE esprime preoccupazione in relazione ai tempi previsti per l’attuazione e, in particolare, per la possibilità di differire la partecipazione al sistema di HTA di tre anni, come indicato all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b) (8), e ritiene che tale periodo potrebbe essere ridotto, a tutto vantaggio dei pazienti e dell’efficacia in termini di costi.

4.6.

Un approccio incentrato sul paziente è l’unico modo per garantire che l’assistenza sanitaria sia adeguata e pertinente. Per questo motivo la rete di portatori di interessi proposta, il gruppo di coordinamento e tutte le valutazioni cliniche dovrebbero tenere conto del ruolo dei pazienti, dei prestatori di assistenza, dell’economia sociale e delle organizzazioni dei pazienti. Il CESE sostiene la richiesta del Forum europeo dei pazienti (EPF) di assicurare il coinvolgimento obbligatorio e significativo della comunità dei pazienti al fine di garantire che le HTA siano condotte nell’interesse di questi ultimi (9).

5.   Quali opzioni legislative e non legislative sono state prese in considerazione? Esiste un’opzione preferita?

5.1.

A giudizio del CESE, la proposta di regolamento è coerente con gli obiettivi generali dell’UE, compresi il buon funzionamento del mercato interno, la sostenibilità dei sistemi sanitari e un ambizioso programma di ricerca e di innovazione.

5.1.1.

Oltre che con questi obiettivi strategici dell’Unione, la proposta è altresì coerente con i vigenti Trattati dell’UE e con la legislazione europea relativa ai medicinali, ai dispositivi medico-diagnostici in vitro e ai dispositivi medici (10). Ad esempio, sebbene il processo normativo e il processo di valutazione delle tecnologie sanitarie rimarranno nettamente separati in quanto perseguono finalità differenti, esiste la possibilità di creare sinergie attraverso la reciproca condivisione delle informazioni e una migliore sincronizzazione della tempistica delle procedure tra le proposte valutazioni cliniche congiunte e l’autorizzazione centralizzata all’immissione in commercio per i medicinali (11).

5.2.

La proposta si fonda sugli articoli 114 e 116 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

5.2.1.

Gli articoli 114 e 116 del TFUE prevedono l’adozione di misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri, a condizione che siano necessarie per l’instaurazione o il funzionamento del mercato interno, garantendo al tempo stesso un elevato livello di protezione della salute pubblica.

5.2.2.

La proposta dovrà altresì conformarsi all’articolo 168, paragrafo 7, del TFUE, secondo il quale «l’azione dell’UE rispetta le responsabilità degli Stati membri per la definizione della loro politica sanitaria e per l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica».

5.2.3.

Anche se è perfettamente chiaro che gli Stati membri dell’UE continueranno ad essere responsabili della valutazione degli aspetti non clinici (ad esempio economici, sociali ed etici) delle tecnologie sanitarie, nonché delle decisioni in materia di fissazione dei prezzi o di rimborso, il CESE propone di prendere in esame e di sottoporre a uno studio separato un’eventuale politica comune di fissazione dei prezzi (intesa a garantire la trasparenza e l’accesso per tutti i cittadini) all’interno dell’UE per i medicinali, i dispositivi medici e i dispositivi medico-diagnostici in vitro, e in particolare per quelli che hanno superato l’HTA, allo scopo di migliorare l’accesso per tutti i cittadini europei ed evitare le esportazioni/importazioni parallele basate esclusivamente sul prezzo. Ciò permetterebbe di sostenere le commissioni nazionali pertinenti per quanto riguarda i registri/gli osservatori dei prezzi massimi ammissibili che esistono in alcuni paesi, in particolare per i dispositivi medici.

5.3.

Benché «l’espressione “tecnologia sanitaria” va(da) intesa in senso lato per comprendere un medicinale, un dispositivo medico e un dispositivo medico-diagnostico in vitro o procedure mediche e chirurgiche, come pure misure per la prevenzione, la diagnosi o la cura delle malattie utilizzate nel settore sanitario», a livello di attuazione le valutazioni cliniche congiunte si limitano ai medicinali assoggettati alla procedura centralizzata di autorizzazione all’immissione in commercio, a nuove sostanze attive e ai prodotti esistenti la cui autorizzazione all’immissione in commercio è estesa ad una nuova indicazione terapeutica e a talune categorie di dispositivi medici e di dispositivi medico-diagnostici in vitro per i quali i pertinenti gruppi di esperti istituiti conformemente ai regolamenti (UE) 2017/745 (12) e (UE) 2017/746 (13) del Parlamento europeo e del Consiglio hanno espresso pareri o opinioni e che sono stati selezionati dal gruppo di coordinamento istituito ai sensi del regolamento in esame.

5.4.

Per prevenire le patologie degenerative e anche per ridurre i casi di ospedalizzazione impropria di persone anziane e non autosufficienti, si dovrebbero adottare misure e azioni finalizzate a migliorare la qualità delle cure e dell’assistenza e, quindi, ad aumentare la sicurezza e il benessere dei pazienti.

5.4.1.

Il CESE ritiene che occorra intervenire e adottare misure volte a fornire assistenza agli ospedali nel controllo, nella prevenzione e nella riduzione delle infezioni nosocomiali, nonché estendere il campo di applicazione del regolamento a tali misure, che possono risultare molto utili in caso di pandemie come quella attuale. Questo esempio rimanda ai circa 37 000 (14) decessi causati, ogni anno in Europa, da infezioni nosocomiali; vi è una necessità pressante di migliorare la sicurezza dei pazienti e la qualità dei servizi sanitari offerti, con un particolare accento sulla prevenzione delle infezioni nosocomiali e sull’uso appropriato degli antibiotici.

6.   I costi dell’opzione preferita

6.1.

A giudizio del CESE, l’opzione preferita è efficiente sotto il profilo dei costi visto che i costi sono più che compensati dai risparmi che gli Stati membri e le imprese del settore (15) realizzano mettendo in comune le risorse, evitando duplicazioni e migliorando la prevedibilità del contesto imprenditoriale.

6.2.

Il CESE appoggia l’idea di finanziare in misura adeguata le attività congiunte e la cooperazione volontaria nell’ambito della valutazione delle tecnologie sanitarie tra gli Stati membri in settori quali lo sviluppo e l’attuazione di programmi di vaccinazione, al fine di garantire la disponibilità di risorse sufficienti (16) per le attività congiunte previste dalla proposta di regolamento e per il quadro di sostegno finalizzato a supportare tali attività.

6.3.

Per garantire l’efficienza in termini di costi e di tempo, il CESE propone che il gruppo di coordinamento composto da rappresentanti degli Stati membri possa occuparsi fino a un massimo di tre materie, operando in parallelo: una comprenderebbe i farmaci antitumorali, i medicinali orfani e i medicinali combinati per terapie avanzate, un’altra coprirebbe tutti gli altri medicinali e un’altra ancora i dispositivi medico-diagnostici in vitro e i dispositivi medici. Le decisioni adottate da questi organismi che fondano il loro lavoro su dati scientifici dovrebbero essere avallate da un voto a maggioranza semplice.

6.4.

Complessivamente, la spesa per l’assistenza sanitaria (pubblica e privata) dell’UE ammonta a circa 1 300 miliardi di euro l’anno (17) (compresi 220 miliardi di euro per i prodotti farmaceutici (18) e 100 miliardi di euro per i dispositivi medici (19)). Di conseguenza, la spesa per l’assistenza sanitaria rappresenta in media il 10 % circa del PIL dell’UE (20).

6.5.

Secondo il CESE, il fattore dell’invecchiamento della popolazione, unitamente all’aumento delle malattie croniche e delle pandemie, accresce la necessità di investimenti nei sistemi sanitari e nell’assistenza sanitaria, mentre, nel contempo, gli Stati membri sono sempre più spesso posti di fronte a vincoli di bilancio.

6.6.

Il CESE ritiene inoltre che questi sviluppi obbligheranno gli Stati membri ad incrementare ulteriormente l’efficienza e l’efficacia dei bilanci per la spesa sanitaria, focalizzando l’attenzione sulle tecnologie sanitarie efficienti e mantenendo, nel contempo, gli incentivi a favore dell’innovazione (21).

6.7.

Il CESE sarebbe favorevole al ricorso ad incentivi fiscali da parte di alcuni Stati membri, come pure all’eventualità di rivedere verso l’alto la soglia «de minimis» per gli aiuti di Stato. Una proposta da prendere in considerazione consiste nella possibilità di portare tale soglia dagli attuali 200 mila euro ad almeno 700 mila euro per le PMI che operano nel settore sanitario, socio-sanitario ed assistenziale, introducendo requisiti qualitativi aggiuntivi come il fatto di operare sulla base di progetti che prevedono la collaborazione tra più imprese, la presenza di investimenti in ricerca ed innovazione, oppure il fatto di essere imprese che reinvestono totalmente in azienda i loro utili. Queste misure potrebbero essere utili per incoraggiare le PMI e le imprese dell’economia sociale ad investire maggiormente nella ricerca, nell’innovazione e nello sviluppo di collaborazioni di rete (22).

6.8.

Il CESE ritiene che il finanziamento pubblico sia molto importante per l’HTA, e certamente questo aspetto potrebbe essere rafforzato lanciando iniziative di cooperazione congiunte ed evitando la duplicazione degli sforzi. Si calcola che ogni valutazione nazionale delle tecnologie sanitarie costi circa 30 000 EUR agli organismi nazionali e 100 000 EUR al settore (23). Supponendo che dieci Stati membri effettuino un’HTA per la medesima tecnologia e che queste valutazioni possano essere sostituite da una relazione congiunta, si potrebbe realizzare un risparmio fino al 70 %, anche ipotizzando che, a causa della maggiore necessità di coordinamento, il costo di una valutazione congiunta sia tre volte superiore al costo di una relazione nazionale. Queste risorse potrebbero essere risparmiate o riassegnate ad altre attività connesse alla valutazione delle tecnologie sanitarie. Tuttavia, visti i costi molto elevati richiesti per le nuove tecnologie, è necessario che l’HTA utilizzata da uno Stato membro per decidere sul rimborso di una tecnologia sia correlata all’insieme degli strumenti terapeutici di tale Stato membro. Per i trattamenti oncologici, ad esempio, che di regola superano i 100 000 EUR per paziente, un’inadeguata valutazione clinica avrà un costo molto più elevato dei risparmi derivanti dalla valutazione congiunta. È opportuno segnalare che la coalizione europea dei pazienti oncologici (ECPC) valuta positivamente la proposta e rileva che, evitando la duplicazione degli sforzi, le valutazioni cliniche congiunte eliminerebbero il rischio di risultati differenti e, quindi, ridurrebbero al minimo i ritardi nell’accesso a nuovi trattamenti (24). Inoltre l’AIM (l’associazione internazionale delle mutue non a scopo di lucro) apprezza la proposta della Commissione di conferire un carattere più permanente alla cooperazione in materia di HTA a livello UE (25).

6.9.

Visti gli enormi interessi economici in gioco, il settore delle tecnologie sanitarie è esposto a conflitti di interesse, per cui è molto importante che la valutazione delle tecnologie sanitarie sia organizzata in modo obiettivo, indipendente, solido e trasparente, come indicato nella proposta.

7.   Impatto sulle PMI e le microimprese

7.1.

Il CESE ritiene che la proposta dovrebbe apportare benefici alle PMI, come pure alle imprese dell’economia sociale che operano nel settore, dal momento che la relazione sulla valutazione clinica si baserà su un fascicolo contenente informazioni complete e aggiornate, riducendo gli oneri amministrativi e i costi di conformità connessi alla presentazione di più fascicoli per rispondere alle richieste di valutazione delle tecnologie sanitarie dei diversi Stati membri. Dato che ciò determinerà una maggiore partecipazione delle PMI, il CESE deplora l’assenza di disposizioni specifiche per tali imprese. In particolare, le valutazioni cliniche congiunte e le consultazioni scientifiche congiunte previste dalla proposta dovrebbero aumentare la prevedibilità del contesto imprenditoriale per le imprese del settore. Ciò assume particolare importanza per le PMI e per le imprese sociali, in quanto esse tendono ad avere portafogli di prodotti più limitati e una disponibilità più ridotta di risorse specifiche e di capacità da destinare alla valutazione delle tecnologie sanitarie (26). È importante notare che la proposta non prevede alcun pagamento di diritti per le valutazioni cliniche congiunte o le consultazioni scientifiche congiunte, e ciò è molto importante anche per l’occupazione (riduzione della disoccupazione). Il miglioramento della prevedibilità del contesto imprenditoriale grazie alle attività congiunte in materia di valutazione delle tecnologie sanitarie in tutta l’UE dovrebbe avere un impatto positivo sulla competitività dell’UE nel settore delle tecnologie sanitarie.

7.2.

Un incentivo socioeconomico concreto per le PMI consisterebbe nel promuoverne la partecipazione, anche dopo il 2020, ai programmi europei di finanziamento dello sviluppo nell’ambito dei quadri strategici nazionali di riferimento (QSNR). I programmi QSNR per il periodo 2014-2020 contenevano disposizioni specifiche per le attività di ricerca e sviluppo dirette a ridurre la povertà e la disoccupazione.

7.2.1.

Il CESE ritiene che tali programmi debbano non solo essere mantenuti, ma anche estesi nel quadro più ampio dei principi contenuti nella proposta di regolamento e servire da incentivo per la ricerca, lo sviluppo e lo spirito d’innovazione.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla valutazione delle tecnologie sanitarie, che modifica la direttiva 2011/24/UE.

(2)  https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/opinions/health-technology-assessment.

(3)  Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera (GU L 88 del 4.4.2011, pag. 45).

(4)  Azione comune EUnetHTA 1, 2010-2012, azione comune EUnetHTA 2, 2012-2015, e azione comune EUnetHTA 3, 2016-2019: Cfr.: http://www.eunethta.eu/.

(5)  https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/opinions/health-technology-assessment.

(6)  http://www.astrid-online.it/static/upload/7787/7787e169a7f0afc63221153a6636c63f.pdf.

(7)  http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/2015/pdf/ee3_en.pdf.

(8)  Cfr. la nota 1.

(9)  Posizione del Workgroup of European Cancer Patient Advocacy Networks (WECAN) (gruppo di lavoro delle reti europee di sostegno ai pazienti oncologici) in merito alla maggiore integrazione dell’HTA nell’UE https://wecanadvocate.eu/wecan-position-further-eu-integration-of-hta/.

(10)  La legislazione in materia comprende la direttiva 2001/83/CE, il regolamento (CE) n. 726/2004, il regolamento (UE) n. 536/2014, il regolamento (UE) 2017/745 e il regolamento (UE) 2017/746.

(11)  La necessità di sviluppare sinergie è stata riconosciuta anche dagli Stati membri nel documento di riflessione della rete di valutazione delle tecnologie sanitarie Synergies between regulatory and HTA issues on pharmaceuticals (Sinergie tra le questioni normative e di valutazione delle tecnologie sanitarie sui medicinali), nonché dall’EUNetHTA e dall’EMA nella loro relazione comune Report on the implementation of the EMA-EUnetHTA three-year work plan 2012-2015 (Relazione sull’attuazione del piano di lavoro triennale EMA-EUNetHTA per il periodo 2012-2015).

(12)  GU L 117 del 5.5.2017, pag. 1.

(13)  GU L 117 del 5.5.2017, pag. 176.

(14)  http://www.cleoresearch.org/el/.

(15)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:52018SC0041. I risparmi sui costi correlati alle valutazioni congiunte (Agenzia esecutiva per la ricerca) possono raggiungere 2 670 000 EUR l’anno.

(16)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:52018SC0041. I costi totali dell’opzione preferita sono stimati a circa 16 milioni di EUR.

(17)  Dati Eurostat. Cfr. il documento di lavoro dei servizi della Commissione: Pharmaceutical Industry: A Strategic Sector for the European Economy (L’industria farmaceutica: un settore strategico per l’economia europea), DG GROW, 2014. Eurostat, spese per i prestatori di assistenza sanitaria in tutti gli Stati membri, dati per il 2012 o dati più recenti disponibili. Per l’Irlanda, l’Italia, Malta e il Regno Unito queste cifre sono integrate dai dati sulla salute forniti dall’OMS (tasso di cambio annuale della BCE).

(18)  Dati Eurostat, DG GROW, documento di lavoro dei servizi della Commissione Pharmaceutical Industry: A Strategic Sector for the European Economy (L'industria farmaceutica: un settore strategico per l'economia europea), 2014.

(19)  Comunicazione della Commissione Dispositivi medici e dispositivi medico-diagnostici in vitro sicuri, efficaci e innovativi a vantaggio dei pazienti, dei consumatori e degli operatori sanitari, COM(2012) 540 final. Analisi della Banca mondiale, dell’EDMA, di Espicom e di Eucomed.

(20)  Commissione europea Scheda tematica relativa al semestre europeo: Health and Health systems (Salute e sistemi sanitari), 2015. DG ECFIN. COST-containment policies in public pharmaceutical spending in the EU (Politiche di contenimento dei costi della spesa farmaceutica pubblica nell’UE), 2012. Cfr. anche http://ec.europa.eu/smart-regulation/roadmaps/docs/2016_sante_144_health_technology_assessments_en.pdf.

(21)  DG ECFIN Cost-containment policies in public pharmaceutical spending in the EU (Politiche di contenimento dei costi della spesa farmaceutica pubblica nell’UE), 2012.

(22)  Attualmente il regolamento (UE) n. 1407/2013 prevede una soglia di 200 000 EUR in tre anni come aiuti di Stato che possono essere riconosciuti alle imprese, anche sotto forma di agevolazioni fiscali. Nel 2008 l’UE, attraverso l’azione intitolata «piano europeo di ripresa economica», aveva innalzato temporaneamente la soglia a 500 000 EUR per far fronte alla crisi economica. Andrebbe riconosciuto che l’impatto sui sistemi sanitari della crescente domanda di servizi per la salute, in particolare legati alla non-autosufficienza, sarà una delle principali voci di spesa per i sistemi sanitari degli Stati membri: per questo sarebbe utile prevedere un sistema straordinario di incentivazione e sostegno per le imprese impegnate in particolare nella realizzazione di servizi di welfare territoriale.

(23)  Direzione generale degli Affari economici e finanziari (DG ECFIN), The 2015 Ageing report (Relazione 2015 sull’invecchiamento demografico), 2015. OCSE, 2015. Pharmaceutical expenditure and policies: past trends and future challenges (Spese e politiche nel settore farmaceutico: tendenze passate e sfide future).

(24)  http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2018/614772/EPRS_BRI(2018)614772_EN.pdf.

(25)  https://www.aim-mutual.org/wp-content/uploads/2018/02/AIM-on-HTA.pdf.

(26)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:52018SC0041.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/102


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il conferimento di competenze di esecuzione alla Commissione al fine di determinare il significato dei termini utilizzati in talune disposizioni di tale direttiva»

[COM(2020) 749 final — 2020/331 (CNS)]

(2021/C 286/18)

Relatore:

Christophe LEFÈVRE

Consultazioni

Consiglio dell’Unione europea, 7.1.2021

Base giuridica

articolo 113 del TFUE

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

13.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

226/2/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE sostiene l’obiettivo generale perseguito dalla proposta della Commissione, poiché garantire la certezza del diritto e la prevedibilità per quanto riguarda la direttiva IVA (1) è fondamentale per creare condizioni di parità tra gli Stati membri e promuovere ulteriormente il mercato unico.

1.2.

Come sottolineato dalla Commissione, le attuali divergenze tra gli Stati membri in rapporto sia all’interpretazione che all’attuazione della direttiva IVA sono indubbiamente dannose per il mercato unico. Il CESE sollecita pertanto un’azione rapida ed efficace al riguardo.

1.3.

In effetti, una maggiore uniformità delle norme in materia di IVA potrebbe ridurre i costi di conformità e favorire la crescita di tutte le imprese che operano nell’UE e, in particolare, delle PMI attive a livello transnazionale, in quanto esse subiscono maggiormente l’impatto delle differenze normative tra Stati membri.

1.4.

Le discrepanze nell’applicazione delle norme in materia di IVA possono provocare considerevoli distorsioni negative nel mercato interno e, di conseguenza, effetti sociali dannosi che dovrebbero essere evitati garantendo una maggiore coerenza nell’applicazione delle norme vigenti.

1.5.

Tuttavia, il CESE non può fare a meno di constatare che la proposta della Commissione, e in particolare il quadro generale delle questioni da affrontare nell’ambito del nuovo insieme di norme, rischia di scontrarsi con una forte resistenza da parte di molti Stati membri, i quali, con tutta probabilità, potrebbero sollevare «obiezioni di principio» alla proposta della Commissione.

1.6.

Il CESE invita pertanto a prendere in considerazione altre misure in grado di migliorare quanto prima il mercato unico. Nell’attuale contesto politico, il CESE suggerisce alla Commissione di valutare, come primo passo, il miglioramento e il rafforzamento dell’attuale comitato consultivo dell’IVA e del suo processo decisionale, al fine di accrescere il livello di uniformità — oggi insoddisfacente — delle norme in materia di IVA tra gli Stati membri.

1.7.

Inoltre, il CESE ritiene utile che siano debitamente individuate le applicazioni e attuazioni eterogenee a livello nazionale delle norme concordate in materia di IVA. È importante rendere trasparenti, chiare e pubbliche le differenze esistenti al fine di migliorare l’uniformità nell’ambito dell’attuale quadro normativo.

1.8.

Questo approccio potrebbe dare luogo a un sistema efficace di «pressione tra pari», rendendo molto più difficile per gli Stati membri discostarsi dalle interpretazioni e dalle pratiche di attuazione consolidate recando discapito al mercato interno.

1.9.

Il CESE ritiene inoltre importante che la Commissione effettui valutazioni d’impatto di ogni eventuale differenza, in qualsiasi Stato membro, nell’applicazione o nell’interpretazione delle norme concordate in materia di IVA. Le valutazioni d’impatto dovrebbero essere rese pubbliche, debitamente discusse e monitorate in seno al comitato IVA.

1.10.

Il CESE desidera infine richiamare l’attenzione su alcuni possibili effetti indesiderati della nuova proposta. Il ruolo di esecuzione proposto per la Commissione in relazione ad alcuni dei concetti principali della direttiva IVA potrebbe rendere difficile distinguere tra l’ambito di applicazione delle nuove competenze della Commissione, da un lato, e gli elementi che costituiranno effettivamente una modifica della direttiva IVA, dall’altro. Tale incertezza potrebbe eventualmente impedire in futuro di raggiungere l’accordo unanime necessario in sede di Consiglio per modificare la direttiva IVA.

2.   La proposta della Commissione

2.1.

La proposta legislativa in esame mette in evidenza che la Commissione non dispone attualmente di competenze di esecuzione per quanto riguarda la direttiva IVA. A tale proposito, l’unico strumento disponibile per attuare le disposizioni della direttiva è il comitato consultivo istituito a norma dell’articolo 398.

2.2.

Tale comitato è composto da rappresentanti degli Stati membri e della Commissione ed è incaricato di esaminare le questioni relative all’applicazione delle disposizioni dell’UE in materia di IVA sollevate dalla Commissione o da uno Stato membro. Attualmente, il comitato consultivo può solo concordare orientamenti non vincolanti sull’applicazione della direttiva IVA, mentre le misure di esecuzione vincolanti possono essere adottate dal Consiglio sulla base di una proposta della Commissione.

2.3.

Secondo la Commissione, gli orientamenti esistenti non sempre garantiscono un’applicazione uniforme della legislazione dell’UE in materia di IVA, anche a causa delle difficoltà emerse nel raggiungimento di orientamenti unanimi in seno al comitato consultivo. A tale riguardo, la Commissione elenca diversi esempi di mancato raggiungimento di un accordo unanime su norme e principi relativi alle disposizioni e ai concetti strategici che figurano nella direttiva IVA.

2.4.

La Commissione sostiene inoltre che tali discrepanze potrebbero determinare diversi effetti negativi, tra cui: i) un rischio di doppia imposizione o mancata imposizione, ii) incertezza giuridica e scarsa prevedibilità, e iii) costi aggiuntivi per le imprese. A tale riguardo, per quanto utile, la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) non costituirebbe, secondo la Commissione, una soluzione ottimale per dissipare tutte le incertezze derivanti dalle disposizioni della direttiva IVA.

2.5.

Pertanto, al fine di aumentare la certezza del diritto e la prevedibilità, la proposta legislativa prevede di conferire alla Commissione il potere di adottare atti di esecuzione in determinati settori disciplinati dalla direttiva IVA, nonché di istituire un comitato incaricato di vigilare sulle nuove competenze della Commissione.

2.6.

Il ruolo di attuazione che si propone di conferire alla Commissione si concentrerà sui settori e i concetti specifici connessi all’IVA dell’UE che richiedono un’applicazione uniforme e per i quali occorre garantire una maggiore certezza e prevedibilità. Il Consiglio, per parte sua, manterrà le sue competenze di esecuzione che non rientrano nell’ambito dei poteri conferiti alla Commissione.

2.7.

In particolare, le nuove norme stabiliscono che la Commissione può, mediante atti di esecuzione, determinare il significato dei termini utilizzati nei seguenti ambiti/concetti della direttiva IVA: i) i soggetti passivi dell’IVA; ii) le operazioni imponibili ai fini dell’IVA; iii) il luogo delle operazioni imponibili; iv) il fatto generatore e l’esigibilità dell’IVA; v) la base imponibile dell’IVA; vi) le esenzioni dall’IVA; vii) le detrazioni dall’IVA; viii) gli obblighi dei soggetti passivi e di talune persone che non sono soggetti passivi; ix) i regimi speciali d’imposta.

2.8.

La base giuridica della proposta è l’articolo 113 del TFUE, il quale prevede che il Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale, e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, adotti le disposizioni che riguardano l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri nel settore dell’imposizione indiretta.

2.9.

Secondo la proposta, l’attribuzione di competenze di esecuzione alla Commissione non escluderà un controllo generale da parte degli Stati membri sull’esercizio di tali competenze da parte della Commissione.

2.10.

A tal fine le nuove norme istituiscono un apposito comitato. Le disposizioni relative alla composizione e alla presidenza del comitato sono stabilite direttamente all’articolo 3 del regolamento comitatologia.

3.   Osservazioni generali e particolari

3.1.

Il CESE accoglie con favore e sostiene l’obiettivo generale perseguito dalla proposta della Commissione. Garantire la certezza del diritto e la prevedibilità per quanto riguarda la direttiva IVA è di fondamentale importanza per creare condizioni di parità e promuovere un mercato unico.

3.2.

Come sottolineato dalla Commissione, le attuali divergenze tra gli Stati membri per quanto riguarda gli atti di esecuzione sono dannose per il mercato unico. Inoltre, il quadro normativo è reso ancora più complicato dal fatto che tali divergenze potrebbero riguardare non solo gli atti di esecuzione, ma anche, e innanzitutto, l’interpretazione delle norme e dei concetti della direttiva IVA.

3.3.

In effetti, una maggiore uniformità delle norme in materia di IVA potrebbe ridurre i costi di conformità e favorire la crescita di tutte le imprese che operano nel mercato interno e, in particolare, delle PMI attive a livello transnazionale. Anche ai fini del consolidamento dello stesso mercato interno si potrebbero trarre vantaggi sostanziali da una maggiore coerenza tra gli Stati membri nel settore dell’IVA.

3.4.

Vi sono numerosi esempi di divergenze dannose nell’attuazione delle norme concordate in materia di IVA. Ad esempio, non esiste un consenso né un’interpretazione condivisa sul fatto che un «deposito» sia o no una «stabile organizzazione di un soggetto passivo» o sul significato dell’espressione «fornitore […] che spedisce o trasporta i beni esso stesso o tramite un terzo che agisce per suo conto», ai sensi dell’articolo 36 bis, paragrafo 3, della direttiva IVA.

3.5.

Il CESE fa rilevare che le discrepanze nell’applicazione delle norme in materia di IVA possono provocare considerevoli distorsioni negative nel mercato interno e, di conseguenza, effetti sociali dannosi, che sono inaccettabili e dovrebbero essere evitati garantendo una maggiore coerenza nell’applicazione delle norme vigenti sull’IVA.

3.6.

Tuttavia, il CESE non può fare a meno di constatare che la proposta della Commissione potrebbe incontrare notevoli ostacoli, sollevati da diversi Stati membri, nel raggiungimento di un accordo sulle questioni da affrontare nell’ambito della nuova normativa e su quelle da affrontare invece nel quadro delle norme esistenti riguardo alla modifica delle direttive IVA. Il CESE invita pertanto a prendere in considerazione altre misure in grado di rafforzare quanto prima il mercato unico.

3.7.

Nell’attuale contesto politico, il CESE suggerisce alla Commissione di prendere in considerazione, come primo passo, la possibilità di migliorare il funzionamento dell’attuale comitato consultivo dell’IVA. Tale comitato potrebbe essere potenziato e reso più efficace, mantenendo così un ruolo significativo per gli Stati membri e aumentando il livello di uniformità, attualmente insoddisfacente.

3.8.

Il CESE ritiene utile che siano debitamente individuate le applicazioni e attuazioni eterogenee a livello nazionale delle norme concordate in materia di IVA. È importante che queste divergenze siano rese trasparenti, chiare e pubbliche, al fine di migliorare l’uniformità nell’ambito dell’attuale quadro normativo. Nonostante tutti i vincoli e le carenze descritti dalla Commissione, il comitato consultivo ha tuttavia maturato una notevole esperienza nel trattare questioni complesse riguardanti la direttiva IVA.

3.9.

Il CESE propone un approccio basato sulla «pressione tra pari». Tale approccio potrebbe essere efficace, rendendo molto più difficile per gli Stati membri discostarsi dalle norme concordate e creare ostacoli al corretto funzionamento del mercato unico. Gli Stati membri sarebbero tenuti a spiegare perché si è verificata una deviazione nell’attuazione. Il CESE ritiene che gli Stati membri non dovrebbero opporsi alla trasparenza e alla responsabilità.

3.10.

Il CESE ritiene inoltre importante che la Commissione effettui valutazioni d’impatto di ogni eventuale differenza, in qualsiasi Stato membro, nell’applicazione o nell’interpretazione delle norme concordate in materia di IVA. Le valutazioni d’impatto dovrebbero essere rese pubbliche, nonché discusse e monitorate in seno al comitato IVA.

3.11.

Seguendo questa linea di ragionamento, sarebbe possibile contestare la motivazione di una deviazione dalle norme comuni e dalla loro attuazione concordata, rispettando al contempo i principi di proporzionalità e sussidiarietà.

3.12.

Il CESE desidera infine richiamare l’attenzione su alcuni possibili effetti indesiderati della nuova proposta. Il ruolo di esecuzione proposto per la Commissione in relazione ad alcuni dei concetti più rilevanti contenuti nella direttiva IVA potrebbe rendere difficile distinguere tra l’ambito di applicazione delle nuove competenze della Commissione, da un lato, e gli elementi che costituiranno effettivamente una modifica della direttiva IVA, dall’altro. Tale incertezza potrebbe eventualmente rendere più difficile raggiungere in futuro l’accordo unanime necessario in sede di Consiglio per modificare la direttiva IVA.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU L 347 dell'11.12.2006, pag. 1.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/106


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 389/2012 relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise per quanto concerne il contenuto dei registri elettronici»

[COM(2021) 28 final — 2021/0015 (CNS)]

(2021/C 286/19)

Relatore:

Szilárd PODRUZSIK

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 5.2.2021

Base giuridica

Articolo 113 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

13.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

230/0/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Come ha già sottolineato in passato (1), il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è del tutto favorevole a un costante aggiornamento delle norme per consentire un livello adeguato di cooperazione amministrativa tra le autorità fiscali degli Stati membri. Inoltre, il CESE approva la volontà della Commissione europea e degli Stati membri di utilizzare al meglio l’informatica e sistemi tecnologicamente avanzati per migliorare la riscossione delle imposte e lottare contro le frodi.

1.2.

Il CESE sostiene pienamente la proposta della Commissione, nella misura in cui comporta una serie di adeguamenti tecnici della legislazione in vigore sui registri nazionali delle accise, adeguamenti resi necessari dalla recente approvazione della direttiva (UE) 2020/262 (2).

1.3.

Il CESE rammenta tutta l’importanza di organizzare e gestire i registri nazionali delle accise, nel rispetto del diritto alla riservatezza delle informazioni inserite e trattate in tali registri. Il trattamento di questi dati non dovrebbe andare al di là di quanto è necessario e proporzionato per tutelare i legittimi interessi fiscali degli Stati membri, conformemente al principio di proporzionalità elaborato alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.

1.4.

Dal momento che è divenuto necessario adattare tali registri nazionali in seguito all’approvazione della direttiva (UE) 2020/262, in cui vengono fornite le definizioni di «speditore certificato» e di «destinatario certificato», nonché quelle di «speditore certificato o destinatario certificato che invia o riceve prodotti soggetti ad accisa solo occasionalmente», il CESE raccomanda alla Commissione di garantire un livello sufficiente di armonizzazione nell’interpretazione e nell’applicazione di questi concetti, al fine di assicurare l’omogeneità dei dati inseriti nei registri nazionali.

1.5.

Il CESE invita gli Stati membri a valutare e monitorare attentamente i costi di attuazione durante il processo di adattamento innescato dalla proposta della Commissione. Tuttavia, qualora tale processo di adattamento evidenziasse la necessità di sostenere costi aggiuntivi per tutelare pienamente il diritto alla riservatezza delle imprese e dei cittadini europei, si dovrebbero realizzare rapidamente ulteriori e adeguati investimenti nel campo delle tecnologie dell’informazione e della sicurezza informatica dei registri.

2.   La proposta della Commissione

2.1.

La proposta della Commissione in esame modifica il regolamento (UE) n. 389/2012 (3) del Consiglio, che stabilisce la base giuridica della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri in materia di accise per quanto concerne il contenuto dei registri elettronici nazionali.

2.2.

La proposta è stata resa necessaria dalla recente approvazione della direttiva (UE) 2020/262, e segnatamente dal suo capo V. In particolare, l’articolo 35, paragrafo 8, della direttiva stabilisce che «[p]er uno speditore certificato, o un destinatario certificato, che invia, o riceve, prodotti sottoposti ad accisa solo occasionalmente, la certificazione di cui all’articolo 3, punti 12) e 13), è limitata a una quantità prestabilita di prodotti sottoposti ad accisa, a un unico destinatario o speditore e a un determinato periodo di tempo».

2.3.

Alla luce di tale disposizione, la proposta della Commissione definisce le informazioni da inserire nei registri tenuti dagli Stati membri per quanto riguarda gli speditori certificati e i destinatari certificati che movimentano prodotti solo occasionalmente.

2.4.

L’articolo 19 del regolamento (UE) n. 389/2012 del Consiglio impone agli Stati membri l’obbligo generale di gestire i registri elettronici relativi alle autorizzazioni degli operatori economici e dei depositi che movimentano prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa, nonché alle autorizzazioni degli operatori economici che movimentano merci già immesse sul mercato per il consumo, ossia le autorizzazioni degli speditori certificati e dei destinatari certificati.

2.5.

Al fine di consentire il corretto funzionamento del sistema informatizzato garantendo la registrazione di dati completi, aggiornati e accurati, la proposta della Commissione in esame mira ad ampliare l’ambito di applicazione dell’articolo 19 del regolamento (UE) n. 389/2012 del Consiglio, stabilendo quali siano i dati da inserire nei registri nazionali degli operatori economici che movimentano prodotti soggetti ad accisa solo occasionalmente.

2.6.

Più precisamente, tali informazioni — sia per gli speditori certificati che per i destinatari certificati — riguardano la quantità di merci, l’identità dell’operatore economico alla conclusione della movimentazione dei prodotti e la durata della certificazione temporanea.

2.7.

L’obiettivo della modifica proposta non è quello di definire una nuova cerchia di titolari di autorizzazioni per le accise, bensì di collegare le spedizioni in libera circolazione nel territorio di uno Stato membro in primo luogo ai concetti già consolidati di «deposito fiscale», «destinatario registrato» e «speditore registrato», associandole ai nuovi status di «speditore certificato» e/o di «destinatario certificato». Pertanto, la modifica amplia e affina i dati già registrati nella banca dati ufficiale.

2.8.

La base giuridica della proposta è l’articolo 113 del TFUE, il quale sancisce che «[i]l Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, adotta le disposizioni che riguardano l’armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d’affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per assicurare l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno ed evitare le distorsioni di concorrenza».

2.9.

La proposta non ha alcuna incidenza sul bilancio dell’UE e si applica a decorrere dal 13 febbraio 2023.

3.   Osservazioni generali e particolari

3.1.

Come ha già sottolineato in precedenti pareri (4), il CESE è del tutto favorevole a un costante aggiornamento delle norme per consentire un livello adeguato di cooperazione amministrativa tra le autorità degli Stati membri volta a garantire la riscossione integrale delle imposte e una lotta efficace contro le frodi in materia di accise.

3.2.

Inoltre, il CESE approva la volontà della Commissione europea e degli Stati membri di utilizzare al meglio l’informatica e sistemi tecnologicamente avanzati per migliorare la riscossione delle imposte e lottare contro le frodi.

3.3.

Il CESE sostiene quindi pienamente la proposta della Commissione in esame, nella misura in cui comporta una serie di adeguamenti tecnici della legislazione in vigore sui registri nazionali delle accise, adeguamenti resi necessari dalla recente approvazione della direttiva (UE) 2020/262.

3.4.

Il CESE ritiene utile disporre di una banca dati completa, che consenta la verifica delle informazioni oggetto della proposta in esame nel sistema SEED (System for Exchange of Excise Data = sistema per lo scambio di dati relativi alle accise). Questo consentirà una maggiore uniformità, efficienza e trasparenza del controllo delle spedizioni soggette ad accisa e della corretta osservanza di tutti gli oneri fiscali in termini di accise.

3.5.

La proposta appare conforme al principio di sussidiarietà, dato che il contenuto e il funzionamento dei registri nazionali relativi alle informazioni sugli speditori registrati e sui destinatari registrati che operano occasionalmente dovrebbero essere armonizzati mediante l’adozione di norme europee. L’obiettivo di regolamentazione perseguito dalla Commissione può essere meglio realizzato attraverso tali norme a livello UE che non attraverso una serie di approcci distinti a livello di Stati membri. A tale riguardo, la scelta di adottare un regolamento ai sensi dell’articolo 113 del TFUE sembra appropriata.

3.6.

La proposta è inoltre in conformità con i principi di proporzionalità elaborati alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e sanciti dal trattato. In effetti, il contenuto della proposta non va al di là di quanto è necessario per conseguire l’obiettivo di regolamentazione perseguito dalla Commissione, e non incide indebitamente sugli interessi delle imprese private.

3.7.

In altre parole, la proposta comporta un aumento accettabile degli adempimenti amministrativi per le autorità fiscali nazionali, che è giustificato dal risultato finale di rendere il sistema di controlli effettuati attraverso i registri più completo, più efficiente e più trasparente.

3.8.

Il CESE rammenta tutta l’importanza di organizzare e gestire i registri nazionali delle accise nel rispetto dei diritti fondamentali, e in particolare del diritto alla riservatezza delle informazioni inserite e trattate in tali registri. Il trattamento di questi dati non dovrebbe andare al di là di quanto è necessario e proporzionato per tutelare i legittimi interessi fiscali degli Stati membri, conformemente al principio di proporzionalità.

3.9.

Dal momento che è divenuto necessario adattare tali registri nazionali in seguito all’approvazione della direttiva (UE) 2020/262, in cui vengono fornite le definizioni di «speditore certificato» e di «destinatario certificato» (articolo 3), nonché quelle di «speditore certificato o destinatario certificato che invia o riceve prodotti soggetti ad accisa solo occasionalmente» (articolo 35), il CESE raccomanda alla Commissione di garantire un livello sufficiente di armonizzazione nell’interpretazione e nell’applicazione di questi concetti, al fine di assicurare l’omogeneità dei dati inseriti nei registri utilizzati a livello nazionale.

3.10.

Il CESE osserva che la proposta non avrà alcuna incidenza sul bilancio dell’UE ma, al tempo stesso, invita gli Stati membri a valutare e monitorare attentamente i costi di attuazione nel corso del processo di adattamento. Tuttavia, se lo si ritiene necessario, si dovrebbero realizzare ulteriori e adeguati investimenti nel campo delle tecnologie dell’informazione qualora tale processo di adattamento evidenziasse la necessità di sostenere costi aggiuntivi per tutelare pienamente il diritto alla riservatezza delle imprese e dei cittadini europei.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Cfr. il parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise (GU C 68 del 6.3.2012, pag. 45).

(2)  GU L 58 del 27.2.2020, pag. 4.

(3)  GU L 121 del 8.5.2012, pag. 1.

(4)  Cfr. il parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise (GU C 68 del 6.3.2012, pag. 45).


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/109


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Costruire un’Unione europea della salute: rafforzare la resilienza dell’UE alle minacce per la salute a carattere transfrontaliero»

[COM(2020) 724 final]

su «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un ruolo rafforzato dell’Agenzia europea per i medicinali nella preparazione alle crisi e nella loro gestione in relazione ai medicinali e ai dispositivi medici»

[COM(2020) 853 final — 2020/321 (COD)]

su «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 851/2004 con il quale si crea un Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie»

[COM(2020) 726 final — 2020/320 COD]

e su «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 1082/2013/UE»

[COM(2020) 727 final — 2020/322 COD]

(2021/C 286/20)

Relatore:

Ioannis VARDAKASTANIS (EL-III)

Consultazione

Consiglio, 14.12.2020

Parlamento europeo, 14.12.2020

Commissione, 12.11.2020

Base giuridica

Articoli 168, paragrafo 5, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

16.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

232/3/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Con questo pacchetto di misure per un’«Unione europea della salute», l’Unione europea (UE) e gli Stati membri devono tenere conto dell’auspicio espresso dalle persone che vivono nell’UE che l’Unione svolga un ruolo più attivo nell’ambito della protezione della loro salute e della promozione del diritto alla salute. Da un recente sondaggio dell’UE è emerso che il 66 % dei cittadini dell’Unione vorrebbe che l’UE avesse più voce in capitolo sulle questioni relative alla salute. Secondo il 54 % delle persone intervistate, la sanità pubblica dovrebbe essere una priorità di spesa per il bilancio dell’UE (1). È indispensabile migliorare in particolare la capacità dell’UE in materia di prevenzione, individuazione, preparazione e gestione efficace delle minacce sanitarie transfrontaliere. Pertanto occorre aprire una discussione e procedere a un potenziale riesame della sussidiarietà, della condivisione delle competenze e dei riferimenti alle minacce per la salute a carattere transfrontaliero e alla preparazione nei trattati dell’UE, una volta che sia stato possibile valutare appieno la pandemia in corso e la reazione dell’UE e degli Stati membri. Nel frattempo, si dovrebbero portare avanti azioni ambiziose nel quadro attuale dei trattati.

1.2.

Durante la pandemia le persone che risiedono nell’Unione hanno osservato e avvertito quanto fosse impreparata l’UE a salvaguardare la salute delle persone, vista la frammentarietà dell’architettura dei suoi sistemi sanitari e della sua strategia di prevenzione, nonché i decenni di austerità e di investimenti insufficienti nei servizi di assistenza sanitaria e sociale. Questo ha determinato la perdita di vite umane, l’aumento delle disuguaglianze e dei tassi di povertà. La pandemia ha inoltre evidenziato il fatto che nell’UE molte persone non sono ancora protette dalla discriminazione o non hanno accesso alle informazioni sulla sanità pubblica o all’assistenza sanitaria. Il CESE ribadisce la richiesta di una convergenza verso l’alto dei sistemi sanitari e sociali e dei principi generali comuni dell’UE (2). Le misure di protezione della salute devono sempre rispettare tutti i diritti fondamentali e dovrebbero basarsi su sistemi sanitari solidali. La procedura del semestre europeo dovrebbe verificare le prestazioni e le condizioni della gestione della crisi e dei sistemi sanitari degli Stati membri.

1.3.

La pandemia di COVID-19 ha dimostrato quanto siano essenziali i servizi sanitari e di assistenza e che la salute è un bene pubblico. A tal fine l’UE e gli Stati membri dovrebbero garantire che tutti abbiano pari accesso a servizi sanitari e sociali di qualità e adeguatamente dotati di personale e di attrezzature.

1.4.

Durante la pandemia, gli operatori sanitari e sociali, i mediatori sanitari, gli attori della società civile e i prestatori di servizi essenziali (prodotti alimentari, trasporti) sono stati in prima linea e hanno dato prova di una solidarietà eccezionale nei momenti più difficili. Si dovrebbe prestare particolare attenzione al personale sanitario e alla necessità di migliorare le loro condizioni di lavoro, segnatamente in materia di retribuzione, assunzione e permanenza nella professione, nonché la loro salute e sicurezza. La pressione esercitata dalla pandemia ha indotto molti di loro a prendere in considerazione la possibilità di abbandonare la professione. Il pacchetto di misure in esame deve tenere conto di questo aspetto e del ruolo che tutti i suddetti attori possono svolgere nel settore della salute. Analogamente, gli enti locali, i prestatori di servizi e il personale sanitario dovrebbero essere consultati in modo più approfondito. Un migliore coordinamento tra l’Unione europea, gli Stati membri e gli enti regionali e locali, compresa la società civile, permetterà di aumentare l’efficienza a vantaggio dei cittadini dell’UE.

1.5.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE), pur elogiando l’UE per la solidarietà mostrata nella strategia vaccinale, sottolinea che stiamo assistendo a gravi ritardi nella diffusione del vaccino. Il CESE chiede alla Commissione europea (CE) di garantire che l’accesso alla vaccinazione resti, come inizialmente dichiarato dalla Commissione stessa, un bene pubblico, gratuito per tutti i cittadini. La disponibilità di futuri vaccini non dovrebbe essere pregiudicata dai diritti di proprietà intellettuale e dalla legislazione dell’UE in materia di esclusività dei dati e di mercato. Inoltre, i beneficiari dei fondi dell’UE dovrebbero avere l’obbligo giuridico di condividere le conoscenze relative alle tecnologie sanitarie legate alla COVID-19.

1.6.

La pandemia ha messo in luce il rapporto negativo tra malattie trasmissibili e non trasmissibili. La grande maggioranza dei decessi causati dalla pandemia di COVID-19 è legata a problemi di salute di fondo e a patologie pregresse. Un altro effetto osservato della pandemia è stato il suo impatto sui pazienti affetti da malattie croniche per i quali l’accesso alle cure è stato reso difficile dalla situazione. Pertanto, il meccanismo di risposta alle crisi e l’Unione europea della salute dovrebbero concentrare l’attenzione anche sulle malattie non trasmissibili e sulla crisi della salute mentale, che era già presente prima della pandemia ma che probabilmente è esplosa a causa della pressione alla quale sono attualmente sottoposte molte persone.

1.7.

Per quanto riguarda il regolamento relativo alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, il CESE sottolinea la necessità di: sviluppare e creare scorte di farmaci utilizzabili e alla portata dell’intera popolazione; avviare immediatamente la preparazione per la protezione dei gruppi ad alto rischio, in particolare di coloro che si trovano in contesti e istituzioni chiusi; procedere a una più efficace disaggregazione della raccolta dei dati per fornire una comprensione più chiara dei soggetti maggiormente a rischio; e garantire che le innovazioni e le risposte mediche siano accessibili a tutti, indipendentemente dal reddito, dallo Stato membro o dalla regione di residenza.

1.8.

Alla luce del rinnovo del mandato del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), il CESE sottolinea l’importanza di: porre la riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell’UE al centro dei lavori dell’ECDC, e di garantire che le malattie non trasmissibili ricevano anch’esse l’attenzione necessaria; essere pienamente in grado di raccogliere dati nella forma più disaggregata e anonima possibile ed elaborare raccomandazioni sui determinanti sociali e commerciali della salute (3); disporre di un mandato per monitorare gli investimenti e formulare raccomandazioni sul finanziamento della sorveglianza sanitaria, della valutazione dei rischi, della preparazione e della risposta, sia al livello dell’UE che a livello nazionale.

1.9.

Per quanto riguarda il ruolo rafforzato dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), il CESE raccomanda vivamente che: i gruppi direttivi per i medicinali e per i dispositivi medici includano e consultino in modo significativo la società civile e le parti sociali; la fornitura di medicinali e dispositivi medici in tutta l’UE sia coerente e sufficiente, ma anche che l’EMA collabori con tutte le parti interessate del settore sanitario per stabilire un modello europeo di fissazione dei prezzi dei medicinali che sia equo, responsabile e trasparente.

1.10.

Il nuovo pacchetto sanitario dell’UE dovrebbe rientrare nel quadro dell’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali (in particolare dei principi 12, 16, 17 e 18) e del piano d’azione su detto pilastro, che propone, tra l’altro, uno spazio di dati sanitari a livello di UE. Esso dovrebbe inoltre inserirsi nella realizzazione dell’obiettivo di sviluppo sostenibile (OSS) n. 3.

1.11.

Occorre affrontare la questione della sovrapposizione tra gli obiettivi dei diversi regolamenti e chiarire i mandati delle differenti agenzie, al fine di aumentare l’efficienza ed evitare confusione su quale organismo abbia la responsabilità delle diverse azioni. Occorre inoltre dare seguito alle osservazioni formali recentemente formulate dal Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) sul pacchetto di misure proposto per l’Unione europea della salute.

1.12.

Il CESE ritiene che alcuni elementi di questo pacchetto di regolamenti arrivino forse troppo presto, in quanto siamo ancora nel mezzo della pandemia di COVID-19 e stiamo ancora imparando dalle sue conseguenze. Al tempo stesso, il CESE è consapevole della necessità di un’azione urgente in alcuni settori del coordinamento sanitario dell’UE. Il CESE invita la Commissione europea a presentare entro giugno 2021 una relazione sugli insegnamenti tratti finora dalla pandemia.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE accoglie con favore il pacchetto proposto dalla Commissione per la costruzione di un’Unione europea della salute forte. Tale pacchetto comprende: a) la comunicazione Costruire un’Unione europea della salute: rafforzare la resilienza dell’UE alle minacce per la salute a carattere transfrontaliero; b) l’adozione di un nuovo regolamento sulle gravi minacce transfrontaliere, teso a rafforzare la preparazione, irrobustire la sorveglianza e migliorare la comunicazione dei dati; c) un rafforzamento delle capacità del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) per proteggere meglio le persone che vivono nell’UE e affrontare le minacce sanitarie transfrontaliere; d) l’istituzione di un’Autorità europea di risposta alle emergenze sanitarie (HERA) per sostenere efficacemente la risposta a livello di UE alle minacce sanitarie transfrontaliere; ed e) l’istituzione della nuova Agenzia esecutiva europea per la salute e il digitale (HaDEA), incaricata di lanciare e gestire i programmi annuali di lavoro nel quadro del programma «UE per la salute».

2.2.

Il CESE invita l’UE e gli Stati membri a rispondere alla richiesta dei cittadini europei di fare della salute una priorità. Come sottolineato dalla Commissione europea nella sua comunicazione, «[c]on chiarezza crescente i cittadini europei hanno espresso l’aspettativa di un ruolo più attivo dell’UE nel tutelare la loro salute, in particolare per quanto riguarda la protezione dalle minacce sanitarie che oltrepassano i confini nazionali».

2.3.

Il pacchetto proposto dalla Commissione costituisce il punto di partenza per l’attuazione del diritto a una sanità di qualità e per il rafforzamento della sanità e di sistemi di assistenza sanitaria inclusivi per tutti i cittadini dell’UE, dei paesi vicini e dei paesi candidati all’adesione all’Unione. Esso consolida altresì la piattaforma per il contributo dell’UE alla sanità pubblica mondiale. I partenariati internazionali della Commissione europea devono inoltre dare priorità alla protezione sociale nell’ambito della salute.

2.4.

Se da un lato il pacchetto dell’UE sulla salute va nella direzione giusta, dall’altro è necessario espandere le attività al di là del mero coordinamento. Le nuove misure dovrebbero essere combinate con un’eventuale revisione dei trattati dell’UE, in particolare dell’articolo 168, paragrafo 1, secondo comma, del TFUE, al fine di ampliare le competenze dell’UE nel settore delle emergenze sanitarie e delle minacce per la salute e presentare la protezione della salute come un bene pubblico. L’articolo 35 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea afferma che: «[o]gni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana». A tal fine occorre garantire che gli Stati membri investano adeguatamente nella sanità e nell’assistenza sociale pubbliche. È inoltre necessario tenere conto del giusto equilibrio tra i sistemi sanitari e assistenziali nazionali approvati democraticamente e le esigenze comuni dell’Europa. Tutte le fonti scientifiche pertinenti dovrebbero contribuire all’adozione di decisioni politiche responsabili e occorre realizzare una valutazione obbligatoria dell’impatto sanitario di tutte le iniziative politiche dell’UE. Infine, le misure di protezione sanitaria devono rispettare tutti i diritti fondamentali. Le limitazioni di tali diritti dovrebbero essere proporzionate e controllate dagli organi giurisdizionali, e dovrebbero rispettare i principi della democrazia e dello Stato di diritto.

2.5.

Il CESE ha già elaborato diversi pareri in materia di salute (4). Nel giugno 2020 l’assemblea plenaria ha inoltre adottato una risoluzione contenente le proposte del CESE per la ricostruzione e la ripresa dopo la crisi della COVID-19 (5).

2.6.

L’iniziativa volta a migliorare la capacità dell’UE di contrastare, preparare e gestire efficacemente le minacce sanitarie transfrontaliere in modo globale dovrebbe essere combinata con l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, in particolare dei principi 12, 16, 17 e 18, e del piano d’azione in materia che propone, tra l’altro, uno spazio di dati sanitari a livello UE, che dovrebbe essere regolamentato alla stregua di un bene pubblico. Tale iniziativa dovrebbe inoltre essere integrata nel conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile oltre ad essere collegata alle riforme finanziate dal dispositivo per la ripresa e la resilienza, il che potrebbe spianare la strada a progressi nell’ambito della sanità elettronica accessibile e della telemedicina. Il CESE attende con interesse il quadro di valutazione di detto dispositivo, che metterà in evidenza gli investimenti effettuati tramite lo stesso nel settore sanitario.

2.7.

Malgrado i programmi di cooperazione europea tra le regioni transfrontaliere, con fondi dell’UE investiti da oltre vent’anni per promuovere la mobilità sanitaria in queste regioni, non abbiamo ancora realizzato un modello più integrato di assistenza transfrontaliera. Vi è bisogno di un nuovo slancio e di una visione a lungo termine perché i territori transfrontalieri diventino promotori della solidarietà e della cooperazione in ambito sanitario. Laddove gli Stati membri condividono una frontiera terrestre, la «pianificazione della prevenzione, della preparazione e della risposta» dovrebbe fondarsi sulla conoscenza delle strutture e del personale del sistema sanitario pubblico dello Stato limitrofo nonché prevedere l’organizzazione di esercitazioni transfrontaliere congiunte.

2.8.

La pandemia ha provocato un rapido aumento dei tassi di povertà e ha esacerbato le disuguaglianze preesistenti, in particolare negli Stati membri che sono stati più duramente colpiti dalla crisi economica nel corso del decennio precedente. La crisi sanitaria ha avuto un forte impatto sull’economia, sul mercato del lavoro e sulla coesione sociale. Gli effetti più evidenti sul mercato del lavoro sono l’aumento della disoccupazione, il blocco delle assunzioni, la mancata creazione di nuovi posti di lavoro e la riduzione dell’orario di lavoro. I dati Eurostat mostrano un chiaro impatto sui tassi di disoccupazione nell’UE a causa della pandemia, tendenza che probabilmente è destinata a peggiorare negli anni a venire. Nell’ottobre 2020 il tasso di disoccupazione nell’UE era del 7,6 %, in aumento rispetto al 6,6 % del novembre 2019. Per i giovani la situazione è ancora peggiore, con un aumento della disoccupazione dal 14,9 % al 17,7 % tra novembre 2019 e novembre 2020 (6). Va osservato che l’articolo 31, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea stabilisce che «[o]gni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose». Anche l’articolo 3, paragrafo 3, del TUE menziona tra i suoi obiettivi quello della piena occupazione.

2.9.

I sistemi sanitari in tutta l’UE — non da ultimo quelli degli Stati membri interessati, nel decennio precedente, da politiche orientate all’austerità, da insufficienti investimenti e da drastici tagli alla spesa pubblica — non sono stati in grado di rispondere efficacemente all’enorme pressione causata dalla pandemia di COVID-19. Quest’ultima ha messo in luce le carenze dei sistemi sanitari in tutta Europa e la necessità di cambiare la nostra idea di assistenza sanitaria. L’assistenza sanitaria non può essere trattata come una merce. La parità di accesso alle cure, l’aumento del personale nel settore sanitario e il miglioramento delle condizioni per gli operatori sanitari devono diventare una priorità.

2.10.

La strategia di vaccinazione coordinata e l’approvvigionamento comune di vaccini dell’UE si sono rivelati insufficienti. L’UE si trova tuttora ad affrontare difficoltà in materia di capacità produttive, il che determina un’inutile perdita di vite umane. Il CESE chiede un riesame approfondito del sistema europeo di acquisto centralizzato di vaccini contro la COVID-19. Al termine della pandemia, sarebbe utile esaminare le modalità di attuazione di tale sistema, gli elementi che hanno funzionato e quelli che avrebbero potuto funzionare meglio. È essenziale trarre tutti gli insegnamenti possibili dalla situazione attuale e tenerne conto nella pianificazione futura.

2.11.

Durante la pandemia, la società civile e le parti sociali hanno svolto un ruolo cruciale per la protezione e la promozione dei diritti. Dette organizzazioni e le parti sociali devono svolgere un ruolo centrale nell’elaborazione e nell’attuazione di tutte le azioni future volte a migliorare la salute degli europei più colpiti dalla COVID-19: anziani, soprattutto quelli che vivono in strutture di assistenza residenziale, senzatetto, persone che vivono in condizioni di povertà, persone con disabilità, persone affette da malattie croniche, migranti, rifugiati, minoranze etniche e comunità LGBTIQ+.

2.12.

La pandemia ha evidenziato il fatto che nell’UE molte persone non sono ancora protette dalla discriminazione o non hanno accesso alle informazioni sulla sanità pubblica o all’assistenza sanitaria essenziale. Abbiamo inoltre osservato la crescita dei cosiddetti deserti sanitari (7). Secondo i trattati dell’UE, anche le persone dovrebbero essere al riparo dalle discriminazioni. Attualmente, la protezione contro la discriminazione a livello dell’UE nell’ambito dell’assistenza sanitaria non copre tutti i settori. La mancata adozione da parte del Consiglio della direttiva sulla parità di trattamento pubblicata nel 2008 significa che la protezione contro la discriminazione nell’assistenza sanitaria non è ancora garantita, ad esempio, per motivi di età, disabilità, genere o orientamento sessuale. Ciò è risultato evidente durante la pandemia. Occorre porre rimedio alle lacune nei servizi, nell’accesso e nella protezione contro la discriminazione nell’UE.

2.13.

Il CESE è pronto a fungere da punto di contatto centrale per la partecipazione delle organizzazioni della società civile ai processi dell’Unione europea in materia di salute, riunendo i rappresentanti delle istituzioni dell’UE, degli Stati membri e delle suddette organizzazioni a livello sia dell’UE che nazionale.

2.14.

L’Unione europea della salute costituisce un nuovo importante sviluppo, che deve contribuire a migliorare l’accesso all’assistenza sanitaria, la sicurezza e il benessere delle persone che vivono nell’UE e rafforzerà la consapevolezza dell’impegno dell’Unione a servire i suoi cittadini, anche proteggendo gli Stati membri dalle minacce legate all’ascesa del nazionalismo e del populismo. Dovrebbe pertanto essere uno dei temi da trattare nel contesto della Conferenza sul futuro dell’Europa. A tal fine il CESE richiama l’attenzione sulle raccomandazioni contenute nella relazione della Commissione di alto livello sull’occupazione nel settore sanitario e la crescita economica dell’OMS, intitolata «Working for health and growth: investing in the health workforce» (Lavorare per la salute e la crescita: Investire nel personale sanitario), e sul Piano d’azione quinquennale per l’occupazione nel settore sanitario e la crescita economica inclusiva (2017-2021), la cui attuazione dovrebbe contribuire a una migliore preparazione dell’UE alle future emergenze sanitarie.

2.15.

Ricorrendo unicamente alle misure proposte non è possibile realizzare un’autentica Unione europea della salute inclusiva. Essa deve andare oltre la semplice gestione delle crisi e, in ultima analisi, mirare a un’Europa in cui tutti godano dei più elevati standard sanitari raggiungibili, con parità di accesso a cure di elevata qualità. Dovrebbe avviare un cambiamento sistemico al fine di essere meglio preparata non solo per la prossima pandemia, ma anche per altre sfide sanitarie transfrontaliere, quali la resistenza antimicrobica, l’obesità e le epidemie di malattie non trasmissibili che colpiscono tutti i paesi europei. Essa dovrebbe inoltre adottare l’approccio «One health», concentrandosi sul legame tra benessere umano, animale e ambientale al fine di preservare la nostra salute.

2.16.

Dato che in numerosi Stati membri la responsabilità in materia di prevenzione e di prestazione dei servizi sanitari incombe al livello locale o regionale, è di fondamentale importanza che il pacchetto dell’UE sulla salute preveda una governance multilivello che coinvolga pienamente gli enti locali e regionali, le organizzazioni di emergenza e i prestatori di servizi. Deve essere chiaro che, in caso di grave incidente sanitario, gli enti locali avranno un ruolo fondamentale nella trasmissione di informazioni e dati e nella comunicazione della disponibilità di letti ospedalieri, infermieri, dispositivi salvavita e medicinali nella loro località. Tali informazioni devono essere centralizzate al livello dell’UE e, nel caso delle regioni frontaliere, gli Stati membri dovrebbero dar prova di solidarietà e sostenere le regioni limitrofe e i paesi candidati all’adesione all’UE in cui la capacità di fornire assistenza sanitaria di emergenza non risulta sufficiente. In alcuni Stati membri i servizi sanitari sono forniti da imprese dell’economia sociale senza scopo di lucro, come le mutue sanitarie. Tutti gli Stati membri dovrebbero essere dotati di quadri giuridici e finanziari adeguati per tali servizi al fine di garantire una partecipazione diretta alle misure dell’UE, una concorrenza leale e una convergenza verso l’alto in termini di qualità e accessibilità, assicurando nel contempo il mantenimento del principio della salute in quanto bene pubblico. Inoltre, alla luce del suo parere Verso un quadro giuridico europeo adattato per le imprese dell’economia sociale, il CESE propone di introdurre nel diritto dell’UE un quadro giuridico che consenta un migliore riconoscimento delle imprese dell’economia sociale (IES). Tutte le parti interessate negli Stati membri dovrebbero essere contattate in maniera diretta, rapida e con mezzi digitali dal centro dell’UE incaricato della raccolta dei dati, al fine di massimizzare l’accuratezza dei dati rilevati e la qualità della risposta coordinata dell’UE.

2.17.

L’UE dovrebbe inoltre procedere a un esame più approfondito dell’assunzione, della fidelizzazione e delle condizioni di lavoro degli operatori sanitari e sociali. Anche la sicurezza degli operatori sanitari e sociali dovrebbe essere considerata una priorità, dato il numero di vittime registrato durante la pandemia. Inoltre, l’UE dovrebbe raccogliere dati pertinenti e trasparenti sull’impatto della COVID-19 sugli operatori socio-sanitari. Ciò consentirà all’UE e agli Stati membri di valutare più precisamente le conseguenze a lungo termine della COVID-19 e di elaborare misure volte a garantire che i sistemi sanitari siano meglio preparati alle future emergenze sanitarie.

2.18.

Sembra esservi una sovrapposizione tra gli obiettivi dei diversi regolamenti. Non è chiaro come funzionerà nella pratica la ripartizione delle responsabilità, né quale agenzia o organismo avrà la responsabilità delle azioni che si sovrappongono, il che potrebbe generare confusione e inefficienze negli sforzi di coordinamento dell’UE. Questo aspetto deve essere chiarito. Nei casi in cui nei diversi regolamenti rimangano dei doppioni, occorre garantire un insieme comune di definizioni per tutti i termini utilizzati, specificando, ad esempio, in che cosa consiste una «crisi sanitaria pubblica».

2.19.

La pandemia di COVID-19 ha richiamato l’attenzione sulla frammentazione dell’architettura sanitaria dell’UE e sulla necessità di rafforzare il ruolo di tutte le pertinenti agenzie europee. Nonostante i finanziamenti dell’UE, gli investimenti sono tuttora insufficienti tenuto conto dell’entità delle sfide, ivi compresa la prevenzione. Il CESE deplora inoltre che gli investimenti nella sanità a titolo del dispositivo per la ripresa e la resilienza siano stati ridotti rispetto alla proposta dalla Commissione, e ritiene che questa decisione costituisca un grave errore.

2.20.

Il CESE esorta a dar prova di cautela nell’attuazione delle proposte contenute nel pacchetto. Pur sostenendo in linea di principio il pacchetto di regolamenti, il CESE auspica che si proceda a una valutazione della situazione e dell’adeguatezza del pacchetto una volta che la pandemia sarà terminata e che disporremo di un quadro più chiaro del suo impatto.

3.   Regolamento dell’UE relativo alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero

3.1.

Il CESE accoglie con favore questo regolamento, in quanto porterà alla creazione di un quadro giuridico più solido e completo che consentirà all’Unione di prepararsi meglio e reagire rapidamente alle minacce sanitarie transfrontaliere.

3.2.

Il CESE ritiene che gli attuali meccanismi di coordinamento siano stati gravemente insufficienti a contenere la pandemia di COVID-19 e a proteggere le persone che vivono nell’UE, in quanto:

3.2.1.

le attuali disposizioni in materia di sicurezza sanitaria, basate sul sistema di allarme rapido e di reazione (SARR) e sullo scambio di informazioni e la cooperazione in seno al comitato per la sicurezza sanitaria, hanno potuto fare ben poco per consentire una risposta comune tempestiva al livello dell’UE, per coordinare gli aspetti cruciali della comunicazione del rischio o per garantire la solidarietà tra gli Stati membri.

3.2.2.

L’approccio al contenimento del virus è stato frammentario, il che ha compromesso la capacità dell’Europa di impedirne la diffusione. In troppi Stati membri le misure introdotte non sono state adottate seguendo i pareri scientifici, come dimostra il tasso di infezione dei paesi che hanno tardato ad adottare misure preventive, non hanno imposto il blocco delle attività non essenziali o hanno optato per un approccio basato sull’«immunità di gregge». Le circostanze geografiche specifiche degli Stati membri, come le frontiere condivise con altri paesi con tassi di infezione elevati o il fatto di dover affrontare un flusso significativo di migranti e rifugiati, non sono state prese sufficientemente in considerazione.

3.2.3.

Le persone residenti nelle strutture di assistenza istituzionale sono state particolarmente esposte all’infezione, e hanno fatto registrare un numero sproporzionato di decessi. A titolo di esempio, i dati disponibili indicano che le persone in contesti istituzionali si trovavano e si trovano tuttora ad affrontare i tassi più elevati di infezione e di mortalità derivanti dalla COVID-19. In Slovenia, per esempio, l’81 % dei decessi dovuti alla COVID-19 si è verificato tra i residenti delle case di riposo (8). Il virus ha avuto un impatto micidiale in questi contesti, e la futura azione dell’UE in materia di sicurezza sanitaria dovrà porre pienamente rimedio a questa lacuna.

3.2.4.

Quando le unità di pronto soccorso e di assistenza di base hanno raggiunto la saturazione, le persone più a rischio di infezione e di gravi conseguenze per la salute sono state le prime a vedersi negare il trattamento nell’ambito di sistemi di triage. Gli anziani e le persone con disabilità erano particolarmente esposti al rischio di vedersi negare le cure di emergenza.

3.2.5.

All’inizio della pandemia si è verificata una grave carenza di dispositivi di protezione individuale (DPI) e di attrezzature mediche. La pandemia ha messo in evidenza le incrinature nella solidarietà dell’UE, e alcuni Stati membri hanno bloccato le esportazioni di DPI o ventilatori verso altri che ne avevano estremo bisogno. Un altro problema importante venuto alla luce è quello della mancanza di una valutazione delle tecnologie sanitarie (HTA) centralizzata al livello dell’UE per i prodotti farmaceutici e i dispositivi medici. Si tratta di problemi che l’UE non dovrebbe mai trovarsi ad affrontare di nuovo.

3.2.6.

Mancavano dati disaggregati sui gruppi più colpiti dalla COVID-19, il che ha ostacolato i tentativi di individuare e proteggere le persone più a rischio.

3.2.7.

Una comunicazione incoerente con il pubblico e le parti interessate — come gli operatori sanitari in tutta l’UE — nonché tra gli Stati membri, ha avuto un impatto negativo sull’efficacia della risposta dal punto di vista della sanità pubblica. È mancata inoltre un’attuazione efficace degli strumenti di sanità elettronica e delle nuove tecnologie di intelligenza artificiale dell’UE.

3.3.

Il CESE ritiene che il regolamento dell’UE relativo alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero potrebbe contribuire ad alleviare tali problemi durante future crisi sanitarie al livello dell’UE mediante le seguenti misure:

3.3.1.

istituzione di una procedura di appalto comune dell’UE e costituzione di scorte strategiche attraverso la riserva rescEU per contribuire ad attenuare simili carenze in future crisi sanitarie al livello dell’UE. Sarà particolarmente importante fornire medicinali utilizzabili dall’intera popolazione e, nei casi in cui determinati gruppi richiedano forme di terapia adattate o alternative a causa di fattori come l’età, il sesso e il genere, la condizione o la disabilità, se ne terrà pienamente conto.

3.3.2.

Definizione di un quadro legislativo completo per disciplinare e realizzare efficacemente l’azione a livello dell’Unione in materia di preparazione, sorveglianza, valutazione del rischio, allarme rapido e reazione. La preparazione per assicurare la protezione dei gruppi ad alto rischio dovrebbe iniziare immediatamente, in particolare per quanto riguarda coloro che si trovano in condizioni di vita raggruppate e in istituzioni in cui è stato dimostrato che è molto difficile proteggere sufficientemente i residenti e rispettare i loro diritti, nonché per garantire la salute e la sicurezza sul piano delle condizioni di lavoro e un livello adeguato di personale sia nel settore sanitario che in quello dell’assistenza. Il regolamento in esame dovrebbe inoltre prevedere un migliore monitoraggio delle carenze di personale sanitario e assistenziale al fine di assistere gli Stati membri, la Commissione europea e le parti sociali nazionali ed europee nella valutazione di soluzioni per rendere più attraente il lavoro nel settore e migliorare in tal modo l’assunzione e la permanenza dei lavoratori.

3.3.3.

Mobilitazione delle competenze scientifiche e del dialogo interdisciplinare in modo coordinato. Il CESE ritiene che detta mobilitazione dovrebbe avvenire parallelamente a quella delle competenze della società civile, in particolare delle organizzazioni che rappresentano i gruppi ad alto rischio durante le pandemie, come gli anziani, i senzatetto, le persone appartenenti a minoranze etniche e le persone con disabilità. Essa dovrebbe comprendere anche il settore sanitario, i ricercatori e altri soggetti interessati, comprese le imprese dell’economia sociale.

3.3.4.

Il comitato per la sicurezza sanitaria (CSS) deve essere in grado di fornire orientamenti per l’adozione di misure comuni a livello dell’UE volte ad affrontare una futura minaccia per la salute a carattere transfrontaliero. Le parti sociali europee del settore sanitario (ad esempio il comitato di dialogo sociale settoriale dell’UE per il settore sanitario) dovrebbero essere consultate e incluse nella governance del CSS.

3.3.5.

Occorre facilitare la comunicazione dei dati dei sistemi sanitari e di altri dati pertinenti per la gestione delle minacce transfrontaliere. Tale raccolta di dati deve essere disaggregata per fornire una comprensione più chiara al livello dell’Unione dei gruppi maggiormente a rischio e maggiormente colpiti dalle minacce per la salute. I dati dovrebbero tenere conto del genere, dell’età, dell’etnia, del contesto migratorio, della disabilità e delle malattie croniche. Tali informazioni dovrebbero comprendere anche dati relativi all’offerta di operatori socio-sanitari, alle scorte di medicinali, ai dispositivi medici e di protezione individuale, alla capacità di posti letto e al numero di posti letto occupati nei reparti di terapia intensiva, al numero di ventilatori disponibili e alla quantità di ventilatori utilizzati, alle capacità di realizzare test e ai tamponi effettuati, nonché alle risorse dei servizi sanitari pubblici per garantire un numero di operatori adeguato e orientato alle necessità, in particolare al livello di personale per abitante per la medicina comunitaria. È inoltre importante raccogliere informazioni sull’inclusività dei sistemi sanitari nazionali al fine di garantire un accesso più paritario. Questi dati dovrebbero essere utilizzati per adottare raccomandazioni, tra l’altro sui rapporti delle risorse per unità di popolazione, compreso il numero di operatori socio-sanitari, elaborate sulla base di buone pratiche e valutazioni delle politiche.

3.3.6.

Creazione di nuove reti di laboratori dell’UE. Occorre valutare con attenzione le modalità per garantire che le innovazioni e le risposte mediche siano accessibili a tutti, anche sul piano economico, indipendentemente dallo Stato membro o dalla regione di residenza.

3.3.7.

I programmi di formazione per gli specialisti dovrebbero tenere conto anche delle esigenze specifiche dei diversi profili di pazienti, degli operatori sanitari e assistenziali e della transizione verso la sanità elettronica e la telemedicina. Durante la pandemia di COVID-19 si è riscontrato che l’età e l’esistenza di varie patologie e disabilità hanno un impatto enorme sul rischio di sintomi gravi e di morte. Per quanto riguarda in particolare le persone con disabilità e malattie croniche, è fondamentale che gli specialisti comprendano come consultare correttamente i pazienti, come rispettare la libera volontà di tutti e come garantire che nessuno sia costretto ad accettare le cure. La formazione dovrebbe essere coerente con l’approccio «One Health». Inoltre, nelle regioni frontaliere sarebbe utile incoraggiare delle esercitazioni transfrontaliere congiunte e promuovere la conoscenza dei sistemi sanitari pubblici.

4.   Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie

4.1.

Il CESE accoglie con favore il rafforzamento del mandato del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (in appresso «il Centro») in materia di sorveglianza, preparazione, allarme rapido e reazione nell’ambito di un quadro rafforzato per la sicurezza sanitaria dell’UE.

4.2.

La proroga e l’ampliamento del mandato del Centro avvengono in un momento opportuno e, se coronati da successo, costituiranno degli elementi portanti per consentire all’Unione di affrontare meglio la pandemia di COVID-19. Grazie a essi, inoltre, il Centro avrà il potenziale per affrontare le debolezze messe in luce dalla pandemia nella sanità pubblica e nella risposta alle crisi sanitarie a livello di UE e nazionale.

4.3.

Il CESE ritiene che il Centro non disponesse del mandato, dei meccanismi o delle risorse necessari per rispondere in modo coerente ed efficace alla pandemia di COVID-19.

4.4.

Alle questioni nazionali in materia di sanità pubblica si applica il principio di sussidiarietà. Tuttavia, nella nostra Unione, che comporta un movimento significativo di persone e merci attraverso le frontiere, tutte le malattie trasmissibili costituiscono potenziali minacce sanitarie transfrontaliere che rendono necessari la sorveglianza, la preparazione, la valutazione dei rischi, l’allarme rapido e la risposta al livello dell’UE.

4.5.

La pandemia ha messo in luce il rapporto negativo tra malattie trasmissibili e non trasmissibili. La grande maggioranza dei decessi causati dalla pandemia di COVID-19 è legata a problemi di salute di fondo e a patologie pregresse e la pandemia ha avuto un impatto negativo sull’accesso alle cure dei pazienti affetti da malattie croniche. Pertanto, il meccanismo di risposta alle crisi e l’Unione europea della salute dovrebbero contemplare anche le malattie non trasmissibili.

4.6.

La valutazione esterna del Centro, pubblicata nel settembre 2019, ha proposto importanti soluzioni per rafforzarlo, sottolineando la necessità di incrementare la pertinenza per gli Stati membri e di concentrarsi sull’eliminazione delle lacune e delle carenze strutturali nei sistemi sanitari pubblici degli Stati membri, che incidono sulla loro capacità di contribuire efficacemente e di beneficiare in modo ottimale delle attività dell’ECDC. La valutazione ha evidenziato la necessità di rivedere e ampliare il mandato del Centro e di modificare il regolamento vigente.

4.7.

Il CESE osserva che la protezione della salute è fondamentale per la tutela dei diritti umani. Le carenze in materia di indagini, preparazione, allarme e risposta adeguate rispetto alle minacce per la salute, che continuiamo a rilevare durante la pandemia, compromettono i diritti umani, nella fattispecie il diritto alla salute, e incrementano le disuguaglianze.

4.8.

La proposta prevede importanti miglioramenti delle capacità del Centro:

sarà rafforzata la capacità di monitorare la situazione sanitaria grazie a sistemi di sorveglianza digitalizzati;

sarà migliorata la preparazione negli Stati membri attraverso la messa a punto di piani nazionali di prevenzione e risposta e il rafforzamento delle capacità di risposta rapida e integrata in materia di sanità;

saranno rafforzate le misure di lotta contro le epidemie e i focolai mediante raccomandazioni vincolanti per la gestione dei rischi;

sarà aumentata la capacità di mobilitazione e dispiegamento della task force sanitaria dell’UE;

sarà monitorata e valutata la capacità dei sistemi sanitari di effettuare diagnosi, prevenzione e trattamento di specifiche malattie trasmissibili e non trasmissibili;

sarà rafforzata la capacità di individuare i segmenti della popolazione più a rischio e più bisognosi di misure di risposta mirate;

saranno rafforzati i legami tra la ricerca, la preparazione e la risposta, nonché il collegamento politico tra la sanità pubblica e le comunità di ricerca;

saranno rafforzate le competenze in materia di tutela della salute mediante il coordinamento di una nuova rete di laboratori di riferimento dell’Unione e di una nuova rete di servizi nazionali a sostegno delle trasfusioni, dei trapianti e della riproduzione medicalmente assistita;

sarà ampliato il lavoro sulle malattie trasmissibili;

sarà intensificato l’impegno dell’UE a favore della sicurezza e della preparazione sanitaria a livello mondiale.

4.9.

Il CESE ha chiesto a più riprese di rafforzare gli investimenti nella sanità pubblica nell’UE. A tale riguardo, nel rafforzamento del mandato del Centro, sarà importante tenere presente quanto segue:

4.9.1.

Il Centro dovrebbe disporre del mandato e delle risorse necessari per affrontare le disuguaglianze sanitarie e garantire che le risposte dell’UE in campo sanitario siano rivolte a coloro che sono considerati maggiormente a rischio dagli esperti scientifici multidisciplinari. L’individuazione delle persone più a rischio dovrebbe basarsi su dati disaggregati di qualità che includano tali popolazioni, e coinvolgere in modo significativo la società civile, le parti sociali, i prestatori di servizi e i membri delle comunità più colpite. Il coordinamento tra i sistemi sanitari pubblici, la professione medica e la società civile, comprese le parti sociali e le IES che operano nel settore della salute, è fondamentale per la condivisione delle informazioni.

4.9.2.

La salute non è una questione a sé stante, ma è strettamente connessa a un tenore di vita dignitoso, a un lavoro dignitoso, ad alloggi e a un’alimentazione adeguati e a un’ampia gamma di servizi e aiuti. L’UE si è già impegnata a far progredire un’Europa sociale attraverso il pilastro europeo dei diritti sociali. Il Centro deve inoltre essere in grado di effettuare valutazioni e formulare raccomandazioni alle pertinenti strutture dell’UE, quali quelle che sovrintendono al processo del semestre europeo e al quadro di valutazione della situazione sociale rinnovato del pilastro europeo dei diritti sociali. In coordinamento con tali strutture, esso dovrebbe essere in grado di orientare gli Stati membri in relazione ai determinanti sociali della salute e alle modalità per migliorarla, facendo leva su tali determinanti.

4.9.3.

Il Centro dovrebbe avere il compito di monitorare gli investimenti e formulare raccomandazioni sul finanziamento della sorveglianza sanitaria, della valutazione dei rischi, della preparazione e della risposta, a livello sia di UE che nazionale.

4.9.4.

L’ECDC e i centri nazionali per il controllo delle malattie dovrebbero collaborare per assicurare un monitoraggio sistematico, seguire congiuntamente i soggetti maggiormente colpiti dalle minacce per la salute, individuare i casi, i punti critici e le tendenze nonché formulare raccomandazioni.

5.   Regolamento dell’UE relativo a un ruolo rafforzato dell’Agenzia europea per i medicinali

5.1.

Il CESE accoglie con favore il ruolo rinnovato dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) e la sua maggiore capacità di rimediare alle carenze di medicinali e dispositivi medici in tutta l’UE.

5.2.

Il CESE ritiene che l’attuale ruolo dell’EMA non sia stato sufficiente a far fronte alle sfide poste dalla pandemia di COVID-19, soprattutto se si considera che, in particolare all’inizio della pandemia stessa, l’UE ha registrato gravi carenze di dispositivi medici salvavita come i ventilatori. Le carenze sono state particolarmente evidenti in alcuni Stati membri, e l’insufficiente coordinamento ha impedito una distribuzione equa dei dispositivi e dei DPI in tutta l’Unione.

5.3.

Il ruolo rinnovato e la capacità rafforzata dell’EMA, da attivare qualora dovesse verificarsi un’altra crisi sanitaria a livello dell’UE, contribuiranno ad alleviare i problemi osservati durante la pandemia di COVID-19:

5.3.1.

Istituendo un gruppo direttivo per i medicinali e un gruppo direttivo per i dispositivi medici, incaricati di riferire alla Commissione e agli Stati membri in merito alle carenze o ai rischi di carenze future. I gruppi direttivi, composti da esperti di tutta l’UE per offrire un approccio coordinato, dovrebbero comprendere professionisti specializzati in cure mediche adeguate per coloro che sono maggiormente a rischio di complicazioni sanitarie durante le pandemie come quella che abbiamo appena vissuto. Ciò dipenderà ovviamente dal tipo di crisi sanitaria che l’UE dovrà affrontare, ma di norma richiederà la conoscenza di terapie adattate in funzione del sesso e del genere per gli anziani, le persone con disabilità e le persone affette da patologie gravi. Anche le organizzazioni della società civile dovrebbero essere coinvolte e consultate in modo significativo.

5.3.2.

Reagendo prima che vi siano carenze di medicinali e individuando le potenziali carenze. Ciò deve valere non solo per i medicinali più comunemente utilizzati sul mercato dell’UE, ma anche per garantire la continua disponibilità di medicinali e dispositivi medici per patologie più rare, affinché siano disponibili in tutti gli Stati membri e in tutte le località dove saranno necessari.

5.3.3.

Coordinando studi a fianco del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), per monitorare l’efficacia e la sicurezza dei vaccini e facilitare un «esame continuo» in cui una task force esamini in tempo reale i dati e le evidenze derivanti dalle sperimentazioni cliniche al fine di accelerare il processo. La task force fornirà inoltre consulenze scientifiche sui progetti di sperimentazioni cliniche per i medicinali e i vaccini. Nell’esercizio di questa competenza, dovrebbe incoraggiare la definizione degli obiettivi di prestazione più rilevanti dal punto di vista clinico per i medicinali, che saranno valutati nel quadro delle sperimentazioni cliniche. L’Agenzia formula già pareri scientifici, ma ciò avverrà ora in modo rapido — entro 20 giorni — e gratuitamente.

5.4.

Nelle sue future attività l’EMA si trova ad affrontare diverse sfide. Deve garantire non solo che la fornitura di medicinali e dispositivi medici in tutta l’UE sia coerente e sufficiente, ma anche che vi sia una disponibilità di scorte a prezzi accessibili per i cittadini.

5.5.

In questo momento la sfida più importante consiste nell’estendere le vaccinazioni contro la COVID-19. È deplorevole che la strategia vaccinale dell’UE non consideri ammissibili alla vaccinazione accelerata alcuni gruppi ad alto rischio, come le persone con disabilità e le persone affette da malattie croniche. L’ordine di vaccinazione dovrebbe essere definito in funzione di un’analisi scientifica multidisciplinare che tenga conto della discriminazione e dell’esposizione dei gruppi di soggetti al virus. Il vaccino dovrebbe essere trattato come un bene pubblico e, in quanto tale, è fondamentale garantire che la somministrazione tempestiva dei vaccini alla popolazione non sia eccessivamente ostacolata da restrizioni legate a fattori quali i diritti di proprietà intellettuale. Il fatto di salvare vite umane deve rimanere una priorità assoluta. È pertanto essenziale che la Commissione europea garantisca che l’Europa rimanga il primo continente in materia di sviluppo dei vaccini.

5.6.

Durante la pandemia di COVID-19 l’EMA ha condiviso proattivamente i dati sui vaccini e i medicinali autorizzati e le informazioni sullo svolgimento delle attività dell’Agenzia, oltre a illustrare le procedure normative al pubblico. Si tratta di un livello di trasparenza considerato estremamente positivo che dovrebbe essere garantito anche in futuro. A tal fine, il regolamento dovrebbe prevedere una disposizione relativa alla pubblicazione di tutti i dati di sperimentazione clinica in base ai quali l’Agenzia autorizza medicinali o vaccini, nonché dei protocolli di sperimentazione clinica in merito ai quali l’Agenzia formula raccomandazioni, in linea con il regolamento sulla sperimentazione clinica.

5.7.

Il CESE incoraggia l’EMA a collaborare con tutte le parti interessate del settore sanitario al fine di definire un modello europeo per la fissazione equa, responsabile e trasparente dei prezzi dei medicinali e per innovazioni farmaceutiche accessibili.

6.   Autorità per la risposta alle emergenze sanitarie

6.1.

L’UE sta pianificando la creazione di un’Autorità europea per la risposta alle emergenze sanitarie (HERA). La proposta legislativa di istituire l’agenzia dovrebbe essere pubblicata nel quarto trimestre del 2021, ma la descrizione generale dell’HERA figura già nella strategia farmaceutica per l’Europa pubblicata di recente.

6.2.

Il piano prevede che l’HERA colmi un grave divario strutturale nell’infrastruttura dell’UE in materia di preparazione e risposta alle crisi. Rafforzerà il coordinamento tra gli Stati membri promuovendo gli investimenti strategici per la ricerca, lo sviluppo, la fabbricazione, la diffusione, la distribuzione e l’uso di contromisure mediche. A tal fine, l’HERA aiuterà l’UE a rispondere meglio alle esigenze sanitarie emergenti:

Prevedendo «minacce specifiche e tecnologie abilitanti attraverso l’individuazione delle minacce emergenti e la previsione». Ciò richiederà un notevole livello di coinvolgimento dei gruppi della società civile che rappresentano le persone solitamente più a rischio durante le emergenze sanitarie, al fine di valutare le modalità con cui le potenziali minacce potrebbero avere un effetto sproporzionato su tali persone.

Individuando ed eliminando le carenze di investimenti nelle contromisure chiave, compreso lo sviluppo di antimicrobici innovativi.

Monitorando e mettendo in comune la capacità di produzione, il fabbisogno e la disponibilità di materie prime, affrontando così le vulnerabilità della catena di approvvigionamento.

Sostenendo lo sviluppo di soluzioni tecnologiche trasversali, come le tecnologie di piattaforma per i vaccini, che sostengono la preparazione e la pianificazione della risposta alle future minacce per la salute pubblica.

Sviluppando contromisure specifiche, anche attraverso la ricerca, le sperimentazioni cliniche e l’infrastruttura di dati.

6.3.

Il CESE si interroga sulla sovrapposizione tra gli obiettivi previsti nell’ambito dell’HERA e quelli previsti dall’ECDC, dall’EMA e dal regolamento relativo alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero. Le questioni relative alla preparazione alle crisi, alla ricerca, ai dati e alla distribuzione coordinata di medicinali e dispositivi medici sembrano essere già trattate nei regolamenti summenzionati. Il valore aggiunto dell’HERA appare pertanto poco chiaro e, forse, rischia addirittura di causare incertezza su quali siano gli organismi responsabili dei diversi settori di coordinamento dell’assistenza sanitaria. Ad esempio, non è chiaro se le raccomandazioni provenienti dall’HERA abbiano la precedenza rispetto a quelle provenienti dall’EMA in caso di dichiarazione di un’epidemia che interessi l’UE.

6.4.

L’HERA dovrebbe essere un’organizzazione puramente pubblica con una chiara missione di sanità pubblica che non si estende ai settori della politica industriale, e dovrebbe essere disposta a esercitare un giudizio indipendente dall’industria farmaceutica e a definire soluzioni orientate alla salute pubblica (ad esempio nel settore della lotta alla resistenza antimicrobica). Essa dovrebbe disporre di un bilancio elevato che permetta di realizzare una pianificazione indipendente a lungo termine. I testi giuridici che disciplinano il funzionamento dell’HERA dovrebbero prevedere una clausola che garantisca prezzi ragionevoli.

6.5.

Ciò che invece può essere considerato il valore aggiunto dell’HERA è il ruolo di coordinamento relativo alla fabbricazione di dispositivi medici e protettivi, nonché dei farmaci. Anche il monitoraggio e la messa in comune della capacità di produzione, del fabbisogno e della disponibilità di materie prime costituiscono un settore in cui l’HERA si distinguerà rispetto al lavoro dell’EMA e dell’ECDC. L’HERA avrà successo solo se è un’agenzia pubblica forte, indipendente e trasparente. L’interesse pubblico dovrebbe essere al centro delle sue priorità, della sua governance e delle sue azioni. Garantire una raccolta di dati più disaggregati per i gruppi vulnerabili costituirebbe una condizione essenziale per combattere le disuguaglianze sanitarie.

6.6.

Il CESE ritiene che vi siano questioni irrisolte rispetto alle quali si potrebbe logicamente conferire all’HERA l’autorità di vigilanza, e che non sono state ancora menzionate nelle precedenti comunicazioni. L’HERA rappresenta una grande opportunità per valorizzare l’eccellenza della scienza europea, trarre insegnamenti dalla crisi in corso e garantire che il settore pubblico agisca da investitore accorto, orientando un’innovazione significativa e incentrata sulle esigenze di salute pubblica. Alla luce delle sovrapposizioni con il lavoro di altre autorità, potrebbe essere vantaggioso adeguare il campo di applicazione e le responsabilità dell’HERA includendovi gli elementi elencati di seguito.

6.6.1.

Il coordinamento di una task force dell’UE incentrata specificamente sull’impatto delle emergenze sanitarie sui gruppi sociali ad alto rischio e sugli operatori del settore sanitario e assistenziale. Questo gruppo di lavoro potrebbe concentrarsi, anche se non esclusivamente, sugli anziani, sulle persone affette da patologie e sulle persone con disabilità.

6.6.2.

Un’attenzione particolare alla non discriminazione nella risposta dell’UE alle pandemie future, garantendo che le misure preventive, le cure mediche di emergenza e le terapie siano a disposizione di tutti, compresi i senzatetto, le comunità itineranti e le persone prive di documenti residenti nell’UE, che rischiano di essere trascurate durante le risposte pubbliche alle crisi sanitarie.

6.6.3.

Campagne di comunicazione durante le emergenze sanitarie per garantire che le persone abbiano un migliore livello di comprensione delle misure protettive, degli adattamenti da apportare alle loro attività quotidiane per rimanere al sicuro e, se e quando le terapie sono disponibili, delle possibilità di accedervi. Tale comunicazione deve essere direttamente rivolta al pubblico, essere accessibile a tutti e tenere conto delle esigenze specifiche dei gruppi ad alto rischio, come gli anziani, le persone con problemi di salute e le persone con disabilità. Durante l’attuale pandemia di COVID-19, questo tipo di comunicazione dipende in larga misura dal lavoro delle organizzazioni della società civile. È pertanto opportuno che esse siano consultate nell’ambito di tale attività.

6.6.4.

La struttura di governance dell’HERA dovrebbe essere trasparente ed equilibrata, includendo le organizzazioni dei pazienti e della sanità pubblica, la società civile, le parti sociali e i rappresentanti della comunità della ricerca. Pur essendo partner importanti, le industrie non dovrebbero formare parte di alcuna struttura di governance di questa nuova organizzazione pubblica. Solo il settore della sanità pubblica potrà determinare le esigenze insoddisfatte a livello mondiale, con l’obiettivo di impegnarsi nello sviluppo di nuovi prodotti da immettere sul mercato.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Public opinion in the EU in time of coronavirus crisis 3 (europa.eu) («L’opinione pubblica nell’UE nel periodo della crisi del coronavirus 3»)

(2)  GU C 13 del 15.1.2016, pag. 40, GU C 14 del 15.1.2020, pag. 1

(3)  Policy & practice: Commercial determinants of health and sport

(4)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 251; GU C 440 del 6.12.2018, pag. 150; GU C 242 del 23.7.2015, pag. 48; GU C 181 del 21.6.2012, pag. 160; GU C 14 del 15.1.2020, pag. 1; GU C 13 del 15.1.2016, pag. 40

(5)  Risoluzione del CESE (GU C 311 del 18.9.2020, pag. 1).

(6)  https://ec.europa.eu/eurostat/en/web/products-euro-indicators/-/3-08012021-ap

(7)  https://www.aim-mutual.org/mediaroom/tackling-medical-deserts-across-the-eu/

(8)  A. Comas-Herrera et al., Mortality associated with COVID-19 outbreaks in care homes: early international evidence («La mortalità associata ai focolai di COVID-19 nelle case di riposo: i primi dati internazionali»), (maggio 2020).


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/121


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Un’Unione dell’uguaglianza: il piano d’azione dell’UE contro il razzismo 2020-2025»

[COM(2020) 565 final]

(2021/C 286/21)

Relatore: Cristian PÎRVULESCU

Consultazione

Commissione europea, 27.11.2020

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Ufficio di presidenza

1.12.2020

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

16.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

192/2/9

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore il piano d’azione dell’UE contro il razzismo 2020-2025 presentato dalla Commissione europea e si augura che possa aiutare l’UE e le istituzioni degli Stati membri a rinnovare i loro sforzi per combattere il razzismo e altre forme di discriminazione strutturale.

1.2.

Tale piano d’azione è opportuno e tempestivo. L’evoluzione della crisi epidemiologica da COVID-19 ha dato origine a nuove sfide per quanto riguarda l’inclusione e la promozione della diversità. I gruppi già emarginati, come i migranti, hanno dovuto far fronte a gravi difficoltà di natura medica, sociale ed economica. In tempi di crisi, atteggiamenti e comportamenti discriminatori tendono a diffondersi maggiormente.

1.3.

Anche prima della crisi della COVID-19, la situazione delle minoranze e dei gruppi vulnerabili nell’UE andava già deteriorandosi. Gli atteggiamenti ostili ai migranti sono sempre più dilaganti, promossi da leader e partiti politici che fomentano sentimenti antimusulmani, antiafricani e antiasiatici a fini elettorali. Le minoranze storiche quali i Rom sono diventate sempre più bersaglio di episodi di intolleranza razziale. La popolazione ebraica in Europa vive sentendosi sempre meno al sicuro, rivivendo il doloroso ricordo del feroce antisemitismo che affliggeva il continente europeo prima della Seconda guerra mondiale.

1.4.

In tale contesto, il piano d’azione mira a semplificare le azioni legislative, politiche e di bilancio. Tuttavia, pur raggruppando tutti gli strumenti disponibili in materia, il piano talvolta sembra mancare di ambizione e profondità storica. Il suo approccio, infatti, è troppo prudente rispetto a una situazione sul campo in rapido deterioramento. Il CESE desidera sottolineare che l’azione volta a combattere la discriminazione, il razzismo, la xenofobia e altre forme di intolleranza a livello europeo è una responsabilità sancita chiaramente dagli atti costitutivi dell’Unione europea. Essa non è facoltativa, pertanto la divisione delle responsabilità tra autorità nazionali e dell’UE non dovrebbe servire da giustificazione per un atteggiamento di acquiescenza e per l’inazione. Nello specifico, preoccupa la difficoltà di convincere tutti gli Stati membri dell’UE a partecipare a questo sforzo e garantire la cooperazione attiva dei diversi organi, istituzioni e organizzazioni a livello nazionale.

1.5.

Il CESE sostiene l’elaborazione di una nuova normativa per rafforzare il ruolo degli organismi nazionali per la parità.

1.6.

Inoltre, il CESE incoraggia il Consiglio ad adottare la proposta della Commissione del 2008 volta ad attuare la parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.

1.7.

Si rende opportuna una valutazione globale dell’attuazione di un atto legislativo fondamentale quale la decisione quadro sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia mediante il diritto penale.

1.8.

Lo spazio online sta diventando sempre più un sostituto della sfera pubblica tradizionale ed è anche lo spazio utilizzato da alcuni leader, gruppi e organizzazioni per promuovere atteggiamenti razzisti e discriminatori. In sede di progettazione di politiche e procedure, si dovrebbe porre maggiore enfasi sulla diffusione organizzata dei discorsi di incitamento all’odio e su come affrontarli in modo adeguato.

1.9.

Purtroppo, durante l’ultimo decennio un numero significativo di gruppi e organizzazioni ha adottato apertamente idee, simboli e azioni che si rifanno al fascismo europeo del periodo tra le due guerre. Negli ultimi dieci anni, questi gruppi e queste organizzazioni hanno progressivamente abbandonato i margini dello spazio pubblico per collocarsi al suo centro, anche attraverso la mobilitazione online. Sono stati incoraggiati anche dagli sviluppi politici registrati al di fuori dell’Europa, dove i governi di grandi Stati hanno assunto posizioni nazionaliste e conservatrici nella loro politica interna ed esterna. Questa nuova mobilitazione dovrebbe essere affrontata in modo adeguato, non solo attraverso azioni legislative e punitive, che potrebbero arrivare troppo tardi, ma anche attraverso azioni dirette e decise che affrontano le cause profonde della radicalizzazione a destra.

1.10.

Il CESE accoglie con favore il piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali presentato dalla Commissione e si augura che possa sostenere con forza l’uguaglianza nel mercato del lavoro, anche per le persone appartenenti a minoranze razziali o etniche. Il CESE auspica inoltre che gli impegni sociali delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri siano mantenuti nella difficile situazione economica creata dall’epidemia di COVID-19.

1.11.

Il CESE attende con interesse la strategia globale della Commissione sui diritti dei minori, prevista per il 2021. Auspica che la strategia includa azioni volte a combattere il razzismo e la discriminazione, ma anche collegamenti a politiche e risorse che potrebbero mitigare gli effetti negativi dell’epidemia e le perturbazioni che ha causato.

1.12.

È opportuno un ripensamento generale della politica sanitaria dell’UE e degli Stati membri, con l’obiettivo di garantire l’accesso a servizi di alta qualità per tutte le persone e, in particolare, per coloro che appartengono alle minoranze e ai gruppi vulnerabili. Ciò include un migliore finanziamento dei servizi, lo sviluppo di infrastrutture sanitarie pubbliche in tutte le regioni, in particolare nelle zone più povere, e dei servizi sanitari primari, nonché la fornitura di servizi incentrati sui bisogni e sui diritti dei pazienti. Occorre dedicare particolare attenzione ai diritti, alla dignità e al benessere dei cittadini anziani che si trovano in isolamento nelle case di cura durante la pandemia di COVID-19.

1.13.

Le radici storiche del razzismo dovrebbero essere oggetto di rinnovato interesse e nuova azione, in particolare nell’istruzione. Sarebbe opportuno elaborare nuovi programmi di studio e nuovi libri di testo e organizzare programmi di formazione per insegnanti ed educatori con il sostegno dell’UE. Si dovrebbe promuovere un approccio interdisciplinare alla storia e al patrimonio europei comuni a livello di istruzione secondaria e terziaria.

1.14.

Il CESE si unisce alla Commissione nell’incoraggiare tutti gli Stati membri a elaborare e adottare piani d’azione nazionali contro il razzismo e la discriminazione razziale. Solo circa la metà degli Stati membri dispone di tali piani, il che dimostra l’esistenza di livelli diversi di interesse e impegno in materia da parte dei governi nazionali. Il CESE attende con interesse l’individuazione di principi guida comuni per i piani d’azione nazionali, previsti per il 2021, ed è pronto a dare il proprio contributo a tale sforzo.

1.15.

Il CESE auspica un ulteriore rafforzamento degli sforzi compiuti dalle organizzazioni imprenditoriali e dalle singole imprese per creare e mantenere un ambiente di lavoro inclusivo per i loro dipendenti, a prescindere dal sesso, dall’origine razziale o etnica, dalla religione, dall’età, dalla disabilità o dall’orientamento sessuale. Un ambiente di lavoro inclusivo comporta anche un effettivo dialogo sociale e una solida rappresentanza dei lavoratori. Il CESE attende con interesse il mese delle Carte europee della diversità nel maggio 2021 e il lancio di un kit di strumenti online per aiutare le imprese a valutare la diversità al loro interno e le loro strategie in materia di diversità.

1.16.

I finanziamenti disponibili a favore delle azioni volte a combattere il razzismo e la discriminazione sembrano essere generosi. Essi comprendono il quadro finanziario pluriennale (QFP), il nuovo programma Cittadini, uguaglianza, diritti e valori, Orizzonte Europa e il nuovo dispositivo per la ripresa e la resilienza. Sulla base di una valutazione generale delle azioni intraprese fino ad ora, i governi degli Stati membri si mostrano poco interessati ad accedere alle diverse risorse a disposizione e a impegnarsi nella lotta contro il razzismo e la discriminazione. Il CESE ritiene che le disposizioni di bilancio, da sole, non siano sufficienti e che sarebbe opportuno istituire un sistema di incentivi.

1.17.

Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione di collaborare con i partiti politici europei, la rete europea di cooperazione in materia elettorale, la società civile e il mondo accademico per incrementare la partecipazione nell’ambito del piano d’azione per la democrazia europea. Il CESE è pronto a contribuire a tale sforzo con la propria prospettiva e competenza.

1.18.

Incoraggia la Commissione a integrare meglio tra loro i numerosi piani che presentano una significativa sovrapposizione di obiettivi e strumenti. Il CESE suggerisce di integrare tra loro il piano d’azione contro il razzismo, la strategia di attuazione della Carta dei diritti fondamentali, il piano d’azione per la democrazia e la relazione sullo Stato di diritto. Riconoscendo il fatto che tali piani d’azione rappresentano ambiti politici distinti, sarebbe inoltre opportuno identificare elementi comuni e sinergie.

1.19.

Uno dei pilastri delle politiche efficaci in materia di democrazia, Stato di diritto e protezione dei diritti umani è costituito da una società civile vivace, ben organizzata e assertiva, che agisca a tutti i livelli: locale, regionale, nazionale ed europeo. Pertanto, il CESE esorta la Commissione a elaborare una strategia globale per la società civile europea al fine di aiutarla a perseguire la sua missione democratica.

2.   Osservazioni generali

2.1.   Lottare contro il razzismo e la discriminazione razziale attraverso la legislazione: riesame e azione

2.1.1.

Il CESE incoraggia la Commissione ad avviare quanto prima una valutazione esaustiva del quadro giuridico esistente. Il monitoraggio del recepimento e dell’attuazione della normativa dell’UE è fondamentale per garantire un’azione efficace contro la discriminazione. Il CESE incoraggia la Commissione a includere in tale valutazione le posizioni delle organizzazioni della società civile, delle parti sociali e delle comunità locali impegnate in prima linea, nonché degli organismi nazionali per la parità. Inoltre, è opportuno coinvolgere le organizzazioni che lavorano direttamente con i gruppi interessati.

2.1.2.

Il CESE attende con interesse la relazione di monitoraggio sull’attuazione della direttiva sull’uguaglianza razziale prevista per il 2021 e si compiace della possibilità che tale documento si concentri sulla regolamentazione dell’attività di contrasto. Incoraggia inoltre la Commissione a ricorrere in modo proattivo alle procedure di infrazione, ove necessario.

2.1.3.

Il CESE sostiene l’elaborazione di una nuova normativa per rafforzare il ruolo degli organismi nazionali per la parità. Esprime rammarico per il fatto che istituzioni così importanti, responsabili di fornire assistenza indipendente alle vittime di discriminazione, promuovere l’uguaglianza, svolgere inchieste indipendenti e pubblicare relazioni e raccomandazioni indipendenti, abbiano strutture di potere e funzioni così diverse. È della massima importanza ripensare e rafforzare ulteriormente i loro ruoli.

2.1.4.

Inoltre, il CESE incoraggia il Consiglio ad adottare la proposta della Commissione del 2008 volta ad attuare la parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale (1).

2.1.5.

Si rende opportuna una valutazione globale dell’attuazione di un atto legislativo fondamentale quale la decisione quadro sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia mediante il diritto penale (2). Come affermato in tale proposta, la misura in cui i codici penali nazionali configurano, giustamente, l’incitamento all’odio e i crimini generati dall’odio come reati desta gravi preoccupazioni, che sono condivise anche dal CESE.

2.1.6.

Particolarmente preoccupante è il dilagare dell’incitamento all’odio online (3). Sebbene la decisione quadro imponga agli Stati membri di perseguire penalmente l’istigazione pubblica alla violenza o all’odio basati sul colore della pelle, la religione, l’ascendenza, la razza o l’origine etnica, l’attuazione della normativa presenta notevoli carenze. Le autorità nazionali devono prendere in considerazione il principio della libertà di parola e definire in modo più dettagliato il contenuto dei comportamenti illegali online. Allo stesso tempo, devono cooperare con le piattaforme informatiche per regolamentare l’accesso e stabilire regole più chiare per la moderazione e la rimozione dei contenuti. Sono stati compiuti progressi in materia di adeguamento volontario da parte dei fornitori di piattaforme e di rimozione di contenuti illegali, tuttavia occorre uno sforzo continuo per rimanere al passo con gli sviluppi degli spazi online.

2.1.7.

Lo spazio online sta diventando sempre più un sostituto della sfera pubblica tradizionale. È qui che si svolge la maggior parte dell’interazione sociale, per tutta una serie di bisogni e obiettivi: acquisto di beni e servizi, intrattenimento, informazione, istruzione, consumo di contenuti culturali, mobilitazione civica e politica. È uno spazio di grandi dimensioni, in cui lo sviluppo della tecnologia e dei servizi dilata i confini della socialità e delle interazioni. È anche lo spazio preferito dai leader e gruppi politici e dalle organizzazioni politiche per promuovere i propri valori e ideologie, interagire con il pubblico e chiamarlo all’azione (4). Alcuni di essi pongono al centro della loro azione e mobilitazione politica atteggiamenti razzisti e discriminatori. In sede di concezione di politiche e procedure, si dovrebbe porre maggiore enfasi sulla diffusione organizzata dei discorsi di incitamento all’odio e su come affrontarli in modo adeguato.

2.1.8.

Purtroppo, durante l’ultimo decennio un numero significativo di gruppi e organizzazioni ha adottato apertamente idee, simboli e azioni che si rifanno al fascismo europeo del periodo tra le due guerre. Tra questi vi sono partiti rappresentati nei parlamenti nazionali, partiti extraparlamentari, movimenti politici e milizie, tutti radicati in una cultura politica di odio e discriminazione. Negli ultimi dieci anni, questi gruppi e queste organizzazioni hanno progressivamente abbandonato i margini dello spazio pubblico per collocarsi al suo centro, anche attraverso la mobilitazione online. Sono stati incoraggiati anche dagli sviluppi politici registrati al di fuori dell’Europa, dove i governi di grandi Stati hanno assunto posizioni nazionaliste e conservatrici nella loro politica interna ed estera. Questa nuova mobilitazione dovrebbe essere affrontata in modo adeguato, non solo attraverso azioni legislative e punitive, che potrebbero arrivare troppo tardi, ma anche attraverso azioni dirette e decise che affrontano le cause profonde della radicalizzazione a destra.

2.1.9.

Come affermato nella proposta, alcuni Stati membri hanno adottato misure per mettere al bando i gruppi razzisti e i loro simboli, spesso nel quadro di leggi sui reati generati dall’odio, sull’incitamento all’odio o sul terrorismo, oppure hanno reso penalmente perseguibili la negazione dei crimini contro l’umanità e/o commessi nel periodo nazi-fascista e la propaganda a favore dei gruppi terroristici. Si tratta di un passo nella giusta direzione, tuttavia occorre adottare azioni ulteriori. Tutti i paesi dovrebbero definire una risposta nazionale all’estremismo violento e l’approccio da adottare dovrebbe essere agevolato da un’azione comune a livello dell’UE. Il CESE attende con interesse la relazione della Commissione sulle risposte nazionali all’estremismo violento. Il CESE incoraggia la Commissione a lavorare a stretto contatto non solo con le autorità di contrasto, che di norma sono incaricate del monitoraggio dell’estremismo violento, ma anche con gli organismi nazionali per la parità, gli enti di vigilanza indipendenti, le organizzazioni della società civile, comprese le comunità religiose, le parti sociali, i media e le università. Il CESE è pronto a contribuire col proprio bagaglio di esperienza allo sviluppo di piani comuni dell’UE per combattere l’estremismo violento. Le azioni dovrebbero essere rivolte non solo ai casi di estremismo violento evidente e in fase avanzata, ma anche alle cause profonde e agli ambienti che hanno favorito la radicalizzazione e l’azione.

2.1.10.

Il CESE incoraggia tutti gli Stati membri a prendere in considerazione la possibilità di ratificare senza indugio la Convenzione 190 (2019) dell’Organizzazione internazionale del lavoro, il primo atto internazionale che condanna in modo univoco ogni forma di violenza e molestia nel mondo del lavoro, e che ha pertanto un’incidenza sulle molestie e le discriminazioni basate sulla razza, sul genere e di ogni altro tipo.

2.2.   Al di là della legislazione dell’UE: fare di più per lottare contro il razzismo nella vita di tutti i giorni

2.2.1.

Il CESE accoglie con favore la nuova attenzione rivolta alla lotta contro la discriminazione da parte delle autorità di contrasto. Queste ultime lavorano ogni giorno all’interno delle società europee e potrebbero essere gli attori chiave nella lotta contro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione. Purtroppo, l’istruzione e la formazione del personale delle autorità di contrasto solitamente non comprende argomenti come la democrazia, la protezione dei diritti umani e la discriminazione. Talvolta, sono proprio gli agenti delle forze dell’ordine a sviluppare atteggiamenti razzisti, xenofobi e discriminatori e, nella peggiore delle ipotesi, sono perfino collegati a gruppi esterni che promuovono tali idee. Il CESE accoglie con favore il lavoro svolto dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) e dall’Agenzia per la formazione delle autorità di contrasto (CEPOL) al fine di sviluppare risorse e strumenti per la formazione, anche se non è sufficiente. Il numero dei potenziali destinatari di tale istruzione e formazione è nell’ordine delle centinaia di migliaia di persone. Pertanto, è opportuno rafforzare notevolmente la cooperazione con gli istituti di formazione nazionali, dedicando maggiori risorse alla formazione nazionale e a livello dell’UE. La FRA e la CEPOL possono inoltre incoraggiare gli istituti di formazione nazionali a cooperare con le organizzazioni della società civile e le università per un miglior adattamento dei contenuti formativi alle specificità nazionali.

2.2.2.

Il CESE accoglie con favore il forte impegno della Commissione rivolto a combattere la discriminazione e le disuguaglianze nell’accesso all’occupazione, all’istruzione, all’assistenza sanitaria e agli alloggi attraverso programmi strategici e di finanziamento. Il CESE accoglie pertanto con favore il piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali presentato dalla Commissione e si augura che possa sostenere con forza l’uguaglianza nel mercato del lavoro, anche per le persone appartenenti a minoranze razziali o etniche. Auspica inoltre che gli impegni sociali delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri siano mantenuti nella difficile situazione economica creata dall’epidemia di COVID-19.

2.2.3.

Il CESE accoglie con favore l’intenzione di utilizzare Next Generation EU, lo strumento di assistenza tecnica e il bilancio generale per il 2021-2027 per promuovere l’inclusione sociale, garantire le pari opportunità per tutti e combattere la discriminazione. La crisi della COVID-19, che ha un impatto sproporzionato sulle persone che appartengono alle minoranze e ai gruppi vulnerabili, ha creato la necessità di sviluppare infrastrutture e garantire parità di accesso al mercato del lavoro, all’assistenza sanitaria e sociale, agli alloggi e a un’istruzione e formazione di qualità, non segregata e inclusiva.

2.2.4.

La crisi della COVID-19 ha esacerbato i problemi delle minoranze e dei gruppi vulnerabili in relazione al mercato del lavoro. Le persone provenienti da un contesto minoritario incontrano difficoltà a trovare un lavoro e, anche laddove ne avessero uno, a essere retribuite conformemente al loro livello di istruzione e competenza. L’effetto economico della pandemia, che ha determinato licenziamenti su larga scala e un ulteriore deterioramento delle condizioni di lavoro e della retribuzione, sta colpendo più duramente i gruppi vulnerabili e minoritari. Il CESE attende con interesse il piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali per affrontare efficacemente le discriminazioni nel settore dell’occupazione.

2.2.5.

La COVID-19 ha avuto un effetto negativo anche sull’istruzione. La chiusura delle scuole nel 2020, che proseguirà con ogni probabilità anche nel 2021, ha perturbato un processo educativo già scarsamente inclusivo. Anche prima della pandemia, i bambini e i giovani appartenenti alle minoranze e ai gruppi vulnerabili abbandonavano presto gli studi scolastici o non partecipavano appieno al processo educativo. Anche quando partecipavano all’istruzione, i bambini provenienti da un contesto minoritario erano soggetti a discriminazione e atti di bullismo, fatto, questo, non pienamente riconosciuto dalla proposta della Commissione europea. Le scuole non sono soltanto degli istituti di istruzione; al loro interno e nel loro contesto vengono forniti diversi servizi, dall’alimentazione al monitoraggio della salute e all’assistenza sanitaria, fino alla prevenzione di abusi familiari e da parte della comunità. Lo spostamento dell’istruzione in modalità da remoto era una soluzione dettata dall’emergenza. In molti casi, questo ha creato un ulteriore ostacolo per i bambini appartenenti alle minoranze e ai gruppi vulnerabili, poiché non disponevano di dispositivi adeguati e di una connessione a internet. Non appena le scuole potranno essere riaperte, occorre intraprendere un’azione diretta e decisa per avviare l’insegnamento di sostegno e riprendere la fornitura dei servizi. Il CESE attende con interesse la strategia globale della Commissione sui diritti dei minori, prevista per il 2021. Auspica che la strategia includa azioni volte a combattere il razzismo e la discriminazione, ma anche collegamenti a politiche e risorse che potrebbero mitigare gli effetti negativi dell’epidemia e le perturbazioni che ha causato.

2.2.6.

Il CESE accoglie con favore il lavoro svolto dalla rete di sensibilizzazione al problema della radicalizzazione e auspica che le sue attività siano ulteriormente sostenute e sviluppate, in particolare per quanto riguarda l’istruzione.

2.2.7.

La pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto significativo anche dal punto di vista sanitario. Le disuguaglianze in materia di salute che colpiscono le persone appartenenti a minoranze razziali o etniche sono peggiorate. Il CESE incoraggia la piattaforma per la politica sanitaria dell’UE a rispondere pienamente alla questione della riduzione delle disuguaglianze basate sulla razza o sull’origine etnica. L’UE deve impegnarsi molto di più per garantire che i cittadini europei e le persone che risiedono nell’UE abbiano accesso a servizi medici di qualità, durante e dopo la pandemia. Occorre lodare e incoraggiare gli sforzi compiuti dall’UE per fornire attrezzature mediche e, nella fase successiva, l’accesso ai vaccini. Tuttavia, solo un ripensamento completo della politica sanitaria dell’UE e degli Stati membri può risolvere il problema dell’accesso e della qualità a medio e lungo termine per tutte le persone e in particolare per quelle appartenenti alle minoranze e ai gruppi vulnerabili. Ciò include un migliore finanziamento dei servizi, lo sviluppo di infrastrutture sanitarie pubbliche in tutte le regioni, in particolare nelle zone più povere, e dei servizi sanitari primari nonché la fornitura di servizi incentrati sui bisogni e sui diritti dei pazienti.

2.2.8.

Sono necessarie altresì ulteriori azioni in relazione agli alloggi. Come affermato nella proposta, la discriminazione sul mercato degli alloggi rafforza la segregazione, innescando una reazione a catena in termini di opportunità di istruzione o di occupazione e, nel caso di famiglie con figli, ha un impatto fortemente negativo sullo sviluppo dei bambini. L’epidemia di COVID-19 ha evidenziato la necessità di intraprendere azioni per migliorare le condizioni degli alloggi. La prevenzione dell’infezione e delle forme gravi della malattia dipende dalle condizioni di salute generali, ma anche dall’accesso all’acqua e alle infrastrutture igienico-sanitarie. Il problema della segregazione abitativa, in particolare nelle zone più povere, dovrebbe ricevere attenzione prioritaria. Sebbene attraverso la politica di coesione siano disponibili fondi per sostenere azioni anti-segregazione nel settore degli alloggi e garantire l’accesso a servizi di interesse generale inclusivi e di qualità, non è chiaro se le autorità nazionali e locali siano disposte ad accedervi.

2.3.   Il razzismo strutturale: affrontare il problema di fondo

2.3.1.

Combattere gli stereotipi e sensibilizzare ai precedenti storici sono azioni della massima importanza per avere un continente libero dal razzismo e dalla discriminazione. Le radici storiche del razzismo dovrebbero essere oggetto di rinnovato interesse e nuova azione, in particolare nell’istruzione. Il CESE accoglie con favore le attività del Consiglio d’Europa a favore della storia e del suo insegnamento. Tuttavia, gli strumenti offerti non sono utilizzati in modo sistematico per insegnare la storia su vasta scala. È opportuno intraprendere azioni più coordinate e decise in tale direzione. Sarebbe opportuno elaborare nuovi programmi di studio e nuovi libri di testo e organizzare programmi di formazione per insegnanti ed educatori con il sostegno dell’UE. Si dovrebbe promuovere un approccio interdisciplinare alla storia e al patrimonio europei comuni a livello di istruzione secondaria e terziaria. L’attenzione rivolta all’istruzione, sia formale che informale, è il fondamento di qualsiasi politica efficace contro il razzismo e la discriminazione.

2.3.2.

Anche il ruolo svolto dal settore creativo, che fa da ponte tra i diversi gruppi sociali, è molto importante. Empatia e solidarietà sono valori alla base di una società inclusiva. Il CESE accoglie quindi con favore l’attenzione rivolta da Europa creativa e da altri programmi a progetti che cercano di eliminare le barriere e che incoraggiano l’inclusione sociale e la partecipazione dei gruppi sottorappresentati e svantaggiati.

2.3.3.

Inoltre, è il momento opportuno per collaborare con il mondo del giornalismo. Il CESE sostiene l’impegno della Commissione rivolto a sviluppare una serie di seminari sugli stereotipi razziali ed etnici rivolti a giornalisti, membri di organizzazioni della società civile e rappresentanti delle minoranze razziali o etniche. Il CESE è pronto a contribuire a tali sforzi.

2.3.4.

Il CESE esorta la Commissione e gli Stati membri a lavorare a una metodologia comune per la raccolta dei dati pertinenti, compresi i dati disaggregati per origine etnica e razziale. La metodologia dovrebbe seguire i principi indicati dalla Conferenza mondiale delle Nazioni Unite del 2002 contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l’intolleranza a essi connessa e dal programma d’azione di Durban; nelle statistiche demografiche si dovrebbero raccogliere, con il consenso esplicito degli intervistati, dati disaggregati, basati sull’autoidentificazione e conformi alle norme in materia di diritti umani a tutela della vita privata. Il CESE ritiene che il lavoro svolto dall’Agenzia per i diritti fondamentali nel campo della raccolta dei dati non sia sufficiente e che sforzi analoghi debbano essere attuati a livello degli Stati membri.

2.3.5.

Nell’ottica di promuovere un contesto di tolleranza interculturale, il CESE sottolinea l’importanza delle buone pratiche, in termini di interazione con il livello locale (città) e il livello di vicinato o di comunità, dove il razzismo strutturale è interconnesso con la vita e il lavoro quotidiani.

2.4.   Un quadro di riferimento efficace: avvalersi appieno degli strumenti dell’UE

2.4.1.

Il CESE si unisce alla Commissione nell’incoraggiare tutti gli Stati membri a elaborare e adottare piani d’azione nazionali contro il razzismo e la discriminazione razziale. Solo la metà circa degli Stati membri dispone di tali piani, il che dimostra l’esistenza di livelli diversi di interesse e impegno in materia da parte dei governi nazionali (5). Il CESE attende con interesse l’individuazione di principi guida comuni per i piani d’azione nazionali, previsti per il 2021, ed è pronto a dare il proprio contributo in tal senso. Le linee strategiche evidenziate nell’attuale piano d’azione (legislazione contro la discriminazione e ruolo degli organismi per la parità; incitamento all’odio e reati generati dall’odio; pratiche illecite di profilazione da parte delle autorità di contrasto; rischi legati alle nuove tecnologie; stereotipi e consapevolezza storica; parità di accesso all’istruzione, all’occupazione, all’assistenza sanitaria e all’alloggio; integrazione delle questioni di parità a livello nazionale; coinvolgimento dei livelli regionale e locale; finanziamenti per combattere il razzismo; raccolta di dati e dialogo con la società civile) sono ben strutturate e complete. Nello specifico, preoccupa la difficoltà di convincere tutti gli Stati membri dell’UE a partecipare a questo sforzo e garantire la cooperazione attiva dei diversi organi, istituzioni e organizzazioni a livello nazionale.

2.4.2.

Il CESE auspica un ulteriore rafforzamento degli sforzi compiuti dalle organizzazioni imprenditoriali e dalle singole imprese per creare e mantenere un ambiente di lavoro inclusivo per i loro dipendenti, a prescindere dal sesso, dall’origine razziale o etnica, dalla religione, dall’età, dalla disabilità o dall’orientamento sessuale (6). Un ambiente di lavoro inclusivo comporta anche un effettivo dialogo sociale e una solida rappresentanza dei lavoratori. Il CESE attende con interesse il mese delle Carte europee della diversità nel maggio 2021 e il lancio di un kit di strumenti online per aiutare le imprese a valutare la diversità al loro interno e le loro strategie in materia di diversità.

2.4.3.

Il CESE sostiene pienamente l’impegno della Commissione è far sì che la lotta contro la discriminazione per motivi specifici — e la loro intersezione con altri motivi di discriminazione, quali il sesso, la disabilità, l’età, la religione o l’orientamento sessuale — sia integrata in tutte le politiche, in tutti gli atti legislativi e in tutti i programmi di finanziamento dell’UE.

2.4.4.

I finanziamenti disponibili a favore delle azioni volte a combattere il razzismo e la discriminazione sembrano essere generosi. Essi comprendono il quadro finanziario pluriennale (QFP), il nuovo programma Cittadini, uguaglianza, diritti e valori, Orizzonte Europa e il nuovo dispositivo per la ripresa e la resilienza. Sulla base di una valutazione generale delle azioni intraprese fino ad ora, i governi degli Stati membri si mostrano poco interessati ad accedere alle diverse risorse a disposizione e a impegnarsi nella lotta contro il razzismo e la discriminazione. Il CESE ritiene che le disposizioni di bilancio, da sole, non siano sufficienti e che sarebbe opportuno istituire un sistema di incentivi. Tra le ragioni principali di questo scarso interesse potrebbero esservi il carattere politico delicato delle azioni da intraprendere e la mobilitazione politica di leader, organizzazioni e gruppi radicali contro tali azioni.

2.4.5.

La lotta al razzismo e alla discriminazione nelle politiche esterne è anch’essa una priorità, in particolare in un mondo gravemente colpito dall’epidemia di COVID-19. Il CESE auspica che i valori dell’antirazzismo, della non discriminazione e dell’uguaglianza siano pienamente sostenuti attraverso lo strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale, in collaborazione con i governi, le organizzazioni della società civile e le parti sociali dei paesi partner (7).

2.5.   L’azione positiva dell’UE: ascoltare e agire

2.5.1.

La partecipazione democratica e la rappresentanza dei gruppi a rischio di emarginazione, come le persone appartenenti a minoranze razziali o etniche, non è ancora sufficiente nella maggior parte d’Europa. Pertanto, il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione di collaborare con i partiti politici europei, la rete europea di cooperazione in materia elettorale e la società civile per incrementare la partecipazione nell’ambito del piano d’azione per la democrazia europea. Il CESE è pronto a contribuire a tale sforzo con la propria prospettiva e competenza. Una delle priorità da perseguire sarebbe quella di rimuovere i diversi problemi di natura giuridica e amministrativa, le barriere all’accessibilità e le difficoltà istituzionali incontrate dalle persone pronte a impegnarsi nell’attività politica a tutti i livelli. Un’altra priorità sarebbe collaborare con i partiti e incoraggiarli a costituire collegi politici più diversificati e inclusivi e promuovere leader e candidati appartenenti a minoranze o a gruppi vulnerabili.

2.5.2.

Il CESE accoglie con favore l’impegno della Commissione a incontrare regolarmente le organizzazioni della società civile e le parti sociali che operano nella lotta contro il razzismo a livello europeo, nazionale e locale per valutare i progressi compiuti. Il CESE è pronto a partecipare a tale dialogo. È importante coinvolgere i soggetti religiosi in questo processo.

2.5.3.

Il CESE accoglie con favore la prevista nomina di un coordinatore antirazzismo da parte della Commissione. Il coordinatore interagirà con gli Stati membri, il Parlamento europeo, le organizzazioni della società civile, le parti sociali e il mondo accademico per rafforzare le risposte politiche in materia di lotta al razzismo.

2.5.4.

Il CESE attende con interesse il vertice contro il razzismo programmato dalla Commissione. Tale vertice si terrà in concomitanza con la Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, il 21 marzo 2021, e questa ricorrenza sarà celebrata ogni anno dalla Commissione.

2.5.5.

Il CESE accoglie con favore l’attività della Commissione volta a promuovere la diversità e garantire un ambiente di lavoro inclusivo e non discriminatorio per tutte le persone, indipendentemente dall’origine razziale o etnica o dal colore della pelle, in quanto definisce un ottimo standard per il funzionamento delle altre istituzioni dell’UE.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2008) 426 final.

(2)  GU L 328 del 6.12.2008, pag. 55

(3)  Lo spazio online, inoltre, è sempre più spesso il bersaglio di quegli Stati che perseguono strategie non convenzionali per influenzare l’opinione pubblica.

(4)  Il CESE raccomanda alla Commissione di integrare meglio il piano d’azione contro il razzismo con la strategia digitale dell’UE.

(5)  Secondo la relazione della FRA del giugno 2020, 15 Stati membri disponevano nel 2019 di piani d’azione contro il razzismo, la discriminazione razziale/etnica e l’intolleranza che ne consegue: Belgio, Cechia, Croazia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lituania, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Spagna e Svezia. Anche il Regno Unito disponeva di un piano d’azione in materia, tuttavia ha lasciato l’UE il 1o gennaio 2021.

(6)  Secondo la proposta, attualmente 24 Stati membri dispongono di Carte della diversità, con oltre 12 000 firmatari (imprese, istituzioni pubbliche, ONG, università, sindacati) e per un totale di oltre 16 milioni di dipendenti.

(7)  GU C 110 del 22.3.2019, pag. 163


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/128


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Unione dell’uguaglianza: la strategia per la parità LGBTIQ 2020-2025»

[COM(2020) 698 final]

(2021/C 286/22)

Relatore:

Ionuţ SIBIAN

Correlatrice:

Maria del Carmen BARRERA CHAMORRO

Consultazione

Commissione europea, 14.1.2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

16.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

187/8/12

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE apprezza e sostiene il coraggio mostrato dalla Commissione europea nell’adottare la strategia per la parità LGBTIQ 2020-2025, che mira a ridurre la discriminazione e a garantire la sicurezza e i diritti fondamentali delle persone LGBTIQ in tutta l’Unione europea mediante l’adozione di misure legislative a livello europeo ma anche esortando gli Stati membri a elaborare e applicare i piani d’azione a livello nazionale menzionati nella strategia.

1.2.

Il CESE è fermamente convinto che, affinché la strategia abbia successo, la Commissione debba porre in essere un solido meccanismo per attuarla e monitorarne regolarmente l’applicazione, sia a livello orizzontale che a livello verticale. A tale riguardo, la Commissione deve promuovere un ampio dialogo fra le istituzioni europee e internazionali, gli Stati membri, le organizzazioni della società civile e le parti sociali.

1.3.

Il CESE è convinto che, per conseguire i suoi obiettivi, la strategia per la parità LGBTIQ debba essere legata ad altre strategie europee in modo da assumere una prospettiva transettoriale, ad esempio la strategia sui diritti delle vittime, la strategia europea per la parità di genere, il piano d’azione dell’UE contro il razzismo, la strategia per i diritti delle persone con disabilità e la strategia sui diritti dei minori.

1.4.

Una delle questioni più urgenti in materia di discriminazione nei confronti delle persone LGBTIQ riguarda la discriminazione sul posto di lavoro e in termini di accesso al mercato del lavoro. La direttiva per la parità di trattamento in materia di occupazione (2000/78/CE) (1) deve pertanto proteggere anche le persone transgender, non binarie, intersessuali e queer dalla discriminazione in tali ambiti. Il CESE accoglie inoltre con favore il desiderio della Commissione di estendere l’applicabilità della direttiva ad altri ambiti oltre a quello dell’occupazione, ritenendola una misura efficace per combattere la discriminazione contro le persone LGBTIQ.

1.5.

Per migliorare l’occupabilità delle persone LGBTIQ, è necessario sviluppare politiche attive dell’occupazione e introdurre una prospettiva LGBTIQ nei piani per l’occupazione. È inoltre fondamentale che le imprese prevedano piani per la parità LGBTIQ, al fine di contrastare la discriminazione che queste persone subiscono sul posto di lavoro, e stabiliscano misure, protocolli e strumenti concreti per combattere la discriminazione.

1.6.

Affinché le persone LGBTIQ non debbano far fronte a privazioni socioeconomiche ed elevati tassi di povertà ed esclusione sociale, occorre esortare gli Stati membri a garantire servizi sanitari e sociali, rifugi, programmi di assistenza e posti sicuri alle persone LGBTIQ vittime di violenza domestica, reati generati dall’odio e incitamento all’odio, ai giovani LGBTIQ che non sono sostenuti dalle proprie famiglie ecc.

1.7.

Il CESE è fermamente convinto che le cosiddette pratiche di conversione debbano essere vietate da tutti gli Stati membri dell’UE, in quanto si tratta di pratiche che violano i diritti fondamentali e che sono state classificate come tortura. La Commissione europea deve sostenere gli Stati membri nel vietare tutte le forme di pratiche dannose, compresi gli interventi non necessari dal punto di vista medico sulle persone intersessuali, e nel riformare le rispettive norme giuridiche in materia di genere per garantire che rispettino le norme relative ai diritti umani in materia di autodeterminazione.

1.8.

Il CESE chiede alla Commissione europea di erogare finanziamenti per la formazione dei professionisti che interagiscono con le persone LGBTIQ, nonché di incoraggiare lo scambio delle migliori pratiche fra gli Stati membri. Sono inoltre necessari finanziamenti europei per la formazione specializzata di medici, insegnanti e altri professionisti, affinché essi possano comprendere in maniera migliore le situazioni e le esigenze specifiche delle persone LGBTIQ. Inoltre, il progetto pilota EUHealth4LGBTIQ fornisce manuali di formazione per i prestatori di assistenza sanitaria, e la Commissione europea dovrebbe sostenere gli Stati membri nel garantire che tali corsi di formazione siano disponibili a livello nazionale.

1.9.

Quanto ai finanziamenti assegnati agli Stati membri dal bilancio dell’UE, il Comitato ritiene che la Commissione europea debba mettere in atto un solido meccanismo di vigilanza in relazione all’uso di tali fondi da parte degli Stati membri in conformità con il principio di non discriminazione di cui all’articolo 2 del TUE, nonché nel pieno rispetto dei diritti fondamentali sanciti dall’omonima Carta. Tale supervisione deve essere effettuata sia ex ante, effettuando un audit sulla diversità, sia ex post, come stabilito nel regolamento recante disposizioni comuni per il periodo di finanziamento 2021-2027.

1.10.

La Commissione europea deve assumere il ruolo di custode dei Trattati dell’Unione europea e intensificare gli sforzi per garantire la piena attuazione e applicazione della legislazione pertinente dell’UE e della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea negli Stati membri, in particolare in relazione alla direttiva 2004/38/CE (2), nonché della normativa in materia di asilo. Nel contesto della libera circolazione e delle circostanze transfrontaliere, è inoltre importante adottare una regolamentazione chiara, inclusiva e non discriminatoria riguardo alla nozione di «famiglia» a livello europeo, comprese le famiglie arcobaleno, e al riconoscimento dei certificati di nascita delle persone transgender in tutti gli Stati membri, indipendentemente dalle altre procedure amministrative o giudiziarie.

1.11.

L’Unione europea deve assumere il suo ruolo nel contribuire alla promozione dei diritti umani a livello globale, ivi comprese la libertà e la dignità delle persone LGBTIQ. Per raggiungere tale obiettivo, deve collaborare con le istituzioni internazionali e regionali al fine di conseguire la depenalizzazione universale dell’omosessualità e il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone LGBTIQ in tutto il mondo.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE ritiene fondamentale che sia le istituzioni nazionali che quelle europee mettano in atto politiche pubbliche volte a proteggere le persone LGBTIQ, affinché i valori sanciti nella Carta dei diritti fondamentali e nel trattato sull’Unione europea (TUE), segnatamente i valori «della dignità umana, […], dell’uguaglianza, […] e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze» siano rispettati in tutta l’Unione (3). Il CESE appoggia la risoluzione del Parlamento europeo che dichiara l’UE una «zona di libertà per le persone LGBTIQ».

2.2.

I dati (4) dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) mostrano che le persone LGBTIQ costituiscono un gruppo vulnerabile che necessita del sostegno delle istituzioni europee e delle autorità nazionali degli Stati membri. Il Comitato ritiene che la strategia per la parità LGBTIQ 2020-2025 rappresenti un primo passo nella lotta alla discriminazione per motivi di orientamento sessuale, identità/espressione di genere e caratteristiche sessuali, nonché per garantire alla comunità LGBTIQ uno spazio sicuro in tutta l’Unione europea.

2.3.

Il CESE accoglie con favore il ricorso all’intersezionalità come principio trasversale da parte del documento della Commissione: l’orientamento sessuale, l’identità/l’espressione di genere e/o le caratteristiche sessuali sono considerati insieme ad altre caratteristiche o identità personali, quali il sesso, la razza, l’origine etnica, la religione, le convinzioni personali, la disabilità e l’età. Tali aspetti sono inoltre inseriti nel contesto della crisi della COVID-19, che ha colpito in maniera sproporzionata la categoria vulnerabile costituita dalle persone LGBTIQ.

2.4.

Tuttavia, affinché la strategia per la parità LGBTIQ 2020-2025 sia attuata in maniera efficace ed efficiente in tutta l’Unione europea, la Commissione europea deve creare un meccanismo di operatività e monitoraggio volto a controllare se o in quale misura la strategia sia stata messa in atto. A tal proposito, la Commissione dovrebbe verificare annualmente se le istituzioni europee e gli Stati membri abbiano attuato le priorità fondamentali menzionate nella strategia e in che misura lo abbiano fatto. Tale valutazione dovrebbe essere effettuata in consultazione con gli Stati membri e la società civile organizzata.

3.   Osservazioni specifiche

3.1.   Discriminazione nei confronti delle persone LGBTIQ

3.1.1.

La discriminazione colpisce le persone LGBTIQ in ogni fase della vita. Fin dalla più tenera età, i bambini e i giovani LGBTIQ e i figli delle persone LGBTIQ o delle famiglie arcobaleno, dove uno dei membri della famiglia è LGBTIQ, sono spesso stigmatizzati, diventando così bersaglio di discriminazione e aggressioni che incidono sul loro rendimento scolastico e sulle loro prospettive occupazionali, sulla loro vita quotidiana nonché sul benessere di tutta la loro famiglia. Sono pertanto necessarie misure migliori e più ampie a tutela dei bambini, in particolare nell’ambito dell’istruzione, per eliminare la discriminazione nei confronti delle persone LGTBI.

3.1.2.

Una delle questioni più urgenti in materia di discriminazione nei confronti delle persone LGBTIQ riguarda la discriminazione sul posto di lavoro (5) e in termini di accesso al mercato del lavoro. La direttiva per la parità di trattamento in materia di occupazione deve pertanto proteggere anche le persone transgender, non binarie, intersessuali e queer dalla discriminazione in detti ambiti. Il CESE accoglie inoltre con favore il desiderio della Commissione di estendere l’applicabilità della direttiva ad altri ambiti oltre a quelli dell’occupazione e della formazione professionale, ritenendola una misura efficace per combattere la discriminazione contro le persone LGBTIQ.

3.1.3.

In tema di discriminazione sul posto di lavoro, è necessario prestare particolare attenzione alle persone transgender, in ragione delle difficoltà sociali cui devono far fronte (ad esempio, la discrepanza tra la situazione effettiva e quella giuridica dovuta alla complessità delle procedure per la modifica dei documenti di identità nella maggior parte degli Stati membri, la mancanza di procedure mediche, i pregiudizi di cui sono vittime ecc.). Dette difficoltà sociali possono dare luogo a molestie sul posto di lavoro, licenziamenti e, in generale, a numerosi problemi fin dal momento della ricerca di un’occupazione.

3.1.4.

Il CESE sottolinea la necessità che l’Unione europea stabilisca linee d’azione in materia di politiche attive dell’occupazione, affinché gli Stati membri e le autorità nazionali sviluppino piani nazionali per l’occupazione comprensivi di misure specifiche per le persone LGTBIQ e volti a limitare gli effetti della strutturale mancanza di accesso all’occupazione di tali persone.

3.1.5.

Il CESE ritiene che sia fondamentale ampliare i regolamenti europei in materia di parità di trattamento sul lavoro per includervi le persone trans, non binarie, intersessuali e queer, al fine di proteggere tutte le persone LGTBIQ dalla discriminazione sul lavoro per motivi di orientamento sessuale, identità ed espressione di genere e caratteristiche sessuali.

3.1.6.

Il CESE è favorevole alla proposta della Commissione europea di estendere la direttiva sulla parità di trattamento ad altri ambiti oltre a quello dell’occupazione e della formazione professionale. A tal proposito, il Comitato ritiene che sia necessario sostenere la richiesta di adottare detta proposta rivolta dalla Commissione al Consiglio, al fine di colmare le lacune nella protezione offerta dal diritto dell’UE contro la discriminazione per motivi legati all’orientamento sessuale, ma anche all’identità/all’espressione di genere, alle caratteristiche sessuali e alla famiglia.

3.1.7.

Il CESE sostiene l’appello delle istituzioni europee, che hanno esortato gli Stati membri a ratificare la convenzione n. 190 dell’OIL sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, la quale fa riferimento a un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili messi in atto nei confronti delle persone in ragione del loro sesso o genere e offre orientamenti ai governi e alle parti sociali su come individuare strumenti per prevenire e affrontare tali forme di discriminazione. La contrattazione collettiva a tutti i livelli e i contratti collettivi possono contribuire alla definizione di misure mirate per il luogo di lavoro e all’attuazione dell’accordo autonomo firmato dalle parti sociali europee contro la violenza sul lavoro.

3.1.8.

Dal momento che le persone LGBTIQ sono discriminate proprio nel luogo in cui dovrebbero sentirsi più sicure, vale a dire nell’ambiente familiare, molte persone appartenenti alla comunità LGBTIQ, in particolare i giovani, finiscono per trovarsi senza una dimora. In molti Stati membri le autorità non sono in grado di offrire servizi sociali e sanitari per sostenere queste persone. È pertanto fondamentale che le persone LGBTIQ possano usufruire di rifugi sicuri e di servizi sanitari per integrarsi nella società e trovare un posto di lavoro stabile e sicuro.

3.1.9.

Al di là delle proposte di riforma del sistema europeo comune di asilo presentate dalla Commissione, è essenziale che l’Unione europea metta a disposizione risorse finanziarie per la formazione di giudici, procuratori, guardie di frontiera, professioni dei servizi per l’immigrazione e interpreti affinché questi siano in grado di comprendere le esigenze specifiche delle persone vulnerabili che fanno richiesta di protezione internazionale, comprese le persone LGBTIQ.

3.1.10.

A tale riguardo, il CESE ritiene fondamentale limitare l’applicazione delle politiche di respingimento dei migranti alle frontiere dell’UE, tenendo conto del fatto che molte di queste persone fuggono da persecuzioni nei rispettivi paesi di origine per motivi di orientamento sessuale, identità/espressione di genere e caratteristiche sessuali. Il fatto di respingere tali persone senza offrire loro la possibilità di presentare una richiesta di protezione internazionale viola i più basilari diritti umani, i trattati internazionali e, in taluni casi, le leggi nazionali in materia di protezione internazionale.

3.1.11.

Il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe valutare la possibilità di riconoscere il diritto all’autodeterminazione del genere per le persone trans, conformandosi in tal modo ai più elevati standard internazionali in materia di rispetto dei diritti umani e promuovendone il riconoscimento negli Stati membri e da parte delle autorità nazionali, affinché le persone trans possano vedere la propria identità riconosciuta senza che sia necessaria una conferma da parte di terzi.

3.1.12.

La Commissione europea dovrebbe monitorare l’accesso alla copertura sanitaria per i trattamenti di attribuzione del genere per le persone transgender e dialogare con gli Stati membri per sfruttare appieno le possibilità offerte dal quadro dell’UE in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera per affrontare eventuali carenze nazionali.

3.1.13.

La Commissione dovrebbe esortare gli Stati membri ad adottare strategie a livello nazionale per la sorveglianza, il controllo e la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. È altresì fondamentale in tale ambito dare priorità ai finanziamenti destinati agli operatori sanitari e partecipare a sessioni di formazione in linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e con l’11a edizione della Classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari correlati (ICD-11). È inoltre essenziale che gli Stati membri incoraggino lo scambio di pratiche ed esperienze fra operatori sanitari specializzati di Stati membri differenti.

3.1.14.

Gli Stati membri dovrebbero essere invitati a proibire le «terapie di conversione» in tutta l’UE, una pratica degradante che comporta numerose ripercussioni sulla salute fisica e mentale delle persone LGBTIQ. Gli Stati membri dovrebbero inoltre essere esortati ad adottare misure legislative che vietino le mutilazioni delle persone intersessuali. Ciò garantirebbe alle persone intersessuali il diritto di scegliere autonomamente se desiderano sottoporsi a procedure mediche per l’assegnazione di un determinato sesso o meno, prevedendo la possibilità di derogare a tale norma esclusivamente nei casi di esigenze mediche urgenti che comportano un pericolo per la vita della persona intersessuale.

3.1.15.

I programmi di finanziamento dell’Unione europea dovrebbero essere strettamente legati e condizionati ai valori dell’UE promossi dall’articolo 2 TUE. Gli Stati membri dovrebbero inoltre essere tenuti a svolgere una valutazione d’impatto sui gruppi vulnerabili, comprese le persone LGBTIQ, in relazione ai progetti di grande entità finanziati tramite fondi dell’UE. Al livello degli Stati membri dovrebbe pertanto essere previsto un controllo di diversità per i finanziamenti dell’UE, svolto da una commissione indipendente composta da autorità pubbliche nazionali, di carattere locale o centrale, e da organizzazioni della società civile (6).

3.1.16.

Per la formazione degli esperti chiamati a svolgere detto controllo di diversità nel quadro dei programmi di finanziamento dell’UE, andrebbe avviato un programma di formazione elaborato a livello europeo e volto a sviluppare le competenze e a incoraggiare gli Stati membri a scambiarsi buone pratiche in relazione all’impatto dei programmi di finanziamento dell’UE sui gruppi vulnerabili, compresa la comunità LGBTIQ. Per attuare tale misura in tutta l’UE occorre inoltre stabilire un meccanismo di vigilanza a livello della Commissione europea.

3.1.17.

Gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati ad attuare campagne e programmi nazionali di educazione e sensibilizzazione per ridurre e combattere la discriminazione nei confronti delle persone con un orientamento sessuale e un’identità di genere diversi. A tale riguardo, le autorità nazionali dovrebbero garantire che i programmi scolastici nazionali obbligatori includano informazioni sui diritti umani, compresi l’orientamento sessuale, l’identità e l’espressione di genere, al fine di prevenire discriminazioni, pregiudizi e stereotipi. Inoltre, le scuole primarie e secondarie dovrebbero fornire un’educazione sessuale completa, grazie alla quale bambini e adolescenti acquisiscano le conoscenze e le competenze necessarie per condurre una vita più sana e instaurare relazioni di parità.

3.2.   Garantire l’incolumità delle persone LGBTIQ

3.2.1.

Com’è noto, in diversi Stati membri si sono tenuti referendum per modificare le costituzioni nazionali con l’obiettivo di limitare i diritti delle persone LGBTIQ o di stigmatizzare detta categoria di persone fra il pubblico generale. Dal momento che in un contesto transfrontaliero le informazioni si diffondono in tutta l’Unione europea, gli Stati membri devono garantire la trasparenza dei finanziamenti pubblici elargiti a tutti gli attori coinvolti in tali referendum.

3.2.2.

Il CESE è favorevole all’iniziativa volta a estendere l’elenco dei «reati UE» di cui all’articolo 83, paragrafo 1, TFUE ai reati generati dall’odio e all’incitamento all’odio, anche quando essi sono rivolti alle persone LGBTIQ. È pertanto necessario che la Commissione adotti misure di informazione e sensibilizzazione su tale tema a livello europeo. La Commissione dovrebbe lanciare una campagna di comunicazione per contrastare tale tendenza e i comportamenti ad essa correlati, promuovendo l’uguaglianza fra tutti i suoi cittadini. Il CESE suggerisce che tale campagna dovrebbe essere avviata a livello europeo e affrontare poi a livello locale i problemi riscontrati in ciascuno Stato membro. Tali iniziative dovrebbero essere incluse nel quadro del piano d’azione dell’UE per la democrazia. Inoltre, tutti i paesi europei si sono impegnati a raccogliere dati per l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) sui reati generati dall’odio, che possono essere utilizzati in questo contesto.

3.2.3.

La Commissione europea, in cooperazione con gli Stati membri, dovrebbe inoltre adottare una serie di misure per combattere le notizie false e la disinformazione, nonché l’incitamento all’odio, sia online che offline. A tale riguardo, la Commissione deve sviluppare un meccanismo per monitorare l’adeguata attuazione della direttiva sui servizi di media audiovisivi (AVMS) a livello degli Stati membri e adottare altresì un quadro normativo europeo per combattere più facilmente le notizie false e la disinformazione.

3.2.4.

Il CESE ritiene che le azioni intraprese dalla Commissione per promuovere e applicare il «codice di condotta per contrastare l’illecito incitamento all’odio online», firmato da Facebook, Microsoft, Twitter e YouTube, siano estremamente incoraggianti ai fini della lotta all’incitamento all’odio nell’ambiente online. Questo tipo di strumento, vale a dire un codice di condotta per combattere l’incitamento all’odio, dovrebbe essere attuato sotto forma di raccomandazione a livello degli Stati membri, sia nell’ambiente online che nello spazio audiovisivo, al fine di creare uno spazio sicuro per le persone LGBTIQ, nonché per altri gruppi vulnerabili che possono essere facilmente vittime di molestie online o di incitamento all’odio (7).

3.2.5.

La strategia per la parità LGBTIQ 2020-2025 dovrebbe essere legata alla strategia dell’UE sui diritti delle vittime 2020-2025, affinché le persone appartenenti alle minoranze sessuali possano sentirsi abbastanza sicure da denunciare i reati generati dall’odio commessi nei loro confronti. È pertanto necessario garantire una formazione professionale continua rivolta agli agenti di polizia, agli avvocati e ai magistrati nell’ambito dei reati generati dall’odio, dei pregiudizi e degli stereotipi; risulta altresì fondamentale una cooperazione con le ONG che offrono sostegno alle persone LGBTIQ in tal senso.

3.2.6.

La pandemia di COVID-19 ha mostrato che la maggior parte degli Stati membri non è sufficientemente preparata a fornire rifugi di emergenza o a breve termine alle persone LGBTIQ vittime di violenza domestica, in particolare le persone transgender, o che subiscono aggressioni da parte delle loro stesse famiglie. La realizzazione di rifugi, alloggi sicuri e centri di assistenza e la fornitura di servizi di assistenza integrati richiedono pertanto una cooperazione fra le autorità nazionali e le organizzazioni non governative, oltre a finanziamenti da parte dell’UE.

3.3.   Costruire società inclusive per le persone LGBTIQ

3.3.1.

La Commissione europea deve assumere il ruolo di custode del diritto dell’Unione europea, che deriva dagli atti normativi europei e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) per l’applicazione corretta e uniforme del diritto europeo in tutti gli Stati membri. Essa deve intensificare gli sforzi e sviluppare meccanismi di ampio respiro per monitorare l’applicabilità del diritto europeo e delle decisioni della CGUE nell’ambito del diritto nazionale e nelle prassi delle autorità nazionali.

3.3.2.

Per quanto riguarda il diritto alla libera circolazione, che costituisce uno dei pilastri del diritto europeo, la Commissione europea deve sviluppare un meccanismo di monitoraggio per garantire che i diritti sanciti dalla direttiva 2004/38/CE, in particolare il diritto di circolare e di soggiornare liberamente, siano riconosciuti per tutti i cittadini europei e le relative famiglie, comprese le famiglie arcobaleno, in tutta l’Unione.

3.3.3.

Affinché tutte le persone LGBTIQ possano godere del diritto alla libera circolazione in tutta l’Unione europea, il CESE invita la Commissione europea, da un lato, a sviluppare un quadro normativo che preveda una nozione autonoma di «famiglia», indipendente dal diritto nazionale degli Stati membri, in particolare nei contesti transfrontalieri, e, dall’altro, a garantire che le modifiche ai documenti di nascita avvenute a seguito di una procedura amministrativa o giudiziaria siano riconosciute in tutti gli Stati membri nel contesto della libera circolazione. La Commissione europea dovrebbe collaborare con gli Stati membri per facilitare la registrazione dei discendenti per i genitori transgender in base alla loro identità di genere legalmente riconosciuta, al fine di proteggere tali famiglie dall’«outing» indesiderato, dalla discriminazione e dalla violenza.

3.4.   Guidare la lotta a favore dell’uguaglianza delle persone LGBTIQ nel mondo

3.4.1.

Le istituzioni europee devono assumere il ruolo di garanti e protettori dei diritti umani fondamentali sia nelle loro azioni interne che in quelle esterne. Affinché ciò avvenga, si rende necessaria una collaborazione con altre istituzioni internazionali e regionali, come il Consiglio d’Europa e le Nazioni Unite, per garantire alle persone LGBTIQ e ai difensori dei diritti umani la sicurezza e la parità che meritano. È inoltre importante che, oltre alle misure di sostegno volte a contrastare la violenza, l’odio e la discriminazione nei confronti delle persone LGBTIQ mediante lo strumento di assistenza preadesione (IPA) nei paesi effettivamente o potenzialmente candidati, le istituzioni europee introducano tali criteri anche nelle loro azioni esterne, nell’ambito dei finanziamenti ai paesi terzi.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.

(2)  GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77.

(3)  Articolo 2 del trattato sull’Unione europea.

(4)  https://fra.europa.eu/sites/default/files/fra_uploads/fra-2020-lgbti-equality-1_en.pdf

(5)  In ambito professionale le persone LGBTIQ continuano a subire discriminazioni durante il processo di assunzione, sul posto di lavoro e al termine della loro carriera, in violazione della legislazione dell’UE in materia. Molte persone LGBTIQ incontrano numerosi ostacoli nella ricerca di posti di lavoro equi e stabili, il che aumenta il rischio di povertà, esclusione sociale e mancanza di fissa dimora.

(6)  Per mettere in atto tale misura occorre formare una squadra di esperti incaricata di valutare in che misura i progetti attuati dagli Stati membri offrano sostegno ai gruppi vulnerabili, compresa la comunità LGBTIQ, nonché di valutare l’analisi condotta ex ante ed ex post in merito all’attuazione dei progetti finanziati tramite fondi europei sulla base di una griglia di valutazione stabilita a livello europeo.

(7)  I codici di condotta dovrebbero ispirarsi ai valori dell’UE in materia di uguaglianza, diritti umani, diversità e libertà di espressione, creando un gruppo di esperti incaricati di monitorare l’attuazione e l’applicazione di detto strumento di lavoro, ma anche prevedendo la partecipazione delle organizzazioni della società civile che si occupano di difesa dei diritti umani e dei gruppi vulnerabili.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/134


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano d’azione per l’integrazione e l’inclusione 2021-2027»

[COM(2020) 758 final]

(2021/C 286/23)

Relatore:

Paul SOETE

Consultazione

Commissione europea, 14.1.2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

16.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

205/1/9

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE si compiace che il piano d’azione per l’integrazione e l’inclusione (di seguito il «piano d’azione») presentato dalla Commissione faccia parte della risposta globale alle sfide legate alla migrazione, come proposto nel nuovo patto sulla migrazione e l’asilo.

1.2.

Questo piano d’azione ha una portata più ampia del precedente: a differenza del suo predecessore del 2016, il nuovo piano d’azione riguarda non solo i migranti ma anche i cittadini dell’UE «provenienti da un contesto migratorio». Benché l’integrazione sia importante anche per questa categoria di cittadini, come per tutti i cittadini e i residenti, ne possono derivare azioni meno mirate, giacché i problemi che si pongono ai nuovi arrivati sono differenti da quelli che devono affrontare i migranti di seconda e terza generazione.

1.3.

Sono essenzialmente le autorità nazionali e gli enti locali e regionali a disporre degli strumenti per l’integrazione e l’inclusione. L’azione svolta a livello dell’UE ha carattere complementare ed è concepita per promuovere, agevolare e coordinare la collaborazione. Di conseguenza, il piano d’azione non propone agli Stati membri obiettivi globali o specifici, ma si limita a formulare raccomandazioni. Nella situazione attuale e considerato l’impatto della pandemia, vi è il rischio che ai problemi dell’integrazione si attribuisca una priorità inferiore.

1.4.

Il piano d’azione affronta tutti i settori d’intervento essenziali per l’integrazione socioeconomica e politica dei migranti appena arrivati e fornisce una panoramica dell’elenco delle iniziative europee, adottate in diversi campi, che possono incidere sulla migrazione e l’integrazione. Il CESE rileva che le sfide reali riguardano l’attuazione di queste politiche.

1.5.

Il CESE sostiene gli obiettivi proposti dal piano d’azione nei settori principali. Desidera tuttavia sottolineare che si tratta di esempi di azioni possibili piuttosto che di obiettivi misurabili. Per tale ragione la loro effettiva attuazione sembra subordinata a un processo di monitoraggio che è ancora da mettere in atto. Il CESE incoraggia la Commissione a mettere in atto un monitoraggio continuo dell’attuazione del piano d’azione.

1.6.

Rispetto a quello del 2016, in questo nuovo piano d’azione viene rivolta maggiore attenzione alla dimensione di genere del fenomeno dell’integrazione in generale. Gli aspetti di genere dovrebbero essere posti in rilievo anche nelle diverse sezioni dei settori.

1.7.

A giudizio del CESE il valore generale del lavoro dovrebbe costituire il filo rosso del piano d’azione, poiché il lavoro in tutte le sue diverse forme rappresenta un aspetto fondamentale dell’integrazione e dello sviluppo personale.

1.8.

Il piano d’azione traccia una panoramica di tutti gli strumenti di finanziamento disponibili in ciascun settore. Tuttavia, questi strumenti sembrano essere concepiti per gli esperti in materia di sovvenzioni, e il CESE suggerisce alla Commissione di agevolare l’accesso ai finanziamenti, ad esempio creando uno strumento specifico per l’integrazione. Il CESE teme inoltre che i finanziamenti per l’integrazione siano destinati a scivolare gradualmente in fondo all’elenco delle priorità.

1.9.

Il CESE ribadisce l’importanza della società civile in generale per l’integrazione nei modi di vita locali, nonché del ruolo specifico dei sindacati e delle organizzazioni di datori di lavoro.

2.   Contesto

2.1.

Il piano d’azione per l’integrazione e l’inclusione 2021-2027 fa parte della risposta globale alle sfide legate alla migrazione proposta nel nuovo patto sulla migrazione e l’asilo. Tale piano si basa sugli impegni del piano d’azione UE per l’integrazione del 2016 e li aggiorna; ha una durata di sette anni con una revisione intermedia nel 2024, in linea con il QFP dello stesso periodo.

2.2.

Il piano d’azione è reso necessario dalle marcate differenze esistenti tra migranti e autoctoni in termini di livelli di istruzione, occupazione, povertà e condizioni abitative. Ricordiamo una cifra che illustra questo divario: nell’UE la percentuale dei giovani migranti (di età compresa fra i 18 e i 24 anni) che non lavorano, non studiano e non prendono parte a programmi di formazione (NEET) è pari al 21 %, mentre quella degli autoctoni è del 12,5 %. Esiste pure un significativo divario di genere: la percentuale di ragazze migranti che rientra in questa categoria è del 25,9 % (1).

2.3.

La pandemia di COVID-19 ha messo a nudo le profonde disuguaglianze, a danno dei migranti, nell’accesso ai servizi sanitari, disuguaglianze che rappresentano un rischio per la società in generale. La pandemia ha anche rivelato che i migranti hanno maggiori probabilità di svolgere lavori che richiedono uno stretto contatto interpersonale, il che li espone a un rischio più elevato di contrarre la COVID-19.

2.4.

La piena integrazione dei migranti nel mercato del lavoro potrebbe apportare grandi benefici economici sul piano del benessere nazionale, anche per i regimi pensionistici e in termini di contributi fiscali (2). Si tratta di un risultato vantaggioso per tutti, in quanto la piena integrazione va anche a beneficio dei migranti, consentendo loro di accedere al sistema di previdenza sociale del paese ospitante.

2.5.

Il piano d’azione si richiama a una serie di principi e valori fondamentali di carattere generale, comuni a tutte le politiche di inclusione dell’UE, facendo anche riferimento al pilastro europeo dei diritti sociali.

2.6.

Le specifiche azioni presentate nel piano d’azione riguardano quattro settori: istruzione e formazione, occupazione e competenze, salute e alloggio. Per ciascuno di tali settori si individuano carenze di integrazione. Queste azioni sono integrate da azioni trasversali: la costruzione di partenariati solidi, l’incremento delle varie opportunità di finanziamento, l’intensificazione dei legami con la società di accoglienza, il potenziamento dell’utilizzo delle nuove tecnologie e degli strumenti digitali e infine il monitoraggio dei progressi nel campo dell’integrazione.

2.7.

Il CESE riconosce che il piano d’azione è dedicato soprattutto al processo di integrazione in quanto tale, e non all’ingresso nell’UE. Ciononostante, il CESE sottolinea che il tema della riunificazione familiare rimane un importante fattore di integrazione giuridica e sociale.

3.   Osservazioni generali

3.1.

A differenza del piano del 2016, quello attuale riguarda non solo i migranti ma anche i cittadini dell’UE «provenienti da un contesto migratorio». Il CESE prende atto di questa portata più ampia, giacché gli aspetti dell’integrazione sono importanti anche per questa seconda categoria di cittadini e per tutti i cittadini e i residenti; si promuove in questo modo lo stile di vita europeo, in cui diritti ed esigenze di inclusione sono associati anche a responsabilità.

3.2.

Ciononostante, il CESE teme che l’ampliamento di portata del piano d’azione possa condurre ad azioni meno mirate e pertanto meno efficaci. I problemi che incontrano i nuovi arrivati sono differenti da quelli che devono affrontare i migranti di seconda e terza generazione. Inoltre, includendo le esigenze sociali dei migranti di seconda e terza generazione nelle politiche in materia di migrazione e integrazione, si rischia di stigmatizzarli e di perpetuare il razzismo.

3.3.

Il piano d’azione della Commissione offre un’efficace panoramica dell’elenco delle iniziative europee che, in diversi campi, esercitano un impatto sulla migrazione e l’integrazione. Il documento affronta tutti i settori d’intervento fondamentali, che sono necessari per l’integrazione socioeconomica e politica dei migranti appena arrivati. Prende inoltre in esame la disponibilità di fondi e partenariati con istituzioni e organizzazioni per agevolare l’integrazione.

3.4.

Il CESE sottolinea che, accanto a queste politiche, il lavoro rimane un essenziale fattore di integrazione e che come tale dev’essere salvaguardato e promosso quale elemento centrale in ogni aspetto del piano.

3.5.

Il CESE sottolinea che le sfide reali riguardano l’attuazione di queste politiche. Per esempio, anche quando le precedenti qualifiche dei migranti vengono riconosciute, i datori di lavoro esitano ad assumerli per mancanza di fiducia nel loro livello di competenze. È questo il caso, a quanto pare, dei migranti provenienti dalla regione del Medio Oriente e del Nord Africa, così come dall’Asia meridionale e centrale.

3.6.

L’impegno a rafforzare il coinvolgimento, nelle politiche di integrazione e inclusione dell’UE, degli enti locali e regionali, della società civile, nonché dei migranti e delle loro organizzazioni è un aspetto positivo del nuovo piano d’azione. Il CESE osserva che nella società civile dovrebbero rientrare anche i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro.

3.7.

Il piano d’azione riconosce giustamente l’importanza delle autorità nazionali e degli enti locali e regionali nelle politiche di integrazione e promuove la cooperazione tra questi soggetti. Si deve notare, in effetti, che sono questi soggetti che dispongono della maggior parte degli strumenti per l’integrazione. L’azione svolta a livello dell’UE ha carattere complementare ed è concepita per promuovere, agevolare e coordinare la collaborazione, quando ciò risulti utile. Di conseguenza, il piano d’azione non contiene obiettivi globali o specifici per gli Stati membri, ma unicamente raccomandazioni.

3.8.

Dal momento che il testo non ha carattere vincolante e gli Stati membri sono responsabili in ultima analisi delle politiche di integrazione a livello nazionale, il CESE rileva la necessità di precisi impegni da parte degli Stati membri dell’UE e della definizione di sedi appropriate, in particolare con l’organizzazione di riunioni periodiche, per coordinare le politiche e valutarne i progressi.

3.9.

La Commissione indica chiaramente i risultati che vuole ottenere in ciascun settore. Il CESE condivide la diagnosi e i risultati proposti, ma constata l’assenza di obiettivi precisi, sia a livello generale che di azione specifica. L’efficacia dell’attuazione sembra subordinata a un processo di monitoraggio che dovrebbe essere realizzato.

3.10.

Nel parere SOC/649 (Un nuovo patto sulla migrazione e l’asilo(3), il CESE si interrogava sulla portata e la struttura del sostegno fornito alle misure di integrazione. Gli strumenti e gli incentivi offerti dal piano d’azione ai diversi soggetti interessati possono rivelarsi insufficienti per migliorare l’integrazione in maniera ragionevole, soprattutto data la natura di lungo periodo delle misure da adottare in questo campo. È pertanto necessario monitorare l’attuazione di questo aspetto.

3.11.

I finanziamenti sono un aspetto importante del piano d’azione. Gli Stati membri e gli altri portatori di interessi sono incoraggiati a sfruttare appieno i finanziamenti dell’UE. Il piano d’azione traccia inoltre una panoramica di tutti gli strumenti di finanziamento disponibili per ciascun settore.

3.12.

Tra i principi guida del piano d’azione si cita l’integrazione delle politiche, ma il piano non offre orientamenti soddisfacenti sul modo di inquadrare le politiche di integrazione nelle misure generali di coesione sociale.

3.13.

Il CESE apprezza il riferimento contenuto nel nuovo piano d’azione alla dimensione di genere dell’integrazione. Allo stesso tempo, ricorda che le sfide legate al genere nel campo dell’integrazione meritano maggiore attenzione e un’azione più specifica in ciascun settore.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.   Istruzione e formazione

4.1.1.

Il piano d’azione indica a giusto titolo che l’istruzione e la formazione costituiscono la base per una partecipazione efficace alla società. La scuola e le altre istituzioni educative offrono un contesto prezioso per costruire una società inclusiva e combattere la segregazione. Inoltre, l’acquisizione di un’educazione civica in materia di democrazia e cittadinanza getta le basi per una partecipazione attiva alla società e allo stesso tempo impedisce che i giovani siano attratti da ideologie estremiste. Si tratta di un settore in cui la partecipazione attiva alla società civile dovrebbe essere incoraggiata, in quanto promuove la fiducia, la coesione sociale e il senso di appartenenza.

4.1.2.

Per quanto riguarda le azioni specifiche volte a migliorare la partecipazione all’istruzione e alla formazione, il sostegno fornito dalla Commissione dovrebbe essere ulteriormente specificato, in quanto il piano d’azione contiene solo riferimenti generali ad attività di sostegno mirate. L’azione più specifica menzionata è l’insieme di strumenti con orientamenti pratici sull’educazione e cura della prima infanzia che sarà reso pubblico all’inizio del 2021.

4.1.3.

Il piano d’azione fa inoltre riferimento alla necessità di facilitare il riconoscimento delle qualifiche acquisite nei paesi terzi. Propone vari strumenti per migliorare il riconoscimento delle qualifiche: le reti ENIC-NARIC, il programma Erasmus, il quadro europeo delle qualifiche e il portale Europass. Oltre a potenziare gli strumenti esistenti, è importante anche individuare e mappare gli ostacoli che si frappongono oggi al riconoscimento, come la mancanza di fiducia e altri impedimenti di natura sociale.

4.1.4.

La Commissione sottolinea l’importanza dell’apprendimento delle lingue e propone di sviluppare ulteriormente programmi di apprendimento linguistico completi e accessibili. Il CESE ritiene che l’apprendimento delle lingue debba essere posto al centro delle azioni nel settore dell’istruzione e dell’occupazione, sin dalle prime fasi del processo di integrazione. Imparare la lingua della comunità di accoglienza permette di acquisire livelli adeguati di istruzione e formazione, con effetti di ampia portata sull’integrazione. I programmi di apprendimento delle lingue dovrebbero pertanto basarsi su un approccio multisettoriale (4).

4.1.5.

In considerazione del prossimo obiettivo della garanzia per l’infanzia, è importante raccomandare agli Stati membri di promuovere un accesso più ampio all’istruzione per i minori migranti, garantendo che le procedure relative all’immigrazione non interferiscano con la scolarizzazione o, più in generale, con i diritti dei minori. L’istruzione dovrebbe valutare e soddisfare i bisogni individuali dei minori migranti con disabilità, o altri bisogni, e in misura ragionevole adeguarvisi, al fine di agevolare il pieno sviluppo della loro personalità, dei loro talenti e creatività, nonché delle loro capacità fisiche e mentali.

4.1.6.

Tutte le azioni intraprese in questi settori dovrebbero essere volte a garantire l’inclusività dei sistemi di istruzione a tutti i livelli e l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

4.1.7.

Il piano sottolinea quanto sia importante acquisire una comprensione delle leggi, della cultura e dei valori della società di accoglienza il prima possibile attraverso corsi di educazione civica. In questi settori la Commissione propone di avviare scambi di buone pratiche tra gli Stati membri. Le informazioni su questi temi dovrebbero essere comunicate in modo comprensibile e accessibile a tutti.

4.2.   Occupazione e competenze

4.2.1.

In questo campo la diagnosi dei problemi e gli obiettivi globali sono definiti in maniera adeguata, evidenziando l’importanza del contributo dei migranti all’economia, soprattutto in tempi di COVID-19. Il piano d’azione evidenzia inoltre che non solo i lavoratori migranti, ma anche gli imprenditori migranti saranno un fattore essenziale per la crescita durante e dopo la pandemia.

4.2.2.

Per conseguire gli obiettivi citati, il piano d’azione incoraggia il ricorso agli strumenti UE esistenti, tra cui il partenariato europeo per l’integrazione, per lavorare con le parti sociali ed economiche, l’iniziativa Datori di lavoro uniti per l’integrazione, InvestEU per il sostegno all’imprenditorialità, la rete europea sull’integrazione, la rete europea dei servizi pubblici per l’impiego e la piattaforma Europass per condividere e rafforzare le pratiche di valutazione delle competenze, lo strumento europeo di determinazione delle competenze per i cittadini di paesi terzi per facilitare la convalida delle competenze e il prossimo programma Cittadini, uguaglianza, diritti e valori per sostenere le persone provenienti da un contesto migratorio.

4.2.3.

Tra gli altri obiettivi, il piano d’azione menziona altresì il superamento delle difficoltà di accesso alle informazioni e ai servizi finanziari, ma non propone azioni specifiche per risolvere questi problemi. A tal proposito il piano d’azione dovrebbe promuovere l’emancipazione dei lavoratori migranti garantendo loro accesso alle informazioni finanziarie e giuridiche, a meccanismi di ricorso e di segnalazione sicura, in formati comprensibili e accessibili.

4.2.4.

Il piano d’azione pone giustamente enfasi sull’importanza di introdurre sistemi o test più efficaci e veloci per la valutazione delle competenze, anche tenendo conto delle esperienze maturate in passato in questo campo.

4.2.5.

Gli strumenti di valutazione delle competenze non bastano però a garantire un accesso più ampio al mercato del lavoro; è necessario agire per contrastare la sfiducia e la discriminazione. È importante fornire sostegno e orientamenti specifici alle agenzie nazionali per l’impiego e ai portatori di interessi nel settore dell’occupazione per elaborare politiche antidiscriminazione e promuovere la partecipazione a tutti i livelli. È altresì cruciale raccomandare politiche nazionali che garantiscano ai cittadini di paesi terzi un accesso più ampio e più agevole a tutti i settori occupazionali, facilitando le procedure in materia di visti.

4.2.6.

Il piano d’azione dovrebbe sottolineare con maggior decisione l’importanza di promuovere un più ampio accesso ad apprendistati, tirocini, formazione professionale e anche lavori di volontariato che possano condurre a un adeguato posto di lavoro a tempo pieno. In tal modo si offrirà ai migranti e ai residenti provenienti da un contesto migratorio l’opportunità di lavorare, migliorare il proprio livello di competenze e percepire un reddito per mantenere se stessi e la propria famiglia. Nello specifico, i programmi che promuovono l’accesso dei giovani al mercato del lavoro (per esempio, la Garanzia per i giovani) dovrebbero contenere disposizioni specifiche che garantiscano la partecipazione dei cittadini di paesi terzi.

4.2.7.

Il piano d’azione dovrebbe prevedere inoltre azioni mirate, tese a emancipare le donne migranti e rifugiate e a migliorare il loro accesso al mercato del lavoro, anche rafforzando le misure di lotta contro la tratta e attraverso il sostegno alle esigenze specifiche.

4.3.   Sanità

4.3.1.

Un aspetto importante è che il piano d’azione sottolinea che la pandemia di COVID-19 ha messo in luce le profonde disuguaglianze presenti nell’accesso ai servizi sanitari e che esse rappresentano un rischio per la società in generale.

4.3.2.

Nel contesto della pandemia il CESE ritiene che tutti i migranti, compresi quelli irregolari, debbano avere accesso all’assistenza sanitaria di base, e in particolare ai test e alle vaccinazioni, in tutti gli Stati membri dell’UE.

4.3.3.

Quanto alle azioni proposte, la Commissione cita possibilità di finanziamento tramite il Fondo asilo, migrazione e integrazione, l’FSE+ e il FESR, nonché nell’ambito del prossimo programma Cittadini, uguaglianza, diritti e valori. Il piano d’azione, giustamente, incoraggia il ricorso ai finanziamenti UE per l’erogazione di servizi sanitari.

4.3.4.

Il CESE ribadisce che è essenziale raccomandare agli Stati membri di rimuovere gli ostacoli all’accesso ai servizi sanitari, così come quelli all’interno dei servizi sanitari, anche tramite campagne di informazione sui sistemi sanitari nazionali, per valutare e soddisfare i bisogni sanitari individuali dei migranti con disabilità.

4.3.5.

Il CESE sottolinea l’importanza di svolgere azioni di sensibilizzazione e promozione in merito alla salute mentale della popolazione migrante nel quadro del processo di integrazione, in particolare alla luce della pandemia in corso, anche garantendo servizi di salute mentale sensibili alle problematiche culturali.

4.3.6.

Le azioni volte a garantire un più ampio accesso ai servizi sanitari dovrebbero riguardare anche le strutture di accoglienza per i richiedenti asilo, soprattutto nel quadro della preparazione del nuovo programma in materia di salute.

4.4.   Alloggio

4.4.1.

Come annunciato nell’ambito dell’«ondata di ristrutturazioni», la Commissione avvierà un’iniziativa volta a promuovere alloggi a prezzi accessibili e favorirà la disponibilità di alloggi non segregati, decorosi, adeguati e a prezzi accessibili. Si incoraggeranno in particolare modelli abitativi autonomi (piuttosto che alloggi collettivi) per i richiedenti asilo.

4.4.2.

Tra gli obiettivi elencati in questo ambito, la lotta alla discriminazione sul mercato immobiliare e la riduzione della segregazione residenziale dovrebbero costituire le priorità principali.

4.4.3.

Ciò dovrebbe comportare altresì un più intenso impegno per un aumento del numero di alloggi a prezzi accessibili, anche di edilizia sociale, tramite soluzioni generali destinate ai cittadini di paesi terzi come pure ai residenti che si trovino in situazioni di fabbisogno abitativo (5).

4.4.4.

Si dovrebbero incoraggiare gli Stati membri a utilizzare anche i finanziamenti UE per progettare e applicare meccanismi di accesso alla giustizia in caso di sfruttamento abitativo.

4.5.   Partenariati per un processo di integrazione più efficace

4.5.1.

La Commissione intende potenziare la rete europea sull’integrazione, erogando finanziamenti mirati e promuovendo lo sviluppo di capacità negli Stati membri.

4.5.2.

Viene rivolta particolare attenzione al sostegno degli enti locali e regionali, anche con l’ampliamento dell’accademia urbana per l’integrazione e il rafforzamento del dialogo interreligioso tra le comunità, sostenendo le città nella prevenzione della radicalizzazione nel quadro dell’iniziativa «Città dell’UE contro la radicalizzazione» avviata nel 2019. Il CESE sottolinea l’importanza del dialogo interreligioso per l’integrazione.

4.5.3.

Il piano d’azione cita anche l’annuale Forum europeo della migrazione, organizzato in collaborazione con il CESE, e in particolare con il gruppo di studio tematico Immigrazione e integrazione (IMI) del Comitato, come strumento volto a promuovere le consultazioni con la società civile e le organizzazioni della diaspora.

4.5.4.

Infine, il piano annuncia il sostegno alle fondazioni e alle organizzazioni tramite l’instaurazione di un dialogo strutturale sull’integrazione dei migranti e la valutazione di possibili strumenti di cooperazione, ma non illustra nei dettagli le possibili forme di tale sostegno.

4.6.   Maggiori opportunità di finanziamento dell’UE

4.6.1.

Gli aspetti relativi ai finanziamenti costituiscono il filo rosso che unisce tutte le azioni proposte nel piano e sono collegati al QFP 2021-2027. Viene aggiunta una panoramica dei principali fondi UE che hanno finanziato l’integrazione e l’inclusione nel periodo 2014-2020, ma non vengono indicate cifre per il futuro. In questo caso il CESE comprende la necessità di attendere il completamento della fase di programmazione per conoscere gli importi che gli Stati membri assegneranno a ciascun fondo per i problemi dell’integrazione.

4.6.2.

L’elenco dei fondi utilizzabili per l’integrazione e l’inclusione o pertinenti per le azioni a sostegno dei migranti è davvero notevole: comprende il Fondo asilo, migrazione e integrazione, l’FSE+ e il FESR. Allo stesso tempo, sarebbe opportuno chiarire le sinergie con altri fondi, per esempio con Erasmus+, il dispositivo per la ripresa e la resilienza, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e InvestEU. Una volta adottato, lo strumento di sostegno tecnico sarà in grado di fornire supporto agli Stati membri per elaborare o migliorare le politiche di integrazione e inclusione. Infine anche il prossimo programma Cittadini, uguaglianza, diritti e valori potrebbe svolgere un ruolo nel finanziamento di azioni specifiche destinate ai cittadini dell’UE provenienti da un contesto migratorio. È stato deciso di istituire un vasto portafoglio di possibili fondi, ma sarebbe stato più opportuno optare per fondi specifici dedicati alle questioni dell’integrazione. Il CESE suggerisce alla Commissione di agevolare l’accesso ai finanziamenti, ad esempio creando uno strumento specifico per l’integrazione dei migranti.

4.6.3.

In tale contesto anche la garanzia europea per l’infanzia è importante, giacché tra i bambini più svantaggiati figurano anche quelli provenienti da un contesto migratorio.

4.6.4.

La complessità dei finanziamenti UE rende necessario aggiornare il manuale, elaborato nel 2018, sull’uso dei fondi per l’integrazione nel periodo di programmazione 2021-2027.

4.6.5.

Un altro aspetto interessante della politica di finanziamento è l’intenzione della Commissione di sviluppare partenariati pubblico-privato con fondazioni e donatori privati.

4.7.   Favorire la partecipazione e l’incontro con la società di accoglienza

4.7.1.

Il CESE si compiace per l’idea di coinvolgere il gruppo di esperti sulle prospettive dei migranti appena istituito, composto da migranti e organizzazioni che ne rappresentano gli interessi, nella progettazione e nell’attuazione delle future politiche in materia di migrazione, asilo e integrazione. Ciò potrebbe contribuire a migliorare la partecipazione di migranti e cittadini dell’UE provenienti da un contesto migratorio nel quadro del processo di consultazione, garantendo altresì che le politiche rispecchino le esigenze reali. Per queste ragioni è importante creare opportunità di scambi bidirezionali tra cittadini di paesi terzi e comunità di accoglienza sin dalle prime fasi dell’accoglienza e dell’integrazione.

4.7.2.

Il piano d’azione si prefigge l’obiettivo di promuovere il dialogo e accrescere la consapevolezza, fra tutti i cittadini europei, in merito alle realtà dell’integrazione e della migrazione. Questo obiettivo rischia tuttavia di rimanere troppo vago, benché siano stati compiuti evidenti sforzi di sensibilizzazione in merito a fatti e cifre. È assolutamente necessario modificare la narrazione diffusa nell’opinione pubblica in materia di migrazione, e il CESE si chiede come si opererà per raggiungere questo fine.

4.7.3.

Il CESE è favorevole a iniziative come i festival calcistici rivolti ai giovani migranti nelle città ospitanti dei campionati europei di calcio, iniziative che potrebbero incidere positivamente sulle narrazioni della migrazione. Altre misure ad hoc analoghe, come i premi per l’integrazione per le scuole o le comunità/organizzazioni locali, possono tuttavia rafforzare le differenze percepite e stigmatizzare determinati gruppi.

4.8.   Potenziare l’utilizzo delle nuove tecnologie e degli strumenti digitali

4.8.1.

Il piano d’azione della Commissione riconosce giustamente il concreto rischio di un divario digitale tra migranti e autoctoni, dovuto a varie ragioni: l’8,1 % delle persone nate al di fuori dell’UE non può permettersi un computer, mentre tra gli autoctoni questa percentuale si attesta al 3,1 %, e i genitori che appartengono a famiglie di migranti possono avere maggiori difficoltà ad aiutare i figli nella didattica a distanza.

4.8.2.

Il piano d’azione raccomanda di potenziare l’alfabetizzazione digitale della popolazione migrante, ma non contiene proposte specifiche né obiettivi relativi alle modalità per tradurre in pratica questa intenzione.

4.8.3.

Un’idea interessante è quella di coinvolgere i migranti nella creazione e nell’erogazione di servizi pubblici digitali. Il CESE ritiene che ciò sia già stato realizzato in relazione alle attività amministrative dell’UE.

4.9.   Monitorare i progressi: verso una politica di integrazione e di inclusione basata su dati concreti

4.9.1.

Il CESE apprezza l’obiettivo di basare più saldamente su dati concreti il dibattito in materia di migrazione. Se dati e strumenti di presentazione di migliore qualità possono contribuire a tale obiettivo, è necessario anzitutto raccoglierli, elaborarli e diffonderli. Gli indicatori dell’UE sull’integrazione esistono sin dal 2010, ma nonostante gli intensi sforzi permangono diverse lacune in termini di conoscenze. A tale proposito, l’istituzione di un nuovo barometro e di un quadro di valutazione comune per sostenere il confronto tra i paesi e nel corso del tempo potrebbe essere effettivamente utile.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Commissione europea, Piano d’azione per l’integrazione e l’inclusione 2021-2027, pag. 5.

(2)  Ibidem, pag. 2.

(3)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 15.

(4)  Per quanto riguarda i livelli di competenze linguistiche richiesti per l’integrazione, cfr. anche il parere SOC/641 sul tema Integrazione delle donne, delle madri e delle famiglie provenienti da un contesto migratorio negli Stati membri dell’UE e livelli di competenze linguistiche richiesti per l’integrazione (parere esplorativo richiesto dalla presidenza tedesca), (GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 1).

(5)  Per una panoramica delle soluzioni abitative innovative e inclusive cfr. Housing Europe Observatory, 2018. Housing & Migration. Research Briefing. Bruxelles: Housing Europe Observatory.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/141


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Garantire la giustizia nell’UE — Una strategia europea di formazione giudiziaria per il periodo 2021-2024»

[COM(2020) 713 final]

(2021/C 286/24)

Relatrice:

Elena CALISTRU

Consultazione

Commissione europea, 24.2.2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

16.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

240/3/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La formazione giudiziaria sul diritto dell’UE ha reso più corretta e uniforme l’applicazione del diritto dell’UE e ha costruito la fiducia reciproca nei procedimenti giudiziari transfrontalieri, contribuendo in tal modo a sviluppare lo spazio di giustizia dell’UE. La strategia fa leva sul successo degli sforzi compiuti finora e si propone di mantenere la formazione giudiziaria ai primi posti dell’agenda dell’UE, prestando particolare attenzione alla gestione delle sfide emergenti, quali la transizione verde o le nuove relazioni industriali, e all’adattamento alla nuova era tecnologica.

1.2.

Se si garantiscono risorse, sostegno e formazione adeguati, gli operatori della giustizia in tutti gli Stati membri possono rispondere ai bisogni dei cittadini, dei lavoratori e delle imprese in tutta l’UE. Professionisti della giustizia adeguatamente formati svolgono un ruolo importante nel rafforzare una cultura dello Stato di diritto e nel sostenere lo Stato di diritto stesso, promuovendo valori e principi europei come l’indipendenza del potere giudiziario e sostenendo l’effettivo rispetto dei diritti fondamentali a livello nazionale e dell’UE.

1.3.

Gli sviluppi in atto nel mercato del lavoro sollevano in misura crescente questioni in merito allo status dei lavoratori e alle norme ad essi applicabili nonché alle nuove prossime forme di lavoro. Le decisioni adottate in materia dai giudici degli Stati membri relativamente a situazioni simili o identiche differiscono, persino in casi riguardanti la stessa impresa. Se si vogliono garantire una giurisprudenza unitaria e un corretto funzionamento del mercato interno, è necessario assicurare orientamenti e formazione per la magistratura.

1.4.

Il CESE comprende e riconosce pienamente che, per quanto concerne la formazione giudiziaria, la Commissione svolge un ruolo di mero sostegno, mentre la responsabilità principale compete alle parti interessate nazionali. Tuttavia, un’adeguata integrazione strategica e un sostegno finanziario appropriato per l’attuazione della strategia dovrebbero corrispondere a un interesse comune.

1.5.

In considerazione delle sfide che si presentano a livello dell’UE e del numero sempre maggiore di problematiche di dimensione europea (quali la tutela degli interessi finanziari dell’Unione nei nuovi meccanismi finanziari o, la transizione digitale e verde), è sempre più importante stabilire regole per un approccio più omogeneo tra tutti gli Stati membri in materia di formazione giudiziaria.

1.6.

Allo stesso modo, il CESE prende atto dell’importanza che la Commissione attribuisce al monitoraggio periodico dell’attuazione della strategia e alla collaborazione con le altre istituzioni dell’UE per ottenere il sostegno politico necessario al raggiungimento degli obiettivi. Il CESE raccomanda con forza alla Commissione di trovare il modo di coinvolgere le organizzazioni della società civile e le parti sociali nel monitoraggio dell’attuazione della strategia, sia a livello dell’UE che dei singoli Stati membri.

1.7.

Al fine di garantire gli interessi finanziari dell’UE, la considerazione delle questioni ambientali e i diritti dell’Unione, il CESE ritiene che la protezione e i diritti degli informatori, i quali svolgono un ruolo chiave nella prevenzione degli abusi legati alla frode e alla corruzione, nonché a qualsiasi violazione dei diritti dell’Unione, dovrebbero rientrare anch’essi nella formazione degli operatori della giustizia.

1.8.

La formazione giudiziaria europea dovrebbe andare al di là dell’istruzione giuridica; e il Comitato accoglie con particolare favore l’accento posto sulle competenze giudiziarie (l’«arte di giudicare») quale elemento centrale per l’efficienza della giustizia. Il CESE sostiene lo sviluppo di competenze professionali in settori complementari, come l’etica, i metodi d’indagine scientifica e la psicologia, nonché la necessità di garantire che gli operatori del diritto abbiano una sufficiente comprensione di aspetti tecnici affrontati con molta frequenza in vari settori della legislazione dell’UE, ad esempio in materia ambientale, di infrastrutture o bancaria/finanziaria.

1.9.

Analogamente, nel contesto della digitalizzazione e in particolare quando si utilizzano gli strumenti dell’intelligenza artificiale nel sistema giudiziario, il CESE raccomanda una formazione specifica. In particolare, si dovrebbero propugnare e raccomandare la conoscenza e l’applicazione dei principi della Carta etica europea per l’uso dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari.

2.   Contesto

2.1.

La valutazione della strategia europea di formazione giudiziaria per il periodo 2011-2020 ha messo in evidenza come essa abbia contribuito a migliorare la formazione sul diritto dell’UE per gli operatori della giustizia (in particolare giudici e procuratori), consolidato le capacità di reti come la rete europea di formazione giudiziaria (REFG) e rafforzato le reti e gli organismi di formazione a livello europeo.

2.2.

A livello di Unione europea, è ora necessario assicurarsi che la formazione giudiziaria sia all’altezza dei nuovi sviluppi e delle nuove sfide, tra cui il deterioramento dello Stato di diritto, gli attacchi ai diritti fondamentali in alcuni Stati membri, i nuovi ambiti di regolamentazione a livello UE, ma anche la transizione digitale.

2.3.

La strategia di formazione giudiziaria europea per il periodo 2021-2024 mira a consolidare una cultura giudiziaria europea comune basata sullo Stato di diritto, i diritti fondamentali e la fiducia reciproca. Essa propone un quadro generale e una serie di azioni chiave per promuovere l’applicazione corretta ed efficace del diritto dell’UE. Gli Stati membri, gli organismi di formazione, le organizzazioni nazionali ed europee di operatori della giustizia e la stessa Unione europea sono chiamati a esercitare una responsabilità condivisa nel perseguire le seguenti priorità:

offrire una formazione giudiziaria volta a promuovere una cultura comune dello Stato di diritto;

garantire il rispetto dei diritti fondamentali e tradurre la Carta dei diritti fondamentali dell’UE in realtà nella vita quotidiana delle persone, prestando particolare attenzione alla tutela delle vittime e degli individui vulnerabili;

migliorare la digitalizzazione della giustizia;

stare al passo con l’evoluzione del diritto dell’UE, anche per quanto concerne la cooperazione giudiziaria transfrontaliera;

preparare i professionisti ad affrontare nuove sfide, soprattutto a seguito della pandemia;

offrire una formazione che non si limiti al diritto dell’UE, ma riguardi ad esempio anche le cosiddette «competenze giudiziarie» (l’«arte di giudicare») e conoscenze e competenze non giuridiche;

elaborare e attuare un programma di formazione più concreto, pratico e mirato per gli operatori della giustizia;

aumentare l’offerta formativa e offrire una formazione più ampia e più specifica per le diverse categorie di operatori della giustizia;

promuovere attività di formazione efficaci e di alta qualità, ricorrendo anche a forme di apprendimento diversificate che puntino su metodi ibridi e/o di teledidattica (e-learning) e utilizzando programmi formativi collaudati;

promuovere la formazione giudiziaria per i giovani professionisti;

rafforzare la responsabilità condivisa delle parti interessate nazionali, delle reti di esperti di diritto dell’UE, della rete europea di formazione giudiziaria, di altri attori a livello dell’UE e della Commissione europea;

rivolgersi anche agli operatori della giustizia di paesi terzi, e in particolare della regione dei Balcani occidentali.

3.   Osservazioni generali

3.1.

La crisi indotta dalla pandemia di COVID-19 ha causato difficoltà considerevoli al funzionamento del sistema giudiziario, ma ha anche creato diverse nuove sfide che gli operatori della giustizia devono ora affrontare. Il CESE accoglie con favore l’attenzione rivolta alla necessità di garantire non solo l’infrastruttura per la transizione digitale, ma anche l’investimento nelle competenze dei professionisti che dovranno partecipare a questa trasformazione digitale.

3.2.

Al riguardo occorre formulare un’avvertenza importante: l’attuazione della strategia non può prescindere dalla partecipazione di tutti i soggetti interessati, compresi i ministeri della Giustizia, i consigli superiori della magistratura e le procure, i consigli degli ordini delle professioni autoregolamentate, le associazioni europee degli operatori della giustizia, gli organismi di formazione a livello nazionale ed europeo, e le istituzioni e gli altri organi dell’UE. Il CESE si unisce alla Commissione nell’appello affinché questi attori si impegnino a raggiungere gli obiettivi quantitativi e qualitativi della strategia.

3.3.

Il CESE si richiama alle conclusioni di numerosi suoi pareri precedenti (1), nelle quali si afferma che la coerenza nell’accesso alla giustizia su tutto il territorio dell’UE costituisce un fattore essenziale a sostegno del mercato unico e di un’applicazione coerente dei diritti previsti dalla legislazione dell’UE sul suo territorio, fornendo ai cittadini e alle imprese la chiarezza e la certezza del diritto necessarie, in considerazione delle significative differenze tuttora esistenti tra gli Stati membri per quanto riguarda l’applicazione dell’acquis dell’UE. A tal fine, è essenziale sostenere gli Stati membri a livello nazionale fornendo loro non solo i finanziamenti complementari necessari (anche a valere sulle risorse per la ripresa e la resilienza), ma anche gli strumenti atti a garantire che tutte le parti interessate e gli operatori della giustizia siano pronti a partecipare a tale sforzo.

3.4.

Allo stesso modo, il CESE riconosce l’importanza che la Commissione attribuisce al monitoraggio periodico dell’attuazione della strategia e alla collaborazione con le altre istituzioni dell’UE per ottenere il sostegno politico necessario al raggiungimento degli obiettivi. Il CESE invita la Commissione a trovare il modo di coinvolgere le organizzazioni della società civile e le parti sociali nel monitoraggio dell’attuazione della strategia, sia a livello dell’UE che dei singoli Stati membri.

3.5.

Il Comitato concorda nel ritenere che professionisti della giustizia opportunamente formati svolgano un ruolo importante nel rafforzare una cultura dello Stato di diritto e nel sostenere lo Stato di diritto stesso, promuovendo valori e principi europei come l’indipendenza del potere giudiziario e sostenendo l’effettivo rispetto dei diritti fondamentali a livello nazionale e dell’UE. Nondimeno, il CESE sottolinea l’importanza di fornire risorse adeguate, sostegno e formazione nell’ambito di uno sforzo più ampio volto a garantire che gli operatori della giustizia in tutti gli Stati membri possano rispondere alle esigenze dei cittadini e delle imprese in tutta l’UE osservando le stesse norme e gli stessi valori.

3.6.

Fin dalla sua istituzione nel 2018, il gruppo Diritti fondamentali e Stato di diritto (FRRL) del CESE ha prestato attenzione ai punti di vista delle parti interessate su questioni relative alla qualità e all’indipendenza della magistratura. Il Comitato concorda nel ritenere che professionisti della giustizia adeguatamente formati svolgano un ruolo importante nel rafforzare una cultura dello Stato di diritto e nel sostenere lo Stato di diritto stesso, promuovendo valori e principi europei come l’indipendenza del potere giudiziario e sostenendo l’effettivo rispetto dei diritti fondamentali a livello nazionale e dell’UE.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE accoglie con favore il costante impegno a favore di una formazione essenziale degli operatori della giustizia negli Stati membri, in particolare attraverso il rispetto dell’acquis dell’UE in materia di Stato di diritto e l’effettiva attuazione degli impegni degli Stati membri in relazione ai diritti fondamentali (compresi i diritti specifici di persone particolarmente vulnerabili, quali i minori, le persone con disabilità e le vittime di violenza di genere, razzismo e discriminazione).

4.2.

Gli sviluppi in atto nel mercato del lavoro sollevano in misura crescente questioni in merito allo status dei lavoratori e alle norme ad essi applicabili nonché alle nuove prossime forme di lavoro. Le decisioni adottate in materia dai giudici degli Stati membri relativamente a situazioni simili o identiche differiscono, persino in casi riguardanti la stessa impresa. Se si vogliono garantire una giurisprudenza unitaria e un corretto funzionamento del mercato interno, è necessario assicurare orientamenti e formazione per la magistratura.

4.3.

Un altro elemento che viene sottolineato è la necessità di continuare a prevedere attività di formazione in ambiti considerati particolarmente problematici nell’ambito dell’agenda dell’UE sulla sicurezza, come la criminalità informatica, la criminalità organizzata e i reati finanziari che riguardano il bilancio dell’UE, specialmente nel nuovo contesto conseguente all’istituzione della Procura europea. Tale obiettivo dovrebbe costituire una preoccupazione costante per tutte le parti interessate, e a tal fine occorre stanziare risorse adeguate.

4.4.

Per quanto riguarda la tutela degli interessi finanziari e ambientali dell’UE, il CESE ritiene che la formazione degli operatori della giustizia debba includere la protezione degli informatori, i cui diritti sono ancora troppo poco conosciuti e che, attraverso le loro segnalazioni, svolgono un ruolo chiave nella prevenzione degli abusi legati alla frode, alla corruzione e a qualsiasi violazione dei diritti dell’UE.

4.5.

Una delle questioni più importanti riguarderà l’avanzamento del settore della giustizia nell’era digitale. Il CESE osserva tuttavia che esistono notevoli differenze nei contesti nazionali e che i sistemi giudiziari degli Stati membri attraversano fasi differenti del processo di digitalizzazione. La strategia proposta tiene conto delle competenze nazionali e rispetta il principio di sussidiarietà. Allo stesso tempo, è importante che tutti gli Stati membri si adoperino per ridurre le lacune esistenti in materia di digitalizzazione, garantendo non solo gli investimenti nelle infrastrutture, ma anche le competenze degli operatori della giustizia che dovranno tradurre la trasformazione digitale in realtà.

4.6.

Senza la digitalizzazione della giustizia a livello nazionale e l’investimento nella formazione degli operatori della giustizia all’impiego degli strumenti e delle tecnologie digitali nella loro pratica quotidiana, sarà difficile agevolare una più stretta cooperazione transfrontaliera tra le autorità giudiziarie. Inoltre, senza investimenti adeguati e coesi nella formazione — non solo in materia di competenze digitali, ma anche in termini di sensibilizzazione — sarà difficile affrontare le nuove sfide (sia questioni quali l’adeguata protezione dei diritti e dei dati personali degli individui nello spazio digitale sia problematiche nuove come la criminalità informatica).

4.7.

Nel contesto della digitalizzazione, e in particolare quando si utilizzano gli strumenti dell’intelligenza artificiale nel sistema giudiziario, il CESE raccomanda una formazione specifica in materia. Il rispetto dei diritti fondamentali, la prevenzione della discriminazione, l’utilizzo di dati di buona qualità nelle decisioni giudiziarie e il rispetto dell’impostazione basata sul «controllo umano sulla macchina» sono sanciti, tra l’altro, nella Carta etica europea per l’uso dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari (2). È della massima importanza far conoscere e rispettare tali principi attraverso la formazione.

4.8.

Il CESE apprezza che si riconosca la necessità di una formazione giudiziaria europea che vada al di là dell’istruzione giuridica e promuova lo sviluppo delle competenze professionali. In particolare, prende atto dell’attenzione rivolta alle «competenze giudiziarie» quale aspetto fondamentale per l’efficienza della giustizia, al rapporto di fiducia tra i sistemi giudiziari e il pubblico, e alla fiducia tra i professionisti della giustizia nella cooperazione transfrontaliera.

4.9.

Un altro punto chiave da affrontare è la formazione degli operatori della giustizia in settori complementari, come l’etica, i metodi d’indagine scientifica e la psicologia, e la garanzia che gli operatori del diritto abbiano una comprensione sufficiente degli aspetti tecnici che sono affrontati con molta frequenza in vari settori della legislazione dell’UE, ad esempio in materia ambientale, di infrastrutture o bancaria/finanziaria.

4.10.

Il CESE apprezza inoltre l’attenzione rivolta a una gamma più ampia di operatori della giustizia che applicano il diritto dell’UE: in primo luogo, giudici, procuratori e personale giudiziario (compreso quello delle procure), ma anche professionisti quali avvocati, notai, ufficiali giudiziari, mediatori, interpreti/traduttori giuridici, periti e, in determinate situazioni, personale carcerario e funzionari addetti alla sorveglianza di persone in libertà provvisoria. Tuttavia, occorre prestare particolare attenzione al quadro estremamente variegato degli Stati membri, i quali presentano una gamma eterogenea di situazioni nazionali specifiche che potrebbero anche rendere piuttosto difficile l’attuazione della strategia.

4.11.

Il CESE concorda inoltre sul fatto che la formazione dovrebbe essere di qualità sufficientemente elevata per raggiungere i suoi obiettivi, che la valutazione delle esigenze formative è d’obbligo, ma anche che gli operatori della giustizia hanno bisogno di essere esposti a forme di apprendimento diversificate, tra cui una combinazione di attività residenziali in presenza, strumenti di e-learning e formazioni sul posto lavoro. Il CESE teme, tuttavia, che a tal fine le metodologie comuni e gli organismi nazionali di formazione non siano sufficienti, e che, sebbene attualmente sia disponibile un volume elevato di risorse, buone pratiche e guide a livello europeo, gli Stati membri non si impegnino pienamente a utilizzarle.

4.12.

Il contributo e i risultati straordinari della rete europea di formazione giudiziaria costituiscono un’esperienza, tuttora in corso, da cui si può imparare molto, e il CESE accoglie con favore l’enfasi posta sul ruolo che gli attori a livello UE sono chiamati a svolgere nella promozione e nell’organizzazione di attività di formazione transfrontaliere, moltiplicando in tal modo gli effetti della formazione.

4.13.

Il ruolo della formazione giudiziaria europea nella promozione di una cultura comune dello Stato di diritto si esplica anche nell’attenzione rivolta agli operatori della giustizia dei paesi terzi o nel particolare accento posto sulla necessità di assicurare che i nuovi operatori della giustizia acquisiscano le basi del sistema e della cultura giuridici dell’UE nel corso della loro formazione iniziale.

4.14.

Il CESE accoglie altresì favorevolmente gli sforzi profusi dalla Commissione per incoraggiare la partecipazione degli operatori della giustizia di paesi terzi — in particolare della regione dei Balcani occidentali — alla formazione sull’acquis in materia di Stato di diritto o sulla cooperazione giudiziaria transfrontaliera. Il CESE ha sottolineato costantemente (3) la necessità di sostenere lo Stato di diritto e l’indipendenza del potere giudiziario nei paesi candidati attuali e potenziali all’adesione all’UE.

4.15.

Il CESE richiama inoltre l’attenzione sulla necessità di riconoscere le sfide che potrebbero porsi dopo la Brexit per i professionisti del sistema giudiziario. Ciò è particolarmente importante nel contesto dell’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione concluso tra l’UE e il Regno Unito, ma anche per l’applicazione del diritto e la cooperazione giudiziaria in materia penale e per garantire il rispetto dei diritti fondamentali.

4.16.

Da ultimo, ma non in ordine di importanza, il CESE sottolinea la necessità di coinvolgere, oltre alle parti interessate del settore giudiziario, anche le organizzazioni della società civile, le associazioni professionali degli operatori della giustizia e quelle di tutela delle vittime in determinati ambiti (ambiente, appalti pubblici, sanità, protezione dei consumatori, diritti dei lavoratori e relazioni industriali ecc.) al fine di garantire la sostenibilità delle azioni proposte. Un forte coinvolgimento della società civile e delle parti sociali può dare un ulteriore contributo al rafforzamento della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Parere del CESE sulla Comunicazione della Commissione sull’accesso alla giustizia in materia ambientale GU C 129, dell'11.4.2018, pag. 65.; parere del CESE sul tema Azioni dell’Unione europea volte a migliorare la conformità e la governance ambientali, GU C 283 del 10.8.2018, pag. 83; parere del CESE sul tema Applicazione della convenzione di Aarhus — Accesso alla giustizia in materia ambientale, GU C 123 del 9.4.2021, pag. 66.

(2)  https://rm.coe.int/carta-etica-europea-sull-utilizzo-dell-intelligenza-artificiale-nei-si/1680993348

(3)  Parere del CESE sul tema Rafforzare il processo di adesione — Una prospettiva europea credibile per i Balcani occidentali, (GU C 220 del 9.6.2021, pag. 88); parere del CESE sul tema La strategia di allargamento dell’UE, GU C 133 del 14.4.2016, pag. 31.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/146


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione per agevolare la libera circolazione durante la pandemia di COVID-19 (certificato verde digitale)»

[COM(2021) 130 final — 2021/0068 (COD)]

(2021/C 286/25)

Relatore:

George VERNICOS

Consultazione

Commissione europea, 21 aprile 2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sessione plenaria

27 aprile 2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

251/0/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La pandemia di COVID-19 ha causato uno shock eccezionale per le nostre economie, le nostre società e la nostra vita, e il settore del turismo è colpito in una misura che non ha precedenti. L’attuale crisi ha messo in luce l’importanza del turismo per l’Europa, non solo dal punto di vista economico ma anche in termini di convivenza e di creazione di un futuro comune.

1.2.

Il CESE sostiene che il «certificato verde digitale» dovrebbe ridurre al minimo la complessità per i viaggiatori e facilitarne la circolazione durante la pandemia di COVID-19.

1.3.

Il CESE ritiene sia necessario chiarire che il possesso di un «certificato verde digitale» non è un prerequisito per l’esercizio della libera circolazione e che il regolamento proposto non stabilisce un obbligo o un diritto di essere vaccinati. Raccomanda tuttavia che, in particolare, i gruppi socialmente emarginati e svantaggiati abbiano accesso alle informazioni pertinenti e che l’impatto del certificato verde su tali gruppi sia adeguatamente valutato e monitorato.

1.4.

Il CESE sottolinea che il possesso del certificato verde non dovrebbe esonerare i viaggiatori dal rispettare altre misure di riduzione dei rischi, ma dovrebbe essere considerato una strategia di transizione per i paesi che richiedono un meccanismo permanente da riesaminare costantemente dopo la sua adozione.

1.5.

Il CESE sottolinea che tutti i paesi europei dovrebbero collaborare per giungere quanto prima a condizioni quadro uniformi (vale a dire contenuto, formato, principi e norme tecniche del certificato) perché non ci si può permettere di perdere un’altra stagione turistica estiva.

1.6.

Il CESE sottolinea che i protocolli di viaggio devono essere chiari e applicabili ai viaggi internazionali in aereo, su strada e via mare.

1.7.

Il CESE sottolinea che, poiché i dati personali comprendono dati medici sensibili, è fondamentale che tutti gli Stati membri dispongano di sistemi interoperabili con disposizioni altrettanto rigorose in materia di protezione dei dati. Il certificato verde digitale non deve esigere la creazione e l’alimentazione di una banca dati centrale al livello dell’UE. Il CESE raccomanda inoltre che il certificato verde digitale sia organizzato in modo che le informazioni sulla categoria di viaggio siano visibili solo ai viaggiatori.

1.8.

Il CESE desidera inoltre richiamare l’attenzione sul fatto che il certificato verde digitale servirà anche a facilitare i viaggi di lavoro. Ciò non deve portare a discriminazioni sul posto di lavoro o ad abusi mediante l’assunzione di persone vaccinate provenienti da paesi terzi in impieghi caratterizzati da condizioni di lavoro precarie.

1.9.

Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che il certificato, nonché il suo aggiornamento, rimangano gratuiti.

1.10.

Il CESE sottolinea la necessità di accelerare la vaccinazione, aumentando la produzione di vaccini e garantendo maggiore trasparenza e prevedibilità, al fine di garantire un numero adeguato di vaccini in tutta l’UE attraverso un approccio coordinato e unificato. Al tempo stesso, i paesi dovrebbero investire ulteriormente in campagne educative sui benefici della vaccinazione per combattere la disinformazione.

1.11.

Secondo il CESE, è necessario aggiungere i test autodiagnostici e l’esame del sangue per la ricerca degli anticorpi COVID come ulteriori modalità di ottenimento del certificato verde digitale.

1.12.

Il CESE sostiene che, al fine di evitare disparità nelle restrizioni alla libertà di circolazione di coloro che non sono stati vaccinati, i governi europei dovrebbero garantire a tutti i cittadini un accesso agevole e gratuito ai test.

1.13.

Il CESE ritiene che il certificato debba essere riconosciuto in tutti gli Stati membri dell’UE, in modo da spianare la strada alla piena libertà di circolazione all’interno dell’UE durante la pandemia di COVID-19.

2.   Contesto

2.1.

Per garantire un approccio ben coordinato, prevedibile e trasparente all’adozione di restrizioni alla libertà di circolazione in risposta alla pandemia di COVID-19, il 13 ottobre 2020 il Consiglio ha adottato la raccomandazione (UE) 2020/1475 del Consiglio (1).

In realtà, tuttavia, tale raccomandazione non è stata praticamente applicata, mentre sono state applicate diverse restrizioni da parte dei singoli Stati membri.

2.2.

Cosa ancora più importante, nella dichiarazione adottata a seguito delle videoconferenze informali del 25-26 febbraio 2021, i membri del Consiglio europeo hanno chiesto ulteriori lavori in vista di un approccio comune ai certificati di vaccinazione. La Commissione ha collaborato con gli Stati membri nell’ambito della rete e-Health, una rete volontaria di autorità nazionali di sanità elettronica, per preparare l’interoperabilità di tali certificati. La rete e-Health ha inoltre concordato serie di dati armonizzati comuni per la vaccinazione, i test e i certificati di guarigione COVID-19 e ha concordato i lineamenti di un quadro di fiducia il 12 marzo 2021.

2.3.

Sulla base del lavoro tecnico svolto fino a quel momento, il 17 marzo 2021 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativo a un certificato verde digitale, che costituisce un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati sanitari interoperabili in materia di vaccinazione, test e guarigione, al fine di agevolare la libera circolazione nell’UE [2021/0068 (COD)], accompagnandola a una proposta di regolamento su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione per i cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti o regolarmente residenti nel territorio degli Stati membri durante la pandemia di COVID-19 (certificato verde digitale) [2021/0071 (COD)].

Dal certificato europeo previsto risulterebbero, nel rispetto dei diritti fondamentali, tra cui il diritto alla tutela delle persone rispetto al trattamento dei dati personali e la non discriminazione, i seguenti elementi:

la prova che una persona è stata vaccinata contro la COVID-19, e/o

i risultati di test recenti relativi a un’infezione da SARS-CoV-2, e/o

informazioni sulla guarigione di una persona da un’infezione da SARS-CoV-2.

2.4.

Il certificato sarà disponibile per i cittadini dell’UE e i loro familiari, per i cittadini di paesi terzi che risiedono nell’UE e per i visitatori che hanno il diritto di recarsi in altri Stati membri. Sarà valido in tutti gli Stati membri dell’UE e in Islanda, Liechtenstein e Norvegia attraverso l’integrazione nell’accordo SEE. È possibile che anche la Svizzera decida di introdurlo.

2.5.

Le autorità nazionali degli Stati membri dell’UE (ospedali, centri di controllo o autorità sanitarie) saranno responsabili della sua emissione. Il certificato deve contenere il nome della persona, la data di nascita, la data di rilascio, le informazioni sul vaccino, lo stato del test o della guarigione e un identificativo univoco. Sarà prodotto un codice QR per autenticare il certificato, garantire la sicurezza dei dati e proteggere contro le falsificazioni.

2.6.

La proposta non obbliga gli Stati membri a rinunciare alle restrizioni alla libera circolazione (nella misura in cui sono necessarie per tutelare la salute pubblica) per i viaggiatori muniti di certificato verde, ma fornisce loro documenti affidabili, autentici e armonizzati. È quindi ovvio che rimarrà un margine di discrezionalità, anche se il quadro proposto raccomanda che le restrizioni siano limitate a quanto assolutamente necessario e contenga la presunzione che le restrizioni saranno abolite per i titolari di certificati, imponendo agli Stati membri di informare gli altri Stati membri e la Commissione qualora continuino ad applicarle.

2.7.

Il sistema proposto lascia aperta la possibilità di aggiornamenti basati su nuove prove scientifiche sull’efficacia dei vaccini nell’arrestare la trasmissione del SARS-CoV2 e sulla durata dell’immunità protettiva derivante da un’infezione precedente. Attualmente il quadro fissa il periodo massimo di validità del certificato di guarigione da una precedente infezione da COVID-19 a 180 giorni. Secondo la proposta, il certificato verde digitale sarà sospeso una volta che l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) avrà dichiarato la fine dell’emergenza sanitaria internazionale per la pandemia di COVID-19, ma potrebbe essere riattivato per future pandemie.

3.   Osservazioni generali sull’attuale crisi del settore turistico

3.1.

Il settore del turismo, un settore altamente dinamico e interconnesso, costituisce uno dei motori economici dell’Europa, che rappresenta il 50 % (2) del turismo globale. In paesi a tutti i livelli di sviluppo molti milioni di posti di lavoro e di imprese dipendono da un settore turistico forte e fiorente. Direttamente e indirettamente, il settore del turismo contribuisce per quasi il 10 % al PIL dell’UE.

3.2.

La pandemia di COVID-19 ha causato uno shock eccezionale per le nostre economie, le nostre società e le nostre vite. Per limitare la diffusione del virus attraverso le frontiere nazionali, i paesi hanno adottato una combinazione di misure, alcune delle quali hanno avuto un impatto negativo sui viaggi da e verso gli Stati membri.

Il turismo ha subito effetti di portata inaudita e il 2020 è stato l’anno peggiore mai fatto registrare per il settore. L’Europa ha visto calare gli arrivi del 69 % nel 2020 e dell’85 % nel gennaio 2021 (3).

3.3.

La situazione è particolarmente difficile nei paesi dell’UE che costituiscono importanti destinazioni turistiche, come l’Italia, la Grecia, il Portogallo, Malta, Cipro, la Spagna e la Francia. Si stima che, a causa della pandemia di COVID-19, il comparto del turismo dell’UE, che occupa circa 13 milioni di persone (4), perda ogni mese circa 1 miliardo di EUR di ricavi.

3.4.

Il fatto che più di un terzo del valore aggiunto del turismo generato nell’economia nazionale derivi da impatti indiretti, rivela l’ampiezza e la profondità dei collegamenti tra il turismo e gli altri settori (5). Di conseguenza, la riduzione dei flussi turistici sta avendo gravi ripercussioni sull’economia nel suo complesso (6).

3.5.

Per quanto riguarda il settore turistico, è importante sottolineare anche il suo impatto sociale. Il turismo contribuisce allo sviluppo delle comunità rurali, fornendo fonti di reddito aggiuntive e consentendo in tal modo uno sviluppo territoriale equilibrato delle nostre società. Il turismo ha inoltre svolto un ruolo trainante nella tutela del patrimonio naturale e culturale, preservandolo per le generazioni future.

3.6.

In prospettiva, l’Organizzazione mondiale del turismo stima una possibile ripresa dei viaggi internazionali nella seconda metà dell’anno. Ciò si basa su una serie di fattori, soprattutto un’estesa abolizione delle restrizioni di viaggio, il successo dei programmi di vaccinazione e l’introduzione di protocolli armonizzati, come il certificato verde digitale previsto dalla Commissione europea.

4.   Osservazioni specifiche sulla proposta di regolamento relativo al certificato verde digitale

4.1.

Il CESE sostiene l’iniziativa della Commissione di collaborare con gli Stati membri nell’ambito della rete e-Health per preparare l’interoperabilità dei certificati di vaccinazione, al fine di stabilire una soluzione comune praticabile, eliminare le complessità, limitare al minimo indispensabile l’insieme di dati da incorporare nei certificati di vaccinazione, al fine di proteggere i dati sensibili dei titolari, e infine sviluppare un identificativo univoco. L’assenza di un’azione al livello dell’UE comporterebbe probabilmente l’adozione da parte degli Stati membri di sistemi diversi, non coordinati e complicati.

4.2.

Il CESE sottolinea che l’introduzione del «certificato verde» è un’ottima norma comune per agevolare la burocrazia amministrativa, anche se non può essere considerata il «fattore chiave per accelerare il pieno ripristino della libera circolazione». Quest’ultima resterà soggetta a restrizioni nazionali che sono semplicemente definite dalle possibilità di ciascuno Stato e dalla capacità del suo sistema sanitario. Di conseguenza, le misure applicabili ai viaggiatori transfrontalieri (ad esempio quarantena o autoisolamento, test supplementari e ripetuti, prima e/o dopo l’arrivo) rimarranno disponibili e soggette alla discrezionalità degli Stati membri, sebbene il quadro proposto preveda alcune raccomandazioni affinché gli Stati membri limitino le restrizioni a quelle assolutamente necessarie.

4.3.

Il CESE sottolinea che il possesso del certificato verde non dovrebbe esonerare i viaggiatori dal rispetto di altre misure di riduzione dei rischi, ma dovrebbe essere considerato una strategia di transizione per i paesi da applicare quando il contesto epidemiologico può giustificare l’allentamento delle restrizioni di viaggio, pur continuando a richiedere il ricorso a cautele per rendere i viaggi più sicuri. Vi è incertezza per quanto riguarda l’efficacia dei vaccini nel ridurre la trasmissione o rispetto a talune mutazioni nonché in merito all’efficacia e alla durata dell’immunità indotta dagli anticorpi contro una nuova infezione da SARS-CoV-2. Permangono inoltre dubbi sulla validità dei test. Pertanto, il CESE raccomanda vivamente di adottare misure di accompagnamento per proteggere la salute dei viaggiatori e dei lavoratori, in particolare nei luoghi chiusi e affollati.

4.4.

Il CESE sottolinea che sono necessarie azioni efficaci e urgenti, come un maggiore coordinamento dei protocolli di viaggio tra i paesi per garantire la ripresa sicura del turismo, perché non ci si può permettere di perdere un’altra stagione turistica estiva. La pandemia è un problema globale e necessita di un approccio globale e di un clima di fiducia: le singole soluzioni nazionali non funzioneranno.

4.5.

Il CESE sottolinea che, per essere efficace, il certificato verde deve essere pienamente interoperabile, sicuro e verificabile. Per questo motivo tutti i paesi europei dovrebbero collaborare per giungere quanto prima a condizioni quadro uniformi (vale a dire contenuto, formato, principi e norme tecniche del certificato). Ciò comprende norme comuni per quanto riguarda la durata di validità dei test e dei vaccini (e di quali di questi) per quanto riguarda i criteri per la certificazione dell’avvenuta «guarigione».

Il CESE sottolinea che i protocolli di viaggio devono essere chiari e applicabili ai viaggi internazionali in aereo, su strada e via mare. Va osservato che l’applicazione del certificato verde è una responsabilità comune delle autorità di frontiera e dei vettori.

4.6.

Secondo il CESE, il certificato verde va concepito per essere il più semplice possibile, va attuato come un unico pacchetto, deve basarsi sulla fiducia tra i paesi coinvolti e richiederà inoltre un meccanismo permanente di riesame costante dopo la sua adozione.

4.7.

Il CESE sostiene che il sistema dovrebbe fondarsi sui seguenti principi: a) il certificato verde dovrebbe mirare a ridurre l’impatto del rischio a un livello residuale ritenuto accettabile dalle autorità nazionali e in linea con l’OMS, b) le restrizioni ai viaggi internazionali dovrebbero essere commisurate alla situazione epidemiologica nel paese di origine e in quello di destinazione, c) la quarantena potrebbe continuare a essere, ove opportuno, uno strumento a disposizione delle autorità, d) i paesi partecipanti al sistema accetteranno test che siano stati approvati dalle autorità nazionali di altri paesi partecipanti, e) la complessità dei processi e la quantità di informazioni raccolte e il loro trasferimento oltre i confini dovrebbero essere ridotte al minimo, f) il sistema dovrebbe essere interoperabile e basato su una nomenclatura e un formato comuni per il trasferimento delle informazioni, g) il sistema dovrebbe attenersi ai principi della «tutela della vita privata fin dalla progettazione» («privacy by design»), approccio in base al quale i contenuti, le modalità di raccolta, gli scopi della raccolta e la durata della conservazione di qualsiasi dato raccolto saranno resi noti alla persona interessata sin dall’inizio del processo.

4.8.

La campagna di vaccinazione e le norme in materia di vaccini e certificazioni rimangono di esclusiva competenza e responsabilità dei governi nazionali. Nessuno Stato membro ha scelto di rendere obbligatoria la vaccinazione (tranne in casi particolari come l’Italia per il personale infermieristico) e sembra molto improbabile che ciò avvenga nei prossimi mesi.

Tuttavia, l’accesso universale ed equo a un vaccino COVID-19 sicuro ed efficace è essenziale per salvare vite umane, salvaguardare il sistema sanitario pubblico e consentire la ricostruzione delle economie. Il CESE sottolinea la necessità di accelerare la vaccinazione, aumentando la produzione di vaccini e garantendo maggiore trasparenza e prevedibilità, al fine di garantire un numero adeguato di vaccini in tutta l’UE attraverso un approccio coordinato e unificato. Si tratta inoltre di un presupposto importante per il funzionamento del certificato verde digitale e per la parità di trattamento dei cittadini.

4.9.

I governi europei dovrebbero utilizzare i fondi per la ripresa dalla pandemia per programmi di vaccinazione rivolti a strati della popolazione che altrimenti sarebbero più difficili da raggiungere, come quelli che vivono in zone rurali o meno prospere distanti da ospedali e cliniche. Inoltre, dovrebbe essere evitata qualsiasi discriminazione nei confronti delle minoranze etniche.

L’UE dovrebbe inoltre investire ulteriormente in campagne educative sui benefici del vaccino. Ciò contribuirebbe a combattere la disinformazione che rende le persone riluttanti a vaccinarsi.

4.10.

Il CESE sostiene che, al fine di evitare disparità nelle restrizioni alla libertà di circolazione nei confronti di coloro che non sono stati vaccinati, i governi europei dovrebbero garantire a tutti i cittadini un accesso agevole e gratuito ai test (e una rapida comunicazione dei risultati), tenendo conto in special modo di un possibile divario tra le aree rurali e quelle urbane.

4.11.

Il CESE ritiene sia necessario chiarire che il possesso di un «certificato verde digitale» non è un prerequisito per l’esercizio della libera circolazione e che il regolamento proposto non stabilisce un obbligo o un diritto di essere vaccinati. Il CESE sottolinea che ogni tipo di certificazione dell’immunità solleva questioni etiche riguardanti il rispetto, i diritti e gli interessi individuali, la responsabilità in materia di salute pubblica e la giustizia sociale. Tale impatto, in particolare sui gruppi socialmente emarginati e svantaggiati, deve essere adeguatamente valutato e monitorato.

4.12.

Il CESE segnala che il certificato verde digitale sostiene la tanto necessaria ripresa del settore dei viaggi e del turismo. Si tratta inoltre di un certificato molto importante per i viaggi di affari e qualsiasi altro incontro sociale che stimolerà l’economia e gli eventi culturali e altri eventi sociali e avrà effetti positivi sulla salute (mentale o fisica) delle persone in generale. La Commissione e gli Stati membri devono garantire che il certificato e il suo aggiornamento rimangano gratuiti, come indicato all’articolo 3, paragrafo 3. Il certificato dovrebbe essere dotato di un codice QR che contribuisca a garantirne la sicurezza e l’autenticità, nella lingua o nelle lingue ufficiali dello Stato membro che lo rilasci e in lingua inglese. Il CESE ritiene che il certificato debba essere riconosciuto in tutti gli Stati membri dell’UE, in modo da spianare la strada alla piena libertà di circolazione all’interno dell’UE durante la pandemia di COVID-19.

4.13.

Il CESE desidera richiamare l’attenzione sul fatto che il certificato verde digitale non sarà utilizzato solo per il turismo. Servirà anche a facilitare gli spostamenti per motivi professionali all’interno dell’Europa, ma potrebbe svantaggiare determinati lavoratori. Il CESE raccomanda agli Stati membri di fare in modo che ciò non comporti discriminazioni sul posto di lavoro e non incida sull’occupabilità. Inoltre, il CESE mette in guardia contro un uso improprio del regolamento per facilitare l’ingresso di persone vaccinate provenienti da paesi terzi per occupare posti di lavoro caratterizzati da condizioni di lavoro precarie.

4.14.

Il CESE aggiunge che la Commissione e gli Stati membri dovrebbero istituire un’infrastruttura quadro di fiducia digitale che consenta il rilascio e la verifica sicuri dei certificati e sostenga gli Stati membri nell’attuazione tecnica garantendo, per quanto possibile, l’interoperabilità con i sistemi tecnologici affermati a livello internazionale.

4.15.

Poiché i dati personali comprendono dati medici sensibili, il CESE sottolinea la necessità di garantire un livello di protezione dei dati molto elevato e di preservare il principio della minimizzazione dei dati.

In particolare, il quadro del «certificato verde digitale» non deve richiedere la creazione e l’alimentazione di una banca dati al livello dell’UE, ma dovrebbe consentire la verifica decentrata dei certificati interoperabili firmati elettronicamente. I governi devono inoltre garantire che i dati personali siano conservati in condizioni di sicurezza e non siano condivisi o utilizzati impropriamente per altri scopi. A parte ciò, i rispettivi dati devono essere trattati solo ai fini del certificato verde digitale e le autorità competenti devono garantire che i dati siano successivamente cancellati. Se il certificato verde è richiesto per i viaggi tra paesi, è fondamentale che tutti gli Stati membri dispongano di sistemi interoperabili con disposizioni altrettanto rigorose in materia di protezione dei dati e prevedano l’obbligo per i responsabili del trattamento dei dati di consultare le rispettive autorità nazionali di controllo della protezione dei dati prima di trattare qualsiasi dato. Il CESE raccomanda il coinvolgimento di esperti in materia di protezione dei dati a livello europeo e nazionale, al fine di garantire una corretta attuazione.

4.16.

Il CESE mette inoltre in guardia contro il fatto che il certificato verde digitale riveli dati medici personali sensibili sullo status dei viaggiatori per quanto riguarda la vaccinazione, gli anticorpi o i test. Il CESE raccomanda pertanto che il certificato verde digitale sia organizzato in un modo che tali informazioni siano visibili solo alla persona che viaggia e che qualsiasi terzo possa solo constatare che tale persona soddisfa determinate condizioni.

4.17.

Secondo il CESE, è necessario aggiungere i test autodiagnostici e l’esame del sangue per la ricerca degli anticorpi COVID come ulteriori modalità di ottenimento del certificato verde digitale. La pratica ha dimostrato che l’esame del sangue sugli anticorpi della COVID è pertinente al certificato di guarigione dalla malattia.

4.18.

Secondo il CESE, occorre chiarire quale sarebbe la situazione per i vaccini che sono attualmente oggetto di un esame in corso da parte dell’EMA. Si tratta di una questione importante per i paesi dell’UE che stanno inoculando tali vaccini.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU L 337 del 14.10.2020, pag. 3.

(2)  Il volume maggiore di arrivi nel periodo 2014-2018 si è registrato in Europa, che conta per tutto il periodo per oltre il 50,0 % dei viaggi in uscita a livello mondiale. I viaggi verso destinazioni europee nel periodo 2014-2018 sono aumentati del 24,3 %.

(3)  UNWT, marzo 2021.

(4)  Eurostat.

(5)  L’importanza delle perdite indirette dovute ai legami intersettoriali dell’industria del turismo è sottolineata anche dalla Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (Unctad); si stima che le perdite di PIL siano circa da due a tre volte superiori alla perdita immediata di ricavi provenienti dai flussi turistici internazionali. La relazione dell’Unctad ha stimato che le perdite dirette e indirette per il turismo mondiale causate dalla pandemia di COVID-19 potrebbero ammontare a circa il 4 % del PIL mondiale, ma con impatti diversi a seconda dei paesi che riflettono l’esposizione ai viaggi e al turismo di ciascuno di essi.

(6)  Banca dati delle prospettive economiche dell’OCSE del dicembre 2020 e banca dati del World Travel & Tourism Council (Consiglio mondiale dei viaggi e del turismo).


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/152


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia dell’UE per sfruttare il potenziale delle energie rinnovabili offshore per un futuro climaticamente neutro»

[COM(2020) 741 final]

(2021/C 286/26)

Relatore:

Marcin Wiesław NOWACKI

Consultazione

Commissione europea, 24 febbraio 2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

14 aprile 2021

Adozione in sessione plenaria

27 aprile 2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

239/1/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la strategia presentata dalla Commissione nel documento in esame, che punta a sfruttare il potenziale delle energie rinnovabili offshore per un futuro climaticamente neutro.

1.2.

Il CESE accoglie positivamente la proposta di integrare gli obiettivi di sviluppo delle energie marine rinnovabili nel processo di elaborazione dei piani di gestione dello spazio marittimo a livello nazionale e regionale.

1.3.

Il CESE ritiene che nella strategia dovrebbero essere indicate delle stime sul contributo dell’energia eolica all’azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050.

1.4.

Il CESE approva l’affermazione della Commissione secondo cui un mercato dell’energia ben regolamentato dovrebbe fornire adeguati segnali d’investimento. Secondo il Comitato, un contesto normativo stabile e prevedibile svolge un ruolo essenziale nello sviluppo dell’energia eolica offshore.

1.5.

Tenuto conto di alcune caratteristiche, quali la profondità e la vicinanza con altri paesi, il CESE osserva che è possibile installare e avviare progetti ibridi solamente nel Mare del Nord e nel Mar Baltico. Inoltre, in considerazione del ritmo di sviluppo previsto, il CESE ritiene che l’intervento dell’UE e l’azione a livello nazionale dovrebbero concentrarsi in primo luogo sullo sfruttamento del potenziale offerto dai progetti più avanzati che, secondo la pianificazione, dovrebbero essere collegati al sistema elettrico nazionale tramite collegamenti radiali.

1.6.

Il CESE esprime disappunto per il trattamento sommario e superficiale che la strategia riserva al problema del riciclaggio delle turbine eoliche usate e raccomanda alla Commissione di prestare debita attenzione alla questione dei costi di disattivazione degli impianti. Il CESE desidera sottolineare che le energie pulite migliorerebbero non solo la qualità dell’aria nel territorio di riferimento, ma anche l’ambiente e il clima in generale.

1.7.

Il CESE accoglie con favore l’individuazione delle potenzialità offerte dal Mare del Nord, dal Mar Baltico, dal Mar Mediterraneo, dal Mar Nero, dall’oceano Atlantico che bagna l’UE e dalle isole dell’UE. È comprensibile che venga data la priorità alla creazione di nuovi progetti nel bacino del Mare del Nord, date le opportunità offerte dalle infrastrutture già esistenti in quell’area. Tuttavia, per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e la coesione sociale ed economica nell’UE, il Comitato pone in evidenza la necessità di realizzare investimenti proporzionati in parchi eolici offshore in tutti i bacini marittimi dell’UE.

1.8.

Il CESE approva la proposta di modificare il regolamento sugli orientamenti per le infrastrutture energetiche transeuropee («regolamento RTE-E») per integrarvi il principio di uno sportello unico per i progetti nel settore delle energie offshore.

1.9.

Il CESE è preoccupato per la mancanza di informazioni dettagliate circa le misure specifiche e gli strumenti di sostegno, una lacuna che può compromettere il finanziamento della produzione di energie rinnovabili. Il Comitato ritiene che, nell’ambito dei programmi esistenti, si debba creare uno strumento unico dedicato al finanziamento di progetti di produzione di energia eolica offshore. Inoltre, tale approccio dovrebbe essere esteso ad altri tipi di fonti energetiche rinnovabili, ad esempio l’eolico terrestre (onshore) e il fotovoltaico, anche al fine di rispondere agli obiettivi dell’Unione europea dell’energia e della seconda direttiva sulle energie rinnovabili, ai quali contribuiscono impianti di generazione più decentrati e regionali, che accrescono ulteriori potenzialità di creazione di valore a livello regionale, creano posti di lavoro e pongono i cittadini al centro della politica energetica e ne fanno dei produttori e «prosumatori» attivi. A questo proposito, il CESE osserva con una certa preoccupazione che la Commissione si occupa attualmente «soltanto» delle tecnologie offshore e dell’idrogeno, ma trascura questi approcci decentrati.

1.10.

Il Comitato precisa che qualsiasi investimento in parchi eolici offshore dovrebbe contribuire, quanto più possibile, allo sviluppo socioeconomico delle aree situate nelle immediate vicinanze dell’investimento favorendo la partecipazione al progetto — il cosiddetto «fattore di contenuto locale».

1.11.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la strategia sarà integrata da un piano per lo sviluppo delle competenze e dei sistemi di istruzione nel settore dell’energia eolica offshore.

1.12.

Il CESE prende atto che l’UE ambisce ad avere un ruolo di assoluto primo piano nella produzione di energia eolica offshore ed è lieto di sostenere la crescita e lo sviluppo del settore, non soltanto, però, sul mare, ma anche sulla terraferma. Si attende pertanto che la Commissione integri quanto prima la strategia sulla produzione di energia offshore con una strategia sulla produzione sulla terraferma (onshore).

2.   Introduzione

2.1.

Il presente parere prende in esame la Strategia dell’UE per sfruttare il potenziale delle energie rinnovabili offshore per un futuro climaticamente neutro, pubblicata il 18 novembre 2020, che costituisce parte integrante del Green Deal europeo.

2.2.

La valutazione d’impatto che accompagna il piano per l’obiettivo climatico 2030 prevede che entro il 2030 oltre l’80 % dell’energia elettrica venga prodotto da fonti energetiche rinnovabili, e che il conseguimento dell’obiettivo climatico per il 2050 richieda una capacità stimata di 300 GW di energia eolica offshore, che dovrà essere integrata da circa 40 GW di energia oceanica. La strategia esaminata nel presente parere illustra in che modo l’UE può raggiungere questo obiettivo.

3.   Osservazioni generali

3.1.

La strategia in esame si propone di accelerare la transizione verso l’energia pulita, pur salvaguardando gli importanti obiettivi della crescita economica e della creazione di occupazione in Europa. L’adozione della strategia è stata dettata principalmente dai seguenti motivi:

attuare gli impegni previsti dal primo accordo mondiale sull’attenuazione degli effetti dei cambiamenti climatici (accordo di Parigi del 2015);

ritrovare i precedenti livelli di competitività dell’economia europea grazie all’incremento dell’efficienza energetica;

creare nuovi posti di lavoro aumentando il volume degli investimenti, un’azione che servirà ad attenuare le conseguenze della pandemia di COVID-19 sul piano socioeconomico e contribuirà allo sviluppo dell’economia europea.

3.2.

La strategia prevede che il livello di capacità eolica offshore aumenti dagli attuali 12 GW ad almeno 60 GW entro il 2030 e a 300 GW entro il 2050. La Commissione punta inoltre a completare il quadro, entro il 2050, con 40 GW di energia oceanica e con altre tecnologie emergenti come impianti per la produzione di energia eolica galleggianti e impianti fotovoltaici galleggianti.

3.3.

Per raggiungere questi obiettivi occorrono investimenti per un valore stimato di 800 miliardi di EUR. È necessario anche un maggiore coinvolgimento dell’UE e dei governi degli Stati membri, dato che sulla base delle politiche vigenti la capacità di installazione attuale e prevista consentirebbe di raggiungere soltanto una capacità di circa 90 GW nel 2050.

3.4.

Il CESE accoglie positivamente la presentazione della strategia, la quale si articola in una serie di proposte normative e di misure che consentono di concentrarsi sullo sviluppo, il rafforzamento e l’approfondimento della cooperazione nel settore dell’energia eolica offshore.

3.5.

Il Comitato osserva che i dati e le informazioni riportati sopra evidenziano la portata delle sfide che devono fronteggiare gli investitori, l’industria dell’UE e i gestori dei sistemi di trasmissione e di distribuzione dell’energia. La strategia presenta una serie di prospettive ottimistiche, ad esempio riguardo ad opportunità di promozione degli investimenti privati o di creazione di nuovi posti di lavoro. Tuttavia, il CESE osserva che la strategia si limita a fare uso di vaghe informazioni sulle previsioni per lo sviluppo dell’energia eolica offshore nel contesto della creazione di occupazione. Inoltre, è importante sottolineare che verranno creati nuovi posti di lavoro non soltanto nel settore della produzione di energia, ma anche in attività a terra quali lo sviluppo dei porti e il trasporto marittimo. La strategia affronta in modo analogo la questione dell’impatto dello sviluppo industriale sul PIL dell’UE.

3.6.

Il CESE osserva che la strategia è basata sull’esistenza di un ambiente interconnesso, nel quale l’industria delle energie rinnovabili offshore deve coesistere con una serie di «altre attività in mare» (il turismo, la pesca, l’acquacoltura e altre ancora), progetti ibridi interagiscono con interconnettori transfrontalieri, lo sviluppo è guidato da obiettivi decisi in più paesi e paesi privi di sbocco sul mare possono finanziare progetti offshore. Dal momento che i progetti offshore sono cofinanziati dall’UE, il CESE raccomanda di garantire trasparenza sulla questione della condivisione degli oneri e dei benefici.

3.7.

Il CESE esprime però il proprio disappunto in quanto nella strategia non sono presentate stime sul contributo dell’energia eolica all’azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050. Concentrandosi unicamente sulla capacità installata, la strategia finisce col trascurare questo fattore chiave per il conseguimento degli obiettivi del Green Deal.

4.   Prospettive nel settore delle tecnologie per le energie rinnovabili offshore

4.1.

Gli impianti offshore nell’UE generano 12 GW, pari al 42 % della capacità eolica offshore nel mondo. La maggior parte di questi impianti è costituita da turbine installate sul fondo marino. Il Comitato ritiene che questa tecnologia abbia raggiunto un certo grado di maturità, e questo è dimostrato dal fatto che i costi totali livellati della produzione di energia elettrica per l’energia eolica offshore sono diminuiti del 44 % nell’arco di un decennio.

4.2.

Il Comitato esprime perplessità sull’opportunità di basare la strategia per l’espansione dell’energia eolica offshore su tecnologie in corso di sviluppo quali i progetti ibridi, e insiste sulla necessità di produrre energia elettrica a prezzi competitivi in modo tale da permettere di ricostruire l’economia dell’UE una volta superata la crisi del coronavirus.

5.   I bacini marittimi dell’UE: un grande e diversificato potenziale per la diffusione delle energie rinnovabili offshore

5.1.

Il CESE accoglie con favore l’individuazione delle potenzialità offerte dal Mare del Nord, dal Mar Baltico, dal Mar Mediterraneo, dal Mar Nero, dall’oceano Atlantico che bagna l’UE e dalle isole dell’UE. Stabilire quale sia il potenziale dei bacini marittimi nella strategia consentirà di pianificare adeguatamente gli interventi normativi e di conseguire gli obiettivi prefissati.

5.2.

È comprensibile che venga data la priorità alla creazione di nuovi progetti nel bacino del Mare del Nord, date le opportunità offerte dalle infrastrutture già esistenti in quell’area. Tuttavia, per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e la coesione sociale ed economica nell’UE, il Comitato insiste sulla necessità di avere un mix energetico che non dipenda in misura eccessiva da un’unica fonte di energia, come pure di realizzare investimenti proporzionati in parchi eolici offshore in tutti i bacini dell’UE.

5.3.

Al tempo stesso, il Comitato rileva nella strategia di sviluppo dell’energia eolica offshore una graduale tendenza alla regionalizzazione.

6.   Pianificazione dello spazio marittimo per una gestione sostenibile dello spazio e delle risorse

6.1.

Al fine di accelerare lo sviluppo dell’energia eolica, si deve garantire un livello ragionevole di coesistenza tra gli impianti offshore e altri usi dello spazio marittimo, avendo cura al tempo stesso di proteggere la biodiversità. Il CESE accoglie positivamente la proposta di integrare gli obiettivi di sviluppo delle energie marine rinnovabili nel processo di elaborazione dei piani di gestione dello spazio marittimo a livello nazionale e regionale; invita però nel contempo la Commissione a dichiarare esplicitamente che la stima secondo cui lo sviluppo dell’industria delle energie rinnovabili offshore richiederà il 3 % dello spazio marittimo europeo indica soltanto una media percentuale, e che occorre tenere conto di una serie di fattori specifici quali la natura del vento e i diversi tipi di ambiente.

6.2.

Il CESE conviene con la Commissione che l’elaborazione e la pubblicazione dei piani di gestione invierebbero alle imprese e agli investitori un segnale sulle intenzioni dei governi in merito allo sviluppo futuro del settore delle energie rinnovabili offshore, il che faciliterebbe il processo di pianificazione sia per il settore privato che per quello pubblico.

6.3.

Gli effetti sull’ambiente degli impianti sono attualmente oggetto di una valutazione completa e nel lungo periodo nel quadro della procedura per l’adozione di tutte le necessarie decisioni amministrative. Pertanto, il CESE approva la proposta di modificare il regolamento sugli orientamenti per le infrastrutture energetiche transeuropee («regolamento RTE-E») per integrarvi il principio di uno sportello unico per i progetti nel settore delle energie offshore.

7.   Un nuovo approccio all’energia rinnovabile offshore e alle infrastrutture di rete

7.1.

La maggior parte dei parchi eolici offshore oggi in funzione sono stati realizzati come progetti nazionali collegati direttamente alla terraferma tramite collegamenti radiali. Tuttavia, per accelerare lo sviluppo dell’energia eolica offshore, abbassare i costi e ridurre l’area marina utilizzata, si propone di concentrare gli sforzi su progetti ibridi, vale a dire su progetti situati a uno stadio intermedio tra i progetti tradizionali collegati al sistema elettrico nazionale tramite collegamento radiale e il modello di rete completamente magliata. La strategia formula inoltre l’ipotesi piuttosto ottimistica secondo cui Stati membri confinanti dovrebbero decidere di comune accordo degli obiettivi di grande portata per il settore dell’energia eolica offshore.

7.2.

Tenuto conto di alcune caratteristiche, quali la profondità e la vicinanza con altri paesi, il CESE osserva che è possibile installare e avviare progetti ibridi solamente nel Mare del Nord e nel Mar Baltico. Inoltre, in considerazione del ritmo di sviluppo previsto, il CESE ritiene che l’intervento dell’UE e l’azione a livello nazionale dovrebbero concentrarsi in primo luogo sullo sfruttamento del potenziale offerto dai progetti più avanzati che, secondo la pianificazione, dovrebbero essere collegati al sistema elettrico nazionale tramite collegamenti radiali.

8.   Un quadro normativo dell’UE più chiaro per le energie rinnovabili offshore

8.1.

Il CESE approva l’affermazione della Commissione secondo cui un mercato dell’energia ben regolamentato dovrebbe fornire adeguati segnali d’investimento. Secondo il Comitato, un contesto normativo stabile e prevedibile svolge un ruolo essenziale nello sviluppo dell’energia eolica offshore.

8.2.

La prevista maggiore importanza che assumeranno i progetti transfrontalieri nel settore dell’energia rende necessario chiarire meglio le regole sul mercato dell’energia elettrica, e chiarimenti al riguardo vengono forniti nel documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la strategia in esame.

8.3.

Il quadro giuridico oggi in vigore non offre possibilità per progetti con tecnologie innovative quali le isole energetiche ibride o la produzione offshore di idrogeno. La Commissione propone come modello più efficiente di regolamentazione dei progetti ibridi la creazione di un’area di mercato marittimo a parte, con la possibilità di riassegnare le entrate derivanti dalla gestione delle congestioni ai produttori. Il CESE approva l’obiettivo della Commissione di creare zone di offerta offshore, poiché presume che tali zone contribuiranno a semplificare la regolamentazione del mercato dell’energia.

8.4.

Il CESE accoglie con favore gli sforzi volti a garantire un rendimento stabile agli investitori nel quadro dei progetti. Il Comitato chiede flessibilità nelle possibilità di azione per la promozione della crescita dell’energia eolica offshore negli Stati membri in cui tale tecnologia è in una fase iniziale di sviluppo, anche tramite la concessione di un aiuto diretto senza che sia necessario ricorrere a una procedura di gara concorrenziale, conformemente alle disposizioni della direttiva sulle energie rinnovabili.

9.   Mobilitare gli investimenti del settore privato nelle energie rinnovabili offshore: il ruolo dei fondi UE

9.1.

Gli investimenti necessari per l’attuazione della strategia in esame sono stimati a quasi 800 miliardi di EUR: circa due terzi servirebbero per finanziare la relativa infrastruttura di rete e un terzo per la produzione di energia elettrica offshore. Nel decennio 2010-2020 gli investimenti nelle reti terrestri e offshore per la produzione di energie rinnovabili in Europa sono ammontati a circa 30 miliardi di EUR. La strategia pronostica un incremento di tali investimenti a oltre 60 miliardi di EUR nel prossimo decennio e un aumento ancora più consistente dopo il 2030, prevedendo inoltre che la maggior parte di questi finanziamenti provenga da capitali privati. Tuttavia, nella comunicazione in esame si afferma che la Commissione, la Banca europea per gli investimenti (BEI) e altre istituzioni finanziarie collaboreranno per sostenere gli investimenti strategici nel settore dell’energia eolica offshore.

9.2.

Il CESE è preoccupato per la mancanza di informazioni dettagliate circa le misure specifiche e gli strumenti di sostegno, una lacuna che può compromettere una più vasta promozione delle energie rinnovabili. Sulla base della strategia attuale, gli investitori avranno a disposizione un ventaglio di otto diversi fondi dell’UE. Le proporzioni previste in questo settore non sono precisate nel documento della Commissione, e in particolare non è indicata l’entità della quota di fondi erogati dall’UE. Il Comitato ritiene che la creazione di uno strumento unico dedicato al finanziamento di progetti di produzione di energia eolica offshore nell’ambito dei programmi esistenti sia essenziale per assicurare un rapido finanziamento e sviluppo dei progetti stessi. Inoltre, tale approccio dovrebbe essere esteso ad altri tipi di fonti energetiche rinnovabili.

9.3.

Il CESE precisa che qualsiasi investimento in parchi eolici offshore dovrebbe contribuire, quanto più possibile, allo sviluppo socioeconomico delle aree situate nelle immediate vicinanze dell’investimento favorendo la partecipazione al progetto — il cosiddetto «fattore di contenuto locale».

9.4.

La strategia prevede la possibilità di introdurre un meccanismo di finanziamento delle energie rinnovabili che offra dei modi di condivisione dei benefici ricavati dai progetti di produzione di energia offshore con gli Stati membri che non hanno una fascia costiera. Il Comitato giudica eccessivamente ottimistica l’ipotesi della Commissione secondo cui gli Stati membri senza sbocco sul mare vorranno finanziare, a valere sui loro bilanci nazionali, i progetti nel settore dell’energia eolica in cambio di benefici a livello statistico.

10.   Orientare la ricerca e innovazione a sostegno dei progetti offshore

10.1.

Il CESE è profondamente deluso dal trattamento sommario e superficiale che la strategia in esame riserva al problema del riciclaggio delle turbine eoliche usate. Nella comunicazione della Commissione si afferma che occorre integrare più sistematicamente il principio della «progettazione finalizzata alla circolarità» nella ricerca e nell’innovazione in materia di energie rinnovabili, ma senza fornire informazioni precise quanto alla possibile applicazione di tale principio. Il Comitato osserva che il trattamento delle pale eoliche usate sulla terraferma sta diventando un problema sempre più importante in paesi come la Germania, dove è allo studio la possibilità di stoccarle sottoterra. Va precisato che le pale degli impianti eolici offshore hanno dimensioni molto maggiori, il che ha un’influenza diretta sull’ampiezza del problema del loro trattamento.

10.2.

Il CESE desidera sottolineare che le energie pulite migliorerebbero non solo la qualità dell’aria nell’ambiente a livello di territorio di riferimento, ma anche l’ambiente e il clima in generale. Il CESE si oppone a uno sviluppo dell’energia eolica offshore a ritmo accelerato senza tener conto del potenziale impatto del settore sull’ambiente e raccomanda alla Commissione di prestare debita attenzione alla questione dei costi di disattivazione degli impianti: in realtà, nei casi in cui i progetti siano finanziati con fondi dell’UE, tali costi dovrebbero già formare oggetto di una valutazione preliminare e dovrebbe essere garantito il rispetto di un’adeguata responsabilità in materia.

10.3.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la strategia debba essere integrata da un piano per lo sviluppo delle competenze e dei sistemi di istruzione nel settore dell’energia eolica offshore elaborato dalle DG EMPL e MARE. Lo sviluppo delle competenze è un elemento fondamentale per la crescita del settore. La crescita sostenibile e rapida dell’energia eolica offshore richiede l’attuazione di programmi di formazione per gli Stati membri in cui tale tecnologia è ancora a uno stadio iniziale di sviluppo. La strategia mostra che gli strumenti e i fondi dell’UE esistenti possono essere utilizzati a questo scopo. Secondo il Comitato, l’importante necessità di sviluppare competenze nel settore dell’energia eolica offshore richiede la creazione di appositi strumenti e fondi a livello dell’UE.

11.   Una catena di approvvigionamento e del valore più forte in tutta Europa

11.1.

Rafforzare la catena di approvvigionamento richiede un investimento totale approssimativamente compreso tra 500 milioni e 1 miliardo di EUR. Il CESE deplora la mancanza di indicazioni chiare sulle modalità di mobilitazione di questi fondi o su un orizzonte temporale.

11.2.

Il CESE accoglie con favore il progetto della Commissione di rafforzare il Forum industriale per l’energia pulita e di istituire al suo interno, nel corso del 2021, un gruppo di lavoro dedicato alle energie rinnovabili offshore.

11.3.

Il Comitato esprime la sua forte preoccupazione per l’intenzione manifestata dalla Commissione e dall’ENTSO-E (European Network of Transmission System Operators for Electricity = rete europea di gestori di sistemi di trasmissione dell’energia elettrica) di promuovere la standardizzazione e l’interoperabilità tra i convertitori dei diversi costruttori entro il 2028. La scadenza indicata è troppo lontana, soprattutto se si considera che entro il 2030 i parchi eolici offshore dovranno generare 60 GW. Il Comitato auspica che la Commissione fissi una scadenza che conceda un periodo di tempo realistico per l’elaborazione di norme per le attrezzature.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/158


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia per una mobilità sostenibile e intelligente: mettere i trasporti europei sulla buona strada per il futuro»

[COM(2020) 789 final]

(2021/C 286/27)

Relatore:

Stefan BACK

Correlatrice:

Tanja BUZEK

Consultazione

Commissione europea, 26.3.2021

Base giuridica

Art. 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione

Adozione in sezione

14.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

230/1/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE si compiace del fatto che la nuova strategia per i trasporti ponga l'accento sulla mobilità sostenibile e intelligente, evidenziando il ruolo fondamentale e i benefici dei trasporti per i cittadini e l'economia dell'UE, ma trattando anche dei costi che essi comportano per la società.

1.2.

La strategia riconosce il ruolo del mercato unico e degli aspetti sociali quali fattori abilitanti fondamentali per la transizione verso una mobilità più sostenibile e intelligente, ma non è pienamente in linea con tali aspettative. Di fatto, le lacune individuate nel documento di lavoro dei servizi della Commissione (SWD) che accompagna la comunicazione non vengono affrontate in misura sufficiente attraverso azioni concrete o in capitoli specifici della strategia.

1.3.

Il CESE apprezza l'approccio generale teso a integrare la strategia nel Green Deal europeo e a rivolgere un'attenzione particolare alle azioni volte a conseguire gli obiettivi in materia di clima. Si chiede tuttavia se l'equilibrio tra le misure tecniche e le misure di politica dei trasporti sia adeguato per il loro conseguimento. Sottolinea, in particolare, che molte delle azioni proposte in materia di sostenibilità e digitalizzazione hanno effetti di vasta portata sul mercato unico e sui lavoratori del settore dei trasporti. Un'attenzione insufficiente a questo aspetto rischia di avere un impatto sull'efficacia dell'attuazione.

1.4.

Una strategia di mobilità dell'UE efficace deve inoltre andare di pari passo con il rafforzamento della competitività del settore dei trasporti nel suo complesso e della relativa base industriale dell'UE.

1.5.

La pandemia di COVID-19, un evento senza precedenti, ha posto in evidenza l'importanza fondamentale di un mercato unico efficiente nel settore dei trasporti e di catene di approvvigionamento sostenibili, nonché di sistemi di trasporto pubblico per la mobilità dei lavoratori essenziali. In tale frangente, inoltre, la riduzione dei volumi ha posto il settore dei trasporti di fronte a una grande sfida per la sopravvivenza.

1.6.

La pandemia ha messo in luce in modo drammatico la situazione di migliaia di lavoratori del settore dei trasporti che si sono ritrovati abbandonati al loro destino in tutta Europa e nel mondo, potendo contare soltanto su contratti di lavoro precari. Ha richiamato l'attenzione anche sulla crisi sociale nel settore dei trasporti, dovuta al fatto che le politiche dei trasporti degli ultimi decenni, incentrate sul mercato unico, non hanno impedito il deterioramento delle condizioni di lavoro in tutti i modi di trasporto. A tale proposito, il CESE ritiene che sia urgente applicare lo stesso livello di ambizione alla realizzazione di un sistema dei trasporti socialmente sostenibile. Inoltre, un piano di emergenza in caso di crisi nel prossimo futuro deve puntare ad evitare effetti negativi per i lavoratori del settore dei trasporti.

1.7.

Il CESE apprezza il fatto che la strategia valorizzi il ruolo delle donne nei trasporti, ma anche in questo caso deplora che alle ambizioni non corrispondano azioni concrete.

1.8.

Il CESE condivide le priorità individuate circa la necessità di completare lo spazio unico europeo dei trasporti (SETA) e di rafforzare il mercato unico, anche alla luce dell'esperienza della COVID-19, nonché l'esigenza di elaborare un piano d'emergenza di risposta alle crisi. Tuttavia, insiste sul fatto che detto piano d'emergenza deve essere il risultato di un serio dialogo sociale e con la società civile organizzata ed essere concordato con le parti sociali.

1.9.

Il CESE ritiene che limitare le tappe fondamentali per la mobilità resiliente all'attuazione tempestiva della TEN-T e alla riduzione del numero di vittime dovute ai trasporti sia un obiettivo estremamente inadeguato, considerata la vastità dei temi trattati in questa sezione della strategia.

1.10.

Il CESE condivide l'ambizione di rendere tutti i modi di trasporto più sostenibili e di promuovere un sistema di trasporto multimodale sostenibile, basato sulla cooperazione tra i modi, su caratteristiche ambientali ottimizzate e sulla sostenibilità sociale di ciascun modo di trasporto. Ritiene che le emissioni dei veicoli dovrebbero essere misurate durante l'intero ciclo di vita del veicolo e con un metodo di calcolo «dal pozzo alla ruota».

1.11.

La tappa fondamentale 1, ossia la messa in circolazione di almeno 30 milioni di autovetture e di 80 000 autocarri a zero emissioni entro il 2030, appare eccessivamente ottimistica e non è sufficientemente analizzata, dato che non vi è un'idea chiara del numero di punti di ricarica necessari per il parco veicoli previsto. Il CESE mette in guardia contro l'indicazione di obiettivi troppo ambiziosi che potrebbero incidere negativamente sulla credibilità della strategia.

1.12.

Il CESE si chiede se la nuova strategia sia coerente con un approccio che considera i diversi modi di trasporto come una risorsa combinata in cui, all'interno di un sistema di trasporto multimodale, si promuove la cooperazione tra i modi sulla base di soluzioni che offrono la migliore impronta ambientale — e sociale — e la massima efficienza.

1.13.

Il dumping sociale e le pratiche sleali in un settore creano distorsioni in altri ambiti. Condizioni di lavoro precarie e la mancata attuazione della legislazione sociale distorcono i segnali di prezzo e le scelte riguardanti i servizi di trasporto. Il CESE ritiene necessaria un'iniziativa tesa a includere il costo del lavoro quale elemento integrante di una politica dei prezzi equa per servizi di trasporto sostenibili, accanto all'internalizzazione di tutti i costi esterni. Una definizione equa del prezzo di mercato di un servizio di trasporto deve comprendere un salario di sussistenza, una pari retribuzione per lo stesso lavoro nello stesso luogo, l'assistenza sanitaria e la copertura previdenziale. Per quanto riguarda i prezzi dei trasporti pubblici, esiste una compensazione per l'obbligo di servizio.

1.14.

Secondo la strategia, nel 2030 i trasporti ferroviari e marittimi dovrebbero essere in grado di competere a parità di condizioni con il trasporto su strada, ma non viene spiegato come tale obiettivo debba essere realizzato. Manca, di fatto, una strategia più globale per potenziare il trasporto ferroviario di merci e il trasporto marittimo a corto raggio.

1.15.

Gli aiuti di Stato sono pertinenti per il perseguimento degli obiettivi previsti, come la promozione della dimensione ecologica e sociale dei trasporti. Il CESE considera urgente la revisione degli orientamenti sugli aiuti di Stato, in particolare di quelli per i trasporti marittimi, al fine di garantire condizioni sociali ed economiche eque nel settore portuale e tutelare l'occupazione dei lavoratori marittimi europei.

1.16.

Nella strategia manca inoltre un'analisi approfondita del legame cruciale tra il mercato unico e la politica di concorrenza, e il CESE condivide i timori riguardanti la proroga del regolamento di esenzione per categoria per i consorzi (CBER).

1.17.

La strategia, inoltre, non tiene sufficientemente conto delle preoccupazioni delle zone rurali. Il CESE chiede che la prossima comunicazione sulla visione a lungo termine per le zone rurali affronti l'elemento cruciale della mobilità e garantisca alternative a prezzi accessibili, adeguate allo scopo e disponibili per tutti.

1.18.

Per evitare la povertà dei trasporti, è essenziale garantire l'accesso a servizi di trasporto pubblico di qualità e convenienti quale alternativa sostenibile ai modi di trasporto individuali, e tale aspetto assume particolare rilevanza nelle zone rurali. Per garantire la sostenibilità della mobilità urbana, sarebbe opportuno attribuire maggior peso ai trasporti pubblici quale asse portante della transizione e importante fonte di inclusione sociale e di occupazione di qualità a livello locale.

1.19.

Il CESE ritiene che il traffico urbano sia adatto ai progetti pilota di mobilità cooperativa, connessa e automatizzata (CCAM), che dovrebbero basarsi su una valutazione d'impatto sulla sicurezza nonché su un dialogo sociale e con la società civile. Sottolinea la necessità di finanziamenti adeguati per consentire lo sviluppo di competenze laddove necessario.

1.20.

Per quanto riguarda la mobilità urbana, le piattaforme di mobilità come servizio (MaaS) dovrebbero rientrare nell'ambito della responsabilità pubblica al fine di garantire l'attuazione delle strategie di mobilità urbana (piani di mobilità urbana sostenibile — PMUS). Solo i prestatori di servizi di mobilità socialmente responsabili che assicurano condizioni di lavoro eque e dignitose dovrebbero avere accesso alle piattaforme MaaS, tenendo conto anche della legislazione prevista sui lavoratori delle piattaforme.

1.21.

Il CESE accoglie con favore gli obiettivi di digitalizzazione e automazione indicati dalla strategia quale strumento per conseguire gli obiettivi di sostenibilità e invita ad avviare un ampio dialogo riguardante gli impatti di più vasta portata sulla società e sull'ambiente. Sottolinea la necessità di un approccio antropocentrico, che tenga conto degli aspetti sociali e ambientali.

1.22.

Il CESE osserva con preoccupazione che in nessun punto del capitolo dedicato alla mobilità intelligente viene affrontato il tema dei lavoratori dei trasporti. Il fattore umano nella ricerca, nella progettazione e nell'utilizzo delle tecnologie digitali e di automazione è essenziale per l'uso efficace di tali innovazioni e deve basarsi su un dialogo sociale inclusivo per garantire una transizione giusta.

1.23.

La transizione digitale è ormai in corso. Il CESE deplora che le raccomandazioni riguardanti il suo impatto sui lavoratori dei trasporti non saranno pubblicate prima del 2023. Chiede di lanciare un'azione immediata, in collaborazione con le parti sociali e traendo spunto dalle migliori pratiche attuali.

1.24.

Per investire con successo nelle tecnologie digitali è necessario un dialogo sociale partecipativo fin dalle fasi iniziali, che includa un dibattito riguardante le finalità della digitalizzazione e dell'automazione (ad esempio, l'aumento dell'efficienza rispetto alla sovraccapacità), l'obiettivo di misure corrispondenti per posti di lavoro più sicuri e più sani e a tutela dell'occupazione, nonché una partecipazione equa dei lavoratori agli utili legati all'aumento di produttività.

1.25.

Il CESE apprezza il maggiore riconoscimento del ruolo dei lavoratori dei trasporti, ma sono necessarie iniziative legislative concrete per eliminare il dumping sociale in tutti i modi di trasporto. Il Comitato ritiene urgente istituire una task force sociale per i trasporti, che includa tutte le direzioni generali (DG) pertinenti, quali ad esempio MOVE, EMPL e altre.

1.26.

Il CESE condivide l'obiettivo di avvicinarsi all'azzeramento degli incidenti mortali per tutti i modi di trasporto entro il 2050, ma la strategia non include il trasporto su strada professionale e, in particolare, non considera il problema della stanchezza dei conducenti quale «malattia cronica» e causa importante di incidenti. Per quanto riguarda i conducenti di autobus, richiama l'attenzione sulla relazione che la Commissione europea presenterà al Consiglio e al Parlamento europeo e si aspetta che le istituzioni dell'UE agiscano in linea con gli obiettivi politici fissati dal regolamento sui periodi di guida e di riposo.

1.27.

Il CESE sottolinea quanto sia importante ottenere un ampio sostegno per la transizione verde, sociale e digitale da parte di tutti i portatori di interessi della società civile, incluse le parti sociali, ed è pronto ad apportare il proprio contributo al dialogo con la società civile al fine di delineare e attuare la strategia. La strategia afferma correttamente che il passaggio a una mobilità sostenibile, intelligente e resiliente deve essere giusto o, in caso contrario, rischierà di non prodursi.

2.   Contesto

2.1.

La Strategia per una mobilità sostenibile e intelligente: mettere i trasporti europei sulla buona strada per il futuro evidenzia il ruolo fondamentale e i benefici dei trasporti per i cittadini e l'economia dell'UE, ma tratta anche dei costi che essi comportano per la società. Nella comunicazione la Commissione propone una nuova strategia per il conseguimento degli obiettivi, concordati nel Green Deal europeo, che prevedono la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nel settore dei trasporti del 55 % entro il 2030 e del 90 % entro il 2050. Essa stabilisce altresì una tabella di marcia per la digitalizzazione e lo sviluppo dell'automazione e dell'intelligenza artificiale (IA) nel settore dei trasporti.

2.2.

Alla luce dell'esperienza della COVID-19, la strategia fa della resilienza alle future crisi un obiettivo cruciale della politica europea dei trasporti, insieme al completamento dello spazio unico europeo dei trasporti, in linea con il Libro bianco sulla politica dei trasporti del 2011.

2.3.

La strategia individua 10 ambiti prioritari (iniziative faro) e 14 tappe fondamentali concrete, ribadendo peraltro che una mobilità a costi contenuti deve essere accessibile per tutti e che il settore deve offrire buone condizioni sociali, opportunità di riqualificazione e posti di lavoro interessanti. Il pilastro europeo dei diritti sociali deve garantire che la transizione verde e digitale sia giusta.

2.4.

Il piano d'azione che accompagna la comunicazione individua 82 azioni da attuare tra il 2021 e il 2023. Un'analisi più approfondita è presentata in un documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la comunicazione.

3.   Osservazioni generali: la visione della strategia

3.1.

A dieci anni dall'ultimo Libro bianco sulla politica dei trasporti del 2011, la nuova strategia generale della Commissione punta a conseguire gli obiettivi fondamentali di una mobilità sostenibile, intelligente e resiliente. I precedenti Libri bianchi (1992, 2001 e 2011) erano tutti incentrati sulla realizzazione dello spazio unico europeo dei trasporti e sul completamento del mercato unico.

3.2.

Già nel 2001 e nel 2011 i Libri bianchi avevano affrontato la questione della dipendenza dell'UE dai combustibili fossili e il problema dei cambiamenti climatici, come pure il crescente contributo del settore dei trasporti dell'UE alle emissioni di gas a effetto serra, ma non erano riusciti a conseguire i loro principali obiettivi in ambito climatico. Alla luce della crisi climatica, il CESE apprezza particolarmente l'approccio teso a integrare la nuova strategia dell'UE per la mobilità nel Green Deal europeo, con un'attenzione particolare alle azioni volte a conseguire gli obiettivi climatici.

3.3.

Per garantire che le relative catene del valore industriali europee siano la spina dorsale di una trasformazione sostenibile e digitale dei trasporti dell'UE, una strategia di mobilità efficace deve andare di pari passo con il rafforzamento della base industriale dell'UE. Essa deve basarsi saldamente su azioni volte a potenziare la competitività del settore dei trasporti nel suo complesso.

3.4.

La pandemia di COVID-19, un evento senza precedenti, ha messo in evidenza l'importanza fondamentale di un mercato unico efficiente nel settore dei trasporti e di catene di approvvigionamento sostenibili, e ha posto il settore dei trasporti di fronte ad una grande sfida per la sopravvivenza, per via della riduzione dei volumi che ha causato. Ha drammaticamente evidenziato la situazione di migliaia di lavoratori dei trasporti che si sono ritrovati abbandonati al loro destino in tutta Europa e nel mondo, i quali potevano contare solo su contratti di lavoro precari, senza sufficiente sicurezza sociale e copertura sanitaria e privi di protezione sociale in caso di perdita del lavoro. Questa situazione mette in luce l'esistenza di una crisi sociale nel settore dei trasporti, che rivela tutta una serie di omissioni nelle precedenti politiche dei trasporti dell'UE e dimostra l'esigenza di applicare lo stesso livello di ambizione alla realizzazione di un sistema dei trasporti socialmente sostenibile. Il CESE considera imperativo non lasciarsi sfuggire l'opportunità di forgiare uno spazio unico europeo dei trasporti davvero sostenibile per il futuro, che ora richiede dei correttivi sostanziali in una prospettiva futura. Inoltre, un piano di emergenza in caso di crisi future deve puntare ad evitare effetti negativi per i lavoratori del settore dei trasporti.

3.5.

Nonostante le iniziative già attuate, lo spazio unico europeo dei trasporti, ivi comprese le sue dimensioni sociale, ambientale e relativa al mercato unico, non è stato ancora realizzato ed è pertanto necessario adottare urgentemente ulteriori misure. Il CESE deplora il fatto che la strategia, sebbene esponga nel dettaglio gli obiettivi in ambito climatico e della digitalizzazione e gli strumenti per conseguirli, non approfondisca allo stesso modo il tema del mercato unico e gli aspetti sociali. Ciò è particolarmente deplorevole poiché molte delle azioni proposte in relazione alla sostenibilità e alla digitalizzazione hanno conseguenze di vasta portata per il mercato unico e i lavoratori dei trasporti, un aspetto che viene pertanto ribadito con riferimenti frequenti nel presente parere. Il CESE invita in tal senso ad adottare un approccio più generale e trasversale onde evitare che la strategia conduca infine a una vittoria di Pirro.

3.6.

Il CESE apprezza il fatto che la strategia valorizzi il ruolo delle donne nei trasporti e che «applicherà debitamente l'integrazione della dimensione paritaria nelle sue iniziative strategiche in materia di trasporti», ma deplora che alle ambizioni non corrispondano azioni concrete. Lo «scambio di buone pratiche» e la creazione di una «rete di ambasciatori della diversità» non sono misure sufficienti per integrare un approccio attento alle problematiche di genere nelle politiche europee dei trasporti. Validi esempi di punti d'azione figurano nella guida tematica dei piani urbani di mobilità sostenibile (PUMS) «Come affrontare il problema dell'equità di genere e dei gruppi vulnerabili nei PUMS».

3.7.

La maggior parte delle azioni previste nelle sezioni da 1 a 3 della strategia (visione, mobilità sostenibile e mobilità intelligente) ha una portata angusta, incentrata su aspetti prettamente tecnici riguardanti le caratteristiche ambientali dei veicoli, delle navi e degli aeromobili, la realizzazione di infrastrutture per i combustibili alternativi, i progetti di sviluppo industriale e digitale, la tassazione dell'energia e l'internalizzazione dei costi esterni con l'obiettivo di attuare il principio «chi inquina/chi utilizza paga». Le iniziative faro 3 e 4 riguardano le misure politiche legislative e non legislative tese a promuovere il trasporto sostenibile di passeggeri e merci.

3.8.

Sebbene le azioni e le tappe principali proposte risultino reciprocamente piuttosto omogenee in relazione agli aspetti prevalentemente tecnici trattati nelle sezioni da 1 a 3, il CESE si chiede se l'equilibrio tra le misure tecniche e le misure di politica dei trasporti sia adeguato per conseguire gli obiettivi climatici.

3.9.

Il CESE si interroga anche sull'approccio per cui un documento di lavoro dei servizi della Commissione di quasi 300 pagine risulta necessario per comprendere appieno gli obiettivi della strategia. Tale modalità di presentazione e spiegazione della strategia non contribuisce a renderla accessibile e in grado di ottenere facilmente un ampio sostegno.

3.10.

Nella strategia si afferma giustamente che «la risorsa più preziosa del settore è di gran lunga la forza lavoro e la transizione sostenibile e intelligente non sarà possibile senza il sostegno e l'adesione dei lavoratori del settore dei trasporti».

3.11.

Il CESE richiama l'attenzione sulle preoccupazioni specifiche delle zone rurali in Europa, secondo cui gli obiettivi fissati in materia di mobilità sostenibile possono essere raggiunti solo con un significativo compromesso a svantaggio dello stile di vita. Invita proattivamente la Commissione ad affrontare l'elemento cruciale della mobilità nella sua prossima comunicazione sulla visione a lungo termine per le zone rurali e a garantire alternative a prezzi accessibili, adeguate allo scopo e disponibili per tutti.

3.12.

Il CESE sottolinea l'importanza di ottenere un ampio consenso per la prevista transizione verde e digitale da parte di tutti i portatori di interessi della società civile, incluse le parti sociali. Ciò significa altresì che la dimensione sociale, compreso il dialogo su come gestire al meglio la transizione e renderla socialmente accettabile, assume un'importanza cruciale.

3.13.

Il CESE è pronto a contribuire al dialogo con la società civile al fine di delineare e attuare la strategia, e il presente parere intende alimentare il dibattito con proposte concrete.

4.   Mobilità sostenibile

4.1.

Il CESE condivide l'affermazione secondo cui, per realizzare questo cambiamento sistemico, sono necessarie tre linee principali di intervento, segnatamente: «1) rendere più sostenibili tutti i modi di trasporto, 2) rendere le alternative sostenibili ampiamente disponibili in un sistema di trasporto multimodale e 3) porre in essere i giusti incentivi per guidare la transizione».

4.2.

Per rendere tutti i modi di trasporto più sostenibili, la tappa fondamentale 1 punta all'obiettivo di avere in circolazione, entro il 2030, 30 milioni di automobili e 80 000 autocarri a emissioni zero, partendo dai dati attuali che indicano circa un milione di automobili e 30 000 autocarri (1). Il CESE osserva che le decisioni di investimento riguardanti i veicoli in uso entro il 2030 saranno adottate subito o entro breve. Alla luce della differenza di prezzo, della presenza tuttora relativamente scarsa di infrastrutture di ricarica/rifornimento per i combustibili alternativi e del ciclo di vita dei veicoli, tale scenario appare eccessivamente ottimistico. Inoltre, sembra che ancora non vi sia un'idea chiara del numero di punti di ricarica/rifornimento necessari per soddisfare il fabbisogno delle flotte previste. Il CESE mette in guardia contro l'indicazione di obiettivi troppo ambiziosi che potrebbero incidere negativamente sulla credibilità della strategia.

4.3.

La strategia indica chiaramente l'elettricità e l'idrogeno come un'opzione prioritaria per decarbonizzare la mobilità. Un approccio accurato alla mobilità a zero emissioni dovrebbe tenere conto dell'impronta di carbonio dei veicoli durante il loro intero ciclo di vita (ad esempio, nel 2018 solo il 33 % dell'energia elettrica all'interno dell'UE proveniva da energie rinnovabili) ed essere misurato con un metodo di calcolo «dal pozzo alla ruota».

4.4.

Il CESE sostiene con forza il passaggio a soluzioni di trasporto più sostenibili e incoraggia la Commissione a sviluppare questo approccio con punti d'azione concreti che sostengano anche i trasporti non motorizzati.

4.5.

Il Green Deal dà la priorità all'efficienza delle risorse tramite il passaggio a un'economia pulita e circolare, la ricostituzione della biodiversità, l'arresto del degrado degli spazi pubblici e la riduzione dell'inquinamento. Ciò considerato, il CESE ribadisce che una strategia di trasporto sostenibile deve dare la priorità a infrastrutture che riducano l'utilizzo del suolo, garantire un'equa ripartizione dello spazio nelle città e negli agglomerati urbani ed essere efficiente in termini di uso delle risorse, specie per quanto riguarda le risorse critiche. I diritti fondamentali devono essere rispettati.

4.6.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la Commissione intensificherà i propri sforzi a fianco delle città e degli Stati membri per garantire che tutte le città di medie e grandi dimensioni attuino i propri piani urbani di mobilità sostenibile (PUMS) entro il 2030. Lo stato attuale dei lavori indica che l'auspicato aumento del numero di PMUS sviluppati non avverrà senza i quadri nazionali e gli strumenti finanziari per lo sviluppo e l'attuazione di tali piani.

4.7.

La strategia fa solo un breve riferimento alla gestione dei parcheggi e alle relative strategie. Il CESE suggerisce di sviluppare ulteriormente questo aspetto con chiari punti d'azione, tenendo conto dell'impatto negativo delle aree di parcheggio sull'impermeabilizzazione del suolo nelle città. Una buona gestione dei parcheggi può contribuire a liberare preziosi spazi pubblici, rendendo le città più attraenti, sostenendo l'economia locale, riducendo il traffico dei veicoli e migliorando la congestione, la sicurezza stradale e l'inquinamento atmosferico.

4.8.

Il secondo pilastro del trasporto sostenibile riguarda la disponibilità di modi di trasporto alternativi e offre a tal fine una scelta modale nel quadro di un approccio multimodale. Le tappe fondamentali da 4 a 8 definiscono gli obiettivi per il 2030 e il 2050 di un drastico aumento dei servizi di trasporto dei passeggeri su rotaia (raddoppio delle linee ad alta velocità entro il 2030 e triplicazione entro il 2050) e del trasporto ferroviario di merci (aumento del 50 % entro il 2030 e raddoppio entro il 2050). Sono definiti inoltre obiettivi per i viaggi collettivi, le vie navigabili interne e il trasporto marittimo a corto raggio, nonché per la realizzazione di 100 città a impatto climatico zero entro il 2030.

4.9.

Il CESE si chiede se la strategia sia coerente con un approccio che considera i diversi modi di trasporto come una risorsa combinata in cui, all'interno di un sistema di trasporto multimodale, si promuove la cooperazione tra i modi sulla base di soluzioni che offrono la migliore impronta ambientale — e sociale — e la massima efficienza, invece della concorrenza tra i diversi modi.

4.10.

In tale contesto, il CESE invita a condurre una valutazione d'impatto più ampia al fine di includere appieno la sostenibilità sociale. Suggerisce di integrare l'impronta ambientale nella strategia, introducendo un'«impronta occupazionale dei trasporti» comparabile, relativa a condizioni di lavoro eque e comprendente tutti gli elementi pertinenti per prevenirne il costante deterioramento, garantire una concorrenza leale tra i modi di trasporto e al loro interno nonché evitare una concorrenza distruttiva creando gli incentivi errati. Per garantire parità di condizioni tra i modi di trasporto, una fissazione equa dei prezzi sul mercato deve includere costi del lavoro equi, come sottolineato nel capitolo 6.

4.11.

È deplorevole che fra le tappe fondamentali del pilastro della strategia relativo alla mobilità intelligente non figuri lo sviluppo di modelli di trasporto merci multimodali, basati sulla cooperazione tra i modi, su caratteristiche ambientali ottimizzate e sulla sostenibilità sociale di ciascun modo, che ottimizzino l'uso delle risorse attraverso piattaforme digitali nel rispetto di tutte le legislazioni in ambito sociale.

4.12.

La tappa fondamentale 9 prevede che entro il 2030 il trasporto su rotaia e marittimo sia in grado di competere in condizioni di parità con il trasporto su strada, ma non viene spiegato come tale obiettivo sarà realizzato, se non — forse — attraverso l'internalizzazione dei costi esterni e la tassazione dei carburanti. Manca di fatto una strategia più globale per la promozione del trasporto merci su rotaia e del trasporto marittimo a corto raggio, che tenga conto fra l'altro dei costi più elevati delle ferrovie e dei problemi di puntualità descritti nel documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la comunicazione.

4.13.

L'obiettivo della tappa fondamentale 4 è che i viaggi collettivi programmati inferiori a 500 km all'interno dell'UE siano resi neutri in termini di emissioni di carbonio entro il 2030. È necessario discutere dell'impatto sul trasporto passeggeri con autobus e dei possibili effetti negativi per la sostenibilità.

4.14.

Gli aiuti di Stato sono pertinenti per il perseguimento degli obiettivi previsti, come la promozione della dimensione ecologica e sociale dei trasporti. Il CESE ritiene che vi sia un'urgente necessità di rivedere gli orientamenti sugli aiuti di Stato. Un elemento da considerare è l'aspetto territoriale, ad esempio per quanto riguarda le zone remote. Richiama altresì l'attenzione sul fatto che la richiesta di adattare gli orientamenti in materia di aiuti di Stato per i trasporti marittimi al fine di garantire condizioni sociali ed economiche eque nel settore portuale e tutelare l'occupazione dei lavoratori marittimi europei, per rendere il settore marittimo socialmente sostenibile, è da tempo in sospeso e invita a intraprendere azioni prima del 2023.

4.15.

Il CESE critica il fatto che nella strategia manchi un'analisi approfondita del collegamento cruciale tra il mercato unico e la politica in materia di concorrenza. Concorda sulla necessità di condurre una discussione adeguata sugli aiuti di Stato e sulle sovvenzioni ai trasporti marittimi, come pure sui loro effetti sul settore portuale. Le parti sociali europee hanno congiuntamente espresso timori riguardanti la proroga del regolamento di esenzione per categoria per i consorzi (CBER), che aggraverà le disparità di trattamento tra gli armatori e i portatori di interessi del settore portuale, con conseguenze negative per i porti europei (2).

5.   Mobilità intelligente

5.1.

Il CESE è d'accordo sul fatto che, «poiché l'innovazione plasmerà la mobilità dei passeggeri e delle merci del futuro, è opportuno definire un quadro corretto e fattori abilitanti adeguati per favorire questa transizione, che potrà rendere molto più efficiente e sostenibile il sistema dei trasporti». Considera imperativo seguire un unico principio guida fondamentale: la digitalizzazione e l'automazione rappresentano degli strumenti piuttosto che un obiettivo in sé.

5.2.

In tale contesto, il CESE accoglie con favore gli obiettivi di digitalizzazione e automazione indicati nella strategia quali mezzi per il conseguimento degli obiettivi di sostenibilità. È della massima importanza esaminare l'impatto dell'intelligenza artificiale (IA) sulla società e sull'ambiente, il principio del controllo umano sulle macchine nonché la raccolta dei dati personali e il loro utilizzo, ed è necessario farlo attraverso un ampio dialogo. È essenziale includere il fattore umano nella ricerca, nella progettazione e nella diffusione delle tecnologie digitali e di automazione per garantire l'uso corretto di tali innovazioni, attraverso un dialogo sociale inclusivo volto ad assicurare una transizione giusta. Occorre adottare un approccio antropocentrico che tenga conto degli aspetti sociali e ambientali, e garantire che le tecnologie non siano utilizzate in modo improprio.

5.3.

Il CESE rileva l'assenza di qualunque riferimento alle iniziative orizzontali riguardanti la sicurezza, la responsabilità, i diritti fondamentali e gli aspetti relativi ai dati dell'IA, come pure alla legge sui dati per quanto riguarda il controllo dei dati e le condizioni per la loro condivisione.

5.4.

Per permettere all'UE di assumere il ruolo di leader mondiale nello sviluppo di servizi e sistemi di mobilità cooperativa, connessa e automatizzata (CCAM), dovrebbero essere rese più facili le operazioni necessarie per testare i servizi pilota nei sistemi di traffico urbano, sulla base di una valutazione d'impatto sulla sicurezza, nonché di un dialogo sociale e di un dialogo con la società civile. Attualmente, infatti, i servizi pilota sono testati principalmente in sistemi di trasporto chiusi (campus, complessi industriali, ecc.).

5.5.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la strategia affronti il tema della trasformazione digitale nella mobilità urbana, compresi la mobilità come servizio (MaaS), i servizi di mobilità condivisa, i servizi su richiesta e l'emergere di piattaforme intermediarie, nonché le opportunità e i rischi per i concetti di trasporti sostenibili ed efficienti che essa comporta. Il Comitato apprezza inoltre il fatto che il paragrafo 38 menzioni giustamente gli aspetti sociali e legati alla sicurezza, poiché taluni nuovi servizi di mobilità e le piattaforme intermediarie offrono forme di occupazione precaria e bassi livelli retributivi che potrebbero causare problemi di concorrenza. Tuttavia, l'azione 23 non prevede di valutare la «necessità di misure volte a garantire parità di condizioni per il trasporto locale di passeggeri su richiesta e per le piattaforme di trasporto a chiamata» fino al 2022.

5.6.

Le piattaforme MaaS dovrebbero rientrare nell'ambito della responsabilità pubblica al fine di garantire l'attuazione dei piani urbani di mobilità sostenibile (PUMS). Solo i prestatori di servizi di mobilità socialmente responsabili che assicurano condizioni di lavoro eque e dignitose dovrebbero avere accesso alle piattaforme MaaS, tenendo conto anche della legislazione prevista sui lavoratori delle piattaforme.

5.7.

Il CESE plaude all'iniziativa della Commissione per una legislazione sulle condizioni di lavoro dei lavoratori delle piattaforme e auspica che la proposta garantisca la presunzione di impiego e condizioni di lavoro eque per detti lavoratori nel settore dei trasporti, quali ad esempio i servizi di trasporto a chiamata o di consegna.

5.8.

Il CESE è particolarmente attento ai timori espressi in merito al fatto che il costo per le soluzioni di mobilità intelligente, lo sviluppo dell'IA e l'automazione potrebbero potenzialmente ampliare i divari, dato che le condizioni di partenza variano da uno Stato membro all'altro dell'UE. Di conseguenza, il CESE ritiene essenziale che qualunque strategia di successo dell'UE tenga conto dei divari in termini di investimenti, sostenendo soluzioni di mobilità intelligente negli Stati membri più poveri come pure assicurando il rispetto del dialogo sociale, delle condizioni sociali e di un approccio incentrato sugli esseri umani.

6.   Mobilità resiliente

6.1.

La sezione 4 sulla mobilità resiliente presenta tre iniziative faro — rafforzare il mercato unico, rendere la mobilità equa e giusta per tutti e rafforzare la sicurezza dei trasporti, accompagnate dalle tappe fondamentali 13 e 14.

Rilevanza del mercato unico

6.2.

Il CESE condivide le priorità individuate circa la necessità di completare lo spazio unico europeo dei trasporti e di rafforzare il mercato unico, anche alla luce dell'esperienza della COVID-19, nonché l'esigenza di elaborare un piano d'emergenza di risposta alle crisi. Tuttavia, ritiene che detto piano d'emergenza debba essere il risultato di un serio dialogo sociale e con la società civile organizzata ed essere concordato con le parti sociali.

6.3.

Il CESE deplora comunque che, ad esempio, aspetti quali il completamento dello spazio unico europeo dei trasporti e il rafforzamento del mercato unico, l'importanza della realizzazione tempestiva delle TEN-T e lo sviluppo di catene del valore strategiche riguardanti, ad esempio, le batterie e l'idrogeno e le relative esigenze di finanziamento per conseguire gli obiettivi del Green Deal e la transizione digitale nel settore dei trasporti siano raggruppati con altri temi importanti come i diritti dei passeggeri, gli obblighi di servizio pubblico (OSP), le condizioni sociali dei lavoratori dei trasporti e la sicurezza dei trasporti. Appare strano che gli aspetti generali del mercato unico e le relative tematiche sociali e di sicurezza siano trattati per ultimi nella comunicazione.

6.4.

Il CESE è del parere che limitare le tappe fondamentali di questa sezione alla realizzazione tempestiva della TEN-T e alla riduzione del numero di vittime dovute ai trasporti sia un obiettivo estremamente inadeguato, dato che la sezione riguarda il rafforzamento del mercato unico e il completamento dello spazio unico europeo dei trasporti, inclusi una maggiore efficienza attraverso l'uso ottimale delle capacità, il finanziamento della modernizzazione delle flotte, gli aspetti relativi agli aiuti di Stato, una migliore connettività e la protezione dei passeggeri e dei loro diritti.

6.5.

Il CESE osserva che, secondo la visione illustrata nella strategia, un mercato unico ben funzionante e resiliente alle crisi «deve essere anche un obiettivo fondamentale della futura politica dei trasporti dell'UE», mentre «la crescita del settore dei trasporti deve essere subordinata all'ecologizzazione della mobilità». Alle tappe fondamentali si sarebbe potuto aggiungere, ad esempio, il completamento del mercato unico nel settore dei trasporti con nuovi modelli d'impresa sostenibili e digitalizzati.

6.6.

È altresì deplorevole che la strategia non descriva i rimanenti ostacoli alla piena attuazione del mercato unico nel settore dei trasporti. In particolare, la sezione 4.3.3 del documento di lavoro dei servizi della Commissione solleva una serie di questioni inerenti al funzionamento del mercato unico che non vengono trattate nella sezione 4. Lo stesso vale per la sezione 4.3.4, nella quale vengono descritte diverse lacune in ambito sociale che non sono menzionate nella strategia.

6.7.

I processi per una migliore regolamentazione devono essere migliorati. Il CESE insiste sul fatto che ognuna delle azioni, sia essa menzionata nel piano d'azione o in altri documenti, deve essere oggetto di una valutazione d'impatto a tutto tondo (sul piano sociale, ambientale, economico, relativo all'integrazione di genere) condotta nel quadro di una consultazione privilegiata delle parti sociali riconosciute, quali ad esempio le organizzazioni rappresentative approvate dalla Commissione.

6.8.

Analogamente, alcune delle azioni previste nelle sezioni precedenti della strategia hanno chiare implicazioni per il mercato unico, ad esempio le modifiche alla direttiva sui pesi e sulle dimensioni degli autoveicoli per il trasporto merci, le modifiche alla legislazione sul trasporto aereo e quelle riguardanti le piattaforme digitali.

Dimensione sociale e condizioni di lavoro

6.9.

La pandemia di COVID-19, un evento senza precedenti, ha dimostrato che i trasporti costituiscono un servizio essenziale. Ha inoltre posto in evidenza l'importanza dei lavoratori dei trasporti quali operatori essenziali e il loro contributo alla resilienza del sistema dei trasporti. Il CESE plaude al fatto che nella strategia venga data maggiore enfasi al ruolo dei lavoratori dei trasporti rispetto ai precedenti documenti riguardanti la politica dei trasporti, riconoscendo che essi sono «la risorsa più preziosa del settore» mentre «soffrono spesso di condizioni di lavoro difficili». Data l'importanza attribuita oggi al pilastro sociale nell'attuazione delle politiche europee, è tuttavia sorprendente che alla dimensione sociale dei trasporti non sia dedicata una sezione specifica.

6.10.

La strategia riconosce inoltre i problemi demografici del settore e le difficoltà nell'attirare i lavoratori di cui ha bisogno. Essa conclude che «prevedere standard sociali più elevati contribuirebbe direttamente a rovesciare l'attuale mancanza generale di attrattiva del settore». Purtroppo, né la strategia né il documento di lavoro che l'accompagna analizzano adeguatamente le cause delle difficoltà incontrate dal settore dei trasporti per risultare attraente per i lavoratori. Essi non tengono conto del fatto che le politiche dei trasporti degli ultimi decenni, incentrate sul mercato unico, non hanno impedito il deterioramento delle condizioni di lavoro in tutti i modi di trasporto.

6.11.

Le dichiarazioni della Commissione secondo cui «prenderà in considerazione misure riguardanti i diversi modi di trasporto, che rafforzino il quadro legislativo sulle condizioni dei lavoratori», e lancerà «iniziative volte ad aumentare l'attrattiva del settore dei trasporti» nel 2021-2023 sono troppo vaghe. È in effetti difficile comprendere per quale motivo non siano stati inclusi nelle tappe fondamentali elementi come la garanzia di condizioni di lavoro eque e il miglioramento dell'attrattiva della professione, anche per quanto riguarda i giovani e le donne.

6.12.

È necessario adottare iniziative legislative concrete per eliminare il dumping sociale in tutti i modi di trasporto. Il principio della parità di retribuzione per lo stesso lavoro nello stesso luogo deve essere applicato a tutti i modi di trasporto (distacco di lavoratori a elevata mobilità), come pure la tutela dell'occupazione e dei diritti acquisiti per il personale soggetto al cambiamento degli operatori a seguito dell'aggiudicazione di appalti per i diversi modi di trasporto. Il Comitato ritiene pertanto urgente istituire una task force sociale per i trasporti, che includa tutte le DG pertinenti, quali ad esempio MOVE, EMPL e COMP.

Costi sociali e sostenibilità

6.13.

Il dumping sociale e le pratiche sleali in un settore creano distorsioni in altri ambiti. Condizioni di lavoro precarie e la mancata attuazione della legislazione sociale distorcono i segnali di prezzo e le scelte riguardanti i modi di trasporto. Il CESE ritiene necessaria un'iniziativa tesa a includere il costo del lavoro quale elemento integrante di una politica dei prezzi equa per servizi di trasporto sostenibili, accanto all'internalizzazione di tutti i costi esterni. Una definizione equa del prezzo di mercato di un servizio di trasporto deve comprendere un salario di sussistenza, una pari retribuzione per lo stesso lavoro nello stesso luogo, l'assistenza sanitaria e la copertura previdenziale, nonché investimenti per un posto di lavoro sano e per le qualifiche e le formazioni. L'inclusione di un'«impronta occupazionale» nelle raccomandazioni riguardanti l'impronta di carbonio nelle azioni 28 e 34, come proposto nel punto 4.6, potrebbe essere un'azione utile a tal fine, ma lungi dall'essere sufficiente. Per quanto riguarda i prezzi dei trasporti pubblici, esiste una compensazione per l'obbligo di servizio.

6.14.

Il CESE sottolinea l'importanza della contrattazione collettiva e il suo ruolo nel definire il livello salariale e pertanto insiste sulla necessità di rafforzarla, in particolare in un settore così frammentato come quello dei trasporti e in tutti gli Stati membri.

Transizione digitale giusta

6.15.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la strategia esamini adeguatamente i rischi e le opportunità della trasformazione digitale per l'occupazione e la necessità di una transizione giusta per i lavoratori dei trasporti. L'azione 69 non prevede tuttavia che la «formulazione di raccomandazioni relative alla transizione verso l'automazione e la digitalizzazione e alle loro ripercussioni sulla forza lavoro nel settore dei trasporti» avvenga prima del 2023. In questo modo non si tiene conto del fatto che la digitalizzazione e l'automazione sono già in corso e che sono necessarie misure urgenti. La tappa fondamentale 13, ad esempio, stabilisce che «la mobilità automatizzata sarà diffusa su larga scala [entro il 2030]».

6.16.

Affinché gli investimenti nelle tecnologie digitali diano i risultati auspicati, è necessario un dialogo sociale partecipativo fin dalle fasi iniziali. Esistono esempi di buone pratiche in tal senso, come il contratto collettivo CBA Future — Shaping automation socially and in a co-determined way (CBA Future — Plasmare l'automazione sul piano sociale e in modo partecipativo) dell'operatore di terminali di container EUROGATE in Germania, comprendente i tre terminali di Amburgo, Bremerhaven e Wilhelmshaven (3). Tale dialogo deve includere anche un dibattito riguardante le finalità della digitalizzazione e dell'automazione (ad esempio, l'aumento dell'efficienza rispetto alla sovraccapacità), l'obiettivo di misure corrispondenti per posti di lavoro più sicuri e più sani, la tutela dell'occupazione e una partecipazione equa dei lavoratori agli utili legati all'aumento di produttività.

6.17.

A livello europeo, le parti sociali europee nel settore dei trasporti pubblici urbani hanno recentemente firmato raccomandazioni congiunte sulla trasformazione digitale nei trasporti pubblici urbani (4). Tali raccomandazioni promuovono un approccio inclusivo e partecipativo alla trasformazione digitale, garantendo la sicurezza del lavoro e le competenze professionali nell'ambito della trasformazione digitale, utilizzando la trasformazione digitale per migliorare le condizioni di lavoro e l'equilibrio tra lavoro e vita privata e assicurando la protezione dei dati, la vita privata e la dignità. Le strategie dovrebbero garantire che sia l'impresa che i lavoratori traggano beneficio dall'introduzione delle tecnologie digitali, anche attraverso una partecipazione agli utili legati all'aumento di produttività.

6.18.

La Commissione dovrebbe adottare misure immediate, in collaborazione con le parti sociali, per garantire una transizione verso l'automazione e la digitalizzazione che sia giusta e «non lasci indietro nessuno».

Sicurezza dei trasporti

6.19.

In merito alla sicurezza dei trasporti, la tappa fondamentale 14 punta a rendere il tasso di mortalità di tutti i modi di trasporto nell'UE prossimo allo zero entro il 2050, rivolgendo un'attenzione particolare al trasporto su strada. La strategia dell'UE per la sicurezza stradale del 2018 non include tuttavia l'autotrasporto professionale e non considera, in particolare, il problema della stanchezza dei conducenti quale «malattia cronica» e causa importante di incidenti.

6.20.

In tale contesto, il CESE esprime serie preoccupazioni per la nuova iniziativa proposta dalla Commissione sulle norme relative ai periodi di guida e di riposo per i conducenti di autobus e richiama l'attenzione sulla relazione che la Commissione presenterà al Consiglio e al Parlamento europeo. L'eventuale estensione delle ore di lavoro e di guida nel settore sarebbe contraria agli obiettivi del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) e causerebbe l'ulteriore deterioramento della sicurezza stradale per i passeggeri e gli altri utenti della strada come pure delle condizioni di lavoro dei conducenti di autobus.

6.21.

Il CESE appoggia le azioni proposte per migliorare la sicurezza e in particolare il fatto che siano previste misure per affrontare le minacce informatiche.

7.   L'importanza di un servizio pubblico forte

7.1.

Il CESE ribadisce che il servizio pubblico ha il compito di garantire un sistema di trasporto urbano sostenibile che persegua gli obiettivi climatici ma che, oltre a questo, tuteli la salute pubblica, garantisca la sicurezza delle strade e una ripartizione equa dello spazio urbano.

7.2.

Nella visione della Commissione si evidenzia giustamente che «è fondamentale che la mobilità sia a disposizione e alla portata di tutti, che le regioni rurali e remote siano meglio collegate». Il CESE insiste sulla disponibilità dei servizi pubblici, sostenuta dal quadro legislativo, quale elemento fondamentale per una mobilità sostenibile ed economicamente accessibile. A tal fine, è necessario aumentare la compensazione degli obblighi di servizio pubblico e migliorarla dal punto di vista ambientale e sociale mediante un sostegno finanziario e l'introduzione di strumenti finanziari da parte dei governi nazionali, delle regioni e dei comuni.

7.3.

Per evitare la povertà dei trasporti, è essenziale garantire l'accesso a servizi di trasporto pubblico di qualità e convenienti quale alternativa sostenibile ai modi di trasporto individuali. Tale aspetto assume un'importanza particolare per le zone rurali, mentre anche i servizi di mobilità condivisa e su richiesta possono integrare l'offerta di trasporto pubblico in particolare in queste zone, a patto di offrire condizioni di lavoro eque e di qualità. Una maggiore attenzione e investimenti in infrastrutture sicure e di qualità vanno inoltre destinati al trasporto attivo non motorizzato come pure alla circolazione a piedi e in bicicletta.

7.4.

I trasporti pubblici sono importanti per l'inclusione sociale e l'occupazione di qualità a livello locale. La strategia pone un'enfasi eccessiva sugli aspetti tecnologici della digitalizzazione, della micromobilità e dei nuovi servizi di mobilità. La nuova visione non deve perdere di vista il fatto che la mobilità intelligente dovrebbe essere un mezzo e non il fine.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione SWD(2020) 331, sezione 4.1.1, pag. 81 e segg.

(2)  Tali timori sono stati espressi dalle parti sociali europee ai commissari Vălean e Schmit.

(3)  Il contratto collettivo concluso nel 2019 tra EUROGATE e i sindacati tedeschi dei servizi (ver.di) copre tutte le controllate tedesche del gruppo, compresi i terminali di container, la società di manutenzione e di trasporto ferroviario e altre unità aziendali in Germania. Una commissione istituita per l'automazione è informata in merito a ogni progetto in materia di hardware o software nell'azienda, anche se non ha ripercussioni dirette sui posti di lavoro. Il contratto collettivo negoziato con EUROGATE esclude inoltre qualunque ristrutturazione a livello di personale fino al 2025.

(4)  Transizione digitale e dialogo sociale nel trasporto pubblico urbano in Europa, raccomandazioni congiunte delle parti sociali europee del settore dei trasporti pubblici urbani (ETF e UITP), firmate nel marzo 2021.

(5)  GU L 102 dell'11.4.2006, pag. 1.


ALLEGATO

I seguenti emendamenti, pur avendo ricevuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni:

Punto 4.14 (collegato alla soppressione del punto 1.15)

Sopprimere il punto:

 

Gli aiuti di Stato sono pertinenti per il perseguimento degli obiettivi previsti, come la promozione della dimensione ecologica e sociale dei trasporti. Il CESE ritiene che vi sia un'urgente necessità di rivedere gli orientamenti sugli aiuti di Stato. Un elemento da considerare è l'aspetto territoriale, ad esempio per quanto riguarda le zone remote. Richiama altresì l'attenzione sul fatto che la richiesta di adattare gli orientamenti in materia di aiuti di Stato per i trasporti marittimi al fine di garantire condizioni sociali ed economiche eque nel settore portuale e tutelare l'occupazione dei lavoratori marittimi europei, per rendere il settore marittimo socialmente sostenibile, è da tempo in sospeso e invita a intraprendere azioni prima del 2023.

Esito della votazione sull'emendamento

Voti favorevoli:

77

Voti contrari:

123

Astensioni:

27

Punto 1.15 (collegato alla soppressione del punto 4.14)

Sopprimere il punto:

 

Gli aiuti di Stato sono pertinenti per il perseguimento degli obiettivi previsti, come la promozione della dimensione ecologica e sociale dei trasporti. Il CESE considera urgente la revisione degli orientamenti sugli aiuti di Stato, in particolare di quelli per i trasporti marittimi, al fine di garantire condizioni sociali ed economiche eque nel settore portuale e tutelare l'occupazione dei lavoratori marittimi europei.

Esito della votazione sull'emendamento

Emendamento respinto a seguito della votazione sul punto 4.14 al quale era collegato.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/170


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a misure per un livello comune elevato di cibersicurezza nell’Unione, che abroga la direttiva (UE) 2016/1148, e proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla resilienza dei soggetti critici»

[COM(2020) 823 final — 2020/0359(COD) — COM(2020) 829 final — 2020/0365(COD)]

(2021/C 286/28)

Relatore:

Maurizio MENSI

Consultazione

Parlamento europeo, 21.1.2021 e 11.2.2021

Consiglio, 26.1.2021 e 19.2.2021

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

14.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

243/0/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE apprezza lo sforzo dispiegato dalla Commissione per aumentare la resilienza di entità pubbliche e private contro le minacce derivanti da incidenti, attacchi cibernetici e fisici e condivide la necessità di rafforzare l’industria e la capacità di innovazione dell’UE in modo inclusivo, secondo una strategia basata su quattro pilastri: protezione dei dati, diritti fondamentali, sicurezza e cibersicurezza.

1.2.

Il CESE rileva tuttavia che la rilevanza e delicatezza degli obiettivi perseguiti con entrambe le proposte avrebbero reso preferibile lo strumento del regolamento piuttosto che quello della direttiva. Non emergono peraltro le ragioni per le quali la Commissione non abbia ritenuto di annoverare tale ipotesi neppure fra le varie opzioni considerate.

1.3.

Il CESE osserva che alcune previsioni delle due proposte di direttiva si sovrappongono in quanto strettamente collegate e complementari, trattando l’una in via prevalente profili di cibersicurezza, l’altra di sicurezza fisica. Chiede pertanto di valutare l’opportunità che le due proposte siano accorpate in un unico testo, per esigenze di semplificazione e concentrazione funzionale.

1.4.

Il CESE condivide l’approccio proposto di superare la distinzione fra operatori di servizi essenziali e fornitori di servizi digitali di cui alla NIS originaria, tuttavia evidenzia l’opportunità che siano fornite, con riferimento al suo campo di applicazione, più precise e chiare indicazioni per l’individuazione dei soggetti tenuti al rispetto della direttiva. In particolare, i criteri distintivi fra entità «essenziali» e «importanti», così come i requisiti che debbono soddisfare, dovrebbero essere delineati con maggiore precisione, ad evitare che approcci disomogenei a livello nazionale si traducano in ostacoli alla concorrenza e alla libera circolazione di beni e servizi, con il rischio di pregiudicare le imprese e compromettere gli scambi commerciali.

1.5.

Il CESE ritiene importante, attesa la oggettiva complessità del sistema delineato dalle due proposte, che la Commissione chiarisca con precisione l’ambito di applicazione dei due plessi normativi, soprattutto laddove diverse previsioni concorrono per disciplinare la medesima fattispecie o lo stesso soggetto.

1.6.

Il CESE rileva che la chiarezza di ogni previsione normativa costituisce un obiettivo irrinunciabile, insieme a quelli di ridurre la burocrazia e la frammentazione semplificando i processi, i requisiti di sicurezza e gli obblighi di notifica degli incidenti. Anche a tal fine potrebbe rendersi opportuno, a beneficio di cittadini e imprese, accorpare in un unico testo le due proposte di direttiva, evitando un talora complicato esercizio di interpretazione e applicazione.

1.7.

Il CESE riconosce il ruolo essenziale, evidenziato dalla proposta di direttiva, degli organi di gestione delle entità «essenziali» e «importanti», i cui membri sono tenuti a seguire specifici corsi di formazione, su base regolare, al fine di acquisire conoscenze e competenze sufficienti per conoscere, gestire i vari rischi di carattere cibernetico e valutarne l’impatto. Al riguardo si ritiene che la proposta debba indicare quale sia il contenuto minimo di tali conoscenze e competenze, così da fornire una guida a livello europeo su quali competenze formative siano considerate adeguate ed evitare che il contenuto dei vari corsi di formazione sia diverso a seconda del paese.

1.8.

Il CESE condivide l’importanza del ruolo rivestito da ENISA nel complessivo assetto istituzionale e operativo della sicurezza cibernetica a livello europeo. Ritiene al riguardo che, oltre alla relazione sullo stato della sicurezza informatica nell’Unione su base biennale, tale organismo debba pubblicare online informazioni periodiche e aggiornate sugli incidenti di sicurezza informatica, oltre ad avvisi settoriali, così da fornire un ulteriore, utile strumento informativo per consentire ai soggetti riguardati dalla NIS 2 di meglio proteggere le proprie imprese.

1.9.

Il CESE condivide la proposta di affidare ad ENISA il compito di istituire un registro europeo delle vulnerabilità e ritiene che la comunicazione relativa alle vulnerabilità e agli incidenti più rilevanti debba essere resa obbligatoria, anziché volontaria, così da diventare strumento utile anche per gli enti aggiudicatori nell’ambito delle procedure d’appalto a livello europeo, compresi i prodotti e le tecnologie per il 5G.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il 16 dicembre 2020 è stata presentata la nuova strategia dell’UE per la cibersicurezza insieme a due proposte legislative: la revisione della direttiva (UE) 2016/1148 (1) sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi (NIS 2) e una nuova direttiva sulla resilienza dei soggetti critici (CER). La strategia, elemento chiave della comunicazione «Plasmare il futuro digitale dell’Europa» (2), del piano per la ripresa dell’Europa e della strategia dell’UE per l’Unione della sicurezza, è volta a rafforzare la resilienza collettiva dell’Europa contro le minacce informatiche e a garantire che tutti i cittadini e le imprese possano beneficiare di servizi e strumenti digitali affidabili e sicuri.

2.2.

Le misure esistenti a livello UE volte a proteggere i servizi e le infrastrutture critiche da rischi informatici e fisici devono essere aggiornate. I rischi legati alla sicurezza informatica continuano ad evolversi con l’aumentare della digitalizzazione e dell’interconnessione. Di qui la necessità di rivedere il quadro normativo vigente seguendo la logica della strategia dell’UE per la sicurezza, superando la dicotomia tra online e offline e un approccio basato su rigide compartimentazioni.

2.3.

Le due proposte di direttiva riguardano un’ampia serie di settori e affrontano i rischi attuali e futuri, online e offline, derivanti dagli attacchi informatici e criminali, dalle catastrofi naturali e dagli altri incidenti anche traendo spunto dalla lezione della pandemia in corso, che ha evidenziato come società ed economie vieppiù dipendenti da soluzioni digitali siano vulnerabili ed esposte a ciberminacce in crescita e in rapida evoluzione, in particolare per i gruppi a rischio di esclusione sociale, quali i disabili. Questo ha indotto l’UE a proporre un intervento volto a salvaguardare un ciberspazio globale e aperto ma basato su solide garanzie di sicurezza, sovranità tecnologica e leadership, sviluppando capacità operative atte a prevenire, scoraggiare e rispondere con maggiore cooperazione alle eventuali minacce, nel rispetto delle prerogative di sicurezza nazionale affidate agli Stati membri.

3.   La proposta di revisione della direttiva sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi

3.1.

La direttiva NIS (UE) 2016/1148, primo strumento normativo «orizzontale» dell’UE in tema di cibersicurezza, aveva come obiettivo quello di migliorare la resilienza dei sistemi di rete e di informazione nell’Unione contro i rischi cibernetici. Nonostante i buoni risultati raggiunti, la direttiva NIS ha tuttavia evidenziato alcuni limiti, laddove la trasformazione digitale della società, intensificata dalla crisi di COVID-19, ha ampliato il panorama delle minacce accentuando la vulnerabilità delle nostre società, sempre più interdipendenti di fronte a rischi rilevanti e imprevisti. Sono emerse nuove sfide, che richiedono risposte adeguate e innovative. Le risultanze dell’ampia consultazione svolta con le parti interessate ha messo in luce l’insufficiente livello di cibersicurezza in capo alle imprese europee, l’applicazione incoerente delle regole da parte degli Stati nei vari settori e la carente comprensione delle principali minacce e sfide.

3.2.

La proposta di NIS 2 è strettamente collegata ad altre due iniziative: la proposta di regolamento sul settore finanziario digitale (Digital Operational Resilience Act, DORA) e la proposta di direttiva sui soggetti critici (CER), che estende a nuovi settori il campo di applicazione della direttiva 2008/114/CE (3), relativa a energia e trasporti, focalizzandosi per esempio sul settore sanitario e sugli enti che svolgono attività di ricerca e sviluppo dei medicinali. La CER, il cui campo di applicazione settoriale è identico a quello della NIS 2 per le entità essenziali (allegato 1 della NIS 2), sposta il suo focus dalla protezione degli asset fisici alla resilienza dei soggetti che li gestiscono e passa dall’identificazione delle infrastrutture critiche europee con dimensione transfrontaliera all’identificazione delle infrastrutture critiche a livello nazionale. La NIS 2 è altresì coerente e complementare ad altri strumenti normativi vigenti, quali il codice europeo delle comunicazioni elettroniche, il regolamento generale sulla protezione dei dati personali e il regolamento eIDAS in tema di identificazione elettronica e servizi fiduciari.

3.3.

La proposta di direttiva NIS 2, in conformità al programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione (REFIT), intende ridurre gli oneri normativi per le autorità competenti e i costi di conformità per i soggetti pubblici e privati e modernizza il quadro giuridico di riferimento. Inoltre, rafforza i requisiti di sicurezza imposti alle imprese, affronta la questione della sicurezza delle catene di approvvigionamento, razionalizza gli obblighi di segnalazione, introduce misure di vigilanza più rigorose per le autorità nazionali e cerca di armonizzare i regimi sanzionatori negli Stati membri.

3.4.

La NIS 2 contribuisce altresì ad accrescere la condivisione delle informazioni e la cooperazione in materia di gestione delle crisi informatiche a livello nazionale ed europeo. Viene superata la distinzione tra operatori di servizi essenziali e fornitori di servizi digitali prevista dalla direttiva NIS. Il suo campo di applicazione include le imprese medio-grandi di settori individuati in base alla loro criticità per l’economia e la società. Tali entità, pubbliche o private, sono suddivise fra «essenziali» e «importanti», soggette a diversi regimi di vigilanza. È comunque lasciata agli Stati la possibilità di considerare anche entità minori che presentino elevati profili di rischio.

3.5.

È prevista una nuova rete di centri operativi di sicurezza a livello UE, guidati dall’intelligenza artificiale (AI), che costituiranno un vero e proprio «scudo di sicurezza cibernetica» in grado di rilevare i segnali di un attacco informatico con sufficiente anticipo così da poter intervenire prima che si verifichino danni. La rilevanza dell’intelligenza artificiale ai fini della sicurezza cibernetica è peraltro evidenziata anche nel rapporto sull’intelligenza artificiale (IA) della Commissione per la Sicurezza Nazionale (NSCAI) degli Stati Uniti presentato il 1o marzo 2021. Di conseguenza gli Stati membri e gli operatori delle infrastrutture critiche potranno accedere direttamente alle informazioni sulle minacce nel quadro di una rete europea di sicurezza sotto il profilo della «Threat Intelligence».

3.6.

La Commissione affronta altresì il problema della sicurezza delle «Supply Chains» e dei rapporti con i fornitori: gli Stati membri, in cooperazione con la Commissione ed ENISA, possono effettuare valutazioni coordinate dei rischi delle catene di approvvigionamento critiche, in base all’approccio adottato con successo per le reti 5G previsto dalla raccomandazione del 26 marzo 2019 (4).

3.7.

La proposta rafforza e razionalizza gli obblighi in materia di sicurezza e di rendicontazione per le imprese imponendo un approccio comune alla gestione dei rischi, con un elenco minimo di elementi di sicurezza di base da applicare. Sono previste disposizioni più precise sul processo di segnalazione degli incidenti, sul contenuto delle relazioni e sulle scadenze. Al riguardo la proposta delinea un approccio in due fasi: le imprese hanno 24 ore di tempo per presentare un primo rapporto sommario, seguito da quello finale dettagliato entro un mese.

3.8.

È previsto che gli Stati membri individuino autorità nazionali responsabili della gestione delle crisi, con piani specifici e una nuova rete per la cooperazione operativa, la «EU-Cyber Crises Liaison Organisation Network» («EU-CyCLONe»). Viene rafforzato il ruolo del gruppo di cooperazione nella definizione delle decisioni strategiche e creato un registro per le vulnerabilità scoperte nell’UE, gestito da ENISA; viene inoltre aumentata la condivisione delle informazioni e la cooperazione tra le autorità degli Stati membri, compresa quella operativa in materia di gestione delle crisi cibernetiche.

3.9.

Sono introdotte misure di vigilanza più rigorose per le autorità nazionali, requisiti di applicazione più severi e si mira ad armonizzare i regimi sanzionatori in tutti gli Stati membri.

3.10.

Al riguardo la proposta di direttiva stabilisce un elenco di sanzioni amministrative in caso di violazione degli obblighi di gestione dei rischi in materia di sicurezza informatica e comunicazione. Sono previste disposizioni sulla responsabilità delle persone fisiche che hanno posizioni di rappresentanza o dirigenza nelle società che rientrano nel campo di applicazione della direttiva. In tal senso la proposta migliora il modo in cui l’UE previene, gestisce e risponde agli incidenti e alle crisi su larga scala della sicurezza informatica, prevedendo responsabilità chiare, una pianificazione adeguata e una maggiore cooperazione a livello UE.

3.11.

Gli Stati membri sono messi in grado di vigilare congiuntamente sull’attuazione delle norme UE e si assistono reciprocamente in caso di problemi transfrontalieri, instaurano un dialogo più strutturato con il settore privato, coordinano la divulgazione delle vulnerabilità riscontrate nel software e nell’hardware commercializzati nel mercato interno, valutano in modo coordinato i rischi per la sicurezza e le minacce connesse alle nuove tecnologie, come avvenuto nel caso del 5G.

4.   La proposta di direttiva sulla resilienza dei soggetti critici

4.1.

L’UE ha istituito nel 2006 il programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche (EPCIP) e ha adottato nel 2008 la direttiva sulle infrastrutture critiche europee (ECI), che si applica ai settori dell’energia e dei trasporti. Sia la strategia dell’UE per l’Unione della sicurezza 2020-2025 (5) adottata dalla Commissione europea sia l’Agenda per la lotta al terrorismo recentemente adottata sottolineano l’importanza di garantire la resilienza delle infrastrutture critiche a fronte dei rischi fisici e digitali. Tuttavia, sia la valutazione effettuata nel 2019 circa l’attuazione della direttiva ECI sia le risultanze della valutazione d’impatto della proposta in esame hanno evidenziato che le misure europee e nazionali vigenti non garantiscono in misura sufficiente che gli operatori siano in grado di affrontare gli attuali rischi. Di qui gli inviti rivolti dal Consiglio e dal Parlamento alla Commissione affinché riveda l’attuale approccio alla protezione delle infrastrutture critiche.

4.2.

La strategia dell’UE per l’Unione della sicurezza adottata dalla Commissione il 24 luglio 2020 ha riconosciuto la crescente interconnessione e interdipendenza tra infrastrutture fisiche e digitali, sottolineando la necessità di un approccio più coerente e omogeneo tra la direttiva ECI e la direttiva NIS. In tal senso la proposta di direttiva (CER), il cui ambito di riferimento oggettivo è lo stesso della NIS 2 sulle entità essenziali, estende l’originario campo di applicazione della direttiva 2008/114/CE, limitato a energia e trasporti, ai settori di: banche, infrastrutture dei mercati finanziari, salute, acqua potabile, acque reflue, infrastrutture digitali, pubblica amministrazione e spazio, prevedendo altresì responsabilità chiare, una pianificazione adeguata e una maggiore cooperazione. Occorre al riguardo creare un quadro di riferimento per tutti i rischi e sostenere gli Stati membri nello sforzo di garantire che i soggetti critici siano in grado di prevenire, resistere, assorbire le conseguenze degli incidenti, indipendentemente dal fatto che i rischi derivino da pericoli naturali, incidenti, terrorismo, minacce interne o emergenze di salute pubblica come quella attuale.

4.3.

Ogni Stato membro è tenuto ad adottare una strategia nazionale per garantire la resilienza dei soggetti critici, a effettuare regolari valutazioni del rischio e, su questa base, a identificare i soggetti critici. I soggetti critici sono a loro volta tenuti ad effettuare valutazioni del rischio, adottare misure tecniche e organizzative adeguate ad aumentare la resilienza e segnalare alle autorità nazionali gli incidenti. I soggetti che forniscono servizi ad almeno un terzo degli Stati membri o in almeno un terzo di essi sono sottoposti a una sorveglianza specifica, che comprende specifiche missioni di assistenza ad essi rivolte organizzate dalla Commissione.

4.4.

La proposta di direttiva (CER) prevede diverse forme di sostegno in favore degli Stati membri e dei soggetti critici, una panoramica dei rischi a livello di UE, le migliori pratiche e metodologie, oltre a un’attività di formazione ed esercitazioni per testare la resilienza dei soggetti critici. Il sistema di cooperazione transfrontaliera prevede altresì un gruppo di esperti ad hoc, il gruppo per la resilienza dei soggetti critici, forum per la cooperazione strategica e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri.

5.   Proposte di modifica della proposta legislativa in esame

5.1.

Il CESE apprezza lo sforzo dispiegato dalla Commissione per aumentare la resilienza di entità pubbliche e private contro le minacce derivanti da attacchi cibernetici e fisici. Ciò assume un particolare significato e rilievo soprattutto alla luce della rapida trasformazione digitale indotta dall’emergenza COVID-19. Condivide altresì la necessità che, come indicato nella comunicazione «Plasmare il futuro digitale dell’Europa», l’Europa raccolga i benefici dell’era digitale e rafforzi la sua industria, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, e la sua capacità di innovazione in modo inclusivo, secondo una strategia basata su quattro pilastri: protezione dei dati, diritti fondamentali, sicurezza e cibersicurezza come prerequisiti essenziali per una società che si basa sul potere dei dati.

5.2.

Tuttavia, alla luce delle risultanze della valutazione di impatto e della consultazione che ha preceduto la proposta di NIS 2, considerato l’obiettivo più volte enfatizzato di evitare la frammentazione delle regole adottate a livello nazionale, come auspicato anche nella comunicazione del 4 ottobre 2017 sull’attuazione della direttiva NIS (6), il CESE rileva che non emergono le ragioni per le quali la Commissione non abbia ritenuto di proporre l’adozione di un regolamento al posto di una direttiva, neppure fra le opzioni considerate.

5.3.

Il CESE osserva che alcune previsioni delle due proposte di direttiva si sovrappongono in quanto strettamente collegate e complementari, trattando l’una in via prevalente profili di cibersicurezza, l’altra di sicurezza fisica. Si rileva peraltro che le entità critiche di cui alla CER riguardano gli stessi settori e coincidono con le entità «essenziali» di cui alla NIS 2 (7). A ciò si aggiunga la circostanza che tutte le entità critiche di cui alla CER sono soggette agli obblighi di cibersicurezza previsti dalla NIS 2. Le due proposte prevedono poi una serie di clausole ponte per assicurare il raccordo: disposizioni per una cooperazione rafforzata tra le autorità, scambio di informazioni sulle attività di supervisione, notifica alle autorità NIS 2 sull’identificazione dei soggetti critici ai sensi della CER, così come riunioni regolari dei rispettivi gruppi di cooperazione, almeno una volta all’anno. Le due proposte sono accomunate anche dalla stessa base giuridica, l’articolo 114 TFUE, finalizzato al funzionamento del mercato interno mediante il ravvicinamento delle norme nazionali, come interpretato ex multis dalla Corte di giustizia dell’UE nella sentenza relativa alla causa C-58/08, Vodafone e altri. Si chiede pertanto di valutare l’opportunità che le due proposte siano accorpate in un unico testo, per esigenze di semplificazione e concentrazione funzionale.

5.4.

Il CESE condivide l’approccio proposto di superare la distinzione fra operatori di servizi essenziali e fornitori di servizi digitali di cui alla NIS originaria, tuttavia evidenzia l’opportunità che siano fornite, con riferimento al suo campo di applicazione, più precise e chiare indicazioni per l’individuazione dei soggetti tenuti al rispetto della direttiva. Infatti, oltre ai riferimenti contenuti negli allegati I e II, la NIS 2 richiama una serie di criteri, fra loro disomogenei, che implicano delicate valutazioni di carattere qualitativo e quantitativo suscettibili di applicazione differenziata a livello nazionale, con il rischio di riproporre la situazione frammentata che si intendeva evitare con l’intervento normativo in esame. Appare infatti importante evitare che approcci disallineati a livello nazionale si traducano in ostacoli alla concorrenza e alla libera circolazione di beni e servizi, con il rischio di pregiudicare le imprese e compromettere gli scambi commerciali.

5.5.

La NIS 2 prevede che gli operatori critici nei settori considerati «essenziali» dalla proposta in esame siano anche soggetti a obblighi generali di rafforzamento della resilienza, con particolare attenzione ai rischi non cibernetici ai sensi della CER. Tuttavia, quest’ultima indica espressamente che la stessa non si applica alle materie riguardate dalla NIS 2. La CER prevede infatti che, poiché la sicurezza informatica è sufficientemente trattata nella direttiva NIS 2, le materie da essa disciplinate dovrebbero essere escluse dall’ambito di applicazione della stessa, fatto salvo il regime particolare per i soggetti del settore delle infrastrutture digitali. La CER prosegue poi rilevando che i soggetti appartenenti al settore delle infrastrutture digitali si basano essenzialmente su sistemi di rete e di informazione e rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva NIS 2, che affronta anche la sicurezza fisica di tali sistemi come parte dei loro obblighi di gestione del rischio di sicurezza informatica e di segnalazione. Al contempo la CER indica che non è escluso che ad essi possano applicarsi specifiche disposizioni della stessa.

5.6.

In questo quadro complesso il CESE ritiene pertanto indispensabile che la Commissione chiarisca con precisione l’ambito di applicazione dei due plessi normativi, soprattutto laddove le previsioni concorrono per disciplinare la medesima fattispecie o lo stesso soggetto.

5.7.

La chiarezza di ogni previsione normativa, vieppiù inserita in testi ampi e articolati come quelli in esame, deve costituire un obiettivo irrinunciabile, ad ogni livello, insieme a quelli di ridurre la burocrazia e la frammentazione semplificando i processi, i requisiti di sicurezza e gli obblighi di notifica degli incidenti. Occorre altresì evitare che la moltiplicazione degli organismi preposti a specifici compiti comprometta la chiara individuazione delle loro competenze, vanificando gli obiettivi perseguiti. Anche per tale ragione potrebbe rendersi opportuno, a beneficio di cittadini e imprese, accorpare in un unico testo le due proposte di direttiva, evitando un talora complicato esercizio di interpretazione e applicazione.

5.8.

In diversi casi nella NIS 2 sono richiamate previsioni di altri strumenti giuridici, come nel caso della direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche, la cui applicazione è regolata dal criterio di specialità. Alcune previsioni di tale citata direttiva sono espressamente abrogate (gli articoli 40 e 41), mentre altre debbono applicarsi alla stregua del suddetto principio, senza fornire chiarimenti al riguardo. Su tale punto il CESE auspica che sia dissipato ogni dubbio, al fine di evitare problemi in sede interpretativa. Con riferimento al sistema sanzionatorio, il CESE condivide peraltro l’obiettivo della Commissione di armonizzare il loro regime in caso di non conformità nella gestione dei rischi, nel contesto di una migliore condivisione delle informazioni e della cooperazione a livello dell’UE.

5.9.

Il CESE riconosce il ruolo essenziale, evidenziato dalla proposta di direttiva, degli organi di gestione delle entità «essenziali» e «importanti» nella strategia di sicurezza cibernetica e nella gestione del rischio, in quanto tenuti ad approvare le misure di gestione del rischio, sovraintendere alla loro attuazione e rispondere dell’eventuale non conformità. Al riguardo è previsto che i membri di tali organi debbano seguire specifici corsi di formazione, su base regolare, al fine di acquisire conoscenze e competenze sufficienti per conoscere, gestire i vari rischi di carattere cibernetico e valutarne l’impatto. Tuttavia si ritiene che la proposta debba indicare quale sia il contenuto di tali conoscenze e competenze, così da fornire una guida a livello europeo su quali competenze formative siano considerate adeguate per rispondere ai requisiti indicati nella proposta, ad evitare che i requisiti e i contenuti dei corsi di formazione siano diversi a seconda del paese.

5.10.

Il CESE condivide l’importanza del ruolo rivestito da ENISA nel complessivo assetto istituzionale e operativo della sicurezza cibernetica a livello europeo. Al riguardo ritiene che, oltre alla relazione sullo stato della sicurezza informatica nell’Unione, tale organismo debba pubblicare online informazioni aggiornate sugli incidenti di sicurezza informatica e avvisi settoriali, così da fornire un utile strumento di informazione per consentire ai soggetti riguardati dalla NIS 2 di meglio proteggere le proprie imprese.

5.11.

Il CESE concorda nel ritenere che l’accesso a informazioni corrette e tempestive sulle vulnerabilità che riguardano i prodotti e i servizi ICT contribuisca a una migliore gestione del rischio di sicurezza informatica. A tale riguardo, le fonti di informazioni pubblicamente disponibili sulle vulnerabilità rappresentano uno strumento importante per le autorità nazionali competenti, i CSIRT, le imprese e gli utenti. Per questo motivo, il CESE condivide la proposta di affidare ad ENISA il compito di istituire un registro europeo delle vulnerabilità a cui i soggetti essenziali e importanti e i loro fornitori possano comunicare le informazioni, così da consentire agli utenti di adottare le adeguate misure di attenuazione. Ritiene peraltro che tale comunicazione, per quanto riguarda le vulnerabilità e gli incidenti più rilevanti, debba essere resa obbligatoria, anziché volontaria, così da diventare strumento utile anche per gli enti aggiudicatori nell’ambito delle varie procedure d’appalto a livello europeo, compresi i prodotti e le tecnologie per il 5G. Tale registro conterrebbe in tal caso elementi utilizzabili in sede di valutazione delle offerte, ai fini della verifica circa la qualità delle stesse e l’affidabilità dei contraenti europei ed extra-europei, sotto il profilo della sicurezza dei prodotti e servizi oggetto della gara, in linea con quanto indicato nella raccomandazione sulla cibersicurezza delle reti 5G del 26 marzo 2019. Il registro dovrebbe anche garantire che le informazioni in esso contenute siano rese disponibili in modo tale da evitare ogni tipo di discriminazione.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU L 194 del 19.7.2016, pag. 1

(2)  COM(2020) 67 final

(3)  GU L 345 del 23.12.2008, pag. 75

(4)  GU L 88 del 29.3.2019, pag. 42

(5)  COM(2020) 605 final

(6)  COM(2017) 476 final

(7)  Allegato 1(GU L 194 del 19.7.2016, pag. 1).

(8)  GU L 321 del 17.12.2018, pag. 36


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/176


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — I media europei nel decennio digitale: un piano d’azione per sostenere la ripresa e la trasformazione»

[COM(2020) 784 final]

(2021/C 286/29)

Relatrice:

Elena-Alexandra CALISTRU

Consultazione

Commissione europea, 24.2.2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

14.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

241/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il piano d’azione della Commissione e gli sforzi compiuti attraverso vari strumenti per creare un ambiente libero, variegato e dinamico nel mercato dei media; si compiace altresì che si riconosca che tale mercato è cruciale non solo per rafforzare società aperte e democratiche, ma anche per stimolare la diversità culturale dell’Europa.

1.2.

Il CESE esprime apprezzamento per il fatto che venga riconosciuto che la cultura e l’ecosistema creativo, cui appartengono i settori dei media e dell’audiovisivo, sono stati colpiti dalla pandemia e hanno pertanto bisogno di un intervento immediato. La ripresa economica e la competitività dell’industria sono un presupposto per media sani, indipendenti e pluralisti, che a loro volta sono fondamentali per la nostra democrazia. Il CESE condivide l’accento posto sul fatto che le imprese del settore dei media sono al tempo stesso un settore economico e un bene pubblico fondamentale per offrire ai cittadini informazioni accurate e consentire il buon funzionamento della democrazia.

1.3.

In assenza di una forte risposta strategica e di un sostegno finanziario consistente, la combinazione delle tendenze di fondo con la crisi COVID-19 potrebbe pregiudicare la resilienza del settore dei media in Europa e il suo ruolo democratico. Il CESE condivide la preoccupazione della Commissione secondo cui ne potrebbe risultare un indebolimento della diversità culturale e del pluralismo dei media in Europa, e plaude all’impegno della Commissione per l’introduzione di misure da attuare in stretta collaborazione con gli Stati membri, il Parlamento europeo, l’industria dei media e tutte le parti interessate. Il CESE desidera tuttavia sottolineare che è essenziale che gli Stati membri facciano tutto quanto in loro potere per far passare queste misure dallo stadio della possibilità a quello della realtà concreta, collaborando per il rafforzamento dei media e della democrazia.

1.4.

Il CESE apprezza che la comunicazione abbia un triplice obiettivo, ossia accelerare la ripresa del settore dei media, sveltirne la trasformazione e aumentarne la resilienza. Occorre adottare misure per affrontare le sfide strutturali che interessano le industrie dei mezzi di informazione e degli audiovisivi, oltre che per promuovere un contesto favorevole in cui i media e la società civile possano partecipare a un dibattito aperto, libero da interferenze dannose e immune dalla disinformazione.

1.5.

Il CESE auspica che il piano sia più strettamente legato alle realtà sociali e alle caratteristiche specifiche del settore. In particolare, per quanto concerne il panorama dei media e dell’industria audiovisiva, gli interventi dovrebbero tenere conto delle reali differenze esistenti non solo tra i singoli Stati membri, ma anche al loro interno in termini di capacità ed esigenze dei media locali e nazionali. Gli strumenti finanziari dovrebbero essere trasparenti, accessibili e inclusivi per tutti i soggetti che assicurano la diversità dell’industria europea dei media e dell’audiovisivo, e dovrebbero anche garantire un sostegno maggiore ai media locali e alle imprese in fase di avviamento (start-up) del settore dei media.

1.6.

Il CESE chiede che le parti sociali e la società civile siano coinvolte nell’attuazione delle azioni volte a dare maggiori strumenti ai cittadini, riconoscendone il ruolo nella promozione dei valori della democrazia, nel rafforzamento della libertà dei media e nella lotta alla disinformazione attraverso l’alfabetizzazione mediatica. Per avere successo, il piano deve riuscire a coinvolgere tutte le parti interessate nell’ottica non solo di riconoscere l’importanza dei media per i valori democratici dell’Europa, ma anche di dotare i cittadini delle competenze necessarie per riconoscere e utilizzare l’informazione e la cultura audiovisiva che promuovono questi stessi valori. Per sostenere gli sforzi di alfabetizzazione mediatica, si possono utilizzare relazioni periodiche come quelle sulla lotta contro le campagne di disinformazione.

2.   Sintesi della comunicazione della Commissione

2.1.

La comunicazione della Commissione riguarda principalmente il settore dei mezzi di informazione (compresi stampa cartacea e online, radio e servizi audiovisivi) e il settore culturale dell’audiovisivo, in particolare cinema, televisione, radio e streaming video, nonché videogiochi e formati innovativi, come le esperienze di realtà virtuale.

2.2.

Nella comunicazione in esame la Commissione presenta un documento di riferimento per un piano d’azione in cui sono definite varie iniziative volte ad aiutare la ripresa e la trasformazione dei settori europei dell’informazione e dell’audiovisivo. Questi settori, che sono stati duramente colpiti dalla crisi COVID-19, sono essenziali per la democrazia, la diversità culturale e l’autonomia digitale dell’Europa.

2.3.

I settori dei mezzi di informazione e degli audiovisivi in Europa sono stati inoltre fondamentali per tenere le persone informate e intrattenerle durante la pandemia di COVID-19. La domanda di informazioni e notizie verificate è aumentata notevolmente, mentre film, serie e videogiochi sono stati la principale fonte di intrattenimento culturale durante i mesi di confinamento.

2.4.

La comunicazione verte su tre temi:

a)

ripresa: cosa intende fare la Commissione per aiutare le imprese del settore dei media e degli audiovisivi a superare le attuali difficoltà e per fornire liquidità e sostegno finanziario;

b)

trasformazione: fare fronte ai problemi di carattere strutturale aiutando l’industria ad affrontare la duplice transizione connessa ai cambiamenti climatici e alla digitalizzazione nel contesto di un’agguerrita concorrenza globale;

c)

maggiori strumenti e capacità: creare le condizioni che consentano una maggiore innovazione nel settore, garantendo al contempo una reale parità di condizioni e dotando i cittadini di maggiori strumenti per accedere ai contenuti più facilmente e prendere decisioni informate.

2.5.

Il piano d’azione è inquadrabile negli sforzi più generali della Commissione volti a mettere a punto una serie di iniziative per contribuire a plasmare il futuro digitale dell’Europa, ed è una delle iniziative riguardanti il pilastro relativo a una società aperta, democratica e sostenibile.

2.6.

La comunicazione viene inoltre a completare il piano d’azione per la democrazia europea e si basa sul quadro istituito dalla direttiva sui servizi di media audiovisivi (direttiva AVMS), recentemente riveduta, e sulla riforma del diritto d’autore. Essa va inoltre intesa in rapporto con le norme stabilite nel combinato disposto formato dalla legge sui servizi digitali e dalla legge sui mercati digitali.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore l’approccio onnicomprensivo adottato in rapporto alle misure necessarie sia ad assicurare un ambiente migliore per i giornalisti che a promuovere l’alfabetizzazione mediatica. Andrebbe pertanto indicato più chiaramente in che modo la comunicazione completa il piano d’azione per la democrazia europea, anche per quanto riguarda l’assegnazione del sostegno finanziario.

3.2.

I documenti pertinenti dovrebbero essere attentamente e integralmente collegati l’uno con l’altro, anche segnalando con maggiore attenzione le misure definite nelle proposte della Commissione riguardanti la legge sui servizi digitali, la legge sui mercati digitali e l’agenda europea dei consumatori, in quanto la tabella di marcia per i media sottolinea l’impatto della trasformazione digitale, anche sul piano del rafforzamento della competitività dei media europei (1).

3.3.

Il CESE esprime apprezzamento per la concretezza della struttura e degli strumenti proposti, e ritiene che essi possano fornire non solo una risposta immediata alla necessità di riprendersi dalla crisi tramite l’agevolazione e l’ampliamento dell’accesso ai finanziamenti, ma anche una risposta in una prospettiva di più lungo termine, che si rende necessaria per l’accento posto sulla trasformazione innescata dall’impulso all’investimento nella duplice transizione dovuta ai cambiamenti climatici e alla digitalizzazione. È tuttavia necessario creare un ambiente favorevole affinché i media possano sperimentare nuovi modelli di finanziamento. In assenza di fondi che consentano un approccio basato su tentativi ed errori, l’innovazione in questo campo stenterà a imporsi. Attualmente non esistono modelli standard che potrebbero essere introdotti, ma solo singoli casi di successo relativi a specifiche imprese del settore dei media che sono riuscite a rendersi sostenibili.

3.4.

Per quanto riguarda il settore dei mezzi di informazione, il CESE osserva che il piano d’azione comprende misure volte a gestire le sfide poste da un mercato digitale in cui la maggior parte degli introiti pubblicitari è assorbita dalle piattaforme digitali globali. I meccanismi finanziari proposti sono quanto mai diversi, eppure esiste il rischio di un approccio unico per tutti, che potrebbe portare a disomogeneità tra gli Stati membri e persino al loro interno (ossia tra il livello nazionale e quello locale). Occorre tener conto della diversa capacità dei mezzi di informazione locali di accedere a strumenti finanziari complessi.

3.5.

Il CESE sottolinea la necessità di intervenire per far fronte al pericolo della frammentazione (2). Le misure più importanti per il settore audiovisivo sono pensate in funzione di questa sfida, imputabile non solo alla pressione esercitata dalle piattaforme online, ma anche al fatto che il settore si rivolge quasi esclusivamente al pubblico nazionale. Sono necessarie misure coraggiose per consentire ai soggetti europei di investire in contenuti e talenti, oltre che nella promozione, distribuzione, innovazione e tecnologia in tutta l’UE.

3.6.

In quanto assemblea che rappresenta la società civile, il CESE ha più volte sottolineato (3) che, se da un lato il futuro digitale dell’Europa dipende da un approccio incentrato sulle persone, dall’altro, il pensiero critico e l’alfabetizzazione mediatica rivestono un’importanza cruciale (4). Il CESE mette nuovamente in evidenza che la trasformazione digitale dei media non sarà possibile se il pubblico non è preparato a tale trasformazione; per questo motivo, è essenziale promuovere l’alfabetizzazione mediatica e l’educazione civica.

3.7.

Il CESE tiene inoltre a sottolineare che l’inclusione e l’accessibilità sono fattori essenziali da tener presenti in tutti gli aspetti della strategia: dalle disposizioni per l’ottenimento dei fondi alle soluzioni tecniche per richiederli e per uno spazio di dati per i media (MEDIA Data Space) fino alle piattaforme per la fruizione di contenuti audiovisivi ed educativi, alla responsabilizzazione e al funzionamento del mercato europeo dei media.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Le azioni a sostegno della ripresa comprendono programmi di finanziamento con un impatto diretto sui media, ma solo alcuni dei meccanismi di finanziamento previsti sono permanenti, prevedibili e accessibili per tutta la durata del piano d’azione. Le misure proposte devono essere adattate per garantire finanziamenti essenziali alla realizzazione delle priorità, in aggiunta ai fondi temporaneamente disponibili o la cui erogazione è a discrezione degli Stati membri. Ad esempio, il programma Europa creativa, che sarà accessibile per l’intera durata del quadro finanziario pluriennale, comprenderà per la prima volta misure incentrate sulla libertà e il pluralismo dei media, sul giornalismo e sull’alfabetizzazione mediatica. Le altre fonti di finanziamento proposte sono tuttavia temporanee (ad esempio, lo strumento SURE), oppure gli Stati membri possono scegliere di non utilizzarle (i fondi strutturali).

4.2.

L’azione 1 propone un accesso più agevole al sostegno dell’UE attraverso uno strumento interattivo che fornirà orientamenti su come richiedere il pertinente sostegno dell’Unione durante il quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e attraverso i piani nazionali per la ripresa e la resilienza. Si tratta di un’idea eccellente che faciliterà la ricerca delle informazioni e ottimizzerà i processi di finanziamento dei media. Questa idea deve tuttavia essere accompagnata da un meccanismo che consenta agli Stati membri di inviare informazioni in tempo reale, in modo che il portale disponga delle informazioni necessarie al momento opportuno.

4.3.

L’azione 2 riguarda l’iniziativa MEDIA INVEST, volta a stimolare gli investimenti nell’industria audiovisiva. Si tratta di un’apposita piattaforma per gli investimenti azionari che è stata pensata per promuovere le produzioni audiovisive e le strategie di distribuzione europee. Secondo il CESE, gli investimenti dovranno aumentare in misura notevole e dovranno andare di pari passo con una maggiore attenzione per l’innovazione, se la finalità perseguita è anche quella di rendere le imprese audiovisive europee più competitive in un mercato mondiale sempre più aggressivo. Inoltre, nel contesto della crisi COVID-19, il CESE raccomanda la creazione di un fondo di assicurazione europeo per la produzione audiovisiva.

4.4.

L’azione 3 concerne l’iniziativa NEWS, che punta a raggruppare azioni e misure di sostegno per il settore dei mezzi di informazione. L’ampia gamma degli strumenti disponibili è peraltro significativa. Bisogna tuttavia considerare che questi meccanismi di sostegno dovrebbero essere adattati alle caratteristiche specifiche del settore, offrendo opportunità sia alle imprese in fase di avviamento (start-up) del settore dei media (indipendentemente dalla loro struttura giuridica) che ai giornalisti freelance.

4.5.

I media locali e le imprese in fase di avviamento di questo settore, poiché non dispongono delle capacità per chiedere questo tipo di finanziamenti, vanno aiutate in misura maggiore, attraverso strumenti facilmente accessibili ai piccoli media indipendenti che hanno più difficoltà a reperire risorse finanziarie. Se i finanziamenti venissero convogliati attraverso le associazioni professionali, i media di piccole dimensioni potrebbero accedere più facilmente al sostegno di cui hanno bisogno. In alcuni Stati membri il mercato dei media, in particolare quello locale, è debole e vulnerabile e pertanto gli investitori potrebbero non considerarlo un’opportunità. Vanno quindi trovate delle soluzioni che consentano alle imprese locali di questo settore di diversificare i loro flussi di reddito e rafforzare la loro posizione di mercato, senza passare a dipendere da investitori esterni che potrebbero sottovalutare la redditività potenziale degli investimenti in questi mercati di valore modesto.

4.6.

I meccanismi di sostegno finanziario devono essere accompagnati da opportune misure nel piano d’azione per la democrazia europea, al fine di assicurarne la coerenza con la promozione dei valori della democrazia, il rafforzamento della libertà dei media e la lotta alla disinformazione. Allo stesso scopo, pur apprezzando la diversità e l’innovazione degli strumenti finanziari proposti, il CESE sottolinea la necessità non solo di assicurare la trasparenza degli investimenti pubblici e privati, dei fondi, delle fondazioni e di qualsiasi altra assetto proprietario dei media, ma anche di garantire che essi non concorrano a un fenomeno di iperconcentrazione e non siano portatori di una specifica istanza politica o ideologica.

4.7.

L’azione 4 riguarda l’introduzione di azioni incentrate sulla trasformazione dell’industria, al fine di stimolare l’innovazione attraverso uno spazio europeo di dati per i media e di incoraggiare nuovi modelli di business. Come in altri pareri (5), il CESE concorda sulla necessità di creare un autentico mercato unico europeo dei dati, ossia uno spazio europeo dei dati basato su norme e valori europei, anche nel settore dei media. Le misure in questo campo devono tener conto della necessità di rafforzare la capacità dell’industria di passare verso un modello di media sempre più basato sui dati, dato che vi sono notevoli differenze in questo settore. Il CESE si preoccupa tuttavia per la necessità di fare in modo che vengano garantiti i diritti degli utenti che forniscono dati per questo mercato europeo, e al tempo stesso sottolinea, in linea con quanto affermato da diverse organizzazioni europee dei consumatori, che gli utenti devono ottenere un equo compenso per l’utilizzo dei loro dati.

4.8.

Le altre misure previste nel quadro di riferimento sono coerenti con gli sforzi volti a realizzare la trasformazione digitale ed economica, e dovrebbero essere considerate nel contesto più ampio delle azioni in tali settori. L’azione 5 punta a promuovere una coalizione industriale di realtà virtuale e aumentata europea, mentre l’azione 6 promuove il passaggio verso un settore audiovisivo climaticamente neutro attraverso lo scambio strutturato delle prassi migliori. Il CESE richiama l’attenzione sulla necessità di investire nella formazione professionale (6) e di rafforzare l’industria al fine di assicurare che le competenze siano adeguate a tali questioni fondamentali.

4.9.

Le misure volte ad assicurare maggiori strumenti e capacità pongono l’accento sulla necessità di porre gli europei al centro del decennio digitale. L’azione 7 mira ad aumentare la disponibilità di contenuti audiovisivi in tutta l’UE attraverso un dialogo con l’industria audiovisiva e la società civile, al fine di concordare le misure volte sia a migliorare l’accesso ai contenuti audiovisivi e la loro disponibilità a livello transfrontaliero nell’UE che a eliminare le restrizioni geografiche nell’accesso ai contenuti digitali dovute al geoblocco. Il CESE accoglie favorevolmente l’avvio di questo dialogo, che dovrà tenere conto della necessaria protezione del diritto d’autore e dei vincoli di finanziamento dell’industria audiovisiva.

4.10.

Il CESE accoglie favore l’azione 8, che mira a promuovere i talenti europei nel settore dei media attraverso la formazione, il tutoraggio e il sostegno all’innovazione. Il CESE desidera tuttavia sottolineare che la struttura giuridica assunta dalle parti interessate del settore è variegata (lavoratori autonomi, enti senza scopo di lucro) e che bisogna assicurare l’accesso di tutti ai meccanismi.

4.11.

L’azione 9 punta a dotare i cittadini di maggiori strumenti. Tenuto conto dell’importanza dell’alfabetizzazione mediatica sia per le persone che per la democrazia, tale questione dovrebbe avere la priorità. In particolare, occorre sviluppare strumenti per combattere la proliferazione e la diffusione tanto della disinformazione quanto della cattiva informazione, che sono aumentate in modo preoccupante. È inoltre fondamentale assicurare che le misure stabilite nei documenti e nei piani pertinenti (7) siano coerenti, in particolare perché si tratta di settori nuovi con un grande flusso di informazioni, e gli Stati membri hanno bisogno di orientamenti chiari e di procedure coerenti.

4.12.

L’azione 10 apre la discussione sulla necessità di garantire il funzionamento del mercato europeo dei media tramite il rafforzamento del quadro di cooperazione tra le autorità europee di regolamentazione dei media all’interno del gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi (ERGA). Il CESE si compiace per l’importanza attribuita al coinvolgimento dei responsabili decisionali a livello degli Stati membri, in particolare nel contesto dell’applicazione della direttiva sui servizi di media audiovisivi, e incoraggia un approccio analogo per tutte le azioni elencate nel piano, in modo che costituiscano un’autentica tabella di marcia per il settore.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52018AE3902&from=IT

(2)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52016AE4519&from=IT

(3)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52020AE1188&from=IT

(4)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52018AE6302&from=IT

(5)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52020AE1188&from=IT

(6)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52017AE1813&from=IT

(7)  Compresi il piano d’azione europeo per la democrazia, il piano d’azione contro la disinformazione e il piano d’azione per l’istruzione digitale.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/181


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili — Verso un ambiente privo di sostanze tossiche»

[COM(2020) 667 final]

(2021/C 286/30)

Relatrice:

Maria NIKOLOPOULOU

Correlatore

John COMER

Consultazione

Commissione europea, 28/10/2020

Base giuridica

Articoli 192, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

15.4.2021

Adozione in sessione plenaria

27.4.2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

242/1/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia l’obiettivo della Commissione di procedere verso un ambiente privo di sostanze tossiche e garantire che le sostanze chimiche siano prodotte in modo da massimizzarne il contributo positivo a livello sociale e ridurne l’impatto ambientale.

1.2.

È necessario definire quali usi delle sostanze chimiche sono «essenziali» e delineare una metodologia chiara per rendere le sostanze chimiche «sicure e sostenibili fin dalla progettazione». In questo contesto, il CESE sottolinea che occorre individuare, valutare e classificare le «sostanze che destano preoccupazione» nella maniera più globale, univoca e semplificata affinché l’industria possa adeguarsi.

1.3.

Il CESE esprime compiacimento per il modo di vedere della Commissione secondo cui l’UE dovrebbe essere un leader mondiale nella produzione e nell’uso di sostanze chimiche sicure e sostenibili, e sottolinea l’importanza di garantire condizioni di parità negli accordi commerciali internazionali per le imprese, nonché di adottare misure a favore di una transizione giusta per tutti i cittadini dell’UE.

1.4.

Affinché la strategia possa avere successo, è necessario coinvolgere i cittadini e l’industria, adottare modi di pensare innovativi e praticare la trasparenza e il coinvolgimento nei processi decisionali.

1.5.

La strategia mira ad estendere l’approccio generico per la gestione del rischio ai prodotti di consumo contenenti sostanze chimiche pericolose quali agenti mutageni, cancerogeni o interferenti endocrini. Tuttavia, per facilitare il processo di adattamento dell’industria, occorre garantire l’equilibrio tra valutazione generica e valutazione del rischio.

1.6.

Il CESE chiede di rendere obbligatoria e di applicare un’adeguata e coerente etichettatura per l’intera catena di approvvigionamento, compresi i prodotti contenenti nanomateriali.

1.7.

Il CESE accoglie con favore gli sforzi volti a rafforzare l’autonomia strategica dell’UE, soprattutto per quanto riguarda le sostanze chimiche destinate ad usi sanitari, auspica lo stesso impegno in altri settori e chiede che sia presa in considerazione una revisione della politica industriale dell’UE, al fine di trasferire parte della produzione di sostanze chimiche essenziali negli Stati membri dell’Unione europea.

1.8.

Sottolinea l’importanza di rimediare alla carenza di dati chimici al fine di incentivare l’innovazione, rafforzare la fiducia dei consumatori ed effettuare valutazioni d’impatto adeguate. È essenziale poter disporre di banche dati accessibili e affidabili dei risultati della ricerca, rivedere i diritti di proprietà industriale e i brevetti che limitano l’accesso ai dati, e rafforzare il principio in base al quale no data, no market («nessun dato, nessun mercato»).

1.9.

Il CESE ritiene che affrontare la questione delle miscele chimiche costituisca un importante passo avanti nella valutazione del rischio delle sostanze chimiche. Tuttavia per colmare le attuali lacune conoscitive e far avanzare la valutazione e la gestione del settore delle miscele chimiche è fondamentale intensificare le attività di ricerca e sviluppo.

2.   La proposta della Commissione

2.1.

La strategia in esame rappresenta un’opportunità per conciliare l’importanza che le sostanze chimiche rivestono per la società con la salute umana e i limiti del pianeta, rispondendo alle legittime aspirazioni dei cittadini dell’UE a un elevato livello di protezione dalle sostanze chimiche pericolose, e per promuovere l’industria dell’UE quale leader mondiale nella produzione e nell’uso di sostanze chimiche sicure e sostenibili.

2.2.

Al fine di adoperarsi per un ambiente privo di sostanze tossiche, è stabilita una nuova gerarchia in materia di gestione delle sostanze chimiche volta a garantire, tra l’altro, l’uso di sostanze sicure e sostenibili, ridurre al minimo o sostituire le sostanze che destano preoccupazione, caratterizzate da un effetto cronico sulla salute umana e sull’ambiente, ed eliminare gradualmente quelle più nocive impiegate per usi non essenziali per la società, e in particolare nei prodotti di consumo.

Grafico

La gerarchia di misure per l’eliminazione delle sostanze tossiche — Una nuova gerarchia in materia di gestione delle sostanze chimiche

Image 1

2.3.   La strategia si concentra su cinque obiettivi principali

2.3.1.

Innovare per ottenere sostanze chimiche sicure e sostenibili nell’UE. Le misure proposte comprendono, tra l’altro, lo sviluppo di criteri UE in materia di sicurezza e sostenibilità fin dalla progettazione per le sostanze chimiche, l’adozione di requisiti giuridici sulla presenza di sostanze che destano preoccupazione nei prodotti mediante l’iniziativa sui prodotti sostenibili e l’introduzione di modifiche alla legislazione dell’UE sulle emissioni industriali per promuovere l’uso di sostanze chimiche più sicure da parte dell’industria dell’Unione.

2.3.2.

Rafforzare il quadro giuridico dell’UE, per affrontare preoccupazioni urgenti in materia di ambiente e di salute. Le azioni proposte sono finalizzate a proteggere consumatori e lavoratori evitando la presenza delle sostanze chimiche più nocive in tutti i prodotti di consumo, ad esempio i materiali a contatto con gli alimenti, i giocattoli, gli articoli di puericultura, i cosmetici, i detergenti, i mobili e i tessili. Particolare attenzione sarà riservata alle sostanze chimiche che possono causare tumori e mutazioni genetiche, incidono sulla riproduzione o sul sistema endocrino, o sono persistenti e bioaccumulabili. Questo stesso approccio si applicherà, alla fine, anche alle sostanze chimiche che incidono sui sistemi immunitario, neurologico o respiratorio e alle sostanze con effetti tossici su un organo specifico. Fino a quando non sarà adottato l’approccio generico per la gestione del rischio, le sostanze che presentano tutti i rischi elencati sopra saranno soggette in via prioritaria alle restrizioni, per tutti gli usi e mediante raggruppamento, anziché essere regolamentate una per una.

2.3.3.

Semplificare e consolidare le misure per migliorare il quadro giuridico. La proposta prevede anche l’istituzione del processo «una sostanza, una valutazione» per coordinare la valutazione dei pericoli/rischi delle sostanze chimiche in tutta la legislazione pertinente, rafforzare la governance dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche e migliorare la sostenibilità del suo modello di finanziamento. Inoltre, la strategia propone di apportare modifiche mirate ai regolamenti REACH (regolamento concernente la registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche) e CLP (regolamento relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio), modifiche che dovranno essere attuate in linea con i principi per legiferare meglio e, se del caso, essere oggetto di valutazioni, anche in termini d’impatto.

2.3.4.

Costruire una base di conoscenze completa sulle sostanze chimiche. Sarà sviluppato un sistema UE di allarme e intervento rapido per le sostanze chimiche, per garantire che le politiche dell’UE affrontino i nuovi rischi chimici non appena vengano individuati dalle attività di monitoraggio e ricerca, e sarà elaborato un quadro di indicatori per monitorare i fattori e gli impatti dell’inquinamento da sostanze chimiche e per valutare l’efficacia della pertinente legislazione.

2.3.5.

Dare l’esempio di una corretta gestione globale delle sostanze chimiche. Queste azioni mireranno a sostenere il rafforzamento delle capacità dei paesi terzi nel valutare e gestire le sostanze chimiche in modo corretto, e a garantire che le sostanze chimiche pericolose vietate nell’Unione europea non siano prodotte per l’esportazione.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Durante gli ultimi 50 anni, le sostanze chimiche sono diventate elementi centrali del nostro stile di vita e hanno contribuito in modo positivo alla nostra cultura e al progresso della società nel suo insieme, con una popolazione in costante crescita. Al tempo stesso, le sostanze chimiche – siano esse sintetiche o naturali – possono avere proprietà pericolose che comportano rischi per la salute umana e per l’ambiente.

Eppure, gli esseri umani dipendono sempre più da queste sostanze. Secondo quanto stimato dalle Nazioni Unite, la produzione di sostanze chimiche sarà aumentata sette volte più velocemente della popolazione mondiale tra il 1990 e il 2030.

3.2.

Dovremmo essere tutti d’accordo con il lodevole obiettivo di pervenire ad un ambiente privo di sostanze tossiche, come pure sul fatto che, a prescindere dalla difficoltà di raggiungerlo, non vi sono scuse per non impegnarsi a procedere in tale direzione. Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione di istituire a tal fine una tavola rotonda ad alto livello con tutte le parti interessate.

3.3.

Grandi quantità di sostanze chimiche pericolose continuano a riversarsi nell’ambiente da molte fonti, quali lo scarico delle acque reflue trattate o non trattate sia domestiche che industriali, le discariche, l’incenerimento e i processi di produzione e altro ancora, e possono diffondersi attraverso l’aria, il suolo e l’acqua, causandovi gravi danni (1).

3.4.

Vi sono molti problemi pregressi dovuti alla contaminazione chimica. Ad esempio, i polibromodifenileteri (PBDE) e altri ritardanti di fiamma migrano facilmente dai prodotti a cui sono aggiunti, come la schiuma di poliuretano, e di conseguenza contaminano l’aria e la polvere. Sebbene molti PBDE dannosi siano stati vietati, rimangono nell’ambiente a causa della loro persistenza nell’ambiente e del loro ampio utilizzo.

3.5.

Quando si sostituiscono tali sostanze chimiche pericolose, occorre avere la certezza che l’impatto della sostituzione comporti un miglioramento significativo. Ad esempio, il biodiesel da olio di palma, che contribuisce alla deforestazione, potrebbe avere effetti peggiori per l’ambiente rispetto all’utilizzo di combustibili fossili.

3.6.

Inoltre, le autorità di regolamentazione devono essere informate di, ed evitare, ogni tentativo di sostituire una sostanza chimica pericolosa con sostanze chimiche che hanno proprietà pericolose simili. Le PFAS (sostanze per- e polifluoro alchiliche), ad esempio, dovrebbero essere trattate come un gruppo anziché individualmente. Una nuova ricerca suggerisce che talune alternative alle PFAS ereditate potrebbero non essere più sicure di queste (2).

3.7.

Il CESE è preoccupato che le azioni di decontaminazione volte a ristabilire la salute umana e risanare l’ambiente possano non risultare sufficienti, in particolare per quanto riguarda le sostanze chimiche essenziali per le quali le alternative prive di sostanze tossiche non sono ancora disponibili o richiedono un processo di sviluppo a lungo termine, nonché le sostanze chimiche già in disuso ma che continuano ad essere motivo di grande preoccupazione a causa della loro persistenza nell’ambiente. Poiché sono ancora necessari notevoli sforzi per adottare delle strategie di decontaminazione, il CESE attende con interesse l’imminente «piano d’azione sull’inquinamento zero».

3.8.

Il CESE chiede di rendere obbligatoria e di applicare l’adeguata e coerente etichettatura per l’intera catena di approvvigionamento dei prodotti contenenti nanomateriali (giocattoli, biocidi, abbigliamento, pesticidi, farmaci, vernici, prodotti per l’infanzia ecc.).

3.9.

Il CESE si chiede inoltre se il calendario previsto per le diverse azioni da realizzare in parallelo sia realistico e fattibile, tenuto conto della necessità dell’industria di adattarsi gradualmente alla transizione senza gravi conseguenze negative sul piano sociale ed economico. Inoltre, occorre sostenere il rafforzamento delle capacità da parte delle autorità competenti, poiché ciò è essenziale per la corretta attuazione delle politiche aggiornate in programma.

3.10.

Nella strategia alcuni aspetti non sono considerati o non vengono adeguatamente spiegati, ad esempio il previsto bilancio energetico della transizione raccomandata nel settore delle sostanze chimiche, o le conseguenze tanto per i lavoratori europei quanto per le imprese grandi e piccole in Europa. I fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE) dovrebbero destinare delle risorse finanziarie per garantire un’attuazione efficace della strategia.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.   Innovare per ottenere sostanze chimiche sicure e sostenibili nell’UE

4.1.1.

È opinione comune che la transizione verso criteri in materia di sicurezza e sostenibilità fin dalla progettazione per le sostanze chimiche costituisca un imperativo sociale ed economico nell’ottica di facilitare la transizione verde e digitale dell’industria dell’UE. Si tratterà di una sfida immane e la ricerca necessaria per raccoglierla potrebbe avere costi molto elevati, ma offrirà anche alcuni vantaggi competitivi. Tuttavia, è possibile che si registrino delle conseguenze sotto forma di perdite di posti di lavoro e perdite economiche, dato che non tutte le imprese potrebbero essere in grado di adattarsi e non tutti i lavoratori potrebbero riuscire ad ottenere una riqualificazione professionale o un miglioramento del livello di competenze. Pertanto, è fondamentale adottare misure finanziarie e d’incentivazione per realizzare una transizione giusta, adoperandosi in particolare affinché i lavoratori non perdano il posto di lavoro o si vedano offrire un’alternativa praticabile, oltre che per sostenere investimenti e modelli aziendali innovativi.

4.1.2.

Nella strategia non sono presentate, infatti, misure per garantire un processo completo di adattamento dei lavoratori, come l’incentivazione e il finanziamento della riqualificazione e della formazione specialistica, al fine di scongiurare le perdite occupazionali. Preoccupa inoltre il modo in cui la distribuzione geografica dei settori industriali inciderà sull’impatto della strategia. Dovrebbero essere prese in considerazione le industrie che hanno sede nelle aree periferiche e l’elevato numero di PMI che operano nel settore.

4.1.3.

Il concetto di «sicurezza e sostenibilità fin dalla progettazione» di cui è prevista l’elaborazione desta preoccupazione tra le parti interessate. Per questo motivo, la definizione di questo concetto e le competenze adeguate per aumentarne la produzione dovrebbe basarsi sui criteri elaborati da tutte le parti interessate.

4.1.4.

Il processo di registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche è complesso e richiede competenze specialistiche, il che talvolta rappresenta una difficoltà per le PMI e implica in genere elevati costi amministrativi e di conformità alle norme. Per facilitare il completamento delle procedure di registrazione e di gestione del rischio normativo previste dai regolamenti REACH e CLP, tale processo dovrebbe essere semplificato o si potrebbero fornire degli incentivi per formare i non esperti in materia.

4.1.5.

Processi e tecnologie industriali innovativi e più puliti ridurranno l’impronta ambientale della produzione di sostanze chimiche, miglioreranno la commerciabilità e conseguiranno gli obiettivi di sviluppo sostenibile e l’iniziativa globale del Green Deal europeo. Questa transizione sarebbe resa possibile da linee guida di valutazione e dalla condivisione delle migliori pratiche in materia di progettazione e attuazione di processi e tecnologie industriali più puliti. Si devono prendere in considerazione le migliori tecnologie disponibili.

4.1.6.

La Commissione punta a ridurre al minimo la presenza di sostanze che destano preoccupazione nei materiali riciclati, introducendo requisiti e informazioni sul contenuto chimico e sull’uso sicuro nell’ambito dell’iniziativa sui prodotti sostenibili. Nei materiali riciclabili non si dovrebbe permettere che perduri l’utilizzo di prodotti chimici pericolosi in concentrazioni più elevate (3). È necessario individuare, valutare e classificare le «sostanze che destano preoccupazione» nella maniera più globale, univoca e semplificata per permettere all’industria di adeguarsi.

4.1.7.

Queste misure aumenteranno la fiducia dei consumatori e dei produttori nei confronti dei prodotti riciclati. La carenza di informazioni adeguate sul contenuto chimico dei prodotti fabbricati con materiali riciclati costituisce un problema e le restrizioni in materia di protezione dei dati potrebbero creare problemi al riguardo.

4.1.8.

La strategia preannuncia maggiori investimenti nelle tecnologie innovative. Ciò rappresenta una grande opportunità per promuovere la ricerca nel campo della valorizzazione dei prodotti di scarto industriali, in particolare dei rifiuti agroalimentari, il cui grande potenziale è stato ostacolato da investimenti insufficienti.

Tuttavia, i requisiti giuridici per i prodotti derivanti dalla valorizzazione dei rifiuti agroalimentari sono quasi trascurati nella strategia «dai campi alla tavola» e in quella in materia di sostanze chimiche sostenibili. Ad esempio, la presenza di residui farmaceutici nel letame animale trattato a fini di fertilizzazione, il riutilizzo delle acque reflue trattate per l’irrigazione delle colture e i residui di prodotti farmaceutici e di pesticidi, erbicidi e insetticidi nei rifiuti alimentari ottimizzati suscitano particolare preoccupazione, poiché queste sostanze bioattive potrebbero diffondersi nell’ambiente, causando effetti negativi sugli ecosistemi. Esse dovrebbero pertanto essere individuate, valutate e regolamentate. Gli esseri umani potrebbero subire effetti non solo attraverso l’esposizione diretta ma anche tramite il consumo, poiché le suddette sostanze potrebbero essere soggette a bioaccumulo e bioamplificazione lungo la catena alimentare.

4.1.9.

Le sostanze ritenute «preoccupanti» o che «destano preoccupazione» generano confusione tra i soggetti interessati. Spiegazioni sul tipo di requisiti da introdurre e sul relativo calendario di attuazione sarebbero utili per comprendere l’impatto di questa misura sui cicli di materiali attuali.

4.1.10.

Suscita preoccupazione il previsto bilancio energetico della transizione proposta nel settore delle sostanze chimiche. Alla luce del fatto che le principali trasformazioni richieste per i cicli dei materiali verdi sono processi fortemente endotermici (ad esempio separazione, riciclaggio, decontaminazione, conversione chimica), si prevede un aumento della domanda di energia. Inoltre, l’impronta di carbonio derivante dalla produzione di sostanze chimiche deve essere ridotta, poiché di solito è un processo ad alta intensità energetica.

4.1.11.

L’idrogeno ha un grande potenziale in tal senso, sia come fonte di energia che come agente di riduzione chimica nei processi idonei (ad esempio, per sostituire il carbonio come riduttore). Tuttavia, le pile a idrogeno si basano ancora sul platino, che è oneroso dal punto di vista economico ed ecologico. Si rende dunque necessaria un’attività di ricerca fondamentale nel settore chimico al fine di trovare alternative all’impiego del platino.

4.1.12.

La Commissione prevede una maggiore resilienza nella fornitura e sostenibilità delle sostanze chimiche utilizzate in applicazioni essenziali per la società dell’UE, rendendo l’Unione meno dipendente e migliorando la previsione strategica in materia di sostanze chimiche. Aumentare la resilienza delle sostanze chimiche destinate ad usi sanitari segnerà notevoli progressi per il mercato dell’UE e per l’industria delle sostanze chimiche utilizzate nel settore sanitario. Dobbiamo capire in che modo queste misure si applicherebbero ad altre sostanze chimiche destinate ad usi essenziali.

4.1.13.

I prodotti realizzati con materie prime importate da paesi terzi, ad esempio gli elementi delle terre rare (REE) ottenuti mediante attività di estrazione mineraria che presentano rischi ambientali e per la salute, sono diventati fondamentali per diverse tecnologie moderne, dai sistemi di difesa, i telefoni cellulari e i televisori alle lampadine a LED e alle turbine eoliche. Si pone dunque la questione di quali strategie adottare per contrastare la dipendenza da altre sostanze essenziali i cui processi produttivi si basano sull’approvvigionamento da paesi terzi.

4.1.14.

Il CESE s’interroga inoltre su come l’approccio improntato alla «sicurezza e sostenibilità fin dalla progettazione» sarà applicabile ai fornitori non UE, soggetti alle normative dei propri paesi in materia di sostanze chimiche. Poiché i limiti di questi criteri per la produzione di sostanze chimiche non sono ancora stati fissati, non è chiaro se il principio e le misure di valutazione si applicherebbero alle fonti di materie prime, indipendentemente dalla loro origine. Rimane da chiarire anche come le misure proposte saranno interconnesse e in equilibrio con le diverse politiche esistenti nei paesi terzi coinvolti nelle catene del valore delle sostanze chimiche dell’UE.

4.1.15.

Il CESE suggerisce, pertanto, di rivedere la strategia industriale dell’UE e di prendere in considerazione l’incentivazione della rilocalizzazione della produzione di sostanze chimiche negli Stati membri dell’UE. Ciò non solo rafforzerà l’autonomia strategica dell’UE, ma creerà anche nuovi posti di lavoro di qualità e agevolerà la realizzazione della strategia in materia di sostanze chimiche.

4.2.   Un quadro giuridico dell’UE più forte, per affrontare le preoccupazioni in materia di ambiente e salute

4.2.1.

Il CESE accoglie con favore l’obiettivo della Commissione di estendere l’approccio generico alla gestione del rischio. Tuttavia, dato che alcuni prodotti saranno soggetti a restrizioni, è necessario garantire la coerenza tra valutazione generica e valutazione specifica del rischio in tutte le sostanze chimiche, in modo da consentire all’industria di adeguarsi gradualmente.

4.2.2.

Il CESE plaude anche al ricorso al raggruppamento per affrontare la questione del regolamento sulle PFAS (sostanze per- e polifluoro alchiliche) e conviene quanto al fatto che potrebbe rendersi necessario aumentare il ricorso a strategie di raggruppamento per migliorare l’efficienza e l’efficacia della legislazione (4).

4.2.3.

La strategia proporrà nuove classi e criteri di pericolo nel regolamento CLP per affrontare appieno i problemi di tossicità ambientale, persistenza, mobilità e bioaccumulo. È importante che la valutazione degli effetti negativi delle sostanze chimiche sull’ambiente e l’assegnazione alle sostanze chimiche di differenti classi di pericolo siano effettuate in maniera completa e trasparente. I criteri di classificazione dovrebbero essere definiti in modo dettagliato, onde anticipare potenziali preoccupazioni in merito ad altri prodotti in fase di sviluppo.

4.2.4.

Per introdurre gli interferenti endocrini, le sostanze persistenti, mobili e tossiche e le sostanze molto persistenti e molto mobili come categorie di sostanze estremamente preoccupanti (Substances of Very High Concern — SVHC) è necessario basarsi su una valutazione e un’analisi complete e trasparenti. Inoltre, è necessaria una maggiore coerenza tra la classificazione delle sostanze SVHC del regolamento REACH e quella di altre normative europee (ad esempio la direttiva quadro dell’UE sulle acque).

4.2.5.

La strategia si concentra principalmente sugli interferenti endocrini (EDC) e sulle sostanze per- e polifluoro alchiliche (PFAS), e classifica come sostanze pericolose alcuni pesticidi, biocidi, prodotti farmaceutici, metalli pesanti, plastificanti e ritardanti di fiamma. Eppure, altre sostanze chimiche che destano preoccupazione, come i nanomateriali, sono a malapena menzionate. Benché queste sostanze siano contemplate nel regolamento REACH, si attende ancora una definizione dei nanomateriali e la loro regolamentazione rimane insufficiente (ad esempio, manca una regolamentazione sul rilascio dei nanomateriali nell’ambiente, non vi è alcuna limitazione della loro immissione sul mercato, occorre assicurare la trasparenza e l’istituzione di un registro UE per garantirne la tracciabilità dal produttore al consumatore).

4.2.6.

Alla luce delle prove ampiamente documentate dei rischi associati ad alcune famiglie di sostanze, l’UE non dovrebbe soltanto limitare, ma talvolta persino vietare l’uso di interferenti endocrini già identificati, quali bisfenolo e ftalati, nonché quello di sostanze chimiche prive di valore nutrizionale nei prodotti alimentari, come i nanomateriali.

4.2.7.

Le misure volte a promuovere e facilitare la sostituzione delle sostanze estremamente preoccupanti e di altri composti pericolosi potrebbero essere attuate attraverso un meccanismo finanziario (di tipo bonus/malus).

4.2.8.

Il fatto che le miscele ricevano un’attenzione particolare costituisce un importante passo avanti nella valutazione del rischio delle sostanze chimiche che destano preoccupazione e il CESE accoglie con favore il fatto che saranno trattate sia le miscele intenzionali che quelle non intenzionali. Tuttavia, le restanti lacune conoscitive riguardo alla tossicità delle miscele chimiche e all’esposizione a tali miscele e l’elevato numero di sostanze chimiche attualmente utilizzate inducono a presentare proposte quali quella di un ricorso sistematico al fattore di valutazione delle miscele (Mixture Assessment Factor — MAF) per le singole sostanze chimiche, al fine di affrontare il problema delle miscele non intenzionali. L’affidabilità del MAF nella valutazione del rischio chimico suscita però preoccupazione, in quanto non si tratta di un fattore specifico per scenario. Il CESE, pertanto, aderisce risolutamente alle priorità e alle raccomandazioni in materia di ricerca e sviluppo presentate nella relazione [SWD(2020) 250] (5) per consentire di valutare e gestire efficacemente le miscele chimiche.

4.3.   Semplificare e consolidare il quadro giuridico

4.3.1.

Il CESE approva l’approccio «una sostanza, una valutazione» da prendere in considerazione quale efficace sistema di valutazione della sicurezza delle sostanze chimiche.

4.3.2.

Un tale approccio semplificherà e accelererà il processo di approvazione, il che andrà a vantaggio dei produttori e faciliterà la ricerca e lo sviluppo di sostanze alternative prive di sostanze tossiche. Tuttavia, non dovrebbero essere ignorati i diversi effetti della stessa sostanza in circostanze diverse o anche quando viene combinata nelle miscele.

4.3.3.

Circa il 30 % dei casi di allerta relativi a prodotti pericolosi sul mercato riguarda rischi legati a sostanze chimiche e solo un terzo dei fascicoli di registrazione delle sostanze chimiche presentati dall’industria ai sensi del regolamento REACH è pienamente conforme agli obblighi in materia di comunicazione.

4.3.4.

L’approccio «tolleranza zero» in caso di non conformità e le azioni proposte per intensificare l’attuazione e il rispetto della legislazione sulle sostanze chimiche sono accolti con favore. Si raccomanda vivamente di applicare in modo adeguato il principio «nessun dato, nessun mercato» anziché consentire a prodotti e sostanze chimiche non regolamentati di essere presenti sul mercato.

4.3.5.

Inoltre, i dati relativi alle sostanze chimiche approvate per l’immissione sul mercato dovrebbero essere aggiornati a intervalli regolari dagli stessi dichiaranti, dal momento che per determinati aspetti le disposizioni del regolamento REACH sono inadeguate. Secondo la relazione sulla valutazione delle sostanze chimiche (6), per il 64 % delle sostanze esaminate (126 su 196) non si disponeva di informazioni atte a dimostrare la sicurezza delle sostanze chimiche commercializzate in Europa.

4.3.6.

Quasi il 90 % dei prodotti considerati pericolosi sono importati da paesi terzi. Si prevede che la produzione mondiale di sostanze chimiche continuerà ad aumentare. È probabile che l’UE e i paesi dell’OCSE si concentreranno sullo sviluppo e sulla produzione di prodotti chimici tecnologicamente avanzati, come i prodotti chimici speciali e per le scienze della vita. È probabile che i paesi dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia producano elevati volumi di prodotti chimici «di base». Questo comporterà considerevoli problemi per l’UE in termini di controlli alle frontiere e competitività economica. Saranno necessarie misure volte a garantire condizioni di parità per le imprese dell’UE nel quadro degli accordi di libero scambio.

4.3.7.

Il CESE accoglie positivamente le misure tese a rafforzare i controlli alle frontiere dell’UE e a migliorare la cooperazione con le piattaforme di vendita diretta online.

4.4.   Una base di conoscenze completa sulle sostanze chimiche

4.4.1.

Poiché l’UE non dispone di una banca dati completa di informazioni relative a tutte le sostanze, qualsiasi proposta riguardante azioni volte a migliorare la disponibilità di dati chimici è accolta con favore nella misura in cui è efficace.

4.4.2.

Dal punto di vista dell’industria, il discutibile sistema dei brevetti rende impossibile rivelare tutti gli aspetti dei prodotti brevettati sul mercato.

4.4.3.

Dal punto di vista scientifico, le limitazioni alla scienza aperta gratuita ostacolano il libero scambio di conoscenze e l’incontro tra sforzi e investimenti. Le norme in materia di protezione dei dati scientifici e i diritti di proprietà industriale privi di sufficiente fondamento limitano l’accessibilità a tutti i dati chimici rilevanti e di conseguenza l’innovazione.

4.4.4.

I conflitti relativi all’accessibilità dei dati dovrebbero essere affrontati e risolti includendo misure volte ad ampliare la disponibilità dei dati e a migliorarne la qualità. Ad esempio, si potrebbe creare un meccanismo in base al quale le industrie che importano nanomateriali destinati alla produzione finanzino la ricerca indipendente sul rischio di tali materiali laddove non vi siano adeguate conoscenze scientifiche in merito.

4.4.5.

La Commissione intende continuare a promuovere la ricerca e il (bio)monitoraggio per comprendere e prevenire i rischi legati alle sostanze chimiche e dare impulso all’innovazione nella valutazione dei rischi chimici e alle attività scientifico-regolamentari.

4.4.6.

Per promuovere l’innovazione attraverso la ricerca, la partecipazione dei lavoratori e il sostegno finanziario dovrebbero essere rivolti anche all’ottimizzazione delle migliori pratiche in materia di trasferimento delle conoscenze, sia industriali che scientifiche, garantendo un accesso facile e gratuito a banche dati affidabili. Inoltre, l’accesso all’innovazione dovrebbe essere messo a disposizione di tutte le parti interessate dall’industria chimica dell’UE.

4.4.7.

Sono accolte con favore le misure volte a promuovere l’innovazione nelle prove di sicurezza e nella valutazione del rischio chimico che riducono la sperimentazione animale, in particolare considerando i progressi compiuti nella ricerca e nello sviluppo di nuovi metodi all’avanguardia (ad esempio, nelle analisi in vitro) che miglioreranno la qualità, l’efficienza e la velocità delle valutazioni del rischio chimico.

4.4.8.

È essenziale garantire una maggiore trasparenza nel processo decisionale. Molte questioni importanti vengono discusse in riunioni che si tengono a porte chiuse, generando confusione nei cittadini dell’UE in merito alle azioni intraprese dall’UE per limitare la loro esposizione a sostanze chimiche pericolose. Inoltre, devono essere disponibili i dati grezzi su cui si basano le valutazioni e le decisioni adottate dall’ECHA e dall’EFSA (7). È necessario garantire una maggiore trasparenza delle decisioni e delle posizioni adottate dagli Stati membri per quanto riguarda le sostanze chimiche presenti sul mercato.

4.5.   Dare l’esempio di una corretta gestione globale delle sostanze chimiche

4.5.1.

Tenuto conto dell’impatto della strategia a livello globale, il CESE si compiace del fatto che, tra le azioni volte a promuovere norme di sicurezza e sostenibilità al di fuori dell’UE, la Commissione si impegni a garantire che le sostanze chimiche pericolose vietate nell’Unione non siano prodotte per l’esportazione. Tuttavia, non è chiaro come si applicheranno a livello mondiale gli atti legislativi che rimangono da elaborare e armonizzare. Il divieto della fabbricazione di prodotti destinati all’esportazione può incidere sull’industria di altri paesi che non perseguono gli stessi ambiziosi obiettivi della strategia della Commissione in materia di sostanze chimiche. Non è chiaro come verranno gestiti gli impatti sulle industrie di paesi terzi, in quanto ex produttori ed esportatori di un prodotto specifico.

4.6.   Uso eccessivo di sostanze chimiche nel settore sanitario

Sarebbe opportuno che vi fossero molti più progetti di ricerca nel settore dello sviluppo di politiche volte alla prevenzione delle malattie, in particolare quelle che riguardano il sistema immunitario. L’obiettivo deve essere quello di coltivare un atteggiamento positivo verso uno stile di vita sano, consentendo alle persone di ricorrere a meno trattamenti chimici, ove opportuno. Sarebbe auspicabile che tutti i trattamenti chimici siano riservati a coloro per i quali questi sono essenziali, evitando un uso eccessivo di sostanze chimiche.

4.7.   Sostanze chimiche in agricoltura

4.7.1.

È necessario ridurre gli effetti ambientali negativi dei pesticidi impiegati in agricoltura senza provocare una riduzione della qualità della produzione alimentare né compromettere la sicurezza alimentare nell’UE.

4.7.2.

L’attuale Alleanza europea per la ricerca, che ha il compito di trovare e sottoporre a sperimentazione alternative biologiche alle sostanze chimiche di sintesi per l’agricoltura, deve essere adeguatamente finanziata. Gli investimenti dovrebbero essere concentrati sui pesticidi biologici. Il sostegno finanziario dovrebbe essere aumentato anche per promuovere la ricerca e l’innovazione in materia di promotori della crescita delle piante e prodotti fitosanitari di origine naturale. Ad esempio, la bioattività intrinseca di alcuni composti naturali metabolizzati dai rizobatteri può essere utilizzata come prodotto fitosanitario contro i patogeni esterni.

4.7.3.

È auspicabile fare un uso molto più mirato dei concimi chimici così da ridurre l’utilizzo di tali prodotti. Sono necessarie ulteriori ricerche per sviluppare alternative che permettano alla produzione alimentare di continuare in modo adeguato e agli agricoltori di percepire un reddito sufficiente.

4.7.4.

Occorre effettuare ulteriori valutazioni del rischio ambientale e sanitario al fine di capire se il ricorso alla biotecnologia e all’ingegneria genetica possa contribuire a sviluppare alternative a ai concimi chimici e ai pesticidi.

4.7.5.

In assenza di altre opzioni praticabili, una significativa riduzione dell’uso dei pesticidi aumenterà i costi di produzione e/o porterà a rese minori. Pertanto, è necessario esaminare le questioni relative all’onere economico per i produttori e i consumatori e alle importazioni di prodotti alimentari da paesi terzi.

4.7.6.

La nuova strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030 è molto ambiziosa, giacché prevede di trasformare almeno il 30 % del territorio europeo in una rete di zone gestite e protette attivamente. Questa strategia dovrebbe dare un notevole contributo alla biodiversità e al ripristino della natura e aiutare a sostenere la strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili nel settore agricolo.

4.7.7.

In tal senso, dovrebbero essere compiuti sforzi particolari per proteggere meglio la biodiversità, e in particolare gli impollinatori, dai pesticidi. Ad esempio, il documento di orientamento dell’EFSA, relativo alla valutazione del rischio dei prodotti fitosanitari per le api, presenta considerevoli lacune. Deve integrare i suoi dati con quelli relativi alla tossicità cronica, agli effetti dei pesticidi sulle larve e alla tossicità acuta per le api e altri impollinatori.

4.7.8.

Affinché la strategia in materia di sostanze chimiche possa conseguire con successo i suoi obiettivi, c’è bisogno di un forte sostegno da parte della popolazione in generale e di un reale cambiamento culturale nel nostro approccio all’uso delle sostanze chimiche, ai cambiamenti climatici e all’inquinamento ambientale.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Joyce Msuya, vicedirettrice del programma delle Nazioni Unite per l’ambiente.

(2)  EU news alert (Bollettino di avvisi dell'UE), numero 517, del 22 novembre 2018.

(3)  Parere del CESE sull’Attuazione della normativa ambientale dell’UE nei settori della qualità dell’aria, delle acque e dei rifiuti (GU C 110 del 22.3.2019, pag. 33).

(4)  EC Study for the strategy for a non-toxic environment of the 7th Environment Action Programme («Studio per la strategia per un ambiente privo di sostanze tossiche del 7o programma d’azione per l’ambiente»).

(5)  Commission Progress report on the assessment and management of combined exposures to multiple chemicals (chemical mixtures) and associated risks [Relazione intermedia della Commissione sulla valutazione e gestione delle esposizioni agli effetti combinati di più sostanze chimiche (miscele chimiche) e dei rischi associati].

(6)  Ufficio europeo dell’ambiente — UEA (https://eeb.org/chemical-evaluation-report-achievements-challenges-and-recommendations-after-a-decade-of-reach/).

(7)  Acronimi: ECHA — European Chemical Agency = Agenzia europea per le sostanze chimiche; EFSA — European Food Safety Authority = Autorità europea per la sicurezza alimentare.


16.7.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 286/190


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda le esenzioni sulle importazioni e su talune forniture, nel rispetto delle misure di interesse pubblico adottate dall’Unione»

[COM(2021) 181 final — 2021/0097 (CNS)]

(2021/C 286/31)

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 16 aprile 2021

Base giuridica

Articolo 113 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sessione plenaria

27 aprile 2021

Sessione plenaria n.

560

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

220/0/7

Essendosi già pronunciato a favore delle misure fiscali in risposta alla crisi della COVID-19 nel parere sulla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2011/16/UE per affrontare l’urgente necessità di rinviare determinati termini per la comunicazione e lo scambio di informazioni nel settore fiscale a causa della pandemia di COVID-19 [COM(2020) 197 final — 2020/0081 (CNS)], sulla Proposta di decisione del Consiglio che modifica le direttive (UE) 2017/2455 e (UE) 2019/1995 per quanto riguarda le date di recepimento e di applicazione a causa della crisi della COVID-19 [COM(2020) 198 final — 2020/0082 (CNS)] e sulla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2017/2454 per quanto riguarda le date di applicazione a causa della crisi della COVID-19 [COM(2020) 201 final — 2020/0084 (CNS)] (1), adottato il 10 giugno 2020, e considerando che la modifica proposta alla direttiva 2006/112/CE (2) non contiene ulteriori elementi su cui formulare osservazioni, il Comitato, nel corso della 560a sessione plenaria dei giorni 27 e 28 aprile 2021 (seduta del 27 aprile 2021), ha deciso, con 220 voti favorevoli, 0 voti contrari e 7 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 27 aprile 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 311 del 18.9.2020, pag. 76.

(2)  GU L 347 dell’11.12.2006, pag. 1.