ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 56

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

64° anno
16 febbraio 2021


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

556a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 2.12.2020 - 3.12.2020

2021/C 56/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo — Verso una strategia dell’UE per migliorare le abilità e le competenze verdi per tutti (parere d’iniziativa)

1

2021/C 56/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La transizione industriale verso un’economia europea verde e digitale: requisiti normativi e il ruolo delle parti sociali e della società civile (parere esplorativo)

10

2021/C 56/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Principi relativi ai servizi pubblici per la stabilità dell’ordine democratico [parere esplorativo richiesto dalla presidenza tedesca]

29

2021/C 56/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La necessità di garantire l’effettivo diritto di voto per le persone con disabilità nelle elezioni del Parlamento europeo (supplemento di parere d’iniziativa)

36


 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

556a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 2.12.2020 - 3.12.2020

2021/C 56/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai pagamenti transfrontalieri nell’Unione (codificazione)[COM(2020) 323 final — 2020/0145 (COD)]

43

2021/C 56/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni —Agenda e piano d’azione dell’UE in materia di droga 2021-2025 [COM(2020) 606 final]

47

2021/C 56/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’attuazione del cielo unico europeo (rifusione)[COM(2020) 579] e sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2018/1139 per quanto riguarda la capacità dell’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea di agire in qualità di organo di valutazione delle prestazioni del cielo unico europeo[COM(2020) 577]

53

2021/C 56/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce misure di gestione, conservazione e controllo applicabili nella zona della convenzione per il rafforzamento della commissione interamericana per i tonnidi tropicali e che modifica il regolamento (UE) n. 520/2007 del Consiglio[COM(2020) 308 final — 2020/0139 (COD)]

59

2021/C 56/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda disposizioni transitorie relative all’imposta sul valore aggiunto per i vaccini contro la COVID-19 e i dispositivi medico-diagnostici in vitro di questa malattia in risposta alla pandemia di COVID-19 [COM(2020) 688 final — 2020/0311 (CNS)]

61

2021/C 56/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che autorizza la Commissione a votare a favore dell'aumento di capitale del Fondo europeo per gli investimenti [COM(2020) 774 final — 2020/0343 (COD)]

62

2021/C 56/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro [COM(2020) 0571 final — 2020/0262 (COD)]

63

2021/C 56/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a determinati aspetti della sicurezza e della connettività delle ferrovie in relazione alle infrastrutture transfrontaliere che collegano l’Unione e il Regno Unito attraverso il collegamento fisso sotto la Manica[COM(2020) 782 final — 2020/0347 (COD)]

64


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

556a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 2.12.2020 - 3.12.2020

16.2.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 56/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo — «Verso una strategia dell’UE per migliorare le abilità e le competenze verdi per tutti»

(parere d’iniziativa)

(2021/C 56/01)

Relatrice:

Tatjana BABRAUSKIENĖ

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.2.2020

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del rRegolamento interno

Parere d’iniziativa

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

11.11.2020

Adozione in sessione plenaria

2.12.2020

Sessione plenaria n.

556

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

241/4/8

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE sottolinea che la responsabilità ambientale è un obbligo per tutti. Uno sviluppo sostenibile sul piano ambientale impone una drastica trasformazione sociale, che richiede cambiamenti individuali e collettivi della nostra mentalità, dei nostri comportamenti e stili di vita, nonché dell’organizzazione sociale, politica ed economica dei nostri paesi e delle nostre società.

1.2.

Il CESE raccomanda agli Stati membri di elaborare strategie nazionali efficaci, con la partecipazione delle parti sociali e delle parti interessate pertinenti, al fine di compiere progressi verso la realizzazione urgente degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (OSS) che richiedono agli Stati di adottare misure in favore di un’istruzione di qualità, inclusiva ed equa (OSS 4) e per combattere i cambiamenti climatici (OSS 13). In particolare, il traguardo 13.3 punta a «[m]igliorare l’istruzione, la sensibilizzazione e la capacità umana e istituzionale per quanto riguarda la mitigazione del cambiamento climatico, l’adattamento, la riduzione dell’impatto e l’allerta tempestiva». Il traguardo 4.7 chiede di «garantire che tutti i discenti acquisiscano la conoscenza e le competenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile», che sono viste non solo come un modo per migliorare le competenze e stimolare l’economia, ma anche per promuovere gli obiettivi della cittadinanza globale e della pace. L’istruzione svolge un ruolo cruciale in questo processo di cambiamento, che va oltre il semplice inserimento delle questioni ambientali nei programmi di studio.

1.3.

Il CESE invita la Commissione europea e gli Stati membri ad attuare il primo principio del pilastro europeo dei diritti sociali, vale a dire il diritto per tutti in Europa a un’istruzione, una formazione e un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, ad applicare tale principio per migliorare l’offerta di competenze e abilità verdi per la protezione dell’ambiente, nonché di capacità professionali per tutti, a sostenerne l’attuazione mediante finanziamenti pubblici sostenibili concordati con le parti sociali e la società civile.

1.4.

Il CESE ritiene che le competenze verdi, la responsabilità ambientale e lo sviluppo sostenibile dovrebbero essere integrati trasversalmente nei risultati dell’apprendimento (conoscenze, abilità, atteggiamenti e valori), tanto nell’apprendimento formale che in quello informale e non formale dei discenti di ogni età, in tutti i settori dell’istruzione, negli apprendistati e nei programmi di formazione per i lavoratori sia all’interno che all’esterno dei settori «verdi».

1.5.

Il CESE ricorda alla Commissione europea e agli Stati membri l’opportunità di assicurare un migliore collegamento tra le politiche ambientali e le politiche in materia di occupazione e di istruzione. In questo modo si contribuirebbe anche a porre l’accento sull’anticipazione delle competenze e sullo sviluppo delle competenze dei disoccupati o anche degli occupati, la cui formazione dovrebbe coprire la responsabilità ambientale ed essere specificamente incentrata sulle competenze verdi. È pertanto essenziale garantire che l’integrazione dei cambiamenti climatici nell’apprendimento e nell’insegnamento sia in linea con una cultura scolastica democratica e con un ambiente di apprendimento improntato ad una «cultura verde», nel cui ambito si assiste alla creazione di scuole«verdi» che, disponendo di infrastrutture adeguate per sensibilizzare alle questioni climatiche e per salvaguardare l’ambiente, sono gestite in modo sostenibile in partenariato con tutte le parti interessate scolastiche e preparano gli alunni a combattere i cambiamenti climatici sia in quanto cittadini attivi che nei loro futuri posti di lavoro.

1.6.

Il CESE invita la Commissione europea a condurre uno studio a livello dell’UE sullo sviluppo delle abilità e delle competenze verdi negli Stati membri e a basare la propria strategia politica sui risultati di tali ricerche. Le scuole sono una fonte essenziale di informazioni sulle questioni ambientali per gli studenti, in particolare nell’era della pervasività dell’informazione su tutti i soggetti ottenuta via Internet, dei social media e delle notizie false. Bisogna però disporre di maggiori informazioni sulle politiche adottate dagli Stati membri dell’UE per integrare la consapevolezza dei cambiamenti climatici, la responsabilità ambientale e lo sviluppo sostenibile, in quanto abilità e competenze verdi, nelle politiche in materia d’istruzione e nei programmi per le scuole primarie, per l’istruzione generale e per l’istruzione superiore. Tale ricerca dovrebbe inoltre concentrarsi sulle abilità e sulle competenze verdi sociali e professionali nel settore dell’istruzione e della formazione professionale (IFP), nel settore dell’istruzione e della formazione iniziale (IFPI) e in quello dell’istruzione e formazione professionale continua (IFP continua), come pure nella riqualificazione e nel miglioramento delle competenze dei disoccupati e dei lavoratori.

1.7.

Il CESE ricorda che le abilità e le competenze verdi sono necessarie per tutti i cittadini, giovani e meno giovani. Occorre pertanto prestare maggiore attenzione al loro insegnamento, in linea con l’applicazione del quadro delle competenze chiave (1) per tutti i tipi di istruzione, e utilizzare tale quadro per migliorare le competenze in materia di cittadinanza, che sono necessarie per essere responsabili in campo ambientale, come pure le «competenze matematiche e le competenze in scienze, tecnologie e ingegneria», che devono promuovere la sostenibilità ambientale, in particolare per quanto riguarda il progresso scientifico e tecnologico. Inoltre, le competenze verdi e le questioni di responsabilità ambientale dovrebbero essere integrate in tutte le materie, in particolare in geografia, etica e filosofia.

1.8.

Il CESE accoglie con favore l’accento posto sulle competenze verdi dalla nuova agenda per le competenze per l’Europa (2) (2020) della Commissione europea, ma si rammarica che essa non fissi per gli Stati un obiettivo sulla quota di partecipazione degli adulti a una formazione di qualità e inclusiva almeno per le abilità e le competenze verdi di base, mentre un tale obiettivo viene proposto per la partecipazione degli adulti alla formazione nelle competenze digitali di base.

1.9.

Il CESE accoglie con favore il fatto che il Green Deal europeo (3) (2019) presenti una strategia globale dell’UE per la lotta ai cambiamenti climatici e la protezione dell’ambiente al fine di conseguire la neutralità climatica dell’UE entro il 2050 e che abbia annunciato diverse strategie, alle quali faranno seguito normative, finanziamenti e riforme nazionali. Il CESE invita gli Stati membri a definire politiche nazionali incentrate anche sull’educazione alla responsabilità ambientale e sulle competenze verdi, nonché sul miglioramento delle competenze e sulla riqualificazione proattivi per facilitare la transizione giusta verso un’economia verde per tutti, in particolare per i lavoratori dei settori in declino. Il CESE ricorda che tali riforme devono svolgersi nel quadro di un dialogo sociale efficace sia con i sindacati degli insegnanti e dei lavoratori che con i datori di lavoro e in consultazione con le pertinenti organizzazioni della società civile.

1.10.

Il CESE accoglie con favore la proposta del Green Deal europeo di definire un quadro europeo delle competenze e raccomanda alla Commissione di concepire tale quadro in modo che sia applicabile all’apprendimento formale, informale e non formale nell’ambito del «metodo aperto di cooperazione», coinvolgendo i rappresentanti dei ministeri dell’istruzione, le parti sociali dei settori dell’istruzione e della formazione e altri soggetti interessati, come le ONG attive nel campo della gioventù e dell’istruzione.

1.11.

Il CESE accoglie con favore il fatto che il Parlamento europeo abbia adottato una risoluzione sul Green Deal europeo (4) in cui sottolinea che la strategia industriale deve dedicare la dovuta considerazione agli effetti sulla forza lavoro, nonché alla formazione, alla riqualificazione e allo sviluppo delle competenze dei lavoratori (5). Il CESE sostiene la dimensione regionale di questa strategia e una governance forte con un dialogo sociale. Il CESE sottolinea che anche le imprese devono elaborare delle strategie in materia di protezione dell’ambiente, per le quali è necessario sviluppare le competenze dei datori di lavoro.

1.12.

Il CESE invita le future presidenze dell’UE e la Commissione europea a intensificare la cooperazione tra i Consigli Istruzione, Occupazione e Ambiente, in modo che i decisori al più alto livello mettano in relazione la lotta ai cambiamenti climatici con l’importanza di fornire abilità e competenze verdi per tutte le età, in ogni forma e tipologia di istruzione e formazione.

1.13.

Il CESE chiede una strategia globale a livello dell’UE, come ad esempio una raccomandazione del Consiglio, riguardante il miglioramento dell’istruzione e della formazione relative ad abilità e competenze verdi, lo sviluppo di strategie in materia di scuole «verdi» nonché la riqualificazione e il miglioramento delle competenze degli adulti, dentro e fuori il luogo di lavoro, per quanto concerne le competenze necessarie per proteggere l’ambiente, per la società e per inverdire l’economia. Si propone che tale raccomandazione del Consiglio faccia seguito alle proposte della nuova agenda europea per le competenze, al fine di concentrarsi su come sviluppare un atteggiamento rispettoso dell’ambiente da parte di ogni individuo, rendendo la responsabilità ambientale una competenza trasversale nell’ambito dell’istruzione e della formazione all’interno dello spazio europeo dell’istruzione e mettendo l’accento sulla parità nello sviluppo delle competenze verdi per le persone di ogni età, e in particolare per i gruppi svantaggiati dal punto di vista socioeconomico. L’attuazione della strategia in questo modo dovrebbe anche richiedere che il miglioramento dell’istruzione e della formazione sia accompagnato da risorse sostenibili e adeguate sul piano tecnico e finanziario e in termini di personale, risorse che dovrebbero essere finanziate con fondi pubblici.

1.14.

Il CESE ritiene che gli Stati membri dovrebbero attuare politiche e finanziamenti globali per sostenere lo sviluppo professionale iniziale e continuo degli insegnanti e dei formatori in materia di protezione ambientale, come tema trasversale per gli insegnanti di tutte le materie e di ogni livello e tipo di istruzione e formazione, nonché offrire una formazione specifica in materia di abilità e competenze verdi. Gli Stati membri dovrebbero inoltre assicurare un adeguato sostegno professionale agli insegnanti e ai formatori e fornire loro materiale didattico, strumenti, metodi e prassi didattiche pertinenti e aggiornati in materia.

1.15.

Il CESE ricorda che l’acquisizione di competenze verdi nel luogo di lavoro aumenterebbe la resilienza e l’adattabilità dei lavoratori, dei dirigenti e delle parti interessate, contribuendo nel contempo alla crescita verde. Il CESE chiede di sostenere la collaborazione e la messa in comune delle risorse tra imprese (in particolare PMI) per rispondere alle esigenze di formazione in materia di abilità e competenze verdi, tanto generali quanto tecniche e specialistiche.

1.16.

Il CESE chiede di garantire che i finanziamenti dell’UE per le competenze verdi e le conoscenze in materia di protezione dell’ambiente (ad esempio Erasmus+, l’FSE+, il pacchetto per la ripresa e il Fondo per una transizione giusta) si concentrino sull’offerta di un sostegno finanziario per lo sviluppo delle competenze verdi da parte dei discenti di tutte le età.

1.17.

Il CESE invita a inverdire il semestre europeo (6) e chiede alla Commissione di collaborare con i ministeri dell’istruzione, le parti sociali e le organizzazioni della società civile pertinenti per elaborare raccomandazioni specifiche per paese rivolte agli Stati membri dell’UE su come migliorare l’offerta di abilità e competenze verdi a tutti i livelli e in tutte le tipologie di istruzione e formazione, a partire dalle scuole primarie fino all’istruzione superiore e all’apprendimento per gli adulti, e prendendo in considerazione la possibilità di fornire un sostegno efficace agli adulti dentro e fuori i luoghi di lavoro.

2.   Osservazioni generali

2.1.

La lotta ai cambiamenti climatici ha un impatto enorme sulle condizioni sociali, sull’istruzione, sull’occupazione e sul mercato del lavoro. Il 2019 in Europa è stato caratterizzato da imponenti mobilitazioni di cittadini, in particolare di studenti, che chiedevano alle autorità pubbliche di intraprendere azioni urgenti e ambiziose per affrontare i cambiamenti climatici. La responsabilità ambientale e le competenze verdi sono necessarie per tutti, per i consumatori e per i cittadini in generale, come pure per i responsabili politici, le imprese e i lavoratori. Sono necessarie per ogni settore e attività, sia nei contesti lavorativi (dai compiti di pianificazione strategica e innovazione al lavoro di base nelle fabbriche e nel settore dei servizi) che nella vita quotidiana (con riferimento, ad esempio, alle abitazioni, ai trasporti e ai consumi), per lo più come parte integrante di ciascuna professione, benché alcuni impieghi possano essere considerati «posti di lavoro specializzati del settore ambientale».

2.2.

Le perturbazioni delle economie causate dalla pandemia di Covid-19 non dovrebbero rendere la politica climatica meno prioritaria per i governi e per le persone in tutta Europa. I politici, le imprese, i legislatori e gli attivisti europei hanno chiesto ai leader dell’UE di effettuare investimenti verdi per rilanciare la crescita dopo la pandemia di coronavirus. L’assunto alla base di questa richiesta è che la lotta contro i cambiamenti climatici e la promozione della biodiversità contribuiranno a ricostruire economie più forti. I pacchetti di stimolo fiscale post Covid-19 offriranno l’opportunità di avviare una ripresa trasformativa e rispettosa dell’ambiente con la creazione di posti di lavoro verdi.

2.3.

Parallelamente, in diversi paesi si è assistito ad ampie proteste contro le riforme fiscali e sociali percepite come inique da una parte dei cittadini. Tali recenti sviluppi dimostrano l’urgenza e la necessità di adottare politiche climatiche ambiziose e incisive, che dovrebbero essere inclusive e sostenere le regioni, i settori, i lavoratori e i cittadini più vulnerabili. Naturalmente, queste politiche climatiche hanno un impatto sull’apprendimento formale, informale e non formale dei discenti di ogni età, e le competenze verdi, la responsabilità ambientale e lo sviluppo sostenibile dovrebbero essere integrati trasversalmente nei risultati dell’apprendimento (conoscenze, abilità, attitudini e valori) di ciascun settore dell’istruzione, degli apprendistati e dei programmi di formazione dei lavoratori all’interno e all’esterno dei settori «verdi». Per «abilità e competenze verdi» si dovrebbero intendere quelle necessarie per la società e l’economia in relazione ai requisiti ambientali. Le questioni ambientali riguardano un’ampia gamma di tematiche, che vanno dai cambiamenti climatici e dall’inquinamento alle risorse naturali e alla biodiversità.

2.4.

L’istruzione svolge un ruolo cruciale nella sensibilizzazione alle sfide ambientali e nella definizione degli atteggiamenti e dei comportamenti che possono fare la differenza. Se molti quindicenni sono pessimisti per quanto riguarda il loro futuro in una prospettiva ambientale (7), secondo l’OCSE (8) numerosi paesi hanno già incorporato temi ambientali nei loro programmi di studio e analizzano questioni come il riciclaggio, i modelli di consumo quotidiano e i comportamenti sostenibili. Le scuole sono una fonte essenziale di informazioni sulle questioni ambientali per gli studenti e un luogo in cui preparare i cittadini a pensare in modo responsabile e critico, acquisendo non solo consapevolezza e comprensione delle cause e delle conseguenze dei problemi ambientali, ma anche le conoscenze, le competenze e le attitudini necessarie per trovare soluzioni più sostenibili. Bisogna però disporre di maggiori informazioni sulle politiche adottate dagli Stati membri dell’UE per integrare la consapevolezza dei cambiamenti climatici, la responsabilità ambientale e lo sviluppo sostenibile, in quanto abilità e competenze verdi, nei programmi per le scuole primarie, per l’istruzione generale e per l’istruzione superiore.

2.5.

Le abilità e le competenze verdi sono necessarie per tutti i cittadini, giovani e meno giovani. Le competenze verdi sono un concetto trasversale e riguardano la capacità di integrare aspetti ambientali con altre abilità. Ciò richiede una comprensione e una conoscenza sufficienti delle questioni ambientali, ma al tempo stesso una base solida in termini di competenze generali e professionali. Il quadro delle competenze chiave (9) indica che le competenze matematiche e le competenze in scienza, tecnologia, ingegneria aumentano l’attenzione per la sostenibilità ambientale, in particolare per quanto riguarda il progresso scientifico e tecnologico, e la competenza in materia di cittadinanza è necessaria per essere responsabili in campo ambientale. Le competenze STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) costituiscono una base importante per comprendere le questioni ambientali e anche per mettere a punto soluzioni ai vari problemi. Anche competenze come il pensiero critico, la creatività e la collaborazione/il lavoro di squadra sono importanti per consentire una cittadinanza attiva e consapevole sotto il profilo ambientale.

2.6.

Secondo l’OCSE, mentre nella maggior parte dei paesi solo una minoranza di scuole offre dei corsi dedicati all’ambiente, queste tematiche vengono spesso affrontate nell’ambito di altri programmi di base e molte scuole organizzano attività extrascolastiche incentrate sull’ambiente (10). Tuttavia, non esistono ancora studi internazionali specifici sulle strategie e i programmi scolastici nazionali riguardanti la scienza ambientale, gli atteggiamenti ambientali e lo sviluppo specifico dell’offerta di competenze verdi, compresa la valutazione di tali competenze. Il CESE invita pertanto la Commissione europea a condurre uno studio sullo sviluppo delle abilità e delle competenze verdi negli Stati membri e a basare la propria strategia su tale ricerca.

2.7.

Inverdire l’economia significa produrre prodotti e servizi con un minor consumo di energia, una quantità minore di materie prime e una riduzione delle emissioni di carbonio. Tale concetto si applica a tutte le attività economiche in tutti i settori e comprende anche i lavoratori e i consumatori (11). Il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio implica cambiamenti strutturali in tutti i settori e in tutte le professioni, in quanto emergono nuove occupazioni verdi o aumenta la domanda in tal senso. Tuttavia, l’esigenza principale consiste nell’inverdire i posti di lavoro esistenti. Ciò si traduce in nuove serie di competenze che richiedono aggiornamenti dei programmi di studio o persino nuove qualifiche a tutti i livelli dell’istruzione e della formazione.

2.8.

Ogni professione presenta degli aspetti ambientali specifici da prendere in considerazione. Se inverdire l’economia crea esigenze in termini di competenze, in particolare in settori specifici come l’efficienza energetica e delle risorse, la costruzione o l’industria manifatturiera, il passaggio a un’economia circolare rende necessario disporre di competenze verdi in un’ampia gamma di settori. Tali nuovi insiemi di competenze devono trovare riscontro anche nei diversi settori dell’istruzione, compresa l’offerta di istruzione e formazione professionale (IFP), che va dall’istruzione e formazione iniziale (IFPI) all’istruzione e alla formazione continua (IFP continua), nonché ai piani di apprendistato. Queste nuove competenze verdi possono spaziare da competenze molto tecniche e specializzate a competenze più generali, come l’uso responsabile delle risorse, che può risultare pertinente per tutte le professioni, tutti i livelli gerarchici e tutti i settori (12).

2.9.

Non vi è ancora una strategia globale a livello dell’UE, quale ad esempio una raccomandazione del Consiglio, riguardante il miglioramento dell’istruzione e della formazione relative ad abilità e competenze verdi, lo sviluppo di strategie in materia di scuole«verdi» nonché il miglioramento delle competenze e la riqualificazione per gli adulti, dentro e fuori il luogo di lavoro, per quanto concerne le competenze necessarie per proteggere l’ambiente, per la società e per inverdire l’economia. Il CESE accoglie con favore l’accento posto sulle competenze verdi dalla nuova agenda per le competenze per l’Europa (13) (2020) della Commissione europea, ma si rammarica che essa non fissi per gli Stati un obiettivo sulla percentuale di adulti che devono disporre almeno delle abilità e delle competenze verdi di base, mentre un tale obiettivo viene proposto per la partecipazione degli adulti alla formazione nelle competenze digitali di base. Il CESE propone che tale raccomandazione del Consiglio faccia seguito alle proposte della nuova agenda europea per le competenze, al fine di concentrarsi su come sviluppare un atteggiamento rispettoso dell’ambiente da parte di ogni individuo, rendendo la responsabilità ambientale una competenza trasversale nell’ambito dell’istruzione e della formazione all’interno dello spazio europeo dell’istruzione e mettendo l’accento sulla parità nell’acquisizione delle competenze verdi da parte delle persone di ogni età, indipendentemente dal genere, compresi i gruppi svantaggiati dal punto di vista socioeconomico.

2.10.

Il passaggio a un’economia circolare e a basse emissioni di carbonio modificherà inevitabilmente le strutture settoriali e occupazionali, creando opportunità ma anche sfide, tra cui il declino di alcuni settori, mentre altri si troveranno a dover affrontare delle strozzature nella ricerca di personale. Da questo punto di vista, l’adozione di approcci su misura a favore dei gruppi di adulti più vulnerabili, come quelli scarsamente qualificati (14), apporterebbe benefici socioeconomici supplementari.

2.11.

Si dovrebbero attuare politiche e finanziamenti globali per sostenere lo sviluppo professionale iniziale e continuo degli insegnanti e dei formatori in materia di protezione ambientale, come tema trasversale per gli insegnanti di tutte le materie e di ogni livello e tipo di istruzione e formazione, nonché come formazione specifica in materia di abilità e competenze verdi. Andrebbe inoltre assicurati un adeguato sostegno professionale agli insegnanti e ai formatori e la fornitura di materiale didattico, strumenti, metodi e prassi didattiche pertinenti e aggiornati in materia.

2.12.

Secondo studi recenti (15), è raro che i programmi di formazione per lo sviluppo delle competenze dei disoccupati o degli occupati siano specificamente incentrati sulle competenze verdi, anche se le organizzazioni settoriali e le organizzazioni di beneficenza/senza scopo di lucro sono talvolta attive nello sviluppo di tali competenze. Ciò potrebbe rispecchiare lo scarso collegamento individuato tra le politiche nella sfera ambientale e quelle in materia di occupazione e competenze, compresa l’anticipazione delle competenze. Nei paesi esaminati, le competenze e i posti di lavoro verdi sono raramente l’unico obiettivo di normative, politiche e strategie. Al tempo stesso, rare sono le sovvenzioni e gli incentivi destinati alle imprese per lo sviluppo delle competenze verdi.

3.   Osservazioni particolari

3.1.

Il CESE sottolinea che gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (OSS) chiedono agli Stati di intervenire per fornire un’istruzione di qualità, inclusiva ed equa (OSS 4) e per combattere i cambiamenti climatici (OSS 13). In particolare, il traguardo 13.3 punta a «[m]igliorare l’istruzione, la sensibilizzazione e la capacità umana e istituzionale per quanto riguarda la mitigazione del cambiamento climatico, l’adattamento, la riduzione dell’impatto e l’allerta tempestiva». Il traguardo 4.7 chiede di «garantire che tutti i discenti acquisiscano la conoscenza e le competenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile», che sono viste non solo come un modo per migliorare le competenze e stimolare l’economia, ma anche per promuovere gli obiettivi della cittadinanza democratica globale e attiva e della pace.

3.2.

Il CESE sottolinea la necessità di attuare il primo principio del pilastro europeo dei diritti sociali, vale a dire il diritto per tutti in Europa a un’istruzione, una formazione e un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, nel contesto del miglioramento dell’offerta di competenze e abilità verdi per tutti, nonché di promuovere l’attuazione di tale principio mediante finanziamenti pubblici sostenibili concordati con le parti sociali e la società civile.

3.3.

Il CESE accoglie con favore il fatto che il Green Deal europeo (16) pubblicato l’11 dicembre 2019 presenti una strategia globale dell’UE per la lotta contro i cambiamenti climatici e la protezione dell’ambiente al fine di conseguire la neutralità climatica dell’UE entro il 2050 e che abbia annunciato diverse strategie, alle quali faranno seguito normative, finanziamenti e riforme nazionali. Il CESE si rallegra in particolare dell’enfasi posta dal Green Deal europeo sul fatto che «scuole, istituti di formazione e università si trovano in una posizione privilegiata per intavolare con gli alunni, i genitori e la comunità in generale un dialogo sui cambiamenti necessari per il successo della transizione». Il Green Deal europeo sottolinea anche l’importanza di dedicarsi proattivamente al miglioramento delle competenze e alla riqualificazione per facilitare la transizione giusta verso un’economia verde per tutti, in particolare per i lavoratori dei settori in declino.

3.4.

Il Green Deal europeo annuncia che la Commissione europea «definirà un quadro europeo delle competenze che aiuti a coltivare e valutare conoscenze, abilità e attitudini connesse ai cambiamenti climatici e allo sviluppo sostenibile. Fornirà inoltre materiali complementari e agevolerà lo scambio di buone pratiche grazie alle reti dell’UE di programmi di formazione rivolti agli insegnanti.» Il CESE accoglie con favore questa proposta e raccomanda alla Commissione di concepire il quadro delle competenze in modo che sia applicabile all’apprendimento formale, informale e non formale nell’ambito del «metodo aperto di cooperazione», coinvolgendo i rappresentanti dei ministeri dell’istruzione, le parti sociali dei settori dell’istruzione e della formazione e altri portatori d’interessi, come le ONG attive nel campo della gioventù e dell’istruzione.

3.5.

Dal punto di vista dell’apprendimento formale, le competenze verdi e l’accento sui cambiamenti climatici nell’apprendimento e nell’insegnamento vanno di pari passo con una gestione più democratica delle scuole e con un ambiente di apprendimento improntato ad una «cultura verde» che sta portando alla creazione di scuole«verdi» che, disponendo di infrastrutture adeguate per sensibilizzare alle questioni climatiche e per salvaguardare l’ambiente, sono gestite in modo sostenibile in partenariato con l’intera comunità scolastica e preparano gli alunni a combattere i cambiamenti climatici sia in quanto cittadini attivi che nei loro futuri posti di lavoro.

3.6.

Occorre sviluppare competenze verdi nel quadro di strategie attive di istruzione/formazione e qualificazione nazionali, in collaborazione con gli attori pertinenti e nell’ambito di un dialogo sociale efficace, consultando le organizzazioni della società civile pertinenti (tra cui le associazioni di studenti, giovani, insegnanti e genitori) per promuovere un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente in termini di risorse e socialmente inclusiva. Tali strategie devono inoltre essere definite e aggiornate sulla base di un sistema efficace di anticipazione e corrispondenza delle competenze (17) che comprenda tutti i soggetti interessati, in particolare le parti sociali e le ONG che operano nei settori della gioventù e dell’istruzione, e prenda in considerazione altri obiettivi politici, come quelli pertinenti per l’istruzione, l’occupazione, la protezione dell’ambiente, l’economia circolare e la migrazione. Ciò consentirebbe di impartire in modo tempestivo e mirato l’istruzione e la formazione su competenze verdi che rispondano alle esigenze della società e dell’economia. Poiché la transizione verso un’economia circolare rappresenta un obiettivo strategico per gli Stati membri, la promozione delle competenze verdi dovrebbe essere accompagnata da strategie nazionali di crescita per assicurare che le iniziative nel settore dell’istruzione e della formazione siano in linea con gli obiettivi strategici nazionali.

3.7.

Oltre all’istruzione formale, i contesti non formali contribuiscono ad educare alla cittadinanza ambientale offrendo le opportunità e le condizioni che consentono ai giovani di acquisire il corpus di conoscenze nonché le competenze, i valori, gli atteggiamenti e le azioni a favore dell’ambiente necessari per diventare «cittadini ambientali». «Inoltre, un “cittadino ambientale” ha gli strumenti e la motivazione per partecipare alla società come un agente del cambiamento nel senso della risoluzione dei problemi ambientali contemporanei, impedendo che ne emergano di nuovi e realizzando la sostenibilità e ripristinando la nostra relazione (umana) con la natura. Alcune modalità pedagogiche, quali l’istruzione basata sul territorio, l’educazione civica ecologica, la pedagogia dell’ecogiustizia, la competenza di azione e l’apprendimento socioscientifico basato sull’indagine, possono contribuire a rafforzare le competenze dei giovani per garantire la profonda partecipazione civica necessaria a realizzare cambiamenti ambientali e sociali.» (18) È pertanto essenziale sostenere i programmi e le organizzazioni dell’istruzione non formale che si avvalgono di questi metodi di miglioramento delle competenze, in quanto completano l’istruzione formale impartita nelle scuole.

3.8.

Seguendo l’esempio della prima riunione congiunta del Consiglio tra i ministri dell’istruzione e delle finanze dell’UE, tenutasi nel 2019 (19), il Comitato invita le future presidenze dell’UE e la Commissione europea a intensificare la cooperazione tra i Consigli Istruzione, Occupazione e Ambiente, in modo che i decisori al più alto livello mettano in relazione la lotta ai cambiamenti climatici con l’importanza di fornire abilità e competenze verdi per tutte le età.

3.9.

Il CESE accoglie con favore il fatto che il Parlamento europeo abbia adottato una risoluzione sul Green Deal europeo (20) in cui sottolinea che la «strategia industriale [deve] dedicare la dovuta considerazione agli effetti sulla forza lavoro, nonché alla riqualificazione e allo sviluppo delle competenze dei lavoratori; invita la Commissione a esaminare attentamente la dimensione regionale di tale strategia, garantendo che nessuno e nessuna regione sia lasciata indietro; insiste affinché la strategia includa un dialogo sociale nel quale i lavoratori siano pienamente coinvolti.» (21) Il CESE sottolinea che anche le imprese devono elaborare delle strategie in materia di protezione dell’ambiente, per le quali è necessario sviluppare le competenze dei datori di lavoro.

3.10.

La responsabilità ambientale inizia con l’informare le persone sulle soluzioni tecniche che possono iniziare ad utilizzare per inverdire l’economia, la vita privata e le abitazioni. A tal fine, è essenziale adottare misure volte a rendere disponibile un maggior numero di soluzioni tecnologiche verdi per le imprese, gli enti pubblici e le famiglie, come pure garantire una formazione sull’utilizzo di queste soluzioni tecnologiche mediante l’apprendimento attraverso la pratica. Pertanto, la strategia per una transizione giusta (22) dovrebbe sostenere lo sviluppo delle competenze e delle capacità degli adulti di tutte le età all’interno e all’esterno dei luoghi di lavoro, aiutandoli così a compiere scelte e transizioni di carriera e ad adottare, nella vita quotidiana, un modo di pensare improntato alla sostenibilità.

3.11.

Il primo principio del pilastro europeo dei diritti sociali deve essere concretamente attuato in modo da garantire che tutti gli adulti abbiano pari accesso a una formazione e all’apprendimento permanente inclusivi e di qualità, sia dentro che fuori il luogo di lavoro, in relazione alle abilità, alle competenze, alle tecnologie verdi, come pure alle competenze verdi più specializzate o più generali di specifiche professioni, fatto che porta al riconoscimento della formazione come strumento per migliorare il livello delle qualifiche. Un sostegno efficace per migliorare l’offerta di formazione in materia di abilità e competenze verdi per i posti di lavoro verdi dovrebbe essere fornito ai lavoratori, a qualsiasi livello di competenze e nelle imprese di ogni dimensione, indipendentemente dal settore e dalla zona geografica in cui lavorano. Tale sostegno deve essere concepito come una strategia nazionale e settoriale, con la partecipazione dei consigli settoriali delle competenze e delle parti sociali, prestando particolare attenzione alla qualità della formazione di chi fornisce tale sostegno.

3.12.

L’UE deve rafforzare i propri investimenti per ridurre le emissioni e l’impronta di carbonio attraverso progetti che possano anche creare posti di lavoro di qualità. Il finanziamento delle competenze verdi e la competenza in materia di protezione dell’ambiente sono essenziali nell’ambito del programma Erasmus+ per sostenere progetti di cooperazione in materia di gioventù e di istruzione nella lotta contro i cambiamenti climatici, la mobilità e lo scambio di studenti, giovani e personale in formazione, lo sviluppo di scuole verdi e la formazione degli insegnanti. Il CESE osserva che la Commissione si è adoperata per fornire agli Stati membri nuove risorse finanziarie per rendere più sostenibili gli edifici scolastici e il loro funzionamento, con l’obiettivo di mobilitare 3 miliardi di EUR di investimenti in infrastrutture scolastiche nel 2020. Il CESE condivide l’idea che altri fondi dell’UE (come l’FSE+, il pacchetto per la ripresa e il Fondo per una transizione giusta) mettano l’accento sull’offerta di un sostegno finanziario allo sviluppo delle competenze verdi da parte dei discenti di ogni età. Al tempo stesso, occorre garantire investimenti pubblici sostenibili per rispondere alle esigenze in materia di istruzione e formazione (23).

3.13.

Il sostegno alla formazione degli adulti costituisce un vantaggio importante per l’individuo, il datore di lavoro e l’intera economia nel quadro di una trasformazione radicale del mondo del lavoro, innescata principalmente dai cambiamenti climatici. Il finanziamento del miglioramento delle competenze e della riqualificazione della forza lavoro con l’assistenza dell’FSE+, di altri fondi europei, del sostegno nazionale degli SPI e il contributo dei datori di lavoro riveste un’importanza fondamentale e dovrebbe essere sostenuto da strategie efficaci di riqualificazione e miglioramento delle competenze. Sostenere la collaborazione e mettere in comune le risorse tra imprese per rispondere alle esigenze di formazione può essere particolarmente utile per le PMI che non hanno né il tempo né le risorse per offrire una formazione in proprio (24). L’acquisizione di competenze verdi nell’ambiente di lavoro aumenterebbe la resilienza e l’adattabilità dei lavoratori, dei dirigenti e delle parti interessate, contribuendo nel contempo alla crescita verde.

3.14.

Il CESE si rallegra che il Consiglio Ambiente, riunitosi il 5 marzo 2020, abbia discusso del Green Deal e dell’Inverdimento del semestre europeo (25) e chiede alla Commissione di collaborare con i ministeri dell’istruzione, le parti sociali e le organizzazioni della società civile pertinenti nell’elaborazione di raccomandazioni specifiche per paese rivolte agli Stati membri dell’UE su come migliorare l’offerta di abilità e competenze verdi a tutti i livelli e in tutte le tipologie di istruzione e formazione, a partire dalle scuole primarie, passando per l’istruzione superiore e l’apprendimento per adulti, e prendendo in considerazione la possibilità di fornire un sostegno efficace agli adulti nei luoghi di lavoro e al di fuori.

Bruxelles, 2 dicembre 2020.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 189 del 4.6.2018, pag. 1.

(2)  COM(2020) 274 final.

(3)  COM(2019) 640 final.

(4)  Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2020 sul Green Deal europeo.

(5)  Il neretto è nostro.

(6)  Consiglio Ambiente, 5 marzo 2019.

(7)  OCSE (2019), Avvisati F., Is there a generational divide in environmental optimism? (Esiste un divario generazionale nell’ottimismo ambientale?), PISA in Focus, n. 95.

(8)  OCSE (2014), Trends shaping education 2014 Spotlight 4.

(9)  GU C 189 del 4.6.2018, pag. 1.

(10)  OCSE (2012), How 'green' are today's 15-year-olds? (Quanto sono «verdi» i quindicenni di oggi?), PISA in Focus, n. 15.

(11)  Eurofound (2011), Industrial relations and sustainability: the role of social partners in the transition towards a green economy (Relazioni industriali e sostenibilità: il ruolo delle parti sociali nella transizione verso un’economia verde).

(12)  Cedefop (2019), Skills for green jobs: 2018 update (Competenze per posti di lavoro verdi: aggiornamento 2018). Relazione di sintesi europea. Lo studio del Cedefop analizza gli sviluppi in Germania, Danimarca, Spagna, Estonia, Francia e Regno Unito.

(13)  COM(2020) 274 final.

(14)  Cfr. Cedefop 2020, Empowering adults through upskilling and reskilling pathways , Volume 1: adult population with potential for upskilling and reskilling («Emancipare gli adulti attraverso percorsi di miglioramento delle competenze e di riqualificazione, volume 1: popolazione adulta con potenzialità di perfezionamento e riqualificazione), per una panoramica generale degli adulti con scarso livello di competenze nell’UE a 27 e nel Regno Unito).

(15)  Cedefop (2019), Skills for green jobs: 2018 update (Competenze per posti di lavoro verdi: aggiornamento 2018). Relazione di sintesi europea. Lo studio analizza gli sviluppi in Germania, Danimarca, Spagna, Estonia, Francia e Regno Unito.

(16)  COM(2019) 640 final.

(17)  Per maggiori informazioni sull’anticipazione e la corrispondenza delle competenze nell’ambito di un sistema globale di governance delle competenze, cfr. la pagina web del Cedefop sul tema Anticipating and matching skills (Anticipazione e corrispondenza delle competenze). Per quanto riguarda l’importanza dell’anticipazione delle competenze incentrata sulle competenze verdi, cfr. Cedefop (2019) Skills for green jobs: 2018 update (Competenze per posti di lavoro verdi: aggiornamento 2018).

(18)  Paraskeva-Hadjichambi D. et al. (2020) Educating for Environmental Citizenship in Non-formal Frameworks for Secondary Level Youth (Educare alla cittadinanza ambientale in contesti non formali per l’istruzione secondaria dei giovani). In: Hadjichambis A. et al. (a cura di) Conceptualizing Environmental Citizenship for 21st Century Education (Concettualizzare la cittadinanza ambientale per l’istruzione del XXI secolo). Environmental Discourses in Science Education, vol 4. Springer, Cham.

(19)  Seduta congiunta dei ministri dell'istruzione e delle finanze.

(20)  Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2020 sul Green Deal europeo.

(21)  Il neretto è nostro.

(22)  Il meccanismo per una transizione giusta fa parte del piano di investimenti del Green Deal europeo e mobiliterà almeno 100 miliardi di EUR di investimenti per fornire un sostegno mirato supplementare alle regioni più colpite dalla transizione verso un’economia climaticamente neutra e meno capaci di affrontare tale sfida.

(23)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 1.

(24)  Cedefop (2019), Skills for green jobs: 2018 update (Competenze per posti di lavoro verdi: aggiornamento 2018). Lo studio analizza gli sviluppi in Germania, Danimarca, Spagna, Estonia, Francia e Regno Unito.

(25)  Consiglio Ambiente, 5 marzo 2019.


16.2.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 56/10


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La transizione industriale verso un’economia europea verde e digitale: requisiti normativi e il ruolo delle parti sociali e della società civile»

(parere esplorativo)

(2021/C 56/02)

Relatrice:

Lucie STUDNIČNÁ

Consultazione

Parlamento europeo, 15.9.2020

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sessione plenaria

2.12.2020

Sessione plenaria n.

556

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

148/89/19

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Se in Europa si vuole realizzare un futuro sostenibile, equo e socialmente accettabile, occorre che la transizione dell’industria verso un’economia europea verde e digitale risponda ad una serie di requisiti. La pandemia di Covid-19 ha reso ancor più urgente la necessità di una partecipazione assai più ampia e incisiva delle parti sociali e della società civile al processo decisionale a tutti i livelli, nonché, a livello europeo, di un robusto quadro normativo basato su solidi principi, in particolare per quanto attiene all’agenda sociale. Il piano d’azione annunciato per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali dovrebbe svolgere un ruolo importante in tal senso.

1.2.

Il CESE ritiene essenziale riconoscere la complementarietà tra i cambiamenti climatici, le politiche per un’economia circolare e la responsabilità sociale delle imprese ed evidenziare le caratteristiche circolari dell’energia prodotta da fonti rinnovabili.

1.3.

Il ruolo dei datori di lavoro e degli imprenditori e il coinvolgimento del settore privato nella promozione del cambiamento strutturale sono fondamentali per la transizione industriale. Dato che in Europa l’innovazione emerge tipicamente a partire da piccole entità, è necessario concentrarsi sulla creazione di un contesto favorevole alle imprese e sulla promozione del potenziale delle PMI che forniscono servizi di alto livello basati sulla conoscenza. Spesso esse svolgono un ruolo pionieristico ai fini del posizionamento sul mercato delle industrie collegate e sono datrici di lavoro affidabili e resistenti alle crisi. Occorrerebbe inoltre avvalersi dell’esperienza delle imprese e delle organizzazioni dell’economia sociale, le quali operano in ambiti interessati dalle transizioni verde e digitale. È quindi necessario promuovere le loro attività e i loro processi di innovazione sociale.

1.4.

Pertanto, occorrerebbe introdurre in maniera coerente un meccanismo che convogli le risorse finanziarie del settore privato verso investimenti conformi ai criteri ESG (ambientali, sociali, di governance). Infatti le strategie relative all’Unione bancaria, all’Unione dei mercati dei capitali, alla finanza sostenibile, alla finanza digitale e alle PMI si rafforzano tutte a vicenda e giustificano l’incanalamento dei fondi verso progetti più produttivi, in un’economia i cui fabbisogni di finanziamento dipendono fino all’80 % dal settore bancario.

1.5.

Un’Europa resiliente, sostenibile, equa e prospera richiede un quadro normativo che sia in grado di sostenere un processo di transizione giusta e che, nel contempo, tenga conto delle implicazioni etiche di tale processo, nonché di interessi pubblici quali la protezione dei consumatori, la salute, la sicurezza e la qualità. Il CESE raccomanda alle istituzioni europee e nazionali di introdurre nuove strutture di governance che garantiscano la partecipazione attiva dell’economia locale, delle parti sociali e della società civile all’elaborazione e attuazione di misure eque, in modo da assicurarsi che le transizioni siano socialmente giuste. Uno dei principali meccanismi di governance per l’attuazione di transizioni socialmente giuste e il monitoraggio dei progressi compiuti in tal senso è il semestre europeo. Il CESE invita pertanto a includere nel semestre europeo indicatori sociali, economici e ambientali nuovi, migliorati, misurabili e complementari per monitorare e seguire l’applicazione dei i principi del pilastro europeo dei diritti sociali.

1.6.

Nell’agenda europea per la transizione occorrerebbe anzitutto rafforzare il ruolo delle regioni. Gli aspetti sui quali concentrarsi sono la pianificazione a lungo termine, un’impostazione fortemente basata sul territorio, la specializzazione intelligente e un’agenda per il capitale umano, nonché un giusto equilibrio tra le ambizioni a lungo termine della transizione e le sue priorità a breve termine.

1.7.

Il CESE ritiene che il finanziamento e il sostegno dell’UE alle attività e ai progetti relativi alla transizione vadano integrati da risorse nazionali, con il necessario coordinamento tra i diversi livelli di governo. Al fine di garantire un finanziamento adeguato, il CESE è altresì favorevole al ricorso a una gamma più ampia di risorse proprie.

1.8.

Un’agenda per il capitale umano è uno dei prerequisiti per il successo della transizione. Diversi attori, compresi gli istituti di istruzione, i datori di lavoro, i sindacati, i servizi pubblici per l’impiego, le ONG e le organizzazioni di categoria, sono chiamati a collaborare nell’ambito dello sviluppo delle competenze e nell’anticipazione dell’intero spettro di nuove e vecchie abilità che saranno richieste in futuro.

1.9.

Il CESE accoglie con favore il piano d’azione annunciato per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali. Il pertinente acquis dell’UE in materia di diritto del lavoro dovrebbe essere rafforzato al fine di sostenere una transizione giusta per i lavoratori. Il piano d’azione dovrebbe definire un nucleo di diritti a livello UE che comprenda il diritto alla salute e alla sicurezza per tutti i lavoratori e i nuovi tipi di lavoro, i diritti di informazione, consultazione, cogestione e partecipazione dei lavoratori, non solo nelle situazioni di transizione, i diritti allo sviluppo delle competenze, norme minime in materia di assicurazione contro la disoccupazione, salario minimo e contrattazione collettiva.

2.   Osservazioni generali e approccio lungimirante

2.1.

Il presente parere esplorativo è stato richiesto dalla commissione per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo quale contributo al prossimo piano d’azione per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e al prossimo vertice sociale dell’UE, previsto per il maggio 2021 a Oporto (Portogallo).

2.2.

Le imprese e i lavoratori europei stanno facendo fronte alle enormi conseguenze sociali ed economiche causate dalla pandemia di Covid-19. Molte imprese sono al collasso, stiamo perdendo posti di lavoro e le famiglie stanno perdendo i loro mezzi di sussistenza. Nonostante le misure di soccorso economico senza precedenti volte a mitigare gli effetti del confinamento sull’occupazione e sulle imprese, le previsioni economiche prospettano un quadro alquanto preoccupante. Per il 2020 si prevede una contrazione dell’economia europea dell’8,3 %, seguita da una crescita del 5,8 % nel 2021, una crescita leggermente inferiore a quella prevista in primavera (1). Gli Stati membri registrano un debito record e per la prima volta anche l’UE ha contratto un debito comune. Inoltre, non sappiamo ancora quali saranno le conseguenze della Brexit.

2.3.

Occorre individuare e sostenere le industrie e i settori cruciali, dalle risorse umane alla ricerca, attuando una politica industriale europea che protegga tali settori strategici sul mercato e garantisca la sicurezza dell’approvvigionamento di risorse chiave. La politica industriale europea dovrebbe fungere da quadro di riferimento per coordinare tutte le varie politiche europee in maniera coerente e globale, in modo da creare sinergie. Una siffatta trasformazione richiederà che la Commissione europea stabilisca la linea da seguire e che le politiche degli Stati membri siano allineate a quelle dell’UE. Ciò non vuol dire attuare una microgestione, bensì allineare le politiche affinché siano coerenti e promuovano un cambiamento trasformativo. Questo processo sarà possibile soltanto con la partecipazione attiva delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali. Senza un «patto sociale» fondato sulla partecipazione democratica ed effettiva dei cittadini europei non potrà essere realizzato un Green Deal a beneficio di tutti.

2.4.

Pertanto, occorrerebbe introdurre in maniera coerente un meccanismo che convogli le risorse finanziarie del settore privato verso investimenti conformi ai criteri ESG (ambientali, sociali, di governance). Infatti le strategie relative all’Unione bancaria, all’Unione dei mercati dei capitali, alla finanza sostenibile, alla finanza digitale e alle PMI si rafforzano tutte a vicenda e giustificano l’incanalamento dei fondi verso progetti più produttivi, in un’economia i cui fabbisogni di finanziamento dipendono fino all’80 % dal settore bancario.

2.5.

Il termine che è emerso in tale contesto in relazione a un cambiamento ambientale e tecnologico è «transizione giusta». Il CESE è del parere che la transizione giusta sia un elemento centrale del bilancio e del piano per la ripresa a sostegno di un’economia europea più verde. È pertanto necessario sviluppare una concezione più ampia della transizione giusta (che vada oltre le economie basate sul carbonio) che dia piena attuazione al pilastro europeo dei diritti sociali (2), sulla base di un nuovo contratto sociale, portando avanti nel contempo le riforme relative ai sistemi di redistribuzione e all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare, nonché alla parità di genere. Di particolare rilevanza per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali sono posti di lavoro di elevata qualità per tutti, l’accesso all’istruzione e formazione di elevata qualità, compreso il diritto all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, specie per le categorie di persone più vulnerabili, la parità di accesso ai servizi sanitari e sociali per tutti, la protezione sociale e l’inclusione delle suddette persone, come i disoccupati di lunga durata, le donne, i giovani, i migranti o le persone con disabilità. Tutti questi importanti obiettivi possono essere raggiunti sulla base di un’economia prospera, di nuovi posti di lavoro altamente qualificati offerti dai datori di lavoro e dei necessari investimenti nelle nuove tecnologie.

2.6.

I paesi e le regioni in fase di transizione industriale solitamente si trovano di fronte a una serie di sfide in relazione alla modernizzazione della loro base industriale, all’aggiornamento e allo sviluppo delle competenze della forza lavoro, alla compensazione per la perdita di posti di lavoro in settori chiave e all’aumento della produttività, i cui bassi livelli limitano la crescita del reddito. Nel complesso, i paesi e le regioni in questione trarrebbero beneficio dall’ecologizzazione e dal progresso tecnologico e dai relativi sviluppi, ma alcuni luoghi e talune fasce della popolazione, in particolare quelle più vulnerabili come le persone con disabilità, gli anziani, i Rom e i migranti, rischiano di essere lasciati indietro. Affrontare le sfide associate alle trasformazioni a lungo termine richiede un’anticipazione del cambiamento e una gestione attiva della transizione da parte dei responsabili politici, delle parti sociali, delle organizzazioni della società civile e dei portatori di interessi principali in detti paesi e regioni. Il dialogo sociale, l’informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni rappresentative, anche in seno agli organi decisionali (consigli di amministrazione e di sorveglianza), svolgono un ruolo chiave nell’affrontare e indirizzare il processo decisionale delle imprese al fine di gestire le transizioni in maniera lungimirante. Il CESE esorta la Commissione a rafforzare e sviluppare la dimensione sociale nella futura strategia industriale aggiornata.

2.7.

La gestione della pandemia e della crisi e la promozione di una trasformazione industriale coronata da successo sono nell’interesse di tutti i gruppi di portatori di interessi e richiedono uno sforzo comune e obiettivi condivisi (quali lo sviluppo a lungo termine delle imprese), nonché un efficace dialogo sociale in un clima di fiducia e un atteggiamento positivo. Il CESE ritiene che una gestione corretta — e dunque sostenibile — delle imprese, con un’anticipazione condivisa del cambiamento, debba fondarsi su norme giuridiche minime di provata efficacia del mercato interno, consentendo alla voce dei lavoratori di esprimersi attraverso l’informazione, la consultazione e la partecipazione degli stessi agli organi societari.

2.8.

La digitalizzazione e l’automazione hanno effetti sia positivi che negativi sull’economia e sulla società. Tale transizione avrebbe bisogno di una regolamentazione che stia al passo con la trasformazione tecnologica e con l’anticipazione del cambiamento, coinvolgendo ad esempio le parti sociali. I comitati aziendali europei (CAE) e della Società europea (SE) possono costituire un esempio positivo di coinvolgimento transfrontaliero obbligatorio dei lavoratori per bilanciare i diversi interessi e valutare possibili soluzioni in uno spirito di partenariato sociale. A tal fine è necessario garantire la formazione dei lavoratori e negoziare accordi collettivi a sostegno dell’autonomia del lavoro e per assicurare un giusto equilibrio tra attività professionale e vita familiare. La digitalizzazione e l’economia digitale sono altresì sfociate nell’emergere di nuove forme di lavoro, quali il lavoro su piattaforma digitale, in cui i lavoratori non hanno alcuna garanzia sociale o lavorativa e si trovano spesso a lavorare in condizioni di elevata precarietà e con uno status poco chiaro. Le loro condizioni di lavoro e il loro status devono essere armonizzati a livello europeo al fine di promuovere una mobilità equa e l’integrazione nel mercato interno (3). A tal fine, il CESE ritiene necessario garantire la certezza del diritto per i lavoratori, definendo uno status giuridico del lavoro nell’economia delle piattaforme digitali. L’accesso limitato o assente alla protezione sociale comporta un costo non soltanto per i lavoratori stessi ma anche per i sistemi di sicurezza sociale.

2.9.

La trasformazione digitale comporta altresì dei potenziali rischi per quanto riguarda ad esempio la stabilità finanziaria, i reati finanziari e la tutela dei consumatori. Tali rischi potrebbero essere ulteriormente aggravati dalla frammentazione del panorama normativo dell’UE e dalla disomogeneità degli sviluppi nella regolamentazione del settore a livello globale. Il CESE reputa pertanto necessario che l’Unione europea elabori un quadro normativo esaustivo e stabile in tale ambito, e raccomanda inoltre che l’UE dia seguito alla sua iniziativa sulla tassazione delle grandi aziende digitali (4).

2.10.

I lavoratori devono essere messi nella condizione di prepararsi adeguatamente al mercato del lavoro, e i cambiamenti economici già in atto saranno fondamentali per la crescita dell’industria e per il più ampio successo economico dell’Europa. Nuove e maggiori competenze, anche per quanto riguarda i lavoratori manuali, rappresentano una sfida per i sistemi di tirocinio. Maggiori competenze richiedono maggiore formazione professionale negli istituti di istruzione terziaria. A differenza dei sistemi di tirocinio iniziale meglio concepiti, la mancanza, a livello nazionale, di quadri di riferimento e di un controllo della qualità rappresenta un problema, così come la progressione dai tirocini iniziali all’istruzione terziaria. In futuro saranno richieste cooperazione e capacità di innovazione da parte della società civile e dei governi a tutti i livelli, al fine di creare le condizioni di parità invocate dalle organizzazioni rappresentate nel CESE (5).

2.11.

Il CESE osserva che la tecnologia digitale e le applicazioni di intelligenza artificiale dovrebbero essere antropocentriche e offrire vantaggi alla società nel suo insieme, e sostiene pertanto l’elaborazione di un quadro normativo per l’intelligenza artificiale. Le transizioni verde e digitale non dovrebbero essere ostacolate, e l’UE dovrebbe promuovere lo sviluppo di sistemi di IA predisposti per applicazioni specifiche al fine di accelerare la transizione ecologica e climatica (6).

3.   Innovazione

3.1.

Vi saranno grandi esigenze di innovazione: dalla creazione e accelerazione di nuovi processi produttivi a basse emissioni di carbonio (molti dei quali necessitano di modalità di progettazione e produzione fondamentalmente diverse, nonché di nuove materie prime e/o nuovi processi industriali essenziali) all’innovazione non soltanto nelle più circolari catene del valore delle industrie dei materiali di base ma anche nei sistemi energetici che le alimentano. Inoltre, le tecnologie a basse emissioni di carbonio più promettenti dovranno dimostrare di essere efficienti su scala industriale. Ciò richiederà un sostegno politico rapido per introdurre e promuovere l’espansione di nuovi sistemi di produzione e l’utilizzo di materiali a basse emissioni di carbonio al più tardi entro il 2030.

3.2.

Le trasformazioni necessarie per realizzare nell’UE una transizione giusta richiederanno un quadro condiviso per spingere i governi, le imprese e la società civile a elaborare soluzioni mirate dei problemi. E l’innovazione sociale svolge un ruolo di primo piano in questo processo. Un importante passo in questo senso potrebbe essere l’elaborazione di una strategia intersettoriale europea sull’innovazione sociale, che riconosca il ruolo degli operatori dell’economia sociale e sperimenti e possibilmente utilizzi i loro modelli economici. Ciò contribuirebbe a sviluppare un ecosistema per la sperimentazione sovvenzionata a livello europeo, nazionale, regionale e locale.

4.   Promozione dell’imprenditorialità e del coinvolgimento del settore privato

4.1.

L’imprenditorialità e il coinvolgimento del settore privato nella promozione del cambiamento strutturale sono fondamentali per la transizione industriale. Laddove sussiste un forte patrimonio industriale, spesso continua a esistere una serie di ostacoli all’imprenditorialità innovativa, segnatamente livelli ridotti di attività di start-up e scale-up, culture imprenditoriali deboli e carenza di innovazione e di reti di conoscenza connesse in modo efficace.

4.2.

Dato che in Europa l’innovazione emerge tipicamente a partire da piccole entità, è necessario concentrarsi sulla promozione, anche finanziaria, del potenziale delle PMI che forniscono servizi di alto livello basati sulla conoscenza, come ad esempio quelli delle professioni liberali. Spesso tali imprese svolgono un ruolo pionieristico ai fini del posizionamento sul mercato delle industrie collegate e sono datrici di lavoro affidabili e resistenti alle crisi.

4.3.

Le imprese e le organizzazioni dell’economia sociale, operatrici di un settore che ha dimostrato grande resilienza e ha contribuito a mitigare gli effetti della crisi della Covid-19, sono per lo più attive in ambiti interessati dalle transizioni verde e digitale. È pertanto necessario promuovere le loro operazioni e i loro processi di innovazione imprenditoriale e sociale.

5.   Il ruolo delle parti sociali e della società civile

5.1.

Il CESE ha sottolineato che «i cambiamenti che le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale e i big data stanno determinando sui processi produttivi e sull’economia in generale muteranno in profondità anche il mercato del lavoro» e come sia importante che «questi processi di cambiamento avvengano nell’ambito di un proficuo dialogo sociale e nel rispetto dei diritti e della qualità della vita dei lavoratori» (7).

5.2.

Una stretta cooperazione tra i principali portatori di interessi locali e/o regionali è essenziale per individuare le applicazioni maggiormente sostenibili e massimizzare lo sviluppo socioeconomico. Le buone pratiche delle parti sociali a tutti i livelli, basate su accordi collettivi che creano condizioni di parità per gli attori economici in un settore o in una regione, forniscono un riferimento per la promozione di una strategia per una transizione giusta in relazione alla decarbonizzazione e ad altri obiettivi di politica climatica (8).

6.   Garantire una transizione giusta — Requisiti di governance/normativi

6.1.

La transizione verso un’economia climaticamente neutra presenta ai responsabili politici una serie di sfide complesse legate alla governance, e una di queste consiste nel bilanciare la dimensione strategica a lungo termine della transizione con la necessità di un’azione a breve termine. La transizione non richiede solo un pensiero strategico e un’altrettanto strategica definizione delle politiche a lungo termine, ma anche la capacità di favorire i cicli elettorali e i desideri a essi associati di governi e altri portatori di interessi, al fine di vedere i risultati dei progetti attuati.

6.2.

Uno dei principali meccanismi di governance per l’attuazione di transizioni socialmente giuste e il monitoraggio dei progressi compiuti in tal senso è il semestre europeo. È della massima importanza fornire una valutazione costante delle politiche europee e nazionali a livello sociale, economico e ambientale. Il semestre europeo ha sviluppato gradualmente una dimensione più attenta al sociale, ma le dimensioni macroeconomica e fiscale continuano a prevalere. Il CESE propone pertanto di integrare nel semestre europeo indicatori sociali, economici e ambientali nuovi, migliorati, misurabili e complementari per monitorare e seguire l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali in tutti i suoi aspetti e principi, nonché dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (9), creando sinergie con il quadro di valutazione della situazione sociale attraverso l’introduzione del concetto di un’economia del benessere sostenibile per tutti (10), unitamente a raccomandazioni specifiche per paese in materia ambientale e sociale (11). Il semestre è stato ora ridisegnato per garantire maggiori interventi a sostegno della ripresa, e il CESE si augura che ciò possa anche contribuire a rinnovare l’intero meccanismo di governance dell’UE e a farlo diventare una forza di traino per la sopravvivenza della democrazia e per la convergenza verso l’alto all’interno dell’UE.

6.3.

Un’analisi esaustiva delle sinergie e dei compromessi tra gli obiettivi, le iniziative e le raccomandazioni formulate dall’UE nei diversi ambiti di intervento del semestre richiederebbe un livello elevato di integrazione politica, coerenza e coordinamento tra i diversi attori istituzionali responsabili delle politiche economiche, sociali e ambientali e un miglioramento delle loro capacità d’analisi.

6.4.

Inoltre, per bilanciare lo squilibrio istituzionale nella governance economica e sociale, il CESE raccomanda che, nell’applicare le norme dell’UE in materia di bilanci, si segua la «regola d’oro» (12), che esclude gli investimenti pubblici dal calcolo del disavanzo e tiene conto della sostenibilità del livello di debito esistente, al fine di garantire infrastrutture moderne in ambito sanitario, ambientale, tecnologico e dell’istruzione e di scongiurare una recessione senza precedenti (13).

6.5.

Analogamente, il CESE plaude alla sospensione del Patto di stabilità e crescita da parte della Commissione europea e ne chiede la revisione (14) nell’interesse della stabilità e della crescita a sostegno della ripresa industriale europea e della transizione verso un’economica circolare e digitale climaticamente neutra.

7.   Requisiti regionali preliminari per la transizione industriale

7.1.

La transizione industriale ha luogo in molte forme, rendendo difficile un approccio unico «valido per tutti» nello sviluppo di nuovi percorsi industriali. Se da un lato taluni settori economici conosceranno il declino, con una diminuzione «irreversibile» della produzione economica e dell’occupazione, altri subiranno una radicale trasformazione. Tutto ciò richiederà un approccio politico globale e investimenti massicci, sia pubblici che privati, e dev’essere accompagnato da mercati del lavoro locali e regionali ben funzionanti.

7.2.

Conciliare le ambizioni a lungo termine della transizione con le priorità a breve termine può rappresentare una sfida, poiché può non essere semplice raccogliere il consenso sociale per misure strategiche che hanno effetti immediati limitati; e ciò pone in una situazione difficile le regioni in fase di transizione industriale. Da un lato, esse devono far fronte alla necessità immediata di agire imposta dal declino delle industrie tradizionali e di affrontare problematiche quali un tasso di disoccupazione più elevato, perdita di reddito e condizioni di vita peggiori per parte della popolazione, in particolare per categorie svantaggiate e più vulnerabili come le persone con disabilità o gli anziani. Dall’altro, tali regioni devono attivarsi per cogliere le opportunità legate alla modernizzazione industriale, come quelle volte ad attrarre industrie dal valore aggiunto più elevato, a creare e/o attirare nuove imprese e modelli aziendali e a sfruttare meglio le tecnologie abilitanti. Gli errori commessi in questo campo hanno conseguenze politiche che possono incidere anche sul sostegno all’azione per il clima. La crescita dei movimenti di estrema destra in Europa e altrove può essere in parte imputata alla deindustrializzazione e al fatto che intere regioni siano lasciate indietro (15).

8.   Riunione con le regioni in fase di transizione industriale: risultati principali

8.1.

Nell’ambito dell’agenda europea andrebbe rafforzato il ruolo delle regioni che attraversano tale processo di transizione. Il coinvolgimento delle amministrazioni regionali potrebbe contribuire alla creazione degli ecosistemi necessari per una transizione coronata da successo. Tra i prerequisiti di questo processo sono stati menzionati una rigorosa pianificazione a lungo termine, un approccio basato sul territorio, la specializzazione intelligente e un’agenda per il capitale umano.

8.2.

In diverse regioni d’Europa, e in particolare quelle carbonifere e siderurgiche, il processo di transizione è già stato intrapreso, per ragioni economiche o legate all’agenda per il clima. La condizione principale per il successo della transizione è un approccio preventivo e inclusivo volto a garantire alle persone un futuro dignitoso. Ciò significa, tra l’altro, elaborare una tabella di marcia realistica, creare le infrastrutture di ricerca necessarie e offrire strutture tecnologiche, di innovazione, accademiche e didattiche, unitamente ai finanziamenti necessari. Per garantire finanziamenti adeguati, gli strumenti europei previsti per il sostegno a queste regioni (ad esempio il Fondo europeo per una transizione giusta) non dovrebbero sostituire le iniziative nazionali.

9.   Finanziamento e sostegno per attività e progetti relativi alla transizione al livello dell’UE

9.1.

Il processo di transizione industriale può offrire enormi opportunità, ma sfruttarle richiede investimenti notevoli nella produzione avanzata e in infrastrutture accessibili, nonché nella ricerca e nell’innovazione, il che comporta un costo iniziale che comprende, fra l’altro, sostegni al reddito (fino a prestazioni sostitutive di esso) e spese per la (ri)qualificazione dei lavoratori.

9.2.

Sono già attivi numerosi strumenti, sia a livello nazionale sia dell’UE, a sostegno di attività e progetti relativi alla transizione. L’obiettivo di realizzare una transizione giusta è stato ribadito anche nel piano per la ripresa dell’UE. Tuttavia, le misure di sostegno politico sono troppo spesso progettate e attuate in maniera indipendente a livelli diversi di governo, con scarso o nessun coordinamento e monitoraggio e valutazione ridotti.

9.3.

Il CESE invita il Consiglio e il Parlamento europeo ad aumentare i finanziamenti e a stanziarne un volume sufficiente per il fabbisogno di investimenti nel quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027, al fine di realizzare una transizione verde e digitale reale e radicale. Per ottenere finanziamenti sufficienti, il CESE suggerisce altresì di ampliare la gamma di risorse proprie, possibilmente includendo un’imposta sui servizi digitali, una base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società e un’imposta sulle transazioni finanziarie (16).

9.4.

Nel periodo di programmazione attuale, le norme applicabili alle grandi imprese che hanno ricevuto sostegno dai fondi di investimento e strutturali europei stabiliscono che queste devono rimborsare tale contributo qualora, entro dieci anni dal pagamento finale degli aiuti ricevuti, l’attività produttiva sia delocalizzata al di fuori dell’Unione [articolo 71, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (17)]. Il CESE è del parere che, per il prossimo periodo di programmazione, le disposizioni debbano essere rafforzate al fine di promuovere la rilocalizzazione e garantire la coesione, preservare il tessuto produttivo e/o la capacità produttiva, dare impulso all’occupazione e promuovere uno «sviluppo territoriale» più sostenibile.

9.5.

Il CESE sostiene inoltre la volontà di migliorare la governance di bilancio dell’UE senza trascurare i rischi per la sostenibilità e traendo insegnamento dalle buone pratiche in materia di bilancio verde e piani di bilancio. Sono altresì necessari incentivi fiscali per persuadere le imprese e i singoli a investire in iniziative verdi con un impatto sociale (18).

9.6.

Le sfide che l’Europa si trova ad affrontare con la transizione verso un’economia verde e digitale richiedono investimenti massicci, per i quali il denaro pubblico e i finanziamenti tradizionali attraverso prestiti bancari non sono sufficienti. Saranno necessarie somme ingenti provenienti dal settore privato. Pertanto, occorrerebbe introdurre in maniera coerente un meccanismo che convogli le risorse finanziarie del settore privato verso investimenti conformi ai criteri ESG (ambientali, sociali, di governance). Infatti le strategie relative all’Unione bancaria, all’Unione dei mercati dei capitali, alla finanza sostenibile, alla finanza digitale e alle PMI si rafforzano tutte a vicenda e giustificano l’incanalamento dei fondi verso progetti più produttivi. Il CESE accoglie con favore la creazione della piattaforma sulla finanza sostenibile e prevede un’accelerazione dello sviluppo della tassonomia sociale.

10.   Implicazioni per l’occupazione

10.1.

La transizione industriale richiede spesso un passaggio da industrie manifatturiere antiquate e tradizionali ad attività orientate al futuro (persino nei settori tradizionali): una fase in cui, a livello locale, il concentrarsi della deindustrializzazione e il persistere di una base di competenze relativa a settori in declino possono portare (almeno temporaneamente) a un tasso di disoccupazione più elevato della media. Diventa allora fondamentale, prima di adottare decisioni, anticipare tali sviluppi e coinvolgere i rappresentanti dei lavoratori a livello settoriale e aziendale. È essenziale che le politiche per affrontare la transizione industriale aiutino i lavoratori e le comunità locali, e specialmente i lavoratori con disabilità e quelli appartenenti ad altre categorie particolarmente vulnerabili, a gestire tale transizione in modo tale da ridurne gli sconvolgimenti al minimo possibile e nel contempo massimizzarne i potenziali benefici.

10.2.   Le competenze

10.2.1.

La buona riuscita della transizione verso il lavoro del futuro richiede un adeguamento delle politiche occupazionali e di sviluppo delle competenze alle condizioni del mercato del lavoro locale. Nel contempo, l’offerta di competenze deve andare di pari passo con la domanda di queste ultime. Una migliore anticipazione del fabbisogno futuro in termini di bagaglio di competenze e un’offerta adeguata in termini di riqualificazione idonea e di sviluppo delle competenze dei lavoratori, anche attraverso l’accesso all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, devono essere abbinate a politiche che stimolino gli investimenti nelle nuove fonti di occupazione e di crescita della produttività. Nello specifico, la ricerca e lo sviluppo dell’industria devono ricercare in modo specifico opportunità per stabilire una leadership tecnologica, la quale creerà a sua volta opportunità di sviluppo delle competenze. Gli istituti tecnici, le organizzazioni professionali e le ONG, nonché le agenzie pubbliche per l’impiego avranno un ruolo fondamentale nel fornire sostegno sotto forma di programmi di riqualificazione.

10.2.2.

Il CESE osserva che il sostegno alle persone attraverso formazioni relative ai processi di transizione giusta, digitale e verde inizia dalla convalida dell’apprendimento informale e non formale e dalla garanzia del riconoscimento e della certificazione dei corsi di formazione seguiti che consentono all’apprendimento informale e non formale di rientrare a pieno titolo tra le qualifiche di una persona (19).

10.3.

L’agenda per le competenze dovrebbe riservare maggiore attenzione allo sviluppo delle competenze chiave nell’ambito dei cicli e/o programmi di studio obbligatori, nonché all’apprendimento dei giovani e degli adulti.

10.4.

La Commissione ha pubblicato un piano d’azione per l’istruzione digitale (2021-2027) (20), inteso come una strategia trasversale che potrebbe anche rafforzare l’importanza strategica dell’istruzione e della formazione negli ambiti di intervento delle politiche a livello europeo.

10.5.   Piano d’azione per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali

Le transizioni giuste richiedono politiche sociali adeguate per sostenere buone condizioni di lavoro, il corretto funzionamento delle contrattazioni collettive e dei sistemi di relazioni industriali e la garanzia di un’adeguata protezione sociale per aiutare i lavoratori nella fase di transizione. Il CESE desidera presentare alcune proposte per il futuro piano d’azione della Commissione per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali.

10.5.1.

Il CESE suggerisce alla Commissione di rivalutare l’adeguatezza dell’acquis europeo pertinente in materia di diritto del lavoro, rafforzandolo per assicurare un sostegno migliore alla transizione giusta per i lavoratori.

10.5.2.

Il diritto alla salute e alla sicurezza sul luogo di lavoro è un diritto fondamentale per tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro rapporto di lavoro o dal tipo di modello aziendale dell’impresa in cui lavorano. Il CESE è profondamente preoccupato del fatto che alcuni nuovi tipi di lavoro creati con la transizione climatica e digitale possano non rientrare nel campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro (SSL). Sono stati inoltre già evidenziati rischi significativi per quanto riguarda i luoghi di lavoro digitali, quali l’aumento del carico di lavoro, lo stress e la violenza psicologica (21), e in futuro si potranno probabilmente verificare incidenti causati dall’intelligenza artificiale (22), incidenti che è necessario prevenire. Il CESE chiede pertanto che tutti i lavoratori siano protetti dalla legislazione in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro (23).

10.5.3.

Il CESE invita la Commissione europea a rivedere periodicamente il regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD), nonché gli atti normativi ad esso correlati, alla luce dell’evoluzione tecnologica (24).

10.5.4.

Il dialogo sociale, a livello nazionale ed europeo, svolge un ruolo cruciale nel definire le politiche economiche, sociali e del lavoro. Il CESE è favorevole allo sviluppo, nel quadro di un dialogo sociale condotto ai livelli appropriati — nazionale, regionale o europeo — di misure adeguate di «transizione giusta» per gestire e modificare — nonché accordare una tutela minima in caso di — riorganizzazioni dei luoghi di lavoro o licenziamenti collettivi dovuti a transizioni (tecnologiche, demografiche, legate alla globalizzazione, ai cambiamenti climatici o all’economia circolare), compreso il diritto di partecipare alla contrattazione collettiva per anticipare i cambiamenti e offrire sostegno ai lavoratori interessati (adeguamento della direttiva sui licenziamenti collettivi) (25).

10.5.5.

Il CESE ribadisce la necessità di consultare e informare i lavoratori e i loro rappresentanti quando si introducono cambiamenti, nuove tecnologie e sistemi di IA che potrebbero implicare modifiche nell’organizzazione del lavoro, nella supervisione e nel controllo dell’attività lavorativa e nei sistemi di valutazione e reclutamento dei lavoratori. I diritti all’informazione e alla consultazione, che attuano debitamente la direttiva CAE, devono essere garantiti in tutte le imprese; e dovrebbe essere introdotto un quadro armonizzato a livello UE per quanto riguarda la partecipazione agli organi societari. Il CESE chiede pertanto un solido e rigoroso quadro europeo in materia di consultazione, informazione e partecipazione dei lavoratori (26), in quanto fattore di rilievo per lo sviluppo di percorsi giusti ed equi per la ricostruzione e/o per le transizioni ambientale e digitale. La Commissione dovrebbe promuovere il dialogo sociale al fine di coinvolgere i lavoratori nelle transizioni climatiche e digitali in tutti gli Stati membri e monitorarne i risultati attraverso il semestre europeo.

10.5.6.

Vi è la necessità di un quadro di riferimento per ristrutturazioni socialmente responsabili e per l’anticipazione dei cambiamenti aziendali, un quadro che integri i diritti esistenti dei lavoratori all’informazione, alla consultazione e alla partecipazione e che corrisponda agli elementi chiave del modello sociale europeo (27). Il CESE ritiene che la Commissione europea dovrebbe rivedere il quadro UE per la qualità nell’anticipazione dei cambiamenti e delle ristrutturazioni e proporre una base giuridica per condizioni quadro specifiche relative alla partecipazione dei lavoratori al fine di migliorare il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle sfide del Green Deal e della trasformazione digitale (28).

10.5.7.

Il piano d’azione dovrebbe stabilire una base minima di diritti al livello UE: il CESE ha sollecitato un intervento di protezione del reddito minimo (29) per arginare la povertà e promuovere un mercato del lavoro inclusivo, e accoglie pertanto con favore i piani della Commissione e della presidenza tedesca del Consiglio volti a istituire un quadro europeo per i programmi di reddito minimo (30). Il CESE ha raccomandato di valutare la possibilità di fissare norme minime comuni in materia di assicurazione contro la disoccupazione negli Stati membri dell’UE (31). Il Comitato ha altresì invocato un’iniziativa europea in materia di salario minimo e di contrattazione collettiva (32), e accoglie pertanto con favore (33) l’iniziativa della Commissione relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea (34).

10.6.   Un nuovo contratto sociale

Per creare dei percorsi per la ripresa che investano in posti di lavoro e nella protezione dei diritti e di un salario di sussistenza, ricostruire istituzioni del mercato del lavoro forti per tutti i lavoratori, in linea con gli impegni assunti in passato e assicurare la protezione sociale, il CESE chiede che la transizione giusta sia posta al centro della ripresa attraverso il dialogo sociale, con la partecipazione attiva della società civile affinché questa possa contribuire a progettare una transizione industriale sociale, giusta ed inclusiva.

Bruxelles, 2 dicembre 2020

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  EC Summer 2020 Economic Forecast: A deeper recession with wider divergences («Previsioni economiche dell’estate 2020: una recessione ancora più grave, con disparità ancora più ampie»).

(2)  GU C 364 del 28.10.2020, pag. 1.

(3)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 173.

(4)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 6.

(5)  Studio del CESE Finding a new consensus on European civil society values and their evaluation («Per un nuovo consenso sui valori della società civile europea e sulla loro valutazione»).

(6)  GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 64.

(7)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 6.

(8)  Accordo quadro per una transizione giusta dell’estrazione del carbone e per uno sviluppo sostenibile delle comunità estrattive per il periodo 2019-2027 (Spagna); posti di lavoro per il clima (Portogallo); accordo delle parti sociali relativo a una transizione giusta e ai cambiamenti climatici (Grecia); Thyssenkrupp Steel Europe: futuro patto per l’acciaio 20-30 (Germania, marzo 2020).

(9)  GU C 120 del 14.4.2020, pag. 1.

(10)  Charveriat, C. and Bodin, E. (2020), Delivering the Green Deal: the role of a reformed European Semester within a new sustainable economy strategy («Realizzazione del Green Deal: il ruolo del semestre europeo riformato nel quadro di una nuova strategia economica sostenibile»).

(11)  GU C 14 del 15.1.2020, pag. 1.

(12)  GU C 311 del 18.9.2020, pag. 1.

(13)  GU C 311 del 18.9.2020, pag. 1.

(14)  GU C 311 del 18.9.2020, pag. 1.

(15)  Rodríguez-Pose, A. (2017), The revenge of the places that don’t matter (and what to do about it) («La vendetta dei luoghi non considerati importanti — e cosa fare al riguardo»), Cambridge Journal of Regions, Economy and Society, vol. 11, n. 1, pagg. 189-209.

(16)  GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106.

(17)  GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320.

(18)  GU C 311 del 18.9.2020, pag. 63.

(19)  GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 40.

(20)  https://ec.europa.eu/education/sites/default/files/document-library-docs/deap-factsheet-sept2020_en.pdf.

(21)  OIL, The Threat of Physical and Psychosocial Violence and Harassment in Digitalised Work («La minaccia della violenza fisica e psicologica e delle molestie nel lavoro digitale»), 2019.

(22)  GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 64.

(23)  GU C 14 del 15.1.2020, pag. 52.

(24)  GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 64.

(25)  GU C 14 del 15.1.2020, pag. 1.

(26)  GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 14.

(27)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 35.

(28)  GU C 364 del 28.10.2020, pag. 1.

(29)  GU C 190 del 5.6.2019, pag. 1.

(30)  Conclusioni del Consiglio sul rafforzamento della protezione del reddito minimo per combattere la povertà e l’esclusione sociale nell’ambito della pandemia di Covid-19 e oltre

(31)  GU C 97 del 24.3.2020, pag. 32.

(32)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159.

(33)  GU C 364 del 28.10.2020, pag. 1.

(34)  COM(2020) 682 final.


ALLEGATO

I seguenti emendamenti sono stati respinti nel corso del dibattito, ma hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi (articolo 59, paragrafo 3, del Regolamento interno):

a)    Punto 2.1 (emendamento 9)

Modificare come segue:

2.1.

Il presente parere esplorativo è stato richiesto dalla commissione per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo quale contributo al prossimo piano d’azione per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e al prossimo vertice sociale dell’UE, previsto per il maggio 2021 a Oporto (Portogallo). Il presente parere esplorativo è stato richiesto dalla commissione per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo; e, in base alla richiesta di tale istituzione, il parere dovrà trattare in particolare i seguenti argomenti: transizione giusta, Green Deal, transizione digitale, strategia industriale, politiche per l’occupazione e l’inclusione sociale — temi, questi, che sono al centro di una serie di dossier legislativi e non legislativi, già in corso o futuri, connessi alla trasformazione verde e digitale.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

99

Voti contrari

129

Astensioni

20

b)    Punto 2.2 (emendamento 10)

Modificare come segue:

2.2.

Le imprese e i lavoratori europei stanno facendo fronte alle enormi conseguenze economiche e sociali ed economiche causate dalla pandemia di Covid-19. Molte imprese sono al collasso, le persone perdono stiamo perdendo il posto posti di lavoro e le famiglie stanno perdendo i loro mezzi di sussistenza. Nonostante le misure di soccorso economico senza precedenti volte a mitigare gli effetti del confinamento sull’occupazione e sulle imprese, le previsioni economiche prospettano un quadro alquanto preoccupante. Per il 2020 si prevede una contrazione dell’economia europea dell’8,3 %, seguita da una crescita del 5,8 % nel 2021, La crescita nel 2021 sarà leggermente inferiore a quella prevista in primavera (1) . La pandemia di Covid-19 ha colpito duramente l’economia europea: molte imprese sono al collasso, le persone perdono il posto di lavoro e le famiglie i mezzi di sostentamento, il servizio sanitario sta perdendo efficienza. Gli Stati membri registrano un debito record, superiore ai limiti stabiliti dalle norme in materia di spesa, e per la prima volta anche l’UE ha contratto un debito comune. Inoltre, non sappiamo ancora quali saranno le conseguenze della Brexit e quando finirà questa pandemia.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

95

Voti contrari

140

Astensioni

22

c)    Punto 2.3 (emendamento 11)

Modificare come segue:

2.3.

Occorre individuare e sostenere le industrie e i settori cruciali, dalle risorse umane alla ricerca, attuando una politica industriale europea che protegga tali settori strategici sul mercato e garantisca la sicurezza dell’approvvigionamento di risorse chiave. La politica industriale europea dovrebbe fungere da quadro di riferimento per coordinare tutte le varie politiche europee in maniera coerente e globale, in modo da creare sinergie. Una siffatta trasformazione richiederà che la Commissione europea stabilisca la linea da seguire e che le politiche degli Stati membri siano allineate a quelle dell’UE. Ciò non vuol dire attuare una microgestione, bensì allineare le politiche affinché siano coerenti e promuovano un cambiamento trasformativo. Questo processo sarà possibile soltanto con la partecipazione attiva delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali. Senza un « patto sociale » fondato sulla partecipazione democratica ed effettiva dei cittadini europei non potrà essere realizzato un Green Deal a beneficio di tutti.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

91

Voti contrari

137

Astensioni

18

d)    Nuovo punto 2.5 (emendamento 13)

Inserire il seguente nuovo punto:

2.5.

La risposta politica più idonea consiste nel soddisfare le aspettative suscitate dallo strumento europeo per la ripresa (Next Generation EU), che rappresenta un’opportunità unica per una ripresa rapida che induca cambiamenti radicali. Si dovrebbe quindi assegnare la massima priorità all’avvio di questo processo e al dialogo con il settore privato.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

97

Voti contrari

136

Astensioni

22

e)    Nuovo punto 2.6 (emendamento 14)

Inserire il seguente nuovo punto:

2.6.

Le sfide createsi con il recesso del Regno Unito dall’UE andrebbero superate con la salda determinazione a rafforzare il mercato unico, in modo da offrire alle imprese un ambiente concorrenziale più solido e in buona salute.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

93

Voti contrari

141

Astensioni

20

f)    Punto 2.4 (emendamento 15)

Modificare come segue:

2.4.

Il termine che è emerso in tale contesto in relazione a un cambiamento ambientale e tecnologico è«transizione giusta». Il CESE è del parere che la transizione giusta sia un elemento centrale del bilancio e del piano per la ripresa a sostegno di un’economia europea più verde. È pertanto necessario sviluppare una concezione più ampia della transizione giusta (che vada oltre le economie basate sul carbonio) che dia piena attuazione al pilastro europeo dei diritti sociali  (2) , sulla base di un nuovo contratto sociale, portando avanti nel contempo le riforme relative ai sistemi di redistribuzione e all’equilibrio fondata su: l’equilibrio tra attività professionale e vita familiare, nonché alla la parità di genere,. Di particolare rilevanza per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali sono posti di lavoro di elevata qualità per tutti, l’accesso all’istruzione e formazione di elevata qualità, compreso il diritto l’accesso all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, specie per le categorie di persone più vulnerabili, la parità di accesso ai servizi sanitari e sociali per tutti, la protezione sociale e l’inclusione delle suddette persone, come i disoccupati di lunga durata, le donne, i giovani, i migranti legali o le persone con disabilità. Tutti questi importanti obiettivi possono essere raggiunti sulla base di un’economia prospera, di nuovi posti di lavoro altamente qualificati offerti dai datori di lavoro e dei necessari investimenti nelle nuove tecnologie.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

82

Voti contrari

152

Astensioni

20

g)    Punto 2.5 (emendamento 16)

Modificare come segue:

2.5.

I paesi e le regioni in fase di transizione industriale solitamente si trovano di fronte a una serie di sfide in relazione alla modernizzazione della loro base industriale, all’aggiornamento e allo sviluppo delle competenze della forza lavoro, alla compensazione per la perdita di posti di lavoro in settori chiave e all’aumento della produttività, i cui bassi livelli limitano la crescita del reddito, la convergenza verso l’alto, nonché alla compensazione di tendenze demografiche sfavorevoli. Nel complesso, i paesi e le regioni in questione trarrebbero beneficio dall’ecologizzazione e dal progresso tecnologico e dai relativi sviluppi, ma alcuni luoghi e talune fasce della popolazione, in particolare quelle più vulnerabili come le persone con disabilità, gli anziani, i Rom e i migranti, rischiano di essere lasciati indietro. Affrontare le sfide associate alle trasformazioni a lungo termine richiede un’anticipazione del cambiamento e una gestione attiva della transizione da parte dei responsabili politici, delle parti sociali, delle organizzazioni della società civile e dei portatori di interessi principali in detti paesi e regioni. Il dialogo sociale, l’informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni rappresentative, anche in seno agli organi ai processi decisionali (consigli di amministrazione e di sorveglianza), svolgono un ruolo chiave nell’affrontare e indirizzare il processo decisionale delle imprese al fine di gestire le transizioni in maniera lungimirante. Il CESE esorta la Commissione a rafforzare e sviluppare la dimensione sociale nella futura strategia industriale aggiornata.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

92

Voti contrari

152

Astensioni

17

h)    Punto 2.6 (emendamento 17)

Modificare come segue:

2.6.

La gestione della pandemia e della crisi e la promozione di una trasformazione industriale coronata da successo sono nell’interesse di tutti i gruppi di portatori di interessi e richiedono uno sforzo comune e obiettivi condivisi (quali lo sviluppo a lungo termine delle imprese), nonché un efficace dialogo sociale in un clima di fiducia e un atteggiamento positivo. Il CESE ritiene che una gestione corretta (e dunque sostenibile) delle imprese, con un’anticipazione condivisa del cambiamento, sia la chiave del successo debba fondarsi su norme giuridiche minime di provata efficacia del mercato interno, consentendo alla voce dei lavoratori di esprimersi attraverso l’informazione, la consultazione e la partecipazione degli stessi agli organi societari .

Esito della votazione:

Voti favorevoli

90

Voti contrari

151

Astensioni

18

i)    Punto 2.7 (emendamento 18)

Modificare come segue:

2.7.

La digitalizzazione e l’automazione hanno effetti sia positivi che negativi sull’economia e sulla società. Tale transizione avrebbe bisogno di una regolamentazione approcci che stia stiano al passo con la trasformazione tecnologica e con l’anticipazione del cambiamento, coinvolgendo ad esempio le parti sociali. I comitati aziendali europei (CAE) e della Società europea (SE) possono costituire un esempio positivo di coinvolgimento transfrontaliero obbligatorio dei lavoratori per bilanciare i diversi interessi e valutare possibili soluzioni in uno spirito di partenariato sociale. A tal fine è necessario garantire la formazione dei lavoratori e negoziare accordi collettivi o altri accordi sociali a sostegno dell’autonomia del lavoro e per assicurare un giusto equilibrio tra attività professionale e vita familiare. La digitalizzazione e l’economia digitale sono altresì sfociate nell’emergere di nuove forme di lavoro, quali il lavoro su piattaforma digitale, in cui i lavoratori non hanno alcuna garanzia sociale o lavorativa e si trovano spesso a lavorare in condizioni di elevata precarietà e con uno status poco chiaro. Le loro condizioni di lavoro e il loro status devono essere armonizzati a livello europeo al fine di promuovere una mobilità equa e l’integrazione nel mercato interno  (3) . A tal fine, il CESE ritiene necessario garantire la certezza del diritto per i lavoratori, definendo uno status giuridico del lavoro nell’economia delle piattaforme digitali. L’accesso limitato o assente alla protezione sociale comporta un costo non soltanto per i lavoratori stessi ma anche per i sistemi di sicurezza sociale.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

88

Voti contrari

149

Astensioni

24

j)    Punto 2.8 (emendamento 19)

Modificare come segue:

2.8.

La trasformazione digitale comporta altresì dei potenziali rischi per quanto riguarda ad esempio la stabilità finanziaria, i reati finanziari e la tutela dei consumatori. Tali rischi potrebbero essere ulteriormente aggravati dalla frammentazione del panorama normativo dell’UE e dalla disomogeneità degli sviluppi nella regolamentazione del settore a livello globale. Il CESE reputa pertanto necessario che l’Unione europea elabori un quadro normativo esaustivo e stabile in tale ambito, e raccomanda inoltre che l’UE dia seguito alla sua iniziativa sulla tassazione delle grandi aziende digitali l’adozione, nel 2021, di una soluzione globale sulla tassazione a livello di OCSE  (4).

Esito della votazione:

Voti favorevoli

89

Voti contrari

149

Astensioni

22

k)    Punto 5.2 (emendamento 21)

Modificare come segue:

5.2.

Una stretta cooperazione tra i principali portatori di interessi locali e/o regionali è essenziale per individuare le applicazioni maggiormente sostenibili e massimizzare lo sviluppo socioeconomico. Le buone pratiche delle parti sociali a tutti i livelli, basate su accordi collettivi o altre forme di dialogo sociale che creano condizioni di parità per gli attori economici in un settore o in una regione, forniscono un riferimento per la promozione di una strategia per una transizione giusta in relazione alla decarbonizzazione e ad altri obiettivi di politica climatica (5).

Esito della votazione:

Voti favorevoli

93

Voti contrari

146

Astensioni

19

l)    Punto 6.2 (emendamento 22)

Modificare come segue:

6.2.

Uno dei principali meccanismi di governance per l’attuazione di transizioni socialmente giuste e il monitoraggio dei progressi compiuti in tal senso è il semestre europeo. È della massima importanza fornire una valutazione ciclica costante delle politiche europee e nazionali a livello sociale, economico e ambientale. Il semestre europeo ha sviluppato gradualmente una dimensione più attenta al sociale, ma le dimensioni macroeconomica e fiscale continuano a prevalere. Il CESE propone pertanto di integrare nel semestre europeo indicatori sociali, economici e ambientali nuovi, migliorati, misurabili e complementari per monitorare e seguire l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali in tutti i suoi aspetti e principi, nonché dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile  (6) , creando sinergie con il quadro di valutazione della situazione sociale attraverso l’introduzione del concetto di un’economia del benessere sostenibile per tutti  (7) , unitamente a raccomandazioni specifiche per paese in materia ambientale e sociale  (8) . Il semestre è stato ora ridisegnato per garantire maggiori interventi a sostegno della ripresa, e il CESE si augura che ciò possa anche contribuire a rafforzare il rinnovare l’intero meccanismo di governance dell’UE e a farlo diventare una forza di traino per alimentare la sopravvivenza della democrazia e per la convergenza verso l’alto all’interno dell’UE.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

87

Voti contrari

148

Astensioni

21

m)    Punto 6.4 (emendamento 23)

Modificare come segue:

6.4.

Inoltre, per bilanciare lo squilibrio istituzionale nella governance economica e sociale, il CESE raccomanda che, nell’applicare le norme dell’UE in materia di bilanci, si segua, senza compromettere la stabilità finanziaria a medio termine, la una «regola d’oro» (9) equilibrata, che esclude escluda gli investimenti pubblici giustificati dal calcolo del disavanzo e tiene tenga conto della sostenibilità del livello di debito esistente e futuro, al fine di garantire infrastrutture moderne in ambito sanitario, ambientale, tecnologico e dell’istruzione e di scongiurare una recessione senza precedenti (10).

Esito della votazione:

Voti favorevoli

87

Voti contrari

159

Astensioni

16

n)    Punto 9.3 (emendamento 24)

Modificare come segue:

9.3.

Il CESE invita il Consiglio e il Parlamento europeo a rafforzare il clima imprenditoriale e ad aumentare i finanziamenti e a stanziarne un volume sufficiente per il fabbisogno di investimenti nel quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027, al fine di realizzare una transizione verde e digitale reale e radicale. Per ottenere finanziamenti sufficienti, il CESE suggerisce altresì di ampliare la studiare gli effetti di un ampliamento della gamma di risorse proprie, possibilmente provenienti da sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE, da un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera e da un prelievo sul digitale includendo un’imposta sui servizi digitali, una base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società e un’imposta sulle transazioni finanziarie  (11).

Esito della votazione:

Voti favorevoli

91

Voti contrari

157

Astensioni

13

o)    Punto 9.4 (emendamento 25)

Modificare come segue:

9.4.

Nel periodo di programmazione attuale, le norme applicabili alle grandi imprese che hanno ricevuto sostegno dai fondi di investimento e strutturali europei stabiliscono che queste devono rimborsare tale contributo qualora, entro dieci anni dal pagamento finale degli aiuti ricevuti, l’attività produttiva sia delocalizzata al di fuori dell’Unione [articolo 71, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio]. Il CESE è del parere che, per il prossimo periodo di programmazione, le disposizioni debbano essere rafforzate al fine di promuovere la rilocalizzazione e garantire la coesione nell’interesse dell’autonomia strategica, preservare il tessuto produttivo e/o la capacità produttiva, dare impulso all’occupazione e promuovere uno«sviluppo territoriale»più sostenibile.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

89

Voti contrari

149

Astensioni

19

p)    Punto 9.5 (emendamento 26)

Modificare come segue:

9.5.

Il CESE sostiene inoltre la volontà di migliorare la governance di bilancio dell’UE senza trascurare i rischi per la sostenibilità e traendo insegnamento dalle buone pratiche in materia di bilancio verde e piani di bilancio. Sono Possono essere altresì necessari incentivi fiscali per motivare persuadere le imprese e i singoli a investire in iniziative verdi con un impatto sociale (12) . Tali agevolazioni dovrebbero essere attentamente valutate in un’analisi costi-benefici.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

93

Voti contrari

154

Astensioni

16

q)    Punto 9.6 (emendamento 27)

Modificare come segue:

9.6.

Le sfide che l’Europa si trova ad affrontare con la transizione verso un’economia verde e digitale richiedono investimenti massicci, per i quali il denaro pubblico e i finanziamenti tradizionali attraverso prestiti bancari non sono sufficienti. Ogni anno, in tutta la gamma dei settori industriali, Saranno necessarie somme ingenti provenienti dal settore privato fondi privati di ogni tipo sono investite in attività economiche esiziali, rischiando in ultima analisi di tradursi in « attivi irrecuperabili ». Pertanto, occorrerebbe introdurre in maniera coerente un meccanismo che convogli le risorse finanziarie del settore privato verso investimenti conformi ai criteri ESG (ambientali, sociali, di governance). Infatti le strategie relative all’Unione bancaria, all’Unione dei mercati dei capitali, alla finanza sostenibile, alla finanza digitale e alle PMI si rafforzano tutte a vicenda e giustificano l’incanalamento dei fondi verso progetti più produttivi. Il CESE accoglie con favore la creazione della piattaforma sulla finanza sostenibile e prevede un’accelerazione dello sviluppo della tassonomia sociale.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

74

Voti contrari

154

Astensioni

31

r)    Punto 10.1 (emendamento 28)

Modificare come segue:

10.1.

La transizione industriale richiede spesso un passaggio da industrie manifatturiere antiquate e tradizionali ad attività orientate al futuro (persino nei settori tradizionali): una fase in cui, a livello locale, il concentrarsi della deindustrializzazione e il persistere di una base di competenze relativa a settori in declino possono portare (almeno temporaneamente) a un tasso di disoccupazione più elevato della media. Diventa allora fondamentale, prima di adottare decisioni, anticipare tali sviluppi e coinvolgere i rappresentanti dei lavoratori a livello settoriale e aziendale. È essenziale che le politiche per affrontare la transizione industriale aiutino i lavoratori e le comunità locali, e specialmente i lavoratori con disabilità e quelli appartenenti ad altre categorie particolarmente vulnerabili, a gestire tale transizione in modo tale da ridurne gli sconvolgimenti al minimo possibile e nel contempo massimizzarne i potenziali benefici.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

88

Voti contrari

149

Astensioni

17

s)    Punti 10.5, 10.5.1, 10.5.2, 10.5.3, 10.5.4, 10.5.5, 10.5.6, 10.5.7 (emendamento 30)

Sopprimere:

10.5.

Piano d’azione per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali

Le transizioni giuste richiedono politiche sociali adeguate per sostenere buone condizioni di lavoro, il corretto funzionamento delle contrattazioni collettive e dei sistemi di relazioni industriali e la garanzia di un’adeguata protezione sociale per aiutare i lavoratori nella fase di transizione. Il CESE desidera presentare alcune proposte per il futuro piano d’azione della Commissione per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali.

10.5.1.

Il CESE suggerisce alla Commissione di rivalutare l’adeguatezza dell ’acquis europeo pertinente in materia di diritto del lavoro, rafforzandolo per assicurare un sostegno migliore alla transizione giusta per i lavoratori.

10.5.2.

Il diritto alla salute e alla sicurezza sul luogo di lavoro è un diritto fondamentale per tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro rapporto di lavoro o dal tipo di modello aziendale dell’impresa in cui lavorano. Il CESE è profondamente preoccupato del fatto che alcuni nuovi tipi di lavoro creati con la transizione climatica e digitale possano non rientrare nel campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro (SSL). Sono stati inoltre già evidenziati rischi significativi per quanto riguarda i luoghi di lavoro digitali, quali l’aumento del carico di lavoro, lo stress e la violenza psicologica  (13) , e in futuro si potranno probabilmente verificare incidenti causati dall’intelligenza artificiale  (14) , incidenti che è necessario prevenire. Il CESE chiede pertanto che tutti i lavoratori siano protetti dalla legislazione in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro  (15).

10.5.3.

Il CESE invita la Commissione europea a rivedere periodicamente il regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD), nonché gli atti normativi ad esso correlati, alla luce dell’evoluzione tecnologica  (16).

10.5.4.

Il dialogo sociale, a livello nazionale ed europeo, svolge un ruolo cruciale nel definire le politiche economiche, sociali e del lavoro. Il CESE è favorevole allo sviluppo, nel quadro di un dialogo sociale condotto ai livelli appropriati (nazionale, regionale o europeo) di misure adeguate di « transizione giusta » per gestire e modificare (nonché accordare una tutela minima in caso di) riorganizzazioni dei luoghi di lavoro o licenziamenti collettivi dovuti a transizioni (tecnologiche, demografiche, legate alla globalizzazione, ai cambiamenti climatici o all’economia circolare), compreso il diritto di partecipare alla contrattazione collettiva per anticipare i cambiamenti e offrire sostegno ai lavoratori interessati (adeguamento della direttiva sui licenziamenti collettivi)  (17).

10.5.5.

Il CESE ribadisce la necessità di consultare e informare i lavoratori e i loro rappresentanti quando si introducono cambiamenti, nuove tecnologie e sistemi di IA che potrebbero implicare modifiche nell’organizzazione del lavoro, nella supervisione e nel controllo dell’attività lavorativa e nei sistemi di valutazione e reclutamento dei lavoratori. I diritti all’informazione e alla consultazione, che attuano debitamente la direttiva CAE, devono essere garantiti in tutte le imprese; e dovrebbe essere introdotto un quadro armonizzato a livello UE per quanto riguarda la partecipazione agli organi societari. Il CESE chiede pertanto un solido e rigoroso quadro europeo in materia di consultazione, informazione e partecipazione dei lavoratori  (18) , in quanto fattore di rilievo per lo sviluppo di percorsi giusti ed equi per la ricostruzione e/o per le transizioni ambientale e digitale. La Commissione dovrebbe promuovere il dialogo sociale al fine di coinvolgere i lavoratori nelle transizioni climatiche e digitali in tutti gli Stati membri e monitorarne i risultati attraverso il semestre europeo.

10.5.6.

Vi è la necessità di un quadro di riferimento per ristrutturazioni socialmente responsabili e per l’anticipazione dei cambiamenti aziendali, un quadro che integri i diritti esistenti dei lavoratori all’informazione, alla consultazione e alla partecipazione e che corrisponda agli elementi chiave del modello sociale europeo  (19) Il CESE ritiene che la Commissione europea dovrebbe rivedere il quadro UE per la qualità nell’anticipazione dei cambiamenti e delle ristrutturazioni e proporre una base giuridica per condizioni quadro specifiche relative alla partecipazione dei lavoratori al fine di migliorare il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle sfide del Green Deal e della trasformazione digitale  (20)

10.5.7.

Il piano d’azione dovrebbe stabilire una base minima di diritti al livello UE: il CESE ha sollecitato un intervento di protezione del reddito minimo  (21) per arginare la povertà e promuovere un mercato del lavoro inclusivo, e accoglie pertanto con favore i piani della Commissione e della presidenza tedesca del Consiglio volti a istituire un quadro europeo per i programmi di reddito minimo  (22) . Il CESE ha raccomandato di valutare la possibilità di fissare norme minime comuni in materia di assicurazione contro la disoccupazione negli Stati membri dell’UE  (23) . Il Comitato ha altresì invocato un’iniziativa europea in materia di salario minimo e di contrattazione collettiva  (24) , e accoglie pertanto con favore  (25) l’iniziativa della Commissione relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea  (26).

Esito della votazione:

Voti favorevoli

93

Voti contrari

149

Astensioni

17

t)    Punto 10.6 (emendamento 31)

Sopprimere intero punto

10.6.

Un nuovo contratto sociale

Per creare dei percorsi per la ripresa che investano in posti di lavoro e nella protezione dei diritti e di un salario di sussistenza, ricostruire istituzioni del mercato del lavoro forti per tutti i lavoratori, in linea con gli impegni assunti in passato e assicurare la protezione sociale, il CESE chiede che la transizione giusta sia posta al centro della ripresa attraverso il dialogo sociale, con la partecipazione attiva della società civile affinché questa possa contribuire a progettare una transizione industriale sociale, giusta ed inclusiva.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

85

Voti contrari

146

Astensioni

19

u)    Punto 1.1 (emendamento 1)

Modificare come segue:

1.1.

Se in Europa si vuole realizzare un futuro sostenibile, equo e socialmente accettabile, occorre che la transizione dell’industria verso un’economia europea verde e digitale risponda ad una serie di requisiti. Tuttavia, occorre tener conto di una nuova situazione. La pandemia di Covid-19 ha colpito duramente l’economia europea: molte imprese sono al collasso, le persone perdono il posto di lavoro e le famiglie i mezzi di sostentamento, il servizio sanitario sta perdendo efficienza. Questa situazione ha reso ancor più urgente la necessità di una partecipazione assai più ampia e incisiva delle parti sociali e della società civile al processo decisionale a tutti i livelli, nonché, a livello europeo, di un robusto quadro normativo basato su solidi realistico e di principi di riferimento a livello europeo che tengano conto delle specificità dei singoli Stati membri e della ripartizione delle competenze tra gli stessi e l’UE, nonché del principio di sussidiarietà, in particolare per quanto attiene all’agenda sociale. Il piano d’azione annunciato per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali dovrebbe svolgere un ruolo importante in tal senso.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

90

Voti contrari

146

Astensioni

18

v)    Nuovo punto 1.5 (emendamento 4)

Inserire il seguente nuovo punto:

1.5.

La risposta politica migliore consiste nel soddisfare le aspettative suscitate dallo strumento europeo per la ripresa (Next Generation EU), che rappresenta un’opportunità unica per una ripresa rapida che induca cambiamenti radicali. Bisognerebbe quindi assegnare la massima priorità all’avvio di questo processo e al dialogo con il settore privato.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

97

Voti contrari

136

Astensioni

22

w)    Nuovo punto 1.6 (emendamento 5)

Inserire il seguente nuovo punto:

1.6.

Le sfide createsi con il recesso del Regno Unito dall’UE andrebbero superate con la salda determinazione a rafforzare il mercato unico, in modo da offrire alle imprese un ambiente concorrenziale più solido e in buona salute.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

93

Voti contrari

141

Astensioni

20

x)    Punto 1.4 (emendamento 6)

Modificare come segue:

1.4.

Un’Europa resiliente, sostenibile, equa e prospera richiede un quadro normativo coerente che sia in grado di sostenere un processo di transizione giusta e che, nel contempo, tenga conto delle implicazioni etiche di tale processo, nonché degli interessi pubblici quali la protezione dei consumatori, la salute, la sicurezza e la qualità. Il CESE raccomanda alle istituzioni europee e nazionali di introdurre nuove strutture di governance che garantiscano la partecipazione attiva dell’economia locale, delle parti sociali e della società civile all’elaborazione e attuazione di misure eque, in modo da assicurarsi che le transizioni siano socialmente giuste. Uno dei principali meccanismi di governance per l’attuazione di transizioni socialmente giuste e il monitoraggio dei progressi compiuti in tal senso è il semestre europeo. Il CESE invita pertanto a includere nel semestre europeo indicatori sociali, economici e ambientali nuovi, migliorati, misurabili e complementari per monitorare e seguire l’applicazione dei i principi del pilastro europeo dei diritti sociali.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

80

Voti contrari

145

Astensioni

16

y)    Punto 1.8 (emendamento 8)

Modificare come segue:

1.8.

Il CESE accoglie con favore il piano d’azione annunciato per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali. Il pertinente acquis Le pertinenti politiche dell’UE in materia di diritto del lavoro dovrebbero essere rafforzate o al fine di sostenere una transizione giusta per i lavoratori. Il piano d’azione dovrebbe definire un nucleo di diritti a livello UE che Questa dovrebbe comprenda ere il diritto alla salute e alla sicurezza per tutti i lavoratori e i nuovi tipi di lavoro, i diritti di l’informazione, la consultazione, la cogestione e la partecipazione dei lavoratori, non solo nelle situazioni di transizione, i diritti allo sviluppo delle competenze, norme minime in materia di assicurazione contro la disoccupazione, il salario minimo e la contrattazione collettiva o altre forme di accordo in linea con le competenze degli Stati membri.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

98

Voti contrari

148

Astensioni

17


(1)  EC Summer 2020 Economic Forecast: A deeper recession with wider divergences («Previsioni economiche dell’estate 2020: una recessione ancora più grave, con disparità ancora più ampie»).

(2)   Contributo del CESE al programma di lavoro della Commissione europea per il 2021.

(3)   Parere del CESE (SOC/645) sul tema Condizioni di lavoro adeguate nell’economia delle piattaforme.

(4)  Parere del CESE sul tema Lotta contro la frode fiscale, l’elusione fiscale e il riciclaggio di denaro.

(5)  Accordo quadro per una transizione giusta dell’estrazione del carbone e per uno sviluppo sostenibile delle comunità estrattive per il periodo 2019-2027 (Spagna); posti di lavoro per il clima (Portogallo); accordo delle parti sociali relativo a una transizione giusta e ai cambiamenti climatici (Grecia); Thyssenkrupp Steel Europe: futuro patto per l’acciaio 20-30 (Germania, marzo 2020).

(6)   Parere del CESE sul tema Strategia annuale di crescita sostenibile 2020, GU C 120 del 14.4.2020, pag. 1 .

(7)   Charveriat, C. and Bodin, E. (2020), Delivering the Green Deal: the role of a reformed European Semester within a new sustainable economy strategy («Realizzazione del Green Deal: il ruolo del semestre europeo riformato nel quadro di una nuova strategia economica sostenibile»).

(8)   Parere del CESE sul tema Il pilastro europeo dei diritti sociali — valutazione dell’attuazione iniziale e raccomandazioni per il futuro, GU C 14 del 15.1.2020, pag. 1 .

(9)   GU C 311 del 18.9.2020, pag. 1 .

(10)   GU C 311 del 18.9.2020, pag. 1 .

(11)   GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106

(12)   GU C 311 del 18.9.2020, pag. 63 .

(13)  OIL, The Threat of Physical and Psychosocial Violence and Harassment in Digitalized Work («La minaccia della violenza fisica e psicologica e delle molestie nel lavoro digitale»), 2019.

(14)   GU C 47 dell’11.2.2020, pag. 64 .

(15)   GU C 14 del 15.1.2020, pag. 52 .

(16)   GU C 47 dell’11.2.2020, pag. 64 .

(17)   GU C 14 del 15.1.2020, pag. 1.

(18)   Parere del CESE SOC/644 sul tema Dialogo sociale per la sostenibilità economica e la resilienza (parere adottato il 29.10.2020, non ancora pubblicato).

(19)   GU C 161 del 6.6.2013, pag. 35.

(20)   Risoluzione del CESE sul contributo del Comitato economico e sociale europeo al programma di lavoro della Commissione europea per il 2021.

(21)   GU C 190 del 5.6.2019, pag. 1.

(22)   Conclusioni del Consiglio sul rafforzamento della protezione del reddito minimo per combattere la povertà e l’esclusione sociale nell’ambito della pandemia di Covid-19 e oltre.

(23)   GU C 97 del 24.3.2020, pag. 32.

(24)   Parere del CESE sul tema Salari minimi dignitosi in tutta Europa.

(25)   Risoluzione del CESE sul contributo del Comitato economico e sociale europeo al programma di lavoro della Commissione europea per il 2021.

(26)   COM(2020) 682 final.


16.2.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 56/29


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Principi relativi ai servizi pubblici per la stabilità dell’ordine democratico»

[parere esplorativo richiesto dalla presidenza tedesca]

(2021/C 56/03)

Relatore:

Christian MOOS (DE-III)

Correlatore:

Philip VON BROCKDORFF (MT-II)

Consultazione da parte della presidenza tedesca del Consiglio dell’UE

Lettera del 18.2.2020

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Ufficio di presidenza

17.3.2020

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

11.11.2020

Adozione in sessione plenaria

2.12.2020

Sessione plenaria n.

556

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

220/0/15

1.   Sintesi

1.1.

La presidenza tedesca del Consiglio dell’UE ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo (CESE) di elaborare un parere sui principi che devono applicarsi ai servizi pubblici degli Stati membri al fine di garantire il rispetto dei valori fondamentali chiave della democrazia e dello Stato di diritto, come pure sulle condizioni alle quali tali servizi svolgono, in periodo di crisi, una funzione di stabilizzatori automatici della democrazia e dello Stato di diritto.

1.2.

Da oltre un decennio a questa parte l’UE si trova ad affrontare diverse gravi crisi, talora verificatesi in successione tra loro: basti citare la minaccia terroristica, le crisi finanziaria ed economica globali, la crisi del sistema europeo comune di asilo, la crisi ambientale e climatica e, da ultimo, la crisi indotta dalla pandemia di COVID-19. Servizi pubblici efficienti svolgono un ruolo essenziale per una corretta gestione delle crisi garantendo l’incolumità delle persone e la sicurezza dell’approvvigionamento, nella misura in cui offrono ai cittadini la possibilità di accedervi sulla base del principio della parità di accesso e della garanzia di universalità.

1.3.

Tenuto conto dello stato di emergenza, in alcune di queste situazioni eccezionali di crisi si è reso necessario imporre temporaneamente delle restrizioni dei diritti fondamentali. Affinché queste misure siano giustificate e proporzionate, i servizi pubblici devono raccogliere la sfida di pervenire a un equilibrio tra l’interferenza nei diritti fondamentali e nell’applicazione dello Stato di diritto e la garanzia della legalità dell’intera azione amministrativa.

1.4.

In relazione alle minacce che incombono sulla democrazia e sullo Stato di diritto nell’UE e nel resto del mondo, i servizi pubblici assolvono una funzione di tutela, dal momento che i loro funzionari possono rifiutarsi di obbedire ad istruzioni illegittime e difendere così i valori europei e lo Stato di diritto. I servizi pubblici, rispettando i principi fondamentali di obiettività, integrità, trasparenza, rispetto degli altri e impegno nei confronti del progetto dell’Unione europea e dei cittadini europei, costituiscono dei pilastri della democrazia e un baluardo contro il populismo.

1.5.

Per garantire che i servizi pubblici in Europa svolgano la loro funzione di stabilizzatori automatici in tutte le situazioni di crisi, i valori europei sanciti dai Trattati dell’UE, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, le garanzie in materia di diritti fondamentali e di diritti umani sancite dalle costituzioni nazionali, nonché i valori comuni dell’Unione in relazione ai servizi di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 14 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), sanciti nel Protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale del trattato sull’Unione europea (TUE), devono informare la condotta dell’amministrazione a livello europeo e, in conformità delle rispettive costituzioni nazionali, in tutti gli Stati membri dell’UE.

1.6.

Il CESE sottolinea inoltre che il buon funzionamento dei servizi pubblici a tutti i livelli in tutta l’UE richiede le competenze e le risorse umane, tecniche, materiali e finanziarie necessarie, nonché adeguate condizioni di lavoro, una retribuzione sufficiente e un dialogo sociale, affinché i pubblici funzionari possano assolvere i compiti loro assegnati e affinché i servizi pubblici svolgano il loro ruolo di stabilizzatori automatici.

1.7.

I servizi pubblici nazionali sono di competenza esclusiva degli Stati membri, che ne decidono l’organizzazione in base ai loro principi tradizionali e conformemente ai rispettivi diritti costituzionali. Fatto salvo questo principio, il CESE invoca l’adozione di un quadro giuridico europeo efficace (comprensivo di sanzioni) che garantisca il pieno rispetto da parte di tutti gli Stati membri della democrazia e dello Stato di diritto alla luce dei cosiddetti «criteri di Copenaghen», i quali costituiscono una base necessaria per una buona condotta amministrativa da parte dell’amministrazione dell’UE e di quelle dei suoi Stati membri.

2.   Temi centrali, definizioni e obiettivi del parere

2.1.

Non esiste una definizione univoca di «servizio pubblico» nell’Unione europea. Ai fini del presente parere, il CESE include nella definizione di «servizi pubblici» l’insieme dei servizi pubblici amministrativi, a partire da quelli che attengono all’ambito della sovranità statale, compresi quelli di natura industriale e commerciale che sono al servizio dell’interesse generale a livello nazionale, regionale e comunale.

2.2.

I servizi pubblici sono garanti dei valori democratici essenziali, tra cui il rispetto dei diritti fondamentali e dei diritti umani, il potere costituente in cui si esplica la sovranità popolare, la separazione dei poteri, l’indipendenza del potere giudiziario, la responsabilità governativa, il multipartitismo, il diritto di espressione e quello di opposizione, la libertà dei media, la non discriminazione, i diritti delle minoranze e la legalità dell’azione amministrativa. Per l’UE questi valori fondamentali sono sanciti quali valori europei, in particolare dall’articolo 2 del TUE e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

2.3.

Il concetto di «stabilizzatore automatico» è ripreso dalla teoria economica. Per analogia con la definizione economica di tale concetto, i principi relativi ai servizi pubblici sono considerati come degli stabilizzatori automatici che tutelano i valori essenziali della democrazia, in particolare nei periodi di crisi.

2.4.

Il presente parere intende definire dei criteri e formulare una serie di raccomandazioni a livello europeo che consentano ai servizi pubblici soggetti alla legislazione nazionale dei diversi Stati membri di fungere da elemento stabilizzatore della democrazia e dello Stato di diritto. L’obiettivo è quello di riconoscere il valore essenziale di servizi pubblici ben funzionanti per la difesa dei valori fondamentali della democrazia e dello Stato di diritto in Europa.

2.5.

Sia le persone fisiche che quelle giuridiche fanno affidamento su servizi pubblici efficienti, capaci di promuovere in misura significativa il dinamismo della società, un’economia produttiva e una cooperazione tra le parti sociali basata sulla fiducia. Servizi pubblici di qualità — ad esempio in materia di istruzione, servizi sociali, assistenza sanitaria, alloggio, approvvigionamento idrico ed energetico e distribuzione postale — dovrebbero essere liberamente accessibili a tutti i cittadini secondo un principio di parità di trattamento, senza discriminazioni fondate sul genere, l’origine etnica, la religione, le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.

2.6.

I servizi pubblici svolgono un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’ordine democratico, ma non possono farlo se non sono garantiti il pluralismo politico, la libertà di espressione, la democrazia e i diritti della società civile e dei corpi intermedi, come i sindacati. I servizi pubblici sono parte integrante di ogni democrazia e, unitamente ad altri soggetti democratici, sono i garanti del progresso sociale.

3.   Le crisi: una sfida per la democrazia e lo Stato di diritto

3.1.   Democrazia e politica in tempi di crisi

3.1.1.

È proprio in periodo di crisi che è essenziale, ad esempio, garantire un aiuto a quanti si trovano in condizioni di vulnerabilità, che si tratti di persone fisiche o giuridiche, in base a criteri chiari che assicurino l’uguaglianza davanti alla legge, ed è altrettanto importante consentire alle persone e ai gruppi svantaggiati di avere anche accesso a tale aiuto.

3.1.2.

Eventuali restrizioni dei diritti fondamentali basate sulla proclamazione dello stato di emergenza a causa di una situazione eccezionale di crisi devono essere motivate, temporanee e proporzionate, oltre che autorizzate in un quadro ben preciso da un parlamento democraticamente eletto. È certamente vero che un potere giudiziario indipendente offre una tutela rispetto agli atti amministrativi ingiustificati, ma nel lungo periodo la democrazia non può funzionare se i cittadini non godono pienamente dei loro diritti. Le autorità legislative, i governi e i servizi pubblici devono non soltanto agire nel rispetto dei diritti fondamentali, ma anche esserne i garanti.

3.1.3.

Il dovere di imparzialità dei funzionari pubblici è una delle condizioni indispensabili della parità di trattamento di tutti gli utenti e della prevenzione delle discriminazioni. È necessario garantire il rispetto di tale obbligo in tutti gli Stati membri al fine di proteggere i funzionari pubblici da attacchi o critiche di stampo populista.

3.2.   Terrorismo e misure governative di lotta al terrorismo

3.2.1.

Dall’11 settembre 2001, se non da prima, assistiamo alla difficile ricerca di un equilibrio tra, da un lato, la tutela delle libertà e, dall’altro, una prevenzione efficace dei rischi per la sicurezza. Questo bilanciamento di due interessi distinti costituisce una sfida particolare per i servizi pubblici, per via della difficoltà nel conciliare la protezione delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto con l’esercizio di nuovi poteri esecutivi.

3.2.2.

È appunto nell’applicazione effettiva del monopolio dell’uso della forza detenuto dallo Stato che il bilanciamento tra interferenza nei diritti fondamentali e prevenzione dei rischi per la sicurezza si manifesta non soltanto in astratto, ma anche nella pratica di ogni giorno. Per fare questo, occorrono servizi pubblici che dispongano di personale adeguatamente formato e delle risorse necessarie per svolgere i loro compiti nel rispetto delle libertà. Devono essere previste garanzie per prevenire qualsiasi abuso della pubblica autorità e garantire il diritto di ricorso contro gli atti, sia legislativi che individuali, che eccedano la missione di servizio pubblico.

3.2.3.

I servizi pubblici garantiscono il mantenimento dell’ordine pubblico, e devono pertanto trovare un punto di equilibrio tra la prevenzione dei rischi e la tutela dei diritti fondamentali, servendosi del margine di manovra di cui dispongono in forza del principio di adeguatezza nell’esercizio del potere discrezionale.

3.2.4.

Insieme alle organizzazioni della società civile e a vari servizi sociali indipendenti, i servizi pubblici rappresentano un pilastro fondamentale nella prevenzione della radicalizzazione estremista, della violenza e dell’intolleranza, nella promozione della democrazia e della coesione sociale e nella difesa dei valori europei, e questo è particolarmente vero nel campo della pubblica istruzione.

3.3.   La crisi globale finanziaria e del debito

3.3.1.

Le misure di austerità applicate per diversi anni in seguito alla crisi globale finanziaria e del debito hanno avuto un impatto sui servizi pubblici, ripercuotendosi negativamente sull’efficacia delle attività che questi svolgono.

3.3.2.

Questo periodo ci ha insegnato che la riduzione del debito a breve termine non deve necessariamente comportare la privatizzazione dei servizi di interesse generale.

3.3.3.

Dovrebbe essere garantito a livello dell’UE un libero accesso permanente e affidabile a servizi di interesse generale di qualità; è soprattutto in periodo di crisi che tali servizi dimostrano, grazie alla continuità operativa, la loro funzione di potenti ammortizzatori sociali.

3.3.4.

Servizi pubblici efficienti e capaci di buone prestazioni contribuiscono in misura significativa a mantenere un livello di spesa pubblica adeguato. «Efficienza» non è sinonimo di «riduzione del ruolo dello Stato», dato che un funzionamento carente dei servizi si traduce in un aumento globale dei costi sociali ed economici.

3.3.5.

Servizi pubblici dotati di personale qualificato e di risorse adeguate contribuiscono a scongiurare l’insorgere di crisi future attraverso un’applicazione efficace delle regole. Questo è quanto avviene, per esempio, quando un’amministrazione ottiene buoni risultati nella lotta all’evasione e alle frodi fiscali, garantendo così la riscossione delle entrate pubbliche, o quando esercita una vigilanza efficace sul settore finanziario.

3.4.   Crisi del sistema europeo comune di asilo

3.4.1.

Dal 2015 l’Europa deve far fronte a un forte incremento dell’afflusso di rifugiati. La presenza di servizi pubblici efficienti e l’impegno della società civile sono due fattori essenziali per poter raccogliere questa sfida. Il CESE sottolinea che il diritto di asilo e il rispetto delle norme internazionali in materia devono essere garantiti in tutti gli Stati membri dell’UE, e insiste sulla necessità di completare il sistema europeo comune di asilo.

3.4.2.

In un momento in cui i servizi pubblici di uno o più Stati membri non dispongono di capacità sufficienti a garantire un’adeguata protezione dei diritti fondamentali e dei diritti umani dei rifugiati, ad esempio quando questi si trovano ai punti di ingresso sul territorio dell’UE, è necessario mettere in campo una soluzione paneuropea. Occorre garantire che, nell’assolvere i loro compiti, i servizi pubblici di tutta l’UE siano in grado di rispettare i valori europei.

3.4.3.

Quando i servizi pubblici di uno Stato membro svolgono funzioni che attengono all’ambito della sovranità statale per conto di tutti gli Stati membri dell’UE, gli oneri che ne derivano devono essere equamente ripartiti. Al tempo stesso è essenziale assicurare, in questo ambito, il massimo livello di protezione dei diritti fondamentali e dei diritti umani, nonché il rispetto dei valori europei.

3.4.4.

L’interoperabilità digitale dei sistemi di controllo delle frontiere deve essere conforme alle norme sulla protezione dei dati personali. L’UE deve garantire il rispetto della protezione dei dati personali da parte di tutte le amministrazioni pubbliche in tutti gli Stati membri.

3.5.   Crisi ambientale e climatica

3.5.1.

I servizi pubblici contribuiscono in misura rilevante al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) e all’attuazione del Green Deal europeo. Essi possono promuovere il cambiamento attraverso l’adozione di iniziative e politiche rispettose dell’ambiente negli appalti pubblici e nelle prassi lavorative.

3.5.2.

La trasformazione ecocompatibile sta diventando anche una questione di giustizia sociale. Affinché la ripartizione degli oneri sia ritenuta accettabile, è indispensabile che essi siano equamente ripartiti e che gli obblighi siano fatti osservare in maniera non discriminatoria.

3.5.3.

I servizi pubblici possono applicare sistemi di incentivi e offrire nuovi servizi, in particolare nei settori della mobilità, dell’approvvigionamento di energia e della sicurezza energetica. La sostenibilità e la neutralità in termini di emissioni di carbonio rientrano anch’esse tra quei principi fondamentali di cui l’UE dovrebbe essere chiamata a garantire il rispetto da parte di tutti i servizi pubblici d’Europa.

3.6.   La pandemia di COVID-19

3.6.1.

Le tensioni tra libertà e sicurezza, tra diritti e stato di emergenza, sono emerse nuovamente con evidenza durante la crisi provocata dalla COVID-19. I rischi e le restrizioni dei diritti fondamentali riguardano allo stesso modo ciascuno di noi.

3.6.2.

I servizi pubblici e il loro personale sono in prima linea nell’azione di contrasto al coronavirus e hanno il dovere di garantire, in ogni circostanza, la salute pubblica, la prevenzione dei rischi e la sicurezza dell’approvvigionamento.

3.6.3.

La crisi della COVID-19 dimostra fino a che punto gli Stati membri dell’UE e i cittadini europei abbiano bisogno di servizi pubblici pronti a reagire, efficienti, moderni e finanziati in maniera adeguata. Una crisi grave può esigere un processo decisionale quanto mai rapido, e le decisioni adottate devono essere motivate e soggette al controllo democratico, giacché, in assenza di queste condizioni, esse rischierebbero di nuocere alla democrazia. Di fronte a decisioni dotate di insufficiente legittimità, infatti, i cittadini sono meno disposti ad attenersi alle regole loro prescritte. Per agire con celerità nei periodi di crisi, i governi devono fare affidamento sulla fiducia della società in generale e sull’efficienza dei servizi pubblici; questi ultimi, in quanto ramo amministrativo del potere esecutivo, devono a loro volta poter contare sulla fiducia per applicare in modo efficace le decisioni adottate.

3.6.4.

La pandemia ha dimostrato che i servizi pubblici devono poter disporre di personale adeguatamente formato e competente, oltre che di risorse e riserve in quantità sufficiente. Il riconoscimento del carattere essenziale dei compiti svolti dal servizio pubblico giustifica il pagamento di una remunerazione adeguata ai funzionari pubblici e l’applicazione di standard sociali minimi nei loro confronti in tutta Europa. Numerosi Stati membri sono oggi alle prese con problemi demografici di cui è necessario tenere conto, dal momento che, per far fronte alla concorrenza e attrarre la forza lavoro più qualificata, i servizi pubblici devono rimanere interessanti sotto il profilo delle retribuzioni o, se non lo sono, diventare tali.

3.6.5.

La qualità dei principi del servizio pubblico e l’adeguatezza delle condizioni di lavoro dei pubblici funzionari, ivi compresi un buon dialogo sociale e un clima democratico, rafforzano la fiducia dei cittadini nei loro governi.

3.6.6.

Negli ultimi tempi tutti gli Stati membri hanno, in funzione della propria capacità di garantire il diritto alla vita e all’integrità fisica, limitato altri diritti fondamentali ad un grado sino ad oggi mai raggiunto nei regimi democratici. Queste misure del tutto inedite devono essere sempre temporanee e soggette a un riesame periodico condotto da parlamenti democraticamente eletti.

3.6.7.

I servizi pubblici fanno affidamento sull’adozione di decisioni chiare da parte dell’esecutivo, oltre che sulla chiarezza e la certezza del diritto. I principi di trasparenza e di buona amministrazione che l’UE applica al proprio operato fanno sì che l’Unione garantisca il rispetto di questi stessi principi da parte di tutti i servizi pubblici europei.

3.6.8.

A numerosi servizi pubblici è stato affidato il compito di far fronte alle ripercussioni economiche e sociali della crisi. Insieme, essi danno la concreta dimostrazione del valore fondamentale di una gestione efficiente in periodo di crisi.

4.   La funzione di stabilizzatori automatici dei servizi pubblici

4.1.

Per poter svolgere la funzione di stabilizzatore automatico, un’amministrazione deve essere efficiente, presente a livello europeo, nazionale, regionale e locale in tutta l’UE, e disporre delle competenze e delle risorse umane, tecniche, materiali e finanziarie necessarie per assolvere i compiti che le vengono assegnati.

4.2.

A parte il livello europeo, non è necessario che la suddivisione dei compiti tra i diversi livelli sia soggetta a regole armonizzate in tutta l’Unione, ma occorre piuttosto tenere conto delle condizioni specifiche di ciascuno Stato membro al fine di garantire un’azione amministrativa efficace.

4.3.

Spetta agli Stati membri decidere quali dei servizi prestati debbano esserlo dal settore pubblico o da quello privato. A tal fine, essi devono assicurare che, in periodo di crisi, eventuali carenze da parte di prestatori pubblici o privati di servizi non costituiscano una minaccia per l’incolumità dei cittadini o per la sicurezza dell’approvvigionamento.

4.4.

Allorché tutti i servizi pubblici rispettano pienamente i principi di legalità dell’azione amministrativa, di proporzionalità e di parità di trattamento e rendono effettivo il diritto a una buona amministrazione, essi promuovono la fiducia nello Stato di diritto e nella democrazia e rafforzano la resistenza dei cittadini nei confronti delle promesse dei movimenti populisti.

4.5.

Servizi pubblici trasparenti recano un contributo fondamentale alla lotta alla corruzione e, di conseguenza, alla loro stessa affidabilità ed efficienza rispetto ai costi. La fiducia dei cittadini è rafforzata inoltre dal rispetto dei principi fondamentali che informano i servizi pubblici in Europa, dalla disponibilità e competenza di tali servizi e dalla loro facilità di accesso da parte di organi di vigilanza indipendenti.

4.6.

Se applicano correttamente i principi che li governano, i servizi pubblici svolgono una funzione di ridistribuzione e di tutela, in particolare in materia di rispetto dei diritti fondamentali e dei diritti umani da parte dei governi e delle autorità legislative a tutti i livelli, in quanto i loro funzionari possono rifiutarsi di obbedire ad istruzioni illegittime tutelando così la democrazia e lo Stato di diritto.

4.7.

L’istruzione pubblica deve dare un contributo importante trasmettendo i valori europei e favorendo una cultura civica democratica. L’istruzione formale costituisce un servizio pubblico a pieno titolo, di cruciale importanza soprattutto per preparare i cittadini di domani.

4.8.

La pandemia in corso dimostra come un sistema sanitario utilizzato allo stremo possa portare a violazioni della dignità umana, e quanto sia importante disporre di personale sanitario e di capacità di assistenza medica in misura sufficiente.

4.9.

Servizi sociali efficienti, che offrano un accesso libero e non discriminatorio ai servizi di previdenza sociale, rafforzano la fiducia dei cittadini nello Stato di diritto. In tal senso, i servizi pubblici sono espressione della solidarietà sociale.

5.   Principi che governano i servizi pubblici nell’Unione europea

5.1.

I servizi pubblici nazionali sono e rimangono di competenza esclusiva degli Stati membri, che ne decidono l’organizzazione in base ai loro principi tradizionali e conformemente al rispettivo diritto costituzionale. Fatto salvo questo principio, viste le minacce che incombono sulla democrazia e sullo Stato di diritto in tutto il mondo, e purtroppo anche in Europa, occorrono principi e garanzie comuni a livello europeo onde assicurarsi che la funzione pubblica e i servizi pubblici rimangano garanti di questi due valori fondamentali.

5.2.

Il CESE invoca l’adozione di un quadro giuridico europeo efficace che garantisca il pieno rispetto dei «criteri di Copenaghen», ossia dei criteri per l’adesione all’UE di tutti i nuovi Stati membri a partire dal 1993. Tale quadro dovrebbe prevedere la possibilità di applicare delle sanzioni.

5.3.

I valori europei sanciti dai Trattati dell’UE, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e le garanzie in materia di diritti fondamentali e di diritti umani sancite dalle costituzioni nazionali dei paesi dell’Unione informano la condotta dell’amministrazione da parte di tutti i servizi pubblici dell’UE e degli Stati membri.

5.4.

I valori comuni dell’Unione in relazione ai servizi di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 14 del TFUE, sanciti nel Protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale del TUE, forniscono le linee guida per l’attivazione dei principi di servizio pubblico in tutti gli Stati membri.

5.5.

Pur nella loro eterogeneità, tutti i servizi pubblici dei paesi dell’UE devono conformarsi a tre principi: l’imparzialità, la legalità (compresa la conformità all’ordine pubblico) e la trasparenza. Un grado insufficiente di indipendenza del potere giudiziario o modifiche costituzionali che compromettano i summenzionati principi di base del servizio pubblico, e quindi i principi tradizionali dei servizi pubblici, devono essere sanzionati in modo efficace.

5.6.

Conformemente al principio di imparzialità, i servizi pubblici devono garantire la possibilità di accedervi sulla base del principio della parità di accesso e della garanzia di universalità. Tale libertà di accesso deve essere pienamente garantita anche a coloro che spesso incontrano degli ostacoli nel fruirne, ad esempio le persone con disabilità, gli appartenenti a minoranze e gli abitanti delle zone rurali.

5.7.

È essenziale garantire la legalità dell’intera azione amministrativa. Le leggi adottate e le direttive impartite non possono violare l’ordine costituzionale o essere contrarie ai valori europei, e devono inoltre rispettare i principi di proporzionalità, di parità di trattamento e dell’adeguatezza dell’esercizio del potere discrezionale.

5.8.

Le autorità pubbliche traducono in realtà il principio del diritto a una buona amministrazione e agiscono in modo trasparente per consentire il controllo pubblico del potere esecutivo. Esse garantiscono il libero accesso alle informazioni amministrative e rispondono in maniera completa alle richieste di informazioni. Le eccezioni a queste regole vanno interpretate in modo restrittivo.

5.9.

I servizi pubblici sono tenuti al rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottano tutte le misure necessarie per contrastare tale fenomeno e applicano le raccomandazioni formulate nelle relazioni dell’UE sulla lotta alla corruzione.

5.10.

I servizi pubblici sono guidati esclusivamente da un principio civico e democratico, nella cui tutela una società civile e un’opposizione politica efficaci e strutturate svolgono un ruolo di primaria importanza.

5.11.

Lo statuto professionale dei membri del personale dei servizi pubblici deve garantire loro le tutele stabilite dalla legge e la possibilità di rifiutarsi di obbedire ad istruzioni illegittime e di presentare denunce formali. Ciò contribuisce al corretto funzionamento dei servizi pubblici e costituisce una garanzia per la democrazia e per la difesa dell’interesse generale contro la corruzione, le frodi e gli abusi.

5.12.

La direttiva europea volta a rafforzare la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (o «informatori») si applica al personale dei servizi pubblici. Come sostenuto dal CESE nel parere SOC/593 sul tema Rafforzare la protezione degli informatori a livello di Unione europea (1), la scelta se segnalare tali violazioni alle autorità competenti interne all’organizzazione interessata o a quelle esterne ad essa (che non sono i media o il pubblico) rientra nella discrezionalità del funzionario.

5.13.

Inoltre, malgrado la digitalizzazione dei servizi, è opportuno continuare ad assicurare anche in futuro delle possibilità di contatto diretto tra servizi e utenti: questo deve valere per tutti i servizi pubblici (locali, regionali o nazionali) affinché l’accompagnamento delle persone vulnerabili (anziani, persone in condizioni di povertà, migranti ecc.) sia realizzato in forma mirata e personalizzata e per evitare che per queste persone la digitalizzazione diventi un ulteriore fattore di esclusione.

5.14.

I servizi pubblici devono stare al passo dell’attuale fase del processo di digitalizzazione, senza tuttavia compromettere i diritti fondamentali, compresi i diritti dei lavoratori. In particolare, essi devono garantire la protezione dei dati e il diritto al controllo dei propri dati personali nel quadro di una pubblica amministrazione digitalizzata.

5.15.

I servizi pubblici devono disporre delle competenze e delle risorse umane, tecniche, materiali e finanziarie necessarie per assolvere i compiti che vengono loro assegnati, e, per garantire il regolare funzionamento di tali servizi anche in situazioni di emergenza legate a una crisi, è essenziale che essi dispongano di riserve sufficienti di tali risorse.

5.16.

L’organizzazione dei servizi pubblici nazionali è di competenza esclusiva degli Stati membri, dal momento che tali servizi sono una componente essenziale dell’identità nazionale di ciascun paese. Tuttavia, i servizi pubblici devono essere interoperabili nell’ambito del sistema europeo di governance multilivello.

5.17.

La cooperazione europea e l’applicazione pratica dei principi che governano i servizi pubblici nell’UE devono far parte del programma di formazione di tutto il personale che svolge funzioni pubbliche.

5.18.

Occorre intensificare gli scambi di personale tra la funzione pubblica dell’UE e le amministrazioni pubbliche degli Stati membri, come pure tra queste ultime, al fine di migliorare l’integrazione tra i diversi livelli amministrativi nell’ambito del sistema multilivello dell’Unione. La mobilità professionale dei pubblici funzionari tra amministrazioni di uno Stato membro dovrebbe essere possibile senza svantaggi per gli interessati.

5.19.

Le istituzioni europee che offrono attività di perfezionamento professionale e di formazione professionale continua dovrebbero mettere a disposizione del personale dei servizi pubblici a tutti i livelli i mezzi per applicare i principi del servizio pubblico e garantirne la funzione di stabilizzatore automatico.

5.20.

Tutti i servizi pubblici coinvolti nell’assegnazione di fondi europei devono rispettare e applicare i principi che governano il servizio pubblico.

Bruxelles, 2 dicembre 2020

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 62 del 15.2.2019, pag. 155


16.2.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 56/36


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La necessità di garantire l’effettivo diritto di voto per le persone con disabilità nelle elezioni del Parlamento europeo»

(supplemento di parere d’iniziativa)

(2021/C 56/04)

Relatore:

Krzysztof PATER

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.2.2020

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Supplemento di parere d’iniziativa

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

11.11.2020

Adozione in sessione plenaria

2.12.2020

Sessione plenaria n.

556

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

246/0/0

1.   Introduzione

1.1.

Il presente parere è una sintesi della seconda fase dei lavori del Comitato economico e sociale europeo (CESE) intesi a garantire per tutti i cittadini dell’Unione europea con disabilità l’effettivo diritto di voto nelle elezioni del Parlamento europeo (PE).

1.2.

Nella prima fase, conclusasi nel marzo 2019, il CESE ha elaborato la relazione informativa intitolata La realtà del diritto di voto delle persone con disabilità alle elezioni del Parlamento europeo (1), che descrive in modo esauriente gli ostacoli giuridici e tecnici che impediscono l’esercizio di tale diritto in tutti gli Stati membri dell’UE. Nel presente parere viene citata solo una parte dei risultati e delle conclusioni della relazione. Per comprendere appieno la situazione occorre quindi leggere il testo integrale della relazione.

2.   Conclusioni e raccomandazioni

2.1.

In ciascuno dei 27 paesi dell’UE vi sono norme o disposizioni organizzative che privano alcuni elettori con disabilità della possibilità di partecipare alle elezioni del PE.

2.2.

Se non verranno apportate modifiche normative di rilievo, parallelamente all’invecchiamento della popolazione si registrerà un aumento costante del numero di persone che sono private di un effettivo diritto di voto a causa della disabilità. Ciò vale sia per le persone che vivono a casa sia per quelle ricoverate in istituti di cure e assistenza per lungodegenti. L’impossibilità di esercitare il diritto di voto riguarda anche molte altre persone, come le persone sottoposte a cure ospedaliere di breve durata, le persone in fase di trattamento o di riabilitazione a domicilio e le persone sottoposte a isolamento o quarantena a causa di rischi epidemiologici.

2.3.

Il CESE ritiene che ciò sia inaccettabile e contrario ai valori fondamentali dell’UE e alle disposizioni del trattato sull’Unione europea (TUE), come pure a numerosi atti giuridici e politici internazionali, tra cui la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e le raccomandazioni del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa.

2.4.

Il CESE invita il Parlamento europeo, il Consiglio europeo e gli Stati membri a modificare con urgenza l’Atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’assemblea a suffragio universale diretto, del 1976 (Atto elettorale) (2), chiarendo i principi del suffragio universale e diretto e della segretezza delle elezioni, il che consentirebbe di applicare in tutta l’UE delle norme atte a garantire un effettivo diritto di voto per le persone con disabilità, conformemente all’articolo 29 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. Tali norme dovrebbero prevedere almeno:

il divieto di privare le persone del diritto di voto alle elezioni del Parlamento europeo a causa della disabilità o dello stato di salute;

l’obbligo di fornire informazioni sulle regole di voto in una forma adeguata alle esigenze derivanti dal tipo di disabilità;

la possibilità per le persone che non possono accedere al seggio elettorale a causa della loro disabilità di votare autonomamente in un altro luogo;

l’adozione di soluzioni atte a consentire alle persone con disabilità che necessitano di un sostegno significativo (come le persone sordocieche, non vedenti, con disabilità visive o con limitata destrezza manuale) di votare in modo indipendente, senza ricorrere all’assistenza di altre persone;

la possibilità di sostituire il seggio elettorale designato con un seggio più adatto alle esigenze degli elettori con disabilità;

il diritto di una persona di scegliere liberamente un assistente personale per farsi aiutare nell’esercizio del diritto di voto.

2.5.

Anche se l’attuazione di tali norme continuerà a conferire agli Stati membri ampi poteri discrezionali, essa garantirà comunque che, a partire dal 2024, ogni cittadino dell’UE avrà il diritto effettivo di eleggere il proprio rappresentante al PE, indipendentemente dalla nazionalità o dal paese di residenza.

3.   Stato di avanzamento

3.1.   Ostacoli incontrati dalle persone con disabilità nell’esercizio del diritto di voto

3.1.1.

I politici di tutta Europa sono consapevoli del fatto che molte persone con disabilità non sono in grado di esercitare il proprio diritto di voto, visto che da anni i rappresentanti delle organizzazioni che si occupano dei diritti delle persone con disabilità e dei diritti umani, ma anche le singole persone con disabilità e le loro famiglie, chiedono il riconoscimento di un diritto di voto effettivo, senza alcuna limitazione. Anche il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani aveva segnalato questo problema, nella lettera inviata nel 2017 ai primi ministri di tutti gli Stati membri, chiedendo loro di adottare tutte le misure appropriate per garantire alle persone con disabilità la possibilità di esercitare il loro diritto di voto alle elezioni del 2019. Il risultato atteso non è stato tuttavia raggiunto.

