ISSN 1977-0944 |
||
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98 |
|
Edizione in lingua italiana |
Comunicazioni e informazioni |
64° anno |
Sommario |
pagina |
|
|
IV Informazioni |
|
|
INFORMAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA |
|
|
Corte di giustizia delľUnione europea |
|
2021/C 98/01 |
IT |
|
IV Informazioni
INFORMAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA
Corte di giustizia delľUnione europea
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/1 |
Ultime pubblicazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
(2021/C 98/01)
Ultima pubblicazione
Cronistoria delle pubblicazioni precedenti
Questi testi sono disponibili su:
EUR-Lex: http://eur-lex.europa.eu
V Avvisi
PROCEDIMENTI GIURISDIZIONALI
Corte di giustizia
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/2 |
Impugnazione proposta il 10 novembre 2020, da Anne-Marie Klose avverso la sentenza del Tribunale (Quinta Sezione) del 9 settembre 2020, causa T-81/20, Anne-Marie Klose / Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
(Causa C-600/20 P)
(2021/C 98/02)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: Anne-Marie Klose (rappresentante: I. Seher, avvocato)
Altra parta nel procedimento: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale
Con ordinanza dell’11 febbraio 2021, la Corte di giustizia dell’Unione europea (Sezione ammissione delle impugnazioni) ha deciso di non ammettere l’impugnazione e ha condannato la ricorrente a supportare le proprie spese.
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/2 |
Impugnazione proposta il 23 novembre 2020 da PV avverso la sentenza del Tribunale (Quinta Sezione) del 30 gennaio 2020, cause riunite T-786/16 e T-224/18, PV / Commissione
(Causa C-640/20 P)
(2021/C 98/03)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: PV (rappresentante: D. Birkenmaier, Rechtsanwalt)
Altra parte nel procedimento: Commissione europea
Conclusioni
— |
Annullare la sentenza del 30 gennaio 2020 nelle cause riunite T-786/16 e T-224/18; |
— |
pronunciarsi nella presente causa nonché nelle cause riunite T-786/16 e T-224/18, ai sensi dell’articolo 170 del regolamento di procedura della Corte; |
— |
condannare la convenuta alle spese nella causa C-111/20 P nonché a tutte le altre spese di giudizio nelle cause T-786/16, T-224/18, T-224/18 R1 e T-224/18 R2. |
Motivi e principali argomenti
1. |
Il primo motivo verte sull’interpretazione erronea degli articoli 72 e 270 TFUE, dell’articolo 23 dello Statuto dei funzionari e sulla considerazione formulata dal Tribunale che lo Statuto è la fonte esclusiva di diritto per giudicare le controversie tra gli agenti e le loro istituzioni. |
2. |
Il secondo motivo verte sulla violazione dell’articolo 4 TUE, dell’articolo 41 della Carta e dell’articolo 11 bis dello Statuto. |
3. |
Il terzo motivo verte sulla violazione del principio generale di diritto «fraus omnia corrompit» e dell’articolo 36 dello Statuto della Corte. |
4. |
Il quarto motivo verte sulla violazione degli articoli 1, 3, 4, 31 e 41 della Carta nonché degli articoli 1 sexies e 12 bis dello Statuto. |
5. |
Il quinto motivo riguarda l’uso di «falsi intellettuali», l’interpretazione distorta dell’articolo 59, punto 1, commi 3 e 5, dello Statuto nonché la violazione della decisione interna 92-2004, del 6 luglio 2014, della Commissione. |
6. |
Il sesto motivo verte su illeciti dolosi quanto all’applicazione del principio dell’eccezione della mancata esecuzione in rapporti sinallagmatici. |
7. |
Il settimo motivo verte sulla violazione dell’articolo 41 della Carta, dell’articolo 25 dello Statuto nonché su reticenze dolose relative allo sviamento fraudolento dell’importo di arretrati salariali di EUR 21 593,64 da parte del PMO. |
8. |
L’ottavo motivo verte sullo snaturamento per omessa considerazione delle conseguenze dell’annullamento del primo procedimento disciplinare CMS 13/087. |
9. |
Il nono motivo verte sulla violazione dell’articolo 15 della Carta. |
10. |
Il decimo motivo, dedotto in subordine, verte sulla violazione del divieto di statuire «ultra petita». |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/3 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Veszprémi Törvényszék (Ungheria) il 30 novembre 2020 — ENERGOTT Fejlesztő és Vagyonkezelő Kft. / Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága
(Causa C-643/20)
(2021/C 98/04)
Lingua processuale: l’ungherese
Giudice del rinvio
Veszprémi Törvényszék
Parti
Ricorrente: ENERGOTT Fejlesztő és Vagyonkezelő Kft
Resistente: Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága
Questioni pregiudiziali
1) |
Se l’articolo 90, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/112/CE (1) del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: la «direttiva IVA») (tenuto conto, in particolare, della sentenza Di Maura [C-246/16] (2), e dell’ordinanza Porr Építési Kft. [C-292/19] (3)), nonché i principi fondamentali del diritto dell’Unione di effettività e di equivalenza, debbano essere interpretati nel senso che gli Stati membri non possono fissare come dies a quo del termine di prescrizione relativo al rimborso dell’IVA su crediti divenuti definitivamente irrecuperabili una data anteriore a quella in cui il credito che dà luogo al rimborso dell’IVA diviene irrecuperabile. |
2) |
Se l’articolo 90, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 273 della direttiva IVA (tenuto conto, in particolare, della sentenza Di Maura [C-246/16] e dell’ordinanza Porr Építési Kft., [C-292/19]), nonché i principi fondamentali del diritto dell’Unione di effettività e di equivalenza, oltre al principio di neutralità dell’imposta, debbano essere interpretati nel senso che gli stessi ostano alla prassi di uno Stato membro in sede di applicazione del diritto in base alla quale, nell’ambito del rimborso dell’IVA su crediti divenuti definitivamente irrecuperabili, l’autorità responsabile dell’applicazione del diritto in detto Stato impone ai soggetti passivi, oltre che di far valere i crediti nell’ambito di una procedura di liquidazione, di compiere altri atti per ottenere il recupero, come condizione per il rimborso dell’IVA. |
3) |
Se l’articolo 90, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 273 della direttiva IVA (tenuto conto, in particolare, della sentenza Di Maura [C-246/16] e dell’ordinanza Porr Építési Kft. [C-292/19]), nonché i principi fondamentali del diritto dell’Unione di effettività e di equivalenza, oltre al principio di neutralità dell’imposta, debbano essere interpretati nel senso che gli stessi ostano alla prassi di uno Stato membro secondo cui, in caso di mancato pagamento, l’impresa fornitrice di un servizio deve interrompere immediatamente tale prestazione, poiché, in caso contrario e di continuazione della prestazione del servizio, non potrà chiedere neppure il rimborso dell’IVA relativa ai crediti divenuti definitivamente irrecuperabili, nonostante il fatto che tali crediti abbiano acquisito tale qualità in un momento successivo. |
4) |
Se l’articolo 90, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 273 della direttiva IVA e gli articoli 15, 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (tenuto conto, in particolare, della sentenza [del 23 novembre 2017, Di Maura, C-246/16] e dell’ordinanza Porr Építési Kft. [C-292/19]), nonché i principi fondamentali del diritto dell’Unione di effettività e di equivalenza, oltre al principio di neutralità dell’imposta, debbano essere interpretati nel senso che ostano al fatto che, successivamente alla summenzionata ordinanza Porr Építési Kft, l’autorità responsabile dell’applicazione del diritto in detto Stato abbia introdotto, senza alcuna base giuridica, le condizioni enunciate nella seconda, nella terza e nella quarta questione pregiudiziale, cosicché tale insieme di condizioni non era chiaro per il soggetto passivo prima che i crediti divenissero definitivamente irrecuperabili. |
(2) ECLI:EU:C:2017:887
(3) ECLI:EU:C:2019:901
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/4 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Ráckevei Járásbíróság (Ungheria) l'8 dicembre 2020 — EP e a. / ERSTE Bank Hungary Zrt
(Causa C-670/20)
(2021/C 98/05)
Lingua processuale: l’ungherese
Giudice del rinvio
Ráckevei Járásbíróság
Parti
Ricorrenti: EP, TA, FV e TB
Convenuta: ERSTE Bank Hungary Zrt
Questioni pregiudiziali
1) |
Se, tenuto conto dell’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE (1) [del Consiglio, del 5 aprile 1993], concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, che è stata fornita nella sentenza Andriciuc e. a. (2), C-186/16, si possa considerare come chiara e inequivoca una clausola contrattuale relativa alla presa a carico del rischio di cambio che, senza prevedere espressamente che detto rischio gravi esclusivamente e integralmente sul debitore, contiene soltanto una dichiarazione del debitore secondo cui quest’ultimo «è pienamente cosciente dei rischi potenziali derivanti dalla transazione, e in particolare del fatto che le fluttuazioni della valuta estera di cui trattasi rispetto al fiorino ungherese possano determinare sia un aumento sia una riduzione degli oneri di rimborso del prestito in fiorini ungheresi». |
2) |
Se la summenzionata clausola contrattuale sia conforme al requisito enunciato nelle sentenza Andriciuc e. a., C-186/16, secondo cui il consumatore deve essere in grado di valutare altresì le conseguenze economiche, potenzialmente significative, della presa a carico del rischio di cambio sui suoi obblighi finanziari, tenuto conto del fatto che il documento intitolato «Informativa sui rischi generali derivanti da un finanziamento in valuta estera», sottoposto alla firma del consumatore al momento della conclusione del contratto, fa riferimento in modo identico agli effetti favorevoli e sfavorevoli della fluttuazione dei tassi di cambio, e suggerisce pertanto l’esistenza di una tendenza — comunicata anche dalla Magyar Bankszövetség (Associazione bancaria ungherese) — caratterizzata da un livello dei tassi stabile, secondo la quale a lungo termine gli effetti favorevoli e sfavorevoli si compensano. |
3) |
Se la summenzionata clausola contrattuale sia conforme al requisito enunciato nelle sentenza Andriciuc e. a., C-186/16, secondo cui il consumatore deve essere in grado di valutare altresì le conseguenze economiche, potenzialmente significative, della presa a carico del rischio di cambio sui suoi obblighi finanziari, quando né il contratto né l’informativa in merito al rischio di cambio, firmata al momento della conclusione di quest’ultimo, indicano in modo implicito o esplicito se l’aumento delle mensilità di rimborso potrebbe rivelarsi significativo o anche, di fatto, raggiungere un qualsivoglia livello. |
4) |
Se, tenuto conto dell’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, che è stata fornita nella sentenza Andriciuc e. a., C-186/16, si possa considerare come chiara e inequivoca una clausola contrattuale relativa alla presa a carico del rischio di cambio in cui non si indica espressamente che è il consumatore ad assumere in modo esclusivo e integrale il rischio del tipo di cambio, cosicché dalle clausole del contratto non risulta espressamente che l’aumento delle mensilità di rimborso potrebbe rivelarsi significativo o anche, di fatto, raggiungere un qualsivoglia livello. |
5) |
Se una dichiarazione in tal senso del consumatore, formulata in termini generali e inserita in una clausola tipo del contratto, sia sufficiente di per sé per stabilire che l’informazione relativa al rischio di cambio soddisfa il requisito previsto nella sentenza citata Andriciuc e. a, C-186/16, secondo cui tale informazione deve consentire al consumatore medio di valutare altresì le conseguenze economiche, potenzialmente significative, della presa a carico del rischio di cambio sui suoi obblighi finanziari, laddove nessun’altra clausola del contratto né dell’informativa supportino una siffatta conclusione. |
6) |
Se, alla luce di quanto disposto nella sentenza Andriciuc e. a, C-186/16, sia conforme all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, l’interpretazione della Kúria (Corte suprema), secondo cui «il fatto che la parte convenuta abbia fornito informazioni in merito al rischio di cambio significa di per sé che la parte attrice doveva realisticamente attendersi tale rischio». |
(1) Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).
(2) ECLI:EU:C:2017:703
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/5 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal tribunal judiciaire d’Auch (Francia) il 9 dicembre 2020 — EP / Préfet du Gers, Institut National de la Statistique et des Études Économiques
(Causa C-673/20)
(2021/C 98/06)
Lingua processuale: il francese
Giudice del rinvio
Tribunal judiciaire d’Auch
Parti
Attrice: EP
Convenuti: Préfet du Gers, Institut National de la Statistique et des Études Économiques
Altra parte nel procedimento: Maire de Thoux
Questioni pregiudiziali
1) |
Se l’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea e l’Accordo sul recesso del Regno Unito dall’Unione europea debbano essere interpretati nel senso che comportano la revoca della cittadinanza europea dei cittadini del Regno Unito che, prima della fine del periodo di transizione, hanno esercitato il loro diritto di libera circolazione e di libero stabilimento nel territorio di un altro Stato membro, in particolare per quelli che risiedono nel territorio di un altro Stato membro da oltre 15 anni e sono soggetti alla legge britannica detta «15 year rule» privandoli pertanto di ogni diritto di voto. |
2) |
In caso di risposta affermativa, se il combinato disposto degli articoli 2, 3, 10, 12 e 127 dell’Accordo di recesso, del punto 6 del suo preambolo, e degli articoli 18, 20 e 21 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea debba essere interpretato nel senso che ha consentito a tali cittadini del Regno Unito di conservare, senza esclusioni, i diritti alla cittadinanza europea di cui godevano prima del recesso del loro paese dall’Unione europea. |
3) |
In caso di risposta negativa alla seconda questione, se l’Accordo di recesso sia parzialmente invalido nei limiti in cui viola i principi che formano l’identità dell’Unione europea, in particolare gli articoli 18, 20 e 21 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nonché gli articoli 39 e [40] della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e violi il principio di proporzionalità nei limiti in cui non contiene disposizioni che consentano loro di conservare tali diritti senza esclusioni. |
4) |
In ogni caso, se l’articolo 127, paragrafo 1, lettera b), dell’Accordo di recesso sia parzialmente invalido nei limiti in cui viola gli articoli 18, 20 e 21 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nonché gli articoli 39 e [40] della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nei limiti in cui priva i cittadini dell’Unione che hanno esercitato il loro diritto di libera circolazione e di libero stabilimento nel Regno Unito del diritto di voto attivo e passivo alle elezioni comunali in tale paese e, qualora il Tribunale e la Corte ne diano la stessa interpretazione del Conseil d’Etat (Consiglio di Stato) francese, se tale violazione si estenda ai cittadini del Regno Unito che hanno esercitato la loro libertà di circolazione e la libertà di stabilirsi nel territorio di un altro Stato membro da oltre 15 anni e sono soggetti alla legge britannica detta «15 year rule» privandoli pertanto di ogni diritto di voto. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/6 |
Impugnazione proposta l’11 dicembre 2020 da Colin Brown avverso la sentenza del Tribunale (Quarta Sezione ampliata) del 5 ottobre 2020, causa T-18/19, Brown / Commissione
(Causa C-675/20 P)
(2021/C 98/07)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: Colin Brown (rappresentante: I. Van Damme, advocaat)
Altra parte nel procedimento: Commissione europea e Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni del ricorrente
Il ricorrente chiede che la Corte voglia:
— |
annullare la sentenza impugnata con la quale si è statuito di non annullare la decisione contestata (1); |
— |
dichiarare, in base a tutti gli atti del fascicolo a disposizione, che la decisione contestata deve essere annullata e ingiungere la restituzione al ricorrente del diritto alla indennità di dislocazione e al rimborso delle spese di viaggio a partire dal 1o dicembre 2017 nonché ordinare il pagamento al medesimo delle indennità che non gli sono state versate tra il 1o dicembre 2017 e la data di ripristino del diritto del ricorrente maggiorate degli interessi; e |
— |
condannare la commissione a pagare le spese sostenute dal ricorrente dinanzi alla Corte e al Tribunale. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del suo ricorso, il ricorrente deduce due motivi:
— |
Primo motivo, vertente sul fatto che il Tribunale avrebbe interpretato erroneamente l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto dei funzionari nel senso che esso consente o impone di revocare ad un funzionario il diritto all’indennità di dislocazione per aver ottenuto la cittadinanza del paese della sua sede di servizio, senza che abbia avuto luogo un cambiamento della sede di servizio del funzionario. |
— |
Secondo motivo, vertente sul che il fatto che il Tribunale nella propria sentenza e la Commissione nella decisione contestata abbiano applicato al ricorrente l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto dei funzionari configura una discriminazione ingiustificata. |
(1) Decisione del 19 marzo 2018 dell'Ufficio di gestione e di liquidazione dei diritti individuali, recante revoca al ricorrente dell’indennità di dislocazione e del rimborso delle spese di viaggio a partire dal 1o dicembre 2017.
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/7 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Gerichtshof (Austria) il 22 dicembre 2020 — Avis Autovermietung Gesellschaft mbH / Verein für Konsumenteninformation
(Causa C-701/20)
(2021/C 98/08)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Oberster Gerichtshof
Parti
Ricorrente: Avis Autovermietung Gesellschaft mbH
Resistente: Verein für Konsumenteninformation
Questione pregiudiziale
Se le disposizioni del capo VIII, in particolare dell’articolo 80, paragrafi 1 e 2, nonché dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (1) (in prosieguo: il «RGPD») ostino a normative nazionali le quali — oltre ai poteri di intervento delle autorità di controllo preposte alla sorveglianza e all’attuazione del regolamento e ai mezzi di ricorso a disposizione degli interessati — conferiscano ai concorrenti, da un lato, e ad associazioni, enti e camere di commercio legittimate in base alla normativa nazionale, dall’altro, la facoltà di adire i giudici civili per violazioni del RGPD, nei confronti dell’autore della violazione, indipendentemente dalla lesione di diritti specifici dei singoli interessati e in assenza di un mandato dell’interessato, mediante un ricorso fondato sul divieto di pratiche commerciali sleali ovvero sulla violazione di norme poste a tutela dei consumatori ovvero, infine, sul divieto di applicare condizioni generali di contratto invalide.
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/7 |
Impugnazione proposta il 28 dicembre 2020 da Zhejiang Jiuli Hi-Tech Metals Co. Ltd avverso la sentenza del Tribunale (Sesta Sezione) del 15 ottobre 2020, causa T-307/18, Zhejiang Jiuli Hi-Tech Metals/Commissione
(Causa C-718/20 P)
(2021/C 98/09)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: Zhejiang Jiuli Hi-Tech Metals Co. Ltd (rappresentanti: K. Adamantopoulos, dikigoros, P. Billiet, advocaat)
Altra parte nel procedimento: Commissione europea
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare integralmente la sentenza impugnata; |
— |
accogliere le domande presentate dalla ricorrente nel suo ricorso dinanzi al Tribunale e annullare il regolamento di esecuzione (UE) n. 2018/330 della Commissione (1), nella parte in cui riguarda la ricorrente, ai sensi dell'articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia; |
— |
condannare l’altra parte nel procedimento a supportare le spese sostenute dalla ricorrente nella presente impugnazione e nel procedimento dinanzi al Tribunale nella causa T-307/18. |
In subordine, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché si pronunci sulle sue domande nei limiti in cui lo stato degli atti lo consenta; |
— |
riservare le spese. |
Motivi e principali argomenti
Primo motivo, vertente sul fatto che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel concludere che la Commissione aveva accettato di comunicare tempestivamente alla ricorrente tutti i fatti e le considerazioni essenziali della presente causa. Se la Commissione avesse rispettato i suoi obblighi ai sensi dell'articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento (UE) 2016/1036 (2) (regolamento di base), la ricorrente avrebbe presentato osservazioni fondate alla Commissione e la determinazione del dumping che ne sarebbe risultata sarebbe stata vantaggiosa per la ricorrente. Il Tribunale avrebbe anche snaturato i fatti nell’affermare che il valore normale della categoria dei tubi senza saldatura in acciaio inossidabile («SSSPT») per rivestimento e perforazione prodotti dalla ricorrente è stato determinato sulla base dei numeri di controllo del prodotto forniti dal produttore indiano.
Secondo motivo, vertente sul fatto che la sentenza impugnata è viziata da un errore di diritto nel ritenere che la legittimità degli atti dell'Unione adottati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base non possa essere soggetta a riesame alla luce del Protocollo di adesione della Repubblica popolare cinese all’OMC. In subordine, la sentenza impugnata è viziata da un errore di diritto in quanto non riconosce che l'articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base costituisce un'eccezione all'articolo 2, paragrafi da 1 a 6, di detto regolamento che può essere applicato solo alle importazioni della Cina nell'Unione europea conformemente alle disposizioni dell'articolo 15, paragrafo 1, lettera d), del Protocollo di adesione della Repubblica popolare cinese all'OMC fino a quando tali disposizioni sono in vigore. L'uso, da parte della Commissione, dell'India come paese di riferimento nel caso della ricorrente è errato sia ai sensi del diritto dell'Unione che di quello dell'OMC. Tale approccio avrebbe indotto la Commissione ad adottare un margine di dumping molto elevato per la ricorrente, che non sarebbe stato adottato se la Commissione avesse invece applicato alla ricorrente le disposizioni dell'articolo 2, paragrafi da 1 a 6, del regolamento di base. Inoltre, il Tribunale non avrebbe affatto affrontato il problema delle informazioni inesatte fornite alla Commissione dal produttore indiano al punto 154 della sentenza impugnata e, di conseguenza, nei punti successivi, sebbene avesse adeguatamente affrontato tale argomento al punto 150 della sentenza impugnata.
Terzo motivo, vertente sul fatto che le conclusioni del Tribunale sono viziate da diversi errori nell'applicazione degli articoli 2, paragrafi 10 e 11 e 11, paragrafo 9, del regolamento di base, che stabiliscono l'obbligo delle istituzioni dell'Unione di garantire, nel caso della ricorrente, un equo confronto tra il valore normale della ricorrente e i suoi prezzi all'esportazione.
Quarto motivo, vertente sul fatto che le conclusioni del Tribunale sono viziate da errori di diritto e snaturano i fatti. La metodologia adottata dalla Commissione per determinare i coefficienti applicati al valore normale del SSSPT di categoria «C» della ricorrente, nonché per determinare il valore normale del SSSPT «rivestimento e perforazione» della ricorrente, era errata e non garantiva alla ricorrente un valore normale ai sensi dell'articolo 2 del regolamento di base che, nel caso della ricorrente, ha portato a margini di dumping notevolmente gonfiati. Tali constatazioni del Tribunale violano inoltre totalmente la giurisprudenza dell'organo di appello dell'OMC nella causa EC Fasteners.
Quinto motivo, vertente sul fatto che il Tribunale ha commesso un errore di diritto includendo tra le sue conclusioni sull'impatto dei prezzi SSSPT inferiori praticati dalla ricorrente nell'Unione, i prezzi SSSPT della ricorrente utilizzati nel regime doganale del perfezionamento attivo.
(1) Regolamento di esecuzione (UE) 2018/330 della Commissione, del 5 marzo 2018, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di alcuni tipi di tubi e condotte senza saldature in acciaio inossidabile, originari della Repubblica popolare cinese in seguito a un riesame in previsione della scadenza a norma dell'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2018, L 63, pag. 15).
(2) Regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell'Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21).
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/9 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Italia) l’8 gennaio 2021 — Sea Watch E.V. / Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Capitaneria di Porto di Palermo
(Causa C-14/21)
(2021/C 98/10)
Lingua processuale: l'italiano
Giudice del rinvio
Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
Parti nella causa principale
Ricorrente: Sea Watch E.V.
Resistenti: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Capitaneria di Porto di Palermo
Questioni pregiudiziali
A) |
Si chiede alla Corte se l’ambito di applicazione della direttiva 2009/16/CE (1) ricomprenda — e quindi se il PSC [Port State Control, controllo delle navi da parte dello Stato di approdo] possa essere svolto anche nei confronti di — una nave classificata come cargo dall’ente di classificazione dello Stato di bandiera ma che in concreto svolga esclusivamente e sistematicamente un’attività non commerciale, quale è l’attività cd. SAR [search and rescue, ricerca e salvataggio] (come svolta da [Sea Watch E.V.] e SW4 [nave Sea Watch 4] sulla base del proprio Statuto). Nel caso in cui (…) la Corte ritenga che (…) siano ricomprese nell’ambito applicativo della direttiva 2009/16/CE anche le navi [che non svolgono in concreto attività commerciale], si chiede ulteriormente alla Corte se osta alla direttiva in tal senso interpretata una normativa come quella nazionale di cui all’articolo 3 del [decreto legislativo] n. 53/2011, che ha recepito l’articolo 3 della direttiva 2009/16/CE, che, invece, espressamente, al comma 1 [dell’articolo 3 del decreto legislativo citato], individua l’ambito di applicazione del PSC limitandolo alle sole navi utilizzate a fini commerciali, escludendo non solo le imbarcazioni da diporto ma anche le navi cargo che non svolgono in concreto — e quindi non sono utilizzate per — attività commerciale. Si chiede, infine, alla Corte se possa, invece, fondatamente ritenersi che rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva, nella parte in cui ricomprende anche le navi passeggeri, a seguito delle modifiche apportate nel 2017, le navi cargo che sistematicamente svolgono attività cd. SAR di persone in pericolo in mare, equiparando, in tal modo, il trasporto delle persone soccorse in mare in quanto in pericolo di vita al trasporto di passeggeri. |
B) |
Si chiede alla Corte se la circostanza di avere la nave trasportato un numero di persone di gran lunga superiore a quello riportato nel certificato degli equipaggiamenti di sicurezza, sebbene all’esito di attività cd. SAR o, comunque, di possedere un certificato degli equipaggiamenti di sicurezza riferito a un numero di persone di gran lunga inferiore rispetto a quelle effettivamente trasportate — possa legittimamente rientrare nel fattore di priorità assoluta di cui all’allegato I, parte II, punto 2A o nel fattore imprevisto di cui all’allegato I, parte II, punto 2B, richiamati dall’articolo 11 della direttiva 2009/16/CE. |
C) |
Si chiede alla Corte se il potere di ispezione PSC del tipo più dettagliata di cui all’articolo 13 della direttiva 2009/16/CE sulle navi battenti bandiera di Stati membri possa e/o debba ricomprendere anche il potere di verificare quale sia in concreto l’attività effettivamente svolta da parte della nave, indipendentemente dall’attività per la quale le siano stati rilasciati da parte dello Stato di bandiera e del relativo ente di classificazione il certificato di classe e i conseguenti certificati di sicurezza, e, conseguentemente, il potere di verificare il possesso da parte della predetta nave delle certificazioni e, in generale, dei requisiti e/o prescrizioni previsti dalle norme adottate a livello internazionale in materia di sicurezza, prevenzione dell’inquinamento e condizioni di vita e di lavoro a bordo e, in caso di risposta positiva, se il predetto potere sia esercitabile anche nei confronti di una nave che svolga in concreto in modo sistematico attività cd. SAR. |
D) |
Si chiede alla Corte di Giustizia come debba essere interpretata la regola 1 [rectius, articolo 1], lett[era] b), della Convenzione SOLAS — che è espressamente richiamata nell’articolo 2 della direttiva 2009/16/CE e di cui, pertanto, occorre garantire un’interpretazione comunitaria omogenea ai fini e in sede di PSC — nella parte in cui dispone che «b. I Governi contraenti s’impegnano a emanare tutte le leggi, tutti i decreti, ordini e regolamenti e a prendere tutte le altre disposizioni necessarie per dare alla Convenzione la sua piena e intera applicazione, allo scopo di garantire che, dal punto di vista della sicurezza umana, una nave sia idonea al servizio al quale è destinata»; in particolare se, con riferimento al giudizio di idoneità della nave al servizio alla quale è destinata[,] che gli Stati di approdo sono tenuti a formulare tramite le ispezioni PSC, ci si debba limitare ad assumere quale esclusivo parametro di verifica le prescrizioni imposte sulla base della classificazione e delle pertinenti certificazioni di sicurezza possedute, acquisite sulla base dell’attività astrattamente dichiarata oppure se possa, invece, aversi riguardo anche al servizio a cui la nave è concretamente adibita. Si chiede, pertanto, alla Corte di Giustizia se, anche con riferimento al richiamato parametro internazionale, sussista in capo alle autorità amministrative degli Stati di approdo il potere di verificare non solo la rispondenza degli equipaggiamenti e dotazioni di bordo alle prescrizioni previste dalle certificazioni rilasciat[e] da parte dello Stato di bandiera e discendenti dall’astratta classificazione della nave, ma anche il potere di valutare la conformità delle certificazioni e dei relativi equipaggiamenti e dotazioni di bordo di cui è dotata e in possesso la nave in funzione della concreta attività svolta, estranea e diversa rispetto a quella indicata nella certificazione di classificazione. Medesime considerazioni devono svolgersi per il punto 1.3.1 della risoluzione IMO A.1138(31) — Procedures of Port State Control, 2019, adottata in data 4.12.2019, nella parte in cui dispone che «Under the provisions of the relevant conventions set out in section 1.2 above, the Administration (i.e. the Government of the flag State) is responsible for promulgating laws and regulations and for taking all other steps which may be necessary to give the relevant conventions full and complete effect so as to ensure that, from the point of view of safety of life and pollution prevention, a ship is fit for the service for which it is intended and seafarers are qualified and fit for their duties.)». |
E) |
Si chiede, infine, alla Corte di giustizia, ove si affermasse la sussistenza di un potere dello stato di approdo di verificare il possesso delle certificazioni e dei requisiti e/o prescrizioni sulla base dell’attività alla quale la nave è destinata in concreto:
|
(1) Direttiva 2009/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (GU 2009, L 131, pag. 57).
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/11 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Italia) l’8 gennaio 2021 — Sea Watch E.V. / Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Capitaneria di Porto di Porto Empedocle
(Causa C-15/21)
(2021/C 98/11)
Lingua processuale: l'italiano
Giudice del rinvio
Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
Parti nella causa principale
Ricorrente: Sea Watch E.V.
Resistenti: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Capitaneria di Porto di Porto Empedocle
Questioni pregiudiziali
A) |
Si chiede alla Corte se l’ambito di applicazione della direttiva 2009/16/CE (1) ricomprenda — e quindi se il PSC [Port State Control, controllo delle navi da parte dello Stato di approdo] possa essere svolto anche nei confronti di — una nave classificata come cargo dall’ente di classificazione dello Stato di bandiera ma che in concreto svolga esclusivamente e sistematicamente un’attività non commerciale, quale è l’attività cd. SAR [search and rescue, ricerca e salvataggio] (come svolta da [Sea Watch E.V.] e SW4 [nave Sea Watch 4] sulla base del proprio Statuto). Nel caso in cui (…) la Corte ritenga che (…) siano ricomprese nell’ambito applicativo della direttiva 2009/16/CE anche le navi [che non svolgono in concreto attività commerciale], si chiede ulteriormente alla Corte se osta alla direttiva in tal senso interpretata una normativa come quella nazionale di cui all’articolo 3 del [decreto legislativo] n. 53/2011, che ha recepito l’articolo 3 della direttiva 2009/16/CE, che, invece, espressamente, al comma 1 [dell’articolo 3 del decreto legislativo citato], individua l’ambito di applicazione del PSC limitandolo alle sole navi utilizzate a fini commerciali, escludendo non solo le imbarcazioni da diporto ma anche le navi cargo che non svolgono in concreto — e quindi non sono utilizzate per — attività commerciale. Si chiede, infine, alla Corte se possa, invece, fondatamente ritenersi che rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva, nella parte in cui ricomprende anche le navi passeggeri, a seguito delle modifiche apportate nel 2017, le navi cargo che sistematicamente svolgono attività cd. SAR di persone in pericolo in mare, equiparando, in tal modo, il trasporto delle persone soccorse in mare in quanto in pericolo di vita al trasporto di passeggeri. |
B) |
Si chiede alla Corte se la circostanza di avere la nave trasportato un numero di persone di gran lunga superiore a quello riportato nel certificato degli equipaggiamenti di sicurezza, sebbene all’esito di attività cd. SAR o, comunque, di possedere un certificato degli equipaggiamenti di sicurezza riferito a un numero di persone di gran lunga inferiore rispetto a quelle effettivamente trasportate — possa legittimamente rientrare nel fattore di priorità assoluta di cui all’allegato I, parte II, punto 2A o nel fattore imprevisto di cui all’allegato I, parte II, punto 2B, richiamati dall’articolo 11 della direttiva 2009/16/CE. |
C) |
Si chiede alla Corte se il potere di ispezione PSC del tipo più dettagliata di cui all’articolo 13 della direttiva 2009/16/CE sulle navi battenti bandiera di Stati membri possa e/o debba ricomprendere anche il potere di verificare quale sia in concreto l’attività effettivamente svolta da parte della nave, indipendentemente dall’attività per la quale le siano stati rilasciati da parte dello Stato di bandiera e del relativo ente di classificazione il certificato di classe e i conseguenti certificati di sicurezza, e, conseguentemente, il potere di verificare il possesso da parte della predetta nave delle certificazioni e, in generale, dei requisiti e/o prescrizioni previsti dalle norme adottate a livello internazionale in materia di sicurezza, prevenzione dell’inquinamento e condizioni di vita e di lavoro a bordo e, in caso di risposta positiva, se il predetto potere sia esercitabile anche nei confronti di una nave che svolga in concreto in modo sistematico attività cd. SAR. |
D) |
Si chiede alla Corte di Giustizia come debba essere interpretata la regola 1 [rectius, articolo 1], lett[era] b), della Convenzione SOLAS — che è espressamente richiamata nell’articolo 2 della direttiva 2009/16/CE e di cui, pertanto, occorre garantire un’interpretazione comunitaria omogenea ai fini e in sede di PSC — nella parte in cui dispone che «b. I Governi contraenti s’impegnano a emanare tutte le leggi, tutti i decreti, ordini e regolamenti e a prendere tutte le altre disposizioni necessarie per dare alla Convenzione la sua piena e intera applicazione, allo scopo di garantire che, dal punto di vista della sicurezza umana, una nave sia idonea al servizio al quale è destinata»; in particolare se, con riferimento al giudizio di idoneità della nave al servizio alla quale è destinata[,] che gli Stati di approdo sono tenuti a formulare tramite le ispezioni PSC, ci si debba limitare ad assumere quale esclusivo parametro di verifica le prescrizioni imposte sulla base della classificazione e delle pertinenti certificazioni di sicurezza possedute, acquisite sulla base dell’attività astrattamente dichiarata oppure se possa, invece, aversi riguardo anche al servizio a cui la nave è concretamente adibita. Si chiede, pertanto, alla Corte di Giustizia se, anche con riferimento al richiamato parametro internazionale, sussista in capo alle autorità amministrative degli Stati di approdo il potere di verificare non solo la rispondenza degli equipaggiamenti e dotazioni di bordo alle prescrizioni previste dalle certificazioni rilasciat[e] da parte dello Stato di bandiera e discendenti dall’astratta classificazione della nave, ma anche il potere di valutare la conformità delle certificazioni e dei relativi equipaggiamenti e dotazioni di bordo di cui è dotata e in possesso la nave in funzione della concreta attività svolta, estranea e diversa rispetto a quella indicata nella certificazione di classificazione. Medesime considerazioni devono svolgersi per il punto 1.3.1 della risoluzione IMO A.1138(31) — Procedures of Port State Control, 2019, adottata in data 4.12.2019, nella parte in cui dispone che «Under the provisions of the relevant conventions set out in section 1.2 above, the Administration (i.e. the Government of the flag State) is responsible for promulgating laws and regulations and for taking all other steps which may be necessary to give the relevant conventions full and complete effect so as to ensure that, from the point of view of safety of life and pollution prevention, a ship is fit for the service for which it is intended and seafarers are qualified and fit for their duties.)». |
E) |
Si chiede, infine, alla Corte di giustizia, ove si affermasse la sussistenza di un potere dello stato di approdo di verificare il possesso delle certificazioni e dei requisiti e/o prescrizioni sulla base dell’attività alla quale la nave è destinata in concreto:
|
(1) Direttiva 2009/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (GU 2009, L 131, pag. 57).
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/13 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht Frankfurt am Main (Germania) il 13 gennaio 2021 — JW, HD, XS / LOT Polish Airlines
(Causa C-20/21)
(2021/C 98/12)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Landgericht Frankfurt am Main
Parti
Attori: JW, HD, XS
Convenuta: LOT Polish Airlines
Questione pregiudiziale
Se l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (1), debba essere interpretato nel senso che il luogo di esecuzione, ai sensi di detta disposizione, nel caso di un volo caratterizzato da un’unica prenotazione confermata per l’intero tragitto e suddiviso in due o più segmenti, possa essere costituito anche dal luogo di arrivo del primo segmento di volo, qualora il trasporto su tali segmenti di volo sia effettuato da due distinti vettori aerei e il ricorso per compensazione pecuniaria, proposto sulla base del regolamento (CE) n. 261/2004 (2), tragga origine dal ritardo del primo segmento di volo e sia diretto contro il vettore aereo che ha effettuato detto segmento.
(2) Regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e che abroga il regolamento (CEE) n. 295/91 (GU 2004, L 46, pag. 1).
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/14 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Corte suprema di cassazione (Italia) il 19 gennaio 2021 — Eurocostruzioni Srl / Regione Calabria
(Causa C-31/21)
(2021/C 98/13)
Lingua processuale: l'italiano
Giudice del rinvio
Corte suprema di cassazione
Parti nella causa principale
Ricorrente: Eurocostruzioni Srl
Resistente: Regione Calabria
Questioni pregiudiziali
1) |
Se il Regolamento della Commissione 28/07/2000 n. 1685 2000/1685/CE, recante disposizioni di applicazione del Regolamento (CE) n. 1260/1999 (1) del Consiglio per quanto riguarda l’ammissibilità delle spese concernenti le operazioni cofinanziate dai fondi strutturali, e in particolare quanto previsto dal relativo allegato, norma n. 1, p. 2, quanto alla «prova della spesa», par. 2.1., imponga che la prova dei pagamenti effettuati dai beneficiari finali debba necessariamente essere fornita con fatture quietanzate, anche nel caso in cui il finanziamento sia stato concesso al beneficiario al fine di realizzare un immobile con materiali, strumenti e maestranze proprie o vi possa essere deroga, diversa da quella espressamente prevista per il caso di impossibilità, che esige la presentazione di «documenti contabili aventi forza probatoria equivalente.» |
2) |
Quale sia la corretta interpretazione della predetta espressione «documenti contabili aventi forza probatoria equivalente.» |
3) |
Se, in particolare, le predette disposizioni del Regolamento ostino a una disciplina nazionale e regionale e ai conseguenti provvedimenti amministrativi attuativi che per il caso in cui il finanziamento sia stato concesso al beneficiario al fine di realizzare un immobile con materiali, strumenti e maestranze proprie, prevedano un sistema di controllo della spesa oggetto del finanziamento da parte della Pubblica Amministrazione costituito da:
|
(1) Regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU 1999, L 161, pag. 1).
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/15 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Wiesbaden (Germania) il 20 gennaio 2021 — Hauptpersonalrat der Lehrerinnen und Lehrer beim Hessischen Kultusministerium
(Causa C-34/21)
(2021/C 98/14)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Verwaltungsgericht Wiesbaden
Parti
Ricorrente: Hauptpersonalrat der Lehrerinnen und Lehrer beim Hessischen Kultusministerium
Parte interveniente: Der Minister des Hessischen Kultusministeriums
Questioni pregiudiziali
1) |
Se l’articolo 88, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/679 (1) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati — RGPD), debba essere interpretato nel senso che una norma di legge, al fine di costituire una norma più specifica volta a garantire la protezione dei diritti e delle libertà con riguardo al trattamento dei dati personali dei dipendenti nell’ambito dei rapporti di lavoro, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/679, debba soddisfare i relativi requisiti stabiliti dallo stesso articolo 88, paragrafo 2. |
2) |
Se una norma nazionale, pur essendo manifestamente non conforme ai requisiti stabiliti dall’articolo 88, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, possa comunque continuare ad essere applicata. |
(1) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU 2016, L 119, pag. 1).
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/15 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Varhoven kasatsionen sad (Bulgaria) il 19 gennaio 2021 — «Konservinvest» OOD / «Bulkons Parvomay» OOD
(Causa C-35/21)
(2021/C 98/15)
Lingua processuale: il bulgaro
Giudice del rinvio
Varhoven kasatsionen sad
Parti
Ricorrente per cassazione:«Konservinvest» OOD
Resistente per cassazione:«Bulkons Parvomay» OOD
Questione pregiudiziale
Se l’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1151/2012 (1) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, al di fuori dei casi di protezione transitoria disciplinati da tale disposizione, consenta l’esistenza di un sistema nazionale di registrazione e protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli e alimentari ricadenti nella sfera del regolamento medesimo e se tale disposizione permetta agli Stati membri l’applicazione di altre norme contemporaneamente vigenti a livello nazionale (allo stesso modo del sistema parallelo dei marchi) al fine di disciplinare le controversie aventi ad oggetto le violazioni del diritto su un’indicazione geografica di tal genere insorte tra operatori locali che producano e commercializzino prodotti agricoli e alimentari ricompresi nell’ambito del regolamento n. 1151/2012 all’interno dello Stato membro nel quale sia stata registrata l’indicazione geografica.
(1) Regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (GU 2012, L 343, pag. 1).
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/16 |
Impugnazione proposta il 27 gennaio 2021 dalla Lietuvos geležinkeliai AB avverso la sentenza del Tribunale (Prima Sezione ampliata) del 18 novembre 2020, causa T-814/17, Lietuvos geležinkeliai / Commissione
(Causa C-42/21 P)
(2021/C 98/16)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: Lietuvos geležinkeliai AB (rappresentanti: W. Deselaers, K. Apel, P. Kirst, Rechtsanwälte)
Altre parti nel procedimento: Commissione europea, Orlen Lietuva AB
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
— |
annullare la sentenza impugnata, in tutto o in parte, nei limiti in cui essa ha respinto il ricorso della ricorrente avverso la decisione della Commissione C(2017)6544 final, del 2 ottobre 2017, caso AT.39813 — Ferrovie baltiche) (1); |
— |
annullare la decisione, in tutto o in parte; |
— |
in subordine, annullare o ridurre ulteriormente l’ammenda inflitta alla Lietuvos geležinkeliai; e |
— |
condannare la Commissione a pagare tutti i costi relativi al presente procedimento e a quello dinanzi al Tribunale. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno dell’impugnazione, la ricorrente deduce quattro motivi.
In primo luogo, il Tribunale ha interpretato e, di conseguenza, ha applicato erroneamente la giurisprudenza della Corte secondo cui un’impresa in posizione dominante deve garantire l’accesso a un’infrastruttura soltanto se il diniego possa eliminare del tutto la concorrenza sul mercato da parte del richiedente l’accesso, se tale diniego non sia obiettivamente giustificabile e se l’accesso sia, di per sé, indispensabile per l’esercizio dell’attività del richiedente.
In secondo luogo, la rimozione di un binario ferroviario di 19 chilometri, che collega Mažeikiai nel nord ovest della Lituania al confine lettone (in prosieguo: il «binario») «precipitosamente e senza aver ottenuto preliminarmente i fondi necessari» non costituisce un abuso di posizione dominante.
In terzo luogo, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel qualificare la rimozione del binario come idonea a restringere la concorrenza.
In quarto luogo, il Tribunale si è contraddetto nel riferirsi all’asserito intento anticoncorrenziale della ricorrente per determinare se dovesse essere inflitta un’ammenda e per valutare il livello dell’ammenda, nonostante abbia dichiarato che l’asserita infrazione non sia fondata sull’intento, sulla strategia anticoncorrenziale o sulla malafede della ricorrente.
(1) Sintesi della decisione della Commissione C(2017)6544 final, del 2 ottobre 2017, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (caso AT.39813 –Ferrovie baltiche) [notificato con il numero C(2017) 6544] (GU 2017, C 383, pag. 7).
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/17 |
Impugnazione proposta il 27 gennaio 2021 dall’Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia avverso la sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) 18 novembre 2020, causa T-735/18, Aquind / ACER
(Causa C-46/21 P)
(2021/C 98/17)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente:Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia (ACER) (rappresentanti: P. Martinet, E. Tremmel, agenti, B. Creve, advokat)
Altra parte nel procedimento: Aquind Ltd
Conclusioni della ricorrente
Il ricorrente chiede che la Corte voglia:
— |
annullare, in toto o in parte, la sentenza impugnata; |
— |
ove la Corte ritenga che lo stato degli atti lo consenta, respingere il ricorso in primo grado come infondato; |
— |
in subordine, rinviare la causa al Tribunale affinché questo statuisca conformemente alla sentenza della Corte; |
— |
condannare la Aquind Ltd alle spese sostenute sia nel procedimento di impugnazione sia nel procedimento dinanzi al Tribunale. |
Motivi e principali argomenti
Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto il quarto e il nono motive della ricorrente e, su tale base, ha annullato la decisione A-001-2018 della commissione dei ricorsi dell’ACER, ha respinto il ricorso quanto al resto, e ha condannato l’ACER a pagare le spese. Nella presente impugnazione, la ACER fa valere che il Tribunale ha commesso i seguenti errori di diritto:
1. |
Il Tribunale ha commesso un errore di diritto con riferimento all’intensità del riesame effettuato dalla commissione dei ricorsi dell’ACER, in generale e nella fattispecie, con riferimento a errori in valutazioni tecniche ed economiche complesse. |
2. |
Il Tribunale è incorso in un errore di diritto nell’interpretare l’articolo 17, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 714/2009. (1) |
(1) Regolamento (CE) n. 714/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica e che abroga il regolamento (CE) n. 1228/2003 (GU 2009, L 211, pag. 15).
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/18 |
Ricorso proposto il 1o febbraio 2021 — Commissione europea/ Regno del Belgio
(Causa C-60/21)
(2021/C 98/18)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: W. Roels, V. Uher, agenti)
Convenuto: Regno del Belgio
Conclusioni
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
— |
dichiarare che il Regno del Belgio, mantenendo in vigore disposizioni secondo le quali: |
viene rifiutata la deduzione, dal reddito imponibile, delle rendite alimentari o dei capitali sostitutivi di tali rendite e delle rendite complementari ai debitori non residenti in Belgio e che ivi percepiscono meno del 75 % dei loro redditi professionali, che non possono beneficiare della stessa deduzione nel loro Stato membro di residenza in ragione dell’esiguo importo dei loro redditi imponibili in detto Stato,
è venuto meno agli obblighi a esso incombenti in forza degli articoli 45 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e 28 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), e
— |
Condannare il Regno del Belgio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la Commissione deduce un unico motivo vertente sul fatto che la normativa di cui trattasi è idonea a dissuadere i contribuenti non residenti dall’esercitare le libertà di circolazione garantite dai trattati e, in particolare, la libera circolazione dei lavoratori prevista dall’articolo 45 TFUE e dall’articolo 28 dell’accordo SEE.
In effetti, un contribuente non residente che non percepisce in Belgio almeno il 75 % dei suoi redditi professionali imponibili e che non può effettivamente beneficiare della deduzione delle rendite alimentari nel suo Stato di residenza in assenza di redditi imponibili sufficienti in detto Stato è privato dalla normativa belga del beneficio di qualsiasi deduzione di tali rendite. Orbene, dalla giurisprudenza della Corte, e in particolare dalla sentenza del 10 maggio 2012 nella causa C-39/10, Commissione europea/Estonia, risulta che, in un caso siffatto, spetta allo Stato di occupazione tenere conto della situazione personale e familiare del contribuente non residente.
Tribunale
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/19 |
Sentenza del Tribunale del 3 febbraio 2021 — Kazembe Musonda/Consiglio
(Causa T-110/19) (1)
(«Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate in considerazione della situazione nella Repubblica democratica del Congo - Congelamento dei capitali - Mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi delle persone interessate - Obbligo di motivazione - Diritto di essere ascoltato - Prova della fondatezza dell’inserimento e del mantenimento negli elenchi - Errore manifesto di valutazione - Permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base dell’adozione delle misure restrittive - Diritto al rispetto della vita privata e familiare - Presunzione d’innocenza - Proporzionalità - Eccezione d’illegittimità»)
(2021/C 98/19)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Jean-Claude Kazembe Musonda (Lubumbashi, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, A. Guillerme e T. Payan, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: J.-P. Hix, H. Marcos Fraile, S. Van Overmeire e M.-C. Cadilhac, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta a ottenere l’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2018/1940 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 47), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) 2018/1931 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che attua l’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 1), nei limiti in cui tali atti riguardano il ricorrente.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
Il sig. Jean-Claude Kazembe Musonda è condannato alle spese. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/20 |
Sentenza del Tribunale del 3 febbraio 2021 — Boshab / Consiglio
(Causa T-111/19) (1)
(«Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate in considerazione della situazione nella Repubblica democratica del Congo - Congelamento dei capitali - Mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi delle persone interessate - Obbligo di motivazione - Diritto di essere ascoltato - Prova della fondatezza dell’inserimento e del mantenimento negli elenchi - Errore manifesto di valutazione - Permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base dell’adozione delle misure restrittive - Diritto al rispetto della vita privata e familiare - Diritto di proprietà - Presunzione d’innocenza - Proporzionalità - Eccezione d’illegittimità»)
(2021/C 98/20)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Évariste Boshab (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, A. Guillerme e T. Payan, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: J.-P. Hix, H. Marcos Fraile, S. Van Overmeire e M.-C. Cadilhac, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta a ottenere l’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2018/1940 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 47), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) 2018/1931 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che attua l’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 1), nei limiti in cui tali atti riguardano il ricorrente.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
Il sig. Évariste Boshab è condannato alle spese. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/20 |
Sentenza del Tribunale del 3 febbraio 2021 — Kampete / Consiglio
(Causa T-113/19) (1)
(«Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate in considerazione della situazione nella Repubblica democratica del Congo - Congelamento dei capitali - Mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi delle persone interessate - Obbligo di motivazione - Diritto di essere ascoltato - Prova della fondatezza dell’inserimento e del mantenimento negli elenchi - Errore manifesto di valutazione - Permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base dell’adozione delle misure restrittive - Diritto al rispetto della vita privata e familiare - Presunzione d’innocenza - Proporzionalità - Eccezione d’illegittimità»)
(2021/C 98/21)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Ilunga Kampete (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, A. Guillerme e T. Payan, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: J.-P. Hix, H. Marcos Fraile, S. Van Overmeire e M.-C. Cadilhac, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta a ottenere l’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2018/1940 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 47), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) 2018/1931 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che attua l’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 1), nei limiti in cui tali atti riguardano il ricorrente.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
Il sig. Ilunga Kampete è condannato alle spese. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/21 |
Sentenza del Tribunale del 3 febbraio 2021 — Kande Mupompa / Consiglio
(Causa T-116/19) (1)
(«Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate in considerazione della situazione nella Repubblica democratica del Congo - Congelamento dei capitali - Mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi delle persone interessate - Obbligo di motivazione - Diritto di essere ascoltato - Prova della fondatezza dell’inserimento e del mantenimento negli elenchi - Errore manifesto di valutazione - Permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base dell’adozione delle misure restrittive - Diritto al rispetto della vita privata e familiare - Diritto di proprietà - Presunzione d’innocenza - Proporzionalità - Eccezione d’illegittimità»)
(2021/C 98/22)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Alex Kande Mupompa (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, A. Guillerme e T. Payan, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: J.-P. Hix, H. Marcos Fraile, S. Van Overmeire e M.-C. Cadilhac, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta a ottenere l’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2018/1940 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 47), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) 2018/1931 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che attua l’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 1), nei limiti in cui tali atti riguardano il ricorrente.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
Il sig. Alex Kande Mupompa è condannato alle spese. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/22 |
Sentenza del Tribunale del 3 febbraio 2021 — Amisi Kumba / Consiglio
(Causa T-118/19) (1)
(«Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate in considerazione della situazione nella Repubblica democratica del Congo - Congelamento dei capitali - Mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi delle persone interessate - Obbligo di motivazione - Diritto di essere ascoltato - Prova della fondatezza dell’inserimento e del mantenimento negli elenchi - Errore manifesto di valutazione - Permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base dell’adozione delle misure restrittive - Diritto al rispetto della vita privata e familiare - Presunzione d’innocenza - Proporzionalità - Eccezione d’illegittimità»)
(2021/C 98/23)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Gabriel Amisi Kumba (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, A. Guillerme e T. Payan, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: J.-P. Hix, H. Marcos Fraile, S. Van Overmeire e M.-C. Cadilhac, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta a ottenere l’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2018/1940 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 47), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) 2018/1931 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che attua l’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 1), nei limiti in cui tali atti riguardano il ricorrente.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
Il sig. Gabriel Amisi Kumba è condannato alle spese. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/23 |
Sentenza del Tribunale del 3 febbraio 2021 — Mutondo / Consiglio
(Causa T-119/19) (1)
(«Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate in considerazione della situazione nella Repubblica democratica del Congo - Congelamento dei capitali - Mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi delle persone interessate - Obbligo di motivazione - Diritto di essere ascoltato - Prova della fondatezza dell’inserimento e del mantenimento negli elenchi - Errore manifesto di valutazione - Permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base dell’adozione delle misure restrittive - Diritto al rispetto della vita privata e familiare - Presunzione d’innocenza - Proporzionalità - Eccezione d’illegittimità»)
(2021/C 98/24)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Kalev Mutondo (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, A. Guillerme e T. Payan, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: J.-P. Hix, H. Marcos Fraile, S. Van Overmeire e M.-C. Cadilhac, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta a ottenere l’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2018/1940 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 47), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) 2018/1931 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che attua l’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 1), nei limiti in cui tali atti riguardano il ricorrente.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
Il sig. Kalev Mutondo è condannato alle spese. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/23 |
Sentenza del Tribunale del 3 febbraio 2021 — Numbi / Consiglio
(Causa T-120/19) (1)
(«Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate in considerazione della situazione nella Repubblica democratica del Congo - Congelamento dei capitali - Mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi delle persone interessate - Obbligo di motivazione - Diritto di essere ascoltato - Prova della fondatezza dell’inserimento e del mantenimento negli elenchi - Errore manifesto di valutazione - Permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base dell’adozione delle misure restrittive - Diritto al rispetto della vita privata e familiare - Presunzione d’innocenza - Proporzionalità - Eccezione d’illegittimità»)
(2021/C 98/25)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: John Numbi (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, A. Guillerme e T. Payan, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: J.-P. Hix, H. Marcos Fraile, S. Van Overmeire e M.-C. Cadilhac, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta a ottenere l’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2018/1940 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 47), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) 2018/1931 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che attua l’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 1), nei limiti in cui tali atti riguardano il ricorrente.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
Il sig. John Numbi è condannato alle spese. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/24 |
Sentenza del Tribunale del 3 febbraio 2021 — Ruhorimbere / Consiglio
(Causa T-121/19) (1)
(«Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate in considerazione della situazione nella Repubblica democratica del Congo - Congelamento dei capitali - Mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi delle persone interessate - Obbligo di motivazione - Diritto di essere ascoltato - Prova della fondatezza dell’inserimento e del mantenimento negli elenchi - Errore manifesto di valutazione - Permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base dell’adozione delle misure restrittive - Diritto al rispetto della vita privata e familiare - Presunzione d’innocenza - Proporzionalità - Eccezione d’illegittimità»)
(2021/C 98/26)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Éric Ruhorimbere (Mbuji-Mayi, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, A. Guillerme e T. Payan, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: J.-P. Hix, H. Marcos Fraile, S. Van Overmeire e M.-C. Cadilhac, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta a ottenere l’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2018/1940 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 47), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) 2018/1931 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che attua l’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 1), nei limiti in cui tali atti riguardano il ricorrente.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
Il sig. Éric Ruhorimbere è condannato alle spese. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/25 |
Sentenza del Tribunale del 3 febbraio 2021 — Ramazani Shadary / Consiglio
(Causa T-122/19) (1)
(«Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate in considerazione della situazione nella Repubblica democratica del Congo - Congelamento dei capitali - Mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi delle persone interessate - Obbligo di motivazione - Diritto di essere ascoltato - Prova della fondatezza dell’inserimento e del mantenimento negli elenchi - Errore manifesto di valutazione - Permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base dell’adozione delle misure restrittive - Diritto al rispetto della vita privata e familiare - Presunzione d’innocenza - Proporzionalità - Eccezione d’illegittimità»)
(2021/C 98/27)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Emmanuel Ramazani Shadary (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, A. Guillerme e T. Payan, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: J.-P. Hix, H. Marcos Fraile, S. Van Overmeire e M.-C. Cadilhac, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta a ottenere l’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2018/1940 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 47), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) 2018/1931 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che attua l’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 1), nei limiti in cui tali atti riguardano il ricorrente.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
Il sig. Emmanuel Ramazani Shadary è condannato alle spese. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/26 |
Sentenza del Tribunale del 3 febbraio 2021 — Kanyama / Consiglio
(Causa T-123/19) (1)
(«Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate in considerazione della situazione nella Repubblica democratica del Congo - Congelamento dei capitali - Mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi delle persone interessate - Obbligo di motivazione - Diritto di essere ascoltato - Prova della fondatezza dell’inserimento e del mantenimento negli elenchi - Errore manifesto di valutazione - Permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base dell’adozione delle misure restrittive - Diritto al rispetto della vita privata e familiare - Presunzione d’innocenza - Proporzionalità - Eccezione d’illegittimità»)
(2021/C 98/28)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Célestin Kanyama (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, A. Guillerme e T. Payan, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: J.-P. Hix, H. Marcos Fraile, S. Van Overmeire e M.-C. Cadilhac, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta a ottenere l’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2018/1940 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 47), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) 2018/1931 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che attua l’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 1), nei limiti in cui tali atti riguardano il ricorrente.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
Il sig. Célestin Kanyama è condannato alle spese. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/26 |
Sentenza del Tribunale del 3 febbraio 2021 — Ilunga Luyoyo / Consiglio
(Causa T-124/19) (1)
(«Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate in considerazione della situazione nella Repubblica democratica del Congo - Congelamento dei capitali - Mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi delle persone interessate - Obbligo di motivazione - Diritto di essere ascoltato - Prova della fondatezza dell’inserimento e del mantenimento negli elenchi - Errore manifesto di valutazione - Permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base dell’adozione delle misure restrittive - Diritto al rispetto della vita privata e familiare - Presunzione d’innocenza - Proporzionalità - Eccezione d’illegittimità»)
(2021/C 98/29)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Ferdinand Ilunga Luyoyo (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, A. Guillerme e T. Payan, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: J.-P. Hix, H. Marcos Fraile, S. Van Overmeire e M.-C. Cadilhac, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta a ottenere l’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2018/1940 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 47), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) 2018/1931 del Consiglio, del 10 dicembre 2018, che attua l’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1183/2005 che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2018, L 314, pag. 1), nei limiti in cui tali atti riguardano il ricorrente.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
Il sig. Ferdinand Ilunga Luyoyo è condannato alle spese. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/27 |
Sentenza del Tribunale del 3 febbraio 2021 — Klymenko / Consiglio
(Causa T-258/20) (1)
(«Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate in considerazione della situazione in Ucraina - Congelamento dei fondi - Elenco delle persone, entità e organismi cui si applica il congelamento dei fondi e delle risorse economiche - Mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco - Obbligo del Consiglio di verificare che la decisione di un’autorità di uno Stato terzo sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva»)
(2021/C 98/30)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Oleksandr Viktorovych Klymenko (Mosca, Russia) (rappresentante: M. Phelippeau, avvocato)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: A. Vitro e P. Mahnič, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione (PESC) 2020/373 del Consiglio, del 5 marzo 2020, che modifica la decisione 2014/119/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2020, L 71, pag. 10), e del regolamento di esecuzione (UE) 2020/370 del Consiglio, del 5 marzo 2020, che attua il regolamento (UE) n. 208/2014, concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2020, L 71, pag. 1), nella parte in cui i medesimi atti mantengono il nome del ricorrente nell’elenco delle persone, entità e organismi ai quali si applicano tali misure restrittive.
Dispositivo
1) |
La decisione (PESC) 2020/373 del Consiglio, del 5 marzo 2020, che modifica la decisione 2014/119/PESC relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, e il regolamento di esecuzione (UE) 2020/370 del Consiglio, del 5 marzo 2020, che attua il regolamento (UE) n. 208/2014 concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, sono annullati nella parte in cui il nome del sig. Oleksandr Viktorovych Klymenko è stato mantenuto nell’elenco delle persone, entità e organismi ai quali si applicano dette misure restrittive. |
2) |
Gli effetti dell’articolo 1 della decisione 2020/373 sono mantenuti, nei confronti del sig. Klymenko, fino alla data di scadenza del termine per l’impugnazione di cui all’articolo 56, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, o, se entro tale termine viene proposta impugnazione, fino al rigetto della stessa. |
3) |
Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/28 |
Ordinanza del Tribunale del 4 febbraio 2021 — Germann Avocats / Commissione
(Causa T-352/18) (1)
(«Ricorsi di annullamento e per risarcimento danni - Appalti pubblici di servizi - Procedura di gara d'appalto - Studio di controllo sulle pratiche sindacali in materia di non discriminazione e diversità - Rigetto dell’offerta di un concorrente - Criteri di assegnazione - Ricorso in parte manifestamente infondato in diritto e in parte manifestamente irricevibile»)
(2021/C 98/31)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: Germann Avocats LLC (Ginevra, Svizzera) (rappresentanti: C. Giannakopoulos e N. Skandamis, avvocati)
Convenuta: Commissione europea (rappresentanti: J. Estrada de Solà e A. Katsimerou, agenti, assistiti da R. van Melsen, avvocato)
Oggetto
Da un lato, domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione della Commissione di respingere l’offerta della ricorrente presentata nell’ambito della gara d’appalto JUST/2017/RDIS/FW/EQUA/0042 [«Studio di controllo sulle pratiche sindacali in materia di non discriminazione e diversità» (2017/S 215-446067)] e, dall’altro, domanda fondata sull’articolo 268 TFUE e diretta ad ottenere il risarcimento del danno che la ricorrente afferma aver subito a seguito dell’adozione di detta decisione.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
La Germann Avocats LLC è condannata alle spese. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/28 |
Ricorso proposto il 22 gennaio 2021 — SFD/EUIPO — Allmax Nutrition (ALLNUTRITION DESIGNED FOR MOTIVATION)
(Causa T-35/21)
(2021/C 98/32)
Lingua in cui è redatto il ricorso: l’inglese
Parti
Ricorrente: SFD S. A. (Opole, Polonia) (rappresentante: avv. T. Grucelski)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Allmax Nutrition Inc. (North York, Ontario, Canada)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Richiedente del marchio controverso: Ricorrente dinanzi al Tribunale
Marchio controverso interessato: Marchio dell’Unione europea figurativo — ALLNUTRITION DESIGNED FOR MOTIVATION — Domanda di registrazione n. 15 971 435
Procedimento dinanzi all’EUIPO: Opposizione
Decisione impugnata: Decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO del 28 ottobre 2020 nel procedimento R 511/2020-2
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione impugnata; |
— |
respingere l’opposizione |
— |
condannare l’EUIPO e la controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso alle spese. |
Motivo invocato
— |
Violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/29 |
Ricorso proposto il 19 gennaio 2021 — Inivos e Inivos / Commissione
(Causa T-38/21)
(2021/C 98/33)
Lingua processuale: l'inglese
Parti
Ricorrenti: Inivos Ltd (Londra, Regno Unito) e Inivos BV (Rotterdam, Paesi Bassi) (rappresentanti: R. Martens e L. Hoet, avvocati)
Convenuta: Commissione europea
Conclusioni
Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di data ignota di avviare la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara per l'acquisto di un massimo di 200 robot da disinfezione; |
— |
annullare la decisione di data ignota di aggiudicare il contratto quadro relativo ai robot da disinfezione per gli ospedali europei (Covid-19) alla UVD Robots APS / Kompaï Robotics & Teamnet; |
— |
annullare la decisione del 19 novembre 2020 di stipulare il contratto quadro relativo ai robot da disinfezione per gli ospedali europei (Covid-19) con la UVD Robots APS / Kompaï Robotics & Teamnet; |
— |
dichiarare che il contratto quadro relativo ai robot da disinfezione per gli ospedali europei (Covid-19), in particolare i contratti conclusi recanti i riferimenti FW-00103506 e FW-00103507 sono nulli; |
— |
condannare la convenuta al risarcimento danni in ragione della perdita di opportunità; |
— |
condannare la convenuta alle spese, comprese quelle sostenute dalle ricorrenti. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, le ricorrenti deducono tre motivi.
1. |
Primo motivo, vertente sulla violazione da parte della convenuta dell’articolo 160, paragrafi 1 e 2, del regolamento finanziario e dell'allegato 1, capitolo 1, sezione 2, punto 11 del regolamento finanziario, oltre che su una violazione del principio di buona amministrazione, in quanto la convenuta si è indebitamente avvalsa della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara per l'acquisto di un massimo di 200 robot da disinfezione, commettendo in tal modo un errore manifesto di valutazione. |
2. |
Secondo motivo, vertente sulla violazione, da parte della convenuta, da un lato, degli articoli 61, 160, paragrafo 1, e 167, paragrafo 1, del regolamento finanziario, nonché dei principi generali dell'Unione europea di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione e, dall'altro, dell'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in quanto la convenuta e l'aggiudicatario (UVD Robots APS) si trovano in una situazione di conflitto di interessi che implica un’irregolarità grave, tale da rendere nullo il contratto quadro concluso. |
3. |
Terzo motivo, vertente sulla violazione, da parte della convenuta, dell'articolo 160, paragrafo 3, del regolamento finanziario, in quanto l'aggiudicazione del contratto quadro relativo ai robot da disinfezione per gli ospedali europei (Covid — 19) alla UVD Robots APS è distorsiva della concorrenza. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/30 |
Ricorso proposto il 25 gennaio 2021 — Slovacchia / Commissione
(Causa T-40/21)
(2021/C 98/34)
Lingua processuale: lo slovacco
Parti
Ricorrente: Repubblica slovacca (rappresentante: B. Ricziová)
Convenuta: Commissione europea
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (UE) 2020/1734 della Commissione, del 18 novembre 2020, recante esclusione dal finanziamento dell'Unione europea di alcune spese sostenute dagli Stati membri nell'ambito del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (1), nella parte in cui viene applicata alla Repubblica slovacca una rettifica finanziaria concernente la misura «Aiuti diretti disaccoppiati» per l’anno di bilancio 2016 (corrispondente agli anni di domanda 2013 e 2014) di importo totale pari a EUR 19 656 905,11; |
— |
condannare la Commissione europea alle spese processuali. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del suo ricorso la ricorrente deduce un unico motivo, vertente su una violazione dell’articolo 52, paragrafo 4, lettera a), del regolamento (UE) n. 1306/2013 (2) del Parlamento europeo e del Consiglio in combinato disposto con l’articolo 34, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione (UE) n. 908/2014 (3) della Commissione, in quanto alla Repubblica slovacca non sarebbero state applicate garanzie processuali che tali disposizioni prevedono.
Con tale motivo la ricorrente lamenta che, mediante la decisione di esecuzione 2020/1734, la Commissione ha escluso dal finanziamento dell’Unione europea spese per un importo di EUR 19 656 905,11, sostenute dalla Repubblica slovacca nell’ambito del FEAGA, in applicazione di una rettifica finanziaria concernente la misura «Aiuti diretti disaccoppiati» per l’anno di bilancio 2016 (regime di pagamento unico per superficie — carenze nell'aggiornamento-qualità del SIPA, qualità dei controlli in loco e avvio dei recuperi — anno di domanda 2015); detto importo terrebbe conto degli anni di domanda 2013 e 2014, che non sono stati oggetto dell’ispezione.
(2) Regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/94, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008 (GU 2013, L 347, pag. 549).
(3) Regolamento di esecuzione (UE) n. 908/2014 della Commissione, del 6 agosto 2014, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda gli organismi pagatori e altri organismi, la gestione finanziaria, la liquidazione dei conti, le norme sui controlli, le cauzioni e la trasparenza (GU 2014, L 255, pag. 59).
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/31 |
Ricorso proposto il 26 gennaio 2021 — About You /EUIPO — Safe-1 Immobilieninvest (Y/O/U YOUR ORIGINAL U)
(Causa T-50/21)
(2021/C 98/35)
Lingua processuale: l'inglese
Parti
Ricorrente: About You GmbH (Amburgo, Germania) (rappresentante: avv. W. Mosing)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Safe-1 Immobilieninvest GmbH (Mauer, Austria)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Titolare del marchio controverso: Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso
Marchio controverso interessato: Marchio dell’Unione europea figurativo «Y/O/U YOUR ORIGINAL U» — Marchio dell’Unione europea n. 10 226 901
Procedimento dinanzi all’EUIPO: Dichiarazione di nullità
Decisione impugnata: Decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 19 novembre 2021 nel procedimento R529/2020-5
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
tenere un’udienza; |
— |
annullare la decisione impugnata con la conseguenza che L’EUIPO dovrà annullare il marchio dell’Unione europea; |
— |
condannare l’EUIPO e la controinteressata dinanzi all’EUIPO, qualora intervenga, alle proprie spese e a quelle sostenute dalla ricorrente nel procedimento dinanzi al Tribunale e nel procedimento di ricorso dinanzi all’EUIPO. |
Motivi invocati
— |
Violazione dei requisiti relativi alla prova in ordine alla certezza del diritto nonché del principio delle aspettative legittime; |
— |
Violazione dell’articolo 58 (in combinato disposto con l’articolo 18) e dell’articolo 95 del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio e, rispettivamente, in combinato disposto con gli articoli 10, 19 e 27 del regolamento delegato della Commissione (UE) 2018/625. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/32 |
Ricorso proposto il 26 gennaio 2021 — About You / EUIPO — Safe-1 Immobilieninvest (Y/O/U YOUR ORIGINAL U)
(Causa T-51/21)
(2021/C 98/36)
Lingua processuale: l'inglese
Parti
Ricorrente: About You GmbH (Amburgo, Germania) (rappresentante: avv. W. Mosing)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Safe-1 Immobilieninvest GmbH (Mauer, Austria)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Titolare del marchio controverso: Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso
Marchio controverso interessato: Marchio dell’Unione europea figurativo «Y/O/U YOUR ORIGINAL U» — Marchio dell’Unione europea n. 10 226 918
Procedimento dinanzi all’EUIPO: Dichiarazione di nullità
Decisione impugnata: Decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 19 novembre 2020 nel procedimento R 530/2020-5
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
tenere un’udienza; |
— |
annullare la decisione impugnata con la conseguenza che L’EUIPO dovrà annullare il marchio dell’Unione europea; |
— |
condannare l’EUIPO e la controinteressata dinanzi all’EUIPO, qualora intervenga, alle proprie spese e a quelle sostenute dalla ricorrente nel procedimento dinanzi al Tribunale e nel procedimento di ricorso dinanzi all’EUIPO. |
Motivi invocati
— |
Violazione dei requisiti relativi alla prova in ordine alla certezza del diritto nonché del principio delle aspettative legittime; |
— |
Violazione dell’articolo 58 (in combinato disposto con l’articolo 18) e dell’articolo 95 del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio e, rispettivamente, in combinato disposto con gli articoli 10, 19 e 27 del regolamento delegato della Commissione (UE) 2018/625. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/33 |
Ricorso proposto il 1 febbraio 2021 — Rotondaro/EUIPO — Pollini (COLLINI)
(Causa T-69/21)
(2021/C 98/37)
Lingua in cui è redatto il ricorso: l’italiano
Parti
Ricorrente: Carmine Rotondaro (Monaco, Monaco) (rappresentante: M. Locatelli, avvocato)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Pollini SpA (Gatteo, Italia)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Richiedente del marchio controverso: Ricorrente dinanzi al Tribunale
Marchio controverso: Domanda di marchio figurativo dell’Unione europea COLLINI — Domanda di registrazione n. 15 841 091
Procedimento dinanzi all’ EUIPO: Opposizione
Decisione impugnata: Decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 3 dicembre 2020 nel procedimento R 2518/2019-1
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione impugnata; |
— |
confermare la decisione della divisione di opposizione e dichiarare il marchio COLLINI registrabile come marchio dell’Unione europea per tutti i prodotti delle classi 18 e 25 come indicati nella domanda di registrazione n. 15 841 091; |
— |
condannare l’EUIPO alle spese della presente procedura. |
Motivi invocati
— |
Violazione delle Direttive adottate dal Direttore esecutivo dell’EUIPO il 22 settembre 2017 (decisione n. EX-17-1); |
— |
Violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/33 |
Ricorso proposto il 3 febbraio 2021 — Bowden e Young/Europol
(Causa T-72/21)
(2021/C 98/38)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrenti: Ian James Bowden (L'Aia, Paesi Bassi) e Janey Young (L'Aia) (rappresentante: N. de Montigny, avvocato)
Convenuta: Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto (Europol)
Conclusioni
I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:
— |
annullare le decisioni individuali del 30 marzo 2020 di non concedere loro alcuna deroga al requisito di cittadinanza di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), del RAA e, di conseguenza, di porre fine ai rispettivi contratti sulla base dell’articolo 47 del RAA con preavviso decorrente «alla scadenza del periodo transitorio», vale a dire il 31 dicembre 2020, secondo l’accordo di recesso; |
— |
condannare la convenuta alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, i ricorrenti deducono sei motivi.
1. |
Primo motivo, riguardante l’illegittimità del procedimento e dei criteri applicati, l’errore di diritto e l’errore di interpretazione, l’assenza di trasparenza, di chiarezza, di certezza del diritto, di prevedibilità e il mancato rispetto del dovere di buona amministrazione nell’ambito dell’adozione di una procedura di deroga. |
2. |
Secondo motivo, concernente la violazione delle legittime aspettative, l’omesso esame individuale e circostanziato del fascicolo, l’adozione di decisioni arbitrarie, lo sviamento di procedura e l’assenza di motivazione. |
3. |
Terzo motivo, relativo alla violazione del dovere di sollecitudine. |
4. |
Quarto motivo, vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltato in modo effettivo. |
5. |
Quinto motivo, attinente alla violazione del principio della parità di trattamento e al divieto di qualsiasi discriminazione. |
6. |
Sesto motivo, relativo all’errore manifesto di valutazione. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/34 |
Ricorso proposto il 5 febbraio 2021 — Teva Pharmaceutical Industries e Cephalon/Commissione
(Causa T-74/21)
(2021/C 98/39)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrenti: Teva Pharmaceutical Industries Ltd (Petach Tikva, Israele), Cephalon Inc. (West Chester, Pennsylvania, Stati Uniti) (rappresentanti: D. Tayar e S. Ortoli, avvocati)
Convenuta: Commissione europea
Conclusioni
Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:
— |
annullare integralmente la decisone della Commissione C(2020) 8153 final del 26 novembre 2020; |
— |
annullare le ammende inflitte alla Teva Pharmaceutical Industries Ltd. e alla Cephalon Inc. ai sensi dell’articolo 2 della decisione impugnata; |
— |
in subordine, ridurre sostanzialmente l’importo dell’ammenda inflitta alla Teva Pharmaceuticals Industries Ltd; |
— |
condannare la Commissione alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, le ricorrenti deducono quattro motivi.
1. |
Primo motivo, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe errato in punto di fatto e di diritto qualificando l’accordo controverso come una restrizione della concorrenza per oggetto. |
2. |
Secondo motivo, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe errato in punto di fatto e di diritto qualificando l’accordo transattivo come una restrizione della concorrenza per effetto. |
3. |
Terzo motivo, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe errato nell’applicare l’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. |
4. |
Quarto motivo, vertente sulla circostanza che le ammende inflitte alla Teva e alla Cephalon dovrebbero essere annullate o, quantomeno, che l’importo dell’ammenda inflitta alla Teva dovrebbe essere significativamente ridotto. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/35 |
Ricorso proposto il 5 febbraio 2021 — Cargolux / Commissione
(Causa T-80/21)
(2021/C 98/40)
Lingua processuale: l'inglese
Parti
Ricorrente: Cargolux Airlines International SA (Sandweiler, Lussemburgo) (rappresentanti: G. Goeteyn e E. Aliende Rodríguez, avvocati)
Convenuta: Commissione europea
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
condannare l’Unione, rappresentata dalla Commissione, a risarcire il danno subito dalla Cargolux a causa del mancato pagamento, da parte della Commissione, dell’importo degli interessi di mora dovuti e dell’importo degli interessi composti dovuti, ai sensi del primo comma dell’articolo 266 TFEU, conformemente alla sentenza del 16 dicembre 2015, Cargolux Airlines International SA/Commissione (causa T-39/11), e di conseguenza a pagare i seguenti importi, conformemente agli articoli 266, secondo comma, 68 e 340, secondo comma, TFEU:
|
— |
condannare la Commissione a pagare tutte le spese sostenute dalla Cargolux nel presente procedimento. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce un unico motivo vertente sulla circostanza che la Commissione è tenuta, per la sua responsabilità extracontrattuale, a versare alla Cargolux un indennizzo pari all'importo degli interessi di mora dovuti e all'importo degli interessi composti dovuti, conformemente agli articoli 266, secondo comma, 268 e 340, secondo comma, TFUE.
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/36 |
Ricorso proposto l’8 febbraio 2021 — QF / Commissione
(Causa T-85/21)
(2021/C 98/41)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: QF (rappresentante: S. Orlandi, avvocato)
Convenuta: Commissione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di non iscrivere il suo nome sull’elenco di riserva relativo al concorso interno COM/03/AD/18; |
— |
condannare la Commissione europea alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce tre motivi.
1. |
Primo motivo, vertente sulla mancanza di motivazione pertinente. Il ricorrente considera infatti che la motivazione è costituita da valutazioni verbali non coerenti con i punteggi attribuiti. Inoltre, la commissione giudicatrice non avrebbe comunicato i criteri di valutazione stabiliti prima delle prove, di modo che né il ricorrente né l’autorità che ha il potere di nomina avrebbero potuto verificarne la legittimità. |
2. |
Secondo motivo, vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento. Il ricorrente invoca in particolare, al riguardo, il fatto che la commissione giudicatrice avrebbe modificato, dopo le prove, i punteggi attribuiti dai suoi membri in base a una griglia di valutazione, quando tale griglia avrebbe dovuto garantire la parità di trattamento dei candidati. |
3. |
Terzo motivo, vertente sull’errore manifesto di valutazione commesso dalla commissione giudicatrice dal momento che quest’ultima non sarebbe stata in grado di giustificare in modo sufficiente la manifesta incoerenza delle valutazioni verbali con i punteggi numerici, in relazione al raffronto con le valutazioni comparabili di altri candidati. |
22.3.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 98/36 |
Ordinanza del Tribunale del 28 gennaio 2021 — MS / Commissione
(Causa T-602/20) (1)
(2021/C 98/42)
Lingua processuale: il tedesco
Il presidente della Prima Sezione ha disposto la cancellazione della causa dal ruolo.