ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 247

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

61° anno
13 luglio 2018


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

128a sessione plenaria del CdR, 22.3.2018-23.3.2018

2018/C 247/01

Parere del Comitato europeo delle regioni — Attuazione dell’agenda europea sulla migrazione

1

2018/C 247/02

Parere del Comitato europeo delle regioni — Incentivare la connettività a banda larga in Europa

7

2018/C 247/03

Parere del Comitato europeo delle regioni — Revisione intermedia dell’FSE in preparazione della proposta per il periodo successivo al 2020

11

2018/C 247/04

Parere del Comitato europeo delle regioni — I costi e i rischi della non-coesione: il valore strategico della politica di coesione per perseguire gli obiettivi del trattato e far fronte alle nuove sfide per le regioni europee

16

2018/C 247/05

Parere del Comitato europeo delle regioni — Allargamento: inclusione degli enti locali e regionali dei Balcani occidentali nelle iniziative di cooperazione macroregionale, transfrontaliera e transnazionale dell’UE

22

2018/C 247/06

Parere del Comitato europeo delle regioni — Pacchetto sul commercio

28

2018/C 247/07

Parere del Comitato europeo delle regioni sul tema Una strategia industriale europea: ruolo e punto di vista degli enti regionali e locali

38

2018/C 247/08

Parere del Comitato europeo delle regioni — Proposta di un Fondo europeo per la difesa

43


 

III   Atti preparatori

 

COMITATO DELLE REGIONI

 

128a sessione plenaria del CdR, 22.3.2018-23.3.2018

2018/C 247/09

Parere del Comitato europeo delle regioni relativo al programma di sostegno alle riforme strutturali modificato e a nuovi strumenti di bilancio per la zona euro

54

2018/C 247/10

Parere del Comitato europeo delle regioni sull’iniziativa dei cittadini europei

62


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato delle regioni

128a sessione plenaria del CdR, 22.3.2018-23.3.2018

13.7.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 247/1


Parere del Comitato europeo delle regioni — Attuazione dell’agenda europea sulla migrazione

(2018/C 247/01)

Relatore:

Dimitrios Kalogeropoulos (EL/PPE), politicamente responsabile dinanzi al consiglio comunale di Palaio Fàliro

Testo di riferimento:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Attuazione dell’agenda europea sulla migrazione

COM(2017) 558 final

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Osservazioni preliminari

1.

sottolinea che i movimenti migratori, per una serie di ragioni, sono parte integrante della storia dell’umanità e, in particolare, dell’Europa; evidenzia che le città e le regioni europee risentono attualmente delle pressioni esercitate dall’elevato numero di migranti dovuto alle condizioni di instabilità nei paesi al di fuori dell’Unione europea (UE). Il continente europeo, e in special modo le regioni periferiche meridionali e orientali, e, in quest’ultimo anno, il Mediterraneo occidentale e le coste della Spagna, compreso il versante atlantico meridionale, è stato per molto tempo luogo di origine di flussi migratori, mentre negli ultimi anni è diventato uno dei principali punti d’arrivo dei flussi di migranti e rifugiati provenienti da paesi terzi.

2.

In questi ultimi anni il numero di migranti e rifugiati, per lo più provenienti da paesi africani e asiatici e dal Medio Oriente, che tentano di entrare in uno Stato membro dell’UE, è aumentato in modo esponenziale. Il numero di migranti e rifugiati accolto dall’Europa dopo il 2015 è il più elevato dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Fattori come il protrarsi della crisi siriana, il formarsi di focolai di disordine in diverse regioni dell’Africa e dell’Asia, nonché l’aspirazione di numerosi abitanti dei due continenti a cercare condizioni di vita migliori in Europa, hanno contribuito in modo determinante all’accentuarsi del fenomeno, che vede come principali paesi di arrivo, tra gli altri, gli Stati membri dell’UE che si affacciano sul mar Mediterraneo, in special modo la Grecia e l’Italia.

3.

Per far fronte nel modo più efficace possibile a questa sfida senza precedenti, la Commissione europea ha presentato nel maggio 2015 l’agenda europea sulla migrazione (1). La priorità immediata era quella di salvare vite umane in mare di fronte alle tragedie umanitarie che si compivano nel Mediterraneo e, di conseguenza, mettere a punto un’azione europea nei seguenti settori: a) miglioramento delle operazioni di ricerca e salvataggio, b) contrasto delle reti criminali di trafficanti di vite umane, c) ricollocazione dei rifugiati all’interno dei confini dell’UE, d) reinsediamento degli sfollati nei loro luoghi di origine, e) collaborazione con i paesi terzi per affrontare a monte i flussi di migranti e f) offerta di aiuto agli Stati membri dell’UE che si trovano in prima linea ad accogliere i migranti e i rifugiati. L’agenda europea sulla migrazione ha inoltre definito quattro pilastri principali per la realizzazione di una politica globale dell’UE in materia, vale a dire: a) ridurre gli incentivi alla migrazione irregolare, b) salvare vite umane e rendere sicure le frontiere esterne, c) creare i presupposti per un’attuazione coerente di un sistema europeo comune di asilo e d) mettere a punto una nuova politica di migrazione legale.

4.

L’esperienza del passato dimostra che, in assenza di canali legali per la migrazione, i migranti sono costretti a intraprendere rotte più pericolose verso i paesi di destinazione. Questo spinge le persone a ricorrere alle reti di trafficanti, mettendo a rischio la loro vita e la loro integrità fisica, e aumentando notevolmente, nel caso delle donne, la loro vulnerabilità.

Osservazioni particolari

5.

Il Comitato europeo delle regioni (CdR) premette che, sebbene l’agenda europea sulla migrazione rientri precipuamente tra le competenze dei governi nazionali, gli enti locali e regionali svolgono un ruolo importante al riguardo;

6.

osserva che gli enti locali e regionali svolgono un ruolo importante nell’accoglienza del maggior numero di rifugiati e migranti. Ciò è dovuto al fatto che sono proprio tali enti a fornire accoglienza ai rifugiati e migranti, e sono tenuti ad assisterli, ospitarli e mantenerli in condizioni dignitose, spesso per periodi di tempo indeterminati; in molti casi, poi, devono anche aiutarli ad integrarsi. Tale fenomeno riguarda in particolare le regioni collocate ai confini esterni dell’UE (come le isole greche dell’Egeo prospicienti la costa turca o talune regioni insulari d’Italia, nonché le coste dell’Andalusia, in particolare le province di Cadice, Granada e Almeria, i territori di Ceuta e Melilla e le isole Canarie), dove i migranti mettono per la prima volta piede sul suolo dell’UE;

7.

in considerazione di quanto sopra, sottolinea che gli enti locali e regionali devono partecipare a tutte le fasi di concezione ed attuazione dell’agenda europea sulla migrazione, compresi la definizione delle priorità, la valutazione dei risultati e il monitoraggio delle conseguenze, per gli enti locali e regionali, delle politiche adottate dai governi in questo settore; nel processo andrebbero coinvolti, secondo modalità chiare, tutti i livelli di governance, partendo dai comuni e dagli enti locali;

8.

plaude agli sforzi compiuti dall’UE per appoggiare la creazione di strutture politiche e amministrative sostenibili sulle tematiche della migrazione e dell’offerta di asilo, e ritiene che tali sforzi dovrebbero comprendere il sostegno allo sviluppo istituzionale a livello regionale e locale tramite l’erogazione, a favore degli enti territoriali, di aiuti economici, assistenza tecnica e formazione efficaci, in modo da garantire un migliore utilizzo degli aiuti umanitari e delle risorse finanziarie attuali e future, soprattutto in sede di prima accoglienza; a tale proposito, è necessario che le regioni maggiormente colpite dai flussi migratori o con una quota importante di immigrati abbiano un accesso diretto ai fondi dell’UE per l’integrazione;

9.

ricorda che gli enti subnazionali rappresentati in seno al CdR compiono numerosi sforzi e investono risorse congrue per far fronte, in loco, alle questioni di natura umanitaria connesse ai flussi di rifugiati e migranti. In tale contesto, il CdR si è già dimostrato un valido partner per gli altri soggetti interessati (tra cui la Commissione) nell’attuazione dell’agenda europea sulla migrazione.

Priorità

10.

ritiene evidente, da un lato, che la complessità della materia renda necessaria una stretta cooperazione tra gli Stati membri dell’UE e, dall’altro, che qualsiasi azione da parte dell’UE e dei suoi Stati membri debba essere sempre conforme ai principi generali del rispetto e della protezione della legalità internazionale e dei diritti umani;

11.

giudica indispensabile che l’UE prosegua gli sforzi intesi a consolidare e rafforzare il quadro comune europeo per la migrazione e l’asilo, nonché la sua azione preventiva al fine di contribuire a contrastare la migrazione irregolare, promuovere la stabilità e il rispetto dei diritti fondamentali nei paesi del vicinato. L’UE deve essere in grado di fornire assistenza agli Stati membri maggiormente gravati dai flussi di migranti e rifugiati, basando la propria politica sul principio fondamentale della solidarietà; nel bacino del Mediterraneo, così come nei territori spagnoli al di fuori della penisola iberica come Ceuta e Melilla, è necessario garantire un sostegno più ampio;

12.

mette in rilievo la necessità di intensificare l’azione di prevenzione della migrazione irregolare per poter concentrare l’assistenza su coloro che hanno realmente bisogno di protezione. Esprime inoltre profonda preoccupazione per la tratta degli schiavi sviluppatasi in alcuni Stati africani come conseguenza delle rotte e delle attività illegali legate al traffico di esseri umani, soprattutto di donne e bambine a scopo di sfruttamento sessuale;

13.

ritiene che l’UE, in quanto principale donatore internazionale, debba fare uno sforzo per garantire che la politica in materia di migrazione e la cooperazione internazionale allo sviluppo siano due politiche pubbliche coordinate tra loro. Nel contempo, giudica pericolosa la tendenza di talune organizzazioni internazionali (ad esempio il Comitato di assistenza allo sviluppo dell’OCSE) a consentire che i costi sostenuti dai paesi industrializzati per assistere i rifugiati vengano calcolati come aiuti pubblici allo sviluppo;

14.

sottolinea la fondamentale importanza della cooperazione internazionale allo sviluppo in quanto politica pubblica volta a promuovere il miglioramento delle condizioni di vita dei paesi terzi, ad eliminare le disuguaglianze e, nell’ambito della sua azione umanitaria, ad avere un impatto sulle situazioni che spingono alla migrazione forzata;

15.

è dell’avviso che, nelle attuali circostanze, si configurino sei settori d’intervento: a) risposta immediata e offerta di aiuto agli Stati membri che si trovano in situazioni di emergenza a causa dell’aumento dei flussi di rifugiati e migranti, b) riduzione degli incentivi al perpetuarsi della migrazione irregolare, c) gestione delle frontiere esterne dell’UE, d) politica di asilo, e) gestione della migrazione legale e integrazione sociale dei migranti e f) cooperazione con i paesi d’origine.

Risposta alle situazioni di emergenza

16.

accoglie con favore le azioni intraprese finora dall’UE per far fronte a situazioni critiche derivanti dall’aumento dei flussi di migranti e rifugiati negli ultimi anni. Tra queste azioni figurano:

le operazioni congiunte Triton e Poseidon rispettivamente nel Mediterraneo centrale e orientale;

l’assistenza finanziaria urgente fornita agli Stati membri che hanno dovuto far fronte ai problemi maggiori e potenziare i normali servizi — sanitari, sociali e giuridici — resi dalle regioni a tali persone;

la creazione e la gestione di centri di accoglienza e identificazione (i cosiddetti punti di crisi o hotspot) in Grecia e in Italia, ai quali vanno aggiunti i punti d’ingresso in Andalusia;

l’accordo tra UE e Turchia, che ha prodotto una drastica riduzione dei flussi incontrollati dalla Turchia verso la Grecia (ma che non va preso a modello per far fronte ai problemi della migrazione), e solleva per contro alcune preoccupazioni quanto alla sua compatibilità con le norme internazionali sui diritti umani e alla sua «sostenibilità» nel quadro di una risposta politica globale dell’UE alla crisi;

l’assistenza fornita alla guardia costiera libica, che ha contribuito a ridurre i flussi verso l’Italia nel quadro di EUNAVFOR Med operazione Sophia;

l’aumento della dotazione finanziaria del Fondo Asilo, migrazione e integrazione dell’UE, che ha consentito a quest’ultimo di offrire una maggiore assistenza agli Stati membri e le cui risorse devono essere destinate alle regioni;

17.

riconosce la necessità di iniziative ancora più drastiche da parte dell’UE al fine di:

rafforzare l’assistenza fornita ai paesi di prima accoglienza dei rifugiati e dei migranti, con particolare attenzione al sostegno agli enti territoriali nelle regioni (come le isole greche dell’Egeo e l’Italia, al pari delle coste meridionali e delle isole della Spagna) che, a causa della loro posizione geografica, accolgono il maggior numero di rifugiati e migranti;

ridurre la congestione nelle regioni che, come indicato prima, accolgono il maggior numero di rifugiati e migranti, tenendo conto, tra l’altro, di elementi quali le specificità derivanti dall’insularità;

attuare scrupolosamente l’accordo UE-Turchia nel pieno rispetto delle norme di diritto umanitario e internazionale, comprese le disposizioni in materia di rimpatrio delle persone in Turchia, garantendo nel contempo agli aventi diritto l’accesso ad adeguate procedure di asilo;

fornire la necessaria assistenza ai gruppi di persone sui quali le migrazioni hanno le maggiori ripercussioni, in particolare i minori non accompagnati;

18.

sottolinea il ruolo prezioso svolto dalle organizzazioni non governative (ONG) nel far fronte ai gravissimi problemi di alloggio, alimentazione, assistenza sanitaria ecc. dei rifugiati e dei migranti, in particolare nelle regioni che ne accolgono i flussi più consistenti. Giudica però necessario un migliore coordinamento delle attività delle ONG in stretta cooperazione con gli enti locali e regionali, in modo tale che il loro contributo sia, da un lato, più razionale ed efficace e, dall’altro, compatibile con le esigenze e le condizioni locali, ma anche in modo che esse siano sempre soggette ai necessari requisiti in materia di trasparenza e responsabilità sociale. Ritiene che il ruolo del servizio volontario europeo, in collaborazione con le ONG o le pubbliche amministrazioni, potrebbe essere fondamentale nel prestare accoglienza a rifugiati e migranti;

19.

sottolinea l’importanza degli aiuti umanitari internazionali forniti dall’UE e dai suoi Stati membri ai paesi terzi che vivono una situazione di emergenza strettamente collegata all’aumento dei flussi migratori.

Scoraggiare la migrazione irregolare

20.

ritiene essenziale proseguire gli sforzi compiuti dall’UE in collaborazione con i paesi terzi per contrastare le reti di immigrazione irregolare, in particolare nei paesi di origine e di transito dei migranti irregolari;

21.

sottolinea la necessità di fornire una solida base giuridica ad EUNAVFOR Med operazione Sophia al fine di rafforzarne l’efficacia e migliorarne la capacità di smantellare il modello di attività del traffico e della tratta di esseri umani; ad esempio, invita le istituzioni dell’UE a cooperare con la guardia costiera libica per impedire la partenza illegale di gommoni e barche diretti verso il territorio dell’UE. Rileva che le attività di pattugliamento, compreso il sostegno alle operazioni di ricerca e soccorso, si sono gradualmente spostate dalle acque in prossimità del territorio italiano ai tratti di mare più vicini alla Libia. Riconosce che una delle conseguenze dirette di questo spostamento è stato un cambiamento del modus operandi dei trafficanti, che adesso fanno salire i migranti irregolari e i rifugiati su gommoni gonfiabili scadenti, assolutamente inadatti alla navigazione e senza alcuna prospettiva di raggiungere le coste italiane, partendo dal presupposto che questi verranno raccolti in prossimità o all’interno delle acque territoriali libiche;

22.

plaude alla scelta, che giudica particolarmente utile, di istituire il Centro europeo contro il traffico di migranti;

23.

invita la Commissione a intraprendere ulteriori iniziative volte a elaborare un piano d’azione coerente, con la partecipazione di tutti gli Stati membri dell’UE, degli organi competenti dell’Unione e di altre organizzazioni interessate alla questione, al fine di rendere più efficaci gli interventi di contrasto del traffico di migranti;

24.

ritiene indispensabile migliorare l’efficacia del quadro europeo per il rimpatrio dei soggetti privi del diritto di soggiorno, onde consentire un aumento del numero dei rimpatri, nel rispetto delle norme europee e internazionali.

Gestione delle frontiere

25.

considera particolarmente significativa la creazione della guardia di frontiera e costiera europea, che rappresenta un passo decisivo in particolare verso una sorveglianza più efficace delle frontiere esterne dell’UE. Il funzionamento della guardia di frontiera e costiera europea rende possibile un coordinamento più efficiente tra gli Stati membri dell’UE e garantisce una risposta tempestiva ed efficace nelle situazioni che richiedono un intervento urgente alle frontiere esterne;

26.

riconosce che vi è uno spazio ancora maggiore per iniziative positive da parte della guardia di frontiera e costiera europea in settori quali a) la fornitura di assistenza tecnica e operativa a sostegno delle operazioni di ricerca e soccorso delle persone in pericolo in mare durante le operazioni di sorveglianza delle frontiere; b) l’organizzazione, il coordinamento e lo svolgimento di operazioni e interventi di rimpatrio, e c) la promozione della cooperazione operativa tra gli Stati membri e i paesi terzi nel quadro della gestione delle frontiere esterne dell’UE; sottolinea l’urgente necessità di ridurre il numero di traversate e di impedire la partenza illegale di gommoni e barche diretti verso l’UE;

27.

incoraggia la Commissione a mettere a punto una serie di istruzioni per la creazione e il funzionamento di centri di accoglienza e identificazione (hotspot) alle frontiere esterne di tutti gli Stati membri dell’UE, che, tra l’altro, dovranno garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali unionali e internazionali, e prevedere disposizioni specifiche per la gestione di questi hotspot. A tal fine, è opportuno far tesoro delle esperienze accumulate (tra l’altro dagli enti locali e regionali competenti) in fase di creazione e funzionamento di tali hotspot in Grecia e in Italia, che evidenziano tra l’altro la necessità di analizzare la gestione specifica dei rifugiati e dei migranti.

Politica comune di asilo

28.

giudica necessario adeguare il sistema europeo comune di asilo alle attuali esigenze pressanti. In tale contesto, è assolutamente necessaria una revisione del vigente sistema di Dublino, che definisce i criteri e i meccanismi per determinare quale Stato membro è competente per l’esame di una richiesta di asilo; in tale contesto, invita gli Stati membri a compiere passi avanti riguardo alla proposta di riforma della legislazione dell’UE in materia che, pur essendo probabilmente insufficiente, va comunque nella giusta direzione;

29.

sottolinea che l’attuale sistema prevede una ripartizione diseguale dei rifugiati e dei migranti tra gli Stati membri, facendo gravare l’onere maggiore su quei paesi (principalmente Grecia e Italia) che, a causa della loro posizione geografica, accolgono la stragrande maggioranza dei nuovi arrivi. L’attuale situazione contribuisce a creare tensioni sociali e malcontento nei paesi che si trovano a gestire un numero sproporzionato di arrivi di rifugiati e migranti irregolari, soprattutto a livello locale, e genera, come conseguenza, movimenti migratori secondari all’interno dell’UE. Per affrontare il problema in modo più efficace, occorre esaminare, con la partecipazione degli enti locali e regionali maggiormente interessati, la possibilità a lungo termine di trasferire la competenza per il trattamento delle richieste di asilo dal livello nazionale a quello unionale. Pertanto il CdR invita gli Stati membri dell’UE ad accelerare le procedure di esame delle domande di asilo, senza però pregiudicare la certezza del diritto;

30.

giudica costruttiva l’idea di distribuire i rifugiati in modo proporzionale tra tutti gli Stati membri dell’UE, pur riconoscendo che, nonostante i progressi compiuti, tale sistema non funziona ancora con il massimo dell’efficacia;

31.

sottolinea che l’applicazione del principio di solidarietà tra gli Stati membri è una condizione indispensabile per la gestione razionale del gran numero di richiedenti asilo;

32.

sottolinea la particolare importanza da attribuire alla protezione delle donne (soprattutto le madri e le donne incinte) e dei minori (soprattutto se non accompagnati), che costituiscono i gruppi di rifugiati più vulnerabili; laddove dispongano di competenze amministrative nella tutela dei minori non accompagnati, gli enti regionali devono ricevere un’assistenza finanziaria per potersi occupare dei minori migranti.

Migrazione legale e integrazione

33.

sottolinea con forza la necessità di creare canali sicuri di accesso all’UE per i migranti legali o i soggetti che godono di uno speciale status di protezione internazionale in forza del diritto internazionale, come i visti umanitari, il ricongiungimento familiare allargato o i programmi di sponsorizzazione privata. A tal fine è necessario, da un lato, consolidare e, dall’altro, ampliare le forme di cooperazione esistenti con i paesi terzi, siano essi i paesi di provenienza degli sfollati o i paesi da questi attraversati per raggiungere l’UE. La creazione di hotspot sul territorio dei paesi terzi è un passo importante in tale direzione, e pertanto l’UE deve intraprendere tutte le iniziative necessarie per raggiungere accordi al riguardo con i paesi terzi, garantendo il pieno rispetto della legislazione dell’UE e delle norme internazionali in materia di diritti umani. Al tempo stesso si dovrà sviluppare un quadro coerente di direttive e norme per garantire il rispetto di tutte le condizioni necessarie per il corretto funzionamento degli hotspot;

34.

considera che l’integrazione per quanto possibile rapida e completa dei cittadini di paesi terzi (rifugiati e migranti legali) nelle società degli Stati membri dell’UE costituisca una priorità e che essa debba avvenire su più livelli e all’insegna della coerenza. Occorre però tener conto, da un lato, delle specificità locali dei paesi d’accoglienza e, dall’altro, delle caratteristiche e diversità (nazionali, linguistiche, religiose ecc.) dei cittadini di paesi terzi. Di conseguenza, l’approccio deve essere adattato alle circostanze specifiche prevalenti in ciascun caso;

35.

osserva che la riuscita delle politiche di integrazione non può non fondarsi sui principi della democrazia, del rispetto dei diritti umani, della parità di genere, della tolleranza, della libertà di espressione e dello Stato di diritto, che sono i pilastri fondamentali dei valori europei;

36.

ritiene essenziale il coinvolgimento della società civile e del settore privato a livello locale e regionale in qualsiasi processo volto a integrare i migranti, senza per questo dimenticare che il lavoro dignitoso è una condizione imprescindibile per il buon esito di qualsiasi progetto di integrazione. A questo proposito, richiama l’attenzione della Commissione sulle buone pratiche esistenti a livello internazionale che devono il loro successo proprio al fatto di aver coinvolto fin dall’inizio la popolazione dei paesi di accoglienza;

37.

giudica essenziale il ruolo degli enti locali e regionali nell’elaborazione di «tabelle di marcia» volte a garantire la piena integrazione di migranti e rifugiati. A tale riguardo, esorta la Commissione a tenere conto delle buone pratiche e delle esperienze pilota sostenute da organizzazioni internazionali quali l’UNHCR e già avviate dagli enti locali e regionali europei.

Il ruolo degli enti locali e regionali e del CdR

38.

sottolinea la funzione particolare che può e deve essere svolta dagli enti locali e regionali in tutti i settori appena citati. Gli enti territoriali sono infatti i responsabili in loco della gestione di tutte le questioni riguardanti i flussi di migranti e rifugiati. È pertanto necessario fornire loro le risorse economiche necessarie per far fronte a queste sfide; a tal fine si rende necessaria una dotazione di bilancio dell’UE commisurata all’incremento delle esigenze e distribuita tra gli enti secondo le reali attività svolte, nell’ambito della responsabilità dell’UE di proteggere le proprie frontiere esterne e far fronte alla migrazione. Un forte coinvolgimento delle amministrazioni e degli organismi subnazionali aiuterebbe a costruire una governance in grado di concepire e attuare politiche coerenti e coordinate tra i livelli. In tal senso, gli enti locali e regionali dovrebbero assumersi in parte la gestione del Fondo Asilo, migrazione e integrazione dell’UE;

39.

sottolinea infine il proprio ruolo, da un lato, in quanto principale portavoce istituzionale degli enti locali e regionali al livello dell’UE e, dall’altro, quale organo in grado di promuovere concretamente il dialogo con i paesi di origine e/o di transito dei migranti e dei rifugiati tramite istituzioni quali l’Assemblea regionale e locale euromediterranea (ARLEM) e la Conferenza degli enti regionali e locali per il partenariato orientale (Corleap).

Bruxelles, 22 marzo 2018.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  COM(2015) 240 final.


13.7.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 247/7


Parere del Comitato europeo delle regioni — Incentivare la connettività a banda larga in Europa

(2018/C 247/02)

Relatore:

Mart Võrklaev (EE/ALDE), sindaco di Rae

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

fa notare che, in base ai dati della Banca mondiale (1), la rapida crescita delle tecnologie digitali in tutto il mondo ha innescato una profonda trasformazione della società e la rete Internet è ormai diventata un’infrastruttura essenziale, che riduce i costi dello scambio di informazioni e contribuisce all’innovazione, il che a sua volta porta a una migliore connettività tra le persone, le imprese e lo Stato;

2.

accoglie con favore il lavoro svolto dalla piattaforma comune per la banda larga insieme con la Commissione europea al fine di garantire una migliore cooperazione, una migliore regolamentazione e attuazione della connettività digitale in Europa e, naturalmente, un migliore finanziamento di tale connettività;

3.

è consapevole del fatto che, già nel 2015, il 97 % delle famiglie dell’UE poteva disporre di un servizio di base di connessione a barda larga su rete fissa (con un tasso di utilizzazione del 72 %) e che i servizi basati sulle tecnologie senza filo erano ancora più diffusi. Esistono tuttavia delle differenze, anche all’interno dei singoli Stati membri, per quanto riguarda la disponibilità e l’accessibilità economica della banda larga fissa nelle zone urbane e rurali;

4.

fa osservare che, secondo la settima relazione sulla coesione, sono necessari maggiori investimenti, dato che, se è vero che praticamente tutte le famiglie dell’UE possono ormai disporre di un accesso di base alla banda larga, tuttavia le reti di accesso di prossima generazione (Next Generation Access — NGA), assai più veloci, sono disponibili soltanto per il 40 % degli abitanti delle zone rurali, a fronte del 90 % degli abitanti delle città;

5.

fa notare che la lentezza della connessione Internet nelle zone rurali, dove le reti più veloci sono disponibili solo in misura limitata, come anche i problemi specifici presenti nelle zone scarsamente popolate e nelle regioni ultraperiferiche dell’UE, potrebbero diventare un ostacolo al conseguimento degli ambiziosi obiettivi dell’UE per il periodo 2020-2025. Obiettivi, questi, la cui realizzazione potrebbe, secondo le stime della Commissione, apportare all’Unione circa 146,5 miliardi di euro all’anno e, al tempo stesso, creare fino a 2,4 milioni di nuovi posti di lavoro;

6.

concorda con il G20 (2) nel ritenere che il superamento del divario digitale significhi, in fin dei conti, puntare a dare in maniera inclusiva a tutti i cittadini la possibilità di godere, in condizioni di parità, dei vantaggi dello sviluppo digitale — vantaggi che vanno da una maggiore efficienza a maggiori opportunità di essere protagonisti di una nuova economia, passando per una più forte partecipazione sociale ed economica. Il divario digitale presenta due dimensioni: la possibilità di accedere a una buona connessione Internet a banda larga così come la possibilità di fruire dei servizi online e la motivazione a farlo;

7.

fa notare che, per lo sviluppo dell’intera UE, è importante risolvere il problema del cosiddetto «ultimo miglio», e che, per risolvere tale problema, è necessario adottare misure flessibili;

8.

richiama l’attenzione sul ruolo che le infrastrutture TIC e la connessione a banda larga, in combinazione con lo sviluppo di capacità, potrebbero svolgere nel quadro delle trasformazioni strutturali indotte dal calo demografico nelle zone rurali, dato che lo spopolamento e la marginalizzazione di tali zone costituiscono un problema crescente in tutta Europa.

Problemi di connettività e possibili soluzioni

9.

è del parere che sia imperativo affrontare tutta una serie di sfide di grande rilievo, quali ad esempio:

la limitata connettività ad altissima velocità per le infrastrutture fisse e mobili in tutta l’UE,

i rischi derivanti dalla capacità insufficiente di rispondere ai rapidi mutamenti tecnologici e del mercato, come l’avvento dell’«Internet degli oggetti»,

gli ostacoli amministrativi derivanti dall’eccesso di regolamentazione e dalla scarsa coerenza della normativa, compresa quella in materia di aiuti di Stato;

10.

esprime preoccupazione in relazione alla domanda di connettività in determinati territori, che è un chiaro indice dell’importanza dei programmi scolastici e di quelli di teledidattica (e-learning) per gli adulti. In materia di banda larga, infatti, non si pongono soltanto problemi di finanziamento, ma anche questioni legate alla domanda di realizzazione e utilizzo delle relative infrastrutture. Tutte le istituzioni pubbliche, le scuole e gli istituti di istruzione devono essere dotati di una connessione a banda larga ad alta velocità;

11.

osserva che, in alcuni paesi e regioni, possono costituire un problema anche la limitatezza delle conoscenze tecniche e l’assenza di informazioni sia sulle possibilità di finanziamento per le infrastrutture a banda larga sia sulle cosiddette buone pratiche in materia;

12.

manifesta vivo apprezzamento per la creazione di centri di competenze specialistici sulla banda larga nonché per il fatto che le varie direzioni generali della Commissione europea cooperino al fine di perseguire uno scopo comune, il che dovrebbe trovare riscontro anche nel futuro bilancio dell’UE;

13.

reputa necessario che in tutti gli Stati membri siano istituiti centri di eccellenza, che essi costituiscano una rete comune di cooperazione, e che le regioni e gli enti locali si rivolgano a tali centri prima ancora di iniziare a cercare soluzioni — le consultazioni dovrebbero essere effettuate già a monte, e le soluzioni ottimali essere individuate in funzione delle specificità nazionali e regionali;

14.

accoglie con favore lo strumentario in cinque punti per le zone rurali dell’UE, che consentirà di realizzare progressi verso una migliore copertura a banda larga;

15.

segue con estremo interesse il dispiegarsi del potenziale del concetto di «piccoli comuni intelligenti» di cui alla dichiarazione di Cork 2.0 («Una vita migliore nelle aree rurali»). Al riguardo si tratta di investire nel settore delle TIC per migliorare la qualità della vita e garantire l’accesso ai servizi pubblici e alle infrastrutture, tenendo nel contempo debito conto delle specificità dei singoli territori;

16.

accoglie con favore, a tale proposito, il fatto che le disposizioni sull’accesso alle reti prestino maggiore attenzione alla proporzionalità della regolamentazione e alla concorrenza a livello di infrastrutture in modo da promuovere gli investimenti, nonché il fatto che esse attribuiscano grande rilievo a soluzioni collaborative orientate al mercato che promuovano la diffusione di infrastrutture nei territori locali e regionali che rivestono scarso interesse commerciale. È infatti importante che la regolamentazione dell’accesso contribuisca a evitare un divario digitale riguardo alle reti ad altissima capacità e a rafforzare la coesione territoriale;

17.

è del parere che, per garantire la concorrenza sia sul mercato delle reti fisse che su quello della 5G, sia necessario effettuare una separazione tra i servizi e le reti, secondo il modello adottato nel settore dell’energia («unbundling»). Così, ad esempio, in una serie di Stati membri dell’UE (Svezia, Regno Unito ecc.) è stata operata una completa separazione tra i servizi di telecomunicazione e la gestione delle reti. Il CESE è del parere che le reti di fibre ottiche dovrebbero appartenere alle imprese di telecomunicazioni il cui modello di business è basato su un accesso paritario alla rete per tutti i fornitori di servizi. Ciò consentirebbe a molti fornitori di servizi di operare sul mercato e ai consumatori di scegliere i servizi con il rapporto qualità-prezzo desiderato, e inoltre garantirebbe anche lo sviluppo a lungo termine del settore;

18.

è del parere che, in tal caso, vi sarebbero pari opportunità per tutti riguardo allo sviluppo delle reti 5G — non vi dovrebbe essere alcuna dipendenza dalle infrastrutture di base delle imprese di telecomunicazioni in posizione dominante-, e che pertanto l’UE dovrebbe sostenere in modo specifico la creazione di reti aperte e indirizzare anche gli Stati membri ad agire in tal senso, in modo da rendere tutte le reti di fibre ottiche — quelle nuove e quelle già esistenti — indipendenti da un determinato gestore;

19.

sottolinea l’importanza di mappature geografiche più precise delle infrastrutture esistenti e dei progetti da realizzare in futuro, in un’ottica di analisi di mercato e al fine di individuare le aree con una copertura insufficiente (aree di esclusione digitale). Dato che, tendenzialmente, le aree di esclusione digitale si trovano nelle regioni meno densamente popolate e in ritardo di sviluppo, una corretta individuazione di tali aree dovrebbe accrescere l’efficacia del sostegno finanziario pubblico;

20.

chiede che negli Stati membri siano adottate norme giuridiche che consentano di utilizzare le infrastrutture esistenti (reti elettriche, tralicci ecc.) con la maggiore flessibilità possibile per lo sviluppo della rete a banda larga, in modo che le relative strutture siano rese disponibili con un risparmio di tempo e di denaro;

21.

sottolinea che, nell’attuale periodo di programmazione, sono previsti 14 miliardi di EUR dei fondi SIE per la creazione di infrastrutture per la banda larga;

22.

sostiene la promozione dello sviluppo della banda larga attraverso un rafforzamento della politica di coesione, in modo da assicurarsi, tra le altre cose, che essa consenta di far fronte alle più gravi carenze del mercato nelle zone rurali, a bassa densità di popolazione, dell’UE; e precisa che ciò non esclude un aumento degli strumenti finanziari (come il finanziamento di prestiti) in cooperazione con la Banca europea per gli investimenti e altre banche di promozione;

23.

è favorevole a un rafforzamento della funzione di finanziamento, da parte del meccanismo per collegare l’Europa (CEF) e del FEIS, degli strumenti finanziari e dei meccanismi di blending (combinazione di sovvenzioni e strumenti finanziari) per far fronte alle carenze del mercato di media entità, come la mancanza di capitali propri per piccoli progetti in settori più redditizi. Tali interventi complementari garantirebbero una connettività a banda larga di qualità elevata in tutte le regioni dell’UE;

24.

raccomanda di utilizzare una piattaforma comune per la banda larga come strumento di cooperazione, e di associare ai lavori di tale piattaforma anche la DG REGIO della Commissione;

25.

sostiene gli sforzi per promuovere la diffusione dei programmi dell’UE e la messa a punto di nuovi concetti per i partenariati pubblico-privato in materia di investimenti nello sviluppo della banda larga;

26.

ribadisce la richiesta che, nelle zone in cui le grandi imprese non sono interessate ad investire e le piccole incontrano difficoltà nel soddisfare i requisiti necessari, si elaborino dei modelli semplificati che consentano alle piccole imprese di investire più facilmente per offrire soluzioni in queste zone scarsamente servite oppure si riconoscano i progetti per lo sviluppo della banda larga come servizi d’interesse economico generale (3);

27.

fa notare, a tale proposito, che è importante semplificare le procedure, dato che l’evoluzione tecnologica è più rapida dello sviluppo delle strutture corrispondenti;

28.

è del parere che sia possibile elaborare piani di sviluppo veramente efficaci per la diffusione della banda larga soltanto se vi è un consenso tra gli operatori di telecomunicazioni, le autorità nazionali e gli enti locali e regionali, che garantisca la presa in considerazione degli interessi di tutti gli Stati, tutte le regioni e tutte le città. Nei paesi in cui un tale accordo è stato raggiunto (Svezia, Regno Unito ecc.), la diffusione della banda larga è già in una fase più avanzata. Laddove, invece, non si è raggiunto un accordo, la copertura a banda larga al di fuori delle zone urbane rischia di rimanere insufficiente;

29.

accoglie con favore l’eccellente iniziativa della BEI di istituire un fondo per lo sviluppo della banda larga, esorta ad attuarla in tempi brevi, ed auspica che essa contribuisca a finanziare soprattutto piccoli progetti e ad eliminare le cosiddette zone «bianche» (ossia senza copertura di rete);

30.

richiama le proprie raccomandazioni rivolte al gruppo ad alto livello sulla semplificazione per il periodo successivo al 2020, nelle quali sottolineava la necessità di allineare le norme sugli aiuti di Stato e quelle in materia di appalti pubblici nell’ambito dei fondi SIE alle disposizioni per i programmi gestiti a livello centrale; ribadisce l’invito a valutare se sia possibile esentare alcune o tutte le spese a titolo dei fondi SIE dalle procedure in materia di aiuti di Stato per il periodo successivo al 2020. A tale proposito, osserva con piacere che il gruppo ad alto livello ha accolto le raccomandazioni del CdR sulla necessità di definizioni comuni per raffrontare e combinare i fondi (4);

31.

insiste sul fatto che gli orientamenti dell’UE relativi all’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga dovrebbero essere allineati alle diverse opzioni disponibili a titolo dei fondi europei per finanziare lo sviluppo della banda larga; ed esprime preoccupazione per il gran numero di notifiche preventive con esito negativo — un fenomeno, questo, che ha finito per rallentare o addirittura impedire la mobilitazione degli investimenti e al quale è quindi imputabile la lentezza con cui le connessioni a banda larga si diffondono in questi territori;

32.

esprime — come già nelle raccomandazioni al gruppo ad alto livello sulla semplificazione — la propria soddisfazione per il fatto che sia stato preso in considerazione anche il principio dell’approccio differenziato. Tale approccio, infatti, dovrebbe consentire una significativa riduzione degli oneri amministrativi e una migliore considerazione delle specificità del contesto di attuazione nelle regioni interessate, favorendo quindi un’impostazione basata sul territorio e promuovendo investimenti mirati nello sviluppo della banda larga;

33.

suggerisce di realizzare e diffondere il più rapidamente possibile connessioni a banda larga più veloci e con un’ampia copertura, in modo da creare i presupposti per la società dei gigabit, sfruttare quanto più possibile le opportunità del mercato unico digitale e contribuire così allo sviluppo di tutti gli Stati membri in questo campo. Per conseguire tale obiettivo, si devono perseguire soluzioni e impostazioni differenti, perché connettere ogni singola casa alla rete in fibra ottica può comportare un grande dispendio di tempo e denaro, specialmente nelle zone scarsamente popolate;

34.

ritiene che, in aggiunta alle connessioni via cavo, per gli insediamenti sparsi e le località inaccessibili si dovrebbero considerare e valutare le possibilità offerte dalla banda larga mobile, dalla banda larga satellitare e dalla messa a disposizione di reti Wi-Fi pubbliche in luoghi pubblici e istituzioni pubbliche, ad esempio nel quadro dell’iniziativa «WIFI4EU». L’applicazione di soluzioni alternative accelera l’espansione della rete e nel contempo fa risparmiare denaro, ma solo a patto di perseguire un approccio ponderato e sistematico, che garantisca soluzioni adeguate ai bisogni e tecnologie utilizzabili a lungo termine;

35.

sottolinea l’importanza di affrontare i problemi posti dal rapido sviluppo delle reti di comunicazione 5G per quanto riguarda la gestione dello spettro (delle frequenze) radio, poiché l’impiego della tecnologia 5G richiede reti ad alte prestazioni in tutta l’UE. È molto importante concordare un’impostazione comune per la ripartizione delle licenze (d’uso) per le frequenze superiori (dello spettro radio) da utilizzare in futuro, che comprenda, se del caso, anche una maggiore prevedibilità del quadro giuridico per l’uso collettivo dello spettro e una maggiore flessibilità, in modo da poter rispondere, a livello nazionale o regionale, alle differenze nella domanda di bande di frequenza armonizzate;

36.

appoggia le misure di base del codice delle comunicazioni elettroniche, quali ad esempio l’introduzione di nuove disposizioni volte a sostenere in tutta Europa lo sviluppo di reti ad altissima capacità, in grado di assicurare velocità dell’ordine di gigabit per secondo, l’estensione dell’ambito di applicazione del quadro normativo ai nuovi strumenti di comunicazione (i cosiddetti servizi «over-the-top») e la fornitura di connessioni Internet funzionali a prezzi accessibili per gli utenti finali;

37.

plaude al concorso «European Broadband Awards» bandito dalla Commissione europea, in quanto contribuisce a far conoscere soluzioni alternative al problema della copertura a banda larga e a diffondere le buone pratiche in materia.

Bruxelles, 22 marzo 2018.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  World Development Report 2016: Digital dividends («Relazione sullo sviluppo mondiale 2016: dividendi digitali»).

(2)  Digital infrastructure: Overcoming the Digital Divide in Emerging Economies («Infrastrutture digitali: colmare il divario digitale nelle economie emergenti»), G20 Insights, aprile 2017.

(3)  COR-2016-02880.

(4)  COR-2017-04842-00-00-PAC-TRA (IT).


13.7.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 247/11


Parere del Comitato europeo delle regioni — Revisione intermedia dell’FSE in preparazione della proposta per il periodo successivo al 2020

(2018/C 247/03)

Relatrice:

Catiuscia MARINI (IT/PSE), presidente della regione Umbria

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Politica di coesione

1.

richiama l’attenzione sull’importanza della politica regionale di coesione, come politica fondante dell’Unione europea in quanto tesa a perseguire gli obiettivi dell’Unione definiti nei Trattati dell’UE, coinvolgendo e responsabilizzando tutti i livelli di governo e tenendo conto delle specificità territoriali;

2.

sottolinea come la politica di coesione sia tra le più monitorate e valutate delle politiche europee, come è agevole verificare dai numerosi esercizi di valutazione compiuti, nonché dalle risultanze desumibili dai rapporti sulla coesione che periodicamente vengono prodotti dalla Commissione europea e discussi in diversi Forum;

3.

richiama l’attenzione sul carattere diffusivo di tale politica, che la porta ad essere ampiamente conosciuta dai cittadini europei, contribuendo in tal modo ad una percezione positiva dell’Europa da parte dei cittadini stessi, in un periodo storico nel quale l’UE ha un gran bisogno di migliorare la propria immagine;

4.

ritiene importante un nuovo quadro strategico comune, giuridicamente vincolante, che riguardi tutte le politiche europee, conservando gli esistenti strumenti attuativi territoriali multifondo (CLLD e ITI); ritiene altresì importante un robusto regolamento recante disposizioni comuni che copra tutti i fondi SIE, in quanto essenziale per assicurare le necessarie sinergie tra politiche che perseguano obiettivi complementari;

5.

rimanda ai propri recenti pareri sul futuro della politica di coesione (1) (approvato nel maggio 2018) e sulla semplificazione (2) (adottato nel febbraio 2018), dove vengono illustrati gli indirizzi principali per un ulteriore miglioramento di tale politica, soprattutto in termini di un più deciso orientamento al risultato e di una maggior semplificazione;

6.

è tuttavia consapevole della insufficiente rappresentazione dei risultati e dell’impatto della politica di coesione, che, non dando luogo ad un’adeguata valorizzazione di tale politica, determina a volte conseguenze negative sulla percezione presso l’opinione pubblica dei fondi strutturali;

7.

reclama conseguentemente la messa a punto di un dispositivo di comunicazione più incisivo ed inclusivo, capace quindi di creare una narrazione positiva e coinvolgente riguardo all’uso dei fondi.

Il ruolo del Fondo sociale europeo

8.

ricorda che il Fondo sociale europeo (FSE) è stato il primo strumento di finanziamento dell’UE creato dal trattato di Roma (1957) e rimane il principale strumento dell’Unione europea rivolto direttamente ai cittadini, in relazione alle politiche del lavoro, dell’inclusione sociale e dell’istruzione, oltre ad avere un ruolo significativo rispetto alle riforme delle pubbliche amministrazioni e dei sistemi giudiziari; in quanto tale, l’FSE promuove la piena occupazione, tende a migliorare la produttività del lavoro e le pari opportunità, promuove l’inclusione sociale, riduce i divari nei tassi di occupazione tra le regioni europee come pure all’interno delle stesse regioni e tra le diverse città e aree rurali;

9.

evidenzia i positivi impatti dell’attuazione dei programmi finanziati dall’FSE: si stima che, nel periodo dal 2007 al 2014, grazie al supporto dell’FSE 9,4 milioni di cittadini europei abbiano trovato un lavoro e 8,7 milioni abbiano ottenuto una qualificazione professionale (3);

10.

esprime rammarico per il fatto che molti Stati membri abbiano ridotto il cofinanziamento delle misure dell’FSE — spesso anche come conseguenza di politiche di consolidamento di bilancio — invitando conseguentemente gli Stati membri ad assicurare un cofinanziamento nazionale sufficiente;

11.

evidenzia tuttavia il ruolo di «stabilizzatore automatico» — rafforzatosi negli ultimi anni del precedente periodo di programmazione — svolto dall’FSE nel supportare le misure dello European Economic Recovery Plan durante la crisi economica, dimostrando in tal modo adeguata flessibilità, mediante l’aumento dei tassi di cofinanziamento UE e la modulazione dei prefinanziamenti, nel salvaguardare gli investimenti sociali nelle regioni colpite da shock economici asimmetrici, nonché nel rispondere alle sfide poste e intervenendo a favore dei gruppi più vulnerabili ed esposti;

12.

chiede una relazione più stretta tra la proporzione delle persone socialmente escluse e l’allocazione delle risorse; sottolinea che un approccio all’impiego dei fondi più mirato sul piano territoriale e più fortemente basato sul territorio accrescerebbe l’efficienza e l’efficacia del sostegno;

13.

insiste inoltre sul fatto che il ruolo del FSE per quanto riguarda la quota globale di investimenti pubblici nelle politiche sociali rimane tanto più essenziale in quanto il divario infrastrutturale minimo degli investimenti nell’infrastruttura sociale dell’UE è stimato a 100-150 miliardi di EUR l’anno e rappresenta un totale di oltre 1 500 miliardi di EUR per il periodo 2018-2030. Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) riesce a compensare tale divario solo in misura molto limitata, dato che attualmente solo il 4 % dei finanziamenti approvati sostiene progetti di infrastrutture sociali; sottolinea la necessità di trovare un equilibrio e di evitare doppioni tra gli investimenti previsti di capitale sociale cofinanziati nell’ambito dell’FSE e gli investimenti nel capitale sociale, nelle competenze e nel capitale umano nel quadro di un possibile futuro Fondo InvestEU;

14.

guarda con favore alle misure messe in atto nel periodo 2014-2020 per rafforzare il ruolo dell’FSE — sia per le politiche attive del lavoro che per l’inclusione sociale — quali la previsione di una quota minima garantita per l’FSE, gli interventi specifici per l’occupazione giovanile (YEI), l’enfasi su risultati ed efficienza;

15.

sottolinea i positivi risultati fin qui ottenuti nell’attuale periodo di programmazione, come desumibili dallo Strategic Report 2017: 4,2 milioni di disoccupati e 2,1 milioni di inattivi interessati da azioni per facilitare l’accesso al mercato del lavoro; 14,6 miliardi di investimenti in istruzione e formazione, con 700 000 persone che hanno migliorato le loro competenze; 634 000 persone diversamente abili aiutate ad ottenere un’occupazione;

16.

segnala l’elevato valore aggiunto europeo dell’FSE nel periodo di programmazione precedente e in quello attuale, considerando il fatto che in molti Stati membri e in molte regioni gli interventi dell’FSE hanno avuto un impatto tangibile e quantificabile nell’affrontare problemi quali gli elevati tassi di disoccupazione, il declino demografico e la povertà, considerati priorità europee nel quadro della strategia Europa 2020;

17.

rileva l’importanza che una parte significativa di risorse sia stata destinata ad interventi di rafforzamento e di capacity building delle amministrazioni pubbliche locali e territoriali al fine di sostenerle nell’attuare le riforme strutturali anche in coerenza con il Piano di riforma di ciascuno Stato membro;

18.

esprime però preoccupazione per i ritardi nell’attuazione delle misure tese a favorire l’integrazione delle aree marginali e rurali, sollecitando maggior attenzione a promuovere l’inclusione sociale nelle aree urbane e rurali più degradate, in particolare prestando attenzione all’integrazione sociale ed economica dei giovani.

La dimensione sociale nelle politiche europee

19.

considera il pilastro europeo dei diritti sociali importante per il contributo dell’UE al progresso economico e sociale, per lottare contro la discriminazione e l’esclusione sociale, aiutare i cittadini ad adattarsi alle esigenze del mercato del lavoro, metterli in grado di trarre profitto dalla rivoluzione digitale, proteggerli dalle sempre maggiori minacce ed incertezze all’interno ed al di fuori dei suoi confini;

20.

per quanto riguarda le regioni frontaliere, sottolinea l’importanza di favorire un’effettiva mobilità transfrontaliera dei lavoratori eliminando le barriere in materia di diritto del lavoro e sicurezza sociale (soppressione degli ostacoli fiscali, possibilità di esportare l’indennità di disoccupazione e trasferibilità dei diritti alla pensione). Ribadisce inoltre che gli enti locali e regionali possono svolgere un ruolo importante anche in materia di consulenza ai lavoratori frontalieri, avvalendosi dei servizi EURES o delle strutture transfrontaliere esistenti (4);

21.

sottolinea di conseguenza la particolare importanza dello European Pillar of Social Rights, che pone la dimensione sociale al centro dell’agenda europea. Sottolinea al riguardo la necessità di coordinare le strategie e gli obiettivi comuni che dovrebbero esistere tra il pilastro e l’FSE (5) e raccomanda che, tra i 20 principi chiave previsti nel pilastro, quelli pertinenti trovino risposta nei programmi supportati dall’FSE;

22.

raccomanda che l’attuazione dei principi del pilastro sociale nell’ambito della programmazione dell’FSE avvenga tenendo nel debito conto l’esigenza di mettere a punto azioni integrate che riflettano le specificità territoriali, le tendenze a medio termine del mercato del lavoro dell’Unione come espresse dai livelli di governo regionali e locali e le prospettive occupazionali dell’Unione europea;

23.

evidenzia le forti aree di integrazione tra il pilastro sociale e la politica di coesione, posto che quest’ultima — grazie al suo peculiare modello di governance multilivello — può conciliare la realizzazione di progetti di «formato» europeo con il rispetto dei «contratti sociali» tipici di ciascuno Stato membro;

24.

ritiene necessario accompagnare il dibattito sul pilastro sociale con una prima valutazione, a livello europeo, del processo e degli esiti applicativi dell’obiettivo tematico 9 (Inclusione sociale e lotta alla povertà), letta in relazione ai modelli di welfare propri dei diversi Stati membri ed alle crisi/trasformazioni che stanno attraversando, posto che parrebbe difficile capire il contributo al «pilastro» in assenza di tale indicazione di realtà;

25.

mette in guardia contro possibili doppioni tra un futuro Programma per le riforme strutturali e i potenziali ambiti di sostegno alle riforme strutturali oggetto dei fondi strutturali e di investimento europei mediante la concentrazione tematica basata attualmente sugli obiettivi della strategia Europa 2020 e successivamente sulla strategia che la sostituirà. A tal fine, chiede una definizione del campo di applicazione delle riforme strutturali ammissibili al sostegno dell’UE sulla base delle competenze e del valore aggiunto dell’UE, nonché una chiara distinzione tra il sostegno ammissibile a titolo della politica di coesione (articolo 175) e quello ammissibile a titolo della cooperazione amministrativa (articolo 197).

Raccomandazioni per il post 2020

26.

auspica che il processo per la definizione della proposta del prossimo QFP (quadro finanziario pluriennale) venga avviato in tempo utile a consentire un adeguato coinvolgimento dei cittadini e dei principali stakeholder, evitando quindi le lungaggini nell’adozione dei regolamenti e delle linee guida che hanno ritardato l’avvio dell’attuale programmazione;

27.

rifacendosi allo studio del CdR sul tema Situazione attuale e sfide future del Fondo sociale europeo nel promuovere la coesione sociale nelle città e regioni d’Europa, richiama il ruolo crescente che l’FSE è chiamato a svolgere nei prossimi anni con particolare riferimento alle sfide poste da: disoccupazione di lungo periodo, integrazione dei giovani nel mercato del lavoro, invecchiamento della popolazione ed emarginazione delle aree interne periferiche e di confine, spopolamento delle zone rurali, cambiamenti demografici dovuti alle migrazioni, integrazione dei rifugiati e dei migranti, contrasto all’esclusione sociale nelle aree urbane, carenza di determinate competenze ed adeguamento dell’istruzione generale, professionale e superiore all’evoluzione tecnologica, contrasto all’esclusione sociale dei gruppi svantaggiati, sostegno all’istruzione, da quella prescolare dei bambini fino a quella degli anziani, intervento sugli adulti con basso livello di conoscenze e competenze, nonché adeguamento degli standard d’istruzione ai bisogni che esprime il mercato del lavoro dell’Unione;

28.

insiste sulla complementarità tra il FEG e il Fondo sociale europeo in quanto parte dei fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE), dal momento che il FEG è un meccanismo che fornisce assistenza a breve termine, mentre le misure di lungo periodo sono sostenute dai fondi SIE che possono intervenire con misure che danno seguito a quelle del FEG nei settori da esso coperti;

29.

sottolinea la portata epocale della rivoluzione digitale in corso e gli effetti di forte rimescolamento del mercato del lavoro che la stessa produce ed ancor più produrrà nel futuro, evidenziando le sfide che tale fenomeno pone ai sistemi scolastici e formativi in termini di adeguamento alle nuove competenze richieste e rafforzamento delle opportunità di apprendimento offerte a tutti i cittadini a ogni livello e in ogni forma di istruzione, sia generale che professionale e nell’istruzione/formazione superiore;

30.

raccomanda di elaborare in futuro, nel quadro dell’FSE, un pacchetto di base che garantisca ai giovani svantaggiati l’accesso a un livello minimo di istruzione e gli strumenti necessari ad acquisire un livello adeguato di competenze;

31.

considera estremamente importante garantire la flessibilità necessaria per adattare la programmazione dell’FSE alle nuove sfide che potrebbero emergere;

32.

ribadisce la necessità di sostenere tale rivoluzione digitale favorendo l’integrazione tra gli investimenti in area digitale da un lato e gli interventi sulle persone dall’altro, anche di quelle che operano nelle organizzazioni pubbliche locali e regionali;

33.

ritiene di conseguenza che le sfide poste dalle necessità di adeguamento alle evoluzioni tecnologiche ed alla globalizzazione richiedano, per essere affrontate con successo, il concorso integrato dei diversi strumenti europei di incentivazione e sostegno, da utilizzare in modo sinergico nel perseguimento degli obiettivi definiti nelle rispettive strategie di Smart Specialization;

34.

è convinto che per affrontare adeguatamente tali sfide l’FSE dovrebbe rimanere parte integrante dei fondi SIE e componente fondamentale della politica regionale di coesione, così da cogliere ogni possibile sinergia da integrazione con le azioni finanziate dagli altri fondi strutturali come pure dai fondi per lo sviluppo rurale; l’FSE deve interagire nella pratica con altri fondi strutturali, in special modo con il FESR, perché si possa realizzare una politica regionale integrata attraverso azioni congiunte tra diversi fondi strutturali;

35.

è inoltre convinto che la possibilità che l’FSE resti un Fondo a gestione condivisa vada preservata e quindi rigetta decisamente ogni proposta tesa a ricondurre l’FSE ad un modello di gestione diretta da parte della Commissione europea, come pure rifiuta ogni ipotesi di centralizzazione sotto l’esclusiva responsabilità degli Stati membri, a meno che ciò non discenda necessariamente dall’ordinamento istituzionale dello Stato membro;

36.

ritiene infatti che un importante fattore di successo nell’attuazione dell’FSE sia rappresentato proprio dall’approccio bottom-up, che consente di meglio adattare gli interventi ai bisogni dei beneficiari, applicando il metodo del partenariato tra istituzioni europee, Stati membri, governi regionali e locali e forze economiche e sociali del territorio;

37.

chiede l’introduzione di meccanismi specifici a livello locale e regionale per il coordinamento tra l’FSE, gli altri fondi SIE e altri strumenti. Ciò dovrebbe consentire la complementarità al livello delle operazioni, ivi comprese le possibilità di usufruire del sostegno di molteplici fonti di finanziamento nell’ambito di una stessa operazione;

38.

concorda sulle ipotesi di integrazione nell’FSE di altri fondi che intervengono nel campo del sociale e delle politiche del lavoro (FSE+ o Fondo ombrello) a condizione che tale operazione porti a conseguire evidenti sinergie, che tali fondi seguano anch’essi il modello di gestione condivisa; Tali sinergie sarebbero ovvie in particolare con il Fondo Asilo, migrazione e integrazione (AMIF), che opera in regime di gestione condivisa;

39.

sottolinea che l’FSE continuerà a svolgere un ruolo importante a livello regionale e locale per affrontare il problema dell’abbandono scolastico precoce e della transizione dall’istruzione e dalla formazione professionale al mondo del lavoro, nonché per rafforzare le capacità del sistema di istruzione di risolvere tali problemi;

40.

fa osservare che, grazie ad un adeguamento regionale dell’FSE, sarà possibile far fronte al fabbisogno di competenze delle imprese in diverse regioni mediante l’offerta di una formazione adeguata e l’incontro tra persone in cerca di occupazione e datori di lavoro. L’FSE svolge un ruolo fondamentale nelle attività intese a garantire la disponibilità delle competenze necessarie a livello regionale e per assicurare la transizione in alcuni settori che devono, ad esempio, far fronte a sfide importanti dovute alla digitalizzazione;

41.

esprime al tempo stesso la preoccupazione che la costituzione dell’FSE ombrello possa condurre ad una complessiva riduzione delle risorse destinate al lavoro ed all’inclusione sociale, come pure ad un indebolimento del ruolo delle autonomie territoriali nella programmazione e gestione di tali fondi;

42.

condivide l’esigenza di una maggior visibilità dell’FSE nell’ambito del QFP, ritenendo opportuno che — all’interno del titolo dedicato alla politica di coesione — vengano creati altrettanti sottotitoli per la coesione economica, territoriale e sociale, auspicando, in generale, una maggior trasparenza della struttura del QFP così da permettere ai cittadini europei di meglio leggere le priorità dell’Unione europea;

43.

si rammarica del fatto che la recente comunicazione della Commissione europea Un quadro finanziario pluriennale nuovo e moderno per un’Unione europea in grado di realizzare efficientemente le sue priorità post-2020 (6) non contenga le informazioni sul modo in cui il prossimo QFP dovrebbe affrontare le sfide sociali per l’Unione europea e lasci pochissimo spazio alle parti interessate nell’ambito della definizione della proposta della Commissione per il prossimo QFP, che sarà presentata il 2 maggio 2018;

44.

ribadisce che il perseguimento degli obiettivi dello sviluppo economico come pure dell’inclusione sociale richiede un approccio organico ed integrato che può essere meglio realizzato tramite l’attuazione di programmi ai quali concorrano più fondi o un unico fondo con un ambito d’applicazione ampio e flessibile. Pertanto, il CdR riconosce l’importanza degli strumenti di sviluppo territoriale multifondo quali i programmi operativi multifondo, gli ITI e il CLLD, respingendo ogni tentativo di introdurre l’obbligo di programmi monofondo;

45.

auspica pertanto un’ulteriore armonizzazione — oltre che snellimento — del regolamento recante disposizioni comuni, così che le differenziazioni, le lacune e i doppioni nelle regole di funzionamento dei fondi siano ridotte al minimo e le regole stesse siano definite in modo semplice e trasparente, lasciando adeguata flessibilità per soluzioni su misura da elaborare a livello nazionale, regionale e locale, ad esempio un’estensione degli strumenti di pagamento in base ai risultati come pure piani d’azione comuni e opzioni semplificate in materia di costi; a tale proposito, invita la Commissione europea a fornire ulteriori orientamenti sull’uso delle opzioni semplificate in materia di costi a tutti i livelli, senza restrizioni o requisiti riguardanti le loro soglie minime;

46.

richiama il ruolo rilevante svolto dall’FSE nel dare seguito agli indirizzi in materia di lavoro, istruzione ed inclusione sociale espressi nelle Country Specific Recommendations, auspicando un miglior allineamento tra un semestre europeo riformato e la politica di coesione. Il semestre europeo, infatti, dovrebbe essere ulteriormente democratizzato a livello europeo e nazionale, definito meglio in termini di valore aggiunto europeo e di rapporto con le competenze dell’UE e maggiormente incentrato sulla titolarità. A quest’ultimo fine potrebbero contribuire l’adozione di un codice di condotta che stabilisca norme per la partecipazione degli enti locali e regionali e la creazione di un «dialogo strutturale sullo stato della coesione in Europa» da integrarsi all’interno del processo del semestre europeo;

47.

si oppone pertanto ad una mera subordinazione della politica di coesione al semestre europeo, che sarebbe lesiva del suo status come sancito nei Trattati, auspicando invece il coinvolgimento strutturato degli enti regionali e locali come partner del processo del semestre europeo, l’integrazione di un’analisi territoriale nell’intero processo e l’introduzione di raccomandazioni territoriali specifiche ove possibile;

48.

propone di esaminare, in coerenza con i Pareri adottati dal CdR sugli «Indicatori dello sviluppo territoriale — non solo PIL» e il parere sul «futuro della politica di coesione dopo il 2020» la possibilità di utilizzare, oltre al PIL, anche indicatori che tengano conto di dati demografici, sociali e ambientali, come ad esempio l’indice di progresso sociale (Social Progress Index — SPI) delle regioni dell’Unione.

Bruxelles, 22 marzo 2018.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  CdR 1814/2016.

(2)  CdR 4842/2017.

(3)  Commission Staff Working Document on the Ex-post evaluation of the 20071 ESF Programmes (SWD(2016)452 final).

(4)  CdR 1319/2014

(5)  CdR 3141/2017.

(6)  COM(2018) 98 final, pubblicata il 14 febbraio 2018.


13.7.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 247/16


Parere del Comitato europeo delle regioni — I costi e i rischi della non-coesione: il valore strategico della politica di coesione per perseguire gli obiettivi del trattato e far fronte alle nuove sfide per le regioni europee

(2018/C 247/04)

Relatore:

Mieczysław Struk (PL/PPE), presidente della regione Pomerania

Testo di riferimento:

Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — La mia regione, la mia Europa, il nostro futuro: settima relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale

COM(2017) 583 final

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

accoglie con favore la pubblicazione della settima relazione sulla coesione quale importante punto di partenza per il dibattito sulla nuova politica di coesione dopo il 2020; a tale riguardo sottolinea che si prevede che la politica di coesione per il periodo 2014-2020 risulti in oltre 7,4 milioni di posti di lavoro, in qualifiche migliori per quasi 9 milioni di persone e nell’accesso alla banda larga per circa 15 milioni di famiglie, ma ci si attende anche che sostenga gli investimenti in 1,1 milioni di PMI ed inietti 16 miliardi di euro nell’economia digitale; mette pertanto in evidenza il costo inestimabile della «non-coesione» visto che mai come ora la convergenza territoriale è fondamentale per l’Europa e i suoi cittadini, la sua economia, le sue città e le sue regioni;

2.

apprezza il fatto che il Parlamento europeo analizzi periodicamente il costo della non Europa, in quanto ciò dimostra che l’assenza di un’azione comune a livello europeo in taluni settori porta a una riduzione significativa dell’efficienza dell’economia, nonché a una disponibilità limitata di beni pubblici fondamentali;

3.

si rammarica, a tale proposito, che il Parlamento europeo e la Commissione europea non abbiano finora inserito la questione dei costi della non-coesione nelle loro attività di analisi e nei loro processi decisionali;

4.

ringrazia la presidenza bulgara del Consiglio dell’Unione europea per la richiesta rivolta al CdR di elaborare un parere sul tema dei costi e dei rischi della non-coesione, che offre al CdR un’eccellente opportunità per avviare una riflessione più ampia sul ruolo strategico della politica di coesione;

5.

ricorda l’elemento fondamentale secondo cui il rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale dell’UE costituisce uno dei principali obiettivi dell’Unione sancito dall’articolo 174 del trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE); il CdR sottolinea pertanto che la politica di coesione deve continuare ad adempiere al suo «compito […] che consiste nell’unire il sostegno fornito alle zone meno avanzate e problematiche con un’offerta destinata a tutte le regioni,» al fine di tener conto delle rispettive sfide e potenzialità a livello regionale e di «conseguire uno sviluppo armonioso dell’UE nel suo insieme», mostrando così in modo univoco ai cittadini sul campo il valore aggiunto dei finanziamenti UE; rammenta a tale proposito le specificità territoriali di cui all’articolo 349 TFUE;

6.

sottolinea che la politica di coesione rappresenta la principale politica di investimento dell’UE intesa a conseguire i sopra citati obiettivi del trattato, ma che essa è anche in grado di promuovere l’innovazione, di gestire l’impatto dei cambiamenti climatici e la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, nonché di attenuare gli shock economici asimmetrici salvaguardando gli investimenti pubblici propizi alla crescita nelle regioni, contribuendo a ridurre la disoccupazione giovanile e di lunga durata e a promuovere l’inclusione sociale. Di conseguenza, il CdR ribadisce il suo sostegno convinto alla #CohesionAlliance (1);

7.

rileva che, tra le politiche dell’UE, quella di coesione presenta uno dei quadri di riferimento delle prestazioni più sviluppati ed è la politica dell’UE più attentamente monitorata e meglio valutata, capace di migliorare progressivamente la propria efficacia nell’arco degli ultimi dieci anni.

La coesione economica

8.

accoglie con favore le osservazioni contenute nella settima relazione sulla coesione secondo cui l’economia dell’UE sta mostrando segnali di ripresa dalla crisi economica e il processo di riduzione delle disparità regionali è appena ricominciato. Dal momento però che molte regioni non hanno recuperato i livelli di PIL pro capite e i tassi di occupazione precedenti alla crisi, ma hanno anche registrato un forte ritardo in termini di investimenti pubblici, l’impatto della crisi economica non è stato ancora superato;

9.

accoglie con favore i dati citati nella relazione, dai quali emerge che, tra il 2000 e il 2015, le regioni meno sviluppate sono riuscite ad avvicinarsi alla media UE e che questo è in particolare vero per la maggior parte delle regioni dei paesi dell’UE a 13. Rileva tuttavia con preoccupazione che, in un certo numero di regioni, soprattutto dell’Europa meridionale, la situazione non è migliorata e in alcuni casi è addirittura peggiorata rispetto al periodo prima della crisi;

10.

sottolinea, inoltre, che la crescita è stata molto più rapida nelle regioni con un PIL già ben al di sopra della media UE e in particolare in numerose aree metropolitane, che costituiscono i principali motori della competitività regionale. Si osserva però che diverse regioni tra quelle con un PIL pro capite vicino alla media UE sembrano bloccate nella «trappola del reddito medio», con tassi di crescita notevolmente inferiori rispetto alla media UE;

11.

esprime preoccupazione per la grande diversità dei risultati in termini di innovazione, che non solo resta concentrata da un punto di vista territoriale nelle regioni più sviluppate dell’UE nordoccidentale, ma fa registrare anche un allargamento del divario tra le prestazioni delle regioni più avanzate, che migliorano, e quelle delle regioni periferiche, meno sviluppate e in transizione, che peggiorano. Ciò dimostra l’importanza di un approccio dal basso basato sul territorio, rappresentato dalle strategie di specializzazione intelligente, nel sostenere la capacità innovativa delle regioni.

La coesione sociale

12.

accoglie con favore il miglioramento della situazione dell’occupazione nell’UE in parallelo con la ripresa economica. Le disparità regionali nei tassi di disoccupazione restano però significative, con varie regioni degli Stati membri meridionali che registrano tassi di disoccupazione superiori al 20 %;

13.

rileva con preoccupazione che la disoccupazione giovanile resta un problema urgente, perché continua a superare il livello precedente alla crisi ed è oltre il doppio del tasso di disoccupazione complessivo. Particolarmente preoccupante è la situazione nelle regioni meno sviluppate e in quelle in transizione;

14.

richiama l’attenzione sulla situazione delle persone a rischio povertà ed esclusione sociale, il cui numero, nonostante alcuni sviluppi positivi, rimane sempre troppo alto;

15.

sottolinea che molti territori, per lo più le regioni e zone rurali dell’UE a 13, hanno subito un forte calo demografico, dovuto a cause naturali e all’emigrazione, mentre altre regioni hanno registrato una forte crescita della popolazione complessiva. Anche i migranti e i rifugiati che dal 2015 arrivano, in gran numero, nell’UE esercita un impatto significativo in termini di demografia e di coesione sociale su alcuni Stati membri, regioni e città.

La coesione territoriale

16.

sottolinea l’importanza della dimensione ambientale per lo sviluppo sostenibile delle città e delle regioni d’Europa e per la salute e il benessere dei suoi cittadini. Il crescente numero di considerazioni ambientali (in particolare i cambiamenti climatici e il conseguente aumento della frequenza e dell’intensità delle catastrofi naturali, l’estensione degli insediamenti umani, delle zone edificate e delle attività industriali, la perdita di biodiversità e la frammentazione degli habitat, nonché altri fattori di pressione sull’ambiente, come l’inquinamento atmosferico e idrico) ha conseguenze potenzialmente negative sulle economie e sulle società dell’UE. Nonostante i progressi compiuti nel ridurre le pressioni sull’ambiente, il CdR esprime preoccupazione per il fatto che gli obiettivi ambientali chiave restino disattesi, in particolare nell’UE centrale e orientale;

17.

si compiace dei notevoli progressi compiuti in termini di riduzione del consumo energetico e delle emissioni di gas a effetto serra, ma osserva anche che una parte di tali progressi è dovuta in realtà al calo dell’attività nel periodo di flessione dell’economia, il che significa che occorrono ulteriori sforzi per compiere la transizione verso fonti di energia pulite, comprese quelle rinnovabili, e arrivare a un’economia più efficiente sotto il profilo energetico, compresi trasporti a basse emissioni;

18.

richiama l’attenzione sulla dimensione territoriale dei cambiamenti climatici e sulle catastrofi naturali di origine climatica, che hanno un impatto diverso a seconda delle regioni. Il CdR sottolinea pertanto l’importanza di effettuare una valutazione approfondita della vulnerabilità e di adottare misure di adattamento per le città e le regioni europee, nonché di creare infrastrutture verdi;

19.

sottolinea che la rete di trasporto dell’UE, in particolare il sistema ferroviario, è ben lontano dall’essere ottimale, in particolare nelle regioni dell’UE a 13. Il CdR sottolinea, a tale proposito, che il completamento della rete TEN-T, in particolare la rete centrale (Core Network) che collega i nodi primari, e la sua integrazione con i sistemi di trasporto nazionali e regionali sono necessari non solo per eliminare le strozzature, ridurre i tempi di viaggio e alleviare gli effetti negativi della posizione periferica di determinate regioni, ma, soprattutto, per stimolare lo sviluppo economico dell’intera UE tramite un mercato unico più efficiente. Per le medesime ragioni, il CdR sottolinea che la trasformazione digitale rappresenta una delle principali sfide cui devono far fronte tutte le regioni dell’UE e sottolinea l’importanza di aumentare gli investimenti nelle infrastrutture a banda larga e nelle competenze digitali;

20.

sottolinea che quasi un terzo dei cittadini dell’UE vive e lavora in regioni frontaliere, che generalmente registrano risultati economici meno soddisfacenti rispetto ad altre regioni. Nonostante i notevoli progressi compiuti negli ultimi decenni, le frontiere continuano a ostacolare la circolazione di merci, servizi, persone, capitali e idee. Ciò impedisce di cogliere tutti i vantaggi dell’integrazione. L’eliminazione degli ostacoli specifici delle zone di confine comporterebbe aumenti consistenti del PIL per le regioni frontaliere, ma anche una riduzione significativa dei costi specifici del contesto transfrontaliero.

Le sfide per le città e le regioni

21.

ricorda che il cambiamento demografico è una delle principali sfide cui deve far fronte l’UE e che esso ha ampie ripercussioni economiche, sociali ed ambientali. Tra i fattori di tale cambiamento figurano l’invecchiamento della popolazione, la diminuzione del numero di giovani, una riduzione del tasso di natalità, un calo della forza lavoro attiva e la fuga di talenti. Di conseguenza la crescita demografica dipende in grande misura dai movimenti migratori, che variano sensibilmente da una regione all’altra dell’UE. Tali squilibri producono un notevole impatto socioeconomico sia sulle regioni colpite dallo spopolamento e dall’invecchiamento — per lo più regioni in transizione — in cui spesso si assiste a un passaggio verso servizi locali non commerciali (non tradable) che limitano le potenzialità in termini di esportazioni, di crescita e d’innovazione di tali regioni, sia sui grandi centri urbani verso cui la popolazione affluisce. Il CdR sottolinea pertanto che la politica di coesione dovrebbe svolgere un ruolo più attivo nel far fronte alle sfide sociali, tra cui figurano l’invecchiamento della popolazione, le malattie legate allo stile di vita e la disoccupazione (in particolare tra i giovani e i NEET) nonché l’integrazione dei migranti e dei rifugiati, la povertà e l’esclusione sociale;

22.

pone in evidenza che i fenomeni meteorologici estremi sono destinati ad aumentare di frequenza e di impatto in tutta Europa. Gli effetti dei cambiamenti climatici variano ampiamente da una regione all’altra, ma la maggiore esposizione al rischio di catastrofi spinge verso l’alto le potenziali perdite, soprattutto nelle zone densamente popolate;

23.

sottolinea l’importanza della cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale per rafforzare la coesione territoriale, incoraggiare la solidarietà tra le regioni dell’UE e fornire un considerevole valore aggiunto agli obiettivi dell’UE;

24.

pone in rilievo il fatto che le regioni e le città devono far fronte a sfide senza precedenti, tra cui figurano la concorrenza globale, la trasformazione digitale e la diffusione di tecnologie dirompenti, i cambiamenti demografici e la migrazione, i rischi di povertà e di esclusione sociale, nonché la sicurezza energetica, i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. Tutte queste sfide esercitano un forte impatto territoriale, con una distribuzione disomogenea degli effetti benefici e dei costi tra le economie e le comunità regionali di tutta Europa, come conferma la settima relazione sulla coesione che mostra l’emergere dei cosiddetti club di sviluppo regionale. Tali sfide presentano un enorme potenziale di rafforzamento reciproco e di trasformazione in senso negativo del panorama economico, sociale e territoriale dell’Europa, capace di contribuire in maniera significativa all’accentuarsi delle disparità esistenti, vanificando in tal modo l’obiettivo del trattato di rafforzare la coesione dell’UE;

25.

sottolinea, a tale proposito, che la politica di coesione deve continuare ad investire in tutte le regioni dell’UE, in quanto il loro adattamento agli shock citati in precedenza richiede strategie a lungo termine, che siano mirate e sensibili al territorio, nonché in grado di integrare le dimensioni economica, sociale e territoriale e di sfruttare le sinergie nell’insieme dei fondi strutturali e d’investimento europei e le sinergie con altri strumenti UE. Il CdR, pertanto, ribadisce con forza di essere contrario a considerare la dimensione sociale, e il Fondo sociale europeo (FSE), separatamente dalla politica di coesione, ritenendo questo un approccio potenzialmente dannoso. Al tempo stesso conferma la propria posizione riguardo al ruolo crescente che l’FSE dovrebbe svolgere nel promuovere la convergenza sociale territoriale e alla necessità di rafforzare la funzione svolta dagli enti regionali e locali nella programmazione e nella gestione dell’FSE;

26.

osserva che, ai sensi dell’articolo 174 del TFUE, è fondamentale tenere conto dell’impatto territoriale degli interventi pubblici e, pertanto, ribadisce l’importanza delle valutazioni d’impatto territoriale nel contesto dell’elaborazione delle politiche pubbliche dell’UE al fine di massimizzarne l’efficienza.

Il ruolo della politica di coesione

27.

sottolinea che la politica di coesione dovrebbe essere al centro del dibattito su come le potenzialità di tutte le componenti dell’UE possano contribuire alla crescita economica e su come tutti i cittadini dell’UE possano trarre vantaggio dall’integrazione europea in modo inclusivo, ma anche su come garantire che tutte le parti dell’UE possano sfruttare le opportunità derivanti dalla trasformazione globale. Il CdR, pertanto, ribadisce il suo sostegno a favore di una politica di coesione forte e migliore per tutte le regioni dopo il 2020 e sottolinea il ruolo significativo che tale politica dovrebbe continuare a svolgere per il futuro dell’UE, come evidenziato nel suo parere sul tema Il futuro della politica di coesione dopo il 2020 (2);

28.

ricorda che la politica di coesione, sostenuta dalle politiche regionali degli Stati membri, mira a garantire parità di condizioni per consentire a tutta l’UE di sfruttare appieno i vantaggi del mercato unico, che costituisce, insieme alla resilienza territoriale, un elemento essenziale per determinare la posizione competitiva dell’UE sulla scena mondiale. Il CdR sottolinea al tempo stesso che, sebbene il mercato unico si sia rivelato uno «strumento di convergenza» che ha funzionato per l’UE, i benefici non risultano distribuiti in modo uniforme e non si estendono automaticamente alle regioni svantaggiate, comprese quelle che presentano sfide geografiche specifiche, e ai gruppi sociali svantaggiati. Di conseguenza, permane il rischio di un crescente scollamento economico e sociale tra i «motori» della crescita dell’UE e altre regioni;

29.

sottolinea, a tale proposito, che la missione della politica di coesione è tuttora estremamente valida, in quanto consente a tutti i cittadini dell’UE, in particolare quelli nei territori meno avanzati, di beneficiare dei vantaggi offerti dall’integrazione dell’UE. Avvalendosi dei suoi strumenti, le regioni meno avanzate sono in grado di sbloccare e sfruttare il loro potenziale endogeno, mentre quelle più forti sono maggiormente in grado di rispondere alle sfide globali. A questo riguardo, la politica di coesione è l’espressione più tangibile della solidarietà europea, in quanto offre pari opportunità e una migliore qualità di vita alla popolazione di tutte le regioni dell’UE. Il CdR, pertanto, sottolinea che, in futuro, la politica di coesione non dovrebbe essere considerata un’elargizione, bensì un elemento indispensabile di un mercato unico che mette in collegamento paesi e regioni diversi caratterizzati da livelli di sviluppo disomogenei;

30.

sottolinea che la politica di coesione è la principale politica europea intesa a lottare contro gli squilibri territoriali e ridurre i divari di sviluppo dovuti alle sfide diverse. Essa è riuscita a fornire un contributo significativo a un cambiamento economico, sociale e territoriale positivo dell’UE grazie a un complesso approccio intersettoriale volto a sostenere l’innovazione, le PMI, un’economia a basse emissioni di carbonio, le infrastrutture di trasporto, il risanamento urbano, la trasformazione industriale, la diversificazione rurale, ma anche l’istruzione e le competenze, l’occupazione, la cultura e le infrastrutture sociali, nonché l’inclusione sociale, per citare solo alcuni esempi. Al riguardo, il CdR sottolinea la necessità di garantire il rafforzamento delle sinergie e del coordinamento tra la politica di coesione e le politiche settoriali e i programmi dell’UE;

31.

sottolinea che, a causa dell’elevato numero di sfide e della loro marcata dimensione territoriale, si rende più che mai necessaria una robusta ed efficace politica di coesione per tutte le regioni europee ai fini di un’Unione europea forte ed efficace. Il CdR ribadisce che la politica di coesione ha la capacità di fornire una risposta, flessibile e sensibile al territorio, alle sfide attuali e a quelle emergenti, soprattutto se derivanti da situazioni di crisi acuta legate alla globalizzazione; sottolinea al contempo che l’obiettivo primario di un’Europa solida sul piano ambientale, economico e sociale e di una maggiore coesione territoriale si può raggiungere solo se sia le zone urbane che quelle rurali, quali spazi funzionali complementari, si rafforzano grazie a un sostegno opportunamente mirato;

32.

sottolinea che gli strumenti della politica di coesione dovrebbero in futuro essere migliorati nel senso di una loro maggiore semplicità e capacità di reagire alle nuove sfide; non dovranno diventare eccessivamente complessi, visto che è pressoché impossibile combinare insieme aspetti come conseguire la convergenza economica e sociale, far fronte ai cicli economici, salvaguardare la disciplina di bilancio e prevenire l’erosione politica; a questo proposito, ricorda il suo sostegno a un approccio differenziato al fine di semplificare e rafforzare il sistema di gestione e i controlli nell’ambito della politica di coesione;

33.

evidenzia la necessità di rafforzare il ruolo della cooperazione territoriale europea nel processo di eliminazione degli ostacoli alle frontiere e di promozione della cooperazione transfrontaliera al fine di produrre risultati concreti per i cittadini dell’UE. In questo contesto, chiede che i futuri programmi di cooperazione territoriale europea (CTE) siano sufficientemente flessibili per adattarsi alle esigenze specifiche delle diverse regioni frontaliere, contemplando anche progetti «people-to-people» e su piccola scala. Il CdR ritiene, inoltre, necessario eliminare il limite dei 150 km imposto alla cooperazione marittima e adottare un approccio più proporzionato per quanto riguarda i requisiti per gli aiuti di Stato, gli audit e il controllo nei programmi di cooperazione territoriale europea (CTE) (3). Inoltre, il CdR sottolinea la crescente necessità di ricorrere in maggior misura alle strategie macroregionali, che dovrebbero essere sostenute dalla politica di coesione e da altre politiche dell’UE;

34.

invita il Parlamento europeo e la Commissione a mettere a punto un metodo relativo al «Costo della non-coesione» per fornire ulteriori prove quantificabili riguardo al valore aggiunto europeo della politica di coesione.

I valori alla base della politica di coesione

35.

sottolinea che l’attuazione della politica di coesione presenta numerose ricadute positive, in quanto contribuisce a una governance di qualità più elevata e ad istituzioni migliori in molte regioni. Essa non è solo un presupposto fondamentale della crescita economica, ma anche una solida base per il benessere della società in senso lato, nozione in cui rientrano la fiducia dei cittadini e la legittimità politica dell’UE. Il CdR osserva che la politica di coesione dovrebbe continuare a incoraggiare una nuova cultura amministrativa nelle regioni rafforzando la governance multilivello, il principio di partenariato, la pianificazione economica a medio termine, la programmazione e i finanziamenti pluriennali, gli approcci e strumenti integrati e basati sul territorio, ma anche i processi decisionali trasparenti e basati su dati concreti, le condizionalità ex ante, l’orientamento ai risultati, la concentrazione tematica, i meccanismi basati su incentivi, i sistemi di gestione avanzati e le azioni di comunicazione per trasmettere ai cittadini i suoi effetti diretti;

36.

sottolinea che la politica di coesione è lo strumento dell’UE più efficace al fine di superare la compartimentazione delle politiche. Essa racchiude il potenziale per diventare il principale motore della trasformazione strutturale dell’UE, riunendo politiche settoriali diverse attraverso strategie di specializzazione integrate, basate sul territorio e intelligenti che offrono soluzioni su misura fondate sui vantaggi comparativi, le opportunità di sviluppo e le sfide proprie di un determinato territorio, individuate da cittadini, imprenditori e amministratori locali;

37.

a tale riguardo, sottolinea che la politica di coesione può essere molto più efficace se gli Stati membri sono decisi a realizzare le riforme strutturali e le condizionalità ex ante che contribuiscono a migliorare il quadro di applicazione della politica di coesione, rafforzando tra l’altro la capacità istituzionale. Il CdR ribadisce inoltre che ogni ulteriore collegamento, anche di tipo finanziario, tra le riforme strutturali e la politica di coesione richiederebbe un coinvolgimento attivo degli enti regionali e locali tramite un codice di condotta per il semestre europeo al fine di accrescere l’efficienza e la titolarità del processo; è inoltre indispensabile sottoporre ogni riforma strutturale a una valutazione preliminare del valore aggiunto europeo e confermarne la diretta relazione con gli obiettivi dei Trattati (4);

38.

rileva che la politica di coesione ha dimostrato che la responsabilizzazione degli attori regionali e locali è essenziale per facilitare le trasformazioni strutturali. Inoltre, studi mostrano che esistono potenzialità ancora non sfruttate per accrescere la produttività a livello nazionale migliorando le prestazioni delle regioni. Per questo motivo il CdR sottolinea che gli enti regionali e locali hanno bisogno di legami più stretti con una politica di coesione forte e intelligente, nell’ambito della promozione ad ampio raggio di strategie di sviluppo complesse e solide. Ciò dovrebbe dare all’UE legittimità a livello locale e regionale, grazie a una maggiore visibilità del processo d’integrazione europea per i cittadini.

I costi e i rischi della non-coesione per l’Unione europea: un avvertimento tempestivo

39.

evidenzia l’estrema necessità di prevedere un quadro politico che succeda alla strategia Europa 2020, allo scopo di mantenere la concentrazione tematica e la capacità di risposta in funzione dei territori della politica di coesione dopo il 2020;

40.

sottolinea che la revisione verso il basso o la frammentazione della politica di coesione, ad esempio attraverso l’applicazione di tale politica soltanto a talune categorie di regioni o separandola dal Fondo sociale europeo (FSE), potrebbero comportare notevoli rischi a livello politico, rimettendo in discussione la capacità dell’UE di raggiungere gli obiettivi del trattato, consistenti nel rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale, per mancanza di una massa critica di sostegno in numerose regioni, traducendosi anche in un calo degli investimenti in settori che rappresentano obiettivi fondamentali dell’UE;

41.

esprime con forza, a tale proposito, la propria preoccupazione riguardo al fatto che la non-coesione nell’Unione europea, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe determinare:

a)

un aumento delle disparità economiche e sociali tra le regioni e più forti tensioni tra gli Stati membri;

b)

la disgregazione del mercato unico e una governance economica dell’UE meno efficace;

c)

la mancata attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali;

d)

gravi ostacoli nell’affrontare la sfida della migrazione e

e)

un calo di fiducia nelle istituzioni politiche dell’UE e nella democrazia stessa, che, a sua volta, potrebbe provocare un’ascesa del populismo e del nazionalismo e quindi condizioni di instabilità politica tali da portare, addirittura, a una dissoluzione dell’UE;

42.

ritiene pertanto che il superamento delle tuttora persistenti disparità economiche, sociali e territoriali nell’UE costituisca la principale sfida a lungo termine per l’Unione nel suo complesso;

43.

ribadisce, in tale contesto, che la politica di coesione non può essere soggetta a livello europeo a nessun tipo di condizionalità ex post, condizionalità sulle quali gli enti locali e regionali non hanno alcuna influenza o che potrebbero renderli ostaggio delle politiche perseguite dai governi nazionali.

Bruxelles, 22 marzo 2018.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  www.cohesionalliance.eu.

(2)  GU C 306 del 15.9.2017, pag. 8.

(3)  Seminario del CdR sulla semplificazione della cooperazione territoriale europea (CTE) (https://cor.europa.eu/Documents/Migrated/Events/ETC-WORKSHOP-FINAL-REPORT.pdf).

(4)  Risoluzione del Comitato europeo delle regioni Modificare il regolamento recante disposizioni comuni in materia di fondi SIE per sostenere le riforme strutturali — COR-2017-06173-00-00-RES.


13.7.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 247/22


Parere del Comitato europeo delle regioni — Allargamento: inclusione degli enti locali e regionali dei Balcani occidentali nelle iniziative di cooperazione macroregionale, transfrontaliera e transnazionale dell’UE

(2018/C 247/05)

Relatore generale:

Franz Schausberger (AT/PPE), rappresentante del Land Salisburgo presso il Comitato delle regioni

Testo di riferimento:

COM(2018) 65 final

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

accoglie con favore il fatto che la presidenza bulgara del Consiglio individui nei Balcani occidentali un dossier prioritario e abbia invitato il CdR a presentare un contributo sull’argomento;

2.

apprezza e sostiene la strategia per una prospettiva di allargamento credibile e un maggior impegno dell’UE per i Balcani occidentali presentata dalla Commissione europea (CE) il 6 febbraio 2018;

3.

come la Commissione europea, è convinto che i paesi dei Balcani occidentali facciano parte dell’Europa e che possiedano un patrimonio europeo comune nonché una storia e un futuro comuni, e che una prospettiva di adesione credibile costituisca il fattore chiave per la trasformazione della regione e quindi per la sicurezza, la prosperità, il benessere sociale, la riconciliazione e la stabilità;

4.

accoglie con favore la prospettiva che la Serbia e il Montenegro possano aderire all’Unione europea entro il 2025, che l’Albania e l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia possano avviare negoziati di adesione, che la Bosnia-Erzegovina possa prevedere di raggiungere lo status di paese candidato e che il Kosovo (1) abbia l’opportunità di compiere ulteriori progressi lungo il percorso europeo grazie all’attuazione dell’accordo di stabilizzazione e di associazione;

5.

al tempo stesso sostiene pienamente quanto chiaramente affermato dalla Commissione, secondo cui queste prospettive si possono realizzare soltanto se i paesi dei Balcani occidentali soddisfano tutte le condizioni e i criteri necessari, in particolare quelli volti a rafforzare le loro democrazie, e se vengono attuate tutte le riforme indispensabili, soprattutto nei settori dello Stato di diritto, del rispetto dei diritti fondamentali, della competitività, della cooperazione regionale e della riconciliazione. Condivide la posizione della CE secondo la quale non vi possono essere eccezioni politiche né si possono modificare le condizioni nel corso del processo;

6.

plaude all’intenzione della Commissione di incrementare significativamente il suo sostegno al processo di trasformazione nei paesi dei Balcani occidentali, ad esempio attraverso un graduale aumento dello strumento di assistenza preadesione (IPA) fino al 2020, secondo uno specifico piano d’azione che consta di sei iniziative faro;

7.

ritiene che la strategia di allargamento dell’UE per i paesi dei Balcani occidentali debba essere parte di una più ampia strategia per il rafforzamento dell’Unione entro il 2025, poiché prima di potersi ingrandire l’UE deve essere più forte e più stabile e i 27 Stati membri e i loro cittadini devono essere convinti del valore aggiunto di questo allargamento;

8.

si compiace del rinnovato impegno solenne preso dai paesi dei Balcani occidentali durante il summit di Trieste del 2017 a sostenersi a vicenda nel cammino verso l’Europa e a risolvere le proprie differenze politiche nell’ambito delle loro istituzioni democratiche, nonché a rafforzare il dialogo politico reciproco, poiché costruire buone relazioni di vicinato è un punto chiave nel cammino verso l’Unione europea;

9.

fa riferimento ai suoi numerosi pareri nei quali ha ripetutamente ed espressamente sottolineato che i rappresentanti regionali e locali devono partecipare attivamente al processo di integrazione europea e che le norme e le migliori pratiche dell’UE vanno attuate a livello regionale e locale possibilmente fin dalle prime fasi del processo di allargamento. Solo in questo modo sarà possibile acquisire le conoscenze necessarie a livello subnazionale, in maniera adeguata e in tempo utile per assumere le responsabilità e i compiti futuri previsti dall’acquis dell’UE;

10.

accoglie con favore l’agenda per la connettività adottata dall’UE e le altre iniziative regionali tra cui, ad esempio, il processo di Berlino, e sollecita a coinvolgere gli enti locali e regionali dei paesi dell’allargamento e a integrare nell’attuazione le esperienze degli Stati membri di più recente adesione, in particolare nei settori dei trasporti, dell’energia, dello sviluppo digitale, dell’istruzione e della gioventù;

11.

chiede che siano previsti impegni irrevocabili e disposizioni speciali per garantire che i nuovi Stati membri non siano in grado di bloccare l’adesione di altri paesi candidati dei Balcani occidentali.

L’importanza degli enti subnazionali nel processo di allargamento

12.

rileva con preoccupazione che nella maggior parte dei paesi dei Balcani occidentali la pubblica amministrazione rimane debole a tutti i livelli di governo, in particolare a quello locale, con capacità amministrative limitate, un grado elevato di politicizzazione e corruzione, scarsa trasparenza e risorse finanziarie insufficienti;

13.

sottolinea che occorre rafforzare il funzionamento delle istituzioni democratiche a livello nazionale, regionale e locale, nonché promuovere processi elettorali credibili, un corretto funzionamento delle assemblee regionali e dei consigli comunali, e un dialogo costruttivo e sostenibile con la società civile;

14.

chiede che tutti i paesi dei Balcani occidentali elaborino ed attuino programmi volti a promuovere le riforme e il miglioramento della qualità e della rendicontabilità dell’amministrazione, in particolare per quanto riguarda la trasparenza delle finanze pubbliche, le strategie di e-government e servizi migliori per i cittadini, nonché nuove leggi sulle procedure amministrative generali, una regolamentazione salariale equilibrata ed equa nel settore pubblico e per i funzionari pubblici delle amministrazioni regionali e locali, così come procedure di assunzione e licenziamento trasparenti;

15.

rileva che, a seguito dell’adozione di nuove leggi per la riforma delle amministrazioni locali, sono stati compiuti importanti passi avanti nella maggior parte dei paesi dei Balcani occidentali. Ritiene tuttavia che, per rafforzare la capacità amministrativa degli enti locali e per consentire a questi ultimi di espletare le loro più ampie competenze in vista dell’adesione e, successivamente, a vantaggio delle rispettive popolazioni, sarà necessario compiere ulteriori sforzi significativi e procedere al trasferimento dei fondi necessari;

16.

sottolinea, come esempio positivo, l’adozione in Serbia della legge sulla funzione pubblica a livello della provincia autonoma della Voivodina e a livello locale; tuttavia, rileva anche che deve ancora essere adottata la legge sulle risorse di detta provincia autonoma, come previsto dalla costituzione;

17.

valuta positivamente il fatto che in diversi paesi dei Balcani occidentali, e in particolare in Albania, siano state adottate e attuate delle riforme territoriali locali con il trasferimento di nuove competenze ai comuni, benché il consolidamento finanziario e amministrativo dei nuovi comuni proceda lentamente;

18.

considera molto positivo il fatto che la strategia di allargamento della Commissione per i Balcani occidentali richieda espressamente un giusto equilibrio tra i governi centrali, regionali e locali nel senso della governance multilivello, poiché la dimensione amministrativa regionale e locale è ampiamente carente nella pianificazione strategica e operativa dell’allargamento dell’UE nei paesi dei Balcani occidentali interessati da tale processo;

19.

considera indispensabile adottare un approccio dal basso per assicurare il rapido successo dell’ulteriore integrazione dei paesi dei Balcani occidentali nell’UE;

20.

nota con soddisfazione che, soprattutto a livello locale, la cooperazione transfrontaliera nei paesi dei Balcani occidentali si è intensificata mediante lo scambio di esperienze, il trasferimento di know-how e di esempi di buone pratiche e l’introduzione di nuovi metodi e approcci. In questo contesto vanno ricordate in particolare le attività e le iniziative delle associazioni e organizzazioni di enti locali e regionali, come l’euroregione adriatico-ionica e la rete regionale NALAS, ovvero la Rete delle associazioni degli enti locali dell’Europa sudorientale, che dovrebbero essere maggiormente integrate e promosse a livello europeo;

21.

si rammarica del fatto che ancora non esista una piattaforma globale e sostenibile per la cooperazione comunale né vi sia un collegamento forte con le istituzioni dell’UE per sostenere l’attuazione delle norme e dell’acquis dell’UE a livello locale, e che le lodevoli iniziative di cooperazione esistenti, come ad esempio il Consiglio di cooperazione regionale (RCC), la ReSPA (2) e il processo di Berlino, si concentrino principalmente sull’amministrazione centrale senza tenere conto dei livelli regionale e locale.

Decentramento e democrazia

22.

deplora il fatto che, negli ultimi dieci anni, lo sviluppo degli Stati dei Balcani occidentali sia stato contraddistinto da blocchi delle riforme, impazienza e un crescente scetticismo circa l’adesione all’UE, nonché da segni di crescente instabilità, corruzione, nazionalismo ed estrema politicizzazione delle istituzioni statali e delle pubbliche amministrazioni, il che ha in parte contribuito a una transizione verso forme di governo più autocratiche e centralistiche;

23.

ricorda, in particolare in relazione con la Bosnia-Erzegovina, l’importanza di un valido coordinamento tra tutti i livelli amministrativi e di governo per la funzionalità dello Stato, l’efficace attuazione del programma di riforme, la mobilità e la creazione di uno spazio economico unico, e accoglie con favore il fatto che, nel frattempo, tutti i livelli abbiano accettato di rispondere all’ampio questionario della Commissione europea;

24.

osserva che le leggi che disciplinano lo svolgimento delle elezioni locali e regionali nei Balcani occidentali sono ampiamente in linea con le norme europee, e che le elezioni a livello locale si svolgono prevalentemente in un clima disteso e in modo ordinato, ma che, a causa della mancanza di imparzialità e della politicizzazione dell’amministrazione elettorale, sussistono significative lacune nella trasparenza del finanziamento delle campagne elettorali, nel processo di registrazione e nella risoluzione dei conflitti elettorali;

25.

è convinto che il decentramento, come pilastro del processo di riforma democratica, sia fondamentale per la coesione sociale, la stabilità, la pace e la riconciliazione nei Balcani occidentali e, di conseguenza, per il futuro dell’Europa;

26.

è consapevole del fatto che nel rafforzamento — assolutamente indispensabile — del decentramento nel vero senso del termine si debba evitare di accrescere le divisioni e le tensioni etniche;

27.

è convinto che la depoliticizzazione dell’amministrazione pubblica sia fondamentale per rafforzare la fiducia tra le autorità pubbliche e i cittadini a livello regionale e locale.

Stato di diritto, diritti fondamentali e lotta alla corruzione a livello locale e regionale nei Balcani occidentali

28.

si rammarica del fatto che, dopo molti anni di impegno da parte dell’UE, nei paesi dei Balcani occidentali sussistano tuttora a livello di governo centrale, regionale e locale stretti legami con la criminalità organizzata e la corruzione e che vi siano forti interconnessioni tra interessi pubblici e privati;

29.

caldeggia quindi il rafforzamento delle procure specializzate nella lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata nonché degli organi giudiziari, con l’obiettivo di confiscare i beni acquisiti illegalmente, far perdere il diritto di occupare cariche pubbliche, introdurre norme più rigorose per i funzionari pubblici e offrire ai cittadini un accesso più agevole alle informazioni e ai meccanismi di denuncia;

30.

sottolinea pertanto che occorre non solo migliorare e assicurare in misura sostanziale l’indipendenza, la qualità e l’efficienza del sistema giudiziario a livello statale ma anche garantire la trasparenza nelle amministrazioni regionali e locali, in particolare negli appalti pubblici, e accoglie con favore gli esempi positivi, come l’istituzione dell’Agenzia anticorruzione e l’elaborazione di piani d’azione in questo ambito in quasi tutti i comuni del Montenegro, nonché gli sforzi in atto a tal fine in Albania;

31.

auspica un maggiore impegno da parte dei paesi interessati a favore della creazione dello Stato di diritto e del sistema giudiziario, della garanzia dei diritti fondamentali, della libertà e della sicurezza, nonché dell’integrazione della protezione delle minoranze, in particolare della comunità Rom, la cui inclusione sociale andrebbe promossa in modo più vigoroso, e della comunità LGBTI, e dell’uguaglianza di genere, sostenendo anche la lotta alla violenza domestica; in questo contesto si compiace che la Serbia sia il primo paese candidato ad aver introdotto l’indice sull’uguaglianza di genere adottato dall’UE;

32.

ripone grandi aspettative nella presidenza bulgara del Consiglio e auspica che riesca a indurre tutte le forze politiche della Bosnia-Erzegovina a trovare rapidamente una soluzione comune per una riforma della legge elettorale che sia conforme alla costituzione, in vista delle elezioni che si terranno nell’ottobre 2018. In questo contesto occorre tenere conto delle disposizioni derivanti dal principio dello status costituente e dell’uguaglianza dei tre popoli della Bosnia-Erzegovina. Questo significa anche che le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo nelle cause Sejdić-Finci, Zornić e Pilav devono essere eseguite affinché anche gli ebrei, i rom e i rappresentanti di altre minoranze nazionali possano candidarsi alla presidenza e alla Camera dei popoli della Federazione, e affinché sia possibile, dopo oltre sette anni, tenere elezioni comunali anche a Mostar;

33.

sottolinea l’importanza della libertà di espressione e della libertà di stampa in una cultura politica democratica, per garantire il pluralismo di una società democratica. Si tratta anche di un problema di influenza sui giornalisti e sulla loro attività di reportage attraverso un assetto proprietario poco trasparente dei mezzi di comunicazione;

34.

sottolinea che una cultura democratica europea presuppone un comportamento esemplare da parte dei responsabili politici, a tutti i livelli, i quali, ad esempio, devono astenersi da scontri e provocazioni ed evitare retoriche e comportamenti radicali e populisti, mostrare sensibilità verso le esigenze dei gruppi vulnerabili e svantaggiati, tenere conto della situazione delle minoranze etniche, linguistiche e religiose, ed esprimere il pieno rispetto per tutte le persone a prescindere dal colore della pelle, dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere;

35.

esorta i leader politici ad evitare e a condannare qualsiasi azione suscettibile di alimentare le tensioni interetniche, a contrastare attivamente il discorso nazionalista e l’esaltazione dei crimini di guerra, a combattere il razzismo, la xenofobia, l’estremismo, la radicalizzazione e il terrorismo e a promuovere le attività di prevenzione tra i giovani.

Cooperazione transfrontaliera a livello regionale e locale

36.

ritiene che la cooperazione regionale e le relazioni di buon vicinato tra i paesi dei Balcani occidentali rappresentino condizioni indispensabili per il progresso europeo e nuove opportunità economiche;

37.

appoggia tutte le iniziative volte a rafforzare le relazioni reciproche tra i paesi dei Balcani occidentali e la cooperazione transfrontaliera a livello regionale e locale, nonché i programmi di partenariato e il programma TAIEX, e offre il suo sostegno all’eventuale partecipazione dei paesi in via di adesione dei Balcani occidentali al programma GECT (gruppi europei di cooperazione territoriale);

38.

precisa che le controversie transfrontaliere bilaterali devono essere urgentemente risolte dai responsabili dei paesi interessati e/o sottoposte incondizionatamente a un procedimento giudiziale o arbitrale internazionale vincolante e definitivo. Deplora, a tale proposito, il protrarsi della controversia tra Slovenia e Croazia sulla definizione dei confini e sull’accesso alle acque internazionali nella Baia di Pirano, che si è trasformata in un problema interno dell’UE a seguito dell’adesione di questi due paesi all’Unione, e si compiace della firma degli accordi di delimitazione delle frontiere del Montenegro con la Bosnia-Erzegovina e il Kosovo;

39.

esprime soddisfazione per la recente adesione della Repubblica di Serbia alla Convenzione di Madrid, e si attende che anche l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia e il Kosovo diventino parti di tale convenzione, la quale offre soluzioni concrete per superare i principali ostacoli alla cooperazione territoriale transfrontaliera;

40.

è convinto che non vi possa essere stabilità duratura nella regione senza un’efficace e completa normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Pristina grazie al dialogo promosso dall’UE, e che vi sia pertanto una forte esigenza di un accordo di normalizzazione globale e giuridicamente vincolante; accoglie con soddisfazione la normalizzazione delle relazioni tra la Serbia e la Croazia e la continuazione del dialogo tra Belgrado e Pristina;

41.

osserva con soddisfazione che la situazione nel Kosovo settentrionale si è mantenuta piuttosto tranquilla, che la comunicazione tra i comuni del nord del paese e le istituzioni centrali è migliorata e che le occasionali provocazioni e i deplorevoli atti di violenza non hanno pregiudicato in maniera duratura il dialogo avviato tra Belgrado e Pristina;

42.

ritiene che lo spazio economico regionale, concordato in occasione del vertice dei Balcani occidentali tenutosi a Trieste nel luglio 2017, rappresenti una tappa fondamentale per integrare ulteriormente le economie dell’UE e dei Balcani occidentali e per stimolare l’attrattività del mercato regionale, e auspica una tempestiva attuazione del piano d’azione concordato;

43.

ritiene della massima importanza rafforzare la cooperazione strategica e operativa transfrontaliera con i paesi dei Balcani occidentali e tra di essi nel settore della migrazione e della gestione delle frontiere, garantendo l’accesso alla protezione internazionale, la condivisione di informazioni pertinenti, il miglioramento dei controlli di frontiera ecc., e incoraggia gli enti locali a sostenere la lotta contro il traffico di migranti e la tratta di esseri umani;

44.

accoglie con grande soddisfazione il fatto che i negoziati in corso tra la Grecia e l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia, nel quadro dell’annosa e tuttora irrisolta controversia relativa alla denominazione di questo paese, abbiano recentemente mostrato segnali positivi di progresso, e auspica che, oltre ai negoziati in corso sotto l’egida delle Nazioni Unite, la presidenza bulgara del Consiglio riesca a contribuire in maniera significativa alla mitigazione del conflitto e alla sua risoluzione.

La situazione economica e le strategie macroregionali nei Balcani occidentali

45.

nota con rammarico che attualmente nessuno dei paesi dei Balcani occidentali può essere considerato un’economia di mercato funzionante né è in grado di far fronte alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all’interno dell’Unione, in particolare a causa della predominante influenza politica e dello scarso sviluppo del settore privato, aspetti, questi, che hanno un impatto estremamente negativo sul mercato del lavoro e, in particolare, sulla mancanza di opportunità lavorative per i giovani;

46.

sottolinea che nella maggior parte dei comuni nei paesi in via di adesione prevale l’orientamento secondo cui i progetti e i programmi finanziati dall’UE sono troppo complessi per le realtà delle amministrazioni locali, e quindi gli sforzi profusi dalla Commissione per semplificare l’accesso ai progetti e ai programmi sono vanificati da un meccanismo di controllo sempre più sofisticato e complesso;

47.

appoggia l’estensione dell’attuale rete TEN-T, compreso il completamento del corridoio e l’ampliamento verso l’Europa sudorientale, che potrebbe permettere di superare l’attuale problema dei collegamenti di trasporto mancanti nei paesi dei Balcani occidentali e di migliorare i collegamenti stradali, marittimi, aerei e ferroviari tra l’est e l’ovest come prerequisito per uno sviluppo globale di tale regione;

48.

suggerisce pertanto che i rappresentanti degli enti locali e regionali e/o le associazioni locali siano coinvolti nel processo di negoziazione, programmazione, monitoraggio e valutazione dello strumento di assistenza preadesione;

49.

accoglie con favore il fatto che, per attuare la strategia presentata, l’UE preveda un graduale aumento del finanziamento dell’IPA fino al 2020 e che in questo modo potrà rispondere in modo ancora più efficace alle necessità dei paesi interessati;

50.

fa riferimento, come esempio positivo, al «fondo di innovazione» finanziato dall’IPA, i cui obiettivi principali sono il finanziamento pilota di progetti di innovazione e il potenziamento della ricerca e dello sviluppo nelle imprese private, come pure il sostegno, ad esempio attraverso il progetto di innovazione in Serbia, alla creazione di start-up e spin-off innovativi e alla promozione di tecnologie e servizi innovativi e orientati al mercato, contribuendo in modo determinante a rafforzare la competitività del settore privato in Serbia;

51.

rammenta, come esempio positivo di cooperazione transfrontaliera regionale, l’iniziativa congiunta di lotta contro il cancro promossa da Romania e Serbia nel quadro del Programma di cooperazione transfrontaliera Interreg-IPA volto a migliorare la diagnosi e il trattamento dei tumori maligni;

52.

richiama inoltre l’attenzione sulle marcate disparità economiche e sociali tra le regioni dei paesi dei Balcani occidentali e accoglie con favore il programma dell’UE per la competitività delle imprese e delle PMI destinato a sviluppare un settore privato solido, nonché l’intenzione di creare un programma di sostegno al trasferimento di tecnologia e alle start-up;

53.

sottolinea che le strategie macroregionali e gli altri strumenti dell’UE per la cooperazione transfrontaliera, come i GECT e i programmi Interreg, sono elementi costitutivi essenziali del futuro dell’Unione;

54.

accoglie con soddisfazione il fatto che la presidenza bulgara del Consiglio abbia indicato l’economia digitale come seconda priorità, e sostiene ogni sforzo volto a collegare le infrastrutture dei paesi dei Balcani occidentali e quelle dell’UE nei settori dei trasporti, dell’energia e dei servizi digitali;

55.

si attende che tutti i paesi dei Balcani occidentali diano un contributo costruttivo alle iniziative di cooperazione regionale quali, ad esempio, il processo di Berlino, la strategia per il Danubio, l’iniziativa adriatico-ionica, il processo di cooperazione nell’Europa sudorientale, il Consiglio di cooperazione regionale e l’accordo centroeuropeo di libero scambio, e sottolinea l’importanza dell’Ufficio regionale per la cooperazione giovanile dei Balcani occidentali nel promuovere la riconciliazione;

56.

ritiene che la strategia dell’UE per la regione adriatica e ionica (EUSAIR) possa rappresentare una grande opportunità per l’intera regione, tuttavia richiama l’attenzione anche sui persistenti problemi riguardanti, ad esempio, la mancanza di risorse e la governance, oltre che sulle sfide poste dalla crisi migratoria;

57.

sostiene le strategie macroregionali come strumento di integrazione europea fondato sul principio di stabilità, riconciliazione e relazioni di buon vicinato tra gli Stati membri e i paesi candidati e potenziali candidati all’adesione all’UE. Ritiene che le strategie macroregionali dell’UE dovrebbero coprire i Balcani occidentali nella loro interezza. Il Kosovo e l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia non partecipano né alla strategia macroregionale per la regione del Danubio né a quella adriatico-ionica. Raccomanda, pertanto, di integrare nelle suddette strategie macroregionali i paesi dei Balcani occidentali che ancora non vi partecipano ma che sono ad esse collegati dal punto di vista geografico ed economico, al fine di coinvolgere tutti i paesi dei Balcani occidentali nei settori coperti dalle strategie macroregionali e permettere a tali paesi di sfruttare le opportunità di finanziamento offerte dai loro progetti.

Bruxelles, 22 marzo 2018.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  Questa denominazione lascia impregiudicate le posizioni concernenti lo status del Kosovo ed è in linea con la risoluzione 1244/99 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il parere della Corte internazionale di giustizia sulla dichiarazione d’indipendenza del Kosovo.

(2)  La ReSPA (Scuola regionale della pubblica amministrazione) è un’organizzazione internazionale incaricata di promuovere la cooperazione regionale nel campo della pubblica amministrazione nei Balcani occidentali (https://www.respaweb.eu).


13.7.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 247/28


Parere del Comitato europeo delle regioni — Pacchetto sul commercio

(2018/C 247/06)

Relatrice:

Micaela Fanelli (IT/PSE), sindaco del Comune di Riccia, CB

Testi di riferimento:

Proposta di regolamento che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione europea

COM(2017) 487 final

Comunicazione concernente l’elenco 2017 delle materie prime essenziali per l’UE

COM(2017) 490 final

Relazione sull’attuazione della strategia commerciale Commercio per tutti — Una politica commerciale innovativa per gestire la globalizzazione

COM(2017) 491 final

Comunicazione Una politica commerciale equilibrata e innovativa per gestire la globalizzazione

COM(2017) 492 final

Comunicazione Accogliere con favore gli investimenti esteri diretti tutelando al contempo gli interessi fondamentali

COM(2017) 494 final

Raccomandazioni di decisioni del Consiglio

COM(2017) 469 final, COM(2017) 472 final e COM(2017) 493 final

I.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione europea

COM(2017) 487 final

Emendamento 1

Considerando 13

Testo proposto dalla Commissione europea

Emendamento del CdR

(13)

È opportuno definire gli elementi essenziali del quadro procedurale per il controllo degli investimenti esteri diretti da parte degli Stati membri in modo da consentire agli investitori, alla Commissione e agli altri Stati membri di comprendere le modalità del controllo degli investimenti e di assicurare che essi siano controllati in maniera trasparente senza discriminazioni tra diversi paesi terzi. Questi elementi dovrebbero comprendere almeno la fissazione di termini per il controllo e la possibilità per gli investitori esteri di presentare ricorso contro le decisioni di controllo.

(13)

È opportuno definire gli elementi essenziali del quadro procedurale per il controllo degli investimenti esteri diretti da parte degli Stati membri in modo da consentire agli investitori, alla Commissione e agli altri Stati membri , nonché agli enti locali e regionali e alle parti sociali interessati, di comprendere le modalità del controllo degli investimenti e di assicurare che essi siano controllati in maniera trasparente senza discriminazioni tra diversi paesi terzi. Questi elementi dovrebbero comprendere almeno la fissazione di termini per il controllo e la possibilità per gli investitori esteri di presentare ricorso contro le decisioni di controllo.

Motivazione

Le decisioni prese dagli Stati membri avranno un impatto importante sugli enti regionali in cui l’investimento estero diretto (IED) è previsto o è stato realizzato, che dovrebbero pertanto essere coinvolti in tali decisioni.

Emendamento 2

Considerando 18

Testo proposto dalla Commissione europea

Emendamento del CdR

(18)

A tal fine è importante anche garantire in tutti gli Stati membri un livello minimo di informazioni e coordinamento per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti che rientrano nell’ambito di applicazione del presente regolamento. Queste informazioni dovrebbero essere messe a disposizione dagli Stati membri in cui l’investimento estero diretto è in programma o è stato realizzato, su richiesta degli Stati membri o della Commissione. Tra le informazioni pertinenti figurano aspetti quali l’assetto proprietario dell’investitore estero e il finanziamento dell’investimento in programma o già realizzato, comprese, ove disponibili, informazioni sulle sovvenzioni concesse da paesi terzi.

(18)

A tal fine è importante anche garantire in tutti gli Stati membri un livello minimo di informazioni e coordinamento per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti che rientrano nell’ambito di applicazione del presente regolamento. Queste informazioni , previa consultazione degli enti locali e regionali interessati, dovrebbero essere messe a disposizione dagli Stati membri in cui l’investimento estero diretto è in programma o è stato realizzato, su richiesta degli Stati membri o della Commissione. Tra le informazioni pertinenti figurano aspetti quali l’assetto proprietario dell’investitore estero e il finanziamento dell’investimento in programma o già realizzato, comprese, ove disponibili, informazioni sulle sovvenzioni concesse da paesi terzi.

Motivazione

Le decisioni prese dagli Stati membri avranno un impatto importante sugli enti regionali in cui l’investimento estero diretto (IED) è previsto o è stato realizzato, che dovrebbero pertanto essere coinvolti in tali decisioni.

Emendamento 3

Articolo 3.2

Testo proposto dalla Commissione europea

Emendamento del CdR

Articolo 3

Articolo 3

Controllo degli investimenti esteri diretti

Controllo degli investimenti esteri diretti

2.   La Commissione può controllare gli investimenti esteri diretti che possono incidere su progetti o programmi di interesse per l’Unione per motivi di sicurezza o di ordine pubblico.

2.   La Commissione può controllare gli investimenti esteri diretti che possono incidere su progetti esistenti o responsabilmente previsti o programmi di interesse per l’Unione per motivi di sicurezza o di ordine pubblico.

Emendamento 4

Articolo 6.1 e 6.2

Testo proposto dalla Commissione europea

Emendamento del CdR

Articolo 6

Articolo 6

Quadro per il controllo da parte degli Stati membri

Quadro per il controllo da parte degli Stati membri

1.   I meccanismi di controllo degli Stati membri sono trasparenti e non operano discriminazioni tra paesi terzi. Gli Stati membri stabiliscono in particolare le circostanze che danno luogo al controllo, i motivi del controllo e le regole procedurali dettagliate applicabili.

1.   I meccanismi di controllo degli Stati membri sono trasparenti e non operano discriminazioni tra paesi terzi. Gli Stati membri stabiliscono in particolare le circostanze che danno luogo al controllo, i motivi del controllo e le regole procedurali dettagliate applicabili. Gli Stati membri, inoltre, nell’ambito della suddetta procedura e nella misura del possibile, informano e consultano gli enti locali e regionali nei quali l’investimento estero diretto è in programma o è stato realizzato.

2.   Gli Stati membri fissano i termini per l’emissione delle decisioni di controllo. Tali termini consentono loro di tenere conto delle osservazioni degli Stati membri di cui all’articolo 8 e del parere della Commissione di cui agli articoli 8 e 9.

2.   Gli Stati membri fissano i termini per l’emissione delle decisioni di controllo. Tali termini consentono loro di tenere conto delle osservazioni degli enti locali e regionali nei quali l’investimento estero diretto è in programma o è stato realizzato e degli Stati membri di cui all’articolo 8 e del parere della Commissione di cui agli articoli 8 e 9.

[…]

[…]

Motivazione

Le decisioni prese dagli Stati membri avranno un impatto importante sugli enti regionali in cui l’investimento estero diretto (IED) è previsto o è stato realizzato, che dovrebbero pertanto essere coinvolti in tali decisioni.

Emendamento 5

Articolo 8.1

Testo proposto dalla Commissione europea

Emendamento del CdR

Articolo 8

Articolo 8

Meccanismo di cooperazione

Meccanismo di cooperazione

1.   Gli Stati membri informano la Commissione e gli altri Stati membri in merito a tutti gli investimenti esteri diretti oggetto di un controllo in corso nel quadro dei rispettivi meccanismi di controllo, entro cinque giorni lavorativi dall’inizio del controllo stesso. Tra le informazioni da fornire, se del caso, gli Stati membri che procedono al controllo si adoperano per indicare se ritengono che l’investimento estero diretto oggetto di un controllo in corso possa rientrare nell’ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 139/2004.

1.   Gli Stati membri consultano gli enti locali e regionali nei quali l’investimento estero diretto è in programma o è stato realizzato e informano la Commissione e gli altri Stati membri in merito a tutti gli investimenti esteri diretti oggetto di un controllo in corso nel quadro dei rispettivi meccanismi di controllo, entro cinque giorni lavorativi dall’inizio del controllo stesso. Tra le informazioni da fornire, se del caso, gli Stati membri che procedono al controllo si adoperano per indicare se ritengono che l’investimento estero diretto oggetto di un controllo in corso possa rientrare nell’ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 139/2004.

Motivazione

È importante che gli enti locali e regionali siano consultati nel quadro del controllo di un particolare IED.

Emendamento 6

Articolo 8.6

Testo proposto dalla Commissione europea

Emendamento del CdR

Articolo 8

Articolo 8

Meccanismo di cooperazione

Meccanismo di cooperazione

6.   Gli Stati membri in cui l’investimento estero diretto è in programma o è stato realizzato tengono in debita considerazione le osservazioni degli altri Stati membri di cui al paragrafo 2 e il parere della Commissione di cui al paragrafo 3.

6.   Gli Stati membri in cui l’investimento estero diretto è in programma o è stato realizzato tengono in debita considerazione le osservazioni degli enti locali e regionali nei quali l’investimento estero diretto è in programma o è stato realizzato di cui al paragrafo 1 e degli altri Stati membri di cui al paragrafo 2 e il parere della Commissione di cui al paragrafo 3.

Motivazione

È importante che gli enti locali e regionali siano consultati nel quadro del controllo di un particolare IED.

Emendamento 7

Articolo 12

Testo proposto dalla Commissione europea

Emendamento del CdR

Articolo 12

Articolo 12

Punti di contatto

Punti di contatto

Ogni Stato membro designa un punto di contatto per il controllo degli investimenti esteri diretti («punto di contatto per il controllo degli IED»). La Commissione e gli altri Stati membri coinvolgono questi punti di contatto per il controllo degli IED in tutte le questioni relative all’attuazione del presente regolamento.

Ogni Stato membro designa almeno un punto di contatto per il controllo degli investimenti esteri diretti («punto di contatto per il controllo degli IED»). La Commissione e gli altri Stati membri coinvolgono questi punti di contatto per il controllo degli IED in tutte le questioni relative all’attuazione del presente regolamento. I punti di contatto per il controllo degli investimenti esteri diretti devono altresì, su richiesta degli enti locali e regionali interessati, fornire loro tutte le informazioni pertinenti relative al controllo di detti investimenti.

Motivazione

i)

Dato che in alcuni Stati membri la politica commerciale è demandata a livello regionale, sembra opportuno prevedere punti di contatto a livello regionale anche in questi casi.

ii)

È importante che gli enti locali e regionali dispongano di informazioni quanto più possibile complete al momento di adottare una posizione in merito al controllo di un particolare IDE.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

accoglie con favore il pacchetto di proposte in materia di commercio e investimenti presentato dalla Commissione, a seguito del documento di riflessione sulla gestione efficace della globalizzazione, quale risposta alle sfide cui deve far fronte la politica commerciale dell’UE;

2.

è del parere che la politica commerciale sia chiamata ad affrontare sfide multiformi trovando il giusto equilibrio tra i molteplici obiettivi: rafforzare la posizione commerciale dell’UE collegandola ai centri di crescita globali, assumere un ruolo guida nel sostenere il sistema commerciale multilaterale, dare impulso alla crescita economica e ridurre la povertà, proteggere le imprese, i cittadini e i territori dell’UE dalla concorrenza sleale e gestire i costi sociali e territoriali, in particolare nei settori vulnerabili e tra i lavoratori meno qualificati;

3.

condivide l’opinione secondo la quale, nel corso degli anni, il commercio internazionale ha favorito la crescita e promosso la competitività sia all’interno che all’esterno dell’UE; sottolinea tuttavia la crescente preoccupazione per l’ineguale distribuzione sociale dei suoi benefici, per i suoi forti impatti nei termini di spiccati processi di agglomerazione e marginalizzazione territoriale e, in particolare, per la dura prova cui è sottoposta la resilienza di alcune economie e comunità locali;

4.

appoggia fermamente la posizione della Commissione secondo cui la politica commerciale ha un ruolo importante da svolgere nel garantire che la globalizzazione abbia effetti positivi a livello economico, sociale, territoriale e ambientale per i cittadini e le imprese in Europa e altrove;

5.

sottolinea il ruolo fondamentale svolto dal FEG nel sostenere i lavoratori che perdono il lavoro a seguito di trasformazioni della struttura del commercio mondiale dovute alla globalizzazione; ribadisce (1), tuttavia, la necessità di riformare i meccanismi di funzionamento, semplificando la procedura di approvazione del FEG, abbassando le soglie per l’attivazione del Fondo (2), aumentandone la dotazione ad almeno 500 milioni l’anno e inserendolo nel QFP, allo scopo di tenere conto del fatto che dal 2014 l’ambito di applicazione del FEG è stato esteso per includervi i NEET e ci si può trovare nella necessità di ampliarlo ulteriormente per coprire misure preventive; insiste sulla complementarità tra il FEG e il Fondo sociale europeo in quanto parte dei fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE) dal momento che il FEG è un meccanismo che fornisce assistenza a breve termine, mentre le misure di lungo periodo sono sostenute dai fondi SIE che possono intervenire con misure che danno seguito a quelle del FEG nei settori da esso coperti;

6.

sottolinea che, come evidenziato in un’analisi (3) dei flussi commerciali in alcuni Stati membri, i risultati delle regioni in termini di esportazioni sono correlati positivamente al PIL, che l’andamento delle esportazioni è positivamente correlato all’indice di competitività regionale (RCI), e che in ciascuno Stato membro analizzato la propensione e partecipazione del tessuto produttivo alle esportazioni è fortemente concentrata in poche regioni;

7.

osserva con preoccupazione che tali analisi sono confermate in un altro studio (4), secondo il quale i benefici degli IED appaiono molto inferiori nelle regioni rurali, non metropolitane e meno sviluppate rispetto ad altre regioni e che le ricadute in termini di aumento della produttività sono minori nelle regioni rurali e non metropolitane, e addirittura pari a zero nelle regioni meno sviluppate; di conseguenza, è probabile che il contributo alla convergenza dell’impatto diretto degli IED e dell’apertura dei mercati risulti molto limitato;

8.

sottolinea a questo riguardo il ruolo fondamentale della politica di coesione nell’assicurare un adeguato livello di investimenti pubblici nelle regioni e nei territori della UE che risultano marginalizzati da tali flussi, nell’aumentarne la competitività stimolando contestualmente gli IED loro diretti e favorendo la crescita delle imprese non europee già presenti in Europa;

9.

ricorda che la 7a relazione sulla coesione della Commissione europea (9 ottobre 2017) ha sottolineato che gestire la globalizzazione, sostenendo la trasformazione economica nelle regioni, l’innovazione, la modernizzazione dell’industria e l’adozione delle nuove tecnologie, dovrebbe essere tra le tre priorità per la futura politica di coesione post 2020;

10.

richiama l’attenzione sul fatto che la stipula di altri accordi di liberalizzazione degli scambi commerciali ridurrà l’importo dei dazi doganali che costituiscono un’importante risorsa propria per il bilancio dell’Unione europea e sollecita la Commissione a presentare a breve una proposta per una profonda riforma del sistema delle risorse proprie dell’UE, come chiesto dal CdR nel suo parere 2017/1530 sulla Riforma delle risorse proprie dell’UE nell’ambito del prossimo quadro finanziario pluriennale per il periodo successivo al 2020.

La trasparenza e la legittimità democratica della politica commerciale dell’UE

11.

accoglie con favore l’impegno della Commissione a rendere più trasparenti i negoziati commerciali e confida nel fatto che tale approccio darà agli Stati membri la possibilità di coinvolgere gli enti locali e regionali e/o gli altri soggetti interessati già nelle fasi di formulazione degli obiettivi di politica commerciale proprie a determinati processi negoziali nell’ambito del commercio extra-UE;

12.

a tale proposito, rimanda allo studio del CdR sul tema La dimensione democratica dei negoziati UE sugli accordi commerciali: ruolo e responsabilità dei cittadini e degli enti locali e regionali, nel quale si sottolinea che la mera disponibilità di informazioni è insufficiente ad assicurare un processo trasparente e partecipativo e che occorre prestare particolare attenzione ai meccanismi a livello nazionale e locale volti a garantire l’accesso a tali informazioni; in particolare gli enti locali e regionali sottolineano la frequente assenza di formali meccanismi di confronto con i rispettivi livelli nazionali in materia di politica commerciale, assenza ancor più avvertita al livello dell’UE;

13.

apprezza gli sforzi della Commissione volti a garantire maggiore chiarezza circa la natura mista di molti accordi commerciali separando il capitolo sugli investimenti; ritiene tuttavia che la crisi di consenso nei riguardi dell’apertura globale dei mercati e della stipula di nuovi accordi commerciali dipenda in gran parte dalla scarsa documentazione degli impatti positivi e negativi di determinati accordi e della scarsa chiarezza riguardo alle responsabilità dei governi nel rispondere agli specifici effetti distributivi negativi generati da tali accordi;

14.

in coerenza con quanto affermato sopra, richiama la posizione del CdR secondo cui è essenziale che le prossime tappe di liberalizzazione degli scambi siano precedute da valutazioni d’impatto territoriale, che possono costituire un potente strumento di individuazione e quantificazione, prima dell’inizio del processo negoziale di un determinato accordo commerciale, del suo impatto sulle regioni europee, consentendo in tal modo sia decisioni più solide, informate, trasparenti e fondate su dati concreti riguardo ai contenuti dell’accordo sia l’adozione di un sostegno mirato per anticiparne e gestirne l’impatto;

15.

si rammarica, a tale riguardo, del fatto che la valutazione d’impatto che accompagna il documento Raccomandazione di decisione del Consiglio che autorizza l’avvio di negoziati per un accordo di libero scambio con l’Australia e con la Nuova Zelanda, nella sezione riguardante gli effetti e i soggetti interessati delle diverse opzioni strategiche, non preveda tale valutazione di impatto (5);

16.

considera lo studio sull’impatto economico cumulativo di potenziali accordi di libero scambio attuali e futuri tra l’UE e 12 partner commerciali sull’agricoltura dell’UE (6), realizzato dal Centro comune di ricerca, un buon esempio di come le valutazioni d’impatto possano contribuire alla formulazione di politiche commerciali solide, trasparenti e fondate su dati concreti;

17.

plaude al fatto che il suddetto studio abbia fornito un sostegno scientifico basato su dati concreti al processo di definizione delle politiche europee, dal momento che gli agricoltori dell’UE sono informati di ciò che possono attendersi dagli accordi commerciali, in particolare con l’Australia e la Nuova Zelanda; è del parere che, nel contesto di tali negoziati, la Commissione debba porre un particolare accento sui probabili effetti negativi su determinati settori agricoli, come evidenziato nello studio, e proteggere detti settori tenendo conto dei principi di base della politica agricola comune e del fatto che l’agricoltura è la principale e l’unica attività che sostenga l’occupazione, l’imprenditorialità e l’approvvigionamento alimentare locale in molte aree dell’UE, quali le zone di montagna, dove gli agricoltori mantengono vive le aree rurali in circostanze difficili contribuendo tra l’altro alla preservazione di decisivi equilibri ecologici;

18.

riafferma, in particolare in vista dei negoziati con l’Australia e la Nuova Zelanda, la propria posizione, che sostiene da tempo, secondo cui gli accordi commerciali dell’UE non devono impedire alle pubbliche amministrazioni di qualunque livello di fornire, sostenere o regolamentare i servizi pubblici, né di ampliare la gamma dei servizi che prestano ai cittadini (7) né di prevedere l’inserimento di determinate clausole sociali volte fra l’altro, in coerenza con le conclusioni del Consiglio europeo del 7 dicembre 2015, a incentivare lo sviluppo dell’economia sociale;

19.

accoglie con favore l’istituzione da parte della Commissione, il 22 dicembre 2017, di un gruppo consultivo sugli accordi commerciali dell’UE con l’obiettivo di aumentare la trasparenza e il carattere inclusivo della politica commerciale dell’UE ma, alla luce di quanto precede, si rammarica del fatto che nessuno dei suoi 28 esperti (8) rappresenti un ente locale o regionale o una loro associazione. Nel caso in cui la Commissione mantenesse la sua posizione secondo cui non dovrebbero essere rappresentati in seno al gruppo consultivo nessuna istituzione o nessun organo dell’Unione, il CdR si aspetterebbe di essere almeno invitato a partecipare in qualità di osservatore;

20.

chiede che le norme del diritto del lavoro in vigore nell’UE e negli Stati membri e gli standard di legge in materia di sicurezza dei prodotti e di protezione dei dati, dei consumatori, della salute, dell’ambiente e del benessere degli animali possano essere garantiti senza un livellamento verso il basso e adeguati a livello nazionale in linea con il diritto dell’Unione; chiede inoltre che in questo ambito il margine discrezionale normativo e finanziario degli enti regionali e locali non sia messo sotto pressione dagli accordi internazionali sugli scambi commerciali e sugli investimenti.

La ricerca di equità al di fuori dell’UE

21.

sottolinea che la politica commerciale non riguarda soltanto gli interessi economici, ma costituisce anche un importante strumento di solidarietà nei confronti dei paesi in via di sviluppo e di quelli coinvolti in situazioni di crisi regionali; ricorda a questo proposito la decisione congiunta UE-Giordania riguardo all’allentamento delle norme di origine applicabili agli scambi bilaterali quale ottimo esempio di tale orientamento;

22.

si compiace del documento informale della Commissione riguardante i capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile (CSS) negli accordi di libero scambio (ALS) dell’UE (9), documento che ha dato il via alla discussione sul rispetto e l’esecuzione e sulle modalità per collegare le disposizioni in materia di sostenibilità al commercio;

23.

per quanto riguarda la questione di stabilire se la violazione di una disposizione del capitolo CSS debba comportare effetti commerciali o addirittura sanzioni, il CdR sostiene l’idea che i paesi che esercitano una concorrenza sleale abbassando gli standard relativi alle convenzioni fondamentali del lavoro, ad esempio in materia di lavoro minorile, dovrebbero essere oggetto di possibili sanzioni; ritiene che a riguardo siano necessari ulteriori studi e progetti di ricerca, al fine di assicurare che l’elaborazione delle politiche sia basata su prove conclusive;

24.

accoglie con favore l’impegno della Commissione a rafforzare il sistema commerciale multilaterale che pone al centro l’OMC e constata che, senza quest’ultima, il commercio globale sarà maggiormente assoggettato alle dinamiche di potere fra gli Stati e meno ai valori; ritiene che l’OMC potrebbe fornire il quadro ideale per ridurre al minimo le esternalità negative degli accordi commerciali bilaterali per i paesi terzi, rendere multilaterale la cooperazione regolamentare realizzata fino ad oggi tra paesi che condividono gli stessi principi e offrire un percorso esplicito verso l’adesione ad altri membri interessati dell’OMC.

Il tribunale multilaterale per gli investimenti

25.

accoglie con favore la raccomandazione di decisione del Consiglio che autorizza l’avvio di negoziati per istituire un tribunale multilaterale per gli investimenti (MIC), quale soluzione a molti dei problemi riscontrati con il sistema ISDS, in particolare la mancanza di legittimità e di garanzie di indipendenza, la carenza di prevedibilità e di coerenza della giurisprudenza, l’assenza di possibilità di ricorso, i costi elevati, la mancanza di trasparenza nella risoluzione delle controversie investitore-Stato e la scarsa accessibilità da parte delle PMI;

26.

rileva che, secondo lo studio del CdR sul tema La dimensione democratica dei negoziati sugli accordi commerciali: ruolo e responsabilità dei cittadini e degli enti locali e regionali, l’aspetto segnalato più di frequente dagli enti locali e regionali per quanto riguarda le conseguenze degli accordi di libero scambio riguarda la risoluzione delle ISDS che, dal loro punto di vista, consente alle imprese private di impugnare le decisioni dei governi locali;

27.

sottolinea la necessità di un equilibrio tra la protezione dei diritti degli investitori privati assicurata da meccanismi sanzionatori e la protezione dei diritti dei lavoratori, oggi priva di tali meccanismi, e invita la Commissione a garantire che la proposta relativa alla creazione di un MIC non preveda il mantenimento di un sistema giuridico parallelo con un tribunale speciale per gli investitori stranieri che consenta di aggirare i sistemi giuridici nazionali a esclusivo beneficio di tali investitori; richiede inoltre che il MIC protegga non solo i diritti degli investitori ma anche i diritti degli Stati a legiferare e i diritti delle terze parti;

28.

auspica che la Commissione chiarisca al più presto se tale tribunale multilaterale per gli investimenti possa essere considerato un’istituzione unilaterale o essere collegato alla giurisdizione di un altro, e in che modo le comunità interessate possano partecipare ai procedimenti giudiziari;

29.

chiede alla Commissione di fornire maggiore chiarezza per quanto riguarda le prevedibili conseguenze sulle controversie nell’ambito degli attuali trattati bilaterali d’investimento (TBI) e le interconnessioni tra il tribunale multilaterale per gli investimenti e le giurisdizioni nazionali, in particolare in relazione alla questione dell’esaurimento dei mezzi di ricorso nazionali; sostiene, in relazione ai TBI intra-UE e alla luce della causa in corso C-284/16 Achmea, la posizione della Commissione secondo cui i meccanismi di risoluzione delle controversie investitore-Stato stabiliti nei TBI intra-UE (pre-adesione) sono in conflitto con la legislazione dell’UE sulla competenza esclusiva dei tribunali dell’UE per ricorsi che riguardano il diritto dell’UE;

30.

è fiducioso che la richiesta del Belgio del 6 settembre 2017 di un parere della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) in merito alla legittimità del nuovo sistema giurisdizionale bilaterale per gli investimenti (ICS) previsto dall’accordo UE-Canada (CETA) farà maggiore chiarezza a beneficio dell’intero dibattito sulla protezione degli investimenti;

31.

osserva con preoccupazione che diversi dei principali partner commerciali dell’UE, tra cui gli USA e il Giappone, non sostengono la creazione del MIC e che la preferenza del Giappone per un sistema ISDS è uno dei principali oggetti irrisolti nel prosieguo dell’accordo di principio riguardante un accordo di libero scambio raggiunto il 6 luglio 2016.

La proposta di regolamento che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’UE

32.

sottolinea l’importanza degli IED per l’economia dell’UE nel suo insieme, e più concretamente per alcune sue regioni, considerato che, nel periodo 2003-2015, gli investitori non europei hanno realizzato oltre 52 000 progetti di IED in Europa, per un valore totale di oltre 2 600 miliardi di euro (10);

33.

concorda con il giudizio della Commissione secondo cui l’apertura agli IED rimane un principio essenziale per l’UE e un’importante fonte di crescita, che dovrà essere accompagnata da politiche solide ed efficaci al fine, da un lato, di aprire altre economie e garantire che tutti rispettino le medesime regole e, dall’altro, di proteggere attivi europei di importanza cruciale da investimenti che comprometterebbero gli interessi legittimi dell’UE o dei suoi Stati membri;

34.

accoglie pertanto con favore i principi alla base della proposta di regolamento della Commissione europea, poiché gli IED attualmente possono essere trattati in maniera diversa dagli Stati membri in quanto a livello europeo non esiste una normativa unica sul loro controllo;

35.

esprime preoccupazione in riferimento al diritto della Commissione europea di effettuare un controllo per motivi di sicurezza e ordine pubblico nel caso di un IED suscettibile di avere ripercussioni su progetti o programmi di interesse dell’Unione, in quanto tale criterio è molto vago, potendo comprendere tutti i tipi di IED, e l’elenco nell’allegato pertinente non è esaustivo. Inoltre, non esiste una definizione chiara di sicurezza e ordine pubblico e, di conseguenza, non vi è certezza del diritto per quanto riguarda la portata dei poteri di intervento della Commissione europea; ne potrebbe conseguire che gli Stati membri non siano più in grado di decidere in modo autonomo sugli IED per motivi di sicurezza e ordine pubblico;

36.

deplora che una proposta di tale importanza sia presentata dalla Commissione senza una valutazione di impatto; ritiene che lo studio annunciato nella comunicazione che accompagna la proposta sui flussi di investimenti nell’UE e la valutazione d’impatto avrebbero dovuto precedere la presentazione della proposta al fine di garantire che le relative discussioni interistituzionali si basassero su dati concreti;

37.

chiede che nella proposta di regolamento si chiarisca che le restrizioni esistenti per i movimenti di capitali con i paesi terzi possono essere mantenute, senza limitazioni, per motivi di ordine pubblico o di sicurezza ovvero mantenute senza necessità di un quadro procedurale specificamente previsto;

38.

ritiene che la Commissione debba altresì valutare le politiche all’origine delle condizioni che hanno portato a investimenti problematici, poiché in molti casi gli IED in infrastrutture o imprese precedentemente di proprietà dello Stato sono conseguenza delle politiche di austerità e della liberalizzazione di settori strategici;

39.

sottolinea che giustificare una restrizione degli IED per ragioni di sicurezza nazionale e di ordine pubblico è diverso rispetto a limitare gli IED per il timore di possibili distorsioni del mercato, e invita la Commissione a garantire che il meccanismo non sia utilizzato come una misura protezionistica dissimulata; osserva a questo proposito che un meccanismo di controllo degli IED che limiti gli investimenti semplicemente perché l’IED è sovvenzionato non può essere una ragione sufficiente per bloccare un investimento, e che esso deve dimostrare che l’IED in questione rientra tra gli obiettivi industriali strategici o nazionali di uno Stato estero;

40.

invita la Commissione a fare maggiore chiarezza riguardo all’impatto nel caso in cui uno Stato membro non si conformi alla posizione della Commissione e alla misura in cui il quadro proposto consentirà reazioni tempestive e proporzionate, considerato che la procedura di controllo degli investimenti da parte dell’UE non dovrebbe durare più a lungo del tempo previsto per le procedure nazionali;

41.

sollecita l’avvio di un dialogo in materia di controllo degli investimenti con i principali partner commerciali dell’UE. Il ravvicinamento internazionale delle norme in materia di controllo degli investimenti esteri diretti potrebbe infatti limitare i conflitti e promuovere la certezza degli investimenti;

42.

si compiace del fatto che i colegislatori abbiano raggiunto un accordo per la modifica dell’attuale metodologia antidumping dell’UE, che dovrà tener conto delle convenzioni fondamentali dell’OIL nel valutare l’esistenza di distorsioni significative;

43.

osserva tuttavia che le nuove norme saranno pienamente efficaci solo se l’UE aggiornerà i propri strumenti di difesa commerciale (SDC) e che l’impatto positivo per l’industria è legato al successo dei piani di modernizzazione degli SDC proposti nel 2013;

44.

concorda sul fatto che l’Unione europea ha competenza esclusiva per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti poiché rientrano nella politica commerciale comune ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1 TFUE. Rileva, tuttavia, che la Commissione propone il presente regolamento soltanto per quegli Stati membri che hanno istituito meccanismi di controllo degli investimenti e che la proposta non impone agli Stati membri di istituire propri meccanismi di controllo degli investimenti. La proposta rispetta pertanto pienamente il principio di sussidiarietà.

Bruxelles, 23 marzo 2018.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  Parere del CdR in merito al Documento di riflessione sulla gestione efficace della globalizzazione, relatrice: Micaela Fanelli, adottato il 10 ottobre 2017.

(2)  Considerando, in particolare, che il programma equivalente attuato negli Stati Uniti (Trade Adjustment Assistance — TAA) non prevede che si debba raggiungere alcuna soglia minima di licenziamenti.

(3)  EPRS.

(4)  ESPON The World in Europe, global FDI flows towards Europe («Il mondo in Europa, i flussi di IED verso l’Europa»).

(5)  A pagina 18, documento consultabile qui (solo in lingua inglese, traduzione non ufficiale): here: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?qid=1505372743628&uri=SWD:2017:293:FIN

(6)  Studio pubblicato il 15 novembre 2016, consultabile qui: https://ec.europa.eu/jrc/en/publication/eur-scientific-and-technical-research-reports/cumulative-economic-impact-future-trade-agreements-eu-agriculture

(7)  Parere del CdR sul tema Una politica commerciale e di investimento più responsabile, relatore: Neale Richmond (IE/PPE), adottato l’8 aprile 2016.

(8)  http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2017/december/tradoc_156487.pdf.

(9)  Consultabile qui: here: http://trade.ec.europa.eu/doclib/press/index.cfm?id=1689

(10)  Progetto di ricerca ESPON sul tema The World in Europe, global FDI flows towards Europe («Il mondo in Europa, i flussi globali di IED verso l’Europa»).


13.7.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 247/38


Parere del Comitato europeo delle regioni sul tema «Una strategia industriale europea: ruolo e punto di vista degli enti regionali e locali»

(2018/C 247/07)

Relatore:

Heinz Lehmann (DE/PPE), membro del parlamento del Land Sassonia

Documento di riferimento:

Comunicazione della Commissione europea «Investire in un’industria intelligente, innovativa e sostenibile — Una nuova strategia di politica industriale dell’UE»

COM(2017) 479 final

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

accoglie con favore la comunicazione in esame (1), in quanto costituisce un ulteriore, importante passo avanti, e invita la Commissione a utilizzarla come base per sviluppare un’ambiziosa strategia di politica industriale dell’UE, come chiesto dal Consiglio europeo (2), dal Parlamento europeo (3), dal Consiglio Competitività (4), dallo stesso CdR (5) e dal gruppo «Amici dell’industria» (6);

2.

invoca una strategia di politica industriale a livello europeo che tenga conto delle sfide, delle opportunità e dei fattori della competitività industriale, attuali e futuri, in un contesto globale; e reputa che tale strategia debba essere concepita (sulla base di una visione chiara e articolata) per un orizzonte temporale di medio termine e debba essere ulteriormente sviluppata puntando al 2030 e oltre;

3.

chiede con forza che la suddetta strategia includa una forte dimensione territoriale, tenendo conto delle specializzazioni intelligenti regionali; ricorda il compito comune e costante, enunciato dall’articolo 173 del TFUE, di condurre una politica industriale europea efficace, e segnala la propria disponibilità ad appoggiare, in uno spirito di partenariato, la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo, considerato in particolare che l’attuazione di tale strategia richiederà un impegno e uno sforzo congiunti da parte di tutti gli attori interessati e a tutti i livelli;

4.

invoca una strategia industriale orizzontale con obiettivi, misure strategiche e indicatori, con una valutazione d’impatto più rigorosa e un quadro idoneo per il monitoraggio e il controllo dell’attuazione; esorta a introdurre in maniera mirata misure specifiche per i settori che attraversano un processo di trasformazione economica e per quelli con un elevato potenziale di crescita; e sottolinea che tale strategia dovrebbe attribuire un particolare rilievo, data la loro importanza trasversale, all’innovazione, alle tecnologie abilitanti fondamentali (KET), agli importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI), alla digitalizzazione e alle PMI.

L’industria europea in una nuova era

5.

sottolinea che (in quanto fonte di 50 milioni di posti di lavoro, di esportazioni e di innovazione) l’industria è un settore di vitale interesse per le regioni e le città d’Europa, e che garantire la futura competitività dell’industria europea in un contesto globale in rapida evoluzione è di cruciale importanza per uno sviluppo equilibrato e sostenibile;

6.

richiama l’attenzione sul fatto che una quota elevata del PIL viene prodotta dal commercio estero (83,05 % nel 2015) (7) e, su tale presupposto, chiede che si presti una maggiore attenzione a stimolare il consumo interno, il quale garantirà stabilità di funzionamento all’industria europea e accelererà la crescita.

7.

è del parere che, se si vuol garantire la pace sociale, una crescita endogena debba essere possibile ovunque, in modo che tutte le regioni (anche nelle zone rurali) possano contribuire alla creazione di valore e abbiano la possibilità di creare e mantenere posti di lavoro qualificati sul territorio;

8.

è favorevole alla creazione di un ambiente propizio all’innovazione, e incita nel contempo ad affrontare le sfide dell’economia per rendere meglio accette le attività industriali a tutte le componenti della società: dall’educazione prescolare alla pubblica amministrazione, passando per il mondo delle imprese;

9.

fa presente che la trasformazione dei modelli d’impresa determinata dai progressi della digitalizzazione è sempre più al centro dello sviluppo futuro, talché in futuro l’intervento pubblico dovrebbe essere differenziato non solo in base al settore ma anche in funzione del modello aziendale.

Rafforzare l’industria europea

10.

chiede che il raggiungimento di una quota del 20 % del PIL europeo da parte dell’industria continui ad essere un obiettivo strategico anche dopo il 2020;

11.

è del parere che l’Europa possa mantenere e sviluppare un’industria capace di competere a livello globale solo partendo dal presupposto della propria sovranità tecnologica;

12.

chiede che, anche e soprattutto per le tecnologie di rilevanza strategica per l’Europa (ad esempio la microelettronica o le celle per batterie), sia creata e garantita parità di condizioni di concorrenza, a livello europeo così come a livello globale;

13.

ricorda che condizioni quadro poste in altri ambiti normativi (ad esempio da alcune regolamentazioni in materia di sostanze) che vincolano le imprese soltanto nell’Unione possono spingere interi settori a cessare l’attività o a trasferirsi in paesi terzi, con ripercussioni sull’intera catena del valore dell’UE;

14.

sottolinea l’importanza strategica degli IPCEI per la competitività dell’industria europea, e invita la Commissione a sfruttare in modo coerente il potenziale che essi offrono; accoglie con favore la proposta della Commissione di istituire forum strategici per migliorare il coordinamento internazionale degli attori interessati e chiede che il concetto di IPCEI sia sviluppato ulteriormente, in maniera coerente e tempestiva, tenendo conto dell’esperienza acquisita;

15.

apprezza le osservazioni della Commissione in merito al settore delle tecnologie della difesa; e, considerata la grande importanza di questo settore sul piano economico, tecnologico e della politica di sicurezza, è favorevole a un approccio strategico coordinato. Il Fondo europeo per la difesa dovrebbe essere utilizzabile anche per la ricerca ed essere dotato di una propria voce di bilancio;

16.

sottolinea l’importanza delle industrie marittime per far fronte alle sfide dell’economia blu e sfruttare appieno il suo potenziale, e si compiace per i successi ottenuti, ad esempio, per quanto riguarda le navi passeggeri e le energie marine rinnovabili e auspica che, una volta conclusasi l’iniziativa LeaderSHIP 2020, sia possibile, grazie al coinvolgimento di tutte le politiche settoriali europee, elaborare una tabella di marcia a sostegno di tali industrie.

Un mercato unico più equo e approfondito: rafforzare le persone e le imprese

17.

è del parere che un mercato interno dei beni e dei servizi ben funzionante possa agevolare l’integrazione delle imprese nelle catene del valore globali e sia pertanto un presupposto imprescindibile per il successo dell’industria europea;

18.

ricorda che, per le regioni, il mercato europeo è più importante di quello globale, e al riguardo chiede di attuare la strategia per il mercato unico (8), di applicare in modo efficace la normativa in materia e di opporsi con fermezza alle misure bilaterali all’interno dell’UE (come ad esempio i TBI intra-UE) che causano la frammentazione di tale mercato. Inoltre, sottolinea che servizi alle imprese competitivi sono intermediari sempre più importanti ai fini della promozione della produttività, e della competitività sul piano dei costi, dell’industria manifatturiera;

19.

invita ad adottare modalità più flessibili per gli appalti pubblici affinché gli acquisti delle amministrazioni pubbliche possano essere configurati in maniera più favorevole all’innovazione e aperta alla tecnologia;

20.

accoglie con favore l’adozione del pilastro europeo dei diritti sociali, ma sottolinea la necessità di completarlo con un’agenda sociale europea forte, che, tra le altre cose, creerebbe le premesse per una convergenza dei salari reali in linea con la produttività;

21.

sottolinea che i lavoratori specializzati e i dirigenti che hanno ottenuto le loro qualifiche grazie a un percorso di formazione professionale costituiscono l’ossatura produttiva di molte imprese, anche e soprattutto piccole e medie; e ricorda che elevate competenze professionali e un giusto equilibrio tra esperienza pratica e formazione teorica rivestono un’importanza determinante per i settori altamente specializzati e ad elevata intensità di conoscenza e tecnologia;

22.

richiama l’attenzione sul fatto che alle amministrazioni nazionali o regionali incombe la responsabilità di elaborare strategie per l’acquisizione e il mantenimento di competenze chiave.

Portare l’industria a un livello adeguato all’era digitale

23.

sottolinea che, nella prospettiva di un futuro digitale, il compito fondamentale deve essere quello di far sì che l’industria, e la società nel suo insieme, siano meglio preparate ad affrontare il futuro;

24.

ricorda che agli enti regionali e locali spetta il compito di sviluppare ulteriormente, con un occhio al futuro, tutte le infrastrutture necessarie per la digitalizzazione, restando aperti a tutte le soluzioni tecniche e prestando attenzione a garantire un giusto mix di sistemi a banda larga, frequenze radio e amministrazione digitale nonché la loro compatibilità;

25.

ricorda che, rifacendosi a validi esempi di calcolo del rapporto costi/benefici dell’adozione di tecnologie digitali in imprese già affermate, è possibile ridurre gli ostacoli all’introduzione e all’impiego di tali tecnologie e sostenere il cambiamento dei modelli aziendali; ed esorta a promuovere lo sviluppo di infrastrutture (poli di innovazione digitale) che aiutino le PMI nel processo di digitalizzazione;

26.

chiede alla Commissione di fissare l’obiettivo di un’industria europea leader anche nel 9o programma quadro di ricerca e innovazione; propone di intensificare gli sforzi per raggiungere la quota obiettivo del 3 % del PIL da destinare alla R&S, e di accrescere la capacità di trasformazione e innovazione dell’industria attraverso nuove piattaforme tematiche per la modernizzazione industriale quali i partenariati per i nuovi processi produttivi, la produzione sostenibile, la stampa 3D e l’industria 4.0.

Sviluppare la leadership europea nell’economia circolare e a basse emissioni di carbonio

27.

concorda con la Commissione, il Parlamento e il Consiglio nel ritenere che occorra rafforzare il ruolo guida dell’Europa nell’economia circolare a basse emissioni di carbonio e recare così un contributo essenziale all’attuazione dell’accordo di Parigi sul clima; e ricorda la propria richiesta che, a livello europeo e nazionale, gli strumenti di politica ambientale, climatica e dell’energia siano configurati in modo tale da non gravare in misura sproporzionata sulle attività economiche produttive ad alta intensità energetica e dipendenti dal commercio estero o da metterne a repentaglio la competitività internazionale;

28.

invoca una promozione efficace del settore estrattivo interno per quanto attiene all’esplorazione, all’acquisizione e all’uso delle materie prime, alla conclusione globalmente utile dei cicli di vita dei materiali e alla sostituzione volta a ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime; esorta a migliorare la cooperazione europea nell’efficienza nell’uso delle risorse e nella produzione additiva, e chiede di sostenere, principalmente con incentivi positivi, i modelli aziendali funzionali e collaborativi;

29.

concorda nel ritenere che lo sviluppo e la produzione di sistemi di stoccaggio dell’energia siano di vitale importanza per il funzionamento di un’economia a basse emissioni di carbonio nell’UE; esorta a non porre ostacoli al necessario sviluppo di questo settore in Europa; e raccomanda di assicurare l’equilibrio tra obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 e sicurezza dell’approvvigionamento energetico.

Sostenere l’innovazione industriale sul territorio

30.

accoglie con favore l’idea, sviluppata dalla Commissione, della specializzazione intelligente, ed invita a sfruttare le nuove possibilità offerte, ad esempio, dall’innovazione incrociata (cross innovation), dato che l’internazionalità, l’interdisciplinarità e la molteplicità di prospettive sono componenti cruciali dei processi olistici di innovazione;

31.

ricorda che le reti regionali e interregionali (come il polo di eccellenza nel campo della costruzione leggera «Merge» oppure l’iniziativa «Vanguard») possono spezzare il circolo vizioso di emigrazione, rischio di carenza di manodopera qualificata e contrazione dell’economia, rafforzare l’immagine di una regione in quanto centro di innovazione, accrescere gli incentivi alla creazione di nuove imprese locali e all’insediamento in loco di imprese costituite altrove e stimolare la nascita di nuove catene di valore;

32.

ricorda le agevolazioni proposte per le start-up e le scale-up (9);

33.

dà atto che la riforma globale degli aiuti di Stato varata nel 2014 ha comportato, per le imprese così come per gli enti regionali e locali, una netta semplificazione delle procedure. Nondimeno, esorta a migliorare notevolmente il sostegno ai poli d’innovazione (articolo 27 RGEC) aumentando l’intensità di aiuto degli aiuti destinati a tali iniziative; e chiede che in futuro siano privilegiati anche i poli (cluster) transfrontalieri e le reti di poli come pure i finanziamenti misti (blending), in particolare per le infrastrutture pilota e gli impianti di dimostrazione.

La dimensione internazionale

34.

è consapevole dell’importanza dell’integrazione dell’industria europea nelle catene del valore mondiali, e che solo gli accordi di libero scambio, il reciproco riconoscimento degli standard e la rimozione delle barriere commerciali (tariffarie e non tariffarie) garantiscono un accesso libero ed equo ai mercati mondiali;

35.

accoglie con favore, in particolare, il rafforzamento degli strumenti di difesa commerciale al fine di creare parità di condizioni nel commercio mondiale, in particolare per i settori industriali tradizionali come quello siderurgico (10);

36.

chiede di sollecitare le parti della COP a recepire pienamente e in tempi brevi nelle rispettive norme nazionali gli obiettivi di riduzione delle emissioni concordati, e si attende che tutte le parti interessate si adoperino per impedire il dumping ambientale con tutti gli effetti negativi che ne derivano;

37.

chiede che gli enti regionali e locali siano associati alla definizione dei settori strategici nei quali assume particolare importanza il monitoraggio degli investimenti esteri diretti.

Il partenariato con gli Stati membri, le regioni, le città e il settore privato

38.

sottolinea la centralità del ruolo delle regioni e degli ecosistemi regionali, dove funziona bene il dialogo tra PMI, università, centri di ricerca e autorità locali, ai fini della modernizzazione industriale; invoca, per la politica industriale europea, un approccio basato sul territorio e fa notare che gli enti regionali e locali hanno prerogative e competenze importanti in ambiti d’intervento di tale politica quali la ricerca e l’innovazione, l’istruzione e le competenze professionali, il sostegno alle esportazioni, le infrastrutture, le PMI e la regolamentazione;

39.

si considera un partner attivo della Commissione, del Parlamento e del Consiglio; accoglie con favore le proposte della Commissione di istituire una Giornata annuale dell’industria (attendendo con particolare interesse quella del 2018, che essa prevede di dedicare ai temi delle KET e degli IPCEI) e una Tavola rotonda industriale ad alto livello; chiede che gli enti regionali e locali siano strettamente associati al dibattito sulla definizione delle KET di rilevanza strategica per l’Europa, e che gli attori interessati a livello regionale come le imprese, le parti sociali e la società civile siano attivamente coinvolti; e apprezza le azioni pilota che, in uno spirito di partenariato, aiuteranno «sul campo» le regioni dell’UE ad affrontare le sfide dei cambiamenti strutturali.

Bruxelles, 23 marzo 2018.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  Comunicazione della Commissione europea «Investire in un’industria intelligente, innovativa e sostenibile — Una nuova strategia di politica industriale dell’UE», COM(2017) 479 final.

(2)  Conclusioni del Consiglio europeo del 15 dicembre 2016 e del 22 e 23 giugno 2017.

(3)  Risoluzione del Parlamento europeo, del 5 luglio 2017, sulla creazione di un’ambiziosa strategia industriale per l’UE come priorità strategica per la crescita, l’occupazione e l’innovazione in Europa [2017/2732(RSP)].

(4)  Conclusioni relative a una futura strategia di politica industriale dell’UE, Consiglio «Competitività», 29 maggio 2017 (283/17); conclusioni relative a una strategia riveduta per la politica industriale dell’UE, Consiglio «Competitività», 30 novembre 2017 (705/17).

(5)  Parere del Comitato europeo delle regioni, dell’11 aprile 2013, sul tema «Un’industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica»;

parere del Comitato europeo delle regioni, del 15 giugno 2016, sul tema «Acciaio: mantenere occupazione sostenibile e crescita in Europa», COR-2016-01726-00-00-PAC-TRA (IT).

(6)  Dichiarazione congiunta in occasione della quarta conferenza ministeriale degli Amici dell’industria, Varsavia, 22 aprile 2016 («dichiarazione di Varsavia»);

dichiarazione congiunta in occasione della quinta conferenza ministeriale degli Amici dell’industria, Berlino, 30 giugno 2017 («dichiarazione di Berlino»).

(7)  Dati della Banca mondiale, Commercio (in percentuale del PIL), 7 gennaio 2018 (https://data.worldbank.org/indicator/NE.TRD.GNFS.ZS).

(8)  Pareri del Comitato europeo delle regioni, dell’8 aprile 2016, sul tema «Migliorare il mercato unico», relatore: Alessandro Pastacci (IT/PSE), e dell’11 ottobre 2017 sul tema «Il pacchetto sui servizi: un’economia dei servizi efficace per i cittadini europei», relatore: Jean-Luc Vanraes (BE/ALDE).

(9)  Parere del Comitato europeo delle regioni sul tema «Stimolare le start-up e le scale-up in Europa: il punto di vista regionale e locale», COR-2017-00032-00-01-AC-TRA (IT).

(10)  Parere del Comitato europeo delle regioni, del 15 giugno 2016, sul tema «Acciaio: mantenere occupazione sostenibile e crescita in Europa», relatrice: Isolde Ries (DE/PSE).


13.7.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 247/43


Parere del Comitato europeo delle regioni — Proposta di un Fondo europeo per la difesa

(2018/C 247/08)

Relatore:

Dainis Turlais (LV/ALDE), membro del consiglio comunale di Riga

Testi di riferimento:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa, volto a sostenere la competitività e la capacità di innovazione dell’industria europea della difesa

COM(2017) 294 final — 2017/0125(COD)

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Istituzione del Fondo europeo per la difesa

COM(2017) 295 final

I.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Aggiungere un nuovo Visto dopo l’ultimo

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

Vista la cooperazione strutturata permanente in materia di sicurezza e di difesa (PESCO), di cui agli articoli 42, paragrafo 6, e 46 del trattato sull’UE, nonché al protocollo n. 10 di detto trattato, decisa da 23 Stati membri dell’Unione europea il 13 novembre 2017;

Emendamento 2

Considerando 2

Testo proposto dalla Commissione europea

Emendamento del CdR

(2)

Al fine di contribuire al rafforzamento della competitività e della capacità di innovazione dell’industria della difesa dell’Unione, sarebbe necessario stabilire un programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa (di seguito «il programma»). Il programma dovrebbe mirare a migliorare la competitività dell’industria della difesa dell’Unione, inclusa la ciberdifesa, sostenendo la cooperazione tra imprese nella fase di sviluppo dei prodotti e delle tecnologie della difesa. La fase di sviluppo, che segue la fase di ricerca e tecnologia, comporta notevoli rischi e costi che ostacolano l’ulteriore sfruttamento dei risultati della ricerca e hanno un impatto negativo sulla competitività dell’industria della difesa dell’Unione. Sostenendo la fase di sviluppo, il programma contribuirebbe a un migliore sfruttamento dei risultati della ricerca nel settore della difesa e contribuirebbe a colmare il divario tra la ricerca e la produzione, nonché a promuovere tutte le forme di innovazione. Il programma dovrebbe completare le attività svolte a norma dell’articolo 182 del TFUE e non riguarda la fabbricazione di prodotti e tecnologie della difesa.

(2)

Al fine di contribuire al rafforzamento della competitività e della capacità di innovazione dell’industria della difesa dell’Unione e a miglioramenti nell’efficienza della spesa globale per la difesa nell’Unione, favorendo in tal modo l’autonomia strategica dell’UE , sarebbe necessario stabilire un programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa (di seguito «il programma»). Il programma dovrebbe garantire la promozione della competitività dell’industria della difesa dell’Unione, inclusa la ciberdifesa, sostenendo la cooperazione tra imprese , in particolare le PMI, di più Stati nella fase di sviluppo dei prodotti e delle tecnologie della difesa. La fase di sviluppo, che segue la fase di ricerca e tecnologia, comporta notevoli rischi e costi che ostacolano l’ulteriore sfruttamento dei risultati della ricerca e hanno un impatto negativo sulla competitività dell’industria della difesa dell’Unione. Sostenendo la fase di sviluppo, il programma contribuirebbe a un migliore sfruttamento dei risultati della ricerca nel settore della difesa e contribuirebbe a colmare il divario tra la ricerca e la produzione, nonché a promuovere tutte le forme di innovazione. Il programma dovrebbe completare le attività svolte a norma dell’articolo 182 del TFUE e non riguarda la fabbricazione di prodotti e tecnologie della difesa.

Emendamento 3

Considerando 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(3)

Per sfruttare meglio le economie di scala nell’industria della difesa, il programma dovrebbe sostenere la cooperazione tra imprese nello sviluppo di prodotti e tecnologie della difesa.

(3)

Per sfruttare meglio le economie di scala nell’industria della difesa, il programma dovrebbe sostenere la cooperazione tra , rispettivamente, Stati membri e imprese nello sviluppo di prodotti e tecnologie della difesa , promuovendo in tal modo la standardizzazione dei sistemi militari contemporaneamente al miglioramento della loro interoperabilità .

Emendamento 4

Considerando 4

Testo proposto dalla Commissione europea

Emendamento del CdR

(4)

Il programma dovrebbe riguardare un periodo di due anni, dal 1o gennaio 2019 al 31 dicembre 2020, e l’importo per l’attuazione del programma dovrebbe essere determinato per lo stesso periodo.

(4)

Il programma dovrebbe riguardare un periodo di due anni, dal 1o gennaio 2019 al 31 dicembre 2020, e l’importo per l’attuazione del programma dovrebbe essere determinato per lo stesso periodo. Al fine di finanziare il programma a titolo del bilancio generale dell’Unione, si dovrebbe destinare al programma un importo di 500 milioni di EUR a prezzi correnti. Considerando che il programma è una nuova iniziativa, che non era prevista al momento dell’adozione del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020, e al fine di evitare un impatto negativo sul finanziamento dei programmi pluriennali esistenti, tale importo dovrebbe essere prelevato dai margini non assegnati entro i massimali del quadro finanziario pluriennale. L’importo definitivo dovrebbe essere autorizzato dal Parlamento europeo e dal Consiglio tramite la procedura annuale di bilancio.

Motivazione

Evidente.

Emendamento 5

Considerando 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(5)

Il programma dovrebbe essere attuato nel pieno rispetto del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Il finanziamento può assumere in particolare la forma di sovvenzioni. Gli strumenti finanziari o gli appalti pubblici possono essere utilizzati ove opportuno.

(5)

Il programma dovrebbe essere attuato nel pieno rispetto del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Il finanziamento può assumere in particolare la forma di sovvenzioni. Gli strumenti finanziari o gli appalti pubblici possono essere utilizzati ove opportuno , e potrebbero risultare interessanti meccanismi di finanziamento misto .

Motivazione

N.P.

Emendamento 6

Considerando 10

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(10)

Dato che l’obiettivo del programma consiste nel sostenere la competitività dell’industria della difesa dell’Unione eliminando i rischi nella fase di sviluppo dei progetti di cooperazione, le azioni relative allo sviluppo di un prodotto o di una tecnologia di difesa, vale a dire la definizione di specifiche tecniche comuni, la progettazione, la creazione di prototipi, il collaudo, la qualificazione, la certificazione, gli studi di fattibilità e le altre misure di sostegno dovrebbero essere ammissibili a beneficiarne. Lo stesso vale anche per la modernizzazione dei prodotti e delle tecnologie di difesa esistenti.

(10)

Dato che l’obiettivo del programma consiste nell’accrescere l’indipendenza strategica dell’UE attraverso il rafforzamento della sua capacità di difesa e nel sostenere la competitività dell’industria della difesa dell’Unione eliminando i rischi nella fase di sviluppo dei progetti di cooperazione, le azioni relative allo sviluppo di un prodotto o di una tecnologia di difesa, vale a dire la definizione di specifiche tecniche comuni, la progettazione, la creazione di prototipi, il collaudo, la qualificazione, la certificazione, gli studi di fattibilità e le altre misure di sostegno dovrebbero essere ammissibili a beneficiarne. Lo stesso vale anche per la modernizzazione dei prodotti e delle tecnologie di difesa esistenti sviluppati dagli Stati membri .

Emendamento 7

Considerando 13

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(13)

Poiché il programma mira a migliorare la competitività dell’industria della difesa dell’Unione, solo i soggetti stabiliti nell’Unione ed effettivamente controllati da Stati membri o loro cittadini dovrebbero poter beneficiare del sostegno. Inoltre, al fine di garantire la tutela degli interessi essenziali in materia di sicurezza dell’Unione e dei suoi Stati membri, l’infrastruttura, le attrezzature, i beni e le risorse utilizzati dai beneficiari e dai subappaltatori in azioni finanziate nell’ambito del programma non devono essere situati sul territorio di paesi terzi.

(13)

Poiché il programma mira a migliorare la competitività dell’industria della difesa dell’Unione, solo i soggetti stabiliti nell’Unione ed effettivamente controllati da Stati membri o loro cittadini dovrebbero poter beneficiare del sostegno. Inoltre, al fine di garantire la tutela degli interessi essenziali in materia di sicurezza dell’Unione e dei suoi Stati membri, l’infrastruttura, le attrezzature, i beni e le risorse utilizzati dai beneficiari e dai subappaltatori in azioni finanziate nell’ambito del programma non devono essere situati sul territorio di paesi terzi.

Nel quadro della cooperazione transfrontaliera, le imprese che hanno sede nell’UE devono essere protette dall’influenza di imprese di paesi terzi.

Emendamento 8

Considerando 21

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(21)

La Commissione dovrebbe stabilire un programma di lavoro pluriennale in linea con gli obiettivi del programma. Nell’elaborazione del programma di lavoro la Commissione dovrebbe essere assistita da un comitato di Stati membri (in seguito denominato «comitato del programma»). Alla luce della politica dell’Unione sulle PMI, considerate elementi fondamentali per garantire la crescita economica, l’innovazione, la creazione di posti di lavoro e l’integrazione sociale nell’Unione, e del fatto che le azioni sostenute implicheranno generalmente la collaborazione transnazionale, è importante che il programma di lavoro rispecchi e consenta detta partecipazione transfrontaliera delle PMI e che, di conseguenza, una percentuale del bilancio complessivo sia destinata a tale azione .

(21)

La Commissione dovrebbe stabilire un programma di lavoro pluriennale in linea con gli obiettivi del programma. Nell’elaborazione del programma di lavoro la Commissione dovrebbe essere assistita da un comitato di Stati membri (in seguito denominato «comitato del programma»). Alla luce della politica dell’Unione sulle PMI, considerate elementi fondamentali per garantire la crescita economica, l’innovazione, la creazione di posti di lavoro e l’integrazione sociale nell’Unione, e del fatto che le azioni sostenute implicheranno generalmente la collaborazione transnazionale, è importante che il programma di lavoro rispecchi e consenta detta partecipazione transfrontaliera delle PMI , se l’importo della sovvenzione è pari almeno al 20 % del bilancio complessivo annuale .

Emendamento 9

Nuovo considerando dopo il considerando 25

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

(26)

La Commissione dovrebbe privilegiare un approccio territoriale e locale e informare le PMI, i cluster regionali e le regioni in tutti gli Stati membri delle possibilità di avvalersi del programma e delle ulteriori opportunità di finanziamento a favore di progetti nel settore della difesa, in particolare sulla base del sostegno alle strategie regionali di specializzazione intelligente.

Emendamento 10

Articolo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 2

Articolo 2

Obiettivi

Obiettivi

Il programma persegue i seguenti obiettivi:

Il programma persegue i seguenti obiettivi:

a)

promuovere la competitività e la capacità di innovazione dell’industria della difesa dell’Unione sostenendo azioni nella loro fase di sviluppo;

a)

promuovere la competitività e la capacità di innovazione dell’industria della difesa dell’Unione sostenendo azioni nella loro fase di sviluppo;

b)

sostenere e valorizzare la cooperazione tra le imprese, comprese le piccole e medie imprese, nello sviluppo di tecnologie o di prodotti in linea con le priorità in materia di capacità di difesa concordate dagli Stati membri all’interno dell’Unione;

b)

sostenere e valorizzare la cooperazione tra le imprese, comprese le piccole e medie imprese, nello sviluppo di tecnologie o di prodotti in linea con le priorità in materia di capacità di difesa concordate dagli Stati membri all’interno dell’Unione;

c)

favorire un migliore sfruttamento dei risultati della ricerca nel settore della difesa e contribuire a colmare il divario tra la ricerca e lo sviluppo.

c)

favorire un migliore sfruttamento dei risultati della ricerca nel settore della difesa e contribuire a colmare il divario tra la ricerca e lo sviluppo;

 

d)

rafforzare le capacità di difesa e di sicurezza negli Stati membri dell’UE con frontiere esterne .

Motivazione

Il programma dev’essere inclusivo e aperto a beneficiari di tutti gli Stati membri, senza compartimentazioni geografiche. Per farsi carico delle loro responsabilità in materia di controllo e difesa delle frontiere esterne dell’UE, gli Stati membri con frontiere esterne dovrebbero avere la possibilità di sviluppare specializzazioni intelligenti nell’ambito dell’industria della difesa.

Emendamento 11

Articolo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 3

Articolo 3

Bilancio

Bilancio

L’importo destinato all’esecuzione del programma per il periodo 2019-2020 è fissato a 500 milioni di EUR a prezzi correnti.

L’importo destinato all’esecuzione del programma per il periodo 2019-2020 è fissato a 500 milioni di EUR a prezzi correnti , che devono provenire esclusivamente da margini non assegnati e non da riassegnazioni di fondi di bilancio .

Motivazione

Non è concepibile che il bilancio del Fondo europeo per la difesa, che non era stato previsto al momento dell’elaborazione del quadro finanziario pluriennale, venga prelevato dalle risorse di bilancio già previste per i programmi attuali dell’UE.

Emendamento 12

Articolo 4, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Disposizioni finanziarie generali

Disposizioni finanziarie generali

L’assistenza finanziaria dell’Unione può essere erogata tramite le tipologie di finanziamento previste dal regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e, in particolare:

a)

sovvenzioni;

b)

strumenti finanziari;

c)

appalti pubblici.

L’assistenza finanziaria dell’Unione può essere erogata tramite le tipologie di finanziamento previste dal regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e, in particolare, sovvenzioni ed eventualmente anche strumenti finanziari e appalti pubblici. L’assistenza finanziaria dell’Unione può essere destinata alla prestazione di assistenza tecnica per l’elaborazione di progetti da parte di PMI.

Emendamento 13

Articolo 7, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Soggetti ammissibili

Soggetti ammissibili

I beneficiari sono imprese stabilite nell’Unione, delle quali gli Stati membri e/o i cittadini degli Stati membri detengono oltre il 50 % e sulle quali esercitano un controllo effettivo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, direttamente o indirettamente attraverso una o più imprese intermedie. Inoltre tutte le infrastrutture, le attrezzature, i beni e le risorse utilizzati dai partecipanti, compresi i subappaltatori e altri terzi, nelle azioni finanziate nell’ambito del programma non sono situati nel territorio di paesi terzi, durante tutta la durata dell’azione.

I beneficiari , che soddisfano i criteri per la cooperazione transfrontaliera, e i loro subfornitori sono imprese stabilite nell’Unione, delle quali gli Stati membri e/o i cittadini degli Stati membri detengono oltre il 50 % e sulle quali esercitano un controllo effettivo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, direttamente o indirettamente attraverso una o più imprese intermedie. Inoltre tutte le infrastrutture, le attrezzature, i beni e le risorse utilizzati dai partecipanti, compresi i subappaltatori e altri terzi, nelle azioni finanziate nell’ambito del programma non sono situati nel territorio di paesi terzi, durante tutta la durata dell’azione.

Emendamento 14

Articolo 10

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Criteri di aggiudicazione

Criteri di aggiudicazione

Le azioni proposte per il finanziamento nell’ambito del programma sono valutate sulla base dei seguenti criteri cumulativi:

Le azioni proposte per il finanziamento nell’ambito del programma sono valutate sulla base dei seguenti criteri cumulativi:

a)

eccellenza;

a)

eccellenza;

b)

contributo all’innovazione e allo sviluppo tecnologico dell’industria della difesa e, in tal modo, alla promozione dell’autonomia industriale dell’Unione nel settore delle tecnologie della difesa;

b)

contributo all’innovazione e allo sviluppo tecnologico dell’industria della difesa e, in tal modo, alla promozione dell’autonomia industriale dell’Unione nel settore delle tecnologie della difesa;

c)

contributo agli interessi di sicurezza e di difesa dell’Unione grazie al miglioramento delle tecnologie di difesa, che contribuiscono ad attuare le priorità comuni in materia di capacità di difesa concordate dagli Stati membri all’interno dell’Unione;

c)

contributo agli interessi di sicurezza e di difesa dell’Unione grazie al miglioramento delle tecnologie di difesa, che contribuiscono ad attuare le priorità comuni in materia di capacità di difesa concordate dagli Stati membri all’interno dell’Unione;

d)

sostenibilità, in particolare attraverso una dimostrazione da parte dei beneficiari del fatto che i restanti costi dell’azione ammissibile sono coperti da altri strumenti di finanziamento, ad esempio contributi degli Stati membri;

d)

sostenibilità, in particolare attraverso una dimostrazione da parte dei beneficiari del fatto che i restanti costi dell’azione ammissibile sono coperti da altri strumenti di finanziamento, ad esempio contributi degli Stati membri;

e)

per le azioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettere da b) a e), il contributo alla competitività dell’industria europea della difesa attraverso la dimostrazione da parte dei beneficiari del fatto che gli Stati membri si sono impegnati a produrre e acquistare congiuntamente il prodotto o la tecnologia finale in maniera coordinata, anche mediante appalti congiunti, se del caso.

e)

per le azioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettere da b) a e), il contributo alla competitività dell’industria europea della difesa attraverso la dimostrazione da parte dei beneficiari del fatto che gli Stati membri si sono impegnati a produrre e acquistare congiuntamente il prodotto o la tecnologia finale in maniera coordinata, anche mediante appalti congiunti, se del caso.

 

Le misure proposte per il finanziamento nel quadro della parte del programma finalizzata al sostegno delle PMI e al rafforzamento delle capacità delle regioni situate alle frontiere esterne dell’UE nei settori della difesa e della sicurezza sono valutate sulla base dei seguenti criteri:

 

a)

eccellenza;

 

b)

potenziale di creazione di un sistema integrato di imprese nel settore della sicurezza e della difesa;

 

c)

sostenibilità sulla base della prova da parte dei beneficiari del fatto che i costi restanti sono coperti da altri strumenti di finanziamento, ad esempio contributi degli Stati membri.

Motivazione

N.P.

Emendamento 15

Articolo 13, paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Programma di lavoro

Programma di lavoro

Il programma di lavoro garantisce che una parte ragionevole della dotazione complessiva sia destinata ad azioni che permettono la partecipazione transfrontaliera delle PMI.

Il programma di lavoro garantisce che almeno il 20 % della dotazione complessiva sia destinata ad azioni che permettono la partecipazione transfrontaliera delle PMI.

Motivazione

N.P.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Introduzione

1.

rileva che la sicurezza mondiale è messa a rischio da una serie di minacce sempre più ampia (guerre, conflitti armati, terrorismo, immigrazione illegale, corruzione, populismo) e che in ogni Stato membro dell’UE e in ogni regione sono presenti specifici problemi di sicurezza; sostiene il programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa proposto e i suoi obiettivi: rafforzare la competitività e la capacità di innovazione del settore della difesa nell’Unione, compresa la ciberdifesa, favorire un migliore sfruttamento dei risultati della ricerca nel settore della difesa, sostenere la cooperazione tra le imprese nello sviluppo di prodotti e tecnologie per la difesa e ricorrere a progetti di cooperazione a lungo termine tra gli Stati membri; è inoltre favorevole all’iniziativa volta all’istituzione di un Fondo europeo per la difesa, che comprenda sia il programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa che l’azione preparatoria sulla ricerca nel settore della difesa;

2.

osserva che la sicurezza di ogni singolo paese nonché dell’intera Unione europea si basa essenzialmente su due pilastri: il potenziale economico e una società caratterizzata da unità e coesione. La sicurezza di ciascuno Stato membro equivale ormai alla sicurezza dell’intera UE. L’Unione europea deve impegnarsi con maggiore decisione per la propria sicurezza e assumere un ruolo più deciso in quanto attore globale in grado di usare la propria autorevolezza a favore della pace.

Rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità

3.

riconosce l’articolo 173 del TFUE come la base giuridica idonea per il programma dal momento che tale articolo si riferisce alla competitività dell’industria;

4.

sottolinea che l’attuazione del programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa (EDIDP) sarà gestita dall’Agenzia europea per la difesa, la quale è un’agenzia di regolamentazione che risponde del proprio operato unicamente di fronte al Consiglio. Inoltre, nel caso delle agenzie di regolamentazione non è prassi usuale gestire dotazioni di bilancio così elevate. Il CdR invita pertanto la Commissione a garantire la massima trasparenza nella gestione del programma EDIDP, ispirandosi alle modalità di funzionamento delle agenzie esecutive responsabili dinanzi al Parlamento europeo;

5.

invita la Commissione a sfruttare il potenziale di tutti gli Stati membri dell’UE e a non concentrare il sostegno in determinate aree, senza dimenticare che lo sviluppo regionale è importante anche per la sicurezza interna dei singoli Stati membri dell’Unione e rappresenta uno dei loro obiettivi di sviluppo;

6.

chiede di mantenere viva l’attenzione sul rafforzamento delle capacità di sicurezza e difesa delle regioni alle frontiere esterne dell’UE.

Attenzione al valore aggiunto europeo

7.

insiste sul fatto che l’UE può raggiungere la pace, la libertà, l’uguaglianza e la stabilità cooperando strettamente con i governi degli Stati membri, nelle materie in cui la questione del valore aggiunto europeo è all’ordine del giorno. Anche il piano d’azione del Fondo europeo per la difesa deve essere diretto a tale scopo;

8.

sostiene l’iniziativa della Commissione europea di avvalersi di tutte le proprie facoltà per rafforzare le capacità di difesa degli Stati membri dell’UE e promuovere la cooperazione tra gli Stati nell’ottica di garantire un’integrazione più profonda e fornire indicazioni chiare sulla direzione che deve prendere il sostegno alla pianificazione della capacità di difesa nazionale e alla creazione di catene di approvvigionamento competitive e integrate;

9.

richiama l’attenzione sul fatto che la creazione di catene di approvvigionamento competitive e integrate nell’UE dipende dalla volontà politica degli Stati membri di impegnarsi in tal senso; ritiene che il Fondo europeo per la difesa dovrebbe definire e promuovere misure comuni tra gli Stati membri nel settore dei prodotti e delle tecnologie di difesa;

10.

mette in risalto la necessità di lavorare attivamente sull’autonomia strategica dell’UE e di accrescere la sua capacità di difesa; reputa necessario sostenere la competitività dell’industria europea della difesa e verificare molto attentamente se gli aventi diritto provengono realmente dall’UE; ricorda che i contraenti e i subcontraenti principali devono essere stabiliti nell’Unione europea e che le imprese devono essere almeno per metà di proprietà degli Stati membri o di persone fisiche o giuridiche dell’UE e essere effettivamente controllate da capitali europei; sottolinea che la gestione e l’effettivo controllo di tali imprese devono essere localizzabili nell’Unione europea; ricorda inoltre che la Commissione europea deve vigilare affinché nessun paese terzo abbia il controllo effettivo delle organizzazioni appartenenti a un consorzio;

11.

sottolinea che il Fondo europeo per la difesa non sostituisce le misure degli Stati membri, bensì le integra con progetti transfrontalieri che un singolo Stato membro non sarebbe in grado di finanziare da solo. Il Fondo europeo per la difesa costituisce, congiuntamente agli Stati membri, alla NATO e ad altri investitori internazionali, un’integrazione delle misure degli Stati membri e apporta un evidente valore aggiunto europeo alla politica europea in materia di difesa.

Integrazione delle PMI nelle catene di approvvigionamento dell’industria europea della difesa

12.

si compiace che si adotti l’approccio basato sul «ciclo di vita» per il Fondo europeo per la difesa, al fine di sostenere la ricerca e lo sviluppo di prodotti/tecnologie nel settore della difesa, e che a tal fine siano previste due sezioni nell’ambito del Fondo;

13.

si esprime con decisione affinché, in fase di valutazione delle proposte di progetti, siano attribuiti punti supplementari ai consorzi cui partecipa un numero più elevato di PMI;

14.

sottolinea che un importante presupposto per lo sviluppo delle due sezioni del Fondo europeo per la difesa è un efficace meccanismo per la pianificazione delle capacità, con il quale vengano stabilite priorità in termini di ricerca e capacità e venga realizzato un rigoroso coordinamento delle due sezioni;

15.

è del parere che debbano essere impegnate ulteriori risorse finanziarie dell’UE a sostegno dell’industria della difesa sul suo territorio ed è favorevole alla definizione dei beneficiari utilizzata dalla Commissione nella propria comunicazione;

16.

invita gli Stati membri a partecipare attivamente alla gestione delle due sezioni del Fondo e a stabilirne le necessità e le priorità;

17.

si compiace dei piani della Commissione per un impiego efficiente delle applicazioni civili in ambito militare; ritiene che gli investimenti in tali tecnologie costituiscano una straordinaria opportunità per stimolare la crescita economica nell’UE e creare posti di lavoro altamente qualificati, in quanto tale ambito si trova all’intersezione di numerosi settori: elettronica, aviazione, robotica, calcolo ad elevate prestazioni, settore aerospaziale, settore tessile, edilizia, telecomunicazioni, tecnologie di sorveglianza, energia, navigazione ecc.;

18.

sottolinea che le imprese che lavorano con tali tecnologie innovative, in particolare le start-up e le PMI, attraverso un sostegno adeguato potrebbero contribuire considerevolmente al progresso tecnologico nel settore della difesa; giudica importante e positivo che la Commissione abbia deciso che l’UE debba sostenere le PMI in tale settore in modo mirato;

19.

chiede un migliore coordinamento tra gli organismi competenti per informare le parti interessate e promuovere nuovi prodotti e tecnologie a duplice uso. L’UE deve mettere a frutto questo enorme potenziale ai fini della crescita e della competitività;

20.

condivide la posizione della Commissione europea per quanto riguarda l’agevolazione della partecipazione delle PMI ai progetti transfrontalieri, partecipazione che deve essere sostenuta finanziariamente nel quadro del Fondo europeo per la difesa; ritiene indispensabile rendersi conto che il coinvolgimento delle PMI nelle catene di approvvigionamento dell’industria europea della difesa deve servire ad accrescere la sicurezza e la difesa dell’UE, la sua competitività e la sua autonomia strategica. Il Fondo europeo per la difesa dovrebbe fornire incentivi per il conseguimento di tali obiettivi;

21.

è del parere che la Commissione europea debba mobilitare tutti gli strumenti a sua disposizione affinché le PMI in tutta l’UE abbiano pari accesso al Fondo europeo per la difesa. I progressi nell’innovazione non sono misurabili nel breve termine, perché i risultati devono raggiungere prima la maturità di applicazione. L’introduzione di una politica d’innovazione sistematica e coordinata a tutti i livelli stimolerebbe le imprese più innovative a diventare investitori strategici delle PMI;

22.

invita la Commissione a sostenere le seguenti misure volte ad accrescere la partecipazione delle PMI ai progetti di difesa:

tra i criteri di aggiudicazione del finanziamento dei progetti di cooperazione a titolo dell’attuale quadro finanziario pluriennale deve figurare anche il requisito della partecipazione di almeno tre imprese con sede in almeno due Stati membri. È importante che i progetti proposti siano effettivamente transfrontalieri e possano contribuire a ridurre la frammentazione del mercato della difesa nell’UE. Nei criteri di aggiudicazione si dovrebbero prevedere punti supplementari a favore dei consorzi di cui fanno parte diverse imprese e più Stati membri,

dovrebbero essere privilegiati i consorzi cui partecipa un numero più elevato di PMI rispetto a progetti simili che coinvolgono un numero inferiore di PMI,

sollecita che, nei limiti del possibile, almeno un ambito tematico delle attività di ricerca e sviluppo sia rilevante per le PMI, come già previsto nelle gare di appalto pubbliche riguardanti le proposte di ricerca,

chiede la creazione di un sistema di comunicazione stabile per il coordinamento delle misure di informazione comuni adottate dai servizi competenti della Commissione, laddove uno dei principali vantaggi di un simile sistema consiste in uno sportello informativo unico per tutte le opportunità di finanziamento, compresi tutti i pertinenti programmi dell’UE per il settore della difesa e per i prodotti a duplice uso. È importante che attraverso tale sistema di comunicazione siano divulgati esempi di buone pratiche,

accoglie con favore la decisione della Commissione europea di destinare una parte delle risorse del Fondo europeo per la difesa alle PMI, e in particolare a progetti che ne promuovono la partecipazione transfrontaliera; si compiace che il sostegno dell’Unione possa giungere fino al 20 % del totale dei costi ammissibili dell’azione.

Finanziamento

23.

ricorda che il gruppo Banca europea per gli investimenti (gruppo BEI) è un partner importante per gli investimenti nelle tecnologie a duplice uso, un ambito in cui le PMI hanno un ruolo di rilievo nei settori delle attrezzature e tecnologie militari a uso civile, della cibersicurezza, dei vaccini, della difesa dalle minacce biologiche e delle infrastrutture di telecomunicazione e informazione;

24.

sottolinea che, alla luce delle peculiarità del settore della difesa, non tutti i servizi bancari sono idonei al sostegno delle PMI; si compiace dell’approccio proattivo della BEI volto all’impiego di altri strumenti, come ad esempio prestiti, garanzie e finanziamento con fondi propri;

25.

ritiene che l’adozione di un Fondo europeo per la difesa non debba servire da pretesto per influenzare in alcun modo o per ridurre le dotazioni della politica di coesione, che deve rimanere il principale strumento per gli investimenti pubblici dell’Unione europea, con l’obiettivo di migliorare l’integrazione europea attraverso la coesione sociale, economica e territoriale.

Bruxelles, 23 marzo 2018.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(6)  Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1).

(6)  Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1).


III Atti preparatori

COMITATO DELLE REGIONI

128a sessione plenaria del CdR, 22.3.2018-23.3.2018

13.7.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 247/54


Parere del Comitato europeo delle regioni relativo al programma di sostegno alle riforme strutturali modificato e a nuovi strumenti di bilancio per la zona euro

(2018/C 247/09)

Relatrice generale:

Olga ZRIHEN (BE/PSE), membro del Parlamento della Vallonia

Documenti di riferimento:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea, «Nuovi strumenti di bilancio per una zona euro stabile nel quadro dell’Unione»

COM(2017) 822 final

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2017/825 per aumentare la dotazione finanziaria del programma di sostegno alle riforme strutturali e adattarne l’obiettivo generale

COM(2017) 825 final

Per informazione:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea «Ulteriori tappe verso il completamento dell’Unione economica e monetaria dell’Europa: tabella di marcia»

COM(2017) 821 final

I.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2017/825 per aumentare la dotazione finanziaria del programma di sostegno alle riforme strutturali e adattarne l’obiettivo generale, COM(2017) 825 final

Emendamento 1

Considerando 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Il programma di sostegno alle riforme strutturali (nel seguito «il programma») è stato istituito con l’obiettivo di rafforzare la capacità degli Stati membri di preparare e attuare riforme amministrative e strutturali volte a sostenere la crescita, anche attraverso un’assistenza per l’uso efficiente ed efficace dei fondi dell’Unione. Il sostegno a titolo del programma è prestato dalla Commissione, su richiesta di uno Stato membro , e può riguardare una vasta gamma di settori . Lo sviluppo di economie resilienti, fondate su strutture economiche e sociali robuste, che consentano agli Stati membri di assorbire gli shock e riprendersi velocemente, contribuisce alla coesione economica e sociale. L’attuazione di riforme strutturali istituzionali, amministrative e strutturali favorevoli alla crescita è uno strumento adeguato per conseguire tale sviluppo.

Il programma di sostegno alle riforme strutturali (nel seguito «il programma») è stato istituito con l’obiettivo di rafforzare la capacità degli Stati membri di preparare e attuare riforme amministrative e strutturali volte a sostenere la crescita, rilevanti ai fini dell’attuazione degli obiettivi del trattato UE e direttamente connesse alle competenze dell’UE, anche attraverso un’assistenza per l’uso efficiente ed efficace dei fondi dell’Unione. Il sostegno a titolo del programma è prestato dalla Commissione, su richiesta di uno Stato membro. Lo sviluppo di economie resilienti, fondate su strutture economiche e sociali robuste, che consentano agli Stati membri di assorbire gli shock e riprendersi velocemente, dovrebbe contribuire alla coesione economica, sociale e territoriale. La titolarità delle riforme strutturali che hanno rilievo per l’UE, realizzate sul campo, in particolare grazie agli enti locali e regionali e alle parti sociali, è essenziale per la riuscita del programma.

Emendamento 2

Considerando 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Il rafforzamento della coesione economica e sociale con il potenziamento delle riforme strutturali è fondamentale per la partecipazione all’Unione economica e monetaria. Ciò è particolarmente importante per gli Stati membri la cui moneta non è l’euro, ai fini dei preparativi per l’adesione alla zona euro.

Il rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale, attraverso riforme strutturali che hanno rilievo per l’UE è fondamentale per la partecipazione all’Unione economica e monetaria e per una maggiore convergenza al suo interno . Ciò è particolarmente importante per gli Stati membri la cui moneta non è l’euro, ai fini dei preparativi per l’adesione alla zona euro.

Emendamento 3

Considerando 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

È altresì necessario indicare che azioni e attività del programma possono sostenere riforme volte ad aiutare gli Stati membri che desiderano adottare l’euro a prepararsi per l’adesione alla zona euro.

 

Motivazione

Superfluo, in considerazione del considerando 3.

Emendamento 4

Considerando 6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Per far fronte alla domanda crescente di sostegno da parte degli Stati membri e in considerazione della necessità di sostenere l’attuazione delle riforme strutturali negli Stati membri la cui moneta non è l’euro, è opportuno aumentare la dotazione finanziaria del programma e fissarla a un livello sufficiente per permettere all’Unione di fornire un sostegno adeguato alle esigenze degli Stati membri richiedenti.

Per far fronte alla domanda crescente di sostegno da parte degli Stati membri e in considerazione della necessità di sostenere l’attuazione delle riforme strutturali che hanno rilievo per l’UE negli Stati membri la cui moneta non è l’euro, è opportuno aumentare la dotazione finanziaria del programma , ricorrendo allo strumento di flessibilità di cui all’articolo 11 dell’attuale quadro finanziario pluriennale, e fissarla a un livello sufficiente per permettere all’Unione di fornire un sostegno adeguato alle esigenze degli Stati membri richiedenti.

Emendamento 5

Articolo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 4

Articolo 4

Obiettivo generale

Obiettivo generale

L’obiettivo generale del programma è contribuire alle riforme istituzionali, amministrative e strutturali favorevoli alla crescita negli Stati membri fornendo sostegno alle autorità nazionali per l’attuazione di misure volte a riformare e a rafforzare le istituzioni, la governance, l’amministrazione pubblica, e l’economia e i settori sociali in risposta a sfide economiche e sociali, onde promuovere la coesione, la competitività, la produttività, la crescita sostenibile, la creazione di posti di lavoro e gli investimenti, anche in preparazione dell’adesione alla zona euro, in particolare nell’ambito dei processi di governance economica, anche attraverso un’assistenza per l’uso efficiente, efficace e trasparente dei fondi dell’Unione.

L’obiettivo generale del programma è contribuire alle riforme istituzionali, amministrative e strutturali favorevoli alla crescita negli Stati membri , che forniscono un valore aggiunto europeo nei settori di intervento connessi a competenze concorrenti tra l’Unione e gli Stati membri e che non sono già oggetto di un programma di assistenza tecnica, fornendo sostegno alle autorità pubbliche degli Stati membri per l’attuazione di misure volte a riformare e a rafforzare le istituzioni, la governance, l’amministrazione pubblica, e l’economia e i settori sociali in risposta a sfide economiche e sociali, onde promuovere la coesione, la competitività, la produttività, la crescita sostenibile, la creazione di posti di lavoro e gli investimenti, anche in preparazione dell’adesione alla zona euro, in particolare nell’ambito dei processi di governance economica, anche attraverso un’assistenza per l’uso efficiente, efficace e trasparente dei fondi dell’Unione.

Emendamento 6

Nuovo articolo 1, paragrafo 1 bis

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

Articolo 5, paragrafo 2

 

Gli obiettivi specifici di cui al paragrafo 1 riguardano settori connessi alla coesione, alla competitività, alla produttività, all’innovazione, a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, all’occupazione e agli investimenti, tra cui in particolare uno o più dei seguenti:

 

a)

gestione delle finanze e dei beni pubblici, procedura di bilancio, gestione del debito e amministrazione delle entrate;

 

b)

riforma istituzionale e sviluppo di una cultura del servizio presso la funzionamento efficiente della pubblica amministrazione, ove opportuno anche attraverso la semplificazione normativa, presenza effettiva dello Stato di diritto, riforma dei sistemi giudiziari e rafforzamento della lotta contro le frodi, la corruzione e il riciclaggio del denaro;

 

c)

contesto imprenditoriale (incluso per le PMI), reindustrializzazione, sviluppo del settore privato, investimenti, partecipazione pubblica alle imprese, processi di privatizzazione, commercio e investimenti diretti esteri, concorrenza e appalti pubblici, sviluppo settoriale sostenibile e sostegno all’innovazione e alla digitalizzazione;

 

d)

istruzione e formazione; politiche del mercato del lavoro, incluso il dialogo sociale, per la creazione di posti di lavoro; la lotta alla povertà; la promozione dell’inclusione sociale; sistemi di previdenza e assistenza sociale; sanità pubblica e sistemi di assistenza sanitaria; come pure la coesione e le politiche in materia di asilo, migrazione e frontiere;

 

e)

politiche per l’attuazione dell’azione per il clima, la promozione dell’efficienza energetica e il conseguimento della diversificazione energetica, nonché per il settore agricolo, la pesca e lo sviluppo sostenibile delle zone rurali;

 

f)

politiche per il settore finanziario, compresi la promozione dell’alfabetizzazione finanziaria, la stabilità finanziaria, l’accesso ai finanziamenti e i prestiti all’economia reale; produzione, diffusione e attento monitoraggio di dati e statistiche; nonché politiche di contrasto all’evasione fiscale.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

In merito alla modifica del regolamento del programma di sostegno alle riforme strutturali per il periodo 2018-2020

1.

concorda con il principio alla base di tale programma di sostegno, che mira a fornire, a titolo volontario e su richiesta, un’assistenza tecnica per attuare riforme strutturali negli Stati membri. Ritiene tuttavia che l’ambito di tali riforme strutturali ammissibili al sostegno dell’UE dovrebbe essere limitato ai settori che hanno rilievo ai fini dell’attuazione degli obiettivi del trattato UE e sono direttamente legati alle competenze dell’UE. Respinge ogni proposta di finanziare negli Stati membri riforme strutturali non specificate, che non siano state sottoposte a una prima valutazione del valore aggiunto europeo e che non riguardino direttamente competenze dell’UE basate sul trattato. In tale contesto rinvia alla propria risoluzione del 1o febbraio 2018, volta a respingere la proposta di regolamento della Commissione europea che modifica il regolamento (UE) n. 1303/2013 recante disposizioni comuni, del 6 dicembre 2017 (1);

2.

concorda con la Commissione nel ritenere che uno degli obiettivi principali del programma di sostegno dovrebbe essere migliorare la capacità amministrativa e la gestione finanziaria pubblica a livello nazionale, regionale e locale negli Stati membri richiedenti; sottolinea l’importanza di una governance multilivello e di un approccio basato sul territorio nell’individuazione e nell’attuazione delle riforme;

3.

chiede un’unica serie di orientamenti, che contemplino tutti gli strumenti di miglioramento delle strutture amministrative finanziati dall’UE e consentano un coordinamento efficace con i programmi di assistenza tecnica esistenti a livello UE e di Stato membro beneficiario, come richiesto anche dalla Corte dei conti europea (CCE);

4.

si rammarica del fatto che la Commissione non abbia fornito prove quantitative e qualitative del fatto che il programma è all’altezza del compito. Fa osservare che il programma di sostegno alle riforme strutturali, in quanto programma di assistenza tecnica, dovrebbe diventare permanente, dopo il 2020, solo in seguito a una valutazione positiva dei suoi risultati nel periodo 2017-2020;

5.

sottolinea che, in considerazione della ripartizione dei poteri e delle responsabilità in vigore in ciascuno Stato membro, e delle raccomandazioni specifiche per paese, spesso destinate agli enti locali e regionali, il Programma dev’essere accessibile a tali enti;

6.

si compiace del fatto che la Commissione proponga di accrescere la dotazione di bilancio del programma di sostegno alle riforme strutturali modificato, avvalendosi a tal fine dello strumento di flessibilità di cui all’articolo 11 dell’attuale quadro finanziario pluriennale.

In merito alla titolarità e al finanziamento delle riforme strutturali che hanno rilievo per l’UE

7.

sottolinea che sussistono numerosi ostacoli a una corretta pianificazione e attuazione, negli Stati membri, delle riforme strutturali che hanno rilievo per l’UE, compresa la mancanza di titolarità, la complessità politica e istituzionale delle riforme, i possibili impatti negativi sui gruppi sociali e i territori, la mancanza di margine di bilancio per sostenere il costo delle riforme, l’insufficiente capacità amministrativa e istituzionale, e la mancanza di coordinamento tra i diversi livelli di governo. In generale, la titolarità a livello nazionale nei confronti dell’attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese è ancora ritenuta insufficiente, anche per l’assenza di un pieno coinvolgimento in questo processo, in qualità di partner, degli enti locali e regionali;

8.

sottolinea che i centri di conoscenza, che offrono gratuitamente assistenza tecnica agli enti locali e regionali ai fini dell’interpretazione delle norme dell’UE e dell’uso dei fondi dell’UE, rappresentano uno strumento importante per assicurare un’efficace attuazione delle norme e l’assorbimento dei fondi. Invita gli Stati membri che non dispongono di tali centri di conoscenza a considerarne la creazione, in modo da facilitare un uso efficace del nuovo strumento di bilancio;

9.

evidenzia che, mentre alcune raccomandazioni specifiche per paese hanno una base giuridica grazie alle pertinenti procedure del patto di stabilità e crescita e a quelle per lo squilibrio macroeconomico, altre raccomandazioni hanno rilevanza politica piuttosto che essere giuridicamente vincolanti; osserva che né la minaccia di sanzioni a norma del patto di stabilità e crescita e della procedura per lo squilibrio macroeconomico, né l’esposizione politica hanno garantito un’attuazione soddisfacente delle raccomandazioni specifiche per paese e una maggiore titolarità delle riforme. Chiede un approccio maggiormente orientato dal basso verso l’alto, attraverso la partecipazione degli enti locali e regionali, per contribuire a creare una maggiore titolarità;

10.

constata che, se da un lato l’importanza del coordinamento delle politiche economiche nell’UE è innegabile, dall’altro resta da verificare se gli incentivi finanziari e gli impegni concepiti per determinate riforme negli Stati membri dispongano effettivamente di una base giuridica corrispondente nel trattato sul funzionamento dell’Unione europea; esprime inoltre perplessità per il piano inteso a vincolare e a impegnare risorse finanziarie ingenti per uno strumento destinato a fornire assistenza su base puramente volontaria e che si basa su un sistema opaco di selezione e di convalida delle domande, che porrebbe problemi in termini sia di prioritarizzazione tematica che di pianificazione di bilancio e di equilibrio territoriale;

11.

ribadisce che, alla luce dell’attuale ripartizione dei poteri, numerose riforme strutturali di rilievo per l’UE riguardano settori di competenza concorrente tra i livelli di governo nazionale e subnazionale. Pertanto, per evitare violazioni dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, i livelli regionali e locali devono essere coinvolti dai rispettivi Stati membri come partner permanenti nella concezione e nell’attuazione delle riforme strutturali;

12.

deplora, pertanto, la proposta della Commissione secondo cui l’impegno di riforma e gli incentivi finanziari devono essere concordati bilateralmente tra la Commissione e i governi nazionali e attuati nell’ambito del semestre europeo, senza prevedere una partecipazione formale del livello regionale o locale, in funzione della ripartizione interna delle competenze nello Stato membro. Esiste infatti il rischio concreto che l’approccio proposto possa portare a rimettere in discussione questa ripartizione delle competenze e ad una violazione dei principi di sussidiarietà o di autonomia locale o regionale, come definiti nelle rispettive carte del Consiglio d’Europa. A titolo di esempio, il documento di riflessione sull’approfondimento dell’UEM, presentato dalla Commissione nel maggio 2017, menziona, tra l’altro, le proposte volte a concordare norme vincolanti per misurare la qualità della spesa pubblica. La sorveglianza su tali norme attraverso i quadri di valutazione esistenti verrebbe incorporata nel semestre europeo. Vincolare l’accesso ai fondi UE a un certo livello di conformità a tali norme equivarrebbe all’imposizione, da parte dell’UE, del proprio approccio e dei propri orientamenti strategici in ambiti di intervento in cui essa condivide le competenze con i livelli inferiori di governo, e costituirebbe quindi una violazione del principio di sussidiarietà;

13.

si rammarica inoltre del fatto che i criteri per valutare l’attuazione degli impegni di riforma e il versamento di rate dei pagamenti sono definiti e amministrati dalla sola Commissione, senza le autorità degli Stati membri; constata che la proposta manca di trasparenza riguardo i criteri di valutazione e che tali criteri non possono essere dedotti dalle raccomandazioni specifiche per paese, le quali sono in genere definite senza obiettivi, tappe intermedie e disposizioni in materia di monitoraggio sistematico; ritiene infine che gli incentivi finanziari dell’UE non dovrebbero essere percepiti come un tentativo di aggirare i processi democratici a livello europeo o nazionale o di ricatto finanziario;

14.

si rammarica del fatto che la Commissione non fornisca alcuna base o indicazione sul modo in cui gli incentivi finanziari proposti dovrebbero essere quantificati, pur riconoscendo che la quantificazione dei costi a breve termine delle riforme è soggetta a variare notevolmente in funzione del fatto che vi siano inclusi solo i costi amministrativi (progettazione, attuazione e potenziamento delle capacità) o anche i costi sociali;

15.

sottolinea che gli impegni di riforma dovrebbe basarsi su una valutazione realistica dei problemi di capacità istituzionale e amministrativa degli enti pubblici interessati, e dovrebbero comprendere adeguate strategie di miglioramento delle strutture amministrative. Occorre tenere conto delle disparità tra Stati membri e regioni in termini di strutture amministrative, evidenziate anche dall’analisi del CdR sulle raccomandazioni specifiche per paese in prospettiva territoriale;

16.

rileva che altre politiche dell’UE contribuiscono a promuovere le riforme strutturali, ad esempio i fondi SIE, grazie alle condizionalità ex ante, nella misura in cui queste riguardano l’applicazione del diritto dell’UE, il miglioramento delle strutture amministrative e, attraverso la concentrazione tematica, l’attuazione delle riforme che rientrano tra i compiti della strategia Europa 2020; sottolinea pertanto che è indispensabile fornire un quadro strategico che faccia seguito alla strategia Europa 2020, in modo da consentire la prosecuzione della concentrazione tematica nel prossimo periodo di programmazione; sottolinea che il nuovo quadro deve basarsi su una nuova visione territoriale, che aggiorni la Prospettiva di sviluppo spaziale europeo del 1999 (2);

17.

ribadisce inoltre che ogni ulteriore collegamento tra, da un lato, le riforme strutturali che hanno rilievo per l’UE e, dall’altro, la politica di coesione, rende ancor più importante che il semestre europeo sia reso democratico a livello europeo e integrato da un codice di condotta che stabilisce le norme per il coinvolgimento degli enti locali e regionali al fine di accrescere l’efficienza e la titolarità del processo (3); sottolinea che i principi di sussidiarietà, proporzionalità, partenariato e governance multilivello dovrebbero costituire il fondamento comune della politica di coesione e di altre politiche dell’UE che sostengono le riforme strutturali;

18.

ribadisce la richiesta che i nuovi strumenti di bilancio dell’UEM siano finanziati senza spiazzare gli investimenti privati e altri regimi pubblici di finanziamento, quali il finanziamento della politica di coesione dell’UE;

19.

ritiene che la proposta di incentivi finanziari per le riforme strutturali, come presentata nella comunicazione, costituisca una base insufficiente per sviluppare le proposte legislative necessarie; si rammarica del fatto che la Commissione non abbia avviato alcuna valutazione d’impatto o consultazione delle parti interessate prima di presentarla;

20.

si rammarica del fatto che la proposta di una fase pilota nel biennio 2018-2020 per lo strumento di attuazione della riforma, e le relative modifiche al regolamento sul programma di sostegno alle riforme strutturali e al regolamento sulle disposizioni comuni, non siano coerenti con l’annunciata pubblicazione della nuova proposta di quadro finanziario pluriennale nel maggio 2018;

21.

suggerisce pertanto di tenere in considerazione i seguenti principi al momento di elaborare uno strumento di sostegno finanziario per sostenere le riforme strutturali:

il sostegno di bilancio per le riforme strutturali volte a promuovere la coesione economica, sociale e territoriale, e che rientrano nell’ambito di competenza della politica di coesione dovrebbe essere alimentato attraverso i futuri programmi dei fondi SIE, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, di partenariato e di governance multilivello, anziché istituire un programma di finanziamento a parte;

la quota della politica di coesione nel prossimo quadro finanziario pluriennale deve rimanere al livello attuale, onde garantire l’efficacia di tale politica, e occorre evitare una decurtazione delle risorse dei fondi SIE per finanziare le riforme strutturali;

i finanziamenti dell’UE per le riforme strutturali che non rientrano nell’ambito della politica di coesione dovrebbero essere sostenuti mediante la concessione di prestiti anziché di sovvenzioni;

le modalità di definizione delle riforme strutturali e di decisione in materia devono essere rivedute, coinvolgendo gli enti e locali e regionali nel semestre europeo. Ciò permetterebbe di aggiungere una «dimensione territoriale» al semestre europeo e di prendere più facilmente in considerazione la diversità territoriale in Europa, garantendo inoltre la piena partecipazione degli enti locali e regionali ai programmi nazionali di riforma e rispettando la ripartizione dei poteri nell’UE;

ogni proposta di finanziamento dell’UE per le riforme strutturali deve comprendere una valutazione ex ante e una consultazione delle parti interessate, e dovrebbe includere disposizioni per una valutazione intermedia.

Strumenti di bilancio per gli Stati membri che intendono aderire all’euro e per l’Unione bancaria

22.

osserva che strutture economiche resilienti e un elevato livello di convergenza sostenibile sono condizioni preliminari per l’adozione dell’euro da parte degli Stati membri; accoglie con favore la proposta di creare uno strumento di convergenza per sostenere gli Stati membri impegnati in questo sforzo; invita la Commissione a chiarire i ruoli rispettivi dello strumento di convergenza, del programma di sostegno alle riforme strutturali, dei fondi SIE e del Fondo di coesione;

23.

ribadisce il proprio sostegno per il completamento dell’Unione bancaria; osserva che gli Stati membri non hanno ancora concordato un sostegno comune di bilancio per il caso in cui il Fondo di risoluzione unico dovesse risultare insufficiente; accoglie con favore la proposta della Commissione di istituire una linea di credito o garanzie nell’ambito del futuro Fondo monetario europeo.

Funzione di stabilizzazione per proteggere gli investimenti da grandi shock asimmetrici

24.

ribadisce che le differenze, derivanti da fattori strutturali, che intercorrono tra i cicli economici degli Stati membri della zona euro, potrebbero essere attenuate creando uno strumento dell’UE per affrontare gli shock asimmetrici; condivide il giudizio della Commissione in merito ai criteri ai quali deve rispondere la funzione di stabilizzazione;

25.

ribadisce che, per essere efficace, qualsiasi potenziale sostegno non dovrebbe sovrapporsi agli strumenti esistenti, quali i fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE) e il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), bensì piuttosto integrarli;

26.

condivide il giudizio della Commissione, secondo cui la capacità di bilancio dovrebbe essere abbastanza ampia da risultare efficace; ribadisce tuttavia la propria opposizione a fare della capacità di bilancio della zona euro una voce del bilancio dell’UE relativa alla zona euro mentre il massimale delle risorse proprie rimanga fissato all’attuale livello dell’1,23 % del reddito nazionale lordo dell’UE, e ciò per evitare un effetto di spiazzamento rispetto al finanziamento dei fondi SIE e ad altre politiche dell’UE;

27.

sottolinea che una funzione di stabilizzazione che preservi da shock asimmetrici i livelli di investimenti pubblici in periodi difficili riveste la massima importanza per gli enti locali e regionali; ritiene che il proposto sistema europeo di protezione degli investimenti potrebbe costituire un primo passo in direzione di tale funzione di stabilizzazione;

28.

ribadisce l’importanza della «funzione stabilizzatrice» della politica di coesione, la quale, in combinazione con elementi di flessibilizzazione, quali l’aumento dei tassi di cofinanziamento UE e la modulazione del prefinanziamento, ha svolto, durante la crisi finanziaria, un ruolo importante, tutelando gli investimenti pubblici nelle regioni colpite da shock economici asimmetrici;

29.

osserva che il proposto sistema europeo di protezione degli investimenti consisterebbe inizialmente di prestiti, una componente relativamente piccola di sovvenzioni e un meccanismo di assicurazione basato su contributi volontari degli Stati membri; sottolinea che tale sistema potrebbe avere poca utilità per gli Stati membri che dispongono di un margine di manovra di bilancio ristretto, i quali potrebbero avere difficoltà a contrarre prestiti in periodi di crisi;

30.

invita la Commissione ad esaminare piani di stabilizzazione basati sulle sovvenzioni o sull’assicurazione, come ad esempio un fondo di accantonamenti precauzionali;

31.

attende con impazienza le annunciate piattaforme d’investimento nazionali, in cui gli enti locali e regionali svolgeranno un ruolo, basandosi sulle esperienze acquisite con i fondi SIE e il FEIS.

Bruxelles, 22 marzo 2018.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  COM(2017) 826 final.

(2)  CdR 4285/2015.

(3)  CdR 5386/2016.


13.7.2018   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 247/62


Parere del Comitato europeo delle regioni sull’iniziativa dei cittadini europei

(2018/C 247/10)

Relatore:

Luc Van den Brande (BE/PPE), membro dell’Ufficio di collegamento Fiandre-Europa

Testi di riferimento:

COM(2017) 482 final

SWD(2017) 294 final

I.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Articolo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Oggetto

Oggetto

Il presente regolamento stabilisce le procedure e le condizioni necessarie per l’iniziativa di invitare la Commissione europea a presentare, nell’ambito delle sue attribuzioni, una proposta appropriata su materie in merito alle quali i cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei trattati (di seguito: «iniziativa dei cittadini europei» o «iniziativa»).

Il presente regolamento stabilisce le procedure e le condizioni necessarie per l’iniziativa di invitare la Commissione europea a presentare, nell’ambito delle sue attribuzioni, una proposta appropriata su materie in merito alle quali i cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione , conformemente all’articolo 288 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), ai fini dell’attuazione dei trattati (di seguito: «iniziativa dei cittadini europei» o «iniziativa»).

Motivazione

Riferimento all’articolo 288 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, volto a precisare che un atto giuridico può essere costituito non soltanto da regolamenti, direttive o decisioni vincolanti, ma anche da raccomandazioni o pareri non vincolanti.

Emendamento 2

Articolo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Oggetto

Oggetto

Il presente regolamento stabilisce le procedure e le condizioni necessarie per l’iniziativa di invitare la Commissione europea a presentare, nell’ambito delle sue attribuzioni, una proposta appropriata su materie in merito alle quali i cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei trattati (di seguito: «iniziativa dei cittadini europei» o «iniziativa»).

Il presente regolamento stabilisce le procedure e le condizioni necessarie per l’iniziativa di invitare la Commissione europea a presentare, nell’ambito delle sue attribuzioni, una proposta appropriata su materie in merito alle quali i cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei trattati (di seguito: «iniziativa dei cittadini europei» o «iniziativa»).

 

Il concetto dell’«attuazione dei trattati» implica anche che la Commissione, ai sensi dell’articolo 48 del TUE, può presentare progetti intesi a modificare i trattati.

Motivazione

L’articolo 48 del trattato sull’Unione europea stabilisce che la Commissione può sottoporre al Consiglio progetti intesi a modificare i trattati. Poiché la Commissione ha tale facoltà, anche le iniziative dei cittadini intese a modificare i trattati devono essere considerate ricevibili.

Emendamento 3

Articolo 4, paragrafo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Informazione e assistenza da parte della Commissione e degli Stati membri

Informazione e assistenza da parte della Commissione e degli Stati membri

Dopo aver registrato un’iniziativa conformemente all’articolo 6, la Commissione assicura la traduzione del contenuto di tale iniziativa in tutte le lingue ufficiali dell’Unione affinché sia pubblicata nel registro e sia utilizzata ai fini della raccolta delle dichiarazioni di sostegno in conformità del presente regolamento . Un gruppo di organizzatori può, inoltre , fornire la traduzione , in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, dell’allegato ai fini di una sua pubblicazione nel registro e, se del caso, della bozza di atto giuridico di cui all’allegato II e presentato conformemente all’articolo 6, paragrafo 2.

Dopo aver registrato un’iniziativa conformemente all’articolo 6, la Commissione assicura la traduzione del contenuto di tale iniziativa in tutte le lingue ufficiali dell’Unione affinché sia pubblicata nel registro e sia utilizzata ai fini della raccolta delle dichiarazioni di sostegno in conformità del presente regolamento, compresa la traduzione dell’allegato ai fini di una sua pubblicazione nel registro e, se del caso, della bozza di atto giuridico di cui all’allegato II e presentato conformemente all’articolo 6, paragrafo 2.

Motivazione

Sembra ragionevole che la Commissione europea, una volta registrata l’iniziativa, fornisca anche la traduzione dei documenti allegati, e in particolare anche della bozza di atto giuridico, nel caso in cui questo faccia parte dell’iniziativa.

Emendamento 4

Articolo 6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Registrazione

Registrazione

1.   Le dichiarazioni di sostegno per un’iniziativa possono essere raccolte solo dopo che l’iniziativa è stata registrata dalla Commissione.

1.   Le dichiarazioni di sostegno per un’iniziativa possono essere raccolte solo dopo che l’iniziativa è stata registrata dalla Commissione.

2.   Il gruppo di organizzatori presenta la richiesta di registrazione alla Commissione tramite il registro.

2.   Il gruppo di organizzatori presenta la richiesta di registrazione alla Commissione tramite il registro.

Nel presentare la richiesta il gruppo di organizzatori provvede inoltre a:

Nel presentare la richiesta il gruppo di organizzatori provvede inoltre a:

a)

trasmettere le informazioni di cui all’allegato II in una delle lingue ufficiali dell’Unione;

a)

trasmettere le informazioni di cui all’allegato II in una delle lingue ufficiali dell’Unione;

b)

qualora sia composto da più di 7 membri, indicare i sette membri da prendere in considerazione ai fini dell’articolo 5, paragrafi 1 e 2;

b)

qualora sia composto da più di 7 membri, indicare i sette membri da prendere in considerazione ai fini dell’articolo 5, paragrafi 1 e 2;

c)

se del caso, indicare che è stata costituita un’entità giuridica ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7.

c)

se del caso, indicare che è stata costituita un’entità giuridica ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7.

Fatti salvi i paragrafi 5 e 6, la Commissione decide in merito alla richiesta entro due mesi dalla sua presentazione.

Fatti salvi i paragrafi 5 e 6, la Commissione decide in merito alla richiesta entro due mesi dalla sua presentazione.

 

La Commissione trasmette la richiesta di registrazione a un comitato indipendente di 7 membri, composto di giuristi, esponenti del mondo accademico e rappresentanti della società civile europea. Essi hanno il compito di esaminare la ricevibilità della richiesta di registrazione e possono ascoltare il gruppo di organizzatori. Tale comitato invia una decisione motivata alla Commissione, la quale adotta così tale decisione.

3.   La Commissione registra l’iniziativa se:

[…]

3.   La Commissione registra l’iniziativa se:

[…]

Motivazione

Uno dei principali punti critici del nuovo regolamento rimane quello del conflitto di interessi e del monopolio della Commissione in tutte le fasi della procedura. Si propone pertanto, in linea con il parere adottato dal CdR nel 2015, di affidare la decisione in merito alla registrazione a un comitato indipendente composto di giuristi, esponenti del mondo accademico e rappresentanti della società civile europea.

Emendamento 5

Articolo 8

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Periodo di raccolta

Periodo di raccolta

1.   Tutte le dichiarazioni di sostegno sono raccolte entro un periodo non superiore a 12 mesi a decorrere da una data scelta dal gruppo di organizzatori (di seguito: «periodo di raccolta»), fatto salvo l’articolo 11, paragrafo 6. Tale data non può superare i tre mesi dalla registrazione dell’iniziativa ai sensi dell’articolo 6.

1.   Tutte le dichiarazioni di sostegno sono raccolte entro un periodo non superiore a 18 mesi a decorrere da una data scelta dal gruppo di organizzatori (di seguito: «periodo di raccolta»), fatto salvo l’articolo 11, paragrafo 6. Tale data non può superare i tre mesi dalla registrazione dell’iniziativa ai sensi dell’articolo 6.

Il gruppo di organizzatori informa la Commissione della data scelta entro 10 giorni lavorativi prima di tale data.

Il gruppo di organizzatori informa la Commissione della data scelta entro 10 giorni lavorativi prima di tale data.

Se desidera porre fine alla raccolta di dichiarazioni di sostegno prima del termine di 12 mesi dall’inizio del periodo di raccolta, il gruppo di organizzatori comunica alla Commissione la data in cui il periodo di raccolta si conclude.

Se desidera porre fine alla raccolta di dichiarazioni di sostegno prima del termine di 18 mesi dall’inizio del periodo di raccolta, il gruppo di organizzatori comunica alla Commissione la data in cui il periodo di raccolta si conclude.

Motivazione

La raccolta di un milione di firme è un’impresa impegnativa e richiede un’intensa attività di informazione e sensibilizzazione dei cittadini. Per poter raggiungere l’obiettivo perseguito entro un anno, il gruppo dei promotori deve essere molto ben organizzato. Occorre evitare che siano soltanto le grandi ONG con un’organizzazione transnazionale a essere in grado di avviare un’iniziativa dei cittadini europei. Si propone pertanto di estendere la durata del periodo di raccolta delle firme a 18 mesi. Questa durata risulterà meno scoraggiante per i potenziali promotori di iniziative.

Emendamento 6

Articolo 14

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Pubblicazione e audizione pubblica

Pubblicazione e audizione pubblica

1.   […]

1.   […]

2.   Entro tre mesi dalla presentazione dell’iniziativa, il gruppo di organizzatori ha l’opportunità di presentare l’iniziativa in un’audizione pubblica.

2.   Entro tre mesi dalla presentazione dell’iniziativa, il gruppo di organizzatori ha l’opportunità di presentare l’iniziativa in un’audizione pubblica.

La Commissione e il Parlamento europeo organizzano congiuntamente l’audizione pubblica presso il Parlamento europeo. I rappresentanti delle altre istituzioni e organi consultivi dell’Unione e i portatori di interesse hanno la possibilità di partecipare all’audizione.

Il Parlamento europeo organizza l’audizione pubblica presso il Parlamento europeo. I rappresentanti delle altre istituzioni e organi consultivi dell’Unione , i parlamenti nazionali e i portatori di interesse hanno la possibilità di partecipare all’audizione.

La Commissione e il Parlamento europeo garantiscono una rappresentanza equilibrata dei pertinenti interessi pubblici e privati .

Il Parlamento europeo garantisce una rappresentanza equilibrata dei pertinenti interessi all’audizione .

3.   La Commissione è rappresentata all’audizione a un livello appropriato.

3.   La Commissione è rappresentata all’audizione a un livello appropriato.

 

4 .    Dopo l’audizione, il Parlamento europeo adotta una raccomandazione rivolta alla Commissione europea su come rispondere all’iniziativa in questione.

Motivazione

La sede migliore in cui il gruppo di organizzatori può presentare la sua iniziativa è il Parlamento europeo. È quindi logico che sia il Parlamento europeo a occuparsi da solo di tutta l’organizzazione dell’audizione. Non vi è alcun motivo istituzionale per cui la Commissione debba essere coinvolta in tale organizzazione. Ciò dovrebbe anche rafforzare la fiducia degli organizzatori nella trasparenza e imparzialità del trattamento dell’iniziativa proposta. Il coinvolgimento dei parlamenti nazionali in tale processo dovrebbe aumentare le possibilità di dar vita a un dibattito europeo.

Inoltre, è importante che dopo l’audizione il Parlamento europeo adotti una sua posizione sull’iniziativa.

Emendamento 7

Inserire un nuovo articolo dopo l’articolo 15

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

La Commissione trasmette al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato europeo delle regioni, per informazione, le iniziative che non hanno ottenuto il certificato di cui all’articolo 12, paragrafo 5, ma che hanno comunque raccolto il 75 % delle firme entro il termine del periodo di raccolta.

Motivazione

In passato si è verificato che talune iniziative, pur non avendo potuto raggiungere il numero richiesto di dichiarazioni di sostegno, si siano rivelate innovative per le politiche europee. Sarebbe quindi un peccato se il messaggio politico di tali iniziative andasse perduto. In considerazione della pertinenza sociale e politica di queste iniziative, il Parlamento europeo può decidere di elaborare iniziative proprie.

Emendamento 8

Articolo 24

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Riesame

Riesame

La Commissione riesamina periodicamente il funzionamento dell’iniziativa dei cittadini europei e presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del presente regolamento entro cinque anni dalla data alla quale diviene applicabile e successivamente ogni cinque anni. Le relazioni sono pubblicate.

La Commissione riesamina periodicamente il funzionamento dell’iniziativa dei cittadini europei e presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del presente regolamento entro tre anni dalla data alla quale diviene applicabile e successivamente ogni tre anni. Le relazioni sono pubblicate.

Motivazione

È importante verificare, a intervalli regolari, il buon funzionamento dell’iniziativa dei cittadini europei, non soltanto sotto il profilo delle procedure, ma anche sul piano del suo impatto politico e dell’effettivo coinvolgimento dei cittadini nelle politiche. Per rendere possibile l’adozione di misure correttive, la revisione deve essere effettuata in maniera tempestiva. Sarebbe quindi più appropriato optare per una revisione a cadenza triennale. Se questo nuovo regolamento non funziona, dovremo dire addio all’iniziativa dei cittadini europei.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

Il 13 ottobre 2015 il CdR ha adottato un parere sull’iniziativa dei cittadini europei (ICE) (1), elaborato a seguito della presentazione della relazione della Commissione europea sull’applicazione del regolamento (UE) n. 211/2011. A causa del numero significativo, ma anche della natura, delle osservazioni ricevute in merito alla procedura vigente, il CdR aveva chiesto una revisione del suddetto regolamento.

2.

I cittadini sono al centro del progetto europeo. La democrazia partecipativa europea deve essere considerata come un incoraggiamento rivolto ai cittadini europei a partecipare alla politica europea e alla definizione del futuro dell’Europa. In virtù del trattato (articolo 10, paragrafo 3), ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell’Unione.

3.

L’ICE è un diritto dei cittadini europei e può contribuire a rispondere al deficit democratico percepito dell’Unione europea e a colmare il divario che separa i cittadini dell’UE dalle istituzioni europee e dai responsabili politici. In questa situazione di crisi prolungata sia in termini economici che di fiducia nell’UE, è essenziale offrire opportunità per un dialogo aperto tra i cittadini dell’UE al fine di evitare che la loro disillusione nei confronti dell’integrazione europea diventi ancora più profonda. Ciò è particolarmente importante per creare o ripristinare la fiducia di quei giovani europei che potrebbero non credere più nel processo di integrazione europea. Offrendo ai cittadini il diritto di iniziativa legislativa, l’ICE, in quanto strumento transnazionale, offre l’opportunità di impegnarsi in relazione all’agenda politica dell’UE ed è intesa a stimolare un dibattito su scala europea in merito alle questioni che interessano i cittadini europei.

4.

Conformemente all’articolo 11 del trattato sull’Unione europea, è compito delle istituzioni dell’Unione informare i cittadini e le organizzazioni rappresentative e dare loro la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell’Unione. Lo stesso articolo contiene un mandato specifico per la Commissione europea di procedere a consultazioni delle parti interessate al fine di assicurare la coerenza e la trasparenza delle azioni dell’Unione. La Commissione dovrebbe considerare seriamente il requisito fondamentale della «rendicontabilità» come un presupposto per la democrazia e la buona governance, conformemente allo spirito dei trattati.

5.

Al fine di garantire che l’ICE possa diventare una componente di successo del tessuto democratico dell’UE, è di fondamentale importanza che le ICE andate a buon fine sfocino in dibattiti politici reali e ricevano un più sostanziale seguito politico da parte delle istituzioni dell’UE.

6.

L’ICE non è uno strumento che sostituisce il diritto di iniziativa della Commissione europea, che ha favorito lo sviluppo del processo di approfondimento dell’Unione e che deve rimanere intatto. L’ICE rappresenta un canale supplementare per la reciproca comprensione tra i cittadini e conferisce una dimensione transnazionale ai dibattiti dell’UE, il che è positivo per il sistema istituzionale dell’Unione nel suo complesso, e in particolare della Commissione stessa. L’ICE ha pertanto il potenziale per essere un ottimo esempio di «democrazia in azione».

7.

L’ICE offre l’opportunità ai cittadini europei di partecipare al processo decisionale europeo e di influenzare l’agenda politica europea. Ma la Commissione dovrebbe sviluppare ulteriori iniziative per rafforzare il dialogo civile e avvicinare i cittadini alle politiche europee. L’ICE dovrebbe essere considerata come uno degli strumenti per realizzare gli obiettivi della democrazia partecipativa, ma non ci si dovrebbe attendere il coinvolgimento automatico dei cittadini nel processo decisionale europeo per opera dell’iniziativa.

8.

Occorre prestare attenzione alle possibilità previste dal trattato per quanto riguarda la democrazia partecipativa e, in particolare, il dialogo civile verticale (2). Per mantenere «un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile» (articolo 11, paragrafo 2, del TUE), la Commissione europea dovrebbe avviare un «regime di dialogo» nell’ambito del quale le istituzioni europee possano concentrarsi più sulla sostanza che sulle procedure. L’ICE non deve essere intesa come uno strumento operativo di codecisione bensì come un pilastro fondamentale della democrazia partecipativa, destinato alla deliberazione, alla collaborazione, alla cooperazione e alla coprogettazione, nonché come un’opportunità per richiamare l’attenzione della Commissione europea sulle questioni che suscitano gravi preoccupazioni, allo scopo di creare consapevolezza e comprensione reciproca.

9.

L’ICE è l’espressione della democrazia partecipativa che integra la nozione di democrazia rappresentativa. Essa potenzia il ventaglio di diritti connessi alla cittadinanza dell’Unione e il dibattito pubblico sulla politica europea e dovrebbe rafforzare nei cittadini il sentimento di appartenenza all’Unione e di identificazione con quest’ultima.

10.

Gli strumenti partecipativi giuridici e politici andrebbero rafforzati per giungere a una rinnovata architettura di governance sulla base del principio della governance multilivello, la quale è essenzialmente multi-canale e consente quindi una cittadinanza europea più «attiva». La sfida consiste nel prevedere un sistema innovativo di rappresentanza di interessi, in cui i cittadini si sentano rappresentati su una base di parità nelle loro diverse identità.

11.

Uno spazio pubblico europeo di dibattito tra i cittadini e con i responsabili decisionali è importante per la legittimità e la rendicontabilità dell’UE. Il deficit di democrazia può essere eliminato soltanto se viene posta in essere una sfera pubblica europea nella quale sia integrato il processo democratico.

12.

Le raccomandazioni politiche sulla democrazia partecipativa a livello europeo, formulate nel parere del Comitato delle regioni del 13 ottobre 2015, restano pienamente valide.

Il nuovo regolamento riguardante l’iniziativa dei cittadini europei

13.

Secondo il parere adottato dal CdR nel 2015, l’ICE nella sua forma attuale non è in grado di promuovere la democrazia partecipativa, in quanto la procedura e le varie norme comportano un numero eccessivo di vincoli, ostacoli e barriere, a livello amministrativo e tecnico, che non incoraggiano i cittadini a partecipare al processo democratico europeo. Inoltre, l’ICE, nella sua forma attuale, non ha consentito ai cittadini di influenzare né l’agenda politica europea né il processo decisionale politico in Europa.

14.

In linea con le opinioni già espresse dal Parlamento europeo, dal Comitato economico e sociale europeo e dal Mediatore europeo, il CdR ritiene che il nuovo regolamento rappresenti un passo importante nella giusta direzione per migliorare le procedure dell’ICE.

Miglioramenti procedurali e amministrativi nel nuovo regolamento

15.

Il CdR accoglie con favore i seguenti miglioramenti amministrativi e procedurali introdotti dal nuovo regolamento proposto dalla Commissione:

i cittadini che promuovono un’iniziativa sono persone fisiche (organizzatori), ma d’ora in poi possono creare un soggetto dotato di personalità giuridica, in modo da limitare la responsabilità penale degli organizzatori per dolo o colpa grave;

il termine per la raccolta delle firme è ancora pari a 12 mesi, ma gli organizzatori dell’iniziativa dispongono ora di altri tre mesi dopo la registrazione, per decidere la data d’inizio del periodo di raccolta;

per firmare una dichiarazione di sostegno basterà aver compiuto 16 anni;

i dati personali che devono essere presentati da chi firma una dichiarazione di sostegno sono stati semplificati. Tutti i cittadini dell’UE potranno dare il loro sostegno in base alla nazionalità, a prescindere dal luogo di residenza. La Commissione propone di scegliere tra due modelli di dichiarazione di sostegno (gli Stati membri utilizzano attualmente 13 moduli diversi);

miglioramenti nella procedura di registrazione, compresa la possibilità di registrare parzialmente le iniziative, invece di rifiutare l’intera iniziativa sulla base della ricevibilità, che consente alla Commissione di registrare soltanto la parte ammissibile di un’ICE;

verrà creata una piattaforma collaborativa online per l’ICE, che offrirà uno spazio di discussione, di consulenza e sostegno agli organizzatori;

la Commissione metterà a punto e gestirà un sistema centrale per la raccolta elettronica delle dichiarazioni di sostegno, allo scopo di semplificarne la raccolta e la catalogazione nonché la verifica da parte delle autorità nazionali. La Commissione svilupperà tale sistema e lo ospiterà in modo permanente sui propri server, mettendolo a disposizione a titolo gratuito;

al momento della registrazione di un’ICE, la Commissione fornirà la traduzione in tutte le lingue dell’UE e informerà tutte le altre istituzioni e gli altri organi dell’UE in merito a una nuova iniziativa dei cittadini europei;

la Commissione fornisce sostegno per i (potenziali) organizzatori di un’ICE (gli Stati membri sono invitati a creare uno o più punti di contatto ICE);

la Commissione realizzerà attività di comunicazione e sensibilizzazione sull’ICE.

Manca ancora un approccio politico

16.

Nonostante le suddette proposte e misure, inserite nel nuovo regolamento al fine di migliorare la procedura dell’ICE ed eliminare molti degli ostacoli, la posizione della Commissione appare ancora eccessivamente cauta e non sufficientemente aperta. Ciò è particolarmente evidente negli aspetti più politici dell’ICE, descritti in appresso.

La democrazia partecipativa è particolarmente importante per ripristinare o migliorare la fiducia nel progetto europeo. L’ICE deve essere pertanto considerata come uno strumento transfrontaliero che consente ai cittadini di partecipare al processo democratico europeo e di far sentire la loro voce in sede di elaborazione delle politiche dell’UE: uno spazio pubblico europeo di dibattito tra i cittadini e i responsabili politici. Il nuovo regolamento non contiene tuttavia sufficienti incentivi per procedere in tale direzione.

L’attuale conflitto di interesse della Commissione sta gravemente nuocendo all’efficacia dell’ICE nel promuovere la partecipazione e la fiducia dei cittadini: la Commissione, infatti, deve essere allo stesso tempo un organo chiave per la messa a disposizione di informazioni e una struttura di sostegno per le ICE, è il principale interlocutore per la presentazione delle iniziative e decide in merito alla loro registrazione e ammissibilità.

Il nuovo regolamento non consente in alcun modo di risolvere il conflitto di interesse della Commissione, che deve essere allo stesso tempo: 1) l’organo centrale per la messa a disposizione di informazioni, 2) la struttura di sostegno per le ICE, 3) l’autorità cui gli organizzatori devono fare riferimento e presso la quale devono registrarsi, 4) l’autorità che stabilisce se un’iniziativa può essere registrata, e 5) l’organo che deve dare seguito a un’ICE che ha ottenuto il numero richiesto di dichiarazioni di sostegno. La mancata risoluzione di questo conflitto di interesse continua a inficiare l’efficacia e la legittimità dell’iniziativa dei cittadini europei. Il CdR aveva quindi proposto, nel suo parere del 2015, che venisse nominato un comitato ad hoc imparziale, formato da esperti, studiosi e/o giuristi, e incaricato di verificare i criteri di ammissibilità: una specie di «comitato di saggi» o «di tutela degli interessi dei cittadini europei».

La Commissione limita le ICE a temi che rientrano nell’ambito delle sue competenze e che possono formare oggetto di un atto giuridico dell’Unione nel quadro dei trattati. La Commissione resta ancorata all’approccio legalistico e non fornisce sufficiente chiarezza, secondo i criteri che devono essere definiti, il che potrebbe dar luogo a valutazioni arbitrarie e rischia di soffocare qualsiasi dibattito politico aperto e trasparente.

La Commissione non ha nemmeno presentato proposte che tenessero conto della volontà di accettare le iniziative dei cittadini che propongono una modifica dei trattati UE.

Sarebbe stato opportuno fare riferimento ai diritti e doveri dei cittadini e al principio di sussidiarietà nei criteri di ammissibilità.

Sono state presentate iniziative dei cittadini su questioni importanti, che non sono però riuscite a raccogliere un milione di firme o a raggiungere il minimo richiesto in alcuni paesi. Pertanto tali ICE non hanno avuto alcun seguito. Nei casi in cui il numero di firme raccolte sia significativo, tuttavia, la Commissione dovrebbe sviluppare risposte adeguate per evitare di perdere il messaggio politico potenziale e la mobilitazione a esso collegata.

Nella sua risposta formale a un’ICE che ha ottenuto oltre un milione di firme, la Commissione dovrebbe esporre le proprie scelte politiche ai cittadini in maniera dettagliata e trasparente. Dovrebbe essere garantito un attento seguito politico.

Il Parlamento europeo ha un ruolo essenziale da svolgere nell’avviare un dibattito politico con i cittadini, ad esempio attraverso le audizioni pubbliche previste. Inoltre dovrebbe fungere da garante del seguito politico da riservare alle ICE che sono andate a buon fine e dell’internalizzazione del messaggio politico delle ICE che non raggiungono il numero richiesto di firmatari.

Dovrebbero essere seriamente considerate le possibilità di prevedere un seguito più strutturato e a lungo termine alle audizioni del Parlamento europeo, creando opportunità per i cittadini di riesaminare le azioni adottate in risposta a un’ICE che abbia avuto buon esito e di proseguire il dibattito in merito al tema in questione. Dopo la pubblicazione della reazione della Commissione europea a un’ICE, andrebbe valutata l’opportunità di una seconda audizione formale organizzata dal Parlamento europeo, che coinvolga anche i promotori dell’ICE in questione e possa creare lo spazio per un ulteriore dibattito tra tutte le parti interessate.

Accrescere la consapevolezza e la conoscenza dell’ICE a livello generale

17.

La sensibilizzazione del pubblico in merito all’ICE è un aspetto importante. A tal fine, dovrebbero essere organizzate campagne pubblicitarie e promozionali per dare all’ICE maggiore rilievo nei media e presso il pubblico.

18.

L’ICE potrebbe essere uno strumento efficace di partecipazione democratica. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero pertanto massimizzare i loro sforzi di comunicazione in merito allo strumento in questione, allo scopo di richiamare l’attenzione sulla sua esistenza presso il maggior numero possibile di cittadini europei, incoraggiandoli a parteciparvi attivamente.

Il contributo del CdR e degli enti locali e regionali

19.

La Commissione dovrebbe inoltre incoraggiare e sostenere i rappresentanti eletti a livello regionale e locale affinché diano impulso agli sforzi volti a informare i propri cittadini in merito allo strumento dell’ICE.

20.

L’ICE mette a disposizione dei cittadini uno strumento volto a consentire loro di partecipare attivamente alla definizione delle politiche europee. Il CdR riconosce il proprio ruolo e la propria responsabilità e, in tale contesto, richiama l’attenzione sulla decisione dell’Ufficio di presidenza (3) concernente il coinvolgimento del Comitato nelle iniziative dei cittadini europei. Rinnova il suo impegno a sostenere le ICE che rientrano nel mandato politico del CdR e che sono ritenute politicamente rilevanti, per esempio: sostenendo la Commissione europea nella sua analisi delle ICE proposte dal punto di vista della loro rilevanza locale/regionale e della sussidiarietà; ospitando eventi collegati all’ICE; appoggiando azioni di comunicazione decentrate sull’ICE; elaborando, ove opportuno, pareri d’iniziativa sul tema dell’ICE; partecipando attivamente alle audizioni del Parlamento europeo e al seguito politico; sostenendo l’attuazione delle ICE andate a buon fine e eventualmente la legislazione adottata in risposta ad esse.

Bruxelles, 23 marzo 2018.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  GU C 423 del 17.12.2015, pag. 1.

(2)  Reaching out to EU citizens: A new opportunity «About us, with us, for us», relazione di Luc Van den Brande, consigliere speciale del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, ottobre 2017.

(3)  144a riunione dell’Ufficio di presidenza del Comitato delle regioni, 10 aprile 2013, punto 8 — CDR 1335-2013_11_00_TRA_NB-item 8.