ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 364

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

63° anno
28 ottobre 2020


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

553a sessione plenaria (ibrida) - 15 e 16 luglio 2020

2020/C 364/01

Risoluzione su Il contributo del Comitato economico e sociale europeo al programma di lavoro della Commissione europea per il 2021 basato sui lavori del gruppo ad hoc Contributo del CESE al programma di lavoro della Commissione europea per il 2021

1

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

553a sessione plenaria (ibrida) - 15 e 16 luglio 2020

2020/C 364/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Promuovere un'Unione bancaria più inclusiva e sostenibile migliorando il contributo delle banche comunitarie allo sviluppo locale e all'edificazione di un sistema finanziario internazionale ed europeo socialmente responsabile (parere d'iniziativa)

14

2020/C 364/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sui Meccanismi fiscali per la riduzione delle emissioni di CO2 (parere d'iniziativa)

21

2020/C 364/04

Parere del comitato economico e sociale europeo sul tema Rafforzare la crescita economica sostenibile in tutta l’UE (parere d’iniziativa)

29

2020/C 364/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Rafforzare la competitività, l’innovazione, la crescita e la creazione di occupazione promuovendo la cooperazione regolamentare mondiale, sostenendo un sistema commerciale multilaterale rinnovato e riducendo le sovvenzioni che creano distorsioni del mercato (parere d’iniziativa)

37

2020/C 364/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La dimensione industriale dell’Unione della sicurezza (parere d’iniziativa)

43

2020/C 364/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Istituzione di misure di salvaguardia per i prodotti agricoli negli accordi commerciali (parere d’iniziativa)

49

2020/C 364/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Un’emergenza per il periodo successivo alla crisi della COVID-19: la concezione di una nuova matrice multilaterale (parere d’iniziativa)

53

2020/C 364/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Tassazione dell’economia collaborativa — gli obblighi di reporting (supplemento di parere)

62

2020/C 364/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul Patto climatico europeo (parere esplorativo)

67


 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

553a sessione plenaria (ibrida) - 15 e 16 luglio 2020

2020/C 364/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Strategia per la parità di genere [COM(2020) 152 final]

77

2020/C 364/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul Libro bianco sull'intelligenza artificiale — Un approccio europeo all'eccellenza e alla fiducia[COM(2020) 65 final]

87

2020/C 364/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Un nuovo piano d’azione per l’economia circolare — Per un’Europa più pulita e più competitiva[COM(2020) 98 final]

94

2020/C 364/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Plasmare il futuro digitale dell’Europa[COM(2020) 67 final]

101

2020/C 364/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Una nuova strategia industriale per l’Europa[COM(2020) 102 final]

108

2020/C 364/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo su a) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano d’azione a lungo termine per una migliore attuazione e applicazione delle norme del mercato unico[COM(2020) 94 final] b) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Individuare e affrontare le barriere al mercato unico[COM(2020) 93 final]

116

2020/C 364/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il momento dell'Europa: riparare i danni e preparare il futuro per la prossima generazione[COM(2020) 456 final], sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il bilancio dell'UE come motore del piano per la ripresa europea[COM(2020) 442 final], sulla Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce uno strumento dell'Unione europea per la ripresa a sostegno dell'economia dopo la pandemia di COVID-19[COM(2020) 441 final/2 — 2020/0111 (NLE)], sulla Proposta modificata di regolamento del Consiglio che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027[COM(2020) 443 final — 2018/0166 (APP)], sulla Proposta modificata di decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea[COM(2020) 445 final — 2018/0135 (CNS)], sulla Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (UE, Euratom) n. 1311/2013 che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020[COM(2020) 446 final — 2020/0109 (APP)] e sulla Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce Orizzonte Europa — il programma quadro di ricerca e innovazione — e ne stabilisce le norme di partecipazione e diffusione, decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'istituzione del programma specifico di attuazione di Orizzonte Europa — il programma quadro di ricerca e innovazione, regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce lo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale, regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell'ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC) e finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga il regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio[COM(2020) 459 final — 2018/0224 COD]

124

2020/C 364/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un dispositivo per la ripresa e la resilienza[COM(2020) 408 final — 2020/0104 (COD)]Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento di sostegno tecnico[COM(2020) 409 final — 2020/0103 (COD)]

132

2020/C 364/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma InvestEU[COM(2020) 403 final — 2020/0108 (COD)] e sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2015/1017 per quanto riguarda la creazione di uno strumento di sostegno alla solvibilità[COM(2020) 404 final — 2020/0106 (COD)]

139

2020/C 364/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (UE) 2018/1999 (Legge europea sul clima)[COM(2020) 80 final — 2020/0036 (COD)]

143

2020/C 364/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un Anno europeo delle ferrovie (2021)[COM(2020) 78 final]

149

2020/C 364/22

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce misure per un mercato ferroviario sostenibile in considerazione della pandemia di COVID-19[COM(2020) 260 final — 2020/0127 (COD)]

158

2020/C 364/23

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Attuazione degli accordi di libero scambio 1o gennaio 2018 — 31 dicembre 2018[COM(2019) 455 final]

160


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato economico e sociale europeo

553a sessione plenaria (ibrida) - 15 e 16 luglio 2020

28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/1


Risoluzione su «Il contributo del Comitato economico e sociale europeo al programma di lavoro della Commissione europea per il 2021 basato sui lavori del gruppo ad hoc “Contributo del CESE al programma di lavoro della Commissione europea per il 2021”»

(2020/C 364/01)

Relatori:

Petr ZAHRADNÍK

Stefano PALMIERI

Jan DIRX

Nel corso della sessione plenaria del 15 e 16 luglio 2020 (seduta del 16 luglio) il Comitato economico e sociale europeo ha adottato la seguente risoluzione con 140 voti favorevoli, 15 voti contrari e 17 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

Come evidenziato nella sua risoluzione «Le proposte del CESE per la ricostruzione e la ripresa dopo la crisi della Covid-19» (1), il CESE accoglie con grande favore, e appoggia con convinzione il piano Next Generation EU e il bilancio generale dell’UE per il periodo 2021-2027 proposti dalla Commissione europea. Il Comitato auspica e si attende che, vista la necessità di una ripresa e di una ricostruzione dopo la crisi della Covid-19, gli orientamenti definiti dalla Commissione in questi piani siano pienamente e concretamente sviluppati nell’ambito del programma di lavoro della Commissione europea per il 2021.

1.2

Per il CESE, il programma di lavoro dovrebbe concentrarsi sulla ristrutturazione e sul miglioramento della nostra economia e della nostra società, basandosi sui principi seguenti: proteggere i diritti umani e sociali, i valori democratici e lo Stato di diritto, liberare tutto il potenziale del mercato unico, conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), realizzare un’economia circolare e raggiungere la neutralità climatica nell’UE entro al più tardi il 2050, garantire infine la buona governance e la rendicontabilità democratica.

1.3

Il CESE sottolinea che le sei tematiche ambiziose scelte dalla Commissione (un Green Deal europeo, un’Europa pronta per l’era digitale, un’economia al servizio delle persone, un’Europa più forte nel mondo, promozione del nostro stile di vita europeo e un nuovo slancio per la democrazia europea) offrono un quadro solido per elaborare il programma di lavoro per il 2021. Forse bisognerebbe rivolgere un’attenzione più esplicita agli investimenti e alla necessità di accelerarli, anche grazie alle misure attualmente in fase di adozione. Alcuni dettagli del futuro programma di lavoro si trovano nella comunicazione della Commissione sul piano per la ripresa dell’Europa (2) e nuove proposte saranno inserite nel discorso sullo stato dell’Unione e nella lettera d’intenti al Parlamento europeo e al Consiglio della presidente della Commissione von der Leyen a settembre. Il CESE apprezza inoltre il programma di lavoro adattato per il 2020, che reagisce alla crisi della COVID e potrebbe dare indicazioni per i prossimi futuri sviluppi.

1.4

Il CESE si compiace che la Commissione europea abbia adeguato il suo programma di lavoro per il 2020 nel quadro dell’obiettivo della ripresa dell’Europa in risposta alla pandemia di Covid-19, cambiando l’asse centrale del suo lavoro e dando priorità alle azioni necessarie per promuovere la ripresa e la resilienza dell’Europa, mantenendo nel contempo il suo impegno a realizzare le sue iniziative faro, il Green Deal europeo e la strategia digitale, in quanto essenziali per rilanciare l’economia europea e costruire un’Europa più resiliente, sostenibile, equa e prospera. Prende atto che nove iniziative sono state rinviate al 2021.

1.5

Soprattutto in un momento come questo, in cui constatiamo l’importanza della cooperazione tra paesi in tempi di crisi, il CESE auspica che l’imminente Conferenza sul futuro dell’Europa porti al rafforzamento e approfondimento della struttura istituzionale dell’UE e a un autentico rilancio del progetto europeo, affinché esso sia in grado di affrontare le sfide dei prossimi decenni. La Commissione può pertanto contare sul pieno sostegno del Comitato.

1.6

Il CESE è convinto che questo processo di ripresa e ricostruzione dell’economia e della società sarà possibile solo con la partecipazione attiva delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali.

1.7

Nei capitoli e paragrafi seguenti, il Comitato formula le sue proposte concrete per il programma di lavoro per il 2021 in linea con i sei grandi obiettivi della Commissione.

2.   Un Green Deal europeo

2.1   Il Green Deal

2.1.1

Il Green Deal europeo può essere considerato anche come uno strumento efficace per riavviare in modo sostenibile l’economia, attraverso ingenti investimenti a sostegno delle necessarie modifiche strutturali che l’Europa deve affrontare in questo momento. Da questo punto di vista, si potrebbe considerare come un’opportunità per sostenere una ripresa economica a più lungo termine. Esso richiede un nuovo consenso in Europa per concentrare sufficienti risorse finanziarie pubbliche e per adottare una nuova governance in modo che esso possa essere attuato con successo sul piano pratico.

2.1.2

Il CESE è un convinto fautore della transizione verso l’economia circolare. Finora, il CESE ha sostenuto con forza le politiche ambiziose adottate in questo settore attraverso il suo impegno nei confronti della Piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare. Le sue richieste di lunga data alla Commissione, relative all’efficienza nell’uso delle risorse, comprendono un invito a rivedere la normativa sulla progettazione ecocompatibile e la pertinente legislazione in materia di politica dei prodotti, a includere gradualmente i requisiti obbligatori sull’efficienza nell’uso delle risorse per la progettazione dei prodotti nonché nuove procedure per gli appalti pubblici al fine di incoraggiare prodotti circolari e nuovi modelli aziendali, tenendo conto nel contempo della situazione economica post-Covid e di una reale fattibilità di tali cambiamenti.

2.1.3

Il CESE prende atto che la revisione della direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario, al fine di migliorare la qualità e la portata delle informazioni di carattere non finanziario, comprese quelle concernenti aspetti ambientali come la biodiversità, è stata rinviata al 2021. Il CESE ritiene che le politiche fiscali in generale dovrebbero essere sottoposte a riforma, in linea con le ambizioni in materia di clima, e che i regimi fiscali e la determinazione dei prezzi dovrebbero riflettere i costi ambientali, compresa la perdita di biodiversità. Questo dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a modificare i regimi fiscali per trasferire la pressione fiscale dal lavoro all’inquinamento, alle risorse a prezzi eccessivamente bassi e ad altre esternalità ambientali. Per prevenire e correggere situazioni di degrado ambientale occorre applicare i principi del «chi usa paga» e del «chi inquina paga».

2.1.4

Il CESE si compiace del fatto che la biodiversità sarà integrata in tutte le politiche, come indicato nella comunicazione sulla strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030 (3). Il CESE accoglie con favore l’istituzione da parte della Commissione di un nuovo quadro europeo di governance della biodiversità. Ciò contribuirà a identificare gli obblighi e gli impegni e a definire una tabella di marcia per guidare l’attuazione degli stessi. Ciò beneficerà sia la PAC che il sistema alimentare europeo e potrebbe quindi continuare a renderli più sostenibili. Nell’ambito di tale attuazione, la Commissione istituirà un meccanismo di monitoraggio e revisione con una chiara serie di indicatori concordati, che consentiranno di valutare periodicamente i progressi e, se necessario, intraprendere azioni correttive. Questo meccanismo dovrà essere uno degli strumenti per il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali e contribuirà al semestre europeo.

2.1.5

Il CESE accoglie con favore la legge europea sul clima, che stabilisce l’obiettivo comune giuridicamente vincolante in tutta l’UE di azzerare le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050 e istituisce un quadro per raggiungere tale obiettivo. Il CESE ritiene pertanto che la proposta di una legge europea sul clima sia uno degli strumenti per contribuire all’auspicata e necessaria ricostruzione dell’economia europea (4). Entro settembre 2020 la Commissione intende presentare la revisione dell’obiettivo dell’Unione per il 2030 in materia di clima, alla luce dell’obiettivo della neutralità climatica, ed esaminare le opzioni per un nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni del 50-55 % nel 2030 rispetto ai valori del 1990; essa intende inoltre presentare le proposte legislative corrispondenti entro la metà del 2021. Il CESE esorta la Commissione a optare per una riduzione minima del 55 % entro il 2030, con le corrispondenti proposte legislative, al fine di dare una sua risposta all’enorme necessità, a livello globale, di ridurre le emissioni (5).

2.1.6

La partecipazione di tutti i cittadini, attraverso le organizzazioni, associazioni e reti della società civile, renderà veramente possibile il processo di riforma dell’economia e della società. Gli Stati membri e l’Unione europea devono quindi assicurarsi che in questo complesso processo nessuno sia lasciato indietro, in particolare le persone più vulnerabili.

2.1.7

Gli impegni in materia di azione per il clima e di sostenibilità devono guidare la politica di ripresa e ricostruzione, che non può condannare l’Unione a un futuro ad alto tenore di carbonio.

2.1.8

Il quadro finanziario pluriennale (QFP) dovrà aumentare i finanziamenti e stanziarne un volume sufficiente per il fabbisogno di investimenti, al fine di realizzare una vera e profonda transizione verde. È altresì importante continuare ad attribuire la priorità ad altre questioni ambientali quale la tutela del suolo, del territorio e del mare che non deve passare in secondo piano in seguito alla crisi della Covid-19 e malgrado tale crisi.

2.1.9

È necessario migliorare ulteriormente la sicurezza energetica a tutti i livelli e la resilienza della società, ad esempio attraverso la realizzazione di programmi di ristrutturazione degli edifici. Continuano a essere importanti la cooperazione energetica transfrontaliera e le interconnessioni in tutta l’UE, così come la necessità di promuovere una maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento, per esempio disponendo di una più ampia gamma di energie rinnovabili e di soluzioni di stoccaggio dell’energia.

2.1.10

Un’occasione per accelerare i progressi verso l’obiettivo della neutralità climatica dell’UE consiste nell’aumentare l’utilizzo di elettricità da fonti rinnovabili e a basse emissioni di carbonio, grazie all’elettrificazione di settori che attualmente si affidano ancora a fonti energetiche basate sui combustibili fossili. I piani nazionali sull’energia e sul clima costituiscono un passo importante per garantire l’Unione dell’energia e il Green Deal europeo.

2.1.11

Nel contesto dell’obiettivo della neutralità climatica dell’UE entro il 2050, fissato dalla legge europea sul clima, occorre prestare particolare attenzione al settore dei trasporti. Le emissioni di CO2 provenienti da questo settore infatti continuano ad aumentare, ma per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica sarà necessario ridurre le emissioni dei trasporti del 90 % entro il 2050.

2.1.12

Il CESE ha chiesto che la strategia forestale dell’UE per il periodo successivo al 2020 sia aggiornata nel quadro del Green Deal europeo. La nuova strategia potrebbe realisticamente proiettarsi fino al 2050. L’importanza che le foreste, la silvicoltura e le industrie forestali rivestono nel raggiungimento di questi obiettivi dovrebbe essere riconosciuta in tutti i settori e portare a una cooperazione intersettoriale ottimizzata.

2.1.13

Il CESE ritiene che misure di adattamento potrebbero contribuire in modo significativo a garantire che la transizione sostenibile e la ricostruzione post Covid-19 siano attuate in maniera più equa. Le comunità e le regioni interessate più della media dagli effetti negativi dei cambiamenti climatici dovrebbero ricevere un’assistenza che le aiuti nella risposta a tali impatti e ai rischi percepiti. Ciò vale in particolare per le comunità e le regioni che presentano, al momento presente e storicamente, emissioni di gas a effetto serra inferiori alla media

2.1.14

Il CESE apprezza che nel programma di lavoro adattato 2020 della Commissione la tematica del Green Deal europeo sia trattata sufficientemente e presa in considerazione in modo piuttosto uniforme in tutte le sue sezioni principali. Evidenzia soprattutto l’attenzione prioritaria rivolta al finanziamento della transizione sostenibile, in particolare al piano di investimenti del Green Deal europeo e al Fondo per una transizione giusta. Anche gli altri temi d’interesse menzionati nel programma di lavoro adattato, ad esempio la mobilità sostenibile e intelligente, la produzione e il consumo sostenibili, la sostenibilità dei sistemi alimentari o la decarbonizzazione dell’energia, sono decisamente pertinenti come priorità per questo obiettivo. Il CESE ritiene che le priorità della Commissione si concentreranno su tali iniziative anche nel suo programma di lavoro per il 2021.

2.2   Le priorità di investimento

2.2.1

Il denaro pubblico investito nei piani di ripresa dovrebbe contribuire non solo a far ripartire l’economia e la società europee, ma anche a ridurre drasticamente gli effetti di eventuali shock futuri grazie agli investimenti in un’economia resiliente, inclusiva e rispettosa del clima (la cosiddetta «economia del benessere»).

2.2.2

La tassonomia della finanza sostenibile dell’UE dovrebbe guidare gli investimenti pubblici e privati durante la ripresa al fine di accelerare la transizione dai settori inquinanti ai settori verdi.

2.2.3

È necessario garantire che il nuovo quadro finanziario pluriennale (QFP) stanzi risorse significative per attuare gli obiettivi di sviluppo sostenibile e affrontare i cambiamenti climatici, eliminando gradualmente i finanziamenti controproducenti (per esempio, nei combustibili fossili).

2.2.4

L’economia europea ha registrato una carenza di investimenti per gran parte del decennio successivo alla crisi del 2009. Per poter ottenere risultati sufficienti, è d’obbligo colmare la carenza d’investimenti. Per questo il CESE apprezza la proposta di un piano per la ripresa, rappresentato principalmente dal programma Next Generation EU e dai suoi pilastri, nonché dal QFP adattato per il 2021-2027. Next Generation EU può essere considerato un passo straordinario, ma anche necessario e urgente, al fine di migliorare il contesto degli investimenti nell’UE. Questa posizione è ulteriormente sviluppata, per esempio, nel parere del CESE ECO/523 (6).

2.2.5

Il CESE osserva che gli investimenti non costituiscono un obiettivo politico della Commissione per il suo mandato fino al 2024 e inoltre, non figurano in misura adeguata nel programma di lavoro adattato per il 2020 per quanto riguarda le iniziative specifiche. Il CESE raccomanda pertanto alla Commissione di includere le iniziative basate sugli investimenti nel suo programma di lavoro per il 2021, anche sforzandosi di mobilitare investimenti privati a favore del futuro sviluppo economico sostenibile dell’UE.

3.   Un’Europa pronta per l’era digitale

3.1

La crisi della Covid-19 rende evidente come la rivoluzione digitale contribuisca in misura rilevante ad accrescere la resilienza delle nostre società nei confronti delle crisi. È di capitale importanza investire nella digitalizzazione dei servizi essenziali e accrescere la capacità di amministratori, legislatori e istituzioni pubbliche di prestare i loro servizi durante le crisi. Nel contempo, dobbiamo acquisire consapevolezza del fatto che le tecnologie digitali sono uno strumento e non un fine in sé. Dobbiamo garantire il controllo pubblico del quadro delle tecnologie digitali e dirigerlo verso standard di elevata sostenibilità, assicurando robuste salvaguardie democratiche e tecnologiche e adottando misure di sostegno finanziario e formativo che non lascino indietro nessuno. Ciò comporta, in linea con l’Atto europeo sull’accessibilità, la necessità di far sì che la rivoluzione digitale garantisca l’accessibilità agli oltre 100 milioni di persone con disabilità che vivono nell’UE.

3.2

Ai fini della ripresa, la digitalizzazione rappresenta sia un’opportunità che un rischio. Da un lato, infatti, è proprio l’innovazione che può portare l’Unione europea a posizioni di primo piano: ad esempio, l’UE è leader nel campo della blockchain, che, in quanto tecnologia (non per la sua applicazione ai bitcoin), può essere portatrice di valori democratici, garantendo trasparenza e migliorando le strutture di governance. Dall’altro lato, però, occorre gestire i rischi che la digitalizzazione porta con sé, quali un aumento della disoccupazione, dell’emarginazione digitale e dell’esclusione sociale. Dobbiamo trovare un modo per riuscire a sfruttare queste opportunità e nel contempo neutralizzare questi rischi, in un contesto in cui l’UE cerca di rimanere competitiva a livello globale.

3.3

È importante preservare il modello europeo, in termini di diritti, standard e politiche di tutela dei consumatori. Questo è ciò che rende unica l’Unione europea. Ad esempio, nel settore della digitalizzazione, il codice etico dell’UE sull’intelligenza artificiale distingue nettamente la concezione dell’UE di «sorveglianza con controllo umano» (human-in-command) da quella di altre regioni del mondo. Questo approccio, basato sui diritti e sulle libertà fondamentali, è parte integrante del modello europeo e dovrebbe essere preservato, nonostante stia emergendo un clima di più accesa competizione.

3.4

Il CESE sottolinea l’importanza della digitalizzazione di tutti i settori della società, in particolare attraverso il lavoro a distanza e i servizi digitali, compresi il commercio elettronico e la sanità elettronica.

3.5

La pandemia ha dimostrato che la digitalizzazione dell’istruzione non è ugualmente accessibile per tutte le componenti della società e questo potrebbe provocare in futuro problemi per quanto riguarda i risultati scolastici e le opportunità in materia di istruzione. Pertanto, occorre introdurre misure a sostegno dei gruppi svantaggiati e in tal modo contribuire a prevenire la segregazione.

3.6

È necessario un aggiornamento costante del quadro giuridico per l’intelligenza artificiale e la digitalizzazione, per rimanere al passo col progresso tecnico e, in particolare, con l’aspetto della sicurezza delle comunicazioni digitali, sia in termini di reti che di contenuti.

3.7

Il CESE prende atto che la Commissione rimanda al 2021 la proposta legislativa sull’impatto dell’intelligenza artificiale, anche in termini di sicurezza, responsabilità, diritti fondamentali e dati. Chiede alla Commissione di: i) promuovere il carattere multidisciplinare della ricerca, coinvolgendo altre materie come diritto, etica, filosofia, psicologia, scienze del lavoro, scienze umane, economia ecc. ii) coinvolgere le parti interessate pertinenti (sindacati, organizzazioni professionali, organizzazioni di categoria, organizzazioni di consumatori, ONG) nel dibattito sull’IA e, come partner su un piano di parità, nella ricerca finanziata dall’UE e in altri progetti come il partenariato pubblico-privati sull’IA, i dialoghi settoriali e il «programma di adozione dell’IA» nel settore pubblico nonché il centro di ricerca, innovazione e competenza di riferimento; e iii) continuare a educare e informare il vasto pubblico in merito alle opportunità e alle sfide poste dall’IA. Raccomanda inoltre alla Commissione di esaminare in maniera più approfondita l’impatto dell’IA sull’intero ventaglio dei diritti e delle libertà fondamentali, tra cui, in un elenco non esaustivo, il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, a elezioni eque e aperte, il diritto di riunirsi e manifestare nonché il diritto alla non discriminazione. Il CESE rimane contrario a introdurre qualsiasi forma di personalità giuridica per l’IA. In tal modo verrebbe infatti compromesso l’effetto di correzione preventiva della responsabilità giuridica, con gravi possibilità di azzardo morale, sia nello sviluppo che nell’impiego dell’IA, e conseguentemente di abusi (7).

3.8

A causa del crescente utilizzo degli smartphone e dell’introduzione delle reti 5G, riveste grande importanza la preoccupazione per l’interoperabilità tra applicazioni e reti in tutta l’Unione europea, in particolare in situazioni di emergenza.

3.9

Considerati gli sviluppi futuri della digitalizzazione e il suo crescente impatto sulla vita privata, sociale e lavorativa e su tutti i settori, è fondamentale insegnare le competenze digitali e agire per combattere contro il divario digitale tra i cittadini.

3.10

Molto giustamente, la preparazione dell’Europa all’era digitale è una priorità essenziale, presente in modo evidente anche nel programma di lavoro adattato per il 2020. Il CESE apprezza i notevoli sforzi compiuti dalla Commissione europea per fare progressi in settori quali l’intelligenza artificiale, i servizi digitali, la sicurezza informatica, i dispositivi e le soluzioni digitali per i consumatori, nonché la finanza digitale. Il CESE si compiace in particolare del forte profilo digitale della proposta relativa a Una nuova strategia industriale per l’Europa. La digitalizzazione figura ampiamente altresì nel pacchetto sui servizi aerei. Il CESE esprime inoltre il suo grande apprezzamento per il fatto che la digitalizzazione trovi posto nei settori prioritari proposti dello Spazio europeo della ricerca.

4.   Un’economia al servizio delle persone

4.1

Dobbiamo ricostruire la nostra governance economica sulla base di un sistema economico europeo resiliente, sostenibile e inclusivo. Vogliamo realizzare non solo una ripresa economica, ma piuttosto un cambiamento qualitativo della gestione e della governance della politica economica.

4.2

L’impatto complessivo della crisi deve essere ancora determinato e la ricostruzione e la ripresa richiederanno notevoli sforzi. Pertanto, è urgente attuare rapidamente le proposte del maggio 2020 relative a uno strumento per la ripresa e a un quadro finanziario pluriennale (QFP) rafforzato. Dobbiamo inoltre essere pronti a porre in essere ulteriori misure ed emendamenti rispetto a quelli già adottati, se gli sviluppi della situazione lo giustificano.

4.3

La Commissione è invitata a continuare a utilizzare il semestre europeo come elemento propulsore della ripresa sulla base delle priorità di investimento e di riforma individuate nell’ambito del semestre stesso. Il Comitato accoglie con favore la recente enfasi su una maggiore inclusione delle questioni sociali e del Green Deal europeo, così come l’attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza per mezzo del semestre. Nel corso del semestre, la Commissione dovrebbe aiutare gli Stati membri della zona euro ad adottare tutte le misure necessarie per garantire una maggiore convergenza e una maggiore integrazione in campo economico. Ciò include una politica di bilancio complessivamente positiva per l’intera zona euro al fine di poter uscire dalla crisi attuale.

4.4

Tutte le priorità e le azioni delineate negli altri settori politici summenzionati comporteranno la necessità di formulare un nuovo quadro di governance economica che sia all’altezza delle sfide dell’attuale situazione macroeconomica e consenta l’attuazione delle politiche strategiche in materia industriale, di competitività, sociale, ambientale e commerciale da parte dell’Unione e dei suoi Stati membri. All’inizio del 2020, la Commissione ha avviato un’ampia consultazione pubblica su questo tema, che tuttavia è stata interrotta a causa della crisi della Covid-19 e dell’applicazione della clausola generale di salvaguardia del patto di stabilità e crescita. Non è immaginabile che nel 2021 si possa tornare a un’applicazione automatica del patto. È opportuno che la Commissione faccia seguire nuove iniziative volte a promuovere una riforma del patto di stabilità e crescita con l’obiettivo di garantire contemporaneamente la stabilità e la crescita.

4.5

In tale contesto, il CESE chiede un adeguamento macroeconomico più simmetrico, condiviso tanto dagli Stati membri con disavanzi che da quelli con avanzi. Tutti gli Stati membri devono poter essere in grado di investire di più nei servizi pubblici perché, come la crisi ha dimostrato, i servizi pubblici svolgono un ruolo cruciale nel salvare vite umane e contrastare la pandemia. Inoltre, al momento di applicare di nuovo le norme dell’UE in materia di bilancio, i leader europei dovrebbero considerare la cosiddetta regola d’oro, che consente di escludere alcuni investimenti pubblici dal calcolo del disavanzo e di tener conto della sostenibilità dei livelli di debito esistenti.

4.6

Infine, da tempo si invoca un meccanismo permanente di stabilizzazione dei bilanci della zona euro, in quanto darebbe un notevole sostegno alle politiche anticicliche dell’Unione in caso di shock futuri. Tale meccanismo contribuirebbe alla stabilità e alla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche nazionali e costituirebbe il passo successivo necessario verso l’approfondimento dell’Unione economica e monetaria dell’Europa.

4.7

La ripresa post Covid-19 dipenderà in larga misura dalla capacità dei mercati finanziari europei di garantire liquidità sufficiente. Il buon funzionamento dei mercati finanziari e un aumento della capacità di condividere i rischi finanziari sono anch’essi necessari per rafforzare la resilienza dell’economia europea. L’ulteriore armonizzazione e integrazione dei mercati finanziari europei dovrebbero pertanto proseguire senza indugio, compreso il completamento dell’Unione bancaria e il rafforzamento dell’Unione dei mercati dei capitali. In sede di revisione delle norme prudenziali bancarie, al fine di attuare i restanti accordi del quadro di Basilea, occorre tenere conto delle specificità del panorama bancario dell’UE. Inoltre, è essenziale che i mercati finanziari siano in grado di sostenere la trasformazione verde e digitale. Il CESE ritiene che siano necessari maggiori sforzi per integrare sistematicamente la sostenibilità nel settore finanziario. Pertanto il Comitato accoglie con favore l’obiettivo della Commissione di rinnovare la sua strategia per la finanza sostenibile.

4.8

Il CESE è fermamente convinto che, nel contesto della digitalizzazione dell’economia, ogni eventuale modifica delle norme sulla ripartizione dei diritti di imposizione fiscale tra i paesi debba essere coordinata a livello globale, pertanto si compiace della stretta cooperazione tra la Commissione, gli Stati membri e l’OCSE/G20 al fine di sostenere lo sviluppo di una soluzione internazionale. Qualora non si riuscisse a concordare una soluzione a livello internazionale, l’UE deve prendere in considerazione il fatto di procedere autonomamente. Si deve continuare ad attribuire la massima priorità nell’agenda politica alla lotta contro la frode fiscale e l’evasione fiscale, nonché contro il riciclaggio di denaro.

4.9

La politica di coesione svolgerà un ruolo fondamentale nel garantire una ripresa equilibrata, promuovere la convergenza e assicurare che nessuno sia lasciato indietro. La flessibilità finanziaria è davvero essenziale per i programmi di coesione e darà la possibilità agli Stati membri di trasferire i fondi in base ai loro bisogni nell’affrontare la crisi. Il CESE ritiene opportuno fissare un calendario realistico in modo tale che i fondi vengano assegnati agli Stati membri il più presto possibile. Al centro della politica di coesione dell’UE nel 2021-2027 dovrebbe rimanere la competitività economica attraverso la ricerca e l’innovazione, la transizione digitale nonché l’agenda del Green Deal europeo e lo sviluppo sostenibile.

4.10

La crisi sanitaria ed economica causata dalla pandemia di Covid-19 ha esacerbato le disuguaglianze esistenti in materia di ricchezza e reddito e ha mostrato chiaramente la necessità di un nuovo modello di società che contribuisca maggiormente alla coesione economica e sociale, alla produttività e a una più equa distribuzione della ricchezza. Ora la Commissione deve urgentemente dare seguito alle precedenti proposte del CESE che aiuterebbero a invertire la tendenza alle crescenti disuguaglianze che sta creando un divario tra i diversi Stati membri e gruppi sociali e ha contribuito all’ascesa di movimenti e partiti estremisti. A tal fine, è necessaria un’azione decisiva dell’UE a integrazione degli sforzi degli Stati membri al fine di incentivare gli investimenti nelle infrastrutture sociali (istruzione e apprendimento permanente; sanità, assistenza a lungo termine e servizi sociali; alloggi a prezzi accessibili), sviluppare risorse pubbliche volte a colmare le lacune nel sistema di mercato, dirottare gradualmente le entrate fiscali dall’imposizione fiscale del lavoro a un regime d’imposizione fiscale basato più sul patrimonio; sviluppare un meccanismo trasparente per il monitoraggio e il consolidamento dei dati su tutti i redditi e i patrimoni; istituire un registro degli azionisti di società a livello europeo e così via.

4.11

Sullo sfondo della crisi della Covid-19, la Commissione dovrebbe altresì dare seguito alle iniziative precedenti per rafforzare e promuovere il ruolo dell’Europa come attore economico globale. Dovrebbe inoltre analizzare e proporre modalità e mezzi più specifici per rafforzare il ruolo internazionale dell’euro, diversificare le catene di approvvigionamento e promuovere norme e standard europei in alcuni settori strategici, garantire una risposta europea più resiliente alle sanzioni extraterritoriali da parte di paesi terzi e orientarsi gradualmente verso una rappresentanza europea unificata nelle sedi finanziarie internazionali.

4.12

Deve essere spezzato il legame tra prosperità economica e degrado ambientale e esaurimento sociale. Modelli come l’economia circolare, l’economia cooperativa e l’economia collaborativa offrono nuove opportunità in termini di occupazione, assetti proprietari e innovazione e trasformano i rapporti tra produttori, distributori e consumatori, rendendo tutti gli attori più resilienti alle crisi, a patto che sia prevista una regolamentazione adeguata. Oltre alla corretta attuazione del nuovo piano d’azione per l’economia circolare e alla prosecuzione dei lavori della Piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare CESE/CE, tra le principali priorità figurano: promuovere una strategia globale per il consumo sostenibile, sviluppare nuovi indicatori per sostituire l’uso non corretto del PIL e adattare il patto di stabilità e crescita dell’UE affinché tenga conto della sostenibilità e del benessere.

4.13

È necessario ricostruire una società con servizi di interesse generale migliori così come sancito dall’articolo 14 del TFUE, relativo ai servizi di interesse economico generale (SIEG), dal protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale (SIG) allegato al TFUE e, in particolare, dal pilastro europeo dei diritti sociali, nonché basata sui servizi sanitari e sociali, sulle comunicazioni elettroniche, sui trasporti pubblici, sull’energia, sull’acqua e sulla raccolta dei rifiuti e su un programma di investimenti di accompagnamento.

4.14

Le concezioni moderne dello sviluppo economico si basano non solo su criteri di prosperità, redditività ed efficienza, ma anche sul rispetto dei requisiti sociali e ambientali e sull’eliminazione di tutti i tipi di esternalità negative e di fallimenti del mercato. Un insegnamento della recentissima crisi della Covid-19 è che l’economia deve essere anche resiliente e sufficientemente forte per affrontare gli shock futuri. A tal fine, è altamente auspicabile eliminare gli squilibri strutturali.

4.15

L’economia moderna richiede altresì un corretto funzionamento del mercato in tutti i suoi segmenti, compresi quelli di recente creazione (economie virtuali, condivise, circolari e digitali). Per questo motivo, è anche opportuno un migliore funzionamento dell’intermediazione finanziaria: nel contesto dell’UE ciò significa in particolare l’approfondimento dell’Unione dei mercati dei capitali e il completamento dell’Unione bancaria. Per sostenere maggiormente il passaggio a un’economia più sostenibile, bisogna anche prevedere l’adeguamento del sistema fiscale.

4.16   Il mercato unico

4.16.1

Il mercato unico è al centro del progetto europeo. Un mercato unico funzionante stimola la concorrenza, aumenta l’efficienza, migliora la qualità e contribuisce a ridurre i prezzi. Il mercato unico europeo è sicuramente uno dei maggiori successi dell’UE. È pertanto fondamentale esaminare in che modo il funzionamento del mercato interno possa stimolare o ostacolare la ripresa economica dopo la crisi sanitaria.

4.16.2

La coerenza e l’unità del mercato unico sono stati messi a dura prova durante la recente pandemia di Covid-19. Vi sono stati settori in cui il mercato unico è stato gravemente colpito e paralizzato, in particolare per quanto riguarda la libera circolazione delle persone. Anche la continuità delle catene di fornitura transfrontaliere ha risentito negativamente della pandemia. Il volume degli scambi transfrontalieri nell’UE ha registrato una diminuzione a due cifre su base annuale. Ma il loro nucleo centrale si è mantenuto ed è sopravvissuto. La principale sfida in questo momento per il settore è quella di ristabilire tutti i flussi transfrontalieri naturali all’interno dell’UE ed eliminare gli ostacoli esistenti al mercato unico, che negli ultimi hanno perfino cominciato ad aumentare, in seguito ad alcune strategie e idee su base nazionale attuate dopo la crisi precedente.

4.16.3

Ci si presenta l’opportunità di promuovere l’innovazione sociale come modello di ripresa attraverso la co-creazione, la co-progettazione e la co-produzione. In un panorama sociale complesso, segnato da enormi sfide per la società, l’unica via percorribile consiste nel mobilitare tutte le risorse della società, lavorando in modo trans-settoriale e multidisciplinare al fine di individuare soluzioni. La società civile organizzata è un catalizzatore dell’innovazione sociale, un movimento che ha contribuito a elaborare sistemi di protezione sociale che si sono tradotti in nuove politiche e strutture, in nuovi prodotti, servizi e metodi di lavoro. Oggi la partecipazione della società civile è più necessaria che mai, ma un’autentica innovazione sociale è possibile solo col coinvolgimento della società civile organizzata.

4.16.4

La strategia per il mercato unico è al centro del progetto europeo, consentendo una più libera circolazione di persone, servizi, beni e capitali, e offrendo opportunità alle imprese, ai consumatori e ai lavoratori europei. Sono necessarie misure per sbloccare appieno il suo potenziale, eliminando le barriere. Inoltre, a seguito della crisi e di altri aspetti di un ambiente in evoluzione, come la digitalizzazione, il mercato unico deve adattarsi pienamente a nuove idee e a nuovi modelli aziendali. L’obiettivo è quindi ripristinare, rivitalizzare e ricostruire il mercato unico in quanto strumento nella ripresa. Tra le azioni a breve termine figura l’apertura immediata delle frontiere. Servono inoltre misure a breve termine articolate su due assi: affrontare le tensioni e far ripartire l’economia e la produttività.

4.16.5

Le condizioni di «disparità» che stanno emergendo sono causa di seria preoccupazione. I pacchetti di stimolo degli Stati membri sono estremamente differenti e (malgrado la buona intenzione di assorbire una parte dello shock sul versante della domanda) hanno causato condizioni di disparità tra Stati membri. Inoltre, la questione degli aiuti di Stato dev’essere affrontata e analizzata in una prospettiva settoriale, tenendo conto di come tali azioni distorceranno, nel breve e lungo periodo, la concorrenza e l’uniformità delle condizioni.

4.16.6

Abbiamo bisogno di produttività nell’economia reale (ciò significa posti di lavoro, potere di acquisto e prodotti e servizi di base). Tale produttività può assumere una forma differente ed essere fornita da modelli aziendali diversi, ma dobbiamo agire in questo campo se vogliamo evitare un ulteriore aumento delle disuguaglianze. Tale avvio comporta pacchetti di sostegno e un contesto favorevole per le PMI e l’industria. Le PMI sono, come sappiamo, la spina dorsale dell’economia europea, e hanno bisogno di un sostegno specifico, ma senza oneri aggiuntivi o lungaggini burocratiche. Per le PMI la ripresa sarà possibile solo se verrà messo a disposizione un sostegno finanziario dell’UE e nazionale. A tal fine saranno essenziali sussidi, prestiti, garanzia di liquidità, incentivi fiscali, condizioni favorevoli per trattenere il personale ed assumerne di nuovo, una revisione delle norme sui fallimenti e altre forme di sostegno. Nel campo delle norme sui fallimenti, l’UE dovrebbe intervenire per via legislativa per fare in modo che le piccole imprese fallite a causa della Covid-19 siano in condizioni di riprendere rapidamente l’attività. Tali interventi dovrebbero essere limitati nel tempo.

4.17   Strategia industriale

4.17.1

Molti dei punti precedenti sono pienamente validi, in senso generale, anche per la strategia industriale. Tuttavia, l’industria europea si trova di fronte non solo a una sfida per il miglioramento del mercato unico, ma, a differenza del settore dei servizi, anche a cambiamenti strutturali di fondo, che sono rilevanti principalmente per l’industria del carbone e per le industrie ad alta intensità di carbonio.

4.17.2

L’essenza della nuova strategia industriale per l’Europa consiste nel riuscire a far coesistere un’industria europea moderna e forte con le sfide derivanti dai requisiti climatici e ambientali. Il CESE è convinto che questa coesistenza sia realizzabile e che, se coronata da successo, possa comportare un vantaggio comparato globale per l’Europa. D’altro canto, il CESE è pienamente consapevole e rispettoso degli enormi costi connessi a questa transizione e sostiene misure di mitigazione e compensazione per i settori interessati, da attuare in modo adeguato e nel rispetto delle possibilità economiche.

4.18   I sistemi sanitari

4.18.1

Prima di ogni altra cosa, è importante sottolineare che una delle lezioni principali tratte dalla crisi è la necessità di rafforzare i sistemi sanitari di quasi ogni paese d’Europa, cominciando innanzitutto a prestare un’attenzione particolare alla prevenzione. L’impatto del coronavirus sta mettendo a dura prova i sistemi sanitari di tutta Europa. Se la responsabilità dell’assistenza sanitaria incombe agli Stati membri, la propagazione del virus non si arresta alle frontiere. Il coronavirus si è diffuso e si sta diffondendo in tutta Europa, sia all’interno che all’esterno dell’UE, con conseguenze sanitarie, sociali ed economiche tali da esigere risposte comuni a livello europeo.

4.18.2

La crisi della Covid-19 ha reso evidente la dipendenza dell’UE dalle importazioni di prodotti e dispositivi medici da paesi terzi. È dunque necessario investire nei servizi di protezione sanitaria, assistenza e assistenza di lunga durata, nella medicina preventiva e nelle politiche della salute e della sicurezza sul lavoro, secondo un approccio basato sul ciclo di vita; e occorre che le istituzioni europee sostengano tali investimenti.

4.18.3

La crisi della Covid-19 ha fatto emergere con chiarezza il grande potere delle multinazionali del settore farmaceutico. Al fine di accrescere l’indipendenza dell’industria farmaceutica, è imperativo creare un grande fondo europeo per la ricerca e lo sviluppo di nuovi medicinali e vaccini. Le istituzioni dell’UE dovrebbero disporre dell’autorità necessaria per coordinare, all’interno del mercato unico, l’approvvigionamento, la distribuzione e i prezzi delle attrezzature mediche e dei dispositivi di protezione essenziali.

4.18.4

Il CESE chiede una strategia per la sostenibilità che garantisca la tutela della salute umana e dell’ambiente, riducendo al minimo l’esposizione a sostanze chimiche pericolose. La nuova strategia dovrà essere pienamente coerente con il Green Deal europeo.

4.18.5

È necessario ripristinare la fiducia dei passeggeri nei trasporti, con particolare riguardo al trasporto pubblico. Ciò comporta tra l’altro misure volte ad aumentare la sicurezza per la salute dei passeggeri (ad esempio, sistemi di condizionamento dell’aria, individuazione delle persone malate, misure di pulizia e disinfezione e così via). In questo contesto, è necessario altresì riesaminare persino rafforzare i diritti dei passeggeri (per esempio, rimborsandoli per i viaggi cancellati).

5.   Un’Europa più forte nel mondo

5.1

L’UE deve rafforzare e sostenere la sua posizione globale in termini dell’assunzione di un ruolo più importante e strategico nell’economia e nella politica mondiale. Questa posizione si è indebolita nell’ultimo decennio. L’economia dell’UE ha il potenziale per sfruttare meglio i suoi vantaggi comparati nel mercato globale degli scambi commerciali e degli investimenti, in particolare nei settori manifatturieri e nei servizi innovativi, e per ambire a essere un leader mondiale. L’UE dovrebbe accompagnare tale sforzo con una sua migliore e più efficace presenza all’interno nelle principali organizzazioni mondiali dove deve esprimersi con una sola voce. Il CESE invita la Commissione europea a compiere uno sforzo rilevante per tener conto più specificamente della necessità di rafforzare la posizione globale dell’UE nel suo programma di lavoro per il 2021.

5.2

L’UE dovrebbe continuare a sostenere l’approccio multilaterale negli scambi commerciali. L’integrazione delle norme dell’OIL e dei principi dello sviluppo sostenibile (8) nelle regole dell’OMC e di altre agenzie che fanno capo all’ONU potrebbe contribuire in modo sostanziale alla costruzione di un nuovo ordine economico equo e a una globalizzazione giusta e intelligente. Nel contempo, l’UE dovrebbe opporsi agli sforzi volti a creare nuovi ostacoli e restrizioni nell’economia mondiale.

5.3

Uno degli insegnamenti concreti della crisi della Covid-19 è che l’UE dovrebbe valutare più attentamente la protezione delle sue risorse e dei suoi investimenti strategici e rafforzare i controlli nei settori in cui vi è il rischio che si abusi politicamente di un’operazione di investimento in un’industria strategica.

5.4

Dopo la Brexit, l’UE dovrebbe concentrarsi non solo sul rafforzamento della coerenza e dell’unità, ma nei casi pertinenti non dimenticare di proseguire il processo di allargamento che recentemente è stato piuttosto rallentato, nonostante alcuni progressi, in particolare per quanto riguarda l’adesione di alcuni paesi candidati dei Balcani occidentali. L’allargamento potrebbe contribuire in modo sostanziale ad eliminare le incertezze politiche ed economiche e ad aumentare la stabilità in questa parte dell’Europa.

5.5

Nell’ultimo decennio la situazione geopolitica è peggiorata, fatto che riguarda anche i territori più vicini alle frontiere esterne dell’UE. Per sostenere la stabilità e migliorare le relazioni reciproche, è necessario proseguire l’iniziativa di un partenariato strategico e di una politica di vicinato inclusiva. Tale politica dovrebbe reagire in modo flessibile alle nuove circostanze e basarsi su un rispetto comune e sui vantaggi che ne derivano per entrambe le parti.

5.6

L’evoluzione della situazione geopolitica e le conseguenze della recente crisi migratoria, nonché il deterioramento delle relazioni esterne nel mondo con numerosi nuovi fenomeni rischiosi, hanno anche fatto spostare la gamma degli aiuti e dell’assistenza allo sviluppo dell’UE. Il prossimo QFP prevede un notevole aumento delle risorse finanziarie a tal fine e si attende l’inclusione del Fondo europeo di sviluppo in tale quadro. Il CESE sostiene questa attività e sottolinea la necessità di prestare particolare attenzione all’Africa, al fine di aiutare il continente a superare una difficile situazione politica, economica, sociale e ambientale.

5.7

È necessario rilanciare il ruolo strategico dell’UE, dal punto di vista geopolitico, nel promuovere i processi di pace in tutto il mondo, in modo da riaprire opportunità di sviluppo economico nei territori del vicinato dell’Unione (Balcani occidentali, partner mediterranei, partner orientali) e in altre regioni del mondo dilaniate da conflitti.

6.   Promozione del nostro stile di vita europeo

6.1   Le misure sociali

6.1.1

Al di là delle questioni economiche e ambientali, il programma di lavoro dell’UE nel 2021 deve essere guidato dalla dimensione sociale. Ciò significa che il suo impegno per un’Europa sociale e sostenibile deve essere prioritario. A tale riguardo, anche le organizzazioni della società civile svolgono un ruolo importante. Ci si presenta l’opportunità di promuovere l’innovazione sociale come modello di ripresa attraverso la co-creazione, la co-progettazione e la co-produzione. In un panorama sociale complesso, segnato da enormi sfide per la società, l’unica via percorribile consiste nel mobilitare tutte le risorse della società, lavorando in modo trans-settoriale e multidisciplinare al fine di individuare soluzioni. La società civile organizzata è un catalizzatore dell’innovazione sociale.

6.1.2

È necessario sviluppare una concezione più ampia della «giusta transizione» (oltre il carbone) e dare piena attuazione al pilastro europeo dei diritti sociali, portando avanti nel contempo le riforme dei sistemi di redistribuzione e promuovendo l’equilibrio tra attività professionale e vita familiare e la parità di genere.

6.1.3

Attuare il pilastro europeo dei diritti sociali, a livello europeo e in tutti gli Stati membri, è un passo importante ai fini del concreto avvio di un processo di convergenza sociale verso l’alto. Gli orientamenti politici della Commissione hanno promesso una transizione equa per tutti verso un’economia sociale di mercato verde. In tale contesto, la Commissione ha presentato una tabella di marcia su «Un’Europa sociale forte per transizioni giuste», che ha avviato una discussione con paesi, regioni e partner dell’UE sugli impegni concreti volti ad attuare il pilastro per realizzare progressi a livello dell’UE, nazionale, regionale e locale che si svolgerà fino al novembre 2020 (9). Sulla base dei contributi ricevuti, all’inizio del 2021 la Commissione presenterà un piano d’azione per l’attuazione del pilastro sociale. Ulteriori proposte per il 2021 si trovano nell’allegato alla tabella di marcia. Queste includono una garanzia per l’infanzia, un piano d’azione per il settore dell’economia sociale, una strategia sulla disabilità e una visione a lungo termine per le zone rurali (10).

6.1.4

Nell’ambito della tabella di marcia, la Commissione ha avviato la prima fase e poi una seconda fase di consultazione delle parti sociali sul tema dei salari minimi dignitosi (11). Il CESE attende un’eventuale prossima iniziativa giuridica della Commissione sui salari minimi adeguati e dignitosi. L’obiettivo dovrebbe essere quello di far sì che in tutti gli Stati membri dell’UE i salari minimi garantiscano a tutti i lavoratori un tenore di vita dignitoso. Il CESE accoglie con favore il riconoscimento, da parte della Commissione, del fatto che esiste un margine di azione dell’UE a favore della promozione del ruolo della contrattazione collettiva a sostegno dell’adeguatezza e della copertura dei salari minimi e che le misure a sostegno della contrattazione collettiva, in particolare a livello settoriale, dovrebbero essere incluse nell’azione dell’UE sui salari minimi (12).

6.1.5

La complessità della dimensione sociale dell’UE è tale che il suo rafforzamento richiede la presenza di meccanismi di governance che consentano la risoluzione collettiva dei problemi da parte di vari attori in diversi settori. Il coinvolgimento delle parti sociali ne è un aspetto fondamentale. Una ripresa robusta sul piano sociale passa anche attraverso un accesso migliore alle organizzazioni sindacali e una migliore tutela. Sarebbe opportuno sostenere la contrattazione collettiva e la democrazia nei luoghi di lavoro. L’UE e gli Stati membri devono aiutare le parti sociali ad accrescere significativamente la copertura della contrattazione collettiva. È necessario rafforzare la rappresentatività, l’autonomia e i collegamenti tra il livello europeo e quello nazionale del dialogo sociale. Inoltre, occorre migliorare ulteriormente la capacità e il coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle politiche, nonché garantire un quadro stabile ed equilibrato per le relazioni industriali. Il CESE ritiene che la europeo della Commissione dovrebbe rivedere il quadro UE per la qualità nell’anticipazione dei cambiamenti e delle ristrutturazioni e proporre una base giuridica per condizioni quadro specifiche relative alla partecipazione dei lavoratori, senza interferire nelle competenze nazionali (13), per migliorare il coinvolgimento dei lavoratori per ai fini della gestione delle sfide del Green Deal e del processo di trasformazione digitale.

6.1.6

Il CESE esorta la Commissione a riformare la governance economica dell’Unione europea. Il CESE è persuaso che siano richiesti alcuni cambiamenti: a) nella governance, ossia sono necessari meccanismi di governance specifici per affrontare più rapidamente i problemi urgenti e risolvere le questioni complesse. Il ruolo di tali meccanismi consisterebbe nel collegare il livello dell’UE e quello degli Stati membri, senza sostituirsi all’azione di nessuno dei due; b) l’integrazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) nei processi di monitoraggio economico e sociale e di formazione del bilancio dell’UE. A tal riguardo, il semestre europeo potrebbe essere dotato di indicatori sociali, economici e ambientali nuovi, migliorati, misurabili e complementari, per monitorare e seguire tutti gli aspetti del pilastro europeo dei diritti sociali e i suoi principi come anche i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (14).

6.1.7

Il CESE accoglie con favore l’annuncio di un’iniziativa tesa a migliorare le condizioni di lavoro per i lavoratori delle piattaforme online nel 2021. Si rammarica però che la comunicazione della Commissione non affronti direttamente la sfida, assai più vasta, di una transizione inclusiva e giusta (15). Insiste sulla necessità di un piano d’azione ambizioso per incoraggiare gli Stati membri a mantenere le loro promesse riguardo alla proclamazione del pilastro europeo dei diritti sociali (16).

6.1.8

Un nuovo quadro per il lavoro è di cruciale importanza nella fase di ripresa dalla crisi della Covid-19. Nel settore sanitario e dell’assistenza, sia pubblico che privato, la ricerca dell’aumento della produttività è andata a scapito della qualità del servizio e ha compromesso l’esperienza lavorativa, con conseguenze drammatiche durante la crisi sanitaria nella maggior parte dei paesi dell’UE. Il passaggio alle attività basate sui servizi condurrebbe a un’economia a più alta intensità di manodopera, compensando la precarietà dei posti di lavoro in questi settori, sostenendo livelli di occupazione più elevati, e ricreando posti di lavoro nell’economia reale. È pertanto essenziale attuare politiche di sostegno all’occupazione di qualità nei settori ad alta intensità di manodopera che forniscono servizi di elevata qualità.

6.1.9

Il CESE ribadisce la propria preoccupazione per il fatto che la povertà in generale e la povertà lavorativa rappresentino ancora un problema significativo in molti Stati membri. Oltre a migliorare i livelli salariali, è necessario un approccio globale a livello dell’UE e degli Stati membri, anche per garantire regimi di reddito minimo adeguati, norme minime comuni in materia di assicurazione contro la disoccupazione e regimi di inclusione attiva efficaci, sostenuti da servizi sociali essenziali e abilitanti. Sono necessari anche mercati del lavoro ben funzionanti, servizi pubblici per l’impiego e politiche attive del mercato del lavoro (17).

6.1.10

Il CESE sostiene la strategia della Commissione per la parità di genere per il 2020-2025 e raccomanda alla Commissione di adottare strategie di integrazione della dimensione di genere in tutti gli organi di programmazione e di governance, nonché un approccio intersezionale alla parità di genere. Si dovrebbe attuare la strategia e parallelamente contrastare l’impatto della pandemia di Covid-19, tramite risposte strategiche ad hoc e mirate. Il Comitato prende atto dell’intenzione della Commissione di proporre un’iniziativa legislativa in materia di misure vincolanti sulla trasparenza retributiva. Nell’affrontare le disparità di genere retributive e di altro tipo, sarebbe opportuno conferire maggiore riconoscimento sociale e valore economico a quei lavori e settori in cui sono tradizionalmente occupate molte donne e che sono spesso sottopagati e sottovalutati.

6.1.11

È importante continuare a contrastare e mitigare le conseguenze socioeconomiche della pandemia, che sono particolarmente pronunciate nei settori chiave dei trasporti, dei viaggi e del turismo.

6.2   Le migrazioni e l’era post Covid-19

6.2.1

Con l’arrivo della pandemia di Covid-19, l’immane tragedia che ne è conseguita per i sistemi sanitari nazionali ed il crollo dell’economia in tutti i paesi del mondo, la questione migratoria è sembrata uscire dalla ribalta per essere relegata sullo sfondo, nella relativa indifferenza dell’opinione pubblica. Tuttavia, la crisi attuale non può indurre ad abbandonare i richiedenti asilo al loro destino. I diritti fondamentali alla protezione sono il nucleo centrale dei valori europei e non possono essere rinnegati per motivi di opportunità.

7.   Un nuovo slancio per la democrazia europea

7.1

L’Unione europea si basa su valori europei comuni che non sono negoziabili in nessuna circostanza: rispetto della dignità umana e dei diritti umani, libertà, democrazia, uguaglianza e Stato di diritto. Questi valori non possono essere dimenticati nel momento in cui l’UE e i suoi Stati membri si trovano di fronte a un’emergenza e alle relative conseguenze sul piano economico e sociale. Se la risposta alla crisi attuale dev’essere rapida, giustificando alcune misure eccezionali limitate nel tempo, tuttavia queste non possono essere contrarie allo Stato di diritto né mettere a repentaglio la democrazia, il principio della separazione dei poteri e i diritti fondamentali dei cittadini europei. Il CESE insiste affinché tutte le misure strategiche in questo contesto siano pienamente conformi ai nostri valori comuni, come sanciti dall’articolo 2 del TUE.

7.2

In questo nuovo processo di ripresa e ricostruzione, il CESE auspica che l’imminente Conferenza sul futuro dell’Europa possa rappresentare un’opportunità per rafforzare e approfondire la struttura istituzionale dell’UE e per procedere a un autentico rilancio del progetto europeo, un progetto in grado di affrontare le sfide dei prossimi decenni.

7.3

La crisi della Covid-19 ha messo in evidenza i limiti e le carenze istituzionali dell’attuale Unione europea, mostrando nel contempo il bisogno urgente di realizzare un’Unione efficace ed efficiente. È necessaria una nuova organizzazione dell’Unione europea che vada al di là del mercato unico dell’UE per approdare a un’Europa più integrata, che abbia un’autentica capacità fiscale e il cui obiettivo principale sia quello di migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei suoi cittadini. Per questi motivi, il CESE ritiene che il processo della Conferenza dovrebbe tener conto degli strumenti per la ripresa dell’UE già esistenti e della solidarietà già stabilita, garantendo al contempo la sostenibilità ecologica, lo sviluppo economico, il progresso sociale, la sicurezza e la democrazia. Il CESE sottolinea che, nonostante la pandemia, l’impegno diretto delle organizzazioni della società civile, delle parti sociali e dei rappresentanti eletti deve rimanere una priorità della Conferenza e ne attende con impazienza l’avvio così da poter costruire un’Unione più democratica, più efficace e più resiliente assieme a tutti i cittadini dell’UE. Il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe tenere il campo d’azione della Conferenza aperto a tutti i risultati possibili, comprese le proposte legislative, l’avvio della modifica dei Trattati e altro ancora.

7.4

Secondo il CESE, la disinformazione rappresenta una minaccia diretta non solo per la capacità dei cittadini di prendere decisioni politiche consapevoli, ma anche per il progetto di integrazione europea e quindi per l’unità e la prosperità dell’Unione e la sua influenza nel mondo. L’indebolimento delle capacità decisionali democratiche dell’UE è nell’interesse di tutta una serie di potenze straniere e di gruppi estremisti che si contrappongono alla cooperazione e a una maggiore coesione a livello europeo. Il CESE appoggia con vigore gli sforzi portati attualmente avanti dall’UE per contrastare la disinformazione, sia dall’esterno che dall’interno dell’Unione, ed esorta la Commissione a garantire la piena conformità e il seguito dell’azione normativa in relazione al codice di buone pratiche sulla disinformazione, l’ulteriore sviluppo del «sistema di allarme rapido» e delle unità di intelligence StratCom di recente istituzione, nonché il potenziamento delle azioni del Servizio europeo per l’azione esterna finalizzate a combattere la disinformazione, accompagnato da una sostanziale espansione dell’azione dell’UE contro la disinformazione all’interno dell’Unione (18).

7.5

Il CESE sostiene con forza la proposta della Commissione europea di elaborare un «piano d’azione per la democrazia europea», che dovrebbe essere globale e continuo, capace di produrre cambiamenti, ed essere garantito dal sostegno finanziario e dal coordinamento interistituzionale. Il piano d’azione per la democrazia europea e le iniziative future a esso collegate dovrebbero puntare a fare molto di più per pervenire a mezzi di informazione liberi e pluralisti, a un giornalismo indipendente e di qualità, a una regolamentazione efficace dei social media, in particolare per quanto riguarda la lotta alla disinformazione, la regolamentazione dei messaggi online di natura politica e la regolamentazione della responsabilità dei contenuti, a un processo elettorale modernizzato, all’inclusione delle categorie private dei loro diritti, tra cui in primo luogo le persone con disabilità, e a una diffusa educazione civica sull’Unione europea e sul suo processo democratico in tutti gli Stati membri. Il CESE rinnova la sua richiesta alla Commissione di proporre un’ambiziosa strategia di comunicazione, educazione e sensibilizzazione nei confronti dei cittadini in materia di diritti fondamentali, Stato di diritto e democrazia (19).

7.6

Sono necessarie ulteriori azioni per conseguire la libertà e la pluralità dei media e un giornalismo indipendente e di qualità, nonché un’efficace regolamentazione dei social media, in particolare per combattere la disinformazione, compresa la regolamentazione della pubblicità politica online e la responsabilità dei contenuti.

7.7   Legiferare meglio e visione prospettica

7.7.1

Il CESE insiste a richiedere un’agenda riveduta per l’iniziativa «Legiferare meglio» che integri una «verifica della sostenibilità» per garantire che tutta la normativa e le politiche dell’UE contribuiscano all’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

7.7.2

Il CESE si impegna a contribuire al successo della nuova piattaforma REFIT per il futuro (F4F) che sostituisce la piattaforma REFIT e accoglie con favore il potenziamento del ruolo del CESE nella F4F in termini di partecipazione, rappresentanza e contributo. Questa nuova piattaforma coinvolgerà gli Stati membri e i rappresentanti della società civile, impegnati a semplificare e ridurre gli oneri normativi eccessivi e a preparare l’Europa alle nuove sfide future come la digitalizzazione. La crisi della Covid-19 ha dimostrato l’importanza di progettare le politiche e rafforzare le capacità in modo tale da renderle idonee ad affrontare le incertezze del futuro.

7.7.3

Il CESE ricorda che il miglioramento della legislazione non può sostituirsi alle decisioni politiche e non può in alcun caso tradursi in una deregolamentazione o risolversi in un abbassamento del livello di protezione sociale, in una riduzione della tutela dell’ambiente e dei consumatori e in una restrizione dei diritti fondamentali. Il CESE invita la Commissione a rivedere gli orientamenti e i criteri degli strumenti per «Legiferare meglio» al fine di integrare nei processi di valutazione gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) di Horizon 2030. Tra gli strumenti (toolbox) per l’iniziativa «Legiferare meglio» dovrebbe essere esplicitamente inclusa una «verifica della sostenibilità». Il CESE reitera il suo appello affinché l’ecosistema europeo per l’analisi e la valutazione di impatto continui ad evolversi, in modo da migliorarne la qualità e favorire la partecipazione attiva della società civile organizzata alla concezione e all’attuazione della legislazione europea (20).

7.7.4

Il CESE suggerisce alla Commissione di combinare le consultazioni pubbliche (viste le loro limitazioni) con tavole rotonde ad hoc delle parti interessate, come le parti sociali e la società civile organizzata, al fine di rafforzare la democrazia partecipativa.

7.7.5

Sarebbe opportuno rafforzare il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile nella valutazione d’impatto e nella previsione strategica al fine di garantire che si tenga conto delle loro competenze e conoscenze acquisite sul campo in sede di concezione della legislazione e delle politiche future nel nuovo contesto post Covid-19.

7.7.6

Le stesse organizzazioni della società civile sono tra le vittime delle disuguaglianze e delle carenze del sistema. Il fatto che le risorse siano spesso limitate e soggette a fluttuazioni minaccia infatti la capacità attuale e futura di tali organizzazioni di rispondere ai bisogni della società. Questo problema deve essere affrontato garantendo meccanismi di finanziamento per le organizzazioni della società civile. Il programma di lavoro della Commissione per il 2021 a seguito della crisi rappresenta una grandissima opportunità per rivedere l’impegno dell’UE nei confronti delle organizzazioni della società civile in favore di un sostegno finanziario più sostenibile e strutturale invece di finanziamenti basati su progetti.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Risoluzione sul periodo successivo alla crisi della Covid-19 (GU C 311 del 18.9.2020, pag. 1)..

(2)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1590732521013&uri=COM:2020:456:FIN.

(3)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1590574123338&uri=CELEX%3A52020DC0380.

(4)  NAT/784 — Legge europea sul clima (cfr. pagina 143 della presente Gazzetta ufficiale).

(5)  Cfr nota a piè di pagina 4.

(6)  Cfr. pagina 124 della presente Gazzetta ufficiale.

(7)  INT/894 Libro bianco sull’intelligenza artificiale (cfr. pagina 87 della presente Gazzetta ufficiale).

(8)  Cfr., per esempio, https://www.ilo.org/global/standards/lang--en/index.htm.

(9)  https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/qanda_20_20.

(10)  Un’Europa sociale forte per transizioni giuste.

(11)  https://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=it&catId=1226&furtherNews=yes&newsId=9696.

(12)  SOC/632 Salari minimi dignitosi in tutta Europa.

(13)  CCMI/124 — Quadro UE per la qualità nell’anticipazione dei cambiamenti e delle ristrutturazioni (GU C 19 del 21.1.2015, pag. 50).

(14)  https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/publications-other-work/publications/european-economic-and-social-committees-contribution-2020-european-commissions-work-programme-and-beyond

(15)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020DC0102&from=EN.

(16)  INT/897 Strategia industriale (cfr. pagina 108 della presente Gazzetta ufficiale).

(17)  Parere del CESE SOC/632 «Salari minimi dignitosi in tutta Europa», in corso di elaborazione e parere del CESE SOC/583: https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/opinions/common-minimum-standards-field-unemployment-insurance-eu-member-states-concrete-step-towards-effective-implementation (GU C 97 del 24.3.2020, pag. 32) e parere del CESE sul tema Per una «direttiva quadro europea in materia di reddito minimo» (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 1).

(18)  SOC/630 — Gli effetti delle campagne sulla partecipazione al processo decisionale politico (GU C 311 del 18.9.2020, pag. 26).

(19)  GU C 282 del 20.8.2019, pag. 39, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio Rafforzare lo Stato di diritto nell’Unione. Il contesto attuale e possibili nuove iniziative, 3 aprile 2019.

(20)  INT/886 Legiferare meglio/bilancio (GU C 14 del 15.1.2020, pag. 72).


PARERI

Comitato economico e sociale europeo

553a sessione plenaria (ibrida) - 15 e 16 luglio 2020

28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/14


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Promuovere un'Unione bancaria più inclusiva e sostenibile migliorando il contributo delle banche comunitarie allo sviluppo locale e all'edificazione di un sistema finanziario internazionale ed europeo socialmente responsabile»

(parere d'iniziativa)

(2020/C 364/02)

Relatore:

Giuseppe GUERINI

Decisione dell'Assemblea plenaria

20.2.2020

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

24.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti)

205/6/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Le regole approvate negli ultimi anni a livello internazionale ed europeo non hanno sempre tenuto in piena considerazione i diversi modelli che contribuiscono alla diversità bancaria in Europa, generando un impatto significativo sulle banche più piccole e territoriali, che assumono spesso forma cooperativa soprattutto in Stati membri come Italia e Spagna.

1.2.

I diversi modelli che caratterizzano il pluralismo e la diversità del sistema bancario europeo non sono stati impattati allo stesso modo dagli interventi regolatori intervenuti a seguito della passata crisi finanziaria. In alcuni casi, le banche che meno hanno contribuito alla crisi del 2008 hanno infatti subito più gravemente la pressione delle norme adottate in risposta alla crisi stessa.

1.3.

Il CESE, pur riconoscendo i passi avanti compiuti dalla Commissione nel tenere conto degli enti bancari più piccoli e meno complessi nei propri più recenti interventi regolatori, ritiene utile accrescere ulteriormente la proporzionalità delle regole bancarie rispetto alle caratteristiche dei loro destinatari, pur senza sacrificare l'effettività della disciplina prudenziale. Al tempo stesso, i principi e gli obiettivi generali che sono alla base delle misure adottate dopo la crisi finanziaria non dovrebbero essere messi in pericolo o minati, in quanto si sono dimostrati necessari ed efficaci al tempo stesso. La sicurezza, la stabilità e la resilienza del sistema finanziario sono fattori della massima importanza.

1.4.

Il CESE accoglie con favore il rinvio dell'implementazione degli accordi di Basilea 3-plus deciso di recente incoraggiando, quando sarà il momento, un recepimento della nuova disciplina sui requisiti di capitale che tenga adeguatamente conto della diversità di modelli di business bancari presenti in Europa e del loro contributo alla diversificazione e resilienza dell'Unione bancaria.

1.5.

Il CESE auspica, in particolare, la valorizzazione del ruolo peculiare che le banche territoriali e di comunità, spesso organizzate in forma cooperativa in alcuni Stati membri come Italia e Spagna, svolgono in favore delle PMI e delle famiglie su scala locale, costituendo in alcuni casi la principale, se non unica, fonte di accesso al credito per migliaia di cittadini e imprese europei.

1.6.

Il CESE auspica inoltre un'adeguata valorizzazione del contributo che le banche cooperative di più grandi dimensioni di Stati come Germania, Austria, Paesi Bassi e Francia generano per il sistema bancario europeo. Nei casi in cui esse contribuiscono ai rischi sistemici, occorre tenerne debito conto nella regolamentazione e nella vigilanza.

1.7.

Occorre inoltre ricordare l'importante ruolo che svolgono per alimentare la democrazia economica, favorendo la partecipazione dei propri stakeholder, che non sono meri azionisti o clienti, ma soci che possono partecipare in base di voto capitario agli indirizzi di governance, che infatti sono orientate più verso lo stakeholders value (valore per i portatori di interessi) anziché verso lo shareholders value (valore per gli azionisti).

1.8.

Il CESE ritiene che le banche europee, ivi comprese le banche territoriali e cooperative, giocheranno un ruolo fondamentale per la ripresa economica dopo l'emergenza dovuta alla COVID-19 a sostegno dell'economia e dell'occupazione.

1.9.

Un sistema bancario diversificato, partecipato da una pluralità di portatori d'interesse e radicato nei territori e nelle comunità locali è anche un'importante garanzia per il mantenimento di una responsabilità sociale condivisa e partecipata da cittadini, PMI e operatori economici singoli con una forte implicazione nell'economia reale.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Questo parere d'iniziativa nasce come contributo del CESE a un progetto di Unione bancaria funzionale agli obiettivi di sviluppo sostenibile e inclusione sociale necessari ad assicurare competitività futura all'Unione europea in un contesto di molteplici sfide a livello globale. A tale proposito, il CESE intende portare all'attenzione l'interesse della società civile alla realizzazione di un'Unione bancaria inclusiva, diversificata e sostenibile.

2.2.

Tale contributo fa seguito ad una serie di altri pareri elaborati dal CESE sul ruolo delle banche locali e cooperative (1), ed è a maggior ragione necessario oggi, con il nuovo scenario determinato da una crisi sanitaria, umanitaria, economica e sociale di dimensioni globali determinata dall'emergenza COVID-19.

2.3.

Il costante aumento delle regole bancarie a livello europeo e il loro progressivo inasprimento nel corso degli anni non è sempre riuscito a tenere conto dei diversi modelli che contribuiscono alla diversità bancaria in Europa e a sviluppare regole proporzionali e adatte anche alle banche più piccole e territoriali.

2.4.

Le argomentazioni che verranno sviluppate di seguito si riferiscono in primo luogo alle banche di comunità, che spesso hanno piccole dimensioni e una struttura gestionale semplificata. Si riferiscono inoltre alle banche cooperative nei loro diversi modelli e nelle loro diverse dimensioni riscontrabili in Europa. Tali banche sono infatti di piccole dimensioni, numero elevato e rilievo solo locale in alcuni Stati come l'Italia e la Spagna. Sono invece soggetti importanti del sistema bancario in altri Stati membri (ad esempio in Germania, Austria e Paesi Bassi) ma, nella misura in cui operano secondo un modello cooperativo, esse hanno in comune con altre banche cooperative lo stesso tratto distintivo, vale a dire il perseguimento del valore per i portatori di interessi (stakeholders value) anziché (prevalentemente) del valore per gli azionisti (shareholders value). Se sono riunite in un gruppo bancario quotato sul mercato azionario, le banche cooperative sono obbligate ad avere una serie di lineamenti in comune con le altre società quotate.

2.5.

Affrontare il tema della regolamentazione bancaria richiede un duplice impegno di memoria anche critica rispetto agli eventi che hanno condizionato progressivamente il quadro regolamentare europeo e di visione prospettica lucida su dove si vuole arrivare in futuro.

2.6.

Con riferimento alla memoria, occorre richiamare che il quadro attualmente vigente è, in larga misura, una risposta alla crisi del 2008. Il legislatore europeo ha inteso rimodellare le regole per porre rimedio alle lacune palesate dalla crisi e, soprattutto, per rendere le banche meglio attrezzate e più solide in ipotesi di crisi future.

2.7.

Se le finalità delle riforme intervenute erano e rimangono condivisibili, non vi è dubbio però che gli impatti ed i risultati sulle varie articolazioni del sistema bancario sono stati asimmetrici a causa dell'approccio adottato finora dal regolatore bancario.

2.8.

I diversi modelli che caratterizzano il pluralismo e la biodiversità del sistema bancario europeo non sono stati impattati allo stesso modo dalle riforme intervenute. In alcuni casi, infatti, i modelli di business che meno hanno contribuito alla crisi del 2008, come ad esempio le banche locali, spesso di piccola-media dimensione e in alcuni Stati di forma cooperativa, hanno subito la pressione delle norme in modo maggiore.

2.9.

Anche in ragione di norme diventate sempre più difficili da sostenere sotto diversi profili, le piccole-medie banche locali hanno subito una progressiva pressione regolatoria ad aggregarsi a gruppi più grandi e a fondersi, pena l'uscita dal mercato, con perdita di biodiversità all'interno del sistema bancario europeo.

3.   Banche del territorio e regolazione bancaria: considerazioni generali

3.1.

Le varie normative introdotte negli ultimi anni in attuazione degli accordi internazionali e delle regole europee hanno penalizzato le piccole e medie banche, soprattutto se cooperative, territoriali e con finalità mutualistiche, per tre ragioni:

a.

i costi di compliance riconducibili a una regolamentazione cospicua, complessa, di grande dettaglio e in continuo cambiamento;

b.

il ridotto riconoscimento della diversa rilevanza sistemica delle banche locali in termini di rischiosità;

c.

il vantaggio in termini di costi di finanziamento di cui godono le grandi banche sistemiche.

3.2.

Per queste ragioni il CESE ritiene utile che il legislatore accresca con sollecitudine la proporzionalità strutturata e l'adeguatezza delle regole bancarie rispetto alle caratteristiche dei destinatari delle regole medesime con tre obiettivi:

a.

ridurre distorsioni competitive artificiali, in quanto indotte da regole non proporzionate/adeguate rispetto alle diverse caratteristiche dei soggetti destinatari, comprese le finalità imprenditoriali che le contraddistinguono;

b.

mantenere un'industria bancaria europea diversificata e, in quanto tale, più resistente a future nuove crisi finanziarie ed economiche;

c.

favorire (e non ridurre) il sostegno creditizio alle piccole e medie imprese, settore chiave dell'economia in Europa.

3.3.

Il CESE supporta il rinvio dell'implementazione degli accordi di Basilea 3-plus deciso di recente, incoraggiando, quando sarà il momento, un recepimento nell'ordinamento UE che tenga adeguatamente conto della diversità di modelli di business bancari presenti in Europa.

3.4.

In vista del processo di recepimento delle nuove indicazioni degli accordi di Basilea, il CESE ritiene utile richiamare e sostenere i sette principi enunciati nel giugno 2019 dal Comitato scientifico dell'ESRB (European Systemic Risk Board), che sono stati elaborati prima del varo definitivo dell'assessment consultivo del medesimo ESRB (2).

a.

Adattabilità: la regolamentazione finanziaria deve essere in grado di evolvere assieme al sistema finanziario e non diventare un ostacolo all'innovazione. Questo significa anche non creare ostacoli materiali all'ingresso di nuove banche nel settore e non scoraggiare l'emergere di nuovi modelli commerciali o la salvaguardia di modelli bancari alternativi storicamente affermatisi, come quello cooperativo.

b.

Diversità : andrebbe preservata la diversità degli istituti finanziari e delle prassi commerciali, dato che tale diversità rappresenta un'efficiente salvaguardia contro l'instabilità sistemica. Bisogna evitare un'eccessiva omogeneizzazione delle imprese e delle attività soggette a regolamentazione: la capacità di sviluppare «anticorpi» e forme di reazione/resilienza diversificate rispetto a cicli economici negativi, ad esempio, accresce la stabilità complessiva dell'industria finanziaria e, più in generale, dell'economia.

c.

Proporzionalità : l'onere della regolamentazione dovrebbe essere commisurato a quanto è importante l'imperfezione di mercato da correggere e la rilevanza sistemica dei soggetti destinatari della regolazione.

d.

Possibilità di risoluzione : la regolamentazione dovrebbe permettere agli istituti privi di sostenibilità sul piano economico di uscire dal sistema senza comprometterne la stabilità sistemica. Bisogna tuttavia adottare politiche che tengano conto della struttura e della complessità interne degli istituti interessati.

e.

Prospettiva sistemica : la regolamentazione finanziaria dovrebbe puntare ad assicurare che i servizi finanziari essenziali vengano forniti alla società senza soluzione di continuità. Un sistema di regolamentazione che favorisce la concentrazione delle attività verso un numero limitato di istituti finanziari può presentare maggiori vulnerabilità perché dipendente dalla sopravvivenza finanziaria di questi pochi istituti.

f.

Disponibilità delle informazioni : i flussi informativi dalle banche verso le autorità di regolazione, previsti dalla normativa di settore dovrebbero consentire la rapida identificazione dei canali di «contagio» e delle sacche di vulnerabilità.

g.

Disciplina non normativa : la presenza di una disciplina normativa non dovrebbe comportare l'eliminazione di soluzioni affermatesi al di fuori di stretti ambiti normativi.

4.   Alcune proposte concrete per il recepimento delle nuove regole nel contesto normativo dell'Unione bancaria

4.1.

Nella legislatura europea 2019-2024, è ragionevole immaginare che la Commissione europea rivedrà il proprio piano di intervento legislativo a seguito dell'emergenza COVID-19. In attesa di conoscere la nuova pianificazione, i principali obiettivi di adeguamento normativo del sistema bancario europeo per i quali il CESE ritiene sia importante intervenire sono i seguenti.

4.2.

È necessario recepire gli accordi di Basilea (conclusi a dicembre 2017) sfruttando maggiormente, rispetto a quanto avvenuto per Basilea 2 e Basilea 3, i margini di interpretazione e discrezionalità a disposizione dell'UE. In termini generali, è giusto riconoscere che la Commissione europea ha intrapreso alcuni passi nella giusta direzione per semplificare le regole con riferimento agli enti bancari più piccoli e non complessi in diversi ambiti come i requisiti di reporting, la vigilanza e i requisiti di capitale (SMEs supporting factor). È tuttavia necessario proseguire ulteriormente in tale direzione adattando, per quanto possibile, le regole ai diversi modelli di business, senza sacrificare l'efficacia della regolazione prudenziale.

4.3.

Il CESE riconosce, in particolare, il ruolo peculiare che le banche territoriali e di comunità (spesso in forma cooperativa in alcuni Stati membri come Italia e Spagna) svolgono nei confronti delle PMI e delle famiglie. Riconosce inoltre il contributo che le banche cooperative di più grandi dimensioni di altri Stati membri (ad es. Germania, Austria e Paesi Bassi) apportano al sistema bancario europeo. Nei casi in cui esse contribuiscono ai rischi sistemici, occorre tenerne debito conto nella regolamentazione e nella vigilanza.

4.4.

Sarebbe positivo per il tessuto economico e bancario europeo favorire il superamento dell'equazione [prevista dall'articolo 40 del regolamento (UE) n. 468/2014 della Banca centrale europea (3)] secondo la quale le banche che fanno parte di un gruppo bancario «significant» diventano a loro volta «significant» pur restando, di fatto, per dimensioni, ruolo ed esposizione ai cosiddetti rischi sistemici assai modeste, con l'obiettivo di riconoscere le forme di proporzionalità introdotte nel maggio 2019 con il CRD5 e il CRR2 (cosiddetto «pacchetto bancario»). In particolare, l'art. 84, paragrafo 4, del CRD5 e l'art. 4, paragrafo 1, punto 145, del CRR2 introducono il concetto di «ente piccolo e non complesso», con conseguente alleggerimento di alcuni requisiti, soprattutto in termini di obblighi informativi.

4.5.

Il CESE ritiene che la definizione di «ente piccolo e non complesso» possa consentire ora un approccio sistematico al tema della proporzionalità. La semplificazione degli obblighi per un ente piccolo e non complesso non dovrebbe limitarsi all'ambito degli obblighi informativi. Dovrebbe poter estendersi ad altri profili prudenziali e di supervisione. Ad esempio, un ente piccolo e non complesso non dovrebbe essere vigilato come ente «significant» nel caso in cui sia affiliato ad un gruppo «significant» in forza di una norma del diritto nazionale che glielo impone. Una situazione di questo tipo potrebbe in realtà generare una sorta di doppia vigilanza sulle banche più piccole realizzata a diversi livelli, con un notevole impatto negativo in termini sia di costi di conformità per le banche, sia di costi di regolamentazione per le autorità bancarie.

4.6.

Il CESE auspica anche la revisione delle regole e dei meccanismi che disciplinano la risoluzione e la liquidazione delle banche, le modalità di calcolo del MREL (4), gli interventi di natura alternativa che possono essere effettuati da specifici «Fondi di garanzia dei depositanti» (5) costituiti da alcune sistemi di banche territoriali o cooperative, in base a quanto stabilito nella «sentenza Tercas» della Corte di giustizia UE del 19 marzo 2019 (6).

4.7.

È necessario che le nuove normative primarie, così come le regole di vigilanza in materia di finanza sostenibile, non si trasformino in un ulteriore appesantimento degli oneri di «compliance» con conseguenti modelli di vigilanza «insostenibili» per le banche di piccole dimensioni e di forma giuridica cooperativa.

4.8.

Il CESE appoggia le proposte formulate nel 2019 dalla commissione per gli Affari economici e monetari del Parlamento europeo sull'opportunità di introdurre un «fattore di sostegno ecologico e sociale» («green and social supporting factor») che consenta di ridurre l'assorbimento di capitale per i finanziamenti erogati dalle banche a favore di imprese dell'economia sociale e di imprese realmente impegnate in programmi di sviluppo sostenibile ed inclusivo. Tenendo presente che il settore finanziario ha bisogno di resilienza e di stabilità, si dovrebbe pertanto analizzare e valutare adeguatamente l'opportunità di sviluppare questo «fattore di sostegno ecologico e sociale».

4.9.

Il CESE ritiene infatti importante che la nuova regolazione dell'Unione bancaria metta a disposizione strumenti concreti per riconoscere che gli investimenti delle banche in attività ad impatto sociale e ambientale positivo vadano incoraggiati anche attraverso un trattamento di favore dal punto di vista degli accantonamenti prudenziali richiesti dall'EBA.

4.10.

Tale sensibilità a livello regolatorio troverebbe conforto anche nei dati che dimostrano la minore rischiosità degli investimenti realizzati dalle imprese dell'economia sociale, che hanno causato al sistema bancario europeo un'incidenza pressoché irrilevante di NPL.

4.11.

I co-legislatori hanno raggiunto un compromesso nella primavera 2019, affidando all'EBA [articolo 501 del regolamento (UE) n. 575 del Parlamento europeo e del Consiglio (7), CRR] il compito — previa consultazione del Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) — di valutare, sulla base dei dati disponibili e delle conclusioni del gruppo di esperti ad alto livello della Commissione sulla finanza sostenibile, se un trattamento prudenziale dedicato delle esposizioni relative ad attività sostanzialmente associate a obiettivi ambientali e/o sociali sia giustificato. Il CESE auspica che questa valutazione sia attenta e positiva.

5.   Gruppi bancari e vigilanza

5.1.

Con riguardo alla costituzione di gruppi bancari cooperativi sollecitata dalla regolamentazione europea, attraverso i quali le banche comunitarie e territoriali si aggregano, in particolare in alcuni Stati come Italia e Spagna, per dare maggiore massa critica alla loro attività, le banche del territorio dovrebbero poter gestire in modo appropriato l'assorbimento patrimoniale delle partecipazioni nel capitale delle rispettive capogruppo, per non comprimere eccessivamente il patrimonio destinato all'erogazione del credito.

5.2.

Attualmente il quadro giuridico previsto dalla normativa europea sui gruppi bancari segue tre articoli del CRR:

a.

art. 10: gruppi bancari costituiti da banche permanentemente affiliati ad un ente centrale, con cross-guarantee e poteri di direzione e coordinamento (Italia, Paesi Bassi, Finlandia, Portogallo, Lussemburgo);

b.

art. 113.6: gruppi con poteri di direzione e coordinamento in capo alla capogruppo ovvero sistemi fortemente integrati (Francia);

c.

art. 113.7: sistemi di tutela istituzionale (IPS): Germania, Austria, Spagna, Provincia di Bolzano-Italia.

5.3.

Questi tre diversi impianti, nei fatti, non sono in grado di riconoscere alcune specificità che invece caratterizzano e distinguono l'operatività di quelle banche cooperative che sono state obbligate ad aderire a gruppi bancari cooperativi o a sistemi di tutela istituzionale successivamente alla nascita dell'Unione bancaria.

5.4.

L'obbligo per le banche cooperative di rispettare requisiti mutualistici, di sviluppare una operatività circoscritta ai territori di insediamento, la loro governance democratica, l'assenza di finalità lucrativa individuale, i limiti precisi per la distribuzione dell'utile e l'indivisibilità del patrimonio non si conciliano con l'attuale framework regolamentare.

5.5.

Ciò rischia di indebolire la loro tradizionale efficacia di banche di sviluppo territoriale con documentata funzione anticiclica.

6.   Il quadro post COVID-19

6.1.

L'impatto della pandemia di COVID-19 è ora evidente in tutta la sua drammaticità. Dovremo abituarci a convivere con livelli molto più alti di debito pubblico e, per far arrivare le risorse là dove occorrono e in tempo utile, l'intero sistema finanziario dovrà essere mobilitato nel quadro di uno sforzo globale comune che coinvolga autorità pubbliche e soggetti privati.

6.2.

Riflettendo al periodo che seguirà alla crisi della COVID-19, è stato autorevolmente osservato che le banche europee dovranno diventare «vettori degli interventi pubblici» per sostenere l'economia e l'occupazione dopo l'attuale emergenza sanitaria. Di conseguenza, «regolamenti e normative collaterali non dovranno ostacolare in nessun modo la creazione delle opportunità necessarie a questo scopo nei bilanci bancari» (8).

6.3.

Non è ancora possibile sapere quale sarà l'evolversi della crisi della COVID-19 per l'economia e quale sarà il suo impatto finale sulle banche, ma occorre fare alcune riflessioni alla luce del quadro attuale e futuro.

a.

Sul piano della regolamentazione, la riduzione dei rischi nei bilanci delle banche è stato l'obiettivo principale dopo la crisi finanziaria del 2008 Dopo la pandemia di COVID-19, tuttavia, e per un periodo che nessuno è per ora in grado di stimare, i bilanci bancari si ingrosseranno dei rischi stessi degli Stati e dell'economia reale.

b.

L'SSM, l'EBA e l'ESMA hanno adottato una serie di misure nell'ambito degli spazi di flessibilità che l'attuale quadro regolamentare consente loro, per sospendere alcuni adempimenti o alleggerire alcuni requisiti prudenziali.

c.

Se gli effetti economici e finanziari della crisi saranno ancora significativamente presenti nei bilanci bancari in futuro, si dovrà tenerne conto quando si tratterà di attuare nell'UE gli accordi di Basilea del dicembre 2017.

d.

Il rinvio dell'avvio dell'attuazione degli accordi di dicembre 2017 del Comitato di Basilea è senza dubbio opportuno e necessario per consentire alle banche di fronteggiare le conseguenze della pandemia, sia per tenere conto dell'impatto della crisi della COVID-19 sulla situazione finanziaria delle banche, sia per prendere meglio in considerazione la diversità del settore bancario in Europa.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Il CESE si è già più volte pronunciato con pareri sull'Unione bancaria («Il ruolo delle banche cooperative e delle casse di risparmio nella coesione territoriale», le cui raccomandazioni tuttavia non sono state accolte). Nel 2014, in merito alla proposta di regolamento sulle misure strutturali volte ad accrescere la resilienza degli enti creditizi dell'UE [COM(2014) 43 final — 2014/0020 (COD)], il CESE aveva proposto raccomandazioni relative al sostegno alle economie locali e alla necessità di una regolamentazione bancaria rispettosa del principio di proporzionalità. Nel 2018 il CESE ha pubblicato uno studio intitolato Europe's cooperative banking models («Modelli di banche cooperative in Europa», ISBN: 978-92-830-4024-8 Catalogue number: QE-01-18-233-EN-N) che descrive la situazione e le prospettive del sistema bancario cooperativo nel contesto europeo.

(2)  Reports of the Advisory Scientific Committee — Regulatory Complexity and the Quest for Robust Regulation, (Relazioni del comitato scientifico consultivo — Complessità normativa e la ricerca di una regolamentazione compatta), n. 8 / giugno 2019.

(3)  GU L 141 del 14.5.2014, pag. 1.

(4)  Il MREL (Minimum Requirement for own funds and Eligible Liabilities) è un requisito introdotto dalla direttiva europea sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD), il cui obiettivo è assicurare il buon funzionamento del meccanismo del bail-in, aumentando la capacità di assorbimento delle perdite della banca.

(5)  L'esempio del Fondo è la tutela dei depositanti realizzato dalle Banche Cooperative Italiane consorziate (BCC-CR) che rappresenta un utile esempio di come di fatto sia stato istituito un meccanismo di tutela dei depositanti, completamente autofinanziato da risorse proprie delle banche, con un meccanismo di tipo mutualistico e cooperativo. Il Fondo interviene: in caso di liquidazione coatta amministrativa delle banche consorziate e, nel caso di succursali di banche di credito cooperativo comunitarie aderenti e operanti in Italia, qualora sia intervenuto il sistema di garanzia dello Stato di appartenenza; in caso di risoluzione di banche consorziate; in operazioni di cessione di attività, passività, aziende, rami d’azienda, beni e rapporti giuridici individuabili in blocco; per superare lo stato di dissesto o di rischio di dissesto di una consorziata.

(6)  Questa sentenza di fatto annulla la decisione della Commissione secondo cui un intervento di sostegno di un consorzio di diritto privato a favore di uno dei suoi membri costituiva un «aiuto concesso da uno Stato».

(7)  GU L 176 del 27.6.2013, pag. 1.

(8)  Cfr. ad esempio, gli argomenti presentati dall'ex presidente della BCE Mario Draghi nel suo articolo sul Financial Times del 26 marzo 2020.


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/21


Parere del Comitato economico e sociale europeo sui «Meccanismi fiscali per la riduzione delle emissioni di CO2»

(parere d'iniziativa)

(2020/C 364/03)

Relatore:

Krister ANDERSSON

Decisione dell'Assemblea plenaria

20.2.2020

Base giuridica

Art. 32, par. 2, del Regolamento interno

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

24.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

209/1/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che vi siano fondati motivi per adottare norme uniformi all'interno dell'UE al fine di lottare contro il riscaldamento globale e, sulla base di tali norme, avviare discussioni a livello internazionale con altri blocchi geografici commerciali.

1.2.

Finora il dibattito si è focalizzato sulle normative e sulle imposte ambientali, in particolare sulle tasse destinate a ridurre le emissioni. Il CESE ritiene che il problema del riscaldamento globale vada affrontato in maniera onnicomprensiva, completa e simmetrica, tenendo conto del livello di CO2 nell'atmosfera.

1.3.

Nel suo sforzo per ridurre le emissioni di carbonio, la Commissione si è concentrata sul sistema di scambio di quote di emissione (Emissions Trading System, ETS). A giudizio del CESE, in futuro potrebbe essere utile e necessario elaborare anche nuove misure fiscali complementari al sistema ETS esistente e alle imposte sul carbonio in vigore a livello nazionale, per delineare un quadro strategico efficace e simmetrico atto ad affrontare il problema delle crescenti emissioni di CO2.

1.4.

Il CESE esprime apprezzamento per questo approccio della Commissione, in quanto sembra un passo avanti per riuscire a fissare più efficacemente il prezzo del carbonio in tutti i settori dell'economia. Il Comitato ne raccomanda il coordinamento con una serie di altri strumenti, compreso un nuovo approccio in materia di imposizione fiscale nel mercato interno dell'UE secondo un quadro strategico coerente, nonché con altri strumenti dello stesso tipo applicati in altre giurisdizioni nel mondo.

1.5.

Il CESE esorta la Commissione europea ad adottare iniziative concrete per applicare un'imposta sul carbonio più o meno uniforme negli Stati membri al fine di armonizzare gli sforzi volti a ridurre efficacemente il livello di CO2. Idealmente, ne dovrebbero risultare condizioni uniformi in tutto il mercato unico dell'UE per quanto riguarda le emissioni/riduzioni da tassare, nonché in relazione ai metodi e alle aliquote d'imposta specifici per un impatto equivalente sul livello di CO2 nell'atmosfera.

1.6.

Secondo il CESE, anche applicando nuove imposte e altre misure in corso di definizione, è probabile che il problema del riscaldamento globale persista, a meno che non si riesca ad eliminare il CO2 già immesso nell'atmosfera.

1.7.

Il CESE incoraggia lo sviluppo delle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) e di cattura e utilizzo del carbonio (CCU) con investimenti ad hoc, sia a livello dell'UE che nazionale, in quanto queste tecnologie contribuiscono a realizzare l'obiettivo di ridurre l'impatto delle emissioni di CO2 e, più in generale, sia gli obiettivi di sviluppo sostenibile promossi dalle Nazioni Unite che quelli previsti dall'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

1.8.

In particolare, gli Stati membri dell'UE dovrebbero adottare una politica fiscale ambientale completa e simmetrica in relazione all'impatto del CO2 sul riscaldamento globale. Occorre introdurre imposte con aliquote sia positive che negative. Il gettito delle imposte sul CO2 dovrebbe essere reinvestito nel finanziamento di incentivi, a livello locale, regionale e nazionale, a sostegno delle tecniche di riduzione delle emissioni di carbonio.

1.9.

Il CESE richiama l'attenzione su altri strumenti di politica ambientale per la riduzione delle emissioni di carbonio — dalle nuove tecnologie alle pratiche di gestione del suolo —, strumenti che dovrebbero essere promossi e sostenuti sia in ambito UE che a livello nazionale. Prima di tutto, le foreste eliminano naturalmente il CO2 e gli alberi, grazie alla fotosintesi, sono particolarmente efficienti nell'assorbire il carbonio dall'atmosfera. L'espansione, il ripristino e la corretta gestione delle foreste possono servire a sfruttare le capacità di fotosintesi degli alberi per affrontare il problema del carbonio nell'atmosfera.

1.10.

Se la vendita di prodotti forestali è tassata come fonte di reddito per il proprietario della foresta, si dovrebbe invece riconoscere che l'imboschimento e il rimboschimento riducono il CO2 presente nell'atmosfera e, pertanto, con un approccio fiscale simmetrico al problema del riscaldamento globale, queste attività dovrebbero essere incentivate attraverso un'imposta negativa sul carbonio. Si tratterebbe di una misura importante per realizzare gli obiettivi climatici.

1.11.

Il CESE desidera insistere sulla necessità di mettere in campo misure efficaci in un modo che risulti socialmente accettabile per tutti.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Poiché il riscaldamento globale è un problema che preoccupa ognuno di noi, i governi sono alla ricerca di metodi efficaci per limitare l'aumento della temperatura a livello mondiale. Tra i diversi fattori che contribuiscono al riscaldamento globale, uno dei più importanti è rappresentato dalle emissioni di anidride carbonica (CO2).

2.2.

Il CO2 è il gas a effetto serra prodotto principalmente dall'attività umana ed è responsabile del 64 % del riscaldamento globale di origine antropica (1). Nell'arco di diversi decenni la concentrazione di gas a effetto serra nell'atmosfera è fortemente aumentata e oggi è superiore del 40 % al livello registrato agli inizi dell'era industriale.

2.3.

Dalla fine del XIX secolo la temperatura media superficiale del pianeta ha registrato un aumento di 0,9 gradi Celsius (2), un fenomeno indotto dalla crescente immissione nell'atmosfera di anidride carbonica e di altri gas di natura antropica, a cui, secondo molti ricercatori, è imputabile l'innalzamento complessivo della temperatura a livello mondiale.

2.4.

Le attività antropiche stanno alterando il ciclo del carbonio sia con l'immissione nell'atmosfera di maggiori quantità di CO2 (il che incide sulla capacità dei pozzi naturali, ad esempio le foreste, di eliminare dall'atmosfera l'anidride carbonica così generata) che con la modificazione della capacità del suolo di immagazzinare il carbonio. La principale attività antropica generatrice di CO2, è la combustione di combustibili fossili (carbone, gas naturale e petrolio) per l'energia e i trasporti, seguita da taluni processi industriali e determinate pratiche di uso del suolo.

2.5.

Attualmente il continente con il livello più elevato di emissioni dell'intero pianeta è l'Asia, che rappresenta il 53 % delle emissioni globali, di cui 10 miliardi di tonnellate imputabili alla sola Cina (vale a dire oltre un quarto del totale a livello mondiale); l'America settentrionale si trova in seconda posizione per emissioni prodotte (18 % delle emissioni globali), seguita da vicino dall'Europa con il 17 % (3).

2.6.

Gli effetti delle emissioni di CO2 sulla temperatura del nostro pianeta e sui cambiamenti climatici diventano sempre più una questione importante agli occhi dell'opinione pubblica e della società civile, nonché per i partiti politici in ambito sia europeo che nazionale.

2.7.

Per parte sua, la Commissione europea considerava una delle principali priorità della sua agenda politica l'elaborazione di iniziative concrete di lotta ai cambiamenti climatici, ad esempio il Green Deal europeo (4), prima di essere costretta, nei primi mesi del 2020, a concentrare la sua azione sull'emergenza da COVID-19.

2.8.

Il Green Deal (5) — che costituisce uno dei pilastri dell'agenda politica della nuova Commissione europea — intende dare una risposta efficace alle sfide ambientali in atto e propone una strategia di crescita volta a conseguire l'azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra nell'UE entro il 2050.

2.9.

Le proposte contenute nel Green Deal riguardano settori fondamentali per l'economia europea, in particolare i trasporti, l'energia, l'agricoltura e l'edilizia, come pure specifici settori industriali quali la siderurgia, il cemento, le TIC e le industrie tessile e chimica. La Commissione lavora all'elaborazione della prima «legge europea sul clima» e di una serie di ulteriori strategie e investimenti ad hoc destinati a favorire una crescita economica ecocompatibile. Il Fondo per una transizione giusta è uno strumento importante, anche se potrebbe essere necessario dotarlo di risorse supplementari (6).

3.   Strumenti di politica ambientale di possibile utilizzo per la riduzione delle emissioni di CO2  (7)

3.1.

Numerose attività possono avere delle ricadute in termini di inquinamento su altri soggetti economici, ricadute di cui magari non si è tenuto conto al momento in cui si è deciso di intraprendere tali attività. L'attività viene quindi realizzata senza tener conto delle esternalità che produce, ossia, in altre parole, del suo vero costo sociale. Nel momento in cui si adottano delle decisioni è importante prendere in considerazione anche il costo sociale dell'inquinamento. Lo si può fare applicando un'imposta sull'attività svolta; in questo modo, infatti, la decisione presa tiene conto delle esternalità e l'inquinamento viene ridotto proporzionalmente ai suoi costi.

3.2.

Un'attività può tuttavia anche determinare una riduzione dei livelli complessivi di inquinamento, creando quindi un'esternalità positiva. Le attività di questo tipo andrebbero incentivate, affinché si espandano in misura tale che i benefici che esse apportano siano pienamente ricompensati, e questo può avvenire erogando sovvenzioni o applicando un'imposta negativa.

3.3.

Dato che le emissioni di CO2 hanno un impatto su scala globale, il prezzo da pagare per le attività che producono inquinamento, a effetti negativi equivalenti, dovrebbe essere lo stesso in ogni parte del mondo. Solo se l'imposta sarà la stessa ovunque la sua applicazione risulterà efficiente sotto il profilo dei costi, e per questo motivo occorre adottare un approccio globale (8).

3.4.

È però difficile calcolare esattamente le quantità di CO2 prodotte da ogni singola attività, e non esiste neppure un mercato mondiale in cui poter applicare un'imposta uniforme sulle attività generatrici di emissioni di CO2. Ciascun paese ha quindi dovuto necessariamente adottare misure soltanto frammentarie. È importante estendere l'applicazione di queste disposizioni a territori più vasti e ad un maggior numero di attività inquinanti.

3.5.

Il CESE ritiene che vi siano fondati motivi per adottare norme uniformi all'interno dell'UE e, su tale base, avviare discussioni a livello internazionale con altri blocchi geografici commerciali.

3.6.

Il ricorso a permessi di scambio di quote di emissione, nell'UE e in altre parti del mondo, è uno dei metodi per tener conto della necessità di imporre un prezzo uniforme per tonnellata di emissioni di CO2.

3.7.

Finora, tuttavia, il dibattito si è focalizzato sulle normative e sulle imposte ambientali, in particolare sulle tasse destinate a ridurre le emissioni. Secondo il CESE, il problema del riscaldamento globale va affrontato in maniera completa e simmetrica, tenendo conto del livello attuale di CO2 presente nell'atmosfera.

3.8.

Dal momento che ridurre questo livello serve a contrastare il riscaldamento globale, lo stesso beneficio si ricava riducendo di un determinato quantitativo le emissioni di CO2, oppure eliminando dall'atmosfera lo stesso quantitativo di CO2. Pertanto, incrementare o ridurre il livello di CO2 nell'atmosfera sono questioni che dovrebbero essere affrontate in modo simmetrico. Questo significa che le attività che immettono ulteriore CO2 nell'atmosfera (attività inquinanti) dovrebbero sostenere un costo aggiuntivo (imposta), mentre quelle che riducono il livello di CO2 dovrebbero beneficiare di una sovvenzione (imposta negativa).

3.9.

Tuttavia, finora ci si è concentrati quasi esclusivamente su come impedire la produzione di ulteriori emissioni. Anche applicando nuove imposte e altre misure in corso di definizione è probabile che il problema del riscaldamento globale persista, a meno che non si riesca ad eliminare il CO2 già immesso nell'atmosfera. Pertanto, il CESE ritiene che gli Stati membri debbano introdurre misure simmetriche.

3.10.

L'obiettivo perseguito da un'imposta sulle emissioni di carbonio e da un'imposta negativa sulla riduzione del livello di CO2 nell'atmosfera è quello di influire sui comportamenti e di tenere conto delle esternalità del riscaldamento globale. L'imposta o la sovvenzione in questione avrà tuttavia un impatto sulla produzione e sulle opportunità occupazionali in tutti i settori dell'economia. In linea di principio, non è scontato che l'aliquota dell'imposta positiva e l'aliquota dell'imposta negativa debbano essere di pari entità (9).

3.11.

È della massima importanza uniformare i diversi incentivi per promuovere gli investimenti sostenibili, a condizione di tener conto delle esternalità positive associate. Una metodologia armonizzata per gli indici di basse emissioni di carbonio deve servire da orientamento per il calcolo di altri impatti.

3.12.

Per consolidare sul piano economico e rendere più credibile politicamente la transizione verso un'economia a zero emissioni di carbonio, occorre intervenire quanto prima per ridurre le sovvenzioni dirette e indirette al settore dei combustibili fossili, responsabile di costi ambientali altissimi.

3.13.

Poiché il fabbisogno finanziario del Green Deal europeo è assai elevato e le risorse del bilancio comune dell'UE sono piuttosto limitate, il settore privato svolge un ruolo di notevole importanza. Un accordo sul quadro finanziario pluriennale dovrà tenere conto di questo elemento. Tuttavia, l'applicazione di imposte sulle emissioni di CO2 non deve servire in primo luogo come fonte di gettito, ma è dettata dalla necessità di modificare il comportamento di famiglie, imprese ed enti pubblici. Il CESE desidera insistere sulla necessità di mettere in campo misure efficaci in un modo che risulti socialmente accettabile per tutti.

4.   Sistemi di scambio di quote di emissione

4.1.

Uno strumento di politica ambientale che potrebbe essere utilizzato per la riduzione delle emissioni di CO2 è il sistema europeo di scambio di quote di emissione (Emissions Trading System, ETS) (10). L'ETS si basa sul principio di «limitazione e scambio» (cap and trade), secondo il quale per gli impianti soggetti al sistema viene stabilito un limite alla quantità totale di emissioni consentite di determinati gas a effetto serra. Questo limite viene abbassato nel tempo, con l'effetto di costringere a una riduzione delle emissioni totali. Entro i limiti di questo massimale di emissioni, le imprese soggette al sistema ricevono o acquistano quote di emissione, scambiabili secondo le loro necessità (11).

4.2.

Nella comunicazione Il Green Deal europeo (COM(2019) 640) la Commissione europea dichiara che, per ottenere una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, provvederà a riesaminare entro il giugno 2021 tutta una serie di strumenti pertinenti della politica in materia di clima (12). Tra questi figurano il sistema ETS in vigore, compresa l'eventuale estensione del sistema a nuovi settori, nonché altri interventi relativi a: i) gli obiettivi degli Stati membri per la riduzione delle emissioni in settori al di fuori del sistema ETS; ii) il regolamento relativo all'uso del suolo, ai cambiamenti di uso del suolo e alla silvicoltura.

4.3.

Il CESE esprime apprezzamento per questo approccio della Commissione, che considera un passo avanti nel riuscire a fissare più efficacemente il prezzo del carbonio in tutti i settori dell'economia. Si dovrebbe coordinare tale strumento con una serie di altri strumenti, compreso un nuovo approccio in materia di imposizione fiscale nel mercato interno dell'UE in un quadro strategico coerente, nonché con altri strumenti dello stesso tipo applicati in altre giurisdizioni nel mondo.

4.4.

Da una prospettiva internazionale, nel mondo è aumentato il numero di sistemi di scambio di quote di emissione. Oltre al sistema di scambio di quote di emissione dell'UE (ETS dell'UE), sistemi nazionali o infranazionali sono già operativi o in fase di sviluppo in Canada, Cina, Giappone, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Svizzera e Stati Uniti.

4.5.

Il CESE plaude alle iniziative regionali che puntano a una riduzione sostanziale del livello di CO2, poiché le considera misure necessarie per lottare efficacemente contro i cambiamenti climatici innescati dalle emissioni di CO2. A questo proposito, il CESE invita la Commissione a proseguire e intensificare gli sforzi per fare dell'Europa un continente all'avanguardia in questo campo.

5.   Imposte sulle emissioni di carbonio

5.1.

Un altro strumento di politica ambientale di possibile utilizzo è l'applicazione di imposte sul carbonio, che riducono le emissioni per lo più secondo due modalità: i) aumentando il costo dei carburanti e dell'elettricità a base di carbonio; ii) in conseguenza di tale aumento, spingendo le imprese a passare all'energia pulita, ad esempio l'energia idroelettrica, solare o eolica.

5.2.

Le imposte sul carbonio, se elaborate adeguatamente, sono coerenti con il principio «chi inquina paga», in base al quale chi inquina dovrebbe sostenere il costo delle misure di riduzione dell'inquinamento proporzionalmente all'entità del danno arrecato alla società, come precisato nella dichiarazione di Rio dell'ONU (13) (1992) e nella direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (14).

5.3.

Nel suo sforzo per ridurre le emissioni di carbonio, la Commissione si è concentrata sul sistema di scambio di quote di emissione (ETS). A giudizio del CESE, in futuro potrebbe essere utile e necessario elaborare anche nuove misure fiscali complementari al sistema ETS esistente e alle imposte sul carbonio in vigore a livello nazionale, per delineare un quadro strategico efficace e simmetrico atto ad affrontare il problema delle crescenti emissioni di CO2. Coordinare l'azione a livello globale è di fondamentale importanza, come viene giustamente precisato dal Fondo monetario internazionale (FMI) (15).

5.4.

In un certo numero di paesi europei sono in vigore imposte sull'energia, e in alcuni casi si tratta di imposte in parte basate sul contenuto di carbonio dell'energia. I paesi che applicano tali imposte energetiche sono la Svezia, la Danimarca, la Finlandia, i Paesi Bassi, la Norvegia, la Slovenia, la Svizzera e il Regno Unito (16).

5.5.

La Svezia, che di questi paesi è quello che applica l'aliquota dell'imposta sul carbonio più alta (112,08 EUR per tonnellata di emissioni di carbonio), ha registrato una riduzione delle emissioni del 23 % nell'arco dell'ultimo quarto di secolo. In Svezia l'imposta sul carbonio è stata introdotta nel 1991 ad un'aliquota pari a 250 SEK (23 EUR) per tonnellata di anidride carbonica di origine fossile emessa, e nel corso del tempo è stata aumentata fino all'aliquota attuale, pari a 1 190 SEK (110 EUR) nel 2020; tale imposta rimane uno dei pilastri della politica svedese in materia di cambiamenti climatici (17).

5.6.

L'imposta svedese sul carbonio ha incentivato la riduzione dei consumi energetici, il miglioramento dell'efficienza energetica e un maggiore ricorso alle energie alternative da fonti rinnovabili. Dato che l'aliquota dell'imposta è stata aumentata in modo graduale, le parti interessate hanno avuto il tempo di adeguarsi, il che ha rafforzato l'accettazione politica agli aumenti dell'imposta nel corso del tempo.

5.7.

Nel complesso, l'esperienza svedese dimostra che è possibile ridurre le emissioni, anche se questo richiede una trasformazione sostanziale dell'economia. Nel periodo 1990-2017 il PIL è aumentato del 78 % e, nello stesso arco di tempo, le emissioni di gas a effetto serra a livello nazionale sono diminuite del 26 %, portando la Svezia a conquistare l'8a posizione dell'indice di competitività globale.

5.8.

Nel 1990 la Finlandia è stato il primo paese al mondo ad applicare un'imposta sul carbonio, inizialmente sulla sola base del contenuto di carbonio in relazione alla produzione di calore e di elettricità. L'applicazione dell'imposta è stata poi estesa, oltre che al carbonio, all'energia e ai carburanti per il trasporto.

5.9.

Nel 1992 la Danimarca ha introdotto una tassa sul carbonio per tutti i consumi di combustibili fossili (gas naturale, petrolio greggio e carbone). In Norvegia l'imposta sul carbonio è riscossa sul 55 % delle emissioni totali, mentre al restante 45 % si applica il sistema nazionale di scambio di quote di emissione (18).

5.10.

Il CESE esorta la Commissione europea ad adottare iniziative concrete per applicare un'imposta sul carbonio più o meno uniforme negli Stati membri al fine di armonizzare gli sforzi volti a ridurre efficacemente il livello di CO2. Idealmente, ne dovrebbero risultare condizioni uniformi in tutto il mercato unico dell'UE per quanto riguarda le emissioni/riduzioni da tassare, nonché in relazione ai metodi e alle aliquote d'imposta specifici per un impatto equivalente sul livello di CO2 nell'atmosfera. Tuttavia, un simile risultato può richiedere del tempo, in considerazione delle esigenze specifiche dei singoli paesi.

5.11.

L'introduzione di un'imposta sul CO2 più o meno uniforme negli Stati membri dovrebbe essere usata per influenzare i partner commerciali spingendoli ad adottare provvedimenti dello stesso tipo, ampliando così la portata degli sforzi a livello globale e limitando l'impatto sulla competitività europea. Una soluzione globale è necessaria se si vuole evitare l'applicazione di complesse regole in materia di compensazione.

5.12.

Inoltre, se saranno elaborate correttamente, queste imposte potrebbero contribuire alla crescita economica generando, tra l'altro, investimenti produttivi in nuove tecnologie, in particolare per lo sviluppo di tecnologie volte a ridurre i livelli attuali di CO2 presente nell'atmosfera.

6.   Le tecnologie CCS (Carbon Capture and Storage — cattura e stoccaggio del carbonio) e CCU (Carbon Capture and Use — cattura e utilizzo del carbonio)

6.1.

Un ulteriore strumento di politica ambientale potrebbe consistere nell'utilizzo di tecniche che riducano i livelli di CO2 presenti nell'atmosfera. Oltre al sistema ETS e alle imposte sul CO2, sarà probabilmente necessario ricorrere anche a tecniche di questo tipo. Si dovrà adottare un approccio simmetrico. Per limitare il riscaldamento globale, le attività che riducono il livello di CO2 già presente nell'atmosfera sono altrettanto utili della riduzione delle attività generatrici di emissioni di CO2.

6.2.

Le due principali tecnologie impiegate per ridurre i livelli di CO2 sono la cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) e la cattura e utilizzo del carbonio (CCU) (19): in entrambi i casi il CO2 viene estratto dall'atmosfera, compresso e trasferito in siti di stoccaggio. Queste tecnologie offrono un notevole potenziale per l'attenuazione degli effetti dei cambiamenti climatici (20). Esistono poi anche altre tecnologie e altre ancora dovrebbero essere sviluppate in gran numero nel prossimo futuro.

6.3.

Le due tecnologie differiscono nella destinazione finale del CO2 catturato. Nel caso della CCS, il CO2 catturato è trasferito in un sito idoneo per uno stoccaggio a lungo termine, mentre nel caso della CCU viene trasformato in prodotti per uso commerciale.

6.4.

La CCU riguarda la cattura e l'utilizzo di CO2 come materia prima per la produzione di minerali, componenti chimici di base, combustibili sintetici e materiali da costruzione. Questa tecnologia può essere impiegata per limitare le emissioni di CO2 riciclando quest'ultimo nei prodotti, sequestrandolo in modo permanente nei materiali da costruzione (ad es. il cemento), nonché con la sua reimmissione in circolo mediante cattura direttamente dall'atmosfera. Può inoltre offrire possibilità di stoccaggio dell'energia elettrica attraverso la produzione di metano sintetico.

6.5.

L'UE ha definito un quadro normativo per la commercializzazione e il sovvenzionamento di questa nuova tecnologia, anche se oggi il costo della cattura e dello stoccaggio del carbonio rappresenta tuttora un fattore negativo importante. La cattura, in particolare, costituisce per il momento la parte più onerosa dell'intero processo.

6.6.

Oggi i principali impianti che utilizzano le tecnologie CCS e CCU si trovano negli Stati Uniti.

6.7.

Nel continente europeo, la Norvegia utilizza entrambe le tecnologie già dal 1996 (21). Ogni anno milioni di tonnellate di CO2 ricavato dalla produzione di gas naturale in una serie di appositi impianti sono catturate e stoccate in siti adeguati: si tratta dell'esperienza di maggior successo fino ad oggi nell'utilizzo della tecnologia CCS in Europa. Negli ultimi anni nuove tecnologie di tipo CCS e CCU sono state messe a punto in Svezia, nei Paesi Bassi, in Belgio, in Francia e in Irlanda (22).

6.8.

Il CESE incoraggia lo sviluppo delle tecnologie CCS e CCU con investimenti ad hoc, sia a livello dell'UE che nazionale, in quanto esse contribuiscono a realizzare l'obiettivo di ridurre l'impatto delle emissioni di CO2 e, più in generale, sia gli obiettivi di sviluppo sostenibile promossi dalle Nazioni Unite che quelli previsti dall'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

6.9.

Per ridurre il riscaldamento globale in modo efficiente, anche sotto il profilo dei costi, occorre promuovere le tecnologie CCS e CCU (23); in particolare, al fine di accrescere il ricorso a tali tecnologie, i bilanci nazionali dovrebbero svolgere un ruolo essenziale promuovendo gli investimenti pubblici e favorendo le agevolazioni fiscali. La Commissione europea sta valutando, in proposito, la possibilità di rivedere i pertinenti orientamenti in materia di aiuti di Stato, compresi quelli su ambiente ed energia, che saranno modificati entro il 2021 per consentire agli Stati membri una maggiore flessibilità.

6.10.

In particolare, i paesi UE dovrebbero adottare una politica fiscale ambientale completa e simmetrica in relazione all'impatto del CO2 sul riscaldamento globale. Occorre introdurre imposte con aliquote sia positive che negative. Il gettito delle imposte sul CO2 potrebbe venire reinvestito di preferenza nel finanziamento di incentivi a sostegno delle tecniche di riduzione delle emissioni di carbonio.

6.11.

I fondi europei destinati alla ricerca nel settore delle tecnologie CCS e CCU potrebbero essere potenziati e strategicamente mirati a conseguire risultati migliori e concreti in termini di capacità di cattura e metodi alternativi di stoccaggio del CO2.

6.12.

Non si dovrebbe sottovalutare l'importanza della funzione che svolgono le regole in materia di appalti pubblici (24). Gli obiettivi ecocompatibili e gli specifici strumenti ambientali previsti dalle direttive 2014/24/UE (25), 2014/25/UE (26) e 2014/23/UE (27) sugli appalti pubblici e le concessioni dovrebbero essere messi a profitto ancora di più e meglio dai governi nazionali e dalle pubbliche amministrazioni locali. In questo modo, gli investimenti e la spesa pubblica a livello nazionale, da un lato, potrebbero operare in sinergia con le misure previste dal Green Deal europeo, dall'altro.

7.   Altri strumenti per la riduzione delle emissioni

7.1.

Infine, il CESE richiama l'attenzione su altri strumenti di politica ambientale per la riduzione delle emissioni di carbonio — dalle nuove tecnologie alle pratiche di gestione del suolo —, strumenti che dovrebbero essere promossi e sostenuti sia in ambito UE che a livello nazionale. Prima di tutto, le foreste eliminano naturalmente il CO2 e gli alberi, grazie alla fotosintesi, sono particolarmente efficienti nell'assorbire il carbonio dall'atmosfera. L'espansione, il ripristino e la corretta gestione delle foreste possono servire a sfruttare le capacità di fotosintesi degli alberi per affrontare il problema del carbonio nell'atmosfera.

7.2.

Se la vendita di prodotti forestali è tassata come fonte di reddito per il proprietario della foresta, si dovrebbe invece riconoscere che l'imboschimento e il rimboschimento riducono il CO2 presente nell'atmosfera e, pertanto, con un approccio fiscale simmetrico al problema del riscaldamento globale, queste attività dovrebbero essere incentivate attraverso un'imposta negativa sul carbonio. Si tratterebbe di una misura importante per realizzare gli obiettivi climatici.

7.3.

Va sottolineato inoltre che il suolo immagazzina naturalmente il carbonio. La politica agricola comune (PAC), nella sua versione più recente, ha introdotto alcune misure di «inverdimento» volte ad incrementare il contributo dell'agricoltura europea alla crescita verde in Europa. Misure di questo tipo andrebbero incoraggiate a condizione che siano compatibili con la crescente necessità di produzione alimentare e con il conseguimento di obiettivi ambientali. L'economia circolare può anch'essa generare maggiori possibilità per quanto riguarda la realizzazione degli obiettivi ambientali e climatici.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Le cause dei cambiamenti climatici, pagina web sul sito della Commissione europea (Energia, cambiamenti climatici, ambiente), https://ec.europa.eu/clima/change/causes_it.

(2)  Global Climate Change («Cambiamenti climatici globali»), NASA, https://climate.nasa.gov/evidence/.

(3)  Osservatorio Global Carbon Project (Progetto globale sul CO2), Emissioni di CO2 — http://www.globalcarbonatlas.org/en/CO2-emissions.

(4)  Cfr. l'apposita pagina web della Commissione Un Green Deal europeo — Adoperarsi per essere il primo continente a impatto zero sul clima.

(5)  Cfr. il parere del CESE sul tema Piano di investimenti del Green Deal europeo (in corso) e il parere del CESE (GU C 282 del 20.8.2019, pag. 51).

(6)  Cfr. il parere del CESE sul tema Fondo per una transizione giusta e modifiche al regolamento recante disposizioni comuni (GU C 311 del 18.9.2020, pag. 55).

(7)  Cfr. la Emissions Gap Report («Relazione sul divario delle emissioni rispetto agli obiettivi fissati») 2019 del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) sugli sforzi a livello mondiale.

(8)  Se non si riesce a trovare una soluzione veramente globale, la questione del trattamento da riservare ai prodotti importati da paesi terzi diventa problematica e rende necessario applicare un meccanismo di adeguamento fiscale alla frontiera, con le conseguenze che questo comporta.

(9)  Si potrebbe affermare che la sovvenzione erogata per tonnellata di CO2 ridotta dovrebbe essere maggiore dell'aliquota dell'imposta sulle emissioni di CO2, dal momento che è probabile che una minore produzione nei settori di attività generatrici di emissioni di CO2 abbia un impatto sull'occupazione sotto forma di una disoccupazione in certo modo persistente. Inoltre, è probabilmente più facile ottenere un sostegno pubblico a favore di una trasformazione strutturale dell'economia che porti allo sviluppo di nuove tecnologie che non limitare gli attuali metodi di produzione.

(10)  Cfr. il parere del CESE sul tema Revisione del sistema UE per lo scambio di quote di emissione (GU C 71 del 24.2.2016, pag. 57).

(11)  Il sistema ETS e la fissazione dei prezzi per le quote di emissione hanno suscitato numerose discussioni. Il prezzo delle quote di emissione tende ad essere fortemente influenzato dal numero di quote disponibili e dal ciclo delle attività economiche. È probabile che l'attuale situazione economica, indotta dalla crisi della COVID-19, riaccenda il dibattito sull'ETS.

(12)  Cfr. il parere del CESE sul tema Piano di investimenti del Green Deal europeo (GU C 311 del 18.9.2020, pag. 63).

(13)  Relazione della Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo.

(14)  GU L 143 del 30.4.2004, pag. 56.

(15)  FMI, Fiscal Monitor, How to Mitigate Climate Change («Come attenuare gli effetti dei cambiamenti climatici»), 2019, pag. IX. Nel documento si sottolinea che i diversi strumenti strategici hanno i loro vantaggi e svantaggi, ma la crisi climatica costituisce un'emergenza e riguarda la vita, e impone ai principali soggetti interessati di mettere in campo tutte le misure di politica appropriate. I ministri delle Finanze possono affrontare questa crisi tassando le emissioni di carbonio o introducendo politiche analoghe, rendendo più accettabile l'attenuazione degli effetti dei cambiamenti climatici mediante misure fiscali o di spesa complementari, destinando risorse di bilancio adeguate per investimenti nelle tecnologie pulite e coordinando le strategie a livello internazionale.

(16)  L'introduzione di imposte sulle emissioni di carbonio, o l'aumento delle loro aliquote, comporta spesso difficili compromessi. L'applicazione delle imposte innesca la necessità di riforme delle tecniche di produzione e dei mezzi di trasporto, con una conseguente disoccupazione in alcuni settori e la necessità di una transizione verso altri tipi di lavoro. I costi sociali possono essere alti per chi è direttamente interessato da questo processo. I paesi dispongono di un ventaglio di possibilità per l'erogazione di prestazioni sociali, e di questo si deve tenere conto se si vuole rendere socialmente accettabile l'applicazione di tali imposte.

(17)  L'imposta svedese sul carbonio, Uffici del governo svedese, https://www.government.se/government-policy/taxes-and-tariffs/swedens-carbon-tax/.

(18)  Putting a Price on Carbon with a Tax («Fissare un prezzo del carbonio applicando un'imposta»), Gruppo della Banca mondiale, https://www.worldbank.org/content/dam/Worldbank/document/SDN/ background-note_carbon-tax.pdf.

(19)  The potential for CCS and CCU in Europe («Il potenziale di cattura e stoccaggio o utilizzo del carbonio in Europa»), Commissione europea https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/iogp_-_report_-_ccs_ccu.pdf.

(20)  Cfr. il parere del CESE (GU C 341 del 21.11.2013, pag. 82).

(21)  CCS, Norwegian Petroleum, https://www.norskpetroleum.no/en/environment-and-technology/carbon-capture-and-storage/.

(22)  How European CO2 Transport and Storage Infrastructure can enable an Innovative Industrial Transition («In che modo infrastrutture di trasporto e stoccaggio di CO2 possono consentire una transizione industriale innovativa»), Parlamento europeo, https://zeroemissionsplatform.eu/wp-content/uploads/ZEP-Conference-Presentations.pdf.

(23)  Nel 2020 una commissione del governo svedese è giunta alla conclusione che la Svezia potrebbe riuscire ad azzerare le proprie emissioni di carbonio entro il 2045, se il gettito delle imposte sul CO2 venisse reinvestito per sovvenzionare l'eliminazione del carbonio dall'atmosfera. Le aliquote dell'imposta positive e negative sarebbero di pari livello. Cfr. SOU 2020: 4, Inchieste pubbliche del governo svedese.

(24)  Come è stato sottolineato dalla Commissione europea nel suo opuscolo dell'ottobre 2017 dal titolo Public Procurement for a Circular Economy («Appalti pubblici per un'economia circolare»), https://ec.europa.eu/environment/gpp/pdf/Public_procurement_circular_economy_brochure.pdf. Anche la Banca mondiale, nelle proprie procedure di gare d'appalto, ha messo l'accento sul ruolo che svolgono le regole in materia di appalti pubblici: https://www.worldbank.org/en/about/corporate-procurement/vendors.

(25)  GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65.

(26)  GU L 94 del 28.3.2014, pag. 243.

(27)  GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1.


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/29


Parere del comitato economico e sociale europeo sul tema «Rafforzare la crescita economica sostenibile in tutta l’UE»

(parere d’iniziativa)

(2020/C 364/04)

Relatore:

Philip VON BROCKDORFF

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.2.2020

Base giuridica

Art. 32, par. 2, del Regolamento interno

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

24.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

194/11/12

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La pandemia di COVID-19 ha colpito l’Unione europea, insieme ad altri paesi in tutto il mondo. La Commissione europea ha risposto alla crisi con un ampio pacchetto di strumenti destinati ad attenuare l’impatto di questo shock esogeno. Il pacchetto comprendeva uno strumento di sostegno nell’ambito della crisi pandemica a titolo del meccanismo europeo di stabilità (MES), prestiti temporanei per finanziare i regimi nazionali di riduzione dell’orario lavorativo e altre misure analoghe, al fine di salvaguardare i posti di lavoro negli Stati membri dell’UE nel quadro dell’iniziativa SURE. Da parte sua, la Banca europea per gli investimenti (BEI) ha fornito un sostegno alla liquidità per le imprese. Più recentemente, la Commissione europea ha proposto un nuovo strumento da 750 miliardi di euro denominato Next Generation EU, destinato ad aiutare gli Stati membri a riprendersi dalla crisi economica.

1.2.

In tale contesto, il CESE è del parere che la crisi della COVID-19 non dovrebbe allontanare l’UE dai suoi obiettivi a medio e lungo termine, delineati nel Green Deal europeo, nella Strategia annuale di crescita sostenibile 2020 e nel pilastro europeo dei diritti sociali. In effetti, questi obiettivi riconoscono la necessità di rimodulare l’economia europea per garantire una crescita sostenibile nei prossimi anni, sulla base dei pilastri di sostenibilità ambientale, incrementi di produttività, equità e progresso sociale e stabilità macroeconomica.

1.3.

Per garantire la sicurezza delle catene di approvvigionamento, che si sono dimostrate vulnerabili durante la crisi, il CESE ritiene che gli operatori dell’UE debbano ripensare le strategie al riguardo, tra cui la diversificazione, e il riallineamento delle catene in molteplici settori. È altrettanto importante che l’UE svolga un ruolo più incisivo nel commercio mondiale, che è cruciale per le sue imprese e le loro prospettive commerciali. Il CESE ritiene inoltre che bisognerebbe applicare la parità di condizioni in un ampio ventaglio di settori (non da ultimo in quello delle norme internazionali del lavoro, della concorrenza equa e del rispetto degli obiettivi in materia di cambiamenti climatici) per le imprese globali che operano su un mercato globale. Non si possono escludere le imprese europee che trasferiscono i propri impianti di produzione (almeno per i prodotti essenziali) all’interno dell’UE per evitare problemi della catena di approvvigionamento.

1.4.

Se la globalizzazione, con tutti i suoi effetti indesiderati, ha portato a investimenti transfrontalieri, questi vengono realizzati non sempre e non tanto per creare investimenti di capitali, quanto piuttosto per reperire paesi in cui le imposte sono più basse. A giudizio del CESE, i problemi economici e le altre conseguenze derivanti dalla crisi della COVID-19 suggeriscono che è necessario modificare il modus operandi delle imprese attive sul territorio dell’UE e nel resto del mondo. Le raccomandazioni del CESE di accelerare i tempi per affrontare l’elusione fiscale e l’evasione fiscale acquistano adesso maggiore rilievo, e ciò vale altresì per le discussioni tra Stati membri sul graduale passaggio al voto a maggioranza qualificata e alla procedura legislativa ordinaria in materia fiscale.

1.5.

Durante la crisi le politiche e il sostegno dei governi hanno assunto maggiore importanza. La politica di bilancio, in particolare, è fondamentale non solo per la stabilità economica ma anche per consentire ai governi di sostenere le imprese mediante incentivi, nel rispetto della legislazione dell’UE. Pertanto il CESE ritiene che qualsiasi tentativo di realizzare e rafforzare la crescita sostenibile richieda direttive e regolamentazioni da parte dei governi in tutti i settori dell’attività economica e della tutela ambientale, ponendo l’accento sull’integrazione della protezione dell’ambiente nelle attività economiche. Ovviamente, un dialogo aperto con le parti sociali e la società civile resta essenziale per la definizione della politica economica.

1.6.

L’enorme fabbisogno di prestiti necessari per fornire un sostegno al reddito e garanzie sui prestiti alle imprese congelate dalle restrizioni imposte durante la crisi limiterà indubbiamente le possibilità per i governi di fornire incentivi per rilanciare l’attività economica, così come limiterà l’entità dei finanziamenti necessari per sostenere sia la tutela ambientale che gli investimenti produttivi. I governi dovranno pertanto trovare soluzioni creative per sostenere le spese destinate a realizzare una crescita economica sostenibile, garantendo nel contempo la sostenibilità di bilancio a lungo termine.

1.7.

La transizione verso un percorso economico più sostenibile deve implicare sia lo sviluppo di settori verdi, sia l’ecologizzazione, nella misura del possibile, dei modelli imprenditoriali e dei settori esistenti al di là di quelli «verdi» per tradizione. Pertanto, il CESE ritiene che gli aiuti concessi alle imprese, a livello sia nazionale che unionale, debbano essere subordinati al conseguimento degli obiettivi definiti nel Green Deal europeo e nella Strategia di crescita sostenibile 2020 e a prove evidenti di progressi sociali.

1.8.

Nella definizione delle strategie necessarie per la ripresa economica, gli investimenti e la sostenibilità, l’attivazione, da parte della Commissione, della clausola generale di salvaguardia nel quadro del patto di stabilità e crescita (che consente ai paesi della zona euro di sospendere temporaneamente gli adeguamenti necessari per raggiungere gli obiettivi di bilancio a medio termine) rappresenta un passo nella giusta direzione. Il CESE ritiene, tuttavia, che una revisione delle norme vigenti possa essere ritenuta necessaria nel momento in cui ha inizio la fase di ripresa post-COVID.

1.9.

A giudizio del CESE, una delle pietre angolari della crescita economica sostenibile nell’UE dev’essere la creazione e lo sviluppo di un’economia realmente circolare che massimizzi e conservi il valore all’interno di intere catene del valore, riducendo al minimo i rifiuti e promuovendo l’uso efficiente delle risorse. I modelli di business nell’ambito dell’economia circolare offrono un notevole potenziale per promuovere la competitività europea, non solo in termini di salvaguardia dell’ambiente naturale ma anche di creazione di posti di lavoro di qualità e di sviluppo delle industrie dell’indotto.

1.10.

Il ruolo dell’innovazione e della digitalizzazione e dei continui investimenti nel capitale umano al fine di agevolare la transizione verso lo sviluppo sostenibile non può essere sottolineato a sufficienza. L’attuale pandemia è tuttavia servita anche a ribadire l’importanza di concentrarsi sulla salute e sul benessere dei singoli, in contrapposizione all’attenzione rivolta unicamente alla produttività e alla crescita economica. La produttività svolge un ruolo fondamentale nella realizzazione della crescita economica sostenibile. Il CESE ritiene che, affinché un’economia possa continuare a crescere in modo sostenibile in futuro, essa debba aumentare la sua capacità di crescita, ma solo fino al punto in cui la crescita apporta un valore all’economia, puntando all’aumento dei salari e dell’avanzo di bilancio in modo da accrescere la domanda nel mercato unico, e senza recare pregiudizio a diritti acquisiti quali la protezione sociale e la contrattazione collettiva.

2.   Resilienza agli shock economici (l’esperienza della pandemia di COVID-19)

2.1.

Nelle conclusioni del proprio parere in merito alla Funzione europea di stabilizzazione degli investimenti (1), il CESE ha osservato che, nel caso di una crisi economica che colpisca diversi Stati membri, la Funzione europea di stabilizzazione degli investimenti (EISF), che punta a una maggiore stabilità delle politiche di bilancio nazionali in presenza di shock economici, non sarebbe abbastanza efficace a causa dell’entità della sua dotazione. Sebbene l’EISF fosse considerata un passo verso una più stretta integrazione della zona euro, secondo il CESE un regime di assicurazione ben concepito a livello di UE che funga da stabilizzatore automatico in presenza di shock macroeconomici sarebbe più efficace dello strumento proposto.

2.2.

Negli ultimi mesi l’Unione europea, insieme ad altri paesi in tutto il mondo, è stata colpita negativamente dalla pandemia di COVID-19. La crisi ha evidenziato le carenze intrinseche dell’UE: almeno nelle fasi iniziali, i suoi leader sono sembrati incapaci di reagire in maniera efficace e coordinata alle gravi conseguenze economiche e sociali della crisi della COVID-19. I sistemi sanitari, in particolare quello italiano e quello spagnolo, hanno avuto difficoltà a far fronte al numero di persone infettate e la risposta generale ha rispecchiato ironicamente il principio «ogni nazione per sé» fomentato dall’estrema destra e dai nazionalisti.

2.3.

Si potrebbe sostenere che la recente crisi abbia rappresentato la prova più importante per il progetto europeo, per le sue istituzioni e per l’architettura stessa su cui si fonda l’euro. Nel 2008 fu il settore bancario a trovarsi al centro della crisi, e la Banca centrale europea (BCE) iniettò liquidità nei mercati finanziari e offrì sostegno alle banche. All’epoca gli strumenti monetari svolsero un ruolo cruciale, mentre la crisi recente ha rappresentato una sfida del tutto diversa, visto che per garantire la solidità dei sistemi sanitari pubblici è stata data priorità alle misure di bilancio, fornendo nel contempo un sostegno al reddito per le imprese vulnerabili e i loro dipendenti. Da parte sua, la BCE ha fornito un sostegno indiretto alle capacità dei governi di emettere debito e contrarre prestiti per finanziare le spese, comprese quelle destinate ai programmi di sviluppo e di previdenza sociale.

2.4.

Le ricadute economiche della pandemia di COVID-19 hanno colpito tutti i membri del blocco della valuta unica, tuttavia non esiste alcun meccanismo che permetta ai governi della zona euro di reagire congiuntamente a uno shock di questo genere. La conseguenza è che le reazioni politiche alla pandemia sono state prevalentemente di carattere nazionale, finendo così per accentuare le differenze invece di unire l’Europa nel momento della crisi. Quando si è trovata ad affrontare uno shock simmetrico la zona euro ha risposto in modo asimmetrico. Le differenze tra le situazioni di bilancio dei diversi Stati membri hanno determinato risposte politiche nettamente divergenti. In molti dei suoi pareri il CESE ha sottolineato l’importanza di una maggiore convergenza nella politica economica e sociale e di un approccio coordinato nella politica di bilancio, anche in materia di fiscalità, ma la crisi attuale ha dimostrato ancora una volta che vi è una profonda disparità tra le risposte delle politiche di bilancio, dovuta alle differenze tra le situazioni finanziarie dei singoli paesi. Le economie più forti della zona euro hanno reagito con determinazione alla pandemia di COVID-19 aumentando l’assunzione di prestiti per finanziare pacchetti di salvataggio. Le economie più vulnerabili non dispongono degli stessi margini finanziari e hanno risposto con pacchetti di salvataggio più modesti. Questo dimostra la misura delle divergenze tra le economie della zona euro. Quanto più lunga è stata la crisi, tanto più evidenti sono state queste differenze.

2.5.

Nella sua risposta alla crisi, la BCE ha annunciato un nuovo programma straordinario di acquisto di titoli al fine di stabilizzare i mercati europei. La reazione iniziale nelle capitali europee è stata prevedibile: una volta che la calma è tornata sui mercati e che lo spread tra i paesi si è ridotto, l’esigenza percepita di un’azione di bilancio congiunta è svanita. Ciascun paese ha riportato la propria attenzione sui piani di salvataggio nazionali. Tuttavia, i successivi interventi della Commissione, dell’Eurogruppo e del Consiglio europeo a favore del piano di ripresa hanno dato un impulso quanto mai necessario agli Stati membri. Ciononostante, restava ancora molto da fare per rispondere in modo efficace a questa crisi, compresa la creazione di uno strumento comune di debito volto a mettere in comune gli investimenti necessari per rilanciare l’economia e scongiurare la perdita di milioni di posti di lavoro nell’UE.

2.6.

Questo ci porta al meccanismo europeo di stabilità (MES) e alla sua capacità di prestito di 410 miliardi di EUR. In generale gli Stati membri sono stati alquanto restii a ricorrere al MES, dato che tutti i prestiti sono soggetti a condizioni. In secondo luogo, anche quando tali condizioni vengono sospese o adeguate, come stabilito nella riunione dell’Eurogruppo del 9 aprile 2020, le obbligazioni «sintetiche» del MES non possono che perpetuare la realtà frammentata della zona euro. Il problema della frammentazione non viene affrontato dal quadro di sorveglianza economica e di bilancio attualmente in vigore, in particolare le riforme del six-pack e del two-pack, e costituisce il motivo principale per cui la Commissione europea ha di recente pubblicato una comunicazione sull’argomento (2). Il riesame condotto dalla Commissione verte essenzialmente sugli elementi indispensabili per conseguire la crescita economica, mantenendo nel contempo finanze pubbliche sostenibili ed evitando gli squilibri macroeconomici attraverso un più stretto coordinamento delle politiche economiche e la convergenza dei risultati economici tra gli Stati membri. Si potrebbe trattare di un passo importante nella direzione giusta, a condizione che si identifichino le cause profonde degli squilibri nel quadro della procedura per gli squilibri macroeconomici o del semestre europeo, prestando particolare attenzione alle politiche più efficaci, comprese quelle volte a migliorare i sistemi di protezione sociale.

2.7.

Il 9 aprile 2020 la Commissione europea ha annunciato un ampio pacchetto di strumenti, per un valore di 540 miliardi di euro, destinati ad attenuare l’impatto della crisi della COVID-19. Il pacchetto comprende un nuovo strumento di sostegno nell’ambito della crisi pandemica a titolo del meccanismo europeo di stabilità, per un valore massimo di 240 miliardi di euro, volto a sostenere gli Stati membri della zona euro nel finanziamento interno dei costi diretti e indiretti originati dalla pandemia di COVID-19 connessi all’assistenza sanitaria, alle cure e alla prevenzione. Ogni Stato membro può contrarre prestiti per un importo che può arrivare fino al 2 % del suo PIL. Il pacchetto comprende anche 100 miliardi di euro di prestiti temporanei per finanziare i regimi nazionali di riduzione dell’orario lavorativo e altre misure analoghe, al fine di salvaguardare i posti di lavoro negli Stati membri dell’UE nel quadro dell’iniziativa SURE, con garanzie fornite dai paesi dell’UE. Inoltre, la Banca europea per gli investimenti (BEI) fornirà un sostegno alla liquidità fino a 200 miliardi di euro per le imprese di tutta Europa, con particolare attenzione per le PMI. Il 27 aprile 2020 il Consiglio europeo ha altresì approvato in linea di principio l’istituzione di un fondo per la ripresa dell’UE, per un totale di almeno mille miliardi di euro, e ha invitato la Commissione a elaborare una proposta sulle modalità di sviluppo e di utilizzo di tale fondo.

2.8.

Un mese più tardi, il 27 maggio 2020, la Commissione europea ha proposto un nuovo strumento da 750 miliardi di euro denominato Next Generation EU, destinato ad aiutare gli Stati membri a riprendersi dalla crisi economica provocata dalla pandemia di COVID-19. Il nuovo pacchetto, integrato nel prossimo bilancio a lungo termine dell’UE per il periodo 2021-2027, comprende 500 miliardi di euro di sovvenzioni e 250 miliardi di euro di prestiti, e sarà finanziato mediante prestiti contratti sui mercati finanziari, per cui sarà necessario innalzare temporaneamente il massimale delle risorse proprie al 2 % del reddito nazionale lordo dell’UE. Il programma per la ripresa prevede 560 miliardi di euro destinati a sostenere gli investimenti e le riforme degli Stati membri nei settori dell’economia verde, della digitalizzazione e della resilienza economica (310 miliardi di euro in sovvenzioni e 250 miliardi di euro in prestiti), 55 miliardi di euro aggiuntivi per promuovere gli attuali programmi della politica di coesione e un sostegno integrativo di 40 miliardi di euro a favore del Fondo per una transizione giusta, nonché un ulteriore investimento di 15 miliardi di euro nel Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale. Il fondo è inoltre finalizzato a rilanciare gli investimenti privati, con un nuovo strumento di sostegno alla solvibilità per le imprese europee, la cui dotazione è pari a 31 miliardi di euro, un rafforzamento di 15,3 miliardi di euro a titolo del programma di investimenti dell’UE InvestEU e un ulteriore strumento per gli investimenti strategici da 15 miliardi di euro (che fa parte integrante di InvestEU) inteso a generare investimenti in determinati settori strategici dell’UE, in particolare nell’ambito dello sviluppo della resilienza, della trasformazione verde e digitale e delle principali catene del valore.

2.9.

Alla luce di questi sviluppi, la recente crisi non dovrebbe allontanare l’UE dai suoi obiettivi a lungo termine, delineati nel Green Deal europeo e nella Strategia annuale di crescita sostenibile 2020. In effetti, questi obiettivi sono stranamente lungimiranti, in quanto riconoscono la necessità di rimodulare l’economia europea per garantire una crescita sostenibile nei prossimi anni, sulla base dei pilastri di sostenibilità ambientale, incrementi di produttività, equità, progresso sociale e stabilità macroeconomica.

3.   Interdipendenza globale, dimensione internazionale dell’UE e futuro della globalizzazione

3.1.

Sebbene la globalizzazione abbia comportato un incremento degli investimenti diretti esteri (IDE), che dal 1990 sono aumentati a un tasso medio annuo del 10 % circa (3), mentre il commercio mondiale è cresciuto in media del 5 % (4), è necessario riconoscerne gli effetti collaterali, in particolare per quanto riguarda le condizioni sociali e di lavoro. Se è vero che la globalizzazione ha promosso il trasferimento tecnologico, la ristrutturazione industriale e la crescita delle imprese di livello mondiale, ciò è spesso avvenuto a scapito dei diritti sociali e della contrattazione collettiva. Ancora una volta, benché la globalizzazione abbia consentito alle grandi imprese di realizzare economie di scala che riducono i costi e i prezzi, questo ha danneggiato molte piccole imprese europee che competono sui mercati interni.

3.2.

Per quanto riguarda gli scambi commerciali tra Stati, la maggiore interdipendenza ha avuto diversi effetti positivi, non da ultimo la consapevolezza che i conflitti tra gli Stati segnerebbero la fine del mondo come lo conosciamo, vista la potenza militare di paesi come Cina, Stati Uniti e Russia. Ma questo non è l’unico fattore determinante. Le conseguenze negative della globalizzazione, come l’eccesso di inquinamento e le condizioni di lavoro inique, sono spesso ignorate. Inoltre, quando una crisi colpisce economie come quelle della Cina e degli Stati Uniti, questo finisce per interessare un gran numero di paesi, creando instabilità a livello sia regionale che globale. Vi sono diversi altri rischi causati dalla globalizzazione, non da ultimo il fatto che le imprese multinazionali o globali sono spesso considerate come una minaccia per la sovranità nazionale a causa del loro peso all’interno del paese.

3.3.

A questo punto è pertinente chiedersi in quale misura la pandemia di COVID-19 modificherà il modus operandi delle imprese attive nel settore del commercio transfrontaliero o dei servizi, visto che determinati settori (in particolare quello dei viaggi e del turismo/aviazione) sono maggiormente penalizzati dalla crisi economica. Le implicazioni finanziarie di questa crisi sono enormi: le imprese, incluse quelle del settore manifatturiero, sono colpite dalle restrizioni alle catene di approvvigionamento e alle esportazioni, e il venir meno dell’attività per la clientela provoca quello che potrebbe essere definito un effetto moltiplicatore invertito, o la propagazione di shock (negativi) all’interno delle reti di produzione. La crisi è servita a ricordarci la rete di accordi di fornitura che sono alla base dell’economia globalizzata.

3.4.

L’espansione del commercio mondiale nell’ultimo quarto del XX secolo è stata resa possibile da due fattori slegati tra loro: l’aumento del trasporto intermodale delle merci (ad esempio, l’impiego dei container) e l’abbandono generalizzato dei controlli sui movimenti di capitale all’inizio degli anni ’80. Anche considerando che attualmente i flussi di capitali sono più regolamentati, essi rimangono comunque la linfa vitale degli investimenti e dei flussi commerciali in tutto il mondo. Una terza ragione alla base dell’espansione del commercio mondiale è stata la liberalizzazione degli scambi e i relativi accordi commerciali, e forse in particolare l’adesione della Cina all’OMC. Il commercio svolge un ruolo estremamente importante per l’UE in qualsiasi tentativo di promuovere una crescita economica sostenibile, e l’aumento dei flussi commerciali tra l’UE e i suoi partner commerciali presenta chiari vantaggi; tuttavia la crisi della COVID-19 ha messo in evidenza la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali. Considerando che una perturbazione degli scambi può incidere sulla crescita economica sostenibile, l’UE deve fare di più, nel quadro dei suoi accordi internazionali, per garantire la sicurezza delle catene di approvvigionamento, al fine di ridurre al minimo le perturbazioni provocate dagli shock economici. Ciò richiederebbe un ripensamento delle strategie relative alle catene di approvvigionamento, tra cui la diversificazione, ma anche un riallineamento di tali catene in molteplici settori, oltre a comportare anche una forma di deglobalizzazione settoriale con le imprese dell’UE che trasferiscono i propri impianti di produzione (almeno per i prodotti essenziali) all’interno dell’UE per evitare problemi della catena di approvvigionamento.

3.5.

La dimensione internazionale dell’UE e le sue relazioni con gli attori globali, in particolare la Cina, gli Stati Uniti e la Russia, sono fattori importanti in tale contesto. Considerando che la diplomazia internazionale è cruciale per le future prospettive economiche dell’UE e della sua valuta, è necessario che l’Unione svolga un ruolo molto più lungimirante e di primo piano negli affari internazionali, compresi i negoziati commerciali con i paesi concorrenti. Il CESE è tuttora favorevole ai negoziati commerciali multilaterali e dovrebbe continuare a sostenerli, ma è evidente che la posizione dell’UE sul commercio multilaterale è ignorata dalla Cina, dagli Stati Uniti e dalla Russia. Affinché l’UE possa svolgere un ruolo più incisivo nel commercio mondiale, che è di vitale importanza per le sue imprese e le loro prospettive commerciali, essa deve fare molto di più per riportare altre nazioni al tavolo dei negoziati multilaterali; in caso contrario, il commercio bilaterale dovrà assumere maggiore importanza. In un futuro post-crisi, la globalizzazione deve poter contare sulla parità di condizioni in un ampio ventaglio di settori (tra cui la concorrenza fiscale, il rispetto delle norme sul lavoro e il conseguimento degli obiettivi relativi ai cambiamenti climatici) per le imprese globali che operano su un mercato globale. In caso contrario, l’UE rischia di diventare sempre più vulnerabile e dipendente dagli scontri commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina.

3.6.

Per quanto riguarda gli investimenti transfrontalieri, è evidente che vengono realizzati non sempre e non tanto per creare investimenti di capitali, quanto piuttosto per reperire paesi in cui le imposte sono più basse (5). Dopo la crisi, una qualche forma di globalizzazione potrebbe essere inevitabile, ma i problemi economici e le altre conseguenze derivanti dalla crisi suggeriscono che è indispensabile un cambiamento del modus operandi delle imprese all’interno dell’UE e su scala mondiale. Le raccomandazioni del CESE agli Stati membri affinché accelerino i tempi per affrontare l’elusione fiscale e l’evasione fiscale assumono adesso maggiore rilievo, e ciò vale altresì per il passaggio al voto a maggioranza qualificata in materia fiscale. Già l’anno scorso, infatti, il CESE ha sostenuto con forza l’avvio delle discussioni sul graduale passaggio al voto a maggioranza qualificata e alla procedura legislativa ordinaria in materia fiscale, pur riconoscendo che ogni Stato membro deve disporre in qualsiasi momento di adeguate possibilità di partecipare al processo decisionale.

4.   Rivedere il ruolo dei governi

4.1.

Indubbiamente la crisi della COVID-19 ha posto in evidenza l’importanza del ruolo dei governi nell’affrontare le crisi sanitarie ed economiche. Si tratta di un aspetto che riveste anch’esso una rilevanza particolare per il conseguimento dell’obiettivo di una crescita economica sostenibile. Ora nessuno nell’UE mette in dubbio il ruolo dei governi nell’assicurare sistemi e programmi sanitari efficaci che sostengano indirettamente l’attività economica. Né si mette in discussione il ruolo dei governi nel far rispettare la regolamentazione del settore bancario e finanziario, all’indomani della crisi finanziaria del 2008. Tuttavia, è sempre più evidente che i governi continuano a svolgere un ruolo chiave nella definizione della politica economica, tanto più in una crisi. Questo dovrebbe valere anche nel caso in cui si applichi la governance multilivello, caso in cui la partecipazione degli enti locali e regionali alla politica economica del governo centrale è fondamentale. Come illustrato in precedenza, la politica di bilancio è fondamentale non solo per la stabilità economica ma anche per consentire ai governi di sostenere le imprese mediante incentivi, nel rispetto della legislazione dell’UE. Qualsiasi tentativo di realizzare e rafforzare la crescita sostenibile richiede direttive e regolamentazioni da parte dei governi in tutti i settori dell’attività economica e della tutela ambientale, ponendo l’accento sull’integrazione della protezione dell’ambiente nelle attività economiche. Ovviamente, un dialogo aperto con le parti sociali e la società civile resta essenziale per la definizione della politica economica.

4.2.

In uno scenario post-crisi, la politica di bilancio assumerà maggiore importanza, non da ultimo per l’ingente importo dei prestiti contratti, che supera quanto era stato previsto prima della crisi. L’enorme fabbisogno di prestiti necessari per fornire un sostegno al reddito e garanzie sui prestiti alle imprese congelate dalle restrizioni imposte dalla COVID-19 limiterà indubbiamente le possibilità per i governi di fornire incentivi per rilanciare l’attività economica, così come limiterà l’entità dei finanziamenti necessari per sostenere sia la tutela ambientale che gli investimenti produttivi. I governi dovranno pertanto trovare soluzioni creative per sostenere le spese destinate a realizzare una crescita economica sostenibile, garantendo nel contempo la sostenibilità di bilancio a lungo termine. La posizione della Commissione secondo cui la ripresa dovrebbe essere allineata al Green Deal è un passo nella giusta direzione, poiché dimostra che la risposta stessa alla crisi deve essere di natura sostenibile.

4.3.

Un esempio di fonte fuori bilancio dei finanziamenti infrastrutturali è il cosiddetto partenariato pubblico-privato (PPP) che vede la partecipazione di istituzioni finanziarie internazionali e imprese private. Ammesso che siano gestiti in modo trasparente e soggetti al controllo democratico, i PPP potrebbero essere considerati un’opzione valida in uno scenario post-crisi per sostenere il finanziamento di progetti infrastrutturali e ambientali, in quanto offrono soluzioni ai problemi di finanziamento, completamento delle attività e investimenti in progetti di grandi dimensioni, senza sacrificare le finanze delle amministrazioni pubbliche per le politiche chiave.

4.4.

L’UE dovrebbe inoltre puntare a un più rapido impiego degli strumenti e delle iniziative proposti nell’ambito del Green Deal europeo, che riconosce esplicitamente l’importanza del ruolo che deve essere svolto dall’UE e dai governi nazionali, in parallelo con il settore privato, al fine di trasformare l’Europa in un continente realmente sostenibile. Le soluzioni proposte comprendono i diversi strumenti di finanziamento previsti dal meccanismo di transizione equa, in particolare per le PMI e le industrie vulnerabili, al fine di fornire loro assistenza nella ripresa economica e di migliorare la loro sostenibilità e resilienza agli shock futuri, concedendo caso per caso un certo margine di manovra in termini di requisiti in materia di garanzie e di cofinanziamento, date le attuali circostanze. Alla luce dell’attuale crisi della COVID-19, questa posizione assume un’importanza ancora maggiore e dev’essere considerata un’opportunità per rilanciare lo sviluppo sociale ed economico tenendo conto dei principi del Green Deal europeo. Nel contesto attuale, il concetto di solidarietà paneuropea non è mai stato più pertinente.

5.   Strategie per la ripresa economica, gli investimenti e la sostenibilità

5.1.

È giunto il momento di individuare le strategie necessarie per la ripresa economica, gli investimenti e la sostenibilità. Alla luce della contrazione dell’economia provocata dalle restrizioni imposte dalla COVID-19, appare poco ragionevole attendersi che le economie segnino una ripresa e ritornino ai livelli precedenti alla pandemia. Ci vorranno diversi mesi perché la zona euro e le economie dell’UE riescano a tornare alla situazione in cui si trovavano prima della crisi. Inoltre, visto che i governi stanno assumendo prestiti da svariate fonti per coprire l’aumento imprevisto e colossale della spesa pubblica, è probabile che riducano la spesa e che eventualmente reintroducano misure di austerità, con un conseguente calo dei consumi e della produzione. La decisione di imporre misure di austerità alla Grecia, ad esempio, ha messo in ginocchio il paese facendo svanire un quarto del suo prodotto interno lordo (PIL) nell’arco di otto anni e portando il tasso di disoccupazione oltre il 27 % (6). Sarebbe controproducente adottare nuovamente misure di austerità. L’attivazione, da parte della Commissione, della clausola generale di salvaguardia nel quadro del patto di stabilità e crescita (che consente ai paesi della zona euro di sospendere temporaneamente gli adeguamenti necessari per raggiungere gli obiettivi di bilancio a medio termine) rappresenta un passo nella giusta direzione. Tuttavia, una revisione delle norme del patto di stabilità e crescita potrebbe essere necessaria nel momento in cui ha inizio la fase di ripresa post-COVID.

5.2.

Benché gli obiettivi generali delineati nella comunicazione della Commissione europea sulla strategia annuale di crescita sostenibile (7) siano considerati fondamentali per realizzare una crescita economica sostenibile, essa non può essere conseguita applicando misure di austerità che danneggiano i gruppi socioeconomici più vulnerabili all’interno delle nostre comunità.

5.3.

I governi dell’UE devono invece elaborare strategie di ripresa economica che sostengano attività economiche più produttive e sostenibili. Lo scenario post-COVID-19 offre l’opportunità di rivedere alcuni settori economici fondamentali che si sono dimostrati particolarmente poco resilienti. L’economia dipenderà ancora in larga misura dalle piccole e medie imprese, ma potrebbe essere opportuno incoraggiare maggiormente le imprese in fase di lancio (start-up) e rivedere il ruolo svolto dalle imprese dell’economia sociale in quanto parte rilevante dell’economia sociale. Sebbene il profitto non costituisca la principale motivazione di un’impresa sociale, le entrate svolgono ancora un ruolo essenziale per la sostenibilità di un’impresa di questo genere. Tutte le imprese dell’economia sociale possono ancora essere estremamente redditizie e una delle loro priorità consiste nel reinvestire i profitti nella società stessa piuttosto che nei pagamenti agli azionisti. Un’impresa dell’economia sociale può soprattutto bilanciare la tensione tra mantenere la propria missione sociale e massimizzare la produttività della propria attività imprenditoriale al fine di garantire la sostenibilità. Pertanto strutture di questo tipo sono ideali per un’economia che mira a conseguire e rafforzare la crescita economica sostenibile.

5.4.

I governi punteranno a una ripresa rapida dopo la crisi e alcuni settori che hanno dimostrato la loro resilienza dovrebbero risollevarsi, ma i governi saranno tentati di incentivare i settori che prima della crisi erano considerati insostenibili o che non avevano rispettato gli obiettivi in materia di cambiamenti climatici e ambiente definiti nel Green Deal europeo. I governi dovrebbero invece puntare a investire ulteriormente in progetti che si prefiggono un uso efficiente dell’energia e dell’energia alternativa ricorrendo ai modelli di finanziamento citati sopra, creando così opportunità commerciali per le grandi imprese, le PMI e le imprese dell’economia sociale. La transizione verde deve implicare non solo lo sviluppo dei settori verdi, ma anche l’ecologizzazione, nella misura del possibile, dei modelli imprenditoriali e dei settori esistenti al di là di quelli «verdi» per tradizione. Pertanto, gli aiuti concessi alle imprese, a livello sia nazionale che unionale, devono essere subordinati al conseguimento degli obiettivi definiti nel Green Deal europeo e nella Strategia di crescita sostenibile 2020.

5.5.

Una delle pietre angolari della crescita economica sostenibile nell’UE dev’essere la creazione e lo sviluppo di un’economia realmente circolare che massimizzi e conservi il valore all’interno di intere catene del valore, riducendo al minimo i rifiuti e promuovendo l’uso efficiente delle risorse. I modelli di business nell’ambito dell’economia circolare offrono un notevole potenziale per promuovere la competitività europea, non solo in termini di salvaguardia dell’ambiente naturale ma anche di creazione di posti di lavoro di qualità e di sviluppo delle industrie dell’indotto. Inoltre, tali modelli contribuiscono a sviluppare una maggiore resilienza al tipo di shock della catena di approvvigionamento provocato dalla pandemia di COVID-19, limitando la volatilità dei prezzi delle materie prime e la disponibilità derivante dagli sviluppi ambientali e geopolitici, tra cui l’impatto dei cambiamenti climatici e le controversie commerciali. Il ruolo dell’innovazione e della digitalizzazione e dei continui investimenti nel capitale umano al fine di agevolare tale transizione non può essere sottolineato a sufficienza e deve essere rafforzato con rinnovato vigore mediante il sostegno alla ricerca e allo sviluppo e una maggiore enfasi sulla commercializzazione. Tuttavia, l’impatto della digitalizzazione sul mercato del lavoro deve essere valutato appieno per ridurre al minimo le perdite di posti di lavoro e aiutare le persone colpite con interventi di riqualificazione e nuova collocazione.

5.6.

L’attuale pandemia è servita a ribadire l’importanza di concentrarsi sulla salute e sul benessere dei singoli, in contrapposizione all’attenzione rivolta unicamente alla crescita economica la quale, come affermato nella Strategia annuale di crescita sostenibile 2020, non è fine a sé stessa. Migliorare sia la qualità sia l’accessibilità dei sistemi sanitari pubblici in tutti i paesi dovrebbe costituire una priorità assoluta per l’UE, che dovrebbe affrontare anche le disuguaglianze nell’accesso alle prestazioni sanitarie e le ingenti spese non rimborsabili che non fanno che perpetuare tali disparità. In linea con altri settori, si dovrebbero inoltre effettuare investimenti nella digitalizzazione e nell’intelligenza artificiale destinate ai sistemi sanitari pubblici. L’insorgere di shock economici su vasta scala sottolinea altresì il ruolo cruciale svolto dalla buona governance per sviluppare la resilienza e formulare risposte adeguate per affrontare le conseguenze della crisi. Il perseguimento di una crescita economica sostenibile ed equa dipende quindi dalla qualità delle istituzioni nazionali e locali in tutti gli Stati membri e spetta all’UE garantire attivamente che i paesi tutelino e promuovano i principi di democrazia, tolleranza e rispetto dello Stato di diritto. Si rileva con soddisfazione che il semestre europeo ora tratta in modo molto più sistematico la qualità della pubblica amministrazione e della governance.

5.7.

L’ultimo punto riguarda il ruolo della produttività nella realizzazione della crescita economica sostenibile. Affinché un’economia possa continuare a crescere in modo sostenibile in futuro, essa deve incrementare la sua capacità di crescita, ma solo fino al punto in cui la crescita apporta un valore all’economia e ai cittadini. Questo obiettivo si può conseguire mediante un aumento dei salari e un miglioramento delle condizioni di lavoro, e in particolare attraverso la contrattazione collettiva, e sicuramente non a scapito di una distribuzione più equa dei redditi. Pertanto, le strategie volte a rafforzare la sostenibilità economica devono essere concepite ponendo al centro la produttività, ma non possono essere attuate a scapito dei diritti dei lavoratori e dello sviluppo sociale. Una maggiore produttività non è quindi un fine in sé bensì un mezzo per migliorare i salari, aumentare la domanda globale nelle economie dell’UE e, di conseguenza, migliorare gli standard di vita. Una maggiore produttività porterà anche allo sviluppo di prodotti e servizi nuovi e di qualità superiore, consentendo alle imprese di passare a catene del valore di beni e servizi più elevate e permettendo all’UE di avere un vantaggio competitivo sul mercato globale. Come affermato in precedenza, una maggiore produttività dovrebbe essere strettamente legata all’obiettivo di conseguire una crescita economica sostenibile e non essere realizzata a scapito delle condizioni di lavoro, dello sviluppo sociale o delle politiche ambientali. Al contrario, andrebbero rispettati gli obiettivi generali delineati nel pilastro europeo dei diritti sociali, in particolare la protezione sociale e il rafforzamento del processo di contrattazione collettiva. Lo stesso vale per gli obiettivi definiti nel Green Deal e per gli obiettivi dell’UE in materia di cambiamenti climatici. Inoltre, una risposta europea all’attuale crisi della COVID-19 e qualsiasi tentativo unificato di promuovere una crescita sostenibile sull’intero territorio dell’Unione dovrebbero evitare la tendenza alla «corsa al ribasso» della concorrenza fiscale tra paesi, che serve solo a scoraggiare la cooperazione tra Stati membri, fomentando tendenze nazionalistiche. Si dovrebbe piuttosto aiutare i paesi a sviluppare il loro capitale umano e a stimolare la produttività, superando le disparità regionali in termini di crescita e di opportunità di lavoro attraverso investimenti mirati e affrontando le principali carenze strutturali che creano ostacoli all’attività imprenditoriale.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 62 del 15.02.2019, pag.126.

(2)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Riesame della governance economica — Relazione riguardante l’applicazione dei regolamenti (UE) n. 1173/2011, (UE) n. 1174/2011, (UE) n. 1175/2011, (UE) n. 1176/2011, (UE) n. 1177/2011, (UE) n. 472/2013 e (UE) n. 473/2013 e l’adeguatezza della direttiva 2011/85/UE.

(3)  UNCTAD (2019). World Investment Report 2019 (Relazione sugli investimenti nel mondo 2019).

(4)  Banca Mondiale (2020). Esportazioni di beni e servizi (crescita percentuale annua). Indicatori dello sviluppo mondiale.

(5)  Bénassy-Quéré, A., Fontagné, L., & Lahrèche-Révil, A. (2005). How does FDI react to corporate taxation? («Come reagiscono gli investimenti esteri diretti alla tassazione delle società?») International Tax and Public Finance, 12(5), pagg. 583-603.

(6)  https://www.theguardian.com/world/2018/aug/20/greece-emerges-from-eurozone-bailout-after-years-of-austerity

(7)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti — Strategia annuale di crescita sostenibile 2020


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/37


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Rafforzare la competitività, l’innovazione, la crescita e la creazione di occupazione promuovendo la cooperazione regolamentare mondiale, sostenendo un sistema commerciale multilaterale rinnovato e riducendo le sovvenzioni che creano distorsioni del mercato»

(parere d’iniziativa)

(2020/C 364/05)

Relatore:

Georgi STOEV

Correlatore:

Thomas STUDENT

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.2.2020

Base giuridica

Art. 32, par. 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Organo competente

CCMI

Adozione in sezione

26.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti)

211/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Fenomeni devastanti come la pandemia di COVID-19 (infezione da coronavirus) minacciano di bloccare l’economia mondiale e la vita sociale degli abitanti del nostro pianeta. La pandemia di COVID-19 ha provocato, tra l’altro, recessioni negli Stati Uniti, nell’UE, in Giappone e in altre regioni del mondo, una crescita estremamente lenta in Cina ed enormi perdite in termini di produzione. I governi devono compensare i danni economici con politiche di bilancio e monetarie e far fronte ai cambiamenti di paradigma economico che si prevede avranno luogo. Il CESE sottolinea la necessità di modelli di business — e meccanismi di difesa commerciale — efficienti, in particolare nei rapporti con l’Asia, e osserva che, nell’Unione europea, 36 milioni di posti di lavoro dipendono dal potenziale di esportazione dell’UE e che la quota di occupazione totale sostenuta dalla vendita di beni e servizi al resto del mondo è aumentata dal 10,1 % del 2000 al 15,3 % del 2017 (1). Per prevenire l’impatto negativo della crisi su questi ed altri settori, è necessario rispondere alla crisi con misure di bilancio, economiche e sociali.

1.2.

La crisi provocata dalla pandemia dovrebbe indurre l’UE a promuovere — nel quadro della più generale ridefinizione della politica industriale, imposta dalle esigenze di sostenibilità ambientale e digitalizzazione — il settore delle attrezzature sanitarie e quello farmaceutico, al fine di garantire la sovranità condivisa e l’autosufficienza dell’UE in questi comparti. L’elaborazione del presente parere è iniziata prima dell’insorgere di una crisi sanitaria ed economica imprevedibile, destinata a cambiare le nostre economie e i nostri modelli di globalizzazione a breve, medio e lungo termine. Tale crisi non è l’oggetto principale del parere, ma ha ed avrà un enorme impatto sui settori e sui temi discussi nei prossimi punti. È già evidente, infatti, come essa stia spingendo alcune regioni del mondo a generare una nuova ondata di protezionismo e nazionalismo economico, sia a livello globale che all’interno dell’UE. Nel presente parere si tiene conto di tutti questi fattori in maniera orizzontale e, per quanto possibile, aggiornata alla data della sua stesura.

1.3.

Il CESE concorda nel ritenere che le imprese e gli scambi internazionali possano contribuire alla crescita mondiale grazie a un maggior grado di specializzazione, a economie di scala, a catene del valore globali avanzate e alla diffusione della ricerca e delle tecnologie. Occorre inoltre guidare la transizione dalle catene del valore alle reti per la creazione di valore, dall’economia lineare a quella circolare e dall’economia «materiale» a quella «immateriale» — passaggi che esigeranno agilità e capacità di adattamento da parte dell’industria.

1.4.

Il CESE sottolinea che la politica dell’UE deve evitare che coloro che contribuiscono allo sviluppo industriale diventino vittime di pratiche sleali di dumping economico, sociale ed ambientale. Per quanto riguarda le politiche da adottare con urgenza, l’UE si trova dinanzi alle seguenti sfide: garantire alle esportazioni europee l’accesso al mercato statunitense, sfruttare il potenziale di cooperazione con gli Stati Uniti, rapportarsi con il nuovo ruolo della Cina e ridisegnare l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Le industrie dovrebbero diventare un fattore abilitante per le soluzioni alle sfide socioculturali e ambientali, creando così nuovo valore per la società.

1.5.

Il CESE concorda nel ritenere che una globalizzazione senza regole finisca per determinare un aumento delle disuguaglianze, una pressione al ribasso sulle imprese, sui salari e sulle condizioni di lavoro e un indebolimento delle garanzie di protezione sociale. Una situazione, questa, che potrebbe tradursi in una vera e propria minaccia per i modelli sociali europei. La globalizzazione non regolamentata produce effetti negativi anche riguardo agli standard ambientali. Il CESE teme che le imprese e i posti di lavoro europei siano sottoposti a pressioni derivanti da pratiche commerciali sleali e non di mercato che non rispettano gli accordi sociali e ambientali internazionali. L’industria dell’UE dovrebbe sfruttare la sua peculiare posizione di vantaggio combinando i valori europei, le nuove tecnologie e un approccio orientato al futuro. Il mercato unico è di cruciale importanza per l’industria europea e per la diffusione dell’innovazione, non solo per quanto riguarda le tecnologie digitali, ma anche per altre tecnologie abilitanti fondamentali, come ad esempio le biotecnologie. Merita inoltre sottolineare anche il ruolo della coesione sociale e regionale e del dialogo sociale nel garantire l’accettazione sociale delle trasformazioni industriali.

1.6.

La strategia industriale e la politica commerciale europee non dovrebbero compromettere gli sforzi dell’UE di fornire assistenza allo sviluppo a paesi terzi; in particolare, il CESE raccomanda di adottare un approccio equilibrato, che coordini e combini meglio gli aiuti nazionali allo sviluppo, nei rapporti con le economie più fragili. Il CESE teme che l’escalation dei provvedimenti adottati dall’OMC in caso di non conformità e le nuove disposizioni non tariffarie discriminatorie rischino di risolversi in un eccesso di oneri normativi reciproci, che nel commercio mondiale sta ormai diventando la norma. Gli attuali programmi unionali di sostegno e il relativo monitoraggio dovrebbero essere riesaminati, in linea con le regole europee in materia di concorrenza, per sostenere gli Stati membri dell’UE, i partner, le imprese e i lavoratori colpiti dalla crisi economica e dalle guerre commerciali e alleviare gli oneri che gravano su di loro.

1.7.

Il CESE reputa che, per affrontare le sfide esterne, il mercato interno dell’UE debba diventare «il migliore nel quale investire». La nuova strategia industriale e tutte le altre leve azionate dovrebbero essere valutate in termini di capacità di promuovere e sostenere gli investimenti in infrastrutture industriali, energetiche, di trasporto e digitali attraverso un approccio più ampio alla connettività. Il riesame delle regole in materia di concentrazioni e acquisizioni e di aiuti di Stato potrebbe porre le imprese dell’UE in condizioni di maggiore parità rispetto ai concorrenti del resto del mondo. Tutti i livelli di governance dovrebbero assicurarsi che i benefici della globalizzazione siano ripartiti in modo equo e che i suoi effetti negativi a livello globale, regionale e locale siano mitigati.

Un regime comune in materia di investimenti esteri diretti contribuirebbe a far sì che gli interessi possano essere concentrati in asset strategici quali le infrastrutture critiche, le tecnologie critiche e la sicurezza dell’approvvigionamento di fattori produttivi critici. Per contrastare le pratiche illecite, approfondire la convergenza normativa e promuovere principi di sostenibilità, riducendo così le distorsioni del mercato, sono più che mai necessari il ricorso alle direttive sugli appalti pubblici, strumenti efficaci di difesa commerciale e una robusta rete di accordi di libero scambio.

1.8.

Il CESE è preoccupato per il crescente atteggiamento negativo nei confronti del commercio internazionale e della globalizzazione e per l’ascesa di movimenti populisti che invocano politiche maggiormente improntate al nazionalismo. A suo avviso, il protezionismo e il nazionalismo non sono in grado di fornire le giuste risposte ai problemi economici e sociali. Per riportare le economie sulla strada della crescita sostenibile e inclusiva, sono necessarie riforme e priorità d’investimento a medio termine che integrino la transizione verde e la trasformazione digitale. L’Unione europea dovrebbe adottare tutte le misure possibili per preservare la piena democrazia nonostante le circostanze determinate dalla pandemia.

1.9.

Il CESE ritiene che il Green Deal debba integrare sia la nuova strategia industriale e la politica commerciale che la politica economica, normativa e di concorrenza, in uno sforzo a tutto campo volto a proteggere l’ambiente senza minacciare il mercato unico, le imprese e l’occupazione dell’UE, e debba fissare obiettivi ambientali ambiziosi per l’industria nel suo complesso.

1.10.

Il CESE condivide l’opinione secondo cui uno dei messaggi chiave da trasmettere in materia di stabilità economica è che gli Stati membri dovrebbero prestare un’attenzione adeguata alla qualità delle finanze pubbliche, promuovendo investimenti necessari e lungimiranti.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Con il sistema multilaterale sotto pressione costante, le imprese dell’UE che operano a livello globale devono far fronte ad attriti e ad incertezze crescenti, come pure all’aumento del protezionismo e alle tensioni in atto tra i partner commerciali dell’UE. Le catene globali del valore si vanno contraendo, e in tutto il mondo si assiste a una tendenza generalizzata verso un ritorno alla regionalizzazione. L’Unione europea, insieme agli Stati Uniti e alla Cina, è al centro di tali dinamiche, e una serie di settori industriali cruciali è sottoposta a considerevoli pressioni. Occorre assumere decisioni fondamentali per ridurre al minimo il rischio di una marginalizzazione dell’Europa e salvaguardare il ruolo dell’UE sulla scena mondiale. È necessario e urgente riconsiderare gli investimenti nel territorio dell’UE e concentrarsi sul sostegno alle imprese, in particolare piccole e medie, garantendo la fornitura di liquidità e la stabilità nel settore finanziario, preservando il mercato unico e garantendo i flussi delle merci critiche. Tale obiettivo può essere raggiunto soltanto attraverso una combinazione adatta di misure, ad esempio in materia di normative e politiche applicabili anche alle imprese di paesi terzi quando operano nell’UE, infrastrutture, investimenti in beni pubblici (quali la salute, l’istruzione, le infrastrutture digitali), l’applicazione di condizioni di reciprocità negli appalti pubblici, una politica commerciale efficace e l’indipendenza digitale.

2.2.

La competitività globale dell’industria UE è ostacolata dal ritorno all’unilateralismo e dalla mancanza di una governance mondiale efficace in materia economica e commerciale, nonché dalle asimmetrie e dalle perturbazioni del mercato causate dai concorrenti sovvenzionati, in particolare dalle imprese di proprietà dello Stato, e dalla crisi. Gli investimenti delle imprese dell’UE nel campo della ricerca e dell’innovazione mirano a coniugare competitività e sostenibilità, ma investimenti così audaci e ad alto rischio potrebbero essere resi inefficaci dal restringersi dell’accesso ai mercati internazionali e dalla concorrenza sleale. In un contesto siffatto, le PMI risultano più vulnerabili che mai.

2.3.

In queste circostanze, le alleanze promosse dall’Unione potrebbero contribuire a portare avanti i suoi interessi nelle organizzazioni multilaterali quali l’OMC e l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). In quest’ottica, la strategia industriale recentemente adottata e la relazione annuale della Commissione sull’attuazione degli accordi di libero scambio (ALS) rappresentano passi avanti verso una maggiore trasparenza, ma costituiscono anche strumenti efficaci per fornire alla società civile informazioni oggettive di base sugli accordi commerciali negoziati dall’UE.

Tuttavia, pur contenendo alcuni elementi positivi, il pacchetto complessivo della suddetta strategia industriale non è ancora percepito da tutti come in grado di comportare una differenza tangibile per le imprese, i lavoratori e la società civile, i quali si stanno adoperando alacremente per accrescere la competitività e la crescita economica dell’Europa.

2.4.

L’adozione di una forte politica industriale europea e la difesa degli interessi commerciali dell’Unione sono compatibili con l’obiettivo prioritario della sua politica estera: rafforzare il multilateralismo attorno alle istituzioni del sistema dell’ONU. Le necessarie riforme di tali organizzazioni dovrebbero consentire di progredire verso un mondo governato da regole eque basate su principi democratici.

3.   Realizzare il potenziale delle prospettive commerciali per le imprese

3.1.

Il CESE condivide il punto di vista della Commissione secondo cui le imprese dell’UE possono trarre beneficio dalla strategia industriale dall’Unione e dagli accordi commerciali da questa conclusi soltanto se dispongono di informazioni pertinenti sul contenuto di tali accordi e strategie e ne comprendono il funzionamento concreto.

3.2.

Il CESE osserva con preoccupazione che la complessità delle regole di origine e delle formalità amministrative imposte dai partner commerciali dell’Unione per concedere alle imprese dell’UE le preferenze concordate — complessità che va a sommarsi agli sforzi richiesti per dimostrare l’origine preferenziale — sembra essere, nel caso delle PMI europee, del tutto sproporzionata rispetto all’entità dei contratti da esse concluse.

3.3.

Il CESE propone che, qualora alcuni paesi attuino una concorrenza sleale, anche in termini di condizioni di lavoro o standard di sostenibilità, si debba provvedere anche ad affrontare i problemi principali relativi allo sviluppo di meccanismi di composizione alternativa delle controversie e ad attuare i sistemi di risoluzione delle controversie online previsti dall’ONU. Il CESE accoglie con favore l’accordo multilaterale provvisorio in materia di arbitrato d’appello recentemente annunciato dalla Commissione, in quanto soluzione temporanea per mantenere una funzione arbitrale indipendente e articolata in due gradi di giudizio.

3.4.

Il CESE ricorda, per quanto riguarda le PMI europee, che, da un lato, la maggior parte della loro attività commerciale è rivolta principalmente al mercato unico (2), dato che soltanto la metà circa di tali imprese vende beni al di fuori dell’UE-28 (3), e, dall’altro, che la loro attività di esportazione si concentra prevalentemente in taluni paesi e determinate regioni, dato che oltre i due terzi di tale attività è riconducibile a sei Stati membri (4).

3.5.

Il CESE si compiace per lo stato di avanzamento dei lavori della Commissione sul portale online in cui saranno inglobate due banche dati, quella sull’accesso ai mercati (Market Access Database) e l’Helpdesk per il commercio — uno strumento che contribuisce ad ovviare alla complessità e alla mancanza di coerenza delle norme in materia di origine e delle procedure doganali e mette gratuitamente a disposizione online uno strumento di calcolo delle norme di origine per offrire un sostegno supplementare alle PMI dell’UE.

3.6.

Il CESE reputa che la Commissione e il Servizio europeo per l’azione esterna, come pure le rappresentanze diplomatiche e consolari degli Stati membri, possano svolgere un ruolo importante nella promozione della strategia, dei servizi e degli scambi commerciali dell’UE con i paesi terzi al fine di agevolare sia gli investimenti verso l’UE che le opportunità di esportazione dall’UE, a beneficio delle imprese e dei lavoratori europei.

3.7.

Il CESE esprime altresì compiacimento per le iniziative dalla Commissione europea volte a promuovere e aiutare le PMI dell’UE nei loro sforzi di internazionalizzazione affinché diventino più competitive a livello mondiale, e sottolinea la necessità di assicurarsi che tali iniziative siano attuate secondo un’impostazione dal basso. Insieme a tali iniziative, il nuovo paradigma può offrire maggiori opportunità per le PMI e per altri attori regionali.

3.8.

Il CESE prende atto con preoccupazione delle questioni in sospeso con i partner commerciali dell’UE illustrate nella relazione della Commissione, e in particolare del fatto che i prodotti europei continuino a incontrare ostacoli all’ingresso dei mercati di paesi partner. Bisognerebbe accordare un’elevata priorità al riconoscimento reciproco e non burocratico delle norme tecniche.

3.9.

Il CESE sottolinea che, come evidenziato da un recente studio condotto dall’EPRS (5) sulla base di un’analisi dei flussi commerciali in alcuni paesi dell’Unione, i risultati dell’UE in termini di esportazioni mostrano una forte correlazione positiva con il PIL e gli scambi commerciali sono altamente concentrati in pochi Stati membri.

3.10.

Il CESE ricorda che, nei documenti di riflessione dedicati rispettivamente alla gestione della globalizzazione e al futuro delle finanze dell’UE, la Commissione ha riconosciuto la disomogeneità dell’impatto territoriale della globalizzazione, sottolineando che «se è vero che i benefici della globalizzazione sono ampiamente distribuiti, i costi sono spesso localizzati».

3.11.

Il CESE pone in particolare l’accento sulla funzione della politica di coesione nel miglioramento della competitività dell’UE mediante investimenti mirati in settori cruciali come le infrastrutture di rete, la ricerca e l’innovazione, i servizi informatici, l’azione per l’ambiente e per il clima, l’occupazione di qualità e l’inclusione sociale.

3.12.

Il CESE sottolinea il ruolo che il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) può svolgere per aiutare le persone disoccupate a causa dei cambiamenti strutturali dovuti alla globalizzazione, alla digitalizzazione, alle migrazioni e ai cambiamenti climatici. Data l’enorme entità della crisi economica e occupazionale che si prospetta, il FEG dovrebbe essere potenziato sul piano finanziario, le sue regole andrebbero rese più flessibili per adattarsi alla natura e alle dimensioni della crisi e dovrebbe essere collegato al Fondo per una transizione giusta.

3.13.

Il CESE concorda nel ritenere che le modalità di lavoro flessibili e il telelavoro svolgano un ruolo importante nel preservare l’occupazione e la produzione, ma che, nonostante gli sforzi per attenuare l’impatto sociale della crisi, è probabile che questa provochi un aumento considerevole della disoccupazione e delle disparità di reddito. Una revisione della strategia del Green Deal dell’UE potrebbe contribuire notevolmente a far sì che la globalizzazione produca effetti positivi sul piano economico, sociale, territoriale e ambientale per le imprese, i lavoratori e la società civile, e contribuisca inoltre a ridurre le distorsioni del mercato.

3.14.

Il CESE reputa che, per garantire condizioni di concorrenza uniformi, si potrebbe ricorrere a un meccanismo che affronti il problema dell’«impronta di carbonio» e incoraggi gli sforzi di decarbonizzazione delle industrie; ma avverte altresì che tale misura dovrà garantire il giusto equilibrio tra le considerazioni ambientali e commerciali e quelle relative all’equità, onde evitare distorsioni del mercato che scatenino ritorsioni contro paesi dell’UE danneggiando così l’industria e i relativi posti di lavoro nell’Unione.

3.15.

Il CESE condivide l’opinione secondo cui, da un lato, è di cruciale importanza ridurre il divario in termini di produttività che si registra tra le economie, le regioni e le imprese altamente produttive e tutte le altre, e, dall’altro, istituzioni efficaci e sistemi fiscali efficienti potrebbero sostenere la produttività.

3.16.

È necessaria una nuova politica industriale che si concentri sul rilancio delle attività con un maggiore contenuto di innovazione e sulla produzione di un maggiore valore aggiunto, che è indissociabile dallo stimolo alla creazione di nuovi posti di lavoro di qualità. Una politica di questo tipo, se opportunamente concepita e correttamente attuata, contribuirebbe ad evitare le ripercussioni negative dovute a ulteriori cali del PIL, alla frammentazione del mercato unico e alla perturbazione delle catene del valore.

4.   Attenuare l’impatto negativo di situazioni affatto particolari

4.1.

Il CESE invita tutti i principali attori istituzionali a riconsiderare i legami tra l’UE-27 e il Regno Unito, dato che tali legami determineranno in ampia misura l’impatto che il recesso del Regno Unito avrà sulle rispettive economie; si dovranno studiare misure appropriate per i settori che risentirebbero di effetti particolarmente negativi.

4.2.

Il CESE si rammarica del fatto che la decisione degli Stati Uniti di introdurre dazi doganali supplementari sui prodotti europei, quale contromisura all’aiuto concesso dall’UE al consorzio Airbus, colpirà principalmente i prodotti agricoli e agroalimentari degli Stati membri dell’UE. Occorrerebbe riesaminare l’efficacia delle misure di salvaguardia dell’UE per il settore dell’acciaio, storicamente al centro dell’attenzione della CCMI, alla luce della difficile situazione congiunturale dell’industria siderurgica, onde evitare ulteriori danni alle nostre imprese siderurgiche e assicurare condizioni di parità per le imprese e i lavoratori europei.

Il CESE sottolinea che i dazi doganali statunitensi sull’acciaio hanno indotto una notevole diversione del flusso dei prodotti siderurgici di paesi terzi, esportati in quantità sempre maggiori nel mercato europeo, in particolare nel quadro degli appalti per la costruzione di infrastrutture pubbliche.

4.3.

Il CESE osserva che, per quanto nessun paese possa isolarsi dal processo di globalizzazione senza incorrere in costi enormi, il rischio di un crollo del sistema commerciale multilaterale è reale, ragion per cui l’UE deve condurre una riflessione su questo punto; e in quest’ottica accoglie con favore il programma di lavoro della Commissione per il 2020, che prevede un’iniziativa di riforma dell’OMC entro la fine di quest’anno, nonché il piano per la ripresa da essa proposto.

4.4.

Il CESE condivide il punto di vista secondo cui l’UE deve cambiare tattica adottando un approccio più risoluto per garantire una reciprocità effettiva nella pratica e combattere il protezionismo nell’accesso ai mercati degli appalti pubblici dei paesi terzi.

La normativa cinese sul mercato nazionale degli appalti pubblici e sulla tutela dei diritti di proprietà intellettuale differisce sensibilmente dagli standard internazionali in materia; e, nonostante abbia aderito all’OMC, la Cina rimane ancora in larga misura un mercato protetto. Inoltre, la Cina non ha ancora aderito all’accordo sugli appalti pubblici dell’OMC (AAP), nonostante l’impegno assunto in tal senso quando è stata accolta nell’OMC. Nell’UE il dibattito sulla Cina si è fatto più delicato. Programmi ambiziosi come la «nuova Via della seta» (o «iniziativa Belt and Road»), il «Made in China 2025» e gli orientamenti di cooperazione 16+1 («Guidelines») (Budapest 2017, Sofia 2018, Dubrovnik 2019) (6), hanno attirato l’attenzione di una serie di attori pubblici e privati, tra i quali anche le istituzioni dell’UE. In questo quadro l’avvento del 5G ha introdotto la questione della sicurezza digitale, creando un terreno fertile per progredire verso l’indipendenza digitale dell’UE. A tale riguardo, la promozione dei programmi dell’UE per gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione sembra essere l’approccio più razionale e produttivo.

4.5.

Le raccomandazioni politiche e le misure concrete dovrebbero tenere conto di due aspetti strategici. Il primo è che il G20, che sarebbe potuto diventare un forum politico globale — complementare al sistema ONU — per affrontare anche il problema degli squilibri e delle disuguaglianze globali, ha ormai perso gran parte del suo peso. Il secondo, strettamente connesso, è che l’UE non dispone di una «politica economica estera» efficace. La politica industriale e le altre politiche dell’UE che incidono sui fattori relativi alla produzione, all’energia, al mercato interno, alla ricerca e all’innovazione, ai trasporti ecc. sono scollegate dalla proiezione esterna dell’UE offerta dai suoi servizi che si occupano di commercio estero e azione esterna, oppure vi si rispecchiano soltanto in parte; ciò riguarda anche le agenzie per il credito all’esportazione degli Stati membri, che dovrebbero unire le loro forze. Tale assenza rende più difficile confrontarsi con i principali attori internazionali e sminuisce il ruolo dell’UE nelle varie sedi multilaterali e internazionali e nella prevenzione delle distorsioni del mercato.

5.   L’impatto della crisi provocata dalla pandemia da coronavirus (COVID-19)

5.1.

La pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto macroeconomico e di bilancio straordinario, che perdura tuttora. Il CESE condivide l’opinione secondo cui non vi era alcuna alternativa alle massicce politiche finanziarie e monetarie espansive di recente annunciate nell’UE e nel resto del mondo. Tra i rischi principali che si prospettano, figurano una ripresa incompleta e disomogenea e un aumento della disoccupazione. Le misure messe in atto dalle varie politiche dovrebbero limitare quest’ultimo rischio; esse, tuttavia, per quanto necessarie, provocheranno anche disavanzi pubblici e faranno crescere il debito pubblico.

5.2.

Il CESE sottolinea che questa crisi avrà per l’UE delle gravi implicazioni a lungo termine. Dato che la politica ha ritardato l’impegno coordinato dell’UE nella lotta contro la pandemia, potrebbe esservi una perdita di fiducia nella politica in generale.

5.3.

Tra gli altri rischi che si profilano, figurano una pandemia che duri più a lungo del previsto, instabilità finanziaria sia a livello mondiale che nell’UE, un aumento del protezionismo, la frammentazione del mercato unico e l’approfondirsi delle divergenze strutturali.

5.4.

Secondo il CESE, l’Europa ha urgente bisogno di un nuovo progetto di integrazione interna, di una strategia economica, sociale (compreso il coordinamento della sanità pubblica), di bilancio, energetica e ambientale comune e di una politica commerciale coerente. L’assenza di una strategia europea efficace rimane allarmante, e ad essa occorre porre rimedio muovendosi verso una nuova impostazione collettiva europea.

5.5.

Per sostenere l’economia dell’UE dopo la crisi, è necessario un massiccio pacchetto di investimenti per la ripresa e la ricostruzione, che vada al di là di ciò che stanno già facendo il meccanismo europeo di stabilità, la Banca europea per gli investimenti e la Banca centrale europea e che sia parte integrante del nuovo quadro finanziario pluriennale. Gli investimenti necessari per la ripresa sarebbero inoltre finanziati attraverso fondi europei esistenti, nonché mediante strumenti finanziari e in particolare obbligazioni a sostegno della ripresa garantite dal bilancio dell’UE e definite con chiarezza come intese ad affrontare i problemi causati dalla crisi del coronavirus. In quest’ottica, il CESE considera il piano di ripresa recentemente presentato dalla Commissione europea un primo passo concreto in questa direzione.

5.6.

Il CESE pone l’accento sul fatto che un commercio basato sulle regole è essenziale anche in tempi di crisi, nonché come parte integrante della strategia dell’UE per uscire dalle crisi stesse. Gli Stati membri dell’UE devono rispettare il mercato unico e provvedere affinché non vi siano barriere interne agli scambi nell’UE, avviando un negoziato più completo per un accordo plurilaterale che assicuri condizioni di parità — anche grazie all’eventuale liberalizzazione doganale permanente sulle apparecchiature mediche — e contribuisca a garantire che le catene di approvvigionamento globali possano operare liberamente in questo settore cruciale. Insieme a queste misure, la liberalizzazione doganale e i finanziamenti alle esportazioni, se ben coordinati tra i rispettivi organismi dell’UE e degli Stati membri, potrebbero alleviare la pressione sulle imprese e prevenire le distorsioni del mercato.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2018/november/tradoc_157516.pdf

(2)  EPRS, CETA implementation: SMEs and regions in focus (Attuazione del CETA dal punto di vista delle PMI e delle regioni), studio realizzato su richiesta del CdR, 18 novembre 2019, disponibile all’indirizzo web http://www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document.html?reference=EPRS_IDA(2019)644179

(3)  Indagine Flash n. 421 di Eurobarometro, Internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, ottobre 2015.

(4)  Belgio, Germania, Spagna, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito.

(5)  EPRS, Interactions between trade, investment and trends in EU industry: EU regions and international trade (Interazioni tra scambi commerciali, flussi d’investimento e tendenze nell’industria dell’UE: le regioni dell’UE e il commercio internazionale), studio realizzato su richiesta del CdR, 27 ottobre 2017, disponibile all’indirizzo web http://www.europarl.europa.eu/thinktank/it/document.html?reference=EPRS_STU(2017)608695

(6)  2017: https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/wjdt_665385/2649_665393/t1514534.shtml;

2018: https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/wjdt_665385/2649_665393/t1577455.shtml;

2019: https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/wjdt_665385/2649_665393/t1655224.shtml.


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/43


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La dimensione industriale dell’Unione della sicurezza»

(parere d’iniziativa)

(2020/C 364/06)

Relatore:

José CUSTÓDIO LEIRIÃO

Correlatore:

Jan PIE

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.2.2020

Base giuridica

Articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in CCMI

26.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

209/3/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE apprezza la determinazione con cui la nuova Commissione europea intende rafforzare la sovranità tecnologica dell’Unione e sottolinea l’importanza del settore della sicurezza a questo proposito. Non esiste sicurezza senza tecnologia e l’Europa deve padroneggiare le tecnologie essenziali per la propria sicurezza.

1.2.

Per realizzare quest’obiettivo, il CESE invita la Commissione europea a varare una strategia che rafforzi le capacità industriali e tecnologiche europee nel settore della sicurezza. Ciò è estremamente necessario specialmente nei settori sensibili, in cui la dipendenza dai fornitori non europei può diventare di per sé un rischio per la sicurezza. La strategia deve sostenere gli obiettivi della nuova strategia di sicurezza interna e integrarla con una dimensione industriale. Essa dovrebbe contribuire a soddisfare le esigenze attuali e future degli utenti finali europei in materia di capacità e affrontare le sfide principali che si pongono al settore in Europa: frammentazione del mercato, carenza di pianificazione a lungo termine per quanto riguarda le tecnologie e la capacità, nonché incoerenza degli strumenti di finanziamento e delle politiche dell’UE.

1.3.

La strategia industriale della sicurezza dovrebbe basarsi sui seguenti principi:

a)

l’esistenza di un’industria della sicurezza innovativa è fondamentale per la sovranità tecnologica e l’autonomia strategica dell’Europa;

b)

la sicurezza è una questione di sovranità, che non può essere lasciata alle sole forze di mercato. Azione e volontà politiche sono indispensabili per conservare la capacità di elaborare complesse soluzioni ad alta tecnologia nel campo della sicurezza;

c)

alla luce della pandemia di COVID-19, la resilienza alle catastrofi di vasta portata, sia naturali che provocate dall’uomo, deve diventare una priorità politica fondamentale per l’Unione e può essere conseguita solo con il sostegno dell’industria europea della sicurezza.

La strategia dovrebbe essere sviluppata nel quadro dell’Unione della sicurezza e rendere più efficaci le politiche dell’UE in materia di sicurezza. Dovrebbe seguire un approccio olistico e comprendere i seguenti obiettivi:

valutazione delle vulnerabilità dell’Europa e della dipendenza critica in materia di sicurezza non militare;

controllo delle tecnologie emergenti per individuare potenziali implicazioni in materia di sicurezza;

definizione delle tecnologie critiche indispensabili, per le quali l’Europa non dovrebbe dipendere, per ragioni di sicurezza, da fornitori di paesi terzi;

individuazione delle catene di valore strategiche nel settore della sicurezza;

impiego delle agenzie dell’UE come promotrici di pianificazione della capacità e di armonizzazione dei requisiti nazionali;

ricorso agli strumenti UE relativi alla sicurezza (Fondo sicurezza interna, Fondo per la gestione integrata delle frontiere, Europa digitale, Orizzonte Europa, rescEU) per effettuare investimenti mirati in tecnologie e applicazioni critiche nel settore della sicurezza;

ricorso ad altri strumenti UE (fondi strutturali, InvestEU ecc.) per effettuare investimenti connessi alla sicurezza (infrastrutture), se possibile tramite la creazione di un meccanismo per la sicurezza d’Europa (analogo al MCE);

uso degli appalti europei e coordinamento degli appalti nazionali a sostegno della base industriale interessata;

ricorso a strumenti di finanziamento orientati alle capacità (come il Fondo sicurezza interna e il Fondo per la gestione integrata delle frontiere) per promuovere l’assorbimento, da parte del mercato, dei risultati della ricerca UE nel campo della sicurezza, al di là di Orizzonte Europa;

individuazione di nuove possibili iniziative legislative, come una revisione della direttiva CIP o un eventuale nuovo strumento per la sicurezza urbana;

coordinamento dei pertinenti programmi UE (difesa, sicurezza, spazio, informatica).

Introduzione

1.4.

Il contesto europeo in materia di sicurezza è altamente complesso. Oggi le minacce alla sicurezza sono spesso multiformi e transnazionali, in rapida evoluzione e imprevedibili. Possono colpire un’ampia gamma di obiettivi in tutta l’Unione (ad esempio eventi di massa, trasporti, infrastrutture critiche, istituzioni) e provenire da un’altrettanto ampia varietà di soggetti (ad es. singoli individui, organizzazioni criminali, gruppi terroristici, Stati nazionali) che possono avere motivazioni molto diverse (come la geopolitica, l’estremismo politico o religioso, interessi economici o finanziari o disturbi mentali) e utilizzare mezzi di ogni tipo per mettere in atto il loro intento doloso (come armi da fuoco, ordigni esplosivi improvvisati, materiali CBRN, attacchi informatici o disinformazione).

1.5.

Oltre alle minacce alla sicurezza di origine antropica, vi sono catastrofi naturali come inondazioni, siccità, tempeste o pandemie che comportano un rischio crescente a causa dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento ambientale e dello sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Le catastrofi naturali sono normalmente ancora più devastanti rispetto a quelle provocate dall’uomo e minacciano la sicurezza in modo sia diretto che indiretto.

1.6.

Le minacce alla sicurezza sono varie, e altrettanto varie sono le forze di sicurezza e le loro esigenze in termini di capacità. Nel contempo, le forze di sicurezza spesso cooperano, ad esempio quando sono le prime a intervenire in caso di catastrofe, e necessitano di attrezzature interoperabili che siano all’altezza delle minacce cui devono far fronte.

1.7.

Nonostante le diversità, oggigiorno le minacce alla sicurezza presentano un elemento in comune: non possono essere affrontate senza il sostegno della tecnologia. La tecnologia in sé non è in grado di garantire la sicurezza ma, nelle nostre società complesse e collegate, è uno strumento indispensabile in tutti gli ambiti della sicurezza e in tutte le fasi del ciclo di sicurezza (prevenzione, preparazione, risposta e ripresa). La rapida evoluzione e proliferazione delle nuove tecnologie digitali, come l’intelligenza artificiale, l’informatica quantistica e la blockchain, renderanno la tecnologia ancora più importante per la sicurezza, in quanto esse non solo creano nuove opportunità, ma moltiplicano sia le vulnerabilità che le capacità di provocare danni.

1.8.

Senza le competenze di un’industria della sicurezza specializzata, è impossibile sviluppare le tecnologie più avanzate necessarie per far fronte alle minacce alla sicurezza attuali e future. L’industria della sicurezza è un partner vitale, in particolare per i sistemi di sicurezza complessi e la protezione dalle minacce sofisticate.

1.9.

La base industriale e tecnologica della sicurezza in Europa è eterogenea quanto sono diverse le esigenze di sicurezza delle società e delle economie moderne. Comprende imprese di tutte le dimensioni, provenienti da tutta l’Unione, con portafogli e specializzazioni diversi. Molte di esse hanno anche attività nel campo della difesa o dell’industria aerospaziale, o attività commerciali nel settore dell’informatica, oppure sono filiali di gruppi più grandi appartenenti a questi settori. Tutte sviluppano e producono sistemi ad alta tecnologia e forniscono servizi che sono necessari per proteggere le società, le imprese, le istituzioni e i cittadini dei nostri paesi da ogni tipo di minacce e catastrofi in materia di sicurezza. Secondo le stime complessive più recenti, il settore della sicurezza nell’UE genera un fatturato di quasi 200 miliardi di EUR e crea occupazione per 4,7 milioni di persone (1).

2.   Osservazioni generali

2.1.

L’Unione ha un interesse economico, ma anche strategico, nella promozione di una base industriale dinamica in materia di sicurezza in Europa. Quanto più è critico un settore della sicurezza, tanto più la dipendenza dai fornitori di paesi terzi può costituire di per sé un rischio per la sicurezza. È fondamentale utilizzare tecnologie, servizi e dispositivi sviluppati da fonti affidabili, in particolare quando le infrastrutture critiche e le istituzioni statali devono essere protette contro le minacce provenienti da attori statali o sostenuti da uno Stato.

2.2.

Anche il corso della pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze dirette e indirette hanno dimostrato la necessità di un’industria della sicurezza forte e basata in Europa. Il massiccio ricorso agli strumenti digitali, ad esempio, ha provocato un impressionante aumento degli attacchi informatici provenienti da attori statali e non statali nei confronti di imprese e operatori di servizi essenziali. La necessità di rafforzare la ciberresilienza e la cibersicurezza in tutti i processi digitali delle imprese e delle istituzioni dovrebbe pertanto essere una lezione chiave da trarre dalla pandemia. Con la diffusione della pandemia si è nuovamente assistito a campagne di disinformazione, che sono spesso promosse da governi stranieri e che non possono essere contrastate efficacemente senza ricorrere a strumenti tecnologici sofisticati. La COVID-19 ha inoltre evidenziato enormi carenze nelle capacità di gestione delle crisi dell’UE, come l’assenza di una riserva comune di attrezzature CBRN. In breve, sono necessarie molteplici misure per rendere l’Europa più resiliente ai disastri di vasta portata. Data la sensibilità della maggior parte di queste misure, è indispensabile attuarle con il sostegno di fornitori che siano affidabili e garantiscano la sicurezza dell’approvvigionamento in tempi di crisi.

2.3.

È perciò nell’interesse strategico dell’Unione sostenere in Europa le capacità industriali necessarie per garantire un adeguato livello di autonomia e sovranità tecnologica nei settori critici della sicurezza. Al tempo stesso, nelle attuali condizioni di mercato è purtroppo arduo soddisfare quest’interesse strategico. Al contrario, a causa delle caratteristiche specifiche del mercato della sicurezza in Europa, per le imprese è spesso difficile trovare valide giustificazioni economiche per le tecnologie in questione.

2.4.

Dal punto di vista commerciale, vi è solo una domanda limitata di prodotti di sicurezza avanzati e costosi. Dal momento che gli operatori privati del mercato cercano costantemente di ridurre i costi, normalmente limitano gli investimenti nella sicurezza allo stretto necessario e privilegiano i prodotti standardizzati più economici (offerti spesso da fornitori di paesi terzi).

2.5.

Dal lato della domanda pubblica, il mercato della sicurezza è composto da un’ampia varietà di acquirenti e utenti finali, che quasi sempre dispongono di bilanci esigui per gli appalti, effettuano ordini modesti e hanno l’obbligo giuridico di acquistare al prezzo minimo. Per di più, nel settore della sicurezza pubblica la gran maggioranza dei clienti non attua una programmazione dello sviluppo delle capacità. Tali clienti acquistano prodotti standardizzati per soddisfare le proprie esigenze immediate, senza una riflessione a lungo termine sulla possibile evoluzione futura di minacce e tecnologie, per non parlare degli investimenti necessari per prepararvisi.

2.6.

Date le specificità di entrambi i lati della domanda in materia di sicurezza, il mercato delle applicazioni e delle tecnologie critiche ha dimensioni modeste. Spesso le soluzioni di sicurezza complesse sono personalizzate per uno o pochissimi clienti, il che riduce al minimo i volumi di produzione e le economie di scala. Nel migliore dei casi le tecnologie utilizzate per tali sistemi si possono impiegare per altre applicazioni meno sensibili, destinate a un mercato di clienti commerciali più vasto. Pertanto, le attuali condizioni del mercato rendono impossibile sostenere nell’UE una base tecnologica e industriale in grado di sviluppare le capacità di sicurezza di cui l’Europa ha bisogno per proteggere le proprie frontiere esterne, il proprio territorio e i propri cittadini. Ciò compromette la credibilità dell’Unione della sicurezza ed esige il potenziamento dell’azione dell’UE.

Situazione delle politiche dell’UE in materia di sicurezza

2.7.

Sin dal lancio dell’agenda europea sulla sicurezza, nell’aprile 2015, l’UE cerca di realizzare un’autentica Unione della sicurezza che fornisca gli strumenti, le infrastrutture e il contesto in cui le autorità nazionali e dell’UE possano collaborare efficacemente per affrontare le sfide comuni, tutelando nel contempo i diritti e le libertà dei cittadini (2). La semplice quantità delle iniziative in tale contesto basta a dimostrare che la sicurezza è veramente diventata una delle principali priorità politiche dell’Unione:

direttiva sulla lotta contro il terrorismo (3)

revisione delle norme contro il riciclaggio di denaro (4)

istituzione del sistema d’informazione Schengen (SIS) (5)

interoperabilità tra i sistemi di informazione dell’UE relativi alla sicurezza, alle frontiere e alla gestione della migrazione (6)

istituzione dell’Agenzia dell’Unione europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-LISA) (7)

regolamento sulla cibersicurezza (8)

rafforzamento della guardia di frontiera e costiera europea («Frontex») (9)

sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (ETIAS) (10).

Queste iniziative si aggiungono ad altri programmi e strumenti di finanziamento già consolidati, come il Fondo sicurezza interna.

2.8.

La proposta della Commissione relativa al prossimo quadro finanziario pluriennale prevedeva un notevole aumento delle principali linee di bilancio pertinenti (ad esempio 35,3 miliardi di EUR per la gestione delle frontiere e della migrazione, 4 miliardi di EUR per la sicurezza interna, 15,6 miliardi di EUR per la resilienza e la risposta alle crisi) rispetto al precedente QFP (11). L’UE finanzierà inoltre, nel quadro di Orizzonte Europa, un altro programma di ricerca in materia di sicurezza, che ha già dato un importante contributo alla concezione e allo sviluppo delle future capacità in materia nell’ambito di Orizzonte 2020.

2.9.

Per quanto riguarda le tecnologie digitali, la Commissione europea propone inoltre di aumentare la spesa in modo significativo (ad esempio Orizzonte Europa o il programma Europa digitale) per rafforzare la sovranità tecnologica dell’Europa in ambiti di importanza strategica. A tal proposito, la Commissione ha dichiarato anche dichiarato la sua intenzione di favorire le sinergie tra i settori dello spazio, della difesa e della sicurezza.

2.10.

La sovranità tecnologica è altresì un termine chiave della nuova strategia industriale per l’Europa, in cui si sottolinea che «la trasformazione digitale dell’Europa, la sicurezza e la futura sovranità tecnologica dipendono dalle nostre infrastrutture digitali strategiche» e si annuncia l’intenzione di sostenere «lo sviluppo di tecnologie abilitanti fondamentali che rivestono importanza strategica per il futuro industriale dell’Europa» (12).

Osservazioni specifiche

2.11.

La competenza dell’UE in materia di sicurezza rimane modesta e molto spesso si limita a un semplice ruolo di coordinamento tra le autorità nazionali. Le politiche di sicurezza restano quindi frammentate e sovente inefficaci. Lo stesso vale per altri settori pertinenti per la sicurezza, quali la sanità pubblica.

2.12.

Nell’UE la sicurezza è una priorità politica priva di una dimensione industriale. Esiste un notevole numero di strumenti di finanziamento e politiche in materia di sicurezza, dotati di bilanci cospicui. Tuttavia, non vi è né un coordinamento delle esigenze in termini di capacità, né una politica coerente a sostegno della base industriale e tecnologica pertinente. Concetti quali competitività industriale, autonomia strategica, pianificazione della capacità e tecnologie critiche sono rimasti quasi completamente assenti dal dibattito sull’Unione della sicurezza e non sono mai considerati obiettivi dei programmi di finanziamento relativi alla sicurezza.

2.13.

Il Piano d’azione per un’industria della sicurezza innovativa e competitiva, varato dalla Commissione nel 2012, era scarsamente ambizioso e di portata limitata, per cui è rimasto privo di impatto significativo.

2.14.

Il programma europeo di ricerca in materia di sicurezza mobilita risorse considerevoli, ma lamenta gravi punti deboli. L’assorbimento dei risultati della ricerca da parte del mercato rimane un problema importante, perché non esiste né un processo di pianificazione comune delle capacità per la sicurezza, che contribuirebbe a consolidare la domanda degli utenti finali pubblici, né un uso sistematico di altri strumenti di finanziamento dell’UE orientati alle capacità quale mezzo per sostenere il ricorso a soluzioni in materia di sicurezza.

2.15.

La nuova strategia di sicurezza interna guida le politiche dell’UE in materia di sicurezza e dovrebbe pertanto cercare di colmare queste carenze. Dovrebbe gestire la rapida evoluzione della tecnologia e le sue implicazioni per la sicurezza, promuovere una definizione comune delle esigenze in termini di capacità di sicurezza e favorire la cooperazione europea per soddisfare tali esigenze. Ciò rafforzerebbe l’Unione della sicurezza, contribuirebbe notevolmente alla creazione di un autentico mercato interno della sicurezza e aiuterebbe a mantenere un’industria della sicurezza competitiva in Europa.

2.16.

L’industria è indispensabile per tradurre le tecnologie in soluzioni. Un’ambiziosa politica industriale per i settori essenziali della sovranità dovrebbe pertanto costituire una priorità politica per l’Unione. Lo sviluppo di tale politica è particolarmente urgente per il settore della sicurezza, che attualmente lamenta gravi fallimenti del mercato a causa dei quali è assai difficile sostenere le capacità critiche in campo industriale e tecnologico.

2.17.

Invitiamo pertanto la Commissione europea a elaborare una strategia industriale specifica in materia di sicurezza per sostenere la nuova strategia di sicurezza interna e rendere più efficace l’Unione della sicurezza. Questa strategia industriale dovrebbe essere ambiziosa e globale, garantendo che tutti gli strumenti e le politiche pertinenti contribuiscano alla sovranità tecnologica dell’Unione nei settori critici per la sicurezza. Dovrebbe inoltre garantire che in tutti gli strumenti UE connessi alla sicurezza (Fondo sicurezza interna, Fondo per la gestione integrata delle frontiere, rescEU) sia integrata una dimensione industriale e che in tutti i programmi connessi alle tecnologie (Europa digitale, Orizzonte Europa) sia integrata una dimensione di sicurezza. Ciò contribuirebbe a soddisfare le esigenze di sicurezza dei clienti pubblici, offrirebbe nuove opportunità per l’industria europea e renderebbe più facile la gestione, in tempo utile, delle implicazioni delle tecnologie emergenti in termini di sicurezza.

2.18.

A tal fine, il concetto di sovranità tecnologica deve essere ulteriormente definito e reso operativo. La decisione della Commissione di concentrare l’attenzione sulle tecnologie digitali è una misura apprezzabile, che però non dovrebbe essere esclusiva. Occorre dare la priorità a tutte le tecnologie critiche nei settori essenziali della sovranità: sicurezza, difesa e spazio. Il concetto dovrebbe inoltre essere riesaminato alla luce della pandemia di COVID-19 e dovrebbe includere la resilienza come obiettivo strategico.

2.19.

La nuova strategia industriale per l’Europa della Commissione comprende elementi importanti per promuovere la sovranità tecnologica negli ambiti critici della sicurezza. Il concetto di catene di valore strategiche, in particolare, dovrebbe essere utilizzato come quadro di riferimento per un approccio globale che copra l’intero ciclo industriale, dall’approvvigionamento di materiali essenziali all’industrializzazione e alla manutenzione, e che coordini l’uso di tutti gli strumenti politici appropriati, compreso il controllo degli investimenti esteri diretti.

2.20.

Il prossimo quadro finanziario pluriennale dovrà essere adeguato alle esigenze dell’era della COVID-19 e del periodo successivo, e lo stesso vale per le politiche sostenute dal QFP e i programmi da esso finanziati. Le priorità e gli strumenti precedentemente definiti devono essere rivisti per tenere conto degli insegnamenti tratti dalle difficoltà incontrate dall’Europa nel far fronte alla pandemia. Ciò vale anche per l’Unione della sicurezza e per la nuova strategia di sicurezza interna, che dovrebbero mettere in risalto la necessità di una maggiore sovranità e resilienza tecnologica.

2.21.

Per superare la recessione innescata dalla pandemia, nel corso del prossimo ciclo di bilancio l’UE dovrebbe concentrare gli investimenti sui settori ad alta tecnologia, in quanto essi presentano il maggiore valore aggiunto e i più consistenti effetti moltiplicatori per l’economia nel suo complesso (13). Una strategia industriale dell’UE in materia di sicurezza che contribuisca a rendere l’Europa più autonoma e resiliente sarebbe perfettamente coerente con questo approccio, e dovrebbe pertanto essere avviata con urgenza nell’ambito del piano di rilancio dell’Unione dopo la COVID-19.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Data la grande diversificazione del settore, attualmente non esiste una definizione chiara di industria della sicurezza e vi sono solo stime approssimative delle dimensioni del mercato. Una classificazione metodologica di tale industria è resa più difficile da una serie di fattori: 1) l’industria della sicurezza non è contemplata in quanto tale dalle principali nomenclature statistiche (NACE, Prodcom ecc.); 2) la produzione di articoli connessi alla sicurezza si cela dietro una vasta gamma di voci, e le statistiche relative a tali voci non fanno distinzione fra attività connesse alla sicurezza e attività di altro tipo; 3) non vi è alcuna fonte di dati statistici resa disponibile a livello europeo dal settore stesso. Cfr. Study on the development of statistical data on the European security technological and industrial base («Studio sullo sviluppo di dati statistici relativi alla base tecnologica e industriale della sicurezza europea»), relazione finale di Ecorys per la Commissione europea, DG Migrazione e affari interni, giugno 2015.

(2)  Comunicazione della Commissione — Attuare l’Agenda europea sulla sicurezza per combattere il terrorismo e preparare il terreno per l’Unione della sicurezza, Bruxelles, 20 aprile 2016, COM(2016) 230 final (https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:9aeae420-0797-11e6-b713-01aa75ed71a1.0012.02/DOC_1&format=PDF).

(3)  Direttiva sulla lotta contro il terrorismo (GU L 88 del 31.3.2017, pag. 6)

(4)  Direttiva relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32015L0849&from=IT).

(5)  Regolamento sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen (SIS) nel settore delle verifiche di frontiera (GU L 312 del 7.12.2018, pag. 14) e regolamento sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen (SIS) nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale (GU L 312 del 7.12.2018, pag. 56).

(6)  Regolamento sull’interoperabilità (frontiere e visti) (GU L 135 del 22.5.2019, pag. 27) e regolamento sull’interoperabilità (cooperazione di polizia e giudiziaria, asilo e migrazione) (GU L 135 del 22.5.2019, pag. 85).

(7)  Regolamento relativo all’Agenzia dell’Unione europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-LISA) (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 99).

(8)  Regolamento relativo all’ENISA, l’Agenzia dell’Unione europea per la cibersicurezza, e alla certificazione della cibersicurezza per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (GU L 151 del 7.6.2019, pag. 15).

(9)  Regolamento relativo alla guardia di frontiera e costiera europea (GU L 295 del 14.11.2019, pag. 1).

(10)  Regolamento che istituisce un sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (ETIAS) (GU L 236 del 19.9.2018, pag. 1).

(11)  In prezzi correnti. Cfr. la comunicazione della Commissione Il bilancio dell’UE come motore del piano per la ripresa europea, Bruxelles, 27 maggio 2020, COM (2020) 442 final: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1601035899164&uri=CELEX%3A52020DC0442

(12)  Comunicazione della Commissione Una nuova strategia industriale per l’Europa, Bruxelles, 10 marzo 2020, COM (2020) 102 final: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020DC0102&from=IT

(13)  Cfr. ad esempio Il ruolo dell’innovazione e dell’alta tecnologia in Italia nel confronto con il contesto internazionale, Centro economia digitale, Roma, ottobre 2019.


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/49


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Istituzione di misure di salvaguardia per i prodotti agricoli negli accordi commerciali»

(parere d’iniziativa)

(2020/C 364/07)

Relatore:

Arnold PUECH D’ALISSAC

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.2.2020

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

29.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

204/2/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

L’esistenza di una cooperazione internazionale rafforzata rappresenta una condizione preliminare per l’adozione di clausole di salvaguardia efficaci.

1.1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sottolinea che l’approvvigionamento alimentare della popolazione umana rimane e continuerà a rimanere una sfida importante almeno fino al 2050. Per fornire il cibo a 9-10 miliardi di persone, avremo bisogno di tutti gli agricoltori del mondo. Secondo le stime della FAO la produzione mondiale dovrà aumentare del 70 % tra il 2007 e il 2050. Occorre quindi proteggere la capacità di produzione di ciascun paese, promuovendo adeguate politiche agricole e commerciali e garantendo nel contempo che il commercio internazionale sia organizzato in modo da far fronte sia ai rischi della produzione sia alle persistenti carenze di alcune zone geografiche.

1.1.2.

Il CESE considera indispensabile armonizzare le norme di produzione, al fine di evitare distorsioni della concorrenza e consentire a ciascun paese di produrre i generi alimentari di base.

1.2.

Occorre inoltre continuare a migliorare la trasparenza dei mercati.

1.2.1.

A questo proposito, nel 2011, alla riunione dei ministri dell’agricoltura del G20, è stata lanciata l’iniziativa AMIS (Agricultural market information system — sistema di informazione sui mercati agricoli), alla quale hanno aderito i principali produttori e importatori mondiali di cereali e di semi oleosi. Essa permette di conoscere la situazione reale dei mercati, oltre a rappresentare un forum di dialogo e coordinamento tra responsabili governativi in un contesto di forte volatilità dei mercati agricoli. Sebbene la sua utilità sia già stata dimostrata, tale iniziativa deve essere ulteriormente sviluppata in termini di numero di paesi partecipanti e di estensione della copertura anche ad altri prodotti commercializzati sui mercati mondiali.

1.3.

Le clausole di salvaguardia agricole dell’OMC, sia quelle generali sia quelle contenute negli accordi bilaterali, devono essere migliorate in base a diversi criteri che il CESE elenca nel presente parere. L’obiettivo è assicurare una concorrenza leale e la sostenibilità delle filiere europee, garantendo la sovranità alimentare a vantaggio di tutti i cittadini, sia produttori che consumatori. Questa necessità di sovranità alimentare è stata ampiamente ribadita durante la pandemia di COVID-19.

1.3.1.   Una reazione rapida

Le clausole attuali sono inefficaci a causa del tempo eccessivo necessario per l’attuazione. Tuttavia, grazie alla digitalizzazione dell’economia, i dati possono essere disponibili in poche ore. Il monitoraggio dei volumi e dei prezzi è ora efficace e consente una risposta rapida.

1.3.2.   Una reazione automatica

Con la conoscenza precisa degli scambi, i flussi commerciali possono essere facilmente regolamentati. L’attuazione concertata tra gli esportatori e gli importatori potrebbe essere effettuata automaticamente, non appena venisse rilevato un aumento del 10 % del volume degli scambi durante un periodo di tempo definito, ad esempio un anno. Qualora l’aumento fosse giustificato da un imprevisto che ha comportato un calo della produzione, la clausola non verrebbe attivata. Se invece l’aumento non fosse giustificato, si applicherebbe un dazio doganale supplementare per limitare tale aumento.

1.3.3.   Una reazione proporzionata

A seconda della natura e dell’origine dell’aumento dei flussi commerciali, la reazione deve essere proporzionata al fine di ridurre tale aumento o di garantire l’effettiva sospensione dei flussi destabilizzanti per le filiere interessate.

1.3.4.   Una reazione esaustiva

Tutti i flussi di importazione devono essere presi in considerazione, a prescindere dal loro status e senza previa notifica. È proprio per i cosiddetti prodotti sensibili che negli accordi di libero scambio (ALS) sono previsti contingenti con dazi ad aliquote ridotte. Si tratta dei settori più rapidamente destabilizzati, che devono pertanto essere soggetti anche alle clausole di salvaguardia.

1.3.5.   Misure «specchio»

L’introduzione di misure specchio nelle regolamentazioni europee sulle importazioni deve, da un lato, garantire lo stesso livello di protezione dei consumatori, indipendentemente dall’origine dei prodotti e, dall’altro, limitare le distorsioni economiche per gli operatori europei.

1.3.6.   Presa in considerazione del quadro di attuazione dell’accordo di Parigi

Gli impegni in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra rappresentano una sfida importante a livello internazionale. Se alcuni paesi non li rispettano non dovrebbero beneficiare dei relativi vantaggi a livello commerciale. Occorre predisporre un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere nel settore agroalimentare. Data la complessità di tale meccanismo, e in attesa della sua approvazione, clausole di salvaguardia specifiche dell’accordo di Parigi devono essere approvate dall’OMC e incluse in tutti gli accordi di libero scambio negoziati dalla Commissione europea.

1.3.7.   Presa in considerazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile

Come nel caso dell’accordo di Parigi, clausole di salvaguardia devono essere approvate dall’OMC e incluse in tutti gli accordi firmati dall’Unione europea.

2.   Nozione ed evoluzione storica delle clausole di salvaguardia

2.1.

L’OMC prevede clausole specifiche per il settore agricolo, ma ne limita l’uso.

2.1.1.

Le misure di salvaguardia sono definite come «misure di emergenza» relative all’aumento delle importazioni di determinati prodotti, quando tali importazioni causano o rischiano di causare un grave pregiudizio alla filiera di produzione nazionale del paese d’importazione. Tali misure, che assumono globalmente la forma di una sospensione di concessioni o di obblighi, possono consistere nell’applicazione di restrizioni quantitative all’importazione o nell’aumento dei dazi doganali all’importazione.

2.1.2.

Nel settore agricolo, l’applicazione di tariffe di salvaguardia più elevate può scattare automaticamente quando il volume delle importazioni supera una determinata soglia o i prezzi scendono al di sotto di un certo livello, senza necessità di dimostrare l’esistenza di un grave pregiudizio per la filiera di produzione nazionale.

2.1.3.

Tuttavia, la clausola di salvaguardia speciale per l’agricoltura può essere invocata solo per i prodotti per i quali sia stata adottata una tariffazione e a condizione che il governo si sia riservato tale diritto nel suo elenco di impegni relativi all’agricoltura. Inoltre, non può essere invocata per importazioni nell’ambito di contingenti tariffari.

2.2.

Gli accordi bilaterali di libero scambio consentono di andare oltre.

2.2.1.

Gli accordi di libero scambio devono coprire la maggior parte degli scambi commerciali e devono favorire la liberalizzazione degli scambi tra i paesi firmatari, senza frapporre degli ostacoli agli scambi con il resto del mondo. Di fronte alle difficoltà del processo negoziale multilaterale nell’ambito dell’OMC, negli ultimi anni sono stati negoziati numerosi accordi di libero scambio.

2.2.2.

L’Unione europea favorisce questa opzione per dare impulso alla liberalizzazione degli scambi e progredire su questioni non consensuali, come i capitoli sullo sviluppo sostenibile. Tuttavia, gli ultimi accordi hanno mostrato i limiti di questo sistema e le difficoltà incontrate nell’adottare un approccio comune o nel tenere pienamente conto di altri accordi internazionali, come l’accordo di Parigi.

2.3.

Il commercio internazionale nel settore agroalimentare resta indispensabile.

2.3.1.

La ricerca dell’autosufficienza alimentare si scontra con una serie di ostacoli, a cominciare dall’espansione demografica, che spesso rendono indispensabile il ricorso alle importazioni. Gli scambi contribuiscono pertanto in modo determinante alla sicurezza alimentare del pianeta. La sfida per gli Stati membri consiste nel trovare il giusto equilibrio tra lo sviluppo della propria produzione agricola e l’apertura agli scambi, ma anche nel garantire che la loro agricoltura, quando possibile, e a condizioni che non distorcano indebitamente la concorrenza, possa soddisfare la domanda internazionale ed esportare derrate alimentari verso paesi che non sono in grado di produrne in quantità sufficienti a soddisfare le loro esigenze.

2.3.2.

Uno studio di prospettiva dell’Istituto nazionale di ricerca per l’agricoltura, l’alimentazione e l’ambiente (INRAE) mostra in effetti che, entro il 2050, la concentrazione delle esportazioni agricole mondiali potrebbe aumentare ulteriormente, avvantaggiando principalmente un piccolo numero di paesi o regioni (in cui i cambiamenti climatici avrebbero un impatto positivo sull’agricoltura) che potrebbero così aumentare le loro superfici coltivate, nonché le rese delle colture.

2.4.

Gli scambi di prodotti agricoli sono utilizzati impropriamente nella diplomazia. Il settore agricolo è vittima di negoziati politici che non lo riguardano: che sia nel conflitto sinoamericano, in quello tra Boeing e Airbus o nella fase finale dei negoziati commerciali, il settore agricolo si trova regolarmente a far fronte a misure di ritorsione e a offerte di compromessi negoziali.

3.   Carenze delle attuali clausole di salvaguardia

3.1.

Le procedure di salvaguardia sono troppo lunghe e laboriose.

3.1.1.

In passato le clausole di salvaguardia erano inefficienti a causa dei lunghi e laboriosi processi di attuazione. L’Unione europea, pur figurando tra i membri dell’OMC che si sono riservati il diritto di invocare le clausole di salvaguardia per numerosi prodotti, in pratica non applica quasi mai tali clausole. Pertanto, nel caso della «diversione» delle importazioni di carni di pollame surgelate-in salamoia (se in salamoia non hanno bisogno di essere surgelate) dal Brasile, l’applicazione di dazi doganali inferiori ha reso possibili aumenti molto significativi delle importazioni di carni di pollame tra il 1996 e il 2001, senza applicazione delle clausole di salvaguardia.

3.2.

Le procedure attuali non garantiscono una concorrenza leale.

3.2.1.

Il vantaggio competitivo dei produttori di paesi terzi che non sono tenuti a rispettare rigorosamente le norme europee risulta importante. Pertanto, l’ultimo accordo firmato con il Canada prevede per i produttori canadesi la possibilità di utilizzare una quarantina di prodotti fitosanitari vietati nell’UE, quali l’atrazina, che riduce notevolmente i loro costi di produzione. I paesi dell’America utilizzano sementi geneticamente modificate, di cui l’UE autorizza la commercializzazione ma non la produzione sul suo territorio, in particolare per le proteine vegetali come la soia.

3.2.2.

Tali carenze comportano un aumento delle importazioni di prodotti agricoli, soprattutto non trasformati. Ciò può rimettere in discussione la sovranità alimentare europea. Secondo l’ultima pubblicazione della Commissione europea Agri-food trade statistical factsheet («Scheda statistica sugli scambi di prodotti agroalimentari») (1), il deficit della bilancia commerciale dell’UE per i prodotti agricoli non trasformati è superiore a 20 miliardi di euro (dati 2019).

3.3.

Tali carenze penalizzano anche i consumatori. La mancanza di regolamentazione comporta un’eccessiva volatilità dei prezzi, che negli ultimi anni è aumentata. La conseguente speculazione sui mercati agricoli accentua ulteriormente questa volatilità, rendendo l’accesso ai prodotti alimentari difficile per molti consumatori a basso reddito. Inoltre, la destabilizzazione delle filiere determina una riduzione delle capacità produttive che aumenta l’incertezza dell’approvvigionamento dei consumatori.

3.4.

La pandemia di COVID-19 ha evidenziato, in maniera tragica, sia la necessità del commercio agricolo sia l’indispensabilità della sovranità alimentare. Nel settore del commercio internazionale, l’Unione europea deve pertanto dotarsi degli strumenti necessari per accrescere la propria resilienza agli shock economici, in modo da ripristinare la fiducia, la stabilità e una prosperità condivisa per tutti i cittadini europei.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Commissione europea: Agri-food trade statistical factsheet («Scheda statistica sugli scambi di prodotti agroalimentari»)


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/53


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Un’emergenza per il periodo successivo alla crisi della COVID-19: la concezione di una nuova matrice multilaterale»

(parere d’iniziativa)

(2020/C 364/08)

Relatrice:

Emmanuelle BUTAUD-STUBBS

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.2.2020

Base giuridica

Art. 32, par. 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sezione

16.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

213/3/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

La COVID-19 e il multilateralismo

1.1

L’impatto economico, sociale e finanziario profondo e senza precedenti della crisi sanitaria indotta dalla COVID-19 richiede una risposta mai data prima, valida a lungo termine e inequivocabile. L’UE deve sostenere l’economia e il commercio internazionale per evitare che il settore del commercio mondiale sia costretto ad attraversare un periodo di recupero, come nel 1929, e per finanziare la ripresa, proteggendo nel contempo le imprese, i lavoratori di ogni tipo (inclusi quelli con disabilità), i gruppi vulnerabili e i cittadini in generale, in uno spirito di solidarietà e di responsabilità e senza lasciare indietro nessuno. Tutte le imprese, comprese quelle dell’economia sociale, in quanto parti integranti indispensabili della soluzione, devono poter accedere pienamente alle misure di rilancio dell’economia.

1.2

La ripresa che seguirà il «grande confinamento» dovrà essere basata sulla sostenibilità e su una crescita inclusiva ed ecocompatibile. Le misure previste dal Green Deal europeo sono quindi più pertinenti che mai in questo momento (strategia industriale, meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera e neutralità in termini di emissioni di carbonio entro il 2050).

1.3

La crisi della COVID-19 ha inferto un duro colpo ad un multilateralismo già minato da una serie di debolezze strutturali, come la sovrapposizione delle organizzazioni, un funzionamento che sta diventando obsoleto e un processo decisionale che richiede l’unanimità, per di più in organismi composti da un gran numero di membri — un processo la cui debolezza è emblematicamente incarnata nel declino dell’organo d’appello del meccanismo di risoluzione delle controversie dell’OMC e nel congelamento del contributo finanziario versato dagli Stati Uniti d’America (USA) all’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e nel successivo ritiro del paese dalla stessa OMS. Inoltre, le restrizioni a livello nazionale imposte (anche da Stati membri dell’UE) sulle esportazioni di forniture mediche essenziali e di dispositivi di protezione individuale, l’egoismo dei singoli Stati e alcune carenze emerse nel campo della solidarietà e della cooperazione internazionale hanno ripercussioni negative sui paesi più vulnerabili e ritardano la ripresa dell’economia mondiale.

Occorre una visione più olistica

1.4

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) intende condividere le sue riflessioni sull’elaborazione di una «nuova matrice multilaterale», prendendo come base di partenza un lungo elenco di raccomandazioni già formulate in passato [sulla riforma dell’OMC, sul ruolo dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ecc.], e proporre nuove soluzioni per il periodo successivo alla crisi della COVID-19 (1).

1.5

Condotta durante la crisi, questa riflessione si propone di stimolare una nuova cooperazione e una maggiore coerenza nelle decisioni adottate dalle organizzazioni internazionali, sovranazionali e intergovernative in materia di commercio e investimenti, lavoro dignitoso, diritti sociali e umani e cambiamenti climatici. Essa intende anche incoraggiare i paesi membri di tali organizzazioni a rispettare il principio di leale cooperazione e a promuovere le sinergie, invece di sfruttare le lacune o carenze di questi consessi internazionali.

1.6

Nel dopoguerra che è seguito ai due conflitti mondiali, le persone si sono sempre rivolte alle organizzazioni internazionali perché preservassero la pace e la prosperità. Proprio questa crisi sanitaria che stiamo affrontando a livello mondiale è il momento giusto per ripensare le norme di governance globali e per fare nostro in parte quello spirito di innovazione che si manifesta di fronte a situazioni del tutto inedite.

Un insieme di proposte concrete

1.7

Diverse parti interessate rappresentative di un ampio ventaglio di contesti (cfr. allegato) hanno aiutato la relatrice ad elaborare le raccomandazioni presentate nel parere, tenendo presente una serie di vincoli giuridici, politici e organizzativi.

1.8

Tali proposte si prefiggono di garantire un migliore coordinamento tra:

le norme sociali a livello globale e gli impegni in materia di cambiamenti climatici e di protezione dell’ambiente;

le norme relative al commercio e i trattati sui cambiamenti climatici e la protezione dell’ambiente;

le norme relative al commercio e le norme sociali a livello globale.

1.9

Le raccomandazioni formulate nel parere comprendono, tra l’altro, un maggiore accesso allo status di osservatore, finanziamenti per la promozione di studi, la creazione di nuovi gruppi di lavoro, un coordinamento migliore e rafforzato tra le segreterie, politiche comuni nel settore della ricerca, l’interpretazione di alcune disposizioni giuridiche in vigore e impegni politici.

1.10

Il CESE è ben consapevole che i cambiamenti da adottare devono prendere il via dal livello politico, ed è fermamente convinto che l’UE, in quanto uno dei pochi attori globali dotati di una responsabilità intrinseca e un mandato costitutivo tesi all’instaurazione di una buona governance a livello mondiale, debba ricoprire un ruolo fondamentale nel processo di elaborazione interno di una matrice multilaterale più efficiente.

2.   I modesti risultati che ha sortito l’appello alla coerenza delle norme multilaterali, lanciato da tempo dal CESE

2.1    Una pressante richiesta dai principali attori della società civile

2.1.1

Numerose parti interessate hanno invocato a più riprese una maggiore coerenza nella definizione delle politiche da parte delle organizzazioni internazionali, sovranazionali e intergovernative.

2.1.2

In rappresentanza della comunità imprenditoriale, la Camera di commercio internazionale (CCI) ha sottolineato in particolare che «uno dei principali nodi da sciogliere nell’attuale dibattito sulla globalizzazione è l’assenza di sintonia percepita tra il commercio, il lavoro e le norme ambientali» (2).

2.1.3

Il vertice B7-L7 [delle organizzazioni delle imprese (Business) e del lavoro (Labor) dei paesi del G-7] del 2019 ha inoltre dichiarato che «la governance globale dovrebbe tenere maggiormente conto delle sfide sociali in atto, in particolare la necessità di nuove competenze e quella di garantire un lavoro dignitoso in conformità con le norme internazionali e le condizioni idonee per le attività imprenditoriali al fine di sostenere la produttività e salari più alti e di creare posti di lavoro di qualità» (paragrafo 3 della dichiarazione).

2.2    Un rapido excursus delle tappe precedenti

2.2.1   Comprendere la complessità della globalizzazione

2.2.1.1

Le Nazioni Unite (ONU) svolgono un ruolo di grande rilievo in quanto sono l’organizzazione internazionale globale in grado di elaborare norme e standard applicabili a più ampio raggio nel mondo. Questo è il motivo per cui il CESE è favorevole ad una riforma delle Nazioni Unite, che deve essere attuata abbandonando un approccio basato sulle procedure per adottare un approccio basato sui risultati. Nel settembre 2015 l’ONU ha adottato 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) che tengono conto delle sfide più largamente universali per l’umanità. Sebbene gli OSS non siano giuridicamente vincolanti, i governi (e anche le istituzioni dell’UE) dovrebbero aderire a tali obiettivi e definire dei quadri nazionali o interni per il loro conseguimento.

2.2.1.2

Nel 2017 l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) ha sottolineato che «abbiamo [avevamo] la necessità di ’riparare» la globalizzazione, ma non sappiamo [sapevamo] esattamente come farlo» (3). Il documento strategico dell’OCSE elencava le necessarie politiche di accompagnamento (settore sociale e mercato del lavoro, istruzione e competenze, responsabilità sociale e ambientale delle imprese) e faceva riferimento alla «urgente necessità di rafforzare la consultazione pubblica e di un maggiore coinvolgimento delle parti interessate della società civile» nelle attività di definizione delle norme da parte delle organizzazioni internazionali.

2.2.2   Norme sociali a livello globale e norme commerciali multilaterali: il racconto di un’occasione persa

2.2.2.1

Subito dopo aver tentato senza successo di inserire nelle sue norme una clausola sociale, nel 1996 (4) l’OMC ha precisato che «l’organismo competente a stabilire le norme [fondamentali del lavoro] e ad occuparsene» è l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). Da allora l’OIL ha adottato una serie di importanti documenti programmatici. Nella dichiarazione dell’OIL del 1998, alla sezione 5, si sottolinea che «le norme internazionali del lavoro non dovranno essere utilizzate per finalità di protezionismo commerciale e che nulla nella presente Dichiarazione e nei suoi “seguiti” potrà essere invocato o comunque usato a tale scopo; inoltre, il vantaggio comparativo di un qualunque Paese non potrà in alcun modo essere messo in discussione da questa Dichiarazione e dall’allegato documento relativo ai suoi “seguiti”».

2.2.2.2

Nella dichiarazione del centenario dell’OIL, del 2019, l’Organizzazione assume un ruolo guida, impegnandosi a «[rafforzare] la sua cooperazione e [a sviluppare] accordi istituzionali con altre organizzazioni al fine di promuovere la coerenza delle politiche nel perseguimento del suo approccio sul futuro del lavoro incentrato sulla persona, riconoscendo il legame forte, complesso e cruciale tra politiche sociali, commerciali, finanziarie, economiche e ambientali» (sezione IV, paragrafo F).

2.2.2.3

Pur avendo attività ben distinte, l’OIL e l’OMC cooperano nondimeno in una serie di settori, ed elaborano in particolare interessanti pubblicazioni congiunte sul commercio e l’occupazione, sul commercio e l’occupazione informale, su come rendere la globalizzazione socialmente sostenibile, oltre che sull’importanza di politiche di sviluppo delle competenze per aiutare lavoratori e imprese a sfruttare i vantaggi degli scambi commerciali.

2.2.2.4

Questa politica di cooperazione non ha mai superato il limite fissato nella Dichiarazione ministeriale di Singapore dell’OMC del 1996, in cui si afferma: «Respingiamo il ricorso alle norme del lavoro a fini protezionistici e concordiamo che il vantaggio comparativo dei paesi, in particolare di quelli in via di sviluppo dove i salari sono più bassi, non deve essere minimamente messo in discussione. A questo proposito, osserviamo che i segretariati dell’OMC e dell’OIL continueranno a collaborare come fanno attualmente».

2.2.3   La graduale integrazione degli impegni in materia di clima e ambiente nel panorama multilaterale

2.2.3.1

Dall’entrata in vigore della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change — UNFCCC) nel 1994, i governi di tutti i paesi si sono riuniti con cadenza periodica per monitorare i progressi compiuti attraverso un solido sistema di trasparenza e rendicontabilità. Tuttavia, è solo alla fine del 2015 che si è riusciti ad adottare l’accordo di Parigi, ossia il primo accordo universale giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, il quale introduce un sistema di contributi determinati a livello nazionale (Nationally Determined Contributions — NDCs) che è obbligatorio monitorare.

2.2.3.2

Grazie al suo status di osservatore presso l’UNFCCC e alla sua missione che consiste nel registrare passi avanti sui temi del lavoro dignitoso e di una transizione giusta, l’OIL ha contribuito in modo sostanziale ai lavori del Forum di dibattito migliorato sull’impatto dell’attuazione delle misure di risposta (2015-2018). Il Forum ha esaminato in particolare «gli effetti dell’attuazione di politiche, programmi e azioni di attenuazione adottati “all’interno” e “all’esterno” della loro giurisdizione, o impatti transfrontalieri, dalle parti della Convenzione, del protocollo di Kyoto e dell’accordo di Parigi per lottare contro i cambiamenti climatici».

2.2.3.3

Dopo la conclusione di un memorandum d’intesa nel 2016, l’OIL ha collaborato da vicino con il personale e gli esperti dell’UNFCCC per migliorare la comprensione reciproca: formazione sul ruolo degli attori sociali, sviluppo di capacità per misurare l’impatto dei provvedimenti di lotta ai cambiamenti climatici, seminari regionali sulla transizione giusta e un forum mondiale organizzato due volte l’anno.

2.2.3.4

Il principale strumento per l’intervento dell’OIL sulle questioni ambientali è il Partenariato per l’azione in materia di economia verde (Partnership for Action on Green Economy — PAGE), un consorzio formato con l’UNEP (Programma dell’ONU per l’ambiente), il PNUS (Programma dell’ONU per lo sviluppo), l’UNIDO (Organizzazione dell’ONU per lo sviluppo industriale) e l’UNITAR (Istituto dell’ONU per la formazione e la ricerca).

2.2.3.5

A questi strumenti si aggiunge una serie di accordi multilaterali in materia di ambiente, utilizzati prevalentemente dalle Nazioni Unite, che riguardano un ampio ventaglio di questioni ambientali: la biodiversità, l’uso del suolo, i mari e oceani, le sostanze chimiche e i rifiuti pericolosi o l’atmosfera. L’UE è parte di circa 30 accordi di questo tipo.

2.2.3.6

Oltre alla rete delle Nazioni Unite, il comitato per il Commercio e l’ambiente dell’OMC offre una sede per la condivisione di informazioni, l’organizzazione di eventi e lo scambio di vedute su temi legati al commercio e alla sostenibilità (economia circolare, iniziative volontarie nel campo delle norme, riforma delle sovvenzioni per i combustibili fossili, plastiche ecc.).

2.2.3.7

Secondo la giurisprudenza dell’OMC, i membri dell’Organizzazione possono adottare misure intese a migliorare la salute dei cittadini, la protezione dell’ambiente o la conservazione della biodiversità, purché tali provvedimenti siano conformi ai criteri stabiliti per garantire il rispetto delle norme e delle discipline dell’OMC. Queste deroghe, basate sull’articolo XX del GATT, sono considerate compatibili se sono proporzionate e non discriminatorie. L’applicazione di tali misure non deve costituire un «mezzo di discriminazione arbitraria o ingiustificabile» né una «restrizione dissimulata degli scambi internazionali».

2.2.3.8

L’ex direttore generale dell’OMC Renato Ruggiero ha definito con grande chiarezza, in occasione di un convegno a Bonn (9 dicembre 1997), i limiti dell’azione consentita ad un governo: «I governi possono ricorrere a qualsiasi tipo di restrizione degli scambi, inclusi contingenti e divieti all’importazione e all’esportazione, o l’imposizione di tasse o altri oneri alla frontiera, a fini di protezione dell’ambiente o di conservazione delle risorse all’interno della loro giurisdizione, purché siano rispettati gli obblighi di base in materia di non discriminazione e di minima restrizione possibile degli scambi. […] Tuttavia, quello che un paese non può fare, in base alle norme dell’OMC, è applicare restrizioni degli scambi nel tentativo di modificare il processo e i metodi di produzione — o altre politiche — dei suoi partner commerciali. Perché non può farlo? In sostanza, perché la questione del processo e dei metodi di produzione attiene all’esercizio delle competenze sovrane di ciascun paese».

2.2.3.9

I limiti indicati, che impediscono di interferire con il «processo e i metodi di produzione» (process and production methods — PPMs), costituiscono un ostacolo evidente alla creazione di incentivi per la produzione e il commercio di beni durevoli.

2.2.4   Misure correttive bilaterali per pervenire ad una maggiore coerenza tra norme economiche, sociali e ambientali

2.2.5   Meriti e limiti dei capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile (CSS)

2.2.5.1

L’UE ha introdotto dei capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile negli accordi di libero scambio (ALS) per garantire che la liberalizzazione degli scambi e degli investimenti non comporti un deterioramento delle condizioni ambientali e del lavoro.

2.2.5.2

Nel 2017 la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha riconosciuto il «posto essenziale» che spetta alle disposizioni in materia di sviluppo sostenibile contenute in un accordo (5).

2.2.5.3

Nel 2018 (6) il CESE ha chiesto obiettivi più ambiziosi e una maggiore applicabilità per i capitoli sul commercio e sullo sviluppo sostenibile, i quali dovrebbero avere la stessa importanza di quelli relativi a questioni commerciali, tecniche o tariffarie.

2.2.5.4

Nel 2016 l’OIL (7) precisava che il 63 % degli accordi contenenti disposizioni relative al lavoro è stato adottato dopo il 2008, il che indica un movimento di accelerazione, e che il 46,8 % degli ALS contenenti disposizioni sul lavoro riguardava l’UE, gli USA o il Canada. I testi di riferimento sono, in ordine decrescente, la dichiarazione del 1998 sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro, la convenzione n. 182 (lavoro minorile), l’agenda per il lavoro dignitoso e la dichiarazione sulla giustizia sociale per una globalizzazione giusta.

3.   Un nuovo modo di pensare per concepire una nuova matrice multilaterale

3.1    Premesse di ordine generale

3.1.1

Qualsiasi nuova proposta volta ad ottenere una maggiore coerenza dovrebbe rispettare quattro principi:

specializzazione: «Le organizzazioni internazionali dispongono di competenze soltanto nella misura in cui queste sono state conferite loro dagli Stati membri di dette organizzazioni» (8);

capacità decisionale: le organizzazioni dispongono di regole e procedure interne chiare che consentono ai loro organi direttivi (comitati tecnici o assemblee generali) di agire;

trasparenza: qualsiasi modifica operativa, come la creazione di gruppi congiunti, l’adozione di nuovi statuti o di dichiarazioni comuni, deve essere comunicata in modo trasparente sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione;

valutazione: si dovrebbe incoraggiare la creazione di una cultura della valutazione sul funzionamento interno dell’organizzazione.

3.1.2

Per la natura stessa della sua missione, il CESE caldeggia una comunicazione e una consultazione più aperte con la società civile sulle politiche delle organizzazioni internazionali e chiede la progressiva instaurazione di processi di dialogo permanente. Tenuto conto della sua esperienza, il CESE è pronto a svolgere un ruolo guida di facilitatore nella definizione di tali procedure. Sul modello delle UNFCCC e OCSE, che coltivano un dialogo proficuo con un ampio ventaglio di partner, l’OMC ha di recente rafforzato il proprio impegno nei confronti della società civile, andando oltre la tenuta del suo forum pubblico annuale. Questi contatti possono contribuire in modo significativo a un sistema commerciale multilaterale più efficace e democratico. Il CESE è grato per il sostegno offerto dalla Commissione al rafforzamento della voce della società civile a livello multilaterale e accoglie con favore l’azione 6 del recente piano d’azione in sei punti del gruppo di Ottawa (9).

3.1.3

Anche la capacità negoziale delle parti sociali merita un maggiore riconoscimento. La dichiarazione tripartita delle parti sociali a livello internazionale e l’insieme degli accordi quadro multinazionali contengono una serie di norme e strumenti utili e pratici (norme sociali, rapporti con i fornitori, dialogo sociale, lotta al lavoro minorile e al lavoro forzato).

3.2    L’armamentario degli strumenti multilaterali

L’integrazione dell’OMC nel sistema delle Nazioni Unite dal punto di vista funzionale

3.2.1

Il sistema dell’ONU è la chiave di volta dell’ordine internazionale, con la sua rete di agenzie specializzate come l’OIL, l’UNESCO, l’OMS, l’FMI, la Banca mondiale e le banche di sviluppo regionale. Benché le norme commerciali debbano contribuire al conseguimento degli OSS, l’OMC è stata istituita come organizzazione «autonoma» e a parte, e non rientra in questo sistema dell’ONU, anche se il direttore generale dell’OMC partecipa al Consiglio dei capi di segreteria delle Nazioni Unite insieme a tutti i direttori generali delle agenzie specializzate e degli altri organi principali dell’ONU. Il CESE propone che l’OMC segnali a tale Consiglio dell’ONU ogni passo avanti realizzato nell’ambito del sistema delle norme commerciali che possa contribuire al conseguimento degli OSS.

3.2.2

La menzione esplicita dello «sviluppo sostenibile» nel preambolo dell’accordo istitutivo dell’OMC (1994) dev’essere interpretata in riferimento anche agli OSS, che incarnano oggi la nuova espressione universalmente accettata del concetto di sostenibilità nel diritto internazionale. A quanto sembra, l’OMC ha già fatto proprio questo concetto, dato che sul suo sito Internet (solo in inglese, francese e spagnolo) dichiara di essere «central to achieving the […] SDGs» («avere un ruolo centrale nel conseguimento degli OSS»).

Stabilire nuovi collegamenti tra corpora distinti di norme

3.2.3   Norme sociali e ambientali più severe

3.2.3.1

Nel 2018 l’OIL ha elaborato una serie di studi sull’impatto generale che l’accordo di Parigi potrebbe avere in materia di transizione ecologica e competenze (10), di competenze per un futuro più ecocompatibile o in relazione agli effetti del riscaldamento globale sulle condizioni di lavoro (11).

3.2.3.2

Il CESE chiede una più ampia diffusione di questi studi e caldeggia l’organizzazione di seminari regionali finanziati dalla Commissione europea nei paesi in via di sviluppo, in particolare quelli meno avanzati e dalle economie insulari e vulnerabili, dove l’impatto del riscaldamento globale è brutale e più forte sul piano sociale.

3.2.3.3

Nel 2015 l’OIL ha pubblicato delle Guidelines for a just transition towards environmentally sustainable economies and societies for all («Linee guida per una transizione giusta verso economie e società ecologicamente sostenibili per tutti»), e il CESE propone che tutti i servizi della Commissione si basino su queste linee guida nel loro lavoro di elaborazione delle norme. L’aggiornamento di queste linee guida dovrebbe inoltre figurare nel programma di lavoro del Consiglio di amministrazione dell’OIL.

3.2.4   Ulteriori collegamenti tra norme commerciali e norme sociali

3.2.4.1

Su base di reciprocità, il CESE auspica che l’OMC conceda all’OIL lo status formale di osservatore alle riunioni dei suoi principali organi e comitati. Tale status infatti, oltre a garantire la partecipazione con un ruolo ufficiale dell’OIL alle conferenze ministeriali dell’OMC, ne promuoverebbe anche il coinvolgimento nei lavori degli organi interni dell’Organizzazione e potrebbe servire anche ad integrare l’OIL come componente del meccanismo di esame delle politiche commerciali dell’OMC per quanto riguarda il rispetto delle norme internazionali del lavoro. Il CESE propone di istituire un gruppo di lavoro ad hoc temporaneo con personale delle segreterie dell’OMC e dell’OIL, con l’incarico di elaborare e presentare delle linee guida entro giugno 2021.

3.2.4.2

Inoltre, in considerazione dell’impatto della pandemia di COVID-19 sulle catene globali del valore, i lavori della commissione mondiale dell’OIL sulla dimensione sociale della globalizzazione dovrebbero riprendere con rinnovato vigore. Sulla scorta del proprio parere sul trattato vincolante dell’ONU (12), nel semestre di presidenza tedesca del Consiglio dell’UE il CESE invoca l’adozione di un quadro normativo efficace che garantisca il rispetto dei diritti umani e il lavoro dignitoso nelle catene globali del valore, accompagnato da un piano d’azione europeo con strumenti legislativi e risultati tangibili, oltre che con interventi normativi ambiziosi ed efficaci a livello globale. Sia l’OIL che l’OMC, ciascuna nel ruolo che le spetta, devono contribuire alla definizione di questo quadro normativo.

3.2.4.3

Nel processo di valutazione degli accordi commerciali regionali e bilaterali, il cui numero e la cui copertura geografica sono in costante aumento, l’OMC deve svolgere un nuovo ruolo in materia di disposizioni relative al lavoro. Poiché la maggior parte dei nuovi accordi di libero scambio contiene disposizioni sul lavoro, il segretariato dell’OMC dovrebbe raccogliere, confrontare e monitorare il nuovo corpus formato dall’insieme di queste norme. Nell’ambito del piano d’azione dell’OIL sul lavoro dignitoso nelle catene di approvvigionamento globali, l’OMC potrebbe condividere questa attività di monitoraggio con l’OIL, con un conseguente possibile approfondimento della cooperazione tra le due organizzazioni.

3.2.5   Ulteriori collegamenti tra norme e politiche in materia di commercio e di clima

3.2.5.1

Una cosiddetta «deroga climatica dell’OMC», di cui si discute già nelle università e negli ambienti imprenditoriali, potrebbe definire delle «misure per il clima», in termini di caratteristiche e di obiettivi e criteri di interesse generale per stabilirne la compatibilità con le norme dell’OMC. Una deroga di questo tipo consentirebbe ai membri dell’OMC di introdurre misure a favore dell’azione per il clima (sistema di scambio delle quote di emissione) a livello nazionale o alle loro frontiere, garantendo tuttavia che non si tratti di misure protezionistiche dissimulate.

3.2.5.2

Un gruppo di lavoro informale dell’OMC dovrebbe stilare, in tempo utile per la conferenza ministeriale n. 12 del 2021, una dichiarazione ministeriale dell’OMC sul commercio e l’ambiente che riconosca il ruolo del commercio, della politica commerciale e del sistema commerciale multilaterale a sostegno degli sforzi della comunità internazionale tesi al conseguimento degli OSS e di altri impegni internazionali condivisi in campo ambientale, come ad esempio l’accordo di Parigi. Il CESE incoraggia la Commissione a proseguire i propri sforzi in tal senso.

3.2.5.3

Il CESE chiede alla Commissione di chiarire la propria posizione in merito all’eliminazione graduale delle sovvenzioni per i combustibili fossili nell’UE e di sostenere pienamente eventuali iniziative che emergano a livello multilaterale in seno all’OMC.

3.2.5.4

Il CESE chiede di rilanciare quanto prima i negoziati multilaterali per la conclusione di un accordo sui beni ambientali, che dovrebbe essere collegato più direttamente all’accordo di Parigi, cfr. ad esempio la proposta di Taiwan, del 2019, di un accordo sui beni e i servizi ambientali collegato all’accordo di Parigi, basata sull’eliminazione delle tariffe su beni e servizi connessi alla riduzione del carbonio. «L’avvio di un negoziato di un genere del tutto nuovo come il PAEGSA, volto ad affrontare temi rilevanti e di grande attualità quali i cambiamenti climatici e la liberalizzazione del commercio internazionale, rappresenterà un risultato fondamentale per il sistema commerciale multilaterale» (13).

3.2.5.5

Per rafforzare la coerenza, le segreterie degli accordi multilaterali in materia di ambiente dovrebbero avere lo status di osservatori presso tutta una serie di comitati dell’OMC e non solo presso il comitato per il commercio e l’ambiente (ad esempio, il comitato per gli ostacoli tecnici agli scambi e quello per le misure sanitarie e fitosanitarie).

3.2.5.6

Il CESE raccomanda di istituire un gruppo di lavoro congiunto per il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, l’UNFCCC e l’OMC, incaricato di trattare le emissioni di gas a effetto serra e le questioni commerciali internazionali, di mettere a disposizione metodi di misurazione o di prevedere sistemi di compensazione all’interno degli accordi di libero scambio (ad esempio, il rimboschimento). I contributi stabiliti a livello nazionale nel quadro dell’accordo di Parigi dovrebbero tenere conto di tali sistemi di compensazione concordati con i paesi terzi.

4.   Il contributo dell’UE a un nuovo modello di multilateralismo sostenibile

4.1

Per lottare contro la rilocalizzazione delle emissioni di CO2, il CESE è favorevole a un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere dell’UE compatibile con le norme dell’OMC, che creerebbe condizioni di parità per i settori ad alta intensità di CO2 (14). Il CESE chiede alla Commissione europea di attenersi al calendario inizialmente previsto, presentando una proposta legislativa in materia nella primavera del 2021. La recente valutazione d’impatto iniziale (tabella di marcia) ha indicato che la proposta gode di sostegno, in particolare da parte delle industrie siderurgica, chimica e del cemento e del settore dell’elettricità.

4.2

Il CESE sottolinea l’importanza di una condizionalità sociale e ambientale generale per i paesi beneficiari nell’ambito del prossimo sistema di preferenze generalizzate (SPG) [regolamento (UE) n. 978/2012 (15)].

4.3    Disposizioni rafforzate in materia di sviluppo sostenibile negli accordi di libero scambio

4.3.1

I capitoli sul commercio e sullo sviluppo sostenibile (CSS) negli accordi commerciali e di investimento dell’UE dovrebbero essere rafforzati nel modo descritto di seguito.

Come raccomandato dal Parlamento europeo, i CSS dovrebbero imporre a entrambe le parti dell’accordo di ratificare e attuare gli strumenti internazionali fondamentali in materia di diritti umani (ad esempio, la Carta internazionale dei diritti dell’uomo), le convenzioni fondamentali dell’OIL (compresa la Convenzione sulla salute e la sicurezza dei lavoratori), l’accordo di Parigi e altri accordi internazionali in materia di ambiente.

Il comitato di monitoraggio Commercio internazionale del CESE ritiene che le valutazioni d’impatto per la sostenibilità debbano rivalutare il «modello di equilibrio generale calcolabile (CGE) […] tenendo conto di modelli alternativi e includere una gamma più ampia di indicatori che misurino gli impatti sui diritti umani e del lavoro, sui cambiamenti climatici, sulla biodiversità, sui consumatori e sugli IED. È necessario concordare una serie più ampia di indicatori, con un atteggiamento di apertura verso i modelli alternativi […]

Il CESE chiede di riformare i meccanismi dei gruppi di esperti, in modo tale che gli avvocati specializzati in diritto commerciale, ma anche gli esperti di lavoro, clima o diritti umani, possano trattare le denunce sulla base delle disposizioni contenute nei capitoli sul commercio e sullo sviluppo sostenibile. L’accertamento di infrazioni da parte dei gruppi di esperti dovrebbe far scattare un meccanismo per la risoluzione delle controversie tra Stati, sulla base di trattati stipulati tra i paesi, con possibilità di irrogare sanzioni anche pecuniarie, e di prevedere misure correttive per la parte lesa.

4.3.2

I futuri accordi di libero scambio dell’UE dovrebbero contenere un riferimento all’accordo di Parigi e prevedere incentivi come, ad esempio, l’applicazione di un dazio zero per i beni e i servizi ambientali. L’articolo 22.3 del CETA (accordo economico e commerciale globale), con cui le parti si impegnano a promuovere flussi economici e commerciali che contribuiscano a promuovere il lavoro dignitoso e la protezione dell’ambiente, dovrebbe essere utilizzato anche con altri partner commerciali (Nuova Zelanda, Australia). I futuri accordi di libero scambio dell’UE dovrebbero inoltre ampliare il ruolo di monitoraggio che svolgono i gruppi consultivi nazionali al di là dei settori sociale, ambientale e dell’occupazione.

4.3.3

Qualsiasi trattato di investimento negoziato dall’UE, in particolare con la Cina, deve contenere disposizioni generali riguardanti:

l’uso sostenibile delle risorse naturali;

un approccio basato sul principio di precauzione per quanto riguarda la salute umana, le risorse naturali e gli ecosistemi;

il principio della partecipazione pubblica e dell’accesso all’informazione e alla giustizia; e

il principio di integrazione e di interrelazione, in particolare per quanto riguarda i diritti umani e gli obiettivi sociali, economici e ambientali.

4.3.4

La nomina, prevista a breve, di un «responsabile dell’esecuzione degli accordi commerciali dell’UE» contribuirà a garantire un’efficace attuazione degli accordi commerciali, anche per quanto riguarda i diritti del lavoro, gli impegni in campo ambientale e il ruolo della società civile.

4.4    Un ruolo guida dell’UE nella concezione di una nuova matrice multilaterale

4.4.1

L’Unione europea è uno dei pochi attori globali dotati di una responsabilità intrinseca e un mandato costitutivo tesi a «promuovere un sistema internazionale basato su una cooperazione multilaterale rafforzata e il buon governo mondiale» [articolo 21, paragrafo 2, lettera h), del Trattato sull’Unione europea (TUE)].

4.4.2

Nella sua qualità di organizzazione di integrazione regionale, tuttavia, l’UE non ha potuto partecipare pienamente ai lavori di numerosi organismi, organi e organizzazioni del sistema delle Nazioni Unite, dal momento che deve lasciare agli Stati membri il compito di difendere le proprie posizioni e i propri interessi. Dopo più di un decennio dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, con il quale l’UE si è impegnata a promuovere «soluzioni multilaterali ai problemi comuni, in particolare nell’ambito delle Nazioni Unite» (articolo 21, paragrafo 1, del TUE), è tempo che l’Unione, insieme ai suoi Stati membri, elabori una strategia integrata per ottenere una posizione più forte e più avanzata all’interno del sistema delle Nazioni Unite.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Pareri del CESE REX/509 sul tema Riformare l’OMC per adattarsi all’evoluzione del commercio mondiale (GU C 159 del 10.5.2019), REX/486 sul tema Il ruolo delle politiche commerciali e di investimento dell’UE nel rafforzare le prestazioni economiche dell’UE (GU C 47 dell’11.2.2020), REX/500 sul tema Capitoli sul commercio e sullo sviluppo sostenibile (CSS) negli accordi di libero scambio (ALS) dell’UE (GU C 227 del 28.6.2018), NAT/760 in merito al Documento di riflessione«Verso un’Europa sostenibile entro il 2030» (GU C 14 del 15.1.2020).

(2)  CCI, Raccomandazioni sulla riforma dell’OMC, ottobre 2019.

(3)  http://www.oecd.org/about/sge/fixing-globalisation-time-to-make-it-work-for-all-9789264275096-en.htm, pag. 9.

(4)  Dichiarazione ministeriale di Singapore dell’OMC 1996, punto 4.

(5)  Parere 2/15 del 16 maggio 2017, EU:C:2017:376.

(6)  Parere del CESE REX/500 sul tema Capitoli sul commercio e sullo sviluppo sostenibile (CSS) negli accordi di libero scambio (ALS) dell’UE (GU C 227 del 28.6.2018), punto 2.4.

(7)  OIL, Labour-related provisions in trade agreements: Recent trends and relevance to the ILO («Disposizioni sul lavoro negli accordi commerciali: tendenze recenti e rilevanza per l’OIL»), GB.328/POL/3, punto 9.

(8)  Jan Wouters, Cedric Ryngaert, Tom Ruys e Geert De Baere, International Law: A European Perspective («Diritto internazionale: una prospettiva europea»), Oxford, Hart Publishing, 2018, pag. 259.

(9)  Il Canada presiede un gruppo di membri dell’OMC, noto come gruppo di Ottawa, la cui missione è far fronte alle sfide proprie del sistema commerciale multilaterale. Dichiarazione del gruppo di Ottawa del giugno 2020: Focusing Action on Covid-19 [Azione incentrata sulla Covid-19], giugno 2020.

(10)  World employment social outlook 2018 — Greening with jobs («Prospettive sociali per l’occupazione a livello mondiale 2018 — L’ecologizzazione dei posti di lavoro»), OIL, Ginevra, 2018.

(11)  Working on a warmer planet: The impact of heat stress on labour productivity and decent work («Lavorare in un pianeta più caldo: l’impatto dello stress da calore sulla produttività della manodopera e il lavoro dignitoso»), OIL, Ginevra, 2019.

(12)  Parere del CESE REX/518 Un trattato vincolante dell’ONU su imprese e diritti umani (GU C 97 del 24.3.2020, pag. 9).

(13)  Non Paper (documento informale) JOB/TE/19, 19 gennaio 2018.

(14)  Parere del CESE CCMI/167 sul tema Conciliare le politiche in materia di clima e di energia: la prospettiva del settore industriale (GU C 353 del 18.10.2019, pag. 59).

(15)  GU L 303 del 31.10.2012, pag. 1.


ALLEGATO

RIUNIONI PREPARATORIE ORGANIZZATE

Nome

Ente/organizzazione di appartenenza

Carica/funzione

Elina BARDRAM

Commissione europea

Capo unità

Unità Relazioni internazionali (CLIMA.A.1)

Daniele BASSO

CES/ETUC (Confederazione europea dei sindacati)

Consigliere

John BRYAN

CESE

Membro del III gruppo

Cinzia DEL RIO

CESE

Membro del II gruppo

Dimitru FORNEA

CESE

Membro del II gruppo

Alan HERVÉ

Istituto di Scienze politiche (Sciences Po) Rennes

Docente di diritto internazionale pubblico

Emmanuel JULIEN

OIL

Direttore aggiunto

Direzione Imprese

Bernd LANGE

Parlamento europeo

Presidente della commissione INTA

Jürgen MAIER

Forum

Umwelt & Entwicklung (Forum su Ambiente e Sviluppo delle ONG tedesche)

Direttore

Jean-Marie PAUGAM

Governo francese

Rappresentante permanente del governo francese presso l’OMC

Christophe PERRIN

OIL

Direttore

Direzione Cooperazione multilaterale

Denis REDONNET

Commissione europea

Direttore

Direzione OMC, affari giuridici e scambi di merci (TRADE.DGA2.F)

Lutz RIBBE

CESE

Membro del III gruppo

Victor VAN VUUREN

OIL

Direttore

Direzione Imprese

Lieve VERBOVEN

OIL

Direttrice dell’Ufficio di rappresentanza dell’OIL presso l’Unione europea e i paesi del Benelux

Jan WOUTERS

Università di Lovanio

Docente di diritto internazionale e organizzazioni internazionali


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/62


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Tassazione dell’economia collaborativa — gli obblighi di reporting»

(supplemento di parere)

(2020/C 364/09)

Relatrice:

Ester VITALE

Decisione dell’Ufficio di presidenza

18.6.2019

Base giuridica

Articolo 29 Modalità d’applicazione (2010)

 

Supplemento di parere

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

24.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

210/1/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La tassazione e le politiche fiscali devono adattarsi rispetto al continuo sviluppo dell’economia collaborativa. A questo proposito non dovrebbero essere sviluppati regimi nuovi o speciali di tassazione, mentre il CESE ritiene più opportuno adeguare le normative e i modelli fiscali vigenti ai nuovi contesti economici, mantenendo un level playing field fra i diversi operatori coinvolti.

1.2.

Il CESE chiede che i sistemi fiscali nazionali tengano in considerazione il fenomeno dell’economia collaborativa e delle piattaforme digitali, rispettando in questo settore i principi che caratterizzano un sistema di tassazione equo, ovvero coerenza, prevedibilità e neutralità garantendo, al contempo, l’interesse pubblico dell’assolvimento degli obblighi fiscali da parte di tutti i soggetti interessati.

1.3.

Il CESE è convinto che le politiche fiscali da applicare alla digitalizzazione dell’economia e l’elaborazione di strumenti e soluzioni operative debbano essere coordinati a livello internazionale. Il CESE accoglie pertanto con favore la stretta cooperazione tra la Commissione, gli Stati membri e l’OCSE/G20 riconoscendo che le forme di collaborazione avviate hanno già portato ad alcuni risultati tangibili e altri più rilevanti ne potranno determinare in futuro.

1.4.

È importante che le istituzioni internazionali, europee e nazionali agiscano in modo efficace e rapido per far fronte alle questioni poste dall’economia digitale e collaborativa secondo un approccio proattivo e non di semplice reazione rispetto all’insorgere di specifiche problematiche.

1.5.

Un tema cruciale con riferimento ai sistemi di tassazione da applicare al tema dell’economia collaborativa riguarda gli obblighi, a carico delle piattaforme digitali, di raccolta, comunicazione alle autorità fiscali e conservazione delle informazioni riguardanti le transazioni effettuate (obblighi di reporting). Tali obblighi non dovrebbero costituire un onere amministrativo eccessivo a carico delle piattaforme.

1.6.

Un’adeguata condivisione delle informazioni nell’ambito di un sistema di raccolta e scambio dei dati, funzionale e proporzionato, potrebbe infatti agevolare l’attività delle autorità fiscali, da un lato, e garantire un sistema certo e prevedibile alle imprese, dall’altro, beneficiando il settore dell’economia collaborativa nel suo complesso.

1.7.

Il CESE auspica lo sviluppo di uno standard europeo di raccolta dei dati e delle informazioni sui propri utenti, che le piattaforme dovranno comunicare alle autorità fiscali e conservare nel corso del tempo. Gli obblighi di reporting dovrebbero essere chiari e armonizzati tra i diversi Stati membri. Uno standard europeo potrebbe limitare azioni unilaterali da parte degli Stati membri tali da determinare una controproducente disomogeneità regolatoria e incertezza applicativa sul mercato interno.

1.8.

Quanto ai principi generali che dovrebbero guidare l’intervento regolatorio in materia di reporting, il CESE ritiene necessario adottare un approccio rispettoso del principio di proporzionalità come elaborato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE e quindi tale da permettere il raggiungimento della finalità regolatoria perseguita, ovvero la raccolta di informazioni chiare e utili all’attività delle autorità fiscali, senza un eccessivo e indebito sacrificio dell’interesse privato delle piattaforme e degli utenti finali.

1.9.

Il CESE ritiene che le regole fiscali riferite all’economia collaborativa, ivi comprese le regole sugli obblighi di reporting, dovrebbero adattarsi, di volta in volta, ai diversi settori e alle diverse attività dell’economia collaborativa, che sono spesso diverse fra loro.

1.10.

Il CESE ritiene importante esaminare se l’imminente attuazione della direttiva su determinati requisiti per i prestatori di servizi di pagamento riguardante le richieste di informazioni per la rilevazione di frodi IVA possa essere utilizzata anche a fini di imposizione diretta per quanto riguarda gli obblighi di reporting.

1.11.

Lo scambio di informazioni tra soggetti privati e autorità pubbliche dovrà ovviamente avvenire nel rispetto della legislazione europea in materia di tutela della privacy e del trattamento dei dati personali del singolo, secondo canoni di necessarietà, proporzionalità e stretta interpretazione di eventuali deroghe ai principi generali in materia di privacy per ragioni di enforcement delle regole fiscali.

2.   Introduzione e principi generali

2.1.

Elaborare politiche fiscali efficaci con riferimento al settore dell’economia collaborativa rappresenta una sfida sia per le istituzioni europee e nazionali che per gli operatori di questo settore. A tale proposito, è cruciale garantire un level playing field fra i diversi operatori dell’economia collaborativa e fra tali operatori e gli operatori tradizionali che operano nei medesimi settori.

2.2.

Il CESE ritiene che l’economia collaborativa ha avuto una crescita continua e considerevole negli ultimi anni e rappresenta un’occasione di ulteriore sviluppo per i paesi dell’Unione europea anche per il futuro, nella misura in cui consente di mobilitare risorse inespresse e attivare l’iniziativa dei singoli cittadini. Allo stesso tempo riconosce la necessità di una regolamentazione per garantire la protezione dei consumatori, la tutela dei diritti dei lavoratori, gli obblighi fiscali e la concorrenza leale.

2.3.

La definizione di «economia collaborativa» utilizzata nel presente parere si riferisce ai modelli imprenditoriali le cui attività sono agevolate da piattaforme di collaborazione che permettono l’uso temporaneo di beni o servizi spesso forniti da privati. A questo proposito, anche sotto il profilo metodologico, sarebbe importante raggiungere un consenso minimo tra Unione europea e Stati membri sulla nozione di «economia collaborativa», così da evitare disomogeneità significative tra le diverse definizioni applicate sul mercato interno.

2.4.

L’economia collaborativa è un fenomeno economico complesso e da ricomprendere complessivamente a fini regolatori, giacché interessa diversi ambiti della società e una pluralità di istituti giuridici tradizionalmente riconducibili a materie diverse e distinte. Ad esempio, la continua evoluzione dell’economia collaborativa incide sulle regole in materia di diritto dei consumatori, diritto del lavoro, previdenza sociale, diritto contrattuale, diritto alla privacy e diritto dei servizi pubblici.

2.5.

Il CESE sottolinea la necessità che i sistemi fiscali nazionali, coordinandosi efficacemente a livello europeo, tengano in debita considerazione i nuovi modelli di attività legate al fenomeno dell’economia collaborativa. Rispettare i principi di un sistema fiscale equo (vale a dire coerenza, prevedibilità e neutralità) rispetto a tali nuovi modelli risulta necessario per tutti i soggetti coinvolti: pubbliche autorità, imprese e consumatori.

2.6.

Le regole tradizionali in materia fiscale, tuttavia, faticano ad adattarsi alla continua evoluzione della tecnologia e si creano spesso dei mismatch temporali tra i rapidissimi tempi dell’economia digitale e quelli delle regole fiscali. È quindi opportuno che l’adattamento delle regole e dei principi tradizionali rispetto ai mutamenti in corso sia puntuale e appropriato, coordinando l’intervento del legislatore europeo e dei diversi legislatori nazionali.

2.7.

È particolarmente importante che le istituzioni internazionali, europee e nazionali agiscano in modo tempestivo, efficace e coordinato per far fronte alle nuove questioni poste dall’economia digitale e collaborativa, adottando un approccio proattivo e non di semplice reazione rispetto all’insorgere di specifiche problematiche.

2.8.

Il CESE è convinto che, nel contesto della digitalizzazione dell’economia, le politiche fiscali e l’elaborazione di strumenti e soluzioni concrete debbano essere coordinate a livello internazionale o addirittura mondiale. Il CESE accoglie pertanto con favore la stretta cooperazione tra la Commissione, gli Stati membri e l’OCSE/G20 riconoscendo che tale collaborazione ha già portato ad alcuni risultati tangibili e altri più rilevanti ne potrà determinare in futuro.

3.   Obblighi di reporting

3.1.

Un tema cruciale con riferimento ai sistemi di tassazione dell’economia collaborativa riguarda gli obblighi, a carico delle piattaforme digitali, di raccolta, comunicazione alle autorità fiscali e conservazione delle informazioni riguardanti le transazioni effettuate. Un’adeguata condivisione delle informazioni nell’ambito di un sistema di raccolta e scambio dei dati funzionale e proporzionato potrebbe infatti agevolare l’attività delle autorità fiscali che dovrebbero ottenere i dati in modo rapido e agevole, da un lato, e garantire un sistema prevedibile alle piattaforme e ai loro utenti, dall’altro. Gli obblighi di reporting non dovrebbero costituire un eccessivo onere amministrativo a carico delle piattaforme e degli operatori di settore.

3.2.

Vi sono già diversi esempi di collaborazione efficace tra piattaforme e autorità fiscali nel settore dei trasporti, come nel caso dell’Estonia e delle modalità adottate per agevolare la dichiarazione fiscale dei guidatori aderenti a piattaforme di car pooling. Un altro esempio di soluzione innovativa riguarda, sempre in Estonia, l’individuazione di una quantità minima e proporzionata di dati che devono essere comunicati alle autorità e la possibilità, per gli operatori delle piattaforme, di utilizzare un conto corrente bancario dedicato per gli adempimenti fiscali. Tale conto corrente favorisce un rapporto diretto e rapido fra gli operatori, le loro banche e le autorità di tassazione. Per contro, in alcune regioni, si registra invece, una scarsa disponibilità a collaborare con le autorità finanziarie da parte delle piattaforme online.

3.3.

A questo proposito, il CESE auspica l’elaborazione di uno standard europeo di raccolta dei dati e delle informazioni che le piattaforme dovranno comunicare alle autorità fiscali e conservare nel corso del tempo. Una pluralità di azioni unilaterali da parte degli Stati membri e la convivenza di regimi disomogenei sul mercato interno — come in parte sta già avvenendo — sono infatti destinati a generare difficoltà operative e inefficienze per l’intero settore dell’economia collaborativa.

3.4.

Lo sviluppo di un modello europeo armonizzato di reporting dovrebbe basarsi sull’esperienza e sui riscontri operativi maturati sino ad oggi nella prassi. Nei diversi Stati membri sono oggi vigenti sistemi di reporting differenti fra loro sotto il profilo organizzativo e per quanto riguarda la quantità e tipologia dei dati da raccogliere e trasmettere. In alcuni Stati membri, i sistemi di reporting risultano molto pesanti e richiedono uno sforzo notevole alle piattaforme mentre in altri Stati membri i sistemi sono più flessibili e meno impattanti sull’operatività corrente. Le esperienze di alcuni Stati membri dimostrano inoltre che i sistemi di reporting facoltativi e su base volontaria, al di fuori di specifici obblighi di legge, non funzionano in modo efficace.

3.5.

Il CESE ritiene che la frammentazione odierna non sia sostenibile nel lungo periodo, dato che potrebbe creare costi di compliance eccessivi e inefficienze connesse alla disomogeneità tra le regolamentazioni delle diverse aree del mercato interno. Per questa ragione, si deve trovare un approccio ponderato e proporzionale al tema del reporting, che garantisca un sistema semplificato e funzionale. La semplificazione degli obblighi di reporting potrebbe infatti costituire un incentivo concreto alla compliance da parte delle piattaforme digitali.

3.6.

Quanto ai principi generali che dovrebbero guidare l’intervento regolatorio in materia di tassazione dell’economia collaborativa in generale e di obblighi di reporting più in particolare, il CESE ritiene sia necessario adottare un approccio rispettoso del principio di proporzionalità come elaborato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE. Sarà quindi necessario permettere il raggiungimento della finalità regolatoria perseguita, ovvero la raccolta di informazioni chiare e utili all’attività delle autorità fiscali nell’interesse pubblico, senza un eccessivo sacrificio dell’interesse privato delle piattaforme e degli utenti finali.

3.7.

Tale approccio dovrebbe garantire regole chiare e prevedibili per gli operatori di settore, in modo da non generare costi di compliance eccessivi (per esempio attraverso la richiesta non necessaria e non proporzionata di dati), da un lato, e assicurare l’efficace raccolta di informazioni da parte delle autorità fiscali, dall’altro.

3.8.

Inoltre, un sistema di reporting proporzionato e ragionevole dovrebbe individuare sotto il profilo qualitativo, quali dati sono strettamente necessari e devono essere raccolti per fini di enforcement delle regole fiscali, senza porre obblighi eccessivi a carico delle piattaforme e dei loro utilizzatori professionali o utenti finali. Un approccio proporzionato dovrebbe inoltre distinguere fra soggetti professionali attivi nell’ambito dell’economia collaborativa e soggetti non professionali, modulando adeguatamente gli obblighi di reporting a carico delle due diverse categorie.

3.9.

Ulteriori aspetti che dovrebbero essere regolamentati in via armonizzata a livello europeo sono: i) le condizioni generali che regolano la liceità del trattamento da parte del responsabile del trattamento; ii) le persone interessate al trattamento; iii) le entità e le finalità per le quali i dati personali possono essere divulgati; iv) l’individuazione delle modalità di trattamento; v) la limitazione delle finalità di trattamento; vi) i periodi di conservazione.

3.10.

Lo scambio di informazioni tra soggetti privati e pubbliche autorità dovrà ovviamente avvenire nel rispetto della legislazione europea in materia di tutela della privacy e del trattamento dei dati personali del singolo, secondo canoni di necessarietà, proporzionalità e stretta interpretazione di eventuali deroghe ai principi generali in materia di privacy per ragioni di enforcement delle regole fiscali.

3.11.

A questo proposito, potrebbe essere utile migliorare e incoraggiare anche lo scambio di informazioni fra le diverse autorità fiscali nazionali con l’obiettivo di strutturare forme di cooperazione efficaci e volte a evitare frodi e forme di elusione fiscale oltre che al fine di armonizzare le pratiche operative adottate dalle diverse autorità.

3.12.

Le regole fiscali nell’economia collaborativa, anche con riferimento ai sistemi di reporting, dovrebbero in ogni caso adattarsi ai diversi settori dell’economia collaborativa, poiché le differenti attività riconducibili a tale settore hanno spesso caratteristiche diverse e peculiari che richiedono regole specifiche e dedicate.

3.13.

Il CESE raccomanda che venga in ogni caso garantito un level playing field sotto il profilo fiscale per le attività condotte tramite collaborative economy e per le omologhe attività tradizionali secondo il principio di neutralità fiscale, al fine di evitare distorsioni nel funzionamento di quei mercati dove convivono allo stesso tempo attività condotte nelle forme tradizionali e tramite collaborative economy.

3.14.

Infine, potrebbe essere utile per incentivare la crescita dell’economia collaborativa l’individuazione di soglie minime al di sotto delle quali determinate attività sono considerate non professionali o non economicamente rilevanti e possono quindi beneficiare di specifiche esenzioni fiscali. È tuttavia importante che tali soglie vengano determinate in modo ragionevole a seguito di un’accurata analisi di impatto regolamentare.

4.   IVA e economia collaborativa

4.1.

Ai fini IVA è fondamentale determinare con precisione il concetto di «taxable person» e capire se tale soggetto agisca esercitando un’attività economica. Inoltre, risulta ancora complicato determinare quale debba essere il trattamento fiscale da riservare alle transazioni sviluppate nel campo dell’economia collaborativa che non sono soggette a un pagamento in denaro, ma implicano comunque la presenza di una consideration o di un controvalore corrisposti, per esempio basati sull’utilizzo dei dati personali degli utenti e sull’estrazione di valore da tali dati.

4.2.

Più precisamente, ai fini IVA è necessario distinguere tre diversi casi per quanto riguarda la remunerazione delle prestazioni: i) casi in cui le prestazioni sono rese a fronte del pagamento di una somma di denaro; ii) casi in cui la remunerazione avviene non in denaro, ma tramite un’altra prestazione o con una remunerazione non monetaria; iii) casi in cui la prestazione è resa in modo gratuito e senza alcuna consideration (1).

4.3.

Con riferimento ai casi concreti potenzialmente rientranti nell’ambito del precedente punto ii), il CESE richiede venga approfondita la questione legata all’assoggettabilità o meno delle attività delle piattaforme di collaborazione agli adempimenti IVA.

4.4.

A questo proposito, il CESE ritiene utile il lavoro di primo studio condotto dal VAT expert group (Gruppo di esperti sull’IVA) della Commissione europea dal titolo «VAT treatment of the sharing economy» e auspica ulteriori approfondimenti in questo senso.

4.5.

Sarebbe inoltre opportuno che la Commissione europea e le amministrazioni fiscali nazionali promuovessero apposite attività di collaborazione e coordinamento reciproco con riferimento all’applicazione delle regole IVA al settore dell’economia collaborativa, sia con l’obiettivo di maturare prassi operative armonizzate, che al fine di scambiare informazioni utili all’attività di enforcement e al fine di evitare frodi e ipotesi di tax avoidance.

4.6.

Il CESE ritiene importante esaminare se l’imminente attuazione della direttiva relativa a determinati requisiti per i prestatori di servizi di pagamento sulla rilevazione di frodi IVA possa essere utilizzata, per quanto concerne gli obblighi di reporting, anche a fini di imposizione diretta sia con riferimento ai pagamenti su internet con carta di credito, che in relazione ai pagamenti eseguiti tramite trasferimenti bancari diretti e altri metodi di pagamento rapido.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Gruppo di esperti sull’IVA, riunione del 1o aprile 2019 — taxud.c.1(2019)2026442 — EN, VAT Treatment of the sharing economy, VEG 081


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/67


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul «Patto climatico europeo»

(parere esplorativo)

(2020/C 364/10)

Relatore:

Dimitris DIMITRIADIS

Correlatore:

Peter SCHMIDT

Consultazione

Commissione europea, 11.3.2020

Base giuridica

Art. 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

29.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

206/4/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Quella che oggi ci troviamo ad affrontare è una vera e propria emergenza climatica. In un periodo di crisi sanitaria globale e di incombenti crisi economiche causate dalla pandemia di Covid-19, è necessario riaffermare l’impegno dell’UE a favore della transizione verso un’economia del benessere sostenibile, resiliente, climaticamente neutra ed efficiente nell’uso delle risorse. Ciò di cui abbiamo bisogno adesso sono cambiamenti trasformativi nella cultura, nelle infrastrutture, nei comportamenti, nella partecipazione e nei mezzi di sostentamento, che, in molteplici modi, esercitino un impatto sui cittadini, ma attribuiscano loro anche potere e responsabilità.

1.2

I cambiamenti climatici minacciano tutti noi, ma, al pari della pandemia, essi producono gli effetti più dannosi sulle persone più vulnerabili ed emarginate. È di vitale importanza che la transizione non lasci indietro nessuno.

1.3

Il CESE sottolinea che la partecipazione attiva di tutte le componenti della società (imprese, lavoratori, ricercatori, consumatori, comunità e cittadini, con le rispettive organizzazioni) è indispensabile per mobilitarne la transizione verso la neutralità climatica.

1.4

Il CESE appoggia pertanto l’invito rivolto all’Unione europea affinché si impegni a conseguire entro il 2050 la neutralità in termini di emissioni di carbonio e ad adeguare di conseguenza l’obiettivo di riduzione dei gas a effetto serra per il 2030. La relazione 2019 sul divario delle emissioni del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) indica che le emissioni globali devono essere ridotte del 7,6 % all’anno, a partire da ora, al fine di limitare il riscaldamento globale a 1,5 oC. Secondo i calcoli, ciò comporta un obiettivo di riduzione di almeno il 68 % entro il 2030.

1.5

Il passaggio a un modello partecipativo è necessario a tutti i livelli. Con l’attuazione del Patto climatico, la Commissione ha l’opportunità (e insieme l’obbligo) importante di dar forma a un approccio innovativo che rispecchi, sostenga e ispiri l’azione già in corso nella società civile, in seno a comunità, città e regioni.

1.6

Modelli partecipativi dagli obiettivi troppo ristretti, oppure strutturati in modo da limitare la portata dei cambiamenti proposti, o ancora suscettibili di essere ignorati dall’istituzione che li ha introdotti, serviranno solo a sviare e disilludere i cittadini che si impegnano.

1.7

L’Europa deve fungere da catalizzatore di cambiamenti sistemici nel quadro dell’azione per il clima, promuovendo l’innovazione (tecnologica e sociale) con il collegarne l’offerta agli attori del lato della domanda, a coloro che sono interessati dai problemi e hanno la responsabilità di risolverli, e a coloro che aspirano fortemente al cambiamento. Al fine di prevenire rischi, come quelli relativi ai diritti dei lavoratori (1), la trasformazione digitale dovrebbe essere orientata agli OSS. L’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, in parallelo con il Green Deal, offre l’opportunità di garantire una transizione equa incentrata sull’obiettivo di un’occupazione di qualità per tutti.

1.8

Le sfide complessive individuate più spesso dagli attori della società civile impegnati nell’azione per il clima sono lo scarso accesso ai finanziamenti e la carenza di competenze specifiche, di personale e di riconoscimento, nonché l’assenza di una narrazione coerente da parte dell’UE e dei governi nazionali.

1.9

Per realizzare gli obiettivi climatici a livello internazionale e dell’Unione europea, saranno necessarie considerevoli risorse finanziarie. La dotazione finanziaria del Green Deal europeo (fondi pubblici e privati), i 750 miliardi di EUR del fondo per la ripresa, compresi i fondi assegnati per il processo del semestre europeo, dovrebbero essere incentrati sulla ripresa sostenibile, che include l’azione per il clima.

1.10

La condizionalità dei finanziamenti legata a pratiche sostenibili in tutti i settori dovrebbe costituire la norma per l’elaborazione di piani di ripresa post-Covid incentrati sull’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e sull’accordo di Parigi. La risposta al problema della ripresa dopo la Covid-19 non dovrebbe essere un «salto all’indietro» per tornare al quadro precedente, ma un «salto in avanti» verso una situazione nuova e migliore.

1.11

Lo sviluppo di capacità e l’assistenza tecnica sono necessari affinché tutte le parti interessate possano effettuare la transizione verso un futuro più resiliente e sostenibile. L’istituzione di un Forum dell’UE sui finanziamenti per il clima contribuirebbe a stimolare l’accesso ai finanziamenti e a eliminare gli ostacoli.

1.12

Il CESE propone di istituire una Piattaforma delle parti interessate per il patto climatico europeo fondata sui principi di inclusività e trasparenza, nonché di un’autentica partecipazione e titolarità da parte degli attori impegnati a favore del clima a tutti i livelli.

1.13

Il Patto climatico dovrebbe mirare anzitutto a conferire ai cittadini il potere di cambiare i sistemi, tramite percorsi di esplorazione, sperimentazione e dimostrazione. Prospettive multilivello, capacità di elaborare visioni, proporre narrazioni e formulare proiezioni a ritroso saranno tutti elementi essenziali. Occorre promuovere e agevolare un ampio ventaglio di iniziative per il clima.

2.   Introduzione

2.1

Affrontare con decisione le sfide climatiche e ambientali è diventato un compito sempre più urgente, che impone una drastica revisione delle attuali impostazioni socioeconomiche, ormai insostenibili. La pandemia di Covid-19 ha dimostrato che un semplice aggiustamento dei nostri sistemi e stili di vita non può essere sufficiente. Cambiamenti fondamentali nei metodi di produzione, che interessano le imprese, i lavoratori e l’organizzazione del lavoro, si stavano già verificando prima della pandemia e potrebbero essere accelerati per effetto della stessa. La Commissione europea ha adottato il Green Deal europeo, una nuova strategia per l’adozione nell’UE di modelli socioeconomici e finanziari sostenibili, più puliti, più sicuri e più sani.

2.2

Dopo la crisi della Covid-19, gli impegni in materia di azione per il clima e di sostenibilità dovranno guidare la politica di ripresa e ricostruzione, e i relativi bilanci, affinché l’Unione non sia più condannata a un futuro ad alto tenore di carbonio. Le misure per il periodo successivo alla crisi dovranno essere concepite in modo da conferire resilienza ai sistemi, proteggere e ripristinare la biodiversità e privilegiare la salute pubblica, senza lasciare indietro nessuno e aprendo la strada a un’economia del benessere. In tale contesto il Green Deal europeo non dovrebbe essere abbandonato o rimandato, ma anzi potenziato.

2.3

Il suo successo dipenderà in larga misura dalla capacità dell’UE di coinvolgere i cittadini. Alla luce di tali considerazioni, la Commissione europea sta preparando un Patto climatico europeo che intende riunire una varietà di attori, comprese le regioni, gli enti locali, le comunità locali, la società civile, le scuole, le imprese e i privati.

3.   La necessità di coinvolgere la società civile e i cittadini nelle questioni del clima

3.1

Quella che oggi abbiamo di fronte è un’emergenza climatica globale. Finora la risposta dei governi di tutto il mondo alla crisi climatica non è stata sufficiente, e non siamo sulla buona strada per conseguire l’obiettivo dell’accordo di Parigi e gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) dell’ONU. I giovani che aderiscono agli scioperi per il clima e altri soggetti della società civile hanno rivolto un invito pressante a intraprendere un’azione molto più ambiziosa e urgente per il clima. I decisori politici, che hanno firmato l’Agenda 2030 e l’accordo di Parigi, hanno la responsabilità di rispondere con urgenza a queste domande, di adottare decisioni strategiche nette e ambiziose e di avanzare verso un nuovo modello di azione inclusiva per il clima, cui partecipino attivamente tutte le parti interessate.

3.2

Il CESE appoggia pertanto l’invito rivolto all’Unione europea affinché si impegni a conseguire entro il 2050 la neutralità in termini di emissioni di carbonio e ad adeguare di conseguenza l’obiettivo di riduzione dei gas a effetto serra per il 2030 (2). Il CESE si aspetta che il nuovo obiettivo di emissioni per il 2030 sia basato su un ampio riesame e su una valutazione d’impatto adeguata. Il CESE ritiene inoltre che vi siano argomenti decisivi a favore dell’obiettivo di una riduzione minima del 55 % entro il 2030, affinché l’UE risponda, da parte sua, all’enorme necessità, a livello globale, di ridurre le emissioni. Ad esempio, la relazione 2019 sul divario delle emissioni del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) (3) indica che, per conseguire l’obiettivo di 1,5 oC fissato nell’accordo di Parigi (4), è necessario, a livello globale, un obiettivo ancora più ambizioso di riduzione delle emissioni entro il 2030.

3.3

L’Eurobarometro del 2019 segnala che il 93 % dei cittadini dell’UE considera il cambiamento climatico un problema grave; il 79 % lo considera un problema estremamente grave. La grande maggioranza degli intervistati ritiene che sia importante che i governi nazionali fissino obiettivi ambiziosi per aumentare l’impiego delle energie rinnovabili (92 %) e accrescere l’efficienza energetica (89 %).

3.4

Il Patto climatico deve far leva sul potere degli europei per tradurre in realtà la visione del Green Deal europeo: una società prospera, inclusiva, resiliente dal punto di vista climatico, la cui economia circolare azzeri le emissioni nette entro il 2050. La relazione dell’IPCC fa esplicito riferimento alla necessità di «cambiamenti rapidi, di vasta portata e senza precedenti in tutti gli aspetti della società». Cambiamenti incrementali non saranno sufficienti. Concentrare l’attenzione sul ristretto obiettivo della riduzione delle emissioni di CO2 è controproducente a livello di base, poiché così facendo si limiterebbero l’impegno e la riflessione, e di conseguenza anche, in misura notevole, i cambiamenti immaginati e attuati. Ciò di cui oggi abbiamo bisogno è una trasformazione radicale dei sistemi economici, sociali e finanziari, che avvii un cambiamento esponenziale dei tassi di decarbonizzazione e accresca la resilienza climatica. Perché sia possibile, sono necessarie narrazioni stimolanti, ampie e diversificate, che sappiano spiegare perché il mondo deve cambiare.

3.5

L’attuale crisi mondiale causata dalla pandemia di Covid-19 ha dimostrato la capacità dei governi di adottare misure drastiche per attenuare una minaccia esistenziale, ma anche la capacità dei singoli, almeno nel breve periodo, di adattarsi ai nuovi stili di vita dettati dalle restrizioni imposte da tali misure. È importante che comunità, imprese, parti sociali e altri attori non statali stiano svolgendo un ruolo cruciale nella risposta alla pandemia, spesso individuando bisogni, progettando e attuando interventi adeguati al rispettivo contesto in maniera più rapida, efficace e creativa di quanto si sia dimostrata in grado di fare un’azione diretta dall’alto.

3.6

Ora, mentre stiamo passando alla fase successiva della risposta alla Covid-19, abbiamo di fronte a noi una grande opportunità e un grave rischio. Le misure economiche e i pacchetti di misure di bilancio in via di elaborazione, destinati a sostenere e riavviare l’economia europea, devono comprendere la tassonomia dell’UE per gli investimenti sostenibili e indirizzare i finanziamenti verso le attività sostenibili o che hanno il potenziale per diventarlo e i soggetti che assumono l’impegno (soggetto a monitoraggio) di individuare e realizzare urgentemente i cambiamenti necessari.

3.7

La tragica frattura causata dalla Covid-19, che ha provocato la sospensione dell’applicazione delle regole di bilancio, ha dimostrato che un’altra visione è possibile, quando sono in gioco le vite dei cittadini, le nostre economie e la stessa sopravvivenza della vita sul nostro pianeta. Una visione di progresso sociale che si basa soltanto sul perseguimento della crescita del prodotto interno lordo (PIL) tralascia elementi fondamentali del benessere individuale e sociale e non tiene adeguatamente conto delle considerazioni ambientali e sociali. È quindi necessario compiere il salto dall’economia basata sul PIL all’economia del benessere (5)(6).

3.8

Un modo per promuovere l’ambizione climatica consiste nel creare contesti favorevoli a un’azione più intensa da parte di attori non statali: tra questi, vari tipi di aziende, comprese micro-, piccole e medie imprese, investitori, parti sociali, cooperative, città e regioni, sindacati, comunità locali e gruppi di cittadini, agricoltori, scuole, organizzazioni confessionali, gruppi di giovani e altre organizzazioni non governative.

3.9

Un contesto favorevole esige il fondamentale passaggio dalla consultazione e dall’impegno dall’alto alla progettazione e alla creazione comuni e al conferimento di poteri e responsabilità. I modelli standard di consultazione difficilmente si spingono al di là di settori della società assai ristretti e ben dotati di risorse. Le singole persone, le organizzazioni e le imprese che più hanno da guadagnare da una trasformazione, e meglio possono contribuirvi, devono disporre di opportunità concrete di partecipare al processo decisionale, se vogliamo che dedichino a tale processo tempo ed energie.

3.10

Nel 2018 il CESE ha chiesto un «dialogo europeo per l’azione a favore del clima da parte di attori non statali» (7). Lo scopo di tale dialogo dovrebbe essere non soltanto quello di mettere in evidenza e presentare determinate azioni, ma anche quello di rispondere alle esigenze degli attori non statali stimolando la creazione di nuovi partenariati tra questi e i diversi livelli di governo, agevolando l’apprendimento tra pari, la formazione e la condivisione di consulenze e agevolando l’accesso ai finanziamenti.

3.11

Il CESE ha proposto (8) di istituire un dialogo permanente dei cittadini quale elemento propedeutico obbligatorio di tutte le decisioni politiche rilevanti e di tutte le pertinenti iniziative a tutti i livelli.

3.12

Finora la Commissione europea non ha seguito tali raccomandazioni (9). Il Patto climatico offre alle istituzioni l’opportunità di collaborare strettamente per istituire un quadro favorevole al coinvolgimento della società civile e dei cittadini, fondato sui processi di consultazione esistenti ma più ampio di essi.

4.   Apprendere dalle pratiche esistenti in materia di società civile e impegno dei cittadini

4.1

Gli esempi esistenti, a livello nazionale, regionale e comunale, di assemblee di cittadini, dialoghi con i cittadini e analoghi processi di impegno deliberativo (10) dimostrano la capacità e il desiderio dei cittadini di assumersi la responsabilità di individuare soluzioni per la crisi climatica. Processi ampiamente partecipativi, se accuratamente strutturati, producono spesso notevoli vantaggi in termini di sostenibilità, anche quando tali processi non vertono esplicitamente sulla crisi climatica. Ciò testimonia non solo del forte bisogno e del vivo desiderio di una democrazia partecipativa, ma anche della capacità dei governi di creare tali spazi e di dare seguito alle loro proposte sul piano politico.

4.1.1

Nel 2019, 150 cittadini francesi scelti a caso hanno iniziato a discutere sul seguente problema: «come si possono ridurre le emissioni di gas a effetto serra almeno del 40 % entro il 2030, in uno spirito di giustizia sociale?». Le sessioni di questa Convenzione di cittadini si tengono presso il Consiglio economico e sociale francese. Il governo intende dare una risposta pubblica alle relative proposte e pubblicare un calendario provvisorio per la loro attuazione (11).

4.1.2

L’Assemblea dei cittadini irlandesi, istituita nel 2016, era formata da 100 cittadini, scelti casualmente in modo da essere rappresentativi dell’elettorato irlandese. Essi sono stati chiamati a deliberare su argomenti diversi, dal divieto costituzionale dell’aborto alla volontà di fare dell’Irlanda un leader nella lotta contro i cambiamenti climatici. La commissione parlamentare incaricata di portare avanti le raccomandazioni dell’Assemblea in materia di cambiamenti climatici ha contribuito in notevole misura a plasmare lo storico Piano d’azione irlandese per il clima, pubblicato nel giugno 2019.

4.1.3

Nelle due maggiori città spagnole, sono stati avviati dialoghi con i cittadini e forum civici locali volti a promuovere una più ampia partecipazione dei cittadini e delle organizzazioni della società civile (OSC) alle decisioni su alcune parti del bilancio locale e a una riflessione sul futuro della loro città.

4.1.4

Il Consiglio dei giovani per il clima, istituito presso il ministero danese dell’Energia, degli approvvigionamenti e del clima, intende apportare un nuovo contributo di riflessione alla politica climatica e proporre al ministro future soluzioni climatiche.

4.1.5

In Polonia, il comune di Danzica ha organizzato tre assemblee di cittadini, dedicate all’adattamento agli eventi meteorologici estremi, alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e al miglioramento della partecipazione civica.

4.1.6

In Finlandia, il primo Comitato di cittadini sullo sviluppo sostenibile ha riunito circa 500 finlandesi per valutare la situazione dello sviluppo sostenibile. I risultati saranno utilizzati per coadiuvare il lavoro del parlamento e del governo finlandesi sul tema dello sviluppo sostenibile.

4.1.7

In Italia, dopo la COP 25, alcuni rappresentanti della società civile hanno presentato una proposta di legge per l’istituzione di un’Assemblea dei cittadini sul modello di quella francese. Un processo analogo è stato avviato nel Regno Unito, con l’iniziativa «Climate Assembly UK: the path to net zero» (Assemblea sul clima del Regno Unito: la strada verso l’azzeramento netto delle emissioni).

4.1.8

In Italia, il comune di Bologna ha istituito un Ufficio immaginazione civica, nel quadro del più ampio lavoro teso a rilanciare il coinvolgimento dei cittadini. Sono stati creati sei «laboratori», che organizzano periodicamente eventi di progettazione, utilizzando Open Space e altri strumenti. Quando emergono validi spunti progettuali, il Comune stipula «patti» con la collettività per far sì che i progetti proposti si traducano in realtà. Nel corso degli ultimi cinque anni sono stati stipulati più di 500 di questi patti, relativi a interventi che vanno dalla collocazione di nuove panchine nelle vie a progetti ben più vasti e ambiziosi. L’Ufficio immaginazione civica è anche diventato il canale tramite il quale viene organizzato il bilancio partecipativo.

4.2

Molte altre iniziative guidate dalle comunità mobilitano l’azione locale per creare un futuro più sostenibile, registrando notevoli e stimolanti successi. Tra le altre, «Quartieri sostenibili» a Bruxelles, la rete delle comunità scozzesi per l’azione a favore del clima, una rete di associazioni di base che riunisce 120 gruppi a livello di comunità, Coopérnico — una cooperativa nel campo delle energie rinnovabili (RESCoop) — in Portogallo, e il movimento Transition, attualmente impegnato in attività di sviluppo della resilienza a livello di base in più di 50 paesi, che stimola i cittadini a trasformare il loro modo di pensare, agire e muoversi nel mondo. Il programma d’azione «Comunità per il futuro», che prenderà il via la prossima estate, potrà contribuire alla formazione del quadro istituzionale per la partecipazione pubblica.

4.3

A livello europeo, è necessario un coinvolgimento strutturato della società civile, cui dovrebbe essere conferito un mandato chiaro a partecipare allo sviluppo, all’attuazione e al monitoraggio delle politiche e delle strategie volte a conseguire la neutralità climatica.

4.3.1

La piattaforma multilaterale sugli obiettivi di sviluppo sostenibile ha assolto una funzione importante, ma ha anche lasciato in eredità margini di miglioramento, in termini di reperimento delle risorse, frequenza delle riunioni, titolarità dell’elaborazione dei programmi, opportunità di intensificare il dibattito e l’impegno, e promozione di consultazioni pubbliche più regolari, trasparenti e accessibili.

4.3.2

La Piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare, diretta congiuntamente dl CESE e dalla Commissione, offre a un vasto gruppo di parti interessate uno spazio in cui scambiare idee e buone pratiche e formare utili reti. Il conferimento della titolarità della piattaforma alle parti interessate rappresenta la differenza principale rispetto alla piattaforma multilaterale sugli obiettivi di sviluppo sostenibile, ed è una buona pratica da seguire.

4.4

Gli obiettivi di Parigi non potranno essere conseguiti senza un forte coinvolgimento delle parti sociali a tutti i livelli, e in particolare nelle industrie e nei settori maggiormente interessati dalla decarbonizzazione e dalla digitalizzazione. L’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, in parallelo con il Green Deal, offre l’opportunità di garantire una transizione equa incentrata sull’obiettivo di un’occupazione di qualità per tutti. Uno dei contesti migliori per sensibilizzare alla crisi climatica è costituito dal dialogo sociale guidato dai sindacati e dai datori di lavoro, ossia dalle parti sociali che devono essere i protagonisti principali della trasformazione generata dal Green Deal, se vogliamo che essa sia socialmente giusta, produttiva e redditizia. Gli scenari in questione spaziano dai vertici sul dialogo sociale a livello europeo fino al dialogo transfrontaliero (che è essenziale per dare nerbo all’integrazione sociale europea) e ancora agli accordi collettivi settoriali e a livello di impresa. La partecipazione dei lavoratori costituisce parte integrante della democrazia sul luogo di lavoro e offre loro la possibilità di partecipare attivamente alle decisioni relative all’ambiente di lavoro che possono apportare un contributo positivo all’azione per il clima.

4.5

La CCI (Comunità della conoscenza e dell’innovazione) sul clima dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT) si dedica a progettare, effettuare e collegare esperimenti imprenditoriali ed effetti di dimostrazione profonda sulle leve del cambiamento sistemico. Il portafoglio della CCI Clima dell’EIT è composto da esperimenti volti a stimolare nuovi modi di pensare, a far leva sugli effetti esponenziali di nuove tecnologie, reti e forze comunitarie, e a cercare di apprendere più velocemente rispetto al ritmo dei cambiamenti (12).

5.   Apprendere dalle risposte delle imprese

5.1

L’innovazione comporta l’aggiunta di fasi supplementari di sviluppo di nuovi servizi e prodotti, sul mercato o presso il pubblico, che soddisfano bisogni trascurati o risolvono problemi in passato rimasti senza risposta. L’innovazione tecnologica si concentra sugli aspetti tecnologici di un prodotto o di un servizio. L’innovazione sociale riguarda le nuove pratiche sociali volte a soddisfare i bisogni sociali in modo più efficace rispetto alle soluzioni esistenti, a partire (ad esempio) dalle condizioni di lavoro, dall’istruzione, dallo sviluppo della comunità o dalla salute. La tecnologia digitale svolge un ruolo importante nell’innovazione sociale grazie all’uso di TIC come le reti online e altri strumenti digitali.

5.2

Il processo di innovazione sistemica dovrebbe essere messo a disposizione, a costi accettabili, di tutte le parti interessate che occorre coinvolgere nella progettazione comune delle soluzioni che guideranno l’indispensabile transizione alla sostenibilità. La sostenibilità finanziaria è un prerequisito della coesione sociale e dell’esigenza di «non lasciare indietro nessuno» nel processo di attuazione del Green Deal europeo. Per tale motivo, gli aspetti del cambiamento sistemico che hanno caratteristiche pubbliche valide dovrebbero essere finanziati o sovvenzionati da fonti pubbliche che consentano di fare ulteriormente leva su finanziamenti privati per gli investimenti riguardanti il cambiamento climatico.

5.3

Le comunità che riescono a realizzare l’innovazione sistemica sono quelle più abili nel comprendere il problema, nel raccogliere soluzioni e nell’allocarle secondo le esigenze e le risorse specifiche di contesti e luoghi diversi. Dobbiamo dotare le comunità d’Europa di queste competenze e creare le condizioni che consentano un’azione più ampia da parte degli attori non statali.

5.4

Vi è urgente bisogno di meccanismi di finanziamento innovativi che riconoscano il potenziale e le sfide dell’innovazione sistemica guidata dalle comunità e rispondano di conseguenza; meccanismi che richiedono un sostegno di base flessibile per essere istituiti e mantenuti e un capitale di rischio per la fase d’avvio di progetti di maggiori dimensioni, nonché sostegno e guida professionali. Il Patto climatico potrebbe aprire un percorso preziosissimo, grazie al quale gli innovatori sociali sarebbero in grado di fornire riscontri riguardo alle barriere economiche e politiche che li bloccano e li ostacolano, oltre a rendere sovente insostenibili gli indispensabili progetti trasformativi.

5.5

Le risposte delle imprese costituiscono un riferimento importantissimo, come illustrano gli esempi seguenti:

imprese multinazionali che producono capi di abbigliamento usa e getta, promuovendo una linea di vendita di capi di seconda mano come strategia di riciclaggio;

il tutoraggio di grandi produttori di petrolio e compagnie di assicurazioni, che dovranno riorientare la propria attività.

5.6

Tra gli esempi degni di nota di risposte del settore finanziario segnaliamo:

la decisione dei fondi di investimento di non investire in progetti che non tengano conto della variabile climatica;

la Rete per l’inverdimento del sistema finanziario, fondata da otto banche centrali e autorità di vigilanza per promuovere la finanza verde.

6.   Condivisione delle informazioni e comprensione da parte dei cittadini dell’azione per il clima

6.1

È necessario avviare dialoghi diretti con i cittadini per svolgere opera di sensibilizzazione in merito all’importanza della transizione verso società più sostenibili e comunità locali più sane. Tali dialoghi offrono il valore aggiunto più elevato quando sono organizzati a livello locale, regionale o nazionale. Sarebbe tuttavia essenziale un’opera di orientamento, coordinamento e sostegno a livello di Unione europea.

6.2

Spetta in primo luogo ai singoli paesi la definizione di un sistema di regolamentazione ambientale basato sul loro ambiente locale e sulle loro esigenze, e adeguato allo sviluppo sostenibile di ciascuno. Il riconoscimento dei diritti della natura costituirebbe un elemento importante in questo senso (13).

6.3

Qualsiasi intervento a livello UE dovrebbe essere progettato congiuntamente con gli utenti, traendo insegnamenti, modelli e ispirazione dall’approccio partecipativo necessario ad altri livelli di scala. Occorre attrarre competenze e risorse per sostenere la concezione e la facilitazione di spazi di collaborazione innovativi, narrazioni avvincenti e l’impiego di una tecnologia innovativa. Un elemento fondamentale per il successo del Patto climatico sarà la capacità delle comunità interessate di migliorare il più possibile la propria abilità narrativa, infondendo un soffio di vita in quel futuro diverso che esse auspicano, esplorando i bisogni e i desideri esistenti, stabilendo collegamenti con gli stessi e conferendo ai cittadini il potere e la responsabilità di agire.

6.4

Un’attività di rete che incoraggi e sostenga l’azione per il clima comporta necessariamente una piattaforma online per lo scambio di pratiche e insegnamenti appresi da metodi e progetti. Una piattaforma partecipativa di questo genere potrebbe agevolare l’apprendimento tra pari e la condivisione di consulenze tra gli attori, aiutandoli a superare gli ostacoli normativi. Potrebbe altresì stimolare l’istruzione e l’innovazione offrendo webinar, seminari e corsi online.

6.5

Il riconoscimento delle azioni già in corso e una comunicazione credibile al riguardo possono costituire uno stimolo efficace a intraprendere azioni per il clima. I finanziamenti e altre risorse, l’apporto di specialisti e la possibilità di contribuire a indirizzare scelte politiche che incidono sulla propria attività permetteranno un’applicazione più vasta di impostazioni di provata efficacia.

6.6

Gli ambasciatori dell’azione per il clima potrebbero essere incaricati di agevolare la cooperazione tra più attori, fissare priorità strategiche e/o tematiche, indire eventi e incoraggiare nuove azioni a favore del clima.

6.7

Tali ambasciatori potrebbero anche fungere da punto di riferimento per diversi settori dell’economia. Si potrebbero nominare anche ambasciatori specifici per la gioventù, le comunità locali, le città e le regioni. Gli ambasciatori a livello UE avrebbero un ruolo differente dagli ambasciatori a livello nazionale, regionale o locale. Sarebbe necessario garantire il coordinamento tra i vari livelli.

6.8

Nominando i membri del CESE e del CdR ambasciatori a livello UE per le comunità che essi rappresentano, si sfrutterebbero le loro vaste reti di rapporti tra la società civile e gli enti locali e regionali, rafforzando altresì la cooperazione tra gli organi consultivi e la Commissione.

6.9

Per esempio, i sindacati e le organizzazioni delle imprese sono latori di punti di vista maturati sul campo, e rappresentano democraticamente i lavoratori in svariati settori. Tali parti sociali svolgono un ruolo essenziale nell’elaborazione delle varie misure, conciliando le esigenze dei lavoratori e delle imprese e individuando le sfide da affrontare. Ambasciatori del clima nominati a diversi livelli, nel contesto dei sindacati e delle imprese, potrebbero sfruttare i punti di forza del dialogo sociale, promuovendo efficacemente la condivisione di informazioni e stimolando l’azione per il clima. Quest’opera esige un contesto istituzionale favorevole ai diritti sul luogo di lavoro.

6.10

La trasformazione digitale modifica l’organizzazione e le modalità di produzione delle imprese, e molte PMI devono fare i conti con gravissime carenze in materia di digitalizzazione. Molti lavoratori guardano con preoccupazione all’impatto della digitalizzazione sul loro posto di lavoro, ritenendo che essa possa aggravare la disoccupazione e le disuguaglianze.

6.11

Allo scopo di «promuovere i finanziamenti e gli investimenti verdi e garantire una transizione giusta» nell’ambito del Green Deal europeo, la Commissione ha elaborato una tassonomia per incoraggiare gli investimenti, articolata in otto grandi gruppi economici e 70 settori di attività, con una radicale trasformazione della loro produzione e della quantità e qualità dei loro posti di lavoro. In tale documento, che è alla base del piano di investimenti per il Green Deal europeo, vi è un unico riferimento ai diritti del lavoro previsti dalle norme fondamentali dell’OIL.

7.   Creare spazi di scambio reali e virtuali sul clima

7.1

Il Patto climatico dovrebbe mirare anzitutto a conferire ai cittadini il potere di cambiare i sistemi, tramite percorsi di esplorazione, sperimentazione e dimostrazione. Occorrono programmi di istruzione e formazione estesi all’intero spettro della società civile, nonché ad altri attori non statali. È di cruciale importanza migliorare la conoscenza e la comprensione della sfida climatica con un’azione più profonda e più ampia, ma anche migliorando la qualità delle discussioni e delle conversazioni tra le parti interessate in merito al problema.

7.2

Saranno anche necessari strumenti di immediata applicazione per strutturare e gestire le sfide, oltre che per sfruttare le opportunità di innovazione e transizione in materia di sostenibilità. Il programma Orizzonte 2020 della Commissione europea ha prodotto e avviato l’applicazione pilota di molti di questi strumenti. Nei contesti multidisciplinari si dovrebbe utilizzare un approccio mirato all’«apprendimento attraverso la pratica relativa all’applicazione degli strumenti alla situazione degli utenti».

7.3

La gestione delle parti interessate, una prospettiva multilivello, la capacità di elaborare visioni e le proiezioni a ritroso, nonché una gestione di nicchia, saranno cruciali per mobilitare il Patto climatico. Tale struttura intende agevolare il processo di soluzione dei problemi tracciando un percorso di innovazione sistemica in materia di cambiamento climatico e di attuazione del Green Deal europeo.

7.4

Il successo del Patto climatico dipenderà in parte dalla capacità di imprenditori e imprese di attirare sovvenzioni da fonti pubbliche, filantropiche e private. Tali sovvenzioni, che dovrebbero cercare di sopperire ai fallimenti del mercato responsabili del cambiamento climatico, hanno l’ambizione di produrre cambiamenti rivoluzionari e possono giungere a dimensioni considerevoli. Il quadro di finanziamento multilaterale dell’UE, fondi pubblici e privati europei e internazionali orientati a una missione con l’ambizione di indurre cambiamenti sistemici in materia di adattamento e mitigazione del clima, tutto ciò può essere utilizzato per mobilitare miliardi in azioni innovative per il clima. L’obiettivo generale dovrebbe consistere nel generare risorse, esperienze e capacità in relazione a esiti rilevanti in termini di riduzione delle emissioni e di maggiore resilienza climatica, che sia possibile moltiplicare per accelerare il cambiamento e generare speranza. Il Patto climatico dovrebbe accogliere con favore il coinvolgimento del settore finanziario nazionale e internazionale, compresi i pertinenti fondi multilaterali e privati. Inoltre, il sistema fiscale dovrebbe rispecchiare il principio di massimizzare e sostenere l’economia del benessere.

7.5

Occorrerebbe altresì prendere in considerazione l’assorbimento di spazi fisici e virtuali di scambio in materia di clima nelle associazioni esistenti della società civile, che interagirebbero tramite la Piattaforma delle parti interessate per il patto climatico.

7.5.1

Per quanto riguarda il lavoro, sarebbe opportuno istituire osservatori di previsione, analisi e interpretazione dell’evoluzione organizzativa e tecnologica del lavoro, estesi agli otto gruppi della tassonomia, con la partecipazione di sindacati, datori di lavoro e amministrazioni, a livello europeo e di singoli Stati membri, con il sostegno materiale della Commissione.

8.   Sviluppare le capacità per favorire le iniziative di base

8.1

Occorre definire chiaramente il quadro generale, per evitare incoerenze con il Green Deal europeo.

8.2

Le sfide generali che gli attori della società civile segnalano più spesso di dover affrontare per impegnarsi nell’azione per il clima, sono la scarsità di accesso ai finanziamenti, la carenza di competenze specifiche, di personale e di riconoscimento (14), e l’assenza di una narrazione coerente da parte dell’UE e dei governi nazionali.

8.3

Molteplici parti interessate hanno indicato nei complessi contesti amministrativi e normativi un ostacolo all’azione per il clima. Le organizzazioni della società civile e le iniziative guidate dalle comunità potrebbero trarre vantaggio da un’azione di sviluppo delle capacità che le aiuti a muoversi più agevolmente nei suddetti contesti.

8.4

L’offerta di sostegno materiale (assistenza tecnica, sviluppo delle capacità, finanziamenti ecc.) e non (riconoscimento, maggiore visibilità ecc.), nonché la promozione di reti e collegamenti in specifici processi e settori di intervento, dovrebbero costituire elementi essenziali di una Piattaforma delle parti interessate per il patto climatico europeo tesa a stimolare sul campo l’azione per il clima.

8.5

Per accedere ai finanziamenti per le loro iniziative a favore del clima, gli attori non statali potrebbero dover affrontare sfide di vario tipo, ad esempio requisiti proibitivi in termini di dimensioni del progetto, riluttanza degli investitori privati a finanziare i progetti, complessità di processi e prescrizioni per la richiesta e l’accesso ai fondi (15). Tra gli altri ostacoli figurano la scarsa consapevolezza delle opzioni di finanziamento delle azioni a favore del clima, l’insufficiente capacità amministrativa e la scarsità delle conoscenze tecniche necessarie per affrontare i vincoli finanziari, normativi e di bilancio e garantire l’attrattiva finanziaria dei potenziali investimenti, i vincoli politici e la difficoltà di soddisfare criteri di ammissibilità eccessivamente prescrittivi per i fondi internazionali e dell’UE (16).

8.6

Il CESE ha proposto di istituire un Forum sui finanziamenti per il clima che riunisca i principali soggetti interessati allo scopo di affrontare i maggiori problemi, individuare gli ostacoli, definire soluzioni e individuare i meccanismi più efficienti per una migliore distribuzione delle risorse finanziarie, conformemente al principio di sussidiarietà. È in corso di elaborazione uno studio (17) volto a proporre un piano d’azione e, in ultima analisi, a migliorare l’accesso ai finanziamenti degli attori non statali nel settore del clima.

9.   Verso una Piattaforma delle parti interessate per il patto climatico europeo

9.1

Alla luce delle esperienze positive maturate con la Piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare, il CESE propone di istituire uno strumento analogo: una Piattaforma delle parti interessate per il patto climatico europeo.

9.2

I principi guida della nuova Piattaforma dovrebbero essere inclusività, trasparenza e reale partecipazione e titolarità da parte degli attori impegnati a favore del clima a livello locale.

9.3

Il CESE auspica una transizione verso un’economia sostenibile, neutra in termini di emissioni di carbonio ed efficiente nell’impiego delle risorse, che sia giusta e non lasci indietro nessuno, né famiglie, né comunità, regioni, settori o minoranze (18). La Piattaforma delle parti interessate per il patto climatico europeo dovrebbe implicare la costituzione di un Osservatorio della transizione alla neutralità climatica, incaricato di monitorare l’attuazione della politica climatica dell’UE a livello nazionale e regionale e a raccogliere dati a sostegno dell’elaborazione politica a tutti i livelli.

9.4

Il CESE è favorevole a organizzare negli Stati membri assemblee di cittadini per informare, stimolare e favorire la comprensione e offrire consulenza a tutti i livelli di governance in materia di politiche per il clima. La Piattaforma delle parti interessate per il patto climatico europeo potrebbe promuovere le esperienze positive già maturate e diffondere orientamenti e buone prassi nelle regioni, nelle città e nei paesi interessati a ospitare tali assemblee.

9.5

La Piattaforma delle parti interessate per il patto climatico europeo potrebbe essere incaricata di organizzare un’assemblea di cittadini a livello UE, ospitata congiuntamente da CESE, CdR e PE con il sostegno della Commissione.

9.6

Elemento essenziale della Piattaforma sarebbe un polo di sviluppo delle capacità e di finanziamento, in grado di offrire orientamenti, informazioni e istruzione su politiche e strategie climatiche, nonché di agevolare l’accesso ai finanziamenti per i progetti di piccole dimensioni. Il polo UE e i poli nazionali potrebbero essere istituiti in collaborazione con gli enti locali e regionali.

9.7

La struttura online della Piattaforma delle parti interessate per il patto climatico europeo servirebbe a offrire spazi per condividere informazioni e conoscenze, favorire la formazione di reti e sottoscrivere impegni.

9.8

La Piattaforma dovrebbe inoltre comportare l’istituzione di un gruppo di coordinamento composto dai rappresentanti di vari attori. La scelta dei membri del gruppo di coordinamento dovrà essere effettuata in base a criteri chiari e trasparenti, in modo da garantire inclusività e rappresentatività e nel contempo assicurare una governance efficiente della struttura. Dovrebbero esservi rappresentate le seguenti parti interessate: le istituzioni dell’UE, le organizzazioni della società civile, comprese quelle imprenditoriali e sindacali, gli enti locali e regionali, la comunità scientifica, il mondo della finanza e i giovani. Alle parti interessate che rappresentano entità o settori dotati di risorse più modeste si dovrebbero fornire mezzi sufficienti per partecipare e svolgere un ruolo decisionale.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Nazioni Unite, Sustainable Development Solutions Network, Six Transformations to achieve the Sustainable Development Goals («Sei trasformazioni per realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile»).

(2)  La relatrice del Parlamento europeo per la Legge europea sul clima [COM(2020) 0080], Jytte Guteland, propone «di elevare l’obiettivo climatico dell’Unione per il 2030 a una riduzione delle emissioni pari al 65 % rispetto ai livelli del 1990. Di conseguenza, entro il 30 giugno 2021 la Commissione dovrebbe valutare le modifiche che sarebbe necessario apportare a tal fine alla legislazione dell’Unione per conseguire tale più elevato obiettivo».

(3)  Rapporto 2019 sul divario delle emissioni.

(4)  La relazione 2019 sul divario delle emissioni del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) indica che le emissioni globali devono essere ridotte del 7,6 % all’anno, a partire da ora, al fine di limitare il riscaldamento globale a 1,5 oC. Secondo i calcoli, per l’UE ciò comporta un obiettivo di riduzione di almeno il 68 % entro il 2030.

(5)  Parere del CESE sul tema L’economia sostenibile di cui abbiamo bisogno, (GU C 106 del 31.03.2020, pag. 1).

(6)  Economia del benessere: branca dell’economia che mira a valutare le politiche economiche in termini di effetti sul benessere della comunità. È diventata una branca ben definita della teoria economica nel corso del XX secolo.

(7)  Parere del CESE sul tema Promuovere le azioni per il clima da parte di attori non statali, (GU C 227 del 28.6.2018, pag. 35).

(8)  Parere del CESE sulla Strategia a lungo termine dell’UE per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, (GU C 282, del 20.8.2019, pag. 51).

(9)  Già formulate nel parere del CESE sul tema Costruire una coalizione della società civile e degli enti subnazionali per rispettare gli impegni dell’accordo di Parigi, (GU C 389 del 21.10.2016, pag. 20).

(10)  https://www.thersa.org/discover/publications-and-articles/rsa-blogs/2018/07/our-call-for-action-on-deliberative-democracy.

(11)  https://www.conventioncitoyennepourleclimat.fr/en/.

(12)  Le «dimostrazioni profonde» della CCI Clima dell’EIT rappresentano un potenziale «margine di crescita» economica dei più ambiziosi «titolari di sfide» europei che cercano di comprendere il proprio «spazio problematico» e dei «progettisti» che mappano il sistema e creano un portafoglio di posizioni di intervento.

(13)  Parere del CESE sul documento di riflessione Verso un’Europa sostenibile entro il 2030; parere del CESE sul tema Giustizia climatica, (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 22).

(14)  Studio del CESE.

(15)  Parere del CESE sul tema Facilitare l’accesso degli attori non statali ai finanziamenti delle azioni per il clima, (GU C 110 del 22.03.2019, pag. 14).

(16)  Rossi, L., Gancheva, M. e O’Brien, S., 2017.

(17)  Climate Finance Forum — modalities and first tasks (Forum sui finanziamenti per il clima — modalità e primi compiti), studio commissionato dal CESE alla Milieu Consulting SPRL.

(18)  Parere del CESE Non lasciare indietro nessuno nell’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, (GU C 47 del 11.2.2020, pag. 30).


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

553a sessione plenaria (ibrida) - 15 e 16 luglio 2020

28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/77


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Strategia per la parità di genere»

[COM(2020) 152 final]

(2020/C 364/11)

Relatrice:

Giulia BARBUCCI

Correlatrice:

Indrė VAREIKYTĖ

Consultazione

Commissione europea, 22.4.2020

Base giuridica

Art. 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Ufficio di presidenza

18.2.2020

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

17.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

171/38/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE, è consapevole del fatto che la pandemia di COVID-19 ha un impatto specifico di genere e ha sottolineato con forza la dimensione di genere delle disuguaglianze sociali ed economiche. La nuova strategia per la parità di genere dovrebbe tenere pienamente conto di questo problema. La Commissione europea dovrebbe attuare la strategia per la parità di genere e parallelamente contrastare l’impatto della pandemia di COVID-19, tramite risposte strategiche ad hoc e mirate.

1.2.

Il CESE raccomanda di adottare strategie di integrazione della dimensione di genere in tutti gli organi e in tutte le infrastrutture di programmazione e di governance e invita la Commissione a incoraggiare con forza gli Stati membri ad adottare lo stesso approccio. Inoltre, il Comitato raccomanda l’adozione di un approccio intersezionale alla parità di genere, anche quando si tratta di affrontare forme multiple di discriminazione.

1.3.

Il CESE esorta la Commissione e gli Stati membri ad assicurare una partecipazione equilibrata sotto il profilo del genere agli organismi consultivi e tecnici istituiti per discutere le misure politiche tese a rilanciare l’economia e a scongiurare l’emarginazione sociale ed economica, nel contesto della pandemia di COVID-19.

1.4.

Il CESE incoraggia inoltre gli Stati membri a garantire che la prospettiva di genere sia pienamente integrata nelle misure di rilancio per uscire dalla crisi causata dalla COVID-19, per affrontare le disuguaglianze di genere di lungo periodo attraverso un approccio strategico e strutturale e per promuovere e migliorare la partecipazione delle donne a ogni livello del mercato del lavoro.

1.5.

Il CESE chiede un maggiore impegno a favore dell’uguaglianza di genere nel prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027. Tale approccio deve inoltre essere integrato nell’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e nelle sei priorità della Commissione per il periodo 2019-2024, oltre che nelle raccomandazioni del semestre europeo.

1.6.

Il CESE sostiene la strategia per la parità di genere della Commissione e invita quest’ultima a istituire un meccanismo di coordinamento che coinvolga tutti gli Stati membri, le parti sociali e le organizzazioni della società civile (OSC).

1.7.

Il CESE invita gli Stati membri ad adottare misure specifiche per migliorare l’orientamento scolastico e professionale come mezzo per rafforzare la consapevolezza di genere e a fornire risorse e strumenti adeguati, in vista di un approccio più sensibile alle specificità di genere e di una minore segregazione di genere nell’istruzione e nell’occupazione.

1.8.

Il CESE chiede di intervenire per colmare il divario digitale di genere e per integrare pienamente la prospettiva di genere nell’Agenda digitale europea e nella strategia europea per l’intelligenza artificiale (IA), a livello dell’UE e degli Stati membri, definendo un’agenda specifica insieme a un meccanismo di monitoraggio sensibile alle specificità di genere, sostenuto da indicatori e da una raccolta di dati disaggregati per genere.

1.9.

Il divario retributivo di genere resta una delle principali forme di disuguaglianza e discriminazione di genere, come è stato ulteriormente evidenziato dalla crisi della COVID-19. Il CESE invita la Commissione ad andare avanti con la proposta di introdurre misure vincolanti in materia di trasparenza retributiva rispetto al genere, ed è pronto a svolgere un ruolo guida nel promuovere una strategia per conseguire la parità retributiva, che integri la dimensione del genere.

1.10.

Il CESE esorta la Commissione e gli Stati membri a promuovere un approccio efficace per impedire qualsiasi forma di violenza contro le donne e offrire loro protezione. Il CESE raccomanda di introdurre misure per sostenere e adottare iniziative internazionali ed europee per eliminare la violenza contro le donne. Il CESE può collaborare con le parti sociali e le OSC per garantire una rapida attuazione di tali iniziative.

1.11.

Il CESE svolge un ruolo fondamentale nell’opera di sensibilizzazione attraverso la raccolta e la diffusione di buone pratiche tra le parti sociali e le organizzazioni della società civile per quanto riguarda gli strumenti e le infrastrutture organizzative miranti a prevenire le molestie sessuali a casa e nel luogo di lavoro e a proteggere da tali molestie.

1.12.

Il CESE raccomanda un approccio sistematico alle politiche in materia di prestazione di assistenza, che comprendono varie altre dimensioni strategiche (trasparenza retributiva, servizi pubblici, infrastrutture, fiscalità, trasporti, agenda digitale e dell’IA e fondi UE). Gli Stati membri dovrebbero continuare i loro sforzi diretti a aumentare l’offerta, l’abbordabilità e la qualità dei posti nelle strutture d’istruzione e assistenza della prima infanzia.

1.13.

Il CESE invita la Commissione a sostenere gli Stati membri nel rafforzamento della partecipazione al mercato del lavoro delle donne con disabilità, attuando così la Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità (CRPD), nonché di qualsiasi altro gruppo vulnerabile di donne (tra cui le donne Rom e le donne migranti).

1.14.

Pari opportunità di partecipazione sono essenziali per la democrazia rappresentativa a tutti i livelli, europeo, nazionale, regionale e locale. Il CESE è favorevole alla partecipazione paritaria e all’equilibrio di genere nei processi decisionali e nella vita politica, economica e sociale, anche nelle strutture di dialogo sociale e civile. Per affrontare il problema dello scarso livello di rappresentanza e partecipazione delle donne agli organi decisionali sono necessarie azioni positive fondate su misure legislative, di bilancio, volontarie, organizzative e culturali.

1.15.

Il CESE chiede nuovamente al Consiglio di proseguire la discussione sulla direttiva riguardante il miglioramento dell’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società.

1.16.

Il CESE incoraggia il settore dei media e della pubblicità a sostenere una partecipazione più equilibrata delle donne nelle posizioni decisionali e a contribuire allo smantellamento degli stereotipi di genere nei contenuti mediatici adottando codici di condotta e meccanismi per garantire l’equilibrio di genere negli organi decisionali del settore.

1.17.

Il CESE invita l’EIGE a inserire nel prossimo indice sull’uguaglianza di genere una priorità tematica sulla parità di genere nei media, per mettere in luce le disuguaglianze di genere.

2.   Introduzione

2.1.

La parità di genere non è solo un valore fondamentale dell’Unione europea (1), ma costituisce anche la base per un mandato imperativo ad agire (2). La Commissione ha fatto della parità tra donne e uomini un principio guida e uno degli obiettivi del suo mandato, ma i dati concreti (3)(4)(5) dimostrano che i progressi nella realizzazione della parità di genere nell’UE sono molto lenti. Il presente parere del CESE è stato elaborato in risposta alla strategia per la parità di genere 2020-2025 varata dalla Commissione nel marzo 2020, prima del diffondersi della pandemia di COVID-19. Il CESE è ben consapevole dell’impatto di genere esercitato dalla pandemia di COVID-19, impatto di cui la strategia per la parità di genere deve tener conto. È importante sottolineare che l’emergenza in corso sta aggravando le disuguaglianze di genere che già esistevano prima della crisi. Per le donne si fanno sempre più gravi i rischi di violenza, povertà, forme multiple di discriminazione e di dipendenza economica e il Comitato raccomanda alla Commissione di adottare misure tempestive per attuare la strategia per la parità di genere affrontando parallelamente l’impatto della pandemia di COVID-19 sulle donne e le ragazze, tramite risposte strategiche ad hoc e mirate. La strategia definisce i seguenti settori di intervento:

2.1.1.

La violenza contro le donne rappresenta una delle peggiori forme di discriminazione fondate sul sesso.

2.1.2.

La Commissione invita a compiere un’analisi sistematica, tesa da un lato all’adozione di misure più decise per lo smantellamento degli stereotipi e l’eliminazione della violenza di genere, delle molestie, del bullismo e del mobbing, e dall’altro all’introduzione di misure per proteggere le vittime e far sì che i responsabili rispondano delle loro azioni. Durante l’attuale crisi pandemica gli abusi domestici hanno registrato un’ulteriore diffusione e le donne sono maggiormente esposte alle violenze commesse dai partner in ambito domestico.

2.1.3.

Occupazione femminile. I dati dimostrano che i divari di genere nell’economia nonché il persistente squilibrio nelle responsabilità di assistenza limitano drasticamente la completa emancipazione sociale ed economica delle donne, nonché l’accesso a retribuzioni, pensioni e reddito equi. Il rischio dell’emarginazione economica è determinato anche dal persistere di stereotipi, così come da forme intersezionali di discriminazione. Lo squilibrio tra domanda e offerta di competenze nel mercato del lavoro dipende da molteplici fattori strutturali, ampiamente legati al genere. Tali fattori non solo limitano l’impatto delle politiche economiche, ma privano anche le nostre società e le nostre economie della possibilità di attingere all’esistente riserva di competenze e talenti femminili.

2.1.4.

Una partecipazione ai processi decisionali equilibrata dal punto di vista del genere costituisce un importante obiettivo che è tuttora lungi dall’essere raggiunto. Per affrontare la complessità delle sfide economiche e sociali, è necessario incrementare la presenza delle donne nelle posizioni dirigenziali. Le misure legislative rappresentano un’opzione per contrastare i divari di genere nel breve periodo.

2.1.5.

L’integrazione della dimensione di genere è la strategia per conseguire la parità di genere inserendo una prospettiva di genere in ogni fase dell’elaborazione delle politiche. In tutti gli Stati membri dell’UE, infrastrutture specificamente dedicate alla parità di genere (6) hanno la responsabilità di attuare l’integrazione della dimensione di genere e di agevolare l’inserimento della prospettiva di genere nell’agenda politica. Sarebbe opportuno potenziare tali meccanismi istituzionali, dotandoli di un mandato politico più forte e di maggiori competenze per il dispiegamento degli strumenti pertinenti (analisi basate su dati probanti, raccolta sistematica di dati disaggregati per sesso, elaborazione di un bilancio che integri la dimensione di genere (7), monitoraggio e valutazione attenti a una prospettiva di genere).

2.1.6.

I fondi UE 2021-2027 offrono un’opportunità per sostenere la parità di genere. Il CESE ha elaborato un parere (8) in cui invita il Parlamento e il Consiglio a introdurre nuovi indicatori adeguati, al fine di monitorare più efficacemente il contributo finanziario dell’UE al conseguimento degli obiettivi in materia di parità di genere. L’obiettivo è di incrementare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro (in particolare di quelle appartenenti a gruppi vulnerabili (9), come le donne con disabilità (10) e quelle soggette a forme multiple di discriminazione), nonché di migliorare l’equilibrio tra attività professionale e vita familiare, nonché le infrastrutture e i servizi per l’infanzia e l’assistenza a lungo termine. La crisi della pandemia di COVID-19 conferma la necessità di finanziare misure a favore dell’equilibrio tra attività professionale e vita familiare, di investire in servizi pubblici di assistenza accessibili e di qualità, e infine di mantenere i livelli occupazionali nonché il sostegno al reddito.

2.1.7.

Il CESE ritiene inoltre che i finanziamenti dell’UE debbano essere assegnati in maniera più attenta a una prospettiva di genere, che la parità di genere debba rappresentare un obiettivo in sé, anziché fondersi con altri obiettivi antidiscriminazione, e infine che la prospettiva di genere debba essere integrata più efficacemente in tutti gli altri obiettivi specifici, seguendo un approccio multidisciplinare e intersezionale.

3.   Osservazioni generali sulla strategia per la parità di genere 2020-2025 e proposte di attuazione

3.1.

Il CESE sostiene l’approccio della Commissione, mirante a rilanciare la presa in considerazione sistematica della dimensione di genere quale strategia per conseguire la parità di genere e chiede di tener conto dell’impatto specifico della pandemia di COVID-19 sulle donne. La governance dei meccanismi di programmazione finanziaria deve recepire senza riserve il duplice approccio articolato su azioni positive e integrazione della prospettiva di genere. Tale approccio deve inoltre essere integrato nell’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e nelle sei priorità della Commissione per il periodo 2019-2024 (11), oltre che nelle raccomandazioni del semestre europeo.

3.2.

L’attuale infrastruttura istituzionale per la parità di genere a livello dell’UE (DG JUST, EIGE, il Parlamento europeo e le istituzioni dell’UE, nonché gli organi consultivi (12) e la task force per la parità (13), con il sostegno dei dati forniti da Eurofound e da Eurostat), dovrebbe essere meglio integrata nel processo di governance delle politiche dell’UE. Al di là dei confini specifici della parità di genere, questa infrastruttura istituzionale dovrebbe essere parte integrante del meccanismo politico che tratta i principali dossier attuali (tra cui l’Agenda digitale, l’Agenda per le competenze, il Green Deal dell’UE, gli Obiettivi per la gioventù europea (14)).

3.3.

Il CESE accoglie con favore l’idea che la parità di genere richieda un approccio strategico multidisciplinare e intersezionale, teso ad affrontare i fattori di attrazione sociali ed economici che portano alla disuguaglianza di genere e a investire nei fattori abilitanti che favoriscono la parità di genere. Il CESE (15) invita ad adottare un approccio strategico per monitorare l’integrazione della prospettiva di genere in tutti gli obiettivi tematici indicati nel nuovo quadro finanziario normativo 2021-2027.

3.4.

Il Comitato richiama l’attenzione sul fatto che nell’UE è già in atto un rallentamento della crescita economica, causato dalla pandemia di COVID-19. È importante che gli effetti in termini di genere delle politiche macroeconomiche siano pienamente valutati e presi in considerazione nell’attuazione della strategia, in modo da non aggravare ulteriormente le disparità di genere esistenti (16).

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE esorta la Commissione europea a far appello all’esistente meccanismo di coordinamento in materia di parità di genere per monitorare l’attuazione della strategia e riferire sui risultati raggiunti in una prospettiva di genere. Il meccanismo di coordinamento potrebbe anche occuparsi di considerazioni specificamente relative al genere nell’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e nelle raccomandazioni del semestre europeo.

4.2.

Il CESE ha già invitato la Commissione europea a raccomandare ai paesi dell’UE di fissare obiettivi e indicatori nazionali per monitorare la situazione tramite un quadro di valutazione annuale.

4.3.   Far cessare la violenza di genere

4.3.1.

Sia in ambito domestico che nell’ambiente di lavoro, è tuttora più probabile che siano le donne a denunciare di essere esposte a comportamenti sociali ostili e alla violenza (17). Il CESE può svolgere un ruolo fondamentale nel diffondere più ampiamente la conoscenza del fenomeno e scongiurare qualsiasi forma di violenza contro le donne. Le parti sociali e le organizzazioni della società civile possono sostenere la prevenzione della violenza contro le donne e la promozione di una cultura sensibile alla dimensione di genere, sensibilizzando e raccogliendo e condividendo le buone pratiche.

4.3.2.

L’accordo quadro europeo sulle molestie e la violenza sul luogo di lavoro, sottoscritto dalle parti sociali nel 2007, offre uno strumento per garantire luoghi di lavoro esenti da molestie e violenza applicabile in ogni parte d’Europa e in qualsiasi luogo di lavoro, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda.

4.3.3.

È necessario promuovere e adottare, a livello internazionale ed europeo, iniziative volte a eliminare la violenza contro le donne. Il CESE è in grado di fornire un valido sostegno alla Convenzione dell’OIL sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro. La Convenzione 190 dell’OIL sull’eliminazione della violenza e delle molestie adottata nel 2019 dovrebbe essere ratificata e applicata da tutti i governi a livello internazionale ed europeo, nonché dall’Unione europea. Il CESE accoglie inoltre con favore l’iniziativa della Commissione, che nel 2021 intende proporre misure per realizzare gli obiettivi della Convenzione di Istanbul.

4.3.4.

Uno degli ostacoli che le donne si trovano ad affrontare nella partecipazione alle attività online e alle reti sociali è il cyberbullismo (18). Il CESE ha invitato la Commissione europea a rafforzare la task force «Donne nel digitale» e ad assicurare il seguito dell’iniziativa «Digital4Her» (19). La Commissione europea deve allineare queste misure facoltative ai quadri legislativi sulla violenza contro le donne.

4.3.5.

Il CESE ha ripetutamente invitato la Commissione ad aggiornare la raccomandazione sulle misure per contrastare efficacemente i contenuti illegali online e il codice di condotta per contrastare l’illecito incitamento all’odio online, concordato dalla Commissione europea e dalle società informatiche globali, aggiungendo le molestie online e il mobbing nei confronti delle donne alla definizione di illecito incitamento all’odio (20).

4.3.6.

Il CESE propone di istituire un fondo legale d’emergenza a livello dell’Unione, che offra sostegno alle organizzazioni della società civile che contestano nei tribunali la legislazione che viola i diritti delle donne (21).

4.4.   Colmare i divari di genere

4.4.1.

Istruzione. Permangono nell’istruzione divari di genere che provocano a loro volta la segregazione di genere nel mercato del lavoro e in materia di occupazione e reddito, nonché uno squilibrio tra domanda e offerta di competenze (22)(23). Il sistema di orientamento scolastico dovrebbe essere oggetto di misure specifiche (24). L’istruzione ha un ruolo importante nell’eliminazione degli stereotipi e nella lotta ai pregiudizi, a partire dalla scuola primaria.

4.4.2.

Competenze e tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale devono essere accessibili a tutti, indipendentemente dal genere, dall’età e dal contesto socio-economico. È importante aumentare il numero delle donne e delle ragazze nei settori STEM e TIC, colmare il divario digitale da cui dipende la loro ridotta rappresentanza e sviluppare un maggior numero di modelli di ruolo digitali femminili per superare gli stereotipi, soprattutto considerando l’impatto dell’attuale emergenza causata dalla COVID-19.

4.4.3.

Promuovere la presenza di donne e ragazze tra coloro che sviluppano le TIC può contribuire a far superare i pregiudizi di genere propri della concezione di una determinata tecnologia. È pertanto essenziale garantire l’accesso universale allo sviluppo delle competenze nei settori STEM, TIC e IA, e tutelare dal punto di vista occupazionale le donne che rischiano di perdere il lavoro a causa del ridotto livello di competenze TIC.

4.4.4.

Occorre inoltre dedicare attenzione e misure specifiche alla prospettiva di genere nel campo dell’educazione finanziaria.

4.4.5.

Occupazione. I divari di genere nell’occupazione hanno provocato divari a lungo termine in fatto di reddito, accesso al credito, retribuzione e pensioni, aggravando inoltre il rischio di ritrovarsi in una situazione di povertà, il rischio di esclusione sociale quello di non disporre di un alloggio. Indipendentemente dalla legislazione proposta dall’UE in materia di parità di trattamento nell’occupazione, il divario retributivo di genere rappresenta ancora una delle forme più diffuse di discriminazione e disuguaglianza di genere.

4.4.6.

Sotto questo aspetto la contrattazione collettiva potrebbe assumere un ruolo guida. Tutte le misure dovrebbero affrontare il problema dei divari di genere, per favorire l’accesso alla protezione sociale, migliorare la qualità del lavoro e incrementare la solidità del mercato del lavoro.

4.4.7.

Il CESE apprezza la proposta della Commissione di misure vincolanti per la trasparenza retributiva rispetto al genere, che dovranno essere introdotte quanto prima e che possono svolgere un ruolo di punta nel promuovere una strategia per la parità retributiva che integri la dimensione di genere. Le donne rappresentano il 70 % di tutti i lavoratori nel settore della sanità e dell’assistenza sociale in 104 paesi (OMS), e il 58,6 % dei lavoratori nel settore dei servizi in tutto il mondo (OIL). Alla luce della pandemia, ciò presenta un rischio per la loro salute. Il fatto che le donne siano prevalentemente confinate in settori in cui le retribuzioni sono basse e in posti di lavoro precari le pone in prima linea per quanto riguarda il rischio di disoccupazione e di problemi di salute.

4.4.8.

I posti di lavoro e i compiti svolti nei settori dell’assistenza, della pulizia, del commercio e della salute danno un notevole contributo alla società e all’economia, come è stato evidenziato anche nella crisi della COVID-19. I lavori in questi settori, che tradizionalmente impiegano molte donne, sono spesso sottopagati, sottovalutati e caratterizzati da condizioni di lavoro precarie. È pertanto essenziale garantire un maggiore riconoscimento sociale e un corrispondente valore economico a tali occupazioni, il che contribuirebbe a ridurre i divari retributivi e altre disparità di genere e ad accrescere il valore economico e sociale assegnato a tali lavori.

4.4.9.

Un aumento degli investimenti nella digitalizzazione del settore pubblico consente una più ampia partecipazione di donne e uomini al mercato del lavoro e può agevolare chi ha responsabilità di assistenza, o chi ha bisogno di aiuto per superare gli ostacoli di tipo burocratico e quelli legati all’accesso ai servizi pubblici (25).

4.4.10.

Le donne rappresentano tuttora solo una modesta percentuale del numero totale di imprenditori nell’UE. Agevolare l’accesso delle imprenditrici al capitale d’investimento e promuovere l’equilibrio di genere nelle posizioni dirigenziali delle istituzioni finanziarie, ove si prendono le decisioni relative agli investimenti (26), significa favorire sia l’imprenditoria femminile che la parità di genere.

4.4.11.

Assistenza ed equilibrio tra attività professionale e vita familiare. Le donne si fanno ancora carico della maggiore parte dei lavori non retribuiti, che si tratti della cura dei figli, dell’assistenza agli anziani o dei lavori domestici (27). Le misure relative all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare, attraverso strumenti legislativi o la contrattazione collettiva, possono meglio conciliare le esigenze sia delle donne che degli uomini, così come quelle dei lavoratori/delle lavoratrici che svolgono anche una funzione di assistenza. La pandemia ha reso più gravoso l’onere del lavoro di assistenza non retribuito, soprattutto in un periodo in cui scuole di ogni ordine e grado e luoghi di lavoro sono chiusi per il confinamento.

4.4.12.

Il CESE invita ad applicare la direttiva relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare, in particolare per quanto riguarda i congedi retribuiti, affinché sia le donne che gli uomini possano godere del diritto di prestare assistenza. Inoltre, il CESE incoraggia gli Stati membri a compiere ulteriori sforzi per conseguire l’obiettivo non ancora raggiunto di accogliere il 33 % di bambini di età inferiore ai tre anni in strutture ufficiali di cura e di aggiungere un obiettivo di strutture di doposcuola per la cura dei bambini, per consentire ai genitori di lavorare a tempo pieno se lo desiderano. La Commissione dovrebbe collaborare con gli Stati membri per garantire che gli obiettivi siano pienamente raggiunti.

4.4.13.

Il CESE invita gli Stati membri a utilizzare i fondi dell’UE per aumentare l’offerta, l’accessibilità economica e la qualità dei servizi e delle infrastrutture per l’educazione e la cura della prima infanzia.

4.4.14.

È pure necessario rafforzare la partecipazione al mercato del lavoro delle donne con disabilità, attuando la Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità (CRPD).

4.4.15.

A causa dell’invecchiamento della popolazione, in sede di elaborazione delle misure per la conciliazione delle esigenze e per la realizzazione dell’equilibrio tra attività professionale e vita familiare, l’assistenza agli anziani dovrebbe ricevere una maggiore attenzione.

4.4.16.

È necessario un approccio sistematico alle politiche di assistenza, un tipo di approccio che comprenda molte altre dimensioni politiche (infrastrutture, fiscalità, trasporti, agenda digitale, sanità e competenze, IA e fondi UE) e in cui il dialogo sociale, le parti sociali e le organizzazioni della società civile possano svolgere un ruolo importante.

4.5.   Conseguire la parità di genere nei processi decisionali

4.5.1.

Pari opportunità di partecipazione sono essenziali per la democrazia rappresentativa a tutti i livelli, europeo, nazionale, regionale e locale. Il CESE è favorevole alla partecipazione paritaria e all’equilibrio di genere nei processi decisionali e nella vita politica, economica e sociale, anche nelle strutture di dialogo sociale e civile. Per affrontare il problema dello scarso livello di rappresentanza e partecipazione delle donne agli organi decisionali sono necessarie azioni positive fondate su misure legislative, di bilancio, volontarie, organizzative e culturali.

4.5.2.

I divari di genere che si registrano nel mercato del lavoro provocano uno squilibrio di genere anche nei processi decisionali. Nell’Unione europea, il numero degli uomini in posizioni dirigenziali è il doppio di quello delle donne. Le donne sono sottorappresentate tra i dirigenti di quasi tutti i settori economici. Per quanto riguarda le posizioni dirigenziali, il settore pubblico è quello in cui si registra il migliore equilibrio di genere (28).

4.5.3.

La legislazione può essere utile, ma è poco probabile che riesca da sola a influenzare la cultura e i meccanismi organizzativi. L’equilibrio di genere nei processi decisionali e nella vita politica, economica e sociale può essere perseguito anche adottando un approccio di integrazione della dimensione di genere, teso a garantire condizioni positive e una maggiore sensibilizzazione alla prospettiva di genere per rafforzare la partecipazione delle donne a livello dei processi decisionali.

4.5.4.

Il CESE invita il Consiglio a proseguire la discussione sulla direttiva riguardante il miglioramento dell’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società (29). Il Comitato invita altresì le imprese ad assumere un ruolo guida e ad aumentare in misura significativa la presenza delle donne nelle posizioni dirigenziali di alto livello.

4.5.5.

Il Comitato ha raccomandato (30) di prendere in considerazione strumenti e strategie efficaci (per esempio misure giuridiche, di bilancio e facoltative, quote di genere) per assicurare l’equilibrio di genere nelle nomine e nelle cariche elettive delle più importanti strutture politiche e suggerisce alla Commissione di continuare a incoraggiare gli Stati membri a intraprendere azioni in questo campo. Il Comitato reitera la richiesta (31) al Consiglio di rivedere gli orientamenti per la nomina dei membri del CESE al fine di tener conto dell’evoluzione economica, sociale e demografica nell’Unione.

4.6.   Integrazione della dimensione di genere

4.6.1.

L’integrazione della dimensione di genere rappresenta l’approccio migliore per introdurre la prospettiva di genere fra tutti gli attori e a tutti livelli, ma occorre migliorarne gli aspetti operativi e le modalità di attuazione.

4.6.2.

Per il periodo di programmazione 2021-2027 il CESE chiede un impegno più risoluto a favore della parità di genere. È necessario attuare efficacemente e valutare le condizioni abilitanti per la parità di genere, introdotte per garantire la pertinenza e la coerenza di programmi, progetti e fondi.

4.6.3.

Il CESE sostiene gli obiettivi fissati dalla Commissione nella strategia per la parità di genere, e la esorta a far appello ai meccanismi di coordinamento esistenti (comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini, gruppo ad alto livello sull’integrazione della dimensione di genere e task force per la parità) per monitorare la corretta attuazione della strategia, per segnalare i risultati raggiunti e agevolare lo scambio di approcci ed esperienze a livello UE.

4.7.   Genere e media

4.7.1.

Benché i media assolvano una funzione essenziale nello strutturare la società, il loro impatto sulla parità di genere è stato a lungo sottovalutato. Il settore dei media dovrebbe assumere un ruolo guida per far sì che la pubblicità eserciti un impatto positivo, anziché negativo, nel rappresentare e promuovere la parità di genere nella società.

4.7.2.

Per migliorare la parità di genere nel settore dei media è fondamentale aumentare la presenza di donne nelle posizioni decisionali di alto livello (32)(33), adottare codici di condotta e altre misure (34)(35) che vietino il sessismo e che favoriscano l’integrazione della prospettiva di genere nella trasformazione organizzativa del settore dei media e dei contenuti che esso rende disponibili.

4.7.3.

È importante riconoscere l’impatto degli stereotipi di genere nei contenuti mediatici. Il CESE invita a inserire nel prossimo indice EIGE sull’uguaglianza di genere una nuova priorità tematica intitolata Media e pubblicità.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Articolo 2 del TUE.

(2)  Articolo 8 del TFUE: «Nelle sue azioni l’Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne».

(3)  EIGE (2019) Gender Equality Index 2019 in brief: Still far from the finish line [EIGE (2019) L’indice sull’uguaglianza di genere 2019 in breve: il traguardo è ancora lontano].

(4)  European Commission (2019) New vision for Gender Equality [Commissione europea (2019) Una nuova visione per la parità di genere].

(5)  Eurofound (2020) Gender equality at work [Eurofound (2020) La parità di genere sul luogo di lavoro].

(6)  EIGE (2019) Beijing +25 policy brief: Area H — Institutional mechanisms for the advancement of women: reduced efforts from Member States [EIGE (2019) Documento strategico Pechino + 25: Area H — Meccanismi istituzionali per il progresso delle donne: minori sforzi da parte degli Stati membri].

(7)  https://eige.europa.eu/gender-mainstreaming/toolkits/gender-sensitive-parliaments

(8)  GU C 110 del 22.3.2019, pag. 26, punto 1.8.

(9)  GU C 110 del 22.3.2019, pag. 26, punto 1.6.

(10)  EIGE, 2017, The European Pillar of Social Rights as an Opportunity for Gender Equality in the EU, p. 6 (EIGE, 2017, Il pilastro europeo dei diritti sociali come opportunità per la parità di genere nell’UE, pag. 6).

(11)  https://ec.europa.eu/info/priorities_it

(12)  Articolo 300 TFUE.

(13)  La Commissione ha istituito una task force per la parità, composta da rappresentanti di tutti i servizi della Commissione e del servizio europeo per l’azione esterna, per garantire l’attuazione concreta dell’integrazione della dimensione di genere a livello tecnico e operativo, oltre alle principali azioni elencate nella strategia per la parità di genere. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/qanda_20_357

(14)  https://youthforeurope.eu/european-youth-goals-2019-2027/

(15)  GU C 240 del 16.7.2019, pag. 3

(16)  Cfr. nota 15.

(17)  Eurofound (2020), Gender equality at work , European Working Conditions Survey 2015 series (Uguaglianza di genere nel luogo di lavoro — Serie sulle condizioni di lavoro in Europa, indagine 2015), Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo.

(18)  EIGE, (2017) Gender equality and youth: opportunities and risks of digitalisation — Main report [EIGE, (2017) La parità di genere e i giovani: opportunità e rischi della digitalizzazione — Relazione principale].

(19)  GU C 440 del 6.12.2018, pag. 37

(20)  Cfr. nota 15.

(21)  Cfr. nota 15.

(22)  Fonte: Eurostat; Abbandono precoce di istruzione e formazione (codice: sdg_04_10); Partecipazione degli adulti all’apprendimento (codice: sdg_04_60); Tasso di istruzione terziaria (codice: sdg_04_20).

(23)  Cedefop (2020) 2020 European Skills Index [Cedefop (2020) Indice europeo delle competenze 2020].

(24)  Cedefop (2019) NOTA INFORMATIVA, Non solo nuovi lavori: l’innovazione digitale accompagna la crescita professionale.

(25)  GU C 440 del 6.12.2018, pag. 37, punto 1.12.

(26)  Eurofound (2019), Female entrepreneurship: Public and private funding (Imprenditoria femminile: finanziamenti pubblici e privati), Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo.

(27)  EIGE, 2017, The European Pillar of Social Rights as an Opportunity for Gender Equality in the EU, p. 8 (EIGE, 2017, Il pilastro europeo dei diritti sociali come opportunità per la parità di genere nell’UE, pag. 8).

(28)  Eurofound (2018), Women in management: Underrepresented and overstretched? (Le donne in posizioni dirigenziali: sottorappresentate e sovraccaricate?), Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo.

(29)  Cfr. nota 15

(30)  GU C 240, del 16.7.2019, pag. 1

(31)  Cfr. nota 30.

(32)  Gender Equality Index, EIGE (2019) [Indice sull’uguaglianza di genere, EIGE (2019)].

(33)  Gender Statistics Database, EIGE (2020) [Banca dati sulle statistiche di genere, EIGE (2020)].

(34)  https://eige.europa.eu/gender-mainstreaming/good-practices/denmark/kvinfo-expert-database.

(35)  http://www.womeninnews.org/ckfinder/userfiles/files/Gender%20Balance%20Guidebook_FINAL_RGB%20(1).pdf.


ALLEGATO

I seguenti emendamenti sono stati respinti dall’Assemblea ma hanno ottenuto un numero di voti favorevoli pari ad almeno un quarto dei voti espressi (articolo 59, paragrafo 3, del regolamento interno):

1.   Punto 1.9

Modificare come segue:

1.9.

Il divario retributivo di genere resta una delle principali forme di disuguaglianza e discriminazione di genere, come è stato ulteriormente evidenziato dalla crisi della COVID-19. Il CESE invita la Commissione a tenere conto delle conseguenze drammatiche della crisi della COVID-19 per le imprese e, in particolare, per le PMI, a riflettere sulla possibilità di rinviare la proposta giuridica vincolante e a utilizzare il tempo per procedere a un’adeguata consultazione con le parti sociali. ad andare avanti con la proposta di introdurre misure vincolanti in materia di trasparenza retributiva rispetto al genere, ed Il CESE è pronto a svolgere un ruolo guida nel promuovere una strategia per conseguire la parità retributiva, che integri la dimensione del genere.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

70

Contrari

120

Astensioni

13

2.   Punto 4.4.7

Modificare come segue:

4.4.7.

Il CESE apprezza la prende atto della proposta della Commissione di misure vincolanti per la trasparenza retributiva rispetto al genere, che dovranno essere introdotte quanto prima e che possono svolgere un ruolo di punta nel promuovere una strategia per la parità retributiva che integri la dimensione di genere. Il CESE invita la Commissione a tenere conto delle drammatiche conseguenze della crisi della COVID-19 per le imprese e, in particolare, per le PMI, a riflettere sulla possibilità di rinviare la proposta giuridica vincolante e a utilizzare il tempo per procedere a un’adeguata consultazione con le parti sociali. Le donne rappresentano il 70 % di tutti i lavoratori nel settore della sanità e dell’assistenza sociale in 104 paesi (OMS), e il 58,6 % dei lavoratori nel settore dei servizi in tutto il mondo (OIL). Alla luce della pandemia, ciò presenta un rischio per la loro salute. Il fatto che le donne siano prevalentemente confinate in settori in cui le retribuzioni sono basse e in posti di lavoro precari le pone in prima linea per quanto riguarda il rischio di disoccupazione e di problemi di salute.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

70

Contrari

121

Astensioni

12

3.   Punto 4.4.8

Modificare come segue:

4.4.8.

I posti di lavoro e i compiti svolti nei settori dell’assistenza, della pulizia, del commercio e della salute danno un notevole contributo alla società e all’economia, come è stato evidenziato anche nella crisi della COVID-19. I In questi lavori e in questi settori, che tradizionalmente impiegano molte donne, la crisi della COVID-19 potrebbe potenzialmente influire negativamente sulle loro condizioni di lavoro sono spesso sottopagati, sottovalutati e caratterizzati da condizioni di lavoro precarie. È pertanto essenziale garantire un maggiore riconoscimento sociale e un corrispondente valore economico a tali occupazioni, il che contribuirebbe a ridurre i divari retributivi e altre disparità di genere e ad accrescere il valore economico e sociale assegnato a tali lavori.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

68

Contrari

121

Astensioni

13


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/87


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul «Libro bianco sull'intelligenza artificiale — Un approccio europeo all'eccellenza e alla fiducia»

[COM(2020) 65 final]

(2020/C 364/12)

Relatrice:

Catelijne MULLER

Consultazione

Commissione, 9.3.2020

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

25.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

207/0/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE si congratula con la Commissione per la sua strategia, delineata nel libro bianco sull'intelligenza artificiale (IA), che mira a incoraggiare l'adozione delle tecnologie di IA, assicurandone al contempo la conformità alle norme etiche, alle prescrizioni giuridiche e ai valori sociali europei.

1.2.

Il CESE si compiace inoltre dell'intenzione di trarre vantaggio dai punti di forza dell'Europa nei mercati industriali e professionali e sottolinea l'importanza di potenziare gli investimenti, le infrastrutture, l'innovazione e le competenze in modo che le imprese, comprese le PMI, e la società nel suo insieme possano cogliere le opportunità offerte dall'IA. Occorre promuovere l'innovazione nel campo dell'IA per massimizzare i benefici dei sistemi specifici di questo settore, prevenendo nel contempo i rischi e riducendoli al minimo.

1.3.

Ritiene però che concentrare l'attenzione solamente sull'IA basata sui dati sia un approccio troppo ristretto per fare dell'UE un autentico leader dell'IA avanzata, affidabile e competitiva. Il CESE esorta la Commissione a promuovere anche una nuova generazione di sistemi di IA basati sulla conoscenza e sul ragionamento, che tutelino i principi e i valori umani.

1.4.

Il CESE chiede alla Commissione di: i) promuovere la multidisciplinarietà nella ricerca, coinvolgendo altre materie come diritto, etica, filosofia, psicologia, scienze del lavoro, scienze umane, economia eccetera; ii) coinvolgere i portatori di interessi pertinenti (sindacati, organizzazioni professionali, organizzazioni di categoria, organizzazioni di consumatori, ONG) nel dibattito sull'IA e, come partner su un piede di parità, nella ricerca finanziata dall'UE e in altri progetti come il partenariato pubblico-privato sull'IA, i dialoghi settoriali e il «programma di adozione dell'IA» nel settore pubblico nonché il centro di riferimento; e iii) continuare a educare e informare l'opinione pubblica in merito alle opportunità e alle sfide poste dall'IA.

1.5.

Il CESE esorta la Commissione a considerare in maniera più approfondita l'impatto dell'IA sull'intero ventaglio dei diritti e delle libertà fondamentali, tra cui, in un elenco non esaustivo, il diritto a un giudice imparziale, a elezioni eque e aperte, il diritto di riunirsi e manifestare nonché il diritto alla non discriminazione.

1.6.

Il CESE rimane contrario a introdurre qualsiasi forma di personalità giuridica per l'IA. In tal modo verrebbe infatti compromesso l'effetto di correzione preventiva della responsabilità giuridica, con gravi possibilità di azzardo morale, sia nello sviluppo che nell'impiego dell'IA, e conseguentemente di abusi.

1.7.

Il CESE chiede un approccio socio-tecnico costante e sistematico, che consideri la tecnologia da tutte le prospettive e alla luce di vari criteri, piuttosto che una valutazione preliminare della conformità per l'IA ad alto rischio effettuata una tantum (o anche ripetuta periodicamente).

1.8.

Il CESE segnala che la prescrizione del settore «ad alto rischio» potrebbe escludere numerosi utilizzi e applicazioni dell'IA che sono intrinsecamente ad alto rischio, oltre al riconoscimento biometrico e all'IA utilizzata nella selezione del personale. Il CESE raccomanda alla Commissione di redigere un elenco delle caratteristiche comuni delle applicazioni o degli utilizzi dell'IA che sono considerati intrinsecamente ad alto rischio, indipendentemente dal settore.

1.9.

Il CESE invita fermamente a consentire qualsiasi uso del riconoscimento biometrico solo: i) qualora vi sia un effetto dimostrato scientificamente, ii) in ambienti controllati, e iii) a condizioni rigorose. Dovrebbe essere vietato l'impiego diffuso del riconoscimento biometrico basato sull'IA per sorvegliare, seguire, valutare o classificare gli esseri umani oppure le emozioni e i comportamenti umani.

1.10.

Il CESE auspica un coinvolgimento precoce e intenso delle parti sociali nell'introduzione di sistemi di IA sul luogo di lavoro, in linea con le norme e le pratiche nazionali applicabili, per garantire che i sistemi siano utilizzabili e conformi ai diritti dei lavoratori e alle condizioni di lavoro.

1.11.

Il CESE auspica inoltre che i lavoratori che in ultima istanza opereranno con i sistemi di IA, come pure i dipendenti dotati di competenze giuridiche, etiche e nelle scienze umane, vengano strettamente e precocemente coinvolti nell'introduzione di tali tecnologie, onde garantire che esse siano in linea con i requisiti giuridici ed etici, ma anche con le esigenze dei lavoratori, di modo che questi ultimi mantengano l'autonomia nel loro lavoro e che i sistemi di IA siano tali da migliorare le competenze dei lavoratori e la loro soddisfazione professionale.

1.12.

Tecniche e approcci di IA utilizzati per combattere la pandemia di coronavirus dovrebbero essere solidi, efficaci, trasparenti e spiegabili. Dovrebbero inoltre tutelare i diritti umani, i principi etici e la legislazione esistente, e dovrebbero essere equi, inclusivi e facoltativi.

1.13.

Il CESE invita la Commissione ad assumere un ruolo guida per garantire un migliore coordinamento in Europa delle soluzioni applicate di IA e degli approcci utilizzati per combattere la pandemia di coronavirus.

2.   Il libro bianco dell'UE sull'IA

2.1.

Il CESE nota con soddisfazione che la Commissione europea ha recepito molte raccomandazioni formulate nei precedenti pareri del CESE e dal gruppo di esperti ad alto livello sull'IA, incoraggiando l'adozione delle tecnologie di IA e allo stesso tempo assicurandone la conformità a norme etiche, prescrizioni giuridiche e valori sociali dell'UE, sulla base di ciò che la Commissione stessa definisce un «ecosistema di eccellenza e fiducia».

2.2.

Il CESE accoglie con favore le proposte rivolte alle imprese, comprese le PMI, e alla società nel suo insieme, per cogliere le opportunità di sviluppo e di utilizzo dell'IA. Il CESE sottolinea l'importanza di potenziare gli investimenti, le infrastrutture, l'innovazione e le competenze per migliorare il successo competitivo dell'UE a livello mondiale.

Approccio basato sul controllo umano

2.3.

Il libro bianco ha tuttavia un tono vagamente «fatalistico»: sembra suggerire che l'IA sia destinata a «dominarci», lasciandoci come unica opzione quella di regolamentarne l'uso. Il CESE crede fermamente nell'impegno dell'UE di garantire che l'Europa accetti solo l'intelligenza artificiale affidabile, e ritiene che essa dovrebbe pertanto assumere una posizione molto più forte su questo tema. Il CESE esorta quindi la Commissione a mantenere sempre aperta l'opzione di non accettare affatto (l'uso di) un determinato tipo di IA. Quest'impostazione (definita dal CESE «approccio all'IA basato sul controllo umano») è appunto quella cui dovremmo ispirarci.

Trarre vantaggio dall'IA in Europa — una definizione lungimirante

2.4.

Il libro bianco offre la seguente definizione operativa dell'IA: «un insieme di tecnologie che combina dati, algoritmi e potenza di calcolo». Più avanti, il testo indica nei dati e negli algoritmi gli elementi principali dell'IA. In tale definizione rientrerebbe però qualsiasi segmento di software mai elaborato, non solo l'IA. Non esiste una definizione generalmente accettata per l'IA, che è un termine generico applicabile a una vasta gamma di applicazioni per computer.

2.5.

Il libro bianco concentra l'attenzione solamente sull'IA basata sui dati, ossia su un ambito troppo ristretto per fare dell'UE un autentico leader dell'IA avanzata, affidabile e competitiva. Il libro bianco rinuncia a prendere in considerazione, e quindi a governare e regolamentare, un gran numero di promettenti sistemi di IA. Il CESE esorta la Commissione a promuovere anche una nuova generazione di sistemi di IA che integrino gli approcci basati sui dati con approcci basati sulla conoscenza e sul ragionamento: i cosiddetti sistemi ibridi. Il libro bianco riconosce che i sistemi ibridi sono necessari ai fini della spiegabilità, ma i vantaggi di tali sistemi vanno ben al di là di questa: possono affrettare e/o frenare l'apprendimento, e convalidare e verificare il modello di apprendimento automatico.

2.6.

Il libro bianco considera solo le distorsioni relative ai dati, ma non tutte le distorsioni dipendono da dati limitati o di scarsa qualità. La concezione di qualsiasi prodotto è di per sé uno stratificarsi di scelte condizionate, che vanno dagli input presi in considerazione fino agli obiettivi che un sistema di IA dovrebbe raggiungere nel modo più efficace. Tutte queste scelte dipendono, in un modo o nell'altro, dai condizionamenti intrinseci delle persone che le compiono.

2.7.

Il punto più importante, tuttavia, è che i sistemi di IA sono qualcosa di più della somma delle proprie componenti di software. I sistemi di IA comprendono anche il sistema socio-tecnico in cui sono immersi. Una riflessione sulla governance e la regolamentazione dell'IA dovrebbe concentrarsi anche sul circostante contesto di strutture sociali: le organizzazioni e le imprese, le diverse professioni e le persone e le istituzioni che creano, sviluppano, mettono in funzione, usano e controllano l'IA, nonché le persone su cui l'IA influisce, come i cittadini nei loro rapporti con i governi, le imprese, i consumatori, i lavoratori e persino la società nel suo insieme.

2.8.

Si noti inoltre che le definizioni giuridiche (a fini di governance e regolamentazione) differiscono dalle definizioni puramente scientifiche, dato che occorre soddisfare una serie di prescrizioni differenti, come inclusività, precisione, permanenza, completezza e praticabilità. In alcuni casi si tratta di prescrizioni giuridicamente vincolanti, e alcune sono considerate esempi di buone pratiche normative.

Riunire tutte le forze

2.9.

Il CESE apprezza lo sforzo di trattare il frammentato contesto dell'IA in Europa riunendo i ricercatori della materia, concentrando l'attenzione sulle PMI e stringendo partenariati con il settore pubblico e quello privato. Inoltre, il CESE vorrebbe raccomandare di: i) promuovere la multidisciplinarietà nella ricerca, coinvolgendo altre materie come diritto, etica, filosofia, psicologia, scienze del lavoro, scienze umane, economia eccetera; ii) coinvolgere i portatori di interessi pertinenti (sindacati, organizzazioni di categoria, organizzazioni di consumatori, ONG) nel dibattito sull'IA, ma anche come partner su un piede di parità, nella ricerca finanziata dall'UE e in altri progetti come il partenariato pubblico-privato sull'IA, i dialoghi settoriali e il «programma di adozione dell'IA» nel settore pubblico nonché il centro di riferimento; e iii) continuare a educare e informare l'opinione pubblica in merito alle opportunità e alle sfide poste dall'IA.

L'IA e il diritto

2.10.

Il libro bianco riconosce il fatto che l'IA non opera in un mondo privo di leggi. Il CESE apprezza particolarmente l'importanza attribuita alle implicazioni dell'IA nel campo dei diritti fondamentali, e raccomanda alla Commissione di esaminare in maniera più approfondita gli impatti dell'IA su un ampio ventaglio di diritti e libertà fondamentali, come la libertà di parola e di espressione e il diritto al rispetto per la vita privata (che si estende ben al di là della protezione dei dati personali), il diritto a un giudice imparziale, a elezioni eque e aperte, il diritto di riunirsi e manifestare nonché il diritto alla non discriminazione.

2.11.

Il CESE accoglie con favore la netta posizione adottata nel libro bianco in merito all'applicabilità all'IA dei regimi di responsabilità esistenti, nonché lo sforzo di basarsi su tali regimi per affrontare i nuovi rischi che possono derivare dall'IA, rimediando alle lacune applicative nei casi in cui sia difficile individuare l'operatore economico effettivamente responsabile e adattando i regimi alla funzionalità mutevole dei sistemi di IA.

2.12.

La Commissione dovrebbe anche riconoscere che l'intelligenza artificiale non conosce frontiere e che gli sforzi non possono e non dovrebbero limitarsi all'Europa. Dovrebbe essere raggiunto un consenso generale a livello mondiale sulla base delle discussioni e delle ricerche svolte dagli esperti giuridici, nell'ottica di istituire un quadro giuridico internazionale comune.

2.13.

In ogni caso il CESE rimane fermamente contrario a introdurre qualsiasi forma di personalità giuridica per l'IA. In tal modo verrebbe infatti compromesso l'effetto di correzione preventiva della responsabilità giuridica, con gravi possibilità di azzardo morale, sia nello sviluppo che nell'impiego dell'IA, e conseguentemente di abusi.

Regolamentazione dell'IA ad alto rischio

2.14.

Il CESE accoglie con favore l'approccio basato sul rischio per il controllo degli effetti dell'IA. La Commissione annuncia un quadro normativo per la «IA ad alto rischio», che dovrebbe rispettare una serie di prescrizioni in materia di robustezza, precisione, riproducibilità, trasparenza, sorveglianza umana e governance dei dati. Secondo il libro bianco, l'IA ad alto rischio è contraddistinta da due elementi cumulativi: i) un settore ad alto rischio e ii) un utilizzo dell'applicazione di IA tale da generare un alto rischio. Il libro bianco aggiunge due esempi di applicazioni o utilizzi dell'IA che si potrebbero considerare intrinsecamente ad alto rischio, indipendentemente dal settore. Inoltre, definisce il riconoscimento biometrico un'applicazione intrinsecamente ad alto rischio. L'elenco completo dei settori ad alto rischio (che viene riveduto periodicamente) comprende ora i seguenti settori, considerati potenzialmente ad alto rischio: assistenza sanitaria, trasporti, energia e parti del settore pubblico.

2.15.

Il secondo criterio, ossia l'utilizzo rischioso dell'applicazione di IA, è meno rigoroso e suggerisce la possibilità di prendere in considerazione livelli di rischio differenti. Il CESE propone di aggiungere qui la società e l'ambiente come aree d'impatto.

2.16.

Seguendo la logica del libro bianco, un'applicazione di IA ad alto rischio, utilizzata in un settore a basso rischio in linea di principio non sarà soggetta al quadro normativo. Il CESE rileva che gli effetti avversi indesiderabili dell'IA ad alto rischio in un settore a basso rischio potrebbero escludere dalla normativa taluni utilizzi o applicazioni di IA, offrendo una «finestra» per aggirare le regole: si pensi alla pubblicità mirata (un settore a basso rischio) che, com'è stato dimostrato, ha effetti potenzialmente segregativi, discriminatori e divisivi, per esempio in periodo di elezioni o tramite prezzi personalizzati (utilizzo o effetto ad alto rischio). Il CESE raccomanda di stilare un elenco delle caratteristiche comuni delle applicazioni o degli utilizzi dell'IA che si devono considerare intrinsecamente ad alto rischio, indipendentemente dal settore in cui tale tecnologia è impiegata.

2.17.

Pur riconoscendo la necessità di introdurre prove di conformità per l'IA, il CESE esprime il timore che una valutazione preliminare della conformità effettuata una tantum (o anche ripetuta periodicamente) non sia sufficiente a garantire che lo sviluppo, la diffusione e l'utilizzo dell'IA avvengano in maniera affidabile, antropocentrica e sostenibile. Un'IA affidabile esige un approccio socio-tecnico costante e sistematico, che consideri la tecnologia da tutte le prospettive e alla luce di vari criteri. Per quanto riguarda l'attività di elaborazione delle politiche, ciò comporta un approccio multidisciplinare che veda la collaborazione costante di responsabili delle politiche, accademici di varie specialità, parti sociali, organizzazioni professionali, professionisti, imprese e ONG. Soprattutto quando si tratta di servizi di interesse pubblico collegati alla salute, alla sicurezza e al benessere delle persone e basati sulla fiducia, occorre garantire che i sistemi di IA siano adattati alle esigenze pratiche e non possano prevalere sulla responsabilità umana.

Riconoscimento biometrico

2.18.

Il CESE apprezza l'invito, formulato dalla Commissione, ad avviare un dibattito pubblico sul riconoscimento biometrico basato sull'IA. Il riconoscimento biometrico di micro-espressioni, modi di camminare, (tono di) voce, frequenza cardiaca, temperatura eccetera, è già utilizzato per valutare o addirittura prevedere il nostro comportamento, il nostro stato mentale e le nostre emozioni, non da ultimo nei processi di assunzione di personale. Per essere il più chiari possibile, nessuna seria prova scientifica fa pensare che sia possibile «leggere» in maniera precisa le emozioni interiori o lo stato mentale di una persona da espressione facciale, modo di camminare, frequenza cardiaca, tono di voce o temperatura; tanto meno se ne può prevedere il comportamento futuro.

2.19.

Si ricordi inoltre che il GDPR limita solo in una certa misura il trattamento dei dati biometrici. Il GDPR definisce i dati biometrici come «i dati personali ottenuti da un trattamento tecnico specifico relativi alle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona fisica che ne consentono o confermano l'identificazione univoca». Tuttavia, molte tecnologie di riconoscimento biometrico non sono concepite per identificare in maniera univoca una persona, ma solo per valutarne il comportamento o le emozioni. Questi utilizzi potrebbero non rientrare nella definizione di (trattamento dei) dati biometrici ai sensi del GDPR.

2.20.

Il riconoscimento biometrico basato sull'IA incide anche sul nostro più ampio diritto al rispetto per la vita privata, l'identità, l'autonomia e l'integrità psicologica, instaurando una situazione in cui veniamo (costantemente) osservati, seguiti e identificati. Ciò potrebbe provocare un effetto deterrente sul piano psicologico, spingendo i cittadini ad adattare il proprio comportamento a una determinata norma. Si tratta di un'intrusione nel nostro diritto fondamentale alla vita privata (integrità morale e psicologica). Inoltre, il riconoscimento biometrico basato sull'IA potrebbe incidere su altri diritti e libertà fondamentali, quali la libertà di riunione e il diritto alla non discriminazione.

2.21.

Il CESE raccomanda di consentire qualsiasi uso del riconoscimento biometrico solo qualora vi sia un effetto dimostrato scientificamente, in ambienti controllati, e a condizioni rigorose. L'impiego diffuso del riconoscimento biometrico basato sull'IA per sorvegliare, seguire, valutare o classificare gli esseri umani oppure le emozioni e i comportamenti umani non dovrebbe essere consentito.

L'impatto dell'IA sul lavoro e sulle competenze

2.22.

Il CESE rileva che il libro bianco è privo di una strategia sul modo per far fronte all'impatto dell'IA sul lavoro, benché questo fosse un elemento esplicito della strategia europea del 2018 sull'intelligenza artificiale.

2.23.

Il CESE auspica un coinvolgimento precoce e intenso dei lavoratori e dei fornitori di servizi di tutti i tipi, compresi i freelance, gli autonomi e i lavoratori su richiesta — non solo coloro che progettano o sviluppano l'IA, ma anche coloro che acquistano, applicano, lavorano con i sistemi di IA o su cui tali sistemi influiscono. Il dialogo sociale deve precedere l'introduzione delle tecnologie di IA nel luogo di lavoro, in linea con le norme e le pratiche nazionali applicabili. Sul posto di lavoro, l'accesso e la gestione dei dati dei lavoratori dovrebbero essere guidati da principi e regolamenti negoziati tra le parti sociali.

2.24.

Il CESE desidera richiamare l'attenzione, in particolare, sull'IA utilizzata per assunzioni, licenziamenti e processi di valutazione dei lavoratori. Il libro bianco indica l'IA usata nei processi di selezione del personale, come esempio di un'applicazione ad alto rischio che sarebbe soggetta a regolamentazione indipendentemente dal settore. Il CESE raccomanda di estendere questo ambito di impiego per includervi l'IA utilizzata per i licenziamenti e i processi di valutazione dei lavoratori, ma anche di esaminare le caratteristiche comuni delle applicazioni di IA che potrebbero comportare un impiego ad alto rischio sul posto di lavoro, indipendentemente dal settore. Le applicazioni di IA prive di base scientifica, come l'individuazione di emozioni tramite riconoscimento biometrico, non dovrebbero essere consentite negli ambienti di lavoro.

2.25.

Per potersi adattare ai rapidi sviluppi in atto nel settore dell'IA è necessario conservare o acquisire le competenze in materia di IA. Ma le politiche e le risorse finanziarie dovranno anche essere dirette a sostenere l'insegnamento e lo sviluppo delle competenze nei settori che non saranno minacciati dalla diffusione dei sistemi di IA (per esempio, le mansioni che richiedono prima di tutto l'interazione umana, come i servizi di interesse pubblico collegati alla salute, alla sicurezza e al benessere delle persone e basati sulla fiducia, in cui l'uomo e la macchina lavorano insieme o quelle che vorremmo continuare ad affidare a esseri umani).

3.   L'IA e il coronavirus

3.1.

L'IA può aiutarci a comprendere meglio il coronavirus e il COVID-19, oltre a proteggere le persone dall'esposizione, aiutare a trovare un vaccino ed esplorare le opzioni di trattamento. Rimane però importante distinguere chiaramente e apertamente tra ciò che l'IA può fare e ciò che non può fare.

3.2.

Robustezza ed efficacia: l'uso dell'IA fondata sui dati per prevedere la diffusione del coronavirus è potenzialmente problematico, poiché i dati sul coronavirus sono troppo scarsi per consentire all'IA di fornire risultati attendibili. Oltretutto, i pochi dati disponibili sono incompleti e distorti. L'utilizzo di tali dati per approcci di apprendimento automatico potrebbe produrre un gran numero di falsi negativi e falsi positivi.

3.3.

Sono essenziali sia la trasparenza sui dati e i modelli usati, sia la spiegabilità dei risultati. In questo momento, in particolare, il mondo non può permettersi di prendere decisioni basate su «scatole nere».

3.4.

Quando utilizziamo l'IA per combattere l'attuale pandemia, il rispetto per i diritti umani, i principi etici e la legislazione vigente sono temi di capitale importanza. In particolare, allorché gli strumenti di IA sono potenzialmente in grado di violare i diritti umani, deve esistere un interesse legittimo per il loro impiego e tale utilizzo dev'essere strettamente necessario, proporzionato e soprattutto limitato nel tempo.

3.5.

Occorre infine assicurare equità e inclusione. I sistemi di IA che sono in fase di sviluppo per la lotta contro la pandemia devono essere esenti da condizionamenti e discriminazioni. Dovrebbero inoltre essere a disposizione di tutti, e tenere conto delle differenze sociali e culturali tra i diversi paesi colpiti.

Applicazioni di tracciatura e localizzazione e di monitoraggio della salute

3.6.

Secondo i virologi e gli epidemiologi, la riapertura della società e dell'economia dopo il periodo di lockdown richiede un sistema efficace di tracciamento, rintracciamento, monitoraggio e protezione della salute delle persone. Attualmente sono in fase di sviluppo numerose applicazioni per monitorare, rintracciare e svolgere controlli sanitari, tutte attività che in genere (e tradizionalmente) sono state realizzate da professionisti. In tutto il mondo, molti governi ripongono grande fiducia nelle applicazioni di tracciatura e localizzazione quali strumenti per consentire la riapertura delle società.

3.7.

L'impiego di questo tipo di applicazioni rappresenta una misura assai drastica. Prima di deciderne l'impiego, è quindi importante esaminare criticamente l'utilità, la necessità e l'efficacia delle applicazioni, nonché il loro impatto sociale e giuridico. Deve rimanere aperta l'opzione di non utilizzare le applicazioni, e occorre privilegiare soluzioni meno invasive.

3.8.

L'efficacia e l'attendibilità delle applicazioni di tracciatura e localizzazione è di capitale importanza, poiché inefficacia e inattendibilità possono produrre un gran numero di falsi positivi e falsi negativi, nonché un falso senso di sicurezza, aggravando così il rischio di contagio. Le prime simulazioni scientifiche sollevano seri dubbi sulla possibilità che un'applicazione di tracciatura abbia effetti positivi sulla diffusione del virus, anche con un utilizzo dell'80 % o 90 %. Inoltre, un'applicazione non è in grado di registrare circostanze specifiche come la presenza di pannelli di plexiglas e finestre o il fatto di indossare dispositivi di protezione individuale.

3.9.

Per di più, queste applicazioni comportano una (parziale) sospensione di differenti libertà e diritti umani, in quanto incidono sulla libertà di associazione e sul diritto alla sicurezza, alla non discriminazione e alla vita privata.

3.10.

Pur importantissima, la vita privata va molto al di là del nostro anonimato e dei nostri dati personali. La tutela della vita privata comporta anche il diritto di non essere seguiti, controllati e posti sotto sorveglianza. È stato provato scientificamente che una persona consapevole di essere seguita inizia ad alterare il proprio comportamento. Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, quest'effetto deterrente costituisce un'intrusione nella nostra vita privata. Lo stesso ampio concetto di vita privata dovrebbe essere inserito nel dibattito sull'IA.

3.11.

Vi è il rischio che i dati raccolti (ora o in futuro) siano utilizzati non solo per combattere l'attuale pandemia, ma anche per profilare, classificare e valutare i cittadini a scopi differenti. In un futuro più lontano, è persino possibile immaginare che uno «slittamento di funzione» conduca a tipi di profilazione indesiderata in relazione alla supervisione e alla sorveglianza, alla possibilità di stipulare polizze di assicurazione o di percepire prestazioni sociali, alle assunzioni o ai licenziamenti eccetera. I dati raccolti per mezzo di tali applicazioni non si devono pertanto mai utilizzare a fini di profilazione, valutazione dei rischi, classificazione o previsione.

3.12.

Ancora, che ci piaccia o no, qualsiasi soluzione di IA impiegata in queste circostanze eccezionali e anche con le migliori intenzioni, costituirà un precedente. Le crisi precedenti hanno dimostrato che, a dispetto di ogni buona intenzione, misure di questo genere, in pratica, sono destinate a non scomparire mai.

3.13.

L'uso dell'IA nel corso dell'attuale pandemia, pertanto, dovrebbe sempre essere misurato e soppesato alla luce di varie considerazioni, come per esempio: i) è efficace e attendibile? ii) esistono soluzioni meno invasive? iii) i vantaggi sono più rilevanti dei timori di natura etica e sociale e in materia di diritti fondamentali? e iv) è possibile conseguire un compromesso responsabile tra libertà e diritti fondamentali in conflitto reciproco? Inoltre, non è lecito impiegare questo tipo di sistemi nell'ambito di alcuna forma di obbligo o coercizione.

3.14.

Il CESE esorta i responsabili politici a non accettare supinamente la moda delle soluzioni tecniche. Data la gravità della situazione, raccomandiamo che le applicazioni connesse ai progetti concepiti per favorire il controllo della pandemia siano fondate su una solida base di ricerche in materia di epidemiologia, sociologia, psicologia, diritto, etica e scienze dei sistemi. Prima di decidere in merito all'uso di tali sistemi, è necessario effettuare simulazioni e analisi dell'efficacia, della necessità e della sensibilità.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/94


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni “Un nuovo piano d’azione per l’economia circolare — Per un’Europa più pulita e più competitiva”»

[COM(2020) 98 final]

(2020/C 364/13)

Relatore:

Antonello PEZZINI

Correlatore:

Cillian LOHAN

Consultazione

Commissione, 22.4.2020

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

25.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

215/2/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è convinto che la sostenibilità sia uno dei pilastri dello sviluppo dell’Europa del futuro, attraverso una transizione sapiente e partecipata, sostenuta dalla cultura dell’economia circolare.

1.2.

La transizione verso modalità circolari dell’economia europea non può prescindere dal contesto socioeconomico in cui è costretta a svilupparsi attualmente, ma le sfide della crisi sanitaria devono trasformarsi in un’opportunità di rinascita, su basi nuove, con i presupposti per accelerare l’impostazione delle nuove modalità circolari.

1.3.

La nuova cultura che è alla base dell’economia circolare dovrebbe essere l’occasione per accelerare, con nuovi criteri, il concetto di ricchezza delle entità territoriali, cioè andare al di là del PIL (1).

1.4.

Va posta una maggiore enfasi alla diffusione di una «cultura circolare», attraverso l’istruzione, la creazione di capacità e una maggiore responsabilità, in modo da incoraggiare le persone ad adattare e cambiare le loro abitudini e i comportamenti quotidiani.

1.5.

La Piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare (ECESP) merita di essere potenziata e potrebbe sostenere diverse iniziative politiche che sarebbero di aiuto nel facilitare il passaggio alla circolarità.

1.6.

Il Comitato accoglie con favore le proposte del CEAP (Piano d’azione per l’economia circolare) e ritiene che le misure di transizione debbano essere tenute in debito conto al momento di elaborare piani per la ricostruzione economica e sociale, dopo la devastante situazione creata dalla COVID-19.

1.7.

È essenziale riconoscere la complementarità che esiste fra cambiamenti climatici, politiche dell’economia circolare e responsabilità sociale delle imprese, ed evidenziare le caratteristiche circolari dell’energia nelle fonti energetiche rinnovabili, specie nel settore edilizio e dei trasporti, senza tralasciare sostegni ai processi agricoli e al sistema alimentare, necessari per ridurre gli sprechi.

1.8.

Il CESE sostiene che il patto proposto per le competenze e l’occupazione nel Fondo sociale europeo Plus rappresenti un’ottima opportunità per realizzare i programmi previsti.

1.9.

La pratica dell’eco-design deve continuare ad ampliarsi, facilitando la durata dei prodotti e il recupero programmato dei componenti, come stimolo per un mercato dinamico delle materie prime secondarie, sostenuto da interventi giuridicamente vincolanti, con contenuti riciclati obbligatori e tracciamento digitale.

1.10.

La Commissione, come già avvenuto con i «prodotti che consumano energia», dovrebbe, di concerto con i settori interessati, procedere all’emanazione di atti delegati che determinino le caratteristiche di nuovi prodotti che possano diventare nutrienti di altri prodotti.

1.11.

Il processo di normazione tecnica dei prodotti sostenibili, a cominciare dai settori ad alta intensità di risorse, deve rivestire particolare importanza nell’ambito del sistema di «qualità e conformità», coinvolgendo la valutazione di conformità, così come il ricorso più esteso agli appalti verdi e alla certificazione delle materie prime secondarie.

1.11.1.

Gli enti di normazione nazionali, in collaborazione con gli enti europei (2), dovrebbero, quanto prima, elaborare prassi di riferimento (PdR) (3) e norme armonizzate, per agevolare la transizione verso la nuova economia della funzionalità.

1.12.

L’attuazione pratica dell’economia circolare richiederà una forte collaborazione delle parti interessate e il CESE sollecita politiche chiare e sostegni finanziari, specie in materia di pubblicità, perché perda la forte caratterizzazione consumistica e, pur nel rispetto delle regole del libero mercato, privilegi gli aspetti di durabilità dei prodotti e di possibilità di riutilizzo.

1.13.

Per il CESE è fondamentale fornire ai consumatori informazioni migliori e dati sulla gestione dei prodotti, sulla tracciabilità e trasparenza, ricorrendo anche a specifiche dei prodotti e a tecnologie digitali, per consentire il flusso di informazioni sulla composizione e sulle possibilità di riparazione.

1.14.

Per il CESE è opportuno promuovere, attraverso programmi europei, una concreta sperimentazione di processi di economia circolare in diversi settori, in un numero significativo di città europee, poli agro-alimentari e aree rurali, per capitalizzare esperienze significative in filiere di produzione e di consumo da utilizzare come buone pratiche.

1.15.

Il CESE ritiene che ampio spazio debba essere riservato agli attori pubblici e privati, a livello di prossimità territoriale, che possono svolgere un ruolo cruciale per affrontare le nuove opportunità, sviluppando partenariati pubblico-privato, producendo esempi di ««responsabilità sociale territoriale» (4) e di responsabilità sociale delle imprese rivolti ai principi della circolarità collaborativa.

1.16.

Il CESE chiede, infine, che tutte le azioni proposte siano oggetto di appropriate valutazioni d’impatto che considerino le implicazioni ambientali, sociali ed economiche.

2.   Contesto socioeconomico verso un’economia circolare europea

2.1.

Imprese e consumatori riconoscono sempre di più i danni allo sviluppo sostenibile, causati dai modelli economici lineari finora adottati, caratterizzati da elevati consumi di materiali e risorse, dall’utilizzo di tecniche di obsolescenza programmata e dallo stimolo all’acquisto di prodotti sempre nuovi.

2.2.

Nel 2019, oltre 92 miliardi di tonnellate di materiali sono stati estratti e trasformati, contribuendo a circa la metà delle emissioni globali di CO2 (5), creando notevoli problemi all’ambiente e alla salute umana.

2.2.1.

L’estrazione e la trasformazione delle risorse causano oltre il 90 % della perdita globale di biodiversità (6).

2.2.2.

Circa il 20 % delle emissioni di gas a effetto serra è causato dall’estrazione e dalla lavorazione di metalli e minerali non metallici (7).

2.2.3.

Oltretutto, l’UE è costretta ad importare, con costi notevoli, la maggior parte del proprio fabbisogno nel campo delle materie prime.

2.3.

L’economia circolare, che promuove:

la responsabilità sociale e ambientale delle imprese;

nuova occupazione, locale, di qualità;

l’eliminazione dei rifiuti;

l’uso continuo e sicuro delle risorse naturali;

un ciclo circolare del sistema di progettazione-produzione-distribuzione-consumo;

riqualificazione e riutilizzo dei residui a fine vita;

è in grado di sviluppare un’economia della funzionalità, che può apportare notevoli benefici alla società.

2.4.

Attualmente, solo l’8,6 % delle attività mondiali sono in modalità circolare. Ma la transizione verso tale dimensione richiede una forte cooperazione del pubblico e del privato.

2.5.

La transizione verso modalità circolari dell’economia europea non può prescindere dal contesto socioeconomico in cui è costretta a svilupparsi attualmente, in un momento in cui la pandemia di coronavirus ha scatenato la peggiore recessione economica dopo la Grande Depressione del 1929.

2.5.1.

A causa della COVID-19, le aziende stanno affrontando la perdita di entrate e interrompono le catene di approvvigionamento, mentre le chiusure delle fabbriche e la disoccupazione si diffondono dappertutto.

2.6.

I triplici rischi attuali — pandemie incontrollate, progetti di politica economica insufficienti e «il cigno nero» geopolitico (evento assolutamente imponderabile — potrebbero spingere l’economia globale in una depressione persistente, proprio mentre tutte le componenti della società europea stanno acquisendo la consapevolezza che per uno sviluppo economico sostenibile sia necessario ricorrere a modalità che guardino simultaneamente all’aspetto tecnologico, all’aumento di produttività e a un uso più efficiente delle risorse.

2.7.

D’altra parte, le sfide che sta attraversando il pianeta possono trasformarsi in una grande opportunità, per ripartire con uno slancio di sviluppo sostenibile, su basi nuove, che sappiano trovare i presupposti per accelerare l’impostazione delle nuove modalità circolari.

2.8.

Il CESE ha avuto modo di esprimersi a più riprese sulla necessità di una crescita sostenibile e inclusiva. Insieme con la Commissione europea, ha lanciato la Piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare (ECESP) (8), sottolineando che «nonostante i successi ottenuti finora, vi sono ostacoli evidenti alla realizzazione di un’economia circolare».

2.9.

Come ha ribadito il gruppo di coordinamento della piattaforma ECESP, la transizione verso un’economia inclusiva, neutrale dal punto di vista climatico e circolare deve iniziare oggi (9).

2.10.

Il CESE, il 6 aprile 2020, ha adottato una dichiarazione comune dove sottolinea che «In questi tempi di grande incertezza, solo un piano globale europeo di ripresa economica consentirebbe di affrontare le conseguenze della pandemia di COVID-19 e ricostruire un’economia europea più sostenibile».

3.   La proposta della Commissione europea

3.1.

Il nuovo piano d’azione per l’economia circolare (CEAP) illustra una serie di nuove iniziative che interessano l’intero ciclo di progettazione e di vita dei prodotti, per consentire ai cittadini e a alle imprese di partecipare pienamente all’economia circolare.

3.2.

Nel quadro della strategia industriale dell’UE, vengono proposte misure per:

far sì che i prodotti sostenibili diventino la norma nell’Unione, con un atto legislativo sulla strategia per i prodotti sostenibili, per garantire che i prodotti immessi sul mercato dell’UE siano progettati per durare più a lungo;

responsabilizzare i consumatori, con accesso a informazioni attendibili, con un vero e proprio «diritto alla riparazione»;

incentrare l’attenzione sui settori che utilizzano più risorse e che hanno un elevato potenziale di circolarità, quali:

elettronica e TIC: «Iniziativa per un’elettronica circolare»;

batterie e veicoli: nuovo quadro normativo per le batterie;

imballaggi: nuove disposizioni vincolanti che definiscono cosa è consentito sul mercato dell’UE;

plastica: nuove disposizioni vincolanti relative al contenuto riciclato;

tessili: una nuova strategia UE per rafforzare competitività e innovazione nel settore;

costruzione e edilizia: una strategia generale per un ambiente edificato sostenibile;

alimenti: una nuova iniziativa legislativa sul riutilizzo al fine di sostituire, nei servizi di ristorazione, imballaggi e oggetti per il servizio da tavola;

ridurre i rifiuti: evitare la generazione dei rifiuti e trasformarli in risorse secondarie di qualità;

far funzionare la circolarità per persone, regioni e città;

rafforzare il ruolo della normazione;

azioni trasversali: la circolarità come prerequisito per la neutralità climatica;

azioni a livello globale;

monitoraggio dei progressi.

Si tratta di circa 35 azioni nell’arco del triennio metà 2020/metà 2023, con iniziative nell’elettronica, nei rifiuti, e nei servizi alle persone e all’ambiente.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il CESE è convinto che la sostenibilità sia uno dei pilastri dello sviluppo dell’Europa del futuro e che, attraverso una transizione sapiente e partecipata verso l’economia circolare, i cittadini, i consumatori, le imprese e i lavoratori sapranno, con forti investimenti, affrontare la sfida e potranno contribuire non solo al rispetto dell’ambiente, ma anche a sviluppare un’idea di società aperta e inclusiva, che salvaguardi risorse per le generazioni future.

4.1.1.

In modo particolare, i processi agricoli e il sistema alimentare possono trarre grande vantaggio dall’economia circolare, per ridurre gli sprechi e consentire un miglior benessere ai cittadini.

4.1.2.

Saranno necessari forti investimenti per sviluppare le tecnologie verdi, i nuovi fertilizzanti biologici e il biometano.

4.2.

Il Comitato accoglie con favore la serie di misure legislative e politiche proposte nel CEAP e ritiene che le misure di transizione verso l’economia circolare debbano essere tenute in debito conto, soprattutto dopo la devastante situazione creata dalla COVID-19.

5.   Coerenza a livello europeo

5.1.

Riteniamo che sia essenziale riconoscere la complementarità che esiste fra i cambiamenti climatici e le politiche dell’economia circolare. È essenziale che anche gli input energetici provengano da fonti energetiche rinnovabili e non siano lineari come i combustibili fossili.

5.1.1.

La circolarità nell’utilizzo dell’energia si concretizza anche nell’attenzione al risparmio e all’efficienza energetica, che diventa ancor più urgente nel settore dei trasporti.

5.2.

Lo sviluppo delle capacità che sono necessarie per la promozione dell’economia circolare dovrebbe essere incoraggiato a tutti i livelli. Il patto proposto per le competenze e l’occupazione nel Fondo sociale europeo Plus è un’ottima opportunità per realizzare i programmi previsti.

5.3.

Il ruolo degli appalti pubblici non deve essere sottovalutato nel raggiungimento di questa transizione. I criteri ambientali minimi (CAM), già inseriti nelle direttive sugli appalti pubblici (10), dovrebbero divenire obbligatori, con opportune specifiche tecniche (11). Dovrebbe essere offerta una formazione specifica per gli appaltatori, per garantire che tutte le opportunità circolari siano offerte e per evitare che eventuali barriere impediscano gli appalti circolari.

5.4.

Il Comitato ritiene indispensabile che le numerose iniziative che dovrebbero venir poste in essere nei prossimi mesi considerino, in modo esplicito, come migliorare la circolarità e sostenibilità degli investimenti, soprattutto nei paesi strutturalmente e finanziariamente più vulnerabili.

5.4.1.

Dette iniziative vanno promosse in collaborazione con gli enti locali e con le forze sociali, con un’attenzione particolare alla creazione di nuovi e migliori posti di lavoro.

5.5.

Il CESE sostiene l’opportunità di adottare requisiti giuridicamente vincolanti per dare impulso al mercato delle materie prime secondarie, soprattutto per gli imballaggi, i veicoli, i materiali da costruzione e le batterie.

5.6.

Un elemento fondamentale per attuare processi circolari è rappresentato dalla progettazione ecocompatibile dei prodotti. La portata dell’eco-design deve continuare ad espandersi, in modo che diventi parte integrante di tutte le fasi di produzione, facilitando il recupero dei componenti come motore per un dinamico mercato delle materie prime secondarie.

5.6.1.

Alla luce di questo, la Commissione, come già è avvenuto con i «prodotti che consumano energia» (12) dovrebbe procedere all’emanazione di atti delegati che determinino le caratteristiche di diversi prodotti di uso comune, che, dopo l’utilizzo, possano diventare nutrienti di altri prodotti.

5.7.

La normazione tecnica nel campo dell’economia circolare riveste un’importanza particolare. Data la grande trasversalità e complessità del tema, è indispensabile mettere in atto una forte azione di coordinamento tra i diversi soggetti interessati, gli enti di normazione e le attività del legislatore.

5.8.

Il processo di normazione tecnica dei prodotti sostenibili, specie nei settori ad alta intensità di risorse, riveste una particolare importanza, soprattutto nei processi di assegnazione degli appalti verdi e nella classificazione delle materie prime e dei materiali secondari.

5.9.

Il CESE chiede che tutte le azioni proposte siano oggetto di appropriate valutazioni d’impatto che considerino le implicazioni ambientali, sociali ed economiche.

5.10.

Il dibattito in corso sul valore e sulla necessità di procedere all’applicazione dei principi dell’economia circolare può essere un’occasione per affrontare con decisione il tema, più volte discusso, di andare al di là del PIL tradizionale, cioè di includere nuovi elementi a quelli sull’andamento economico oggi usati nei tre sistemi di calcolo del PIL (13), come ad es: creazione di sistemi solidali per una società inclusiva; vivere entro i limiti del nostro pianeta; equa ripartizione dei beni.

6.   Educazione e cultura

6.1.

Secondo il CESE, vi è una necessità vitale di una maggiore enfasi sulla diffusione di una «cultura circolare» attraverso l’istruzione, la creazione di capacità e una maggiore responsabilità, e l’intensificazione del dialogo con la società civile, in modo da incoraggiare le persone ad adattare e cambiare le loro abitudini e i loro comportamenti quotidiani. È altresì fondamentale una forte cooperazione intersettoriale.

6.1.1.

La responsabilità sociale delle imprese come elemento concreto di una economia funzionale si coniuga perfettamente con la cultura dell’economia circolare, perché consente una straordinaria sinergia tra gli interessi degli imprenditori e quelli dei dipendenti, uniti verso uno sviluppo sostenibile, attento alla riduzione degli sprechi e del superfluo.

6.2.

Sarebbe opportuno avanzare proposte per l’integrazione dei principi dell’economia circolare nei curricula scolastici e nei programmi di istruzione superiore, oltre al finanziamento dell’educazione tecnica ad alta capacità e il sostegno delle capacità creative.

6.3.

Il programma Erasmus+ sarebbe stato molto utile per promuovere lo scambio di conoscenze sull’economia circolare tra i diversi paesi d’Europa.

6.4.

Lo studio commissionato dal CESE (14) e il relativo parere NAT/764 sullo sviluppo di sinergie tra le diverse tabelle di marcia dell’economia circolare, insieme alla rete attiva nella piattaforma europea per gli stakeholder dell’economia circolare, forniscono una solida base di condivisione delle informazioni e di creazione di conoscenze delle parti interessate.

6.5.

Gli operatori economici e la società civile, anche attraverso l’utilizzo di opportuni fondi, come il fondo «Missioni» del programma Horizon Europe, potrebbero avviare una concreta sperimentazione di processi di economia circolare in diversi settori, in un numero significativo di opportuni comuni europei.

6.6.

L’elemento fondamentale, comunque, per attuare processi circolari è rappresentato dalla progettazione ecocompatibile dei prodotti.

7.   I consumatori come protagonisti dell’attuazione

7.1.

L’attuazione pratica dell’economia circolare richiederà una forte rete di parti interessate, che siano informate, coinvolte e connesse. Le politiche chiave e i sostegni strutturali per i vari gruppi interessati dovrebbero essere identificati, riesaminati regolarmente e comunicati in modo efficace.

7.2.

Va affrontato anche il ruolo della pubblicità, perché perda la forte caratterizzazione consumistica e, pur nel rispetto delle regole del libero mercato, privilegi gli aspetti della durabilità dei prodotti e la possibilità di un nuovo utilizzo, senza incorrere in pubblicità ingannevole e fuorviante.

7.2.1.

È importante che la pubblicità sia più attenta ai principi del realismo, della tendenza e della tipicità, ove gli esempi concreti, la tensione verso lo sviluppo sostenibile, le caratteristiche positive della durabilità dei beni appaiano come elementi di valore per il consumatore e per la società.

7.3.

Il diritto alla riparazione dei prodotti a prezzi equi e proporzionati deve essere riconosciuto e inserito nelle garanzie del prodotto, anche attraverso provvedimenti di carattere fiscale e reti di servizi di riparazione di prossimità e di accesso facilitato (15). A tal proposito, la lotta all’obsolescenza programmata deve diventare parte integrante delle nuove caratteristiche tecnico-normative del prodotto ecosostenibile, facilmente riparabile e recuperabile.

7.4.

Il CESE riconosce il successo del partenariato tra di esso e la Commissione europea sullo sviluppo di un’innovativa piattaforma interistituzionale (ECESP) e auspica di estenderne il mandato nel futuro.

7.4.1.

Il CESE ritiene che sarebbe opportuno prendere in considerazione una diversa distribuzione della tassazione, che alleggerisca quella sul lavoro per aumentare quella sulle risorse e, in particolare, sui prodotti meno sostenibili e su quelli con un’obsolescenza palese.

7.4.2.

Il principio di una fiscalità più severa dovrebbe essere applicato sui prodotti importati nell’UE e che appaiano poco sensibili ai criteri dell’economia circolare.

7.5.

Dovrebbero esserci un riconoscimento e un sostegno espliciti per il ruolo delle imprese sociali nell’economia circolare, in modo da consentire alle attività con esperienza nel riutilizzo, nella riparazione e nella rigenerazione di beneficiare di un maggiore valore sociale, perché impegnate nello sviluppo delle competenze delle persone più vulnerabili della società.

7.6.

Il CESE sottolinea la necessità di fornire ai consumatori europei informazioni migliori sulla gestione dei prodotti, ivi compresi i vantaggi di progettazioni e fabbricazioni circolari, nonché sulla tracciabilità e trasparenza, ricorrendo anche a passaporti dei prodotti e a tecnologie digitali, come la blockchain, per consentire il flusso di informazioni sulla composizione, sulle possibilità di riparazione e sul fine vita.

7.7.

Informazioni affidabili, comparabili e verificabili svolgono un ruolo importante per consentire agli acquirenti di prendere decisioni più sostenibili, riducendo il rischio di un marketing ambientale fuorviante («green washing»).

7.8.

Gli enti locali sono attori chiave nella gestione di acqua, rifiuti e hub secondari di materie prime. Possono varare sperimentazioni in partenariato, essenziali per sviluppare l’innovazione circolare.

7.9.

Il CESE sostiene lo sviluppo dei principi della «responsabilità sociale territoriale» già evidenziata in precedenti pareri, che assicurino la responsabilità pubblica e privata della sostenibilità circolare del territorio.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 100 del 30.4.2009, pag. 53.

(2)  CEN, CENELEC ed ETSI.

(3)  Cfr UNI Italia e processi di prenormazione, regolamento (UE) n. 1025/2012.

(4)  GU C 175 del 28.7.2009, pag. 63.

(5)  V. Circular Economy and Material Value Chains, World Economic Forum 2020.

(6)  V. United Nations Environment Programme (UNEP), Natural Resources for the Future We Want, 2019.

(7)  V. Energy Transitions Commission, Mission Possible: Reaching Net-Zero Carbon Emissions by Mid-Century, 2018.

(8)  EESC-2017-02666-05-00-decbur — Mandato del gruppo di coordinamento.

(9)  Joint statement on the new Circular Economy Action Plan (CEAP) by members of the Coordination Group (CG) of the European Circular Economy Stakeholder Platform — March 2020.

(10)  Direttive 2014/23/UE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1), 2014/24/UE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65), 2014/25/UE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 243).

(11)  Cfr UNI/PdR: Linee guida per la modalità di verifica del contenuto di riciclato e/o recuperato e/o sottoprodotto presente nei prodotti regolati da CAM (Criteri Ambientali Minimi), 2019.

(12)  Cfr. direttiva 2005/32/CE rifusa dalla Direttiva 2009/125/CE.

(13)  Cfr SEC 2010 UE.

(14)  https://www.eesc.europa.eu/en/our-work/publications-other-work/publications/circular-economy-strategies-and-roadmaps-europe-executive-summary

(15)  Cfr. direttiva 1999/85/CE del Consiglio, del 22 ottobre 1999, con riguardo alla possibilità di introdurre un’aliquota IVA ridotta sui servizi ad alta intensità di lavoro (GU L 277 del 28.10.1999, pag. 34): i piccoli servizi di riparazione di biciclette, calzature e articoli in pelle, indumenti e biancheria per la casa, le riparazioni e le ristrutturazioni delle abitazioni private, i servizi di assistenza domestica.


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/101


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Plasmare il futuro digitale dell’Europa»

[COM(2020) 67 final]

(2020/C 364/14)

Relatore:

Ulrich SAMM

Correlatore:

Jakob Krištof POČIVAVŠEK

Consultazione

Commissione, 9.3.2020

Base giuridica

Art. 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

25.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

216/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha già accolto con favore le iniziative della Commissione volte a facilitare lo sviluppo di un’economia e di una società digitali, ed esprime il proprio compiacimento nell’osservare che questo slancio è adesso rafforzato da un insieme organico di nuove iniziative in un ampio ventaglio di settori.

1.2.

Il CESE è favorevole a un percorso europeo verso la digitalizzazione in cui cogliere le opportunità per l’economia senza trascurare la protezione dei dati, al fine di assicurare la tutela della vita privata e l’autonomia decisionale. L’approccio incentrato sulla persona in tutte le iniziative della Commissione è grandemente apprezzato.

1.3.

Il CESE ritiene che l’Europa sia sulla strada giusta, ma che il cammino da percorrere sia ancora lungo. Lo sviluppo della digitalizzazione è rapido e la legislazione europea deve tenere il passo; a questo scopo è necessario un quadro normativo solido e ambizioso, che comprenda anche norme etiche giuridicamente vincolanti e regole chiare in materia di responsabilità. Il CESE è convinto che tale sviluppo dinamico richieda anche processi flessibili e adattabili, per i quali si rende necessario un dialogo costante tra le parti interessate; bisognerebbe in particolare garantire il diritto dei lavoratori ad esprimere il loro punto di vista. Il CESE, in quanto rappresentante delle organizzazioni della società civile, è pronto a fare la sua parte.

1.4.

È importante investire nelle giuste tecnologie per il futuro, promuovere la formazione delle persone e instillare fiducia nei cittadini, incoraggiandoli a svolgere un ruolo attivo nel processo di trasformazione. La transizione digitale deve essere giusta, sostenibile e socialmente accettabile.

1.5.

Il CESE si allinea al punto di vista della Commissione, secondo cui bisogna creare un vero e proprio mercato unico europeo dei dati, che deve essere uno spazio europeo dei dati fondato sulle norme e sui valori europei. Il CESE accoglie con favore l’iniziativa per una nuova strategia industriale dell’UE che, oltre a comprendere una strategia specifica per le PMI, stabilirà le azioni da intraprendere per agevolare la transizione verso un’industria dell’UE maggiormente digitale, pulita, circolare, competitiva a livello mondiale e composta di imprese sostenibili.

1.6.

Il CESE sottolinea che la sovranità tecnologica europea non dovrebbe essere definita in opposizione ad altri e non dovrebbe cancellare i vantaggi della cooperazione a livello mondiale. Tuttavia, è altresì necessario tenere nella debita considerazione le esigenze dei cittadini europei e del modello sociale europeo, prendendo come punto di riferimento il pilastro europeo dei diritti sociali.

1.7.

L’istruzione e la formazione che forniscono competenze digitali sono essenziali per prepararsi a una vita digitale. Il CESE accoglie con favore l’accento posto dalla Commissione sulle competenze e abilità digitali, ma invita la Commissione a distinguere meglio tra competenze tecniche e competenze sociali, anche se entrambe sono di vitale importanza. Bisogna compiere sforzi ulteriori e occorre fornire gli strumenti per la formazione digitale di chi appartiene a gruppi socialmente vulnerabili.

1.8.

Il futuro digitale dell’Europa, basato su un approccio incentrato sulla persona, potrà avere successo solo se i cittadini possono avere fiducia. Il CESE osserva che la Commissione intende operare una chiara distinzione tra le applicazioni ad alto rischio, che dovrebbero essere disciplinate da una regolamentazione rigorosa, e le applicazioni a basso rischio, in cui è sufficiente affidarsi all’autoregolamentazione e ai meccanismi di mercato. Il CESE accoglie favorevolmente questo approccio generale, ma sottolinea anche la necessità di un’analisi dettagliata e approfondita delle varie applicazioni.

1.9.

Il CESE esprime altresì apprezzamento per la scelta di seguire l’approccio incentrato sulla persona in rapporto alle sfide derivanti dalle piattaforme online per i lavoratori. Un quadro giuridico rafforzato che eviti condizioni di lavoro precarie e garantisca i diritti dei lavoratori online, compresa la contrattazione collettiva, rappresenta uno degli aspetti importanti di tale approccio.

1.10.

Il CESE ritiene che non sia stato affrontato il tema dello sviluppo di servizi pubblici digitali per il futuro, eppure i servizi amministrativi online transfrontalieri potrebbero rafforzare il mercato unico (digitale) e migliorare la regolamentazione e il coordinamento pubblici.

1.11.

Per effetto della pandemia di COVID-19 da poco scoppiata e che ancora imperversa, la società ha iniziato a fare i conti con la realtà per quanto concerne l’uso della tecnologia digitale e questa situazione ha comportato nuove sfide. La necessità di comunicare, studiare e lavorare a distanza ha reso evidente che molte persone non sono adeguatamente preparate a utilizzare efficacemente tecnologie digitali avanzate, e che l’infrastruttura digitale non è in grado di assicurare la parità di accesso e una partecipazione inclusiva tramite le tecnologie digitali.

1.12.

La necessità di cambiare abitudini per effetto delle misure adottate dai governi nazionali al fine di contrastare la diffusione del coronavirus potrebbe avere effetti duraturi sul comportamento dei consumatori e sui rapporti di lavoro in una prospettiva di lungo termine. Gli effetti positivi e negativi di questi cambiamenti devono essere presi in considerazione al momento di elaborare nuove politiche in materia. La trasformazione digitale dovrebbe essere monitorata attraverso un’iniziativa di ricerca a tutto campo, finanziata dall’UE e pensata in funzione dell’occupazione, che dovrebbe avere per tema la «digitalizzazione per un lavoro dignitoso». Il CESE è convinto che, nel lungo periodo, il successo della digitalizzazione dipenda dalla concezione di sistemi di Industria 4.0 efficienti e favorevoli ai lavoratori (1).

2.   Introduzione e sintesi della comunicazione

2.1.

Con la comunicazione in esame, la nuova Commissione presenta un documento programmatico generale in cui illustra una serie di iniziative volte a contribuire a plasmare il futuro digitale dell’Europa. La necessità per l’Europa di guidare una transizione giusta verso un pianeta in buona salute e un nuovo mondo digitale richiede che le sfide della trasformazione verde e digitale vadano di pari passo, in modo che le tecnologie digitali sostengano il Green Deal e contribuiscano a realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile.

2.2.

A tal fine la Commissione ha annunciato un insieme organico di iniziative. Le varie azioni, che saranno annunciate e presentate nel corso di quest’anno e dell’anno prossimo, sono ripartite in funzione di tre assi:

Una tecnologia al servizio delle persone:

il Libro bianco sull’intelligenza artificiale [COM(2020) 65 final/cfr. INT/894];

una strategia in materia di tecnologie quantistiche, blockchain (catena di blocchi) e supercalcolo;

un piano d’azione per il 5G e il 6G [presentato nel COM(2020) 50 final/cfr. TEN/704];

un piano d’azione per l’istruzione digitale e un’agenda per le competenze rafforzata;

iniziative per migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori mediante piattaforma online;

norme per flussi e servizi di dati del settore pubblico sicuri e senza frontiere.

Un’economia equa e competitiva:

una strategia europea per i dati [presentata nel COM(2020) 66 final/cfr. TEN/708];

il riesame dell’adeguatezza della normativa dell’UE in materia di concorrenza;

un pacchetto per la strategia industriale;

la comunicazione sulla tassazione delle imprese per il XXI secolo;

una nuova agenda dei consumatori.

Una società aperta, democratica e sostenibile:

regole nuove e rivedute per approfondire il mercato interno dei servizi digitali;

la revisione del regolamento eIDAS;

un piano d’azione per i media e l’audiovisivo;

un piano d’azione per la democrazia europea;

una strategia europea per la cibersicurezza;

l’iniziativa volta a sviluppare un modello digitale ad alta precisione della Terra;

un’iniziativa per un’elettronica circolare;

la promozione di cartelle cliniche elettroniche.

2.3.

Per far valere gli interessi dell’Europa in quanto attore globale, sono state altresì annunciate una strategia globale di cooperazione digitale e una strategia di normazione.

3.   Il modo europeo: mettere le persone al centro della digitalizzazione

3.1.

La digitalizzazione offre una vasta gamma di nuove opzioni decisionali alle persone per migliorare la loro vita secondo modalità mai viste prima. Tuttavia, più la digitalizzazione influisce sulle nostre vite e più siamo interconnessi, più aumenta la nostra vulnerabilità alle attività informatiche dolose, alle manipolazioni dei dati e alle tecnologie che minano la nostra autonomia.

3.2.

Il CESE è pertanto favorevole a un percorso europeo verso la digitalizzazione, sulla base di valori europei, in cui cogliere le opportunità per l’economia senza trascurare la protezione dei dati, al fine di assicurare la tutela della vita privata e l’autonomia decisionale. L’approccio incentrato sulla persona in tutte le iniziative della Commissione è grandemente apprezzato.

3.3.

Il CESE si compiace altresì per la scelta di seguire l’approccio incentrato sulla persona in rapporto alle sfide derivanti dalle piattaforme online per i lavoratori. Un quadro rafforzato che eviti condizioni di lavoro precarie e garantisca i diritti dei lavoratori online, compresa la contrattazione collettiva, rappresenta uno degli aspetti importanti di tale approccio. Il CESE sottolinea che le prestazioni lavorative sulle piattaforme online sono offerte sia da lavoratori autonomi che da lavoratori dipendenti. I lavoratori autonomi intrattengono rapporti di lavoro del tipo B2B (da impresa a impresa) o B2C (da impresa a consumatore). I codici di condotta e le condizioni commerciali per i rapporti del tipo B2B, stabiliti a livello europeo, dovrebbero garantire una concorrenza leale tra le imprese, qualunque sia la loro dimensione, e prevenire il lavoro autonomo fittizio.

3.4.

Il CESE sottolinea inoltre l’importanza delle soluzioni digitali per l’attuazione del Green Deal, specialmente in rapporto all’economia circolare. Il consumo di energia, le materie prime per le TIC e la riciclabilità di tali apparecchiature rappresentano tuttavia altre sfide che bisogna man mano affrontare.

3.5.

L’Europa è sulla strada giusta, ma il cammino da percorrere è ancora lungo. Ad esempio, il regolamento generale sulla protezione dei dati e gli orientamenti etici in materia di IA sono stati un passo in avanti importante, ma lo sviluppo della digitalizzazione è rapido e la legislazione europea deve tenere il passo. A questo scopo è necessario un quadro normativo solido e ambizioso, che comprenda anche norme etiche giuridicamente vincolanti e regole chiare in materia di responsabilità. Il CESE è convinto che tale sviluppo dinamico richieda anche processi flessibili e adattabili, per i quali si rende necessario un dialogo costante tra le parti interessate. Il CESE, che è il rappresentante delle organizzazioni della società civile, è pronto a fare la sua parte.

3.6.

Il CESE è dell’avviso che non sia stato posto chiaramente l’accento sulla necessità di strutture democratiche sostenibili volte a sviluppare le capacità e a infondere fiducia nei rapporti di lavoro. Il CESE è convinto che la digitalizzazione potrà contribuire ad attuare con successo cambiamenti fondamentali in seno alle imprese soltanto in presenza di un rapporto di fiducia tra la dirigenza aziendale e i rappresentanti dei lavoratori. Tuttavia, l’ascesa dei movimenti populisti nel XXI secolo mette in discussione i meccanismi tradizionali utilizzati per infondere fiducia attraverso la difesa delle cause sociali. Occorre pertanto adottare misure adeguate per sostenere il dialogo sociale a livello dell’UE. È una questione che riguarda la regolamentazione sociale nelle imprese, il loro rendimento economico e il rafforzamento del cambiamento democratico in generale.

4.   Un’economia equa e competitiva

4.1.

I dati sono diventati un elemento essenziale dell’economia europea. Il CESE si allinea al punto di vista della Commissione, secondo cui bisogna creare un vero e proprio mercato unico europeo dei dati, che deve essere uno spazio europeo dei dati fondato sulle norme e sui valori europei. Il CESE accoglie con favore l’iniziativa per una nuova strategia industriale dell’UE che, oltre a comprendere una strategia specifica per le PMI, stabilirà le azioni da intraprendere per agevolare la transizione verso un’industria dell’UE più digitale, pulita, circolare e competitiva a livello mondiale.

4.2.

Secondo il CESE, per assicurare la parità di condizioni, le regole che si applicano offline (dalle regole sulla concorrenza a quelle sul mercato unico, passando per la tutela dei consumatori, la proprietà intellettuale, la tassazione e i diritti dei lavoratori) dovrebbero applicarsi anche online.

4.3.

Il CESE è convinto che, per mantenere una posizione a livello mondiale nel calcolo ad alte prestazioni, ci sarà bisogno di un aumento considerevole degli investimenti (negli Stati membri dell’UE) e di un solido programma europeo di ricerca e innovazione; il Comitato è altresì certo che un approccio industriale allo sviluppo della prossima generazione di microchip a basso consumo in Europa renderà l’UE meno dipendente dalle importazioni.

4.4.

Il CESE è fermamente convinto che l’innovazione e gli investimenti, in particolare quelli pubblici, possano contribuire a ridurre le disparità regionali in termini di sviluppo, se le zone isolate possono avere accesso all’infrastruttura digitale e, quindi, al mercato digitale. Si tratta di una conditio sine qua non se si vuole che nessuno sia lasciato indietro nella transizione digitale.

4.5.

Il CESE sottolinea che la sovranità tecnologica europea non dovrebbe essere definita in opposizione ad altri e non dovrebbe cancellare i vantaggi della cooperazione a livello mondiale. Tuttavia, è altresì necessario tenere nella debita considerazione le esigenze dei cittadini europei e del modello sociale europeo, prendendo come punto di riferimento le misure della Commissione europea volte a rafforzare il pilastro europeo dei diritti sociali. Il rispetto dei valori europei (in termini di protezione dei dati, tutela della vita privata, protezione sociale e sostenibilità) potrebbe diventare un vantaggio concorrenziale se aumenta la presa di coscienza, sia tra i cittadini che tra le imprese, dei metodi di utilizzo dei dati da parte di terzi (Stati Uniti) e del potenziale di sorveglianza insito nei sistemi digitali (Cina).

4.6.

La Commissione afferma giustamente che bisogna garantire che il ruolo sistemico di talune piattaforme online e il potere di mercato da loro acquisito non compromettano l’equità e l’apertura del mercato dell’UE. A tal fine e anche allo scopo di stimolare lo sviluppo di piattaforme online nell’UE, le norme applicabili a livello dell’Unione dovrebbero garantire condizioni di parità e l’accesso ai fattori principali di innovazione digitale (2) (in particolare i dati), oltre che all’ecosistema dei prodotti utilizzati dai consumatori.

4.7.

La Commissione afferma che garantire l’equità nell’economia digitale è una delle sfide principali, ma è della massima importanza raggiungere questo obiettivo. A tal fine, il CESE sostiene l’intenzione di stabilire norme aggiuntive, ove necessario, per assicurare la contendibilità, l’equità, l’innovazione, la possibilità di ingresso sul mercato, nonché gli interessi pubblici che vanno al di là di considerazioni legate alla concorrenza o di natura economica. Il CESE osserva a questo proposito che la tassazione dell’economia digitale avrà un impatto notevole e in questo campo saranno importanti le soluzioni internazionali ed europee; l’UE dovrebbe adoperarsi per una tassazione dell’economia digitale che sia equa e impedisca la frammentazione e misure unilaterali.

4.8.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa, che è volta a migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori mediante piattaforma online tramite la particolare attenzione riservata alle competenze e all’istruzione; tuttavia, andranno man mano affrontate varie sfide tra cui vanno ricordate quelle riguardanti lo status occupazionale, la rappresentanza, le misure per aumentare la protezione sociale dei lavoratori mediante piattaforma online, nonché la risoluzione delle controversie e l’applicazione dei diritti. Questo vale in particolare per i lavoratori transfrontalieri. Su richiesta della futura presidenza tedesca del Consiglio, il CESE elaborerà un parere esplorativo sul tema del lavoro dignitoso nell’economia delle piattaforme.

4.9.

Secondo il CESE, nella comunicazione della Commissione non è stato affrontato il tema dello sviluppo di servizi pubblici digitali per il futuro, eppure i servizi amministrativi online transfrontalieri potrebbero rafforzare il mercato unico (digitale) e migliorare la regolamentazione e il coordinamento pubblici.

5.   L’istruzione per preparare alla vita digitale

5.1.

L’istruzione e la formazione che forniscono competenze digitali sono essenziali per prepararsi a una vita digitale. Il CESE accoglie con favore l’accento posto dalla Commissione sulle competenze e abilità digitali, ma invita la Commissione a distinguere meglio tra competenze tecniche e competenze sociali, anche se entrambe sono di vitale importanza. Per creare «capacità all’impiego», invece che limitarsi ad adeguare «l’occupabilità», bisogna attuare misure che continuino a sostenere l’apprendimento permanente.

5.2.

In futuro, la maggior parte dei professionisti avrà bisogno di competenze tecniche (ossia programmazione a diversi livelli). Si tratta di una sfida per i sistemi di istruzione e per gli enti di formazione professionale degli Stati membri. I professionisti devono essere formati all’utilizzo dei nuovi strumenti ed essere consapevoli delle caratteristiche, dei limiti e dei rischi intrinseci, in quanto la responsabilità finale ricade su di loro. Ciononostante, il maggior numero possibile di cittadini dovrà acquisire almeno le competenze tecniche basilari al fine non solo di comprendere e utilizzare le tecnologie e gli strumenti digitali, ma anche di interagire per il loro tramite in modo produttivo, inclusivo e sicuro. Le competenze tecniche basilari sono necessarie alle persone di ogni età, ma in particolare agli anziani, affinché possano comprendere e utilizzare in modo sicuro le tecnologie e gli strumenti digitali.

5.3.

Le competenze sociali non richiedono conoscenze tecniche particolari, ma devono essere insegnate sin dalla più giovane età. Le competenze sociali consentono ai bambini, ai consumatori e ai cittadini di comprendere il contesto dei sistemi digitali e di farne il miglior uso possibile. Aiutano a individuare possibili minacce derivanti da manipolazioni dei dati o da attività criminose, e a valutare il flusso di informazioni ricevute. Il CESE ricorda che l’istruzione generale rappresenta ancora la migliore preparazione per gli scenari futuri.

5.4.

Per usare l’intelligenza artificiale e lavorare con l’ausilio di questa tecnologia, sono necessarie competenze specifiche, conoscenze e consapevolezza. A tal fine, il CESE propone di ispirarsi all’esperienza maturata dalla Finlandia, che punta a formare il maggior numero possibile di persone nel settore dell’IA attraverso corsi online.

5.5.

Come il CESE ha sottolineato in un precedente parere (3), nel contesto di rapidi mutamenti dell’era digitale non basta aiutare le persone ad acquisire un bagaglio minimo di competenze, ma è altresì essenziale assicurare che la garanzia per le competenze diventi un percorso sicuro che non solo consenta alle persone di progredire e raggiungere il massimo livello possibile di competenze, ma le incoraggi anche a intraprendere questo percorso.

5.6.

Il CESE ricorda il ruolo delle parti sociali nel realizzare una transizione equa e giusta. È essenziale che la strategia preveda il fabbisogno di competenze e, di conseguenza, sostenga anche la riconversione professionale e il miglioramento del livello delle competenze in modo tempestivo e adeguato. Il ruolo delle parti sociali e il loro coinvolgimento rivestono la massima importanza a tale riguardo, come avviene quando si dibatte sull’introduzione di nuove tecnologie.

6.   Sicurezza e responsabilità: fiducia nella vita digitale

6.1.

Il futuro digitale dell’Europa, basato su un approccio incentrato sulla persona, potrà avere successo solo se i cittadini possono avere fiducia. Il CESE chiede salvaguardie appropriate sulla tutela della vita privata, sulla sicurezza e la governance dei dati, e anche sulla trasparenza degli algoritmi dell’IA, elementi che possono contribuire a instillare questa fiducia.

6.2.

Il CESE osserva che la Commissione intende operare una chiara distinzione tra le applicazioni ad alto rischio, che dovrebbero essere disciplinate da una regolamentazione rigorosa, e le applicazioni a basso rischio, in cui è sufficiente affidarsi all’autoregolamentazione e ai meccanismi di mercato. Il CESE accoglie favorevolmente questo approccio generale, ma sottolinea anche che c’è bisogno di un’analisi dettagliata e approfondita delle varie applicazioni guardando allo stato attuale e agli sviluppi futuri e, in caso di dubbio, determinate applicazioni dovrebbero essere considerate ad alto rischio. Il CESE appoggia in particolare la decisione di classificare come applicazioni ad alto rischio quelle che hanno un impatto sui diritti dei lavoratori e dei richiedenti lavoro, e propone di «blindare» questa decisione al fine di rafforzare i diritti digitali dei lavoratori.

6.3.

Il CESE ha già chiesto che siano definite procedure standard di prova/collaudo per valutare la funzionalità e i limiti dei sistemi digitali (per esempio, sotto il profilo delle distorsioni, dei pregiudizi, della discriminazione, della resilienza, della solidità, della sicurezza ecc.). A seconda del livello di rischio, queste prove possono essere effettuate direttamente dagli sviluppatori e dalle imprese stesse, oppure da organismi indipendenti. Il CESE accoglie con favore l’idea della Commissione di introdurre un sistema di etichettatura volontario, simile a quello che il CESE ha già proposto in merito a una certificazione europea per i prodotti affidabili di IA.

6.4.

Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione di avviare un dibattito a largo raggio sulle eccezioni in base alle quali permettere il riconoscimento facciale per l’identificazione biometrica a distanza. La regolamentazione dovrebbe inoltre vietare una sorveglianza sproporzionata sul luogo di lavoro e la discriminazione basata su algoritmi distorti.

6.5.

Il CESE sottolinea che la fiducia da sola non è sufficiente; rimane essenziale il pensiero critico basato sull’istruzione generale. Questo è particolarmente importante nel contesto della lotta alla disinformazione, che rappresenta una minaccia per la democrazia in Europa.

6.6.

Il CESE sottolinea che per infondere fiducia bisogna anche rispettare il diritto dei lavoratori ad essere informati e consultati. Il diritto all’informazione e alla consultazione in caso di cambiamenti sul posto di lavoro, che è garantito dai Trattati dell’UE, trasforma i «lavoratori» in «cittadini sul lavoro».

6.7.

Il CESE sottolinea che la legislazione dell’UE riveste un’importanza particolare in rapporto alla protezione dei consumatori e dei lavoratori che non dispongono di competenze digitali professionali.

7.   L’impatto della crisi COVID-19 sulla trasformazione digitale

7.1.

Per effetto della pandemia di COVID-19 da poco scoppiata e che ancora imperversa, la società ha iniziato a fare i conti con la realtà per quanto concerne l’uso della tecnologia digitale e questa situazione ha comportato nuove sfide. La necessità di comunicare, studiare e lavorare a distanza ha reso evidente che molte persone non sono adeguatamente preparate a utilizzare efficacemente tecnologie digitali avanzate, e che l’infrastruttura digitale non è in grado di assicurare la parità di accesso o una partecipazione inclusiva tramite le tecnologie digitali. Le reti digitali non sono state potenziate per far fronte all’aumento del flusso di dati, e bisognerà realizzare gli investimenti sufficienti a rendere accessibili comunicazioni efficienti e ad alta velocità, non solo a fini commerciali ma anche per la vita privata, pure nelle zone isolate.

7.2.

Andrà prestata un’attenzione particolare ai gruppi vulnerabili, in particolare agli anziani che non dispongono delle competenze, dell’esperienza o anche solo delle apparecchiature necessarie per utilizzare le piattaforme online e che sono rimasti senza strumenti di comunicazione adeguati. Questa situazione ha reso più difficili i contatti sociali con i familiari e altre persone, così come ha cancellato, o almeno ridotto, la pronta disponibilità di servizi pubblici, compresi quelli di natura sociale, per queste categoria di persone. Bisogna compiere sforzi ulteriori e occorre fornire gli strumenti per la formazione digitale di chi appartiene a gruppi socialmente vulnerabili.

7.3.

Inoltre, le misure di quarantena e la chiusura temporanea delle frontiere tra gli Stati membri hanno messo in luce altre conseguenze e lacune in rapporto allo stato attuale delle cose nel mercato unico digitale per quanto riguarda i lavoratori frontalieri e il telelavoro. La crisi COVID-19 ha anche determinato un aumento esponenziale del commercio elettronico e dei pagamenti senza contante, accompagnato dal diffondersi di pratiche sleali e fraudolente. La necessità di cambiare abitudini per effetto delle misure adottate dai governi nazionali al fine di contrastare la diffusione del coronavirus potrebbe avere effetti duraturi sul comportamento dei consumatori e sui rapporti di lavoro in una prospettiva di lungo termine. Gli effetti positivi e negativi di questi cambiamenti devono essere presi in considerazione al momento di elaborare nuove politiche in materia.

7.4.

Il mondo digitale è stato interamente mobilitato per fornire consulenze specialistiche nella lotta contro la COVID-19. La questione delle applicazioni digitali di tracciamento dei contatti, volte a informare le persone se sono state recentemente in contatto con qualcuno a cui è stata diagnosticata la malattia da coronavirus, è stata al centro di molte discussioni. Il CESE deplora che l’iniziativa europea per il monitoraggio digitale delle persone con cui si è entrati in contatto, nota come PEPP-PT («Pan European Privacy Preserving Proximity Tracing», ossia tracciamento paneuropeo di prossimità nel rispetto della vita privata), non abbia raccolto il consenso che avrebbe permesso di includere delle applicazioni standardizzate nelle strategie sanitarie nazionali.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 190 del 5.6.2019, pag. 17

(2)  De STREEL, A., Contribution to Growth: European Digital Single Market, Delivering improved rights for European citizens and businesses (Il contributo alla crescita dato dal mercato unico digitale europeo: migliorare i diritti dei cittadini e delle imprese d’Europa), Parlamento europeo, Lussemburgo, 2019.

(3)  GU C 173 del 31.5.2017, pag. 45


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/108


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Una nuova strategia industriale per l’Europa»

[COM(2020) 102 final]

(2020/C 364/15)

Relatore:

Mihai IVAŞCU

Correlatore:

Dirk BERGRATH

Consultazione

Commissione, 22.4.2020

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

25.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

207/4/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

L’Unione europea e i suoi Stati membri devono rimanere uniti per proteggere la propria sovranità. Il CESE è fermamente convinto che l’Europa, per mantenere il suo ruolo guida nel mondo, abbia bisogno di una base industriale forte e competitiva.

1.2.

Il CESE riconosce l’importanza vitale di passare a un’economia neutra in termini di emissioni di carbonio e di rovesciare la curva del collasso della biodiversità che si osserva attualmente. In assenza di una strategia industriale verde che costituisca un caposaldo del Green Deal, l’UE non riuscirà mai a realizzare un’economia neutra in termini di emissioni di carbonio nel giro di una generazione.

1.3.

La nuova strategia industriale deve garantire il corretto equilibrio tra esigenze diverse: sostenere le imprese europee, rispettare l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e incentivare i consumatori a orientare il consumo verso beni e servizi sostenibili.

1.4.

Il CESE riconosce l’importanza che la Commissione, nel progettare il futuro dell’industria europea, ha attribuito alle parti sociali e alle organizzazioni della società civile. Il CESE è convinto che un dialogo sociale e civico costruttivo a tutti i livelli contribuirà a un’attuazione efficace della strategia.

1.5.

L’economia circolare è l’elemento chiave per lo sviluppo del futuro modello economico europeo. Deve esplorare alternative valide ed economiche ai carburanti di origine fossile, e dare maggiore peso a soluzioni di energia pulita decentrate e cooperative. Inoltre, l’economia circolare migliorerà notevolmente l’efficienza sotto il profilo delle risorse delle attività economiche e ridurrà la nostra dipendenza dalle importazioni di materie prime essenziali.

1.6.

Il CESE è fermamente convinto che la politica industriale debba accompagnarsi a una decisa politica estera e commerciale, tesa a sua volta a elaborare strategie per assicurare l’accesso alle materie prime.

1.7.

Il CESE giudica indispensabile per l’Europa colmare il divario che, per alcune tecnologie, la separa dagli Stati Uniti, dalla Cina e da altri paesi. Per diventare un leader mondiale è essenziale sfruttare i nostri vantaggi competitivi, e contemporaneamente finanziare le attività di ricerca e sviluppo (R&S). È vitale costruire un mercato dei capitali europeo unificato, comprendente un mercato europeo per il capitale di rischio.

1.8.

L’industria europea si digitalizzerà o cesserà di esistere. Gli investimenti nei settori TIC come l’economia dei dati, l’Internet delle cose, il cloud computing, l’intelligenza artificiale e le tecnologie produttive avanzate devono raggiungere tutte le regioni e tutti gli Stati membri.

1.9.

Il mercato interno costituisce la base della nostra competitività a livello mondiale. Il regolamento sul controllo degli investimenti esteri diretti dovrebbe essere applicato da tutti gli Stati membri e, se necessario, potenziato e aggiornato. Chiunque desideri far parte del mercato unico dovrebbe rispettarne le regole, compresi i principi della neutralità climatica.

1.10.

Per rilanciare l’occupazione, la crescita e la fiducia, l’Unione europea ha bisogno di maggiore imprenditorialità. L’UE dovrebbe promuovere e finanziare programmi d’istruzione concepiti per stimolare la creazione di un nuovo contesto economico e sociale sostenibile.

1.11.

La politica industriale dovrebbe includere una forte dimensione sociale. Posti di lavoro di qualità, protezione sociale e servizi pubblici efficienti creano l’ambiente giusto per un’attività industriale fiorente. In questo contesto il pilastro europeo dei diritti sociali costituisce un importante fattore di stimolo per una crescita economica inclusiva.

1.12.

Il CESE chiede la rapida attuazione del brevetto unitario europeo, che potrebbe permettere alle industrie di sviluppare, innovare e proteggere il proprio know-how a livello internazionale ed europeo a costi ragionevoli.

1.13.

Per affrontare il problema delle differenze internazionali dei prezzi del carbonio, il CESE giudica necessarie le seguenti iniziative: l’introduzione di misure di adeguamento alla frontiera, standard ambientali che gli importatori dovranno rispettare, sovvenzioni per le esportazioni a basse emissioni di carbonio, un deciso ricorso agli strumenti di difesa commerciale e, infine, misure per affrontare le differenze di prezzo del carbonio negli accordi di libero scambio. L’obiettivo ultimo dovrebbe essere quello di fissare un prezzo globale per il carbonio.

1.14.

Il CESE ritiene necessario completare l’Unione economica e monetaria, così da rendere disponibili tutti gli strumenti economici atti a contrastare lo shock economico avverso provocato dalla crisi sanitaria della COVID-19.

1.15.

Il CESE rileva che, per gli Stati membri, l’unica possibilità di superare la crisi sta in un’azione coordinata che non lasci indietro nessuno e ripristini la capacità delle imprese di generare valore aggiunto, investire in un futuro sostenibile e mantenere/creare un’occupazione di qualità. Il piano di ripresa dell’UE, il Green Deal e la nuova strategia industriale, messi in atto in maniera integrata, costituiscono un pacchetto strategico audace e ambizioso per uscire dalla crisi pandemica e preparare il nostro futuro comune.

1.16.

Con ogni probabilità, le PMI saranno le più colpite dalla crisi. Il CESE apprezza l’intenzione di aiutare tali imprese a espandersi, a sviluppare nuovi modelli aziendali e ad attirare una forza lavoro qualificata, per esempio tramite l’introduzione di stock option per i dipendenti.

1.17.

Strutture intermedie come reti di PMI, agenzie di sviluppo regionale e cluster devono sostenere e potenziare le catene del valore strategiche e riunire tutte le forze dinamiche per rafforzare gli ecosistemi economici.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE accoglie con favore questa comunicazione su una nuova strategia industriale per l’Europa, ma si rammarica che essa si limiti a presentare un elenco di progetti e misure per il futuro, anziché esporre chiaramente una strategia concreta e globale per l’industria europea, orientata al breve, medio e lungo termine. Il CESE esorta quindi la Commissione a pubblicare un piano d’azione concreto, contenente obiettivi annuali precisi e procedure chiare di monitoraggio, che preveda una stretta collaborazione con tutte le parti interessate.

2.2.

Il CESE nota tuttavia un certo numero di differenze rispetto alle comunicazioni precedenti, poiché in questo caso la Commissione:

adotta un approccio strategico che annette un’importanza assai maggiore alla duplice transizione nei settori del digitale e della neutralità in termini di emissioni di carbonio;

propugna un approccio più collaborativo alla politica industriale, sottolineando per esempio la necessità di costruire forti ecosistemi industriali o di promuovere alleanze industriali;

tende a consentire finanziamenti statali più cospicui per i progetti industriali strategici, allentando la normale legislazione dell’UE in materia di sovvenzioni o elaborando grandi progetti di interesse comune europeo;

adotta una posizione più decisa nelle relazioni esterne, proponendo di usare il potere di regolamentazione dell’UE per difendere l’autonomia strategica europea;

concentra l’attenzione sulla decarbonizzazione delle industrie europee ad alta intensità energetica.

2.3.

In questo turbolento contesto internazionale l’Unione europea e i suoi Stati membri devono rimanere uniti per proteggere la propria sovranità. Il CESE è fermamente convinto che l’Europa, per mantenere il suo ruolo guida nel mondo, abbia bisogno di una base industriale forte e competitiva, che contribuisca agli sforzi dell’UE per conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile, rispettare l’accordo di Parigi e ritornare a un’impronta ecologica (1) inferiore a «una Terra all’anno» il più presto possibile, e in ogni caso entro il 2040.

2.4.

Il CESE riconosce l’importanza vitale di passare a un’economia neutra in termini di emissioni di carbonio e di rovesciare la curva del collasso della biodiversità che si osserva attualmente. Una strategia industriale comune può avere successo solo grazie al coinvolgimento e alla cooperazione di tutti gli Stati membri e di tutte le parti interessate, e tramite una pianificazione strategica integrata che metta in comune le risorse di soggetti europei, istituzioni locali e regionali, cluster industriali, aziende, parti sociali, imprese dell’economia sociale, università e gruppi di ricerca, nonché organizzazioni della società civile.

2.5.

La nuova strategia industriale deve garantire il corretto equilibrio tra esigenze diverse: sostenere le imprese europee affinché si sviluppino in maniera rispettosa dell’ambiente, rispettare l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e incentivare i consumatori a orientare il consumo verso beni e servizi sostenibili. A tal fine, è necessario articolare ulteriormente la gamma di strumenti destinati a una politica industriale sostenibile, tenendo conto delle specificità delle PMI.

2.6.

Il CESE è inoltre convinto che una transizione adeguatamente gestita verso un’economia digitale e climaticamente neutra abbia il potenziale per rinvigorire l’industria europea e creare nuovi posti di lavoro di qualità in nuove catene del valore sostenibili. La struttura di governance proposta dovrebbe pertanto rafforzare la titolarità della strategia industriale a tutti i livelli e coinvolgere tutte le parti interessate.

2.7.

Lo sviluppo dell’industria europea si può realizzare solo promuovendo un vasto programma di investimenti pubblici e privati. Una nuova strategia industriale europea, che risponda alle nuove esigenze dei cittadini europei, favorisca la crescita del PIL, promuova la coesione interregionale, riduca le disparità di reddito e migliori la qualità della vita grazie agli investimenti e all’innovazione, può contribuire a creare un’identità comune europea, stimolare la solidarietà e rafforzare le istituzioni europee, rappresentando perciò un «valore aggiunto europeo».

2.8.

Il CESE riconosce l’importanza che la Commissione, nel progettare il futuro dell’industria europea, ha attribuito alle parti sociali e alle organizzazioni della società civile. Il CESE ritiene che solo la cooperazione congiunta tra Stati membri, istituzioni europee, parti sociali e organizzazioni rappresentative della società civile possa creare un contesto propizio per la crescita dell’industria europea. A tale riguardo, un dialogo sociale e civico costruttivo a tutti i livelli costituisce una garanzia importante per un’attuazione efficace della strategia.

2.9.

Il CESE riconosce da tempo che «nel mondo dell’impresa, vi sono aziende leader in materia di integrazione della sostenibilità. Molte imprese sono di fatto più avanti rispetto alle politiche in questione, che devono creare il contesto di stabilità e certezza necessario affinché le buone pratiche diventino prassi correnti, rendendo così le imprese capaci di fornire soluzioni sostenibili» ed esorta la Commissione a tenere conto di questi aspetti nell’elaborazione delle politiche future (2). Va notato che l’economia sociale ha una lunga tradizione in materia di sostenibilità.

2.10.

Nel 2019 la produzione industriale era finalmente ritornata ai livelli precedenti alla crisi (ossia, a prima del 2007). L’industria è ancora la spina dorsale della nostra economia, e deve fornire le soluzioni alle numerose sfide che la nostra società deve affrontare. L’industria assolve pure un’importante funzione sociale, poiché svolge attività ad alto valore aggiunto, offre posti di lavoro di qualità e crea indirettamente occupazione nei servizi correlati. Il CESE apprezza pertanto l’articolata serie di proposte delineate nella comunicazione e si augura che esse vengano elaborate e attuate rapidamente. Tuttavia, dato il drastico declino della produzione industriale dovuto alla crisi del coronavirus, è necessario che le misure di emergenza adottate dai governi e sostenute dalla Commissione per mantenere a galla imprese economicamente sostenibili e tutelare il reddito dei lavoratori siano portate avanti finché saranno necessarie.

2.11.

Il CESE ha riconosciuto ormai da tempo l’importanza delle start-up e delle scale-up per la creazione di un settore industriale competitivo e innovativo. Continua pertanto a chiedere «un approccio strategico coordinato per le imprese in fase di avviamento (start-up) e di espansione (scale-up), che tenga conto della diversità dei modelli imprenditoriali, e accoglie con soddisfazione le azioni specifiche messe a punto per le imprese dell’economia sociale» (3).

2.12.

Il CESE accoglie con favore l’annuncio di un’iniziativa tesa a migliorare le condizioni di lavoro per i lavoratori delle piattaforme online. Si rammarica però che la comunicazione non affronti direttamente la sfida, assai più vasta, di una transizione inclusiva ed equa. Insiste sulla necessità di un piano d’azione ambizioso per incoraggiare gli Stati membri a mantenere le loro promesse riguardo alla proclamazione del pilastro europeo dei diritti sociali.

3.   Europa verde

3.1.

L’Europa ha bisogno di una politica industriale sostenibile, che promuova una transizione equa a un’economia a basso tenore di carbonio. A tale scopo è necessario un robusto piano finanziario pluriennale, nel cui ambito la Banca europea per gli investimenti dovrà svolgere un ruolo vitale per il finanziamento della suddetta transizione. Gli investimenti dovrebbero sostenere sia la qualità dell’ambiente, sia il miglioramento della qualità della vita dei cittadini europei.

3.2.

Molti degli obiettivi che ci siamo dati per il 2030 possono essere estesi al 2050, e alla nostra transizione alla decarbonizzazione del continente. Il CESE ritiene pertanto che la strategia industriale, come la strategia di sviluppo sostenibile, dovrebbe «applicarsi sia all’azione interna che all’azione esterna dell’UE e promuovere la massima coerenza tra di esse. […]. Capisaldi di tale attuazione dovrebbero essere l’innovazione, la cooperazione internazionale e gli accordi commerciali orientati alla sostenibilità, ma anche la mobilitazione delle imprese e della società civile» (4).

3.3.

I settori industriali, sia tradizionali che emergenti, dovranno adottare un approccio proattivo che anticipi, adatti e gestisca i cambiamenti con tecnologie, attività di riqualificazione e posti di lavoro nuovi e sostenibili, adeguati alle sfide del futuro, in linea con il quadro di valutazione della situazione sociale del semestre europeo. Occorre definire nuove politiche in materia di competenze, coinvolgendo le organizzazioni della società civile e le parti sociali, al fine di accelerare l’adeguamento dei sistemi di istruzione e di formazione affinché siano in grado di rispondere alla domanda di nuovi profili professionali.

3.4.

L’UE dovrebbe diventare il leader mondiale nel campo dell’economia circolare e delle tecnologie pulite, e opererà per decarbonizzare le industrie ad alta intensità energetica. L’economia circolare è l’elemento chiave per lo sviluppo del futuro modello economico europeo. A giudizio del CESE, «i prodotti o i servizi conformi ai principi di circolarità dovrebbero avere prezzi chiaramente differenziati» e «l’applicazione di aliquote ridotte o l’esenzione dall’IVA per i prodotti riciclati, come anche per le attività di riutilizzo e riparazione, possono stimolare gli imprenditori a svolgere un ruolo attivo in questo settore e offrire ai consumatori prodotti a prezzi concorrenziali […]» (5).

3.5.

La transizione a un’economia neutra in termini di emissioni di carbonio esige fonti sicure di energia pulita. La riforma della normativa energetica e la cooperazione su scala europea per quanto riguarda i prosumatori e un’ulteriore interconnessione delle reti sono di capitale importanza. Dobbiamo inoltre esplorare alternative valide ed economiche ai carburanti di origine fossile, e dare maggiore peso a soluzioni di energia pulita decentrate e cooperative, come le cooperative per l’energia rinnovabile, i prosumatori e le reti intelligenti.

3.6.

Il varo di un’Unione dell’energia 2.0 va considerato come la base di un programma teso a investire in un cospicuo incremento dell’offerta di energia a basse emissioni di carbonio (idrogeno compreso), a integrare i differenti vettori energetici, a creare una rete elettrica su scala europea che faccia fronte al problema del carattere intermittente dell’energia eolica e solare e, infine, a sviluppare tecnologie per lo stoccaggio dell’energia.

3.7.

In assenza di una strategia industriale verde che costituisca un caposaldo del Green Deal, l’UE non riuscirà mai a realizzare un’economia neutra in termini di emissioni di carbonio nel giro di una generazione. Il Green Deal definirà e strutturerà l’elaborazione della politica industriale non solo durante il mandato della Commissione appena entrata in carica, ma anche per molto tempo dopo.

3.8.

Pannelli solari, batterie e parchi eolici sono elementi cruciali del nostro nuovo paradigma industriale. Possono tuttavia richiedere materie prime controllate da concorrenti che si trovano al nostro stesso livello in campo internazionale. La politica industriale deve accompagnarsi a una decisa politica estera e commerciale, tesa a sua volta ad assicurare l’accesso a tali risorse.

3.9.

Per conseguire il livello di investimenti necessario a finanziare il Green Deal, si dovrebbe pensare anche a un riesame delle norme sugli aiuti di Stato per gli investimenti in prodotti e processi a basse emissioni di carbonio. Inoltre, i fondi per l’innovazione e la modernizzazione, appena istituiti, così come i proventi delle aste del sistema di scambio di quote di emissione, potrebbero fornire risorse supplementari per coadiuvare una politica industriale sostenibile e affrontare l’impatto sociale della transizione.

4.   Europa digitale

4.1.

Le nuove tecnologie stanno cambiando il nostro modo di vivere, consumare e fare affari. Mentre noi discutiamo di una strategia per le reti 5G, altre potenze economiche stanno investendo in tecnologie 6G. Per diventare un leader mondiale è essenziale sfruttare i nostri vantaggi competitivi, e contemporaneamente finanziare ricerca e sviluppo. Per alcune tecnologie siamo rimasti indietro rispetto agli Stati Uniti, alla Cina e ad altri paesi. Questa tecnologia digitale è il caposaldo di qualsiasi percorso verso l’Industria 4.0. Il CESE giudica indispensabile che l’Europa colmi questo divario, adottando però un approccio che mantenga l’equilibrio tra preoccupazioni in materia di sicurezza ed esigenze economiche.

4.2.

È essenziale investire nell’intelligenza artificiale e nell’uso intelligente dei dati, proteggendo contemporaneamente la privacy delle imprese e dei consumatori europei; si tratta di un obiettivo che si può conseguire solo indirizzando i fondi europei per l’innovazione verso le nuove tecnologie digitali. Le PMI svolgono un ruolo importantissimo in questo processo, ed è fondamentale garantire finanziamenti adeguati, che consentano loro di crescere e innovare. Il CESE ha già osservato che «la Commissione dovrebbe analizzare e completare le iniziative private (ma non sostituirsi ad esse) intese a promuovere lo scambio di buone pratiche e di esperienze tra gli innovatori» e che l’UE dovrebbe «creare un quadro politico, fiscale e normativo per promuovere la diffusione di questi nuovi modelli sostenibili su larga scala» (6).

4.3.

Fin troppo spesso le tecnologie sviluppate in Europa sono commercializzate altrove. L’UE non è stata in grado di creare giganti della tecnologia. Sono troppo poche le nuove imprese innovative d’avanguardia che si sviluppano fino a diventare grandi società ad alta intensità di ricerca e sviluppo. Per compiere l’ultimo passo, che trasforma una start-up in un’impresa pienamente sviluppata, è importante completare la creazione di un mercato europeo dei capitali unificato, comprendente anche un mercato europeo per il capitale di rischio.

4.4.

L’industria europea si digitalizzerà o cesserà di esistere, sopraffatta da concorrenti più efficienti e più rapidi. In tale contesto sarà necessario anche intensificare gli investimenti per incrementare la capacità di crescita dei nuovi settori TIC come l’economia dei dati, l’Internet delle cose, il cloud computing, l’intelligenza artificiale e le tecnologie produttive avanzate. Gli investimenti in infrastrutture digitali devono raggiungere tutte le regioni e tutti gli Stati membri.

4.5.

È essenziale dotare la forza lavoro europea di competenze digitali per la nuova fase di industrializzazione. Si può entrare nell’era digitale solo con una forza lavoro competente e ben preparata. Il CESE ha già affermato che «affinché i lavoratori europei possano beneficiare fino in fondo dei mutamenti tecnologici, […] devono essere offerti loro programmi di formazione, riqualificazione, aggiornamento e apprendimento permanente» (7). A tal fine sono necessari strumenti attivi del mercato del lavoro e sistemi di sicurezza sociale efficaci e basati sulla solidarietà, al fine di preservare il modello sociale europeo.

4.6.

La strategia della Commissione in materia di dati dev’essere integrata da un regolamento sulla concorrenza leale nell’economia digitale, monitorato da un’autorità garante della concorrenza digitale. A tal proposito gli spazi di dati per settori strategici proposti dalla Commissione richiederanno anche norme sull’accesso, il libero flusso e la protezione dei dati, nonché l’uso di algoritmi specifici, che organizzino l’accesso ai dati industriali a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie (FRAND: fair, reasonable and non-discriminatory). Inoltre, i progressi nella digitalizzazione delle serie di dati e nelle tecnologie innovative dovranno essere pienamente conformi al regolamento generale sulla protezione dei dati e alla direttiva sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico.

5.   Un’Unione europea competitiva a livello mondiale

5.1.

La futura competitività dell’industria europea è di capitale importanza per il progresso dell’economia europea in un’economia globale sempre più multipolare, travagliata da crescenti tensioni geopolitiche. La via da seguire è l’approfondimento del mercato unico, con condizioni di parità più rigorose per le imprese dei paesi terzi. Un mercato interno funzionale deve fruire del sostegno di una politica commerciale forte per contrastare le barriere internazionali e le pratiche non concorrenziali. Il regolamento sul controllo degli investimenti esteri diretti (8), che entrerà in vigore nell’ottobre del 2020, è un passo importante per la tutela dei principali attivi dell’UE, ma il CESE fa osservare che è essenziale monitorarlo costantemente e, se necessario, aggiornarlo e modificarlo.

5.2.

Il mercato interno costituisce il vantaggio competitivo dell’Europa ed è il centro della nostra cooperazione. Rappresenta la base della nostra competitività a livello mondiale. La protezione e lo sviluppo del mercato interno devono costituire il cardine della nuova politica industriale, con l’attuazione di misure che ne migliorino lo sviluppo e l’efficienza, insieme a quella delle quattro libertà.

5.3.

Il CESE rimane dell’avviso che «gli oneri amministrativi e gli adempimenti burocratici» continuino «a costituire un ostacolo fondamentale per le start-up e le scale-up». Esorta pertanto la Commissione europea a evitare di aggravare tale onere amministrativo con una regolamentazione eccessiva, e ad esaminare i criteri per razionalizzarlo e ridurlo (9), esclusivamente nei casi in cui ciò non comprometta i diritti sociali e ambientali.

5.4.

Per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo, il CESE chiede alla Commissione di:

confermare e realizzare l’ambizione di investire il 3 % del PIL dell’UE in ricerca e sviluppo, al fine di colmare il divario con i nostri principali concorrenti, tra cui gli Stati Uniti e il Giappone;

proseguire nella creazione di un mercato su scala europea per il capitale di rischio che migliori i finanziamenti per progetti innovativi ad alto rischio e ad elevato potenziale;

assicurare che la prima applicazione industriale di un’attività di ricerca e sviluppo finanziata con fondi pubblici abbia luogo all’interno dell’UE;

potenziare i sistemi di innovazione in regioni periferiche o che devono affrontare cambiamenti strutturali.

5.5.

Per rilanciare l’occupazione, la crescita e la fiducia, l’Unione europea ha bisogno di maggiore imprenditorialità. L’UE dovrebbe promuovere e finanziare programmi d’istruzione concepiti per stimolare la creazione di nuove imprese in futuro. L’istruzione è la via da seguire: insegnare l’imprenditorialità alle giovani generazioni potrebbe tradursi nella creazione di un maggior numero di imprese e di un contesto economico e sociale più sostenibile.

5.6.

Per potenziare l’innovazione, gli Stati membri e la Commissione devono cercare di riprodurre un ambiente di cluster innovativi di successo come la Silicon Valley. Una normativa favorevole, incentivi fiscali, una forza lavoro qualificata e la facilità di accesso ai finanziamenti consentiranno agli innovatori europei di restare in Europa e far crescere le proprie idee.

5.7.

L’UE non può conservare la sua posizione guida nel campo dell’innovazione senza politiche intelligenti in materia di proprietà intellettuale. Dobbiamo garantire alle innovazioni e ai brevetti europei una protezione adeguata da intenzioni ostili e dallo spionaggio economico. Pertanto, l’attuazione del brevetto unitario europeo è un passo indispensabile.

5.8.

L’Europa non deve mantenere un atteggiamento ingenuo di fronte alla concorrenza sleale. Per la prosperità della nostra economia è essenziale proteggere il mercato unico, le imprese e i consumatori europei. Chiunque desideri far parte del mercato unico dovrebbe aderire a tali regole e rispettarle scrupolosamente, compresi i principi della neutralità climatica.

5.9.

Il CESE esorta la Commissione ad affrettare l’adozione del Libro bianco su uno strumento relativo alle sovvenzioni estere, che affronterà il problema degli effetti distorsivi di questo tipo di sovvenzioni nel mercato unico.

5.10.

Il CESE ha già chiesto l’elaborazione di una politica industriale europea orientata al valore d’uso, modulata territorialmente in funzione delle caratteristiche e delle esigenze locali, che promuova la formazione di raggruppamenti e del cooperativismo preservando la varietà corrispondente ai vantaggi di scala e rispettando i principi di simbiosi industriale ed economia circolare (10).

5.11.

La riforma del quadro in materia di concorrenza, più volte annunciata, è urgentemente necessaria. Il CESE nota con rammarico che la revisione delle norme dell’UE in materia di concorrenza è stata rinviata al 2021. Nell’elaborazione della riforma non vi è spazio per manovre politiche; l’approccio dovrebbe basarsi su sviluppi globali e non solo sul mercato unico, com’è avvenuto finora.

5.12.

Andrebbero inoltre intensificate la cooperazione e l’interazione tra i vari livelli delle amministrazioni locali e nazionali e l’Unione europea. Il CESE ha più volte auspicato maggiori sinergie, ricordando che «occorre promuovere piattaforme di comunicazione e di cooperazione che vedano il coinvolgimento di tutti gli Stati membri. Le soluzioni risultate efficaci in uno Stato membro, infatti, possono funzionare anche in un altro, mentre le ricerche condotte da uno Stato membro possono essere sfruttate o arricchite da un altro. […] Nessuno Stato membro può svolgere da solo un ruolo di primo piano sullo scenario globale» (11).

5.13.

Per affrontare il problema delle differenze internazionali dei prezzi del carbonio si deve prendere in considerazione una serie di provvedimenti: l’introduzione di misure di adeguamento alla frontiera, standard ambientali che gli importatori dovranno rispettare, sovvenzioni per le esportazioni a basse emissioni di carbonio, il ricorso agli strumenti di difesa commerciale e, infine, misure per affrontare le differenze di prezzo del carbonio negli accordi di libero scambio. L’obiettivo ultimo dovrebbe essere quello di fissare un prezzo globale per il carbonio.

5.14.

È cruciale liberare il potenziale dei mercati europei dei capitali. Il completamento dell’Unione dei mercati dei capitali e la creazione delle condizioni di mercato adatte affinché le imprese riescano a finanziarsi tramite i mercati consentiranno alle nostre imprese di accedere agli strumenti più opportuni per finanziare ciascuna fase del proprio sviluppo.

5.15.

Il CESE nota con rammarico che la comunicazione ignora quasi totalmente la dimensione regionale della duplice transizione. Tuttavia accoglie la proposta (nel quadro del piano di ripresa dell’UE) di aumentare in modo considerevole le risorse del Fondo per una transizione giusta, portandole da 7,5 miliardi a 40 miliardi di EUR, e auspica che questo consenta di soddisfare le esigenze di tutte le regioni che si trovano ad affrontare una profonda trasformazione industriale.

5.16.

Una migliore opera di integrazione e coordinamento della gamma di strumenti per la politica industriale, unita ad adeguate strutture di governance, dovrebbe permettere all’Europa di realizzare l’ambizione di diventare un’economia verde, digitale e circolare, migliorando al tempo stesso la propria autonomia strategica e resilienza economica.

5.17.

Strutture intermedie come reti di PMI, agenzie di sviluppo regionale, cluster, alleanze industriali e partenariati pubblico-privato devono sostenere e potenziare le catene del valore strategiche e riunire tutte le forze dinamiche (PMI innovative, grandi imprese, istituti di ricerca, imprese dell’economia sociale ed enti pubblici) per rafforzare gli ecosistemi economici.

6.   Coronavirus

6.1.

La pandemia di COVID-19 ha provocato una gravissima recessione economica (secondo le previsioni della BCE, quest’anno la contrazione economica arriverà all’8,7 % (12)) che, a differenza di altre crisi del passato, comporta shock sia sul lato dell’offerta che su quello della domanda. Si deve utilizzare ogni mezzo per evitare che la perdita provvisoria di produzione industriale divenga permanente e/o che un problema di liquidità si trasformi in una crisi di solvibilità.

6.2.

Pertanto il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione relativa a un piano di ripresa dell’UE (che comprende lo strumento europeo per la ripresa Next Generation EU), il quale permetterà di:

dare impulso alla nuova strategia industriale attraverso il raddoppio dei fondi di InvestEU, la creazione di un dispositivo per gli investimenti strategici e il nuovo strumento di sostegno alla solvibilità;

fornire una risposta autenticamente europea alla crisi pandemica che, oltre ad essere ambiziosa, avrà un significativo impatto macroeconomico. Esso contribuirà ad evitare l’ulteriore distruzione di capitale (anche umano), a ripristinare la fiducia e a generare importanti effetti moltiplicatori;

contribuire a evitare una ripresa asimmetrica e rafforzare la coesione interna e la solidarietà;

aumentare sostanzialmente le risorse del Fondo per una transizione giusta;

perseguire le nostre priorità sociali ed economiche comuni: riportando l’industria alla normalità, promuovendo gli investimenti pubblici e privati nella duplice transizione digitale ed ecologica, sviluppando programmi comuni per la ricostruzione industriale e sostenendo l’occupazione nelle attività orientate al futuro.

6.3.

Il CESE esorta le istituzioni a raggiungere rapidamente un accordo per avviare quanto prima l’attuazione del piano. La combinazione del Green Deal, del piano di ripresa e della nuova strategia industriale fornisce una serie di strumenti solidi e coerenti per contrastare la recessione e preparare il nostro futuro comune.

6.4.

Dato il gran numero di settori industriali attualmente soggetti a blocco, il CESE giudica:

urgente mappare la profondità dell’impatto della crisi provocata dalla pandemia di COVID-19 sulle catene del valore e sui settori industriali per individuare e affrontare le esigenze specifiche di ciascun settore, al fine di ripristinare produzione e occupazione;

necessario (ri)costruire catene del valore industriali integrate all’interno dell’UE per favorire l’autonomia strategica e la resilienza economica dell’Europa; indispensabile sostenere la rilocalizzazione delle attività strategiche e garantire la sicurezza dell’approvvigionamento in settori quali l’energia, la sanità e le sostanze farmaceutiche attive.

6.5.

È evidente che in questi tempi difficili l’Unione europea deve dimostrare la propria forza e il proprio potere. Il CESE fa rilevare che, per gli Stati membri, l’unica possibilità di superare la crisi sta in un’azione coordinata che non lasci indietro nessuno. Non c’è spazio per idee populiste e pianificazioni nazionali. Solidarietà, cooperazione e rispetto reciproco sono essenziali per una rapida ripresa che, per essere sostenibile, deve tenere conto di tutti gli insegnamenti che si possono trarre dalla passata mancanza di rispetto per gli ecosistemi.

6.6.

L’allentamento delle norme di bilancio sosterrà gli investimenti produttivi solo se uno degli obiettivi sarà la convergenza verso l’alto degli Stati membri a reddito più basso. È giunto il momento di proporre misure concrete in grado di dimostrare che la solidarietà europea esiste veramente nei fatti, e non solo a parole.

6.7.

Con ogni probabilità la crisi colpirà più duramente le PMI, che di solito dipendono dalle grandi imprese e mancano di liquidità. Individuare lo strumento adatto per sostenere tutte le PMI europee è di capitale importanza, e il CESE apprezza l’intenzione di aiutare le PMI a espandersi e ad attirare una forza lavoro qualificata, per esempio tramite l’introduzione di stock option per i dipendenti (13).

6.8.

Bisogna individuare e sostenere le industrie e i settori chiave, dalle risorse umane alla ricerca, attuando una politica industriale europea che protegga tali settori dal mercato e garantisca la sicurezza dell’approvvigionamento di elementi chiave, come respiratori, mascherine e altri articoli. Ciò deve comportare il sostegno alle società che rilocalizzano la capacità produttiva in Europa, consentendo all’UE di riacquistare il controllo della produzione e garantendo l’autonomia rispetto al mercato mondiale, sempre in linea con una transizione ecologica giusta. La crescente dipendenza dell’UE dalle importazioni di farmaci e sostanze farmaceutiche attive potrebbe creare problemi sistemici, provocando carenze di farmaci e rischi sanitari. Questa situazione suscita gravi preoccupazioni per quanto riguarda l’autonomia strategica dell’UE.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Secondo la definizione della Global Footprint Network (https://www.footprintnetwork.org/).

(2)  GU C 14 del 15.1.2020, pag. 95.

(3)  GU C 288 del 31.8.2017, pag. 20.

(4)  GU C 14 del 15.1.2020, pag. 95.

(5)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 98.

(6)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 57.

(7)  GU C 228, del 5.7.2019, pag. 58.

(8)  Regolamento (UE) 2019/452 (GU L 79 I del 21.3.2019, pag. 1).

(9)  GU C 288 del 31.8.2017, pag. 20.

(10)  GU C 97 del 24.3.2020, pag. 31.

(11)  GU C 228, del 5.7.2019, pag. 67.

(12)  https://ec.europa.eu/info/business-economy-euro/economic-performance-and-forecasts/economic-forecasts/spring-2020-economic-forecast-deep-and-uneven-recession-uncertain-recovery_ro

(13)  COM(2020) 103 final.


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/116


Parere del Comitato economico e sociale europeo su a) «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano d’azione a lungo termine per una migliore attuazione e applicazione delle norme del mercato unico»

[COM(2020) 94 final]

b) «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Individuare e affrontare le barriere al mercato unico»

[COM(2020) 93 final]

(2020/C 364/16)

Relatore:

Gerardo LARGHI

Correlatore:

Gonçalo LOBO XAVIER

Consultazione

a)

Commissione europea, 22.4.2020

b)

Commissione europea, 22.4.2020

Base giuridica

a) e b) Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

25.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

212/2/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene il Piano d’azione a lungo termine per una migliore attuazione e applicazione delle norme del mercato unico pubblicato dalla Commissione (1).

1.2.

Il CESE è disposto a sostenere e approva la comunicazione della Commissione intitolata Individuare e affrontare le barriere al mercato unico (2).

1.3.

Il CESE ritiene che per troppo tempo l’applicazione insufficiente o inadeguata delle norme dell’UE sia stata il tallone d’Achille del diritto dell’UE e reputa pertanto che molti casi di frode e di comportamento illegale non siano stati affrontati. L’applicazione del diritto dell’UE è essenziale per accrescere la fiducia delle imprese e dei consumatori e per garantire che il mercato unico dispieghi il suo pieno potenziale a favore delle imprese, dei lavoratori e dei consumatori.

1.4.

Il CESE ritiene che, per essere efficace, una strategia di attuazione debba: 1) basarsi su un forte partenariato che coinvolga tutte le parti interessate; 2) consentire una maggiore cooperazione a livello europeo tra le reti esistenti dei servizi di contrasto per garantire che si lavori sui problemi che interessano più settori contemporaneamente; 3) mettere a punto strategie e mezzi per affrontare le violazioni ad ampio raggio commesse nell’UE, in modo da poter intraprendere un’unica azione coercitiva efficace e trasparente intesa a proteggere tutte le parti interessate e a garantire l’applicazione della legge a livello transnazionale; 4) sfruttare il potenziale offerto dalle nuove tecnologie.

1.5.

Il CESE esorta la Commissione a prevedere nel piano d’azione un ruolo chiaramente definito per gli attori della società civile, gli imprenditori, i lavoratori e i consumatori.

1.6.

Il CESE sostiene pienamente l’idea della Commissione europea di trasformare SOLVIT in un efficace strumento standard per gli ostacoli ingiustificati al mercato unico, ma è importante che SOLVIT sia dotato di una procedura più strutturata per sottoporre alla Commissione casi importanti e operare in tutti i settori e ambiti di intervento.

1.7.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa volta a migliorare le valutazioni ex ante della regolamentazione restrittiva nel quadro della direttiva relativa a un esame di proporzionalità (3). Il coinvolgimento delle parti interessate durante il «test della proporzionalità» dovrebbe essere la norma piuttosto che l’eccezione.

1.8.

Lo sportello digitale unico è un modo per rispondere in modo digitale alle esigenze delle imprese e dei consumatori per quanto riguarda le informazioni online. I punti di contatto unici saranno rapidamente integrati nello sportello digitale unico, in modo che le imprese e i consumatori potranno rivolgersi a un unico soggetto per le richieste di assistenza e informazione.

1.9.

Il CESE sostiene l’invito della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio ad adottare la proposta concernente l’applicazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, che istituisce una procedura di notifica dei regimi di autorizzazione e dei requisiti relativi ai servizi (4).

1.10.

Il Comitato sottolinea che la crisi legata alla diffusione della COVID-19 comporta gravi rischi per il mercato unico, in quanto le differenze tra i paesi dell’UE in termini di sviluppo economico, garanzie sociali e livelli di prosperità potrebbero aumentare dopo la fine della pandemia.

1.11.

Il CESE osserva che, nonostante i risultati reali del mercato unico, le imprese e i consumatori continuano a segnalare che rimangono troppi ostacoli.

1.12.

Il CESE concorda con il piano d’azione della Commissione, secondo il quale un partenariato autentico tra i diversi attori che a livello europeo e degli Stati membri sono responsabili dell’attuazione e dell’applicazione delle norme sarà indispensabile per il superamento degli ostacoli esistenti al mercato unico.

1.13.

Il CESE esorta pertanto la Commissione a utilizzare la nuova strategia di attuazione del mercato unico per costruire un solido quadro collaborativo che includa tutte le parti attive nell’applicazione del diritto dell’UE. Tra le altre cose, le organizzazioni dovrebbero essere pienamente coinvolte nei lavori dell’annunciata task force per l’applicazione delle norme sul mercato unico (Single Market Enforcement task force — SMET), la quale dovrebbe fungere da forum per discutere questioni orizzontali in materia di applicazione della normativa.

1.14.

Il CESE ritiene che l’applicazione delle norme sia essenzialmente un problema orizzontale e che pertanto non debba essere affrontata a comparti stagni. È essenziale organizzare e razionalizzare meglio il flusso di lavoro tra le diverse reti dei servizi di contrasto e facilitarle nello scambio di informazioni e buone pratiche.

1.15.

Il regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori (regolamento CPC) ha contribuito a creare un ponte tra le organizzazioni della società civile e le autorità preposte all’applicazione della legge grazie a un migliore riconoscimento della loro cooperazione. Tuttavia, pur rappresentando un risultato positivo, questo quadro resta incompleto e richiede ulteriori miglioramenti, per esempio per quanto riguarda la rapidità di risposta alle segnalazioni dei cittadini.

1.16.

Il CESE reputa che l’utilizzo dei dati e dell’intelligenza artificiale possa contribuire al monitoraggio dei mercati. Ritiene pertanto che questi strumenti digitali debbano essere sviluppati a livello dell’UE e condivisi da tutte le parti interessate.

1.17.

Le autorità preposte all’applicazione della legge si trovano oggi ad affrontare una proliferazione di pratiche disoneste nel mercato unico, mentre il loro lavoro è spesso soggetto a rigidi vincoli di bilancio. In tale contesto, il Comitato chiede un migliore utilizzo delle scarse risorse disponibili, un migliore coordinamento tra le reti esistenti, lo sviluppo di nuove sinergie tra tutti gli attori e nuovi strumenti basati sulle nuove tecnologie atti a contribuire all’efficace applicazione del diritto dell’UE.

2.   Comunicazione — Piano d’azione a lungo termine per una migliore attuazione e applicazione delle norme del mercato unico [COM (2020) 94 final] — INT/899

2.1.   Sfide per il mercato unico

2.1.1.

Il mercato unico è al centro del progetto europeo e ha semplificato la vita dei consumatori e delle imprese in Europa. Un mercato unico correttamente funzionante dovrebbe consentire ai cittadini dell’UE di beneficiare di una scelta più ampia di servizi e prodotti e di migliori opportunità di lavoro. Il mercato unico dovrebbe stimolare gli scambi e la concorrenza ed è fondamentale per realizzare le trasformazioni verde, industriale e digitale dell’UE.

2.1.2.

Per realizzare questo obiettivo, l’Europa deve stabilire le priorità con discernimento e procedere secondo parametri ben determinati verso un orientamento politico chiaro, dando priorità assoluta alle persone.

2.1.3.

Per rafforzare la cooperazione in materia di applicazione delle norme del mercato unico, la Commissione ha annunciato la costituzione di una task force per l’applicazione delle norme sul mercato unico (Single Market Enforcement task force — SMET), con il compito di valutare lo stato di conformità della legislazione nazionale alle norme del mercato unico, dare priorità agli ostacoli più urgenti, affrontare i casi di sovraregolamentazione, discutere questioni orizzontali in materia di applicazione della normativa e monitorare l’attuazione del piano d’azione proposto. A tale riguardo, la SMET dovrebbe stabilire criteri chiari per decidere quali siano gli ostacoli più urgenti in funzione del loro valore economico.

2.1.4.

La Commissione intende inoltre utilizzare i meccanismi di prevenzione per: evitare nuovi ostacoli alla prestazione di servizi nel mercato unico; migliorare la capacità di individuare i casi di non conformità; istituire una piattaforma per l’applicazione della normativa online (e-enforcement lab), così da condividere le informazioni sui prodotti industriali e di consumo illegali e non conformi; istituire un punto di accesso unico europeo per le informazioni destinate alle autorità per i controlli sui prodotti non alimentari e lo sportello unico doganale di prossima realizzazione; rendere standard il sistema di informazione del mercato interno (IMI); elaborare uno strumento per consentire a cittadini e imprese di segnalare in modo anonimo gli ostacoli normativi incontrati nell’esercizio dei loro diritti relativi al mercato interno; migliorare l’applicazione della legislazione agroalimentare dell’UE (compresa quella sulla salute degli animali e delle piante); valutare l’integrazione tra le strutture esistenti (la rete di cooperazione per la tutela dei consumatori, la rete dell’UE per la conformità dei prodotti o l’osservatorio dell’EUIPO), e un laboratorio finanziato nell’ambito del programma per il mercato unico o del programma Europa digitale, per testare e applicare soluzioni informatiche avanzate; rafforzare la lotta contro i prodotti contraffatti e illegali, anche quelli fabbricati o assemblati nell’UE ma con componenti importate, anche estendendo l’attuale mandato dell’OLAF; rafforzare l’applicazione della normativa nella filiera agroalimentare; elaborare sistemi di etichettatura e tracciabilità promuovendo l’uso di strumenti digitali per consentire controlli più mirati alle frontiere esterne e all’interno dell’UE; utilizzare SOLVIT come strumento predefinito per la risoluzione delle controversie nel mercato unico; razionalizzare le procedure per il trattamento dei casi: l’esame preliminare delle denunce sarà fatto entro due mesi in modo da stabilire già in quel momento quali saranno i passi successivi della pratica in questione; utilizzare il sistema EU Pilot a condizioni e con tempistiche chiare, per i casi nei quali risulta possibile raggiungere una rapida soluzione entro un breve periodo di tempo.

2.2.   Osservazioni generali

2.2.1.

Il CESE ritiene che il completamento e l’effettiva applicazione del mercato unico siano di importanza fondamentale, in quanto costituiscono un mezzo, e non un fine, per realizzare gli obiettivi politici contenuti nei testi fondanti dell’Unione europea.

2.2.2.

Le principali barriere individuate nella comunicazione sono: le scelte normative a livello nazionale e di UE; il recepimento nel diritto nazionale, l’attuazione e l’applicazione della legislazione; le capacità e le prassi amministrative degli Stati membri; il contesto imprenditoriale e di consumo generale; e le cause profonde non collegate alla politica pubblica, per esempio la lingua o la cultura.

2.2.3.

Utilizzare SOLVIT come strumento predefinito: il CESE sostiene l’obiettivo di garantire che le procedure SOLVIT diventino lo strumento standard per gli ostacoli ingiustificati al mercato unico. Tuttavia, gli strumenti di cui dispone sono soltanto il dialogo e il potere di persuasione; inoltre, non può essere utilizzato in parallelo con eventuali contenziosi. Il sistema SOLVIT deve prevedere una procedura più strutturata per sottoporre alla Commissione casi importanti. Al tempo stesso, è opportuno che SOLVIT operi in tutti i settori e in tutti gli ambiti di intervento.

2.2.4.

Il miglioramento delle valutazioni ex ante della regolamentazione restrittiva nel quadro della direttiva relativa a un test di proporzionalità (5) è una misura molto apprezzata. Tuttavia, la Commissione dovrebbe fornire assistenza strutturata e orientamenti agli Stati membri su come effettuare valutazioni ex ante della proporzionalità, in conformità della direttiva relativa a un test di proporzionalità, quando essi prevedono di adottare una nuova regolamentazione nazionale delle professioni. Inoltre, il coinvolgimento delle parti interessate durante il «test della proporzionalità» dovrebbe essere la norma piuttosto che l’eccezione.

2.2.5.

Ottenere informazioni e procedure amministrative: lo sportello digitale unico è una soluzione che consente di rispondere in modo digitale alle richieste di informazioni online da parte di imprese e consumatori, tuttavia secondo la normativa vigente in materia di mercato unico, gli Stati membri devono informare le imprese anche tramite punti di contatto unici. Diversi atti legislativi dell’UE prevedono la centralizzazione dei punti di contatto unici. Essi saranno rapidamente integrati nello sportello digitale unico, in modo che le imprese e i consumatori potranno rivolgersi a un unico soggetto per le richieste di assistenza e informazione. Le imprese dovrebbero ricevere solo una risposta unica e coordinata.

2.2.6.

In questo momento l’UE è scossa fin dalle sue fondamenta sia da fattori esterni, come la pandemia in corso, che ha causato molte vittime e seminato il panico, facendo entrare l’intera economia dell’UE in recessione, sia da fattori interni, quali l’assenza di quello slancio di solidarietà che ha portato alla nascita dell’Unione. Ci interroghiamo pertanto su cosa sia necessario per realizzare un mercato unico che non sia solo un’operazione tecnica e legislativa, ripensando l’intero modello del progetto europeo. È assolutamente lecito chiedersi se un’Europa unita — come alcuni l’hanno immaginata, tanti si sono impegnati nel costruirla e altri si sono dati da fare per distruggerla a poco a poco, almeno dopo il rifiuto della Costituzione europea — esisterà ancora nel 2050 e oltre come modello di libertà, faro di cultura, paladina della pace, sostenitrice della buona volontà tra i popoli e promotrice delle pari opportunità per uomini e donne in un mondo senza discriminazioni e senza barriere.

2.2.7.

Queste considerazioni sono tanto più pertinenti in un momento particolarmente difficile come quello attuale, in cui l’Europa è soffocata da una crisi prolungata, che è di natura sistemica piuttosto che un risultato semplicemente innescato dall’attuale stato dell’economia: quella attuale non è solo una crisi economica e finanziaria, ma anche una crisi di valori sociali e culturali. Un buon numero di cittadini ritiene che l’unica soluzione credibile sia quella di mettere da parte l’approccio puramente monetario e economico a favore di un’Unione realmente politica.

2.2.8.

Il CESE ritiene che la crisi causata dalla COVID-19, che ha colpito tutti i paesi europei, imponga un ripensamento dell’intero sistema, non solo dal punto di vista organizzativo, ma anche in vista della generazione di nuove idee e della concezione di nuovi modelli commerciali.

2.2.9.

I sistemi di protezione civile non hanno risposto in modo adeguato in tutti i paesi al momento di far fronte alla crisi. In molti casi, anzi, questi sistemi hanno fallito: né i governi centrali, né i comuni, né i cittadini hanno dimostrato di essere pronti per un’emergenza, e le risposte sono state spesso lente e costose, e talvolta sconcertanti.

2.2.10.

È apparsa chiara la dipendenza da paesi terzi dell’Europa in alcuni settori e tale situazione richiede un ripensamento di alcune fondamenta dell’Unione europea, la quale deve dimostrare la capacità di reagire e di riorganizzarsi. Gli appalti comunali, regionali e statali e il sostegno ai fornitori locali richiederanno un’attenzione particolare: gli appalti pubblici devono diventare una garanzia di sicurezza economica.

2.2.11.

Un ruolo importante è rivestito dalla normalizzazione o standardizzazione guidata dal mercato secondo il modello del «nuovo approccio», applicato non soltanto ai prodotti ma anche ai servizi.

2.2.12.

Bisognerebbe condurre un’analisi accurata della necessità, dell’efficienza e degli effetti delle misure da adottare, in modo che, nella normazione in materia di servizi, si operi una chiara differenziazione fra i servizi pertinenti per il mercato interno.

2.2.13.

Il CESE concorda con la Commissione sull’importanza di ogni intervento teso a promuovere lo sviluppo, l’attuazione e l’applicazione del diritto dell’UE nel mercato interno. Ambiti quali le merci e i servizi, gli appalti pubblici, la vigilanza del mercato, il diritto societario, il diritto contrattuale ed extracontrattuale, la lotta contro il riciclaggio di denaro, la libera circolazione dei capitali, i servizi finanziari, la concorrenza e lo sviluppo di strumenti di governance richiedono urgentemente la creazione di un mercato interno rispettoso dei diritti di cittadini, produttori, lavoratori e consumatori, senza mettere in discussione un’attività economica equilibrata.

2.2.14.

Il CESE chiede che un mercato unico equo tenga conto della necessità di conformarsi alle norme in materia di lavoro, consumatori e ambiente, concordemente con la recente proposta di una nuova strategia industriale per l’Europa (6), i principi relativi all’economia circolare esposti nel programma della Commissione sui quali il CESE si è già dichiarato totalmente d’accordo e di cui l’Europa deve essere leader.

2.2.15.

Il CESE sostiene la scelta di costituire una task force per l’applicazione delle norme sul mercato unico (Single Market Enforcement task force — SMET), composta da Stati membri e Commissione, in linea con le proposte e le raccomandazioni che il CESE ha avuto modo di formulare in diverse occasioni (7).

2.2.16.

Il CESE sottolinea l’importanza di ogni lotta contro i casi di «sovraregolamentazione», di applicazione non conforme della normativa, che tanto spesso nel passato ha nuociuto al normale funzionamento del mercato. Il CESE chiede con fermezza che in questa task force ci sia almeno un proprio rappresentante in qualità di osservatore.

2.2.17.

Come già indicato in diversi suoi precedenti pareri (8), il CESE concorda con la Commissione laddove essa individua rischi e ritardi nella realizzazione del mercato unico legati alla frammentazione del mercato, alla discrepanza delle norme applicabili, all’incertezza sulla riservatezza e confidenzialità dei dati, all’uso spregiudicato e non sempre controllabile delle reti informatiche, all’esistenza di servizi illegali online, soprattutto a causa della mancata applicazione della normativa attraverso il controllo e le sanzioni da parte dei servizi interessati della Commissione. Il CESE raccomanda alle direzioni generali della Commissione di rispondere a questi problemi mediante un approccio trasversale.

2.2.18.

Il CESE si rammarica che ancora oggi non si siano ottenuti risultati convincenti rispetto all’effettiva applicazione delle leggi dell’UE. Per i cittadini europei, a questo riguardo assume una rilevanza fondamentale l’introduzione, senza ambiguità e senza nuovi ritardi, del diritto a un’azione collettiva effettiva a livello europeo; ciò contribuirebbe notevolmente a garantire, come ultima risorsa, un’adeguata responsabilizzazione per l’inosservanza della normativa europea e favorirebbe così il volontario rispetto di tale normativa (9).

2.2.19.

Il CESE sottolinea come molto sovente siano gli Stati membri a violare le norme concordate sul mercato unico o a creare e tollerare ostacoli nel diritto nazionale, con l’obiettivo di inserire un ulteriore livello di protezione nel loro mercato e di ottenere vantaggi per le imprese nazionali. Si tratta spesso di vantaggi a brevissimo termine ma che danneggiano le PMI e le start-up, oltre che quei cittadini e consumatori che sono esposti ai rischi derivanti da prodotti non conformi o beneficiano di una minore scelta.

2.2.20.

Per questo motivo, il CESE si unisce alla Commissione nell’invitare il Parlamento europeo e il Consiglio ad adottare la proposta di direttiva sulla notifica delle norme nazionali ai sensi della direttiva sui servizi (10). Tuttavia, l’accordo non dovrebbe pregiudicare la direttiva sui servizi in vigore mediante esenzioni dall’obbligo di notifica per quanto riguarda le restrizioni territoriali (compresa la pianificazione urbana e territoriale) o privando la Commissione dei suoi attuali poteri decisionali.

2.3.   Osservazioni specifiche

2.3.1.

La portata del mercato unico fa sì che l’UE sia in grado di dare vita a un sistema commerciale multilaterale, aperto, non discriminatorio e basato su regole. Le imprese dei paesi terzi devono conformarsi alle normative dell’UE per poter accedere al mercato unico, anche in settori quali la sanità, l’ambiente, la sicurezza degli alimenti e dei prodotti e la protezione dei consumatori.

2.3.2.

Il CESE approva la scelta della Commissione di integrare gli strumenti già attivi per favorire lo sviluppo di un mercato unico, con nuovi strumenti (come un punto d’informazione centrale cui i funzionari degli Stati membri possono rivolgersi per domande di carattere pratico, piattaforme per gli scambi con gli Stati membri, come quella utilizzata per le direttive sugli appalti pubblici, un migliore accesso alle informazioni sulle norme e sugli obblighi per gli utenti attraverso lo sportello digitale unico).

2.3.3.

Il CESE raccomanda alla Commissione di aggiungere degli orientamenti sui seguenti principi:

a)

sussidiarietà e «doppia sussidiarietà»;

b)

mutuo riconoscimento;

c)

innovazione e precauzione;

d)

l’interesse generale in relazione a determinati servizi (per esempio, bancari e assicurativi).

2.3.4.

Il CESE concorda con la scelta di prestare particolare attenzione al tema degli appalti pubblici. Amministratori e beneficiari di fondi UE devono essere aiutati a migliorare le loro prassi in materia di appalti pubblici, per garantire parità di condizioni e utilizzare gli appalti come strumento strategico per perseguire obiettivi politici fondamentali, quali i principi dell’economia circolare.

3.   Comunicazione — Individuare e affrontare le barriere al mercato unico [COM(2020) 93 final] — INT/908

3.1.   Ostacoli al mercato unico

3.1.1.

La comunicazione della Commissione volta a individuare e affrontare le barriere al mercato unico si concentra sulle 13 principali barriere dal punto di vista degli utenti e dimostra che si tratta di ostacoli non solo di carattere normativo o amministrativo, ma anche pratico. Le imprese o i consumatori che operano nell’UE si trovano spesso ad affrontare diversi vincoli contemporaneamente. Gli utenti più penalizzati da questa situazione sono le piccole e medie imprese (PMI), i professionisti e i consumatori.

3.1.2.

Al fine di proporre possibili soluzioni a livello di UE e di Stati membri, la comunicazione individua cinque principali cause di fondo: scelte normative a livello nazionale e di UE; recepimento nel diritto nazionale, attuazione e applicazione della legislazione; capacità e prassi amministrative degli Stati membri; contesto imprenditoriale e di consumo generale; e cause profonde non collegate alla politica pubblica, come per esempio la lingua e la cultura.

3.1.3.

A volte risulta che gli Stati membri violano le norme concordate sul mercato unico o creano e tollerano ostacoli nel diritto nazionale, con l’obiettivo di inserire un ulteriore livello di protezione nel loro mercato e di ottenere vantaggi per le imprese nazionali.

3.2.   Osservazioni generali

3.2.1.

Il CESE prende atto che nella comunicazione della Commissione vengono individuati i principali ostacoli che ancora si frappongono a un vero mercato unico. Tali barriere non sono solo di natura normativa o amministrativa, ma anche pratica, il che significa che le imprese o i consumatori che operano nell’UE si trovano spesso ad affrontare diversi vincoli contemporaneamente. Questa situazione ha un impatto negativo soprattutto sulle PMI e sui liberi professionisti.

3.2.2.

Il CESE reputa che, per essere efficace, una strategia di attuazione debba: 1) basarsi su un forte partenariato che coinvolga tutte le parti interessate; 2) consentire una maggiore cooperazione a livello europeo tra le reti esistenti dei servizi di contrasto per garantire che le violazioni siano colpite e che i problemi complessi che interessano più settori contemporaneamente vengano affrontati; 3) mettere a punto strategie e mezzi per affrontare in modo efficiente le violazioni su vasta scala delle norme dell’UE, in modo da intraprendere un’unica azione coercitiva intesa a proteggere tutte le parti interessate e a garantire l’applicazione della legge a livello transnazionale; 4) sfruttare il potenziale offerto dalle nuove tecnologie per promuovere azioni di applicazione più efficienti e una più stretta sorveglianza del mercato.

3.2.3.

Il CESE ritiene che per troppo tempo l’applicazione insufficiente o inadeguata delle norme dell’UE sia stata il tallone d’Achille del diritto dell’UE e abbia fatto sì che molti casi di frode e di pratiche illegali non siano stati affrontati. Una rigorosa applicazione del diritto dell’UE è essenziale per rafforzare la fiducia dei consumatori e per consentire alle imprese, ai lavoratori e ai consumatori di sfruttare appieno il potenziale del mercato unico.

3.2.4.

I danni causati al mercato unico dalla crisi determinata dalla COVID-19 amplificheranno quelli derivanti dal recesso del Regno Unito dall’UE. Questo potrebbe significare che, una volta superata la pandemia, le differenze tra i paesi dell’UE in termini di sviluppo economico, garanzie sociali e livelli di prosperità aumenteranno, con ripercussioni sul mercato unico e il suo sviluppo.

3.2.5.

Il CESE ritiene che l’attuale contesto generale tenda a riportare sempre più il mercato interno a una mera area di libero scambio, facendolo diventare non il risultato naturale di un progetto politico sovranazionale, bensì solo il minimo denominatore comune degli interessi nazionali dei diversi paesi.

3.2.6.

Il CESE esorta pertanto le istituzioni europee e le pertinenti organizzazioni della società civile a informare chiaramente che i cittadini europei in merito ai limiti del mercato unico, in modo che abbiano un’idea realistica di ciò che possono effettivamente aspettarsi dalla sua realizzazione e applicazione. Per questo è importante non imporre misure talora superflue e senza giustificazione, che di fatto ostacolano soltanto il funzionamento delle imprese, specialmente delle PMI (11), incluse le libere professioni, oppure misure di armonizzazione completa non difendibili, perché altri principi di natura diversa devono prevalere come per esempio i diritti e la protezione dei consumatori. Il mercato unico deve rispettare il principio della Forza nella diversità che dovrebbe essere un cardine della politica europea accanto alle questioni dell’armonizzazione.

3.2.7.

Un ruolo importante è rivestito dalla normalizzazione o standardizzazione secondo il modello del «nuovo approccio», applicato non soltanto ai prodotti ma anche ai servizi.

3.2.8.

L’elaborazione di un piano a lungo termine come quello preparato dalla Commissione e volto ad eliminare le barriere ancora esistenti è un’impresa ambiziosa e condivisibile, ma essa deve andare di pari passo con un forte investimento sui processi di informazione, avvertimento, apprendimento, formazione, integrazione e normazione.

3.3.   La dimensione sociale del mercato unico

3.3.1.

Il CESE reitera l’invito alla Commissione a prendere in considerazione la dimensione sociale dell’UE, con l’obiettivo di promuovere la creazione di posti di lavoro di qualità e dignitosi, favorire la mobilità transfrontaliera, migliorare le capacità e le competenze, intensificare gli investimenti nelle PMI che ritengono di essere particolarmente vincolate dalle norme imposte dalla UE e di essere quelle che traggono in assoluto meno benefici dalla situazione attuale. Per questo motivo, il CESE accoglie con favore l’adozione della strategia per le PMI per un’Europa digitale e sostenibile.

3.3.2.

Il CESE ritiene che le norme previste per il mercato unico abbiano valore solo nella misura in cui esse consentiranno di sviluppare una sana economia sociale di mercato per prevenire la povertà, le disuguaglianze, la discriminazione e l’esclusione sociale, con un’attenzione particolare all’inclusione dei giovani nella società.

3.3.3.

La percezione diffusa tra PMI e lavoratori dipendenti di essere coloro che più hanno perso a causa delle crisi economiche, dell’introduzione dell’euro e, ora, della gravissima pandemia che ha portato l’economia europea alla recessione in atto, richiede che ogni intervento in favore di un mercato unico europeo vada calibrato attraverso una comunicazione più semplice, diretta ed efficace, una de-burocratizzazione delle procedure e norme scritte in forma comprensibile per tutti.

3.3.4.

Il CESE invita inoltre la Commissione a integrare nell’ottica dell’economia verde e nel proprio piano d’azione per il mercato unico norme per il settore dell’economia sociale che garantiscano parità di condizioni per le imprese dell’economia sociale e promuovano lo sviluppo del settore.

3.3.5.

Il sostegno ai giovani imprenditori e ai prodotti e servizi innovativi costituisce un elemento chiave del programma per la realizzazione del mercato unico. Il CESE giudica positivamente la scelta di sostenere nuovi modelli commerciali, in particolare l’economia circolare, le tecnologie avanzate, soluzioni a basse emissioni di CO2 ed efficienti nell’uso delle risorse e altre iniziative, volte ad esempio a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese, ad attrarre talenti e a migliorare le competenze del personale.

3.3.6.

Il CESE concorda con l’idea di sostenere quelle PMI che investono in progetti digitali. Tali progetti, peraltro, dovrebbero essere concepiti in modo da recare benefici alle imprese, ai consumatori e alla società civile nel suo complesso.

3.4.   Osservazioni specifiche

3.4.1.

Il CESE sottolinea le difficoltà con cui si scontrano le imprese europee nel competere sui mercati mondiali con oligopoli o monopoli, che in alcuni casi sono detenuti dagli Stati. Ne sono un esempio l’industria ferroviaria, i trasporti aerei, le torri eoliche e altri settori, dove le imprese europee si trovano ad affrontare una concorrenza feroce (da parte di imprese di paesi terzi, soprattutto cinesi).

3.4.2.

Il CESE affianca la Commissione nella sua lotta per la conformità dei prodotti condotta attraverso piattaforme online per garantire che non vengano immessi sul mercato prodotti illegali e non sicuri. In particolare sottolinea l’importanza di ogni attività tesa a verificare la conformità dei prodotti venduti su piattaforme online e per rispondere alle sfide in materia di sicurezza dei prodotti nelle vendite online e nella catena di approvvigionamento online a livello mondiale.

3.4.3.

Il CESE raccomanda tuttavia che la Commissione nell’ambito di questo lavoro prenda in considerazione anche questioni quali l’intelligenza artificiale, le comunicazioni commerciali, il marketing e la pubblicità, le garanzie legali e contrattuali nella vendita di beni e servizi, nonché disposizioni specifiche per l’attuazione e l’applicazione del mercato interno nei settori bancario e assicurativo.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  COM(2020) 94 final.

(2)  COM(2020) 93 final.

(3)  GU L 173 del 9.7.2018, pag. 25.

(4)  COM(2016) 821 final.

(5)  GU L 173 del 9.7.2018, pag. 25.

(6)  COM(2020) 102 final.

(7)  Cfr. GU C 43 del 15.2.2012, pag. 14 e gli altri pareri precedentemente citati.

(8)  Cfr. l’elenco allegato.

(9)  Il CESE a questo tema ha dedicato vari pareri, tra cui vanno segnalati i seguenti: GU C 309 del 16.12.2006, pag. 1, GU C 324 del 30.12.2006, pag. 1, GU C 162 del 25.6.2008, pag. 1, GU C 228 del 22.9.2009, pag. 40 e GU C 128 del 18.5.2010, pag. 97.

(10)  COM(2016) 821 final.

(11)  GU C 376 del 22.12.2011, pag. 51


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/124


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il momento dell'Europa: riparare i danni e preparare il futuro per la prossima generazione»

[COM(2020) 456 final]

sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il bilancio dell'UE come motore del piano per la ripresa europea»

[COM(2020) 442 final]

sulla «Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce uno strumento dell'Unione europea per la ripresa a sostegno dell'economia dopo la pandemia di COVID-19»

[COM(2020) 441 final/2 — 2020/0111 (NLE)]

sulla «Proposta modificata di regolamento del Consiglio che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027»

[COM(2020) 443 final — 2018/0166 (APP)]

sulla «Proposta modificata di decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea»

[COM(2020) 445 final — 2018/0135 (CNS)]

sulla «Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (UE, Euratom) n. 1311/2013 che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020»

[COM(2020) 446 final — 2020/0109 (APP)]

e sulla «Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce Orizzonte Europa — il programma quadro di ricerca e innovazione — e ne stabilisce le norme di partecipazione e diffusione, decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'istituzione del programma specifico di attuazione di Orizzonte Europa — il programma quadro di ricerca e innovazione, regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce lo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale, regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell'ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC) e finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga il regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio»

[COM(2020) 459 final — 2018/0224 COD]

(2020/C 364/17)

Relatore generale:

Petru Sorin DANDEA

Relatore generale:

Tommaso DI FAZIO

Relatore generale:

Petr ZAHRADNÍK

Consultazione

Parlamento europeo, 17.6.2020 [COM(2020) 459 final — 2018/0224 COD]

Consiglio dell'Unione europea, 10/06/2020 [COM(2020) 459 final — 2018/0224 COD]

Commissione europea, 17.6.2020:

COM(2020) 441 final/2 — 2020/0111 (NLE)

COM(2020) 442 final

COM(2020) 443 final — 2018/0166 (APP)

Commissione europea, 2.7.2020:

COM(2020) 445 final — 2018/0135 (CNS)

COM(2020) 446 final — 2020/0109 (APP)

COM(2020) 456 final

Base giuridica

Art. 43, par. 2, art. 173, par. 3, art. 182, par. 1, art. 188 e art. 304 TFUE

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Decisione dell'Ufficio di presidenza

9.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

206/4/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE è consapevole delle gravi conseguenze economiche e sociali della pandemia di COVID-19 in tutti gli Stati membri. Per questo motivo sostiene con vigore la proposta della Commissione — Next Generation EU — quale strumento specifico per una ripresa rapida ed efficace. La Commissione ha tenuto conto delle asimmetrie economiche e sociali causate dalle misure adottate dopo la crisi del 2008 e ha fondato le proprie azioni sul principio di solidarietà tra tutti i paesi, senza escludere nessuno. Essa sta tornando ai valori fondanti dell'Unione europea sanciti dal Trattato istitutivo, che sta attuando in modo determinante e deciso.

1.2.

Il CESE conosce perfettamente la grave e straordinaria situazione economica dovuta alla pandemia e valuta favorevolmente l'insieme delle misure adottate per alleviarne gli effetti negativi sui risultati economici. Tali effetti sono di vario tipo, e includono non soltanto uno shock di domanda senza precedenti e una riduzione di liquidità, ma anche la sospensione delle catene di approvvigionamento e gravi problemi sul versante dell'offerta, con l'interruzione delle catene logistiche e con molte aziende alle prese con problemi legati ai componenti, alla forza lavoro, alle materie prime ecc., e costrette di conseguenza a interrompere la produzione. In questo senso, anche le misure adottate devono essere eccezionali, e il CESE chiede che siano di ampissimo raggio.

1.3.

Il CESE plaude pertanto alla decisione di dotare l'Unione di un importante strumento finanziario che consenta a tutti gli Stati membri di conseguire una ripresa economica e sociale rapida ed effettiva. Il CESE accoglie altresì con favore la decisione della Commissione di istituire un fondo straordinario per la ripresa con tutti gli strumenti necessari per rilanciare l'economia dell'Unione e per riaffermare inoltre la sua posizione competitiva a livello globale, unitamente alle conquiste sociali che contraddistinguono l'Unione stessa e che devono restare anch'esse un obiettivo fondamentale.

1.4.

Il CESE valuta molto positivamente le due decisioni principali della Commissione. La prima riguarda l'introduzione di uno strumento finanziario straordinario per la ripresa nell'ambito del quadro finanziario pluriennale (QFP). Il QFP è uno strumento il cui iter è regolato da norme accettate da tutti gli Stati membri, uno strumento che funziona bene da molto tempo e che è quindi assolutamente funzionale. La seconda decisione principale consiste nell'aumentare i prestiti comuni europei, che saranno rimborsati in un lungo arco di tempo, e impedire che gli oneri finanziari straordinari ricadano a breve termine direttamente sugli Stati membri, i quali stanno tutti soffrendo, in misura più o meno grave ma senza eccezione alcuna, degli effetti economici e sociali negativi della pandemia.

1.5.

Tale decisione ha portato la Commissione a chiedere l'autorizzazione per sfruttare l'elevato rating del credito dell'Unione sul mercato finanziario in modo da aumentare, in tranches successive, i prestiti comuni europei a lunghissimo termine con bassi tassi di interesse per tutti gli Stati membri. Lo sforzo finanziario deve contribuire a rilanciare quanto prima l'economia europea, a ripristinare la fiducia e a creare un'Unione più sostenibile ed equa.

1.6.

Il CESE accoglie con favore le due importanti decisioni adottate perché, come ripetutamente affermato nei documenti legislativi e non legislativi presentati, le economie degli Stati membri non possono più sostenere autonomamente gli effetti avversi della crisi, dato che sono tutte fortemente dipendenti le une dalle altre in virtù dei molti anni di consolidamento del mercato unico, che ha avuto l'effetto positivo previsto dai fondatori dell'Unione e dai Trattati istitutivi.

1.7.

Nel complesso, nel più ampio contesto dell'intero QFP, il programma Next Generation EU lancia un segnale su come mobilitare e utilizzare in futuro le risorse finanziarie comuni europee. Inoltre, l'importo totale di 750 miliardi di EUR può sembrare enorme, ma non è certo al di fuori della portata dei mezzi economici dell'Unione (è pari soltanto al 4,1 % del PIL europeo del 2019) e può essere rimborsato interamente entro il 2058.

1.8.

Il CESE apprezza l'approccio innovativo e originale adottato dalla Commissione europea per aumentare la base di bilancio dell'Unione dall'1,1 all'1,7 % circa del PIL dell'UE in termini omogenei, o persino di più qualora dovesse rendersi necessario in futuro. Il CESE considera tale risposta un segnale positivo riguardo ai modi di mobilitare e utilizzare in futuro le risorse finanziarie comuni europee in maniera moderna.

1.9.

Il CESE accoglie con particolare favore il fatto che il nuovo strumento proposto dovrebbe essere coordinato strettamente con il processo del semestre europeo, che ha dimostrato la propria efficienza, e appoggia la proposta che gli Stati membri specifichino le proprie esigenze in piani nazionali di ripresa e resilienza.

1.10.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione sul bilancio dell'UE che intende introdurre ulteriori, autentiche risorse proprie basate su una serie di imposte di vario tipo (gettito proveniente dal sistema di scambio di quote di emissione dell'UE e dalla tassazione del digitale e dei redditi delle grandi imprese). In particolare, il CESE sottolinea che l'ingente sostegno finanziario richiesto dagli Stati membri dell'Unione per superare la crisi economica dovrebbe essere accompagnato da un progetto più ambizioso di riforma fiscale, un'Unione fiscale, volto a definire un regime fiscale armonizzato, fondato sui principi di concorrenza equa e solidarietà, e a evitare le distorsioni e discriminazioni esistenti nei paesi dell'UE che hanno condotto a comportamenti opportunistici sia da parte degli Stati che dei singoli contribuenti, indebolendo l'unità del mercato unico.

1.11.

Il CESE invita la Commissione europea a elaborare un documento di riferimento fortemente condiviso e consensuale sulle risorse finanziarie proprie dell'UE; il CESE, pur comprendendo che lo strumento Next Generation EU dovrà essere rimborsato in un lungo arco di tempo, reputa che la soluzione definitiva riguardante le risorse proprie debba essere adottata ben prima di tale data.

1.12.

Il CESE esorta vivamente a rendere quanto prima operative le misure proposte dalla Commissione, considerando che il fattore tempo è essenziale. Invita pertanto il Consiglio a raggiungere senza indugi un accordo unanime, persuadendo gli Stati membri che ancora si oppongono al piano del valore dell'unità e della coesione in questo momento difficile e ricordando loro che tutti i paesi, nessuno escluso, sono economicamente e socialmente interdipendenti.

1.13.

Il CESE osserva infine che la crisi ha evidenziato nuovamente la necessità di accelerare le riforme intraprese per la zona euro e di superare i limiti che ancora impediscono un'autentica integrazione economica, sociale, fiscale e politica. Il CESE aveva già sottolineato tale esigenza in occasione della precedente crisi finanziaria esplosa nel 2008.

2.   Sintesi della proposta della Commissione

2.1.

In risposta alla pandemia di COVID-19 e alle sue immediate conseguenze economiche e sociali, il 27 giugno 2020 la Commissione europea ha proposto uno strumento di ripresa temporaneo da 750 miliardi di EUR, chiamato Next Generation EU, per accrescere la potenza di fuoco del bilancio dell'Unione.

2.2.

Lo strumento per la ripresa è integrato in un quadro finanziario pluriennale rinforzato per il 2021-2027, capace di orientare rapidamente gli investimenti là dove sono più necessari, rafforzare il mercato unico, intensificare la cooperazione in settori quali la salute e la gestione delle crisi e dotare l'Unione di un bilancio a lungo termine che le consenta di promuovere la transizione verde e digitale e costruire un'economia più equa e resiliente.

2.3.

Il piano per la ripresa comprende una componente a fondo perduto di 440 miliardi di EUR che sarà distribuita tra tutte le rubriche del bilancio. Altri 60 miliardi di EUR saranno stanziati per le garanzie, e circa 250 miliardi di EUR saranno concessi in prestito agli Stati membri.

2.4.

Per finanziare le misure proposte per la ripresa, la Commissione contrarrà, a nome e per conto dell'Unione, prestiti sui mercati finanziari fino a 750 miliardi di EUR per finanziare misure per la ripresa nel periodo 2021-2024.

2.5.

Affinché ciò sia possibile la Commissione si avvarrà del margine costituito dalla differenza tra il massimale delle risorse proprie del bilancio a lungo termine (pari all'importo massimo dei fondi che l'Unione può chiedere agli Stati membri per onorare i suoi obblighi finanziari) e il massimale della spesa effettiva (massimale di pagamento del QFP).

2.6.

Il massimale delle risorse proprie sarà incrementato in via eccezionale e temporanea di 0,6 punti percentuali. Tale aumento si aggiungerà al massimale permanente delle risorse proprie, pari all'1,4 % del reddito nazionale lordo dell'UE, proposto in considerazione delle incertezze economiche e della Brexit. L'aumento di 0,6 punti percentuali cesserà quando saranno stati rimborsati tutti i fondi e saranno state riassorbite tutte le passività.

2.7.

Con questo margine di bilancio dell'UE a garanzia, l'Unione sarà in grado di emettere debito a condizioni relativamente vantaggiose rispetto a molti Stati membri singolarmente. I fondi raccolti saranno rimborsati dai futuri bilanci dell'UE a partire da dopo il 2027 e al più tardi entro il 2058. I prestiti saranno rimborsati dagli Stati membri debitori.

2.8.

Poiché il prestito ammonta a 250 miliardi di EUR, l'UE deve restituire collettivamente 500 miliardi di EUR mediante il meccanismo delle risorse proprie (tuttavia, l'UE risponderebbe anche delle sofferenze sui crediti da parte degli Stati membri sui rimanenti 250 miliardi di EUR).

2.9.

Per agevolare la restituzione dei fondi raccolti sul mercato e contribuire a ridurre ulteriormente la pressione sui bilanci nazionali, la Commissione proporrà, in una fase successiva del periodo finanziario 2021-2027, nuove risorse proprie in aggiunta a quelle già proposte. Tali risorse saranno strettamente correlate alle priorità dell'Unione (cambiamenti climatici, economia circolare ed equità fiscale).

2.10.

L'uso delle risorse del pacchetto per la ripresa poggia su tre pilastri.

2.10.1.

PILASTRO 1 — Sostenere gli Stati membri negli sforzi per riprendersi dalla crisi, superarne gli effetti e riemergerne più forti. Ciò comprende una serie di strumenti volti a sostenere gli investimenti e le riforme negli Stati membri, concentrandosi sugli ambiti in cui gli effetti della crisi e le esigenze di resilienza sono maggiori:

un nuovo dispositivo per la ripresa e la resilienza da 560 miliardi di EUR, destinato a investimenti e riforme per la ripresa e la resilienza;

l'iniziativa REACT-EU fornirà 55 miliardi di EUR di fondi aggiuntivi per la politica di coesione da qui al 2022;

modifiche del Fondo sociale europeo Plus;

una proposta di rafforzare il Fondo per una transizione giusta, portandolo a 40 miliardi di EUR;

una proposta di irrobustire il bilancio del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale con 15 miliardi di EUR.

2.10.2.

PILASTRO 2 — Rimettere in moto l'economia e stimolare gli investimenti privati:

un nuovo strumento di sostegno alla solvibilità, che, facendo leva sulla garanzia di bilancio dell'UE, mobiliterà risorse private per sostenere con urgenza il capitale delle imprese europee sane, qualunque sia il settore in cui esse operano;

il rafforzamento di InvestEU, un programma particolarmente adatto a mobilitare gli investimenti e sostenere le politiche dell'Unione durante la ripresa in settori come le infrastrutture sostenibili, l'innovazione e la digitalizzazione;

nel quadro di InvestEU, la Commissione propone di creare un dispositivo per gli investimenti strategici che sviluppi l'autonomia strategica delle catene di approvvigionamento essenziali a livello europeo allo scopo di rendere l'Europa più resiliente.

2.10.3.

PILASTRO 3 — Apprendere dalla crisi e rispondere alle sfide strategiche cui deve far fronte l'Europa:

un nuovo programma in ambito sanitario — «UE per la salute» (EU4Health) — da 9,4 miliardi di EUR per dotare l'Unione delle capacità critiche per reagire rapidamente a future crisi;

un incremento di 2 miliardi di EUR per rescEU, il meccanismo di protezione civile dell'Unione;

un rafforzamento di Orizzonte Europa, la cui dotazione finanziaria sarebbe portata a 94,4 miliardi di EUR;

un aumento dello strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale, che sarebbe portato a 86 miliardi di EUR, tramite una nuova garanzia per le azioni esterne, e 1 ulteriore miliardo di EUR al Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile;

il rafforzamento dello strumento per gli aiuti umanitari con 5 miliardi di EUR.

2.11.

In aggiunta agli interventi finanziati da Next Generation EU, la Commissione propone di potenziare altri programmi affinché possano svolgere pienamente il loro ruolo, rendendo l'Unione più resiliente e rispondendo alle sfide poste dalla pandemia e dalle sue conseguenze:

il programma Europa digitale; il meccanismo per collegare l'Europa; il programma per il mercato unico e i programmi che promuovono la cooperazione nei settori della fiscalità e delle dogane; Erasmus Plus; Europa creativa; la politica agricola comune e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca; il Fondo Asilo e migrazione e il Fondo per la gestione integrata delle frontiere; il Fondo sicurezza interna e l'assistenza preadesione dell'Unione.

2.12.

Il fondo per la ripresa è incluso nella struttura di bilancio dell'UE. Di conseguenza, l'erogazione dovrà essere pianificata ed è associata al semestre europeo (e quindi alla condizionalità macroeconomica), oltre ad essere collegata al sistema di gestione e controllo del bilancio della Commissione europea e soggetta al controllo di bilancio del Parlamento europeo.

2.13.

Per traghettare il periodo di transizione fino alla ratifica della decisione modificata sulle risorse proprie e destinare a lavoratori, imprese e Stati membri i finanziamenti urgentemente necessari già nel 2020, la Commissione propone inoltre di adeguare l'attuale bilancio a lungo termine 2014-2020 in modo da disporre di un margine di spesa maggiore nel 2020 per l'appunto.

2.14.

La strategia di crescita dell'UE, il Green Deal europeo — compreso il meccanismo per una transizione giusta proposto in gennaio — e le strategie digitale e industriale dell'Unione sono di vitale importanza per una ripresa sostenibile dell'UE e restano al centro delle proposte della Commissione, in quanto fondamentali per sospingere la nostra economia e preparare il futuro delle prossime generazioni. Gli investimenti e le riforme necessarie alla loro realizzazione dovranno pertanto essere inclusi in tutti i piani nazionali per la ripresa e la resilienza.

2.15.

Sebbene nel maggio 2018 la Commissione abbia proposto di eliminare tutte le correzioni sul versante delle entrate (i cosiddetti «sconti»), adesso, alla luce dell'impatto della pandemia di COVID-19, la Commissione ritiene che l'eliminazione delle correzioni nei tempi allora proposti, aggiungendosi al piano per la ripresa, comporterebbe aumenti sproporzionati dei contributi a carico di alcuni Stati membri nel prossimo bilancio di lungo termine. Onde evitare queste conseguenze, la Commissione propone di eliminare gradualmente le attuali correzioni nel corso di un periodo molto più lungo.

2.16.

La proposta di regolamento, presentata dalla Commissione, sulla protezione del bilancio dell'UE da carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto rimane un altro elemento chiave del pacchetto per la ripresa.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Per quanto riguarda il piano per la ripresa che la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha presentato al Parlamento europeo il 27 maggio 2020, il CESE apprezza particolarmente e condivide le profonde e significative motivazioni che hanno condotto all'istituzione di Next Generation EU. Questo strumento rappresenta un patto equo tra le generazioni che condurrà alla creazione di un'Unione europea più forte e orientata al futuro. Esso disporrà delle risorse adatte per renderla più forte e coesa, in modo che le future generazioni possano trarne ampiamente beneficio, invece di essere costrette soltanto a sostenere l'onere dei debiti a lunghissimo termine contratti oggi.

3.2.

Il CESE ritiene che la proposta sia straordinaria, e persino rivoluzionaria, per le seguenti ragioni:

per la prima volta, le risorse di bilancio dell'UE saranno utilizzate con un debito implicito, che sarà rimborsabile nel corso dei prossimi 30 anni;

per la prima volta, le risorse sarebbero reperite sui mercati finanziari e la soluzione sarebbe verificata sul mercato; in questo periodo, l'importo totale sarebbe garantito dall'UE nel suo insieme;

la soluzione potrebbe condurre a un futuro aumento delle risorse proprie dell'UE e a una corrispondente riduzione della dipendenza diretta dai contributi degli Stati membri;

aumenterebbe altresì la base finanziaria dell'UE, dall'attuale 1,1 % del PIL dell'Unione a circa l'1,7 % in termini omogenei;

la soluzione assicura un forte sostegno non soltanto per quanti sono direttamente colpiti dalla pandemia, ma anche per chi ha bisogno di assistenza per le riforme strutturali;

la proposta si basa in larga misura sull'uso di strumenti finanziari, il che assicura una ridistribuzione più efficiente delle risorse.

3.3.

In questa fase è necessario evitare ripercussioni negative reciproche, dimostrando solidarietà nei confronti dei paesi maggiormente colpiti dalla pandemia e/o delle economie più deboli a causa degli attuali squilibri e limiti della zona euro.

3.4.

Il CESE prende atto dell'annuncio del programma Next Generation EU e della proposta, presentata nella proposta modificata riguardante il QFP 2021-2027, di aumentare la base di bilancio dell'UE e di adattarla alle attuali esigenze urgenti. Le misure di bilancio proposte integrano inoltre le azioni già intraprese a livello di politiche monetarie e strutturali e nei quadri normativi.

3.5.

In diversi pareri precedenti, e in particolare nel parere del 2018 sul QFP 2021-2027, il CESE ha invitato a garantire all'Unione un bilancio robusto, dotandola delle risorse finanziarie necessarie per dare un seguito credibile alla sua agenda politica (1).

3.6.

In termini di finanziamento del bilancio dell'Unione, il CESE e il Parlamento europeo chiedono da tempo di assicurare risorse proprie sufficientemente ampie, autonome, trasparenti ed eque, e di allontanarsi dal sistema dominante dei contributi basati sull'RNL. Il CESE condivide le conclusioni del gruppo di alto livello sulle risorse proprie presieduto da Mario Monti (2). Le soluzioni per aumentare le entrate dovrebbero integrare e rafforzare gli obiettivi delle politiche dell'UE. Il CESE accoglie pertanto con favore la proposta della Commissione di ulteriori, autentiche risorse proprie (3).

3.7.

Il CESE invita la Commissione europea a elaborare un documento di riferimento politico e un test di fattibilità per le risorse finanziarie proprie. Il CESE è consapevole che ci vorrà del tempo prima che venga adottata una soluzione definitiva. Sarebbe tuttavia estremamente utile se l'attuale incertezza riguardante i modi di finanziamento del bilancio dell'UE potesse essere eliminata. Senza una soluzione definitiva, l'intera concezione in discorso è estremamente vulnerabile.

3.8.

Il CESE prende atto della proposta della Commissione, nel contesto del piano per la ripresa, di eliminare gradualmente le attuali correzioni per taluni Stati membri contributori netti nell'arco di un periodo più lungo rispetto a quello proposto nel 2018. Nondimeno, il CESE mantiene la posizione già espressa nei suoi recenti pareri, in cui chiede in definitiva di eliminare tutte le correzioni (4).

3.9.

Essendo stato inserito nel bilancio dell'UE, il programma Next Generation EU è inevitabilmente collegato al semestre europeo, in termini di condizionalità, e al sistema di gestione e controllo della Commissione, a sua volta soggetto anche al controllo del Parlamento europeo. Il CESE sottolinea che i potenziali conflitti tra gli Stati membri e la Commissione o tra la Commissione e il Parlamento europeo potrebbero causare significativi ritardi nell'erogazione dei fondi.

3.10.

Il CESE ritiene che gli Stati membri debbano migliorare notevolmente la loro capacità di programmazione se vogliono poter distribuire fondi aggiuntivi per un importo di 165 miliardi di EUR nei primi tre anni del nuovo quadro finanziario e utilizzarli in modo efficace. Il Comitato raccomanda inoltre che la Commissione consideri la possibilità di rendere le norme più flessibili onde sostenere gli Stati membri nella programmazione aggiuntiva richiesta.

3.11.

Il CESE accoglie con favore la lettera inviata dai presidenti dei principali gruppi politici del Parlamento europeo con cui si esorta il Consiglio europeo a trovare rapidamente un accordo sulla base della proposta della Commissione. Il CESE concorda altresì con la risoluzione del Parlamento del 15 maggio 2020, in cui esso invita a presentare un pacchetto per la ripresa da 2 000 miliardi di EUR per far fronte alle conseguenze della COVID-19 (5).

3.12.

Il CESE riconosce che il pacchetto per l'istituzione di uno strumento per la ripresa e l'adeguamento del QFP 2021-2027 alle esigenze del periodo post COVID-19 è considerato un passo straordinario nel finanziamento dell'UE, ma è anche necessario e urgente. La politica di bilancio dell'UE nelle attuali circostanze non sarebbe stata sufficientemente flessibile e non avrebbe potuto sostenere alcuna azione tangibile utile a superare la situazione di crisi.

3.13.

Il CESE comprende altresì che la proposta è la migliore possibile nelle attuali circostanze politiche.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

In merito al dispositivo per la ripresa e la resilienza, il CESE apprezza vivamente il collegamento proposto con il semestre europeo e con i piani per la ripresa e la resilienza che possono costituire la base e il riferimento per i finanziamenti.

4.2.

Per quanto riguarda l'iniziativa REACT-EU, il CESE accoglie con favore non soltanto l'aumento piuttosto cospicuo della base della politica di coesione, ma anche le norme di flessibilità eccezionale introdotte per assicurare un sostegno significativo ai settori che necessitano di un intervento e alle priorità urgenti.

4.3.

Il CESE sostiene altresì con vigore il considerevole aumento delle dotazioni al Fondo per una transizione giusta e le misure proposte negli altri pilastri del meccanismo per una transizione giusta. Il sistema studiato può ora sostenere in modo più semplice ed efficace il cambiamento strutturale verso attività economiche nuove e più diversificate, che è un aspetto cruciale del Green Deal europeo.

4.4.

Per tornare alla situazione economica precedente alla crisi, è estremamente importante creare condizioni favorevoli per gli investimenti privati. Il CESE accoglie con favore la proposta di istituire uno strumento di sostegno alla solvibilità, che dovrebbe aiutare le imprese sane colpite dalla pandemia.

4.5.

Il CESE apprezza i contenuti del secondo pilastro del programma Next Generation EU, incentrati sulla ripresa dell'attività di investimento, che sarà sostenuta mediante strumenti finanziari innovativi.

4.6.

Il CESE accoglie con favore i contenuti del terzo pilastro del programma Next Generation EU, rivolti ad affrontare problematiche che finora rientravano principalmente nelle competenze degli Stati membri.

4.7.

Il CESE ritiene che la struttura del programma Next Generation EU sia equilibrata e adatta alle esigenze cui devono far fronte le risorse comuni dell'UE, nonché rispettosa del principio di sussidiarietà.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106, GU C 81 del 2.3.2018, pag. 131, GU C 75 del 10.3.2017, pag. 63 e GU C 34 del 2.2.2017, pag. 1.

(2)  Future Financing: Final report and recommendations of the High-Level Group on Own Resources (Il finanziamento futuro: relazione finale e raccomandazioni del gruppo ad alto livello sulle risorse proprie), dicembre 2016, https://ec.europa.eu/budget/mff/hlgor/library/reports-communication/hlgor-report_20170104.pdf.

(3)  GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106 e GU C 81 del 2.3.2018, pag. 131.

(4)  GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106.

(5)  https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2020-0124_IT.html


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/132


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un dispositivo per la ripresa e la resilienza»

[COM(2020) 408 final — 2020/0104 (COD)]

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento di sostegno tecnico»

[COM(2020) 409 final — 2020/0103 (COD)]

(2020/C 364/18)

Relatore generale:

Dimitris DIMITRIADIS

Consultazione

Consiglio dell'Unione europea, 10.6.2020

Parlamento europeo, 17.6.2020

Base giuridica

Articoli 175, paragrafo 3, e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Sezione Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

 

 

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

208/4/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE accoglie con favore la proposta di un dispositivo per la ripresa e la resilienza (il «dispositivo») (1).

1.2

Al di là della sua dimensione economica, la proposta della Commissione vale essenzialmente anche a promuovere l'approfondimento e l'unificazione della famiglia europea, in quanto rafforza la solidarietà e la cooperazione tra gli Stati membri.

1.3

La proposta della Commissione europea dimostra, tra le altre cose, come, in presenza di un'adeguata volontà politica, l'Unione europea possa far fronte in modo efficace a gravi crisi, fornire soluzioni serie e credibili e raggiungere i compromessi necessari e realistici, contribuendo in ultima analisi alla promozione fattiva dell'ideale europeo.

1.4

Secondo il CESE, il dispositivo dovrebbe sostenere la transizione verso la neutralità climatica e l'economia digitale ricorrendo ai fondi del programma Next Generation EU (2) per contribuire ad alleviare l'impatto socioeconomico della transizione nelle regioni più duramente colpite.

1.5

Alla luce della crisi della Covid-19, la necessità di una ripresa sostenibile, verde e digitale è divenuta ancora più impellente, così come l'esigenza di fornire un sostegno alle regioni più vulnerabili.

1.6

Il CESE ha già affermato chiaramente di essere «favorevole alla creazione di uno stretto collegamento tra il programma di sostegno alle riforme (3) e il semestre europeo» (4). I piani presentati dagli Stati membri, pertanto, dovrebbero affrontare le sfide principali individuate nel semestre europeo ed essere armonizzati con i principi del Green Deal europeo e dell'agenda digitale.

1.7

È necessario un coordinamento rapido ed efficace delle azioni tra la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio europeo per evitare ritardi che comprometterebbero il raggiungimento degli obiettivi del dispositivo.

1.8

Dato il breve periodo di tempo entro il quale i vari piani di progetto dovrebbero essere preparati e ultimati, è necessaria una risposta immediata e completa da parte degli Stati membri.

1.9

Il CESE ritiene importante che gli Stati membri cooperino strettamente con la Commissione europea per approvare e monitorare i piani di progetto presentati nell'ambito del dispositivo e garantire che siano completati con successo.

1.10

I piani dovrebbero prevedere un sostegno finanziario diretto a favore delle piccole e medie imprese.

1.11

Il CESE ritiene molto importante che ogni misura annunciata (e in particolare quelle che forniscono un sostegno finanziario) sia accompagnata da informazioni chiare e utili per le imprese in merito al tipo di sostegno fornito, al modo in cui le PMI possono accedere effettivamente ai diversi strumenti finanziari dell'UE esistenti, ai punti di contatto a cui fare riferimento a livello dell'UE in caso di domande, agli organismi nazionali coinvolti nel transito dei fondi, agli attori nazionali a cui le PMI possono rivolgersi, al ruolo delle banche nazionali e agli obblighi da rispettare.

1.12

La presentazione, l'approvazione, il monitoraggio e il completamento dei progetti potrebbero essere accelerati coinvolgendo attivamente società di consulenza del settore privato con un'esperienza globale nei settori in questione.

1.13

Il CESE ribadisce la necessità di condividere le migliori pratiche all'interno dell'UE e di accelerare l'iter burocratico relativo all'assegnazione e all'erogazione dei fondi disponibili, con il necessario supporto tecnico della Commissione europea (5).

1.14

Il ruolo e le opinioni delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile dovrebbero essere integrati nei piani presentati dagli Stati membri. In particolare, il CESE ha già invocato un ruolo più attivo della società civile organizzata «[…] nel raggiungimento di un accordo tra la percezione della Commissione europea e quella degli Stati membri riguardo al contenuto dei programmi di riforma» (6).

1.15

Lo strumento di sostegno tecnico può fungere da efficace complemento ai pacchetti di misure proposte dalla Commissione per affrontare le conseguenze economiche della pandemia di Covid-19.

2.   Introduzione e osservazioni generali

2.1

L'obiettivo del dispositivo proposto è quello di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione, migliorando la resilienza e la capacità di adeguamento degli Stati membri, attenuando l'impatto sociale ed economico della crisi e sostenendo le transizioni verde e digitale mirate a conseguire un'Europa climaticamente neutra entro il 2050. In tal modo il dispositivo contribuirà a ripristinare il potenziale di crescita delle economie degli Stati membri nel periodo successivo alla crisi della Covid-19, incentivando la creazione di posti di lavoro e promuovendo una crescita sostenibile.

2.2

Il dispositivo sarà incentrato sulla fornitura di un sostegno finanziario non rimborsabile e prestiti per aiutare i paesi (soprattutto quelli con un reddito pro capite inferiore e con un elevato tasso di disoccupazione) ad affrontare adeguatamente i gravi effetti economici della pandemia.

2.3

I prestiti assumeranno una funzione complementare al sostegno non rimborsabile e beneficeranno delle lunghe scadenze e dei tassi di interesse favorevoli di cui usufruisce l'Unione.

2.4

La pandemia di Covid-19, che al 12 giugno 2020 è costata la vita a più di 420 000 persone, è la crisi sanitaria globale che definisce la nostra epoca (7). La Covid-19 è molto più di una crisi sanitaria: ha avuto un enorme impatto socioeconomico in tutto il mondo, la cui portata è ancora difficile da valutare. Secondo l'ultima relazione sull'economia globale della Banca mondiale dal titolo «Global Economic Prospects» (Prospettive economiche globali), del giugno 2020, lo shock del coronavirus causerà la più profonda recessione globale dalla Seconda guerra mondiale.

2.5

Le previsioni indicano che l'economia globale si contrarrà del 5,2 % nel 2020, ovvero circa il triplo rispetto alla crisi finanziaria mondiale del 2008-2009. Tra le economie avanzate, i tassi di crescita del PIL reale per il 2020 sono stimati rispettivamente del -6,1 % negli Stati Uniti e del -9,1 % nell'area dell'euro. Come afferma esplicitamente la relazione della Banca mondiale del giugno 2020 (8), poiché ci si attende che quest'anno oltre il 90 % dei mercati emergenti e delle economie in via di sviluppo (EMDE) subirà una contrazione del reddito pro capite, diversi milioni di persone rischiano di ricadere nella povertà.

La crisi della Covid-19 ha avuto le seguenti conseguenze economiche (9):

1)

una crescita dell'incertezza, che fa aumentare il risparmio precauzionale;

2)

una riduzione dei consumi;

3)

una minore propensione agli investimenti produttivi;

4)

un aumento della disoccupazione, che probabilmente sarà in parte permanente;

5)

un calo del volume del commercio globale e significative perturbazioni delle catene di approvvigionamento globali;

6)

un calo dei prezzi delle materie prime (soprattutto del petrolio), che rende particolarmente difficile il finanziamento delle partite correnti da parte degli esportatori tradizionali di materie prime;

7)

un forte aumento dei premi di rischio richiesti per la detenzione di attività a rischio.

2.6

Come è ormai noto, le misure che contribuiscono a risolvere la crisi sanitaria possono peggiorare la crisi economica e viceversa. L'appiattimento della curva della pandemia inevitabilmente accentua la curva della recessione macroeconomica e mette in pericolo tutte le catene di approvvigionamento, comprese quelle essenziali per la sopravvivenza umana (cibo e medicinali). Se l'impatto della pandemia dovesse continuare a crescere, potrebbero seguire crisi finanziarie, che comporterebbero un tracollo dell'erogazione di prestiti, una recessione globale più lunga e una ripresa più lenta. Come affermato nella summenzionata relazione della Banca mondiale del giugno 2020, i crescenti livelli di indebitamento hanno reso il sistema finanziario globale più vulnerabile allo stress dei mercati finanziari.

2.7

Pertanto, si rende necessario un intervento finanziario urgente e su ampia scala al fine di limitare le conseguenze economiche della recente crisi e di rendere le economie degli Stati membri più resilienti e meglio preparate al futuro.

2.8

Le priorità economiche dovrebbero essere le seguenti:

1)

è importante garantire che i lavoratori rimangano occupati anche se messi in quarantena o confinati in casa;

2)

i governi dovrebbero incanalare il sostegno finanziario alle istituzioni pubbliche e private che sostengono i gruppi di cittadini vulnerabili;

3)

le PMI dovrebbero essere preservate dal fallimento (la necessità di impiegare il denaro dei contribuenti per sostenere le grandi società non finanziarie è molto meno evidente);

4)

saranno necessarie politiche a sostegno del sistema finanziario, man mano che aumentano i crediti in sofferenza;

5)

occorre adottare pacchetti di misure di bilancio commisurati alla perdita di PIL dovuta alla crisi.

2.9

La Commissione propone adesso di stanziare un bilancio rafforzato dell'UE per contribuire a riparare i danni economici e sociali immediati provocati dalla pandemia di Covid-19, per avviare la ripresa e per preparare un futuro migliore per la prossima generazione. Al fine di garantire che la ripresa sia sostenibile, uniforme, inclusiva ed equa per tutti gli Stati membri, la Commissione europea propone di creare un nuovo strumento per la ripresa, denominato «Next Generation EU», integrato in un bilancio dell'UE a lungo termine solido, moderno e rinnovato. L'elemento di punta di Next Generation EU è il dispositivo per la ripresa e la resilienza (10).

3.   Principi generali del dispositivo per la ripresa e la resilienza e dello strumento di sostegno tecnico

3.1

Il CESE accoglie con grande favore e sostiene la proposta di un dispositivo per la ripresa e la resilienza (il dispositivo) e di uno strumento di sostegno tecnico (lo strumento), il cui l'obiettivo è offrire un sostegno finanziario su vasta scala per gli investimenti pubblici e le riforme, in particolare nell'ambito delle transizioni verde e digitale, che dovrebbero non solo rendere le economie degli Stati membri più resilienti e meglio preparate per il futuro, ma anche aiutarle a superare le conseguenze della pandemia in modo più rapido ed efficace.

3.2

Il CESE è profondamente preoccupato per le conseguenze economiche della pandemia negli Stati membri, soprattutto per quanto riguarda l'aumento della disoccupazione, che, in alcuni Stati membri meridionali dell'UE, colpisce addirittura il 33 % dei giovani, nonché l'incremento dei tassi di povertà.

3.3

Il Comitato concorda sul fatto che la pandemia sembra costituire il peggiore shock economico dai tempi della Grande depressione, con conseguenze devastanti per milioni di cittadini e imprese e, naturalmente, la possibilità che si aggravi il divario economico e sociale, con il rischio di una grande spaccatura (11).

3.4

Il CESE ha già sottolineato che il recente sviluppo economico «non si è verificato in modo uniforme nel territorio dell'UE e nell'area dell'euro, e che i progressi in materia di convergenza restano insoddisfacenti. Anche la questione della sostenibilità costituisce per l'UE una sfida sempre più complessa» (12).

3.5

A giudizio del CESE «l'integrazione europea si trova oggi a un bivio: una lezione che si può trarre dalla recente e prolungata crisi economica e dalle profonde ferite sociali che ha lasciato in vari Stati membri è che l'assenza di convergenza economica e sociale tra gli Stati membri e le regioni rappresenta una minaccia per la sostenibilità politica del progetto europeo e per tutti i vantaggi che ha apportato ai cittadini europei» (13).

3.6

Il CESE ritiene inoltre che «il rafforzamento della competitività dell'economia europea, ovvero la sua capacità di aumentare la produttività e il tenore di vita in modo sostenibile, diventando allo stesso tempo climaticamente neutra, non ultimo mediante la ricerca, lo sviluppo e maggiori e migliori competenze per la forza lavoro, dovrebbe proseguire di pari passo con tali iniziative» (14).

3.7

Il Comitato ritiene che «lo sviluppo della resilienza economica e del mercato del lavoro insieme alla sostenibilità economica, sociale, ambientale e istituzionale dovrebbe essere il principio guida delle politiche che favoriranno la convergenza verso l'alto e l'equità della transizione a un'economia climaticamente neutra (ossia, un'economia in cui vi sia un equilibrio tra le emissioni di gas a effetto serra e il loro assorbimento), gestendo allo stesso tempo le sfide poste dalla digitalizzazione e dai cambiamenti demografici» (15). Il CESE appoggia pertanto l'invito rivolto all'Unione europea affinché si impegni a conseguire entro il 2050 la neutralità in termini di emissioni di carbonio e ad adeguare di conseguenza l'obiettivo di riduzione dei gas a effetto serra per il 2030. La relazione 2019 sul divario delle emissioni del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) indica che le emissioni globali devono essere ridotte del 7,6 % all'anno, a partire da ora, al fine di limitare il riscaldamento globale a 1,5 oC. Ciò comporta un obiettivo di riduzione globale di almeno il 68 % entro il 2030.

3.8

Il CESE, pertanto, concorda sul fatto che il dispositivo dovrebbe avere il principale obiettivo di:

1)

promuovere la coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione;

2)

attenuare l'impatto socioeconomico della crisi; e

3)

sostenere le transizioni verde e digitale intese a rendere l'Europa climaticamente neutra entro il 2050, contribuendo in tal modo a ripristinare il potenziale di crescita delle economie degli Stati membri all'indomani della crisi della Covid-19, incentivando la creazione di posti di lavoro e promuovendo una crescita sostenibile.

3.9

Il CESE desidera sottolineare che tali investimenti e riforme dovrebbero essere incentrati sulle sfide e sulle esigenze di investimento connesse alle transizioni verde e digitale in modo da garantire una ripresa sostenibile.

3.10

È ormai ampiamente riconosciuto che le politiche di stimolo verde offrono vantaggi rispetto ai tradizionali incentivi di bilancio e che anche le politiche rispettose del clima presentano caratteristiche economiche superiori. I progetti di edilizia verde, come l'isolamento degli edifici o le infrastrutture per le energie rinnovabili, possono produrre effetti moltiplicatori più marcati grazie alla riduzione dei costi energetici a lungo termine e alle ricadute positive sull'economia in generale.

3.11

Il CESE concorda sul fatto che, oltre a destinare fondi al controllo dell'epidemia e alla relativa ricerca biomedica e a investire nella sicurezza delle frontiere, dei viaggi e del commercio, per gli istituti finanziari e i governi sia giunto il momento di adottare la tassonomia dell'UE per gli investimenti sostenibili (2019), di eliminare gradualmente i combustibili fossili mediante l'impiego delle tecnologie delle fonti energetiche rinnovabili esistenti, di riorientare le sovvenzioni dai combustibili fossili a progetti infrastrutturali verdi e intelligenti di mitigazione e adattamento al clima, di investire in economie circolari e a basse emissioni di carbonio, di passare dall'agricoltura industriale a quella rigenerativa e investire nella sicurezza alimentare, di promuovere le catene di approvvigionamento europee, di ridurre le esigenze di trasporto e di sfruttare la rivoluzione digitale entro i suoi limiti, garantendo al contempo la sicurezza delle reti TIC (16).

3.12

Il CESE concorda con l'Agenzia internazionale per l'energia sul fatto che le transizioni verso l'energia pulita possono contribuire a rilanciare l'economia europea, con un'agenda ambiziosa per la creazione di posti di lavoro e obiettivi in materia di cambiamenti climatici attraverso l'ammodernamento dei sistemi energetici. Poiché i governi promuovono, direttamente o indirettamente, oltre il 70 % degli investimenti energetici globali, in questo periodo di crisi le loro azioni sono più importanti che mai. Le politiche possono orientare attivamente gli investimenti connessi all'energia verso un percorso di maggiore sostenibilità, rendendo al contempo l'efficienza energetica, le energie rinnovabili e la capacità di stoccaggio delle batterie fattori essenziali per la ripresa economica. Si dovrebbe dare la priorità ai programmi di incentivi alle industrie dell'energia, al fine di sostenere la forza lavoro esistente, creare nuovi posti di lavoro e trainare la riduzione delle emissioni. L'Agenzia internazionale per l'energia (17) raccomanda di costruire sulla base di ciò di che è già stato fatto e di «pensare in grande». Le politiche fondate su strutture giuridiche e istituzionali esistenti sono le più facili da estendere su vasta scala.

3.13

Il CESE concorda pienamente sul fatto che il dispositivo istituito dal regolamento in esame dovrebbe contribuire all'integrazione delle azioni per il clima e della sostenibilità ambientale nelle politiche e al conseguimento dell'obiettivo globale di dedicare il 25 % della spesa di bilancio dell'UE al sostegno degli obiettivi climatici.

3.14

Il Comitato è fermamente convinto che il dispositivo dovrebbe essere incentrato principalmente sulla fornitura di un sostegno finanziario non rimborsabile per aiutare i paesi (soprattutto quelli con un reddito pro capite inferiore e con un elevato tasso di disoccupazione) ad affrontare adeguatamente i gravi effetti economici della pandemia, mentre i prestiti dovrebbero assumere una mera funzione complementare al sostegno non rimborsabile e beneficiare delle lunghe scadenze e dei tassi di interesse favorevoli di cui usufruisce l'Unione.

3.15

Il CESE condivide l'intenzione della Commissione di utilizzare appieno il bilancio dell'UE per mobilitare gli investimenti e anticipare il sostegno finanziario nei primi anni cruciali per la ripresa, attraverso l'adozione combinata di uno strumento di emergenza europeo per la ripresa, per un importo di 808 984,090 milioni di EUR (a prezzi correnti), e di un quadro finanziario pluriennale (QFP) rafforzato per il periodo 2021-2027.

3.16

Il Comitato chiede che «vengano portate avanti riforme strutturali efficaci accompagnate da strategie di investimento ben mirate» (18).

3.17

Il CESE valuta con favore l'istituzione di uno strumento di sostegno tecnico autonomo disponibile per tutti gli Stati membri, che funga da successore del programma di sostegno alle riforme strutturali (Structural Reform Support Programme — SRSP) (19).

4.   Preparazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza: presentazione, valutazione e scadenze

4.1

Il CESE ritiene che i fondi del dispositivo debbano essere erogati il più rapidamente possibile agli Stati membri, i quali, a loro volta, dovrebbero impiegarli in modo efficiente per massimizzare i benefici offerti dal dispositivo.

4.2

Gli Stati membri devono preparare piani nazionali di ripresa e resilienza che definiscano il programma di riforme e investimenti per i prossimi quattro anni.

4.3

Il CESE ritiene che tali piani dovrebbero affrontare le principali sfide che incombono sugli Stati membri, individuate nel semestre europeo, in ambiti quali la competitività, la produttività, l'istruzione e le competenze, la salute, l'occupazione e la coesione economica, sociale e territoriale. I piani dovrebbero altresì garantire che tali investimenti e riforme siano opportunamente incentrati sulle sfide connesse alle transizioni verde e digitale, per contribuire alla creazione di posti di lavoro e alla crescita sostenibile e per rendere l'Unione più resiliente.

4.4

Il CESE ritiene necessario rafforzare il quadro vigente in materia di sostegno alle piccole e medie imprese e fornire loro un sostegno finanziario diretto tramite uno strumento innovativo al fine di preservarle dal fallimento.

4.5

Ogni misura annunciata (e in particolare quelle che forniscono un sostegno finanziario) dovrebbe essere accompagnata da informazioni chiare e utili per le imprese in merito al tipo di sostegno fornito, al modo in cui le PMI possono accedere effettivamente ai diversi strumenti finanziari dell'UE disponibili, ai punti di contatto a livello UE cui far riferimento per eventuali domande, agli organismi nazionali coinvolti nell'erogazione dei fondi, agli attori nazionali cui le PMI possono rivolgersi, al ruolo delle banche nazionali e ai relativi obblighi, ecc.

4.6

Ritiene altresì che, nel corso di questo processo, il ruolo e le opinioni delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile debbano essere presi in seria considerazione.

4.7

Il Comitato ha già proposto di «introdurre una norma in base alla quale uno Stato membro non si vedrà assegnare dei fondi se non avrà provveduto ad adottare pienamente l'applicazione del principio di partenariato con un effettivo coinvolgimento delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile al momento di decidere in merito ai pacchetti degli impegni di riforma pluriennali (20). L'applicazione del principio di partenariato è di fondamentale importanza per garantire la realizzazione di riforme basate su dati oggettivi e collegate alla reale congiuntura economica di ciascuno Stato membro» (21).

4.8

Il CESE concorda sul fatto che i piani dovrebbero essere valutati dalla Commissione in base a criteri trasparenti, che consentano di stabilire, tra l'altro, se il piano: può affrontare efficacemente le sfide individuate nel semestre europeo, contribuisce a rafforzare il potenziale di crescita e la resilienza economica e sociale dello Stato membro, concorrendo anche a rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale, contiene misure pertinenti alle transizioni verde e digitale, e include una stima dei costi da parte dello Stato membro ragionevole, plausibile e commisurata all'impatto atteso sull'economia.

4.9

Il CESE ritiene che la ripartizione dei fondi debba avvenire anche in considerazione dei criteri di convergenza (22).

4.10

Secondo il Comitato è ragionevole che:

1)

il sostegno finanziario e le pertinenti azioni intraprese dagli Stati membri nell'ambito del dispositivo siano anticipati a fine 2024 e, per quanto riguarda il sostegno finanziario non rimborsabile, almeno il 60 % dei fondi totali sia impegnato entro la fine del 2022;

2)

gli Stati membri debbano presentare un piano per la ripresa e la resilienza entro il 30 aprile, sotto forma di allegato separato del loro programma nazionale di riforma;

3)

gli Stati membri debbano essere in grado di presentare il 15 ottobre dell'anno precedente un progetto di piano unitamente al progetto di bilancio per l'anno successivo;

4)

la Commissione e gli Stati membri debbano utilizzare gli anni rimanenti dal 2024 alla fine del QFP (2027) per favorire l'attuazione delle azioni pertinenti sul campo, per realizzare la ripresa prevista nei pertinenti settori economici e sociali e per promuovere la resilienza e la convergenza.

4.11

Il CESE sottolinea la necessità di disporre di un periodo di tempo sufficiente per attuare e realizzare efficacemente gli obiettivi del progetto-dispositivo in questione. Inoltre, il CESE mette in guardia contro il pericolo che, qualora prevalgano le posizioni favorevoli a un'attuazione del dispositivo in tempi brevi, tale progetto finisca per non riuscire a realizzare gli obiettivi stabiliti.

4.12

Il CESE sottolinea la necessità di un coordinamento rapido ed efficace delle azioni tra la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio europeo, al fine di evitare ritardi che comprometterebbero il raggiungimento degli obiettivi del dispositivo. Dato il breve periodo di tempo entro il quale i vari piani di progetto dovrebbero essere preparati e ultimati, occorre una risposta immediata e completa da parte degli Stati membri. Gli Stati membri dovrebbero cooperare strettamente con la Commissione europea per approvare e monitorare i piani di progetto presentati nell'ambito del dispositivo e garantire che siano completati con successo. La presentazione, l'approvazione, il monitoraggio e il completamento dei progetti potrebbero essere accelerati coinvolgendo attivamente società di consulenza del settore privato con un'esperienza globale nei settori in questione.

4.13

Il CESE ribadisce la necessità di condividere le migliori pratiche all'interno dell'UE e di accelerare l'iter burocratico relativo all'assegnazione e all'erogazione dei fondi disponibili, con il necessario supporto tecnico della Commissione europea (23).

5.   Strumento di sostegno tecnico

5.1

Il CESE è favorevole all'attuazione di riforme strutturali costanti orientate allo sviluppo sociale ed economico, con particolare riguardo alla costruzione di capacità istituzionali destinate a migliorare la qualità dell'amministrazione. Queste riforme dovrebbero essere specifiche per ciascun paese e godere di sostegno democratico, evitando quindi di adottare un approccio indifferenziato per tutti gli Stati membri (24).

5.2

Il Comitato conviene che lo strumento di sostegno tecnico debba mirare ad accompagnare le autorità nazionali degli Stati membri richiedenti durante l'intero processo di riforma o in determinate fasi dello stesso.

5.3

Il CESE ribadisce la necessità che lo strumento di sostegno tecnico sostenga gli sforzi profusi dalle autorità degli Stati membri per concepire riforme in base alle loro priorità e migliorare la propria capacità di elaborare e attuare politiche e strategie di riforma, beneficiando anche delle buone pratiche e dell'esempio dei propri pari.

5.4

Il Comitato concorda sul fatto che lo strumento di sostegno tecnico può fungere da efficace complemento ai pacchetti di misure proposte dalla Commissione per affrontare le conseguenze economiche della pandemia di Covid-19.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un dispositivo per la ripresa e la resilienza COM(2020) 408 final, 28.5.2020.

(2)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Il bilancio dell'UE come motore del piano per la ripresa europea», COM(2020) 442 final.

(3)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione della Funzione europea di stabilizzazione degli investimenti, COM(2018) 387 final.

(4)  GU C 62, del 15.2.2019, pag. 121.

(5)  GU C 237 del 6.7.2018, pag. 53.

(6)  GU C 62 del 15.2.2019, pag. 121.

(7)  https://ourworldindata.org/grapher/total-deaths-covid-19.

(8)  Banca mondiale, Global Economic Prospects (Prospettive economiche globali), giugno 2020.

(9)  Koundouri, P., documento di lavoro della facoltà di economia e amministrazione aziendale dell'Università di Atene, 2020.

(10)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un dispositivo per la ripresa e la resilienza, PCOM(2020) 408 final, 28.05.2020.

(11)  Osservazioni del commissario Gentiloni alla conferenza stampa sul dispositivo per la ripresa e la resilienza, comunicato stampa della Commissione europea, 28 maggio 2020.

(12)  GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 106.

(13)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 23.

(14)  Ibidem.

(15)  Ibidem.

(16)  Koundouri, P., Never Waste a Good Crisis: For a Sustainable Recovery from COVID-19 (Mai sprecare una buona crisi: per una ripresa sostenibile dalla Covid-19), aprile 2020.

(17)  Agenzia internazionale per l'energia: https://www.iea.org/.

(18)  GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 106.

(19)  Regolamento (UE) 2017/825 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che istituisce il programma di sostegno alle riforme strutturali per il periodo 2017-2020 e che modifica i regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 1305/2013, (GU L 129 del 19.5.2017, pag. 1).

(20)  Regolamento delegato (UE) n. 240/2014 della Commissione, del 7 gennaio 2014, recante un codice europeo di condotta sul partenariato nell'ambito dei fondi strutturali e d'investimento europei (GU L 74 del 14.3.2014, pag. 1).

(21)  GU C 237 del 6.7.2018, pag. 53.

(22)  Ibidem.

(23)  Ibidem.

(24)  Ibidem.


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/139


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma InvestEU»

[COM(2020) 403 final — 2020/0108 (COD)]

e sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2015/1017 per quanto riguarda la creazione di uno strumento di sostegno alla solvibilità»

[COM(2020) 404 final — 2020/0106 (COD)]

(2020/C 364/19)

Relatore generale:

Ronny LANNOO

Consultazione

Consiglio, 11.6.2020

Parlamento europeo: 17.6.2020

Base giuridica

Artt. 172, 173, 175, paragrafo 3, 182, paragrafo 1, e 304 del TFUE

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Decisione dell'Ufficio di presidenza

9.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

208/0/8

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Fin dall'inizio della crisi della COVID-19, il CESE ha espresso la sua convinzione in varie dichiarazioni che, in questi tempi di grande incertezza, solo un piano globale europeo di ripresa economica ci consentirebbe di far fronte alle conseguenze della pandemia e di ricostruire un'economia europea più sostenibile e resiliente.

1.2.

Il CESE accoglie pertanto con favore l'ambizioso pacchetto di misure per la ripresa presentato dalla Commissione europea e sottolinea che la condizione per il successo del piano di ripresa è una leadership politica forte e con unanimità d'intenti. Il CESE insiste sul fatto che l'introduzione di queste misure rispecchia l'urgenza imposta dalla preoccupante situazione socioeconomica.

1.3.

Per garantire una ripresa rapida e sostenibile dell'economia europea, è fondamentale che siano messe a disposizione le risorse finanziarie necessarie. Il CESE sostiene con convinzione il rafforzamento del bilancio dell'UE e invita i responsabili politici europei a raggiungere rapidamente un accordo sul prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 e sul nuovo strumento per la ripresa, Next Generation EU.

1.4.

Il CESE accoglie con favore il rafforzamento del programma InvestEU e lo strumento complementare di sostegno alla solvibilità e chiede un rapido accordo su tali proposte in modo da garantire che entrambi i programmi siano resi operativi rapidamente e che si sviluppi un numero sufficiente di progetti ammissibili che possano beneficiarne.

1.5.

Dato che la quasi totalità dei fondi di InvestEU sarà stanziata nell'ambito di Next Generation EU e non nell'ambito del QFP 2021-2027, il che significa che dovrà essere utilizzata entro la fine del 2026, il CESE chiede ai legislatori di adottare disposizioni per garantire che non vi sarà una carenza di finanziamenti dopo il 2026 e prima dell'avvio del QFP per il periodo successivo al 2027.

1.6.

Il CESE ribadisce il suo sostegno (1) all'obiettivo della Commissione di rafforzare l'attività di investimento nell'UE nel prossimo bilancio a lungo termine dell'UE. Ciò ha acquisito un'importanza ancora maggiore alla luce della recessione economica provocata dalla pandemia di COVID19.

1.7.

Il CESE continua a sostenere la concentrazione su progetti di investimento a lungo termine di grande interesse pubblico, che rispettano nel contempo i criteri di sviluppo sostenibile. In tale contesto, il CESE è del parere che la crisi della COVID-19 non dovrebbe far deviare l'UE dai suoi obiettivi di medio e lungo periodo, delineati nel Green Deal europeo, nella Strategia annuale di crescita sostenibile 2020 e nel pilastro europeo dei diritti sociali.

1.8.

Il CESE ritiene che il programma InvestEU sia particolarmente atto a fornire finanziamenti a lungo termine e a sostenere le politiche dell'Unione nel quadro della ripresa da una profonda crisi economica e sociale. Il Comitato sottolinea l'importanza di definire chiaramente quali progetti possono beneficiare del nuovo quinto ambito d'intervento in quanto ciò è fondamentale per creare complementarità con gli altri quattro ambiti d'intervento. Il CESE è inoltre a favore di una definizione più ampia di innovazione che vada oltre la tecnologia dell'informazione e la digitalizzazione. Le piccole e medie imprese (PMI), e in particolare le microimprese e le piccole imprese, sono fortemente colpite dalla crisi attuale e dovrebbero pertanto essere esplicitamente ammissibili al sostegno nel quadro del nuovo quinto ambito d'intervento. A tal fine, la cooperazione strutturale tra i partner esecutivi e le autorità europee, nazionali e regionali è essenziale.

1.9.

Il CESE chiede orientamenti specifici e chiari volti a individuare i progetti ammissibili a beneficiare di InvestEU, nonché sulle possibilità di sinergie tra i numerosi programmi dell'UE, garantendone in tal modo l'adeguata ed efficace attuazione.

1.10.

La crisi del coronavirus ha colpito tutti gli Stati membri dell'UE; tuttavia, alcuni paesi sono stati colpiti più duramente di altri. Il CESE sottolinea che la ripresa dopo la crisi da coronavirus non dovrebbe tradursi in una maggiore divergenza tra gli Stati membri.

1.11.

Alla luce di ciò, il CESE accoglie con favore il nuovo strumento di sostegno alla solvibilità e sottolinea l'importanza di vegliare perché esso vada effettivamente a vantaggio degli Stati membri le cui economie sono state maggiormente colpite dagli effetti della pandemia di COVID-19. Sebbene sia fondamentale garantire una rapida ripresa, è altrettanto importante che i fondi disponibili siano assegnati alle imprese con modelli aziendali sostenibili. Ciò contribuirebbe alla creazione di un'economia europea sostenibile e resiliente.

1.12.

Il CESE sottolinea il ruolo dei mercati finanziari europei nel garantire che tali strumenti possano mobilitare i volumi d'investimento attesi, nonché il ruolo guida del Gruppo Banca europea per gli investimenti (BEI e Fondo europeo per gli investimenti (FEI)) e la grande necessità di una struttura adeguata per i partner esecutivi, in particolare a livello nazionale. È importante che il flusso di fondi attraverso il gruppo BEI e le banche e gli istituti di promozione sia trasparente, chiaro e facilmente accessibile.

2.   Contesto di riferimento

2.1.

La crisi della COVID-19, che prima di tutto rappresenta un'emergenza per la salute umana, ha provocato un grave shock economico e sociale con un forte calo della produzione economica, un rapido aumento della disoccupazione, un peggioramento del tenore di vita (riduzione del reddito reale, incertezza del posto di lavoro, mobilità ridotta) e una drastica riduzione del fatturato degli scambi con l'estero sia all'interno dell'UE che con i paesi terzi. La crisi ha inoltre causato un netto deterioramento degli indicatori di finanza pubblica e una flessione degli investimenti.

2.2.

Il 27 maggio 2020 la Commissione europea ha annunciato un ambizioso piano di ripresa, il piano Next Generation EU e una proposta riveduta per il bilancio generale dell'UE per il periodo 2021-2027 (2).

2.3.

Per il prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027, la Commissione intende mettere a disposizione dell'economia dell'UE un programma di investimenti in grado di rispondere a obiettivi trasversali in termini di semplificazione, flessibilità, sinergie e coerenza nelle pertinenti politiche dell'UE. La necessità di un tale programma di investimenti è ulteriormente aumentata a causa della pandemia COVID-19.

2.4.

Per questo motivo la Commissione ha ritirato la sua precedente proposta presentata nel maggio 2018 per il programma InvestEU e ha presentato una nuova proposta (3), che riflette l'accordo parziale già raggiunto tra il Parlamento europeo e il Consiglio nell'aprile 2019.

2.5.

Al fine di permettere al programma InvestEU di rispondere meglio alla crisi economica e sociale causata dalla pandemia di COVID-19, la Commissione propone di aumentare la dotazione finanziaria prevista per il programma InvestEU originario, al fine di rispecchiare il fabbisogno complessivo di investimenti più elevato e un contesto di maggiore rischio.

2.6.

Inoltre, la nuova proposta amplia il campo di applicazione del programma InvestEU creando un quinto ambito di intervento, un dispositivo per gli investimenti strategici, volto a farsi carico dei futuri bisogni dell'economia europea e ad assicurare o mantenere l'autonomia strategica in settori chiave.

2.7.

Il programma InvestEU rafforzato sarà in grado di sostenere le imprese nella fase di ripresa, assicurando nel contempo che gli investitori si concentrino maggiormente sulle priorità a medio e lungo termine dell'Unione, quali le trasformazioni verde e digitale.

2.8.

La Commissione europea ha inoltre presentato una proposta (4) relativa a uno strumento temporaneo basato sul capitale azionario, lo strumento di sostegno alla solvibilità.

2.9.

Lo strumento di sostegno alla solvibilità sosterrà le imprese con modelli commerciali altrimenti sostenibili, che hanno problemi di solvibilità dovuti alla crisi della COVID-19. Lo scopo è aiutarle a superare questo periodo difficile in modo che siano in grado di approfittare della ripresa al momento opportuno. Un altro obiettivo della proposta è compensare le distorsioni previste nel mercato unico, dato che alcuni Stati membri possono non disporre di mezzi finanziari sufficienti per fornire un sostegno adeguato alle imprese in difficoltà.

2.10.

È previsto che lo strumento di sostegno alla solvibilità sia introdotto quanto prima nel 2020, al più tardi entro l'inizio di ottobre, e che possa essere mobilitato rapidamente a piena capacità nel corso del 2021.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE ribadisce (5) il suo sostegno al programma InvestEU e al proseguimento e all'estensione di uno strumento finanziario basato sul principio della garanzia, in quanto essenziali, a suo avviso, non da ultimo per lo sviluppo e la gestione a lungo termine del bilancio dell'UE.

3.2.

Il CESE accoglie con favore la capacità aggiuntiva per il progetto InvestEU, che porterà la garanzia dell'UE fino a 75,2 miliardi di euro (a prezzi correnti e incluso il nuovo ambito d'intervento per gli investimenti strategici), per generare 1 000 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi. Il CESE chiede una distribuzione equilibrata dei fondi tra gli obiettivi politici.

3.3.

Il CESE accoglie con favore l'aggiunta di un quinto ambito d'intervento, il dispositivo per gli investimenti europei strategici, cui andranno 31,2 miliardi di euro della garanzia dell'UE a sostegno degli investimenti in settori strategici e delle catene del valore fondamentali, tra cui i settori e le catene del valore che sono essenziali per la trasformazione verde e digitale.

3.4.

Il Comitato sottolinea l'importanza di definire chiaramente quali progetti possono beneficiare del nuovo quinto ambito d'intervento in quanto ciò è fondamentale per creare complementarità con gli altri quattro ambiti d'intervento. Il CESE è inoltre a favore di una definizione più ampia di innovazione che vada oltre la tecnologia dell'informazione e la digitalizzazione. È opportuno indicare esplicitamente che anche le PMI, in particolare le microimprese e le piccole imprese, sono ammissibili a beneficiare di questo ambito d'intervento. Ciò è ancora più importante alla luce della diminuzione della garanzia dell'UE assegnata all'ambito di intervento PMI, da 11,25 miliardi di euro a 10,17 miliardi di euro (a prezzi correnti) rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea. A tal fine, la cooperazione strutturale tra i partner esecutivi e gli intermediari finanziari nonché le autorità europee, nazionali e regionali è essenziale.

3.5.

Il CESE sottolinea che gli investimenti nelle competenze sono fondamentali per la transizione verso un'economia più verde e giusta, pertanto gli investimenti sociali non dovrebbero essere trascurati nell'ambito del programma InvestEU.

3.6.

Molte PMI, in particolare le microimprese e le piccole imprese, risentono in modo sostanziale della crisi della COVID-19 e delle misure di confinamento adottate dalla maggior parte dei paesi dell'UE. Per questo motivo è essenziale garantire che siano resi disponibili finanziamenti sufficienti per consentire loro di riprendersi dalla crisi. Tale sostegno deve essere basato sulla domanda, il che significa che devono essere disponibili sia strumenti di debito che capitale azionario. Poiché la capacità di garanzia dell'ambito d'intervento PMI diminuisce, tale diminuzione dovrebbe essere compensata rendendo ammissibili i portafogli di rischi delle PMI, e in particolare quelli delle piccole imprese e delle microimprese, all'ambito d'intervento relativo agli investimenti strategici. Ciò dovrebbe essere accompagnato da obblighi di rendicontazione proporzionati, al fine di evitare di creare oneri amministrativi eccessivi per le imprese più piccole che dispongono di risorse limitate, in quanto ciò le scoraggerebbe dal cercare il sostegno di InvestEU. Il ruolo dei partner esecutivi e degli intermediari finanziari è fondamentale per garantire che i fondi raggiungano tali società.

3.7.

Durante la crisi in corso le politiche e il sostegno statali hanno assunto un'importanza particolare; tuttavia, la capacità dei governi degli Stati membri di sostenere i settori e le imprese più duramente colpiti dalla crisi varia notevolmente all'interno dell'UE.

3.8.

Il CESE accoglie pertanto con favore il nuovo strumento di sostegno alla solvibilità e il fatto che lo strumento, pur aperto a tutti gli Stati membri, si concentrerà su quei paesi le cui economie sono state più interessate dagli effetti della pandemia di COVID-19 e/o quelli in cui la disponibilità del sostegno statale alla solvibilità è più limitato. Il CESE concorda sul fatto che il sostegno dovrebbe essere concesso esclusivamente alle imprese con modelli aziendali sostenibili che non si trovavano in difficoltà prima della crisi della COVID-19. Accoglie inoltre con favore l'integrazione di tale strumento di sostegno alla solvibilità nel Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS). Al fine di garantire un uso efficiente dei fondi, è auspicabile consentire trasferimenti flessibili verso e dagli altri ambiti d'intervento del FEIS. Infine, è opportuno prevedere una distribuzione ben equilibrata dei fondi disponibili, orientata al mercato, tra i prodotti azionari e quasi azionari come i prestiti subordinati.

3.9.

La duplice transizione (verde e digitalizzazione) è incoraggiata nel quadro dello strumento di sostegno alla solvibilità. Tali condizioni devono anche essere realistiche e praticabili per le microimprese e le piccole imprese e per i settori tradizionali.

3.10.

La crisi del coronavirus ha colpito tutti gli Stati membri dell'UE; tuttavia, alcuni paesi sono stati colpiti più duramente di altri. Il CESE sottolinea che la ripresa dopo la crisi da coronavirus non dovrebbe tradursi in una maggiore divergenza tra gli Stati membri. Sebbene non siano stati fissati contingenti geografici né per InvestEU né per il nuovo strumento di sostegno alla solvibilità il CESE si compiace del fatto che il comitato direttivo definirà limiti specifici di concentrazione geografica.

3.11.

La semplificazione, la maggiore trasparenza e le maggior sinergie potenziali offerte dalla creazione di InvestEU in quanto strumento finanziario «ombrello» hanno assunto un'importanza ancora maggiore con riferimento alla creazione del piano europeo di investimenti per un «Green Deal» e gli altri elementi del piano europeo di ripresa. Il CESE chiede orientamenti specifici e chiari volti a individuare i progetti ammissibili a beneficiare di InvestEU, nonché sulle possibilità di sinergie tra i numerosi programmi dell'UE, garantendone in tal modo l'adeguata ed efficace attuazione.

3.12.

La crisi della COVID-19 non dovrebbe far deviare l'UE dai suoi obiettivi di medio e lungo periodo, delineati nel Green Deal europeo, nella Strategia annuale di crescita sostenibile 2020 e nel pilastro europeo dei diritti sociali. Nella sua risoluzione recentemente adottata (6), il CESE ha affermato che l'Europa deve finanziare attività che soddisfino due criteri: il rimpatrio di produzioni strategiche che rendano l'Europa indipendente, specie per quanto riguarda la protezione e la risposta sanitaria, e offrano posti di lavoro di qualità, e la concentrazione su investimenti sostenibili che siano socialmente responsabili e compatibili con l'ambiente. Le piccole e medie imprese, come le grandi imprese e le imprese sociali, potrebbero svolgere un ruolo cruciale nella ristrutturazione del sistema produttivo europeo.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Parere del CESE sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma InvestEU» (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 131).

(2)  Comunicazione sul piano di ripresa — Il momento dell'Europa: riparare i danni e preparare il futuro per la prossima generazione.

(3)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma InvestEU.

(4)  Proposta di regolamento che modifica il regolamento (UE) 2015/1017 per quanto riguarda la creazione di uno strumento di sostegno alla solvibilità.

(5)  Parere del CESE sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma InvestEU» (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 131).

(6)  Le proposte del CESE per la ricostruzione e la ripresa dopo la crisi della COVID-19.


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/143


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (UE) 2018/1999 (Legge europea sul clima)»

[COM(2020) 80 final — 2020/0036 (COD)]

(2020/C 364/20)

Relatore:

Jan DIRX

Correlatrice:

Tellervo KYLÄ-HARAKKA-RUONALA

Consultazione

Parlamento europeo, 10/03/2020

Consiglio, 13/03/2020

Base giuridica

Articoli 192, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

29/06/2020

Adozione in sessione plenaria

16/07/2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

210/2/9

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Al pari di molte importanti istituzioni dell'UE e di singole persone, il CESE sottolinea che l'azione per il clima e la ricostruzione e la ripresa economica dopo la crisi del coronavirus possono e devono andare di pari passo. Ciò può avvenire se l'economia europea è rilanciata attraverso la promozione di un pacchetto efficace e pienamente sostenibile di investimenti pubblici e privati. Il CESE ritiene quindi che la proposta di una legge europea sul clima sia uno degli strumenti per contribuire a questa auspicata e necessaria ricostruzione dell'economia europea.

1.2.

Il CESE sostiene l'approccio fondato su una transizione alla neutralità climatica a livello dell'UE sull'intero territorio piuttosto che in ogni singolo Stato membro. Tale approccio presenta il vantaggio di consentire una distribuzione ottimale degli sforzi in tutta l'UE, tenendo conto delle differenze esistenti in questo campo tra gli Stati membri. Il CESE è inoltre convinto che si otterrà un massimo di sostegno per la politica in materia di clima se l'obiettivo generale sarà conseguire la massima riduzione delle emissioni di gas a effetto serra ai costi socioeconomici più bassi.

1.3.

Il CESE esorta la Commissione a tenere pienamente conto dell'impatto della crisi del coronavirus nel valutare l'obiettivo di emissioni per il 2030 e a optare per una riduzione minima del 55 % entro tale scadenza con le corrispondenti proposte legislative. Il CESE sottolinea che la relazione 2019 sul divario delle emissioni del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) indica che, per conseguire l’obiettivo di 1,5 oC fissato nell’accordo di Parigi, è necessario, a livello globale, un obiettivo ancora più ambizioso di riduzione delle emissioni entro il 2030.

1.4.

Il CESE constata che tutti dovranno adottare ulteriori misure per raggiungere l'obiettivo fissato della neutralità climatica nel 2050. Il recente sondaggio Eurobarometro (prima della crisi di coronavirus) ha rilevato che il 92 % dei cittadini dell'UE sostiene l'obiettivo di neutralità climatica dell'UE. Affinché tale sostegno sia mantenuto bisogna accelerare l'azione per il clima, di pari passo con la ripresa economica e la ricostruzione.

1.5.

Il CESE chiede all'UE di svolgere un ruolo di iniziativa e di ispirazione in occasione del vertice climatico originariamente previsto per novembre 2020 a Glasgow e adesso rinviato, e dei successivi vertici sul clima, affinché almeno tutti i maggiori protagonisti a livello mondiale siano coinvolti e si adoperino energicamente per conseguire la neutralità climatica.

1.6.

L'obiettivo di neutralità climatica nell'UE per il 2050 potrà essere raggiunto a livello europeo solo se ciascun paese fornirà pienamente e nei tempi previsti il proprio contributo in termini di mitigazione e adattamento. Il CESE valuta pertanto con favore il fatto che la Commissione possa rivolgere raccomandazioni a uno Stato membro qualora riscontri, sulla base di criteri di valutazione chiari e trasparenti, che le misure da esso adottate non sono coerenti con l'obiettivo della mitigazione, o sono inadeguate ad assicurare progressi dell'adattamento.

1.7.

Il CESE propone che il documento di valutazione di ogni progetto di misura o proposta legislativa nel contesto dell'obiettivo della neutralità climatica sia reso interamente accessibile al pubblico non appena ultimata la valutazione.

1.8.

La proposta della Commissione riguarda opportunamente sia la mitigazione che l'adattamento «[…] in conformità dell'articolo 7 dell'accordo di Parigi».

1.9.

Il CESE propone di istituire una piattaforma delle parti interessate per il patto climatico europeo, come indicato nel parere sul patto climatico europeo, al fine di organizzare e facilitare la partecipazione attiva di «tutte le componenti della società».

2.   Introduzione

2.1.

L'attuale crisi mondiale del coronavirus (Covid-19) evidenzia una volta di più la vulnerabilità della vita sul nostro pianeta. Se da un lato è necessario fronteggiare pienamente tale crisi e i conseguenti impatti economici, sociali ed ecologici, dall'altro bisogna continuare a concentrarsi sulla prevenzione e, se necessario, sul contrasto di altri sviluppi che minacciano la qualità della vita, come i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità (1). In altri termini, come ha avvertito la segretaria esecutiva della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) Patricia Espinosa, annunciando il rinvio del vertice di Glasgow di novembre 2020 sul cambiamento climatico (COP26), la Covid-19 è attualmente la minaccia più pressante per l'umanità, ma non va dimenticato che nel lungo periodo la minaccia più grande è il cambiamento climatico.

2.2.

Per il CESE questo significa che l'azione per il clima da un lato, e dall'altro la ripresa e la ricostruzione economica dopo la crisi del coronavirus, possono e devono andare di pari passo. Le misure di ripresa e di ricostruzione devono essere in linea con l'obiettivo climatico, e le azioni per il clima devono essere adottate in modo da ridurre al minimo i costi e generare vantaggi economici.

2.3.

Il CESE prende atto, in quest'ottica, delle seguenti dichiarazioni di istituzioni e personalità di rilievo dell'UE:

Il 16 aprile scorso il Parlamento europeo ha deliberato, con una maggioranza schiacciante dei voti, di collocare il Green Deal europeo al centro del pacchetto di ripresa e ricostruzione dell'UE «per rilanciare l'economia, migliorarne la resilienza e creare posti di lavoro, contribuendo al contempo alla transizione ecologica, favorendo lo sviluppo economico e sociale sostenibile».

Lo stesso giorno, anche la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha affermato che l'Europa deve rafforzare gli investimenti nel Green Deal europeo. Il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ha lanciato lo stesso messaggio in una lettera aperta apparsa su sette notiziari europei. Anche il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel intende approfittare di questa opportunità per rendere l'UE più verde, e ha affermato: l'Unione europea deve diventare migliore di prima, dobbiamo trarre vantaggio da questa crisi.

2.4.

Tutto ciò può essere fatto ripristinando l'economia europea attraverso la promozione di un pacchetto pienamente sostenibile di efficaci investimenti pubblici e privati, che copra, ad esempio, la riduzione del consumo energetico, l'energia sostenibile, gli investimenti nelle reti, i processi di produzione puliti o il riciclaggio, accompagnati da un maggiore ricorso al consumo sostenibile. Inoltre, per realizzare la neutralità climatica è necessario potenziare i pozzi di assorbimento e lo stoccaggio del carbonio, ad esempio attraverso una gestione sostenibile delle foreste e del suolo. La legge europea sul clima rappresenta uno degli strumenti per contribuire a questa auspicata e necessaria ricostruzione dell'economia europea.

2.5.

Il CESE accoglie pertanto con favore la proposta riguardante una legge europea sul clima (2) presentata dalla Commissione europea il 4 marzo 2020, che istituisce un quadro giuridico per conseguire l'obiettivo della neutralità climatica nell'Unione entro il 2050. Il CESE concorda circa l'opportunità e la necessità dell'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e, se possibile, prima di tale scadenza, per contribuire al conseguimento dell'obiettivo dell'accordo di Parigi, secondo il quale il riscaldamento globale deve rimanere ben al di sotto dei 2 oC e occorre proseguire gli sforzi per mantenerlo al di sotto di 1,5 oC.

2.6.

Secondo il CESE, è evidente che, per conseguire gli obiettivi dell'accordo di Parigi, è assolutamente necessario che almeno tutti i maggiori protagonisti a livello mondiale si adoperino anch'essi energicamente a favore della neutralità climatica. Da un lato, questo richiede una diplomazia climatica attiva da parte dell'UE e, dall'altro, misure (quali la fissazione del prezzo del carbonio) per creare condizioni di parità per i prodotti e i servizi dell'UE in termini di impronta dei gas a effetto serra rispetto ai concorrenti dei paesi terzi.

2.7.

La proposta concernente la legge europea sul clima è una pietra angolare del Green Deal europeo (3), presentato dalla Commissione l'11 dicembre 2019. Il Green Deal europeo indica come rendere l'Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, promuovendo l'economia, migliorando la salute e la qualità della vita delle persone, tutelando la natura e non lasciando indietro nessuno.

2.8.

Il CESE ha rilevato con soddisfazione che a livello politico questo obiettivo della neutralità climatica netta entro il 2050 è già stato approvato dal Parlamento europeo, nella risoluzione del 14 marzo 2019, e dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 12 dicembre 2019. Il 5 marzo 2020, inoltre, il Consiglio Ambiente ha presentato all'UNFCCC, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, la strategia di sviluppo a lungo termine a basse emissioni di gas serra dell'Unione europea e dei suoi Stati membri (4) (con l'obiettivo di conseguire un'UE a impatto climatico zero entro il 2050).

2.9.

Il CESE constata che il conseguimento dell'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 comporterà esigenze gravose per i governi, i comuni, le imprese, i sindacati, le organizzazioni della società civile e i cittadini. Ciò significa che ciascuno dovrà fare di più affinché tale obiettivo sia realizzato entro il 2050, ovvero, come ha affermato la Commissione: «Occorre adottare ulteriori misure e tutti i settori dovranno contribuire, in quanto, con le politiche vigenti, si prevede una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra solo del 60 % entro il 2050: resta, pertanto, ancora molto da fare per conseguire la neutralità climatica» (5).

2.10.

Il CESE sottolinea l'importanza di tenere conto degli elementi indicati all'articolo 3, paragrafo 3 della proposta, vale a dire «gli sviluppi internazionali e gli sforzi intrapresi» e la «competitività dell'economia dell'Unione», e richiama l'attenzione in particolare sull'importanza della «necessità di assicurare una transizione giusta e equa sul piano sociale» [articolo 3, paragrafo 3, lettera h)]. Il CESE desidera sottolineare la necessità di prevenire, in particolare, la povertà energetica, e raccomanda che tale questione rientri nella valutazione delle misure nazionali di cui all'articolo 6 della proposta.

2.11.

Entro settembre 2020 la Commissione intende presentare la revisione dell'obiettivo dell'Unione per il 2030 in materia di clima, alla luce dell'obiettivo della neutralità climatica, ed esaminare le opzioni per un nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni del 50-55 % nel 2030 rispetto ai valori del 1990. Essa intende inoltre presentare le proposte legislative corrispondenti entro la metà del 2021. Il CESE si aspetta che il nuovo obiettivo di emissioni per il 2030 sia basato su un ampio riesame e su una valutazione d'impatto adeguata. Il CESE ritiene inoltre che vi siano argomenti decisivi a favore dell'obiettivo di una riduzione minima del 55 % entro il 2030, affinché l'UE risponda, da parte sua, all'enorme necessità, a livello globale, di ridurre le emissioni. Ad esempio, la relazione 2019 sul divario delle emissioni del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) (6) indica che, per conseguire l'obiettivo di 1,5 oC fissato nell'accordo di Parigi (7), è necessario, a livello globale, un obiettivo ancora più ambizioso di riduzione delle emissioni entro il 2030.

2.12.

Nel formulare le valutazioni d'impatto è importante riconoscere che la crisi del coronavirus ha conseguenze economiche, sociali e ambientali senza precedenti, le quali si ripercuotono a loro volta sugli effetti delle misure da adottare per attenuare i cambiamenti climatici.

2.13.

Il CESE ritiene che il potenziale impatto della crisi del coronavirus non possa e non debba comportare un allentamento dell'obiettivo per il 2030 in materia di riduzione delle emissioni.

2.14.

Il CESE chiede che tale processo sia attuato in modo tale da consentire all'UE di svolgere un ruolo di iniziativa e di ispirazione in occasione del vertice climatico originariamente previsto per novembre 2020 a Glasgow e adesso rinviato, e dei successivi vertici sul clima, affinché almeno tutti i maggiori protagonisti a livello mondiale siano coinvolti e si adoperino energicamente per conseguire la neutralità climatica.

2.15.

Inoltre, il CESE raccomanda alla Commissione di avviare la preparazione di un obiettivo climatico intermedio per il 2040 in materia di riduzioni delle emissioni, nell'ottica di conseguire la neutralità climatica entro il 2050 o ancora prima se possibile, accompagnato da una proposta legislativa al Parlamento europeo e al Consiglio in tal senso, e da una proposta sulla definizione di nuovi obblighi in materia di riduzione delle emissioni per il periodo 2031-2040, che sia adottata entro il 2028. Definire per tempo un obiettivo è necessario per garantire alla società e a tutti i settori economici il massimo grado possibile di prevedibilità e di trasparenza.

2.16.

Secondo un recente sondaggio Eurobarometro (eseguito prima della crisi del coronavirus), il 93 % dei cittadini dell'UE considera il cambiamento climatico un problema grave e il 92 % sostiene l'obiettivo dell'UE di conseguire la neutralità climatica (8). Affinché tale sostegno sia mantenuto bisogna accelerare l'azione per il clima, di pari passo con la ricostruzione e la ripresa economica.

3.   Delega di potere

3.1.

La proposta di legge sul clima (articolo 3) conferisce alla Commissione il potere di adottare atti delegati al fine di «integrare» la legislazione in materia di clima, «fissando una traiettoria a livello dell'Unione per conseguire entro il 2050 l'obiettivo della neutralità climatica di cui all'articolo 2, paragrafo 1». Inoltre, al massimo sei mesi dopo ogni bilancio globale di cui all'articolo 14 dell'accordo di Parigi, la Commissione riesamina la traiettoria.

Invece dell'adozione di atti delegati il CESE ritiene necessario che la Commissione presenti una proposta legislativa per stabilire e adeguare la traiettoria qualora lo ritenga opportuno a seguito del riesame.

3.2.

In ogni caso è necessario continuare a salvaguardare le regole democratiche del nostro sistema istituzionale, compreso il diritto degli attori della società civile e delle loro organizzazioni, come il CESE, di contribuire al processo decisionale democratico. A tale proposito il Comitato fa riferimento a quanto affermato dalla Commissione nell'articolo 8 del progetto di legge sul clima: «La Commissione coinvolge tutte le componenti sociali […]».

4.   Valutazione dei progressi e delle misure

4.1.

Conformemente all'articolo 5, la Commissione valuta i progressi compiuti e le misure dell'Unione. «Prima dell'adozione la Commissione valuta qualsiasi progetto di misura o proposta legislativa alla luce dell'obiettivo della neutralità climatica […] e include la sua valutazione in ogni valutazione d'impatto che accompagna le misure o le proposte […]».

Ciò significa, in pratica, che la Commissione tiene conto dell'impatto sulla neutralità climatica nelle valutazioni d'impatto che accompagnano le sue proposte. Il CESE raccomanda alla Commissione di esaminare se ciò possa essere conseguito nell'ambito del quadro esistente per legiferare meglio senza modifiche legislative.

4.2.

L'articolo 5 stabilisce che il risultato di tale valutazione sarà reso pubblico al momento dell'adozione. Tuttavia, la Corte di giustizia (nella sentenza C 57/16 P, Client Earth contro Commissione europea, emessa il 4 settembre 2018) è stata molto chiara circa il fatto che anche i progetti di rapporto di valutazione d'impatto devono essere resi «direttamente accessibili», in linea con l'articolo 12, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1049/2001 (9). Il CESE propone pertanto di modificare la formulazione nel senso che il documento di valutazione completo sarà reso accessibile al pubblico non appena ultimata la valutazione.

4.3.

Il CESE ritiene che l'obiettivo di neutralità climatica nell'UE per il 2050 potrà essere raggiunto a livello europeo entro tale scadenza solo se ciascun paese fornirà pienamente e nei tempi previsti il proprio contributo in termini di mitigazione e adattamento.

Il CESE accoglie pertanto con favore il proposito della Commissione secondo cui essa potrà rivolgere raccomandazioni a uno Stato membro qualora riscontri che le misure da esso adottato non sono coerenti con l'obiettivo della mitigazione, o sono inadeguate ad assicurare progressi dell'adattamento in base ai piani nazionali. Il CESE sostiene la Commissione in questo e le raccomanda di optare nelle sue raccomandazioni per un mix efficace di misure adeguate alle circostanze. Tuttavia, il CESE chiede che siano chiariti gli obiettivi e i criteri rispetto ai quali vengono valutati i progressi compiuti nei singoli Stati membri.

4.4.

La proposta della Commissione mira a realizzare un'Unione europea climaticamente neutra entro il 2050. Ciò non implica che ogni Stato membro debba conseguire individualmente la neutralità climatica. Il CESE sostiene questo approccio, che costituisce in effetti il proseguimento dell'attuale approccio della legislazione dell'UE in materia di clima, perché presenta il vantaggio di consentire una distribuzione ottimale degli sforzi in tutta l'UE, tenendo conto delle differenze esistenti in questo campo tra gli Stati membri. Tuttavia, il CESE ritiene necessario che ogni Stato membro sia tenuto a indicare nel suo piano nazionale integrato per l'energia e il clima, che dovrà essere presentato entro il 1o gennaio 2029 [a norma dell'articolo 3 del regolamento (UE) 2018/1999 (10) sulla governance dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima] se ed eventualmente quando intende raggiungere la neutralità climatica e quale tipo di misure intende adottare per conseguire un risultato ottimale a livello UE, comprese le misure che contribuiscono agli sforzi degli altri Stati membri o che saranno realizzate in uno o più altri Stati membri, garantendo così che tali disposizioni siano adottate in tempo e mediante accordi applicabili.

4.5.

Il CESE è inoltre convinto che si otterrà un massimo di sostegno per la politica in materia di clima se l'obiettivo generale sarà conseguire la massima riduzione delle emissioni di gas a effetto serra ai costi socioeconomici più bassi. Di conseguenza, le compensazioni e gli aggiustamenti tra Stati membri dovrebbero essere possibili, se disciplinati da un solido quadro normativo integrato con l'applicazione. È altresì importante riconoscere che, nell'attuale sistema, i settori del sistema europeo di scambio delle emissioni sono regolamentati in tutta l'UE, mentre altri settori rientrano nella condivisione degli sforzi dei limiti nazionali delle emissioni. Nel corso del tempo, un maggior numero di settori rientrerà ovviamente nel quadro relativo agli scambi di quote di emissioni.

4.6.

Oltre al sistema ETS, numerosi atti legislativi a livello di UE, come i requisiti tecnici, si applicano al controllo delle emissioni dei diversi settori, e rientrano quindi nell'attuazione dell'obiettivo generale. La regolamentazione a livello dell'UE riveste particolare importanza nei settori connessi al corretto funzionamento del mercato unico.

4.7.

Il CESE propone inoltre un adeguato monitoraggio delle possibili implicazioni delle misure dell'UE nel contesto globale. Ciò comprende, ad esempio, gli effetti sugli investimenti esteri e sugli scambi commerciali e il conseguente impatto diretto e indiretto sullo sviluppo delle emissioni.

4.8.

Nella proposta della Commissione si afferma che «[…] l'azione a livello dell'UE dovrebbe mirare a garantire il conseguimento, in modo efficace rispetto ai costi, degli obiettivi climatici a lungo termine, garantendo al contempo l'equità e l'integrità ambientale». Il CESE riconosce che rimangono aperte numerose questioni, procedurali (qual è l'approccio decisionale migliore?) e di merito (quali sono i criteri di distribuzione equi ed economicamente validi che garantiscono un elevato livello di protezione ambientale?) su come realizzare quanto sopra. L'elemento del processo (la discussione in corso in senso orizzontale tra le istituzioni dell'UE, compresi il CESE e il CdR, e in senso verticale con gli Stati membri) è quindi importante. Ancora più fondamentale è la questione di cosa fare se gli Stati membri desiderano conseguire la neutralità climatica al proprio interno già prima del 2050 e ciò non coincide con la massima efficienza sotto il profilo dei costi e/o del clima a livello dell'UE. Il CESE invita la Commissione e il Consiglio a fornire al più presto chiarimenti e orientamenti su questo aspetto.

5.   Adattamento

5.1.

La proposta della Commissione riguarda opportunamente sia la mitigazione che l'adattamento «[…] in conformità dell'articolo 7 dell'accordo di Parigi». In particolare per quanto riguarda l'adattamento, la Commissione propone di estendere l'azione dell'UE all'azione nazionale di adattamento.

In generale, l'adattamento è percepito come maggiormente connesso all'intervento dei governi locali di quanto lo sia la mitigazione. Il CESE ritiene pertanto che, conformemente al principio di sussidiarietà, la Commissione dovrebbe chiarire in quale misura si debbano conferire competenze a livello dell'UE, e dovrebbe specificare quali saranno gli obblighi da imporre agli Stati membri.

5.2.

Resta inoltre da esaminare cosa quest'obbligo comporti per le «istituzioni competenti dell'Unione». La proposta prevede che gli Stati membri adottino strategie e piani nazionali di adattamento. Per le istituzioni dell'UE non è richiesta alcuna azione specifica, ad esempio l'elaborazione di un piano.

5.3.

La Commissione propone di essere investita del potere di valutare non solo le azioni di mitigazione, ma anche le azioni di adattamento degli Stati membri [articolo 6, paragrafo 1, lettera b)]. Se la Commissione constata che le misure adottate da uno Stato membro «sono inadeguate ad assicurare i progressi nell'adattamento di cui all'articolo 4, può formulare raccomandazioni rivolte allo Stato membro in questione». Si tratta di una disposizione molto aperta. Il CESE ritiene auspicabile che la Commissione stabilisca criteri per tale valutazione.

6.   Partecipazione del pubblico

6.1.

Il CESE considera del tutto ovvio, e pertanto accoglie con favore, l'articolo 8 (Partecipazione del pubblico) della legge sul clima. La partecipazione attiva di «tutte le componenti sociali» è una condizione necessaria perché la politica in materia di clima abbia successo nell'UE, dato che sono gli attori della società civile (imprese, lavoratori, consumatori, cittadini e loro organizzazioni) a realizzare gli obiettivi climatici nella pratica.

Il CESE esorta pertanto la Commissione e gli Stati membri a invitare attivamente tutti questi attori della società civile a partecipare e a presentare le loro proposte per una politica climatica e un'azione per il clima concrete.

6.2.

Il CESE si compiace pertanto del fatto che la Commissione europea abbia recentemente avviato una consultazione pubblica per raccogliere vedute sulle modalità di dialogo con il pubblico in materia di azione per il clima (11). Ciò servirà da base per il lancio, da parte della Commissione, di un Patto per il clima nel 3o trimestre 2020. Con il patto europeo per il clima, la Commissione europea intende riunire le parti interessate, comprese le regioni, gli enti locali, le comunità locali, la società civile, le scuole, le imprese e i privati.

6.3.

In considerazione delle esperienze positive maturate con la piattaforma europea delle parti interessate per l'economia circolare, istituita dalla Commissione europea e dal Comitato economico e sociale europeo, e in linea con le proposte contenute nel nostro parere sul patto per il clima (NAT/785) (12), il CESE propone di istituire una piattaforma europea delle parti interessate nel quadro del Patto europeo per il clima, basata sui principi di inclusione, trasparenza e reale partecipazione e titolarità da parte degli attori locali per il clima.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Alcuni esperti sostengono che la biodiversità costituisce una barriera naturale alla trasmissione di virus e malattie dagli animali selvatici all'uomo (zoonosi). La perdita di biodiversità potrebbe pertanto portare a ulteriori pandemie in futuro. Si tratta di un argomento aggiuntivo particolarmente attuale.

(2)  Legge europea sul clima.

(3)  Green Deal europeo.

(4)  Presentazione all'UNFCCC.

(5)  Legge europea sul clima, cfr. ad esempio pag. 2.

(6)  Rapporto 2019 sul divario delle emissioni.

(7)  La relazione 2019 sul divario delle emissioni del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) indica che le emissioni globali devono essere ridotte del 7,6 % all'anno, a partire da ora, al fine di limitare il riscaldamento globale a 1,5 oC. Concretamente questo significa un obiettivo di riduzione di almeno 68 % entro il 2030.

(8)  Sostegno dei cittadini all'azione per il clima.

(9)  GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43.

(10)  GU L 328 del 21.12.2018, pag. 1.

(11)  Consultazione sul patto europeo per il clima.

(12)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul «Patto europeo per il clima» (cfr. pag. 67 della presente Gazzetta ufficiale)


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/149


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un Anno europeo delle ferrovie (2021)»

[COM(2020) 78 final]

(2020/C 364/21)

Relatore:

Alberto MAZZOLA

Consultazione

Parlamento europeo, 10.3.2020

Consiglio, 13.3.2020

Consiglio dell’Unione europea, 13.3.2020

Base giuridica

Articolo 91 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Ufficio di presidenza del Comitato

24.4.2020

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

23.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

209/1/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione e ne sostiene gli obiettivi, in particolare al fine di incoraggiare e aiutare l’Unione europea, gli Stati membri, gli enti regionali e locali, le parti sociali e le forze di mercato ad accrescere la quota di mobilità dei passeggeri e delle merci garantita dal trasporto ferroviario.

1.2.

Ad avviso del CESE, l’Anno europeo delle ferrovie dovrà avvicinare il vasto pubblico dei cittadini, i lavoratori delle ferrovie, le parti sociali, le imprese e il mondo accademico, e in particolare i giovani europei, al dibattito pubblico delle istituzioni europee sulle politiche dell’UE in materia di sostenibilità e mobilità e sul futuro della mobilità europea, in modo da promuovere le ferrovie in quanto modo di trasporto sostenibile, innovativo e sicuro.

1.3.

Secondo il CESE, tale Anno europeo dovrebbe costituire un’opportunità per far conoscere le credenziali di sostenibilità del trasporto ferroviario — anche come valida alternativa, laddove disponibile, ai voli a corto raggio — nonché la strategia per una mobilità intelligente e sostenibile e le politiche dell’UE in materia di investimenti ferroviari.

1.4.

Il CESE raccomanda che, nel corso dell’Anno europeo delle ferrovie, si valuti la qualità dei servizi ferroviari e, se necessario, li si adegui alle esigenze degli utenti, in modo da soddisfare i criteri di cui al Protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale (SIG) allegato al TFUE; si sviluppino progetti che promuovano un approccio olistico all’accessibilità; si rafforzi il legame tra digitalizzazione e sostenibilità; ci si confronti con gli investitori su possibili iniziative nel contesto del piano d’azione della Commissione per il finanziamento della sostenibilità.

1.5.

Il CESE chiede che, nel quadro di tale Anno europeo, si varino iniziative volte a riconquistare la fiducia degli utenti nel trasporto pubblico, e in particolare in quello ferroviario. In particolare si dovrebbe far conoscere meglio, specialmente ai giovani europei, le attrattive di una professione nelle ferrovie, sostenendo iniziative congiunte con le parti sociali, le università, il mondo accademico in generale e le organizzazioni giovanili europee.

1.6.

Il CESE è fermamente convinto che l’Anno europeo delle ferrovie debba rappresentare un’opportunità per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti del turismo sostenibile e per dare nuovo impulso all’iniziativa DiscoverEU. Il CESE appoggia con convinzione l’iniziativa del Parlamento europeo volta ad attribuire a ogni cittadino europeo, al compimento dei 18 anni, il diritto di avere un pass DiscoverEU in quanto simbolo dell’identità europea.

1.7.

Il CESE fa notare che l’Anno europeo delle ferrovie dovrebbe essere sfruttato per fornire maggiori informazioni sul calendario delle iniziative di Europalia, nonché per far conoscere a un pubblico più ampio i contenuti creati in rassegne culturali già consolidate, quali i festival cinematografici (Cannes, Venezia, Berlino) e le mostre d’arte. Sempre in tale contesto, nel 2021 le stazioni ferroviarie e i musei potrebbero ospitare importanti iniziative che colleghino il futuro e il passato delle ferrovie con settori importanti come l’architettura e l’edilizia, il design, l’elettromeccanica, l’alimentazione e il turismo. E il CESE stesso potrebbe includere nel suo programma culturale per il 2021 una mostra sulle ferrovie.

1.8.

È necessario che l’Anno delle ferrovie coinvolga tutti i musei ferroviari europei, invitando i cittadini a scoprire le loro collezioni anche in forma digitale, promuovendo scambi tra musei e un tour europeo dei musei ferroviari.

1.9.

Il CESE è profondamente convinto che l’Anno europeo del trasporto ferroviario dovrebbe anche essere un’occasione per promuovere obiettivi molto ambiziosi, con un valore aggiunto europeo sia socioeconomico che simbolico — anche per reagire alla drammatica crisi della COVID-19: ad esempio il rilancio della realizzazione di una rete ferroviaria europea ad alta velocità, prevista dal Libro bianco sui trasporti del 2011, per collegare tutte le capitali e le città dell’UE con più di 500 000 abitanti.

1.10.

Il CESE sottolinea l’importanza di cogliere l’opportunità unica offerta dall’Anno europeo delle ferrovie anche per far conoscere i livelli di sicurezza del trasporto ferroviario, che non hanno eguali tra i modi di trasporto terrestre. In tale contesto, il CESE ricorda che l’11 giugno di ogni anno è la Giornata internazionale di sensibilizzazione sui passaggi a livello (International Level Crossing Awareness Day — ILCAD), e che nel 2020 ha celebrato la 12a edizione di questa iniziativa. A questa giornata dovrebbe essere riservata un’attenzione particolare nel quadro dell’Anno europeo delle ferrovie.

2.   La proposta della Commissione

2.1.

Scopo della proposta di dichiarare il 2021 «Anno europeo delle ferrovie» è promuovere il trasporto ferroviario in linea con gli obiettivi fissati nella comunicazione della Commissione sul Green Deal europeo, anche per quanto concerne la mobilità sostenibile e intelligente. Mediante progetti, dibattiti, manifestazioni, esposizioni e iniziative in tutta Europa, l’Anno europeo delle ferrovie promuoverà, presso i cittadini, le imprese e le autorità, il trasporto ferroviario come modalità attraente e sostenibile per spostarsi in Europa, sottolineandone in particolare la dimensione unionale e innovativa. Rivolgendosi ai cittadini, senza limitarsi al settore ferroviario, tramite manifestazioni dedicate e campagne di comunicazione, convincerà un numero maggiore di persone e imprese a utilizzare le ferrovie (1).

2.2.

L’obiettivo dell’Anno europeo delle ferrovie è incoraggiare e sostenere l’impegno profuso dall’Unione, dagli Stati membri, dalle autorità regionali e locali e da altre organizzazioni allo scopo di incrementare la quota di passeggeri e merci trasportati su ferrovia. L’Anno europeo dovrebbe in particolare promuovere le ferrovie quale modo di trasporto sostenibile, innovativo e sicuro, rivolgendosi al grande pubblico, e ai giovani in particolare. Dovrebbe altresì sottolineare la dimensione europea e transfrontaliera delle ferrovie, che avvicinano i cittadini, consentono loro di scoprire l’Unione in tutta la sua diversità, promuovono la coesione e contribuiscono a integrare il mercato interno dell’Unione. Dovrebbe inoltre rafforzare il contributo offerto dalle ferrovie all’economia, all’industria e più in generale alla società dell’Unione e promuovere le ferrovie come un elemento importante delle relazioni tra l’Unione e i paesi terzi (2).

3.   Le ferrovie e la pandemia di COVID-19

3.1.

Il settore ferroviario ha sofferto e risente tuttora delle misure di contenimento adottate dagli Stati membri per combattere la diffusione della pandemia di COVID-19 e la drastica riduzione della mobilità.

3.2.

Secondo prime stime approssimative, effettuate da associazioni di categoria come la CCFE, la perdita di ricavi complessiva subita, a causa della pandemia, dall’insieme degli operatori del settore del trasporto ferroviario passeggeri ammonterebbe — dall’inizio della crisi — a 900 milioni di EUR alla settimana. Per il settore del trasporto ferroviario di merci, l’impatto della pandemia di COVID-19 si è tradotto, nel marzo e nell’aprile 2020, in una diminuzione media approssimativa delle entrate del 25 % in tutta l’Unione europea (UE27), pari a circa 78 milioni di EUR alla settimana. Anche se il settore del trasporto ferroviario di merci ha dato prova di una notevole resilienza, la sua performance sarebbe stata ancora migliore se le «corsie verdi» (Green Lanes) prospettate fossero state pienamente applicate al traffico su rotaia, se gli oneri di accesso alle linee ferroviarie fossero stati azzerati e se la Svizzera avesse sospeso il blocco introdotto il 1o gennaio 2020. I gestori delle infrastrutture ferroviarie risentono in misura sempre maggiore degli effetti della pandemia.

3.3.

Nonostante il fortissimo calo della domanda, gli operatori e i lavoratori del settore ferroviario hanno continuato, ovunque possibile, a fornire i loro servizi, riuscendo a consentire al personale medico e agli altri lavoratori essenziali di spostarsi tra l’abitazione e il luogo di lavoro. Inoltre, tali operatori hanno messo a disposizione treni ospedale per consentire il trasporto degli ammalati di COVID-19 dalle regioni più colpite agli ospedali meno affollati.

3.4.

Il rilancio dell’Europa dopo la COVID-19 sarà anche un’occasione per rilanciare e migliorare il trasporto ferroviario di passeggeri e di merci. Il piano di ripresa dell’UE, orientato verso il Green Deal e l’agenda digitale, fornirà un sostegno a breve termine ai servizi ferroviari e sarà incentrato sul finanziamento a breve e lungo termine, eventualmente includendo aiuti di Stato per rilanciare il traffico ferroviario dopo l’enorme perdita di entrate provocata dalla crisi della COVID-19.

3.5.

Se, come si prevede, in seguito alla crisi indotta dalla COVID-19 determinate rotte aeree dovessero essere rimpiazzate da servizi ferroviari, le ferrovie dovrebbero beneficiare degli aiuti di Stato che erano destinati a tali rotte, in particolare allo scopo di evitare la perdita di posti di lavoro e garantire la riqualificazione dei lavoratori interessati.

3.6.

I lavoratori del settore dei trasporti sono stati e sono tuttora in prima linea, trovandosi a dover lavorare ogni giorno a diretto contatto con i passeggeri e rischiando perciò di contrarre tale malattia. C’è di più: essi sono anche lavoratori che risentono delle disastrose conseguenze economiche della pandemia, sia dal punto di vista occupazionale, dati gli effetti sul settore ferroviario, sia come cittadini. I lavoratori del settore ferroviario continuano a far muovere l’Europa anche in tempi difficili, facendo sì che le cure mediche e i beni essenziali siano forniti nei luoghi in cui sono necessari.

3.7.

La rinascita dell’Europa dopo la pandemia di COVID-19 sarà anche la rinascita del trasporto ferroviario passeggeri e la conferma di quello merci. Le risorse messe a disposizione dal QFP 2021-2027 riveduto, e che saranno gestite sia a livello dell’UE che a livello nazionale, dovranno essere destinate anche alle ferrovie, se non si vuole rinunciare ad attuare il Green Deal europeo e l’agenda digitale.

3.8.

Le risorse aggiuntive messe a disposizione dal QFP e dall’iniziativa Next Generation EU possono essere impiegate per un’ampia gamma di progetti in campo ferroviario: da quelli relativi alle infrastrutture ferroviarie (per trasporto passeggeri e merci, nazionale e transfrontaliero, linee convenzionali e ad alta velocità) a quelli riguardanti il materiale rotabile e l’automazione e la digitalizzazione del sistema ferroviario, come quelli per le tecnologie di aggancio automatico digitale, l’ulteriore elettrificazione della rete europea, lo sviluppo del Sistema europeo di gestione del traffico ferroviario (ERTMS), l’ammodernamento dei carri con sistemi frenanti adatti a tutte le condizioni climatiche e i regimi di demolizione per il rinnovo del materiale rotabile. L’adeguamento delle stazioni ferroviarie (e in particolare delle banchine, anche per consentire l’accesso alle persone a mobilità ridotta) è un altro ambito in cui sarebbe necessario investire risorse e sarebbe possibile conseguire effetti economici positivi già a breve termine. Rilanciare gli investimenti nella rete TEN-T e promuovere la manutenzione e il rinnovo delle linee esistenti potrebbe contribuire notevolmente e in tempi brevi alla ripresa economica dell’UE.

3.9.

Gli obiettivi generali di miglioramento della capacità e dell’efficienza del trasporto ferroviario di merci e passeggeri, in quanto parte di un sistema di trasporto multimodale intelligente, come delineato nella comunicazione sul Green Deal europeo, potrebbero nel tempo apportare un contributo significativo alla ripresa economica, riducendo la quota di mercato del trasporto merci su strada e l’impronta ambientale dei trasporti.

3.10.

Le iniziative nell’ambito dell’Anno europeo delle ferrovie dovrebbero prestare particolare attenzione a riconquistare la fiducia degli utenti nei trasporti pubblici, e in quello ferroviario in particolare. Dovrebbero essere messe in atto iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica in merito alle misure igieniche supplementari adottate dalle imprese ferroviarie, compreso l’obbligo di indossare una mascherina e di rispettare il distanziamento sociale. Per quanto riguarda i diritti dei passeggeri, occorrerebbe fare chiarezza sulla questione dell’obbligo di rimborsare l’utente e della facoltà, per quest’ultimo, di accettare o meno un voucher. Tali misure dovrebbero andare di pari passo con un’applicazione completa dei diritti dei passeggeri in tutti i servizi ferroviari, diritti che andrebbero garantiti per tutta la durata del viaggio, spiegati adeguatamente al pubblico e fatti rispettare efficacemente tramite sistemi alternativi di risoluzione delle controversie e le autorità preposte, negli Stati membri, all’applicazione della legge.

4.   Osservazioni generali

Un po’ di storia

4.1.

Nel 2021 ricorreranno numerosi anniversari riguardanti la lunga storia delle ferrovie e delle tecnologie ferroviarie. Come evidenziato nel catalogo dell’edizione 2021 del festival Europalia, nel 2021 le ferrovie belghe e francesi celebreranno il 175o anniversario del collegamento ferroviario tra Parigi e Bruxelles. Nel 1846, infatti, queste due capitali sono diventate le prime al mondo ad essere collegate tra loro da una linea ferroviaria. Quello stesso anno, inoltre, veniva inaugurato il primo collegamento ferroviario tra Bruxelles e Londra, che si serviva della linea di traghetti tra Ostenda e Dover. Il 2021 coinciderà anche con il 25o anniversario del treno Thalys e con il 170o anniversario del primo servizio sulla tratta ferroviaria boemo-sassone tra Praga e Dresda. E, sempre nel 2021, ricorreranno il 50o anniversario del Museo ferroviario (la «Cité du Train») di Mulhouse (Francia) e il 75o anniversario delle ferrovie lussemburghesi. È poi degno di nota che il 2021 sarà anche l’anno del 45o anniversario del primo Pendolino italiano, del 40o anniversario del primo TGV francese e del 30o anniversario del primo ICE tedesco, nonché il 20o anniversario della pubblicazione del primo Libro bianco dell’Unione europea sulle ferrovie in Europa.

4.2.

L’Anno europeo delle ferrovie sarà un’occasione per far conoscere meglio la storia delle ferrovie europee e celebrarne le conquiste tecniche — e, più in generale, per ripercorrere la storia di un continente europeo sempre più unito e vicino grazie ai collegamenti ferroviari — ma anche per fare il punto della situazione attuale e stilare un bilancio dei progressi finora compiuti.

Il Green Deal europeo

4.3.

Nel 2019 la Commissione europea ha presentato la comunicazione sul Green Deal europeo nella quale sollecita l’Unione europea a decarbonizzare gradualmente la sua economia per conseguire la neutralità climatica entro il 2050, e delinea una strategia politica per realizzare tale obiettivo. Il Green Deal europeo rientra nella strategia della Commissione per attuare l’Agenda 2030 dell’ONU e gli obiettivi di sviluppo sostenibile in essa indicati.

4.4.

Accanto ad altre iniziative, il Green Deal esorta ad accelerare la transizione verso una mobilità sostenibile e intelligente, considerato che i trasporti sono responsabili di un quarto delle emissioni di gas a effetto serra dell’Unione e che il loro impatto ambientale è in continua crescita. Tutti i modi di trasporto dovranno contribuire alla riduzione di tali emissioni. Una delle azioni previste dal Green Deal è il trasferimento di una parte sostanziale del 75 % dei trasporti interni di merci che oggi avviene su strada alle ferrovie e alle vie navigabili interne. È necessario agire rapidamente per attuare questo piano ambizioso e garantire l’aumento della quota modale del trasporto ferroviario, prevedendo maggiori incentivi per la promozione del trasporto ferroviario di merci.

4.5.

Al fine di attuare gli obiettivi generali stabiliti nel Green Deal, nell’ultimo trimestre del 2020 la Commissione presenterà una strategia per una mobilità intelligente e sostenibile. Tale strategia sarà incentrata, tra le altre cose, su iniziative volte ad accrescere la capacità e a migliorare la movimentazione delle merci nelle ferrovie e nelle vie navigabili interne e a creare un sistema di trasporto multimodale intelligente, senza soluzioni di continuità e interessante per gli utenti, con l’obiettivo di ridurre la quota di mercato del trasporto su strada e rendere più attraente una multimodalità che comprenda anche il trasporto ferroviario. Iniziative in tal senso sono di fatto già previste per il 2021.

4.6.

L’Anno europeo delle ferrovie costituirà un’opportunità per far conoscere e mettere in evidenza le credenziali di sostenibilità delle ferrovie, la strategia per una mobilità intelligente e sostenibile e le politiche dell’UE in materia di investimenti ferroviari. Gli investimenti in infrastrutture ferroviarie sono in grado di stimolare l’economia, creare posti di lavoro di qualità che siano sostenibili sul piano sociale e ambientale e rendere i servizi ferroviari più attraenti per gli utenti. La sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questo argomento contribuirà a influenzare i comportamenti e le scelte modali degli utenti in relazione ai trasporti pubblici e alla mobilità a basse emissioni.

4.7.

L’Anno europeo delle ferrovie sarà anche un’opportunità per valutare la qualità dei servizi ferroviari e, ove necessario, adattarli alle esigenze degli utenti, in modo da soddisfare i criteri di cui al protocollo n. 26 sui SIG allegato al TFUE.

L’agenda digitale europea

4.8.

Nell’attuare l’agenda digitale dell’UE occorrerebbe compiere sforzi ingenti per estendere al settore ferroviario la rivoluzione digitale e tutte le misure di sostegno concepite per promuoverla. L’agenda dovrebbe contribuire a promuovere l’attuazione del sistema ERTMS, lo sviluppo di soluzioni di «mobilità come servizio» (Mobility-as-a-Service — MaaS) e nuove soluzioni di biglietteria, nonché la diffusione del 5G sulla rete centrale e globale TEN-T, in modo da mettere le ferrovie in condizione di soddisfare la domanda degli utenti attuali e futuri.

4.9.

I lavoratori dipendenti devono ricevere un sostegno adeguato in relazione al processo di digitalizzazione in corso, e i loro posti di lavoro devono essere garantiti. Una particolare attenzione deve essere prestata ai requisiti specifici di genere, al fine di garantire la parità tra i sessi. Le preoccupazioni dei dipendenti in relazione a questo processo di trasformazione devono ottenere risposta in termini di garanzie appropriate, grazie al coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori e dei sindacati. I lavoratori devono avere accesso alle formazioni e alle riqualificazioni necessarie per mantenere posti di lavoro di elevata qualità e sostenibili.

4.10.

Dato che, con il 5G, la tecnologia utilizzata per la telefonia mobile e Internet assurgerà al rango di «tecnologia a finalità generale», il CESE esorta le istituzioni dell’UE e gli Stati membri a completare il mercato unico digitale, anche per quanto concerne lo sviluppo delle capacità di integrare e utilizzare i servizi 5G per difendere e migliorare la competitività dei settori economici europei, compreso quello dei trasporti e il trasporto ferroviario in particolare. Il CESE chiede inoltre alla Commissione di far realizzare uno studio sull’impatto biologico delle radiazioni emesse dal 5G e sui rischi di interferenza con altre gamme di frequenza (3).

4.11.

Le tendenze demografiche, economiche e politiche faranno sì che, nelle aree urbane e non, ci si sposti con nuove modalità; e le ferrovie dovranno riconoscere l’assoluta necessità di adeguarsi per essere in grado di integrarsi in una catena di trasporto multimodale e sempre più digitalizzata. In particolare, un numero crescente di anziani e di giovani potrebbe essere indotto a utilizzare i treni più spesso sia all’interno delle aree urbane che per viaggi più lunghi, se il trasporto ferroviario saprà rispondere ancora meglio di adesso alle loro nuove esigenze di comfort e accessibilità. Nel contempo, una generazione di utenti tecnologicamente più esperti ricorrerà sempre meno al trasporto privato, preferendogli soluzioni di mobilità condivisa e di trasporto pubblico, a condizione che esse assicurino un livello adeguato di qualità del servizio.

4.12.

Sarà particolarmente importante migliorare le tecnologie di emissione dei biglietti ferroviari: occorrerà infatti semplificare l’acquisto dei titoli di trasporto, offrendo agli utenti la possibilità di combinare diversi segmenti di viaggio in un unico biglietto e prevedendo per il futuro la possibilità di acquistare biglietti multimodali. Il CESE esorta la Commissione europea a sostenere le iniziative volte a conseguire tale obiettivo, ad esempio attraverso consulenza specialistica, la condivisione di buone pratiche, finanziamenti a fondo perduto ecc.

4.13.

Dato che la multimodalità è essenziale specialmente per il trasporto ferroviario di merci, è importante utilizzare l’Anno europeo delle ferrovie per promuovere il dialogo tra gli utenti dei servizi di trasporto, le imprese di trasporto ferroviario e gli operatori degli altri settori dei trasporti, sia a livello nazionale che a livello dell’UE, per definire i problemi pratici che ostacolano lo sviluppo del trasporto ferroviario di merci e per trovare soluzioni che rendano i servizi di trasporto merci su rotaia attrattivi per l’utenza. Il CESE sottolinea l’importanza di coinvolgere tutti i settori dei trasporti in tale dialogo, nel quale un aspetto importante potrebbe essere costituito dall’elaborazione di paradigmi di cooperazione tra imprese che non siano in contrasto con il diritto della concorrenza.

4.14.

La digitalizzazione delle ferrovie consentirà inoltre agli operatori del settore del trasporto merci di continuare ad adeguare i loro servizi per rispondere alle esigenze degli speditori in maniera sempre più efficiente, ad esempio massimizzando l’utilizzo delle capacità di trasporto disponibili e combinando diversi tipi di servizi di trasporto merci. Dato che la quota del trasporto merci assicurata dalle ferrovie è oggi tendenzialmente in calo, sarebbe utile sottolineare le possibilità di migliorare l’efficienza e la flessibilità dei servizi offerti.

4.15.

A loro volta, i gestori delle infrastrutture ferroviarie dovranno diventare sempre più digitali, al fine di migliorare le loro prestazioni operative in termini di migliore puntualità e maggiore capacità. Un forte impulso in questa direzione proverrà dall’implementazione del sistema automatico di controllo del traffico ferroviario ERTMS, la quale ad avviso del CESE andrebbe resa decisamente più celere. Gli investimenti necessari (oltre 100 miliardi di EUR, compresi i collegamenti di sicurezza digitali) vanno contemplati nel piano di ripresa; e il CESE esorta il settore ferroviario a sviluppare, insieme ad altri modi di trasporto, un quadro globale e interoperabile di «mobilità come servizio».

4.16.

Per consentire la trasformazione digitale del trasporto ferroviario, la libera circolazione dei dati riveste un’importanza essenziale. Pertanto, il CESE chiede soluzioni efficaci che eliminino i problemi legati all’accessibilità, all’interoperabilità e al trasferimento dei dati, garantendo nel contempo un’adeguata protezione dei dati stessi e della vita privata, una concorrenza equa e una più ampia scelta per i consumatori, nonché informazioni statiche e dinamiche per i passeggeri. Le stesse condizioni devono applicarsi alle società pubbliche e private, con condizioni di reciprocità per gli scambi di dati e la compensazione dei costi (4).

4.17.

Per i motivi di cui sopra, il tema della digitalizzazione del sistema ferroviario dovrebbe essere uno dei punti focali dell’Anno europeo delle ferrovie. In particolare, il legame tra digitalizzazione e sostenibilità dovrebbe essere sottolineato con opportune iniziative di comunicazione.

I lavoratori del settore ferroviario

4.18.

Il settore ferroviario europeo impiega direttamente circa 1,3 milioni e indirettamente circa un milione di cittadini europei, ed è quindi uno dei maggiori datori di lavoro dell’Unione europea. Le imprese ferroviarie sono un fattore essenziale per la formazione dei giovani e contribuiscono quindi a combattere la disoccupazione giovanile in Europa, specie nei periodi di difficoltà economica.

4.19.

L’Anno europeo delle ferrovie è anche l’Anno dei lavoratori delle ferrovie. È imperativo assicurare ai ferrovieri posti di lavoro di alta qualità e garantire agli utenti un servizio sicuro ed affidabile. Nello spirito di un’Europa sociale, le condizioni di lavoro dei dipendenti delle ferrovie devono essere al centro dell’attenzione. Nel settore ferroviario non può esservi spazio per il dumping salariale e sociale, che deve pertanto essere debellato.

4.20.

I lavoratori del settore ferroviario meritano un riconoscimento pubblico, ragion per cui è importante dare la giusta visibilità ai risultati da loro raggiunti e diffondere la consapevolezza delle sfide da loro affrontate. Azioni intraprese a livello europeo dovrebbero contribuire a far conoscere e apprezzare i risultati conseguiti da questi lavoratori e le loro rivendicazioni di posti di lavoro di qualità. Per poter garantire la sicurezza del trasporto ferroviario in Europa, tutti i lavoratori del settore ferroviario devono essere protetti dal dumping salariale e sociale; un obiettivo che può essere assicurato soltanto dal ruolo attivo del partenariato sociale del settore.

4.21.

La digitalizzazione, naturalmente, rappresenta per le ferrovie un’opportunità oltre che un imperativo commerciale. Soltanto digitalizzando le loro procedure interne e le modalità di prestazione dei loro servizi, gli operatori del settore ferroviario saranno in grado di rispondere alle sfide del presente. Nel contempo, però, la digitalizzazione andrebbe realizzata esercitando la massima cautela, onde evitare transizioni destabilizzanti e conflitti sociali. È assolutamente indispensabile che le parti sociali europee si incontrino nell’ambito della loro partecipazione al dialogo sociale settoriale dell’UE sulle ferrovie per decidere in merito a progetti comuni volti a individuare e anticipare meglio l’impatto dell’automazione e della digitalizzazione. Ciò al fine di mantenere un elevato livello di occupazione e di garanzie sociali nel quadro di una transizione socialmente giusta (5).

4.22.

La chiave per affrontare questa sfida risiede nel porre l’accento sulle transizioni professionali, accompagnate e sostenute dall’apprendimento permanente e da investimenti nell’occupabilità del personale per evitare i licenziamenti. Due sfide importanti per il settore ferroviario sono rappresentate da una piramide delle età squilibrata all’interno della sua forza lavoro e dalle difficoltà nell’assumere nuovi lavoratori, in particolare tra i giovani e le donne (6).

4.23.

L’Anno europeo delle ferrovie dovrebbe costituire un’opportunità per fare conoscere meglio, specialmente ai giovani europei, le attrattive di una carriera nelle ferrovie, sostenendo iniziative congiunte con le parti sociali, le università, il mondo accademico in generale e le organizzazioni giovanili europee.

Infrastrutture

4.24.

Il quadro TEN-T ha contribuito in maniera notevole all’individuazione delle ingenti risorse finanziarie necessarie per le nuove infrastrutture ferroviarie (circa 500 miliardi di EUR per la sola rete centrale entro il 2030), benché le risorse disponibili non siano ancora sufficienti a coprire tutto il fabbisogno. Il completamento della rete centrale dovrebbe portare alla realizzazione di una rete europea ad alta velocità che colleghi quasi tutte le capitali e grandi città europee (con più di 500 000 abitanti). Vi è poi la questione della manutenzione delle infrastrutture della rete TEN-T, un aspetto che in diversi paesi è stato ampiamente sottovalutato e sta ora emergendo in maniera piuttosto drammatica, mentre in altri è stato affrontato in modo adeguato.

4.25.

Il CESE, se da un lato approva la promozione dei collegamenti ferroviari tra le grandi città attraverso treni ad alta velocità e la rete TEN-T, dall’altro ricorda l’importanza di mantenere livelli adeguati di risorse e finanziamenti per le linee nazionali e regionali.

4.26.

Il CESE esorta a stimolare gli investimenti volti a completare la rete, anche a livello regionale e nelle zone rurali, e a coprire le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria per l’intera rete TEN-T attraverso il piano di ripresa dell’UE. È necessario stanziare fondi aggiuntivi per lo sviluppo delle ferrovie, gli investimenti in infrastrutture e la creazione di una rete più fitta per il trasporto dei passeggeri e delle merci. Ogni euro investito nelle ferrovie crea e conserva posti di lavoro, anche nel settore dell’indotto ferroviario ed a livello regionale.

Finanza sostenibile

4.27.

Il piano d’azione della Commissione europea per finanziare la crescita sostenibile [COM(2018) 97 final] è volto a riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili al fine di conseguire una crescita sostenibile e inclusiva, di gestire i rischi finanziari derivanti dai cambiamenti climatici, dall’esaurimento delle risorse, dal degrado ambientale e dalle problematiche sociali, e di promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine nelle attività economico-finanziarie.

4.28.

In tal senso, riveste una particolare importanza il sistema unificato di classificazione dell’UE (tassonomia), che indicherà con chiarezza quali attività possono essere considerate sostenibili.

4.29.

Proprio sulla base dell’evoluzione della tassonomia dell’UE in materia di sostenibilità e dei risultati finora conseguiti dal suddetto piano d’azione, la Commissione ha annunciato una revisione di quest’ultimo nell’ambito del Green Deal europeo.

4.30.

Il CESE ha accolto con favore le proposte riguardanti la tassonomia, in quanto rappresentano un primo passo verso l’attuazione del piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile (7). Il Comitato ha accolto positivamente anche la proposta relativa all’introduzione di nuovi indici di riferimento di basse emissioni di carbonio e di impatto positivo in termini di carbonio. Questi strumenti fondamentali devono inoltre essere in linea con gli obiettivi ambiziosi annunciati nel piano d’azione, secondo cui «l’Europa è in una posizione favorevole per assumere il ruolo di guida mondiale». È ormai tempo di agire conformemente a tale ambizione e sviluppare la tassonomia dell’UE in maniera conseguente.

4.31.

Date le loro credenziali in termini di sostenibilità, le ferrovie dovrebbero essere in grado di scorgere opportunità in tutte le iniziative in materia di finanza sostenibile. Anche se ad oggi nessuno dubita che il finanziamento per la manutenzione e l’ulteriore espansione delle infrastrutture ferroviarie sia un compito pubblico, e in quanto tale debba poter contare sul bilancio pubblico, occorrerebbe considerare con attenzione i fabbisogni finanziari del sistema ferroviario di domani, in particolare per quanto riguarda il materiale rotabile e le stazioni ferroviarie, e bisognerebbe studiare la possibilità che ai relativi progetti partecipino investitori privati.

4.32.

Per garantire la sostenibilità del quadro strategico previsto dalle iniziative della Commissione in materia di finanza sostenibile, è importante che gli Stati membri completino il più rapidamente possibile il processo di ratifica del protocollo di Lussemburgo del 2007 riguardante alcuni aspetti inerenti al materiale rotabile ferroviario, allegato alla convenzione di Città del Capo del 2001 relativa alle garanzie internazionali su beni mobili strumentali (il cosiddetto «protocollo ferroviario di Lussemburgo»).

4.33.

È necessario che il settore ferroviario e gli investitori privati si confrontino per discutere delle possibili sinergie, anche nell’ottica delle iniziative della Commissione in materia di finanza sostenibile. L’Anno europeo delle ferrovie dovrebbe essere l’occasione per programmare attività che consentano tale confronto, coinvolgendo sia il settore ferroviario che gli investitori privati, e in particolare quelli che investono a lungo termine come le compagnie di assicurazione, i fondi d’investimento e i fondi pensione.

Accessibilità

4.34.

L’attuazione dell’accesso universale di cui al protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale e i relativi riferimenti ai servizi di interesse economico generale implica la garanzia di un accesso adeguato per tutti gli utenti in tutto il territorio (accessibilità territoriale), fermo restando che le condizioni di tale accesso (tempi di attesa, densità dei punti di accesso, infrastrutture ecc.) possono variare in funzione delle esigenze degli utenti. La parità di trattamento e l’attuazione dell’accesso universale implicano inoltre la lotta contro tutte le forme di discriminazione.

4.35.

Al fine di rendere il trasporto ferroviario più attraente per i viaggi giornalieri così come per quelli a lungo raggio e transfrontalieri, sarà importante rafforzare i diritti dei passeggeri, rendere i passeggeri consapevoli di tali tutele e mantenere — e, possibilmente, migliorare — l’accessibilità economica del trasporto ferroviario e la qualità del servizio.

4.36.

In Europa gli operatori del settore dei trasporti ferroviari e i gestori delle stazioni e delle infrastrutture ferroviarie sono costantemente impegnati a migliorare l’esperienza di viaggio delle persone a mobilità ridotta o con disabilità. Oggi i servizi ferroviari sono di gran lunga più accessibili di prima, e molti passeggeri con disabilità sono ormai in grado di viaggiare in treno senza alcuna assistenza. Gli operatori ferroviari contribuiscono notevolmente a migliorare l’inclusione sociale delle persone con disabilità e compiono ogni sforzo per onorare i propri impegni in questo campo, insieme alle autorità pubbliche e alle associazioni di passeggeri.

4.37.

Si continua ad investire per rimuovere le barriere nelle stazioni e sui treni nel prossimo decennio al fine di agevolare l’esperienza di viaggio dei passeggeri a mobilità ridotta o con disabilità.

4.38.

Pertanto, se si vuole che l’accessibilità della rete ferroviaria continui ad essere migliorata in linea con la legislazione europea vigente in materia, sarà necessario garantire un finanziamento costante da parte di terzi, siano essi i governi nazionali oppure direttamente l’Unione europea.

4.39.

L’Anno europeo delle ferrovie dovrebbe anche essere un’opportunità per sviluppare progetti che promuovano un approccio olistico all’accessibilità, che riguardi non solo le iniziative assunte dal settore ferroviario — sia nelle stazioni che sui treni — per migliorare l’assistenza e l’accessibilità, ma anche tutto ciò che è necessario per far sì che tutti i passeggeri siano anzitutto in grado di raggiungere i nodi di trasporto.

Turismo sostenibile

4.40.

L’Unione europea è una delle regioni turistiche del mondo maggiormente sviluppate e visitate. L’UE attira il 40 % degli arrivi di turisti internazionali e raccoglie il 31 % delle entrate del turismo internazionale. Nel territorio dell’Unione si trovano sia alcuni dei principali mercati di provenienza dei turisti diretti all’estero sia alcune tra le destinazioni turistiche più visitate del mondo. Nel 2016 quasi 270 milioni di residenti dell’UE (ossia i 2/3 della popolazione allora residente) hanno viaggiato almeno una volta per turismo, e in oltre la metà dei casi si è trattato di un viaggio internazionale. In genere le spese per i trasporti rappresentano il 27 % delle spese complessive per i viaggi turistici.

4.41.

Quella dell’impatto ambientale dei trasporti effettuati a scopo turistico è una delle sfide principali individuate dalla Commissione nell’Agenda per un turismo europeo sostenibile e competitivo [COM(2007) 621 final].

4.42.

Campagne di sensibilizzazione come quelle del movimento «Venerdì per il futuro», nonché la maggiore frequenza di condizioni meteorologiche e climatiche estreme, stanno inducendo i cittadini a ripensare i propri progetti di viaggio abituali e a prendere in considerazione la ferrovia come modo di trasporto per giungere a destinazione. La categoria di passeggeri ferroviari più numerosa è costituita da coloro che viaggiano per svago o vacanza.

4.43.

Oggi il turismo europeo si trova ad affrontare una fase di transizione, con destinazioni consolidate che elaborano nuove visioni per sviluppare un turismo più rispettoso dei principi di sostenibilità economica, sociale e ambientale. Per affrontare i problemi dell’impatto ambientale del turismo e del sovraffollamento turistico, infatti, sono necessari nuovi modelli di sviluppo turistico.

4.44.

In molte nazioni, regioni e città d’Europa, il turismo reca un contributo cruciale al tessuto economico e sociale e fornisce al contempo posti di lavoro e fonti di reddito. Tuttavia, la pandemia di COVID-19 ha colpito duramente questo ecosistema.

4.45.

In tale contesto, è imperativo agire per sostenere la ripresa del turismo internazionale, continentale e nazionale, nell’interesse di ampi settori dell’economia dell’UE. Le ferrovie possono contribuire a sviluppare destinazioni turistiche non servite adeguatamente dal trasporto aereo, aprire nuove tratte e nuovi percorsi e promuovere nuove catene di valore. Per le ferrovie europee, ciò costituisce un’opportunità di soddisfare la domanda di un mercato in espansione, quello dei turisti sensibili alle questioni climatiche.

4.46.

L’Anno europeo delle ferrovie dovrebbe essere un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica europea riguardo al turismo sostenibile e alla possibilità di scoprire nuove rotte turistiche grazie ai collegamenti ferroviari Il concetto di trasferimento modale dei flussi turistici dovrebbe essere sviluppato e fatto conoscere con iniziative di comunicazione appropriate, con il sostegno congiunto degli operatori del settore ferroviario, dell’industria culturale europea e dei rappresentanti nazionali ed europei del settore turistico.

4.47.

In tale contesto, l’Anno europeo delle ferrovie dovrebbe rappresentare anche un’occasione per diffondere e migliorare nel pubblico la conoscenza delle ferrovie storiche e panoramiche d’Europa, come l’Orient Express da Parigi a Venezia, la linea ferroviaria del Creusot che attraversa la Francia orientale e meridionale, la tratta ferroviaria da Monaco di Baviera al Castello di Neuschwanstein in Germania, l’itinerario ferroviario della Val d’Orcia in Italia, le rotte ferroviarie della regione Małopolska in Polonia e molte altre ancora in tutto il continente.

DiscoverEU

4.48.

Per diversi motivi un numero considerevole di giovani europei non ha mai viaggiato, o ha viaggiato soltanto di rado, all’interno dell’Europa. Sebbene esistessero già programmi di scambio in materia di istruzione, di recente l’UE ha varato un nuovo strumento inteso a offrire a tutti i giovani europei l’opportunità di un’esperienza di viaggio che faccia loro sentire più concreta e vicina l’identità europea, sensibilizzandoli riguardo ai valori fondamentali dell’Unione, e li faccia familiarizzare con un modo di trasporto sostenibile e pulito. DiscoverEU è un’iniziativa dell’Unione europea che offre ai cittadini l’opportunità di scoprire l’Europa attraverso esperienze di apprendimento. Viaggiando prevalentemente in treno (con le dovute eccezioni per consentire la partecipazione degli abitanti di regioni insulari o remote), i giovani europei hanno la possibilità di scoprire l’Europa e le sue piccole e grandi città.

4.49.

Il ruolo svolto dai viaggi nella creazione di un’identità europea è del resto riconosciuto fin dai lavori preparatori per l’inclusione del settore nel Trattato di Lisbona. Più di recente, il professor Richard Jobs ha dimostrato il ruolo più specifico svolto dal pass Interrail nel plasmare valori europei comuni (8).

4.50.

L’Anno europeo delle ferrovie dovrebbe costituire un’opportunità per dare nuovo impulso all’iniziativa DiscoverEU, sostenere i suoi obiettivi e raggiungere i giovani europei che non hanno ancora preso parte a questo progetto. Il CESE appoggia l’iniziativa del Parlamento europeo volta ad attribuire a ogni cittadino europeo, al compimento dei 18 anni, il diritto di avere un pass DiscoverEU in quanto simbolo dell’identità europea.

Europalia e i musei ferroviari europei

4.51.

Ogni due anni, in Belgio e nei paesi limitrofi, Europalia presenta al pubblico un programma di mostre e altri eventi dedicati a temi dalla forte dimensione e prospettiva europea. Fin dall’inizio, Europalia ha attratto un gran numero di visitatori, molti dei quali provenienti da altri paesi.

4.52.

Il tema della prossima edizione (che inizierà nell’ottobre 2021) saranno proprio le ferrovie e l’impatto che esse hanno avuto e continuano ad avere sul nostro modo di viaggiare, lavorare, comunicare e vivere in Europa. L’accento sarà posto sulle ferrovie come «precursori» degli sforzi dell’UE per avvicinare tra loro i diversi paesi e i singoli cittadini, e sui treni come «artefici del cambiamento» verso la mobilità verde, sulla base delle idee esposte nel Green Deal europeo; ma si mostrerà anche l’influsso delle ferrovie sulle arti e se ne sottolineerà il potente ruolo propulsore in campo sociale, economico e industriale.

4.53.

In tale contesto, sarebbe utile utilizzare l’Anno europeo delle ferrovie per fornire maggiori informazioni sul calendario delle iniziative di Europalia, nonché per far conoscere a un pubblico più ampio i contenuti creati in rassegne culturali già consolidate, quali i festival cinematografici (Cannes, Venezia, Berlino) e le mostre d’arte. Sempre in tale contesto, nel 2021 le stazioni ferroviarie e i musei potrebbero ospitare importanti iniziative che colleghino il futuro e il passato delle ferrovie con settori importanti come l’architettura e l’edilizia, il design, l’elettromeccanica, l’alimentazione e il turismo.

4.54.

È inoltre necessario che l’Anno delle ferrovie coinvolga tutti i musei ferroviari europei, invitando i cittadini a scoprire le loro collezioni anche in forma digitale, promuovendo scambi tra musei e un tour europeo dei musei ferroviari.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  COM(2020) 78 final.

(2)  COM(2020) 78 final.

(3)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 79.

(4)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 79.

(5)  GU C 47 dell’11.2.2020, pag. 23.

(6)  GU C 47 dell’11.2.2020, pag. 23.

(7)  GU C 62 del 15.2.2019, pag. 103.

(8)  Cfr. Jobs, R.I. . Backpack Ambassador — How Youth Travel Integrated Europe, University of Chicago Press, 2017, pag. 249.


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/158


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce misure per un mercato ferroviario sostenibile in considerazione della pandemia di COVID-19»

[COM(2020) 260 final — 2020/0127 (COD)]

(2020/C 364/22)

Relatore generale:

Alberto MAZZOLA

Consultazione

Parlamento europeo, 8.7.2020

Consiglio, 30.6.2020

Base giuridica

Articolo 91 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione

Approvazione del presidente del CESE

25.6.2020 (procedura d'urgenza, art. 62 del regolamento interno)

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

211/2/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione europea e ritiene che sia in linea con il punto 3.2 del suo parere TEN/710 (1) sul tema Anno europeo delle ferrovie (2021), in cui, tra le osservazioni in merito alla resilienza dimostrata dal settore ferroviario anche durante il picco della pandemia di COVID-19, si afferma che «Anche se il settore del trasporto ferroviario di merci ha dato prova di una notevole resilienza, la sua performance sarebbe stata ancora migliore se […] gli oneri di accesso alle linee ferroviarie fossero stati azzerati […]».

1.2.

Il CESE sottolinea quanto sia importante che gli Stati membri e i gestori dell'infrastruttura applichino quanto prima possibile le deroghe previste nella proposta Commissione europea per l'intero periodo di riferimento in essa indicato. Il CESE ritiene che le misure proposte saranno utili nel breve periodo e per tutta la durata della loro applicazione.

1.3.

Il CESE suggerisce tuttavia che, prima della fine del periodo di applicazione delle deroghe proposte, la Commissione europea e i legislatori prendano in considerazione la possibilità di estendere la validità di tali misure, in particolare nel caso in cui la ripresa economica del settore si riveli più lenta del previsto.

1.4.

Il CESE sottolinea l'importanza delle disposizioni volte a garantire che gli Stati membri compensino i gestori delle infrastrutture di qualsiasi perdita economica causata dall'applicazione delle deroghe alla direttiva 2012/34/UE (2) proposte dalla Commissione.

2.   La proposta della Commissione

2.1.

La proposta della Commissione mira, al pari di altre recenti proposte, ad assistere il settore ferroviario europeo con misure di sostegno economico. In questo caso, le misure riguardano l'esenzione dai canoni per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria, la loro riduzione o il loro rinvio, nonché la rinuncia ai canoni di prenotazione. Esse coprono un periodo di riferimento compreso tra il 1o marzo 2020 e il 31 dicembre 2020, durante il quale i canoni possono essere modificati in deroga all'articolo 27 della direttiva 2012/34/UE. Il prospetto informativo della rete, che contiene tutte le informazioni sui canoni applicabili, è pubblicato almeno quattro mesi prima della scadenza del termine per la presentazione delle richieste di capacità di infrastruttura.

2.2.

In particolare, si propone di derogare al principio di cui all'articolo 31, paragrafo 3, della direttiva, in base al quale i canoni per il pacchetto minimo di accesso e per l'accesso all'infrastruttura di collegamento agli impianti di servizio sono stabiliti al costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario. In deroga a talune disposizioni della direttiva 2012/34/UE, agli Stati membri è consentito apportare adeguamenti al ribasso nell'applicazione dei coefficienti di maggiorazione per quanto riguarda l'attuale orario di servizio. In deroga all'articolo 36 della direttiva 2012/34/UE, i gestori dell'infrastruttura sono autorizzati a decidere di rinunciare ai canoni di prenotazione per tracce annullate per via di perturbazioni causate dalla pandemia.

2.3.

La Commissione propone inoltre che gli Stati membri siano autorizzati a compensare i gestori dell'infrastruttura per le perdite economiche causate da ciascuna delle deroghe alla direttiva 2012/34/UE di cui sopra (canoni basati sui costi diretti, coefficienti di maggiorazione e canoni di prenotazione di capacità). In deroga alla direttiva 2012/34/UE, i gestori dell'infrastruttura possono essere rimborsati entro un periodo inferiore a quello stabilito all'articolo 8, paragrafo 4, di tale direttiva, ossia entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui è stata sostenuta la perdita.

2.4.

Il prospetto informativo illustra nel dettaglio le norme generali, le scadenze, le procedure e i criteri relativi ai sistemi di imposizione dei canoni e di assegnazione della capacità e contiene informazioni per le richieste di capacità di infrastruttura. Si propone di prevedere l'aggiornamento e la modifica tempestiva dei prospetti informativi della rete.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Le ferrovie hanno subito gravi e inattese perturbazioni della continuità operativa a causa dello scoppio della pandemia di COVID-19, con un enorme calo della mobilità. Durante il picco della crisi, il numero di passeggeri è calato di oltre il 90 % in diversi paesi e anche dopo la fine del confinamento i dati del traffico ferroviario passeggeri non hanno ancora raggiunto il 50 % del livello precedente la crisi.

3.2.

Secondo prime stime approssimative, effettuate da associazioni di categoria come la CCFE (Comunità delle ferrovie d'Europa), i mancati ricavi a causa della pandemia per l'insieme degli operatori del settore del trasporto ferroviario passeggeri ammonterebbero, dall'inizio della crisi, a 900 milioni di EUR a settimana. Per il settore del trasporto ferroviario di merci, l'impatto della pandemia di COVID-19 si è tradotto, nel marzo e nell'aprile 2020, in una diminuzione media approssimativa delle entrate del 25 % in tutta l'Unione europea (UE27), pari a circa 78 milioni di EUR alla settimana. I gestori dell'infrastruttura ferroviaria risentono in misura crescente della pandemia di COVID-19 a causa della riduzione del traffico e dei proventi che esso genera.

3.3.

La riduzione dei canoni per l'accesso alle linee ferroviarie al di sotto del livello previsto dalla direttiva 2012/34/UE e la maggiore flessibilità concessa ai gestori dell'infrastruttura per l'assegnazione delle tracce ferroviarie mitigheranno in parte l'impatto della crisi sugli operatori ferroviari.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Cfr. pag. 149 della presente Gazzetta ufficiale.

(2)  GU L 343 del 14.12.2012, pag. 32.


28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/160


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Attuazione degli accordi di libero scambio 1o gennaio 2018 — 31 dicembre 2018»

[COM(2019) 455 final]

(2020/C 364/23)

Relatrice:

Tanja BUZEK

Correlatore:

Alberto MAZZOLA

Consultazione

Commissione, 19.12.2019

Base giuridica

Art. 32, par. 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sezione

16.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

203/0/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La crisi della Covid-19 ha esercitato un impatto profondo e senza precedenti sul mondo globalizzato e sulle sue popolazioni, nonché sul commercio e sugli investimenti. Le stime dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) prevedono per il 2020 una riduzione del commercio mondiale compresa fra il 13 % e il 32 % (1). In quanto importante fattore di stimolo per la crescita, la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo sostenibile, il commercio assolverà una funzione essenziale, promuovendo una ripresa economica sostenibile dalla crisi e consentendo alle imprese di ricostruire e riorganizzare le proprie catene del valore, ora interrotte. L'Europa ha urgente bisogno di un piano di ripresa economica dell'UE solido, sociale, sostenibile e inclusivo, che aiuti le imprese e i cittadini a superare la crisi e salvaguardare un'occupazione dignitosa, anche facendo leva sul commercio internazionale. Tale piano dovrebbe essere finanziato utilizzando gli Eurobond o un altro strumento europeo comune di debito a lungo termine.

1.2

Questa crisi riconferma l'importanza della cooperazione globale e del processo di riforma dell'OMC, al fine di assicurare la presenza di un'organizzazione forte ed efficace, in grado di contrastare il protezionismo e l'unilateralismo. È giunto il momento che l'OMC svolga il suo ruolo, promuovendo attivamente le norme fondamentali sul lavoro e l'accordo di Parigi (2).

1.3

L'annunciato riesame anticipato della strategia commerciale dell'UE deve trarre importanti insegnamenti dalla crisi attuale. L'UE non è autosufficiente e dipende dall'accesso ai mercati internazionali. È necessario rendere più resilienti, diversificate e responsabili le catene globali di approvvigionamento. Occorrono strumenti più solidi, per realizzare un'agenda in materia di commercio e investimenti sostenibili in tutte le sue dimensioni. Il riesame dev'essere coerente con il Green Deal e deve dimostrarsi altrettanto ambizioso per quanto riguarda l'efficace attuazione e applicazione delle disposizioni in materia di lavoro. Il riesame dovrebbe inoltre recepire le raccomandazioni formulate dal Comitato economico e sociale europeo (CESE) in una serie di importanti pareri, recenti o ancora in corso di elaborazione, relativi al commercio dell'UE (3). La nuova strategia commerciale dell'UE dovrebbe superare i vecchi modelli commerciali, per costruire un modello nuovo economicamente resiliente, più verde, socialmente sostenibile e responsabile.

1.4

La società civile assolve un'importante funzione di sensibilizzazione in merito all'attuazione della politica commerciale dell'UE. Può contribuire a divulgarne i benefici e svolge il cruciale compito di segnalare preoccupazioni e carenze. Pertanto, il CESE si rammarica vivamente per il fatto che la relazione sull'attuazione degli accordi di libero scambio ignori quasi totalmente l'operato e le opinioni dei gruppi consultivi interni. Le prossime relazioni dovrebbero rispecchiare in maniera più adeguata il contributo offerto dai programmi di lavoro dei gruppi consultivi interni e dalle dichiarazioni congiunte formulate con tali gruppi nei paesi partner.

1.5

Nei futuri accordi, l'ambito di monitoraggio dei gruppi consultivi interni si estenderà all'intero accordo, ma questi dovranno riservare particolare attenzione all'impatto sul commercio e lo sviluppo sostenibile. Occorre potenziare decisamente l'impatto delle raccomandazioni dei gruppi consultivi interni, soprattutto (ma non esclusivamente) rispetto alle violazioni che toccano il commercio e lo sviluppo sostenibile. Il gruppo di esperti istituito con gli Stati membri in materia di commercio e sviluppo sostenibile, il nuovo responsabile dell'esecuzione degli accordi commerciali e le istituzioni dell'UE interessate dovrebbero avviare uno scambio di follow-up strutturato con i gruppi consultivi interni; inoltre, nei negoziati sugli accordi andrebbero previste riunioni congiunte tra tali gruppi.

1.6

Gli accordi di libero scambio creano un quadro entro il quale le imprese possono sviluppare rapporti a lungo termine con nuovi clienti e fornitori, cogliere le opportunità che si presentano in nuovi paesi e potenziare le capacità locali per soddisfare le loro esigenze. Un'ambiziosa agenda commerciale bilaterale e multilaterale che rispecchi gli insegnamenti appena delineati, unita alla piena attuazione dei vigenti accordi di libero scambio dell'UE, deve costituire la base.

1.7

La relazione annuale sull'attuazione degli accordi di libero scambio offre un panorama completo e visibile della rete commerciale dell'UE, misura i progressi e la resa dei singoli accordi, e segnala le carenze registrate nell'attuazione. Deve però migliorare il suo potenziale informativo e perfezionare le interconnessioni con le relazioni passate e con il ciclo di vita complessivo della politica di valutazione del commercio. In particolare, si dovrebbero utilizzare le valutazioni d'impatto per la sostenibilità (SIA) soprattutto come fonte d'informazione. Nella stesura delle prossime relazioni la Commissione europea dovrebbe considerare prioritaria la consultazione della società civile.

1.8

Il conseguimento e la disaggregazione dei dati sembrano costituire il problema più arduo. La relazione dovrebbe utilizzare in maniera più coerente i dati nazionali, indicando le differenti realtà di ogni regione o Stato membro dell'UE e, ove necessario, investire in una raccolta attiva dei dati. La determinazione di criteri dà maggiore concretezza ai confronti. Altre fonti, come l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) per quanto riguarda le violazioni dei diritti dei lavoratori, dovrebbero integrare il quadro.

1.9

Le prossime relazioni dovrebbero contenere una riflessione più sistematica sugli scambi di servizi e sulla loro evoluzione. Occorrono dati più granulari, per settore e modalità di fornitura, al fine di valutare in che misura le imprese di tutte le dimensioni sfruttino le opportunità offerte dagli accordi di libero scambio dell'UE. Per venire in aiuto agli esportatori di servizi, la banca dati riveduta sull'accesso ai mercati dovrebbe coprire i servizi in maniera coerente ed essere integrata con una guida UE per gli investitori ed esportatori di servizi europei.

1.10

Per recare un valore aggiunto a tutte le parti interessate, la relazione annuale dovrebbe considerare con maggiore attenzione aree e gruppi specifici. I consumatori avrebbero bisogno di vedere concretamente in che modo gli incrementi dei flussi commerciali possano tradursi in vantaggi concreti. I dati devono mostrare una simmetria migliore tra gli ambiziosi obiettivi dei negoziati per i consumatori e la loro successiva attuazione.

1.11

Il tasso di utilizzo delle preferenze è un importante indicatore del livello di attuazione degli accordi di libero scambio. Dalla relazione emerge che questo valore è generalmente inferiore per le esportazioni dall'UE verso i paesi partner, rispetto alle importazioni verso l'UE. La Commissione europea e gli Stati membri devono agire congiuntamente per migliorare l'utilizzo delle preferenze commerciali e sensibilizzare maggiormente ai vantaggi commerciali soprattutto le piccole e medie imprese (PMI). In collaborazione con la comunità imprenditoriale dell'UE, dovrebbero promuovere gli accordi di libero scambio nella loro lingua nazionale ed elaborare piani d'azione per l'attuazione di ciascun accordo di libero scambio a livello nazionale. Le attività di sensibilizzazione devono rivolgersi anche agli importatori nei paesi partner.

1.12

La trasparenza è essenziale per migliorare l'accesso delle imprese europee al mercato degli appalti pubblici nei paesi partner degli accordi di libero scambio. La pubblicazione delle gare d'appalto dei paesi terzi in una sezione apposita della banca dati Tenders Electronic Daily (TED) dell'UE accrescerebbe notevolmente la possibilità, per le imprese europee di tutte le dimensioni, di trarre vantaggio dal capitolo relativo agli appalti. L'UE, inoltre, dovrebbe promuovere le migliori pratiche per l'inserimento dei criteri ambientali e sociali negli appalti pubblici.

1.13

Gli accordi di libero scambio offrono un notevole potenziale agli esportatori di prodotti agricoli dell'UE, mentre le indicazioni geografiche migliorano la competitività dei produttori agroalimentari dell'UE sia all'interno che all'esterno dell'Unione. L'attuazione delle disposizioni agroalimentari non sembra però all'altezza degli ambiziosi obiettivi prefissati. La tracciabilità dei prodotti e la capacità di applicare il principio di precauzione sono essenziali per garantire alimenti di buona qualità e un approvvigionamento sicuro in termini sia quantitativi che qualitativi. Un monitoraggio efficiente degli standard sanitari e fitosanitari richiede ispezioni da effettuare con adeguate risorse.

1.14

Benché siano trascorsi anni dalla conclusione degli accordi di libero scambio, il CESE constata che in alcuni paesi partner il rispetto degli impegni in materia di commercio e sviluppo sostenibile non ha ancora registrato progressi. Il CESE, pur sostenendo senza riserve il ricorso alle vie legali da parte della Commissione europea nella controversia con la Corea del Sud sui diritti dei lavoratori, manifesta tuttavia preoccupazione sul reale impatto della relazione del gruppo speciale di esperti, giacché i capitoli relativi al commercio e allo sviluppo sostenibile sono attualmente privi di strumenti applicativi vincolanti. A tale proposito il CESE auspica decisi progressi nel riesame dell'effettiva applicabilità delle disposizioni dell'accordo economico e commerciale globale (CETA) relative a lavoro e ambiente (4). Il processo di riesame dovrebbe prevedere lo stretto coinvolgimento e l'attiva consultazione dei gruppi consultivi interni di entrambe le parti.

1.15

Il CESE apprezza vivamente le recenti iniziative adottate dalla Commissione europea e dagli Stati membri in materia di commercio e sostenibilità. Nei negoziati con il Regno Unito, l'Unione europea si sta avviando su un percorso nuovo, garantendo condizioni di parità sostenibili e applicando il capitolo generale sulle controversie con accesso ai mezzi di ricorso, in modo da rispecchiare la relazione unica che lega le due parti. La comunicazione sul Green Deal auspica che l'accordo di Parigi divenga un elemento essenziale di tutti i futuri accordi commerciali globali: un'evoluzione positiva che dovrebbe estendersi alle convenzioni fondamentali e aggiornate dell'OIL, ratificate da tutti gli Stati membri dell'UE. In quanto organismo riconosciuto a livello internazionale, l'OIL dovrebbe partecipare al monitoraggio dell'attuazione delle convenzioni OIL nell'ambito degli accordi di libero scambio. Il CESE auspica l'avvio di un dibattito rinnovato tra gli Stati membri sul modo di potenziare i capitoli relativi al commercio e allo sviluppo sostenibile, perché possano tener completamente fede ai loro impegni giuridicamente vincolanti (5). Tale dibattito deve considerare ugualmente prioritarie, nell'agenda di attuazione e applicazione, le norme in materia di lavoro e ambiente.

2.   Contesto

2.1

Nella comunicazione Commercio per tutti del 2015 la Commissione europea si è impegnata a riferire ogni anno in merito all'attuazione degli accordi commerciali più importanti dell'Unione europea. Questa relazione è la terza sul tema, e per la prima volta il CESE ha formulato alcune raccomandazioni.

2.2

Gli accordi di libero scambio rappresentano una quota crescente del commercio dell'UE. Nel 2018 il 31 % degli scambi di merci dell'UE con il resto del mondo rientrava nell'ambito di accordi commerciali preferenziali e, se si considerano gli accordi commerciali conclusi da allora, si prevede che tale percentuale possa superare il 40 %.

2.3

Attualmente l'UE dispone della più vasta rete commerciale del mondo, con 44 accordi commerciali preferenziali che si estendono a 76 paesi. La relazione annuale sull'attuazione esamina vari tipi di accordi commerciali dell'UE:

gli accordi «di prima generazione», negoziati prima del 2006, che si concentrano sull'eliminazione delle tariffe;

gli accordi «di nuova generazione» che si estendono a nuovi settori, tra cui servizi, investimenti, appalti pubblici, concorrenza, sovvenzioni, questioni normative e sviluppo sostenibile;

le zone di libero scambio globali e approfondite (DCFTA) che creano legami economici più forti tra l'Unione e i paesi vicini;

gli accordi di partenariato economico (APE) che si concentrano sulle esigenze di sviluppo delle regioni dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico.

2.4

Dal 2015 a oggi l'UE ha portato a termine le valutazioni ex post degli accordi commerciali conclusi con il Messico, il Cile e la Corea del Sud. Sono in corso le valutazioni ex post degli accordi con il CARIFORUM e con sei paesi mediterranei, nonché quelle degli accordi UE-Moldova e UE-Georgia, dell'accordo tra Unione europea e Colombia, Ecuador e Perù e dell'accordo UE-America centrale.

2.5

La relazione del 2019 fornisce un aggiornamento sull'attuazione dei 35 principali accordi commerciali con 62 partner, compresa la prima relazione annuale sul CETA. La relazione descrive inoltre i lavori svolti prima dell'entrata in vigore dell'accordo di partenariato economico UE-Giappone e contiene capitoli dedicati alle PMI, ai servizi e al commercio di prodotti agroalimentari.

2.6

La relazione cerca di esaminare l'impatto delle disposizioni incluse nei capitoli dedicati al commercio e allo sviluppo sostenibile, che fanno tutti parte degli accordi commerciali dell'UE di nuova generazione, e segnala i ricorsi alle vie legali avviati nel quadro degli accordi commerciali dell'UE. L'esaustivo documento di lavoro dei servizi della Commissione offre informazioni dettagliate su ogni singolo accordo.

3.   La pandemia di Covid-19 e il commercio a livello globale e dell'UE

3.1

La pandemia di Covid-19 eserciterà un impatto profondo e senza precedenti sul commercio del nostro mondo globalizzato. Finora, le stime della Commissione europea prevedono per il 2020 un calo record degli scambi globali pari al 9,7 %, una possibile riduzione del 9,2 % per le esportazioni di beni e servizi verso l'esterno dell'UE a 27, e un calo dell'8,8 % delle importazioni dall'esterno dell'UE a 27 (6). Si è assistito a interruzioni su vasta scala delle catene di approvvigionamento, a restrizioni mirate delle esportazioni di merci importanti nel contesto della crisi, come le forniture mediche, all'inasprimento dei controlli alle dogane e alle frontiere e a limitazioni della libera circolazione dei lavoratori e dei prestatori di servizi. Questa crisi ha messo a nudo una preoccupante fragilità, assieme ai rischi relativi alla forte frammentazione e alla scarsissima diversificazione delle catene di approvvigionamento. Essa ha dimostrato altresì quanto sia importante che le economie possano contare su servizi pubblici funzionanti e finanziariamente solidi, soprattutto nel caso dei servizi sanitari pubblici, al fine di mantenere in moto un commercio «sano».

3.2

La crisi attuale conferma l'importanza della cooperazione globale e dimostra che le soluzioni nazionali e unilaterali non costituiscono una risposta, né a livello europeo né a livello globale. Il processo di riforma dell'OMC deve pertanto continuare, in modo da assicurare la presenza di un'organizzazione forte ed efficace, in grado di contrastare il protezionismo e l'unilateralismo. È giunto il momento che l'OMC svolga il suo ruolo, promuovendo attivamente le norme fondamentali sul lavoro e l'accordo di Parigi (7).

3.3

Il CESE constata che, con l'adozione di un quadro strategico adeguato, il commercio può rappresentare un efficace fattore di stimolo per la crescita, la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo sostenibile. Nel 2017 un settimo dei posti di lavoro nell'Unione europea, ossia 36 milioni di posti di lavoro e il 15,3 % dell'occupazione nell'UE, dipendeva dalle esportazioni. Inoltre, l'importanza del mercato unico per gli scambi dell'UE e i positivi effetti di ricaduta («spill-over effects») sono dimostrati dal fatto che un quinto dei posti di lavoro dipendenti dalle esportazioni si trova in uno Stato membro diverso da quello dell'esportatore (8).

3.4

Il commercio assolverà una funzione essenziale, promuovendo una ripresa economica sostenibile e consentendo alle imprese di ricostruire e riorganizzare le proprie catene del valore, ora interrotte. Un piano di ripresa economica dell'UE — che dev'essere solido, sociale, sostenibile e inclusivo — dovrà offrire alle imprese la possibilità di rafforzare la propria posizione nel commercio internazionale e di salvaguardare un'occupazione dignitosa. Tale piano dovrebbe essere finanziato utilizzando gli Eurobond o un altro strumento europeo comune di debito a lungo termine.

3.5

Le prossime relazioni del 2020 e del 2021 dovrebbero intraprendere una valutazione strategica globale del contesto commerciale post-Covid, esaminando anche le modalità per garantire che esso sia vantaggioso per tutti. Nella stesura delle prossime relazioni sull'attuazione degli accordi di libero scambio, la Commissione europea dovrebbe considerare prioritaria la consultazione della società civile; il CESE, da parte sua, è pronto a contribuire con l'esperienza che ha maturato sul campo. La nuova strategia commerciale, che punta alla ripresa dalla crisi della Covid e al rafforzamento del commercio mondiale, dovrebbe tener conto dei seguenti fattori, derivanti dalla crisi, ma anche dall'impegno, assunto dall'UE, di realizzare un'economia neutra in termini di emissioni di carbonio. La politica industriale europea deve rafforzare la sovranità industriale in settori chiave quali i prodotti farmaceutici e le apparecchiature mediche, e deve farlo a livello di Unione europea.

3.6

Il riesame anticipato della strategia commerciale dovrebbe inoltre recepire le raccomandazioni formulate dal CESE in una serie di importanti pareri, recenti o ancora in fase di elaborazione, relativi al commercio dell'UE (9). I negoziati in corso a livello bilaterale e di OMC dovrebbero fare urgentemente il punto sugli impatti della Covid per fronteggiare le sfide che ne derivano, con particolare riferimento alle restrizioni delle esportazioni e alla sostenibilità delle catene di approvvigionamento, riesaminando inoltre il complesso dei mandati commerciali.

3.7

Se da un lato la vasta rete di norme commerciali preferenziali dell'UE garantisce notevole prevedibilità e certezza alle imprese dell'Unione, dall'altro la crisi attuale dimostra l'urgente bisogno di strumenti più solidi che considerino la sostenibilità del commercio in tutte le sue dimensioni — economica, sociale e ambientale. In tale contesto il CESE desidera fare riferimento all'elaborazione in corso di un parere dedicato alle catene di approvvigionamento sostenibili (10), la cui adozione è prevista a settembre 2020.

3.8

Le catene globali di approvvigionamento dovranno diventare più resilienti e responsabili. La diversificazione delle relazioni commerciali è un importante elemento di sostenibilità economica, poiché costituisce una garanzia contro eventuali perturbazioni delle catene di approvvigionamento in regioni o paesi specifici. Da questo punto di vista la politica commerciale dell'UE svolge un ruolo essenziale. Gli accordi di libero scambio creano un quadro entro il quale le imprese possono sviluppare rapporti a lungo termine con nuovi fornitori, avviare attività in nuovi paesi e potenziare le capacità locali per soddisfare le loro esigenze.

3.9

La ripresa dei flussi commerciali deve basarsi sull'assunzione di solidi impegni riguardo alle norme sociali e in materia di lavoro, e alla loro effettiva applicazione. L'interruzione dei processi di approvvigionamento e produzione ha dimostrato l'importanza di disporre di misure sanitarie e di sicurezza sul luogo di lavoro applicate correttamente, nonché di mantenere i lavoratori in condizioni di sicurezza e in salute per poter fornire al mondo beni e servizi. La ratifica, l'attuazione e l'applicazione delle più importanti convenzioni dell'OIL in materia di libertà di associazione e contrattazione collettiva rappresentano un'essenziale via di accesso a condizioni di lavoro sane e dignitose, unitamente a tutte le convenzioni fondamentali e aggiornate dell'OIL.

3.10

Data l'enormità delle misure finanziarie di ripresa da adottare nell'UE e a livello globale, il Green Deal non deve essere accantonato, ma diventare, anzi, una priorità urgente nelle relazioni commerciali attuali e future dell'UE, così da assicurare una transizione giusta dal punto di vista sociale e ambientale. Si deve tener conto delle misure del Green Deal in tutti gli elementi degli accordi di libero scambio, ivi compresa la promozione delle migliori pratiche per l'integrazione dei criteri ambientali e sociali negli appalti pubblici.

4.   Osservazioni generali sulla relazione annuale

4.1

Il CESE accoglie in generale con favore la relazione annuale sull'attuazione degli accordi di libero scambio, che la Commissione europea ha introdotto per la prima volta nel 2017, in quanto essa offre un panorama completo e visibile della rete commerciale dell'UE. La relazione consente di misurare i progressi e la resa dei singoli accordi di libero scambio e dovrebbe pertanto segnalare le carenze di attuazione, comprese quelle, per esempio nei capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile, che non sono misurabili tramite statistiche economiche. Le prossime relazioni dovrebbero quindi riprendere in maniera più chiara le conclusioni delle relazioni precedenti e adottare misure di follow-up tracciabili.

4.2

Nell'attuazione degli accordi di libero scambio, e nella misurazione dei loro risultati, il tempo è un fattore importante. Da questo punto di vista, le relazioni annuali sono solo delle istantanee di tendenze prolungate che potrebbero concretizzarsi nel tempo o richiedere un'indagine più approfondita, e che è opportuno analizzare nel quadro di una strategia di valutazione più solidamente interconnessa. Ciascun accordo commerciale viene sottoposto a una valutazione approfondita in vari momenti del suo ciclo di vita. Per le prossime relazioni il CESE propone quindi un approccio maggiormente completo, che riesamini i risultati delle precedenti valutazioni d'impatto effettuate prima e durante i negoziati. In particolare, si dovrebbero utilizzare come fonte d'informazione le valutazioni d'impatto per la sostenibilità, incrociandone la lettura con il lavoro di attuazione.

4.3

L'informazione è essenziale per perfezionare la strategia dell'UE in materia di commercio e investimenti e per massimizzarne i benefici. L'acquisizione e la disaggregazione dei dati appaiono il problema più arduo. L'UE dovrebbe utilizzare in maniera più coerente i dati nazionali, indicando le differenti realtà di ogni regione o Stato membro dell'Unione e, ove necessario, dovrebbe investire in una raccolta attiva dei dati. La determinazione di criteri può rendere più tangibile la comparazione dei risultati. Per quanto riguarda il commercio e lo sviluppo sostenibile, e in particolare la situazione delle norme in materia di lavoro nei vari paesi, per completare il quadro sono necessarie altre fonti di dati, come l'OIL.

4.4

Il tasso di utilizzo delle preferenze è un importante indicatore dell'attuazione. Esso però analizza solo gli scambi di merci, e non tutti i benefici, come l'accesso al mercato degli appalti, trovano in realtà espressione tramite le preferenze tariffarie. Nel 2018 il tasso medio di utilizzo delle preferenze, per le importazioni nell'UE dai paesi partner commerciali preferenziali, è stato dell'87 %, attestandosi su valori in genere inferiori nel caso delle esportazioni dell'UE verso i paesi partner. Non si dispone però di un calcolo esatto del tasso medio di utilizzo delle preferenze, giacché l'UE si affida ai dati raccolti dal paese importatore e queste statistiche non sono armonizzate. Per comporre un quadro più completo occorre sviluppare altri indicatori, che valutino in che misura le imprese di tutte le dimensioni colgano le opportunità offerte dagli accordi di libero scambio dell'UE.

4.5

Nel 2018, le esportazioni di servizi costituivano il 32 % del valore totale delle esportazioni dell'UE, arrivando quasi al 59 % se calcolate in termini di valore aggiunto (TiVA) (11). Purtroppo, la parte della relazione dedicata agli scambi di servizi non rispecchia adeguatamente l'elevato valore degli scambi di servizi per l'UE (25,2 % del PIL dell'Unione) e non è sufficientemente dettagliata. Le prossime relazioni dovrebbero contenere una riflessione più sistematica sugli scambi di servizi e sulla loro evoluzione, non solo nella sua globalità, ma anche per singoli settori e modalità di fornitura. Per esempio, una quota crescente dei servizi professionali rientra negli accordi commerciali. Liberi professionisti come avvocati, ingegneri o architetti offrono servizi altamente specializzati, che spesso sono collegati ad altri servizi e appalti, ma non sono trattati nella relazione.

4.6

Il CESE chiede che le prossime relazioni richiamino più decisamente l'attenzione su aree e gruppi specifici, ampiamente assenti da quella attuale. I benefici degli accordi commerciali dell'UE per le PMI e il commercio agroalimentare sono già stati messi adeguatamente in luce. Nel caso dell'agricoltura, è importante considerare l'impatto cumulativo degli accordi di libero scambio su settori specifici, un fattore questo su cui riflettere prima di avviare nuovi negoziati. Per i consumatori, in particolare, un incremento dei flussi commerciali deve tradursi in vantaggi concreti. Per tale motivo, il CESE ha auspicato, l'introduzione «di un capitolo specifico per i consumatori, incentrato sul tema 'commercio e consumatori', nel quadro del commercio e dello sviluppo sostenibile, che riprendesse i pertinenti standard internazionali riguardanti i consumatori e rafforzasse la cooperazione in materia di applicazione dei loro diritti» (12).

4.7

Il CESE sostiene con forza l'inserimento nella relazione di un capitolo dedicato all'attuazione del commercio e dello sviluppo sostenibile. Tale capitolo dovrebbe guardare oltre le attività intraprese, dando maggior rilievo ai risultati, alle posizioni e ai pareri espressi nonché alle misure di follow-up. Il CESE si rammarica vivamente che la relazione ignori quasi totalmente l'operato e le opinioni dei gruppi consultivi interni impegnati nel monitoraggio dell'impatto degli accordi sugli impegni assunti in materia di commercio e sviluppo sostenibile, nonostante il contributo istituzionale di tali gruppi nel quadro di tutti gli accordi di nuova generazione. Le prossime relazioni dovrebbero rispecchiare in maniera più adeguata il contributo offerto dai programmi di lavoro dei gruppi consultivi interni e dalle dichiarazioni congiunte formulate con tali gruppi nei paesi partner.

5.   Osservazioni specifiche sull'attuazione degli accordi di libero scambio

5.1

La società civile assolve un'importante funzione di sensibilizzazione in merito all'attuazione della politica commerciale dell'UE, può contribuire a divulgarne i benefici e svolge un ruolo cruciale nel segnalare preoccupazioni e carenze. Il CESE ha una parte attiva in tutto questo processo, tramite i suoi pareri e la sua partecipazione ai gruppi consultivi interni. L'estensione dell'ambito di applicazione del monitoraggio dei gruppi consultivi interni a tutti gli aspetti dell'accordo, pur prestando particolare attenzione al commercio e allo sviluppo sostenibile, potrebbe integrare gli sforzi messi in atto dalla Commissione europea per promuovere una migliore attuazione dei futuri accordi di libero scambio dell'UE. Il CESE sostiene pertanto tale estensione (13).

5.2

I gruppi consultivi interni sono tra i principali risultati degli accordi di libero scambio di nuova generazione, ma vanno potenziati affinché possano assolvere con successo i loro compiti di monitoraggio, in particolare dei capitoli commercio e sviluppo sostenibile, da estendere, nei futuri accordi di libero scambio dell'UE, anche al di là di questi temi. Il gruppo di esperti istituito con gli Stati membri in materia di commercio e sviluppo sostenibile e il nuovo responsabile dell'esecuzione degli accordi commerciali dovrebbero essere strettamente coinvolti nel lavoro dei gruppi consultivi interni, istituendo a tal fine strutture di rendicontazione e di scambio. Sarebbe opportuno associare a quest'attività uno scambio di informazioni con l'OIL sull'attuazione dei capitoli commercio e sviluppo sostenibile per gli aspetti legati al lavoro. Per migliorare la visibilità e il follow-up interistituzionale è necessario avviare un dialogo strutturale tra i gruppi consultivi interni dell'UE, la Commissione europea, il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), il Parlamento europeo e gli Stati membri. Per trarre i migliori risultati dal dialogo con la società civile nei paesi partner, è indispensabile organizzare riunioni congiunte tra gruppi consultivi interni, che dovrebbero essere previste al momento di negoziare il testo dell'accordo. I gruppi consultivi interni potrebbero infatti recare un utile contributo tramite raccomandazioni e progetti congiunti. Con l'aumento degli accordi di libero scambio e, di conseguenza, dei gruppi consultivi interni, c'è bisogno urgente di introdurre soluzioni sistemiche dotate di adeguate risorse umane e finanziarie. Non esiste una soluzione preconfezionata valida in tutti i casi. Qualsiasi nuovo approccio potenziale, come la regionalizzazione dei gruppi consultivi interni, dovrà garantirne l'effettivo funzionamento per fronteggiare le sfide che si presenteranno nell'attuazione del relativo accordo, e dovrà altresì coinvolgere gli stessi gruppi consultivi interni nella sua concezione.

5.3

Il CESE accoglie con vivo favore la serie di iniziative recentemente adottate per promuovere l'attuazione e l'applicazione degli accordi di libero scambio. La nomina di un responsabile dell'esecuzione degli accordi commerciali testimonia di un impegno politico e di una strategia chiari. Tale figura dovrebbe rendere più efficaci l'attuazione e l'applicazione di tutti gli elementi degli accordi di libero scambio, potenziando il ruolo della società civile nell'attuazione degli accordi, anche tramite la presentazione di ricorsi. Il recente documento informale presentato dai ministri del Commercio francese e olandese (14) costituisce una gradita iniziativa per l'avvio di un dibattito rinnovato, su come garantire che i capitoli commercio e sviluppo sostenibile tengano completamente fede ai propri impegni giuridicamente vincolanti. Tale dibattito deve considerare ugualmente prioritarie, nell'agenda di attuazione e applicazione, le norme in materia di lavoro e ambiente. Rispecchiando la relazione unica che lega le due parti, il progetto di testo presentato dall'UE per un futuro accordo commerciale con il Regno Unito indica un percorso nuovo mettendo in primo piano condizioni di parità e sostenibilità; in particolare, per eventuali violazioni, esso applica il meccanismo generale di risoluzione delle controversie con accesso ai ricorsi (15). Porre il rispetto dell'accordo di Parigi quale elemento essenziale di tutti i futuri accordi commerciali globali, come auspica la comunicazione sul Green Deal (16), costituisce un'evoluzione positiva da estendere al rispetto e all'attuazione delle convenzioni fondamentali e aggiornate dell'OIL ratificate da tutti gli Stati membri dell'UE. In linea con questa nuova iniziativa, l'OIL dovrebbe partecipare al monitoraggio dell'attuazione delle convenzioni OIL nell'ambito degli accordi di libero scambio, giacché le è riconosciuta, a livello internazionale, la funzione di monitorare, offrire assistenza, indagare sulle violazioni e proporre soluzioni.

5.4

Benché siano trascorsi anni dalla conclusione degli accordi di libero scambio, il CESE constata che in alcuni paesi partner il rispetto degli impegni in materia di commercio e sviluppo sostenibile non ha ancora registrato progressi. Nel dicembre 2018 l'UE ha chiesto l'istituzione di un gruppo speciale di esperti, chiamato a giudicare la controversia tra UE e Corea del Sud sui diritti dei lavoratori, e in particolare la mancata ratifica delle convenzioni fondamentali e aggiornate dell'OIL. Il CESE esprime il suo apprezzamento per questo ricorso — il primo in assoluto — alle procedure di risoluzione delle controversie in materia di commercio e sviluppo sostenibile (17); si rammarica però della durata della procedura, dal momento che l'accordo è stato ratificato otto anni fa. Il CESE ha perciò raccomandato di potenziare ulteriormente i meccanismi di controllo da parte della società civile, che dovrebbero essere in grado di «avviare in modo autonomo indagini concernenti le violazioni degli impegni chiari in materia di commercio e sviluppo sostenibile» (18). Purtroppo, nell'ambito di azione del gruppo speciale di esperti non rientrano le numerose disposizioni legislative supplementari né le violazioni del diritto alla libertà di associazione, che l'OIL ha invitato la Corea del Sud a correggere (19). Le testimonianze orali degli attori della società civile, oltre alle comunicazioni scritte amicus curiae, dovrebbero costituire parte integrante delle audizioni del gruppo di esperti. L'esito della relazione del gruppo di esperti e il suo impatto vincolante sono ancora da verificare, dal momento che i vigenti capitoli commercio e sviluppo sostenibile sono privi di strumenti di applicazione di maggiore portata. A tale proposito il CESE auspica decisi progressi nel riesame dell'effettiva applicabilità delle disposizioni CETA relative a lavoro e ambiente (20). Il processo di riesame dovrebbe prevedere lo stretto coinvolgimento e l'attiva consultazione dei gruppi consultivi interni di entrambe le parti (21).

5.5

Gli accordi di libero scambio offrono un notevole potenziale alle esportazioni di prodotti agricoli dell'UE, mentre le indicazioni geografiche migliorano la competitività dei produttori agroalimentari dell'UE sia all'interno che all'esterno dell'Unione. Dal momento che nel 2018 le importazioni ed esportazioni sommate insieme ammontavano a 254 miliardi di EUR, l'UE rimane il più importante soggetto del mercato agroalimentare mondiale (22). Sebbene gli scambi di prodotti agroalimentari siano spesso oggetto di un severo esame nel corso dei negoziati, l'attuazione delle disposizioni non sembra all'altezza degli ambiziosi obiettivi prefissati. La tracciabilità dei prodotti e la capacità di applicare il principio di precauzione sono essenziali per garantire alimenti di buona qualità e un approvvigionamento sicuro in termini sia quantitativi che qualitativi. Un monitoraggio efficiente degli standard sanitari e fitosanitari richiede ispezioni da effettuare con adeguate risorse.

5.6

Nonostante le notevoli opportunità che si offrono alle imprese, si registra ancora una scarsa consapevolezza dei benefici prodotti dagli accordi di libero scambio, in particolare nei primi due anni della loro attuazione. La Commissione europea e gli Stati membri dovrebbero promuovere gli accordi, in collaborazione con la comunità imprenditoriale dell'UE — nelle rispettive lingue nazionali — tra i potenziali esportatori per colmare le lacune di conoscenze, soprattutto tra le PMI. Tra le azioni da intraprendere, potrebbe figurare lo sviluppo di piani d'azione nazionali per l'attuazione di ciascun accordo di libero scambio, prima della sua entrata in vigore.

5.7

In quanto beneficiari diretti dei risparmi sui dazi, gli importatori nei paesi partner commerciali hanno un ruolo fondamentale nell'utilizzo delle preferenze tariffarie nel quadro di un accordo di libero scambio. Eventuali sforzi da parte dell'UE per incrementare il tasso di utilizzo delle preferenze per le proprie esportazioni dovranno quindi tener conto del loro ruolo. Tra le attività di sensibilizzazione potrebbero figurare seminari sulle opportunità offerte dai rispettivi accordi di libero scambio e sulle modalità di richiesta delle preferenze tariffarie. Le attività di sensibilizzazione effettuate dall'UE nei paesi partner degli accordi di libero scambio dovrebbero svolgersi in stretta collaborazione tra delegazioni, rappresentanze nazionali e rappresentanti delle imprese dell'UE, tra cui le camere di commercio.

5.8

Una gran parte delle disposizioni degli attuali accordi di libero scambio riguarda i servizi; i vantaggi che ne derivano sono però di più difficile lettura rispetto alle riduzioni tariffarie. In questo caso la trasparenza dei requisiti normativi nei mercati terzi è essenziale per agevolare gli scambi. La prossima fusione tra la banca dati UE sull'accesso ai mercati e l'help desk Commercio offre l'occasione di inserire in un quadro coerente non solo le merci ma anche i servizi. Un nuovo portale dovrebbe fornire informazioni sull'accesso ai mercati e sulle restrizioni, a seconda della modalità di fornitura, per ciascun codice CPC (23), oltre a informazioni su documentazione, certificazioni, concessioni di licenza, prove e altri requisiti per settore. Potrebbe inoltre essere utile una Guida per gli investitori e gli esportatori di servizi europei dedicata ai più importanti partner commerciali preferenziali dell'UE nel settore dei servizi, come il Giappone o il Canada.

5.9

L'UE è il mercato di appalti pubblici più aperto del mondo; gli accordi di libero scambio offrono alle imprese europee norme esaustive e notevoli opportunità di accesso al mercato degli appalti nei paesi partner. Si lamentano invece una scarsa trasparenza e la mancanza di misure coerenti che integrino le clausole relative al lavoro nei contratti, nelle politiche e nelle pratiche del settore pubblico (24), che dovrebbero trovar riscontro negli accordi di libero scambio. La pubblicazione delle gare d'appalto dei paesi terzi in una sezione apposita della banca dati TED dell'UE accrescerebbe notevolmente la possibilità, per le imprese europee di tutte le dimensioni, di trarre vantaggio dal capitolo relativo agli appalti. Inoltre uno strumento specializzato di traduzione automatica in tutte le lingue dell'UE per le gare d'appalto pubblicate potrebbe aiutare a superare la barriera linguistica.

5.10

Per usufruire dei dazi preferenziali nel quadro di un accordo di libero scambio, i prodotti devono rispettare le regole di origine. La riduzione dei costi amministrativi della richiesta di tariffe preferenziali dev'essere considerata un fattore essenziale per l'incremento del tasso di utilizzo delle preferenze, soprattutto nel caso delle operazioni di valore limitato. A questo proposito sarebbe essenziale semplificare e armonizzare le regole di origine nei diversi accordi di libero scambio. Inoltre, il nuovo approccio alla verifica dell'origine, concordato negli accordi di libero scambio con Canada e Giappone, in base al quale l'autorità di importazione decide se i prodotti soddisfano i requisiti in materia di origine, può obbligare de facto l'esportatore a trasferire dati sensibili dal punto di vista commerciale.

5.11

I capitoli sugli investimenti degli accordi di libero scambio forniscono certezza giuridica agli investimenti esteri diretti in entrata e in uscita e rimuovono gli ostacoli agli investimenti. Le aziende europee sono ai primi posti a livello globale nell'offerta di investimenti sostenibili a lungo termine. Rimane tuttavia arduo attirare tali investimenti. Il piano dell'UE per gli investimenti esterni, dedicato a sviluppo sostenibile, occupazione e crescita, rappresenta in questo senso un promettente passo in avanti, ma è eccessivamente limitato dal punto di vista geografico e tematico, oltre che in termini di finanziamenti disponibili. L'UE potrebbe promuovere questa strategia dando la priorità ai problemi relativi agli investimenti sostenibili nell'agenda politica delle visite ufficiali, delle riunioni ad alto livello e delle missioni in questi paesi, coordinandosi con gli Stati membri e la comunità imprenditoriale dell'Unione.

5.12

Le aziende europee che operano nei paesi terzi sono i soggetti cui spetta in primo luogo il compito di promuovere e applicare la condotta responsabile delle imprese. Il CESE rileva che le disposizioni in materia di responsabilità delle imprese negli accordi commerciali e di investimento sono in espansione e si stanno orientando verso direzioni diverse (25). Dal momento che in questo settore le imprese europee sono leader mondiali, l'UE è nella posizione migliore per assumere un ruolo guida sulla dovuta diligenza; di conseguenza il CESE si rallegra che la Commissione europea stia seguendo la sua raccomandazione di proporre una legislazione UE in questo campo (26).

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  WTO Trade Forecast (Previsioni dell'OMC per il commercio), aprile 2020.

(2)  GU C 159 del 10.5.2019, pag. 15 .

(3)  Cfr. alcuni pareri pubblicati di recente nella GU C 47 dell'11.2.2020. Sono in corso di elaborazione i pareri REX/529 »Un'emergenza per il periodo successivo alla crisi della Covid-19: la concezione di una nuova matrice multilaterale«(cfr. pag. xx della presente Gazzetta ufficiale), NAT/791»Compatibilità della politica commerciale dell'UE con il Green Deal europeo«e REX/532»Catene di approvvigionamento sostenibili e lavoro dignitoso nel commercio internazionale«.

(4)  Strumento interpretativo comune del CETA, ottobre 2016.

(5)  Non-paper from the Netherlands and France on trade, social economic effects and sustainable development (Documento informale dei Paesi Bassi e della Francia sugli effetti sociali ed economici del commercio e sullo sviluppo sostenibile), maggio 2020.

(6)  'The impact of the Covid-19 pandemic on global and EU trade' (L'impatto della pandemia di Covid-19 sul commercio globale e dell'Unione europea), team del capo economista, DG TRADE, aprile 2020.

(7)  GU C 159 del 10.5.2019, pag. 15.

(8)  GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 38.

(9)  Cfr. la nota 3.

(10)  Parere REX/532 «Catene di approvvigionamento sostenibili e lavoro dignitoso nel commercio internazionale» (previsto per settembre 2020).

(11)  I servizi rappresentano anche una quota significativa del 34 % nelle esportazioni di prodotti finiti. Tutti i dati provengono dalla banca dati TiVA, 2016.

(12)  GU C 227 del 28.6.2018, pag. 27.

(13)  GU C 159 del 10.5.2019, pag. 28.

(14)  Cfr. la nota 5.

(15)  Draft text of the Agreement on the New Partnership with the United Kingdom (Progetto di testo sull'accordo di un nuovo partenariato con il Regno Unito), 18 marzo 2020.

(16)  COM(2019) 640 final

(17)  Si fa riferimento alle due risoluzioni delle controversie avviate nel 2019, rispettivamente con l'Ucraina e l'Unione doganale sudafricana, nel quadro del meccanismo generale di risoluzione delle controversie per gli accordi di libero scambio.

(18)  GU C 227 del 28.6.2018, pag. 27.

(19)  Amicus curiae all'attenzione del gruppo di esperti incaricato di valutare il rispetto del capitolo sulla sostenibilità da parte della Corea del Sud, gennaio 2020 (disponibile in EN).

(20)  Cfr. la nota 4.

(21)  https://www.eesc.europa.eu/it/node/55063?destination=agenda/our-events/evens/1ts-joint-meeting-eu-and-canada-dags-under-eu-canada-ceta, novembre 2019.

(22)  Agri-food trade in 2018 (Scambi di prodotti agroalimentari nel 2018), DG Agricoltura e sviluppo rurale, 2019.

(23)  Codice di classificazione centrale dei prodotti secondo la classificazione per settore dei servizi dell'OMC.

(24)  ILO General Survey 2008 (Indagine generale dell'OIL per il 2008), Labour clauses in public contracts. Integrating the social dimension into procurement policies and practices (Le clausole relative al lavoro nei contratti pubblici. L'integrazione della dimensione sociale nelle politiche e nelle procedure di appalto).

(25)  Business Responsibilities and Investment Treaties, Consultation paper by the OECD Secretariat (Responsabilità delle imprese e trattati sugli investimenti, documento di consultazione del segretariato dell'OCSE), gennaio 2020.

(26)  GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 38.