3.1.2.

Il 20 marzo 2019 il CESE ha trasmesso alle istituzioni e agli Stati membri dell’UE la sua relazione informativa intitolata La realtà del diritto di voto delle persone con disabilità alle elezioni del Parlamento europeo.

3.1.2.1.

Tale relazione descrive in modo esauriente gli ostacoli giuridici e tecnici incontrati in tutti gli Stati membri dell’UE dalle persone con disabilità nell’esercizio del diritto di voto. Presenta inoltre più di 200 esempi di buone pratiche, in particolare soluzioni in grado di facilitare la partecipazione di queste persone alle elezioni.

3.1.2.2.

La relazione fornisce poi un’analisi del diritto delle persone con disabilità di partecipare pienamente alla vita politica, compreso il diritto di voto, sancito dai più importanti atti giuridici e politici internazionali.

3.1.2.3.

Essa contiene inoltre una descrizione dettagliata delle norme in vigore nell’UE che disciplinano le modalità di svolgimento delle elezioni del Parlamento europeo e le possibilità di modificare tali norme.

3.1.3.

I limiti descritti nella relazione sono stati confermati dai resoconti dei media europei e delle organizzazioni della società civile relativi alle ultime elezioni del Parlamento europeo del 23-26 maggio 2019.

3.1.4.

Nei due mesi intercorsi tra la pubblicazione della relazione a marzo e le elezioni del Parlamento europeo a maggio, in Germania (3) e in Francia (4) sono state approvate delle modifiche normative che permettono di votare alle persone precedentemente private di tale diritto. Ciononostante, le legislazioni nazionali di 14 Stati membri escludono ancora complessivamente circa 400 000 cittadini dell’UE dal voto alle elezioni del Parlamento europeo, a causa di disabilità intellettuali o di problemi di salute mentale, solitamente a seguito della decisione di sottoporli a tutela totale o tutela parziale (curatela).

3.1.5.

Le disposizioni organizzative (limitazioni tecniche) previste da norme o prassi in vigore negli Stati membri fanno sì che milioni di cittadini dell’UE non siano in grado di votare alle elezioni del Parlamento europeo. Ad esempio:

in otto Stati membri le persone che non possono recarsi in un seggio elettorale a causa di disabilità o malattia, comprese le persone che si trovano in istituti di cura e hanno bisogno di assistenza 24 ore su 24, non possono votare in nessun altro modo;

in 18 paesi le persone non vedenti non sono in grado di votare autonomamente;

in 12 paesi gli elettori con disabilità non possono scegliere il seggio elettorale preferito;

in nove paesi gli elettori devono indicare il numero di identificazione del candidato, il loro nome o il nome del partito che sostengono sulla scheda elettorale: ciò rappresenta un importante ostacolo, e non solo per i non vedenti;

solo un paese dell’UE dispone di norme (applicabili a metà dei seggi del paese) che definiscono l’organizzazione logistica e il funzionamento dei seggi elettorali in modo da renderli adatti alle esigenze delle persone con disabilità diverse.

3.1.6.

In ciascuno dei 27 paesi dell’UE vi sono norme o disposizioni organizzative che escludono alcuni elettori con disabilità dalla possibilità di partecipare alle elezioni del PE. Tuttavia, se fossero attuate le migliori pratiche di tutti i paesi, vi sarebbe un sistema ideale in base al quale ogni cittadino dell’UE con disabilità non solo avrebbe la piena possibilità di votare, ma potrebbe anche scegliere, tra diverse opzioni, il metodo di voto più adatto alle sue esigenze.

3.1.7.

La pandemia di COVID-19 ha indotto i paesi che hanno indetto elezioni nel 2020 ad attuare soluzioni nuove, spesso innovative, offrendo la possibilità di votare senza obbligo di recarsi al seggio elettorale, ampliando così la gamma di soluzioni positive, applicate negli Stati membri, che sono utili non solo per le persone con disabilità.

3.1.8.

Il 26 novembre 2020 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul bilancio delle elezioni europee (5), nella quale, facendo riferimento alla suddetta relazione informativa del CESE, ha sottolineato le gravi limitazioni esistenti all’esercizio dei diritti elettorali da parte delle persone con disabilità.

3.2.   Determinanti demografici e sanitari

3.2.1.

Secondo le previsioni Eurostat (6), la percentuale di persone di età pari o superiore ai 65 anni nella popolazione totale dell’UE aumenterà dal 19,8 % del 2018 al 31,3 % nel 2100.

3.2.2.

Secondo Eurostat, «una bambina nata nel 2015 potrebbe aspettarsi di vivere in media 63,3 anni in buone condizioni di salute e senza alcuna forma di disabilità, mentre un bambino potrebbe aspettarsi di vivere 62,6 anni senza disabilità» (7). Essendo la speranza di vita media di questa bambina pari a 83,3 anni, a fronte dei 77,9 anni del bambino, le donne nate nel 2015 trascorreranno in media 20 anni con disabilità, rispetto ai 15 degli uomini nati nello stesso anno.

3.2.3.

Secondo le stime di Eurostat (8), la quota di persone con disabilità nella fascia di età 15-64 anni è compresa tra l’11 e il 14 %, a seconda della definizione adottata. Ad esempio, se si prende come riferimento la definizione di cui all’articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’UE e da tutti gli Stati membri, tale quota supera il 15 %.

3.2.4.

Si può quindi stimare che quasi il 20 % dei cittadini adulti dell’UE, ossia circa 80 milioni di persone, soffra attualmente di una qualche forma di disabilità che rende difficile lo svolgimento delle azioni della vita quotidiana, e che tale percentuale aumenterà in media dell’1 % ogni sei anni.

3.2.5.

La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità si applica alle persone «con minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine». Tuttavia, il CESE sottolinea che anche altre persone che non sono formalmente considerate portatrici di una disabilità, poiché la loro minorazione è temporanea, subiscono le stesse limitazioni per quanto riguarda la possibilità di votare.

3.2.5.1.

È il caso, ad esempio, dei pazienti sottoposti a cure ospedaliere di breve durata e delle persone in fase di trattamento o di riabilitazione a domicilio che, a causa dei vincoli temporanei imposti dal loro attuale stato di salute, non sono in grado di votare in un seggio elettorale. Questa situazione potrebbe riguardare diverse centinaia di migliaia di pazienti nell’UE.

3.2.5.2.

Potrebbero essere interessate anche le persone che, per via del rischio epidemiologico, sono soggette a restrizioni alla circolazione, ad esempio perché in isolamento in un istituto non accessibile, o non sono in grado di lasciare il proprio domicilio. L’esperienza della pandemia di COVID-19 dimostra che diversi milioni di cittadini dell’UE potrebbero trovarsi contemporaneamente in queste condizioni.

4.   Il principale quadro giuridico e politico internazionale in materia di diritto di voto delle persone con disabilità

4.1.

L’articolo 21 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, adottata il 10 dicembre 1948, stabilisce che «ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti».

4.2.

L’articolo 25 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966, stabilisce che «ogni cittadino ha il diritto, e deve avere la possibilità, senza alcuna delle discriminazioni menzionate all’articolo 2 e senza restrizioni irragionevoli: […] di votare […].»

4.3.

La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, entrata in vigore il 3 maggio 2008:

richiede agli Stati parti di «assicurare che le persone con disabilità possano effettivamente e pienamente partecipare alla vita politica e pubblica su base di eguaglianza con gli altri, […] compreso il diritto e l’opportunità […] di votare» e definisce una serie di misure per far sì che ciò si verifichi, assicurando che le procedure, le strutture e i materiali elettorali siano appropriati, accessibili e di facile comprensione e utilizzo (articolo 29);

sottolinea che «le persone con disabilità hanno il diritto di essere riconosciute ovunque quali persone di fronte alla legge» e «godono della capacità legale su base di eguaglianza rispetto agli altri in tutti gli aspetti della vita» (articolo 12);

stabilisce che «edifici, strade, trasporti e altre attrezzature interne ed esterne agli edifici» utilizzati dal pubblico siano resi accessibili alle persone con disabilità (articolo 9).

4.4.

Il comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità ha osservato nel 2015 che «in tutta l’Unione europea le persone con disabilità, in particolare quelle private della loro capacità giuridica o residenti in istituti, non possono esercitare il loro diritto di voto alle elezioni e che la piena partecipazione alle elezioni non è possibile» e ha raccomandato di «adottare le misure necessarie […] per consentire a tutte le persone con tutti i tipi di disabilità […] di esercitare il loro diritto di voto» (9).

4.5.

Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), sancisce che «i cittadini dell’Unione […] hanno, tra l’altro: […] il diritto di voto […] alle elezioni del Parlamento europeo […] nello Stato membro in cui risiedono, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato».

4.6.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ribadisce, nell’articolo 39, che tutti i cittadini dell’Unione godono del diritto di voto alle elezioni del Parlamento europeo. Inoltre, nell’articolo 21, paragrafo 1, la Carta sottolinea che «è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, […] [su]la disabilità». L’articolo 26 stabilisce che «l’Unione riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne […] la partecipazione alla vita della comunità».

4.7.

La raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa del 16 novembre 2011 (10) ribadisce che tutte le persone con disabilità hanno il diritto di partecipare alla vita pubblica e politica su base di eguaglianza rispetto agli altri e che «al momento del voto dovrebbero essere disponibili schede e strutture elettorali accessibili».

5.   Azioni da intraprendere

5.1.

Il CESE sottolinea che, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, del trattato sull’Unione europea (versione consolidata), «i cittadini sono direttamente rappresentati, a livello dell’Unione, nel Parlamento europeo». L’articolo 14, paragrafo 3, del trattato stabilisce che «i membri del Parlamento europeo sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto». Queste disposizioni non forniscono alcuna base per trattare diversamente le persone con disabilità, a seconda della loro cittadinanza o del loro paese di residenza, per quanto riguarda il diritto di voto alle elezioni del Parlamento europeo.

5.2.

Attualmente nell’UE esistono numerosi esempi di differenziazione ingiustificata relativa ai diritti delle persone con disabilità e, pertanto, di discriminazione nei loro confronti. Ad esempio:

una persona con cittadinanza di due Stati membri dell’UE potrebbe, a seconda del documento d’identità scelto, votare in piena indipendenza o essere privata del diritto di voto a causa della sua disabilità intellettiva;

una persona costretta a letto e bisognosa di assistenza continua non può votare perché non è in grado di recarsi al seggio elettorale e non vi è nessun’altra possibilità di votare nel paese di residenza. Tuttavia, se la stessa persona vivesse in un altro paese dell’UE, potrebbe votare liberamente per posta, con un’urna elettorale mobile o via Internet;

una persona non vedente in uno Stato membro può votare in piena indipendenza, senza alcun sostegno, ma se vivesse in un altro paese ciò sarebbe impossibile: potrebbe votare solo in un seggio elettorale con l’assistenza di un’altra persona;

una persona affetta dal morbo di Parkinson sarebbe in grado di votare in modo indipendente in un paese in cui il voto può essere espresso apponendo un semplice segno grafico (ad esempio una «X») o scegliendo la scheda pertinente tra una serie di schede ricevute, mentre si troverebbe ad affrontare un ostacolo insormontabile nel paese in cui è necessario scrivere un numero, un nome o un cognome in modo leggibile sulla scheda elettorale;

una persona con gravi problemi di mobilità (ad esempio, che necessita di stampelle o di sedia a rotelle) può scegliere un seggio elettorale adeguato in alcuni paesi, mentre in altri paesi, che non consentono la libera scelta dei seggi elettorali, tali persone spesso risultano impossibilitate a partecipare alle elezioni.

Il CESE ritiene che tali situazioni siano inaccettabili e contrarie ai valori fondamentali dell’UE e alle disposizioni del trattato sull’Unione europea (TUE).

5.3.

Gli Stati membri sono responsabili dell’organizzazione delle elezioni del Parlamento europeo e della definizione delle loro regole. Tuttavia, il loro potere discrezionale è limitato dal diritto dell’Unione. L’Atto elettorale del 1976, che costituisce la base giuridica per le elezioni del Parlamento europeo, stabilisce requisiti che sono talvolta diversi dalle norme degli Stati membri relative alle elezioni politiche o amministrative (11). Il CESE ritiene che modificare questo Atto imponendo agli Stati membri di attuare norme che garantiscano alle persone con disabilità un diritto di voto effettivo sia un modo adeguato e rapido per eliminare le pratiche esistenti che discriminano questi cittadini dell’UE.

5.3.1.

Il CESE ritiene che il principio del suffragio universale di cui all’articolo 1, paragrafo 3, di tale Atto debba essere chiarito, affermando che nessun cittadino dell’UE può essere privato del diritto di voto alle elezioni del Parlamento europeo a causa di una disabilità o di una condizione di salute sulla base di norme nazionali.

5.3.2.

Il CESE ritiene essenziale chiarire i principi di suffragio diretto e di segretezza delle elezioni di cui all’articolo 1, paragrafo 3, di tale Atto, affermando che, nel delineare i principi di voto dettagliati, gli Stati membri sono tenuti a:

consentire alle persone che, a causa di disabilità, non sono in grado di votare in un seggio elettorale di esprimere il proprio voto in modo diretto e indipendente;

fornire informazioni sulle regole di voto in una forma adeguata alle esigenze derivanti dal tipo di disabilità;

adottare modalità di voto particolari e soluzioni tecniche che permettano alle persone con disabilità che necessitano di un sostegno significativo (come le persone sordocieche, con disabilità visive o con limitata destrezza manuale) di votare in modo indipendente, senza ricorrere all’assistenza di altre persone;

garantire a tutte le persone con disabilità la possibilità di cambiare seggio elettorale se ritengono che un seggio diverso sia più adatto alla loro disabilità;

garantire a tutti gli elettori con disabilità la facoltà di scegliere liberamente la persona che li aiuterà a votare (assistente personale).

5.4.

Il CESE ritiene che sia possibile approfittare della ricchezza di esperienze positive di molti paesi per attuare rapidamente le soluzioni proposte, tenendo conto delle specificità e delle tradizioni elettorali di ciascuno Stato membro.

5.4.1.

In 17 paesi dell’UE sono già previste disposizioni che consentono ad alcuni gruppi di elettori di votare con urna elettorale mobile. In otto paesi i cittadini possono votare per posta. In un paese è possibile votare online. Alcuni paesi dell’UE organizzano seggi chiusi per le persone che si trovano in istituti di cura e che hanno bisogno di assistenza 24 ore su 24. Queste soluzioni consentono alle persone che non sono in grado di recarsi presso il loro seggio elettorale di esprimere comunque il loro voto.

5.4.2.

Nove Stati membri hanno attuato soluzioni che consentono ai non vedenti di votare in modo indipendente. Si tratta di copertine speciali per le schede elettorali sulle quali è apposto un semplice simbolo grafico al momento del voto, o di buste per le schede elettorali contrassegnate utilizzando il codice Braille, in modo che l’elettore possa trovare facilmente la scheda giusta da inserire nell’urna elettorale. Le copertine speciali sono molto utili anche per le persone con disabilità visive o con limitata destrezza manuale. I paesi che attualmente chiedono agli elettori di includere nella scheda elettorale il numero o il cognome di un candidato potrebbero trarre beneficio da questa esperienza, se decidessero di adottare un sistema più adeguato.

5.4.3.

15 paesi offrono agli elettori la possibilità di cambiare seggio elettorale, almeno quando ciò sia giustificato da una disabilità. In 10 paesi è possibile votare in anticipo almeno per alcuni gruppi di persone, nella maggior parte dei casi in strutture adeguate alle esigenze delle persone con diversi tipi di disabilità. Poiché in nessun paese dell’UE la totalità dei seggi elettorali è adatta alle persone con tutti i tipi di disabilità, riconoscere agli elettori il diritto di scegliere liberamente il seggio adeguato è l’unica soluzione appropriata.

5.4.4.

In molti paesi, qualsiasi persona scelta dagli elettori con disabilità può svolgere la funzione di assistente durante le elezioni. Tuttavia, in un ampio gruppo di paesi tale diritto di scegliere liberamente un assistente risulta limitato. Ciò può essere considerato giustificabile solo in una situazione in cui dovrebbe essere scelta una persona che svolge contemporaneamente altre funzioni (ad esempio, un membro della commissione elettorale o un osservatore). In altri casi, le restrizioni non sono giustificate e la procedura di selezione di un assistente utilizzata in alcuni paesi nuoce alla dignità degli elettori con disabilità.

5.5.

L’attuazione di tali principi non limiterebbe in alcun modo il potere discrezionale degli Stati membri e garantirebbe ad ogni cittadino dell’UE con disabilità, indipendentemente dalla nazionalità o dal paese di residenza. il diritto effettivo di eleggere il proprio rappresentante al Parlamento europeo. Il CESE ritiene che sia essenziale adottare questi principi affinché le prossime elezioni del Parlamento europeo possano essere considerate veramente universali.

5.5.1.

L’articolo 223, paragrafo 1, del TFUE stabilisce che «il Parlamento europeo elabora un progetto volto a stabilire le disposizioni necessarie per permettere l’elezione dei suoi membri a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri o secondo principi comuni a tutti gli Stati membri. Il Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo che si pronuncia alla maggioranza dei membri che lo compongono, stabilisce le disposizioni necessarie. Tali disposizioni entrano in vigore previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali».

5.5.2.

Alla luce di quanto precede e al fine di garantire a tutti i cittadini dell’UE con disabilità il diritto di voto alle elezioni del Parlamento europeo del 2024, il CESE invita:

il Parlamento europeo a elaborare urgentemente un progetto di emendamento all’Atto elettorale del 1976;

il Consiglio europeo a stabilire norme rivedute conformemente agli obiettivi indicati nel presente parere;

gli Stati membri ad approvare senza indebito ritardo le norme stabilite dal Consiglio.

5.5.2.1.

Il CESE è consapevole del fatto che negli ultimi anni sono state discusse molte proposte, spesso controverse, di modifica delle norme che disciplinano le elezioni del Parlamento europeo. Ritiene tuttavia che le proposte sui diritti di voto delle persone con disabilità debbano essere escluse da questo dibattito generale e presentate come un progetto a parte, in quanto solo questo approccio offre la prospettiva di raggiungere un ampio consenso e di attuare rapidamente le modifiche proposte. L’attuazione di norme volte a consentire l’esercizio dei diritti elettorali da parte delle persone con disabilità potrebbe anche costituire una buona base per intraprendere in futuro iniziative analoghe su altre questioni menzionate dal Parlamento europeo nella sua risoluzione del 26 novembre 2020 (12).

Bruxelles, 2 dicembre 2020

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://www.eesc.europa.eu/en/node/68473

(2)  GU L 278 dell'8.10.1976, GU C 340 del 10.11.1997, GU L 283 del 21.10.2002.

(3)  https://www.bundesverfassungsgericht.de/SharedDocs/Entscheidungen/EN/2019/04/qs20190415_2bvq002219en.html

(4)  https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000038261631&categorieLien=id

(5)  P9_TA(2020)0327.

(6)  https://ec.europa.eu/eurostat/statisticsexplained/index.php/Population_structure_and_ageing#The_share_of_elderly_people_continues_to_increase

(7)  https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=People_in_the_EU_-_statistics_on_an_ageing_society&oldid=458862

(8)  https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/pdfscache/34409.pdf

(9)  Osservazioni conclusive sulla relazione iniziale all'Unione europea.

(10)  Raccomandazione CM/Rec(2011)14.

(11)  https://www.eesc.europa.eu/en/node/68473 — Parte 4.

(12)  Risoluzione del Parlamento europeo, del 26 novembre 2020, sul bilancio delle elezioni europee, punto 23 (2020/2088(INI)]; P9_TA(2020)0327.


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

556a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 2.12.2020 - 3.12.2020

16.2.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 56/43


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai pagamenti transfrontalieri nell’Unione (codificazione)»

[COM(2020) 323 final — 2020/0145 (COD)]

(2021/C 56/05)

Relatore:

Gonçalo LOBO XAVIER

Consultazione

Parlamento europeo, 23.7.2020

Consiglio, 15.10.2020

Base giuridica

Articolo 114, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

10.11.2020

Adozione in sessione plenaria

3.12.2020

Sessione plenaria n.

556

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

242/2/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta della Commissione sui pagamenti transfrontalieri nell’Unione volta a ridurre i costi di tali pagamenti in euro e ad aumentare la trasparenza per quanto riguarda le commissioni di conversione valutaria.

1.2.

Il CESE concorda con la Commissione nel ritenere che essa dovrebbe analizzare (verificandone altresì la realizzabilità tecnica) ulteriori possibilità di estendere la norma sulla parità delle commissioni a tutte le valute dell’Unione e di migliorare ulteriormente la trasparenza e la raffrontabilità delle commissioni di conversione valutaria. L’estensione della norma sulla parità delle commissioni a tutte le valute dell’Unione consentirebbe di spingersi ancora più avanti nell’approfondimento del mercato interno e di evitare qualsiasi discriminazione nei confronti dei cittadini che vivono al di fuori della zona euro e che potrebbero, ad esempio, avviare un’operazione transfrontaliera in una valuta diversa dall’euro.

1.3.

Per quanto riguarda la presentazione e il periodo di riferimento della relazione intesa a valutare diversi aspetti dell’impatto del regolamento proposto, il CESE concorda nel ritenere che essa dovrebbe essere presentata entro il 19 aprile 2022 e coprire almeno il periodo compreso tra il 15 dicembre 2019 e il 19 ottobre 2021.

1.4.

Trattandosi di una codificazione, e considerato che il 20 dicembre 1994 il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno concluso un accordo interistituzionale per un metodo di lavoro accelerato che consenta la rapida adozione degli atti di codificazione (dal momento che in sede di codificazione nessuna modificazione di carattere sostanziale può essere apportata agli atti che ne formano oggetto), il CESE approva senza riserve la data proposta per l’entrata in vigore del regolamento, ossia il 20 aprile 2021.

2.   La proposta della Commissione

2.1.

Nell’ottica di un’Europa dei cittadini, la Commissione pone l’accento sulla necessità di rendere più semplice e chiara la normativa dell’Unione affinché diventi più comprensibile e accessibile ai cittadini stessi. Un obiettivo, questo, che non può essere realizzato fintanto che le innumerevoli disposizioni di tale normativa, modificate a più riprese e spesso in modo sostanziale, rimangono sparse tra molteplici atti giuridici, costringendo chi voglia consultarle a ricercarle sia nell’atto originario che nei successivi atti di modifica. L’individuazione delle norme vigenti richiede dunque un notevole impegno di ricerca e di comparazione dei diversi atti. Ne consegue che, se si vuole che la normativa dell’Unione sia chiara e trasparente, è indispensabile codificare le disposizioni che hanno subito frequenti modifiche (1).

2.2.

Lo scopo della proposta in esame [COM(2020) 323 final] è quello di avviare la codificazione del regolamento (CE) n. 924/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). Il regolamento (CE) n. 924/2009 è stato modificato dal regolamento (UE) n. 260/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (3).e successivamente dal regolamento (UE) 2019/518 del Parlamento europeo e del Consiglio (4).

2.3.

Il nuovo regolamento proposto sostituisce i vari atti che esso incorpora, preserva in pieno la sostanza degli atti oggetto di codificazione e pertanto non fa altro che riunirli apportando unicamente le modifiche formali necessarie ai fini dell’opera di codificazione (5).

3.   Osservazioni generali

3.1.

I pagamenti transfrontalieri sono fondamentali per l’integrazione dell’economia dell’UE e svolgono un ruolo importante nel garantire che i cittadini e le imprese di tutti gli Stati membri dell’UE godano degli stessi diritti offerti dal mercato unico (6). I pagamenti sono infatti un elemento chiave del mercato unico, che comprende la libera circolazione di beni, persone, servizi e capitali. Come indicato nel documento di lavoro dei servizi della Commissione Impact Assessment accompanying the document Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council amending Regulation (EC) No 924/2009 as regards certain charges on cross-border payments in the Union and currency conversion charge («Valutazione d’impatto che accompagna il documento Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 924/2009 per quanto riguarda talune commissioni applicate sui pagamenti transfrontalieri nell’Unione e le commissioni di conversione valutaria») (7), i costi elevati dei pagamenti transfrontalieri stanno creando ostacoli al mercato unico — ostacoli effettivi alle attività transfrontaliere di famiglie (acquisto di beni/servizi in un’altra area monetaria) e imprese (ricorso a fornitori stabiliti all’estero, accesso a clienti in un’altra area monetaria). I costi elevati dei pagamenti transfrontalieri creano inoltre due diverse categorie di utilizzatori di servizi di pagamento: quelli nella zona euro, in grado di raggiungere, con i loro pagamenti, la maggioranza dei cittadini e delle imprese dell’UE a costi molto bassi, e quelli dei paesi non appartenenti alla zona euro, che, per i loro pagamenti, possono raggiungere a costi molto bassi solo un piccolo numero di persone e di imprese. La risposta più efficace a questi due problemi consiste in un intervento normativo dell’UE, peraltro in linea con gli obiettivi dei trattati.

3.2.

Dall’introduzione dell’euro ad oggi, l’UE ha realizzato diverse iniziative volte a ridurre il costo delle operazioni transfrontaliere (8). Nel corso del tempo, la normativa in materia di pagamenti transfrontalieri si è sviluppata attraverso diverse fasi volte a ridurre i costi per i cittadini e le imprese all’interno della zona euro. Tuttavia, come indicato nel documento di lavoro dei servizi della Commissione dianzi citato (9), i pagamenti transfrontalieri in euro provenienti da paesi non appartenenti alla zona euro, nonché i pagamenti transfrontalieri in valute diverse dall’euro, quale che sia il paese di origine o di destinazione, non hanno seguito la stessa tendenza per quanto riguarda il livello delle commissioni pagate dagli utilizzatori di servizi di pagamento.

3.3.

L’attuale proposta della Commissione rappresenta un passo ulteriore verso la riduzione dei costi operativi. Essa modifica il regolamento (CE) n. 924/2009 al fine di:

a)

ridurre i costi dei pagamenti transfrontalieri in euro: in altri termini, il prezzo delle operazioni di pagamento transfrontaliere all’interno dell’UE in euro non dovrebbe essere diverso da quello delle operazioni intranazionali effettuate nella valuta nazionale degli Stati membri. Gli Stati membri che non hanno l’euro come valuta possono decidere di estendere l’applicazione dell’attuale regolamento alla propria valuta nazionale (opt-in), purché ne informino la Commissione;

b)

garantire maggiore trasparenza riguardo alle commissioni di conversione valutaria al fine di tutelare i consumatori dall’applicazione di commissioni eccessivamente elevate sui servizi di conversione valutaria e di far sì che ai consumatori siano fornite le informazioni necessarie per scegliere al riguardo la modalità migliore (10).

3.4.

Entrambe le azioni proposte dalla Commissione rappresenterebbero un passo avanti nel garantire pari opportunità alle PMI in tutta Europa, liberando il potenziale del mercato unico (11). Le PMI stabilite nella zona euro beneficerebbero di una domanda potenzialmente più elevata da parte di consumatori e imprese stabilite in Stati membri non appartenenti a tale zona (dove le commissioni elevate per i pagamenti transfrontalieri costituiscono un ostacolo significativo). A loro volta, le PMI stabilite in Stati membri non appartenenti alla zona euro potrebbero accedere a costi inferiori a 360 milioni di cittadini (potenziali clienti) e a 16 milioni di imprese della zona euro (clienti e fornitori), e, di conseguenza, sarebbero in grado di competere più efficacemente sul mercato dell’UE (12). Un altro effetto atteso consiste nella promozione di una maggiore parità tra i cittadini europei per quanto riguarda l’accesso ai pagamenti transfrontalieri a basso costo.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

Il regolamento (CE) n. 924/2009 relativo ai pagamenti transfrontalieri ha equiparato, in tutta l’UE, le commissioni per i pagamenti transfrontalieri in euro all’interno dell’UE alle commissioni per i pagamenti intranazionali in euro (vale a dire per le operazioni all’interno di uno stesso Stato membro). Gli Stati membri dell’UE non appartenenti alla zona euro possono decidere di estendere l’applicazione dell’attuale regolamento alle rispettive valute nazionali, a condizione di informarne la Commissione.

4.2.

Sebbene la proposta di regolamento costituisca un passo importante verso l’approfondimento del mercato interno, sarebbe opportuno riflettere sulla possibilità di estendere la norma sulla parità delle commissioni a tutte le valute dell’Unione, come indicato al considerando 12. Si possono infatti osservare situazioni in cui alcune banche situate in Stati membri non appartenenti alla zona euro addebitano tra 15 e 30 EUR per un’operazione transfrontaliera di importo pari a 100 EUR.

4.3.

L’estensione della norma sulla parità delle commissioni a tutte le valute dell’Unione sarebbe innanzitutto vantaggiosa per i consumatori di servizi finanziari, i quali sarebbero trattati allo stesso modo indipendentemente dallo Stato membro o dalla valuta in cui effettuano un’operazione transfrontaliera; e si tradurrebbe altresì in un passo ancora più ambizioso, se si considera che, in seguito a tale estensione, i prestatori di servizi di pagamento allineerebbero le loro commissioni per tutte le operazioni transfrontaliere tra paesi dell’UE in qualsiasi valuta dell’UE a quelle per le operazioni intranazionali, comprese le operazioni in valute diverse da quelle del paese di origine o di destinazione. Gli utilizzatori di servizi di pagamento trarrebbero sicuramente vantaggio da tale opzione, che comporterebbe però costi significativi per i prestatori di servizi di pagamento, tra l’altro anche in termini di infrastrutture (13).

4.4.

La Commissione europea dovrebbe senz’altro riflettere ulteriormente su questa possibilità, analizzandone i costi e i benefici per tutte le parti interessate.

4.5.

Il CESE reputa che, in una futura revisione del regolamento, sarebbe opportuno chiarire la situazione delle commissioni sui redditi da conti, riflettere ulteriormente sulle informazioni da fornire ai clienti prima dell’emissione di un ordine di pagamento e indicare esplicitamente il momento in cui la notifica elettronica dovrebbe essere inviata e con quale frequenza.

Bruxelles, 3 dicembre 2020

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2020) 323 final.

(2)  Regolamento (CE) n. 924/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, relativo ai pagamenti transfrontalieri nella Comunità e che abroga il regolamento (CE) n. 2560/2001 (GU L 266 del 9.10.2009, pag. 11).

(3)  GU L 94 del 30.3.2012, pag. 22.

(4)  GU L 91 del 29.3.2019, pag. 36.

(5)  COM(2020) 323 final.

(6)  Cfr. la nota informativa del PE Cross-border euro transfers and currency conversions — A step forward in favour of the single market («Trasferimenti transfrontalieri in euro e conversioni valutarie — Un passo avanti a favore del mercato unico»), https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2018/628291/EPRS_BRI(2018)628291_EN.pdf.

(7)  Cfr. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CONSIL%3AST_7844_2018_ADD_1&from=FR.

(8)  Cfr. ad esempio il regolamento SEPA (UE) n. 260/2012, che ha introdotto una serie di norme per le operazioni in euro (bonifici SEPA, addebiti diretti SEPA), oppure le direttive sui servizi di pagamento, che hanno aumentato la trasparenza delle commissioni e consentito l’ingresso sul mercato di nuovi operatori.

(9)  Cfr. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CONSIL%3AST_7844_2018_ADD_1&from=FR.

(10)  Cfr. https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2018/628291/EPRS_BRI(2018)628291_EN.pdf.

(11)  Cfr. https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2018/628291/EPRS_BRI(2018)628291_EN.pdf.

(12)  Cfr. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CONSIL%3AST_7844_2018_ADD_1&from=FR.

(13)  Cfr. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CONSIL%3AST_7844_2018_ADD_1&from=FR.


16.2.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 56/47


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni —Agenda e piano d’azione dell’UE in materia di droga 2021-2025

[COM(2020) 606 final]

(2021/C 56/06)

Relatore generale:

Ákos TOPOLÁNSZKY

Consultazione

Commissione europea, 23.9.2020

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Decisione dell’Ufficio di presidenza

15.9.2020

Adozione in sessione plenaria

3.12.2020

Sessione plenaria n.

556

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

246/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La strategia dell’UE in materia di droga, giunta adesso al termine della sua validità, ha evidenziato e sottolineato il ruolo e l’importanza di una pianificazione della politica in materia di droga equilibrata e basata su dati concreti, nonché del monitoraggio e della valutazione di tale politica.

1.2.

Tuttavia, secondo le conclusioni della relazione di valutazione esterna della strategia dell’UE in materia di droga, gli obiettivi della strategia in termini di riduzione della domanda e dell’offerta sono stati raggiunti solo in parte, mentre sono stati compiuti progressi significativi nel campo della cooperazione internazionale e del monitoraggio, della valutazione e della ricerca. La relazione ha evidenziato squilibri nell’uso delle risorse finanziarie, in particolare a scapito degli interventi volti a ridurre la domanda.

1.3.

Un’indagine eseguita dal forum della società civile sulle droghe (CSFD), istituito dalla Commissione europea, ha segnalato carenze significative nell’attuazione degli interventi sanitari e sociali a livello di Stato membro e a livello locale. Nella maggior parte degli Stati membri, molti interventi basati su dati concreti per la prevenzione e la riduzione dei danni sono completamente assenti o hanno una copertura limitata.

1.4.

Il 24 luglio 2020 la Commissione europea ha presentato la strategia 2020-2025 sull’Unione della sicurezza, di cui fa parte il programma contro la droga. Il CESE considera il programma, nella sua forma attuale, come un passo indietro significativo e una rinuncia all’approccio consensuale in materia di droga, equilibrato e basato su dati concreti, e valutato finora positivamente.

1.5.

Il CESE accoglie con favore la decisione adottata nella riunione del 28 settembre dal gruppo orizzontale Droga del Consiglio europeo, in base alla quale la presidenza tedesca del Consiglio rivedrà entro dicembre il documento preparato dalla Commissione europea. Il CESE è fermamente convinto che questa strategia dell’UE in materia di droga, la decima della serie, debba proseguire e rafforzare ulteriormente l’approccio tecnico e le politiche che hanno costituito la base consensuale della precedente strategia in questo campo.

1.6.

L’UE dovrebbe tutelare e professare più fortemente i valori di base sanciti nella strategia seguita finora e impegnarsi in questo senso nel documento strategico.

1.7.

Il CESE raccomanda che la nuova strategia europea in materia di droga e il relativo piano d’azione (o i relativi piani d’azione) migliorino significativamente l’equilibrio tra gli interventi di riduzione della domanda e quelli di riduzione dei danni, sia in termini di numero di interventi strategici che di assegnazione delle risorse.

1.8.

È necessario un programma che affronti i fenomeni della droga in modo realmente equilibrato, secondo un approccio integrato e multidisciplinare, in un quadro che tenga conto dei diritti umani, della cooperazione internazionale, degli aspetti relativi alla salute pubblica, dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche e della valutazione continua. La strategia dell’UE in materia di droga deve riconoscere i diritti fondamentali dei consumatori di droghe in relazione al loro trattamento e all’assistenza fornita loro, come avviene per quanti sono affetti da tutte le altre categorie di malattie.

1.9.

Il CESE ritiene necessario che anche in questo settore, a più lungo termine, le pratiche degli Stati membri in materia di applicazione della normativa divengano più uniformi, in linea con i requisiti di armonizzazione del diritto, dato che attualmente emergono nella prassi degli Stati membri differenze tali da violare senza dubbio i diritti umani.

1.10.

La pandemia di COVID-19 ha evidenziato che i gruppi vulnerabili di consumatori di droga sono particolarmente esposti anche alle conseguenze negative della situazione epidemiologica, che possono rendere il consumo di droga molto più rischioso.

1.11.

Sulla base del modello già utilizzato per la riduzione della domanda, è opportuno stabilire quanto prima indicatori che consentano di valutare gli effetti degli interventi di riduzione dell’offerta, come pure norme di qualità.

2.   Contesto

2.1.

Il primo piano d’azione comune dell’Unione europea in materia di lotta contro la droga è stato elaborato nel 1990 dal comitato europeo di lotta antidroga (CELAD), istituito su iniziativa del presidente francese Mitterrand. Dal 1995 in poi la Commissione europea ha assunto il compito di elaborare strategie europee in materia di droga. L’ultima strategia dell’UE in materia di droga, approvata dal Consiglio europeo il 7 dicembre 2012 per un periodo di sette anni (2013-2020), si basava su un «approccio equilibrato, integrato e fondato su dati». Durante questo periodo sono stati indicati in due piani d’azione (2013-2016 e 2017-2020) gli obiettivi a breve termine e le responsabilità.

2.2.

La strategia dell’UE in materia di droga, pur non essendo giuridicamente vincolante, esprime l’impegno e le ambizioni politiche comuni dell’UE e dei suoi Stati membri. La strategia stabilisce le azioni delle istituzioni e delle agenzie europee, ha un impatto sugli approcci strategici degli Stati membri, definisce orientamenti e priorità comuni e garantisce una linea d’azione uniforme in caso di prese di posizione internazionali. L’UE lo ha dimostrato in modo deciso, ad esempio alla sessione speciale 2016 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGASS) o alla sessione del 2019 della commissione Stupefacenti delle Nazioni Unite (1).

2.3.

La strategia dell’UE in materia di droga ha evidenziato il ruolo e l’importanza di una pianificazione delle politiche in materia di droga equilibrata e basata su dati concreti, come pure del loro monitoraggio e della loro valutazione.

2.4.

Secondo le conclusioni della relazione (2) di valutazione esterna della strategia dell’UE in materia di droga, gli obiettivi della strategia in termini di riduzione della domanda e dell’offerta sono stati raggiunti solo in parte, mentre sono stati compiuti progressi significativi nei settori della cooperazione internazionale, del monitoraggio, della valutazione e della ricerca. La relazione ha evidenziato squilibri nell’uso delle risorse finanziarie, in particolare a scapito degli interventi volti alla riduzione della domanda. Secondo le proposte che vi sono contenute è necessario, al fine di utilizzare in modo più efficace le risorse limitate, definire l’ordine di priorità delle azioni, nonché ridurre la durata della strategia, attualmente pari a otto anni.

2.5.

Il forum della società civile sulle droghe (CSFD), istituito dalla Commissione europea, ha condotto un’indagine sull’attuazione degli obiettivi del piano d’azione (2017-2020) a livello degli Stati membri e locale, coinvolgendo 169 organizzazioni della società civile di 32 paesi (3). La relazione ha segnalato carenze significative nell’attuazione degli interventi sanitari e sociali a livello di Stato membro e locale. Nella maggior parte degli Stati membri, molti interventi basati su dati concreti per la prevenzione e la riduzione dei danni sono completamente assenti o hanno una scarsa copertura. La ragione di ciò è da ricercare principalmente nell’insufficienza dei finanziamenti e nella mancanza di adesione politica.

2.6.

Per la prima volta, la strategia ha creato un quadro di interpretazione comune per gli interventi di riduzione della domanda, secondo cui tali interventi costituiscono «una serie di misure di ugualmente importanti e che si rafforzano reciprocamente, compresa la prevenzione (ambientale, universale, selettiva ed indicata), l’individuazione precoce e l’intervento tempestivo, la riduzione del rischio e del danno, il trattamento, la riabilitazione, l’integrazione sociale e il recupero».

2.7.

Il piano d’azione della strategia e la sua valutazione finale evidenziano la necessità di un monitoraggio su basi scientifiche degli interventi di riduzione dell’offerta e del ricorso a sanzioni alternative per i consumatori di droga, nonché il ruolo della società civile nella progettazione, nell’attuazione, nel monitoraggio e nella valutazione delle strategie a livello europeo e nazionale.

3.   La comunicazione della Commissione europea

3.1.

Il 24 luglio 2020 la Commissione europea ha pubblicato la sua strategia per l’Unione della sicurezza (2020-2025), articolata in tre elementi: la strategia contro gli abusi sessuali sui minori, il programma di lotta contro le droghe (nel seguito «il programma») e la strategia contro il traffico di armi da fuoco illegali. L’introduzione al programma sottolinea esplicitamente la necessità di un cambiamento di paradigma nella politica europea in materia di droga, e ravvisa una maggiore necessità di azione negli interventi miranti alla riduzione dell’offerta. Tra i suoi tre pilastri (politica di sicurezza, prevenzione, riduzione dei danni), il primo è il più importante.

3.2.

Nell’allegato del programma figura il progetto di piano d’azione in materia di lotta contro la droga. Ventisei azioni rientrano nel pilastro della riduzione dell’offerta, solo cinque azioni in quello della prevenzione e altre tredici in quello della riduzione dei danni. Tuttavia tra queste ultime figurano anche quattro azioni la cui inclusione in questo pilastro appare discutibile (40-41: guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, 42: misure alternative alle sanzioni coercitive, 43: condivisione dei dati forensi). Nel complesso vi sono quindi, nella distribuzione del piano d’azione, gravi squilibri a favore del pilastro della riduzione dell’offerta.

3.3.

Per il CESE il programma rappresenta un passo indietro significativo e una rinuncia all’approccio consensuale, equilibrato e basato su dati concreti, applicato finora in materia di droga, che è stato valutato positivamente.

3.4.

Nella riunione del gruppo orizzontale «Droga» del Consiglio europeo del 28 settembre, un gran numero di Stati membri ha fortemente criticato il programma, mettendo in discussione il contesto in cui è stato concepito, il suo orientamento e il suo contenuto, e ha quindi deciso che la presidenza tedesca del Consiglio avrebbe riveduto entro dicembre il documento preparato dalla Commissione europea.

3.5.

Il forum della società civile sulle droghe (CSFD), istituito dalla Commissione europea, ha criticato il programma su numerosi punti e lo ha ritenuto inaccettabile:

a)

Nel corso del processo di preparazione, la società civile e gli Stati membri hanno appreso le conclusioni della valutazione esterna solo dopo la presentazione del programma e non hanno potuto formulare un parere preliminare sul progetto di programma.

b)

Il programma non rispecchia le priorità proposte dalla società civile e ha ulteriormente ridotto il peso degli interventi sanitari e sociali in una politica in materia di droga che si concentra già in misura sproporzionata sulla riduzione dell’offerta.

c)

Il quadro e il linguaggio del programma, improntati al concetto di sicurezza, rafforzano un approccio obsoleto e stigmatizzante.

d)

Destano preoccupazione il carattere disequilibrato del piano d’azione e il suo impatto previsto sull’assegnazione delle risorse, nonché la mancanza di indicatori misurabili sotto il profilo della rendicontabilità.

3.6.

Le organizzazioni della società civile che contribuiscono alla formazione dell’opinione pubblica hanno concordemente criticato l’impostazione generale e i dettagli del progetto e ne hanno chiesto una radicale revisione.

4.   Considerazioni strategiche

4.1.

Il CESE è fermamente convinto che la strategia dell’UE, la decima in materia di droga, debba proseguire e rafforzare ulteriormente l’approccio tecnico e le politiche pubbliche che hanno costituito la base consensuale della precedente strategia in questo campo. Il CESE accoglie pertanto con favore l’impegno del Consiglio europeo a definire una strategia europea in materia di droga equilibrata, integrata e basata su dati concreti. Invita il governo della Germania, che esercita la presidenza di turno del Consiglio dell’UE, a tenere conto degli aspetti sottostanti nell’elaborazione della nuova strategia in materia di droga.

4.2.

Il CESE raccomanda di mantenere il linguaggio del programma, insieme a una terminologia professionale e scientificamente valide e, per quanto riguarda il contenuto, di sviluppare ulteriormente l’approccio strategico finora perseguito, rendendolo nel contempo idoneo all’uso amministrativo, e consentendo un monitoraggio continuo e la valutazione critica della sua attuazione.

4.3.

L’UE dovrebbe difendere e sostenere più fortemente i valori fondamentali (4) stabiliti nella strategia seguita finora (5) e impegnarsi a rispettarli nel suo documento di strategia.

4.4.

Il CESE chiede che il documento da adottare faccia esplicito riferimento alle convenzioni internazionali e alle raccomandazioni politiche che ne sottendono la validità sostanziale e giuridica e si basi su tali testi (6). Il CESE incoraggia gli organi decisionali dell’UE a mantenere il ruolo guida e gli esemplari impegni assunti dall’Unione nei consessi internazionali in materia di politica antidroga.

4.5.

Secondo il CESE, anche il nuovo programma dovrebbe essere maggiormente incentrato sui punti principali della strategia precedente, sviluppando ulteriormente il quadro per la prevenzione, il trattamento, la riduzione dei danni, le modalità terapeutiche e i processi di recupero, sulla base dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche.

4.6.

La valutazione della strategia e del piano d’azione precedenti in materia di droga ha rivelato notevoli disparità nella distribuzione delle priorità e delle risorse nelle politiche antidroga a favore degli interventi connessi alla giustizia penale. Le risorse destinate agli interventi sanitari e sociali sono molto inferiori a quelle che gli Stati membri spendono per ridurre l’offerta. In molti paesi ciò ha portato all’interruzione dei servizi o a una loro copertura estremamente ridotta, con conseguenze talvolta gravi in termini di aumento della mortalità e della morbilità. Il CESE raccomanda che la nuova strategia europea in materia di droga e il relativo piano d’azione (o i relativi piani d’azione) migliorino significativamente, nell’ambito della politica in materia di droga, la proporzione degli interventi di riduzione della domanda, in termini sia di numero di interventi strategici che di assegnazione delle risorse. Si attende inoltre che la Commissione europea faccia tutto il necessario affinché gli Stati membri accrescano in misura significativa la loro copertura e la loro qualità.

4.7.

Bisognerebbe inoltre rafforzare il mandato e gli strumenti dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT), e i risultati scientifici dovrebbero confluire direttamente nel processo decisionale.

4.8.

È necessario un programma che affronti i fenomeni della droga secondo un approccio realmente equilibrato, integrato e multidisciplinare, in un quadro che tenga conto dei diritti umani, della cooperazione internazionale, degli aspetti relativi alla salute pubblica, dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche e della valutazione continua.

4.9.

Il CESE sottolinea che, dato che il consumo di droga è un fenomeno biopsicosociale complesso, eventuali politiche erronee in questo campo, come la criminalizzazione unilaterale dei consumatori di droghe, presentano gravi inconvenienti per la salute e la società, e al tempo stesso non affrontano bensì aggravano la sicurezza sociale. Pertanto:

a)

il CESE raccomanda al Consiglio europeo di mantenere il suo precedente approccio e di stralciare l’agenda politica antidroga dal pacchetto strategico per l’Unione della sicurezza;

b)

di trattare in modo differenziato i fenomeni relativi ai diversi aspetti del problema;

c)

di adottare un approccio multidisciplinare nelle risposte a tali fenomeni;

d)

di ricorrere alla sanzione e alla repressione solo in ultima istanza, quando è dimostrabile che altri strumenti di intervento non possono essere utilizzati in modo efficace.

4.10.

Negli ultimi decenni si è registrato un significativo miglioramento della cultura del monitoraggio e della valutazione degli interventi di riduzione della domanda e di limitazione dei danni. Nello spirito di una politica in materia di droga basata su dati concreti, il CESE raccomanda che nella nuova strategia e nel nuovo piano d’azione in materia di droga:

a)

sia dato grande rilievo al miglioramento significativo della copertura e della qualità dei servizi sanitari e sociali destinati ai consumatori di droga, rivedendo gli indicatori già utilizzati nel precedente piano d’azione;

b)

sia sviluppato, con la partecipazione dell’OEDT e del CSFD, un sistema unico per il monitoraggio e la valutazione continui dei cambiamenti nella copertura e nella qualità degli interventi previsti dal piano d’azione dell’UE in materia di lotta contro la droga nei singoli Stati membri;

c)

siano quanto prima definiti, sulla base del modello già utilizzato per la riduzione della domanda, indicatori che consentano di valutare gli effetti degli interventi di riduzione dell’offerta, nonché norme di qualità, nella consapevolezza del fatto che tali interventi, pur avendo un impatto diretto e grave sulle condizioni di vita e sulle libertà individuali delle persone interessate, sono stati oggetto di pochissime valutazioni basate su elementi concreti;

d)

il mandato dell’OEDT sia esteso alla valutazione dell’impatto della politica in materia di droga sui diritti umani, per misurare ad esempio gli effetti negativi della criminalizzazione e della discriminazione istituzionale sulle comunità di consumatori di droga appartenenti a gruppi vulnerabili.

4.11.

Il CESE ritiene necessario, a più lungo termine, rendere più coerenti anche in questo settore, in linea con i requisiti di armonizzazione, le pratiche degli Stati membri in materia di applicazione del diritto, dato che attualmente emergono nella prassi degli Stati membri differenze tali da violare senza dubbio i diritti umani (7).

4.12.

Per questo motivo, il CESE è convinto che l’Unione europea debba trovare e sviluppare modi per far sì che in futuro gli Stati membri ravvicinino in misura significativa i rispettivi approcci in materia di droga, e non solo attraverso raccomandazioni politiche.

4.13.

Il CESE ritiene inoltre importante che i programmi strategici dell’UE e dei suoi Stati membri riconoscano, garantiscano e sostengano gli interventi innovativi basati su dati scientifici.

4.14.

Tenuto conto del fatto che, a livello delle realtà sociali, le dipendenze legali (alcol, fumo, la maggior parte delle dipendenze comportamentali ecc.) e illegali costituiscono un sistema interpersonale nella famiglia e nelle comunità, il CESE raccomanda che in futuro l’Unione europea e gli Stati membri non valutino e affrontino tali rischi separatamente, bensì sempre più nella loro interrelazione e nell’ambito di un unico sistema, e che propongano in misura crescente politiche d’intervento comuni.

4.15.

Servono una valutazione e un confronto sinceri, determinati, basati sul principio «anzitutto non nuocere», affinché si possano affrontare le conseguenze negative delle politiche e dei contesti normativi, gli effetti della stigmatizzazione sociale e della criminalizzazione ingiustificata, l’esclusione sociale e gli ostacoli all’accesso ai trattamenti. Il CESE raccomanda di tenere conto anche della valutazione strategica contenuta nella posizione comune (8) adottata da 32 agenzie delle Nazioni Unite nel 2019.

4.16.

La strategia dell’UE in materia di droga deve riconoscere i diritti fondamentali dei consumatori di droghe in relazione al loro trattamento e all’assistenza da fornire loro, come avviene per quanti sono affetti da qualsiasi altra categoria di malattie.

4.17.

Le risorse di bilancio stanziate dagli Stati membri devono essere valutate sotto il profilo della disponibilità e della capacità delle prestazioni riconosciute e raccomandate in questo campo.

4.18.

Rafforzare la partecipazione professionale della società civile è essenziale per l’attuazione dei principi di base. Bisogna pertanto rafforzare il mandato UE del Forum europeo della società civile sulla droga, come pure la partecipazione dei gruppi professionali della società civile negli Stati membri. A tal fine è necessario valutare regolarmente l’apertura e la disponibilità alla cooperazione degli Stati membri e la prassi del coinvolgimento delle organizzazioni professionali nel processo decisionale in questo contesto.

4.19.

Il CESE considera importanti gli interventi di riduzione dell’offerta, ma in ogni caso in coordinamento con gli interventi di riduzione della domanda. Strumenti giudiziari e di contrasto efficaci sono essenziali per ridurre il mercato delle droghe illecite, nondimeno negli ultimi decenni sono state formulate argomentazioni convincenti sugli effetti negativi che gli sforzi unilaterali di criminalizzazione hanno sulla salute delle persone e delle comunità e sull’integrazione sociale dei consumatori di droghe.

4.20.

La pandemia di COVID-19 ha dimostrato che i gruppi vulnerabili di consumatori di droghe sono particolarmente esposti alle conseguenze negative della situazione epidemiologica, le quali possono comportare un forte aumento dei rischi legati al consumo di sostanze stupefacenti (accesso ridotto all’offerta di trattamenti, approvvigionamento di droga più rischioso, maggiore pericolosità delle droghe acquistate, aggravamento degli effetti di criminalizzazione e stigmatizzazione, conseguenze negative per la salute pubblica, ulteriore riduzione dei mezzi di sussistenza di base e altro ancora). Contemporaneamente, in numerosi Stati membri l’epidemia comporta maggiori difficoltà e la necessità di ridurre le capacità proprio per i servizi che costituiscono l’unico punto di contatto di tali gruppi con la catena di trattamento.

Bruxelles, 3 dicembre 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Dichiarazione dell’UE in occasione della 62a sessione della commissione Stupefacenti, Vienna, 14-22 marzo 2019. L’Unione europea e i suoi Stati membri sostengono fermamente l’attuazione concreta del documento finale dell’UNGASS per una politica realmente equilibrata in materia di droga a livello internazionale, che rafforzi la dimensione della prevenzione, della salute pubblica e dei diritti umani, al fine di dare impulso al nostro impegno comune a migliorare efficacemente la situazione mondiale in materia di droga. […] affrontare la riduzione della domanda di droga in tutte le sue dimensioni: prevenzione, limitazione del rischio e dei danni, trattamento, integrazione sociale e riabilitazione.

(2)  SWD(2020)150.

(3)  https://drogriporter.hu/wp-content/uploads/2018/12/2018_CSF-report_final.pdf

(4)  «[…] si basa innanzi tutto sui principi fondamentali del diritto dell’Unione europea e riafferma, sotto tutti gli aspetti, i valori su cui è costruita l’Unione, ossia rispetto della dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, solidarietà, stato di diritto e diritti umani. Essa si prefigge di tutelare e rafforzare il benessere della società e dell’individuo, salvaguardare la salute pubblica, offrire un elevato livello di sicurezza per la popolazione e adottare un approccio equilibrato, integrato e fondato su dati nei confronti del fenomeno della droga.»

(5)  https://www.consilium.europa.eu/media/30727/drugs-strategy-2013_content.pdf

(6)  https://www.unodc.org/documents/postungass2016/outcome/V1603301-E.pdf

https://www.unodc.org/documents/ungass2016/Contributions/IO/EU_COMMON_POSITION_ON_UNGASS.pdf

(7)  Uno stesso comportamento suscita in alcuni Stati membri il rigore dell’azione giudiziaria e penale, in altri la prestazione di servizi di assistenza sanitaria e di assistenza sociale, e questo esclusivamente sulla base della nazionalità o della residenza del consumatore di droghe. Parimenti alcuni servizi sono garantiti in alcuni Stai membri in base ai diritti fondamentali, ma rifiutati in altri Stati membri.

(8)  CEB/2018/2, pag. 12-14.


16.2.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 56/53


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’attuazione del cielo unico europeo (rifusione)»

[COM(2020) 579]

e

sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2018/1139 per quanto riguarda la capacità dell’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea di agire in qualità di organo di valutazione delle prestazioni del cielo unico europeo»

[COM(2020) 577]

(2021/C 56/07)

Relatore generale:

Dumitru FORNEA

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 26-27.10.2020

Parlamento europeo, 22.10.2020

Base giuridica

Articoli 100, paragrafo 2, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Decisione dell’Ufficio di presidenza

28.10.2020

Adozione in sessione plenaria

2.12.2020

Sessione plenaria n.

556

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

198/21/34

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo apprezza gli sforzi compiuti dalla Commissione europea, dal Parlamento europeo e dalle istituzioni specializzate dell’UE per trovare nuove soluzioni giuridiche e amministrative in grado di garantire lo sviluppo sostenibile del sistema di trasporto aereo a beneficio di tutti i cittadini, degli utenti dello spazio aereo e dell’ambiente. Vi è un consenso generale sulla necessità di garantire la sicurezza del traffico aereo, di migliorare le prestazioni globali, la scalabilità e la resilienza della gestione del traffico aereo e dei servizi di navigazione aerea (ATM/ANS), nonché di sostenere l’obiettivo del cielo unico europeo (CUE) di creare una rete paneuropea coerente e di rendere gli ATM/ANS progressivamente più integrati e modernizzati sul piano tecnologico.

1.2.

La proposta modificata di rifusione relativa al cielo unico europeo presentata dalla Commissione europea è stata generalmente accolta con favore da molte parti interessate ed è ritenuta necessaria per conseguire gli obiettivi fissati dalla Commissione stessa, vale a dire: riduzione delle emissioni di CO2, minori ritardi a terra (aeroporti) e maggiore efficienza in termini di costi nella fornitura dei servizi ATM. Questi obiettivi sono sostenuti anche da altre relazioni, come la relazione 2019 del gruppo di saggi sul futuro cielo unico europeo (1).

1.3.

La proposta modificata di rifusione in esame costituisce un quadro normativo aggiornato teso a conseguire gli obiettivi iniziali del CUE in materia di riduzione delle emissioni di CO2, riduzione dei ritardi e miglioramento dell’efficienza in termini di costi nella fornitura dei servizi ATM. Tuttavia, anche se la proposta della Commissione rappresenta un miglioramento rispetto al regolamento vigente, non è chiaro se il progetto sia sufficiente per conseguire gli obiettivi originari del CUE. Si propone pertanto di avviare una discussione per chiarire l’ambizione del nuovo regolamento sul cielo unico europeo.

1.4.

Occorre chiarire la funzione del gestore della rete, in particolare la portata generale e l’impatto sulla pianificazione delle compagnie aeree, sulla gestione delle capacità, sulla configurazione dello spazio aereo, sull’ambiente e sulla definizione delle priorità delle richieste.

1.5.

Tutte le parti interessate del settore dell’aviazione dovrebbero essere coinvolte nell’adozione delle decisioni importanti. Il principio della consultazione significativa deve essere incluso nella proposta quadro.

1.6.

Vi è il timore che l’ambizione della proposta in esame sia troppo ampia, e pertanto le misure ambientali devono essere ulteriormente esaminate e sviluppate al di fuori della proposta stessa. Tale politica aggiuntiva dovrebbe prendere in considerazione tutte le misure di sostenibilità pertinenti nel settore dell’aviazione, compresa l’introduzione e l’integrazione di combustibili sostenibili per l’aviazione. Nell’ambito di detti dibattiti dovrebbe essere valutata l’efficacia della modulazione delle tariffe per incentivare un comportamento rispettoso dell’ambiente da parte delle compagnie aeree.

1.7.

Pur riconoscendo che il settore della gestione del traffico aereo può contribuire alla riduzione complessiva delle emissioni di CO2, l’uso efficace e sostenibile della tecnologia può limitare le suddette emissioni nel settore del trasporto aereo. Questo approccio dovrebbe essere considerato un mezzo per ridurre ulteriormente l’impronta del settore dell’aviazione. Si riconosce che tecnologie come i combustibili sostenibili per l’aviazione possono ridurre significativamente le emissioni di CO2, molto più di quanto si possa ottenere con la proposta in esame.

1.8.

La proposta non tiene conto del drammatico impatto della pandemia di COVID-19 sull’industria. In particolare, la promozione di cambiamenti strutturali può creare un’ulteriore frammentazione e una maggiore complessità in un momento in cui l’industria ha bisogno di stabilità per riprendersi. Sono pertanto necessari ulteriori studi e valutazioni per tenere adeguatamente conto dell’impatto sociale ed economico della pandemia sia per i lavoratori che per gli utenti dei servizi. Inoltre, l’obiettivo della proposta di migliorare la capacità nel settore della gestione del traffico aereo è diventato meno pertinente, in quanto dall’inizio della pandemia il traffico si è ridotto drasticamente. Secondo le stime attuali di Eurocontrol, un ritorno ai livelli di traffico del 2019 è previsto solo nel 2024 (2).

1.9.

Per quanto riguarda il sistema di prestazioni, un approccio alla verifica delle prestazioni dall’alto verso il basso guidato dall’EASA dovrebbe tenere conto in modo significativo delle condizioni locali. Un processo strutturato di dialogo sociale riguardante le prestazioni deve tenere conto delle condizioni e dei fattori locali.

1.10.

Occorre garantire l’indipendenza di un nuovo regolatore economico e mantenere una chiara demarcazione tra la regolamentazione e l’applicazione dei servizi. È pertanto opportuno apportare le seguenti modifiche al sistema di prestazioni:

Il settore essenziale di prestazione concernente la sicurezza dovrebbe essere sviluppato allo stesso livello di altri settori essenziali di prestazione con obiettivi e indicatori metrici dell’UE.

Dovrebbero essere introdotti meccanismi di consultazione obbligatori a livello locale per garantire un’adeguata partecipazione dei rappresentanti del personale all’adozione dei piani locali di miglioramento delle prestazioni.

L’interdipendenza tra i diversi settori essenziali di prestazione dovrebbe essere riconosciuta e adeguatamente attenuata.

1.11.

Occorre garantire che la separazione strutturale tra le autorità nazionali di vigilanza e le autorità nazionali competenti eviti conflitti di interesse significativi che potrebbero incidere sull’efficienza e sull’efficacia in termini di costi dell’industria, sulla vita dei lavoratori e sulla sicurezza del settore. Le autorità nazionali di vigilanza e le autorità nazionali competenti devono agire in modo indipendente da qualsiasi pressione industriale, economica, sociale o politica e pertanto, in linea con le norme vigenti negli Stati membri, dovrebbero rimanere parte del settore pubblico. Le norme che stabiliscono i processi di selezione per il personale delle autorità nazionali di vigilanza e delle autorità nazionali competenti non dovrebbero essere in contraddizione con le consuete procedure di selezione dei funzionari degli Stati membri.

1.12.

I blocchi funzionali di spazio aereo (FAB), che la proposta è intesa a eliminare, hanno contribuito a creare una cultura comune tra tutte le parti sociali e hanno facilitato il miglioramento delle prestazioni.

1.13.

Con riferimento alla prestazione dei servizi di sostegno (CNS, AIS, MET), si teme che l’intenzione sia quella di riprendere le precedenti proposte (CUE1 e CUE2) di privatizzare e frammentare il settore, respinte in entrambi casi tra la proposta iniziale della Commissione e l’adozione dei vari testi legislativi. Sebbene sia stato raggiunto un compromesso nell’ambito del processo CUE2, l’approccio attuale non è equilibrato, in quanto favorisce la separazione dei servizi di sostegno e l’applicazione dei principi di mercato. La proposta dovrebbe riflettere una visione equilibrata, che tenga conto delle conseguenze socioeconomiche negative di tale approccio, dell’obiettivo di creare un servizio efficiente ed efficace e dell’assenza di volontà politica di cui hanno dato prova le precedenti proposte CUE.

1.14.

Si raccomanda di dedicare la dovuta considerazione, durante la procedura legislativa, ad alcuni aspetti della proposta in esame, in particolare ad ogni proposta volta a disaggregare o liberalizzare la fornitura di servizi È stato riconosciuto che questi fattori possono avere un impatto negativo sui lavoratori, e pertanto le parti sociali dovrebbero partecipare attivamente a questo processo.

2.   Contesto e osservazioni generali

2.1.   L’obiettivo dichiarato dalla Commissione europea nell’adozione di questo pacchetto legislativo

La Commissione intende migliorare l’efficienza complessiva delle modalità di organizzazione e gestione dello spazio aereo europeo mediante la riforma del monopolio dei fornitori di servizi di traffico aereo. Il pacchetto è atteso da tempo e la legislazione sul cielo unico europeo non viene aggiornata da oltre 10 anni. Sono stati presi in considerazione i cambiamenti intervenuti nella gestione del traffico aereo, e la rete ATM europea deve essere riformata per far fronte sia alla crescita sostenuta del traffico aereo nell’ultimo decennio sia a significative variazioni impreviste del traffico, come quelle causate dall’attuale pandemia di COVID-19. Ciò richiede cambiamenti che consentano lo svolgimento delle operazioni nelle condizioni più sicure, più efficaci sotto il profilo dei costi, più efficienti in termini di voli e più rispettose dell’ambiente, nonché misure che contribuiscano alla riduzione delle emissioni del trasporto aereo, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo. Ciò significa continuare a ridurre la frammentazione dello spazio aereo europeo, far diminuire i ritardi, rafforzare le norme di sicurezza e aumentare l’efficienza dei voli per ridurre l’impronta ambientale del trasporto aereo e regolamentare le tariffe relative alla fornitura di servizi in regime di monopolio.

L’efficienza delle rotte di volo può essere aumentata adottando nuove soluzioni tecnologiche digitali. Tale obiettivo può essere realizzato attraverso la cooperazione e il rafforzamento della fiducia tra gli Stati dell’Unione europea e le parti interessate del settore.

2.2.   Licenza sociale per operare e relazioni con la società civile organizzata

2.2.1.

La proposta CUE2 + in esame è in parte una rifusione di una precedente proposta CUE2 + in merito alla quale le discussioni hanno subito una battuta d’arresto a causa di una disputa bilaterale tra due Stati membri. Data la somiglianza del contenuto con le precedenti proposte CUE non andate a buon fine, permane la possibilità che non si raggiunga un consenso politico. Tradizionalmente, le preoccupazioni manifestate dagli Stati membri riguardavano, tra l’altro, questioni politiche, considerazioni di sovranità, fattori socioeconomici, la liberalizzazione dello spazio aereo nazionale e la privatizzazione forzata. Si raccomanda di tenere in debita considerazione tali preoccupazioni nel corso della procedura legislativa.

2.2.2.

La Commissione europea afferma che la valutazione d’impatto realizzata nel 2013 per la proposta iniziale CUE2 + ha tenuto conto delle questioni sociali. È in corso uno studio sulle condizioni di lavoro dei controllori del traffico aereo (ATCO) e del personale addetto all’elettronica nell’ambito della sicurezza del traffico aereo (ATSEP), di cui si terrà conto nell’elaborazione del diritto derivato una volta adottata la proposta CUE. Tuttavia, da allora il contesto sociale si è notevolmente evoluto. Lo studio sulle condizioni di lavoro ATCO e ATSEP si concentra principalmente sulla situazione attuale, e il feedback delle parti sociali non è particolarmente positivo per quanto riguarda gli scenari futuri.

2.2.3.

Non si è tenuto conto di una serie di problemi evidenziati dal feedback fornito dalle parti interessate nel quadro delle discussioni precedenti, tra cui la serie di tavole rotonde che hanno portato alla dichiarazione ad alto livello sul cielo digitale europeo e gli strumenti di consultazione esistenti, quali il dialogo sociale settoriale ATM, il gruppo di saggi e il gruppo di esperti sulla dimensione umana del CUE. Ciò considerato, resta in sospeso tutta una serie di preoccupazioni socioeconomiche, tra cui l’introduzione di nuove tecnologie e un’iniziativa delle parti sociali ATM per elaborare una tabella di marcia relativa alla dimensione sociale e umana del CUE.

2.2.4.

Le principali parti interessate del settore dell’aviazione sono favorevoli al proseguimento della cooperazione tra gli Stati membri, i fornitori di servizi di navigazione aerea e il gestore della rete. I lavori dell’iniziativa CUE sostengono tale impegno transfrontaliero e dovrebbero continuare a sviluppare strumenti atti a migliorare la sicurezza operativa, l’efficienza e l’efficacia in termini di costi, anche attraverso l’accesso a programmi di formazione del personale da cui dipende la realizzazione del «cielo unico europeo».

2.2.5.

Riunioni di lavoro più frequenti tra le amministrazioni dell’aviazione militare degli Stati membri e il dialogo in corso tra le amministrazioni dell’aviazione civile e militare possono portare alla definizione di rotte di volo più efficienti, sia dal punto di vista economico sia, in particolare, dal punto di vista ecologico e dei vantaggi per i passeggeri/consumatori.

2.2.6.

La definizione delle prestazioni ambientali dovrà essere improntata più a parametri concreti che al costo in quanto tale. È necessaria una riforma per rafforzare l’importanza dell’ecologizzazione dei voli e quindi dei servizi che devono essere offerti dai fornitori di servizi di navigazione aerea e dal gestore della rete, nonché l’uso ottimale della rete da parte degli utenti dello spazio aereo.

2.3.   Considerazione della pandemia di COVID-19

2.3.1.

In particolare, va osservato che il settore dell’aviazione è stato tra i più colpiti dal crollo economico causato dalla crisi della COVID-19. Le stime internazionali prevedono un ritorno ai livelli di traffico del 2019 al più presto entro il 2024, a condizione che nel primo semestre del 2021 sia introdotto con successo un vaccino contro la COVID-19. Data la crescente pressione esercitata sul settore affinché recuperi una qualche forma di normale operatività, occorre comprendere pienamente l’impatto della proposta, tenendo conto dei significativi cambiamenti strutturali che essa apporta al settore europeo della gestione del traffico aereo. La proposta non dovrebbe ostacolare la capacità di questo o di altri settori dell’aviazione di riprendere le normali operazioni.

2.3.2.

Si rileva l’assenza di adeguamenti alla proposta alla luce della crisi della COVID-19, il che avvalora la preoccupazione espressa riguardo all’insufficiente considerazione dei fattori che incidono sul settore dell’aviazione nel mondo post-COVID-19. Sembrerebbe che tutte le valutazioni dell’impatto della proposta siano state effettuate prima della COVID-19, e pertanto non sarebbero più pertinenti.

2.3.3.

La crisi della COVID-19 ha avuto un effetto deleterio sulla forza lavoro nel settore dell’aviazione e ha già provocato la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro in Europa. L’impatto sulle «funzioni di sostegno» del settore della gestione del traffico aereo, come CNS, AIS e MET, potrebbe comportare ulteriori conseguenze sociali negative a causa degli sforzi compiuti dalla proposta per disaggregare i servizi. Si tratta di un aspetto che va riconosciuto, e la proposta deve tenere conto dell’impatto socioeconomico della pandemia su questi lavoratori e della volatilità del settore nell’attuale clima.

2.3.4.

Poiché il futuro dell’industria rimane poco chiaro, è difficile elaborare una normativa che fornisca un rimedio efficace alle preoccupazioni che la proposta si prefigge di affrontare. Inoltre, gli effetti sociali ed economici della crisi non sono ancora del tutto chiari, ed è prematuro formulare valutazioni o conclusioni basate sulle proiezioni attuali, che cambiano rapidamente con l’evolversi della pandemia.

2.4.   Applicazione dei principi di mercato

2.4.1.

La Commissione invoca una solidità finanziaria, ma i fornitori di servizi di navigazione aerea potrebbero percepire la nuova architettura istituzionale proposta come eccessivamente burocratica, con l’introduzione di nuovi costi che non sono necessariamente connessi all’attività operativa. Un altro aspetto che può sollevare interrogativi è l’organo di ricorso che, nella forma proposta, potrebbe non essere del tutto indipendente dall’organo di valutazione delle prestazioni (Performance Review Body — PRB), anche se l’intenzione della Commissione al riguardo è abbastanza chiara, vale a dire la creazione di un organo in grado di risolvere i casi mediante procedimenti extragiudiziali, e non solo dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

2.4.2.

A differenza di altri comparti dell’industria, il settore della gestione del traffico aereo deve rimanere ad un livello elevato di capacità operativa, indipendentemente dalla domanda di traffico aereo commerciale. Il settore e la sua forza lavoro hanno continuato a lavorare indipendentemente dalla pandemia e hanno fornito i servizi necessari al traffico essenziale, come il trasporto aereo di merci, i voli medici e quelli militari.

2.4.3.

Da un punto di vista socioeconomico, vi è la preoccupazione che l’applicazione dei principi di mercato ai servizi di traffico aereo aeroportuali possa portare all’instabilità del lavoro e indebolire le norme sul lavoro nel settore a scapito della forza lavoro e della comunità nel suo complesso. Ciò ostacolerebbe l’obiettivo di aumentare l’efficienza operativa, e quindi, con ogni probabilità, non servirebbe a diminuire il costo dei servizi. Potrebbe anche ridurre il numero di aeroporti in cui sono forniti servizi di traffico aereo e avere un impatto diretto sulla sicurezza in tali aeroporti.

2.4.4.

In genere, nel settore della gestione del traffico aereo, si è sempre registrato un elevato livello di tensioni a livello aziendale riguardo ai precedenti tentativi di liberalizzazione del settore. In effetti, gran parte di questa opposizione si è concentrata specificamente sulle precedenti proposte del CUE. È possibile che questa proposta, nella sua forma attuale, porti a ulteriori tensioni sociali e a nuove vertenze di lavoro, dato il suo obiettivo di conseguire una maggiore liberalizzazione dell’industria e di aprire a un’ulteriore privatizzazione e frammentazione del settore della gestione del traffico aereo, in particolare nelle cosiddette «funzioni di sostegno».

2.5.   Separazione tra autorità di vigilanza e prestazione di servizi

Il regolamento CUE1 prevede la separazione obbligatoria tra i ruoli di vigilanza e quelli di fornitura di servizi, almeno a livello di funzione. È opportuno prendere in considerazione questa modifica nel CUE2 +, in quanto l’esperienza acquisita attraverso i processi di separazione funzionale ha dimostrato che le prestazioni possono essere mantenute allo stesso livello di un settore strutturalmente separato. Analogamente, sarebbe auspicabile una maggiore chiarezza sul campo di applicazione generale della proposta a tale riguardo.

Bruxelles, 2 dicembre 2020

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://www.sesarju.eu/node/3330

(2)  Eurocontrol, Market Update (Aggiornamento del mercato), 10 novembre 2020. Presentato da Eamonn Brennan all’indirizzo web https://www.youtube.com/watch?v=-VSQe97wDmc.


ALLEGATO

I seguenti brani del progetto di parere sono stati modificati in favore degli emendamenti adottati dall’Assemblea, ma hanno ottenuto più di un quarto dei voti espressi (articolo 54, paragrafo 4, del Regolamento interno):

a)    Punto 1.14

1.14.

È opportuno procedere a una valutazione dell’impatto sociale per Si raccomanda di dedicare la dovuta considerazione, durante la procedura legislativa, ad alcuni aspetti della proposta in esame, in particolare per ad ogni proposta volta a disaggregare o liberalizzare la fornitura di servizi. È stato riconosciuto che questi fattori possono avere un impatto negativo sui lavoratori, e pertanto le parti sociali dovrebbero partecipare attivamente a questo processo.

Esito della votazione sull’emendamento

Voti favorevoli:

119

Voti contrari:

104

Astensioni:

26

b)    Punto 2.2.1

2.2.1.

La proposta CUE2 + in esame è in parte una rifusione di una precedente proposta CUE2 + in merito alla quale le discussioni hanno subito una battuta d’arresto a causa di una disputa bilaterale tra due Stati membri. Data la somiglianza del contenuto con le precedenti proposte CUE non andate a buon fine, permane la possibilità che non si raggiunga un consenso politico. Tradizionalmente, le preoccupazioni manifestate dagli Stati membri riguardavano, tra l’altro, questioni politiche, considerazioni di sovranità, fattori socioeconomici, la liberalizzazione dello spazio aereo nazionale e la privatizzazione forzata. Una serie completa di valutazioni d’impatto contribuirebbe a individuare e attenuare tali preoccupazioni. Si raccomanda di tenere in debita considerazione tali preoccupazioni nel corso della procedura legislativa.

Esito della votazione sull’emendamento

Voti favorevoli:

113

Voti contrari:

113

Astensioni:

23

A norma dell’articolo 61 del Regolamento interno, poiché la votazione si è conclusa in parità (voti favorevoli e contrari in numero uguale), il presidente ha espresso il voto decisivo a favore dell’emendamento.


16.2.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 56/59


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce misure di gestione, conservazione e controllo applicabili nella zona della convenzione per il rafforzamento della commissione interamericana per i tonnidi tropicali e che modifica il regolamento (UE) n. 520/2007 del Consiglio»

[COM(2020) 308 final — 2020/0139 (COD)]

(2021/C 56/08)

Relatore unico:

Javier GARAT PÉREZ

Consultazione

Parlamento europeo, 23.7.2020

Consiglio, 20.7.2020

Base giuridica

Articoli 43, paragrafo 2, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

12.11.2020

Adozione in sessione plenaria

2.12.2020

Sessione plenaria n.

556

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

228/0/9

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE ritiene necessario il recepimento nel diritto dell’UE delle misure di controllo, di conservazione e di gestione adottate dalla Commissione interamericana per i tonnidi tropicali (IATTC) al fine di conseguire un’applicazione uniforme ed efficace di tali misure all’interno dell’UE. Tale recepimento dovrà essere fedele a quanto concordato nella IATTC, senza creare nuovi obblighi per le navi europee. Il Comitato appoggia pertanto la proposta di regolamento in esame.

1.2.

Il Comitato raccomanda tuttavia di tenere conto delle considerazioni esposte nel suo parere sulle misure di conservazione e di controllo nella zona di regolamentazione dell’Organizzazione della pesca nell’Atlantico nord-occidentale (NAFO) (1).

1.3.

Così, secondo il CESE, la proposta in esame non istituisce un meccanismo agevole per il recepimento delle norme adottate dalla IATTC, né pone rimedio alla necessità di aggiornarle con cadenza annuale.

1.4.

Il CESE è favorevole a un meccanismo più agevole e semplice e, per tale motivo, propone l’adozione di un regolamento, composto da un unico articolo, in cui si stabilisca che l’Unione europea deve imperativamente applicare alla sua flotta le norme approvate dalla IATTC.

1.5.

Il CESE sottolinea il rischio insito nel ricorso al sistema degli atti delegati, mediante il quale viene conferito alla Commissione il potere di legiferare senza dovere attenersi alle procedure ordinarie.

2.   Sintesi della proposta della Commissione

2.1.

Scopo della proposta in esame (2) è recepire nel diritto dell’Unione europea le misure di controllo, conservazione e gestione adottate dalla Commissione interamericana per i tonnidi tropicali (IATTC), di cui l’Unione europea è parte contraente dal 2006.

2.2.

La convenzione IATTC stabilisce che le risoluzioni adottate dalla IATTC sono vincolanti e che le parti contraenti sono tenute ad adottare i provvedimenti necessari per garantire l’attuazione e il rispetto della convenzione e delle misure di conservazione e di gestione adottate a norma della stessa.

2.3.

Spetta quindi all’Unione europea garantire il rispetto di tutte le misure concordate in sede IATTC, e la proposta in esame si riferisce a quelle adottate dalla IATTC a partire dal 2008. Inoltre, il regolamento proposto istituisce un meccanismo che, nelle intenzioni della Commissione, in futuro dovrebbe agevolare l’esecuzione delle misure della IATTC.

2.4.

La proposta in esame prevede il conferimento alla Commissione di poteri delegati, a norma dell’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, al fine di consentirle di attuare le eventuali modifiche delle suddette misure, approvate nel corso delle riunioni annuali della IATTC, e di garantire parità di condizioni tra i pescherecci europei e quelli delle altre parti contraenti della convenzione IATTC.

2.5.

Le misure previste nel regolamento proposto riguardano le specifiche tecniche dei palangari per squali e, in generale, la protezione di determinate specie di squali, i periodi di chiusura, le disposizioni relative alla progettazione e all’impiego dei dispositivi di concentrazione del pesce (Fish Aggregating Device — FAD), la registrazione dei dati, la protezione degli uccelli marini, l’ambito di applicazione dei programmi di osservazione scientifica, il registro regionale delle navi, i programmi di dati e statistici e le linee guida per ridurre la mortalità delle tartarughe.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE ritiene necessario il recepimento nel diritto dell’UE delle misure di controllo, di conservazione e di gestione adottate dalla Commissione interamericana per i tonnidi tropicali (IATTC) al fine di conseguire un’applicazione uniforme ed efficace di tali misure all’interno dell’UE. Tale recepimento dovrà essere fedele a quanto concordato nella IATTC, senza creare nuovi obblighi per le navi europee.

3.2.

Tuttavia, considerato che la IATTC modifica frequentemente le proprie misure di conservazione e di controllo nel corso delle sue riunioni annuali, il CESE reputa che il regolamento proposto non preveda un meccanismo agevole di recepimento delle misure adottate dalla IATTC o dei loro aggiornamenti.

3.3.

Secondo il CESE, infatti, il meccanismo più agevole per tener conto di tali aggiornamenti periodici delle norme concordate in sede IATTC consisterebbe nell’adozione di un regolamento, redatto in maniera snella e formato da un unico articolo, in cui, adducendo a giustificazione proprio la necessità di aggiornare periodicamente almeno le misure riguardanti le competenze attribuite, venisse stabilito l’impegno dell’UE ad applicare imperativamente ai propri pescherecci le norme adottate ogni anno dalla IATTC.

3.4.

Il CESE avverte che, se non si procederà in questo modo, esiste il rischio di un possibile sfasamento permanente tra le norme concordate in sede IATTC e la legislazione adottata dall’UE, con tutta l’incertezza giuridica che ne potrebbe risultare.

Bruxelles, 2 dicembre 2020

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Parere del CESE sul tema Misure di conservazione e di controllo — NAFO (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 279).

(2)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce misure di gestione, conservazione e controllo applicabili nella zona della convenzione per il rafforzamento della commissione interamericana per i tonnidi tropicali e che modifica il regolamento (UE) n. 520/2007 del Consiglio [COM(2020) 308 final]: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52020PC0308&qid=1603701098515.


16.2.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 56/61


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda disposizioni transitorie relative all’imposta sul valore aggiunto per i vaccini contro la COVID-19 e i dispositivi medico-diagnostici in vitro di questa malattia in risposta alla pandemia di COVID-19

[COM(2020) 688 final — 2020/0311 (CNS)]

(2021/C 56/09)

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 6.11.2020

Base giuridica

Articolo 113 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sessione plenaria

2.12.2020

Sessione plenaria n.

556

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

195/0/3

Essendosi già pronunciato a favore delle misure fiscali in risposta alla crisi della COVID-19 nel parere sulla proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2011/16/UE per affrontare l’urgente necessità di rinviare determinati termini per la comunicazione e lo scambio di informazioni nel settore fiscale a causa della pandemia di COVID-19 [COM(2020) 197 final — 2020/0081 (CNS)], sulla proposta di decisione del Consiglio che modifica le direttive (UE) 2017/2455 e (UE) 2019/1995 per quanto riguarda le date di recepimento e di applicazione a causa della crisi della COVID-19 [COM(2020) 198 final — 2020/0082 (CNS)] e sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2017/2454 per quanto riguarda le date di applicazione a causa della crisi della COVID-19 [COM(2020) 201 final — 2020/0084 (CNS)] (1), adottato il 10 giugno 2020, e considerando che la modifica proposta alla direttiva 2006/112/CE non contiene ulteriori elementi su cui formulare osservazioni, il Comitato, nel corso della 556a sessione plenaria dei giorni 2 e 3 dicembre 2020 (seduta del 2 dicembre 2020), ha deciso, con 195 voti favorevoli, 0 voti contrari e 3 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 2 dicembre 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 311 del 18.9.2020, pag. 76.


16.2.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 56/62


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che autorizza la Commissione a votare a favore dell'aumento di capitale del Fondo europeo per gli investimenti

[COM(2020) 774 final — 2020/0343 (COD)]

(2021/C 56/10)

Consultazioni

Parlamento europeo, 26.11.2020

Consiglio, 30/11/2020

Base giuridica

Articolo 173, pararagrafo 3, e articolo 304, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sessione plenaria

2.12.2020

Sessione plenaria n.

556

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

207/1/8

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente ed essendosi già pronunciato al riguardo nel proprio parere in merito alla Proposta di regolamento che istituisce il programma InvestEU (1), adottato in data 17 ottobre 2018, e in quello relativo alla sua revisione (2), adottato in data 15 luglio 2020, il Comitato, nel corso della 556a sessione plenaria dei giorni 2 e 3 dicembre 2020 (seduta del 2 dicembre), ha deciso, con 207 voti favorevoli, 1 voto contrario e 8 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nei documenti citati.

Bruxelles, 2 dicembre 2020

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 62 del 15.2.2019, pag. 131.

(2)  GU C 364 del 28.10.2020, pag. 139.


16.2.2021   

IT

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C 56/63


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro

[COM(2020) 0571 final — 2020/0262 (COD)]

(2021/C 56/11)

Consultazione

Consiglio, 21.10.2020

Parlamento europeo, 5.10.2020

Base giuridica

Articolo 153, paragrafo 2, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sessione plenaria

2.12.2020

Sessione plenaria n.

556

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

224/0/6

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente ed essendosi già pronunciato al riguardo nei propri pareri SOC/545 — Protezione dalle sostanze chimiche cancerogene, adottato il 21 settembre 2016; SOC/559 — Protezione dei lavoratori contro gli agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro, adottato il 31 maggio 2017; SOC/591 — Protezione dei lavoratori contro gli agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro, adottato il 19 settembre 2018; e CCMI/130 — Liberare l’UE dall’amianto, adottato il 18 febbraio 2015 (1), il Comitato, nel corso della 556a sessione plenaria dei giorni 2 e 3 dicembre 2020, ha deciso, con 224 voti favorevoli e 6 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nei documenti citati.

Bruxelles, 2 dicembre 2020

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 487 del 28.12.2016, pag. 113; GU C 288 del 31.8.2017, pag. 56; GU C 440 del 6.12.2018, pag. 145; GU C 251 del 31.7.2015, pag. 13.


16.2.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 56/64


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a determinati aspetti della sicurezza e della connettività delle ferrovie in relazione alle infrastrutture transfrontaliere che collegano l’Unione e il Regno Unito attraverso il collegamento fisso sotto la Manica»

[COM(2020) 782 final — 2020/0347 (COD)]

(2021/C 56/12)

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 2.12.2020

 

Parlamento europeo, 14.12.2020

Base giuridica

Articolo 91, paragrafo 1, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sessione plenaria

2.12.2020

Sessione plenaria n.

556

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

210/1/4

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 556a sessione plenaria dei giorni 2 e 3 dicembre 2020 (seduta del 2 dicembre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 210 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

Bruxelles, 2 dicembre 2020

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG