ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 177

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

59° anno
18 maggio 2016


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

515a sessione plenaria del CESE dei giorni 16 e 17 marzo 2016

2016/C 177/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Migliorare il mercato unico: maggiori opportunità per i cittadini e per le imprese [COM(2015) 550 final]

1

2016/C 177/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al prospetto da pubblicare per l’offerta al pubblico o l’ammissione alla negoziazione di titoli [COM(2015) 583 final]

9

2016/C 177/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea — Una tabella di marcia verso una rappresentanza esterna più coerente della zona euro nei consessi internazionali [COM(2015) 602 final] e alla Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce talune misure volte alla progressiva introduzione di una rappresentanza unificata della zona euro nel Fondo monetario internazionale [COM(2015) 603 final — 2015/0250 (NLE)]

16

2016/C 177/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 al fine di istituire un sistema europeo di assicurazione dei depositi [COM(2015) 586 final — 2015/0270 (COD)]

21

2016/C 177/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea sulle tappe verso il completamento dell’Unione economica e monetaria [COM(2015) 600 final] e alla Decisione (UE) 2015/1937 della Commissione del 21 ottobre 2015 che istituisce un Comitato consultivo indipendente europeo per le finanze pubbliche [C(2015) 8000 final]

28

2016/C 177/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sull’istituzione di comitati nazionali per la competitività nella zona euro [COM(2015) 601 final]

35

2016/C 177/07

Parere del Comitato economico e sociale in merito alla Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro [COM(2015) 692 final]

41

2016/C 177/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Programma di sostegno alle riforme strutturali per il periodo 2017-2020 e modifica i regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 1305/2013 [COM(2015) 701 final — 2015/0263 (COD)]

47

2016/C 177/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Attuazione dell’agenda europea sulla sicurezza: piano d’azione dell’UE contro il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi [COM(2015) 624 final] e alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo [COM(2015) 625 final — 2015/0281 (COD)]

51

2016/C 177/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1406/2002 che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza marittima [COM(2015) 667 final — 2015/0313 (COD)]

57


IT

 


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

515a sessione plenaria del CESE dei giorni 16 e 17 marzo 2016

18.5.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 177/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Migliorare il mercato unico: maggiori opportunità per i cittadini e per le imprese»

[COM(2015) 550 final]

(2016/C 177/01)

Relatore:

Antonello PEZZINI

La Commissione europea, in data 15 luglio 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Migliorare il mercato unico: maggiori opportunità per i cittadini e per le imprese

[COM(2015) 550 final].

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 1o marzo 2016.

Alla sua 515a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 marzo 2016 (seduta del 16 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 170 voti favorevoli, 2 voti contrari e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha ripetutamente affermato che il mercato unico (M.U.) è un elemento centrale dell’integrazione europea, in grado di offrire vantaggi concreti e di generare una crescita sostenibile per le economie europee.

1.1.1.

Il Comitato chiede che nell’implementazione del M.U. venga data importanza ai settori dell’economia verde, incrementando modelli di mercato di produzione e di consumo sostenibili, continuando ad implementare i principi dell’economia circolare e della lotta ai cambiamenti climatici, tramite lo studio di nuovi indicatori.

1.1.2.

Per quanto riguarda il mercato dell’energia, il CESE reputa necessario intensificare gli sforzi e gli investimenti nel settore delle reti del gas e dell’elettricità e introdurre il principio di sussidiarietà negli stoccaggi energetici tra i vari Stati membri.

1.2.

I fondi europei per lo sviluppo regionale e il Fondo sociale europeo dovrebbero porre sempre maggiore attenzione al mercato unico e alla inclusione sociale dei cittadini e dei lavoratori europei.

1.3.

Per quanto riguarda il pacchetto sulla mobilità dei lavoratori, questo dovrebbe essere indirizzato alla rimozione di tutti gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori mantenendo elevati i livelli di security, e a tal fine il CESE auspica un migliore coordinamento tra i sistemi di sicurezza sociale, con l’introduzione di enti previdenziali con funzioni riconosciute a livello europeo, ritiene fondamentale dare piena attuazione al trattato sui diritti dei lavoratori, all’informazione e alla consultazione e auspica un maggiore coinvolgimento dei lavoratori nella governance dell’impresa.

1.4.

Il CESE ritiene che i consumatori debbano essere considerati come protagonisti del M.U e chiede alla Commissione un ruolo più energico nel coordinamento del diritto comunitario nel settore e migliori meccanismi di risoluzione delle controversie. Occorre uno sforzo maggiore per migliorare la sicurezza dei prodotti e aumentare la sorveglianza del mercato, con particolare attenzione alle truffe nel mercato digitale. A tal fine auspica lo sviluppo di un razionale meccanismo di ricorso collettivo per i consumatori, valido anche a livello transnazionale.

1.5.

Il CESE ritiene che i servizi finanziari al dettaglio vadano migliorati in tutti i paesi e auspica l’avvio di sportelli unici e di reti di sportelli nei vari paesi, collegati a un sistema centrale europeo.

1.6.

L’imprenditoria sociale e collaborativa è fondamentale per la coesione sociale, per assicurare ai cittadini europei una crescita economica più efficiente e sostenibile. A tal fine il CESE può contribuire alla riflessione della Commissione e ha già avanzato la proposta di una struttura permanente (1), dove approfondire i relativi aspetti.

1.7.

I servizi e le reti che offrono servizi e informazioni, consulenza giuridica e assistenza alla commercializzazione dovrebbero coprire l’intera gamma dei tipi di impresa (2) prestando particolare attenzione alle micro imprese.

1.7.1.

Tutte le organizzazioni maggiormente rappresentative delle diverse forme di impresa dovrebbero essere associate al dialogo sociale, a livello di impresa, quando la loro rappresentatività è dimostrata.

1.8.

Le imprese europee, le PMI soprattutto e a maggior ragione le micro imprese, hanno necessità di un M.U forte e dinamico, e il CESE concorda sulla necessità di una proposta legislativa in materia di insolvenza delle imprese, in materia di ristrutturazione precoce, e appoggia la proposta di «una seconda opportunità» per gli imprenditori. In questa proposta va data importanza alla tutela dei lavoratori e dei consumatori e alla necessità di garantire loro adeguate tutele.

1.9.

Il CESE reputa che sia necessario accrescere, tra le imprese e le autorità pubbliche, il principio del mutuo riconoscimento di beni non armonizzati.

1.10.

Il CESE sottolinea la necessità di ridurre ed eliminare le barriere amministrative che limitano lo sviluppo delle imprese e che pesano maggiormente su quelle medio piccole e le microimprese. I requisiti addizionali e superflui introdotti dagli Stati membri dovrebbero essere rimossi nel caso in cui siano in contraddizione con una direttiva o in contrasto con i suoi obiettivi e si richiede un maggiore controllo di coerenza da parte della Commissione. Il Comitato rileva che si dovrebbero mantenere le specificità delle professioni liberali, con un rafforzamento della collaborazione on line tra le autorità degli Stati membri.

1.11.

È importante migliorare l’efficacia della direttiva sui servizi e le procedure di notifica della direttiva, impedendo forme di protezionismo e ulteriori ostacoli al libero movimento dei servizi con un approccio settore per settore, per identificare difformità e ostacoli, e va adottato il principio della «tolleranza zero» attraverso procedure di infrazione mirate, nei casi di non conformità, provata, alla direttiva.

1.12.

Il CESE auspica una migliore applicazione della direttiva Distacco Lavoratori (96/71/CE) e l’attuazione della Enforcement Directive del 2014.

1.13.

Appare importante e opportuno insistere sul riconoscimento delle qualifiche professionali e accademiche, sostenendo l’applicazione del riconoscimento reciproco attraverso un processo di armonizzazione che assicuri la parità di accesso.

1.13.1.

In tal senso, acquista importanza la tessera professionale europea estesa a nuove professioni.

1.14.

È altresì fondamentale sostenere la standardizzazione europea, attraverso un sistema bottom-up con un continuo coinvolgimento delle parti sociali, dei consumatori e delle associazioni ambientalistiche.

1.15.

Il Comitato chiede che venga lanciata una campagna di coinvolgimento diretto dei cittadini, specie dei giovani, come patrimonio della cittadinanza europea di ciascuno, con il lancio di una APP per SmartPhone e uno sportello telematico UE interattivi, in ogni lingua, con contributi personali, per gestirne al meglio il suo completo e corretto funzionamento e combattere l’informazione asimmetrica con e per il cittadino. Il CESE chiede altresì la creazione di un Erasmus dell’artigianato e dell’apprendistato nel M.U. , che permetta a giovani artigiani, a neo liberi professionisti e a apprendisti di sperimentare l’unicità del mercato domestico europeo e degli scambi di esperienze e maestrie.

1.16.

Il Comitato ritiene parimenti importate il lancio, all’esterno dell’UE, di una campagna promozionale, con la partecipazione attiva del Servizio europeo per l’azione esterna, per un mercato unico europeo — un’opportunità unica, di oltre 500 milioni di persone, per partnership sicure e solide .

2.   Una tabella di marcia per valorizzare appieno le potenzialità del mercato unico

2.1.

Il mercato unico rappresenta il fulcro dell’integrazione europea su cui si basa la fiducia dei cittadini nel progetto europeo, lo spirito d’iniziativa delle imprese europee, lo sviluppo armonioso e sostenibile delle attività produttive, commerciali e di servizi, la valorizzazione delle risorse umane.

2.2.

Recentemente la Commissione ha lanciato le proposte d’Unione europea dell’energia, la strategia per il mercato unico digitale, un piano d’azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali, l’iniziativa «Commercio per tutti», un ricco pacchetto di misure sull’economia circolare e un pacchetto sulla trasparenza nei sistemi di tassazione.

2.3.

Creato per consentire ad ogni cittadino europeo di profittare pienamente dei vantaggi che derivano dall’opportunità di poter vivere, lavorare, trasferirsi, studiare, produrre, vendere, acquistare in qualunque località dell’Unione europea, senza vincoli di sorta, il mercato unico ha eliminato nel corso dei 23 anni trascorsi dalla sua creazione una molteplicità di ostacoli ed impedimenti al libero esercizio di queste libertà fondamentali.

2.4.

Nonostante i progressi compiuti, la realizzazione piena del mercato unico presenta ancora importanti carenze e lacune che «soffocano l’innovazione e scoraggiano le imprese dallo sviluppare nuovi prodotti e servizi in Europa, dal procedere a nuove assunzioni e dall’espandersi su nuovi mercati» (3).

2.5.

Gli ostacoli alla libera circolazione di persone, beni, servizi e capitali sono barriere che ostacolano la crescita e la creazione di occupazione e danneggiano la competitività delle imprese europee e, sulla base dei risultati positivi degli Atti I e II mercato unico, c’è ora bisogno di un passo radicale per rendere il funzionamento del mercato unico ottimale e liberare il potenziale non sfruttato del mercato unico.

2.6.

Si deve quindi «continuare ad eliminare gli ostacoli e porre rimedio alle barriere intellettuali e ideologiche affinché questa strategia di cooperazione unica nel suo genere possa realizzarsi pienamente arrecando benefici a tutti i cittadini nei 28 Stati membri e nei 3 paesi dello Spazio economico europeo» (4).

2.7.

Nel suo programma 2015-2018 l’OMU ha proposto come priorità «la strategia per il mercato unico digitale ed il mercato dell’energia» e diverse altre forme di cooperazione, come il potenziamento di Solvit (5).

2.8.

La Commissione aveva lanciato le iniziative «Atto per il mercato unico I» nel mese di aprile 2011 e il «Mercato unico II» nel mese di ottobre 2012 — sulle quali il CESE ha avuto modo di pronunciarsi (6) — sulla base delle raccomandazioni formulate nel Rapporto Monti del 2010.

2.9.

Un mercato unico più profondo e più equo è una delle 10 priorità politiche della Commissione: l’eliminazione dei restanti ostacoli regolamentari e non regolamentari nel mercato unico di beni e servizi è stata identificata come una priorità nell’Annual Growth Survey 2015  (7).

2.10.

Dal Rapporto Cecchini del 1988 sul costo della non-Europa si sono susseguiti diversi piani d’azione che hanno dettato priorità per il completamento del mercato unico, e la Commissione ha ripetutamente indicato proposte di orientamenti e misure che però non sono state finora in grado di produrre risultati soddisfacenti. L’invito alla concretezza che la Commissione rivolge con questa nuova tabella di marcia si deve inserire in tale quadro.

3.   Le proposte della tabella di marcia della Commissione

3.1.

Nella tabella di marcia vengono indicati tre obiettivi principali per il completamento del mercato unico:

creare opportunità per i consumatori, i professionisti e le imprese,

incoraggiare e realizzare ammodernamento e innovazione di cui l’Europa ha bisogno,

conseguire risultati pratici a beneficio di consumatori e imprese nella loro vita quotidiana.

3.2.

Gli assi portanti dell’iniziativa si possono così riassumere:

a)

sviluppo equilibrato dell’economia collaborativa;

b)

crescita delle PMI e startup;

c)

realizzazione del mercato senza frontiere dei servizi;

d)

lotta a misure restrittive del commercio al dettaglio;

e)

prevenzione di discriminazioni nei confronti di consumatori e imprenditori;

f)

modernizzazione del sistema di standardizzazione tecnico-normativa;

g)

consolidamento del quadro europeo di proprietà intellettuale;

h)

più forte cultura del rispetto delle regole e controlli applicativi;

i)

mercato degli appalti pubblici trasparente, efficace e responsabile;

j)

rafforzamento del mercato unico di beni e servizi: piena esecuzione della direttiva servizi e sua estensione, mutuo riconoscimento e controlli di conformità sui prodotti illegali.

3.3.

La Commissione intende facilitare tale processo con un intervento attivo sull’attuazione delle varie direttive e regolamenti pertinenti e con una serie di misure basate su opportunità, ammodernamento e risultati concreti, con un calendario preciso e, noi speriamo, vincolante.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il CESE ha più volte ribadito la sua convinzione sulla necessità di misure che consentano al potenziale del mercato unico di dispiegarsi a beneficio delle imprese, dei lavoratori, dei consumatori, dei cittadini e delle altre parti interessate in settori quali: i servizi, l’accesso ai finanziamenti; la semplificazione degli oneri burocratici per le PMI, nel rispetto della tutela dei lavoratori, dei consumatori e dell’ambiente, standard tecnico-normativi aggiornati e potenziati, il commercio online, il mercato unico digitale e la mobilità.

4.1.1.

In proposito, il Comitato ritiene indispensabile l’appropriazione del valore del Mercato unico europeo nel patrimonio europeo di ogni singolo cittadino, specie dei giovani, con il lancio di:

una campagna di coinvolgimento diretto dei cittadini, «Il mercato unico europeo è mio e non tollero disfunzioni» , con il lancio di una APP per SmartPhone e uno Sportello telematico UE interattivi in ogni lingua, per gestirne al meglio il suo completo e corretto funzionamento e combattere l’informazione asimmetrica con e per il cittadino,

la creazione di un Erasmus dell’artigianato e dell’apprendistato nel M.U.E. che permetta a giovani artigiani, a neo liberi professionisti e a apprendisti di sperimentare l’unicità del mercato domestico europeo e degli scambi di esperienze e maestrie,

una campagna per un mercato unico europeo , per moltiplicare la presenza informata, come Europa in quanto tale , sui mercati mondiali, specie asiatici e americani, con la partecipazione attiva del Servizio europeo per l’azione esterna,

una campagna incentrata sulle specificità rispettive dei settori di servizi di natura sensibile in un quadro di coerenza europeo.

4.2.

Secondo il CESE prima di procedere a nuove iniziative legislative dovrebbe essere data priorità a: meccanismi di effettiva messa in vigore delle regole esistenti, tramite l’istituzione di un sistema dinamico di raccolta delle informazioni; una migliore valutazione di impatto, al fine di identificare sia le infrazioni, sia le nuove misure da proporre, per una migliore realizzazione del M.U. In questo contesto occorre considerare in quale misura la deregolamentazione permetta di realizzare gli obiettivi perseguiti (previsione).

4.3.

Per il CESE è importante procedere ad una selezione qualitativa delle regole di protezione dei consumatori assicurando proporzionalità, trasparenza, efficacia ed effettivo valore aggiunto europeo.

4.4.

Il CESE ritiene prioritario asseverare le clausole di reciproco riconoscimento, analizzando i singoli casi, per sostenere e incrementare il libero flusso di beni e di servizi.

4.4.1.

A tal fine è auspicabile la realizzazione di regole, alcune delle quali, in determinati casi, potrebbero essere comprese in un 29o regime, con riferimento alle migliori esperienze raggiunte dai singoli Stati.

4.5.

Il CESE sostiene lo sviluppo di servizi nei settori produttivi con interventi che garantiscano nuovi modelli di business per la fornitura congiunta di beni e servizi. Un migliore recepimento della direttiva sui servizi e una più chiara e condivisa formulazione delle norme di attuazione potrebbero garantire applicazioni compatibili con standard tecnico-normativi di qualità.

4.6.

Il Comitato è lieto che la comunicazione della Commissione dedichi un capitolo all’economia collaborativa. Esso ha già adottato diversi pareri sull’argomento (8). Attualmente sta preparando un parere esplorativo, su richiesta della presidenza neerlandese, e due pareri di iniziativa su temi legati alle nuove tendenze del consumo.

4.6.1.

Il CESE ritiene che l’economia basata sulla collaborazione consenta importanti progressi verso un’economia più etica, basata sui valori europei, e aiuti i consumatori ad adottare modelli etici di consumo.

4.6.2.

L’economia di collaborazione comporta, per certi aspetti, una trasformazione concettuale della cultura del lavoro e ha un forte potenziale nella nuova occupazione. Essa rappresenta anche un’integrazione innovativa sotto il profilo ecologico.

4.6.3.

Il CESE può contribuire alla riflessione della Commissione in materia, e ha già avanzato la proposta di una struttura permanente, dove approfondire la riflessione.

4.7.

Secondo il CESE, occorre sfruttare tutte le potenzialità dell’economia collaborativa, chiarificando meglio al contempo le regole da applicare ai servizi da questa erogati, sulla base di una solida rilevazione di dati su realtà che operano in tutta l’UE. Ogni azione legislativa da intraprendere dovrà prendere in considerazione la necessità di garantire una parità di trattamento di tutti gli attori presenti sul mercato. In tale contesto, devono essere garantite anche le elevate norme europee previste dal diritto del lavoro e quelle in materia di protezione sociale e di tutela dei consumatori.

4.8.

Occorre, per il CESE, affrontare gli ostacoli alla libera circolazione dei servizi concentrandosi su servizi commerciali, edilizia, turismo e vendita al dettaglio nonché servizi alle imprese: gli Stati membri devono sviluppare meglio i servizi informativi sulle norme nazionali che incidono sulla fornitura di servizi transfrontalieri e giustificare tutte le regole o ulteriori requisiti, imposti ai prestatori di servizi senza discriminazioni, notificandoli alla Commissione. Il CESE richiede che la Commissione si adoperi per unificare e migliorare le performance dei «punti di singolo contatto» migliorando le interconnessioni tra gli strumenti esistenti (9).

4.9.

Il CESE ritiene fondamentale aumentare le procedure di infrazione per assicurare una cultura del rispetto delle normative a livello dell’UE e una corretta trasposizione nelle realtà nazionali: gli Stati membri devono abbracciare tale cultura del rispetto anche attraverso una forte vigilanza applicativa centrale; procedure più veloci di infrazione a livello europeo in caso di necessità; ma anche una maggiore cooperazione e partenariato tra la Commissione e le amministrazioni nazionali.

4.10.

Secondo il CESE, le iniziative in tema di PMI, start-up, sostegno all’innovazione ed alle applicazioni digitali dovrebbero trovare maggiore rilievo nella tabella di marcia proposta, in quanto essenziali per la crescita e il rilancio occupazionale dell’Unione. In questo contesto va considerata la possibilità di «una seconda opportunità per gli imprenditori».

4.11.

Il CESE sostiene la Commissione perché ponga la massima attenzione affinché le nuove direttive sugli appalti pubblici (10) vengano recepite nei tempi e nei modi dovuti dagli Stati membri, tenuto conto che rappresentano circa il 20 % del PIL dell’Unione.

4.12.

Le diverse forme di impresa dell’UE dipendono dalla diversificata evoluzione storica del nostro continente. Tra le diverse forme emerge e acquista sempre più importanza l’economia collaborativa, perché è in grado di offrire risposte ai bisogni della società, a prezzi contenuti, e assorbe diverse forme di occupazione e di imprenditorialità.

4.13.

Il Comitato invita la Commissione europea a promuovere, anche attraverso un Piano, l’economia sociale e ad eliminare gli ostacoli specifici che si frappongono all’attività delle imprese sociali, impedendo loro di avvalersi pienamente del potenziale del mercato unico.

4.14.

Sempre più la standardizzazione europea, attraverso l’apporto di tutte le parti sociali e degli stakeholders, deve contribuire a completare e arricchire i processi in atto nelle economie mondiali, sia per apportare il valore aggiunto che ci contraddistingue, come economia sociale di mercato, sia per favorire l’economia europea nei processi di globalizzazione.

4.14.1.

È auspicabile una maggiore presenza e un maggiore peso della cultura della standardizzazione europea nei processi mondiali di normazione.

5.   Osservazioni specifiche

5.1.    Consumatori e cittadini

5.1.1.

I consumatori europei si rendono sempre più conto che i governi degli Stati membri, spesso sollecitati dai forti interessi economici, stanno ergendo sempre più barriere, dirette e indirette, alla libera circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali.

5.1.2.

Le assicurazioni di beni, di servizi e di responsabilità dovrebbero agire liberamente in tutti gli Stati UE.

5.1.3.

Non si è creato un sistema elettronico comune, fra gli Stati, che armonizzi e semplifichi i pedaggi autostradali dei veicoli privati e commerciali.

5.1.4.

Non è stato armonizzato e reso fruibile al cittadino, in ogni Stato, il sistema di revisione degli autoveicoli.

5.1.5.

Le prese elettriche, sempre più utili ai cittadini europei, non sono state ancora standardizzate.

5.1.6.

Anche le taglie degli indumenti e delle calzature sono diverse in troppi Stati.

5.1.7.

Il CESE auspica diffuse azioni di sensibilizzazione, rivolte ai consumatori, sui vantaggi di una forte azione rivolta al potenziamento di standard comuni nel mercato unico.

5.1.8.

Il CESE invita la Commissione a presentare una proposta per armonizzare le informazioni ai cittadini, riguardanti i mobili per l’arredo.

5.2.    Disabili

5.2.1.

La categoria delle persone disabili, di cui fa parte il 15 % della popolazione europea, risente di ulteriori ostacoli che le impedisce di beneficiare delle libertà sancite dal mercato unico. Il CESE accoglie con favore la recente presentazione, da parte della Commissione europea, dell’Atto europeo per l’accessibilità, il cui obiettivo è promuovere l’accessibilità dei beni e dei servizi.

5.3.    Professioni

5.3.1.

Il CESE sostiene la necessità di creare una regolamentazione comune per le libere professioni, valida in tutti i paesi europei e ritiene si debba estendere la tessera professionale europea a tutte le categorie possibili nel rispetto del dettato della direttiva europea sulle qualifiche professionali.

5.4.    Brevetti

5.4.1.

I sistemi di tutela della proprietà intellettuale sono carenti, specie per le PMI, con incertezze sulla coesistenza del brevetto unitario con i brevetti nazionali ed i certificati complementari di protezione nazionali.

5.4.2.

Il CESE concorda sulla necessità di istituire un tribunale unificato, in grado di garantire un’unica giurisdizione dei processi relativi ai brevetti.

5.4.3.

Il CESE appoggia la proposta della Commissione di trasferire il processo di concessione del titolo unitario, per i certificati complementari di protezione, a livello dell’UE.

5.5.    Appalti pubblici

5.5.1.

Per quanto concerne gli appalti pubblici, il CESE auspica l’implementazione di un sistema di raccolta dati e di nuovi strumenti analitici in grado di rilevare problemi e irregolarità.

5.5.2.

Potrebbe risultare molto utile l’istituzione di registri europei degli appalti pubblici, con lo scopo di individuare le anomalie nei processi di appalto.

5.5.3.

Il CESE concorda sull’opportunità di istituire un meccanismo volontario di valutazione ex ante degli aspetti legati all’aggiudicazione degli appalti pubblici relativi a taluni progetti infrastrutturali di grandi dimensioni.

5.6.    Solvit

5.6.1.

Il CESE invita la Commissione a estendere i poteri e l’influenza di Solvit, perché vengano rispettate le disposizioni del mercato unico dagli Stati membri, molto attenti, in questi ultimi tempi, a forti rigurgiti di nazionalismo.

5.6.2.

Il CESE rileva che è ancora debole la cultura verso l’attuazione del mercato unico e sono troppe le azioni nazionali distorsive, per non attuarlo pienamente.

Bruxelles, 16 marzo 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 177 dell’11.6.2014, pag. 1.

(2)  GU C 255 del 22.9.2010, pag. 31.

(3)  COM(2015) 550 final, punto 1.2.

(4)  EESC-2014-04518-00-00 (Contributo dell’OMU al comitato direttivo della strategia Europa 2020).

(5)  EESC-2015-05912-00-00 (Programma di lavoro dell’OMU).

(6)  GU C 67 del 6.3.2014, pag. 53; GU C 76 del 14.3.2013, pag. 24; GU C 24 del 28.1.2012, pag. 99.

(7)  COM(2014) 902 final.

(8)  GU C 177 dell’11.6.2014, pag. 1; GU C 13 del 15.1.2016, pag. 26; GU C 67 del 6.3.2014, pag. 23.

(9)  Solvit, RAPEX, Product Contact Point ecc.

(10)  Direttive 2014/23/EU, 2014/24/EU e 2014/25/EU.


18.5.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 177/9


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al prospetto da pubblicare per l’offerta al pubblico o l’ammissione alla negoziazione di titoli»

[COM(2015) 583 final]

(2016/C 177/02)

Relatrice:

Milena ANGELOVA

Il Consiglio, in data 15 gennaio 2016, e il Parlamento europeo, in data 18 gennaio 2016, hanno deciso, conformemente al disposto dell’articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al prospetto da pubblicare per l’offerta al pubblico o l’ammissione alla negoziazione di titoli»

[COM(2015) 583 final].

La sezione specializzata unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 marzo 2016.

Alla sua 515a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 marzo 2016 (seduta del 16 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 158 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia con decisione l’attuale proposta di regolamento nonché l’approccio che ne è alla base, volto a semplificare e razionalizzare i requisiti per i prospetti da pubblicare per l’offerta al pubblico dei titoli sui mercati regolamentati, rendendoli più efficienti sul piano dei costi e più utili agli investitori in termini di informazioni fornite. Apprezza la maggiore chiarezza giuridica che la scelta di un regolamento piuttosto che di una direttiva apporta in questo caso agli emittenti, agli investitori e a tutte le parti interessate, poiché ciò accrescerà la fiducia degli investitori e promuoverà la realizzazione di un’Unione dei mercati dei capitali.

1.2.

Il CESE si rallegra dell’importanza attribuita alla necessità di riconquistare la fiducia degli investitori, approva le misure specifiche adottate al riguardo e condivide il principio secondo cui rendere il prospetto più facile da leggere e mirato alla situazione specifica dell’emittente presenta il duplice vantaggio di ridurre i costi e aumentare la pertinenza di tale documento per i potenziali investitori. Il CESE considera inoltre la possibilità che tutti i prospetti dell’UE siano accessibili in una banca dati comune, di facile uso e accessibile, come una fonte di notevole impulso allo sviluppo dei mercati dei capitali in Europa, all’aumento della fiducia degli investitori e a una maggiore diversificazione dei prodotti finanziari.

1.3.

La proposta di regolamento è espressamente intesa a ridurre gli oneri amministrativi inerenti alla redazione dei prospetti per tutti gli emittenti, in particolare per le PMI, che sono spesso emittenti di titoli e di emissioni secondarie, e merita quindi il sostegno del CESE. Particolarmente apprezzabili appaiono anche gli sforzi intesi a rendere il prospetto uno strumento di informativa più pertinente per i potenziali investitori e a realizzare una maggiore convergenza tra il prospetto dell’UE e altre norme di informativa dell’UE.

1.4.

Per garantire che la proposta di regolamento consegua i suoi obiettivi dichiarati, è necessario che tutti i soggetti interessati siano strettamente coinvolti nel processo di elaborazione della normativa di secondo livello e che venga condotta un’approfondita valutazione d’impatto qualitativa due anni dopo l’entrata in vigore del regolamento. Il CESE è particolarmente interessato a partecipare attivamente a tali consultazioni.

1.5.

Il CESE esorta la Commissione a chiarire alcuni aspetti ancora oscuri che rischiano di influire sull’impatto del regolamento proposto e ad evitare qualsiasi situazione in cui il margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri possa contribuire alla creazione di oneri superflui e sproporzionati per gli emittenti o compromettere la chiarezza delle informazioni pertinenti per gli investitori. Pertanto, si raccomanda vivamente che l’ESMA (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), nell’esercizio dei suoi poteri relativi all’obiettivo di realizzare una maggiore convergenza tra le pratiche di vigilanza degli Stati membri, tenga conto della posizione non solo delle autorità di regolamentazione locali, ma anche delle parti interessate locali, compresi i partecipanti al mercato.

2.   La proposta della Commissione europea

2.1.

La riforma della legislazione relativa alla pubblicazione di un prospetto per l’offerta pubblica di strumenti finanziari è parte integrante del terzo pilastro del piano di investimenti per l’Europa (1), che punta a migliorare il contesto imprenditoriale ed è un elemento chiave dell’Unione dei mercati dei capitali (2).

2.2.

La proposta di regolamento è il risultato di un impegno a lungo termine da parte della Commissione europea volto a migliorare il quadro giuridico per la divulgazione di informazioni in caso di emissione di titoli. Pertanto, le diverse componenti della proposta dovrebbero essere valutate in maniera retrospettiva, tenendo conto dei progressi già compiuti nelle varie fasi di questo processo.

2.2.1.

La direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3) sostituiva due precedenti direttive, sul prospetto (1980) (4) e sui prospetti (1989) (5), che avevano ricevuto forti critiche dalle parti interessate in quanto consentivano pratiche largamente diverse nell’Unione e si basavano su un sistema di riconoscimento reciproco che lasciava alle autorità dello Stato membro ospitante un notevole margine di discrezionalità. La direttiva sul prospetto introduceva inoltre per la prima volta il principio del «passaporto unico».

2.2.2.

La revisione della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio effettuata nel 2010 metteva in luce che, nonostante i progressi compiuti, essa mancava ancora del necessario grado di chiarezza giuridica, non era sufficientemente efficace ed efficiente e non realizzava l’equilibrio necessario tra efficienza del mercato e tutela degli investitori. La direttiva in questione è stata quindi sostituita dalla direttiva 2010/73/UE (6).

2.2.3.

L’impatto della direttiva 2010/73/UE è stato valutato tre anni dopo la sua entrata in vigore. La valutazione ha chiaramente dimostrato che essa non ha prodotto i risultati attesi (la nota di sintesi del prospetto, ad esempio), che mancava di ambizione (regimi di informativa proporzionati) o, semplicemente, che non conteneva misure in grado di soddisfare tutte le aspettative delle parti interessate.

2.2.4.

La proposta di regolamento contiene molte caratteristiche e misure nuove, e può essere considerata come un importante passo avanti ai fini di una migliore e più efficace regolamentazione delle emissioni per il pubblico e della possibilità effettiva data agli emittenti e agli investitori di svolgere attività all’interno dell’UE.

2.3.

L’obiettivo principale della proposta è quello di rendere più semplice e meno costosa la raccolta di capitali per le società in tutta l’Unione sulla base di una sola approvazione da parte di un’autorità di regolamentazione di un unico Stato membro (di solito, il paese d’origine), garantendo, al tempo stesso, un’informazione sufficiente e veritiera agli investitori.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE sostiene pienamente l’iniziativa della Commissione europea di semplificare la redazione e le procedure necessarie per la pubblicazione dei prospetti per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari in un mercato regolamentato situato o operante all’interno di uno Stato membro, rendendoli così più efficienti in termini di costi e più utili per gli investitori sotto l’aspetto delle informazioni che contengono. Il CESE ha già espresso il proprio sostegno a questi stessi principi nel parere in merito alla direttiva 2003/71/CE (7).

3.2.

Il CESE sottolinea l’importanza di riconquistare la fiducia degli investitori e, a tale riguardo, accoglie con favore la particolare attenzione rivolta a questi ultimi nel progetto di regolamento. Il CESE approva in particolare le misure adottate a tale riguardo e condivide il principio secondo cui rendere il prospetto più facile da leggere e mirato alla situazione specifica dell’emittente presenta il duplice vantaggio di ridurre i costi e aumentare la pertinenza del prospetto per i potenziali investitori. Apprezza inoltre la migliore strutturazione dei fattori di rischio nel prospetto.

3.3.

Inoltre il CESE condivide e approva totalmente l’idea della Commissione secondo la quale occorre intervenire per migliorare la situazione per gli emittenti riducendo gli oneri amministrativi quando i titoli vengono offerti al pubblico, dal momento che le PMI incontrano attualmente notevoli ostacoli sotto questo aspetto per via della grande mole di documenti richiesti e dei costi elevati che questo comporta. Il Comitato ritiene che la riduzione stimata dei tempi e delle spese per gli emittenti di cui nella valutazione d’impatto della proposta di regolamento (circa 175 milioni di EUR l’anno) contribuirà ulteriormente ad aumentare la competitività delle imprese dell’UE.

3.4.

Il CESE ritiene che la possibilità che tutti i prospetti dell’UE siano accessibili in una banca dati comune dovrebbe dare un notevole impulso allo sviluppo dei mercati dei capitali in Europa, aumentare la fiducia degli investitori e consentire una maggiore diversificazione dei prodotti finanziari. Per essere veramente efficace, una tale banca dati deve essere progettata in modo semplice per l’utente, ricorrendo a formati che consentano facilità di accesso e di utilizzo delle informazioni.

3.5.

Il CESE accoglie con favore il requisito di comunicare meno informazioni, ma standardizzate; ciò consentirà di razionalizzare il lavoro delle amministrazioni interessate riducendo in tal modo le loro spese di funzionamento.

3.6.

Il CESE approva la scelta dello strumento legislativo e la decisione di disciplinare questo settore tramite un regolamento e non una direttiva. Un regolamento, infatti, in quanto insieme unico di disposizioni da applicare direttamente da parte di tutti gli Stati membri, elimina la discrezionalità esercitata finora nel recepire la direttiva (8) nelle legislazioni nazionali degli Stati membri. L’adozione di un regolamento garantisce l’unità e l’integrità del mercato interno, riduce le disparità e la frammentazione tra le disposizioni legislative in vigore all’interno dell’UE e favorisce la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali. Un tale approccio, inoltre, faciliterà notevolmente la situazione degli investitori, che non dovranno familiarizzarsi con le varie normative nazionali quando decidono di investire all’estero.

3.7.

Dati gli sviluppi della legislazione dell’UE sui prospetti e la necessità, ormai dimostrata, di migliorarla costantemente, il CESE accoglie con favore il fatto che la Commissione abbia espresso, anche solo in fase di proposta, l’intenzione di valutare l’impatto del regolamento dopo la sua entrata in vigore e, più in particolare, che abbia definito parametri a tale fine. Tuttavia, il Comitato ritiene che un periodo di cinque anni sia troppo lungo per questa importante valutazione e chiede che esso sia considerevolmente ridotto, portandolo a due anni dall’entrata in vigore del regolamento. Ciò consentirà di esaminare più rapidamente gli effetti prodotti dal regolamento proposto e, se necessario, di adottare misure correttive. Il CESE raccomanda di condurre una valutazione qualitativa e approfondita al fine di completare i parametri di valutazione quantitativi previsti, compresa una valutazione qualitativa e approfondita incentrata anche sull’analisi di come — e in quale misura — il capitale raccolto semplificando il prospetto abbia migliorato la competitività delle imprese e quale sia stato il suo contributo alla promozione dei mercati dei capitali negli Stati membri — nonché in che modo questo abbia influito sul clima imprenditoriale generale al loro interno. È fondamentale anche valutare se, nell’attuazione del regolamento, gli Stati membri abbiano fatto ricorso al gold-plating al momento di applicare le sue disposizioni nei settori in cui hanno il potere di adattarle.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

Portare a 500 000 EUR (9) la soglia per le emissioni che richiedono un prospetto è un primo passo nella giusta direzione per semplificare la burocrazia al fine di migliorare l’accesso delle PMI ai finanziamenti. D’altro lato, il diritto degli Stati membri di imporre forme adeguate di informativa per le emissioni con questo tipo di corrispettivi (10) non deve generare ulteriori ostacoli amministrativi e gold-plating  (11), e rappresenta un aspetto che dovrebbe figurare nella valutazione d’impatto da effettuare dopo l’entrata di vigore del regolamento. Il CESE ravvisa alcuni rischi potenziali in questo ambito e invita la Commissione ad esaminare la questione in modo più approfondito nel corso della valutazione d’impatto.

4.2.

Il CESE approva pienamente la particolare attenzione dedicata dalla Commissione alla definizione precisa di PMI e condivide l’idea secondo cui potrebbe essere necessario adeguarla ulteriormente (12). In una serie di recenti pareri (13) il Comitato ha già fatto presente la necessità di fornire una definizione unificata, aggiornata e più precisa.

4.2.1.

Il CESE sostiene la definizione utilizzata nel progetto di regolamento [articolo 2, paragrafo 1, lettera f)], laddove viene introdotto il requisito che almeno due dei tre criteri di cui alla raccomandazione della Commissione 2003/361 (14) debbano essere soddisfatti contemporaneamente. Tale approccio dovrebbe essere adottato in modo più ampio ed essere integrato in tutte le proposte legislative della Commissione, nonché nelle leggi e nelle pratiche amministrative degli Stati membri.

4.2.2.

Il Comitato è inoltre molto favorevole ad innalzare da 100 a 200 milioni la soglia per la definizione di «società con ridotta capitalizzazione di mercato» (15); si ribadisce così la definizione contenuta nella direttiva 2014/65/UE (16) e si elimina la discrepanza tra quest’ultima e la definizione di cui alla direttiva 2003/71/CE (17).

4.3.

La possibilità di pubblicare «prospetti facoltativi» (18) offre un’ulteriore flessibilità per gli emittenti e facilita l’accesso ai mercati dei capitali dell’UE.

4.4.

Le disposizioni che agevolano la rivendita successiva dei titoli, «a cascata» (19), costituiscono un nuovo elemento molto positivo.

4.5.

La descrizione proposta, estremamente dettagliata, della nota di sintesi del prospetto (20) allevia in misura significativa gli oneri per gli emittenti, superando le lacune individuate dalla valutazione della direttiva 2010/73/UE. L’obbligo di includere unicamente informazioni essenziali e materiali semplifica le procedure sia per gli emittenti che per gli investitori, rendendo più facile per questi ultimi esaminare i dati forniti e confrontare i prospetti dei diversi emittenti. Il Comitato invita la Commissione a fare in modo che la responsabilità civile sia applicata in tutti i casi.

4.6.

La prevista possibilità di redigere un prospetto di base al momento dell’emissione di titoli diversi da titoli che rappresentano capitale proprio offre maggiore flessibilità a una categoria supplementare di emittenti.

4.7.

Il documento di registrazione universale è un’opzione (21) da sfruttare pienamente, poiché esso riduce in misura notevole molti degli ostacoli amministrativi per gli emittenti frequenti, facilitando in questo modo il loro accesso al mercato dei capitali.

4.8.

Meritano apprezzamento e sostegno anche i regimi di informativa specifici (22) che, a loro volta, rendono più facile la pubblicazione delle informazioni per le imprese e la loro analisi da parte degli investitori.

4.9.

Il CESE accoglie con grande favore la scelta di incaricare l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) di definire talune norme tecniche di regolamentazione e di attuazione. Tra queste rientrano orientamenti per un trattamento più chiaro dei fattori di rischio e la loro assegnazione alle categorie appropriate, con un particolare accento sui rischi specifici piuttosto che su quelli generici, nonché elenchi per ampliare le informazioni che possono essere incluse nel prospetto mediante riferimento. Queste misure faranno progredire l’integrazione nel settore dei mercati dei capitali.

4.10.

Il CESE suggerisce inoltre di inserire delle proposte volte a una maggiore standardizzazione delle procedure per l’esame e il riesame di un prospetto in caso di sospensione o di annullamento della pubblicazione. In molti casi, infatti, esistono molteplici procedure di invio e rinvio prima della decisione finale dell’organismo di regolamentazione. Ciò comporta inutili ritardi, che possono essere piuttosto onerosi per l’emittente rispetto a una situazione in cui tutte le raccomandazioni formulate dall’autorità di regolamentazione sono presentate in un’unica fase. A parere del Comitato, quindi, per compiere progressi sulla via dell’Unione dei mercati dei capitali, sarebbe utile che l’ESMA elaborasse norme uniformi per gli Stati membri sui tempi e i formati per le istruzioni specifiche destinate agli emittenti potenziali e riguardanti le modalità per affrontare eventuali lacune in un progetto di prospetto. In questo modo la redazione del prospetto sarebbe più semplice per gli emittenti, in particolare le PMI, e verrebbe a crearsi anche un contesto più omogeneo, riducendo i motivi di discrezionalità normativa.

4.11.

Il Comitato appoggia inoltre la prassi di consentire una componente facoltativa del prospetto, nel cui ambito le società potrebbero comunicare agli investitori ulteriori informazioni, corrispondenti ai fatti, di carattere non finanziario su temi quali la protezione dell’ambiente, le pratiche di produzione, la partecipazione a programmi sociali ecc. Tali informazioni rivestono particolare importanza per le grandi imprese pubbliche, che sono il punto di riferimento in materia di responsabilità sociale delle imprese e sono in linea con la richiesta che il prospetto sia corretto, chiaro e completo.

4.12.

Il CESE formula le seguenti raccomandazioni per migliorare gli allegati alla proposta di regolamento:

4.12.1.

Le sezioni che trattano dei rischi dovrebbero essere più specifiche: nel documento di registrazione occorre distinguere tra rischi per l’impresa e rischi per le sue attività (allegato II, punto II, lettera C, pag. 5).

4.12.2.

Per evitare la duplicazione delle informazioni, la nota informativa sui titoli dovrebbe solo coprire i rischi ad essi inerenti (allegato III, punto III, lettera C, pag. 8).

4.12.3.

L’identità degli amministratori, degli alti dirigenti, dei consulenti, dei revisori nonché talune altre informazioni (allegato III, punto I, pag. 8) dovrebbero essere rimosse dalla nota informativa sui titoli, in quanto tali informazioni figurano nel documento di registrazione, a meno che non vi siano azionisti che emettono titoli.

4.12.4.

Lo statuto dell’emittente può essere messo a disposizione come documento separato a cui il prospetto può fare riferimento.

4.12.5.

Il CESE raccomanda di ridurre i tempi per l’approvazione dei prospetti degli emittenti irregolari e di abbreviare il termine per la risposta da parte dell’autorità di regolamentazione quando vengono apportate modifiche, che dovrebbe essere più breve di quello inizialmente proposto. Dovrebbe anche essere possibile presentare soltanto le parti del prospetto che sono state corrette in risposta alle osservazioni e ridurre il numero di copie cartacee introducendo una variante elettronica del prospetto e dei suoi allegati.

4.12.6.

Il CESE invita la Commissione a prevedere un lasso di tempo ragionevole, che permetterà un’attuazione graduale delle nuove disposizioni e consentirà ai mercati e agli emittenti di adeguarsi alle modifiche introdotte.

5.   Questioni in sospeso

5.1.

Alcuni aspetti che possono influenzare l’impatto del regolamento proposto non sono sufficientemente chiariti, e il CESE raccomanda che vengano affrontati in modo più approfondito.

5.1.1.

Per le offerte di titoli viene introdotta una soglia di 500 000 EUR, senza obbligo di redigere un prospetto per emissioni di valore inferiore (23). In quest’ultimo caso, le autorità di regolamentazione nazionali possono, a loro discrezionalità, imporre agli emittenti delle «forme adeguate di informativa». Il CESE raccomanda che il contenuto di queste «forme adeguate» venga stabilito in anticipo per evitare ogni possibile disparità di trattamento di tali emittenti nei diversi Stati membri dell’UE e che esse siano più semplici del prospetto.

5.1.2.

Inoltre, è previsto che le autorità nazionali di regolamentazione possano esentare tutte le emissioni tra 500 000 e 10 000 000 EUR dall’applicazione delle disposizioni sul prospetto armonizzato contenute nel regolamento, a condizione che l’esenzione riguardi soltanto le offerte nazionali per le quali non è richiesta la notifica del passaporto per gli Stati membri ospitanti. A questo proposito, riteniamo che quanto maggiore sia il potere discrezionale dell’autorità nazionale di regolamentazione, tanto più elevato sia il rischio di disparità di trattamento tra le stesse categorie di emittenti da parte delle legislazioni nazionali dei vari Stati membri. Questo contribuisce anche ad evitare eventuali effetti indesiderati di abbassamento del livello di tutela dei consumatori. Nel caso in esame si ritiene che il margine di discrezionalità a livello nazionale dovrebbe essere, in una certa misura, ridotto. Per sviluppare ulteriormente tale idea, il CESE invita la Commissione ad analizzare se la suddetta esenzione di tutte le emissioni tra 500 000 e 10 000 000 EUR non rischi di essere dannosa, in particolare per le PMI, nella prospettiva dell’Unione dei mercati dei capitali. Il Comitato invita la Commissione a ripensare, alla luce delle conclusioni di tale analisi, se l’esenzione debba essere mantenuta o eliminata.

5.1.3.

Gli atti delegati di cui all’articolo 42 della proposta di regolamento dovrebbero essere discussi in modo approfondito con tutte le parti interessate prima della loro adozione definitiva. Il CESE è particolarmente interessato a partecipare attivamente alle consultazioni volte alla definizione della legislazione di secondo livello.

5.1.4.

Allo stesso modo, l’ESMA, nell’esercizio dei propri poteri di garantire la convergenza delle pratiche di vigilanza degli Stati membri, dovrebbe tenere conto della posizione non solo delle autorità di regolamentazione locali, ma anche delle parti interessate locali, compresi i partecipanti al mercato.

5.1.5.

Dato non vi è l’obbligo di redigere un prospetto per le emissioni di importo inferiore a 500 000 EUR, che esulano dal campo di applicazione del regolamento, il CESE raccomanda che la Commissione o l’ESMA forniscano raccomandazioni agli Stati membri su come chiarire lo status delle «PMI emittenti», che non sono autorizzate a negoziare sui mercati regolamentati bensì nei sistemi multilaterali di negoziazione o attraverso le piattaforme di crowdfunding. Tali raccomandazioni dovrebbero riguardare anche la questione di sapere se tali imprese debbano essere considerate come pubbliche o private e quali saranno i meccanismi di vigilanza per esse previsti.

5.1.6.

Il CESE richiama l’attenzione sul testo dell’articolo 25, paragrafo 2, in cui si fa riferimento a «una lingua comunemente utilizzata nel mondo della finanza internazionale», e precisa che dovrebbe trattarsi di una lingua ufficiale dell’UE.

5.1.7.

Sarebbe auspicabile che l’articolo 7 relativo alla sintesi del prospetto contenente informazioni per gli investitori, comprendesse avvertenze specifiche sui rischi collegati agli investimenti.

Bruxelles, 16 marzo 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  СОМ(2014) 903 final.

(2)  СОМ(2015) 468 final. Il piano di azione per l’Unione dei mercati dei capitali presenta un programma globale e ambizioso di misure intese a rafforzare il ruolo svolto dal finanziamento sul mercato all’interno dell’economia europea.

(3)  Direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE (GU L 345 del 31.12.2003, pag. 64).

(4)  Direttiva 80/390/CEE del Consiglio, del 17 marzo 1980, per il coordinamento delle condizioni di redazione, controllo e diffusione del prospetto da pubblicare per l’ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale di una borsa valori (GU L 100 del 17.4.1980, pag. 1).

(5)  Direttiva 89/298/CEE del Consiglio del 17 aprile 1989 per il coordinamento delle condizioni di redazione, controllo e diffusione del prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica di valori mobiliari (GU L 124 del 5.5.1989, pag. 8).

(6)  Direttiva 2010/73/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 2003/71/CE relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e 2004/109/CE sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato (GU L 327 dell’11.12.2010, pag. 1).

(7)  Parere del CESE in merito alla direttiva 2010/73/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 2003/71/CE relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e 2004/109/CE sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato (GU C 347 del 18.12.2010, pag. 79).

(8)  Direttiva 2010/73/UE.

(9)  Articolo 1, paragrafo 3, lettera d), della proposta di regolamento.

(10)  Articolo 3, paragrafo 2, della proposta di regolamento.

(11)  Nella comunicazione Legiferare meglio per ottenere risultati migliori — Agenda dell’UE (COM(2015) 215 final, pag. 7), la Commissione definisce così il gold-plating: «[…] spesso gli Stati membri recepiscono il diritto dell’UE andando oltre quanto strettamente richiesto dall’atto legislativo (“gold-plating”)». Nello stesso paragrafo aggiunge che «ciò può aumentare i vantaggi, ma può anche aggiungere costi inutili, erroneamente attribuiti alla legislazione dell’UE, per le imprese e le autorità pubbliche».

(12)  Articolo 2, paragrafo 1, lettera f), della proposta di regolamento.

(13)  Parere del CESE in merito al Libro verde Costruire un’Unione dei mercati dei capitali, (GU C 383 del 17.11.2015, pag. 64), relazione informativa del CESE sul tema Accesso ai finanziamenti per le PMI, EESC-2014-06006-00-00-ri-tra, parere del CESE sul tema L’impresa familiare in Europa come fattore di rilancio della crescita e fonte di migliori posti di lavoro, (GU C 13 del 15.1.2016, pag. 8). In questi pareri il Comitato ha raccomandato alla Commissione di perfezionare la definizione di PMI, in modo da tener meglio conto della diversità delle imprese in Europa e affrontare la necessità di uniformare le diverse definizioni attualmente contenute nella raccomandazione della Commissione 2003/361/CE (che riprende in larga parte la raccomandazione 96/280/CE della Commissione, la quale risale al 1996, è ampiamente superata e non prende in considerazione l’allargamento dell’UE), nella direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e nella direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese (le differenze nella definizione presentata dalle due direttive sono affrontate nella proposta di regolamento ora all’esame).

(14)  Articolo 2, paragrafo 1, lettera f), della proposta di regolamento. In pratica, la definizione iniziale di PMI contenuta nella raccomandazione 96/280/CE del 1996 impone che due dei tre criteri siano soddisfatti contemporaneamente. Tuttavia, la raccomandazione 2003/361/CE offre un margine di discrezionalità per le autorità competenti: «per motivi legati alla semplificazione amministrativa si deve anche consentire la selezione di un solo criterio, quello degli effettivi, per l’attuazione di determinate politiche» [considerando 7)]; il che conduce all’esclusione di una larga parte di imprese dal campo di applicazione della definizione, imprese che invece sarebbero state considerate PMI se due dei tre criteri fossero stati utilizzati contemporaneamente come da definizione iniziale.

(15)  Articolo 2, paragrafo 1, lettera f), secondo trattino, della proposta di regolamento.

(16)  Articolo 4, paragrafo 1, punto 13), della direttiva 2014/65/UE;

(17)  Articolo 2, paragrafo 1, lettera t) della direttiva 2003/71/CE.

(18)  Articolo 4 della proposta di regolamento.

(19)  Articolo 5 della proposta di regolamento.

(20)  Articolo 7 della proposta di regolamento.

(21)  Articolo 9, in combinazione con gli artt. 10, paragrafo 2, 11, paragrafo 3, 13, paragrafo 2 e 19, paragrafo 5, della proposta di regolamento.

(22)  Articoli 14 e 15 della proposta di regolamento.

(23)  Articolo 1, paragrafo 3, lettera d), della proposta di regolamento.


18.5.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 177/16


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea — Una tabella di marcia verso una rappresentanza esterna più coerente della zona euro nei consessi internazionali»

[COM(2015) 602 final]

e alla

«Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce talune misure volte alla progressiva introduzione di una rappresentanza unificata della zona euro nel Fondo monetario internazionale»

[COM(2015) 603 final — 2015/0250 (NLE)]

(2016/C 177/03)

Relatore:

Petr ZAHRADNÍK

La Commissione europea, in data 11 novembre 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea — Una tabella di marcia verso una rappresentanza esterna più coerente della zona euro nei consessi internazionali»

[COM(2015) 602 final]

e alla

«Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce talune misure volte alla progressiva introduzione di una rappresentanza unificata della zona euro nel Fondo monetario internazionale»

[COM(2015) 603 final — 2015/0250 (NLE)].

La sezione specializzata unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 marzo 2016.

Nella sua 515a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 marzo 2016 (seduta del 17 marzo 2016), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 204 voti favorevoli, 5 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni (proposte)

1.1.

La conclusione generale principale è che la zona euro, per essere più attiva, più efficace e più incisiva nelle istituzioni finanziarie internazionali, deve rafforzare la propria rappresentanza esterna, aumentando così il proprio peso relativo nell’ambito di tali istituzioni e assumendo una posizione più forte sui mercati finanziari internazionali. Il CESE, del resto, aveva espresso il proprio punto di vista al riguardo prima ancora che la Commissione europea pubblicasse i due documenti che formano oggetto del presente parere (1).

1.2.

Il CESE, inoltre, concorda con la logica seguita nei due documenti, secondo la quale, a seguito del notevole rafforzamento della governance interna della zona euro, avvenuto in particolare nel periodo 2009-2014, è oggi opportuno compiere un analogo passo avanti per conferire a tale zona una rappresentanza adeguata nell’economia globale. Ciò in quanto manifestazione del rafforzamento del pilastro politico che assicura un collegamento equilibrato e una coerenza tra la coesione interna e le esigenze esterne del funzionamento della zona euro e che porta anche al ravvicinamento del modello delle politiche economiche dei singoli Stati membri.

1.3.

Il CESE condivide altresì la scelta di concentrare l’attenzione in modo prioritario sul rafforzamento della rappresentanza esterna della zona euro nel Fondo monetario internazionale (FMI), per una serie di ragioni tra le quali, in particolare, il ruolo predominante svolto dall’FMI nella governance economica globale e nella definizione delle politiche economiche, nonché il suo concreto coinvolgimento nei recenti programmi di salvataggio di diversi Stati membri dell’UE.

1.4.

Allo stesso tempo, però, il CESE giudica che questa proposta di rafforzare la rappresentanza esterna dell’UE e/o della zona euro rappresenti il primo passo di un intero processo, dovendo tale proposta essere seguita da uno scenario altrettanto dettagliato per quanto riguarda le relazioni con altre istituzioni pertinenti — ad esempio perché coinvolte nel perseguimento degli obiettivi di un’Unione bancaria o di un’Unione dei mercati dei capitali, quali la Banca dei regolamenti internazionali (BRI) o l’OCSE. Il CESE propone infatti che la Commissione europea, pur tenendo ferma la priorità accordata all’FMI nella propria strategia di rafforzamento della rappresentanza esterna della zona euro, elabori scenari volti a intensificare e rendere più efficaci anche i collegamenti con altri organismi internazionali pertinenti, tenendo conto in particolare dei loro settori di competenza.

1.5.

Il CESE concorda, in linea di principio, sullo scenario e l’obiettivo ultimo della proposta, ossia rafforzare la rappresentanza esterna della zona euro creando una rappresentanza unificata in seno all’FMI entro il 2025, e appoggia l’invito rivolto dalla Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio affinché raggiungano un accordo che consenta a quest’ultimo di adottare una decisione vantaggiosa per tutti in merito alla linea d’azione proposta.

1.6.

In proposito, il CESE raccomanda altresì di definire in modo chiaro ed esplicito le funzioni della rappresentanza esterna della zona euro, da un lato, e di collegarle in modo coordinato con il ruolo dell’UE nel suo insieme, dall’altro (al fine di preservare l’integrità del mercato unico). Il CESE ritiene che la proposta di rappresentanza della zona euro in seno all’FMI si estenda anche a settori che, sia per forma che per contenuto, non riguardano soltanto tale zona ma sono estremamente rilevanti per l’intera UE e tutti gli Stati membri. Al tempo stesso, il CESE raccomanda di tenere conto, nel quadro del processo di rafforzamento della rappresentanza esterna della zona euro, anche della possibilità di un futuro allargamento di quest’ultima. L’esistenza di un tale coordinamento può infatti costituire una ragione e un motivo supplementari per decidere in merito alla preparazione di uno Stato membro ad aderire alla zona euro.

1.7.

Il CESE approva i punti fondamentali dello scenario in tre tappe finalizzato ad ottenere, entro il 2025, un unico seggio in seno all’FMI, e le fasi di transizione previste per conseguire tale obiettivo. Tuttavia, è necessario esercitare un’adeguata pressione politica per garantire l’adempimento, nei tempi previsti, degli impegni e degli obblighi che esso impone agli Stati membri.

1.8.

Inoltre, il CESE appoggia la proposta di definire un sistema che porti alla creazione di un unico rappresentante competente per gli interessi della zona euro, in via prioritaria presso l’FMI, ma anche presso tutte le altre istituzioni finanziarie a Bruxelles, trasformando così il gruppo SCIMF in un vero e proprio sottocomitato del comitato economico e finanziario. Si dovrebbe altresì creare un’entità che rappresenti gli interessi comuni della zona euro a Washington, garantendo anche un coordinamento esplicito ed effettivo con gli Stati membri non appartenenti alla zona euro.

1.9.

Il CESE presume che la procedura proposta porterà a un coordinamento migliore e più approfondito tra gli Stati membri nel campo della politica economica e della sua dimensione esterna, e si aspetta che in questo ambito vi sia un coordinamento appropriato tra le varie istituzioni e organi dell’UE competenti, che garantisca altresì la massima trasparenza.

1.10.

Il CESE è del parere che entrambi i documenti in esame siano in gran parte incentrati sugli aspetti procedurali-organizzativi o normativo-giuridici della questione; e raccomanda di includere un’analisi economica e una breve dichiarazione relativa ai vantaggi e agli effetti previsti dopo l’attuazione.

1.11.

Il CESE condivide e appoggia la prassi proposta di presentare relazioni regolari, a partire dalla primavera 2017, sui progressi compiuti nel rafforzare la rappresentanza esterna della zona euro.

2.   Le proposte della Commissione europea: contenuto e analisi

2.1.

Il presente parere sintetizza le osservazioni formulate su due documenti pubblicati il 21 ottobre 2015 nel quadro del pacchetto di misure «Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa (UEM)». Tali documenti affrontano una delle priorità del pacchetto, ossia la rappresentanza esterna della zona euro. Il pacchetto è concepito come un sistema di misure interconnesse e condizionali, tutte essenziali per conseguire l’obiettivo previsto nel 2025.

2.2.

Tale idea si basa sulle proposte già esistenti per la creazione di un’Unione economica e monetaria autentica e approfondita (novembre 2012), ed è stata ulteriormente sottolineata nella relazione dei cinque Presidenti del giugno 2015.

2.3.

I documenti in esame partono dal presupposto secondo cui il Fondo monetario internazionale (FMI) è l’istituzione più importante nei confronti della quale la rappresentanza esterna della zona euro dovrebbe essere rafforzata.

2.4.

Una zona euro dotata di una rappresentanza unica sarebbe anche in grado di interloquire con una sola voce con l’FMI nei settori in cui le politiche dell’UE sono ampiamente coordinate: la politica economica e di bilancio, la sorveglianza macroeconomica, le politiche del tasso di cambio e la stabilità finanziaria.

2.5.

In risposta a tale situazione, la proposta prevede una rappresentanza esterna della zona euro più coerente ed efficace in seno all’FMI, sulla base di una strategia volta a concordare al più presto uno scenario adeguato e a metterlo in atto gradualmente, attraverso tre tappe di attuazione.

2.6.

Il progetto di rafforzare la rappresentanza esterna della zona euro dovrebbe essere attuato in modo trasparente, e i cittadini interessati andrebbero informati mediante relazioni periodiche sui progressi compiuti.

2.7.

La forma finale che la rappresentanza unificata della zona euro nell’FMI assumerà entro il 2025 viene specificata come segue nelle disposizioni legislative del documento COM(2015) 603 final:

presso il Consiglio dei governatori (Board of Governors): presentazione delle opinioni della zona euro da parte del presidente dell’Eurogruppo;

presso il Comitato monetario e finanziario internazionale (CMFI): rappresentanza della zona euro da parte del presidente dell’Eurogruppo;

presso il Consiglio di amministrazione dell’FMI: rappresentanza diretta della zona euro da parte del direttore esecutivo di un raggruppamento «zona euro», a seguito della creazione di uno o più raggruppamenti composti unicamente da Stati membri di tale zona (elezione del direttore esecutivo su proposta del presidente dell’Eurogruppo; pieno coordinamento delle dichiarazioni orali e scritte).

2.8.

Nel caso di un allargamento della zona euro, verranno apportate le modifiche necessarie in coordinamento con gli Stati non membri di tale zona, e saranno adottate delle misure volte ad adeguare la rappresentanza per tenere conto della nuova situazione.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il primo documento in esame si concentra soprattutto su questioni di carattere procedurale e organizzativo, mentre il secondo ne rielabora le conclusioni sotto forma di proposta legislativa. Entrambi i documenti rappresentano un contributo integrale alla creazione del pilastro politico della zona euro e al conseguimento di un equilibrio tra gli strumenti interni ed esterni di cui essa dispone. La possibilità di esprimersi con un’unica voce nella rappresentanza esterna della zona euro rafforzerà il coordinamento e la coesione di tale zona, e contribuirà anche al ravvicinamento dell’intera gamma delle politiche economiche tra i suoi membri. Per garantire e attuare questa visione, occorre accettare una responsabilità più ampia, nel senso di una più stretta integrazione e di un rafforzamento delle istituzioni.

3.2.

Dal 2009 al 2014 un numero di misure senza precedenti è stato adottato nel settore del coordinamento delle politiche economiche dell’UE (introduzione del processo ciclico del semestre europeo, adeguamento delle regole del Patto di stabilità e crescita, adozione dei pacchetti di misure Six-Pack e Two-Pack, trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria (Fiscal Compact), meccanismo europeo di stabilità (MES), Unione bancaria, Unione dei mercati dei capitali ecc.). La maggior parte di tali misure riguardava i pilastri mancanti nella costruzione della zona euro, oppure il lancio di interventi di salvataggio a breve termine per rispondere alle necessità urgenti nel campo della politica economica e di bilancio. Per la prima volta dopo tanto tempo, il pacchetto di misure pubblicato il 21 ottobre 2015 a seguito della relazione dei cinque Presidenti rappresenta un progetto ambizioso e lungimirante inteso a sviluppare e migliorare il contesto istituzionale, gli strumenti e l’architettura della zona euro, che, con la realizzazione di queste misure, risulterebbe ottimizzata e più strettamente integrata.

3.3.

Le misure adottate nel periodo 2009-2014 erano principalmente volte a rafforzare il funzionamento interno della zona euro, ma non prevedevano azioni corrispondenti per garantirle una rappresentanza esterna adeguata alla sua crescente importanza e agli sviluppi nell’ambito del coordinamento delle politiche economiche. Il ruolo della zona euro nelle istituzioni finanziarie internazionali e, di conseguenza, anche sui mercati finanziari internazionali si è relativamente indebolito oppure non realizza il potenziale di cui dispone. Pertanto, il rafforzamento del funzionamento esterno della zona euro dovrebbe riflettersi anche all’esterno ed essere più coerente e uniforme nel quadro del sistema finanziario globale.

3.4.

La questione della rappresentanza esterna della zona euro dovrebbe essere considerata nel contesto politico più ampio che ha ispirato la relazione dei cinque Presidenti. Implicitamente, si può concludere che:

a)

l’attuale architettura dell’UEM è insufficiente a garantire i vantaggi attesi dalla zona euro;

b)

le misure volte ad affrontare le questioni interne della zona euro non possono essere efficaci senza un’adeguata rappresentanza esterna, considerato il ruolo dell’euro nell’economia globale.

3.5.

Si può ritenere che qualsiasi scenario che non preveda un’adeguata rappresentanza esterna della zona euro impedirebbe di sfruttare il potenziale di tale zona nella definizione di una politica economica e monetaria globale e avrebbe come effetto un calo dell’attrattiva dell’euro come valuta di scambio, investimento e riserva a livello mondiale.

3.6.

La necessità di concentrarsi sull’FMI deriva dalla forte complementarità tra le politiche economiche e i relativi strumenti a livello di UE e di FMI, dopo che, per quanto concerne il livello dell’UE e, in particolare, la zona euro, tali strumenti sono stati considerevolmente rafforzati e coordinati (2). L’FMI è l’istituzione chiave della governance economica globale, e inoltre, in cooperazione con la Commissione europea e la Banca centrale europea, ha svolto un ruolo importante nella definizione e nell’attuazione dei programmi di salvataggio degli Stati membri colpiti dalla crisi economica e del debito sovrano. Si prevede un ulteriore rafforzamento del ruolo dell’FMI, e la necessità che la zona euro cooperi con tale istituzione dovrà ormai essere considerata da un punto di vista molto più ampio e più completo rispetto alla prospettiva isolata dei singoli Stati membri. Al tempo stesso, il CESE fa rilevare che, se la zona euro avesse avuto sin dall’inizio un proprio Fondo monetario europeo, come previsto nelle proposte originarie precedenti la creazione del sistema monetario europeo alla fine degli anni ‘70, durante la crisi tale fondo avrebbe potuto assumere il ruolo che è stato invece svolto dall’FMI.

3.7.

Ad una rappresentanza esterna della zona euro più forte ed efficace si frappone una serie di ostacoli, correttamente individuati e valutati, quali:

la frammentazione tra gli Stati membri (in seno al Consiglio di amministrazione dell’FMI i 19 Stati membri della zona euro sono ripartiti tra sei raggruppamenti e due seggi individuali, il che in molti casi impedisce a tali Stati membri di esprimere posizioni comuni);

la rappresentanza insufficiente della zona euro nel suo complesso (non esiste un rappresentante unico della zona euro, con un mandato chiaro ed ufficiale, in seno al Consiglio di amministrazione dell’FMI, e questo compito viene attualmente svolto dal presidente del gruppo EURIMF), né l’FMI dispone di un interlocutore ottimale per quanto riguarda le questioni comuni alla zona euro (cfr. di nuovo le recenti misure adottate per rafforzare il coordinamento delle politiche economiche); la Banca centrale europea ha lo status di osservatore presso il Consiglio di amministrazione dell’FMI;

l’insufficiente coordinamento a livello della zona euro (mancata applicazione dell’accordo concluso dal Consiglio europeo di Vienna nell’ormai lontano 1998); il coordinamento a livello dell’Unione avviene all’interno del Comitato economico e finanziario (CEF) e del relativo gruppo di lavoro permanente sulle questioni legate all’FMI (SCIMF): in pratica, i singoli Stati membri difendono le rispettive posizioni.

3.8.

Anche alla luce di quanto precede, si può formulare un’osservazione fondamentale sui due documenti in esame, ossia che l’attuazione di entrambi impone una forte esigenza di coordinamento sotto vari aspetti: tra gli strumenti interni ed esterni di cui dispone la zona euro, al fine di ottimizzarne la struttura e il funzionamento, armonizzare le politiche economiche e realizzare la coesione e la convergenza; tra gli Stati della zona euro e gli Stati membri dell’UE che non hanno adottato la moneta comune (mediante la procedura prevista in caso di allargamento della zona euro); tra le diverse forme di rappresentanza esterna della zona euro (per le questioni monetarie, la politica strutturale, il settore bancario e il mercato finanziario, la politica economica). E, per enunciare i principi di tale coordinamento, si può partire dall’idea secondo cui l’euro è l’unità monetaria dell’Unione europea.

3.9.

A titolo di osservazione generale, si può rilevare anche la necessità di riequilibrare il carattere procedurale-amministrativo-legislativo dei documenti in esame integrandoli con una serie di argomenti adeguati fondati su un’analisi economica e di ordine politico.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

Alla luce delle osservazioni generali esposte sopra, si può raccomandare la messa a punto di un semplice schema di massima che illustri la correlazione tra la nuova governance economica dell’UE e le politiche dell’FMI nonché, se del caso, di altre istituzioni — analogamente, ad esempio, al contenuto e al calendario dell’attuazione e realizzazione del semestre europeo, e al fine di chiarire e rendere più accessibile la discussione su questo tema.

4.2.

Si raccomanda altresì di mettere a punto uno scenario relativo al coordinamento interno delle istituzioni e degli altri organi dell’UE interessati, al fine di ottenere sinergie efficaci tra di essi, in particolare nella fase preparatoria e nelle fasi di transizione dell’attuazione di tale progetto nonché nei periodi di allargamento della zona euro, dal punto di vista della flessibilità delle regole e delle procedure. In linea con la comunicazione della Commissione, e onde garantire la massima trasparenza e responsabilità democratica, il Parlamento europeo dovrebbe svolgere, in queste materie, un ruolo coerente con il metodo decisionale comunitario.

4.3.

La proposta di estendere la rappresentanza esterna della zona euro fa parte di un pacchetto che prevede la rielaborazione del semestre europeo, come pure la creazione di comitati nazionali per la competitività e di un Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche. Tali misure in particolare rendono necessaria una rappresentanza dell’UE e della zona euro in altri consessi internazionali pertinenti; e in proposito appare molto utile rafforzare le sinergie con l’OCSE, il G7, il G20, la Banca dei regolamenti internazionali e la Banca mondiale. Si tratta di misure riguardanti l’attuazione e il coordinamento delle politiche macroeconomiche, della riforma della regolamentazione finanziaria e della trasparenza fiscale (da parte dei rappresentanti dell’UE e della zona euro — ossia il presidente del Consiglio europeo, il presidente della Commissione europea, il presidente dell’eurogruppo, i rappresentanti della Commissione europea e della Banca centrale europea, i ministri degli Stati membri rappresentati in sede di G7 e/o G20), delle questioni relative alla creazione di un’Unione bancaria e di un’Unione dei mercati dei capitali, nonché altre tematiche pertinenti. E al riguardo potrebbero esservi anche altre opportunità, ad esempio nel caso della Banca asiatica di investimento per le infrastrutture (AIIB), in cui è rappresentato un numero relativamente elevato di Stati membri.

4.4.

Le conclusioni di cui sopra suggeriscono che una maggiore efficacia della rappresentanza esterna della zona euro costituisca il primo passo indispensabile per rafforzare il peso, l’importanza e il prestigio dell’unità monetaria dell’UE nell’economia globale; un passo che va compiuto nell’ambito del progetto di completamento dell’UEM, e il cui successo dipenderà fortemente dai risultati economici effettivi della zona euro e dalla qualità dell’attuazione di tutte le politiche economiche correlate.

Bruxelles, 17 marzo 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Parere d’iniziativa del CESE sul tema Completare l’UEM: il pilastro politico (GU C 332 dell’8.10.2015, pag. 8).

(2)  Parere d’iniziativa del CESE sul tema Le implicazioni della crisi del debito pubblico per la governance dell’UE, (GU C 51 del 17.2.2011, pag. 15).


18.5.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 177/21


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 al fine di istituire un sistema europeo di assicurazione dei depositi»

[COM(2015) 586 final — 2015/0270 (COD)]

(2016/C 177/04)

Relatore:

Daniel MAREELS

Il Parlamento europeo, in data 18 gennaio 2016, e il Consiglio, in data 20 gennaio 2016, hanno deciso, conformemente al disposto dell’articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 al fine di istituire un sistema europeo di assicurazione dei depositi»

[COM(2015) 586 final — 2015/0270 (COD)].

La sezione specializzata unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 marzo 2016.

Nella sua 515a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 marzo 2016 (seduta del 17 marzo 2016), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 197 voti favorevoli, 2 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Congiuntamente e contestualmente alle sue proposte per un sistema europeo di assicurazione dei depositi (in prosieguo: «EDIS»), la Commissione ha pubblicato la comunicazione intitolata Verso il completamento dell’Unione bancaria  (1). È evidente che i due testi vanno di pari passo e l’introduzione di nuove misure di condivisione dei rischi (la proposta in merito all’EDIS) deve essere «accompagnata» da misure supplementari di riduzione dei rischi nell’ambito dell’Unione bancaria (la comunicazione). Risulta quindi che i due documenti costituiscono due elementi di uno stesso insieme e, pertanto, il Comitato ritiene opportuno pronunciarsi anche sulla comunicazione. Il CESE accoglie con favore sia la proposta di regolamento sia la comunicazione.

1.2.

Dato che è ormai dimostrato che l’EDIS e le annunciate misure di riduzione dei rischi hanno in comune una serie di obiettivi chiave fondamentali relativi al rafforzamento e al completamento dell’Unione bancaria, il CESE ritiene in sintesi e in linea di principio che questi due tipi di misure debbano essere realizzati nello stesso modo e con strumenti e metodi realmente equivalenti. Questi metodi, che dovrebbero fornire garanzie identiche affinché gli obiettivi perseguiti sui due fronti siano effettivamente realizzati, sono ancora più importanti dal momento che i due tipi di misure sono complementari e necessari per poter offrire una soluzione accettabile ed equilibrata per tutti, che sia al tempo stesso definitiva. Di conseguenza e perché si compiano progressi reali, il Comitato ritiene essenziale garantire che l’EDIS e le pertinenti misure di riduzione dei rischi siano trattati e attuati senza indugio, simultaneamente e in modo efficace, secondo un calendario chiaro e concreto. Creare le condizioni giuste per poter compiere dei passi avanti è fondamentale anche per il completamento dell’Unione economica e monetaria (UEM), di cui l’Unione bancaria rappresenta un elemento chiave.

1.3.

L’EDIS è di grande importanza per l’Unione bancaria, di cui costituisce il terzo pilastro. Il CESE ha già dichiarato in passato di essere assolutamente favorevole a proseguire il completamento dell’Unione bancaria e a creare un sistema di assicurazione dei depositi, raccomandando che ciò avvenga in tempi rapidi, al fine di rafforzare la stabilità economica e finanziaria dell’UE.

1.4.

Garantire che i depositi siano stabili, sicuri e ben tutelati è nell’interesse di tutti, e in primo luogo dei risparmiatori e dei depositanti. Il CESE rimane convinto dell’importanza di preservare la fiducia in questi strumenti e di garantirne la migliore protezione. Il momento attuale impone di far crescere la fiducia dei risparmiatori e dei depositanti nelle banche e di permettere loro di godere dei vantaggi dell’integrazione finanziaria e di condizioni di parità tra gli istituti di credito. Inoltre, la stabilità dei depositi rimane essenziale per il finanziamento dell’economia, come anche delle famiglie e delle imprese, in particolare quelle piccole e medie.

1.5.

Il CESE reputa importante che l’EDIS consenta di ridurre ulteriormente i rischi generali legati all’Unione bancaria, aumentare la resilienza delle banche rispetto a potenziali crisi finanziarie e rafforzare la stabilità finanziaria. Un sistema europeo di assicurazione dei depositi può influire favorevolmente sulla situazione dei singoli Stati membri e delle banche, dal momento che può contribuire in modo più efficace ad assorbire gli shock di grande portata a livello locale. Può scoraggiare taluni operatori dallo speculare contro determinati paesi o determinate banche e può abbassare così la probabilità di corsa agli sportelli. Al tempo stesso, può ulteriormente indebolire il legame tra gli istituti bancari e i rispettivi emittenti sovrani nazionali.

1.6.

Per le banche, le annunciate misure volte a ridurre il rischio nell’ambito dell’Unione bancaria sono altrettanto indispensabili. Contribuiscono a consolidare quest’ultima, in quanto consentono di migliorare la parità di condizioni tra le banche e di indebolire i loro legami con i rispettivi emittenti sovrani nazionali, a tutto vantaggio della resistenza e della stabilità del sistema. L’accettazione di meccanismi di condivisione dei rischi richiede l’effettiva attuazione di pari condizioni in termini di regolamentazione e di vigilanza, fatto che, a sua volta, contribuisce alla fiducia reciproca necessaria tra tutte le parti interessate dal progetto di Unione bancaria.

1.7.

Tali misure richiedono un recepimento e un’attuazione completi, da parte di tutti gli Stati membri, del quadro legislativo esistente dell’Unione bancaria [direttiva risanamento e risoluzione degli enti creditizi (BRRD) e direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (DSGD)]. È positivo rilevare che il numero di Stati membri che devono ancora compiere uno sforzo è diminuito dopo la pubblicazione delle proposte relative all’EDIS e della comunicazione. La Commissione sta adottando misure per quanto riguarda i paesi in ritardo di recepimento.

1.8.

È importante ridurre ulteriormente i rischi nel settore bancario e raggiungere la massima armonizzazione in seno all’Unione bancaria negli ambiti in cui sono già state adottate delle misure. A tal fine occorre pervenire prima alla realizzazione di sistemi nazionali di garanzia dei depositi (SGD) ben capitalizzati, stabili ed efficaci, evitando il più possibile i rischi potenziali di azzardo morale, in capo sia alle banche che ai poteri pubblici e ai risparmiatori, anche nel quadro dell’ulteriore attuazione di questo pilastro dell’Unione bancaria. L’effettiva sussistenza di condizioni di azzardo morale potrebbe infatti pregiudicare un funzionamento efficace e sicuro dell’Unione bancaria stessa. Il requisito in base al quale uno Stato membro può ricorrere all’EDIS solo quando tutte le condizioni sono soddisfatte non è superfluo in questo contesto.

1.9.

Il Comitato ritiene che la Commissione dovrebbe procedere ad una valutazione d’impatto approfondita e globale, che potrebbe basarsi su studi analoghi effettuati in precedenza nell’ambito delle direttive sugli SGD, tenuto conto dell’importanza di tale questione per l’Unione bancaria, il completamento dell’UEM e la fiducia dei risparmiatori e dei depositanti. I risultati di questo studio dovrebbero essere pubblicati, anche al fine di rafforzare ulteriormente la legittimità della proposta stessa.

1.10.

Inoltre, le differenze tra un paese e l’altro continuano a essere notevoli e rimangono irrisolte numerose sfide in diversi settori, come risulta peraltro da una serie di recenti relazioni internazionali. È opportuno affrontare queste differenze e raccogliere queste sfide. Senza pretese di esaustività, in questo contesto si tratta in particolare del volume ancora considerevole dei «prestiti in sofferenza» nel settore bancario e della sua distribuzione non uniforme tra le banche e gli Stati membri della zona euro.

1.11.

Il Comitato ritiene che, nel quadro dell’ulteriore riduzione dei rischi, occorra tuttavia prestare sufficiente attenzione ai suoi effetti sulla concessione del credito. In particolare la concessione di prestiti alle PMI, alle piccole e medie industrie, alle startup e ad altre nuove imprese deve essere e rimanere una priorità essenziale per l’UE e gli Stati membri.

1.12.

Inoltre, il Comitato reputa assai importante compiere dei passi avanti anche sul fronte del completamento dell’UEM, la quale essendo fondata, tra l’altro, su un pilastro monetario e un pilastro finanziario richiede l’attuazione di un’Unione bancaria a tutti gli effetti guidata dall’UE. In considerazione delle precedenti affermazioni del Comitato sull’UEM, secondo cui essa era ancora fragile e doveva far fronte a enormi sfide, occorre continuare a rafforzarla, puntando allo sviluppo di tutti i suoi pilastri.

1.13.

A tale riguardo, il Comitato ritiene assolutamente indispensabile creare le condizioni favorevoli e adeguate a rendere possibile la realizzazione di progressi concreti. A giudizio del Comitato, tutto ruota attorno alla «fiducia» e al suo rafforzamento tra gli Stati membri. La fiducia tra gli Stati membri richiede però la parità di condizioni e orientamenti simili, fondati sulla convergenza.

1.14.

Tale convergenza ha subito l’impatto negativo della crisi ed è importante ora riprendere al più presto a compiere passi avanti a livello di Stati membri e nel loro riavvicinamento. Al tempo stesso, occorre inoltre sostenere la ripresa, facilitare la correzione degli squilibri macroeconomici e migliorare la capacità di adattamento.

1.15.

Il CESE condivide il principio secondo cui il nuovo sistema di assicurazione dei depositi deve essere neutrale in termini di costi per il settore bancario, ma allo stesso tempo ritiene che sia preferibile specificare il previsto metodo di calcolo dei contributi basato sul rischio direttamente nella proposta sull’EDIS piuttosto che in un atto delegato. Si tratta infatti di un elemento essenziale del regolamento proposto che merita, per una questione di principio, di essere definito al più alto livello.

2.   Contesto

2.1.

Al momento della creazione dell’Unione bancaria è stato deciso di procedere gradualmente all’introduzione dei suoi elementi portanti.

2.2.

Le prime due fasi sono state completate con l’adozione del meccanismo di vigilanza unico, che assegna alla Banca centrale europea (BCE) la vigilanza (2) sulle banche (3) della zona euro, e con l’attivazione del meccanismo di risoluzione unico, a partire dal 1o gennaio 2016.

2.3.

Quale terzo pilastro dell’Unione bancaria viene ora proposto un sistema europeo di assicurazione dei depositi  (4), basato sulla direttiva sul sistema di garanzia dei depositi (SGD) (5) attualmente in vigore, con la quale sono stati introdotti dei sistemi nazionali di garanzia dei depositi e che prevede il riconoscimento dei sistemi istituzionali di tutela quali SGD. L’introduzione, nel lungo termine, di un sistema europeo di assicurazione dei depositi era stata proposta anche nella «relazione dei cinque presidenti» intitolata Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa  (6).

2.4.

Il nuovo sistema proposto (7) dovrebbe essere realizzato gradualmente e per tappe (8):

2.4.1.

La prima fase si ispira a un approccio riassicurativo, di durata triennale, fino al 2020. In questa fase, un sistema nazionale di garanzia dei depositi potrà accedere ai fondi del sistema EDIS soltanto dopo aver esaurito le sue risorse proprie e a condizione che le norme pertinenti della direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi siano pienamente applicate dallo Stato membro interessato. L’obiettivo è quello di indebolire il legame tra le banche e i rispettivi emittenti sovrani nazionali.

2.4.2.

Successivamente, l’EDIS diventerà un sistema a mutualizzazione progressiva («coassicurazione»). In questa fase, un sistema nazionale non sarà tenuto a esaurire i fondi propri prima di poter accedere, in caso di necessità, ai fondi EDIS. La quota di tali risorse cui un sistema nazionale potrà attingere sarà inizialmente bassa (20 %) per poi aumentare nell’arco di quattro anni fino all’80 %. Questo introduce un maggior grado di condivisione dei rischi tra i sistemi nazionali.

2.4.3.

Nella terza fase, la quota di rischio assunto dall’EDIS salirà gradualmente fino al 100 %. In questo modo, a partire dal 2024, il nuovo sistema andrà a sostituire completamente i sistemi nazionali di garanzia dei depositi diventando l’unico sistema responsabile del pagamento dell’indennizzo ai depositanti.

2.5.

Contestualmente verrà anche creato sin dall’inizio un Fondo europeo di assicurazione dei depositi, finanziato con i contributi delle banche commisurati al grado di rischio. Il sistema è concepito in modo da essere neutrale in termini di costi per il settore bancario, nel senso che i contributi europei saranno detratti dai contributi nazionali ai sistemi di garanzia dei depositi.

2.6.

Il sistema è accompagnato da solide garanzie: saranno assicurati, ad esempio, soltanto i sistemi nazionali di garanzia che soddisferanno le norme UE e che saranno stati creati in conformità a tali norme.

2.7.

In parallelo, in una comunicazione intitolata Verso il completamento dell’Unione bancaria, la Commissione ha annunciato una serie di misure volte a ridurre i rischi all’interno dell’Unione bancaria (9)  (10).

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il Comitato constata che insieme alla proposta sull’EDIS è stata pubblicata una comunicazione sulla riduzione del rischio in seno all’Unione bancaria (11). Secondo la Commissione, queste due pubblicazioni vanno di pari passo, e l’introduzione di un’ulteriore condivisione dei rischi (cfr. la proposta sull’EDIS) deve essere «accompagnata» da misure aggiuntive di riduzione di questi ultimi. Il Comitato considera quindi questi due testi come due elementi di uno stesso insieme. Le osservazioni qui formulate in merito ai nuovi testi vanno pertanto lette in questa luce.

3.2.

Il Comitato si è espresso sin dall’inizio a favore dell’Unione bancaria e delle misure adottate in merito ai suoi due primi pilastri (12), facendo anche presente che è importante procedere senza indugi (13).

3.3.

Allo stesso modo, il Comitato è sempre stato favorevole al completamento dell’Unione bancaria (14) e alla sua rapida integrazione con il terzo pilastro riguardante la protezione dei depositi. In tale contesto ha già avuto occasione di raccomandare il rafforzamento e il miglioramento del sistema comune di protezione dei depositi (15).

3.4.

Il Comitato accoglie con favore le proposte in merito all’EDIS e ne sottoscrive pienamente gli obiettivi di consolidare l’Unione bancaria, di migliorare e uniformare la protezione dei titolari di depositi bancari, di rafforzare la stabilità finanziaria e di limitare ulteriormente il legame tra le banche e i rispettivi emittenti sovrani nazionali.

3.5.

Grazie al principio della condivisione dei rischi, un tale sistema può avere un impatto positivo sulla situazione di determinati Stati membri e di determinate banche, dal momento che può contribuire, meglio dei sistemi nazionali attuali, ad assorbire eventuali shock di grande portata a livello locale. Può scoraggiare taluni operatori dallo speculare contro determinati paesi o determinate banche e abbassare così il rischio complessivo nell’intera Unione bancaria.

3.6.

È indispensabile garantire un adeguato livello di protezione e il massimo grado di tutela dei depositi dei risparmiatori. Da quando è iniziata la crisi sono stati realizzati importanti progressi, e la finalità delle nuove proposte può contribuire ad accrescere ulteriormente la fiducia, in quanto esse possono concorrere a rafforzare l’integrazione finanziaria tra i paesi e a garantire condizioni di parità tra le banche.

3.7.

Depositi bancari stabili rappresentano innanzitutto una fonte sana ed essenziale di finanziamento dell’economia, delle famiglie e delle piccole e medie imprese, (come le PMI, le piccole e medie industrie (16) e le startup), e contribuiscono in tal modo alla necessaria crescita economica. Le PMI (in senso lato) danno un contributo essenziale all’economia europea. Esse rappresentano oggi oltre due terzi del totale dell’occupazione nel settore privato e l’85 % della crescita netta dell’occupazione. Per il CESE è evidente che garantire l’erogazione di crediti alle PMI sostenibili è essenziale per la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro. È quindi opportuno farne una priorità sia a livello europeo che a livello nazionale.

3.8.

Le misure volte a ridurre ulteriormente i rischi rientrano in un approccio simile a quello adottato per l’EDIS. Il Comitato accoglie quindi altrettanto favorevolmente il documento della Commissione, soprattutto perché i due testi hanno in comune una serie di obiettivi fondamentali quali il rafforzamento dell’Unione bancaria e l’indebolimento del legame tra le banche e gli emittenti sovrani nazionali, ma anche perché la realizzazione di tali obiettivi richiede chiaramente una «combinazione di misure».

3.9.

Per quanto riguarda la riduzione dei rischi, la situazione attuale non deve essere ignorata. Occorre prestare un’attenzione particolare all’ulteriore riduzione dei rischi nel settore bancario e a una maggiore armonizzazione in seno all’Unione bancaria negli ambiti in cui sono già state adottate iniziative.

3.10.

È necessario, in primo luogo, che tutti gli Stati membri recepiscano e applichino integralmente il quadro normativo esistente in materia di Unione bancaria. Rispetto al momento della pubblicazione della proposta relativa all’EDIS, quando molti Stati membri non avevano recepito — oppure lo avevano fatto solo parzialmente — le direttive BRRD e/o SGD, la situazione è migliorata. La Commissione sta adottando misure per quanto riguarda i paesi in ritardo di recepimento (17).

3.11.

Le successive fasi di attuazione e applicazione del sistema di garanzia dei depositi e del relativo meccanismo di finanziamento ex ante comportano alcune sfide. Al fine di limitare il rischio di «azzardo morale», il Comitato reputa necessario anche procedere a una maggiore armonizzazione e alla previa realizzazione di sistemi nazionali stabili, ben capitalizzati ed efficaci di garanzia dei depositi. Occorre inoltre prestare attenzione a ridurre tale rischio in ogni fase dell’attuazione dell’EDIS. A questo proposito, non vanno sottovalutati i pericoli che potrebbero derivare da una mutualizzazione troppo rapida e troppo rigida dei rischi. Il requisito in base al quale uno Stato membro può ricorrere all’EDIS solo quando tutte le condizioni sono soddisfatte non è superfluo in questo contesto.

3.12.

Inoltre, continuano a essere notevoli le differenze tra i paesi e rimangono irrisolte numerose sfide in diversi settori, come risulta peraltro da una serie di recenti relazioni internazionali (18)  (19). Questi problemi devono essere affrontati. Si può in particolare pensare al volume ancora considerevole dei «prestiti in sofferenza» nel settore bancario e alla sua distribuzione non uniforme tra le banche e gli Stati membri della zona euro (20). La soluzione efficace di questi problemi, che dovrebbe tener conto di tutti gli altri elementi pertinenti, può essere considerata una condizione per poter avanzare verso la condivisione dei rischi nel quadro della protezione dei depositi. Ciò richiede, tra l’altro, di istituire un meccanismo di sorveglianza omogeneo guidato dall’UE.

3.13.

I risultati dello studio d’impatto approfondito sull’EDIS non sono stati messi a disposizione del pubblico, in violazione delle prescrizioni di trasparenza. Il Comitato ritiene che la Commissione dovrebbe procedere ad una valutazione d’impatto approfondita e globale, che potrebbe basarsi su studi analoghi effettuati in precedenza nell’ambito delle direttive sugli SGD (21), tenuto conto dell’importanza di tale questione per l’Unione bancaria, il completamento dell’UEM e la fiducia dei risparmiatori e dei depositanti. I risultati di questo studio dovrebbero essere pubblicati, anche al fine di rafforzare ulteriormente la legittimità della proposta stessa.

3.14.

Le misure supplementari per la riduzione del rischio annunciate per il futuro devono essere oggetto di un approccio simile a quello seguito per l’EDIS, dato che questi due tipi di misure mirano a rafforzare l’Unione bancaria, e devono essere concretizzate e attuate non appena saranno soddisfatte le condizioni necessarie.

3.15.

Tenendo conto di quanto precede, è evidente che bisognerà sforzarsi di realizzare questi due tipi di misure nello stesso modo. Esse sono infatti complementari e necessarie per pervenire ad una soluzione equilibrata e al tempo stesso definitiva. Di conseguenza, è essenziale fare in modo che l’EDIS e le misure pertinenti di riduzione dei rischi (22) siano trattati e attuati senza indugi, simultaneamente e in modo efficace. Tale impostazione non darà soltanto un contributo fondamentale alla realizzazione dell’Unione bancaria e al completamento dell’UEM (cfr. infra), ma offrirà anche le migliori garanzie di poter compiere dei reali passi avanti.

3.16.

A giudizio del Comitato, questo aspetto è di grande importanza anche nel quadro del completamento dell’UEM, la quale si fonda, tra l’altro, su un pilastro monetario e un pilastro finanziario, con al centro un’Unione bancaria a tutti gli effetti. In considerazione delle precedenti affermazioni del Comitato sull’UEM, secondo cui essa era ancora fragile e doveva far fronte a enormi sfide (23), occorre continuare a rafforzarla, puntando allo sviluppo di tutti i suoi pilastri.

3.17.

Come il Comitato ha già avuto modo di osservare, a causa del persistere dei legami tra gli emittenti sovrani e le banche, gli Stati membri sono ancora riluttanti a creare le condizioni politiche ed economiche necessarie, con il risultato che le decisioni più appropriate ed efficaci vengono rinviate a tempo indeterminato (24).

3.18.

È dunque importante fare in modo che si possano compiere dei passi avanti, e a tale riguardo tutto ruota attorno alla «fiducia» tra gli Stati membri e al suo rafforzamento. La fiducia tra gli Stati membri richiede però la parità di condizioni e orientamenti simili, fondati sulla convergenza.

3.19.

Tale convergenza ha subito l’impatto negativo della crisi ed è importante ora riprendere al più presto a compiere passi avanti a livello di Stati membri e nel loro riavvicinamento. Al tempo stesso, occorre inoltre sostenere la ripresa, facilitare la correzione degli squilibri macroeconomici e migliorare la capacità di adattamento.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

Per quanto riguarda la proposta sull’EDIS, il CESE condivide il principio secondo cui tale sistema deve essere neutrale in termini di costi per il settore bancario. Il contributo del settore bancario è stata fissato precedentemente allo 0,8 % (25)  (26) dei depositi garantiti, a seguito di un approfondito studio d’impatto. È quindi importante non aumentare il contributo totale ai sistemi nazionali ed europei, al fine di rispettare la neutralità dei costi.

4.2.

Inoltre, in questo quadro è importante armonizzare al massimo i contributi nazionali, in modo da creare condizioni di parità di trattamento tra i sistemi nazionali di garanzia dei depositi ed evitare le divergenze tra gli stessi.

4.3.

Tale approccio di parità deve essere prioritario sia nelle relazioni tra i paesi partecipanti all’Unione bancaria sia nei confronti degli Stati membri che non ne fanno parte. Ciò presuppone, tra l’altro, che continuino gli sforzi di armonizzazione delle attuali disposizioni della direttiva SGD, per promuovere una maggiore convergenza tra i sistemi esistenti in tutti gli Stati membri.

4.4.

I sistemi di tutela istituzionali forniscono sostegno finanziario quando i loro membri si trovano in situazioni difficili e contribuiscono quindi a prevenire i fallimenti bancari. L’azione preventiva di questi meccanismi dovrebbe essere pienamente riconosciuta nel nuovo sistema EDIS, altrimenti il concetto stesso che ne è alla base rischia di essere rimesso in questione.

Bruxelles, 17 marzo 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  COM(2015) 587 final.

(2)  Dal novembre 2014.

(3)  Per i grandi istituti (circa 130), tale vigilanza sarà svolta direttamente dalla BCE, mentre per gli altri (oltre 6 000), saranno chiamate a intervenire in prima linea le autorità nazionali di vigilanza.

(4)  Noto anche come «sistema EDIS» (dall’inglese European Deposit Insurance Scheme).

(5)  La direttiva prevede la protezione dei depositi dei risparmiatori europei fino a un importo di 100 000 EUR.

(6)  Cfr. Completing Europe’s Economic and Monetary Union, Report by Jean-Claude Juncker in close cooperation with Donald Tusk, Jeroen Dijsselbloem, Mario Draghi and Martin Schulz, Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa, relazione di Jean-Claude Juncker elaborata in stretta collaborazione con Donald Tusk, Jeroen Dijsselbloem, Mario Draghi e Martin Schulz, http://ec.europa.eu/priorities/sites/beta-political/files/5-presidents-report_it.pdf, in particolare pag. 11.

(7)  Cfr. la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 al fine di istituire un sistema europeo di assicurazione dei depositi, COM(2015) 586 final — 2015/0270 (COD), pubblicata il 24 novembre 2015.

(8)  L’architettura del sistema EDIS ricalcherebbe quella della struttura tipo dell’Unione bancaria: un codice unico europeo, rappresentato dall’attuale direttiva sul sistema di garanzia dei depositi, applicabile a tutti i 28 Stati membri, completato dal sistema EDIS, obbligatorio per gli Stati membri della zona euro e aperto agli altri Stati membri dell’UE che intendono aderire all’Unione bancaria.

(9)  Le misure annunciate sono in particolare le seguenti:

ridurre le opzioni e le discrezionalità nazionali nell’applicazione delle norme prudenziali in maniera tale che il meccanismo di vigilanza unico possa operare nel modo più efficace possibile;

armonizzare i sistemi nazionali di garanzia dei depositi;

adottare disposizioni legislative volte ad attuare gli elementi rimanenti, riguardanti le banche, del nuovo quadro normativo concordato a livello internazionale, in particolare al fine di limitare la leva finanziaria delle banche, garantire la stabilità dei finanziamenti bancari e migliorare la comparabilità degli attivi ponderati per il rischio, nonché per far sì che le raccomandazioni del Consiglio per la stabilità finanziaria relative alla capacità delle banche di assorbire completamente le perdite siano attuate entro il 2019, in modo tale che per le banche in difficoltà siano disponibili risorse sufficienti senza dover ricorrere al denaro dei contribuenti;

applicare le norme vigenti in modo che l’impiego dei finanziamenti pubblici per mantenere la solvibilità e la resilienza del settore bancario sia ridotto al minimo;

rafforzare la convergenza per quanto riguarda la normativa sull’insolvenza, come indicato nel piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali;

adottare iniziative in materia di trattamento prudenziale dell’esposizione delle banche al rischio sovrano, quali la riduzione dell’esposizione delle banche a uno specifico emittente sovrano per garantire una diversificazione del rischio.

(10)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso il completamento dell’unione bancaria COM(2015) 587 final del 24.11.2015.

(11)  Cfr. sopra il punto 2.7.

(12)  Ossia il meccanismo di vigilanza unico e il meccanismo di risoluzione unico.

(13)  Cfr. tra l’altro il parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 1093/2010 che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea) per quanto riguarda l’interazione di detto regolamento con il regolamento (UE) n. …/… che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, COM(2012) 512 final — 2012/0244 (COD), e alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Una tabella di marcia verso l’Unione bancaria (GU C 11 del 15.1.2013, pag. 34), punto 1.12.

(14)  Cfr., tra gli altri, i pareri del CESE sul tema Completare l’Unione economica e monetaria — Le proposte del Comitato economico e sociale europeo per la prossima legislatura europea, (GU C 451 del 16.12.2014, pag. 10), e Completare l’UEM: il pilastro politico, (GU C 332 dell’8.10.2015, pag. 8).

(15)  Cfr. pareri menzionati alle note 13 e 14.

(16)  Conosciute con la sigla PMI in francese e SMI in inglese.

(17)  In merito alla direttiva sugli SGD, cfr. il comunicato stampa della Commissione europea del 10 dicembre 2015«Servizi finanziari: la Commissione chiede a 10 Stati membri di applicare le norme UE sui sistemi di garanzia dei depositi» (http://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-6253_it.htm);

Sulla BRRD, cfr. il comunicato stampa del 22 ottobre 2015 intitolato «La Commissione ricorre contro sei Stati membri dinanzi alla Corte di giustizia europea per mancato recepimento delle norme dell’UE in materia di risanamento e risoluzione delle banche» (http://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-5827_fr.htm)

(18)  Cfr., tra gli altri, la relazione dell’Autorità bancaria europea (EBA) intitolata EBA — 2015 EU-wide transparency exercise — aggregate report [Esercizio di trasparenza a livello europeo 2015], https://www.eba.europa.eu/documents/10180/1280458/2015+EU-wide+Transparency+Exercise+Report+FINAL.pdf (del novembre 2015), e il numero 2015/5 dell’Economic Bulletin (Bollettino economico) della BCE https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/ecbu/eb201505.en.pdf

(19)  Cfr. relazione dell’EBA, in particolare la sintesi (executive summary), pagg. 6 e 7, in cui si afferma che anche la qualità degli attivi e i livelli di redditività sono migliorati; il loro livello di partenza era però basso e essi rimangono fonte di preoccupazione. Le esposizioni non performanti, pubblicate per la prima volta secondo la definizione armonizzata dell’EBA, sono prossime al 6 % del totale dei prestiti e degli anticipi in tutta l’UE (e al 10 % se si considerano soltanto le società non finanziarie), anche se con notevoli variazioni tra un paese l’altro e tra una banca e l’altra. Nel corso del 2015 la redditività è migliorata, ma rimane debole in termini storici e rispetto al costo stimato del capitale proprio delle banche. Al giugno 2015 il rendimento aggregato del capitale di vigilanza detenuto dalle banche dell’UE era pari al 9,1 %.

Infine, in termini di esposizioni sovrane, i dati pubblicati oggi mostrano che la preferenza a investire in debito sovrano interno è ancora rilevante anche se in graduale diminuzione, dal momento che nel giugno 2015 le banche hanno registrato una crescita dei loro investimenti in debito sovrano estero.

(20)  Relazione sulla stabilità finanziaria, pubblicata dall’EBA nel novembre 2015, cfr. https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/other/financialstabilityreview201511.en.pdf?24cc5509b94b997f161b841fa57d5eca, pag. 74 e segg.

(21)  Secondo le dichiarazioni dei rappresentanti della Commissione, le proposte attuali si basano sullo studio d’impatto eseguito in occasione della modifica della direttiva SGD. Cfr. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:52010SC0834, in particolare i paragrafi 7.8 e 7.11 (documento non disponibile in italiano).

(22)  Per quanto riguarda tali misure di riduzione del rischio, si tratterà di dare attuazione in via prioritaria alle misure più pertinenti nella prospettiva qui descritta.

(23)  Cfr. pareri menzionati alla nota 14.

(24)  Cfr. il primo parere menzionato alla nota 14, punto 4.1.2.

(25)  Nel quadro della direttiva SGD.

(26)  Ovvero allo 0,5 %, se sussistono certe condizioni.


18.5.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 177/28


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea sulle tappe verso il completamento dell’Unione economica e monetaria»

[COM(2015) 600 final]

e alla

«Decisione (UE) 2015/1937 della Commissione del 21 ottobre 2015 che istituisce un Comitato consultivo indipendente europeo per le finanze pubbliche»

[C(2015) 8000 final]

(2016/C 177/05)

Relatore:

Carmelo CEDRONE

La Commissione europea, in data 11 novembre 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea sulle tappe verso il completamento dell’Unione economica e monetaria»

[COM(2015) 600 final]

e alla

«Decisione (UE) 2015/1937 della Commissione del 21 ottobre 2015 che istituisce un Comitato consultivo indipendente europeo per le finanze pubbliche»

[C(2015) 8000 final].

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 marzo 2016.

Alla sua 515a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 marzo 2016 (seduta del 17 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 195 voti favorevoli, 4 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e proposte

1.1.

Il CESE ritiene che la comunicazione della Commissione su «Le tappe verso il completamento dell’UEM» possa rappresentare una grande opportunità per iniziare un confronto sia a livello politico che a livello di società civile per fare un’«operazione verità» sull’insieme delle tematiche riguardanti l’Eurozona, senza dimenticare quanto avvenuto, sin dai tempi di Maastricht e con la crisi finanziaria ed economica che ha travolto, in particolare, l’Eurozona, per arrivare a formulare proposte risolutive che vadano al di là degli attuali contenuti della comunicazione. Di seguito i punti principali.

1.2.

Semestre: sarebbe più utile formulare una proposta per il semestre dentro un accordo complessivo sulla governance economica, superando quanto fatto finora, a partire dalla modifica della macrocondizionalità e dal rafforzamento del ruolo della Conferenza interparlamentare, secondo quanto auspicato già dal CESE.

1.3.

Governo economico: una governance economica complessiva dell’Eurozona (macro, micro, monetaria ecc.) deve andare ben al di là di quanto proposto dalla Commissione. Occorre una inversione radicale degli attuali paradigmi economici, in particolare, i comitati nazionali per la competitività dovrebbero tener conto anche delle politiche di coesione, delle conseguenze sociali e dell’occupazione derivanti anche dagli squilibri e dalle divergenze tra paesi cresciute con la crisi (1). La CE e i comitati dovrebbero tener conto anche dei nuovi fattori e dei nuovi parametri su cui è basata e si baserà la competitività e la concorrenza tra i blocchi economici mondiali. Il Comitato consultivo per le finanze pubbliche dovrebbe seguire una procedura più trasparente e democratica sia per la nomina dei suoi membri che per l’utilizzo delle sue indicazioni, che rischiano di rimanere fuori da qualunque controllo democratico.

1.4.

Rappresentanza esterna Eurozona: giusta e necessaria la proposta, ma, oltre ai tempi troppo lunghi, si pone il problema del controllo democratico di questa funzione e delle modifiche normative necessarie per riconoscere il ruolo dell’UEM sulle materie inerenti l’Eurozona (2).

1.5.

L’Unione finanziaria: positiva la proposta, anche se ha perso slancio politico e temporale. È la scelta più importante, a condizione però che venga realizzata in tempi rapidi e che, attraverso i meccanismi previsti — di risoluzione unico e di garanzia dei depositi (3) — e l’Unione dei mercati dei capitali (4), si dia piena attuazione a sistemi europei di regole comuni in tempi ravvicinati. A questo proposito sarebbe di grande aiuto una proposta della Commissione, già formulata dal CESE sulla questione (5) del debito pubblico e privato per ridurre i rischi e la speculazione sul sistema finanziario dell’Eurozona.

1.6.

Legittimità democratica: rappresenta il punto più debole della comunicazione, almeno finché questa resta allo stato attuale, in attesa della Fase 2. Se ne parla in modo molto superficiale ed approssimativo quando invece è il cuore di tutto e l’essenza del dibattito e delle preoccupazioni dell’opinione pubblica europea, specialmente negli ultimi mesi: è da qui che passa il futuro dell’Eurozona e dell’UE. La questione del controllo democratico non viene sollevata seriamente in nessuna delle proposte operative avanzate dalla Commissione, come detto in precedenza.

1.6.1.

Su questo tema un contributo potrebbe venire dal Dialogo sociale tripartito, a condizione che venga costruito in modo strutturato e resa obbligatoria l’attuazione degli accordi raggiunti tra le parti.

1.7.

Fase 2 — Completare l’UEM: una fase prioritaria e basilare per rendere credibili il resto delle proposte già avanzate. Purtroppo questa fase è basata principalmente sulla presentazione di «un libro bianco» alla fine del 2017. Affidare tutto ad un libro bianco, attraverso consultazioni e «dialoghi coi cittadini», senza spiegare come realizzarli e senza attivare nemmeno il CESE, ci sembra molto poco per il tema più importante e centrale della comunicazione, quello della democrazia e della costruzione del pilastro politico dell’Eurozona, pur in «attesa» della Fase 2.

1.8.

Il CESE ritiene, inoltre, che anche la tabella di marcia indicata dalla Commissione sia inadeguata rispetto all’importanza dei temi da affrontare ed all’urgenza con cui andrebbero risolti (un rinvio continuo ed un’attesa senza tempo). Pertanto, anche sulla base della propria Tabella di marcia, elaborata da tempo, il CESE si impegna a presentare un proprio piano sulla Fase 2, possibilmente insieme alla Commissione, per discutere tali temi nei paesi UE, a partire da quelli dell’Eurozona.

1.9.

Le proposte: il CESE, con alcuni pareri elaborati sin dall’inizio della crisi, ha formulato proposte sui vari aspetti della crisi finanziaria e sui limiti delle politiche economiche che l’UE ha messo in atto. Il CESE, anche attraverso alcuni pareri di iniziativa, ha elaborato proposte specifiche, ad esempio sulla governance economica, finanziaria e monetaria dell’UEM, e sulla governance politica dell’Eurozona, anticipando di molto la stessa Commissione. Perciò, per quanto riguarda le proposte quadro sulle materie oggetto della presente comunicazione, rimanda ai pareri già elaborati (6) ed a quelli in via di elaborazione sulle proposte specifiche della Commissione (7).

2.   Contesto

2.1.

Questo parere vuole rappresentare una visione d’insieme sulla comunicazione della Commissione sull’Eurozona. Gli aspetti specifici vengono affrontati da altri pareri del CESE.

2.2.

La comunicazione della Commissione scaturisce dalla necessità di dare attuazione al secondo rapporto dei 5 Presidenti sull’UEM, dato che il primo era stato completamente ignorato dalla Commissione Barroso. I due rapporti avevano lo scopo di porre rimedio ai limiti dell’UEM che la crisi finanziaria ed economica, com’è noto, aveva evidenziato e portato sotto gli occhi di tutti gli europei e non solo. Limiti che hanno facilitato e indirizzato la speculazione sull’euro, per cui sono stati e sono la causa principale della crisi, e del suo perdurare, nell’Eurozona.

2.3.

Era la stessa ragione che aveva spinto il CESE, prima della Commissione e degli altri organismi comunitari, a formulare precise proposte in merito, che solo da poco hanno trovato udienza, la giusta considerazione ed il giusto riconoscimento (8). A questo proposito, il Comitato accoglie con favore e sottolinea l’apprezzamento espresso dalla Commissione in una relazione di follow-up su alcuni recenti pareri del CESE, in particolare il fatto che la Commissione ringrazia il Comitato economico e sociale europeo per il suo parere approfondito e completo sul pilastro politico dell’Unione economica e monetaria, il quale non si limita ad analizzare la situazione attuale e le carenze dell’UEM, ma presenta anche proposte molto interessanti per completarla.

2.4.

Il secondo rapporto dei 5 presidenti, e di conseguenza la comunicazione della Commissione, che dovrebbe attuarlo, è più debole e meno coraggioso del primo, già insufficiente, forse a causa della diminuzione della tensione sulla crisi dell’Eurozona o per le difficoltà degli Stati a condividere la sovranità, e questo non è un bene.

2.5.

Inoltre, la questione degli immigrati, dei rifugiati e della sicurezza, a seguito degli attentati terroristici di matrice islamica, hanno gettato nel panico i cittadini e la classe politica europea; hanno accentuato le divisioni tra gli Stati, il ritorno ai nazionalismi; stanno causando la chiusura dei confini ecc. Così l’urgenza del piano per completare l’UEM è passata in secondo ordine, o è stata messa nel cassetto; è scomparsa dal dibattito politico e dei «media», forse con buona pace di tanti politici, non solo degli avversari dell’UE, per lo «scampato pericolo».

2.6.

Tutto ciò invece, secondo il CESE, rende più evidente la necessità di agire, di riprendere l’iniziativa, resa ancora più urgente, per migliorare l’Europa, recuperando i principi ed i valori ispiratori (pace, prosperità, coesione sociale) presenti nel trattato. Tutto ciò nell’interesse comune e di ognuno, perché i paesi europei ed i loro cittadini devono tornare al senso di responsabilità comune, recuperare una fiducia reciproca e non possono permettersi di dividersi nuovamente, come è sempre stato nel passato. Sarebbe una china pericolosa.

3.   Osservazioni generali

3.1.

La comunicazione, purtroppo, si muove in una logica dell’esistente, sia nel linguaggio che nelle proposte; potrebbe rimanere, com’è successo tante volte nel passato, solo una dichiarazione di buone intenzioni e trasformarsi così in un «boomerang». La gran parte del contenuto si muove nella logica delle politiche attuate dopo la crisi, di cui si chiede il consolidamento, pur sapendo che alcune di queste sono state la causa dell’aggravamento della situazione economica e sociale di molti paesi dell’UEM. Vengono ignorate le ragioni del fallimento di tutti i tentativi fatti finora per realizzare una reale UEM (dal rapporto Werner del 1970 fino al rapporto dei 4 Presidenti del 2012). Tentativi basati, come questo, su un gradualismo burocratico.

3.2.    I punti di forza

3.2.1.

È positivo, comunque, il fatto che la Commissione, nonostante la debolezza del rapporto dei 5 Presidenti, per giunta privo di una vera e propria tabella di marcia, abbia deciso di uscire allo scoperto, cominciandone l’attuazione, in un quadro che vede molti Stati membri praticamente contrari. Un atteggiamento grave e pericoloso, per cui il CESE rivolge un appello agli Stati membri, a partire da quelli dell’Eurozona, affinché cambino atteggiamento e sostengano l’iniziativa della Commissione, migliorando i punti di debolezza indicati nel presente parere, secondo le proposte contenute negli altri suoi pareri.

3.2.2.

Positiva anche l’attenzione data nel documento della Commissione all’Unione finanziaria, nelle sue diverse articolazioni. È questa, certamente, la scelta più importante, unitamente al completamento dell’Unione bancaria, scaturita dalla crisi, a condizione però che venga realizzata in tempi rapidi e che, attraverso i meccanismi previsti — di risoluzione unico e di garanzia dei depositi — e l’Unione dei mercati dei capitali, si dia piena attuazione a sistemi europei di regole comuni che riducano i rischi per i risparmiatori/correntisti e per i contribuenti di finanziare i debiti del settore bancario e per gli investitori e le imprese di continuare ad operare in mercati finanziari poco trasparenti e poco diversificati nelle fonti di finanziamento. In tale ottica sarebbe stato opportuno prevedere, come sostenuto dal CESE, la separazione tra le banche commerciali e le banche di investimento (prevedendo nel frattempo una bad bank per le situazioni pregresse).

3.2.3.

Importante, ma limitata, la proposta di dare vita «alla rappresentanza esterna unificata» dell’UEM, anche se ne rinvia l’attuazione nel lungo periodo, entro il 2025 (9), mentre nell’immediato è auspicato solo un rafforzamento delle modalità di coordinamento, introdotte già a partire dal 2007, tra i rappresentanti della zona euro ed il Fondo monetario internazionale.

3.3.    I punti critici (di debolezza)

3.3.1.

Permanenza della stessa logica perseguita durante tutto lo svolgimento della crisi, tant’è che leggendo il testo sembra di averlo letto già tante volte. Infatti sugli stessi contenuti il CESE si è già pronunciato in diverse occasioni, facendo proposte diverse da quelle della Commissione e degli Stati membri. Invece si continua a perseverare e a far credere, ad esempio, che: a) il problema della permanenza nell’UEM sia solo una questione di rispetto delle regole di «contabilità»; b) la governance economica si risolva solo con un «coordinamento»; c) la sostenibilità macroeconomica e finanziaria dell’Eurozona sia solo un problema di trasparenza; d) la gravissima questione della disoccupazione possa essere affrontata con proposte solo «formali» come si fa da anni. Il CESE ritiene che su questi temi, come su altri, la Commissione debba esercitare a pieno e con più convinzione il suo potere di iniziativa.

3.3.2.

Lo stesso vale per quanto riguarda le gravi conseguenze sociali provocate dalla disoccupazione in molti paesi dell’Eurozona; un tema che dovrebbe essere prioritario per l’UEM, come la competitività e la governance economica e politica. Infatti non si fanno proposte concrete, non viene proposto nessuno strumento di solidarietà e non si capisce che cosa si voglia intendere per «pilastro europeo» dei diritti sociali (forse quelli già esistenti nei singoli paesi?).

3.3.3.

Per il semestre si prosegue sulla base di quanto deciso finora senza apportare modiche significative, anche nel metodo, come il CESE aveva auspicato, a cominciare dalla modifica della macro condizionalità e dal rafforzamento della Conferenza interparlamentare, per cui gli stessi bilanci degli Stati rischiano così di rimanere al di fuori di qualunque controllo democratico.

3.3.4.

Viene evocato «un bilancio» dell’UEM quando si parla della sua stabilizzazione; in realtà si tratta della somma e/o dei bilanci dei singoli Stati, che nulla ha a che vedere con un vero e proprio bilancio dell’Eurozona, né si fa alcun riferimento al debito sovrano esistente o ad un eventuale debito sovrano comune, se necessario, o ad una tassazione europea per affrontare le spese per l’immigrazione, i rifugiati, la sicurezza. Comunque la mancanza di proposte per la legittimità democratica rappresenta il vero «vulnus» di tutta la comunicazione proposta (punto 6) (10).

3.3.5.

Vengono largamente ignorati i «corpi intermedi» della società come punti di riferimento per la fase di consultazione, a partire da quelli rappresentati nel CESE, per non parlare della «politica», praticamente assente o appena evocata, come fosse un aspetto residuale.

3.3.6.

Il CESE valuta positivamente il coinvolgimento delle parti sociali sulle altre politiche evocato dalla Commissione. Ritiene però necessario un salto di qualità politico e procedurale, per passare da una partecipazione «formale» ad una sostanziale nel dialogo sociale tripartito che va, pertanto, regolamentato, al fine di dare efficacia agli accordi raggiunti. Ciò, inoltre, favorirebbe la fiducia reciproca ed aumenterebbe la responsabilità di ognuno.

3.3.7.

La preparazione della Fase 2 (Completare l’UEM), una fase prioritaria e basilare per rendere credibili il resto delle proposte, è basata tutta sulla presentazione di «un libro bianco», previe consultazioni e «dialoghi coi cittadini», senza spiegare come realizzarli, escludendo anche le parti rappresentate nel CESE. Una condizione insufficiente. Andrebbero coinvolti, ad esempio, anche i parlamenti nazionali, insieme a quello europeo.

3.4.    I rischi

3.4.1.

Le intenzioni della Commissione sono senz’altro buone, ma l’approccio è poco credibile, anche se ancora mancano le proposte per la Fase 2. La comunicazione non rappresenta una svolta vera, alla luce del trattato attuale, per recuperare, almeno in parte, il «deficit» di Maastricht. Manca un «progetto» d’insieme, che dia il segno del cambiamento ed un’idea di futuro per l’Eurozona e per i cittadini dell’UE.

3.4.2.

È negativo continuare sulla scia di quanto fatto finora sia per le politiche economiche che sociali; non si può considerare solo il mercato del lavoro ed i salari come l’unica variabile di sistema, tralasciando o sottovalutando la questione della domanda interna, degli squilibri macro e micro economici, degli squilibri sociali e delle partite correnti.

3.4.3.

Il rinvio ad una fase successiva dell’agenda politica, invece di cominciare da questa, o, quanto meno, agendo in parallelo, viste le emergenze, vecchie e nuove, in atto, dimostra, da parte degli Stati membri, un eccesso di timori e convenienze politiche che portano ad affossare l’Europa, invece di migliorarla, offrendo una speranza per il futuro.

3.4.4.

È sintomatico il modo superficiale con cui si parla della legittimità democratica del semestre, di altre politiche dell’UEM o degli strumenti proposti. Sono solo parole timide, vista la posizione dei vari paesi; un semplice surrogato della democrazia. Rappresenta forse il punto più debole di tutta la proposta, almeno finché questa resta allo stato attuale, in attesa della Fase 2 che va costruita con iniziative di sollecitazione e di accompagnamento da parte della società civile e politica.

3.4.5.

È quanto meno superficiale ed illusorio pensare di risolvere il problema della democrazia dell’Eurozona con il «dialogo coi cittadini» senza specificarne le modalità attuative, le procedure di coinvolgimento e gli strumenti da attivare, sia a livello europeo che nazionale. Occorre invece trovare un modo più concreto per sensibilizzare l’interesse e la partecipazione della popolazione europea ai temi del completamento dell’euro, attraverso delle grandi assemblee pubbliche in tutte le città o attraverso la votazione di proposte, anche alternative, nei parlamenti nazionali.

3.5.    Le opportunità

3.5.1.

Approfittare dell’uscita di questa comunicazione, cogliere l’occasione per fare un’«operazione verità» verso i cittadini europei, sia su quanto è rimasto inattuato del trattato attuale e il suo potenziale, sia su quanto avvenuto sin dalla nascita dell’euro. Valutare cosa è avvenuto con la crisi, gli errori commessi sia a livello di UE che da parte degli Stati membri, che si dovrebbero attivare maggiormente con politiche che tengano conto del valore delle persone; considerare le opportunità mancate e i reali rischi che i cittadini europei, non una fantomatica «Europa», corrono se si continua con la prassi attuale da parte di alcuni paesi.

3.5.2.

Questa «operazione verità» è resa più urgente e può essere facilitata dalla necessità di dare una risposta adeguata all’aggravarsi di altri due fenomeni che stanno mettendo a repentaglio la sicurezza di tutti i cittadini europei, cioè l’emergenza immigrati-rifugiati e la minaccia del terrorismo islamico e il problema della sicurezza.

3.5.3.

Approfittare per iniziare una riflessione, non formale e retorica, sui valori comuni (civili, etici, religiosi) che sono alla base della nostra identità e che abbiamo timore a manifestare e a difendere: la vera base per la rinascita dell’Eurozona, e/o dei paesi che lo vogliono. Una esperienza unica di integrazione aperta non solo ai 19 paesi membri, ma a tutti gli altri paesi dell’UE, compresi i nuovi, che desiderano far parte di un nucleo politico, destinato man mano a crescere, come è avvenuto con la prima Comunità economica europea (1957), composta dai sei paesi fondatori, dei veri e propri temerari all’epoca, senza i quali, oggi, non staremmo a parlare di Europa e non ci sarebbero nemmeno i 28!

3.5.4.

Molto utile, a questo fine, può essere il coinvolgimento dei corpi intermedi della società, in particolare le parti sociali e civili, favorendo un forte rilancio del Dialogo sociale e civile, a livello europeo e dei singoli paesi. Potrebbero essere questi i terminali che, con l’aiuto del CESE e della Commissione, aprono un confronto informativo e di discussione sui rischi e pericoli di quando sta avvenendo, sulle opportunità offerte dal cambiamento reale di alcune politiche UE e sulla necessità dello stare insieme, migliorando le fondamenta della casa comune, costruendo il tetto mancante, non demolendo quello che abbiamo già costruito finora.

4.   Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche (decisione della Commissione)

4.1.

Relativamente all’istituzione di tale Comitato (11), con il compito di fornire una valutazione dell’attuazione del quadro di bilancio dell’UE, specie per quanto riguarda la coerenza orizzontale delle decisioni in materia di sorveglianza di bilancio, la decisione della Commissione non fornisce elementi utili a spiegarne le ragioni; l’istituzione del Comitato europeo rappresenta una duplicazione di funzioni e responsabilità che vengono già svolte dalla stessa Commissione nell’ambito delle nuove attribuzioni previste dalla governance europea.

4.2.

Non è chiaro, infatti, quale sarebbe il «valore aggiunto» di questo organismo, composto da 5 esperti esterni, a cui verrebbe domandato di svolgere una più attenta attività di analisi delle politiche di bilancio sia a livello nazionale che a livello euro. Si ha l’impressione che si tratti di un ennesimo Comitato europeo di sorveglianza che fornisce consulenze sui bilanci di entrambe le istituzioni, quelle dell’UE e quelle dei paesi dell’euro, senza effettivi poteri di intervento nei casi di inosservanza o inadeguatezza delle politiche di bilancio e a livello nazionale e a livello della zona euro.

4.3.

Il CESE è sorpreso delle modalità di nomina dei componenti del Comitato consultivo. Basti ricordare che, su un totale di 5 membri, tre sono indicati dal presidente designato, senza alcun coinvolgimento del Parlamento europeo, come questo fa giustamente rilevare nella sua risoluzione (12). Perciò non sembra un Comitato per sostenere la Commissione nelle sue scelte, quanto piuttosto una sorta di «commissariamento» da parte del Consiglio, di una funzione oggi delegata alla stessa Commissione. Ciò potrebbe portare ad un aggravio della situazione attuale, già oggi basata su equilibri molto precari.

4.4.

Nella comunicazione della Commissione si fa, inoltre, riferimento ad un possibile collegamento tra il Comitato consultivo europeo sulle politiche di bilancio e i Consigli nazionali per le finanze pubbliche, senza che vengano esplicitati gli obiettivi che si intendono perseguire, definiti i rispettivi ambiti di intervento e delineate le responsabilità e le aree di collaborazione tra le due istituzioni.

Bruxelles, 17 marzo 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Parere del CESE Comitati nazionali per la competitività, cfr. pag. 35 della GU.

(2)  Parere del CESE Rappresentanza esterna della zona euro, cfr. pag. 16 della GU.

(3)  Parere del CESE Sistema europeo di assicurazione dei depositi, cfr. pag. 21 della GU.

(4)  Parere del CESE Libro verde — Costruire un’Unione dei mercati dei capitali (GU C 383 del 17.11.2015, pag. 64) e parere del CESE Piano di azione per l’Unione dei mercati dei capitali (GU C 133 del 14.4.2016, pag. 17).

(5)  Parere del CESE Crescita e debito pubblico nell’UE: due proposte innovative (GU C 143 del 22.5.2012, pag. 10).

(6)  Parere del CESE Completare l’Unione economica e monetaria — La prossima legislatura europea, GU C 451 del 16.12.2014, pag. 10; parere del CESE Completare l’UEM: il pilastro politico (GU C 332 dell’8.10.2015, pag. 8); parere del CESE Un’UEM democratica e sociale grazie al metodo comunitario (GU C 13 del 15.1.2016, pag. 33).

(7)  Parere del CESE Rappresentanza esterna della zona euro; parere del CESE Sistema europeo di assicurazione dei depositi; parere del CESE Comitati nazionali per la competitività e parere del CESE Politica economica della zona euro (2016), cfr. pag. 16 della GU.

(8)  Parere del CESE Dopo 10 anni, dove va l’euro? (GU C 271 del 19.9.2013, pag. 8); parere del CESE Completare l’Unione economica e monetaria — La prossima legislatura europea, (GU C 451 del 16.12.2014, pag. 10); parere del CESE Completare l’UEM: il pilastro politico, (GU C 332 dell’8.10.2015, pag. 8).

(9)  COM(2015) 603 — 2015/0250 (NLE).

(10)  Parere del CESE Un’UEM democratica e sociale grazie al metodo comunitario, (GU C 13 del 15.1.2016, pag. 33).

(11)  C(2015) 8000 final.

(12)  Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sul completamento dell’Unione economica e monetaria dell’Europa [2015/2936(RSP)].


18.5.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 177/35


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sull’istituzione di comitati nazionali per la competitività nella zona euro»

[COM(2015) 601 final]

(2016/C 177/06)

Relatore:

Thomas DELAPINA

Correlatore:

David CROUGHAN

La Commissione europea, in data 11 novembre 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sull’istituzione di comitati nazionali per la competitività nella zona euro

[COM(2015) 601 final].

La sezione specializzata unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 marzo 2016.

Alla sua 515a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 marzo 2016 (seduta del 17 marzo 2016), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 200 voti favorevoli, 3 voti contrari e 11 astensioni:

1.   Sintesi e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esamina in che misura i comitati nazionali per la competitività nella zona euro possano contribuire al necessario miglioramento della governance della politica economica riducendo le divergenze tra i membri dell’Unione economica e monetaria (UEM) e impedendo l’insorgere di divergenze in futuro, rappresentando fedelmente la politica economica e sociale e rafforzando la dimensione europea grazie al fatto che questi organismi sono collegati tra loro in una rete della zona euro.

1.2.

La competitività non è un traguardo in sé, ma rappresenta un obiettivo ragionevole solo se accresce concretamente il benessere dei cittadini. Il CESE non ritiene possibile continuare ad applicare la politica attuale. Una strategia di rafforzamento della competitività dei paesi dell’UEM incentrata unilateralmente sulla riduzione dei costi e l’incremento delle esportazioni di fatto ha semmai aggravato gli effetti della crisi, perché è basata su una definizione troppo restrittiva del concetto di competitività.

1.3.

Il Comitato raccomanda pertanto di utilizzare in futuro una definizione aggiornata di competitività («competitività 2.0»), tenendo conto anche delle idee avanzate nel progetto WWWforEurope finanziato dalla Commissione europea. Una tale definizione riveduta è compatibile con le finalità della strategia Europa 2020, che comprende una serie di obiettivi «oltre il PIL». Nel progetto citato la competitività è definita come «la capacità di un paese (regione, territorio) di realizzare gli obiettivi “oltre il PIL” per i propri cittadini». In questo approccio, la definizione di competitività si basa su tre pilastri: il reddito, i fattori sociali e la sostenibilità. Sulla scorta di queste considerazioni, il CESE raccomanda vivamente di utilizzare, nelle future discussioni sull’argomento, non più la dicitura di «comitati per la competitività» bensì quella di «comitati per la competitività, la coesione sociale e la sostenibilità».

1.4.

Il CESE chiede inoltre alla Commissione di chiarire una serie di punti, in modo da consentire una valutazione delle attività di questi comitati per la competitività, la coesione sociale e la sostenibilità. Non sono ancora state date delle risposte neppure in merito ad un certo numero di aspetti tecnici, ad esempio quelli riguardanti la nomina dei membri dei comitati, le disposizioni in materia di assunzione di responsabilità, e altri ancora.

1.4.1.

Il CESE condivide l’approccio della Commissione, secondo cui gli Stati membri possono istituire i comitati nazionali creando ex novo degli appositi organismi oppure adattando il mandato di organismi esistenti, a condizione che questi siano indipendenti e non si prefiggano di interferire con il processo di determinazione dei salari o con il ruolo delle parti sociali né di armonizzare i sistemi nazionali di determinazione salariale. Tenuto conto del fatto che occorre evitare la duplicazione di attività in corso e di organismi già operativi, il CESE chiede alla Commissione di realizzare una mappatura completa (lavori svolti dall’FMI, dall’OCSE, da comitati già esistenti o da organismi, nazionali e di altro tipo, potenzialmente utili ecc.). Un riesame esaustivo di questo tipo è importante poiché sarebbe utile al processo decisionale, rendendo possibile stimare il valore aggiunto dei comitati di cui si propone la creazione, svolgere un’analisi costi-benefici e valutare la necessità di istituire nuovi organismi.

1.4.2.

Il CESE invita la Commissione a presentare proposte concrete su come si possano salvaguardare i seguenti requisiti indispensabili:

rendicontabilità, legittimità e trasparenza, mediante una piena integrazione delle istituzioni dotate di legittimità democratica come i parlamenti, le parti sociali e le altre organizzazioni rappresentative della società civile,

rappresentanza di competenze specifiche equilibrate e imparziali che rispecchino la diversità di opinioni esistente,

carattere non vincolante delle proposte formulate dai comitati nazionali, soprattutto preservando integralmente l’autonomia delle parti sociali,

al momento di valutare la competitività alla luce della nuova definizione di questo concetto, presa in considerazione della duplice funzione dei salari, che sono al contempo un fattore di costo per le imprese e il principale fattore determinante della domanda interna.

1.5.

Prima ancora che la Commissione pubblicasse il suo recente pacchetto di misure, il CESE aveva già presentato una serie di proposte circostanziate sull’approfondimento dell’UEM, proposte che dovrebbero essere attuate.

Non servono strategie nazionali in concorrenza tra loro, bensì una strategia europea comune. È quindi di fondamentale importanza ampliare il dialogo macroeconomico e introdurlo per la zona euro: questo è l’ambito in cui dovrebbe essere realizzato il coordinamento delle politiche economiche e dei tre principali fattori di politica macroeconomica.

A livello nazionale, occorre rafforzare il ruolo delle parti sociali e definire o consolidare dei meccanismi di dialogo macroeconomico.

Sia i parlamenti nazionali che il Parlamento europeo devono avere un ruolo maggiore al fine di garantire la rendicontabilità democratica e le loro prerogative non devono essere intaccate a vantaggio di comitati tecnocratici di esperti.

Il CESE insiste sull’importanza di dare pari rilievo agli obiettivi economici e a quelli sociali, come pure di effettuare una valutazione d’impatto sociale per tutte le misure adottate nel quadro del semestre europeo.

La promozione degli investimenti pubblici e privati ha un ruolo essenziale per la riduzione degli squilibri, un obiettivo, questo, che richiede una politica di bilancio maggiormente orientata a favore della crescita e dell’occupazione di qualità.

Quest’ultimo punto riguarda, da un lato, le entrate, poiché richiede sistemi fiscali adeguatamente concepiti per garantire una base finanziaria sufficiente, ma riguarda anche la spesa, un fronte dove, a giudizio del CESE, sono ugualmente necessarie misure più favorevoli alla crescita. In particolare, una «regola d’oro» (golden rule) di più ampia portata per il finanziamento degli investimenti pubblici sembrerebbe coerente con le misure in vigore che consentono di ripartire su più generazioni i costi del finanziamento di investimenti futuri.

2.   Raccomandazione della Commissione

2.1.

Nella sua comunicazione sulle Tappe verso il completamento dell’Unione economica e monetaria, la Commissione propone di consolidare ulteriormente la zona euro entro l’inizio del 2017 (fase 1 — «approfondire facendo», iniziata il 15 luglio 2015); successivamente dovrebbero essere intraprese riforme più radicali, in base a parametri volti a rilanciare la convergenza verso l’alto delle economie della zona euro, in modo da passare a una visione a medio-lungo termine per le nuove prospettive di crescita (fase 2 — «completare l’UEM»). Uno degli elementi chiave della fase 1 consiste in un pacchetto perfezionato di strumenti di governance economica, compresa la proposta del Consiglio che raccomanda l’istituzione di comitati nazionali per la competitività negli Stati membri della zona euro (incoraggiando inoltre altri Stati membri a istituire organismi simili).

2.2.

L’auspicio della Commissione è che la mobilitazione di competenze specifiche nazionali indipendenti incoraggi gli Stati membri ad assumersi la responsabilità per le misure e le riforme necessarie a livello nazionale. L’obiettivo è quello di istituire comitati nazionali per la competitività incaricati di monitorare risultati e politiche nell’ambito di una concezione più ampia della competitività, contribuendo in tal modo a promuovere una convergenza economica duratura e a rafforzare la titolarità delle riforme necessarie a livello nazionale. Gli Stati membri sono invitati ad attuare i principi di cui alla raccomandazione in esame e dopo 12 mesi la Commissione è invitata a preparare una relazione sui progressi compiuti in materia di attuazione e sull’idoneità della raccomandazione, esprimendosi anche in relazione alla necessità o meno di adottare disposizioni vincolanti.

2.3.

I comitati nazionali dovranno monitorare l’andamento della competitività in ciascuno degli Stati membri interessati, tenendo conto soprattutto dei fattori che possono incidere a breve termine sui prezzi e sulla qualità di beni e servizi rispetto ai concorrenti a livello mondiale. Dovranno rientrare nella sfera di competenza di tali comitati «le dinamiche salariali, così come le componenti non salariali, i fattori trainanti della produttività e le considerazioni dinamiche legate agli investimenti, all’innovazione e all’attrattiva dell’economia per le imprese». I comitati analizzeranno e valuteranno le misure pertinenti e formuleranno raccomandazioni politiche, tenendo conto delle specificità nazionali e delle prassi consolidate. I comitati forniranno inoltre le informazioni pertinenti a sostegno dei processi di determinazione salariale a livello nazionale. In conformità dell’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non sarà toccato il diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi.

2.4.

I comitati saranno indipendenti sul piano strutturale e funzionale nei confronti delle autorità degli Stati membri. Questi organismi dovrebbero consultare le pertinenti parti interessate (ad esempio soggetti o gruppi di soggetti a livello nazionale, comprese le parti sociali, che partecipano regolarmente al dialogo economico e sociale dello Stato membro interessato), ma non dovrebbero trasmettere soltanto, o principalmente, i punti di vista e gli interessi di uno specifico gruppo di parti interessate.

2.5.

I comitati nazionali per la competitività dovrebbero redigere relazioni annuali. Per far sì che i lavori dei comitati tengano conto sia degli obiettivi della zona euro che di quelli dell’Unione in generale, la Commissione intende coordinarne l’attività, con consultazioni che, nell’elaborazione delle relazioni annuali e nel corso di missioni di accertamento negli Stati membri, impegneranno entrambe le parti. Tali relazioni confluiranno anche nelle analisi della Commissione effettuate nell’ambito del semestre europeo e della procedura per gli squilibri macroeconomici.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE condivide la convinzione della Commissione europea che l’UEM debba essere migliorata e approfondita, e in molti dei suoi pareri ha sottolineato tale convinzione e presentato proposte specifiche in merito. Il Comitato inoltre si compiace dei passi avanti fatti dalla Commissione di cui condivide l’idea che un più stretto coordinamento delle politiche economiche nazionali sia assolutamente necessario per eliminare gli squilibri esistenti e renda meno probabile il verificarsi di ulteriori squilibri in futuro. Una buona parte del valore aggiunto di questi nuovi comitati nazionali per la competitività potrebbe derivare dal loro collegamento a una rete di altri organismi analoghi della zona euro, il che andrebbe a rafforzare la dimensione europea del dibattito strategico tra gli Stati membri e la Commissione.

3.2.

Tuttavia, questo problema non è adeguatamente affrontato dalle attuali politiche: sono necessari strumenti più efficaci per la gestione degli squilibri macroeconomici. Il CESE accoglie pertanto con grande favore il fatto che la Commissione finalmente riconosca che si dovrebbe prestare maggiore attenzione ai risultati raggiunti dagli Stati membri rispetto agli obiettivi occupazionali e sociali e che si dovrebbe rafforzare la «titolarità» degli sforzi di riforma. È altresì giusto che la Commissione chieda un maggiore coinvolgimento delle parti sociali nell’elaborazione dei programmi nazionali di riforma, nonché l’inclusione delle parti sociali nazionali, attraverso le rappresentanze della Commissione, nel processo del semestre europeo a livello nazionale. Comitati nazionali, istituiti con la piena partecipazione di tutti i soggetti interessati, potrebbero diventare strumenti utili per rispecchiare gli effetti economici e sociali delle iniziative strategiche sia attuali che future.

3.3.

Per gli Stati membri che hanno intrapreso una politica monetaria unitaria (moneta unica, un solo tasso di interesse), con scarsa probabilità che, nel medio termine o anche in prospettiva, questa possa dare vita ad una piena unione economica, sociale e di bilancio, come avviene in un’unione federale a pieno titolo, la correzione degli squilibri mediante l’adeguamento del tasso di cambio nominale non rappresenta più una strada percorribile. Finora gli sforzi tesi a rafforzare la competitività nella zona euro sono stati essenzialmente limitati a un obiettivo definito in modo restrittivo, ossia al miglioramento dei risultati delle esportazioni e dei conti correnti, spesso tagliando i costi, un’azione che può rivelarsi controproducente. La politica attuale non è stata in grado di eliminare gli squilibri e le conseguenze negative della crisi. Al contrario, in alcuni casi le misure adottate hanno in realtà aggravato tali conseguenze (1), ponendo troppa enfasi su politiche di austerità puramente sul versante dell’offerta che hanno soffocato la domanda, facendo ulteriormente aumentare la disoccupazione, i disavanzi pubblici e le disuguaglianze sociali. Poiché l’insorgere degli squilibri potrebbe avere ripercussioni molto negative, se questi non vengono affrontati in maniera tempestiva, per evitare che l’onere del processo di adattamento in corso ricada interamente ed esclusivamente sui salari e sui mercati del lavoro sono necessari nuovi strumenti di politica.

3.4.

Sebbene, nella sua raccomandazione, la Commissione invochi un «senso più ampio del concetto di competitività», il CESE desidera sottolineare che già nel 2002 la stessa Commissione pubblicava una definizione molto più estesa di «competitività», vale a dire «la capacità di un’economia di garantire su basi sostenibili alla propria popolazione livelli di vita elevati e in crescita e alti tassi d’occupazione» (2). Nel progetto WWWforEurope (3) finanziato dalla Commissione europea, questa definizione è stata approfondita con l’inclusione degli obiettivi «oltre il PIL», come ad esempio l’inclusione sociale e la sostenibilità ambientale nel contesto della strategia Europa 2020 (4). In questo progetto la competitività è definita come «la capacità di un paese (regione, territorio) di realizzare gli obiettivi “oltre il PIL” per i propri cittadini» (5). La competitività è misurata sulla base di tre pilastri: il pilastro del reddito (tra cui il reddito netto delle famiglie e i consumi privati), il pilastro sociale (l’impatto socio-economico di un sistema, come il rischio di povertà, la disuguaglianza e la disoccupazione giovanile), e il pilastro ambientale, che misura la produttività delle risorse, l’intensità delle emissioni di gas a effetto serra, l’intensità energetica e la quota delle energie rinnovabili nella produzione di energia elettrica. Tra gli elementi da prendere in considerazione figura anche l’agenda digitale. Questo non significa che gli squilibri (ad esempio il saldo della bilancia delle partite correnti) possano essere ignorati, come si è potuto constatare in seguito alla crisi finanziaria.

3.5.

Per assicurare una migliore comprensione di una definizione globale della competitività («competitività 2.0»), il CESE raccomanda di utilizzare, nelle future discussioni sull’argomento, non più la dicitura di «comitati per la competitività» bensì quella di «comitati per la competitività, la coesione sociale e la sostenibilità».

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

Esistono numerose procedure e istituzioni a livello internazionale (tra cui l’FMI e l’OCSE, nonché la Commissione europea) che svolgono un monitoraggio della competitività e formulano raccomandazioni politiche in materia. Anche a livello nazionale esistono numerosi organismi, quali gli istituti di ricerca economica indipendenti, gli istituti di statistica e i consigli economici e sociali, che si occupano di tali questioni. La Commissione osserva che per istituire i comitati nazionali per la competitività si potrebbero sfruttare istituzioni funzionanti e attività in corso, dal momento che alcuni paesi già dispongono di organismi di questo tipo, mentre in altri paesi potrebbero essere utilizzati organismi esistenti. Tuttavia, è importante che questi comitati siano indipendenti e che il loro ruolo consultivo rifletta adeguatamente i pareri di esperti formulati nell’interesse generale.

4.2.

Il CESE osserva che la Commissione raccomanda di predisporre entro 12 mesi dall’adozione della raccomandazione in esame, sulla base delle pertinenti informazioni fornite dagli Stati membri, una relazione sui progressi compiuti per quanto concerne l’attuazione e l’idoneità della raccomandazione di istituire i comitati nazionali per la competitività. Prima ancora che i comitati vengano istituiti, andrebbe realizzata una mappatura per valutare le attività e l’efficacia dei potenziali organismi futuri e di quelli esistenti. Un riesame esaustivo di questo tipo, al quale dovrebbero contribuire anche le competenze delle parti sociali, sarebbe molto utile al processo decisionale, rendendo possibile stimare il valore aggiunto di tali comitati, svolgere un’analisi costi-benefici e valutare la necessità di istituire nuovi organismi.

4.3.

La Commissione continua giustamente a sottolineare la necessità di migliorare la trasparenza e la legittimità democratica delle politiche coinvolgendo pienamente il Parlamento europeo, i parlamenti nazionali e i pertinenti soggetti interessati della società civile, in particolare le parti sociali. Il CESE chiede pertanto che organi democraticamente responsabili vengano debitamente coinvolti nella nomina e nella ratifica dei membri dei comitati, nella questione dei poteri attribuiti ai comitati, nell’elaborazione dei programmi di lavoro, nella preparazione delle relazioni e dei conti e così via — tutti punti che occorre chiarire qualora questi organismi per la competitività vengano istituiti.

4.4.

Prima di approvare l’istituzione dei comitati per la competitività, la Commissione deve indicare i criteri che ne garantiranno l’indipendenza e la rappresentanza di competenze specifiche equilibrate e imparziali che rispecchino la pluralità delle opinioni, comprese quelle delle parti sociali, al fine di fugare qualsiasi dubbio circa l’esistenza di competenze specifiche indipendenti e imparziali. Dovrà inoltre essere chiarita la questione della responsabilità in caso di analisi o previsioni erronee di questi comitati.

4.5.

Il CESE, prendendo atto della natura consultiva di tali organismi, intende chiedere chiarimenti alla Commissione invitandola a pronunciarsi esplicitamente in merito alla natura non vincolante delle raccomandazioni formulate dai comitati per la competitività. La questione della natura non vincolante si pone, in particolare, per quanto riguarda la tutela dell’autonomia delle parti coinvolte nelle contrattazioni salariali. La Commissione osserva, nella sua raccomandazione, che il diritto di negoziare e concludere contratti collettivi non deve essere pregiudicato, ma una tale assicurazione, che riguarda soltanto il diritto sancito dal trattato (6), è troppo debole. Qualsiasi tentativo di influenzare direttamente la determinazione dei salari esula completamente dal mandato dei comitati per la competitività.

4.6.

Il CESE prende atto di una presa in considerazione della competitività di più ampia portata, che va al di là della sola competitività sui costi. Le altre considerazioni in materia di prevenzione dell’accumulo di squilibri devono tener conto della duplice natura dei salari (fattore di costo per le imprese, fattore che determina la domanda interna; cfr. il punto 5.5 del presente progetto di parere). Inoltre, un approccio simmetrico rispetto agli avanzi e ai disavanzi è necessario per affrontare gli squilibri in modo adeguato (7).

5.   Proposte del CESE

5.1.

Il CESE è convinto della necessità di approfondire l’UEM. Dal momento che il CESE, nella sua valutazione della proposta della Commissione ha individuato numerosi interrogativi irrisolti, che richiedono ulteriori analisi e chiarimenti, si fornisce qui di seguito una sintesi delle proposte in materia presentate finora dal Comitato. Negli ultimi anni, il CESE ha adottato una serie di pareri sulla questione dell’«approfondimento dell’UEM» (8), il più recente dei quali, nel 2015, è il parere ECO/380 sul tema «Un’UEM democratica e sociale grazie al metodo comunitario» (9).

5.2.

Nel suo parere ECO/380 il CESE presenta proposte per le future iniziative riguardanti l’UEM da parte della Commissione. Il CESE è convinto che tali misure contribuiranno a porre fine alle divergenze nel funzionamento dei mercati del lavoro, nella determinazione salariale e nei sistemi sociali, sistemi necessari al fine di stabilizzare l’UEM e approfondirla in una prospettiva democratica e sociale. L’approccio del CESE si basa sull’idea che, nel contesto generale della politica monetaria, salariale e di bilancio, si possa costruire la fiducia e raggiungere una maggiore convergenza senza compromettere l’indipendenza delle contrattazioni collettive.

5.3.

Ciò richiederà misure volte a promuovere il dialogo macroeconomico e, soprattutto, a instaurare un dialogo di questo tipo nella zona euro (MED-EURO). Il dialogo macroeconomico (MED-EURO) è stato lanciato nel 1999 al fine di conseguire una combinazione di politica macroeconomica sostenibile orientata alla stabilità e alla crescita, vale a dire un’armoniosa interazione tra la dinamica salariale e la politica monetaria e di bilancio. Il forum per il coordinamento dei tre grandi protagonisti della politica macroeconomica potrebbe apportare, con il diretto coinvolgimento delle parti sociali, un contributo decisivo per garantire il necessario coordinamento, la conformità con l’obiettivo comune di stabilità dell’UEM e lo sviluppo sociale e democratico della stessa UEM. I risultati e le conclusioni dovranno essere inclusi sia nell’analisi annuale della crescita che nelle raccomandazioni specifiche per paese.

5.4.

Il Comitato ribadisce l’importanza di promuovere il ruolo delle parti sociali e il loro coinvolgimento nella definizione delle politiche. Una forma di dialogo macroeconomico rappresenta altresì un vantaggio a livello nazionale. Si è registrata una forte crescita della competitività e della produttività, soprattutto nei paesi in cui sono presenti un robusto dialogo sociale e solide relazioni industriali, e dove sono garantiti elevati livelli di protezione sociale e di coesione sociale.

5.5.

Il sistema di determinazione salariale dovrebbe essere lasciato alle parti coinvolte nelle contrattazioni collettive, senza alcuna interferenza esterna. L’autonomia di queste parti deve essere pienamente rispettata e garantita. Esse dispongono di una comprensione ottimale della situazione concreta in relazione alla determinazione dei salari e ai mercati del lavoro. Le parti coinvolte nelle contrattazioni collettive tengono conto del fatto che le modifiche salariali producono effetti sia sui costi che sulla domanda. Sono ben consapevoli del fatto che, allineando gli incrementi salariale all’aumento della produttività nazionale a medio termine e al tasso di inflazione fissato come obiettivo dalla BCE, si ottiene un impatto neutro in termini di prezzi, competitività, domanda interna e distribuzione del reddito (10). La necessità di rafforzare il dialogo macroeconomico è accresciuta dal fatto che tale consapevolezza differisce da uno Stato membro all’altro e a volte non trova espressione concreta, dando così luogo a squilibri.

5.6.

È necessario un coinvolgimento più attivo dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo nella governance della zona euro. Il CESE chiede l’istituzione di un’ampia commissione parlamentare che comprenda tutti i deputati al Parlamento europeo provenienti dalla zona euro e dai paesi che desiderano aderire, unita a un più forte coordinamento tra gli europarlamentari della zona euro sulle questioni relative all’UEM (COSAC+).

5.7.

Il CESE sottolinea che gli obiettivi di politica economica devono essere allineati meglio agli obiettivi di politica sociale dell’UE di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del TFUE e che si dovrebbero risolvere possibili conflitti tra gli obiettivi economici e quelli sociali. In base alla clausola sociale orizzontale, tutte le misure adottate nel semestre europeo sono soggette a una valutazione d’impatto sociale (11).

5.8.

Inoltre, il CESE ritiene che la gestione della domanda a breve termine e un efficace programma di investimenti mirato a generare reddito attraverso la crescita, la coesione sociale e la solidarietà siano elementi essenziali. Ciò implica la necessità di una politica di bilancio favorevole all’occupazione e alla crescita. Vi deve essere un efficace coordinamento fiscale, al fine di garantire che i paesi possano disporre di un’adeguata base di entrate. Sono altresì necessarie azioni decise per combattere la frode fiscale, i paradisi fiscali e la pianificazione fiscale aggressiva.

5.9.

Anche sul versante della spesa, il Comitato intravede la possibilità di politiche di bilancio più favorevoli alla crescita. Gli investimenti pubblici rappresentano uno strumento essenziale per la ripresa economica. Gli investimenti necessari nei settori di punta e nel settore sociale (ricerca, istruzione, assistenza all’infanzia, servizi sociali, edilizia popolare ecc.) non solo promuovono la crescita e posti di lavoro a breve termine, ma concorrono ad aumentare il prodotto potenziale a lungo termine. Gli investimenti e la crescita, in particolare nei paesi colpiti dalla crisi, sono essenziali per il processo di recupero e, quindi, per l’eliminazione degli squilibri.

5.10.

Il CESE approva la proposta della Commissione di non includere il contributo degli Stati membri al Fondo europeo per gli investimenti strategici nei calcoli del disavanzo di bilancio. Poiché si tratta di una questione di spesa, che stimola il potenziale di crescita e le cui entrate andranno anche a vantaggio delle generazioni future, il finanziamento dovrebbe altresì essere ripartito su più generazioni. Applicando lo stesso ragionamento, il Comitato torna pertanto a chiedere (12) perché non si possano trattare in modo identico gli investimenti orientati al futuro che utilizzano il bilancio generale, sotto forma dell’applicazione di una «regola d’oro» (golden rule) per gli investimenti.

Bruxelles, 17 marzo 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Per una descrizione dettagliata, cfr. il parere del CESE in merito alla Raccomandazione del Consiglio sull’attuazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri la cui moneta è l’euro (punto 3.8 e segg.) (GU C 133 del 9.5.2013, pag. 44).

(2)  COM(2002) 714 final.

(3)  http://www.foreurope.eu/

(4)  WWWforEurope, documento di lavoro n. 84: Competitiveness and Clusters: Implications for a New European Growth Strategy («Competitività e cluster: implicazioni per una nuova strategia europea per la crescita») (febbraio 2015).

(5)  Ibidem, pag. 9.

(6)  Articolo 153, paragrafo 1, del TFUE: «Per conseguire gli obiettivi previsti all’articolo 151, l’Unione sostiene e completa l’azione degli Stati membri nei seguenti settori: […]» e paragrafo 5: «Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle retribuzioni, al diritto di associazione, al diritto di sciopero né al diritto di serrata».

(7)  Cfr. il parere del CESE sul tema Riesame della governance economica (GU C 268 del 14.8.2015, pag. 33, punto 3.2.3).

(8)  Cfr. in particolare sul pilastro politico il parere del CESE sul tema Completare l’UEM: il pilastro politico (GU C 332 dell’8.10.2015, pag. 8).

(9)  E prima di tale parere, il parere del CESE sul tema Completare l’UEM: il pilastro politico (GU C 332 dell’8.10.2015, pag. 8).

(10)  Cfr. il parere del CESE sul tema Analisi annuale della crescita: progredire nella risposta globale dell’UE alla crisi (GU C 132 del 3.5.2011, pag. 26, punto 2.3).

(11)  Cfr. il parere del CESE sul tema Un’UEM democratica e sociale grazie al metodo comunitario (GU C 13 del 15.1.2016, pag. 33, punto 1.5).

(12)  Cfr. il parere del CESE sul tema Un Piano di investimenti per l’Europa (GU C 268 del 14.8.2015, pag. 27, punto 4).


18.5.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 177/41


Parere del Comitato economico e sociale in merito alla «Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro»

[COM(2015) 692 final]

(2016/C 177/07)

Relatore:

Michael IKRATH

Correlatrice:

Anne DEMELENNE

La Commissione europea, in data 22 dicembre 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Raccomandazione a favore di una raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro»

[COM(2015) 692 final].

La sezione specializzata unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 marzo 2016.

Alla sua 515a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 marzo 2016 (seduta del 17 marzo 2016), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 201 voti favorevoli, 3 voti contrari e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE approva in linea di principio la creazione di programmi economici prioritari per stimolare la crescita nei paesi dell’area dell’euro all’inizio del semestre europeo. Il Comitato, tuttavia, si rammarica della mancata consultazione della società civile e in particolare delle parti sociali nell’ambito della concezione dei programmi e dei processi nazionali del semestre europeo.

1.2.

Il CESE ritiene che in nessun caso si debba, attraverso tali raccomandazioni, ampliare il divario esistente tra i paesi dell’Eurogruppo e gli altri Stati membri, che al contrario deve essere ridotto. In particolare, l’obiettivo consiste nel non perdere di vista il lungo termine per sviluppare l’euro in modo che diventi la moneta comune di tutti gli Stati membri.

1.3.

Il CESE riconosce l’importanza del documento della Commissione per l’approfondimento dell’Unione economica e monetaria (UEM). Il Comitato è decisamente favorevole, come ha già indicato in precedenti pareri (1), a un ulteriore rafforzamento e al completamento dell’UEM. Gli Stati membri, agendo sia singolarmente che collettivamente, dovrebbero prendere tutte le misure necessarie per garantire maggiore convergenza ed integrazione, soprattutto in campo economico. A questo approccio si dovrebbero accompagnare progressi verso un’Unione di bilancio (incluso un bilancio specifico), un’Unione sociale e una rappresentanza esterna unificata nelle istituzioni finanziarie internazionali per la zona euro

1.4.

Il CESE riconosce la necessità politica di fornire alla zona euro un solido fondamento politico e istituzionale, elemento non presente al momento dell’introduzione dell’Unione monetaria e che tuttora fa difetto (2). Singole iniziative quali la creazione di un’Unione bancaria o un’Unione dei mercati dei capitali sono da accogliere con favore, ma non sostituiscono la solida architettura richiesta.

1.5.

È inoltre evidente che i recenti programmi di investimento per creare attivamente posti di lavoro non hanno raggiunto i loro obiettivi in misura sufficiente. Per conseguire una ripresa della crescita e dell’occupazione è necessaria una combinazione di politiche finanziarie, fiscali, di bilancio, economiche e sociali. Contrariamente alla raccomandazione della Commissione, la politica di bilancio dovrebbe essere progettata in modo da porre l’accento più sull’espansione che sulla neutralità.

1.6.

Il CESE ritiene che un orientamento di bilancio neutro, sebbene preferibile al proseguimento di una politica di austerità di bilancio, non sia appropriato nelle circostanze attuali. Dato che la recessione conduce a un minore potenziale di crescita, le politiche di bilancio nell’area dell’euro devono essere più incisive rispetto alla norma per stimolare l’economia della zona euro nel suo complesso. Al momento i rischi di un surriscaldamento delle economie sono molto inferiori a quelli di una persistenza di bassi tassi d’inflazione o di deflazione il CESE raccomanda pertanto uno stimolo di bilancio concentrato sugli investimenti pubblici: ciò garantirebbe un rafforzamento della domanda nel breve termine, ma espanderebbe anche il potenziale di crescita a lungo termine.

1.7.

Inoltre, il CESE si schiera a favore di un alleggerimento dell’imposizione fiscale sul lavoro, sempre che la sostenibilità finanziaria dei sistemi di sicurezza sociale, che sono già indeboliti, non ne risulti minacciata. Il Comitato ricorda che i sistemi moderni di sicurezza sociale dovrebbero fondarsi sul principio di solidarietà e su quello delle parti opportunità e non soltanto sulla promozione dell’occupabilità. A livello di bilancio, inoltre, occorrerà prendere in considerazione le conseguenze della robotica e della digitalizzazione, che provocheranno perturbazioni nel mercato del lavoro, con un impatto probabile sulle entrate fiscali.

1.8.

Il CESE si compiace del fatto che la nozione di flessibilità sia stata riesaminata, ma i contratti temporanei dovrebbero trasformarsi idealmente in contratti permanenti e non in posti di lavoro precari. Per lottare contro le ineguaglianze sociali crescenti, è necessario creare occupazione e mettere l’accento sulla qualità del lavoro. Allo stesso tempo, dovrebbe essere messo a frutto e non indebolito il potenziale dell’economia della condivisione (sharing economy) e devono essere introdotte nuove forme di occupazione ovvero di lavoro a vantaggio della società, senza compromettere i di ritti dei lavoratori e i sistemi di protezione sociale.

1.9.

Negli ultimi otto anni la crescita nella zona euro ha sofferto a causa della debolezza della domanda e non a causa di un’offerta insufficiente. L’aggiustamento dei mercati del lavoro è stato squilibrato e asimmetrico, essendosi realizzato principalmente attraverso la riduzione dei salari nominali e reali e del costo unitario del lavoro negli Stati membri più duramente colpiti dalla crisi. Pertanto, il CESE è giunto alla conclusione che le sole riforme strutturali, volte a migliorare il lato dell’offerta delle economie, stimolando per questa via gli investimenti e la crescita, non possono risolvere il problema della debolezza della ripresa. Quantomeno dovrebbe essere data priorità, secondo il CESE, alle riforme strutturali che possono avere effetti positivi sulla domanda a breve termine e anche in condizioni di stretta creditizia per famiglie e imprese.

1.10.

Il CESE chiede inoltre uno sforzo coordinato per creare un contesto più favorevole alle attività economiche per le piccole e medie imprese (il 99 % delle imprese dell’UE, che occupano circa il 60 % dei lavoratori, ovvero circa 65 milioni di persone) grazie all’approccio Legiferare meglio e alla riduzione sostanziale della burocrazia e alla garanzia di finanziamenti sufficienti e adeguati («accesso ai finanziamenti») (3) nonché ad una sistematica agevolazione delle esportazioni verso mercati al di fuori dell’Unione europea. Questo genera margini per le imprese per investimenti nella crescita e nell’occupazione.

1.11.

Il CESE accoglie con favore le iniziative per il finanziamento delle PMI nel quadro dell’Unione dei mercati dei capitali. Tuttavia, vi è particolare bisogno di aprire nuove opportunità di finanziamento per le microimprese e le imprese in fase di avviamento (start up), ad esempio capitale d’avviamento e capitale di rischio, finanziamento e investimento collettivo (Crowd Investing and Financing) e forme innovative di finanziamento come i fondi di private equity. In questo contesto, il CESE sottolinea la necessità della creazione, già prevista, di un fondo di capitale di rischio UE. È urgentemente necessaria una valutazione per capire le opportunità che potrebbero offrire per il finanziamento delle imprese nell’UE nuovi modelli di attività bancaria (4).

2.   Contesto

2.1.

A seguito della relazione dei cinque presidenti Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa, nel semestre europeo è stato introdotto un approccio rinnovato volto al rafforzamento dell’integrazione tra la zona euro e i livelli nazionali. È la prima volta che la Commissione pubblica una raccomandazione per la zona euro in novembre, insieme all’analisi annuale della crescita 2016, al fine di integrare meglio la dimensione della zona euro e quelle nazionali della governance economica dell’UE.

2.2.

L’obiettivo è quello di offrire opportunità di dibattito e aprire la possibilità di raccomandazioni in merito alla zona euro, in anticipo rispetto alle discussioni specifiche per paese, in modo che le sfide comuni siano pienamente rispecchiate nelle misure specifiche per paese. Si tratta di un cambiamento importante rispetto ai cicli del semestre europeo precedenti, nei quali le raccomandazioni per la zona euro venivano proposte verso la fine di ciascun semestre, insieme con quelle specifiche per paese.

2.3.

La Commissione ha presentato le seguenti quattro raccomandazioni sulla politica economica della zona euro:

attuare politiche che sostengano la ripresa, promuovano la convergenza, favoriscano la correzione degli squilibri macroeconomici e migliorino la capacità di aggiustamento;

attuare riforme che combinino contratti lavorativi flessibili e affidabili, strategie complete di apprendimento permanente, politiche efficaci per aiutare i disoccupati a reinserirsi nel mercato del lavoro, sistemi moderni di protezione sociale e mercati dei prodotti e dei servizi aperti e competitivi. Ridurre il cuneo fiscale sul lavoro, in particolare per i lavoratori a basso reddito, in maniera neutra dal punto di vista del bilancio al fine di incentivare la creazione di posti di lavoro;

mantenere il previsto orientamento prevalentemente neutro delle politiche di bilancio nel 2016. In vista del 2017, ridurre il debito pubblico al fine di ripristinare riserve di bilancio evitando la prociclicità, nel pieno rispetto del patto di stabilità e crescita;

agevolare la graduale riduzione dei prestiti in sofferenza delle banche e migliorare le procedure di insolvenza di imprese e famiglie.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Per la prima volta, il progetto di raccomandazioni per la zona euro è pubblicato all’inizio del ciclo del semestre europeo insieme all’analisi annuale della crescita e alla relazione sul meccanismo di allerta e al progetto di relazione comune sull’occupazione. Il CESE concorda sul fatto che questo nuovo processo può contribuire a tenere maggiormente conto di considerazioni che fanno riferimento alla zona euro nella concezione delle politiche nazionali presentate nei programmi di stabilità e nei programmi nazionali di riforma.

3.2.

Il CESE si rammarica dell’assenza di consultazioni delle parti sociali, e della società civile in generale, in merito alla definizione del progetto di raccomandazioni per la zona economica dell’euro e del mancato adeguamento dei processi nazionali a questa nuova procedura per il semestre europeo. Nel quadro del semestre UE il dialogo sociale può costituire una forza trainante per riforme riuscite, sostenibili e inclusive nel campo dell’economia, dell’occupazione e in campo sociale. Le parti sociali a tutti i livelli dovrebbero concordare con i poteri pubblici un coinvolgimento effettivo, tempestivo e significativo nel semestre UE. Inoltre, il CESE raccomanda vivamente l’instaurazione in futuro di una cooperazione continua e stretta tra la sezione specializzata ECO del CESE e la commissione ECON del PE.

3.3.

Il CESE è d’accordo che si ponga l’accento su un approccio coordinato da parte di tutti gli Stati membri della zona euro ma anche tra le politiche monetarie, di bilancio e quelle strutturali/dell’offerta. Inoltre, il CESE suggerisce che nel quadro delle riforme strutturali l’attenzione dovrebbe essere rivolta alle misure politiche, in modo da sostenere la ripresa economica nel breve termine. Per quanto riguarda la flessibilità dei mercati del lavoro, la sua attuazione non dovrebbe comportare, come negli anni precedenti, una perdita del potere d’acquisto dei lavoratori, in modo da non compromettere la domanda interna come fattore chiave di crescita. Ciò significa che la concorrenza deve essere realizzata attraverso un miglioramento della qualità e la crescita della produttività ottenuta attraverso l’innovazione e non attraverso prezzi e salari bassi.

3.4.

Anche se il CESE riconosce le enormi sfide rappresentate dall’ulteriore rafforzamento e sviluppo dell’euro necessari in questo momento e nel prossimo futuro per fornire una protezione duratura per l’euro e per la zona euro, ritiene auspicabili i seguenti obiettivi:

istituzione di una rappresentanza unificata dell’area dell’euro nelle sedi internazionali (Fondo monetario internazionale, OCSE ecc.) (5);

Creazione di un’Unione di bilancio della zona euro;

Istituzione di un’Unione sociale, la quale comporta che le parti sociali devono essere incluse in maggior misura da parte della Commissione, del Consiglio e del Parlamento in tutte le iniziative legislative.

3.5.

In vista della revisione intermedia del Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020 e della preparazione delle riflessioni sul QFP post 2020, il CESE propone che la zona euro abbia un bilancio specifico che dovrebbe: i) prevedere un trasferimento di risorse temporaneo ma significativo in caso di shock regionali; ii) contrastare recessioni gravi nell’intera zona; iii) garantire la stabilità finanziaria. Nello stesso ordine di idee, la zona euro deve avere, come primo passo verso un governo economico, il proprio ministro delle finanze con un sistema di risorse proprie dedicate guidato dai principi di semplicità, trasparenza, equità e rendicontabilità democratica.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.    Squilibri macroeconomici

4.1.1.

Il CESE concorda con la Commissione sul fatto che le riforme strutturali negli Stati membri dovrebbero continuare in linea con le circostanze specifiche di ciascun paese in modo da promuovere la convergenza e facilitare la correzione degli squilibri macroeconomici. Vi deve tuttavia essere un equilibrio tra le riforme strutturali e gli investimenti nelle attività produttive che portano alla creazione di posti di lavoro.

4.1.2.

Il CESE accoglie con favore la raccomandazione della Commissione europea in base alla quale gli Stati membri con forti avanzi delle partite correnti dovrebbero applicare in via prioritaria misure che aiutino a incanalare l’eccesso di risparmi verso l’economia interna e, così facendo, a dare impulso agli investimenti interni. Tuttavia, tali misure non dovrebbero essere limitate al lato dell’offerta (per esempio, le riforme dei mercati dei prodotti) ma comprendere anche iniziative dei governi più decise sul fronte degli investimenti pubblici come l’attuale piano Juncker (6).

4.1.3.

Il CESE ritiene che gli aiuti statali dovrebbero dirigersi in particolare verso le PMI innovative Al fine di consentire a questa categoria di imprese un più facile accesso ai finanziamenti, è compito dello Stato, da un lato, concedere finanziamenti che forniscano uno stimolo e, dall’altro, fornire un sistema di garanzie pubbliche. Le interazioni pertinenti tra Stato, PMI e università e istituti di ricerca sono un elemento importante del sistema di investimento.

4.1.4.

Il CESE sottolinea il fatto che le esportazioni rappresentano un importante motore di crescita per le PMI nella zona euro. Oltre al favorevole tasso di cambio euro/dollaro frutto della politica monetaria della BCE, accordi di libero scambio sono essenziali al fine di aumentare le esportazioni. Sebbene il CESE sia d’accordo con l’attenzione che si concentra attualmente sui negoziati TTIP, raccomanda altresì di concludere un accordo che agevoli l’accesso al mercato per le imprese europee nei loro scambi commerciali con i mercati emergenti a forte crescita. È importante garantire la protezione dei diritti dell’uomo e la tutela delle norme dell’OIL, dei diritti dei consumatori e delle norme ambientali in vigore nell’UE.

4.2.    Mercati del lavoro, dei prodotti e dei servizi

4.2.1.

Il CESE osserva che, sebbene, come dice Commissione europea, la situazione dei mercati del lavoro continui a migliorare gradualmente, non si fa alcuna menzione del fatto che il tasso di occupazione nella zona euro, pari al 68,9 % nel 2015, si situa ben al di sotto dell’obiettivo prioritario del 75 % stabilito nella strategia Europa 2020. Il CESE osserva che, in base ai dati forniti dai servizi della Commissione europea (base dati LABREF), non sembra esistere una relazione positiva tra il numero di riforme del mercato del lavoro attuate in un dato momento (prima o dopo la crisi) e l’efficienza del mercato del lavoro degli Stati membri (7).

4.2.2.

Le riforme strutturali dei mercati del lavoro devono favorire gli investimenti sociali, vale a dire misure che sostengano la formazione continua dei lavoratori occupati e disoccupati e garantiscano la promozione della loro sicurezza finanziaria, in particolare di quella dei disoccupati. Inoltre, il CESE è favorevole alla riduzione dell’imposizione sul lavoro, purché essa sia compensata da altre fonti di gettito pubblico. Nel medio termine anche una più elevata partecipazione al mercato del lavoro può contribuire a questo processo.

4.2.3.

Per risolvere il problema della competitività e della sostenibilità europea, il CESE raccomanda la creazione di una Holding digitale europea sul modello del gruppo Airbus che ha ottenuto egregi risultati. Questo gruppo basato sulla cooperazione internazionale comprende diverse filiali di Stati membri differenti ed è un attore cruciale dell’economia e dell’industria europea.

4.2.4.

La posizione dominante degli Stati Uniti nel campo del digitale rappresenta già una nuova forma di dominio globale. Si possono constatare in particolare effetti drammatici nel settore finanziario, dove le grandi banche di investimento americane hanno già creato fortissimi legami di capitale con le società tecnologiche finanziarie (fintech) innovative, fatto che a sua volta minaccia il modello europeo delle classiche banche al dettaglio («Boring banks») e può far loro concorrenza nel loro principale settore di attività.

4.2.5.

Per progettare e sviluppare i dettagli di un modello comparabile di Holding digitale europea, il CESE propone la creazione a breve termine di un gruppo di progetto interdisciplinare. Di questo gruppo dovrebbero far parte rappresentanti della Commissione (il commissario Oettinger) e del Parlamento europeo (commissione ITRE) e esso dovrebbe funzionare con la partecipazione del CESE. Per quanto riguarda la questione del finanziamento, è importante fin dall’inizio prestare attenzione alla compatibilità con il piano di investimenti Juncker. Un forte slancio per la crescita e per nuovi posti di lavoro sarà dato da una stretta cooperazione tra imprese leader della Holding digitale con le stesse PMI.

4.3.    Politiche di bilancio

4.3.1.

Il CESE accoglie con favore l’accento posto dalla Commissione europea sulla considerazione complessiva dell’orientamento di bilancio per la zona euro in sede di definizione degli orientamenti per le politiche di bilancio nazionali. Tuttavia, il CESE rileva, senza pregiudizio per l’indipendenza della BCE, la mancanza notevole di un’analisi degli sviluppi di politica monetaria nella zona euro al momento di valutare l’opportunità di una politica di bilancio neutra. Ciò è quanto meno singolare, dal momento che i membri del consiglio direttivo della BCE hanno ripetutamente e pubblicamente fatto riferimento alle politiche di bilancio dell’area dell’euro (8).

4.3.2.

Si tratta di una preoccupante omissione nella misura in cui l’area dell’euro è attualmente in una situazione in cui la capacità della politica monetaria di stimolare la domanda è fortemente limitata. La domanda è debole da così tanto tempo che l’inflazione (anche se non si tiene conto del prezzo del petrolio) è ben al di sotto dell’obiettivo della BCE del 2 %, mentre i principali tassi d’interesse della BCE sono quasi pari a zero, non consentendo ulteriori riduzioni sostanziali. L’economia della zona euro si trova in una cosiddetta «trappola della liquidità» e rischia di cadere in una «trappola della deflazione» se l’inflazione non riprende presto a salire. Se ciò avvenisse, l’economia dell’area dell’euro rimarrebbe in stagnazione per diversi anni, minacciando alla fine la sostenibilità economica e politica dell’euro.

4.3.3.

La politica di accomodamento monetario (quantitative easing) non convenzionale attuata con convinzione dalla BCE sin dall’inizio del 2015 non sembra aver fatto molta differenza (9) per quanto riguarda lo stimolo della domanda. In tali circostanze, e data la presenza dei fenomeni di isteresi summenzionati (in cui la recessione conduce a un minore potenziale di crescita), le politiche di bilancio nella zona euro devono essere più incisive della norma per stimolare l’economia della zona euro nel suo complesso (10). Dati i vincoli della politica di bilancio negli Stati membri del sud dell’area dell’euro, le politiche di bilancio negli Stati membri con un’inflazione al di sotto dell’obiettivo, con un basso costo dell’indebitamento pubblico, con coefficienti debito pubblico/PIL relativamente bassi e con avanzi delle partite correnti dovrebbero espandersi per spingere l’inflazione al di sopra dell’obiettivo della BCE del 2 %, in modo che, in media, l’inflazione nella zona euro possa accelerare nuovamente e avvicinarsi all’obiettivo. Al momento i rischi di un surriscaldamento delle economie sono molto inferiori a quelli di una persistenza di bassi tassi d’inflazione o di deflazione.

4.3.4.

Date, tuttavia, le preoccupazioni circa la sostenibilità del debito pubblico, in un contesto di cambiamenti demografici, possono e dovrebbero essere attuate, soprattutto negli Stati membri con forti avanzi delle partite correnti, politiche di bilancio espansionistiche, aumentando la spesa per gli investimenti pubblici. Uno stimolo di bilancio che si concentrasse sugli investimenti pubblici garantirebbe un rafforzamento della domanda nel breve termine, ma espanderebbe anche il potenziale di crescita a lungo termine. Tali investimenti pubblici potrebbero concentrarsi non solo sulle infrastrutture, ma anche sulle politiche in materia di istruzione e qualificazioni («investimenti sociali»).

4.4.    Il settore finanziario

4.4.1.

Il CESE chiede l’adozione di una normativa europea sull’insolvenza, da un lato per aprire la possibilità di riduzione dei debiti per le famiglie e, dall’altro, per rendere più facile per le imprese in fase di avviamento gestire il fallimento. In questo modo si aumenterà il potere d’acquisto delle famiglie e sarà incoraggiata la costituzione di nuove imprese.

4.4.2.

Un problema grave, ancora da risolvere, è il fatto che vi siano circa 900 miliardi di euro di prestiti inesigibili in esistenza nelle banche dell’area dell’euro. Solo riducendo tali sofferenze, le banche potranno espandere la loro attività di prestito alle imprese ed alle famiglie, aumentando così l’efficacia della politica monetaria accomodante della BCE diretta a migliorare le prospettive di crescita e rafforzare la fiducia dei mercati. Le pertinenti istituzioni politiche e di vigilanza della zona euro dovrebbero essere tenute a presentare progetti rilevanti su questo tema.

4.4.3.

In seguito alla crisi finanziaria, si era d’accordo sul fatto che uno degli obiettivi centrali fosse la riduzione significativa dei rischi sovrani negli stati patrimoniali delle banche europee. La situazione attuale della maggior parte delle banche dimostra che i rischi sovrani sono aumentati drasticamente. Il CESE sottolinea che la prima priorità è quello di ridurre tali rischi sovrani nei bilanci per garantire in futuro la stabilità delle banche e del settore finanziario, anche alla luce della recente proposta in merito all’EDIS (sistema europeo di assicurazione dei depositi) (11).

4.4.4.

Il CESE osserva che, perché si materializzino effetti positivi sulla domanda delle famiglie e delle imprese non dovrebbero esservi vincoli alla liquidità. Ripristinare flussi di credito positivi contribuirebbe a stimolare la domanda, ma anche ad aumentare l’efficacia della politica monetaria della BCE nel migliorare le prospettive di crescita e rafforzare la fiducia dei mercati. Le pertinenti istituzioni politiche e di vigilanza della zona euro dovrebbero essere tenute a presentare progetti rilevanti su questo tema.

4.4.5.

Inoltre, il CESE chiede che il programma di riforma e gli organismi di vigilanza pongano maggiormente l’accento su una maggiore trasparenza e sulla supervisione degli istituti non bancari o delle banche ombra al fine di assicurare in maniera sostenibile la stabilità dei sistemi finanziari e ripristinare la loro funzione per l’economia reale, in particolare nel campo della cartolarizzazione (12). In particolare, è opportuno garantire che esse non siano essere utilizzate come strumenti di investimento speculativo da parte di fondi speculativi (hedge fund) e istituti finanziari che hanno obiettivi di massimizzazione dei rendimenti da rispettare («fondi avvoltoio»).

4.4.6.

Poiché la crisi finanziaria è stata in gran parte causata dalle attività speculative delle banche d’investimento, l’attività bancaria speculativa resta una minaccia latente per la stabilità dei mercati finanziari. Non è ancora stato esaminato in maniera approfondita il modo in cui le attività di negoziazione (trading) altamente speculative, quali le negoziazioni ad alta frequenza, possono essere realizzate quando l’obiettivo voluto sono mercati mondiali più stabili, ed è necessario tenere rigorosamente separate le pratiche d’investimento a basso rischio e l’attività di prestito dalle attività ad alto rischio delle banche d’investimento. A tal fine, esiste già una serie di modelli quali il modello Vickers e la regola Volcker. Il CESE raccomanda l’adozione nell’UE di una normativa equivalente alla Legge Glass-Steagall, in un momento in cui altri mercati finanziari (come gli USA e i paesi BRIC) stanno discutendo della reintroduzione di questo tipo di norme per migliorare la stabilità del settore bancario. Ciò eviterebbe rischi per i risparmiatori e per i contribuenti.

Bruxelles, 17 marzo 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Cfr. i pareri del CESE: Completare l’Unione economica e monetaria — La prossima legislatura europea, (GU C 451 del 16.12.2014, pag. 10) e Completare l’UEM: il pilastro politico, (GU C 332 dell’8.10.2015, pag. 8).

(2)  Ibidem.

(3)  Cfr. il parere del CESE sul tema Piano d’azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali, (GU C 133 del 14.4.2016, pag. 17).

(4)  Cfr. per esempio le osservazioni sulla finanza islamica contenute nei precedenti pareri del CESE sul tema Strutture di finanziamento per le PMI nel contesto dell’attuale situazione finanziaria, (GU C 48 del 15.2.2011, pag. 33) e sul tema Un piano d’azione per migliorare l’accesso delle PMI ai finanziamenti (GU C 351 del 15.11.2012, pag. 45).

(5)  Cfr. il parere del CESE sul tema Rappresentanza esterna della zona euro (cfr. pag. 16 della presente Gazzetta ufficiale).

(6)  OFCE, IMK, ECLM AK-Wien, INE-GSEE (2015), The Independent Annual Growth Survey 2016, Paris (Analisi annuale indipendente della crescita).

(7)  ETUI/CES (2015), Benchmarking Working Europe (Analisi comparativa dell’Europa che lavora) 2015, Bruxelles, Istituto sindacale europeo (ETUI), pag. 26.

(8)  L’esempio più importante è stato il discorso «La disoccupazione nell’area dell’euro» pronunciato dal presidente Draghi a Jackson Hole nell’agosto 2014 (https://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2014/html/sp140822.en.html).

(9)  http://epthinktank.eu/2015/12/10/the-ecbs-quantitative-easing-early-results-and-possible-risks/.

(10)  Theodoropoulou S. (2015), How to avert the risk of deflation in Europe: rethinking the policy mix and European economic governance, (Come evitare il rischio di deflazione in Europa: ripensare il mix di politiche e la governance economica europea) Bruxelles ETUI.

(11)  Cfr. il parere del CESE sul tema Sistema europeo di assicurazione dei depositi (cfr. pag. 21 della presente Gazzetta ufficiale).

(12)  Cfr. il parere del CESE Quadro giuridico per la cartolarizzazione (GU C 82 del 3.3.2016, pag. 1).


18.5.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 177/47


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Programma di sostegno alle riforme strutturali per il periodo 2017-2020 e modifica i regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 1305/2013»

[COM(2015) 701 final — 2015/0263 (COD)]

(2016/C 177/08)

Relatore:

Ioannis VARDAKASTANIS

Il Parlamento europeo, in data 2 dicembre 2015, e il Consiglio, in data 20 gennaio 2016, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 175, paragrafo 3, e 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Programma di sostegno alle riforme strutturali per il periodo 2017-2020 e modifica i regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 1305/2013»

[COM(2015) 701 final — 2015/0263 (COD)].

La sezione specializzata unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 marzo 2016.

Nella sua 515a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 marzo 2016 (seduta del 16 marzo 2016), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 153 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l’iniziativa che punta ad accrescere la capacità dell’Unione europea (UE) di sostenere le riforme strutturali a livello nazionale tramite un meccanismo di finanziamento specifico come il programma di sostegno alle riforme strutturali (SRSP).

1.2.

Il CESE si rammarica che la dotazione complessiva stanziata per questo programma sia ben al di sotto di quanto necessario per le riforme politiche macroeconomiche nell’UE; si rammarica inoltre che i finanziamenti per l’SRSP provengano da risorse già stanziate per i fondi strutturali e di investimento europei (SIE); chiede pertanto che si raggiunga un equilibrio tra le esigenze finanziarie per l’assistenza tecnica a titolo dei fondi SIE e quelle per il sostegno tecnico a titolo dell’SRSP. Il CESE chiede che le future riforme del Quadro finanziario pluriennale dell’UE creino un programma di sostegno alle riforme strutturali che sia autosufficiente.

1.3.

Per assicurare il successo dell’SRSP, il CESE raccomanda vivamente di garantire le seguenti condizioni:

i contributi degli Stati membri alle riforme strutturali di competenza dell’SRSP sono considerati nel quadro della «clausola delle riforme strutturali» del Patto di stabilità e crescita.

L’SRSP mantiene un carattere volontario per gli Stati membri e non comporta procedure obbligatorie e stigmatizzanti.

Sono designati dei punti di contatto centrali per garantire complementarità tra i programmi e i fondi, nonché un utilizzo migliore dei fondi tale da evitare sovrapposizioni.

1.4.

Il CESE chiede con forza il coinvolgimento delle parti sociali e della società civile nell’SRSP, garantendo quanto segue:

il processo di identificazione e di attivazione del sostegno deve comportare una più ampia consultazione delle parti sociali e della società civile, in conformità con le regolamentazioni nazionali;

vanno inserite disposizioni più rigorose che richiedono il coinvolgimento delle parti sociali e della società civile nella progettazione e nella sorveglianza dei programmi di riforma delle politiche a tutti i livelli — nazionale, regionale e locale;

tra le azioni ammissibili deve figurare lo sviluppo di capacità per le parti sociali e gli attori della società civile coinvolti nei programmi di riforma delle politiche.

1.5.

Il CESE sottolinea che, sulla base della divisione dei poteri e delle competenze in vigore in ciascuno Stato membro e delle raccomandazioni specifiche per paese spesso destinate agli enti locali e regionali, il programma deve essere accessibile a tali enti, i quali devono essere coinvolti in via diretta nell’elaborazione del progetto di riforma strutturale in questione.

1.6.

Il CESE deplora che l’elenco di indicatori appaia insufficiente ed abbia bisogno sia di essere aggiornato che di incorporare gli indicatori già esistenti per i fondi SIE.

1.7.

Il CESE sottolinea che gli Stati membri possono estendere l’articolo 5 (Obiettivi specifici e ambito di applicazione del Programma) ad altri settori di intervento, come la lotta alla povertà, i diritti umani, le politiche dei trasporti, le TIC e l’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

1.8.

Il CESE ritiene che l’SRSP potrebbe far uso dei meccanismi di sorveglianza già esistenti per i fondi SIE, garantendo così livelli di sorveglianza e valutazione di qualità più elevata, un migliore coordinamento con i fondi SIE e un uso economicamente più vantaggioso dei meccanismi di controllo già operativi.

1.9.

A tal fine il CESE appoggia le modifiche ai regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 1305/2013 proposte dalla Commissione, purché esse prevedano una disposizione che garantisce che i fondi trasferiti al nuovo programma rispettino i requisiti di partecipazione delle parti sociali e della società civile e siano soggetti al medesimo meccanismo di sorveglianza previsto dal regolamento recante disposizioni comuni sui fondi SIE.

1.10.

Il CESE ritiene utili questi piccoli sostegni, che però sono solo delle «cure palliative». Per risolvere i problemi generati dalla crisi, ancora in corso, la Commissione dovrebbe impegnarsi, insieme ai governi, a cambiare radicalmente la politica economica in atto nell’Eurozona sin dall’inizio della crisi. Solo così si faciliterebbero anche le riforme strutturali, si eviterebbero i danni prodotti sinora e si eviterebbe di mettere i cittadini «contro» l’UE.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE ritiene che l’Unione europea potrebbe fornire un valore aggiunto alle riforme politiche intraprese a livello nazionale e accoglie pertanto con favore l’iniziativa che consentirà di accrescere la sua capacità di sostenere le riforme politiche connesse all’attuazione dei processi di governance economica (in particolare le raccomandazioni specifiche per paese), i programmi di aggiustamento economico e le riforme intraprese su iniziativa degli Stati membri, come specificato all’articolo 3 della proposta di regolamento in esame.

2.2.

Il CESE è dell’avviso che i programmi di sostegno alla Grecia (task force per la Grecia) e a Cipro (gruppo di supporto per Cipro) si siano dimostrati utili per i paesi destinatari e che, se si offrirà a tutti gli Stati membri l’opportunità di richiedere un meccanismo di sostegno analogo, aumenterà la capacità complessiva di realizzare riforme istituzionali, strutturali e amministrative.

2.3.

Il CESE, tuttavia, si rammarica che la capacità di sostenere l’assistenza tecnica per le riforme politiche, di cui disponeva l’UE, sia stata in passato ridimensionata. Come conseguenza l’UE non ha potuto affrontare con sufficiente tempestività situazioni che richiedevano una riforma politica in tempi di crisi e, quindi, altre organizzazioni internazionali si sono attivate assumendo un ruolo guida.

2.4.

Il CESE si rammarica inoltre che l’SRSP oggetto della proposta sia finanziato sulla base di fondi dell’UE già esistenti, e non sia stato, al contrario, concepito un programma autosufficiente che non intacchi altri fondi destinati specificamente alle riforme strutturali. Il CESE ritiene inoltre che l’SRSP, nella sua formulazione attuale, non abbia la capacità di far fronte alla richiesta di sostegno tecnico da parte degli Stati membri a motivo dei suoi limiti finanziari.

2.5.

Il CESE sottolinea che questo programma di assistenza tecnica non può né dovrebbe essere sopravvalutato e andrebbe visto come uno strumento per aiutare gli Stati membri a raggiungere un equilibrio macroeconomico nell’ambito del processo del semestre europeo. La dotazione non è sufficiente a fornire un vero impulso di fronte alle sfide macroeconomiche in cui sono impegnati gli Stati membri che lottano per raggiungere una convergenza.

2.6.

Il CESE sottolinea inoltre che i contributi degli Stati membri alle riforme strutturali di competenza dell’SRSP dovrebbero essere considerati, secondo la «clausola delle riforme strutturali» del Patto di stabilità e crescita, come un modo per conseguire la crescita, lottare contro la povertà e la disoccupazione e portare prosperità.

2.7.

Il CESE ritiene importante cambiare atteggiamento nei confronti delle riforme strutturali, evitando che abbiano un connotato stigmatizzante o punitivo o impedendo loro di creare una trappola burocratica. Il nuovo approccio dovrebbe incoraggiare le riforme e la comprensione tra paesi; il CESE rileva pertanto con piacere che l’SRSP adotta un approccio positivo ed evidenzia il carattere volontario del meccanismo quale mezzo per garantire che il programma non sia utilizzato e/o percepito come uno strumento di controllo o per togliere responsabilità alle autorità nazionali nei loro programmi di riforma. Il CESE sottolinea tuttavia che ai paesi deve essere richiesto di dar conto del sostegno e del successo del programma tramite procedure di rendicontazione sane, democratiche e affidabili.

2.8.

Il CESE rileva con favore che l’SRSP si attiva su richiesta di uno Stato membro, ma sottolinea la necessità che il processo di identificazione e di attivazione del sostegno comporti una più ampia consultazione delle parti sociali e della società civile, in conformità con le regolamentazioni nazionali.

2.9.

Il CESE sottolinea che, sulla base della divisione dei poteri e delle competenze in vigore in ciascuno Stato membro e delle raccomandazioni specifiche per paese spesso destinate agli enti locali e regionali, il programma deve essere accessibile a tali enti. Il CESE chiede inoltre alla Commissione di verificare che, quando le richieste di assistenza tecnica presentate dalle autorità nazionali riguardano settori di competenza degli enti regionali o locali, questi ultimi siano stati direttamente coinvolti nell’elaborazione del progetto di riforma strutturale in questione e l’abbiano approvato.

2.10.

Il CESE accoglie favorevolmente anche l’approccio proattivo dell’SRSP, che estende la portata di applicazione del sostegno a tutti gli Stati membri, indipendentemente dalla loro situazione economica, ed evidenzia pertanto il fatto che il programma va visto come un meccanismo per un sostegno strutturale a lungo termine e non solo come una reazione a congiunture economiche e/o finanziarie negative.

2.11.

Il CESE evidenzia la necessità di mantenere l’articolo 5 (Obiettivi specifici e ambito di applicazione del Programma) sotto forma di elenco non esaustivo, in modo da conservare la flessibilità necessaria per affrontare le riforme politiche. Il CESE ritiene che l’elenco proposto sia piuttosto ampio, ma suggerisce di estenderlo ad altri settori di intervento, come la lotta alla povertà, la promozione dei diritti umani, le politiche dei trasporti, le TIC e l’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile da parte degli Stati membri.

2.12.

Il CESE è fermamente convinto che la definizione delle politiche nell’UE debba essere condotta con la partecipazione attiva del pubblico in quanto «un partenariato, che coinvolge tutti i partner — definiti all’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento recante disposizioni comuni — nella preparazione, attuazione e valutazione ex post dei progetti avviati nel quadro della politica di coesione dell’UE, contribuisce direttamente al successo» dei fondi SIE. Il CESE ritiene pertanto che il nuovo SRSP dovrebbe contenere disposizioni più rigorose per coinvolgere le parti sociali e della società civile nella progettazione dei programmi di riforma delle politiche a tutti i livelli — nazionale, regionale e locale. Ciò contribuirà a colmare il divario tra responsabili politici e il pubblico.

2.13.

Il CESE ritiene che l’SRSP potrebbe far uso dei meccanismi di sorveglianza già esistenti per i fondi SIE, garantendo così livelli di sorveglianza e valutazione di qualità più elevata, un migliore coordinamento con i fondi SIE e un uso economicamente più vantaggioso dei meccanismi di controllo già operativi.

2.14.

Il CESE è dell’avviso che l’SRSP debba essere applicato in conformità del regolamento recante disposizioni comuni sui fondi SIE (ad eccezione degli articoli 25, 58 e 91) che offre una struttura di sostegno maggiormente articolata rispetto al programma attualmente proposto.

2.15.

Il CESE raccomanda di inserire tra le azioni ammissibili (cfr. articolo 6 della proposta) lo sviluppo di capacità per le parti sociali e gli attori della società civile coinvolti nei programmi di riforma delle politiche.

2.16.

Il CESE auspica vivamente che le nuove dotazioni di bilancio, provenienti dai fondi SIE, trovino un equilibrio tra le esigenze finanziarie per l’assistenza tecnica a titolo dei fondi SIE e quelle per il sostegno tecnico a titolo dell’SRSP, al fine di assicurare la capacità di assistenza tecnica più appropriata a entrambi i fondi.

2.17.

Il CESE riconosce l’importanza dell’approccio trasversale adottato dall’SRSP per sostenere le riforme, ma invita le autorità nazionali e dell’UE ad evitare sovrapposizioni con i programmi settoriali. Il CESE ritiene pertanto che occorra designare dei punti di contatto centrali per garantire complementarità tra i programmi e i fondi e un utilizzo migliore dei fondi per evitare sovrapposizioni. L’articolo 13 dovrebbe essere ampliato al fine di inserire un maggior numero di elementi nel meccanismo di coordinamento.

2.18.

Il CESE auspica di ricevere maggiori informazioni in futuro riguardo ai meccanismi di coordinamento che saranno creati per questo fondo.

2.19.

Il CESE deplora che l’elenco di indicatori appaia insufficiente e sottolinea l’importanza di indicatori adeguati per la sorveglianza e la valutazione del programma, ma ricorda che i fondi SIE comprendono un ampio elenco di indicatori che potrebbero aggiungersi a quelli proposti dall’SRSP. Occorre aggiornare gli indicatori UE per la misurazione dell’impatto delle riforme al fine di verificarne il grado di successo, collegandoli a un contesto di progresso economico e sociale. Dagli indicatori dovrebbe anche emergere se l’impatto resta di portata nazionale o presenta, invece, un vero valore aggiunto europeo.

2.20.

Il CESE accoglie con favore la disposizione secondo cui «il tasso di cofinanziamento per le sovvenzioni può arrivare al 100 % dei costi ammissibili», in quanto ciò è destinato ad agevolare l’accesso degli Stati membri al programma.

2.21.

Il CESE ritiene che l’SRSP costituisca un primo passo, da consolidare e rafforzare nelle future riforme del Quadro finanziario pluriennale dell’UE al fine di creare un programma autosufficiente senza dover intaccare le dotazioni di bilancio di altri fondi di sostegno UE già esistenti.

2.22.

A tale scopo il CESE appoggia le modifiche ai regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 1305/2013 proposte dalla Commissione, sollecitando con forza quest’ultima a tener conto delle conclusioni e delle raccomandazioni contenute nel presente parere.

2.23.

Il CESE, tuttavia, propone che i regolamenti modificati prevedano che i fondi trasferiti a nuovi programmi soddisfino i medesimi requisiti partecipativi e siano soggetti al medesimo meccanismo di sorveglianza adottati per i fondi SIE. Ciò dovrebbe trovare riscontro anche nella proposta di regolamento sull’SRSP, la cui formulazione attuale andrebbe emendata con disposizioni e riferimenti specifici al sistema di sorveglianza del regolamento recante disposizioni comuni sui fondi SIE.

Bruxelles, 16 marzo 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


18.5.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 177/51


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Attuazione dell’agenda europea sulla sicurezza: piano d’azione dell’UE contro il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi»

[COM(2015) 624 final]

e alla

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo»

[COM(2015) 625 final — 2015/0281 (COD)]

(2016/C 177/09)

Relatore:

Cristian PÎRVULESCU

La Commissione europea, in data 22 dicembre 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Attuazione dell’agenda europea sulla sicurezza: piano d’azione dell’UE contro il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi»

[COM(2015) 624 final]

e alla

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo»

[COM(2015) 625 final — 2015/0281 (COD)].

La sezione «Occupazione, affari sociali, cittadinanza», incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 24 febbraio 2016.

Alla sua 515a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 marzo 2016 (seduta del 17 marzo 2016), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 145 voti favorevoli, nessun voto contrario e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è favorevole alla messa in comune tra Stati membri di risorse destinate a combattere sia il traffico di armi e munizioni che il terrorismo. La moltiplicazione delle misure di protezione a livello europeo e nazionale può tuttavia avere un effetto cumulativo e un impatto globale negativo sui diritti fondamentali. Se questi saranno intaccati, l’Unione sarà condannata a fallire nella sua missione fondamentale.

1.2.

Il CESE ritiene che la proposta di direttiva e la comunicazione siano necessarie per costruire un’Europa più sicura per tutti coloro che vivono sul suo territorio, nella misura in cui la lotta al terrorismo rappresenta una competenza condivisa tra gli Stati membri e l’Unione. Tale competenza condivisa apre il dibattito sulle possibili misure obbligatorie che la direttiva potrebbe cercare di imporre agli Stati. È responsabilità degli Stati membri fare tutto il possibile per prevenire e combattere ogni forma di criminalità organizzata e, in particolare, il terrorismo, qualunque ne sia la motivazione. È inoltre responsabilità delle istituzioni dell’UE contribuire al coordinamento e all’armonizzazione degli sforzi necessari per limitare la diffusione di questo tipo di crimine violento.

1.3.

Il CESE sottolinea con forza e chiede che il principio di proporzionalità, obbligatoriamente intrinseco ad ogni Stato di diritto, sia rispettato da tutte le autorità dello Stato e dagli organi giudiziari. Per evitare interpretazioni erronee o abusi delle necessarie misure di protezione, il CESE, in linea con la risoluzione 1566 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, osserva che il reato di terrorismo può essere invocato soltanto quando l’obiettivo delle minacce, degli atti commessi per causare la morte o infliggere lesioni corporali gravi, della presa di ostaggi o del grave danneggiamento di infrastrutture sia quello di instaurare una situazione di terrore, di intimidire una popolazione oppure di esercitare una coercizione su un governo.

1.4.

Le modifiche legislative in esame rientrano in uno sforzo più ampio — difficile nelle attuali condizioni politiche internazionali — volto a fare fronte a un tipo di minaccia che, per sua natura, prende di mira le fondamenta dei sistemi democratici europei. La diffusione della paura, la divisione dell’opinione pubblica, il fomento degli stereotipi relativi a determinati gruppi di persone, l’indebolimento dell’equilibrio tra le pubbliche autorità e il rafforzamento delle istituzioni autoritarie, a scapito di quelle democratiche che assicurano una rappresentanza, costituiscono gli effetti scontati delle azioni terroristiche, che vanno combattute con determinazione e lungimiranza. Il Comitato ritiene che in Europa sia possibile vivere al tempo stesso in sicurezza e in libertà.

1.5.

Il Comitato ritiene che sia pericoloso per ogni democrazia introdurre nella legislazione la punibilità anticipata del reato (ossia, configurare come reato o delitto qualcosa che non è stato ancora commesso). L’articolo 3, paragrafo 2, lettera i) della proposta deve essere eliminato, affinché giustizia e sicurezza non siano confuse. Analogamente, l’articolo 15 della direttiva proposta non garantisce le libertà pubbliche e neanche la presunzione di innocenza. Inoltre, il Comitato esprime preoccupazione per il problema della prova dell’intenzione e ritiene che tutti i casi di cui agli articoli da 5 a 13 debbano essere presentati davanti a un tribunale per la conferma delle imputazioni.

1.6.

Il Comitato ritiene che lo sviluppo di strumenti per la prevenzione della radicalizzazione — nel quadro di un programma più ampio che punti alle cause sociali, economiche, culturali, religiose e politiche alla radice della diffusione delle minacce di questo tipo — sia da accogliere con favore, e che occorra coordinare questi strumenti con le attività incentrate sulla lotta al terrorismo e la sua repressione. Tuttavia, la radicalizzazione non presuppone anche la predisposizione o l’istigazione alla violenza. Le politiche e i programmi di prevenzione devono essere rivolti alle singole persone e ai gruppi che abbiano la maggiore predisposizione a ricorrere alla violenza a scopo di terrorismo. Il ruolo della società civile è fondamentale nel valutare le condizioni che facilitano la radicalizzazione e la predisposizione all’uso della violenza.

1.7.

Oltre a chiarire la legislazione e a migliorare la cooperazione tra gli Stati membri nei settori summenzionati, è necessario un coordinamento della politica estera europea relativa al Medio Oriente e all’Africa settentrionale, una regione che ha recentemente attraversato profonde trasformazioni, molte delle quali violente e che in alcuni casi hanno generato instabilità e conflitti. La minaccia terroristica è diventata negli ultimi anni così grave a causa di alcune zone di conflitto attive, che rappresentano un punto nevralgico di interesse, d’ispirazione e di addestramento per un gran numero di cittadini europei. L’esistenza di conflitti di lunga data nella regione, anche congelati, determinerà inoltre la mobilitazione di gruppi e singole persone con lo scopo di organizzare azioni terroristiche. Per il Comitato è prioritario impegnarsi con maggiore chiarezza negli interventi di stabilizzazione, sviluppo e democratizzazione in questa regione. Una delle priorità deve essere la lotta contro la povertà, la corruzione, nonché l’esclusione politica e sociale.

1.8.

Il Comitato ritiene che la drastica limitazione dell’accesso alle armi da fuoco, alle munizioni e agli esplosivi debba costituire una priorità per gli Stati membri e le istituzioni europee. I recenti attentati avvenuti in Europa hanno mostrato che le persone coinvolte in attività terroristiche si procurano armi da fuoco micidiali sul mercato nero, dove l’offerta è molto variegata. Il collegamento tra gruppi terroristici e criminalità organizzata costituisce un pericolo rilevante per la sicurezza dei cittadini dell’UE, e non solo per la loro.

1.9.

Il Comitato sostiene che è necessario apportare chiarimenti alla legislazione sulle vittime del terrorismo, che devono essere assistite con rapidità ed efficienza sia subito dopo il fatto di sangue che nel medio e lungo termine. È inoltre necessario capire meglio gli effetti sociali, economici e psicologici che gli attentati terroristici hanno sulle comunità, i singoli individui e i settori di attività economica. Il Comitato invita la Commissione europea a indagare questi aspetti e a proporre, in funzione dei risultati ottenuti, le misure del caso. I recenti attentati possono avere ripercussioni su settori quali il turismo e i trasporti, e le istituzioni europee e nazionali hanno la responsabilità di elaborare programmi di sostegno. Il Comitato richiama l’attenzione sul fatto che la prevenzione e la lotta al terrorismo implicano dei costi, e l’Unione europea deve prendere in considerazione un sostegno finanziario per gli sforzi che gli Stati compiono in tal senso.

2.   Il contesto attuale: conciliare la necessità di una maggiore sicurezza con i diritti fondamentali

2.1.

Come affermato nei propri pareri in merito al programma dell’Aia, al programma di Stoccolma e alla comunicazione «Un’Europa aperta e sicura», il CESE reputa che il fondamento e il punto di partenza per le politiche in materia di libertà, sicurezza e giustizia debbano essere la protezione, senza interruzioni o discriminazioni, dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (1).

2.2.

Per quanto riguarda la lotta al terrorismo, il CESE considera normale, visto il contesto internazionale attuale, rivedere il quadro giuridico vigente per punire come reati gli atti associati alle attività terroristiche. Il Comitato prende atto del fatto che nella proposta di direttiva, nella sezione dedicata ai diritti fondamentali (capitolo 3 della Relazione), viene esclusa qualunque forma di arbitrarietà e, come già fatto in altri pareri su questo tema, richiama l’attenzione sulla priorità che bisogna accordare ai diritti fondamentali e alla necessità di mantenere, di fronte alla minaccia terroristica, un clima democratico che sia solido e funzionale (2).

2.3.

Il Comitato richiama l’attenzione sull’importanza di mantenere lo spazio Schengen quale concretizzazione dei principi stabiliti nel trattato. Il Comitato invita gli Stati membri ad astenersi dall’utilizzare formule che limitino la libera circolazione all’interno dell’Unione.

2.4.

Il Comitato, cosciente delle gravi sfide dell’attuale contesto geopolitico, constata l’assenza, nella proposta di direttiva, di definizioni sufficientemente chiare da garantire l’applicazione dei diritti dei cittadini riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali e sanciti nel trattato. Il Comitato osserva che la possibilità di un’interpretazione dei termini è troppo grande e, nelle presenti circostanze, tale interpretazione non è assicurata dai giudici, ma dalle procure e dalle forze dell’ordine. Il Comitato richiama inoltre l’attenzione sulla possibile tentazione di introdurre misure straordinarie nel diritto comune a livello sia nazionale che europeo, come potrebbe suggerisce la proposta di direttiva in un settore che rientra tra quelli di competenza concorrente.

2.5.

Il CESE accoglie con favore l’attuazione dell’interoperabilità tra i sistemi informativi digitali, nella misura in cui questi sono concepiti per contribuire a fermare i terroristi. In questa ottica, il Comitato ritiene che il sistema d’informazione Schengen (SIS) costituisca un pilastro importante del meccanismo d’informazione dell’Unione e raccomanda ai responsabili politici di compiere ogni sforzo per garantire che tutti gli Stati membri partecipino a tale meccanismo.

3.   Osservazioni generali e specifiche

3.1.    Il piano d’azione dell’UE contro il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi

3.1.1.

Osservazioni generali

3.1.1.1.

Il Comitato ritiene che le proposte contenute nella comunicazione siano da accogliere favorevolmente. La cooperazione istituzionale tra gli Stati membri deve essere profondamente migliorata, sia per quanto concerne lo scambio di informazioni che in rapporto all’unificazione delle banche dati esistenti. Andrebbero ricordati in modo particolare i programmi di formazione per il personale delle autorità nazionali, che fino ad ora non sono stati una priorità.

3.1.1.2.

Il Comitato reputa che l’interoperabilità delle banche dati e l’incoraggiamento alla raccolta di dati da parte delle autorità nazionali costituiscano degli elementi cruciali per un’analisi corretta del controllo dell’uso delle armi da fuoco e degli esplosivi.

3.1.1.3.

Il Comitato accoglie con favore l’attenzione posta nell’ostacolare l’approvvigionamento illegale di armi da fuoco via Internet («aperto» e «darkweb»), oltre che sui rischi connessi al progresso delle nuove tecnologie, come la stampa 3D.

3.1.1.4.

Benché siano necessari sforzi supplementari per quanto riguarda sia l’uso della tecnologia di rilevamento che la standardizzazione di tale uso, il Comitato richiama l’attenzione sul rischio di creare un «mercato» per questa tecnologia. Gli operatori economici intenzionati a vendere tale tecnologia potrebbero esagerare a bella posta i potenziali rischi per la sicurezza e, quindi, potrebbero diffondere timori tra i cittadini. Inoltre, il Comitato non incoraggia un impiego generalizzato della tecnologia di rilevamento, bensì un suo uso selettivo, in funzione delle esigenze e dei rischi.

3.1.1.5.

Il CESE esorta la Commissione europea ad appoggiare una stretta cooperazione tra Europol, Interpol, i principali soggetti coinvolti nel progetto iTrace e altri organismi pertinenti — come le autorità doganali e quelle incaricate del rilascio delle licenze di importazione ed esportazione di armi da fuoco — per ottimizzare la cooperazione operativa e la tracciabilità, oltre che per evitare che le armi da fuoco siano deviate sul mercato illegale.

3.1.1.6.

Il CESE accoglie con favore l’intenzione di rafforzare le attività operative e di estendere l’ambito del piano d’azione UE/Europa sudorientale, nonché di intensificare la cooperazione con i paesi del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale (MENA). Anche in questo campo la cooperazione con i paesi terzi è molto importante.

3.1.1.7.

Il Comitato richiama l’attenzione sul fatto che, nella maggior parte di questi paesi, esistono problemi di natura istituzionale, specialmente in rapporto all’integrità delle forze di polizia. Oltre alla cooperazione nello specifico settore delle armi da fuoco, l’Unione europea deve incoraggiare e sostenere le riforme istituzionali in questi paesi.

3.2.

La direttiva sulla lotta contro il terrorismo

3.2.1.

Osservazioni generali

3.2.1.1.

Il Comitato ritiene che le leggi e le procedure istituzionali debbano essere costantemente adattate in rapporto agli sviluppi e ai rischi per la sicurezza. I recenti avvenimenti hanno mostrato che il fenomeno del terrorismo ha assunto una dimensione internazionale per effetto sia delle infrastrutture di comunicazione che dei conflitti esistenti nel Medio Oriente e nell’Africa settentrionale.

3.2.1.2.

Il finanziamento, l’addestramento, l’istigazione e il viaggio sono tutte azioni collegate agli atti terroristici propriamente detti. Il Comitato raccomanda alle istituzioni dell’UE e agli Stati membri di applicare il principio di proporzionalità, e di tener conto della gravità delle azioni e dell’intenzione sottesa al momento di considerare reato tali azioni e di combatterle.

3.2.1.3.

È inoltre accolta con favore l’equiparazione a reato delle azioni che consistono nell’istigare e coordinare la realizzazione di atti terroristici, sempre più spesso compiuti da persone che non si espongono ma agiscono per il tramite di altri individui.

3.2.1.4.

Al tempo stesso, il Comitato esprime la propria preoccupazione in rapporto alle capacità e alla disponibilità variabile degli Stati membri di tutelare i diritti fondamentali e di assicurare che la prassi rispetti le disposizioni costituzionali e le clausole dei trattati internazionali. La proclamazione dello stato di emergenza in Francia in seguito agli attentati terroristici della fine dello scorso anno ha permesso alle autorità francesi di intraprendere azioni che sono state messe in discussione dalle organizzazioni della società civile dal punto di vista dei diritti fondamentali (3). Il Comitato esorta le autorità nazionali a esercitare i loro poteri in modo proporzionato ed efficiente, nonché ad evitare azioni controproducenti. La prevenzione e la lotta contro il terrorismo possono essere attuate soltanto nel rispetto dello Stato di diritto, dei diritti fondamentali e dei trattati internazionali. Il Comitato ritiene che sia necessaria una forma di monitoraggio continuo delle azioni degli Stati membri connesse al terrorismo. A tal fine, invita la Commissione europea a prendere in considerazione l’introduzione di procedure attraverso cui individuare e correggere gli eventuali sviamenti. Una possibilità consisterebbe nell’utilizzo del meccanismo di verifica del rispetto dello Stato di diritto (attuato dalla Commissione europea), che permette l’individuazione delle violazioni e prevede procedure di correzione.

3.2.1.5.

Per assicurare un coordinamento efficiente degli sforzi volti a prevenire e a combattere il terrorismo, nonché a contrastarne gli effetti e a garantire una prassi uniforme anche in termini di rispetto dei diritti fondamentali, il Comitato invita la Commissione e le altre istituzioni europee a prendere in considerazione la creazione di una Agenzia europea di lotta al terrorismo.

3.2.2.

Osservazioni specifiche

3.2.2.1.

Per quanto riguarda la definizione dei reati terroristici (titolo II, articolo 3), si corre il rischio di una definizione troppo estesa del terrorismo e delle azioni ad esso connesse.

3.2.2.2.

Per esempio, il paragrafo 2, lettera d), del summenzionato articolo 3 stabilisce che le «distruzioni di vasta portata di … infrastrutture, compresi i sistemi informatici» possono essere equiparate a terrorismo. Non è chiaro se un’azione di pirateria informatica (hacking) possa essere considerata un atto terroristico. Esistono casi in cui le azioni di questo tipo puntano a mettere in circolazione documenti di pubblico interesse e, anche se il procacciamento e la pubblicazione di tali documenti sono considerati reato, non rientrano tuttavia nella definizione tipica del terrorismo.

3.2.2.3.

La lettera i) del medesimo articolo 3, paragrafo 2, stabilisce che «la minaccia di commettere» un atto terroristico equivale alla sua effettiva realizzazione. Tale disposizione è molto problematica, soprattutto qualora non venga rispettato il principio di proporzionalità. Una minaccia non può costituire un fatto, perché rappresenta una potenzialità e non un’azione concreta. Il Comitato propone di sopprimere la lettera i) del paragrafo 2 dall’articolo 3 della direttiva proposta.

3.2.2.4.

Per quanto riguarda la pubblica istigazione a commettere reati di terrorismo (titolo III, articolo 5), la definizione del reato manca di chiarezza. Nella misura in cui esistono le libertà di stampa e di parola, non è chiaro in quali circostanze la presentazione al pubblico di un attentato terroristico non costituisca più una semplice informazione e diventi invece un’istigazione. Inoltre, con lo sviluppo delle piattaforme dei media sociali, in cui ogni utente è anche autore di contenuti, è molto difficile seguire e identificare correttamente ciò che costituisce rispettivamente un’informazione o un’istigazione.

3.2.2.5.

Per quel che concerne la punibilità di un viaggio all’estero con finalità terroristiche (titolo III, articolo 9), si rileva una notevole mancanza di chiarezza in rapporto alla definizione di tali finalità. Se la situazione è chiara nel caso in cui viene organizzato un attentato o si partecipa ad attività di addestramento, non lo è invece nel caso in cui la persona partecipa a un’insurrezione, a una ribellione armata oppure a una guerra civile, come in Siria o in Libia. Si considera che la partecipazione a una guerra quasi convenzionale abbia una finalità terroristica (4)? Possono anche verificarsi casi in cui i combattenti europei lottano a fianco di gruppi ribelli che sono qualificati come terroristi dai governi nazionali sul cui territorio agiscono, oppure da governi di paesi terzi.

3.2.2.6.

A tale riguardo, esistono gravi difficoltà nel determinare la «natura terroristica» di un gruppo. Tali difficoltà sono di ordine sia analitico che istituzionale. L’Unione europea utilizza un suo sistema per inserire e cancellare da un apposito elenco le organizzazioni considerate terroriste, in particolare quelle dell’elenco autonomo gestito separatamente dalla lista dell’ONU (5). Esiste la possibilità che la prassi nazionale e la relativa definizione della «natura terroristica» siano differenti da quelle europee. In questo caso, è necessario il coordinamento tra gli Stati membri e le istituzioni dell’UE, in particolare quelle che hanno competenze in questo campo (ad esempio, Europol).

3.2.2.7.

Per quanto riguarda gli articoli da 12 a 14, non è chiaro il motivo per cui è necessario considerare questi fatti un reato distinto rispetto a quello attualmente previsto dai codici penali vigenti negli Stati membri. È d’altra parte possibile considerare la finalità terroristica di tali reati come una circostanza aggravante che abbia, nel rispetto del principio di proporzionalità, un peso maggiore ai fini della determinazione della pena.

3.2.2.8.

Per quel che concerne la connessione con reati di terrorismo (articolo 15), appare problematica la disposizione secondo cui non è necessario che venga effettivamente compiuto un reato terroristico affinché sia punibile un reato di cui all’articolo 4 e al titolo III. Come viene stabilita la finalità terroristica, vale a dire, se un certo fatto rientra in una serie di iniziative che portano a un atto concreto e non ad azioni isolate? Ne potrebbero discendere effetti negativi sui diritti fondamentali.

3.2.2.9.

Il Comitato dubita della pertinenza della proposta contenuta nell’articolo 17 sulle sanzioni applicabili alle persone fisiche in cui si chiede agli Stati membri di infliggere sanzioni penali «che possono comportare l’estradizione».

3.2.2.10.

La proposta si riferisce a un periodo di 12 mesi per il recepimento della direttiva. Per accelerarne l’applicazione, il Comitato incoraggia gli Stati membri a ridurre il più possibile questo periodo.

Bruxelles, 17 marzo 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 451 del 16.12.2014, pag. 96.

(2)  GU C 218 del 23.7.2011, pag. 91.

(3)  Cfr. la relazione di Human Rights Watch (HRW) intitolata France: abuses under State of Emergency — Halt Warrantless Search and House Arrest («Francia: abusi durante lo stato di emergenza. Stop alle perquisizioni senza mandato e agli arresti domiciliari senza decisione giudiziaria»), pubblicata il 3 febbraio 2016, e la relazione dell’Associazione europea per la difesa dei diritti dell’uomo (Association Européenne pour la défense des Droits de l’Homme — AEDH) intitolata Devant l’urgence, que deviennent les principes de l’Etat de droit? («Davanti all’emergenza, che fine fanno i principi dello Stato di diritto?»), a cura di Dominique Guibert.

(4)  Un caso interessante è quello dei combattenti europei che combattono in Siria a fianco delle milizie curde che si oppongono all’Isis, organizzazione che è al centro del terrorismo mondiale di matrice religiosa. Un cittadino neerlandese, ex militare dell’esercito nazionale, è indagato dalle autorità olandesi con l’accusa di omicidio a causa della sua partecipazione al conflitto in Siria tra i ranghi delle forze curde (YPG). Dopo il recepimento della direttiva nel diritto neerlandese, non è chiaro se l’inquadramento giuridico di fatti simili sarà modificato.

(5)  EU Terrorist Listing. An Overview about Listing and Delisting Procedures («L’elenco dei terroristi stabilito dall’UE — Una panoramica delle procedure per l’inserimento e la cancellazione da tale elenco»), Martin Wahlisch, Berghof Peace Support, 2010.


18.5.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 177/57


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1406/2002 che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza marittima»

[COM(2015) 667 final — 2015/0313 (COD)]

(2016/C 177/10)

Relatore:

Jan SIMONS

Il Consiglio, in data 27 gennaio 2016, e il Parlamento europeo, in data 21 gennaio 2016 hanno deciso, conformemente al disposto dell’articolo 100, paragrafo 2, del TFUE, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1406/2002 che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza marittima»

[COM(2015) 667 final — 2015/0313 (COD)].

La sezione specializzata «Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione», incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 marzo 2016.

Alla sua 515a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 marzo 2016 (seduta del 16 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 175 voti favorevoli e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE concorda con la proposta della Commissione che modifica il regolamento (CE) n. 1406/2002 che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA), in quanto rientra in un approccio più ampio volto a rendere assai più efficace che in passato il controllo delle frontiere marittime esterne.

1.2.

Tuttavia, in linea con le risoluzioni relative all’arrivo massiccio di rifugiati adottate nel settembre e dicembre 2015, il Comitato insiste sul fatto che bisogna procedere con grande urgenza all’attuazione delle misure proposte. Non è ammissibile che il flusso di profughi continui a comportare la perdita di vite umane in mare, che non cessi l’arrivo clandestino di migranti e che gli Stati membri adottino misure unilaterali introducendo controlli permanenti alle frontiere.

1.3.

Il Comitato chiede di sopprimere il termine «costiera» dal titolo e dal testo dei progetti di regolamenti e di mantenere soltanto i termini «Agenzia europea della guardia di frontiera». L’Agenzia della guardia di frontiera svolge solo uno dei compiti connessi alla sorveglianza costiera mentre l’EMSA svolge già molte delle missioni in questo settore. È praticamente certo che la menzione del termine «costiera» nella denominazione dell’Agenzia della guardia di frontiera porterà a un’inutile confusione e nel tempo potrebbe dar luogo a una sovrapposizione delle attività.

1.4.

Il Comitato si compiace per l’estensione dei compiti dell’EMSA, un’agenzia che negli ultimi anni ha effettivamente contribuito a rafforzare la sicurezza marittima e a prevenire e contrastare l’inquinamento causato dalle navi, ma nutre seri dubbi sul fatto che l’EMSA, con le risorse finanziarie e umane di cui dispone, sia in grado di svolgere adeguatamente queste attività aggiuntive.

1.5.

È preoccupante che i gommoni o le barche in legno di piccole dimensioni siano invisibili o difficilmente rilevabili mediante immagini satellitari. La Commissione ritiene che questi limiti possano essere superati grazie all’impiego di sistemi aerei pilotati a distanza (RPAS, anche chiamati droni). Il Comitato condivide questo punto di vista, perché essi consentono un rilevamento completo, in modo da evitare ulteriori perdite di vite umane.

1.6.

Il Comitato è inoltre preoccupato del fatto che gli Stati membri stiano introducendo controlli permanenti alle frontiere, i quali, come dimostrano le ricerche, sono causa di considerevoli costi. A suo giudizio, un sistema di guardia costiera efficiente ed efficace in termini di costi consentirebbe agli Stati membri di rinunciare a controlli permanenti e di dare la possibilità di ripristinare il sistema di Schengen nella sua integralità, come era in precedenza.

1.7.

Il Comitato ritiene che una cooperazione e uno scambio di informazioni tra le tre agenzie europee interessate e tra queste e le autorità nazionali responsabili del controllo delle coste dovrebbero rendere possibile un sistema efficiente ed efficace di sorveglianza costiera. Il Comitato sollecita tuttavia ad accelerare il processo decisionale. I problemi sono infatti così urgenti che non c’è tempo da perdere.

2.   Introduzione

2.1.

Il 15 dicembre 2015 la Commissione europea ha pubblicato una Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1406/2002 che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza marittima (COM(2015) 667 final), e, in base all’articolo 100, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno chiesto al Comitato economico e sociale europeo di elaborare un parere in merito.

2.2.

Il Comitato si compiace per questa consultazione in quanto ritiene che questa proposta di modifica del regolamento 1406/2002 rappresenti un notevole passo avanti nel rafforzare la cooperazione europea nel settore dei servizi che sostengono la sorveglianza costiera delle frontiere e nel migliorare la cooperazione e il coordinamento tra le pertinenti agenzie dell’UE, al fine di ottenere effetti sinergici che consentiranno a tali agenzie di operare in maniera più efficiente ed efficace sotto il profilo dei costi. In questo modo, le agenzie dell’UE potranno fornire informazioni di qualità in maniera efficace in termini di costi alle autorità nazionali che svolgono funzioni di guardia delle frontiere e di guardia costiera.

2.3.

Si tratta di una necessità urgente poiché, in base ai dati forniti dalla Commissione, attualmente negli Stati membri esistono oltre 300 autorità civili e militari che svolgono tali funzioni in settori quali la sicurezza marittima, il controllo delle frontiere, i controlli della pesca, i controlli doganali, la protezione dell’ambiente ecc.

2.4.

Nell’esercizio delle loro funzioni, queste autorità nazionali sono sostenute da una serie di agenzie dell’UE, quali l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (nota anche con l’acronimo «Frontex»), l’EMSA e l’Agenzia europea di controllo della pesca (EFCA).

2.5.

La proposta legislativa in esame rientra in una serie di misure presentate dalla Commissione per «rafforzare la difesa delle frontiere esterne dell’Europa, compresa la cooperazione europea nell’ambito della funzione di guardia costiera». Le altre proposte riguardano un regolamento che istituisce un’Agenzia della guardia costiera e di frontiera europea e la modifica, analoga alla proposta in esame, del regolamento (CE) n. 768/2005 che istituisce l’Agenzia europea di controllo della pesca.

2.6.

Come indicato nella comunicazione della Commissione che accompagna il documento in esame, intitolata Una guardia costiera e di frontiera europea e una gestione efficiente delle frontiere esterne dell’Europa (COM(2015) 673 final), le proposte della Commissione sono motivate dall’enorme numero di attraversamenti illegali delle frontiere esterne dell’UE.

2.7.

Secondo la comunicazione della Commissione, COM(2015) 673 final, punto 1, nota a piè di pagina 1), tra gennaio e novembre 2015 sono stati registrati oltre 1,5 milioni di attraversamenti illegali delle frontiere con la conseguenza che questi profughi e migranti, non identificati e non registrati, proseguono poi il loro viaggio attraverso l’UE.

2.8.

Di conseguenza, l’accordo di Schengen è stato messo sotto pressione. Alcuni Stati membri hanno già deciso di ripristinare temporaneamente i controlli alle frontiere interne, una situazione che non può continuare a lungo.

2.9.

Un recentissimo studio realizzato da France Stratégie, un gruppo di riflessione del governo francese, mostra che i danni economici derivanti dalla revoca di Schengen possono arrivare a 100 miliardi di EUR. Nel lungo periodo, gli scambi commerciali tra i 26 paesi dell’area Schengen potrebbero subire un calo del 10-20 % e il prodotto nazionale lordo di questi paesi potrebbe scendere dello 0,8 %.

2.10.

Nella sua Agenda europea sulla migrazione [COM(2015)240], del maggio 2015, la Commissione ha constatato l’esigenza di avanzare verso una gestione condivisa delle frontiere, in base al disposto dell’articolo 77 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

2.11.

Inoltre, nel suo discorso sullo stato dell’Unione, pronunciato nel settembre 2015, il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha annunciato la presentazione, entro la fine del 2015, di proposte per un sistema pienamente operativo di controllo delle frontiere e delle coste europee. Le proposte sono state pubblicate il 15 dicembre 2015, e quella in esame ne fa parte.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Nella sua risoluzione del 16 settembre 2015 sul tema L’attuale crisi dei rifugiati, il Comitato aveva invocato un’azione europea immediata, responsabile e collettiva per fronteggiare l’arrivo massiccio di profughi.

3.2.

Sempre nella stessa risoluzione, il Comitato aveva espresso grande inquietudine per l’erosione dell’accordo di Schengen e della libera circolazione delle persone e delle merci. Tale inquietudine è stata ribadita nella risoluzione sui profughi che il Comitato ha adottato il 10 dicembre 2015 e nella quale sottolinea che «È importante rendere veramente sicure le frontiere esterne dei paesi Schengen. Tuttavia, il ripristino delle barriere interne e la costruzione di muri non aiuteranno ad avvicinare tra loro i cittadini europei o a promuovere la cittadinanza dell’UE».

3.3.

A giudizio del Comitato, è della massima importanza intraprendere rapidamente delle azioni per migliorare la cooperazione nel campo del controllo delle frontiere, anche in quello costiero. Il Comitato esprime pertanto apprezzamento per la proposta della Commissione che modifica il regolamento (CE) n. 1406/2002 che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza marittima, e in particolare all’idea, se non alla proposta nella sua attuale formulazione, per la creazione di un’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera, basata su Frontex, che opererà in stretta cooperazione con l’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) e l’Agenzia europea di controllo della pesca (EFCA).

3.4.

Il Comitato non vede infatti perché, nella proposta della Commissione relativa alla «nuova» Agenzia Frontex, si parli di «guardia costiera», dal momento che l’EMSA ha già sviluppato sistemi d’informazione unici nel settore marittimo, ha accumulato una certa esperienza in materia e riceverà in futuro, grazie alle stesse proposte della Commissione, nuovi compiti in questo settore.

3.5.

Secondo gli esperti in materia, questa è infatti la conclusione che si può trarre dalle proposte di bilancio. I dati finanziari indicano che l’EMSA ricorrerà ai servizi di RPAS (servizi di droni), grazie ai quali potrà arricchire i suoi sistemi di un livello supplementare di dati che andranno al di là di quelli riguardanti semplicemente il controllo delle frontiere.

3.6.

Il Comitato raccomanda pertanto di evitare l’impiego del termine «costiera», per evitare malintesi. Del resto, la cooperazione esistente tra le tre agenzie dimostra già che la ripartizione dei compiti si rivela nella pratica efficace e funzionante.

3.7.

Le autorità nazionali che svolgono funzioni di guardia costiera dovrebbero, e il Comitato insiste su questo punto, poter raccogliere in tempi brevi i frutti di questa cooperazione rafforzata sotto forma di un migliore scambio di informazioni e di una migliore sorveglianza operativa delle frontiere esterne dell’UE.

3.8.

Il Comitato si compiace della funzione di guida assegnata all’EMSA nel migliorare significativamente, grazie ai servizi RPAS (droni) la capacità di sorveglianza alle frontiere marittime esterne dell’Unione europea. L’impiego dei droni consentirà non solo di garantire un controllo più attivo ed efficace ma potrà servire anche diversi obiettivi.

3.9.

Nelle conclusioni del suo parere in merito alla Modifica del regolamento che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza marittima  (1), il Comitato si è espresso positivamente sul ruolo svolto dall’EMSA nel migliorare la sicurezza marittima degli Stati membri, sottolineando, già in quell’occasione, come fosse essenziale estendere le missioni e le competenze dell’EMSA in maniera responsabile.

3.10.

Per il corretto svolgimento dei compiti supplementari assegnati all’EMSA è fondamentale che l’agenzia disponga di sufficienti risorse umane e finanziarie. Nel bilancio dell’UE sono previsti l’aumento di 22 milioni di EUR all’anno, fino al 2020, della dotazione stanziata per l’EMSA e l’assunzione di 17 agenti temporanei. Il Comitato si chiede se ciò sia sufficiente. Sebbene i primi interessati, come l’EMSA, ritengono che sia così, il Comitato è del parere che l’Agenzia non disponga più del margine necessario per far fronte alle situazioni di emergenza che non mancheranno di verificarsi e ritiene che sarebbe opportuno costituire una riserva finanziaria.

3.11.

Il CESE esprime forte preoccupazione per il fatto che le tecnologie attuali non consentano di localizzare con facilità i profughi a bordo di imbarcazioni (di legno o di gomma) di piccole dimensioni. Le informazioni satellitari in generale sono disponibili solo in determinati momenti in base all’orbita dei satelliti intorno alla terra. Secondo la Commissione, il ricorso ai servizi di RPAS (droni) dovrebbe consentire di superare questi limiti.

3.12.

Date le dimensioni del flusso dei profughi, il Comitato ritiene che sia essenziale, da un punto di vista sia umanitario che di efficienza ed efficacia dei servizi di guardia costiera, poter monitorare tutti i movimenti di imbarcazioni in mare, in modo da consentire ai servizi di soccorso di intervenire in tempo utile.

3.13.

Il Comitato ritiene opportuna la scelta dell’EMSA, tra le tre agenzie europee, per svolgere un ruolo di primaria importanza nell’organizzazione dei servizi di RPAS (droni).

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

Il Comitato è a favore di una migliore cooperazione tra le agenzie di guardia costiera dell’UE e tra queste e le autorità nazionali responsabili della sorveglianza delle coste, tale da consentire un controllo delle frontiere marittime esterne dell’UE efficace ed efficiente in termini di costi.

4.2.

Visto l’enorme flusso di migranti, questo miglioramento deve concretizzarsi al più presto. Il Comitato giudica inaccettabile che, per un motivo o per l’altro, si continui a tentennare sulle azioni da intraprendere. Al contrario, oltre alla proposta in esame, riguardante l’EMSA, bisognerebbe adottare e attuare senza indugi tutte le proposte presentate dalla Commissione tenendo conto, ovviamente, delle indicazioni del Comitato.

4.3.

Il Comitato è favorevole all’estensione dei compiti dell’EMSA, in quanto in questi ultimi anni l’agenzia ha dimostrato di essere capace di garantire un elevato livello di sicurezza della navigazione e di sicurezza marittima e ha svolto un ruolo importante nella lotta all’inquinamento causato dalle navi.

4.4.

L’estensione dei compiti dell’EMSA dovrà tradursi in una migliore diffusione di dati in tempo reale in merito alla sorveglianza marittima tra le tre agenzie dell’UE e le autorità nazionali preposte al controllo delle coste, nell’impiego di RPAS (droni) per la sorveglianza delle frontiere marittime esterne dell’UE, nella disponibilità dei dati raccolti via satellite, in migliori servizi di comunicazione a sostegno di operazioni congiunte, in un significativo rafforzamento dell’attenzione verso l’istruzione e la formazione e in un aumento sostanziale degli investimenti in questo campo.

4.5.

Il Comitato si chiede perché la Commissione dedichi un paragrafo all’interruzione della fornitura gratuita di servizi del sistema di identificazione automatica via satellite (dati satellitari AIS) da parte dell’Agenzia spaziale europea (ESA) senza rinviare peraltro ai punti finanziari della sua proposta, che prevedono di destinare fondi a tale scopo a partire dal 2017, né indicare che una soluzione per il 2016 verrebbe trovata grazie al programma Copernicus. Il Comitato confida nel fatto che quest’ultima soluzione si concretizzerà effettivamente.

Bruxelles, 16 marzo 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 107 del 6.4.2011, pag. 68.