ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 209

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

60° anno
30 giugno 2017


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

523a sessione plenaria del CESE dei giorni 22 e 23 febbraio 2017

2017/C 209/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulle Strategie di diversificazione del turismo nautico e marittimo (parere esplorativo)

1

2017/C 209/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Le isole dell’UE: da svantaggio strutturale a territorio inclusivo [parere esplorativo]

9


 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

523a sessione plenaria del CESE dei giorni 22 e 23 febbraio 2017

2017/C 209/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia spaziale per l’Europa[COM(2016) 705 final]

15

2017/C 209/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, la seconda opportunità e misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza e liberazione dai debiti, e che modifica la direttiva 2012/30/UE[COM(2016) 723 final — 2016/0359 (COD)]

21

2017/C 209/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un quadro di risanamento e risoluzione delle controparti centrali e recante modifica dei regolamenti (UE) n. 1095/2010, (UE) n. 648/2012 e (UE) 2015/2365[COM(2016) 856 final — 2016/0365 (COD)]

28

2017/C 209/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 per quanto riguarda il coefficiente di leva finanziaria, il coefficiente netto di finanziamento stabile, i requisiti di fondi propri e passività ammissibili, il rischio di controparte, il rischio di mercato, le esposizioni verso controparti centrali, le esposizioni verso organismi di investimento collettivo, le grandi esposizioni, gli obblighi di segnalazione e informativa, e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012. [COM(2016) 850 final — 2016/0360 (COD)] sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 per quanto riguarda la capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione per gli enti creditizi e le imprese di investimento. [COM(2016) 851 final — 2016/0361 (COD)] sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/59/UE sulla capacità di assorbimento di perdite e di ricapitalizzazione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e le direttive 98/26/CE, 2002/47/CE, 2012/30/UE, 2011/35/UE, 2005/56/CE, 2004/25/CE e 2007/36/CE. [COM(2016) 852 final — 2016/0362 (COD)] e sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2013/36/UE per quanto riguarda le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria mista, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale. [COM(2016) 854 final — 2016/0364 (COD)]

36

2017/C 209/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Invito a presentare contributi sul quadro di regolamentazione dell’UE in materia di servizi finanziari[COM(2016) 855 final]

43

2017/C 209/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound) e che abroga il regolamento (CEE) n. 1365/75 del Consiglio[COM(2016) 531 final — 2016/0256 (COD)] sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (Cedefop) e che abroga il regolamento (CEE) n. 337/75 del Consiglio[COM(2016) 532 final — 2016/0257 (COD)] e sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) e che abroga il regolamento (CE) n. 2062/94 del Consiglio[COM(2016) 528 final — 2016/0254 (COD)]

49

2017/C 209/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla definizione, alla presentazione e all’etichettatura delle bevande spiritose, all’uso delle denominazioni di bevande spiritose nella presentazione e nell’etichettatura di altri prodotti alimentari nonché alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose[COM(2016) 750 final — 2016/0392 (COD)]

54

2017/C 209/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga il regolamento (CEE) n. 1101/89 del Consiglio e i regolamenti (CE) n. 2888/2000 e (CE) n. 685/2001[COM(2016) 745 final — 2016/0368 (COD)]

58

2017/C 209/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Governance internazionale degli oceani: un’agenda per il futuro dei nostri oceani [JOIN(2016) 049 final]

60

2017/C 209/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: Proposta di regolamento che modifica il regolamento (UE) 2016/1036 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea e il regolamento (UE) 2016/1037 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell’Unione europea [COM(2016) 721 final]

66

2017/C 209/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1059/2003 per quanto riguarda le tipologie territoriali (Tercet) [COM(2016) 788 final — 2016/0393 (COD)]

71


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

523a sessione plenaria del CESE dei giorni 22 e 23 febbraio 2017

30.6.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 209/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulle «Strategie di diversificazione del turismo nautico e marittimo»

(parere esplorativo)

(2017/C 209/01)

Relatore:

Tony ZAHRA

Consultazione

Presidenza maltese del Consiglio, 19.9.2016

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

9.3.2017

Adozione in sessione plenaria

30.3.2017

Sessione plenaria n.

524

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

179/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

In considerazione di svantaggi quali la distanza, l’accessibilità e l’insularità, il CESE ritiene che si debba adottare un regime fiscale favorevole alle isole che tenga conto dei particolari sforzi compiuti in termini di investimenti, di conservazione e creazione di posti di lavoro e di adeguamento dei periodi di apertura delle imprese, onde attenuare gli effetti della stagionalità.

1.2.

Nonostante la grande resilienza del turismo e la sua rapida ripresa in tempi di crisi, il CESE ritiene importante esaminare e affrontare le sfide e le opportunità che si presenteranno al settore del turismo nautico e marittimo, in particolare nel Mediterraneo, alla luce della notevole importanza che riveste per l’economia europea e del contributo significativo che apporta alla stessa. Nel processo di valutazione, sarebbe opportuno prestare la dovuta attenzione alla comparabilità con le destinazioni concorrenti. A questo proposito sono essenziali normative e strategie più intelligenti, nonché una riduzione della burocrazia per le PMI.

1.3.

È necessario creare e promuovere più itinerari con destinazioni multiple a livello regionale, mentre è indispensabile sostenere misure di promozione congiunte/regionali tra gli Stati membri. Il CESE propone che questi ultimi adottino solide strategie di marketing per la diversificazione e l’adeguamento all’evolversi delle preferenze e dei gusti dei clienti. Nell’ambito di questo processo, tuttavia, occorre valutare anche le eventuali disparità in termini di accessibilità per i cittadini che possono presentarsi nel caso dei servizi turistici offerti in questo settore.

1.4.

In considerazione dell’elevato grado di dipendenza del turismo costiero e nautico dagli ecosistemi marini, è importante che i paesi mediterranei incrementino la cooperazione regionale per assicurare la loro protezione. In questo contesto, il Comitato auspica la creazione di un gruppo di Stati membri e paesi terzi del Mediterraneo occidentale per affrontare congiuntamente la crescita blu (1) e l’infrastruttura blu e verde per la ricostituzione degli ecosistemi degradati.

1.5.

La costruzione e il recupero dal mare sulla piattaforma continentale a bassa profondità distrugge in maniera irreversibile l’habitat subacqueo. La piattaforma continentale nel Mediterraneo è limitata, e le suddette zone marine devono essere protette da questo tipo di sviluppo. Nel caso esso si verifichi, occorre inoltre prendere in considerazione l’adozione di misure compensative e la creazione di riserve di bilancio.

1.6.

Lo sviluppo del turismo nautico e marittimo deve basarsi sui principi dello sviluppo sostenibile a lungo termine, il che richiede la messa a punto di uno strumento operativo e misurabile. Il CESE raccomanda di mettere a punto un meccanismo di indicatori armonizzati e sostenibili per il settore, in particolare per gli Stati e le regioni insulari, che dipendono in maniera significativa dalle attività costiere. Il sistema europeo di indicatori per il turismo elaborato dalla Commissione europea potrebbe essere un’eccellente piattaforma per raggiungere questo obiettivo.

1.7.

La messa a punto di un meccanismo di indicatori sostenibili richiede anche la compilazione di dati economici precisi. Quello del turismo è un settore molto complesso, che presenta diverse forme di relazioni tra un gran numero di parti interessate differenti. A tal fine, i relativi strumenti per la raccolta dei dati economici potrebbero essere sviluppati attraverso una estrapolazione del modello di conto satellite.

1.8.

L’impatto del cambiamento climatico sull’ambiente marino implica l’esigenza di un dialogo per cercare soluzioni innovative. È necessario attribuire la priorità a misure specifiche per i territori vulnerabili. Il Comitato richiama l’attenzione sulla recente comunicazione della Commissione sulla governance internazionale degli oceani e sul pacchetto di 14 azioni ivi presentato (2). Il settimo programma d’azione dell’UE per l’ambiente, che copre il periodo fino al 2020, e gli obiettivi dell’UE in materia di adattamento ai cambiamenti climatici e mitigazione degli stessi vertono su settori infrastrutturali, quali energia e trasporti, nonché su aspetti specifici che interessano il turismo costiero e marittimo. Anche la Banca europea per gli investimenti metterà a disposizione delle PMI finanziamenti per investimenti nel turismo e/o nelle regioni di convergenza.

1.9.

La gestione dei rifiuti è una questione di notevole importanza per il turismo nautico e marittimo, dato che il turismo stesso costituisce un’importante fonte di rifiuti. Il WWF stima che oltre l’80 % dell’inquinamento marino proviene da attività svolte sulla terraferma. Il problema è aggravato ulteriormente dalla dispersione di rifiuti nell’ambiente marino. Sono pertanto necessarie misure innovative in grado di ridurre i problemi connessi ai rifiuti, in aggiunta a un’applicazione efficace e coordinata dei regolamenti. Il Comitato chiede un’attuazione armonizzata delle convenzioni internazionali al fine di promuovere la creazione di capacità nei paesi terzi.

1.10.

In considerazione delle prospettive di crescita del settore, l’intera catena di gestione dei rifiuti (dalla raccolta allo smaltimento) costituisce una sfida di rilievo, specialmente in zone circoscritte come le isole. In questo contesto, il CESE raccomanda inoltre di creare una «coalizione per il patrimonio naturale» che comprenda le isole e le zone costiere nonché i principali protagonisti del settore ambientale, quali le fondazioni e le organizzazioni internazionali, per consentire alle isole e alle zone costiere europee di svolgere un ruolo trainante nello sviluppo di misure per un ambiente pulito a livello mondiale, incentivate da approcci integrati al turismo.

1.11.

L’investimento nelle risorse umane costituisce un requisito fondamentale per una crescita sostenibile e competitiva. Tuttavia, il settore non attrae abbastanza personale qualificato, soprattutto perché manca di attrattiva sul piano dell’avanzamento di carriera e dell’occupazione a lungo termine. Il Comitato raccomanda di concepire uno specifico piano d’azione strategico per attrarre e trattenere un flusso costante di lavoratori qualificati, interessati ad ottenere un posto di lavoro a lungo termine nel settore. Il piano d’azione deve presentare proposte concrete basate su un approccio scientifico e pratico, in modo da aumentare l’attrattiva del settore.

2.   Osservazioni generali

2.1.

La presidenza maltese ha chiesto al CESE di presentare un parere esplorativo dal titolo «Strategie di diversificazione del turismo nautico e marittimo» nel più ampio contesto delle strategie innovative per lo sviluppo di un ambiente più competitivo in Europa, con particolare attenzione alla regione del Mediterraneo.

2.2.

Il settore del turismo è un’industria potente a livello mondiale, con un enorme potenziale in termini di occupazione e di crescita economica, come riconosciuto dall’articolo 195 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Nel 2014, il settore del turismo ha contribuito con più di 1 600 miliardi di euro, pari quasi al 10 % del PIL totale dell’UE, e i suoi effetti diretti, indiretti e indotti hanno sostenuto 25 milioni di posti di lavoro nell’UE (3). La presidenza maltese dell’UE ha individuato nel sottosettore marittimo del turismo una delle aree di intervento prioritarie. Lo sviluppo di prodotti turistici e di servizi marittimi pertinenti potrebbe contribuire al potenziale di crescita nelle zone costiere e insulari dell’UE. È pertanto necessario individuare le attuali tendenze e previsioni per offrire un’immagine più chiara delle opportunità innovative in linea con la natura specifica del turismo nautico e marittimo.

2.3.

Il turismo nautico e marittimo è il principale sottosettore dell’industria del turismo, nonché la principale attività marittima in Europa. Occupa quasi 3,2 milioni di persone, genera complessivamente un valore aggiunto lordo di 183 miliardi di euro (4) e ha il potenziale per la creazione di posti di lavoro e crescita blu sostenibile. Al fine di promuovere l’Europa quale principale destinazione nautica del mondo, le infrastrutture del turismo insulare e costiero europeo devono offrire agli utenti servizi adeguati e innovativi, anche per quanto riguarda l’accessibilità, assicurando al tempo stesso uno sviluppo sostenibile per le comunità locali. Anche il turismo nautico «interno», che interessa un certo numero di Stati membri a livello di laghi, fiumi ecc., rientra in tale settore e deve essere tenuto in considerazione nel processo di revisione. Questo settore comprende anche un’importante industria cantieristica per imbarcazioni da diporto e navi da crociera, nella quale l’Europa occupa una posizione di primo piano nell’economia mondiale.

3.   Proposte del CESE per nuovi paradigmi nella politica del turismo

3.1.

Nel corso degli anni, il Comitato ha adottato diversi pareri sulla politica a favore del turismo in generale e sul turismo insulare e costiero in particolare. Ha proposto lo sviluppo di programmi di apprendimento permanente, destinati specificamente agli addetti del settore turistico nelle isole, nonché la creazione di una scuola interregionale, basata su un concetto simile a un «Erasmus degli studenti e degli addetti al settore del turismo», scegliendo come sede un’isola situata in una posizione strategica.

3.2.

Il CESE ritiene che la definizione di isola adottata dall’UE sia inadeguata e debba essere riveduta per tenere conto delle nuove realtà di un’Unione europea allargata che comprende anche Stati membri insulari. Nell’ottica di promuovere l’Europa come principale destinazione turistica a livello mondiale, raccomanda altresì di sviluppare la cooperazione macroregionale (ne sono esempi la strategia adriatica e ionica, la strategia per il Mar Baltico e quella per il Danubio) per risolvere problemi quali l’accessibilità. Ciò richiede sistemi di continuità territoriale di alta qualità che operino dalle isole verso il continente.

3.3.

Il cambiamento climatico implica l’adozione di misure incisive di adattamento a favore della resilienza climatica delle isole in tutti i settori delle loro economie. Il CESE ha raccomandato l’introduzione di un «Island Change Test» che affronti questioni quali l’energia e i trasporti (infrastrutture e accessibilità), l’innalzamento del livello del mare, il deterioramento della biodiversità e altri aspetti importanti.

3.4.

Le economie insulari sono diventate troppo dipendenti da un turismo principalmente stagionale, e pertanto è necessaria una diversificazione. Il Comitato ha sottolineato che, se si considera l’economia marittima come una fonte inesauribile di risorse ancora intatte e si insiste sulla crescita blu quale rimedio miracoloso ai mali dell’economia europea, si rischia di moltiplicare le diverse pressioni che già gravano sulle coste e sui mari dell’UE. La sostenibilità a lungo termine deve rimanere pertanto un principio generale in sede di elaborazione e attuazione delle misure.

3.5.

La comunicazione della Commissione Strategia europea per una maggiore crescita e occupazione nel turismo costiero e marittimo, adottata nel 2014 (5), mira a colmare le lacune esistenti in materia di governance e istituisce un quadro di cooperazione tra le autorità pubbliche e i partenariati pubblico-privati, anche attraverso il raggruppamento territoriale e le strategie integrate. Alla luce delle specificità di ciascun bacino marittimo, la comunicazione propone 14 azioni concrete, riguardanti gli investimenti delle imprese, la forte stagionalità, la diversificazione del prodotto e l’innovazione, la connettività, l’accessibilità, il miglioramento delle infrastrutture, lo sviluppo delle competenze e la protezione dell’ambiente marino. È attualmente in corso l’attuazione del piano d’azione (6).

4.   Proposte del CESE per le strategie di diversificazione del turismo nautico e marittimo

4.1.    Approccio ambientale intersettoriale

4.1.1.

Nel corso degli anni molto è stato fatto per richiamare l’attenzione dei responsabili decisionali ad alto livello e delle parti interessate sul legame tra oceani e clima. Ciò ha portato all’inserimento degli oceani nell’accordo di Parigi del 2015 e alla relazione speciale sugli oceani del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC). Detti sforzi richiedono un sostegno ai fini dell’attuazione dell’accordo di Parigi, ivi compreso il rafforzamento delle capacità tecniche degli Stati membri per lo sviluppo di percorsi tecnologici per un futuro a basse emissioni.

Il trasporto marittimo è responsabile di circa il 2,5 % delle emissioni di gas a effetto serra a livello mondiale. L’UE chiede un approccio a livello globale per ridurre le emissioni di gas a effetto serra del settore del trasporto marittimo internazionale, dato che tali emissioni dovrebbero subire un aumento significativo di qui al 2050. In base ai risultati del secondo studio sui gas a effetto serra dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO), il consumo di energia delle navi e le emissioni di CO2 potrebbero essere ridotti fino al 75 % applicando delle misure operative e attuando le tecnologie esistenti. Molte di queste misure sono efficienti in termini di costi e offrono netti vantaggi, in quanto gli eventuali costi operativi o di investimento vengono compensati da una riduzione dei costi del carburante. È possibile ottenere queste riduzioni mediante la messa a punto di nuove tecnologie innovative.

4.1.2.

Il Mediterraneo è una delle regioni più importanti del mondo per le sue eccezionali caratteristiche di biodiversità, ma è anche più vulnerabile di altre ai cambiamenti climatici. Il turismo costiero su larga scala rappresenta una delle cause principali delle perdite ecologiche subite dalla regione. Tuttavia, il Mediterraneo è anche caratterizzato da un elevato valore naturale che gli attribuisce un’importanza fondamentale per la tutela della biodiversità. A tale riguardo, assume importanza fondamentale la cooperazione regionale per la protezione degli ecosistemi marini. Il programma di finanziamento LIFE+ dell’Unione europea sostiene gli obiettivi della strategia dell’UE in materia di biodiversità e offre la possibilità di finanziare progetti innovativi in tema di turismo costiero e marino.

4.1.3.

La gestione dei rifiuti è una questione di notevole importanza per il settore, soprattutto nelle isole, caratterizzate da un’elevata stagionalità. La maggior parte delle isole può incontrare difficoltà nel far fronte all’elevato numero di visitatori nei periodi di punta, che richiede ingenti investimenti per la fornitura di quantità adeguate d’acqua o impianti per il trattamento dei rifiuti. Inoltre, le conclusioni della convenzione sulla diversità biologica (CBD) forniscono un quadro di azione riconosciuto a livello globale per contrastare le minacce al patrimonio naturale, tra cui la gestione dell’inquinamento marino e delle microplastiche, nonché una riduzione duratura e la successiva abolizione dei sacchetti di plastica monouso.

4.1.4.

Diversi studi e relazioni sottolineano che la l’adozione di un approccio rispettoso della natura rappresenta una scelta economicamente conveniente per il turismo costiero europeo. L’UE deve incentivare gli Stati membri a intensificare i loro sforzi volti ad adottare pratiche rispettose dell’ambiente in materia di turismo e introdurre programmi con finalità ambientali che riducano gli effetti del cambiamento climatico, un impegno che dovrebbe essere supportato dalla promozione dell’ecoturismo come segmento a sostegno del turismo nautico.

4.1.5.

Queste sfide rendono più importante, ai fini dello sviluppo del turismo nautico e marittimo, il rispetto dei principi di sviluppo sostenibile. La sostenibilità, tuttavia, deve basarsi su un modello operativo e misurabile che istituisca un sistema di indicatori per monitorare e seguire le attività e gli sviluppi del turismo marittimo, in particolare per gli Stati e le regioni insulari. Le destinazioni dal canto loro devono adoperarsi per definire dei valori soglia per l’intensità del turismo, che, qualora venissero superati, creerebbero una serie di problemi con effetti negativi sul settore e sulla sua sostenibilità a lungo termine. Tali valori comprendono in particolare:

il deterioramento e la perdita delle risorse ecologiche;

le pressioni sull’ambiente e sulle infrastrutture fisiche;

i conflitti tra turisti e popolazione locale che comportano una riduzione dell’ospitalità locale;

l’insoddisfazione dei visitatori.

4.1.6.

Il sistema europeo di indicatori per il turismo, elaborato dalla Commissione europea nel 2013 e riveduto nel 2016 (7), è uno strumento di gestione volontario che individua una serie di indicatori di base per aiutare le destinazioni turistiche a monitorare e misurare le loro prestazioni in materia di turismo sostenibile.

4.1.7.

Al riguardo, l’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) rappresenta una preziosa fonte di informazioni, statistiche e consulenza, che sono essenziali nel processo di definizione dei principi di sostenibilità.

4.1.8.

Occorre altresì fare riferimento al parere del CESE sul tema Le isole intelligenti, in particolare per quanto riguarda l’adozione delle migliori pratiche.

4.1.9.

Il progetto Tracking European Operations for Maritime EcoSystems («Operazioni europee di monitoraggio degli ecosistemi marini»), realizzato nel quadro di ERA-LEARN 2020 (azione di sostegno — CSA) e finanziato da Orizzonte 2020, può costituire anch’esso una risorsa preziosa di informazioni per la realizzazione di detto obiettivo.

4.1.10.

Molte organizzazioni e istituzioni hanno contribuito al processo di tutela ambientale, per esempio il WWF, la piattaforma Ocean & Climate, la Conferenza delle regioni periferiche marittime d’Europa (CRPM), Greenpeace e varie strutture delle Nazioni Unite, che hanno lavorato a fianco di numerose strutture dell’UE e nell’ambito di una cooperazione rafforzata tra i governi e le parti interessate dei settori pubblico e privato. Questo processo va portato avanti se si vogliono conseguire dei risultati positivi.

4.1.11.

Ecosistemi marini sani e zone costiere/insulari preservate contribuiscono in molti modi alla crescita sostenibile e alla creazione di posti di lavoro. Il turismo e l’agricoltura, la pesca, l’acquacoltura e la silvicoltura sono settori chiave che hanno un considerevole impatto sulla biodiversità e sono rilevanti per la sua integrazione. La produzione alimentare sostenibile e la sicurezza alimentare costituiscono delle questioni correlate cui occorre prestare particolare attenzione. Le politiche settoriali che contribuiscono a preservare la biodiversità devono essere elaborate nel contesto di un quadro integrato. Quanto alla questione degli ecosistemi marini, il CESE richiama l’attenzione sulla direttiva sulla pianificazione dello spazio marittimo (PSM) (8) nonché sulla convenzione di Barcellona del 1995 (9).

4.1.12.

L’inquinamento marino spesso deriva dalle acque reflue non trattate e dal settore dell’agricoltura; tuttavia le minacce agli ecosistemi marini comprendono anche lo sfruttamento eccessivo della pesca a fini commerciali, le fuoriuscite di petrolio e altre sostanze pericolose, nonché l’introduzione di specie non indigene. Anche la gestione scorretta delle acque di zavorra può avere un effetto notevole sull’ambiente (10). Gli ecosistemi marini sono un’importante fonte di biodiversità e l’Unione europea sta attuando numerose iniziative per conseguire un ambiente marino sano, in modo da rendere gli ecosistemi più resilienti ai cambiamenti climatici nelle acque marine europee entro il 2020. In considerazione di quanto detto, la situazione richiede una stretta collaborazione tra tutte le parti interessate.

4.1.13.

In questo contesto, la scelta degli strumenti di attuazione riveste un’importanza strategica per garantire che tutti i settori economici traggano beneficio dalle nuove opportunità generate da ecosistemi sani. Allo stesso tempo, la trasparenza, un’adeguata consultazione e la responsabilità sono fattori essenziali affinché il turismo rientri nel concetto generale di buona governance. Come sancito dalla convenzione sulla diversità biologica (CBD) (11), l’efficienza delle risorse e l’economia circolare sono presupposti necessari per realizzare progressi e sostenibilità in questo settore.

4.1.14.

Occorre attuare politiche di sensibilizzazione per migliorare il rispetto delle norme stabilite, mediante incentivi a favore di attività di turismo nautico e marittimo pulite (ivi compresi i settori correlati quali il diportismo, la pesca, l’approvvigionamento alimentare ecc.). In questo contesto, è necessario elaborare programmi di formazione intersettoriale globali per perseguire obiettivi sostenibili complessi, mentre una rete delle zone turistiche interessate consentirebbe lo scambio di dati e buone pratiche.

4.1.15.

L’Europa deve sfruttare le sue risorse naturali e promuovere i suoi siti di eccellenza nei quali vi sia armonia tra la natura e l’assetto del territorio marittimo e costiero. Dato che le zone costiere assumono una particolare importanza strategica in termini ambientali, economici e sociali, la soluzione dei loro problemi deve avvenire nel quadro di una politica integrata di sviluppo sostenibile nella quale rivestono un’importanza primaria l’assetto territoriale, l’equilibrio tra lo sfruttamento delle energie rinnovabili e le restanti attività costiere, nonché il rispetto delle norme urbanistiche (12). È necessario garantire la migliore attuazione possibile della direttiva sulla pianificazione dello spazio marittimo (PSM) da parte degli Stati membri. Dato che questa direttiva non riguarda le zone costiere, è utile fare nuovamente riferimento alla convenzione di Barcellona, che dispone opportunamente di un protocollo sulla gestione delle coste.

4.2.

Vantaggi a lungo termine di un approccio intersettoriale integrato

4.2.1.   Armonizzazione dei requisiti giuridici

4.2.1.1.

È necessario valutare correttamente l’attuale situazione alla luce della scadenza del 18 gennaio 2016, data entro la quale gli Stati membri dell’UE erano tenuti a modificare la loro legislazione nazionale e a recepire la direttiva 94/25/CE sulle imbarcazioni da diporto, modificata dalla direttiva 2003/44/CE. La direttiva sopraccitata è stata adottata allo scopo di promuovere lo sviluppo sostenibile del settore e diminuire il numero di incidenti di imbarcazioni in mare, attraverso l’introduzione di requisiti standard sulla sicurezza degli utenti come anche sulle emissioni di gas di scarico e le emissioni acustiche.

4.2.1.2.

Il quadro giuridico europeo era inteso a eliminare le disparità tra gli Stati membri che rischiavano di ostacolare gli spostamenti all’interno dell’UE. Il processo di armonizzazione obbligatorio ha comportato l’emergere di numerose sfide, che devono essere individuate ed esaminate con urgenza, in quanto manca chiaramente tuttora uniformità a livello dell’Unione europea in termini di requisiti. Vi è una carenza di coordinamento e uniformità, come illustrato dai diversi programmi nazionali di formazione per gli skipper di imbarcazioni da diporto (13). In assenza di una gestione efficace e tempestiva, il processo transitorio di recepimento può rivelarsi controproducente e, se del caso, incidere negativamente sulla competitività dell’industria delle imbarcazioni da diporto, con conseguenze opposte agli obiettivi del turismo nautico e marittimo.

4.2.2.   Competitività

4.2.2.1.

Negli ultimi anni, diversi sottosettori dell’industria in questione sono stati soggetti alla volatilità della domanda e alle fluttuazioni che si registrano nell’industria del turismo in generale, che è stata altresì influenzata dalla situazione economica prevalente nei paesi di origine. I recenti attentati terroristici in Europa e il successivo aggravamento delle altre minacce terroristiche avranno senza dubbio ripercussioni sul turismo. Nel corso degli anni, tuttavia, il turismo si è rivelato estremamente resiliente, anche in tempi molto difficili, come indicato dalla rapida ripresa a seguito della crisi economica del 2008-2009 e delle successive ripetute crisi.

4.2.2.2.

Prodotti e servizi turistici di elevata qualità stanno acquisendo sempre maggiore importanza e devono essere innovativi, ferma restando la necessità di garantire investimenti. Bisogna tenere conto della diversificazione dei prodotti e del loro miglioramento lungo tutta la catena del valore. Questa ipotesi può dare un impulso notevole al turismo nautico e marittimo e all’attrattiva delle potenziali destinazioni, e consentirà di adeguarsi alle nuove tendenze dei consumatori e ai cambiamenti demografici che influenzano le abitudini di viaggio.

4.2.2.3.

I clienti sono sempre più avventurosi e più disposti a partecipare a nuovi modi di trasporto e a nuove esperienze. Il recente invito della Commissione, del valore di 1,5 milioni di EUR, a presentare proposte per la creazione di itinerari nautici che promuovano il turismo nautico rappresenta un passo nella giusta direzione. Questa iniziativa consentirà di promuovere collegamenti ad altri settori economici e attrarre visitatori con interessi particolari, quali la gastronomia, la cultura e le attività ricreative.

4.2.2.4.

Nell’ambito delle sue competenze, la Commissione realizza azioni intese a rafforzare la competitività e la sostenibilità del settore turistico che possono favorire anche lo sviluppo del turismo nautico e marittimo.

4.2.2.5.

Una di queste azioni è il programma COSME, che nel corso degli ultimi sei anni ha sostenuto lo sviluppo e la promozione di prodotti del turismo tematico transnazionale in settori quali il turismo marittimo, il turismo culturale, la gastronomia, lo sport e il benessere (14). Anche l’iniziativa EDEN conferisce visibilità alle destinazioni non tradizionali che hanno dimostrato eccellenza nello sviluppo turistico sostenibile (15). L’edizione del 2010 si è concentrata sulle destinazioni costiere, fluviali e lacustri, promuovendo approcci innovativi per la loro offerta di turismo acquatico.

4.2.2.6.

Le regioni possono inoltre sfruttare i fondi strutturali e di investimento europei (16) per gli investimenti nella modernizzazione delle zone costiere e dei porti anche turistici e per la conservazione del patrimonio naturale e culturale delle zone costiere, purché contribuiscano ai pertinenti obiettivi tematici e facciano parte di una strategia territoriale. La Commissione ha inoltre pubblicato una guida (17) che fornisce una rassegna completa delle possibilità di finanziamento UE per il settore del turismo. I soggetti interessati del turismo marittimo e costiero possono chiedere finanziamenti nell’ambito di tali programmi.

4.2.2.7.

È possibile collegare e promuovere tali servizi raggruppando i prodotti e i servizi in grado di migliorare l’esperienza dei visitatori, vale a dire indirizzandoli verso una scelta globale dei prodotti e servizi che preferiscono e che presentano un interesse specifico per loro. Il concetto di raggruppamento sta diventando sempre più popolare nel turismo, con l’offerta di prodotti e servizi turistici specializzati. Le azioni di marketing mirate consentono di utilizzare tutti gli strumenti, in particolare i metodi digitali, per raggiungere direttamente tutti i potenziali visitatori, allo scopo di creare un collegamento diretto tra questi ultimi e la destinazione.

4.2.3.   Potenziale del turismo nautico e marittimo in termini di creazione di posti di lavoro

L’investimento nelle risorse umane costituisce un requisito fondamentale per una crescita sostenibile e competitiva. La realizzazione di questo obiettivo richiede una gestione strategica dei cambiamenti in termini di opportunità di sviluppo delle competenze, cooperazione a livello settoriale, nonché impegno e leadership delle parti interessate. Si tratta di un processo che richiede la collaborazione di tutte le principali parti interessate attraverso il dialogo sociale e civile, in uno sforzo teso a istituire una strategia comune che affronti una sfida condivisa dalla maggior parte degli Stati membri dell’UE. Esso può fungere anche da base per la creazione di nuove prospettive di lavoro, in particolare per i giovani, per la garanzia della sostenibilità a lungo termine del settore e per la tutela dei diritti dei marittimi in relazione alle loro condizioni di lavoro in mare e il beneficio di un regime di osservanza più rigoroso.

4.2.3.1.

Nel suo parere sulla crescita e l’occupazione nel turismo costiero e marittimo (18), il CESE ha affermato che l’azione proposta di mappatura delle esigenze di formazione e la creazione della sezione per i «posti di lavoro blu» nel portale EURES sono importanti, ma è essenziale anche che la Commissione realizzi un’azione di divulgazione massiccia e di sensibilizzazione degli Stati membri affinché includano i risultati nelle loro politiche interne di formazione. La formazione dovrebbe essere destinata ai dipendenti e ai datori di lavoro, ma anche agli enti del turismo, e includere una sensibilizzazione all’importanza del turismo, del patrimonio europeo e dell’ambiente. Questa formazione deve iniziare nella scuola dell’obbligo, in modo da educare i giovani sin da un’età precoce.

4.2.3.2.

La Commissione ha intrapreso numerose iniziative per lo sviluppo delle competenze nel settore del turismo di cui beneficeranno anche i posti di lavoro blu, come la «nuova agenda per le competenze» (19). Questo importante documento contiene un «programma di cooperazione settoriale in materia di competenze», che individua il turismo come uno dei sei settori pilota nei quali perseguire azioni specifiche sulla base di un approccio guidato dall’industria. In tale contesto, alla fine di gennaio 2017 è stato pubblicato un invito a presentare proposte nell’ambito del fondo Erasmus +, con un bilancio di 4 milioni di EUR. Il fondo sosterrà la creazione di una piattaforma dei principali soggetti interessati settoriali (compresi l’industria e gli istituti di istruzione) che proporrà azioni e raccomandazioni per i successivi 5/10 anni. La piattaforma servirà a esaminare le principali tendenze ed esigenze del settore in materia di competenze, elaborare azioni concrete per soddisfare il fabbisogno di competenze a breve e medio termine, rivedere i profili occupazionali, aggiornare i programmi di studio, promuovere l’attrattiva del settore e incoraggiare la mobilità degli studenti e delle persone in cerca di lavoro.

4.2.3.3.

Nel marzo 2017 sarà inoltre pubblicato nell’ambito di COSME un bando di gara con un bilancio di 800 000 EUR per sostenere azioni volte a promuovere l’immagine delle carriere nel turismo. Le azioni comprenderanno campagne di sensibilizzazione sulle iniziative esistenti e sugli strumenti per lo sviluppo delle competenze nel settore turistico, nonché sull’immagine delle carriere nel turismo, attraverso la fornitura di materiali di sostegno, colloqui e seminari online che presentano gli aspetti positivi di tali carriere (ossia il fatto che sono internazionali, «di tendenza», dinamiche). Tali azioni riguarderanno le imprese (comprese le PMI) e le start-up del settore, nonché gli studenti e le persone in cerca di lavoro.

4.2.4.   Statistiche economiche

4.2.4.1.

Il settore del turismo nautico e marittimo è estremamente complesso e presenta diverse forme di relazioni tra un gran numero di parti interessate differenti. Le numerose attività economiche che nel loro insieme compongono questo settore variano notevolmente. Le informazioni statistiche concernenti il turismo marittimo e costiero negli Stati membri non sono sempre prontamente disponibili e il metodo di raccolta può variare da un paese all’altro. Questo può dar luogo a dati incoerenti e pertanto risultare in cifre che potrebbero non produrre risultati precisi. Data l’importanza del settore per l’economia europea, è imprescindibile disporre di dati coerenti e precisi, che consentiranno al settore nel suo insieme di comprendere e verificare con precisione le dinamiche dell’industria nautica, nonché il modo in cui essa influenza i risultati economici dell’UE. La metodologia del «conto satellite del turismo» (20) è in grado di offrire al settore lo strumento di cui ha bisogno. I dati economici ottenuti attraverso questo sistema possono essere associati alla raccolta di altri dati fondamentali e insieme a essi costituire il «meccanismo di indicatori sostenibili». Il fatto che questo strumento sia già noto ad alcuni Stati membri potrà agevolare il processo.

Bruxelles, 30 marzo 2017.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Comunicazione della Commissione europea — Crescita blu (COM(2012) 494 final).

(2)  JOIN(2016) 49 final e https://ec.europa.eu/maritimeaffairs/policy/ocean-governance_it.

(3)  WTTC, Travel & Tourism economic impact («Impatto economico di viaggi e turismo»), 2015.

(4)  Commissione europea, Studio a sostegno di interventi di politica a favore del turismo costiero e marittimo a livello UE, ECORYS, 2013.

https://ec.europa.eu/maritimeaffairs/sites/maritimeaffairs/files/docs/body/study-maritime-and-coastal-tourism_en.pdf

(5)  COM(2014) 86 final.

(6)  https://ec.europa.eu/maritimeaffairs/policy/coastal_tourism_it

(7)  http://ec.europa.eu/growth/sectors/tourism/offer/sustainable/indicators_en

(8)  Direttiva 2014/89/UE del Parlamento e del Consiglio, del 23 luglio 2014, cfr. anche https://ec.europa.eu/maritimeaffairs/policy/maritime_spatial_planning_it

(9)  http://ec.europa.eu/environment/marine/international-cooperation/regional-sea-conventions/barcelona-convention/index_en.htm

(10)  Attualmente non esiste una legislazione diretta dell’UE per quanto concerne le acque di zavorra, sebbene il regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive riconosca la convenzione internazionale per il controllo e la gestione delle acque di zavorra e dei sedimenti delle navi come una delle possibili misure di gestione delle specie invasive che destano preoccupazione.

(11)  Documento del Consiglio 13398/16 (http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-13398-2016-INIT/it/pdf).

(12)  GU C 451 del 16.12.2014, pag. 64.

(13)  Cfr. GU C 389 del 21.10.2016, pag. 93.

(14)  https://ec.europa.eu/growth/sectors/tourism/offer/sustainable/transnational-products_it.

(15)  https://ec.europa.eu/growth/tools-databases/eden/about/themes_it.

(16)  http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docgener/informat/2014/guidance_tourism.pdf.

(17)  http://ec.europa.eu/growth/tools-databases/newsroom/cf/itemdetail.cfm?item_id=8496&lang=it.

(18)  GU C 451 del 16.12.2014, pag. 64.

(19)  http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1223&langId=it

(20)  Il «conto satellite del turismo» sviluppato dall’OMT è un quadro statistico standard e costituisce il principale strumento di misurazione economica del turismo. Il quadro metodologico raccomandato nel 2008 (noto anche come TSA: RMF 2008) fornisce il quadro concettuale comune aggiornato per mettere a punto un conto satellite del turismo.


30.6.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 209/9


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Le isole dell’UE: da svantaggio strutturale a territorio inclusivo»

[parere esplorativo]

(2017/C 209/02)

Relatore:

Stefano MALLIA

Consultazione

Parere esplorativo (su richiesta della presidenza maltese), 16.9.2016

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

8.3.2017

Adozione in sessione plenaria

29.3.2017

Sessione plenaria n.

524

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

163/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

L’UE deve intensificare gli sforzi volti a riconoscere l’unicità delle sfide cui le isole si trovano a far fronte. Tali sfide non possono essere affrontate solo attraverso la politica di coesione.

1.2.

Le isole scontano una serie di svantaggi strutturali che spesso generano difficoltà nella realizzazione di attività economiche o commerciali. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è fermamente convinto che le decisioni adottate nell’ambito dei principali settori politici, quali il mercato unico, la politica di concorrenza, la politica dei trasporti, la politica di sviluppo rurale e la politica della pesca, come pure le iniziative e i programmi dell’UE a sostegno delle politiche in materia di istruzione, formazione, gioventù e sport, debbano essere applicati con maggiore flessibilità nel caso delle economie insulari.

1.3.

Il CESE ritiene che i criteri utilizzati da Eurostat per definire una regione insulare debbano essere riveduti e che sarebbe opportuno utilizzare criteri più appropriati (cfr. i punti da 2.4 a 2.6).

1.4.

Occorre prestare un’attenzione particolare alle persone con disabilità e, più in generale, a tutte le persone svantaggiate, poiché tendono a risentire maggiormente delle conseguenze dei problemi che affliggono le isole.

1.5.

Il CESE ritiene essenziale che tutte le azioni di sostegno alle isole diano la priorità all’accessibilità dei servizi pubblici, alla promozione di una crescita sostenibile e allo stimolo alla piena occupazione, alla competitività e alla coesione nelle isole europee.

1.6.

Le isole e le regioni insulari spesso offrono opportunità uniche per soluzioni energetiche pulite. Il CESE sostiene tutti gli sforzi compiuti dalla Commissione europea in tale ambito e, più in particolare, la transizione delle isole verso soluzioni energetiche completamente pulite.

1.7.

Il CESE sostiene la richiesta avanzata dal Parlamento europeo alla Commissione di realizzare uno studio approfondito sui costi aggiuntivi sostenuti dalle isole europee.

1.8.

Il CESE invita la Commissione e il Consiglio a considerare tutte le regioni o gli Stati membri insulari ammissibili ad un finanziamento per le infrastrutture nell’ambito della politica di coesione post-2020. Di conseguenza, tutti i fondi per il periodo 2014-2020 destinati ad attenuare le difficoltà specifiche cui sono confrontate le isole dovranno essere sottoposti ad una valutazione ex post della loro efficacia.

1.9.

Il CESE invita la Commissione a definire un quadro legislativo più adeguato per quanto riguarda l’applicazione degli aiuti di Stato nelle regioni insulari e nelle isole che coincidono con uno Stato membro insulare.

1.10.

Il CESE invita la Commissione a intensificare il coordinamento attraverso il gruppo interservizi sullo sviluppo territoriale e urbano e il ricorso allo strumento della valutazione d’impatto territoriale per rivedere le principali normative e individuare i punti in cui possano esservi inserite clausole in materia di insularità.

2.   Insularità ed Europa: quadro generale

Ambito di applicazione

2.1.

Le isole europee contano oltre 21 milioni di abitanti, ossia circa il 4 % dell’intera popolazione dell’UE-28. La popolazione complessiva di tutte le isole dell’UE messe insieme (escludendo le isole che coincidono con uno Stato membro, come Gran Bretagna, Irlanda, Cipro e Malta) equivarrebbe a quella dell’11o paese più popolato d’Europa (1). Occorre adottare con urgenza un quadro strategico integrato per risolvere i problemi di coesione economica, sociale e territoriale che le isole europee devono affrontare.

2.2.

L’UE deve riconoscere l’unicità delle sfide a cui le isole si trovano a far fronte; sia in ambito UE che nazionale, quindi, è necessario adoperarsi per massimizzare l’intero potenziale delle isole dell’Unione.

2.3.

Il presente parere intende rilanciare il dibattito a livello dell’UE sul valore dell’insularità nelle politiche europee, concentrandosi in particolare sulla politica di coesione post-2020, e promuovere un approccio «dal basso» basato su una partecipazione più concreta della società civile e delle parti sociali al processo decisionale al fine di definire politiche e programmi fondati sulle esigenze reali dei cittadini. Nel periodo successivo al 2020 dovranno essere ulteriormente rafforzati il partenariato e la governance multilivello previsti dal regolamento recante disposizioni comuni (2).

2.3.1.

Il parere punta inoltre a fornire una serie adeguata di raccomandazioni politiche volte a definire e caratterizzare il concetto di «isole inclusive», attuando i principi di «efficienza» ed «equità» quali fattori chiave per la promozione della competitività e della coesione sociale di tutte le isole europee:

«efficienza»: assicurare che tutte le isole possano raggiungere un pieno sviluppo,

«equità»: assicurare che tutti i cittadini abbiano accesso a opportunità e servizi a prescindere dal contesto territoriale in cui vivono.

Definizione di isole e insularità

2.4.

Eurostat definisce (3) isola qualsiasi territorio che soddisfi i seguenti cinque criteri: 1) superficie minima di 1 km2; 2) distanza di almeno 1 km dalla terraferma; 3) popolazione residente stabile di almeno 50 abitanti; 4) nessun collegamento fisso con la terraferma; 5) non ospita la capitale di uno Stato membro dell’UE.

2.5.

Le isole europee possono inoltre essere raggruppate in base alle caratteristiche geografiche, alla classificazione NUTS (classificazione comune delle unità territoriali per la statistica) e alle dimensioni.

2.6.

Tre sono le dimensioni che definiscono l’insularità: 1) superficie modesta, 2) ubicazione periferica e 3) vulnerabilità (4).

2.7.

La strategia dell’UE per le isole ha ricevuto maggiore attenzione in seguito all’adesione all’UE di due piccoli Stati insulari, Cipro e Malta.

2.7.1.

Nel 2008, nel Libro verde sulla coesione territoriale  (5), è stata proposta una definizione di coesione territoriale quale «mezzo per trasformare la diversità in un punto di forza che contribuisca allo sviluppo sostenibile di tutta l’Unione». Da questa prospettiva, l’insularità può essere considerata un punto di forza e una fonte di potenziale sviluppo.

2.8.

La «politica di coesione dell’UE 2014-2020» getta le basi per un allineamento dei programmi dell’Unione alle esigenze dei territori svantaggiati, tra cui le isole, con particolare attenzione alle principali sfide territoriali individuate nel «quadro strategico comune». In preparazione della politica di coesione da attuare per il periodo successivo al 2020, è necessario esaminare ulteriormente dalla prospettiva delle isole i nuovi strumenti introdotti a sostegno delle strategie integrate di sviluppo territoriale per il periodo 2014-2020, come ad esempio gli investimenti territoriali integrati (ITI) e lo sviluppo locale di tipo partecipativo (Community-led Local Development — CLLD).

2.9.

Tenuto conto delle raccomandazioni contenute nei pareri del CESE sui temi Problemi specifici delle isole e Le isole intelligenti  (6), e in seguito alla revisione intermedia della «strategia Europa 2020» (7), è chiaro che, per quanto riguarda le isole, i fondi della politica di coesione non hanno prodotto i risultati auspicati. Risulta pertanto evidente la necessità di un riesame.

2.10.

Nel gennaio 2016, con la risoluzione sulla condizione di insularità (8), il Parlamento europeo ha posto le basi per la revisione delle attuali politiche UE in materia.

3.   Problemi principali delle isole europee

3.1.

In base alle conclusioni dello studio Euroislands condotto da ESPON/ORATE (Osservatorio in rete dell’assetto del territorio europeo) (9), prima di analizzare i problemi delle isole europee è utile redigere una breve descrizione dei «punti di forza» e dei «punti deboli» nonché delle «opportunità» e delle «minacce», per contestualizzare meglio le sfide che le isole dovranno affrontare nei prossimi anni.

3.1.1.

Per quanto riguarda i «punti di forza», la qualità della vita, la presenza di un’elevata densità di capitale naturale e culturale e una forte identità culturale rappresentano leve concrete che dovrebbero essere sfruttate per creare nuova ricchezza e occupazione nelle isole.

3.1.2.

Per quanto riguarda i «punti deboli», l’insularità influisce in modo diretto e permanente su alcuni dei parametri più importanti per l’attrattiva delle isole, come l’accessibilità, i servizi di interesse pubblico, le reti e i servizi privati, le economie di scala e l’organizzazione del mercato.

3.1.3.

Tra le «opportunità» si possono includere la domanda di qualità della vita, prodotti alimentari sicuri e di qualità, un turismo di interesse specifico e servizi residenziali. Tali fattori dovrebbero essere sfruttati e trasformati in punti di forza per affrontare i principali aspetti negativi della condizione di insularità legati alla modesta superficie, all’ubicazione periferica e alla vulnerabilità.

3.1.4.

Le «minacce» possono essere individuate nei cambiamenti climatici, nella globalizzazione, nelle crisi economiche, nell’aumento dei prezzi dell’energia, nella carenza idrica, nel degrado del suolo e nell’esaurimento degli stock ittici.

3.2.

Sebbene i problemi che colpiscono le isole europee abbiano conseguenze notevolmente diverse a seconda di fattori specifici (10), è possibile suddividerli in tre gruppi principali: 1) economia delle isole; 2) equità sociale e 3) conservazione ambientale.

3.3.

Economia delle isole: nelle isole il PIL pro capite medio è inferiore alla media dell’UE-28 (11). In generale, il processo di convergenza economica è più lento rispetto alle altre regioni dell’UE. In molte isole i livelli del PIL e l’occupazione sono sostenuti dalle attività turistiche e da un vasto settore pubblico, il che è indice di una bassa competitività dell’economia.

3.3.1.

L’elevato costo dei trasporti e la mancanza di collegamenti con altri territori rappresentano un problema serio per i territori insulari, che deve essere riconosciuto e affrontato in modo flessibile al fine di consentire la sopravvivenza e la prosperità delle economie insulari. Sebbene in base al quadro giuridico in vigore — il regolamento (CEE) n. 3577/92 — gli Stati membri abbiano la possibilità di organizzare dei servizi pubblici per assicurare collegamenti regolari con i territori insulari, oggi è necessario valutare quale sia stato l’impatto effettivo di tale misura.

3.3.2.

Un altro aspetto dalle conseguenze negative per la competitività dell’economia di alcune isole è rappresentato dalle «economie monocultura», cioè dal fatto che alcune economie insulari si specializzano in un unico o solo in pochi settori economici (per esempio il turismo), oppure hanno un’attività economica limitata a causa delle loro dimensioni ridotte.

3.3.3.

Il CESE sostiene la richiesta avanzata dal Parlamento europeo alla Commissione di realizzare un’analisi/uno studio approfondito sui costi aggiuntivi sostenuti dalle isole europee in termini di sistema di trasporto passeggeri e merci, nonché di approvvigionamento energetico e di accesso ai mercati, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese (PMI).

3.4.

Equità sociale: nell’ultimo decennio nelle isole europee l’equità sociale ha subito sostanziali modifiche a causa di diversi fattori interni ed esterni: trasporti, trasformazioni economiche e cambiamenti culturali, degli stili di vita e delle aspirazioni. La crisi economica ha influito negativamente sui fattori di equità sociale.

3.4.1.

Il declino demografico interessa le isole meno sviluppate, che tendono a risentire maggiormente dell’invecchiamento della popolazione.

3.4.2.

In alcuni sistemi insulari (per esempio le isole del Mediterraneo) i movimenti migratori di profughi hanno avuto un impatto sugli standard di equità sociale. Di recente un cospicuo numero di migranti è giunto in territori insulari, in alcuni casi arrivando persino a superare la popolazione locale, che, a sua volta, non è in grado di fornire loro il sostegno e l’assistenza necessari. Il CESE invita la Commissione a continuare a rafforzare le sinergie tra il Fondo Asilo, migrazione e integrazione (Asylum, Migration and Integration Fund — AMIF) e i fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE), ed esorta gli Stati membri e le regioni a utilizzare le risorse dei fondi SIE per sostenere politiche di integrazione efficaci in materia di istruzione, occupazione, alloggio e lotta alla discriminazione.

3.4.3.

Le iniziative e i programmi dell’UE a sostegno delle politiche in materia di istruzione, formazione, gioventù e sport — come ad esempio Erasmus+ — dovrebbero tener conto del fattore «isolamento» delle isole, nonché della mancanza di competenze e di conoscenze talvolta riscontrabile nei territori insulari, al fine di garantire un adeguato finanziamento e un corretto funzionamento degli scambi e dei contatti a livello internazionale.

3.4.4.

Le persone con disabilità e, più in generale, tutte le categorie di popolazione svantaggiate risentono più di altre delle conseguenze dei problemi sopra descritti. Un modello positivo da seguire in tutte le politiche dell’UE è quello offerto dalla politica di coesione, che impone ai beneficiari finali di rendere accessibili alle persone svantaggiate i progetti finanziati con i fondi SIE.

3.5.

Conservazione ambientale: le isole europee sono spesso situate in regioni considerate luoghi unici per la loro biodiversità.

3.5.1.

Tale caratteristica è dovuta, tra le altre cose, all’elevata frammentazione degli habitat. Molte isole sono considerate particolarmente ricche in termini di biodiversità terrestre e marina, e proprio per questo motivo nella maggior parte dei territori insulari esistono di solito delle aree protette.

3.5.2.

Le isole europee possiedono caratteristiche naturali uniche, ma i loro ecosistemi sono anche fragili e molto vulnerabili alle pressioni esercitate dall’uomo e ad altre pressioni esterne. Inoltre, esse possono essere caratterizzate da una quantità limitata di terreni coltivabili ed essere soggette a siccità, innalzamento del livello del mare ed erosione del suolo.

3.5.3.

Tutte le isole devono far fronte a problemi più o meno gravi in termini di inquinamento marino, con particolare riguardo ai rischi dell’inquinamento dovuto ai rifiuti di plastica, endemico nei nostri mari (causato principalmente da attività non insulari), oltre che in termini di desertificazione e degrado del paesaggio, scarsità di acqua potabile, dipendenza dai combustibili fossili e gestione dei rifiuti e delle acque reflue.

4.   Verso «isole inclusive»: la strada da seguire

4.1.

La strategia per trasformare le sfide sopra descritte presuppone un’armonizzazione e un miglioramento dell’equilibrio tra sostenibilità economica, ambientale e sociale attraverso l’applicazione di un «approccio olistico» volto a tradurre nella realtà i concetti di «isole di qualità», «isole verdi» e «isole delle pari opportunità».

«Isole di qualità»: rafforzare la competitività, la prosperità e la coesione delle isole europee

4.2.

Il CESE ritiene essenziale promuovere una crescita sostenibile (sul piano economico, ambientale e sociale) e favorire la piena occupazione, l’innovazione, la competitività e la coesione delle isole europee, consolidando e diversificando determinate attività economiche nell’ottica di una reciproca solidarietà tra le isole, e tra queste e la terraferma.

4.2.1.

Nonostante gli ostacoli posti dalle dimensioni e dall’insularità, i prodotti delle isole ottenuti con risorse e specifiche competenze locali possono essere concorrenziali. Nuove conoscenze, innovazione e risorse umane qualificate sono i presupposti per il successo di una tale strategia, che dovrà essere «orientata a nicchie» di mercato.

4.3.

Il CESE è fermamente convinto che le decisioni adottate nell’ambito dei principali settori politici, quali il mercato unico, la politica di concorrenza, la politica dei trasporti, la politica di sviluppo rurale e la politica della pesca, debbano essere applicate con maggiore flessibilità nel caso delle economie insulari. Il conseguimento degli obiettivi richiesti non può dipendere soltanto dalla politica di coesione.

4.3.1.

Una priorità di cui tenere conto per promuovere «isole di qualità», considerando gli ambiti di intervento summenzionati, si riferisce all’utilizzo dell’«innovazione aperta e sociale» nell’intento di creare nuove imprese e opportunità di lavoro e, in tal modo, aumentare l’attrattiva delle isole per gli stessi abitanti.

«Isole verdi»: garantire la sostenibilità nelle isole europee

4.4.

È di fondamentale importanza che gli Stati membri, attingendo alle risorse dei fondi SIE, rafforzino l’impegno finalizzato alla gestione sostenibile e alla protezione dell’ambiente, oltre che a valorizzare i punti di forza territoriali delle isole. È altresì essenziale attuare strategie volte alla riduzione dell’utilizzo di risorse quali l’acqua, il suolo e l’energia e al riciclaggio dei rifiuti prodotti dalle imprese e dalla popolazione locale.

4.5.

Il CESE ritiene che l’«economia circolare» rappresenti una priorità per le isole europee. Lo sviluppo di un modello di economia circolare per le isole europee contribuirà a proteggere le economie insulari dall’esposizione ai rischi legati all’approvvigionamento di risorse e alla volatilità dei prezzi delle materie prime.

4.6.

Le isole e le regioni insulari spesso offrono opportunità uniche per soluzioni energetiche pulite. La Commissione europea ne ha preso atto e si è impegnata a sostenere lo sviluppo e l’adozione, sulle isole e nelle regioni insulari dell’UE, delle migliori tecnologie disponibili, compreso lo scambio di buone pratiche in materia di finanziamenti e di sistemi giuridici e regolamentari (12). Il CESE incoraggia la Commissione ad impegnarsi in questa iniziativa insieme alle autorità degli Stati membri e delle comunità insulari, e le offre il proprio pieno sostegno per l’attuazione di un quadro giuridico globale che accompagni la transizione delle isole europee verso soluzioni energetiche completamente pulite.

«Isole delle pari opportunità»: garantire l’accessibilità e la connettività per tutti gli abitanti

4.7.

Il CESE sostiene la promozione di uno sviluppo territoriale basato sulla parità di accesso di tutti i cittadini delle regioni insulari ai servizi di interesse generale (SIG), sulla cooperazione tra i sistemi delle isole e quelli della terraferma, su una migliore accessibilità dei servizi, sulla mobilità sostenibile e sul miglioramento dei modi di trasporto e delle infrastrutture di comunicazione.

4.8.

È fondamentale promuovere processi di riqualificazione e di apprendimento permanente che permettano una valorizzazione ottimale delle risorse umane disponibili a livello locale, assicurino parità di condizioni e di opportunità alle persone con disabilità e sostengano l’invecchiamento attivo in quanto risorsa strategica locale. È anche essenziale incoraggiare i giovani abitanti delle isole a partecipare di più ai programmi dell’UE volti a promuovere la mobilità per corsi di formazione e di qualificazione, come ad esempio Erasmus+.

4.9.

Per far fronte alle sfide che le attendono nei prossimi anni, le isole dell’UE avranno bisogno, oltre che di un risoluto sostegno politico, di una maggiore partecipazione della società civile e delle parti sociali al processo di elaborazione di una «nuova strategia per le isole», nonché di un sistema imprenditoriale rafforzato da misure tese a migliorare la competitività delle PMI.

4.9.1.

È questo il motivo per cui i soggetti economici sia pubblici che privati, le parti sociali e le diverse componenti della società civile organizzata devono disporre di conoscenze e competenze riguardo alle politiche e ai programmi europei nonché alle possibilità di finanziamento offerte dall’UE, grazie a programmi di formazione ad hoc nonché ad un supporto organizzativo e un’assistenza tecnica specifici.

4.10.

Il CESE sottolinea che la capacità digitale rappresenta uno strumento essenziale per compensare gli svantaggi delle isole europee in termini di connettività. Sono necessari maggiori investimenti nel campo delle infrastrutture e delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione al fine di assicurare una disponibilità sufficiente di servizi pubblici per soddisfare le esigenze di tutti gli abitanti dei territori insulari.

5.   Osservazioni e proposte specifiche

5.1.

Il CESE ritiene che i criteri utilizzati da Eurostat per definire le isole debbano essere riveduti per stabilire se siano ancora adeguati.

5.2.

Il CESE si compiace che il quadro strategico comune 2014-2020 (13) obblighi gli Stati membri a tener conto delle caratteristiche geografiche o demografiche e ad adottare provvedimenti per affrontare le sfide territoriali proprie a ciascuna regione in modo da liberarne lo specifico potenziale di sviluppo, aiutando così le regioni anche a conseguire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nel modo più efficace. Occorre uno sforzo maggiore in questa direzione per ottenere risultati più tangibili.

5.3.

La sfida principale a sostegno della competitività e della coesione delle isole europee consiste nel renderle più attrattive. In base alle conclusioni dello studio Euroislands (14), occorre tenere conto di due fattori principali nella pianificazione dei processi di sviluppo volti ad una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva delle isole europee: l’attrattiva della vita sulle isole e l’attrattiva per le imprese.

5.4.

Alla luce della citata risoluzione del Parlamento europeo sulla condizione di insularità e delle risoluzioni della CRPM (Conferenza delle regioni periferiche marittime d’Europa), il CESE individua le seguenti misure da adottare per migliorare l’attrattiva delle isole:

considerare tutte le regioni insulari e le isole che coincidono con uno Stato membro insulare come regioni meno sviluppate nell’ambito della politica di coesione post-2020;

definire criteri nuovi e più adeguati per gli «aiuti di Stato»;

istituire un’«unità Isole» presso la DG REGIO unitamente a un programma specifico per le isole;

inserire clausole di insularità in tutti i principali atti legislativi dell’UE (se del caso).

5.5.

Il CESE fa propria l’esortazione del CdR a fornire, nel quadro della politica di coesione e di altre politiche europee, un sostegno più intenso e mirato per la riqualificazione delle città e delle aree portuali, anche quelle situate sulle isole, sfruttando nel contempo le possibilità offerte dall’agenda territoriale, dall’agenda urbana, dalla Carta di Lipsia e dal patto di Amsterdam (15).

5.6.

La maggior parte dei finanziamenti della politica di coesione si concentra nelle regioni meno sviluppate. Nella politica di coesione la classificazione delle regioni si basa in gran parte sul PIL regionale, che per diverse ragioni costituisce un indicatore tutt’altro che adeguato.

5.6.1.

Tenendo conto delle conclusioni del CESE sulla revisione intermedia della strategia Europa 2020, nell’ambito della metodologia di assegnazione dei fondi strutturali è opportuno prendere in considerazione anche altri indicatori a complemento del PIL. Nell’ipotesi che l’assegnazione delle risorse si basi anche su questi indicatori complementari, i finanziamenti per i territori insulari dovrebbero aumentare. Il CESE invita la Commissione a elaborare altri indicatori oltre al PIL, che tengano conto della vulnerabilità economica, sociale e ambientale delle isole.

5.6.2.

Se si adottasse un approccio «oltre il PIL», le isole europee potrebbero rientrare nella categoria delle «regioni meno sviluppate». In tal caso, tutte le isole europee potrebbero attingere alle risorse del Fondo di coesione per realizzare delle infrastrutture strategiche, e anche il volume di aiuti alle imprese destinati alla competitività e alla coesione di queste aree potrebbe essere aumentato e modulato in funzione del loro livello di attrattiva.

5.6.3.

La Commissione dovrebbe valutare quale potrebbe essere il valore aggiunto di un programma di azioni innovative destinato alle isole e volto a individuare e sperimentare soluzioni innovative per lo sviluppo sostenibile dei territori insulari nel periodo successivo al 2020.

5.6.4.

Tenuto conto delle caratteristiche geomorfologiche e delle specificità economiche di alcune isole europee (zone costiere, aree interne e zone montuose), è possibile attuare un approccio innovativo teso a promuovere la complementarità tra i fondi SIE, nonché le sinergie tra le due strategie a favore della «crescita blu» e dello «sviluppo rurale».

Bruxelles, 29 marzo 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  https://europeansmallislands.com/2017/02/11/the-11th-nation/

(2)  Articolo 5 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013.

(3)  Portrait of Islands (Ritratto delle isole), Commissione europea, Eurostat, 1994.

(4)  Insularity and economic development: a survey (Insularità e sviluppo economico: un’indagine), Manuela Deidda, CRENOS 2014.

(5)  Commissione europea, COM(2008) 616 final, Bruxelles, 6 ottobre 2008.

(6)  GU C 181 del 21.6.2012, pag. 7, GU C 268 del 14.8.2015, pag. 8,

http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.ten-opinions&itemCode=40697

(7)  Parere del CESE sul tema Bilancio della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (GU C 12 del 15.1.2015, pag. 105).

(8)  Parlamento europeo, Strasburgo, 4 febbraio 2016.

(9)  The Development of the Islands — European Islands and Cohesion Policy (Lo sviluppo delle isole — Isole europee e politica di coesione), Studio EUROISLANDS, programma europeo ESPON/ORATE 2013.

(10)  La posizione geografica, la vicinanza o la lontananza dalla terraferma o dai centri economici, il clima, l’attrattiva in termini di turismo, la dimensione della popolazione, le prospettive per l’agricoltura e la pesca oppure il livello complessivo di sviluppo.

(11)  Statistiche Eurostat, dati estratti nel marzo 2016.

(12)  Comunicazione della Commissione Clean Energy For All Europeans (Energia pulita per tutti gli europei).

(13)  Cfr. il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, («regolamento recante disposizioni comuni»), articolo 10 e allegato I.

(14)  The Development of the Islands — European Islands and Cohesion Policy (Lo sviluppo delle isole — Isole europee e politica di coesione), Studio EUROISLANDS, programma europeo ESPON/ORATE 2013.

(15)  http://cor.europa.eu/it/activities/opinions/Pages/opinions-and-resolutions.aspx


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

523a sessione plenaria del CESE dei giorni 22 e 23 febbraio 2017

30.6.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 209/15


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia spaziale per l’Europa»

[COM(2016) 705 final]

(2017/C 209/03)

Relatore:

Mindaugas MACIULEVIČIUS

Consultazione

Commissione europea, 26.10.2016

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

9.3.2017

Adozione in sessione plenaria

30.3.2017

Sessione plenaria n.

524

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

199/02/03

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione europea dal titolo Strategia spaziale per l’Europa e approva gli orientamenti proposti. Essi contengono tutta una serie di nuovi elementi, tra cui l’apertura alla società civile, l’attenzione per le piccole e medie imprese (PMI), l’impulso alla ricerca e allo sviluppo nonché la necessità di garantire adeguati flussi finanziari per le attività spaziali, anche attraverso la mobilitazione di capitali privati.

1.2.

Il CESE incoraggia la Commissione a continuare su questa strada e a prefiggersi obiettivi ancora più ambiziosi. La prima sezione della comunicazione, intitolata: «Massimizzare i benefici dello spazio per la società e l’economia dell’UE», tiene conto di molte delle raccomandazioni formulate dal Comitato nel suo progetto «Spazio e società».

1.3.

Il CESE è consapevole della duplice natura delle capacità nel settore spaziale. Tuttavia, ribadisce il proprio convinto sostegno ad una politica spaziale orientata a scopi civili (pace e cooperazione), riconoscendo l’importanza di utilizzare i sistemi spaziali di monitoraggio per la sicurezza e la protezione dei cittadini. Questo duplice uso è uno degli elementi fondamentali per il successo di politiche integrate e armonizzate volte a garantire il benessere dei cittadini europei.

1.4.

Dati gli eccellenti risultati ottenuti finora in termini di precisione e di affidabilità, il CESE auspica che la Commissione elabori un regolamento che renda prioritario, e in taluni casi preferenziale, l’uso di Galileo in quanto sistema di geolocalizzazione in Europa.

1.5.

Gli investimenti previsti per i prossimi anni sono sufficienti per i programmi Copernicus e Galileo, ma devono essere garantiti. Il prossimo anno si aprirà il dibattito sul nuovo quadro finanziario pluriennale dell’Unione; il CESE auspica che vengano stanziate risorse supplementari per far fronte alle nuove sfide quali i cambiamenti climatici, la sicurezza e la difesa dalle minacce esterne. Il programma Orizzonte 2020 e i fondi strutturali potrebbero essere utilizzati per sostenere le attività di sviluppo del settore spaziale.

1.6.

Il CESE chiede alla Commissione di individuare, insieme con la Banca europea per gli investimenti, nuove possibilità di finanziamento per incoraggiare gli investitori privati a prendere in considerazione il settore spaziale. A tal fine, la Commissione potrebbe collaborare organizzando incontri a livello dei singoli Stati membri interessati, invitando le banche, gli investitori istituzionali e le imprese a studiare nuove forme di investimento, compresi i cluster spaziali.

1.7.

Il CESE ritiene che l’unico modo per garantire il successo a lungo termine della strategia spaziale dell’UE passi per il coinvolgimento attivo di tutti gli Stati membri. Tale obiettivo può essere conseguito attraverso misure concrete e mirate di sviluppo di capacità, intese ad assistere in particolare gli Stati membri con capacità e interessi emergenti in campo spaziale. Per cominciare ad attuare misure di questo tipo, si potrebbe, tra l’altro, organizzare sessioni di formazione, eventi di sensibilizzazione, consultazioni (sia tecniche che orientate all’utente), progetti di dimostrazione, iniziative regionali, sinergie tra Stati membri avanzati ed emergenti, nonché prevedere altre misure specificamente concepite per contribuire a rispondere alle esigenze degli Stati membri.

1.8.

Un’importanza fondamentale è rivestita dall’istruzione e dalla sensibilizzazione dell’opinione pubblica per quanto riguarda i vantaggi delle informazioni e dei dati messi a disposizione mediante attività spaziali. Sarebbe importante anche inserire la conoscenza delle attività spaziali nei programmi scolastici, universitari e di formazione permanente.

1.9.

La formazione di tecnici e ingegneri è fondamentale per il futuro dell’industria europea. Rafforzare il mercato europeo del lavoro, migliorare l’infrastruttura per le esercitazioni e i test, i centri di eccellenza e l’apprendimento permanente, come pure impegnarsi costantemente per portare le conoscenze e le competenze ai livelli più alti della scienza spaziale, devono essere le pietre angolari della strategia spaziale per l’Europa.

1.10.

A tal fine il CESE invita la Commissione a valutare la fattibilità della creazione di un unico portale che presenti tutte le attività svolte dalle varie organizzazioni e agenzie. Il portale dovrebbe essere accessibile a tutti i cittadini e operatori interessati e dovrebbe mettere in risalto i benefici di tutte le attività in corso segnalando le potenziali opportunità dell’economia spaziale, in particolare per le PMI.

1.11.

In un recente parere sul tema Iniziativa europea per il cloud computing (1), il Comitato ha evidenziato le «criticità che impediscono all’Europa di sfruttare il potenziale dei dati, in particolare per quanto riguarda l’assenza di interoperabilità, la frammentazione delle strutture, la loro chiusura ad altri apporti e scambi». Ovviamente, gli stessi problemi si riscontrano anche nell’infrastruttura terrestre del sistema spaziale europeo e vanno risolti quanto prima.

1.12.

L’Europa dispone di infrastrutture eccellenti per il lancio di satelliti, e la nuova generazione di veicoli di lancio come Arianna e Vega permette di ottenere risparmi significativi, in parte grazie a una maggiore cooperazione tra Stati membri. Lo sviluppo di veicoli di lancio riutilizzabili porterà a una significativa riduzione dei costi e consentirà l’accesso alle attività spaziali a quei paesi che non dispongono delle risorse per mettere a punto infrastrutture efficienti nello spazio extra-atmosferico.

1.13.

Vi è un crescente interesse per l’utilizzo di piccoli satelliti nei sistemi di comunicazione e di monitoraggio. Anche all’interno del mercato dell’osservazione della Terra si prevede una notevole crescita del mercato dei piccoli satelliti attraverso nuove applicazioni. Pertanto, sarà importante che l’UE si concentri sullo sviluppo di minisatelliti e nanosatelliti per sfruttare queste opportunità di mercato. Al tempo stesso, si tratterà di un’opportunità non soltanto per gli Stati membri più piccoli ma anche per gli operatori privati. Il CESE sottolinea, tuttavia, che un tale aumento del numero di satelliti meno costosi che monitorano la superficie terrestre darà luogo ad enormi quantità di dati. La protezione della vita privata di ogni cittadino e utilizzatore dovrebbe quindi costituire una priorità, accompagnata da una forte consapevolezza e da solide normative (2).

1.14.

Garantire l’accesso e la sicurezza delle infrastrutture spaziali è una delle priorità che la Commissione dovrà prendere in considerazione. La cooperazione con i paesi terzi è essenziale per evitare una corsa alle orbite più favorevoli e una mancanza di interesse nella gestione del problema dei detriti spaziali. È quindi necessario intensificare le attività diplomatiche relative alla gestione dello spazio extra-atmosferico. Al tempo stesso, il CESE raccomanda all’UE di incentivare l’innovazione finalizzata a liberare lo spazio dai detriti (i cosiddetti «rifiuti spaziali»).

1.15.

Anche in recenti incontri a livello globale (3) è stata sottolineata l’importanza di una cooperazione di questo tipo. In tale contesto sono stati individuati quattro pilastri: economia, società, accessibilità e diplomazia. Tali questioni sono sempre state al centro dell’attenzione del CESE, che ha preso l’iniziativa di evidenziarne l’importanza in termini di economia e società.

1.16.

Occorre quindi un nuovo approccio in materia di utilizzo dei dati, che agevoli l’accesso per le PMI, sensibilizzi sia i cittadini che le PMI sulla possibilità di avere accesso senza discriminazioni a questi canali d’informazione dei megadati (big data), rafforzi la protezione contro gli attacchi informatici e sviluppi costantemente nuove applicazioni attraverso iniziative mirate basate sulla creatività dei nostri ricercatori, università e imprese. Il CESE sottolinea che, in base alla convenzione di Aarhus, va agevolato l’utilizzo, a costi abbordabili, di megadati ai fini di protezione dell’ambiente.

2.   Sintesi della proposta della Commissione

2.1.

L’UE occupa oggi il secondo posto al mondo per ampiezza del bilancio pubblico destinato allo spazio ed è il principale cliente istituzionale dei servizi di lancio in Europa. È proprietaria di sistemi spaziali di livello mondiale quali Copernicus per l’osservazione della terra e EGNOS e Galileo per la navigazione satellitare e la geolocalizzazione. Nel periodo 2014-2020 l’Unione europea investirà, da sola, oltre 12 miliardi di EUR in attività spaziali.

2.2.

Le tecnologie spaziali sono divenute indispensabili nella vita quotidiana dei cittadini europei. Inoltre, le soluzioni basate sulle tecnologie spaziali recano benefici a un gran numero di settori, tra cui la gestione delle catastrofi, l’agricoltura, i trasporti, le infrastrutture energetiche e le sfide a livello globale. Le tecnologie, i dati e i servizi spaziali possono sostenere numerose politiche e priorità strategiche fondamentali dell’UE. Lo spazio riveste inoltre un’importanza strategica per l’Europa: rende più decisivo il suo ruolo di attore globale, costituisce un vantaggio per la sicurezza e la difesa e contribuisce a favorire l’occupazione, la crescita e gli investimenti. L’Europa ha una forte industria produttrice di satelliti che detiene circa il 33 % dei mercati mondiali aperti, con un settore dinamico di servizi a valle in cui operano numerose PMI. Il valore del settore spaziale europeo è stato stimato tra 46 e 54 miliardi di EUR nel 2014, ovvero il 21 % del valore dell’intero settore spaziale mondiale.

2.3.

Basandosi sull’articolo 189 del trattato (TFUE), la Commissione propone una nuova strategia spaziale per l’Europa incentrata su quattro obiettivi strategici:

A.

Massimizzare i benefici dello spazio per la società e l’economia dell’UE

a)

promuovendo la diffusione dei servizi e dei dati spaziali

b)

portando avanti i programmi spaziali dell’UE e soddisfacendo nuove esigenze degli utenti.

B.

Promuovere un settore spaziale europeo competitivo e innovativo a livello mondiale

a)

sostenendo la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo di competenze e

b)

promuovendo l’imprenditorialità e le nuove opportunità commerciali.

C.

Rafforzare l’autonomia dell’Europa nell’accesso e nell’uso dello spazio in un contesto sicuro

a)

conservando l’accesso autonomo dell’Europa allo spazio;

b)

garantendo l’accesso allo spettro di radiofrequenze;

c)

garantendo la protezione e la resilienza delle infrastrutture spaziali europee critiche;

d)

rafforzando le sinergie tra attività spaziali civili e di sicurezza.

D.

Rafforzare il ruolo dell’Europa in quanto attore globale e promuovere la cooperazione internazionale.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE ha sempre sostenuto in maniera molto attiva la Commissione e le parti interessate sulle questioni relative allo spazio.

3.2.

Nei pareri elaborati sullo spazio il CESE ha individuato alcune priorità:

politiche proattive per le PMI e sostegno all’occupazione;

partecipazione degli Stati membri con capacità e interessi emergenti in campo spaziale alle attività del settore;

miglioramento sostanziale della governance europea;

partecipazione della società civile alla definizione delle scelte strategiche;

investimenti nel settore e messa in evidenza del ruolo della finanza e dei fondi di investimento;

sostegno alle attività di ricerca e sviluppo, promozione di programmi di studio a tutti i livelli in campo aerospaziale e tecnologico;

sviluppo della cooperazione in campo spaziale tra autorità europee, nazionali e regionali, imprese e utilizzatori finali.

4.   Osservazioni particolari

4.1.    Strategia spaziale e QFP  (4) : aspetti finanziari

4.1.1.

Una strategia ambiziosa richiede un budget ambizioso. Secondo la Commissione, il bilancio dell’UE per lo spazio è il secondo maggiore al mondo e si compone del bilancio dell’Unione europea, dei singoli bilanci dedicati allo spazio negli Stati membri e del bilancio dell’Agenzia spaziale europea (ESA). Il bilancio degli Stati Uniti in tale settore è quasi quattro volte superiore a quello dell’UE. È molto difficile valutare le spese reali della Cina e della Russia nel settore dello spazio, in quanto non tutti i dati relativi alle loro attività spaziali sono di dominio pubblico. D’altro canto, se raffrontiamo i vari bilanci per lo spazio come percentuale del PIL, l’Europa si colloca soltanto al sesto posto.

4.1.2.

Gli obiettivi ambiziosi fissati dalla Commissione europea richiedono la mobilitazione di considerevoli investimenti che il settore pubblico, da solo, semplicemente non può permettersi. La partecipazione di investitori privati, del settore bancario, di fondi di investimento e di altri attori finanziari interessati è di fondamentale importanza per sostenere la ricerca e lo sviluppo di nuove applicazioni.

4.1.3.

La comunicazione non mette sufficientemente in evidenza né sostiene il ruolo cruciale delle PMI, ruolo che dovrebbe invece pensare a rafforzare, in particolare quello delle start-up innovative. Mentre viene prestata maggiore attenzione alla loro forza in termini di innovazione, le soluzioni di finanziamento proposte non rispondono alle esigenze reali del settore, tra cui la cronica carenza di finanziamenti. A causa dell’alto tasso di rischio, il sistema bancario è restio a sostenere l’innovazione. Per molte PMI è impossibile partecipare alle gare pubbliche, spesso concepite su misura per attori di maggiori dimensioni. È quindi opportuno offrire un sostegno maggiore alle PMI introducendo un sistema di bandi di gara destinati alle società di queste dimensioni. Anche dei subappalti più aperti a un maggior numero di PMI per i progetti più ampi costituirebbero un passo nella giusta direzione. L’iniziativa Orizzonte 2020 e altri programmi di R&S devono svolgere un ruolo significativo, e il loro uso dovrebbe essere ottimizzato dal punto di vista delle PMI.

4.1.4.

Il CESE è preoccupato per i possibili effetti della Brexit e l’impatto che potrebbe esercitare sulle attività spaziali europee. Il Regno Unito è uno degli Stati membri più attivi nel settore spaziale: pertanto, l’UE deve prendere in considerazione possibili modalità di cooperazione con tale paese nel settore dello spazio.

4.2.    Sviluppo di capacità negli Stati membri

4.2.1.

Non tutti gli Stati membri dell’UE partecipano attivamente ad attività spaziali e, purtroppo, non tutti i settori (inclusi pubblico e privato) ravvisano i benefici offerti da tali attività. Ad esempio, le attività spaziali possono essere sfruttate in maniera efficiente in vari ambiti all’interno del settore pubblico: monitoraggio territoriale aggiornato, monitoraggio dell’efficienza dell’isolamento degli alloggi, individuazione delle discariche illegali e molti altri.

4.2.2.

Per assicurare la competitività del settore spaziale dell’UE, è fondamentale coinvolgere tutti gli Stati membri che hanno capacità e interessi emergenti rispetto a tali attività, insieme alle parti interessate, agli operatori commerciali, ai ricercatori e alle altre istituzioni ivi presenti. La Commissione dovrebbe prevedere misure concrete.

4.3.    Governance

4.3.1.

Il Comitato si compiace che il recente dibattito sulla governance, che aveva provveduto a mettere in evidenza in alcuni suoi precedenti pareri, abbia permesso di giungere ad una soluzione. La strategia dell’Agenzia spaziale europea (ESA) è stata approvata al Consiglio ministeriale della stessa ESA del dicembre 2016 (compresa la ripartizione di bilancio tra i diversi programmi per il periodo 2017-2021). La strategia dell’UE e quella dell’ESA non sono più divergenti: sono complementari.

4.4.    Servizi a valle e requisiti infrastrutturali

4.4.1.

È urgente creare dei centri di megadati (big data) per conservare, pretrattare e analizzare i dati scaricati da Copernicus. Per sviluppare nuovi strumenti in questo ambito, risulta inoltre molto importante la capacità di utilizzare i dati storici congiuntamente al programma Copernicus.

4.4.2.

L’UE si è impegnata a realizzare l’ambizioso accordo COP 21 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Il CESE sottolinea che i sistemi di monitoraggio via satellite e le installazioni in loco per il trattamento dei megadati sono fondamentali per attuare con successo gli impegni assunti a livello sia locale che globale. Vi è un chiaro bisogno di nuovi strumenti relativi ai cambiamenti climatici, come auspicato dal CESE in pareri precedenti, come NAT/696 (5).

4.4.3.

Come convenuto nell’accordo COP 21, il settore LULUCF (6) deve svolgere un ruolo di primo piano nell’assorbimento degli attuali livelli di CO2 nell’atmosfera. Le foreste sono pozzi di assorbimento del carbonio, e un accurato monitoraggio quotidiano dello stato delle foreste può prevenire l’abbattimento illegale di alberi e incoraggiare una gestione attiva delle foreste, tra cui la piantagione di un maggior numero di alberi con un rapido tasso di crescita nonché il rilevamento precoce e la prevenzione degli incendi boschivi. Le attuali proposte dell’UE, che consentono di compensare le emissioni di CO2 in settori come quello dell’industria o dei trasporti mediante l’utilizzo di pozzi di assorbimento del carbonio o la crescita forestale, pongono un’enfasi molto maggiore su considerazioni di ordine economico, sociale e ambientale. Le proposte mettono chiaramente in evidenza l’urgente necessità di strumenti di monitoraggio basati su Copernicus. A livello internazionale questi strumenti rivestono un’importanza fondamentale, in quanto possono essere utilizzati per monitorare con precisione l’effettivo livello di progresso in materia di mitigazione e assorbimento in diversi Stati del mondo.

4.4.4.

Il CESE riconosce che i sistemi di controllo satellitari e i centri di dati rivestono una grande importanza per la produzione alimentare sostenibile del futuro. In particolare, vi sono notevoli vantaggi per l’agricoltura di precisione, anche perché Galileo e il GNSS consentono di risparmiare i combustibili fossili. Inoltre, i software che utilizzano immagini di Copernicus in diverse frequenze possono identificare con precisione le aree dei campi in cui i livelli di umidità o di nutrienti sono insufficienti o eccessivi, consentendo di adeguare l’erogazione di acqua e di sostanze nutritive, risparmiando così l’acqua dolce e riducendo al minimo l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi. Ciò aumenta considerevolmente la sostenibilità dei sistemi di produzione agricola, promuove l’individuazione precoce e la prevenzione delle fitopatologie, prevede i raccolti futuri e garantisce sia notevoli benefici economici sia un impatto molto positivo sulla società e sull’ambiente.

4.4.5.

Si dovrebbe sviluppare ulteriormente la meteorologia di precisione, al fine di agevolare l’individuazione precoce nonché la prevenzione o la capacità di risposta a condizioni meteorologiche estreme, riducendo così le perdite alimentari delle aziende agricole e proteggendo inoltre le persone dai pericoli sia per la loro salute che per le loro proprietà.

4.5.    Informazione, istruzione e sensibilizzazione

4.5.1.

Nel 2014 il CESE ha lanciato il progetto «Spazio e società»; tutti i partner coinvolti hanno messo in evidenza la necessità di fare passi avanti coinvolgendo l’intera società nel dibattito sull’importanza del ruolo dell’Europa nel settore spaziale. È necessario consultare adeguatamente la società civile europea se vogliamo comprendere le sue esigenze e aspettative.

4.5.2.

La comunicazione della Commissione non fa alcun riferimento a questa sfida strategica, benché nel corso del 2016 sia stata realizzata una consultazione pubblica sulla strategia spaziale per l’Europa. Tradizionalmente, il dibattito sulle politiche spaziali è stato limitato ai principali soggetti interessati, ignorando semplicemente il fatto che, se si intende sviluppare un mercato orientato ai consumatori, è necessario che questi ultimi conoscano e siano consapevoli dei vantaggi e delle opportunità che la tecnologia può offrire.

4.5.3.

Ognuno dei soggetti principali ha una strategia di comunicazione individuale, ma non esiste una visione o piano strategico comune per presentare tali concetti al grande pubblico. Il CESE ritiene che non si possa mettere a punto una strategia senza la partecipazione dei rappresentanti della società civile, pubblici o privati, al piano d’azione.

4.5.4.

Sarebbe opportuno organizzare incontri per gli utenti finali a livello locale, nazionale ed europeo, come pure lanciare campagne d’informazione che vedano la partecipazione attiva degli enti locali.

4.5.5.

Il CESE invita la Commissione e i principali partner a creare un portale «Spazio e società», con la collaborazione delle organizzazioni pubbliche e private nonché degli imprenditori. L’informazione e la sensibilizzazione dovrebbero figurare tra le priorità assolute della nuova politica spaziale, il cui scopo consisterà — in ultima analisi — nel rispondere alle reali esigenze dei cittadini.

Bruxelles, 30 marzo 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 487 del 28.12.2016, pag. 86 (punto 3.5).

(2)  GU C 125 del 21.4.2017, pag. 51.

(3)  Forum ad alto livello — Lo spazio come motore per uno sviluppo socioeconomico sostenibile, Dubai, 24 novembre 2016.

(4)  Quadro finanziario pluriennale (QFP).

(5)  Parere del CESE Ripartizione degli sforzi in relazione al quadro 2030 e uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura (LULUCF) (GU C 75 del 10.3.2017, pag. 103).

(6)  Destinazione dei suoli, cambiamento della destinazione dei suoli e silvicoltura (LULUCF).


30.6.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 209/21


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, la seconda opportunità e misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza e liberazione dai debiti, e che modifica la direttiva 2012/30/UE»

[COM(2016) 723 final — 2016/0359 (COD)]

(2017/C 209/04)

Relatore:

Antonello PEZZINI

Correlatrice:

Franca SALIS-MADINIER

Consultazione

Parlamento europeo, 16.1.2017

Consiglio europeo, 25.1.2017

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

9.3.2017

Adozione in sessione plenaria

29.3.2017

Sessione plenaria n.

524

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

220/2/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE appoggia la proposta di direttiva sulla ristrutturazione preventiva e sulla seconda opportunità e per questa ragione presenta le proposte della società civile organizzata che mirano a integrare il contenuto.

1.2.

Tenuto conto del contenuto e della necessità di completare le norme per il mercato interno, il CESE propende perché la proposta esca sotto forma di regolamento e non abbia timore di procedere alla massima armonizzazione possibile degli attuali sistemi.

1.3.

Il CESE insiste affinché il dovere da parte della direzione dell’azienda di informare e consultare in anticipo e durante le trattative i dipendenti sia formalmente precisato nella direttiva. In particolare, nelle fasi di ristrutturazione precoce, l’attenzione maggiore deve essere rivolta agli interessi dei lavoratori, così come, nella procedura di insolvenza, esplicito riferimento deve essere fatto all’articolo 5.2 della direttiva 2001/23/CE, al fine di tutelare i diritti dei lavoratori in questo contesto.

1.4.

Il CESE invita la Commissione a porre nella direttiva l’obbligo di «anticipare» le situazione di insolvenza come principio fondamentale attraverso la stipula di un «codice di buona condotta». A tal fine, il CESE propone di integrare nella direttiva il principio del «social warning» secondo modalità opportune.

1.5.

Il CESE raccomanda l’integrazione nella direttiva del principio prioritario di assicurare, in caso d’insolvenza, lo statuto di creditori prioritari a tutti i lavoratori in tutti i paesi membri. Inoltre, il CESE propone la creazione, ove non esista, di un fondo nazionale di mutualizzazione dei rischi che garantisca, in tutti i paesi membri, il pagamento dei salari dei dipendenti. Tale fondo, in vigore in alcuni Stati membri, potrebbe essere alimentato dai datori di lavoro mediante una apposita contribuzione. Gli Stati potrebbero partecipare alla governanza di questo fondo e esserne garanti.

1.6.

Il CESE raccomanda alla Commissione d’istituire rapidamente modalità e tempi per individuare per tempo le difficoltà dell’azienda.

1.7.

Le figure professionali e gli esperti, oltre ai magistrati, chiamati a operare devono avere un’adeguata formazione comune e esperienze multiple, che consentano di operare in terreni fin qui poco esplorati.

1.8.

È necessario verificare i criteri di affidabilità degli imprenditori legati ai comportamenti professionali onesti da documentare con opportuni attestati, rilasciati dalle autorità. Tali attestati giustificano il ricorso alla seconda opportunità.

1.9.

Il CESE incita la direttiva a considerare che l’abuso da parte del dirigente della procedura di insolvenza per negare i diritti ai lavoratori sia pratica illecita e neghi pertanto l’accesso alla moratoria o il beneficio della seconda opportunità al dirigente che ne fa uso.

1.10.

Il CESE apprezza il ruolo residuale attribuito ai tribunali, che intervengono solo in casi di necessità.

1.11.

Il CESE sottolinea il valore sociale dell’impresa e lo sforzo per mantenerla attiva, con procedure snelle, poco onerose e tempestive. In linea con i valori del trattato dell’Unione (articolo 3) e nel rispetto della buona fede dell’imprenditore.

2.   Il regime d’insolvenza d’impresa nell’UE

2.1.

In data 20 maggio 2015 il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno adottato il regolamento UE 2015/848 — il «Regolamento»- relativo alle procedure d’insolvenza fra Stati diversi.

2.2.

La nuova normativa ha accolto le nuove sensibilità sugli obiettivi del diritto fallimentare secondo le quali le procedure concorsuali non sono più considerate in termini meramente liquidatori, ma come strumenti per garantire la conservazione dei mezzi organizzati dell’impresa e, quindi, il diritto al lavoro dei dipendenti, assicurando, ove possibile, la sopravvivenza dell’impresa.

2.3.

Nei vari Stati membri, dove le procedure di ristrutturazione delle aziende prevalgono su quelle di liquidazione, il tasso di recupero dei crediti è dell’83 % contro il 57 % (1).

2.3.1.

Inoltre, molto diversa tra i vari Stati è la durata delle procedure (2), che è compresa tra pochi mesi e svariati anni.

2.3.2.

Vi sono anche molte difformità nella possibilità di accedere a procedure di ristrutturazione prima che l’insolvenza sia conclamata.

2.3.3.

Recenti studi (3) hanno evidenziato una non totale idoneità delle normative concorsuali e una eccessiva divergenza delle normative degli Stati membri, con conseguenti barriere alla circolazione degli investimenti nel mercato unico.

2.4.

Per gli imprenditori, il cui tasso di «mortalità economica» è di circa il 50 % (4) nei primi cinque anni di vita, l’obiettivo è quello di poter godere di una moratoria nei momenti in cui la crisi appare evidente e, successivamente, di poter ottenere la soluzione dai debiti, entro il termine massimo di tre anni, rimuovendo le stimmate del fallimento ed incoraggiando, per l’imprenditore onesto, una seconda opportunità.

2.5.

Significativa innovazione nella direzione della creazione di uno spazio giudiziario unico europeo è la creazione entro giugno 2019 di un sistema di interconnessione elettronico dei c.d. «registri fallimentari» che dovranno essere istituiti presso ciascuno Stato membro, gratuitamente consultabili attraverso il portale di giustizia elettronica europeo.

2.6.

Secondo la Commissione, ogni anno falliscono in Europa 200 000 imprese; il che si traduce in 1,7 milioni di posti di lavoro persi. Ciò potrebbe spesso essere evitato se avessimo procedure più efficaci in materia di insolvenza e ristrutturazione.

2.7.

Dall’esame dell’attuazione della raccomandazione CE del 2014 relativa alla ristrutturazione e alla seconda possibilità è emerso che, nonostante le riforme in materia di insolvenza, le norme sono ancora discordi e restano inefficienti o inesistenti in alcuni paesi. Il piano di azione per l’Unione dei mercati dei capitali del 2015 ha annunciato un’iniziativa legislativa sull’insolvenza delle imprese, compresa la ristrutturazione precoce e la seconda opportunità.

2.8.

L’iniziativa della CE dovrebbe essere vista anche alla luce di varie raccomandazioni che formuliamo per evidenziare, tra l’altro, che:

le disparità tra le legislazioni nazionali di insolvenza possono creare vantaggi o svantaggi competitivi ingiustificati,

la questione dei regimi di insolvenza deve essere considerata dal punto di vista della legislazione del lavoro, poiché diverse definizioni di «lavoro» e di «salariato» possono pregiudicare i diritti dei lavoratori all’interno dell’UE in caso d’insolvenza,

la mancata armonizzazione, per quanto riguarda la classifica dei creditori, può ridurre la prevedibilità degli esiti dei procedimenti giudiziari,

le procedure di insolvenza non dovrebbero poter essere utilizzate abusivamente o strumentalmente da eventuali creditori o da un solo creditore,

occorrono misure per impedire il «forum shopping».

3.   Le proposte della CE

3.1.

La proposta della Commissione — con base giuridica gli articoli 53 e 114 del trattato TFUE — è incentrata su tre elementi principali:

principi comuni sull’uso di quadri di ristrutturazione precoce, che aiuteranno le imprese a continuare la loro attività e a preservare l’occupazione,

norme per consentire agli imprenditori di beneficiare di una seconda opportunità, previo sgravio dai debiti, in un tempo massimo di 3 anni,

misure destinate agli Stati membri per aumentare l’efficienza delle procedure di insolvenza, di ristrutturazione e sgravio, con conseguente riduzione di tempi, di costi eccessivi delle procedure, eliminazione d’incertezze giuridiche per creditori e investitori, e più elevati tassi di recupero dei debiti non pagati.

3.2.

Le nuove norme indicano alcuni principi fondamentali per garantire che i «quadri» in materia di insolvenza e ristrutturazione siano coerenti ed efficaci in tutta l’UE:

le imprese in difficoltà finanziaria, in particolare le PMI, avranno accesso a sistemi di allerta per individuare il deterioramento degli affari e assicurare ristrutturazioni in fase precoce,

i «quadri» di ristrutturazione preventiva, flessibili, devono semplificare i procedimenti giudiziari, in termini di tempi, costi e complessità,

periodo di grazia, per quattro mesi al massimo, per il debitore, prima dell’applicazione di provvedimenti esecutivi, al fine di favorire i negoziati che portino a una ristrutturazione efficace,

assenza di possibilità di azione di blocco dei piani di ristrutturazione da parte di creditori e di azionisti di minoranza dissenzienti, ma con la piena salvaguardia dei loro legittimi interessi,

protezione dei nuovi finanziamenti e dei finanziamenti ad interim in modo da aumentare la possibilità di ristrutturazioni efficaci,

piena tutela del diritto del lavoro durante le procedure di ristrutturazione preventiva, in conformità con la legislazione vigente dell’UE per i lavoratori,

formazione e specializzazione omogenea nell’UE dei curatori fallimentari e dei giudici,

pieno ricorso e utilizzo delle nuove tecnologie informatiche per adempimenti, notifiche e comunicazioni online, per garantire migliore efficacia e snellire la durata di procedure di insolvenza, ristrutturazione e concessione di una seconda opportunità.

3.3.

La proposta di nuova direttiva prende poi in considerazione aspetti di una procedura «in continuità» dove l’imprenditore mantiene il controllo della propria attività, ovvero l’automatic stay, cioè il periodo di quattro mesi all’interno del quale ai creditori non è consentito coltivare azioni individuali di recupero del credito.

4.   Osservazioni particolari sul testo della Commissione

4.1.    Titolo I: Liberazione dei debiti

4.1.1.

Per quanto concerne l’applicazione facoltativa del regime proposto per le procedure di liberazione dai debiti ai consumatori, il CESE, facendo seguito ai numerosi suoi pareri già adottati in materia, si oppone fermamente a questa possibilità, che è contraria alle richieste da esso formulate riguardo all’assoluta necessità di disporre di un regime specifico per il sovraindebitamento dei consumatori.

4.2.    Titolo II: Anticipazione e sistemi di allerta

4.2.1.

Il CESE considera che sarebbe utile precisare la portata e il perimetro di applicazione della direttiva (tipo d’aziende, numero di dipendenti). Con un’attenzione particolare alle PMI e alla loro influenza nell’economia locale.

4.2.2.

Vi è un’ampia convergenza sulla necessità di aiutare le imprese a ristrutturare in tempo, in modo che possano salvare i posti di lavoro e mantenere il loro valore, e anche per sostenere gli imprenditori onesti.

4.2.3.

Sarebbe utile e opportuno definire secondo quali criteri i dirigenti possono essere considerati «onesti». Tali criteri obiettivi dovrebbero essere identificati e formalizzati nella direttiva. Non è da negligere ultimamente il fenomeno delle procedure d’insolvenza tattiche, usate per sottrarsi alle responsabilità legali che negano ai lavoratori i loro diritti. L’uso di tali pratiche, per coloro che ad esse fanno ricorso, deve essere reso dissuasivo tramite la privazione della moratoria e della seconda opportunità.

4.2.4.

Tutte le fasi vanno condotte con il continuo coinvolgimento dei dipendenti e delle organizzazioni sindacali attraverso l’effettiva consultazione e l’informazione sufficientemente in anticipo. I rappresentanti dei dipendenti e le organizzazioni sindacali devono avere il diritto di proporre delle soluzioni alternative per salvaguardare l’occupazione e devono beneficiare del diritto all’esperto.

4.2.5.

Quando il quadro di ristrutturazione preventiva si manifesta con elementi chiave comuni e condivisibili dovrebbe rispettare un protocollo comune e omogeneo a livello comunitario.

4.2.6.

Il CESE propone che delle procedure per la creazione di un fondo nazionale di mutualizzazione dei rischi che garantisca il pagamento dei salari dei dipendenti siano previste in tutti i paesi membri. Tale fondo potrebbe essere alimentato dai datori di lavoro mediante una apposita contribuzione. Gli Stati potrebbero partecipare alla governanza di questo fondo e esserne garanti (5).

4.2.7.

Al fine di salvaguardare i posti di lavoro e di evitare i licenziamenti, va sostenuto il «social warning», ovvero l’obbligo dell’azienda d’avvertire e allertare sufficientemente in anticipo sulle difficoltà dell’azienda tutte le parti coinvolte. Tale dispositivo, da adottare nei modi opportuni in relazione a ciascuno specifico caso, sarà inoltre una prova utile per stabilire in maniera chiara il comportamento onesto e socialmente responsabile dell’imprenditore.

4.2.7.1.

Va sostenuta la cultura della condivisione con i rappresentanti dei lavoratori, con le organizzazioni sindacali, con altre organizzazioni di rappresentanza, o con altre parti interessate.

4.2.8.

L’obiettivo da perseguire è quello di ridurre l’intervento dell’autorità giudiziaria/amministrativa, che troppo spesso è chiamata a risolvere precocemente e in modo drastico i problemi di insolvenza.

4.2.9.

Applicare a livello nazionale ed europeo il principio della informazione e consultazione pertinenti (direttiva 2009/38/CE riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo) dei rappresentanti dei lavoratori e riconoscere il loro diritto e la loro protezione nel lanciare l’allerta, poiché essi sono spesso i primi consapevoli dei disfunzionamenti nell’azienda («whistleblower as means of prevention»).

4.2.10.

Va chiarito meglio il paragrafo 3 dell’articolo 3. In particolare dovrebbero essere specificati i parametri in base ai quali le aziende potrebbero essere escluse dal meccanismo di allerta (numero di dipendenti, volumi di fatturato ecc.).

4.3.    Titolo III: Quadri di ristrutturazione preventiva

4.3.1.

Realizzare un quadro generale favorevole e proattivo basato sull’armonizzazione delle esperienze e delle procedure.

4.3.2.

Per realizzare quanto contenuto nell’articolo 114 del TFUE, cioè attuare il Mercato interno, è necessario che la Commissione provveda, anche con atti delegati, ad armonizzare le procedure di insolvenza, che appaiono oggi troppo diverse tra i singoli Stati.

4.3.3.

Allo stesso modo vanno suggerite e armonizzate a livello comunitario opportune procedure di preinsolvenza che tengano conto dei motivi che ostacolano il normale flusso finanziario, talvolta legati a ritardi nei pagamenti (6).

4.3.4.

Stabilire norme di buona condotta fra donatori d’ordini e prestatori di servizio che impongano tempi massimi per il pagamento delle prestazioni.

4.3.5.

Altre volte i motivi sopravvengono per motivi politici non dipendenti dalle capacità dell’imprenditore.

4.3.6.

La protezione dei nuovi finanziamenti e dei finanziamenti interinali deve essere garantita attraverso norme comuni e modalità di comportamento che agiscano in maniera omogenea nei diversi paesi e siano in grado di tutelare anche le legittime posizioni espresse dalle minoranze.

4.3.7.

Alcune amministrazioni regionali nei paesi europei hanno già messo in atto «organismi paritetici» (7) con il compito di intervenire tempestivamente quando si profila la necessità di intervenire per sostenere un’azienda in difficoltà (8).

4.3.8.

Sarebbe opportuno fare uno studio su queste «organizzazioni» e trarre insegnamenti utili dalle esperienze più significative.

4.3.9.

La creazione di «organismi paritetici», con forti competenze, con chiare visioni di foresight e con solide finalità sociali, potrebbe aiutare a colmare le carenze di anticipazione o di innovazione strategiche che hanno indebolito il mondo del lavoro nel suo complesso e contribuito alla crisi economica che ha attraversato, pur in forme diverse, l’Europa dal 2008.

4.3.10.

Sia gli strumenti di ristrutturazione precoce, sia la «seconda opportunità» costituiscono dei benefici per l’imprenditore che abbia rispettato le procedure d’allerta e di anticipazione e che richiede di accedervi, ed entrambi hanno la finalità di creare i presupposti per coinvolgere i creditori (in primo luogo i lavoratori e i sindacati).

4.3.10.1.

Per tale motivo appare essenziale che l’imprenditore che ha richiesto di accedere a tali benefici debba immediatamente mettere a disposizione dei propri interlocutori (lavoratori, sindacati, creditori in generale, organi designati per la composizione della crisi) tutte le proprie scritture contabili (bilanci e relativi allegati, documenti bancari, assicurativi, contabilità di magazzino ecc.) e consentire ogni forma di controllo sulla propria attività.

4.3.10.2.

Ciò non solo sarebbe rispettoso del principio di trasparenza, ma consentirebbe anche di rendere efficaci alcuni degli istituti fondamentali richiamati e posti a base della proposta di direttiva.

4.3.10.3.

L’immediato accesso a tutta la documentazione dell’impresa, infatti, potrebbe consentire:

la comprensione, da parte di tutti i soggetti coinvolti, della effettiva situazione economica dell’impresa, al fine di individuare, nel più breve tempo possibile, le misure idonee a porre rimedio allo stato di crisi,

l’adeguata informazione dei creditori (lavoratori ed altri, anche tramite i propri esperti) nel partecipare alle trattative per l’approvazione del piano e/o alla proposta di misure alternative e per esprimere il proprio parere o voto consapevole sugli elementi del piano di ristrutturazione (articolo 8),

l’adeguata informazione dei professionisti (articolo 17.3) nonché dell’autorità giudiziaria e dei relativi esperti (articolo 13) nei casi in cui costoro siano chiamati a valutare il piano di ristrutturazione,

una più corretta valutazione dell’onestà dell’imprenditore (articolo 22.1) posto che dall’esame della documentazione si può desumere come l’imprenditore si è indebitato (se in buona o mala fede) e se la procedura è stata adottata tempestivamente dopo i primi segnali di crisi dell’impresa.

4.3.11.

La valutazione dell’impatto della ristrutturazione dovrebbe includere gli effetti sull’occupazione, poiché, se noti in anticipo, si possono prendere misure appropriate per salvaguardare l’impiego, come quelle relative alla formazione e allo sviluppo delle competenze dei lavoratori.

4.3.12.

Per quanto riguarda l’articolo 18 del capo 5: ai dirigenti dovrebbe essere impedito di ridurre i beni aziendali al di sotto del livello necessario per il regolamento di impegni maturati verso i dipendenti.

4.4.    Titolo IV: Accesso alla liberazione dei debiti (seconda opportunità)

4.4.1.

Nel suo parere del 2013 sulle procedure d’insolvenza, che valgono anche per il presente parere, il CESE ha sottolineato, fra l’altro:

che la «seconda opportunità» ivi evocata dovrebbe giovare agli imprenditori che hanno tratto insegnamento dagli errori commessi e sono in grado di ripartire sulla base di un progetto imprenditoriale ripensato,

che i dipendenti dovrebbero essere tutelati meglio, vedendosi riconoscere il rango di «creditore privilegiato», in tutti gli Stati membri,

che il ricorso sistematico al giudice non sembra rappresentare la soluzione migliore, e ha invitato la Commissione a riflettere sulla possibilità di istituire nuovi organi,

che è positivo l’obbligo per gli Stati membri di migliorare le norme in materia di pubblicità, istituendo un registro elettronico delle decisioni giudiziali pertinenti.

4.4.2.

Le norme per la seconda opportunità, riservate agli imprenditori dopo il primo insuccesso, devono essere chiare e comuni nei paesi dell’UE, così come recita l’articolo 114 sul Mercato unico, e devono essere condivise dal mondo dei lavoratori dipendenti che non hanno subito danni né dolo dal primo insuccesso dell’imprenditore.

4.4.3.

Troppo spesso la rigidità delle procedure, in molti Stati, ha favorito azioni talvolta drastiche da parte dei curatori fallimentari

4.4.4.

Le azioni da perseguire, in maniera omogenea e aperta, in tutti gli Stati dell’UE, devono trasformare il vecchio ruolo dei curatori fallimentari in un nuovo ruolo di «curatori di sviluppo dell’occupazione», attraverso una ampia e profonda preparazione culturale e tecnica, anche con l’aiuto dei processi informatici previsti dal «portale giustizia elettronica europea» e potenziati dal regolamento (UE) 2015/848.

4.4.5.

Apprezzabile la semplificazione che viene proposta per accedere alla seconda opportunità. In tal senso appare significativo che l’imprenditore sovraindebitato possa ottenere l’effetto liberatorio dai debiti, una volta decorsi i relativi termini, senza necessità di rivolgersi nuovamente all’autorità giudiziaria o amministrativa (articolo 20.2).

4.5.    Titolo V: Misure per aumentare l’efficacia delle procedure

4.5.1.

Sarebbe utile che la formazione iniziale e successiva dei «magistrati e del personale delle autorità amministrative che si occupano di ristrutturazione, insolvenza e seconda opportunità» venisse organizzata direttamente dalla Commissione (anche tramite agenzie).

4.5.2.

Occorre una armonizzazione dei requisiti prescritti per i professionisti che operano all’interno dell’UE: standard minimi dovrebbero essere previsti per detti operatori, quali le formazioni e le qualifiche professionali, essere registrati in quanto tali, la responsabilità e il codice etico professionale.

4.5.3.

Vi è necessità di strumenti di: vigilanza interna, pratiche contabili, di reporting e di controllo per attivare e potenziare l’efficacia delle procedure.

4.6.    Titolo VI: Monitoraggio delle procedure

4.6.1.

Come è stato ribadito nel punto 4.3.10.1 solo un tempestivo ed integrale accesso alla documentazione dell’impresa potrebbe garantire la genuinità e la completezza dei dati da raccogliere per rendere efficace il monitoraggio delle procedure (articolo 29).

4.6.2.

La chiarezza e completezza della documentazione deve essere ribadita dall’atto di esecuzione emanato ai sensi del regolamento (UE) 182/2011.

Bruxelles, 29 marzo 2017.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Banca mondiale — indice Doing Business 2016.

(2)  Cfr. SWD(2016) 357 final.

(3)  https://webcast.ec.europa.eu/insolvency-conference; http://ec.europa.eu/justice/civil/files/insolvency/impact_assessment_en.pdf

COM(2015) 468 final, 30.9.2015 (Insolvency on pagg. 24-25); SWD(2015) 183 final, 30.9.2015 (Insolvency on pagg. 73-78) e altri.

(4)  Eurobarometro Flash 354 (2012), che mette inoltre in rilievo che il 43 % dei cittadini europei non avvierebbe un’attività per timore di fallire.

(5)  Proposta già avanzata nel 1764 da Cesare Beccaria nel suo saggio «Dei delitti e delle pene».

(6)  Secondo studi effettuati dall’Accademia di Avignone, i ritardi nei pagamenti determinano almeno il 30 % della mortalità delle imprese.

(7)  Formati da tecnici dell’amministrazione regionale, rappresentanti del credito e delle forze sociali.

(8)  Cfr. ad esempio l’«Organismo di vigilanza e di sostegno delle aziende in difficoltà» creato dalla regione autonoma della Sicilia nel marzo 2016 — regione autonoma della Sicilia, assessorato alle Attività produttive.


30.6.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 209/28


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un quadro di risanamento e risoluzione delle controparti centrali e recante modifica dei regolamenti (UE) n. 1095/2010, (UE) n. 648/2012 e (UE) 2015/2365»

[COM(2016) 856 final — 2016/0365 (COD)]

(2017/C 209/05)

Relatore:

Antonio GARCÍA DEL RIEGO

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 7.2.2017

Parlamento europeo, 13.2.2017

Base giuridica

Articoli 114 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

8.3.2017

Adozione in sessione plenaria

29.3.2017

Sessione plenaria n.

524

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

226/2/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il quadro proposto per il risanamento e la risoluzione delle controparti centrali (1), il cui obiettivo consiste nell’avanzare verso un processo definitivo e armonizzato di risanamento e risoluzione delle controparti centrali (CCP) che fungono da stanza di compensazione nell’UE, e ne approva sia gli obiettivi che l’approccio.

1.2.

Il CESE sottolinea che è fondamentale attuare la decisione presa dal G20 per la governance mondiale delle controparti centrali, oltre che le raccomandazioni specifiche formulate dal Consiglio per la stabilità finanziaria, dal comitato permanente per la cooperazione in materia di vigilanza e regolamentazione (FSB SRC), dal gruppo direttivo sulla risoluzione dell’FSB (FSB ReSG), dal Comitato per i pagamenti e le infrastrutture di mercato (CPMI), dall’Organizzazione internazionale delle commissioni sui valori mobiliari (IOSCO) e dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (BCBS), attraverso una normativa armonizzata e vincolante che garantisca condizioni di parità solide e sicure a livello mondiale.

1.3.

Il CESE apprezzerebbe pertanto l’introduzione della flessibilità necessaria per adattare il regolamento proposto alla futura evoluzione del consenso internazionale sulla regolamentazione in materia di CCP, vale a dire le raccomandazioni del Consiglio per la stabilità finanziaria (FSB) (2).

1.4.

Secondo il CESE, la trasformazione dell’attuale sistema di soluzioni in funzione della singola CCP, basato sulle raccomandazioni internazionali e sulle autorità nazionali di vigilanza, in una regolamentazione per il risanamento e la risoluzione definitive che sia non soltanto chiara, coerente, solida e completa, ma anche proporzionata e adeguata alle esigenze future nel contesto di altri atti legislativi, come la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD), è di fondamentale importanza.

1.4.1.

In tale contesto, secondo il CESE, se vi fosse un’unica autorità di vigilanza e un’unica autorità di risoluzione per le CCP, esse sarebbero in una posizione migliore per condividere le competenze e i dati, oltre che per assicurare l’attuazione del nuovo regolamento da parte delle CCP in maniera uniforme in tutta Europa; si eliminerebbe così l’attuale variegato mosaico di autorità di vigilanza nazionali diverse con criteri e strumenti di vigilanza leggermente differenti.

1.5.

Visto il ruolo fondamentale della Banca centrale europea (BCE) nel quadro del meccanismo di vigilanza unico (SSM) per il settore bancario e la sua attuale competenza nell’assicurare l’efficienza e l’affidabilità dei sistemi di compensazione, pagamento e regolamento (3), oltre che il suo ruolo nel fornire alle CCP l’accesso alla moneta della banca centrale, il CESE raccomanda vivamente di considerare di avvalersi del mandato della BCE, oppure di estenderlo, per fare in modo che essa diventi sia l’autorità centrale europea di vigilanza per le CCP nel quadro del meccanismo di vigilanza unico, che l’autorità centrale di risoluzione nel quadro della BCE/dell’Eurosistema.

1.6.

Il CESE ritiene che occorra stabilire ulteriori strumenti di monitoraggio per le autorità di vigilanza in questo settore, per rendere possibile un quadro generale della posizione di rischio detenuta dai singoli partecipanti diretti all’interno di più CCP (comprese le CCP di paesi terzi) e dalle stesse CCP nei vari mercati, modellizzando i potenziali effetti domino sulle posizioni detenute in tutte le CCP. Le autorità di vigilanza o, preferibilmente, un’autorità centrale di vigilanza, dovrebbero essere autorizzate a condurre — in aggiunta alle prove annuali di stress che l’ESMA conduce sulle CCP nel quadro del regolamento sulle infrastrutture del mercato europeo (EMIR) — le loro prove globali di stress per comprendere, su base trimestrale, mensile o giornaliera, in funzione della situazione, non solo quale sia la posizione di rischio della CCP pertinente, ma anche quali attivi abbiano un effetto di attenuazione del rischio.

1.7.

Anche se il CESE presume che ci sarà una sequenza naturale (prima la risoluzione di uno o più partecipanti diretti conformemente alla direttiva BRRD e poi, se necessario, il risanamento e la risoluzione di una o più CCP), andrebbe chiarito che vi sono scenari in cui la priorità andrebbe attribuita al risanamento di una o più CCP rispetto al risanamento di una o più banche, qualora queste fossero i partecipanti diretti di maggior rilievo della CCP considerata.

1.8.

Il CESE chiede che i piani di risanamento delle CCP specifichino gli strumenti e le misure che saranno presi in considerazione per ribilanciare i loro portafogli, dato che la proposta non indica quali opzioni specifiche dovrebbero essere contemplate nei piani di risanamento né quali ne debbano essere escluse.

1.9.

Secondo il Comitato, bisognerebbe prestare una particolare attenzione alle potenziali ripercussioni sulle controparti non finanziarie e sugli attivi separati dei clienti dei partecipanti indiretti alla compensazione qualora ci si avvalga di strumenti relativi alla posizione e alla ripartizione delle perdite, ossia in caso di risoluzione dei contratti e di riduzione del valore di eventuali utili dovuti dalle CCP ai partecipanti diretti non inadempienti. Nello stesso ordine di idee, il Comitato si compiace che l’attuale proposta non comprenda l’applicazione dello scarto di garanzia né al margine iniziale («initial margin haircutting»), in quanto non costituirebbe uno strumento appropriato per il risanamento e la risoluzione, né agli utili derivanti dal margine di variazione («variation margin gains haircutting»), in quanto bisogna attendersi delle posizioni coperte.

1.10.

Secondo il CESE, ogni menzione esplicita della possibilità di un piano di salvataggio delle CCP a spese dei contribuenti dovrebbe essere eliminata dall’atto legislativo proposto e tale possibilità dovrebbe essere specialmente esclusa per le CCP di paesi terzi. La possibilità di un sostegno pubblico straordinario dovrebbe essere proposta dalle rispettive autorità qualora ritenuta opportuna e, di conseguenza, dovrebbe rimanere di carattere eccezionale. L’opzione attualmente contemplata di un sostegno pubblico straordinario, a determinate condizioni, potrebbe creare una situazione di azzardo morale. Questo renderebbe inoltre la creazione di un’autorità unica in materia di vigilanza e un’unica autorità di risoluzione più politicamente accettabile in un’ottica nazionale.

1.10.1.

In tale contesto, il CESE chiede che in futuro standard vincolanti di livello identico o simile siano imposti anche alle CCP che sono autorizzate a operare, in base a una decisione di «equivalenza», come organismi di compensazione di paesi terzi (CCP di paesi terzi) ai sensi del regolamento sulle infrastrutture del mercato europeo (EMIR) (4).

1.11.

Il CESE propone che il potere conferito all’autorità di risoluzione di porre fine ad alcuni o a tutti i contratti riguardanti i servizi di compensazione di una CCP sia usato in misura molto limitata quando la CCP considerata sostiene i mercati a pronti e procede alla compensazione di prodotti in contanti.

1.12.

Il CESE ritiene che la sospensione dell’obbligo di compensazione nella risoluzione di una CCP debba essere applicata tenendo conto dei potenziali effetti su altre CCP autorizzate a prestare servizi di compensazione per la stessa classe di attivi.

2.   Contesto

2.1.

Sia la direttiva sul risanamento e sulla risoluzione delle banche (BBRD) dell’Unione europea che la legge Dodd-Frank degli Stati Uniti impongono alle banche di importanza sistemica di dotarsi di piani di liquidazione (il cosiddetto living will) per consentire una liquidazione ordinata in caso di crisi, con contagio limitato sull’insieme dei mercati finanziari. Con la compensazione centrale divenuta obbligatoria dopo l’entrata in vigore del regolamento EMIR e della legge Dodd-Frank, le CCP hanno assunto un’importanza sempre maggiore per la sicurezza e la solidità globali del sistema finanziario. Pertanto, oltre ad assicurare la resilienza delle CCP, è necessaria una solida pianificazione in materia di risanamento e risoluzione per garantire che un maggior ricorso alla compensazione centrale non porti alla comparsa di una nuova categoria di enti «troppo grandi per fallire».

2.1.1.

Il fallimento di una CCP, sebbene statisticamente improbabile grazie al suo specifico modello aziendale e alla sua attenzione alla gestione del rischio, potrebbe tuttavia provocare, a causa del suo ruolo centrale nel mercato quale istituto finanziario d’importanza sistemica, un esteso contagio all’interno del sistema finanziario, generando un effetto domino sui partecipanti diretti e sui mercati che essa sostiene. Si tratta di un evento scarsamente probabile dal forte impatto.

2.2.

Le CCP svolgono un ruolo fondamentale nel sistema finanziario attraverso la gestione di una complessa rete di rapporti caratterizzati dal rischio di controparte. Sostanzialmente, esse svolgono questo ruolo (i) interponendosi tra le parti contraenti di contratti negoziati su uno o più mercati finanziari [regolamentati o fuori borsa (OTC)] e (ii) tutelandosi contro le eventuali inadempienze dei propri utilizzatori attraverso la raccolta di margini e garanzie adeguati sia presso il compratore che presso il venditore, nonché applicando accordi di condivisione delle perdite (la cosiddetta linea di difesa in caso di inadempienza o default waterfall a cui ricorrere in casi estremi, quando i singoli margini si rivelano insufficienti) (5).

2.3.

Un membro di una CCP è esposto a rischi minori rispetto a una compensazione bilaterale, in quanto beneficia di una compensazione multilaterale, della costituzione di garanzie adeguate e della mutualizzazione delle perdite. Le CCP procedono alla compensazione degli obblighi dei partecipanti (posizioni lunghe e corte) per i singoli prodotti, stabilendo un saldo multilaterale unico per prodotto/partecipante, indipendentemente dall’identità della controparte prima della novazione. Nel caso in cui i prodotti presentino una correlazione significativa, le CCP possono determinare i margini dei partecipanti per i vari prodotti (la cosiddetta «marginazione di portafoglio»), e questo permette loro di compensare il rischio detenendo posizioni su prodotti correlati.

2.4.

Al fine di sfruttare compiutamente i vantaggi offerti dalle CCP, queste devono 1) gestire il rischio in modo efficace e disporre di risorse finanziarie adeguate e 2) essere soggette a una vigilanza regolamentare e a requisiti prudenziali severi. In primo luogo, le CCP devono essere sufficientemente resilienti, nel senso che le risorse finanziarie di cui dispongono (compresi i requisiti di margine, i fondi di garanzia prefinanziati e le risorse di liquidità) devono con grandissima probabilità consentire loro di resistere al fallimento dei partecipanti diretti e ad altre situazioni di tensione. In secondo luogo, le CCP devono disporre di piani di risanamento che permettano loro di ripartire l’eccesso di perdite e generare liquidità supplementare senza gravare con un onere eccessivo sui partecipanti diretti e su altri istituti finanziari, molti dei quali hanno probabilmente già di per sé un’importanza sistemica. Infine, devono esistere piani credibili per la risoluzione delle CCP.

2.5.

Nel 2009 i leader del G20 si sono impegnati ad assicurare la compensazione, tramite CCP, di tutti i contratti di derivati OTC standardizzati. Il maggior ricorso a una compensazione centralizzata dei derivati è inteso a rafforzare la stabilità finanziaria mediante:

l’aumento della compensazione multilaterale,

l’obbligo imposto ai partecipanti al mercato dei derivati di registrare contabilmente importi adeguati per i margini iniziali e di variazione,

l’aiuto a gestire l’inadempienza dei grandi partecipanti al mercato dei derivati,

la maggiore trasparenza del mercato dei derivati e il contributo alla semplificazione delle reti di operazioni (6).

2.6.

A livello internazionale, già nel 2014 il Comitato per i pagamenti e le infrastrutture di mercato (CPMI) ha pubblicato, assieme all’Organizzazione internazionale delle commissioni sui valori mobiliari (IOSCO) e al Consiglio per la stabilità finanziaria (FSB), degli orientamenti sul risanamento e la risoluzione delle infrastrutture dei mercati finanziari, comprese le CCP. Inoltre, il risanamento e la risoluzione delle CCP rappresentano importanti priorità degli attuali piani internazionali di lavoro che erano stati fissati nel 2015.

2.7.

A livello dell’UE, la Commissione europea ha pubblicato una proposta (7), basata sui summenzionati lavori condotti a livello internazionale, per l’introduzione di una disciplina legislativa sulla risoluzione e il risanamento delle CCP, proposta che forma l’oggetto del presente parere.

3.   Osservazioni e commenti

3.1.    Il regolamento proposto

3.1.1.

Il CESE osserva che i requisiti di vigilanza per le CCP sono più severi adesso rispetto a prima della crisi. I principi per le infrastrutture dei mercati finanziari (PFMI) del CPMI-IOSCO forniscono un quadro generale per la resilienza e il risanamento delle CCP.

3.1.2.

Il CESE esprime grande apprezzamento per i significativi lavori che il CPMI e lo IOSCO hanno intrapreso in rapporto alla questione della resilienza e del risanamento delle CCP a livello internazionale.

3.1.3.

Il Comitato desidererebbe pertanto vedere nel regolamento proposto un meccanismo che consenta un adattamento flessibile alla futura evoluzione del consenso internazionale sulla regolamentazione in materia di CCP, vale a dire le raccomandazioni del Consiglio per la stabilità finanziaria (FSB).

3.1.4.

Di conseguenza, il CESE accoglie con favore il regolamento proposto, in virtù del quale gli standard internazionali — attualmente applicati con lievi differenze dalle CCP a seconda del quadro giuridico e normativo — sono inglobati in unico insieme standardizzato di obblighi armonizzati di varia natura ai sensi della legislazione dell’UE.

3.1.5.

Il CESE fa notare l’importanza sia di adottare un approccio globale alla modifica della legislazione collegata, ossia la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD), che di garantire che gli strumenti di moratoria (articoli 5 e 10 della direttiva BRRD) e altri meccanismi continuino a escludere gli obblighi di pagamento e consegna per quanto riguarda taluni sistemi di pagamento, le CCP, i depositari centrali di titoli (CSD) e le banche centrali, per non determinare squilibri nei portafogli e nelle garanzie detenute dalle CCP o ad esse trasferite.

3.1.6.

In tale contesto, il CESE presume che ci sarà una sequenza naturale, ossia, prima la risoluzione di uno o più partecipanti diretti conformemente alla direttiva BRRD e poi, se necessario, il risanamento e la risoluzione di una o più CCP di cui i suddetti partecipanti diretti sono stati clienti di primo piano. Vi potrebbero essere scenari in cui la priorità andrebbe attribuita al risanamento di una o più CCP rispetto al risanamento di una o più banche, qualora queste fossero i partecipanti diretti più rilevanti della CCP considerata.

3.1.6.1.

Secondo i principi stabiliti dal CPMI e dallo IOSCO, le risorse in caso di inadempienza per le CCP di importanza sistemica dovrebbero almeno essere di un’entità tale da permettere loro di resistere all’inadempienza dei due partecipanti diretti che potrebbero eventualmente dare origine, in condizioni estreme ma plausibili, alla maggiore esposizione creditizia aggregata verso la CCP considerata (il cosiddetto «Cover 2»). Se i partecipanti diretti che superano l’esposizione nei termini del «Cover 2» in rapporto a una o più CCP sono inadempienti e vengono sottoposti alle procedure previste dalla direttiva BRRD, bisogna tener conto delle conseguenze sia per le CCP considerate che per gli altri partecipanti non inadempienti in tutte le decisioni riguardanti le stanze di compensazione in difficoltà che vengono prese in conformità alla direttiva BRRD.

3.1.6.2.

In linea teorica, la CCP deve essere stabilizzata e sostenuta conformemente alla proposta di regolamento in esame prima che la procedura prevista dalla direttiva BRRD possa essere applicata ai partecipanti diretti in difficoltà. Potrebbero anche prodursi degli scenari in cui dei partecipanti diretti non inadempienti siano spinti verso l’inadempienza a causa dell’utilizzo degli strumenti definiti nella normativa proposta e vengano quindi a rientrare nel campo di applicazione della direttiva BRRD. Se, tuttavia, questo contribuisse a stabilizzare una CCP che fornisce servizi a una pluralità di partecipanti diretti, la stabilizzazione della CCP dovrebbe avere la priorità rispetto alla stabilizzazione dei singoli partecipanti diretti.

3.2.    Le misure straordinarie adottate nel pubblico interesse devono essere proporzionate ed evitare il ricorso a fondi pubblici

3.2.1.

Il CESE rileva che il regolamento proposto è pensato in funzione di situazioni di mercato estreme ed eccezionali; è tuttavia fondamentale che il regime di risanamento e risoluzione permetta la continuità dei servizi cruciali forniti dalle CCP senza che si faccia ricorso a fondi pubblici, a qualsiasi forma di sostegno pubblico per la solvibilità o a qualsiasi altra forma di stabilizzazione finanziaria statale, di sostegno pubblico al capitale o di temporanea proprietà pubblica. La possibilità attualmente prevista esplicitamente di un sostegno finanziario pubblico straordinario a determinate condizioni dovrebbe essere eliminata per evitare di creare una situazione di azzardo morale, incentivando erroneamente i partecipanti a una stanza compensazione a non contribuire al risanamento e alla risoluzione di una CCP in una fase precoce, ma ad aspettare e vedere se, e in che misura, verrà fornito un sostegno pubblico straordinario, quindi accettando volontariamente o persino provocando effetti di ricaduta sulla sfera pubblica.

3.2.2.

Poiché non è possibile prevedere con precisione gli scenari specifici in cui applicare il regime di risanamento e risoluzione, le CCP dovrebbero mantenere una certa flessibilità nella progettazione e applicazione degli strumenti di risanamento, per essere in grado di gestire differenti situazioni di inadempienza. Un carattere troppo prescrittivo potrebbe portare a una rigidità inefficiente. Come primo passo, le CCP dovrebbero quindi essere autorizzate a trattare la procedura di gestione dell’inadempienza e, alla fine, ad attuare il loro piano di risanamento prima che intervengano le autorità preposte alla risoluzione, a meno che non esistano segnali che le probabilità di successo del piano di risanamento siano scarse o che esso possa compromettere la stabilità finanziaria.

3.3.    Trattamento differente delle controparti non finanziarie (CNF) e conti separati dei clienti

3.3.1.

Il regolamento sulle infrastrutture del mercato europeo (EMIR) stabilisce obblighi e requisiti applicabili sia alle controparti finanziarie (CF) che alle controparti non finanziarie (CNF) che stipulino contratti derivati. Le CF comprendono banche, società di assicurazione, gestori di investimenti, fondi pensione, organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) e fondi d’investimento alternativi (FIA), mentre le CNF comprendono le CNF+ (ossia enti con posizioni nozionali lorde in derivati, rinnovabili a 30 giorni, di ammontare almeno pari a 1 miliardo di euro per i derivati su crediti e su azioni e/o 3 miliardi di euro per swap su tassi di interesse, valute, materie prime e altri strumenti) e le CNF tout court. Ci sono, inoltre, gli enti di paesi terzi (EPT), che possono essere indirettamente soggetti al regolamento EMIR se concludono operazioni con controparti dell’UE.

3.3.1.1.

Ai sensi del regolamento EMIR, è applicato l’obbligo di compensazione se viene concluso un contratto derivato OTC tra due CF, tra una CF e una CNF+, tra due CNF+, oppure tra una CF/CNF+ e un EPT che sarebbe soggetto a compensazione se avesse la propria sede nell’UE. Le deroghe a tale obbligo verranno a scadenza nel corso del 2017.

3.3.2.

Quando saranno scadute tutte le deroghe, le CNF di una certa dimensione che sono membri, diretti o indiretti, di una CCP saranno soggette al regolamento sul risanamento e la risoluzione a causa dell’obbligo di compensare centralmente talune classi di contratti derivati OTC (8). In questo modo, le CNF e i clienti dei fondi pensione potrebbero incorrere in passività involontarie dovute all’effetto combinato del regolamento in esame e dell’obbligo di compensazione, creando un collegamento ancor più stretto tra l’economia reale/i gestori di attivi e gli istituti finanziari d’importanza sistemica.

3.3.3.

Il CESE chiede pertanto alla Commissione di prendere in considerazione, nel contesto del proposto quadro di risanamento e risoluzione, un approccio differente per le CNF — specialmente per le imprese di produzione che coprono la loro esposizione fisica nell’economia reale — nei casi in cui le autorità pubbliche siano costrette ad adottare misure straordinarie nel pubblico interesse, ignorando potenzialmente i normali diritti di proprietà e imputando perdite a specifiche parti interessate, oltre a trattenere il pagamento di utili dalla CCP alle CNF quale misura di ultima istanza.

3.3.4.

I fondi (pensione) e altri enti che gestiscono denaro per i piccoli risparmiatori e investono nei mercati dei capitali dovranno detenere posizioni nelle CCP in modo diretto o indiretto tramite dei partecipanti diretti. Tali enti sono soggetti a vigilanza nazionale e a restrizioni rigorose in rapporto agli investimenti, in modo da garantire che i clienti finali non siano esposti a rischi indebiti. Inoltre, le autorità nazionali di regolamentazione oppure gli obblighi fiduciari impongono loro di detenere le posizioni dei clienti indirettamente in conti clienti e di tenerle separate. Nel regolamento EMIR è stata creata la possibilità di assicurare una protezione speciale per gli attivi dei partecipanti indiretti alla compensazione mediante l’introduzione della separazione e della portabilità degli attivi della clientela.

3.3.5.

Tenuto conto dell’ampia regolamentazione, gli investitori in tali fondi (pensione) hanno l’impressione che sia la legislazione nazionale che quella europea prevedano una protezione speciale per i loro attivi. La normativa proposta consentirebbe, tuttavia, di sopprimere i normali diritti di proprietà e di imputare le perdite a specifiche parti interessate, oltre a impedire alla CCP di effettuare il pagamento di utili, con ripercussioni anche sui conti clienti, siano essi separati o meno. Il CESE invita la Commissione a garantire che la possibilità di ignorare i normali diritti di proprietà (risoluzione dei contratti/imputazione delle perdite/trattenuta degli utili) non venga applicata ai conti clienti (separati).

3.4.    Transizione ed equivalenza dei paesi terzi

3.4.1.

Il CESE raccomanda alla Commissione di garantire che la transizione verso un sistema armonizzato sia adeguatamente sorvegliata e resa coerente con i requisiti per le CCP dei paesi terzi, per evitare la possibilità di arbitraggi regolamentari e di svantaggi concorrenziali a danno delle CCP dell’UE per effetto dell’autorizzazione data a una CCP di un paese terzo di offrire servizi su basi meno sicure e, quindi, a costi inferiori.

3.4.2.

Per quanto riguarda i paesi per i quali la Commissione europea intende adottare una decisione di «equivalenza», la chiarezza delle norme e dei regolamenti sul risanamento e la risoluzione deve rappresentare un fattore importante da prendere in considerazione. Per tutti i paesi per i quali la Commissione europea ha già adottato una decisione di «equivalenza» (9), questa decisione deve essere riesaminata alla luce delle norme e dei regolamenti in materia di risanamento e risoluzione vigenti nei paesi terzi, per garantire non solo che siano applicati regimi di risanamento e risoluzione equivalenti alle CCP di paesi terzi che offrono servizi all’interno del mercato unico dell’UE, ma anche che le decisioni adottate dai collegi di risoluzione europei siano applicabili nel quadro giuridico del paese terzo. Quale condizione minima, andrebbero stabiliti accordi per lo scambio di informazioni sul rischio sistemico tra — da un lato — l’autorità di regolamentazione della CCP del paese terzo e — dall’altro — la/le autorità di vigilanza e l’autorità di risoluzione all’interno dell’UE, e bisognerebbe prevedere la partecipazione di queste autorità di regolamentazione ai cosiddetti «gruppi di gestione delle crisi».

3.4.3.

In base al regolamento EMIR, la Commissione europea può chiedere all’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) di fornire consulenza tecnica in merito all’equivalenza di alcune giurisdizioni extra-UE che ospitano mercati dei derivati o CCP di grande importanza e che hanno chiesto il riconoscimento (10).

3.4.4.

Per il futuro il CESE chiede che, tra i punti cruciali che l’ESMA deve valutare, figuri la normativa in materia di risanamento e risoluzione vigente nei paesi terzi considerati, allo scopo di assicurare parità di condizioni ed evitare un arbitraggio regolamentare che porti a rischi indebiti per i partecipanti al mercato unico dell’UE e, potenzialmente, per i contribuenti europei a causa dei servizi forniti dalle CCP di un paese terzo. È di fondamentale importanza che ci sia la parità di condizioni a livello internazionale e che venga limitata l’esposizione dei contribuenti europei ai rischi gestibili all’interno dell’UE.

3.5.    Un’unica autorità europea di vigilanza e un’unica autorità europea di risoluzione

3.5.1.

Secondo il CESE, l’UE e i singoli Stati membri devono rafforzare le capacità dei loro organi di vigilanza di comprendere i rischi connessi alle CCP e la gestione di tali rischi, a tutti i livelli, in termini di risorse umane, finanziarie e tecniche. Il CESE ritiene che attualmente le autorità di vigilanza dipendano in misura eccessiva dalle competenze delle organizzazioni sovranazionali e delle stesse CCP. Questa dipendenza sul piano delle competenze specifiche potrebbe essere particolarmente rischiosa se le autorità di vigilanza si trovano nella necessità di assumere il controllo di una CCP in difficoltà entro un breve arco di tempo, vale a dire, qualora l’alta dirigenza o il consiglio di amministrazione di una CCP fossero rimossi e successivamente sostituiti oppure qualora venissero esercitati i poteri di risoluzione.

3.5.2.

Secondo il CESE, se vi fosse un’unica autorità di vigilanza e un’unica autorità di risoluzione per le CCP, esse sarebbero in una posizione migliore per condividere le competenze e i dati, oltre che per assicurare che il nuovo regolamento sia attuato dalle CCP in modo uniforme in tutta Europa, in modo da poter eliminare il rischio di elusione delle norme o di arbitraggio regolamentare. Inoltre, si ovvierebbe all’attuale difformità del quadro di vigilanza delle CCP. Attualmente la regolamentazione segue l’approccio nazionale in materia di vigilanza, come stabilito dal regolamento EMIR, con la creazione di collegi attorno alle autorità nazionali di regolamentazione per vigilare sulle CCP. Secondo il CESE, tuttavia, in uno scenario di tensioni estreme, quando una o più CCP sono a rischio di fallimento, un approccio centralizzato garantirebbe la massima efficienza, in quanto le decisioni devono essere prese in una prospettiva globale che tenga conto di più CCP, dei partecipanti diretti ecc.

3.5.2.1.

Il CESE reputa che il regolamento sulle CCP adottato nel 2012 nel quadro del regolamento EMIR abbia portato a una soluzione a mosaico per la vigilanza delle CCP (11), in quanto il compito di vigilare sulle CCP è stato assegnato, a seconda dei paesi, alle banche centrali, alle autorità nazionali di regolamentazione del settore bancario o alle autorità di vigilanza delle borse valori. Questo punto di vista è stato ribadito dalla valutazione inter pares, intitolata Supervisory activities on CCPs’ Margin and Collateral requirements («Attività di vigilanza sui requisiti in materia di margini e garanzie reali delle CCP») e pubblicata il 22 dicembre 2016, che l’ESMA ha condotto in base all’articolo 21 del regolamento EMIR e in cui ha chiaramente affermato che è necessario rafforzare la convergenza in materia di vigilanza tra le autorità nazionali competenti.

3.5.2.2.

La relazione, pur nel suo campo limitato di trattazione, ha già individuato una serie di ambiti in cui gli approcci in materia di vigilanza differiscono tra le autorità nazionali competenti, formulando raccomandazioni per migliorare la coerenza delle prassi in materia di vigilanza. Attorno ad ogni autorità nazionale di regolamentazione sono stati creati dei collegi con una forte sovrapposizione di partecipanti per le principali CCP; tali collegi dovrebbero operare in parallelo in caso di potenziale fallimento di più CCP. Tenuto conto degli sviluppi registrati nel corso degli ultimi anni, nel 2017, con il convergere dei mercati dei derivati sia quotati che OTC nelle CCP, bisognerebbe prendere in considerazione un nuovo approccio centralizzato.

3.5.3.

Visto il ruolo fondamentale della BCE nel meccanismo di vigilanza unico (SSM), il CESE propone di prendere in considerazione di estendere il mandato della BCE per fare in modo che diventi l’autorità centrale europea di vigilanza per le CCP nel quadro dell’SSM. Per evitare un conflitto d’interessi interno, la BCE/l’Eurosistema stessi dovrebbero assumere la funzione di autorità centrale di risoluzione. Questo sarebbe fattibile nel quadro del mandato attuale oppure con una sua ragionevole estensione. Uno dei compiti fondamentali della BCE consiste nel «promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento» (12). La maggior parte delle CCP europee sono state registrate come sistemi di pagamento per assicurare il carattere definitivo del regolamento (13). Inoltre, alcune delle principali CCP dell’area dell’euro (vale a dire, LCH SA ed Eurex Clearing) sono autorizzate a operare e sono regolamentate come istituti di credito.

3.5.4.

Ai sensi dell’articolo 22 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, «la BCE può stabilire regolamenti, al fine di assicurare sistemi di compensazione e di pagamento efficienti e affidabili all’interno dell’Unione e nei rapporti con i paesi terzi». Di conseguenza, è già conferita una funzione di regolamentazione in rapporto all’affidabilità dei sistemi di compensazione. L’alternativa sarebbe di istituire una nuova autorità centrale europea di vigilanza per le CCP, una possibilità che richiederebbe più tempo e sarebbe più costosa.

3.5.5.

Un’autorità centrale di vigilanza sia per le banche che per le CCP nel quadro dell’SSM rispecchierebbe inoltre il fatto che la maggior parte delle banche di rilevanza sistemica sono membri di un gran numero di CCP (ad esempio, JP Morgan, che aderisce a 70 CCP in tutto il mondo (14)) e, di conseguenza, l’inadempienza di uno di questi grandi membri innescherebbe aste per inadempienza simultanee nelle CCP di cui la banca inadempiente è membro.

3.5.6.

Da un punto di vista nazionale, una premessa politica indispensabile per la creazione di un’autorità unica in materia di vigilanza e di un’unica autorità di risoluzione è rappresentata dall’eliminazione, che è già stata richiesta, di qualsiasi piano di salvataggio delle CCP a spese dei contribuenti, sotto forma di sostegno finanziario pubblico straordinario a determinate condizioni.

3.6.    Sospensione facoltativa dell’obbligo di compensazione durante una risoluzione

3.6.1.

L’autorità di risoluzione delle CCP oppure l’autorità competente di un partecipante diretto della CCP che è soggetta a risoluzione possono chiedere alla Commissione di sospendere temporaneamente l’obbligo di compensazione (articolo 4, paragrafo 1, del regolamento proposto) per specifiche classi di derivati OTC, purché siano soddisfatte certe condizioni.

3.6.2.

È tuttavia difficile immaginare in che modo, in situazioni di forti tensioni sui mercati, i partecipanti diretti, quelli più piccoli in particolare, siano in grado di gestire nuovamente posizioni in un processo bilaterale entro un breve arco di tempo. Inoltre, l’obbligo di compensazione riguarda specifiche classi di derivati OTC in tutte le CCP e non vale soltanto per una CCP. Di conseguenza, la sospensione dell’obbligo di compensazione si ripercuoterà potenzialmente su altre CCP, autorizzate a prestare servizi di compensazione in relazione agli stessi prodotti. Bisogna garantire che la sospensione dell’obbligo di compensazione sia facoltativa per le altre CCP. Inoltre, queste CCP potrebbero avere concluso degli accordi di marginazione integrata per queste e altre classi di derivati, cosicché il ritorno a un mercato bilaterale avrebbe effetti a catena non voluti.

3.6.3.

Il CESE ritiene quindi che la sospensione dell’obbligo di compensazione nella risoluzione costituisca uno strumento da usare senza che vengano generate ripercussioni su altre CCP autorizzate a prestare servizi di compensazione per la stessa classe di attivi.

3.6.4.

Infine, la richiesta dell’autorità nazionale di regolamentazione potrebbe avere un impatto su scala europea e questo, secondo il Comitato, rappresenta un’altra argomentazione a sostegno di un’unica autorità paneuropea di vigilanza per le CCP e di un’unica autorità di risoluzione.

Bruxelles, 29 marzo 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  COM(2016) 0856 final.

(2)  Cfr. anche a titolo di esempio a sostegno di tale posizione EBA and ESMA call to clarify margin requirements between CRR and EMIR («L’Autorità bancaria europea e l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati chiedono di chiarire i requisiti di margine tra il regolamento sui requisiti patrimoniali e il regolamento sulle infrastrutture del mercato europeo»), 18 gennaio 2017. Le raccomandazioni formulate nella relazione sono tese a evitare la duplicazione dei requisiti per le operazioni in strumenti derivati e, quindi, a evitare maggiori rischi normativi e un aumento dei costi sostenuti dalle autorità competenti per le attività di monitoraggio.

(3)  Uno dei compiti fondamentali dell’Eurosistema consiste nel promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento (articolo 127, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e l’articolo 3, paragrafo 1, dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea). La base giuridica per la competenza dell’Eurosistema nel settore dei sistemi di pagamento e di regolamento è contenuta nell’articolo 127, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Ai sensi dell’articolo 22 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, «la BCE e le banche centrali nazionali possono accordare facilitazioni, e la BCE può stabilire regolamenti, al fine di assicurare sistemi di compensazione e di pagamento efficienti e affidabili all’interno dell’Unione e nei rapporti con i paesi terzi».

(4)  Regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni.

(5)  Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS), «ESRB Report to the European Commission on the systemic risk implications of CCP interoperability arrangements» («Relazione del CERS alla Commissione europea sulle implicazioni di rischio sistemico derivanti dagli accordi di interoperabilità delle CCP», gennaio 2016 (disponibile solo in inglese).

(6)  Cfr. il piano di lavoro 2015 per le CCP presentato nell’aprile di quell’anno dai presidenti dell’FSB SRC, dell’FSB ReSG, del BCBS, del CPMI e dello IOSCO 2015 CCP Workplan, aprile 2015.

(7)  COM(2016) 856 final

(8)  Conformemente agli articoli 5 e 6 del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni.

(9)  Per un elenco completo e aggiornato si rimanda a: https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/library/third-country_ccps_recognised_under_emir.pdf

(10)  La Commissione dovrebbe avvalersi delle consulenza tecnica dell’ESMA per preparare possibili atti di esecuzione ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 6, dell’articolo 13, paragrafo 2 e dell’articolo 75, paragrafo 1, del regolamento EMIR per quanto riguarda l’equivalenza con il quadro giuridico e di vigilanza dei paesi terzi (paesi extra-UE).

(11)  Per l’elenco delle CCP e delle autorità di regolamentazione, si rimanda a: https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/library/ccps_authorised_under_emir.pdf

(12)  Cfr. l’articolo 127, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e l’articolo 3, paragrafo 1, dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea.

(13)  Per l’elenco dei sistemi di pagamento, si rimanda a: https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/library/designated_payment_and_securities_settlement_systems.pdf

(14)  Cfr. Financial Times, JPMorgan tells clearers to build bigger buffers («JPMorgan dice alle stanze di compensazione di accumulare riserve maggiori»), 11 settembre 2014, autori: Sam Fleming e Philip Stafford.


30.6.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 209/36


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 per quanto riguarda il coefficiente di leva finanziaria, il coefficiente netto di finanziamento stabile, i requisiti di fondi propri e passività ammissibili, il rischio di controparte, il rischio di mercato, le esposizioni verso controparti centrali, le esposizioni verso organismi di investimento collettivo, le grandi esposizioni, gli obblighi di segnalazione e informativa, e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012».

[COM(2016) 850 final — 2016/0360 (COD)]

sulla

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 per quanto riguarda la capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione per gli enti creditizi e le imprese di investimento».

[COM(2016) 851 final — 2016/0361 (COD)]

sulla

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/59/UE sulla capacità di assorbimento di perdite e di ricapitalizzazione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e le direttive 98/26/CE, 2002/47/CE, 2012/30/UE, 2011/35/UE, 2005/56/CE, 2004/25/CE e 2007/36/CE».

[COM(2016) 852 final — 2016/0362 (COD)]

e sulla

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2013/36/UE per quanto riguarda le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria mista, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale».

[COM(2016) 854 final — 2016/0364 (COD)]

(2017/C 209/06)

Relatore:

Daniel MAREELS

Consultazione

Parlamento europeo, 1.2.2017

Consiglio dell’Unione europea, 2.2.2017 e 20.2.2017

Commissione europea, 17.2.2017

Base giuridica

Articoli 114 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

8.3.2017

Adozione in sessione plenaria

30.3.2017

Sessione plenaria n.

524

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

177/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie molto favorevolmente il pacchetto di proposte della Commissione, auspicando che possa dare un contributo effettivo al completamento dell’opera di riforma del settore finanziario avviata dopo la crisi.

1.2.

Il Comitato plaude alla visione globale e integrata di fondo che ha consentito di conciliare e unire in tali proposte una serie di obiettivi importanti in vari ambiti, senza tuttavia venir meno ai principi. Questo approccio permette di compiere progressi in diversi settori di rilievo, nella prospettiva di un futuro europeo comune e più sostenibile e del completamento dell’Unione economica e monetaria (UEM).

1.3.

Questo riguarda in primo luogo gli obiettivi in ambito bancario e finanziario . Secondo il Comitato le varie misure proposte contribuiscono senza alcun dubbio a rafforzare il quadro prudenziale e di risoluzione applicabile alle banche. Si tratta di un elemento cruciale per l’auspicata riduzione dei rischi nel settore finanziario e per una maggiore resilienza degli enti creditizi . La stabilità finanziaria e un sistema finanziario sano che contribuisca a una crescita economica stabile e sostenibile sono fondamentali. Non si può inoltre continuare a ignorare il sistema bancario ombra e lasciarlo privo di regolamentazione.

1.4.

Il Comitato ritiene che l’effetto di attenuazione del rischio perseguito dalle proposte permetta, in particolare, di compiere dei passi avanti non soltanto nello sviluppo dell’ Unione bancaria ma anche nella realizzazione del suo terzo pilastro: il sistema europeo di assicurazione dei depositi . Ciò è tanto più importante in quanto una vera e propria Unione bancaria è uno dei fondamenti per il completamento dell’UEM, la cui realizzazione deve essere perseguita senza ritardi. Per realizzare l’ Unione dei mercati dei capitali è pertanto utile apportare alcuni adeguamenti specifici alle proposte.

1.5.

Il Comitato ritiene essenziale inoltre fornire un contributo positivo per un ulteriore recupero della fiducia di clienti e consumatori nel settore finanziario. Rileva pertanto con soddisfazione l’impegno profuso sia nell’affrontare la questione delle banche «troppo grandi per fallire» (too big to fail) attraverso provvedimenti mirati alla capacità totale di assorbimento delle perdite (TLAC), sia in direzione di una maggiore efficacia ed efficienza delle norme sul bail-in. Fondamentale è comunque il presupposto che, laddove una banca sia in crisi, non si debba ricorrere alle finanze pubbliche o dei contribuenti.

1.6.

Il Comitato si compiace inoltre per l’attenzione prestata al finanziamento dell’economia . Nell’attuale clima di incertezza e cambiamento e in un momento in cui gli investimenti rimangono a livelli eccessivamente bassi non si può lasciare nulla di intentato per creare nuove e ulteriori opportunità ai fini di una ripresa sostenibile e duratura dell’economia reale, che si accompagni alla crescita, a ulteriori investimenti e a nuovi posti di lavoro .

1.7.

Le banche sono chiamate a svolgere un ruolo importante per l’intermediazione nei mercati dei capitali, e non vi è dubbio che anche in futuro i prestiti bancari rimarranno la principale fonte di finanziamento per le famiglie e per le PMI. Sebbene le proposte rappresentino un passo avanti nella creazione dei giusti presupposti affinché le banche possano assumere tale ruolo, si pone la questione se non si possa fare di più per rafforzare e intensificare gli sforzi a favore delle PMI, che costituiscono la spina dorsale dell’economia europea. Più specificamente, il CESE chiede di confermare e di estendere ulteriormente il «fattore di supporto per le PMI» (1), che consente alle banche di dover accantonare minore capitale per i prestiti concessi alle PMI. Il Comitato raccomanda inoltre di adottare un approccio simile a favore delle imprese dell’economia sociale.

1.8.

Il Comitato si compiace poi della considerazione prestata a una serie di specificità dell’UE , anche in base all’invito a presentare contributi. Questo è il caso, ad esempio, degli adeguamenti rispetto agli accordi internazionali nel quadro della riforma globale del settore finanziario, che si possono ritrovare nelle proposte in esame. Tali iniziative vanno a vantaggio del finanziamento dell’economia.

1.9.

Poiché le attuali proposte rappresentano un nuovo passo, e altri ne seguiranno, lungo il processo di riforma del settore finanziario definito a livello internazionale dopo la crisi, il Comitato reputa essenziale che l’ Europa rivesta un ruolo di primo piano sulla scena internazionale nelle attività in corso e future. In questo quadro vanno messe al primo posto le norme minime internazionali e occorre salvaguardare i valori e gli interessi europei. In ogni caso è essenziale rifiutare qualsiasi distorsione lesiva per gli enti europei.

1.10.

Per contro, per quanto attiene alle ripercussioni che le necessarie diversità all’interno del settore finanziario europeo hanno sulla regolamentazione, il Comitato ritiene che non si presti ancora la dovuta considerazione alla condizione delle banche meno complesse e di piccole dimensioni. Le proposte all’esame non rispecchiano ancora a sufficienza le specificità e le possibilità di questo tipo di enti. Ciò vale in particolare per il principio della proporzionalità . Il Comitato è dell’avviso che in questi casi al frammentario e limitato approccio corrente si dovrebbe preferire una linea più strutturata e di più vasto raggio, a vantaggio di un maggior numero di enti e in un maggior numero di settori. A questo tipo di enti non si possono imporre oneri e obblighi gravosi e sproporzionati.

1.11.

Un impegno ai fini della chiarezza e della certezza giuridica con l’introduzione di nuove norme che prevedano termini di attuazione sufficienti è nell’interesse di tutti i soggetti coinvolti e di tutte le parti in causa, delle autorità di regolamentazione e vigilanza e degli enti stessi. Per evitare possibili effetti negativi sul finanziamento dell’economia è auspicabile l’adozione rapida delle disposizioni transitorie connesse al nuovo principio contabile IFRS (2) 9. Da ultimo, il settore deve fare fronte a molteplici sfide, che riguardano tra gli altri l’evoluzione tecnologica e digitale, il basso livello dei tassi di interesse e una serie di altri sviluppi conseguenti alla crisi.

Conclusioni aggiuntive

1.12.

Con riferimento al rafforzamento del quadro prudenziale, il Comitato plaude alla maggiore attenzione prestata al ruolo delle autorità di regolamentazione e vigilanza e alle possibilità loro conferite. Le norme e i relativi controlli si completano a vicenda e devono poter svolgere ciascuno il proprio ruolo al fine di migliorare l’armonizzazione delle norme e delle prassi. E perché si possa intervenire in modo efficiente ed efficace qualora se ne presenti la necessità.

1.13.

Per quanto attiene al quadro di risoluzione, il Comitato considera positive l’integrazione del TLAC nella normativa MREL e la prevista armonizzazione della classificazione a livello nazionale dei titoli di debito subordinati nelle procedure di insolvenza. Queste iniziative consentiranno di armonizzare la normativa e di migliorare l’applicabilità operativa delle norme sull’assorbimento delle perdite.

2.   Contesto  (3)

2.1.

A partire dal 23 novembre 2016 la Commissione ha reso nota una serie di proposte per riformare la regolamentazione delle banche, finalizzate al recepimento dei testi risultanti dai lavori svolti nell’ambito del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria e del Consiglio per la stabilità finanziaria, tenendo conto di quanto emerso dall’invito a presentare contributi organizzato dalla Commissione per valutare se la normativa bancaria vigente consenta di realizzare gli obiettivi in maniera efficace ed efficiente.

2.2.

Queste proposte di legge (4) sono intese a modificare la normativa bancaria esistente, in particolare:

2.2.1.

il regolamento sui requisiti patrimoniali (CRR) e la direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD), adottati nel 2013, che stabiliscono i requisiti prudenziali per gli enti creditizi (ossia le banche) e per le imprese di investimento e le disposizioni in materia di amministrazione e vigilanza;

2.2.2.

la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche e il regolamento concernente il meccanismo di risoluzione unico, adottati nel 2014, che fissano le norme in materia di risanamento e risoluzione degli enti in stato di dissesto e stabiliscono il meccanismo di risoluzione unico.

2.3.

Con le nuove proposte si perseguono molteplici obiettivi, tra cui in sostanza:

2.3.1.

aumentare la resilienza degli enti creditizi dell’UE e rafforzare la stabilità finanziaria;

2.3.2.

migliorare la capacità di prestito delle banche per sostenere l’economia dell’Unione europea; e

2.3.3.

facilitare il ruolo delle banche nel conferire ai mercati dei capitali europei maggiore spessore e liquidità per sostenere la creazione di un’Unione dei mercati dei capitali.

2.3.4.

Allo stesso tempo, ed è opportuno citarlo, sono in corso dei lavori per perfezionare ed estendere l’applicazione del «principio di proporzionalità» a vantaggio delle banche meno complesse e di piccole dimensioni.

2.4.    Senza entrare nei dettagli, gli elementi principali  (5) delle proposte sono i seguenti

2.4.1.

Con riferimento agli obiettivi di cui al punto 2.3.1:

2.4.1.1.

imporre requisiti patrimoniali più sensibili al rischio, in particolare nel settore del rischio di mercato, del rischio di controparte e per le esposizioni verso le controparti centrali;

2.4.1.2.

attuare metodologie in grado di rispecchiare più accuratamente i rischi effettivi ai quali sono esposte le banche;

2.4.1.3.

introdurre un coefficiente vincolante di leva finanziaria (LR (6)) pari ad almeno il 3 % volto a impedire agli enti il ricorso a una leva finanziaria eccessiva;

2.4.1.4.

imporre un coefficiente netto vincolante di finanziamento stabile (NSFR (7)) per affrontare l’eccessiva dipendenza dal finanziamento all’ingrosso a breve termine e ridurre il rischio del finanziamento a lungo termine;

2.4.1.5.

introdurre l’obbligo per gli enti a rilevanza sistemica a livello globale (8) (G-SII (9)) di detenere livelli minimi di capitale e altri strumenti che assorbono le perdite in fase di risoluzione. Tale requisito, noto come «capacità totale di assorbimento delle perdite» (TLAC (10)), è integrato nel sistema MREL (11) che già si applica a tutte le banche. In tal modo si rafforzerà la capacità dell’UE di far fronte, all’occorrenza, alla risoluzione di enti a rilevanza sistemica a livello globale in stato di dissesto, salvaguardando nel contempo la stabilità finanziaria e limitando al minimo il rischio per i contribuenti. È prevista inoltre un’armonizzazione della «gerarchia dei creditori», affinché si crei una parità di condizioni in caso di bail-in all’atto della risoluzione di una banca.

2.4.2.

Con riferimento agli obiettivi di cui al punto 2.3.2 (e, in parte, anche al punto 2.3.4), le misure proposte sono volte a:

2.4.2.1.

rafforzare la capacità delle banche di concedere credito alle PMI e di finanziare progetti infrastrutturali;

2.4.2.2.

ridurre gli oneri amministrativi per le banche di piccole dimensioni e meno complesse in relazione a una serie di norme in materia di remunerazione, in particolare quelle riguardanti la dilazione e la remunerazione con strumenti quali le azioni;

2.4.2.3.

modificare la normativa CRD e CRR affinché risulti più proporzionata e meno onerosa per gli enti più piccoli e meno complessi, in cui alcuni degli attuali obblighi di segnalazione, di informativa e legati a portafogli di negoziazione complessi non appaiono giustificati da considerazioni di carattere prudenziale.

2.4.3.

Con riferimento agli obiettivi di cui al punto 2.3.3, sono previste misure intese a:

2.4.3.1.

evitare requisiti patrimoniali sproporzionati per le posizioni del portafoglio di negoziazione, anche relativamente alle attività di supporto agli scambi (market making);

2.4.3.2.

ridurre i costi di emissione o derivanti dalla detenzione di determinati strumenti (obbligazioni garantite, strumenti di cartolarizzazione di alta qualità, strumenti di debito sovrano, derivati a fini di copertura);

2.4.3.3.

evitare potenziali disincentivi per gli enti che agiscono come intermediari per i clienti in relazione alle negoziazioni compensate dalle controparti centrali.

3.   Osservazioni

3.1.    Osservazioni generali

3.1.1.

Le proposte in esame sono senz’altro da accogliere con favore. Rappresentano un’ulteriore integrazione e un perfezionamento dell’importante lavoro intrapreso dopo la crisi al fine di riformare il settore finanziario. Esse tengono inoltre conto del fatto che in Europa le banche avranno un ruolo significativo nella società anche in futuro, soprattutto nel finanziamento dell’economia. Le banche svolgono un’importante funzione di intermediazione sui mercati dei capitali e i prestiti bancari rimarranno la principale fonte di finanziamento in Europa per le famiglie e le imprese in generale e, senza alcun dubbio, per le PMI. Tale ruolo non può essere compromesso.

3.1.2.

Innanzitutto, il Comitato accoglie con favore la visione globale e integrata che ha prevalso nella formulazione delle proposte, con cui sono stati considerati vari sviluppi auspicabili e obiettivi sociali importanti. Uno dei grandi meriti risiede nel fatto che nell’elaborazione delle proposte attuali si è operato in modo concreto, senza perdere di vista i principi. Un aspetto, infatti, non può compromettere l’altro.

3.1.3.

In un contesto politico, sociale ed economico difficile e complesso, e in previsione di una serie di sfide rilevanti, l’aver conciliato e unito più obiettivi di primo piano in vari campi crea un potenziale tutt’altro che trascurabile per un progresso in ambiti diversi, in direzione di un futuro europeo comune e più sostenibile. Questo approccio equilibrato contribuisce inoltre a un ulteriore recupero della fiducia.

3.1.4.

Il Comitato plaude poi al fatto che si sia tenuto conto dei risultati dell’invito a presentare contributi (12), poiché ciò ha consentito di sviluppare un approccio più armonioso e di coinvolgere tutte le parti in causa e, al contempo, di affrontare la questione in modo più preciso e diversificato nell’ambito degli obiettivi predefiniti.

3.1.5.

Il Comitato reputa essenziale che il sistema bancario sia resiliente e ben capitalizzato, quale condizione e presupposto per salvaguardare la stabilità finanziaria.

3.1.6.

Non meno importanti sono i provvedimenti a sostegno dell’economia e il loro efficiente finanziamento, in modo da fornire il massimo supporto alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro.

3.1.7.

Per il loro carattere di riduzione del rischio, le proposte possono inoltre contribuire a un ulteriore sviluppo dell’Unione bancaria (13) e, secondo il Comitato, rappresentano un elemento chiave che deve consentire un progresso nella realizzazione del terzo pilastro di tale unione, ossia il sistema europeo di assicurazione dei depositi. L’Unione bancaria costituisce, a sua volta, uno dei pilastri fondamentali dell’UEM, e la sua realizzazione dovrebbe essere perseguita in tempi rapidi. Queste proposte favoriscono poi la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali (14), il che costituisce un altro valore aggiunto.

3.1.8.

Queste proposte rappresentano un ulteriore passo per il ripristino della fiducia nel settore finanziario e nelle banche, ma dovranno essere seguite da ulteriori iniziative. Il Comitato auspica che per i prossimi provvedimenti si possa lavorare con il medesimo spirito. Con ciò si riferisce in particolare alle questioni ancora in fase di discussione (15), anche nell’ambito del perfezionamento del quadro di Basilea III (16), e per le quali si prevedono dei risultati in tempi relativamente brevi. Resta comunque essenziale ridurre ulteriormente il rischio in questo settore, senza colpire in maniera sproporzionata il comparto bancario europeo.

3.1.9.

Appare importante inoltre monitorare il contesto internazionale, soprattutto perché è emerso che alcuni accordi sulla riforma mondiale del settore finanziario sono stati interpretati in modo diverso o meno rigoroso da partner non europei. L’agenda globale per le riforme concordata a livello del G-20 dopo la crisi finanziaria non può essere compromessa e non può generare eccessive differenze o frammentazioni a livello mondiale, a scapito degli enti con sede nell’UE.

3.1.10.

È importante che queste proposte trasmettano al settore finanziario e agli operatori sufficiente chiarezza e sicurezza. Un settore diversificato ed equamente remunerato, operante in uno spazio europeo integrato, deve avere la possibilità di affrontare anche altre sfide come quelle connesse agli sviluppi tecnologici e digitali, al basso livello dei tassi di interesse e a una serie di problemi conseguenti alla crisi quali, in alcuni paesi, i «prestiti in sofferenza» (Non-Performing Loans) (17).

3.1.11.

Da ultimo, il Comitato ribadisce la posizione già espressa in precedenza per cui il sistema bancario ombra non può continuare a essere ignorato e deve essere regolamentato. I potenziali rischi che ne conseguono devono essere anch’essi sottoposti a vigilanza e controllo al fine di rafforzare la stabilità finanziaria. Allo stesso tempo si devono stabilire condizioni di parità per tutti i soggetti operanti nell’ambito finanziario.

3.2.    Il quadro prudenziale e i provvedimenti proposti in merito

3.2.1.

Il Comitato giudica positivamente l’attenzione prestata al quadro prudenziale e le successive integrazioni e misure volte a rafforzarlo attraverso i vari coefficienti e gli altri provvedimenti previsti dalle attuali proposte. Tali iniziative potranno contare sul suo sostegno anche perché si agisce con misura e si provvede a evitare inutili ostacoli al finanziamento dell’economia.

3.2.2.

Il Comitato si compiace per la maggiore attenzione prestata al ruolo delle autorità di regolamentazione e vigilanza in quest’ambito, per la volontà di conferire loro ulteriori possibilità e per l’impegno nei confronti di una maggiore e più efficace armonizzazione delle norme e delle prassi. Si tratta di un aspetto importante non soltanto per l’eliminazione delle eccessive differenze nel trattamento delle banche, ma anche nell’ottica di una maggiore applicazione del principio di proporzionalità.

3.3.    Il quadro di risoluzione

3.3.1.

In linea con i pareri precedenti, il Comitato si compiace che nelle nuove proposte sia stata affrontata la questione delle banche «troppo grandi per fallire». L’introduzione del TLAC per i G-SII europei nell’ambito del MREL, con una parte di applicabilità generale (18) e una parte specifica (19), consente un approccio armonizzato e al tempo stesso su misura.

3.3.2.

Occorre tuttavia fare di più: come già indicato (20), l’agenda dell’UE per gli anni a venire deve (continuare a) incentrarsi sulla piena attuazione di Basilea III, sul Consiglio per la stabilità finanziaria e su una soluzione per le banche «troppo grandi per fallire» nel rispetto degli accordi internazionali (G-20). Gli obiettivi devono rimanere il rafforzamento della stabilità e della resilienza del settore finanziario e, allo stesso tempo, la capacità di evitare che in futuro si debba nuovamente ricorrere a risorse pubbliche per salvare le banche. Inoltre, per agevolare l’applicazione del meccanismo di risoluzione unico, bisognerebbe studiare ulteriormente le possibilità per ridurre l’elevato livello di debito pubblico detenuto dalle banche (21). Così facendo, si contribuirebbe anche alla piena realizzazione dell’Unione bancaria (22).

3.3.3.

Il Comitato si compiace in particolare della proposta della Commissione volta ad armonizzare maggiormente la gerarchia dei creditori con la creazione di una nuova classe di attività, nell’applicazione del regime di bail-in, per assicurare la parità di condizioni tra i vari Stati membri (23).

3.4.    I provvedimenti per un migliore finanziamento dell’economia reale e delle PMI in particolare

3.4.1.

La valutazione delle diverse misure proposte dal punto di vista del loro impatto sul finanziamento dell’economia reale è ovviamente un fattore molto positivo, così come la scelta di intervenire per migliorare la capacità di prestito delle banche.

3.4.2.

Il Comitato plaude in particolare alla grande attenzione prestata al credito alle PMI, che sono e rimangono la spina dorsale dell’economia europea nonché fonte di investimenti e posti di lavoro.

3.4.3.

Si pensi in particolare al consolidamento e all’ulteriore ampliamento del fattore di supporto per le PMI («SME supporting factor»). Il Comitato raccomanda di verificare con attenzione se sia possibile una più estesa applicazione di tale fattore, per agevolare il maggior numero possibile di prestiti e di PMI. Nello stesso spirito, il Comitato chiede alla Commissione di compiere ulteriori sforzi al fine di rafforzare l’economia degli Stati membri maggiormente indeboliti dalla crisi economica.

3.4.4.

Il Comitato ritiene inoltre che si dovrebbero compiere sforzi paralleli a vantaggio dell’economia sociale e dei soggetti che vi operano. Si potrebbe, in particolare, lavorare alla creazione di un «fattore di supporto per le imprese sociali».

3.5.    Un ulteriore passo per la realizzazione dell’Unione dei mercati dei capitali

3.5.1.

Sebbene non sia un elemento chiave, il Comitato accoglie con favore l’attenzione prestata dalle attuali proposte al progresso nella realizzazione dell’Unione dei mercati di capitali.

3.5.2.

In linea con i pareri precedenti (24) sull’argomento, il Comitato ritiene che il quadro normativo e di vigilanza debba consentire il pieno sviluppo dei punti di forza dei mercati dei capitali e il controllo dei loro punti deboli, come pure dei rischi eccessivi o sproporzionati. Il nuovo sistema deve essere in grado di resistere agli effetti negativi di eventuali nuove crisi. Ciò implica anche una maggiore convergenza e cooperazione nel settore della vigilanza microprudenziale e macroprudenziale, a livello sia europeo che nazionale.

3.6.    Proporzionalità e riduzione dei costi amministrativi

3.6.1.

Il Comitato ribadisce innanzitutto quanto sia importante la necessità di un panorama bancario diversificato (25), non soltanto ai fini della stabilità ma anche perché consente di rispondere nel miglior modo possibile alle esigenze e ai bisogni di ciascuno, che si tratti di un risparmiatore, un investitore, un consumatore o un imprenditore.

3.6.2.

Il Comitato si compiace vivamente della presenza, all’interno delle proposte attuali, di una serie di suggerimenti relativi al principio di proporzionalità, già indicato in passato come il problema principale per le banche di piccole dimensioni e meno complesse (26).

3.6.3.

Il Comitato ritiene che la condizione di queste banche meriti maggiore considerazione. Le attuali proposte non tengono sufficientemente conto della specificità e delle possibilità di questo tipo di enti.

3.6.4.

Il Comitato reputa che al frammentario e limitato orientamento corrente si dovrebbe preferire un approccio al principio di proporzionalità più strutturato e di maggiore portata.

3.6.5.

Più specificamente, il principio di proporzionalità non dovrebbe essere basato soltanto sulle dimensioni degli enti interessati, ma dovrebbe anche tenere conto: i) delle caratteristiche specifiche dei diversi modelli di impresa, ii) delle diverse forme istituzionali assunte da tali banche, e iii) degli obiettivi specifici perseguiti dai vari istituti finanziari operanti sul mercato.

3.6.6.

A questi enti non si possono imporre oneri e obblighi gravosi e sproporzionati. Occorre invece maggiore flessibilità in relazione a taluni aspetti specifici, quali gli obblighi in materia di segnalazione, e bisognerebbe valutare attentamente disposizioni aggiuntive volte a ridurre gli oneri amministrativi a carico di tali enti.

3.6.7.

Si deve realizzare inoltre una parità di condizioni per tutti gli enti di questo tipo, indipendentemente dalla loro forma giuridica.

3.6.8.

Più in generale si può sostenere che, nel rispetto dei principi indicati e purché, in caso di bisogno, le autorità di regolamentazione e vigilanza abbiano la possibilità di intervenire in modo adeguato e tempestivo, il Comitato raccomanda che il principio di proporzionalità ottenga la massima risonanza, sia in quanto al numero di enti che possono beneficiarne sia in termini di ambiti e contesti di applicazione.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Tenuto conto dell’importanza di un’applicazione concreta ed efficace delle misure proposte, è necessario concedere agli istituti finanziari tempi sufficienti per l’attuazione delle nuove norme. A tal fine è necessaria una rapida elaborazione delle norme tecniche ed esecutive da parte dell’Autorità bancaria europea oppure la definizione di un periodo di attuazione a decorrere dal momento in cui l’autorità avrà elaborato tutti i dettagli della normativa.

4.2.

Per evitare e neutralizzare i possibili effetti negativi sul finanziamento dell’economia reale che può comportare l’entrata in vigore del nuovo IFRS 9 (27), il Comitato auspica una rapida adozione delle disposizioni transitorie previste in relazione a questo nuovo principio contabile internazionale.

Bruxelles, 30 marzo 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  In alcuni testi ufficiali si parla di «fattore di supporto per le PMI» (in inglese: «SME supporting factor»).

(2)  Principi internazionali d’informativa finanziaria (International Financial Reporting Standard — IFRS).

(3)  Il presente testo si basa su informazioni diffuse dalla Commissione in merito alle proposte mediante, tra gli altri, comunicati stampa e schede FAQ.

(4)  Cfr. la Procedura 2016/0360/COD, la Procedura 2016/0361/COD, la Procedura 2016/0362/COD e la Procedura 2016/0364/COD.

(5)  Il presente elenco ha un carattere tutt’altro che esaustivo.

(6)  Dall’abbreviazione inglese del concetto di «Leverage Ratio».

(7)  Dall’abbreviazione inglese del concetto di «NET Stable Funding Ratio».

(8)  Ad oggi questo provvedimento riguarderebbe 13 gruppi bancari europei.

(9)  Dall’abbreviazione inglese del concetto di «Global Systemically Important Institution» (termine utilizzato nel CRR per G-SIB, ossia Global Systemically Important Banks).

(10)  Dall’abbreviazione inglese del concetto di «Total Loss Absorption Capacity».

(11)  Abbreviazione inglese del concetto di «Minimum Requirement for Eligible Liabilities and Own Funds». In italiano si parla di «requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili».

(12)  COM(2016) 855 final

(13)  GU C 177 del 18.5.2016, pag. 21.

(14)  GU C 133 del 14.4.2016, pag. 17.

(15)  Trattasi, fra le altre, delle attività collegate al rischio operativo e di credito, così come dei modelli interni delle banche. Un’altra tematica affrontata nell’ambito dell’accordo di Basilea è la definizione di norme relative al rischio sovrano, che dovrebbe essere un tema importante a livello internazionale ed europeo.

(16)  Anche detto Basilea IV.

(17)  GU C 133 del 14.4.2016, pag. 17.

(18)  Il cosiddetto «Pillar 1 MREL requirement».

(19)  Il cosiddetto «Pillar 2 MREL requirement».

(20)  GU C 451 del 16.12.2014, pag. 10.

(21)  Cfr., tra l’altro, https://ec.europa.eu/epsc/publications/five-presidents-report-series/further-risk-reduction-banking-union_en

(22)  GU C 271 del 19.9.2013, pag. 8.

(23)  Cfr. il parere del CESE ECO/429 Riforma del settore bancario — Gerarchia dei crediti in caso di insolvenza. Non ancora pubblicato.

(24)  GU C 133 del 14.4.2016, pag. 17.

(25)  GU C 251 del 31.7.2015, pag. 7.

(26)  GU C 251 del 31.7.2015, pag. 7.

(27)  Regolamento (UE) 2016/2067 della Commissione, del 22 novembre 2016, che modifica il regolamento (CE) n. 1126/2008 che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’International Financial Reporting Standard 9, GU L 323 del 29.11.2016, pag. 1.


30.6.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 209/43


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Invito a presentare contributi sul quadro di regolamentazione dell’UE in materia di servizi finanziari»

[COM(2016) 855 final]

(2017/C 209/07)

Relatrice:

Milena ANGELOVA

Consultazione

Commissione europea, 23.11.2016

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

8.3.2017

Adozione in sessione plenaria

29.3.2017

Sessione plenaria n.

524

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

226/4/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l’introduzione, per la prima volta, dell’invito a presentare contributi quale strumento innovativo, informativo e utile per valutare l’impatto delle iniziative legislative a livello dell’UE, auspicando che in futuro divenga una prassi comune.

1.2.

Il CESE appoggia le conclusioni dell’invito a presentare contributi, le quali sottolineano che, nel complesso, i principi fondamentali delle recenti riforme finanziarie non possono essere contestati e che le nuove norme hanno rafforzato la stabilità e la resilienza del sistema finanziario. Il CESE sottolinea l’importanza di un quadro di regolamentazione dell’UE in materia di servizi finanziari al fine di accelerare il completamento dell’Unione dei mercati dei capitali.

1.3.

Dal punto di vista della proporzionalità, il CESE accoglie con favore l’approccio consistente nell’inquadrare la riforma nella più ampia finalità di un migliore equilibrio tra gli obiettivi della stabilità finanziaria e della crescita. Il Comitato esorta gli Stati membri a non imporre oneri e restrizioni inutili al momento di recepire le norme dell’UE. Il CESE ricorda ai legislatori, sia nazionali che dell’Unione, che per l’entrata in vigore e l’attuazione della nuova normativa occorre prevedere delle scadenze ragionevoli, in modo da consentire a tutte le parti interessate di adattarsi.

1.4.

Il CESE raccomanda che, in particolare per quanto riguarda il quadro di regolamentazione in materia di servizi finanziari, gli elementi del recepimento che sono lasciati alla discrezionalità degli Stati membri siano rigorosamente monitorati e che l’attuazione sia sottoposta a controlli pertinenti al fine di garantire parità di condizioni e di promuovere l’ulteriore sviluppo dell’Unione dei mercati dei capitali.

1.5.

Il CESE concorda sul fatto che gli istituti bancari devono essere oggetto di un’attenzione particolare, in quanto forniscono importanti servizi di interesse generale ai cittadini e costituiscono la principale fonte di finanziamento per le PMI. Il sistema finanziario dell’UE vede una predominanza di banche universali, il che complica notevolmente il compito dei legislatori, dato che la libertà delle imprese e l’assunzione di rischi in questo settore devono sempre essere soppesati con molta attenzione rispetto all’esigenza di stabilità.

1.6.

Il CESE invita quindi i responsabili decisionali europei ad accelerare la riforma strutturale del settore bancario dell’UE risolvendo anche questo aspetto della proposta legislativa della Commissione (1), che attualmente si trova in una situazione di stallo nella procedura di codecisione. Il CESE ricorda che la legislazione non è sempre la risposta strategica più appropriata, e invita la Commissione a optare, quando possibile, per soluzioni non legislative e basate sul mercato.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE si compiace per gli sforzi che la Commissione europea ha messo in atto invitando a presentare contributi prima di introdurre proposte normative in materia di servizi finanziari, e raccomanda che tale invito diventi prassi comune nel quadro del processo legislativo. È la prima volta che questo tipo di approccio viene adottato e il CESE ritiene che dovrebbe essere considerato una buona prassi da seguire anche in futuro. Il CESE apprezza inoltre il fatto che tale approccio goda anche di un solido sostegno da parte del Parlamento europeo (2).

2.2.

Il CESE si compiace del fatto che, invitando le parti a presentare contributi, la Commissione compia un passo avanti nel suo metodo di regolamentazione, consistente nell’analizzare l’intero corpus che disciplina i servizi finanziari e nel valutare il modo in cui i singoli testi legislativi interagiscono. Invita la Commissione a considerare, nel quadro delle sue iniziative legislative future, un più ampio ricorso a tale approccio, il quale è in linea con il programma REFIT (3) e l’agenda Legiferare meglio (4).

2.3.

Il CESE accoglie con favore gli sforzi della Commissione per quanto riguarda il ruolo dei legislatori nel creare una base adeguata per lo sviluppo del settore bancario (e, più in generale, di quello finanziario), in modo che tale settore sia in grado di svolgere le sue funzioni importanti e insostituibili di sostegno a una crescita economica sostenibile e alla creazione di posti di lavoro.

2.4.

Per continuare a costruire partendo dai risultati già raggiunti, senza perdere slancio, il CESE invita la Commissione ad analizzare ulteriormente e in modo approfondito gli esempi raccolti di incongruenze, sovrapposizioni e interazioni indesiderate tra diversi atti normativi.

2.5.

In considerazione dell’urgente necessità di ripristinare e promuovere la crescita nell’UE, il CESE incoraggia a compiere passi avanti verso la realizzazione degli obiettivi prudenziali in un modo più favorevole alla crescita. Poiché il credito bancario continua a essere la principale fonte di finanziamento per la maggior parte delle imprese dell’UE, e in particolare per le PMI, la priorità assoluta nell’elaborazione di nuove norme dovrebbe essere quella di evitare di ostacolare il flusso di finanziamenti all’economia.

2.6.

Dal punto di vista della proporzionalità, il CESE accoglie con favore l’approccio consistente nell’inquadrare la riforma nella più ampia finalità di un migliore equilibrio tra gli obiettivi della stabilità finanziaria e della crescita. Il CESE sottolinea che bisogna adoperarsi per garantire che tale principio sia seguito anche al livello degli Stati membri, e che questi ultimi non impongano oneri e restrizioni inutili al momento di recepire le norme dell’UE. Questo impegno è in linea con gli sforzi tesi a sopprimere gli oneri derivanti da sovrapposizioni e incongruenze tra le diverse esigenze individuali. Il bisogno di armonizzazione dovrebbe essere bilanciato dalla necessità di tener conto della diversità, di garantire una regolamentazione proporzionata e di incoraggiare l’impiego appropriato della discrezionalità.

2.7.

Il CESE invita la Commissione a tener conto, nell’elaborazione delle proposte di direttiva, del fatto che gli Stati membri recepiscono le direttive in modo diverso l’uno dall’altro. Alcuni paesi lo fanno in modo eccessivamente restrittivo e alla lettera, tralasciando così il margine di flessibilità previsto dalla direttiva e spesso imponendo autonomamente al loro settore nazionale condizioni molto più rigorose di quelle in vigore altrove. Altri paesi invece si avvalgono della discrezionalità e si adoperano ben poco nello spirito della legislazione pertinente. Ciò determina una mancanza di uniformità, vanificando quindi una delle finalità principali della normativa. Per tale motivo il CESE propone di monitorare con molta attenzione le differenze nel recepimento e di controllare in maniera adeguata il modo in cui la legislazione viene applicata.

2.8.

Il CESE appoggia, in linea di principio, le misure di follow-up che la Commissione propone nella sua comunicazione (5), e la invita a sottoporre i corrispondenti atti legislativi, quando saranno pronti, a un’ampia consultazione con le parti interessate dei settori pertinenti.

2.9.

Nel quadro del suo follow-up supplementare, la Commissione dovrebbe tener conto del fatto che in molti casi i termini di recepimento nel settore dei servizi finanziari sono legati all’adozione della legislazione quadro (livello 1). Tuttavia, ai fini di una corretta attuazione, occorre tener conto anche delle specificità delle misure di esecuzione dettagliate (livello 2). Di conseguenza, i termini di recepimento che sono legati alla legislazione di livello 1 sono spesso troppo brevi e dovrebbero essere invece legati all’adozione di misure di esecuzione dettagliate finali (livello 2). Il CESE si compiace che la Commissione stia lavorando con gli Stati membri per mettere a punto una tabella di marcia per il recepimento, e desidera seguire attentamente i relativi sviluppi.

3.   Osservazioni generali in merito alle misure di follow-up

3.1.    Ridurre i vincoli regolamentari superflui in materia di finanziamento dell’economia

3.1.1.

Il CESE accoglie con favore gli adeguamenti proposti in settori chiave della regolamentazione sui requisiti patrimoniali (pacchetto CRR2) in modo da salvaguardare la capacità degli istituti di credito di finanziare l’economia (6).

3.1.1.1.

Il CESE reputa assolutamente adeguata l’idea di aggiustare il coefficiente di leva finanziaria per tener conto della diversità esistente nel settore finanziario dell’Unione e garantire l’accesso alla compensazione e al finanziamento dello sviluppo pubblico.

3.1.1.2.

Il CESE si compiace per la proposta di introdurre gradualmente e perfezionare il coefficiente netto di finanziamento stabile in modo da garantire il buon funzionamento delle attività di finanziamento del commercio, dei mercati dei derivati e dei mercati dei contratti di vendita con patto di riacquisto dell’UE.

3.1.2.

Per le PMI in tutta Europa il credito bancario rappresenta ancora la principale fonte di finanziamento (7). Il CESE apprezza l’intenzione della Commissione di estendere l’applicazione del «fattore di sostegno alle PMI» ai prestiti superiori a 1,5 milioni di EUR (8). Al tempo stesso, il Comitato invita la Commissione a richiamare l’attenzione in particolare sull’importanza di valutare se i finanziamenti bancari siano sufficienti, e ad adottare misure per orientare più efficacemente tali finanziamenti, in modo che essi vadano incontro alle esigenze specifiche delle PMI, in funzione dei loro diversi profili di rischio, delle loro fasi di sviluppo, della loro ubicazione industriale ecc. Il CESE propone inoltre alla Commissione di prendere in considerazione la possibilità di applicare il «fattore di sostegno alle PMI» all’aumento potenziale dei requisiti in materia di fondi propri in caso di rischi anticiclici o sistemici, dato che altrimenti i prestiti alle PMI potrebbero subire restrizioni.

3.1.3.

Il CESE accoglierebbe con favore una riduzione significativa della distorsione a favore del debito rispetto al capitale, in modo da migliorare la resilienza economica e l’allocazione dei capitali, rendendo così i fondi propri più interessanti per gli emittenti e gli investitori.

3.1.4.

Nell’ottica di creare un’Unione dei mercati dei capitali (9), il CESE sottolinea che le società dovrebbero avere accesso a diversi tipi di mercato nell’UE a seconda delle loro dimensioni, del loro ambito operativo e delle loro caratteristiche specifiche.

3.1.5.

Il quadro di regolamentazione dell’UE in materia di servizi finanziari offre un’opportunità indispensabile per rispondere meglio all’esigenza di diversità nelle scelte degli investitori e dei consumatori e per creare un ambiente capace di stimolare l’innovazione nel settore dei prodotti finanziari.

3.2.    Migliorare la proporzionalità delle norme senza compromettere il conseguimento degli obiettivi prudenziali

3.2.1.

Il CESE sottolinea la necessità di portare avanti, gradualmente, il completamento dell’Unione bancaria e, a tale riguardo, osserva che bisogna che la legislazione sia attuata in maniera piena e tempestiva.

3.2.2.

Il CESE invita la Commissione a proseguire gli sforzi per completare il regolamento sulla riforma strutturale del settore bancario. Il Comitato pone in evidenza la necessità di razionalizzare il contenuto e la frequenza degli obblighi di segnalazione, di esaminare quali dati siano realmente necessari, di armonizzare i modelli, di consentire una semplificazione e di prevedere, ove possibile, delle esenzioni per le PMI.

3.2.3.

Il CESE invita la Commissione, in sede di revisione del regolamento europeo sulle infrastrutture di mercato (EMIR), a esaminare gli effetti che un abbassamento della qualità delle garanzie accettate dalle controparti centrali può avere sulla resilienza di queste ultime e a valutare se determinati partecipanti al mercato, quali i fondi pensionistici, possano essere permanentemente esentati dalla compensazione centrale qualora la loro partecipazione riduca la stabilità dell’intero sistema finanziario a causa dell’accettazione di garanzie alternative non liquide.

3.2.4.

In linea con il principio di proporzionalità, il CESE raccomanda che:

in generale, anziché limitarsi a ridurre la frequenza delle relazioni richieste, le banche di piccole dimensioni e gli altri piccoli istituti finanziari fino una certa soglia non siano soggetti a determinati obblighi di segnalazione. In caso contrario, i costi derivanti dalla regolamentazione a carico degli istituti di piccole dimensioni potrebbero causare distorsioni del mercato a vantaggio di specifiche forme di organizzazione e delle grandi imprese;

le banche di piccole dimensioni e, più in generale, i piccoli istituti finanziari non siano sovraccaricati di obblighi amministrativi nella misura in cui rispettano determinati standard. Tali standard devono essere rigorosamente controllati per evitare che venga meno la fiducia.

3.3.    Ridurre gli oneri regolamentari inutili

3.3.1.

Il CESE è fermamente convinto che il completamento dell’Unione dei mercati dei capitali dovrebbe consentire alle imprese dell’UE di qualsiasi dimensione e settore e in qualsiasi fase del ciclo di vita di accedere al mercato dei capitali dell’UE in modo semplice, chiaro e a prezzi abbordabili. Il CESE auspica che la direttiva sui prospetti, che dovrebbe promuovere la quotazione, in particolare delle PMI, e creerà un regime più favorevole per il reperimento di capitale, sia accompagnata da un efficace atto legislativo di livello 2.

3.3.2.

Pur riconoscendo che le autorità nazionali di vigilanza sono meglio informate circa le caratteristiche del mercato locale, il CESE fa presente che questo non deve in alcun modo essere un pretesto per una regolamentazione eccessiva e che i requisiti vigenti a livello nazionale non devono essere più rigorosi delle disposizioni legislative dell’UE.

3.3.3.

Il CESE esprime preoccupazione per la complessità della legislazione, data da un aumento della regolamentazione e della vigilanza, nella loro maggiore specificità e nella loro articolazione a tutti i livelli: internazionale, europeo e nazionale. Il Comitato riconosce, naturalmente, che i mercati finanziari sono assai complessi e richiedono quindi una regolamentazione più articolata, ma avverte che tale complessità potrebbe avere un impatto negativo sugli investimenti. Il CESE ritiene che la legislazione non sia sempre la risposta strategica più appropriata, e invita la Commissione a optare, qualora possibile, per soluzioni non legislative e basate sul mercato.

3.4.    Rendere il quadro di regolamentazione più coerente e orientato al futuro

3.4.1.

Il CESE gradirebbe che l’approccio alla regolamentazione fosse basato sul rischio e che a uno stesso rischio venissero applicate le stesse regole. A questo riguardo, il Comitato sottolinea i vantaggi della diversificazione delle attività, sia in termini di classe che di origine, quale modo per consentire una migliore diversificazione dei rischi e una migliore rispondenza alle esigenze degli investitori.

3.4.2.

Il CESE sottolinea la necessità di una rapida attuazione a livello UE delle iniziative volte a rafforzare e migliorare l’educazione finanziaria (10), le quali dovrebbero tener conto delle esigenze specifiche di ciascuno Stato membro. Bisogna porre un accento particolare sulle PMI, soprattutto per quanto riguarda le soluzioni che consentono di utilizzare al meglio le opportunità offerte dai mercati dei capitali.

3.4.3.

Gli intermediari, in particolare le associazioni di imprese, svolgono un ruolo molto importante nel convogliare i finanziamenti verso l’economia reale e gli ecosistemi locali ben consolidati.

3.4.4.

In linea con le conclusioni formulate in un precedente parere (11), il CESE sottolinea che la consultazione sui servizi finanziari al dettaglio era troppo estesa, e raccomanda di adottare un approccio più mirato per il previsto piano d’azione sui servizi finanziari al dettaglio, in modo da ottenere risultati più concreti. Il CESE ritiene inoltre che nell’elaborazione di questo piano d’azione occorra mettere un forte accento sulla protezione dei consumatori.

3.4.5.

Il CESE appoggia pienamente la priorità che, nella concezione delle norme future, viene attribuita alla presa in considerazione dello sviluppo tecnologico. In questa impresa, esorta tuttavia la Commissione a procedere con cautela anche per quanto riguarda le minacce alla sicurezza informatica. Sottolinea che un approccio integrato volto a completare l’Unione dei mercati dei capitali dovrebbe concentrarsi sullo sviluppo del mercato unico digitale e sulle riforme in corso in materia di diritto societario e di governance societaria.

3.4.6.

Il CESE propone che, nel quadro delle misure di follow-up, sia inclusa un’ulteriore revisione della direttiva sulla trasparenza, concentrata sulla notifica delle partecipazioni rilevanti, per la quale la situazione è diversa da uno Stato membro all’altro e talvolta persino da una società quotata all’altra. Queste differenze creano un onere inutile per gli investitori e dovrebbero essere evitate attraverso un’armonizzazione completa, in quanto impediscono lo sviluppo di un’Unione dei mercati dei capitali.

3.4.7.

Più in generale, gli investimenti transfrontalieri sono ostacolati dal fatto che gli investitori devono tener conto di 28 regimi di regolamentazione distinti quando investono in società quotate che hanno sede legale in uno dei 28 Stati membri. L’emanazione di regolamenti specifici, anziché di direttive, rappresenterebbe un passo importante verso la creazione di un’Unione dei mercati dei capitali. I regolamenti dovrebbero essere integrati da un dispositivo europeo di vigilanza e di esecuzione.

4.   Tappe successive

4.1.

Il CESE incoraggia a includere pienamente nell’Unione bancaria gli Stati membri che non appartengono alla zona euro.

4.2.

In linea con le conclusioni formulate nel suo recente parere (12), il CESE fa presente che il riesame della direttiva sui prospetti dovrebbe mirare a ridurre i costi e a semplificare le procedure per le PMI, garantendo nel contempo il giusto equilibrio in termini di tutela degli investitori. Il CESE sottolinea che le valutazioni d’impatto e le analisi costi-benefici dovrebbero includere valutazioni approfondite dell’impatto delle misure di livello 2, che rappresentano una parte importante del quadro di regolamentazione finanziaria dell’UE.

4.3.

Il CESE invita la Commissione e le pertinenti autorità di vigilanza a tener conto dell’interazione tra gli standard internazionali di rendicontazione finanziaria (International Financial Reporting Standards) e i requisiti prudenziali, e a esaminare l’impatto della contabilità fiscale sui fondi propri.

4.4.

Nel contempo, il CESE richiama l’attenzione della Commissione sul fatto che, talvolta, la regolamentazione cambia talmente spesso da creare confusione, rendendone molto difficile, o addirittura impossibile, l’osservanza da parte delle istituzioni e dei singoli individui. È necessario stabilire un calendario adeguato per l’adeguamento delle procedure e dei moduli, e la Commissione dovrebbe pertanto far intercorrere un certo periodo di tempo prima di introdurre nuove modifiche.

4.5.

La Commissione deve garantire che, anche nel caso in cui si consulti l’Autorità europea di vigilanza nel processo di elaborazione della legislazione di livello 2, sia previsto un lasso di tempo sufficiente per un’adeguata attuazione della legislazione a livello nazionale. Altrimenti le scadenze di attuazione devono essere prorogate (come si è dovuto fare per i prodotti d’investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati — PRIIP), se non si vuole che, nella peggiore delle ipotesi, le imprese e i loro dipendenti non dispongano di tempo sufficiente per familiarizzarsi con la nuova normativa prima di dovervisi conformare.

4.6.

Il CESE è fermamente convinto che, oltre agli sforzi di regolamentazione, nel settore finanziario sia necessario anche un cambiamento di mentalità e di comportamento e a tal fine invita tutte le parti interessate ad adoperarsi costantemente per giungere a una migliore osservanza delle regole, a una gestione maggiormente reattiva e trasparente e a un orientamento più a lungo termine di tutti gli operatori del mercato.

4.7.

Per stimolare la concorrenza in un mercato fortemente concentrato, il CESE auspica che si favorisca la nascita di nuove agenzie di rating; ciò contribuirebbe anche a ridurre i costi eccessivi che si trovano a dover affrontare le PMI per ottenere un rating esterno del credito. Il CESE invita inoltre la Commissione a esaminare in maniera più approfondita come valutare le PMI in maniera comparabile ed economicamente accessibile.

4.8.

Al fine di assicurare un’attuazione rapida ed efficiente, e in linea con le priorità del programma di lavoro della Commissione per il 2017 (13), il CESE raccomanda di adottare misure volte a garantire che gli Stati membri si impegnino appieno a rispettare i termini per il recepimento delle direttive e a far sì che queste siano attuate integralmente.

4.9.

Nello spirito dell’iniziativa Legiferare meglio, il CESE invita la Commissione ad agevolare il coinvolgimento precoce di tutte le parti interessate, anche a livello di gruppi di esperti e organi consultivi, al fine di garantire una partecipazione equilibrata alle consultazioni, che rispecchi la diversità dei soggetti interessati.

Bruxelles, 29 marzo 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle misure strutturali volte ad accrescere la resilienza degli enti creditizi dell’UE [COM/2014/43 final].

(2)  http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2016-0006+0+DOC+XML+V0//IT

(3)  http://ec.europa.eu/info/law-making-process/evaluating-and-improving-existing-laws/refit-making-eu-law-simpler-and-less_it

(4)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Legiferare meglio per ottenere risultati migliori — Agenda dell’UE [COM(2015) 215 final].

(5)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Invito a presentare contributi sul quadro di regolamentazione dell’UE in materia di servizi finanziari [COM(2016) 855 final].

(6)  COM(2016) 850 final

(7)  Relazione informativa del CESE sul tema Accesso ai finanziamenti per le PMI e le società a media capitalizzazione nel periodo 2014-2020: opportunità e sfide.

(8)  Regolamento sui requisiti patrimoniali (CCR), articolo 501 (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 1).

(9)  GU C 383 del 17.11.2015, pag. 64.

(10)  GU C 318 del 29.10.2011, pag. 24.

(11)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 35.

(12)  GU C 177 del 18.5.2016, pag. 9.

(13)  COM(2016) 710 final.


30.6.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 209/49


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound) e che abroga il regolamento (CEE) n. 1365/75 del Consiglio»

[COM(2016) 531 final — 2016/0256 (COD)]

sulla

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (Cedefop) e che abroga il regolamento (CEE) n. 337/75 del Consiglio»

[COM(2016) 532 final — 2016/0257 (COD)]

e sulla

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) e che abroga il regolamento (CE) n. 2062/94 del Consiglio»

[COM(2016) 528 final — 2016/0254 (COD)]

(2017/C 209/08)

Relatrice:

Christa SCHWENG (AT-I)

Correlatrice:

Giulia BARBUCCI (IT-II)

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 8.9.2016

Base giuridica

Articolo 173, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

7.3.2017

Adozione in sessione plenaria

30.3.2017

Sessione plenaria n.

524

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

168/0/0

1.   Conclusioni

1.1.

Il CESE prende atto della proposta di revisione dei regolamenti istitutivi delle tre agenzie Cedefop, Eurofound ed EU-OSHA, ed esprime apprezzamento per il fatto che, a differenza di quanto previsto dalle proposte nell’orientamento comune, sia stata mantenuta la struttura tripartita paritaria del consiglio di amministrazione. La struttura tripartita è espressione di un approccio inclusivo che rispetta l’importanza del ruolo delle parti sociali nella ricerca di soluzioni comuni.

1.2.

Gli obiettivi generali delle tre agenzie dovrebbero essere definiti in modo più uniforme e completo, stabilendo che esse hanno il compito di «sostenere le esigenze di tutti gli organi e le istituzioni dell’UE, degli Stati membri e delle parti sociali».

1.3.

Il CESE raccomanda che il direttore di ciascuna agenzia mantenga i poteri relativi alla nomina del personale e alle modifiche delle strutture interne. Solo in via eccezionale, qualora il direttore non sia in grado di svolgere le funzioni di autorità che ha il potere di nomina, il consiglio di amministrazione dovrebbe decidere di trasferire tale competenza a un altro membro del personale di grado elevato.

1.4.

Il CESE è contrario alla riduzione del numero dei membri del comitato esecutivo, poiché ciò andrebbe a scapito del gruppo d’interesse che detiene la carica di presidente, il quale non disporrebbe di un altro portavoce in seno al comitato esecutivo. Inoltre, una rappresentanza più ampia nel comitato esecutivo favorisce discussioni basate su dati concreti.

1.5.

Il CESE si compiace dell’allineamento della procedura di nomina del direttore esecutivo, orientata all’esempio dell’EU-OSHA.

1.6.

Il CESE è convinto che il posto di vicedirettore si sia rivelato utile e dovrebbe essere mantenuto, dove esiste. Dato che le diverse pratiche in vigore funzionano in modo efficace, il Comitato chiede un certo grado di flessibilità per le tre agenzie. La decisione finale in merito al posto di vicedirettore dovrebbe spettare al consiglio di amministrazione.

1.7.

Il CESE è del parere che, per instaurare contatti e lanciare una cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali, dovrebbe essere sufficiente l’approvazione da parte del consiglio di amministrazione, nel quale è rappresentata anche la Commissione.

2.   Contesto

2.1.

Le proposte in esame sono intese ad adeguare i regolamenti istitutivi delle tre agenzie Eurofound, Cedefop e EU-OSHA all’orientamento comune sulle agenzie decentrate, adottato nel 2012 dal Consiglio, dalla Commissione e dal Parlamento europeo e destinato a servire di base per il raggiungimento di un certo grado di uniformità in relazione alla coerenza, all’efficacia, alla responsabilità e alla trasparenza di queste agenzie. L’orientamento comune stabilisce che le agenzie «contribuiscono all’attuazione di importanti strategie dell’Unione, facendo sì che le istituzioni, e in particolare la Commissione, possano concentrarsi sui compiti essenziali connessi allo sviluppo di strategie politiche». Le agenzie «svolgono inoltre un ruolo di sostegno del processo decisionale, riunendo le competenze tecniche o specialistiche disponibili a livello europeo e nazionale e aiutando a intensificare la cooperazione tra Stati membri e UE in settori politici importanti.» Diversamente dalle altre agenzie dell’UE, le tre agenzie in questione hanno una tradizione di governance tripartita, nella quale sono istituzionalmente inclusi i rappresentanti dei governi, dei lavoratori e dei datori di lavoro di ciascuno Stato membro. Radicando così profondamente le attività delle agenzie nelle realtà degli Stati membri, sono garantite l’attualità e la pertinenza politica del loro lavoro. L’attuale compito consistente nell’allineare i regolamenti istitutivi delle tre agenzie offre l’opportunità di individuare ed evidenziare i meccanismi specifici di governance tripartita che si sono sviluppati nel corso del tempo in ciascuna agenzia, nonché di assicurare il mantenimento delle buone pratiche consolidate.

2.2.

La pubblicazione dell’orientamento comune è stata preceduta da una valutazione di tutte le agenzie europee.

3.   Sintesi delle proposte in esame

3.1.

La base giuridica delle tre agenzie, costituita dall’articolo 235 del TUE (adesso articolo 352 del TFUE), richiedeva un aggiornamento a causa di una sentenza della Corte di giustizia. Eurofound ed EU-OSHA hanno pertanto la loro base giuridica nell’articolo 153, paragrafo 2, lettera a), mentre il Cedefop negli articoli 165, paragrafo 4, 166, paragrafo 4, e 149 del TFUE.

3.2.

A nessuna delle tre agenzie vengono conferiti nuovi compiti nel quadro della modifica dei regolamenti, ma i compiti di tutte e tre vengono adeguati alle circostanze attuali e i concetti superati vengono aggiornati.

3.3.    Disposizioni orizzontali

3.3.1.

Le tre agenzie hanno in comune il fatto che i loro consigli di amministrazione non sono composti soltanto da rappresentanti di tutti gli Stati membri e della Commissione europea ma anche, per ciascuna agenzia, da 28 rappresentanti delle organizzazioni nazionali dei datori di lavoro e dei lavoratori. Tale composizione tripartita è espressione di un approccio inclusivo, che rispetta l’importanza del ruolo delle parti sociali nella ricerca di soluzioni comuni. L’orientamento comune prevedeva una drastica riduzione del numero di rappresentanti delle suddette organizzazioni, ma ciò ha suscitato preoccupazione nelle associazioni delle parti sociali europee e nazionali e si è mantenuta la struttura originaria.

3.3.2.

I membri dei consigli di amministrazione, che sono nominati per quattro anni, devono avere una provata competenza non solo nel settore di attività della rispettiva agenzia, ma anche in materia di gestione, amministrazione e bilancio. I rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori sono nominati dal Consiglio sulla base di una proposta delle principali confederazioni datoriali e sindacali europee. Nel caso dell’EU-OSHA un criterio aggiuntivo è costituito finora dall’appartenenza, in quanto titolare o supplente, al comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro.

3.3.3.

I compiti del consiglio di amministrazione prevedono: l’adozione del documento di programmazione, del bilancio, della relazione annuale di attività, delle regole finanziarie, di una strategia antifrode, delle norme di prevenzione e gestione dei conflitti di interesse, del regolamento interno, dei piani di comunicazione, l’esercizio di competenze in materia di personale, la nomina del direttore esecutivo e del contabile, il follow-up dei rapporti e delle valutazioni dell’OLAF, le decisioni sulla struttura interna della rispettiva agenzia, gli accordi di lavoro con Stati terzi e organizzazioni internazionali.

3.3.4.

Le scadenze per l’adozione e la trasmissione dei documenti di programmazione annuale e pluriennale sono state armonizzate.

3.3.5.

Il presidente e i tre vicepresidenti del consiglio di amministrazione, scelti nell’ambito dei gruppi che rappresentano i governi, i datori di lavoro, i lavoratori e la Commissione, sono eletti a maggioranza di due terzi per un mandato di due anni (era un anno finora all’EU-OSHA). Il consiglio di amministrazione si riunisce una volta l’anno; le sue decisioni sono adottate a maggioranza semplice.

3.3.6.

Il comitato esecutivo (in precedenza l’ufficio di presidenza) è composto dal presidente e dai tre vicepresidenti del consiglio di amministrazione, dai coordinatori dei gruppi e da un rappresentante della Commissione. Per Eurofound e l’EU-OSHA questa composizione comporta una riduzione del numero di membri dell’organo direttivo, dato che l’ufficio di presidenza poteva comporsi sinora di 11 membri.

3.3.7.

Il nuovo regolamento amplia le competenze del comitato esecutivo, che consistevano finora nel sorvegliare l’attuazione delle decisioni del consiglio di amministrazione. Tale organo provvederà a preparare le decisioni che dovranno essere adottate dal consiglio di amministrazione, a monitorare, insieme al consiglio di amministrazione, le misure che danno seguito alle attività dell’OLAF e ad assistere e consigliare il direttore nell’attuazione delle decisioni del consiglio di amministrazione. In caso di urgenza, i comitati esecutivi delle tre agenzie possono adottare per conto del consiglio di amministrazione decisioni provvisorie su questioni amministrative, anche nel campo delle competenze in materia di personale e delle questioni di bilancio.

3.3.8.

Le proposte di regolamento elencano i compiti del direttore in maniera molto più precisa rispetto ai regolamenti precedenti. Una novità consiste nella sua facoltà di decidere in merito all’istituzione di uno o più uffici locali in uno o più Stati membri, ai fini dello svolgimento più efficiente dei compiti dell’agenzia. Tale decisione richiede l’accordo preventivo della Commissione, del consiglio di amministrazione e dello Stato membro interessato.

3.3.9.

Il direttore è eletto per un mandato quinquennale dal consiglio di amministrazione, con una maggioranza di due terzi, da una lista predisposta dalla Commissione. Il suo mandato può essere rinnovato una sola volta, sulla base di una valutazione. Questa procedura di nomina corrisponde a quella attualmente in vigore nell’EU-OSHA. Nel Cedefop e in Eurofound esistono attualmente le cariche di vicedirettore.

3.3.10.

Le proposte di regolamento allineano le disposizioni finanziarie, le disposizioni relative alla programmazione e ai vigenti obblighi di notifica a quelle del regolamento delegato n. 1271/2013 della Commissione sul regolamento finanziario quadro per le agenzie.

3.3.11.

Inoltre, tutte le proposte di regolamento contengono nuove disposizioni standard riguardanti la forma giuridica, l’accordo sulla sede, il regime linguistico, la trasparenza, l’attività antifrode, le disposizioni di sicurezza sulle informazioni classificate, la responsabilità, la valutazione e la cooperazione con Stati terzi e organizzazioni internazionali.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) raccomanda che gli standard comuni per tutte e tre le agenzie tripartite siano conseguiti tenendo conto delle buone pratiche in vigore che si sono affermate nel corso del tempo. Le norme e le caratteristiche di governance dovrebbero essere quanto più possibile simili, ma occorre rispettare la specificità di ciascuna agenzia. Le principali caratteristiche della struttura della governance tripartita dovrebbero essere le stesse per tutte e tre le agenzie e le modalità di attuazione di tale governance dovrebbero essere, per quanto più possibile simili. Aspetti come gli obiettivi, i compiti, le strutture di consulenza/supporto specifici andrebbero definiti singolarmente per ciascuna agenzia.

4.2.

Gli obiettivi generali delle tre agenzie dovrebbero essere definiti in modo più uniforme e completo, stabilendo che esse hanno il compito di «sostenere le esigenze di tutti gli organi e le istituzioni dell’UE, degli Stati membri e delle parti sociali».

4.3.

Il CESE esprime apprezzamento per il fatto che, a differenza di quanto previsto dalle proposte originarie dell’orientamento comune, sia stata mantenuta la struttura tripartita paritaria del consiglio di amministrazione. Tutte e tre le agenzie hanno competenze proprie strettamente legate al mondo del lavoro, fatto che rende irrinunciabile l’esperienza dei rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, anche per garantire che le attività delle agenzie riflettano adeguatamente la situazione reale di tali soggetti, nonché l’ampia gamma di esperienze degli Stati membri dell’Unione. Il coinvolgimento diretto di tali gruppi nei consigli di amministrazione può garantire una migliore cooperazione e un senso di titolarità, come pure la considerazione, nella programmazione annuale e pluriennale, delle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori negli Stati membri e il fatto che le agenzie, nello svolgere il loro mandato, non perdano di vista tali esigenze.

4.4.

Nel designare i membri dei consigli di amministrazione, occorre anche tenere conto delle competenze pertinenti non solo nel settore di attività della rispettiva agenzia, ma anche in materia di gestione, amministrazione e bilancio. Il CESE ritiene che il criterio determinante per la nomina dei membri del consiglio di amministrazione dovrebbe rimanere quello della conoscenza specifica del settore di attività dell’agenzia. Anche se talune conoscenze di base in materia gestionale, amministrativa e di bilancio possono essere assolutamente opportune, occorre evitare che un’interpretazione rigida di questo requisito conduca ad escludere dal consiglio di amministrazione degli esperti nel settore di attività dell’agenzia.

4.5.

Con i nuovi regolamenti i compiti del consiglio di amministrazione vengono estesi al di là della tradizionale funzione di controllo sul bilancio e sulla programmazione, facendovi rientrare anche l’esercizio di funzioni relative al personale o la possibilità di modificare le strutture interne dell’agenzia. Il CESE ritiene che questo sia tipicamente un compito di competenza del direttore, non compatibile con una funzione di controllo, e propone di sopprimere tali competenze. Tuttavia, il CESE riconosce che, qualora il direttore, a causa di circostanze eccezionali, non sia in grado di svolgere le funzioni di autorità che ha il potere di nomina, tale competenza debba essere trasferita a un altro membro del personale di grado elevato. Tale decisione dovrà essere adottata dal consiglio di amministrazione con una maggioranza di due terzi dei voti espressi.

4.6.

Il mandato del presidente del consiglio di amministrazione viene prorogato a due anni nel caso dell’agenzia di Bilbao, mentre aveva già tale durata nelle altre due agenzie. Il CESE ritiene che manchi un riferimento al principio, applicato nella prassi da tutte le agenzie, della rotazione della presidenza tra i gruppi. Dovrebbe inoltre essere previsto che la presidenza possa essere esercitata più volte dalla stessa persona. Il CESE fa osservare che, con una durata biennale della presidenza, non tutti i gruppi avranno lo stesso peso nel corso di un singolo mandato, e propone pertanto di mantenere invariata la durata della presidenza, il che rispecchia le pratiche vigenti nelle diverse agenzie.

4.7.

Viene proposto di ridurre le dimensioni del comitato esecutivo cui vengono però conferiti compiti ulteriori, la cui enumerazione è tassativa. Per ragioni pratiche, e anche e soprattutto perché il comitato esecutivo opera nel lasso di tempo che intercorre tra una riunione del consiglio di amministrazione e l’altra, il CESE propone di inserire le parole «per esempio» prima dell’elenco dei compiti, per segnalare che si tratta di un’enumerazione indicativa. Come il consiglio di amministrazione, anche il comitato esecutivo non dovrebbe avere responsabilità in materia di personale. Il CESE considera con scetticismo la riduzione delle dimensioni dei comitati esecutivi di Eurofound e di EU-OSHA. In particolare il gruppo d’interesse che detiene in quel momento la carica di presidente si troverà in una situazione di svantaggio, poiché non disporrà di un altro portavoce in seno al comitato esecutivo. Il CESE propone di mantenere la composizione attuale, che prevede 3 membri per gruppo.

4.8.

La formulazione del paragrafo relativo al calendario per l’adozione del documento di programmazione è fuorviante. Il CESE chiede di chiarire che il progetto di documento di programmazione, che contiene una parte pluriennale, il programma di lavoro annuale e il bilancio, comprese le risorse umane, viene adottato dal consiglio di amministrazione e tramesso alla Commissione europea, al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 gennaio. Entro il 30 novembre il consiglio di amministrazione adotta il documento definitivo di programmazione.

4.9.

Il CESE si compiace dell’allineamento della procedura di nomina del direttore esecutivo, orientata all’esempio dell’EU-OSHA. Propone tuttavia che osservatori di tutti i gruppi possano presenziare all’elaborazione dell’elenco di candidati da parte della Commissione.

4.10.

Tutte e tre le agenzie hanno uffici di collegamento a Bruxelles e, a giudizio del CESE, per le loro modalità di lavoro, esse non hanno bisogno di ulteriori uffici negli Stati membri. Nei regolamenti, quindi, occorrerebbe fare riferimento ai già esistenti uffici di Bruxelles, ma sopprimere la previsione di ulteriori uffici locali.

4.11.

Conformemente all’orientamento comune, viene soppressa la funzione del vicedirettore di Eurofound. Il CESE evidenzia che anche il Cedefop ha un vicedirettore, benché ciò non sia previsto nel regolamento. Il CESE è convinto che il posto di vicedirettore si sia rivelato utile. In particolare, esso consente di introdurre nella direzione delle agenzie interessate un equilibrio tra gli interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori, favorendo il coinvolgimento delle parti sociali nell’ambito della governance tripartita. Dato che le diverse pratiche in vigore funzionano in modo efficace, il Comitato chiede un certo grado di flessibilità per le tre agenzie. La decisione in merito alla necessità di un posto di vicedirettore dovrebbe spettare al consiglio di amministrazione.

4.12.

Il CESE accoglie con grande favore il fatto che gli accordi sulla sede debbano essere conclusi con lo Stato membro in cui l’agenzia ha sede. Tutte e tre le agenzie hanno già stipulato accordi in tal senso, per cui tale disposizione rispecchia la realtà.

4.13.

Secondo i progetti di regolamento, le valutazioni, che devono avere luogo ogni cinque anni, sono effettuate dalla Commissione. Il CESE è convinto che la partecipazione di rappresentanti del consiglio di amministrazione contribuirà ad affrontare meglio eventuali modifiche conseguenti a una valutazione.

4.14.

I contatti e la cooperazione delle agenzie con paesi terzi e organizzazioni internazionali richiedono la previa approvazione della Commissione e, successivamente, vanno inclusi nel documento di programmazione. Il CESE è dell’avviso che sia già sufficiente l’approvazione da parte del consiglio di amministrazione, nel quale la Commissione è rappresentata, e che una doppia approvazione non risulti necessaria.

5.   Osservazioni particolari

5.1.    Eurofound

5.1.1.

Rispetto all’attuale regolamento, il riferimento alla ricerca a medio e a lungo termine è stato soppresso, il che potrebbe essere interpretato come la volontà di eliminare le indagini europee. Benché costose, esse rappresentano le attività di punta di Eurofound e forniscono, non solo alle istituzioni dell’UE, agli Stati membri e alle parti sociali, ma anche a una serie di ricercatori accademici e politici, dati unici comparabili a livello paneuropeo su una gamma estremamente ampia di condizioni di vita e di lavoro insieme. Il Comitato apprezza e sostiene le indagini europee in quanto esse contribuiscono direttamente all’ulteriore sviluppo del progetto europeo nel suo insieme.

5.1.2.

Il Comitato si compiace del fatto che vengano descritti con maggiore precisione i compiti dei comitati consultivi, che possono essere costituiti, e anche rimossi, dal consiglio di amministrazione.

5.2.    Cedefop

5.2.1.

Il CESE non è d’accordo con l’obiettivo fissato per il Cedefop, secondo cui tale agenzia è incaricata di assistere la Commissione nell’elaborazione e nell’attuazione delle politiche in materia di istruzione e formazione professionale, di competenze e di qualifiche. Il CESE è dell’avviso che l’obiettivo per il Cedefop dovrebbe essere allineato agli obiettivi delle altre due agenzie. Il regolamento dovrebbe pertanto stabilire chiaramente che l’obiettivo del Cedefop consiste nel sostenere, oltre alle istituzioni e agli altri organi dell’UE, gli Stati membri e le parti sociali nella definizione e nell’esecuzione delle politiche, fornendo loro informazioni in materia di istruzione e formazione professionale, di competenze e di qualifiche.

5.2.2.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la proposta della Commissione tenga conto del fatto che il Cedefop ha assunto negli anni passati nuove funzioni. Le attuali attività del Cedefop vanno oltre l’istruzione e la formazione professionale comprendendo lavori relativi alle qualifiche, in particolare il quadro europeo delle qualifiche, all’analisi e alla previsione delle competenze nonché alla convalida dell’apprendimento non formale e informale. Il Comitato, tuttavia, sottolinea che le attività del Cedefop dovrebbero continuare ad essere incentrate sull’istruzione e la formazione professionale, compreso l’apprendistato e l’apprendimento basato sul lavoro, per tutti (giovani e adulti), al fine di migliorare l’occupabilità.

5.3.    EU-OSHA

5.3.1.

Ai sensi della proposta, l’obiettivo dell’EU-OSHA dovrebbe consistere tra l’altro nel fornire informazioni giuridiche nel settore della salute e della sicurezza sul lavoro. Il CESE considera tale disposizione come un’interferenza nelle competenze della Commissione, e ritiene che detta interferenza sia da respingere.

5.3.2.

Il CESE esprime compiacimento per il fatto che il regolamento relativo all’EU-OSHA preveda espressamente tra le competenze dell’agenzia le misure di sensibilizzazione e di comunicazione come pure le campagne in materia di protezione del lavoro. Sin dal 2000, l’agenzia organizza campagne di informazione e di sensibilizzazione della durata di due anni, ciascuna in merito a differenti questioni riguardanti la protezione dei lavoratori, e raggiunge un vasto pubblico grazie alla segnalazione di buone soluzioni pratiche.

5.3.3.

La rete di informazione dell’agenzia esiste anch’essa sin dalla creazione dell’EU-OSHA, e rappresenta un elemento importante per garantire che le informazioni raccolte e messe a disposizione dall’agenzia siano corrette in termini di contenuto ma anche effettivamente pertinenti rispetto alla prassi. Inoltre, queste reti estendono l’approccio tripartito inclusivo europeo al livello nazionale, riunendo così i rappresentanti dei governi e delle parti sociali secondo modalità che si sono rivelate molto costruttive e utili. Il coinvolgimento delle parti sociali nazionali in queste reti è pertanto decisivo, e dovrebbe essere garantito dagli Stati membri. Il CESE, tuttavia, non considera realistico che l’agenzia introduca delle modifiche in una rete nazionale, selezionata dagli Stati membri in base a criteri specifici. Si dovrebbe nondimeno consentire al consiglio di amministrazione di formulare raccomandazioni sulla composizione.

Bruxelles, 30 marzo 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


30.6.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 209/54


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla definizione, alla presentazione e all’etichettatura delle bevande spiritose, all’uso delle denominazioni di bevande spiritose nella presentazione e nell’etichettatura di altri prodotti alimentari nonché alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose»

[COM(2016) 750 final — 2016/0392 (COD)]

(2017/C 209/09)

Relatore:

Peter SCHMIDT

Consultazione

Consiglio, 9.10.2016

Parlamento europeo, 12.12.2016

Base giuridica

Articoli 43, paragrafo 2, 114, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

14.3.2017

Adozione in sessione plenaria

29.3.2017

Sessione plenaria n.

524

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

211/0/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa della Commissione volta ad allineare l’attuale quadro normativo in materia di bevande spiritose al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e a renderlo coerente con il diritto derivato sopravvenuto dell’UE, segnatamente per quanto riguarda la fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e i regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari.

1.2.

In particolare, il CESE appoggia l’introduzione di un legame più forte della materia con il settore agricolo, un collegamento essenziale per la qualità e la reputazione delle bevande spiritose prodotte nell’UE.

1.3.

Se, in linea di massima, il CESE accoglie con favore gli adeguamenti effettuati per garantire l’allineamento al TFUE e agevolare il processo legislativo, tuttavia sarebbe preferibile far pendere maggiormente la bilancia verso gli atti di esecuzione anziché verso gli atti delegati. In alcuni ambiti, anzi, dovrebbe essere abolita qualsiasi facoltà di deroga.

1.4.

Il CESE è ben consapevole della complessità dell’operazione di riallineamento e si compiace dei chiarimenti e miglioramenti apportati per quanto concerne, ad esempio, le norme in materia di uso di termini composti e allusioni nell’etichetta, di etichettatura delle miscele di bevande spiritose e di indicazione facoltativa dell’origine delle materie prime. Nondimeno, in altri ambiti la proposta in esame ha apportato anche alcune modifiche che andrebbero riconsiderate, come precisato più avanti nel presente parere.

1.5.

Per quanto riguarda le indicazioni geografiche (IG), il CESE apprezza il fatto che vengano chiarite le norme e le procedure in materia e che si attribuisca il giusto valore alla tradizione e alla produzione locale/del territorio.

1.6.

Il CESE sottolinea l’importanza di mantenere l’attuale livello di protezione per il settore delle bevande spiritose, in modo da garantire che il valore aggiunto e i posti di lavoro restino in Europa. Il punto cruciale riguarda il luogo in cui il prodotto viene distillato e fabbricato, e il cambiamento di terminologia introdotto nella proposta in esame non dovrebbe comportare alcuna modifica di rilievo per il settore.

1.7.

Per quanto attiene alla presentazione e all’etichettatura, il Comitato suggerisce di apportare alla proposta in esame alcuni miglioramenti, in particolare perché è importante evitare qualsiasi tipo di false dichiarazioni o incomprensione in materia di «imitazione di aromi», che potrebbero trarre in inganno i consumatori.

1.8.

Benché il tema esuli dal campo di applicazione specifico della proposta in esame, il CESE ribadisce inoltre le raccomandazioni già formulate riguardo alla necessità di un approccio politico coerente e completo basato sulla prevenzione del consumo nocivo di alcolici — e in particolare dell’assunzione di alcol da parte di minori — e sulla promozione di un consumo responsabile, che eviti rischi per la salute, e ciò non solo in materia di bevande spiritose ma anche più in generale. L’informazione, l’istruzione e la sensibilizzazione rivestono in tal senso un’importanza cruciale, e il CESE accoglie con favore le numerose iniziative pubbliche e private in questi campi.

2.   Introduzione

2.1.

Con il regolamento proposto, la Commissione mira ad allineare l’attuale regolamento (CE) n. 110/2008 sulle bevande spiritose (1) al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Il regolamento proposto suddivide essenzialmente le disposizioni adottate dalla Commissione a norma del regolamento vigente in atti delegati e atti di esecuzione, e introduce una base giuridica relativa all’agricoltura (2) per porre l’accento su un legame più forte di questa materia con il settore agricolo.

2.2.

Oltre ad allineare le disposizioni vigenti al TFUE, la proposta in esame introduce alcune modifiche di minore entità e di carattere tecnico, volte ad ovviare ad alcune carenze nell’applicazione del regolamento (CE) n. 110/2008 e a rendere la normativa coerente con il diritto derivato sopravvenuto, e precisamente con il regolamento (UE) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori (3) e il regolamento (UE) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (4).

2.3.

In particolare, la proposta chiarisce alcune norme in materia di etichettatura riguardanti l’uso di termini composti e di allusioni nonché le miscele di bevande spiritose, al fine di evitare problemi sul mercato interno. Essa comprende inoltre un nuovo articolo sull’«indicazione dell’origine» e introduce procedure più chiare per la registrazione delle indicazioni geografiche sulla base del regolamento (UE) n. 1151/2012.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di garantire l’allineamento dell’attuale regolamento (CE) n. 110/2008 sulle bevande spiritose al TFUE e la coerenza della legislazione in materia con gli atti normativi sopravvenuti dell’UE. In linea generale, infatti, il quadro normativo proposto fornisce chiarezza e coerenza per quanto riguarda le norme in materia di bevande spiritose.

3.2.

Il CESE constata che le associazioni di produttori di bevande spiritose sono state consultate dalla Commissione. Nell’UE il comparto delle bevande spiritose, le cui vendite all’estero ammontavano ad oltre 10 miliardi di euro nel 2015, fa parte del maggiore settore di esportazione dell’Unione europea, ossia quello agroalimentare. È un comparto al quale fa capo, tra produzione e distribuzione, un milione di posti di lavoro in Europa, e che mantiene una stretta connessione economica e sociale con il settore agricolo. Il gettito delle accise e dell’IVA sulle bevande spiritose ammonta a circa 23 miliardi di euro all’anno. Tuttavia, il consumo di bevande spiritose è sceso del 32 % tra il 1980 e il 2014. Un dato, questo, che trova riscontro nelle distinte tendenze alla «premiumizzazione», ossia all’acquisto di prodotti di livello di prezzo superiore, e al «bere meno ma meglio». Tra il 2000 e il 2015, ad esempio, le vendite on trade (ossia in alberghi, ristoranti, bar e caffè) sono scese dell’8 %, passando a 23,5 milioni di ettolitri di bevande spiritose, ma il valore è aumentato del 30 %.

3.3.

Benché la proposta della Commissione miri principalmente a garantire l’allineamento della normativa al TFUE, essa rappresenta anche un’opportunità, per il settore delle bevande spiritose, di mantenere la qualità e le pratiche tradizionali nonché di salvaguardare la sua reputazione a livello mondiale. In particolare, la proposta in esame fa chiarezza sui modi in cui le singole bevande vengono prodotte: materie prime, gradazione alcolica (minima prescritta per la commercializzazione, massima ammessa per la distillazione), periodi di invecchiamento, requisiti in materia di edulcorazione ecc. La differenziazione tra categorie di bevande spiritose contribuisce a salvaguardare la diversità delle tradizioni.

3.4.

Il CESE sottolinea l’importanza del rafforzamento, operato dalla proposta, del legame del comparto bevande spiritose con il settore agricolo. Solo materie prime agricole devono essere autorizzate per la produzione delle bevande spiritose, e ciò serve anche a garantire uno sbocco commerciale per i prodotti agricoli di base.

3.5.

Gli adeguamenti introdotti al fine di garantire l’allineamento al TFUE e facilitare il processo legislativo sono, in linea di massima, condivisibili. Tuttavia, sarebbe più opportuno far pendere maggiormente la bilancia verso gli atti di esecuzione anziché verso gli atti delegati. In alcuni ambiti, anzi, dovrebbe essere abolita qualsiasi facoltà di deroga, specie laddove questa comporti l’introduzione di modifiche sostanziali. Ad esempio, la Commissione propone (con l’articolo 16, paragrafo 3) che le sia conferito il potere di adottare atti delegati che autorizzino a fornire il nome di un’indicazione geografica registrata nella lingua usata in un mercato di esportazione in cui tale informazione sia obbligatoria, ossia dove le bevande spiritose non potrebbero essere messe in commercio se non corredate di tale informazione. Una norma dell’attuale regolamento UE accorda già ai produttori tale facoltà, ma nel testo «allineato» ora proposto dalla Commissione tale norma è stata soppressa. La facoltà oggi accordata dovrebbe semplicemente essere ripristinata nel testo della proposta, nel qual caso non sarebbe necessaria alcuna delega di poteri.

3.6.

Per i produttori di bevande spiritose, una delle preoccupazioni principali è quella di preservare le tradizioni e il sistema delle indicazioni geografiche (IG) per tali bevande. In linea di massima, il CESE accoglie con favore il fatto che vengano rese più chiare le norme in materia di IG che si applicano alle bevande spiritose.

3.7.

Benché il tema esuli dal campo di applicazione specifico della proposta in esame, il CESE ribadisce inoltre le raccomandazioni già formulate (5) riguardo alla necessità di un approccio politico coerente e completo basato sulla prevenzione del consumo nocivo di alcolici — e in particolare dell’assunzione di alcol da parte di minori — e sulla promozione di un consumo responsabile, che eviti rischi per la salute, e ciò non solo in materia di bevande spiritose ma anche più in generale. L’informazione, l’istruzione e la sensibilizzazione rivestono in tal senso un’importanza cruciale. Il CESE osserva che in tutta l’UE il settore privato è impegnato in numerose iniziative e programmi sociali, il che dimostra che è possibile ridurre l’abuso di alcol, in particolare tra i giovani (6).

3.8.

La questione dell’elencazione degli ingredienti e delle informazioni nutrizionali sulle etichette delle bevande spiritose, nella proposta in esame, non viene affrontata. Nondimeno, il CESE ribadisce che i consumatori hanno diritto di ricevere informazioni veritiere ed equilibrate sulle bevande alcoliche affinché possano operare scelte consapevoli circa il loro consumo (7), e che, per applicare le norme in materia, i micro e piccoli produttori avrebbero bisogno di un sostegno specifico. Il Comitato attende con grande interesse di poter contribuire al dibattito avviato di recente su questo tema da una relazione della Commissione europea (8).

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

Il CESE è ben consapevole della complessità dell’operazione di riallineamento e si compiace dei chiarimenti e miglioramenti apportati per quanto concerne, ad esempio, le norme in materia di uso di termini composti e allusioni nell’etichetta, di etichettatura delle miscele di bevande spiritose e di indicazione facoltativa dell’origine delle materie prime. Nondimeno, in altri ambiti la proposta in esame ha apportato anche alcune modifiche che dovrebbero essere riconsiderate; ad esempio:

la sostituzione di tutte le occorrenze di «e/o» con espressioni differenti non dovrebbe condurre a interpretazioni erronee o confusione di sorta. Il CESE propone quindi di sottolineare, in un apposito considerando, che tutte le occorrenze di «e/o» sono state sostituite con espressioni di significato equivalente e che la Commissione non ha inteso modificare il senso delle disposizioni del regolamento (UE) n. 110/2008;

occorre chiarire la definizione di «aromatizzazione» e di «pratiche di produzione»;

per armonizzare le norme nei quattro ambiti dell’IG (alimenti, vino, bevande spiritose e vini aromatizzati), il termine «documentazione tecnica» (di fabbricazione) è stato sostituito dal termine «disciplinare» (di produzione). Tuttavia, al fine di evitare interpretazioni erronee di qualsiasi tipo, si dovrebbe aggiungere un considerando che chiarisca che i due termini sono equivalenti.

4.2.

L’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento proposto dalla Commissione precisa che le denominazioni di vendita completate dal termine «aroma», o da qualsiasi altro termine simile, possono essere utilizzate per designare aromi che imitano una bevanda spiritosa o per riferirsi al loro impiego nella produzione di un prodotto alimentare diverso da una bevanda. Il Comitato ritiene che tale disposizione potrebbe essere fuorviante per i consumatori.

4.3.

Il CESE sottolinea l’importanza, sia per preservare il valore aggiunto per i produttori che per tutelare gli interessi dei consumatori, di mantenere l’attuale livello di protezione per il settore delle bevande spiritose quando si fa riferimento al «luogo di produzione/fabbricazione» anziché al «luogo di origine». La nuova terminologia non dovrebbe comportare alcuna modifica di rilievo per il settore delle bevande spiritose, in particolare per quanto riguarda questo aspetto cruciale, ossia il luogo in cui il prodotto viene distillato e fabbricato.

4.4.

La responsabilità di controllare che le indicazioni geografiche protette non siano utilizzate in modo illegale incombe agli Stati membri, e la Commissione dovrebbe essere informata dell’applicazione delle norme all’interno di essi, così da disporre di un quadro adeguato che permetta di ritirare dal mercato le bevande spiritose contraffatte.

4.5.

La procedura di opposizione che consente alle parti interessate di raggiungere un accordo è da accogliere con favore, poiché consente di ridurre gli oneri senza compromettere l’efficacia.

4.6.

Il registro delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose, che sostituisce l’allegato III, dovrebbe essere visto come uno strumento per modernizzare il modello vigente in materia senza pregiudicare i diritti e gli obblighi delle parti o la trasparenza del sistema.

Bruxelles, 29 marzo 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione, all’etichettatura e alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e che abroga il regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio (GU L 39 del 13.2.2008, pag. 16).

(2)  Ossia l’articolo 43, paragrafo 2, del TFUE.

(3)  Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 18).

(4)  Regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (GU L 343 del 14.12.2012, pag. 1).

(5)  GU C 318 del 23.12.2009, pag. 10.

(6)  Basti pensare a due progetti di studi come HBSC (Health Behaviour in School-aged Children — Comportamenti collegati alla salute in ragazzi di età scolare), che coinvolge ogni 4 anni ragazzi di 11, 13 e 15 anni (cfr. le conclusioni principali dell’ultimo studio, pubblicate nel 2016: http://spirits.eu/files/98/cp.as-095-2016-hbsc-survey-2016-key-messages-final.pdf), ed ESPAD (European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs — Progetto europeo di indagini scolastiche sull’alcol e altre droghe), che riguarda studenti di 15 e 16 anni di età. Dallo studio ESPAD risulta che oggi l’86 % degli studenti europei dichiara di «non essersi ubriacato» negli ultimi 30 giorni. Il loro livello di intossicazione è quindi diminuito del 23 % rispetto al 2003. La frequenza degli episodi di assunzione smodata di alcol (heavy episodic drinking) è diminuita del 28 % dal picco registrato nel 2007 (dal 18 % nel 2007 al 13 % nel 2015). Queste tendenze positive sono state rilevate negli studenti di entrambi i sessi.

(7)  GU C 332 dell'8.10.2015, pag. 28.

(8)  Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, del 13 marzo 2017, sull’etichettatura obbligatoria dell’elenco degli ingredienti e della dichiarazione nutrizionale per le bevande alcoliche (COM(2017) 58 final).


30.6.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 209/58


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga il regolamento (CEE) n. 1101/89 del Consiglio e i regolamenti (CE) n. 2888/2000 e (CE) n. 685/2001»

[COM(2016) 745 final — 2016/0368 (COD)]

(2017/C 209/10)

Relatore:

Jan SIMONS

Consultazione

Parlamento europeo, 12.12.2016

Consiglio dell’Unione europea, 19.12.2016

Base giuridica

Articoli 91 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

15.3.2017

Adozione in sessione plenaria

29.3.2017

Sessione plenaria n.

524

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

228/3/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Dopo aver consultato le pertinenti organizzazioni delle parti interessate, il CESE ritiene di poter sottoscrivere la proposta della Commissione di regolamento che abroga il regolamento (CEE) n. 1101/89 (regime temporaneo di demolizione di battelli destinati alla navigazione interna) e i regolamenti (CE) n. 2888/2000 (autorizzazioni per la circolazione degli automezzi pesanti in Svizzera) e (CE) n. 685/2001 (autorizzazioni per il trasporto di merci in Bulgaria e Romania prima dell’adesione di questi paesi all’UE).

2.   Contesto

2.1.

Nel quadro del programma REFIT e dell’impegno a migliorare la legislazione al fine di garantire un quadro legislativo adatto allo scopo e di alta qualità, come indicato nell’accordo interistituzionale Legiferare meglio tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea, quest’ultima propone di abrogare tre regolamenti perché risultano ormai obsoleti.

2.1.1.

Si tratta, in primo luogo, del regime temporaneo di demolizione di battelli destinati alla navigazione interna, introdotto nel 1989, i cui strumenti idonei a regolare le capacità sono stati garantiti dieci anni più tardi nel regolamento (CE) n. 718/1999, senza, tuttavia, che venisse abrogato il regolamento del 1989.

2.1.2.

La proposta riguarda però anche due regolamenti in materia di trasporto su strada.

2.1.2.1.

Il primo, adottato nel 2000, disciplina la ripartizione, tra gli Stati membri, delle autorizzazioni per la circolazione degli automezzi pesanti messe a disposizione dalla Svizzera. Un accordo sopravvenuto tra l’UE e la Confederazione svizzera stabilisce che, dal 1o gennaio 2005, il traffico stradale pesante è esentato da ogni regime di contingenti o autorizzazioni.

2.1.2.2.

Il secondo disciplina la ripartizione, tra gli Stati membri di allora, delle autorizzazioni di accesso al mercato dei trasporti di merci della Bulgaria e della Romania prima che questi due paesi entrassero a far parte dell’UE. Con la loro adesione, avvenuta nel 2007, il sistema delle autorizzazioni è venuto meno.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE ha sempre sostenuto l’idea che il quadro legislativo non debba essere soltanto adeguato allo scopo e di alta qualità, ma anche trasparente, chiaro e semplice da applicare per gli Stati membri e le parti interessate, nel caso specifico nei settori della navigazione interna e del trasporto di merci su strada.

3.2.

Considerati i motivi, peraltro diversi, che giustificano l’abrogazione dei suddetti regolamenti, il CESE reputa perfettamente logico procedere alla soppressione di questi tre regolamenti ormai obsoleti.

3.3.

Il CESE è tuttavia sorpreso che la Commissione abbia ritenuto non pertinente consultare le parti interessate ed effettuare una valutazione d’impatto. Per quanto l’effetto sia positivo (visti gli elementi menzionati al punto 3.1 di cui sopra), procedere a una consultazione, sia pure a titolo precauzionale, infatti non è mai inopportuno.

3.4.

Il CESE ha pertanto sentito i rappresentanti delle organizzazioni di categoria interessate, le quali non hanno espresso alcuna obiezione in merito alla proposta della Commissione di abrogare i tre regolamenti in oggetto.

Bruxelles, 29 marzo 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


30.6.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 209/60


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Governance internazionale degli oceani: un’agenda per il futuro dei nostri oceani

[JOIN(2016) 049 final]

(2017/C 209/11)

Relatore:

Jan SIMONS

Consultazione

Commissione europea, 27.1.2017

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sezione

6.3.2017

Adozione in sessione plenaria

29.3.2017

Sessione plenaria n.

524

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

201/2/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) osserva che le azioni previste dalla comunicazione congiunta riguardano la governance sia degli oceani che dei mari e suggerisce che il titolo del documento sia modificato in «Governance internazionale degli oceani: un’agenda per il futuro dei nostri oceani e mari».

1.2.

Il CESE condivide la crescente preoccupazione in merito alla necessità di una migliore governance e protezione degli oceani in risposta alla pressione sempre più intensa cui sono sottoposti. Per secoli abbiamo creduto che gli oceani del nostro mondo fossero semplicemente troppo grandi per poter essere influenzati da qualsivoglia nostra azione, ma l’aumento dell’attività umana li sta mettendo in pericolo. Gli oceani devono affrontare problemi quali una pesca non sostenibile, una protezione inadeguata, il turismo, il traffico pesante, l’inquinamento e gli effetti del cambiamento climatico, come l’innalzamento del livello dei mari e i cambiamenti nella distribuzione delle specie. L’attuale quadro per la governance internazionale degli oceani non è in grado di garantire la gestione sostenibile degli oceani e delle loro risorse. È indispensabile intervenire con urgenza.

1.3.

Il CESE accoglie con favore la comunicazione congiunta della Commissione europea (in appresso «la Commissione») e dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (in appresso «l’alto rappresentante») su una migliore governance degli oceani. La comunicazione definisce un programma «per il futuro dei nostri oceani», un futuro che è a rischio. Tuttavia, la Commissione e l’alto rappresentante devono ancora dare priorità alle minacce alle quali sono attualmente confrontati i nostri oceani, in modo da rispecchiare adeguatamente l’urgente necessità di agire.

1.4.

Una delle cause dell’inefficace governance internazionale degli oceani è costituita dalle lacune del quadro vigente in materia. Il CESE raccomanda alla Commissione e all’alto rappresentante di porre rimedio alle suddette lacune e incoerenze, ma anche di aumentare il livello di conformità con le norme esistenti, ad esempio migliorando l’attuazione della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino. L’UE dovrebbe astenersi dal proporre qualsiasi nuova normativa quando un’attuazione migliore o più coordinata delle norme e dei regolamenti esistenti sarebbe più efficiente.

1.5.

Il CESE sostiene le azioni elencate nella comunicazione congiunta volte a migliorare la conoscenza degli oceani europei. L’UE potrebbe svolgere un ruolo importante nel migliorare la gestione dei nostri oceani, in particolare sostenendo la ricerca scientifica sugli oceani di tutto il mondo. Occorre fare un uso corretto ed efficace dei dati attualmente disponibili. Vi sono abbondanti informazioni sui mari che sono in gran parte frammentate. Pertanto, il CESE incoraggia vivamente l’UE a sviluppare la rete europea di osservazione e di dati dell’ambiente marino, trasformandola in una rete di dati marini a livello mondiale. L’UE potrebbe diventare un centro di coordinamento per tali attività di ricerca.

1.6.

Il CESE esorta l’UE a collaborare con i paesi partner per ridurre le minacce e i rischi alla sicurezza marittima, come, ad esempio, la pirateria, la tratta di esseri umani e il traffico di armi e stupefacenti, sfruttando appieno le potenzialità della nuova Guardia costiera e di frontiera europea, dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) e dell’Agenzia europea di controllo della pesca (EFCA). L’uso di un funzionale sistema comune per la condivisione delle informazioni (CISE) consentirà di garantire che i dati raccolti siano condivisi tra gli Stati membri dell’UE in maniera efficace.

1.7.

Il CESE ritiene che la creazione di capacità per una migliore governance degli oceani sia essenziale per conseguire uno sviluppo sostenibile e consentire ai paesi in via di sviluppo di utilizzare gli oceani e le loro risorse in conformità con la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS). Il Comitato accoglie quindi con favore le misure UE individuate nella comunicazione congiunta, ma la Commissione e l’alto rappresentante non hanno ancora indicato le azioni e gli strumenti specifici per conseguire tali capacità.

1.8.

Il CESE raccomanda vivamente l’istituzione di un forum delle parti interessate dell’UE dedicato ai mari e agli oceani di tutto il mondo, in particolare dal momento che la governance degli oceani è una questione trasversale che coinvolge numerosi soggetti interessati. Tuttavia, un forum di questo genere dovrebbe evitare di duplicare i dibattiti già in corso a livello internazionale. Il CESE esorta la Commissione a coinvolgere tutte le parti interessate; se si vuole conseguire una governance efficace dei nostri oceani occorre mobilitare l’intera società civile.

1.9.

Il CESE sottolinea che al fine di evitare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata sono necessari controlli da parte dello Stato di bandiera e strumenti applicativi efficaci, ivi comprese misure di monitoraggio, controllo e sorveglianza. Si dovrebbe procedere a una raccolta più adeguata e a una condivisione più efficace dei dati relativi alla pesca di tutti gli Stati membri dell’UE, eventualmente utilizzando i fondi disponibili nell’ambito del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP).

1.10.

Il CESE ritiene che la governance degli oceani dovrebbe trovare un equilibrio tra lo sviluppo socioeconomico e la conservazione dell’ambiente marino. Occorre considerare con attenzione, ma anche con cautela, le tecnologie utilizzate per lo sfruttamento delle risorse dei fondali oceanici. Il carattere innovativo di queste tecnologie e la loro importanza per lo sviluppo economico non possono oscurare i pericoli che tale attività può comportare per l’ambiente. L’esperienza acquisita con le valutazioni di impatto ambientale delle attività svolte sulla terraferma potrebbe servire a creare un equivalente di tali valutazioni specifico per le diverse zone in relazione allo sfruttamento delle risorse oceaniche

2.   Origine e contesto della comunicazione congiunta

2.1.

Nel giugno 2015, gli Stati membri dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite si sono impegnati formalmente a elaborare uno strumento giuridicamente vincolante nel quadro dell’UNCLOS per la conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica marina nelle zone non sottoposte a giurisdizione nazionale (BBNJ) (1). Poiché gli Stati guardano con sempre maggior frequenza agli oceani per sviluppare le loro economie, la maggior parte delle zone oceaniche subiscono gli effetti negativi di attività non sostenibili che hanno luogo in mare o a terra, aggravati dall’impatto del cambiamento climatico e dagli effetti dell’acidificazione degli oceani.

2.2.

L’Unione europea definisce un’agenda per una migliore governance degli oceani, basata su un approccio internazionale che interessa tutti i settori ed è fondato su norme. La comunicazione costituisce anche la risposta dell’UE all’agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, e in particolare all’obiettivo di sviluppo sostenibile 14 «conservazione e uso sostenibile degli oceani, dei mari e delle risorse marine», come parte integrante di un’agenda estremamente interconnessa. È basata sul mandato politico conferito al commissario Vella dal presidente Juncker «di contribuire all’elaborazione di una governance internazionale degli oceani».

2.3.

La comunicazione congiunta della Commissione e dell’alto rappresentante definisce 14 azioni che si articolano in tre aree prioritarie: 1) migliorare il quadro internazionale di governance degli oceani, 2) ridurre la pressione antropica sugli oceani e creare le condizioni per un’economia blu sostenibile, 3) rafforzare la ricerca e i dati sugli oceani a livello internazionale.

2.3.1.   Migliorare il quadro internazionale di governance degli oceani

2.3.1.1.

La Commissione e l’alto rappresentante hanno messo a punto azioni per far fronte a questioni quali la conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica marina nelle zone non sottoposte a giurisdizione nazionale (BBNJ), il conseguimento dell’obiettivo del 10 % di zone marine protette entro il 2020 e la riduzione delle minacce e dei rischi per la sicurezza marittima come la pirateria, la tratta di esseri umani e il traffico di armi e stupefacenti.

2.3.2.   Ridurre la pressione antropica sugli oceani e creare le condizioni per un’economia blu sostenibile

2.3.2.1.

La Commissione e l’alto rappresentante hanno proposto azioni volte ad attuare l’accordo di Parigi con un’attenzione particolare per le azioni riguardanti gli oceani e dirette a lottare contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (pesca INN) e i rifiuti marini e a lavorare all’elaborazione di orientamenti internazionali sulla pianificazione dello spazio marittimo.

2.3.3.   Rafforzare la ricerca e i dati sugli oceani a livello internazionale

2.3.3.1.

La Commissione e l’alto rappresentante hanno messo a punto azioni volte a garantire una maggiore comprensione e una conoscenza scientifica solida, fondamentali per gestire in modo sostenibile le risorse oceaniche e ridurre la pressione antropica.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE osserva che le azioni previste dalla comunicazione congiunta riguardano la governance sia degli oceani che dei mari Alla luce dell’elevata interconnessione di tali acque, il CESE propone che il titolo della comunicazione congiunta sia modificato in «Governance internazionale degli oceani: un’agenda per il futuro dei nostri oceani e mari», in modo da chiarire l’ambito di applicazione dell’iniziativa.

3.2.

Il CESE riconosce il contributo fondamentale dell’UNCLOS al rafforzamento della pace, della sicurezza e della cooperazione tra tutti i paesi e alla promozione del progresso economico e sociale di tutti i popoli del mondo, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite, nonché allo sviluppo sostenibile degli oceani e dei mari.

3.3.

Il CESE osserva che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite effettua un esame annuale dell’evoluzione degli affari marittimi e del diritto del mare e adotta ogni anno due risoluzioni che stabiliscono orientamenti politici integrati a livello mondiale, una sugli oceani e il diritto del mare e l’altra sulla pesca sostenibile; l’UE dovrebbe intensificare la collaborazione con i partner internazionali al fine di agevolare l’attuazione delle misure individuate dall’ONU.

3.4.

Il CESE ritiene che la governance degli oceani dovrebbe trovare un equilibrio tra lo sviluppo socioeconomico e la conservazione dell’ambiente marino. Il suo obiettivo fondamentale dovrebbe essere quello di assicurare i molteplici usi sostenibili delle risorse e degli ambienti marini, anche per le generazioni future. L’estrazione delle risorse non deve andare a scapito dell’ecosistema bensì essere compatibile con esso ed essere realizzata in modo responsabile mediante le corrette politiche e strutture di governance.

3.4.1.

Occorre considerare con attenzione, ma anche con cautela, le tecnologie utilizzate per lo sfruttamento delle risorse dei fondali oceanici. Il carattere innovativo di queste tecnologie e la loro importanza per lo sviluppo economico non possono oscurare i pericoli che tale attività può comportare per l’ambiente. L’esperienza acquisita con le valutazioni di impatto ambientale delle attività svolte sulla terraferma potrebbe servire a creare un equivalente di tali valutazioni specifico per le diverse zone in relazione allo sfruttamento delle risorse oceaniche

3.5.

Il CESE raccomanda vivamente l’istituzione di un forum delle parti interessate dell’UE dedicato ai mari e agli oceani, ma sostiene che dovrebbe prevedere la partecipazione della società civile. Tale forum potrebbe fungere da piattaforma per lo scambio di conoscenze, esperienze e migliori pratiche su una governance degli oceani perfezionata e potrebbe essere utilizzato anche per perfezionare la distribuzione dei fondi UE per una migliore governance degli oceani, nonché intensificare le iniziative volte a valutare l’efficacia economica degli investimenti pubblici nel campo della ricerca e dell’osservazione dell’ambiente marino.

3.6.

Il CESE ritiene che l’Unione europea, prima di presentare eventuali nuove proposte tese a migliorare la governance degli oceani, dovrebbe valutare il quadro globale in modo da non intervenire inopportunamente negli ambiti di detta governance che sono già maturi e funzionano bene. L’UE dovrebbe inoltre evitare di duplicare i dibattiti che sono già in corso a livello internazionale.

3.7.

Il CESE riconosce che le lacune normative possono consentire attività non regolamentate e non dichiarate, lo sfruttamento eccessivo delle risorse marine e la distruzione degli ecosistemi del pianeta. Per affrontare questi problemi, è essenziale realizzare studi scientifici degli ecosistemi e pervenire a una migliore comprensione dell’attuale struttura di governance al fine di colmare le suddette lacune. Il CESE è del parere che l’UE potrebbe porsi all’avanguardia della ricerca scientifica sugli oceani del mondo e diventare il centro di coordinamento per tali attività.

3.8.

Oltre a individuare le lacune e le incoerenze normative, uno degli obiettivi della Commissione e dell’alto rappresentante dovrebbe essere quello di garantire una maggiore conformità alle norme esistenti. Ciò potrebbe essere realizzato utilizzando il peso di mercato dell’UE in determinati ambiti di intervento, come la pesca, per coinvolgere i soggetti più importanti, come sottolineato nelle osservazioni del commissario Vella sull’azione dell’UE contro la pesca illegale (2).

3.9.

Il CESE concorda sul fatto che tutti i settori devono collaborare costantemente per una migliore governance degli oceani, dato che la pressione sui nostri oceani aumenta. Il CESE osserva ad esempio che organismi quali le organizzazioni regionali di gestione della pesca (ORGP) e l’Organizzazione marittima internazionale (IMO) stanno cercando di apportare miglioramenti ai loro principi di governance al fine di rafforzare l’attuale quadro strategico.

3.10.

Il CESE ritiene che la Commissione e l’alto rappresentante dovrebbero valutare le esigenze in termini di qualifiche, competenze e formazione al fine di agevolare la creazione di posti di lavoro prevista nelle industrie oceaniche, un aspetto che è stato trascurato nella comunicazione.

4.   Osservazioni particolari

4.1.    Migliorare il quadro internazionale di governance degli oceani

4.1.1.

Il CESE accoglie con favore l’impegno della Commissione e dell’alto rappresentante a collaborare con gli Stati membri e i partner internazionali per garantire l’adozione, la ratifica e l’attuazione dei principali strumenti di governance globale degli oceani esistenti come, ad esempio, la convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) sul lavoro nel settore della pesca, e per mettere a punto i nuovi strumenti necessari quale l’accordo di attuazione dell’UNCLOS sulle BBNJ. Il CESE incoraggia inoltre la Commissione e l’alto rappresentante a cooperare con l’IMO al fine di facilitare l’attuazione e l’adeguata esecuzione degli strumenti di tale organizzazione. La Commissione deve individuare le azioni concrete e gli strumenti necessari per il conseguimento di detto obiettivo.

4.1.2.

Il CESE accoglie con favore l’impegno della Commissione e dell’alto rappresentante a migliorare il coordinamento e la cooperazione tra le organizzazioni globali e regionali e i partenariati con i principali attori oceanici. Detto impegno dimostra la determinazione dell’UE ad attuare un approccio integrato e intersettoriale alla gestione delle attività marittime, che rimane in gran parte settoriale. Il CESE raccomanda vivamente la partecipazione della Commissione e dell’alto rappresentante a UN-Oceans, un meccanismo volto a rafforzare il coordinamento, la coerenza e l’efficacia degli organismi competenti nell’ambito del sistema delle Nazioni Unite.

4.1.3.

La creazione di capacità è essenziale per conseguire lo sviluppo sostenibile e consentire ai paesi in via di sviluppo di usare gli oceani e le loro risorse in modo sostenibile e conformemente alla convenzione UNCLOS. Tuttavia, la Commissione e l’alto rappresentante non hanno ancora individuato misure specifiche dell’UE per il rafforzamento delle capacità.

4.1.3.1.

Il CESE osserva che la comunicazione congiunta fa riferimento a delle risorse per la creazione di capacità volte a migliorare lo sviluppo sostenibile e l’economia blu nel Mediterraneo. Tuttavia, è necessario mobilitare risorse analoghe per tutti i mari europei, nonché la regione artica.

4.1.4.

Il CESE è favorevole a rafforzare la tutela delle risorse dell’Artico in quanto capitale naturale per le generazioni future e a considerare i cambiamenti che intervengono nell’ambiente di tale parte del mondo come un indice dei progressi compiuti a livello europeo e mondiale nel campo della protezione del clima. Il CESE ritiene che la Commissione possa sensibilizzare maggiormente gli operatori presenti nella regione artica circa la sensibilità dell’area e la crescente importanza di svilupparla in maniera sostenibile. La protezione delle regioni artiche e la lotta contro il cambiamento climatico non sono obiettivi da perseguire senza tener conto degli abitanti oppure a loro scapito. Se da un lato vogliono preservare le loro culture, gli abitanti di queste regioni desiderano anche poter beneficiare delle opportunità offerte da uno sviluppo economico e sociale sostenibile.

4.1.4.1.

Il CESE auspica che la società civile possa svolgere un ruolo più attivo a favore della promozione degli interessi e delle preoccupazioni delle popolazioni locali. L’UE potrebbe inoltre organizzare dibattiti pubblici in cui i principali attori potrebbero presentare il loro contributo allo sviluppo sostenibile del settore, con la partecipazione delle popolazioni indigene. Si potrebbe prendere in considerazione l’istituzione di un centro di informazioni sull’Artico con sede a Bruxelles (3).

4.1.5.

Vi è stato un aumento della migrazione per via marittima in condizioni di scarsa sicurezza, che mette in risalto la necessità di un intervento urgente per prevenire la perdita di vite umane in mare. Pertanto il CESE accoglie con favore l’adozione del regolamento n. 2016/1624 sulla nuova Guardia costiera e di frontiera europea, anche se aveva raccomandato vivamente che essa fosse denominata «Agenzia europea della guardia di frontiera». Il CESE approva inoltre le modifiche ai regolamenti riguardanti la rinnovata Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) e l’Agenzia europea di controllo della pesca (EFCA).

4.1.5.1.

Nel suo parere in merito alla modifica del regolamento che istituisce l’EMSA (4), il Comitato si è espresso positivamente sul ruolo svolto dall’agenzia nel migliorare la sicurezza marittima degli Stati membri, sottolineando, già in quell’occasione, che è essenziale estendere le mansioni e le competenze dell’EMSA in maniera responsabile.

4.1.6.

Il CESE prende atto delle misure dell’UE in materia di contrasto della pesca illegale e rafforzamento della gestione sostenibile delle risorse alimentari provenienti dagli oceani. La politica comune della pesca, introdotta negli anni ‘60, richiede una revisione costante. Il Comitato accoglie con favore il processo di aggiornamento della politica volto a tenere il passo con i cambiamenti tecnologici al fine di migliorare la conservazione e proteggere gli stock ittici.

4.1.6.1.

Il CESE sottolinea che, al fine di evitare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, sono necessari controlli e strumenti applicativi efficaci, ivi comprese misure di monitoraggio, controllo e sorveglianza. Il Comitato richiama l’attenzione della Commissione e dell’alto rappresentante sul fatto che le Nazioni Unite hanno osservato con preoccupazione che una gestione efficace delle attività di cattura in mare è resa difficile in alcuni settori da informazioni inattendibili. Tutti gli Stati membri dell’UE dovrebbero pertanto contribuire a migliorare la conoscenza e la condivisione dei dati relativi alla pesca nelle acque soggette alla loro giurisdizione, eventualmente utilizzando i fondi disponibili nell’ambito del FEAMP.

4.1.6.2.

Il CESE incoraggia la Commissione a proseguire gli sforzi per migliorare la qualità delle prestazioni delle ORGP. Inoltre, nell’ambito dell’approccio integrato agli affari marittimi, la Commissione dovrebbe promuovere un migliore coordinamento tra i vari strumenti, ad esempio tra le convenzioni marittime regionali e le organizzazioni mondiali.

4.2.    Ridurre la pressione antropica sugli oceani e creare le condizioni per un’economia blu sostenibile

4.2.1.

Il CESE sostiene con forza le misure dell’UE, ivi comprese la comunicazione sull’attuazione dell’accordo COP 21 e la mitigazione degli effetti negativi del riscaldamento degli oceani, dell’innalzamento del livello del mare e dell’acidificazione. Inoltre, il CESE incoraggia la Commissione e l’alto rappresentante ad essere proattivi e a valutare l’impatto di tali effetti sull’economia blu, non solo per i settori già consolidati ma anche per quelli emergenti.

4.2.2.

Il CESE incoraggia l’azione della Commissione volta a promuovere l’attuazione dell’accordo sulle misure di competenza dello Stato di approdo, un trattato internazionale vincolante volto a contrastare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (pesca INN) entrato in vigore nel giugno 2016. Una corretta attuazione di detto accordo dovrebbe stimolare il settore a cercare una maggiore sostenibilità, con significativi effetti a cascata lungo tutta la catena di approvvigionamento della pesca.

4.2.3.

Il CESE ritiene che si dovrebbero applicare sanzioni severe per le violazioni delle normative in materia di pesca. L’attuazione della Convenzione dell’OIL sul lavoro nel settore della pesca è essenziale per evitare le violazioni dei diritti del lavoro a bordo delle navi da pesca e la concorrenza sleale derivante dalla violazione dei principi e dei diritti fondamentali sul luogo di lavoro. Le condizioni di vita e di lavoro in mare devono rispondere agli standard più elevati a livello internazionale e dell’UE.

4.2.4.

Il CESE osserva che le sovvenzioni dannose per la pesca, concesse per aumentare la capacità delle flotte o ai pescatori che praticano la pesca INN, sono una delle principali cause della pesca eccessiva e, pertanto, accoglie con favore l’impegno dell’UE ad accelerare i lavori per portare a termine i negoziati in corso su tale questione nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio.

4.2.5.

Per quanto riguarda i rifiuti marini, il CESE rileva con preoccupazione le crescenti evidenze dei loro effetti nocivi sulla flora e la fauna selvatiche, sugli habitat e sulla biodiversità e l’ambiente marini. Il CESE sottolinea con particolare preoccupazione il problema delle microplastiche che, introdotte direttamente o attraverso il deterioramento dei macrorifiuti, raggiungono persino le zone più remote, in questo caso le acque più profonde, e rilasciano sostanze chimiche dannose che possono contaminare la catena alimentare.

4.2.5.1.

Il CESE accoglie con favore gli sforzi compiuti nell’ambito di ciascuna delle convenzioni marittime regionali al fine di prevenire e ridurre i rifiuti marini, come lo sviluppo di piani d’azione regionali specifici. Il CESE incoraggia gli Stati membri a migliorare l’attuazione della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino per raggiungere o mantenere un buono stato ecologico nell’ambiente marino. La Commissione dovrebbe inoltre incoraggiare le regioni al di fuori dell’UE a mettere a punto piani di azione analoghi.

4.2.5.2.

Il CESE sostiene l’importanza dei meccanismi internazionali, come la convenzione MARPOL, per combattere le fonti di rifiuti marini a bordo delle navi ed esorta la Commissione a proporre nel 2017 una revisione della direttiva sugli impianti portuali di raccolta, in modo da assicurare un ulteriore allineamento con l’ambito di applicazione e le definizioni di detta convenzione.

4.2.5.3.

Il CESE sottolinea che l’UE dovrebbe acquisire una migliore comprensione delle specificità regionali nonché delle fonti, le quantità, i percorsi, le tendenze di distribuzione, la natura e gli effetti dei rifiuti marini, incluse le microplastiche; invita la Commissione e l’alto rappresentante a considerare le fonti di rifiuti marini situate in mare nonché quelle terrestri.

4.2.6.

Il CESE sostiene l’azione della Commissione e dell’alto rappresentante tesa a conseguire e ad accelerare il buon esito della pianificazione dello spazio marittimo (PSM) a livello mondiale, coinvolgendo tutte le principali parti interessate (5).

4.2.7.

Il CESE incoraggia la Commissione e l’alto rappresentante a promuovere la cooperazione regionale e internazionale per sviluppare meccanismi di finanziamento sostenibili e a lungo termine per le zone marine protette, garantendo che queste siano ben gestite e costituiscano una rete coerente dal punto di vista ecologico.

4.3.    Rafforzare la ricerca e i dati sugli oceani a livello internazionale

4.3.1.

Il CESE sostiene le azioni elencate nella comunicazione congiunta volte a migliorare la conoscenza degli oceani europei. Pertanto, il CESE incoraggia vivamente l’UE a sviluppare la rete europea di osservazione e di dati dell’ambiente marino, trasformandola in una rete di dati marini a livello mondiale. L’UE potrebbe diventare un centro di coordinamento per tali attività di ricerca. Tuttavia, prima di raccogliere e analizzare nuove informazioni, occorre fare un uso corretto ed efficace dei dati attualmente disponibili. Vi sono abbondanti informazioni sui mari che sono in gran parte frammentate.

4.3.2.

Il CESE esorta la Commissione a promuovere una maggiore cooperazione internazionale in materia di scienza e tecnologia nel settore marittimo, come suggerito dall’OCSE, al fine di stimolare l’innovazione e rafforzare lo sviluppo sostenibile dell’economia blu.

4.3.3.

Infine, il CESE propone che la Commissione e gli Stati membri si adoperino per migliorare la base statistica e metodologica a livello europeo e nazionale per misurare le dimensioni e i risultati delle industrie oceaniche sia affermate che emergenti e il loro contributo all’economia nel suo insieme.

Bruxelles, 29 marzo 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  ARES/69/292.

(2)  Commissione europea, comunicato stampa EU acts on illegal fishing: Yellow card issued to Thailand while South Korea & Philippines are cleared, 21 aprile 2015, http://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-4806_en.htm.

(3)  GU C 75 del 10.3.2017, pag. 144.

(4)  GU C 107, del 6.4.2011, pag. 68.

(5)  Riferimento alla 2a Conferenza internazionale sulla PSM, organizzata congiuntamente dalla DG MARE della Commissione europea e dalla Commissione oceanografica intergovernativa dell’Unesco, che si svolgerà dal 15 al 17 marzo 2017 presso la sede dell’Unesco a Parigi.


30.6.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 209/66


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: Proposta di regolamento che modifica il regolamento (UE) 2016/1036 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea e il regolamento (UE) 2016/1037 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell’Unione europea

[COM(2016) 721 final]

(2017/C 209/12)

Relatore:

Christian BÄUMLER

Correlatore:

Andrés BARCELÓ DELGADO

Consultazione

Commissione europea, 24.11.2016

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)

 

 

Sezione competente

REX

Adozione in sezione

6.3.2017

Adozione in sessione plenaria

29.3.2017

Sessione plenaria n.

524

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

194/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è un convinto sostenitore dell’apertura e dell’equità degli scambi commerciali e ne riconosce il valore come motori di crescita e di occupazione.

1.2.

Il CESE chiede un contesto uniforme per i produttori esportatori europei e di paesi terzi, ed efficaci strumenti di difesa commerciale.

1.3.

Il CESE ritiene che, nel complesso, la proposta della Commissione presenti un approccio equilibrato tra la questione dello status di economia di mercato della Cina, da un lato, e l’obiettivo di disporre di un efficace metodo di calcolo del dumping, dall’altro.

1.4.

Il CESE sostiene la proposta della Commissione secondo cui il margine di dumping dovrebbe essere calcolato non ricorrendo alla metodologia standard, ma sulla base di parametri che tengano conto di costi di produzione e di vendita significativamente distorti. Il CESE fa notare che, nel suo parere del 2016 in merito al mantenimento di posti di lavoro sostenibili e alla crescita nel settore dell’acciaio, aveva già chiesto di non utilizzare la metodologia standard per le inchieste antidumping e antisovvenzioni sulle importazioni cinesi finché il paese non avesse soddisfatto i cinque criteri dell’UE per ottenere lo status di economia di mercato.

1.5.

Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione di usare criteri specifici per stabilire se vi siano distorsioni significative della situazione del mercato. Il Comitato osserva che si deve tenere conto anche del rispetto delle norme dell’OIL e degli accordi ambientali multilaterali.

1.6.

Il CESE invita il Parlamento e il Consiglio a indicare chiaramente che la Commissione pubblicherà relazioni specifiche per paese per tutti i paesi con distorsioni del mercato significative. Ciò includerà tutti i paesi che, complessivamente, rappresentano il 70 % delle inchieste antidumping avviate nel precedente quinquennio.

1.7.

Il CESE osserva, tuttavia, che nella proposta della Commissione vi sono ancora margini di miglioramento per modificare il regolamento antidumping di base sotto il profilo dell’efficacia e della fattibilità del procedimento d’inchiesta antidumping (status giuridico, fattibilità e pertinenza delle relazioni proposte) e, in particolare, per quanto riguarda l’onere della prova, che non dovrebbe essere spostato sull’industria europea.

1.8.

Il CESE sottolinea che il procedimento di denuncia antidumping deve essere accessibile anche alle piccole e medie imprese.

1.9.

Il CESE sostiene la proposta della Commissione di norme transitorie e consultazioni.

1.10.

Il CESE esorta la Commissione a garantire quanto più possibile la compatibilità della nuova politica antidumping dell’UE con l’accordo antidumping dell’OMC al fine di rafforzare la certezza del diritto.

1.11.

Il CESE raccomanda che la politica di difesa commerciale nei confronti dei paesi con distorsioni significative del mercato adotti un approccio coordinato a livello internazionale e non si limiti solo all’UE. È necessaria una più stretta collaborazione con i principali partner commerciali.

1.12.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione per quanto riguarda le modifiche proposte nel regolamento antisovvenzioni.

1.13.

Il CESE osserva che l’efficienza dei procedimenti degli strumenti di difesa commerciale (TDI) è collegata anche alla proposta del 2013 di modernizzazione di tali strumenti, compresa la regola del dazio inferiore. Il CESE insiste sul fatto che è estremamente importante che anche il pacchetto di modernizzazione degli strumenti di difesa commerciale sia finalizzato e adottato nei prossimi mesi al fine di creare un sistema di difesa commerciale robusto ed efficace e di preservare i posti di lavoro e la crescita nell’UE.

2.   Contesto e sintesi del documento della Commissione

2.1.

La proposta della Commissione (1) modifica il regolamento (UE) 2016/1036 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea e il regolamento (UE) 2016/1037 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell’Unione europea Le modifiche sono relative ai calcoli antidumping, nonché al procedimento antisovvenzioni.

2.2.

La nuova proposta della Commissione introduce modifiche al regolamento antidumping di base abolendo, per i paesi membri dell’OMC, la distinzione tra paesi con status di economia di mercato e quelli ad economia non di mercato. La metodologia del «paese di riferimento» può continuare ad applicarsi ai paesi non membri dell’OMC, che siano paesi non ad economia di mercato. La metodologia standard si applicherà a tutti i membri dell’OMC, salvo in caso di distorsioni del mercato significative. Di conseguenza, il nuovo articolo 2, paragrafo 6 bis, consente di costruire il valore normale in base a costi di produzione e di vendita che rispecchino prezzi o valori di riferimento esenti da distorsioni.

2.3.

Anche se la nuova proposta di regolamento è neutra in termini di paese, è strettamente legata alla scadenza della sezione 15, lettera a), punto ii) del protocollo di adesione della Cina all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) dell’11 dicembre 2016. Le conseguenze di questa scadenza sono oggetto di interpretazioni differenti (2).

2.4.

La metodologia standard richiede che il dumping sia calcolato confrontando il prezzo all’esportazione verso l’UE con i prezzi o i costi dei prodotti nel mercato interno del paese esportatore. Tuttavia, per i paesi non ad economia di mercato l’UE utilizza attualmente il cosiddetto «metodo del paese di riferimento», in cui i prezzi interni sono sostituiti dai prezzi e dai costi di un «paese di riferimento» come base per il calcolo.

2.5.

Il regolamento (UE) 2016/1036 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping menziona paesi membri dell’OMC che sono considerati economie non di mercato (3), per cui si dovrebbe seguire la metodologia antidumping non standard.

2.6.

Tuttavia, poiché la scadenza di cui alla sezione 15, lettera a), punto ii) del protocollo di adesione della Cina potrebbe essere interpretata nel senso di un evento che fa scattare l’obbligo per l’UE di concedere alla Cina lo status di economia di mercato, la Commissione europea ha dovuto prevedere diversi scenari che garantissero il mantenimento di solidi strumenti di difesa commerciale, tutelando al contempo l’industria europea da pratiche commerciali sleali e assicurando il rispetto degli obblighi assunti nel quadro dell’OMC.

2.7.

Nel 2016 è stato condotto un ampio dibattito tra le istituzioni dell’UE e le parti interessate. Il CESE ha partecipato a questo dibattito e nel parere sul tema L’impatto sui settori industriali principali (e sull’occupazione e la crescita) dell’eventuale concessione alla Cina dello status di economia di mercato (ai fini degli strumenti di difesa commerciale)  (4) ha insistito sul fatto che l’UE non dovrebbe rinunciare agli strumenti volti a garantire un commercio libero ed equo con la Cina perché si perderebbe altrimenti un numero inaccettabile di posti di lavoro (nell’ordine delle centinaia di migliaia). Il CESE ha insistito sul fatto che le perdite sarebbero concentrate in determinati settori industriali (alluminio, biciclette, ceramica, elettrodi, ferroleghe, vetro, carta, pannelli solari, acciaio e pneumatici) e in specifiche aree geografiche, che subirebbero gravi impatti negativi. Il CESE esorta la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio a promuovere una concorrenza equa a livello mondiale quale via da percorrere per una difesa attiva di questi posti di lavoro e dei valori della società europea, oltre che per far crescere il reddito e la ricchezza nell’Unione europea (5). Il 12 maggio 2016, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sullo status di economia di mercato della Cina.

2.8.

La proposta della Commissione comprende un elenco (non esaustivo) dei criteri che mettono in evidenza distorsioni significative del mercato, che sono principalmente connesse all’intervento dello Stato in quel settore. I servizi della Commissione possono pubblicare relazioni pubbliche che descrivano la situazione specifica relativa alle condizioni di mercato in un determinato paese o settore. Tali relazioni e gli elementi di prova su cui esse si basano sarebbero inoltre inseriti nel dossier di qualsiasi inchiesta relativa a quel paese o settore, in modo che tutte le parti interessate siano poste nelle condizioni di esprimere commenti e osservazioni.

2.9.

Oltre alla nuova metodologia di calcolo del dumping, la proposta della Commissione contiene norme transitorie per le misure di difesa commerciale già esistenti e le inchieste in corso. La proposta della Commissione precisa pertanto che il nuovo sistema si applicherà unicamente ai casi avviati a decorrere dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni. L’introduzione della nuova metodologia non costituisce un motivo sufficiente per il riesame delle misure antidumping attualmente in vigore. Le domande di riesame della metodologia possono essere introdotte solo quando si avvia un riesame in previsione della scadenza di una data misura.

2.10.

La proposta della Commissione include altresì modifiche alle modalità con cui l’UE conduce le inchieste sulle sovvenzioni concesse dai governi dei paesi terzi e chiarisce, in una modifica del regolamento antisovvenzioni di base, che ulteriori sovvenzioni scoperte durante l’inchiesta antisovvenzioni o il suo riesame possono essere prese in considerazione nel calcolo delle misure antisovvenzioni.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE sostiene la politica di commercio aperto ed equo dell’UE. L’UE (agendo a nome degli Stati membri dell’UE, in quanto la politica commerciale comune è di competenza esclusiva dell’Unione) promuove gli scambi commerciali aperti e riconosce il valore del commercio in quanto motore della crescita e dell’occupazione.

3.2.

Il CESE è un sostenitore di strumenti di difesa commerciale efficaci. Nella sua politica commerciale, l’UE richiede che i produttori interni ed esteri competano in un contesto uguale per tutti. Essa, pertanto, è contraria alle pratiche commerciali sleali e applica la propria legislazione attraverso strumenti di difesa commerciale, comprese le misure antidumping e le misure compensative.

3.3.

Il CESE rileva che la maggior parte delle misure antidumping in vigore per le importazioni cinesi è concentrata in determinati settori, fra cui l’industria siderurgica è uno di quelli più interessati. Il settore serve industrie a valle e a monte in ugual misura, con 350 000 posti di lavoro diretti e diversi milioni di posti di lavoro nelle industrie collegate, svolgendo un ruolo essenziale nell’industria manifatturiera europea e nell’economia europea in generale.

3.4.

Il CESE ritiene che, nel complesso, la proposta della Commissione presenti un approccio equilibrato tra la questione dello status di economia di mercato della Cina, da un lato, e l’obiettivo di disporre di un efficace metodo di calcolo del dumping, dall’altro.

3.5.

Il CESE accoglie con favore la modifica del regolamento antisovvenzioni di base che precisa il procedimento di inchiesta antisovvenzioni.

3.6.

Il CESE propone che i considerando dei regolamenti dovrebbero chiarire che la modifica del regolamento antidumping di base non concede alla Cina lo status di economia di mercato.

3.7.

Il CESE ha tuttavia preso atto del fatto che il 13 dicembre 2016 la Cina ha chiesto consultazioni OMC con gli USA e l’UE, in relazione al mancato rispetto da parte di questi dell’accordo antidumping dell’OMC, e che per l’UE tali consultazioni riguardano sia l’attuale regolamento antidumping di base sia la proposta di modifica, che è oggetto del presente parere. Il Comitato rimanda a precedenti contenziosi che illustrano la complessità dei problemi. Di conseguenza, il CESE nutre preoccupazioni sulla certezza del diritto per quanto riguarda la proposta di modifica del regolamento antidumping e invita la Commissione a costituire una solida motivazione in merito alla compatibilità del nuovo sistema con le norme antidumping dell’OMC.

3.8.

Il CESE sottolinea che nessuno dei principali partner commerciali dell’UE ha modificato le proprie metodologie antidumping, neanche in vista della scadenza di cui al paragrafo 15, lettera a), punto ii) del protocollo di adesione della Cina all’OMC. Questa strategia è legata ai procedimenti in corso avviati da parte della Cina, di cui si dovrebbe attendere l’esito.

3.9.

Il CESE raccomanda che vi sia un approccio coordinato a livello internazionale su questo dossier che non si limiti all’UE.

3.10.

Il CESE esorta pertanto la Commissione, il Parlamento e il Consiglio a monitorare da vicino l’evoluzione delle politiche di difesa commerciale dei principali partner commerciali e analizzare il loro impatto sull’equilibrio dei flussi commerciali.

3.11.

Il CESE fa osservare che il Comitato delle regioni ha chiesto l’abolizione della regola del dazio inferiore (6). Nell’aprile 2014, il Parlamento ha raccomandato di limitare la regola del dazio inferiore nel caso di dumping lavorativo e ambientale. Nel suo parere del 2016, anche il CESE auspicava l’abolizione della regola del dazio inferiore per le importazioni di acciaio.

3.12.

A tale proposito il CESE ricorda che l’efficienza dei procedimenti degli strumenti di difesa commerciale è collegata anche alla proposta del 2013 di modernizzazione di tali strumenti. Il CESE osserva che il pacchetto di modernizzazione degli strumenti di difesa commerciale e il nuovo metodo di calcolo del margine di dumping coprono aspetti diversi, indipendenti dal punto di vista tecnico e giuridico, anche se strettamente collegati, della politica antidumping dell’UE e della sua attuazione. Il CESE fa rilevare che utilizzare appieno il margine di dumping contribuirebbe al raggiungimento dell’obiettivo di realizzare condizioni di economia di mercato in tutti i paesi membri dell’OMC e osserva che è estremamente importante che anche il pacchetto di modernizzazione degli strumenti di difesa commerciale sia finalizzato e adottato nei prossimi mesi, al fine di creare un sistema di difesa commerciale robusto ed efficace e di preservare i posti di lavoro e la crescita nell’UE.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE sostiene la proposta della Commissione [articolo 2 (6 bis)] di modifica della metodologia di calcolo in modo che, quando esistono distorsioni significative in alcuni paesi, possa essere utilizzata una metodologia non standard, e ritiene che questa metodologia consentirebbe alla Commissione di definire e misurare l’effettiva entità del dumping.

4.2.

Il CESE nel suo parere del 2016 (7) in merito al mantenimento di posti di lavoro sostenibili e alla crescita nel settore dell’acciaio, aveva già chiesto di non utilizzare la metodologia standard per le inchieste antidumping e antisovvenzioni sulle importazioni cinesi finché il paese non avesse soddisfatto i cinque criteri dell’UE per ottenere lo status di economia di mercato. Ciò è in linea con la risoluzione del Parlamento europeo del maggio 2016.

4.3.

Il CESE concorda con la valutazione della Commissione secondo cui i prezzi e i costi in alcuni paesi sono artificialmente bassi a causa dell’intervento statale, il che significa che non riflettono in modo realistico le forze di mercato. I prezzi e i costi sul mercato interno sono distorti in misura significativa dall’intervento statale. In questi casi, pertanto, i prezzi interni non dovrebbero essere utilizzati per il confronto con i prezzi all’esportazione.

4.4.

Il CESE constata che adesso la soglia che fa scattare il nuovo calcolo è una distorsione significativa del mercato, per la quale nel regolamento è fornito un elenco di esempi non esaustivi. Tuttavia, il CESE osserva altresì che anche la violazione delle norme minime in materia di lavoro e di ambiente può contribuire a distorcere la concorrenza con le imprese dell’UE e dovrebbe essere presa in considerazione, in particolare se forma parte del quadro normativo statale. In aggiunta, dovrebbe essere valutata attentamente la compatibilità del nuovo metodo con le norme dell’OMC.

4.5.

Il CESE si rammarica del fatto che la Cina abbia chiesto un panel formale in seno all’OMC in merito al cosiddetto metodo «del paese di riferimento» utilizzato dall’UE e rileva che l’Unione europea sta attualmente lavorando all’introduzione di una nuova metodologia in linea con tutti gli accordi internazionali. Il CESE è dell’avviso che, se l’OMC con la sua decisione dovesse giungere alla conclusione che la scadenza della sezione 15, lettera a), punto ii) non concede automaticamente alla Cina lo status di economia di mercato e che la Cina è tenuta a rispettare gli altri impegni assunti nel suo protocollo di adesione, l’uso del metodo del «paese di riferimento» dovrebbe essere mantenuto.

4.6.

Il CESE osserva che, secondo la proposta legislativa, la Commissione può preparare e pubblicare relazioni che descrivono le circostanze specifiche del mercato in un dato paese o settore. Tali relazioni e le prove su cui si basano potrebbero diventare parte di un’inchiesta antidumping per quel determinato paese o settore ed essere messe a disposizione del pubblico. L’industria dell’UE potrebbe anche utilizzare le informazioni contenute nelle relazioni al momento di presentare una denuncia o una richiesta di riesame. Tuttavia, il CESE è preoccupato dal fatto che nella proposta della Commissione non vi sia nessuna disposizione volta ad ampliare l’organico effettivo dei servizi che si occupano di strumenti di difesa commerciale. Rileva inoltre che lo status giuridico di tali relazioni non è definito e non è chiaro in che modo esse possano essere utilizzate in caso di una loro impugnazione legale da parte del paese in questione. Non vi è inoltre alcuna indicazione sulla frequenza con cui le relazioni saranno aggiornate e in che modo esse saranno adattate a sfide relative a settori specifici.

4.7.

Il CESE vede inoltre un motivo di preoccupazione nel fatto che tali relazioni non siano obbligatorie (nella proposta si dice che «i servizi della Commissione possono pubblicare una relazione») e chiede anche che l’onere della prova sia più chiaramente definito nella normativa proposta.

4.8.

Il CESE fa notare che il procedimento di denuncia antidumping deve essere efficace, realistico e fattibile. Tuttavia, il CESE non può accettare l’inversione dell’onere della prova. L’onere della prova non dovrebbe incombere alle imprese dell’UE interessate e alla Commissione, nel senso che tocchi a loro dimostrare l’esistenza di pratiche di dumping. Le relative prescrizioni in materia di raccolta dei dati dovrebbero rimanere sostenibili.

4.9.

Il CESE sottolinea che il procedimento di denuncia antidumping deve essere accessibile anche alle piccole e medie imprese e che occorre prestare particolare attenzione a garantire che tali imprese possano sostenere i costi che l’inchiesta e le prescrizioni in materia di raccolta dei dati comportano.

4.10.

Il CESE è del parere che le norme transitorie proposte dalla Commissione siano nell’interesse della chiarezza giuridica e appoggia tali disposizioni.

Bruxelles, 29 marzo 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  COM(2016) 0721 final.

(2)  Secondo le stime della Commissione europea, nel periodo 2012-2016 sono state aperte 73 nuove inchieste antidumping e antisovvenzioni. Di queste il 42 % ha riguardato la Cina, il 10 % l’India, il 5 % la Russia, il 5 % l’Indonesia e il 5 % la Turchia. Nel 2016 le misure provvisorie sono state imposte, per la maggior parte, in primo luogo alla Cina ed alcune di esse sono state dirette alla Russia, alla Bielorussia e alla Corea.

(3)  Regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU L 176 del 30.6.2016, pag. 21).

(4)  GU C 389 del 21.10.2016, pag. 13.

(5)  GU C 389 del 21.10.2016, pag. 13.

(6)  GU C 17 del 18.1.2017, pag. 13.

(7)  GU C 389 del 21.10.2016, pag. 50.


30.6.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 209/71


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1059/2003 per quanto riguarda le tipologie territoriali (Tercet)

[COM(2016) 788 final — 2016/0393 (COD)]

(2017/C 209/13)

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 25.1.2017

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Sezione specializzata unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sessione plenaria

29.3.2017

Sessione plenaria n.

524

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

223/1/4

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente ed essendosi già pronunciato al riguardo nel proprio parere Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS)  (1), adottato l’11 luglio 2001, il Comitato, nel corso della 524a sessione plenaria dei giorni 29 e 30 marzo 2017 (seduta del 29 marzo 2017), ha deciso, con 223 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 29 marzo 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 260 del 17.9.2001, pag. 57.