ISSN 1977-0944 |
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Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161 |
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Edizione in lingua italiana |
Comunicazioni e informazioni |
61° anno |
Numero d'informazione |
Sommario |
pagina |
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IV Informazioni |
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INFORMAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA |
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Corte di giustizia delľUnione europea |
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2018/C 161/01 |
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Corte di giustizia |
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2018/C 161/02 |
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Tribunale |
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2018/C 161/03 |
Decisione del Tribunale, del 21 marzo 2018, relativa alle ferie giudiziarie |
IT |
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IV Informazioni
INFORMAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA
Corte di giustizia delľUnione europea
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/1 |
Ultime pubblicazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
(2018/C 161/01)
Ultima pubblicazione
Cronistoria delle pubblicazioni precedenti
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Corte di giustizia
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/2 |
DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
del 13 marzo 2018
relativa alle festività legalmente riconosciute e alle ferie giudiziarie
(2018/C 161/02)
LA CORTE
visto l’articolo 24, paragrafi 2, 4 e 6, del regolamento di procedura,
considerando che, in applicazione di tale disposizione, occorre stabilire l’elenco delle festività legalmente riconosciute e fissare le date delle ferie giudiziarie,
ADOTTA LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L’elenco delle festività legalmente riconosciute ai sensi dell’articolo 24, paragrafi 4 e 6, del regolamento di procedura è così stabilito:
— |
il Capodanno, |
— |
il lunedì dell’Angelo, |
— |
il 1o maggio, |
— |
l'Ascensione, |
— |
il lunedì di Pentecoste, |
— |
il 23 giugno, |
— |
il 15 agosto, |
— |
il 1o novembre, |
— |
il 25 dicembre, |
— |
il 26 dicembre. |
Articolo 2
Per il periodo compreso tra il 1o novembre 2018 e il 31 ottobre 2019, le date delle ferie giudiziarie ai sensi dell’articolo 24, paragrafi 2 e 6, del regolamento di procedura sono fissate come segue:
— |
Natale 2018: da lunedì 17 dicembre 2018 a domenica 6 gennaio 2019 inclusi, |
— |
Pasqua 2019: da lunedì 15 aprile 2019 a domenica 28 aprile 2019 inclusi, |
— |
Estate 2019: da martedì 16 luglio 2019 a sabato 31 agosto 2019 inclusi. |
Articolo 3
La presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Lussemburgo, il 13 marzo 2018.
Il Cancelliere
A. CALOT ESCOBAR
Il Presidente
K. LENAERTS
Tribunale
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/4 |
DECISIONE DEL TRIBUNALE
del 21 marzo 2018
relativa alle ferie giudiziarie
(2018/C 161/03)
IL TRIBUNALE
Visto l’articolo 41, paragrafo 2, del regolamento di procedura,
ADOTTA LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Per l’anno giudiziario che inizia il 1o settembre 2018, le date delle ferie giudiziarie ai sensi dell’articolo 41, paragrafi 2 e 6, del regolamento di procedura sono fissate come segue:
— |
Natale 2018: da lunedì 17 dicembre 2018 a domenica 6 gennaio 2019 inclusi; |
— |
Pasqua 2019: da lunedì 15 aprile 2019 a domenica 28 aprile 2019 inclusi; |
— |
Estate 2019: da martedì 16 luglio 2019 a sabato 31 agosto 2019 inclusi. |
Articolo 2
La presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Lussemburgo, il 21 marzo 2018
Il Cancelliere
E. COULON
Il Presidente
M. JAEGER
V Avvisi
PROCEDIMENTI GIURISDIZIONALI
Corte di giustizia
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/5 |
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 6 marzo 2018 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Szombathelyi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság — Ungheria) — «SEGRO» Kft. / Vas Megyei Kormányhivatal Sárvári Járási Földhivatala (C-52/16), Günther Horváth / Vas Megyei Kormányhivatal (C-113/16)
(Cause riunite C-52/16 e C-113/16) (1)
((Rinvio pregiudiziale - Articolo 63 TFUE - Libera circolazione dei capitali - Diritti di usufrutto su terreni agricoli - Normativa nazionale che riserva ai soli familiari prossimi congiunti del proprietario dei terreni la possibilità di acquistare in futuro tali diritti e che sopprime, senza prevedere alcuna compensazione, i diritti precedentemente acquistati da persone giuridiche o da persone fisiche che non sono in grado di dimostrare un vincolo di stretta parentela con detto proprietario))
(2018/C 161/04)
Lingua processuale: l’ungherese
Giudice del rinvio
Szombathelyi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság
Parti
Ricorrenti:«SEGRO» Kft. (C-52/16), Günther Horváth (C-113/16)
Convenuti: Vas Megyei Kormányhivatal Sárvári Járási Földhivatala (C-52/16), Vas Megyei Kormányhivatal (C-113/16)
Dispositivo
L’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, in forza della quale i diritti di usufrutto precedentemente costituiti su terreni agricoli, e i cui titolari non hanno la qualità di familiare prossimo congiunto del proprietario di tali terreni, si estinguono ex lege e sono di conseguenza cancellati dai registri fondiari.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/6 |
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 7 marzo 2018 — SNCF Mobilités, già Société nationale des chemins de fer français (SNCF) / Commissione europea, Repubblica francese, Mory SA, in liquidazione, Mory Team, in liquidazione
(Causa C-127/16 P) (1)
((Impugnazione - Aiuti di Stato - Aiuti messi in atto dalla Repubblica francese a favore della Sernam - Aiuto alla ristrutturazione e ricapitalizzazione, garanzie e rinuncia a crediti da parte della SNCF nei confronti della Sernam - Decisione che dichiara tali aiuti incompatibili con il mercato interno e che ordina il loro recupero - Vendita degli attivi in blocco - Nozione di «vendita» - Confusione tra l’oggetto e il prezzo della vendita degli attivi in blocco - Procedura aperta e trasparente - Criterio dell’investitore privato - Applicazione di tale principio ad una cessione degli attivi in blocco - Misure compensative))
(2018/C 161/05)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: SNCF Mobilités, già Société nationale des chemins de fer français (SNCF) (rappresentanti: P. Beurier, O. Billard, G. Fabre e V. Landes, avocats)
Altre parti nel procedimento: Commissione europea (rappresentanti: B. Stromsky e T. Maxian Rusche, agenti), Repubblica francese, Mory SA, in liquidazione, Mory Team, in liquidazione) (rappresentanti: B. Vatier e F. Loubières, avocats)
Dispositivo
1) |
L’impugnazione è respinta. |
2) |
La SNCF Mobilités sopporta, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Commissione europea nonché dalla Mory SA e dalla Mory Team. |
7.5.2018 |
IT |
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C 161/6 |
Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 7 marzo 2018 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Amtsgericht Düsseldorf e dal Bundesgerichtshof — Germania) — flightright GmbH / Air Nostrum, Líneas Aéreas del Mediterráneo SA (C-274/16), Roland Becker / Hainan Airlines Co. Ltd (C-447/16), Mohamed Barkan e a. / Air Nostrum, Líneas Aéreas del Mediterráneo SA (C-448/16)
(Cause riunite C-274/16, C-447/16 e C-448/16) (1)
((Rinvio pregiudiziale - Spazio di libertà, sicurezza e giustizia - Competenza giurisdizionale in materia civile e commerciale - Regolamento (CE) n. 44/2001 - Articolo 5, punto 1 - Regolamento (UE) n. 1215/2012 - Articolo 7, punto 1 - Nozione di «materia contrattuale» - Contratto di prestazione di servizi - Volo con coincidenza effettuato da vettori aerei diversi - Nozione di «luogo di esecuzione» - Regolamento (CE) n. 261/2004 - Diritto dei passeggeri aerei a compensazione pecuniaria per negato imbarco e per ritardo prolungato di un volo - Azione per il riconoscimento di una compensazione pecuniaria proposta nei confronti del vettore aereo operativo non domiciliato in uno Stato membro o con il quale i passeggeri non hanno alcun vincolo contrattuale))
(2018/C 161/06)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Amtsgericht Düsseldorf, Bundesgerichtshof
Parti
Ricorrenti: flightright GmbH (C-274/16), Roland Becker (C-447/16), Mohamed Barkan, Souad Asbai, Assia Barkan, Zakaria Barkan, Nousaiba Barkan (C-448/16)
Convenute: Air Nostrum, Líneas Aéreas del Mediterráneo SA (C-274/16), Hainan Airlines Co. Ltd (C-447/16), Air Nostrum, Líneas Aéreas del Mediterráneo SA (C-448/16)
Dispositivo
1) |
L’articolo 5, punto 1, lettera b), secondo trattino, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dev’essere interpretato nel senso che non si applica ad un convenuto, come quello di cui al procedimento principale, domiciliato in uno Stato terzo. |
2) |
L’articolo 5, punto 1, lettera a), del regolamento n. 44/2001 dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «materia contrattuale», ai sensi di tale disposizione, include anche l’azione di un passeggero aereo diretta a ottenere una compensazione pecuniaria per ritardo prolungato di un volo con coincidenza, proposta sul fondamento del regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e che abroga il regolamento (CEE) n. 295/91, nei confronti di un vettore aereo operativo che non sia la controparte contrattuale del passeggero interessato. |
3) |
L’articolo 5, punto 1, lettera b), secondo trattino, del regolamento n. 44/2001 e l’articolo 7, punto 1, lettera b), secondo trattino, del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, devono essere interpretati nel senso che, in caso di volo con coincidenza, costituisce il «luogo di esecuzione» di tale volo, ai sensi di tali disposizioni, il luogo di arrivo del secondo volo, qualora il trasporto sui due voli sia effettuato da due vettori aerei diversi e il ricorso per compensazione pecuniaria in ragione del ritardo prolungato di tale volo con coincidenza ai sensi del regolamento n. 261/2004 sia fondato su un problema verificatosi sul primo di detti voli, operato dal vettore aereo che non è la controparte contrattuale dei passeggeri interessati. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/7 |
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 6 marzo 2018 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof — Germania) — Slowakische Republik / Achmea BV
(Causa C-284/16) (1)
((Rinvio pregiudiziale - Trattato bilaterale d’investimento concluso nel 1991 tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale ceca e slovacca e tuttora applicabile tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica slovacca - Disposizione che consente a un investitore di una parte contraente di adire un collegio arbitrale in caso di controversia con l’altra parte contraente - Compatibilità con gli articoli 18, 267 e 344 TFUE - Nozione di «giurisdizione» - Autonomia del diritto dell’Unione))
(2018/C 161/07)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Bundesgerichtshof
Parti
Ricorrente: Slowakische Republik
Convenuta: Achmea BV
Dispositivo
Gli articoli 267 e 344 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una norma contenuta in un accordo internazionale concluso tra gli Stati membri, come l’articolo 8 dell’Accordo per la promozione e la tutela reciproche degli investimenti tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale ceca e slovacca, in forza della quale un investitore di uno di detti Stati membri, in caso di controversia riguardante gli investimenti nell’altro Stato membro, può avviare un procedimento contro tale ultimo Stato membro dinanzi ad un collegio arbitrale, la cui competenza detto Stato membro si è impegnato ad accettare.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/8 |
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) dell'8 marzo 2018 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberlandesgericht Düsseldorf — Germania) — DOCERAM GmbH / CeramTec GmbH
(Causa C-395/16) (1)
((Rinvio pregiudiziale - Proprietà intellettuale e industriale - Regolamento (CE) n. 6/2002 - Disegni e modelli comunitari - Articolo 8, paragrafo 1 - Caratteristiche dell’aspetto di un prodotto determinate unicamente dalla funzione tecnica di quest’ultimo - Criteri di valutazione - Esistenza di disegni o modelli alternativi - Presa in considerazione del punto di vista di un «osservatore obiettivo»))
(2018/C 161/08)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Oberlandesgericht Düsseldorf
Parti
Ricorrente: DOCERAM GmbH
Convenuta: CeramTec GmbH
Dispositivo
1) |
L’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari, deve essere interpretato nel senso che, al fine di accertare se caratteristiche dell’aspetto di un prodotto siano determinate unicamente dalla sua funzione tecnica, occorre dimostrare che tale funzione è il solo fattore che ha determinato dette caratteristiche, non essendo determinante, al riguardo, l’esistenza di disegni o modelli alternativi. |
2) |
L’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 deve essere interpretato nel senso che, al fine di valutare se le caratteristiche dell’aspetto di un prodotto siano determinate unicamente dalla funzione tecnica di quest’ultimo, ai sensi di tale disposizione, spetta al giudice nazionale tenere conto di tutte le circostanze oggettive rilevanti di ogni caso di specie. A tal proposito, non occorre basarsi sulla percezione di un «osservatore obiettivo». |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/9 |
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 7 marzo 2018 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale civile di Trapani — Italia) — Giuseppa Santoro / Comune di Valderice, Presidenza del Consiglio dei Ministri
(Causa C-494/16) (1)
((Rinvio pregiudiziale - Politica sociale - Lavoro a tempo determinato - Contratti conclusi con un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico - Misure dirette a sanzionare il ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato - Principi di equivalenza e di effettività))
(2018/C 161/09)
Lingua processuale: l'italiano
Giudice del rinvio
Tribunale civile di Trapani
Parti
Ricorrente: Giuseppa Santoro
Convenuti: Comune di Valderice, Presidenza del Consiglio dei Ministri
Dispositivo
La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che, da un lato, non sanziona il ricorso abusivo, da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, a una successione di contratti a tempo determinato mediante il versamento, al lavoratore interessato, di un’indennità volta a compensare la mancata trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato bensì, dall’altro, prevede la concessione di un’indennità compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione di detto lavoratore, accompagnata dalla possibilità, per quest’ultimo, di ottenere il risarcimento integrale del danno dimostrando, mediante presunzioni, la perdita di opportunità di trovare un impiego o il fatto che, qualora un concorso fosse stato organizzato in modo regolare, egli lo avrebbe superato, purché una siffatta normativa sia accompagnata da un meccanismo sanzionatorio effettivo e dissuasivo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/9 |
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 7 marzo 2018 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Nejvyšší soud České republiky — Repubblica ceca) — E.ON Czech Holding AG / Michael Dědouch, Petr Streitberg, Pavel Suda
(Causa C-560/16) (1)
((Rinvio pregiudiziale - Regolamento (CE) n. 44/2001 - Competenza giurisdizionale in materia civile e commerciale - Competenze esclusive - Articolo 22, punto 2 - Validità delle decisioni degli organi delle società o delle persone giuridiche aventi la sede nel territorio di uno Stato membro - Competenza esclusiva dei giudici di tale Stato membro - Decisione dell’assemblea dei soci di una società che dispone il trasferimento obbligatorio dei titoli degli azionisti di minoranza di tale società all’azionista di maggioranza della medesima e che fissa l’importo del corrispettivo che quest’ultimo deve versare loro - Procedimento giudiziario avente ad oggetto l’esame della congruità di tale corrispettivo))
(2018/C 161/10)
Lingua processuale: il ceco
Giudice del rinvio
Nejvyšší soud České republiky
Parti
Ricorrente: E.ON Czech Holding AG
Convenuti: Michael Dědouch, Petr Streitberg, Pavel Suda
con l’intevento di: Jihočeská plynárenská, a.s.
Dispositivo
L’articolo 22, punto 2, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che un ricorso, come quello di cui al procedimento principale, avente ad oggetto l’esame della congruità del corrispettivo che l’azionista principale di una società è tenuto a versare agli azionisti di minoranza della medesima in caso di trasferimento obbligatorio delle loro azioni a tale azionista principale, rientra nella competenza esclusiva dei giudici dello Stato membro nel cui territorio tale società ha sede.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/10 |
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 6 marzo 2018 — Commissione europea / FIH Holding A/S, FIH Erhvervsbank A/S
(Causa C-579/16 P) (1)
((Impugnazione - Aiuti di Stato - Nozione di «aiuto» - Nozione di «vantaggio economico» - Principio dell’operatore privato in economia di mercato - Condizioni di applicabilità e di applicazione - Crisi finanziaria - Interventi successivi di salvataggio di una banca - Considerazione o meno, in sede di valutazione del secondo intervento, dei rischi derivanti dagli impegni assunti dallo Stato membro al momento del primo intervento))
(2018/C 161/11)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: A. Bouchagiar, L. Flynn e K. Blanck-Putz, agenti)
Altre parti nel procedimento: FIH Holding A/S, FIH Erhvervsbank A/S (rappresentanti: O. Koktvedgaard, advokat)
Dispositivo
1) |
La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 settembre 2016, FIH Holding e FIH Erhvervsbank/Commissione (T-386/14, EU:T:2016:474), è annullata. |
2) |
Il primo motivo di ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea è respinto. |
3) |
La causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea affinché statuisca sul secondo motivo. |
4) |
Le spese sono riservate. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/11 |
Sentenza della Corte (Decima Sezione) del 7 marzo 2018 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākā tiesa — Lettonia) — DW / Valsts sociālās apdrošināšanas aģentūra
(Causa C-651/16) (1)
((Rinvio pregiudiziale - Previdenza sociale - Assegno di maternità - Calcolo dell’importo in base ai redditi dell’assicurata in un periodo di riferimento di dodici mesi - Persona che, nel corso di tale periodo, è stata al servizio di un’istituzione dell’Unione europea - Normativa nazionale che stabilisce che l’importo in questione sia pari al 70 % della base contributiva media di assicurazione - Restrizione alla libera circolazione dei lavoratori - Principio di leale cooperazione))
(2018/C 161/12)
Lingua processuale: il lettone
Giudice del rinvio
Augstākā tiesa
Parti
Ricorrente: DW
Convenuta: Valsts sociālās apdrošināšanas aģentūra
Dispositivo
L’articolo 45 TFUE dev’essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, che, ai fini della determinazione della base del contributo previdenziale medio per il calcolo dell’assegno di maternità, equipara i mesi del periodo di riferimento durante i quali la persona in questione ha lavorato per un’istituzione dell’Unione europea, e per i quali non è stata iscritta al regime di previdenza sociale di tale Stato membro, a un periodo di disoccupazione, ed applica agli stessi la base contributiva media di assicurazione stabilita in detto Stato membro, con l’effetto di ridurre sostanzialmente l’importo dell’assegno di maternità concesso a tale persona rispetto a quello cui essa avrebbe avuto diritto se avesse svolto attività lavorativa unicamente nello Stato membro in questione.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/11 |
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 7 marzo 2018 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d'État — Francia) — Cristal Union, succeduta alla Sucrerie de Toury SA / Ministre de l'Économie et des Finances
(Causa C-31/17) (1)
((Rinvio pregiudiziale - Direttiva 2003/96/CE - Tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità - Articolo 14, paragrafo 1, lettera a) - Prodotti energetici utilizzati per produrre elettricità - Obbligo di esenzione - Articolo 15, paragrafo 1, lettera c) - Prodotti energetici per la generazione combinata di calore e di energia - Facoltà di esenzione o di riduzione del livello di tassazione - Gas naturale destinato alla cogenerazione di calore e di elettricità))
(2018/C 161/13)
Lingua processuale: il francese
Giudice del rinvio
Conseil d'État
Parti
Ricorrente: Cristal Union, succeduta alla Sucrerie de Toury SA
Convenuto: Ministre de l'Économie et des Finances
Dispositivo
L’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, deve essere interpretato nel senso che l’esenzione obbligatoria prevista alla disposizione in parola si applica ai prodotti energetici utilizzati per la produzione di elettricità allorché detti prodotti sono utilizzati per la produzione combinata della medesima e di calore, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), della direttiva di cui trattasi.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/12 |
Sentenza della Corte (Settima Sezione) dell’8 marzo 2018 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal da Relação do Porto — Portogallo) — Saey Home & Garden NV/SA / Lusavouga-Máquinas e Acessórios Industriais SA
(Causa C-64/17) (1)
((Rinvio pregiudiziale - Cooperazione giudiziaria in materia civile - Competenza giurisdizionale ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale - Regolamento (UE) n. 1215/2012 - Articolo 25 - Esistenza di una clausola attributiva di competenza - Accordo orale senza conferma per iscritto - Clausola contenuta nelle condizioni generali di vendita menzionate in alcune fatture - Articolo 7, punto 1, lettera b) - Contratto di concessione di vendita fra società stabilite in due Stati membri diversi e avente ad oggetto il mercato di un terzo Stato membro - Articolo 7, punto 1, lettera b), secondo trattino - Determinazione dell’autorità giurisdizionale competente - Luogo di esecuzione dell’obbligazione caratteristica di siffatto contratto))
(2018/C 161/14)
Lingua processuale: il portoghese
Giudice del rinvio
Tribunal da Relação do Porto
Parti
Ricorrente: Saey Home & Garden NV/SA
Convenuta: Lusavouga-Máquinas e Acessórios Industriais SA
Dispositivo
1) |
L’articolo 25, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che, con riserva delle verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, una clausola attributiva di competenza, come quella in discussione nel procedimento principale, stipulata in condizioni generali di vendita menzionate in fatture emesse da una delle parti contraenti, non soddisfa i requisiti previsti dalla disposizione in parola. |
2) |
L’articolo 7, punto 1, del regolamento n. 1215/2012 deve essere interpretato nel senso che il giudice competente, ai sensi di tale disposizione, a conoscere di una domanda risarcitoria relativa alla risoluzione di un contratto di concessione di vendita, concluso fra due società stabilite e operanti in due Stati membri diversi, per la commercializzazione di prodotti sul mercato nazionale di un terzo Stato membro, in cui nessuna delle due suddette società dispone di succursali o di stabilimenti, è quello dello Stato membro in cui si trova il luogo della prestazione principale dei servizi, come si evince dalle disposizioni del contratto nonché, in assenza di disposizioni siffatte, dall’esecuzione effettiva del contratto stesso, e, in caso di impossibilità di determinarlo su tale base, quello del domicilio del prestatore. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/13 |
Sentenza della Corte (Decima Sezione) del 7 marzo 2018 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Constanţa — Romania) — Întreprinderea Individuală Dobre M. Marius / Ministerul Finanţelor Publice — A.N.A.F. — D.G.R.F.P. Galaţi — Serviciul Soluţionare Contestaţii, A.N.A.F — D.G.R.F.P. Galaţi — A.J.F.P. Constanţa — Serviciul Inspecţie Fiscală Persoane Fizice 2 Constanţa
(Causa C-159/17) (1)
((Rinvio pregiudiziale - Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) - Direttiva 2006/112/CE - Annullamento dell’identificazione ai fini dell’IVA - Obbligo di versare l’IVA percepita nel periodo in cui il codice di identificazione IVA è annullato - Mancato riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA relativa agli acquisti effettuati durante tale periodo))
(2018/C 161/15)
Lingua processuale: il rumeno
Giudice del rinvio
Curtea de Apel Constanţa
Parti
Ricorrente: Întreprinderea Individuală Dobre M. Marius
Convenuti: Întreprinderea Individuală Dobre M. Marius / Ministerul Finanţelor Publice — A.N.A.F. — D.G.R.F.P. Galaţi — Serviciul Soluţionare Contestaţii, A.N.A.F — D.G.R.F.P. Galaţi — A.J.F.P. Constanţa — Serviciul Inspecţie Fiscală Persoane Fizice 2 Constanţa
Dispositivo
Gli articoli da 167 a 169 e 179, l’articolo 213, paragrafo 1, l’articolo 214, paragrafo 1, e l’articolo 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che consente all’amministrazione fiscale di negare ad un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto qualora venga dimostrato che, a causa degli inadempimenti contestati a quest’ultimo, l’amministrazione fiscale non ha potuto disporre delle informazioni necessarie per accertare che siano soddisfatti i requisiti sostanziali che danno diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta a monte da detto soggetto passivo o che quest’ultimo abbia agito in modo fraudolento per poter beneficiare di tale diritto, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/14 |
Impugnazione proposta il 15 novembre 2017 dalla Arrigoni SpA avverso la sentenza del Tribunale (Settima Sezione) del 22 settembre 2017, causa T-454/16, Arrigoni / EUIPO — Arrigoni Battista (Arrigoni Valtaleggio)
(Causa C-642/17 P)
(2018/C 161/16)
Lingua processuale: l’italiano
Parti
Ricorrente: Arrigoni SpA (rappresentante: P. Di Gravio, avvocato)
Altre parti nel procedimento: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale, Arrigoni Battista SpA
Con ordinanza del 22 marzo 2018 la Corte (Decima Sezione) ha respinto l’impugnazione e disposto che la Arrigoni SpA sopporterà le proprie spese.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/14 |
Impugnazione proposta il 30 gennaio 2018 da Dominique Bilde avverso la sentenza del Tribunale (Sesta Sezione) del 29 novembre 2017, causa T-633/16, Bilde / Parlamento
(Causa C-67/18 P)
(2018/C 161/17)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Dominique Bilde (rappresentante: G. Sauveur, avocat)
Altre parti nel procedimento: Parlamento europeo, Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni della ricorrente
— |
Riformare la sentenza impugnata; quindi: |
— |
annullare la decisione del Segretario generale del Parlamento europeo del 23 giugno 2016, notificata il 6 luglio 2016, la quale precisava che «l’importo di EUR 40 320 è stato indebitamente versato alla sig.ra Dominique Bilde» e imponeva all’ordinatore competente e al servizio contabile dell’istituzione il recupero di tale importo; |
— |
annullare contestualmente la nota di addebito n. 2016-889, sottoscritta dal Direttore generale delle finanze medesimo in data 29 giugno 2016; |
— |
statuire sull’importo da attribuire alla ricorrente quale risarcimento per il danno morale derivante dalle accuse infondate emesse prima che fosse conclusa una qualsivoglia indagine, per il danno arrecato alla sua immagine e per il grave disagio causato alla sua vita personale e politica dalla decisione impugnata; |
— |
statuire sull’importo da attribuire alla ricorrente a titolo delle spese processuali; |
— |
condannare il Parlamento europeo alla totalità delle spese |
Motivi e principali argomenti
1. |
Primo motivo attinente all’incompetenza dell’autore dell’atto
|
2. |
Secondo motivo attinente alla violazione del principio «electa una via».
|
3. |
Terzo motivo attinente alla violazione dei diritti della difesa
|
4. |
Quarto motivo attinente all’inversione dell’onere della prova.
|
5. |
Quinto motivo attinente all’insufficienza della motivazione
|
6. |
Sesto motivo attinente alla violazione dei principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento.
|
7. |
Settimo motivo attinente alla violazione dei diritti civili degli assistenti parlamentari.
|
8. |
Ottavo motivo attinente al trattamento discriminatorio, al «Fumus persecutionis» e allo sviamento di potere.
|
9. |
Nono motivo attinente al pregiudizio all’indipendenza dei deputati.
|
10. |
Decimo motivo attinente alla mancanza di fondamento sotto il profilo fattuale
|
11. |
Undicesimo motivo attinente alla violazione del principio di proporzionalità
|
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/16 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Raad van State (Paesi Bassi) il 2 febbraio 2018 — Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid / A e a.
(Causa C-70/18)
(2018/C 161/18)
Lingua processuale: il neerlandese
Giudice del rinvio
Raad van State
Parti
Ricorrente: Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid
Resistenti: A, B, P
Questioni pregiudiziali
1. |
|
2. |
Se l’articolo 7 della decisione n. 2/76 o, rispettivamente, l’articolo 13 della decisione n. 1/80 debbano essere interpretati nel senso che una normativa nazionale non configura una restrizione ai sensi di dette disposizioni, qualora l’effetto esercitato dalla normativa nazionale sull’accesso all’occupazione, ai sensi delle disposizioni in parola, sia troppo aleatorio e indiretto per poter presumere che detto accesso venga ostacolato. |
3. |
|
(1) Del Consiglio d’associazione istituito dall’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/17 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Juzgado de lo Contencioso-Administrativo no 1 de Pamplona (Spagna) il 5 febbraio 2018 — Daniel Ustariz Aróstegui / Departamento de Educación del Gobierno de Navarra
(Causa C-72/18)
(2018/C 161/19)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Juzgado de lo Contencioso-Administrativo no 1 de Pamplona
Parti
Ricorrente: Daniel Ustariz Aróstegui
Resistente: Departamento de Educación del Gobierno de Navarra
Questione pregiudiziale
Se la clausola 4 dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, approvato con la direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999 (1), debba essere interpretata nel senso che osta a una normativa regionale, come quella in questione nel procedimento principale, che esclude espressamente il riconoscimento e il pagamento di un a determinata retribuzione aggiuntiva a favore del personale delle pubbliche amministrazioni della Navarra appartenente alla categoria di «impiegato amministrativo» — con un contratto a tempo determinato — in quanto tale retribuzione integrativa costituisce una retribuzione per la promozione e lo sviluppo di una carriera professionale specifica ed esclusiva del personale appartenente alla categoria di «funzionario pubblico» — con un contratto a tempo indeterminato.
(1) Direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43).
7.5.2018 |
IT |
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C 161/17 |
Impugnazione proposta il 6 febbraio 2018 da Sophie Montel avverso la sentenza del Tribunale (Sesta Sezione) del 29 novembre 2017, causa T-634/16, Montel / Parlamento
(Causa C-84/18 P)
(2018/C 161/20)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Sophie Montel (rappresentante: G. Sauveur, avocat)
Altre parti nel procedimento: Parlamento europeo, Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni della ricorrente
— |
Riformare la sentenza impugnata; quindi: |
— |
annullare la decisione del Segretario generale del Parlamento europeo del 24 giugno 2016, notificata il 6 luglio 2016, la quale precisava che «l’importo di EUR 77 276,42 è stato indebitamente versato alla sig.ra Sophie Montel» e imponeva all’ordinatore competente e al servizio contabile dell’istituzione il recupero di tale importo; |
— |
annullare contestualmente la nota di addebito n. 2016-897, sottoscritta dal Direttore generale delle finanze medesimo in data 4 luglio 2016; |
— |
statuire sull’importo da attribuire alla ricorrente quale risarcimento per il danno morale derivante dalle accuse infondate emesse prima che fosse conclusa una qualsivoglia indagine, per il danno arrecato alla sua immagine e per il grave disagio causato alla sua vita personale e politica dalla decisione impugnata; |
— |
statuire sull’importo da attribuire alla ricorrente a titolo delle spese processuali; |
— |
condannare il Parlamento europeo alla totalità delle spese. |
Motivi e principali argomenti
1. |
Primo motivo attinente all’incompetenza dell’autore dell’atto
|
2. |
Secondo motivo attinente alla violazione del principio «electa una via».
|
3. |
Terzo motivo attinente alla violazione dei diritti della difesa
|
4. |
Quarto motivo attinente all’inversione dell’onere della prova.
|
5. |
Quinto motivo attinente all’insufficienza della motivazione
|
6. |
Sesto motivo attinente alla violazione dei principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento.
|
7. |
Settimo motivo attinente alla violazione dei diritti civili degli assistenti parlamentari.
|
8. |
Ottavo motivo attinente al trattamento discriminatorio, al «Fumus persecutionis» e allo sviamento di potere.
|
9. |
Nono motivo attinente al pregiudizio all’indipendenza dei deputati.
|
10. |
Decimo motivo attinente alla mancanza di fondamento sotto il profilo fattuale
|
11. |
Undicesimo motivo attinente alla violazione del principio di proporzionalità
|
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/19 |
Ricorso proposto il 7 febbraio 2018 — Commissione europea / Granducato di Lussemburgo
(Causa C-86/18)
(2018/C 161/21)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: P. Ondrůšek, F. Thiran, G. von Rintelen, agenti)
Convenuto: Granducato di Lussemburgo
Conclusioni della ricorrente
— |
Dichiarare che il Granducato di Lussemburgo, avendo omesso di adottare entro il 18 aprile 2016 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie a conformarsi alla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94, pag. 1), o, comunque, non avendo comunicato tali misure alla Commissione, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 51 di tale direttiva; |
— |
infliggere al Granducato di Lussemburgo, ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, del TFUE, il pagamento di una penalità dell’importo di EUR 12 920 al giorno a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza nella presente causa per inadempimento dell’obbligo di comunicazione delle misure di recepimento della direttiva 2014/23/UE; |
— |
condannare Granducato di Lussemburgo alle spese. |
Motivi e principali argomenti
1. |
Gli Stati membri avevano l’obbligo, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/UE, di adottare le disposizioni necessarie a conformarsi a tale direttiva entro il 18 aprile 2016. A seguito della mancata comunicazione di misure di recepimento della direttiva da parte del Lussemburgo, la Commissione ha deciso di adire la Corte di giustizia. |
2. |
Nel suo ricorso, la Commissione propone che sia inflitta al Lussemburgo una penalità giornaliera pari a EUR 12 920. L’importo della penalità è stato calcolato in considerazione della gravità e della durata dell’infrazione, nonché dell’effetto dissuasivo in funzione della capacità finanziaria di tale Stato membro. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/20 |
Ricorso proposto il 7 febbraio 2018 — Commissione europea / Granducato di Lussemburgo
(Causa C-87/18)
(2018/C 161/22)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: P. Ondrůšek, F. Thiran, G. von Rintelen, agenti)
Convenuto: Granducato di Lussemburgo
Conclusioni della ricorrente
— |
Dichiarare che il Granducato di Lussemburgo, avendo omesso di adottare entro il 18 aprile 2016 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie a conformarsi alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94, pag. 65), o, comunque, non avendo comunicato tali misure alla Commissione, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 90, paragrafo 1, di tale direttiva; |
— |
infliggere al Granducato di Lussemburgo, ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, del TFUE, il pagamento di una penalità dell’importo di EUR 11 628 al giorno a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza nella presente causa per inadempimento dell’obbligo di comunicazione delle misure di recepimento della direttiva 2014/24/UE; |
— |
condannare il Granducato di Lussemburgo alle spese. |
Motivi e principali argomenti
1. |
Gli Stati membri avevano l’obbligo, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE, di adottare le disposizioni necessarie a conformarsi a tale direttiva entro il 18 aprile 2016. A seguito della mancata comunicazione di misure di recepimento della direttiva da parte del Lussemburgo, la Commissione ha deciso di adire la Corte di giustizia. |
2. |
Nel suo ricorso, la Commissione propone che sia inflitta al Lussemburgo una penalità giornaliera pari a EUR 11 628. L’importo della penalità è stato calcolato in considerazione della gravità e della durata dell’infrazione, nonché dell’effetto dissuasivo in funzione della capacità finanziaria di tale Stato membro. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/20 |
Ricorso proposto il 7 febbraio 2018 — Commissione europea / Granducato di Lussemburgo
(Causa C-88/18)
(2018/C 161/23)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: P. Ondrůšek, F. Thiran, G. von Rintelen, agenti)
Convenuto: Granducato di Lussemburgo
Conclusioni della ricorrente
— |
Dichiarare che il Granducato di Lussemburgo, avendo omesso di adottare entro il 18 aprile 2016 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie a conformarsi alla direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU L 94, pag. 243), o, comunque, non avendo comunicato tali misure alla Commissione, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 106, paragrafo 1, di tale direttiva; |
— |
infliggere al Granducato di Lussemburgo, ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, del TFUE, il pagamento di una penalità dell’importo di EUR 11 628 al giorno a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza nella presente causa per inadempimento dell’obbligo di comunicazione delle misure di recepimento della direttiva 2014/25/UE; |
— |
condannare il Granducato di Lussemburgo alle spese. |
Motivi e principali argomenti
1. |
Gli Stati membri avevano l’obbligo, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE, di adottare le disposizioni necessarie a conformarsi a tale direttiva entro il 18 aprile 2016. A seguito della mancata comunicazione di misure di recepimento della direttiva da parte del Lussemburgo, la Commissione ha deciso di adire la Corte di giustizia. |
2. |
Nel suo ricorso, la Commissione propone che sia inflitta al Lussemburgo una penalità giornaliera pari a EUR 11 628. L’importo della penalità è stato calcolato in considerazione della gravità e della durata dell’infrazione, nonché dell’effetto dissuasivo in funzione della capacità finanziaria di tale Stato membro. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/21 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) il 9 febbraio 2018 — Sociale Verzekeringsbank, altre parti: F. van den Berg e H.D. Giesen
(Causa C-95/18)
(2018/C 161/24)
Lingua processuale: il neerlandese
Giudice del rinvio
Hoge Raad der Nederlanden
Parti
Ricorrente: Sociale Verzekeringsbank (Svb)
Resistenti: F. van den Berg, H.D. Giesen
Questioni pregiudiziali
1) |
|
2) |
Se, ai fini della risposta alla questione 1, sia rilevante la circostanza che per gli interessati esisteva la possibilità di stipulare un’assicurazione volontaria ai fini dell’AOW, ovvero quella di chiedere al Svb di stipulare un accordo, ai sensi dell’articolo 17 del regolamento n. 1408/71. |
3) |
Se l’articolo 13 del regolamento n. 1408/71 osti a che, a favore di una persona, come la moglie del sig. Giesen, la quale prima del 1o gennaio 1989, dal punto di vista della sola normativa nazionale, era assicurata ai fini dell’AOW nei Paesi Bassi, suo Stato di residenza, sulla base della suddetta assicurazione venga maturato un diritto a prestazioni di vecchiaia [Or. 20] con riferimento a periodi in cui la medesima persona, sulla base della summenzionata disposizione del regolamento, a motivo delle attività lavorative svolte in un altro Stato membro, era soggetta alla normativa di detto Stato di occupazione. Oppure se il diritto a una prestazione ai sensi dell’AOW debba essere considerato come un diritto a prestazione che, nella normativa nazionale non è subordinato a condizioni in materia di attività subordinata o di assicurazione, nel senso della sentenza Bosmann, cosicché al caso di specie può essere applicato il ragionamento svolto in detta sentenza. |
(1) Legge sull’assicurazione per la vecchiaia.
(2) Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (GU 1971, L 149, pag. 2).
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/22 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) il 9 febbraio 2018 — Sociale Verzekeringsbank, altra parte: C.E. Franzen
(Causa C-96/18)
(2018/C 161/25)
Lingua processuale: il neerlandese
Giudice del rinvio
Hoge Raad der Nederlanden
Parti
Ricorrente: Sociale Verzekeringsbank (Svb)
Resistente: C.E. Franzen
Questioni pregiudiziali
1) |
Se gli articoli 45 TFUE e 48 TFUE debbano essere interpretati nel senso che dette disposizioni, in un caso come quello in esame nella fattispecie, ostano ad una normativa nazionale quale l’articolo 6a, parte iniziale e lettera b), dell’AKW (1). Detta disposizione comporta che un residente dei Paesi Bassi non è assicurato ai fini del sistema previdenziale di detto Stato di residenza, qualora il suddetto residente lavori in un altro Stato membro e, in forza dell’articolo 13 del regolamento n. 1408/71 (2), [Or. 15] sia soggetto alla normativa previdenziale dello Stato di occupazione. Il caso di specie si caratterizza per il fatto che, in forza della normativa dello Stato di occupazione, l’interessata non ha diritto agli assegni familiari a causa dell’entità minima delle sue attività in tale paese. |
2) |
Se ai fini della risposta alla questione che precede sia rilevante la circostanza che per l’interessata esisteva la possibilità di chiedere al Svb di stipulare un accordo, ai sensi dell’articolo 17 del regolamento n. 1408/71. |
(1) Legge generale in materia di assegni familiari.
(2) Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (GU 1971, L 149, pag. 2).
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/23 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna) il 12 febbraio 2018 — Línea Directa Aseguradora S.A. / Segurcaixa Sociedad Anónima de Seguros y Reaseguros
(Causa C-100/18)
(2018/C 161/26)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Tribunal Supremo
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: Línea Directa Aseguradora S.A.
Resistente: Segurcaixa Sociedad Anónima de Seguros y Reaseguros
Questioni pregiudiziali
1) |
Se si ponga in contrasto con l’articolo 3 della direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell’obbligo di assicurare tale responsabilità (1), un’interpretazione che includa nella copertura dell’assicurazione obbligatoria i danni causati dall’incendio di un veicolo fermo, qualora tale incendio trovi la propria origine nei meccanismi necessari per lo svolgimento della funzione di trasporto del veicolo. |
2) |
Nel caso in cui la risposta alla questione precedente fosse negativa, se si ponga in contrasto con l’articolo 3 della direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell’obbligo di assicurare tale responsabilità, un’interpretazione che includa nella copertura dell’assicurazione obbligatoria i danni causati dall’incendio di un veicolo, qualora l’incendio non possa essere posto in correlazione con un precedente spostamento del veicolo stesso, in modo tale per cui non possa ritenersi sussistente una connessione con un percorso. |
3) |
Nel caso in cui la risposta alla seconda questione fosse negativa, se si ponga in contrasto con l’articolo 3 della direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell’obbligo di assicurare tale responsabilità, un’interpretazione che includa nella copertura dell’assicurazione obbligatoria i danni causati dall’incendio di un veicolo, qualora il veicolo si trovi stazionato in un garage privato chiuso. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/23 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Juzgado Contencioso-Administrativo no 8 de Madrid (Spagna) il 13 febbraio 2018 — Domingo Sánchez Ruiz / Comunidad de Madrid (Servicio Madrileño de Salud)
(Causa C-103/18)
(2018/C 161/27)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Juzgado Contencioso-Administrativo no 8 de Madrid
Parti
Ricorrente: Domingo Sánchez Ruiz
Resistente: Comunidad de Madrid (Servicio Madrileño de Salud)
Questioni pregiudiziali
1) |
Se una situazione come quella oggetto della presente fattispecie (nella quale un datore di lavoro pubblico non rispetta i limiti temporali imposti dalla normativa e, pertanto, consente la successione di contratti a tempo determinato o che mantiene il carattere to a tempo determinato del contratto modificando il tipo di assunzione da occasionale a temporanea per copertura di posto o per sostituzione) possa configurarsi come un ricorso abusivo a successive assunzioni e, pertanto, considerarsi come una situazione di cui alla clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE (1). |
2) |
Se quanto disposto dall’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, di cui all’allegato alla direttiva 1999/70[/CE], in relazione al principio di efficacia, vada inteso nel senso che osta a norme processuali nazionali che richiedono al lavoratore a tempo determinato un comportamento attivo procedendo con ricorso amministrativo o ricorso giurisdizionale (avverso ciascuna delle successive assunzioni e cessazioni dalle funzioni) affinché — e soltanto in questo modo — possa essere tutelato dalla direttiva comunitaria e far valere i diritti che gli spettano ai sensi dell’ordinamento giuridico dell’Unione. |
3) |
Considerando che, nel settore pubblico e per la prestazione di servizi essenziali, l’esigenza di coprire posizioni vacanti, assenze per malattia, ferie retribuite (…) è sostanzialmente «permanente», ed essendo necessario delimitare il concetto di «ragione obiettiva», che giustificherebbe l’assunzione a tempo determinato:
|
4) |
Se sia compatibile con l’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE ritenere che costituisca ragione oggettiva per l’assunzione e rinnovazione successiva dei contratti degli addetti informatici con inquadramento di ruolo temporaneo, motivi di necessità, di urgenza [o] lo svolgimento di programmi di natura temporanea, congiunturale o straordinaria, quando detti dipendenti pubblici svolgono in modo permanente e stabile funzioni ordinarie proprie dei dipendenti con inquadramento di ruolo permanente a tempo indeterminato, senza che l’Amministrazione datrice di lavoro stabilisca limiti massimi rispetto a tali assunzioni, né adempia agli obblighi giuridici per coprire dette posizioni e dette necessità con personale di ruolo a tempo indeterminato, né venga stabilita alcuna misura equivalente per prevenire ed evitare l’abuso rispetto alla relazione temporanea successiva, prolungando i servizi prestati dai dipendenti informatici con inquadramento di ruolo temporaneo per periodi di tempo, nel presente caso, pari a 17 anni di servizio continuo. |
5) |
Se quanto disposto nell’accordo quadro sul lavoro a tempo indeterminato, di cui all’allegato della direttiva 1999/70[/CE] e l’interpretazione della medesima da parte della CGUE siano compatibili con la giurisprudenza del Tribunal Supremo poiché stabilisce, senza far riferimento a parametri ulteriori, l’esistenza di una ragione oggettiva nell’osservanza della causa di assunzione, nello stesso limite temporale della medesima, o determina l’impossibilità di un termine di paragone con il funzionario di ruolo, richiamando il diverso regime giuridico, il sistema d’accesso o la permanenza stessa in servizio dei funzionari di ruolo rispetto alla temporaneità dei dipendenti reclutati per copertura di posto. |
6) |
Laddove il giudice nazionale constata abuso nella successione di contratti del dipendente pubblico con inquadramento di ruolo temporaneo per la copertura di un posto nel SERMAS [Servicio Madrileño de la Salud], per far fronte a esigenze di tipo permanente e strutturale nell’ambito della prestazione di servizi da parte dei dipendenti con inquadramento di ruolo a tempo indeterminato, considerando che non vi è alcuna misura efficace nell’ordinamento giuridico interno per sanzionare tale abuso e rimuovere le conseguenze della violazione della norma comunitaria, se la clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE va interpretata nel senso dell’obbligo in capo al giudice nazionale di adottare misure efficaci e dissuasive che garantiscano l’effetto utile dell’accordo quadro e, pertanto, di sanzionare detto abuso e rimuovere le conseguenze della violazione della menzionata disposizione europea, non applicando la norma interna che a ciò osti. Qualora la risposta sia positiva, e secondo quanto affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea al punto 41 della propria sentenza del 14 settembre 2016, cause C-184/15 e C/197/15 (2): Se sarebbe conforme agli obiettivi perseguiti dalla direttiva 1999/70/CE, come misura per prevenire e sanzionare l’abuso nel rapporto a tempo determinato successivo ed eliminare la conseguenza della violazione del diritto comunitario, la conversione della relazione con inquadramento di ruolo temporaneo per copertura di posto/occasionale/di sostituzione, in una relazione con inquadramento di ruolo stabile, sia con denominazione di dipendente pubblico permanente a tempo indeterminato che meramente a tempo indeterminato [c.d. «indefinido»], con la medesima stabilità nell’impiego dei dipendenti con inquadramento di ruolo a tempo indeterminato paragonabili. |
7) |
Nel caso di abuso nella relazione temporanea successiva, se possa ritenersi che la conversione della relazione con inquadramento di ruolo temporaneo per copertura di posto in una relazione meramente a tempo indeterminato o permanente a tempo indeterminato rispetti gli obiettivi della direttiva 1999/70/CE e il relativo accordo quadro, soltanto quando il dipendente con inquadramento di ruolo temporaneo vittima dell’abuso gode delle stesse e identiche condizioni lavorative del personale con inquadramento di ruolo permanente a tempo indeterminato (in materia di previdenza sociale, promozione professionale, copertura di posizioni vacanti, formazione professionale, aspettative, situazioni amministrative, licenze e permessi, diritti passivi e cessazione dalle funzioni nei posti di lavoro, nonché partecipazione ai concorsi convocati per la copertura di posizioni vacanti e promozione professionale) secondo i principi di permanenza e inamovibilità, con tutti i diritti e gli obblighi relativi, secondo un regime di uguaglianza rispetto al personale informatico con inquadramento di ruolo permanente a tempo indeterminato. |
8) |
Se il diritto comunitario impone di riesaminare le sentenze/gli atti amministrativi definitivi nelle circostanze che vengono descritte, quando ricorrono le quattro condizioni richieste nel caso Kühne & Heitz NV (sentenza C 453/00, del 13 gennaio 2004) (3): 1) Ai sensi del diritto nazionale spagnolo, l’Amministrazione e i tribunali dispongono della possibilità del riesame, ma con le limitazioni citate che lo rendono estremamente arduo o impossibile [;] 2) Le decisioni controverse sono divenute definitive in seguito a una sentenza di un giudice nazionale che statuisce in ultima/unica istanza; 3) Tale sentenza è basata su un’interpretazione del diritto comunitario non conforme alla giurisprudenza della CGUE ed è stata adottata senza che la CGUE fosse previamente adita a titolo pregiudiziale; e [4]) L’interessato si è rivolto all’organo amministrativo immediatamente dopo essere stato informato di tale giurisprudenza. |
9) |
Se i giudici nazionali, in qualità di giudici europei che devono garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione negli Stati membri, possano e debbano pretendere un comportamento dell’autorità amministrativa interna degli Stati membri, e condannarla, affinché — nell’ambito delle rispettive competenze — adotti le opportune disposizioni al fine di rimuovere le norme interne incompatibili con il diritto dell’Unione, in generale, e con la direttiva 1999/70/CE e il suo accordo quadro, in particolare? |
(1) Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 17, pag. 43).
(2) Sentenza del 14 settembre 2016, Martínez Andrés y Castrejana López (C-184/15 y C-197/15, EU:C:2016:680).
(3) Sentenza del 13 gennaio 2004, Kühne & Heitz (C-453/00, EU:C:2004:17).
7.5.2018 |
IT |
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C 161/25 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna) il 13 febbraio 2018 — Asociación Española de la Industria Eléctrica (UNESA) / Administración General del Estado
(Causa C-105/18)
(2018/C 161/28)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Tribunal Supremo
Parti
Ricorrente: Asociación Española de la Industria Eléctrica (UNESA)
Resistente: Administración General del Estado
Questioni pregiudiziali
1) |
Se il principio ambientale «chi inquina paga» di cui all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1), del 23 ottobre 2000, che sancisce il principio del recupero dei costi dei servizi idrici e dell’adeguata ponderazione economica degli usi dell’acqua, debbano essere interpretati nel senso che ostano all’introduzione di un canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia, come quello controverso nel presente procedimento, che non incentiva l’uso efficiente dell’acqua e non prevede meccanismi per la conservazione e la protezione delle risorse idriche pubbliche, e la cui quantificazione risulta totalmente slegata dalla idoneità a recare pregiudizio alle risorse idriche pubbliche, essendo basata solo ed esclusivamente sulla capacità dei produttori di generare entrate. |
2) |
Se sia compatibile con il principio di non discriminazione tra gli operatori di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (2), una tassa quale il canone idrico oggetto del presente procedimento, che grava esclusivamente sui produttori di energia idroelettrica operanti nei bacini intercomunitari, in contrapposizione ai produttori titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari, e sui produttori che utilizzano tecnologie idroelettriche, in contrapposizione ai produttori che utilizzano altre tecnologie. |
3) |
Se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che il prelievo di un canone idrico come quello controverso configura un aiuto di Stato vietato a detrimento dei produttori di energia idroelettrica che operano nell’ambito di bacini intercomunitari, in quanto introduce un regime di imposizione asimmetrica nell’ambito della medesima tecnologia, in funzione dell’ubicazione della centrale, e non si applica ai produttori di energia da altre fonti. |
(1) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1).
(2) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).
7.5.2018 |
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C 161/26 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna) il 13 febbraio 2018 — Energía de Galicia (Engasa) S.A. / Administración General del Estado
(Causa C-106/18)
(2018/C 161/29)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Tribunal Supremo
Parti
Ricorrente: Energía de Galicia (Engasa) S.A.
Resistente: Administración General del Estado
Questioni pregiudiziali
1) |
Se il principio ambientale «chi inquina paga» di cui all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1), del 23 ottobre 2000, che sancisce il principio del recupero dei costi dei servizi idrici e dell’adeguata ponderazione economica degli usi dell’acqua, debbano essere interpretati nel senso che ostano all’introduzione di un canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia, come quello controverso nel presente procedimento, che non incentiva l’uso efficiente dell’acqua e non prevede meccanismi per la conservazione e la protezione delle risorse idriche pubbliche, e la cui quantificazione risulta totalmente slegata dalla idoneità a recare pregiudizio alle risorse idriche pubbliche, essendo basata solo ed esclusivamente sulla capacità dei produttori di generare entrate. |
2) |
Se sia compatibile con il principio di non discriminazione tra gli operatori di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (2), una tassa quale il canone idrico oggetto del presente procedimento, che grava esclusivamente sui produttori di energia idroelettrica operanti nei bacini intercomunitari, in contrapposizione ai produttori titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari, e sui produttori che utilizzano tecnologie idroelettriche, in contrapposizione ai produttori che utilizzano altre tecnologie. |
3) |
Se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che il prelievo di un canone idrico come quello controverso configura un aiuto di Stato vietato a detrimento dei produttori di energia idroelettrica che operano nell’ambito di bacini intercomunitari, in quanto introduce un regime di imposizione asimmetrica nell’ambito della medesima tecnologia, in funzione dell’ubicazione della centrale, e non si applica ai produttori di energia da altre fonti. |
(1) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1).
(2) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).
7.5.2018 |
IT |
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C 161/27 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna) il 13 febbraio 2018 — Duerocanto S.L. / Administración General del Estado
(Causa C-107/18)
(2018/C 161/30)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Tribunal Supremo
Parti
Ricorrente: Duerocanto S.L.
Resistente: Administración General del Estado
Questioni pregiudiziali
1) |
Se il principio ambientale «chi inquina paga» di cui all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1), del 23 ottobre 2000, che sancisce il principio del recupero dei costi dei servizi idrici e dell’adeguata ponderazione economica degli usi dell’acqua, debbano essere interpretati nel senso che ostano all’introduzione di un canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia, come quello controverso nel presente procedimento, che non incentiva l’uso efficiente dell’acqua e non prevede meccanismi per la conservazione e la protezione delle risorse idriche pubbliche, e la cui quantificazione risulta totalmente slegata dalla idoneità a recare pregiudizio alle risorse idriche pubbliche, essendo basata solo ed esclusivamente sulla capacità dei produttori di generare entrate. |
2) |
Se sia compatibile con il principio di non discriminazione tra gli operatori di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (2), una tassa quale il canone idrico oggetto del presente procedimento, che grava esclusivamente sui produttori di energia idroelettrica operanti nei bacini intercomunitari, in contrapposizione ai produttori titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari, e sui produttori che utilizzano tecnologie idroelettriche, in contrapposizione ai produttori che utilizzano altre tecnologie. |
3) |
Se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che il prelievo di un canone idrico come quello controverso configura un aiuto di Stato vietato a detrimento dei produttori di energia idroelettrica che operano nell’ambito di bacini intercomunitari, in quanto introduce un regime di imposizione asimmetrica nell’ambito della medesima tecnologia, in funzione dell’ubicazione della centrale, e non si applica ai produttori di energia da altre fonti. |
(1) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1).
(2) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).
7.5.2018 |
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C 161/28 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna) il 13 febbraio 2018 — Corporación Acciona Hidráulica (Acciona) S.L.U. / Administración General del Estado
(Causa C-108/18)
(2018/C 161/31)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Tribunal Supremo
Parti
Ricorrente: Corporación Acciona Hidráulica (Acciona) S.L.U.
Resistente: Administración General del Estado
Questioni pregiudiziali
1) |
Se il principio ambientale «chi inquina paga» di cui all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1), del 23 ottobre 2000, che sancisce il principio del recupero dei costi dei servizi idrici e dell’adeguata ponderazione economica degli usi dell’acqua, debbano essere interpretati nel senso che ostano all’introduzione di un canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia, come quello controverso nel presente procedimento, che non incentiva l’uso efficiente dell’acqua e non prevede meccanismi per la conservazione e la protezione delle risorse idriche pubbliche, e la cui quantificazione risulta totalmente slegata dalla idoneità a recare pregiudizio alle risorse idriche pubbliche, essendo basata solo ed esclusivamente sulla capacità dei produttori di generare entrate. |
2) |
Se sia compatibile con il principio di non discriminazione tra gli operatori di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (2), una tassa quale il canone idrico oggetto del presente procedimento, che grava esclusivamente sui produttori di energia idroelettrica operanti nei bacini intercomunitari, in contrapposizione ai produttori titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari, e sui produttori che utilizzano tecnologie idroelettriche, in contrapposizione ai produttori che utilizzano altre tecnologie. |
3) |
Se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che il prelievo di un canone idrico come quello controverso configura un aiuto di Stato vietato a detrimento dei produttori di energia idroelettrica che operano nell’ambito di bacini intercomunitari, in quanto introduce un regime di imposizione asimmetrica nell’ambito della medesima tecnologia, in funzione dell’ubicazione della centrale, e non si applica ai produttori di energia da altre fonti. |
(1) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1).
(2) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).
7.5.2018 |
IT |
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C 161/29 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna) il 13 febbraio 2018 — Associació de Productors i Usuaris d’Energia Elèctrica / Administración General del Estado
(Causa C-109/18)
(2018/C 161/32)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Tribunal Supremo
Parti
Ricorrente: Associació de Productors i Usuaris d’Energia Elèctrica
Resistente: Administración General del Estado
Questioni pregiudiziali
1) |
Se l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000 (1), che sancisce il principio del recupero dei costi dei servizi idrici e dell’adeguata ponderazione economica degli usi dell’acqua, debba essere interpretato nel senso che osta all’introduzione di un canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia, come quello controverso nel presente procedimento, che non incentiva l’uso efficiente dell’acqua e non prevede meccanismi per la conservazione e la protezione delle risorse idriche pubbliche, e la cui quantificazione risulta totalmente slegata dall’idoneità a causare pregiudizio a dette risorse, essendo basata solo ed esclusivamente sulla capacità dei produttori di generare entrate. |
2) |
Se sia compatibile con il principio di non discriminazione tra gli operatori di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (2), un tributo quale il canone idrico oggetto del presente procedimento, che grava esclusivamente sui produttori di energia idroelettrica operanti nei bacini intercomunitari, in contrapposizione ai produttori titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari, e sui produttori che utilizzano tecnologie idroelettriche, in contrapposizione ai produttori che utilizzano altre tecnologie. |
3) |
Se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che costituisce un aiuto di Stato vietato la mancata applicazione del canone idrico, che grava solo sull’uso finalizzato alla produzione di energia elettrica, alle produzioni di energia idroelettrica che avvengono nell’ambito dei bacini intracomunitari e agli altri usi [consuntivi] delle acque. |
(1) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1).
(2) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).
7.5.2018 |
IT |
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C 161/30 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna) il 13 febbraio 2018 — José Manuel Burgos Pérez e María del Amor Guinea Bueno / Administración General del Estado
(Causa C-110/18)
(2018/C 161/33)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Tribunal Supremo
Parti
Ricorrenti: José Manuel Burgos Pérez e María del Amor Guinea Bueno
Resistente: Administración General del Estado
Questioni pregiudiziali
1) |
Se il principio ambientale «chi inquina paga» di cui all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1), del 23 ottobre 2000, che sancisce il principio del recupero dei costi dei servizi idrici e dell’adeguata ponderazione economica degli usi dell’acqua, debbano essere interpretati nel senso che ostano all’introduzione di un canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia, come quello controverso nel presente procedimento, che non incentiva l’uso efficiente dell’acqua e non prevede meccanismi per la conservazione e la protezione delle risorse idriche pubbliche, e la cui quantificazione risulta totalmente slegata dalla idoneità a recare pregiudizio alle risorse idriche pubbliche, essendo basata solo ed esclusivamente sulla capacità dei produttori di generare entrate. |
2) |
Se sia compatibile con il principio di non discriminazione tra gli operatori di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (2), una tassa quale il canone idrico oggetto del presente procedimento, che grava esclusivamente sui produttori di energia idroelettrica operanti nei bacini intercomunitari, in contrapposizione ai produttori titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari, e sui produttori che utilizzano tecnologie idroelettriche, in contrapposizione ai produttori che utilizzano altre tecnologie. |
3) |
Se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che il prelievo di un canone idrico come quello controverso configura un aiuto di Stato vietato a detrimento dei produttori di energia idroelettrica che operano nell’ambito di bacini intercomunitari, in quanto introduce un regime di imposizione asimmetrica nell’ambito della medesima tecnologia, in funzione dell’ubicazione della centrale, e non si applica ai produttori di energia da altre fonti. |
(1) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1).
(2) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).
7.5.2018 |
IT |
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C 161/30 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna) il 13 febbraio 2018 — Endesa Generación S.A. / Administración General del Estado
(Causa C-111/18)
(2018/C 161/34)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Tribunal Supremo
Parti
Ricorrente: Endesa Generación S.A.
Resistente: Administración General del Estado
Questioni pregiudiziali
1) |
Se il principio ambientale «chi inquina paga» di cui all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1), del 23 ottobre 2000, che sancisce il principio del recupero dei costi dei servizi idrici e dell’adeguata ponderazione economica degli usi dell’acqua, debbano essere interpretati nel senso che ostano all’introduzione di un canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia, come quello controverso nel presente procedimento, che non incentiva l’uso efficiente dell’acqua e non prevede meccanismi per la conservazione e la protezione delle risorse idriche pubbliche, e la cui quantificazione risulta totalmente slegata dalla idoneità a recare pregiudizio alle risorse idriche pubbliche, essendo basata solo ed esclusivamente sulla capacità dei produttori di generare entrate. |
2) |
Se sia compatibile con il principio di non discriminazione tra gli operatori di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (2), una tassa quale il canone idrico oggetto del presente procedimento, che grava esclusivamente sui produttori di energia idroelettrica operanti nei bacini intercomunitari, in contrapposizione ai produttori titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari, e sui produttori che utilizzano tecnologie idroelettriche, in contrapposizione ai produttori che utilizzano altre tecnologie. |
3) |
Se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che il prelievo di un canone idrico come quello controverso configura un aiuto di Stato vietato a detrimento dei produttori di energia idroelettrica che operano nell’ambito di bacini intercomunitari, in quanto introduce un regime di imposizione asimmetrica nell’ambito della medesima tecnologia, in funzione dell’ubicazione della centrale, e non si applica ai produttori di energia da altre fonti. |
(1) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1).
(2) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/31 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna) il 13 febbraio 2018 — Asociación de Productores de Energías Renovables (APPA) / Administración General del Estado
(Causa C-112/18)
(2018/C 161/35)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Tribunal Supremo
Parti
Ricorrente: Asociación de Productores de Energías Renovables (APPA)
Resistente: Administración General del Estado
Questioni pregiudiziali
1) |
Se il principio ambientale «chi inquina paga» di cui all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1), del 23 ottobre 2000, che sancisce il principio del recupero dei costi dei servizi idrici e dell’adeguata ponderazione economica degli usi dell’acqua, debbano essere interpretati nel senso che ostano all’introduzione di un canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia, come quello controverso nel presente procedimento, che non incentiva l’uso efficiente dell’acqua e non prevede meccanismi per la conservazione e la protezione delle risorse idriche pubbliche, e la cui quantificazione risulta totalmente slegata dalla idoneità a recare pregiudizio alle risorse idriche pubbliche, essendo basata solo ed esclusivamente sulla capacità dei produttori di generare entrate. |
2) |
Se sia compatibile con il principio di non discriminazione tra gli operatori di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (2), una tassa quale il canone idrico oggetto del presente procedimento, che grava esclusivamente sui produttori di energia idroelettrica operanti nei bacini intercomunitari, in contrapposizione ai produttori titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari, e sui produttori che utilizzano tecnologie idroelettriche, in contrapposizione ai produttori che utilizzano altre tecnologie. |
3) |
Se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che il prelievo di un canone idrico come quello controverso configura un aiuto di Stato vietato a detrimento dei produttori di energia idroelettrica che operano nell’ambito di bacini intercomunitari, in quanto introduce un regime di imposizione asimmetrica nell’ambito della medesima tecnologia, in funzione dell’ubicazione della centrale, e non si applica ai produttori di energia da altre fonti. |
(1) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1).
(2) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/32 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna) il 13 febbraio 2018 — Parc del Segre S.A. e altri / Administración General del Estado
(Causa C-113/18)
(2018/C 161/36)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Tribunal Supremo
Parti
Ricorrenti: Parc del Segre S.A., Electra Irache S.L., Genhidro Generación Hidroeléctrica S.L., Hicenor, S.L., Hidroeléctrica Carrascosa, S.L., Hidroeléctrica del Carrión, S.L., Hidroeléctrica del Pisuerga, S.L., Hidroeléctrica Santa Marta, S.L., Hyanor, S.L. y Promotora del Rec dels Quatre Pobles, S.A.
Resistente: Administración General del Estado
Questioni pregiudiziali
1) |
Se il principio ambientale «chi inquina paga» di cui all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1), del 23 ottobre 2000, che sancisce il principio del recupero dei costi dei servizi idrici e dell’adeguata ponderazione economica degli usi dell’acqua, debbano essere interpretati nel senso che ostano all’introduzione di un canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia, come quello controverso nel presente procedimento, che non incentiva l’uso efficiente dell’acqua e non prevede meccanismi per la conservazione e la protezione delle risorse idriche pubbliche, e la cui quantificazione risulta totalmente slegata dalla idoneità a recare pregiudizio alle risorse idriche pubbliche, essendo basata solo ed esclusivamente sulla capacità dei produttori di generare entrate. |
2) |
Se sia compatibile con il principio di non discriminazione tra gli operatori di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72/CE del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (2), una tassa quale il canone idrico oggetto del presente procedimento, che grava esclusivamente sui produttori di energia idroelettrica operanti nei bacini intercomunitari, in contrapposizione ai produttori titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari, e sui produttori che utilizzano tecnologie idroelettriche, in contrapposizione ai produttori che utilizzano altre tecnologie. |
3) |
Se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che il prelievo di un canone idrico come quello controverso configura un aiuto di Stato vietato a detrimento dei produttori di energia idroelettrica che operano nell’ambito di bacini intercomunitari, in quanto introduce un regime di imposizione asimmetrica nell’ambito della medesima tecnologia, in funzione dell’ubicazione della centrale, e non si applica ai produttori di energia da altre fonti. |
(1) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1).
(2) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/33 |
Impugnazione proposta il 14 febbraio 2018 dalla PGNiG Supply & Trading GmbH avverso l’ordinanza del Tribunale (Prima Sezione) del 14 dicembre 2017, causa T-849/16, PGNiG Supply & Trading GmbH/Commissione europea
(Causa C-117/18 P)
(2018/C 161/37)
Lingua processuale: il polacco
Parti
Ricorrente: PGNiG Supply & Trading GmbH (rappresentante: M. Jeżewski, avvocato)
Altra parte nel procedimento: Commissione europea
Conclusioni della ricorrente
— |
annullare l’ordinanza impugnata del Tribunale dell’Unione europea del 14 dicembre 2017, con la quale è stato ritenuto irricevibile il ricorso della PGNiG Supply & Trading nel procedimento T-849/16; |
— |
statuire sulla ricevibilità e ritenere ricevibile il ricorso della PGNiG Supply & Trading nel procedimento T-849/16, avente per oggetto la domanda, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, di annullamento della decisione C(2016) 6950 final della Commissione, del 28 ottobre 2016, concernente la modifica delle condizioni di esenzione del gasdotto Opal, concesse a norma della direttiva 2003/55/CE, dall’applicazione dei requisiti relativi all’accesso dei terzi e alla regolamentazione delle tariffe. |
Motivi e principali argomenti
La violazione da parte del Tribunale dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, a causa di un errato assunto secondo cui la decisione della Commissione europea del 2016 non riguardasse la ricorrente né direttamente né individualmente e non costituisse un atto regolamentare, derivante dall’errata interpretazione da parte del Tribunale del carattere e degli effetti di una nuova esenzione regolamentare del 2016, a motivo, tra l’altro, della violazione dell’articolo 36, paragrafo 1, lettere da a) ad e), della direttiva in materia di gas naturale, per non aver applicato le condizioni di esenzione previste per una «nuova infrastruttura del sistema del gas» e per aver omesso la valutazione del loro rispetto in modo da poter giungere a conclusioni sufficientemente chiare in merito al carattere ed allo status dell’esenzione, introdotta in forza della decisione della Commissione europea del 2016 e della nuova esenzione regolamentare del 2016, a causa della mancata applicazione del paragrafo 1 alla decisione della Commissione europea del 2016, la quale aveva modificato la portata dell’esenzione regolamentare del 2009. Con tale motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale non ha valutato il carattere della nuova esenzione regolamentare, il che ha condotto il Tribunale ad una valutazione errata circa gli effetti esplicati dalla decisione della Commissione nei confronti della ricorrente.
L’errata interpretazione dell’articolo 263 del Trattato, avendo ritenuto che la ricorrente non sia direttamente interessata dalla decisione della Commissione europea. Nell’ambito del suddetto motivo la ricorrente rileva che la valutazione del Tribunale, secondo la quale la ricorrente non fosse direttamente interessata dalla decisione della Commissione europea, è errata. L’approccio seguito dal Tribunale non è compatibile con l’attuale giurisprudenza, la quale sostiene l’incidenza diretta delle decisioni della Commissione europea nei confronti dei soggetti che non sono un’autorità nazionale di regolamentazione, destinatari della decisione.
L’errata interpretazione dell’articolo 263 del Trattato, avendo ritenuto che la ricorrente non fosse individualmente interessata dalla decisione della Commissione europea. Nell’ambito di siffatto motivo, la ricorrente sostiene che la sua posizione di mercato consente tale individuazione ai sensi della giurisprudenza relativa alla ricevibilità di un ricorso.
L’errata interpretazione dell’articolo 263, quarto comma, in fine, del Trattato, avendo ritenuto che la decisione impugnata non costituisse un atto regolamentare. Nell’ambito di tale motivo, la ricorrente sostiene che la decisione ha il carattere di un atto regolamentare.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/34 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Audiencia Nacional (Spagna) il 13 febbraio 2018 — Telefónica Móviles España S.A.U. / Tribunal Económico-Administrativo Central (TEAC)
(Causa C-119/18)
(2018/C 161/38)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Audiencia Nacional, Sala de lo Contencioso-Administrativo
Parti
Ricorrente: Telefónica Móviles España S.A.U.
Resistente: Tribunal Económico-Administrativo Central (TEAC)
Questioni pregiudiziali
1) |
Se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (1), consenta un’interpretazione secondo cui uno Stato membro possa imporre agli operatori di telecomunicazioni un contributo finanziario annuo come l’imposta di cui all’articolo 5 della Ley 8/2009, de 28 de agosto, de financiación de la Corporación de Radio y Televisión Española (legge del 28 agosto 2009, n. 8, relativa al finanziamento della Corporación de Radio y Televisión Española, al fine di contribuire al finanziamento della [Corporación de Radio y Televisión Española,] in considerazione dell’impatto positivo prodotto sul settore delle telecomunicazioni dalla nuova disciplina del settore televisivo e audiovisivo e, in particolare, dall’ampliamento dei servizi a banda larga fissa e mobile nonché dall’eliminazione della pubblicità e dalla rinuncia a contenuti a pagamento o ad accesso [riservato alla Corporación de Radio y Televisión Española,] tenendo conto delle seguenti circostanze concorrenti:
|
2) |
Se tale imposta applicata alle imprese di telecomunicazioni che operano in Spagna in un ambito geografico superiore al territorio di una comunità autonoma sia proporzionata, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2002/20/CE, tenuto conto del menzionato metodo di calcolo previsto dall’articolo 5 della legge n. 8/2009. |
3) |
Se tale imposta applicata in forza dell’articolo 5 della Ley 8/2009, de 28 de agosto, de financiación de la Corporación de Radio y Televisión Española (legge del 28 agosto 2009, n. 8, relativa al finanziamento della Corporación de Radio y Televisión Española) sia trasparente, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’allegato della direttiva 2002/20/CE, tenuto conto del fatto che non è noto quale sia esattamente l’attività prestata dalla [Corporación de Radio y Televisión Española] a titolo di servizio universale o di servizio pubblico. |
7.5.2018 |
IT |
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C 161/35 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Audiencia Nacional (Spagna) il 13 febbraio 2018 — Orange España S.A.U. / Tribunal Económico-Administrativo Central (TEAC)
(Causa C-120/18)
(2018/C 161/39)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Audiencia Nacional, Sala de lo Contencioso-Administrativo
Parti
Ricorrente: Orange España S.A.U.
Resistente: Tribunal Económico-Administrativo Central (TEAC)
Questioni pregiudiziali
1) |
Se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (1), consenta un’interpretazione secondo cui uno Stato membro possa imporre agli operatori di telecomunicazioni un contributo finanziario annuo come l’imposta di cui all’articolo 5 della Ley 8/2009, de 28 de agosto, de financiación de la Corporación de Radio y Televisión Española (legge del 28 agosto 2009, n. 8, relativa al finanziamento della Corporación de Radio y Televisión Española, al fine di contribuire al finanziamento della [Corporación de Radio y Televisión Española,] in considerazione dell’impatto positivo prodotto sul settore delle telecomunicazioni dalla nuova disciplina del settore televisivo e audiovisivo e, in particolare, dall’ampliamento dei servizi a banda larga fissa e mobile nonché dall’eliminazione della pubblicità e dalla rinuncia a contenuti a pagamento o ad accesso [riservato alla Corporación de Radio y Televisión Española,] tenendo conto delle seguenti circostanze concorrenti:
|
2) |
Se tale imposta applicata alle imprese di telecomunicazioni che operano in Spagna in un ambito geografico superiore al territorio di una comunità autonoma sia proporzionata, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2002/20/CE, tenuto conto del menzionato metodo di calcolo previsto dall’articolo 5 della legge n. 8/2009. |
3) |
Se tale imposta applicata in forza dell’articolo 5 della Ley 8/2009, de 28 de agosto, de financiación de la Corporación de Radio y Televisión Española (legge del 28 agosto 2009, n. 8, relativa al finanziamento della Corporación de Radio y Televisión Española) sia trasparente, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’allegato della direttiva 2002/20/CE, tenuto conto del fatto che non è noto quale sia esattamente l’attività prestata dalla [Corporación de Radio y Televisión Española] a titolo di servizio universale o di servizio pubblico. |
7.5.2018 |
IT |
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C 161/36 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Audiencia Nacional (Spagna) il 14 febbraio 2018 — Vodafone España S.A.U./ Tribunal Económico-Administrativo Central (TEAC)
(Causa C-121/18)
(2018/C 161/40)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Audiencia Nacional, Sala de lo Contencioso-Administrativo
Parti
Ricorrente: Vodafone España S.A.U.
Resistente: Tribunal Económico-Administrativo Central (TEAC)
Questioni pregiudiziali
1) |
Se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (1), consenta un’interpretazione secondo cui uno Stato membro possa imporre agli operatori di telecomunicazioni un contributo finanziario annuo come l’imposta di cui all’articolo 5 della Ley 8/2009, de 28 de agosto, de financiación de la Corporación de Radio y Televisión Española (legge del 28 agosto 2009, n. 8, relativa al finanziamento della Corporación de Radio y Televisión Española, al fine di contribuire al finanziamento della [Corporación de Radio y Televisión Española,] in considerazione dell’impatto positivo prodotto sul settore delle telecomunicazioni dalla nuova disciplina del settore televisivo e audiovisivo e, in particolare, dall’ampliamento dei servizi a banda larga fissa e mobile nonché dall’eliminazione della pubblicità e dalla rinuncia a contenuti a pagamento o ad accesso [riservato alla Corporación de Radio y Televisión Española,] tenendo conto delle seguenti circostanze concorrenti:
|
2) |
Se tale imposta applicata alle imprese di telecomunicazioni che operano in Spagna in un ambito geografico superiore al territorio di una comunità autonoma sia proporzionata, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2002/20/CE, tenuto conto del menzionato metodo di calcolo previsto dall’articolo 5 della legge n. 8/2009. |
3) |
Se tale imposta applicata in forza dell’articolo 5 della Ley 8/2009, de 28 de agosto, de financiación de la Corporación de Radio y Televisión Española (legge del 28 agosto 2009, n. 8, relativa al finanziamento della Corporación de Radio y Televisión Española) sia trasparente, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’allegato della direttiva 2002/20/CE, tenuto conto del fatto che non è noto quale sia esattamente l’attività prestata dalla [Corporación de Radio y Televisión Española] a titolo di servizio universale o di servizio pubblico. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/37 |
Impugnazione proposta il 15 febbraio 2018 dalla HTTS Hanseatic Trade Trust & Shipping GmbH avverso la sentenza del Tribunale (Terza Sezione) del 13 dicembre 2017, causa T-629/15, HTTS Hanseatic Trade Trust & Shipping GmbH/Consiglio dell’Unione europea
(Causa C-123/18 P)
(2018/C 161/41)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: HTTS Hanseatic Trade Trust & Shipping GmbH (rappresentante: M. Schlingmann, avvocato)
Altre parti nel procedimento: Consiglio dell’Unione europea, Commissione europea
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
— |
annullare integralmente la sentenza del Tribunale (Terza Sezione) del 13 dicembre 2017 nella causa T-629/15 HTTS Trade Trust & Shipping GmbH/Consiglio dell’Unione europea, sostenuto dalla Commissione europea, |
e condannare il Consiglio
— |
a rifondere alla ricorrente la somma di EUR 2 516 221,50 a titolo di risarcimento dei danni materiali e immateriali subiti per effetto dell’inserimento del nominativo della ricorrente nell’elenco delle persone, entità ed organismi di cui all’allegato V del regolamento n. 423/2007 (1) nonché di cui all’allegato VIII del regolamento n. 961/2010 (2); |
— |
al pagamento alla ricorrente di interessi moratori al tasso d’interesse applicato dalla Banca centrale europea alle principali operazioni di rifinanziamento maggiorato di due punti, a decorrere dal 17 ottobre 2015 fino al pagamento integrale della somma menzionata al punto 2; |
— |
alle spese del procedimento, in particolare alle spese sostenute dalla ricorrente. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce la violazione del diritto dell’Unione da parte del Tribunale.
La ricorrente fa valere, più specificamente, le seguenti violazioni del diritto dell’Unione:
— |
Il Tribunale, prendendo in considerazione circostanze e informazioni a favore del Consiglio, forniti dal Consiglio soltanto dopo l’adozione dei provvedimenti illegittimi, in parte per la prima volta nel procedimento di impugnazione, avrebbe scelto un momento erroneo per la valutazione. |
— |
Il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto pervenendo alla conclusione secondo cui vi sarebbero indizi che lascerebbero apparire quantomeno probabile lo status di «società posseduta o controllata da altra entità [qui: l’IRISL]» della ricorrente. In particolare, il Tribunale avrebbe utilizzato un criterio di valutazione erroneo, avrebbe erroneamente preso in considerazione informazioni del Consiglio che quest’ultimo non avrebbe affatto avuto al momento della valutazione, non avrebbe determinato il grado del (presunto) controllo o l’intensità del controllo e avrebbe valutato gli indizi in modo erroneo. |
— |
Il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel ritenere che il regolamento n. 668/2010 (3), nella parte in cui riguardava la ricorrente, fosse legittimo. |
— |
Il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel ritenere che il difetto di motivazione delle misure adottate nei confronti della ricorrente non potesse far sorgere, in linea di principio, alcuna responsabilità dell’Unione europea e avrebbe commesso un errore di diritto omettendo di accertare l’esistenza di una violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. |
(1) Regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio, del 19 aprile 2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran, GU L 103, pag. 1.
(2) Regolamento (CE) n. 961/2010 del Consiglio, del 25 ottobre 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (CE) n. 423/2007, GU 2010, L 281, pag. 1.
(3) Regolamento di esecuzione (UE) n. 668/2010 del Consiglio, del 26 luglio 2010, che attua l’articolo 7, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 423/2007 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran, GU 2010, L 195, pag. 25.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/38 |
Impugnazione proposta il 15 febbraio 2018 dalla Commissione europea avverso la sentenza del Tribunale (Prima Sezione) del 5 dicembre 2017, causa T-728/16, Tuerck / Commissione
(Causa C-132/18 P)
(2018/C 161/42)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: G. Gattinara, B. Mongin, L. Radu Bouyon, agenti)
Altra parte nel procedimento: Sabine Tuerck
Conclusioni della ricorrente
— |
annullare la sentenza del Tribunale (Prima Sezione) del 5 dicembre 2017, causa T-728/16, Tuerck/Commissione; |
— |
respingere il ricorso in primo grado; |
— |
condannare la convenuta alle spese nella causa in primo grado; |
— |
condannare la sig.ra Tuerck alle spese del presente giudizio. |
Motivi e principali argomenti
Quanto alle procedure di trasferimento dei diritti a pensione maturati presso un ente previdenziale nazionale verso il regime pensionistico dei funzionari dell’Unione europea, come previsto dall’articolo 11, paragrafo 2, dell’allegato VIII allo statuto dei funzionari dell’Unione, il primo motivo di impugnazione verte sull’inosservanza da parte del Tribunale della giurisprudenza della Corte Radek Časta (sentenza del 5 dicembre 2013, causa C-166/12, punti 24, 28 e 31) secondo cui l’operazione di conversione del capitale che rappresenta i diritti a pensione maturati nel sistema nazionale in annualità da computare nel regime pensionistico dell’Unione è disciplinata dal diritto dell’Unione. Tale operazione include il computo della rivalutazione del capitale tra la domanda di trasferimento e la data di trasferimento effettivo prevista dallo statuto. Il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel ritenere che la Commissione non avesse il potere di operare una detrazione della rivalutazione del capitale tra la data di registrazione della domanda di trasferimento e quella di trasferimento effettivo del capitale. Nel concludere che la Commissione non avesse la competenza per operare tali detrazioni, il Tribunale ha violato l’articolo 11, paragrafo 2, secondo comma, dell’allegato VIII allo statuto, ha ignorato la competenza della Commissione ai sensi del medesimo articolo e ha commesso un errore di diritto.
Il secondo motivo di impugnazione verte su un errore di diritto consistente nell’aver considerato che la detrazione della rivalutazione del capitale potesse operarsi ad un tasso diverso da quello previsto dallo statuto ed esclusivamente sulla base del capitale trasferibile. Orbene, la detrazione dev’essere effettuata in conformità allo statuto, il quale impone il rispetto dell’equilibrio attuariale e prevede a tal fine l’applicazione di un tasso del 3,1 %. Inoltre, nell’aver fatto riferimento all’importo «trasferibile», sebbene l’articolo 11, paragrafo 2, dell’allegato VIII al suddetto statuto indichi che la trasformazione degli importi che rappresentano i diritti a pensione dell’interessata in annualità di servizio deve effettuarsi sulla base del trasferimento effettivo, ha violato la menzionata disposizione e non ha tenuto conto della sentenza del Tribunale pronunciata in sede di impugnazione il 13 ottobre 2015 nella causa Commissione/Verile e Gjergij (T-104/14 P).
Il terzo motivo verte su un errore di diritto consistente nell’aver fatto prevalere le disposizioni generali di esecuzione adottate dalla Commissione per l’applicazione dello statuto sullo statuto stesso, che è ad esse gerarchicamente superiore, e su una violazione dell’obbligo di motivazione. Con la prima parte del terzo motivo, la Commissione sostiene che il Tribunale ha attribuito alle disposizioni generali di esecuzione un’interpretazione contraria al tenore letterale della disposizione statutaria di cui tali DGE costituiscono attuazione e che ha violato il principio secondo cui lo statuto, come interpretato dalla sentenza della Corte Radek Časta, non permette di trasformare in annualità di servizio gli importi che non rappresentano materialmente diritti a pensione. Con la seconda parte del terzo motivo, la Commissione fa valere che il Tribunale ha violato l’obbligo di motivazione nel ritenere con motivazioni contraddittorie che l’ente previdenziale nazionale avesse dimostrato la rivalutazione del capitale tra la data della domanda e quella del trasferimento effettivo.
Il quarto motivo verte su un errore manifesto di valutazione e su una violazione dell’obbligo di motivazione commessi dal Tribunale nel ravvisare un arricchimento senza causa che non sussiste. In primo luogo, il Tribunale considera che sussista un arricchimento senza causa nel convertire in annualità solamente una parte del capitale trasferito, mentre tale trasferimento si valuta alla data della domanda di trasferimento e successivamente segue il regime del fondo figurativo basato su un sistema di capitalizzazione. Con la seconda parte del quarto motivo la Commissione invoca una violazione dell’obbligo di motivazione: il Tribunale ha concluso ravvisando un arricchimento senza causa senza spiegare la fondatezza di tale conclusione alla luce dell’argomento della Commissione secondo cui l’importo che eccedeva l’applicazione del tasso del 3,1 % era stato rimborsato al funzionario in questione.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/39 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla cour d’appel de Bruxelles (Belgio) il 23 febbraio 2018 — Skype Communications Sàrl / Institut belge des services postaux et des télécommunications (IBPT)
(Causa C-142/18)
(2018/C 161/43)
Lingua processuale: il francese
Giudice del rinvio
Cour d’appel de Bruxelles
Parti
Attrice: Skype Communications Sàrl
Convenuto: Institut belge des services postaux et des télécommunications (IBPT)
Questioni pregiudiziali
1) |
Se la definizione di servizio di comunicazione elettronica, sancita all’articolo 2, lettera c), della direttiva 2002/21/CE, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (1), come modificata, debba essere intesa nel senso che un servizio di telefonia vocale su protocollo Internet (voice over IP), offerto tramite un software con terminazione su una rete telefonica pubblica commutata verso un numero fisso o mobile di un piano nazionale di numerazione (secondo lo standard E.164), debba essere qualificato come servizio di comunicazione elettronica, nonostante il fatto che il servizio di accesso a Internet tramite il quale l’utente accede a detto servizio di telefonia vocale su protocollo Internet costituisca già di per sé un servizio di comunicazione elettronica, allorché il fornitore del software offra tale servizio dietro retribuzione e concluda accordi con i fornitori di servizi di telecomunicazioni debitamente autorizzati a trasmettere e a terminare chiamate verso la rete telefonica pubblica commutata che consentono la terminazione delle chiamate verso un numero fisso o mobile di un piano nazionale di numerazione. |
2) |
In caso di risposta affermativa alla prima questione, se la risposta rimanga immutata ove si consideri che la funzionalità del software che consente la chiamata vocale è solo una delle funzionalità del medesimo, il quale può essere utilizzato anche senza di essa. |
3) |
In caso di risposta affermativa alle prime due questioni, se la risposta alla prima questione rimanga immutata ove si consideri che il fornitore del servizio stabilisce, nelle sue condizioni generali, che non si assume responsabilità nei confronti del cliente finale rispetto alla trasmissione dei segnali. |
4) |
In caso di risposta affermativa alle prime tre questioni, se la risposta alla prima questione rimanga immutata ove si consideri che il servizio reso rientra altresì nella definizione di «servizio della società dell’informazione». |
(1) Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU 2002, L 108, pag. 33).
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/40 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d'État (Francia) il 23 febbraio 2018 — Regards Photographiques SARL / Ministre de l'Action et des Comptes publics
(Causa C-145/18)
(2018/C 161/44)
Lingua processuale: il francese
Giudice del rinvio
Conseil d'État
Parti
Ricorrente: Regards Photographiques SARL
Resistente: Ministre de l'Action et des Comptes publics
Questioni pregiudiziali
— |
Se gli articoli 103 e 311 della direttiva 2006/112 del 28 novembre 2006 (1), nonché il punto 7 della parte A dell’allegato IX alla citata direttiva, debbano essere interpretati nel senso di imporre solamente che le fotografie, per poter beneficiare dell’aliquota IVA ridotta, siano eseguite dall’autore, tirate da lui stesso o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti di trenta esemplari, di qualsiasi formato e supporto. |
— |
In caso di risposta affermativa alla prima questione, se sia comunque permesso agli Stati membri escludere dal beneficio dell’aliquota IVA ridotta le fotografie non aventi, inoltre, carattere artistico. |
— |
In caso di risposta negativa alla prima questione, a quali ulteriori requisiti debbano rispondere le fotografie per poter beneficiare dell’aliquota IVA ridotta e, in particolare, se le stesse debbano avere carattere artistico». |
— |
Se tali requisiti debbano essere interpretati in modo uniforme all’interno dell’Unione europea oppure rinviino al diritto di ciascuno Stato membro, segnatamente in materia di proprietà intellettuale. |
(1) Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/41 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal da Relação de Lisboa (Portogallo) il 26 febbraio 2018 — Agostinho da Silva Martins / Dekra Claims Services Portugal SA
(Causa C-149/18)
(2018/C 161/45)
Lingua processuale: il portoghese
Giudice del rinvio
Tribunal da Relação de Lisboa
Parti
Ricorrente: Agostinho da Silva Martins
Ricorrente: Dekra Claims Services Portugal SA
Questioni pregiudiziali
(a) |
Se occorre ritenere che il regime vigente in Portogallo debba prevalere in quanto norma imperativa di natura derogatoria, ai sensi dell’articolo 16 del regolamento «Roma II» (1); |
(b) |
Se tale disposizione possa essere intesa come una disposizione di diritto [dell’Unione] che stabilisce una norma di conflitto di leggi, ai sensi dell’articolo 27 del regolamento «Roma II»; |
(c) |
Se si possa ritenere applicabile ad un cittadino portoghese, che sia stato vittima di un incidente automobilistico in Spagna, il regime di prescrizione di cui all’articolo 498, paragrafo 3, del Codice Civile portoghese, nell’accezione di cui all’articolo 28 della direttiva 2009/103/CE (2). |
(1) Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali («Roma II») (GU 2007, L 199, pag. 40).
(2) Direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell’obbligo di assicurare tale responsabilità (GU 2009, L 263, pag. 11).
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/41 |
Impugnazione proposta il 23 febbraio 2018 dal Crédit mutuel Arkéa avverso la sentenza del Tribunale (Seconda Sezione ampliata) del 13 dicembre 2017, causa T-712/15, Crédit mutuel Arkéa/Banca centrale europea
(Causa C-152/18 P)
(2018/C 161/46)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Crédit mutuel Arkéa (rappresentante: H. Savoie, avvocato)
Altre parti nel procedimento: Banca centrale europea, Commissione europea
Conclusioni del ricorrente
— |
Annullare la sentenza del 13 dicembre 2017 (T-712/15) con cui il Tribunale ha respinto la domanda del Crédit mutuel Arkéa diretta all’annullamento della decisione della Banca centrale europea del 5 ottobre 2015 (ECB/SSM/2015 — 9695000CG7B84NLR5984/28) che fissa i requisiti prudenziali applicabili al gruppo Crédit Mutuel |
Motivi e principali argomenti
Per corroborare il proprio ricorso, il ricorrente deduce in giudizio due motivi, che riguardano:
— |
un errore di diritto, perché il Tribunale ha ritenuto che l’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento-quadro MVU consenta alla BCE di organizzare una vigilanza prudenziale consolidata su enti collegati ad un organismo centrale sebbene questo difetti della qualità di ente creditizio; |
— |
un errore nella qualificazione giuridica dei fatti, perché il Tribunale ha ritenuto che il Crédit mutuel costituisca un gruppo assoggettato alla vigilanza prudenziale poiché soddisfa le condizioni enunciate all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 (1). |
(1) Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1).
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/42 |
Impugnazione proposta il 23 febbraio 2018 dal Crédit mutuel Arkéa avverso la sentenza del Tribunale (Seconda Sezione ampliata) del 13 dicembre 2017, causa T-52/16, Crédit mutuel Arkéa/Banca centrale europea
(Causa C-153/18 P)
(2018/C 161/47)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Crédit mutuel Arkéa (rappresentante: H. Savoie, avvocato)
Altre parti nel procedimento: Banca centrale europea, Commissione europea
Conclusioni del ricorrente
— |
Annullare la sentenza del 13 dicembre 2017 (T-52/16) con cui il Tribunale ha respinto la domanda del Crédit mutuel Arkéa diretta all’annullamento della decisione della Banca centrale europea del 4 dicembre 2015 (ECB/SSM/2015 — 9695000CG7B84NLR5984/40) che fissa i requisiti prudenziali applicabili al gruppo Crédit Mutuel |
Motivi e principali argomenti
Per corroborare il proprio ricorso, il ricorrente deduce in giudizio due motivi, che riguardano:
— |
un errore di diritto, perché il Tribunale ha ritenuto che l’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento-quadro MVU consenta alla BCE di organizzare una vigilanza prudenziale consolidata su enti collegati ad un organismo centrale sebbene questo difetti della qualità di ente creditizio; |
— |
un errore nella qualificazione giuridica dei fatti, perché il Tribunale ha ritenuto che il Crédit mutuel costituisca un gruppo assoggettato alla vigilanza prudenziale poiché soddisfa le condizioni enunciate all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 (1). |
(1) Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1).
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/43 |
Ricorso proposto il 16 marzo 2018 — Ilmārs Rimšēvičs / Repubblica di Lettonia
(Causa C-202/18)
(2018/C 161/48)
Lingua processuale: il lettone
Parti
Ricorrente: Ilmārs Rimšēvičs (rappresentanti: S. Vārpiņš, I. Pazare, M. Kvēps, avvocati)
Convenuta: Repubblica di Lettonia
Conclusioni della ricorrente
Il ricorrente chiede che la Corte di giustizia voglia:
— |
dichiarare che il medesimo è stato sollevato illegittimamente dall’incarico di governatore della Banca di Lettonia con la decisione adottata il 19 febbraio 2018 dal Korupcijas novēršanas un apkarošanas birojs (Ufficio per il contrasto e la prevenzione della corruzione) in nome della Repubblica di Lettonia, concernente l’applicazione di misure interdittive; |
— |
dichiarare illegittima la misura interdittiva comportante il divieto di esercitare determinate attività professionali — con la quale gli è stato vietato di svolgere le funzioni di governatore della Banca di Lettonia e di esercitare i diritti attribuitigli in quanto tale — cui è stato sottoposto in forza della decisione adottata il 19 febbraio 2018 dall’Ufficio per il contrasto e la prevenzione della corruzione in nome della Repubblica di Lettonia, concernente l’applicazione di misure interdittive; |
— |
dichiarare illegittime le restrizioni all’esercizio delle funzioni di membro del Consiglio direttivo della Banca centrale europea e dei diritti attribuitigli in quanto tale, alle quali è stato sottoposto a seguito della decisione adottata il 19 febbraio 2018 dall’Ufficio per il contrasto e la prevenzione della corruzione in nome della Repubblica di Lettonia, concernente l’applicazione di misure interdittive. |
Motivi e principali argomenti
1. |
Il ricorrente impugna la decisione illegittima adottata il 19 febbraio 2018 dall’autorità cui sono affidate le indagini dello Stato lettone — l’Ufficio per la prevenzione e la lotta alla corruzione, il quale rientra nella struttura del potere esecutivo — che ha disposto la revoca a tempo indeterminato dal suo incarico di governatore della Banca di Lettonia. La decisione di sollevarlo dall’incarico è stata adottata in nome dello Stato lettone. Quando è stato sollevato dall’incarico di governatore della Banca di Lettonia, il ricorrente ha inoltre perso d’ufficio l’incarico di membro del Consiglio direttivo della Banca centrale europea. |
2. |
Nel sollevare il ricorrente dall’incarico, sono state commesse almeno le violazioni qui di seguito considerate. |
3. |
In primo luogo, nel sollevare il ricorrente dai suoi incarichi di governatore della Banca di Lettonia e di membro del Consiglio direttivo della Banca centrale europea, è stato violato l’articolo 14.2 del protocollo n. 4 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, poiché, al momento della revoca dall’incarico, non era soddisfatta nessuna delle condizioni di cui allo stesso articolo per il sollevamento dall’incarico dei governatori delle banche centrali nazionali (che il governatore non soddisfi più alle condizioni richieste per l’espletamento delle sue funzioni o si sia reso colpevole di gravi mancanze). |
4. |
In secondo luogo, nel sollevare il ricorrente dal suo incarico di governatore della Banca di Lettonia, è stato inoltre violato l’articolo 22 del likums «Par Latvijas Banku» (Legge sulla Banca di Lettonia), vale a dire l’atto giuridico con il quale si dà attuazione al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Al momento dell’adozione della citata decisione non era soddisfatta nessuna delle condizioni previste da tale articolo per la revoca dall’incarico del governatore della Banca di Lettonia (in primo luogo, le dimissioni dell’interessato; in secondo luogo, la condizione di cui all’articolo 14.2 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea relativa alla commissione di gravi mancanze, nel cui caso il Parlamento può decidere in merito alla revoca dalla carica del governatore della Banca di Lettonia dopo che la sentenza di condanna sia divenuta definitiva; o, in terzo luogo, le altre condizioni enunciate dal summenzionato articolo 14.2). Inoltre, sebbene ai sensi della citata legge [sulla Banca di Lettonia] il solo ad avere il potere di sollevare dall’incarico il governatore della Banca di Lettonia sia il parlamento della Repubblica di Lettonia, non è stato quest’ultimo a sollevare dall’incarico il ricorrente, ma l’autorità della Repubblica di Lettonia cui sono affidate le indagini, la quale rientra nella struttura del potere esecutivo. |
5. |
In terzo luogo, nel sollevare il ricorrente dal suo incarico di governatore della Banca di Lettonia, l’Ufficio per la prevenzione e la lotta alla corruzione ha applicato un’interpretazione errata del diritto dell’Unione, in quanto ha affermato che il ricorrente, nel Consiglio direttivo della Banca centrale europea, non agiva in maniera indipendente e nell’interesse della Banca centrale Europea, ma esercitava i poteri di governatore della Banca di Lettonia e agiva nell’interesse di quest’ultima. Tuttavia, l’articolo 13 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea dispone che la Banca centrale europea è un’istituzione dell’Unione europea. Nell’esercizio delle loro funzioni, i funzionari delle istituzioni dell’Unione europea possono esercitare unicamente i poteri previsti dalla normativa dell’Unione e possono agire soltanto nell’interesse di tali istituzioni. Non spetta alla normativa nazionale stabilire le attività dei funzionari delle istituzioni dell’Unione europea e, pertanto, nello svolgimento delle funzioni di un funzionario delle istituzioni dell’Unione europea, non è possibile esercitare poteri conferiti con atti giuridici nazionali. L’articolo 130 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il quale garantisce l’indipendenza della Banca centrale europea, esclude che il governatore della Banca di Lettonia, nell’esercizio delle sue funzioni di membro del Consiglio direttivo della Banca centrale europea, possa agire in veste di rappresentante della Banca di Lettonia e strettamente nell’interesse di quest’ultima o della Repubblica di Lettonia. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/44 |
Ricorso proposto il 3 aprile 2018 — Banca centrale europea / Repubblica di Lettonia
(Causa C-238/18)
(2018/C 161/49)
Lingua processuale: il lettone
Parti
Ricorrente: Banca centrale europea (rappresentanti: C. Zilioli, C. Kroppenstedt e K. Kaiser, agenti, D. Sarmiento Ramírez-Escudero, avvocato)
Convenuta: Repubblica di Lettonia
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
— |
Indicare alla Repubblica di Lettonia, conformemente all’articolo 24, paragrafo 1, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e all’articolo 62 del regolamento di procedura della Corte di giustizia, di apportare tutte le informazioni pertinenti relative alle indagini in corso svolte dal Korupcijas novēršanas un apkarošanas birojs (Ufficio per la prevenzione e la lotta alla corruzione) nei confronti del Governatore della Banca di Lettonia; |
— |
Dichiarare, in conformità all’articolo 14.2 dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea che la Repubblica di Lettonia ha violato il secondo paragrafo della menzionata disposizione in quanto:
|
— |
condannare la Repubblica di Lettonia alle spese. |
Motivi e principali argomenti
La BCE sostiene che la Repubblica di Lettonia avrebbe violato il secondo paragrafo dell’articolo 14.2 dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea avendo sollevato dal suo incarico il Governatore della Banca di Lettonia applicando al medesimo una misura di sicurezza temporanea senza la presenza di una sentenza di condanna emessa da un organo giurisdizionale indipendente che abbia esaminato la controversia nel merito.
Tribunale
7.5.2018 |
IT |
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C 161/46 |
Sentenza del Tribunale del 22 marzo 2018 — De Capitani / Parlamento
(Causa T-540/15) (1)
((«Accesso ai documenti - Regolamento (CE) n. 1049/2001 - Documenti relativi a una procedura legislativa in corso - Triloghi - Tabelle a quattro colonne relative alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’Europol e abroga le decisioni 2009/371/JAI e 2005/681/JAI - Rifiuto parziale di accesso - Ricorso di annullamento - Interesse ad agire - Ricevibilità - Articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 - Eccezione relativa alla tutela del processo decisionale - Insussistenza di una presunzione generale di rifiuto di accesso alle tabelle a quattro colonne redatte nell’ambito di triloghi»))
(2018/C 161/50)
Lingua processuale: l'inglese
Parti
Ricorrente: Emilio De Capitani (Bruxelles, Belgio) (rappresentanti: O. Brouwer, J. Wolfhagen e E. Raedts, avvocati)
Convenuto: Parlamento europeo (rappresentanti: inizialmente N. Görlitz, A. Troupiotis e C. Burgos, successivamente N. Görlitz, C. Burgos e I. Anagnostopoulou, agenti)
Intervenienti a sostegno del convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: E. Rebasti, B. Driessen e J.-B. Laignelot, agenti) e Commissione europea (rappresentanti: J. Baquero Cruz e F. Clotuche-Duvieusart, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione A(2015) 4931 del Parlamento europeo, dell’8 luglio 2015, che nega al ricorrente l’accesso completo ai documenti LIBE-2013-0091-02 e LIBE-2013-0091-03.
Dispositivo
1) |
La decisione A(2015) 4931 del Parlamento europeo, dell’8 luglio 2015, è annullata nella parte in cui nega al sig. Emilio De Capitani l’accesso completo ai documenti LIBE-2013-0091-02 e LIBE-2013-0091-03. |
2) |
Il Parlamento sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dal sig. De Capitani. |
3) |
Il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea sopporteranno le proprie spese. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/47 |
Sentenza del Tribunale del 22 marzo 2018 — Stavytskyi/Consiglio
(Causa T-242/16) (1)
((«Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate in considerazione della situazione in Ucraina - Congelamento dei capitali - Elenco delle persone, entità e organismi soggetti al congelamento dei capitali e delle risorse economiche - Mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco - Obbligo di motivazione - Eccezione di illegittimità - Proporzionalità - Base giuridica - Errore manifesto di valutazione»))
(2018/C 161/51)
Lingua processuale: l'inglese
Parti
Ricorrente: Edward Stavytskyi (Bruxelles, Belgio) (rappresentanti: J. Grayston, solicitor, P. Gjørtler, G. Pandey e D. Rovetta, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: V. Piessevaux e J.-P. Hix, agenti)
Interveniente a sostegno del convenuto: Commissione europea (rappresentanti: inizialmente E. Paasivirta e S. Bartelt, successivamente E. Paasivirta e L. Baumgart, agenti)
Oggetto
Domanda basata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione (PESC) 2016/318 del Consiglio, del 4 marzo 2016, che modifica la decisione 2014/119/PESC relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2016, L 60, pag. 76), e del regolamento di esecuzione (UE) 2016/311 del Consiglio, del 4 marzo 2016, che attua il regolamento (UE) n. 208/2014 concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2016, L 60, pag. 1), in quanto il nome del ricorrente è stato mantenuto nell’elenco delle persone, entità e organismi cui si applicano tali misure restrittive.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
Il sig. Edward Stavytskyi sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea. |
3) |
La Commissione europea sopporterà le proprie spese. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/47 |
Sentenza del Tribunale del 20 marzo 2018 — Šroubárna Ždánice/Consiglio
(Causa T-442/16) (1)
([«Domanda di rimborso di dazi antidumping - Importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese o spediti dalla Malaysia - Regolamento (CE) n. 91/2009 e regolamento di esecuzione (UE) n. 723/2011 - Competenza del giudice nazionale - Incompetenza del Tribunale»])
(2018/C 161/52)
Lingua processuale: il ceco
Parti
Ricorrente: Šroubárna Ždánice a.s. (Kyjov, Repubblica Ceca) (rappresentante: M. Osladil, avvocato)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: H. Marcos Fraile e A. Westerhof Löfflerová, agenti, assistiti da N. Tuominen, avvocato)
Interveniente a sostegno del convenuto: Commissione europea (rappresentanti: T. Maxian Rusche e P. Němečková, agenti)
Oggetto
Domanda volta ad ottenere il rimborso dei dazi antidumping e degli interessi pagati dalla ricorrente alle autorità doganali ceche in maniera asseritamente indebita a seguito dell’adozione del regolamento (CE) n . 91/2009 del Consiglio, del 26 gennaio 2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese (GU 2009, L 29, pag. 1), del regolamento di esecuzione (UE) n. 723/2011 del Consiglio, del 18 luglio 2011, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento (CE) n. 91/2009 alle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio spediti dalla Malaysia, indipendentemente dal fatto che siano dichiarati o no originari di tale paese (GU 2011, L 194, pag. 6) e del regolamento di esecuzione (UE) n. 924/2012 del Consiglio, del 4 ottobre 2012 , che modifica il regolamento (CE) n. 91/2009 (GU 2012, L 275, pag. 1).
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto per incompetenza del Tribunale a conoscere dello stesso. |
2) |
La Šroubárna Ždánice a.s. sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea. |
3) |
La Commissione europea sopporterà le proprie spese. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/48 |
Sentenza del Tribunale del 22 marzo 2018 — HJ / EMA
(Causa T-579/16) (1)
((«Funzione pubblica - Agenti temporanei - Mancato rinnovo di un contratto a tempo determinato - Articolo 8, primo comma, del RAA - Riqualificazione di un contratto a tempo determinato come contratto a tempo indeterminato - Errore manifesto di valutazione - Dovere di sollecitudine - Obbligo di motivazione - Diritto di essere ascoltato - Rapporto informativo - Obbligo di motivazione - Errore manifesto di valutazione»))
(2018/C 161/53)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: HJ (rappresentanti: L. Levi e A. Blot, avvocati)
Convenuta: Agenzia europea per i medicinali (EMA) (rappresentanti: F. Cooney e N. Rampal Olmedo, agenti, assistiti da A. Duron e D. Waelbroeck, avvocati)
Oggetto
Domanda ai sensi dell’articolo 270 TFUE diretta, da un lato, all’annullamento del rapporto informativo della ricorrente per il periodo compreso tra il 16 febbraio e il 31 dicembre 2014, della decisione dell’EMA del 1o aprile 2015 di non rinnovare il contratto di agente temporaneo della ricorrente e di due decisioni del 26 ottobre 2015 recanti rigetto dei reclami di quest’ultima diretti avverso tali atti nonché, dall’altro, al risarcimento del danno asseritamente subito dalla ricorrente.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
HJ è condannata alle spese. |
(1) GU C 145 del 25.4.2016 (causa inizialmente registrata dinanzi al Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea con il numero di ruolo F-8/16 e trasferita al Tribunale dell’Unione europea il 1o.9.2016).
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/49 |
Sentenza del Tribunale del 20 marzo 2018 — Argyraki / Commissione
(Causa T-734/16) (1)
((«Funzione pubblica - Funzionari - Pensioni - Calcolo delle annualità - Considerazione dei periodi di servizio svolti come agente ausiliario - Condizioni - Base giuridica»))
(2018/C 161/54)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Vassilia Argyraki (Bruxelles, Belgio) (rappresentante: avv. S. Pappas)
Convenuta: Commissione europea (rappresentanti: inizialmente G. Berscheid, G. Gattinara e A.-C. Simon, poi G. Berscheid, G. Gattinara e L. Radu Bouyon, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e diretta all’annullamento della decisione del 29 gennaio 2016 dell’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) della Commissione, con la quale quest’ultimo ha respinto la domanda della ricorrente di convalidare i periodi di servizio prestati in qualità di agente ausiliario come periodi svolti quale agente temporaneo nel contesto del calcolo dei suoi diritti pensionistici.
Dispositivo
1) |
La decisione del 29 gennaio 2016 dell’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) della Commissione, con la quale quest’ultimo ha respinto la domanda della sig.ra Vassilia Argyraki di convalidare i periodi di servizio prestati in qualità di agente ausiliario come periodi svolti quale agente temporaneo nel contesto del calcolo dei suoi diritti pensionistici, è annullata. |
2) |
La Commissione è condannata alle spese. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/50 |
Sentenza del Tribunale del 22 marzo 2018 — Safe Skies / EUIPO — Travel Sentry (TSA LOCK)
(Causa T-60/17) (1)
([«Marchio dell’Unione europea - Procedimento di dichiarazione di nullità - Marchio dell’Unione europea denominativo TSA LOCK - Impedimento assoluto alla registrazione - Carattere distintivo - Assenza di carattere descrittivo - Articolo 7, paragrafo 1, lettere b), c) e g), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettere b), c) e g) del regolamento (UE) 2017/1001]»])
(2018/C 161/55)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: Safe Skies LLC (New York, New York, Stati Uniti) (rappresentante: V. Schwepler, avvocato)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (rappresentante: A. Söder, agente)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale: Travel Sentry, Inc. (Windermere, Florida, Stati Uniti) (rappresentanti: J. L. Gracia Albero e V. Torelli, avvocati)
Oggetto
Ricorso proposto avverso la decisione della quarta commissione di ricorso dell’EUIPO del 24 novembre 2016 (procedimento R 233/2016-4), relativa ad un procedimento di nullità tra la Safe Skies e la Travel Sentry.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
La Safe Skies LLC è condannata alle spese. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/50 |
Sentenza del Tribunale del 20 marzo 2018 — Webgarden / EUIPO (Dating Bracelet)
(Causa T-272/17) (1)
([«Marchio dell’Unione europea - Domanda di marchio figurativo dell’Unione europea Dating Bracelet - Impedimento assoluto alla registrazione - Carattere descrittivo - Articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento (UE) 2017/1001] - Prassi anteriore dell’EUIPO - Parità di trattamento - Certezza del diritto»])
(2018/C 161/56)
Lingua processuale: l'ungherese
Parti
Ricorrente: Webgarden Szolgáltató és Kereskedelmi Kft. (Budapest, Ungheria) (rappresentante: G. Jambrik, avvocato)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (rappresentante: P. Sipos, agente)
Oggetto
Ricorso proposto avverso la decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 1 marzo 2017 (procedimento R 658/2016-5), relativa ad una domanda di registrazione del segno figurativo Dating Bracelet quale marchio dell’Unione europea.
Dispositivo
1) |
Il ricorso è respinto. |
2) |
La Webgarden Szolgáltató és Kereskedelmi Kft. è condannata alle spese. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/51 |
Ordinanza del Tribunale del 9 marzo 2018 — Aurora Group Danmark/EUIPO — Retail Distribution (PANZER)
(Causa T-246/16) (1)
((«Marchio dell’Unione europea - Procedimento di dichiarazione di nullità - Ritiro della domanda di dichiarazione di nullità - Non luogo a statuire»))
(2018/C 161/57)
Lingua processuale: il danese
Parti
Ricorrente: Aurora Group Danmark A/S (Ballerup, Danimarca) (rappresentante: L. Elmgaard Sørensen, avvocato)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (rappresentanti: inizialmente D. Gaja, successivamente T. Frydendahl e D. Walicka, agenti)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale: Retail Distribution ApS (Hinnerup, Danimarca) (rappresentante: E. A. Skovbo, avvocato)
Oggetto
Ricorso proposto avverso la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 3 marzo 2016 (procedimento R 447/2015-1), relativa a un procedimento di dichiarazione di nullità tra la Retail Distribution e l’Aurora Group Danmark.
Dispositivo
1) |
Non vi è più luogo a statuire sul ricorso. |
2) |
L’Aurora Group Danmark A/S e la Retail Distribution ApS sono condannate a sopportare le proprie spese nonché, ciascuna, la metà delle spese sostenute dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO). |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/51 |
Ordinanza del Tribunale del 13 marzo 2018 — Disney Enterprises / EUIPO — Di Molfetta (DiSNEY FROZEN)
(Causa T-567/17) (1)
((«Marchio dell’Unione europea - Opposizione - Ritiro della domanda di registrazione - Non luogo a statuire»))
(2018/C 161/58)
Lingua processuale: l'inglese
Parti
Ricorrente: Disney Enterprises, Inc. (Burbank, California, Stati Uniti) (rappresentante: M. Graf, avvocato)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (rappresentanti: E. Makakis e A. Folliard-Monguiral, agenti)
Controinteressato dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale: Fabio Di Molfetta (Bisceglie, Italia)
Oggetto
Ricorso proposto contro la decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 12 maggio 2017 (procedimento R 2342/2016-5), relativa a un procedimento di opposizione tra Fabio Di Molfetta e la Disney Enterprises, Inc.
Dispositivo
1) |
Non vi è più luogo a statuire sul ricorso. |
2) |
La Disney Enterprises, Inc., è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO). |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/52 |
Ordinanza del Tribunale dell’8 marzo 2018 — Comune di Milano / Consiglio
(Causa T-46/18) (1)
((«Declinatoria di competenza»))
(2018/C 161/59)
Lingua processuale: l’italiano
Parti
Ricorrente: Comune di Milano (Italia) (rappresentanti: F. Sciaudone e M. Condinanzi, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: E. Rebasti, M. Bauer e F. Florindo Gijón, agenti)
Oggetto
Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione del Consiglio adottata a margine della 3579a riunione, nella formazione «Affari generali», del 20 novembre 2017, relativa alla scelta della nuova sede dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), nella parte in cui designa Amsterdam quale nuova sede dell’EMA.
Dispositivo
1) |
Il Tribunale declina la propria competenza nella causa T-46/18, affinché la Corte possa statuire sul ricorso. |
2) |
La decisione sulle domande di intervento presentate dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Regione Lombardia è riservata. |
3) |
Le spese sono riservate. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/53 |
Ricorso proposto il 22 febbraio 2018 — VI/Commissione
(Causa T-109/18)
(2018/C 161/60)
Lingua processuale: l'inglese
Parti
Ricorrente: VI (rappresentanti: G. Pandey e V. Villante, avvocati)
Convenuta: Commissione Europea
Conclusioni
La parte ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
in via preliminare, se del caso, dichiarare l’articolo 90 dello statuto dei funzionari nullo e inapplicabile al presente ricorso ai sensi dell’articolo 270 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea; |
— |
annullare, in primo luogo, la decisione del 14 novembre 2017 dell’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO), recante rigetto del reclamo presentato dalla parte ricorrente il 13 luglio 2017, ivi incluso il rigetto della richiesta della parte ricorrente di un risarcimento di EUR 50 000; |
— |
annullare, in secondo luogo, la decisione del 19 aprile 2017 recante il rigetto dell’EPSO alla sua richiesta di riesame della decisione della commissione giudicatrice che non l’ammetteva alla fase successiva del concorso; |
— |
annullare, in terzo luogo, la decisione del 6 febbraio 2017, sull’account EPSO online, di non includere la parte ricorrente nel progetto di elenco dei funzionari selezionati per partecipare al concorso EPSO/AD/323/16; |
— |
annullare, in quarto luogo, il bando per il concorso generale EPSO/AD/323/16 pubblicato il 26 maggio 2016 e, nella sua interezza, il conseguente progetto di elenco dei funzionari selezionati per partecipare al suddetto; |
— |
disporre a favore della parte ricorrente EUR 50 000 di risarcimento per i danni subiti in conseguenza delle summenzionate decisioni illegittime impugnate; e |
— |
condannare la convenuta alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la parte ricorrente deduce tre motivi.
1. |
Primo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione da parte dell’EPSO/comitato di selezione per quanto riguarda la valutazione dell’esperienza lavorativa della parte ricorrente, ivi inclusa una violazione dell’allegato III del bando di concorso in questione che forniva dettagli sull’esperienza lavorativa richiesta. |
2. |
Secondo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e del diritto della parte ricorrente di essere sentita, nonché su una violazione dell’obbligo di motivazione e dell’articolo 296 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. |
3. |
Terzo motivo, vertente su una violazione degli articoli da 1 a 4 del regolamento n. 1/58 (1), degli articoli 1 quinquies e 28 dello statuto dei funzionari e dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III a detto statuto, nonché su una violazione dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione. |
(1) Regolamento n. 1, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, n. 17, pag. 385).
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/54 |
Ricorso proposto il 26 febbraio 2018 — Tomasz KawałkoTrofeum /EUIPO — Ferrero (KINDERPRAMS)
(Causa T-115/18)
(2018/C 161/61)
Lingua in cui è redatto il ricorso: il polacco
Parti
Ricorrente: Tomasz KawałkoTrofeum (Gdynia, Polonia) (rappresentante: P. Moksa, avvocato [radca prawny])
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Ferrero SpA (Alba, Italia)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Richiedente: Ricorrente
Marchio controverso interessato: Marchio dell’Unione europea denominativo «KINDERPRAMS» — Domanda di registrazione n. 12 916 961
Procedimento dinanzi all’EUIPO: Opposizione
Decisione impugnata: Decisione della quarta commissione di ricorso dell’EUIPO del 14 dicembre 2017 nel procedimento R 1112/2017-4
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
modificare la decisione impugnata nel senso che sia registrato il marchio KINDERPRAMS; |
— |
condannare l’EUIPO alle spese. |
Motivo invocato
— |
Violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2017/1001. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/54 |
Ricorso proposto l’1 marzo 2018 — HMV (Brands)/EUIPO — Our Price Records (OUR PRICE)
(Causa T-129/18)
(2018/C 161/62)
Lingua in cui è redatto il ricorso: l'inglese
Parti
Ricorrente: HMV (Brands) Ltd (Londra, Regno Unito) (rappresentanti: M. Hicks e N. Zweck, Barrister)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Our Price Records Ltd (Londra)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Richiedente il marchio controverso: Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso
Marchio controverso interessato: Marchio dell’Unione europea figurativo contenente gli elementi denominativi «OUR PRICE» — Domanda di registrazione n. 13 636 998
Procedimento dinanzi all’EUIPO: Opposizione
Decisione impugnata: Decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO del 15/12/2017 nel procedimento R 838/2017-2
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione impugnata; |
— |
condannare l’EUIPO alle spese; |
— |
condannare la Our Price Records Limited alle spese (qualora intervenga nella presente causa); e, alternativamente |
— |
accogliere integralmente l’opposizione della HMV o |
— |
rinviare la causa all’EUIPO per riesame alla luce dell’annullamento della decisione impugnata |
Motivo invocato
— |
Violazione dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 2017/1001. |
7.5.2018 |
IT |
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C 161/55 |
Ricorso proposto il 28 febbraio 2018 — LMP Lichttechnik Vertriebs / EUIPO (LITECRAFT)
(Causa T-140/18)
(2018/C 161/63)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: LMP Lichttechnik Vertriebs GmbH (Ibbenbüren, Germania) (rappresentante: R. Plegge, avvocato)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Marchio controverso interessato: Marchio dell’Unione europea denominativo «LITECRAFT» — Domanda di registrazione n. 15 282 635
Decisione impugnata: Decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO dell’8 gennaio 2018 nel procedimento R 699/2017-2
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione impugnata; |
— |
condannare l’EUIPO alle spese. |
Motivo invocato
— |
Violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento n. 207/2009. |
7.5.2018 |
IT |
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C 161/56 |
Ricorso proposto il 1o marzo 2018 — Société générale / BCE
(Causa T-143/18)
(2018/C 161/64)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Société générale (Parigi, Francia) (rappresentanti: A. Gosset-Grainville, M. Trabucchi e P. Kupka, avocats)
Convenuta: Banca centrale europea
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare l’articolo 5 della decisione della BCE n. ECB/SSM/2017 — O2RNE8IBXP4R0TD8PU41/174, del 19 dicembre 2017 e l’articolo 3 del suo allegato A, in quanto prescrivono misure da adottare sugli impegni di pagamento irrevocabili relativi ai sistemi di garanzia dei depositi o ai fondi di risoluzione; |
— |
condannare la BCE alla totalità delle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce quattro motivi.
1. |
Primo motivo, vertente sull’assenza di fondamento giuridico per l’adozione della decisione impugnata. Secondo la ricorrente, la BCE non è competente ad imporre un requisito prudenziale di portata generale e non ha condotto una valutazione individuale e circostanziata della situazione in cui si trova la ricorrente come imposto dalle norme applicabili. |
2. |
Secondo motivo, vertente sull’errore di diritto che vizierebbe la decisione impugnata, in quanto la BCE avrebbe erroneamente interpretato le norme di diritto dell’Unione che introducono la possibilità per gli istituti di credito di ricorrere agli impegni di pagamento irrevocabili e, pertanto, avrebbe privato tali disposizioni del loro effetto utile. |
3. |
Terzo motivo, vertente sul fatto che la decisione impugnata sarebbe viziata da un errore manifesto nella valutazione dei rischi asseritamente derivanti dagli impegni di pagamento irrevocabili ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63). |
4. |
Quarto motivo, vertente sulla carenza di motivazione, in quanto la BCE sarebbe soggetta ad un obbligo di motivazione rafforzato e la decisione impugnata sarebbe basata su una motivazione insufficiente. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/57 |
Ricorso proposto il 1o marzo 2018 — Crédit Agricole e a. / BCE
(Causa T-144/18)
(2018/C 161/65)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrenti: Crédit Agricole SA (Montrouge, Francia) e 69 altri ricorrenti (rappresentanti:: A. Gosset-Grainville, M. Trabucchi e P. Kupka, avvocati)
Convenuta: Banca centrale europea
Conclusioni
I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:
— |
annullare l’articolo 9 della decisione della BCE n.oECB/SSM/2017 — 969500TJ5KRTCJQWXH05/380 del 19 dicembre 2017 e l’articolo 3 del suo Allegato A, in quanto impongono misure da adottare sugli impegni di pagamento irrevocabili relativi ai sistemi di garanzia dei depositi o dei fondi di risoluzione; |
— |
condannare la BCE alla totalità delle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, i ricorrenti deducono quattro motivi che sono sostanzialmente identici o simili a quelli fatti valere nell’ambito della causa T 143/18, Société générale/BCE.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/57 |
Ricorso proposto il 1o marzo 2018 — Confédération nationale du Crédit mutuel e a. / BCE
(Causa T-145/18)
(2018/C 161/66)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrenti: Confédération nationale du Crédit mutuel (Parigi, Francia) e 37 altri ricorrenti (rappresentanti: A. Gosset-Grainville, M. Trabucchi e P. Kupka, avvocati)
Convenuta: Banca centrale europea
Conclusioni
I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:
— |
annullare l’articolo 8 della decisione della BCE n. ECB/SSM/2017 — 9695000CG7B84NLR5984/207, del 19 dicembre 2017, in quanto prescrive misure da adottare sugli impegni di pagamento irrevocabili relativi ai sistemi di garanzia dei depositi o ai fondi di risoluzione; |
— |
condannare la BCE alla totalità delle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, i ricorrenti deducono quattro motivi essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-143/18, Société générale/BCE.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/58 |
Ricorso proposto il 1o marzo 2018 — BPCE e a. / BCE
(Causa T-146/18)
(2018/C 161/67)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrenti: BPCE (Parigi, Francia) e 36 altri ricorrenti (rappresentanti: A. Gosset-Grainville, M. Trabucchi e P. Kupka, avvocati)
Convenuta: Banca centrale europea
Conclusioni
I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:
— |
annullare l’articolo 4 della decisione della BCE n. ECB/SSM/2017 — 9695005MSX1OYEMGDF46/338 (unitamente al suo allegato), del 19 dicembre 2017, in quanto prescrive misure da adottare sugli impegni di pagamento irrevocabili relativi ai sistemi di garanzia dei depositi o ai fondi di risoluzione; |
— |
condannare la BCE alla totalità delle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, i ricorrenti deducono quattro motivi essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-143/18, Société générale/BCE.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/58 |
Ricorso proposto il 1o marzo 2018 — Arkéa Direct Bank e a. / BCE
(Causa T-149/18)
(2018/C 161/68)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrenti: Arkéa Direct Bank (Puteaux, Francia), Caisse de Bretagne de Crédit Mutuel Agricole (Le Relecq Kerhuon, Francia), Crédit Mutuel Arkéa (Le Relecq Kerhuon), Crédit foncier et communal d’Alsace et de Lorraine-banque (Strasburgo, Francia), Fédéral Finance (Le Relecq Kerhuon), Arkéa Home Loans SFH (Brest, Francia), Arkéa Banking Services (Parigi, Francia), Arkéa Public Sector SCF (Le Relecq Kerhuon), Arkéa Banque Entreprises et Institutionnels (Le Relecq Kerhuon), Keytrade Bank Luxembourg SA (Lussemburgo, Lussemburgo) (rappresentanti: A. Gosset-Grainville, M. Trabucchi e P. Kupka, avocats)
Convenuta: Banca centrale europea
Conclusioni
I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:
— |
annullare l’articolo 8 della decisione della BCE n. ECB/SSM/2017 — 9695000CG7B84NLR5984/207, del 19 dicembre 2017, in quanto prescrive misure da adottare sugli impegni di pagamento irrevocabili relativi ai sistemi di garanzia dei depositi o ai fondi di risoluzione; |
— |
condannare la BCE alla totalità delle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, i ricorrenti deducono quattro motivi essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-143/18, Société générale/BCE.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/59 |
Ricorso proposto il 1omarzo 2018 — BNP Parisbas / BCE
(Causa T-150/18)
(2018/C 161/69)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: BNP Parisbas (Paris, Francia) (rappresentanti: A. Gosset-Grainville, M. Trabucchi e P. Kupka, avvocati)
Convenuta: Banca centrale europea
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare parzialmente l’articolo 9 della decisione della BCE n.oECB/SSM/2017 — R0MUWSFPU8MPRO8K5P83/248 del 19 dicembre 2017 in quanto impone una deduzione relativamente a impegni di pagamento irrevocabili sottoscritti presso il Fondo di risoluzione unico, i fondi di risoluzione nazionali e i sistemi nazionali di garanzia dei depositi di capitale di categoria 1, su base individuale, subconsolidata e consolidata, e segnatamente i paragrafi 9.1, 9.2 e 9.3; |
— |
condannare la BCE alla totalità delle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce 4 motivi.
1. |
Primo motivo, vertente sulla circostanza che la decisione impugnata sarebbe priva di base legale in quanto la BCE avrebbe fatto uso dei suoi poteri in materia di vigilanza prudenziale per imporre una misura di portata generale che rientra nell’ambito della competenza del legislatore e avrebbe oltrepassato i poteri conferitile dall’articolo 4, paragrafo 1 (f) e dall’articolo 16 del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63). |
2. |
Secondo motivo, vertente sulla circostanza che la decisione impugnata sarebbe viziata da un errore di diritto in quanto la BCE avrebbe operato un’interpretazione contraria all’intenzione del legislatore dei testi di diritto dell’Unione che autorizzano gli enti creditizi a ricorrere agli impegni di pagamento irrevocabili alfine di assolvere parte dei loro obblighi nei confronti dei fondi di risoluzione nazionali, del Fondo di risoluzione unico e dei sistemi nazionali di garanzia dei depositi, privando in tal modo le disposizioni in parola del loro effetto utile. La BCE fonderebbe inoltre la propria decisione su di una lettura errata del contesto normativo europeo e nazionale di trasposizione applicabile agli impegni di pagamento irrevocabili. |
3. |
Terzo motivo, vertente su una violazione del principio di proporzionalità. |
4. |
Quarto motivo, vertente sulla circostanza che la decisione impugnata sarebbe basata su di un errore di valutazione e violerebbe il principio di buona amministrazione. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/59 |
Ricorso proposto il 26 febbraio 2018 –Legutko e Poręba / Parlamento
(Causa T-156/18)
(2018/C 161/70)
Lingua processuale: il polacco
Parti
Ricorrenti: Ryszard Antoni Legutko (Morawica, Polonia), Tomasz Piotr Poręba (Mielec, Polonia) (rappresentante: M. Mataczyński, avvocato)
Convenuto: Parlamento europeo
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
dichiarare che il convenuto ha violato l’articolo 130 del Regolamento interno del Parlamento europeo nonché l’Allegato II al medesimo, omettendo di inoltrare al Consiglio dell’Unione europea l’interrogazione scritta, presentata da alcuni membri del Parlamento europeo nell’ambito del procedimento protocollato con il n. P-003358/17; |
— |
imporre al Parlamento europeo di inoltrare all’organo competente, cioè al Consiglio dell’Unione europea, l’interrogazione scritta presentata con il numero di protocollo P-003358/17; |
— |
condannare il Parlamento europeo alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, i ricorrenti deducono il seguente motivo.
— |
I ricorrenti censurano il fatto che il Parlamento europeo abbia omesso di inoltrare all’organo competente, indicato dai ricorrenti, l’interrogazione scritta presentata il 16 maggio 2017 dei membri del Parlamento europeo Ryszard Legutko e Tomasz Poręba. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/60 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Amisi Kumba / Consiglio
(Causa T-163/18)
(2018/C 161/71)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Gabriel Amisi Kumba (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 2 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 2 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi.
1. |
Primo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa, ivi compresa la violazione dell’obbligo di motivazione che consente di giustificare le misure e di garantire una tutela giurisdizionale effettiva, e sulla violazione del diritto di essere ascoltato. |
2. |
Secondo motivo, vertente su un manifesto errore di valutazione riguardo al coinvolgimento del ricorrente in atti costituenti gravi violazioni dei diritti umani nella Repubblica democratica del Congo. |
3. |
Terzo motivo, vertente sulla violazione del diritto alla vita privata, del diritto di proprietà e del principio di proporzionalità. |
4. |
Quarto motivo, vertente sull’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788/PESC del Consiglio, del 20 dicembre 2010, concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo e che abroga la posizione comune 2008/369/PESC (GU 2010, L 336, pag. 30), come modificata dalla decisione (PESC) 2016/2231 del Consiglio, del 12 dicembre 2016, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2016, L336I, pag. 7) e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera b) del regolamento (CE) n. 1183/2005 del Consiglio, del 18 luglio 2005, che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2005, L 193, pag. 1). |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/61 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Kampete / Consiglio
(Causa T-164/18)
(2018/C 161/72)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Ilunga Kampete (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 1 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 1 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/61 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Kahimbi Kasagwe / Consiglio
(Causa T-165/18)
(2018/C 161/73)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Delphin Kahimbi Kasagwe (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 7 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 7 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/62 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Ilunga Luyoyo / Consiglio
(Causa T-166/18)
(2018/C 161/74)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Ferdinand Ilunga Luyoyo (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 3 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 3 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/63 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Kanyama / Consiglio
(Causa T-167/18)
(2018/C 161/75)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Célestin Kanyama (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 4 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 4 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/63 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Numbi / Consiglio
(Causa T-168/18)
(2018/C 161/76)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Jhon Numbi (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 5 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 5 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/64 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Kibelisa Ngambasai / Consiglio
(Causa T-169/18)
(2018/C 161/77)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Roger Kibelisa Ngambasai (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 6 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 6 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/64 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Kande Mupompa / Consiglio
(Causa T-170/18)
(2018/C 161/78)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Alex Kande Mupompa (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 10 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 10 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/65 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Boshab / Consiglio
(Causa T-171/18)
(2018/C 161/79)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Évariste Boshab (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 8 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 8 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/65 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Akili Mundos / Consiglio
(Causa T-172/18)
(2018/C 161/80)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Muhindo Akili Mundos (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 13 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 13 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/66 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Ramanzani Shadary / Consiglio
(Causa T-173/18)
(2018/C 161/81)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Emmanuel Ramanzani Shadary (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 15 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 15 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/67 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Mutondo / Consiglio
(Causa T-174/18)
(2018/C 161/82)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Kalev Mutondo (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 16 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 16 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/67 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Ruhorimbere / Consiglio
(Causa T-175/18)
(2018/C 161/83)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Éric Ruhorimbere (Mbujimayi, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 14 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 14 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/68 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Mende Omalanga / Consiglio
(Causa T-176/18)
(2018/C 161/84)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Lambert Mende Omalanga (Kinshasa, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 12 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 12 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/68 |
Ricorso proposto l’8 marzo 2018 — Kazembe Musonda / Consiglio
(Causa T-177/18)
(2018/C 161/85)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Jean-Claude Kazembe Musonda (Lubumbashi, Repubblica democratica del Congo) (rappresentanti: T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell'11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, laddove continua a menzionare il ricorrente al n. 11 dell’allegato II della decisione 2010/788/PESC e al n. 11 dell’allegato I bis del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
dichiarare l’illegittimità delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788/PESC, come modificata dalla decisione 2016/2231/PESC, e dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1183/2005; |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, che sono essenzialmente identici o simili a quelli dedotti nell’ambito della causa T-163/18, Amisi Kumba/Consiglio.
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/69 |
Ricorso proposto il 12 marzo 2018 — VJ / SEAE
(Causa T-180/18)
(2018/C 161/86)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: VJ (rappresentante: N. de Montigny, avvocato)
Convenuto: Servizio europeo per l'azione esterna
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia dichiarare e statuire quanto segue:
— |
[annullare] la scheda di calcolo trasmessagli per posta elettronica dal SEAE in data 22 giugno 2017 e, se del caso, la busta paga con la quale gli è stato/sarà concesso il pagamento dell’indennità scolastica per i suoi figli; |
— |
condannare il convenuto alla totalità delle spese di giudizio. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce due motivi.
1. |
Primo motivo, vertente su un’eccezione di illegittimità, in quanto la decisione impugnata, la nota del 15 aprile 2016 sulla quale essa si fonda e le Guidelines del SEAE violano lo Statuto dei funzionari ed il suo allegato X. |
2. |
Secondo motivo, vertente sull’illegittimità della decisione individuale impugnata. Detto motivo consta di cinque parti.
|
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/70 |
Ricorso proposto il 9 marzo 2018 — Multifit Tiernahrungs / EUIPO (TAKE CARE)
(Causa T-181/18)
(2018/C 161/87)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: Multifit Tiernahrungs GmbH (Krefeld, Germania) (rappresentanti: N. Weber e L. Thiel, avvocati)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Marchio controverso interessato: Marchio dell’Unione europea figurativo contenente l’elemento denominativo «TAKE CARE» — Domanda di registrazione n. 16 254 898
Decisione impugnata: Decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 4 gennaio 2018 nel procedimento R 845/2017-5
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione impugnata; |
— |
condannare l’EUIPO alle spese. |
Motivo invocato
— |
Violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2017/1001. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/70 |
Ricorso proposto il 14 marzo 2018 — Lucchini/Commissione
(Causa T-185/18)
(2018/C 161/88)
Lingua processuale: l’italiano
Parti
Ricorrente: Lucchini SpA (Livorno, Italia) (rappresentante: G. Belotti, avvocato)
Convenuta: Commissione europea
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
Preso atto delle violazioni accertate nelle Sentenze dalla Corte di Giustizia che hanno comportato l’annullamento della decisione della Commissione C (2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa a una violazione dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 — Tondo per cemento armato, riadozione), annullare la decisione di rigetto della Commissione contenuta nella lettera del 17 gennaio 2018, ordinando contestualmente alla Commissione la restituzione alla ricorrente dell’ammenda illegittimamente inflitta e pagata oltre ai maturati interessi. |
— |
Annullare la decisione di rigetto della Commissione contenuta nella lettera del 9 marzo 2018, ordinando alla Commissione l’ammissione della ricorrente al procedimento COMP/37.956, venisse riaperto dalla Commissione per conformarsi alle sentenze. |
— |
In via subordinata, disporre risarcimento a favore della ricorrente per somma non inferiore a 10 milioni di euro o quell’altra che sarà determinata in corso di causa o reputata equa dal Tribunale per sanzionare adeguatamente l’accertata violazione dell’art. 41 della Carta. |
Motivi e principali argomenti
La ricorrente ricorda che la Corte di Giustizia ha annullato la decisione della Commissione C (2009) 7492, del 30 settembre 2009, relativa a una violazione dell’articolo 65 CA (Caso COMP/37.956 — Tondo per cemento armato) (1), e precisa che malgrado i termini di questo annullamento, la Convenuta si è rifiutata di restituire l’ammenda pagata, nonché d’invitare la ricorrente ad intervenire nella procedura amministrativa, nel frattempo riaperta.
A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce due motivi.
1. |
La violazione degli articoli 10 a 14 del Regolamento (CE(n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del trattato CE (testo rilevante ai fini del SEE) (2), in particolare del diritto della ricorrente a un procedimento rispettoso delle norme di legge e, in primis, dei suoi diritti della difesa.
|
2. |
La violazione dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, in particolare del diritto a una buona amministrazione. |
(1) Feralpi/Commissione, C-85/15 P (EU:C:2017:709); cause riunite C-86/15 P, Ferriera Valsabbia/ Commissione, C-87/15 P, Alfa Acciai/Commissione (EU:C:2017:717), C-88/15, Ferriere Nord/Commissione (EU:C:2017:716) e C-89/15 P, Riva Fire (EU:C:2017:713)
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/71 |
Ricorso proposto il 16 marzo 2018 — Rietze / EUIPO — Volkswagen (veicoli a motore)
(Causa T-191/18)
(2018/C 161/89)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: Rietze GmbH & Co. KG (Altdorf, Germania) (rappresentante: M. Krogmann, avvocato)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Volkswagen AG (Wolfsburg, Germania)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Titolare del disegno o modello controverso: Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso
Disegno o modello controverso interessato: Disegno o modello comunitario n. 762851-0001
Decisione impugnata: Decisione della terza commissione di ricorso dell’EUIPO dell’11 gennaio 2018 nel procedimento R 1203/2016-3
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione della terza commissione di ricorso e dichiarare nullo il disegno o modello comunitario n. 762851-0001. |
— |
condannare l’EUIPO alle spese. |
Motivi invocati
— |
Violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 6/2002; |
— |
Violazione dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento n. 6/2002. |
7.5.2018 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 161/72 |
Ricorso proposto il 16 marzo 2018 — Rietze / EUIPO — Volkswagen (veicoli a motore)
(Causa T-192/18)
(2018/C 161/90)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: Rietze GmbH & Co. KG (Altdorf, Germania) (rappresentante: M. Krogmann, avvocato)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Volkswagen AG (Wolfsburg, Germania)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Titolare del disegno o modello controverso: Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso
Disegno o modello controverso interessato: Registrazione internazionale che designa l’Unione europea n. DM/073118-3
Decisione impugnata: Decisione della terza commissione di ricorso dell’EUIPO dell’11 gennaio 2018 nel procedimento R 1244/2016-3
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione della terza commissione di ricorso e gli effetti della registrazione internazionale del disegno DM/073118-3 nell’Unione europea. |
— |
condannare l’EUIPO alle spese. |
Motivi invocati
— |
Violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 6/2002; |
— |
Violazione dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento n. 6/2002. |