ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 133

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

59° anno
14 aprile 2016


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

514a sessione plenaria del CESE dei giorni 17 e 18 febbraio 2016

2016/C 133/01

Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo a sostegno dell’accordo di Schengen — Sì alla libera circolazione, sì a Schengen

1

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

514a sessione plenaria del CESE dei giorni 17 e 18 febbraio 2016

2016/C 133/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il futuro dell’agenda urbana dell’UE dal punto di vista della società civile (parere esplorativo richiesto dalla presidenza neerlandese dell’UE)

3

2016/C 133/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Lottare contro la povertà (parere esplorativo)

9


 

Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

514a sessione plenaria del CESE dei giorni 17 e 18 febbraio 2016

2016/C 133/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali [COM(2015) 468 final]

17

2016/C 133/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, in relazione alla durata dell’obbligo di applicazione di un’aliquota normale minima [COM(2015) 646 final — 2015/0296 (CNS)]

23

2016/C 133/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione — Verso un piano strategico integrato per le tecnologie energetiche (piano SET): accelerare la trasformazione del sistema energetico europeo [C(2015) 6317 final]

25

2016/C 133/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La strategia di allargamento dell’UE [COM(2015) 611 final]

31

2016/C 133/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Analisi annuale della crescita 2016 [COM(2015) 690 final] e al Progetto di relazione comune sull’occupazione che accompagna la comunicazione della Commissione sull’Analisi annuale della crescita 2016 [COM(2015) 700 final]

37


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato economico e sociale europeo

514a sessione plenaria del CESE dei giorni 17 e 18 febbraio 2016

14.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 133/1


Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo a sostegno dell’accordo di Schengen

Sì alla libera circolazione, sì a Schengen

(2016/C 133/01)

La libera circolazione è il successo più tangibile dell’integrazione europea. E l’accordo di Schengen, che consente alle persone di viaggiare liberamente tra diversi paesi per motivi di lavoro, studio e svago e che rimuove le barriere fisiche alla circolazione delle merci e dei servizi, è una delle pietre angolari del mercato interno — un mercato in cui si svolgono scambi commerciali per un valore di 2 800 miliardi di euro, che coinvolge 1,7 milioni di lavoratori transfrontalieri e che determina 57 milioni di movimenti di trasporto stradale transfrontaliero all’anno. L’abolizione dei controlli alle frontiere interne ha svolto — e continua a svolgere — un ruolo significativo nell’abbattimento delle barriere, avvicinando le persone tra loro e stimolando l’economia europea. Diverse generazioni di europei sono cresciute fruendo dei benefici dell’accordo di Schengen e considerandoli così naturali da non rendersene neppure conto. Reintrodurre i controlli alle frontiere interne comporterebbe un costo stimato in 100 miliardi di euro, pari allo 0,8 % del PIL europeo; e ci renderebbe tutti più poveri dal punto di vista culturale, sociale ed economico.

Il Comitato economico e sociale europeo aderisce senza riserve ai principi che nel 1985 hanno portato gli Stati membri firmatari dell’accordo di Schengen a dichiararsi «consapevoli che l’unione sempre più stretta fra i popoli degli Stati membri delle Comunità europee deve trovare la propria espressione nella libertà di attraversamento delle frontiere interne da parte di tutti i cittadini degli Stati membri e nella libera circolazione delle merci e dei servizi» e «desiderosi di rafforzare la solidarietà fra i propri popoli rimuovendo gli ostacoli alla libera circolazione attraverso le frontiere comuni fra gli Stati […]»: l’accordo, infatti, aveva come obiettivi l’unione e la solidarietà tra i popoli. Svuotare tale accordo, oltre a comportare conseguenze economiche spaventose, equivarrebbe a infliggere alla solidarietà, e alla stessa Unione europea, un colpo che potrebbe risultare fatale.

Il Comitato approva senza riserve anche il principio che ha indotto gli Stati membri firmatari del Trattato sul funzionamento dell’Unione a stabilire che «l’Unione sviluppa una politica volta […] a garantire l’assenza di qualsiasi controllo sulle persone, a prescindere dalla nazionalità, all’atto dell’attraversamento delle frontiere interne», prevedendo nel contempo una gestione efficace del controllo alle frontiere esterne (articolo 77, paragrafo 1).

In quanto rappresentanti della società civile europea, i membri del CESE esprimono pertanto una crescente preoccupazione per le pressioni che oggi vengono esercitate sull’accordo di Schengen. Il CESE invita i governi europei a non cedere alla pressione dei populismi ed alla paura, bensì a difendere i diritti per i quali abbiamo lottato. Il Comitato riconosce che i recenti avvenimenti sollevano seri problemi riguardo alle carenze esistenti nella gestione dei confini europei e nella nostra capacità di monitorare efficacemente la circolazione di coloro che li attraversano per nuocere. Tali preoccupazioni devono certo essere affrontate; ma il problema qui non è la libera circolazione, e l’accordo di Schengen non dovrebbe essere utilizzato come un comodo capro espiatorio. Le istituzioni dell’UE devono evitare ad ogni costo di smantellare progressivamente l’assetto garantito dall’accordo, e con esso il mercato interno, perché così facendo danneggeremmo noi stessi.

La forza e la tenuta dello spazio Schengen non possono ridursi a quelle del suo anello più debole. Proteggere le frontiere dell’UE dovrebbe essere un impegno comune, e tutti gli Stati membri dovrebbero condividerne la responsabilità. Gli impegni assunti dagli Stati membri per l’attuazione e lo sviluppo di un sistema Frontex operativo ed efficiente devono essere mantenuti. Senza controlli efficaci alle frontiere esterne, l’Unione non sarà in grado di concedere l’accesso ai profughi che hanno bisogno di aiuto. L’efficacia dei controlli alle frontiere esterne è, in ultima analisi, una precondizione del mantenimento del sistema Schengen. Tuttavia, la messa in sicurezza delle frontiere non deve portarci a erigere barriere nei confronti di coloro che hanno bisogno di protezione per motivi umanitari ai sensi della convenzione di Ginevra.

Dobbiamo essere pronti ad adottare soluzioni coraggiose in grado di tutelare i nostri diritti e proteggere la nostra Unione senza frontiere interne, consentendo alle persone di lavorare, intraprendere, studiare e scambiare idee, beni e servizi liberamente. Questa è la nostra Europa, questo è il nostro spazio Schengen, questi sono i nostri diritti sociali e fondamentali.

Il Comitato rivolge quindi un appello alle organizzazioni europee e nazionali della società civile affinché esse esprimano il loro sostegno non solo al mantenimento, ma anche al consolidamento e allargamento, dello spazio Schengen. E, da parte sua, si impegna ad intervenire presso le istituzioni dell’Unione, e in particolare il Consiglio, affinché gli Stati membri restino fedeli ai principi dei Trattati e degli accordi che rappresentano chiaramente un patrimonio acquisito per l’Unione dei popoli europei.

Bruxelles, 17 febbraio 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


PARERI

Comitato economico e sociale europeo

514a sessione plenaria del CESE dei giorni 17 e 18 febbraio 2016

14.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 133/3


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il futuro dell’agenda urbana dell’UE dal punto di vista della società civile»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza neerlandese dell’UE)

(2016/C 133/02)

Relatore:

Roman HAKEN

Il 28 agosto 2015 il ministro neerlandese dell’Interno e delle relazioni all’interno del Regno, Plasterk, ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo, a nome della presidenza neerlandese del Consiglio dell’Unione europea, di elaborare un parere esplorativo sul tema:

Il futuro dell’agenda urbana dell’UE dal punto di vista della società civile.

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza neerlandese dell’UE)

La sezione specializzata unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 gennaio 2016.

Nella sua 514a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 febbraio 2016 (seduta del 17 febbraio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 214 voti favorevoli e 1 voto contrario.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

L’agenda urbana dell’UE (1) (in appresso «Agenda») avrà un influsso diretto sulla vita di quell’80 % dei cittadini europei che, nel 2050, abiterà in città e centri urbani. Per formulare le disposizioni più efficaci possibile e garantire che esse vengano accettate dai cittadini, è importante fare in modo che le organizzazioni della società civile (OSC) partecipino su un piano di parità ai dibattiti sull’Agenda e alla sua attuazione. L’iniziativa della presidenza neerlandese, per la prima volta nella storia dell’UE, pone le città al centro dei dibattiti sullo sviluppo. Il CESE invita il Consiglio a riconoscere il livello comunale, in tutta la sua diversità, come un valido partner nel processo di integrazione europea.

1.2.

Il CESE ritiene che lavorare in partenariato rappresenti un modo efficace per affrontare queste tematiche, ampie e complesse. Il CESE pertanto attribuisce un grande valore al principio di partenariato, che viene infine applicato nel corso dell’elaborazione e dell’attuazione del periodo di programmazione 2014-2020 (2).

1.3.

Il partenariato — sia verticale che orizzontale — è un principio essenziale per garantire servizi pubblici moderni. Come ulteriore esempio di tale cooperazione il CESE suggerisce di prendere in considerazione i partenariati pubblico-privato (PPP), in quanto modelli di finanziamento di progetti urbani, nonché i diversi modelli di impresa sociale e anche i programmi europei basati sul partenariato, come Equal (3). Spetta alle amministrazioni pubbliche a vari livelli, in particolare alle città, riunire i partner pertinenti nel quadro di progetti comuni e utilizzare i finanziamenti in modo efficace.

1.4.

Una delle sfide che l’Agenda dovrà affrontare risiede nel modo di realizzare le strategie sviluppate nel quadro di partenariati tematici. È essenziale adottare l’approccio dal basso verso l’alto nella creazione dei partenariati come pure nello sviluppo e attuazione delle strategie. Il CESE sostiene pertanto l’approccio dal basso verso l’alto, che non equivale a un approccio basato su gruppi di esperti. È importante chiarire secondo quali modalità le OSC collaboreranno con le rispettive parti interessate: relazioni, consultazioni ecc.

1.5.

Nella messa a punto della nuova Agenda i partenariati orizzontali rivestono la stessa importanza dei partenariati verticali (tematici), i quali opereranno principalmente a livello locale nelle città e sono importanti non solo per la riflessione strategica, ma soprattutto per garantire l’attuazione, il monitoraggio e la valutazione. Le strategie locali messe a punto da partenariati locali con una buona conoscenza della situazione sul terreno rappresentano il modo migliore di tenere conto delle raccomandazioni dell’Unione europea e attuarle in modo efficace. Uno degli strumenti che il CESE raccomanda a tal fine è il CLLD (4).

1.6.

Per garantire un’attuazione efficace della nuova Agenda, è necessario:

a)

prendere in considerazione le esigenze fondamentali dei partner coinvolti e prestare attenzione alla creazione di capacità (in particolare per i partenariati urbani orizzontali). A tale proposito il CESE raccomanda di ricorrere alle risorse per l’«assistenza tecnica» messe a disposizione dai fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE);

b)

predisporre delle raccomandazioni metodologiche sui principi dei partenariati urbani responsabili. È importante disporre di un metodo di monitoraggio e valutazione dell’Agenda, che comprenda indicatori in grado di misurare i cambiamenti realizzati. Occorre coinvolgere i partner, comprese le OSC, nelle attività di valutazione e monitoraggio.

1.7.

Il CESE vorrebbe che venisse chiarito il modo in cui i partenariati tematici si occuperanno dei temi e delle sfide dello sviluppo urbano. I partenariati orizzontali dovrebbero essere destinati ad attuare misure specifiche in determinate aree urbane. È quindi necessario garantire la condivisione delle buone pratiche tramite eventi specifici. È essenziale che tutte le regioni dell’UE siano ugualmente coinvolte (in particolare nell’Europa meridionale e orientale). L’Agenda dovrà riconoscere i rapporti tra le città e le zone periurbane adiacenti/circostanti che contribuiscono alla qualità della vita urbana. L’Agenda non deve contrastare o limitare lo sviluppo delle zone rurali.

1.8.

Vari temi sono interconnessi e, in una certa misura, si sovrappongono. L’attuazione delle misure individuate per affrontare un tema influirà su una o più altre tematiche. Occorre assicurare che le misure adottate per migliorare la situazione in un settore non abbiano un effetto negativo in altri ambiti. Ciò non riguarda soltanto l’UE, ma anche il livello nazionale.

1.9.

Il CESE propone di inserire la partecipazione delle comunità urbane e dei cittadini come nuovo tema dell’Agenda. Le città hanno bisogno di un meccanismo efficace per dare più potere ai cittadini e ai gruppi di cittadini, in modo che possano diventare partner effettivi e solidi nei dibattiti e nella realizzazione delle priorità di sviluppo per le loro città, come pure nell’attuazione dell’Agenda. Solo una comunità forte, sicura di sé e con un elevato capitale sociale potrà affrontare le sfide che si profilano all’orizzonte. Il CESE è disposto a dare il proprio contributo per elaborare tale idea.

1.10.

Si dovrebbero includere anche elementi come quelli indicati nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, che stabilisce 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, e in particolare l’obiettivo 11: «Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili». Il CESE ha adottato una posizione al riguardo nel settembre 2015 (5). L’UE non dispone delle stesse competenze in tutti i settori di intervento, e i poteri ad essa conferiti in particolare in relazione alle questioni sociali non appaiono sufficienti. È discutibile se l’UE possa influenzare lo sviluppo urbano nel settore sociale o valutare adeguatamente l’impatto sociale delle misure attuate in altri settori di intervento. Se gli impatti ambientali possono essere individuati attraverso la procedura di VIA, la valutazione dell’impatto sociale è ancora carente.

1.11.

Il CESE è interessato a diventare un membro a pieno titolo del gruppo direttivo dell’Agenda e a partecipare ai partenariati avviati in tale ambito. Il CESE rappresenta le OSC di tutti gli Stati membri: si tratta di organizzazioni rispettate e competenti, in grado di contribuire allo sviluppo urbano.

2.   Il partenariato come principio dell’Agenda urbana dell’UE e il coinvolgimento del CESE nell’Agenda

2.1.

L’Agenda propone di creare partenariati composti da circa 15 membri, 11 dei quali saranno rappresentanti della pubblica amministrazione (città, Stati membri, Commissione europea). Tra gli altri membri potrebbero figurare rappresentanti delle autorità di gestione dei fondi SIE, esperti e ONG. Il CESE si rammarica che l’invito a formulare osservazioni in materia gli sia stato rivolto soltanto dopo che alcuni dei partenariati erano già stati creati.

2.2.

Il CESE suggerisce di adottare una rappresentanza più equilibrata nei partenariati. Un valido esempio di equa rappresentanza è costituito dal programma Leader, nel cui ambito un partenariato non può comprendere più del 50 % di membri provenienti dalla pubblica amministrazione. Il CESE raccomanda un coinvolgimento molto più ampio dei gruppi destinatari (abitanti delle zone urbane). È importante che i residenti in quanto tali abbiano più voce in capitolo sul futuro delle città. La maggior parte delle aree tematiche individuate non può essere affrontata senza l’impegno delle ONG, delle parti sociali e delle imprese. Tutti gli esempi positivi in Europa hanno dimostrato di essere dovuti, in gran parte, all’impegno di forze non appartenenti alla pubblica amministrazione e ad un’efficace cooperazione pubblico-privato.

2.3.

Mentre tutti i temi prioritari dell’Agenda sono pertinenti per le OSC, essi vanno al di là delle funzioni svolte tradizionalmente dalla società civile. Le ONG, le imprese sociali e le cooperative stanno sviluppando sempre di più le loro capacità o elaborando nuovi modelli economici od organizzativi per fornire servizi di interesse pubblico. È necessario che le autorità pubbliche siano in grado di vedere se stesse dal punto di vista dei gruppi e delle organizzazioni che operano nelle aree urbane. Il CESE suggerisce che il coinvolgimento di reti nazionali o regionali oppure di organizzazioni locali con una grande esperienza su un determinato tema sarebbe altrettanto utile quanto la creazione di reti europee.

2.4.

Il CESE non dispone di informazioni circa il modo in cui le OSC pertinenti saranno individuate e/o selezionate. Esso mette a disposizione la propria capacità e conoscenza della società civile organizzata per la scelta dei rappresentanti delle ONG e delle parti sociali da includere nei partenariati tematici.

3.   Raccomandazioni per le attività dei partenariati e il processo di partecipazione dell’Agenda

3.1.

Ogni cittadino dell’UE ha il diritto di conoscere, capire e anche influenzare le politiche dell’UE. Il CESE sottolinea che un partenariato non dovrebbe diventare un circolo ristretto. Il modo in cui i partenariati comunicano con il mondo esterno è molto importante. Un’amministrazione pubblica aperta, che comunica con il pubblico e con le organizzazioni che rappresentano gli interessi dei cittadini, dovrebbe essere un elemento chiave dello sviluppo urbano. Dato che non è possibile conseguire gli obiettivi strategici senza il sostegno degli abitanti del luogo e delle OSC, è importante garantire la trasparenza e la partecipazione effettiva delle parti interessate alla preparazione e attuazione dell’Agenda. Coinvolgere le persone che lo desiderano è il modo migliore per assicurarsi il loro sostegno ai risultati. Il CESE propone di lanciare un invito alle organizzazioni che potrebbero voler condividere le loro esperienze e idee sui temi dell’Agenda e partecipare ad alcune delle riunioni dei partenariati.

3.2.

I partenariati devono avvalersi di una serie di strumenti di comunicazione e partecipazione per condividere, comunicare e consultare. Non è possibile coinvolgere e consultare efficacemente i cittadini tramite un unico strumento. È necessaria una combinazione di metodi che sia in grado di rivolgersi a vari tipi di soggetti, fornire diversi tipi di contributi e consentire diversi livelli di partecipazione. I partenariati dovrebbero ricorrere a tecniche attuali quali i media sociali, nonché ad indagini, seminari, gruppi di riflessione ecc., in modo da ottenere riscontri sulle loro attività. Il CESE raccomanda di prevedere una partecipazione supplementare (più ampia) del pubblico quando vengono affrontate questioni specifiche per le quali vi è l’esigenza chiara di tenere un dibattito pubblico più esteso nonché di dare un riscontro ai cittadini.

3.3.

I partenariati dovrebbero organizzare visite in loco e incontri con varie parti interessate al di là della cerchia ristretta del partenariato. Incontrare iniziative civili sul terreno e acquisire una conoscenza dei loro limiti e della loro cooperazione con le amministrazioni pubbliche può influenzare in modo significativo il dibattito nel quadro del partenariato. Se l’Agenda non si basa sulle pratiche esistenti, le politiche che ne derivano rischiano di trascurare le conoscenze disponibili.

3.4.

I piani d’azione dovrebbero essere oggetto di una consultazione aperta online. Ciò assicurerebbe che tutte le parti interessate possano contribuire al loro contenuto e che si tenga conto di tutti gli interessi in gioco.

4.   Pilastri prioritari per partenariati tematici

4.1.   Città inclusive

4.1.1.

Posti di lavoro e competenze nell’economia locale — le OSC svolgono una serie di funzioni, ad esempio come datori di lavoro, insegnanti o formatori — che sono importanti per la creazione di nuovi posti di lavoro. Il CESE raccomanda di consultare organizzazioni, come Eurochambres, che rappresentano le PMI, i centri per l’impiego e gli istituti di istruzione e formazione. L’Agenda deve trattare le modalità con cui le città effettueranno un’analisi delle esigenze di competenze nel loro territorio. Le OSC devono essere informate in merito a tali esigenze, e va lanciata una cooperazione intesa a promuovere l’istruzione, l’apprendimento permanente e la formazione che forniranno le competenze mancanti nel mercato del lavoro.

4.1.2.

Povertà urbana — sono le OSC che attuano la maggior parte dei programmi volti a prevenire e combattere la povertà urbana nelle città. Il CESE raccomanda di coinvolgere organizzazioni quali la rete europea contro la povertà. A questo proposito, il CESE è anche consapevole dell’importanza di aspetti quali: a) periferie ed emarginazione, b) ghetti, c) quartieri svantaggiati, d) bambini affidati ad istituti e transizione da servizi di tipo istituzionale a servizi basati sulla famiglia e sulla comunità, e) invecchiamento della popolazione e vulnerabilità degli anziani.

4.1.3.

Alloggi — al fine di garantire alloggi sostenibili e di qualità come previsto dalla Carta delle Nazioni Unite sull’edilizia sostenibile, le OSC svolgono un ruolo importante nel rappresentare e collaborare con entrambe le parti: proprietari e utenti. Il CESE raccomanda di rivolgersi a organizzazioni quali l’Unione internazionale degli inquilini, alle associazioni dei proprietari di case e appartamenti, alle cooperative edili, ad architetti o urbanisti. Questo tema solleva questioni importanti in materia di: a) pianificazione urbana, b) alloggi sociali e c) spostamento dei cittadini nelle aree periurbane alla ricerca di alloggi migliori.

4.1.4.

Inclusione dei migranti e dei rifugiati — occorre affrontare non soltanto le questioni a breve termine (sopperire alle esigenze di base), ma anche — una volta che i migranti si saranno stabiliti — permettere la loro integrazione nella società europea: aiutarli a seguire un percorso di istruzione, a trovare un lavoro ecc., condividere con loro i valori e le tradizioni dell’UE nonché fare rientrare tali valori e tradizioni nelle loro vite pur rispettando la loro cultura di origine. OSC come le chiese, le organizzazioni sociali, gli organismi di istruzione e formazione, i gruppi di bambini e di genitori ecc. svolgono una funzione cruciale accanto alle autorità pubbliche. Il CESE raccomanda di consultare, tra gli altri, Solidar o Lumos. Andrebbero affrontate questioni come quella dei minori non accompagnati — un gruppo particolarmente vulnerabile che richiede un’attenzione speciale.

4.1.5.

Uso sostenibile del territorio e soluzioni fondate sulla natura — l’obiettivo dell’Agenda è strettamente correlato a una modifica degli atteggiamenti e degli stili di vita delle persone. Garantire che i cambiamenti nelle città rispettino l’ambiente è un settore in cui è fondamentale il coinvolgimento di OSC come i rappresentanti dei proprietari di terreni, le associazioni di PMI e le organizzazioni di comunità che ispirano i movimenti di riqualificazione dei quartieri. Il CESE raccomanda di coinvolgere, ad esempio, associazioni quali, Amici della terra Europa o Elard. Il CESE reputa importanti i seguenti aspetti: a) pianificazione territoriale (verticale) e b) problemi delle aree suburbane fornitrici di prodotti (alimenti, acqua pulita) ma anche di servizi ecosistemici essenziali che migliorano la qualità della vita degli abitanti delle città.

4.2.   Economia urbana

4.2.1.

Economia circolare — per un’economia circolare efficace è importante cambiare il modo in cui le persone considerano i rifiuti e presentarli invece come una risorsa potenziale. Le attività di istruzione e informazione condotte dalle organizzazioni ambientaliste e dagli istituti di istruzione rivestono grande importanza. I centri di ricerca e innovazione, insieme con le imprese specializzate e le associazioni di PMI che operano in questo settore, saranno attori principali della ricerca e dell’attuazione di nuovi approcci nelle città. Il CESE raccomanda di invitare, ad esempio, la rete REVES a tenere dibattiti.

4.3.   Città verdi

4.3.1.

Adattamento ai cambiamenti climatici — un ruolo essenziale spetta alle imprese ad alta tecnologia, agli istituti di ricerca e alle università. È necessario anche istruire e informare i semplici cittadini per facilitare il loro coinvolgimento e l’accettazione delle disposizioni in materia. Il CESE suggerisce di consultare, ad esempio, Green 10.

4.3.2.

Transizione energetica — i cambiamenti strutturali nei sistemi energetici, come un passaggio sostanziale alle energie rinnovabili e una maggiore efficienza energetica, possono essere realizzati solo con il pieno coinvolgimento di partner provenienti da imprese del settore e con il sostegno dei cittadini. Greenpeace, ad esempio, è un’organizzazione attiva in questo settore.

4.3.3.

Mobilità urbana — la mobilità urbana sostenibile è un ambito in cui si può fare poco se i cittadini stessi non sono disposti a modificare le loro abitudini in fatto di mobilità. Per questo il CESE suggerisce di coinvolgere organizzazioni come il CEEP (Centro europeo dei datori di lavoro e delle imprese che forniscono servizi pubblici), BusinessEurope, l’ETF (Federazione europea dei lavoratori dei trasporti), Polis (rete di città e regioni europee che sviluppano tecnologie e politiche innovative per il trasporto locale), la Federazione europea dei ciclisti e l’IPR di Praga (Istituto di pianificazione e sviluppo). Riteniamo inoltre che in quest’ambito sia importante prevedere approcci integrati, come i piani di mobilità urbana sostenibile (SUMP), e pertanto consideriamo la mobilità urbana come un fattore di sviluppo economico, miglioramento delle condizioni ambientali e transizione energetica nelle città. Il CESE sottolinea l’importanza di strumenti specifici di finanziamento dell’UE per la mobilità urbana, settore che necessita di investimenti ad alta intensità di capitale.

4.3.4.

Qualità dell’aria — è essenziale la cooperazione di imprese, organizzazioni sanitarie, ONG ambientali, università e istituti di ricerca ecc. I partenariati dovrebbero coinvolgere organizzazioni quali la rete CAN (Climate Action Network Europe).

4.4.   Città intelligenti

4.4.1.

Transizione digitale — la digitalizzazione della società rappresenta un cambiamento di paradigma. L’obiettivo è fornire servizi migliori ai cittadini e creare opportunità imprenditoriali. Un esempio significativo in materia di città intelligenti è l’approccio della tripla e quadrupla elica, che riuniscono in progetti comuni le parti interessate nella gestione delle città, gli istituti di istruzione superiore, le imprese e la società civile. Tale modello dovrebbe essere diffuso in Europa. In questo capitolo riteniamo pertinenti i seguenti aspetti: a) pianificazione urbana prevedibile in ogni comune e b) uso delle reti sociali e di Internet per la comunicazione tra comuni e cittadini. I partenariati dovrebbero coinvolgere anche organizzazioni come Transparency International.

4.5.   Appalti pubblici innovativi e responsabili

4.5.1.

Le città hanno un considerevole potenziale ai fini dell’attuazione di approcci innovativi: esse possono fungere da precursori, e non soltanto nel campo degli appalti pubblici. Tuttavia, è importante collaborare con i centri di sostegno e innovazione aziendale, nonché con OSC dell’UE come CEE Bankwatch Network. In questo ambito il CESE sottolinea l’importanza di: a) ricorrere agli appalti pubblici per contribuire all’economia sociale locale e b) adottare metodi specifici per motivare le città ad optare per appalti pubblici innovativi invece che per le soluzioni meno costose.

4.6.

Le città fanno parte di sistemi complessi, in cui una zona periurbana più ampia fornisce sostegno e risorse essenziali che consentono ai centri urbani di funzionare e di avere successo. Occorre coinvolgere partner provenienti dalle aree circostanti le città, compresi i gruppi di azione locale, in modo da fornire un valido collegamento tra zone urbane e rurali, in particolare per quanto riguarda gli auspicabili partenariati rurale/urbano. Al momento di pianificare il loro sviluppo, le città devono tenere conto delle strategie esistenti, quali le strategie macroregionali e le pertinenti strategie di sviluppo microregionale.

Bruxelles, 17 febbraio 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  http://ec.europa.eu/regional_policy/index.cfm/en/policy/themes/urban-development/agenda

(2)  Cfr. i lavori in materia del CESE, del Consiglio europeo, della Commissione europea, del Parlamento europeo e del Comitato delle regioni:

Come favorire partenariati efficaci nella gestione dei programmi della politica di coesione sulla base delle buone prassi del ciclo 2007-2013 (GU C 44 dell’11.2.2011, pag. 1).

Il principio di partenariato nell’attuazione dei fondi del quadro strategico comune — elementi di un codice di condotta europeo sul partenariato (GU C 44 del 15.2.2013, pag. 23.

Lo sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD) come strumento della politica di coesione 2014-2020 per lo sviluppo locale, rurale, urbano e periurbano (GU C 230 del 14.7.2015, pag. 1).

Rafforzare i processi partecipativi e il coinvolgimento degli enti locali, delle ONG e delle parti sociali nell’attuazione della strategia Europa 2020 (GU C 299 del 4.10.2012, pag. 1).

Valutazione delle consultazioni dei soggetti interessati da parte della Commissione europea (GU C 383 del 17.11.2015, pag. 57).

http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//NONSGML+REPORT+A8-2015-0218+0+DOC+PDF+V0//IT

http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52013IR6902

http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv:c10237

http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex:32013R1303, articolo 5, paragrafo 3, in merito al codice europeo di condotta sul partenariato.

(3)  http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=uriserv:c10237.

(4)  Lo sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD) come strumento della politica di coesione 2014-2020 per lo sviluppo locale, rurale, urbano e periurbano (GU C 230 del 14.7.2015, pag. 1).

(5)  http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.press-releases.37475


14.4.2016   

IT

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C 133/9


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Lottare contro la povertà»

(parere esplorativo)

(2016/C 133/03)

Relatore:

Seamus BOLAND

Correlatrice:

Marjolijn BULK

Con lettera del 16 dicembre 2016, il ministero neerlandese degli Affari sociali e dell’occupazione, a nome della presidenza neerlandese del Consiglio, ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo, conformemente all’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di elaborare un parere esplorativo sul tema:

Lottare contro la povertà

(parere esplorativo).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 28 gennaio 2016.

Alla sua 514a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 febbraio 2016 (seduta del 18 febbraio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 197 voti favorevoli, 4 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

Il CESE:

1.1.

sostiene la presidenza neerlandese del Consiglio nella sua intenzione di affrontare la povertà e l’esclusione sociale attraverso approcci integrati e la cooperazione con le parti interessate — pubbliche e private — pertinenti. Tuttavia, ritiene altresì che gli Stati membri dovrebbero essere sostenuti da un quadro europeo comune che promuova approcci di questo tipo e faciliti lo scambio di informazioni e la circolazione delle buone pratiche nella lotta contro la povertà e l’aumento delle diseguaglianze — fenomeni, questi, che non solo destano grave preoccupazione di per se stessi, in quanto implicano un’assenza di giustizia sociale, ma che per di più vanno a detrimento dei risultati e della crescita economici e della coesione sociale;

1.2.

sostiene la presidenza neerlandese del Consiglio nei suoi sforzi volti a promuovere le valutazioni tra pari delle buone pratiche multilivello intese a combattere la povertà, ma sottolinea che gli enti locali e gli altri attori che attuano tali pratiche dovrebbero essere sostenuti da valide strategie nazionali;

1.3.

sollecita il Consiglio dell’UE a ribadire l’impegno assunto nella strategia Europa 2020 di ridurre il numero di europei che vivono al di sotto della soglia di povertà, facendo uscire dalla povertà almeno 20 milioni di persone entro il 2020;

1.4.

raccomanda che, nel far ciò, il Consiglio tenga conto degli obiettivi di sviluppo sostenibile delineati nell’Agenda 2030 a favore dello sviluppo sostenibile e si assicuri che quest’ultima sia collegata alla strategia Europa 2020;

1.5.

è convinto che le strutture di governance a livello di Consiglio dovrebbero essere più equilibrate, e chiede una maggiore cooperazione tra i Consigli Ecofin ed EPSCO;

1.6.

ritiene che, nel corso del semestre europeo, gli obiettivi sociali e quelli in materia di occupazione dovrebbero essere posti sullo stesso piano delle considerazioni macroeconomiche;

1.7.

raccomanda che il semestre europeo tenga pienamente conto dell’obiettivo di riduzione della povertà fissato dalla strategia Europa 2020, e che tale tematica sia sistematicamente affrontata durante l’intero processo, cominciando dall’analisi annuale della crescita per proseguire con i programmi nazionali di riforma e terminare con le raccomandazioni specifiche per paese, tramite: 1) misure specifiche di riduzione della povertà; 2) indicatori comparabili del livello di povertà e dell’efficacia delle politiche; e 3) valutazioni d’impatto sociale obbligatorie di tutte le agende di riforma proposte dai programmi di riforma nazionali e dalle raccomandazioni specifiche per paese;

1.8.

in particolare nell’ottica della lotta contro la povertà, esorta l’Unione europea ad abbandonare le politiche economiche tuttora improntate esclusivamente all’austerità;

1.9.

sollecita gli Stati membri a lanciare le loro strategie nazionali integrate per la lotta contro la povertà e, a questo scopo, a cercare orientamenti nel documento della Commissione intitolato «Raccomandazione relativa all’inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro» (1), che, grazie all’interazione tra i suoi tre filoni principali (1. adeguato sostegno al reddito, 2. mercati del lavoro inclusivi e 3. accesso a servizi di qualità), è in generale considerato la strategia più completa ed efficace per eliminare la povertà e l’esclusione sociale;

1.10.

sottolinea gli elevati tassi di povertà infantile negli Stati membri e l’urgente necessità di attuare la raccomandazione della Commissione dal titolo «Investire nell’infanzia: spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale» (2), che fa parte del pacchetto di investimenti sociali 2013 e che presenta una struttura molto simile a quella della raccomandazione relativa all’inclusione attiva, dato che contiene tre filoni analoghi: 1. accesso a risorse adeguate, 2. accesso a risorse di qualità e ad un prezzo ragionevole, e 3. diritto dei minori a partecipare alla vita sociale;

1.11.

esprime massima preoccupazione per il crescente livello di povertà dei lavoratori, che impone un riesame critico delle riforme adottate di recente per promuovere l’occupazione mediante la liberalizzazione dei rapporti di lavoro;

1.12.

esorta vivamente la Commissione ad avviare un processo separato per migliorare le statistiche dell’UE e nazionali sulla povertà e le disuguaglianze, creando in tal modo un insieme più elaborato di indicatori comuni in grado di fornire dati pertinenti per gli interventi a livello nazionale e dell’UE, tra cui anche misure relative agli obiettivi di sviluppo sostenibile e al semestre europeo;

1.13.

ribadisce la proposta di introdurre un reddito minimo adeguato a livello di Unione europea;

1.14.

invita la Commissione a promuovere con decisione, a livello UE, misure di prevenzione e contrasto dell’eccessivo indebitamento, con particolare riguardo alla concessione irresponsabile di credito e all’usura;

1.15.

chiede alla Commissione di proporre senza indugio dei nuovi orientamenti sulla consultazione delle parti interessate in ambito sociale, consentendo ad esse, nel quadro del semestre europeo, di contribuire in maniera strutturata a tutte le fasi del relativo processo, ossia dalla concezione all’attuazione fino alla valutazione;

1.16.

sollecita gli Stati membri a utilizzare meglio i fondi UE disponibili per sostenere l’inclusione sociale, e chiede alla Commissione di consultare urgentemente gli Stati membri e le parti interessate per stabilire se la decisione di destinare il 20 % del Fondo sociale europeo (FSE) alla promozione dell’inclusione sociale e alla lotta contro la povertà venga attuata effettivamente;

1.17.

ed esorta caldamente la Commissione a inserire una serie di principi per norme e sistemi sociali più efficaci e affidabili nel preannunciato «pilastro europeo di diritti sociali», e a far sì che la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale diventi una delle componenti principali di questo pilastro.

2.   Introduzione

2.1.

La presidenza neerlandese del Consiglio pone l’accento sulla necessità di invertire la tendenza all’aumento della povertà nell’UE. A tal fine desidera incoraggiare la condivisione delle buone pratiche, in particolare per quanto riguarda gli approcci integrati e la cooperazione tra le parti interessate — pubbliche e private — pertinenti.

2.2.

Nei suoi pareri sulla lotta contro la povertà, il CESE ha di frequente adottato un approccio «dall’alto» a questo problema, ritenendo — allora come oggi — che la responsabilità di combattere la povertà incomba ai decisori politici (istituzioni dell’UE e governi degli Stati membri); ciò nonostante, esso accoglie con favore l’intenzione della presidenza del Consiglio di organizzare valutazioni tra pari per studiare degli approcci «dal basso» alla lotta contro la povertà, come ad esempio quelli di partenariato adottati da alcuni Stati membri, che prevedono la partecipazione di diverse parti interessate, tra cui il settore pubblico, le parti sociali, le organizzazioni di base e quelle senza scopo di lucro e dell’economia sociale.

2.3.

Il CESE, dunque, conviene pienamente sul fatto che la lotta contro la povertà richiede un approccio multilaterale e che tutte le parti interessate dovrebbero contribuire a ridurre al massimo questo fenomeno. Gli esempi di buone pratiche menzionati nel presente parere sono stati forniti da diverse parti interessate europee (3).

3.   Osservazioni generali — La necessità di lottare contro la povertà

3.1.

Sebbene dal 2008 si siano succedute diverse gravi crisi economiche e finanziarie che hanno contribuito ad accrescere l’instabilità e la povertà nell’Unione europea, i sistemi di protezione sociale della maggior parte degli Stati membri hanno contribuito ad attenuare gli effetti della crisi. Tuttavia, con la crisi finanziaria del 2011 questa tendenza si è invertita e le misure di austerità di bilancio hanno iniziato a frenare la spesa sociale, contribuendo ad aggravare la situazione — e ormai persino la Commissione europea riconosce che l’obiettivo di riduzione della povertà è praticamente irraggiungibile. In particolare alla luce di tali constatazioni, il CESE reputa quindi necessario e urgente che l’UE abbandoni una politica economica che continua ad essere improntata esclusivamente all’austerità.

3.2.

Senza protezione sociale quasi la metà degli europei vivrebbe in condizioni di povertà. E tuttavia le tre funzioni cruciali delle politiche di sicurezza sociale — stabilizzazione automatica, protezione sociale e investimenti sociali — sono state indebolite dai vincoli di bilancio introdotti di recente per contrastare la crisi. Questa situazione deve cambiare.

3.3.

Il CESE riconosce inoltre l’indissolubile legame tra povertà e cattive condizioni di salute, che giustifica la necessità di considerare la lotta contro la povertà come una priorità. I dati indicano costantemente che gli abitanti delle zone con elevati tassi di povertà sono anche in condizioni di salute peggiori rispetto a coloro che vivono in zone più prospere (4). In alcune parti del Regno Unito, ad esempio, si è riscontrato che gli uomini e le donne che vivono nelle zone meno prospere muoiono, rispettivamente, circa undici e sette anni prima rispetto ai loro congeneri che abitano in zone di maggiore benessere (5).

3.4.

Il CESE è persuaso che la strategia Europa 2020 dovrebbe essere connessa molto meglio al semestre europeo. L’obiettivo di riduzione della povertà deve rimanere una componente centrale di questa strategia, e i livelli di ambizione manifestati dagli Stati membri dovrebbero essere molto più elevati. La somma dei 28 impegni individuali a ridurre la povertà non corrisponde all’ambizione condivisa dall’UE di far uscire almeno 20 milioni di persone dalla povertà entro il 2020.

3.5.

La riduzione della povertà è in primo luogo di competenza degli Stati membri, i quali potrebbero migliorare la loro situazione condividendo con le controparti le buone pratiche in materia, tra cui anche gli approcci integrati e la cooperazione tra le parti interessate — pubbliche e private — pertinenti. Il Consiglio, da parte sua, dovrebbe invitare gli Stati membri a sviluppare le strategie integrate necessarie per ridurre la povertà.

3.6.

Aumenta la povertà, ma aumentano in particolare i lavoratori poveri. La Commissione dovrebbe valutare gli effetti delle recenti misure di riforma, tese a stimolare l’occupazione per mezzo di una liberalizzazione dei rapporti di lavoro, sull’aumento di tali lavoratori.

3.7.

Le valutazioni d’impatto sociale dovrebbero svolgere un ruolo importante in tutto il processo legislativo al fine di tenere maggiormente conto del carattere pluridimensionale della povertà e dell’esclusione sociale (che va oltre la povertà materiale per includere altre forme di svantaggi sociali ed economici, come la mancanza di un accesso regolare all’istruzione, all’occupazione, all’alloggio, all’assistenza sanitaria e alla partecipazione sociale).

3.8.

La povertà costituisce inoltre una preoccupazione a livello mondiale. Le istituzioni dell’UE e gli Stati membri dovrebbero tenere conto degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite (6) adottati nel 2015 (e principalmente dell’obiettivo 1: eliminare la povertà dovunque e in tutte le sue forme), ed integrarli nelle loro strategie. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (7) dovrebbe essere connessa con la strategia Europa 2020.

3.9.

Il CESE è consapevole del fatto che la Commissione europea si accinge a varare un «pilastro europeo di diritti sociali», nel quale, secondo la Commissione stessa, il concetto di «convergenza verso l’alto» degli Stati membri nelle questioni sociali svolgerà un ruolo importante. Il CESE incoraggia la Commissione a includere nel pilastro una serie di principi a favore di norme e sistemi sociali più efficaci e affidabili (8) (e più precisamente norme sociali solide per un adeguato sostegno al reddito lungo tutto l’arco della vita, mercati del lavoro inclusivi e un accesso non discriminatorio a servizi di alta qualità e a prezzi accessibili per tutti), trasformando in tal modo la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale in una delle componenti principali di tale pilastro.

4.   Osservazioni specifiche — Strumenti da vagliare

4.1.

La Commissione europea ha svolto un ruolo particolarmente attivo nel proporre una serie di raccomandazioni globali, che sono state giudicate estremamente utili ai fini della lotta contro la povertà. Si tratta in particolare della «Raccomandazione relativa all’inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro» e della raccomandazione intitolata «Investire nell’infanzia: spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale». Se il Consiglio intende privilegiare un «approccio integrato» alla lotta contro la povertà, dovrebbe anzitutto rammentare agli Stati membri la necessità di seguire alla lettera tali raccomandazioni.

4.2.

Un’altra iniziativa valida varata dalla Commissione è costituita dal pacchetto di investimenti sociali (9) del 2013. Il CESE ha già sollecitato la Commissione a perseguire un programma di investimenti sociali ambizioso e di ampio respiro e a portarlo avanti con decisione in tutte le fasi del semestre europeo (10). Effettuare investimenti sociali significa, tra le altre cose, attuare politiche che preparino le persone e le famiglie a far fronte ai nuovi rischi sociali che la «società della conoscenza» competitiva comporta, investendo nel capitale umano sin dalla prima infanzia anziché limitarsi a «porre rimedio» ai danni dopo i momenti di crisi economica o politica (11). Tuttavia, gli investimenti sociali, nonostante i vantaggi che presentano, non costituiscono ancora un approccio adottato da tutti gli Stati membri. Se il Consiglio intende raccogliere le buone pratiche nella lotta contro la povertà, dovrebbe senz’altro esaminare i risultati conseguiti finora nel settore degli investimenti sociali e sostenere questo tipo di iniziativa (12).

4.3.

I regimi di reddito minimo attuati in alcuni Stati membri non sono sufficienti per combattere la povertà (13). E anche le riforme di tali regimi varate dal 2010 ad oggi in alcuni paesi (tra cui l’Austria, la Germania, la Spagna e il Portogallo) oppure annunciate o in fase di sperimentazione in altri (come la Grecia e l’Italia) non sono sufficienti. Il CESE ha chiesto l’introduzione, a livello UE, di misure di sostegno a favore di un reddito minimo adeguato in Europa (14), nonché di investimenti in sistemi di protezione sociale universali, globali e adeguati, in grado di prevenire rischi di povertà lungo tutto l’arco della vita (15). Il Consiglio dovrebbe sostenere tutte queste misure.

4.4.

D’altro canto, la concessione senza regole e irresponsabile di credito al consumo e la valutazione poco accurata della capacità finanziaria delle famiglie hanno generato, in questi ultimi tempi di crisi e di politiche di austerità, una spirale di sovraindebitamento che interessa ormai circa il 70 % delle persone indebitate che in Europa vivono al di sotto della soglia di povertà — alcune delle quali, peraltro, hanno sì un impiego, ma retribuito in misura insufficiente a coprire i loro debiti. Questa situazione richiede misure di rigore e di contenimento in materia di concessione dei crediti al consumo, specialmente da parte di intermediari e di organismi non finanziari che non rispettano la regolamentazione vigente e spingono le persone ad assumere prestiti a tassi usurari.

5.   Osservazioni specifiche — Misure in materia di governance

5.1.

A causa della crisi dell’euro, la governance economica europea è stata modificata profondamente. L’accento è stato posto in primo luogo sulla stabilità macroeconomica e sulle «riforme che stimolano la crescita», mentre a tutt’oggi non si è prestata sufficiente attenzione alla governance sociale. Tuttavia, le politiche economiche dovrebbero tenere conto dell’impatto che avranno sull’occupazione di qualità e sulla coesione sociale. Inoltre, visto che l’UEM trarrebbe vantaggio da una dimensione sociale, le strutture di governance a livello di Consiglio dovrebbero essere più equilibrate e la cooperazione tra i Consigli Ecofin ed EPSCO andrebbe rafforzata.

5.2.

Il comitato per l’occupazione (EMCO) e il comitato per la protezione sociale (CPS) dovrebbero continuare a svolgere un ruolo attivo nella valutazione delle riforme nazionali nel quadro del processo del semestre europeo, ma dovrebbero anche iniziare progressivamente a consultare le parti europee interessate a livello di UE.

5.3.

L’indicatore composito di «povertà», usato per definire la povertà nella strategia Europa 2020, si basa su tre indicatori specifici: 1) la percentuale di persone a rischio di povertà; 2) la percentuale di persone in condizioni di grave deprivazione materiale; e 3) la percentuale di persone che vive in famiglie con un’intensità di lavoro molto bassa. Nel quadro di tale strategia, gli Stati membri sono tenuti a fissare i propri obiettivi nazionali per concorrere all’obiettivo generale sulla base di questi tre indicatori e in linea con le rispettive priorità e situazioni nazionali. Tuttavia, secondo il CESE, il fatto che gli Stati membri abbiano avuto la libertà di scegliere tra i tre suddetti indicatori, fatto che ha contribuito alle differenze di impostazione tra i singoli paesi, potrebbe rendere necessario formulare delle nuove raccomandazioni.

5.4.

Dalla valutazione dei programmi nazionali di riforma (PNR) del 2015 effettuata dalla Rete europea delle associazioni di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale (EAPN) risulta che nell’88 % dei casi la povertà non figurava tra le priorità principali e che nessuna delle raccomandazioni specifiche per paese del 2015 menzionava la riduzione della povertà (16). L’EAPN ha pertanto proposto che il semestre europeo si concentri maggiormente sulle questioni sociali, dalle analisi annuali della crescita alle raccomandazioni specifiche per paese sulla riduzione della povertà per tutti i paesi (17). Il CESE concorda con questa proposta, e raccomanda che le parti interessate dei diversi paesi siano coinvolte nella preparazione, nell’attuazione e nella comunicazione dei programmi nazionali di riforma. Più in generale, i risultati delle consultazioni con i pertinenti soggetti interessati a livello europeo e nazionale dovrebbero essere resi pubblici nell’ambito del semestre europeo, per consentire agli Stati membri di apprendere gli uni dagli altri.

5.5.

La Commissione dovrebbe avviare un processo separato per migliorare le statistiche dell’UE e nazionali sulla povertà e sulle disuguaglianze, al fine di perfezionare il monitoraggio di questo problema sociale pluridimensionale. Tale azione dovrebbe portare a definire un insieme più accurato di indicatori comuni in grado di fornire dati pertinenti ai fini delle misure da adottare a livello nazionale e dell’UE, e in particolare di quelle relative agli obiettivi di sviluppo sostenibile e al semestre europeo.

5.6.

Le valutazioni d’impatto sociale sono di grande aiuto quando si tratta di individuare i rischi relativi alla povertà che potrebbero derivare dalle misure da adottare in una serie di importanti settori di riforma, quali il risanamento di bilancio, la gestione del debito pubblico, la fiscalità, il mercato del lavoro, la regolamentazione dei mercati finanziari, la fornitura di servizi pubblici e gli investimenti pubblici. In particolare, valutazioni d’impatto sociale tempestive dovrebbero essere eseguite negli Stati membri e a livello dell’UE nell’ambito del semestre europeo, in stretta consultazione con le parti sociali, la società civile e gli esperti pertinenti.

5.7.

Il semestre europeo dovrebbe tenere pienamente conto dell’obiettivo di riduzione della povertà fissato dalla strategia Europa 2020, e tale tematica dovrebbe essere sistematicamente affrontata durante l’intero processo, tramite: 1) misure specifiche di riduzione della povertà; 2) indicatori comparabili del livello di povertà e dell’efficacia delle politiche; e 3) valutazioni d’impatto sociale obbligatorie di tutte le agende di riforma proposte dai PNR e dalle raccomandazioni specifiche per paese.

5.8.

Gli Stati membri dovrebbero elaborare e attuare delle strategie nazionali globali e integrate per lottare contro la povertà, l’esclusione sociale e la discriminazione. Queste strategie dovrebbero affrontare le seguenti tematiche: un adeguato sostegno al reddito, mercati del lavoro inclusivi, un’occupazione di qualità, la parità di accesso a servizi di qualità e a prezzi abbordabili, un migliore utilizzo dei fondi strutturali dell’UE, l’integrazione economica e sociale dei migranti, la lotta alla discriminazione e la stretta collaborazione con le parti sociali e le pertinenti parti interessate non governative.

5.9.

Occorre inoltre combattere il sovraindebitamento tramite l’adozione di politiche responsabili di concessione del credito (rigida regolamentazione degli intermediari e del rilascio delle carte di credito, divieto di pubblicità aggressiva, divieto di usura, divieto di pignoramento dell’abitazione e di altri beni essenziali), di rafforzamento della mediazione nella risoluzione delle controversie, di sostegno al recupero delle persone eccessivamente indebitate (new start policy, ossia «politica della seconda opportunità»), nonché di informazione, educazione e prevenzione in materia di sovraindebitamento.

5.10.

Gli Stati membri devono utilizzare i fondi strutturali dell’UE per promuovere l’inclusione sociale di tutti i cittadini. In particolare, la Commissione dovrebbe urgentemente verificare con gli Stati membri e le parti interessate se la decisione del Consiglio di destinare il 20 % del Fondo sociale europeo (FSE) alla promozione dell’inclusione sociale e della lotta contro la povertà (18) venga effettivamente attuata.

6.   Osservazioni specifiche — Misure in materia di partecipazione delle parti interessate

6.1.

Una delle iniziative faro della strategia Europa 2020 — la Piattaforma europea contro la povertà e l’esclusione sociale — è stata concepita come un ampio quadro di riferimento, che copre una vasta gamma di politiche intese a contribuire a raggiungere l’obiettivo europeo di riduzione della povertà (19). Essa avrebbe dovuto offrire la base per un impegno congiunto, da parte dei governi nazionali, delle istituzioni dell’UE e dei principali soggetti interessati, a combattere la povertà e l’esclusione sociale, ma finora si è limitata a fornire una piattaforma di discussione senza produrre alcun risultato concreto in relazione al raggiungimento dell’obiettivo di riduzione della povertà. Il Consiglio e la Commissione dovrebbero riflettere sui modi per rafforzare la Piattaforma affinché sostenga le buone pratiche nella lotta contro la povertà e per far sì che sia direttamente connessa ai principali processi dell’UE, ad esempio il semestre europeo e la strategia Europa 2020.

6.2.

Il CESE richiama il considerando 16 dei precedenti orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione, nel quale si afferma esplicitamente che la strategia Europa 2020 «deve essere attuata, verificata e valutata in partenariato con tutte le autorità nazionali, regionali e locali e in stretta collaborazione con i parlamenti, le parti sociali e i rappresentanti della società civile»  (20). Questo passaggio intende sottolineare la necessità di migliorare il modo in cui i soggetti interessati europei e nazionali vengono consultati durante le fasi di concezione, attuazione e valutazione del semestre europeo.

6.3.

La mancanza di un impegno significativo da parte delle istituzioni dell’UE e dei soggetti interessati — pubblici e privati — pertinenti, tra cui le parti sociali, le ONG ed altri, riguardo alle fasi di concezione e attuazione del semestre europeo è stata messa in rilievo nelle analisi dell’EAPN. Per riuscire a coinvolgere efficacemente la società civile in tutte le fasi del processo del semestre europeo, la Commissione deve proporre senza indugio dei nuovi orientamenti per la partecipazione e monitorare i progressi compiuti nelle relazioni per paese e in altri documenti di monitoraggio.

6.4.

Allo stesso modo è necessario coinvolgere le persone colpite dalla povertà al fine di tenere conto della loro esperienza e contrastare la disaffezione su larga scala, in particolare dei giovani, nei confronti dell’UE. Le riunioni annuali dell’EAPN con le persone che hanno un’esperienza diretta della povertà costituiscono un esempio di buona pratica. Il CESE invita la Commissione a far sì che tali riunioni continuino ad essere sostenute finanziariamente, nonché integrate nel processo di consultazione sui progressi compiuti verso il conseguimento dell’obiettivo di riduzione della povertà nel quadro del semestre europeo. Inoltre, queste riunioni dovrebbero essere organizzate anche a livello nazionale.

7.   Osservazioni specifiche — La responsabilità di fornire buone pratiche multilivello in materia di lotta contro la povertà

7.1.

Il CESE concorda con l’intenzione della presidenza neerlandese di organizzare valutazioni tra pari delle buone pratiche multilivello per combattere la povertà, ma sottolinea che gli enti locali non possono essere le uniche istanze alle quali incombe la responsabilità di fornire questi esempi. Il CESE ritiene che le iniziative regionali e locali non possano sostituirsi alle responsabilità e alle garanzie a livello centrale. I governi e le parti interessate pubbliche e private devono collaborare in maniera sistematica e strutturata se intendono conseguire l’obiettivo di riduzione della povertà.

7.2.

Il CESE desidera sottolineare che, ad esempio nei Paesi Bassi, numerose responsabilità nella sfera sociale sono state trasferite agli enti locali. Il fatto di concentrare molteplici compiti a livello comunale può essere efficace sotto il profilo dei costi e consentire di trovare soluzioni personalizzate in grado di soddisfare le esigenze dei beneficiari ma, come indicato nelle raccomandazioni specifiche per paese relative ai Paesi Bassi, comporta il rischio di una possibile riduzione dei finanziamenti — un rischio che deve essere evitato. Il decentramento delle iniziative non è compatibile con i tagli ai bilanci degli enti locali.

7.3.

Pertanto, il CESE ritiene che, sebbene esistano indubbiamente delle buone pratiche a livello regionale e locale, queste non possano né debbano restare isolate. Esse hanno bisogno del sostegno di strategie nazionali.

7.4.

Inoltre, il CESE reputa che, nel selezionare le buone pratiche da promuovere, sia necessario concentrarsi sugli approcci basati su dati empirici (ad esempio: 1. Si tratta di un’iniziativa che funziona sul piano pratico? 2. Può essere «esportata» altrove?) e incoraggiare i contatti tra i soggetti interessati. È altresì essenziale creare un quadro di riferimento appropriato per la condivisione delle buone pratiche.

7.5.

Tali pratiche mettono in evidenza la necessità di rendere le politiche sociali veramente efficaci contro la povertà e l’esclusione sociale, di riorganizzare i servizi sociali, di riesaminare le pratiche degli assistenti sociali per soddisfare meglio i bisogni delle persone in condizioni di povertà, di incoraggiare gli attori sociali a utilizzare la loro esperienza professionale nello sviluppo delle politiche sociali e, infine, di conferire alle persone diritti che favoriscano l’integrazione e la promozione sociale di coloro che vivono in condizioni di povertà.

Bruxelles, 18 febbraio 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU L 307 del 18.11.2008, pag. 11.

(2)  Cfr. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32013H0112&from=FR e GU L 59 del 2.3.2013, pag. 5

(3)  Finlandia: EAPN (Rete europea delle associazioni di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale), Active Inclusion. Making it happen [L’inclusione attiva: come realizzarla], 2011, pag. 49.

Finlandia/Germania: Eurofound, Il coinvolgimento attivo dei giovani con problemi di salute o disabilità, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2012, pagg. 62-63.

Croazia: http://www.humananova.org/en/news/0/60/the-impact-of-social-cooperative-humana-nova-in-2013th-year/

Austria, Belgio, Norvegia, Slovenia: http://www.easpd.eu/en/content/investt e http://investt.eu/

Svezia: http://www.eurodiaconia.org/files/Events/CROSSROADS_20111209_2__AM_2.pdf

Regno Unito: EAPN, Active Inclusion. Making it happen [L’inclusione attiva: come realizzarla], 2011, pag. 30.

Scozia: http://links.alliance-scotland.org.uk/

Lettonia: Alleanza europea per «Investire sui bambini», Implementation Handbook: Putting the Investing in Children Recommendation into Practice [Manuale di attuazione: mettere in pratica la raccomandazione di «investire sui bambini»], pagg. 69-74.

Spagna: Alleanza europea per «Investire sui bambini», Implementation Handbook: Putting the Investing in Children Recommendation into Practice [Manuale di attuazione: mettere in pratica la raccomandazione di «investire sui bambini»], pagg. 87-92.

Germania: Social Inclusion and Dignity in Old Age — Promoting participatory approaches to use reference budgets [Inclusione sociale e dignità dell’anziano: promuovere approcci partecipativi per l’impiego dei bilanci di riferimento], pagg. 46-50.

Bulgaria, Romania: http://amalipe.com/index.php?nav=projects&id=57&lang=2

Spagna: EAPN, Active Inclusion. Making it happen [L’inclusione attiva: come realizzarla], 2011, pag. 21.

(4)  R. Davidson, R. Mitchell e K. Hunt, Location, location, location: The role of experience of advantage in lay perceptions of area inequalities in health, Health & Place, 2008, 14, pagg. 167-181.

(5)  http://www.audit-scotland.gov.uk/docs/health/2012/nr_121213_health_inequalities.pdf

(6)  https://sustainabledevelopment.un.org/index.php?menu=1300

(7)  http://www.un.org/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/RES/70/1&Lang=E

(8)  GU C 13 del 15.1.2016, pag. 40.

(9)  COM(2013) 83 definitivo e relativi allegati. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/FR/TXT/?qid=1458126780934&uri=CELEX:52013DC0083R%2801%29

(10)  GU C 226 del 16.7.2014, pag. 21.

(11)  Hemerijck 2014, nonché Social Justice Ireland, «Europe. A union for the powerless as well as the powerful [Europa: un’Unione per tutti, per chi non ha potere come per chi ne ha]».

(12)  Cfr. Social Investment in Europe — A study of national policies [Gli investimenti sociali in Europa — Uno studio delle politiche nazionali], Commissione europea, 2015.

(13)  Bouget e altri 2015 e Social Justice Ireland «Europe. A union for the powerless as well as the powerful [Europa: un’Unione per tutti, per chi non ha potere come per chi ne ha]».

(14)  Cfr. GU C 170 del 5.6.2014, pag. 23.

(15)  Cfr. nota a piè di pagina 10.

(16)  Sebbene nel 2015 la Bulgaria abbia dovuto far fronte a livelli estremamente elevati di povertà, nessuna delle raccomandazioni specifiche per paese di quell’anno ha posto in evidenza questa situazione.

(17)  Cfr. EAPN, Can the Semester deliver on poverty and participation? [Il semestre europeo può produrre risultati concreti in materia di povertà e di partecipazione?], 2015 EAPN, Valutazione dei programmi nazionali di riforma 2015.

(18)  Cfr. http://ec.europa.eu/esf/main.jsp?catId=62&langId=it

(19)  Cfr. http://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=it&catId=961 e GU C 248 del 25.8.2011, pag. 130

(20)  http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-14338-2010-INIT/it/pdf


ALLEGATO

Il seguente emendamento è stato respinto, ma ha ottenuto almeno un quarto dei voti espressi.

Emendamento 15 (presentato da Lech PILAWSKI)

Punto 1.15

Modificare come segue:

«esorta caldamente la Commissione a inserire una serie di principi per norme e sistemi sociali più efficaci e affidabili nel preannunciato “pilastro europeo di diritti sociali”, e a far sì che la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale diventi una delle componenti principali di questo pilastro. Nel proporre misure nell’ambito del “pilastro europeo di diritti sociali”, la Commissione dovrebbe tenere conto dei diversi livelli di sviluppo socioeconomico degli Stati membri e prestare attenzione alle possibili conseguenze, in particolare dell’innalzamento degli standard sociali, per i livelli occupazionali e il rischio di povertà e di esclusione sociale in tali paesi.»

Messo ai voti, l’emendamento ha ottenuto 59 voti favorevoli, 131 contrari e 13 astensioni ed è pertanto stato respinto.


Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

514a sessione plenaria del CESE dei giorni 17 e 18 febbraio 2016

14.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 133/17


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali»

[COM(2015) 468 final]

(2016/C 133/04)

Relatore:

Daniel MAREELS

La Commissione europea, in data 30 settembre 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali

[COM(2015) 468 final].

La sezione specializzata unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 gennaio 2016.

Alla sua 514a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 febbraio 2016 (seduta del 17 febbraio 2016), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 179 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Dal momento che la ripresa delle economie in Europa rimane lenta e fragile e che il livello degli investimenti continua a essere basso, è importante considerare prioritario il ricorso a tutti gli strumenti atti a favorire un rilancio economico solido e stabile in un contesto maggiormente unificato. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) reputa che un’Unione dei mercati dei capitali contribuirebbe alla realizzazione di quest’obiettivo e accoglie quindi con favore il Piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali .

1.2.

Il Comitato condivide gli obiettivi del piano d’azione, nel cui ambito la sfida consiste nel mobilitare i capitali in Europa e nel convogliarli verso l’insieme delle imprese, delle infrastrutture e dei progetti sostenibili a lungo termine, con conseguenti ricadute positive sull’occupazione. Gli investitori devono beneficiare di maggiori possibilità e, al tempo stesso, di una migliore protezione.

1.3.

Un ampliamento e una diversificazione delle fonti di finanziamento costituiscono elementi chiave per incrementare gli investimenti e la crescita, oltre che per creare posti di lavoro. Tali sviluppi devono prendere forma nel quadro di un mercato unico dei capitali. Il Comitato ritiene che sia prioritario armonizzare e uniformare al massimo le norme. Per questo motivo è necessario che tutti i paesi dell’UE introducano e applichino le varie misure previste dal piano d’azione, e ne controllino l’attuazione, in maniera uniforme.

1.4.

Secondo il Comitato, per garantire il successo dell’Unione dei mercati dei capitali occorre associare i fattori più vantaggiosi della situazione attuale ad un massimo di nuove opportunità. Gli obiettivi prioritari devono consistere in un accesso semplice, adeguato e diversificato al finanziamento, in una ripartizione più uniforme del capitale e in una riduzione del suo costo. È necessario offrire garanzie di competitività e attrattiva a livello internazionale.

1.5.

Il credito bancario continuerà a ricoprire una funzione essenziale per il finanziamento dell’economia. Le banche hanno un ruolo importante da svolgere non soltanto per l’erogazione del credito, ma anche per l’intermediazione sui mercati dei capitali. Secondo il Comitato, è necessaria un’analisi più approfondita di taluni nuovi mercati, in particolare quello dei crediti in sofferenza, dal momento che questi mercati hanno le potenzialità per aumentare la disponibilità di finanziamenti, soprattutto a favore delle PMI.

1.6.

Il finanziamento delle PMI — segnatamente delle microimprese e delle piccole imprese, che costituiscono il motore trainante dell’economia europea e sono di vitale importanza per l’occupazione — è un tema di grandissimo interesse per il Comitato, il quale tuttavia s’interroga seriamente quanto alla pertinenza e all’efficacia dell’Unione dei mercati dei capitali nel caso delle PMI.

1.6.1.

Per le microimprese e le piccole imprese l’accesso ai mercati dei capitali è, in genere, al di fuori della loro portata. Queste imprese devono avere la possibilità di scegliere i canali di finanziamento più adatti per loro. A tal fine, occorre assicurare la più ampia gamma possibile di strutture e possibilità di finanziamento, ed è inoltre necessario diversificare al massimo l’ecosistema finanziario.

1.6.2.

Per quanto riguarda la forma tradizionale di finanziamento costituita dal credito bancario, che occorre continuare a sostenere, in particolare per quanto concerne le garanzie, va anche osservato che essa è contraddistinta da specificità nazionali. L’Unione dei mercati dei capitali non deve mettere in discussione strutture di comprovata validità. La regolamentazione dei mercati finanziari dovrà tenere maggiormente conto in futuro di tali caratteristiche nazionali ben consolidate, in modo da non pregiudicare la concessione di prestiti alle PMI a livello regionale.

1.6.3.

Devono inoltre essere esaminate anche tutte le altre soluzioni pertinenti e, se possibile, esplorate anche altre strade, come già sta avvenendo con il piano Juncker. Il ruolo della BEI in materia di strumenti (ad esempio, sistemi di garanzia ecc.) per il finanziamento dell’economia (1) potrebbe inoltre essere ulteriormente rafforzato. Le proposte in materia di cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate («cartolarizzazioni STS») (2) rappresentano anch’esse un passo nella direzione giusta.

1.6.4.

Per le altre PMI, come per le imprese di qualsiasi altro tipo, l’accesso al mercato dei capitali deve potersi realizzare in modo efficiente. Il finanziamento deve essere più a buon mercato e comportare costi più bassi. Bisogna ovviare alla diffusa mancanza di informazioni che si può constatare attualmente, e occorre rendere il quadro più «a misura di PMI»: a tale scopo, sarebbe opportuno trarre ispirazione dalle «buone pratiche» già in uso.

1.7.

A giudizio del Comitato, l’Unione dei mercati dei capitali deve promuovere la stabilità economica e finanziaria dell’UE. L’ampliamento e la diversificazione delle fonti di finanziamento all’interno di un mercato unico consentiranno una sana ripartizione del rischio, e le economie europee dovranno diventare più robuste e più resistenti agli shock.

1.8.

Il Comitato ritiene che un quadro normativo e di vigilanza appropriato debba consentire il pieno sviluppo dei punti di forza dei mercati dei capitali e il controllo dei loro punti deboli, come pure dei rischi eccessivi o sproporzionati. Il nuovo sistema deve essere in grado di resistere agli effetti negativi di eventuali nuove crisi. Ciò implica anche una maggiore convergenza e cooperazione nel settore della vigilanza microprudenziale e macroprudenziale, a livello sia europeo che nazionale.

1.9.

Il nuovo quadro deve disciplinare anche il sistema bancario ombra e limitare il rischio di arbitraggio regolamentare. Inoltre è importante garantire parità di condizioni a tutti gli operatori che svolgono attività finanziarie comparabili sui mercati, e adoperarsi perché venga applicato in generale il principio «stesso rischio, stesse norme».

1.10.

I mercati dei capitali offrono altresì nuove possibilità agli investitori che vi operano, cosa che il Comitato valuta positivamente purché sia previsto un quadro di protezione adeguato e migliore. Per questo motivo è auspicabile semplificare gli strumenti finanziari disponibili sui mercati e le relative informazioni, aumentarne la trasparenza e migliorarne la comparabilità, il che può risultare anche utile alle imprese che sono alla ricerca di finanziamenti. È opportuno inoltre intensificare gli sforzi in materia di educazione finanziaria.

1.11.

Per quanto riguarda l’attuazione del piano di azione, il Comitato condivide l’approccio «dal basso» e graduale adottato dalla Commissione, ma ritiene al tempo stesso che si debbano proseguire senza indugio i lavori in materia sfruttando lo slancio e il sostegno emersi in seguito alla pubblicazione del Libro verde. Il CESE sottolinea che la creazione di un’Unione dei mercati dei capitali è un progetto di grande portata la cui riuscita dipenderà interamente dai dettagli e dalle garanzie messe in atto. Inoltre, la facilitazione dell’accesso al credito non è sicuramente un problema in tutti gli Stati membri, e l’agevolazione sul fronte dell’offerta non potrà mai risolvere un problema sul fronte della domanda. Dobbiamo quindi guardarci dal pensare che l’Unione dei mercati dei capitali sia una panacea per risolvere tutti i problemi nell’UE.

1.12.

D’ora in poi bisognerà avere ben chiari gli obiettivi da perseguire e realizzare progressi in maniera costante. Il Comitato è preoccupato poiché ci vorrà del tempo per giungere al risultato finale, non soltanto per via del gran numero di misure previste dal piano di azione, ma anche perché le notevoli disparità tra gli Stati membri non sono destinate a scomparire da un giorno all’altro. Il Comitato è favorevole alla realizzazione di valutazioni intermedie periodiche, alle quali si offre volentieri di collaborare.

2.   Contesto

2.1.

Per realizzare le sue priorità assolute, ossia la crescita, l’occupazione e gli investimenti, la Commissione Juncker ha elaborato fin dall’inizio del suo mandato un piano di investimenti per l’Europa articolato in tre pilastri, tra cui «la creazione di un ambiente favorevole agli investimenti» (3). Insieme a un mercato unico digitale e all’Unione dell’energia, la realizzazione progressiva di un’Unione dei mercati dei capitali costituisce uno dei principali obiettivi di questo terzo pilastro.

2.1.1.

Alla fine del settembre 2015 la Commissione ha presentato il Piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali  (4), a seguito di una consultazione pubblica organizzata nel quadro di un libro verde in materia, la quale ha visto un’ampia partecipazione, anche da parte del CESE (5). Il piano di azione pone le basi per realizzare, entro il 2019, un’Unione dei mercati dei capitali ben funzionante e integrata, estesa a tutti gli Stati membri.

2.1.2.

Tali basi, costituite da 33 misure che saranno adottate in maniera scaglionata nel tempo, riguardano principalmente gli ambiti e le questioni seguenti (6):

i finanziamenti per l’innovazione, le start-up e le società non quotate,

semplificare l’accesso e la raccolta di capitali sui mercati dei capitali aperti al pubblico da parte delle imprese,

investire a lungo termine: investimenti infrastrutturali sostenibili,

promuovere gli investimenti istituzionali e al dettaglio,

mobilitare la capacità bancaria per sostenere l’economia nel suo complesso,

facilitare gli investimenti transfrontalieri.

2.1.3.

Secondo il piano di azione, ognuna di queste misure contribuirà di per sé alla realizzazione degli obiettivi fissati, ma anche il loro impatto cumulativo sarà importante.

2.2.

Con l’Unione dei mercati dei capitali delineata dalla Commissione vengono perseguiti vari obiettivi, tra cui, in particolare, quello di rafforzare il collegamento tra risparmio e crescita.

2.2.1.

L’Unione dei mercati dei capitali è intesa ad allargare il ventaglio di opzioni di finanziamento in Europa ad altre fonti diverse dal finanziamento bancario, assegnando un ruolo maggiore ai mercati finanziari. Si tratta quindi di diversificare le fonti di finanziamento dell’economia, ricorrendo anche al finanziamento non bancario. L’Unione dei mercati dei capitali dovrebbe contribuire a mobilitare i capitali in Europa e a convogliarli verso l’intero universo delle imprese, delle infrastrutture e dei progetti sostenibili a lungo termine.

2.2.2.

L’Unione dei mercati dei capitali è volta ad approfondire il mercato unico dei servizi finanziari. La sua creazione consentirà di approfondire e rafforzare l’integrazione finanziaria e di intensificare la concorrenza. I mercati dei capitali trarranno vantaggio dagli effetti di scala offerti dal mercato unico, e diventeranno nel contempo più liquidi e più competitivi.

2.2.2.1.

L’Unione dei mercati dei capitali dovrà contribuire alla crescita e alla stabilità finanziaria. Agevolando l’accesso al finanziamento per le imprese, sosterrà la crescita e la creazione di posti di lavoro. La diversificazione dei rischi aumenterà la stabilità dell’intero sistema.

2.2.3.

Anche i cittadini e i consumatori potranno trarre notevoli benefici da tale Unione, grazie in particolare alle nuove opzioni di investimento che si verranno a creare.

3.   Osservazioni

3.1.

L’avvio del piano di azione è da accogliere con favore. Non è apprezzabile soltanto il fatto che si sia giunti alla sua adozione, ad appena poco più di sei mesi dalla pubblicazione del Libro verde, ma è ancora più positivo che si compia in via prioritaria ogni sforzo per stimolare l’economia ampliandone e migliorandone le possibilità di finanziamento, e generando nuovi impulsi a favore della crescita e della creazione di posti di lavoro dignitosi.

3.2.

Il Comitato condivide gli obiettivi del piano di azione e la scelta dei settori indicati come prioritari:

offrire maggiori possibilità di finanziamento alle imprese europee, in particolare piccole e medie. L’Unione dei mercati dei capitali dovrebbe ampliare il ventaglio di opzioni di finanziamento a disposizione delle imprese. Tali opportunità dovrebbero esistere ovunque ed essere accessibili a tutti gli imprenditori e in tutte le fasi della cosiddetta «scalata ai finanziamenti» (funding escalator),

creare un contesto normativo adeguato per investimenti a lungo termine sostenibili e per il finanziamento delle attività infrastrutturali in Europa,

aumentare gli investimenti e accrescere la scelta degli investitori istituzionali e di quelli al dettaglio all’interno di un quadro adeguato di protezione,

rafforzare la capacità delle banche di erogare prestiti, in particolare attraverso un adeguato rilancio delle operazioni e dei mercati di cartolarizzazione. Tale misura dovrebbe consentire loro di accrescere i finanziamenti a disposizione delle PMI,

valutare in maniera approfondita gli effetti cumulativi e la coerenza della normativa del settore adottata per far fronte alla crisi finanziaria, in relazione al finanziamento dell’economia reale,

abbattere gli ostacoli transfrontalieri e sviluppare mercati dei capitali per tutti i 28 Stati membri, in particolare eliminando una serie di ostacoli fiscali e di altra natura.

È importante non soltanto che i numerosi sforzi necessari per creare l’Unione dei mercati dei capitali siano raccolti in uno stesso piano di azione, ma anche che vi sia la chiara volontà di intavolare un dibattito, come pure la disponibilità a eliminare gli ostacoli che impediscono l’ulteriore sviluppo del sistema finanziario europeo.

3.3.

L’obiettivo della diversificazione delle fonti di finanziamento non deve essere perseguito a discapito del sistema bancario. Il finanziamento bancario e quello proveniente dal mercato devono andare di pari passo, e i due sistemi devono essere considerati complementari. Le banche, del resto, hanno anche un ruolo di intermediazione sui mercati dei capitali.

3.3.1.

Uno degli ambiti prioritari del piano d’azione consiste nell’aumentare la capacità delle banche di prestare denaro all’economia. I «prestiti in sofferenza» (7) continuano a destare preoccupazione nell’UE, in quanto immobilizzano del capitale che, se fosse libero, potrebbe essere utilizzato per erogare un maggior numero di prestiti. Il Comitato ritiene che la Commissione dovrebbe intervenire per liberare capacità nei bilanci delle banche incentivando la cartolarizzazione dei prestiti in sofferenza e creando dei mercati per le attività deteriorate (in inglese: impaired assets). Se venissero sviluppati mercati profondi e trasparenti per i debiti in sofferenza verso le banche di imprese in difficoltà (in inglese: distressed bank debt) o, nel caso in cui tali mercati esistano già, se venisse dato loro nuovo impulso, le banche potrebbero riprendere ad erogare prestiti.

3.4.

L’esistenza di mercati dei capitali profondi, liquidi ed efficienti può recare vantaggi a tutti gli operatori e i soggetti interessati.

3.4.1.

Pertanto, i mercati dei capitali possono agevolare l’accesso al credito da parte delle imprese alla ricerca di finanziamento e migliorarne le condizioni, riducendo così il costo del capitale grazie a una maggiore concorrenza tra gli investitori. Il finanziamento rimarrà maggiormente garantito nei periodi difficili, dal momento che in genere i mercati dei capitali hanno migliori possibilità di adattarsi a contesti insicuri e a progetti più rischiosi.

3.4.2.

I mercati dei titoli di Stato sono molto importanti per la valutazione dei diversi rischi; per tale ragione il mercato dei capitali ha bisogno di essere integrato da questo tipo di mercati. Ciò rafforza anche la convergenza in materia di costo del capitale degli emittenti privati. Sarebbe pertanto auspicabile che in questo settore venissero intraprese delle azioni adeguate.

3.4.3.

La realizzazione dell’Unione dei mercati dei capitali potrà avere esito positivo soltanto se le misure prospettate saranno sufficientemente vigorose e credibili. È importante tener conto delle caratteristiche specifiche del panorama di finanziamento esistente e creare al tempo stesso un numero sufficiente di nuove opzioni e opportunità in materia di finanziamento. Il risultato dovrebbe altresì offrire garanzie sul piano della competitività e dell’attrattiva a livello internazionale.

3.4.4.

La sfida è particolarmente rilevante per le PMI. È lecito chiedersi come queste imprese potranno reperire il denaro di cui necessitano. Per le PMI sarà un’impresa non indifferente riuscire ad accedere ai mercati dei capitali, fruire delle possibilità e degli strumenti di finanziamento e potersene avvalere proficuamente. Spesso, inoltre, le PMI devono far fronte a una mancanza di informazioni che non facilita loro le cose (8). Sarà pertanto importante valutare se il nuovo quadro sia adeguato alle PMI.

3.4.5.

Sia le imprese in generale che le PMI — in particolare le microimprese, che non hanno accesso ai mercati dei capitali — dovrebbero avere la possibilità di scegliere, in qualsiasi fase della loro esistenza, i canali di finanziamento più adatti per loro. Per le microimprese e le piccole imprese è quindi importante diversificare al massimo l’ecosistema finanziario in modo da avere a loro disposizione la più ampia gamma possibile di strutture e possibilità di finanziamento, compreso il leasing. Occorre esplorare tutte le alternative possibili. Si devono cercare soluzioni non solo nel finanziamento bancario o in quello proveniente dal mercato, ma anche al di fuori di questi settori. Il piano Juncker rappresenta già un buon inizio. Inoltre, la BEI potrebbe sforzarsi di svolgere un ruolo più attivo in questo ambito (direttamente o indirettamente, ad esempio mediante sistemi di garanzia).

3.4.6.

Per gli investitori si apriranno nuove possibilità di investimento: l’ampliamento della gamma dei prodotti finanziari consentirà loro di adeguare meglio le scelte in base agli obiettivi di investimento, di fare attenzione alla diversificazione e alla gestione del rischio e di migliorare il loro profilo di rischio-rendimento.

3.4.7.

Gli investitori hanno diritto a una tutela appropriata. Occorre pertanto garantire un quadro adeguato di protezione e compiere una serie di altri sforzi, anche in materia di educazione finanziaria e in termini di informazioni più ampie e di migliore qualità. Alla base ci si può adoperare per ottenere una maggiore semplificazione, un’accresciuta trasparenza e una migliore comparabilità degli strumenti finanziari disponibili sui mercati, il che può anche risultare utile a tutti gli operatori che sono alla ricerca di risorse finanziarie.

3.5.

Se si vuole pervenire effettivamente a un mercato unico, occorre non soltanto eliminare le barriere transfrontaliere e la frammentazione esistenti, ma bisogna anche evitare l’insorgere di nuovi ostacoli. Il Comitato ritiene che sia prioritario armonizzare e uniformare al massimo le norme, prestando particolare attenzione alla scelta degli strumenti utilizzati. Per questo motivo è necessario che tutti i paesi dell’UE introducano e applichino le varie misure previste dal piano d’azione, e ne controllino l’attuazione, in maniera uniforme.

3.6.

L’Unione dei mercati dei capitali dovrebbe rafforzare le economie europee e renderle più resilienti agli shock. La posta in gioco è la stabilità economica e finanziaria dell’UE. È pertanto necessario un quadro normativo appropriato, che deve consentire un adeguato sviluppo dei punti di forza dell’Unione dei mercati dei capitali, come ad esempio una sana ripartizione e diversificazione del rischio, e un saldo controllo dei suoi punti deboli. Occorre migliorare la resilienza dell’intero sistema finanziario di fronte ad eventuali nuove crisi. Se necessario, bisognerà fare in modo che le conseguenze di tali crisi vengano attenuate in maniera più rapida ed efficace.

3.7.

Sia per via dei rischi che possono sorgere sia per ragioni di stabilità economica e finanziaria, occorre inoltre prevedere un’adeguata vigilanza microprudenziale e macroprudenziale a livello sia nazionale che UE dei pertinenti segmenti dei mercati finanziari. I nuovi canali di finanziamento devono essere assoggettati al principio «stesso rischio, stesse norme».

3.8.

Occorre affrontare la questione del cosiddetto «sistema bancario ombra». Il Comitato ha già avuto modo di chiedere che questo sistema sia regolamentato (9) e che sia evitato il rischio di arbitraggio regolamentare (10). Per il Comitato, infatti, non dovrebbero esistere attività «nell’ombra», e per questo motivo il sistema bancario ombra deve essere soggetto agli stessi requisiti regolamentari e prudenziali che si applicano all’intero sistema finanziario (11). Al tempo stesso, il CESE ritiene che si debba riconoscere che il sistema bancario ombra costituisce un ulteriore canale di finanziamento alternativo che può rivelarsi utile per l’economia reale (12).

3.9.

Per quanto concerne la realizzazione del piano di azione va apprezzato l’approccio dal basso e graduale adottato dalla Commissione, dato che consente di basarsi vantaggiosamente sul contributo degli operatori del mercato, di stabilire le priorità e di operare con una combinazione di iniziative e misure a breve e a lungo termine.

3.10.

È ora importante giungere rapidamente a risultati concreti sfruttando lo slancio e l’ampio sostegno emerso a favore dell’Unione dei mercati dei capitali in occasione della consultazione pubblica avviata dal Libro verde.

3.11.

Nel prossimo periodo bisognerà avere ben chiari gli obiettivi da perseguire e realizzare progressi in maniera costante. È importante conseguire risultati concreti e positivi in tutti i settori interessati dal piano di azione. A questo riguardo, il Comitato esprime apprezzamento per l’intenzione della Commissione di riferire periodicamente sui progressi compiuti nel quadro del piano di azione e di procedere a una valutazione complessiva nel 2017, dal momento che potrà essere necessario adottare misure aggiuntive e apportare degli adeguamenti al calendario previsto.

3.12.

È tuttavia lecito chiedersi se la tabella di marcia delineata dalla Commissione per realizzare l’Unione dei mercati dei capitali entro il 2019 sia realistica e fattibile. Il lavoro da compiere è ancora tanto e si teme che non sarà facile superare e far scomparire le notevoli differenze esistenti tra uno Stato membro e l’altro. I diversi elementi del piano di azione possono soltanto offrire una buona base, ma a decretare il successo o il fallimento dell’Unione dei mercati dei capitali sarà il mercato stesso.

Bruxelles, 17 febbraio 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Cfr. al riguardo anche i lavori del CESE sul tema L’industria europea e la politica monetaria: il ruolo della Banca europea per gli investimenti (http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.fr.events-and-activities-industry-monetary-policy-eib).

(2)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme comuni sulla cartolarizzazione, instaura un quadro europeo per cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate e modifica le direttive 2009/65/CE, 2009/138/CE e 2011/61/UE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 648/2012 e Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento (GU C 82 del 3.3.2016, pag. 1).

(3)  Cfr. il sito della Commissione europea: http://ec.europa.eu/priorities/jobs-growth-investment/plan/index_fr.htm

(4)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali [COM(2015) 468 final]. Cfr. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/FR/TXT/?qid=1447000363413&uri=CELEX%3A52015DC0468

(5)  Cfr. il parere del CESE in merito al Libro verde — Costruire un’Unione dei mercati dei capitali (GU C 383 del 17.11.2015, pag. 64).

(6)  Per maggiori dettagli cfr. l’allegato 1 del Piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali.

(7)  In inglese: non performing loans o «NPL».

(8)  Cfr. la relazione informativa del CESE sul tema Accesso ai finanziamenti per le PMI e le società a media capitalizzazione nel periodo 2014-2020: opportunità e sfide, EESC-2014-06006-00-01-RI-TRA, 1o luglio 2015.

(9)  Cfr. il parere del CESE sul tema Dopo la crisi: un nuovo sistema finanziario per il mercato interno (GU C 48 del 15.2.2011, pag. 38,), punto 2.7.2.1.

(10)  Cfr. il parere del CESE in merito al Libro verde — Sistema bancario ombra, punto 1.4 (GU C 11 del 15.1.2013, pag. 39).

(11)  Cfr. il parere del CESE in merito al Libro verde — Sistema bancario ombra, punto 1.5 (GU C 11 del 15.1.2013, pag. 39).

(12)  Cfr. il parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Il sistema bancario ombra: affrontare le nuove fonti di rischio nel settore finanziario (GU C 170 del 5.6.2014, pag. 55), punto 1.10.


14.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 133/23


Parere del Comitato economico e sociale europeo «Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, in relazione alla durata dell’obbligo di applicazione di un’aliquota normale minima»

[COM(2015) 646 final — 2015/0296 (CNS)]

(2016/C 133/05)

Relatore generale:

Daniel MAREELS

Il Consiglio, in data 14 gennaio 2016, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 113 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, in relazione alla durata dell’obbligo di applicazione di un’aliquota normale minima

[COM(2015) 646 final — 2015/0296 (CNS)].

L’Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2016, ha incaricato la sezione specializzata unione economica e monetaria, coesione economica e sociale di preparare i lavori in materia.

Vista l’urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 514a sessione plenaria dei giorni 17 e 18 febbraio 2016 (seduta del 17 febbraio 2016), ha nominato MAREELS relatore generale e ha adottato il seguente parere con 175 voti favorevoli, 3 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) approva la proposta di direttiva della Commissione, che proroga l’applicazione dell’attuale aliquota normale minima dell’IVA. Il livello dell’aliquota minima rimane invariato rispetto al passato, ossia al 15 %, e viene prorogato di due anni a partire dal 2016.

1.2.

In materia di IVA è in vigore da molto tempo un regime transitorio. È in effetti auspicabile, in tale contesto, stabilire un’aliquota minima di questo tipo, nell’interesse del corretto funzionamento del mercato interno: in assenza di una tale aliquota minima, infatti, potrebbero registrarsi turbative e distorsioni del mercato e si correrebbe il rischio di un’accresciuta concorrenza tra Stati membri.

1.3.

Inoltre, fissare un’aliquota minima per un periodo determinato contribuirà anche a fare maggiore chiarezza e a garantire certezza giuridica, il che andrà a vantaggio di tutte le parti in causa.

1.4.

Nel 2010, quando questo regime dell’IVA fu prorogato per la quinta volta, il Comitato aveva espresso l’auspicio che quella (proroga) fosse anche «l’ultima». La nuova proroga, per un periodo più breve, può essere considerata un passo nella direzione giusta, ma, a giudizio del CESE, nulla toglie al fatto che si debbano compiere ulteriori sforzi per abbandonare le attuali disposizioni transitorie, in vigore da oltre vent’anni, e per adottare un regime definitivo dell’IVA adeguato al mercato interno dell’UE.

1.5.

Nel complesso, il CESE ribadisce l’esigenza di pervenire ad un regime di tassazione indiretta semplice e armonizzato, con una riduzione degli oneri amministrativi e benefici evidenti per le imprese e i cittadini, che garantisca una tassazione equa e un gettito certo per le finanze pubbliche, che faccia diminuire i rischi di frode fiscale e che contribuisca all’ulteriore sviluppo e al completamento del mercato interno.

1.6.

Il CESE accoglie con favore la decisione della Commissione di pubblicare, nel marzo 2016, un piano d’azione sul futuro dell’IVA. Ritiene infatti importante favorire una ripresa economica sostenuta e una crescita costante con tutti gli strumenti possibili, tra cui anche l’adozione di un regime dell’IVA concepito su misura.

2.   Contesto

2.1.

Con l’obiettivo di creare il mercato interno, già nei primi anni ‘90 ci si era adoperati per compiere passi avanti verso un regime dell’IVA definitivo, ma l’assenza di un consenso al riguardo tra gli Stati membri ha reso possibile instaurare soltanto un regime transitorio.

2.2.

In tale contesto è stata adottata la direttiva 92/77/CEE sulle aliquote dell’IVA, che ha introdotto un sistema di aliquote minime, stabilendo che a decorrere dal 1o gennaio 1993 e fino al 31 dicembre 1996 in ciascuno Stato membro l’aliquota normale non potesse essere inferiore al 15 %. Da allora questa disposizione è stata prorogata cinque volte ed era applicabile fino al 31 dicembre 2015.

2.3.

La presente proposta — che giunge ovviamente con un certo ritardo rispetto a quella scadenza — proroga nuovamente l’applicabilità dell’aliquota minima del 15 %, ma questa volta per soli due anni. Questo perché la Commissione pubblicherà nella primavera del 2016 un piano d’azione al fine di registrare progressi verso un regime definitivo dell’IVA più semplice ed efficiente, maggiormente a prova di frode e adeguato al mercato unico. Per la durata di quest’ultima proroga sarà possibile esaminare in modo approfondito la questione delle aliquote dell’IVA.

Bruxelles, 17 febbraio 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


14.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 133/25


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione — Verso un piano strategico integrato per le tecnologie energetiche (piano SET): accelerare la trasformazione del sistema energetico europeo»

[C(2015) 6317 final]

(2016/C 133/06)

Relatore:

Mihai MANOLIU

La Commissione europea, in data 15 luglio 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione — Verso un piano strategico integrato per le tecnologie energetiche (piano SET): accelerare la trasformazione del sistema energetico europeo

[C(2015) 6317 final].

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 2 febbraio 2016.

Alla sua 514a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 febbraio 2016 (seduta del 17 febbraio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 172 voti favorevoli, 6 voti contrari e 9 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ribadisce il proprio fermo impegno per un’Unione dell’energia (la clausola di solidarietà, il transito dell’energia equivalente a una quinta libertà, l’efficienza energetica in primo luogo, la transizione verso una società sostenibile basata sempre meno sul carbonio) e un dialogo europeo sul tema dell’energia, e sostiene che occorre attuare nel modo più efficace un piano SET.

1.2.

Questa aspirazione può essere realizzata attraverso un approccio comune e coerente, tramite la cooperazione tra i soggetti coinvolti nella politica energetica, mediante il coordinamento dei programmi di ricerca e innovazione nel settore dell’energia e sostenendo l’introduzione tempestiva sul mercato di tecnologie energetiche sostenibili che tutelino l’ambiente.

1.3.

A giudizio del CESE, il compito più importante consiste nello sviluppo tecnico-scientifico delle tecnologie e dell’innovazione, nonché nella promozione dei fattori che incoraggiano nuove idee e concezioni, le quali figurano nel quadro del piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (piano SET), che è necessario per accelerare la trasformazione del sistema energetico europeo.

1.4.

Queste devono essere accompagnate da un mandato, esaminato assieme ai portatori di interesse, e da una struttura di partecipazione a una tabella di marcia integrata, associata a un piano d’azione per gli investimenti che utilizzi le risorse UE corrispondenti, oltre che quelle nazionali, regionali e private, attraverso l’alleanza europea per la ricerca nel settore dell’energia (European Energy Research Alliance — EERA) e le iniziative industriali europee (IIE), allo scopo di contribuire al raggiungimento degli obiettivi.

1.5.

Secondo il CESE, negli anni a venire l’accelerazione della trasformazione del sistema energetico europeo rappresenterà una sfida vitale per l’Europa, per la lotta ai cambiamenti climatici, per la competitività e l’attrattiva economica europea, nonché per la sicurezza dell’approvvigionamento dei consumatori (piccoli o grandi) a costi ragionevoli (stabiliti in modo trasparente).

1.6.

A giudizio del CESE, la nuova politica energetica deve essere basata sullo sviluppo di alcuni ambiti fondamentali (definiti mediante il dialogo e la cooperazione) a favore della ricerca e dell’innovazione, oltre che a favore del settore della preparazione del personale che impiegherà le nuove tecnologie.

1.7.

Il CESE ritiene che, per rispondere alle aspettative dei cittadini europei, occorra affrontare la questione dell’energia in modo coerente e globale, mediante la cooperazione tra Stati e un mercato interno dell’energia funzionante. Sono necessari investimenti ingenti sia nella ricerca tecnologica che nelle infrastrutture; gli investitori hanno bisogno di un quadro politico prevedibile, attuabile e definito da un’analisi corretta delle priorità di sviluppo, delle possibilità di finanziamento sostenibili e disponibili, della competitività industriale europea e — non da ultimo — delle aspirazioni dei cittadini.

1.8.

Il piano SET deve essere concreto e radicato nella realtà europea. Secondo il CESE, se le nuove tecnologie energetiche producono un aumento dei prezzi finali dell’energia, oppure se le decisioni politiche si traducono in aumenti del prezzo dell’energia, è legittimo che i cittadini si attendano che venga apportato un rimedio a tale situazione. La mobilitazione dei consumatori deve essere concreta e salda; la precarietà energetica deve essere combattuta anche mediante misure di politica sociale, oltre che attraverso l’istruzione e la formazione professionale.

1.9.

L’esperienza europea ha dimostrato che l’introduzione forzata di tecnologie per la produzione di energia a basse emissioni di carbonio, senza che siano presi in considerazione i costi e la maturità delle tecnologie stesse, non produce risultati convincenti, ma che anzi, in tali casi, il mercato interno dell’energia rischia un collasso.

1.10.

Il CESE ritiene che le tecnologie per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili possano offrire importanti possibilità e soluzioni che devono essere appoggiate mediante progetti dimostrativi e la divulgazione dei casi di successo. Bisogna prendere in considerazione anche altre tecnologie a basse emissioni di carbonio: le tecnologie pulite del carbone, lo stoccaggio dell’energia (anche di quella elettrica), l’adattamento del consumo alla domanda, l’uso del carbonio e dell’idrogeno, la cogenerazione e la climatizzazione urbana, nonché la fissione e fusione nucleari.

1.11.

Il Comitato chiede ancora una volta che venga avviato un dialogo pubblico su scala europea in materia di energia (il dialogo europeo per l’energia), affinché i cittadini e la società civile nel suo insieme si facciano carico della transizione energetica, dei costi delle differenti tecnologie, nonché dei costi connessi alle scelte strategiche definite dalle ricerche intraprese. Il dialogo deve svolgersi a tutti i livelli di governance. Negli ultimi dieci anni, il livello europeo si è sempre più basato su obiettivi europei di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, mentre l’attuazione di tale politica è di competenza degli Stati membri. Questa situazione ha determinato l’incoerenza delle politiche nazionali.

1.12.

Il CESE ritiene che occorra proseguire il cammino dell’integrazione del mercato interno mediante lo sviluppo di un approccio europeo in materia di approvvigionamento energetico, anche allo scopo di creare autentici legami di solidarietà. Una tappa intermedia è rappresentata dall’emergere del livello regionale — necessario per consolidare la cooperazione nel settore — che deve essere flessibile e capace di promuovere soluzioni innovative in rapporto all’ottimizzazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili coordinate in tempo reale.

1.13.

Il CESE ritiene che vadano realizzati interventi di integrazione dei diversi sistemi di produzione dell’energia (compresi quelli individuati dalla ricerca tecnologica) nel quadro dei relativi mercati, anche per quel che concerne la connessione, il bilanciamento e le tariffe di rete.

1.14.

Il CESE chiede che vengano intensificati gli investimenti e le attività di ricerca e sviluppo riguardanti lo stoccaggio energetico e che venga migliorata la sinergia europea in questo settore, allo scopo di ridurre i costi della transizione energetica, di garantire la sicurezza di approvvigionamento (l’interconnessione delle reti energetiche europee) e di consentire all’economia europea di diventare più competitiva.

1.15.

In quest’ottica, il CESE ricorda l’importanza del gas nel mix energetico e ai fini della sicurezza energetica per i cittadini. Il Comitato chiede che lo stoccaggio energetico venga incoraggiato, affinché gli Stati membri dispongano di riserve in comune. È inoltre necessario utilizzare il grande potenziale connesso al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, oltre che nei trasporti.

1.16.

Il CESE reputa che un potenziamento del finanziamento per la ricerca e l’innovazione possa alimentare la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro nell’UE. Una nuova governance energetica (basata sui piani nazionali) può assicurare la coerenza nel quadro del mercato dell’energia, e a questo proposito il dialogo europeo rappresenta una conditio sine qua non.

1.17.

Il CESE ritiene che il valore aggiunto del piano SET consista in un migliore coordinamento e in una nuova governance del sistema energetico europeo; questo piano dovrà evitare le sovrapposizioni precedenti ed essere basato su dati reali e trasparenti. Il piano SET consoliderà gli elementi fondamentali europei, ossia il metodo comunitario, la democrazia europea in azione, la competizione, la cooperazione e la solidarietà, oltre che l’Europa e la governance mondiale.

1.18.

Il CESE sottolinea le conseguenze del piano SET per quel che concerne l’impatto sui cittadini, in particolare in termini di posti di lavoro e di qualifiche richieste. In tale contesto occorre tener conto del problema dei diritti d’autore.

2.   Il contesto del parere

2.1.

Gli Stati membri dell’UE dispongono di risorse e infrastrutture energetiche differenti, ma la decarbonizzazione del settore energetico rappresenta il loro obiettivo comune. Le discussioni generali sul contesto della transizione energetica devono vertere su: i nuovi soggetti e i nuovi modelli commerciali nei settori del petrolio, del gas e dell’elettricità; la dinamica del contesto politico e le implicazioni sul piano degli investimenti; la regolamentazione dei mercati energetici; l’impatto dell’innovazione tecnologica sui sistemi energetici; lo smantellamento dei vecchi impianti per lo stoccaggio dell’energia tradizionale; le sfide e le opportunità generate da un nuovo modello di governance in seno all’industria energetica.

2.2.

La sfida va affrontata con urgenza. Il settore dell’energia nell’UE sta subendo profonde trasformazioni; l’economia europea e i consumatori vulnerabili si trovano di fronte ad un rischio maggiore di un approvvigionamento inaffidabile e di prezzi energetici elevati.

2.3.

Il CESE punta a sostenere una politica energetica europea comune, in grado di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento; questa politica dovrà essere all’avanguardia, sul piano tecnologico, nell’integrazione del mercato dell’energia generata da fonti rinnovabili, nell’efficienza energetica, nella riduzione dei consumi, nello sviluppo delle infrastrutture, nella corretta traslazione dei costi sul prezzo al consumatore finale (non da ultimo i costi generali per il mix energetico considerato), oltre che nelle disponibilità finanziarie (private o pubbliche) per sostenere questi costi.

2.4.

Il CESE fa riferimento ai fondi messi a disposizione dalla BEI, dal programma per le reti transeuropee dell’energia (RTE-E), dal piano europeo di ripresa economica e dal Fondo europeo 2020 per l’energia, il cambiamento climatico e le infrastrutture (Fondo Marguerite), oltre che dagli strumenti di preadesione, dallo strumento europeo di vicinato e partenariato, e dal programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico.

2.5.

Il piano SET rappresenta un metodo fondamentale e ambizioso per conseguire la sicurezza energetica. Questa aspirazione può essere realizzata mediante un ampio dibattito fra i cittadini europei e, a questo proposito, il CESE può svolgere una funzione catalizzatrice di tale dialogo. Il CESE ritiene che il coinvolgimento dei cittadini (cfr. la proposta del CESE in merito a un «libretto di risparmio energetico europeo») nei temi legati alla transizione energetica sia essenziale, e una possibilità concreta a tale riguardo potrebbe essere costituita da un forum della società civile (organizzata) europea che promuova un dialogo europeo sull’energia.

2.6.

Il CESE ritiene che, nelle questioni connesse alla transizione energetica, occorra tener conto anche della valutazione della competitività, oltre che delle ripercussioni sull’occupazione e sulla sicurezza sociale. I mercati regionali hanno le potenzialità per superare la mancanza di fiducia; senza la fiducia e l’istruzione non è possibile realizzare politiche concrete in materia di energia.

2.7.

Il CESE ritiene insufficiente il finanziamento del piano SET basato sugli stanziamenti dal bilancio della Commissione per la ricerca e lo sviluppo e sui fondi degli Stati membri. È quindi tanto più importante ricorrere ai fondi strutturali dell’UE, al Fondo europeo per gli investimenti e al gettito del sistema europeo di scambio delle emissioni. È necessario convogliare il potenziale di investimento dell’economia di mercato mediante sistemi innovativi e incentivi. La riuscita del compito può essere assicurata soltanto attraverso la sperimentazione e l’applicazione di una vasta gamma di opzioni e concetti economici e finanziari innovativi.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE ritiene che l’obiettivo dell’Unione dell’energia consista nel fornire un’energia più sicura, più sostenibile e più accessibile in termini di prezzo per il consumatore finale. Questo renderà possibile un libero flusso di energia attraverso le frontiere e garantirà la sicurezza di approvvigionamento in ogni Stato membro dell’UE e per tutti i cittadini europei.

3.2.

Il CESE ritiene che, per raggiungere gli obiettivi ambiziosi del piano SET, l’UE debba introdurre innovazioni nei sistemi con cui l’energia viene prodotta, trasportata, fornita e assicurata ai clienti. I consumatori saranno al centro dell’attenzione e, in un mercato altamente competitivo, sarà necessario offrire loro sostegno e consulenza tecnica in termini considerevoli.

3.3.

Il CESE ritiene che le nuove tecnologie e le innovazioni svolgeranno un ruolo essenziale nel trasformare il sistema energetico dell’UE e nel modificare la catena del valore dell’energia affinché diventi più flessibile, con l’assunzione di un ruolo attivo da parte dei consumatori (i cosiddetti «prosumatori», ossia produttori+consumatori) — compresi i piccoli produttori — e con nuove reti di produttori, nuovi soggetti e nuovi organismi di regolamentazione nel settore dell’energia che abbiano la capacità di interagire in un mercato complesso. I piccoli produttori possono avere una funzione nello sviluppo e nell’applicazione delle nuove tecnologie energetiche.

3.4.

Le idee e tecnologie innovative devono essere trasmesse da un settore all’altro, allo scopo di raggiungere la massa critica necessaria per adottare modalità collettive di approccio alla ricerca e all’innovazione, superando le barriere tra procedimenti e settori.

3.5.

Secondo il CESE, i nuovi modelli commerciali e i nuovi sistemi destinati ad assicurare un equo compenso dei servizi e il corretto funzionamento del sistema energetico saranno basati sui progressi tecnologici compiuti negli Stati membri dell’UE in generale. Si otterrà una migliore comprensione del comportamento dei consumatori mediante lo scambio di informazioni con modalità trasparenti, sicure e facilmente accessibili.

3.6.

Il CESE ritiene che la stabilità economica dipenda dalla resilienza dei sistemi energetici e dalla loro capacità di essere pronti ad affrontare cambiamenti di rilievo, secondo la definizione datane dal piano SET. La sicurezza degli approvvigionamenti e l’elevata qualità dei servizi per i consumatori degli Stati membri devono essere sostenute dallo sviluppo di reti energetiche più intelligenti e più integrate nell’UE.

3.7.

Secondo il CESE, l’ottimizzazione della catena del valore dovrebbe condurre a nuovi modelli commerciali (riutilizzo, riciclaggio, ricondizionamento). È necessario sostenere la diffusione sul mercato di pratiche e opzioni efficienti di ricerca e innovazione nel settore delle tecnologie del risparmio energetico, per migliorare il processo di integrazione, allo scopo di assicurare l’efficienza globale del sistema.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

Il CESE ritiene che gli obiettivi del piano siano ben definiti. Il Comitato è d’accordo con l’approccio della Commissione di procedere in modo che il piano SET possa far fronte alle nuove sfide attraverso una migliore concentrazione degli sforzi e un approccio più integrato, oltre che mediante una nuova gestione e governance. Le modifiche proposte per raggiungere questi obiettivi devono essere ben concepite e fattibili.

4.2.

Il CESE sottolinea che il piano SET deve essere rafforzato per un migliore consolidamento delle nuove sfide cui la ricerca e l’innovazione sono poste di fronte, dato che su tutto il territorio dell’UE sono a disposizione nuove capacità e risorse. Il CESE conviene che, per ottimizzare l’efficacia e l’impatto del piano SET, è tra l’altro necessario:

aumentare l’impegno finanziario degli Stati membri e del settore privato,

estendere la partecipazione dei soggetti interessati lungo la catena della ricerca e dell’innovazione.

4.3.

Il CESE ritiene che sussista un legittimo interesse in rapporto alle dieci azioni definite principalmente dalle parti interessate e destinate ad accelerare la trasformazione del sistema energetico, a creare nuovi posti di lavoro e a stimolare la crescita economica.

4.4.

Secondo il CESE, l’UE deve impegnarsi in misura maggiore per introdurre sul mercato tecnologie energetiche di nuova concezione, ad alte prestazioni, con costi ridotti, a basse emissioni di carbonio e sostenibili, dopo che sia stata effettuata una valutazione trasparente dell’impatto delle tecnologie energetiche sull’ambiente.

4.5.

Il CESE ritiene che le attività di ricerca e sviluppo nel quadro del piano SET debbano concentrarsi sui seguenti aspetti specifici, quali pilastri della politica energetica europea:

competitività: l’infrastruttura e le reti energetiche, il mercato interno e la competitività, la ricerca e l’innovazione nel settore dell’energia,

sicurezza degli approvvigionamenti: politica energetica esterna, petrolio e gas,

clima: l’efficienza energetica, le energie rinnovabili, la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS), il sistema dell’UE per lo scambio di quote di emissioni (ETS).

4.6.

A giudizio del CESE, l’utilizzo sempre più diffuso delle tecnologie di produzione dell’energia a partire da fonti rinnovabili intermittenti può indurre un aumento significativo dei costi che, se venissero trasferiti sui consumatori, genererebbero un incremento considerevole dei prezzi nei prossimi anni, a meno che tali sistemi non passino alla fase della produzione industriale. Occorre inoltre ricordare che è inevitabile che i costi aumentino — per parecchio tempo e in misura anche maggiore — per tener conto sia dei costi esterni che della cessazione delle sovvenzioni concesse per la produzione di energia a partire da combustibili fossili.

4.7.

Secondo il CESE, la competitività industriale, le tecnologie energetiche e la politica a favore dell’innovazione devono condurre rapidamente a risultati che portino a una riduzione dei costi, accelerando l’introduzione di tecnologie sostenibili sul mercato; in caso contrario, si avranno conseguenze dirette sugli investimenti privati e i bilanci nazionali, e si prospetterà una situazione di recessione economica.

4.8.

Per assicurare l’equilibrio tra offerta, conversione, trasporto e uso finale dell’energia, sarà necessario ottimizzare il sistema e sviluppare nuove tecnologie (individuate nel piano SET) che assicurino sia un’interazione efficace tra i vari soggetti e componenti secondo un approccio globale che sinergie potenziali tra le reti energetiche (elettricità, petrolio, gas, calore e mobilità), nell’ottica di realizzare il mercato interno dell’energia.

4.9.

Per assicurare la flessibilità del sistema, sarà necessario un ampio ventaglio di altre soluzioni per lo stoccaggio dell’energia, adattate alle varie forme che l’energia può assumere. In questo settore ci sono le potenzialità per nuovi sviluppi. Lo sviluppo della capacità di stoccaggio diverrà essenziale per un sistema energetico equilibrato, che consenta una gestione attiva delle fonti energetiche rinnovabili e una loro maggiore importanza, oltre a diminuire le limitazioni e a ridurre al minimo e ad equilibrare gli investimenti in infrastrutture, aumentando la flessibilità del sistema energetico.

4.10.

Gli strumenti di gestione innovativi, associati a nuove attrezzature (fisse e mobili) per lo stoccaggio dell’elettricità a livello degli utilizzatori finali, offriranno maggiori possibilità per ottimizzare il consumo e, allo stesso tempo, prezzi più bassi nel contesto di un mercato energetico più flessibile. L’idrogeno può offrire una soluzione flessibile per lo stoccaggio, che può essere alla base della generazione distribuita di energia elettrica e può compensare la variabilità dell’energia da fonti rinnovabili.

4.11.

L’obiettivo delle azioni di ricerca e innovazione dovrebbe consistere nel modellizzare, misurare e controllare il funzionamento e la manutenzione dei sistemi decentrati di riscaldamento e raffreddamento a basse emissioni di gas a effetto serra, accelerando l’ingresso sul mercato di nuovi prodotti e sistemi energetici efficienti e ottimizzando i tre pilastri dell’uso efficiente dell’energia, vale a dire, la misurazione del consumo energetico, la sua ottimizzazione e il suo funzionamento sostenibile, allo scopo di beneficiare di risultati duraturi.

4.12.

Alle città spetterà un ruolo più importante per quel che riguarda la decarbonizzazione dell’economia dell’UE, dato che il processo di urbanizzazione continuerà ad accentuarsi. Per adottare un approccio integrato alle sfide comuni e per migliorare la sostenibilità, è necessario incoraggiare le varie parti interessate a livello locale, riunendo gli enti locali, il settore economico e i cittadini.

4.13.

Il CESE ritiene che la sfida rappresentata dal riciclaggio degli accumulatori agli ioni di litio sia principalmente di natura economica, dato che questi processi sono stati sviluppati in modo da consentire il riciclaggio ad anello chiuso, ma devono essere adattati al riciclaggio degli accumulatori dei veicoli elettrici.

4.14.

Secondo il CESE, l’industria europea degli accumulatori deve adeguarsi all’industria del riciclaggio e far fronte sia allo sviluppo significativo del mercato della mobilità elettrica che all’espansione del mercato delle apparecchiature portatili. Questo settore si fonda sulla volontà dell’UE di adottare la tecnologia europea relativa agli accumulatori.

4.15.

Per garantire meglio la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’UE, è necessario creare un mix di tecnologie sostenibili (biocarburanti avanzati, oltre all’idrogeno e ai combustibili liquidi e gassosi alternativi, tra cui il gas naturale liquefatto).

4.16.

Il CESE sottolinea che nell’UE esercitano la loro attività imprese che occupano la posizione di leader mondiali per quel che concerne lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio, compresa la fissione nucleare. L’approvvigionamento energetico dell’UE deve essere competitivo e gli investimenti dell’Unione in ricerca e innovazione devono riguardare l’intera filiera tecnologica, dai materiali fino alla produzione.

4.17.

Nonostante il diffondersi dell’energia da fonti rinnovabili, i combustibili fossili (il carbone) sono tuttora utilizzati su larga scala in tutto il mondo per la produzione di energia elettrica. Malgrado la sua scarsa efficienza, il carbone continuerà ad essere utilizzato nell’UE per la produzione di energia elettrica. Sarà quini necessario impiegare tecnologie più efficienti per lo sfruttamento del carbone.

4.18.

Il CESE constata che nell’UE non c’è consenso per quanto riguarda l’energia nucleare e la relativa politica è disomogenea. I nuovi reattori di concezione avanzata che sono in costruzione possono portare alla rinascita del settore nucleare, cosicché il rilancio dei programmi nucleari sembra essere una realtà concreta, malgrado una breve esitazione. Il futuro mostrerà se l’UE può permettersi, oppure no, di ridurre la percentuale di energia nucleare nel proprio mix energetico; tuttavia per il momento è necessario proseguire in questa direzione. Per le decisioni strategiche future in materia di energia nucleare sarebbe utile avere un feedback sui costi operativi e di conformità connessi ai sistemi di vecchia concezione.

Bruxelles, 17 febbraio 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


14.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 133/31


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La strategia di allargamento dell’UE»

[COM(2015) 611 final]

(2016/C 133/07)

Relatore:

Ionuţ SIBIAN

La Commissione europea, in data 10 novembre 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

La strategia di allargamento dell’UE

[COM(2015) 611 final].

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 29 gennaio 2016.

Alla sua 514a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 febbraio 2016 (seduta del 18 febbraio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 170 voti favorevoli, 14 voti contrari e 11 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene giustificata l’importanza particolare data dalla Commissione agli aspetti fondamentali del processo di adesione, nel cui ambito i paesi dell’allargamento devono attribuire priorità alle riforme nel campo dello Stato di diritto, dei diritti fondamentali, del funzionamento delle istituzioni democratiche (inclusa la riforma del sistema elettorale e quella della pubblica amministrazione), dello sviluppo economico e del rafforzamento della competitività. Nel monitoraggio dei progressi si dovrebbe prestare una particolare attenzione agli allarmi lanciati dalla società civile in riferimento a misure ed evoluzioni politiche che influiscono negativamente sullo stato di diritto e sui principi democratici.

1.2.

Il CESE rivolge un forte appello alla Commissione affinché la qualità della democrazia partecipativa rimanga uno dei criteri politici fondamentali da sottoporre a valutazione. Occorrerebbe avviare altre azioni decisive per garantire un’attività sistemica al fine di costruire istituzioni efficaci e pienamente operative, con un coinvolgimento significativo delle organizzazioni della società civile (OSC). Ciò contribuirà a combattere il rischio di uno Stato ostaggio degli interessi politici, a migliorare la consapevolezza della rendicontabilità di tutte le parti interessate coinvolte e a garantire l’inclusività e la trasparenza in tutti i processi negoziali e di riforma.

1.3.

Le scale di valutazione armonizzate utilizzate nelle relazioni e l’enfasi posta sia sulla situazione attuale che sui progressi compiuti da ogni paese migliorano la trasparenza, consentono un approccio mirato ai settori prioritari e dovrebbero svolgere un ruolo positivo nell’accrescere la consapevolezza del processo di adesione. Esse, inoltre, creano il contesto per una maggiore partecipazione di ogni paese, data l’ampia gamma di questioni oggetto di controllo. È opportuno valutare il rischio a ciò collegato di distogliere l’attenzione dalle questioni specifiche che i paesi devono affrontare e prendere le debite contromisure. La coerenza, la regolarità e la portata degli attuali canali di comunicazione e meccanismi di consultazione tra le istituzioni dell’UE e i paesi dell’allargamento sono essenziali in tal senso.

1.4.

Il CESE si compiace del chiaro messaggio della Commissione secondo cui una società civile responsabilizzata è un elemento imprescindibile dei sistemi democratici, e riconosce l’appoggio politico che essa fornisce per la creazione di un clima di maggiore sostegno e stimolo per la società civile, incluso un significativo processo di consultazione con la società civile nel contesto della definizione delle politiche. Si tratta di una componente chiave per soddisfare adeguatamente i criteri politici ed essa potrebbe altresì rappresentare un potenziale parametro di riferimento nei negoziati di adesione.

1.5.

A giudizio del CESE, la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo dovrebbero intensificare i loro sforzi di comunicazione per illustrare i vantaggi e le sfide della politica di allargamento ai cittadini europei; le parti sociali, le OSC, dal canto loro, dovrebbero svolgere un ruolo diretto di partner e di trasmettitori di messaggi in tale processo.

1.6.

Il CESE ribadisce la necessità di migliorare la trasparenza e l’inclusività dell’intero processo di adesione (1). La Commissione dovrebbe dare l’esempio facilitando un più ampio accesso ai documenti negoziali come le relazioni di missione, i pareri degli esperti sulla legislazione nazionale e le relazioni relative alle azioni realizzate nell’ambito del TAIEX (strumento di assistenza tecnica e scambio di informazioni), nonché rendere pubblici gli esiti e i risultati dei progetti finanziati dall’UE nella regione. Ciò consentirà di accrescere la consapevolezza degli effetti dell’assistenza dell’UE e di trarre insegnamento dalle esperienze già maturate nella regione.

1.7.

La Commissione dovrebbe prevedere un aumento sostanziale del sostegno finanziario, anche quello proveniente dai progetti a titolo dello strumento per la società civile, con l’obiettivo di rafforzare le capacità delle OSC (incluso lo sviluppo di competenze politiche e il sostegno a una maggiore capacità di monitoraggio) nonché di promuovere la professionalità e l’indipendenza dei mezzi di comunicazione. La cooperazione regionale e la creazione di reti dovrebbero essere ulteriormente sostenute, sulla base delle buone esperienze che già esistono nella regione, inclusi gli strumenti volti a facilitare la cooperazione e il lavoro congiunto delle organizzazioni non governative (ONG) e delle parti sociali (incluse le organizzazioni di categoria), con un terreno comune costituito dal dialogo civile e dalla prospettiva di apprendimento.

1.8.

Il rafforzamento della capacità delle parti sociali di partecipare attivamente al dialogo sociale dovrebbe costituire una priorità dei programmi d’assistenza dell’UE. Tale assistenza è necessaria per facilitare il loro accesso alle opportunità di finanziamento e sviluppare la loro capacità di contribuire efficacemente a tutte le questioni economiche, sociali e giuridiche, compresi i negoziati di adesione all’UE. Occorre rafforzarne le strutture organizzative, la comunicazione interna e la capacità di fornire servizi agli aderenti.

1.9.

Il CESE chiede il rafforzamento del ruolo dei comitati consultivi misti con la società civile (CCM). Essi dovrebbero cercare di inserirsi nelle «nicchie» non occupate da altri organi coinvolti nel processo negoziale e concentrarsi su certi ambiti determinati. In tal senso, il CESE chiede un migliore scambio di informazioni tra i CCM e la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo.

1.10.

Il CESE chiede ai governi della regione di sostenere allo stesso modo le parti sociali e altre organizzazioni della società civile e di coinvolgerle strettamente nelle loro strategie e politiche nazionali finalizzate all’adesione all’UE e nelle loro strutture negoziali, nonché nella programmazione e attuazione di progetti finanziati dall’UE. Al fine di individuare eventuali rischi legati all’adeguamento, occorrerebbe eseguire valutazioni d’impatto della normativa al momento di definire le posizioni negoziali nazionali e l’armonizzazione giuridica. Il coinvolgimento dei soggetti non statali, in particolare il mondo imprenditoriale, i sindacati e i rappresentanti dei gruppi sociali interessati, è fondamentale.

1.11.

Tutti i paesi della regione dovrebbero istituire consigli nazionali per l’integrazione europea nei quali si riunirebbero periodicamente autorità politiche ad alto livello e le organizzazioni di maggior rilievo della società civile con l’intento di rendere più trasparente il processo d’integrazione con l’UE e di pubblicizzarlo in misura maggiore.

1.12.

I progressi registrati in alcuni paesi in relazione al quadro e ai meccanismi di dialogo e cooperazione tra governo e OSC non sono sufficienti. L’efficace attuazione delle disposizioni legislative, la trasparenza e la coerenza dei processi di consultazione dovrebbero essere riconosciute come priorità dai governi nazionali, e i progressi compiuti dovrebbero essere monitorati di conseguenza.

1.13.

Il CESE esorta le autorità politiche a lavorare a stretto contatto con le organizzazioni della società civile al momento di varare le riforme e di dare attuazione alle normative su aspetti essenziali quali la gestione dei casi di corruzione ad alto livello, una più attenta supervisione delle procedure di appalto pubblico e il miglioramento del quadro giuridico per il finanziamento dei partiti politici. Chiede inoltre ai paesi della regione di migliorare le norme sulla libertà di accesso all’informazione e la loro attuazione pratica, di adottare e attuare leggi sui dipendenti che denunciano irregolarità e di rendere il sistema deputato alla tutela di tali informatori più efficace nella pratica. Occorrerebbe altresì sensibilizzare l’opinione pubblica in merito alle possibilità di denunciare i casi di corruzione; in tale contesto, le organizzazioni della società civile possono essere un partner affidabile. Inoltre, sarebbe auspicabile che venisse regolato, con l’accordo delle parti, il Dialogo Sociale Tripartito, al fine di dare seguito agli accordi che vengono stipulati.

1.14.

Le autorità politiche dei paesi della regione dovrebbero promuovere e sostenere il funzionamento di organismi di vigilanza forti e indipendenti, in special modo di organi di mediazione seguendo l’esempio dell’Albania e della Serbia, nonché di organismi nei settori della libertà di accesso alle informazioni e della protezione della privacy, della lotta contro la corruzione, dell’audit e delle competizioni elettorali. Il CESE sottolinea che la figura del Mediatore può fornire un contributo decisivo, a complemento del lavoro condotto dalle organizzazioni della società civile in materia di diritti fondamentali e, più in particolare, di protezione delle minoranze.

1.15.

Considerando il livello estremamente elevato di disoccupazione giovanile nei Balcani occidentali, il CESE raccomanda di estendere la «Garanzia per i giovani» dell’UE ai paesi di prossima adesione all’Unione in questa regione. Questa «Garanzia per i giovani» dovrebbe essere finanziata dai relativi fondi dell’UE. Occorrerebbe istituire un sistema d’istruzione duale in cooperazione con le parti sociali, incluse le camere di commercio e dell’industria e altre associazioni imprenditoriali.

1.16.

Sebbene l’UE auspichi un maggiore ruolo da parte dei governi nella distribuzione dei fondi dell’UE, il finanziamento della società civile non dovrebbe essere incanalato in modo predominante attraverso i governi, in quanto ciò potrebbe creare situazioni di conflitti di interesse. L’UE dovrebbe sostenere la creazione di sistemi di finanziamento più indipendenti. I modelli di fondazioni/fondi indipendenti per il sostegno della società civile potrebbero rivelarsi un meccanismo più adeguato per la distribuzione dei fondi dell’UE. I requisiti fondamentali che vanno strettamente rispettati includono la trasparenza nell’assegnazione e nell’utilizzo dei fondi, la parità di trattamento e la prevenzione dei conflitti di interesse e/o di interferenze politiche nell’assegnazione di qualunque finanziamento pubblico.

1.17.

Lo sviluppo delle capacità nazionali delle OSC (sotto forma di centri di risorse, sostegno per coalizioni, programmi per lo sviluppo delle competenze ecc.), l’ampliamento della portata dell’assistenza (segnatamente al di fuori delle capitali e raggiungendo le organizzazioni di base) e la promozione della partecipazione delle organizzazioni della società civile, in base all’esperienza del CESE, dovrebbero continuare ad avere priorità nei finanziamenti nazionali e della Commissione.

2.   Valutazione globale del programma di allargamento e del coinvolgimento delle organizzazioni della società civile

2.1.

Il CESE riconosce che la politica di allargamento dell’UE svolge un ruolo centrale nel garantire la pace, la sicurezza e la stabilità in Europa. Il programma di allargamento per il 2015 individua, per la prima volta, una prospettiva di medio termine per la politica. Nonostante il messaggio inequivocabile trasmesso, secondo cui nessuno dei paesi dell’allargamento sarà pronto ad aderire all’UE nel corso del mandato dell’attuale Commissione, è essenziale che i paesi dei Balcani occidentali mantengano una chiara prospettiva di adesione all’UE e che i loro progressi e sforzi siano misurati, monitorati e sostenuti, sulla base di indicatori chiari, con una prospettiva a lungo termine degli obiettivi che tali paesi vogliono e devono raggiungere.

2.2.

L’inclusione della società civile in una sezione separata nell’ambito della parte relativa ai criteri politici delle relazioni sui paesi e, in una certa misura, l’ulteriore integrazione trasversale del ruolo della società civile nei capitoli negoziali rappresentano un passo in avanti. Nel monitorare i progressi e valutare la situazione attuale rispetto all’esistenza di un clima favorevole per la società civile, la Commissione dovrebbe seguire da vicino l’integrazione dei suoi orientamenti per il sostegno da parte dell’UE alla società civile nei paesi dell’allargamento. Gli orientamenti, inoltre, dovrebbero diventare un riferimento e una guida per i paesi in via di adesione stessi.

2.3.

Il CESE ribadisce che il dialogo sociale è essenziale per lo sviluppo economico dei Balcani occidentali e dell’UE. Le sfide specifiche affrontate dalle parti sociali dovrebbero essere esaminate in modo più sistematico e approfondito nelle valutazioni e nelle relazioni concernenti i singoli paesi. Si dovrebbe prestare particolare attenzione alla protezione dei diritti delle persone nella sfera del lavoro e della sicurezza sociale.

2.4.

Il CESE apprezza l’intenzione della Commissione di riservare maggiore attenzione alle sfide occupazionali e sociali nel prossimo lavoro sui programmi di riforma economica messi a punto dai paesi dell’allargamento. Le organizzazioni della società civile dovrebbero partecipare anche a questo processo; i loro punti di vista e le loro competenze, inoltre, dovrebbero essere prese in considerazione sia a livello nazionale che dell’UE, evitando così situazioni in cui dette organizzazioni siano meramente informate in merito a strategie o a piani d’azione già decisi. Alle autorità nazionali dovrebbe essere richiesto di garantire un’efficace partecipazione delle OSC.

2.5.

La partecipazione della società civile al processo di adesione assume varie forme: 1) coinvolgimento diretto nei negoziati veri e propri (ossia analisi, definizione delle posizioni nazionali, controllo dei progressi compiuti); 2) dialogo sociale e civile in materia di formulazione delle politiche e di armonizzazione legislativa in riferimento all’acquis; 3) partecipazione alla programmazione dei finanziamenti di preadesione; 4) monitoraggio indipendente dei progressi realizzati e dell’impatto sociale dei processi di riforma. L’esercizio di queste funzioni richiede un adeguato sostegno finanziario, attraverso il governo nazionale in questione e i finanziamenti di preadesione dell’UE.

2.6.

La sensibilizzazione sul ruolo della società civile e il coinvolgimento delle parti sociali nel processo di adesione sono sempre stati, al tempo stesso, una missione e una sfida per il CESE. In alcuni paesi i governi hanno mantenuto un atteggiamento negativo nei confronti della società civile e, di conseguenza, le raccomandazioni formulate dai CCM hanno avuto scarsa risonanza. Tuttavia, i CCM hanno creato opportunità di scambi diretti tra la società civile e i politici e i funzionari dell’UE e quelli nazionali, anche se tali scambi hanno avuto uno scarso impatto sulle politiche governative. Alla luce di queste considerazioni, i CCM potrebbero trarre enormi vantaggi da un più forte sostegno e da una più stretta cooperazione con la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo, in modo da garantire che le preoccupazioni centrali circa le realtà nazionali dell’adesione, che scaturiscono dal dialogo civile e sociale portato avanti nei paesi, possano trovare ascolto in tutti i contesti pertinenti di definizione delle politiche.

2.7.

Come affermato dalla Commissione, il CESE sottolinea l’importanza della cooperazione regionale e del potenziamento dello sviluppo economico regionale e della connettività quale elemento essenziale degli accordi di associazione e stabilizzazione e del processo di allargamento. in questo senso si è registrato uno sviluppo positivo nella cooperazione regionale tra le imprese e le organizzazioni della società civile con la sottoscrizione dell’accordo relativo al «Chambers» Investment Forum» (cif) (2). L’idea alla base del cif è quella di coinvolgere la comunità imprenditoriale della regione, attraverso le camere, nell’attuazione di progetti importanti per la prosperità economica dei Balcani occidentali, in linea con le priorità del processo di Berlino.

2.8.

Il CESE è seriamente preoccupato alla luce dei regressi considerevoli in alcuni paesi per quanto riguarda il rispetto della libertà di riunirsi pacificamente, della libertà di espressione e l’indipendenza dei mezzi di comunicazione (3) (Montenegro, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Turchia in particolare, ma anche Serbia in termini del quadro legislativo per la libertà di riunione), condizioni imprescindibili per creare democrazie solide e consentire a una vivace società civile di svilupparsi. In tal senso, il CESE sostiene fermamente la piena attuazione degli orientamenti della DG Allargamento sullo sviluppo della società civile nei paesi dell’allargamento 2014-2020 e gli orientamenti della stessa DG sul sostegno dell’UE alla libertà e all’integrità dei mezzi di comunicazione 2014-2020. Una sfida che rimane aperta, tuttavia, è quella relativa a come garantire che i media raggiungano le opinioni pubbliche nell’UE, le quali devono anch’esse essere correttamente informate circa il significato e le dinamiche della politica di allargamento.

2.9.

Il ruolo delle OSC nella formulazione e nel monitoraggio delle politiche e, in generale, nel garantire una democrazia funzionale è di cruciale importanza. Gli attacchi del 2015 alla legittimità e alla rendicontabilità delle organizzazioni della società civile (in particolare le organizzazioni che svolgono un ruolo di controllo e quelle di giornalisti indipendenti che monitorano attentamente processi politici cruciali e denunciano frodi elettorali e corruzione politica) registrati in alcuni paesi dell’allargamento sono motivo di grave preoccupazione. Il CESE, pertanto, riconosce la necessità di promuovere la comunicazione e il dialogo in tutti i processi e, in particolare, di raggiungere i cittadini sia degli Stati membri dell’UE che dei paesi dell’allargamento.

2.10.

Quanto allo Stato di diritto e ai diritti fondamentali, è necessario dedicare maggiore attenzione al tema dei gruppi vulnerabili e svantaggiati e delle minoranze, in particolare i Rom. In tale ambito, è necessario garantire risultati chiari e ulteriori progressi nelle relazioni interetniche e nella protezione delle minoranze e dei loro diritti (in materia di istruzione, accesso ai mezzi di comunicazione, utilizzo delle lingue minoritarie anche nella pubblica amministrazione ecc.).

2.11.

Nel suo parere del 10 dicembre 2015 (4) il CESE si è occupato della proposta di regolamento della Commissione che istituisce un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri e ribadisce i principi fondamentali ivi espressi. L’inclusione nell’elenco di paesi di origine sicuri deve essere subordinata ad un esame approfondito. Alla luce delle notizie diffuse attualmente dai media su alcuni casi discutibili di rimpatri nelle zone di crisi, una considerazione responsabile dei diritti umani di tali rifugiati è pertinente anche per la questione dei paesi terzi sicuri.

2.12.

La politica di allargamento deve rispondere pienamente alla sfida di informare i cittadini dell’Unione circa la sua importanza vitale per la sicurezza e la prosperità dell’intero continente, il che potrebbe contribuire a dissipare i timori di ulteriori allargamenti che possono emergere insieme ad altre forme di xenofobia, soprattutto in tempi di crisi economica e nell’ambito dell’attuale crisi dei rifugiati.

2.13.

Le istituzioni dell’UE hanno messo a disposizione diversi canali di consultazione con la società civile, allo scopo di raccogliere riscontri sul progresso delle riforme collegate all’adesione, in particolare corrispondenza online, consultazioni annuali della società civile a Bruxelles, incontri organizzati nei paesi interessati, sessioni d’informazione ed eventi pubblici durante le visite dei funzionari dell’UE. La Commissione si è inoltre dimostrata aperta all’impiego di relazioni indipendenti di monitoraggio elaborate dalle OSC. Essa è stata però indubbiamente molto più proattiva verso le ONG che non verso i sindacati e le associazioni di categoria. Di conseguenza, il CESE chiede alla Commissione di migliorare il suo approccio e adottare ulteriori misure, in linea con le raccomandazioni contenute nel proprio parere Rendere più trasparente e aperto il processo di adesione all’Unione europea (REX/401).

2.14.

Le OSC lottano continuamente per garantire la loro sostenibilità finanziaria nei Balcani occidentali. Tali organizzazioni fanno ancora affidamento in larga parte sul reddito proveniente dalle sovvenzioni estere e dai bilanci pubblici, compresi gli introiti delle lotterie, mentre le fonti di finanziamento alternative sono utilizzate di rado. Il sostegno pubblico, sia finanziario che non, è troppo spesso distribuito attraverso meccanismi non trasparenti e resta insufficiente. Pertanto, permane la necessità che le organizzazioni della società civile diversifichino le loro fonti di finanziamento al fine di garantire la loro indipendenza e sostenibilità finanziaria. Il fatto che esse debbano basarsi su una o due fonti di risorse finanziarie comporta una loro eccessiva dipendenza dalla disponibilità di queste, privandole della sufficiente sicurezza e autonomia finanziarie.

2.15.

Il riconoscimento del valore economico delle OSC nei paesi dell’allargamento richiede una raccolta di dati significativi e, cosa ancor più importante, rende necessaria un’azione per promuovere le loro funzioni e accrescere la consapevolezza del loro ruolo. I dati e le statistiche ufficiali circa le persone che lavorano e prestano attività di volontariato nelle OSC nei paesi dei Balcani occidentali restano limitati. Dal punto di vista del diritto del lavoro, le OSC continuano a essere trattate alla stregua di altri datori di lavoro; tuttavia, non vengono sufficientemente incluse nelle politiche statali per l’occupazione che creano incentivi per potenziali datori di lavoro. Questo trattamento discriminatorio delle OSC è dovuto al mancato riconoscimento della società civile come uno dei settori generatori di occupazione. I recenti sforzi profusi dalle OSC per raccogliere dati e valutare gli specifici ostacoli in ciascun paese (5) dovrebbero essere attentamente valutati, sia dalle autorità nazionali che dalla Commissione, al momento di definire le priorità nel settore statistico.

Bruxelles, 18 febbraio 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Raccomandazioni dettagliate sono formulate nel parere del CESE del 2014 sul tema Rendere più trasparente e aperto il processo di adesione all’Unione europea (GU C 451 del 16.12.2014, pag. 39).

(2)  Il Chambers’ Investment Forum (cif), in quanto organizzazione senza scopo di lucro che riunisce le camere di commercio e dell’industria dei paesi nella regione dei Balcani occidentali, la Slovenia e la Croazia, è stato istituito a latere della conferenza sui Balcani occidentali tenutasi a Vienna nell’agosto 2015.

(3)  Balkan Civil Society Development Network, «Enabling Environment for Civil Society Development Progress Reports and Enlargement Strategy 2015 Background Analysis», http://www.balkancsd.net/novo/wp-content/uploads/2015/11/202-1-BCSDN-2015-Enlargement-Package-Background-Analysis.pdf, Human Rights Watch «A Dangerous Profession: MEDIA Under Threat», July 15, 2015, https://www.hrw.org/node/279063, Reporters without Borders on Macedonia http://en.rsf.org/macedonia.html.

(4)  Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri ai fini della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, e che modifica la direttiva 2013/32/UE, (COM(2015)0452 — 2015/452 (COD)] (GU C 71 del 24.2.2016, pag. 82).

(5)  Lo studio sul Value of the Non-Profit Sector in the Countries of the Western Balkans & Turkey (Valore economico del settore no profit nei paesi dei Balcani occidentali e in Turchia), elaborato da Dubravka Velat e pubblicato a dicembre 2015 dalla Rete per lo sviluppo della società civile dei Balcani (BCSDN, Balkan Civil Society Development Network), è disponibile all’indirizzo: http://www.balkancsd.net/economic-value-of-the-non-profit-sector-in-the-western-balkans-and-turkey/63-12-report-on-the-economic-value-of-the-non-profit-sector-in-the-wbt_final/.


14.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 133/37


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Analisi annuale della crescita 2016»

[COM(2015) 690 final]

e al «Progetto di relazione comune sull’occupazione che accompagna la comunicazione della Commissione sull’Analisi annuale della crescita 2016»

[COM(2015) 700 final]

(2016/C 133/08)

Relatore:

Juan MENDOZA CASTRO

La Commissione europea, in data 22 dicembre 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Analisi annuale della crescita 2016

[COM(2015) 690 final]

e al

Progetto di relazione comune sull’occupazione che accompagna la comunicazione della Commissione sull’Analisi annuale della crescita 2016

[COM(2015) 700 final].

Il sottocomitato sull’Analisi annuale della crescita 2016, istituito a norma dell’articolo 19 del Regolamento interno e incaricato di preparare i lavori del Comitato in materia, ha adottato il progetto di parere in data 12 gennaio 2016.

Alla sua 514a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 febbraio 2016 (seduta del 17 febbraio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 139 voti favorevoli, 8 voti contrari e 11 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La disoccupazione si mantiene elevata. A sette anni dall’inizio della crisi, il Comitato esprime preoccupazione per l’alto tasso di disoccupazione, soprattutto in determinati Stati membri. Sono elevati anche i numeri della disoccupazione giovanile, dei giovani che non studiano, non lavorano e non seguono corsi di formazione (NEET) e dei disoccupati di lunga durata.

1.2.

L’Analisi annuale della crescita 2016 comprende una quantità di analisi, finalità e obiettivi di carattere sociale ma questo nuovo approccio, per essere efficace, non dovrebbe essere basato sulla mera ripetizione della raccomandazioni politiche degli anni precedenti. Oltre all’impulso agli investimenti privati cui fa riferimento la Commissione, la stagnazione dell’economia e l’occupazione impongono un aumento della domanda interna e massicci investimenti pubblici.

1.3.

Semestre europeo. Il CESE accoglie con favore tanto la decisione di rafforzare il monitoraggio degli obiettivi della strategia Europa 2020 quanto la divisione in una fase europea e una nazionale, il che consentirà di delimitare meglio gli ambiti di responsabilità nella realizzazione degli obiettivi fissati. È inoltre essenziale una maggiore coerenza tra le politiche della governance europea e gli obiettivi della strategia Europa 2020.

1.4.

Il semestre europeo dovrebbe tenere conto del conseguimento dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) derivanti dalla strategia per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per il 2030.

1.5.

L’economia. Sebbene possa beneficiare di una serie di fattori positivi temporanei, l’Unione europea fa registrare una ripresa moderata. L’attivo record della bilancia commerciale della zona euro dipende, tra l’altro, dagli effetti della svalutazione dell’euro. A sua volta, l’eccesso di risparmio interno rispetto agli investimenti rispecchia le incertezze che ancora pesano sulla ripresa economica e la crescita.

1.6.

Di fronte al considerevole calo degli investimenti il Consiglio Ecofin ha messo in risalto l’urgente necessità di migliorare il clima per gli investimenti stessi, per sostenere la ripresa economica e incrementare la produttività e il potenziale di crescita. Il CESE, dal canto suo, ritiene necessario un riorientamento della cosiddetta politica di austerità verso un più consistente contributo alle politiche di crescita (1).

1.7.

Il gran numero di persone a rischio di povertà o di esclusione solleva interrogativi circa il conseguimento di uno dei principali obiettivi della strategia Europa 2020.

1.8.

Di fronte al massiccio afflusso di rifugiati e richiedenti asilo, il CESE propone misure basate su un’azione congiunta e solidale, sul rispetto dei valori e del diritto internazionale, sulla parità di trattamento e sul primato della vita al di sopra di qualsiasi approccio basato principalmente sulle politiche di «sicurezza». Il Comitato conferma inoltre che l’Accordo Schengen rappresenta un elemento portante dell’architettura dell’UE.

2.   Raccomandazioni del CESE

2.1.

L’Analisi annuale della crescita 2016 pone in risalto l’importanza degli investimenti in materia di occupazione e di politiche sociali, come aveva proposto il CESE, il che comporta l’adozione di un approccio ambizioso da parte della Commissione.

2.2.

L’Analisi annuale della crescita 2016 deve concentrarsi sul rafforzamento della governance per attuare in modo efficace le grandi politiche europee di integrazione dei mercati e modernizzazione dell’economia, mettendo in risalto, a tale riguardo, il pacchetto di governance economica dell’UE. Efficaci quadri nazionali di governance devono dal canto loro accrescere la fiducia, ripristinare le riserve di bilancio necessarie ed evitare le politiche di bilancio procicliche.

2.3.

È essenziale migliorare le sinergie delle strategie di investimento e di sviluppo tra le economie nazionali e l’economia europea.

2.4.

Il CESE suggerisce che, nel quadro delle priorità politiche, gli sforzi si concentrino in particolare in due ambiti: gli investimenti e l’occupazione.

2.5.

Gli strumenti del quadro finanziario pluriennale e il meccanismo per collegare l’Europa sono essenziali per affrontare la crisi e tornare su un percorso di crescita. Il Comitato si rallegra del buon inizio del piano di investimenti per l’Europa, e ha suggerito a tale riguardo di attirare un maggior numero di investitori istituzionali e di diffondere maggiormente le possibilità di finanziamento.

2.6.

È necessaria «un’azione immediata» per far fronte alla disoccupazione di lungo periodo (che rappresenta il 50 % del totale) e alla disoccupazione giovanile. Inoltre, la Commissione dovrebbe presentare una strategia globale per la parità di genere nel mercato del lavoro.

2.7.

Gli investimenti finalizzati alla transizione energetica (Accordo di Parigi) dovrebbero diventare un fattore di creazione di posti di lavoro e di sviluppo economico.

2.8.

Il CESE chiede un maggiore sforzo coordinato per contrastare la pianificazione fiscale aggressiva, la frode e l’evasione fiscale.

2.9.

Il CESE chiede il pieno coinvolgimento delle parti sociali e di altre organizzazioni rappresentative della società civile nelle politiche sociali e nei piani di riforma nazionali, ad esempio attraverso i consigli economici e sociali nazionali e le organizzazioni analoghe. Per quanto riguarda la proposta della Commissione di istituire comitati nazionali per la competitività nell’area dell’euro, il CESE adotterà un apposito parere nel marzo 2016. In ogni caso, tali comitati devono essere pienamente compatibili con la libertà di contrattazione collettiva e con i meccanismi di partecipazione e di dialogo tra le parti sociali esistenti in ciascuno Stato membro.

2.10.

Legittimità democratica. Per far fronte al deficit democratico, è necessario consolidare i principi di giustizia sociale alla base dell’architettura dell’Unione europea e rafforzare un’Europa sociale dedicata alla lotta contro l’esclusione sociale e al mantenimento della solidarietà.

3.   Introduzione

3.1.

Secondo l’Analisi annuale della crescita 2016:

sebbene possa beneficiare di una serie di fattori positivi temporanei, tra i quali il basso prezzo del petrolio, un euro relativamente debole e politiche monetarie accomodanti, l’Unione europea fa registrare una ripresa moderata;

di conseguenza, le politiche dovrebbero mirare a consolidare la ripresa e a stimolare la convergenza verso i paesi con i migliori risultati;

si prevede un’accelerazione progressiva del ritmo dell’attività;

i risultati economici e le condizioni sociali, così come l’attuazione delle riforme, rimangono disomogenei all’interno dell’UE.

3.2.

Sono confermate le priorità politiche precedenti, volte a creare un quadro di equilibrio tra i cambiamenti strutturali, la solidità dei bilanci pubblici e gli investimenti. L’Analisi annuale della crescita 2016 presenta considerazioni più specifiche in relazione, tra l’altro, al mercato del lavoro, al lavoro sommerso, all’integrazione lavorativa, al divario di genere e all’occupazione giovanile.

3.3.

Si invoca una pubblica amministrazione moderna ed efficiente, necessaria per garantire servizi rapidi e di alta qualità per le imprese e i cittadini.

3.4.

L’approccio è rivolto anche a migliorare la qualità, l’indipendenza e l’efficacia dei sistemi giudiziari degli Stati membri come condizione preliminare per la creazione di un ambiente favorevole agli investimenti e all’attività economica.

3.5.

Per quanto riguarda il Progetto di relazione comune sull’occupazione, le principali constatazioni che ne emergono riguardano la grande disparità esistente tra gli Stati membri e la lentezza dei miglioramenti della situazione occupazionale e sociale. Altre conclusioni sono le seguenti:

continuità delle riforme dei mercati del lavoro,

sistemi fiscali più favorevoli alla creazione di posti di lavoro,

investimenti nel capitale umano attraverso l’istruzione e la formazione, che si sono concentrati principalmente sui giovani,

mantenimento della moderazione salariale, e

iniziative a favore dell’occupazione giovanile e in relazione all’elevato numero di giovani che non studiano, non lavorano e non seguono corsi di formazione (NEET).

4.   La disoccupazione si mantiene elevata

4.1.

A sette anni dall’inizio della crisi, il Comitato torna a esprimere preoccupazione per la situazione dell’occupazione, che riguarda in particolare determinati Stati membri della zona euro. Nell’UE sono senza lavoro 22,5 milioni di persone (17,2 milioni nell’area dell’euro) e in questo campo, nei prossimi due anni, non è prevedibile un miglioramento significativo. Oltre alle conseguenze sociali ed economiche che comporta, questa situazione si somma agli altri fattori che contribuiscono alla disaffezione dei cittadini per il progetto europeo.

4.2.

L’Analisi annuale della crescita 2016 include una quantità di analisi, finalità e obiettivi di carattere sociale. Per poter essere efficace e non rimanere un mero esercizio retorico, questo nuovo approccio non dovrebbe essere basato sulla ripetizione delle raccomandazioni politiche degli anni precedenti — essenzialmente riforme strutturali nel mercato del lavoro — e dovrebbe invece dare un impulso coordinato alla crescita e all’occupazione.

4.3.

L’Analisi annuale della crescita 2016 pone in risalto l’importanza degli investimenti in materia di occupazione e di politiche sociali, come aveva proposto il CESE, il che comporta l’adozione di un approccio ambizioso da parte della Commissione.

4.4.

Oltre all’impulso agli investimenti privati che costituisce la base della proposta della Commissione, la stagnazione dell’economia e l’occupazione impongono il ricorso a massicci investimenti pubblici.

5.   Il Semestre europeo: rafforzare la governance

5.1.

L’Analisi annuale della crescita 2016 dovrebbe concentrarsi sul rafforzamento della governance per attuare in modo efficace le grandi politiche europee di integrazione dei mercati e modernizzazione dell’economia.

5.2.

Il Semestre europeo deve compiere progressi anche nello sviluppo del pacchetto sulla governance economica, riveduto nell’ottobre 2015. Efficaci quadri nazionali di governance devono dal canto loro accrescere la fiducia, ripristinare le riserve di bilancio necessarie ed evitare le politiche di bilancio procicliche (2). Al conseguimento di tali obiettivi dovrebbero contribuire gli strumenti finanziari dell’UE e i bilanci nazionali.

5.3.

Il CESE accoglie con favore la decisione di rafforzare il monitoraggio degli obiettivi della strategia Europa 2020 nel contesto del Semestre europeo, come avevano proposto i cinque presidenti (3). Oltre a migliorare l’attuazione e il monitoraggio della strategia esistente, si annuncia un processo di elaborazione di una visione a lungo termine che vada al di là dell’orizzonte temporale del 2020, anche alla luce dei nuovi OSS convenuti dalle Nazioni Unite per il 2030. Il Comitato si compiace dell’iniziativa prevista dal momento che essa conferma la sua posizione secondo cui l’UE dovrà estendere il suo orizzonte di programmazione almeno fino al 2030 per dare attuazione agli OSS, adottando una strategia integrata per un’Europa sostenibile in un mondo globalizzato.

5.4.

La decisione di dividere il Semestre in due fasi più chiaramente differenziate — una europea (da novembre a febbraio) e una nazionale (da febbraio a giugno) — consente di delimitare meglio gli ambiti di responsabilità e renderà possibile una consultazione approfondita degli interlocutori sociali sul processo di riforma europeo.

6.   Lo sviluppo dell’economia

6.1.

L’UE ha fatto registrare una crescita del PIL reale dell’1,9 % nel 2015, e si prevede che arrivi al 2,0 % nel 2016 e al 2,1 % nel 2017 (4), ma esistono notevoli differenze tra gli Stati membri.

6.2.

Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che le esportazioni, con un attivo record pari al 3,5 % del PIL della zona euro (1,9 % del PIL dell’UE- 28), sono state la forza trainante della ripresa. A livello aggregato, la zona euro registra attualmente uno degli avanzi delle partite correnti più grandi al mondo che sembra destinato a crescere ancora nel 2015. Mentre il calo dei prezzi delle materie prime e il deprezzamento del tasso di cambio dell’euro hanno contribuito a rafforzare la bilancia commerciale, l’eccedenza è in gran parte il riflesso di un eccesso di risparmio interno rispetto agli investimenti nella zona euro (5). Questa situazione rispecchia anche le incertezze che ancora pesano sulla ripresa economica e la crescita.

6.3.

La moderazione salariale, il calo del prezzo del petrolio, i bassi tassi di interesse e gli sviluppi dei tassi di cambio favoriscono la competitività dell’economia europea. La ripresa economica dipende sempre di più dalla domanda interna, ma su di essa incidono i vincoli di bilancio, l’elevato livello di occupazione precaria, la moderazione salariale e la scarsa disponibilità di credito per le famiglie e le imprese, in particolare le PMI.

7.   Osservazioni sul Progetto di relazione comune sull’occupazione

7.1.

Secondo il Progetto, una serie di riforme ha rafforzato determinati meccanismi di fissazione dei salari al fine di promuovere la convergenza nell’evoluzione dei salari connessa alla produttività e la necessità di sostenere il reddito disponibile delle famiglie, prestando particolare attenzione ai salari minimi. Il CESE rileva tuttavia che tra il 2008 e il 2015 la crescita dei salari è stata inferiore a quella della produttività in almeno 18 Stati membri (6).

7.2.

Nel 2014 si è riscontrato un calo dei costi unitari del lavoro in diversi paesi della zona euro particolarmente colpiti dalla crisi. Inoltre, nei paesi in cui il mercato del lavoro è in miglioramento, il numero di ore di lavoro ha cominciato a dare un contributo positivo all’evoluzione di tali costi (7).

7.3.

Il CESE concorda sul fatto che la modernizzazione, un migliore abbinamento tra le capacità professionali e le esigenze del mercato del lavoro e i continui investimenti nell’istruzione e nella formazione, comprese le competenze informatiche, sono essenziali per il futuro dell’occupazione, la crescita economica e la competitività dell’UE.

7.4.

La disoccupazione di lunga durata rappresenta attualmente il 50 % della disoccupazione totale. È necessaria «un’azione immediata» per risolvere questo problema, azione che va considerata prioritaria nell’ambito delle politiche per l’occupazione. Va dedicata inoltre un’attenzione prioritaria all’elevata disoccupazione giovanile e alla situazione dei giovani che non studiano, non lavorano e non seguono corsi di formazione (NEET).

7.5.

È significativo che secondo le recenti analisi della mancata corrispondenza tra domanda e offerta di competenze meno della metà delle difficoltà di reclutamento dipendono da vere e proprie carenze di competenze, mentre quasi un terzo può essere attribuito a salari poco attraenti.

7.6.

L’elevato numero di persone a rischio di povertà o di esclusione registrato nel 2014 (24,4 %, vale a dire 122 milioni di persone — UE 28) e l’andamento degli ultimi anni sollevano numerosi interrogativi circa il conseguimento di uno dei principali obiettivi della strategia Europa 2020.

7.7.

Le donne sono ancora sottorappresentate nel mercato del lavoro anche se le loro qualifiche sono migliorate e hanno addirittura superato quelle degli uomini in termini di istruzione formale. La differenza del 40 % tra i livelli delle pensioni è il risultato di carriere più brevi nonché di retribuzioni inferiori. Il CESE si rammarica del fatto che l’Analisi annuale della crescita 2016 non formuli alcuna proposta in quest’ambito. Sottolinea inoltre che la Commissione non ha ancora presentato una strategia globale in materia di parità di genere, con misure specifiche per tenere conto degli attuali impegni politici e delle esigenze della società civile organizzata (8).

8.   Le priorità politiche per il 2016

8.1.

Le aspettative di uscita dalla crisi non si sono ancora realizzate.

8.2.

Le profonde differenze esistenti all’interno dell’UE in termini sociali ed economici impongono di rafforzare la convergenza degli Stati membri verso il raggiungimento degli obiettivi in questo settore. È fondamentale migliorare le sinergie delle strategie di investimento e di sviluppo tra le economie nazionali e l’economia europea.

8.3.

Nel quadro delle priorità politiche per il 2016, il CESE insiste in particolare su due ambiti: gli investimenti e l’occupazione.

8.4.   Rilancio degli investimenti: una necessità urgente

8.4.1.

Di fronte al considerevole calo degli investimenti vi è un’urgente necessità di migliorare il clima per gli investimenti stessi, per sostenere la ripresa economica e incrementare la produttività e il potenziale di crescita (9). Il CESE, dal canto suo, ritiene necessario un riorientamento della cosiddetta politica di austerità verso un consistente contributo alle politiche di crescita.

8.4.2.

Gli strumenti del quadro finanziario pluriennale (Fondi strutturali e d’investimento, tra gli altri) sono essenziali per affrontare la crisi e tornare su un percorso di crescita sostenuta; in particolare, il meccanismo per collegare l’Europa è importante per rafforzare le reti transeuropee di infrastrutture dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia.

8.4.3.

Il piano di investimenti per l’Europa — un passo nella direzione giusta che deve essere integrato da altre misure — ha registrato un buon avvio — secondo la BEI il totale degli investimenti promossi nel 2015 arriverà a 50 miliardi di euro — e che 71 000 PMI e società a media capitalizzazione possano beneficiare di progetti d’investimento del FEIS. Per poter conseguire l’obiettivo di 315 miliardi di euro di investimenti entro il 2017 sarà necessario:

attrarre un numero maggiore di investitori istituzionali (UE ed extra-UE). Finora, solo nove Stati membri hanno fornito contributi, e tra essi non figurano alcuni di quelli che più hanno bisogno di modernizzare la propria struttura economica;

diffondere maggiormente le possibilità di finanziamento del FEIS, dato che in alcuni casi non sono ancora sufficientemente note alle autorità pubbliche e agli investitori privati.

8.4.4.

Oltre la metà dei progetti del FEIS riguarda l’efficienza energetica, le fonti energetiche rinnovabili e l’innovazione. L’adempimento dell’Accordo di Parigi per la transizione dalle risorse fossili e da un’economia ad alta intensità di energia a modelli a basso tenore di carbonio e con un’impronta ridotta costituisce un’enorme sfida per l’UE, che deve ridurre in modo sostanziale le proprie emissioni. Gli investimenti finalizzati alla transizione energetica sono un fattore di creazione di posti di lavoro e di sviluppo economico. Essi sono inoltre un fattore essenziale per ridurre i prezzi dell’energia, con effetti positivi sul piano sociale ed economico.

8.4.5.

Il Comitato concorda sul fatto che il finanziamento dell’economia reale è notevolmente migliorato, anche se rimangono delle differenze tra gli Stati membri. Il problema, tuttavia, interessa soprattutto le piccole e medie imprese, che dipendono fortemente dal credito bancario. L’Unione dei mercati dei capitali, una delle principali iniziative dell’UE, dovrebbe avere come obiettivo centrale quello di fornire alle PMI un accesso ai finanziamenti (10).

8.4.6.

Investire nel capitale umano. Il CESE deplora la diminuzione della spesa pubblica per l’istruzione (11), perché l’Europa ha bisogno di una forza lavoro ben istruita e qualificata per realizzare appieno il suo potenziale economico. Le misure di riforma dovrebbero puntare prioritariamente a incrementare il livello di conoscenze, abilità e competenze e a colmare il divario crescente tra i lavoratori scarsamente qualificati e quelli altamente qualificati.

8.5.   Promuovere l’occupazione e politiche sociali inclusive e una crescita sostenibile

8.5.1.

I settori innovativi hanno un grande potenziale di creazione di posti di lavoro. Tale è la finalità delle politiche europee di integrazione dei mercati e modernizzazione dell’economia (agenda digitale, mercato interno dell’energia, quadro per il settore audiovisivo, mercato delle telecomunicazioni).

8.5.2.

L’occupazione stabile è essenziale per la ripresa economica, ma si rileva la forte segmentazione del mercato del lavoro (12). Occorre conciliare le esigenze di adattamento a un mondo del lavoro in costante mutazione con la sicurezza dell’occupazione, l’identificazione del lavoratore con l’impresa e lo sviluppo delle sue capacità.

8.5.3.

Il CESE ha già sottolineato che il concetto di «flessicurezza», sul quale la Commissione torna a insistere nell’Analisi annuale della crescita 2016, non rappresenta una riduzione unilaterale e illegittima dei diritti dei lavoratori, ma piuttosto una concezione del diritto del lavoro, dei sistemi di tutela dei posti di lavoro e, di concerto con le parti sociali, delle pratiche di contrattazione collettiva, per garantire un equilibrio ottimale tra flessibilità e sicurezza in tutti i rapporti di lavoro e a fornire un livello di sicurezza adeguato per tutti i lavoratori, indipendentemente dalle forme di contratto, in modo da far fronte alla segmentazione dei mercati del lavoro (13).

8.5.4.

Il CESE considera positivamente:

la decisione dell’Eurogruppo di valutare la pressione fiscale sul lavoro al fine di ridurre gli ostacoli agli investimenti e alla creazione di posti di lavoro (14); sottolinea inoltre che l’«inverdimento» dei sistemi fiscali, in particolare premiando le attività a basse emissioni e a impronta ridotta rispetto a quelle ad alta intensità energetica e di risorse, è essenziale per rendere l’economia europea più sostenibile;

le proposte volte a migliorare i mercati dei prodotti e dei servizi e il contesto imprenditoriale e, in particolare, quelle riguardanti il commercio al dettaglio;

le proposte in materia di appalti pubblici (che rappresentano il 19 % del PIL dell’UE) intese ad aumentare la trasparenza, migliorare l’efficacia dell’amministrazione, favorire un maggiore ricorso agli appalti elettronici e combattere la corruzione.

8.5.5.

Il Comitato ha sostenuto la transizione verso un’economia verde (15); esso accoglie con favore il principio dell’economia circolare e sta attualmente valutando i vantaggi e gli svantaggi del pacchetto su questo tema, presentato dalla Commissione nel dicembre 2015.

8.5.6.

Il CESE sottolinea il ruolo importante che il semestre europeo e l’analisi annuale della crescita devono svolgere per garantire il monitoraggio delle politiche di sviluppo sostenibile. Negli ultimi anni la Commissione ha cominciato a inserire nell’analisi annuale della crescita e nelle raccomandazioni specifiche per paese anche le questioni ambientali. Il Comitato deplora che la Commissione sembri avere abbandonato questo approccio («inverdire il semestre europeo») nell’attuale analisi annuale della crescita, e la invita a riprendere in considerazione nel semestre europeo la transizione verso un’economia circolare e a basso contenuto di carbonio quale elemento fondamentale per la prosperità economica, la competitività e la resilienza sul lungo periodo.

9.   Altre misure

9.1.   Politiche fiscali responsabili

9.1.1.

Negli ultimi anni, l’UE e gli Stati membri hanno adottato un’ampia gamma di misure (tra cui l’Unione bancaria e le riforme strutturali) nell’ambito del Patto di stabilità e di crescita. Di conseguenza, sono stati compiuti progressi sul fronte della riduzione degli squilibri macroeconomici. In un contesto di bassissima inflazione (0 % nel 2015 e 1,7 % previsto nel 2017), si è registrata una riduzione significativa del disavanzo pubblico [2,5 % del PIL attualmente, previsione dell’1,6 % del PIL nel 2017 (16)]. Le misure volte a ridurre gli elevati stock di debito pubblico (86,8 % del PIL) e privato (famiglie 57,9 %, imprese non finanziarie 79,5 %) comportano limitazioni agli investimenti e ai consumi.

9.1.2.

Rafforzare l’efficacia e l’equità dei sistemi fiscali. Il CESE è favorevole a correggere la distorsione a favore del debito nella tassazione (debt bias), come consigliato dalle relazioni dell’FMI, agevolando così i canali di finanziamento alternativi al credito bancario, soprattutto sui mercati dei capitali.

9.1.3.

Il CESE apprezza le iniziative della Commissione sull’ubicazione delle attività economiche e il pacchetto di misure in materia di trasparenza fiscale. Occorre una più ampia azione coordinata delle autorità europee e nazionali al fine di eliminare i paradisi fiscali e contrastare la pianificazione fiscale aggressiva, la frode e l’evasione fiscale, che causano nell’UE perdite stimate in mille miliardi di euro (17).

9.2.   L’evoluzione demografica e la sua incidenza sui sistemi pensionistici e sanitari

9.2.1.

Gli Stati membri dell’UE hanno adottato misure sui sistemi pensionistici pubblici volte, da un lato, a mitigare le conseguenze sociali della crisi e, dall’altro, a migliorare la loro sostenibilità a lungo termine. Si è trattato tra l’altro di misure di austerità quali l’aumento dell’età pensionabile e la stretta correlazione tra contributi e prestazioni. I sistemi pensionistici privati, come il Comitato ha già affermato (18), svolgono una funzione sociale importante ma non dovrebbero essere considerati come semplici strumenti finanziari.

9.2.2.

Il Comitato concorda con la Commissione sulla necessità di stabilire una base di finanziamento sostenibile per i sistemi sanitari. Per il maggiore benessere dei cittadini dell’Unione, tali sistemi devono essere fermamente ancorati ai principi e ai valori della dimensione sociale dell’Europa, quali l’universalità, l’accessibilità, l’equità e la solidarietà (19).

9.3.   I rifugiati e i richiedenti asilo

9.3.1.

Al fine di ottenere il necessario consenso sociale in tutta Europa, è essenziale rispettare pienamente la parità di trattamento e i diritti sociali sia dei cittadini dell’UE che dei rifugiati presenti in Europa, con particolare attenzione ai gruppi più vulnerabili. Investimenti tempestivi per l’integrazione dei profughi nella società e nel mercato del lavoro sono importanti per aiutarli a ricostruire le loro vite, riducendo nel contempo al minimo i potenziali conflitti con la popolazione locale ed evitando costi più elevati in futuro.

9.3.2.

Il CESE si augura che il meccanismo di ricollocazione in caso di crisi aiuti l’UE a passare, sulla base di un consenso generale, a un sistema sufficientemente solido e flessibile per affrontare le multiformi sfide legate alla migrazione.

9.3.3.

La Commissione europea e le altre istituzioni dell’UE devono sostenere attivamente i governi degli Stati membri, in modo da creare le condizioni e le prospettive adeguate per l’integrazione dei richiedenti asilo ricollocati. Occorre chiarire, tra l’altro, che le spese sostenute dagli Stati membri per l’accoglienza e l’integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati non hanno carattere duraturo e strutturale, per cui non devono essere conteggiate nel calcolo del disavanzo strutturale di bilancio.

9.3.4.

Il Comitato conferma che l’Accordo di Schengen rappresenta un elemento portante dell’architettura dell’UE (20).

9.4.   Partecipazione della società civile

9.4.1.

Il CESE considera la partecipazione della società civile all’elaborazione delle politiche sociali ed economiche una condizione necessaria della loro efficacia.

9.4.2.

I programmi nazionali di riforma (PNR) devono prevedere spazi di discussione, in particolare i consigli economici e sociali. In alcuni Stati membri, tuttavia, tale partecipazione non si realizza.

9.4.3.

Se i comitati nazionali per la competitività, saranno istituiti come raccomandato dalla Commissione, dovranno essere pienamente compatibili con la libertà di contrattazione collettiva e con i meccanismi di partecipazione e di dialogo tra le parti sociali esistenti in ciascuno Stato membro. Il CESE adotterà un parere in materia nel marzo 2016.

9.5.   Legittimità democratica

9.5.1.

Il deficit democratico ha determinato una perdita di fiducia nell’ideale europeo. Il Comitato sottolinea la necessità di riconquistare la fiducia dei cittadini e di ripristinare la visione di un’Europa sociale, il che consentirà di rafforzare e sostenere la legittimità sociale della costruzione europea.

9.5.2.

Tanto nella teoria quanto nella pratica, l’Unione europea è lungi dal disporre di sufficiente legittimità sociale. La controversia sul «deficit democratico» dell’Unione è ancora aperta, e allo stesso tempo vi è stato uno slittamento semantico da «deficit democratico» a «deficit di giustizia» e «deficit di legittimità» in senso lato. È necessario consolidare i principi di giustizia sociale alla base dell’architettura dell’Unione europea e rafforzare un’Europa sociale dedicata alla lotta contro l’esclusione sociale e al mantenimento della solidarietà.

Bruxelles, 17 febbraio 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Ecofin, 15.1.2016.

(2)  Cfr. nota 1.

(3)  Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa, 22 giugno 2015. Cfr. inoltre la Comunicazione sulle tappe verso il completamento dell’Unione economica e monetaria [COM(2015) 600 final].

(4)  Previsioni dell’autunno 2015.

(5)  Relazione 2016 sul meccanismo di allerta, COM(2015) 691 final.

(6)  Cfr. https://www.etuc.org/sites/www.etuc.org/files/document/files/08-en_ags2015_annex_3_-_wages_as_an_engine_of_growth.pdf

(7)  Cfr. nota 5.

(8)  Cfr. Monserrat Mir, Why is the Commission ignoring women? («Perché la Commissione trascura le donne?») http://www.euractiv.com/sections/social-europe-jobs/why-commission-annoying-half-population-320379.

(9)  Cfr. nota 1.

(10)  Cfr.: http://www.savings-banks.com/press/positions/Pages/Common-position-on-Capital-Markets-Union-.aspx

(11)  COM(2015) 700 final.

(12)  Cfr. nota 11.

(13)  GU C 211 del 19.8.2008, pag. 48.

(14)  Dichiarazione dell’Eurogruppo sul programma di riforma strutturale — dibattiti tematici sulla crescita e l’occupazione: valutazione comparativa degli oneri fiscali sul lavoro, 638/15, 12.9.2015.

(15)  GU C 230 del 14.7.2015, pag. 99.

(16)  Cfr. nota 4.

(17)  http://ec.europa.eu/taxation_customs/taxation/tax_fraud_evasion/missing-part_en.htm

(18)  GU C 451 del 16.12.2014, pag. 106.

(19)  GU C 242 del 23.7.2015, pag. 48.

(20)  Cfr. i pareri del CESE sui temi Frontex (GU C 44 dell’11.2.2011, pag. 162); Migrazione (GU C 248 del 25.8.2011, pag. 135); Un’Europa aperta e sicura (GU C 451 del 16.12.2014, pag. 96) e la risoluzione del 10.12.2015 (GU C 71 del 24.2.2016, pag. 1).


ALLEGATO

Il seguente punto del parere del sottocomitato, che è stato sostituito dal testo di un emendamento adottato dall’Assemblea, ha ricevuto almeno un quarto dei voti espressi (articolo 54, paragrafo 4 del Regolamento interno):

Punto 9.4.3

I comitati nazionali per la competitività, qualora dovessero essere istituiti come raccomandato dalla Commissione, dovranno essere pienamente compatibili con la libertà di contrattazione collettiva e con i meccanismi di partecipazione e di dialogo tra le parti sociali esistenti in ciascuno Stato membro. Il CESE adotterà un parere in materia nel marzo 2016.

Esito della votazione

Voti favorevoli:

103

Voti contrari:

54

Astensioni

10