ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 404

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

62° anno
29 novembre 2019


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

2019/C 404/01

Parere del Comitato europeo delle regioni — Strategie macroregionali, sull’esempio della strategia per la regione del Danubio: un quadro per la promozione dei cluster transnazionali

1

 

PARERI

2019/C 404/02

Parere del Comitato europeo delle regioni — Verso un processo decisionale più efficiente e democratico nella politica fiscale dell’UE

6

2019/C 404/03

Parere del Comitato europeo delle regioni — Un approccio basato sul territorio alla politica industriale dell’UE

9

2019/C 404/04

Parere del Comitato europeo delle regioni — Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS): una base per la strategia UE di lungo termine per un’Europa sostenibile entro il 2030

16

2019/C 404/05

Parere del Comitato europeo delle regioni - Una bioeconomia sostenibile per l’Europa: rafforzare il collegamento tra economia, società e ambiente

24

2019/C 404/06

Parere del Comitato europeo delle regioni — Rafforzare l’istruzione STE(A)M nell’UE

30

2019/C 404/07

Parere del Comitato europeo delle regioni — Verso un quadro completo dell’Unione europea in materia di interferenti endocrini

34

2019/C 404/08

Parere del Comitato europeo delle regioni — Dimensione transfrontaliera della riduzione del rischio di catastrofi (RRC)

39

2019/C 404/09

Parere del Comitato europeo delle regioni – Una nuova agenda europea per accelerare lo sviluppo delle industrie marittime

44

2019/C 404/10

Parere del Comitato delle regioni — Governance multilivello e cooperazione intersettoriale per la lotta contro la povertà energetica

53


 

III   Atti preparatori

 

Comitato delle regioni

2019/C 404/11

Parere del Comitato delle regioni — Un pianeta pulito per tutti - Visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra

58


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato delle regioni

29.11.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 404/1


Parere del Comitato europeo delle regioni — Strategie macroregionali, sull’esempio della strategia per la regione del Danubio: un quadro per la promozione dei cluster transnazionali

(2019/C 404/01)

Relatore

:

Dainis TURLAIS (LV/ALDE), membro del consiglio comunale di Riga

Testi di riferimento

:

Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull’attuazione delle strategie macroregionali dell’UE

COM(2019) 21 final

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

apprezza il fatto che la presidenza rumena del Consiglio gli abbia chiesto di elaborare un parere sulla competitività e la politica industriale dell’Unione europea, il cui obiettivo è sviluppare cluster transnazionali per garantire una migliore convergenza economica a livello macroregionale (ad esempio nella regione del Danubio);

2.

accoglie con favore la seconda relazione sull’attuazione delle strategie macroregionali dell’UE (1), una comunicazione della Commissione europea che valuta l’attuazione delle quattro strategie macroregionali per promuovere lo sviluppo economico, considera un ulteriore sviluppo di tali strategie in vista del possibile quadro di bilancio dell’UE per il periodo dopo il 2020 ed è accompagnata da un documento di lavoro dei servizi della Commissione (2) contenente valutazioni dettagliate di ciascuna strategia macroregionale;

3.

si compiace del fatto che la relazione della Commissione menzioni tutta una serie di risultati concreti conseguiti nei campi dell’ambiente e del clima, della ricerca e dell’innovazione, dello sviluppo economico e della connettività, e, nel contempo, richiami giustamente l’attenzione sulle difficoltà incontrate dai responsabili dell’attuazione delle strategie macroregionali: divari in termini di capacità amministrative e di sviluppo economico, sfide in relazione alla governance multilivello e problemi nel reperimento di fondi;

4.

accoglie con favore le conclusioni del Consiglio dell’Unione europea del 21 maggio 2019 sull’attuazione delle strategie macroregionali dell’UE (3), in cui si invitano i paesi partecipanti a rafforzare la titolarità e il sostegno politico a livello nazionale, promuovendo nel contempo il coinvolgimento delle parti interessate locali e regionali, e sottolinea l’importanza di continuare a utilizzare le strategie macroregionali come quadro strategico in grado di favorire un’attuazione più coerente e sinergica delle politiche, dei programmi e dei fondi dell’UE;

5.

sottolinea che, ai fini della governance multilivello, non è essenziale soltanto il coordinamento a livello macroregionale e nazionale: ancor più importante, infatti, è il coinvolgimento diretto dei rappresentanti delle città e delle regioni;

6.

rammenta che le strategie macroregionali sono il frutto di una visione europea autentica e profonda (4); apprezza il fatto che, nella suddetta relazione, la Commissione affermi che esse offrono grandi potenzialità e promuovono la cooperazione, sia all’interno dell’UE che tra questa e i suoi vicini, in modo unico e innovativo; e ribadisce la necessità per l’Unione europea di una visione dello sviluppo territoriale (5) che «vada al di là delle frontiere»;

7.

fa notare che l’obiettivo della coesione economica, sociale e territoriale introdotto dal trattato di Lisbona non è stato ancora raggiunto. La crescita economica e i vantaggi in termini di benessere che ne derivano per i cittadini consentiranno all’UE di acquisire una vera forza. Sfruttando il potenziale di tutti i livelli di governo dell’UE per promuovere la crescita economica, le strategie macroregionali possono contribuire in modo sostanziale ad allineare, entro un lasso di tempo ragionevole, il tenore di vita delle persone che vivono in zone tra loro limitrofe, contribuendo così anche a conseguire l’obiettivo di coesione sancito dal trattato UE. Il miglioramento del benessere dei cittadini deve essere al centro di ogni documento strategico;

8.

ribadisce che le strategie macroregionali sono ormai divenute uno strumento consolidato di coordinamento territoriale dal basso, capace di «sfruttare in modo più efficiente le potenzialità comuni delle macroregioni» (6). Tali strategie, infatti, aprono nuove possibilità di realizzare un’autentica governance multilivello senza far aumentare la burocrazia e nel contempo consentono, grazie al coinvolgimento diretto dei rappresentanti delle città e delle regioni, di ridurre il divario tra le politiche europee e quelle locali;

9.

esprime apprezzamento per il lavoro della Commissione nell’ambito delle politiche in materia di cluster, e invoca un legame molto più stretto tra questa politica e le strategie macroregionali, legame che contribuirebbe alla crescita economica e al conseguimento degli obiettivi di coesione, considerato che la ratio principale di tale politica è quella di rafforzare i vantaggi competitivi a livello regionale. I cluster hanno difatti già apportato un contributo reale e molto positivo all’attuazione delle strategie macroregionali: si pensi ad esempio al progetto DanuBioValNet (7), grazie al quale nella regione danubiana stanno emergendo nuove catene del valore per i prodotti biologici. Le strategie macroregionali promuovono la creazione di cluster, ma non ne limitano affatto l’attività alle aree geografiche da esse coperte;

10.

rimanda al proprio parere intitolato L’attuazione delle strategie macroregionali dell’UE (8), in cui propone, per migliorare il funzionamento delle strategie macroregionali, di adottare il principio dei «tre sì» («il CdR dice sì a migliori sinergie con gli strumenti di finanziamento, sì a una migliore integrazione delle strutture esistenti nelle strategie macroregionali e sì a una migliore applicazione delle norme esistenti»); e si rammarica del fatto che la Commissione europea non abbia tenuto conto di tale proposta;

11.

condivide appieno l’opinione della presidenza italiana della strategia dell’UE per la regione alpina secondo cui l’integrazione delle strategie macroregionali dell’UE nel quadro giuridico della politica di coesione per il periodo 2021-2027 sarebbe una mossa vantaggiosa per tutte le parti in causa, poiché rafforzerebbe tali strategie e contribuirebbe a migliorare la coesione territoriale dell’Unione;

12.

è aperto a un’iniziativa per una nuova strategia macroregionale, elaborata congiuntamente e sostenuta da più Stati membri e regioni, per affrontare sfide comuni in un ambito geografico delimitato, con l’avvertenza che, nello studiare la concezione di tale nuova strategia, occorrerà prestare attenzione a che essa non renda più difficile l’operatività delle strategie macroregionali esistenti;

13.

sostiene l’iniziativa volta a definire una strategia dell’UE per la regione dei Carpazi, che costituirebbe un quadro permanente per la cooperazione tra i paesi, le regioni e le comunità locali dei Carpazi. L’elaborazione di un documento strategico per la regione dei Carpazi consentirà, da un lato, di concentrarsi sui problemi incontrati da tale macroregione e, dall’altro, di creare opportunità per sfruttare appieno le specifiche potenzialità culturali e ambientali dei paesi che ne fanno parte. Riguardo al processo di definizione di tale strategia, occorre sottolineare qui l’aspetto costituito dal coinvolgimento di numerosi attori in rappresentanza sia dei livelli locale e regionale che di quelli nazionale ed europeo — un aspetto che, tra l’altro, trova riscontro nelle attività del gruppo interregionale Carpazi in seno al Comitato delle regioni;

14.

condivide la riflessione delle regioni e degli Stati europei affacciati sull’Atlantico che oggi partecipano alla strategia per il relativo bacino marittimo, secondo i quali occorre procedere verso la creazione di una strategia macroregionale basata sulla cooperazione che già esiste da decenni tra i partner atlantici. Una strategia macroregionale per la regione atlantica integrerebbe l’attuale strategia marittima, dotandola di una dimensione politica e di una governance multilivello che potrebbe coinvolgere anche Stati e regioni non appartenenti all’UE, ampliandone il campo di applicazione alle questioni territoriali e promuovendo una maggiore coerenza tra le priorità tematiche e gli strumenti di finanziamento esistenti. Tale nuova strategia macroregionale si concentrerebbe principalmente sul settore marittimo (ad esempio sulle energie oceaniche, indicate come una priorità per i soggetti interessati dell’area atlantica) nonché su settori cruciali quali l’occupazione e la formazione.

Finanziamento e governance

15.

sottolinea che le strategie macroregionali e settoriali dell’UE — come ad esempio Orizzonte 2020, Erasmus+, Europa creativa, il programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (COSME), il programma LIFE, il meccanismo per collegare l’Europa (CEF) e i fondi dell’UE per gli investimenti strategici — devono essere ulteriormente integrate tra loro per creare sinergie che consentano soluzioni congiunte ai problemi prioritari;

16.

accoglie con favore gli sforzi della Commissione europea volti a garantire migliori sinergie con il Fondo europeo di sviluppo regionale attraverso la sua proposta legislativa sulla cooperazione territoriale europea (9), ma osserva che tali adeguamenti riguardano soltanto una percentuale minima dei fondi europei;

17.

concorda con la raccomandazione della Commissione secondo cui andrebbero allineate meglio tra loro le summenzionate priorità delle strategie macroregionali e i fondi dell’UE grazie al coordinamento delle attività delle autorità responsabili della programmazione e dei principali attori delle strategie macroregionali nel periodo precedente la conclusione degli accordi di partenariato. Gli Stati e le regioni che partecipano all’attuazione delle strategie macroregionali devono concordare insieme, adottando un approccio «dal basso» (bottom-up), le priorità di tali strategie;

18.

invita la Commissione a garantire il coordinamento non solo all’interno degli Stati membri e tra di essi, ma anche a un terzo livello, ossia quello dell’UE. Le strategie macroregionali coprono un’ampia gamma di politiche settoriali e vengono sviluppate isolatamente dalla politica di cooperazione territoriale (CTE) dell’UE, con la conseguenza che le strategie relative alle politiche in cui assumono rilievo i finanziamenti a livello macroregionale non sono collegate tra loro. Al fine di garantire un approccio realmente multilivello, le strategie macroregionali dovrebbero essere attuate anche sotto la responsabilità diretta della Commissione, assicurandosi che il lavoro delle diverse direzioni generali di quest’ultima sia integrato nelle singole strategie macroregionali;

19.

è del parere che la rete delle autorità nazionali che dal 2016 gestisce le risorse del Fondo europeo di sviluppo regionale nella regione del Mar Baltico rappresenti un valido esempio di coordinamento «dal basso» che potrebbe ben essere promosso anche in altri settori d’intervento delle politiche e in altre aree geografiche;

20.

concorda pienamente con la Commissione europea nel ritenere che la buona riuscita dell’attuazione delle strategie macroregionali dipenda dal grado di coinvolgimento attivo degli Stati membri e delle regioni. Tali strategie sono destinate a rimanere al di sotto del loro potenziale e non potranno essere attuate con successo se gli Stati membri e le regioni non otterranno le risorse finanziarie e umane necessarie;

21.

sottolinea che le strategie macroregionali contribuiscono a coordinare l’attività e l’esperienza delle strutture esistenti e rendono più efficace l’uso delle risorse finanziarie disponibili, dimostrando così la loro importanza ai fini della promozione e dell’ulteriore sviluppo del principio della governance multilivello nell’attuazione dei progetti dell’UE;

Il recesso del Regno Unito dall’Unione europea

22.

ribadisce, con particolare riguardo al recesso del Regno Unito dall’UE, la sua convinzione che le strategie macroregionali possano sostenere uno sviluppo integrato anche al di là dei confini dell’UE; suggerisce pertanto di valutare come tali strategie potrebbero contribuire a plasmare le future relazioni tra il Regno Unito e l’UE; e sollecita entrambe le parti ad associare strettamente gli enti locali e regionali al prosieguo delle discussioni su questo tema;

23.

fa notare come esso consideri le strategie macroregionali che potrebbero coinvolgere le regioni del Regno Unito e dell’UE uno strumento importante per garantire in futuro una programmazione congiunta, un coordinamento e una cooperazione sostenibili tra le città e le regioni britanniche e quelle dell’Unione europea; ed invita le città e le regioni a partecipare attivamente allo sviluppo di tale cooperazione;

I cluster

24.

osserva che, in un mondo in cui la competizione globale non è più semplice concorrenza tra imprese, ma anche competizione tra regioni, i cluster svolgono, in quanto centri di eccellenza, un ruolo di grande rilievo per la prosperità delle regioni, la competitività e lo sviluppo economico, contribuendo in tal modo alla coesione territoriale;

25.

fa notare che i cluster sono importanti motori dell’innovazione, in quanto attraggono sia gli investitori che gli innovatori e collegano tra loro imprese, amministrazioni locali, centri di ricerca e istituti di formazione; sottolinea la notevole importanza di coinvolgere i cluster nel processo di sviluppo delle strategie di specializzazione intelligente, in particolare nelle piattaforme tematiche S3 promosse dalla Commissione europea, osservando che un approccio basato sui cluster può trovare una naturale spinta propulsiva nelle strategie macroregionali; rimarca l’importanza di sostenere un allineamento efficace delle strategie di specializzazione intelligente con le politiche regionali e nazionali allo scopo di promuovere una cooperazione interregionale efficace (e quindi anche il valore aggiunto delle strategie macroregionali ai fini dello sviluppo armonioso dei territori coinvolti) attraverso una maggiore presenza di cluster e un più sinergico accesso alle fonti di finanziamento; e ribadisce che occorre assicurare forme di finanziamento sostenibili per rafforzare le iniziative dei cluster volte ad attuare strategie di specializzazione intelligente nel quadro della cooperazione interregionale e transnazionale;

26.

fa osservare che la cooperazione tra i cluster è uno strumento molto promettente per rafforzare la capacità di innovazione delle regioni e che, pertanto, le organizzazioni di cluster per la cooperazione transfrontaliera o regionale non dovrebbero limitarsi all’Europa, bensì volgersi verso il mondo, con l’obiettivo di sviluppare cluster globali. Le strategie macroregionali tra regioni dell’UE, Stati membri ed eventualmente paesi terzi possono fornire un quadro adeguato per una siffatta cooperazione;

27.

richiama le conclusioni del Consiglio dell’Unione europea del 12 marzo 2018, in cui tale istituzione «chiede che la politica europea dei cluster venga ulteriormente sviluppata allo scopo di collegare i cluster regionali ed espanderli fino a farli diventare cluster transeuropei di livello mondiale, sulla base dei principi della specializzazione intelligente, allo scopo di favorire l’emergere di nuove catene del valore in tutta Europa»; e osserva pertanto che occorre fare in modo che la prossima dotazione finanziaria di Interreg garantisca il finanziamento della cooperazione nell’ambito della specializzazione intelligente in tutta l’UE;

28.

accoglie con favore le conclusioni del Consiglio dell’Unione europea del 21 maggio 2019 sull’attuazione delle strategie macroregionali dell’UE (10), che invitano a sfruttare i legami esistenti tra le strategie di specializzazione intelligente e i cluster al fine di migliorare i collegamenti tra gli ecosistemi e le politiche industriali e per l’innovazione nell’ambito delle strategie macroregionali;

29.

alla luce di tali considerazioni, esorta la Commissione europea a elaborare misure per promuovere ulteriormente l’attività dei cluster e la cooperazione tra di essi, in particolare rafforzandone la dimensione regionale; e reputa che occorra garantire maggiore coerenza e maggiori sinergie nell’ambito di tale politica grazie a un approccio territoriale e regionale;

30.

ritiene che le strategie macroregionali possano contribuire a creare un ambiente favorevole ai cluster, consentendo alle amministrazioni pubbliche, in particolare locali e regionali, alle università, ai centri di ricerca e alle imprese di agire in modo coordinato. I cluster transfrontalieri promuovono, per la loro stessa natura, la cooperazione tra partner diversi al di là delle frontiere geografiche e settoriali;

31.

esorta l’Unione europea a promuovere con più decisione la cooperazione transfrontaliera nel quadro della sua politica dei cluster, ad esempio contribuendo a organizzare eventi volti a reperire partner internazionali per i cluster (e per i loro membri) e rendendo disponibili finanziamenti su piccola scala per la sperimentazione e l’ulteriore sviluppo della cooperazione tra i cluster — un approccio, questo, già dimostratosi vincente, per esempio riguardo al progetto «Innovati on Express» per la regione del Mar Baltico (11);

La strategia macroregionale dell’UE per la regione del Danubio

32.

osserva che la macroregione del Danubio presenta notevoli differenze in termini di innovazione, dato che alcune delle sue regioni sono tra le più performanti dell’UE, mentre altre sono in ritardo di sviluppo — una situazione, questa, dovuta alla disparità delle rispettive condizioni generali in cui si trovano a operare, nonché alla grande diversità delle rispettive politiche nel campo della ricerca e degli investimenti; e invoca, in tale contesto, un migliore coordinamento degli interventi pubblici pertinenti e investimenti più intelligenti e più mirati, anche nel quadro dei programmi dell’UE;

33.

evidenzia che la crescita relativamente sostenuta delle PMI è uno dei fattori più importanti per la competitività della macroregione danubiana. Poiché le iniziative di cluster si concentrano tipicamente sulle PMI e vi è una stretta e positiva correlazione tra i risultati regionali in termini di innovazione e la competitività regionale, ciò potrebbe rappresentare un’opportunità per la regione danubiana di migliorare la sua competitività;

34.

sottolinea che il miglioramento della competitività a livello macroregionale richiede un approccio più attivo e che è necessario irrobustire il quadro di riferimento per lo sviluppo futuro dei cluster, anche se sono già in corso di esecuzione diversi progetti e iniziative promettenti delle macroregioni; ed esorta la Commissione europea e le autorità responsabili dell’attuazione della strategia macroregionale non solo a monitorare e valutare i progressi e i risultati dell’attuazione di queste iniziative, ma anche a trarne conclusioni, a condividere esperienze e a offrire nuovi meccanismi per stimolare la crescita e la competitività a livello macroregionale;

35.

è favorevole alla possibilità di sviluppare una strategia di specializzazione intelligente per la macroregione danubiana, tenendo conto a tal fine dei punti di forza e delle esigenze specifiche di tale regione, come ad esempio la crescita relativamente sostenuta delle PMI;

36.

chiede l’avvio di uno scambio sistematico di esperienze, informazioni e dati con altre strategie macroregionali al fine di sviluppare la competitività delle macroregioni concentrandosi sull’economia verde, sul settore dell’innovazione e sulla creazione di nuove opportunità di impiego;

37.

sottolinea che i cluster svolgono un ruolo importante anche nel quadro del modello «a tripla elica» relativo alla cooperazione tra università, autorità pubbliche e settore privato: infatti, grazie alla loro vicinanza ai mercati locali e alla loro conoscenza delle esigenze locali, essi sono strumenti particolarmente adatti per tradurre in pratica l’idea fondamentale di adottare misure specifiche per ciascun territorio e di attuarle seguendo un’impostazione «dal basso».

Conclusioni finali

38.

pone l’accento sulla necessità di sostenere qualsiasi iniziativa che rafforzi l’unità, la cooperazione, l’integrazione, la sicurezza, l’uguaglianza sociale e l’effettiva coesione dell’Unione europea; e in proposito osserva che le strategie macroregionali possono contribuire in misura sostanziale a far convergere il tenore di vita in territori tra loro limitrofi entro un periodo di tempo ragionevole;

39.

le strategie macroregionali sono caratterizzate da una visione profondamente europea, offrono grandi potenzialità e promuovono modalità innovative di cooperazione concreta per realizzare obiettivi comuni importanti per gli abitanti di qualsiasi paese o regione;

40.

le strategie macroregionali rendono possibile un’autentica governance multilivello (dalle autorità locali alla Commissione europea) senza però creare nuove strutture burocratiche, permettendo così di colmare il divario tra il livello europeo e quello locale per quanto attiene alla definizione delle politiche; e l’interazione tra le politiche in materia di cluster e le strategie macroregionali può contribuire ad accelerare il conseguimento dell’obiettivo di coesione economica, sociale e territoriale introdotto dal trattato di Lisbona.

Bruxelles, 26 giugno 2019

Il presidente

del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  COM(2019) 21 final.

(2)  SWD(2019) 6 final.

(3)  https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-9895-2019-INIT/it/pdf

(4)  Parere del Comitato europeo delle regioni L’attuazione delle strategie macroregionali dell’UE (COR-2017-02554).

(5)  Parere del Comitato europeo delle regioni La visione territoriale per il 2050: quale futuro? (COR-2015-04285).

(6)  Parere del Comitato europeo delle regioni L’attuazione delle strategie macroregionali dell’UE (COR-2017-02554).

(7)  http://www.interreg-danube.eu/approved-projects/danubiovalnet.

(8)  Parere del Comitato europeo delle regioni L’attuazione delle strategie macroregionali dell’UE (COR-2017-02554).

(9)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni specifiche per l’obiettivo «Cooperazione territoriale europea» (Interreg) sostenuto dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dagli strumenti di finanziamento esterno [COM(2018) 374 final], articolo 15, paragrafo 3.

(10)  https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-9895-2019-INIT/it/pdf

(11)  http://www.bsr-stars.eu/innovation-express/


PARERI

29.11.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 404/6


Parere del Comitato europeo delle regioni — Verso un processo decisionale più efficiente e democratico nella politica fiscale dell’UE

(2019/C 404/02)

Relatore

:

Christophe ROUILLON (FR/PSE), sindaco di Coulaines

Testi di riferimento

:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio Verso un processo decisionale più efficiente e democratico nella politica fiscale dell’UE del 15 gennaio 2019

COM(2019) 8 final

I. RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

1.

concorda con la Commissione sul fatto che la globalizzazione, la digitalizzazione e lo sviluppo dell’economia dei servizi comportino un’evoluzione molto rapida della fiscalità;

2.

ricorda di aver già incoraggiato la Commissione a utilizzare la clausola passerella per applicare la regola del voto a maggioranza qualificata, in particolare in materia fiscale (1); e, a questo proposito, esprime soddisfazione per la risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2019 sulla criminalità finanziaria, la frode fiscale e l’evasione fiscale (relazione della commissione TAX3), che invita la Commissione ad avvalersi, se necessario, della procedura di cui all’articolo 116 del TFUE;

3.

sottolinea che, conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, del TFUE, il mercato interno rientra nella competenza concorrente dell’UE e degli Stati membri e che l’articolo 113 del TFUE prevede meccanismi che consentono l’armonizzazione tra gli Stati membri delle legislazioni in materia di politiche fiscali al fine di garantire il funzionamento del mercato interno ed evitare distorsioni della concorrenza. Ritiene che la proposta di introduzione del voto a maggioranza qualificata su questa base che, in linea con l’impegno della Commissione, non dovrebbe interferire con le prerogative degli Stati membri riguardo alla determinazione delle aliquote delle imposte dirette sulle persone o sulle società, dovrebbe andare di pari passo con un maggiore coinvolgimento del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali e regionali, dato che vi sono regioni con competenze legislative in materia di politica fiscale;

4.

constata che la proposta della Commissione in esame non prevede l’attribuzione di nuove competenze all’Unione europea. La Commissione non propone neppure di interferire con le prerogative degli Stati membri riguardo alla determinazione delle aliquote delle imposte dirette sulle persone o sulle società;

5.

ricorda che la cooperazione rafforzata (articoli da 326 a 334 del TFUE) può essere applicata alle questioni fiscali e consente ad almeno nove Stati membri di concordare una legislazione comune, come è avvenuto nel caso del progetto relativo all’imposta sulle transazioni finanziarie. Ritiene, tuttavia, che la cooperazione rafforzata debba essere solo un’opzione di ultima istanza, da percorrere solo dopo che si siano esaurite le possibilità previste nel quadro del normale funzionamento delle istituzioni, dato che il ricorso alle cooperazioni rafforzate rischia di provocare una frammentazione del mercato interno e che tale modo di procedere si basa su un approccio essenzialmente intergovernativo.

6.

accoglie con favore il fatto che, nel suo attuale mandato, la Commissione abbia presentato 26 proposte legislative intese a rafforzare la lotta contro la criminalità finanziaria e la pianificazione fiscale aggressiva (2), nonché ad aumentare l’efficacia della riscossione e dell’equità fiscali; e sottolinea che in seno al Consiglio sono stati compiuti alcuni progressi riguardo alle principali iniziative in materia di riforma della fiscalità delle imprese, iniziative, però, che ancora non sono state tutte finalizzate;

7.

osserva inoltre che le iniziative diverse da quelle in materia di evasione o elusione fiscale, tra cui le proposte di imposta sulle transazioni finanziarie presentate già dal 2011 e di tassazione dei servizi digitali, alle quali il CdR aveva assicurato il suo sostegno, sono state bloccate in seno al Consiglio da una minoranza di Stati membri;

Fiscalità e democrazia europee

8.

ricorda il legame intrinseco tra fiscalità e democrazia, dal momento che la storia delle democrazie liberali è strettamente legata alla ricerca dell’assenso dei contribuenti a sottoporre le risorse e le spese fiscali al controllo democratico, come sintetizzato nell’adagio «nessuna tassazione senza rappresentanza»;

9.

sottolinea che, secondo un recente sondaggio Eurobarometro (3), la lotta contro le pratiche fiscali abusive rappresenta, per tre quarti degli intervistati, un ambito di azione prioritario dell’UE; ritiene pertanto che la Commissione abbia scelto il momento opportuno per pubblicare la sua proposta al fine di alimentare il dibattito democratico in vista delle elezioni europee; ritiene, inoltre, che l’Unione europea sarà in grado di respingere più efficacemente il populismo antieuropeo se la politica fiscale europea verrà gestita in maniera più trasparente e democratica («riprendendone il controllo»);

10.

osserva che, nell’Unione europea, l’evasione fiscale da parte delle società multinazionali continua a costituire un problema, e reputa che occorra intensificare le indagini individuali, considerato che le irregolarità commesse da una singola entità non definiscono il comportamento collettivo;

Costo dell’unanimità in materia fiscale

11.

sottolinea che, all’interno di uno stesso quadro economico, è necessario trovare un equilibrio tra la regolamentazione della concorrenza fiscale tra gli Stati membri, e talvolta al loro interno, e la necessità di evitare che la sovranità fiscale nazionale di uno Stato membro interferisca con la sovranità fiscale di un altro Stato membro, ad esempio a causa della mancanza di una definizione di adeguata differenza massima tra le rispettive aliquote d’imposta o dell’esistenza di modelli fiscali aggressivi. Le decisioni di uno Stato membro in materia di fiscalità possono in effetti incidere in misura significativa sulle entrate fiscali degli altri e sul margine di manovra di questi ultimi nel compiere le rispettive scelte politiche. D’altro canto, la sovranità fiscale nazionale risulta limitata via via che la base imponibile diventa più mobile. Per tale motivo il CdR ritiene che sarebbe preferibile porre l’accento sul concetto di sovranità fiscale condivisa a livello europeo;

12.

osserva che, parallelamente ai progressi dell’integrazione europea e alla rapida e significativa trasformazione dell’economia, si è venuto a creare uno squilibrio in termini di integrazione, considerato che i capitali e i servizi circolano liberamente nell’UE mentre gli Stati membri stabiliscono le proprie norme fiscali in modo indipendente. In effetti, in un contesto in cui lo sviluppo del mercato interno era principalmente limitato agli scambi di merci, gli effetti transfrontalieri della fiscalità erano assai più limitati di oggi, quando le imprese dipendono in larga misura dalle attività immateriali, dai dati e dall’automazione, il cui valore aggiunto è difficile da quantificare;

13.

sottolinea che è indispensabile compiere sforzi comuni a livello europeo e nazionale per difendere i bilanci dell’UE e degli Stati membri dalle perdite dovute alle frodi fiscali e alle imposte non versate; osserva che solo entrate fiscali riscosse interamente ed efficacemente consentono agli Stati e agli enti locali e regionali, e indirettamente all’Unione europea, di fornire, tra l’altro, servizi pubblici di qualità ed efficienti in termini di costi, in particolare in materia di istruzione, sanità e alloggi a prezzi accessibili, nonché in materia di sicurezza e lotta alla criminalità, e di finanziare la lotta contro i cambiamenti climatici, la promozione della parità di genere, i trasporti pubblici e le infrastrutture essenziali al fine di progredire verso l’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Ciò potrebbe portare a un’eventuale riduzione dell’onere fiscale complessivo per i cittadini e le imprese europei;

14.

ritiene che l’unanimità in materia di fiscalità abbia altresì ostacolato l’attuazione di altre realizzazioni dell’UE, segnatamente per quanto riguarda il quadro per il clima e l’energia 2030, compresa la revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia volta a integrare le emissioni di CO2 nell’aliquota dell’imposta sul carburante, l’economia circolare e la riforma del sistema delle risorse proprie;

15.

osserva che, secondo un recente studio, le numerose strategie di elusione delle imprese hanno causato nell’UE perdite di gettito stimate (se si considerano solo le mancate entrate fiscali dovute al trasferimento degli utili delle imprese) tra i 50 e i 70 miliardi di euro, pari ad almeno il 17 % delle imposte sul reddito delle società riscosse nel 2013, e (se vi si include anche la stima delle perdite dovute agli accordi fiscali personalizzati per le grandi imprese multinazionali) tra i 160 e i 190 miliardi di euro;

16.

ricorda che anche gli enti locali e regionali sono vittime dell’elusione fiscale, dal momento che le imposte locali o regionali sono riscosse in funzione della base imponibile nazionale e che, nella maggior parte degli Stati membri, tali enti ricevono una parte del gettito derivante dalla tassazione nazionale delle imprese;

17.

sottolinea che le norme dell’UE in materia di IVA risalgono al 1993, mentre avrebbero dovuto essere transitorie. Il requisito dell’unanimità ha reso impossibile qualsiasi riforma sostanziale nonostante gli sviluppi tecnologici e i cambiamenti del mercato. In molti casi, gli Stati membri applicano ancora norme differenti per le operazioni nazionali e transfrontaliere. Il CdR sottolinea che si tratta di un grave ostacolo al completamento del mercato unico, che comporta procedure costose per le sempre più numerose imprese europee che operano a livello transfrontaliero. La semplificazione e la modernizzazione delle norme sull’IVA nell’UE ridurrebbero gli oneri amministrativi per le imprese transfrontaliere, generando un risparmio globale per le imprese pari a 15 miliardi di euro all’anno. La situazione attuale è particolarmente penalizzante per le PMI, che non dispongono di risorse finanziarie e umane adeguate per far fronte alle complessità giuridiche della normativa fiscale;

18.

ritiene che l’abolizione del requisito dell’unanimità in materia fiscale consentirebbe all’Unione europea di non limitarsi a difendere la posizione del «minimo comune denominatore europeo», ma di adottare una posizione più ambiziosa, nel partecipare alle riflessioni internazionali sulla fiscalità, in particolare nel quadro dei lavori dell’OCSE in materia di tassazione digitale e trasferimento degli utili (BEPS);

Per quanto riguarda la tabella di marcia

19.

sostiene il principio di un approccio per tappe successive proposto dalla Commissione e ritiene che tale approccio dovrebbe essere accompagnato nel quadro del semestre europeo e permettere di affrontare in particolare la questione dei regimi di pianificazione fiscale aggressiva;

20.

auspica che, come prima tappa, sia introdotto il voto a maggioranza qualificata per le iniziative che non hanno un impatto diretto sui diritti, le basi imponibili o le aliquote fiscali degli Stati membri, ma sono necessarie per migliorare la cooperazione amministrativa e l’assistenza reciproca tra gli Stati membri nella lotta contro la frode e l’evasione fiscale. Il CdR auspica inoltre che questa prima tappa includa altresì le iniziative volte a facilitare il rispetto degli obblighi fiscali da parte delle imprese dell’UE;

21.

si chiede per quale motivo la Commissione proponga di utilizzare la clausola passerella specifica prevista, in materia di ambiente, dall’articolo 192, paragrafo 2, del TFUE soltanto in una seconda tappa, quando invece la fiscalità è un elemento essenziale dell’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile da parte dell’UE; e suggerisce pertanto che il ricorso alla clausola passerella per la fiscalità ambientale sia proposto dalla Commissione europea fin dalla prima tappa. In particolare, sarebbe urgente introdurre un approccio europeo coordinato in materia di tassazione del settore dell’aviazione, che attualmente non è soggetto ad alcun regime fiscale europeo, ad esempio per quanto riguarda l’imposizione dell’IVA sui biglietti aerei o la tassazione del cherosene.

Bruxelles, 26 giugno 2019

Il presidente

del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  Cfr. il punto 6 della risoluzione, del 6 febbraio 2019, sul programma di lavoro della Commissione europea per il 2019 (RESOL-VI/33).

(2)  Secondo la definizione della Commissione, la pianificazione fiscale aggressiva consiste nel «trarre vantaggio dagli aspetti tecnici di un sistema fiscale o dalle asimmetrie fra due o più sistemi fiscali al fine di ridurre il debito d’imposta»

https://ec.europa.eu/taxation_customs/sites/taxation/files/taxation_papers_71_atp_.pdf.

(3)  http://www.europarl.europa.eu/news/en/headlines/economy/20160707STO36204/tax-fraud-75-of-europeans-want-eu-to-do-more-to-fight-it.


29.11.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 404/9


Parere del Comitato europeo delle regioni — Un approccio basato sul territorio alla politica industriale dell’UE

(2019/C 404/03)

Relatrice

:

Jeannette BALJEU (NL/ALDE)

Consigliere provinciale dell’Olanda meridionale

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Introduzione

1.

Sottolinea che l’industria intesa come produzione di beni e prestazione di servizi costituisce una delle pietre angolari di un’economia innovativa, sostenibile e diversificata, in grado di assicurare non solo la competitività dell’Europa ma anche posti di lavoro di qualità nell’Unione europea;

2.

ribadisce la sua convinzione secondo cui la Commissione europea e gli Stati membri devono sfruttare tutte le potenzialità del trattato UE in materia di politica industriale, di cui all’articolo 173 del TFUE, scegliendo in particolare di «prendere ogni iniziativa utile a promuovere detto coordinamento [degli Stati membri nel campo della politica industriale], in particolare iniziative finalizzate alla definizione di orientamenti e indicatori, all’organizzazione di scambi di migliori pratiche e alla preparazione di elementi necessari per il controllo e la valutazione periodici», in cooperazione con le parti interessate a livello regionale;

3.

evidenzia che l’industria è di vitale importanza sia per le regioni e le città europee che per le decine di milioni di posti di lavoro che essa crea. Inoltre, per sua natura, l’industria opera in un contesto globale in cui il commercio rappresenta un importante motore di crescita, e questo comporta tanto dei benefici quanto delle sfide;

4.

ritiene che andrebbe messa in risalto la speciale importanza delle piccole e medie imprese per la creazione di valore, l’innovazione e l’occupazione. Proprio le piccole e medie imprese contribuiscono in misura particolare alla capacità dell’industria di adattarsi in modo flessibile a nuove esigenze, come la globalizzazione o la digitalizzazione. La strategia industriale dell’UE deve offrire modelli adeguati relativamente al mantenimento e alla creazione di un quadro di riferimento favorevole anche in particolare per queste imprese;

5.

ritiene che le sfide e le opportunità all’interno dell’industria debbano «allinearsi al futuro» e continuare ad apportare un contributo cruciale alla prosperità e all’occupazione, nonché assicurare uno sviluppo sostenibile e la creazione di un’economia circolare e neutra sotto il profilo delle emissioni di carbonio;

6.

sottolinea la necessità di investire nelle nuove tecnologie innovative e nella digitalizzazione, oltre che in un’economia circolare e neutra sotto il profilo del carbonio e nelle relative competenze, in tutte le regioni europee al fine di rafforzare il vantaggio concorrenziale dell’Europa;

7.

evidenzia pertanto che, al fine di trovare rapidamente una risposta ai mutevoli cambiamenti economici e industriali e per mantenere una posizione competitiva a livello mondiale, è necessaria una visione strategica per l’industria europea che sia fondata su un approccio basato sul territorio;

8.

ritiene che sia necessario un approccio coordinato a livello europeo, per assicurare che l’industria europea sia all’altezza di gestire la concorrenza mondiale, e tale approccio dovrebbe tra l’altro puntare a migliorare la coerenza dei quadri normativi e degli standard, eliminare gli oneri normativi e amministrativi che sono eccessivi e superflui, agevolare la collaborazione e i partenariati paneuropei, assicurare costi competitivi per l’energia, nonché fornire adeguati strumenti di difesa commerciale sia in settori tradizionali (come l’acciaio, i tessili, l’industria chimica, l’agricoltura e l’industria navale) che nei settori emergenti. Si ritiene inoltre opportuno introdurre con urgenza un dazio sui prodotti siderurgici, per difendere l’industria siderurgica europea;

9.

reputa che il ruolo della politica industriale sia di fornire un quadro favorevole che consenta all’industria di rafforzare la sua competitività, attraverso un insieme combinato di approcci orizzontali e intersettoriali basati sul territorio e, ove necessario, di misure mirate specifiche per settore lungo l’intera catena del valore;

10.

accoglie favorevolmente la comunicazione della Commissione sul tema Investire in un’industria intelligente, innovativa e sostenibile - Una nuova strategia di politica industriale dell’UE (1) e l’attenzione che essa rivolge al partenariato con gli Stati membri, le regioni, le città e il settore privato, quale passo importante verso la messa a punto di uno strumento che stimoli la competitività industriale e l’innovazione in Europa. Si compiace per la proposta avanzata dalla Commissione europea in merito alla politica di coesione per il periodo successivo al 2020, in cui viene posto l’accento sul potenziamento della cooperazione tra gli ecosistemi regionali in ogni parte dell’Europa, nonché sul rafforzamento della dimensione internazionale e industriale della specializzazione intelligente;

11.

osserva che l’industria europea dovrebbe essere sostenuta con azioni e misure di natura sia economica che di altro tipo e, in quest’ultimo caso, per esempio mediante misure in materia di istruzione e formazione o ricerca e innovazione;

12.

si compiace per l’iniziativa della Commissione volta a istituire la tavola rotonda industriale ad alto livello «Industria 2030» in cui il Comitato delle regioni ha lo status di osservatore (2);

13.

accoglie favorevolmente le richieste della Commissione europea, del Parlamento europeo e del Consiglio di sviluppare ulteriormente una strategia industriale globale dell’UE con particolare attenzione per il 2030 e oltre, compresi obiettivi strategici e indicatori a medio e lungo termine per l’industria, strategia che dovrà essere corredata di un piano d’azione con misure concrete;

14.

sottolinea la necessità di un approccio di governance multilivello basato sul partenariato e sul dialogo con gli Stati membri, gli enti locali e regionali e le parti interessate (3);

15.

chiede che in questa strategia sia inserita una forte dimensione territoriale, nel rispetto del principio di sussidiarietà; segnala la propria disponibilità a sostenere il Consiglio e la sua presidenza nell’elaborazione di una strategia di politica industriale basata sul territorio;

16.

ritiene che una strategia industriale dell’UE debba anche prevedere una revisione attenta e circostanziata delle norme dell’UE sul controllo degli aiuti di Stato e delle concentrazioni, al fine di assicurare la parità di condizioni a livello internazionale, conformemente alle politiche commerciali globali e agli accordi multilaterali. Nel contempo, tale strategia dovrebbe tenere conto del potenziale in termini di investimenti e innovazione degli aiuti di Stato e delle operazioni di concentrazione;

17.

accoglie con favore il documento del Centro europeo di strategia politica (4) in cui si propone di trovare un nuovo equilibrio tra apertura e protezione del mercato europeo al fine di stabilire condizioni più uniformi a livello mondiale, sostenendo nel contempo l’innovazione industriale e la produttività all’interno dell’Unione europea;

18.

ritiene che, per conseguire gli obiettivi dell’accordo di Parigi sulla risposta alla minaccia dei cambiamenti climatici (5), l’industria dovrà mettere in atto una trasformazione di vasta portata, prestando attenzione, nello stesso tempo, alla propria competitività. La portata della trasformazione che si prospetta sia per l’industria che per la società richiede un’azione urgente, una visione condivisa e soluzioni integrate tra tutte le parti interessate e a tutti i livelli politici, poiché solo un approccio multilivello può garantire l’aderenza degli attori interessati a decisioni di politica economica di tale spessore;

19.

sostiene il collegamento tra l’idea di una politica industriale dell’UE e la politica della Commissione europea di un mercato unico equo, che risponde alla sfida di un mondo del lavoro in evoluzione nello spirito del pilastro europeo dei diritti sociali.

Messaggio 1 - Un’industria europea competitiva richiede un approccio combinato in cui una politica regionale basata sul territorio è accompagnata da una collaborazione interregionale.

20.

Sottolinea che i vantaggi concorrenziali delle regioni sono fortemente legati alle industrie locali, alle risorse geografiche, agli ecosistemi regionali di innovazione industriale e ai centri di formazione professionale e di istruzione superiore, oltre che alla forza lavoro e alle competenze disponibili;

21.

sottolinea l’importanza dell’esplorazione, dell’estrazione e dello sfruttamento delle materie prime primarie e secondarie europee per lo sviluppo delle industrie locali e delle catene del valore industriali nelle regioni. Un approccio sostenibile basato sul territorio deve considerare le specificità regionali utilizzabili e il potenziale di sviluppo, nonché le possibili sinergie legate alla messa in comune delle risorse;

22.

ritiene che un approccio basato sul territorio debba fare leva sul potenziale degli ecosistemi imprenditoriali e innovativi per guidare la modernizzazione industriale e sviluppare strategie territoriali per l’innovazione e l’integrazione, a livello regionale, locale, urbano o transfrontaliero;

23.

osserva che a questo fine sono necessarie reti di cooperazione, quali le strategie macroregionali, e cluster ben funzionanti che coinvolgano i partner fondamentali; evidenzia altresì che la cooperazione interregionale tra tali reti e cluster è cruciale per lo sviluppo di sinergie, lo scambio di esperienze, l’apprendimento tra pari e il raggiungimento della massa critica negli investimenti congiunti per la diffusione dell’innovazione nelle catene industriali del valore su tutto il territorio europeo. Tale approccio alla cooperazione interregionale può funzionare soltanto con la digitalizzazione e la condivisione delle informazioni;

24.

sottolinea che i governi regionali e locali nonché altre organizzazioni svolgono un ruolo fondamentale nello stabilire attivamente le necessarie collaborazioni interregionali e transfrontaliere;

25.

evidenzia che la collaborazione sostenibile tra le regioni dovrebbe andare oltre le «iniziative ad hoc» e richiede un quadro strutturale per una collaborazione basata sull’impegno a lungo termine e sui lavori già condotti all’interno delle strategie di specializzazione intelligente esistenti, nel quadro dei futuri investimenti interregionali in materia di innovazione;

26.

osserva che è cruciale informare sulle attività regionali in materia di innovazione, sulle capacità esistenti (infrastrutture, competenze) e sulle potenzialità dell’economia circolare. I dati esistenti sono spesso isolati e frammentati, il che ne limita l’utilità per le regioni; incoraggia pertanto la Commissione europea a intraprendere un autentico lavoro di raccolta dei dati concreti, tenendo conto della prospettiva locale e regionale sulla strategia dell’UE per l’industria;

27.

raccomanda che la Commissione rafforzi il sostegno alla collaborazione interregionale e transfrontaliera, anche nel quadro delle iniziative esistenti (come l’iniziativa Vanguard o i partenariati tematici per la specializzazione intelligente a cui partecipa un numero crescente di regioni) nel contesto di un approccio territoriale rinnovato, secondo quanto indicato nelle proposte della Commissione europea relative alla politica di coesione per il periodo successivo al 2020;

28.

chiede, per il periodo di programmazione post 2020, un sostegno rafforzato dell’UE agli ecosistemi e ai cluster regionali, nel quadro degli investimenti interregionali per l’innovazione, che sia basato sull’approccio di specializzazione intelligente e che ampli ed estenda le iniziative esistenti, come la piattaforma di specializzazione intelligente per la modernizzazione industriale e l’iniziativa pilota sulle regioni in transizione industriale; ritiene altresì importante sviluppare strumenti per l’attuazione di progetti di collaborazione per gli investimenti industriali interregionali, in stretta cooperazione con le regioni e i partenariati per la specializzazione intelligente;

29.

sottolinea come le piattaforme tematiche di specializzazione intelligente debbano essere adeguatamente finanziate, poiché le regioni non sempre dispongono delle risorse necessarie per strutturare un’adeguata partecipazione alle stesse;

30.

invita la Commissione a sviluppare ulteriormente degli strumenti di mediazione tesi a individuare e stimolare attivamente la collaborazione per le strategie di specializzazione intelligente, allo scopo di favorire un processo continuo in cui le regioni individuano i settori prioritari per i quali la collaborazione è cruciale al fine di mantenere il ruolo guida dell’Europa;

31.

raccomanda che la Commissione incoraggi l’innovazione industriale, basata sulle strategie di specializzazione intelligente, in tutte le regioni agevolando regimi di sostegno specifici mediante i quali le regioni ben sviluppate possano collaborare, con reciproco vantaggio, con le regioni in ritardo di sviluppo in rapporto a progetti concreti. Vanno appoggiati anche i progetti di collaborazione tra regioni sviluppate e i progetti di interesse comune tra regioni meno sviluppate che vanno a reciproco vantaggio.

Messaggio 2 - Poiché le sfide sociali più importanti spesso richiedono una collaborazione tra le regioni europee, i governi regionali svolgono un ruolo cruciale nelle iniziative orientate alla missione e nell’attuazione delle politiche settoriali.

32.

Ritiene che un approccio politico orientato alla missione possa essere utilizzato come strumento per affrontare le sfide sociali più importanti e sostenere un approccio di governance multilivello, in cui l’approccio di specializzazione intelligente può contribuire ad allineare i programmi di lavoro e d’investimento delle regioni alle priorità dell’UE;

33.

sottolinea che, per affrontare le sfide della società, sono necessari ulteriori investimenti nella ricerca e nell’innovazione, al fine di sostenere l’eccellenza industriale e sfruttare le nuove opportunità, e che occorre sostenere la sperimentazione e l’assunzione di rischi nel processo di scoperta. Il Comitato raccomanda pertanto di agevolare la diffusione dell’innovazione e delle nuove tecnologie nell’industria;

34.

evidenzia che le regioni hanno un ruolo importante nel collegare, sviluppare e sostenere l’ecosistema regionale d’innovazione, organizzando la mappatura delle capacità disponibili e coinvolgendo gruppi diversi di parti interessate in un autentico approccio collaborativo e basato sulla domanda per quel che concerne la definizione di obiettivi industriali; chiede pertanto che le regioni siano rappresentate nella governance dell’approccio orientato alla missione, anche all’interno dei partenariati e dei comitati di missione;

35.

esorta la Commissione a fissare obiettivi chiari di medio e lungo termine nelle politiche orientate alla missione e a convertirli nelle politiche che sono rese operative nel quadro sia dei fondi strutturali e di investimento che dei programmi Orizzonte Europa ed Europa digitale;

36.

raccomanda che gli enti locali e regionali si adoperino attivamente per condurre una parte di queste missioni e per assicurare la creazione di un approccio interregionale. Tale processo deve essere allineato agli strumenti europei disponibili e agevolato da questi; invita pertanto la Commissione europea ad assicurare un attivo coinvolgimento delle parti interessate regionali nella governance delle missioni rientranti nel nuovo programma Orizzonte Europa;

37.

invita la Commissione a promuovere progetti pilota in cluster di regioni che consentono la sperimentazione sul modello dell’approccio IPCEI (6), ma su scala più ridotta, al fine di promuovere la cooperazione interregionale.

Messaggio 3 - Gli enti locali e regionali dovrebbero assicurare la disponibilità di competenze per sostenere la transizione dell’industria, agevolando la collaborazione tra l’industria e gli istituti di istruzione, con l’aiuto di una strategia europea.

38.

Osserva che la trasformazione industriale in rapida evoluzione, la transizione energetica, la digitalizzazione e l’economia circolare richiedono lo sviluppo di nuove competenze interdisciplinari;

39.

accoglie con favore gli sforzi volti a coordinare strumenti diversi a livello europeo, come testimoniato dalla nuova agenda per le competenze per l’Europa, dal piano d’azione per l’istruzione digitale e dalla strategia per le competenze digitali;

40.

richiama l’attenzione sull’urgente necessità di anticipare, sostenere e promuovere lo sviluppo continuo delle competenze, l’aggiornamento delle conoscenze e la riconversione professionale dell’attuale forza lavoro, in particolare per quanto riguarda le competenze digitali;

41.

riconosce che la forza lavoro dell’industria europea è formata da un gran numero di persone che hanno ricevuto una formazione professionale;

42.

conviene sul fatto che i benefici della trasformazione industriale debbano essere ampiamente diffusi e che le persone che rischiano di rimanere indietro dovrebbero avere delle opportunità ed essere aiutate ad adattarsi; ritiene, a tale proposito, che le iniziative politiche debbano dare maggiore priorità all’offerta di opportunità di apprendimento permanente per i lavoratori poco qualificati, per assicurare che abbiano un accesso equo alle nuove competenze tecnologiche richieste dall’industria;

43.

sottolinea l’importanza dello sviluppo di competenze attive, durante la vita lavorativa, per tutti i professionisti di ogni settore industriale. Per questo motivo, il CdR propone di sviluppare (in collaborazione con i datori di lavoro e gli istituti di istruzione) dei sistemi efficienti, da usare su scala europea, per la condivisione delle nuove conoscenze, l’aggiornamento delle competenze e lo sviluppo delle capacità individuali;

44.

reputa, pertanto, che un approccio paneuropeo alla politica in materia di competenze sia cruciale per la futura competitività dell’industria europea e che siano necessari livelli d’investimento molto maggiori nel capitale umano, nei sistemi di istruzione e formazione professionale, compresa la formazione professionale continua, e anche nella stessa industria;

45.

è dell’avviso che l’educazione all’imprenditorialità, la promozione delle competenze imprenditoriali, l’apprendimento tra pari e la condivisione delle buone pratiche debbano essere ulteriormente sostenute per consentire agli operatori del settore di adeguarsi ai nuovi modelli imprenditoriali e di collaborare efficacemente in catene del valore europee che siano competitive;

46.

raccomanda che la Commissione europea rafforzi i programmi di istruzione transregionale come Erasmus+, ponendo l’accento sulla formazione professionale e consentendo al talento di spostarsi sul territorio europeo;

47.

chiede che le autorità competenti forniscano strumenti flessibili per la riconversione professionale al livello delle regioni e non al livello dei settori, e ribadisce la propria richiesta che l’FSE+ faccia capo al regolamento sulle disposizioni comuni per la politica di coesione dopo il 2021 in modo tale che tutti i requisiti relativi al principio di partenariato e al coinvolgimento del livello regionale si possano applicare allo sviluppo di programmi nel quadro dell’FSE;

48.

raccomanda che gli enti regionali e locali collaborino sulle agende comuni in materia di istruzione e ricerca, per trasformare in realtà le priorità comuni dell’UE in materia di competenze e sostenere le opportunità di apprendimento a livello interregionale.

Messaggio 4 - L’industria e i governi europei devono assumere un ruolo guida verso una maggiore sostenibilità mediante azioni concrete

49.

Ritiene che l’UE sia in prima linea nella transizione a livello mondiale verso un’economia circolare e neutra sotto il profilo delle emissioni di carbonio. L’industria europea deve pertanto assumere un ruolo guida nel contribuire ad attenuare i cambiamenti climatici, a conseguire gli obiettivi dell’accordo di Parigi, a preservare le risorse, a prevenire il degrado ambientale e a trovare una risposta alle aspettative in mutamento dei consumatori nell’economia verde;

50.

sottolinea che la transizione delle imprese verso modelli aziendali più sostenibili ed efficienti sotto il profilo delle risorse aiuterà l’ambiente e fornirà un vantaggio concorrenziale, portando all’innovazione e alla creazione di nuovi posti di lavoro e di nuove opportunità imprenditoriali;

51.

evidenzia che è essenziale informare le industrie e i cittadini circa i vantaggi di nuovi approcci, come l’economia circolare, l’economia neutra sotto il profilo delle emissioni di carbonio e l’economia della condivisione. Questi nuovi approcci richiedono un cambiamento di atteggiamento da parte sia del consumatore (ad esempio, a favore del riutilizzo e del riciclo) che dell’industria, che deve adattarsi gradualmente alle nuove esigenze nel contesto di una pianificazione strategica a lungo termine;

52.

ritiene che, per realizzare la transizione verso un’industria sostenibile, l’Europa debba mettere a profitto il suo ruolo di guida in tutti i settori e affrontare la crescente concorrenza mondiale nella produzione ecologica, nella bioeconomia e nelle tecnologie per un’energia pulita;

53.

evidenzia che la transizione di una regione verso un’economia circolare e neutra sotto il profilo delle emissioni di carbonio rappresenta un progetto a lungo termine che può riuscire con un approccio graduale (anche se in alcuni casi è necessario un rinnovamento radicale) che è strutturato in funzione di obiettivi intermedi realizzabili che non gravino eccessivamente sulla popolazione e su determinati settori economici quali l’industria automobilistica. Si dovrebbe prestare particolare attenzione al rafforzamento della resilienza delle comunità rurali, che rischiano di essere lasciate indietro nel quadro del processo di transizione economica;

54.

sottolinea che esistono importanti ostacoli da superare, tra cui figurano la mancanza degli opportuni segnali e incentivi di mercato per la progettazione dei prodotti in funzione di un’economia circolare, costi di transizione elevati per le imprese, ostacoli normativi, inadeguatezza delle informazioni ai consumatori e cattivo funzionamento dei mercati delle materie prime secondarie;

55.

ritiene che la collaborazione paneuropea e interregionale abbia un ruolo importante da svolgere nell’aiutare le regioni a sviluppare un approccio strategico teso a realizzare il potenziale dell’economia circolare e neutra sotto il profilo delle emissioni di carbonio;

56.

sostiene l’idea di utilizzare gli appalti pubblici strategici come strumento per stimolare l’innovazione, come riconosciuto dalla Commissione europea nel suo piano d’azione per l’economia circolare del 2015 (7) e nelle pertinenti direttive sugli appalti pubblici, ma ritiene che la complessità delle norme spesso incoraggi l’avversione al rischio da parte degli enti regionali e locali;

57.

raccomanda che i governi regionali e locali adottino una prospettiva di sviluppo economico multisettoriale e transettoriale, che combini il trattamento dei rifiuti e la gestione dell’ambiente in un approccio integrato all’economia circolare;

58.

invita le regioni e le città a sfruttare appieno le possibilità offerte dalla politica di coesione per il periodo successivo al 2020, al fine di mettere in atto soluzioni innovative che affrontino sia la transizione climatica che la transizione verso un’economia circolare;

59.

chiede un approccio globale e coordinato di governance multilivello, per assicurare la necessaria coerenza tra i diversi strumenti politici e le azioni ai vari livelli. La transizione verso un’economia circolare e a basse emissioni di carbonio dovrebbe tenere conto dell’intera catena del valore e dell’industria manifatturiera in senso lato, nonché delle PMI e delle imprese in fase di avviamento;

60.

invita la Commissione a sostenere ulteriormente lo sviluppo di strategie congiunte in settori specifici, come l’idrogeno, i carburanti sintetici, e ad appoggiare la diffusione sul mercato di tecnologie più sostenibili.

Messaggio 5 - I partenariati regionali strategici pubblico-privati orientati all’innovazione rivestono un’importanza cruciale per promuovere l’adozione di nuove tecnologie da parte dell’industria.

61.

Osserva che l’innovazione è difficile, in particolare per le imprese in fase di avviamento e le PMI, dal momento che l’adozione di nuove tecnologie è spesso accompagnata da notevoli investimenti e richiede conoscenze specialistiche; sottolinea inoltre che in Europa esiste tuttora un divario di transizione digitale tra i settori e le regioni;

62.

ritiene che la collaborazione tra l’industria, gli istituti di ricerca e i governi regionali sia importante per una valorizzazione delle innovazioni industriali;

63.

esprime apprezzamento per i poli dell’innovazione digitale, i banchi di prova della Commissione e le Infrastrutture tecnologiche, che costituiscono degli esempi di partenariati strategici pubblico-privato orientati all’innovazione;

64.

è favorevole a che le strategie di specializzazione intelligente per il periodo successivo al 2020 concentrino l’attenzione sugli ostacoli alla diffusione di nuove idee tra le imprese;

65.

sostiene i 281 poli dell’innovazione digitale dell’UE, previsti nel quadro del programma Europa digitale (DEP), al fine di rafforzare la collaborazione interregionale;

66.

sottolinea che andrebbe stabilita a livello dell’UE una collaborazione tra questi partenariati pubblico/privato, per garantire che l’industria possa accedere facilmente alle tecnologie di punta e alle infrastrutture più all’avanguardia esistenti in tutta l’Europa. Occorrerebbe altresì dare visibilità a queste risorse e facilitare l’accesso ai mezzi economici che permettano di integrarle;

67.

ravvisa l’ulteriore necessità di una strategia globale coordinata, nonché di una strategia volta a rafforzare la collaborazione regionale a livello operativo;

68.

sottolinea che, per aumentare l’impatto dei poli dell’innovazione digitale, questi non dovrebbero essere istituti separati operanti in modo isolato e in concorrenza gli uni con gli altri e che invece si dovrebbero configurare come elementi all’interno di una rete al cui coordinamento possano partecipare varie parti interessate, come le università, i centri di ricerca, i centri di innovazione ecc.;

69.

raccomanda che nel prossimo DEP i governi regionali vengano coinvolti nella selezione e messa in funzione dei poli europei dell’innovazione digitale;

70.

raccomanda che gli enti locali e regionali promuovano la sostenibilità e l’innovazione tramite gli appalti, a sostegno delle città intelligenti e di altre iniziative che presentano un interesse, e collegando i diversi attori dell’industria, del mondo della ricerca e degli istituti di istruzione;

71.

raccomanda di coinvolgere le regioni nella definizione di un approccio di collaborazione sostenibile tra i partenariati pubblico/privato in settori diversi dalla digitalizzazione (comprese altre strutture sperimentali e di prova). Tale coinvolgimento dovrebbe comprendere una panoramica generale delle attività realizzate nelle regioni e una valutazione della loro complementarità;

72.

sottolinea la necessità di sviluppare una strategia globale per raccogliere, sistematizzare e diffondere informazioni sulle infrastrutture disponibili e sulle capacità di innovazione in tutta l’Europa;

73.

sottolinea la crescente importanza dell’intelligenza artificiale (IA) nella politica industriale europea e il ruolo guida a tale riguardo dell’Unione europea, che conta il 32 % degli istituti di ricerca in materia di IA di tutto il mondo. Ricorda, in tale contesto, la propria posizione in merito all’IA, espressa nel parere del 6 febbraio 2019, e sottoscrive inoltre le raccomandazioni formulate dal Parlamento europeo (8);

74.

si compiace per l’invito che il Consiglio europeo ha rivolto alla Commissione affinché presenti, entro la fine del 2019, una visione a lungo termine con misure concrete per il futuro industriale dell’UE.

Bruxelles, 26 giugno 2019

Il presidente

del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  COM(2017) 479 final.

(2)  Decisione C(2017) 8565 della Commissione, del 15/12/2017, che istituisce la tavola rotonda industriale di alto livello «Industria 2030».

(3)  Conclusioni relative a «Una nuova strategia di politica industriale dell’UE», Consiglio Competitività, 30 novembre 2017 (705/17).

(4)  EU Industrial Policy after Siemens-Alstom finding a new balance between openness and protection (La politica industriale dell’UE dopo la decisione Siemens-Alstom: trovare un nuovo equilibrio tra apertura e protezione), Commissione europea, marzo 2019.

(5)  ONU (2015).

(6)  Important projects of common European interest (Progetti importanti di comune interesse europeo).

(7)  L’anello mancante - Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare [COM(2015) 614 final].

(8)  Risoluzione del Parlamento europeo del 12 febbraio 2019 su una politica industriale europea globale in materia di robotica e intelligenza artificiale (2018/2088(INI)].


29.11.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 404/16


Parere del Comitato europeo delle regioni — Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS): una base per la strategia UE di lungo termine per un’Europa sostenibile entro il 2030

(2019/C 404/04)

Relatore

:

Arnoldas ABRAMAVIČIUS (LT/PPE)

Consigliere del distretto municipale di Zarasai

Testi di riferimento

:

Comunicazione della Commissione - Documento di riflessione - Verso un’Europa sostenibile entro il 2030

COM(2019) 22 final

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

accoglie con favore il documento di riflessione dell’UE Verso un’Europa sostenibile entro il 2030 e invita la Commissione europea e il Consiglio europeo a riconoscere l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) come priorità per la loro agenda politica, e come obiettivo generale del prossimo piano strategico dell’UE per il periodo 2019-2024 e oltre. Conta inoltre sulla nuova Commissione europea per aprire la strada all’azione sotto forma di una strategia di sviluppo sostenibile a livello di UE e di un piano di attuazione, come già auspicato dalle conclusioni del Consiglio europeo del 18 ottobre 2018;

2.

concorda con la definizione generale degli OSS come quadro per l’azione politica volta ad affrontare le molteplici sfide - economiche, sociali, ambientali, di governance ed esterne - e insiste sul fatto che tutti gli attori devono avere una comprensione comune dello sviluppo sostenibile e degli OSS al fine di metterli pienamente in atto per il benessere delle persone e delle generazioni future. La prima finalità è quella di alleviare la povertà: ridurre le disuguaglianze, non lasciare indietro nessuno, avere un mondo pacifico, creare e condividere la prosperità, entro i limiti del nostro pianeta;

3.

insiste sul fatto che gli OSS sono universali e indivisibili e che la coerenza strategica tra le azioni intraprese per la loro attuazione costituisce un elemento fondamentale per il progresso.

Dalla riflessione all’azione

4.

è dell’avviso che, dei tre scenari proposti dalla Commissione europea per stimolare il dibattito sulle prossime tappe dell’UE per l’attuazione dell’Agenda 2030, lo scenario 1 rappresenti l’unica opzione che riguarda sia l’azione interna che quella esterna dell’UE e che abbraccia tutti i settori di intervento;

5.

ritiene che, data la natura complessa degli OSS e i risultati dell’indagine CdR-OCSE sull’azione locale e regionale relativa agli obiettivi stessi (1), sia urgente una strategia globale dell’UE che coordini l’attuazione tra tutti i livelli di governo con obiettivi con scadenze ben precise e risultati concreti per il 2030, unitamente a meccanismi di monitoraggio e revisione, favorendo lo scenario 1;

6.

sottolinea che i traguardi riguardanti l’attuazione degli OSS e le relative strategie politiche dovrebbero essere stabiliti mediante un approccio misto dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso, coinvolgendo tutti i livelli di governo e le parti interessate e generando una serie di obiettivi differenziati a livello nazionale e regionale. Questa strategia per un’Europa sostenibile 2030 dovrebbe sostituire l’attuale strategia Europa 2020;

7.

insiste sul fatto che le istituzioni dell’UE e gli Stati membri dovrebbero immediatamente accelerare le loro azioni relative agli OSS e integrare tutte le politiche elencate nello scenario 2;

8.

evidenzia la necessità dell’azione esterna presentata nello scenario 3, ma ritiene che concentrarsi esclusivamente sull’azione esterna non solo comprometterebbe la credibilità dell’UE a livello internazionale, ma significherebbe non riconoscere che l’UE e i suoi Stati membri sono ben lontani dal raggiungere tutti gli OSS e impedirebbe inoltre i progressi verso il loro conseguimento nell’UE;

9.

sottolinea che ai fini dell’attuazione degli OSS l’ambizione deve essere maggiore a tutti i livelli, e in particolare a livello europeo, nazionale, regionale e locale.

L’impegno delle regioni e delle città

10.

sottolinea che l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno richiede che tutti i livelli di governo garantiscano l’integrazione trasversale e la concezione di politiche (territoriali) di sostegno e di coesione atte a sostenersi reciprocamente. Raccomanda l’istituzione di un meccanismo per esaminare i progressi e individuare le principali sfide dell’attuazione sul campo degli OSS, al fine di garantire che le risorse siano utilizzate in modo efficace;

11.

osserva che il 65 % dei 169 sotto-obiettivi dei 17 OSS richiede il saldo coinvolgimento delle regioni e delle città nell’attuazione e nel monitoraggio di tali obiettivi (2). Le città e le regioni localizzano gli OSS sul campo, non come meri esecutori bensì come responsabili politici più vicini ai cittadini, alle imprese e alle comunità locali. I risultati dell’indagine CdR-OCSE confermano ulteriormente la mobilitazione delle città e delle regioni, con il 59 % degli intervistati impegnato ad attuare gli OSS. Molte regioni e città europee (3) sono state all’avanguardia in questo processo di localizzazione degli OSS e hanno dimostrato che le regioni e le città sono essenziali per l’attuazione efficace e rapida degli OSS;

12.

mette in risalto il ruolo delle promettenti iniziative dei precursori, come le «città e regioni dell’OCSE per gli obiettivi di sviluppo sostenibile» e la piattaforma ONU delle città leader «25 + 5», nell’aiutare le regioni e le città volontarie a localizzare gli OSS, per queste ultime 5 anni prima del 2030;

13.

sulla base del suo studio sull’approccio territoriale agli OSS (4), sottolinea l’importanza di sviluppare le capacità delle regioni e delle città di localizzare gli OSS e di rafforzare la visibilità delle iniziative attuali, nonché di promuovere l’utilizzo da parte delle regioni e delle città del servizio di sostegno per le riforme strutturali dell’UE (SRSS) (5), i cui obiettivi dovrebbero essere allineati agli OSS;

14.

si impegna a sostenere il processo di «localizzazione e territorializzazione degli OSS» e a evitare la duplicazione del lavoro promuovendo i partenariati con associazioni internazionali (6) ed europee (7);

15.

sottolinea il ruolo fondamentale della Commissione europea e del Comitato delle regioni, assieme ad altre organizzazioni europee, per stimolare la revisione tra pari, gli scambi, la collaborazione e l’apprendimento reciproco tra regioni e città in tutta l’UE;

16.

invita a riconoscere pienamente il ruolo delle regioni nel localizzare gli OSS nell’UE. Gli enti locali e regionali svolgono un ruolo essenziale nella costruzione dei valori e nello sviluppo delle relazioni sociali. È quindi evidente che è necessario coinvolgerli nei lavori volti a perseguire lo sviluppo sostenibile in tutta l’UE;

17.

richiama l’attenzione sul fatto che il territorio dell’UE è molto diversificato in termini di sviluppo, demografia, struttura produttiva e stato di saturazione dell’industria, il che rende necessario un approccio flessibile e basato sul territorio, riguardo alle regioni meno sviluppate, periferiche o insulari, nonché riguardo alle regioni in transizione energetica;

18.

sostiene la creazione di una comunità di pratiche delle regioni europee per gli OSS, guidata da nrg4sd;

19.

sottolinea il divario economico, sociale e territoriale esistente a livello mondiale, nonché all’interno degli Stati membri dell’UE e tra gli stessi. Se gli OSS raccolgono la sfida dell’urbanizzazione con l’obiettivo 11, dobbiamo garantire uno sviluppo regionale equilibrato nell’UE per garantire che nessuno e nessun territorio sia lasciato indietro;

20.

sottolinea l’importanza di un’efficace sinergia e integrazione dei fondi locali, regionali, nazionali e dell’UE, sia pubblici che privati, nonché di una collaborazione tra settore pubblico e privato con lo sviluppo strategico e gli investimenti per conseguire gli OSS entro il 2030;

21.

sottolinea che la coesione è il principale strumento di investimento dell’UE che consente alle regioni e alle città di attuare gli OSS e di garantire il loro sviluppo economico, sociale e territoriale; chiede pertanto che il prossimo finanziamento dell’UE per la coesione nel periodo 2021-2027 rimanga accessibile a tutte le regioni e promuova la partecipazione di tutti i cittadini, sulla base di un codice di condotta europeo giuridicamente vincolante in materia di partenariati. Gli obiettivi della prossima politica di coesione dell’UE dovrebbero essere meglio allineati con gli OSS, in modo da garantire una migliore attuazione e coerenza delle azioni;

22.

sottolinea che, sebbene gli OSS includano un obiettivo urbano, il n. 11, non vi è alcun obiettivo regionale specifico, e si fa riferimento allo sviluppo regionale indirettamente, nell’ambito del titolo relativo all’uso del suolo. Uno stretto allineamento della politica di coesione con gli OSS comporta pertanto che la programmazione dei nuovi finanziamenti della politica di coesione dell’UE tenga conto di tutti gli OSS con riferimento al territorio e non solo dell’OSS n. 11;

23.

mette in rilievo il modello dell’agenda urbana europea per promuovere il dialogo sullo sviluppo urbano sostenibile tra tutti i livelli di governo. Questo processo potrebbe stimolare la definizione della governance della futura agenda strategica dell’UE per il periodo 2019-2024, in modo che l’Unione possa affrontare più efficacemente le sfide connesse al raggiungimento degli OSS;

24.

sottolinea il potenziale della proposta del CdR (8) secondo cui la futura politica di coesione post 2020 dovrebbe sostenere le regioni e le città nella «localizzazione degli OSS» e allineare l’attuazione delle strategie di sviluppo urbano sostenibile alle loro realtà locali;

25.

sottolinea l’importanza degli strumenti di finanziamento dell’UE per l’agricoltura, la ricerca e l’innovazione e il FEIS, e del loro impiego sinergico con i fondi di coesione al fine di conseguire pienamente gli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Coinvolgere tutti i soggetti interessati

26.

sottolinea che, data la natura trasformativa degli OSS, tutti i livelli della società e dell’economia devono detenerne la titolarità; evidenzia l’importanza del settore privato e delle motivazioni economiche nell’attuare e conseguire gli OSS entro il 2030;

27.

ricorda che le persone sono al centro degli OSS e che il partenariato, la partecipazione e la responsabilizzazione sono valori fondamentali dello sviluppo sostenibile. La partecipazione dei cittadini di tutte le età, della società civile nella sua diversità, nonché del mondo accademico, degli organismi pubblici e del settore privato ai dialoghi multilaterali con il settore pubblico è necessaria al fine di identificare e creare insieme soluzioni tese a conseguire gli OSS trovando nel contempo gli equilibri giusti negli inevitabili compromessi;

28.

sottolinea il ruolo cruciale dei movimenti dal basso verso l’alto, delle condizioni favorevoli e dello spirito imprenditoriale nelle città e nelle regioni per il conseguimento degli OSS e per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;

29.

incoraggia ad adottare misure di informazione multilaterali sui benefici dello sviluppo sostenibile per far sì che, in ogni classe di età e a lungo termine, si sviluppino atteggiamenti sociali appropriati.

Una governance dell’UE per gli OSS

30.

chiede che la nuova Commissione europea assuma un ruolo guida nella creazione di una governance multilivello multilaterale e intersettoriale, nell’ambito dello scenario 1, che consenta di integrare tutte le dimensioni degli OSS in tutte le politiche dell’UE, garantendo nel contempo la coerenza delle politiche tra i diversi settori e coinvolgendo tutti i livelli di governo e le parti interessate, compresi i cittadini, in tutte le fasi del processo di elaborazione delle politiche;

31.

mette in risalto l’importanza fondamentale dell’apprendimento, in quanto la leadership politica è della massima importanza, e osserva che sia i politici che le amministrazioni devono essere formati e impegnarsi riguardo agli OSS e che ciascuna istituzione dell’UE deve integrare gli OSS nella propria governance;

32.

raccomanda al prossimo presidente della Commissione europea di nominare un gruppo ad hoc nell’ambito del suo gabinetto, incaricato di lavorare con tutti i commissari ed esaminare tutte le proposte politiche relative agli OSS. Tale gruppo dovrebbe servire a individuare i potenziali conflitti e i necessari compromessi, e sarà responsabile dell’integrazione degli OSS in tutte le politiche dell’UE. Ciò comporterà un forte coordinamento tra le diverse direzioni generali;

33.

esorta il prossimo presidente della Commissione a riferire annualmente in merito all’attuazione degli OSS al Parlamento europeo nel suo discorso sullo stato dell’Unione, nonché al Consiglio Affari generali;

34.

esorta il Consiglio a incoraggiare l’attuazione degli OSS e a promuovere l’apprendimento reciproco a livello nazionale attraverso la discussione sulle revisioni nazionali volontarie (RNV) in seno al Consiglio degli affari generali, prima delle presentazioni programmate durante i forum politici di alto livello delle Nazioni Unite;

35.

esorta il Parlamento europeo, in veste di colegislatore, a integrare gli OSS in tutti i suoi fascicoli politici pertinenti e a impegnare tutte le commissioni a trattare l’attuazione degli OSS; invita inoltre il Parlamento a nominare relatori permanenti sugli OSS nelle sue varie commissioni;

36.

si impegna a lavorare in modo integrato e coerente sugli OSS e a integrarli in tutte le commissioni e in tutti i pareri del CdR;

37.

propone una collaborazione con la Commissione e altri partner sul monitoraggio dell’attuazione degli OSS a livello locale/regionale; si rallegra del lavoro svolto dalla piattaforma multilaterale sugli OSS, organizzata dalla Commissione europea come governance aperta e partecipativa; sostiene fermamente il suo proseguimento al fine di coinvolgere le regioni, le città, la società civile, il mondo accademico e le imprese in un dialogo inclusivo in materia di sostenibilità e di creare titolarità degli OSS;

38.

si compiace del fatto che la Commissione europea abbia inserito le raccomandazioni della piattaforma nel documento di riflessione;

39.

prevede che la piattaforma costituirà un organo consultivo permanente per la consultazione da parte dei responsabili delle decisioni dell’UE - la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo - su una strategia globale per un’Europa sostenibile 2030, e servirà a informare i nuovi commissari europei e i nuovi eurodeputati in merito agli OSS;

40.

auspica la partecipazione periodica delle piattaforme europee, nazionali e subnazionali ai lavori della piattaforma multilaterale dell’UE, al fine di rafforzarne l’opera e la rappresentatività;

41.

invita tutte le istituzioni dell’UE, ivi compresi la Commissione, il Consiglio, il Parlamento europeo, il Comitato europeo delle regioni e il Comitato economico e sociale europeo, ad impegnarsi in un dialogo interistituzionale regolare sugli OSS al fine di garantire la coerenza delle politiche, nello spirito dell’OSS n. 17.

Integrare gli OSS nelle politiche dell’UE

42.

incoraggia la Commissione europea a utilizzare gli orientamenti per legiferare meglio come strumento per aiutare a elaborare la normativa tenendo conto di tutte le dimensioni degli OSS. Detti orientamenti dovrebbero indicare chiaramente tutte le variabili da tenere in considerazione se si vuole adottare un approccio sostenibile;

43.

sostiene che saranno inevitabili compromessi tra le diverse dimensioni degli OSS e chiede valutazioni d’impatto ex ante sistematiche per individuare possibili sinergie e conflitti, nonché per valutare i compromessi in modo trasparente, tenendo conto dell’impatto immediato e a lungo termine. Le valutazioni d’impatto territoriale e i dibattiti partecipativi con i cittadini e le parti interessate a livello locale e regionale saranno determinanti per garantire l’accettazione delle decisioni e una buona elaborazione delle politiche;

44.

si impegna a organizzare - fungendo così da esempio per altre istituzioni e organizzazioni - convegni annuali nei quali siano presentate esperienze e buone pratiche locali e regionali;

45.

invita tutte le istituzioni dell’UE e gli Stati membri ad allineare il semestre europeo agli OSS e a una successiva strategia dell’UE per un’Europa sostenibile 2030. Gli orientamenti pluriennali dovrebbero garantire che il semestre europeo attui la strategia dell’UE e diventi uno strumento di coordinamento e attuazione per gli OSS e che l’analisi annuale della crescita diventi pertanto «analisi annuale sullo sviluppo sostenibile»;

46.

chiede l’elaborazione di un’indagine pluriennale dell’UE sullo sviluppo sostenibile, che lanci un ciclo nazionale pluriennale di revisione e di rendicontazione delle raccomandazioni. L’indagine dovrebbe fare un bilancio dell’attuazione della strategia dell’UE e dei piani d’azione per lo sviluppo sostenibile degli Stati membri, costituendo la base per le RVN nel contesto delle Nazioni Unite;

47.

chiede che la governance del semestre europeo sostenibile in seno alla Commissione coinvolga tutti i servizi competenti della Commissione stessa ed eviti le iniziative «a compartimenti stagni»;

48.

rilancia la sua richiesta che la governance del semestre europeo si basi sui principi di partenariato e di governance multilivello, coinvolgendo le regioni e le città dell’UE come partner a pieno titolo sin dall’inizio del ciclo annuale, sulla base di un codice di condotta (9) (10);

49.

invita le istituzioni dell’UE a utilizzare il bilancio dell’UE per integrare gli OSS in tutte le politiche, in particolare ponendo fine alle sovvenzioni per i combustibili fossili e rafforzando i criteri di sostenibilità negli appalti pubblici;

50.

richiama la necessità di monitorare l’attuazione degli OSS e chiede di disaggregare i dati, almeno a livello di NUTS 2, e se necessario fino a quello locale, per consentire una migliore definizione delle politiche quando la media nazionale sia fuorviante;

51.

riafferma (11) la necessità di andare al di là del PIL e di utilizzare indicatori aggiuntivi che non siano di natura puramente economica, ma rispecchino il carattere trasformativo degli OSS, e che dovrebbero essere misurati a livello NUTS2 almeno attraverso dati disaggregati relativi al conseguimento degli OSS stessi;

52.

sottolinea che le regioni e le città all’avanguardia elaborano i propri indicatori e raccolgono i propri dati in partenariato con gli attori locali, ivi compreso il settore privato. Lo sviluppo di indicatori locali rappresenta una buona opportunità per promuovere la partecipazione e la titolarità. Tuttavia il 40 % dei partecipanti dell’indagine CdR-OCSE afferma di non utilizzare alcun indicatore. Gli indicatori dell’UE non possono essere utilizzati in quanto la mancanza di dati disponibili a livello NUTS2 impedisce di utilizzarli a livello locale;

53.

propone che il Centro comune di ricerca dell’UE istituisca una piattaforma di dati urbani sugli OSS per elaborare un manuale europeo delle città volontarie che li attuano; prende atto, inoltre, del lavoro del World Council on City Data («Consiglio mondiale per i dati relativi alle città») che ha istituito norme ISO riguardanti gli indicatori per le città intelligenti e resilienti, nonché del lavoro dell’OCSE, che sta elaborando uno strumento di visualizzazione che combina gli indicatori ufficiali e quelli modellizzati a livello regionale e locale per tenere conto delle disparità regionali;

54.

invita Eurostat a includere questi lavori e i progressi misurati nella sua relazione annuale di monitoraggio, lasciando spazio anche ai dati qualitativi. Il CdR è pronto a collaborare e a promuovere la cooperazione con questi partner per monitorare l’attuazione degli OSS a livello locale/regionale;

55.

ribadisce che molte regioni e città si stanno impegnando in quanto pionieri di questo processo di transizione con iniziative dal basso verso l’alto, come il Patto dei sindaci per il clima e l’energia e gli ambasciatori del CdR che operano in tal senso. Questi movimenti dal basso verso l’alto possono imprimere un nuovo slancio e costituire un importante passo avanti nell’attuazione degli OSS.

La dimensione esterna degli OSS

56.

insiste affinché l’UE, nella loro attuazione, tenga conto della dimensione esterna degli OSS, compreso l’impatto esterno delle sue politiche interne, ad esempio la PAC o la politica commerciale. Le dimensioni interna ed esterna non sono mondi separati, e la ricerca della coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile è essenziale;

57.

chiede un partenariato tra i livelli UE, nazionale, regionale e locale per contribuire all’attuazione degli OSS attraverso la cooperazione allo sviluppo;

58.

chiede un migliore controllo del ruolo delle catene di approvvigionamento globali per garantire il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani, l’attuazione di pratiche in materia di economia circolare e la prevenzione dell’uso eccessivo delle risorse;

59.

insiste sul ruolo chiave della cooperazione decentrata e delle iniziative del CdR, come il Forum Città e regioni per la cooperazione allo sviluppo (CdR-Commissione europea) sul tema dei partenariati urbani sostenibili, che nel febbraio 2019 ha riunito oltre 500 partecipanti provenienti da oltre 80 paesi e ha elaborato raccomandazioni politiche concrete sulla promozione dello sviluppo sostenibile attraverso partenariati regionali e locali, o l’iniziativa di Nicosia a sostegno dei comuni libici. Queste iniziative del CdR dimostrano che il sostegno dell’UE non dovrebbe concentrarsi esclusivamente sui progetti di partenariato su vasta scala tra grandi città, ma essere ugualmente accessibile alle iniziative di cooperazione decentrata di diverse dimensioni e con la partecipazione di diversi tipi di enti territoriali;

60.

si rammarica che la proposta della Commissione europea per il nuovo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI) non includa una linea di finanziamento tematica destinata a sostenere gli enti locali;

61.

invita la Commissione europea a sostenere l’integrazione economica e sociale dei giovani, delle donne e delle popolazioni sradicate nei paesi in via di sviluppo. La logica di partenariato della cooperazione decentrata può contribuire a trasformare la percezione della migrazione da una minaccia a un’opportunità, soprattutto in considerazione del ruolo chiave svolto dalle regioni e dalle città nell’integrazione dei migranti nelle società di accoglienza.

Politiche dell’UE

62.

concorda con la diagnosi avanzata dal documento di riflessione e con la proposta di lavorare ulteriormente su quattro cluster di politiche e quattro attivatori trasversali in via prioritaria, formulando tuttavia le seguenti osservazioni aggiuntive:

63.

ribadisce che al di là della proposta limitata di aumentare l’obiettivo d’integrazione dei cambiamenti climatici, il nuovo QFP dovrebbe allocare risorse finanziarie rilevanti allo sviluppo sostenibile, nonché garantire che in nessun caso l’attuazione degli OSS sia compromessa per motivi finanziari;

64.

sottolinea l’urgenza di adottare le strategie e di definire le azioni a favore di un’economia circolare efficiente sotto il profilo delle risorse, attuando senza ulteriori indugi l’accordo di Parigi;

65.

sottolinea che il CdR sta valutando più approfonditamente, in un parere a parte (12), i collegamenti tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, la transizione ecologica e l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Tale parere illustrerà la visione strategica delle città e delle regioni dell’UE per conseguire la transizione verso un’economia efficiente in termini di risorse, a basse emissioni di carbonio, neutrale dal punto di vista climatico e improntata alla biodiversità;

66.

insiste sul fatto che il consumo e la produzione sostenibili comportano anche una riduzione dell’utilizzo di risorse non rinnovabili in termini assoluti per progredire verso la sufficienza delle risorse e non solo l’efficienza delle risorse;

67.

sottolinea il particolare potenziale della bioeconomia in termini di promozione dell’indipendenza dai combustibili fossili e di lotta ai cambiamenti climatici attraverso la neutralità in termini di emissioni di carbonio. Massimizzare l’uso di prodotti bio nella gamma più ampia possibile di settori industriali permette inoltre di mantenere e di creare posti di lavoro in nuovi mercati sostenibili, anche nelle regioni finora meno industrializzate;

68.

afferma che grazie alle regioni è possibile raggiungere l’obiettivo di incrementare in misura significativa la percentuale delle bioindustrie innovative nel prodotto interno lordo per i prossimi dieci anni;

69.

chiede che sia dato seguito al Piano d’azione della Commissione per il finanziamento della crescita sostenibile, dal momento che il finanziamento deve essere utilizzato per stimolare il cambiamento che garantisca rendimenti in termini di la sostenibilità e non solo rendimenti finanziari (13);

70.

chiede che l’impegno delle imprese e dei settori industriali europei in materia di sostenibilità sia parte integrante della strategia industriale europea per il 2030, al fine di aiutare le imprese e i settori industriali ad accelerare l’introduzione di pratiche più sostenibili. Tale proposta, già inclusa tra le raccomandazioni della piattaforma multilaterale dell’UE sugli OSS, dovrebbe essere ulteriormente discussa dalla tavola rotonda industriale ad alto livello «Industria 2030» e includere una discussione sulla bioeconomia integrata con gli OSS;

71.

sottolinea che, al fine di mantenere la coerenza delle politiche UE per lo sviluppo (CPS), la PAC dovrebbe promuovere lo sviluppo dell’agricoltura nei paesi in via di sviluppo, che favorisca il mantenimento della loro popolazione rurale e garantisca la loro sicurezza alimentare. A tal fine è opportuno che le esportazioni agricole e alimentari dell’Unione non possano avvenire a prezzi inferiori ai costi di produzione europei;

72.

si rammarica che per quanto riguarda la mobilità il documento di riflessione non faccia riferimento all’importanza della disponibilità dei trasporti pubblici per la costruzione di sistemi di trasporto urbano e regionale sostenibili, né al ruolo cruciale degli enti locali e regionali in tale ambito;

73.

osserva che un nuovo impulso all’agenda sostenibile dell’UE a livello internazionale dovrebbe comprendere iniziative volte a ridurre le emissioni di gas a effetto serra in seno all’IMO (trasporto marittimo) e all’ICAO (trasporto aereo), in particolare attraverso la richiesta di introdurre un’imposta globale sul cherosene e che, qualora non si raggiunga un accordo in merito in sede ICAO, si potrebbe valutare l’opzione di intraprendere azioni unilaterali quali l’abolizione dell’esenzione fiscale sul carburante per i voli interni dell’UE o l’imposizione di un’imposta sul carburante per il trasporto aereo di merci;

74.

osserva che l’industria europea della mobilità deve rafforzare la propria competitività attraverso l’innovazione. Il piano di introduzione per i combustibili alternativi e le infrastrutture stradali digitali deve essere attuato dagli enti locali e regionali in collaborazione con il settore privato e con il sostegno del bilancio dell’UE;

75.

alla luce delle enormi disuguaglianze sociali delineate nel documento di riflessione, come ad esempio il fatto che oltre il 22 % dei cittadini dell’UE è a rischio di povertà, rilancia il suo invito a dare piena attuazione al pilastro europeo dei diritti sociali e a dedicare ai fattori di sostenibilità sociale la stessa attenzione attribuita alla sostenibilità ambientale al fine di dimostrare che l’UE punta a non lasciare indietro nessuna persona e nessun territorio. I dati dimostrano infatti che i territori socialmente fragili sono spesso i più esposti all’impatto negativo della mancanza di sviluppo sostenibile;

76.

chiede un monitoraggio più regionalizzato del pilastro europeo dei diritti sociali. Il CdR sta attualmente elaborando un quadro di valutazione sociale regionale, che potrebbe essere utilizzato a tal fine;

77.

rileva che va riservata un’attenzione particolare alla promozione dell’invecchiamento attivo e in buona salute degli europei, passando da un approccio di tipo istituzionale a un approccio a livello di comunità locale;

78.

rilancia il suo invito ad attuare un’agenda europea dell’edilizia abitativa (14) che, facendo seguito al partenariato sull’edilizia abitativa dell’agenda urbana per l’UE, contribuirebbe in modo significativo all’attuazione degli OSS 11 (città e comunità sostenibili), ma anche 1 (nessuna povertà), 7 (energia a prezzi accessibili) e 10 (riduzione delle disuguaglianze);

79.

sottolinea che, con il contributo delle regioni e delle città dell’UE, lo sviluppo delle tecnologie digitali può trasformare il cambiamento demografico in un triplice vantaggio per l’Europa: migliorare la qualità della vita della popolazione nonostante l’invecchiamento, progredire verso sistemi sanitari e di assistenza più sostenibili e creare crescita economica e occupazione sostenibili nel settore dell’economia d’argento;

80.

segnala che gli enti locali e regionali hanno un ruolo fondamentale da svolgere per quanto riguarda l’equilibrio di genere, ma riconosce che le donne sono notevolmente sottorappresentate in tutta l’UE, nella quale rappresentano solo il 15 % dei sindaci eletti, il 32 % dei consiglieri comunali e il 33 % dei deputati dei parlamenti o delle assemblee regionali (15);

81.

sostiene il riconoscimento e la promozione dell’apprendimento non formale e informale nell’animazione socioeducativa. Le organizzazioni giovanili e sportive che offrono programmi di istruzione non formale e informale per la cittadinanza attiva al di fuori della scuola sono particolarmente importanti per migliorare le capacità e le competenze dei giovani;

82.

mette in rilievo il potenziale della metodologia UE di specializzazione intelligente quale elemento essenziale della strategia per un’Europa sostenibile entro il 2030. La piattaforma di specializzazione intelligente del CCR aiuta le regioni a utilizzare i fondi strutturali per integrare le loro strategie regionali di innovazione con gli OSS, anche attraverso gli eventi organizzati dal CdR e dal CCR nel quadro del progetto «La scienza incontra le regioni». La complementarità tra la specializzazione intelligente e l’attuazione degli OSS a livello regionale apporta un valore aggiunto essenziale per la crescita sostenibile;

83.

sottolinea che il sistema di scambio delle quote di emissione dovrebbe essere tra le prossime tappe fondamentali per l’attuazione del documento di riflessione;

84.

si rammarica del fatto che, in materia di commercio, durante l’ultimo discorso sullo stato dell’Unione non sia stato annunciato alcun riferimento all’«accordo generale di libero scambio intercontinentale tra l’UE e l’Africa». Tale accordo dovrebbe essere improntato agli OSS e tenere conto dell’enorme ruolo che gli scambi possono svolgere nel contribuire al loro conseguimento;

85.

chiede un dialogo sociale rinnovato nel governo societario per promuovere gli OSS e nuovi modelli di impresa per rafforzare la democrazia economica ai fini della crescita sostenibile;

86.

insiste sul ruolo positivo dell’economia sociale nella lotta alla disoccupazione e nella promozione di una crescita inclusiva e sostenibile. Ciò è particolarmente importante nelle regioni caratterizzate dall’emigrazione, dal rapido invecchiamento della popolazione, dalla mancanza di dinamismo economico e da un basso livello di imprenditorialità. In tali regioni, le organizzazioni dell’economia sociale rappresentano uno dei modi in cui le buone intenzioni promuoveranno l’imprenditorialità e consentiranno la piena valorizzazione delle risorse endogene.

Bruxelles, 26 giugno 2019

Il presidente

del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  L’indagine ha ricevuto più di 400 risposte. I risultati e altre informazioni sono disponibili al seguente indirizzo: https://cor.europa.eu/en/news/Pages/SDGs_survey.aspx

(2)  Rete ONU di soluzioni per lo sviluppo sostenibile (2016), Getting Started with the SDGs in Cities: A Guide for Stakeholders («Come iniziare con il raggiungimento degli OSS nelle città: guida per le parti interessate»), http://unsdsn.org/wp-content/uploads/2016/07/9.1.8.-Cities-SDG-Guide.pdf.

(3)  Come i Paesi Baschi, le isole Aland, Espoo, Gand, Utrecht e la Renania settentrionale-Vestfalia.

(4)  Studio commissionato dal CdR: Un approccio territoriale per l’attuazione degli OSS nell’UE - Il ruolo del Comitato europeo delle regioni (2019).

(5)  del Comitato europeo delle regioni su: Il programma di sostegno alle riforme e la funzione europea di stabilizzazione degli investimenti [2018/3764, punto 12, relatrice: Olga Zrihen (BE/PSE)].

(6)  Organizzazioni quali l’OCSE, l’ICLEI, l’iniziativa UNDP-ART e UN-Habitat, nonché le associazioni come nrg4sd, CGLU o la Task Force globale.

(7)  Come il CCRE, Eurocities, la CRPM, l’ESDN, la rete EEAC.

(8)  Parere del Comitato europeo delle regioni sul futuro Fondo europeo di sviluppo regionale e sul Fondo di coesione dopo il 2020.

(9)  Parere del Comitato europeo delle regioni sul tema Migliorare la governance del semestre europeo: un codice di condotta per il coinvolgimento degli enti locali e regionali (COR 2016/5386).

(10)  Parere del Comitato europeo delle regioni sul tema Il semestre europeo e la politica di coesione: allineare le riforme strutturali con gli investimenti a lungo termine (COR 2018/5504).

(11)  Parere del Comitato europeo delle regioni sul tema: Indicatori dello sviluppo territoriale - non solo PIL, adottato l’11 febbraio 2016.

(12)  Un’Europa sostenibile per il 2030: seguito riservato agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, alla transizione ecologica e all’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, elaborato da Sirpa Hertell (FI/PPE).

(13)  Parere del Comitato europeo delle regioni sul tema: Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile (COR 2018/2182), adottato il 6 dicembre 2018.

(14)  Parere del Comitato europeo delle regioni: Verso un’agenda europea dell’edilizia abitativa (CdR 1529/2017), adottato il 1o dicembre 2017.

(15)  Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, banca dati delle statistiche di genere, 2017.


29.11.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 404/24


Parere del Comitato europeo delle regioni - Una bioeconomia sostenibile per l’Europa: rafforzare il collegamento tra economia, società e ambiente

(2019/C 404/05)

Relatore

:

Jácint HORVÁTH (HU/PSE), membro del consiglio comunale di Nagykanizsa

Testo di riferimento

:

Una bioeconomia sostenibile per l’Europa: rafforzare il collegamento tra economia, società e ambiente

COM(2018) 673 final

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

accoglie con favore la comunicazione della Commissione Una bioeconomia sostenibile per l’Europa: rafforzare il collegamento tra economia, società e ambiente, che propone un piano d’azione per l’attuazione della strategia europea per la bioeconomia nei prossimi anni. Ritiene di poter svolgere un ruolo essenziale nel dialogo con la Commissione;

2.

è del parere che il piano d’azione pubblicato sia abbastanza ambizioso e che la realizzazione delle azioni che contiene sia fondamentale per lo sviluppo della bioeconomia europea a un ritmo adeguato;

3.

ritiene, inoltre, che lo sviluppo della bioeconomia presenti un elevato potenziale in termini di crescita e di posti di lavoro e osserva che tale potenziale potrà essere realizzato soltanto se i soggetti regionali e locali collaboreranno strettamente sul campo e perseguiranno obiettivi comuni. Il Comitato sottolinea inoltre l’importanza della bioeconomia sostenibile per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile;

4.

è convinto che occorra armonizzare le iniziative europee, nazionali, regionali e locali nell’ambito della bioeconomia, sfruttando gli effetti positivi della governance a più livelli, in modo da creare le condizioni ottimali per il suo sviluppo in Europa. Inoltre il livello locale e regionale svolge un ruolo importante, anche in materia di bioeconomia, nella promozione della cooperazione tra università, imprese, pubbliche amministrazioni e società civile, grazie al modello della quadrupla elica;

5.

sottolinea le straordinarie possibilità che il periodo 2021-2027 offre per lo sviluppo della bioeconomia. Gli enti locali e regionali sono essenziali ai fini dell’attuazione della politica di coesione dell’UE e di numerose strategie regionali di specializzazione intelligente, che consentono di cofinanziare programmi e progetti per il rafforzamento della bioeconomia;

6.

osserva inoltre che dal 2021 la Commissione prevede l’obbligo di elaborare piani d’azione per la bioeconomia al livello territoriale più appropriato, il che comporterà un rafforzamento del ruolo degli enti locali e regionali, e di gestire i programmi quanto più direttamente possibile con i settori e i cittadini interessati, conformemente ai principi di sussidiarietà e di governance a più livelli. Al fine di creare una bioeconomia sostenibile e circolare, è necessario ancorare saldamente le attività al livello regionale e locale, dato che le popolazioni locali conoscono in modo approfondito le catene di valore esistenti nelle regioni. Le regioni investono nei servizi e nelle capacità di base, affinché l’approccio locale e regionale sia garanzia di un legame solido con le specificità e la specializzazione delle regioni;

7.

ritiene che, per dare vita con successo alla visione della massima espansione possibile della bioeconomia, occorra riesaminare periodicamente il quadro giuridico, per poter eliminare anche gli ostacoli giuridici agli investimenti;

8.

è convinto che lo sviluppo di una bioeconomia europea sostenibile porterà alla creazione di posti di lavoro, in particolare nelle zone costiere e rurali, grazie alla maggiore partecipazione dei produttori primari alla bioeconomia locale. Secondo le stime dei settori bioeconomici, si potrebbe creare un milione di nuovi posti di lavoro da qui al 2030;

9.

esorta tutti i paesi dell’Unione a elaborare, entro il 2021, una strategia nazionale per la bioeconomia nel quadro della pianificazione del prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027, per agevolare le possibilità di coordinamento dei programmi di sviluppo;

10.

incoraggia tutte le regioni d’Europa, essendo esse uno dei livelli territoriali più appropriati per l’attuazione di strategie per la bioeconomia, a elaborare, entro la fine del 2024, dei piani di azione per la bioeconomia o a prevedere un capitolo distinto dedicato alla bioeconomia nel quadro della loro strategia globale di sviluppo. Ritiene inoltre che, siccome i limiti ecologici della bioeconomia vanno al di là di quelli amministrativi, occorra anche prevedere strategie interregionali per rafforzare la cooperazione transfrontaliera e interregionale (gemellaggi, reti) con regioni di profilo analogo. Allo stesso tempo si dovrebbero promuovere partenariati in materia di bioeconomia nelle strategie macroregionali e per i bacini marittimi;

11.

auspica che in futuro la crescita degli appalti pubblici verdi sia quanto più elevata possibile nell’UE e sottolinea che lo sviluppo della bioeconomia è fondamentale a tale scopo. In tale contesto osserva che gli appalti pubblici costituiscono uno strumento importante per promuovere lo sviluppo di bioprodotti e di soluzioni in questo ambito. Per sostenere e rendere possibile quanto sopra, è spesso necessario il sostegno dell’UE, sotto forma di requisiti di progettazione ecocompatibile, norme, dichiarazioni climatiche e ambientali di prodotto e strategie volte a promuovere misure di sviluppo;

12.

osserva con preoccupazione che, secondo un recente documento del Centro comune di ricerca, nel periodo 2015-2030 circa l’11 % dei terreni agricoli nell’UE (oltre 20 milioni di ettari) sarà soggetto a un rischio elevato di abbandono, a causa di fattori quali le caratteristiche biofisiche del suolo, la struttura aziendale e la redditività agricola, la demografia e le specificità regionali (1). Alla luce di ciò, il Comitato sottolinea l’importante potenziale dei terreni agricoli abbandonati per l’aumento della produzione di vari tipi di biorisorse, a condizione che tale uso diversificato non metta in pericolo i terreni agricoli ad alto valore naturalistico (HNV), e non riduca la biodiversità e le potenzialità di ripristino degli habitat e di rinaturalizzazione;

13.

ricorda che, in un precedente parere sulla riforma della politica agricola comune (2), aveva sottolineato, riguardo all’ambiente e all’alimentazione, la necessità di raddoppiare, rispetto al 2017, la superficie coltivata con il metodo di produzione biologico negli Stati membri, o di raggiungere almeno il 30 % della superficie agricola utilizzata degli Stati membri;

14.

concorda con le conclusioni della relazione sulla revisione intermedia della strategia dell’UE sulle foreste, secondo cui è opportuno coordinare la revisione della strategia sulle foreste con la riforma della strategia bioeconomica. Si dovrà garantire la coerenza tra le diverse politiche dell’UE nel quadro dello sviluppo della bioeconomia delle foreste e della promozione dell’innovazione;

Rafforzare i settori bioeconomici e intensificare la loro attività, liberare investimenti e mercati

15.

ritiene che le innovazioni nel settore della bioeconomia attirino attualmente investitori nelle imprese solo se associate allo sviluppo di prodotti a elevato valore aggiunto. Occorre perfezionare i regimi di aiuto per sviluppare tecnologie collegate ai prodotti a base biologica, i quali hanno un basso valore commerciale, ma sono destinati a sostituire i prodotti fossili. Sono necessari dei meccanismi di fissazione dei prezzi più chiari per le risorse di bioenergie, senza tuttavia gestire nel dettaglio le modalità di utilizzo di tali risorse. Inoltre, un’adeguata fissazione dei prezzi delle risorse fossili costituisce un elemento fondamentale per garantire la competitività della bioeconomia;

16.

è del parere che l’istituzione di un sistema armonizzato di regolamentazione dei prodotti che possono essere realizzati in modo sostenibile e dei loro rifiuti, nonché la garanzia di stabilità di tale sistema a livello degli Stati membri, rappresenterebbero un passo avanti importante per le organizzazioni attive nell’ambito della ricerca, dello sviluppo e della realizzazione di prodotti a base biologica;

17.

invita la Commissione a sostenere i processi che intervengono nella produzione e nella vendita di prodotti a base biologica negli Stati membri dell’UE, e la moltiplicazione di tecnologie nel settore della bioeconomia sostenibile. L’UE dovrebbe assumere il ruolo di leader nel settore, sviluppando tecnologie di avanguardia connesse alla bioeconomia, nell’ottica di promuovere la creazione di posti di lavoro e l’approvvigionamento di bioprodotti di qualità;

18.

ritiene necessario che le norme in vigore evitino di imporre oneri burocratici gravosi agli utilizzatori delle biorisorse. Attualmente sia le norme in materia di aiuti di Stato che la direttiva relativa alle fonti energetiche rinnovabili (RED II) prevedono obblighi relativi alla presentazione di una relazione sulla sostenibilità e l’economia (anche per i partner commerciali). È inoltre necessario evitare di regolamentare nel dettaglio le modalità di utilizzo delle diverse risorse bioenergetiche, fintantoché esse soddisfano i requisiti in materia di clima e di sostenibilità. Particolarmente nelle bioraffinerie i diversi flussi di risorse sono utilizzati per scopi molto diversi, tra cui i biocarburanti;

19.

ritiene che lo sviluppo della bioeconomia, in particolare nelle regioni meno avanzate, sia legato a progetti concreti e che la realizzazione di innovazioni faro consenta di seguirne l’evoluzione. Per quanto riguarda BIOEAST e iniziative analoghe che coinvolgano più di uno Stato membro, il CdR propone che la Commissione incoraggi il rafforzamento delle sinergie positive tramite programmi e sovvenzioni tematici. È opportuno che l’interconnessione tra le attività di trasferimento di tecnologie e le risorse delle regioni in termini di biomasse consenta di ottenere risultati dimostrabili anche per la società, che dimostrino che la bioeconomia sostenibile è il «cuore» verde pulsante dell’economia circolare;

20.

ritiene che, al fine di accelerare la transizione energetica e rendere l’energia rinnovabile più competitiva sul mercato rispetto ai combustibili fossili, senza che ciò sia considerato un aiuto di Stato illegale, occorra valutare un adeguamento della direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici e delle norme in materia di aiuti di Stato;

21.

si compiace che la Commissione preveda di attuare, nei prossimi anni, uno strumento di sostegno delle politiche teso a porre rimedio agli squilibri territoriali nell’ambito della bioeconomia, ma sottolinea che occorre garantire il funzionamento di tale strumento almeno fino alla fine del 2027, per ridurre in modo efficace le disparità territoriali emerse in passato in tale settore;

22.

plaude all’inclusione della biotecnologia nelle strategie di specializzazione intelligente (RIS3) di diversi paesi dell’UE. Le strategie di specializzazione intelligente, la cui preparazione costituiva una condizione ex ante per l’accesso ai fondi europei per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione (RDI) definiti durante il periodo di programmazione 2014-2020, sono anche strumenti di azione politica che, nel tracciare un quadro delle caratteristiche regionali e territoriali, dei settori e delle priorità tecnologie, fungono da punti di riferimento per l’attuazione delle politiche. Considera inoltre che le strategie di ricerca e innovazione per la specializzazione intelligente (RIS3) legate alla bioeconomia siano più efficaci se si basano su sforzi coordinati sia tra regioni vicine che a livello degli Stati membri, al fine di salvaguardare l’ambiente a lungo termine e di proteggere la biodiversità, e per sfruttare il potenziale bioeconomico;

23.

ritiene necessario rafforzare il sostegno alla biotecnologia, sia in termini di priorità di ricerca e innovazione (R&I) sia per quanto riguarda le priorità di investimento. Grazie alla base di conoscenze e agli strumenti di cui dispone, la biotecnologia, che costituisce il legame tra le fasi di trattamento delle biomasse, è in grado non solo di ridurre gli impatti negativi sull’ambiente, ma anche di promuovere lo sviluppo sostenibile delle bioindustrie;

24.

approva l’azione 1.5 del piano d’azione, che prevede lo sviluppo di 300 bioraffinerie sostenibili (3). Il CdR propone che al momento della costruzione di una nuova bioraffineria, sulla base dei dati del sistema unico di indicatori e monitoraggio, si aiutino le regioni meno sviluppate nell’ambito della bioeconomia a colmare il ritardo, conformemente alle norme e alle sovvenzioni della PAC e del nono programma quadro. L’introduzione di innovazioni tecnologiche, unita allo sviluppo di sistemi connessi di trasferimento delle conoscenze, consentirà di garantire lo sfruttamento compatibile con l’ambiente del potenziale degli ecosistemi che potrà portare a catene di valore sostenibili delle biomasse;

25.

ritiene che per ottimizzare, convertire e integrare le catene del valore sia essenziale coinvolgere attivamente le parti in causa locali e regionali, e in particolare le PMI, in modo da implicare l’intera catena commerciale al di là dei produttori primari. È essenziale sostenere l’impegno delle PMI nel loro processo di conversione tecnologica e commerciale in direzione della bioeconomia.

Realizzare rapidamente bioeconomie locali in tutta Europa

26.

raccomanda alla Commissione di rivolgere particolare attenzione all’informazione dei responsabili nelle amministrazioni cittadine e delle zone rurali, affinché integrino le possibilità di produzione e trasformazione delle biomasse nel quadro dei processi di pianificazione strategica e di iscrizione in bilancio a lungo termine;

27.

sottolinea che le consultazioni tra regioni confinanti dovrebbero consentire di sviluppare tecnologie e soluzioni per l’agricoltura biologica circolare nel quadro di una cooperazione reciproca;

28.

ritiene che le città debbano trasformarsi in poli importanti della bioeconomia circolare. La gestione circolare dei materiali e il riciclaggio (o quando possibile la rigenerazione) dei rifiuti, compresi quelli organici, nelle città hanno grande importanza e la loro attuazione richiede non solo infrastrutture e sistemi di raccolta, trattamento e riciclaggio (o rigenerazione), ma anche la sensibilizzazione della popolazione. Il CdR chiede alla Commissione di mettere a disposizione in modo coordinato le risorse necessarie allo scopo, compreso lo sviluppo congiunto e complementare degli adattamenti tecnologici e dei sistemi di trasferimento delle conoscenze;

29.

ritiene in particolare che, in effetti, né la strategia né il piano d’azione affrontino questioni di governance. Per realizzare i processi sviluppati nel piano d’azione, è necessario attribuire chiare responsabilità agli attori interessati e al pieno rispetto della governance multilivello, al fine di garantire l’attuazione efficace ed efficiente di ciascuno degli elementi della strategia;

30.

ritiene necessario armonizzare la normativa, dato che i 28 Stati membri applicano attualmente norme diverse ai flussi di biomasse che costituiscono la materia prima principale di catene di valore fondamentali per la bioeconomia nonché ai flussi di rifiuti che derivano dal loro trattamento;

31.

è del parere che le organizzazioni (come la rete europea delle regioni chimiche - ECRN), le piattaforme (come il consorzio bioindustrie - BIC) e le organizzazioni di cluster di imprese in grado di massimizzare il potenziale dei risultati e delle conoscenze acquisite e di coniugare iniziative locali e regionali possano promuovere efficacemente i processi della bioeconomia. In futuro sarà particolarmente importante inserirle nei sistemi di trasferimento delle conoscenze;

Capire i limiti ecologici della bioeconomia

32.

propone di utilizzare i limiti ecologici e gli ecosistemi al posto dei limiti amministrativi come base per valutare il potenziale di produzione di biomasse. Per raggiungere gli obiettivi del piano d’azione è opportuno valutare con precisione i quantitativi di biomasse prodotti e registrarli in un sistema unico. Ciò richiede una cooperazione coordinata tra le regioni ed è essenziale elaborare e definire metodi di misurazione e controllo normalizzati ai fini di tale valutazione;

33.

plaude al sostegno concesso dalla Commissione, ai sensi dell’azione 3.2 del piano d’azione, allo sviluppo di sistemi cartografici e statistici per il monitoraggio dell’ecosistema. Il CdR, tuttavia, propone di elaborare e realizzare un sistema europeo uniforme di indicatori per il monitoraggio della produzione di biomasse. È essenziale attuare un quadro di informazione unico per l’installazione delle tecnologie di trattamento a valle e per l’ottimizzazione del loro funzionamento in termini di efficienza energetica, tutela dell’ambiente e logistica delle biomasse;

34.

propone di elaborare un sistema unico di indicatori in grado di fornire informazioni sull’attività delle regioni attraverso indicatori di base e specifici. Per quanto riguarda gli indicatori di base, si suggerisce di controllare i seguenti parametri: 1) PIL della singola regione (percentuale rispetto al PIL nazionale); 2) attività internazionale di RSI; 3) risparmi in termini di energie fossili; 4) riduzione delle emissioni, in particolare di ammoniaca (NH3) e gas a effetto serra significativi (CO2, CH4); 5) produzione di energia da fonti rinnovabili (in questo caso, si propone di normalizzare la dimensione della misura). Gli indicatori specifici in grado di misurare le prestazioni delle regioni rispetto al piano d’azione della strategia per la bioeconomia sarebbero i seguenti: 1) numero di nuovi posti di lavoro (collegati allo sviluppo della bioeconomia); 2) ruolo della bioeconomia con riferimento ai risultati regionali; 3) entità degli sforzi tesi a mantenere e sviluppare la biodiversità (fondi assegnati); 4) conservazione dell’ambiente e riduzione della quantità di rifiuti;

35.

ritiene che l’estensione dei sistemi transfrontalieri di sostegno per i processi di innovazione e per le possibilità di cooperazione che sostengono specificamente lo sviluppo della bioeconomia apporti un contributo efficace al coordinamento transfrontaliero delle strategie nelle regioni confinanti. Cooperazioni incentrate su approcci ecologici, sociali ed economici analoghi possono fornire una guida per la formazione specializzata a livello locale e avere, inoltre, ricadute positive sui tassi di occupazione settoriali;

36.

raccomanda di promuovere meccanismi che consentano di trovare un compromesso tra la biodiversità e la produzione e di cercare sinergie tra le diverse politiche. L’accelerazione dei cambiamenti climatici provoca altresì mutamenti a livello microregionale;

37.

chiede di elaborare un quadro di sviluppo globale che contribuisca al coordinamento delle misure della politica climatica a livello di Unione, per contrastare la perdita di biodiversità e le alterazioni dell’ambiente, preservando e migliorando le risorse e la fertilità dei terreni;

38.

plaude alla definizione di una strategia bioeconomica conforme agli obiettivi di sostenibilità, corredata di un piano d’azione il cui fulcro è la tutela delle zone di produzione dal sovrasfruttamento, in parallelo con la valorizzazione del potenziale delle biomasse. Il CdR plaude, inoltre, alla tutela delle risorse utilizzate come base per la produzione e invita la Commissione a garantire alle regioni un accesso più equo ai fondi per la sensibilizzazione;

Finanziamento della bioeconomias

39.

accoglie con favore il fatto che l’obiettivo delle proposte della Commissione riguardanti il prossimo quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027 sia quello di dare un forte impulso alla ricerca e all’innovazione sistemiche negli ambiti e nei settori che rientrano nella bioeconomia: in particolare, è prevista l’assegnazione di 10 miliardi di EUR (4), ossia circa il 10 % del bilancio stimato, al polo «Prodotti alimentari e risorse naturali» del programma Orizzonte Europa (5). Il Comitato accoglie con particolare favore anche l’inclusione di «Biosoluzioni sostenibili, inclusive e circolari» nelle otto aree di partenariato del programma;

40.

sottolinea, tuttavia, che lo sviluppo della bioeconomia richiede un approccio globale, il che significa anche che per il suo finanziamento occorre il ricorso simultaneo e coordinato a diverse fonti. Il CdR ritiene necessario che la Commissione accresca le complementarità e crei strumenti adeguati per coordinare le risorse degli strumenti finanziari del Fondo europeo di sviluppo regionale, del Fondo sociale europeo Plus, del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, della politica agricola comune, nonché le risorse disponibili per la RDI e gli strumenti finanziari del programma InvestEU, al fine di mettere gli Stati membri e le regioni in condizione di utilizzare pienamente i fondi disponibili per il sostegno della bioeconomia;

41.

insiste sull’importanza di effettuare conferimenti al programma InvestEU in quanto futura fonte di finanziamento della bioeconomia; chiede pertanto che la bioeconomia resti un settore di riferimento per i finanziamenti e continui a essere inclusa tra gli ambiti finanziati dal programma InvestEU;

42.

ricorda che l’intenzione dichiarata di far sì che il 25 % delle spese di bilancio dell’UE contribuisca a realizzare gli obiettivi climatici non appare sufficiente al raggiungimento degli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi. Il CdR aveva già indicato nel suo parere sul pacchetto relativo al quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027 (6) che la proposta relativa alle future prospettive finanziarie avrebbe dovuto consentire di portare tali impegni a un livello superiore al 30 %, grazie al quale avrebbero contribuito alla decarbonizzazione nel settore dell’energia, dell’industria e del sistema dei trasporti nonché alla transizione a un’economia circolare; questi obiettivi favoriscono lo sviluppo della bioeconomia a un ritmo appropriato;

43.

ribadisce che la proposta della Commissione di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce Orizzonte Europa (il programma quadro di ricerca e innovazione) include la giustificazione di misure specifiche a favore delle regioni ultraperiferiche dell’Unione per quanto riguarda il loro accesso ai programmi orizzontali dell’UE, tenuto conto della loro situazione strutturale, sociale ed economica. Il CdR si rammarica che tale riconoscimento non si sia concretizzato nel testo proposto, cosicché il programma avrà difficoltà a tenere conto delle specificità di tali regioni e dei punti di forza unici che esse possiedono in quanto banchi di prova per la ricerca e l’innovazione in ambiti come la bioeconomia o i cambiamenti climatici, conformemente alle loro strategie di specializzazione intelligente;

Istruzione, formazione e sensibilizzazione alla bioeconomia

44.

esprime preoccupazione per le statistiche che mostrano che l’età media dei produttori e degli imprenditori attivi nella bioeconomia aumenta di anno in anno. Si può affermare che se la popolazione che invecchia non sarà rimpiazzata, e in assenza di un trasferimento delle conoscenze e della necessaria acquisizione di nuove capacità e competenze, il futuro approvvigionamento di prodotti alimentari di qualità in quantità sufficienti (e crescenti) sarà messo a repentaglio. È opportuno dare la priorità allo sviluppo di sistemi idonei di trasferimento delle conoscenze nei settori della bioeconomia e alle dimensioni innovativa, sociale, economica ed ecologica della connettività intersettoriale;

45.

ritiene che la manodopera necessaria alle catene di valore basate su bioprodotti sostenibili e adattate all’ecosistema sarà disponibile nel lungo periodo se si cercherà di rispondere alle esigenze specifiche in termini di manodopera dei settori della bioeconomia mediante l’applicazione, sin dal ciclo di studi primari, di moduli di istruzione progressivi e coerenti, nonché di moduli di formazione e di apprendimento permanente, elaborati dagli Stati membri sulla base del metodo aperto di coordinamento. Il CdR ritiene che lo sviluppo di tali moduli sia assolutamente necessario, dal momento che le conoscenze in materia di cultura ambientale e di sostenibilità devono essere trasmesse a ogni livello di istruzione, al pari della formazione e dell’apprendimento permanente. A tal fine invita la Commissione europea a facilitare l’individuazione e la definizione congiunte, da parte degli Stati membri, di obiettivi comuni e dei mezzi per conseguirli a livello dell’UE;

46.

sottolinea che la creazione di una domanda di mercato di prodotti a base biologica è essenziale per lo sviluppo della bioeconomia; attira l’attenzione sulla necessità di attuare azioni e attività di sensibilizzazione, ma anche di sostenere la domanda, il che richiede la cooperazione tra la Commissione, le regioni e i comuni.

Bruxelles, 26 giugno 2019

Il presidente

del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  Agricultural Land Abandonment in the EU in 2015-2030, JRC Policy Insights [Abbandono di terreni agricoli nell’UE nel periodo 2015-2030] (ottobre 2018), consultabile all’indirizzo https://ec.europa.eu/jrc/sites/jrcsh/files/jrc113718.pdf.

(2)  Parere del Comitato europeo delle regioni sulla «Riforma della PAC» (COR-2018-03637).

(3)  OCSE, Meeting Policy Challenges for a Sustainable Bioeconomy [Raccogliere le sfide politiche per una bioeconomia sostenibile], 2018, ISBN 9789264292345; BIO-TIC, A roadmap to a thriving industrial biotechnology sector in Europe [Tabella di marcia per un settore biotecnologico fiorente in Europa], 2015.

(4)  COM(2018) 435 del 7.6.2018: Proposta di regolamento che istituisce Orizzonte Europa — il programma quadro di ricerca e innovazione — e ne stabilisce le norme di partecipazione e diffusione.

(5)  COM(2018) 321 final del 2.5.2018: Un bilancio moderno al servizio di un'Unione che protegge, che dà forza, che difende Quadro finanziario pluriennale 2021-2027.

(6)  COR-2018-02389.


29.11.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 404/30


Parere del Comitato europeo delle regioni — Rafforzare l’istruzione STE(A)M nell’UE

(2019/C 404/06)

Relatore

:

Csaba BORBOLY (RO/PPE), presidente del consiglio distrettuale di Hargita

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

nota con soddisfazione che una parte significativa degli enti locali e regionali europei ha riconosciuto le importanti possibilità e le responsabilità derivanti da un approccio coerente e integrato alle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e allo sviluppo delle capacità e competenze relative a tali discipline, sempre più presenti a livello mondiale a tutti i livelli di istruzione;

2.

sottolinea che per settori economici fortemente innovativi, quali le TIC, la robotica, l’automazione, le attività di ricerca e sviluppo in campo tecnico, la logistica e diversi rami dell’ingegneria, è prevedibile un’ulteriore, significativa crescita economica, ma che tale crescita può essere compromessa da un inadeguato insegnamento delle discipline STEM;

3.

osserva che, sebbene per le STEM si possa senz’altro parlare di un metodo di insegnamento ormai pluridecennale e ben sperimentato, le cui condizioni materiali sono garantite, occorrono nondimeno ulteriori azioni, perché servono più insegnanti in grado di operare attraverso le tradizionali frontiere tra le discipline, promuovendo un approccio interdisciplinare, basato sulla ricerca applicata, sul metodo scientifico e sui progetti, e perché in molti casi la politica nazionale di istruzione a livello di Stato membro non ha finora riconosciuto l’esigenza di effettuare i pertinenti investimenti;

4.

sottolinea che l’insegnamento delle discipline STEM non consiste nel trattare separatamente le varie aree tematiche e discipline, giacché un principio di base è che il loro insegnamento va pianificato ed attuato non già isolatamente, bensì nel quadro di un coerente approccio di interconnessione delle differenti materie, entro un sistema praticamente multidisciplinare;

5.

fa osservare che secondo alcune ricerche, a medio termine nelle professioni legate alle STEM crescerà significativamente anche il numero di posti di lavoro, e che è questo il settore in cui quasi in ogni Stato membro la disoccupazione è più bassa;

6.

avverte che, secondo il Forum economico mondiale (1), la dicotomia tra gli studi umanistici e quelli scientifici non prepara le nuove generazioni ai nuovi ruoli multifunzionali per i quali i lavoratori dovranno possedere competenze tecniche, oltre che abilità sociali e analitiche. Pertanto, chiede che venga data una posizione centrale all’istruzione STEAM, che fornisce agli studenti la capacità di risolvere problemi complessi, creatività, pensiero critico, capacità di gestire risorse umane e flessibilità cognitiva.

7.

considera importante che, in base ai risultati internazionali delle STEM, tali discipline facciano parte non soltanto dell’istruzione superiore, ma che ne vengano impartiti i fondamenti a tutti i livelli di istruzione, dalla primaria in poi. Ciò può essere realizzato grazie all’inclusione di una conoscenza di base di tali discipline, nonché dell’alfabetizzazione tecnico-scientifica, tra le competenze fondamentali da fornire a ciascuno;

8.

considera necessario, in base ai principi di sussidiarietà e di governance a più livelli, verificare in che modo il livello locale e regionale possa contribuire, tramite il metodo aperto di coordinamento, a colmare le lacune e gli squilibri tra i sistemi di formazione, la forza lavoro e i posti di lavoro legati alle STEM mediante il coordinamento, in modo da creare parità di condizioni a livello europeo;

9.

ribadisce che, ai fini della sussidiarietà e del decentramento negli Stati membri, è evidente che gli enti locali e regionali, in quanto finanziatori delle scuole o comunque elementi di sostegno delle reti dell’istruzione, hanno un ruolo indiscutibile in tale contesto, avendo una funzione determinante anche nella mobilitazione dei fondi dell’UE

10.

ritiene che le iniziative, le strategie, i piani di azione e i partenariati pubblico-privati applicati a livello locale e regionale nel campo delle STEM possano avere un ruolo importante nel superamento dei divari di sviluppo tra le regioni. In molti casi, il miglioramento delle competenze necessarie per i posti di lavoro legati alle STEM non richiede infrastrutture dell’istruzione tradizionali dai costi elevati, e vi sono, specie nella formazione professionale e nell’istruzione degli adulti, numerose possibilità di organizzare formazioni specializzate a ciclo breve, anche di solo di alcuni mesi. La presenza di una forza lavoro STEM in una determinata area è un fattore determinante di competitività regionale, ed è per questo che un intervento degli enti locali e regionali in questo campo può risultare veramente efficace. Pertanto il fatto di trattare le discipline STEM come una priorità locale e regionale nel campo dell’istruzione, e dare la priorità alle iniziative collaborative e agli investimenti per il loro sviluppo, può contribuire in grande misura alla limitazione dei danni derivanti dalla fuga dei cervelli, grazie all’offerta a livello locale di adeguate opportunità di carriera alla forza lavoro STEM;

11.

ritiene che coinvolgere nella pianificazione e nell’attuazione delle misure di formazione le organizzazioni professionali e le camere di commercio attive e ben integrate anche a livello locale e regionale contribuisca all’efficienza dell’approccio in materia di STEM, e quindi a un’espressione e a una conoscenza più adeguate del valore aggiunto e degli interessi a livello locale e regionale;

12.

in vista della programmazione dei fondi della politica di coesione per il periodo 2021-2027 e in linea con le relazioni per paese del semestre europeo, che presentano degli orientamenti a tal fine, invita la Commissione e gli Stati membri a dare adeguata priorità al sostegno alle iniziative STEM a livello locale e regionale e ad adottare le misure necessarie per garantire che siano resi disponibili adeguati investimenti da parte dei fondi degli Stati membri o dell’UE, e che la pianificazione della politica di coesione adotti un approccio più mirato alle carenze di competenze STEM. Invita inoltre la Commissione - allorché essa elabora gli orientamenti per l’occupazione e nel quadro della priorità di rafforzare l’offerta di manodopera e competenze per sopperire alle carenze strutturali nei sistemi di istruzione e formazione - a incoraggiare gli Stati membri a sostenere in modo adeguato le iniziative STEM, dato che queste possono contribuire al mantenimento di un modello economico europeo basato sulla conoscenza, che può svilupparsi efficacemente pur perseguendo l’inclusività e la parità di opportunità;

13.

ritiene che sia giunto il momento per la Commissione di assicurare, in aggiunta ai progetti ambiziosi dello spazio europeo dell’istruzione, che tutte le priorità in materia di STEM siano affrontate nella sua gestione diretta dei pertinenti programmi dell’UE. Raccomanda inoltre che la Commissione promuova la presentazione e lo scambio di buone pratiche nel settore delle discipline STEM attraverso un apposito portale dell’UE;

14.

raccomanda che vengano compiuti sforzi coordinati da parte della Commissione europea e degli Stati membri per garantire:

un approccio neutro in termini di genere all’istruzione, all’orientamento e all’elaborazione dei programmi di studio STEM,

l’estensione del quadro di valutazione per le donne nel digitale (WiD), che è il quadro di valutazione usato dalla Commissione europea per monitorare annualmente la partecipazione delle donne all’economia digitale, in modo da valutare anche l’acquisizione, da parte delle donne, delle competenze STEM e la loro inclusione nei posti di lavoro correlati,

la tutela anche dei diritti linguistici delle minoranze etniche e linguistiche nelle iniziative innovative in materia di istruzione, in modo che i loro materiali didattici e programmi di studio non restino indietro,

un’azione diretta ed efficace e lo scambio di buone pratiche per raggiungere sia i giovani nel sistema scolastico che i NEET, al fine di attirarli verso corsi e posti di lavoro STEM.

Chiede inoltre azioni concrete volte a sfidare gli stereotipi di genere, a promuovere le competenze e l’istruzione delle donne nelle discipline STEM e a sostenere la presenza di un maggior numero di donne nei posti di lavoro e nell’imprenditoria dei settori STEM;

15.

esprime preoccupazione per le tre inquietanti lacune nei settori STEM che sono state rilevate negli scorsi decenni:

i.

una carenza di insegnanti STEM a tutti i livelli di istruzione in tutta Europa;

ii.

una frequente diminuzione dell’interesse degli studenti per le discipline STEM;

iii.

risultati del sistema di istruzione non sempre in linea con le esigenze del mercato del lavoro;

16.

ritiene, tuttavia, che tali questioni non debbano essere percepite come un problema ma come sfide concrete da cogliere, e che per rispondervi efficacemente servano un’adeguata pianificazione, la creazione di partenariati locali e regionali e la cooperazione con i datori di lavoro; inoltre, poiché attualmente solo nove Stati membri dispongono di una strategia nazionale in materia di STEM, sottolinea che tutti gli Stati membri dovrebbero affrontare urgentemente la questione, che va gestita nella maniera più appropriata attraverso strategie locali e regionali;

17.

fa osservare che la percentuale di donne in questi corsi di formazione e in queste professioni rimane bassa, e che vi è quindi ancora moltissimo da fare nel campo della parità di genere, ma anche che rimane un margine di crescita in questo settore e in queste professioni. Per le giovani i modelli di ruolo possono avere una funzione importante nell’incoraggiare a considerare un settore STEAM. Per tutte le età è necessario introdurre una serie di misure, tra cui programmi di orientamento professionale e borse di studio e di apprendistato mirate. Da studi effettuati risulta che, colmando il divario di genere nei settori STEM, il PIL pro capite dell’UE potrebbe aumentare tra il 2,2 e il 3,0 % e l’occupazione nell’UE potrebbe crescere di 850 000 - 1 200 000 unità da qui al 2050, mentre la pari partecipazione delle donne al settore delle TIC, che cresce rapidamente ma presenta una forte segregazione di genere, porterebbe ogni anno a un aumento del PIL dell’UE di circa 9 miliardi di euro (2);

18.

osserva che attualmente in 35 paesi europei le donne sono meno del 20 % dei laureati in informatica (3). Sottolinea l’assoluta necessità di affrontare il divario di competenze STEM legato al genere, dato che la creazione di posti di lavoro è sempre più concentrata nei settori connessi alle discipline STEM, con circa 120 000 nuovi posti di lavoro all’anno nel settore delle TIC. Secondo la Commissione europea nel 2020 in Europa potrebbero mancare fino a 900 000 lavoratori qualificati nel settore TIC (4). Sottolinea in quest’ottica che, per aiutare un numero maggiore di donne (comprese le giovani) a scegliere una disciplina STEM, è necessario un partenariato tra i genitori, gli istituti di istruzione, tutti i livelli di governo e l’industria, in modo da incoraggiare, sostenere e promuovere dei modelli femminili come riferimenti fondamentali;

19.

individua nell’espansione delle STEM un’importante opportunità anche per le università regionali e civiche, giacché le formazioni e le discipline universitarie nel settore STEM possono acquisire una dimensione internazionale, divenendo particolarmente attraenti per le università ambiziose. Ciò è dovuto anche al fatto che i nuovi orientamenti nei settori STEM, come lo sviluppo del lavoro di squadra, il sostegno delle sinergie interprofessionali, la diffusione e la promozione dei sistemi di tirocinio, il rafforzamento delle attività di istruzione basate su progetti, un maggiore coinvolgimento di studenti svantaggiati, appartenenti a minoranze o disabili nel processo di istruzione e di formazione, possono conferire un ruolo di avanguardia alle regioni, alle università e alle scuole professionali, offrendo loro la possibilità di cogliere precocemente le opportunità offerte dalle STEM;

20.

sottolinea che in caso di definizione dei moduli STEM a livello locale e regionale c’è la possibilità di integrare nell’offerta di istruzione le specifiche conoscenze locali, il che richiede, come importante presupposto, un ulteriore ampliamento delle possibilità e delle competenze degli enti locali e regionali anche in questo campo;

21.

richiama l’attenzione sul fatto che anche l’integrazione delle STEM con elementi artistici, creativi e di design consentirebbe di sfruttare specifiche soluzioni e tradizioni locali e regionali e, al tempo stesso, l’estensione da STEM a STEAM riserva un’autentica possibilità di innovazione dell’istruzione e della formazione, grazie alla quale, in caso di successo, le regioni europee possono rappresentare un esempio positivo anche a livello mondiale. Ciò potrebbe dare un ulteriore impulso alle loro crescenti capacità innovative, dato che il coinvolgimento delle arti potrebbe portare a un aumento significativo della creatività in questo settore. Fa presente che, secondo un recente studio dell’OCSE (5), l’educazione artistica è sempre più importante nelle società orientate all’innovazione, e un numero crescente di università sta sviluppando nuovi tipi di corsi di studio interdisciplinari;

22.

ritiene che le azioni di sensibilizzazione e persuasione in merito alle discipline STEM e STEAM dovrebbero, da un lato, essere estese ai genitori, e che, allo stesso tempo, sia particolarmente importante trovare metodi adeguati per attirare molto presto, già nei programmi prescolastici, in modo adeguato e attraente, l’attenzione dei bambini sulle componenti delle STEM;

23.

invita la Commissione europea ad adottare le misure necessarie nel quadro del proseguimento e del rinnovo del processo di Bologna, come pure nel seguito del processo di riconoscimento automatico dei diplomi, dando la priorità e prestando la dovuta attenzione al più precoce riconoscimento reciproco dei diplomi e delle formazioni nelle discipline STEM e in quelle artistiche;

24.

incoraggia gli Stati membri e la Commissione a mettere a punto, avvalendosi degli strumenti disponibili, in consultazione con gli enti locali e regionali e coinvolgendo anche le università regionali e civili, dei piani di studio nelle discipline STEM e STEAM per i diversi livelli di istruzione, semplificando così anche la loro applicazione e introduzione flessibili a titolo di programma di studio locale; esorta la Commissione a proporre un quadro integrato delle competenze STEM, al fine di migliorare la comparabilità e i parametri di misurazione dei risultati di apprendimento nell’UE;

25.

invita la Commissione europea e Eurostat a perfezionare i metodi di raccolta dei dati in funzione della loro pertinenza, per consentire di distinguere chiaramente i sistemi di istruzione che trattano le STEM come specifiche materia di insegnamento da quelli che applicano alle STEM un approccio a largo raggio, evidenziandone le prospettive regionali e semplificando così l’elaborazione di strategie STEM locali e regionali.

Bruxelles, 26 giugno 2019

Il presidente

del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  Forum economico mondiale, Global Challenge Insight Report, gennaio 2016.

(2)  Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE), 2017 - Economic Benefits of Gender Equality in the EU (Vantaggi economici della parità di genere nell’UE).

(3)  Portale dell’OCSE sulla dimensione di genere - Where are tomorrow’s female scientists? (Dove sono le scienziate di domani?) (https://www.oecd.org/gender/data/wherearetomorrowsfemalescientists.htm)

(4)  Competenze digitali, posti di lavoro e la necessità di un maggior numero di cittadini europei online (https://ec.europa.eu/commission/commissioners/2014-2019/ansip/blog/digital-skills-jobs-and-need-get-more-europeans-online_en)

(5)  Art for Art Sake? The impact of Arts education (L’arte per l’arte? L’impatto dell’educazione artistica) (https://read.oecd-ilibrary.org/education/art-for-art-s-sake_9789264180789-en#page1)


29.11.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 404/34


Parere del Comitato europeo delle regioni — Verso un quadro completo dell’Unione europea in materia di interferenti endocrini

(2019/C 404/07)

Relatore

:

Uno SILBERG (EE/AE), presidente del Consiglio comunale di Kose

Testo di riferimento

:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso un quadro completo dell’Unione europea in materia di interferenti endocrini

COM(2018) 734 final

I. RACCOMANDAZIONI POLITICHE

Il COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

ritiene importante che la Commissione abbia intrapreso un’analisi generale del quadro normativo esistente nell’UE in materia di interferenti endocrini e concorda sulla necessità di aggiornare l’approccio dell’UE alla questione degli interferenti endocrini sulla base delle nuove conoscenze, dei risultati ottenuti e dell’esperienza acquisita, in modo da tenere conto dei progressi scientifici intervenuti e continuare ad affrontare in modo coerente i problemi posti da tali sostanze nei diversi settori;

2.

osserva con preoccupazione che, a partire dal 1999, le prove scientifiche che stabiliscono un collegamento tra l’esposizione agli interferenti endocrini e le malattie umane o gli effetti negativi sulla fauna e flora selvatiche si sono consolidate;

3.

esprime preoccupazione per la natura superficiale delle informazioni sugli interferenti endocrini che sono state finora rivolte al pubblico, dal momento che per molti cittadini i termini «funzione endocrina» e «interferente endocrino» potrebbero risultare ignoti;

4.

sostiene le iniziative della Commissione volte a garantire un elevato livello di protezione per i cittadini dell’UE e per l’ambiente, adattando nel contempo il mercato unico in modo da tenere conto delle nuove circostanze e andare a vantaggio dei consumatori;

5.

richiama l’attenzione sui conflitti che possono verificarsi tra, da un lato, un elevato livello di tutela per i cittadini e per l’ambiente e, dall’altro, le imprese orientate al profitto; a questo fine occorre tenere conto sin dall’inizio degli effetti delle misure e dei rischi per l’economia;

6.

invita la Commissione a non ritardare ulteriormente l’elaborazione e l’adozione della nuova strategia sugli interferenti endocrini;

7.

chiede che la nuova strategia sia integrata da un calendario dettagliato per applicare criteri adeguati in materia di interferenti endocrini in tutte le pertinenti disposizioni legislative dell’UE, al fine di compiere progressi nel ridurre l’esposizione a tali sostanze chimiche in particolare per i gruppi più vulnerabili;

8.

invita la Commissione ad affrontare quanto prima le differenze esistenti tra le normative UE e ad armonizzare l’approccio adottato riguardo agli interferenti endocrini, ossia partendo dal presupposto che non può essere stabilita con sufficiente certezza nessuna soglia di esposizione «sicura»;

9.

invita gli Stati membri e la Commissione a dare la priorità ai risultati in termini di salute dei cittadini, pur tenendo conto al contempo degli interessi dei consumatori e dell’industria, e ad aumentare sensibilmente i finanziamenti per la ricerca pubblica indipendente in materia di interferenza endocrina, alternative sicure e altre soluzioni innovative;

10.

ritiene che l’Europa svolga un ruolo guida nella cooperazione internazionale in materia di ricerca, controllo e identificazione degli interferenti endocrini; è favorevole a migliorare la raccolta e la condivisione dei dati e sostiene l’idea di una classificazione internazionale di tali sostanze.

La ricerca sugli interferenti endocrini

11.

è convinto che le autorità pubbliche a tutti i livelli di governo dovrebbero contribuire al finanziamento della ricerca in materia di interferenti endocrini, colmando le lacune e fornendo le prove empiriche di cui si ha grande necessità;

12.

sottolinea la necessità di informare su come e in quale misura gli esseri umani e gli altri organismi viventi sono esposti agli interferenti endocrini, sul modo in cui tali sostanze vengono diffuse e su quali effetti producono sulla salute umana e sulla flora e fauna selvatiche;

13.

sostiene con convinzione la proposta, presentata nella comunicazione in esame, che prevede di finanziare tramite Orizzonte Europa le attività di ricerca incentrate sugli effetti cocktail, sulla valutazione dei pericoli e dei rischi, sull’eliminazione delle sostanze che destano preoccupazione nelle fasi di produzione e di fine vita, sull’ecoinnovazione, sul risanamento dell’inquinamento ambientale e sull’esame dell’interfaccia tra sostanze chimiche, prodotti e rifiuti;

14.

invita l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) a rafforzare la collaborazione e il coordinamento, al fine di utilizzare in maniera efficace le risorse a disposizione per effettuare valutazioni complete;

15.

richiama l’attenzione sulla relazione «Costi della non azione» (1) commissionata dal Consiglio dei ministri dei paesi nordici, secondo le cui stime i costi (non attualizzati) legati agli effetti degli interferenti endocrini sulla salute riproduttiva maschile nell’UE-28 sarebbero pari a 1 267 milioni di EUR l’anno;

16.

fa presenti i risultati di un altro studio (2) che mette in relazione queste sostanze con la perdita di quoziente intellettivo e la connessa disabilità intellettuale; l’autismo; la sindrome da disturbo dell’attenzione e iperattività; l’endometriosi; i fibromi; l’obesità nei bambini e negli adulti; il diabete di tipo 2; il criptorchidismo; l’infertilità maschile e la mortalità associata alla riduzione dei livelli di testosterone. Tale studio valuta che il costo annuo per l’Europa arrivi a 163 miliardi di EUR (pari all’1,28 % del PIL dell’UE);

17.

ritiene preoccupante la definizione fornita nel 2002 dal Programma internazionale per la sicurezza nel settore chimico, un programma congiunto di varie agenzie delle Nazioni Unite, compresa l’Organizzazione mondiale della sanità, in base alla quale è interferente endocrino «una sostanza o miscela esogena che altera la funzione o le funzioni del sistema endocrino causando di conseguenza effetti avversi sulla salute di un organismo integro o della sua progenie o delle (sotto)popolazioni»; si tratta infatti di una definizione troppo restrittiva rispetto allo stato attuale delle conoscenze e non tiene sufficientemente conto degli effetti sulla flora e sulla fauna selvatiche;

18.

propone, sulla base delle conoscenze attuali, di considerare la seguente formulazione per definire un interferente endocrino: «una sostanza o miscela esogena di sostanze chimiche che altera la funzione o le funzioni degli ormoni e del sistema endocrino causando di conseguenza effetti avversi sui processi fisiologici e di sviluppo, come pure sulla salute degli esseri umani e degli animali e della loro progenie»;

19.

sottolinea che non basta limitarsi a studiare il collegamento tra gli interferenti endocrini e l’insorgenza di malattie umane: questo tema va invece affrontato soprattutto dal punto di vista della salute umana, della fauna e della flora selvatiche e dell’ambiente, come pure sotto il profilo della prevenzione di eventuali effetti sulla società in senso lato, sia sul piano sociale che su quello economico;

20.

ribadisce che, anche se esiste un consenso sul fatto che il periodo più sensibile di esposizione agli interferenti endocrini si situa nelle fasi importanti dello sviluppo, quali lo sviluppo fetale e la pubertà, è tuttavia preoccupante che l’esposizione agli interferenti endocrini durante tali periodi possa provocare effetti permanenti e determinare una maggiore sensibilità alle malattie nel corso delle successive fasi della vita;

21.

raccomanda di approfondire e diffondere le conoscenze relative alle cause dell’insorgenza di alcune malattie, ad esempio per quanto riguarda l’aumento dei casi di autismo nei bambini o la maggiore diffusione del cancro ai testicoli;

22.

sottolinea altresì che le conoscenze scientifiche attuali non forniscono una base sufficiente per fissare un valore limite al di sotto del quale non si verificano effetti negativi. Pertanto, gli interferenti endocrini dovrebbero essere considerati sostanze «prive di soglia»: ciò significa che qualsiasi esposizione ad essi può comportare un rischio, in particolare nelle fasi importanti dello sviluppo (prenatale, postnatale e puberale), e che occorre tenere particolarmente conto degli «effetti miscela»;

23.

esprime preoccupazione per il fatto che finora la ricerca scientifica si è concentrata soprattutto su un numero limitato di meccanismi di azione endocrina: negli ultimi anni, tuttavia, è stato dimostrato che anche altri aspetti del sistema endocrino possono essere sensibili agli interferenti endocrini e che tali sostanze possono agire insieme e produrre effetti supplementari («effetti miscela» o «effetti cocktail»), di modo che l’esposizione a una combinazione di interferenti endocrini può produrre un effetto negativo a concentrazioni alle quali non è stato collegato alcun effetto per le diverse sostanze osservate individualmente;

24.

sottolinea la necessità di ulteriori ricerche, finanziate in particolare a titolo del programma Orizzonte 2020, che consentano di fare chiarezza sugli effetti dell’esposizione agli interferenti endocrini in relazione all’eziopatogenesi e all’evoluzione delle malattie, come pure alla fauna e alla flora selvatiche;

25.

ritiene necessario che vengano svolte attività di ricerca a fini di progettazione, ulteriore elaborazione e validazione dei metodi di prova, come pure per la messa a punto di modelli predittivi;

26.

approva gli sforzi particolari compiuti, sotto l’egida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), per migliorare ulteriormente la disponibilità di linee guida per i metodi di prova in grado di individuare interferenti endocrini e porre rimedio alle carenze riguardanti alcuni metodi di prova segnalate a livello dell’UE e internazionale;

27.

invita la Commissione a sostenere progetti di ricerca mirati — tra cui anche lo sviluppo di nuovi metodi di prova e di analisi — sulle sostanze che possono influire sul sistema endocrino e a porre l’accento sugli effetti negativi di un’esposizione a basse concentrazioni o di un’esposizione combinata;

28.

invita la Commissione a mettere a punto delle metodologie in vitro e in silico per ridurre al minimo il ricorso alla sperimentazione animale per lo studio degli interferenti endocrini;

29.

prende atto con soddisfazione delle risorse già investite o stanziate per la ricerca, e auspica un considerevole aumento della dotazione per il futuro finanziamento della ricerca sugli interferenti endocrini.

Le politiche dell’UE e la regolamentazione in materia di interferenti endocrini fino ad oggi

30.

accoglie con favore le varie iniziative e proposte elaborate dalla Commissione per affrontare la questione degli interferenti endocrini, tra cui la proposta di regolamento sulla trasparenza e la sostenibilità dell’analisi del rischio, la strategia europea sulla plastica, la direttiva sull’acqua potabile, il New Deal per i consumatori, il pacchetto merci e l’aggiornamento del quadro normativo esistente in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro;

31.

rammenta, tuttavia, che nella decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, su un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta» (3), la Commissione si era impegnata ad adottare — entro il 2015 — delle misure orizzontali con lo scopo di garantire «la riduzione al minimo dell’esposizione ai perturbatori endocrini» e a preparare una strategia completa dell’UE entro il 2018; a tale riguardo, il CdR si rammarica che l’attuale documento non mantenga le promesse fatte nel 2013;

32.

ricorda che i principi del «legiferare meglio» non dovrebbero ritardare l’adozione di misure volte a evitare o ridurre conseguenze potenzialmente gravi o irreversibili per la salute umana e/o per l’ambiente, come impone il principio di precauzione sancito dai Trattati dell’UE;

33.

ribadisce che l’Unione europea si è impegnata ad agire sulle sostanze pericolose a livello internazionale e fa presenti le dichiarazioni di Parma e di Ostrava dei paesi della regione europea dell’Organizzazione mondiale della sanità;

34.

si rallegra della scelta compiuta da Francia, Svezia, Danimarca e Belgio di aumentare il livello di protezione per i propri cittadini attraverso un’ampia serie di misure nazionali che limitano l’uso di interferenti endocrini; invita la Commissione a trarre ispirazione da questi Stati membri più all’avanguardia e a fornire il massimo livello possibile di protezione a tutti i cittadini europei;

35.

ritiene che tutta la legislazione debba prestare maggiore attenzione alle attività a monte, vale a dire che si dovrebbero imporre requisiti più rigorosi ai fabbricanti di sostanze chimiche, alle aziende farmaceutiche ecc. Non è efficace sotto il profilo dei costi concentrarsi su ulteriori fasi di purificazione negli impianti di acqua potabile e negli impianti di trattamento delle acque reflue;

36.

è preoccupato per il fatto che — a differenza di quanto avviene, ad esempio, nel caso del tabacco — non è possibile evitare del tutto gli interferenti endocrini, in quanto tali sostanze si trovano ovunque e contaminano gli organismi dei cittadini europei a loro insaputa e senza il loro consenso;

37.

esorta la Commissione e gli Stati membri a fornire ai cittadini europei informazioni affidabili — presentate in forma appropriata e in un linguaggio comprensibile — circa i rischi posti dagli interferenti endocrini, i loro effetti e le possibili soluzioni per ridurre l’esposizione;

38.

chiede che bisfenoli e ftalati siano vietati in tutti i materiali a contatto con i prodotti alimentari;

39.

fa rilevare che il bisfenolo A (BPA) viene spesso sostituito con il bisfenolo S (BPS), il bisfenolo F (BPF) e il bisfenolo HPF (BHPF), sostanze che finora sono state meno studiate ma che sembrano avere proprietà analoghe di interferenza ormonale; è quindi del parere che i colegislatori dovrebbero regolamentare i gruppi di sostanze chimiche affini, invece di adottare un approccio sostanza per sostanza. In mancanza di dati affidabili che dimostrino il contrario, le sostanze chimiche con struttura analoga devono essere considerate come aventi proprietà tossicologiche altrettanto nocive delle sostanze più tossiche note del medesimo gruppo;

40.

osserva che un approccio basato sul principio di precauzione e sul suo rigoroso rispetto è anche nell’interesse dell’industria (chimica), contribuisce agli investimenti nella ricerca e nello sviluppo di prodotti innovativi e rispettosi dell’ambiente, nonché di alternative più sicure e sostenibili, e in questo modo incide positivamente sullo sviluppo del mercato interno e sull’economia in generale;

41.

propone di modernizzare il quadro giuridico e le misure di protezione dell’UE riguardanti gli interferenti endocrini, che hanno un effetto diretto sulla salute umana, in modo che, ad esempio, la normativa e gli orientamenti per i prodotti cosmetici siano rivolti anche alla protezione delle donne incinte;

42.

propone di studiare le «superfici e zone ad alto rischio», come ad esempio i terreni agricoli e i prati fertilizzati con fanghi di depurazione, le zone situate nei pressi delle discariche e degli inceneritori di rifiuti oppure, in senso più ampio, regioni quali il Baltico, il Mediterraneo, la regione del Danubio ecc.

Portare avanti la politica dell’UE in materia di interferenti endocrini — L’impatto delle misure programmate sul livello locale e regionale

43.

si compiace dell’intenzione della Commissione di avviare un controllo dell’adeguatezza per valutare se la pertinente normativa dell’UE sugli interferenti endocrini consegua l’obiettivo generale di proteggere la salute umana e l’ambiente riducendo al minimo l’esposizione a tali sostanze;

44.

accoglie con favore la concezione, basata sulle più recenti conoscenze scientifiche, degli interferenti endocrini e la conseguente definizione delle politiche;

45.

ritiene essenziale che i cittadini siano informati quanto più possibile sulle conoscenze riguardanti gli interferenti endocrini e la loro diffusione, nonché sui pericoli che essi rappresentano;

46.

ritiene importante che la Commissione mobiliti tutte le forze per individuare le sostanze chimiche nocive, tra cui gli interferenti endocrini, nei prodotti, nonché, tra le altre cose, stabilisca e applichi una corrispondente etichettatura informativa per i prodotti;

47.

ritiene che gli enti locali e regionali, pur non disponendo di norma dei poteri per adottare norme legislative sugli interferenti endocrini, abbiano tuttavia l’obbligo di occuparsi del benessere della popolazione (in gran parte degli Stati membri dell’UE i sistemi sanitari sono di competenza del livello regionale);

48.

reputa quindi essenziale, e al contempo significativo sul piano etico ed economico, che il livello locale e regionale si esprima sugli interferenti endocrini, poiché è noto che tali sostanze hanno un impatto sulla salute delle generazioni attuali e future;

49.

è categorico nell’affermare che gli enti regionali e locali sono pronti a difendere le generazioni future e che non si lasceranno fuorviare dalle crescenti pressioni esercitate da un’industria forte e da alcuni partner commerciali dell’UE;

50.

in assenza di una legislazione nazionale ed europea adeguata e completa sugli interferenti endocrini, richiama l’attenzione su iniziative quali «città e territori liberi dagli interferenti endocrini», «città non pericolose», «città prive di pesticidi», adottate dagli enti locali e regionali per ridurre l’esposizione dei loro abitanti alle sostanze chimiche che interferiscono con il sistema endocrino, in particolare per i gruppi più vulnerabili, i bambini e le donne in stato di gravidanza;

51.

ritiene fondamentale che l’UE porti avanti la sua risposta politica alla questione degli interferenti endocrini, e che vengano analizzati gli effetti delle azioni programmate sul livello locale e regionale;

52.

rammenta che alcuni ftalati sono attualmente necessari nel settore sanitario per rendere i dispositivi medici sufficientemente morbidi. Prima di ridurre il contenuto di ftalati è necessario promuovere lo sviluppo di nuovi prodotti che garantiscano le medesime prestazioni. Mentre si continuano ad utilizzare tali sostanze è importante anche garantire un adeguato smaltimento dei prodotti dopo che sono stati utilizzati, attraverso sistemi di raccolta e di smaltimento efficaci;

53.

è convinto che dare la priorità agli indicatori relativi alla salute umana rispetto agli interessi dell’industria e del mercato unico darà luogo a nuove sfide in termini di sviluppo e impiego di tecnologie sostenibili per la salute e l’ambiente, e probabilmente migliorerà la competitività delle imprese spingendole a innovare e a investire in soluzioni più intelligenti nel lungo periodo. Questo approccio deve però essere fondato su solide basi scientifiche e accompagnato da un’analisi delle conseguenze socioeconomiche.

Bruxelles, 26 giugno 2019

Il presidente

del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  https://www.norden.org/en/publication/cost-inaction

(2)  https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27003928

(3)  GU L 354 del 28.12.2013, pag. 171.


29.11.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 404/39


Parere del Comitato europeo delle regioni — Dimensione transfrontaliera della riduzione del rischio di catastrofi (RRC)

(2019/C 404/08)

Relatore

:

Roberto CIAMBETTI (ECR/IT), presidente e membro del Consiglio regionale della Regione Veneto

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

sottolinea che l’intensità e la frequenza crescenti dei danni causati dalle catastrofi sta avendo un impatto sulle vite umane e dal punto di vista economico. Ogni anno le catastrofi naturali uccidono circa 90 000 persone e colpiscono quasi 160 milioni di persone in tutto il mondo. Tra il 1980 e il 2016 le catastrofi naturali causate dalle condizioni meteorologiche e dal clima hanno rappresentato circa l’83 % delle perdite monetarie negli Stati membri dell’UE;

2.

sottolinea che le catastrofi non conoscono frontiere e pertanto lo sviluppo della prevenzione, della resilienza e la risposta efficace alle emergenze richiedono una cooperazione transfrontaliera. Un’efficace cooperazione transfrontaliera comporterebbe notevoli vantaggi per il 37,5 % della popolazione dell’UE che vive in zone di confine;

3.

sottolinea che anche la possibilità di un’interruzione di corrente estesa e transfrontaliera, ossia un «blackout», potrebbe dare luogo a gravi situazioni di emergenza. In quest’ottica, si raccomanda con urgenza di adottare misure concrete di riduzione del rischio di catastrofi e di rafforzare i contatti transfrontalieri;

4.

ribadisce la necessità di integrare la capacità di ridurre in modo significativo il rischio e le conseguenze delle catastrofi in tutte le strategie delle politiche dell’UE in materia di investimenti, in modo che il denaro pubblico aiuti le comunità a diventare più resilienti agli effetti negativi delle catastrofi e non metta a rischio la vita dei cittadini. Si rammarica che i fondi strutturali e i fondi d’investimento europei in generale, e il fondo di coesione in particolare, non richiedano che la valutazione del rischio di catastrofi sia condotta come condizione per effettuare i progetti infrastrutturali finanziati dall’UE;

5.

pur rilevando che l’UE dispone attualmente di due strumenti (il meccanismo unionale di protezione civile e il Fondo di solidarietà dell’UE) attraverso i quali intende contribuire a coordinare la risposta e a rafforzare la resilienza alle catastrofi naturali, è necessario un approccio di governance multilivello più forte per conseguire gli obiettivi del quadro di Sendai per la riduzione dei rischi di catastrofi 2015-2030 (SFDRR), in stretta collaborazione con l’Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di catastrofi. Inoltre, il principio di investire nella riduzione del rischio di catastrofi deve essere fortemente inserito nel futuro dell’Europa, compresi il semestre europeo e i fondi dell’UE.

Osservazioni generali

6.

osserva che in precedenti pareri il CdR ha richiamato l’attenzione sulle minacce e sulle catastrofi transfrontaliere che colpiscono regioni di due o più Stati membri dell’UE, e ha chiesto una migliore cooperazione tra regioni confinanti per garantire che gli sforzi di prevenzione siano condivisi e le attività di risposta coordinate (1);

7.

segnala la necessità di una pianificazione che tenga conto in maniera dinamica delle esigenze delle varie regioni, comprese quelle ultraperiferiche, legate ai rischi, alla vulnerabilità nonché alla esposizione;

8.

osserva che l’Europa presenta un panorama molto diversificato di strutture e metodi di gestione dei rischi a livello nazionale o ai livelli subnazionali appropriati. Quindi, un approccio più sistematico nelle future valutazioni dei rischi potrebbe risultare utile per la dimensione transfrontaliera dei rischi;

9.

sostiene e incoraggia la definizione di strategie e piani nazionali, regionali e locali di gestione dei rischi e, tra l’altro, lo sviluppo di strategie transfrontaliere congiunte per le regioni transfrontaliere e un efficace coordinamento di tali strategie; il Comitato ha inoltre chiesto che venissero assegnate risorse sufficienti ai programmi che sostengono la cooperazione transfrontaliera nel settore della riduzione del rischio di catastrofi e della gestione delle crisi (2);

10.

ritiene che i piani di prevenzione e gestione dei rischi dovrebbero includere, tra gli altri aspetti, scenari di rischio su ampia scala transregionale ai fini della sorveglianza e del monitoraggio degli eventi previsti, affinché tali scenari possano contribuire più efficacemente a una comprensione e una valutazione dei rischi a livello regionale. Gli studi di vulnerabilità ed esposizione al rischio, di caratterizzazione del pericolo e dell’ambiente che si traducono in una mappatura del rischio, costituiscono i necessari presupposti dei piani di prevenzione e gestione dei rischi. Questi ultimi a livello transfrontaliero dovrebbero essere disponibili al pubblico e adeguatamente comunicati su entrambi i lati della frontiera, al fine di prevenire, mitigare e preparare la risposta agli eventi catastrofici;

11.

evidenzia la necessità di rafforzare la governance per gestire il rischio promuovendo la collaborazione transfrontaliera;

12.

sottolinea l’importanza di una migliore comprensione della dimensione transfrontaliera della riduzione del rischio di catastrofi in Europa, nonché la necessità e il valore aggiunto di tale comprensione ai fini di una riduzione più efficiente e a lungo termine del rischio di catastrofi;

13.

ribadisce la propria approvazione (3) alla proposta della Commissione europea di un regolamento che istituisce un meccanismo transfrontaliero europeo (4) nell’ambito degli sforzi volti a rimuovere gli ostacoli alla cooperazione transfrontaliera, incluso nel settore della riduzione del rischio di catastrofi. Per conseguire una migliore cooperazione transfrontaliera e prevenire le catastrofi, si possono avviare nuovi progetti preparatori per le regioni più vulnerabili, come le regioni ultraperiferiche, insulari e costiere;

14.

sottolinea che, quando una catastrofe non può essere affrontata da un solo paese, gli Stati partecipanti intervengono e forniscono assistenza tramite il meccanismo unionale di protezione civile. Comunque, quando minacce e catastrofi transfrontaliere colpiscono regioni di due o più Stati membri, serve una cooperazione più efficace tra regioni limitrofe per assicurare la condivisione delle azioni di prevenzione e il coordinamento delle attività di risposta;

15.

osserva che, per mettere in atto un’accurata riduzione del rischio di catastrofi e garantire la migliore comunicazione possibile in caso di crisi, oltre a disporre di strategie concrete di coordinamento e comunicazione è molto importante anche conoscere la lingua del paese vicino;

16.

in questo contesto nota che la maggior parte dei paesi ha firmato con i paesi vicini accordi bilaterali (non necessariamente limitati a due soli paesi) riguardanti anche la cooperazione transfrontaliera in caso di catastrofi. Occorre tuttavia dedicare maggiore attenzione alla prevenzione e mitigazione del rischio, oltreché alla preparazione di strategie di risposta;

17.

accoglie con favore il fatto che il Parlamento europeo e il Consiglio abbiano raggiunto un accordo provvisorio sul rafforzamento dell’attuale meccanismo di protezione civile dell’UE e sulla risposta dell’UE alle catastrofi (rescEU) che, tra le altre considerazioni, pone maggiormente l’accento sui rischi transfrontalieri.

Ruolo degli enti locali e regionali e progetti transfrontalieri

18.

raccomanda un maggiore coinvolgimento degli enti locali e regionali nei progetti finanziati dall’UE nel settore della riduzione del rischio di catastrofi, perché abbiano una continuità nel tempo e perché possano essere replicati in altri territori con analoghe situazioni a rischio;

19.

invita gli Stati membri a coinvolgere anche gli enti locali e regionali nel processo di selezione degli investimenti pianificati, in tutti i programmi pertinenti e nella discussione sulle eventuali modifiche;

20.

chiede un’attuazione più attiva di progetti transfrontalieri in materia di riduzione del rischio di catastrofi, al fine di utilizzare in modo più ampio i fondi strutturali destinati a tal fine;

21.

auspica che maggiori incentivi dell’UE vengano diretti ai livelli locali e regionali per promuovere la cooperazione transfrontaliera nella riduzione dei rischi, non da ultimo nel campo della prevenzione, della formazione e dell’addestramento;

22.

sottolinea il ruolo centrale che svolgono i soggetti locali nella riduzione dei rischi di catastrofi e nello sviluppo della resilienza, nonché il valore di iniziative in corso volte a rafforzare la riduzione del rischio di catastrofi a livello locale, ad esempio la campagna Making Cities Resilient («Rendere le città resilienti») promossa dall’Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di catastrofi.

23.

ritiene di particolare attenzione investire, anche finanziariamente, in questa tematica pianificatoria legata alla riduzione dei rischi, soprattutto nell’ottica dei cambiamenti climatici e dei conseguenti eventi estremi, attraverso il meccanismo unionale di protezione civile e il Fondo di solidarietà dell’UE.

Cooperazione transfrontaliera

Pianificazione

24.

osserva la necessità di creare una pianificazione transfrontaliera di continuità che tenga conto degli scenari di rischio che interessano più nazioni, individuando e valutando in maniera congiunta i rischi e la loro mappatura, sia per lo sviluppo degli ambiti transfrontalieri sia per la tutela del territorio di area vasta, anche al fine di una sorveglianza e monitoraggio degli eventi attesi;

25.

auspica la costituzione di comitati scientifici per una migliore definizione degli scenari di rischio e per la messa in rete di conoscenze e competenze, composti per tipologie di specializzazioni in base ai fattori di rischio simili per ambiti omogenei (ad esempio, incendi boschivi nel Mediterraneo, inondazioni improvvise o inondazioni graduali nell’Europa centrale ecc.), con possibilità di rapido intervento e di dialogo con le autorità locali, ciò al fine di poter disporre di risorse finanziarie, umane e di mezzi;

26.

osserva che, con la diminuzione dei finanziamenti osservata in alcuni enti locali e regionali, diventa ancora più importante per i responsabili delle decisioni in materia di protezione civile avere una migliore valutazione delle comunità, dei singoli e dei progetti di protezione civile. Ritiene che l’indice di resilienza sociale INDRIX, un risultato del progetto transfrontaliero INDRIX cofinanziato dall’UE, sia adatto per la valutazione della resilienza della comunità, sulla base di dati statistici nonché di dati inseriti proprio a tale scopo: il progetto ha permesso di stimare, attraverso determinati indicatori sociali (livello di istruzione, condizioni di salute, tasso di disoccupazione, servizi offerti ecc.), la percezione di rischio delle diverse comunità ed in particolare di individuare le comunità più esposte al rischio e più fragili; invita le istituzioni competenti a valutare lo sviluppo di strumenti assicurativi obbligatori contro le catastrofi naturali, uniformati al livello europeo e con premi assicurativi legati al livello di rischio, anche per favorire la consapevolezza e stimolare la comprensione dell’importanza della prevenzione da parte dei privati, riducendo il rischio morale e garantendo risarcimenti equi e omogenei a tutti i cittadini europei;

27.

osserva che nelle aree transfrontaliere è necessario creare una banca dati del territorio transfrontaliero, condivisa tra le nazioni confinanti, che individui materiali, mezzi, attrezzature e specializzazione dei volontari, nonché dislocazione e logistica dei mezzi;

28.

osserva che tale banca dati dovrebbe essere costituita e gestita, oltre che per potenziare la preparazione ai disastri, anche al fine di rafforzare il recupero socioeconomico e culturale delle zone colpite da catastrofi in un’ottica transfrontaliera condivisa;

29.

ritiene importante considerare e replicare degli esempi positivi già esistenti di cooperazione transfrontaliera quali ad esempio:

esercitazioni congiunte di protezione civile tedesco-danese come DANGEREX 07, DANGERFloodEx 2010 e risposta di emergenza senza frontiere;

predisposizione alle inondazioni e mitigazione dei danni transnazionali nel bacino della Sava (contea di Brod Posavina in Croazia e distretto di Mačva in Serbia);

il RiKoSt: strategie di comunicazione del rischio (in Carinzia, Austria e Alto Adige, Italia fino a ottobre 2020);

U-SCORE-II: valutazioni inter pares tra città (progetti pilota in Portogallo, Italia e Regno Unito).

l’impianto mobile di esercitazione per il controllo dei rischi fluviali (MÜB) dell’Alto Reno e il Congresso della Conferenza tedesco-franco-svizzera dell’Alto Reno sul tema Blackout - un’interruzione di corrente estesa e transfrontaliera (2016).

Formazione

30.

sottolinea l’importanza di incentivare percorsi formativi per i giovani e incoraggia gli Stati membri e le autorità locali e regionali a promuovere corsi universitari specifici e progetti per attività di mitigazione del rischio. Inoltre, sottolinea che i giovani possono partecipare alle attività di solidarietà nel settore della prevenzione del rischio di catastrofi attraverso il Corpo europeo di solidarietà (5). Queste attività possono assumere la forma di volontariato, apprendistato, tirocini ed esperienze di lavoro;

31.

osserva la necessità di creare una specifica formazione per gli amministratori locali (anche nell’ottica della campagna «rendere le città resilienti») per renderli più consapevoli e dar loro maggiori strumenti di conoscenza viste le dirette responsabilità che hanno verso i cittadini e la tutela e lo sviluppo del territorio;

32.

raccomanda maggiore attenzione alla formazione di volontari e di tecnici per renderli più specializzati, incentivando e creando percorsi formativi in base ai rischi presenti nelle varie nazioni in particolare per quelle transfrontaliere, con le finalità di una maggiore conoscenza del territorio ed azioni congiunte e coordinate per il monitoraggio e sorveglianza ed intervento in emergenza;

33.

ribadisce che occorre creare delle campagne divulgative tramite gli enti locali o volontariato per far conoscere i rischi esistenti e il comportamento di autotutela da tenere, e che sono anche necessarie iniziative di apprendimento reciproco a livello locale e regionale attuate tramite valutazioni inter pares tra città e regioni;

34.

sottolinea che la formazione transnazionale dovrebbe essere conforme agli scenari di rischio definiti nei piani di prevenzione e gestione dei rischi transfrontalieri. Tra gli esperti tecnici e le organizzazioni di volontariato, tutte le parti direttamente collegate al rischio dovrebbero essere coinvolte in questi corsi di formazione da entrambi i lati del confine, possibilmente congiuntamente;

35.

sottolinea la necessità di rafforzare le piattaforme di e-learning, come ad esempio il programma di formazione del meccanismo unionale di protezione civile, e di aumentare la disponibilità di corsi online aperti nel campo della protezione civile;

36.

sostiene che il Fondo di solidarietà dell’UE fornisce campagne di informazione potenziate per le regioni attraverso le misure di sostegno già ben funzionanti per gli Stati membri dell’UE e i paesi candidati. Il Fondo di solidarietà dell’UE è uno strumento essenziale di supporto per le regioni interessate quando sono necessari sforzi eccezionali per ricostruire le aree colpite da catastrofi naturali e meteorologiche, poiché i disastri naturali non si fermano alle frontiere.

Risposte emergenziali

37.

mette l’accento sulla necessità di incentivare un sistema di allarme transfrontaliero condiviso e standardizzato, anche per assicurare la comunicazione in tempo reale di ogni dissesto e di ogni evento catastrofico che può produrre ricadute sul territorio regionale di un altro Stato;

38.

osserva l’esigenza di creare accordi transfrontalieri per uniformare e velocizzare i tempi di attivazione dei sistemi di soccorso e dei volontari, individuando gli ostacoli giuridici e sollecitando la cooperazione, ottimizzando la logistica dei mezzi e del personale. Esorta a concludere accordi anche nel campo idraulico per sviluppare una migliore conoscenza della gestione organizzativa e funzionale delle dighe ai fini di azioni tempestive per la riduzione del rischio idraulico a valle in territori di un altro Stato membro;

39.

esorta ad elaborare degli acronimi utilizzati per indicare i centri di coordinamento soccorsi ai vari livelli territoriali al fine di uniformare e omogenizzare le terminologie lessicali utilizzate;

40.

esorta a creare procedure armonizzate per la comunicazione preventiva e la condivisione delle procedure operative in emergenza;

41.

raccomanda l’utilizzo di applicazioni informatiche che servano ad allertare i cittadini in tempo reale;

42.

incoraggia gli Stati membri a riconoscere e certificare le figure professionali (meglio definite Disaster Risk Managers), dotate di conoscenza, abilità e competenza multidisciplinare e trasversale, che riescano ad affiancare gli amministratori locali e regionali in particolare nei momenti emergenziali oltre che pianificatori.

Principio di sussidiarietà

43.

concorda sul fatto che nel settore della protezione civile l’Unione europea ha competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri.

Migliori prassi

44.

sottolinea che ci sono svariati esempi di migliori prassi di cooperazione transfrontaliera nella riduzione del rischio di catastrofi che potrebbero essere seguite e sviluppate in maniera ottimale quali:

esercitazioni congiunte che garantirebbero un approccio comune, una comprensione reciproca e un uguale livello di preparazione in caso di catastrofe;

divulgazione di informazioni armonizzate, scambio di migliori pratiche e apprendimento da iniziative, metodi, strumenti ecc., delle regioni limitrofe;

campagne congiunte di sensibilizzazione e educazione per le persone che vivono in zone transfrontaliere ad alto rischio, con la partecipazione di varie parti interessate (ad esempio, giornate della riduzione del rischio di catastrofi in città e comuni differenti);

45.

sostiene fortemente il progetto b-solutions realizzato dall’Associazione delle regioni frontaliere europee (AEBR), che mira a individuare ostacoli giuridici e amministrativi alla cooperazione transfrontaliera in materia di prevenzione delle catastrofi e riduzione delle catastrofi. Rileva che nel primo invito a presentare proposte del 2018 l’AEBR ha individuato 10 casi, che sono stati trasformati in progetti pilota, ma che molti casi non sono ancora risolti (ambulanze, vigili del fuoco o elicotteri che possono entrare nel territorio di alcune regioni frontaliere ma non in quello di altre, formalità amministrative per il trasferimento delle salme, prestazione asimmetrica dei servizi a livello transfrontaliero, problemi relativi alle assicurazioni, riconoscimento dei diplomi ecc.). Incoraggia tutte le regioni che devono affrontare ostacoli simili a partecipare ai futuri inviti a presentare proposte;

46.

sottolinea la necessità che le regioni colpite da catastrofi propongano congiuntamente soluzioni ai rispettivi governi nazionali. Si possono portare ad esempio la cooperazione tra il nord del Portogallo e la regione della Galizia in Spagna, che presentano le loro priorità ai loro governi centrali per quanto riguarda le questioni che possono essere risolte nell’ambito dei «vertici iberici», oppure la stretta cooperazione tra le regioni ultraperiferiche delle isole Madera, Azzorre e Canarie attraverso il programma Interreg-MAC, a cui hanno aderito anche paesi terzi vicini come Capo Verde, Mauritania e Senegal.

Bruxelles, 27 giugno 2019

Il presidente

del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  Parere del Comitato europeo delle regioni su «Il quadro d’azione di Hyogo per il dopo 2015: gestire i rischi per conseguire la resilienza» (GU C 271 del 19.08.2014, pag. 61).

(2)  Parere del Comitato europeo delle regioni sul «Piano d’azione concernente il quadro di Sendai per la riduzione dei rischi di catastrofi 2015-2030» (GU C 272 del 17.08.2017, pag. 32).

(3)  Parere del Comitato europeo delle regioni sul «Meccanismo transfrontaliero» (adottato il 5 dicembre 2018; non ancora pubblicato in GU).

(4)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un meccanismo per eliminare gli ostacoli giuridici e amministrativi in ambito transfrontaliero, COM(2018) 373 final.

(5)  Parere del Comitato europeo delle regioni 2018/03892, Il corpo europeo di solidarietà e la nuova strategia dell’UE per la gioventù (relatore: Matteo Bianchi).


29.11.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 404/44


Parere del Comitato europeo delle regioni – Una nuova agenda europea per accelerare lo sviluppo delle industrie marittime

(2019/C 404/09)

Relatore

:

Christophe CLERGEAU (FR/PSE), membro del consiglio regionale dei Paesi della Loira

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

I)   Raccomandazioni politiche chiave per accelerare lo sviluppo delle industrie marittime europee

Assumere consapevolezza delle sfide e optare per una nuova politica industriale più offensiva

Il COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

invita ad assumere consapevolezza delle opportunità di sviluppo, ma anche delle minacce che gravano sulle industrie marittime europee. Queste ultime devono mobilitarsi, contando sul sostegno delle amministrazioni, europee, nazionali e regionali, per portare a buon fine la loro transizione ecologica ed energetica, la loro trasformazione digitale e la loro rivoluzione industriale e per sviluppare una nuova attrattiva delle professioni nel settore. Tali sfide devono essere raccolte nel momento stesso in cui queste industrie sono minacciate da una nuova concorrenza asiatica sui segmenti delle navi a elevato valore aggiunto, settore in cui l’Europa detiene la leadership. Tale concorrenza, che tenta di appropriarsi delle tecnologie europee, è una concorrenza sleale caratterizzata dal dumping sociale e ambientale e ampiamente finanziata dagli aiuti statali, in contrasto con le regole del commercio internazionale; per rimediare a questa situazione, le autorità europee devono impegnarsi al fine di ottenere parità di condizioni. Va sottolineato che questa concorrenza sleale colpisce oramai anche il settore della pesca;

2.

sottolinea la diversità dei settori delle industrie marittime, che costituisce un punto di forza per rafforzare le sinergie tra le filiere e gli impatti territoriali: cantieristica, riparazione e demolizione civile e militare (dalle navi da crociera alle imbarcazioni da diporto, dai pescherecci alle navi di servizio o alle navi passeggeri, senza dimenticare le flotte militari), energie marine rinnovabili, industria petrolifera e del gas, infrastrutture portuali, costiere e offshore, pesca, acquacoltura, allevamento pesca e raccolta di molluschi e bioeconomia blu;

3.

chiede la prosecuzione degli sforzi profusi a favore dello sviluppo di un’attività di pesca, di allevamento, pesca e raccolta di molluschi e di acquacoltura in termini sia di equilibrio che di sostenibilità ambientale, sociale ed economica; sottolinea del pari la necessità di un ricambio generazionale i cui due elementi fondamentali siano la formazione e il miglioramento delle condizioni a bordo;

4.

ritiene che le industrie marittime debbano, come l’industria spaziale o aeronautica, essere dotate di una strategia industriale ambiziosa e di un quadro d’attuazione concreto adatto alle loro specificità: questione della sovranità, forte intensità di capitale, produzione di piccole serie, ciclo lungo e livello di rischio elevato, necessità molto importanti in materia di ricerca, innovazione e formazione;

5.

richiama l’attenzione sulla necessità di sostenere lo sviluppo dell’energia eolica offshore in acque profonde quale strumento per ridurre l’occupazione delle zone marittime costiere nelle acque poco profonde, a vantaggio di altre attività specifiche dell’economia blu;

6.

ricorda che in termini di occupazione le industrie marittime sono il secondo maggior settore dell’economia blu; in esse l’Europa detiene, in un contesto di crescita mondiale, una leadership in diversi ambiti e crea numerosi posti di lavoro industriali altamente qualificati e sostenibili;

7.

richiama l’attenzione sull’importante ruolo dei porti in quanto infrastrutture strategiche che non si limitano a essere poli (hub) commerciali e dei trasporti, ma che si affermano sempre più come piattaforme industriali e di innovazione, in cui l’interfaccia con le città limitrofe può essere maggiormente valorizzata. È importante, quindi, prevedere un sostegno adeguato per le attività realizzate sulla terraferma (1), che svolgono già attività collegate all’economia blu o che possono sviluppare tali attività mediante leve di diversificazione consolidate;

8.

ricorda l’importanza socioeconomica che rivestono la pesca e le attività marittime nell’approvvigionamento di derrate alimentari sicure e di qualità, nonché quella della loro dimensione culturale e patrimoniale, che costituisce un elemento fondamentale per il dinamismo del settore turistico; insiste sulle necessarie sinergie e complementarità tra queste attività tradizionali e le nuove filiere che occorre sviluppare al fine di promuovere l’occupazione e lo sviluppo sostenibile;

9.

considera le industrie marittime come una delle leve fondamentali per conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) definiti in Europa. In effetti, i loro prodotti, servizi e innovazioni forniscono un contributo fondamentale alle attività indispensabili a portare a buon fine le transizioni, con particolare riguardo a quanto elencato di seguito:

l’esplorazione degli oceani, lo sviluppo di conoscenze sul mare e sui fondali marini;

la lotta contro i cambiamenti climatici, che occorre rafforzare, segnatamente attraverso il settore del trasporto marittimo;

lo sviluppo delle energie marine rinnovabili e degli impianti eolici offshore, oltre che delle interconnessioni di reti elettriche tra paesi dell’Unione europea per conferire un peso maggiore alle energie rinnovabili nel mix di energia elettrica e rafforzarne l’integrazione a livello europeo;

la presenza, la sorveglianza e la sicurezza in mare; gli interventi in mare, anche per la lotta all’inquinamento dovuto alle plastiche;

la conoscenza e la valorizzazione delle biorisorse marine, lo sviluppo sostenibile della pesca, dell’acquacoltura e dell’economia circolare blu;

10.

concorda con le conclusioni della valutazione del dispositivo «LeaderSHIP 2020» adottata nel 2018 dal CESE (2), che sottolinea i limiti incontrati nell’attuazione e la mancanza di obiettivi precisi e quantificabili;

11.

chiede l’adozione di un nuovo approccio «LeaderSHIP 2030» profondamente rivisto, che proponga un «new deal europeo blu» (European Blue New Deal) articolato in tre elementi: una politica commerciale e di concorrenza che miri a preservare i nostri interessi e a creare «campioni europei», una mobilitazione e un adeguamento delle singole politiche europee alle esigenze e alle specificità delle industrie marittime e l’adozione di sei obiettivi operativi per i quali mobilitare i soggetti a livello locale, nazionale ed europeo nel periodo 2020-2027:

decarbonizzazione del trasporto marittimo e costruzione di navi pulite: zero emissioni, zero scarichi in mare, zero rumore;

eliminazione dei rifiuti presenti in mare e in particolare della plastica;

industrie marittime 4.0, un approccio trasversale al servizio delle prestazioni e della qualità dei posti di lavoro in tutte le industrie marittime;

leadership mondiale dell’Europa in tutte le tecnologie relative alle energie marine rinnovabili;

strategia europea per una nuova bioeconomia blu che dinamizzi la pesca e l’acquacoltura e valorizzi le biorisorse marine;

avvio di una missione europea di esplorazione degli oceani che serva alla conoscenza degli ambienti marini in tutti i mari del pianeta.

Questi sei obiettivi riguardano sfide specifiche per l’industria e devono essere altresì presi in considerazione nell’ambito della riflessione aperta su una «missione» marittima nell’ambito di Orizzonte Europa;

12.

incoraggia l’adozione di strategie per le industrie marittime nelle regioni ultraperiferiche e nelle isole europee che puntino a un’accelerazione in tre direzioni prioritarie: i porti, l’autonomia energetica, caratterizzata da decarbonizzazione, a costi minimi e la bioeconomia blu, comprese pesca e acquacoltura;

13.

richiama l’attenzione sull’importanza, per l’avvenire delle industrie marittime, di porre le questioni marittime al centro delle future politiche dell’UE e anche al centro dell’attuazione dei fondi della politica regionale.

European Sea Tech: creare reti europee per federare gli ecosistemi regionali nel campo dell’innovazione e mobilitare le regioni per strutturare catene di valore industriali

14.

ritiene che le industrie marittime siano innanzitutto caratterizzate da un radicamento territoriale nelle regioni marittime che hanno strutturato ecosistemi regionali d’eccellenza ad esse dedicate nel campo dell’innovazione. È innanzitutto su tali ecosistemi regionali nel campo dell’innovazione e sulle strategie di specializzazione intelligenti ad essi collegate che devono basarsi le politiche nazionali ed europee per essere agili ed efficaci;

15.

propone di avviare il dispositivo «European Sea Tech» («tecnologie marine europee») per federare gli ecosistemi regionali in materia d’innovazione tramite la costituzione di diverse reti di cooperazione:

per creare sottosettori e strutturare catene di valore europee;

per individuare meglio e accompagnare le sfide delle trasformazioni industriali, segnatamente in campo ecologico, energetico e digitale;

per sviluppare nuovi servizi, prodotti e modelli economici maggiormente integrati e più idonei ad affrontare la concorrenza mondiale.

La Commissione europea lancerebbe inviti a manifestare interesse per la costituzione di reti tematiche, e ogni ecosistema regionale (o interregionale) potrebbe candidarsi ad aderire a più reti, in conformità con le strategie di specializzazione intelligenti della propria regione. Gli ecosistemi che combinano molteplici competenze e raggruppano diverse reti fungerebbero da «ecosistemi centrali» del dispositivo «European Sea Tech».

Ciascuna rete punterebbe ad essere quanto più possibile inclusiva, associando l’insieme delle competenze delle diverse regioni europee. All’interno delle reti verrebbero sistematicamente affrontate le questioni relative allo sviluppo sostenibile, alla R&S, ai risultati industriali, ai finanziamenti e alle competenze.

Tali reti costituirebbero, in modo più efficace rispetto a una piattaforma europea centralizzata, la base su cui sviluppare iniziative di cooperazione tra le regioni ed elaborare progetti operativi strutturati attinenti alle diverse politiche dell’Unione.

Il ruolo del dispositivo «European Sea Tech» consisterebbe anche nel promuovere e incentivare i trasferimenti di tecnologie, know-how e competenze tra le diverse reti e filiere delle industrie marittime;

16.

sottolinea l’importanza che riveste il dispositivo «European Sea Tech» («tecnologie marine europee») nel promuovere un approccio trasversale alle industrie marittime e nell’accelerare le transizioni verso industrie marittime «verdi» e digitali, mobilitando l’intero ventaglio di tecnologie e competenze di tutte le filiere delle industrie marittime per metterle a disposizione di altre filiere;

17.

ribadisce il proprio sostegno al progetto di comunità della conoscenza e dell’innovazione (CCI) marina, ma rileva che, concentrandosi sulla gestione sostenibile delle risorse marine, tale progetto può, al massimo, rappresentare solo una delle reti costitutive del dispositivo «European Sea Tech»;

18.

auspica che i progetti realizzati dalle reti di ecosistemi di innovazione del dispositivo «European Sea Tech» possano essere sostenuti nel quadro dei partenariati europei e cofinanziati da Orizzonte Europa e da altri fondi disponibili. Tali progetti dovrebbero essere in grado di includere i finanziamenti per le linee pilota, i prototipi e i progetti dimostrativi;

19.

ribadisce inoltre la sua richiesta di una tabella di marcia marittima nell’ambito di Orizzonte Europa, di un’inclusione esplicita delle sfide scientifiche e tecnologiche delle industrie marittime nel pilastro 2 e di un obiettivo di mobilitazione pari al 10 % del bilancio di Orizzonte Europa per finanziare progetti con un impatto significativo sull’economia blu e sulle industrie marittime.

II)   Proposte concrete per mobilitare e adeguare le politiche post-2020 dell’Unione europea a favore delle industrie marittime

Commercio e concorrenza a livello internazionale

20.

sottolinea, in merito alle industrie marittime e ai servizi marittimi, l’esigenza di una nuova politica commerciale «realista» e fondata sulla reciprocità, al fine di difendere l’occupazione e la sovranità europea dinanzi alle strategie offensive e sleali dei grandi paesi marittimi, soprattutto asiatici. Ogniqualvolta ciò sia possibile e risulti efficace, tale politica deve promuovere un sistema di scambi commerciali stabile e multilaterale basato su regole eque e trasparenti che garantiscano condizioni di concorrenza leale, cercare di concludere accordi vantaggiosi con i partner commerciali e fondarsi sul ruolo dell’OMC;

21.

ritiene, dato che si tratta di mercati mondiali e globalizzati, che la politica in materia di concorrenza debba consentire l’emergere di «campioni europei», garantendo pur sempre una concorrenza equa ed equilibrata in seno all’Unione, e riafferma il valore aggiunto degli orientamenti in materia di aiuti di Stato per i trasporti marittimi, nonché la necessità di un quadro fiscale semplice, stabile e competitivo per conseguire tale obiettivo;

22.

richiama l’attenzione della Commissione sull’importanza di monitorare meglio i flussi di investimenti esteri e di limitare e attenuare i possibili effetti negativi per l’industria europea derivanti dai trasferimenti di tecnologie, segnatamente quelli stabiliti nei grandi contratti internazionali;

23.

auspica che siano assunti impegni precisi nella gestione degli appalti pubblici civili e militari, ad esempio stabilendo requisiti rigorosi per la fornitura di taluni prodotti e servizi identificati in via preliminare come strategici o particolarmente esposti alla concorrenza mondiale.

Finanziamento di progetti

24.

auspica un rapido completamento del progetto relativo alla piattaforma di finanziamento dei progetti dell’economia blu, che dovrà comprendere un meccanismo di assistenza, ma anche un fondo d’investimento ad hoc per finanziare progetti innovativi e rischiosi. L’obiettivo principale della piattaforma dovrebbe essere in effetti quello di concentrarsi sull’erogazione di finanziamenti a tassi agevolati a progetti ritenuti troppo rischiosi dagli operatori tradizionali, rispondendo in tal modo ai fallimenti del mercato. Tale meccanismo dovrà funzionare in stretto collegamento con gli Stati membri e le regioni, ai fini della complementarità degli strumenti di intervento e della continuità dell’assistenza ai progetti. La piattaforma dovrà in particolare fondarsi sulle reti e sugli «ecosistemi centrali» del dispositivo «European Sea Tech»;

25.

chiede inoltre alla Commissione di fissare un obiettivo e definire un metodo per utilizzare, al servizio dell’economia blu e delle industrie marittime, i veicoli di investimento europei che saranno attivati nel quadro di InvestEU, in particolare in collegamento con il programma Orizzonte Europa;

26.

insiste sulla necessità di strumenti che permettano di ridurre i costi finanziari dei progetti strutturali e di consentire un prefinanziamento efficace degli acquisti e degli investimenti più ingenti (navi da crociera, attrezzature GNL, energie marine rinnovabili ecc.);

27.

ribadisce la necessità di finanziamenti specifici per le regioni ultraperiferiche, in considerazione dei vincoli cui sono soggette e delle loro caratteristiche specifiche. Queste regioni conferiscono all’Europa una dimensione marittima e oceanica eccezionale - dovuta alla loro posizione strategica negli oceani Atlantico e Indiano e nel Mar dei Caraibi - e rappresentano beni naturali unici, come riconosciuto dalla stessa Commissione europea;

28.

sottolinea l’interesse che presenta il fatto di facilitare il ricorso agli appalti innovativi (innovative procurement), i quali consentono una maggiore flessibilità delle norme in materia di gare d’appalto in caso di acquisto di tecnologie emergenti, non ancora introdotte in forma standardizzata sul mercato. Questa prassi accelera l’introduzione sul mercato delle innovazioni, permettendo alle imprese che offrono nuovi servizi e prodotti di trovare più in fretta i primi clienti;

29.

sottolinea l’importanza degli ostacoli rappresentati dai vincoli normativi specifici al settore marittimo e dai tempi amministrativi necessari per il trattamento delle domande, ai fini dell’esecuzione dei test e delle prove in mare. Suggerisce la creazione di un gruppo di lavoro europeo che riunisca la Commissione, gli Stati membri, le regioni e gli operatori economici, al fine di diffondere le buone pratiche e di promuovere sviluppi positivi nei quadri di riferimento nazionali;

30.

ritiene utile prevedere una tappa ulteriore con l’istituzione, in un prossimo futuro, di una Maritime Advanced Research Projects Agency (Agenzia per i progetti di ricerca avanzata nel settore marittimo) sul modello della DARPA statunitense, così da erogare sostegno, in un quadro di finanziamento ad hoc, all’innovazione pionieristica, con il riconoscimento del diritto all’insuccesso e la piena considerazione dei limiti di sviluppo delle PMI e delle imprese a media capitalizzazione;

31.

propone, in un contesto post-Brexit, di destinare ai soggetti interessati delle industrie marittime una parte dei fondi specifici stanziati a sostegno dei territori più colpiti dall’uscita del Regno Unito dall’UE, al fine di crearvi nuove prospettive di sviluppo e occupazione;

32.

sottolinea l’importanza che riveste il dispositivo «European Sea Tech» nel promuovere un approccio trasversale alle industrie marittime e nell’accelerare le transizioni verso industrie marittime ecologiche e digitali, mobilitando l’intero ventaglio di tecnologie e competenze di tutte le filiere delle industrie marittime per metterle a disposizione di altre filiere. Occorre inoltre promuovere un simile approccio trasversale anche tra le attività marittime e costiere e le altre filiere industriali e digitali creatrici di innovazioni direttamente attivabili o che possono essere utilmente adattate al settore marittimo.

Industrie marittime 4.0

33.

ricorda le sfide dell’industria 4.0 collegate alla transizione ecologica ed energetica, ai risultati industriali, alla digitalizzazione (tra cui quella dei processi produttivi) e alle iniziative di cooperazione in seno alle catene di valore locali ed europee; in quest’ottica, sostiene l’obiettivo «Green shipyard 2050» che punta ad avere cantieri navali esemplari nel quadro della transizione ecologica ed energetica;

34.

rammenta ugualmente che la formazione permanente, lo sviluppo e la qualità dei posti di lavoro, le condizioni di lavoro, nonché la mobilitazione dell’esperienza e della creatività dei lavoratori dipendenti sono inscindibili da tale trasformazione industriale;

35.

ritiene che le innovazioni e gli investimenti produttivi in questo ambito debbano costituire una priorità della politica europea di sostegno alle industrie marittime e interessare in particolare le PMI;

36.

insiste sulla leva di progresso condiviso rappresentata dalla cooperazione tra i settori civile e militare, segnatamente tramite l’agevolazione - nei due sensi - dei trasferimenti di tecnologia e di know-how e della mobilità delle competenze umane;

37.

ritiene interessante incoraggiare la transizione delle imprese petrolifere e del gas offshore e le loro strategie di diversificazione in altri settori dell’economia blu; queste imprese dispongono infatti di conoscenze specifiche di punta dell’ambiente marino, di una capacità di gestione esemplare di progetti lunghi e complessi, oltre che di competenze preziose per contribuire allo sviluppo delle industrie marittime (navi di rifornimento, robotica subacquea, sistemi di ancoraggio, applicazioni automatizzate ecc.). Esse potrebbero reinvestire, utilmente e collettivamente, una parte degli utili ricavati dal settore degli idrocarburi in fondi di investimento nell’economia blu e nelle energie marine rinnovabili;

38.

sottolinea che a seguito della rivoluzione tecnologica le navi cessano di essere unità analogiche per convertirsi in piattaforme di trasporto digitalizzate, il che offre opportunità per una maggiore integrazione e interconnessione dei diversi sistemi digitali. Questa evoluzione modifica i metodi di lavoro del settore, ad esempio le interazioni tra le navi e le strutture a terra, i contatti tra navi e tra le navi e le autorità. Le industrie marittime europee e le autorità dovrebbero pertanto cogliere le opportunità offerte dalla digitalizzazione sul piano della concorrenza internazionale;

39.

sottolinea che è indispensabile prendere in considerazione e sostenere la digitalizzazione e, più in generale, le nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale (IA) nell’innovazione marittima;

40.

propone che i programmi di sostegno e di finanziamento tengano conto di una serie di tematiche che non sono solo di ordine tecnologico ma altresì proprie allo sviluppo di nuovi servizi, quali ad esempio le navi e i robot sottomarini autonomi (AUV = autonomous underwater vehicles) o i servizi di sorveglianza marittima e di manutenzione predittiva, in cui l’impegno contrattuale a fornire risultati e prestazioni prevale sempre di più rispetto all’impegno a impiegare mezzi o risorse. Va inoltre promossa la creazione di piattaforme che permettano di assicurare la convergenza tra le diverse tecnologie di sorveglianza marittima utilizzate da Stati membri differenti, allo scopo di accrescere l’interoperabilità delle attività di sorveglianza, di migliorare l’efficacia delle operazioni in mare, di agevolare l’attuazione della legislazione e delle politiche dell’UE in questo campo e, di conseguenza, di favorire un controllo migliore dello spazio marittimo europeo.

Occupazione, competenze e formazione

41.

riconosce l’importanza di promuovere e animare il dialogo sociale settoriale e di strutturare la relazione occupazione-formazione nelle filiere delle industrie marittime; chiede che tali compiti siano svolti da piattaforme specifiche sia nei settori dei trasporti e delle biorisorse marine che nell’industria manifatturiera e della cantieristica. In particolare, si richiama l’attenzione sulla necessità di adattare e promuovere una formazione mirata in campo marittimo e in materia di pesca, in modo che essa sia un elemento di sostegno al ricambio generazionale nella pesca, nell’acquacoltura e nella raccolta dei molluschi; si ricorda altresì la necessità di adattare e promuovere un’istruzione universitaria mirata nel campo della marina mercantile. Si ritiene inoltre necessario istituire un sistema atto a garantire l’efficacia dei programmi di formazione e un’adeguata qualificazione dei formatori;

42.

sottolinea che lo sviluppo delle attività offshore implica la mobilitazione di lavoratori dipendenti con solide competenze marittime o l’offerta di una formazione complementare importante per coloro che non conoscono la vita in mare. A tale proposito, mette in evidenza la necessità di realizzare campagne rivolte ai giovani al fine di attrarre talenti e integrare nuovi professionisti nel settore delle industrie marittime, della marina mercantile e della pesca, sia nelle attività a terra che in quelle in mare;

43.

si compiace dei passi avanti compiuti con l’adozione delle recenti direttive sul distacco dei lavoratori, fenomeno estremamente diffuso nel settore marittimo, e chiede l’introduzione di un sistema di riconoscimento delle qualifiche professionali, e non solo dei diplomi e attestati, per applicare fino in fondo il principio della «parità di retribuzione a parità di lavoro»;

44.

ritiene che la mobilità dei lavoratori dipendenti all’interno dell’UE sia un fattore positivo, che consente di organizzare meglio che sia possibile le catene di valore delle industrie marittime e di far fronte al mutevole andamento delle attività. Occorre perseguire questo obiettivo pur preservando e rafforzando le competenze necessarie a soddisfare le esigenze delle imprese, in primo luogo a livello locale, e in seconda battuta a livello europeo.

III)   Un approccio e proposte specifiche per i grandi settori delle industrie marittime

Digitalizzazione delle industrie marittime

45.

sottolinea che è indispensabile prendere in considerazione e sostenere la digitalizzazione e, più in generale, le nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale (IA) nell’innovazione marittima.

Propone che i programmi di sostegno e di finanziamento tengano conto di una serie di tematiche che non sono solo di ordine tecnologico ma altresì proprie allo sviluppo di nuovi servizi, quali ad esempio le navi e i robot sottomarini autonomi (AUV = autonomous underwater vehicles) o i servizi di sorveglianza marittima e di manutenzione predittiva.

Bioeconomia blu

46.

sottolinea il potenziale promettente ma ancora scarsamente qualificato della filiera della bioeconomia blu, con molteplici applicazioni sui diversi mercati (alimentazione umana e animale, farmacologia, cosmetica, energia) e forti impatti territoriali; pone l’accento sulla priorità da attribuire ai settori economici più maturi e importanti, ovvero la pesca, l’acquacoltura e le colture marine;

47.

accoglie con favore la mobilitazione legata a questa filiera emergente, grazie soprattutto al «Forum della bioeconomia blu» sotto la direzione della DG MARE; ritiene che dopo un’importante fase di investimento in R&S, si debba dare priorità all’industrializzazione e alla commercializzazione di nuovi processi collaudati ed efficacemente gestiti su piccola scala;

48.

auspica che sia data una nuova priorità a tale filiera tramite investimenti nell’intera catena di valore, a partire dall’estrazione o dalla produzione ben gestita delle biorisorse fino alle fasi di trasformazione e di valorizzazione dei prodotti;

49.

propone, a tale scopo, di stabilire dei collegamenti con filiere marittime più mature, come la pesca e l’acquacoltura, con in prospettiva lo sviluppo di una catena a valle di valorizzazione e trasformazione dei prodotti della pesca capace di generare il più elevato valore aggiunto;

50.

sottolinea l’importanza dell’economia circolare marittima per accompagnare lo sviluppo della bioeconomia blu (applicazione del principio «zero scarichi» in mare nelle attività di pesca, recupero dei depositi della linea di deposito marina, residui del processo di valorizzazione delle alghe, trattamento dei rifiuti e delle plastiche ecc.);

51.

invita l’Unione europea a sostenere le attività di esplorazione di tutti i mari e gli oceani del pianeta, al fine in particolare di ampliare le conoscenze oceanografiche e di dare impulso alle scienze climatiche (ciclo del carbonio e assorbimento del CO2, acidificazione e innalzamento del livello dei mari/oceani ecc.), come pure di classificare le diverse riserve energetiche e non energetiche per valutare meglio il potenziale di valorizzazione delle risorse marine (energia geotermica, minerali strategici ecc.).

Cantieristica civile e militare

52.

sottolinea il carattere strategico degli investimenti europei nei fattori di differenziazione nel settore della cantieristica, segnatamente riguardo alla digitalizzazione e alla transizione ecologica ed energetica. Si tratta di migliorare la nostra competitività e di riconquistare quote di mercato tramite l’innovazione. Anche le questioni relative al finanziamento sono fondamentali per la cantieristica;

53.

richiama l’attenzione sui nuovi mercati collegati a queste transizioni: integrazione di sistemi di propulsione ecologica nelle navi, sistemi innovativi di propulsione senza emissioni di carbonio (nuove concezioni di vela), navi di rifornimento, traghetti elettrici, navi per il trasporto merci a corto raggio, navi di servizio portuali e costiere ecc.;

54.

sottolinea l’importanza di rafforzare i legami e la cooperazione locale tra i cantieri e la loro catena di contrattazione congiunta nel quadro dei poli di attività marittime; sottolinea inoltre la necessità di sostenere le aree dove si svolgono attività di cantieristica e di riparazione navale, nel cui ambito operano numerose piccole e medie imprese; auspica un sostegno specifico alle catene di valore del settore dei fornitori di componenti ed equipaggiamenti, i quali rappresentano il 50 % della quota di mercato mondiale e un fatturato doppio rispetto a quello della cantieristica. Nell’ambito della sua politica commerciale e di finanziamento, l’UE deve anche promuovere l’uso di apparecchiature europee per le navi costruite al di fuori dell’UE;

55.

incoraggia, nel quadro del dispositivo «European Sea Tech» («tecnologie marine europee»), un’azione sistematica per includere nelle catene di valore del settore della cantieristica nuovi soggetti in grado di contribuire a rafforzare la capacità produttiva, la mobilitazione delle competenze e la competitività europea;

56.

sottolinea che la riparazione navale e la costruzione di piccole imbarcazioni costituiscono attività industriali strategiche per le regioni ultraperiferiche, in quanto le flotte e le strutture galleggianti operanti nelle loro acque sono soggette a vincoli dovuti all’insularità e alla distanza dal continente europeo che incidono fortemente sulla loro logistica, sulla manutenzione e sulla sostituzione delle piccole imbarcazioni; pertanto, al fine di sostenere la crescita efficiente delle attività marittime in queste regioni, è opportuno fornire un sostegno specifico a tali attività industriali;

57.

ritiene che le questioni marittime debbano essere poste al centro delle nuove politiche di difesa e sicurezza, il che implica un’attenzione particolare alla cantieristica militare; propone al riguardo di tenere maggiormente conto del sostegno allo sviluppo delle tecnologie a duplice uso utilizzabili in entrambi i settori, civile e militare;

58.

sottolinea la necessità di rafforzare le capacità delle flotte che svolgono compiti di sorveglianza e sicurezza di competenza dello Stato, e ritiene che tali compiti «sovrani» debbano essere assicurati da navi costruite in Europa; ritiene inoltre che il corretto svolgimento di queste missioni, in particolare nel contesto della Brexit e delle sfide in materia di migrazione, implichi l’impiego delle flotte nazionali esistenti in stretta collaborazione con Frontex, e richieda uno sforzo di solidarietà a livello europeo per dare sostegno ai paesi maggiormente impegnati nello svolgimento di queste missioni di rilevante interesse comune.

Energie marine rinnovabili

59.

ritiene che le energie marine rinnovabili siano una filiera con grandi potenzialità, sia per contribuire significativamente alla produzione di energie rinnovabili che per strutturare una catena di valore industriale che crei posti di lavoro locali sostenibili in molte regioni, e per conseguire risultati positivi per le esportazioni; sottolinea che la realizzazione di progetti in questo ambito deve avvenire nel rispetto dell’ambiente e compatibilmente (o anche in sinergia) con le attività preesistenti;

60.

mette in evidenza l’andamento al ribasso dei costi assai impressionante osservato nel settore europeo dell’eolico offshore «a fondazione fissa» successivamente all’installazione dei primi impianti di questo tipo nel 1991, e soprattutto grazie alla strutturazione di una filiera industriale europea che ha dato ottimi risultati negli ultimi dieci anni;

61.

ricorda l’importanza degli interventi di riparazione e manutenzione a cui sono sottoposte le navi, che devono essere demolite al termine della loro vita utile. Si raccomanda pertanto l’elaborazione, da parte della Commissione, di un piano specifico teso a dotare l’UE di strutture idonee al corretto svolgimento di queste attività, anche sul piano degli impegni di bilancio che risultano necessari per la loro realizzazione;

62.

ricorda che portare avanti lo sviluppo di tale filiera implica il proseguimento dell’impegno avviato a livello europeo, segnatamente nella R&S (investimenti per oltre 3 miliardi di EUR), ma passa attualmente per scelte politiche chiare che dipendono innanzitutto dagli Stati membri: fissare volumi e calendari ambiziosi per le gare d’appalto, non solo per l’eolico «a fondazione fissa», attualmente il più sviluppato, ma anche per le nuove tecnologie, quali l’eolico galleggiante, l’energia mareomotrice o l’energia prodotta dal moto ondoso, che necessitano assolutamente di una remunerazione sufficiente e garantita per attirare gli investimenti e innescarne l’industrializzazione;

63.

esorta ad adottare, a livello europeo, strumenti ad hoc di sostegno agli investimenti, ma anche di garanzia dei progetti e di gestione dei rischi. L’introduzione di tali strumenti potrebbe ridurre notevolmente i costi di finanziamento e, quindi, far abbassare più in fretta il prezzo di costo dell’energia elettrica prodotta;

64.

accoglie con favore i notevoli progressi compiuti negli ultimi anni nel realizzare prove di prototipi e progetti dimostrativi per tecnologie emergenti in condizioni reali di utilizzo, in particolare nel settore dell’energia mareomotrice, con prospettive di riduzioni dei costi sempre meglio controllate e credibili, che devono permettere di giustificare il lancio del mercato mediante tariffe di riacquisto adattate, consolidando così la leadership mondiale degli operatori europei;

65.

esorta l’Europa a prefiggersi di conquistare la leadership mondiale nel settore dell’eolico galleggiante, e raccomanda alla Commissione e agli Stati membri di valutare il lancio di bandi di gara coordinati o congiunti per conferire al mercato una maggiore ampiezza di volumi e una più marcata visibilità. Si potrebbe sviluppare un approccio simile per i due settori dell’energia mareomotrice e dell’energia prodotta dal moto ondoso per quanto riguarda gli impianti pilota precommerciali;

66.

sottolinea l’importanza di adottare un approccio specifico nelle zone non interconnesse, specialmente nei territori insulari, che permetta di proporre soluzioni globali di autonomia energetica caratterizzata dalla decarbonizzazione tramite una combinazione di tecnologie, segnatamente le energie marine rinnovabili, in funzione delle caratteristiche di ciascun territorio; in quest’ottica, occorre intensificare lo sforzo per mettere a punto macchinari di media potenza;

67.

propone che lo sviluppo di queste soluzioni di autonomia energetica sia inoltre sottoposto a prove e convalidato nel quadro di progetti di strutture offshore multifunzionali: queste ultime prefigurano un’accresciuta «marittimizzazione» non soltanto delle attività industriali, ma anche, con il tempo, della vita umana in generale; va sottolineato che queste prospettive di più lungo periodo dovranno necessariamente rispettare criteri rigorosi in termini di sostenibilità e di controllo degli impatti ambientali sul ciclo di vita complessivo dei progetti.

IV)   I porti, una sfida fondamentale per la dinamica delle industrie marittime

Piattaforme portuali e infrastrutture portuali, costiere e offshore

68.

richiama l’attenzione sulla capacità dei porti di configurarsi, grazie all’integrazione delle loro attività e potenzialità, come ambiti di sviluppo di progetti di crescita blu, dato che possono costituire un modello per la loro estensione a tutte le regioni costiere;

69.

insiste affinché i porti, indipendentemente dal loro statuto, continuino a essere considerati attività strategiche in cui i poteri pubblici abbiano ancora propensione a investire, e affinché le regole della concorrenza e del controllo sugli aiuti di Stato consentano tali investimenti;

70.

mette in evidenza la necessità di sostenere, con un finanziamento dell’UE, le infrastrutture portuali delle regioni ultraperiferiche, tenuto conto che mancano alternative per il trasporto delle merci e che gli aiuti di Stato destinati a tali infrastrutture non creano, per effetto della loro dimensione puramente locale, distorsioni della concorrenza nel mercato interno dell’UE;

71.

sottolinea la vocazione dei porti a essere al contempo poli (hub) del trasporto marittimo e piattaforme pronte ad accogliere le industrie marittime e le iniziative d’innovazione e di formazione ad esse associate; richiama l’attenzione sul fattore di attrattiva regionale rappresentato dai porti, al fine di attirare nuove attività industriali all’interno del loro perimetro o nel loro hinterland;

72.

sottolinea che è importante che all’interno dei porti siano presenti filiere della logistica e dei servizi marittimi, e che è importante anche sviluppare, oltre alle innovazioni tecniche, nuovi modelli economici e di servizi all’interno dei porti basati, ad esempio, sulla loro graduale digitalizzazione (smart ports) e sulle possibilità di migliorare e ottimizzare i processi offerte dalla valorizzazione dei dati (big data o megadati);

73.

raccomanda di favorire una migliore articolazione tra i porti e il loro ambiente urbano, rafforzando l’autonomia decisionale delle comunità portuali e cercando di preservare l’area portuale al fine di consentire sviluppi futuri;

74.

suggerisce di creare, all’interno del dispositivo «European Sea Tech», una rete di porti attivi nello sviluppo dell’economia blu, sulla scia dei lavori realizzati dal Forum europeo dei porti e dai suoi sottogruppi Ports and hubs for blue growth («Porti e hub per la crescita blu») e Green ports («Porti ecologici»);

75.

sottolinea l’importanza della filiera dell’ingegneria civile e ambientale per i porti e le zone costiere, al fine di strutturare i siti e il tratto costiero e di accompagnare l’adattamento ai cambiamenti climatici;

76.

propone di trasformare i porti in incubatori e potenzialmente, in un prossimo futuro, in gestori di progetti di nuove infrastrutture offshore, ad esempio porti offshore o, più in generale, piattaforme utilizzate in comune per attività dell’economia blu (trasbordo, hub logistico, produzione di energie marine rinnovabili, acquacoltura, riparazione navale, base scientifica ecc.);

77.

propone di avviare una riflessione sul ruolo funzionale dei porti detti «secondari», ruolo che oscilla tra la specializzazione in mercati di volume ridotto e il rafforzamento dei/la complementarità rispetto ai grandi porti industriali vicini.

La decarbonizzazione dei porti e del trasporto marittimo

78.

ritiene urgente rafforzare il sostegno agli investimenti nei porti per il rifornimento di GNL delle navi e più in generale per le infrastrutture che contribuiscono a ridurre l’impronta ecologica delle navi stesse (connessione elettrica tra sistemi a bordo della nave e in banchina basata su tecnologie a basse emissioni); considera che questa transizione verso carburanti più ecologici o nuovi vettori energetici sia una priorità per l’attuazione degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e dei gas nocivi per la salute umana; ritiene che gli armatori debbano essere sostenuti per l’adattamento e il rinnovamento della loro flotta; sottolinea che anche il biogas ottenuto a partire da biorisorse (vegetali, agricole e alimentari) può contribuire alla catena del valore del GNL allo scopo di ridurre in misura ancora più significativa, rispetto alle soluzioni attuali, le emissioni di gas a effetto serra;

79.

propone di valutare l’opportunità di creare un «corridoio blu di GNL (gas naturale liquefatto) per le isole europee e le regioni ultraperiferiche», in linea con la Risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2018 sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi nell’Unione europea: è tempo di agire! (2018/2023(INI)]; fa presente, in tale contesto, che sono necessari strumenti finanziari adeguati per sostenere investimenti di questo tipo, che in queste aree sono pur sempre relativamente molto ingenti;

80.

richiama l’attenzione sulla necessità di sostenere la ricerca e lo sviluppo dell’acquacoltura offshore, integrando le conoscenze esistenti in materia di ingegneria oceanica nelle acque profonde e di industria 4.0, al fine di ridurre la presenza di aziende di acquacoltura situate nelle zone marittime costiere, a vantaggio di altre attività specifiche dell’economia blu che devono utilizzare lo stesso spazio marino;

81.

precisa che studi nel campo della R&S aprono la prospettiva di un possibile utilizzo di carburanti liquidi di sintesi prodotti a partire dalla catena di valore del carbonio e da energie rinnovabili; ritiene che questa possibilità debba essere esplorata con cautela e che queste tecnologie debbano dimostrare di essere relativamente competitive rispetto ad altre soluzioni alternative, di avere un’impronta ambientale bassa e di dare un apporto positivo alla lotta all’effetto serra sull’intero ciclo - e al momento tutto questo è ancora da dimostrare;

82.

riconosce che il ricorso al GNL può coprire solo un periodo intermedio e invita a sviluppare il ricorso alla fornitura di energia elettrica per le navi ormeggiate in porto e l’utilizzo di navi elettriche, a sfruttare l’energia solare ed eolica a bordo delle navi e a puntare a una produzione e a un utilizzo competitivi dell’idrogeno di origine rinnovabile nel trasporto marittimo (congiuntamente allo sviluppo delle energie marine rinnovabili, e in particolare delle filiere con un forte potenziale di produzione come l’eolico offshore «a fondazione fissa» e galleggiante);

83.

chiede al riguardo che nei porti venga adottata l’infrastruttura di reti intelligenti necessaria per integrare fonti distribuite di energia elettrica rinnovabile, installare sistemi di fornitura di energia elettrica dalla banchina, assicurare la mobilità elettrica e utilizzare altre tecnologie connesse alle reti intelligenti.

Bruxelles, 27 giugno 2019

Il presidente

del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  NAT-V-044 – L’innovazione nell’economia blu: realizzare il potenziale di crescita e di occupazione dei nostri mari e dei nostri oceani, relatore: Adam BANASZAK.

(2)  https://www.eesc.europa.eu/en/our-work/opinions-information-reports/opinions/leadership-2020-maritime-technology


29.11.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 404/53


Parere del Comitato delle regioni — Governance multilivello e cooperazione intersettoriale per la lotta contro la povertà energetica

(2019/C 404/10)

Relatrice

:

Kata TÜTTŐ (HU/PSE), consigliera del XII distretto di Budapest.

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

Osservazioni introduttive

1.

ricorda di avere già sottolineato in vari pareri precedenti l’importanza di tenere conto della povertà energetica nella definizione delle diverse politiche e considera uno degli sviluppi politici più importanti degli ultimi anni il chiaro riconoscimento del fatto che nella definizione attuale e futura delle politiche in materia di energia e clima si deve tenere conto anche del loro impatto sociale. Pertanto tutta la pertinente legislazione nazionale e dell’UE dovrebbe tenere ampiamente in considerazione la lotta alla povertà energetica;

2.

sottolinea che una delle problematiche più importanti legate all’impatto sociale è la questione della povertà energetica, strettamente collegata alle attuali priorità del Comitato delle regioni;

3.

è del parere che una gestione della lotta contro la povertà energetica, che tenga conto tanto dei punti di vista generali dell’UE quanto delle specificità locali e regionali, possa contribuire in misura significativa al rafforzamento della fiducia dei cittadini europei nei confronti dell’UE, alla riduzione della distanza tra l’UE e i cittadini europei nonché all’attuazione dell’accordo di Parigi e dell’Unione dell’energia;

4.

accoglie con favore il fatto che il pacchetto legislativo della Commissione Energia pulita per tutti gli europei riconosca l’importanza di arginare la povertà energetica e che in vari punti del pacchetto vi siano espliciti riferimenti a tale questione;

5.

richiama l’attenzione sul fatto che dopo la creazione di un quadro a livello di Unione, la sfida successiva consiste nel tradurre le disposizioni generali del pacchetto di provvedimenti per l’energia pulita in adattamenti dei diversi elementi specifici della legislazione, tenendo pienamente conto della situazione delle differenti regioni, mantenendo, da un lato, la coerenza con il quadro generale dell’UE e definendo, dall’altro, un quadro e modalità d’azione in funzione della rilevazione e del riconoscimento delle varie forme di povertà energetica;

6.

accoglie con favore i progressi compiuti nell’ambito della procedura legislativa in merito ad elementi importanti del pacchetto Energia pulita, e in particolare la posizione del Parlamento europeo sulle norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica nonché il riconoscimento esplicito del PE circa la necessità di una raccolta esaustiva di dati sulla povertà energetica da parte degli Stati membri, la flessibilità raccomandata in modo che gli Stati membri possano intervenire nel mercato per rimediare alla povertà energetica e una definizione più ampia di «consumatori vulnerabili» (articolo 28) (1);

7.

sostiene in particolare la richiesta del PE alla Commissione europea di fornire orientamenti sui criteri su cui basarsi per definire un «numero significativo di famiglie in condizioni di povertà energetica» (anche nel contesto dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera d), del regolamento (UE) 2018/1999 sui piani nazionali integrati per l’energia e il clima) e approva pienamente la premessa del PE secondo cui «qualsiasi percentuale di famiglie in condizioni di povertà energetica può essere considerata significativa»;

8.

osserva che, dato che la povertà energetica è un problema già noto e che trova sempre maggiore riconoscimento nel quadro normativo dell’UE con l’imposizione agli Stati membri di obblighi espliciti al riguardo, nessuno in futuro potrà affermare di ignorarne l’esistenza. Pertanto, si impongono politiche e azioni concrete. Osserva tuttavia che una definizione precisa dei vari aspetti e impatti della povertà energetica nonché gli indicatori necessari per misurarli devono essere elaborati considerando con la massima attenzione i diversi contesti regionali e locali, per garantire misure strategiche mirate e attuate in modo efficace;

9.

sottolinea, tuttavia, che nell’ambito della lotta contro la povertà energetica esistono già esperienze all’avanguardia a livello locale e regionale, tra cui il prezioso lavoro svolto nel quadro del partenariato sull’edilizia residenziale a titolo dell’Agenda urbana per l’UE;

10.

osserva che uno dei modi migliori per eliminare la povertà energetica a livello europeo consiste nell’investire in efficienza energetica e in un mercato unico competitivo e ben funzionante, capace di offrire prezzi bassi;

11.

si compiace del fatto che il nuovo regolamento sulla governance dell’Unione dell’energia delinei un quadro che consentirà agli enti locali e regionali di far sentire la propria voce e di trattare la povertà energetica come una priorità;

12.

riconosce che la povertà energetica è una importante sfida per la società, con ripercussioni sociali e ambientali che devono essere affrontate con particolare urgenza a tutti i livelli di governance e che richiedono un approccio trasversale globale che tenga conto delle connessioni tra gli obiettivi e gli strumenti sociali e ambientali;

Cosa si intende, in sostanza, per povertà energetica?

13.

ricorda che il Patto dei sindaci per il clima e l’energia definisce la povertà energetica come «una situazione nella quale una famiglia o un individuo non sia in grado di pagare i servizi energetici primari (riscaldamento, raffreddamento, illuminazione, mobilità e corrente) necessari per garantire un tenore di vita dignitoso, a causa di una combinazione di basso reddito, spesa per l’energia elevata e bassa efficienza energetica nelle proprie case»;

14.

ricorda che un cittadino europeo su dieci non può riscaldare adeguatamente la propria casa durante l’inverno, che un cittadino dell’UE su cinque non può permettersi la climatizzazione d’estate e che, inoltre, oltre 80 milioni di europei vivono in case umide, con presenza di muffa, anche a causa dell’inadeguatezza del riscaldamento e del raffreddamento delle loro abitazioni;

15.

osserva che la povertà energetica, al pari di altre forme di povertà e in combinazione con esse, minaccia e colpisce maggiormente e in modo più grave le donne, un aspetto che si spiega in particolare con la ripartizione ineguale dei redditi e del lavoro domestico e familiare tra donne e uomini, e con la percentuale più elevata di donne tra i genitori soli e le persone anziane che vivono sole;

Necessità di un approccio globale

16.

riconosce che la povertà energetica è un problema estremamente complesso, la cui risoluzione richiede un esame comune e coordinato dei diversi aspetti sociali, tecnici, economici e di bilancio;

17.

osserva che per valutare la povertà energetica ed elaborare possibili soluzioni occorre raccogliere una varietà di informazioni ed esaminarle in maniera approfondita; mette l’accento in questo contesto, in particolare, come ha già rilevato nella propria valutazione di impatto territoriale, sulla necessità di disporre di ulteriori dati particolareggiati al livello NUTS 3 e, laddove opportuno, anche a un livello ancora più dettagliato, per poter elaborare ulteriormente indicatori adeguati che misurino i vari aspetti e impatti della povertà energetica a livello locale, e per una raccolta/un trattamento più efficiente dei dati già disponibili al fine di renderli accessibili ai responsabili politici;

18.

sottolinea che nella lotta contro la povertà energetica occorre impiegare una combinazione di strumenti di politiche pubbliche che metta in correlazione gli aspetti dell’efficienza energetica e della protezione sociale;

19.

insiste sul fatto, tuttavia, che l’approccio trasversale globale non può essere addotto in alcun modo come pretesto per perseguire obiettivi politici e interessi settoriali, commerciali o di altro genere non legati alla lotta contro la povertà energetica;

20.

attira l’attenzione degli enti locali e regionali europei sul fatto che l’attuazione dell’approccio globale è molto importante, ma che la si può realizzare con relativa semplicità a livello locale e regionale. Tuttavia, affinché ciò sia possibile è essenziale procedere allo scambio delle esperienze e ricorrere ad altre forme di cooperazione;

21.

sottolinea che la situazione delle famiglie colpite dalla povertà energetica presenta una notevole diversità e, in ogni caso, caratteristiche specifiche. Le persone interessate possono essere inquilini o proprietari, che vivono in aree urbane o rurali e che, in generale, affrontano anche altre difficoltà, cui occorre rispondere attraverso un approccio equo, innovativo, aperto e inclusivo a cui devono assolutamente collaborare tutti i soggetti interessati;

22.

osserva che la povertà energetica non influenza solo lo stato dell’abitazione, ma ha anche ricadute dirette sulla salute fisica e mentale delle persone interessate e ostacola le loro relazioni sociali, il loro apprendimento, le loro opportunità di fare affari e molte altre attività;

Sostenere non solo l’osservazione del fenomeno della povertà energetica, ma anche la sua eliminazione!

23.

ritiene che la riuscita delle politiche pubbliche a livello di Unione comporti, in generale, la definizione di obiettivi sufficientemente ambiziosi, concreti e misurabili;

24.

sottolinea che, sebbene l’obiettivo ultimo di una politica per l’eliminazione della povertà energetica sia l’eradicazione completa del fenomeno, è necessario formulare obiettivi a più breve termine che garantiscano l’efficacia del processo politico;

25.

invita la Commissione a proporre obiettivi concreti per la riduzione della povertà energetica all’orizzonte del 2030 e per la sua eliminazione entro il 2050;

Iniziative che devono essere intraprese a livello dell’UE

26.

si compiace non solo del fatto che la garanzia dell’accesso all’energia figuri tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, ma anche del fatto che il pilastro europeo dei diritti sociali, lanciato nel novembre 2017, riconosca particolare importanza alla questione della protezione sociale, dato che la povertà energetica rappresenta uno dei settori più evidenti nei quali la protezione sociale richiede un’azione anche a livello dell’Unione;

27.

accoglie con favore la visione strategica adottata nel novembre 2018 dalla Commissione, dal titolo Un pianeta pulito per tutti, il cui obiettivo è realizzare un’Europa neutra in termini di clima entro il 2050, garantendo nel contempo non solo la crescita della ricchezza e la creazione di posti di lavoro, ma anche l’equità sociale per una transizione giusta;

28.

invita le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri a garantire che tutti possano effettivamente godere del diritto a un’energia a prezzi accessibili e a prendere in esame, a tale scopo, la possibilità di adottare una moratoria sull’interruzione o la sospensione della fornitura di servizi pubblici in caso di omesso pagamento, affinché nessuna famiglia sia lasciata senza servizi di riscaldamento o raffreddamento di base;

29.

è del parere che la limitazione dei costi eccessivi dell’energia non possa essere lasciata alla sola discrezione della concorrenza e dell’autoregolamentazione del mercato e che l’UE, quindi, debba definire quadri giuridici che diano agli Stati membri e agli enti locali gli strumenti adatti per garantire un’energia a prezzi accessibili. Per mantenere bassi i prezzi dell’energia, l’UE e altre autorità devono soprattutto assicurare che l’offerta sul mercato sia sufficiente, combattere la determinazione monopolistica dei prezzi e far sì che gli strumenti per la gestione della transizione energetica siano efficaci sotto il profilo dei costi e non determinino un aumento ingiustificato dei prezzi;

30.

sottolinea che occorre adottare misure adeguate per prevenire o compensare i possibili effetti negativi delle ristrutturazioni a fini di efficienza energetica, come l’aumento dei costi degli alloggi; nel caso di ristrutturazioni di questo tipo, è fondamentale garantire un’equa ripartizione dei costi e dei benefici della maggiore efficienza energetica ottenuta tra proprietari e inquilini;

31.

ritiene necessario che le amministrazioni territoriali facilitino la prestazione al pubblico di consulenze gratuite e indipendenti in materia di energia e sostengano una partecipazione più attiva delle famiglie povere alla produzione di energia;

32.

ritiene che la legislazione europea potrebbe essere molto più ambiziosa, e che vi sia l’esigenza di una cooperazione aperta e convinta tra i governi nazionali, da un lato, e gli enti locali e regionali, dall’altro, per garantire un’efficace governance multilivello;

33.

ritiene indispensabile semplificare e ampliare l’accesso ai fondi dell’Unione, poiché la comparsa o l’aggravamento del fenomeno della povertà energetica dipende spesso da fattori quali le scarse possibilità di azione delle persone e dei gruppi colpiti da tale fenomeno e il loro accesso limitato ai servizi delle amministrazioni pubbliche. Inoltre, fa presente che le misure di ristrutturazione e di efficienza energetica possono essere limitate a causa della situazione finanziaria degli inquilini e delle norme in materia di canoni locativi che rendono difficile il recupero dei costi; sottolinea pertanto la necessità di garantire, sia agli inquilini che ai proprietari, adeguati incentivi alla realizzazione di investimenti volti a migliorare l’efficienza energetica, nonché la protezione dei consumatori vulnerabili;

34.

auspica una più stretta cooperazione tra l’Osservatorio europeo sulla povertà energetica, il Patto dei sindaci per il clima e l’energia ed Eurostat;

35.

sottolinea che è essenziale includere tra gli strumenti per l’eliminazione della povertà energetica la trasformazione dei consumatori di energia in prosumatori e che, a tale scopo, occorre incoraggiare a tutti i livelli iniziative che consentano anche ai consumatori in condizioni di povertà energetica di diventare produttori di energia;

Il ruolo degli enti locali e regionali

36.

osserva che gli enti locali e regionali sono in prima linea nella complessa lotta contro la povertà energetica, potendo identificare le persone colpite, individuare le cause concrete del fenomeno e fornire direttamente ai cittadini consulenza e orientamenti pratici. Fa inoltre notare che gran parte delle misure di lotta contro la povertà energetica possono essere attuate a livello locale;

37.

sottolinea che, visto che la povertà energetica è una questione molto complessa, non è possibile applicare una soluzione uniforme nelle diverse regioni dell’UE e che le amministrazioni locali devono anch’esse adottare un nuovo approccio globale nella ricerca dei mezzi adatti, associando gli uffici degli enti locali competenti nei diversi ambiti, al fine di trovare la soluzione migliore. Gli enti locali e regionali, attraverso le loro imprese nel settore dell’energia, le società edilizie, la cooperazione con i soggetti privati, i finanziamenti per progetti, la consulenza ecc., dispongono di alcune competenze non trascurabili in materia di politica di efficienza energetica e di produzione energetica;

38.

attira l’attenzione sulla possibilità che le politiche volte a lottare contro la povertà energetica comportino altri vantaggi per tali amministrazioni, favorendo la realizzazione degli obiettivi di altre politiche, per esempio attraverso il contributo alle politiche di promozione dell’efficienza energetica, di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, di miglioramento della salute, dell’inclusione sociale e della protezione sociale dei cittadini, migliorandone così la qualità di vita generale e la sostenibilità complessiva;

39.

sottolinea che una lotta efficace contro la povertà energetica può aiutare gli enti locali e regionali a estendere ulteriormente la base sociale dell’azione contro i cambiamenti climatici grazie al coinvolgimento di gruppi sociali finora meno presi in considerazione e meno attivi;

40.

insiste, tuttavia, sul fatto che ciò sarà possibile solo se si rafforzeranno adeguatamente gli strumenti giuridici e finanziari degli enti locali e regionali;

Parco edilizio ed efficienza energetica

41.

sottolinea che l’efficienza energetica rappresenta un collegamento importante tra gli obiettivi legati alla neutralità climatica e quelli che riguardano una transizione energetica giusta, che includa l’azione riguardante la povertà energetica;

42.

ritiene che il miglioramento dell’efficienza energetica del parco edilizio sia uno degli obiettivi principali degli enti locali e regionali e che, a tale scopo, tali enti dovrebbero evitare di concentrarsi esclusivamente sull’edilizia sociale, in particolare negli Stati membri in cui le percentuali di alloggi sociali sono basse;

43.

sottolinea che in aggiunta all’obbligo di ristrutturare ogni anno il 3 % degli edifici appartenenti alle amministrazioni centrali degli Stati membri al fine di migliorarne l’efficienza energetica, occorrerebbe prevedere investimenti e un sostegno ambiziosi per accelerare la ristrutturazione anche in altri settori del parco immobiliare; in caso contrario, gli sforzi per l’eliminazione della povertà energetica non avranno alcuna possibilità di riuscita nel futuro prevedibile, per non parlare dell’impossibilità di raggiungere gli obiettivi climatici;

44.

attira l’attenzione sulla necessità di riservare la massima quota possibile di fondi dell’UE a una ristrutturazione globale del parco edilizio che tenga conto dell’aspetto della povertà energetica, per evitare che proprio la riqualificazione energetica delle abitazioni degli inquilini e dei proprietari più poveri subisca ritardi, facendo così peggiorare la povertà energetica e ostacolando peraltro il raggiungimento degli obiettivi in materia di clima;

45.

invita gli Stati membri a provvedere appena possibile, e al più tardi entro marzo 2020, a recepire nella legislazione nazionale la direttiva aggiornata sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD) (2), perché il miglioramento di tale prestazione nel parco immobiliare dell’UE è direttamente legato alla piena attuazione dell’attuale quadro legislativo;

Importanza del Patto dei sindaci

46.

si compiace del fatto che il Patto dei sindaci per il clima e l’energia consideri la questione della povertà energetica come un terzo pilastro, svolgendo così un ruolo trainante nel mantenere tale problematica all’ordine del giorno e nel cercare soluzioni; sottolinea il ruolo prezioso svolto dal Patto dei sindaci nella condivisione delle conoscenze ed esperienze e nel sostegno e orientamento metodologico forniti agli enti territoriali europei e agli altri soggetti;

47.

sottolinea che il Patto dei sindaci può continuare a contare sul suo sostegno, tenuto conto della grande importanza che il suo ruolo attivo e il suo profondo radicamento sociale rivestono per i cittadini europei;

48.

invita gli enti locali e regionali europei e i loro dirigenti ad aderire al Patto dei sindaci e ad altre reti di azione per il clima e a partecipare attivamente alle loro attività, in particolare allo scambio delle buone pratiche locali;

49.

ricorda che un gruppo di membri del Comitato delle regioni ha assunto il ruolo di ambasciatori del Patto dei sindaci, allo scopo di far conoscere le sue attività e di promuovere l’adesione del maggior numero possibile di soggetti, e ritiene che tali ambasciatori debbano essere sostenuti adeguatamente nei loro sforzi;

Osservatorio sulla povertà energetica

50.

sottolinea che la definizione e la misura precise del fenomeno della povertà energetica sono essenziali ai fini della pianificazione e attuazione di soluzioni e misure di politica pubblica adeguate;

51.

si rammarica del fatto che due terzi degli Stati membri non stiano monitorando l’evoluzione della povertà energetica basandosi su misure quantitative;

52.

constata che, fino a questo momento, il funzionamento dell’Osservatorio sulla povertà energetica, istituito dalla Commissione, è pienamente rispondente agli obiettivi stabiliti al momento della sua creazione;

53.

invita la Commissione, ora che la durata prevista dell’Osservatorio volge al termine, a prendere in esame le condizioni per prolungarne l’attività, a estenderne i compiti e gli obiettivi ove giustificato e a sviluppare le possibilità di raccolta e valutazione dei dati, dato che le informazioni raccolte dall’Osservatorio continueranno a essere indispensabili per la definizione di politiche pubbliche idonee in futuro.

Bruxelles, 27 giugno 2019

Il presidente

del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  P8_TA-PROV(2019)0226 adottato il 26.3.2019.

(2)  Direttiva (UE) 2018/844 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 75).


III Atti preparatori

Comitato delle regioni

29.11.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 404/58


Parere del Comitato delle regioni — Un pianeta pulito per tutti - Visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra

(2019/C 404/11)

Relatore

:

Michele EMILIANO (IT/PSE), Presidente della regione Puglia.

Testo di riferimento

:

Comunicazione della commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti - Un pianeta pulito per tutti - Visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra

COM(2018) 773 final

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Attuazione della strategia a lungo termine per il 2050

1.

accoglie con favore la comunicazione «Un pianeta pulito per tutti» e sostiene l’obiettivo di raggiungere la neutralità in termini di emissioni di gas ad effetto serra («zero emission» calcolate come emissioni nette) entro il 2050; invita la Commissione europea, per raggiungere tale obiettivo, ad elaborare una tabella di marcia ancora più ambiziosa adottando misure atte a contenere il riscaldamento globale entro 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, privilegiando gli scenari più ambiziosi; chiede inoltre alla Commissione di valutare l’impatto dei diversi scenari sugli aspetti climatici, sanitari, ambientali, economici e sociali, e la invita a proporre un quadro normativo globale corrispondente basato su tale valutazione e in linea con la strategia di attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite. In tale contesto, accoglie con favore anche i lavori in corso a livello UE in merito al documento di riflessione sull’Europa sostenibile, compresi quelli condotti dallo stesso Comitato delle regioni, relativi alle modalità per coinvolgere gli enti locali e regionali nei processi essenziali di trasformazione;

2.

sottolinea che occorre investire in campagne di educazione e sensibilizzazione alle questioni climatiche destinate a cittadini di ogni età ma incentrate in particolare sui giovani, i quali sono sempre più preoccupati da quelli che considerano progressi troppo lenti nell’azione per il clima; osserva che gli enti locali e regionali, in cooperazione con gli istituti di istruzione e le organizzazioni della società civile, hanno un ruolo importante da svolgere nel promuovere questo impegno e nel rispondere alle aspettative dei giovani;

3.

rinnova il suo invito agli Stati membri ed alla Commissione europea a creare una piattaforma multilivello di dialogo permanente sull’energia, come stabilito nel regolamento sulla governance dell’Unione dell’energia, che consideri anche gli aspetti climatici ed ambientali, per sostenere le regioni ed enti locali (EE.LL.), le organizzazioni della società civile, le imprese e altri soggetti interessati nella transizione energetica (1); dichiara in questo contesto la propria disponibilità a creare, se richiesto dalla Commissione europea, una struttura per scambi tecnici sull’attuazione del pacchetto Energia pulita a livello locale o regionale;

4.

ricorda il ruolo cruciale di regioni ed EE.LL. nell’attuazione delle politiche pubbliche sul clima e sull’energia e nel promuovere i cambiamenti comportamentali necessari alla loro efficace implementazione garantendo l’accettazione di tali cambiamenti da parte di tutti i cittadini, sulla base di una precisa e concreta strategia di decarbonizzazione, tesa a traguardare l’obiettivo «emissioni zero»: a tal riguardo sottolinea l’azione svolta dal Patto dei sindaci per il clima e l’energia ed invita la Commissione a continuare a promuovere questa iniziativa e a valorizzarne altre analoghe per rafforzare l’azione locale e ad istituire un meccanismo permanente di consultazione sulla base del dialogo di Talanoa (2);

5.

richiama l’attenzione sul sostegno ad iniziative quali il Patto dei sindaci per il clima e l’energia che permette, attraverso un rapporto diretto tra enti locali e Commissione, di sviluppare dal basso uno specifico piano che, facendo leva sui PAESC, si indirizzi verso un piano integrato di gestione territoriale di lotta ai cambiamenti climatici in coordinamento anche con altri portatori di interesse del territorio impegnati nei Piani nazionali per l’energia ed il clima (PNEC) e nel sostegno degli OSS;

6.

invita la Commissione a garantire che i PNEC e le strategie nazionali a lungo termine siano armonizzati con quanto previsto dall’Accordo di Parigi, dalla strategia 2050 e dagli OSS; ritiene fondamentale che gli stessi siano elaborati attraverso un dialogo multilivello ed un metodo partecipativo e siano basati sulle buone pratiche esistenti a livello regionale e locale; suggerisce altresì di ridurre il tempo previsto per il riesame periodico di tali piani e di istituzionalizzare il sistema di contributi determinati al livello regionale (RDC) e al livello locale (LDC) per coniugarlo con il sistema dei contributi determinati a livello nazionale (NDC);

7.

invita la Commissione a tenere attivamente conto della particolare vulnerabilità di determinati territori come, ad esempio, le regioni ultraperiferiche e dei cittadini nel processo di transizione verso un’Europa neutra dal punto di vista climatico, per evitare un rigetto del processo di transizione; chiede inoltre di istituire un Osservatorio europeo sulla neutralità climatica per contribuire all’adempimento degli obblighi nazionali in materia di comunicazione nell’ambito della governance dell’Unione dell’energia e contribuire alla mappatura e al monitoraggio di tali vulnerabilità, unitamente ad un aggiornamento delle competenze nell’ambito dell’«EU Skills Panorama». Queste misure, tese a realizzare un’Europa climaticamente neutra, devono tenere conto del fabbisogno delle competenze a livello regionale e locale: ciò al fine di allineare lo sviluppo delle politiche di sostenibilità alla crescita delle competenze per posti di lavoro di qualità a prova di futuro nelle regioni più vulnerabili e per facilitare un efficace scambio di buone pratiche tra queste regioni, anche sulla base degli indicatori compositi esistenti ed eventuali altri da identificare;

8.

richiama l’attenzione sulle differenti caratteristiche in materia di clima, ambiente, paesaggio, mobilità e struttura economico-sociale dei territori europei, evidenziando l’importanza di modulare l’attuazione della strategia sulla base delle caratteristiche dei territori, geopolitiche ed economiche, superando i semplici confini amministrativi;

9.

sottolinea la necessità di garantire un approccio olistico che comprenda gli strumenti e le strategie nell’ambito delle politiche generali dell’UE in materia di OSS, coesione ed economia circolare, ma anche azioni specifiche riguardanti, ad esempio, la politica energetica, l’attenuazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento ad essi e la transizione delle regioni carbonifere.

La neutralità climatica del sistema energetico

10.

prendendo atto del ruolo chiave di regioni ed EE.LL. nell’implementazione partecipata delle politiche energetiche e climatiche, riconosce il ruolo esemplare delle autorità pubbliche in tutti i settori, a partire dalla gestione del patrimonio edilizio pubblico e delle società a gestione pubblica. In tal senso, sottolinea l’importanza dei piani per l’efficientamento energetico degli edifici pubblici, unitamente all’applicazione dei criteri del Sustainable Public Procurement (SPP) e dei sistemi di gestione energetica ed ambientale, nel rispetto dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) (3);

11.

invita la Commissione europea a continuare a promuovere l’efficienza energetica degli edifici come una priorità, al fine di ridurre le emissioni degli edifici esistenti ed a garantire che le sovvenzioni pubbliche e gli strumenti finanziari consentano ai proprietari di migliorare l’efficienza energetica degli edifici mediante interventi di riqualificazione. Inoltre, gli investimenti e gli aiuti di Stato necessari dovrebbero essere classificati come costi di capitale per facilitare i margini decisionali degli enti locali e regionali. Ciò contribuisce in modo significativo all’incremento del tasso medio annuo di riqualificazione degli edifici;

12.

ricorda l’importanza di proteggere i soggetti vulnerabili dalla povertà energetica e di garantire a tutti i cittadini europei pari accesso ai servizi energetici di base;

13.

invita la Commissione a promuovere un approccio circolare in fase di progettazione, realizzazione e gestione di nuovi edifici, che dovrà essere sostenibile ovvero comprendere l’efficienza energetica e l’impiego di fonti rinnovabili, a partire dall’esempio dell’iniziativa Level(s) (4). Pertanto, in una prospettiva basata sul ciclo di vita, occorre stabilire dei requisiti relativi alle prestazioni climatiche e ambientali dei materiali da costruzione e dei processi costruttivi, come pure riguardo alla documentazione sui materiali utilizzati. A tal fine è necessario continuare a investire nella normazione, nei requisiti di progettazione ecocompatibile, nelle dichiarazioni ambientali dei prodotti e nei sistemi di informazione sull’analisi del ciclo di vita;

14.

è fermamente convinto che l’obiettivo del 32 % di energie rinnovabili a livello dell’UE debba essere ulteriormente riconsiderato in futuro, in funzione dell’evoluzione delle tecnologie, in vista del raggiungimento del 40 % entro il 2030 per conseguire la neutralità climatica entro il 2050, e che, in ogni caso, le regioni europee capaci di superare tale soglia debbano essere adeguatamente incentivate e sostenute;

15.

accoglie con favore l’istituzione formale delle comunità locali dell’energia nel «Clean Energy Package» (5) ed invita gli Stati membri a sfruttarne il potenziale (6), evidenziando la necessità di istituire regimi di sostegno finanziario mirati, in cui venga data la priorità ai territori che presentino ostacoli come reti di energia elettrica isolate e non interconnesse alle grandi reti europee. Fa inoltre notare che, a livello locale e regionale, le imprese energetiche pubbliche e private sono attori importanti ai fini della transizione;

16.

sottolinea l’importanza di favorire la decarbonizzazione ed il perseguimento dell’obiettivo «emissioni zero» e di invitare gli Stati membri a definire, di concerto con le regioni, precise roadmap per la riconversione degli impianti e delle infrastrutture che impiegano combustibili fossili e delle centrali nucleari, incentivando l’utilizzo di fonti rinnovabili (come l’idrogeno) e di tecnologie intese alla decarbonizzazione dell’industria del gas europea, sulla base delle BREFs. Osserva che una tariffazione adeguata delle energie fossili nel quadro del sistema di scambio delle quote di emissioni o ai fini di un’imposizione fiscale che sia concepita in modo sostenibile sul piano sociale costituisce un presupposto essenziale per la transizione verso le energie rinnovabili. Accoglie pertanto con favore la recente comunicazione della Commissione europea sul tema «Un processo decisionale più efficiente e democratico nella politica in materia di energia e di clima dell’UE», e ritiene che molte tra le proposte avanzate nel documento (in particolare per quanto riguarda l’elemento cruciale della tassazione dell’energia) siano essenziali ad assicurare una risposta coordinata, coerente e tempestiva alle enormi sfide che l’UE deve affrontare;

Pianificazione territoriale e neutralità climatica

17.

ricorda il ruolo centrale di regioni ed EE.LL. nell’attuazione delle politiche di mobilità sostenibile di persone e merci, anche attraverso le attività di pianificazione urbana e territoriale finalizzate al riequilibrio modale, alla riduzione dell’uso dei veicoli a motore ed alla riduzione del consumo di suolo;

18.

ribadisce la necessità di rendere climaticamente neutri i trasporti, unico settore in cui le emissioni di CO2 sono ancora superiori ai livelli del 1990 (7), anche attraverso l’aumento del supporto finanziario e tecnico alle piattaforme europee, quali la S3P Energy (8);

19.

invita la Commissione a sbloccare finanziamenti europei destinati ad accelerare la diffusione dei punti di ricarica per i veicoli, per far sì che l’infrastruttura attuale non sia di ostacolo allo sviluppo di una mobilità pulita in tutta Europa al fine di soddisfare la domanda futura;

20.

sottolinea l’importanza di favorire e finanziare la transizione verso modalità di trasporto collettivo, condiviso, multimodale ed intermodale anche attraverso lo sviluppo di piattaforme logistiche e di piani di mobility managament a livello locale e regionale, tenendo in considerazione anche le specificità delle regioni scarsamente popolate, periferiche, ultraperiferiche ed insulari;

21.

sottolinea l’importanza che i piani per la mobilità siano in linea con l’aumento della produzione e della distribuzione di elettricità verde e di combustibili rinnovabili (9), mirino all’ottenimento di zero emissioni da traffico e siano integrati con la pianificazione urbana e territoriale e, ove pertinente, con i piani di azione per l’energia sostenibile e il clima, ricordando come tali politiche abbiano un ruolo cruciale per il miglioramento della vita e la tutela della salute dei cittadini;

22.

evidenzia la necessità di prestare particolare attenzione alle possibili misure di decarbonizzazione nel sistema dei trasporti, promuovendo l’uso di fonti energetiche rinnovabili e di combustibili alternativi, e, di conseguenza, la realizzazione di infrastrutture specifiche per garantire un approvvigionamento ecologico e diversificato, in particolare tramite il rafforzamento dei gestori locali delle reti di distribuzione;

23.

sottolinea l’importanza delle interazioni tra uso del suolo, mitigazione dei cambiamenti climatici e potenziale di adattamento, nonché quella di affrontare la questione dell’enorme impatto dell’agricoltura sul clima, quali elementi essenziali di qualsiasi strategia volta a conciliare il rispetto dell’Accordo di Parigi e gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) con un migliore benessere ambientale, sanitario ed economico-sociale;

24.

mette in risalto il ruolo delle comunità insulari quali potenziali laboratori per le politiche di neutralità climatica ed evidenzia la necessità di misure di decarbonizzazione del trasporto marittimo, tenendo conto dei territori vulnerabili che dipendono fortemente da tale trasporto marittimo.

Sulla neutralità climatica del sistema economico

25.

evidenzia il ruolo del SPP nel promuovere lo sviluppo dell’economia verde e dei cambiamenti comportamentali, l’importanza di procedere rapidamente verso appalti pubblici circolari, e la rilevanza del ricorso a sistemi di gestione ambientale nel settore privato, a partire dalla piena attuazione della direttiva IED (10) e delle BREFs per ciascun settore produttivo e del sistema delle certificazioni ambientali EMAS ed ISO (11);

26.

sottolinea l’assenza nella strategia di un riferimento al settore «rifiuti», alla gerarchia europea dei rifiuti ed ai principi dell’economia circolare (12) e, pertanto, propone di introdurre misure per la rapida definizione di criteri uniformi per la cessazione della qualifica di rifiuto, con lo scopo di ridurre le operazioni di smaltimento, favorire il recupero e minimizzare le emissioni inquinanti dei processi industriali correlati. Sottolinea che i rifiuti dovrebbero essere ridotti al minimo anche grazie ai requisiti di progettazione ecocompatibile dei prodotti per quanto riguarda il contenuto di sostanze chimiche e la riciclabilità nonché agli investimenti nella selezione e nel recupero di materia ed energia;

27.

ricorda l’importanza di prestare particolare attenzione alle regioni in cui si trovano industrie energivore ed infrastrutture energetiche per garantire un rapido inizio della transizione, nonché una sua gestione equa ed inclusiva, limitando o compensando gli impatti sociali ed ambientali; sottolinea l’importanza di garantire che le autorità locali e regionali, nonché i cittadini e le ONG interessate, il settore delle imprese, le università e gli istituti di ricerca siano coinvolti nella definizione delle misure di compensazione per i potenziali impatti negativi della transizione energetica;

28.

ricorda la necessità di garantire un’equa distribuzione dei costi ambientali e dei benefici sanitari, ambientali, economici e sociali per i cittadini interessati dalla realizzazione di infrastrutture energetiche e dai cambiamenti che si rendono necessari durante la transizione. In particolare sottolinea l’importanza di coinvolgere gli enti locali e regionali dei territori attraversati da infrastrutture che trattano ingenti quantitativi di energia nella definizione, insieme alle competenti autorità nazionali, di criteri per la ripartizione dei costi e dei benefici ambientali, assicurando che una quota equa delle entrate generate vada a beneficio dei cittadini più colpiti; sottolinea inoltre che tutte le politiche europee, compresa la politica commerciale dell’UE con partner non UE, devono essere allineate all’obiettivo della neutralità climatica.

Strategie di assorbimento e compensazione delle emissioni

29.

accoglie con favore l’aggiornamento della strategia per la bioeconomia dell’UE (13), che sostiene lo sviluppo di sistemi di produzione che consentono la riduzione delle emissioni di GES;

30.

ricorda il ruolo cruciale delle aree verdi urbane e rurali nella lotta contro il cambiamento climatico, quali sistemi ecologici che agiscono come equivalenti naturali dei pozzi di assorbimento del carbonio con particolare attenzione alle regioni più vulnerabili comprese quelle ultraperiferiche ed insulari. Per ridurre le emissioni ricorda l’importanza di migliorare la gestione dei suoli organici, di ripristinare le torbiere e le zone umide nonché il ruolo importante di tutti i sistemi agronomici e di cattura delle emissioni; sottolinea, inoltre, la necessità di favorire e sostenere la tutela e la corretta gestione del patrimonio forestale, così come la piena integrazione delle politiche agricole e forestali con quelle di gestione dei rischi idrogeologici e climatici;

31.

invita la Commissione europea al coinvolgimento di regioni ed EE.LL. nell’implementazione dei regolamenti sulla condivisione degli sforzi (ESR) e sull’inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di GES risultanti dall’uso del suolo, dai cambiamenti di uso del suolo e dalla silvicoltura (LULUCF) (14), fissando obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2030 e definendo iniziative realistiche per conseguirli;

32.

mette in risalto le competenze delle città e delle regioni nella raccolta dei dati necessari per realizzare l’inventario delle emissioni di GES nei settori coperti da LULUCF ed ESR, e raccomanda agli Stati membri ed alla Commissione di sostenerle per promuovere le capacità di cui dispongono (15);

33.

sottolinea la necessità di sviluppare ulteriormente tutte le tecniche e tecnologie tese al recupero integrale di massa ed energia nei sistemi produttivi e di tutte le forme di compensazione ambientale delle emissioni diffuse e fuggitive, ivi inclusa l’anidride carbonica, che dovrà essere compensata con sistemi ecologici naturali e, in assenza di altre opzioni, utilizzando le tecniche di Carbon Capture and Storage (CCS); precisa tuttavia che deve essere ancora dimostrata l’efficacia e la sicurezza di tali tecnologie e che, pertanto, è necessario dare priorità assoluta agli interventi tesi ad evitare la produzione di emissioni.

Finanziamento della neutralità climatica

34.

ricorda l’importanza di garantire una sufficiente copertura finanziaria per realizzare un’economia «emissioni zero» di GES, aumentando la percentuale del PIL investito annualmente nel sistema energetico e nelle relative infrastrutture, ed accoglie con favore il Piano di azione per il finanziamento della crescita sostenibile pubblicato dalla Commissione nel 2018 (16);

35.

ribadisce la necessità di incrementare almeno fino al 30 % l’obiettivo di spesa del bilancio dell’UE per il clima, dando piena attuazione agli impegni assunti con l’Accordo di Parigi, prevedendo da parte dei governi nazionali finanziamenti dedicati a lungo termine (17);

36.

sottolinea che, date le importanti ripercussioni sociali che avrà prevedibilmente la transizione verso un’economia a zero emissioni di gas a effetto serra, sarà necessario prevedere la creazione di un fondo ad hoc per una transizione giusta destinato a sostenere le regioni o i settori della società che risentiranno più fortemente degli effetti a breve termine dell’abbandono dei combustibili fossili;

37.

ricorda che sono necessarie notevoli risorse finanziarie per sviluppare soluzioni innovative, anche per quel che riguarda le fonti di energia rinnovabile, ed integrarle sul mercato: ritiene importante definire un approccio integrato e comune tra le autorità a tutti i livelli, al fine di collegare le diverse fonti di finanziamento ed ottenere un effetto moltiplicatore, puntando a sensibilizzare in merito all’esistenza di differenti strumenti e a migliorarne l’accessibilità complessiva; sottolinea altresì la necessità di rivedere il quadro normativo dell’UE sulle energie rinnovabili e sugli aiuti di Stato per renderlo non solo vantaggioso ma spingere verso lo sviluppo di nuove tecnologie a zero emissioni in relazione ai benefici climatici e alla sostenibilità. Occorre, ad esempio, adeguare la direttiva in materia di tassazione dell’energia e le norme sugli aiuti di Stato al fine di ridurre le imposte sull’energia rinnovabile, per renderla competitiva rispetto all’energia fossile;

38.

evidenzia che gli investimenti per infrastrutture ecosostenibili risultano essere estremamente remunerativi nel lungo periodo in quanto sono in grado di determinare un forte incremento sia del PIL che dei tassi di occupazione. Inoltre rileva che tali investimenti conducono a risparmi economici permettendo di consumare meno energia e ridurre le importazioni di combustibili fossili;

39.

ribadisce l’importanza di prevedere norme snelle, chiare ed uniformi per gli appalti pubblici e per le procedure giuridiche tese a favorire gli investimenti (18), ed accoglie con favore l’ambizione della Commissione nella semplificazione delle norme per il periodo di programmazione 2021-2027 e l’unificazione del regolamento per il FESR ed il FSC (19);

40.

ricorda l’importanza di rendere la neutralità climatica, la sostenibilità ambientale e l’adattamento ai cambiamenti climatici componenti trasversali a tutti i fondi e programmi di finanziamento che dovrebbero includere obiettivi dell’economia climaticamente neutra da raggiungere attraverso la definizione di specifici indicatori, ed accoglie con favore l’iniziativa Greening the European semester (20) («L’ecologizzazione del semestre europeo»)chiedendo ulteriori sforzi in tal senso; in tale contesto, propone altresì di includere indicatori legati al clima nel quadro della relazione della Commissione sul meccanismo di allerta;

41.

suggerisce che le valutazioni d’impatto ex ante delle proposte legislative dell’UE siano accompagnate da una valutazione dell’impatto climatico e da una valutazione del loro contributo agli obiettivi dell’Accordo di Parigi (21); chiede inoltre di prevedere un’appropriata valutazione d’impatto dei fondi europei destinati ai settori e alle regioni interessati dalla transizione energetica per assicurare che supportino efficacemente il processo;

42.

sottolinea l’importanza dei tassi alti di cofinanziamento dell’UE, al fine di garantire l’accesso anche ai piccoli EE.LL. e regionali, evidenziando la necessità di definire specifiche metodologie ed indicatori che tengano conto degli obiettivi dell’economia climaticamente neutra per la valutazione dei progetti da sottoporre a finanziamento;

43.

mette in risalto il ruolo del settore assicurativo nel far fronte alle perdite e ai danni per rafforzare la resilienza a livello locale;

44.

accoglie con favore il riferimento ai risparmi attesi nel settore della sanità quale conseguenza delle politiche in materia di clima ed ambiente, invitando la Commissione ad esaminare ulteriormente la possibilità di quantificare questi risparmi individuando specifici indicatori anche con il coinvolgimento dell’OMS (22); a tale proposito, ricorda l’esperienza maturata da una struttura come la rete «Città sane» dell’OMS e chiede maggiori sforzi per creare sinergie tra queste iniziative e quelle incentrate sulla transizione energetica e i cambiamenti climatici nelle città;

45.

condivide gli obiettivi del Piano d’azione sulla finanza sostenibile a favore della crescita sostenibile e la volontà di consentire al settore finanziario ed agli investitori privati di svolgere il loro ruolo nella realizzazione di obiettivi ambiziosi e comuni in materia di clima e sostenibilità ambientale; riconosce che per mobilitare capitali privati occorrono una pianificazione a lungo termine e la stabilità normativa a livello dell’UE e nazionale, ma anche in ambito locale e regionale;

46.

sottolinea l’importanza di disporre di un solido quadro di finanziamento delle attività di ricerca e nel campo delle tecnologie volte alla neutralità climatica ed accoglie con favore l’istituzione del fondo per l’innovazione, auspicando una rapida approvazione del regolamento attuativo (23), istituendo «zone franche della conoscenza», in cui realizzare importanti sgravi fiscali;

47.

mette in evidenza che per regioni ed EE.LL. è importante disporre di un quadro integrato coerente e gestibile degli obblighi e delle migliori tecniche disponibili attraverso un portale che riporti le BAT di ogni settore, i progetti H2020 e le iniziative del Patto dei sindaci.

Mantenere i contatti con gli impegni internazionali e la legislazione vigente

48.

accoglie con favore l’ambizioso obiettivo dell’UE di promuovere l’adozione di politiche ed azioni a livello mondiale per invertire la traiettoria attuale non sostenibile delle emissioni ed invita le istituzioni e gli Stati membri dell’UE ad un coinvolgimento stabile, duraturo e coerente di regioni ed EE.LL. nell’attuazione dell’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (24), nonché dell’Accordo di Parigi, anche mediante l’inclusione del CdR nei lavori preparatori della COP25, al fine di garantire che la posizione dell’UE nei negoziati sia sostenuta da tutti i livelli di governo;

49.

chiede che ad un proprio rappresentante possa essere riconosciuto il ruolo di osservatore in tutti i lavori preparatori degli organi dell’UNFCCC, al fine di garantire che le esigenze degli EE.LL. e delle regioni, così come le loro potenzialità di contribuire con misure concrete, siano debitamente considerate e di fornire i propri contributi alla valutazione aperta, inclusiva e trasparente del lavoro collettivo svolto nell’ambito del bilancio globale.

Bruxelles, 27 giugno 2019

Il presidente

del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  Parere del Comitato europeo delle regioni - Governance dell’Unione dell’energia ed energia pulita (2017/C 342/13), https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52017AR0830.

(2)  https://unfccc.int/topics/2018-talanoa-dialogue-platform.

(3)  Comunicazioni della Commissione europea COM(2008) 397 denominata «Piano d’azione su produzione e consumo sostenibili e politica industriale sostenibile», COM(2008) 400 «Appalti pubblici per un ambiente migliore» e COM(2015) 614 «L’anello mancante - Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare», adottate dal Consiglio dei ministri dell’Unione europea.

(4)  http://ec.europa.eu/environment/eussd/buildings.htm.

(5)  https://ec.europa.eu/energy/en/topics/energy-strategy-and-energy-union/clean-energy-all-europeans.

(6)  Modelli di titolarità a livello locale nel settore dell’energia e ruolo delle collettività dell’energia locali nella transizione energetica in Europa (CDR 2515/2018), https://cor.europa.eu/IT/our-work/Pages/OpinionTimeline.aspx?opId=CDR-2515-2018.

(7)  L’Europa in movimento: promuovere soluzioni di mobilità senza interruzioni (CDR 3560/2017), https://cor.europa.eu/it/our-work/Pages/OpinionTimeline.aspx?opId=CDR-3560-2017.

(8)  https://e3p.jrc.ec.europa.eu/articles/smart-specialisation-platform-energy-s3p-energy.

(9)  Mobilità a basse emissioni: manteniamo gli impegni (CDR 6151/2017), https://cor.europa.eu/IT/our-work/Pages/OpinionTimeline.aspx?opId=CDR-6151-2017.

(10)  Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17), https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32010L0075.

(11)  Regolamento (UE) 2017/1505 della Commissione, del 28 agosto 2017, che modifica gli allegati I, II e III del regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) (GU L 222 del 29.8.2017, pag. 1), https://www.iso.org/home.html.

(12)  Direttiva (UE) 2018/851 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti (GU L 150 del 14.6.2018, pag. 109). Direttiva (UE) 2018/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (GU L 150 del 14.6.2018, pag. 141). Direttiva (UE) 2018/850 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (GU L 150 del 14.6.2018, pag. 100) e direttiva (UE) 2018/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica le direttive 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (GU L 150 del 14.6.2018, pag. 93).

(13)  Una bioeconomia sostenibile per l’Europa: rafforzare il collegamento tra economia, società e ambiente, del 2018.

(14)  Regolamento (UE) 2018/842 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 come contributo all’azione per il clima per onorare gli impegni assunti a norma dell’accordo di Parigi e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013, (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 26) – Decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020 (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 136) https://unfccc.int/topics/land-use/workstreams/land-use–land-use-change-and-forestry-lulucf.

(15)  Parere del Comitato europeo delle regioni - Proposte legislative per una nuova decisione sulla condivisione degli sforzi e in materia di uso del suolo, cambiamento di uso del suolo e silvicoltura (LULUCF) regolamento (GU C 272 del 17.8.2017, pag. 36). https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52016AR5780.

(16)  Comunicazione della Commissione europea COM(2018) 97 denominata «Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile».

(17)  Il programma InvestEU (CDR 03766/2018), relatore: Konstantinos Agorastos (EL/PPE).

(18)  Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1). Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65) e Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 243).

(19)  Fondo europeo di sviluppo regionale e Fondo di coesione, relatore: Michiel Rijsberman (NL/ALDE).

(20)  http://ec.europa.eu/environment/integration/green_semester/index_en.htm.

(21)  Parere del CdR sul tema Finanziamenti per il clima: uno strumento essenziale per l’attuazione dell’Accordo di Parigi (CDR 2108/2017), https://cor.europa.eu/IT/our-work/Pages/OpinionTimeline.aspx?opId=CDR-2108-2017.

(22)  https://www.who.int/publications/guidelines/en/.

(23)  Proposta di regolamento delegato (UE) 1492 final del 26/02/2019 riguardante il funzionamento del fondo per l’innovazione.

(24)  Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese.