ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 240

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

62° anno
16 luglio 2019


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato economico e sociale europeo

2019/C 240/01

Risoluzione su Partecipiamo al voto per un’Europa unita

1

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

2019/C 240/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Questioni della parità di genere  (parere d’iniziativa)

3

 

PARERI

2019/C 240/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Trasformazione economica, tecnologica e sociale dei servizi sanitari avanzati alle persone anziane  (parere d’iniziativa)

10

2019/C 240/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Lavoro con l’amianto nella ristrutturazione energetica  (parere d’iniziativa)

15

2019/C 240/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Il contributo delle imprese dell’economia sociale ad un’Europa più coesa e democratica   (parere esplorativo richiesto dalla presidenza rumena del Consiglio)

20

2019/C 240/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo su La filantropia europea: un potenziale inutilizzato  (parere esplorativo richiesto dalla presidenza rumena)

24


 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

2019/C 240/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 904/2010 per quanto riguarda misure di rafforzamento della cooperazione amministrativa per lottare contro la frode in materia di IVA  [COM(2018) 813 final – 2018/0413 (CNS)]

29

2019/C 240/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda l’introduzione di taluni requisiti per i prestatori di servizi di pagamento  [COM(2018) 812 final – 2018/0412 (CNS)] e sulla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 per quanto riguarda le disposizioni relative alle vendite a distanza di beni e a talune cessioni nazionali di beni  [COM(2018) 819 final – 2018/0415 (CNS)]

33

2019/C 240/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una bioeconomia sostenibile per l’Europa: rafforzare il collegamento tra economia, società e ambiente(COM(2018) 673 final)

37

2019/C 240/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2015/757 per tenere debitamente conto del sistema globale di rilevazione dei dati sul consumo di combustibile delle navi  (COM(2019) 38 final — 2019/0017(COD))

41

2019/C 240/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Il mercato unico in un mondo che cambia — Una risorsa straordinaria che richiede un rinnovato impegno politico  [COM(2018) 772 final]

44

2019/C 240/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Piano coordinato sull’intelligenza artificiale  [COM(2018) 795 final]

51


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato economico e sociale europeo

16.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 240/1


Risoluzione su «Partecipiamo al voto per un’Europa unita»

(2019/C 240/01)

Nel corso della sessione plenaria del 15 e 16 maggio 2019 (seduta del 15 maggio) il Comitato economico e sociale europeo ha adottato la seguente risoluzione con 226 voti favorevoli, 4 voti contrari e 12 astensioni.

Partecipiamo al voto per un’Europa unita

Alla vigilia delle elezioni del Parlamento europeo, e tenendo conto della dichiarazione sul futuro dell’Europa, approvata il 9 maggio 2019 a Sibiu (Romania) dai capi di Stato e di governo dell’UE-27, il Comitato economico e sociale europeo invita i cittadini dell’UE a esercitare il loro diritto di voto.

L’Unione europea si fonda su una serie di valori comuni: democrazia, difesa dei diritti umani, libertà di espressione, Stato di diritto, tolleranza, giustizia, uguaglianza, solidarietà e partecipazione democratica. Questi valori devono essere costantemente salvaguardati e tutelati, poiché consentono ai cittadini europei di vivere in una società aperta in cui ogni individuo gode di rispetto e dove, in aggiunta alla nostra identità nazionale, esiste un’identità europea che ci unisce tutti.

Oggi ci troviamo ad affrontare alcune sfide comuni e complesse, quali:

i cambiamenti climatici;

le disuguaglianze sociali, economiche e territoriali;

la povertà;

la disoccupazione, soprattutto giovanile;

la progressiva riduzione dello spazio civico;

la migrazione;

la sicurezza e il terrorismo;

la corruzione;

tutte questioni per le quali il nazionalismo non rappresenta la soluzione.

Solo con un’Europa unita saremo in grado di realizzare concreti progressi su questi temi.

Siamo per un’Europa che faccia delle esigenze dei cittadini europei il fulcro delle sue politiche e iniziative e assicuri che le sfide economiche, sociali e ambientali vengano affrontate insieme in modo sostenibile; un’Europa che garantisca qualità di vita e occupazione, un ambiente favorevole agli investimenti e all’imprenditorialità, e anche una più forte coesione economica e sociale.

Siamo pure per un’Europa che offra ai giovani l’opportunità di realizzare tutto il loro potenziale e ne promuova la partecipazione attiva ai processi politici europei.

In quanto rappresentanti delle organizzazioni della società civile, lavoriamo insieme per un’UE che dia risultati e risponda più efficacemente alle aspettative e alle esigenze dei suoi cittadini.

Esortiamo i cittadini di tutta Europa a recarsi alle urne per votare alle prossime elezioni europee. Invitiamo le organizzazioni della società civile ad unirsi a noi nei nostri sforzi di mobilitazione degli elettori per un voto positivo per un’Europa unita.

Bruxelles, 15 maggio 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


PARERI

Comitato economico e sociale europeo

16.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 240/3


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Questioni della parità di genere»

(parere d’iniziativa)

(2019/C 240/02)

Relatrice: Indrė VAREIKYTĖ

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.9.2018

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

24.4.2019

Adozione in sessione plenaria

15.5.2019

Sessione plenaria n.

543

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

200/4/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato ritiene che l’uguaglianza di genere sia una questione che riguarda la società nel suo insieme, e che solo una società in cui vige la parità genere possa essere forte sul piano economico e sociale. Pertanto, che le donne e gli uomini siano trattati allo stesso modo e abbiano pari opportunità è un imperativo economico e sociale.

1.2.

Sebbene la parità di genere sia uno degli obiettivi fondamentali dell’UE, il CESE si rammarica del fatto che al ritmo attuale occorreranno oltre 100 anni per conseguirla, in particolare se i progressi sono ulteriormente ostacolati da un regresso nei settori più importanti dello sviluppo e da un rallentamento generale della crescita economica.

1.3.

Il Comitato ritiene che l’UE e gli Stati membri debbano compiere ogni sforzo per conseguire l’obiettivo di sviluppo sostenibile 5 sull’uguaglianza di genere entro il 2030. Chiede quindi una strategia quinquennale dell’UE integrata e ambiziosa in materia di parità di genere (1), che abbracci il prossimo mandato della Commissione e del Parlamento europeo, e un forte impegno a favore della parità di genere da parte delle istituzioni dell’UE, dei governi, della società civile e del settore privato, per affrontare in modo olistico ed efficace tutti gli aspetti dell’uguaglianza nello stesso momento e con misure di pari impatto.

1.4.

Il CESE chiede che la parità di genere rimanga un obiettivo a sé stante nei futuri quadri finanziari, con un chiaro impegno a favore della parità di genere e dell’integrazione della dimensione di genere nonché con l’inclusione di indicatori di genere, di una valutazione d’impatto di genere e di un bilancio di genere in tutti i programmi e settori di intervento. La dimensione di genere dovrebbe altresì essere integrata nelle raccomandazioni specifiche per paese.

1.5.

Il CESE invita la Commissione europea a lanciare un pacchetto sui servizi di assistenza per promuovere l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e a rivedere gli obiettivi di Barcellona in materia di assistenza all’infanzia.

1.6.

Il CESE condanna tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e incoraggia gli Stati membri che non hanno ancora ratificato la Convenzione di Istanbul a riconsiderare la loro posizione. Il CESE invita inoltre la Commissione ad aggiungere le molestie online e il mobbing nei confronti delle donne alla definizione di illecito incitamento all’odio. Si dovrebbero definire degli indicatori a livello UE per raccogliere dati comparabili sulla violenza contro le donne, poiché ciò favorirebbe la messa a punto di politiche efficaci.

1.7.

Il Comitato osserva che la discussione sulla direttiva relativa alla presenza delle donne nei consigli di amministrazione rimane nel programma della presidenza rumena del Consiglio dell’UE con l’obiettivo di aumentare la partecipazione delle donne agli organi decisionali. Invita il Consiglio a proseguire gli sforzi e a portare avanti la discussione sulla suddetta direttiva, ed esorta altresì l’industria ad assumere un ruolo guida e ad aumentare la presenza delle donne nei posti decisionali di alto livello.

1.8.

Il CESE chiede che siano adottati provvedimenti efficaci per garantire pari opportunità per le donne e gli uomini nel mercato del lavoro, in particolare misure volte a colmare il divario retributivo di genere, nonché per combattere la segregazione orizzontale e verticale di genere nelle varie professioni.

1.9.

Propone inoltre di istituire un fondo legale d’emergenza a livello dell’Unione, che offra sostegno alle organizzazioni della società civile che contestano nei tribunali la legislazione nazionale o locale che viola i diritti delle donne.

1.10.

Il Comitato riconosce il ruolo svolto dai media, dalla pubblicità e dai modelli di riferimento pubblici nella promozione della parità di genere e chiede l’adozione di misure volte a garantire che la pubblicità abbia un impatto positivo, piuttosto che negativo, in termini di rappresentazione e promozione della parità di genere nella società.

1.11.

Il CESE invita le istituzioni pubbliche e le organizzazioni della società civile di tutta l’UE a promuovere la parità di genere con le loro politiche e azioni esterne e a introdurre misure interne esemplari, come la promozione delle donne nei processi decisionali e l’integrazione della parità di genere in tutte le loro politiche e procedure.

1.12.

Con riferimento all’articolo 300, paragrafo 5, del TFUE, il CESE invita il Consiglio a rivedere gli orientamenti per la nomina dei membri del Comitato stesso e raccomanda che gli Stati membri scelgano i candidati da proporre per tale carica sulla base della parità di genere. Il Comitato si adopererà per garantire la parità di genere nel proprio funzionamento, integrare la parità di genere nel proprio processo lavorativo e istituire un gruppo di monitoraggio («follow-up group») al fine di elaborare orientamenti adeguati.

2.   Osservazioni generali

2.1.

La parità tra donne e uomini è un valore e un obiettivo fondamentale dell’Unione europea, sancito dai Trattati europei e dalla Carta dei diritti fondamentali e riaffermato più di recente nel pilastro europeo dei diritti sociali. Oltre al proprio quadro legislativo e politico teso a conseguire la parità di genere, l’Unione europea sostiene l’attuazione della piattaforma d’azione di Pechino e della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, nonché del programma d’azione della Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo e dei risultati delle loro conferenze di revisione.

2.2.

Sebbene in Europa esistano numerose iniziative positive per affrontare i diversi aspetti delle disuguaglianze di genere, i fattori di promozione di una reale parità, soprattutto all’interno degli Stati membri e delle regioni, sono complessi e multiformi. Nonostante i progressi generali compiuti, il CESE si rammarica del fatto che, al ritmo attuale, occorreranno più di 100 anni per realizzare la parità di genere nell’UE. Il CESE ha chiesto una strategia globale per la sostenibilità nell’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. In tale contesto, il Comitato ritiene che l’UE e gli Stati membri debbano compiere ogni sforzo per conseguire l’obiettivo di sviluppo sostenibile 5 sull’uguaglianza di genere entro il 2030.

2.3.

Il CESE esprime inoltre preoccupazione per il rischio che i progressi futuri in materia di parità di genere siano ostacolati dai passi indietro riscontrati in alcuni Stati membri nelle aree di emancipazione economica delle donne (occupazione, equilibrio tra vita professionale e vita privata, diritti sociali, assistenza), nel campo dell’istruzione, della salute e dei diritti in ambito sessuale e riproduttivo, della violenza contro le donne e delle ONG per la difesa delle donne, nonché nei settori chiave del quadro istituzionale e politico dell’UE e dei suoi Stati membri.

2.4.

Si prevede inoltre un rallentamento della crescita economica di numerosi paesi europei, con il conseguente rischio che l’uguaglianza di genere perda ulteriormente di importanza nell’agenda degli Stati membri e delle imprese. È importante che gli effetti di genere delle politiche macroeconomiche siano pienamente valutati e presi in considerazione nell’elaborazione, tra le altre cose, delle politiche di bilancio e delle politiche in materia di protezione sociale e di equilibrio tra attività professionale e vita privata, in modo da non aggravare ulteriormente le disparità di genere esistenti.

2.5.

Il Comitato ritiene che la promozione e la garanzia di un’attuazione efficace delle politiche dell’UE in materia di parità di genere richiedano una nuova strategia quinquennale per la parità di genere nell’arco del prossimo mandato della Commissione e del Parlamento europeo e un rinnovato impegno a favore della parità di genere da parte dei governi, della società civile, del settore privato e delle istituzioni europee. Ciò non solo è necessario per garantire una società giusta ed equa, ma costituisce anche la migliore risposta collettiva per combattere i movimenti populisti discriminatori e misogini che attualmente sfidano le società democratiche.

2.6.

L’opinione pubblica condivide a tale riguardo il punto di vista del CESE, in quanto la maggioranza degli europei ritiene che la parità di genere sia fondamentale per una società equa e democratica (91 %), per l’economia (87 %) e a livello personale (84 %). Inoltre, in soli due anni (2016-2018), la percentuale di cittadini europei che auspica un intervento più incisivo dell’UE in tale settore politico è aumentata del 10 % (passando dal 55 % al 65 %).

2.7.

In tale ottica, il Comitato si rammarica del fatto che per il periodo 2014-2020 l’importo complessivo dei finanziamenti dell’Unione destinati alle misure per la parità di genere ammonti soltanto a 6,17 miliardi di EUR, pari a circa lo 0,6 % della dotazione globale. Il CESE chiede che la parità di genere rimanga un obiettivo a sé stante nei futuri quadri finanziari, i quali devono altresì evidenziare un chiaro impegno a favore della parità di genere e dell’integrazione della dimensione di genere e includere indicatori di genere, una valutazione d’impatto di genere e un bilancio di genere a livello nazionale e dell’UE. L’attenzione all’integrazione della dimensione di genere e la messa a disposizione di fondi specifici a favore delle misure per la parità di genere dovrebbero figurare non soltanto nei programmi che affrontano le questioni relative all’occupazione e all’inclusione sociale o ai diritti umani fondamentali (quali, ad esempio, il Fondo sociale europeo, il programma «Diritti, uguaglianza e cittadinanza», il Fondo Asilo, migrazione e integrazione e il programma dell’Unione europea per l’occupazione e l’innovazione sociale), ma anche in settori politici che non sono percepiti come direttamente connessi alla parità di genere, ma che potrebbero avere un impatto rilevante sotto questo profilo, quali, ad esempio, le TIC, i trasporti, lo sviluppo urbano e rurale, le imprese, il sostegno agli investimenti, lo sviluppo sostenibile e le politiche ambientali. La dimensione della parità di genere, valutata sulla base dell’indice sull’uguaglianza di genere, dovrebbe diventare parte integrante del processo del semestre europeo, ivi comprese le relazioni per paese e le raccomandazioni specifiche per paese.

2.8.

Alla luce del recente aumento delle rivelazioni nell’ambito della campagna #MeToo, il Comitato si congratula con il Mediatore europeo per aver raccomandato l’adozione di un codice di condotta più severo in tutte le istituzioni dell’UE, e ritiene che esso debba essere rapidamente adattato e adottato dalle istituzioni pubbliche degli Stati membri.

2.9.

Il CESE invita le istituzioni pubbliche e le organizzazioni della società civile di tutta l’Unione europea non soltanto a promuovere la parità di genere nelle loro politiche e azioni esterne, ma anche a introdurre misure interne esemplari, ad esempio promuovendo le donne nell’ambito dei processi decisionali e integrando la parità di genere in tutte le loro politiche e in tutti i loro processi, misure che attualmente sono limitate, ma che potrebbero rappresentare un forte esempio positivo per le istituzioni pubbliche e le imprese circostanti e promuovere il dialogo sull’attuazione delle misure in materia di parità di genere a tutti i livelli della società europea.

3.   Economia

3.1.

La parità di accesso alle risorse economiche non è soltanto una questione di indipendenza economica delle donne, ma anche un presupposto indispensabile per il conseguimento degli obiettivi dell’UE in materia di crescita economica sostenibile, occupazione di qualità, coesione sociale, prosperità e competitività. Incoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è fondamentale per una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva e per il PIL, nonché, più in generale, per garantire che l’UE utilizzi appieno i talenti disponibili.

3.2.

Nel mercato del lavoro le donne europee continuano a far fronte a persistenti disuguaglianze di genere, alla segregazione e a un divario retributivo di genere che da solo, secondo le stime, costerà all’UE 240 miliardi di EUR di PIL entro il 2030 e che ha un effetto immediato sulla retribuzione netta delle donne e un impatto a lungo termine sui loro diritti previdenziali e pensionistici. Pertanto il CESE accoglie con favore la consultazione della Commissione intesa a valutare le disposizioni della direttiva 2006/54/CE che attuano il principio della parità retributiva, al fine di garantire una migliore applicazione pratica del principio della pari retribuzione per un lavoro di pari valore.

3.3.

Se l’orario di lavoro ridotto può costituire una scelta, oltre un quarto della popolazione europea è impiegato a tempo parziale involontariamente. Le donne sono sovrarappresentate nel lavoro a tempo parziale, e la loro scelta è spesso influenzata da responsabilità di assistenza. La percentuale di lavoro a tempo parziale involontario ha registrato appena una lieve diminuzione (0,1 %) negli ultimi anni. Una ragione del lavoro a tempo parziale involontario è costituita dalla mancanza di adeguate infrastrutture di assistenza e di modalità di lavoro flessibili, che potrebbero offrire migliori opportunità per conciliare vita professionale e vita privata. In generale, le donne sono anche più esposte alla povertà e a possibilità di carriera limitate. Inoltre, le donne che nell’UE avviano un’attività imprenditoriale sono quasi la metà rispetto ai loro omologhi uomini.

3.4.

Il CESE chiede pertanto che siano adottate misure efficaci per garantire una partecipazione paritaria di donne e uomini al mercato del lavoro nonché per combattere la segregazione orizzontale e verticale di genere nelle varie professioni. La creazione di maggiori opportunità per le donne affinché possano avere accesso a occupazioni a tempo pieno di qualità con modalità di lavoro flessibili dovrebbe costituire una priorità fondamentale.

3.5.

Il CESE ritiene essenziale promuovere politiche del lavoro favorevoli alle famiglie e alla parità di genere e attuare misure di cambiamento mirate che possano riequilibrare l’iniqua ripartizione dei compiti domestici e di assistenza tra donne e uomini (2), in particolare poiché le condizioni economiche esercitano una pressione crescente sui lavoratori. Il monitoraggio del recepimento della direttiva dell’UE sull’equilibrio tra attività professionale e vita familiare sarà essenziale per garantire riforme progressive tese a introdurre modalità di congedo retribuito adeguate e orari di lavoro flessibili e per valutare l’impatto delle nuove misure sul ricorso al congedo parentale e di paternità da parte dei padri.

3.6.

Misure adeguate, come l’offerta di servizi di assistenza all’infanzia e di assistenza a lungo termine accessibili e a prezzi abbordabili, nonché misure che promuovono il ricorso al congedo per gli uomini, sono fondamentali per consentire ai genitori e ai prestatori di assistenza di entrare, rimanere o rientrare nel mercato del lavoro. Il CESE invita la Commissione europea a lanciare un pacchetto sui servizi di assistenza per promuovere l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e completare la direttiva sull’equilibrio tra attività professionale e vita familiare, contenente una combinazione di raccomandazioni in materia di politiche, finanziamenti e obiettivi, nonché a rivedere gli obiettivi di Barcellona in materia di assistenza all’infanzia.

3.7.

La contrattazione collettiva può svolgere un ruolo importante nell’affrontare le disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro. Nelle loro azioni, le parti sociali, gli Stati membri e le istituzioni dell’UE dovrebbero ispirarsi alla raccomandazione della commissione mondiale dell’OIL sul futuro del lavoro in merito a un’agenda trasformativa per l’uguaglianza di genere.

4.   Istruzione e formazione

4.1.

Nonostante i numerosi cambiamenti incoraggianti rilevati nei risultati conseguiti da uomini e donne nell’istruzione, le dinamiche di segregazione basate sugli stereotipi sono ancora profondamente radicate all’interno degli Stati membri. Gli uomini sono tuttora fortemente sottorappresentati nei settori associati a ruoli tradizionalmente femminili, quali sanità e servizi sociali, discipline umanistiche e artistiche, formazione degli insegnanti e scienze dell’educazione, mentre in tutti gli Stati membri rappresentano la maggioranza nell’ambito delle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e delle TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione). Ciò comporta una serie di sfide aggiuntive per le donne, dal momento che le competenze nel campo delle discipline STEM, delle TIC e dell’IA già oggi sono fondamentali e in futuro diverranno indispensabili (3).

4.2.

Le donne con bassi livelli di competenze e di qualifiche necessitano di un sostegno aggiuntivo per migliorare la propria posizione sul mercato del lavoro, dato che il divario di genere nel mondo del lavoro è più ampio per le persone prive di qualifiche o scarsamente qualificate e per quelle costrette ad affrontare la discriminazione intersettoriale. L’adozione di misure strategiche specificamente rivolte alle donne appartenenti a gruppi vulnerabili, in particolare alle donne disabili (4) e alle donne vittime di molteplici svantaggi, potrebbe contribuire a innalzare il livello delle loro competenze.

4.3.

La partecipazione delle donne all’istruzione superiore è in continuo aumento, e il loro numero è superiore a quello degli uomini in molti settori dell’istruzione terziaria. Tuttavia, il fenomeno della segregazione persiste, nell’istruzione sia terziaria che professionale, e limita le possibilità di scegliere una professione in settori tradizionalmente non associati al proprio genere e di accedere alle stesse opportunità di carriera.

4.4.

È pertanto fondamentale continuare a contrastare gli stereotipi e la segregazione di genere nel campo dell’istruzione e della formazione promuovendo programmi di studio sensibili alle specificità di genere nel campo dell’istruzione, orientamento professionale e campagne mediatiche intese a incoraggiare ragazzi e ragazze, uomini e donne a seguire percorsi professionali in linea con le proprie competenze e abilità; promuovere opportunità di carriera e sviluppi professionali per gli uomini e le donne che scelgono settori tradizionalmente associati all’altro sesso; creare opportunità affinché le donne possano mettere a frutto quanto gli uomini i risultati conseguiti a livello di istruzione superiore, contrastando l’attuale realtà del «soffitto di cristallo»imposto alle donne nel mondo accademico (5); e, infine, aumentare le opportunità di sostegno alle imprenditrici (6), soprattutto nei settori non tradizionali. Si raccomanda inoltre di aumentare la consapevolezza generale delle questioni relative all’uguaglianza di genere e le competenze in materia di parità presso i funzionari pubblici e i professionisti.

5.   Donne e povertà

5.1.

Le donne sono più esposte al rischio di povertà, in parte a causa di una retribuzione oraria più bassa, della sovrarappresentazione tra i lavoratori che percepiscono un salario minimo e in settori che hanno livelli di retribuzione inferiori, e hanno maggiori probabilità di essere impiegate a tempo parziale, sulla base di modalità di lavoro non flessibili, o di doversi assentare più frequentemente dal lavoro per svolgere attività di assistenza. La femminilizzazione della povertà è la conseguenza di una serie di fattori, tra cui la sottovalutazione del lavoro delle donne e il divario retributivo di genere. Il divario di genere nei livelli di occupazione aumenta considerevolmente per le persone con figli, il che riflette le difficoltà che le donne devono affrontare per conciliare la cura dei figli e le responsabilità di assistenza con l’attività professionale, nonché il trattamento discriminatorio e ingiusto cui devono far fronte le donne in stato di gravidanza o che rientrano dal congedo di maternità.

5.2.

È fondamentale riconoscere che le donne non rappresentano una categoria omogenea e che sono necessarie misure specifiche per le donne che subiscono discriminazioni o svantaggi oltre a quelli di genere, ossia le donne con disabilità, le vittime di discriminazione razziale, le persone LGBTIQ+, le donne che vivono nelle zone rurali, le immigrate, le rifugiate o le richiedenti asilo, e le donne giovani e anziane.

5.3.

Il Comitato raccomanda pertanto di rafforzare le misure a sostegno della parità di genere nelle attività economiche:

integrando la dimensione di genere nelle iniziative di sviluppo economico;

promuovendo l’uguaglianza sul lavoro per ottenere la parità in termini di indipendenza economica e sicurezza finanziaria;

sostenendo iniziative di sensibilizzazione sull’importanza dell’indipendenza economica delle donne ai fini della riduzione della povertà;

facendo fronte agli effetti prodotti dalle interruzioni di carriera e dalle diverse modalità di lavoro sul rischio, per le donne, di trovarsi in una situazione di indigenza nel corso della loro vita;

elaborando misure strategiche destinate a specifici gruppi vulnerabili di donne maggiormente a rischio di povertà;

continuando le riforme dei sistemi pensionistici nazionali tenendo in considerazione la dimensione di genere per il calcolo dei diritti pensionistici (ad esempio, includendo nel calcolo della pensione il periodo di congedo di maternità/paternità e altri congedi per motivi di assistenza);

affrontando il problema della povertà infantile introducendo una prospettiva di genere e un approccio olistico in grado di sviluppare sinergie tra inclusione sociale, parità di genere e altri settori politici, nonché con altri strumenti politici e finanziari;

rivedendo, adottando e mantenendo politiche macroeconomiche e strategie di sviluppo che rispondano ai bisogni e agli sforzi delle donne in situazioni di povertà.

6.   Diritti umani

6.1.

La parità di genere è un principio fondamentale che costituisce parte integrante dei diritti umani ed è un presupposto indispensabile perché tali diritti possano essere applicati universalmente ed esercitati da tutti gli esseri umani.

6.2.

Il CESE condanna tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e incoraggia gli Stati membri che non hanno ancora ratificato la Convenzione di Istanbul a riconsiderare la loro posizione senza ulteriori indugi. Si dovrebbero definire degli indicatori a livello UE per raccogliere dati comparabili sulla violenza contro le donne, poiché ciò favorirebbe la messa a punto di politiche efficaci. A tal fine, l’esperienza acquisita in alcuni paesi dell’UE potrebbe fornire un’indicazione riguardo all’approccio da adottare. Il CESE invita inoltre la Commissione ad aggiornare la raccomandazione sulle misure per contrastare efficacemente i contenuti illegali online e il codice di condotta per contrastare l’illecito incitamento all’odio online, concordato dalla Commissione e dalle società informatiche globali, aggiungendo le molestie online e il mobbing nei confronti delle donne alla definizione di illecito incitamento all’odio.

6.3.

Il Comitato si rammarica profondamente dei passi indietro recentemente compiuti in Europa in materia di salute e diritti sessuali e riproduttivi delle donne, che comportano gravi ripercussioni sui diritti umani delle donne e che rappresentano una minaccia generale all’universalità dei diritti umani. Inoltre, sebbene in taluni contesti europei i regressi legislativi abbiano specificamente interessato l’accesso delle donne ai servizi abortivi legali (quantunque sia dimostrato che un’approfondita educazione sessuale può ridurre del 50 % le gravidanze indesiderate), a risentirne sono stati anche altri aspetti della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne, come ad esempio gli obblighi di legge per ottenere le prescrizioni mediche in caso di contraccezione d’emergenza. Inoltre, sono entrate in vigore una serie di leggi e politiche regressive con una vasta gamma di ripercussioni negative sui diritti delle donne, tra cui figurano leggi che hanno l’effetto di ostacolare l’educazione sessuale, impedire la diffusione di informazioni sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, anche a fini educativi, o depenalizzare talune forme di violenza domestica.

6.4.

Il CESE invita le istituzioni dell’UE e la società civile a collaborare al fine di adottare provvedimenti immediati e severi contro tali leggi. Propone inoltre di istituire un fondo legale d’emergenza a livello dell’Unione, che offra sostegno alle organizzazioni della società civile che contestano nei tribunali la legislazione che viola i diritti delle donne.

6.5.

Il CESE sottolinea inoltre l’importanza di rimuovere gli ostacoli che le donne, e in particolare le vittime di violenza, incontrano quando intendono avviare azioni risarcitorie in caso di violazione dei loro diritti, nonché l’importanza di garantire parità di accesso alla giustizia per tutte le donne, eliminando le barriere economiche, culturali e istituzionali (di genere) come presupposto indispensabile per garantire i diritti umani delle donne. Si rammarica inoltre per la persistente mancanza di indicatori intesi a valutare i progressi compiuti dagli Stati membri in materia di diritti umani delle donne, e deplora il fatto che gli uomini sono in genere più esposti a subire giudizi non oggettivi e a essere privati dei diritti genitoriali e dei diritti di visita.

7.   Donne, potere e processi decisionali

7.1.

Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni, la sottorappresentanza delle donne nei processi decisionali politici ed economici costituisce ancora una sfida importante per l’UE e per gli Stati membri. A tutti i livelli di governo, le donne occupano solo un terzo delle posizioni di responsabilità a livello politico e appena un quarto delle posizioni ministeriali di livello elevato o inferiore. Le istituzioni economiche e finanziarie pubbliche/private sono ancora quasi esclusivamente dominate dagli uomini.

7.2.

Il CESE si rammarica del fatto che, nonostante i continui appelli provenienti dall’intera Unione europea e dal Comitato stesso (7), l’obiettivo del 40 % di donne nei consigli di amministrazione delle imprese entro il 2020 non sarà conseguito. Osserva che la discussione sulla direttiva relativa alla presenza delle donne nei consigli di amministrazione rimane nel programma della presidenza rumena del Consiglio dell’UE con l’obiettivo di aumentare la partecipazione delle donne agli organi decisionali. Invita il Consiglio a proseguire gli sforzi e a portare avanti il dibattito sulla suddetta direttiva, ed esorta altresì l’industria ad assumere un ruolo guida e ad aumentare in misura significativa la presenza delle donne nei posti decisionali di alto livello.

7.3.

Il Comitato ha ripetutamente (8) raccomandato di prendere in considerazione strategie e strumenti efficaci (ad esempio, misure giuridiche, di bilancio e volontarie, quote di genere) per infrangere il «soffitto di cristallo»e raggiungere l’equilibrio di genere nelle cariche elettive o acquisite tramite nomina all’interno delle principali strutture politiche. È più importante che mai agire e lottare contro norme, atteggiamenti e stereotipi di genere che ostacolano la pari rappresentanza delle donne nelle posizioni decisionali in ambito politico, economico e sociale.

7.4.

Il CESE raccomanda che la Commissione si ponga all’avanguardia di un’iniziativa volta ad attirare un maggior numero di donne a partecipare alla vita politica e a votare per candidate qualificate creando misure per investire nelle loro competenze, nelle fondazioni di sostegno e nelle reti di tutoraggio.

7.5.

Il CESE accoglie con favore l’obiettivo fissato dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker di garantire che, entro la fine dell’attuale legislatura, le donne rappresentino almeno il 40 % dei dirigenti di livello intermedio e superiore all’interno della Commissione stessa e, in tale ottica, riconosce che, nella propria veste di organo dell’Unione che rappresenta la società civile europea e funge da collegamento tra la società e le istituzioni dell’UE, è deplorevole che soltanto il 30 % dei suoi membri siano donne. Il Comitato invita pertanto il Consiglio a rivedere gli orientamenti per la nomina dei membri del CESE al fine di tener conto dell’evoluzione economica, sociale e demografica nell’Unione, come stabilito dall’articolo 300, paragrafo 5, del TFUE. Il Comitato si adopererà per garantire la parità di genere nel proprio funzionamento.

7.6.

Nel suo Regolamento interno di recente adozione, il CESE si è impegnato a garantire il rispetto dei principi di parità di genere e di non discriminazione in tutte le sue politiche. A tal fine, esso adotterà una politica anti-molestie e istituirà un gruppo di monitoraggio («follow-up group») per elaborare degli orientamenti volti ad integrare le questioni relative alla parità di genere in tutte le sue attività, in particolare nell’elaborazione dei pareri.

8.   Media

8.1.

I mezzi di comunicazione svolgono un ruolo fondamentale nel dare forma alle opinioni, agli atteggiamenti e ai pregiudizi di una società. Le donne sono produttrici e consumatrici, e sono anche oggetto dei contenuti mediatici. Tali contenuti, tuttavia, non sempre sono sensibili alla specificità di genere, possono presentare immagini femminili degradanti e perpetuare i ruoli, gli stereotipi e le norme di genere. L’avvento delle tecnologie digitali e di nuove forme di comunicazione ha complicato ulteriormente i rapporti tra i ruoli delle donne nei mezzi di comunicazione e il modo in cui produttori, consumatori e contenuti si relazionano con tali ruoli.

8.2.

Se è vero che nell’UE l’occupazione femminile nel settore dei mezzi di comunicazione è aumentata fino a raggiungere quasi la metà (44 %) della forza lavoro impiegata nel settore e che le donne rappresentano la percentuale maggiore (68 %) dei laureati nelle facoltà di giornalismo e informazione, è altrettanto vero che, nella maggior parte dei casi, negli organi di informazione le donne occupano posizioni che consentono loro di esercitare soltanto un’influenza limitata sui contenuti e sulla strategia.

8.3.

Per migliorare la parità di genere nell’industria mediatica è fondamentale risolvere il problema del «soffitto di cristallo», aumentare la presenza di donne nei posti decisionali di alto livello e integrare le misure volontarie adottate dalle organizzazioni del settore con misure strategiche a sostegno della trasformazione del settore mediatico e dei suoi contenuti. È di primaria importanza iniziare a riconoscere le conseguenze degli stereotipi di genere creati dai contenuti mediatici, nonché valutare le modalità di rappresentazione degli uomini e delle donne a livello mediatico.

8.4.

L’industria pubblicitaria ha ancora difficoltà a rappresentare le donne e gli uomini in modo proporzionale e realistico. La società continua a vedere le donne e gli uomini raffigurati in modi obsoleti e inaccettabili, anche se oggi gli stereotipi di genere sono spesso presentati in modo più sottile. Il CESE ritiene che sia giunto il momento di liberarsi di tutte le percezioni anacronistiche e che il settore debba assumere un ruolo guida per garantire che la pubblicità abbia un impatto positivo, piuttosto che negativo, in termini di rappresentazione e promozione della parità di genere nella società, in particolare per quanto riguarda il marketing rivolto ai bambini che veicola stereotipi di genere.

Bruxelles, 15 maggio 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 110 del 22.03.2019, pag. 26.

(2)  GU C 129 dell'11.04.2018, pag. 44.

(3)  GU C 173 del 31.05.2017, pag. 45.

(4)  GU C 367 del 10.10.2018, pag. 20.

(5)  GU C 12 del 15.01.2015, pag. 10.

(6)  GU C 299 del 04.10.2012, pag. 24.

(7)  GU C 133 del 09.05.2013, pag. 68.

(8)  GU C 262 del 25.07.2018, pag. 101.


PARERI

16.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 240/10


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Trasformazione economica, tecnologica e sociale dei servizi sanitari avanzati alle persone anziane»

(parere d’iniziativa)

(2019/C 240/03)

Relatore: Marian KRZAKLEWSKI

Correlatore: Jean-Pierre HABER

Decisione dell’Assemblea plenaria

12.7.2018

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

Parere d’iniziativa

Commissione competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in CCMI

26.3.2019

Adozione in sessione plenaria

15.5.2019

Sessione plenaria n.

543

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

150/3/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni (1)

1.1.

La problematica dell’invecchiamento sociodemografico in Europa e le risposte politiche, economiche e sociali che occorre darvi costituiscono una notevole sfida da raccogliere e presentano opportunità in materia di occupazione, formazione, sviluppi economici e innovazione nell’Unione.

1.2.

Il Comitato si rammarica che le politiche economiche, sociali e sanitarie europee non abbiano anticipato le crescenti esigenze degli anziani. Auspica che si metta in evidenza il ruolo sociale ed economico degli anziani e l’enorme bacino occupazionale che essi rappresentano per mezzo delle attività economiche ad essi legate (la cosiddetta silver economy) e i bisogni di cure e servizi alle persone anziane (SAPA).

1.3.

Una rappresentazione esatta delle realtà sociodemografiche dell’invecchiamento dipende da una buona misurazione statistica: sarebbe opportuno, in termini di economia sanitaria, misurare l’invecchiamento demografico in modo dinamico e perfezionato, in particolare introducendo variabili quali il genere, la speranza di vita in buona salute, l’epidemiologia ambientale ecc. Sarebbe opportuno pertanto affidare a un gruppo di demografi, di sociologi e di medici la costruzione di un insieme di indicatori dinamici dell’invecchiamento demografico.

1.4.

Si dovrebbe precisare il concetto di cure e servizi alla persona nelle strutture e a domicilio, in quanto tale terminologia include una varietà di attività la cui esecuzione può essere assicurata da prestatori con statuti assai diversificati

Tenendo conto della vasta gamma delle attività SAPA, tali servizi non sono considerati un settore economico coerente in seno all’UE. Bisognerebbe pertanto prevedere una definizione giuridica generale dei SAPA nell’UE.

1.5.

Il CESE raccomanda che il diritto a un invecchiamento dignitoso sia riconosciuto come un diritto fondamentale della persona umana. Ritiene pertanto che occorra compiere ogni sforzo per promuovere la parità di accesso a cure e servizi di qualità.

1.6.

Il CESE auspica che la strategia digitale dell’UE consideri il mantenimento dell’uso del supporto cartaceo, in modo da rendere più facile per le persone anziane comprendere le cure che vengono loro prestate.

1.7.

Il CESE raccomanda di articolare le politiche in materia di alloggio e le politiche dell’invecchiamento intorno a formule di strutture residenziali innovative (come gli appartamenti modulari, strutture residenziali collettive, intergenerazionali e solidali ecc.), che dovrebbero essere oggetto di forte attenzione e di un programma specifico di sostegno a valere sui fondi strutturali europei.

1.8.

Si dovrebbe suggerire ad ogni Stato membro l’istituzione di osservatori dell’invecchiamento nazionali e regionali che opererebbero stabilendo rapporti di collaborazione con i servizi economici e sociali di base per:

far evolvere i dispositivi giuridici al fine di proteggere la situazione sociale e finanziaria delle persone anziane;

sviluppare la mobilità interna (alloggio) ed esterna (attività, spostamenti, tempo libero...) degli anziani;

organizzare la complementarità tra i servizi a domicilio, le case di riposo e tutte le forme residenziali alternative per gli anziani;

coordinare le azioni dei prestatori di cure, dei prestatori di assistenza e dei SAPA intorno a un percorso di cura degli anziani, diretto da un medico coordinatore gerontologo e un infermiere.

1.9.

L’UE dovrebbe prendere in considerazione la creazione di una piattaforma per coordinare le attività degli osservatori dell’invecchiamento responsabili, tra l’altro, delle proposte di formazioni continue e della diffusione delle buone pratiche attraverso lo sviluppo di una banca dati pubblica dei prodotti, dei dispositivi, delle attrezzature e delle architetture migliori che assicurino la vita quotidiana degli anziani. Il CESE auspica un sostegno più attivo dell’UE a programmi di R & S sui fattori umani e sociali tipici degli anziani e sull’epigenetica, individuando i principali meccanismi molecolari e biologici dell’invecchiamento. Raccomanda la creazione di una piattaforma tecnologica che permetterebbe di orientare la R & S verso innovazioni che proteggano la salute degli anziani e che assicurino la sua conservazione.

1.10.

Il CESE chiede un uso migliore delle innovazioni derivanti dalle tecnologie digitali da parte di tutti i soggetti interessati del settore medico-sociale: telemedicina, sensori, cartelle cliniche elettroniche, la domotica e, più in generale, l’applicazione delle tecniche d’intelligenza artificiale negli spazi per gli anziani.

Auspica che l’innovazione sia incentivata mettendo fine alla frammentazione dei mercati e al corporativismo che sono dei veri e propri ostacoli tecnici. Richiama l’attenzione sull’insufficienza di norme e certificazioni europee sui materiali e sulle attrezzature per gli anziani.

1.11.

Sollecita una condivisione dell’uso di nuovi strumenti tecnologici di origine digitale al fine di stimolare un vero mercato che copra le esigenze degli anziani e di rendere stabili gli investimenti in Europa.

Ritiene che gli aumenti di produttività permessi dalle tecnologie digitali dovrebbero essere utilizzati per migliorare il benessere degli anziani e programmare una rivalutazione finanziaria del settore sociale e paramedico.

1.12.

Dev’essere fortemente sostenuta la formazione professionale del settore. Le problematiche della nutrizione, delle cadute in casa, della violenza nei confronti dei più anziani e degli operatori, dell’utilizzo delle tecnologie digitali a domicilio, dell’accompagnamento in fine di vita ecc. devono essere integrate in programmi specifici. I fondi strutturali, in particolare il Fondo sociale europeo, dovrebbero assicurare il finanziamento della formazione professionale delle parti interessate del settore delle cure e dei servizi.

1.12.1.

Considerando la diversità degli approcci nell’UE, il CESE raccomanda di definire una base comune che comprenda l’essenziale delle formazioni esistenti secondo un approccio simile a quello che ha presieduto alla definizione delle direttive 2005/36/CE del 7 settembre 2005 e 2013/55/UE relative al riconoscimento delle qualifiche professionali.

1.13.

Al fine di preparare e di rafforzare la mobilità dei lavoratori e dei servizi alle persone anziane, è opportuno definire una base comune europea di formazione degli infermieri del settore gerontologico, degli assistenti sanitari e dei prestatori d’assistenza non solo sul piano tecnico, ma anche a livello sociale e umano.

1.13.1.

Al tempo stesso, è necessario migliorare il riconoscimento sociale e finanziario del personale che si fa carico delle persone anziane. Anche l’integrazione del concetto di membro della famiglia che presta assistenza è indispensabile per costruire una politica coerente ed efficace dell’invecchiamento.

1.14.

Il CESE chiede che sia organizzata una tavola rotonda finanziaria che riunisca i principali attori del settore medico-sociale, le autorità che regolano i mercati (Stato e enti locali), le casse previdenziali, le compagnie di assicurazione e i fondi pensione per garantire agli anziani il mantenimento dei servizi e la sostenibilità degli investimenti, per rendere sostenibili i posti di lavoro e raccomandare il giusto prezzo per i servizi. Tale tavola rotonda centrale dovrebbe essere preceduta da una serie di riunioni preparatorie decentrate organizzate intorno ai consigli economici e sociali nazionali e al CESE.

1.15.

Il CESE raccomanda l’attuazione di una politica di comunicazione europea volta a sviluppare una maggiore solidarietà tra le generazioni a favore degli anziani, sia in termini economici che sociali.

2.   Una politica per gli anziani concertata e regolata

2.1.

Una rappresentazione esatta delle realtà sociodemografiche dell’invecchiamento dipende da una buona misurazione statistica abbinata ad un approccio sociosanitario del fenomeno. Sarebbe opportuno:

mobilitare sociologi e demografi per elaborare un’analisi estremamente accurata e prospettica delle dimensioni sociodemografiche dell’invecchiamento (dimensione e composizione dei nuclei familiari, legami con i figli ed altri familiari, impatti della separazione e della ricomposizione delle coppie ecc.);

introdurre strumenti di valutazione in Europa per osservare e confrontare le politiche degli Stati membri e trasferire le buone pratiche.

2.2.

La prevenzione può limitare l’impatto di un invecchiamento difficile, purché misuri la portata della sfida, individui le componenti dell’invecchiare bene (esercizio fisico, rapporti sociali, serenità, aspetti nutrizionali) e riorienti gli sforzi umani e finanziari verso tale importante sfida, senza rincarare la fattura a carico dei contribuenti.

2.3.

Le raccomandazioni in questo campo dovrebbero appoggiarsi su una ricerca scientifica che dovrebbe focalizzarsi sull’epigenetica e individuare i principali meccanismi molecolari e biologici dell’invecchiamento, che possono essere migliorati mediante la micronutrizione e il rapporto tra gli esseri umani e l’ambiente. La produzione di composti bioattivi di qualità per la degenerazione delle cellule dovrebbe essere controllata e certificata meglio per garantirne l’efficienza.

2.4.

I servizi alla persona anziana rientrano nell’ambito di due approcci complementari: l’approccio istituzionale delle case di riposo medicalizzate e l’approccio domiciliare. L’efficienza di tale complementarità sarà garantita solo se i compiti e i contenuti dell’uno e dell’altro saranno stabiliti oggettivamente, mediante una precisa definizione dei profili presi in carico, come pure mediante un miglior coordinamento degli attori e dei loro strumenti.

2.5.

Sarebbe necessario mobilitare e strutturare le informazioni, al fine di valutare, quantitativamente e qualitativamente, i bisogni attuali in termini di posti nelle case di riposo medicalizzate sapendo che, secondo la letteratura consultata, l’assistenza a domicilio (anche in condizioni di grave dipendenza) è una richiesta molto maggioritaria tra le persone di 85 anni e oltre.

2.6.

La cartella clinica elettronica dovrebbe essere estesa a tutti gli Stati membri. Essa fornirebbe un quadro più preciso della situazione sanitaria e faciliterebbe la creazione di un percorso di cure specifico per gli anziani.

2.7.

Sarebbe necessario incoraggiare la decompartimentazione e pertanto il partenariato tra i diversi operatori medici e paramedici, privilegiando il ruolo di medico coordinatore gerontologo e d’infermiere principale, il cui ruolo dovrebbe essere rafforzato, e costruire passerelle tra i servizi sanitari istituzionali, cure e servizi ambulatoriali, medico di base e familiari che prestano assistenza. Ciò consentirebbe di avere un quadro più esatto della domanda di attrezzature e di accoglienza degli anziani.

2.8.

Oltre agli operatori professionali, il coinvolgimento delle persone che prestano assistenza deve essere riconosciuto e valorizzato.

Il sistema giapponese Fureai Kipu (FK) è interessante in tal senso (2).

2.8.1.

L’UE potrebbe essere la promotrice di un’esperienza pilota di banca del tempo intergenerazionale, in una decina di regioni e/o di città europee, che si ispiri al FK giapponese, per poi proporre, agli Stati membri che aderissero a quest’idea, di generalizzare il dispositivo qualora si rivelasse efficace.

3.   Una politica degli alloggi ponderata ed efficiente

3.1.

La problematica dell’alloggio delle persone anziane è complessa e delicata. Essa deve essere considerata dando sempre la preminenza alla scelta della persona e al dialogo con i familiari e parenti. Una politica ponderata degli alloggi per gli anziani deve tener conto dei seguenti elementi:

gli alloggi invecchiano insieme ai loro occupanti. Le spese legate a un alloggio non adatto possono diventare un fattore di impoverimento, di perdita di contatti sociali e di deterioramento della salute;

la scelta non può più essere solamente tra il domicilio e una struttura. Forme alternative di accoglienza esistono. Si dovrebbe valutarne il potenziale sociale ed economico e definire le strutture da creare sulla base dei profili e delle patologie (centri diurni, centri di accoglienza notturni, strutture di prossimità incentrate sull’autonomia ecc.);

occorre operare una distinzione tra «disturbi cognitivi»e perdita dell’autonomia;

la concentrazione in uno stesso spazio degli anziani non presenta vantaggi cognitivi e il rapporto tra la salute mentale e quella fisica degli anziani è oggi scientificamente dimostrato;

la concentrazione e la presa in carico completa dell’anziano aumenta notevolmente il rischio di rinuncia e rassegnazione. Ciò inevitabilmente implica una medicalizzazione e un ricorso ai medicinali crescenti.

3.2.

La politica immobiliare delle strutture residenziali per le persone anziane dipendenti dovrà essere frutto di scelte ponderate altrimenti si corre il pericolo dell’inefficacia e di costi difficilmente ammortizzabili per gli anziani stessi, pur tenendo conto dell’importanza dell’ubicazione geografica. Garantire il rispetto per la scelta della persona quanto al suo ingresso in una struttura deve rimanere un imperativo categorico.

3.2.1.

È indispensabile immaginare politiche immobiliari e urbanistiche dinamiche e flessibili al fine di privilegiare l’intermodalità degli alloggi, l’aspetto intergenerazionale e l’apertura sociale.

3.3.

I progressi tecnologici nel settore della domotica sono un elemento essenziale delle politiche abitative da attuare. Essi dovrebbero essere sostenuti da un’attenzione particolare al sostegno umano competente e qualificato.

3.4.

L’iniziativa «Città amica degli anziani (sostenuta dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS)] ha come principale obiettivo quello di promuovere l’invecchiamento attivo attraverso l’ottimizzazione della salute, la partecipazione e la sicurezza dei cittadini più anziani. Un’iniziativa «Città amica degli anziani»fa il punto della situazione, valuta le strutture e i servizi dedicati alle persone anziane e stabilisce un piano di attuazione delle priorità e degli effetti sul campo.

L’UE potrebbe prendere l’iniziativa di un programma volto a effettuare una serie di esperienze pilota di città amiche degli anziani, avendo come riferimento profili urbani eterogenei, da quartieri di città (molto) grandi fino a luoghi semi-rurali.

4.   Un maggior riconoscimento dei professionisti e una formazione approfondita

4.1.

In una società che invecchia, è opportuno concentrarsi sulla presa in carico dei sintomi e della loro variabilità. Occorrono più professionisti per sviluppare sistemi e procedure. Aumenterà pertanto il numero di persone chiamate a lavorare nella riabilitazione e nella telemedicina.

Sono auspicabili contratti collettivi risultanti dal dialogo sociale al fine di evitare l’elevato tasso di avvicendamento dei lavoratori del settore, insistendo sul miglioramento del riconoscimento sociale e delle retribuzioni dei professionisti.

4.2.

Qualunque sia lo scenario studiato, statisticamente la professione di assistente a domicilio è potenzialmente la maggiore fonte di creazione di posti di lavoro. Poiché le professioni del settore delle cure e dell’assistenza alle persone fragili sono nell’insieme relativamente meno sensibili alla congiuntura economica, esse dovrebbero beneficiare di una forte dinamica occupazionale. Anche le figure di prestatori di assistenza sanitaria a domicilio, di prestatori di assistenza e gli infermieri figurano tra le professioni per le quali si registrerebbe la maggior creazione di posti di lavoro.

4.3.

Tutta la letteratura consultata converge verso la stessa conclusione: le cure e i servizi alle persone anziane rappresentano un bacino d’occupazione potenzialmente gigantesco in quanto la tendenza di fondo è all’invecchiamento sociodemografico del continente. Il problema centrale riguarda la capacità di rendere finanziariamente sostenibili tali posti di lavoro mal retribuiti rispetto al loro valore aggiunto, alla dedizione del personale e alle difficili condizioni di lavoro.

4.4.

La formazione di prestatori di assistenza dovrebbe inoltre essere sostenuta in quanto la loro presenza e le loro attività complementari a quelle dei professionisti è indissociabile dal benessere dell’anziano. L’UE potrebbe essere all’origine di una politica proattiva a sostegno dei familiari prestatori di assistenza proponendo agli Stati membri di adeguare la loro legislazione sociale. Si tratterebbe di riconoscere a tali figure uno statuto particolare.

4.5.

I destinatari delle formazioni professionali SAPA sono in generale poco (o per nulla) qualificati, perché non abituati ai percorsi di apprendimento tradizionali. Tuttavia, essi dispongono di conoscenze empiriche. L’obiettivo dovrebbe quindi essere quello di fornire un quadro per lo sviluppo di formazioni sperimentali basate su saperi atipici (saper fare e saper essere). Il CESE auspica l’adozione di un approccio che, senza trascurare gli apprendimenti cognitivi, usi un approccio didattico basato sulle competenze acquisite per individuare profili di competenza adeguati.

4.6.

Bisognerebbe facilitare ai destinatari l’accesso e le modalità di formazione rendendo più flessibile il passaggio verso la conoscenza tecnica necessaria mediante:

strumenti TIC (e altri) che consentano l’accesso alla teoria e alle informazioni;

l’istituzione di momenti di scambio privilegiati

la designazione di un mentore permanente

l’organizzazione di comunità online che consentano lo scambio di saperi e di pratiche.

4.7.

Quanto precede dovrebbe essere oggetto di attenzione specifica da parte del programma Erasmus+. D’altronde, l’autorità di bilancio europea dovrebbe aprire e sostenere la riflessione mediante una linea di bilancio «sperimentazione».

5.   Un’adeguata politica di finanziamento

5.1.

Il principio dell’accesso universale ai SAPA può ispirarsi a quello della piattaforma europea delle persone anziane: accessibilità a un prezzo che non comprometta né qualità di vita, né dignità né libertà di scelta.

5.2.

La persona che invecchia rimane un attore diretto e indiretto del tessuto sociale. Quando comincia a perdere autonomia, la persona anziana passa a ricoprire il suo ruolo sociale passivo: crea posti di lavoro diretti e indiretti necessari all’organizzazione della rete di sostegno. È in questo momento che la società, di rimando, può attivare e impiegare l’insieme delle sue competenze e risorse per assicurare una presa in carico globale dei suoi membri più anziani.

5.3.

I SAPA beneficiano, in generale, di un ampio sostegno dei poteri pubblici, che passa per dispositivi volti a rendere solvibile la domanda privata dei nuclei familiari. La commercializzazione e la monetizzazione di tali servizi fanno, tuttavia evolvere il ruolo dei poteri pubblici e la governance di tali servizi. Da fornitori di servizi alle persone in stato di dipendenza, lo Stato e gli enti locali tendono a diventare regolatori del mercato, istituendo procedure volte ad assicurare un funzionamento efficiente del mercato e la fiducia dei beneficiari. Ciò si attua principalmente mediante il controllo degli operatori del settore, la qualità dei servizi e la diffusione di informazioni. Il CESE auspica che la Commissione raccomandi agli Stati membri di introdurre la trasparenza dei mercati e della qualità delle prestazioni nelle attività SAPA.

5.4.

Occorrerebbe, per assicurare un’effettiva solvibilità della domanda in materia di SAPA, incoraggiare gli Stati membri a favorire l’istituzione di un’assicurazione autonomia (AA), incorporata preferibilmente nel regime di sicurezza sociale. Detta assicurazione dovrebbe essere inclusiva, in modo da finanziare servizi e attrezzature che consentano un’effettiva autonomia. L’AA dovrebbe coprire i bisogni in termini di cure e di servizi a domicilio e il soggiorno temporaneo o definitivo in una struttura.

5.5.

I sistemi di sicurezza sociale degli Stati, se devono integrare tale situazione di fatto, non potranno assumerne il finanziamento sulla sola base del prelievo fiscale. Sarebbe necessario prevedere tale finanziamento associandovi altre fonti, sia pubbliche che private, tra le quali i fondi pensione.

Sarebbe auspicabile in questo momento un vasto studio di prospettiva socioeconomica avviato dalla Commissione e relativo ai modi per rendere solvibili i posti di lavoro nei SAPA sul territorio dell’Unione. Tale studio dovrebbe prevedere le differenti modalità di finanziamento pubblico e privato, proporre dei meccanismi di investimento fondati su partenariati pubblico- privati e suggerire diverse raccomandazioni sia a livello sovranazionale che a livello degli Stati membri. Le grandi linee di un tale studio dovrebbero essere definite in una tavola rotonda finanziaria che riunisca i principali soggetti responsabili della presa in carico dell’assistenza agli anziani.

Bruxelles, 15 maggio 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Il presente parere è complementare ai pareri del CESE del 13 dicembre 2012 sul tema Tendenze e ripercussioni dei futuri sviluppi nell’industria dei servizi sociali, sanitari e didattici alla persona nell’Unione europea (GU C 44 del 15.2.2013, pag. 16) e del 14 febbraio 2018 sul tema Le trasformazioni industriali nel settore sanitario (GU C 227 del 28.6.2018, pag. 11). Tiene inoltre conto delle raccomandazioni della Commissione del 2 luglio 2008 sull’Interoperabilità transfrontaliera dei sistemi di cartelle cliniche elettroniche e del 6 febbraio 2019 su Un formato europeo di scambio delle cartelle cliniche elettroniche.

(2)  Il Giappone (che è il paese dell’OCSE in cui la popolazione invecchia più rapidamente) ha instaurato il sistema Fureai Kippu. Si tratta di una rete di assistenza reciproca a livello locale accoppiata a una «banca del tempo» che permette di sensibilizzare la popolazione al volontariato. Secondo il principio di sussidiarietà, copre qualsiasi aiuto alle persone anziane o invalide non preso in carico dall’assicurazione malattia.


16.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 240/15


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Lavoro con l’amianto nella ristrutturazione energetica»

(parere d’iniziativa)

(2019/C 240/04)

Relatore: Aurel Laurențiu PLOSCEANU

Correlatore: Enrico GIBELLIERI

Decisione dell’Assemblea plenaria

12.7.2018

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

Parere d’iniziativa

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in CCMI

26.3.2019

Adozione in sessione plenaria

15.5.2019

Sessione plenaria n.

543

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

199/4/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore l’ambiziosa revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD), ma riconosce anche il grave pericolo rappresentato dall’amianto, che oggi costituisce la principale causa di tumori professionali in Europa. Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di rinnovo del parco immobiliare europeo al fine di creare abitazioni e posti di lavoro salubri ed efficienti dal punto di vista energetico, il CESE ritiene necessario creare sinergie con la rimozione delle sostanze nocive durante la ristrutturazione energetica, in modo che questo onere non sia lasciato alla prossima generazione.

1.2.

La Commissione europea deve dare seguito alla risoluzione del Parlamento europeo sulle minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all’amianto e le prospettive di eliminazione di tutto l’amianto esistente (2012/2065 (INI) e al parere d’iniziativa del CESE sul tema Liberare l’Europa dall’amianto, come pure alle proposte in essi contenute.

1.3.

La Commissione europea dovrebbe ricercare una collaborazione con l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) avvalendosi dei precedenti programmi delle due organizzazioni. L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro e la Commissione europea dovrebbero sostenere congiuntamente tale azione nell’UE.

1.4.

La Commissione europea dovrebbe promuovere attivamente un approccio basato sul ciclo di vita nella progettazione degli edifici e nei materiali da costruzione, nell’ottica della riciclabilità, dell’impiego alla fine del ciclo vita e dell’obiettivo dell’Unione di creare un’economia circolare.

1.5.

La Commissione europea dovrebbe rendere prioritaria l’eliminazione di sostanze pericolose nell’elaborazione di strumenti complementari, quali un registro digitale degli edifici e un passaporto per la ristrutturazione degli edifici, allo scopo di informare i consumatori circa il potenziale di rinnovo del loro edificio e di promuovere l’attuazione di piani di ristrutturazione individualizzati, basati su controlli eseguiti da professionisti. Ciò potrebbe comprendere ulteriori strumenti complementari a livello dell’UE per la registrazione di sostanze nocive in edifici accessibili al pubblico, al fine di proteggere i consumatori.

1.6.

La Commissione europea e gli Stati membri dovranno rivedere gli atti di recepimento e l’attuazione concreta della direttiva 2009/148/CE sull’esposizione all’amianto durante il lavoro nella prospettiva dei diversi gruppi di rischio, per migliorare la protezione di tutti i lavoratori a rischio di esposizione all’amianto. La Commissione europea e gli Stati membri dovrebbero collaborare per utilizzare in modo efficace i fondi strutturali e di investimento dell’UE per l’eliminazione dell’amianto.

1.7.

La ristrutturazione energetica si trova al crocevia di molteplici ambiti del diritto europeo. Si dovrebbe valutare la legislazione nazionale e dell’UE per garantire la coerenza delle politiche in materia di sostanze pericolose. Ciò include la legislazione sui rifiuti e la garanzia di un numero sufficiente di discariche per la gestione dei rifiuti di amianto.

1.8.

Gli Stati membri dovrebbero introdurre dei registri e fare delle sostanze nocive una componente essenziale di qualsiasi passaporto per la ristrutturazione degli edifici, sia nella sua versione esistente che nello sviluppo di nuove versioni.

1.9.

È essenziale che gli Stati membri mettano a punto le loro strategie di ristrutturazione a lungo termine tenendo conto dei pericoli connessi all’amianto e ad altre sostanze nocive.

1.10.

Gli Stati membri devono garantire che i criteri del sostegno finanziario alla ristrutturazione energetica, ad esempio agevolazioni fiscali o sovvenzioni, siano esplicitamente definiti in modo tale da consentire ai proprietari di eliminare completamente le sostanze nocive nel corso della ristrutturazione.

1.11.

Gli Stati membri dovrebbero sostenere le parti sociali nell’adattamento della formazione, delle qualifiche e dei profili professionali alle esigenze future. Ciò dovrebbe essere fatto al fine di aumentare l’attrattiva del settore per i lavoratori giovani e le donne.

1.12.

Occorre riconoscere pienamente e sostenere il ruolo e la responsabilità particolari delle parti sociali nella lotta contro i rischi e nella protezione dei lavoratori. Dovrebbe partecipare anche un ampio ventaglio di rappresentanti della società civile organizzata, poiché l’amianto incide sulla vita lavorativa, sulla salute, sulla protezione dei consumatori e sull’ambiente. Ciò vale, in particolare, per il riconoscimento e il risarcimento delle vittime di malattie correlate all’amianto.

1.13.

Gli Stati membri possono contribuire a valutare e promuovere le buone pratiche e le nuove tecnologie per proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori e degli abitanti degli edifici.

1.14.

Trattandosi di un tema di grande importanza, il CESE presenterà questo parere a un convegno organizzato in collaborazione con il Parlamento europeo, il Comitato europeo delle regioni e la Commissione europea.

2.   Osservazioni generali

2.1.

La revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD) avrà un impatto significativo sulle attività economiche nel settore edile, grazie all’aumento del tasso medio annuo di ristrutturazione degli edifici. Uno dei cambiamenti più significativi apportati alla direttiva riveduta riguarda il livello di ambizione, poiché il tasso di ristrutturazione dovrebbe aumentare, passando dall’attuale media annuale dell’1 % al 3 %. Ciò si ripercuoterà in modo positivo sull’occupazione e offrirà la possibilità di acquisire competenze e qualifiche nuove e supplementari al fine di garantire un’occupazione sostenibile e di qualità e la competitività del settore.

2.2.

I responsabili dell’elaborazione delle politiche e i soggetti interessati devono essere consapevoli del rischio insito nel rinnovo del parco immobiliare europeo, derivante in particolare dall’esposizione a sostanze nocive come l’amianto. Sono a rischio i proprietari, i residenti e quanti lavorano all’interno degli edifici. La direttiva riveduta sulla prestazione energetica nell’edilizia pone al primo posto la salute, e in particolare il considerando 14 della direttiva (UE) 2018/844 stabilisce che «Gli Stati membri dovrebbero promuovere miglioramenti della prestazione energetica degli edifici esistenti che contribuiscano a creare un ambiente interno salubre, tra le altre cose rimuovendo l’amianto e le altre sostanze nocive, prevenendo la rimozione illegale delle sostanze nocive e favorendo il rispetto della normativa vigente, tra cui le direttive 2009/148/CE (1) e (UE) 2016/2284 (2) del Parlamento europeo e del Consiglio».

2.3.

Molti edifici di cui è necessario migliorare la prestazione energetica risalgono infatti a un’epoca precedente al divieto dell’amianto. Le stime suggeriscono che attualmente circa il 35 % del parco immobiliare europeo ha oltre 50 anni, e che quasi il 75 % è inefficiente sul piano energetico, e quindi la maggior parte degli edifici in Europa è ammissibile alla ristrutturazione prima del 2050. Bisognerà quindi eliminare in modo sicuro grandi quantità di amianto.

2.4.

Secondo l’articolo 2 bis, paragrafo 2, della direttiva riveduta, nel quadro delle loro strategie di ristrutturazione a lungo termine gli Stati membri devono elaborare una tabella di marcia con un piano d’azione su come trasformare il loro parco immobiliare entro il 2050. Data l’elevata percentuale di edifici contenenti amianto in Europa, gli Stati membri dovrebbero elaborare le loro strategie di ristrutturazione a lungo termine con l’obiettivo di ridurre al minimo il rischio per la salute dei lavoratori, degli abitanti e della comunità in generale.

2.5.

La ristrutturazione energetica degli edifici esistenti richiede al personale addetto conoscenze e competenze specifiche, come evidenziato dal progetto di formazione e istruzione professionale per un’edilizia a basso consumo di energia (Vocational Educational Training for Low Energy Construction, VET4LEC), lanciato dalle parti sociali settoriali europee dell’edilizia. È importante che tutti i profili occupazionali che per lavoro o casualmente hanno a che fare con l’amianto dispongano di qualifiche adeguate.

2.6.

L’amianto rimane la causa principale di tumori professionali nell’UE. Secondo la Commissione internazionale per la salute occupazionale (ICOH), ogni anno in Europa l’amianto causa circa 88 000 decessi, ossia il 55-85 % dei tumori polmonari professionali. Il tasso di mortalità continuerà ad aumentare fino alla fine degli anni 2020 e agli anni 2030. Anche i lavori eseguiti su amianto legato possono provocare una considerevole emissione di dannose fibre di amianto.

2.7.

La struttura di governance della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia a livello nazionale deve affrontare le sfide presenti e future. L’articolo 2 bis, paragrafo 5, della direttiva stabilisce che, per sostenere lo sviluppo della propria strategia di ristrutturazione a lungo termine, ciascuno Stato membro effettua una consultazione pubblica. Gli Stati membri stabiliscono le modalità di tale consultazione al fine di garantire che essa sia inclusiva, coinvolgendo nel contempo più efficacemente i pertinenti attori pubblici e privati attraverso un ampio processo di consultazione e una reale partecipazione.

3.   Osservazioni concernenti le istituzioni europee

3.1.

Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulle minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all’amianto e le prospettive di eliminazione di tutto l’amianto esistente (2012/2065 (INI)] in cui, tra l’altro, ha invitato la Commissione a sviluppare un approccio a vasto raggio alla ristrutturazione energetica e alla rimozione dell’amianto. Il CESE ha formulato raccomandazioni analoghe nel parere d’iniziativa Liberare l’Europa dall’amianto. La Commissione europea ha adottato alcune misure per dare seguito alle proposte, ma dovrebbe fare di più per accelerare i suoi sforzi.

3.2.

Poiché prodotti contenenti amianto sono stati impiegati praticamente in ogni parte degli edifici esistenti che sono stati costruiti prima del divieto di utilizzarlo, qualsiasi lavoro di ristrutturazione rischia di provocare emissioni di fibre di amianto. Bisogna controllare la possibile esposizione dei lavoratori, e la Commissione europea deve avviare una valutazione dell’attuale limite di 100 000 fibre di amianto per m3 nei luoghi di lavoro (direttiva 2009/148/CE) per determinare se esso garantisca adeguatamente la sicurezza dei lavoratori. L’ICOH raccomanda di ridurre i valori limite a 1 000 fibre/m3.

3.3.

Gli attuali modelli per la registrazione dell’amianto e di altre sostanze nocive negli Stati membri sono in linea di massima inadatti allo scopo. Benché molti Stati membri o regioni dispongano di registri delle sostanze nocive, tali registri sono spesso incompleti, non accessibili al pubblico e in gran parte non aggiornati. In taluni Stati membri detti registri mancano del tutto. Al riguardo, la Polonia costituisce un’eccezione degna di nota: il paese ha un ambizioso programma di eliminazione dell’amianto, che beneficia di sostegno pubblico ed è favorito dall’esistenza di un registro, accessibile al pubblico, dell’amianto.

3.4.

Un registro delle sostanze nocive negli edifici che sia all’avanguardia dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: indicazione, specifica per edificio, della localizzazione e delle quantità di sostanze nocive, diagnosi della minaccia potenziale e calendario previsto per la rimozione, raccolta centralizzata di dati da parte delle autorità pubbliche per scopi statistici, informazioni utili per definire strategie di rimozione e incentivi finanziari, accessibilità al pubblico di informazioni pertinenti in materia di sicurezza e salute a uso delle pubbliche autorità, degli abitanti, dei contraenti e dei lavoratori.

3.5.

Occorre migliorare le procedure di riconoscimento e risarcimento delle vittime dell’amianto e facilitare l’accesso alle informazioni necessarie, per dare alle vittime una voce e un sostegno giuridico, finanziario e personale. È opportuno sostenere le associazioni delle vittime dell’amianto, il che allevierebbe l’onere a carico delle vittime nell’ambito di tali procedure di riconoscimento, che si somma sempre alla sofferenza personale provocata dalla malattia.

3.6.

Nell’ambito della struttura di governance della direttiva a tutti i livelli, occorre stabilire obiettivi precisi sulla base dell’identificazione dei principali problemi e della valutazione dei progressi compiuti. Gli strumenti europei per sostenere l’attuazione di strategie nazionali di ristrutturazione a lungo termine dovrebbero essere elaborati sotto forma di orientamenti e indicatori, parametri di riferimento, scambi di buone pratiche e valutazioni inter pares.

4.   Osservazioni relative all’attuazione a livello nazionale della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia

4.1.

La direttiva riveduta sulla prestazione energetica nell’edilizia impone agli Stati membri di elaborare strategie di ristrutturazione a lungo termine. Conformemente all’articolo 7 della direttiva, queste ultime devono assolutamente essere concepite tenendo conto dei pericoli connessi all’amianto e ad altre sostanze nocive.

4.2.

Gli Stati membri sono tenuti a istituire e attuare strategie di ristrutturazione a lungo termine, in concertazione con i soggetti pertinenti, compresi i diversi livelli territoriali quali le regioni e i comuni, e tenendo ovviamente conto delle differenze nazionali nelle strutture amministrative e organizzative.

4.3.

Occorre definire espressamente i criteri di sostegno finanziario alla ristrutturazione energetica, ad esempio agevolazioni fiscali o sovvenzioni, in modo da consentire ai proprietari di eliminare sostanze nocive durante gli interventi di ristrutturazione energetica, anche per quanto riguarda l’uso di materiali che producono energia, come i sistemi fotovoltaici integrati. È importante che gli incentivi finanziari per l’eliminazione delle sostanze nocive siano disponibili anche quando la loro rimozione non è direttamente collegata alla prestazione energetica dell’edificio. Ciò può contribuire a creare spazi di vita e di lavoro sani ed efficienti in termini energetici, e promuovere livelli ambiziosi di rimozione dell’amianto.

4.4.

I consumatori necessitano di ulteriore sostegno sotto forma di azioni di sensibilizzazione riguardo i rischi causati dalle sostanze nocive negli edifici, che possono avere effetti negativi sulla salute e sulla qualità dell’aria negli ambienti interni, e i modi di attenuare tali rischi attraverso la riqualificazione energetica. I consulenti e gli ispettori in materia di energia, come pure gli altri servizi di sostegno ai consumatori, dovrebbero essere preparati e qualificati per fornire informazioni sull’eliminazione e sulle possibilità di finanziamento.

4.5.

Attualmente in molti Stati membri i requisiti e le disposizioni in materia di formazione non bastano a proteggere adeguatamente i lavoratori dal rischio amianto. In linea di principio ogni lavoratore edile è esposto al rischio di entrare in contatto con l’amianto nella sua attività. La direttiva 2009/148/CE sull’esposizione all’amianto durante il lavoro stabilisce che ogni lavoratore a rischio necessita di una formazione adeguata in funzione del livello di rischio. Tale disposizione non è però presa in considerazione in misura sufficiente all’atto del recepimento della direttiva nel diritto nazionale di molti Stati membri, limitandone spesso l’applicazione ai lavoratori che sono potenzialmente esposti a concentrazioni elevate (ad esempio nel contesto della rimozione di amianto o di lavori di demolizione). Si invitano gli Stati membri a rivedere i rispettivi atti di recepimento e l’attuazione concreta della direttiva nella prospettiva dei diversi gruppi di rischio, per migliorare la protezione di tutti i lavoratori a rischio di esposizione all’amianto.

4.6.

È importante integrare la consapevolezza e la formazione settoriale specifica, compresa la sensibilizzazione generale, specie tra i giovani lavoratori, eventualmente anche attraverso l’istruzione e la formazione professionale. La formazione dovrebbe essere calibrata in base alle esigenze dei lavoratori esposti occasionalmente all’amianto, e metterli in condizione di rimuovere materiali a basso rischio, come tetti e tubi in cemento-amianto integri. Ciò vale in particolare per le PMI. Andrebbero infine considerate separatamente le esigenze delle imprese specializzate nell’eliminazione dell’amianto, che possono anche trattare regolarmente materiali ad alto rischio e in grandi quantità.

4.7.

Le parti sociali europee del settore edilizio hanno sviluppato moduli d’informazione, disponibili in diverse lingue, sull’amianto per una manipolazione più sicura di questo minerale. Gli Stati membri sono incoraggiati ad avviare attività di sensibilizzazione proprie o a diffondere il materiale esistente.

4.8.

Sono disponibili tecnologie e metodi di lavoro nuovi per proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori e degli abitanti degli edifici, e bisogna promuoverne l’uso e l’attuazione. Una riduzione generale delle polveri nei luoghi di lavoro può servire a limitare numerosi effetti nocivi per la salute derivanti, tra l’altro, dall’inalazione di silice cristallina, polveri di legno e amianto. Ciò può essere raggiunto con mezzi differenti, quali l’aspirazione delle polveri all’origine, o la loro cattura mediante acqua o gel. Sono già in uso robot controllati a distanza per la rimozione di materiali dalle superfici, dagli spazi ristretti, dai soffitti e dai muri degli edifici. Un’attenta considerazione del rischio legato alle sostanze dannose può stimolare l’innovazione.

4.9.

Occorre porre rimedio alla percezione, a volte rispondente al vero, di luoghi di lavoro pericolosi e insalubri nel settore edile. Alla luce dell’invecchiamento della forza lavoro, si tratta di una considerazione importante. Una gestione a vasto raggio del rischio legato all’amianto e ad altre sostanze nocive durante la ristrutturazione energetica può contribuire a rendere il settore più attraente per i giovani e le donne.

4.10.

La ristrutturazione energetica crea nuove professioni e trasforma i profili professionali esistenti. Ciò costituisce un’opportunità per migliorare il richiamo del settore e creare posti di lavoro nuovi e attraenti. È sempre più importante affrontare il cambiamento demografico nel settore offrendo profili professionali e condizioni di lavoro rispondenti alle aspettative dei giovani lavoratori e delle donne in particolare.

4.11.

Il cittadino medio trascorre circa il 90 % del suo tempo all’interno di edifici. Al giorno d’oggi i materiali da costruzione sono raramente omogenei, anche prodotti apparentemente semplici sono realizzati a partire da una serie di sostanze chimiche e additivi, spesso attraverso procedimenti tecnici. Talvolta gli effetti a lungo termine sulla salute umana sono ignoti. I nanomateriali, ad esempio, presentano proprietà geometriche simili a quelle dell’amianto e potrebbero essere pericolosi nel lungo periodo. I responsabili dell’elaborazione delle politiche e i produttori di materiali da costruzione dovrebbero applicare il principio di precauzione come orientamento fondamentale per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo dei materiali da costruzione.

4.12.

Nella progettazione degli edifici e nei materiali da costruzione dovrebbe essere generalizzato un approccio basato sul ciclo di vita, nell’ottica dell’impiego alla fine del ciclo di vita e della riciclabilità. I responsabili politici potrebbero stimolare o incentivare l’uso di tecniche di costruzione sostenibili e di materiali naturali quali, tra l’altro, il legno, preferibilmente di origine locale. Si assiste, per esempio, ad un aumento degli edifici a struttura lignea e a sviluppi tecnologici nei materiali isolanti a base biologica, come i mattoni di canapa o nuove applicazioni per prodotti a base di legno. Questi sviluppi nell’uso di materiali e prodotti più sostenibili dovrebbero essere promossi e sostenuti più attivamente attraverso vari strumenti e iniziative dell’UE. In tale contesto si dovrebbe anche tenere conto dell’obiettivo dell’Unione di creare un’economia circolare.

4.13.

Una delle principali ragioni per procedere a una revisione della direttiva è costituita dalla necessità di ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici. Si può tuttavia prevedere un’intensificazione della frequenza di calamità naturali, che possono comportare la fuoriuscita incontrollata di fibre di amianto da edifici e da infrastrutture pubbliche. Questa circostanza dovrebbe costituire un incentivo supplementare ad accelerare la rimozione dell’amianto e dovrebbe figurare nei piani di risposta alle calamità naturali. In tali situazioni i servizi di emergenza sono a rischio e devono essere protetti adeguatamente.

Bruxelles, 15 maggio 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


16.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 240/20


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Il contributo delle imprese dell’economia sociale ad un’Europa più coesa e democratica»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza rumena del Consiglio)

(2019/C 240/05)

Relatore: Alain COHEUR

Consultazione

Lettera del 20.9.2018

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

2.4.2019

Adozione in sessione plenaria

15.5.2019

Sessione plenaria n.

543

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

118/1/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Grazie alla diversità dei settori nei quali operano, le imprese dell’economia sociale (IES) apportano molteplici risposte per progredire verso una società più coesa e attenta all’interesse generale. L’economia sociale è un motore essenziale dello sviluppo economico e sociale in Europa, forte di 2,8 milioni di imprese e di 13,6 milioni di posti di lavoro, corrispondenti all’8 % del PIL dell’UE. Gli IES svolgono un ruolo fondamentale nella creazione e nel mantenimento di posti di lavoro di qualità, nel successo del pilastro europeo dei diritti sociali e nell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

1.2.

La situazione attuale dell’economia sociale (ES) in Europa non si presenta omogenea. Vi sono Stati membri in cui la dinamica storica e le politiche nazionali recenti sostengono lo sviluppo del settore, mentre in altri il settore arranca. Tale contesto, al quale si aggiunge l’inadeguatezza dei mezzi finanziari, impedisce all’ES di contribuire alla ripresa economica e al ritrovato dinamismo da parte delle imprese, di alleviare le tensioni sociali generate dalle crescenti disuguaglianze e dalla povertà, di ridurre la disoccupazione in determinate regioni e di combattere la precarietà delle condizioni di lavoro, fenomeni che portano all’ascesa del populismo.

1.3.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) chiede che gli Stati membri e la Commissione europea (CE) riconoscano il contributo delle IES allo sviluppo di una cittadinanza attiva e al bene comune, alla promozione del modello sociale europeo e alla costruzione di un’identità europea. Questo riconoscimento acquista tutto il suo significato solamente attraverso l’assegnazione di risorse adeguate, ma anche attraverso l’incoraggiamento a diffondere e a promuovere l’impiego dell’innovazione e delle conoscenze.

1.4.

Il CESE osserva che i modelli di IES sono quasi assenti dai programmi d’insegnamento e dai dispositivi di creazione e di sviluppo delle imprese. Dovrebbe essere possibile inserire la questione della formazione e dell’istruzione in materia di ES nei programmi dei sistemi d’istruzione, vera e propria porta d’accesso alle conoscenze e allo spirito di iniziativa imprenditoriale. Per esempio, dovrebbe essere incoraggiato l’accesso delle IES al programma Erasmus+.

1.5.

Il CESE rammenta che è essenziale promuovere le imprese dell’economia sociale attraverso politiche pubbliche ambiziose e trasversali e un piano d’azione europeo per l’ES.

1.6.

Il CESE, come del resto ha già indicato in pareri precedenti, invita le istituzioni dell’UE e gli Stati membri a garantire un sostegno specifico all’innovazione sociale, che comporta il riconoscimento e il sostegno politico per le IES e la società civile come parti in causa fondamentali nella società, e la creazione di un contesto adeguato per questo aspetto.

1.7.

Il CESE invita la CE a chiarire il concetto di ES sulla base delle caratteristiche delle diverse forme che attualmente assume.

1.8.

Il CESE ricorda alla CE, agli SM e a Eurostat la necessità di attuare le proposte contenute nel manuale sui conti satellite, al fine di creare un registro statistico delle IES.

1.9.

Il CESE ribadisce la necessità di maggiori ricerche per comprendere la portata e i meccanismi attraverso i quali le IES contribuiscono a rafforzare la coesione sociale e la democrazia e a stimolare l’economia. Questo approccio consentirebbe di ridurre il divario tra i nuovi Stati membri e il resto dell’UE.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Le IES sono caratterizzate dal fatto che sono al servizio dell’interesse generale o di una comunità e che il loro obiettivo non è massimizzare i profitti. Esse si prefiggono un obiettivo di carattere chiaramente sociale: migliorare il benessere individuale e collettivo, riducendo le disuguaglianze e aumentando la coesione sociale. Il loro oggetto è anche quello di contribuire allo sviluppo di posti di lavoro di qualità in imprese socialmente responsabili.

2.2.

L’economia sociale è una forma di organizzazione delle attività umane fondata sulla proprietà collettiva, sulla solidarietà e sulla democrazia partecipativa, che si basa sull’efficienza economica dei propri mezzi e che assicura la produzione, la distribuzione, lo scambio e il consumo di beni e servizi. Essa contribuisce all’espressione di una cittadinanza attiva, è un fattore di prosperità individuale e collettiva e interviene in tutti i settori, da quello economico a quello sociale e ambientale.

2.3.

È giocoforza constatare che numerosi fattori minacciano sempre di più le fondamenta delle nostre società che poggiano sulla democrazia e sulla coesione sociale: riduzione della spesa pubblica e della rete di sicurezza che essa offre, logica orientata al profitto e alla redditività a breve termine perseguita dai mercati finanziari e speculativi, ascesa dei populismi e aumento delle disuguaglianze.

2.4.

Per far fronte a questi sviluppi sociali e alle crescenti incertezze, ma anche per mantenere le sue ambizioni in materia di sviluppo economico, l’UE deve contribuire alla realizzazione di società democratiche, caratterizzate dalla coesione, sinonimo di progresso economico e sociale e di lotta contro la discriminazione e l’esclusione sociale. L’UE può realizzare le sue ambizioni difendendo i suoi valori comuni mostrando ambizione nell’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e conseguendo gli obiettivi dello sviluppo sostenibile.

3.   Coesione sociale e società civile

3.1.

La coesione sociale è, secondo il Consiglio d’Europa, la capacità di una società di garantire il benessere di tutti i suoi membri, riducendo le disparità ed evitando l’emarginazione. Per la CE, la politica di coesione economica, sociale e territoriale ambisce a ridurre le disparità in termini di ricchezza e di sviluppo tra le regioni dell’UE. Gli attacchi alla «coesione sociale» generano la crescita di sentimenti di frustrazione, di ripiegamenti identitari, terreno fertile per le teorie antidemocratiche. Democrazia e coesione sociale, organizzazione libera e indipendente della società civile formano parte integrante del progetto europeo, anche se oggi possono essere messe in discussione. Attraverso i suoi obiettivi di carattere sociale o le sue ricadute sociali, l’ES risponde in maniera pragmatica agli obiettivi di coesione e sviluppo, incarnando nel contempo un modello democratico.

3.2.

Per ragioni storiche e di contesto, la società civile viene definita in maniera molto diversa e può assumere forme differenti in ciascuno Stato membro. Il suo radicamento dipende dalle tradizioni culturali e politiche. Alcune delle sue organizzazioni (sindacati, gruppi, associazioni ecc.) sono durature, altre emergono in seguito agli sviluppi che si registrano nel corso del tempo. Le IES, in quanto s’inquadrano in un’economia di persone e non di capitale, possono essere considerate una componente di questa società civile.

3.3.

La società civile è una sorta di incubatore per lo sviluppo di queste imprese e pertanto funge da acceleratore della coesione. La creazione di IES permette alla società civile di assicurare a talune minoranze il diritto di essere ascoltate o di sviluppare attività scarsamente redditizie che non sarebbero necessariamente prese in carico dalle imprese più tradizionali. Di fronte ai movimenti xenofobi o all’arretramento democratico, le IES possono contribuire a promuovere la democrazia e la coesione (cfr. articolo 2 del trattato), per esempio per quanto riguarda l’integrazione dei migranti (1).

3.4.

Nel settore dell’istruzione, l’ES e il suo contributo, come pure il suo valore aggiunto per le nostre società, sono per lo più ignorati dai programmi scolastici e universitari e altrettanto si può dire delle attività legate all’imprenditorialità. Gli Stati membri e le istituzioni dell’UE dovrebbero pertanto offrire la possibilità di accedere a un’istruzione in materia di ES, per consentire non di imporla bensì per mettere a disposizione dei cittadini gli strumenti per appropriarsene.

4.   L’economia sociale, un modello economico che si esprime in modo diverso

4.1.

L’origine dell’economia sociale si trova nell’attività di organizzazione svolta dai cittadini per soddisfare i loro bisogni economici e sociali, ma anche culturali, a fronte dei profondi cambiamenti della società. Le IES sono state innanzitutto definite dai loro statuti giuridici, contratti fondamentali che legano tra loro le parti in causa stabilendo liberamente le norme interne che ne regolano il funzionamento. Sono così state create le società mutue, le cooperative e le associazioni, alle quali si sono poi aggiunte le fondazioni. Attualmente sono questi gli strumenti giuridici che vengono più spesso utilizzati per la creazione di imprese dell’ES (2).

4.2.

Con l’evoluzione delle società, vi si sono aggiunte strutture di tipo diverso: imprese di inserimento lavorativo (Work Integration Social Enterprises - WISE) nei settori dell’inserimento socioprofessionale e dell’handicap, o imprese con fini sociali attive nei settori del recupero e del riciclo, delle cure alla persona e di difesa dell’ambiente.

4.3.

La CE, in testi di natura diversa (iniziative, regolamenti (3)), ha dato un forte impulso allo sviluppo delle imprese sociali, che sono essenzialmente imprese che rientrano nell’ambito dell’economia sociale. Attualmente è in corso un dibattito sull’integrazione di fatto di un’imprenditoria sociale la cui definizione rimane poco chiara.

4.4.

Il CESE auspica da tempo un piano d’azione per le IES che assicuri sviluppo e maturazione di questo settore in Europa e ne sfrutti appieno il potenziale. A suo avviso, le imprese dell’economia sociale sono una componente dell’economia normale e non sono in contraddizione con altri modelli economici. Tuttavia, la maggior parte dei programmi di sostegno, sviluppo e avviamento delle imprese, come pure altre condizioni indispensabili a tal fine, quali la legislazione e gli strumenti finanziari, spesso si rivelano incapaci di sostenere le IES, principalmente perché sono concepite per un modello e una logica imprenditoriali convenzionali e più tradizionali. Inoltre, le IES devono essere pienamente riconosciute e coinvolte nel dialogo sociale.

5.   Contributo della cooperazione e dell’economia sociale agli obiettivi di coesione sociale e di democrazia

5.1.

La democrazia è al centro della definizione dell’economia sociale e delle dinamiche delle sue imprese. La democrazia «interna» fa riferimento al principio di «una persona-una voce» negli organi decisionali, alla partecipazione alla gestione dell’impresa di diverse categorie di soggetti, quali i lavoratori, gli utenti o i beneficiari.

Tuttavia, il ruolo delle IES nella democratizzazione dell’economia va al di là delle modalità di gestione interna. Vi è infatti una dimensione democratica che offre ai cittadini la possibilità di impegnarsi in attività collettive e contribuire ai dibattiti sociali. In questo ambito le IES sono una vera e propria scuola di democrazia partecipativa.

5.2.

Questa funzione democratica delle imprese dell’economia sociale si espleta a diversi livelli: per mezzo dei beni e dei servizi che offrono, delle alternative che propongono, delle risposte che forniscono ai bisogni che non vengono soddisfatti, dei luoghi di espressione e di dibattito che contribuiscono a creare e delle azioni di lobbying e di sensibilizzazione che svolgono. Esse devono assumere un modello imprenditoriale più rispettoso dei problemi ambientali, dei rapporti sociali e delle condizioni di lavoro dei loro salariati.

5.3.

Quando si parla del contributo dell’ES alla coesione, si tende a fare riferimento principalmente alla sua capacità «riparatrice», ai suoi interventi presso i gruppi di popolazione in difficoltà, al suo ruolo nel settore sociale e medico-sociale. Questa tendenza ad attribuire all’ES una funzione riparatrice è indiscutibile ed intrinsecamente legata all’attività del mondo associativo. Tuttavia, è necessario anche considerare la coesione e la democrazia dal punto di vista delle politiche e delle procedure attuate dalle IES per misurare il loro impatto sociale.

6.   Coesione sociale e territoriale: consolidare uno spazio europeo integrato attraverso l’economia sociale

6.1.

La globalizzazione, la costruzione del mercato unico europeo e le grandi rivoluzioni industriali hanno comportato profondi cambiamenti dei territori. Alcune regioni sono state o sono tuttora duramente colpite da tali cambiamenti, in particolare dalla deindustrializzazione e dalla disoccupazione.

6.2.

Le economie dei nuovi Stati membri sono state caratterizzate da processi lunghi e talvolta penosi di transizione dalla pianificazione comunista alle economie di mercato regolate. Gli adeguamenti istituzionali e politici hanno avuto conseguenze per le loro società ed economie, nonché per i flussi migratori. Questi cambiamenti hanno interessato, in ognuno di questi paesi, anche le PMI, in particolare il settore delle cooperative che è stato strumentalizzato per diversi decenni e anche durante la transizione verso un sistema di mercato. Lo sviluppo dell’economia sociale in questi paesi potrebbe contribuire all’obiettivo dell’UE di consolidare uno spazio europeo integrato in cui le disuguaglianze sociali ed economiche tra l’UE a 15 e i 12 nuovi Stati membri dell’Europa orientale e meridionale siano ridotte ed eliminate.

6.3.

In molti paesi di questa regione, l’ES ha perso sempre più prestigio. Tuttavia, questo settore non è stato smantellato. Le mutue, le associazioni e le fondazioni, d’altra parte, dopo mezzo secolo di scomparsa quasi totale sono oggetto di una riscoperta e di un’espansione graduali, parallelamente allo sviluppo della società civile, dei movimenti sociali e dei sindacati in questi paesi. Lo sviluppo di questo «terzo pilastro» nei nuovi Stati membri dovrebbe essere considerato parte della loro corretta integrazione nel modello sociale europeo.

6.4.

Campagne educative e di informazione sulla storia, le tradizioni e le radici nazionali dell’economia sociale e dei movimenti cooperativi dovrebbero contribuire ad attenuare le immagini negative associate alle cooperative forzate nei regimi comunisti e a collegare le nuove forme di impresa sociale alle tradizioni dell’ES.

6.5.

Parallelamente, nei paesi con una forte tradizione di ES, alcuni rappresentanti eletti, imprenditori e cittadini hanno cercato di rilanciare i loro territori e di ovviare agli squilibri economici e sociali cui dovevano far fronte. Le forme tradizionali o nuove dell’ES si sono ritrovate al centro di molte politiche locali e hanno contribuito alla coesione e alla vita democratica.

7.   Le IES promotrici dell’innovazione sociale ed economica

7.1.

In pareri precedenti, il CESE ha preso in esame le innovazioni spesso definite «sociali» o relative a «questioni sociali in senso ampio», che non solo apportano benefici alla società ma ne accrescono la capacità d’azione. L’innovazione sociale si fonda su una prospettiva etica, ideologica o di interesse generale, come dimostra il ruolo che la società civile svolge nel plasmare i sistemi di protezione sociale. Le IES sono catalizzatori dell’innovazione sociale poiché sono incentrate su un gruppo specifico di utilizzatori, su un bisogno insoddisfatto della società o sulla necessità di colmare una lacuna.

7.2.

Sta emergendo tutta una serie di nuovi modelli d’impresa che stanno trasformando il rapporto tra produttori, distributori e consumatori (come l’economia funzionale, l’economia collaborativa e la finanza responsabile). Le IES non sono una novità, però rientrano in questa categoria di modelli economici alternativi, dato che tutti questi cercano di affrontare altre sfide chiave per le persone e il pianeta che sono fondamentali per lo sviluppo sostenibile, quali la giustizia sociale, la governance partecipativa e la conservazione delle risorse e del capitale naturale. L’UE può divenire leader in materia di modelli economici innovativi per i quali l’idea di prosperità economica è inseparabile da quelle di protezione sociale di qualità e di sostenibilità ambientale e che definiranno un «marchio europeo». L’UE deve quindi mostrarsi ambiziosa riguardo a questo aspetto.

7.3.

In Belgio l’esperienza cooperativa SMART permette ai suoi soci lavoratori autonomi di sviluppare la loro attività economica in un contesto che garantisce sicurezza. Attualmente SMART è presente in nove paesi europei, con un totale di 120 000 professionisti.

7.4.

In Spagna, il gruppo cooperativo Mondragon svolge da 70 anni un ruolo importante nello sviluppo economico e sociale del Paese Basco e attualmente dà lavoro a oltre 90 000 persone.

7.5.

In Francia, le cooperative di interesse collettivo (SCIC) hanno assunto un ruolo molto ampio nel sostegno e nella reintegrazione delle persone in difficoltà. Esse sono diventate parti attive dello sviluppo territoriale e portano avanti dei progetti di sviluppo locale.

7.6.

Un numero sempre maggiore di professionisti e di ricercatori del settore opera sotto forma di cooperative e di imprese basate sui «beni immateriali comuni».

7.7.

Fenomeni analoghi si ritrovano nell’ambito del commercio equo e solidale, della produzione e della distribuzione di prodotti di qualità provenienti dall’agricoltura biologica e integrata. Nei settori legati all’ambiente, le iniziative intraprese dalle IES sono sempre più numerose.

7.8.

Tra le IES non vi sono soltanto imprese di piccole dimensioni. Nel settore bancario e assicurativo alcune di queste imprese (come il Crédit Cooperatif in Francia, il gruppo P & V in Belgio) sono imprese leader nei rispettivi mercati nazionali. Analogamente le cooperative di consumo e di distribuzione occupano dei posti importanti nel commercio di tipo popolare in Europa.

Bruxelles, 15 maggio 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 283 del 10.08.2018, pag. 1.

(2)  Studio del CESE sul tema "Sviluppi recenti dell'economia sociale nell'Unione europea".

(3)  Regolamento (UE) n. 1296/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo a un programma dell’Unione europea per l’occupazione e l’innovazione sociale («EaSI») e recante modifica della decisione n. 283/2010/UE che istituisce uno strumento europeo Progress di microfinanza per l’occupazione e l’inclusione sociale (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 238).


16.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 240/24


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «La filantropia europea: un potenziale inutilizzato»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza rumena)

(2019/C 240/06)

Relatore: Petru Sorin DANDEA

Parere esplorativo richiesto dalla presidenza rumena del Consiglio

Lettera del 20.9.2018

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Sezione Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

24.4.2019

Adozione in sessione plenaria

15.5.2019

Sessione plenaria n.

543

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

132/5/15

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE riconosce pienamente il valore aggiunto complementare e innovativo che la filantropia può apportare alla coesione sociale promuovendo valori comuni e rendendo la nostra società più resiliente. Il Comitato raccomanda agli Stati membri di riconoscere la filantropia come forma di espressione dell’adesione fattiva a valori sociali e di impegno sociale, di creare uno spazio per la filantropia e di coinvolgere i soggetti delle attività filantropiche con iniziative legislative o non legislative appropriate.

1.2.

Il CESE invita gli Stati membri a creare un contesto propizio alla filantropia, in linea con le libertà e i diritti fondamentali dell’UE, che incoraggi l’azione filantropica e civica, le donazioni private per scopi di utilità pubblica e la costituzione di organizzazioni filantropiche, nonché a garantire che le misure di sicurezza a livello nazionale e dell’UE siano basate sul rischio, proporzionate e fondate su dati concreti, ma promuovano anche la trasparenza nell’attività filantropica.

1.3.

Lo Stato sociale e la sicurezza sociale sono una creazione europea, invidiata dal resto del mondo. Il Comitato ritiene che gli Stati membri dovrebbero rafforzare lo Stato sociale, il modello sociale europeo e i sistemi di protezione sociale, basati sulla giustizia fiscale e su politiche occupazionali efficaci. Ciò migliorerà la complementarità e la capacità delle organizzazioni filantropiche di soddisfare le reali esigenze delle persone più vulnerabili e di affrontare questioni che non sono interamente coperte dalle istituzioni pubbliche o dal settore privato.

1.4.

Dato che il libero flusso di capitali è al centro del mercato unico dell’UE, il CESE ritiene che garantire l’applicazione giuridica e pratica di questa libertà fondamentale, unitamente al principio di non discriminazione per agevolare le donazioni e gli investimenti a carattere transfrontaliero, dovrebbe essere una priorità per l’UE e gli Stati membri. È opportuno pensare anche a forme giuridiche sovranazionali che facilitino l’impegno filantropico.

1.5.

L’UE potrebbe sfruttare l’impatto delle risorse private per il bene comune introducendo, ad esempio con il programma InvestEU 2018, strumenti finanziari che fungano da catalizzatori per combinare la concessione di sovvenzioni con la filantropia, che stimolino i coinvestimenti e gli investimenti con un maggiore impatto sociale e che forniscano strumenti di garanzia per ridurre i rischi finanziari legati agli investimenti da parte delle organizzazioni filantropiche relativi alle loro missioni. Dovrebbe inoltre agevolare il coinvolgimento nell’innovazione sociale.

2.   Introduzione

2.1.

In forme diverse, importanti e meno importanti, la filantropia ha migliorato le condizioni di vita dei cittadini europei e di tutto il mondo. In tutta Europa, singoli individui, famiglie, parti sociali, organizzazioni della società civile e imprese contribuiscono al bene comune, partecipando a una veneranda tradizione al servizio del progresso della nostra comune umanità e svolgendo un ruolo ben preciso, complementare all’intervento pubblico.

2.2.

Le donazioni individuali in tutte le loro forme sono probabilmente vecchie come i rapporti umani, mentre le origini delle donazioni organizzate (ad esempio sotto forma di fondazioni) in molti paesi europei risalgono all’Impero romano. Al tempo stesso, l’Europa è un continente diversificato e la filantropia è condizionata dalle differenze storiche e culturali, dalle differenze delle condizioni economiche e politiche e delle regole.

2.3.

Oggi la filantropia è uno dei modi di dimostrare l’adesione fattiva ai valori sociali, l’impegno a favore del bene comune, la solidarietà e la cittadinanza attiva. Le persone sono al cuore della filantropia; esse sono libere di contribuire con le loro risorse private a cause utili per la collettività, e lo fanno sostenendo o istituendo organizzazioni filantropiche legate ai principi della trasparenza e della rendicontabilità.

2.4.

I flussi filantropici sono tutelati dalle libertà sancite dai Trattati europei. I diritti di cui alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e in particolare il diritto di associazione, garantiscono ai cittadini la libertà di creare e organizzare strutture per esplicare un’attività filantropica. Molte di queste strutture promuovono i valori dell’Unione enunciati all’articolo 2 del trattato UE, tra i quali il rispetto della dignità umana, i diritti umani e lo Stato di diritto.

2.5.

La filantropia mira a far nascere una società incentrata sulla coesione sociale, sulla cittadinanza attiva, sulla realizzazione delle aspirazioni di ciascuno e sulle pari opportunità. Si tratta di valori importanti per la nostra società. Essi sono innescati dall’indignazione dinanzi all’ingiustizia, dalla sollecitudine per le persone più vulnerabili, dalla compassione, dalle aspirazioni a un futuro innovativo e dalla responsabilità di preservare una natura e una cultura preziose. Motivati da questi valori, molti cittadini e numerose organizzazioni filantropiche offrono soluzioni e risultati tangibili.

2.6.

Il settore europeo delle donazioni è composto da vari tipi di donatori e di enti filantropici. Sebbene manchi uno studio unico, aggiornato e completo sulla filantropia europea che copra tutti gli Stati membri dell’UE, disponiamo già di alcuni dati indicativi sul settore. Nel 2016 i dati raccolti dalle «Reti europee di donatori e fondazioni«(DAFNE) e analizzati dall’US Foundation Center indicavano che in Europa erano registrate più di 147 000 fondazioni di utilità pubblica, con una spesa annua complessiva di quasi 60 miliardi di euro. Queste cifre si basano sugli ultimi dati disponibili provenienti da 24 paesi europei, tra cui 18 Stati membri dell’UE. Nel 2017 uno studio pubblicato dalla Rete europea di ricerca sulla filantropia (1) ha fornito una panoramica completa delle donazioni filantropiche da parte delle famiglie, delle società, delle fondazioni di utilità pubblica e delle lotterie filantropiche in 20 paesi europei (19 Stati membri dell’UE e Svizzera) sulla base di fonti di dati risalenti al 2013. Per questi 20 paesi, si stima che i contributi filantropici in Europa rappresentino almeno 87,5 miliardi di euro all’anno (e si tratta di una stima al ribasso).

3.   Ruolo e valore

3.1.

Le iniziative filantropiche si occupano di problemi sociali a livello locale, regionale, nazionale, europeo e internazionale. Le donazioni filantropiche riguardano scopi di utilità pubblica, dalla promozione del pluralismo, di società inclusive, dell’inclusione delle persone con disabilità, dei Rom e dei migranti, dei diritti umani e dello Stato di diritto fino al finanziamento della ricerca e dell’innovazione, di attività ambientaliste, dell’arte e della cultura, di progetti nel campo della giustizia sociale, di start-up e di imprese dell’economia sociale in tutti i settori pertinenti per l’UE.

3.2.

La natura diversificata della filantropia fa sì che il settore sia in grado di individuare settori di nicchia e di intervenirvi e sostenerli quando il mercato e gli attori governativi incontrano maggiori difficoltà a farlo (2). Spesso tali iniziative fungono da catalizzatori dell’innovazione e di nuove idee. L’azione filantropica presenta un vantaggio quando si tratta di scoprire e sperimentare nuove metodologie per risolvere problemi della società. La filantropia si sforza di risolverli e spesso vi riesce; e, anche nei casi in cui non vi riesce, continuerà ad apprendere dall’esperienza e condividerà le buone pratiche.

3.3.

In molti casi, gli attori pubblici (come i governi nazionali e gli enti locali) e i promotori delle iniziative filantropiche collaborano per completarsi a vicenda in attività che mantengono solida la nostra società. La filantropia aumenterà il suo impatto se potrà essere sostenuta dai poteri pubblici. Il CESE è consapevole del fatto che la filantropia aiuta le persone, ma non fa parte del «modello sociale europeo»(protezione sociale basata sulla solidarietà, servizi pubblici, dialogo sociale) e non può sostituirlo. È inoltre cosciente del fatto che le azioni filantropiche possono venir meno per le persone più indigenti. Raccomanda che i sistemi solidali di protezione sociale siano mantenuti e sviluppati e riconosce il sostegno fornito dalle organizzazioni filantropiche a questi gruppi della popolazione.

3.4.

Essa è aperta a tutti; tutti possono donare. Ogni anno in Europa, tra individui e imprese, sono già milioni i donatori e i finanziatori attivi in questo campo. Ciò che li motiva ad agire in maniera complementare all’intervento pubblico sono essenzialmente la passione, la gratitudine e l’impegno a favore di tematiche sociali. Sono molti i modi in cui gli individui e le organizzazioni, imprese incluse, possono dare il loro contributo per scopi di utilità pubblica: si va dai doni o dalle donazioni filantropiche o dagli investimenti a impatto sociale alla creazione di fondi per cui i donatori svolgono un ruolo di orientamento o alla creazione di un’organizzazione filantropica privata indipendente con una visione a lungo termine.

3.5.

I temi che interessano la filantropia sono transnazionali, transfrontalieri ed europei: le questioni di interesse pubblico (come i cambiamenti climatici e i rischi per la salute) non si fermano alle frontiere e la mobilità degli europei è in continuo aumento. Le organizzazioni filantropiche e i donatori operano quindi sempre più a livello transfrontaliero e in collaborazione con partner di tutta Europa, nonostante l’esistenza di ostacoli giuridici alla filantropia transfrontaliera. Gli attori filantropici aderiscono inoltre a valori e iniziative globali come gli obiettivi di sviluppo sostenibile e l’accordo sul clima e ne promuovono l’attuazione a livello dell’UE, nazionale e locale.

3.6.

Le fondazioni e le altre organizzazioni filantropiche possono fungere altresì da «promotori», attivandosi per riunire le varie parti interessate necessarie per risolvere una sfida specifica.

3.7.

Alcuni governi nazionali stanno già introducendo, o considerando la possibilità di introdurre, norme più rigide volte a ridurre gli spazi di manovra per la filantropia, anche nel quadro di un discorso pubblico sempre più negativo nei confronti delle organizzazioni della società civile (3). I meccanismi per stimolare la filantropia e un contesto generale favorevole sono tuttavia essenziali per creare una cultura della donazione. Questa limitazione dello spazio operativo potrebbe indurre a una maggiore sfiducia del pubblico verso il prezioso ruolo svolto dalla società civile nel promuovere lo sviluppo della società nel suo insieme.

4.   Ostacoli da superare per liberare il pieno potenziale della filantropia in Europa

4.1.

Per sfruttare appieno il loro potenziale, la filantropia e le sue forme organizzate hanno bisogno di un contesto favorevole a livello dell’UE e degli Stati membri. In tale contesto rientrano una cultura sociale e un contesto giuridico favorevoli che stimolino l’impegno a favore della filantropia. Da uno studio del 2018 («Space for European Philanthropy», di Oonagh Breen (4)) emerge che, benché le imprese possano, all’interno del mercato unico dell’UE, muoversi liberamente attraverso le frontiere per ottenere flussi di capitali senza indebite restrizioni, ciò non avviene ancora per le organizzazioni filantropiche e i flussi filantropici. Inoltre, i preoccupanti sviluppi riguardanti l’introduzione di restrizioni ai finanziamenti esteri in alcuni paesi dell’UE e l’aumento dei requisiti di sicurezza rappresentano una sfida per lo spazio operativo.

4.2.

La filantropia organizzata è un partner fondamentale nel dialogo civile, che richiede misure più decise per la sua realizzazione (5). Le organizzazioni filantropiche e i donatori operano sempre più a livello transfrontaliero e in collaborazione con dei partner, ma devono superare vari ostacoli giuridici, amministrativi e fiscali:

In primo luogo, le organizzazioni filantropiche devono a volte registrarsi prima di poter operare in un altro paese. All’estero, infatti, non sempre viene riconosciuta la loro personalità giuridica.

In secondo luogo, nella maggior parte dei paesi non esiste alcuna disposizione giuridica per trasferire la sede centrale di un’organizzazione filantropica al di là delle frontiere, il che comporta un elevato grado di incertezza giuridica.

Al contrario delle imprese, le organizzazioni filantropiche non possono fondersi a livello transfrontaliero.

I governi dovrebbero astenersi dallo smantellare gli incentivi previsti per le donazioni e sponsorizzazioni a favore di organizzazioni filantropiche, comprese quelle attive a livello transfrontaliero, e in particolare per quelle che offrono servizi non forniti dal mercato né coperti dal settore pubblico.

Vi sono inoltre barriere di natura fiscale e amministrativa che ostacolano tali attività, e ciò vale in particolare per la filantropia transfrontaliera, dal momento che il principio di non discriminazione fiscale non è ancora applicato in modo equo e in modo significativo dagli Stati membri alle donazioni filantropiche transfrontaliere (6).

4.3.

Si osservano poi restrizioni ai finanziamenti esteri, mentre i finanziamenti filantropici dovrebbero circolare liberamente in base al principio europeo della libera circolazione dei capitali, e, in alcuni casi, le politiche di sicurezza a livello nazionale e dell’UE mettono in discussione questo spazio. Se da un lato l’agenda sulla sicurezza riveste una grande importanza ed è una preoccupazione comune, dall’altro è necessaria una certa cautela per quanto riguarda le potenziali conseguenze indesiderate per il settore. Le misure politiche devono essere commisurate ai rischi e proporzionate.

4.4.

Il settore filantropico è anche attivo contro l’estremismo e nell’offrire sostegno umanitario. Le conoscenze e le competenze specifiche di cui esso dispone costituiscono un punto di forza per affrontare queste sfide.

4.5.

Per quanto concerne il contesto politico, a livello nazionale e soprattutto europeo, occorre migliorare la percezione del ruolo complementare svolto dalla filantropia rispetto all’azione pubblica. La filantropia è ancora relativamente assente dal dibattito nelle istituzioni europee.

5.   La crescita e il potenziale della filantropia

5.1.

La filantropia è in rapida crescita. Nell’ultimo decennio, sempre più iniziative private si sono occupate di problemi sociali che le amministrazioni pubbliche e gli operatori economici hanno difficoltà a risolvere da soli e sono diventate una base fondamentale per la nostra società. Il CESE manifesta preoccupazione per gli effetti negativi prodotti dalla minore capacità del settore pubblico di fornire protezione e servizi sociali ai cittadini. In un contesto siffatto, rafforzare le condizioni in cui la filantropia può prosperare è una questione di grande attualità. Le moderne organizzazioni filantropiche europee sono di fondazione recente. Il numero delle fondazioni di pubblica utilità è aumentato rapidamente negli ultimi due o tre decenni. Ad esempio, tra il 2001 e il 2014 il numero delle fondazioni francesi è più che raddoppiato. In Belgio più della metà delle fondazioni esistenti nel 2012 erano state fondate dopo il 1995 e il settore si è ampliato rapidamente nell’ultimo decennio. In Spagna, oltre il 70 % delle fondazioni di pubblica utilità esistenti nel 2014 è stato fondato dopo il 1994 (7).

5.2.

Le donazioni e l’impegno filantropici hanno registrato una crescita costante in diversi paesi europei, in particolare negli ultimi anni. I barometri della filantropia indicano questa crescita in tutta Europa.

5.3.

L’impegno nella comunità e la filantropia locale sono in crescita. Le fondazioni comunitarie in tutta Europa sono ora di vitale importanza per la coesione sociale.

5.4.

I giovani esprimono un’adesione particolare ai valori del bene comune e si impegnano in una serie di nuovi modi. I ricercatori mettono in luce un movimento globale, nuovi valori e l’impatto positivo degli sviluppi tecnologici (finanziamento collettivo, social media, cause senza frontiere, ma anche iniziative molto localizzate e di base). L’investimento sociale è fondamentale.

5.5.

Anche le donne svolgono un ruolo molto importante nell’ambito dell’attività filantropica in Europa. Il loro impegno filantropico è in aumento. Le donne tendono a donare in modo più attivo e inclusivo, desiderano incontrare le persone che finanziano, collaborano con i loro omologhi e si implicano nel problema che stanno affrontando. Le donne spesso si dedicano a questioni più complesse come la violenza di genere e la salute.

5.6.

Restituire alla comunità sta diventando parte dell’attività del settore delle imprese. In tutta Europa l’impegno filantropico è parte integrante della responsabilità sociale delle imprese e rafforza le relative strategie. Sempre più imprese, di tutte le dimensioni, destinano risorse finanziarie, prodotti, conoscenze e tempo al bene comune.

5.7.

È opportuno prestare particolare attenzione e sostegno all’espansione del settore dell’economia sociale, che costituisce un settore di attività filantropiche innovative. Sempre più persone e imprenditori si stanno volgendo verso modelli imprenditoriali tipici dell’economia sociale, che sono un motore essenziale dello sviluppo economico e sociale sostenibile (8).

6.   Promuovere la filantropia in Europa

6.1.

Riconoscere la filantropia: riconoscere il valore aggiunto che la filantropia può apportare alla coesione sociale promuovendo valori comuni e rendendo la nostra società più resiliente. Promuovere la filantropia come forma di dimostrazione dell’adesione fattiva ai valori sociali. Collaborare con gli attori filantropici e creare spazio per una legislazione e una regolamentazione volte a promuovere questa forma di impegno sociale.

6.2.

Permettere e proteggere l’attività filantropica: esortare gli Stati membri a creare un contesto propizio all’attività filantropica. Garantire che le misure di sicurezza nazionali e dell’UE siano basate sul rischio, proporzionate e fondate su elementi concreti. Evitare di scoraggiare l’azione filantropica e civica. Prevedere incentivi per le donazioni private per scopi di utilità pubblica, in un quadro di giustizia fiscale.

6.3.

Facilitare l’attività filantropica transfrontaliera: il libero flusso di capitali è al centro del mercato unico dell’UE. Garantire l’applicazione giuridica e pratica di questa libertà fondamentale, combinata con il principio di non discriminazione, per agevolare le attività filantropiche transfrontaliere. Gli investimenti transfrontalieri ad opera delle organizzazioni filantropiche sono fondamentali. È opportuno pensare anche a forme giuridiche sovranazionali che facilitino l’impegno filantropico.

6.4.

Assicurare sovvenzioni congiunte e coinvestimenti per il bene pubblico e per una società civile più forte: agevolare l’impegno negli strumenti dell’innovazione sociale e la creazione di partenariati strategici con attori filantropici. L’UE potrebbe sfruttare l’impatto delle risorse private per il bene comune attraverso l’introduzione di strumenti finanziari che facilitino la concessione congiunta di sovvenzioni e stimolino i coinvestimenti da parte delle organizzazioni filantropiche.

6.5.

Aprirsi all’innovazione: viviamo in un periodo straordinario per l’attività filantropica. Approcci innovativi, come gli investimenti sociali, le obbligazioni a impatto sociale (impact bonds), l’investimento ad impatto sociale (impact investing) e la filantropia con capitali di rischio, stanno dando risultati molto interessanti e ispirano sia le iniziative filantropiche tradizionali sia le pratiche aziendali. Le nuove tecnologie e i nuovi media sociali consentono nuovi rapidi impegni e un impatto veloce. Comunità come Data for good («dati per una buona causa») e la digitalizzazione offrono nuove prospettive per la filantropia in tutta Europa. È in corso di creazione una nuova piattaforma transfrontaliera digitale europea per consentire ai donatori di tutta Europa di sostenere organizzazioni in tutta Europa. Le parti interessate pubbliche e private dovrebbero incoraggiare e sviluppare tali iniziative al fine di rendere la filantropia più mirata ed incisiva.

Bruxelles, 15 maggio 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  www.ernop.eu.

(2)  È il caso, ad esempio, di Kick Cancer, un’ONG belga che finanzia la ricerca per lo sviluppo di farmaci per i bambini affetti da tumori (https://kickcancer.org/?locale=en).

(3)  Cfr. lo studio sullo spazio riservato alla società civile pubblicato nel 2018 dall’Agenzia dell’UE per i diritti fondamentali, dove sono elencate le sfide che la società civile, compresa quella impegnata in attività filantropiche, deve affrontare in diversi paesi dell’Unione:https://fra.europa.eu/en/publication/2018/challenges-facing-civil-society-orgs-human-rights-eu

(4)  Enlarging the space for European philanthropy [«Ampliare lo spazio per la filantropia europea»].

(5)  Piano d'azione del gruppo di collegamento del CESE per l'attuazione degli articoli 11, par.1 e 2 del TUE.

(6)  Cfr. lo studio di Hanna Surmatz e Ludwig Forrest Boosting cross-border philanthropy in Europe: towards a tax-effective environment ["Stimolare la filantropia transfrontaliera in Europa: verso un quadro fiscale efficace"], EFC-TGE, maggio 2017.

(7)  http://www.fundaciones.org/EPORTAL_DOCS/GENERAL/AEF/DOC-cw585d042d56ecf/Aefsectorfundacional3erInforme3.pdf

(8)  La promozione dell'economia sociale quale fattore essenziale dello sviluppo economico e sociale in Europa - Consiglio dell'UE, 7 dicembre 2015.


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

16.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 240/29


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 904/2010 per quanto riguarda misure di rafforzamento della cooperazione amministrativa per lottare contro la frode in materia di IVA»

[COM(2018) 813 final – 2018/0413 (CNS)]

(2019/C 240/07)

Relatore: Krister ANDERSSON

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 20/12/2018

Base giuridica

Articolo 113 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Assemblea plenaria

13.12.2018

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

12.4.2019

Adozione in sessione plenaria

15.5.2019

Sessione plenaria n.

543

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

212/2/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE appoggia l’obiettivo della Commissione di istituire, sulla base di disposizioni legislative chiare, una collaborazione operativa di livello avanzato tra le autorità fiscali per quanto riguarda le frodi in materia di IVA nel settore del commercio elettronico.

1.2.

Il CESE raccomanda che la reazione delle autorità pubbliche alle sofisticate modalità delle frodi in materia di IVA venga costantemente migliorata in termini di efficacia dell’applicazione (grazie a tecnologie adeguate tra cui, ad esempio, l’intelligenza artificiale) come pure in termini di cooperazione tra le autorità nazionali interessate. Tali autorità dovrebbero lavorare in sinergia, per garantire una risposta europea globale ed efficace alle frodi in materia di IVA.

1.3.

Al tempo stesso, il CESE osserva che, dal punto di vista dei consumatori, la proposta comporterà nuovi scambi e un nuovo trattamento delle informazioni personali relative all’IVA, disciplinati dal regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD). Il CESE sottolinea l’esigenza che le deroghe e le limitazioni alle disposizioni del regolamento generale sulla protezione dei dati siano circoscritte e mirate all’obiettivo (rigorosamente definito) della lotta alle frodi in materia di IVA. Queste deroghe, da intendersi come eccezioni specifiche alle norme generali e obbligatorie sulla tutela dei dati personali e della vita privata individuale, devono essere interpretate con attenzione e in modo restrittivo dalle autorità incaricate dell’applicazione della legge.

1.4.

A tale riguardo, bisognerebbe rivolgere una grande attenzione ai seguenti aspetti: i) l’obiettivo del trattamento dei dati, trattamento che dovrà essere possibile solo per combattere i comportamenti illegali; ii) le persone autorizzate ad accedere ai dati raccolti, conservati e scambiati, che dovrebbero essere soltanto funzionari di Eurofisc, nel rispetto di condizioni particolari e per finalità ben note e limitate, connesse alla lotta contro le frodi in materia di IVA; iii) il successivo utilizzo dei dati per avviare eventuali indagini e attività di contrasto.

1.5.

Tutti gli aspetti summenzionati sono formalmente presi in considerazione nella proposta della Commissione e questo è sicuramente un elemento positivo della proposta stessa. Ciò premesso, il CESE chiede alla Commissione di garantire, nella futura operatività quotidiana del sistema, la piena ed effettiva attuazione di tutte le garanzie in materia di libertà fondamentali contenute nella proposta, trovando quindi un adeguato equilibrio tra un’energica applicazione delle norme in materia di IVA e la necessaria salvaguardia dei diritti dei singoli e delle libertà fondamentali.

2.   Proposta della Commissione e contesto generale

2.1.

La proposta della Commissione tesa a modificare il regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio stabilisce le norme che consentono agli Stati membri di raccogliere, in modo armonizzato, la documentazione resa disponibile per via elettronica dai prestatori di servizi di pagamento ai sensi dell’articolo 243 ter della direttiva IVA.

2.2.

Il settore del commercio elettronico ha registrato una crescita spettacolare negli ultimi anni e i consumatori, collegandosi dai loro computer o smartphone, possono ora facilmente scegliere tra migliaia di fornitori, prodotti e marchi. Queste opportunità sono tuttavia sfruttate anche da imprese fraudolente allo scopo di eludere gli obblighi in materia di IVA.

2.3.

È stato stimato che, all’interno degli Stati membri, la perdita totale di gettito IVA connessa alle cessioni transfrontaliere di beni si aggiri sui 5 miliardi di EUR l’anno e, in tempi più recenti, tale stima è stata aggiornata per raggiungere un ammontare anche più rilevante, compreso tra 7 e 10 miliardi di EUR. È pertanto necessaria un’energica reazione da parte delle autorità pubbliche, che dovrebbe essere basata su una collaborazione efficace tra gli organi preposti all’applicazione delle norme fiscali sia all’interno dell’UE che a livello internazionale.

2.4.

Concretamente, la proposta istituisce un nuovo sistema elettronico centrale per la raccolta, l’archiviazione e il trattamento delle informazioni sui pagamenti e per l’ulteriore trattamento di tali informazioni da parte dei funzionari antifrode degli Stati membri che operano nel quadro di Eurofisc, la rete per lo scambio multilaterale di segnali di allerta precoce ai fini della lotta contro le frodi in materia di IVA.

2.5.

Dopo un’attenta e approfondita analisi della valutazione d’impatto, la Commissione ha ritenuto che un sistema centrale europeo per la raccolta e lo scambio di dati sui pagamenti (denominato CESOP) sia il modo più efficace per assicurare che le autorità fiscali dispongano di un quadro completo al fine di controllare la conformità alle norme IVA sul commercio elettronico e di lottare contro le frodi in materia di IVA. Il sistema consentirà agli Stati membri di scambiare le informazioni sui pagamenti conservate a livello nazionale, contribuendo a combattere efficacemente le frodi in materia di IVA nel settore del commercio elettronico.

2.6.

Con il CESOP sarà possibile: i) aggregare per beneficiario tutte le informazioni sui pagamenti pertinenti ai fini dell’IVA trasmesse dagli Stati membri; ii) ottenere un quadro completo dei pagamenti che i beneficiari hanno ricevuto da pagatori nell’UE; iii) riconoscere eventuali registrazioni multiple della stessa operazione di pagamento; iv) pulire le informazioni ricevute dagli Stati membri; v) consentire ai funzionari di collegamento di Eurofisc di effettuare un controllo incrociato tra i dati relativi ai pagamenti e le informazioni sull’IVA scambiate; vi) conservare le informazioni solo per il periodo necessario alle amministrazioni fiscali per svolgere controlli sull’IVA.

2.7.

Il periodo di archiviazione delle informazioni nel CESOP sarà di due anni e i funzionari di collegamento di Eurofisc saranno in grado di verificare se i pagamenti ricevuti da un determinato beneficiario in un determinato periodo superano i 10 000 EUR nell’insieme degli Stati membri. Il sistema sarebbe accessibile soltanto ai funzionari di collegamento di Eurofisc degli Stati membri e permetterebbe di effettuare ricerche unicamente allo scopo di svolgere indagini su casi sospetti o constatati di frode in materia di IVA.

2.8.

Ogni cinque anni la Commissione presenterà al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sul funzionamento del nuovo strumento di cooperazione amministrativa.

3.   Osservazioni generali e particolari

3.1.

Il CESE appoggia l’obiettivo della Commissione di istituire, sulla base di disposizioni legislative chiare, una collaborazione operativa di livello avanzato tra le autorità fiscali per quanto riguarda le frodi in materia di IVA nel settore del commercio elettronico. La promozione di un’assistenza amministrativa reciproca tra le autorità fiscali assicurerà maggiori risorse finanziarie sia alle casse degli Stati membri che al bilancio dell’UE, nonché condizioni semplificate per le imprese che rispettano le norme tributarie.

3.2.

Il crescente impiego delle tecnologie della comunicazione da parte degli operatori di mercato implica la necessità di aggiornare costantemente la legislazione antifrode, per tener conto delle diverse modalità di elusione delle norme fiscali e degli obblighi in materia di IVA. È pertanto essenziale che la reazione delle autorità pubbliche alle sofisticate modalità delle frodi in materia di IVA migliori costantemente per quanto riguarda l’efficacia dell’applicazione (per mezzo delle tecnologie adeguate) e la cooperazione tra le autorità nazionali interessate. Queste autorità dovrebbero lavorare in sinergia, con il sostegno della Commissione, per assicurare una risposta europea globale ed efficace alle frodi in materia di IVA che sia conforme al principio di sussidiarietà stabilito dai Trattati.

3.3.

A questo proposito, secondo il CESE, gli investimenti nell’intelligenza artificiale (IA) per individuare le frodi dell’IVA all’interno del nuovo sistema in fase di definizione potrebbero risultare vantaggiosi e utili a rendere il nuovo sistema pienamente operativo, a condizione che i diritti fondamentali delle persone e le norme specifiche dell’UE - come il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) (1) - siano pienamente rispettati nel quadro del nuovo scenario operativo, che implica l’utilizzo di nuove tecnologie e dell’IA per sostenere l’attività delle autorità pubbliche incaricate dell’applicazione della legge.

3.4.

Dato il carattere transfrontaliero delle frodi in materia di IVA e la crescente facilità (dovuta anche alla tecnologia) con cui è possibile mettere a punto pratiche illegali (ne è un esempio la rapidità con cui si possono spostare i proventi delle frodi dell’IVA), è necessario sviluppare una cooperazione più stretta non solo all’interno dell’UE, ma tra le autorità di tutto il mondo. Le misure per contrastare le frodi in materia di IVA possono avere successo soltanto se le amministrazioni fiscali nazionali cooperano più strettamente in uno spirito di fiducia reciproca, che implicherà lo scambio di informazioni pertinenti allo scopo di rendere possibile lo svolgimento dei rispettivi compiti.

3.5.

A questo fine, l’OCSE raccomanda di rafforzare la cooperazione amministrativa internazionale in materia di IVA o di imposte sulle vendite, per fare fronte alle sfide connesse alla riscossione dell’IVA da fornitori non residenti, in particolare negli scambi da impresa a consumatore (B2C), come debitamente indicato nell’analisi della valutazione d’impatto della Commissione.

3.6.

Un passo in questa direzione è rappresentato dall’accordo tra l’UE e la Norvegia nel settore della cooperazione amministrativa in materia di IVA (giugno 2018), che comprende anche strumenti specifici per il recupero dei crediti IVA. Il CESE auspica che l’UE promuova ulteriormente la cooperazione internazionale antifrode al fine di sviluppare una risposta efficace e coordinata alle attività che travalicano gli Stati e le frontiere continentali, danneggiando sia il bilancio dell’UE che quello dei singoli paesi.

3.7.

Il CESE sottolinea che, dal punto di vista del consumatore, la proposta comporterà nuovi scambi e il trattamento di informazioni personali rilevanti ai fini dell’IVA, disciplinate dal regolamento generale sulla protezione dei dati, recentemente approvato e attuato in tutta l’Unione, con costi di conformità considerevoli per le imprese dell’UE.

3.8.

Il regolamento generale sulla protezione dei dati presenta una definizione ampia del concetto di dati personali, che comprende qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile, ossia che può essere identificata direttamente o indirettamente. Di conseguenza, le informazioni sui pagamenti disciplinate dalla proposta della Commissione rientrano nell’ambito e nei principi applicabili ai fini della protezione dei dati personali di cui alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

3.9.

Secondo la Commissione, «la tassazione è un importante obiettivo di interesse pubblico generale dell’Unione e degli Stati membri e ciò è stato riconosciuto con riguardo alle restrizioni che possono essere imposte agli obblighi e ai diritti ai sensi del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) e per quanto riguarda la protezione delle informazioni ai sensi del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio (3). Le limitazioni ai diritti di protezione dei dati sono necessarie a causa della natura e del volume delle informazioni che provengono dai prestatori di servizi di pagamento e dovrebbero basarsi sulle condizioni e le modalità specifiche e predefinite di cui agli articoli da 243 ter a 243 quinquies della direttiva 2006/112/CE del Consiglio» (4).

3.10.

Il CESE sottolinea energicamente la necessità di mantenere deroghe e limitazioni alle disposizioni del regolamento generale sulla protezione dei dati, in funzione unicamente dell’obiettivo (rigorosamente definito) della lotta alle frodi in materia di IVA. Queste deroghe, da intendersi come eccezioni specifiche alle norme generali e obbligatorie a tutela dei dati personali e della vita privata individuale, devono essere interpretate con attenzione e in modo restrittivo dalle autorità incaricate dell’applicazione della legge. A tale riguardo, bisognerebbe rivolgere una grande attenzione ai seguenti aspetti: i) l’obiettivo del trattamento dei dati, trattamento che dovrà essere possibile solo per combattere i comportamenti illegali; ii) le persone autorizzate ad accedere ai dati raccolti, conservati e scambiati, che dovrebbero essere soltanto funzionari di Eurofisc, nel rispetto di condizioni particolari e per finalità ben note e limitate, connesse alla lotta contro le frodi in materia di IVA; iii) il successivo utilizzo dei dati per avviare eventuali indagini e attività di contrasto.

3.11.

Tutti gli aspetti summenzionati sono formalmente presi in considerazione nella proposta della Commissione e questo è sicuramente un elemento positivo della proposta stessa. Ciò premesso, il CESE chiede alla Commissione di garantire, nella futura operatività quotidiana del sistema, la piena ed effettiva attuazione di tutte le garanzie in materia di libertà fondamentali contenute nella proposta, trovando quindi un adeguato equilibrio tra un’energica applicazione delle norme in materia di IVA e la necessaria salvaguardia dei diritti dei singoli e delle libertà fondamentali.

3.12.

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, il CESE chiede alle autorità nazionali competenti di condurre un attento monitoraggio e di verificare il pieno e concreto rispetto sia delle norme fissate nella proposta che limitano l’utilizzo dei dati e delle informazioni, che delle disposizioni del regolamento generale sulla protezione dei dati. Il CESE invita la Commissione, quando raccoglie le osservazioni degli Stati membri che dovrebbero essere completate entro la fine del 2024, a verificare attentamente, insieme alle autorità nazionali incaricate della tutela dei dati personali e al Garante europeo della protezione dei dati, se le disposizioni del regolamento generale sulla protezione dei dati siano state pienamente rispettate, e a riferire al Parlamento europeo e al Consiglio nel quadro della sua prevista relazione sul funzionamento del nuovo strumento di cooperazione amministrativa (articolo 59 del regolamento (UE) n. 904/2010). I casi di distorsione o di illecito, qualora vengano rilevati, dovranno ovviamente essere subito prevenuti e corretti.

3.13.

Per quanto riguarda la protezione delle imprese europee che operano nel settore del commercio elettronico, il CESE raccomanda che il nuovo sistema sia in grado di salvaguardare e garantire efficacemente i segreti commerciali sia nella fase di monitoraggio preliminare della raccolta e analisi dei dati che, in particolare, nella successiva (ipotetica) fase di applicazione della legge. A tale riguardo, l’esperienza maturata dalla Commissione europea nel tutelare la proprietà intellettuale e i segreti industriali nelle cause in materia di diritto della concorrenza potrebbe risultare utile quale standard di paragone.

Bruxelles, 15 maggio 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A32016R0679.

(2)  Regolamento generale sulla protezione dei dati - https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A32016R0679.

(3)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32018R1725.

(4)  Direttiva sull’IVA https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32006L0112&from=IT.


16.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 240/33


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda l’introduzione di taluni requisiti per i prestatori di servizi di pagamento»

[COM(2018) 812 final – 2018/0412 (CNS)]

e sulla «Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 per quanto riguarda le disposizioni relative alle vendite a distanza di beni e a talune cessioni nazionali di beni»

[COM(2018) 819 final – 2018/0415 (CNS)]

(2019/C 240/08)

Relatore: Krister ANDERSSON

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 20.12.2018

Base giuridica

Articolo 113 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

12.4.2019

Adozione in sessione plenaria

15.5.2019

Sessione plenaria n.

543

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

209/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE sostiene l’obiettivo della Commissione di introdurre ulteriori norme per garantire la proporzionalità e rafforzare la certezza giuridica per gli operatori commerciali che gestiscono interfacce elettroniche che facilitano la fornitura di merci ai consumatori nell’UE, in particolare quando sono considerati fornitori presunti.

1.2.

Il CESE sostiene altresì l’intenzione della Commissione di instaurare una cooperazione regolare con i prestatori di servizi di pagamento sulla base di disposizioni legislative chiare. I risultati promettenti attesi a seguito dell’attuazione delle nuove misure garantiranno maggiori risorse sia per i bilanci nazionali che per quello dell’Unione, oltre a condizioni di parità semplificate per le imprese che rispettano la disciplina fiscale.

1.3.

Il CESE osserva che l’approccio normativo adottato dalla Commissione è in linea con il principio di sussidiarietà, visto che le frodi in materia di IVA nel commercio elettronico si verificano in tutti gli Stati membri e che la legislazione dell’Unione costituisce lo strumento più efficiente per aiutare efficacemente gli Stati membri ad ottenere le informazioni necessarie a controllare le cessioni transfrontaliere di beni ai fini dell’IVA. Per converso, le varie iniziative legislative promosse a livello nazionale si rivelerebbero inadeguate per affrontare in maniera efficace le questioni relative alle frodi in materia di IVA e darebbero vita a uno scenario normativo eccessivamente complicato.

1.4.

Al tempo stesso, tuttavia, il CESE sottolinea che, dal punto di vista dei consumatori, la proposta comporterà nuovi scambi e il trattamento delle informazioni personali relative all’IVA, ora disciplinati dal regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD)») (1). A tale proposito, il CESE sottolinea con forza l’importanza di rispettare pienamente le disposizioni di tale regolamento e la necessità di limitare l’utilizzo dei dati al solo obiettivo, rigorosamente circoscritto, di contrastare le frodi in materia di IVA in un modo che sia efficiente sotto il profilo dei costi e accettabile per il pubblico in generale.

1.5.

Infine, il CESE raccomanda alla Commissione di effettuare investimenti adeguati in beni materiali e tecnologie dell’informazione al fine di garantire la messa in atto di un sistema di archiviazione centrale funzionale, constatando che i costi stimati del progetto potrebbero essere coperti in modo semplice e rapido dai risultati attesi dalla riduzione delle frodi in materia di IVA e del divario dell’IVA.

2.   Proposta della Commissione e contesto generale

2.1.

La proposta della Commissione introduce taluni requisiti per i prestatori di servizi di pagamento per garantire una cooperazione efficace tra tali prestatori e le autorità fiscali al fine di migliorare gli strumenti antifrode nel campo dell’IVA. La proposta è in linea con la direttiva sull’IVA nel commercio elettronico, che ha introdotto nuovi obblighi in materia di IVA per i mercati online e nuove misure di semplificazione per aiutare le imprese a rispettare gli obblighi in materia di IVA mediante uno sportello unico.

2.2.

La proposta della Commissione COM(2018) 819 final introduce ulteriori norme che dovrebbero migliorare il funzionamento del pacchetto IVA per il commercio elettronico che è stato adottato nel dicembre 2017 ed entrerà in vigore il 1o gennaio 2021. La proposta apporta ulteriori chiarimenti sul trattamento dell’IVA dei fornitori che utilizzano un’interfaccia elettronica per facilitare la cessione di beni ai consumatori nell’UE quando sono considerati fornitori presunti ai sensi dell’articolo 14 bis, paragrafo 2, della direttiva IVA e sono quindi responsabili della riscossione e del pagamento dell’IVA alle autorità fiscali. In linea di principio, a norma dell’articolo 369 ter della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (2), lo sportello unico può essere utilizzato soltanto per dichiarare e versare l’IVA sulle prestazioni transfrontaliere di servizi e sulle vendite a distanza intra-UE di beni e non sulle cessioni nazionali di beni. Tuttavia, dal momento che i fornitori che commercializzano merci attraverso l’uso di un’interfaccia elettronica possono detenere una scorta di beni in diversi Stati membri a partire dalla quale effettuano cessioni nazionali, ciò implicherebbe che gli operatori commerciali che gestiscono tali interfacce elettroniche e diventano fornitori presunti di queste forniture dovrebbero iscriversi in tutti gli Stati membri dell’UE nei quali i fornitori originari detengono un deposito ed effettuano forniture nazionali. Si propone pertanto di consentire loro di utilizzare lo sportello unico anche per le forniture nazionali per le quali sono considerati fornitori presunti ai sensi dell’articolo 14 bis, paragrafo 2, della direttiva IVA. Si mantiene in tal modo la semplificazione dello sportello unico per le interfacce elettroniche, evitando ulteriori procedure onerose per le imprese. La proposta della Commissione [COM(2018) 819 final] introduce norme specifiche necessarie per sostenere l’adozione di uno sportello unico mediante una serie di modifiche mirate all’attuale quadro giuridico.

2.3.

Il settore del commercio elettronico è stato interessato da una crescita straordinaria negli ultimi anni. Oggi i consumatori possono facilmente scegliere tra migliaia di fornitori, prodotti e marchi attraverso i loro computer o smartphone. Tuttavia, anche le imprese fraudolente sfruttano tale opportunità per evitare i loro obblighi in materia di IVA.

2.4.

Più specificamente, sono tre i principali casi di frode in materia di IVA nel commercio elettronico transfrontaliero: i) cessioni di beni e prestazioni di servizi intra-UE; ii) importazioni di beni da imprese stabilite in un paese terzo a favore di consumatori negli Stati membri; iii) prestazioni di servizi da parte di imprese stabilite in un paese terzo a consumatori negli Stati membri.

2.5.

Negli Stati membri, la perdita totale di gettito IVA sulle cessioni transfrontaliere di beni è stimata a circa 5 miliardi di EUR l’anno e, recentemente, tale stima è stata innalzata fino a un importo, ancor più considerevole, compreso tra i 7 e i 10 miliardi di EUR. È pertanto necessaria una risposta incisiva delle autorità pubbliche che includa, laddove necessaria e proporzionata, la cooperazione con soggetti privati.

2.6.

La proposta della Commissione COM(2018) 812 final è volta a ridurre il problema delle frodi in materia di IVA nel commercio elettronico rafforzando la cooperazione tra le autorità fiscali e i prestatori di servizi di pagamento, visto che oltre il 90 % degli acquisti online nell’UE è attualmente effettuato attraverso un intermediario. In tal senso, l’esperienza maturata in alcuni Stati membri ha dimostrato che una cooperazione sufficiente tra le autorità fiscali e i prestatori di servizi di pagamento può produrre risultati tangibili e rapidi nella lotta contro le frodi in materia di IVA nel commercio elettronico.

2.7.

La proposta consentirà alle autorità fiscali di raccogliere e scambiare le informazioni relative ai pagamenti fornite dai prestatori di servizi di pagamento, utilizzando un sistema di archiviazione centralizzato che sarà messo a punto dalla Commissione in collaborazione con le autorità fiscali nazionali, così da garantire un approccio uniforme alla raccolta e all’analisi dei dati.

2.8.

In pratica, l’articolo 243 ter della direttiva 2006/112/CE introduce un nuovo obbligo di conservazione della documentazione per i prestatori di servizi di pagamento. Gli unici servizi di pagamento pertinenti in tal senso sono quelli che danno luogo a un trasferimento transfrontaliero di fondi a favore dei beneficiari (o del soggetto che agisce per conto dei beneficiari) e solo se il pagatore è localizzato in uno degli Stati membri. In altre parole, secondo la proposta, il concetto di «transfrontaliero»si riferisce alle operazioni in cui il consumatore si trova in uno Stato membro e il fornitore in un altro Stato membro oppure in un paese terzo. Nella proposta della Commissione non rientrano i pagamenti nazionali.

2.9.

Al fine di escludere i trasferimenti transfrontalieri di fondi effettuati per motivi privati e concentrarsi unicamente sui pagamenti collegati a un’attività economica, i prestatori di servizi di pagamento devono tenere la documentazione relativa al beneficiario e metterla a disposizione delle autorità fiscali solo quando l’importo totale dei pagamenti ricevuti da un determinato beneficiario supera il massimale di 25 pagamenti in un trimestre civile. Questa soglia è stata fissata tenendo conto di un valore medio di ordini di acquisto online di 95 EUR che, combinato con una quantità minima di 100 operazioni di pagamento all’anno, si traduce in circa 10 000 EUR di vendite annuali.

2.10.

Le informazioni che i prestatori di servizi di pagamento dovranno conservare identificheranno il prestatore di servizi di pagamento che conserva la documentazione, le informazioni che consentono di identificare il beneficiario e le informazioni sui pagamenti ricevuti dal beneficiario stesso. Le informazioni per l’identificazione dei pagatori non rientrano nell’obbligo di conservazione della documentazione imposto ai prestatori di servizi di pagamento, poiché non sono necessarie per accertare le frodi. Per i prestatori di servizi di pagamento il periodo di conservazione della documentazione sarà di due anni.

3.   Osservazioni generali e specifiche

3.1.

Il CESE sostiene l’obiettivo della Commissione, perseguito con la proposta COM(2018) 819 final, di introdurre ulteriori norme per garantire la proporzionalità e rafforzare la certezza giuridica per gli operatori commerciali che gestiscono interfacce elettroniche che facilitano la fornitura di merci ai consumatori nell’UE, in particolare quando sono considerati fornitori presunti.

3.2.

Il CESE sostiene altresì l’obiettivo della Commissione di instaurare una cooperazione regolare con i prestatori di servizi di pagamento, sulla base di disposizioni legislative chiare e trasparenti. I risultati promettenti attesi a seguito dell’attuazione delle nuove misure giustificano lo sforzo legislativo della Commissione, e garantiranno maggiori risorse sia per i bilanci nazionali che per quello dell’Unione, oltre a condizioni di parità semplificate per le imprese che rispettano la disciplina fiscale.

3.3.

La proposta della Commissione fa seguito a un’ampia consultazione con diverse parti interessate, in particolare con i prestatori di servizi di pagamento, altri rappresentanti delle imprese e le autorità fiscali dello Stato membro. Il CESE si rallegra del fatto che la Commissione abbia provveduto a raccogliere un numero significativo di riscontri e contributi di attori pubblici e privati, che sono certamente serviti nella messa a punto di una proposta legislativa solida e proporzionata.

3.4.

Il CESE osserva che l’approccio normativo adottato nella proposta è in linea con il principio di sussidiarietà sancito dai trattati, visto che le frodi in materia di IVA nel commercio elettronico si verificano in tutti gli Stati membri e che la legislazione dell’Unione costituisce lo strumento più efficiente per aiutare efficacemente gli Stati membri ad ottenere le informazioni necessarie a controllare le cessioni transfrontaliere di beni ai fini dell’IVA. Per converso, le varie iniziative legislative promosse a livello nazionale si rivelerebbero inadeguate per affrontare in maniera efficace le questioni relative alle frodi in materia di IVA e darebbero vita a uno scenario normativo eccessivamente complicato.

3.5.

Secondo la proposta della Commissione, i prestatori di servizi di pagamento saranno tenuti a conservare una documentazione relativa ai dati già a loro disposizione per effettuare le operazioni di pagamento, in conformità con il principio di proporzionalità sancito dai trattati e ulteriormente sviluppato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Inoltre, l’obbligo armonizzato, a livello dell’UE, di conservazione della documentazione e di trasmissione dei dati alle autorità fiscali limiterà gli oneri amministrativi per i prestatori di servizi di pagamento (rispetto all’onere di chiedere a tali prestatori di servizi di pagamento di conformarsi ai diversi approcci nazionali).

3.6.

In tal senso, come dimostrato dall’analisi della valutazione d’impatto, l’armonizzazione degli obblighi di comunicazione in un formato unico per la trasmissione di informazioni ridurrà i costi di conformità per i prestatori di servizi di pagamento, che potranno collaborare nella lotta alle frodi in materia di IVA con un impatto ragionevole ed equilibrato sulle loro attività operative quotidiane.

3.7.

La soglia dei 25 pagamenti per trimestre, che corrispondono a circa 10 000 EUR l’anno sulla base di un valore medio delle operazioni di commercio elettronico nell’UE di 95 EUR, sembra ragionevole e proporzionata considerando anche che, generalmente, l’importo di 10 000 EUR già dà luogo ad obblighi in materia di IVA negli Stati membri. Tale importo, peraltro, corrisponde anche alla soglia di 10 000 EUR per le cessioni intra-UE introdotta dalla direttiva sull’IVA nel commercio elettronico. Pertanto, la soglia minima di 10 000 EUR appare adeguata per conseguire un equilibrio tra la tutela delle operazioni meramente private (che nulla hanno a che vedere con le frodi in materia di IVA) e l’obiettivo di istituire un sistema di monitoraggio realistico per ridurre le frodi. La Commissione, tuttavia, dovrebbe vigilare sugli sviluppi al fine di garantire che le soglie restino adeguate nel tempo, introducendo modifiche laddove necessario.

3.8.

Il CESE sottolinea che, dal punto di vista del consumatore, la proposta comporterà nuovi scambi e il trattamento di informazioni personali rilevanti ai fini dell’IVA, disciplinati dal regolamento generale sulla protezione dei dati, recentemente approvato e attuato in tutta l’Unione con costi di conformità considerevoli per le imprese dell’UE.

3.9.

Il regolamento generale sulla protezione dei dati offre una definizione ampia del concetto di dati personali, che comprende qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile che possa essere identificata direttamente o indirettamente. Pertanto, le informazioni sui pagamenti disciplinate dalla proposta della Commissione rientrano nel suo ambito e nei principi applicabili in materia di protezione dei dati personali, come sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

3.10.

Secondo la Commissione, «con questa iniziativa verrebbero trattate solo le informazioni sui pagamenti necessarie a combattere le frodi in materia di IVA nel commercio elettronico. Le informazioni trattate potrebbero riguardare unicamente i destinatari dei fondi (beneficiari) e l’operazione di pagamento in sé (importo, valuta, data), mentre le informazioni sui consumatori che pagano i beni o i servizi (pagatori) non rientrerebbero nello scambio di informazioni. Pertanto tali informazioni non sarebbero utilizzate per altre finalità, quali il controllo delle abitudini di acquisto dei consumatori. Dall’iniziativa sarebbero esclusi anche i pagamenti nazionali. Infine le informazioni sui pagamenti sarebbero accessibili unicamente ai funzionari di collegamento di Eurofisc degli Stati membri e solo per il tempo necessario alla lotta contro le frodi in materia di IVA nel commercio elettronico».

3.11.

Il CESE sottolinea con forza l’importanza di rispettare pienamente le disposizioni del regolamento generale sulla protezione dei dati e la necessità di limitare l’utilizzo dei dati al solo obiettivo, rigorosamente circoscritto, di contrastare le frodi in materia di IVA in un modo che sia efficiente sotto il profilo dei costi e accettabile per il pubblico in generale. Su questo punto, il Comitato invita la Commissione a verificare attentamente (al momento della raccolta dei contributi degli Stati membri, che si prevede sarà completata entro la fine del 2024) che le disposizioni del regolamento siano state pienamente rispettate e che sia possibile identificare e rettificare eventuali violazioni di tali disposizioni negli Stati membri.

3.12.

Infine, il CESE raccomanda alla Commissione di adattare gli investimenti in beni materiali e tecnologie dell’informazione al fine di garantire la messa in atto di un sistema di archiviazione centrale funzionale, constatando che i costi stimati del progetto (11,8 milioni di EUR per l’avviamento e 4,5 milioni di EUR per la gestione annuale) potrebbero essere coperti in modo semplice e rapido dai risultati attesi dalla riduzione delle frodi in materia di IVA e del divario dell’IVA, visto che la perdita totale di gettito IVA sulle cessioni transfrontaliere di beni supera i 5 miliardi di EUR e che il valore complessivo delle vendite online nel 2017 ha raggiunto quasi i 600 miliardi di EUR.

Bruxelles, 15 maggio 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Regolamento generale sulla protezione dei dati - https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A32016R0679.

(2)  Direttiva IVA 2006/112/CE - https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex:32006L0112.


16.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 240/37


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una bioeconomia sostenibile per l’Europa: rafforzare il collegamento tra economia, società e ambiente»

(COM(2018) 673 final)

(2019/C 240/09)

Relatore: Mindaugas MACIULEVIČIUS

Correlatore: Udo HEMMERLING

Consultazione

Commissione europea, 14.12.2018

Base giuridica

Articolo 29, paragrafo 1, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Ufficio di presidenza

16.10.2018

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

25.4.2019

Adozione in sessione plenaria

15.5.2019

Sessione plenaria n.

543

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

203/1/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Si fa strada un senso globale di urgenza: sfide di portata planetaria, come il cambiamento climatico e la crescita demografica mondiale ci impongono di ricercare con urgenza dei sostituti per i combustibili fossili e di utilizzare in modo più efficiente le biorisorse. L’agricoltura e il settore forestale sono importanti produttori di biomassa per usi diversi dagli alimenti e dai mangimi e, in quanto tali, contribuiscono in misura rilevante alla bioeconomia. Le nuove catene del valore offrono ulteriori opportunità di attività dell’economia rurale per passare da un’economia basata sui combustibili fossili a una bioeconomia.

1.2.

In questo contesto, occorre dare priorità a una maggiore consapevolezza del nostro consumo di biorisorse, in linea con gli obiettivi climatici dell’accordo di Parigi. Oltre a migliorare la comprensione, le attività nel settore della bioeconomia devono coinvolgere i consumatori attraverso consulenze e informazioni regolari, in modo da facilitare i cambiamenti necessari e aprire la strada all’introduzione di misure di creazione del mercato, per promuovere ulteriormente la fiducia dei consumatori e l’acquisizione di prodotti biologici dell’UE da parte dei committenti pubblici.

1.3.

Vi sono opportunità per la biodiversità, l’industria, lo sviluppo economico e l’occupazione. Il CESE accoglie con favore l’aggiornamento della strategia per la bioeconomia del 2012, che rappresenta un passo importante nella giusta direzione. Esiste una domanda globale di prodotti a base biologica sostenibili ed efficienti sotto il profilo delle risorse. Tuttavia, nonostante i notevoli progressi compiuti nella nuova versione, alcune delle misure previste devono ancora essere messe in pratica:

1.3.1.

Oltre all’accesso agli strumenti finanziari, è essenziale istituire servizi di consulenza individuali e flessibili per aiutare le PMI del settore agroalimentare ad avviare progetti innovativi a lungo termine. Tali imprese mancano spesso delle necessarie competenze o conoscenze interne per molti motivi, tra cui le risorse umane, finanziarie e infrastrutturali.

1.3.2.

La cooperazione pubblico-privato dovrebbe prestare la dovuta attenzione ai produttori primari. Tale modello potrebbe essere sostenuto da una serie di misure e strumenti nell’ambito della politica agricola comune (PAC).

1.3.3.

L’integrazione delle attività di ricerca, innovazione e bioeconomia in una strategia a lungo termine faciliterà il sostegno allo sviluppo e alla replica.

1.3.4.

Il proseguimento dell’istruzione e della formazione dei lavoratori e dei produttori primari è fondamentale. È importante facilitare lo scambio di conoscenze, fornire sostegno alle reti transnazionali e tenere il passo con il cambiamento sociale e tecnologico. Gli approcci in materia di istruzione, impegno e comunicazione, che coinvolgono le parti interessate del settore della bioeconomia delle zone rurali, sono fondamentali.

1.3.5.

È essenziale promuovere l’economia circolare e i collegamenti territoriali intersettoriali nell’UE e nel resto del mondo, in particolare per quanto riguarda il rispetto degli impegni assunti nel quadro degli obiettivi di sviluppo sostenibile e degli obiettivi della COP21.

1.3.6.

Tutti gli Stati membri dovrebbero integrare una strategia globale per la bioeconomia nelle loro politiche e nei loro programmi e coinvolgere le autorità locali competenti e le parti interessate (produttori primari, fornitori di istruzione e ricerca, industria, società civile e parti sociali ecc.).

1.3.7.

L’UE dovrebbe adoperarsi per creare un sistema di tariffazione globale per le emissioni di carbonio, che rappresenterebbe il modo più neutrale ed efficace di promuovere la bioeconomia e coinvolgere tutti gli attori del mercato negli sforzi volti ad attenuare i cambiamenti climatici.

1.4.

Il rispetto dei principi di sostenibilità è essenziale per una bioeconomia «nuova», e se si vuole garantire la produttività delle risorse naturali, occorre preservare tali risorse. La bioeconomia deve pertanto seguire criteri di sostenibilità. Per evitare distorsioni svantaggiose per l’ambiente, l’economia e la società, bisogna applicare le stesse regole alla biomassa prodotta nell’UE e a quella proveniente dall’estero.

2.   Osservazioni generali

La bioeconomia comprende la produzione di risorse biologiche rinnovabili e la loro trasformazione in alimenti, mangimi, bioprodotti e bioenergia. Ciò include l’agricoltura, la silvicoltura, la pesca, il settore alimentare, quello della produzione di pasta di cellulosa e carta, nonché comparti dell’industria chimica, biotecnologica ed energetica.

2.1.

La strategia dell’UE per la bioeconomia 2012 si prefiggeva di «[…] preparare il terreno per una società più innovatrice, più efficiente sotto il profilo delle risorse e più competitiva, in grado di riconciliare la sicurezza alimentare con lo sfruttamento sostenibile delle risorse rinnovabili a fini industriali, garantendo al contempo la protezione dell’ambiente». Nel 2017, la Commissione ha effettuato un riesame della strategia del 2012, concludendo che questa ha dimostrato la rilevanza dei propri obiettivi e che l’importanza delle opportunità offerte dalla bioeconomia è sempre più riconosciuta sia in Europa che altrove. Nell’ottobre 2018 la Commissione ha presentato un piano d’azione teso a sviluppare una bioeconomia sostenibile e circolare al fine di «migliorare e potenziare l’utilizzo sostenibile delle risorse rinnovabili per far fronte a sfide globali e locali quali i cambiamenti climatici e lo sviluppo sostenibile» (1).

2.2.

La popolazione mondiale è destinata a crescere fino a circa 10 miliardi di persone da qui al 2050 (2); e, per poter fornire a un maggior numero di persone cibo sicuro, nutriente, di elevata qualità e a prezzi accessibili con un minor impatto ambientale e climatico per unità prodotta, e poter disporre di materiale biologico rinnovabile sufficiente per produrre una quota considerevole di quanto oggi ricavato dai combustibili fossili, in combinazione con il vento, il sole e altre fonti di energia rinnovabili, è necessario e urgente che le risorse biologiche siano utilizzate in maniera più efficiente. Alla luce dei recenti sviluppi politici, ivi compresi gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (OSS) (3) e la Convenzione sui cambiamenti climatici (impegni assunti alla COP 21), è stato pertanto necessario procedere a un riorientamento delle azioni e a un aggiornamento della strategia per la bioeconomia.

2.3.

Nella strategia aggiornata per la bioeconomia (4), la Commissione annuncia che nel 2019 avvierà 14 azioni, tra cui:

la creazione di una piattaforma di investimento tematica da 100 milioni di EUR per la bioeconomia circolare al fine di ridurre le distanze tra le bioinnovazioni e il mercato e di limitare i rischi per gli investimenti privati nelle soluzioni sostenibili; agevolare lo sviluppo di nuove bioraffinerie sostenibili in tutta Europa;

la messa a punto di un programma strategico per la sostenibilità dei prodotti alimentari, dei sistemi di produzione agricola, della silvicoltura e dei bioprodotti;

l’istituzione, nell’ambito di Orizzonte 2020, di un meccanismo dell’UE per il sostegno alle politiche sulla bioeconomia dei paesi dell’UE, per sviluppare programmi nazionali e regionali in materia di bioeconomia;

il lancio di azioni pilota per lo sviluppo delle bioeconomie nelle aree urbane, rurali e costiere, ad esempio per quanto riguarda la gestione dei rifiuti e lo stoccaggio del carbonio;

l’introduzione di un sistema di monitoraggio a livello di UE per seguire i progressi compiuti verso una bioeconomia sostenibile e circolare;

il rafforzamento della base di conoscenze e della comprensione dei settori specifici della bioeconomia mediante la raccolta di dati e la promozione di un migliore accesso alla stessa tramite il Centro di conoscenze per la bioeconomia;

l’elaborazione di orientamenti e la promozione delle buone pratiche sul modo di operare nel settore della bioeconomia entro limiti ecologici sicuri.

2.4.

La bioeconomia può consentire una serie di opzioni che possono contribuire a ridurre sia le emissioni di CO2 che la dipendenza dalle importazioni di risorse fossili. Ad esempio, le foreste dell’UE sequestrano una quantità di carbonio corrispondente al 10 % delle emissioni annuali dell’Unione europea, garantendo nel contempo un approvvigionamento costante e sostenibile di biomassa per la produzione di energia rinnovabile. Inoltre, si stima che 100 000 sostanze chimiche attualmente in produzione possano, in linea teorica, essere ottenute da materie prime rinnovabili - il che non significa che tutte queste sostanze debbano essere ottenute in questo modo, ma vuol dire che in linea teorica esse potrebbero esserlo. Ciò non solo offrirà la possibilità di produrre beni di uso comune quotidiano a livello locale e da materie prime rinnovabili, ma contribuirà anche a creare posti di lavoro, specie nelle aree costiere e in quelle rurali, e a generare crescita in Europa, dove il vantaggio tecnologico rimane consistente. Secondo stime del settore, da qui al 2030 le bioindustrie potrebbero generare un milione di nuovi posti di lavoro.

2.5.

Tuttavia, sulla strada che conduce a una maggiore innovazione nel settore della bioeconomia dell’UE permangono ostacoli di rilievo. Un importante ostacolo riguarda la competitività dei bioprodotti in termini di costi, sia rispetto alle alternative fossili che ai prodotti equivalenti provenienti da altre parti del mondo. La competitività dei costi è influenzata da molti fattori, tra i quali il livello di maturità tecnologica, il costo del lavoro, le sovvenzioni ai combustibili fossili e l’ammortamento degli investimenti, nonché il livello (attualmente basso) del sostegno al mercato per i bioprodotti. A questo problema di competitività si sommano le difficoltà nell’accesso ai finanziamenti per i progetti e gli impianti di produzione innovativi, nonché, in molti casi, la scarsa consapevolezza degli utenti finali riguardo ai bioprodotti e una mancanza di competenze e rapporti operativi per trainare la crescita del settore. Inoltre, le procedure di autorizzazione per nuovi progetti nel campo della bioeconomia sono sempre più lunghe e complesse, con le notevoli incertezze giuridiche e i gravi rischi finanziari che ciò comporta per gli operatori economici.

3.   Osservazioni particolari

Il CESE accoglie con favore la comunicazione che aggiorna la strategia per la bioeconomia del 2012, e constata la necessità di una politica a lungo termine, coerente ed efficiente di promozione della bioeconomia. Tuttavia, il collegamento tra questa strategia globale per la bioeconomia e altri strumenti strategici esistenti non è ancora automatico. La chiave per un’efficace elaborazione delle politiche in materia di bioeconomia è pertanto ancora quella di individuare sinergie tra i settori di intervento, senza perdere di vista gli obiettivi di una produzione alimentare efficiente, di una gestione sostenibile delle risorse naturali, di uno sviluppo territoriale equilibrato nelle zone rurali e di condizioni di vita sicure e dignitose.

3.1.

Mentre l’aggiornamento mira a sfruttare gli investimenti dell’UE e pone un forte accento sul rafforzamento e l’espansione dei settori a base biologica attraverso lo sblocco degli investimenti e dei mercati, permane un divario (al di là delle attività di ricerca e sviluppo) nell’assistenza alle imprese della bioeconomia ai fini della raccolta di fondi, della strategia di accesso al mercato, dello sviluppo dell’organizzazione e della maturazione dei prodotti. Gli investitori nella fase iniziale della crescita a livello nazionale e regionale, che forniscono consulenza su misura alle industrie di piccolissime e piccole dimensioni e alle imprese emergenti sono altrettanto necessari quanto la mobilitazione degli investimenti dell’UE per i grandi progetti. È richiesto un approccio globale in materia di finanziamento, per commercializzare nuovi prodotti.

3.2.

L’aggiornamento sottolinea inoltre il fatto che le sinergie tra il settore pubblico e quello privato possono fare il miglior uso possibile di diverse fonti di investimento. In tale contesto, l’impresa comune Bioindustrie si sta rivelando essenziale per sostenere lo sviluppo di infrastrutture industriali della bioeconomia e di catene del valore europee incentrate sull’uso delle risorse rinnovabili, compresi i rifiuti.

3.3.

Tuttavia non viene dato abbastanza rilievo al settore privato, e in particolare ai produttori primari (ossia gli agricoltori, i proprietari di foreste e le loro cooperative) che hanno un ruolo importante ai fini dello sviluppo di una bioeconomia sostenibile. Occorre dedicare la dovuta attenzione anche alle PMI, che costituiscono una parte considerevole della catena agroalimentare. In questo contesto, la PAC potrebbe diventare uno strumento interessante per aiutare gli agricoltori, i proprietari di foreste e le loro cooperative a investire maggiormente nella produzione e a renderla più sostenibile.

3.4.

In tale quadro, la creazione di condizioni di mercato favorevoli è fondamentale e va di pari passo con il livello di fiducia dei consumatori nelle informazioni che vengono fornite loro in merito ai prodotti di cui considerano l’acquisto. L’esame delle norme in materia di informazioni è giustificato, e un primo passo importante è consistito nel definire norme chiare al livello dell’UE per i prodotti biologici, al fine di tutelare meglio la credibilità delle norme concordate dal settore, e allo stesso tempo evitando di indurre confusione nei consumatori e infondendo fiducia nei clienti industriali e nei committenti pubblici. Rimane molto da fare per aiutare i consumatori a compiere una scelta consapevole attraverso strategie di comunicazione intelligenti.

3.5.

La strategia aggiornata rafforza inoltre l’idea di un «potenziamento», ma perde di vista il concetto di «replica». La ricerca è stata già effettuata, e l’innovazione a lungo termine e le strategie per la bioeconomia devono andare di pari passo. La ricerca di base e applicata dovrebbe essere ben sincronizzata e contribuire ad obiettivi strategici comuni. Occorre inoltre concentrarsi sullo sviluppo, sull’accesso e sul mantenimento di infrastrutture o cluster di ricerca e innovazione di alta qualità. Ad esempio, l’istituzione di centri di eccellenza mondiale per la ricerca applicata nel settore della fabbricazione di bioprocessi su scala reale, che crea soluzioni innovative e sostenibili, potrebbe aiutare le PMI a sfruttare tutte le conoscenze disponibili. Il trasferimento di conoscenze sarebbe assistito da dimostrazioni ed esempi. Le dimostrazioni offrirebbero alle PMI un quadro completo delle tecnologie disponibili in uno specifico settore della bioeconomia.

3.6.

Nell’UE le zone rurali attraversano una fase di profonda trasformazione economica, demografica e istituzionale. Occorre pertanto rivolgere la dovuta attenzione anche alle infrastrutture e ai miglioramenti logistici per promuovere catene di approvvigionamento di biomassa già esistenti e nuove, ottimizzando nel contempo la gestione sostenibile delle risorse naturali e la creazione di posti di lavoro e di valore aggiunto nelle zone rurali.

3.7.

Non si può sottolineare abbastanza il fatto che l’introduzione di macchinari tecnologicamente avanzati nella bioeconomia richiede un miglioramento delle competenze di gestione e manutenzione, comprese ulteriori competenze informatiche (TIC), nuovi programmi in materia di salute e sicurezza, nonché una comprensione e un’attenzione maggiori per gli aspetti relativi alla conservazione dell’ambiente. È essenziale garantire lo sviluppo e l’adeguamento costanti delle competenze individuali durante l’arco della vita, nonché affrontare le carenze di competenze in questo settore emergente della bioeconomia. Gli scambi inter pares, le attività comuni dei ricercatori, i servizi di sostegno all’innovazione, gli agricoltori, i silvicoltori, le loro cooperative e altri soggetti privati non sono stati messi in evidenza nella strategia aggiornata, ma sarebbero fondamentali per facilitare lo scambio di conoscenze.

3.8.

Non possiamo realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e mitigare i cambiamenti climatici (5) senza migliorare i residui, i flussi secondari e i rifiuti, e promuovere l’economia circolare. In questo contesto è indispensabile la collaborazione tra settori (sistema alimentare e non alimentare e territori rurali) e continenti. Occorre dedicare ulteriore attenzione ai collegamenti territoriali e locali (urbani-rurali, rurali-rurali, terraferma-mare) e al loro contributo alle catene di valore sostenibili e ai cluster della bioeconomia nelle zone rurali. Lo sviluppo di questi legami nell’Europa centrale e orientale sarebbe fondamentale per aiutare questi paesi a definire i loro obiettivi strategici di sviluppo, nell’ottica di migliorare il trattamento delle biomasse. La regione dell’Europa centrale e orientale è ricca di biomassa a causa delle sue attività estensive nei settori dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca, con una capacità di biomassa elevata, ma non utilizzata o sottoutilizzata, in termini di prodotti alimentari, mangimi, materie prime industriali, biocarburanti e utilizzo dell’energia. Inoltre, la strategia aggiornata non ha evidenziato a sufficienza l’esigenza di cooperazione internazionale per mettere in comune le competenze e le capacità esistenti nel modo più efficace possibile e rafforzare le sinergie con gli Stati membri e i programmi di ricerca non UE. I partenariati internazionali sono particolarmente importanti per testare e replicare le soluzioni.

3.9.

Infine, nell’attuazione degli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi, si dovrebbe ricorrere quanto più possibile ai meccanismi di mercato. Un sistema di tariffazione globale per le emissioni di carbonio rappresenterebbe il modo più neutrale ed efficace per coinvolgere tutti i soggetti del mercato. Il CESE esorta la Commissione ad esplorare attivamente percorsi e metodi differenti e a collaborare attivamente con altri paesi sul passaggio a una tariffazione del carbonio a livello globale. Un sistema equo ed efficiente per la tariffazione globale del carbonio assicurerebbe parità di condizioni per le imprese esportatrici nei mercati mondiali e, quindi, ridurrebbe il rischio di una delocalizzazione degli investimenti e dell’occupazione. Inoltre, eliminerebbe il vantaggio concorrenziale dei prodotti importati che sono più a buon mercato per effetto di requisiti meno rigorosi in materia di clima.

Bruxelles, 15 maggio 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

LucaJAHIER


(1)  https://ec.europa.eu/research/bioeconomy/pdf/ec_bioeconomy_strategy_2018.pdf.

(2)  https://www.un.org/development/desa/en/news/population/world-population-prospects-2017.html

(3)  https://sustainabledevelopment.un.org/?menu=1300

(4)  https://ec.europa.eu/research/bioeconomy/index.cfm?pg=policy&lib=strategy

(5)  GU C 440 del 6.12.2018, pag. 45.


16.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 240/41


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2015/757 per tenere debitamente conto del sistema globale di rilevazione dei dati sul consumo di combustibile delle navi

(COM(2019) 38 final — 2019/0017(COD))

(2019/C 240/10)

Relatore: Constantine CATSAMBIS

Consultazione

11.2.2019 (Parlamento europeo)

13.2.2019 (Consiglio)

Base giuridica

Articolo 192, paragrafo 1, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Ufficio di presidenza

19.2.2019

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

25.4.2019

Adozione in sessione plenaria

15.5.2019

Sessione plenaria n.

543

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

204/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il presente parere si riferisce alla proposta, presentata dalla Commissione europea, che modifica il regolamento (UE) 2015/757 relativo al monitoraggio, alla comunicazione e alla verifica delle emissioni di anidride carbonica generate dal trasporto marittimo (1) (regolamento MRV dell’UE). In tale contesto si fa riferimento al parere NAT/616 del 2013, sulle emissioni del trasporto marittimo, relatore Stefan Back, per quanto riguarda le proposte di modifiche del regolamento MRV del 2015. Tale parere contiene numerose importanti proposte, tra cui quella ripresa dalla Commissione all’articolo 22 del regolamento del 2015, che prevedeva, in caso di stipula di un accordo internazionale su un sistema globale di monitoraggio, comunicazione e verifica, la revisione del regolamento MRV dell’UE e, se del caso, proposte di modifica da parte della Commissione per garantire l’adeguamento a tale accordo internazionale.

1.2.

In effetti nel 2016 il Comitato per la protezione dell’ambiente marino (MEPC) dell’Organizzazione marittima internazionale delle Nazioni Unite (IMO) ha adottato delle modifiche della Convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi (MARPOL), istituendo il quadro giuridico per un sistema globale di rilevazione dei dati sul consumo di combustibile delle navi (DCS globale IMO), in base al quale nel gennaio 2019 sono entrati in vigore degli obblighi di monitoraggio.

1.3.

La Commissione ha sottolineato che un parziale allineamento dei due sistemi di monitoraggio, comunicazione e verifica potrebbe contribuire a ridurre gli oneri amministrativi per le società di navigazione e per le amministrazioni, preservando al contempo gli obiettivi fondamentali del regolamento MRV dell’UE. A tal fine la Commissione ha proposto di allineare il regolamento MRV dell’UE al DCS globale IMO in misura limitata, per quanto riguarda le definizioni, i parametri di monitoraggio, i piani di monitoraggio e i modelli.

1.4.

Le modifiche del regolamento MRV dell’UE che vengono proposte sono le seguenti:

1.4.1.

gli obblighi di comunicazione in caso di cambi di società devono tener conto delle disposizioni parallele del DCS globale IMO. In tal modo gli stessi soggetti giuridici assicureranno il monitoraggio e la comunicazione, in funzione di periodi di riferimento calcolati in modo analogo.

1.4.2.

Il parametro «carico trasportato»è mantenuto come parametro di monitoraggio facoltativo per le imprese che vogliono fornire un calcolo dell’efficienza energetica media delle loro navi sulla base del carico trasportato.

1.4.3.

L’attuale parametro «tempo trascorso in mare»dovrebbe essere sostituito con la definizione del DCS globale IMO di «ore di navigazione».

1.4.4.

Il calcolo della «distanza percorsa»dovrebbe prendere come base le opzioni selezionate nell’ambito delle linee guida pertinenti del DCS IMO.

1.4.5.

Il contenuto minimo dei piani di monitoraggio dovrebbe essere semplificato in modo da tener conto delle linee guida dell’IMO per l’elaborazione del piano di gestione per l’efficienza energetica delle navi (SEEMP), tranne le parti necessarie ad assicurare che solo i dati pertinenti per l’UE siano monitorati e comunicati a norma del regolamento MRV dell’UE.

1.4.6.

Anche le emissioni di CO2 delle navi nei porti dell’UE devono essere monitorate e comunicate separatamente, in modo da incentivare l’uso delle misure disponibili per la riduzione delle emissioni di CO2 nei porti dell’UE e aumentare la sensibilizzazione in merito alle emissioni derivanti dal trasporto marittimo.

1.4.7.

Le vigenti disposizioni del regolamento MRV dell’UE sulla verifica dei dati da parte di terzi accreditati devono essere mantenute, per salvaguardare l’obiettivo dell’UE di fornire informazioni solide e comparabili nel tempo ai fini dell’ulteriore processo decisionale, a livello dell’UE o internazionale.

1.5.

Le altre questioni importanti in relazione al completo allineamento alle linee guida DCS dell’IMO riguardano principalmente le autorità e le modalità di verifica, gli oggetti del monitoraggio e la pubblicazione di dati commerciali sensibili. L’obiettivo di un esercizio completo di allineamento del regolamento MRV dell’UE al DCS dell’IMO è l’uniformità della regolamentazione globale, al fine di ridurre al minimo gli oneri aggiuntivi che hanno un notevole impatto, in particolare sulle piccole e medie imprese di navigazione, e di evitare duplicazioni degli obblighi di comunicazione in base a due sistemi diversi.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Nel parere del 2013 (2), il CESE si chiedeva quali fossero la necessità e il valore aggiunto delle informazioni operative e dei dati, in aggiunta a quelli relativi al consumo di carburante e alle emissioni, di cui il regolamento MRV dell’UE prevede il monitoraggio e la comunicazione e, in particolare, quale fosse la necessità delle informazioni previste dall’articolo 9, lettere d), e), f) e g), riguardante il monitoraggio dei parametri per ogni viaggio, dall’articolo 10, lettere g), h), i) e j), sul monitoraggio di parametri su base annua, nonché dall’allegato II, relativo al monitoraggio di altre informazioni (pertinenti), trattandosi di informazioni sensibili dal punto di vista commerciale, e sulla cui utilità, una volta raccolte in forma aggregata, potevano sorgere dubbi.

2.2.

Con le attuali proposte di modifica del regolamento MRV dell’UE, la Commissione mantiene in linea generale la sua posizione circa la divulgazione dei dati raccolti dalle singole navi. Le modifiche proposte sono adeguamenti tecnici che rappresentano correzioni tecniche a livello della parametrizzazione. Non rappresentano pertanto il completo allineamento del regolamento MRV dell’UE al DCS dell’IMO che era stato richiesto dall’IMO e dal settore dei trasporti marittimi nei loro interventi pubblici, e lasciano aperte importanti questioni, riguardanti anzitutto le autorità e le modalità di verifica, gli oggetti del monitoraggio e la divulgazione di dati commerciali sensibili.

2.3.

Nella sua valutazione riguardante le modifiche proposte, la Commissione dovrebbe tener presente che il settore globale del trasporto marittimo è pienamente impegnato a ridurre le proprie emissioni di CO2 di almeno il 40 % entro il 2030 e a perseguire una loro riduzione del 70 % entro il 2050, rispetto ai valori del 2008, nonché a ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 50 % entro il 2050 rispetto al 2008, conformemente agli obiettivi dell’accordo di Parigi. Nell’aprile 2018 l’IMO ha adottato una strategia iniziale, da rivedere nel 2023, che fornisce la cornice per lo sviluppo e l’adozione di misure concrete di riduzione del CO2 a breve termine, nonché di possibili misure a medio e lungo termine per ottenere una riduzione adeguata delle emissioni entro scadenze e calendari di attuazione concordati, in linea con la tabella di marcia adottata dall’IMO per la decarbonizzazione da qui al 2050.

2.4.

Dato il numero e il contenuto delle proposte presentate dagli Stati membri e dal settore affinché siano esaminate in occasione delle prossime deliberazioni dell’IMO, sembra che tutte le parti interessate lavorino alacremente per regolamentare l’efficienza energetica della flotta mercantile mondiale entro un arco di tempo concreto, con informazioni e dati precisi forniti dal DCS dell’IMO sulle emissioni di CO2 prodotte dalle navi.

2.5.

Il CESE ritiene che l’allineamento parziale proposto condurrà a onerosi e inefficaci doppi requisiti di monitoraggio e comunicazione, dato che permangono obblighi di comunicazione relativi a due diversi sistemi: uno regionale (europeo) e uno globale (IMO). Di conseguenza, le navi dovranno conformarsi ai requisiti di monitoraggio e comunicazione previsti sia dal regolamento MRV dell’UE che dal DCS globale dell’IMO. I modelli per le comunicazioni dell’UE e dell’IMO sono diversi, il che aumenta il carico di lavoro, gli oneri amministrativi e i costi per il personale delle navi e per il trasporto marittimo.

2.6.

L’allineamento completo del regolamento MRV dell’UE al DCS dell’IMO non solo servirebbe a creare una affidabile banca dati unificata a livello internazionale per le emissioni di CO2, ma sarebbe anche in linea con l’agenda Legiferare meglio della Commissione europea, che persegue una regolamentazione mirata per conseguire i suoi obiettivi e portare benefici all’economia europea a un costo minimo. Esso garantirà inoltre alla flotta europea condizioni di parità nel contesto internazionale. L’obiettivo di un esercizio completo di allineamento del regolamento MRV dell’UE al DCS dell’IMO è l’uniformità della regolamentazione globale, al fine di ridurre al minimo gli oneri aggiuntivi che hanno un notevole impatto, in particolare sulle piccole e medie imprese di navigazione, come pure evitare una duplicazione degli obblighi di comunicazione in base a due sistemi diversi.

2.7.

Il regolamento MRV dell’UE prevede che la Commissione pubblichi i dati ricevuti, insieme agli identificativi delle società e delle singole navi, in modo che possano essere utilizzati da terzi. L’obiettivo del regime IMO è semplicemente quello di accertare le emissioni totali di CO2 del settore del trasporto marittimo internazionale, al fine di agevolare l’adozione di ulteriori decisioni strategiche e la valutazione di nuove misure di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. La Commissione intende tuttavia pubblicare dati dettagliati (e commercialmente sensibili) sulle singole navi che approdano nei porti dell’UE e del SEE, dati che potrebbero essere utilizzati in modo improprio. Ciò potrebbe causare una penalizzazione iniqua di talune navi, distorsioni della concorrenza e notevoli svantaggi concorrenziali per gli armatori dell’UE nel mercato mondiale dei trasporti marittimi e per le navi che fanno scalo nei porti dell’UE.

2.8.

Per l’applicazione e l’attuazione sarebbe auspicabile utilizzare i meccanismi IMO delle amministrazioni degli Stati di bandiera, nell’ambito di un sistema unico e funzionale di raccolta dei dati globali sul consumo di carburante. In base al sistema IMO, le informazioni trasmesse dalle navi all’IMO tramite lo Stato di bandiera sono anonime per i terzi.

3.   Osservazioni specifiche

3.1.

Andrebbero considerati i seguenti punti tecnici della proposta. L’articolo 21, lettera f), dispone che la Commissione pubblichi il consumo di carburante medio annuo e le emissioni di CO2 per la distanza percorsa e le merci trasportate sulle tratte. Tale disposizione appare in contrasto con la nuova modifica dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera f), di cui alla nuova proposta - che prevede la facoltatività del monitoraggio (per ogni tratta) del carico trasportato, dal momento che la modifica proposta relativa al carico trasportato costituisce un oggetto del monitoraggio solo su base volontaria - e non è quindi in linea con la DCS dell’IMO. Inoltre, nonostante il fatto che la definizione di «tonnellaggio di portata lorda»della nave sia stata inclusa nell’articolo 3, lettera p), e nell’articolo 11; paragrafo 3, lettera a), comma xi), della proposta, questo parametro non è integrato in modo coerente in tutti gli articoli della proposta, e potrebbe essere interpretato come una mancanza di fiducia da parte della Commissione nell’efficienza della DCS dell’IMO.

3.2.

Le modifiche in materia di cambiamento di società inserite nell’articolo 11, paragrafo 2, e nell’articolo 3, lettera d), della proposta sono accolte con favore, poiché introducono la responsabilità del precedente proprietario, cosa che risulta indispensabile per i casi in cui un cambiamento di società ha avuto luogo nel corso di un periodo di riferimento. Le definizioni di «società»e di «periodo di riferimento»e l’attribuzione degli obblighi di monitoraggio e di comunicazione in caso di «cambiamenti di società»sono adesso maggiormente allineate alle disposizioni parallele del DCS IMO. Tuttavia, la descrizione appena introdotta non sembra abbastanza precisa per regolamentare la relazione tra una «vecchia»e una «nuova»società. Ai fini della massima chiarezza giuridica, si potrebbe prevedere la responsabilità giuridica del nuovo proprietario dal giorno in cui il cambiamento diventa effettivo. Il (nuovo) articolo 11, paragrafo 2), proposto potrebbe essere modificato come segue:

«2.

In caso di cambiamento di società, la società precedente presenta alla Commissione e alle autorità dello Stato di bandiera, il più vicino possibile al giorno del compimento del cambiamento e al più tardi entro i tre mesi successivi, una relazione riguardante gli stessi elementi della comunicazione sulle emissioni, ma limitata al periodo corrispondente alle attività svolte sotto la sua responsabilità. La nuova società provvede a far sì che ogni nave sia conforme ai requisiti del presente regolamento a decorrere dal giorno in cui è stato espletato il cambiamento».

Bruxelles, 15 maggio 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Regolamento (UE) 2015/757 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, concernente il monitoraggio, la comunicazione e la verifica delle emissioni di anidride carbonica generate dal trasporto marittimo e che modifica la direttiva 2009/16/CE (GU L 123 del 19.5.2015, pag. 55).

(2)  Parere del CESE sul tema Emissioni generate dal trasporto marittimo (GU C 67 del 6.3.2014, pag. 170).


16.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 240/44


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Il mercato unico in un mondo che cambia — Una risorsa straordinaria che richiede un rinnovato impegno politico»

[COM(2018) 772 final]

(2019/C 240/11)

Relatore: Gonçalo LOBO XAVIER

Correlatore: Juan MENDOZA CASTRO

Consultazione

Commissione, 18.2.2019

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

2.4.2019

Adozione in sessione plenaria

15.5.2019

Sessione plenaria n.

543

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

153/1/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore il forte messaggio lanciato dalla Commissione sul rafforzamento del mercato unico e sulla necessità di un impegno da parte di tutti gli Stati membri e cittadini. Il mercato unico richiede un equilibrio tra le aspettative dei popoli e politiche coordinate per far sì che l’Europa sia adegui alle diverse sfide imposte dalla globalizzazione, dalle nuove tendenze e dal progresso tecnologico.

1.2.

Il CESE chiede un mercato unico uguale per tutti gli Stati dell’UE, che debba essere percepito come un’opportunità per riaffermare i valori europei, i diritti fondamentali e i doveri di progredire e garantire benessere a tutti gli Stati membri e cittadini.

1.3.

Un processo di integrazione morbido ma concreto costituisce una ragione importante per evitare e combattere le minacce del protezionismo, dell’individualismo e delle società estremiste. I risultati fondamentali del mercato unico devono essere divulgati in maniera più efficace tra i cittadini e gli Stati membri.

1.4.

Esistono buoni esempi di come i cittadini europei possano beneficiare del mercato unico, basati sugli sforzi e l’impegno di diversi attori. Valori come la libertà, la crescita economica, la democrazia, la pace, la scienza e l’innovazione, la stabilità politica e i diritti sociali e dei consumatori devono essere presenti nella mentalità dei cittadini, come risultati di un processo iniziato 60 anni fa. Le difficoltà incontrate per affermare tali valori non possono essere dimenticate, bensì dovrebbero fungere da insegnamenti per il futuro.

1.5.

Il CESE ribadisce il proprio sostegno alla limitazione degli aiuti di Stato e alla lotta contro l’abuso delle posizioni dominanti, sottolineando le difficoltà con cui si scontrano le imprese europee nel competere sui mercati mondiali con oligopoli o monopoli, che in alcuni casi sono detenuti dagli Stati.

1.6.

Il CESE mette inoltre in risalto il ruolo cruciale del mercato unico quale strumento per incentivare una strategia industriale europea più ambiziosa con obiettivi chiari per il 2030. Un’integrazione più inclusiva e ampia del mercato interno, a complemento di una strategia industriale veramente europea dovrebbe rappresentare inoltre una delle massime priorità per la prossima Commissione europea, che dovrebbe concentrarsi sulla promozione di maggiori investimenti nell’innovazione e nelle tecnologie e su un quadro normativo più flessibile e accessibile per poter competere su scala globale, pur senza trascurare il rispetto delle norme e procedure sostenibili per una sana concorrenza a livello mondiale.

1.7.

Il CESE ribadisce il proprio invito a sviluppare la dimensione sociale dell’Unione europea, con l’obiettivo di promuovere la creazione di posti di lavoro di qualità, migliorare le capacità e le competenze, accrescere gli investimenti sociali, rafforzare lo sviluppo dell’economia sociale, ponendo l’accento sulle imprese socialmente responsabili, e prevenire la povertà, le disuguaglianze, la discriminazione e l’esclusione sociale, con un’attenzione particolare all’inclusione dei giovani nella società. Il CESE ritiene opportuno che siano attuate politiche sociali per affrontare la situazione attuale, che provoca disaffezione nei confronti dell’UE, un aumento del populismo e la proliferazione della xenofobia in varie fasce della popolazione.

1.8.

Il CESE osserva che, nonostante i notevoli sforzi compiuti per l’attuazione e l’applicazione delle norme del mercato unico, i fatti dimostrano (1) che le misure nazionali possono comportare oneri sproporzionati per i cittadini e le imprese. Per il CESE è prioritario invitare gli Stati membri a evitare tali pratiche.

1.9.

Nel corso degli anni il CESE ha sostenuto l’economia digitale, consapevole del fatto che il futuro del mercato unico è legato ad essa. Il CESE concorda con la Commissione sul fatto che il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) (2) è essenziale per garantire la fiducia nel mercato unico per quanto riguarda i dati personali, ma che è necessario adottare misure aggiuntive per un quadro normativo migliore, chiaro e accessibile per evitare oneri inutili e fraintendimenti. Ciò è anche essenziale per aumentare la mobilità per un settore dei servizi migliore, in crescita e con una notevole importanza per la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro. Un settore dei servizi in crescita e una crescente carenza di competenze richiedono un migliore funzionamento del mercato unico.

1.10.

Il CESE sostiene l’obiettivo di istituire un quadro che promuova la transizione verso un modello circolare e ribadisce che un solido sistema per finanziare una crescita sostenibile, basato su una visione di lungo periodo, rappresenta lo strumento chiave per ripristinare la fiducia nei mercati e collegare i risparmi agli investimenti sostenibili.

1.11.

Il CESE si compiace degli evidenti progressi compiuti nella trasformazione del meccanismo europeo di stabilità (MES) in un fondo monetario europeo, che potrebbe offrire liquidità in via precauzionale, limitando così i programmi di condizionalità. Tuttavia, per prevenire futuri rischi per il sistema finanziario, il CESE sostiene la ricerca di un consenso tra gli Stati membri in merito al completamento dell’Unione bancaria. Anche la realizzazione di mercati finanziari pienamente integrati e dell’Unione dei mercati dei capitali dovrebbero rimanere una priorità assoluta.

2.   Contesto

2.1.

Con la strategia per il mercato unico (3), l’Unione dei mercati dei capitali (4) e la strategia per il mercato unico digitale (5), la Commissione ha presentato nel corso degli ultimi quattro anni una serie di misure ambiziose ed equilibrate per approfondire il mercato unico e renderlo più equo.

2.2.

Alcune proposte sono già state adottate, ma il Parlamento europeo e il Consiglio devono ancora trovare un accordo su 20 delle 67 proposte contenute in tali strategie.

2.3.

Nel marzo 2018 il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a valutare lo stato di avanzamento del mercato unico per quanto riguarda l’attuazione, l’applicazione e il rispetto della legislazione vigente, e a esaminare gli ostacoli rimanenti e le opportunità di un mercato unico pienamente funzionante.

2.4.

La comunicazione in oggetto è adottata in combinato disposto con l’analisi annuale della crescita (6) e con la comunicazione «Bilancio del piano di investimenti per l’Europa e prossimi passi» (7).

2.5.

Nel contesto della strategia per il mercato unico digitale, la Commissione ha presentato una serie di iniziative per affrontare il problema dei principali ostacoli al commercio elettronico. Molte di esse sono già state adottate e riguardano: i blocchi geografici (8), i servizi di consegna transfrontaliera dei pacchi (9), l’imposta sul valore aggiunto per il commercio elettronico (10) e la cooperazione per la tutela dei consumatori (11).

2.6.

Le piattaforme online, che consentono a più di un milione di imprese di raggiungere clienti in tutta l’Unione, sono assurte al ruolo di protagoniste del mercato unico. La Commissione ha presentato una proposta di nuove norme armonizzate per le pratiche delle «piattaforme per le imprese» (12), che è stata concordata a livello politico dal Parlamento europeo e dal Consiglio nel febbraio 2019.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE sostiene il forte messaggio lanciato dalla Commissione sul rafforzamento del mercato unico, che rappresenta un risultato importante e un elemento chiave del processo di integrazione europea. Esso dovrebbe costituire la pietra angolare della prosperità dell’Europa.

3.2.

L’introduzione dell’euro e l’adozione dell’accordo di Schengen sono state tappe fondamentali nel cammino verso il completamento del mercato unico. Allo stesso tempo vi sono ancora molte differenze tra gli Stati membri che devono essere affrontate. Occorre un forte impegno da parte di tutti gli Stati membri per cambiare questa situazione e restare uniti.

3.3.

Il mercato unico richiede un equilibrio tra aspettative dei popoli e politiche coordinate per rispondere alla necessità permanente di adeguare l’Europa alle diverse sfide imposte dalla globalizzazione, dalle nuove tendenze, dal progresso tecnologico e dalla digitalizzazione.

3.4.

Il mercato unico, che dà accesso a oltre 512 milioni di consumatori, rappresenta un evidente successo: gli ostacoli normativi sono stati eliminati per oltre l’80 % dei prodotti industriali grazie all’adozione di norme comuni, ma questo processo non può essere dato per scontato. Le differenze tra gli impegni degli Stati membri e la necessità di attuare meglio la normativa in materia devono rappresentare una priorità politica. Il mercato unico deve essere applicato anche ai venditori online.

3.5.

L’ammissione della Commissione sulla necessità di trovare accordi su proposte legislative e colmare il divario tra la retorica e la realizzazione concreta è un buon segno. La realizzazione di questo obiettivo deve rappresentare per gli Stati membri un «processo quotidiano».

3.6.

La completa integrazione del mercato interno non avverrà mai se gli Stati membri non si rendono conto del reale valore del processo e non lo comunicano ai cittadini. I leader politici devono mettere in risalto i risultati con un messaggio positivo per il benessere delle persone.

3.7.

Il progetto europeo si basa sulla pace, sulla prosperità e sullo sviluppo sociale. I costi della «non Europa»devono essere tenuti presenti come promemoria per coloro che nutrono dubbi. I cittadini europei devono apprezzare i risultati per assumere un ruolo attivo nel processo, evitando fraintendimenti e radicalismi. La costruzione del mercato unico contribuisce allo sviluppo dell’Europa e potrebbe fungere da buon esempio per promuovere i valori europei.

3.8.

Non ci può essere un mercato unico quando in tale mercato vi sono prodotti caratterizzati da un «doppio livello di qualità», ossia prodotti venduti con lo stesso marchio commerciale nei paesi che hanno aderito di recente all’UE e che presentano differenze sul piano della qualità (con un più basso contenuto di materie prime di qualità) rispetto ai prodotti venduti nei paesi che sono membri dell’UE da lungo tempo. Il CESE considera questa prassi inaccettabile.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.   Il mercato unico come strumento di comunicazione per i valori e le realizzazioni dell’Europa

4.1.1.

Il CESE ritiene che debba essere utilizzato un linguaggio comune per comunicare meglio i risultati del mercato unico. Dovrebbero essere valorizzati fatti come la mobilità dei cittadini per motivi di piacere e di lavoro, i servizi finanziari o persino aspetti sociali riguardanti la sicurezza e le opportunità lavorative o la tutela dei consumatori.

4.1.2.

Il CESE ritiene che alcuni dei detrattori del processo di integrazione europea si servano di una narrazione alimentata dal mettere in mostra le differenze tra gli Stati membri e singoli fatti che non sono indicativi della realtà complessiva del mercato unico. È essenziale evitare e contrastare questo tipo di discorsi tra i cittadini, perché la politica di integrazione è molto dinamica e si muove con velocità diverse. È necessario dare risalto al risultato complessivo, e la necessità di evitare disparità a diversi livelli (economico, sociale, educativo ecc.) deve costituire una priorità.

4.2.   Più opportunità e benefici per i cittadini

4.2.1.

La politica di concorrenza dell’UE e la politica dei consumatori dell’UE hanno svolto un ruolo importante nello sviluppo del mercato unico. Affinché i consumatori possano godere dei suoi benefici, il mercato unico dovrebbe funzionare in modo efficace e i consumatori devono avere fiducia nei beni e nei servizi, sia online che offline, siano essi forniti a livello locale o da un altro Stato membro. Gli Stati membri devono garantire che le imprese rispettino le norme in materia di concorrenza e di tutela dei consumatori e che non vi siano discriminazioni nei confronti dei concorrenti a scapito del benessere dei consumatori.

4.2.2.

La politica dell’UE in materia di concorrenza, che gode di prestigio a livello mondiale, ha svolto un ruolo importante nello sviluppo del mercato unico. Come sottolineato dal CESE nel corso degli anni, la limitazione degli aiuti di Stato e la lotta contro l’abuso delle posizioni dominanti hanno determinato il dinamismo del mercato dell’UE e apportato vantaggi ai consumatori e alle imprese.

4.2.3.

Nell’ambito delle regole della concorrenza economica, anche i venditori online devono rispettare il mercato unico ed è opportuno definire la posizione delle imprese internazionali.

4.3.   Vantaggi per le imprese

4.3.1.

Il mercato unico offre agli imprenditori un sistema commerciale multilaterale, aperto e basato su regole, che garantisce l’accesso alle catene di valore internazionali.

4.3.2.

L’obiettivo dell’Unione dei mercati dei capitali è quello di mobilitare capitali in Europa e incanalarli verso tutte le imprese, le infrastrutture e i progetti sostenibili e a lungo termine, con effetti positivi per l’occupazione (13).

4.3.3.

Tuttavia, la strada è ancora lunga: le imprese europee dipendono molto di più dai prestiti bancari rispetto alle imprese statunitensi.

4.3.4.

La portata del mercato unico fa sì che l’Unione sia in grado di dare vita a un sistema commerciale multilaterale, aperto, non discriminatorio e basato su regole. Le imprese dei paesi terzi devono conformarsi alle normative dell’Unione per poter accedere al mercato unico, anche in settori quali la sanità, l’ambiente, la sicurezza degli alimenti e dei prodotti e la protezione dei consumatori.

4.3.5.

Il CESE sottolinea le difficoltà con cui si scontrano le imprese europee nel competere sui mercati mondiali con oligopoli o monopoli, che in alcuni casi sono detenuti dagli Stati. Ne sono un esempio l’industria ferroviaria, i trasporti aerei, le torri eoliche e altri settori, dove le imprese europee si trovano ad affrontare una concorrenza feroce (da parte di imprese di paesi terzi, soprattutto cinesi).

4.4.   La dimensione sociale

4.4.1.

Il CESE ha già invitato la Commissione a sviluppare la dimensione sociale dell’UE, con l’obiettivo di promuovere la creazione di posti di lavoro di qualità, migliorare le capacità e le competenze, accrescere gli investimenti sociali e sviluppare l’economia sociale, e prevenire la povertà, le disuguaglianze, la discriminazione e l’esclusione sociale, con un’attenzione particolare all’inclusione dei giovani nella società.

4.4.2.

Sussiste la percezione che i lavoratori dipendenti siano stati quelli che hanno perso di più a causa della crisi economica, la quale ha comportato maggiore disoccupazione e povertà, stagnazione o riduzione dei salari in termini reali e tagli alle prestazioni sociali. Il CESE ritiene opportuno che siano attuate politiche sociali per affrontare la situazione attuale, che provoca disaffezione nei confronti dell’UE, un aumento del populismo e la proliferazione della xenofobia in varie fasce della popolazione. Mentre le conseguenze della crisi sono ben lontane dal volgere al termine, studi dell’Istituto sindacale europeo (ETUI) (14) affermano che in nove Stati membri i lavoratori hanno guadagnato meno nel 2017 rispetto al 2010. Il CESE ricorda che in sei Stati membri dell’UE non esistono salari minimi obbligatori, mentre in altri sono molto bassi (15).

4.4.3.

Il CESE accoglie con favore i progressi compiuti nell’adeguamento dell’atto europeo sull’accessibilità per promuovere i diritti delle persone con disabilità e incoraggia gli Stati membri ad essere ambiziosi ed equilibrati nella fase di recepimento. Il CESE invita inoltre la prossima Commissione a presentare un piano d’azione europeo per il settore dell’economia sociale che garantisca parità di condizioni per le imprese dell’economia sociale e promuova lo sviluppo del settore.

4.5.   Attuare e applicare le norme del mercato unico in maniera più efficace

4.5.1.

Il CESE osserva che, nonostante gli sforzi enormi compiuti per l’attuazione delle direttive sul mercato unico (16), le misure nazionali possono comportare oneri sproporzionati per cittadini e imprese (17). Si tratta di una questione che deve essere affrontata in particolare dagli Stati membri ed è opportuno dare priorità all’elaborazione di nuovi strumenti atti a ovviare a tale situazione.

4.5.2.

Il CESE mette in risalto che i recenti segnali relativi all’attuazione delle normative dell’UE «non sono stati sempre incoraggianti», pertanto è necessario un maggiore impegno da parte degli Stati membri.

4.6.   Sfruttare appieno il potenziale del mercato unico

4.6.1.   Il mercato unico digitale e l’economia dei servizi

4.6.1.1.

Nel corso degli anni il CESE ha sostenuto l’economia digitale, consapevole del fatto che il futuro del mercato unico è legato ad essa (18).

4.6.1.2.

Per questo motivo, il CESE accoglie con favore l’accordo politico (19) sul primo programma Europa digitale per il periodo 2021-2027 (20), dotato di un bilancio complessivo di 9,2 miliardi di EUR per plasmare e sostenere la trasformazione digitale delle società e delle economie europee, garantendo l’ampio uso e la diffusione delle tecnologie digitali in tutta l’economia e la società, al fine di rafforzare la leadership tecnologica industriale europea.

4.6.1.3.

Dal momento che il settore dei servizi contribuisce in maniera crescente all’economia globale dell’UE (21) e alla creazione di posti di lavoro nell’UE, è più che mai necessario sfruttare appieno il potenziale di questo settore, in particolare dal momento che il profitto stimato di questo settore è considerevole (22).

4.6.2.   Economia dei dati europea

4.6.2.1.

La sfida principale per il mercato unico è quella di costruire un ecosistema di dati con base in Europa come vettore indispensabile di progresso economico e sociale nonché di una robusta competitività in un mondo che sta attraversando un processo di radicale trasformazione, in presenza di forti concorrenti negli Stati Uniti e in Asia. Al fine di promuovere la connettività e le opportunità di conservazione dei dati sono fortemente necessari investimenti pubblici e privati in infrastrutture in tutto il continente (23).

4.6.2.2.

Il CESE concorda con la Commissione sul fatto che il GDPR (24) è essenziale per garantire la fiducia nel mercato unico per quanto riguarda i dati personali (25), tuttavia il regolamento proposto sulla vita privata e le comunicazioni elettroniche (26) deve essere chiarito in modo da garantire l’applicazione della Carta dei diritti fondamentali e dei diritti umani (articoli 5, 8 e 11) nonché le possibilità di restrizione introdotte dalle normative nazionali (27).

4.6.3.   Economia circolare e finanza sostenibile

4.6.3.1.

Il CESE condivide l’obiettivo di stabilire un quadro che renda possibile la transizione verso un modello circolare, tenendo conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti (28).

4.6.3.2.

Un solido sistema per finanziare una crescita sostenibile, basato su una visione di lungo periodo, rappresenta lo strumento principale per ripristinare la fiducia nei mercati e collegare i risparmi agli investimenti sostenibili. Il piano d’azione dell’UE (29) in materia deve incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti (obiettivo di sviluppo sostenibile 8) (30).

4.6.4.   Mercati dei prodotti e dei servizi

4.6.4.1.

Grazie al modello europeo di normazione l’UE assume un ruolo guida a livello mondiale. Il CESE pone in evidenza il lavoro della Commissione in questo settore. L’uniformità e la coerenza del corpus di norme europee sono garantite mediante il principio di base «una norma, una prova – accettate in tutta Europa». In questo modo le imprese beneficiano di investimenti e di sicurezza giuridica e finanziaria (31).

4.6.4.2.

Il pacchetto «Energia pulita per tutti gli europei»è volto ad accelerare, trasformare e consolidare la transizione dell’economia dell’UE verso l’energia pulita, pur mantenendo gli importanti obiettivi della crescita economica e della creazione di posti di lavoro (32).

4.6.4.3.

In seguito al quarto pacchetto ferroviario (2013) (33), la sesta relazione sul monitoraggio del mercato ferroviario (34) indica che la lunghezza totale della rete ferroviaria dell’UE è aumentata.

4.6.4.4.

Nel 2020 saranno resi disponibili i servizi commerciali contemplati dal Piano d’azione sul 5G per l’Europa (35), che si occupa di uno degli elementi essenziali dell’economia e della società digitali. A giudizio del CESE, i fattori determinanti saranno la riuscita dei progetti realizzati nell’ambito del partenariato pubblico-privato per il 5G durante la fase di ricerca e l’integrazione delle reti fronthaul con le reti backhaul nella trasmissione dei dati mediante la realizzazione di switch ad alta capacità, collegamenti di trasmissione eterogenei e unità di elaborazione localizzate in cloud facendo ricorso a numerosi fornitori di servizi Internet (36).

4.6.5.   Mercati di capitali più integrati e un’Unione bancaria a pieno titolo

4.6.5.1.

A seguito delle misure adottate per effetto della crisi finanziaria, le banche europee si trovano ora in una posizione migliore per far fronte a future turbolenze. Il CESE si compiace degli evidenti progressi compiuti nella trasformazione del meccanismo europeo di stabilità (MES) in un fondo monetario europeo, che potrebbe offrire liquidità in via precauzionale, limitando così i programmi di condizionalità.

Tuttavia, per prevenire futuri rischi per il sistema finanziario, il CESE sostiene la ricerca di un consenso tra gli Stati membri in merito all’istituzione di una solida Unione bancaria, incentrata su misure che possano aumentare la fiducia di cittadini e imprese.

4.6.6.   Ridurre gli oneri amministrativi e agevolare l’adempimento degli obblighi fiscali

4.6.6.1.

L’adozione di norme di diritto societario moderne nell’UE è essenziale per il mercato unico. In tal senso, il pacchetto sul diritto societario europeo costituisce un approccio globale volto a bilanciare e proteggere gli interessi e le esigenze legittimi di tutti i portatori di interessi, delle PMI, degli azionisti di minoranza, dei creditori e dei lavoratori (37).

4.6.6.2.

L’obbligo di unanimità in seno al Consiglio rende più difficile l’adozione di norme comuni in alcuni ambiti della tassazione, in particolare per quanto riguarda la base imponibile (consolidata) comune per l’imposta sulle società (CCCTB) e lo spazio unico europeo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA). Il CESE sostiene anche il pacchetto di riforma dell’IVA (38).

4.6.7.   Mobilità sostenibile

4.6.7.1.

In un'indagine condotta sui conducenti europei di veicoli (39), quattro su dieci prevedono che la prossima automobile che acquisteranno sarà elettrica. Le norme sulle autovetture pulite e gli incentivi per i veicoli elettrici aiuteranno i costruttori europei di autoveicoli a rimanere competitivi in un mercato mondiale che si sta rapidamente elettrificando.

4.6.7.2.

Il CESE si compiace dell’Alleanza europea per le batterie, la quale costituisce un buon esempio di una catena di valore strategica in Europa. Sono tuttavia necessari sforzi molto più consistenti, dato che i marchi europei sono molto in ritardo rispetto ai costruttori asiatici e statunitensi nella corsa per immettere sul mercato di massa veicoli ricaricabili.

4.7.   Prossime tappe

4.7.1.

Il processo del semestre europeo deve essere utilizzato come uno degli strumenti per progredire più efficacemente e rapidamente verso un mercato unico migliore, ove opportuno.

4.7.2.

Gli Stati membri possono trarre vantaggi da un dialogo più inclusivo basato sulle aspettative della società civile. Il semestre europeo è parte di tale dialogo, e la capacità degli Stati membri di trarre vantaggi dalle ‘raccomandazioni specifiche per paese’, che possono migliorare, non imporre, le riforme nazionali, appare come un elemento essenziale per avere successo e coinvolgere la società.

4.7.3.

Sforzi a sostegno dei risultati del mercato unico devono essere contemplati in tutte le politiche e in tutti gli impegni adottati dagli Stati membri, con la partecipazione dei cittadini e l’impegno delle società. È essenziale garantire che una comunicazione efficace tra i cittadini e il «progetto europeo basato sul mercato unico»rientri tra le priorità degli Stati membri. In questo modo i leader europei contribuiranno a evitare gli estremismi e le azioni radicali contro il mercato unico.

4.7.4.

Il CESE si compiace degli inviti e degli appelli rivolti dalla Commissione al Consiglio europeo, in particolare l’invito ad assicurare che il Consiglio collabori con il Parlamento europeo ai fini di una rapida adozione, prima possibile, delle iniziative legislative che rientrano nella strategia per il mercato unico, il mercato unico digitale, l’Unione dei mercati dei capitali e l’Unione bancaria (40).

Bruxelles, 15 maggio 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  COM(2018) 772 final, capitolo 2.1.

(2)  GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1.

(3)  COM(2015) 550 final, GU C 177 del 18.5.2016, pag. 1.

(4)  COM(2015) 468 final, GU C 133 del 14.4.2016, pag. 17.

(5)  COM(2015) 192 final, GU C 71 del 24.2.2016, pag. 65.

(6)  COM(2018) 770 final.

(7)  COM(2018) 771 final.

(8)  Regolamento (UE) 2018/302.

(9)  Regolamento (UE) 2018/644.

(10)  Direttiva (UE) 2017/2455.

(11)  Regolamento (UE) 2017/2394.

(12)  COM(2018) 238 final.

(13)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 117.

(14)  Analisi comparativa Europa 2018.

(15)  Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.

(16)  COM(2018) 772 final, capitolo 2.1.

(17)  Cfr. l’iniziativa francese https://ue.delegfrance.org/suppression-de-sur-transpositions

(18)  GU C 71 del 24.2.2016, pag. 65; GU C 440 del 6.12.2018, pag. 57; GU C 75 del 10.3.2017, pag. 119; GU C 125 del 21.4.2017, pag. 51; GU C 288 del 31.8.2017, pag. 1; GU C 81 del 2.3.2018, pag. 102.

(19)  IP/19/528.

(20)  COM(2018) 434 final, GU C 62 del 15.2.2019, pag. 292.

(21)  Il settore dei servizi è attualmente il settore più importante dell’UE, che rappresenta circa il 75 % del PIL dell’UE.

(22)  Cfr. COM(2018) 772 final: Comunicazione della Commissione Il mercato unico in un mondo che cambia, punto 3.4.

(23)  GU C 345 del 13.10.2017, pag. 130.

(24)  GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1.

(25)  GU C 229 del 31.7.2012, pag. 90.

(26)  COM(2017) 010 final.

(27)  GU C 345 del 13.10.2017, pag. 138.

(28)  GU C 230 del 14.7.2015, pag. 91.

(29)  COM(2018) 97 final; GU C 62 del 15.2.2019, pag. 73; GU C 62 del 15.2.2019, pag. 103; GU C 62 del 15.2.2019, pag. 97.

(30)  GU C 62 del 15.2.2019, pag. 73.

(31)  GU C 197 dell'8.6.2018, pag. 17.

(32)  GU C 246 del 28.7.2017, pag. 64.

(33)  GU C 327 del 12.11.2013, pag. 122.

(34)  COM(2019) 51 final.

(35)  COM(2016) 588 final.

(36)  GU C 125 del 21.4.2017, pag. 74.

(37)  GU C 62 del 15.2.2019, pag. 24.

(38)  GU C 237 del 6.7.2018, pag. 40.

(39)  https://www.euractiv.com/section/electric-cars/opinion/dont-let-european-automakers-lose-the-race-to-electrification.

(40)  COM(2018) 772 final.


16.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 240/51


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Piano coordinato sull’intelligenza artificiale»

[COM(2018) 795 final]

(2019/C 240/12)

Relatrice: Tellervo KYLÄ-HARAKKA-RUONALA

Consultazione

Commissione europea, 18.2.2019

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

2.4.2019

Adozione in sessione plenaria

15.5.2019

Sessione plenaria n.

543

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

210/2/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il piano coordinato sull’intelligenza artificiale (di seguito anche: «IA») e chiede che venga attuato quanto prima, dato che al di fuori dell’UE lo sviluppo e la diffusione dell’IA procedono a grandi passi. Per emergere con successo nella competizione a livello mondiale, l’UE deve essere all’avanguardia in materia di innovazione e di investimenti, attenendosi al principio di affidabilità dell’IA e all’altro principio secondo cui l’uomo deve sempre mantenere il controllo della macchina («human in command»).

1.2.

Il CESE sottolinea che lo sviluppo e la diffusione dell’IA devono essere inclusivi in relazione agli attori della società civile, in particolare le imprese, i lavoratori e i consumatori. Nell’attuazione della strategia in materia di IA si dovrebbe pertanto rivolgere la dovuta attenzione ai modi per ottimizzare le opportunità offerte da questa nuova tecnologia a beneficio dell’intera società.

1.3.

Il CESE approva le iniziative volte a destinare, tramite strumenti di finanziamento dell’UE, maggiori risorse finanziarie all’innovazione, alle infrastrutture, all’istruzione e alla formazione nel settore dell’IA. Il CESE esorta inoltre gli Stati membri ad adottare le iniziative necessarie a conseguire gli obiettivi comuni.

1.4.

Per incrementare lo sviluppo e la diffusione dell’IA ad opera del settore privato, il CESE chiede un contesto imprenditoriale favorevole, e in particolare un quadro strategico e normativo stabile e abilitante che incentivi l’innovazione e gli investimenti in materia di IA, tenendo conto delle esigenze specifiche delle PMI, delle start-up e delle scale-up (imprese in rapida espansione).

1.5.

Il CESE ritiene di fondamentale importanza che nel mercato interno siano assicurate la qualità, la disponibilità, l’accessibilità, l’interoperabilità dei dati e la loro circolazione senza ostacoli, garantendo al contempo la protezione dei dati stessi e la tutela della vita privata. Il CESE invita a facilitare l’accesso ai dati pubblici e chiede condizioni favorevoli alla creazione di piattaforme digitali europee.

1.6.

Il CESE approva le iniziative in materia di cooperazione, partenariati e reti transfrontalieri volti a promuovere l’innovazione nel campo dell’IA e la sua diffusione, e insiste sull’importanza di una cooperazione ad ampio raggio tra i vari attori della società.

1.7.

Il CESE esorta gli Stati membri ad adattare i loro sistemi di istruzione alla domanda di nuove competenze, un processo di adattamento che richiede riforme a partire dalle scuole primarie fino alle università. L’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e l’apprendimento permanente sono anch’essi due elementi indispensabili, e saranno sempre più presenti in ambito lavorativo. Il dialogo sociale svolge un ruolo fondamentale nel prevedere i cambiamenti e le esigenze del mondo del lavoro.

1.8.

Per quel che riguarda la gestione dei cambiamenti strutturali connessi all’IA, il CESE ritiene che potenziare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione abbia rappresentato un passo avanti verso l’istituzione di un vero e proprio Fondo europeo per la transizione capace di contribuire a gestire la trasformazione digitale.

1.9.

Il CESE sottolinea che lo sviluppo e l’impiego dell’IA devono avvenire nel rispetto dei valori dell’UE e in conformità delle disposizioni del diritto dei consumatori, del lavoro e societario. Nell’elaborazione di politiche e misure connesse all’IA occorre coinvolgere i rappresentanti della società civile e le parti sociali. È inoltre necessario informare in merito a questa nuova tecnologia anche per instillare nei cittadini maggiore fiducia in essa.

1.10.

Dato che l’intelligenza artificiale deve essere al servizio della società in generale e tener conto nello stesso tempo di considerazioni di ordine economico, sociale e ambientale, il CESE propone che l’UE adotti il quadro dello sviluppo sostenibile quale approccio di orientamento per i futuri sviluppi nel settore dell’IA. Il CESE chiede inoltre che le singole organizzazioni o enti adottino l’IA in modo sostenibile, anche tramite adeguati meccanismi di informazione e di consultazione.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Dopo la pubblicazione nell’aprile 2018 della strategia sull’intelligenza artificiale per l’Europa, la Commissione europea ha elaborato, in collaborazione con gli Stati membri, un piano coordinato sull’IA con l’obiettivo di massimizzare l’impatto complessivo delle misure (in particolare degli investimenti) sia a livello nazionale che dell’UE, e di garantire che l’Unione europea possa reggere la concorrenza sulla scena mondiale.

2.2.

Questo piano coordinato propone azioni comuni in quattro ambiti d’intervento: aumento degli investimenti, migliore disponibilità e accessibilità dei dati, promozione del talento e delle competenze e rafforzamento della fiducia. Il piano coordinato invita inoltre gli Stati membri a mettere in atto strategie nazionali per l’IA entro la metà del 2019.

2.3.

Il CESE accoglie con favore il piano coordinato, poiché esso rappresenta un importante passo avanti per rafforzare l’attuazione della strategia. Il Comitato ha formulato le proprie osservazioni su detta strategia in un precedente parere (1), oltre ad aver adottato un parere sul programma Europa digitale (2). Il CESE ha anche predisposto una serie di pareri, tra cui alcuni pareri di iniziativa, su diversi aspetti dell’IA (3) o riguardanti l’IA.

2.4.

Il CESE ritiene importante pianificare le misure di attuazione a livello sia dell’UE che degli Stati membri, dal momento che l’Unione e i suoi Stati membri dispongono di competenze diverse a seconda dei diversi ambiti d’intervento considerati. La cooperazione e il coordinamento sono inoltre necessari per ottimizzare i risultati attesi e massimizzare l’efficacia dal punto di vista dell’intera UE. Il CESE esorta gli Stati membri ad adottare le iniziative necessarie a conseguire gli obiettivi comuni, benché nel rispetto dei diversi contesti di ciascun paese.

2.5.

Ma non solo è indispensabile che i responsabili politici ai vari livelli cooperino e si coordinino tra loro: è necessaria anche una cooperazione tra tutti i soggetti della società. Tale cooperazione è necessaria per evitare interventi incoerenti, lacunosi o che si sovrappongono tra loro, e quindi per rafforzare l’efficacia e l’impatto delle misure.

2.6.

Il CESE esorta ad attuare quanto prima la strategia, dato che al di fuori dell’UE lo sviluppo e la diffusione dell’IA procedono a grandi passi. Al tempo stesso, però, l’UE e gli Stati membri dovrebbero attenersi rigorosamente agli obiettivi di lungo periodo stabiliti dalla strategia stessa. Il CESE appoggia l’ambizioso obiettivo della Commissione di fare dell’Europa «la regione leader a livello mondiale in materia di sviluppo e adozione di un’IA all’avanguardia, etica e sicura, promuovendo un approccio antropocentrico nel contesto globale» (4).

2.7.

Per emergere con successo nella competizione a livello mondiale, l’Unione deve seguire risolutamente la propria strada, pur tenendo conto delle tendenze e degli sviluppi esterni. Il CESE ritiene importante prendere in considerazione insieme i due fattori che sono la competitività e la fiducia: l’affidabilità potrebbe infatti diventare un vantaggio competitivo per l’UE, anche se è necessario disporre ugualmente di altre componenti della competitività.

2.8.

Dato che l’intelligenza artificiale deve essere al servizio della società in generale, il CESE propone che l’UE adotti il quadro dello sviluppo sostenibile quale approccio di orientamento per i futuri sviluppi nel settore dell’IA. Le tre dimensioni in cui si articola il concetto di sviluppo sostenibile richiedono politiche e misure capaci di rafforzare l’economia e di generare benessere per la società, contribuendo al tempo stesso a ridurre l’impatto sull’ambiente e sul clima.

2.9.

Il CESE sottolinea che le politiche in materia di IA devono essere concepite ed elaborate dalla prospettiva degli attori della società civile, tra cui le imprese, i lavoratori e i consumatori. Occorre rivolgere la dovuta attenzione ai modi per ottimizzare le opportunità offerte da questa nuova tecnologia a beneficio dell’intera società e a come ridurne al minimo i rischi, in particolare il rischio di manipolazione dei processi democratici.

2.10.

Il CESE insiste sull’importanza che lo sviluppo e la diffusione dell’IA siano basati sull’inclusività e sul principio secondo cui «nessuno deve rimanere indietro», e tali principi devono valere tanto per l’accessibilità dei dati e delle infrastrutture e la disponibilità di prodotti di facile uso quanto per l’accesso alle conoscenze e alle competenze. L’inclusività è essenziale sia per i cittadini che per le imprese, in particolare le PMI. Si dovrebbero adottare misure specifiche volte a rafforzare le competenze delle donne in materia di IA e ad incoraggiare le donne a occupare posti di lavoro e svolgere mansioni in questo settore, compresa l’industria dell’IA.

2.11.

Tenuto conto delle sfide sociali di immani proporzioni cui è confrontata e del rapidissimo sviluppo delle tecnologie, l’UE dovrebbe avvalersi pienamente dell’IA per realizzare analisi predittive in settori quali l’assistenza sanitaria e i trasporti, anche per quanto riguarda la questione della manodopera. Dovrebbe anche prevedere le possibilità offerte da tecnologie dall’impatto rivoluzionario, come ad esempio la tecnologia quantistica.

3.   Favorire l’innovazione e lo sviluppo di attività imprenditoriali

3.1.

Oltre a rafforzare l’efficienza e la produttività delle attività imprenditoriali, l’IA comporta anche nuove opportunità commerciali per un ampio ventaglio di industrie e servizi, e questo vale tanto per le grandi aziende quanto per le PMI, le start-up e le scale-up. L’IA consentirà inoltre la creazione di attività imprenditoriali completamente nuove.

3.2.

Tenuto conto non solo dei significativi sviluppi nel campo dell’IA ma anche della notevole diffusione di questa tecnologia al di fuori dell’UE, quest’ultima deve anche intensificare gli sforzi per migliorare la propria competitività. Il nocciolo della questione non consiste nello «scommettere sul cavallo vincente», ma piuttosto nell’individuare i problemi e le sfide da affrontare, allo scopo di creare e di mantenere le condizioni idonee per sfruttare le opportunità e ridurre al minimo i rischi connessi all’IA.

3.3.

Gli investimenti in innovazione e infrastrutture e l’ulteriore espansione del mercato unico sono gli ambiti d’azione essenziali su cui occorre concentrarsi. Il CESE sottolinea altresì l’importanza del contesto imprenditoriale generale (ad esempio la fiscalità, la regolamentazione e la disponibilità dei fattori di produzione) per le attività di innovazione e le decisioni di investimento da parte delle imprese.

3.4.

Il CESE approva le iniziative volte a destinare maggiori finanziamenti allo sviluppo e alla diffusione dell’intelligenza artificiale. Strumenti quali Orizzonte Europa, il programma Europa digitale, il Fondo InvestEU e il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) sono tutti preziosi e necessari per promuovere l’innovazione e gli investimenti nel settore dell’IA.

3.5.

Se è vero che il settore pubblico ha un ruolo importante da svolgere attraverso gli investimenti e gli appalti pubblici che realizza in questo campo, servono anche ingenti investimenti privati per realizzare adeguati progressi sia nello sviluppo che nella diffusione dell’IA in svariati settori. Il finanziamento pubblico è fondamentale in quanto assicura un effetto leva per gli investimenti privati. Tuttavia, le procedure di finanziamento dovrebbero essere rese più agevoli, e anche le regole in materia andrebbero definite in modo tale da incoraggiare l’assunzione di rischi.

3.6.

Per lo sviluppo e la diffusione dell’IA sono necessari ecosistemi imprenditoriali costituiti da imprese di varie dimensioni e operanti in settori diversi e in diverse parti delle catene del valore, così come occorre una collaborazione tra le imprese e i diversi soggetti interessati. Il CESE approva l’intenzione della Commissione di rafforzare la cooperazione, le reti e i partenariati transfrontalieri tramite centri di eccellenza della ricerca, siti di prova e poli dell’innovazione digitale collegati tra loro. Il CESE mette l’accento sulla necessità di facilitare i collegamenti con le PMI e chiede il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali nell’ambito della rete dei poli dell’innovazione digitale.

3.7.

Le competenze e le abilità svolgono un ruolo importante in quanto volano di innovazione e di sviluppo delle attività imprenditoriali collegate all’IA. Non vengono richieste solamente specifiche «competenze in materia di IA», ma anche competenze (in particolare imprenditoriali) per l’applicazione di questa nuova tecnologia in specifici settori di attività imprenditoriale. Dal momento che i nuovi talenti dell’imprenditoria e dell’industria riescono meglio ad emergere grazie a progetti di ricerca, il CESE esorta l’UE e gli Stati membri a garantire risorse finanziarie adeguate per questo tipo di ricerca.

3.8.

Occorre prontezza nella capacità di agevolare l’innovazione in materia di IA per tenere il passo con il ritmo rapido degli sviluppi nel settore. Ciò richiede siti di prova e spazi di «sperimentazione»normativa che consentano di sperimentare nuove idee e di testarle attraverso progetti pilota. Inoltre, è importante garantire la condivisione e il riconoscimento reciproco dei risultati delle prove.

3.9.

Il CESE chiede di aumentare gli investimenti nelle tecnologie e infrastrutture necessarie per l’IA e le applicazioni basate sull’IA, compresi i calcolatori ad alte prestazioni e le reti mobili 5G, unitamente a misure volte a migliorare la sicurezza informatica. L’UE dovrebbe inoltre avere un ruolo di primo piano nello sviluppo di tecnologie quantistiche, in particolare nei settori dell’informatica quantistica e delle comunicazioni quantistiche

3.10.

Poiché l’IA si basa principalmente sui dati, il CESE ritiene di fondamentale importanza assicurare la qualità, la disponibilità, l’accessibilità, l’interoperabilità dei dati e la loro circolazione senza ostacoli, garantendo al contempo la protezione dei dati stessi e la tutela della vita privata. Disporre di un mercato unico dei dati ben funzionante riveste un’importanza sempre maggiore, tenuto conto del fatto che tale mercato è interconnesso con il mercato unico delle merci, dei capitali e dei servizi.

3.11.

Il CESE sostiene le iniziative della Commissione sulla creazione di uno spazio comune europeo dei dati. Invita altresì ad aprire e a facilitare l’accesso ai megadati (big data) generati dal settore pubblico, a beneficio di tutti gli utenti e al fine di potenziare le interfacce di programmazione delle applicazioni (Application Programming Interfaces - API). Il CESE chiede anche condizioni favorevoli alla creazione di piattaforme europee per la condivisione di dati. Il miglioramento dell’accessibilità e del riutilizzo dei dati deve essere accompagnato da una concorrenza leale e da un livello adeguato di protezione dei dati stessi e della proprietà intellettuale.

3.12.

I modelli aziendali basati su dati, piattaforme ed ecosistemi stanno ormai diventando la «nuova normalità». Se è vero che oggi il predominio sulle piattaforme che mettono in relazione imprese e consumatori (B2C) è di grandi aziende di paesi non europei, l’UE avrebbe in realtà ottime possibilità di competere con successo nei settori delle piattaforme tra pubbliche amministrazioni e cittadini e delle piattaforme tra imprese (B2B), alla condizione essenziale di poterlo fare, in ogni caso, su un piano di parità con i concorrenti non europei.

3.13.

Il CESE chiede che venga adottato un quadro abilitante che stimoli l’innovazione ed eviti di frenare lo sviluppo con regole e requisiti eccessivamente particolareggiati, garantendo nel contempo l’affidabilità dell’IA. Invita inoltre la Commissione a valutare, insieme alle industrie e ai diversi soggetti interessati, se vi siano specifiche norme che potrebbero ostacolare lo sviluppo e la diffusione di un’IA affidabile. Tale valutazione dovrebbe comprendere anche un controllo dell’adeguatezza del diritto della concorrenza.

3.14.

Esorta altresì i decisori politici a prendere in esame i vari strumenti di politica dalla prospettiva del settore interessato. Non esistono soluzioni universalmente valide, dato che ciascun settore ha le proprie esigenze e le proprie sfide da superare. È opportuno sfruttare tutte le opportunità offerte dalla normazione, ad esempio promuovendo l’interoperabilità, tenuto conto della velocità con cui intervengono i cambiamenti e della necessità di un costante miglioramento.

4.   Aiutare i cittadini a prepararsi per il futuro

4.1.

È evidente che i cittadini in generale sono poco informati sulle possibilità di aiuto e assistenza che l’IA mette a loro disposizione, e che invece balzano nettamente in primo piano le considerazioni relative al controllo dell’uomo sulla macchina. Il CESE ritiene pertanto necessario fare opera di sensibilizzazione in merito alle opportunità che l’IA offre a beneficio della società in generale. Occorrono una maggiore conoscenza e una comprensione più approfondita della natura e del funzionamento di questa nuova tecnologia per rafforzare la fiducia dei cittadini fondata sulla riflessione critica. Il CESE chiede inoltre che vengano elaborati dati statistici di migliore qualità e un maggior numero di ricerche sulle implicazioni dell’IA per l’occupazione e per il lavoro, tra l’altro realizzando studi sugli impatti settoriali dell’intelligenza artificiale.

4.2.

Dal momento che l’IA ha potenzialmente notevoli implicazioni per la vita quotidiana dei cittadini in quanto consumatori, come pure per la futura evoluzione dell’occupazione e del lavoro, è essenziale dotare le persone delle conoscenze e delle competenze necessarie per prepararsi ai cambiamenti. Le parti sociali hanno un ruolo fondamentale da svolgere nel prevedere le trasformazioni del mondo del lavoro, nell’accompagnare lo sviluppo delle competenze digitali e nel rafforzare l’occupabilità dei lavoratori nel mercato del lavoro.

4.3.

La diffusione dell’IA incide notevolmente sulla domanda di competenze. A causa del profondo e rapido sviluppo di questa tecnologia, è necessario individuare le esigenze di formazione e di istruzione tanto nell’immediato come a lungo termine. L’istruzione deve soddisfare le esigenze di competenze digitali sia di base che avanzate. Oltre a garantire un’alfabetizzazione minima nel campo dell’IA, le competenze di base dovrebbero rendere le persone capaci di applicare tale tecnologia alla creazione e all’impiego di soluzioni innovative al lavoro e nella loro vita quotidiana, soluzioni associate, ad esempio, a sistemi di cooperazione tra esseri umani e robot.

4.4.

Il CESE esorta gli Stati membri a rispondere alla domanda di nuove competenze adeguando i loro sistemi di istruzione. Il CESE mette altresì l’accento sull’importanza di una cooperazione tra i governi, gli istituti di istruzione, le parti sociali, le organizzazioni di consumatori e altre organizzazioni della società civile pertinenti sia nell’elaborazione che nell’attuazione di nuovi programmi didattici e di formazione, al fine di migliorare le competenze utili nel mercato del lavoro e nella società in generale. L’IA dovrebbe servire anche a valutare le esigenze in termini di competenze, oltre che per l’organizzazione e la fornitura di contenuti nel campo dell’istruzione e della formazione.

4.5.

È necessario riformare i programmi di studio, a partire dalle scuole primarie fino alle università, dotandoli di una solida base in materie quali scienze, tecnologia, ingegneria e matematica, pur riconoscendo che sia lo sviluppo che l’utilizzo dell’IA richiedono vaste competenze. Ciò pone in evidenza l’importanza dell’istruzione nel campo, tra l’altro, delle scienze sociali e delle arti.

4.6.

Vi è un evidente bisogno non solo di mettere a punto un’istruzione di base, ma anche di migliorare il livello di competenze delle persone (compresi gli insegnanti) e di una loro riqualificazione. A ognuno di noi serve un apprendimento lungo tutto l’arco della vita e permanente per tenere il passo con gli sviluppi, sia attuali che futuri, L’apprendimento si svolgerà in misura crescente in ambito lavorativo e sarà basato su obiettivi da raggiungere a livello individuale.

4.7.

Il CESE ritiene che investire in istruzione e formazione debba costituire un elemento centrale delle strategie nazionali in materia di IA, e che le buone pratiche emerse nel quadro di iniziative nazionali vadano condivise a livello europeo. Chiede di aumentare i fondi UE stanziati per sostenere le necessarie riforme e le nuove iniziative nel settore dell’istruzione e della formazione.

4.8.

È anche importante affrontare i cambiamenti strutturali connessi all’IA nelle regioni e nei settori su cui più incide la diffusione di questa tecnologia. Gli Stati membri dovrebbero definire degli approcci su come ridurre il divario di competenze e attenuare gli impatti sociali negativi, anche tutelando chi non ha più prospettive occupazionali. Per evitare il divario digitale, è necessario garantire l’accesso a Internet su tutto il territorio dell’UE, Il CESE ritiene che potenziare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, come proposto dalla Commissione, rappresenti un passo avanti verso l’istituzione di un vero e proprio Fondo europeo per la transizione capace di contribuire a gestire la trasformazione digitale in modo socialmente responsabile.

5.   Promuovere la fiducia nell’IA

5.1.

Il CESE è fermamente convinto che, per poter cogliere efficacemente le opportunità offerte dall’IA, sia necessaria una buona dose di fiducia in questa tecnologia. Non solo i consumatori e i lavoratori dipendenti, ma la sfera economico-imprenditoriale in generale (datori di lavoro, imprenditori, investitori e finanziatori) si aspettano un’IA affidabile.

5.2.

Quanto più si diffonderanno la conoscenza e la comprensione di quel che l’IA significa, di come può essere impiegata e del modo in cui vengono adottate le decisioni in materia, tanto più diminuiranno con ogni probabilità i timori dei cittadini nei confronti di questa tecnologia. Saranno queste le basi su cui nascerà la fiducia nell’IA permettendo una riflessione critica sull’argomento e la presa in considerazione di questioni fondamentali, ad esempio il principio secondo cui l’uomo deve sempre mantenere il controllo della macchina («human in command») e se le persone potranno mantenere il controllo della propria vita. D’altra parte, la fiducia dipende anche da elementi molto concreti, come ad esempio la facilità d’uso di questa nuova tecnologia.

5.3.

Il gruppo europeo di esperti ad alto livello sull’intelligenza artificiale ha formulato di recente una serie di orientamenti etici per un’IA affidabile. Il CESE prende atto di questi orientamenti e insiste sulla fondamentale importanza di dati aperti, adeguati e affidabili, nonché sulla trasparenza delle decisioni adottate in materia di IA e sul fatto che lo sviluppo e la diffusione dell’IA devono essere inclusivi. Il CESE chiede inoltre di avviare ampie discussioni su temi quali le implicazioni delle pratiche di profilazione delle persone e le condizioni necessarie per contestare le decisioni in materia di IA.

5.4.

Se considerati nell’ambito del concetto di sviluppo sostenibile, questi aspetti etici sono in gran parte collegati a fattori umani e, quindi, rientrano nella dimensione sociale della sostenibilità. L’IA dovrebbe prendere in considerazione anche gli aspetti ambientali, ad esempio quelli relativi ai cambiamenti climatici e alle risorse naturali, e tra l’altro l’uso sostenibile dell’energia e delle materie prime e la prevenzione dell’obsolescenza prematura dei prodotti. Inoltre, la sostenibilità sotto il profilo economico impone che le soluzioni in materia di IA siano economicamente valide, e cioè produttive, redditizie e competitive.

5.5.

Anche l’impatto delle applicazioni di IA costituisce un ulteriore elemento di fiducia. Se (nello spirito dello sviluppo sostenibile) l’intelligenza artificiale va a vantaggio della società generando prosperità economica e benessere sociale, migliorando la salute dei cittadini e apportando benefici ambientali, questa nuova tecnologia può essere vista come «benefica».

5.6.

Il CESE ritiene che sia possibile rafforzare la fiducia nell’IA con una politica pubblica incentrata sul cittadino, coinvolgendo i rappresentanti della società civile nell’elaborazione di politiche e misure connesse a questa tecnologia. Inoltre, il settore pubblico può incrementare tale fiducia anche tramite un’amministrazione incentrata sul cittadino, un ambito in cui l’IA può svolgere un ruolo significativo snellendo le procedure amministrative e rendendole più mirate. Andrebbero prese in considerazione anche le opportunità offerte, ad esempio, dalle tecnologie blockchain (a catena di blocchi), per il miglioramento di servizi digitali affidabili.

5.7.

Lo sviluppo e la diffusione dell’IA devono avvenire nel pieno rispetto delle disposizioni di legge, che si tratti di diritto dei consumatori, del lavoro o societario. Sono in vigore numerose normative pertinenti in materia di sviluppo e impiego dell’IA. Il CESE invita la Commissione a ultimare e integrare la sua valutazione dei pertinenti atti legislativi (ad esempio in materia di sicurezza e di responsabilità) sotto il profilo della loro idoneità allo scopo in relazione a un’IA affidabile. Si dovrebbe inoltre riesaminare anche la fattibilità di una normativa settoriale pertinente.

5.8.

Tuttavia, è della massima importanza che l’approccio e i principi di un’IA affidabile siano adottati e introdotti come parte integrante della cultura di ogni organizzazione, sia nel settore pubblico che in quello privato. La deontologia in materia di IA non dovrebbe essere vista come un ambito separato o distinto dall’etica in generale. Le organizzazioni dovrebbero integrare la deontologia nel campo dell’IA nelle loro strategie globali, nei loro codici generali di condotta e nelle loro normali pratiche di gestione, anche per quanto riguarda l’informazione e la consultazione dei dipendenti, come pure i sistemi di controllo e di audit.

5.9.

Oltre che elaborando e attuando orientamenti etici in materia, si può rafforzare l’adozione proattiva di un’IA affidabile integrando gli aspetti etici nell’istruzione e nella formazione sia degli sviluppatori che degli utenti di questa tecnologia. Il CESE, per parte sua, è disposto a fare opera di informazione sugli aspetti etici dell’IA presso gli attori della società civile.

Bruxelles, 15 maggio 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 440 del 06.12.2018, pag. 51.

(2)  GU C 62 del 15.02.2019, pag. 292.

(3)  GU C 288 del 31.08.2017, pag. 43; GU C 440 del 06.12.2018, pag. 1; GU C 345 del 13.10.2017, pag. 52; GU C 190 del 05.06.2019, pag. 17.

(4)  COM(2018) 795 final - ALLEGATO.