ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 311

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

63° anno
18 settembre 2020


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

552a sessione plenaria del CESE (+ teleconferenza via Interactio), 10.6.2020-11.6.2020

2020/C 311/01

Risoluzione sulle proposte del CESE per la ricostruzione e la ripresa dopo la crisi della COVID-19: L’UE deve essere guidata da un principio: quello di essere considerata una comunità unita da un destino comune basate sui lavori del sottocomitato Ripresa e ricostruzione dopo la pandemia di COVID-19

1

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

552a sessione plenaria del CESE (+ teleconferenza via Interactio), 10.6.2020-11.6.2020

2020/C 311/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Un mercato unico per tutti (parere esplorativo)

19

2020/C 311/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Gli effetti delle campagne sulla partecipazione al processo decisionale politico (parere esplorativo richiesto dalla presidenza croata)

26

2020/C 311/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Finanziare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e le sfide relative al finanziamento dell’adattamento ai cambiamenti climatici (parere esplorativo)

36


 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

552a sessione plenaria del CESE (+ teleconferenza via Interactio), 10.6.2020-11.6.2020

2020/C 311/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Programma di lavoro annuale dell’Unione per la normazione europea per il 2020[COM(2019) 486 final]

45

2020/C 311/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi (codificazione)[COM(2020) 48 final — 2020/0029 (COD)]

52

2020/C 311/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2016/1628 per quanto riguarda le disposizioni transitorie al fine di far fronte agli effetti della crisi della COVID-19[COM(2020) 233 final — 2020/0113 (COD)]

53

2020/C 311/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo per una transizione giusta[COM(2020) 22 final — 2020/0006 (COD)] e sulla Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante le disposizioni comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo Plus, al Fondo di coesione, al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e le regole finanziarie applicabili a tali fondi e al Fondo Asilo e migrazione, al Fondo per la Sicurezza interna e allo Strumento per la gestione delle frontiere e i visti[COM(2020) 23 final — 2018/0196 (COD)]

55

2020/C 311/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Piano di investimenti per un’Europa sostenibile — Piano di investimenti del Green Deal europeo[COM(2020) 21 final]

63

2020/C 311/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 575/2013 e (UE) 2019/876 per quanto riguarda gli adeguamenti in risposta alla pandemia di Covid-19[COM(2020) 310 final — 2020/0066 (COD)]

71

2020/C 311/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2011/16/UE per affrontare l’urgente necessità di rinviare determinati termini per la comunicazione e lo scambio di informazioni nel settore fiscale a causa della pandemia di COVID-19[COM(2020) 197 final — 2020/0081 (CNS)], sulla Proposta di decisione del Consiglio che modifica le direttive (UE) 2017/2455 e (UE) 2019/1995 per quanto riguarda le date di recepimento e di applicazione a causa della crisi della COVID-19[COM(2020) 198 final — 2020/0082 (CNS)] e sulla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2017/2454 per quanto riguarda le date di applicazione a causa della crisi della COVID-19[COM(2020) 201 final — 2020/0084 (CNS)]

76

2020/C 311/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1305/2013 per quanto riguarda misure specifiche volte a fornire un sostegno temporaneo eccezionale nell’ambito del FEASR in risposta alla pandemia di COVID-19[COM(2020) 186 final — 2020/0075 (COD)]

79

2020/C 311/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale (codificazione)[COM(2020) 49 final — 2020/0022 (CNS)]

81

2020/C 311/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 223/2014 per quanto riguarda l’introduzione di misure specifiche volte ad affrontare la crisi dovuta alla COVID-19[COM(2020) 223 — 2020/0105 (COD)]

82

2020/C 311/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda le risorse destinate alla dotazione specifica per l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile[COM(2020) 206 final — 2020/0086 (COD)]

83


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato economico e sociale europeo

552a sessione plenaria del CESE (+ teleconferenza via Interactio), 10.6.2020-11.6.2020

18.9.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 311/1


Risoluzione sulle proposte del CESE per la ricostruzione e la ripresa dopo la crisi della COVID-19: «L’UE deve essere guidata da un principio: quello di essere considerata una comunità unita da un destino comune» basate sui lavori del sottocomitato «Ripresa e ricostruzione dopo la pandemia di COVID-19»

(2020/C 311/01)

Relatori:

Petr ZAHRADNÍK (I gr.)

Stefano PALMIERI (II gr.)

Jan DIRX (III gr.)

Alla sessione plenaria del 10 e 11 giugno 2020 (seduta dell’11 giugno) il Comitato economico e sociale europeo ha adottato la seguente risoluzione con 221 voti favorevoli, 0 voti contrari e 6 astensioni.

1.   Introduzione

1.1.

Il CESE accoglie con grande favore, e dunque appoggia con convinzione, il piano Next Generation EU e il bilancio generale dell’UE per il periodo 2021-2027 proposti dalla Commissione europea. Nella presente dichiarazione delineiamo gli obiettivi che a nostro avviso le proposte per la ripresa e la ricostruzione dopo la crisi della COVID-19 dovrebbero conseguire. Per noi sono fondamentali i seguenti quattro punti:

1.2.

Il CESE è convinto che la ripresa dagli effetti della pandemia avrà successo solo se sarà accompagnata da una ristrutturazione della nostra società: dobbiamo concentrarci sulla ricostruzione oltre che sulla ripresa. Non possiamo limitarci a ripristinare quanto esisteva prima: dobbiamo ristrutturarlo e migliorarlo. Per il CESE, tale ristrutturazione e tale miglioramento dovranno basarsi sui principi su cui si fonda tutto il nostro lavoro: tutelare i diritti umani e sociali, i valori democratici e lo Stato di diritto, sfruttare tutte le potenzialità del mercato unico, conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), realizzare un’economia circolare e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Inoltre, dobbiamo garantire la buona governance e la responsabilità democratica. È altresì essenziale comprendere perché alcuni gruppi sociali sono rimasti più vulnerabili durante la crisi, in termini sia di insufficiente protezione contro il contagio che di perdita di mezzi di sussistenza, e adoperarsi per limitare tale vulnerabilità in futuro.

1.3.

Il processo del semestre europeo acquisirà un ruolo sempre più importante nel monitoraggio e nella valutazione degli interventi stabiliti nel quadro del piano Next Generation EU; in tale contesto, il CESE ritiene che un ruolo centrale debba essere attribuito alle parti economiche e sociali e alle organizzazioni della società civile.

1.4.

In questo nuovo processo di ripresa e ricostruzione, il CESE auspica che l’imminente Conferenza sul futuro dell’Europa possa rappresentare un’opportunità per rafforzare e approfondire la struttura istituzionale dell’UE e per procedere a un autentico rilancio del progetto europeo, affinché esso sia in grado di affrontare le sfide dei prossimi decenni.

1.5.

Gli investimenti effettuati nell’ambito dello stimolo economico a breve termine dovrebbero avere un impatto neutro sulla trasformazione strutturale dell’economia europea in direzione dell’inquinamento zero, del ripristino della biodiversità e della neutralità climatica entro il 2050, quando non addirittura accelerare tale trasformazione.

1.6.

La partecipazione di tutti i cittadini, attraverso le organizzazioni delle parti sociali e della società civile, renderà possibile il processo di riforma dell’economia e della società. Gli Stati membri e l’Unione europea devono quindi assicurarsi che in questo complesso processo nessuno sia lasciato indietro.

1.7.

Prima di ogni altra cosa, è importante sottolineare che una delle lezioni principali tratte dalla crisi è la necessità di rafforzare i sistemi sanitari di quasi ogni paese d’Europa mediante la creazione di un’«Unione della salute dell’UE».

2.   La crisi della COVID-19: uno shock simmetrico esterno per l’Unione europea, con effetti diversi da uno Stato membro all’altro

2.1.   La crisi della COVID-19 e i suoi effetti sull’Unione europea

2.1.1.

Se è vero che, all’atto della stesura di questa risoluzione, una valutazione completa dell’impatto della pandemia di COVID-19 è ancora prematura, d’altra parte risulta chiaro già adesso che quella in corso è la peggiore crisi economica che abbia colpito le economie europee dalla Seconda guerra mondiale. La strada della ripresa sarà probabilmente lunga e impervia. Le previsioni dell’FMI e della Commissione europea confermano che questa crisi sta interessando tutti gli Stati membri dell’UE, seppure con diversi livelli di intensità (1), e sta mettendo in discussione non solo i nostri modelli comportamentali, ma anche i nostri modelli di produzione, consumo e occupazione.

2.1.2.

La crisi è tanto più grave perché ha colto l’UE in un periodo di grande debolezza economica e politica. In alcuni paesi gli effetti negativi della precedente crisi economica e finanziaria (2008-2010) non si sono ancora attenuati, e le loro economie sono ancora assai sensibili, fragili e vulnerabili agli shock. Analogamente, alcuni gruppi sociali, anche negli Stati membri più ricchi, devono ancora riprendersi dall’impatto dell’ultima crisi economica. È il caso, ad esempio, delle persone con disabilità (2). Inoltre, la crisi si è verificata in un momento cruciale per l’UE: in una fase di transizione verso un’economia digitale sensibile alla sostenibilità economica, ambientale e sociale.

2.1.3.

Questa crisi ha un impatto dirompente dal punto di vista economico e sociale, e la priorità numero uno è che l’insieme delle attività e delle politiche restituisca alla nostra vita, ai nostri sistemi economici, sociali e ambientali e alle nostre organizzazioni, una «nuova normalità».

2.1.4.

La crisi costituirà una severa prova di stress per l’Unione europea nel suo insieme, per il nostro sistema economico e i nostri modelli sociali, per i nostri valori e per la nostra democrazia.

2.2.   Gli effetti economici

2.2.1.

Contrariamente alla crisi precedente, questa volta siamo precipitati nel blocco totale e immediato di molte attività, il che ha causato un brusco calo della produzione, un rapido aumento della disoccupazione e un peggioramento del livello di vita (riduzione del reddito reale, incertezza occupazionale, mobilità limitata), una drastica riduzione del volume del commercio estero sia all’interno dell’UE che con i paesi terzi, e un forte deterioramento degli indicatori delle finanze pubbliche.

2.2.2.

Stando alle analisi dell’impatto della crisi della COVID-19 sulla crescita economica attualmente disponibili, che prevedono una riduzione della crescita del PIL attorno all’8 % (3), la disoccupazione globale interesserebbe 24,7 milioni di persone in più, mentre l’incertezza colpirebbe dai 13 ai 36 milioni di posti di lavoro (4). Nell’UE il tasso di disoccupazione dovrebbe passare dal 6,7 % del 2019 al 9,0 % del 2020 (5). La crisi, inoltre, mette seriamente in discussione: i) il sistema delle piccole e medie imprese, che rappresentano la spina dorsale del sistema produttivo europeo; ii) la competitività del sistema delle grandi imprese europee; iii) la stessa sopravvivenza di alcuni settori economici come quelli alberghiero, turistico, dei trasporti e culturale.

2.2.3.

Le stime per il 2021 (6) sono molto più ottimistiche, con un recupero condizionale che, tuttavia, dipenderà dai seguenti parametri: le misure restrittive dovranno essere già state revocate; la pandemia dovrà rimanere sotto controllo; e le misure senza precedenti nei campi monetario, del bilancio e normativo adottate dagli Stati membri e dall’UE dovranno rivelarsi efficaci in termini di attenuazione dell’impatto economico e sociale immediato della crisi e di mitigazione dei danni duraturi alle relazioni economiche e sociali e alle catene globali del valore.

2.2.4.

Dal punto di vista dell’UE, il mercato unico è stato praticamente paralizzato. Inoltre, i pacchetti di crisi degli Stati membri hanno creato un rischio di condizioni di disparità che deve essere affrontato con urgenza. L’incertezza riguardo agli investimenti futuri ha avuto un’impennata, e gli indicatori principali, quali l’indice Pmi (Purchasing managers index) o la fiducia delle imprese e dei consumatori, sono ai minimi storici.

2.2.5.

Di conseguenza, il più grave impatto economico e sociale sarà probabilmente registrato durante il secondo trimestre di quest’anno, a seconda del grado di intensità riscontrato nei vari settori. Per il secondo semestre del 2020 ci si può attendere una ripresa economica, anche se la natura di tale ripresa potrebbe variare da un paese all’altro.

2.2.6.

Ancora più grave è il fatto che lo shock abbia completamente interrotto e modificato i nostri modelli e schemi di vita abituali. Nell’ambito del processo di recupero e di rilancio, è necessario concentrarsi non solo sul ripristino della performance economica ma, in modo forse ancor più urgente e più importante, anche sulla necessità di garantire la speranza e la possibilità di adattare la nostra vita alla «nuova normalità», compreso il pieno rispetto dei principi dello sviluppo sostenibile.

2.3.   Gli effetti sociali

2.3.1.

La COVID-19 avrà un impatto di ampia portata sui risultati del mercato del lavoro. Al di là delle preoccupazioni urgenti per la salute dei lavoratori e delle loro famiglie, il virus e i successivi shock economici incideranno su tre elementi del mondo del lavoro: 1) la quantità di posti di lavoro (disoccupazione e sottoccupazione), 2) la qualità del lavoro, e 3) le condizioni di determinati gruppi, più vulnerabili ai risultati negativi del mercato del lavoro. Alcune categorie di lavoratori, infatti, risultano più colpite in quanto prive di reti di sicurezza sociale: i giovani lavoratori precari, i lavoratori anziani, i lavoratori con disabilità, le donne (in quanto sovrarappresentate nei settori più colpiti o perché restano a casa per prendersi cura dei familiari), i lavoratori autonomi o i lavoratori delle piattaforme, i lavoratori a bassa retribuzione, i lavoratori migranti e i cosiddetti lavoratori «invisibili», ossia quelli che svolgono un lavoro non dichiarato. È probabile che anche la povertà lavorativa cresca in modo significativo (7).

2.3.2.

Salvaguardare l’occupazione e il reddito per tutti i lavoratori è una priorità; e le politiche di oggi vanno elaborate tenendo presente una prospettiva di lungo periodo. L’UE ha bisogno di una forte strategia europea per la ripresa e la ricostruzione sociale a livello UE e nazionale, con il coinvolgimento attivo delle parti sociali, per rafforzare l’economia, salvaguardare i diritti dei lavoratori e garantire il benessere per tutti. Occorrono riforme istituzionali e politiche più incisive per stimolare la ripresa e sviluppare la resilienza attraverso sistemi di protezione sociale solidi e universali che possano fungere da stabilizzatori economici e sociali automatici di fronte alle crisi. Ciò contribuirà altresì a ripristinare la fiducia nelle istituzioni e nei governi.

2.3.3.

Il dialogo sociale bipartito e tripartito tra i governi e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro è uno strumento fondamentale per elaborare e attuare soluzioni sostenibili, dal livello delle singole comunità fino a quello globale; e questo presuppone organizzazioni delle parti sociali forti, indipendenti e democratiche.

2.3.4.

Occorre prestare particolare attenzione affinché la ripresa dalla crisi non abbia luogo a due velocità, com’è avvenuto per quella precedente. È necessario sostenere tutti i gruppi sociali affinché siano in grado di riprendersi all’unisono, senza che quelli più vulnerabili debbano aspettare pazientemente di ottenere gli stessi miglioramenti in materia di occupazione e di tenore di vita del resto della popolazione. Ciò vale in particolare per i giovani, le persone con disabilità, le persone appartenenti a minoranze etniche, i migranti e i rifugiati.

2.3.5.

Occorre altresì dedicare un’attenzione particolare e intervenire in modo mirato a favore dei gruppi al di fuori del mercato del lavoro che si trovano già in condizioni di povertà, nonché di quelli che vi si trovano per la prima volta, che si prevede aumenteranno. Questi gruppi rischiano di essere ulteriormente emarginati e di soffrire di numerosi problemi sociali e sanitari.

2.3.6.

Le stesse organizzazioni della società civile sono tra le vittime delle disuguaglianze e delle carenze del sistema. Il fatto che le risorse siano spesso limitate e soggette a fluttuazioni minaccia infatti la capacità attuale e futura di tali organizzazioni di rispondere ai bisogni della società. Questo problema deve essere affrontato garantendo meccanismi di finanziamento per le organizzazioni della società civile.

3.   Una valutazione della risposta dell’UE alla pandemia di COVID-19

3.1.   Le misure di emergenza

3.1.1.

Attualmente in Europa (e in maggiore o minor misura nel resto del mondo) la pandemia di coronavirus sta determinando tutti i parametri della nostra vita, compresi l’attività, l’organizzazione e i sistemi economici. L’economia e lo strumentario della politica economica sono totalmente subordinati alla necessità di dare una soluzione efficace alla crisi e di contribuire in modo sostanziale a porvi fine. Tuttavia, anche in questo periodo critico è opportuno garantire:

che le fonti finanziarie mobilitate siano utilizzate in modo efficace e adeguatamente mirato in funzione dei bisogni;

che tutti i soggetti ammissibili (persone fisiche, imprese e aziende, organizzazioni senza scopo di lucro, prestatori di servizi pubblici ecc.) colpiti dalla pandemia ricevano un equo indennizzo;

che l’economia sia pronta a riprendere quando la pandemia sarà finita, traendo nel contempo insegnamenti dall’attuale pandemia per quanto riguarda le questioni sociali da affrontare con urgenza.

3.1.2.

Sebbene non spetti al mercato e all’economia il compito di formulare una diagnosi e una valutazione di un problema medico sconosciuto, nel contempo sarebbe praticamente impossibile risolvere il problema della pandemia senza tenere debito conto dei costi e delle conseguenze, sia economici che finanziari, che possono derivarne.

3.1.3.

Per reagire alla crisi, gli Stati membri e le diverse istituzioni dell’UE hanno finora adottato una serie di misure di emergenza, di prevenzione, di stabilizzazione e di compensazione. È possibile distinguere tali misure in diverse categorie in base alla loro tipologia — ad esempio, in misure monetarie e di stabilizzazione, in misure di bilancio basate sul credito e sulle garanzie, e in misure normative e procedurali. Le misure riguardano tutti gli aspetti della vita, ma si concentrano principalmente sull’economia, sulle imprese e sulle questioni sociali (cfr. l’allegato 1).

3.1.4.

Esse rappresentano un insieme coerente di politiche economiche, tra cui una reazione di politica monetaria, principalmente attraverso una nuova ondata di alleggerimento quantitativo, integrata dal nuovo sistema di acquisto di titoli a sostegno della liquidità del mercato finanziario sotto la responsabilità della BCE, una funzione di stabilizzazione macroeconomica attraverso il MES, una serie di misure di bilancio, a partire dall’adozione temporanea di norme flessibili in materia di bilancio e di aiuti di Stato, mediante ingenti iniezioni finanziarie a sostegno delle imprese e delle persone colpite dalla pandemia, la dilazione dei pagamenti delle obbligazioni e la massiccia ridistribuzione dei flussi di bilancio dell’UE. Altrettanta importanza assume il pacchetto di misure normative e procedurali di varia natura.

3.1.5.

Si stima che l’entità delle risorse finanziarie collegate alle misure di sostegno per la società europea sia di quasi 3 000 miliardi di euro (pari al 16 % del PIL dell’UE nel 2019). Finora si è trattato di una combinazione di politiche economiche comprendente misure attuate al livello dell’UE e, per la maggior parte, degli Stati membri. Secondo la versione iniziale del piano dell’UE di risposta economica alla pandemia, solo 165 miliardi di EUR sono direttamente collegati alle fonti di finanziamento comuni dell’UE sotto forma di sovvenzioni e strumenti finanziari; le altre iniziative lanciate dall’UE comprendono misure tese a sostenere la liquidità, ad attuare norme più flessibili o ad avviare strumenti finanziari basati sulle garanzie; tutte le altre misure dirette, basate sulla fiscalità, sono consistite in azioni realizzate o in fase di realizzazione da parte degli Stati membri. Successivamente la quota delle misure predisposte dall’UE è aumentata.

3.1.6.

Più di recente, il pacchetto della Commissione europea sul futuro finanziamento dell’UE, che include una proposta relativa a uno strumento europeo di emergenza temporaneo per la ripresa (denominato Next Generation EU) e un sostanziale adeguamento della proposta originaria per il quadro finanziario pluriennale 2021-2027 dell’UE, rappresenta una vera e propria rivoluzione in questo campo.

3.1.7.

Infine, il pacchetto globale annunciato proprio alla fine di maggio rappresenta un contributo sostanziale della Commissione europea alla soluzione della situazione attuale. Tale pacchetto è collegato a un nuovo strumento, solido e correttamente mirato, incentrato esclusivamente sull’uscita dalla pandemia di COVID-19, sul rilancio e sulla ripresa. L’obiettivo è quello di concentrarsi sulle esigenze reali per garantire che il mercato unico rimanga omogeneo e operativo. Il modello di finanziamento sembra essere abbastanza ragionevole, in quanto rappresenta un’innovazione e testimonia della solidarietà nei confronti degli Stati membri. Il funzionamento del futuro strumento Next Generation EU deve essere complementare al nuovo QFP, nel quale devono essere adeguatamente prese in considerazione altre priorità dell’UE, non necessariamente connesse alla pandemia (ad esempio, il Green Deal europeo, il miglioramento del mercato unico e delle condizioni per la competitività dell’UE, il pilastro europeo dei diritti sociali e l’adeguamento graduale ai principi dello sviluppo sostenibile, nonché i trattati e le convenzioni internazionali firmati e ratificati dall’UE e dagli Stati membri).

3.2.   Analisi e conclusioni riguardanti l’adeguatezza e/o la sufficienza (o insufficienza) delle misure

3.2.1.

Come indicato in precedenza, la questione è talmente ampia che la soluzione giusta sarà possibile solo con una combinazione di politiche ben coordinata e con competenze chiare da parte degli attori specifici, nonché con obiettivi e tempi di intervento pertinenti. Nell’ambito dell’insieme di misure adottate, si possono trovare diversi nuovi approcci innovativi, utilizzabili per il periodo successivo.

3.2.2.

È la prima volta dall’ultima crisi e dalle sue conseguenze che il nuovo meccanismo europeo di stabilità (MES) ha l’opportunità di stabilizzare l’ambiente macroeconomico della zona euro. Anche la reazione di politica monetaria è stata molto importante per consentire al settore finanziario di rimanere funzionale ed efficiente, con sufficiente liquidità. Altrettanto importanti sono le misure tese a introdurre norme più flessibili per gli aiuti di Stato e la disciplina di bilancio, consentendo di mantenere risorse finanziarie in circolazione quando si aggrava il rischio di una riduzione della domanda aggregata. Dette misure sono essenziali per compensare il più rapidamente possibile tutti i soggetti colpiti dalla crisi (singoli, imprese e organizzazioni senza scopo di lucro), in termini di dilazione dei pagamenti da loro dovuti e di risarcimento dei danni subiti durante il periodo di lockdown.

3.2.3.

Anche le misure di emergenza si sono rivelate decisamente appropriate. La realtà sul campo ha rivelato che, in un periodo di rischi mortali, gli Stati membri preferiscono ancora gestirsi autonomamente; alcune misure coordinate connesse alla disponibilità di materiali sanitari essenziali sarebbero state necessarie non solo per ragioni pratiche, ma anche per dare un significato ai valori del mercato unico dell’UE. Ciò costituisce inoltre una fonte di ispirazione per l’introduzione di misure nell’ambito di una strategia di uscita e della revoca delle restrizioni, strategia e revoca che devono essere oggetto di un attento coordinamento. Questa situazione di emergenza apre anche un enorme spazio per gli strumenti basati sulle garanzie e sul credito — in primis, in questo caso, quelli a disposizione della BEI — riflettendo la necessità di impegnare maggiormente il capitale privato in virtù delle norme di assegnazione che perseguono un interesse pubblico. Infatti, quando la necessità reale supera così massicciamente le limitate risorse delle finanze pubbliche, questa è l’unica soluzione che può essere ulteriormente sviluppata al tempo della «nuova normalità».

3.2.4.

Come la crisi di dieci anni fa, il periodo attuale ha messo in risalto i forti limiti del bilancio dell’UE in termini di capacità di reazione agli shock imprevisti, in particolare quando questi si verificano alla fine del quadro finanziario pluriennale in corso. La flessibilità del bilancio dell’UE espone ripetutamente una delle principali carenze dell’architettura finanziaria dell’Unione. Qualora si verifichi la necessità di mobilitare ingenti risorse finanziarie, sarà necessario creare un nuovo veicolo (come il piano Next Generation EU); altrimenti sarà necessario fare affidamento sugli Stati membri. Questa situazione dimostra chiaramente la necessità di migliorare ulteriormente il sistema finanziario dell’UE, in particolare per il caso di shock imprevisti: il modello attuale offre una base finanziaria comune insufficiente a sostenere la stabilità macroeconomica dell’UE e della zona euro.

3.3.   Valutazione delle capacità delle istituzioni dell’UE nell’adozione delle suddette misure

3.3.1.

Sulla base della descrizione e dell’analisi di cui sopra, apprezziamo molto la risposta pertinente e tempestiva data dalla BCE e dall’Eurogruppo con l’attivare il MES. Altrettanto pertinente è stata la reazione della Commissione europea, in particolare per quanto riguarda l’adozione di norme più flessibili e di misure di emergenza a sostegno delle catene di approvvigionamento di beni e attrezzature fondamentali per reagire all’insorgere e al diffondersi della pandemia. Dopo un certo periodo di tempo, in maggio la Commissione ha iniziato ad assumere un ruolo guida, introducendo e attuando il pacchetto globale, compresa la nuova proposta riveduta sul QFP e il piano Next Generation EU. È ora importante ottenere il sostegno degli Stati membri per raggiungere un consenso sul pacchetto ed attuarlo concretamente quanto prima. L’insegnamento più importante da trarre è ancora il fatto che l’UE nel suo complesso rimane alquanto vulnerabile agli shock esogeni di vasta portata e, nonostante i continui miglioramenti, per certi versi non è adeguatamente attrezzata per farvi fronte. L’esempio più significativo al riguardo è costituito dalla scarsa flessibilità e reattività del bilancio dell’UE, la cui capacità di rispondere con prontezza si è rivelata assai limitata.

3.3.2.

Inoltre, solo dopo un certo tempo le istituzioni e gli Stati membri dell’UE hanno iniziato ad adottare misure per salvaguardare l’integrità, l’omogeneità e l’efficienza del mercato unico, il più importante risultato economico del processo di integrazione dell’UE.

3.4.   Gli scenari e le sfide per il futuro

3.4.1.

Lo scenario più probabile per il futuro indica che il fondo del ciclo economico sarà toccato nel secondo trimestre del 2020, con segni graduali di ripresa nel secondo semestre. Se non vi sarà una seconda ondata della pandemia e se le strategie di uscita e di ripresa saranno appropriate ed efficaci, la ripresa dovrebbe continuare nel 2021, consentendo di raggiungere i livelli pre-COVID-19 nel 2022 in termini di produzione economica e nel 2023 in termini di attività di investimento. Questo scenario, per quanto leggermente ottimistico, può essere considerato realistico. Tuttavia, poiché l’incertezza rimane molto elevata, l’UE dovrebbe essere preparata anche per sviluppi meno positivi, e forse prevedere anche la reintroduzione di misure restrittive, l’incremento delle iniziative di emergenza, un maggiore impegno nell’attenuare le conseguenze e un indennizzo più mirato delle imprese e delle persone in stato di bisogno.

3.4.2.

La situazione attuale non è soltanto una fase dello sviluppo economico ciclico, ma anche un momento importante e decisivo in termini di cambiamenti strutturali e di riforme da apportare e all’organizzazione e ai sistemi economici e sociali dell’Europa. L’obiettivo nel periodo attuale non è soltanto quello di rilanciare concretamente l’economia (riportando il ciclo ai livelli pre-COVID-19) ma, cosa forse ancora più importante, anche quello di concepire e attuare importanti cambiamenti quantitativi e qualitativi. Si tratta di procedere a una valutazione complessiva del modello socio-economico-ambientale e di individuarne i pro e i contro. Questa ricostruzione radicale deve tradursi non solo in politiche nuove o adeguate, ma anche in nuove competenze che coinvolgano tutti gli attori (nei rapporti tra gli Stati membri e le istituzioni dell’UE e all’interno delle stesse istituzioni dell’UE) secondo il principio di sussidiarietà. È giunto inoltre il momento di fare un bilancio dei motivi per cui le nostre attuali strutture sociali ed economiche lasciano un numero così elevato di persone esposto a simili shock. L’attuale pandemia ha messo in luce le particolari vulnerabilità delle persone che, data la loro precarietà occupazionale, in un periodo di necessità si sono viste negare le prestazioni di protezione sociale e la possibilità di fruire di qualsiasi forma di assenza temporanea dal lavoro, nonché delle persone rimaste isolate dalle rispettive comunità e dalle reti di sostegno esistenti all’interno di queste.

3.4.3.

Il processo di ripresa e di ricostruzione deve puntare principalmente a:

sfruttare tutte le potenzialità del mercato unico al fine di mantenerlo integrato, funzionale ed efficiente, ripristinando così la competitività;

integrare il mercato unico con un’agenda sociale ambiziosa, e in particolare con la piena attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, al fine di garantire la convergenza sociale verso l’alto;

continuare a perseguire i necessari cambiamenti strutturali e le connesse attività di investimento, in particolare per quanto riguarda le innovazioni digitale, intelligente e sociale e la transizione verde;

migliorare costantemente la competitività dell’UE;

creare le condizioni per accrescere l’autosufficienza e la resilienza dell’UE nell’affrontare gli impatti globali;

creare le condizioni per mantenere il controllo sulle attività e industrie strategiche dell’UE;

sostenere l’accesso al mercato del lavoro per tutti al fine di costruire una forza lavoro inclusiva e resiliente;

investire nell’inclusione di talune comunità emarginate al fine di garantirne la piena partecipazione sociale ed economica;

migliorare in misura sostanziale le catene di approvvigionamento dell’UE per i casi di rischi ed emergenze.

4.   La crisi post COVID-19: un’opportunità e un’esigenza di cambiamento nell’Unione europea

4.1.   Il «cigno nero»

4.1.1.

Numerosi osservatori associano la crisi della COVID-19 alla definizione di «cigno nero» coniata dal matematico libanese Nassim Nicholas Taleb: «un evento raro e imprevedibile, perché non rientra nel campo delle normali aspettative umane, ma è così dirompente perché è in grado di stravolgere vite umane, modificare le percezioni e cambiare per sempre le comunità che ne sono colpite» (8). Ma nel far fronte all’emergenza della COVID-19 siamo davvero di fronte a un cigno nero? Si tratta di un evento così inatteso? O piuttosto abbiamo indebolito i nostri sistemi sanitari, le nostre produzioni strategiche e le nostre strutture sociali con una serie di scelte sbagliate? Lo status quo non può più essere un’opzione politica per affrontare gli effetti della crisi. L’Europa ha la possibilità e l’opportunità di costruire un mondo differente, e l’UE deve avere un ruolo primario in tale costruzione.

4.1.2.

Per riprendersi da questa crisi servono quindi una differente combinazione e una differente tempistica delle risposte strategiche. Una gestione adeguata ci permetterà di superare la crisi insieme, di salvare vite umane e di preservare il benessere della società, di trasformare i nostri modelli socioeconomici in modelli ancor più incentrati sulle persone e sul mondo naturale, e di promuovere il partenariato globale per lo sviluppo sostenibile.

4.1.3.

Pertanto adesso dobbiamo concentrarci su quanto è essenziale per ognuno: sostegno alle imprese nel superamento della crisi, per metterle in condizione di offrire un lavoro dignitoso, buone condizioni di vita e di lavoro, accesso equo alla sanità, alimenti, acqua, aria e articoli di consumo incontaminati, un ambiente naturale vitale, un clima sicuro per la prossima generazione, una società sempre più inclusiva e accessibile per tutti, e democrazie forti e funzionanti, che continuino a proteggerci in tempi di bisogno. Per conseguire questi risultati dobbiamo essere ambiziosi e prendere le decisioni giuste al momento giusto: un «piano di ricostruzione e di ripresa dell’UE».

4.1.4.

La Commissione europea deve agire concretamente per mettere fine al ricorso, da parte dei governi, allo «stato di emergenza», che erode i diritti umani e lo Stato di diritto. I governi non dovrebbero abusare della crisi del coronavirus per varare provvedimenti che vanno oltre quanto è assolutamente necessario per rispondere alla crisi, ad esempio misure che violano la vita privata, la legittimità del processo legislativo, i poteri e i ruoli della magistratura o i diritti dei cittadini e della società civile. Le misure adottate devono essere proporzionate e mirate a garantire la sicurezza pubblica. Bisogna in particolare salvaguardare la libertà di espressione di quanti segnalano le sfide derivanti dalla situazione attuale.

4.2.   Gli orientamenti per il piano di ripresa e di ricostruzione dell’UE

4.2.1.

Il CESE è convinto che la ripresa dagli effetti della pandemia sarà efficace solo se sarà accompagnata da una ristrutturazione della nostra società: dobbiamo concentrarci sulla ricostruzione oltre che sulla ripresa. Non possiamo limitarci a ripristinare ciò che esisteva prima; dobbiamo ristrutturarlo e migliorarlo. Per il CESE, la ristrutturazione e il miglioramento dovranno basarsi sui principi su cui si fonda tutto il nostro lavoro: rendere pienamente funzionante il mercato interno, tutelare i diritti umani, i valori democratici e lo Stato di diritto, attuare gli obiettivi di sviluppo sostenibile, creare un’economia circolare e realizzare la neutralità climatica entro il 2050. Inoltre dobbiamo garantire la buona governance e la responsabilità democratica.

4.2.2.

Per quanto valide e a vasto raggio, le misure da adottare saranno efficaci e riscuoteranno consenso solo se saranno applicate sul campo e raggiungeranno le persone a cui sono destinate. È pertanto essenziale lavorare duramente per garantire un’attuazione efficace, sia da parte delle istituzioni dell’UE che da parte degli Stati membri.

4.2.3.

Ciò che è essenziale, dobbiamo imparare da un fallimento sociale che ha costituito lo sfondo di un numero sproporzionato di morti durante la pandemia. Ci riferiamo ad istituti residenziali per persone con disabilità e anziani. Tali strutture sono diventate epicentri di contagio e di decessi durante la crisi. Questo deve servire da monito, e ricordarci che le risorse dell’UE non possono essere destinate a queste strutture, le quali non solo negano alle persone il diritto a scegliere liberamente come vivere, ma sono anche strutturalmente inadatte a proteggere le persone in situazioni di emergenza.

4.2.4.

La crisi del coronavirus ha purtroppo evidenziato anche l’esigenza di approfondire in tutta l’UE un intenso lavoro pedagogico per una cultura dei cittadini in materia di diritti umani e di coesistenza democratica, sulla base dei principi e dei valori dell’articolo 2 del TFUE. Ribadiamo il nostro profondo e costante attaccamento ai valori fondamentali dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto, sanciti dai Trattati istitutivi dell’UE.

4.2.5.

Solidarietà è la parola chiave nell’affrontare la crisi. Solidarietà con i prestatori di assistenza degli ospedali e delle case di cura. Solidarietà con i lavoratori che hanno perso il salario e con i datori di lavoro che rinunciano anch’essi a remunerazioni e premi per salvare le loro imprese. Solidarietà da parte dei governi per il settore economico, ma anche per quello culturale e per altri settori della società che non possono fare a meno di aiuti. E soprattutto solidarietà tra i paesi, specialmente nell’UE, perché i paesi dell’UE sono così strettamente legati economicamente che l’unica risposta efficace alla crisi sarà un approccio congiunto e basato sul sostegno reciproco.

4.2.6.

Un piano di investimenti verdi su vastissima scala fornirà il necessario stimolo economico e svilupperà la resilienza agli shock futuri. Un mandato così ambizioso e trasformativo può essere eseguito solo a specifiche condizioni, che devono essere riconosciute esplicitamente. Pertanto le ambizioni economiche e ambientali del piano di ripresa dell’UE dopo la crisi del coronavirus dovrebbero andare di pari passo, in modo da portare vantaggi a tutti. Ciò richiede una rigorosa selezione dei programmi di investimento, che vanno diretti verso settori con un elevato potenziale di stimolo economico, di creazione di posti di lavoro e di trasformazione ambientale (stimolo verde).

4.2.7.

A tal fine lo stimolo verde europeo dovrebbe essere congegnato in modo da contribuire al raggiungimento di due obiettivi generali. Primo: stimolare l’economia e creare posti di lavoro, tutelando al tempo stesso quelli minacciati, e secondo: sostenere la trasformazione dell’economia europea verso un futuro pulito e resiliente. Ovvero, come ha affermato in un tweet il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans: «La ripresa che proponiamo realizzerà la società di cui questa generazione e la prossima hanno bisogno: una società pulita, prospera, resiliente, in cui nessuno viene lasciato indietro.».

4.2.8.

Fare della reciprocità un requisito. Quando si impiegano risorse pubbliche per offrire al settore privato una prospettiva futura, è legittimo che la società si attenda in cambio un valore. Si pensi ad accordi in merito al pagamento delle tasse, a una condotta imprenditoriale adeguata in termini sociali, alla sospensione dei dividendi e dei premi, nonché all’obbligo di fare sforzi per ridurre le emissioni di CO2, di rispettare la legislazione ambientale e di rendere più sostenibili le politiche aziendali di mobilità.

4.2.9.

L’attuale modello economico ha il suo metro di riferimento (totem) nel PIL, un parametro che non è mai servito a calcolare ciò che conta veramente per gli esseri umani. A giudizio del CESE, un riesame della questione effettuato oggigiorno, alla luce di un nuovo modello di sviluppo economico e sociale per l’UE, implica che tale importante indicatore economico sia integrato da quello, altrettanto importante, del benessere di una comunità.

4.2.10.

Il CESE è convinto che un piano di ricostruzione e di ripresa debba essere incentrato sulle persone e sul futuro del pianeta. In questa prospettiva risulta essenziale nel breve periodo mantenere il massimo possibile di occupazione netta. Ma è fondamentale tenere a mente anche ciò che si affaccia all’orizzonte, vale a dire un’economia adeguata alle esigenze future, che risponda ai bisogni della società, non contribuisca ai cambiamenti climatici, impieghi le risorse in modo intelligente e integri la capacità di guadagno europea con un ambiente di vita sano e buona occupazione. Dobbiamo puntare a questo, per un futuro sostenibile. Un’economia adeguata alle esigenze future fa affidamento anche sulla capacità di essere quanto più possibile accessibile a tutti i tipi di lavoratori e di consentire a tutti di contribuire alle loro comunità e alla società nel suo insieme. Dobbiamo trarre insegnamento dalle nuove flessibilità che i datori di lavoro hanno adottato durante la crisi per tenere conto delle esigenze delle persone più lontane dal mercato del lavoro (persone con disabilità, disoccupati di lunga durata, lavoratori anziani) al fine di facilitare il loro coinvolgimento in un’economia nuova e più verde. Dirigiamoci verso questa destinazione, un futuro sostenibile.

4.2.11.

L’UE e i suoi Stati membri dovrebbero far sì che le nuove imprese dell’economia pulita, in particolare le imprese in fase di avviamento e le PMI, abbiano accesso al capitale di cui hanno bisogno per continuare a sviluppare le soluzioni di domani.

4.2.12.

Bisogna coinvolgere le parti sociali nello sviluppo e nel rafforzamento di misure di sostegno volte a compensare la mancanza di attività economica in numerosi settori, nonché al fine di tutelare tutti i tipi di lavoratori e di piccole imprese. Sono necessari sussidi di disoccupazione adeguati e sostenibili e altre forme di assistenza, compresi standard minimi europei per quanto riguarda il tasso di sostituzione netto, la durata del diritto alle indennità di disoccupazione e la copertura. In consultazione con le parti sociali si possono introdurre, nei settori dove ciò sia fattibile, dei regimi di riduzione dell’orario lavorativo. In alcuni Stati membri i lavoratori in quarantena possono beneficiare delle prestazioni di malattia. Un’altra possibilità per agevolare la situazione delle imprese, dei lavoratori e dei lavoratori autonomi consiste nel semplificare, in consultazione con le parti sociali, l’accesso al lavoro a distanza. I governi potrebbero inoltre fornire assistenza finanziaria e supporto tecnico alle PMI per aiutarle a sviluppare rapidamente delle capacità di lavoro a distanza.

4.2.13.

La partecipazione di tutti i cittadini, attraverso le organizzazioni delle parti sociali e della società civile, renderà possibile il processo di riforma dell’economia e della società. Gli Stati membri e l’UE devono pertanto fare in modo che in questo complesso processo nessuno sia lasciato indietro, e in particolare i lavoratori più precari, le persone prossime all’età pensionabile, le persone con disabilità, le donne che lavorano in posizioni meno elevate, i giovani, specialmente quelli che appartengono a minoranze visibili e quelli che provengono da un contesto migratorio e, in particolare, quanti appartengono a più di uno di questi gruppi.

5.   Il piano di ripresa

Il CESE chiede una ripresa verde e una forte ripresa sociale oltre che economica, e osserva che un’agenda così ambiziosa e trasformativa può essere realizzata se si basa su sei principi: solidarietà, competitività, sostenibilità, tutela dell’occupazione, tutela del reddito e partecipazione. Quanto più le misure per la ripresa saranno forti e tagliate su misura per la situazione degli Stati membri e delle loro popolazioni, tanto più l’Europa sarà credibile e si dimostrerà capace di far fronte alle sfide senza precedenti che abbiamo di fronte in questa crisi.

5.1.   Il mercato unico

5.1.1.

La strategia per il mercato unico è al centro del progetto europeo, consentendo una più libera circolazione di persone, servizi, beni e capitali, e offrendo opportunità alle imprese, ai consumatori e ai lavoratori europei. Sono necessarie misure per sbloccare appieno il suo potenziale, eliminando le barriere. Inoltre, a seguito della crisi e di altri aspetti di un ambiente in evoluzione, come la digitalizzazione, il mercato unico deve adattarsi pienamente a nuove idee e a nuovi modelli aziendali. L’obiettivo è quindi ripristinare, rivitalizzare e ricostruire il mercato unico in quanto strumento nella ripresa. Tra le azioni a breve termine figura l’apertura immediata delle frontiere. Servono inoltre azioni a breve termine lungo due percorsi:

Affrontare le tensioni. Le condizioni di «disparità» che stanno emergendo sono causa di seria preoccupazione. I pacchetti di stimolo degli Stati membri sono estremamente differenti e (con la buona intenzione di assorbire una parte dello shock sul versante della domanda) hanno causato condizioni di disparità tra Stati membri. Inoltre il sostegno degli aiuti di Stato dev’essere affrontato e analizzato da un punto di vista settoriale, tenendo conto di come tali azioni distorceranno, a breve e lungo periodo, la concorrenza e la parità di condizioni.

Avviare l’economia e la produttività. Abbiamo bisogno di produttività nell’economia reale (ciò significa posti di lavoro, potere di acquisto e prodotti e servizi di base). Tale produttività può assumere una forma differente ed essere fornita da modelli aziendali diversi, ma dobbiamo agire in questo campo se vogliamo evitare un ulteriore aumento dei divari di disuguaglianza. Tale avvio comporta pacchetti di sostegno e un contesto favorevole per le PMI e l’industria. Le PMI sono, come sappiamo, la spina dorsale dell’economia europea, e hanno bisogno di un sostegno specifico, ma senza oneri aggiuntivi o burocrazia. Per le PMI la ripresa sarà possibile solo se verrà messo a disposizione un sostegno finanziario dell’UE e nazionale. A tal fine saranno essenziali sussidi, prestiti, garanzia di liquidità, incentivi fiscali, condizioni favorevoli per trattenere il personale ed assumerne di nuovo, una revisione della legislazione fallimentare e altre forme di sostegno. Nel campo della legislazione fallimentare, l’UE dovrebbe intervenire per via legislativa per fare in modo che le piccole imprese che sono fallite a causa della COVID-19 siano in condizioni di riprendere rapidamente l’attività. Tali interventi dovrebbero essere limitati nel tempo.

5.2.   Strategia industriale

5.2.1.

Una politica industriale europea ben coordinata, che tenga conto sia delle sfide attuali derivanti dalla COVID-19 che delle situazioni post COVID-19 e degli aspetti della digitalizzazione e della sostenibilità. Essa deve essere sostenuta da grandi investimenti in strutture economiche e d’impresa sostenibili e dalla creazione di contratti regolari permanenti di elevata qualità. Realizzare il potenziale di innovazione delle piccole e medie imprese e procedere verso un’economia inclusiva, circolare e climaticamente neutra potrebbe garantire sia la sicurezza delle risorse a lungo termine che forniture a breve termine, importanti per le future sfide.

5.2.2.

Bisogna individuare le industrie e i settori chiave e sostenerli, dalle risorse umane alla ricerca, attuando una politica industriale europea che protegga dal mercato tali settori strategici e garantisca la sicurezza di approvvigionamento di elementi chiave, come respiratori, maschere e altri prodotti, in una situazione di pandemia. Ciò deve comportare il sostegno delle società che rilocalizzano la capacità produttiva in Europa, consentendo all’UE di riacquistare il controllo della produzione e garantendo l’autonomia sul mercato mondiale, sempre in linea con una transizione ambientale giusta. Tali società e imprese devono essere sostenibili, con un forte coinvolgimento dei lavoratori, e devono partecipare al Green Deal in quanto cornice dei piani di ripresa e di ricostruzione.

5.2.3.

La visione dell’impresa come servizio significa coltivare le imprese che contribuiscono maggiormente alla prosperità condivisa, in settori come la sanità, l’assistenza sociale, l’istruzione, il restauro di beni, la cultura, l’artigianato e la creatività, e che sono beneficiarie, ma anche contributrici, di un contesto imprenditoriale equo, competitivo e sostenibile. Beninteso, l’urgenza sociale e quella ecologica vanno di pari passo, ma l’imperativo ambientale deve permeare più che mai tutte le nostre azioni e le nostre politiche nella risposta alla distruzione del nostro (eco)sistema. Sotto questo profilo, per esempio, il sostegno finanziario concesso a imprese operanti nei settori inquinanti deve essere legato a una reale transizione verso un modo di produzione socialmente responsabile e rispettoso dell’ambiente.

5.2.4.

L’Europa deve finanziare attività che soddisfino due criteri: il rimpatrio di produzioni strategiche che rendano l’Europa indipendente, specie per quanto riguarda la protezione e la risposta sanitaria, e offrano posti di lavoro di qualità, e la concentrazione su investimenti sostenibili che siano socialmente responsabili e compatibili con l’ambiente. Le piccole e medie imprese, come le grandi imprese e le imprese sociali, potrebbero svolgere un ruolo cruciale nella ristrutturazione del sistema produttivo europeo.

5.3.   Il Green Deal

5.3.1.

Nel promuovere la transizione verso un’economia europea più sostenibile e resiliente, lo stimolo verde deve garantire una ripresa inclusiva, che non lasci indietro alcun europeo.

5.3.2.

Conformemente al principio del «non nuocere», gli investimenti effettuati nell’ambito dello stimolo economico a breve termine dovrebbero o avere un impatto neutro sulla trasformazione strutturale dell’economia europea in direzione dell’inquinamento zero, del ripristino della biodiversità e della neutralità climatica entro il 2050, o accelerare tale trasformazione. In quest’ottica, lo stimolo verde dovrebbe mirare in particolare a misure che incidano positivamente sull’aumento dell’efficienza nell’impiego delle risorse, sul rispetto per il nostro capitale naturale e sulla riduzione a medio e lungo termine delle emissioni di gas a effetto serra, conformemente all’obiettivo di neutralità climatica.

5.3.3.

È essenziale che lo stimolo verde sia mirato e fornisca sostegno economico e incentivi ai settori che hanno il massimo effetto positivo sulla domanda aggregata. Mirando alla massima produzione economica, lo stimolo verde dovrebbe puntare su settori che offrono un notevole potenziale in termini di creazione di posti di lavoro, a condizione che siano disponibili adeguate competenze. Bisogna pertanto considerare l’impatto asimmetrico della crisi del coronavirus, che colpisce in misura sproporzionata le economie degli Stati membri meridionali dell’UE.

5.3.4.

Con il Green Deal europeo, l’UE ha avviato una transizione verso un’economia sostenibile. È pertanto opportuno che le misure di sostegno economico siano combinate con un ulteriore stimolo a tale transizione. Bisogna utilizzare i fondi pubblici conseguendo un effetto sociale e ambientale positivo. Per quanto riguarda l’occupazione, ciò non significa necessariamente che debbano essere conservati o salvati gli stessi posti di lavoro o le stesse attività economiche. Se un’impresa o un settore non hanno prospettive ragionevoli in un’economia sostenibile, il pacchetto di aiuti può essere utilmente usato per un cambiamento all’interno dei settori o un passaggio da un settore all’altro.

5.3.5.

Il Green Deal richiederà future forze economiche resilienti, che perseguano il successo. Le società di capitali europee, che operano a livello transfrontaliero, sono soggetti sociali rilevanti e importanti. Il concetto politico di «transizione giusta» dovrebbe guidarle nelle loro attività d’impresa. Una «impresa sostenibile» con una forte «voce dei lavoratori» è un attore politico fondamentale, in cui sono garantiti i diritti obbligatori di informazione e consultazione e la partecipazione a livello di consiglio di amministrazione, integrando la politica macroeconomica con i contratti collettivi. Consentire ai lavoratori, ai sindacati e ai consigli di azienda di partecipare attivamente all’attuazione del piano di politica d’impresa guidato dal concetto di «impresa sostenibile per una transizione giusta» offre prospettive per posti di lavoro dignitosi, condizioni di lavoro dignitose in ambienti sani e regioni dove vale la pena vivere.

5.3.6.

Introdurre i pacchetti di sostegno per fasi, giacché nessuno può prevedere in che modo l’economia si svilupperà dopo la crisi del coronavirus. Per questo motivo auspichiamo che le misure di sostegno siano attuate in tappe successive, in modo che si possano apportare adeguamenti alla luce dei progressi e della valutazione di un settore, basandosi in parte sul grado di impatto positivo sul clima e sulla natura.

5.3.7.

Il Green Deal dovrà preservare il modello agricolo europeo basato sulla qualità e sulla sostenibilità. Il piano di ripresa dovrà promuovere:

sistemi alimentari più sostenibili, sia a livello di produzione che di consumo, in linea con le intenzioni della Commissione relative alla strategia «dai campi alla tavola» per alimenti sostenibili;

la sovranità alimentare dell’UE, in uno spirito di solidarietà tra le varie forme di agricoltura europea e con l’integrazione degli aspetti economici, sociali e ambientali;

una proposta ambiziosa dalla nuova strategia dell’UE sulla biodiversità: tale strategia dev’essere una componente essenziale di tutti gli sforzi di ricostruzione. Una strategia ambiziosa invierebbe un segnale forte e coerente riguardo l’ambiente, il clima, la salute pubblica e l’azione sociale. Tale strategia avvantaggerebbe sia la PAC che il sistema alimentare europeo, e potrebbe quindi continuare a renderli più sostenibili.

5.4.   Le priorità di investimento

5.4.1.

Per realizzare un’economia del «benessere» saranno essenziali investimenti sostenibili nelle comunità, in spazi pubblici accessibili, nella sanità, nell’istruzione inclusiva, nei servizi sociali, nell’edilizia e nelle infrastrutture a zero emissioni di carbonio e nella protezione e nel ripristino della biodiversità, decentralizzando la produzione di energia. Uno di questi settori, che dovrebbe essere considerato prioritario, è la riqualificazione energetica degli edifici. Questa ondata di ristrutturazioni dovrebbe anche essere un’opportunità per sviluppare in pari tempo un parco immobiliare adeguato alle esigenze future, aumentandone l’accessibilità per una popolazione che invecchia e per un numero crescente di persone con disabilità.

5.4.2.

Il settore edilizio è importante: la ristrutturazione di milioni di abitazioni per renderle efficienti sotto il profilo energetico e sostenibili consentirà di rilanciare questo settore e di compiere un passo avanti verso la neutralità climatica. L’edilizia è un settore ad alta intensità di mano d’opera, e il consumo di energia negli edifici (illuminazione, riscaldamento) genera in Europa un terzo delle emissioni di CO2. Si tratta di un lavoro enorme, poiché il 75 % degli edifici residenziali e commerciali è stato costruito prima che fossero introdotte le norme UE sul consumo di energia. La ristrutturazione delle case di persone in condizioni di povertà energetica nell’UE porterebbe a un calo significativo della spesa sanitaria pubblica, e precedenti studi suggeriscono che, in media, il costo della povertà energetica in un sistema sanitario moderno ammonta verosimilmente al triplo del costo delle misure di ripristino degli alloggi (9).

5.4.3.

Dato l’invecchiamento del patrimonio edilizio, architettonico e infrastrutturale, il CESE richiama l’attenzione sull’importanza di attivare un adeguato volume di investimenti diretti a mettere in sicurezza (nelle aree a rischio sismico) e a ristrutturare il patrimonio edilizio e artistico (aree metropolitane, città, piccoli centri) e le infrastrutture di trasporto (porti, ponti, autostrade ecc.).

5.4.4.

L’espansione delle energie rinnovabili e a basso tenore di carbonio richiede non solo l’installazione degli opportuni impianti, ma anche la modernizzazione dell’intera rete elettrica e delle opzioni di stoccaggio europee.

5.4.5.

Il piano di ripresa rappresenta un’opportunità per investire in un trasporto pubblico indispensabile, nonché per garantire un effettivo trasferimento modale, ridurre l’inquinamento atmosferico e contribuire all’azione per il clima. Ciò significa più tram, più autobus convenzionali e a zero emissioni, e un’autentica intermodalità nelle nostre città; un piano di azione dell’UE e un sostegno finanziario su vasta scala per l’ammodernamento, l’ampliamento e la manutenzione delle ferrovie, gli investimenti in treni, treni notturni, collegamenti ferroviari transfrontalieri e altre innovazioni connesse ai trasporti ferroviari. Servirebbe un coordinamento a livello dell’UE per garantire che i voli a corto raggio siano sostituiti da alternative sostenibili. Con la rimozione di parte del traffico dalle nostre strade, una maggiore quantità di merci dovrà essere trasportata per ferrovia, per via navigabile interna e per mare (ad esempio trasporto marittimo sostenibile a corto raggio).

5.4.6.

Costruire le basi di un settore europeo della mobilità a zero emissioni, capace di soddisfare la crescente domanda di alternative ai motori a combustione e di infrastrutture di ricarica per automobili, furgoni, autobus e camion, ma anche aumentare l’offerta per il settore ferroviario. Ciò comprende anche un’ampia rete di stazioni di ricarica elettrica in tutta Europa e lo sviluppo di batterie sostenibili e più efficienti. Programmi di riqualificazione, che offrono nuove opportunità di carriera ai lavoratori in uscita dal settore dei trasporti basati sui combustibili fossili, accompagneranno tale sviluppo.

5.4.7.

Come si è già visto in diverse città, la fase del blocco delle attività rimette in discussione l’uso tradizionale dello spazio urbano e della mobilità, e incoraggia la sperimentazione. Nel periodo di ripresa ulteriori vantaggi possono derivare da un maggiore ricorso alla mobilità ciclistica, che può contribuire al distanziamento interpersonale, ridurre l’affollamento nei trasporti pubblici e garantire maggiore spazio e un più facile accesso ai negozi locali. Gli investimenti per migliorare le infrastrutture ciclistiche possono rapidamente produrre effetti nelle città e tra esse e stimolare l’ecosistema della mobilità ciclistica.

5.4.8.

Convertire l’economia in un’economia circolare è essenziale per il successo del Green Deal. Per questa ragione occorrerà organizzare in maniera differente le industrie, ad esempio, dell’acciaio e del cemento (grandi consumatrici di energia) e il settore chimico.

5.4.9.

Mettendo al centro la transizione verso un’economia circolare, il pacchetto per la ripresa può accelerare in misura significativa lo sviluppo delle infrastrutture necessarie e promuovere l’innovazione in fatto di materiali alternativi e nuove tecnologie. In primo luogo, onde evitare gli sprechi, l’UE dovrebbe sostenere iniziative volte a costituire start-up e imprese dell’economia sociale che si occupino di riparazione e riuso, e promuovere misure di formazione per la (ri)qualificazione di chi ha perso il posto di lavoro a causa della crisi economica. Tali iniziative potrebbero concentrarsi in particolare sulle «aree di transizione giusta», consentendone la riconversione da regioni minerarie a zone di estrazione mineraria urbana.

5.4.10.

In secondo luogo, la raccolta differenziata dei rifiuti urbani è una condizione fondamentale per estrarre valore dai rifiuti in maniera sostenibile grazie al loro riciclaggio. Pertanto, l’UE dovrebbe sostenere gli enti locali nel far fronte alla carenza di investimenti in infrastrutture di raccolta, separazione e riciclaggio dei rifiuti urbani nei prossimi cinque anni.

5.4.11.

La crisi della COVID-19 rende evidente come la rivoluzione digitale contribuisca in misura rilevante ad accrescere la resilienza delle nostre società nei confronti delle crisi. È di capitale importanza investire nella digitalizzazione dei servizi essenziali e accrescere la capacità di amministratori, legislatori e istituzioni pubbliche di prestare i loro servizi durante le crisi. Nel contempo, dobbiamo acquisire consapevolezza del fatto che le tecnologie digitali sono uno strumento e non un fine in sé. Dobbiamo garantire il controllo pubblico del quadro delle tecnologie digitali e dirigerlo verso standard di elevata sostenibilità, assicurando robuste salvaguardie democratiche e tecnologiche e adottando misure di sostegno finanziario e formativo che non lascino indietro nessuno. Ciò comporta, in linea con l’Atto europeo sull’accessibilità, la necessità di far sì che la rivoluzione digitale garantisca l’accessibilità agli oltre 100 milioni di persone con disabilità che vivono nell’UE.

5.4.12.

La strategia «dai campi alla tavola» (dal produttore al consumatore) dovrebbe imprimere una direzione chiara al sistema alimentare europeo dopo l’attuale crisi sanitaria e promuovere misure volte a sviluppare filiere di approvvigionamento alimentare più sostenibili, più resilienti e più eque. A breve termine, sono necessarie misure che affrontino il problema della carenza di lavoratori stagionali ed evitino turbative delle filiere di approvvigionamento. A più lungo termine, la strategia «dai campi alla tavola» e la politica agricola comune devono accrescere la resilienza e la sostenibilità del nostro sistema alimentare ricostruendo modelli agricoli più diversificati, promuovendo centri di distribuzione localizzati e filiere di approvvigionamento più corte e migliorando l’accesso dei piccoli coltivatori, dei pescatori a basso impatto e degli acquacoltori ai mercati.

5.4.13.

Investire in programmi di riqualificazione professionale nei settori che probabilmente non sono adeguati alle esigenze future, ad esempio perché dipendono fortemente dai combustibili fossili, e che quindi dovranno adottare soluzioni che riducano l’uso di tali combustibili e diventare più «verdi». Noi propugniamo una politica di investimenti mirata che guidi in modo appropriato i lavoratori che hanno perso il posto di lavoro verso settori che registrano una carenza di manodopera, e in particolare verso i settori sociali ed «ecologici».

5.4.14.

Gli Stati membri devono investire di più nei servizi pubblici, di cui la crisi ha dimostrato il ruolo cruciale nel salvare vite umane e contrastare la pandemia. Pertanto, nell’applicare le norme dell’UE in materia di bilanci, i leader europei dovrebbero considerare la cosiddetta «regola d’oro», che consente di escludere gli investimenti pubblici dal calcolo del disavanzo e di tener conto della sostenibilità del livello di debito esistente. L’UE dovrebbe valutare approfonditamente la liberalizzazione dei servizi pubblici strategici sulla base delle regole di concorrenza. Inoltre, occorrerebbe migliorare l’accesso ai servizi pubblici.

5.5.   Le misure sociali

5.5.1.

Attuare il pilastro europeo dei diritti sociali, a livello europeo ed in tutti gli Stati membri, è un passo importante ai fini del concreto avvio di un processo di convergenza sociale. Tale pilastro dev’essere lo strumento con cui stabilire un quadro di valutazione della situazione sociale nuovo e più accurato.

5.5.2.

Dobbiamo mettere l’occupazione al centro della strategia europea, promuovendo l’importanza del know-how e della sua costante applicazione attraverso il sistema di istruzione, formazione e apprendimento lungo tutto l’arco della vita, che consente alla forza lavoro europea di adattarsi ai cambiamenti del sistema produttivo indotti dalla transizione digitale e verde.

5.5.3.

Reinquadrare il lavoro è di cruciale importanza nella fase di ripresa dalla crisi della COVID-19. Nel settore sanitario e dell’assistenza, sia pubblico che privato, il fatto di aver perseguito l’aumento della produttività è andato a scapito della qualità del servizio e ha compromesso l’esperienza lavorativa, il che ha avuto conseguenze drammatiche durante la crisi sanitaria nella maggior parte dei paesi dell’UE. Il passaggio alle attività basate sui servizi condurrebbe a un’economia a più alta intensità di manodopera, che controbilanci la precarietà dei posti di lavoro in questi settori, sostenga livelli di occupazione più elevati, e riporti posti di lavoro nell’economia reale. È pertanto essenziale attuare politiche di sostegno all’occupazione di qualità nei settori ad alta intensità di manodopera che forniscono servizi di elevata qualità.

5.5.4.

Il CESE accoglie con favore il programma di lavoro aggiornato della Commissione europea per il 2020 (10) in quanto soluzione di compromesso per preservare la dimensione sociale della strategia di ripresa. Diverse iniziative — legislative e non legislative — sono urgenti e indifferibili, considerato che si tratta dei pilastri dell’agenda sociale. Tra queste, la trasposizione delle direttive adottate nei termini già concordati (la direttiva sull’equilibrio tra attività professionale e vita familiare, la direttiva sul distacco dei lavoratori, la direttiva su condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili). La Commissione ha inoltre confermato tutte le iniziative atte a stimolare una ripresa equa e socialmente sostenibile, comprese quelle sulla trasparenza retributiva, sul salario minimo, sull’equità fiscale, sull’occupazione giovanile, sul regime europeo di riassicurazione dell’indennità di disoccupazione, sull’agenda per le competenze e l’istruzione digitale, sul lavoro mediante piattaforme digitali e sulle norme di governance economica dell’UE. Nel programma di lavoro, tuttavia, non figura l’aggiornamento della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro attraverso misure preventive efficaci nei luoghi di lavoro.

5.5.5.

Una ripresa robusta sul piano sociale passa anche attraverso un accesso migliore alle organizzazioni sindacali e una migliore tutela. Dobbiamo sostenere la contrattazione collettiva e la democrazia sul luogo di lavoro. L’UE e gli Stati membri devono aiutare le parti sociali ad accrescere significativamente la copertura della contrattazione collettiva.

5.5.6.

Occorrerebbe inoltre affrontare la questione del ruolo del genere. La crisi economica causata dall’attuale pandemia di COVID-19 ha implicazioni sostanziali per la parità di genere, sia nel corso della crisi stessa che nella successiva ripresa. Contrariamente alle «normali» recessioni, che colpiscono l’occupazione maschile più duramente di quella femminile, il calo occupazionale dovuto alle misure di distanziamento sociale ha un impatto considerevole su settori con una quota elevata di occupazione femminile. Inoltre, la chiusura delle scuole e degli asili nido ha accresciuto enormemente il fabbisogno di assistenza all’infanzia, con conseguenze particolarmente pesanti per le madri che lavorano. Gli effetti della crisi sulle lavoratrici madri sono probabilmente destinati a perdurare, dato il valore della loro esperienza sul mercato del lavoro.

5.6.   I sistemi sanitari

5.6.1.

Prima di ogni altra cosa, è importante sottolineare che una delle lezioni principali tratte dalla crisi è la necessità di rafforzare i sistemi sanitari di quasi ogni paese d’Europa, cominciando innanzitutto a prestare un’attenzione particolare alla prevenzione. L’impatto del coronavirus sta infatti esercitando una tremenda pressione sui sistemi sanitari di tutta Europa, anche se alcuni paesi sono più colpiti di altri, avendo dotazioni diverse in termini di personale (medico e paramedico), professionisti altamente qualificati, attrezzature mediche e capacità ospedaliera. Se la responsabilità dell’assistenza sanitaria incombe agli Stati membri, la propagazione di un virus non si arresta alle frontiere. Il coronavirus si è diffuso e si sta diffondendo in tutta Europa, sia all’interno che all’esterno dell’UE, con conseguenze sanitarie, sociali ed economiche tali da esigere risposte comuni a livello europeo.

5.6.2.

La crisi della COVID-19 ha reso evidente la dipendenza dell’UE dalle importazioni di prodotti e dispositivi medici da paesi terzi. È dunque necessario investire nei servizi di protezione sanitaria, assistenza e assistenza di lunga durata, nella medicina preventiva e nelle politiche della salute e della sicurezza sul lavoro, secondo un approccio basato sul ciclo di vita; e occorre che le istituzioni europee sostengano tali investimenti.

5.6.3.

La crisi della COVID-19 ha fatto emergere con chiarezza il grande potere delle multinazionali del settore farmaceutico. Al fine di accrescere l’indipendenza dell’industria farmaceutica, è imperativo creare un grande fondo europeo per la ricerca e lo sviluppo di nuovi medicinali e vaccini. Le istituzioni dell’UE dovrebbero disporre dell’autorità necessaria per coordinare, all’interno del mercato unico, l’approvvigionamento, la distribuzione e i prezzi dei prodotti medici e dei dispositivi di protezione essenziali.

5.7.   Le relazioni internazionali

5.7.1.

L’Unione europea si basa su valori europei comuni che non sono negoziabili in nessuna circostanza (11): rispetto della dignità umana e dei diritti umani, libertà, democrazia, uguaglianza e Stato di diritto. Questi valori non possono essere dimenticati nel momento in cui l’UE e i suoi Stati membri si trovano di fronte a un’emergenza e alle relative conseguenze sul piano economico e sociale. Se la risposta alla crisi attuale dev’essere rapida, giustificando alcune misure eccezionali limitate nel tempo, tuttavia queste non possono essere contrarie allo Stato di diritto né mettere a repentaglio la democrazia, il principio della separazione dei poteri e i diritti fondamentali dei cittadini europei. Il CESE insiste affinché tutte le misure strategiche in questo contesto siano pienamente conformi ai nostri valori comuni, come sanciti dall’articolo 2 del TUE.

5.7.2.

La crisi della COVID-19 ha dimostrato che, a livello internazionale, il libero scambio non offre garanzie per quanto concerne la sicurezza dell’approvvigionamento, anche soltanto riguardo alle scorte esistenti di alimenti, prodotti sanitari e materiali industriali. A tutto ciò si aggiunge la mancanza di trasparenza e di tracciabilità.

5.7.3.

Alcune imprese europee che hanno sviluppato capacità industriali nel territorio di paesi terzi dovrebbero essere incoraggiate a ricollocare tali capacità nell’UE. Questa ricollocazione di attività — nell’industria, nell’agricoltura e nei servizi — dovrebbe consentire di accrescere l’autonomia nei confronti dei mercati internazionali, di riprendere il controllo dei metodi di produzione e di avviare una transizione ambientale e sociale delle attività. In queste situazioni, tali imprese potrebbero beneficiare di un sostegno finanziario da parte dei governi degli Stati membri, senza che ad esso si applichino le regole sugli aiuti di Stato.

5.7.4.

La crisi ha anche messo in chiaro l’esistenza di gravi rischi associati alla dipendenza dell’UE dalla Cina per gran parte della produzione, in particolare nel settore medico (per quanto riguarda, ad esempio, i dispositivi di protezione). Per rafforzare i sistemi sanitari in quasi tutti i paesi europei, è molto importante ridurre tale dipendenza riguardo a prodotti d’importanza cruciale; ed è possibile farlo aumentando la produzione all’interno dell’UE (catena di produzione/distribuzione europea) e sviluppando capacità produttive in cooperazione con altri paesi, ad esempio africani (catena di produzione/distribuzione euro-africana), creando così valore aggiunto anche per i paesi meno sviluppati, i quali sarebbero in grado di avviare nuove attività economiche e di migliorare la loro assistenza sanitaria.

5.7.5.

Il mondo uscito dalla pandemia dovrebbe dar vita a un nuovo sistema di relazioni internazionali, economia globale e solidarietà, basato sull’impegno a condividere la ricchezza mondiale e salvare vite umane, nonché a tutelare i risultati raggiunti in campo sanitario, scientifico, intellettuale e industriale. L’UE dovrebbe svolgere un ruolo guida in questo nuovo sistema di relazioni internazionali basato sulla solidarietà e sulla cooperazione allo sviluppo. Inoltre, l’UE dovrebbe mantenere e possibilmente aumentare i livelli degli impegni in materia di cooperazione allo sviluppo.

5.7.6.

Garantendo condizioni di parità per l’economia globale, si può porre fine, da un lato, allo sfruttamento dei lavoratori e, dall’altro, ai profitti indebiti ed esorbitanti delle imprese. L’integrazione degli standard dell’OIL e dei principi dello sviluppo sostenibile nelle disposizioni dell’OMC e di altre agenzie dell’ONU potrebbe contribuire in modo sostanziale alla costruzione di un nuovo ordine economico equo e a una globalizzazione giusta e intelligente. Tali norme dovrebbero quindi essere adattate di conseguenza e, in futuro, applicate in modo più coerente per convogliare tutte le risorse e il personale disponibili per fornire aiuto laddove è più necessario e urgente.

5.7.7.

Qualsiasi compressione dei diritti fondamentali deve essere giustificata in modo obiettivo, nonché limitata nel tempo in virtù di «clausole di temporaneità». È essenziale far sì che nel mondo intero, e nel più breve tempo possibile, sia ristabilita la normalità, con tutti i principi democratici fondamentali che essa comporta. Limitare i diritti umani, quali ad esempio il diritto di riunione, la libertà di stampa e il diritto alla riservatezza, non deve mai diventare la «nuova normalità».

5.7.8.

È necessario rilanciare il ruolo geopolitico strategico dell’UE nel promuovere i processi di pace in tutto il mondo, in modo da riaprire opportunità di sviluppo economico nei territori del vicinato dell’Unione — Balcani occidentali, partner mediterranei, partner orientali — e in altre regioni del mondo dilaniate da conflitti.

5.7.8.1.

In quest’ottica, le sponde extraeuropee del Mediterraneo e i Balcani occidentali devono tornare ad essere uno spazio di opportunità di sviluppo come in passato, quando il Mediterraneo era al centro degli scambi di persone, di merci e di idee, e devono pertanto essere al centro di una politica strategica europea di integrazione e di interconnessione nel campo dei trasporti e degli scambi commerciali e culturali, con una specifica e apposita strategia macroregionale. Per favorire tale contesto, quindi, occorre dare un nuovo impulso alle strategie macroregionali nel Mediterraneo e alla strategia urbana europea.

5.8.   Le migrazioni e l’era post COVID-19

5.8.1.

Con l’arrivo della pandemia di COVID-19, l’immane tragedia che ne è conseguita per i sistemi sanitari nazionali ed il crollo dell’economia in tutti i paesi del mondo, la questione migratoria è sembrata uscire dalla ribalta per essere relegata sullo sfondo, nella relativa indifferenza dell’opinione pubblica. Tuttavia, la crisi attuale non può indurre ad abbandonare i richiedenti asilo al loro destino. I diritti fondamentali alla protezione sono il nucleo centrale dei valori europei e non possono essere rinnegati per motivi di opportunità. Per ristabilire tali diritti, è necessario provvedere:

a riavviare le procedure per il rilascio dei permessi di soggiorno e il riconoscimento del diritto di asilo in quasi tutti i paesi europei;

a risolvere il problema della situazione sanitaria legata al sovraffollamento dei centri di accoglienza;

a contrastare l’insicurezza e la precarietà del lavoro (che ha già portato a una riduzione, quando non a una sospensione totale, delle «rimesse» degli immigrati, che costituiscono spesso l’unica fonte di sostentamento per le loro famiglie rimaste nei paesi di origine);

a regolarizzare i migranti che lavorano nel settore dell’assistenza alla persona o nell’agricoltura;

a sviluppare un sistema europeo comune di asilo (CEAS) che sia obbligatorio, sicuro ed efficace affinché tutti i paesi dell’UE condividano in maniera tempestiva responsabilità comuni;

a concepire e sviluppare percorsi realistici, legali, sicuri e praticabili per la migrazione di manodopera verso l’Unione europea;

a instaurare un dialogo permanente ed efficace con i paesi d’origine dei migranti per sviluppare strutture e quadri di comunicazione;

a rafforzare il sostegno economico e tecnico all’agenzia Frontex;

a garantire l’impegno a valutare in tempi brevi anche la possibilità di riassegnare tutte le risorse nel quadro di bilancio pluriennale dell’UE per il periodo 2021-2027.

6.   Il piano di ricostruzione

6.1.

Tutte le misure sopraindicate renderanno necessario formulare un nuovo sistema di governance economica, con politiche strategiche per l’industria e in materia di concorrenza, nonché in campo sociale, ambientale e commerciale.

6.2.

Promuovere la riforma della governance economica dell’Unione europea, rivedendo il Patto di stabilità e crescita per far sì che l’una e l’altra vadano di pari passo.

6.3.

Basandosi sullo strumento europeo per la ripresa Next Generation EU, sarà necessario garantire un aumento graduale delle risorse proprie dell’UE attraverso l’introduzione di fonti di gettito appropriate e pertinenti, da scegliere — ad esempio — tra sistemi europei di scambio di quote di emissione, una base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società (CCCTB), un’imposta sul digitale, una tassa sulle transazioni finanziarie, una tassa sulle emissioni di CO2 o il reddito monetario (diritti di signoraggio).

6.4.

L’UE deve infatti attivare con urgenza un meccanismo di coordinamento in grado di neutralizzare la pianificazione fiscale aggressiva e di combattere l’evasione fiscale, un fenomeno che, soltanto nel periodo 2001-2016, ha causato agli Stati membri una perdita media annua di gettito fiscale di 46 miliardi di EUR (pari allo 0,46 % del PIL) (12). Al tempo stesso, l’UE deve attivare una strategia efficace per contrastare il riciclaggio di denaro, un fenomeno che rischia di avvelenare il sistema produttivo europeo e di provocare distorsioni nel mercato unico, alterando le condizioni di parità.

6.5.

È importante preservare il modello europeo, in termini di diritti, standard e politiche di tutela dei consumatori. È questo ciò che rende unica l’Unione europea. Ad esempio, nel settore della digitalizzazione, il codice etico dell’UE sull’intelligenza artificiale distingue nettamente la concezione europea di «sorveglianza con controllo umano» (human-in-command) da quella di altre regioni del mondo. Questo approccio, basato sui diritti e sulle libertà fondamentali, è parte integrante del modello europeo e dovrebbe essere preservato, nonostante l’emergere di un clima di più accesa competizione.

6.6.

È necessario sfruttare appieno le opportunità offerte dai nuovi modelli economici più sostenibili che stanno emergendo (economia circolare, economia della condivisione, economia sociale ecc.). Anche questi sono parte del modello di società dell’UE: essi generano un duplice valore aggiunto — economico e sociale — oltre ad essere strumenti per realizzare il Green Deal europeo e gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Questi modelli economici offrono l’opportunità di aiutare l’economia a riprendersi e al tempo stesso di affrontare una serie di problematiche sociali. In quest’ottica il piano d’azione dell’UE per l’economia circolare svolgerà un ruolo cruciale, così come il promesso piano d’azione dell’UE per l’economia sociale (primavera 2021), Occorrerebbe condividere gli esempi che possono essere fonti di spunti utili, come l’Alleanza europea dei cluster.

6.7.

Ai fini della ripresa, la digitalizzazione rappresenta sia un’opportunità che un rischio. Da un lato, infatti, è proprio l’innovazione che può portare all’avanguardia l’Unione europea: ad esempio, l’UE è leader nel campo della blockchain, che, in quanto tecnologia (non per la sua applicazione ai bitcoin), può essere portatrice di valori democratici, garantendo trasparenza e migliorando le strutture di governance. Dall’altro lato, però, occorre gestire i rischi che la digitalizzazione porta con sé, quali un aumento della disoccupazione, dell’emarginazione digitale e dell’esclusione sociale. Dobbiamo trovare un modo per riuscire a sfruttare queste opportunità e nel contempo neutralizzare questi rischi; e tutto ciò in un contesto in cui l’UE si sforza di rimanere competitiva a livello globale.

6.8.

Ci si presenta l’opportunità di promuovere l’innovazione sociale come modello di ripresa attraverso la co-creazione, la co-progettazione e la co-produzione. In un panorama sociale complesso, segnato da enormi sfide per la società, l’unica via percorribile consiste nel mobilitare tutte le risorse della società, lavorando in modo trans-settoriale e multidisciplinare al fine di individuare soluzioni. La società civile organizzata è un catalizzatore dell’innovazione sociale, un movimento che ha contribuito a elaborare sistemi di protezione sociale tradottisi in nuove politiche, strutture, prodotti, servizi e metodi di lavoro. Oggi la partecipazione della società civile è più necessaria che mai — ma un’autentica innovazione sociale è possibile solo con il coinvolgimento della società civile organizzata.

6.9.

Siamo alla vigilia della nascita di un nuovo modello sociale? La ripresa potrà avvenire soltanto con la produttività, gli incentivi di bilancio e la distribuzione della ricchezza. Forse è ancora una volta il momento di rilanciare il concetto di «pacchetto di investimenti sociali», lavorando in maniera proattiva e preventiva per ridurre i futuri costi per la società. Così facendo l’UE dovrebbe stimolare gli investimenti in infrastrutture sociali: i) istruzione e apprendimento lungo tutto l’arco della vita; ii) salute, assistenza di lunga durata e assistenza sociale; iii) alloggi a prezzi accessibili (13). Tutto ciò dovrebbe andare di pari passo con l’attuazione, a tutti i livelli, del pilastro europeo dei diritti sociali, con un sistema di monitoraggio del semestre europeo basato sugli obiettivi di sviluppo sostenibile, con il Green Deal europeo e con una transizione digitale giusta fondata sui valori dell’UE — tutte iniziative che, insieme, potrebbero costituire la base di un nuovo modello di società europea.

Bruxelles, 11 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Georgieva, C., The Great Lockdown: Worst Economic Downturn Since the Great Depression («Il grande lockdown: la peggior recessione economica dall’epoca della Grande depressione»). Comunicato stampa dell’FMI n. 20/98.

(2)  Le statistiche dell’UE sul reddito e sulle condizioni di vita (EU SILC) mostrano un aumento della povertà e dell’esclusione sociale per le persone con disabilità tra il 2010 e il 2018 in Estonia, Lussemburgo, Germania, Svezia, Irlanda, Cechia, Lituania, Italia, Paesi Bassi, Malta e Spagna.

(3)  Commissione europea, DG ECFIN.

(4)  Organizzazione internazionale del lavoro, marzo 2020, COVID-19 and the world of work: Impact and policy responses («La COVID-19 e il mondo del lavoro: impatto e risposte politiche»).

(5)  Commissione europea, primavera 2020, Previsioni economiche per l’Europa. Documento istituzionale 125. Maggio 2020.

(6)  Commissione europea, DG ECFIN.

(7)  Dall’indagine Eurofound sulle condizioni di vita e di lavoro e la pandemia di COVID-19 (aprile 2020): «I risultati dell’indagine rivelano che, a causa delle implicazioni economiche della pandemia di COVID-19, un numero maggiore di famiglie ha difficoltà finanziarie rispetto al momento in cui ha avuto inizio la crisi. Quasi la metà degli intervistati (47 %) afferma che la loro famiglia ha difficoltà a far quadrare i conti. […] Tra gli intervistati che hanno perso il posto di lavoro in modo permanente durante la crisi, il 90 % ha dichiarato che la situazione finanziaria della sua famiglia è peggiorata, il 44 % di non avere risparmi e il 35 % di avere risparmiato in misura appena sufficiente per mantenere il proprio attuale tenore di vita per tre mesi».

(8)  Nassim Nicholas Taleb (2007), Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita.

(9)  Host S., Grange D., Mettetal L, Dubois U. 2014. Précarité énergétique et santé: état des connaissances et situation en Île-de-France (Povertà energetica e salute: stato delle conoscenze e situazione nell’Île-de-France), Osservatorio regionale sulla salute, Île-de-France, Parigi, pag. 14.

(10)  https://ec.europa.eu/info/publications/2020-commission-work-programme-key-documents_it

(11)  Parere del CESE SC/052 sul tema «Il futuro dell’UE: benefici per i cittadini e rispetto dei valori europei».

(12)  Commissione europea, Taxation papers, Estimating International Tax Evasion by Individuals, documento di lavoro n. 76-2019.

(13)  Relazione della task force ad alto livello sugli investimenti nelle infrastrutture sociali in Europa Boosting Investment in Social Infrastructure in Europe («Rafforzare gli investimenti nelle infrastrutture sociali in Europa»), pubblicata come European Economy Discussion Paper, n. 74, gennaio 2018.


ALLEGATO I

In appresso figura una rassegna strutturata delle misure adottate dall’UE negli ultimi tre mesi per affrontare la pandemia di COVID-19.

Tipologia degli interventi

Misure monetarie e di stabilizzazione

Misure di bilancio

Misure creditizie e di garanzia

Misure normative e procedurali

MES (Meccanismo europeo di stabilità): sostegno per la crisi causata dalla pandemia: 240 miliardi di EUR; prestito di stabilità macroeconomica per consentire ai paesi della zona euro di risolvere i loro squilibri macroeconomici; pari al 2 % del PIL dell’eurozona.

Iniziativa di investimento; iniziativa di investimento in risposta al coronavirus Plus: innanzitutto 37 miliardi di EUR; riassegnazione di risorse della politica di coesione, in particolare al fine di rimediare alle conseguenze della pandemia; integrazione di 28 miliardi di EUR, ad oggi non ancora assegnati, nel quadro dei fondi SIE.

SURE (Strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un’emergenza): 100 miliardi di EUR; crediti agevolati a sostegno dei lavoratori dipendenti e autonomi; prima parte del pacchetto di sostegno.

Norme in materia di aiuti di Stato: possibilità di adottare misure di sostegno nei confronti di tutte le imprese (contributi ai fondi salariali; dilazione del pagamento delle imposte sulle società, dell’IVA e dei contributi previdenziali); sostegno finanziario diretto ai clienti (a compensazione delle spese da loro sostenute per servizi ed eventi cancellati); possibilità di interventi di bilancio diretti a favore delle imprese a rischio di fallimento a causa della pandemia, risarcimento dei danni che si dimostri siano stati causati dalla pandemia (in questo caso è richiesta la notifica della Commissione europea); possibilità di altre misure compensative da parte di fonti pubbliche in paesi particolarmente colpiti; possibilità di sostegno diretto alle imprese (fino a 800 000 EUR per beneficiario).

BCE: PEPP (Programma di acquisto per l’emergenza pandemica): 750 miliardi di EUR; programmi monetari espansivi per l’acquisto di titoli a sostegno della liquidità del sistema finanziario.

Fondo di solidarietà dell’Unione europea: 800 milioni di EUR.

Fondo di garanzia paneuropeo: 200 miliardi di EUR; crediti agevolati della BEI, principalmente per le PMI; seconda parte del pacchetto di sostegno.

Flessibilità in materia di finanze pubbliche: applicazione più flessibile dei criteri di disciplina di bilancio stabiliti dal Patto di stabilità e crescita e nel semestre europeo.

 

Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione: 179 milioni di EUR.

Strumento finanziario di sostegno alle PMI colpite in maniera più grave: 8 miliardi di EUR, generati sulla base della garanzia del bilancio UE, al FEI (Fondo europeo per gli investimenti) a titolo del FEIS (Fondo europeo per gli investimenti strategici).

Cancellazione temporanea dei dazi doganali e dell’IVA sulle importazioni di strumenti e attrezzature mediche da paesi terzi.

 

Maggiore flessibilità che consente di mobilitare tutti i fondi SIE non ancora utilizzati; consente trasferimenti tra il FESR, il FSE e il Fondo di coesione; finanziamento, da parte di fondi europei, del 100 % dei costi dei progetti; flessibilità nell’applicazione del requisito della concentrazione tematica ecc.

 

Monitoraggio e protezione di asset e tecnologie critici europei.


PARERI

Comitato economico e sociale europeo

552a sessione plenaria del CESE (+ teleconferenza via Interactio), 10.6.2020-11.6.2020

18.9.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 311/19


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Un mercato unico per tutti»

(parere esplorativo)

(2020/C 311/02)

Relatore generale:

Antonio LONGO

Consultazione

Lettera della presidenza croata del Consiglio dell’UE, 10.9.2019

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Decisione dell’Ufficio di presidenza

24.9.2019

Adozione in sessione plenaria

10.6.2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

224/1/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni (1)

1.1.

Per il Comitato economico e sociale europeo (CESE), il mercato unico europeo (MU) in tutte le sue dimensioni (economiche, sociali e ambientali) costituisce una pietra angolare dell’economia sociale di mercato. Esso rappresenta il fulcro di un’integrazione europea armonica ed equilibrata per ripristinare la fiducia dei cittadini nell’UE, creare nuovi posti di lavoro, conseguire un’economia più competitiva e rafforzare il ruolo dell’Europa nel mondo.

1.2.

Il Comitato ritiene che il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal europeo potrebbe dare un contributo fondamentale allo sviluppo dell’MU del futuro.

1.3.

Il CESE è convinto che l’MU del futuro potrà trovare fondamento unicamente nel binomio tra una solida base economica e una forte dimensione sociale, insistendo sulla necessità di una convergenza verso l’alto e di una politica sociale più efficace a livello sia dell’UE che degli Stati membri.

1.4.

Il CESE ritiene che un nuovo approccio integrato e lungimirante all’MU in tutte le politiche pertinenti e alla rimozione degli ostacoli ingiustificati rimanenti senza crearne di nuovi debba necessariamente essere incentrato sui cittadini, i consumatori, i lavoratori e le imprese, come protagonisti chiave dell’elaborazione, verifica e monitoraggio dell’intero processo.

1.5.

Secondo il CESE, devono essere fatti importanti sforzi per nuove cyber alfabetizzazioni e per la comprensione di rischi e opportunità di gestione dei dati, per consentire ai cittadini di partecipare ai processi decisionali anticipatori e comprenderne potenzialità e limiti.

1.6.

Occorre evitare la sovraregolamentazione (goldplating) e la mancanza di trasposizione e implementazione delle direttive UE in ambiti di regolamentazione fondamentali per le imprese, in quanto impediscono specialmente alle piccole e microimprese di sfruttare appieno i vantaggi dell’MU, anche alla luce dello Small Business Act.

1.7.

Il CESE ritiene che le infrastrutture di governance dell’MU debbano essere rafforzate con l’inserimento proattivo dei soggetti organizzati che rappresentano cittadini, consumatori e imprese (con particolare attenzione ai cittadini in situazioni di vulnerabilità o a rischio di discriminazione, all’economia sociale ed alle micro e piccole imprese) al fine di potenziare concezioni semplificate e user-friendly e attuazioni e applicazioni tempestive, trasparenti ed efficienti.

1.8.

Secondo il CESE, occorre potenziare la dimensione internazionale dell’MU nel quadro del Green Deal europeo. È necessario rafforzare la sorveglianza del mercato, per impedire la penetrazione nel mercato europeo di prodotti illegali o non conformi agli standard ambientali, sociali, di sicurezza e contraffatti provenienti da paesi terzi attraverso il crescente ricorso al commercio elettronico, in modo da porre un freno alla concorrenza sleale.

1.9.

Il CESE chiede con forza di rafforzare il sistema europeo di standardizzazione tecnica, essenziale per l’MU specie per norme tecniche, sociali, ambientali e di sicurezza, fornendo a cittadini, consumatori e imprese, specie piccole e micro, una chiara panoramica delle regole e delle procedure e garantendo loro una partecipazione equilibrata ed effettiva al processo di normazione.

1.10.

Il CESE invita a garantire il rispetto degli interessi dei consumatori nel processo REFIT, nel mondo digitale e nella sicurezza di prodotti e servizi, a rafforzare le misure per ridurre la povertà energetica e la povertà dei consumi, garantendo l’accesso ai prodotti alimentari, ai medicinali e ai servizi di base per tutti gli europei. I nuovi paradigmi degli obiettivi di sviluppo sostenibile devono essere accompagnati da incentivi — a livello europeo, nazionale e locale.

1.11.

Il Comitato sottolinea l’importanza del lancio di una forte azione europea di prossimità di divulgazione e informazione interattiva con una rete di poli di diffusione ad alta visibilità.

1.12.

Secondo il CESE, occorre assicurare eque condizioni d’esercizio di un’effettiva libertà di movimento, d’insediamento ed espletazione di prestazioni del lavoratore in tutto l’MU, specie nelle regioni frontaliere. È necessario applicare meglio la Direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali (2) e realizzare un enorme sforzo congiunto di mezzi finanziari e strutturali a livello europeo, per un’educazione e formazione permanente delle risorse umane a nuove competenze e qualificazioni.

2.   Contesto del presente parere

2.1.

L’MU in tutte le sue dimensioni (economiche, sociali e ambientali) è al centro dell’integrazione europea ed è una pietra angolare dell’economia sociale di mercato del nostro continente e della nuova strategia di crescita sostenibile secondo il nuovo Green Deal europeo (3).

2.2.

È necessario quindi un impegno costante per garantire l’ulteriore rafforzamento dell’MU, che solo se pienamente realizzato è in grado di ripristinare la fiducia dei cittadini nel progetto europeo, creare nuovi posti di lavoro, conseguire un’economia più competitiva e garantire un ruolo più rilevante dell’Europa nel mondo.

2.3.

Il processo di completamento dell’MU richiede un approccio integrato in grado di gestire un processo che coinvolge tutte le politiche e dimensioni pertinenti in una visione a lungo termine coerente per affrontare le sfide tecnologiche, di sicurezza e di sostenibilità attuali ed emergenti a livello globale (4). A questo scopo decisivo sarà lo European Green Deal Investment Plan (5).

2.4.

Le imprese (specie le piccole e micro) e i cittadini devono essere al centro di tale processo come protagonisti della costruzione di un MU a prova di futuro, con un approccio più incentrato sull’utente, che si basi in larga misura su un’analisi approfondita di fatti e bisogni. Oggi per alcuni beni di prima necessità e approvvigionamenti di farmaci c’è una dipendenza da paesi terzi che va superata.

3.   Ostacoli al completamento dell’MU

3.1.

I problemi aperti che ancora si pongono per il processo di realizzazione dell’MU presentano i vincoli e le barriere che seguono:

3.2.   Vincoli

Per assicurare una percorribilità e fruibilità dell’MU a parità di condizioni per tutti, devono essere rispettati i seguenti vincoli preventivi:

a)

il pieno e tempestivo recepimento e l’eliminazione dei deficit di recepimento della legislazione dell’MU e dell’applicazione uniforme univoca delle normative unionali ed il loro accesso semplice, trasparente e user-friendly per tutti, senza sovraregolamentazioni;

b)

la realizzazione effettiva dell’MU del gas, dell’elettricità, delle infrastrutture digitali e dei trasporti;

c)

piena accessibilità dell’MU per tutti, offrendo servizi e beni accessibili a tutti i cittadini vulnerabili o svantaggiati, come le persone con disabilità e a rischio di povertà;

d)

meccanismi armonizzati di sorveglianza del mercato, ad esempio per la sicurezza dei prodotti chimici, l’efficienza energetica e le prestazioni ambientali dei prodotti; piena operatività dei meccanismi di mutuo riconoscimento;

e)

un mercato ben funzionante e armonizzato per le materie prime secondarie e i prodotti circolari che faciliti il movimento dei prodotti a fine-vita;

f)

un quadro di elevati standard tecnico-normativi pienamente attuato, in particolare per gli standard ambientali e sociali. Sono necessarie formazioni agli acquirenti pubblici e alle imprese interessate sull’applicazione delle nuove norme nel quadro del programma per l’MU e si deve fare opera di sensibilizzazione sulla necessità di effettuare acquisti nel territorio («a chilometro zero») al fine di stabilizzare le economie regionali e ridurre l’impatto ambientale;

g)

normative comuni per appalti pubblici con criteri di acquisto coerenti in tutta l’UE per gli appalti verdi e socialmente inclusivi;

h)

un ecosistema digitale integrato a livello UE con nuovi modelli d’impresa, di distribuzione e di consumo e con nuovi rapporti di e-government (pubblica amministrazione digitale);

i)

mercati dei capitali integrati e sviluppati con servizi finanziari di facile accesso per tutti;

j)

un’economia dei dati equa in grado di garantire la disponibilità, l’accessibilità e la mobilità dei dati nell’MU, proteggendo al contempo sicurezza e privacy di cittadini, consumatori e imprese;

k)

il cloud europeo della scienza, che valorizzi i dati derivanti dai centri di ricerca pubblici e privati che godono di finanziamenti dei fondi europei;

l)

un mercato dei servizi pienamente integrato, inclusi i servizi di logistica e di rete;

m)

tutele efficaci contro il dumping sociale e il dumping fiscale;

n)

necessità che le istituzioni dell’UE valutino e analizzino attentamente con i diretti interessati l’impatto delle normative in materia di imprese prima di modificare quelle esistenti o di proporne di nuove;

o)

promozione di tutti i tipi di imprenditoria da parte delle politiche e della legislazione dell’UE per rafforzare l’economia degli Stati membri, compresa la protezione delle piccole e micro imprese e delle imprese dell’economia sociale.

3.3.   Barriere (6)

3.3.1.

Ostacoli significativi alla operatività dell’attuale MU così come percepiti da cittadini, consumatori e imprese sono stati evidenziati in termini di:

a)

Procedure amministrative complesse: troppo spesso la legislazione dell’MU è scritta con regole e procedure difficili da comprendere e da rispettare per l’utente finale.

b)

Differenti normative tecniche nazionali: c’è una crescente quantità di regolamenti tecnici nazionali, come dimostra la quantità crescente di notifiche di regolamenti, circa 700 ogni anno relativamente alle merci.

c)

Difficoltà nell’accesso alle informazioni su norme e requisiti: lo sportello digitale unico (Single Digital Gateway) è un passo nella giusta direzione per aiutare le aziende, specialmente le micro e le PMI, ad accedere alle informazioni giuste, ma esistono più punti di contatto. Uno Sportello unico in ciascuno Stato membro potrebbe orientare meglio sulle regole, procedure e documenti da fornire, come pure sulle autorità da contattare.

d)

Assenza di coordinamento tra differenti livelli di sorveglianza del mercato: poiché la sorveglianza è una prerogativa degli Stati membri e delle regioni, si possono generare diversi livelli di sorveglianza, con possibili distorsioni tra i prodotti nell’MU e quelli che entrano nel mercato.

e)

La sovraregolamentazione (goldplating) e la mancanza di trasposizione e implementazione delle direttive UE in ambiti di regolamentazione fondamentali per le imprese, che sono all’origine di un complesso mosaico normativo nell’MU, che impedisce soprattutto alle PMI e alle microimprese di sfruttare i vantaggi dell’MU nella sua interezza.

f)

Mancanza di meccanismi di formazione e cooperazione per assicurare un’effettiva conoscenza univoca delle normative (potenzialmente) applicabili, da parte delle autorità pubbliche interessate, dei cittadini, dei consumatori e delle imprese interessate.

g)

I fallimenti del mercato nell’assicurare unicità di mercato in settori chiave, come ad esempio il gas, l’elettricità, e nelle infrastrutture digitali e dei trasporti.

4.   L’MU: elemento chiave della nuova agenda strategica dell’UE

4.1.

Il CESE è convinto che l’MU al servizio di tutti sia il fulcro dell’integrazione europea per ripristinare la fiducia dei cittadini nell’UE, creare posti di lavoro, conseguire un’economia competitiva e conservare l’influenza dell’Europa nel mondo.

4.2.

Il CESE ritiene che il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal europeo, compresi ad esempio il nuovo piano d’azione per l’economia circolare (7) e la strategia per l’inquinamento zero, potrebbe dare un contributo fondamentale allo sviluppo dell’MU del futuro.

4.3.

Il CESE si compiace che tale processo sia una delle quattro principali priorità dell’agenda strategica 2019-2024 (8) e che sia stato «introdotto per la prima volta nel ciclo del semestre» (9).

4.4.

Il CESE ritiene che un nuovo approccio integrato e lungimirante all’MU in tutte le politiche pertinenti debba necessariamente non solo essere incentrato sui cittadini, i consumatori, i lavoratori e le imprese in quanto fruitori dei traguardi, ma che essi debbano essere i protagonisti chiave dell’elaborazione, verifica e monitoraggio di tale processo, il quale deve essere basato sulle loro esigenze effettive, semplificato e facilmente accessibile e fruibile.

4.5.

Il CESE sostiene la necessità di una profonda semplificazione amministrativa e mette l’accento sulla questione della proporzionalità. Le PMI e le micro imprese sostengono costi elevati senza avere l’assicurazione di agire in conformità con la normativa. L’applicazione dello Small Business Act e del Think Small First dovrebbe essere una priorità e figurare, attraverso la strategia per le PMI e le microimprese, nell’agenda politica a breve termine. Il processo legislativo dovrebbe prevedere concretamente che venga condotta un’analisi dell’impatto combinato di tutta una serie di normative in materia di imprese.

4.6.

Si dovrebbe avviare un processo di sostegno alla digitalizzazione e un’intensa azione di sviluppo delle capacità (capacity-building) di tutti i soggetti interessati, insieme ad un’apertura equa e trasparente dell’MU dei servizi.

4.7.

Per un MU orientato al futuro sono indispensabili importanti sforzi di nuove cyber alfabetizzazioni e di comprensione e gestione dati, per consentire ai cittadini e alle piccole imprese di partecipare a questi processi, riconoscendo il contesto di incertezza e complessità e costruendo la resilienza individuale e sociale per affrontarli e per comprendere meglio il potenziale e i limiti delle piattaforme digitali, i loro modelli di business sottostanti e la loro governance, al fine di prevenire manipolazioni.

4.8.

Occorre anche un’infrastruttura di governance dell’MU che, pur basandosi sugli strumenti di governance dell’UE esistenti (ad esempio SOLVIT, IMI, Your Europe, Your Europe Advice e SM Scoreboard), sia rafforzata a livello dell’UE e a livello nazionale con l’inserimento proattivo dei soggetti organizzati che rappresentano cittadini, consumatori e imprese, al fine di potenziare concezioni semplificate e user-friendly. Occorrono attuazioni e applicazioni tempestive, trasparenti ed efficienti delle norme dell’MU, per il successo della transizione verso un’Europa basata sul digitale, efficiente, coerente, equilibrata e sostenibile.

4.9.

Bisogna rafforzare la sorveglianza del mercato per impedire la penetrazione nel mercato europeo di prodotti illegali e contraffatti provenienti da paesi terzi attraverso il commercio elettronico, in modo da porre un freno alla concorrenza sleale e scongiurare i rischi per la salute e la sicurezza dei consumatori. Si dovrebbero realizzare con urgenza azioni di sensibilizzazione dei consumatori.

5.   MU e cittadini

5.1.

Il cittadino deve essere al centro dell’intero processo dell’MU del futuro non solo come destinatario e fruitore principale delle sue realizzazioni ma come protagonista proattivo di tale processo, sulla base delle sue esigenze e aspettative.

5.2.

In un precedente parere (10), il CESE ha avuto modo di sottolineare la necessità di «un grande piano per l’educazione e la formazione digitale per offrire a tutti i cittadini gli strumenti conoscitivi per affrontare al meglio la transizione».

5.3.

La partecipazione di tutti i cittadini europei dovrebbe essere garantita in ogni momento, in particolare per i cittadini vulnerabili o a rischio di discriminazione. L’accesso delle persone con disabilità o a rischio di povertà ai servizi e ai beni dovrebbe essere garantita, in conformità con la direttiva (UE) 2019/882 (11) e altri obblighi giuridici, come ad esempio la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.

5.4.

Il CESE ritiene importante il lancio di una forte azione europea di divulgazione e informazione interattiva con una rete di poli di diffusione ad alta visibilità collocati nei nodi intermodali centrali e periferici dell’MU per promuovere la partecipazione proattiva del cittadino, recependone stimoli, difficoltà e soluzioni, con il supporto attivo della società civile organizzata.

6.   MU e lavoratori

6.1.

Il CESE è convinto che l’MU del futuro potrà trovare fondamento unicamente nel binomio tra una solida base economica e una forte dimensione sociale (12), e «insiste da sempre sulla necessità di una convergenza verso l’alto e di una politica sociale più efficace a livello sia dell’UE che degli Stati membri» (13), con l’elaborazione di «una tabella di marcia chiara e coordinata che definisca le priorità per l’attuazione del pilastro e l’applicazione dei diritti e delle norme sociali in vigore».

6.2.

Il CESE sottolinea nuovamente che «un nuovo processo del semestre europeo dovrebbe conseguire obiettivi sociali nel quadro di un’azione di monitoraggio di squilibri sociali eccessivi, e dovrebbe inoltre prevedere l’adozione di nuovi indicatori misurabili, unitamente a raccomandazioni sociali mirate e specifiche per paese» (14) ed evitare scarti eccessivi che (pur tenendo conto delle specifiche situazioni nazionali) possano generare dumping sociale e falsare pari regole del gioco valide per tutto l’MU europeo.

6.3.

Secondo il CESE, occorre assicurare eque condizioni d’esercizio di un’effettiva libertà di movimento dei lavoratori in tutto l’MU, specie nelle regioni frontaliere. È necessario applicare meglio la Direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali (15) e occorre realizzare un enorme sforzo congiunto di mezzi finanziari e strutturali a livello europeo, per un’educazione e formazione permanente delle risorse umane a nuove competenze e qualificazioni.

6.4.

Il CESE sottolinea ancora una volta che «i cambiamenti che le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale e i big data stanno determinando sui processi produttivi e sull’economia in generale muteranno in profondità anche il mercato del lavoro» e come sia importante che «questi processi di cambiamento avvengano nell’ambito di un proficuo dialogo sociale e nel rispetto dei diritti e della qualità della vita dei lavoratori» (16), evitando trappole di povertà e di precarietà.

6.5.

Il CESE ritiene che lo sviluppo sostenibile richieda un enorme sforzo congiunto di mezzi finanziari e strutturali a livello europeo, nazionale e locale, di educazione e formazione permanente delle risorse umane a nuove competenze verdi e digitali e qualificazioni adeguate ai mercati del lavoro in evoluzione nell’ambito del nuovo Green Deal europeo.

7.   MU e consumatori

7.1.

La politica dei consumatori è una componente essenziale del processo di completamento di un MU incentrato sugli interessi del pubblico e in grado di influenzare l’impegno delle persone nel processo di integrazione dell’UE. Il CESE ritiene necessario fare di più per garantire un’efficace protezione dei consumatori laddove gli operatori non rispettino le norme, e l’attuale frammentazione applicativa e le differenze persistenti tra gli Stati membri non siano diminuite.

7.2.

Il CESE invita a garantire il rispetto degli interessi dei consumatori nel processo REFIT, nel mondo digitale e nella sicurezza di prodotti e servizi, a rafforzare le misure per ridurre la povertà energetica e la povertà dei consumi, migliorando l’accesso a prodotti alimentari, farmaci e servizi di base per tutti gli europei.

7.3.

Si deve affrontare il problema delle differenze di trattamento dei consumatori tra i vari paesi negli acquisti diretti o nell’e-commerce riguardo a prezzi, condizioni di vendita o di consegna. Particolarmente importante resta il problema del geoblocking.

7.4.

Il CESE valuta positivamente le informazioni fornite sui risultati ottenuti nella tutela dei consumatori con la piattaforma per la risoluzione online delle controversie (17), ma auspica «il rafforzamento degli strumenti di risoluzione extragiudiziale, in particolare transfrontaliera».

7.5.

Il CESE è convinto che la trasparenza e la comparabilità delle informazioni siano di fondamentale importanza per consentire ai consumatori di compiere scelte intelligenti anche sotto il profilo dell’impatto ambientale e di sostenibilità.

8.   MU e imprese

8.1.

Per rispondere alle esigenze delle imprese riguardo alla piena attuazione dell’MU, secondo il CESE è necessario:

8.1.1.

realizzare un’ulteriore apertura e integrazione dei mercati di beni e servizi, compresi servizi logistici e di rete, al fine di liberare l’intero potenziale economico dell’UE e stabilire una solida base per la concorrenza globale nel lungo periodo. Occorre tutelare e promuovere la diversità e il pluralismo nel settore del commercio al dettaglio (18);

8.1.2.

dare maggiore impulso alla digitalizzazione come fattore cruciale per la competitività europea, e cioè il quadro che favorisce l’introduzione di tecnologie digitali. È necessario che i programmi rivolti alle PMI e alle microimprese rispettino la cultura propria a questo tipo di imprese e coinvolgano le organizzazioni di rappresentanza a livello locale;

8.1.3.

mettere in campo maggiori iniziative per fornire alle imprese piccole e micro competenze digitali di base e intermedie e offrire loro un ventaglio di soluzioni tecnologiche, ed elaborare regole eque sull’accesso ai dati, il libero flusso di dati e la responsabilità attraverso un approccio strategico globale;

8.1.4.

creare un quadro normativo e finanziario favorevole agli investimenti nelle infrastrutture in modo tale che le infrastrutture fisiche e digitali siano notevolmente migliorate e interoperabili; innovazione e flessibilità per le imprese per adeguarle ad un mondo in rapida evoluzione, favorendo nuovi modelli di impresa; una neutralità tecnologica attraverso una legislazione sull’MU che favorisca l’integrazione del mercato attraverso la riduzione degli ostacoli;

8.1.5.

dare priorità ai principi di una migliore regolamentazione e alla loro attuazione pratica affinché l’MU sia il posto migliore per fare affari e lavorare.

8.2.

Particolare attenzione deve essere rivolta alle differenze tra i regimi fiscali nazionali. Secondo il CESE, occorre contrastare il dumping sociale e fiscale all’interno dell’MU, perché falsa la concorrenza e provoca delocalizzazioni altrimenti ingiustificate.

8.3.

Parimenti, è essenziale colmare i gap infrastrutturali e normativi di interconnessione dei mercati locali nell’MU, specie nei settori essenziali come gas, elettricità e trasporti, gap che costituiscono impedimenti a una concorrenza leale e trasparente.

8.4.

Il CESE rileva che occorre rafforzare il sistema europeo di standardizzazione, specie per quanto riguarda le norme tecniche sociali, ambientali e di sicurezza, fornendo al mondo delle imprese, specie piccole e micro, una chiara panoramica delle regole e delle procedure da rispettare così come una partecipazione equilibrata ed effettiva di tutti gli attori interessati al processo della loro formulazione.

Bruxelles, 10 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  La Commissione ha pubblicato il 10.03.2020 le Comunicazioni «Piano d’azione a lungo termine per una migliore attuazione e applicazione delle norme del mercato unico» e «Individuare e affrontare le barriere al mercato unico».

(2)  2005/36/EC.

(3)  COM(2019) 640 final.

(4)  9743/19 COMPET 437 MI 487.

(5)  EESC-2020-00463 ECO/505 (relatore Trias Pintó) (cfr. pag. 63 della presente Gazzetta ufficiale).

(6)  La Commissione ha pubblicato il 10.03.2020 un’importante Comunicazione «Individuare e affrontare le barriere al mercato unico», COM(2020) 93 final.

(7)  COM(2020) 98 final, presentato l’11.03.2020.

(8)  https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2019/06/20/a-new-strategic-agenda-2019-2024/

(9)  IP/19/6770, 17.12.2019.

(10)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 102.

(11)  GU L 151 del 7.6.2019, pag. 70.

(12)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 23.

(13)  GU C 13 del 15.1.2016, pag. 40; GU C 81 del 2.3.2018, pag. 145 e GU C 440 del 6.12.2018, pag. 135.

(14)  GU C 14 del 15.1.2020, pag. 1.

(15)  Cfr. nota 2.

(16)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 6.

(17)  Sono oltre 24 000 i casi risolti nel primo anno, secondo i dati comunicati dalla commissaria Jourová.

(18)  GU C 110 del 22.3.2019, pag. 41.


18.9.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 311/26


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Gli effetti delle campagne sulla partecipazione al processo decisionale politico»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza croata)

(2020/C 311/03)

Relatrice:

Marina ŠKRABALO

Correlatrice:

Cinzia DEL RIO

Consultazione

Lettera del 10.9.2019

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

3.3.2020

Adozione in sessione plenaria

10.6.2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

209/2/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa della presidenza croata di chiedere un parere sugli effetti delle campagne sulla partecipazione al processo decisionale politico, che spera possa contribuire al tempestivo dibattito politico nelle formazioni e negli organi preparatori pertinenti del Consiglio in merito ai principali ambiti di miglioramento del processo elettorale dell’UE, sulla base della prossima relazione postelettorale della Commissione. Il dibattito politico consentirà agli Stati membri di contribuire al momento giusto all’agenda per il piano d’azione della Commissione per la democrazia e alla Conferenza sul futuro dell’Europa, che sarà inaugurata durante la presidenza croata. Questo è il momento di un nuovo e coordinato sforzo per proteggere e rafforzare la democrazia europea in tutto il nuovo ciclo politico delle istituzioni dell’UE. A tale riguardo, il CESE esorta la presidenza croata a fungere da catalizzatore nel promuovere una stretta cooperazione tra tutte le istituzioni dell’UE, tra cui, in primo luogo, il Parlamento europeo e la Commissione, ma anche il CESE, il Comitato delle regioni, il Mediatore europeo e l’Agenzia per i diritti fondamentali.

1.2.

Il coinvolgimento dei cittadini dell’UE nel processo decisionale politico dell’Unione, in primo luogo attraverso la partecipazione elettorale, ma anche attraverso i dibattiti politici e la consultazione sulle politiche, è essenziale per rinvigorire la democrazia europea e garantire la legittimità delle istituzioni e degli strumenti dell’UE. Il CESE invita queste ultime a utilizzare gli insegnamenti tratti dalle elezioni del 2019 come base per mettere in campo un’azione politica tempestiva e uno sforzo istituzionale coordinato al fine di migliorare lo stato attuale del processo elettorale dell’UE e massimizzare in misura soddisfacente l’affluenza alle urne nelle elezioni europee del 2024 e oltre.

1.3.

Mentre la tendenza storica del calo dell’affluenza alle elezioni europee prosegue, dato che le percentuali relativamente elevate del 2019 rimangono ancora inferiori rispetto a quelle registrate dal 1979 al 1994 (1), vi sono insegnamenti che devono essere tratti dalle ultime elezioni, se si vuole accrescere la partecipazione informata dei cittadini nella prossima tornata elettorale europea e a lungo termine. È importante riconoscere che l’abbassamento sostanziale della partecipazione alle elezioni europee rispetto alle elezioni nazionali è una tendenza ormai consolidata (2), e occorre considerare l’aumento della partecipazione dei giovani e delle persone istruite alle elezioni europee del 2019 quale potenziale di una nuova tendenza positiva.

1.4.

Il CESE ritiene che, per aumentare l’efficacia del proprio approccio nei confronti dei cittadini europei, le istituzioni dell’UE debbano cambiare la loro mentalità e debbano porre i cittadini, la società civile e le parti sociali al centro di tutte le loro comunicazioni, in particolare nelle campagne, e cercare il loro coinvolgimento facendo appello sia alle emozioni che alla ragione. A tale riguardo, il CESE si compiace per il nuovo approccio orientato agli elettori adottato dal Parlamento europeo in relazione alle campagne di informazione dell’opinione pubblica, e sostiene con vigore il piano globale elaborato da tale istituzione per consolidare il successo della sua ultima campagna elettorale. Il CESE chiede che siano predisposte adeguate risorse di bilancio e di personale per le attività del Parlamento in materia di campagne al fine di intensificare e ampliare la sua ricca rete di associazioni della società civile, di volontari e di opinionisti, realizzare una serie di campagne tematiche nei prossimi cinque anni e preparare una campagna dinamica e flessibile per le elezioni per il 2024.

1.5.

Il CESE chiede una cooperazione ancora più stretta tra il Parlamento, la Commissione e gli Stati membri, nonché con il CESE, il Comitato delle regioni e tutte le parti interessate, per una progettazione ben concepita e la realizzazione sia decentrata che centralizzata delle future campagne di informazione sulle tematiche europee e sulle prossime elezioni europee, in modo che tali iniziative si dimostrino più efficaci nel raggiungere, informare e coinvolgere la maggior parte dei cittadini europei.

1.6.

Secondo il CESE, la disinformazione rappresenta una minaccia diretta non solo per la capacità dei cittadini di prendere decisioni politiche consapevoli, ma anche per il progetto di integrazione europea e quindi per l’unità e la prosperità dell’Unione e la sua influenza nel mondo. L’indebolimento delle capacità decisionali democratiche dell’UE è nell’interesse di tutta una serie di potenze straniere e di gruppi estremisti che si contrappongono alla cooperazione e a una maggiore coesione a livello europeo (3). Il CESE appoggia con vigore gli sforzi portati attualmente avanti dall’UE per contrastare la disinformazione (4), sia dall’esterno che dall’interno dell’Unione, ed esorta la Commissione a garantire la piena conformità e il seguito dell’azione normativa in relazione al codice di buone pratiche sulla disinformazione, l’ulteriore sviluppo del «sistema di allarme rapido» e delle unità di intelligence StratCom di recente istituzione, nonché il potenziamento delle azioni del Servizio europeo per l’azione esterna finalizzate a combattere la disinformazione, accompagnato da una sostanziale espansione dell’azione dell’UE contro la disinformazione all’interno dell’Unione.

1.7.

Il CESE chiede alla Commissione e al Parlamento europeo di intraprendere ulteriori azioni per consentire l’impiego di risorse di bilancio adeguate per l’adozione di misure volte a rafforzare la resilienza della società alla disinformazione, estendere la portata del monitoraggio a una più ampia serie di soggetti esterni e interni che rappresentano una minaccia, e intensificare lo scambio di informazioni tra le istituzioni e gli Stati membri, nonché a livello internazionale.

1.8.

Il CESE sostiene con forza la proposta della Commissione europea di elaborare un «piano d’azione per la democrazia europea», che dovrebbe essere globale e continuo, capace di produrre cambiamenti, ed essere garantito dal sostegno finanziario e dal coordinamento interistituzionale. Il piano d’azione per la democrazia europea e le iniziative future a esso collegate dovrebbero puntare a fare molto di più per pervenire a mezzi di informazione liberi e pluralisti, a un giornalismo indipendente e di qualità, a una regolamentazione efficace dei social media, in particolare per quanto riguarda la lotta alla disinformazione, la regolamentazione dei messaggi online di natura politica e della responsabilità dei contenuti, a un processo elettorale modernizzato, all’inclusione delle categorie private dei loro diritti, tra cui in primo luogo le persone con disabilità, e a una diffusa educazione civica sull’Unione europea e sul suo processo democratico in tutti gli Stati membri. Il CESE rinnova la sua richiesta alla Commissione di proporre un’ambiziosa strategia di comunicazione, educazione e sensibilizzazione nei confronti dei cittadini in materia di diritti fondamentali, Stato di diritto e democrazia (5).

1.9.

Il CESE esorta le istituzioni dell’UE e la presidenza croata a prestare un’attenzione costante ai negoziati sul bilancio dell’UE in relazione agli stanziamenti per l’educazione ai valori dell’UE, agli affari istituzionali e alla cittadinanza, quale veicolo fondamentale per la democrazia europea. Dovrebbero essere stanziati finanziamenti adeguati per l’intero spettro degli sforzi dell’UE in materia di educazione, nonché per le misure proposte dal piano d’azione per la democrazia europea, e dovrebbe essere garantita una maggiore coerenza tra le diverse componenti del bilancio. Dovrebbe essere mantenuta una parte più elevata di finanziamenti per il programma Erasmus, un’iniziativa di grande successo, con una quota maggiore destinata a tale scopo a valere su altri programmi dell’UE e sul Fondo sociale europeo.

1.10.

Al fine di rafforzare ulteriormente il sostegno politico a favore del potenziamento dell’educazione civica sull’UE, il CESE esorta le istituzioni europee (e la presidenza croata) ad appoggiare la proposta del CESE di istituire un gruppo europeo di esperti ad alto livello sul tema Insegnare l’Europa, formato da rappresentanti degli Stati membri ed esperti di spicco nel settore dell’istruzione. Tale gruppo potrebbe presentare proposte e raccomandazioni strategiche da discutere a livello di ministri dell’Istruzione, che potrebbero dare luogo a conclusioni del Consiglio. Il gruppo potrebbe anche dare il via a miglioramenti operativi, per esempio una piattaforma centrale online con un inventario dei materiali didattici esistenti generati attraverso progetti finanziati dall’UE e programmi scolastici nazionali, come proposto dal CESE.

1.11.

Il CESE invita il Consiglio e la Commissione a prestare particolare attenzione alla delicata questione dell’inclusione delle persone con disabilità, delle minoranze etniche, dei migranti, dei poveri delle zone rurali e di altre categorie sociali svantaggiate che sono persistentemente sottorappresentate nelle elezioni europee in tutti gli Stati membri dell’UE. Il CESE propone che, nell’ambito del piano d’azione per la democrazia europea, la Commissione elabori 1) una proposta legislativa sulle norme minime per l’accessibilità del processo elettorale dell’UE alle persone con disabilità; e 2) una tabella di marcia dell’UE che porti a un processo elettorale più inclusivo, accompagnata da una proposta di finanziamento per sostenere gli Stati membri nei loro sforzi di modernizzazione dei processi elettorali e di inclusione sociale.

1.12.

La nuova Commissione dovrebbe procedere quanto prima all’ulteriore modernizzazione delle norme riguardanti le campagne elettorali e il processo elettorale dell’UE, sulla scorta delle misure adottate dalla precedente Commissione (6). A tale riguardo, il CESE sostiene fermamente: 1) il lavoro attivo e continuo portato avanti dalle reti di coordinamento elettorale con i punti di contatto nazionali, i quali dovrebbero fungere da catalizzatori per la realizzazione di miglioramenti in tempi rapidi; 2) il rafforzamento della sorveglianza regolamentare dei partiti politici europei in relazione alla trasparenza delle campagne elettorali e del finanziamento dei partiti, alla conformità alle norme sulla protezione dei dati e al rispetto dei valori dell’UE; 3) ulteriori incentivi per i partiti politici europei a migliorare la loro coerenza politica e il coinvolgimento dei cittadini nei confronti dei partiti nazionali e al di là di essi; 4) l’introduzione di misure volte a consentire la piena partecipazione al processo democratico di tutte le categorie sociali emarginate e prive di diritti. La Commissione dovrebbe inoltre rafforzare l’applicazione delle norme che impongono la condivisione della responsabilità per lo sviluppo dell’alfabetizzazione mediatica, non solo tra l’UE e le istituzioni nazionali e la società civile, ma anche tra i social media e le società di piattaforme digitali, nonché tra gli attori politici.

2.   Opportunità di accrescere la partecipazione informata dei cittadini europei alle elezioni

2.1.   Campagne più efficaci di informazione dell’opinione pubblica

2.1.1.

Negli ultimi anni l’attenzione dell’UE nei confronti dei cittadini attraverso campagne di informazione e comunicazione è notevolmente migliorata, grazie a notevoli sforzi compiuti per collegare le politiche europee ai loro effetti specifici sulla vita quotidiana, per mettere in evidenza l’impatto delle iniziative dell’UE attraverso la voce dei «comuni» cittadini e per avvalersi delle nuove tecnologie ai fini della diffusione delle informazioni. Le istituzioni dell’UE dispongono di un’ampia gamma di mezzi di informazione pubblica, attraverso i loro uffici di collegamento negli Stati membri, i loro siti web e i social media, la stampa e l’attività di comunicazione mediatica, le agenzie dell’UE e numerose reti di esperti e parti interessate, nonché i loro servizi per i visitatori.

2.1.2.

Le istituzioni dell’UE e i governi nazionali dovrebbero continuare ad adoperarsi, con ancora maggiore impegno, migliorando il loro coordinamento e cooperando maggiormente con la società civile, le parti sociali e gli uffici delle istituzioni dell’UE negli Stati membri, per diffondere informazioni accurate in merito alla legislazione, alle politiche e alle iniziative dell’UE e per consentire alle organizzazioni e ai cittadini di approfondire le questioni relative all’UE, interessandosi e partecipando attivamente. Le istituzioni dell’UE e gli Stati membri dovrebbero investire maggiormente nel rafforzamento delle capacità e del ruolo delle organizzazioni rappresentative della società civile e delle parti sociali che promuovono l’idea europea nelle loro campagne dal basso a favore dei valori europei, e dovrebbero utilizzarle come partner e catalizzatori nel dialogo con il pubblico.

2.1.3.

Le istituzioni dell’UE dispongono di ingenti dotazioni di bilancio per l’informazione dell’opinione pubblica, comprese le campagne di informazione, anche se l’entità di tali dotazioni è innegabilmente modesta rispetto ai bilanci degli Stati membri (come anche dei loro enti locali e regionali) per le stesse attività. Inoltre, diverse direzioni generali della Commissione sostengono gli sforzi della società civile e delle parti sociali volti a informare e coinvolgere, con molteplici strumenti, i cittadini europei nei dibattiti intorno a specifiche politiche dell’UE. Il ruolo positivo che devono svolgere le istituzioni dell’UE, nonché la società civile europea e nazionale, le parti sociali e i media indipendenti dovrebbe essere ampliato e trovare debita corrispondenza nel nuovo bilancio dell’UE.

2.1.4.

Il Parlamento europeo è stato particolarmente attivo nel promuovere l’interesse e la partecipazione alle elezioni europee e, per la campagna elettorale del 2019 ha cercato di coinvolgere gli elettori attraverso messaggi emotivamente forti e mirati in funzione delle loro preoccupazioni specifiche, di rendere partecipi la società civile e i sindacati in maniera molto più attiva e di condurre una campagna decentrata, assai meno istituzionale, con effetti moltiplicatori molto maggiori. La campagna «Stavolta voto» ha offerto alle organizzazioni della società civile l’opportunità (e i finanziamenti) per realizzare azioni e attività di comunicazione volte a coinvolgere i cittadini nelle elezioni e a consentire loro di esporre le loro idee e la loro visione sul futuro dell’Europa. Tale campagna ha inoltre ispirato un’ampia gamma di soggetti della società, tra cui la comunità imprenditoriale, a impegnarsi nelle iniziative volte a portare alle urne il maggior numero di cittadini. Sulla base dei risultati dell’indagine postelettorale del Parlamento europeo (7), questa campagna interattiva e di ampio respiro potrebbe aver contribuito ad aumentare l’affluenza alle urne.

2.1.5.

Per le future azioni finalizzate a rafforzare la partecipazione politica dei cittadini europei è importante tenere presente che si registra una crescente tendenza all’identificazione positiva con l’UE, come dimostrano l’aumento dell’11 % degli elettori che hanno dichiarato di aver votato alle elezioni europee perché lo considerano un dovere civico, l’aumento dell’11 % degli elettori che hanno votato perché sono favorevoli all’UE e l’aumento del 6 % di coloro che ritengono che il loro voto possa cambiare le cose. I principali fattori che più probabilmente accresceranno la propensione al voto delle persone interpellate nelle prossime elezioni del Parlamento europeo risultano essere: una migliore informazione sull’UE e sull’impatto che l’Unione ha sulla loro vita quotidiana (43 %), la presenza di un maggior numero di giovani candidati (31 %) e la presenza di un maggior numero di donne candidate (20 %). Inoltre, i cittadini europei hanno espresso chiaramente la necessità di una partecipazione politica più informata, di processi elettorali più inclusivi, di una leadership politica più responsabile e di una protezione istituzionale più efficace contro gli abusi del processo elettorale derivanti da corruzione politica, disinformazione e attacchi informatici (8).

2.1.6.

Nelle future campagne di informazione pubblica, le istituzioni dell’UE dovrebbero dare la priorità a temi di particolare interesse per gli elettori, e tali campagne dovrebbero svolgersi lungo l’intero ciclo politico, costruendo una base comune di conoscenze e di legame con le tematiche dell’UE prima delle prossime elezioni europee. Occorre prestare particolare attenzione alla penetrazione delle campagne di informazione in tutte le aree geografiche e in tutti gli strati della società, in particolare quelli ai margini della partecipazione politica e dello sviluppo socioeconomico, che potrebbero essere particolarmente vulnerabili alle campagne di disinformazione malevola a causa della loro esclusione sociale generale (9). La diffusione proattiva di informazioni da parte delle istituzioni dell’UE richiede un dialogo più approfondito con le comunità locali di tutta l’UE, attraverso una più stretta collaborazione con i media locali, i gruppi locali della società civile, le autorità locali e i programmi di educazione civica.

2.2.   Investire nella libertà e nella pluralità dei mezzi di informazione e nel giornalismo

2.2.1.

L’esistenza di mezzi di informazione liberi e pluralisti che forniscano informazioni accurate e imparziali ai cittadini europei è fondamentale per un dibattito informato sulle elezioni e sul processo decisionale politico e costituisce un’arma fondamentale contro la disinformazione. Un mezzo di informazione libero e pluralista deve assumersi la responsabilità dei suoi contenuti e deve essere trasparente riguardo alla proprietà cui esso fa capo e ai relativi interessi economici.

2.2.2.

Nonostante il declino dei mezzi di informazione «tradizionali» (carta stampata ed emittenti radiotelevisive) per effetto dell’accesso di massa ai media digitali e ai social media, i siti web e i profili di social media delle emittenti radiotelevisive, dei quotidiani e dei giornalisti sono largamente utilizzati, condivisi e commentati online dai cittadini.

2.2.3.

Mentre i paesi europei dominano i primi posti dell’Indice mondiale della libertà di stampa del 2019 (10), con la valutazione «situazione buona» (9 Stati membri dell’UE sono tra i 15 paesi con tale valutazione), e nessuno di essi rientra nella categoria più negativa «situazione molto seria», 12 Stati membri dell’UE si fermano al livello «situazione soddisfacente», mentre 6 si collocano al livello «problemi notevoli» e uno in particolare è classificato nella categoria «situazione difficile». L’aumento della violenza e delle intimidazioni nei confronti dei giornalisti negli Stati membri dell’UE rappresenta una tendenza preoccupante per la democrazia europea, così come lo è ogni interferenza politica nei media.

2.2.4.

Secondo i risultati del 2017 dell’Osservatorio del pluralismo dei media (11), «la concentrazione del mercato costituisce una fonte di rischio medio o elevato per il pluralismo dei media in tutti i paesi dell’UE, senza eccezioni. Le difficoltà economiche dei diversi media tradizionali […] inducono a pensare che la concentrazione dei mezzi di informazione è un fenomeno che difficilmente si attenuerà in futuro […] e un possibile declino nella pluralità dei mercati rimane un elemento onnipresente di rischio». L’UE deve adottare misure antitrust per diversificare la proprietà dei mezzi di informazione e combattere la concentrazione e i monopoli di proprietà in questo settore.

2.2.5.

Il giornalismo indipendente è un bene pubblico e la mancanza di diversità e di pluralismo rappresenta un chiaro fallimento del mercato. Per garantire la qualità e la diversità del giornalismo occorre rafforzare l’indipendenza politica ed economica e innalzare la qualità dei mezzi di comunicazione del servizio pubblico e il loro finanziamento indipendente a lungo termine, il che richiede nuovi modelli economici/imprenditoriali. L’UE dovrebbe fare di più per sostenere i mezzi di comunicazione del servizio pubblico, in particolare con iniziative volte a trovare modelli di finanziamento nuovi e sostenibili. A tal riguardo, il CESE appoggia le proposte per il periodo di bilancio 2021-2027, che prevedono l’introduzione, nel programma Europa creativa, di un sottoprogramma di 61 milioni di EUR specificamente volto a sostenere il giornalismo di qualità, compresi il pluralismo e l’alfabetizzazione mediatica (12). Il CESE chiede però investimenti pubblici molto più cospicui e strategici nel giornalismo e nei media professionali.

2.2.6.

L’UE dovrebbe inoltre fare di più per sostenere i mezzi di informazione indipendenti e il giornalismo investigativo, e in particolare le piattaforme di collaborazione transnazionali. Dovrebbe anche promuovere le iniziative volte a trovare nuovi modi per finanziare il giornalismo di qualità, compresi i modelli senza scopo di lucro e i nuovi modelli economici socialmente sostenibili e inclusivi.

2.2.7.

Inoltre, dovrebbe essere rafforzata, monitorata e applicata in modo sistematico la legislazione nazionale e dell’UE contro i monopoli e le posizioni dominanti sul mercato dei media. Dovrebbero essere sostenute ulteriormente le iniziative dell’UE sul monitoraggio dell’indipendenza e degli assetti proprietari dei media in Europa, quali quelle rappresentate dall’Osservatorio del pluralismo dei media.

2.2.8.

L’UE dovrebbe continuare a promuovere misure e organismi di autoregolamentazione, come i codici etici e i consigli della stampa, per rafforzare gli elevati standard del giornalismo, anche nei media digitali e sociali. L’UE deve promuovere la parità di accesso alle informazioni per tutti i media e deve contrastare l’esclusione arbitraria di giornalisti dalle conferenze stampa e da altre pubblicazioni governative per motivi politici.

3.   Rispondere alle opportunità e alle sfide poste dai media digitali e sociali

3.1.

I media digitali e sociali consentono alla maggioranza dei cittadini di accedere, con maggiore rapidità, a una gamma più ampia di informazioni e punti di vista e di partecipare molto più facilmente al dibattito democratico reso possibile dalle reti sociali. Dovrebbero inoltre consentire ai singoli individui di decidere autonomamente in merito al filtraggio delle informazioni alle quali desiderano accedere. Nel 2019 (13), l’86 % dei cittadini dell’UE27 utilizzava Internet e il 90 % delle famiglie dell’UE27 disponeva, pur con disuguaglianze, di un accesso a Internet, con percentuali che andavano dal 98 % dei Paesi Bassi al 75 % della Bulgaria, un livello che comunque consente un notevole grado di penetrazione (14).

3.2.

Tuttavia, sebbene i media digitali e sociali offrano maggiori opportunità di partecipazione, la concentrazione di proprietà è molto maggiore tra le piattaforme dei social media rispetto ai media cartacei e radiotelevisivi tradizionali; inoltre l’impiego di complicati algoritmi segreti, con finalità commerciali, permette di filtrare in modo significativo le informazioni disponibili sui profili degli utenti. Di conseguenza, l’ampiezza delle informazioni alle quali le persone sono esposte può essere di fatto inferiore rispetto a quella disponibile attraverso i mezzi tradizionali della carta stampata e della radiotelevisione. L’avvento dei social media ha portato alla proliferazione della disinformazione, ossia di informazioni inventate, propalate per vari motivi, tra cui quello di influenzare il dibattito politico e i risultati elettorali. Dietro buona parte di questa disinformazione ci sono profili fittizi. I ricercatori sostengono che, nelle elezioni presidenziali del 2016 negli Stati Uniti, la disinformazione abbia avuto un impatto significativo sul comportamento degli elettori.

3.3.

Nel quadro delle iniziative messe in campo dalla Commissione per ridurre la disinformazione e garantire la conduzione di campagne online trasparenti, eque e attendibili in vista delle recenti elezioni europee, nel settembre 2018 le piattaforme online, le reti sociali e il settore pubblicitario (compresi Facebook e Twitter) hanno sottoscritto un codice di autoregolamentazione (15) per contrastare la diffusione della disinformazione online e delle notizie false. Esso prevede un’ampia serie di impegni che vanno dalla trasparenza nella pubblicità politica alla chiusura di falsi account e alla demonetizzazione dei fornitori di disinformazione (16). Tale codice, che consta altresì di un allegato contenente le buone pratiche dei firmatari, è considerato un pilastro importante del piano d’azione della Commissione contro la disinformazione (17).

3.4.

Tutte le piattaforme si sono attivate prima delle elezioni europee etichettando gli annunci pubblicitari di natura politica e rendendoli disponibili al pubblico attraverso librerie di annunci ricercabili (18). Nel quadro della politica di autoregolamentazione introdotta da Facebook, gli annunci pubblicitari di natura politica potevano essere pubblicati solo nel paese per il quale le parti interessate disponevano dell’autorizzazione. Poiché è risultato evidente che questa regola aveva un impatto negativo sulla capacità dei partiti europei di fare campagna elettorale in tutta l’UE, è stata presa una decisione ad hoc secondo cui i partiti europei sarebbero esentati dal rispettarla (19).

3.5.

Tuttavia, le prime relazioni annuali di autovalutazione elaborate dai firmatari del codice nell’ottobre 2019 (20) e la relazione del giugno 2019 del gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi (European Regulators Group for Audiovisual MEDIA Services — ERGA) (21) indicano che non tutti gli annunci pubblicitari di natura politica contenuti negli archivi di propaganda politica delle piattaforme sono stati correttamente etichettati come tali e che gli archivi non fornivano ancora dati sufficienti sul microtargeting del pubblico per prevenire manipolazioni degli elettori e garantire una maggiore trasparenza delle campagne politiche e della propaganda, in particolare per quanto riguarda le loro fonti di finanziamento e i collegamenti con determinati gruppi di interesse. Inoltre, i firmatari del codice non hanno adottato norme comuni per consentire ai ricercatori e ai giornalisti di accedere ai dati personali nel rispetto del diritto alla vita privata e del consenso degli utenti.

3.6.

Alla luce delle carenze riscontrate in materia di autoregolamentazione e dell’attuale valutazione del codice di condotta intrapresa dalla Commissione, il CESE invita quest’ultima ad adottare misure legislative qualora il codice volontario si dimostri insufficiente, da solo, a produrre progressi sostanziali verso la realizzazione degli obiettivi della Commissione. Occorre migliorare notevolmente l’autoregolamentazione in rapporto alla disinformazione online. Parallelamente, occorre adottare un approccio globale per quanto riguarda la sua regolamentazione. È giunto il momento di elaborare e proporre una regolamentazione dei social media e delle piattaforme digitali, ponendo l’accento sulla trasparenza di tutti gli aspetti della propaganda politica (norme in materia di finanziamento, etichettatura e informativa) e della disinformazione, nel quadro del nuovo pacchetto elettorale della Commissione e del piano d’azione per la democrazia europea.

3.7.

Le azioni volte a promuovere l’assunzione di responsabilità online non dovrebbero concentrarsi soltanto sulla trasparenza, intesa a esporre le fonti delle informazioni, ma dovrebbero anche considerare la responsabilità degli attori dell’ecosistema che traggono profitto dalla diffusione di contenuti fuorvianti e sensazionalistici. La disinformazione è un indice di mercati digitali concentrati e non soggetti a controllo, di monitoraggio costante degli utenti e di trattamento illecito dei dati personali. Le aziende dominanti del settore dei social media traggono profitto dalla creazione di dati di profilazione attraverso la diffusione di contenuti che attirano l’attenzione, indipendentemente dalla loro veridicità. Questo tipo di manipolazione dei dati rende necessaria la piena e corretta applicazione del regolamento generale sulla protezione dei dati quale strumento per indurre le aziende del settore a discostarsi da un modello che si basa sul sensazionalismo e sulla ricerca dell’effetto shock. Se il modello imprenditoriale fondamentale stesso delle piattaforme facilita o amplifica il problema, non è sufficiente incoraggiare questi operatori ad adottare meccanismi di soppressione o di verifica. Inoltre, la legislazione nazionale e quella dell’UE devono contrastare le posizioni di mercato dominanti delle aziende del settore digitale e dei social media e contemplare l’interoperabilità obbligatoria, introducendo protocolli comuni volti a consentire il flusso delle comunicazioni tra una piattaforma e l’altra.

3.8.

È necessario garantire un coinvolgimento più forte e più ampio delle istituzioni dell’UE, della società civile, delle parti sociali, dei media indipendenti, dei social media, delle piattaforme online e dei cittadini per contrastare la disinformazione (22). Il Comitato accoglie con favore l’iniziativa della Commissione europea, intrapresa dalla DG CONNECT, di istituire l’Osservatorio europeo dei media digitali (una piattaforma volta a consentire ai verificatori di fatti, agli accademici e ai ricercatori di collaborare e di mantenersi in costante contatto con le organizzazioni dei media e gli esperti in materia di alfabetizzazione mediatica e fornire sostegno ai responsabili politici (23)), e raccomanda di investire ulteriori risorse nel suo rafforzamento e nel suo sviluppo.

4.   Prevenire le interferenze malevole via Internet nelle elezioni europee

4.1.

Un’altra minaccia derivante da Internet è una maggiore facilità di interferire nelle elezioni attraverso profili fittizi, troll sui social media ed emittenti di Stato. Molta attenzione è stata posta sulle interferenze straniere, ma la realtà è molto più complessa: la disinformazione interna è un problema almeno altrettanto serio, e i soggetti locali che agiscono per procura, le nuove tecnologie e altri sviluppi (come il ricorso ai «gruppi chiusi») rendono più difficile distinguere tra disinformazione esterna e disinformazione interna. La Russia, per esempio, è stata accusata di aver influenzato le elezioni presidenziali statunitensi nel 2016, il referendum sulla Brexit e diverse elezioni recenti nell’UE (24), così come le elezioni del Parlamento europeo del maggio 2019 (25), ma le interferenze da parte di altri attori interni ed esterni rappresentano un rischio altrettanto preoccupante.

4.2.

Nel suo piano d’azione contro la disinformazione, la Commissione europea afferma che «alcune relazioni indicano che oltre 30 paesi ricorrono alla disinformazione e influiscono sulle attività» (26). Il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) ha creato un apposito dipartimento (la task force East StratCom) per monitorare e smascherare la disinformazione filorussa attraverso un sito web specifico (27) e le task force di comunicazione strategica per i «Balcani occidentali» e il «Sud».

4.3.

L’iniziativa del SEAE di istituire un «sistema di allarme rapido» (in pratica una rete di funzionari dei governi degli Stati membri che si occupano di disinformazione) viene accolta con favore e merita di essere rafforzata e ampliata, incoraggiando gli Stati membri a garantire uno stretto scambio di informazioni tra il sistema di allarme rapido e le reti elettorali nazionali recentemente istituite, nel quale, in linea di principio, dovrebbero essere coinvolte anche le organizzazioni specializzate della società civile e i verificatori di fatti. In futuro dovrebbe essere previsto anche un scambio costante di informazioni tra il sistema di allarme rapido e le strutture dell’Osservatorio dei media digitali presenti in ogni paese e in tutta l’UE.

4.4.

Considerata l’importanza dei meccanismi di prevenzione delle interferenze per la democrazia europea, il lavoro contro la disinformazione portato avanti dal Servizio europeo per l’azione esterna dovrebbero essere ampliato e rafforzato, in particolare per monitorare e contrastare la disinformazione proveniente da altri paesi e regioni e per intensificare lo scambio di informazioni con altri meccanismi di prevenzione analoghi, come quelli istituiti dal Canada e dall’Australia. Al tempo stesso, occorre intensificare in misura considerevole l’azione dell’UE contro la disinformazione interna, in maniera globale, tale da consentire un monitoraggio tempestivo, rafforzare il giornalismo professionale e promuovere l’alfabetizzazione mediatica.

4.5.

Il CESE sottolinea che con la crisi causata dalla Covid-19, scoppiata dopo l’elaborazione del presente parere, è ancora più urgente che la Commissione intraprenda ulteriori azioni per combattere la disinformazione che è legata alle cause, alla diffusione e al trattamento dell’infezione, e che può essere pregiudizievole per la salute pubblica. Il contenuto delle informazioni sui social media collegate alla pandemia, se non debitamente monitorato e canalizzato, potrebbe portare a comportamenti dannosi e diffondere il panico, mettendo a rischio la salute della collettività. Il CESE chiede alla Commissione europea di essere vigile e di cooperare con gli Stati membri e le parti sociali per affrontare il grave impatto di tale disinformazione, proveniente da fonti sia nazionali che estere (28).

5.   Migliorare l’alfabetizzazione mediatica e l’educazione civica dei cittadini europei

5.1.

Per accrescere la capacità di resilienza dell’UE alle tendenze e alle minacce antidemocratiche è fondamentale promuovere in maniera sistematica l’alfabetizzazione mediatica e la cittadinanza attiva tra i cittadini europei. Come sottolineato nei suoi recenti pareri (29), il CESE chiede che, nel nuovo ciclo politico delle istituzioni UE, venga dato un nuovo impulso alle attività di educazione all’UE. Il CESE interpreta la dichiarazione di Parigi del 2015 (30) e la raccomandazione del Consiglio del 2018 (31) come un chiaro mandato da parte degli Stati membri, sostenuto dalla risoluzione del Parlamento europeo del 2016 (32), ad ancorare fermamente l’insegnamento e l’apprendimento dell’Unione europea nell’agenda politica.

5.2.

Il CESE sottolinea la necessità di attuare il primo principio del pilastro europeo dei diritti sociali facendo dell’istruzione, della formazione e dell’apprendimento permanente di qualità e inclusivi un diritto per tutti in Europa (33) e raccomanda di includere l’educazione all’UE e la costruzione di un’identità dell’UE nella strategia UE2030, nel quadro strategico ET2030 e nel processo del semestre europeo (tra le pertinenti raccomandazioni specifiche per paese), a condizione che siano disponibili dati sistematici accurati (34).

5.3.

Al fine di rafforzare ulteriormente il sostegno politico a favore del potenziamento dell’educazione all’UE, il CESE esorta a istituire un gruppo europeo di esperti ad alto livello sul tema Insegnare l’Europa, formato da rappresentanti degli Stati membri ed esperti di spicco nel settore dell’istruzione. Tale gruppo potrebbe presentare proposte e raccomandazioni strategiche da discutere a livello di ministri dell’Istruzione, che potrebbero dare luogo a conclusioni del Consiglio. Il gruppo potrebbe anche dare il via a miglioramenti operativi, per esempio una piattaforma centrale online con un inventario dei materiali didattici esistenti generati attraverso progetti finanziati dall’UE e programmi scolastici nazionali, come proposto dal CESE.

5.4.

Come punto di partenza per un’azione politica di più vasto raggio, il CESE ritiene che sia necessario intraprendere nuove ricerche critiche, basate sullo studio realizzato dalla Commissione nel 2013 Learning Europe at School («Apprendere l’Europa a scuola») (35), sulla reale situazione esistente negli Stati membri per quanto riguarda l’educazione all’UE nelle scuole, la formazione dei docenti e lo sviluppo professionale continuo, nonché sui programmi dell’UE in materia di istruzione sviluppati dalla società civile e dalle parti sociali (36). È inoltre necessario un riesame globale delle capacità e delle fonti di finanziamento in materia di istruzione al fine di sviluppare le competenze di cittadinanza attiva tra i cittadini adulti dell’UE, in linea con il quadro riveduto dell’UE relativo alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (37).

5.5.

La società civile europea e le parti sociali hanno chiesto con forza di finanziare in maniera adeguata, a complemento delle risorse nazionali, l’educazione civica sulle tematiche, la cultura e la cittadinanza dell’UE. L’UE dovrebbe aiutare gli Stati membri a garantire che i dirigenti scolastici, gli insegnanti e altro personale docente siano maggiormente in grado di promuovere il pensiero critico, i valori democratici e i diritti umani, l’impegno civico e l’impiego responsabile delle nuove tecnologie. Dovrebbero essere rafforzati e ampliati i programmi che forniscono sostegno alla mobilità per gli scambi di insegnanti, accademici e studenti finalizzati ad aiutarli a sperimentare i valori dell’UE, quali la democrazia, la libertà e la tolleranza in altri ambienti di apprendimento e in altri Stati membri dell’UE (38).

5.6.

L’alfabetizzazione mediatica per tutte le generazioni della società, nonché la formazione da parte dei giornalisti e per i giornalisti dovrebbero essere fortemente promosse e sostenute sul piano finanziario dall’UE in tutti gli Stati membri dell’Unione, in modo sistematico e in stretta collaborazione con gli istituti nazionali di istruzione e le agenzie nazionali indipendenti responsabili della regolamentazione dei media. L’obiettivo è quello di compiere un rapido e ampio salto verso una maggiore alfabetizzazione mediatica dei cittadini europei, alla luce delle crescenti minacce rappresentate dalla disinformazione diffusa e spesso malevola.

5.7.

L’UE dovrebbe sostenere tempestivamente gli Stati membri negli sforzi per adempiere al loro nuovo obbligo di promuovere e adottare misure per lo sviluppo delle competenze in materia di alfabetizzazione mediatica, in particolare con nuovi programmi di istruzione e un controllo efficace delle piattaforme di condivisione di filmati, come definito nella direttiva sui servizi di media audiovisivi (direttiva AVMS), recentemente riveduta. A questo riguardo, il CESE si aspetta orientamenti chiari da parte del gruppo di esperti sull’alfabetizzazione mediatica, che si riunirà il 30 marzo 2020 a Zagabria (Croazia) durante la seconda settimana dell’alfabetizzazione mediatica, una nuova iniziativa di sensibilizzazione a livello UE lanciata lo scorso anno.

6.   Aumentare l’inclusività delle elezioni europee

6.1.

Diverse categorie sociali possono essere a rischio di esclusione elettorale in tutta l’UE: le persone con disabilità, le minoranze etniche (in particolare i Rom), i lavoratori migranti transeuropei e gli immigrati, nonché le fasce povere, disoccupate, non istruite e rurali della società. Considerando il fatto che ancora la metà dei cittadini dell’UE non partecipa alle elezioni europee, nelle future iniziative politiche volte a rafforzare la democrazia europea e garantire la parità di trattamento di tutti i cittadini nelle prossime elezioni europee bisognerà affrontare le disuguaglianze strutturali che influenzano il comportamento elettorale.

6.2.

Come evidenziato nella dettagliata relazione informativa del CESE del marzo 2019 (39), molti cittadini dell’UE, in tutti i 27 paesi membri, non sono in grado di partecipare alle elezioni europee a causa di ostacoli giuridici e organizzativi che privano le persone con disabilità dei loro diritti politici. Circa 800 000 cittadini dell’Unione, in 16 Stati membri, si vedono negato da normative nazionali il diritto di partecipare alle elezioni del Parlamento europeo a causa disabilità o di problemi di salute mentale, mentre altri milioni di cittadini dell’UE non hanno la possibilità di votare a causa di disposizioni organizzative (ostacoli tecnici) che non tengono conto delle esigenze derivanti dalla loro disabilità.

6.3.

Il CESE propone che il nuovo pacchetto di riforme elettorali e il piano d’azione per la democrazia europea prevedano una «tabella di marcia dell’UE per un processo elettorale inclusivo», corredata di una proposta di finanziamento per sostenere gli Stati membri nella necessaria modernizzazione dell’amministrazione elettorale, che comporti adeguamenti tecnologici e servizi di sostegno alle categorie sociali svantaggiate che tendono a essere escluse dal processo elettorale e che mostrano livelli inferiori di partecipazione politica in un determinato contesto nazionale. La tabella di marcia dovrebbe basarsi su una mappatura approfondita delle barriere incontrate dalle diverse categorie sociali a rischio di esclusione elettorale e va realizzata in collaborazione con le autorità elettorali nazionali, le istituzioni dei difensori civici, le organizzazioni nazionali della società civile e le rispettive reti europee.

6.4.

La normativa dell’UE attualmente vigente affronta già una serie di questioni riguardanti le elezioni del Parlamento europeo. Pertanto, non vi sono ostacoli formali a che tale legislazione includa anche garanzie sulle opzioni di voto per le persone con disabilità. Secondo il CESE, se le buone pratiche rilevate fossero attuate in tutti gli Stati membri, ne risulterebbe un sistema ottimale in cui ciascun cittadino europeo con disabilità non solo avrebbe la piena possibilità di votare, ma sarebbe anche in grado di scegliere autonomamente la modalità di voto più adatta.

6.5.

Pertanto, nel contesto del prossimo dibattito politico sulla riforma elettorale europea e del nuovo piano d’azione per la democrazia europea, il CESE propone che, oltre alle misure più globali definite nella proposta di una «tabella di marcia dell’UE verso un processo elettorale inclusivo», si prenda in considerazione un’iniziativa giuridica che stabilisca norme minime di voto per le persone con disabilità. La proposta dovrebbe essere sviluppata attraverso un dialogo politico con le autorità elettorali nazionali, gli esperti in materia di inclusione sociale ed elezioni e le organizzazioni della società civile che rappresentano le persone con disabilità.

7.   Incoraggiare i partiti politici europei a essere orientati verso i cittadini e ad assumere un atteggiamento responsabile

7.1.

Come sancito nel trattato di Maastricht del 1992, «i partiti politici a livello europeo sono un importante fattore per l’integrazione in seno all’Unione. Essi contribuiscono a formare una coscienza europea e ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione». Lo sviluppo relativamente recente e graduale dei partiti politici europei in quanto attori politici sovranazionali dotati di strutture di governance integrate, in grado di elaborare programmi politici coerenti e di mobilitare gli elettori in tutta l’UE rappresenta una sfida strutturale per la partecipazione politica dei cittadini europei. In particolare, il quadro normativo per la governance e il finanziamento dei partiti europei si è evoluto solo dopo il trattato di Nizza del 2003 e rimane piuttosto limitato in termini di coerenza organizzativa e programmatica, che dovrebbero favorire la capacità dei partiti europei di plasmare e rafforzare l’integrazione politica dell’UE, sulla base di valori comuni e del coinvolgimento dei cittadini.

7.2.

Un’ulteriore regolamentazione dovrebbe puntare a stimolare la promozione attiva dei valori dell’UE da parte dei partiti politici europei, la loro coerenza politica transnazionale e le loro capacità organizzative di coinvolgere attivamente i cittadini ben al di là della variegata composizione dei partiti nazionali nelle diverse parti dell’UE.

7.3.

A tale proposito, il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di far rispettare meglio l’obbligo giuridico dei partiti europei di osservare i valori fondanti dell’UE enunciati all’articolo 2 del TUE, che si applica anche ai loro membri nazionali. Tale obbligo riguarda i valori professati nei programmi politici e nelle campagne elettorali dei partiti, le loro pratiche interne in materia di parità di genere e lotta alla discriminazione, così come il rispetto dello Stato di diritto e il contrasto alla corruzione. Se lo ritiene necessario, la Commissione potrebbe chiedere all’Autorità per i partiti politici europei e le fondazioni politiche europee di verificare il rispetto delle condizioni stabilite nel regolamento (40).

7.4.

Un’ulteriore azione normativa dovrebbe tener conto del dibattito politico in corso e delle proposte politiche in campo, compresa una serie di idee politiche sul modo in cui far evolvere i partiti politici europei affinché siano più vicini ai cittadini dell’UE e più responsabili nei loro confronti, per esempio attraverso dichiarazioni dei partiti nazionali in merito alla loro prevista affiliazione a un partito europeo, liste di partiti transnazionali, la trasparenza nella raccolta di fondi e nella conduzione delle campagne elettorali, l’adesione individuale, la prossimità alla società civile e alle parti sociali e l’assunzione di responsabilità per i contenuti politici che minano palesemente i valori comuni dell’UE (41). Queste questioni dovrebbero anche essere iscritte all’ordine del giorno della Conferenza sul futuro dell’Europa, che si spera possa offrire un’opportunità concreta di partecipazione ampia e informata della società civile, delle parti sociali e dei cittadini europei alla riforma democratica dell’UE.

Bruxelles, 10 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  https://op.europa.eu/it/publication-detail/-/publication/1f2a7ac7-d8f7-11e9-9c4e-01aa75ed71a1. Va osservato che l’affluenza elettorale dei cittadini europei è diminuita dall’inizio degli anni ‘90, come dimostra il calo del 20 % nei cosiddetti nuovi Stati membri e del 10 % negli Stati membri di più lunga data.

(2)  L’affluenza alle elezioni del Parlamento europeo è scesa dal 45 % del 2004 al 43 % del 2009 e al 42,6 % del 2014, per poi salire al 50,66 % nel 2019, il che rappresenta il primo aumento dal 1979 ad oggi. Fonte: https://blogs.eurac.edu/eureka/david-vs-goliath-of-voter-turnout-why-is-the-participation-in-eu-elections-so-low/.

(3)  https://medium.com/we-are-the-european-journalism-centre/more-than-meets-the-eye-tips-to-find-eu-funding-for-journalism-92f3f1143042

(4)  Piano d’azione UE contro la disinformazione, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52018JC0036&from=IT.

(5)  GU C 282 del 20.8.2019, pag. 39, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio Rafforzare lo Stato di diritto nell'Unione. Il contesto attuale e possibili nuove iniziative, 3 aprile 2019.

(6)  https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_18_5681

(7)  https://www.europarl.europa.eu/at-your-service/files/be-heard/eurobarometer/2019/election2019/EB915_SP_EUROBAROMETER_POSTEE19_FIRSTRESULTS_EN.pdf

(8)  Questo è quanto emerge dalla stessa fonte di cui sopra, ossia l’indagine post-elettorale dell’UE del giugno 2019, nella quale sono state intervistate 22 464 persone.

(9)  GU C 97 del 24.3.2020, pag. 53.

(10)  https://rsf.org/en/world-press-freedom-index

(11)  https://cmpf.eui.eu/media-pluralism-monitor/mpm-2017-2/

(12)  https://medium.com/we-are-the-european-journalism-centre/more-than-meets-the-eye-tips-to-find-eu-funding-for-journalism-92f3f1143042

(13)  https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/view/tin00028/default/table?lang=en

(14)  https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/view/tin00134/default/table?lang=en

(15)  https://ec.europa.eu/commission/news/code-practice-against-disinformation-2019-jan-29_en

(16)  https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/code-practice-disinformation

(17)  Una relazione sull’attuazione del piano d’azione, pubblicata nel giugno 2019, rileva tra l’altro che «Facebook ha disattivato 2,2 miliardi di falsi account nel primo trimestre del 2019 e ha adottato misure specifiche nei confronti di pagine, gruppi e account (1 574 non operanti nell’UE e 168 operanti nell’UE) per “comportamento non autentico” mirato agli Stati membri dell’UE», mentre «Twitter ha dichiarato di aver rifiutato oltre 6 000 annunci pubblicitari mirati all’UE per violazione della sua politica in materia di pratiche commerciali inaccettabili nel settore della pubblicità e circa 10 000 annunci pubblicitari destinati all’UE per violazione della sua politica in materia di qualità degli annunci pubblicitari».

(18)  https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/action-plan-against-disinformation-report-progress

(19)  https://twitter.com/alemannoEU/status/1119270730280132610

(20)  https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/annual-self-assessment-reports-signatories-code-practice-disinformation-2019

(21)  http://erga-online.eu/wp-content/uploads/2019/06/ERGA-2019-06_Report-intermediate-monitoring-Code-of-Practice-on-disinformation.pdf

(22)  https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=JOIN:2018:0036:FIN:IT:PDF

(23)  https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/commission-launches-call-create-european-digital-media-observatory

(24)  https://carnegieendowment.org/files/CP_333_BrattbergMaurer_Russia_Elections_Interference_FINAL.pdf

(25)  https://www.politicalcapital.hu/pc-admin/source/documents/pc_russian_meddling_ep2019_eng_web_20190520.pdf

(26)  https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=JOIN:2018:0036:FIN:IT:PDF

(27)  https://euvsdisinfo.eu/

(28)  https://www.disinfo.eu/coronavirus/

(29)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 52; GU C 228 del 5.7.2019, pag. 68.

(30)  Dichiarazione di Parigi del 17.3.2015.

(31)  Raccomandazione del Consiglio, del 22 maggio 2018, sulla promozione di valori comuni, di un’istruzione inclusiva e della dimensione europea dell’insegnamento (GU C 195 del 7.6.2018, pag. 1).

(32)  Risoluzione del Parlamento europeo, del 12 aprile 2016, «Apprendere l'UE a scuola» (2015/2138(INI)) (GU C 58 del 15.2.2018, pag. 57).

(33)  GU C 228, del 5.7.2019, pag. 68.

(34)  GU C 228, del 5.7.2019, pag. 68.

(35)  https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/83be95a3-b77f-4195-bd08-ad92c24c3a3c

(36)  GU C 353, del 18.10.2019, pag. 52.

(37)  Raccomandazione del Consiglio, del 22 maggio 2018, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (GU C 189 del 4.6.2018, pag. 1).

(38)  https://www.csee-etuce.org/images/attachments/ST_Citizenship_2018.pdf

(39)  Relazione informativa del CESE La realtà del diritto di voto delle persone con disabilità alle elezioni del Parlamento europeo, 20 marzo 2019.

(40)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/DOC/?uri=CELEX:52019DC0343&from=IT

(41)  https://www.idea.int/sites/default/files/publications/reconnecting-european-political-parties-with-european-union-citizens.pdf; https://carnegieeurope.eu/2019/11/06/six-ideas-for-rejuvenating-european-democracy-pub-80279; https://euroflections.se/globalassets/ovrigt/euroflections/euroflections_v3.pdf


18.9.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 311/36


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Finanziare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e le sfide relative al finanziamento dell’adattamento ai cambiamenti climatici»

(parere esplorativo)

(2020/C 311/04)

Relatore:

Toni VIDAN (HR-III)

Correlatore:

Dimitris DIMITRIADIS (EL-I)

Consultazione

Presidenza croata del Consiglio dell’UE, 10.9.2019

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

27.5.2020

Adozione in sessione plenaria

11.6.2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

227/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con grande favore e sostiene le recenti conclusioni del Consiglio europeo e l’annunciato Green Deal europeo (1), che stabilisce l’obiettivo comune di assicurare una transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e di «un’UE a impatto climatico zero entro il 2050».

1.2.

Alla luce della crisi della COVID-19, il CESE ha già invocato (2) una solidarietà senza precedenti tra gli Stati membri e un piano europeo globale di ripresa economica che consentirebbe agli Stati membri dell’UE, ai suoi cittadini, alle sue imprese e ai suoi lavoratori di affrontare nel modo migliore le conseguenze della pandemia di COVID-19 e di costruire un’economia europea più sostenibile e resiliente. Il piano Next Generation EU, pari a 750 miliardi di EUR, assieme ai rafforzamenti mirati al bilancio a lungo termine dell’UE per il periodo 2021-2027, porterà il totale della capacità finanziaria del bilancio dell’UE a 1 850 miliardi di EUR. Oltre a sostenere la ripresa, esso è incentrato sul Green Deal europeo e la digitalizzazione per stimolare l’occupazione e la crescita, la resilienza delle nostre società e la salute dell’ambiente europeo.

1.3.

Il CESE appoggia la risoluzione adottata il 17 aprile scorso dal Parlamento europeo con una maggioranza schiacciante dei voti, che colloca il Green Deal europeo al centro del pacchetto di ripresa e ricostruzione dell’UE «per rilanciare l’economia, migliorarne la resilienza e creare posti di lavoro, contribuendo al contempo alla transizione ecologica, favorendo lo sviluppo economico e sociale sostenibile» (3).

1.4.

Il CESE sostiene il piano di investimenti del Green Deal europeo (European Green Deal Investment Plan, EGDIP), in quanto primo dei pilastri finanziari chiave della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, insieme al meccanismo per una transizione giusta (4). Il CESE considera queste iniziative un primo passo nella direzione giusta, ed esorta le istituzioni dell’UE a creare processi trasparenti e partecipativi per la preparazione di ulteriori iniziative, coinvolgendo efficacemente tutte le parti interessate e allineando tali iniziative alla ripresa e a una transizione giusta verso un’economia del benessere (5).

1.5.

Vista la crisi senza precedenti che stiamo affrontando, il CESE chiede un ambizioso piano di ricostruzione nel rispetto dell’accordo di Parigi. Una parte fondamentale di questo piano dovrebbe essere costituita da un bilancio per l’azione per il clima che copra almeno il deficit di investimenti individuato in precedenza, pari a circa 300 miliardi di EUR all’anno, e con una forte priorità al sostegno di progetti decentrati di decarbonizzazione concepiti e gestiti di concerto con i cittadini, le PMI, le comunità dell’energia e gli enti pubblici locali e regionali.

1.6.

Il CESE è fortemente convinto che la transizione e la ricostruzione post-COVID-19 debbano essere giuste e portare a un’UE più equa e sostenibile, altrimenti saranno destinate a fallire, con conseguenze gravi per il progetto europeo nel suo insieme. Riteniamo che una componente fondamentale di una transizione giusta sia l’inclusione politica, sociale ed economica dei cittadini, dei lavoratori, delle comunità e delle PMI, in particolare nelle regioni meno sviluppate e rurali dell’UE, senza discriminare gli Stati membri che attualmente non fanno parte della zona euro. È essenziale stabilire una serie di criteri volti a garantire che la transizione sia giusta, e che siano coinvolte le parti interessate a tutti i livelli. Il CESE ha già dato il suo contributo a questo dibattito (6).

1.7.

Il CESE sottolinea che una transizione e una ricostruzione post-COVID-19 giuste devono garantire che i consumatori e le comunità diventino «prosumatori» (produttori e consumatori) attivi di prodotti e servizi sostenibili nei settori dell’energia e dei trasporti.

1.8.

Il CESE chiede l’urgente rimozione degli ostacoli che impediscono la riassegnazione dei fondi pubblici e privati, in primo luogo quelli costituiti dalle sovvenzioni dirette e indirette esistenti a favore del settore dei combustibili fossili, nonché le barriere di bilancio e fiscali.

1.9.

Il CESE è favorevole al conferimento di un mandato forte alla Commissione europea per sviluppare una nuova strategia di adattamento dell’UE ai cambiamenti climatici e chiede che sia data uguale importanza ai finanziamenti per la mitigazione e per l’adattamento. A giudizio del CESE, occorre avviare quanto prima un dibattito orientativo inclusivo sulla messa a punto di meccanismi finanziari innovativi per le azioni di adattamento e di fondi dedicati per l’adattamento equo.

1.10.

Il CESE chiede un aumento significativo dei finanziamenti disponibili, il lancio di un programma mirato per i giovani denominato «Corpo europeo di solidarietà per l’azione per il clima» e fondi per la cooperazione tra le amministrazioni locali e la società civile organizzata nello sviluppo di progetti nel campo dell’energia e dei trasporti a basse emissioni di carbonio fondati sulle comunità e da esse gestiti.

1.11.

Il CESE ritiene che il Green Deal europeo dovrebbe salvaguardare la sicurezza e la competitività internazionale dell’UE, in particolare delle PMI, che devono far fronte a una maggiore concorrenza da parte delle economie emergenti, e sostiene le proposte relative a un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere.

2.   Introduzione e osservazioni generali

2.1.

Il CESE sta elaborando il presente parere in risposta alla richiesta della presidenza croata del Consiglio dell’UE, e si compiace dell’intenzione della presidenza di turno di promuovere un dibattito a livello di UE su un miglioramento dei meccanismi finanziari teso a soddisfare le crescenti esigenze della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e a consentire l’adattamento ai cambiamenti climatici. Dato che nella fase finale dell’elaborazione del presente parere, il mondo e l’UE sono stati colpiti dalla pandemia di COVID-19, il testo ha cercato di integrare alcune reazioni iniziali a questa nuova realtà.

2.2.

Stiamo assistendo al decorso di una catastrofe umana di portata inaudita, fatta di vite perdute, migliaia di ammalati, disagi sociali, scomparsa di posti di lavoro. Se la gestiremo male, questa crisi rischia di avere conseguenze altrettanto gravi di quelle della Grande Depressione del 1929. Se la gestiremo bene, l’UE potrà uscirne unita, salvare vite umane e preservare il benessere della società, trasformare i nostri modelli socioeconomici in modelli incentrati sulle persone e sul mondo naturale e promuovere un partenariato globale per lo sviluppo sostenibile.

2.3.

Il CESE accoglie con grande favore e sostiene le recenti conclusioni del Consiglio europeo e l’annunciato Green Deal europeo (7), che stabilisce l’obiettivo comune di assicurare una transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e di «un’UE a impatto climatico zero entro il 2050». Il CESE sostiene altresì il piano di investimenti del Green Deal europeo (European Green Deal Investment Plan, EGDIP), in quanto primo dei pilastri finanziari chiave, insieme al meccanismo per una transizione giusta volto a sostenere i lavoratori e i cittadini delle regioni più colpite dalla transizione (8).

2.4.

È innegabile che siamo di fronte a un’emergenza climatica, a una perdita esistenziale di biodiversità, a rischi socialmente inaccettabili per la salute derivanti dalle sostanze chimiche e dall’inquinamento atmosferico e a livelli incalcolabili di inquinamento da plastica negli oceani. La ricerca scientifica (9) indica che la comparsa di nuove malattie umane è strettamente legata a questi fattori di crisi ambientale, che devono essere affrontati dando priorità all’azione ambientale attraverso il Green Deal europeo.

2.5.

Accanto alle crisi ambientali esistenziali, dobbiamo affrontare problemi gravi e crescenti come le disuguaglianze, le crisi demografiche e il radicalismo politico e livelli decrescenti di fiducia nei governi, nella governance e nei processi politici. La crisi della COVID-19 ha messo in evidenza una serie di carenze dei nostri sistemi economici e di governance, compresi i limiti dell’economia di mercato, e ha messo in luce l’importanza di istituzioni statali efficaci e di sistemi sanitari pubblici forti. Ha inoltre consentito alle persone di ripensare a cosa sia importante per loro. Vi è l’urgente necessità di riesaminare l’impatto dei livelli di produzione e di consumo e di valutare la fissazione di salari equi per i lavori essenziali (ad esempio i servizi pubblici come il settore sanitario), le politiche fiscali e retributive e nuovi strumenti quali il reddito di base universale, come richiesto in precedenti pareri del CESE (10).

2.6.

La comunità imprenditoriale dell’UE considera sempre più la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e la ripresa post-COVID-19 come un’opportunità di sviluppo e un modo per riportare in Europa posti di lavoro produttivi. Nella loro recente lettera inviata ai ministri dell’Ambiente e del clima dell’UE (11), sette importanti imprese energetiche europee chiedono all’UE di portare il suo obiettivo di riduzione dei gas a effetto serra per il 2030 almeno al 55 % rispetto ai livelli del 1990 per allinearsi con una traiettoria di efficienza rispetto ai costi fino al 2050. La Energy Transitions Commission (Commissione per le transizioni energetiche) invita i governi del mondo a spendere con saggezza i fondi degli incentivi economici e a investire nell’economia del futuro (12).

3.   Più ambizione in materia di clima, nuove risorse finanziarie per la ricostruzione e la transizione giuste verso un’economia a basse emissioni di carbonio e l’attuazione degli OSS dell’Agenda 2030

3.1.

Per garantire un’adeguata mobilitazione di nuove risorse finanziarie per interventi urgenti in materia di clima e migliorare l’uso di quelle attuali, è assolutamente necessaria un’agenda politica ambiziosa con obiettivi rafforzati per il 2030 e il 2050. Il CESE sostiene pertanto l’invito rivolto all’Unione europea affinché si impegni a conseguire entro il 2050 la neutralità in termini di emissioni di carbonio e, di conseguenza, a portare l’obiettivo di riduzione dei gas a effetto serra per il 2030 almeno al 55 % rispetto ai livelli del 1990.

3.2.

Il CESE è fortemente convinto che la transizione e la ricostruzione post-COVID-19 debbano essere giuste e portare a un’UE più equa, altrimenti saranno destinate a fallire, con conseguenze gravi per il progetto europeo nel suo insieme. Riteniamo che una componente fondamentale di una transizione giusta sia l’inclusione politica, sociale ed economica dei cittadini, dei lavoratori, delle comunità e delle PMI, in particolare nelle regioni meno sviluppate e rurali dell’UE, e senza discriminare gli Stati membri che attualmente non fanno parte della zona euro. La giusta distribuzione delle risorse finanziarie dal futuro bilancio dell’azione per il clima è essenziale per conseguire tale inclusione, e occorre prevenire in modo proattivo tendenze in cui la maggior parte delle risorse venga incanalata verso i soggetti interessati più forti, dotati delle risorse e della capacità per sviluppare progetti finanziabili dalle banche.

3.3.

Il CESE esorta la Commissione europea a garantire la partecipazione attiva di tutte le parti interessate — comunità locali, società civile, parti sociali, industria, istituti di conoscenza ecc. — nella futura definizione e attuazione del Green Deal europeo e del piano di ripresa e di ricostruzione post-COVID-19.

3.4.

Dopo le prime fasi del Green Deal europeo e del relativo piano d’investimenti, e a causa della crisi senza precedenti che stiamo affrontando, il CESE è favorevole a un fondo per la ripresa di portata sufficiente e chiede un ambizioso piano di ricostruzione nel rispetto dell’accordo di Parigi. Una parte fondamentale di questo piano dovrebbe essere costituita da un bilancio per l’azione per il clima che copra almeno il deficit di investimenti individuato in precedenza, pari a circa 300 miliardi di EUR all’anno, e con una forte priorità al sostegno di progetti decentrati di decarbonizzazione gestiti di concerto con i cittadini, le PMI, le comunità dell’energia e gli enti pubblici locali e regionali. Il CESE ha già formulato proposte per questa mobilitazione finanziaria nel suo appello per la creazione di un Patto finanza-clima (13), e nel presente parere presenta alcune proposte aggiuntive.

3.5.

Parallelamente e al fine di mettere a punto una combinazione ottimale di meccanismi per la mobilitazione dei futuri finanziamenti per il clima, il CESE ritiene indispensabile una valutazione corretta e trasparente delle risorse finanziarie necessarie per attuare gli OSS dell’Agenda 2030. Dovrebbe inoltre essere reso possibile un dibattito orientativo inclusivo sulla sostenibilità e la transizione giusta nell’ambito di un quadro demografico, tecnologico e finanziario/di politica pubblica, con l’importante contributo della prossima relazione dell’AEA (14).

3.6.

Il CESE ha già chiesto l’introduzione di un patto europeo finanza-clima, teso a «reindirizzare verso la lotta ai cambiamenti climatici e verso l’economia reale i capitali che potrebbero essere all’origine di una nuova bolla finanziaria», un patto che deve anche essere oggetto di nuovi finanziamenti, in particolare per le PMI. Tra le diverse fonti di finanziamento proposte rientrano:

reindirizzare i finanziamenti verso investimenti sostenibili attraverso una «destinazione verde» e promuovere i prestiti della Banca europea per gli investimenti (BEI) che hanno ottenuto il «marchio verde»;

utilizzare l’allentamento monetario quantitativo della BCE come fonte di finanziamento;

definire i criteri per un investimento sostenibile.

Ad esempio, il patto finanza-clima rappresenta un’opportunità per affrontare simultaneamente la crisi climatica, la mancanza di posti di lavoro di qualità e i dubbi sul progetto europeo. Esso comprende due strumenti: la Banca europea per il clima e la biodiversità e il Fondo europeo per il clima e la biodiversità, che combinati potrebbero costituire la Banca europea per il clima.

3.7.

Il CESE accoglie con favore e appoggia l’annuncio della BEI che intende sostenere investimenti, per un valore di 1 000 miliardi di EUR, a favore dell’azione per il clima e della sostenibilità ambientale nel periodo 2021-2030. Tuttavia, in base alle norme vigenti, la BEI può avere un portafoglio annuale di prestiti più ampio. Se l’UE o la BCE forniscono maggiori garanzie di bilancio alla BEI, il portafoglio annuale potrebbe essere ulteriormente aumentato.

3.8.

Il CESE invita gli Stati membri e le istituzioni dell’UE a riformare le regole del patto di stabilità e crescita in modo che la «regola d’oro» consenta margini per maggiori investimenti a livello nazionale finalizzati all’azione per il clima che sarebbero esclusi dal calcolo dei disavanzi di bilancio nell’ambito del bilancio dell’UE per l’azione per il clima, con garanzie adeguate contro gli abusi (15). Le possibilità iniziali sono già state menzionate nella relazione annuale 2019 del Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche (16), e dovrebbero ora essere ulteriormente elaborate e rese operative. Durante la sospensione del patto di stabilità e crescita dovuta alla crisi della COVID-19, il CESE invita gli Stati membri dell’UE a utilizzare le risorse di bilancio disponibili per potenziare gli investimenti a favore del clima nella massima misura possibile.

3.9.

Il CESE invita la BCE a svolgere un ruolo centrale nel finanziamento diretto e indiretto dell’azione per il clima. Oltre all’impatto del suo programma di acquisto di attività (PAA) e del programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP), la BCE, adottando la regolamentazione pertinente ed esercitando i suoi poteri di regolamentazione, nonché mediante un coordinamento con le banche centrali al di fuori della zona euro nel quadro del Sistema europeo di banche centrali, può incoraggiare le banche centrali a seguire il suo esempio e, quindi, influenzare positivamente il finanziamento dell’azione per il clima. Anche i coefficienti patrimoniali potrebbero essere utilizzati in modo più proattivo mediante l’applicazione di regimi favorevoli ai prestiti e agli investimenti considerati «verdi» nell’ambito della tassonomia dell’UE. La BCE «dovrebbe essere in grado di fornire liquidità attraverso ulteriori misure di politica monetaria non convenzionali» (17) e fornire liquidità, quale che sia la quantità necessaria, dovrebbe avere un impatto positivo sull’azione per il clima.

3.10.

Una possibilità per aumentare il finanziamento dell’azione per il clima è costituita da obbligazioni verdi emesse dai settori pubblico e privato e basate su un solido quadro normativo, fondato sulla tassonomia dell’UE per gli investimenti sostenibili. È urgente attuare programmi ad hoc per incoraggiare tali iniziative. La BEI può svolgere un ruolo ancora più ampio in due modi: concedendo prestiti a progetti che contribuiscono all’azione per il clima mediante impegni definitivi a tal fine e incrementando l’emissione di obbligazioni verdi. Tali obbligazioni potrebbero quindi essere acquistate dalla BCE tramite il suo PAA in misura molto maggiore rispetto al passato.

3.11.

Poiché, in ultima analisi, la grande maggioranza degli investimenti sarà attuata dai cittadini e dal settore privato, il CESE sottolinea l’importanza delle misure di bilancio ambientali e di tutti gli aspetti della fissazione del prezzo del carbonio in quanto strumento fondamentale per rendere redditizi gli investimenti sostenibili. Il Comitato sottolinea inoltre che la combinazione tra la fissazione del prezzo del carbonio e le obbligazioni verdi migliora l’efficacia ambientale, l’accumulo di capitale e la sostenibilità del debito e presenta una maggiore equità intergenerazionale (18).

3.12.

Un’altra potenziale fonte di finanziamento potrebbe essere costituita da cartolarizzazioni sostenute da un portafoglio di garanzie costituite da attività di prestito — il pool di garanzie — che potrebbe includere attività verdi ed eventualmente attività inquinanti. La cartolarizzazione sarà verde se i proventi serviranno a finanziare progetti verdi.

3.13.

A giudizio del CESE, una delle difficoltà principali legate all’attuazione concreta del piano di investimenti del Green Deal europeo è costituita dalla messa a punto di una riserva di progetti di investimento in grado di rispondere agli obiettivi strategici dell’UE. La disponibilità di tali progetti di investimento non corrisponde ancora alla domanda. L’assistenza tecnica e le consulenze a tutti i livelli della pubblica amministrazione contribuiranno a individuare ed elaborare progetti sostenibili e a offrire opportunità di sviluppo delle capacità ai promotori dei progetti. Il sistema di classificazione a livello di UE per gli investimenti sostenibili (tassonomia) (19) dovrebbe costituire la base per l’individuazione e lo sviluppo di tali progetti.

3.14.

Il finanziamento di una transizione giusta verso un’economia a basse emissioni di carbonio deve garantire che le opportunità di sviluppo delle nuove tecnologie e delle nuove imprese siano sostenute attivamente in modo da consentire la più ampia titolarità possibile delle nuove capacità di produzione da parte di consumatori e comunità, in particolare quelli attualmente esclusi dai processi produttivi interessati, trasformandoli in «prosumatori» (produttori e consumatori) attivi di prodotti e servizi sostenibili nei settori dell’energia e dei trasporti.

3.15.

Poiché l’utilizzo di risorse energetiche rinnovabili costituisce in realtà la «privatizzazione» di una risorsa naturale preziosa, i progetti sostenuti dalle finanze pubbliche dovrebbero riconoscere la titolarità delle comunità locali e prevedere un’adeguata partecipazione ai benefici o alla titolarità dei progetti da parte di tali comunità.

3.16.

Il CESE desidera sottolineare l’urgente necessità di fornire un’assistenza finanziaria significativa alle istituzioni che sono in grado di facilitare attivamente lo sviluppo e l’aggregazione di piccoli progetti individuali decentrati di cittadini, comunità o PMI in progetti più ampi e finanziabili. Dato che la società civile sta chiaramente elaborando molte iniziative di questo tipo, il CESE intende contribuire allo sviluppo di un quadro istituzionale e di orientamenti per l’assistenza e la cooperazione attiva a livello di UE su tali iniziative.

4.   Meccanismi finanziari esistenti, ostacoli agli investimenti per il finanziamento pubblico e privato e aiuti di Stato

4.1.

L’accordo di Parigi impone che i flussi finanziari siano resi coerenti con le necessarie riduzioni delle emissioni e con lo sviluppo resiliente ai cambiamenti climatici. Alla luce di quanto sopra e degli obiettivi del Green Deal europeo, il CESE chiede che tutti i meccanismi finanziari dell’UE esistenti siano conformi all’accordo di Parigi o all’azione per il clima, nonché in linea con gli obiettivi del Green Deal e con l’Agenda 2030.

4.2.

Considerando i meccanismi finanziari esistenti, il CESE ha già adottato (20) le seguenti raccomandazioni:

aumentare la quota del Fondo europeo per gli investimenti strategici assegnata alla lotta contro i cambiamenti climatici portandola al 40 %;

l’UE deve dar prova di un livello di ambizione all’altezza della sfida rappresentata dalla lotta ai cambiamenti climatici;

destinare a tale obiettivo una quota media pari al 40 % del suo bilancio complessivo (QFP 2021-2027), aumentando la dotazione del Fondo europeo di coesione al di là del 20 % attuale.

4.3.

Il conseguimento di livelli adeguati di finanziamento pubblico e privato dell’azione per il clima al livello dell’UE e degli Stati membri è rallentato da numerosi ostacoli di rilievo, il che si traduce in un livello piuttosto basso e insufficiente dei finanziamenti sia per la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici che per l’adattamento ad essi (21). Il CESE desidera sottolineare tre di tali ostacoli.

4.4.

In primo luogo, esistono ancora importanti sovvenzioni per i combustibili fossili, sia dirette che indirette, che nel 2015, secondo recenti stime dell’FMI (22), erano pari a 289 miliardi di USD nell’intera UE. Le sovvenzioni indirette sono in vigore a livello nazionale e dell’UE, e causano enormi costi ambientali, sociali ed economici (opportunità), tali da annullare i progressi compiuti nell’azione per il clima. Poiché riducono anche il prezzo del carbonio, il CESE ritiene che queste sovvenzioni debbano essere abolite urgentemente e che i piani nazionali per l’energia e il clima degli Stati membri debbano presentare un calendario chiaro in tal senso.

4.5.

In secondo luogo, dato che le politiche di bilancio degli Stati membri dell’UE sono di norma vincolate dal patto di stabilità e crescita e le norme sugli aiuti di Stato impediscono agli Stati di assumere un ruolo più importante nelle politiche di trasformazione, il finanziamento dell’azione per il clima resta limitato. L’attuale ricorso alla clausola di salvaguardia generale del patto (23) e un quadro di riferimento temporaneo per le norme in materia di aiuti di Stato (24) sono eccezioni che il CESE spera saranno utilizzate per finanziare il maggior numero possibile di azioni a favore del clima.

4.6.

In terzo luogo, vi sono ostacoli ai finanziamenti del settore privato, in particolare per le piccole e medie imprese e gli investimenti per la ricerca e l’innovazione. Il CESE ritiene che, parallelamente al Green Deal, dovrebbero essere completate l’Unione bancaria e l’Unione dei mercati dei capitali, con particolare attenzione all’accesso universale e semplice delle PMI a finanziamenti più diversificati e sostanziali per la transizione verso tecnologie climaticamente neutre.

4.7.

Inoltre, la partecipazione alla governance dei principali programmi dell’UE è spesso limitata, il che rende impossibile sfruttare appieno i vantaggi di una reale partecipazione delle parti interessate: la partecipazione e il controllo democratici e l’incanalamento dei fondi pubblici verso gli usi più socialmente auspicabili. Occorre pertanto una più ampia partecipazione delle parti interessate, sia dei governi che delle organizzazioni della società civile, delle parti sociali, del mondo accademico e delle imprese.

4.8.

Il crollo dei prezzi del mercato del carbonio nell’UE a seguito dell’interruzione dell’attività economica causata dalla crisi della COVID-19 mette in risalto la necessità di rafforzare il sistema per resistere meglio a shock simili. Poco prima della crisi, il prezzo fissato nel sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (EU ETS) era di 25 EUR per tonnellata, fatto che contribuiva all’eliminazione graduale dell’impiego del carbone. A causa dell’attuale calo dei prezzi, la redditività delle centrali a lignite è purtroppo già migliorata. Il calo dei prezzi comporta anche una riduzione delle entrate degli Stati membri derivanti dalla vendita all’asta delle quote di emissione. Un prezzo del carbonio più basso significa una perdita di visibilità del segnale dato da tale prezzo come incentivo alla riduzione delle emissioni, aspetto particolarmente importante per i grandi settori industriali inquinanti (siderurgia, chimica, cemento) e il settore dell’aviazione. La riserva stabilizzatrice del mercato ETS dell’UE assorbe le quote in eccesso dal mercato dall’inizio del 2019, e ciò è il motivo principale per cui il prezzo era di 25 EUR/tonnellata. La riserva continuerà ad assorbire l’eccedenza e annullerà tali autorizzazioni in un secondo momento, ma è stata concepita per gestire le eccedenze accumulate nel corso degli anni e non è adatta ad affrontare eccedenze attuali o future. La riserva stabilizzatrice del mercato dovrà essere rafforzata (25) nel contesto dell’attuazione della normativa UE in materia di clima e dell’imminente revisione delle regole dell’UE sul mercato del carbonio.

4.9.

Il CESE sostiene la proposta della Commissione secondo la quale il nuovo bilancio dell’UE per il periodo 2021-2027 debba offrire ai paesi con i più elevati costi di capitale in Europa la possibilità di sviluppare progetti nel campo delle energie rinnovabili con il sostegno finanziario di un meccanismo UE di garanzia di bilancio. Una riduzione dei costi di capitale farebbe scendere del 20 % i costi totali livellati della produzione di energia elettrica per i parchi eolici terrestri in Grecia (26) rispetto a uno scenario senza riduzione del rischio (da 5,7 a 4,6 centesimi di EUR/kWh).

4.10.

Il CESE ritiene che norme in materia di aiuti di Stato più comprensibili e trasparenti contribuirebbero a fare chiarezza, sia per gli attori statali sia per quelli non statali, per quanto riguarda la scelta delle politiche e dei settori da finanziare e le relative modalità. Inoltre, il CESE chiede una valutazione più rigorosa dei regimi nazionali sugli aiuti di Stato per quanto riguarda l’equilibrio tra il finanziamento di chi inquina e il contributo alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.

4.11.

Il CESE sottolinea che, al fine di sfruttare appieno il loro potenziale per plasmare la transizione energetica, il RGEC e la EEAG devono (27) essere formulati in modo chiaro, con esempi di progetti o di operatori (ad esempio le comunità di energia rinnovabile) che gli Stati membri potrebbero scegliere di coprire, e che le organizzazioni della società civile attive nella protezione dell’ambiente devono essere riconosciute come «parti interessate» ai sensi dell’articolo 1, lettera h), del regolamento di procedura (28) (29).

5.   Sfide connesse al finanziamento dell’adattamento ai cambiamenti climatici

5.1.

L’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici impone di intervenire sia sulle cause che sulle conseguenze del fenomeno. Le cause dei cambiamenti climatici devono essere affrontate attraverso una drastica riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (ossia la mitigazione), e le loro conseguenze attribuendo pari importanza agli investimenti a favore della resilienza climatica (ossia l’adattamento).

5.2.

Da un recente studio è emerso che il rapporto costi/benefici dei programmi di adattamento, come ad esempi costi dei sistemi di allarme rapido, il rafforzamento della resilienza delle infrastrutture, il miglioramento dell’aridocoltura o la gestione delle risorse idriche, varia da 5:1 a 10:1 (30). Lo stesso studio suggerisce che l’adattamento potrebbe generare un triplice dividendo, consistente nell’evitare le perdite dovute ai cambiamenti climatici, nei benefici economici derivanti dai programmi di investimento e nei benefici sociali e ambientali.

5.3.

Il CESE è favorevole a un mandato forte per sviluppare una nuova strategia di adattamento dell’UE e sottolinea l’urgente necessità di mettere a punto un processo decisionale competente e credibile al livello dell’UE e degli Stati membri al fine di tradurre la suddetta «pari importanza» dei finanziamenti per la mitigazione e per l’adattamento in una distribuzione ottimale dei fondi disponibili tra le due priorità, sia oggi che in futuro. Altrettanta importanza assume la necessità di un dibattito sullo sviluppo di una mobilitazione innovativa di risorse finanziarie per l’adattamento.

5.4.

Il CESE ritiene che l’azione di adattamento possa contribuire in modo significativo a garantire che la transizione e la ricostruzione post-COVID-19 siano attuate in maniera più equa. Le comunità e le regioni interessate più della media dagli effetti negativi dei cambiamenti climatici dovrebbero ricevere un’assistenza che le aiuti nella risposta a tali impatti e ai rischi percepiti. Ciò vale in particolare per le comunità e le regioni che presentano emissioni di gas a effetto serra attuali e storiche inferiori alla media.

5.5.

Al fine di garantire un accesso equo alle risorse finanziarie mobilitate per l’azione di adattamento, il CESE chiede che venga fornita un’assistenza tecnica e organizzativa alle regioni interessate, e che siano creati, se possibile a livello dell’UE, degli Stati membri e delle regioni, fondi ad hoc per un adattamento equo.

5.6.

Mentre gli obiettivi di mitigazione sono chiari (ad esempio, mantenere gli aumenti della temperatura media globale al di sotto di 1,5 oC o ridurre le emissioni di una certa quantità rispetto a un anno di riferimento), gli obiettivi in materia di adattamento sono difficili da fissare, e tuttavia sono necessari per conseguire un efficace processo di adattamento. Per guidare la strategia di adattamento e stabilire i relativi obiettivi, il CESE sostiene la creazione di indici di vulnerabilità da sviluppare in tre dimensioni: vulnerabilità geografica o regionale; vulnerabilità settoriale o economica; vulnerabilità sociale.

6.   Nuovi finanziamenti per gli attori non statali nell’azione per il clima

6.1.

Le organizzazioni della società civile e i governi nazionali, regionali e locali non hanno semplicemente bisogno di accedere agli strumenti finanziari, devono anche partecipare attivamente alla concezione e all’attuazione di progetti, iniziative e attività che contribuiscono a ridurre le emissioni e a creare comunità resilienti ai cambiamenti climatici (31).

6.2.

Il CESE sostiene il programma del corpo europeo di solidarietà, che riunisce i giovani per costruire una società più inclusiva capace di sostenere le persone più deboli e di rispondere alle sfide della società (32). Alla luce dell’emergenza climatica e dell’evidente motivazione dei giovani in tutta l’UE, il CESE propone un aumento significativo dei fondi disponibili e il lancio di un sottoprogramma mirato denominato «Corpo europeo di solidarietà per l’azione per il clima», che consentirebbe a tutti i giovani interessati e alle organizzazioni di accoglienza di sostenere le iniziative comunitarie in materia di azione urgente per il clima in tutta l’UE.

6.3.

Il CESE chiede un aumento significativo dei finanziamenti a disposizione dell’UE e degli Stati membri, in particolare per la cooperazione tra le amministrazioni locali e la società civile organizzata nello sviluppo di progetti per l’energia e i trasporti a basse emissioni di carbonio fondati sulle comunità e da esse gestiti. Il CESE osserva che i finanziamenti per il clima potrebbero incontrare difficoltà ancora maggiori durante la ripresa dalla crisi della COVID-19, dato che probabilmente la disponibilità di fonti pubbliche e private diminuirà, mentre la domanda di finanziamenti continua ad aumentare.

6.4.

In generale, il CESE ritiene che l’UE debba iniziare a investire in ciò che rende il nostro sistema socioeconomico resiliente alle crisi, gettando le basi per un’economia verde e circolare che sia fondata su soluzioni basate sulla natura e orientata al benessere pubblico. È giunto il momento di avviare una trasformazione sistemica dell’economia, e la buona notizia è che disponiamo già del nostro programma per farlo: la combinazione tra l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite (i 17 OSS) e il Green Deal europeo della Commissione europea.

7.   Aspetti globali e geopolitici

7.1.

La crisi della COVID-19 ci ricorda il ruolo indispensabile dell’energia elettrica nella nostra vita e sottolinea il valore critico dell’infrastruttura e del know-how dell’elettricità. La crisi offre inoltre indicazioni su come questo ruolo è destinato ad espandersi e a svilupparsi in futuro. In che modo le transizioni verso l’energia pulita possono contribuire a rilanciare le economie? Queste transizioni possono definire un ambizioso programma per la creazione di posti di lavoro e stabilire obiettivi in materia di cambiamenti climatici: ad esempio, la modernizzazione dei sistemi energetici può contribuire alla creazione di posti di lavoro e alla crescita economica, proteggendo nel contempo il clima. I governi, direttamente o indirettamente, sono all’origine di più del 70 % degli investimenti nel settore energetico a livello mondiale. In questo periodo di crisi, le loro azioni sono più importanti che mai. Le strutture politiche possono orientare attivamente gli investimenti nel settore dell’energia verso un percorso più sostenibile. I programmi di incentivi alle industrie dell’energia dovrebbero considerare prioritari il sostegno alla forza lavoro esistente, la creazione di nuovi posti di lavoro e la riduzione delle emissioni.

7.2.

I mercati mondiali del petrolio si trovano di fronte a una situazione senza precedenti; l’effetto sarà una corsa alle energie rinnovabili o un ritardo nel loro sviluppo? In genere prezzi del petrolio bassi (negativi) rendono l’energia verde meno competitiva, ma per gli esportatori di petrolio essi si traducono in un maggiore incentivo economico a investire nelle energie rinnovabili, mentre gli investitori potrebbero interpretare questa mossa come un segnale che i margini petroliferi saranno bassi, e quindi investire una quota maggiore del loro capitale alle risorse verdi.

7.3.

Il CESE ritiene che il Green Deal europeo dovrebbe salvaguardare la competitività internazionale dell’UE, e in particolare, delle PMI, che devono far fronte a una maggiore concorrenza delle economie emergenti, contro i rischi di transizione connessi con politiche orientate verso l’obiettivo perseguito della neutralità in termini di emissioni di carbonio, ma che possono avere effetti collaterali indesiderati in termini di competitività internazionale.

7.4.

È evidente che l’attuazione del Green Deal metterà a repentaglio gli interessi degli importatori di combustibili fossili nell’UE, a livello sia di imprese che di Stati. A giudizio del CESE, l’UE deve sviluppare con urgenza la resilienza a una possibile escalation di tutte le iniziative originate nei paesi terzi, basate sugli interessi e tese a rallentare l’attuazione del Green Deal, e mettere a punto meccanismi più forti per individuare e rispondere alle iniziative di questo tipo già in atto.

7.5.

Il CESE chiede che l’accordo di Parigi sia incluso come clausola essenziale in tutti i futuri accordi commerciali dell’UE e che si pervenga a una diplomazia attiva dell’UE in materia di clima, tesa a far fronte ai cambiamenti climatici e alle loro conseguenze a livello mondiale e ad adattarvisi, in cooperazione con gli Stati membri dell’UE. L’UE dovrebbe affrontare le questioni riguardanti l’incremento dei costi assicurativi dovuto all’aumento dei rischi fisici connessi ai cambiamenti climatici, l’attuazione dell’articolo 6 dell’accordo di Parigi e il conseguimento di un prezzo mondiale del carbonio attraverso mercati del carbonio collegati a livello globale.

7.6.

Il CESE sostiene le proposte relative a un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere e chiede di inserire negli accordi commerciali misure volte a eliminare gli ostacoli per i prodotti efficienti sotto il profilo energetico e a basse emissioni di gas a effetto serra e a promuovere gli investimenti nelle energie rinnovabili.

Bruxelles, 11 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1588580774040&uri=CELEX:52019DC0640

(2)  https://www.eesc.europa.eu/it/news-media/presentations/la-risposta-dellue-alla-pandemia-di-covid-19-e-la-necessita-di-una-solidarieta-senza-precedenti-tra-gli-stati-membri

(3)  https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2020-0054_IT.pdf

(4)  Presentazione del piano di investimenti del Green Deal europeo e del meccanismo per una transizione giusta, Bruxelles, 14 gennaio 2020.

(5)  https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/opinions/sustainable-economy-we-need-own-initiative-opinion

(6)  https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/opinions/leaving-no-one-behind-when-implementing-2030-sustainable-development-agenda-own-initiative-opinion

(7)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1588580774040&uri=CELEX:52019DC0640

(8)  Presentazione del piano di investimenti del Green Deal europeo e del meccanismo per una transizione giusta, Bruxelles, 14 gennaio 2020.

(9)  https://www.nature.com/articles/s41893-019-0293-3#ref-CR101

(10)  https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/opinions/european-framework-directive-minimum-income-own-initiative-opinion

(11)  https://www.statkraft.com/media/news/2019/energy-companies-call-for-more-ambitious-EU-2030-climate-target/

(12)  http://www.energy-transitions.org/sites/default/files/COVID-Recovery-CoverLetter.pdf

(13)  https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/opinions/european-finance-climate-pact-own-initiative-opinion

(14)  Relazione dell’Agenzia europea dell’ambiente sul tema The sustainability transition in Europe in an age of demographic and technological change («La transizione verso la sostenibilità in Europa in un’epoca di cambiamenti demografici e tecnologici»).

(15)  https://www.bruegel.org/2019/12/the-european-green-deal-needs-a-reformed-fiscal-framework/

(16)  https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/2019-efb-annual-report_en.pdf

(17)  https://www.eesc.europa.eu/it/news-media/presentations/la-risposta-dellue-alla-pandemia-di-covid-19-e-la-necessita-di-una-solidarieta-senza-precedenti-tra-gli-stati-membri

(18)  http://documents.worldbank.org/curated/en/808771566321852359/pdf/Financing-Low-Carbon-Transitions-through-Carbon-Pricing-and-Green-Bonds.pdf

(19)  https://ec.europa.eu/info/publications/sustainable-finance-teg-taxonomy_en

(20)  https://www.eesc.europa.eu/en/our-work/opinions-information-reports/opinions/european-finance-climate-pact-own-initiative-opinion

(21)  Parere del CESE sul tema «Facilitare l’accesso degli attori non statali ai finanziamenti delle azioni per il clima» (GU C 110 del 22.3.2019, pag. 14).

(22)  https://www.imf.org/en/Publications/WP/Issues/2019/05/02/Global-Fossil-Fuel-Subsidies-Remain-Large-An-Update-Based-on-Country-Level-Estimates-46509

(23)  https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/03/23/statement-of-eu-ministers-of-finance-on-the-stability-and-growth-pact-in-light-of-the-covid-19-crisis/

(24)  https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_20_496

(25)  https://carbonmarketwatch.org/publications/avoiding-a-carbon-crash-how-to-phase-out-coal-and-strengthen-the-eu-ets/

(26)  https://www.agora-energiewende.de/fileadmin2/Projekte/2019/De-risking_SEE/161_Unlocking_SEE_EN_WEB.pdf

(27)  Cfr. inoltre il contributo di ClientEarth alla consultazione pubblica sul controllo dell’adeguatezza della disciplina EEAG, luglio 2019, https://www.documents.clientearth.org/library/download-info/clientearths-response-to-the-targeted-consultation-for-the-evaluation-of-the-guidelines-on-state-aid-for-environmental-protection-and-energy-2014-2020/.

(28)  Regolamento (CE) n. 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (GU L 248 del 24.9.2015, pag. 9).

(29)  Cfr. il parere del CESE sul tema «Un ruolo più costruttivo per la società civile nell’attuazione della normativa ambientale» (GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 50), punto 2.1.13, e il parere del CESE sul tema «Azioni dell’Unione europea volte a migliorare la conformità e la governance ambientali» (GU C 283 del 10.8.2018, pag. 83), punti 3.5.8 e 3.5.9.

(30)  Commissione globale sull’adattamento, World Resources Institute (Istituto delle risorse mondiali), settembre 2019.

(31)  Parere del CESE sul tema «Facilitare l’accesso degli attori non statali ai finanziamenti delle azioni per il clima» (GU C 110 del 22.3.2019, pag. 14); cfr. inoltre lo studio Toolbox for multi-stakeholder climate partnerships. A policy framework to stimulate bottom-up climate action («Strumentario per partenariati multilaterali in materia di clima. Un quadro strategico per promuovere azioni dal basso per il clima»).

(32)  https://europa.eu/youth/solidarity_it


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

552a sessione plenaria del CESE (+ teleconferenza via Interactio), 10.6.2020-11.6.2020

18.9.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 311/45


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Programma di lavoro annuale dell’Unione per la normazione europea per il 2020»

[COM(2019) 486 final]

(2020/C 311/05)

Relatore:

Gerardo LARGHI

Correlatrice:

Elżbieta SZADZIŃSKA

Consultazione

Commissione europea, 19.12.2019

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

2.3.2020

Adozione in sessione plenaria

10.6.2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

206/0/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato concorda con la Commissione nel ritenere che la normazione sia fondamentale per la strategia per il mercato unico e che vada costantemente aggiornata.

1.2.

Il CESE ritiene sia urgente modernizzare il sistema di normazione europea per rispondere alle sfide globali con un innovativo processo di collaborazione, per lo sviluppo tempestivo di standard in un ambiente tecnologico in rapida evoluzione.

1.3.

Il CESE ritiene che il nuovo approccio modulare fondato su esigenze trasversali (quali il rispetto dell’ambiente, il Green Deal, l’economia circolare) richieda un approccio intersettoriale.

1.4.

Il CESE nota che il programma di lavoro annuale per il 2020 presenta nuovi obiettivi oltre a sviluppare e integrare le priorità individuate in precedenza.

1.5.

Secondo il CESE, il processo di normazione deve iniziare dalla fase di ricerca e sviluppo, con il supporto dell’industria, dei rappresentanti delle PMI e dell’economia sociale, dei consumatori, delle parti sociali, degli ambientalisti e dei soggetti interessati della società civile.

1.6.

Per il CESE è importante strutturare un quadro finanziario pluriennale per dar seguito concreto alle azioni previste, sostenendo finanziariamente e organizzativamente una partecipazione inclusiva delle organizzazioni e rappresentanze più deboli e meno attrezzate.

1.7.

Il Comitato concorda sull’importanza dell’IA per il mercato unico e ritiene che le attuali normative in materia di sicurezza debbano essere aggiornate. In particolare la normazione in materia di sicurezza tecnologica dovrà integrare le linee guida etiche per una IA affidabile elaborate nel 2019 in favore di una IA antropocentrica.

1.8.

Il Comitato chiede che i CAM, Criteri Ambientali Minimi, divengano norme obbligatorie in caso di appalti pubblici e che l’uso delle materie prime seconde sia integrato tra i criteri da favorire.

1.9.

Il CESE accoglie con favore la possibilità di una nuova richiesta di normazione sull’Internet degli oggetti, di norme sulla cibersicurezza, a protezione della sicurezza, della privacy e della connettività.

1.10.

Il Comitato auspica che il «formato europeo di scambio delle cartelle cliniche elettroniche» garantisca la sicurezza delle reti e del sistema informativo attraverso lo sviluppo di standard all’avanguardia.

1.11.

Il CESE osserva che il potenziale malfunzionamento dei sistemi dei veicoli a guida automatizzata, la sicurezza dei dati, gli attacchi informatici, la comunicazione e le questioni etiche richiedono lo sviluppo di norme specifiche.

1.12.

Il Comitato accoglie con favore la richiesta della Commissione di sviluppare o rivedere norme armonizzate in settori chiave come la protezione dell’ambiente, l’inclusione sociale e il mercato unico delle merci; appoggia la proposta di elaborare norme per il riciclaggio e il riutilizzo degli attrezzi da pesca in plastica, la sicurezza degli articoli pirotecnici, i limiti di migrazione delle sostanze chimiche soggette a restrizioni utilizzate nei beni di consumo, le performance energetiche dei motori elettrici e degli elettrodomestici, i materiali fertilizzanti, l’edilizia; particolare importanza riveste la decisione di investire risorse per una armonizzazione delle tecnologie produttive nell’ambito della produzione siderurgica.

1.13.

Il Comitato spinge in favore di un approccio inclusivo al tema della normazione, che comprenda cioè gli obiettivi in tema di occupabilità, diritti sociali, rispetto della biodiversità e dell’ambiente. Il CESE ritiene che ciò agevoli la transizione dalla conformità alla compatibilità e rappresenti un positivo fattore di competitività per il sistema europeo.

1.14.

Il CESE ritiene che la vecchia pratica dell’obsolescenza programmata dei prodotti debba essere archiviata attraverso la legge e la normazione.

1.15.

Il Comitato sostiene l’elaborazione di norme che consentano alle persone con disabilità e agli analfabeti digitali di avere un migliore accesso a prodotti e servizi nel mercato unico.

1.16.

Il Comitato esprime il proprio sostegno al dialogo politico con gli organismi internazionali di normazione e ai negoziati bilaterali con i paesi extra-europei.

1.17.

Il Comitato accoglie con favore le misure adottate dalla Commissione per sostenere la partecipazione dei soggetti interessati alle attività di normazione.

1.18.

Il Comitato chiede a tutti i soggetti coinvolti di istituire un forum ad hoc sull’inclusività del sistema europeo di normazione, con il compito di organizzare un’audizione pubblica annuale per valutare i progressi compiuti in questo campo.

1.19.

Il Comitato concorda con la Commissione sull’individuazione di un piano d’azione per la normazione nel settore della difesa e nel settore dello spazio; in favore dell’elaborazione di norme nel settore dell’economia circolare; dello sviluppo di standard nel settore dell’economia sociale.

1.20.

Il Comitato chiede che la normazione europea sia redatta usando un linguaggio immediatamente comprensibile da parte dei soggetti utilizzatori finali, quali PMI e consumatori.

2.   Proposte della Commissione europea

2.1.

In linea con il regolamento (UE) n. 1025/2012, la Commissione ha presentato una comunicazione in cui viene illustrato il programma di lavoro annuale dell’Unione europea per la normazione europea nel 2020. In questo programma sono delineate le azioni che la Commissione intende intraprendere nel 2020 per migliorare la governance, l’inclusività e l’impatto internazionale del sistema europeo di normazione.

2.2.

Secondo tale programma, le priorità strategiche della normazione europea a sostegno della legislazione e delle politiche dell’Unione comprendono le seguenti azioni:

azioni riguardanti il riciclaggio e il riutilizzo degli attrezzi da pesca in plastica (1);

azioni riguardanti i requisiti per la progettazione ecocompatibile, a sostegno degli atti legislativi di esecuzione (2) relativi a specifiche categorie di prodotti;

azioni riguardanti gli articoli pirotecnici e gli ultimi sviluppi tecnologici nel settore (3);

azioni riguardanti la progettazione, la fabbricazione, l’installazione, l’uso e la verifica delle prestazioni dei calibratori di radionuclidi (4);

azioni riguardanti gli apparecchi e i sistemi di protezione destinati a essere utilizzati in un’atmosfera potenzialmente esplosiva, per tener conto degli sviluppi tecnologici (5);

azioni riguardanti i fertilizzanti (6);

azioni riguardanti la definizione dei limiti di migrazione delle sostanze soggette a restrizione (idrocarburi aromatici policiclici) nei materiali di gomma e plastica utilizzati negli articoli di consumo (7);

azioni riguardanti il linguaggio tecnico per i prodotti da costruzione (8);

azioni riguardanti l’accreditamento e la valutazione della conformità (9);

azioni riguardanti la conformità ai requisiti di accessibilità di prodotti e servizi (10);

azioni riguardanti l’intelligenza artificiale (11), l’Internet degli oggetti (IoT) e la cibersicurezza (12);

azioni riguardanti lo scambio delle cartelle cliniche elettroniche in Europa;

azioni riguardanti l’interoperabilità dei sistemi cooperativi che coprono tutte le categorie di veicoli;

azioni riguardanti la digitalizzazione, l’automazione e la cibersicurezza che sono fondamentali per il settore ferroviario (13);

azioni riguardanti il programma di sviluppo del settore industriale della difesa (EDIDP) (14).

2.2.1.

Inoltre, la Commissione intende:

proseguire la cooperazione con gli organismi internazionali di normazione;

cooperare in materia di normazione come tema prioritario da trattare negli accordi commerciali (con Cina, Singapore, Australia, Nuova Zelanda, Indonesia, Mercosur ecc.), al fine di aumentare gli scambi commerciali e rafforzare la competitività, l’occupazione e la crescita in Europa;

continuare a promuovere il processo di governance con tutti i mezzi opportuni a sua disposizione, in particolare tramite il comitato sulle norme, la piattaforma multilaterale sulla normazione delle TIC e i dialoghi strutturali con le organizzazioni europee di normazione;

continuare a sostenere la partecipazione al processo di normazione di soggetti interessati che rappresentano PMI, consumatori, interessi ambientali e sindacati (le «organizzazioni» (15) di cui all’allegato III (16));

valutare l’impatto del «programma relativo al mercato unico» (17) attraverso valutazioni intermedie e finali, nonché mediante il continuo monitoraggio di una serie di indicatori prestazionali chiave di alto livello;

avviare nel 2019 uno studio sulle funzioni e gli effetti della normazione e delle norme europee nell’UE; i risultati dello studio saranno disponibili nel 2021.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il Comitato concorda con la Commissione nel ritenere che la normazione sia fondamentale per la strategia per il mercato unico.

3.2.

Il CESE ritiene che le norme tecniche di sicurezza e le norme giuridiche in materia vadano costantemente aggiornate, in particolare alla luce dei rischi che le tecnologie d’avanguardia potrebbero comportare.

3.3.

Il CESE ritiene che, accanto alla richiesta di conformità che include il concetto di rispetto delle norme e di performance (efficacia, durata ecc.), si vada affermando un approccio modulare fondato su esigenze trasversali (quali il rispetto dell’ambiente, il Green Deal, l’economia circolare). La Commissione ha quindi giustamente aggiornato il suo approccio, come indicato nel Green Deal e nel suo programma complessivo di lavoro per il 2020.

3.4.

Il CESE condivide — una volta di più (18) — l’urgenza di una effettiva ed efficiente modernizzazione del sistema di normazione europea e ritiene indispensabile una nuova visione comune e azioni concrete per rispondere, sempre su base volontaria, alle sfide globali della normazione con un innovativo processo di collaborazione, basato sul consenso per lo sviluppo tempestivo di standard in un ambiente tecnologico in rapida evoluzione.

3.5.

Il CESE constata che il programma di lavoro annuale per il 2020 presenta nuovi obiettivi oltre a sviluppare e integrare le priorità individuate in precedenza per adeguare il sistema della normazione europea a un contesto internazionale in continuo mutamento e alle sfide sul mercato globale.

3.6.

Secondo il CESE, il processo di normazione deve iniziare dalla fase di ricerca e sviluppo, attraverso misure di co-normazione e prenormazione e il rafforzamento dei meccanismi di trasferimento delle norme europee a livello internazionale, ma solo con il supporto dell’industria, dei rappresentanti delle PMI e dell’economia sociale, dei consumatori, delle parti sociali, degli ambientalisti e dei soggetti interessati della società civile.

3.7.

Il CESE chiede che tutti i partner si attivino per un coordinamento rapido ed efficace dei diversi sistemi di programmazione, elaborazione e monitoraggio europei di riferimento.

3.8.

È importante strutturare un quadro pluriennale finanziario adeguato per dar seguito concreto alle azioni previste (19), sostenendo finanziariamente e organizzativamente una partecipazione inclusiva delle organizzazioni e rappresentanze più deboli e meno attrezzate con azioni di sviluppo di standard tecnico-normativi, «sensibilizzazione, istruzione e comprensione» e di inclusività «europea» e nella «dimensione internazionale».

3.9.

Il Comitato sostiene l’elaborazione di norme nel settore dell’economia circolare, nell’ottica di un contributo decisivo in favore di una produzione sostenibile e, di conseguenza, della conservazione delle risorse naturali (20) e della preservazione di tutte le biodiversità.

3.10.

Inoltre, il Comitato chiede lo sviluppo di standard nel settore dell’economia sociale, con l’obiettivo di diffondere le migliori pratiche e di consolidare il potenziale sociale ed economico di un settore così importante della nostra economia.

3.11.

Il Comitato chiede che i CAM, Criteri Ambientali Minimi, divengano norme obbligatorie in caso di appalti pubblici e che l’uso delle materie prime seconde sia integrato tra i criteri da favorire.

3.12.

Il Comitato concorda sull’importanza dell’IA per il mercato unico e ritiene che le attuali norme e normative in materia di sicurezza debbano essere aggiornate per rispondere ai nuovi rischi posti dall’IA integrando le linee guida etiche per una IA affidabile elaborate nel 2019 in favore di una IA antropocentrica.

3.13.

Il CESE accoglie con favore la possibilità di una nuova richiesta di normazione sull’Internet degli oggetti e sulla cibersicurezza, per proteggere la sicurezza, la privacy e la connettività.

3.14.

Il Comitato auspica che il «formato europeo di scambio delle cartelle cliniche elettroniche» garantisca la sicurezza delle reti e del sistema informativo attraverso lo sviluppo di standard all’avanguardia.

3.15.

Le automobili a guida automatizzata rientrano anche tra i prodotti ad alto rischio e richiedono lo sviluppo di norme specifiche.

3.16.

Il Comitato accoglie con favore la richiesta della Commissione, congruente con la scelta operata in favore di un New Green Deal, di sviluppare o rivedere norme armonizzate in settori chiave come il mercato unico, le tecnologie produttive nell’ambito siderurgico, i settori della difesa e della tecnologia spaziale, la protezione dell’ambiente, l’inclusione sociale. Il Comitato appoggia la proposta di elaborare norme per il riciclaggio e il riutilizzo degli attrezzi da pesca in plastica; la sicurezza degli articoli pirotecnici; i limiti di migrazione delle sostanze chimiche soggette a restrizioni utilizzate nei beni di consumo; le performance energetiche dei motori elettrici e degli elettrodomestici, i materiali fertilizzanti, l’edilizia.

3.17.

Il CESE rileva che l’obsolescenza programmata dei prodotti pesa negativamente per circa 100 miliardi l’anno sui consumatori: tale pratica deve essere vietata per legge e comunque archiviata attraverso la normazione.

3.18.

Il Comitato sostiene l’elaborazione di norme che consentano alle persone con disabilità di avere un migliore accesso a prodotti e servizi nel mercato unico. Il Comitato sottolinea che la standardizzazione specifica per le disabilità dovrebbe riguardare anche le norme relative all’occupazione e all’inclusione sociale.

3.19.

Il Comitato esprime il proprio sostegno al dialogo politico con gli organismi internazionali di normazione e ai negoziati bilaterali con i paesi extra-europei.

3.20.

Il Comitato rinnova la sua richiesta di monitorare le iniziative dei principali attori partecipanti al processo di normazione volte a coinvolgere nel sistema europeo di normazione il più ampio ventaglio possibile di parti interessate. Il CESE propone, in particolare, di incentivare ogni azione di diffusione, coordinamento e conoscenza del problema delle norme, eventualmente anche per mezzo dell’istituzione di un forum ad hoc sull’inclusività del sistema europeo di normazione nel quale valutare annualmente i progressi compiuti in questo campo.

3.21.

Il CESE attira l’attenzione della Commissione sull’impatto che le scelte in tema di normazione potrebbero avere sulla vita sociale, su temi quali la mobilità, come emerso nel corso del confronto tra Commissione e stakeholder. Per questo si chiede che su tale delicato aspetto il dialogo non venga meno e che invece prosegua il lavoro comune con tutti gli organismi europei e i soggetti interessati.

3.22.

Il Comitato chiede che si tengano presenti le ricadute che l’accessibilità delle norme può avere sulla popolazione meno pronta ad affrontare le novità, come una parte degli anziani e gli analfabeti digitali, nonché le implicazioni economiche che tale fenomeno riveste per quanto concerne le PMI.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Per quanto riguarda la «progettazione ecocompatibile» (21), è importante sviluppare opportune Prassi di Riferimento (PdR), che definiscano prescrizioni tecniche e che forniscano, in tempi brevi, un primo riferimento volontario su nuovi temi, non ancora consolidati dalla normazione tecnica.

4.2.

La Commissione nell’ambito del piano di lavoro 2016/2019 (22) sulla progettazione ecocompatibile e sulla etichettatura energetica (23) ha emanato una serie di regolamenti (24). Per tutti questi prodotti sono in atto oltre 40 processi connessi ai Mandati di normazione.

4.3.

La Commissione ha emanato una raccomandazione (25) che fornisce orientamenti per affiancare l’industria nella ricerca di accordi volontari, in alternativa e in sostegno alla regolamentazione e che prevede clausole di riesame. Durante il riesame è importante provvedere ad inserire gli aspetti relativi all’economia circolare, efficienza delle risorse, riparabilità, riciclabilità e durata.

4.4.

Inclusività. Il CESE torna a sottolineare «l’importanza di facilitare l’accesso al processo di normazione per le PMI e le componenti interessate della società […]» e di «un monitoraggio approfondito degli sforzi condotti dagli attori principali della normazione, al fine di rafforzare la dimensione dell’inclusività del SEN» (26). Il Comitato ritiene che l’evento organizzato il 5 novembre 2019 presso il CESE sull’inclusività del sistema europeo di normazione possa essere un esempio di collaborazione e di costruttivo confronto tra istituzioni e stakeholder.

4.5.

Supporto alle norme europee a livello mondiale. È necessaria una maggiore incisività, capacità di rappresentanza, competenza e coerenza, soprattutto nelle sedi ISO/IEC/ITU — specie per impresa minore, consumatori e ambiente — e in sede multilaterale e di accordi di libero scambio.

4.5.1.

In linea con l’orientamento del Comitato in materia di economia circolare, il CESE ritiene che anche la scelta in favore di una armonizzazione delle politiche sulla mobilità costituisca un passo importante in direzione di una mobilità sostenibile per l’Europa (27).

4.6.

Il CESE ritiene che la questione della rapidità con cui si risponde ai bisogni del sistema produttivo europeo in tema di normazione sia decisiva. In tal senso è importante che si prosegua nel recupero del ritardo strutturale accumulato in materia di nuovi metodi di lavoro.

4.7.

Il Comitato concorda circa le aree strategiche individuate dalla Commissione, vale a dire Intelligenza Artificiale; Internet degli oggetti; la blockchain; la cibersicurezza, in particolare per quanto riguarda le infrastrutture critiche, quali le reti di comunicazione e di trasporto; l’accessibilità; l’aiuto nella costruzione di sistemi di interscambio digitale sicuri nel settore della sanità a livello europeo (e-Health).

4.8.

Il CESE ribadisce quanto più volte sostenuto circa l’urgenza di una costante negoziazione con gli altri competitor internazionali. La conclusione dell’intesa commerciale con il Giappone, e la prevista prosecuzione del confronto con gli USA e la Cina, l’Accordo di libero scambio con Australia, Nuova Zelanda, Indonesia e paesi del Mercosur devono essere capisaldi dell’azione della Commissione per il 2020 e gli anni a seguire.

Bruxelles, 10 giugno 2020.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Cfr. le azioni e le misure relative agli attrezzi da pesca nella strategia europea per la plastica nell’economia circolare (COM(2018) 28 final) e l’azione 13 di cui all’allegato della comunicazione in esame.

(2)  Cfr. i dettagli delle azioni da 1 a 3 nell’allegato della comunicazione in esame.

(3)  Cfr. l’azione 7 di cui all’allegato della comunicazione in esame.

(4)  Cfr. l’azione 8 di cui all’allegato della comunicazione in esame.

(5)  Cfr. l’azione 6 di cui all’allegato della comunicazione in esame.

(6)  Cfr. l’azione 5 di cui all’allegato della comunicazione in esame.

(7)  Cfr. l’azione 4 di cui all’allegato della comunicazione in esame.

(8)  Cfr. l’azione 9 di cui all’allegato della comunicazione in esame.

(9)  Cfr. l’azione 11 di cui all’allegato della comunicazione in esame.

(10)  Cfr. l’azione 12 di cui all’allegato della comunicazione in esame.

(11)  COM(2018) 237 final.

(12)  COM(2017) 477 final.

(13)  Cfr. l’azione 10 di cui all’allegato della comunicazione in esame.

(14)  Regolamento (UE) 2018/1092.

(15)  Norme per le piccole imprese (Small Business Standards), Associazione europea per il coordinamento della rappresentanza dei consumatori in materia di normazione (ANEC), Confederazione europea dei sindacati (CES) e Organizzazione ambientale dei cittadini europei nel campo della normazione (ECOS).

(16)  Allegato III del regolamento (UE) n. 1025/2012 sulla normazione europea.

(17)  COM(2018) 441 final.

(18)  GU C 376 del 22.12.2011, pag. 69.

(19)  Cfr. l’allegato dell’iniziativa congiunta sulla normazione nel quadro della strategia per il mercato unico, consultabile al seguente indirizzo Internet https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/3/2016/IT/3-2016-3211-IT-F1-1-ANNEX-1.PDF

(20)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 98; GU C 367 del 10.10.2018, pag. 97; GU C 283 del 10.8.2018, pag. 61 e GU C 62 del 15.2.2019, pag. 207.

(21)  Punti da 1 a 3 dell’allegato alla COM(2009)486 final, prevista dalla direttiva 2005/32/CE, rifusa nella 2009/125/CE.

(22)  COM(2016) 773 final.

(23)  In applicazione della direttiva 2009/125/CE.

(24)  Regolamenti delegati (UE) 2019/2013, (UE) 2019/2014, (UE) 2019/2015, (UE) 2019/2016, (UE) 2019/2017, (UE) 2019/2018, (UE) 2019/2019, (UE) 2019/2020, (UE) 2019/2021, (UE) 2019/2022, (UE) 2019/2023, (UE) 2019/2024 (GU L 315 del 5.12.2019).

(25)  C(2016) 7770.

(26)  GU C 303 del 19.8.2016, pag. 81.

(27)  GU C 62 del 15.2.2019, pag. 254.


18.9.2020   

IT

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C 311/52


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi (codificazione)»

[COM(2020) 48 final — 2020/0029 (COD)]

(2020/C 311/06)

Consultazione

Parlamento europeo, 9.3.2020

Consiglio, 27.2.2020

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sessione plenaria

10.6.2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

210/0/4

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente ed essendosi già pronunciato al riguardo nei propri pareri CES 1166/1987 (1), CESE 1157/2006 (2) e CESE 6789/2015 (3), il Comitato, nel corso della 552a sessione plenaria dei giorni 10 e 11 giugno 2020 (seduta del 10 giugno), ha deciso, con 210 voti favorevoli e 4 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nei documenti citati.

Bruxelles, 10 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 35 dell'8.2.1988, pag. 5.

(2)  GU C 318 del 23.12.2006, pag. 83.

(3)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 77.


18.9.2020   

IT

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C 311/53


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2016/1628 per quanto riguarda le disposizioni transitorie al fine di far fronte agli effetti della crisi della COVID-19»

[COM(2020) 233 final — 2020/0113 (COD)]

(2020/C 311/07)

Relatore:

Gerardo LARGHI

Consultazione

Consiglio, 8.6.2020

Parlamento europeo, 17.6.2020

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Decisione dell’Ufficio di presidenza

9.6.2020

Adozione in sessione plenaria

11.6/2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

226/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta di regolamento, che considera una risposta adeguata e proporzionata alle conseguenze della crisi provocata dalla pandemia di COVID-19.

1.2.

La proposta risponde al duplice obiettivo di garantire il corretto funzionamento del mercato interno assicurando al tempo stesso un livello elevato di sicurezza pubblica e di protezione dell’ambiente.

2.   Contenuto della proposta della Commissione

2.1.

Il regolamento (UE) 2016/1628 del Parlamento europeo e del Consiglio (1) fissa nuovi limiti di emissione, detti «della fase V», concepiti per ridurre le emissioni di inquinanti atmosferici dei motori delle macchine mobili non stradali, e prevede un certo margine di tempo per realizzare tale transizione.

2.2.

La pandemia di COVID-19 ha causato gravi perturbazioni alla catena di approvvigionamento, con ripercussioni sulla capacità dei costruttori di macchine mobili non stradali di rispettare alcuni dei termini imposti dal regolamento.

2.3.

La proposta mira a prorogare di 12 mesi le date di produzione e immissione sul mercato di macchine mobili non stradali e di trattori muniti di motori di transizione, aiutando così i fabbricanti a far fronte a perturbazioni che non potevano essere previste.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE ribadisce la propria convinzione secondo cui la riduzione delle emissioni nocive di monossido di carbonio, ossidi di azoto, idrocarburi e particolato dei motori destinati a trattori agricoli e forestali sia un passo indispensabile per contribuire al raggiungimento dei livelli di qualità dell’aria previsti dall’UE.

3.2.

Nel suo parere sul regolamento (2) (UE) 2016/1628 il CESE aveva raccomandato di approvarlo in tempi brevi, tenuto conto delle forti preoccupazioni che le nanoparticelle prodotte dai processi di combustione suscitano per la salute dei cittadini e del livello elevato di protezione raggiungibile con l’attuazione della fase V proposta per i motori delle macchine mobili non stradali.

3.3.

Il CESE è tuttavia ben consapevole del fatto che la crisi della COVID-19 ha creato delle circostanze eccezionali, che hanno un impatto su diversi settori. In particolare, la crisi ha causato la completa interruzione della fornitura di parti e componenti, il che ha fatto sì che ai costruttori restassero scorte di motori e prodotti non finiti.

3.4.

Di conseguenza, molti costruttori di motori e macchine non saranno in grado di rispettare i termini stabiliti dal regolamento senza subire gravi danni economici.

3.5.

Inoltre, il CESE si rende pienamente conto che la crisi non è stata, né poteva essere, prevista.

3.6.

Il CESE è quindi favorevole alla proroga di un anno prevista dalla proposta, che, a suo avviso, rappresenta una misura ragionevole e proporzionata per garantire il corretto funzionamento del mercato interno e un elevato livello di sicurezza pubblica e di protezione dell’ambiente.

Bruxelles, 11 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Regolamento (UE) 2016/1628 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016, relativo alle prescrizioni in materia di limiti di emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante e di omologazione per i motori a combustione interna destinati alle macchine mobili non stradali, e che modifica i regolamenti (UE) n. 1024/2012 e (UE) n. 167/2013 e modifica e abroga la direttiva 97/68/CE (GU L 252 del 16.9.2016, pag. 53); parere del CESE (GU C 251 del 31.7.2015, pag. 31).

(2)  GU C 251 del 31.7.2015, pag. 31.


18.9.2020   

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C 311/55


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo per una transizione giusta»

[COM(2020) 22 final — 2020/0006 (COD)]

e sulla «Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante le disposizioni comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo Plus, al Fondo di coesione, al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e le regole finanziarie applicabili a tali fondi e al Fondo Asilo e migrazione, al Fondo per la Sicurezza interna e allo Strumento per la gestione delle frontiere e i visti»

[COM(2020) 23 final — 2018/0196 (COD)]

(2020/C 311/08)

Relatrice:

Ester VITALE

Correlatore:

Petr ZAHRADNÍK

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 23.1.2020

Parlamento europeo, 29.1.2020

Base giuridica

Articoli 175, paragrafo 3, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

13.5.2020

Adozione in sessione plenaria

10.6.2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

210/1/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE è profondamente convinto che il Fondo per una transizione giusta rappresenti il primo strumento tangibile per contribuire all’obiettivo molto ambizioso della neutralità in termini di emissioni di carbonio entro il 2050, e che esso sia in linea con il Green Deal europeo.

1.2.

Il CESE teme che gli investimenti previsti per la transizione giusta non siano all’altezza dell’ambizioso Green Deal della Commissione europea e ritiene che si dovrebbero reperire risorse aggiuntive mediante un aumento del quadro finanziario pluriennale, da realizzare introducendo nuove risorse proprie o aumentando il contributo degli Stati membri. L’UE deve mostrare un’ambizione proporzionata alla sfida della lotta ai cambiamenti climatici, destinando a tale obiettivo una quota media pari al 40 % del suo bilancio complessivo (QFP 2021-2027);

1.3.

Il CESE raccomanda di specificare più precisamente il quadro finanziario del Fondo per una transizione giusta, dato che, secondo la proposta, solo 30 miliardi di EUR sono garantiti, e il resto è basato su una decisione volontaria adottata dagli Stati membri. Il CESE non è convinto che il quadro finanziario si basi su un approccio e su dei presupposti prudenti.

1.4.

Il CESE è consapevole del fatto che il successo del Fondo per una transizione giusta (e dell’intero piano di investimenti per l’Europa sostenibile) dipende da un nuovo partenariato tra il settore privato e quello pubblico per quanto riguarda i finanziamenti e le responsabilità condivise. È necessario un nuovo patto tra il settore pubblico e quello privato, compresi tutti gli attori in campo economico, sociale e ambientale, che definisca il finanziamento e le responsabilità condivise. Poiché il fabbisogno finanziario del Green Deal europeo è enorme e le fonti delle risorse di bilancio comuni dell’UE sono piuttosto limitate, il ruolo del settore privato sarà notevole. Le ONG dovrebbero svolgere un ruolo importante nell’orientare l’attuazione del Fondo per una transizione giusta secondo modalità che coinvolgano pienamente tutti i gruppi della società, e ciò va di pari passo con il miglioramento dell’accessibilità per le persone con disabilità e per gli anziani.

1.5.

Il CESE condivide l’approccio ad ampio raggio che tiene conto della dimensione economica, sociale, industriale e tecnologica della transizione verso un’economia neutra, con il coinvolgimento degli attori locali, delle parti sociali e delle ONG. Bisognerebbe coinvolgere le parti sociali nello sviluppo e nell’attuazione di politiche e strategie per una transizione giusta. I sindacati dovrebbero essere presenti in tutte le fasi del processo di transizione giusta al fine di proteggere gli interessi dei lavoratori a diversi livelli.

1.6.

Il CESE auspica che il dialogo tra Commissione europea e Stati membri relativo al quadro del semestre europeo veda il coinvolgimento attivo e sostanziale delle parti sociali e delle ONG.

1.7.

Il CESE si compiace del fatto che i piani territoriali e gli eventuali programmi specifici debbano essere seguiti da comitati di sorveglianza con le stesse regole previste dal Regolamento recante disposizioni comuni sui fondi strutturali e di investimento europei.

1.8.

Il CESE raccomanda che i piani territoriali e gli eventuali programmi specifici del Fondo per una transizione giusta si caratterizzino per il pieno e sostanziale coinvolgimento delle parti sociali e delle ONG.

1.9.

Il CESE accoglie con grande favore la flessibilità delle norme sugli aiuti di Stato e le conseguenze implicite attese, che dovrebbero anche rispecchiare l’importanza del Green Deal, in particolare negli Stati membri e nelle regioni ad alta intensità di carbone e di carbonio. Gli aiuti di Stato, in special modo quelli verdi, dovrebbero sostenere la transizione verso un’economia più verde e più inclusiva, continuando a lasciare spazio, in maniera più ambiziosa, al ricorso agli aiuti di Stato per promuovere l’occupazione tra coloro che sono spesso tagliati fuori dal mercato del lavoro aperto, come le persone con disabilità.

1.10.

Poiché lo sviluppo sostenibile e l’azione per il clima hanno un impatto positivo sulla spesa pubblica ed eliminano un certo numero di esternalità negative (sanità, risanamento, ricostruzione ecc.), gli investimenti pubblici per la protezione dell’ambiente e i cambiamenti climatici devono essere esclusi dai vincoli imposti dal patto di stabilità. Ciò risulta adesso più importante che mai, in considerazione di questa crisi senza precedenti. La Covid-19 può avere un impatto importante sui cittadini dell’UE, sulla loro salute e sull’economia in generale.

1.11.

Al momento, la pandemia di Covid-19 è la priorità assoluta; essa sta erodendo la nostra vita sociale ed economica e sta avendo conseguenze anche sulla politica di bilancio attuale e futura dell’UE. Parallelamente, sta creando un’incertezza senza precedenti che potrebbe comportare un deciso cambiamento nell’orientamento e nell’allocazione del bilancio dell’UE. I documenti più recenti della Commissione propongono e raccomandano di allocare la parte restante delle risorse di bilancio dell’UE disponibili per il periodo 2014-2020 principalmente per attenuare le conseguenze della pandemia. Il CESE rispetterà tutte le modifiche ragionevoli necessarie nel quadro dei prossimi negoziati sul QFP che potrebbero contribuire a risolvere questa situazione disastrosa.

1.12.

Il CESE sostiene la proposta della Commissione europea Next Generation EU volta a rafforzare il meccanismo di transizione in risposta alla crisi e la nuova proposta della Commissione per il prossimo bilancio a lungo termine dell’UE.

1.13.

Il CESE si compiace della possibilità concessa agli Stati membri di dotarsi di un programma specifico del Fondo per una transizione giusta. Il CESE tiene in considerazione e sostiene l’importante ruolo delle regioni nel processo di programmazione, governance e attuazione del Fondo per una transizione giusta, conformemente al principio di sussidiarietà. Il CESE raccomanda inoltre di tenere conto del fatto che i singoli Stati membri, e le singole regioni, sono diversamente preparati al passaggio alla neutralità in termini di emissioni di carbonio, nonché del differente potenziale di produzione di energia pulita nell’UE. Occorre tener conto anche dei diversi atteggiamenti dei cittadini, negli Stati membri e nelle regioni, riguardo al contributo attivo alla protezione del clima.

1.14.

Il CESE apprezzerebbe molto la pubblicazione di un elenco di progetti sostenibili, nell’ottica di condividere le buone pratiche. Anche il sostegno fornito da determinate autorità di gestione dovrebbe essere reso pubblico, in modo da contribuire alla creazione di condizioni favorevoli agli investimenti. Ciò aumenterà la trasparenza e scongiurerà il rischio di informazioni disomogenee.

1.15.

Il CESE sottolinea la necessità di garantire la complementarità tra le misure finanziate dal Fondo per una transizione giusta e quelle cofinanziate da InvestEU nell’ambito del secondo pilastro e dallo strumento di prestito del settore pubblico nell’ambito del terzo pilastro del meccanismo per una transizione giusta.

1.16.

Il CESE avverte che occorre trovare il giusto equilibrio tra le misure di ristrutturazione economica e le misure volte a garantire la protezione e la riqualificazione dei lavoratori interessati dai processi di transizione.

1.17.

Il sistema di istruzione e formazione è la chiave per sostenere i processi di transizione. Il CESE raccomanda di aumentare le risorse per la politica di coesione al fine di rafforzare e rilanciare il sistema di istruzione secondaria e universitaria grazie a orientamenti scientifici e tecnologici mirati e orientati alle necessità attuali.

1.18.

Il CESE auspica che una parte consistente delle risorse del Fondo per una transizione giusta sia destinata a generare gli investimenti necessari per accompagnare i lavoratori nella transizione da un’occupazione a un’altra. Occorre tuttavia garantire un equilibrio tra l’investimento volto a riqualificare i lavoratori in transito verso nuove forme di occupazione più verde e la preparazione di quanti nelle comunità interessate fanno ora ingresso nel mercato del lavoro fornendo loro le competenze richieste per le forme emergenti di occupazione. Si dovrebbe dare particolare rilievo al sostegno dell’occupazione delle persone più lontane dal mercato del lavoro, come i giovani e le persone con disabilità.

2.   Introduzione

2.1.

La Commissione europea ha presentato la sua visione strategica a lungo termine per realizzare un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra entro il 2050. Come indicato nella comunicazione sul Green Deal europeo, la Commissione propone un meccanismo per una transizione giusta che si aggiunge alle proposte legislative e di bilancio già presentate per il periodo 2021-2027. Tra il 2021 e il 2027 sarà distribuito nel quadro del meccanismo per una transizione giusta un pacchetto di 100 miliardi di EUR per sostenere e facilitare la conversione di attività che provocano emissioni dannose, la riduzione del consumo di carbon fossile, la promozione dell’efficienza energetica e la transizione verso tecnologie meno inquinanti in tutti i settori di produzione. Il Fondo avrà una dotazione iniziale di 7,5 miliardi di EUR, destinati ad aumentare fino a un importo previsto di 100 miliardi di EUR grazie al cofinanziamento nazionale, al braccio finanziario InvestEU e alla Banca europea per gli investimenti.

2.2.

Il meccanismo per una transizione giusta consiste di tre pilastri:

un Fondo per una transizione giusta, attuato nell’ambito della politica di coesione. Il Fondo è istituito da un apposito regolamento che definisce il suo obiettivo specifico, la sua estensione geografica, il metodo da seguire per l’allocazione delle risorse finanziarie e il contenuto dei piani territoriali per una transizione giusta, necessari per sostenere la programmazione. Il Fondo provvederà anzitutto a concedere alle regioni sovvenzioni volte a sostenere i lavoratori — aiutandoli, ad esempio, ad acquisire capacità e competenze utilizzabili nel mercato del lavoro del futuro — le PMI, le start-up e gli incubatori di imprese che operano per creare nuove opportunità economiche nelle regioni in questione. Esso sosterrà inoltre gli investimenti nella transizione verso l’energia pulita, compresa l’efficienza energetica;

un regime specifico nell’ambito di InvestEU riguardante progetti relativi alle infrastrutture dell’energia e dei trasporti, comprese le infrastrutture del gas e il teleriscaldamento, come pure progetti di decarbonizzazione;

uno strumento di prestito per il settore pubblico, attuato dalla BEI per fornire risorse finanziarie agli enti locali per le regioni interessate. Ai finanziamenti a valere sul bilancio dell’UE potrebbe aggiungersi un abbuono d’interessi o una sovvenzione per gli investimenti abbinata a prestiti accordati dalla BEI.

2.3.

Saranno sbloccate ulteriori risorse pubbliche e private e sono previste norme settoriali sugli aiuti di Stato per agevolare il ricorso a fondi nazionali a favore di progetti coerenti con gli obiettivi della transizione giusta.

2.4.

La consulenza e l’assistenza tecnica alle regioni saranno parte integrante del meccanismo per una transizione giusta.

2.5.

Il Fondo per una transizione giusta sarà soggetto a un regime di gestione concorrente e sarà a disposizione di tutti gli Stati membri. Le allocazioni terranno conto delle sfide dovute alla transizione cui devono far fronte le regioni con le più elevate emissioni di carbonio, e delle sfide sociali determinate dalle potenziali perdite di posti di lavoro.

2.6.

Gli Stati membri integreranno la dotazione del Fondo per una transizione giusta ad essi assegnata con le loro risorse a titolo del FESR e del FSE+. Questi trasferimenti saranno pari ad almeno una volta e mezzo, e al massimo tre volte, la dotazione del Fondo per una transizione giusta. Tuttavia, ciascuno Stato membro non dovrebbe utilizzare più del 20 % delle sue dotazioni iniziali a titolo dell’FESR e dell’FSE, e dovrà giustificare tali risorse aggiuntive. Gli Stati membri contribuiranno anche con risorse proprie.

2.7.

Il processo di programmazione, compresa l’individuazione dei territori, sarà concordato tra la Commissione e ciascuno Stato membro e sarà guidato dal processo del semestre europeo. Gli Stati membri sono invitati a presentare i loro piani territoriali, definendo il processo di transizione fino al 2030. In tale contesto essi definiranno, per ciascun territorio, le sfide economiche sociali e ambientali, e le esigenze di riqualificazione professionale e risanamento ambientale. Il Fondo tenderà a concentrare il sostegno su territori corrispondenti alle regioni di livello NUTS 3.

2.8.

L’approvazione dei piani territoriali consentirà di erogare il sostegno a titolo del Fondo per una transizione giusta e metterà in azione i meccanismi per il ricorso a InvestEU e alla BEI. I programmi così sostenuti saranno oggetto di un riesame intermedio con le stesse modalità previste per tutti i programmi della politica di coesione.

2.9.

Il Fondo per una transizione giusta integrerà i fondi della politica di coesione. Ciò vuol dire che si dovrà modificare la proposta di regolamento recante le disposizioni comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo Plus, al Fondo di coesione, al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, al Fondo Asilo e migrazione, al Fondo Sicurezza interna e allo Strumento per la gestione delle frontiere e i visti, al fine di aggiungere il Fondo per una transizione giusta come nuovo Fondo per la politica di coesione.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE sostiene la strategia dell’UE per la riduzione a lungo termine delle emissioni di gas a effetto serra e il suo obiettivo di rendere l’Unione europea un’economia climaticamente neutra entro il 2050. Il CESE concorda sul fatto che l’obiettivo verde rappresenti una delle priorità fondamentali della futura politica di coesione, con una dotazione pari ad almeno il 30 % delle risorse del Fondo europeo di sviluppo regionale e al 37 % di quella del Fondo di coesione. Il CESE esprime tuttavia preoccupazione per il fatto che gli investimenti previsti per la transizione giusta non corrispondono all’ambizioso Green Deal della Commissione europea. Il finanziamento che viene proposto per dieci anni è quello che sarebbe necessario ogni anno per raggiungere in maniera equa la neutralità climatica entro il 2050. Il CESE ritiene che occorra aumentare le previsioni di spesa del QFP. Se si vogliono davvero raggiungere gli ambiziosi obiettivi fissati nel Green Deal occorre aumentare il bilancio dell’UE, introducendo nuove risorse proprie o aumentando il contributo degli Stati membri.

3.2.

Il CESE apprezza gli sforzi compiuti per adeguare il quadro finanziario pluriennale 2021-2027 dell’UE alle esigenze e alle sfide in materia di clima attraverso lo strumento del Fondo per una transizione giusta e, in un contesto più ampio, attraverso l’intero piano di investimenti per l’Europa sostenibile, di cui il Fondo per una transizione giusta rappresenta la parte più significativa. Anche se il Fondo per una transizione giusta è il primo passo tangibile per affrontare la questione dal punto di vista finanziario e degli investimenti, il CESE constata, e sottolinea, l’esigenza di attuare in pratica anche gli altri compiti previsti dall’accordo sul Green Deal europeo. In mancanza di ciò, l’efficacia del Fondo per una transizione giusta sarebbe limitata.

3.3.

Come già sottolineato in precedenti pareri (1), il CESE concorda sul fatto che nel contesto della politica di coesione dovrebbero essere forniti, attraverso il meccanismo della transizione giusta, finanziamenti mirati. Tuttavia, i finanziamenti dovrebbero provenire da adeguati stanziamenti ad hoc, per evitare ulteriori riduzioni della disponibilità di fondi della politica di coesione.

3.4.

Inoltre, nel caso del Fondo sociale europeo+, un trasferimento obbligatorio potrebbe causare involontariamente conflitti di interesse. Potrebbero ad esempio sorgere questioni quali il sostegno alle persone a rischio di povertà o ai lavoratori dell’industria che rischiano di perdere il lavoro. Tali conflitti di interesse potrebbero avere un impatto negativo sull’accettazione dell’intera politica climatica. In ogni caso, l’ampliamento del campo di applicazione del Fondo sociale europeo+ deve andare di pari passo con un aumento delle risorse.

3.5.

Poiché lo sviluppo sostenibile e l’azione per il clima hanno un impatto positivo sulla spesa pubblica ed eliminano un certo numero di esternalità negative (sanità, risanamento, ricostruzione ecc.), gli investimenti pubblici per la protezione dell’ambiente e i cambiamenti climatici devono essere esclusi dai vincoli imposti dal patto di stabilità. Ciò risulta adesso più importante che mai, in considerazione di questa crisi senza precedenti. La pandemia di Covid-19 può avere un grande impatto sui cittadini dell’UE, sulla loro salute e sull’economia in generale.

3.6.

Il CESE è convinto che vi siano molti interessi e obiettivi coincidenti tra il ventaglio di soluzioni alla crisi pandemica e le sfide del Green Deal. Tuttavia, sembra opportuno ridefinire la realizzazione di alcuni degli obiettivi del «Green Deal», in particolare per quanto riguarda il loro calendario. Si raccomanda vivamente una qualche forma di flessibilità (paragonabile a quella prevista per le norme in materia di bilancio e aiuti di Stato).

3.7.

Non si possono immaginare grandi investimenti per la lotta ai cambiamenti climatici e per la transizione ecologica se permangono i vincoli sui disavanzi. Ciò ovviamente non implica l’abolizione del consueto obbligo di stabilizzare le finanze pubbliche, ma significa scegliere tra due alternative: o vogliamo veramente invertire il processo di riscaldamento globale e quindi dobbiamo reperire enormi somme da investire, o vogliamo solo introdurre alcune misure correttive per mantenere le coscienze tranquille e le finanze pubbliche in buono stato.

3.8.

Il CESE ritiene che, per rendere più incisiva economicamente e più credibile politicamente la transizione, bisogni intervenire al più presto per eliminare il sistema di sovvenzioni dirette e indirette al settore dei combustibili fossili, responsabile di enormi costi ambientali, sociali ed economici, tali da annullare i progressi compiuti nell’azione per il clima.

3.9.

Grazie alla graduale soppressione delle sovvenzioni all’energia fossile, alla promozione di un settore emergente come le energie rinnovabili e alla creazione di condizioni di parità, le energie rinnovabili avvantaggiano i consumatori in termini di prezzi accessibili, prosperità economica e sostenibilità climatica.

3.10.

Il Fondo per una transizione giusta rappresenta una simbiosi equilibrata tra sovvenzioni e strumenti finanziari, tra un approccio coordinato e un approccio gestito a livello centrale. È necessario un nuovo patto tra il settore pubblico e quello privato, compresi tutti gli attori in campo economico, sociale e ambientale, che definisca il finanziamento e le responsabilità condivise. Esso richiederà tuttavia nuove capacità di gestione e di governance per la sua efficace applicazione. Il CESE si compiace del fatto che la Commissione europea affiancherà le autorità pubbliche e i promotori di progetti sostenibili durante tutte le fasi degli stessi, dalla pianificazione all’attuazione.

3.11.

Affinché questa impostazione abbia successo è fondamentale incoraggiare i capitali privati a entrare nel sistema. Sarà necessario costruire un nuovo contratto sociale tra il settore pubblico e quello privato, in base al principio di esiti vantaggiosi per tutti (win-win).

3.12.

Il CESE condivide l’approccio ad ampio raggio che tiene conto della dimensione economica, sociale, industriale e tecnologica della transizione verso un’economia neutra, con il coinvolgimento degli attori locali, delle parti sociali e delle ONG. Lo sviluppo sostenibile deve essere affrontato in tutti gli ambiti politici in modo coerente e deve tendere ad un modello di convergenza tra gli Stati membri. Il CESE raccomanda che sia effettivamente garantita la partecipazione di tutte le parti interessate a tutti i livelli e che le ricadute sull’occupazione determinate dal cambiamento del modello economico siano affrontate e gestite attraverso un dialogo sociale che colleghi il livello nazionale e quello europeo.

3.13.

Il CESE ritiene che il processo di trasformazione in un’economia neutra in termini di carbonio dipenda anche dagli investimenti in sistemi di trasporto pubblico e ambienti edificati accessibili e sostenibili. Insieme al Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo per una transizione giusta dovrebbe essere utilizzato per promuovere la neutralità in termini di carbonio mediante investimenti in questi settori, in modo da garantire che possano essere utilizzati da tutti i membri della società e che siano accessibili alle persone con disabilità e agli anziani.

3.14.

Il CESE ritiene che una transizione giusta dal punto di vista sociale sia essenziale per conquistare il sostegno e la fiducia dei lavoratori, delle imprese e della società civile e per attuare i grandi mutamenti economici necessari per salvare il pianeta dal cambiamento climatico. La fine dell’era dei combustibili fossili in Europa deve essere accompagnata dagli investimenti necessari a garantire la tutela dei lavoratori, la creazione di nuovi posti di lavoro e il sostegno allo sviluppo locale. I processi di transizione devono essere negoziati con le parti sociali e le organizzazioni della società civile e collegati a politiche di trasparenza e di comunicazione efficace.

3.15.

Il CESE avverte che occorre trovare il giusto equilibrio tra le misure di ristrutturazione economica e le misure volte a garantire la protezione e la riqualificazione dei lavoratori interessati dai processi di transizione. Occorre anche garantire un equilibrio tra l’investimento volto a riqualificare i lavoratori in transito verso nuove forme di occupazione più verde e la preparazione di quanti nelle comunità interessate fanno ora ingresso nel mercato del lavoro fornendo loro le competenze richieste per le forme emergenti di occupazione. Si dovrebbe dare particolare rilievo al sostegno dell’occupazione delle persone più lontane dal mercato del lavoro, come i giovani e le persone con disabilità.

3.16.

Il CESE si compiace del fatto che il Fondo per la transizione giusta miri a rimediare alle conseguenze del declino dell’industria carbonifera, all’esigenza di sostenere i settori dell’industria pesante per consentire loro di mantenere le loro attività in modo sostenibile, e all’esigenza di affrontare i relativi impatti sociali, ma osserva che esso non deve limitarsi a finanziare i processi di decarbonizzazione. Il CESE auspica che parte delle risorse del Fondo per una transizione giusta siano destinate a generare gli investimenti necessari per accompagnare la transizione da un’occupazione a un’altra dei lavoratori e delle comunità interessate dalla catena del valore dei processi di decarbonizzazione.

3.17.

Il sistema di istruzione e formazione è la chiave per sostenere i processi di transizione. Il CESE raccomanda di aumentare le risorse per rafforzare e rilanciare il sistema di istruzione secondaria e universitaria grazie a orientamenti scientifici e tecnologici mirati e orientati alle necessità attuali, impiegando tutte le risorse disponibili provenienti dalla politica di coesione.

3.18.

Il CESE sostiene la decisione di promuovere e sostenere brevetti e start-up innovativi e sostenibili. Il sostegno alle imprese impegnate in attività responsabili e sostenibili e che sviluppano soluzioni ecologiche per il benessere della comunità deve essere ricompensato.

3.19.

La programmazione delle risorse del Fondo per una transizione giusta sarà strettamente correlata al quadro del semestre europeo, come già previsto nei regolamenti per i fondi della politica di coesione 2021-2027. Il CESE si dice certo che, in aggiunta al monitoraggio previsto dalle regole della politica di coesione, il quadro di governance economica dell’UE sarà utilizzato per monitorare l’attuazione del Fondo per una transizione giusta negli Stati membri attraverso il dialogo strutturato annuale tra gli Stati membri e la Commissione europea. A tal fine il CESE auspica che tale dialogo tra Commissione europea e Stati membri veda il coinvolgimento attivo e sostanziale delle parti sociali e delle ONG.

3.20.

Il CESE apprezza la previsione che il Fondo per una transizione giusta sia programmato attraverso uno o più piani territoriali per una transizione giusta, definendo il processo di transizione fino al 2030, in linea con i piani nazionali per l’energia e il clima e con la transizione verso un’economia climaticamente neutra. Il CESE sostiene la possibilità concessa agli Stati membri di dotarsi di un programma specifico del Fondo per una transizione giusta.

3.21.

Il CESE raccomanda che i piani territoriali e gli eventuali programmi specifici del Fondo per una transizione giusta si caratterizzino per il pieno e sostanziale coinvolgimento delle parti sociali e delle ONG.

3.22.

Il CESE si compiace del fatto che i piani territoriali e gli eventuali programmi specifici debbano essere seguiti da comitati di sorveglianza con le stesse regole previste dal Regolamento recante disposizioni comuni sui fondi strutturali e di investimento europei.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE è convinto che sarebbe opportuno elaborare più precisamente il quadro finanziario non solo per il Fondo per una transizione giusta, ma per l’insieme del meccanismo per una transizione giusta e del piano di investimenti per un’Europa sostenibile. Il CESE aggiunge che la mobilitazione di risorse al di sopra di 30 miliardi di EUR non è garantita (ossia non sono obbligatori i trasferimenti superiori a 1,5 volte lo stanziamento del Fondo per una transizione giusta). Vi sono inoltre molte questioni in sospeso riguardanti il regime speciale nell’ambito del programma InvestEU e lo strumento di prestito della BEI per il settore pubblico.

4.2.

Il CESE teme che la scelta di destinare in dieci anni circa 1 000 miliardi alla transizione ecologica, anche mobilitando gli investimenti pubblici e privati attraverso il ricorso a InvestEU, possa togliere risorse ad altri comparti che beneficiavano di questo fondo. Il CESE sottolinea pertanto la necessità di garantire la complementarità tra le misure finanziate dal Fondo per una transizione giusta e quelle finanziate da InvestEU nell’ambito del secondo pilastro e dallo strumento di prestito del settore pubblico nell’ambito del terzo pilastro del meccanismo per una transizione giusta.

4.3.

Gli obiettivi del Green Deal saranno inoltre sostenuti da risorse provenienti dalla politica agricola comune, che destinerà il 40 % della sua dotazione totale agli obiettivi relativi al clima. A questo proposito, sarà importante mantenere l’impegno dei governi nazionali e delle istituzioni dell’UE a investire nella coesione come in passato.

4.4.

Il CESE apprezza in modo particolare le procedure proposte in relazione all’interpretazione più flessibile delle norme in materia di aiuti di Stato e alla semplificazione continua proposta dalla Commissione nell’ambito del più ampio quadro strategico definito nella comunicazione sul piano di investimenti per un’Europa sostenibile. Sono necessarie norme diverse per fare spazio a investimenti che dovrebbero portare a una nuova crescita.

4.5.

Il CESE comprende la logica del ventaglio di criteri ben quantificati per l’ammissibilità ai finanziamenti a titolo del Fondo per una transizione giusta e concorda con essi.

4.6.

Aiuti di Stato verdi:

applicare condizioni verdi agli aiuti di Stato a favore delle imprese operanti in settori ad elevata impronta del carbonio e/o dei materiali;

applicare simili condizioni verdi ai prestiti bancari nuovi e prorogati (con o senza garanzie pubbliche) a tali settori;

negare aiuti di Stato a imprese e settori che non possono o non vogliono adottare tecnologie circolari e a basse emissioni di carbonio, e riqualificare i loro dipendenti per nuovi posti di lavoro;

accelerare le procedure di pianificazione per le energie rinnovabili, i trasporti pubblici e i progetti e le infrastrutture circolari nell’edilizia. Le imprese lottano per sopravvivere e devono ricevere rapidamente aiuti di Stato.

Per ridurre gli oneri amministrativi iniziali, i governi possono scegliere di applicare una sommaria verifica ambientale all’atto della concessione di un aiuto di Stato, e una analoga ma più rigorosa verifica a posteriori. Se un’impresa viola le condizioni verdi convenute, l’aiuto di Stato sarebbe parzialmente o interamente restituito, a seconda della gravità della violazione. Si propone inoltre di puntare su settori chiave ad alta intensità di carbonio e di materiali, per ridurre al minimo la burocrazia (2).

4.7.

Il CESE accoglie con favore anche l’indicazione dei settori in cui è possibile allocare le risorse del Fondo per una transizione giusta e di quelli in cui i suoi finanziamenti non possono essere erogati. Il metodo di assegnazione contribuisce a garantire che i fondi siano sufficientemente concentrati sugli Stati membri chiamati a rispondere alle sfide più impegnative, offrendo al contempo un sostegno significativo a tutti gli Stati membri. Gli Stati membri con un RNL pro capite inferiore al 90 % della media dell’UE, nello specifico, riceverebbero due terzi circa dei fondi del Fondo per una transizione giusta.

4.8.

Date le circostanze, il CESE raccomanda di fare più spazio a soggetti diversi dalle PMI, in quanto le principali imprese minerarie e dell’industria pesante interessate dall’azione per il clima sono per lo più di grandi dimensioni. Inoltre soprattutto queste imprese, forniscono spesso una grande quantità di posti di lavoro dignitosi e sono cruciali per il benessere economico delle regioni. Prevenire la disoccupazione dovrebbe diventare un obiettivo principale dei piani territoriali. Ciò dovrebbe comprendere non solo aiutare gli attuali lavoratori nella transizione verso nuove forme di occupazione, ma anche sostenere i giovani e le persone tagliate fuori dal mercato del lavoro aperto, come le persone con disabilità, a trovare lavoro in questi settori in via di sviluppo.

4.9.

Il CESE apprezza le nuove possibilità aperte agli enti locali e regionali di assumersi direttamente la responsabilità della gestione di progetti e di attuare concretamente un approccio basato sul territorio, in quanto le unità di base per i piani territoriali per la transizione giusta sono le regioni NUTS 3.

4.10.

Le parti sociali e le ONG attive in questo campo devono essere coinvolte nello sviluppo e nell’attuazione di politiche e strategie ambiziose di riduzione delle emissioni al fine di garantire una transizione equa che garantisca posti di lavoro dignitosi e che raggiunga un equilibrio tra sistemi di energia pulita e qualità sostenibile dei lavori. I sindacati dovrebbero essere presenti in tutte le fasi del processo di transizione giusta al fine di proteggere gli interessi dei lavoratori a diversi livelli.

4.11.

Al fine di conseguire i risultati previsti, l’approccio della Commissione all’ammissibilità dei territori è restrittivo, dal momento che i finanziamenti possono essere assegnati solo a paesi che applicano e presentano piani di transizione territoriale giusta. Pertanto, il CESE invita tutti gli Stati membri a preparare quanto prima i loro piani affinché molti lavoratori possano essere sostenuti in tutta Europa nelle regioni individuate nei piani.

4.12.

Il CESE accoglie con favore l’adeguamento del regolamento recante disposizioni comuni per creare una base giuridica chiara e trasparente per la futura politica di coesione dell’UE e il suo orientamento climatico.

4.13.

Dato l’elevato livello di incertezza circa l’impatto della transizione sull’occupazione e la sua possibile distribuzione geografica, il CESE osserva che sarebbe stato preferibile non avere alcuna preassegnazione geografica ex ante delle risorse del Fondo per una transizione giusta. Un’altra preoccupazione riguarda la governance del Fondo. La designazione delle aree ammissibili e l’importo dei finanziamenti da assegnare a ciascuna area sono interamente affidate ai governi nazionali. Dato che non vi saranno assegnazioni regionali, vi è il rischio che ciò possa portare a squilibri nella distribuzione dei finanziamenti a livello subnazionale e che le aree meno vulnerabili agli impatti negativi degli obiettivi in materia di cambiamenti climatici non ricevano risorse.

4.14.

Il CESE osserva che l’intenzione di fare affidamento su InvestEU e sulla BEI per mobilitare rispettivamente 45 miliardi di EUR e 25-30 miliardi di EUR dovrà essere soggetta a un’attenta vigilanza per non ritrovarsi di fronte ai problemi constatati con gli investimenti FEIS (3). È necessario garantire che tali investimenti siano pienamente allineati all’accordo di Parigi e che gli obiettivi dell’UE rendano l’Europa il primo continente a impatto zero.

4.15.

Il CESE sostiene la proposta della Commissione europea Next Generation EU volta a rafforzare il meccanismo di transizione in risposta alla crisi e la nuova proposta della Commissione per il prossimo bilancio a lungo termine dell’UE. Il CESE auspica che il bilancio complessivo del Fondo per una transizione giusta sia incrementato a 40 miliardi di EUR e che sia rafforzato il regime di transizione giusta nell’ambito di InvestEU. Il CESE approva inoltre la proposta della Commissione relativa a uno strumento di prestito per il settore pubblico, che mobiliterà un importo compreso tra 25 e 30 miliardi di euro. In tal modo, il meccanismo per una transizione giusta sarà in grado di mobilitare almeno 150 miliardi di EUR di investimenti pubblici e privati.

4.16.

La salvaguardia di un bilancio ambizioso per la politica di coesione post-2020 deve rimanere la priorità principale nella lotta ai cambiamenti climatici a livello territoriale. In altre parole, l’istituzione di un fondo aggiuntivo non dovrebbe essere utilizzata come pretesto per giustificare ulteriori tagli alla dotazione della politica di coesione nel contesto dei negoziati sul QFP.

4.17.

Il CESE esprime qualche perplessità relativamente al processo di programmazione, dato che il testo giuridico deve essere ancora adottato e c’è ancora da modificare il regolamento sulle disposizioni comuni. La Commissione prevede che i piani territoriali saranno approvati nella seconda metà del 2020 e che i programmi relativi al Fondo per una transizione giusta saranno adottati nel corso del 2021. Questo potrebbe causare ritardi nell’attuazione di alcuni programmi della politica di coesione.

Bruxelles, 10 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Cfr. il parere del CESE sul Regolamento recante disposizioni comuni 2021-2027 (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 83).

(2)  I seguenti settori hanno impronte del carbonio e dei materiali relativamente elevate: 1) trasporti: i trasporti aerei, su strada e per via d’acqua utilizzano per lo più combustibili fossili; 2) industria manifatturiera: numerose industrie utilizzano ancora tecnologie ad alta intensità di energia e di materiali; 3) edilizia: molte imprese edili usano ancora materiali non riciclabili e ad alta intensità energetica, come il cemento; 4) energia: il passaggio dai combustibili fossili all’energia rinnovabile è molto graduale.

(3)  Relazione speciale n. 3/2019 della Corte dei conti. Alcuni aiuti del FEIS hanno solo sostituito altri finanziamenti della BEI e dell’UE, alcuni finanziamenti sono andati a progetti che avrebbero potuto utilizzare altre fonti di finanziamento pubblico o privato. In definitiva, le stime degli investimenti aggiuntivi attratti dal FEIS sono state talvolta sopravvalutate e la maggior parte degli investimenti è stata destinata ad alcuni degli Stati membri più grandi dell’UE-15, con banche nazionali di promozione consolidate.


18.9.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 311/63


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni “Piano di investimenti per un’Europa sostenibile — Piano di investimenti del Green Deal europeo”»

[COM(2020) 21 final]

(2020/C 311/09)

Relatore:

Carlos TRIAS PINTÓ

Correlatore:

Petr ZAHRADNÍK

Consultazione

Commissione europea, 6.2.2020

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

13.5.2020

Adozione in sessione plenaria

10.6.2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

220/1/8

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Allo stato attuale, la pandemia di Covid-19 rappresenta per l’Europa la priorità assoluta: far fronte, cioè, a una situazione di incertezza che potrebbe condurre a un cambiamento importante nell’orientamento e nella ripartizione del bilancio dell’UE. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) raccomanda caldamente di rafforzare il prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP) e di aumentare temporaneamente il massimale di spesa per il bilancio, portandolo al 2 %, il che fornirebbe gli strumenti di bilancio necessari e potrebbe sostenere l’emissione di obbligazioni comunitarie nel quadro di un solido piano di rilancio.

1.2.

Il CESE accoglie con favore il recente accordo raggiunto dall’Eurogruppo (1) che propone 540 miliardi di EUR per sostenere i lavoratori, le imprese e gli Stati membri, accettando al tempo stesso di introdurre una maggiore flessibilità nelle norme dell’UE relative al patto di bilancio europeo.

1.3.

Il Consiglio dell’UE dovrebbe raggiungere, già prima della pausa estiva, un accordo sul fondo per la ripresa (2) e sul QFP, conformemente alla proposta della Commissione europea del 27 maggio, in modo da aprire la strada al rilancio dell’economia europea e rafforzare le transizioni verde e digitale previste dal Green Deal europeo.

1.4.

Il CESE si compiace inoltre per la risposta rapida e allineata di solidarietà da parte di tutte le istituzioni dell’UE pertinenti (3).

1.5.

La pandemia di Covid-19 avrà un impatto profondo e negativo sul conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) e degli obiettivi del Green Deal europeo. Per questo il CESE insiste sulla necessità di far fronte quanto prima a questa minaccia immediata e di concentrare, senza inutili ritardi, i propri sforzi di ripresa sugli OSS e sul Green Deal.

1.6.

Oltre alle misure temporanee di solidarietà, il CESE chiede il ripristino della Funzione europea di stabilizzazione degli investimenti (EISF), nonché l’immediata applicazione dello strumento di bilancio per la convergenza e la competitività (BICC), aumentandone la dotazione nel QFP 2021-2027.

1.7.

È necessario un nuovo patto verde e sociale che riunisca i cittadini, in tutta la loro diversità, le autorità nazionali e gli enti regionali e locali, le parti sociali, la società civile organizzata e l’industria, in stretta collaborazione con le istituzioni e gli organi consultivi dell’UE.

1.8.

Il piano di investimenti per un’Europa sostenibile è la prima misura strategica globale volta a conseguire gli obiettivi molto ambiziosi di neutralità in termini di emissioni di carbonio entro il 2050, in linea con il Green Deal europeo.

1.9.

Pur plaudendo alle ambizioni del Green Deal, il CESE si rammarica per la mancanza di coerenza con la dotazione di bilancio nel nuovo QFP, ben al di sotto dell’1,3 % dell’RNL degli Stati membri richiesto dal Parlamento europeo e dal CESE per garantire che ogni singola azione possa raggiungere il suo pieno potenziale senza sacrificarne altre.

1.10.

Il CESE manifesta inoltre dubbi riguardo all’efficacia dell’integrazione degli aspetti climatici in tutti i programmi dell’UE e invita gli Stati membri a coinvolgere le organizzazioni della società civile nelle attività di pressione a favore di una spesa UE in linea con gli obiettivi climatici. Tra le fasi cruciali a cui i gruppi per la difesa dell’ambiente e dei diritti civili possono partecipare attivamente figurano i piani nazionali per l’energia e il clima (PNEC) e i programmi nazionali di riforma (PNR).

1.11.

Il CESE accoglie con favore il meccanismo per una transizione giusta, ma deplora l’evidente insufficienza della dotazione di bilancio del relativo Fondo per una transizione giusta (7,5 miliardi di EUR per ottenere finanziamenti dell’ordine di 100 miliardi di EUR). Tale dotazione dovrà esser compensata da trasferimenti dal FESR/FSE+ e dal cofinanziamento degli Stati membri, nonché da investimenti privati, che si spera saranno ingenti, e dallo strumento di prestito per il settore pubblico attuato con la Banca europea per gli investimenti (BEI).

1.12.

La buona riuscita, in questo caso, è subordinata ad alleanze (OSS 17 dell’ONU: «Partnership per gli obiettivi») tra il settore pubblico e quello privato in termini di finanziamenti e responsabilità condivise, come dimostrato dal boom del mercato delle obbligazioni verdi.

1.13.

Il CESE appoggia questo approccio olistico e accoglie positivamente gli incentivi a favore degli investimenti e dei finanziamenti pubblici e privati, in particolare gli appalti verdi e l’atteso sostegno offerto da norme più flessibili in materia di aiuti di Stato.

1.14.

Il CESE sostiene inoltre la volontà di migliorare la governance di bilancio dell’UE senza trascurare i rischi per la sostenibilità, traendo insegnamento dai migliori esempi di pratiche in materia di bilancio verde e piani di bilancio. Per completare la politica di incentivi, occorre inoltre un trattamento fiscale appropriato per i finanziatori collettivi e i donatori.

1.15.

È altresì necessario completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa (riforma del trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità [MES], di pari passo con il BICC e il sistema europeo di assicurazione dei depositi [EDIS]) per realizzare un’Unione dei mercati dei capitali e un’Unione bancaria efficienti e integrate, che comprendano tutti gli Stati membri e siano orientate verso un’ulteriore armonizzazione.

1.16.

Il CESE chiede che il processo del semestre europeo collegato al Green Deal sia migliorato ponendo gli OSS al centro del processo di elaborazione delle politiche dell’UE; chiede altresì una tassonomia dell’UE più completa che incorpori la dimensione sociale.

1.17.

Secondo il CESE, il settore pubblico e quello privato dovrebbero entrambi utilizzare i medesimi standard per quanto riguarda non soltanto la tassonomia, ma anche la divulgazione di informazioni di carattere non finanziario. Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione di rivedere la direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario in modo sufficientemente approfondito da incoraggiare le imprese a prendere coscienza del loro reale impatto. Ciò dovrebbe essere collegato all’applicazione di clausole ambientali e sociali standardizzate nelle procedure di appalto pubblico.

1.18.

Il CESE chiede un utilizzo migliore e più approfondito delle fonti statistiche pubbliche, rafforzando il ruolo di Eurostat e dei registri pubblici quali fonti di dati attendibili relativi ai risultati «in termini di sostenibilità».

1.19.

Il CESE sottolinea l’importanza di fornire a tutti i potenziali utenti informazioni accurate e facilmente accessibili, in modo da agevolare ulteriormente una consulenza e assistenza tecnica su misura. Nessuno dovrebbe essere lasciato indietro.

1.20.

Le giuste competenze per i posti di lavoro verdi sono una condizione essenziale per realizzare la transizione verso un’economia più verde e giusta. Il CESE raccomanda di adottare strategie chiare in materia di previsione delle competenze e formazione professionale, accompagnata da apposite tabelle di marcia, in modo da consentire ai lavoratori di essere e mantenersi preparati alle future esigenze di tutti i comparti.

1.21.

Il CESE suggerisce agli Stati membri dell’UE di potenziare i programmi di educazione finanziaria includendovi la finanza sostenibile, incoraggiando le amministrazioni pubbliche a tutti i livelli a introdurre incentivi fiscali che spingano le imprese e i privati ad investire in iniziative ecologiche con un impatto sociale.

2.   Contesto

2.1.

Il piano di investimenti del Green Deal europeo, anche noto come piano di investimenti per un’Europa sostenibile, costituisce la prima risposta strategica concreta volta a conseguire gli obiettivi molto ambiziosi di neutralità in termini di emissioni di carbonio definiti nel Green Deal europeo. In quanto tale, esso rappresenta il pilastro del Green Deal europeo dal punto di vista degli investimenti e può contare su una dotazione supplementare di investimenti che dovrebbe attestarsi a 260 miliardi di EUR l’anno entro il 2030, pari all’1,5 % circa del PIL del 2018 in termini di investimenti annui supplementari, solo nel sistema energetico e dei trasporti e nelle relative infrastrutture, tra il 2020 e il 2030.

2.2.

Per la buona riuscita di questo approccio è di vitale importanza che siano coinvolte le fonti di capitale privato. Si tratta, in effetti, di un nuovo tipo di contratto sociale tra il settore privato e quello pubblico per finanziare progetti di pubblico interesse della massima importanza.

2.3.

Il QFP 2021-2027 ha stabilito un obiettivo generale del 25 % per l’integrazione degli aspetti climatici in tutti i programmi dell’UE. Non va perso lo slancio verso un’attuazione concreta e approfondita del Green Deal europeo, che deve affrontare quest’enorme sfida planetaria con ambizione politica ed un elevato livello di efficienza tecnica. Di fatto il Green Deal europeo può essere considerato l’elemento essenziale del futuro paradigma economico dell’UE, il potenziale avvio di un cambiamento fondamentale e un punto di svolta. Potrebbe essere il simbolo di un valore aggiunto europeo comune e di un ruolo guida dell’UE a livello mondiale.

2.4.

Bisogna raccogliere risorse finanziarie e strumenti adeguati da coordinare con gli Stati membri, le loro regioni e città, e allargarsi verso l’ambiente internazionale. A tal fine la tabella di marcia del Green Deal comprende azioni fondamentali in materia di clima, energia, mobilità, strategia industriale per un’economia pulita e circolare, politica agricola, biodiversità e digitalizzazione, e integra la sostenibilità attraverso un piano di investimenti del Green Deal europeo e una strategia rinnovata di finanziamento sostenibile. Si tratta di una componente essenziale del meccanismo, che punta a mobilitare 1 000 miliardi di EUR in investimenti pubblici e privati sostenibili entro il 2030, nonché a tener conto degli impatti sociali conseguenti.

2.5.

Il meccanismo per una transizione giusta, il quale prevede un Fondo per una transizione giusta (4) che a sua volta si aggiunge alla proposta della Commissione relativa al prossimo QFP, persegue l’obiettivo ambizioso di arrivare a mobilitare 100 miliardi di EUR di investimenti nel periodo 2021-27. Esso dovrebbe contribuire a mitigare l’impatto socioeconomico, occupazionale e ambientale della transizione dell’UE verso una neutralità climatica a livello regionale.

2.6.

Sempre nella prospettiva di una transizione dell’UE verso la neutralità climatica, i fondi per l’innovazione e la modernizzazione saranno finanziati utilizzando una parte degli introiti derivanti dalla vendita all’asta delle quote di emissioni (per un importo pari ad almeno 25 miliardi di EUR nell’arco dei prossimi dieci anni). Il fondo per la modernizzazione sosterrà però solo 10 Stati membri.

3.   Osservazioni generali

3.1.

L’Europa attraversa attualmente una situazione di emergenza sanitaria ed economica causata dalla pandemia di Covid-19. La risposta a entrambe queste emergenze deve essere coordinata da tutte le istituzioni europee per la durata necessaria.

3.2.

Il CESE plaude alle notevoli risorse messe a disposizione per far fronte alla crisi sanitaria e economica, aiutando gli Stati membri a incrementare le finanze destinate agli investimenti, a garantire la liquidità delle imprese (5), a mantenere i posti di lavoro e a proteggere i disoccupati. Queste importanti misure dovrebbero essere seguite dall’approvazione del regime europeo di riassicurazione contro la disoccupazione.

3.3.

I 20 milioni di aziende europee svolgono un ruolo fondamentale per la riuscita di questa transizione, ma la portata degli investimenti mobilitati dovrà essere proporzionale alla portata delle sfide. A questo proposito è estremamente importante che gli Stati membri e le istituzioni dell’UE siano pronti a superare le loro divergenze.

3.4.

Nel frattempo i finanziamenti dell’UE dovrebbero essere strutturati in modo da evitare duplicazioni e sovrapposizioni, al fine di rispecchiare le proposte della Commissione (6).

3.5.

Il CESE esprime perplessità sulla reale capacità del QFP 2021-2027 proposto dalla Commissione di rispondere alle esigenze del piano di investimenti del Green Deal europeo. Dopo aver indicato che, entro il 2030, sono necessari «investimenti supplementari» per 2600 miliardi di EUR l’anno, i 1000 miliardi di EUR a cui punta il piano sono lungi dal raggiungere il suo obiettivo. La scarsa accuratezza di alcuni dei meccanismi e dei programmi previsti rende difficile conoscerne la reale portata.

3.6.

Il CESE raccomanda che siano forniti maggiori dettagli riguardo al quadro finanziario del piano di investimenti per un’Europa sostenibile. Ad esempio, tutti e tre i principali pilastri del meccanismo per una transizione giusta partono da requisiti molto ambiziosi, vale a dire lo stesso Fondo per una transizione giusta, nonché l’atteso effetto leva dello strumento di prestito per il settore pubblico attuato con la BEI.

3.7.

Il CESE chiede una descrizione più dettagliata del regime specifico del Green Deal proposto nell’ambito del programma InvestEU.

3.8.

Il CESE esprime grande apprezzamento per l’introduzione di condizioni supplementari e di un’ulteriore semplificazione volte a garantire investimenti privati più solidi, con particolare riferimento alle obbligazioni verdi. Da un’analisi empirica emerge chiaramente che, negli ultimi anni, le obbligazioni stanno assumendo caratteristiche realmente verdi. Il ricorso a tali obbligazioni rafforza la reputazione dell’emittente (sensibilità alle questioni climatiche e impegno a favore della sostenibilità). Le obbligazioni verdi sono diventate popolari tra un’ampia gamma di investitori sia nazionali che internazionali e tra gli investitori attenti ai fattori ambientali, sociali e di governance. Inoltre, importanti banche di investimento stanno mostrando interesse per un aumento dell’emissione di obbligazioni verdi, contribuendo così ad ampliare la mentalità verde.

3.9.

Il CESE è favorevole a un insieme flessibile di norme sugli aiuti di Stato in relazione agli investimenti per il loro contributo al conseguimento degli obiettivi del Green Deal, e auspica che venga dato maggior spazio alle PMI per permettere la transizione verso un’economia circolare. Nella fase di ripresa successiva alla crisi della Covid-19, l’UE dovrebbe anche prendere in considerazione la possibilità di ricorrere, quale strumento temporaneo, a quella che potrebbe essere definita una «regola d’oro sociale e verde», in virtù della quale gli investimenti volti in via diretta a mitigare le conseguenze dei cambiamenti climatici e a ridurre le disuguaglianze sociali e la povertà (che dalla crisi finanziaria ad oggi risultano ancora scarsamente affrontate) sarebbero esentati dall’applicazione delle norme di bilancio. Si contribuirebbe così a stimolare gli investimenti tanto necessari durante la fase di ripresa economica post Covid-19 e, nel contempo, a contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici e a favorire la coesione sociale su tutto il territorio dell’UE.

3.10.

L’impegno espresso dalla Commissione di perseguire i finanziamenti e gli investimenti verdi, garantendo al contempo una transizione giusta per i settori e le regioni interessati, dovrebbe consentire a tutti i tipi di imprese di beneficiarne, e dovrebbe essere incoraggiato e utilizzato quale opportunità per gli enti locali di associarsi ad iniziative comunitarie come le cooperative di produzione di energia rinnovabile.

3.11.

L’ambizione ambientale della tabella di marcia del Green Deal europeo di indurre i paesi terzi ad agire garantendo la comparabilità delle azioni dovrebbe assumere la forma di una coalizione di paesi per il clima che, conformemente alle raccomandazioni dei premi Nobel Tirole (2017) e Nordhaus (2018), classifichi i paesi in base alle loro emissioni di gas a effetto serra, per spingere l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) a introdurre una tariffa sul carbonio. Un meccanismo di fissazione di un «prezzo minimo del carbonio» potrebbe essere attuato attraverso il sistema di scambio di quote di emissione dell’UE oppure attraverso la direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici, che sarà sottoposta a revisione nel quadro del Green Deal europeo.

4.   Osservazioni particolari

4.1.   Garantire l’efficacia del bilancio

4.1.1.

Nella prospettiva di attenuare l’impatto della pandemia di Covid-19, il CESE accoglie con favore tutte le misure proposte intese a sostenere la liquidità di settori e imprese attraverso gli strumenti di garanzia della BEI, che potrebbero anche favorirne la trasformazione in banca dell’UE per il clima.

4.1.2.

Uno dei maggiori insegnamenti che si traggono dalla crisi umana ed economica senza precedenti causata dalla pandemia è la necessità di una Funzione europea di stabilizzazione degli investimenti rafforzata in grado di reagire con investimenti pubblici adeguati alle sfide specifiche di ciascun paese. Sono inoltre necessari provvedimenti che aiutino gli Stati membri a rafforzare il ricorso ai loro sistemi fiscali e alle misure pubbliche di incentivo (7) per rilanciare le loro economie.

4.1.3.

Il CESE sottolinea inoltre che la progettata riforma del trattato che istituisce il MES dovrebbe andare di pari passo con il BICC e l’EDIS. Sono stati compiuti notevoli sforzi per ridurre il rischio nel settore bancario (riduzione dei crediti deteriorati e rafforzamento del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili, regime di insolvenza ecc.)

4.1.4.

Il CESE condivide ampiamente il ruolo della BEI quale banca dell’UE per il clima e l’importanza della cooperazione con altre istituzioni finanziarie. Secondo il principio di proporzionalità, è necessario garantire una liquidità sufficiente a tutte le banche eventuali che potrebbero essere coinvolte in operazioni legate al Green Deal.

4.2.   Ottimizzare l’efficienza di qualunque forma di strumento previsto che fornisca un nuovo orientamento al processo del semestre europeo ponendo gli OSS al centro del processo di elaborazione delle politiche e dell’azione dell’UE

4.2.1.

Vi è la necessità di una tassonomia solida e più ambiziosa delle attività sostenibili, che comprenda gli aspetti sociali e crei sinergie e confluenze con i progressi compiuti dalle Nazioni Unite attraverso un’adeguata integrazione degli OSS nel semestre europeo. Le decisioni sulle modalità di utilizzo delle risorse del fondo UE per la ripresa dovrebbero essere guidate da una tassonomia dei finanziamenti verdi a livello dell’UE, volta a premiare gli investimenti nelle tecnologie pulite.

4.2.2.

Il CESE chiede un utilizzo migliore e più approfondito delle fonti statistiche pubbliche, rafforzando il ruolo di Eurostat quale fonte di dati affidabili relativi ai risultati «in termini di sostenibilità». Andrebbe potenziato il collegamento con gli indicatori di prestazione degli OSS e i criteri della BEI.

4.2.3.

Sono necessarie soluzioni tecnologiche per ottenere «dati granulari» di diversa provenienza (fino a una localizzazione geospaziale) e per lavorare sulla comparabilità tra paesi. Al tempo stesso, una revisione della direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (2014/95/UE) potrebbe contribuire alla divulgazione di informazioni standardizzate di qualità che siano più complete, pertinenti e comparabili grazie a una metodologia armonizzata (8), tenendo conto delle raccomandazioni della task force sulle comunicazioni di informazioni di carattere finanziario relative al clima (TCFD).

4.2.3.1.

La divulgazione di informazioni di carattere non finanziario dovrebbe essere aperta alle PMI, fornendo assistenza tecnica per la raccolta di dati fondamentali facilmente reperibili (per alimentare gli ICP (9)).

4.2.4.

Una tassonomia dinamica delle attività sostenibili: le pratiche di mercato che accompagnano gli indicatori di forte impatto dovrebbero essere valutate e integrate. Il CESE sottolinea l’importanza delle verifiche di mercato per la selezione dei progetti adeguati (10).

4.2.4.1.

Il CESE sottolinea che è fondamentale applicare metodologie più precise, ove queste siano disponibili, al fine di sviluppare sistemi di punteggio basati su informazioni affidabili fornite dalle imprese nel rispetto di tutti gli standard relativi ai prodotti finanziari (marchi, obbligazioni verdi e indici di riferimento relativi alla sostenibilità) concepiti nel piano d’azione sulla finanza sostenibile.

4.2.4.2.

È necessario un feedback sul processo di revisione dei calcoli dell’impatto da parte dei diversi gruppi di lavoro dell’ONU (relativi in particolare alla tassazione del carbonio e allo scambio di quote di emissione, un aspetto, questo, fondamentale per l’affidabilità degli indici di riferimento in materia di sostenibilità).

4.2.5.

Il CESE accoglie favorevolmente il piano, corredato di una valutazione d’impatto, relativo all’innalzamento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE entro il 2030, che la Commissione prevede di pubblicare entro l’estate 2020, accompagnandolo con un’analisi del fabbisogno di investimenti. Il CESE preme inoltre perché sia precisato l’impatto connesso ai progressi compiuti nell’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e del pilastro europeo dei diritti sociali.

4.2.6.

Le istituzioni di controllo ed altri organismi pubblici di sorveglianza, quale la Corte dei conti europea, dovrebbero anch’essi svolgere un ruolo complementare nel monitoraggio dell’impatto sociale dei suddetti obiettivi di riduzione.

4.2.7.

Il CESE sottolinea il potenziale dei megadati e dell’intelligenza artificiale per allineare le preferenze degli investitori con la destinazione degli investimenti. Occorre anche analizzare le soluzioni di apprendimento automatico per riorientare i flussi di investimenti verso attività o settori specifici che comprendano principi ambientali, sociali e di governo.

4.3.   Assistenza tecnica

4.3.1.

Le precedenti attività di sviluppo delle capacità della Commissione europea e del polo europeo di consulenza sugli investimenti costituiscono una buona base per creare una riserva di progetti sostenibili; vanno però applicate metodologie più solide che consentano un vero e proprio riorientamento dei flussi finanziari verso l’economia verde.

4.3.2.

Il CESE condivide l’idea di fornire un punto di accesso unico al fine di agevolare l’accesso ai finanziamenti tramite i promotori di progetti pubblici e privati e gli intermediari finanziari. Nel caso delle PMI, il CESE sostiene la collaborazione strutturale con le sue organizzazioni rappresentative.

4.4.   Educazione finanziaria (accompagnata da assistenza tecnica)

4.4.1.

Per i cittadini, a cominciare dall’età prescolare: i cittadini europei mostrano un interesse crescente per risparmi e investimenti che siano collegati a obiettivi sociali e ambientali. L’alfabetizzazione finanziaria (una comprensione più approfondita del funzionamento della finanza) può essere utile per responsabilizzare i cittadini e sensibilizzarli agli aspetti della finanza sostenibile, ivi compresa la definizione del ruolo appropriato della finanza nella società.

4.4.2.

Questo aspetto riguarda tutti gli organismi tecnici coinvolti nel processo del Green Deal e le pertinenti organizzazioni della società civile.

4.5.   Sostenibilità delle competenze per le imprese

4.5.1.

Il CESE sottolinea che l’adozione e la diffusione di tecnologie pulite richiedono competenze in materia di applicazione, adattamento e manutenzione delle tecnologie. Le competenze sono fondamentali anche per le economie e le imprese, per i lavoratori e gli imprenditori, affinché essi possano adattarsi rapidamente ai cambiamenti indotti dalle politiche ambientali o dai cambiamenti climatici. Le giuste competenze per i posti di lavoro verdi sono una condizione essenziale per realizzare la transizione verso un’economia più verde.

4.5.2.

Il CESE sottolinea che un obiettivo fondamentale per adeguarsi all’evoluzione del mercato del lavoro e dei profili professionali è quello di mantenere i lavoratori al passo con le nuove competenze necessarie nell’economia verde. Andrebbero adottate una strategia chiara in materia di previsione delle competenze e una tabella di marcia per le competenze in modo da consentire ai lavoratori di essere e mantenersi preparati alle future esigenze dell’industria; gli investimenti nell’istruzione e nella formazione, al pari del rafforzamento della cultura dell’apprendimento permanente, dovrebbero così essere uno dei principi della transizione giusta a livello regionale.

4.6.   Appalti pubblici socialmente responsabili

4.6.1.

Gli appalti pubblici socialmente responsabili sono alla base della transizione ecologica delle amministrazioni e della lotta contro la corruzione, ivi compresa la promozione di pratiche responsabili tramite i prestatori di servizi.

4.6.2.

Il CESE è favorevole alla proposta di criteri o obiettivi verdi obbligatori minimi per gli appalti pubblici nella normativa sulle iniziative settoriali, sui finanziamenti UE o su prodotti specifici, utilizzando indicatori ambientali che seguono l’evoluzione della tassonomia dell’UE. A tale riguardo sono necessari sistemi di informazione ed etichettatura ambientale più completi, trasparenti e razionalizzati, che dimostrino il rispetto di rigorosi obiettivi di sostenibilità.

4.7.   Meccanismo per una transizione giusta

4.7.1.

Il CESE accoglie favorevolmente il meccanismo per una transizione giusta, che presenta forti potenzialità di agevolare la transizione verde in specifici settori e regioni. Osserva che tale meccanismo non deve limitarsi a finanziare i processi di decarbonizzazione e andrebbe attuato in parallelo con i meccanismi di stabilizzazione ad hoc, a beneficio di altri settori e regioni che stanno vivendo situazioni economiche sfavorevoli e necessitano di riforme strutturali.

4.7.2.

Il meccanismo per una transizione giusta costituisce una combinazione equilibrata di sovvenzioni e strumenti finanziari tra programmi gestiti su base centrale o condivisa, tra vari tipi di fonti di finanziamento, nonché tra competenze e responsabilità a diversi livelli (UE, nazionale, regionale e comunale). Questa miscela originale richiederà pertanto un nuovo livello di governance e di gestione.

4.7.3.

Il meccanismo per una transizione giusta dovrebbe creare nuovi posti di lavoro di qualità nelle regioni direttamente interessate. Il CESE fa osservare che le carenze di competenze sono già state riconosciute dall’OIL come una delle principali strozzature per una serie di settori, quali l’energia rinnovabile, l’efficienza nell’uso dell’energia e delle risorse, la ristrutturazione energetica degli edifici, l’edilizia a energia zero, i servizi ambientali e l’industria manifatturiera.

4.7.4.

Il CESE chiede che vi sia una forte coerenza tra il piano d’azione per l’economia sociale previsto per il 2021 e il piano di investimenti del Green Deal europeo allo scopo di coinvolgere gli investimenti dell’economia sociale nell’applicazione del meccanismo.

4.7.5.

Il meccanismo per una transizione giusta deve anche tenere conto degli sforzi di decarbonizzazione già compiuti da ciascun paese e dalle sue regioni (11) a partire dal 1990, in modo che anch’essi possano avere accesso ai finanziamenti, senza essere penalizzati per essersi mossi prima. A tal fine Eurostat dovrebbe migliorare la pubblicazione dei suoi indicatori di convergenza e divergenza regionale (compresi il declino e l’invecchiamento della popolazione), in modo che anche questi territori possano beneficiare del meccanismo.

4.8.   Uno sforzo globale attraverso la cooperazione internazionale

4.8.1.

Il CESE accoglie con favore la recente istituzione della piattaforma internazionale sulla finanza sostenibile (12), che sta portando il capitale privato a un livello superiore, verso una finanza sostenibile dal punto di vista ambientale su scala mondiale. La piattaforma andrebbe utilizzata anche per incentivare l’adozione a livello internazionale del sistema di scambio delle quote di emissioni.

4.8.2.

Il CESE evidenzia inoltre la necessità di investimenti in materia di ambiente e di clima per sostenere azioni al di fuori dell’UE, specialmente nel quadro della strategia per l’Africa.

4.8.3.

Nel quadro del piano di risposta umanitaria globale alla Covid-19, il CESE sostiene con vigore la campagna di mobilitazione a livello mondiale per raccogliere fondi a favore della diagnostica, della terapia e dello sviluppo di vaccini in relazione al coronavirus.

Bruxelles, 10 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2020/04/09/report-on-the-comprehensive-economic-policy-response-to-the-covid-19-pandemic

(2)  Strumento «Next Generation EU» da 750 miliardi di EUR.

(3)  Più in particolare: le proposte della Commissione europea per utilizzare al meglio il bilancio attuale in modo completo, accessibile e flessibile, in special modo il Fondo di solidarietà dell’UE, l’Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus (pack I e II) e la riattivazione dello strumento per il sostegno di emergenza, lo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un’emergenza (SURE), il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD); il programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP) della Banca centrale europea (BCE), con estensione della gamma di attività ammissibili e allentamento dei requisiti in materia di garanzie; il ruolo delle autorità di vigilanza nel trattamento tempestivo dei requisiti regolamentari in ambito finanziario; l’iniziativa della Banca europea per gli investimenti (BEI) volta a creare un fondo di garanzia paneuropeo rivolto alle PMI; l’iniziativa dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (IET) in risposta alla crisi.

(4)  COM(2020) 22 final.

(5)  Adeguamenti delle norme prudenziali bancarie al fine di massimizzare la capacità degli enti creditizi di erogare prestiti e di assorbire le perdite, garantendo nel contempo che rimangano resilienti.

(6)  Parere del CESE del 19 settembre 2018 sul quadro finanziario pluriennale post 2020 (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106).

(7)  Per affrontare le esternalità positive.

(8)  Parere del CESE del 17 ottobre 2018 sulla Comunicazione della Commissione «Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile» (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 73).

(9)  Indicatori chiave di prestazione.

(10)  Parere del CESE del 17 ottobre 2018 sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma InvestEU» (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 131).

(11)  Le province interessate dalla chiusura delle loro attività minerarie ai sensi della decisione 2010/787/UE del Consiglio.

(12)  La piattaforma internazionale sulla finanza sostenibile è stata lanciata il 18 ottobre 2019 da Argentina, Canada, Cile, Cina, India, Kenya, Marocco e Unione europea, che insieme producono quasi la metà delle emissioni di gas a effetto serra a livello mondiale.


18.9.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 311/71


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 575/2013 e (UE) 2019/876 per quanto riguarda gli adeguamenti in risposta alla pandemia di Covid-19»

[COM(2020) 310 final — 2020/0066 (COD)]

(2020/C 311/10)

Relatore generale:

Giuseppe GUERINI

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 6.5.2020

Parlamento europeo, 13.5.2020

Base giuridica

Articoli 114 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Decisione dell’Ufficio di presidenza

30.4.2020

Adozione in sessione plenaria

10.6.2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

208/2/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione europea che introduce emendamenti ai regolamenti (UE) n. 575/2013 e (UE) 2019/876 per quanto riguarda gli adeguamenti in risposta alla pandemia di Covid-19.

1.2.

Poiché l’UE sta affrontando una crisi senza precedenti, è necessaria una risposta altrettanto straordinaria. La proposta deve essere adottata il prima possibile in modo che le risorse liberate possano essere utilizzate nel modo più efficace per far fronte all’impatto che la Covid-19 sta avendo e continuerà ad avere.

1.3.

Il CESE condivide la scelta di rinviare l’attuazione di Basilea 3+ introdotta dal Comitato di Basilea e approvata dalla Commissione europea. Tuttavia è altrettanto importante che il rinvio non sia semplicemente una conferma della regolamentazione attuale. Per questo appare opportuna la proposta di rivedere le direttive e i regolamenti.

1.4.

Il CESE suggerisce inoltre che, prima di riavviare il processo di attuazione, sarebbe della massima importanza per un adeguamento del sistema di regolazione europeo valutare attentamente i cambiamenti che si determineranno sulle istituzioni economiche e finanziarie in questa difficile stagione. Potrebbero rendersi necessarie nuove valutazioni d’impatto.

1.5.

Allo stesso modo, il CESE è preoccupato dall’immaginabile impossibilità di rispettare altre scadenze regolamentari incombenti in questa fase, date le sfide operative che le banche (e le autorità) stanno affrontando. È chiaramente il caso del nuovo quadro sul rischio di tasso di interesse nel Banking Book (IRRBB), che dovrebbe essere applicato a partire dal giugno 2021, mentre i relativi regolamenti di attuazione non sono ancora disponibili. È anche il caso del NSFR (che dovrebbe essere applicato a partire da giugno 2021).

1.6.

Pertanto potrebbe essere opportuno per queste parti, di CRR2/CRD5, così come per le linee guida EBA sull’origine e monitoraggio dei prestiti e le linee guida sulla nuova definizione di default, stabilire un ragionevole posticipo, o, come nel caso del NSFR, prevedere un periodo di phase-in di tre anni (similarmente al LCR), preservando l’intenzione originale dei legislatori di lasciare alle banche un anno di tempo, a partire dall’adozione, per l’applicazione esecutiva dei nuovi regolamenti.

1.7.

Considerazioni simili vanno fatte per quanto riguarda il rispetto degli obblighi introdotti con la direttiva (UE) 2019/879 del Parlamento e del Consiglio nonché del regolamento (UE) 2019/877 sulla capacità di assorbimento di perdite e ricapitalizzazione degli enti creditizi. Considerata la pressione sull’attività creditizia e le richieste delle stesse autorità di vigilanza di utilizzare le riserve di capitale per evitare una stretta creditizia, sarebbe opportuno rivedere e rinviare di conseguenza le scadenze previste dalla citata direttiva e dal citato regolamento per il raggiungimento degli obiettivi vincolanti di MREL.

1.8.

Il CESE condivide la proposta della Commissione relativa all’adeguamento delle disposizioni transitorie che consentono agli enti creditizi di alleviare l’impatto sui fondi propri degli accantonamenti e rettifiche per il rischio di credito (ECL) ai sensi dell’IFRS 9. Tuttavia, il CESE ritiene che la proposta costituisca soltanto un primo avvicinamento all’obiettivo di mitigazione degli impatti della recessione ma che non sia efficace e adeguata al mantenimento del level playing field fra gli intermediari europei. Per tale ragione, ritiene che la proposta possa essere integrata con le seguenti misure:

l’estensione della «nuova» componente dinamica misurata sul battente 1o gennaio 2020 anche al credito entrato in deterioramento a partire dal 1o gennaio 2020 (o altra data ritenuta utile successiva e in linea con la data di avvio della pandemia);

la non sostituzione del fattore di scala con la ponderazione unica del 100 %, intervento per i finanziamenti alla clientela «retail». Un simile intervento non riconoscerebbe la diversa rischiosità intrinseca alle categorie di prenditori tipici della generalità delle banche commerciali e molto più significativamente, delle banche locali. Ci si riferisce nello specifico alle famiglie e alle PMI. Le esposizioni associate a questa categoria di prenditori godono di un trattamento prudenziale specifico ai fini dei requisiti di capitale. Peraltro, la sostituzione del fattore di scala con la ponderazione unica del 100 % porrebbe rilevanti, quando non del tutto insormontabili, profili applicativi per le banche che applicano il metodo standard e si avvalgono del processo protocollare a fini segnaletici. In alternativa alla disposizione proposta dalla Commissione, si potrebbe valutare, come misura di effettiva semplificazione operativa un intervento inerente al trattamento della fiscalità associata di cui alla lettera a) del medesimo paragrafo 7 in luogo della cancellazione della lettera b);

l’estensione del periodo di phase-in applicabile anche alla componente statica misurata al 1o gennaio 2018, con l’introduzione del nuovo principio contabile IFRS 9, che richiede alle banche di porre una particolare attenzione all’impatto in sede di First Time Adoption (FTA), comporta effetti sulle modalità di valutazione in «scenario di vendita» anche delle posizioni deteriorate e che rappresentano oggi la componente più importante dell’intero importo posto in FTA.

1.9.

Il CESE ritiene utile l’estensione del trattamento attualmente applicabile alle esposizioni sui crediti deteriorati (NPE) garantite o assicurate dalle agenzie di credito all’esportazione ufficiali, alle NPE determinate per effetto della pandemia di Covid-19 e che sono coperte dai vari regimi di garanzia istituiti dagli Stati membri. Tuttavia, se lo scopo di questo emendamento è pervenire al riconoscimento che le garanzie pubbliche hanno lo stesso effetto di mitigazione del rischio di quelle fornite dalle Agenzie di credito all’Esportazione (ECA), anche i limiti temporali andrebbero allineati. Infatti se lo scopo è quello di raggiungere un allineamento completo nel trattamento di tali garanzie, il limite di 7 anni per l’applicazione di tale trattamento, proposto dalla Commissione, andrebbe emendato.

1.10.

Considerando che è necessario ogni sforzo per spingere le banche a sostenere meglio l’economia reale, il CESE sostiene la proposta volta ad anticipare le date di applicazione di alcune delle più corrette calibrazioni degli assorbimenti patrimoniali previsti nel CRR ma non ancora applicabili, quali le disposizioni sul trattamento di alcune tipologie di prestiti garantiti da pensioni o stipendi, oppure il fattore di sostegno per le piccole e medie imprese o il nuovo fattore di sostegno per il finanziamento delle infrastrutture.

1.11.

Gli investimenti infrastrutturali assumeranno nel prossimo periodo una grande rilevanza, pertanto il CESE ritiene opportuna una semplificazione degli articolati e onerosi criteri definiti dall’articolo 501a del CRR attinenti ai progetti che ne permetterebbero un più agevole riconoscimento ai fini dell’applicazione dei trattamenti prudenziali preferenziali previsti a riguardo [ad esempio, eliminando i requisiti definiti nei punti b), d), g), i), l), del paragrafo 1 e il punto a) del paragrafo 2].

1.12.

Nel contesto più ampio della revisione del bilancio pluriennale europeo, risulta di fondamentale importanza la nuova recovery strategy presentata dalla Commissione europea il 28 maggio con il #NextGenerationEu plan, che determina interventi di straordinaria portata in risposta alla crisi provocata dalla pandemia. Tale strategia dovrebbe andare ad integrare il Green Deal Investment Plan, licenziato nel primo trimestre del 2020 a sostegno della transizione verso una economia europea sostenibile.

1.13.

In merito ai fattori di supporto nel CRR, il CESE sostiene la necessità di introdurre un green and social supporting factor, che consenta di ridurre l’assorbimento di capitale, per i finanziamenti erogati dalle banche a favore di imprese dell’economia sociale e quelle realmente impegnate in programmi di sviluppo sostenibile ed inclusivo.

1.14.

Con riferimento al quadro normativo sui crediti in sofferenza, vale la pena notare che la Covid-19 influenzerà inevitabilmente il mercato degli NPL in molti modi. In tale contesto e considerando che l’attuale emergenza inciderebbe inevitabilmente sul mercato e rallenterebbe le procedure di cessione, il CESE chiede una modifica temporanea del regolamento (UE) 2019/630 del Parlamento e del Consiglio per quanto riguarda la copertura minima delle perdite sulle esposizioni deteriorate.

1.15.

È estremamente importante stabilire mercati privati dei crediti deteriorati, con il maggior numero possibile di partecipanti e acquirenti, in modo da evitare qualsiasi trasferimento di ricchezza dal settore bancario al settore dei fondi (non soggetto alle stesse regole), dalle economie locali, nazionali ed europea ad operatori aventi sede legale e fiscale in altri contesti.

1.16.

Il CESE ritiene necessaria l’introduzione temporanea del cosiddetto «filtro prudenziale», già previsto nel quadro di Basilea II, per rimuovere gli utili o le perdite non realizzati rilevati in bilancio. Infatti, tra gli effetti della pandemia, vi è un marcato aumento della volatilità anche per i titoli che sono tradizionalmente meno sensibili. In tali condizioni di mercato e tenendo conto del sostegno rilevante fornito dalle banche al debito pubblico, per aumentare la stabilità del capitale regolamentare occorre ridurre gli effetti della volatilità sui titoli diversi da quelli contenuti nel trading book.

1.17.

Accanto alla proposta della Commissione e in riferimento al rischio di mercato, in linea con gli orientamenti della BCE emessi il 16 aprile, il quadro di livello 1 dovrebbe essere modificato per eliminare gli attuali collegamenti tra la volatilità e l’assorbimento di capitale delle banche (moltiplicatore del VaR). Ciò è necessario perché, a causa della Covid-19, il mercato ha già mostrato un elevato livello di volatilità, con conseguente aumento significativo dell’assorbimento di capitale delle istituzioni.

2.   Commenti generali

2.1.

Le gravi conseguenze che si manifesteranno a causa della pandemia provocata dalla Covid-19 impongono l’adozione di misure urgenti per sostenere l’economia europea e la ripresa delle attività economiche negli Stati membri dell’Unione. In questo contesto è estremamente importante evitare che la recessione, senza un adeguato intervento di tutela legislativa, finisca per abbattere ulteriormente la già minata biodiversità del settore bancario dell’UE: in particolare riteniamo che la specifica funzione delle banche comunitarie, territoriali (soprattutto per quelle a forte partecipazione diffusa tipica delle banche cooperative) vada protetta e rafforzata.

2.2.

La Commissione europea ha presentato il 28 aprile 2020 un pacchetto di misure bancarie volto a facilitare il compito delle banche nel promuovere finanziamenti a imprese e famiglie indirizzati ad attenuare il significativo impatto economico della Covid-19. Il pacchetto conferma le recenti dichiarazioni sull’uso della flessibilità nell’ambito delle norme contabili e prudenziali espresse dagli standard internazionali e dalle Autorità di settore europee, nonché alcune proposte di modifica mirate alle norme bancarie dell’UE, da adottare rapidamente con l’obiettivo di migliorare la capacità del sistema bancario di prestare e assorbire le perdite nel contesto della pandemia di Covid-19, pur mantenendo la coerenza con la normativa prudenziale.

2.3.

Il CESE accoglie con favore le prime misure decise e le prime indicazioni espresse dalle autorità settoriali europee, vale a dire EBA, ESMA e BCE/SSM. Tali decisioni e orientamenti volti a garantire una maggiore flessibilità nell’ambito dell’attuale quadro normativo vanno nella giusta direzione per affrontare la prima fase di questa emergenza. Il CESE concorda con la comunicazione della Commissione volta a garantire uniformità d’interpretazione e di applicazione delle misure adottate dai diversi soggetti che compongono il sistema europeo delle autorità di vigilanza. Uniformità di interpretazione e di applicazione assicurano una maggiore efficacia delle misure stesse.

2.4.

Il CESE ritiene tuttavia le misure proposte non risolutive rispetto alle previsioni di recessione che si prefigurano a seguito degli impatti della pandemia. La Covid-19 è un’emergenza straordinaria con rilevanti ripercussioni economiche e sociali. Tutte le istituzioni europee devono reagire per ridurre l’impatto sull’economia reale, anche con scelte di discontinuità coraggiose.

2.5.

In questo campo, il CESE rileva che è stata prestata particolare attenzione all’applicazione delle misure di tolleranza e degli strumenti moratori e al loro impatto sulla potenziale riclassificazione dei debitori ai sensi delle norme prudenziali e dei principi contabili IFRS e al trattamento delle garanzie pubbliche e degli NPL.

2.6.

Per far fronte all’emergenza, il CESE sottolinea che tutte le istituzioni finanziarie europee stanno fornendo strumenti diversi per sostenere l’economia reale. Tra gli altri, le banche stanno fornendo strumenti moratori, misure di tolleranza, anticipo in contanti sulle indennità di disoccupazione e altri aiuti straordinari a società di capitali, società a media capitalizzazione, PMI e famiglie. Tale assistenza finanziaria si basa su decreti nazionali o su schemi volontari.

2.7.

Ciononostante, considerato l’impatto grave e senza precedenti della pandemia, il CESE ribadisce che le misure di cui sopra non siano sufficienti.

2.8.

Alla luce di quanto precede, il CESE accoglie con favore la «Proposta relativa agli adeguamenti in risposta alla pandemia di Covid-19» lanciata dalla Commissione lo scorso 28 aprile.

2.9.

Il CESE condivide l’idea che, oltre a sfruttare appieno la flessibilità consentita nel quadro esistente, siano necessarie alcune modifiche limitate ad aspetti specifici del CRR al fine di massimizzare la capacità degli enti creditizi di sostenere l’economia e al contempo assorbire le perdite legate alla pandemia di Covid-19, garantendo comunque la loro resilienza continua. Inoltre, a livello internazionale, il BCBS ha concordato un ritardo di un anno nel termine per l’attuazione degli elementi finali del quadro di Basilea 3, di cui alcuni elementi erano già stati incorporati nel CRR, nonché una maggiore flessibilità dell’impatto dell’IFRS 9 sul capitale. Questi cambiamenti devono riflettersi nelle regole esistenti.

2.10.

L’impatto della pandemia influenzerà sotto vari aspetti il mercato degli NPL in molti modi. Basti pensare che le attività dei Tribunali sono state per diverse settimane sospese e/o rinviate e pertanto i processi di recupero degli NPL sono ritardati. Anche i processi di recupero non giudiziario saranno inoltre costretti a rallentare.

2.11.

Di conseguenza, anche i processi di dismissione dei crediti deteriorati saranno interessati e una depressione dei prezzi degli NPL durerà per almeno 24 mesi. Ciò potrebbe generare un altro vantaggio per gli acquirenti non bancari specializzati degli NPL, non soggetti alla regolamentazione prudenziale europea, mettendo le banche dell’UE in netto svantaggio e determinando un trasferimento di ricchezza dal settore bancario a entità non regolamentate, esattamente in un momento in cui abbiamo bisogno che le banche sostengano la ripresa economica, avendo anche annullato i dividendi.

2.12.

In questo contesto e considerando che l’attuale emergenza inciderebbe inevitabilmente sul mercato e rallenterebbe le procedure di dismissione, il CESE chiede una modifica temporanea del regolamento di back-stop sugli NPL come sopra descritto.

2.13.

L’articolo 473 bis del CRR contiene disposizioni transitorie che consentono agli enti di reintegrare nel loro capitale primario una parte dell’impatto degli accantonamenti dovuto all’introduzione del modello di impairment ECL ai sensi dell’IFRS 9. Le disposizioni introdotte consentono in primo luogo di neutralizzare parzialmente l’impatto realizzato dall’applicazione del nuovo modello di impairment sulle esposizioni, in seconda istanza di mitigare l’impatto dell’incremento addizionale di svalutazioni rilevato tempo per tempo.

2.14.

Questa disposizione costituirà un avvicinamento all’obiettivo di mitigazione degli impatti, significativamente critici, della recessione ma non è sufficiente a garantire il mantenimento del level playing field degli istituti di credito europei. Poiché una tra le principali conseguenze della crisi sarà l’innalzamento dei livelli di deterioramento, la mitigazione dell’impatto della crisi con riferimento alla sola componente delle esposizioni in bonis deve essere estesa al credito entrato in deterioramento dopo la comparsa della pandemia in Europa (gennaio 2020).

2.15.

Come già ribadito, il sistema socioeconomico dell’Unione verrà messo a dura prova dall’impatto che la pandemia avrà nei prossimi mesi sull’economia reale. Un ripensamento generale del tessuto produttivo europeo deve necessariamente essere condotto. Riteniamo pertanto che questa sfida immane possa tramutarsi nella opportunità di ricostruire un modello economico europeo più sostenibile dal punto di vista ambientale e più inclusivo dal punto di vista sociale. In questo scenario, le banche locali aventi qualsiasi natura giuridica (sia di capitali sia di persone ovvero cooperative), per loro stessa natura decentralizzate e capillarmente distribuite su tutto il territorio, potrebbero e dovrebbero giocare un ruolo fondamentale nella distribuzione degli incentivi, adattandosi perfettamente al ruolo di catena di distribuzione del valore dalle istituzioni centrali alle realtà locali più remote. Per questo motivo, la rilevanza strategica delle banche di comunità dovrà essere riconosciuta e rafforzata.

2.16.

La pandemia ha dimostrato da un lato che, laddove vi sia un tessuto sociale coeso e una presenza importante di organizzazioni dell’economia sociale, la risposta di solidarietà anche sotto forma di imprese sociali è stata un importante fattore di resilienza, dall’altro che la presenza di organizzazioni dell’imprenditoria sociale sarà di grande importanza per rilanciare un sistema economico inclusivo e sostenibile, abbattendo il rischio che interi settori economici possano crollare. Per questo il CESE sostiene la necessità di introdurre un green and social supporting factor nel CRR, che consenta di ridurre l’assorbimento di capitale, per i finanziamenti erogati dalle banche a favore di imprese dell’economia sociale.

2.17.

Del resto l’articolo 501c del CRR 2 prevede infatti che l’EBA promuova entro il 2025 uno studio approfondito per verificare la possibilità di giustificare l’introduzione di un trattamento prudenziale specifico per le esposizioni relative ad assets o attività con tali caratteristiche.

2.18.

Il CESE ritiene utile introdurre questo fattore di supporto senza attendere il 2025, che potrebbe risultare troppo tardivo e fatale, per adottare una misura di supporto che permetterebbe agli istituti di credito di erogare maggiore credito e risorse a questi settori strategici oggi in difficoltà.

2.19.

Durante questa fase di emergenza si sono osservati esempi di quanto le imprese sociali siano in grado di garantire una maggiore resilienza alle comunità a cui rivolgono i propri servizi, in molti casi addirittura affiancandosi o sostituendosi alle amministrazioni pubbliche laddove queste non siano in grado di raggiungere capillarmente le necessità. Suggeriamo dunque di accorciare sensibilmente la scadenza del mandato conferito dai legislatori all’EBA e velocizzare l’iter di costituzione di un «sustainability supporting factor». La prospettiva microprudenziale andrebbe in questo caso opportunamente corretta e ribilanciata da una prospettiva sistemica, macroprudenziale e allo stesso tempo sociale.

2.20.

Il CESE condivide l’opinione della Commissione secondo cui il fatto di far avanzare al 1o luglio 2020 la data di applicazione dei due fattori di sostegno, il trattamento preferenziale di determinati beni software e il trattamento preferenziale di alcuni prestiti garantiti da pensioni o stipendi, libererebbe i fondi propri delle istituzioni, consentendo loro di aumentare i prestiti necessari durante la pandemia di Covid-19 e le sue conseguenze. Un effetto positivo si otterrebbe evidentemente prorogando fino al 1o gennaio 2021 i fattori di sostegno (1) anche per l’economia sociale reale e la green economy.

2.21.

Le proposte di modifiche avanzate dalla Commissione non cambieranno sostanzialmente il quadro normativo prudenziale e faciliterebbero gli sforzi collettivi volti a mitigare l’impatto della pandemia e quindi una rapida ripresa. A questo proposito, va segnalato che sarebbe opportuno posticipare le attuali curve di accantonamento relative ai crediti deteriorati per un periodo di 24 mesi per rispondere alla necessità di assicurare flussi di finanziamento adeguati in grado di limitare l’impatto della pandemia. Senza questo intervento, le banche si ritroverebbero di fronte a due sistemi d’incentivi contraddittori insiti nelle regole: da un lato, tutte quelle misure che tendono a liberare il capitale delle banche per nuovi finanziamenti o comunque ad evitare eccessiva pressione sullo stesso capitale (come ad esempio la revisione delle norme transitorie sull’IFRS9) e, dall’altro, quelle norme il cui esito finale può produrre una enorme pressione sul capitale o comunque disincentivare le banche ad erogare finanziamenti in una economia stressata per evitare ricadute negative sul capitale. Se non revisionato, il prudential backstop potrebbe costituire una simile norma, disincentivante in uno scenario di stress economico e recessione. L’adeguamento dovrebbe applicarsi sia ai crediti deteriorati garantiti che a quelli non garantiti.

Bruxelles, 10 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Riferimento all’articolo 501 quater —Trattamento prudenziale delle esposizioni relative a obiettivi ambientali e/o sociali.


18.9.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 311/76


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2011/16/UE per affrontare l’urgente necessità di rinviare determinati termini per la comunicazione e lo scambio di informazioni nel settore fiscale a causa della pandemia di COVID-19»

[COM(2020) 197 final — 2020/0081 (CNS)]

sulla «Proposta di decisione del Consiglio che modifica le direttive (UE) 2017/2455 e (UE) 2019/1995 per quanto riguarda le date di recepimento e di applicazione a causa della crisi della COVID-19»

[COM(2020) 198 final — 2020/0082 (CNS)]

e sulla «Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2017/2454 per quanto riguarda le date di applicazione a causa della crisi della COVID-19»

[COM(2020) 201 final — 2020/0084 (CNS)]

(2020/C 311/11)

Relatore generale:

Petru Sorin DANDEA

Consultazione

Consiglio, 13.5.2020 e 15.5.2020

Base giuridica

Articoli 113 e 115 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Decisione del presidente del CESE

14.5.2020

Adozione in sessione plenaria

10.6.2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

218/2/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Tenuto conto della crisi indotta dalla pandemia di COVID-19 e delle forti perturbazioni nelle attività economiche dovute alle misure eccezionali varate dagli Stati membri, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è favorevole al pacchetto di misure proposto dalla Commissione europea, il cui obiettivo è il rinvio dei termini stabiliti per l’applicazione della direttiva relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e il rinvio dell’entrata in vigore del pacchetto che disciplina il regime IVA applicabile al commercio elettronico transfrontaliero.

1.2.

Secondo le valutazioni della Commissione, il rinvio dei termini previsti per il regime IVA sul commercio elettronico transfrontaliero avrà ripercussioni finanziarie per gli Stati membri, che perderanno circa 3 miliardi di EUR. La Commissione segnala tuttavia che il sistema può essere operativo solo quando tutti gli Stati membri saranno pronti. Il CESE raccomanda agli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie affinché il sistema diventi operativo non appena la crisi attuale sarà stata superata.

1.3.

La direttiva sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e il pacchetto sul regime IVA per il commercio elettronico transfrontaliero fanno parte del corpus di norme dell’UE per la lotta contro l’elusione e l’evasione fiscali. Il CESE riconosce gli sforzi compiuti dalla Commissione per combattere questi fenomeni negativi, ma sottolinea che sarà possibile conseguire risultati veramente importanti soltanto con una migliore cooperazione tra gli Stati membri. Il CESE incoraggia gli Stati membri a raggiungere il consenso più ampio possibile nel più breve tempo possibile, affinché tali misure possano essere applicate rapidamente.

1.4.

Secondo il CESE, la Commissione europea dovrebbe prestare assistenza anche per la formazione del personale che gestirà il nuovo sistema informatico necessario ad applicare il nuovo regime IVA sul commercio elettronico transfrontaliero.

2.   Contesto della proposta

2.1.

Dopo che l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato lo stato di pandemia per la malattia da coronavirus 2019 (COVID-19), alcuni Stati membri hanno segnalato alla Commissione che, a causa delle misure eccezionali varate a livello nazionale, non sarà loro possibile garantire né l’applicazione di talune misure previste nella direttiva sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, né il recepimento delle disposizioni stabilite nel pacchetto sul regime IVA per il commercio elettronico.

2.2.

La Commissione ha pubblicato un pacchetto di proposte volte ad aiutare gli Stati membri in questo difficile contesto. Le proposte della Commissione europea (1) mirano a rinviare alcuni termini di applicazione o di recepimento che sono previsti nella direttiva sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e nelle direttive (UE) 2017/2455 e (UE) 2019/1995, oltre che nel regolamento (UE) 2017/2454, che disciplinano il regime IVA applicabile al commercio elettronico transfrontaliero.

2.3.

Per quanto riguarda la direttiva sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale (DAC), la Commissione propone di rinviare di tre mesi i termini fissati nella direttiva 2014/107/UE (DAC2) e nella direttiva (UE) 2018/822 (DAC6). Più precisamente, lo scambio di informazioni che queste due direttive prevedono in rapporto ai conti finanziari dei non residenti, ossia le intese fiscali transfrontaliere, avrà inizio dopo il rinvio proposto dalla Commissione. Se gli Stati membri saranno costretti a prorogare il periodo di applicazione delle misure eccezionali, la Commissione propone la possibilità di un ulteriore rinvio dei termini stabiliti nel pacchetto in esame attraverso l’adozione di un atto delegato.

2.4.

Per il recepimento del pacchetto sul regime IVA applicabile al commercio elettronico, la Commissione propone di rinviarne di sei mesi l’entrata in vigore. Occorre creare ex novo il sistema informatico necessario ad applicare il regime IVA sul commercio elettronico, almeno per quanto riguarda il meccanismo dello sportello unico per le importazioni.

2.5.

L’iniziativa della Commissione è in linea con le altre misure introdotte finora e viene incontro alle giustificate richieste avanzate non solo da alcuni Stati membri, ma anche da imprese operanti nel settore delle attività postali e di corriere che, nel contesto della crisi dovuta alla pandemia di COVID-19, hanno difficoltà ad adattare i loro servizi al nuovo regime IVA sul commercio elettronico transfrontaliero.

3.   Osservazioni generali

3.1.

La crisi sanitaria dovuta al coronavirus ha generato notevoli perturbazioni a livello sociale ed economico. Gli Stati membri hanno dovuto affrontare sfide senza precedenti in molti settori. Le amministrazioni fiscali hanno osservato che, in tale difficile contesto, non potranno garantire l’applicazione di alcune norme. Il pacchetto normativo proposto dalla Commissione rinvia non solo alcuni termini fissati nella direttiva sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, ma anche il termine stabilito per il recepimento del pacchetto sul regime IVA applicabile al commercio elettronico transfrontaliero. Il CESE ritiene che il rinvio dei termini sia necessario ed è favorevole alle misure proposte dalla Commissione.

3.2.

Poiché, secondo le stime della Commissione, gli Stati membri perderanno gettito fiscale a causa dei rinvii previsti nel regime IVA applicabile al commercio elettronico transfrontaliero, il CESE raccomanda agli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie per superare l’attuale crisi e ritornare a una situazione normale nel più breve tempo possibile.

3.3.

Dato che non si sa con certezza quando la vita dei cittadini e l’attività delle imprese ritorneranno alla normalità, il CESE è favorevole a che la Commissione possa decidere un ulteriore rinvio dei termini fissati nel pacchetto in esame tramite l’adozione di atti delegati.

3.4.

La Commissione garantisce assistenza tecnica agli Stati membri per la messa in funzione del sistema informatico necessario ad applicare il regime IVA sul commercio elettronico transfrontaliero. Secondo il CESE, la Commissione dovrebbe prestare assistenza anche per la formazione del personale che gestirà il nuovo sistema.

3.5.

La direttiva sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e le norme sul regime IVA applicabile al commercio elettronico transfrontaliero hanno come obiettivo principale la lotta contro l’elusione e l’evasione fiscali. Il CESE riconosce gli sforzi compiuti dalla Commissione per combattere questi fenomeni negativi, ma sottolinea che sarà possibile conseguire risultati veramente importanti soltanto con una migliore cooperazione tra gli Stati membri. Il CESE incoraggia gli Stati membri a raggiungere il consenso più ampio possibile nel più breve tempo possibile, affinché tali misure possano essere applicate rapidamente.

Bruxelles, 10 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  COM(2020) 197 final, Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2011/16/UE per affrontare l’urgente necessità di rinviare determinati termini per la comunicazione e lo scambio di informazioni nel settore fiscale a causa della pandemia di Covid-19.

COM(2020) 198 final, Proposta di decisione del Consiglio che modifica le direttive (UE) 2017/2455 e (UE) 2019/1995 per quanto riguarda le date di recepimento e di applicazione a causa della crisi della Covid-19.

COM(2020) 201 final, Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2017/2454 per quanto riguarda le date di applicazione a causa della crisi della Covid-19.


18.9.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 311/79


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1305/2013 per quanto riguarda misure specifiche volte a fornire un sostegno temporaneo eccezionale nell’ambito del FEASR in risposta alla pandemia di COVID-19»

[COM(2020) 186 final — 2020/0075 (COD)]

(2020/C 311/12)

Relatore unico:

Arnold PUECH D’ALISSAC

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 12.5.2020

Parlamento europeo, 13.5.2020

Base giuridica

Articoli 42 e 43, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

27.5.2020

Adozione in sessione plenaria

10.6.2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

208/1/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La pandemia di COVID-19 ha un forte impatto negativo sul settore agricolo e agroalimentare dell’UE. Per questo motivo, il CESE accoglie con favore la nuova misura proposta della Commissione europea, la considera altamente necessaria e chiede alle istituzioni europee di adottarla con urgenza.

1.2.

La crisi conferma la natura geostrategica del settore agroalimentare e la necessità di mantenere un’autosufficienza alimentare nell’Unione europea. Per questo motivo, le misure volte a sostenere i flussi di cassa delle aziende agricole e le PMI agroalimentari sono essenziali per garantire la loro sopravvivenza economica in questo periodo di crisi, in particolare nelle zone svantaggiate o isolate come le isole e le zone montane.

1.3.

Tuttavia, poiché alcuni paesi dell’UE hanno già esaurito i loro fondi a titolo del FEASR o li hanno impegnati, il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe prevedere un fondo straordinario al di fuori del bilancio della PAC e finanziarlo con risorse del piano di ripresa, per consentire l’attuazione di questa misura senza dover ridurre le risorse destinate al FEASR. In caso contrario, il Comitato ritiene opportuno che nella proposta legislativa in esame vengano inserite alcune flessibilità in seno al FEASR e invita pertanto la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo a tener conto delle osservazioni generali formulate nel presente parere.

2.   Sintesi della proposta della Commissione

2.1.

La Commissione europea propone di modificare il regolamento relativo al FEASR, al fine di consentire alle autorità di gestione di mobilitare fino all’1 % del bilancio 2014-2020 nell’ambito di una nuova misura, denominata articolo 39 ter — Aiuto eccezionale e temporaneo a favore di agricoltori e PMI attivi nel settore della trasformazione, della commercializzazione e/o dello sviluppo di prodotti agricoli, che sono particolarmente colpiti dalla crisi dovuta alla pandemia di COVID-19.

2.2.

La misura proposta prevede un sostegno (il cui importo massimo non è superiore a 5 000 EUR per agricoltore e a 50 000 EUR per PMI) erogato in forma di somma forfettaria da versare entro il 31 dicembre 2020 secondo criteri obiettivi e non discriminatori.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta di regolamento e la rapidità con cui la Commissione europea ha reagito al fine di alleviare i problemi di flusso di cassa delle imprese in difficoltà finanziarie a seguito della pandemia di COVID-19.

3.2.

Concorda con la misura proposta e considera molto importante che le istituzioni europee la adottino quanto prima.

3.3.

Tuttavia, ritiene che alcuni aspetti potrebbero essere migliorati:

3.3.1.

per finanziare questa misura dovrebbe essere proposto un fondo specifico supplementare, il quale dovrebbe attingere alle risorse del piano di ripresa di prossima adozione, in modo che non vi sia alcuna riduzione dei finanziamenti destinati al FEASR;

3.3.2.

in questo ultimo anno del quadro finanziario pluriennale 2014-2020, i fondi disponibili nell’ambito del FEASR variano notevolmente da uno Stato membro all’altro. Il massimale proposto dell’1 % della dotazione è necessario e garantisce un’armonizzazione a livello europeo che il Comitato ha sempre auspicato;

3.3.3.

tuttavia, per permettere agli Stati membri di raggiungere tale massimale, esso dovrebbe derogare ai vincoli di bilancio previsti dal regolamento (UE) n. 1305/2013. Pertanto, gli Stati membri devono avere la possibilità di utilizzare i fondi disponibili e ottenere a tal fine una deroga ai paragrafi 5 e 6 dell’articolo 59 di tale regolamento, indipendentemente dall’origine dei fondi, evitando nel contempo, tramite criteri mirati, qualsiasi sovracompensazione.

Bruxelles, 11 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


18.9.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 311/81


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale (codificazione)»

[COM(2020) 49 final — 2020/0022 (CNS)]

(2020/C 311/13)

Consultazione da parte del Consiglio

25.2.2020

Base giuridica

Articoli 113 e 115 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sessione plenaria

10.6.2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

221/1/3

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia senza riserve il contenuto della proposta in esame e ricorda di essersi già pronunciato in materia nei suoi pareri precedenti riguardanti, rispettivamente: la «Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 904/2010 per quanto riguarda misure di rafforzamento della cooperazione amministrativa per lottare contro la frode in materia di IVA» (adottato il 15 maggio 2019) (1); la «Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica» (adottato il 18 gennaio 2018) (2); la «Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale» e la «Proposta di direttiva del Consiglio recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno» (adottato il 28 aprile 2016) (3); il tema «Completare l’Unione economica e monetaria — Il ruolo della politica fiscale» (adottato il 10 dicembre 2014) (4); e la «Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale» (adottato il 16 ottobre 2013) (5). Pertanto, nella 552a sessione plenaria del 10 e 11 giugno 2020 (seduta del 10 giugno 2020), il CESE decide, con 221 voti a favore, 1 voto contrario e 3 astensioni, di adottare un parere senz’altro favorevole alla proposta su cui è stato consultato e di rinviare alla posizione già espressa nei suddetti pareri precedenti.

Bruxelles, 10 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 240 del 16.7.2019, pag. 29.

(2)  GU C 197 dell'8.6.2018, pag. 29.

(3)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 93.

(4)  GU C 230 del 14.7.2015, pag. 24.

(5)  GU C 67 del 6.3.2014, pag. 68.


18.9.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 311/82


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 223/2014 per quanto riguarda l’introduzione di misure specifiche volte ad affrontare la crisi dovuta alla COVID-19»

[COM(2020) 223 — 2020/0105 (COD)]

(2020/C 311/14)

Consultazione

Parlamento europeo, 17.6.2020

Consiglio, 8.6.2020

Base giuridica

Articolo 175, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sessione plenaria

10.6.2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

225/2/3

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente ed essendosi già pronunciato al riguardo nel suo precedente documento di sintesi SOC/651 — Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD)/Crisi COVID-19 (EESC-2020-01741-00-01-PAC-TRA-IT), inviato al Consiglio e al Parlamento europeo il 15 aprile 2020, il Comitato, nel corso della 552a sessione plenaria dei giorni 10 e 11 giugno 2020, ha deciso, con 225 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 10 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


18.9.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 311/83


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda le risorse destinate alla dotazione specifica per l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile»

[COM(2020) 206 final — 2020/0086 (COD)]

(2020/C 311/15)

Consultazione

Parlamento europeo, 27.5.2020

Consiglio, 2.6.2020

Base giuridica

Articolo 177, paragrafo 1 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sessione plenaria

10.6.2020

Sessione plenaria n.

552

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

219/0/2

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente, il Comitato, nel corso della 552a sessione plenaria dei giorni 10 e 11 giugno 2020 (seduta del 10 giugno 2020), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 219 voti favorevoli, 0 voti contrari e 2 astensioni.

Bruxelles, 10 giugno 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER