ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 120

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

59° anno
5 aprile 2016


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato delle regioni

 

116a sessione plenaria del 10 e 11 febbraio 2016

2016/C 120/01

Risoluzione sull’analisi annuale della crescita della Commissione europea per il 2016

1

2016/C 120/02

Risoluzione — Le minacce allo spazio senza frontiere dell’UE (spazio Schengen)

4

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

116a sessione plenaria del 10 e 11 febbraio 2016

2016/C 120/03

Parere del Comitato europeo delle regioni — Turismo a misura di anziano

6

2016/C 120/04

Parere del Comitato europeo delle regioni — Innovazione e modernizzazione dell’economia rurale

10

2016/C 120/05

Parere del Comitato europeo delle regioni — Indicatori dello sviluppo territoriale — non solo PIL

16

2016/C 120/06

Parere del Comitato europeo delle regioni — Cooperazione europea in materia di gioventù (2010-2018)

22


 

Atti preparatori

 

COMITATO DELLE REGIONI

 

116a sessione plenaria del 10 e 11 febbraio 2016

2016/C 120/07

Parere del Comitato europeo delle regioni — L’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro

27

2016/C 120/08

Parere del Comitato europeo delle regioni — Quadro dell’Unione europea per la raccolta di dati nel settore della pesca

40


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato delle regioni

116a sessione plenaria del 10 e 11 febbraio 2016

5.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 120/1


Risoluzione sull’analisi annuale della crescita della Commissione europea per il 2016

(2016/C 120/01)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

visti la comunicazione della Commissione europea sull’analisi annuale della crescita 2016 e l’avvio del semestre europeo 2016 (1),

visto il progetto di relazione del Parlamento europeo sul semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: Analisi annuale della crescita 2016 (2015/2285/INI),

Rilanciare gli investimenti

1.

sottolinea che, nell’Unione europea, la crescita e l’occupazione sono indebolite dal calo del livello degli investimenti che ha seguito la crisi, calo che si ripercuote negativamente sulla competitività e minaccia la coesione economica, sociale e territoriale; teme che un periodo prolungato di bassi investimenti comprometta il potenziale a lungo termine di crescita dei posti di lavoro e la loro qualità;

2.

osserva che i tagli di bilancio hanno colpito gli investimenti pubblici nelle infrastrutture, come confermato da un recente studio congiunto CdR-OCSE (2), nonché nell’istruzione, nella formazione professionale, nell’assistenza sanitaria, nei servizi sociali, nell’assistenza all’infanzia e nei servizi abitativi, in una fase in cui gli investimenti privati sono disincentivati da aspettative negative sulla dinamica dell’attività economica;

3.

sottolinea che occorre rimuovere gli ostacoli agli investimenti privati e pubblici completando il mercato interno (in particolare quello dei servizi), realizzando riforme strutturali orientate alla creazione di posti di lavoro di qualità e alla lotta contro le disuguaglianze, migliorando il quadro normativo e il contesto per l’attività economica, combattendo la frode e l’economia sommersa e promuovendo l’imprenditorialità; e in proposito richiama l’attenzione sull’importanza di utilizzare in modo efficace ed efficiente i fondi dell’UE in partenariato con il settore privato, in modo che i fondi pubblici e privati siano in grado, collettivamente, di produrre un impatto positivo sul campo. Considerato che la Commissione europea intende avviare un dialogo con gli Stati membri sull’individuazione di tali ostacoli, sottolinea la necessità di analizzare questi ultimi in maniera specifica a tutti i livelli di governo e di coinvolgere il CdR in questo processo;

4.

incoraggia gli Stati membri dell’UE a coinvolgere i rispettivi enti locali e regionali quando si tratta di avvalersi appieno dei fondi strutturali — che rappresentano in media circa il 14 % degli investimenti pubblici totali, ma con punte di più del 50 % in nove Stati membri — nonché del piano di investimenti per l’Europa (Fondo europeo per gli investimenti strategici), che deve essere applicato in base a criteri di flessibilità e complementarità con i fondi strutturali, al fine di sfruttare al massimo la sua capacità di investimento, sia pubblica che privata;

5.

è favorevole a un processo di convergenza economica e sociale verso l’alto, ma sottolinea che le disparità sociali, economiche e territoriali saranno superate solo adottando una visione territoriale che ci consenta di mettere in pratica un’impostazione più marcatamente «dal basso», coniugando un approccio alle politiche basato sul territorio con una dimensione territoriale della strategia Europa 2020 riveduta e una politica di coesione dell’UE orientata ai risultati;

Proseguire le riforme strutturali

6.

osserva che il programma di sostegno alle riforme strutturali (SRSP) proposto dovrebbe, dopo essere stato soggetto alla procedura legislativa ordinaria, essere accessibile alle autorità nazionali e agli enti regionali e locali in base all’attuale ripartizione delle competenze negli Stati membri; insiste affinché tale programma venga attuato senza ridurre la dotazione finanziaria dei fondi SIE;

7.

sottolinea che lo sviluppo di un’amministrazione più efficiente a tutti i livelli di governo, compresi gli enti locali e regionali, è di fondamentale importanza per rilanciare gli investimenti a lungo termine e per promuovere le riforme strutturali e l’impiego responsabile ed efficace dei fondi;

Attuare politiche responsabili in materia di finanze pubbliche

8.

sottolinea l’importanza che ciascuno Stato membro attui politiche economiche sane e abbia finanze pubbliche stabili, in quanto prerequisiti per effettuare i necessari investimenti pubblici a breve e a lungo termine;

9.

ritiene che l’analisi annuale della crescita 2016 fornisca alla Commissione argomenti convincenti per considerare la proposta di una capacità di bilancio per l’Unione europea nel suo insieme, al fine di attuare politiche anticicliche e accelerare la ripresa. Tale capacità di bilancio dovrebbe rispettare il principio di sussidiarietà e garantire che sia previsto un margine di flessibilità sufficiente per attuare politiche adeguate alle esigenze locali, attraverso il coinvolgimento degli enti locali e regionali nell’elaborazione delle politiche stesse;

10.

ribadisce la sua richiesta di introdurre una golden rule (regola d’oro) per la contabilità pubblica, in modo da tenere gli investimenti a lungo termine separati dalle spese correnti; e a questo scopo rinnova il suo invito alla Commissione europea a presentare un Libro bianco che sviluppi i principi dell’OCSE per l’efficacia degli investimenti pubblici a tutti i livelli di governo e definisca una tipologia a livello di UE per la qualità degli investimenti pubblici nella contabilità della spesa pubblica in funzione dei loro effetti a lungo termine; incoraggia la diminuzione della spesa corrente, finalizzata all’abbassamento della pressione fiscale per stimolare gli investimenti privati;

11.

richiama la sua proposta concernente un indicatore relativo al tasso d’investimento da inserire nella valutazione degli squilibri macroeconomici;

12.

sottolinea che l’attuazione del Patto di stabilità e crescita e del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria dev’essere flessibile, in modo che la capacità d’investimento degli enti locali e regionali venga promossa e non limitata; e si aspetta che la Commissione, facendo seguito alla sua comunicazione del gennaio 2015, avanzi ulteriori proposte concrete volte a tener conto di tale aspetto nell’attuazione, o eventuale revisione, dei suddetti accordi;

Revisione della strategia Europa 2020 e nuovo approccio allo sviluppo sostenibile oltre il 2020

13.

accoglie con favore il riconoscimento della strategia Europa 2020 come quadro politico multilivello di lungo periodo; sottolinea l’importanza di conferire a tale strategia una dimensione territoriale; annuncia che consulterà gli enti locali e regionali per contribuire a precisare gli indicatori e gli obiettivi della strategia Europa 2020 riveduta, nonché in merito alla strategia a lungo termine per il dopo 2020 la cui pubblicazione è stata annunciata dalla Commissione europea per il 2016; propone di prevedere una nuova iniziativa faro sulle sfide demografiche, come strumento orizzontale, affinché tutti i territori che devono affrontare sfide demografiche di diversa natura, conseguano una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva;

Il semestre europeo

14.

insiste sull’opportunità che i programmi nazionali di riforma e le raccomandazioni specifiche per paese comprendano una dimensione territoriale per massimizzare la crescita e ridurre le disparità territoriali;

15.

ribadisce il suo invito alla Commissione e al Parlamento europeo ad adottare un codice di condotta che assicuri la partecipazione strutturata degli enti locali e regionali al semestre europeo; ribadisce il suo impegno a presentare una proposta concreta al riguardo nel 2016; si impegna a condurre un dialogo regolare con la Commissione europea per quanto concerne soprattutto la componente europea del processo del semestre;

16.

accoglie con favore l’intenzione di integrare meglio, riguardo alla governance economica dell’UE, la dimensione nazionale e quella dell’eurozona, presentando l’analisi annuale della crescita 2016 insieme con le raccomandazioni relative alla zona euro all’inizio del ciclo del semestre europeo 2016;

17.

appoggia la richiesta del Parlamento europeo di includere il pilastro del mercato unico nell’ambito del semestre europeo, con un sistema di monitoraggio e valutazione periodici dell’integrazione del mercato unico comprendente una serie di indicatori quantitativi e qualitativi, un’analisi comparativa, una procedura di revisione tra pari e uno scambio di buone pratiche;

18.

si compiace del fatto che l’analisi annuale della crescita della Commissione inserisca tre indicatori sociali (tasso di attività, disoccupazione giovanile e disoccupazione di lungo periodo) nella relazione 2016 sul meccanismo di allerta, riflettendo in tal modo gli obiettivi stabiliti all’articolo 9 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea;

19.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Parlamento europeo, al Consiglio e al Presidente del Consiglio europeo.

Bruxelles, 10 febbraio 2016.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  COM(2015) 700 final.

(2)  Consultazione CdR-OCSE delle amministrazioni subnazionali sul tema Pianificazione e investimenti in materia di infrastrutture a tutti i livelli di governo: difficoltà, esperienze e possibili soluzioni (novembre 2015).


5.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 120/4


Risoluzione — Le minacce allo spazio senza frontiere dell’UE (spazio Schengen)

(2016/C 120/02)

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

vista la situazione straordinaria in atto per quanto riguarda il flusso migratorio,

visto l’obiettivo, sancito dall’articolo 3 del TUE e dall’articolo 67 del TFUE, di offrire ai cittadini dell’Unione uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne,

visto l’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che garantisce il diritto di asilo, nonché i pertinenti obblighi nazionali e internazionali degli Stati membri dell’UE;

1.

ricorda che l’accordo di Schengen sulla libera circolazione delle persone, cui attualmente aderiscono 26 paesi, 22 dei quali sono membri dell’UE, rappresenta uno dei pilastri più riusciti della costruzione dell’Unione europea. L’accordo di Schengen, integrato nei Trattati dell’UE, è indissolubilmente legato al mercato unico e costituisce un elemento essenziale delle quattro libertà di circolazione (di persone, beni, servizi e capitali) in seno all’Unione europea;

2.

sottolinea che le libertà di circolazione e l’abolizione delle frontiere interne sono conquiste fondamentali dell’integrazione europea, che hanno non soltanto un importante impatto economico, sociale e territoriale, ma anche un forte valore simbolico per l’UE e i suoi cittadini, in quanto sono direttamente legate al progetto di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa;

3.

mette in risalto che le frontiere interne aperte sono la spina dorsale dell’economia europea. Considerando che gli scambi commerciali tra gli Stati membri dell’UE sono pari a 2 800 miliardi di EUR, coinvolgono 1,7 milioni di lavoratori transfrontalieri e determinano 57 milioni di movimenti di trasporto stradale transfrontaliero l’anno, il CdR richiama l’attenzione sul fatto che modificare le condizioni per la mobilità e gli scambi all’interno dello spazio Schengen avrebbe notevoli conseguenze sull’occupazione e sugli investimenti in molti paesi europei; sottolinea che lo spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne dipende dalla protezione adeguata e comune delle sue frontiere esterne;

4.

pone l’accento sul fatto che l’assenza di frontiere interne reca agli enti locali e regionali di tutta l’Unione europea vantaggi sul piano dello sviluppo economico, degli scambi sociali e culturali e della cooperazione transfrontaliera, in particolare per quanto concerne l’attuazione dei programmi di cooperazione territoriale europea e dei gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT);

5.

sottolinea che l’impiego di clausole limitative nell’accordo di Schengen e la conseguente restrizione della libertà di circolazione potrebbero avere conseguenze particolarmente negative per gli obiettivi fondamentali dei progetti di cooperazione transfrontaliera;

6.

riconosce l’enorme sfida che l’UE e i suoi Stati membri, come anche le loro regioni e città e i loro comuni, si trovano ad affrontare a causa dell’elevato numero di profughi bisognosi di protezione internazionale e di migranti economici che cercano di entrare in modo irregolare nell’UE; riafferma che occorre garantire che coloro che entrano nell’UE lo facciano in maniera legale e che ciò comporta una procedura di registrazione rigorosa, rapida ed efficiente nel rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, e sottolinea che bisognerebbe stanziare maggiori risorse per rendere sicure le frontiere esterne dell’Unione e far sì che le persone che arrivano nell’UE entrino in modo legalmente controllato. Rammenta che è inoltre necessario realizzare sforzi e riforme sostanziali per consentire ai migranti che giungono in Europa di iniziare a lavorare e a integrarsi; sottolinea che i controlli delle frontiere esterne dello spazio Schengen devono essere condotti nel rispetto sia degli obblighi internazionali degli Stati membri nei confronti dei profughi che della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, compresi il diritto alla dignità umana e quello alla non discriminazione;

7.

osserva che i problemi registrati attualmente dal sistema Schengen derivano in parte dalla mancanza di coordinamento e di risorse necessari a gestire l’elevato numero di profughi e di migranti in arrivo, dall’assenza di messaggi politici appropriati sull’ingresso legale attraverso i valichi di frontiera, come anche da un insufficiente coinvolgimento degli enti locali e regionali;

8.

mette in risalto che la protezione dei valori insiti nell’accordo di Schengen e il mantenimento della stabilità nello spazio Schengen hanno la massima priorità; è inoltre necessario riprendere il controllo delle frontiere esterne dell’UE e potenziare le capacità di gestione dei confini; sottolinea la necessità di misure immediate per sviluppare un sistema che consenta di seguire gli spostamenti dei migranti irregolari nello spazio Schengen evitando così che essi si sottraggano alle autorità; osserva che bisognerebbe accelerare il processo di rimpatrio dei richiedenti asilo la cui domanda è stata respinta e di riammissione verso i paesi di origine;

9.

sottolinea che questa sfida richiede soluzioni comuni basate sulla cooperazione solidale tra tutti i livelli di governance, perché risposte politiche non coordinate hanno effetti gravi sugli altri Stati membri e sulle loro regioni e città, acuiscono i problemi complessivi e minano la fiducia dei cittadini già duramente messa alla prova; sottolinea inoltre, in questo contesto, che imputare la colpa della situazione attuale a singoli Stati o istituzioni e minacciare dei membri dello spazio Schengen di esclusione non contribuirà ad una soluzione duratura e potrebbe costituire un pericoloso precedente, con conseguenze estremamente gravi per il progetto europeo nel lungo periodo; osserva anche che le attuali disposizioni dell’accordo di Schengen non prevedono l’esclusione di uno Stato membro;

10.

esprime profonda preoccupazione per le continue difficoltà nel far rispettare regole decise congiuntamente nel quadro dei Trattati dell’UE in relazione alla protezione delle frontiere esterne, a misure rafforzate di prevenzione e lotta contro la migrazione irregolare e la tratta di esseri umani, a politiche di rimpatrio efficaci, a standard comuni da applicare nell’accoglienza e nella registrazione dei profughi e dei richiedenti asilo, e all’attuazione di una politica comune in materia di migrazione;

11.

è convinto che compromettere il successo politico, economico e sociale di Schengen ripristinando in modo permanente i controlli alle frontiere non possa essere la risposta alle richieste dei cittadini europei di maggiore sicurezza e di tutela del loro tenore di vita. Al contempo, ritiene di essenziale importanza dare risposte immediate, concrete e responsabili ai cittadini;

12.

invita, pertanto, gli Stati membri e le istituzioni dell’UE ad adottare rapidamente un atteggiamento costruttivo, per evitare la tentazione di promettere soluzioni semplicistiche e per analizzare con attenzione i rischi e i benefici di tutte le proposte; insiste sul fatto che operare in stretta collaborazione con gli enti locali e regionali e spiegare ai cittadini le conseguenze che la reintroduzione delle frontiere avrebbe sulla loro vita quotidiana sono aspetti di vitale importanza per ripristinare la credibilità dell’Unione europea in questo periodo di crisi; sottolinea in tale contesto che, secondo le condizioni chiaramente enunciate nel codice frontiere Schengen (Schengen Border Code — SBC), i controlli temporanei alle frontiere non possono essere mantenuti per un periodo indeterminato, e che è possibile prorogarli per un periodo massimo di due anni solo in presenza di circostanze eccezionali, quando cioè il funzionamento dello spazio senza frontiere interne sia messo a rischio da carenze gravi e persistenti nei controlli alle frontiere esterne;

13.

sottolinea che è urgente mettere a punto un approccio europeo comune, ambizioso e sostenibile, per gestire le frontiere esterne dell’Europa, in particolare con la creazione di hotspot nei paesi terzi, per salvaguardare la sicurezza all’interno dello spazio Schengen, garantire la libera circolazione e prevenire una grave crisi di credibilità per l’UE. Invita pertanto tutte le parti interessate a definire una chiara tabella di marcia e un calendario per soluzioni a breve e a lungo termine, sottolinea che occorre stabilire quali siano le implicazioni di una condivisione della responsabilità e di misure basate sulla solidarietà, tenendo conto delle aspettative, delle esigenze e delle capacità di integrazione di paesi, regioni ed enti locali diversi, nonché di quelle dei migranti;

14.

si dichiara quindi favorevole alla redazione di un elenco comune dell’UE relativo ai paesi di origine sicuri, elenco che consentirebbe un esame più rapido delle richieste di asilo presentate da cittadini di paesi ritenuti «sicuri» alla luce dei criteri stabiliti nella direttiva sulle procedure d’asilo e nel pieno rispetto del principio di non respingimento: sarebbe una soluzione preferibile rispetto a quella di più elenchi nazionali non coordinati tra loro, con il rischio che si verifichi una corsa al ribasso verso i tassi di riconoscimento delle richieste più bassi;

15.

incarica il suo presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione europea, al Parlamento europeo, al Consiglio e al presidente del Consiglio europeo.

Bruxelles, 11 febbraio 2016.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


PARERI

Comitato delle regioni

116a sessione plenaria del 10 e 11 febbraio 2016

5.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 120/6


Parere del Comitato europeo delle regioni — Turismo a misura di anziano

(2016/C 120/03)

Relatrice:

Annemiek JETTEN, sindaco di Sluis (NL/PSE)

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

1.

sottolinea la necessità di identificare i differenti gruppi all’interno della comunità degli anziani, definendone le preferenze di mercato e i bisogni allo scopo di elaborare piani commerciali adattati, volti ad assicurare il miglior sviluppo possibile del turismo a misura di anziano nell’UE, in relazione all’offerta sia per il turismo di gruppo che per quello individuale. Mette altresì in evidenza la necessità di individuare i diversi ostacoli che possono incontrare i turisti più anziani (ad esempio, la lingua, l’accessibilità delle informazioni, le difficoltà organizzative, la discriminazione basata sull’età, la disponibilità di assistenza sanitaria e di emergenza, l’assicurazione viaggi ecc.), nonché di proporre modi e mezzi per superare tali ostacoli;

2.

sottolinea che è particolarmente importante che, in futuro, sia applicata una fascia di età uniforme o una definizione univoca per il turismo della terza età, in modo da poter effettuare un monitoraggio e realizzare studi comparativi per sfruttare in modo ottimale le potenzialità racchiuse in questa nicchia di mercato in crescita;

3.

insiste sull’assoluta necessità di disporre di un mercato iniziale di vasta scala, punto di partenza per la diffusione di Internet a banda larga in tutta Europa, al fine di offrire alle regioni interessate tutte le possibilità per sviluppare e sfruttare un vantaggio concorrenziale (turistico) strategico e sostenibile. Le piccole e medie imprese turistiche, in particolare, potrebbero trarne vantaggio;

4.

chiede alla Commissione di assegnare al turismo della terza età un posto centrale nell’agenda digitale europea, quale meccanismo destinato a colmare il divario digitale;

5.

ritiene che la politica a favore di un turismo a misura di anziano richieda un approccio integrato. In particolare, gli enti locali e regionali dovrebbero prendere in esame un approccio intersettoriale che coinvolga vari organismi che operano — ad esempio — nel campo dell’assistenza sanitaria, dell’accessibilità fisica o dei trasporti;

6.

riconosce l’importanza di creare una banca dati europea che contenga i dati relativi a un gruppo di persone con buona capacità finanziaria costituito da anziani generalmente autonomi. In questo quadro sistematico potranno venir condotte analisi ed essere messi a punto indicatori per fornire una risposta efficace alla questione degli effetti che il numero crescente di anziani eserciterà sull’offerta dei prestatori di servizi turistici in relazione: alle destinazioni turistiche, ai vettori, alle attrazioni, all’alloggio, alle infrastrutture commerciali, agli enti che forniscono informazioni o ai media che trasmettono ai turisti idee e conoscenze che possono contribuire notevolmente ad arricchire le loro esperienze turistiche individuali. Data la crescita del turismo della terza età, questa banca dati acquisterà un’importanza sempre maggiore;

7.

rimanda agli obiettivi della politica europea in materia di turismo del 2010 (1), volti a favorire non solo un turismo di qualità, sostenibile, responsabile e coerente, ma anche l’occupazione e lo sviluppo sociale nell’UE che sono associati a tale settore;

8.

invita la Commissione europea a dare maggiore spazio allo sviluppo turistico nell’ambito dei fondi strutturali e di investimento europei («fondi SIE») dopo aver valutato le necessità degli enti locali e regionali. La Commissione potrebbe inoltre mettere a disposizione un sostegno finanziario proseguendo il programma Calypso, assicurando alle imprese turistiche un’attenzione particolare nel quadro del programma COSME e istituendo un programma Erasmus + per le persone anziane. Considerate le potenzialità offerte dal settore in termini di creazione di posti di lavoro, la promozione del turismo dovrebbe diventare — in particolare per quanto riguarda le PMI — uno dei pilastri del quadro pluriennale per il periodo successivo al 2021;

9.

sottolinea che l’accessibilità è fondamentale per assicurare il corretto svolgimento di qualsiasi attività turistica, specialmente per le persone più anziane, in quanto la possibilità di accedere a mete turistiche e luoghi d’interesse (alberghi, terme ecc.) con mezzi di trasporto sostenibili, comodi e a prezzi ragionevoli, adattati alle necessità delle differenti fasce d’età dei turisti, costituisce una premessa indispensabile al fatto stesso di viaggiare. Sarebbe pertanto opportuno coinvolgere i fornitori di servizi di trasporto — come le compagnie aeree, le navi passeggeri, le società di autolinee, le aziende ferroviarie e le compagnie di crociera — affinché collaborino tra loro per assicurare l’intermodalità dei differenti sistemi di trasporto, in modo che le persone anziane possano facilmente e comodamente raggiungere le loro mete turistiche, anche nelle regioni più distanti;

10.

appoggia, in tale contesto, la proposta dell’intergruppo del Parlamento europeo per lo sviluppo del turismo in Europa di proclamare il 2018 Anno europeo del turismo. In questo scenario, è opportuno chiedere un’attenzione maggiore verso le strutture destinate agli anziani e verso la promozione del turismo in bassa e media stagione;

11.

richiama l’attenzione sull’importanza capitale che il settore del turismo riveste per molte regioni europee, attraverso le entrate e l’occupazione che genera, e sottolinea che tale settore è addirittura assolutamente indispensabile a determinate regioni per promuovere e consolidare il vantaggio concorrenziale. Il turismo racchiude un potenziale di crescita considerevole ed è legato — sia direttamente che indirettamente — a numerosi settori economici, sociali e culturali. Il turismo è spesso il motore che consente di sviluppare e rafforzare la competitività delle regioni in modo integrale, strategico e sostenibile. Gli enti locali e regionali svolgono a tale proposito una funzione fondamentale. È quindi della massima importanza utilizzare al meglio le loro conoscenze e la loro esperienza stimolando a livello europeo la cooperazione locale e regionale;

12.

ricorda che le persone anziane apportano un contributo importante al settore europeo del turismo e che esse rappresentano un enorme potenziale di mercato. Va inoltre notato che i cittadini europei di età superiore ai 65 anni dispongono di un potere d’acquisto di oltre 3 000 miliardi di euro, e che il numero di persone affette da una qualche forma di invalidità legata all’età dovrebbe aumentare, passando da 68 milioni nel 2005 a 84 milioni nel 2020. Attualmente, oltre 128 milioni di cittadini dell’Unione europea hanno un’età compresa tra i 55 e gli 80 anni ed essi rappresentano circa il 25 % della popolazione totale. Tuttavia il 41 % dei cittadini europei dei 28 Stati membri non ha mai viaggiato al di fuori dei confini nazionali, mentre 7 anziani su 10 intraprendono viaggi esclusivamente all’interno del loro paese;

13.

osserva che l’andamento demografico ha ripercussioni rilevanti sulla domanda di servizi turistici e, di conseguenza, sul mercato del lavoro. L’industria del turismo si è dimostrata di gran lunga più resistente agli shock e alle crisi esterni rispetto alle previsioni. Nel contesto economico attuale, le spese nel settore delle attività ricreative e del turismo restano considerevoli. Il turismo è un settore che assorbe molta manodopera; esso apporta un contributo significativo all’occupazione e allo sviluppo sociale, e merita di essere oggetto di un’attenzione maggiore nel prossimo quadro pluriennale;

14.

richiama l’attenzione sulle numerose sfide cui il settore del turismo è posto di fronte, tra cui: a) il cambiamento della struttura demografica, b) le tecnologie digitali e c) la diversificazione dell’offerta turistica. La concorrenza mondiale sta invalidando le strategie commerciali convenzionali a vantaggio di strategie che rendono la prestazione di servizi più accessibile e più flessibile per i turisti;

15.

è convinto che l’alta qualità, la sostenibilità, l’innovazione permanente e un personale ben preparato siano fattori essenziali per lo sviluppo del turismo a misura di anziano;

16.

propone quindi di determinare, nel quadro dei programmi operativi (PO) regionali, quello che la sfida demografica rappresenta a livello nazionale e regionale. Questi PO riguardano in particolare la competitività delle piccole e medie imprese (PMI), l’occupazione, il mercato del lavoro e l’inclusione sociale. Tale approccio può essere determinante nella lotta alla disoccupazione stagionale e per generare un effetto moltiplicatore a beneficio dell’occupazione nel settore del turismo;

17.

osserva che, per allungare la stagione turistica a livello locale e regionale, i responsabili delle politiche dovrebbero considerare — all’interno dei gruppi di persone in specifiche fasce d’età e al di là di tali gruppi — anche quelle categorie di persone motivate da interessi comuni, come il patrimonio culturale, la storia, l’istruzione, la religione, l’attività sportiva e lo svago;

18.

osserva che il turismo della salute rappresenta una componente crescente del settore turistico dell’UE e andrebbe sostenuto nella sua duplice dimensione (ossia, il turismo per cure sanitarie e il turismo del benessere). È essenziale, specialmente in una prospettiva regionale, promuovere la competitività e trasformare le destinazioni europee in mete di eccellenza sanitaria con offerte dal grande valore aggiunto. Il turismo della salute sta diventando il segmento di mercato con la crescita più alta all’interno del settore turistico, specialmente tra gli anziani, per i quali le cure sanitarie costituiscono una delle principali motivazioni di viaggio;

19.

è convinto che il miglioramento delle tecnologie digitali volto a permettere un accesso più rapido alle TIC sia utile a parecchi obiettivi, tra cui il turismo a misura di anziano, e possa essere messo in rapporto con le principali priorità dell’Unione europea. L’agevolazione dell’accesso alle infrastrutture tecnologiche contribuirà in modo considerevole a valorizzare il potere di acquisto disponibile degli anziani, considerando che la quota maggiore di tale potere è attualmente detenuta dagli ultracinquantacinquenni (potenziale economico della cosiddetta «economia d’argento»);

20.

fa presente l’importanza del turismo gastronomico per la creazione di posti di lavoro sostenibili, la crescita regionale e la coesione, dato che più di un terzo della spesa dei turisti è riservata al cibo;

21.

raccomanda che gli enti regionali e locali riservino attenzione alle seguenti azioni nel quadro dei PO: assumere un ruolo partecipativo, stimolare il partenariato pubblico-privati, creare reti, nonché promuovere e sviluppare il turismo a misura di anziano. Dovrà quindi figurare tra le principali priorità degli enti regionali e locali anche l’organizzazione di attività di comunicazione volte a sensibilizzare alle potenzialità commerciali del turismo a misura di anziano;

22.

osserva che il mercato del turismo della terza età non è omogeneo. Gli anziani costituiscono infatti un gruppo eterogeneo composto da persone con esigenze, motivazioni e aspettative differenti. Sono esposti al rischio di isolamento sociale, e il turismo offre loro la possibilità di stabilire nuovi contatti sociali. Alcuni studi indicano che gli anziani che partecipano ad attività turistiche non solo godono di una salute migliore e, quindi, dipendono in misura minore dall’assistenza sanitaria, ma scelgono anche attivamente le destinazioni allo scopo di beneficiare di servizi sanitari e assistenziali di qualità;

23.

raccomanda di rendere permanente il legame con il partenariato europeo per l’innovazione sul tema Invecchiare in buona salute per quanto riguarda la promozione della mobilità, della sicurezza, dell’accessibilità dell’ambiente pubblico, dell’assistenza sanitaria e dei servizi sociali;

24.

ricorda alle istituzioni dell’UE e agli Stati membri che gli enti locali e regionali svolgono un ruolo fondamentale nel coordinamento delle politiche settoriali, ad esempio i trasporti, l’assistenza, la pianificazione urbana e lo sviluppo rurale. Questi settori hanno a loro volta un’incidenza diretta e indiretta sul turismo locale, un settore che è composto di piccole e medie imprese a conduzione familiare;

25.

conviene sulla necessità per gli enti locali di cogliere le possibilità offerte dal turismo in rapporto allo sviluppo di «città intelligenti», oltre che sull’importanza di mettere a frutto le competenze individuali delle piccole e medie imprese (PMI) e di sostenerle. Nel quadro di tale sostegno, varie attività potrebbero avere un obiettivo di sensibilizzazione. Si pensi ad esempio allo sviluppo di capacità per facilitare l’accesso alle informazioni sulle possibilità di finanziamento, al coordinamento dei partenariati relativi a progetti europei attraverso, ad esempio, programmi di gemellaggio e la creazione di joint venture sulla base di buone pratiche locali e regionali in materia di accesso agevolato alle informazioni, di infrastrutture di trasporto e di prodotti adeguati alle esigenze di tutte le fasce d’età;

26.

invita i responsabili politici a creare le condizioni necessarie affinché il settore turistico possa:

mettere a punto offerte turistiche diversificate ed economicamente accessibili,

repertoriare le buone pratiche tra le associazioni di anziani e diffonderle, ad esempio attraverso l’istituzione di programmi di scambio per gli anziani,

sviluppare prodotti turistici accessibili per gli anziani,

aiutare le piccole e medie imprese del settore del turismo a collaborare per riunire assieme e commercializzare le offerte turistiche della loro zona,

fornire stimoli volti ad agevolare i viaggi transfrontalieri per gli anziani,

rispettare il principio di sussidiarietà, in linea con l’articolo 195 del TFUE che stabilisce che l’UE ha solo una competenza di sostegno nelle questioni attinenti al turismo;

27.

rileva che i sistemi di prenotazione, i media sociali e i mercati elettronici rappresentano soltanto alcuni degli esempi di applicazioni nel settore del turismo che sono disponibili su Internet. Gli enti locali possono inoltre scegliere di avvalersi delle moderne tecnologie di comunicazione, compresi i motori di ricerca, che offrono trasparenza agli utenti, in modo che gli anziani comprendano quale livello di qualità hanno diritto di aspettarsi e a quale prezzo. Non tutti gli anziani hanno tuttavia familiarità con i sistemi di prenotazione online e con i siti di valutazione dei prestatori di servizi. A causa del divario digitale, talvolta gli anziani si affidano di più ai metodi tradizionali di prenotazione e ai contatti personali, in particolare con le agenzie di viaggio. Per consentire alle generazioni più anziane di far uso degli strumenti digitali, gli enti locali e regionali potrebbero, ad esempio, offrire corsi mirati per la terza età;

28.

ritiene che la creazione di legami «possa aiutare gli anziani a restare in buona salute, indipendenti e attivi sul posto di lavoro o nella loro comunità». Tale obiettivo può essere conseguito promuovendo le reti sociali e la partecipazione delle parti interessate (in particolare, i centri e gli istituti di ricerca, le imprese private delle tecnologie dell’informazione, la società civile e la comunità locale) alla concezione e allo sviluppo di interfacce tecnologiche, nonché a una progettazione universale per la creazione di comunità a misura di anziano;

29.

è consapevole che l’incidenza delle interazioni digitali fra parti interessate è cambiata in misura significativa e sottolinea l’importanza di una banca dati europea. Per trarre il massimo vantaggio dagli strumenti esistenti, l’Osservatorio virtuale del turismo potrebbe costituire una banca dati riguardante il turismo della terza età. A tale riguardo, resta tuttavia da stabilire chi si occuperebbe dello sviluppo del modello e della raccolta dei dati in rapporto agli indicatori;

30.

fa notare che i costi esorbitanti delle cure sanitarie hanno accentuato l’attenzione rivolta all’invecchiamento e alla costituzione di partenariati intersettoriali. L’agenda della sanità elettronica può quindi avere un’influenza molto positiva per lo sviluppo del turismo della terza età. Gli anziani chiamano costantemente in causa la salute quale secondo motivo che li dissuade dal viaggiare. Se le persone anziane potessero accedere (in maniera elettronica) a un’assistenza medica di qualità al di fuori del loro luogo di residenza, i loro timori potrebbero venire dissipati o ridotti. Queste persone potrebbero così diventare più coraggiose nel loro tempo libero. I viaggi verso climi più miti e l’esposizione a nuove esperienze possono nel contempo spezzare la routine e avere un effetto favorevole per la salute;

31.

sottolinea l’importanza di una direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera e invita le autorità nazionali e gli enti regionali a migliorare l’accesso alle informazioni sui servizi sanitari all’estero per gli anziani, allo scopo di permettere alle persone di questa fascia d’età di scegliere con cognizione di causa in rapporto alle procedure di trattamento e cura, e di viaggiare all’interno dell’UE senza temere per la loro salute;

32.

esorta a migliorare la mobilità, a varare iniziative di sicurezza, nonché ad aumentare l’accessibilità generale agli spazi pubblici per tutte le età. È essenziale stabilire saldi legami tra, da un lato, il turismo della terza età e, dall’altro, il partenariato europeo per l’innovazione sull’invecchiamento attivo e in buona salute;

33.

è favorevole all’idea di organizzare una convenzione europea dei sindaci sul cambiamento demografico, e chiede che il turismo sia riconosciuto come un settore politico importante in grado di contribuire a stimolare l’innovazione, incoraggiare uno stile di vita sano e attivo, e promuovere la solidarietà tra le generazioni.

Bruxelles, 10 febbraio 2016.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0352:FIN:IT:PDF


5.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 120/10


Parere del Comitato europeo delle regioni — Innovazione e modernizzazione dell’economia rurale

(2016/C 120/04)

Relatore:

Randel LÄNTS, consigliere comunale di Viljandi (EE/PSE)

I.   CONTESTO

1.

La strategia Europa 2020 considera motori della crescita economica soprattutto le città di grandi e medie dimensioni. Tuttavia, non sarà possibile realizzare gli obiettivi di tale strategia e garantire la coesione territoriale senza sfruttare tutto il potenziale disponibile — compreso, quindi, il potenziale delle zone rurali.

2.

Nell’UE, le regioni intermedie e rurali rappresentano il 91 % del territorio e il 60 % della popolazione, e in esse viene prodotto il 43 % del valore aggiunto lordo e si trova il 56 % dei posti di lavoro.

3.

La vitalità delle zone rurali consente di preservare un ricco patrimonio culturale, architettonico, naturale, sociale, culinario ed economico. Le zone rurali, quindi, rivestono grande importanza per le nuove impostazioni strategiche volte a promuovere lo sviluppo sostenibile e la coesione territoriale.

4.

Nell’Unione europea molte di queste zone sono poste di fronte a problemi analoghi: difficile accessibilità fisica, distanza dai centri decisionali e di ricerca e dagli istituti di istruzione, e infrastrutture tecnologiche insufficienti, con il conseguente allargarsi del divario tecnologico che le separa dalle zone più sviluppate. Nelle zone rurali la partecipazione al mercato del lavoro è più scarsa e vengono creati meno posti di lavoro. Nel contempo, però, tali zone offrono anche tutta una serie di vantaggi: la natura, un ambiente di vita gradevole, un livello di inquinamento limitato e molti altri benefici.

5.

Detto ciò, va peraltro osservato che, per caratteristiche e problemi, le zone rurali possono essere molto diverse tra loro. In alcune di esse la popolazione va diminuendo e la sua età media va aumentando, la densità di popolazione è bassa e si osserva una dispersione dei nuclei abitati, mentre in altre, più vicine alle zone urbane, l’aumento della domanda di terreni edificabili e l’evoluzione demografica esercitano una pressione crescente sul territorio. Alcune zone rurali, a causa del ridursi dell’attività agricola, devono far fronte a un rallentamento dell’economia, mentre altre, per la qualità del loro ambiente naturale o altre attrattive dell’ambiente di vita, riscuotono un crescente successo grazie all’afflusso di turisti e/o nuovi residenti. Alcune zone possono disporre di una rete stradale relativamente buona e di valide infrastrutture di informazione e comunicazione, mentre altre sono relativamente isolate. Talune sono situate sul continente, mentre altre si trovano in regioni insulari e sono quindi costrette a far fronte agli svantaggi specifici inerenti alla loro ubicazione. Ciò che tutte hanno in comune è il fatto che il loro livello di sviluppo è più basso rispetto a quello medio dell’Unione europea e in particolare delle zone urbane — e che questo divario si sta allargando.

6.

In ogni caso, la normativa europea riconosce svariate tipologie di zone rurali, quali le zone di montagna e quelle scarsamente popolate, che richiedono un approccio mirato in grado di tener conto, al tempo stesso, delle loro limitazioni e del loro potenziale di sviluppo.

7.

Mantenere servizi pubblici o privati di qualità richiede in molti casi un notevole impegno politico, civile e finanziario e una maggiore solidarietà tra le zone urbane e quelle rurali. Al tempo stesso, lo sviluppo di servizi o di beni pubblici può rappresentare una nuova sfida imprenditoriale. Per esempio, i requisiti necessari per aggiudicarsi gli appalti pubblici possono essere configurati in modo tale da incentivare le imprese a perseguire soluzioni innovative ecc.

8.

Rispetto al periodo precedente, i fondi disponibili nell’ambito della PAC sono stati ridotti di circa l’11,1 %. Per compensare tale riduzione, undici Stati membri hanno già deciso di trasferire fondi dal primo al secondo pilastro, mentre cinque Stati membri — tra cui quattro paesi dell’Europa centrale e orientale che ricevono pagamenti diretti inferiori alla media UE — hanno deciso di procedere in senso opposto. In ogni caso, però, ieri come oggi, tali fondi restano orientati al sostegno al reddito piuttosto che alla modernizzazione e allo sviluppo delle zone rurali.

9.

Una vera politica di sviluppo delle zone rurali che non tenga conto di tutte le parti interessate è semplicemente inconcepibile. Nei programmi di sviluppo rurale, le istituzioni europee, gli Stati membri e gli enti regionali e locali dovrebbero tenere in debito conto l’inclusione sociale, la lotta contro la povertà e la promozione della crescita economica nelle zone rurali. Il ridursi delle risorse rende molto difficile per gli enti locali e regionali finanziare queste priorità.

10.

Al programma Leader è destinato soltanto il 6 % del bilancio del FEASR, quota che, in alcuni Stati membri, potrebbe non essere sufficiente per rilanciare gli investimenti, mentre invece tale programma ha aiutato a creare, dal 1991 ad oggi, ben 150 000 posti di lavoro, ed è uno strumento importante che stimola l’occupazione, contribuendo così a preservare e rafforzare il tessuto economico e sociale nelle zone rurali.

11.

Oltre ad aumentare l’importo dei fondi, bisognerebbe anche ampliare l’ambito dello sviluppo locale, così da includervi tutti i progetti intesi a promuovere lo sviluppo economico e sociale nelle zone rurali. Bisognerebbe sostenere la cooperazione tra piccoli produttori, allo scopo di accrescere le loro capacità di produzione, aumentare l’efficienza dei mercati locali, far fronte ai problemi connessi alle catene di approvvigionamento corte e promuovere lo sviluppo e la commercializzazione in comune dei prodotti. Misure di questo tipo possono inoltre servire a sostenere una cooperazione più intensa con gli istituti d’istruzione e di formazione professionale regionali, le reti Leader e altre forme di cooperazione locale.

12.

In uno studio condotto dalla DG Politica regionale della Commissione europea per sostenere lo sviluppo locale nel quadro della politica di coesione, le buone pratiche e le future opzioni strategiche, si raccomanda di istituire una piattaforma di coordinamento per lo sviluppo locale con il compito di integrare la dimensione locale dello sviluppo nella strategia Europa 2020. La piattaforma dovrebbe occuparsi della semplificazione delle procedure e valutare la coerenza delle diverse politiche settoriali. In pratica, la piattaforma dovrebbe assumere la forma di un gruppo di lavoro interservizi della Commissione europea, eventualmente allargato ai rappresentanti di altri organi dell’UE.

13.

Come evidenziato da diversi studi, un apporto importante allo sviluppo delle comunità rurali e alla promozione dell’innovazione in tale ambito è dato sempre più dalle reti di sviluppo rurale, nella misura in cui esse sono in grado di fornire consulenza e informazioni per lo sviluppo di soluzioni creative con cui affrontare problemi locali, condividere tra i membri lezioni ed esperienze positive e individuare fonti di finanziamento; a tal fine, è vista con favore l’istituzione della Rete europea dello sviluppo rurale e della Rete del partenariato europeo dell’innovazione ex artt. 52 e 53 del regolamento n. 1305/2013.

14.

Nel corso del precedente periodo di programmazione (2007-2013), lo sviluppo rurale è stato sostenuto con 91 miliardi di euro dal FEASR e con 85 miliardi di euro da altri fondi strutturali. Tuttavia, il nuovo regolamento del FESR si concentra soprattutto sulle zone urbane, mentre quelle rurali non vi sono nemmeno menzionate. Di conseguenza, ci si può chiedere quali possibilità concrete rimangano di cofinanziare progetti di sviluppo nelle zone rurali con gli altri fondi strutturali (in particolare il FESR e il FSE), se si considera che la maggior parte delle misure previste dal regolamento FEASR è riservata all’agricoltura.

15.

È altresì necessario esaminare la questione della collaborazione fra i vari fondi al fine di far fronte, attraverso sovvenzioni specifiche, alla situazione delle zone a bassa densità di popolazione e di quelle che soffrono di svantaggi demografici gravi e permanenti.

16.

Da un recente sguardo d’insieme sull’attuazione dei programmi operativi emerge che, ad oggi, solo 22,6 miliardi di EUR del FESR sono stati stanziati a favore delle zone rurali, il che rappresenta appena l’11 % della dotazione globale di tale fondo.

17.

Va sottolineato che anche i fondi europei destinati alla cooperazione territoriale possono contribuire a mettere in comune le risorse tecniche e umane in aree transfrontaliere per lo sviluppo di zone rurali situate in regioni di frontiera.

18.

Il 23 marzo 2015 la Commissione europea e la Banca europea per gli investimenti (BEI) hanno presentato un modello di fondo di garanzia per l’agricoltura inteso ad assicurare un migliore accesso al credito nelle zone rurali, consentendo così agli agricoltori e agli altri soggetti attivi in quelle zone di ottenere prestiti più facilmente.

19.

Il calo della popolazione e l’esodo dei giovani dalle zone rurali verso le città medie o grandi costituisce in tutta Europa un problema serio. I motivi principali di tale esodo sono la mancanza di posti di lavoro, i bassi livelli retributivi e la scarsa attrattiva delle zone rurali. D’altro canto, però, proprio nelle zone rurali gli imprenditori si lamentano del fatto di non trovare nuovi lavoratori qualificati. Ne consegue che è necessario migliorare in tempi brevi l’offerta formativa sul territorio, per quanto riguarda sia la formazione iniziale sia quella continua.

20.

È importante offrire, nei settori in cui ve ne è bisogno, una formazione flessibile, tempestiva e di portata adeguata alla regione interessata. Naturalmente è più difficile offrire formazione professionale nelle zone rurali che in quelle urbane, perché i destinatari della formazione sono sparsi nel territorio e hanno esigenze differenti. Uno dei modi più semplici per coinvolgere i centri di formazione e le imprese è l’organizzazione di tirocini, attività che, tuttavia, senza un sostegno esterno, per le piccole imprese può essere eccessivamente onerosa. Si dovrebbe perciò prendere in considerazione la possibilità di sviluppare programmi di sostegno alle imprese che impiegano tirocinanti pagando loro una retribuzione dignitosa e offrendo loro reali prospettive di occupazione a lungo termine. I centri di formazione professionale regionali e gli altri istituti di istruzione dovrebbero essere dotati di ampie risorse e incaricati di compiti chiari di formazione continua e riqualificazione. Nel contempo, la società civile ha contribuito, in alcune zone, alla creazione delle istituzioni necessarie — un patrimonio di esperienze, questo, che dovrebbe essere condiviso con altre zone.

21.

Il rapido sviluppo delle tecnologie ha accresciuto l’importanza della silvicoltura per le zone rurali e l’economia rurale. Oggi, infatti, la silvicoltura rappresenta molto di più della mera produzione di legname inteso come materia prima: il legno lavorato è utilizzato nel settore delle costruzioni, e inoltre le fibre di legno trovano applicazione, ad esempio, nel settore dell’abbigliamento, nell’industria automobilistica e persino in quella alimentare.

22.

Reti di telecomunicazione veloci sono di fondamentale importanza per la competitività e la crescita economica. È possibile offrire servizi digitali di qualità soltanto se esiste una connessione Internet rapida e affidabile. Benché, negli ultimi anni, nell’UE la copertura della banda larga sia notevolmente migliorata e adesso in alcune aree sia disponibile l’infrastruttura necessaria, altre aree sono ancora in forte ritardo; inoltre, i dati statistici sulla relativa copertura non sempre danno conto della qualità dei servizi di banda larga nelle zone rurali. In linea con gli obiettivi fissati dall’Agenda digitale europea 2020, è necessario sforzarsi di garantire la stessa capacità su tutto il territorio dell’UE e al riguardo salta particolarmente agli occhi la differenza tra le zone rurali e quelle urbane. In alcune zone in cui l’accesso è, in linea di principio, disponibile, per ottenere la connessione gli utenti finali devono ancora effettuare notevoli investimenti aggiuntivi, che essi devono finanziare di tasca propria. Si devono moltiplicare gli sforzi per promuovere la piena affermazione del mercato virtuale, per migliorare l’accesso, a prezzi abbordabili, ai servizi di comunicazione digitali e per sviluppare i servizi online nelle zone rurali.

23.

Oltre alla disponibilità delle infrastrutture, è necessario garantire che i cittadini e le imprese sappiano fare buon uso di tale offerta. Gli studi dimostrano infatti che, anche laddove è disponibile una buona connessione ad Internet, le possibilità che essa offre sono sfruttate dai più soltanto in misura relativamente modesta. Misure di formazione, e la diffusione di informazioni, sulle varie possibilità esistenti — in particolare riguardo all’uso delle TIC per lo sviluppo dei prodotti nelle piccole imprese — potrebbero rappresentare un’opportunità per le zone rurali.

24.

Oggi, il concetto di «città intelligenti» è generalmente impiegato in relazione alle grandi città, nelle quali hanno luogo i cambiamenti e si esplorano le prospettive di sviluppo; e tuttavia sarebbe opportuno che anche le zone rurali si aprissero a questo concetto. «Città» e «campagna» non andrebbero considerate in contrapposizione tra loro: bisognerebbe invece creare una sinergia tra di esse, e un utile contributo in tal senso potrebbe giungere dalle nuove tecnologie e dalla loro applicazione sul campo. Onde evitare questa dicotomia tra città e campagna, bisognerebbe parlare piuttosto di «regioni intelligenti».

25.

La politica agricola comune regolamenta l’attività agricola e il suo importante ruolo nello sviluppo rurale. A livello regionale, lo sviluppo rurale è strettamente associato allo sviluppo dell’agricoltura. «Rurale» non significa necessariamente «agricolo», ma è certo che senza agricoltura non esisterebbero zone rurali. L’agricoltura non può svilupparsi in un contesto isolato, e anche in futuro si dovrà garantire che le condizioni e gli obiettivi di tale attività convergano con quelli dello sviluppo rurale, in modo tale che lo sviluppo dell’agricoltura contribuisca all’aumento del benessere della popolazione rurale, degli addetti all’agricoltura e, non da ultimo, degli abitanti delle città vicine.

26.

Il partenariato europeo per l’innovazione «Produttività e sostenibilità dell’agricoltura» rappresenta un approccio di tipo nuovo nella lotta contro gli handicap, le carenze e gli ostacoli che intralciano o frenano lo sviluppo e la commercializzazione delle idee valide della ricerca e dell’innovazione europee. È importante trovare soluzioni in particolare per la carenza di investimenti, le disposizioni obsolete, le lacune normative e i problemi posti dalla frammentazione dei mercati.

27.

Considerata la difficile accessibilità fisica che presentano molte zone rurali, la quale impedisce il pieno sfruttamento del loro potenziale economico, è necessario che i fondi pubblici si preoccupino anche di collegare le zone rurali e quelle urbane in modo efficace, mediante reti di trasporto rapide ma anche rispettose del contesto ambientale in cui sono inserite.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

28.

ritiene che in tutte le regioni dell’Unione europea, e in particolare nelle zone rurali, i problemi economici, ambientali e sociali che si profilano possano essere risolti soltanto adottando approcci strategici integrati;

ragion per cui:

29.

accoglie con favore il nuovo quadro strategico comune, e invita la Commissione a proseguire nell’armonizzazione delle norme che disciplinano i fondi strutturali al fine di pianificare ed orientare meglio lo sviluppo delle zone rurali;

30.

chiede di assicurare l’effettività e l’efficacia delle disposizioni normative inerenti all’integrazione dei fondi, all’innovazione nel settore agricolo e rurale e agli approcci cooperativi, quali elementi di maggiore novità della riforma della politica di sviluppo rurale;

31.

esorta a raccogliere contributi più diversificati e a tener conto delle esigenze delle zone rurali in tutti gli ambiti di intervento delle politiche europee, come attualmente avviene per le zone urbane;

32.

richiama l’attenzione sul fatto che le misure di austerità e la riduzione complessiva dei fondi per l’agricoltura rischiano di compromettere la vitalità futura delle zone rurali interessate, contraddicendo così il principio di coesione territoriale;

33.

chiede alla Commissione di sostenere meglio le zone rurali che hanno dovuto compiere grandi sforzi per trasformare il loro modello economico, ad esempio convertendosi dal settore agricolo a quello turistico;

34.

esorta ad aumentare il sostegno finanziario globale dell’UE allo sviluppo rurale per controbilanciare la crescente concentrazione delle produzioni agricole, che comporta forti disparità regionali, e porre un limite per i trasferimenti dal secondo al primo pilastro;

35.

chiede che, nell’ambito della revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale, l’UE consideri la possibilità di assegnare maggiori fondi allo sviluppo locale nel periodo di programmazione 2014-2020;

36.

chiede che, in considerazione dell’importanza ormai riconosciutale nella promozione dello sviluppo rurale, l’iniziativa Leader benefici di una quota minima superiore al 5 % del contributo totale del FEASR;

37.

raccomanda di dedicare particolare attenzione ai programmi diretti al rinnovamento e allo sviluppo dei comuni meno popolosi e/o a rischio di spopolamento nonché alla promozione e alla valorizzazione turistica del loro patrimonio storico e culturale;

38.

appoggia la richiesta rivolta dal Movimento europeo della ruralità (M.E.R.) e dal gruppo di lavoro allargato del PE sulle zone rurali, montane e periferiche alla Commissione affinché questa elabori un Libro bianco che possa costituire il punto di partenza per una politica di sviluppo delle zone rurali per il dopo 2020;

39.

esprime e sollecita pieno sostegno alla piattaforma di coordinamento per lo sviluppo locale che dovrebbe essere istituita dalla Commissione europea;

40.

sottolinea l’importanza delle zone rurali in quanto poli di sviluppo e innovazione che contribuiscono alla realizzazione della strategia Europa 2020;

41.

chiede che nel FESR siano sanciti un chiaro riconoscimento del valore aggiunto della cooperazione tra zone urbane e rurali e una maggiore considerazione dell’area da esse costituita in termini funzionali, in modo da sfruttare appieno il potenziale di tale cooperazione tra le città e le zone circostanti e, con queste aree funzionali, recare un contributo sostanziale alla coesione territoriale;

42.

si oppone al principio della condizionalità macroeconomica per l’assegnazione dei finanziamenti dell’UE perché è necessario tenere conto anche di indicatori sociali ed ambientali;

43.

esorta a prestare una particolare attenzione agli approcci innovativi nelle zone rurali, in quanto essi possono fungere da esempio per altre regioni ed altre zone;

44.

chiede che i fondi della BEI e i programmi per l’innovazione nel settore agricolo e la ricerca scientifica siano destinati principalmente alle zone — come quelle di montagna — in cui sono presenti allevamenti zootecnici, svantaggi naturali e piccole aziende agricole a conduzione familiare, ma al tempo stesso di tener conto anche delle soluzioni da offrire alle sfide sociali; ciò al fine di preservare un’agricoltura sostenibile in tutte le regioni e di salvaguardare le comunità rurali, riducendo così le disparità regionali;

45.

sottolinea l’importanza del partenariato per l’innovazione ai fini della modernizzazione dell’economia rurale, soprattutto nella parte in cui esso si propone di realizzare una più stretta connessione tra politiche dell’agricoltura e della ricerca, nonché tra ricercatori e agricoltori. In quest’ottica, sono da sfruttare appieno le misure previste dal regolamento n. 1305/2013 a sostegno della priorità «promuovere il trasferimento di conoscenze e l’innovazione nel settore agricolo e forestale e nelle zone rurali»;

46.

auspica l’elaborazione, a livello europeo, di apposite linee guida che identifichino funzioni e compiti delle diverse reti rurali nazionali nonché modalità di assistenza nell’attuazione dei rispettivi piani di sviluppo rurale;

47.

invoca un migliore coordinamento della politica in materia di innovazione a livello di Unione europea;

48.

deplora fortemente il fatto che le zone rurali non rientrino nell’obiettivo principale del partenariato per l’innovazione della Commissione europea per lo sviluppo locale («Città e comunità intelligenti»);

49.

si rammarica per le conclusioni della relazione intermedia sull’attuazione dei programmi operativi, le quali mettono in evidenza il fatto che attualmente solo l’11 % delle risorse del FESR è destinato alle zone rurali;

50.

esorta a rendere più moderna l’offerta di formazione professionale nelle zone rurali e ad adeguarla alle condizioni della concorrenza globale e alle esigenze delle imprese locali;

51.

esorta a far sì che una parte delle risorse del FSE sia assegnata alla formazione professionale nelle zone rurali — un ambito, questo, al quale occorre dare maggiore impulso;

52.

esorta la Commissione, gli Stati membri e gli enti regionali e locali competenti a promuovere la cooperazione tra le imprese e gli istituti di istruzione e formazione professionale regionali, anche favorendo lo sviluppo di centri per il sostegno all’innovazione in agricoltura, sulla base di soluzioni già sperimentate in altri Stati membri;

53.

ribadisce la necessità di educare la società nel suo insieme affinché comprenda l’importanza della preservazione delle zone rurali per la collettività (1) e, di conseguenza, di garantire la prestazione dei servizi pubblici fondamentali — quali ad esempio l’istruzione, l’assistenza sanitaria o i servizi sociali — ai cittadini che vivono nelle zone rurali;

54.

esorta ad adottare misure per promuovere lo sviluppo dei prodotti delle piccole imprese, ad affrontare con decisione le barriere che impediscono l’accesso al mercato e ad incoraggiare il consumo di prossimità e le filiere brevi di distribuzione dei prodotti agroalimentari;

55.

chiede di intensificare gli sforzi per sviluppare la connessione Internet ad alta velocità nelle zone rurali basandosi su reti di accesso di nuova generazione, che favoriscono l’attuazione dell’Agenda digitale europea 2020;

56.

sottolinea la necessità di migliorare le conoscenze di base in materia di TIC.

Bruxelles, 10 febbraio 2016.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  NAT-V/029.


5.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 120/16


Parere del Comitato europeo delle regioni — Indicatori dello sviluppo territoriale — non solo PIL

(2016/C 120/05)

Relatrice:

Catiuscia MARINI (IT/PSE), presidente della regione Umbria

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

Un dibattito politico sul tema Non solo PIL

1.

riconosce l’importanza di un approccio strategico all’elaborazione delle politiche che definisca finalità comuni basate su valori condivisi e individui azioni per raggiungere gli obiettivi concordati. In tal modo non andranno perse le opportunità create dalle revisioni intermedie della strategia Europa 2020 e del quadro finanziario 2014-2020, e tali revisioni potrebbero condurre a una struttura di governance considerevolmente migliorata che coinvolga tutti i livelli di governo;

2.

ritiene che un approccio circostanziato nei confronti delle politiche pubbliche — che anticipi e misuri l’impatto delle opzioni politiche — sia fondamentale perché il pubblico accetti decisioni politiche coerenti;

3.

quanto al dibattito su come misurare il progresso delle nostre società, evidenzia gli stretti legami tra misurazione, percezione e azione, sottolineando che le misure vanno scelte con lungimiranza, sulla base di valori sociali ampiamente condivisi;

4.

precisa che misure o obiettivi espressi tramite indicatori non potranno mai sostituire una strategia politica appropriata e chiaramente definita; essi restano quindi un mezzo e non un fine, uno strumento, cioè, per attuare finalità strategiche;

5.

osserva che il dibattito sugli Indicatori territoriali di sviluppo — non solo PIL è quindi di natura politica e dovrebbe cominciare da una definizione partecipativa e democratica degli obiettivi strategici per le generazioni attuali e quelle future, fatti propri da una determinata collettività nell’ambito della sua azione politica;

6.

a questo proposito ritiene necessario migliorare ulteriormente le attuali metodiche usate per orientare le politiche nell’Unione europea, così da disporre di informazioni più aggiornate, complete e aderenti alla realtà, nonché definire un metodo appropriato e uniforme per integrare gli aspetti economici, sociali e ambientali nell’analisi della situazione;

7.

sottolinea che tutti i livelli di governo nell’UE dovrebbero essere coinvolti in questo dibattito sui futuri parametri comparativi per conseguire uno sviluppo sostenibile e la coesione nell’UE, andando oltre il PIL;

8.

sottolinea l’importanza di valutare accuratamente il bisogno di ulteriori criteri di valutazione comparativa, indicatori e metodi già sperimentati o utilizzati a livello territoriale, nonché le relative possibilità e conseguenze; ritiene che vi sia tempo sufficiente per eseguire questa accurata valutazione con cui alimentare le discussioni sul prossimo periodo di programmazione;

9.

pone l’accento sulla sfida costituita dal crescente divario territoriale che si registra in Europa in termini, tra l’altro, di investimenti pubblici e privati, innovazione, servizi digitali, produttività, occupazione, povertà, benessere sociale, evoluzione demografica e distribuzione della popolazione nel territorio, e chiede alla Commissione di tener conto di questo aspetto nel valutare le politiche dell’UE e nell’elaborare i loro nuovi strumenti;

10.

sottolinea a questo proposito che il CdR potrebbe partecipare al dibattito promuovendo la posizione degli enti locali e regionali e fornendo un contributo significativo alla definizione di un metodo che garantisca un equilibrio tra informazioni economiche, sociali e ambientali e che, quale punto di riferimento per le decisioni finanziarie, risulti alla fine della massima importanza per gli enti regionali e locali;

11.

propone, in vista del prossimo periodo di programmazione (dopo il 2020), che la Commissione avvii il prima possibile una discussione approfondita con gli enti locali e regionali sulle finalità future di tali politiche e sugli indicatori necessari per misurare questi progressi; facendo seguito alla comunicazione del 2009 intitolata Non solo PIL: misurare il progresso in un mondo in cambiamento, e tenuto conto dei più recenti sviluppi, invita la Commissione a presentare una tabella di marcia su questo stesso argomento.

Verso un metodo complementare al PIL per valutare la politica dell’UE

12.

riconosce i meriti del PIL quale indicatore semplice, immediato e lineare basato su una chiara metodica che consente la comparazione di numerose misure macroeconomiche pertinenti nel corso del tempo e tra paesi e regioni, e rappresenta pertanto un utile strumento per lo stanziamento di risorse;

13.

precisa tuttavia che il PIL non è una misura accurata della capacità da parte di una società di affrontare questioni come i cambiamenti climatici, l’uso efficiente delle risorse e la competitività delle regioni, la qualità della vita, l’invecchiamento della popolazione, l’inclusione sociale, le specificità geografiche, la distribuzione del reddito e la ripartizione geografica delle risorse e dei fattori di crescita economica, e aggiunge che questi aspetti sono di importanza primaria per i cittadini, come osservano i rappresentanti regionali e locali;

14.

accoglie pertanto favorevolmente le numerose iniziative prese a livello internazionale, nazionale, regionale e locale per stabilire degli indici di misurazione del progresso non solo in base al PIL, che possano contribuire a sviluppare degli indicatori su scala UE tali da rispecchiare la situazione negli Stati membri, anche a livello locale e regionale;

15.

ricorda, tra gli altri, l’uso alternativo dell’indice di sviluppo umano, che può fornire un contributo metodologico adattato al contesto UE, attraverso indicatori riguardanti l’allungamento della vita, lo stile di vita sano, l’istruzione e il tenore di vita dignitoso, sull’esempio delle Nazioni Unite con il loro Programma per lo sviluppo;

16.

riconosce i progressi considerevoli conseguiti da Eurostat nel misurare, non solo con il PIL, il progresso in termini di «qualità di vita», «economia domestica» e «ambiente sostenibile»;

17.

rileva che non tutte le regioni e le città dispongono delle competenze, delle risorse e delle capacità amministrative necessarie per impegnarsi nella definizione di obiettivi, e propone di adottare soluzioni, tra cui un approccio più «qualitativo» basato sul cammino verso il cambiamento, in cui la direzione di tale cambiamento — se, cioè, le regioni e le città forniscono contributi positivi agli obiettivi nazionali ed europei — risulti più importante del fatto di raggiungere determinati obiettivi prefissati. Ciò consentirebbe agli enti locali e regionali di progredire a un ritmo corrispondente alle loro potenzialità e capacità;

18.

precisa però che gli indici prescelti al fine di essere utilizzati dagli enti locali e regionali nonché dalle autorità nazionali ed europee per elaborare ed attuare le politiche dell’UE e per misurare i progressi compiuti verso finalità comuni devono essere uniformi e coerenti;

19.

fa presente che non tutti gli approcci metodologici — che i ricercatori solitamente classificano come metodi sostitutivi o integrativi del PIL, oppure ad esso complementari — risultano egualmente idonei per un metodo con indicatori «non solo PIL», applicabile su scala UE, che sia in grado di misurare la situazione attuale e i progressi a livello nazionale, regionale e locale;

20.

riguardo alla politica regionale dell’UE, ribadisce che la coesione territoriale è complementare alla coesione economica e sociale e non può pertanto essere misurata soltanto in base a un indicatore economico, ma concorda con la Commissione sul fatto che qualunque metodo che punti a sostituire il PIL escludendo indicatori economici dal proprio campo di osservazione non è adatto a misurare in modo uniforme i progressi compiuti verso finalità comuni;

21.

suggerisce che il CdR mantenga una stretta cooperazione soprattutto con l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) riguardo ad iniziative sul genere di «Com’è la vita nella tua regione?», che costituisce uno strumento di facile comprensione e un approccio più olistico per misurare i progressi compiuti a livello locale e regionale; nel contesto di una strategia pluriennale per l’Europa, è contrario invece ad un approccio per misurare i progressi basato su una classificazione che utilizza un’unica misura; ricorda a questo riguardo che diverse regioni hanno manifestato interesse anche per l’indice di miglioramento della vita (Better LIFE Index) dell’OCSE e soprattutto per gli indicatori in esso utilizzati in quanto — anche se esso non permette di misurare lo sviluppo regionale — i suoi risultati danno un’indicazione della qualità di vita della popolazione, il che può fungere da base per la futura definizione di obiettivi e di strategie a livello locale e regionale;

22.

ritiene che possano essere ulteriormente sondati i metodi che cercano di calibrare il PIL estendendo la tradizionale misurazione delle prestazioni economiche tramite fattori ambientali e sociali monetizzati ai fini di una modellizzazione o simulazione degli effetti economici, sociali e ambientali delle diverse misure politiche, considerando in tale contesto quale riferimento significativo l’indice di progresso sociale (Social Progress Index), che viene già utilizzato in 40 paesi;

23.

ritiene urgente elaborare dati statistici comparabili a livello locale e sub-locale e trasformare l’attuale classificazione tra zone urbane e rurali ad opera dell’OCSE e della Commissione in categorie Eurostat che, sulla base di informazioni affidabili ottenute sul territorio, possano essere di aiuto all’UE per la configurazione e la valutazione delle proprie politiche;

24.

rileva l’insufficienza delle informazioni quantitative sulle varie regioni dell’UE con caratteristiche territoriali specifiche, in particolare quelle geografiche, ambientali, economiche e sociali, che condizionano lo sviluppo e delle quali sono un esempio le regioni ultraperiferiche, e propone che Eurostat adotti le categorie territoriali individuate dal trattato, come avviene con le regioni ultraperiferiche, sulla base delle quali produrre statistiche che contribuiscano al necessario adattamento e adeguamento territoriale delle politiche e delle azioni dell’UE;

25.

accoglie con favore il significativo lavoro di adeguamento del PIL condotto dalla Commissione, che è ricorsa al metodo particolarmente riuscito di estendere l’ambito dei conti nazionali al settore ambientale e a quello sociale; attira però l’attenzione sulle conseguenti difficoltà teoriche e sulle ingenti risorse necessarie per esprimere gli aspetti sociali in termini monetari, soprattutto nel caso dei conti regionali e comunali; si chiede infine se i risultati di questo approccio così complicato siano di facile comunicazione al pubblico;

26.

è pertanto favorevole all’utilizzo di metodi complementari al PIL nella misurazione dei progressi verso finalità strategiche comuni, in quanto tali metodi tengono conto della realtà a più dimensioni, coprendo aspetti diversi del benessere in campo economico, sociale e ambientale con l’aiuto di un numero limitato di indici;

27.

in questo contesto, ritiene che la metodica più appropriata per l’elaborazione delle politiche a qualunque livello di governance sia quella che misura il benessere in modo completo, includendo aspetti economici (tra cui produttività, innovazione ed esportazioni), il lavoro (tra cui indicatori relativi all’occupazione e alla qualità dei posti di lavoro), aspetti ambientali (tra cui intensità ed efficienza energetica dell’economia, aree naturali protette e biodiversità, quota di energia rinnovabile, emissioni di CO2) e demografici (tra cui indicatori relativi alla situazione demografica e al movimento della popolazione), l’inclusione sociale (tra cui numero di persone a rischio di povertà o esclusione sociale e distribuzione del reddito) e le questioni territoriali (tra cui l’accessibilità e la capacità di carico);

28.

suggerisce inoltre di orientare la scelta degli indicatori principalmente verso quelli che misurano i possibili effetti delle politiche messe in atto, misurandone in particolare i risultati e gli effetti, al pari dei costi, e sottolinea che nel caso delle regioni ultraperiferiche risultano particolarmente necessari dati su talune carenze e condizioni avverse, che devono essere presi in considerazione prima di formulare e attuare delle politiche;

29.

propone pertanto che tutte le istituzioni dell’UE svolgano, in cooperazione tra loro, un’attività di osservazione delle tendenze evolutive a livello europeo, sulla scia del prezioso lavoro condotto dal Sistema europeo di analisi strategica e politica (ESPAS). Ciò fornirà un sistema di allerta precoce per tutti i livelli di governo riguardo alle tendenze economiche, sociali o ambientali di pertinenza europea che potrebbero influenzare le finalità strategiche o richiedere un adattamento delle priorità strategiche.

Revisione della strategia Europa 2020 e futuro della politica di coesione

30.

sottolinea che la strategia Europa 2020 ha fissato una serie di obiettivi, con relativi indicatori principali, e ha riconosciuto l’importanza di associare ai dati sulla crescita economica (PIL) altri indicatori economici, sociali, ambientali e demografici per misurare il progresso sostenibile; aggiunge che questa conclusione è ugualmente valida a livello subnazionale;

31.

sottolinea che la procedura per definire gli obiettivi della strategia Europa 2020 e selezionare gli indicatori al fine di misurarne i progressi era fortemente improntata a un approccio dall’alto verso il basso, e non teneva conto delle situazioni specifiche a livello locale e regionale. La politica di coesione, al contrario, riconosce la presenza di bisogni e obiettivi differenziati a livello territoriale, in quanto il perseguimento di obiettivi generali a livello dell’UE non dovrebbe limitare le potenzialità di sviluppo di una determinata regione o di un determinato comune basate sulle conoscenze e competenze specifiche di quella realtà territoriale; ed è per questa ragione che, nel contesto della strategia Europa 2020, il CdR chiede degli obiettivi regionalizzati;

32.

apprezza l’attuale politica di coesione, che apporta un notevole contributo e valore aggiunto alle regioni, oltre a sostenere in misura significativa lo sviluppo delle regioni interessate, e invita la Commissione ad elaborare una strategia di funzionamento della politica di coesione per il periodo di programmazione che prenderà inizio nel 2021, mantenendo le modalità in vigore per l’attuazione del finanziamento, nel cui ambito il PIL, opportunamente integrato con altri indicatori, svolge un ruolo imprescindibile ai fini della valutazione e attuazione;

33.

richiama l’attenzione, a questo proposito, sul diverso orientamento dell’obiettivo della cooperazione territoriale europea nell’ambito della politica di coesione. In particolare lo sviluppo della cooperazione transfrontaliera è volto a promuovere l’integrazione delle regioni frontaliere in tutti i settori della vita dei cittadini, anche al di là degli obiettivi della strategia Europa 2020. In quest’ambito è necessario sviluppare metodi e indicatori in grado di misurare e valutare meglio tali progressi;

34.

pone in risalto il forte allineamento della politica di coesione con la strategia Europa 2020, ma critica la discrepanza tra i metodi di misurazione e di intervento della strategia Europa 2020, da un lato, e della politica di coesione, dall’altro;

35.

ricorda alla Commissione che la dimensione territoriale dovrebbe essere più opportunamente evidenziata in una strategia Europa 2020 riveduta, soprattutto nel contesto della coesione territoriale, in cui lo sviluppo di indicatori economici, ambientali e sociali pertinenti potrebbe migliorare la qualità delle politiche locali e regionali; tali strategie dovrebbero ricorrere a metodi basati su un approccio pluridimensionale, in cui il PIL o altri indicatori economici sono integrati da misure di aspetti sociali e ambientali che abbiano ottenuto l’approvazione politica di tutti i livelli di governance;

36.

sottolinea che, di fronte ai forti incentivi a concentrare in base al tema le risorse finanziarie dei fondi strutturali su un numero limitato di settori politici che contribuiscono a perseguire la strategia Europa 2020, è ragionevole supporre che il successo della politica di coesione sarà misurato in funzione dei progressi compiuti nel conseguimento degli obiettivi di Europa 2020;

37.

raccomanda con insistenza che i nuovi obiettivi principali della strategia Europa 2020 e della successiva strategia post 2020 siano costruiti a partire dal basso, in modo che i futuri programmi nazionali di riforma possano dar conto del contributo delle regioni e degli enti locali agli obiettivi principali nazionali. Ciò condurrebbe i governi nazionali anche a coinvolgere gli enti locali e regionali nella preparazione dei programmi nazionali di riforma, cosa che attualmente non avviene nella maggior parte degli Stati membri;

38.

auspica che la politica di coesione torni alla sua funzione originaria, quella di ridurre le disparità di sviluppo tra le regioni e di costituire la principale politica di investimento a livello dell’UE; a tal fine, si dovrebbe anche rivedere il collegamento della politica di coesione con la futura strategia UE 2020 nel periodo successivo al 2020;

39.

sottolinea tuttavia che alcuni strumenti dell’UE si basano ancora su una misurazione economica eccessivamente restrittiva. Ciò vale anche per la politica di coesione, i cui finanziamenti sono distribuiti tra Stati membri in base al PIL pro capite e al tasso di disoccupazione; la classificazione delle regioni di livello NUTS 2 in una delle tre categorie di sviluppo che determinano l’assegnazione di stanziamenti si basa, per parte sua, solo sul PIL pro capite;

40.

sottolinea che, di conseguenza, le decisioni di ammissibilità non tengono sostanzialmente conto degli aspetti ambientali, sociali e territoriali propri delle regioni europee, mentre la mossa logica da compiere sarebbe quella di basare i futuri strumenti su un metodo più completo e uniforme, facendo più largo uso di indicatori sociali, ambientali e territoriali in grado di mettere in risalto, in particolare, le specificità regionali previste dal trattato, che devono essere prese in considerazione nel determinare l’ammissibilità delle regioni;

41.

si chiede in che misura il livello NUTS 2 possa riflettere le comunità e le situazioni geografiche reali, dato che le aree NUTS rappresentano in molti Stati membri delle entità puramente statistiche, basate sulla popolazione, e non riflettono confini effettivi o aree geografiche funzionali. Sebbene le unità NUTS siano impiegate anche ai fini dell’assegnazione dei fondi strutturali, la loro utilizzazione per formulare e valutare l’impatto territoriale delle politiche dell’UE in materia di coesione, trasporti, ambiente e altro ancora ha un effetto pervasivo, che rende le politiche distanti dalla situazione sul campo. Ai fini di una più equa assegnazione dei fondi è quindi di fondamentale importanza che, al momento di decidere sull’ammissibilità, le carenze determinanti del metodo del PIL — ad esempio la distorsione a livello territoriale dovuta al pendolarismo attraverso i confini delle unità NUTS — siano necessariamente controbilanciate dalla considerazione della situazione sociale e ambientale nelle varie regioni;

42.

sottolinea, in quest’ottica, che il funzionamento dei fondi strutturali, compreso il Fondo di coesione, dovrà aprirsi a misure volte a integrare il PIL nel prossimo periodo finanziario pluriennale, qualora queste siano politicamente accettabili a tutti i livelli di governance.

Prossimi passi da compiere per rendere possibile una strategia basata non soltanto sul PIL

43.

riconosce, al tempo stesso, la legittimità degli obiettivi principali per il conseguimento di finalità strategiche complete e sottolinea che, per monitorare il progresso, al momento opportuno devono essere disponibili dati regionali pertinenti, armonizzati e comparabili;

44.

sottolinea, in quest’ottica, che la disponibilità a livello regionale di indicatori e di dati aggiornati di frequente è essenziale per accrescere la validità della proposta tecnica e per prendere buone decisioni politiche; per questo, nonostante che il sistema di dati, a livello Eurostat, sugli indicatori del benessere sia già efficace e molto articolato, la sfida di rilievo che si pone ai responsabili politici regionali e locali, compresa l’attuazione multilivello della strategia Europa 2020 e della politica di coesione, dovrebbe pertanto essere affrontata con urgenza dalla Commissione e da Eurostat, con l’obiettivo di migliorare e rendere ancora più efficace tale sistema di dati, affiancandolo, allo stesso tempo, all’elaborazione e all’utilizzo di metodologie di valutazione dell’impatto delle politiche;

45.

a questo proposito accoglie con favore i progressi compiuti dalla Commissione riguardo alla tabella di marcia 2009 per Misurare il progresso in un mondo in cambiamento, ma si rammarica che scarsi siano i miglioramenti ottenuti nella produzione e nella diffusione di dati regionali e locali;

46.

fa osservare che spesso i paesi in cui la disponibilità di dati regionali e — in particolare — locali è meno completa sono quelli che, nel quadro dei fondi strutturali UE, possono destinare una quota rilevante delle risorse loro assegnate al cosiddetto obiettivo tematico 11 (sviluppo della capacità istituzionale). Considerando che siamo all’inizio del periodo di programmazione, esiste un’opportunità unica di creare a livello regionale e locale dati paneuropei comparabili, che possono essere utilizzati per ispirare l’elaborazione e la valutazione delle politiche post 2020 dell’UE;

47.

sollecita il sistema statistico europeo ad accrescere ulteriormente la qualità dei dati amministrativi e ad accelerare la realizzazione di statistiche georeferenziate per aumentare il valore delle raccolte di dati e ridurre gli oneri a carico dei fornitori di tali dati;

48.

si compiace del fatto, che dall’ultimo parere del CdR sul tema Non solo PIL, siano costantemente aumentati i dati disponibili a livello dell’UE, soprattutto quelli locali e regionali, ma deplora che vi siano tuttora notevoli lacune; suggerisce pertanto alla Commissione di presentare — il più presto possibile — un’analisi delle lacune, attuali e future, nell’offerta di una serie completa di dati economici, sociali, ambientali e demografici, in Europa, che vanno oltre il PIL;

49.

a questo proposito, deplora in particolare che la regionalizzazione degli indicatori adottati per la strategia Europa 2020 non sia attualmente soddisfacente, in quanto solo alcuni degli indicatori necessari per monitorare gli obiettivi principali di tale strategia a livello regionale (livelli NUTS 2 e 3) sono disponibili e, a volte, con considerevole ritardo. Lo stesso dicasi per gli indicatori alternativi che le regioni e le città potrebbero ritenere necessari nei loro territori come requisito essenziale per progredire verso le finalità e gli obiettivi dell’UE. Statistiche regionali aggiornate consentirebbero di elaborare un indicatore sintetico del progresso regionale, come proposto dal CdR;

50.

chiede alla Commissione/Eurostat di fissare un calendario per coinvolgere gli enti locali e regionali nel processo di definizione degli obiettivi (realistici) e fornire le statistiche regionali necessarie per definire, attuare, monitorare e valutare la strategia Europa 2020 rinnovata, stabilendo obiettivi differenziati in funzione del territorio;

51.

sottolinea la necessità di andare oltre l’attuale sistema di statistiche e indicatori (basato sul regolamento NUTS) per misurare i progressi a livello locale e regionale, in particolare per quanto riguarda il concetto di «regioni funzionali» e le zone transfrontaliere, e propone alla Commissione di sviluppare ulteriormente i concetti e gli indicatori associati, nonché di tener conto delle aree di strategia macroregionale;

52.

ribadisce che le dimensioni urbana e rurale dovrebbero essere meglio evidenziate in tutta una serie di politiche dell’UE, specialmente nell’ambito della coesione territoriale: in tale settore, infatti, lo sviluppo di indicatori economici, ambientali e sociali pertinenti potrebbe migliorare la qualità delle politiche locali e regionali;

53.

esorta la Commissione a includere nel programma statistico europeo le misure necessarie per eliminare i deficit di informazioni statistiche riguardanti la diversità e le specificità territoriali esistenti nell’UE, in particolare le misure per la raccolta di dati e lo sviluppo di indicatori sui fenomeni della distanza e dell’isolamento di determinate regioni, al fine di migliorare la definizione e l’attuazione di politiche europee più adeguate alle regioni interessate da tali fenomeni, in linea con il principio della coesione territoriale;

54.

reputa necessario costruire un modello di supporto al processo decisionale in grado di definire un ranking delle priorità del benessere a livello locale in modo da far emergere le specificità del territorio in un quadro comune a tutti i territori dell’UE e utilizzare tale ranking per valutare ex ante ed ex post l’efficacia delle politiche anche nelle fasi di negoziazione tra Commissione ed enti locali o di consultazione con gli stakeholder locali.

Bruxelles, 11 febbraio 2016.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


5.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 120/22


Parere del Comitato europeo delle regioni — Cooperazione europea in materia di gioventù (2010-2018)

(2016/C 120/06)

Relatore:

Csaba BORBOLY (RO/PPE), presidente del Consiglio distrettuale di Hargita

Testo di riferimento:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Progetto di relazione congiunta del Consiglio e della Commissione sull’attuazione di un quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù per il 2015 (2010-2018)

COM(2015) 429 final

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

1.

constata con soddisfazione che la Commissione ha riconosciuto l’importanza di migliorare l’elaborazione delle politiche per la gioventù sulla base di dati e di elementi di fatto, e di coordinare in modo quanto più possibile efficace le risorse e gli sforzi europei, regionali e nazionali per realizzare gli obiettivi di tali politiche;

2.

apprezza in particolare che la Commissione, nel campo della cooperazione europea in materia di gioventù per il periodo 2016-2018, stimi necessario rispondere quanto più rapidamente possibile, e mediante un adeguamento delle politiche, a nuove sfide quali l’inserimento dei giovani rifugiati o la diffusione dell’estremismo tra i giovani;

3.

in questo contesto, esprime il proprio compiacimento riguardo all’utilità del quadro di cooperazione europea in materia di gioventù (2010-2018), in quanto esso migliora la cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione europea e i loro enti locali e regionali ed apre e sviluppa le opportunità e i vantaggi offerti ai giovani dal progetto europeo d’integrazione; invita pertanto la Commissione ad estendere e sviluppare ulteriormente tale quadro oltre il 2018;

4.

ribadisce che in futuro la politica per la gioventù dovrà mirare innanzi tutto a garantire le pari opportunità, a promuovere l’inclusione sociale, ad accrescere la competitività dei giovani sul mercato del lavoro, a incoraggiare la cittadinanza attiva (partecipazione dei giovani), a rafforzare le attività di animazione socioeducativa, a perseguire la non discriminazione e la comprensione interculturale;

5.

esprime tuttavia preoccupazione per il fatto che la Commissione non menziona il ruolo degli enti locali e regionali nel contesto della politica per la gioventù, sebbene sia del tutto evidente che nella maggior parte degli Stati membri, dove esistono politiche nazionali in materia, queste rientrano in misura determinante tra i compiti degli enti locali e regionali, sia pure in misura differente a seconda dei casi;

6.

valuta positivamente il lavoro condotto da Eurostat per produrre e coordinare gruppi di dati relativi a un insieme di fattori connessi al tema della gioventù;

7.

invita la Commissione a esaminare sistematicamente l’impatto territoriale della politica per la gioventù a livello subnazionale, quanto meno fino al livello NUTS 2. Per rafforzare il ruolo delle regioni nell’attuazione della strategia dell’UE per la gioventù, considera necessario sviluppare, nel quadro del metodo di coordinamento aperto tra Stati membri, indicatori misurabili, piani d’azione concreti relativi alla gioventù che coinvolgano tutti i livelli di governo, e solidi partenariati tra organizzazioni giovanili e organismi pubblici;

8.

sulla base delle consultazioni delle parti interessate ritiene che, sebbene il programma Erasmus+ e la garanzia per i giovani siano effettivamente strumenti molto importanti per realizzare gli obiettivi delle politiche, le questioni siano comunque molto più complesse, e che già adesso le realizzazioni dell’Unione nel settore della gioventù vadano ben oltre i due suddetti strumenti, che pur sembrando validi a priori si rivelano insufficienti, poiché nel caso della garanzia per i giovani l’attuazione continua a essere molto carente. In particolare per quanto riguarda i giovani vulnerabili, si evidenzia la necessità di sviluppare iniziative di supporto per i giovani che provengono dai sistemi assistenziali e che rischiano a 18 anni di ritrovarsi senza alcun tipo di tutela guidando, in questo modo, la loro transizione verso l’età adulta. Osserva pertanto che occorrerebbe rendere disponibili, nella forma appropriata, le rimanenti informazioni sui risultati delle politiche per la gioventù, in particolare per quanto riguarda ad esempio temi quali l’occupazione giovanile e l’inclusione sociale. Ciò contribuirebbe inoltre a determinare se non sia opportuno individuare linee di intervento dedicate nei fondi strutturali e di investimento europei, già nel quadro dell’attuale periodo di programmazione. Data la complessità e la vastità delle sfide in gioco, una strategia per i giovani dovrebbe essere integrata in tutte le politiche dell’UE, adottando un approccio orizzontale, poiché tali politiche sono in grado non solo di ricercare soluzioni per le pressanti problematiche del mondo giovanile, ma anche di porsi come punto di partenza per generare una nuova crescita economica. Inoltre la riscoperta dei valori di tradizioni e mestieri che si tramandano da lungo tempo può offrire nuove opportunità professionali. Occorre dedicare uno sforzo particolare alla promozione di scambi di buone pratiche tra Stati membri ed enti locali e regionali in materia di coinvolgimento dei giovani e di animazione socioeducativa. Inoltre le ragioni economiche dell’istruzione e della formazione — uno dei temi discussi alla riunione del Consiglio Istruzione, gioventù, cultura e sport del 12 dicembre 2014 (1) nel contesto della revisione intermedia della strategia Europa 2020 — dovrebbero ora tradursi in investimenti concreti nell’istruzione quale parte integrante delle agende a lungo termine per la gioventù e la crescita;

9.

constata con soddisfazione che la Commissione ha migliorato le informazioni fornite ai giovani in cerca di lavoro mediante il sistema EURES di scambio di informazioni sulle offerte di lavoro, e ha lanciato l’iniziativa Il tuo primo lavoro EURES per aiutare i giovani a trovare un lavoro all’estero, adottando inoltre misure concrete per attuare l’obiettivo di integrare i tirocini nel portale Eures previsto nella raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro di qualità per i tirocini; invita gli Stati membri a fare maggior ricorso alle possibilità offerte da tali strumenti;

10.

rileva con preoccupazione che l’attività politica diretta (soprattutto sotto forma di partecipazione elettorale) dei giovani diminuisce ed è minore rispetto a quella delle generazioni precedenti; plaude invece all’interesse che molti giovani mostrano impegnandosi attivamente nelle loro comunità locali tramite l’adesione ad organizzazioni, l’utilizzo di strumenti online (social media) o l’esercizio del volontariato; a tale riguardo si compiace del fatto che la Commissione e gli Stati membri intendano ricorrere a nuove forme di partecipazione ai processi democratici nonché di accesso alle decisioni politiche nel quadro della strategia dell’UE per la gioventù; si dovrebbero inoltre fornire ai giovani maggiori informazioni riguardo al loro diritto di lanciare e sostenere un’iniziativa dei cittadini europei;

11.

raccomanda alla Commissione, nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione del sistema di istruzione, di esaminare le buone pratiche degli Stati membri e delle regioni riguardo all’alfabetizzazione politica e alla riduzione dell’età minima per votare, con particolare attenzione per gli effetti diretti o indiretti di questi due elementi sul coinvolgimento politico dei giovani e sulla loro disponibilità alla partecipazione; invita la Commissione a condividere i risultati dell’indagine con gli Stati membri e le regioni;

12.

sottolinea in particolare l’importanza delle organizzazioni giovanili, anche sportive, che operano nell’ambito di un quadro formale e nell’ambito di percorsi extra scolastici di educazione non formale e informale per la cittadinanza attiva, che contribuiscono considerevolmente allo sviluppo delle capacità di partecipazione dei giovani e al miglioramento della qualità delle procedure decisionali; ritiene pertanto importante un sostegno a favore di tali organizzazioni;

13.

sottolinea anche la necessità di individuare e far emergere quelle realtà giovanili non strutturate che raccolgono sempre più giovani, grazie anche all’utilizzo, responsabile, dei social media. Tali realtà rappresentano spesso quei giovani che hanno difficoltà ad accedere alle opportunità e che non hanno gli strumenti per confrontarsi con le istituzioni;

14.

concorda nel riconoscere l’importanza di un’animazione socio-educativa di qualità e sulla necessità di svilupparne la capacità di rispondere ai cambiamenti sociali, comportamentali e tecnologici; in questo contesto bisogna anche promuovere ulteriormente il riconoscimento e la visibilità dell’apprendimento non formale e informale nell’animazione socioeducativa;

15.

esprime preoccupazione per il fatto che l’animazione socio-educativa, anch’essa generalmente di competenza, in vari Stati membri, degli enti locali, abbia subìto tagli di bilancio in tutta Europa, mentre la crescente percentuale di giovani a rischio povertà ed esclusione, la diffusione tra i giovani di abitudini nocive per la salute e le cifre della mortalità giovanile a ciò legate richiederebbero un incremento di tale attività; si rende in particolare necessario promuovere stili di vita positivi che consentano di arginare l’uso di sostanze stupefacenti, l’abuso di bevande alcoliche, il tabagismo, l’obesità, anche attraverso la promozione dell’attività fisica. Allo stesso tempo è importante proporre politiche attive per offrire ai giovani, riuniti in associazione o singoli, opportunità di sviluppo personale e professionale affinché siano messi nella condizione di «inventare altre forme di relazioni sociali» (Libro bianco 2001 sulla Gioventù europea);

16.

in risposta all’attuale crisi dei migranti e nel contesto dell’agenda europea sulla migrazione, sollecita risorse finanziarie accessibili agli enti locali e regionali in via diretta per consentir loro di adempiere ai loro obblighi in materia di migrazione e integrazione;

17.

ritiene che la migrazione di giovani provenienti dalle regioni europee più svantaggiate o maggiormente colpite dalla crisi economica metta a repentaglio la coesione territoriale e sociale e comporti gravi sfide demografiche. Al fine di promuovere la crescita e la creazione di posti di lavoro in tali regioni, il che è essenziale per evitare l’esodo dei giovani e la conseguente fuga dei cervelli, sottolinea la necessità di sostenere, tra l’altro, partenariati interregionali e condurre azioni a livello regionale e locale mediante misure specifiche finanziate dai fondi SIE;

18.

ritiene che la condivisione delle migliori pratiche rappresenti un importante strumento nella cooperazione intersettoriale a sostegno dei giovani, in quanto consente agli Stati membri, agli enti locali e regionali e ai rappresentanti dei giovani di imparare gli uni dagli altri. Inoltre, iniziative quali la piattaforma euromediterranea della gioventù ed il Forum europeo della gioventù, favoriscono il dialogo su questioni quali la promozione dell’apprendimento permanente e la mobilità in Europa, le politiche in materia di istruzione e di occupazione, le pari opportunità tra uomini e donne;

19.

raccomanda di sviluppare un pacchetto di base che ogni Stato membro, se possibile, dovrebbe garantire ai giovani. Tale pacchetto potrebbe comprendere in particolare l’accesso a Internet a banda larga, l’opzione di apprendere una seconda lingua straniera almeno al livello B 2 nel quadro del sistema nazionale di istruzione, l’orientamento professionale e il tutoraggio continuo, la possibilità di un’adeguata partecipazione al volontariato, la promozione della preparazione al primo lavoro, le forme flessibili e accessibili di finanziamento per eseguire studi che offrano opportunità di carriera. Invita inoltre la Commissione a far sì che nell’UE tutti i giovani interessati alla formazione professionale possano prendervi parte e conseguire qualifiche e competenze minime garantite, riconosciute e convalidate in tutti gli Stati membri e utili per eccedere all’istruzione e a titolo di studio minimo, accompagnato dal relativo livello di competenze appropriate, supportate da un’apposita convalida che riconosca il valore aggiunto delle attività che i giovani svolgono in ambito non formale;

20.

constata che occorre realizzare degli studi nelle diverse regioni d’Europa per disporre di una migliore visione d’insieme riguardo alla situazione dei giovani in materia di alloggi e di abitabilità degli stessi. In questo settore è infatti particolarmente necessario scambiare buone pratiche ed elaborare piani di azione a livello locale, dato che in numerose regioni si registra un’eccedenza di alloggi, mentre in diverse altre la qualità del patrimonio abitativo non garantisce condizioni adeguate ai giovani e in altre ancora i prezzi estremamente elevati tagliano fuori questa parte della popolazione. È opportuno dunque elaborare, sulla base di dati appropriati, dei piani di azione idonei volti a incrementare l’accessibilità di alloggi a buone condizioni per i giovani; In particolare si suggerisce di riservare ai giovani una quota degli alloggi pubblici, di incentivare forme di vicinato solidale e di coabitazione tra anziani autosufficienti e giovani (cohousing), di sostenere l’acquisto di abitazioni con mutui a tasso agevolato per i giovani;

21.

sottolinea la necessità di valutare come si possano affrontare, nel settore della politica della gioventù, sfide quali la corrispondenza delle competenze con le esigenze dei datori di lavoro e del contesto produttivo e territoriale, anche nel quadro della riduzione dell’elevato tasso di disoccupazione giovanile, o delle pari opportunità per i giovani che vivono in piccoli centri, in regioni periferiche, ultraperiferiche, insulari o rurali, caratterizzate da sfide demografiche, nonché la promozione di iniziative di formazione adeguate alle caratteristiche regionali e alle capacità specifiche, e la condivisione di buone prassi in tale campo anche grazie alla rivalutazione dei mestieri manuali; sottolinea che la corrispondenza tra le competenze acquisite e le esigenze dei datori di lavoro costituisce un importante fattore nel caso della disoccupazione giovanile e nello sviluppo ulteriore delle prospettive di carriera dei giovani; chiede che vengano introdotte procedure atte a garantire la convalida e la certificazione delle competenze acquisite dai giovani nei percorsi di educazione non formale e di volontariato, affinché possano avvalersene nell’inserimento lavorativo; invita pertanto a dedicare ulteriore attenzione a tali questioni e a fare appello alla responsabilità sociale delle imprese affinché solidarizzino con una gioventù che non è solo la forza lavoro di oggi e di domani, ma anche il potenziale cliente dei loro prodotti o servizi;

22.

ritiene che nell’ambito della politica per la gioventù occorra continuare a dedicare grande attenzione, a livello sia degli Stati membri che degli enti locali e regionali, a settori d’intervento quali la promozione dei valori fondanti dell’Europa di cultura cristiana, la discriminazione dei giovani fondata sul sesso, il genere, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale, e i relativi interventi, tenendo conto anche dei problemi propri dei giovani appartenenti a minoranze nazionali ed etniche;

23.

esorta gli enti locali e regionali interessati affinché, conformemente alla legislazione nazionale e ai principi europei, facciano tutto il necessario per mantenere gli istituti di insegnamento nella lingua materna delle minoranze linguistiche o nazionali e la creazione di nuovi istituti, e chiede agli Stati membri di garantire ai giovani delle minoranze linguistiche e nazionali, tenendo conto della loro situazione particolare nel settore dell’istruzione, soluzioni di insegnamento per un efficace apprendimento della lingua nazionale, conformemente ai principi di multilinguismo e di non discriminazione;

24.

ritiene prioritario avviare urgentemente un piano d’azione contro la crescente incidenza della violenza di genere tra i giovani, che tenga conto dell’importanza di un’efficace istruzione mista in tutti i paesi dell’UE;

25.

osserva che i giovani dispongono soltanto di un accesso limitato alle fonti di finanziamento necessarie allo sviluppo delle loro imprese, per il loro alloggio o anche per il proseguimento dei loro studi; ritiene quindi estremamente importante che gli enti territoriali cerchino delle soluzioni locali capaci di contribuire, da un lato, ad accrescere la competitività della regione in questione e, dall’altro, a rafforzare in maniera chiara le pari opportunità tra i giovani;

26.

sottolinea quindi la necessità di incentivare forme e spazi di aggregazione giovanile promosse da attori locali in partnership anche con soggetti privati che sappiano cogliere i bisogni del target giovanile di riferimento e trasformarlo in opportunità di occupabilità futura, di sperimentazione di skill imprenditoriali e di sviluppo di partecipazione attiva;

27.

invita la Commissione e gli Stati membri a verificare se i giovani usufruiscono di un’adeguata informazione e protezione, per quanto riguarda il diritto e la tutela del lavoro e le disposizioni in materia di volontariato, quando entrano in rapporti di lavoro o di volontariato o quando intraprendono una formazione o un tirocinio nel loro paese di residenza o in uno Stato membro diverso da quello dove risiedono abitualmente; a tal fine propone di appoggiarsi alle reti già consolidate come Europe Direct, Eurodesk o Eures e agli enti locali in quanto principali promotori delle politiche per la gioventù nel territorio;

28.

sottolinea che la tutela dei giovani per quanto riguarda il volontariato e il mercato del lavoro dovrebbero essere oggetto di grande cautela, e invita le regioni a esaminare, in tale contesto, le possibilità di cooperazione attraverso l’apprendimento tra pari e lo scambio delle migliori prassi. Inoltre si sottolinea la necessità di rinforzare il valore sociale e civile del volontariato come nel caso del servizio civile per i giovani;

29.

considera utile esaminare, da un lato, il modo in cui i nuovi valori sociali e comunitari, come la consapevolezza ambientale di una produzione sostenibile ed a basso consumo energetico, l’impegno nella comunità, il sostegno degli indigenti, la rivalutazione delle attività artigianali, possano favorire la partecipazione dei giovani alla società e la loro efficace integrazione in quest’ultima, e, dall’altro, le possibili soluzioni per promuovere e sostenere il ruolo fondamentale della famiglia quale primo sostegno per la crescita sociale ed economica della persona. Raccomanda un legame e una menzione della famiglia all’interno dei nuovi obiettivi per lo sviluppo sostenibile (ONU). Le misure di supporto si riferiscono sia alle famiglie di origine, che alle nuove famiglie che a quelle in formazione. Le misure riguardano la protezione della famiglia, il sostegno alla fondazione di una famiglia e alla genitorialità, in particolare nelle regioni che si trovano di fronte a sfide demografiche;

30.

le regioni prevalentemente rurali devono prestare un’attenzione particolare alla loro popolazione giovanile, che in questi territori rappresenta una vera risorsa strategica, facilitare il radicamento di tale componente nell’ambiente rurale, darle maggiori possibilità di continuare a risiedere in questi insediamenti, che sono a volte molto modesti, assicurare per quanto possibile la continuità del lavoro agricolo in tali aree, utilizzando, grazie a un’adeguata formazione, tecniche di gestione tradizionali che rispettino l’ambiente e i principi dell’economia sostenibile, senza pregiudizio della sostenibilità finanziaria e della redditività economica di tali pratiche;

31.

ritiene che le misure isolate di politiche per i giovani adottate da alcuni Stati membri non siano sempre sufficienti, e che il loro coordinamento sia spesso incerto. Concorda con la proposta secondo cui, ai fini di un migliore coordinamento, di uno sviluppo dell’armonizzazione e dello sfruttamento delle possibili sinergie, nel campo delle politiche per la gioventù servono a livello europeo un maggiore coinvolgimento e misure più efficaci, soprattutto in considerazione del fatto che i giovani sono più aperti alla mobilità e alla migrazione, senza dimenticare che nelle politiche rinnovate dovrebbe essere indicato chiaramente anche il ruolo chiave degli enti locali e regionali;

32.

ritiene necessario rafforzare il ruolo dei giovani nei processi democratici, per far sentire la loro voce. Per raggiungere questo obiettivo è necessario promuovere il dialogo tra i giovani partendo dal coinvolgimento della società civile e, in particolare, delle associazioni giovanili, degli enti locali, sia individualmente che come associazioni, dei gruppi informali, dei centri d’informazione Europe Direct, che possono contribuire al feed-back tra giovani e istituzioni, e delle ONG che da sempre rappresentano il settore della popolazione più aperto al cambiamento, all’innovazione sociale e in grado di stimolare il rinnovamento di un’intera società. Proprio per questo sottolinea l’importanza di estendere il dialogo strutturato ed esprime il proprio sostegno alla nuove iniziative previste dalla Commissione in questo settore, per quanto riguarda il rafforzamento delle possibilità di partecipazione dei giovani in generale e delle organizzazioni che li rappresentano. Sottolinea infine che per raggiungere questi obiettivi possa essere utile prevedere linee di intervento strutturate, come è stato previsto per la garanzia per i giovani attraverso l’YEI;

33.

sottolinea l’importanza di estendere il dialogo strutturato ed esprime il proprio sostegno alla nuove iniziative previste dalla Commissione in questo settore, per quanto riguarda il rafforzamento delle possibilità di partecipazione dei giovani in generale e delle organizzazioni che li rappresentano; rileva che, nella concezione del dialogo strutturato, i giovani in particolare esigono criteri di qualità, di cui tener conto per quanto possibile nel corso del dialogo. Tra questi figurano un dialogo tra partner su un piano di parità e risorse sufficienti in termini di tempo. I giovani dovrebbero essere coinvolti, ai diversi livelli politici, nel processo di formazione delle opinioni, coprendo il maggior numero possibile di temi politici; per quanto riguarda in particolare l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile, potrebbe essere rafforzata la prospettiva regionale della partecipazione dei giovani sotto forma di dialogo strutturato;

34.

ritiene importante promuovere l’inclusione dei giovani con disabilità e la costruzione di una reale parità di accesso dei giovani con disabilità alle opportunità promosse dagli Stati membri e dalle regioni;

35.

sottolinea la necessità di dare priorità, nelle politiche della UE e degli Stati membri, all’inclusione dei giovani a rischio quali i NEET (giovani né occupati né iscritti a corsi di istruzione o formazione) e ai giovani provenienti da un contesto migratorio, che hanno più probabilità di diventarlo;

36.

ritiene che, in considerazione della gravissima minaccia terroristica cui l’Europa fa fronte in questo momento e della radicalizzazione politica e religiosa che si sta purtroppo diffondendo tra i giovani, al fine di prevenire violenze, radicalizzazione ed estremismi sia prioritario, come prevede l’Agenda di sicurezza dell’UE, rafforzare la partecipazione e la fiducia nelle istituzioni, e garantire il diritto dei giovani a vivere in comunità pluraliste, fondate sui valori democratici europei, lo Stato di diritto e i diritti fondamentali;

37.

raccomanda che gli enti regionali e locali elaborino, tenendo conto anche delle politiche per la gioventù dell’UE e degli Stati membri, strategie locali e regionali riferite chiaramente ai problemi e alle possibilità specifiche dei giovani. Nel quadro dell’elaborazione di tali piani, occorre rafforzare le possibilità di apprendimento reciproco, avendo cura al tempo stesso di garantire la massima partecipazione possibile del pubblico destinatario, vale a dire i giovani, alla concezione, attuazione e valutazione delle strategie, favorendo nel contempo l’apprendimento reciproco. Sottolinea inoltre che tutte le strategie e le politiche per la gioventù dovrebbero includere misure orizzontali volte a contrastare il fenomeno della discriminazione fondata sul sesso, il genere, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità o l’orientamento sessuale.

38.

invita la Commissione europea a promuovere e sostenere politiche per lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile in ambito culturale e creativo, per la creazione di posti di lavoro e per dare una risposta efficace a tutti quei giovani desiderosi di trasformare le proprie passioni in professioni del settore culturale.

Bruxelles, 11 febbraio 2016.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  Comunicato stampa della 3358a riunione del Consiglio Istruzione, gioventù, cultura e sport

http://www.consilium.europa.eu/en/workarea/downloadAsset.aspx?id=40802190967


Atti preparatori

COMITATO DELLE REGIONI

116a sessione plenaria del 10 e 11 febbraio 2016

5.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 120/27


Parere del Comitato europeo delle regioni — L’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro

(2016/C 120/07)

Relatore:

Enrico ROSSI (IT/PSE), presidente della regione Toscana

Testo di riferimento:

Proposta di raccomandazione del Consiglio sull’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro

[COM(2015) 462]

I.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Proposta di raccomandazione

Considerando 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Tra le persone più esposte alla disoccupazione di lungo periodo vi sono quelle con competenze o qualifiche scarse, i cittadini di paesi terzi, le persone con disabilità e le minoranze svantaggiate come i rom. Anche l’attività lavorativa svolta in precedenza svolge un ruolo importante, in quanto in alcuni paesi gli aspetti settoriali, e ciclici sono fondamentali per spiegare la persistenza della disoccupazione di lungo periodo.

Tra le persone più esposte alla disoccupazione di lungo periodo vi sono quelle con competenze o qualifiche scarse, le donne (in particolare le donne scarsamente qualificate) e i genitori single , i lavoratori sulla soglia della pensione, i cittadini di paesi terzi, le persone con disabilità e quelle affette da malattie croniche e le minoranze svantaggiate come i rom. Una particolare rilevanza hanno inoltre i giovani, per le implicazioni relative ai rischi di marginalità sociale, di abbandono scolastico e di perdita di capacità produttiva della società legata alla loro mancata partecipazione al mercato del lavoro. Anche l’attività lavorativa svolta in precedenza svolge un ruolo importante, in quanto in alcuni paesi gli aspetti settoriali, territoriali e ciclici sono fondamentali per spiegare la persistenza della disoccupazione di lungo periodo.

Emendamento 2

Proposta di raccomandazione

Considerando 7

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Gli investimenti in capitale umano vanno potenziati e resi più efficaci affinché possano conferire competenze utili e significative a un numero maggiore di persone, ovviando alle carenze di competenze e gettando le basi per una transizione agevole dall’apprendimento al lavoro e per il mantenimento dell’occupabilità. Migliorare l’efficacia e la pertinenza dei sistemi di istruzione e formazione contribuirà a frenare l’aumento di nuovi disoccupati. A tal fine va perseguita la modernizzazione dei sistemi di istruzione e di formazione in linea con gli obiettivi del semestre europeo, il quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (ET 2020) (15), la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (16) e la raccomandazione della Commissione relativa all’inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro (17).

Gli investimenti in capitale umano vanno potenziati e resi più efficaci affinché possano conferire competenze utili e significative a un numero maggiore di persone, ovviando alle carenze di competenze e gettando le basi per una transizione agevole dall’apprendimento al lavoro e per il mantenimento dell’occupabilità. Migliorare l’efficacia e la pertinenza dei sistemi di istruzione e formazione assieme ai servizi per l’impiego contribuirà a frenare l’aumento di nuovi disoccupati ; così come la lotta contro l’abbandono scolastico, prevista fra gli obiettivi di Europa 2020, servirà a prevenire la disoccupazione di lungo periodo di cui è una delle cause di fondo . A tal fine va perseguita la modernizzazione dei sistemi di istruzione e di formazione in linea con gli obiettivi del semestre europeo, il quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (ET 2020) (15), la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (16) e la raccomandazione della Commissione relativa all’inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro (17).

Emendamento 3

Proposta di raccomandazione

Considerando 8

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Al fine di sviluppare una strategia coordinata per l’occupazione, gli orientamenti per le politiche a favore dell’occupazione degli Stati membri (18) invitano a ridurre significativamente la disoccupazione strutturale e di lungo periodo ricorrendo a strategie globali in grado di sostenersi reciprocamente che includano un sostegno attivo personalizzato per rientrare nel mercato del lavoro.

Al fine di sviluppare una strategia coordinata per l’occupazione, gli orientamenti per le politiche a favore dell’occupazione degli Stati membri (18) invitano a ridurre significativamente la disoccupazione strutturale e di lungo periodo ricorrendo a strategie globali in grado di sostenersi reciprocamente che includano un sostegno attivo e inclusivo personalizzato per rientrare nel mercato del lavoro.

Motivazione

Si ritiene necessario favorire l’inclusione sociale.

Emendamento 4

Proposta di raccomandazione

Considerando 9

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Gli orientamenti invitano gli Stati membri a promuovere l’occupabilità investendo nel capitale umano, attraverso adeguati sistemi di istruzione e formazione che siano efficaci ed efficienti così da innalzare il livello di competenza della forza lavoro, e invitano inoltre più specificamente gli Stati membri a incoraggiare i sistemi di apprendimento basati sul lavoro come l’apprendimento duale e a potenziare la formazione professionale. Più in generale, tali orientamenti invitano gli Stati membri a prendere in considerazione i principi della flessicurezza e a rafforzare le misure attive del mercato del lavoro aumentandone efficacia, obiettivi, portata, campo d’azione e interazione con il sostegno al reddito e l’erogazione di servizi sociali.

Gli orientamenti invitano gli Stati membri a promuovere l’occupabilità investendo nel capitale umano, attraverso adeguati sistemi di istruzione e formazione che siano efficaci ed efficienti così da innalzare il livello di competenza della forza lavoro, e invitano inoltre più specificamente gli Stati membri a incoraggiare i sistemi di apprendimento basati sul lavoro come l’apprendimento duale e a potenziare la formazione professionale. Più in generale, tali orientamenti invitano gli Stati membri a prendere in considerazione i principi della flessicurezza e inclusività e a rafforzare le misure attive del mercato del lavoro aumentandone efficacia, obiettivi, portata, campo d’azione e interazione con il sostegno al reddito e l’erogazione di servizi sociali.

Emendamento 5

Proposta di raccomandazione

Considerando 10

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Le iniziative proposte nell’ambito della presente raccomandazione dovrebbero risultare pienamente compatibili con le raccomandazioni specifiche per paese formulate nel contesto del semestre europeo, e la loro attuazione dovrebbe avvenire nel pieno rispetto delle regole del patto di stabilità e crescita.

Le iniziative proposte nell’ambito della presente raccomandazione dovrebbero risultare pienamente compatibili con le raccomandazioni specifiche per paese formulate nel contesto del semestre europeo, e la loro attuazione dovrebbe avvenire nel pieno rispetto delle regole del patto di stabilità e crescita. Tuttavia, nell’ambito del Patto, per evitare che gli squilibri nei singoli paesi sfuggano dal controllo e poter efficacemente procedere alla stabilizzazione dell’area euro, potrebbero essere individuate iniziative straordinarie, concordate e limitate nel tempo, per supportare i paesi i cui servizi per l’impiego sono più lontani dagli standard suggeriti dalle migliori pratiche ad adeguarsi.

Motivazione

Data la disparità degli attuali servizi per l’impiego fra i vari Stati membri, occorre intervenire per assicurare un miglioramento dello standard di intervento in tutti i paesi. Per questo l’indicazione di adeguare le strutture deve essere affiancata alla individuazione dei meccanismi necessari per sostenerle, dato che le strutture dei servizi per l’impiego sono in genere più deboli proprio nei paesi in cui la disoccupazione di lunga durata è più alta.

Emendamento 6

Proposta di raccomandazione

Considerando 15

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Occorre intensificare le iniziative volte a inserire nel mercato del lavoro le persone più colpite dalla disoccupazione di lungo periodo nonché aumentare il tasso di registrazione presso i servizi per l’impiego e altri organi competenti, cosa che permetterebbe di affrontare il problema della mancanza di copertura delle misure di sostegno.

Occorre intensificare le iniziative volte a inserire nel mercato del lavoro le persone più colpite dalla disoccupazione di lungo periodo nonché aumentare il tasso di registrazione presso i servizi per l’impiego e altri organi competenti, cosa che permetterebbe di affrontare il problema della mancanza di copertura delle misure di sostegno. Al fine di favorire la registrazione del maggior numero di disoccupati ai servizi per l’impiego occorre una strategia di comunicazione e di consulenza specifica, che può essere resa più efficace attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile. Tuttavia, la registrazione ai servizi per l’impiego non è di per sé misura sufficiente se i servizi non sono poi efficienti nel proporre un percorso personalizzato che conduca all’inserimento nel mercato del lavoro; né i disoccupati saranno indotti ad iscriversi ai servizi, se questi non avranno dimostrato di essere efficaci. In questo contesto risulta necessario rendere i servizi per l’impiego maggiormente proattivi verso le imprese.

Motivazione

La registrazione presso i servizi per l’impiego richiede certamente una strategia di comunicazione efficace, ma molto dipende dalla capacità riconosciuta dei servizi per l’impiego di reinserire il lavoratore: per questo motivo la reale capacità degli Stati di rafforzare le strutture esistenti è condizione fondamentale anche per stimolare i disoccupati a registrarsi.

Emendamento 7

Proposta di raccomandazione

Considerando 17

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Gli approcci personalizzati per sostenere i disoccupati di lungo periodo devono affrontare gli ostacoli che hanno portato al persistere della disoccupazione, aggiornando e completando la valutazione iniziale effettuata al momento della registrazione. Ciò consentirà di orientare le persone in cerca di lavoro verso servizi di sostegno quali gestione dei debiti, riabilitazione, assistenza sociale, servizi di assistenza, integrazione degli immigrati, assistenza abitativa e per la mobilità, che affrontino detti ostacoli e consentano alle persone in cerca di lavoro di raggiungere obiettivi chiari che conducono all’occupazione.

Gli approcci personalizzati per sostenere i disoccupati di lungo periodo devono affrontare gli ostacoli che hanno portato al persistere della disoccupazione, aggiornando e completando la valutazione iniziale effettuata al momento della registrazione. Ciò consentirà di orientare le persone in cerca di lavoro verso servizi di sostegno quali gestione dei debiti, riabilitazione, assistenza sociale, servizi di assistenza, integrazione degli immigrati, assistenza abitativa e per la mobilità, che affrontino detti ostacoli e consentano alle persone in cerca di lavoro di raggiungere obiettivi chiari che conducono all’occupazione. Si dovrebbe valutare la possibilità di prevedere l’obbligo di registrazione ai servizi per l’impiego per i disoccupati di lungo periodo che sono beneficiari di assistenza da parte dei servizi sociali.

Emendamento 8

Proposta di raccomandazione

Considerando 20

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Ai fini della presente raccomandazione, per «accordo di inserimento lavorativo» si intende un accordo scritto tra la persona in cerca di lavoro e il punto di contatto unico con l’obiettivo di facilitare la transizione verso l’occupazione sul mercato del lavoro. Tali accordi, redatti in modo da riflettere la situazione delle singole persone in cerca di lavoro, contengono un pacchetto dettagliato delle misure personalizzate disponibili a livello nazionale (mercato del lavoro, istruzione, formazione, servizi sociali) destinato a sostenere le persone in cerca di lavoro e dar loro gli strumenti per superare gli ostacoli specifici all’occupazione. Essi definiscono obiettivi, calendari, clausole di revisione e responsabilità reciproca, indicando sia le misure attive e di sostegno al reddito che i servizi di sostegno sociale disponibili. Gli accordi di inserimento lavorativo collegano il percepimento dei sussidi alla partecipazione alle misure attive del mercato del lavoro e alle attività di ricerca di un impiego, in linea con la legislazione nazionale vigente.

Ai fini della presente raccomandazione, per «accordo di inserimento lavorativo» si intende un accordo scritto tra la persona in cerca di lavoro e il punto di contatto unico con l’obiettivo di facilitare la transizione verso l’occupazione sul mercato del lavoro. Tali accordi, redatti in modo da riflettere la situazione delle singole persone in cerca di lavoro, contengono un pacchetto dettagliato delle misure personalizzate disponibili a livello nazionale (mercato del lavoro, istruzione, formazione, servizi sociali) destinato a sostenere le persone in cerca di lavoro e dar loro gli strumenti per superare gli ostacoli specifici all’occupazione. Essi definiscono obiettivi, calendari, clausole di revisione e responsabilità reciproca, indicando sia le misure attive e di sostegno al reddito che i servizi di sostegno sociale disponibili. Gli accordi di inserimento lavorativo collegano il percepimento dei sussidi alla partecipazione alle misure attive del mercato del lavoro e alle attività di ricerca di un impiego, in linea con la legislazione nazionale vigente , mirati a una fattiva inclusione sociale .

Emendamento 9

Proposta di raccomandazione

Primo paragrafo

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Sostenere la registrazione delle persone in cerca di lavoro e un maggiore orientamento al mercato del lavoro delle misure di inserimento; fornire una valutazione individuale ai disoccupati di lungo periodo; offrire un accordo di reinserimento lavorativo specifico quando abbiano raggiunto al più tardi i 18 mesi di disoccupazione. A tal fine è necessario:

Sostenere la registrazione delle persone in cerca di lavoro e un maggiore orientamento al mercato del lavoro delle misure di inserimento; fornire una valutazione individuale ai disoccupati di lungo periodo; offrire un accordo di reinserimento lavorativo specifico quando abbiano raggiunto al più tardi i 18 mesi di disoccupazione ; prevedere, per contrastare povertà ed esclusione sociale, impieghi sovvenzionati come sforzo per realizzare il reinserimento lavorativo. Laddove l’inserimento non abbia successo, occorre prevedere azioni universalistiche di sostegno al reddito . A tal fine è necessario:

Rafforzamento dei servizi per l’impiego esistenti.

Emendamento 10

Proposta di raccomandazione

Primo paragrafo — Inserire un nuovo punto dopo il primo paragrafo

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

Dotarsi di strutture di servizi per l’impiego che, in termini di dotazione e qualificazione del personale, siano in grado di rispondere agli obiettivi della raccomandazione. Gli standard per definire tali strutture potrebbero derivare anche dagli esiti del lavoro della Rete dell’Unione di Servizi Pubblici per l’Impiego. Si dovrebbero, quindi, indicare le risorse necessarie per l’adeguamento delle strutture esistenti; stabilire come e dove reperirle, facendo riferimento alle possibilità di cofinanziamento già esistenti, come il regolamento (UE) n. 1301/2013 sul FESR e il regolamento (UE) n. 1304/2013 sul FSE, e non escludendo la possibilità di studiare soluzioni a livello europeo attraverso lo stanziamento di fondi europei destinati esclusivamente a tale scopo, in considerazione del fatto che ridurre la disoccupazione di lunga durata è un obiettivo strategico fondamentale per l’intera Unione. Il sostegno economico potrebbe altresì essere vincolato al perseguimento di ulteriori riforme organizzative del sistema di servizi dell’impiego nei paesi in cui la Commissione e il Consiglio ritengano che siano necessari, nell’ambito del semestre europeo.

Motivazione

Data la disparità degli attuali servizi per l’impiego fra i vari Stati membri, occorre intervenire per assicurare un miglioramento dello standard di intervento in tutti i paesi. Per questo l’indicazione di adeguare le strutture deve essere affiancata alla individuazione dei meccanismi necessari per sostenerle, dato che le strutture dei servizi per l’impiego sono in genere più deboli proprio nei paesi in cui la disoccupazione di lunga durata è più alta. I regolamenti FESR e FSE prevedono possibilità di cofinanziamento per gli investimenti nelle istituzioni del mercato del lavoro e/o nella loro modernizzazione.

Emendamento 11

Proposta di raccomandazione

Terzo paragrafo

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Valutazione e approccio individuale

I servizi per l’impiego, unitamente ad altri partner che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro, forniscono un orientamento personalizzato ai soggetti interessati.

Valutazione e approccio individuale

I servizi per l’impiego, unitamente ad altri partner che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro e con il coinvolgimento di prestatori privati di servizi per l’impiego e di agenzie per il lavoro autorizzate , forniscono un orientamento personalizzato ai soggetti interessati.

(2)

Garantire che a tutti i disoccupati di lungo periodo siano offerti approfonditi orientamenti e valutazioni individuali non oltre i primi 18 mesi di disoccupazione. La valutazione dovrebbe illustrare le loro prospettive di occupabilità, gli ostacoli all’occupazione e i tentativi precedenti di cercare lavoro.

(2)

Garantire che a tutti i disoccupati di lungo periodo siano offerti approfonditi orientamenti e valutazioni individuali non oltre i primi 18 mesi di disoccupazione. La valutazione dovrebbe illustrare le loro prospettive di occupabilità, gli ostacoli all’occupazione e i tentativi precedenti di cercare lavoro.

Motivazione

Anche le agenzie private per l’impiego e le agenzie per il lavoro autorizzate hanno un ruolo da svolgere.

Emendamento 12

Proposta di raccomandazione

Sesto paragrafo

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Ai disoccupati di lungo periodo ufficialmente registrati che non beneficiano della garanzia per i giovani viene offerto, al raggiungimento dei 18 mesi di disoccupazione, un accordo di inserimento lavorativo che dovrebbe comprendere almeno un’offerta di servizio individuale volta a trovare un lavoro e l’individuazione di un punto di contatto unico.

Ai disoccupati di lungo periodo ufficialmente registrati che non beneficiano della garanzia per i giovani viene offerto, entro i 18 mesi dall’inizio della disoccupazione, un accordo di inserimento lavorativo che dovrebbe comprendere almeno un’offerta di servizio individuale volta a trovare un lavoro e l’individuazione di un punto di contatto unico. L’accordo di inserimento lavorativo deve essere costruito attraverso una interazione proattiva con il disoccupato, così che egli possa diventarne protagonista e corresponsabile.

Motivazione

Sarebbe opportuno anticipare gli interventi sul disoccupato anche prima dei 12 mesi (dopo i quali diviene disoccupato di lunga durata); inoltre andrebbe prevista una partecipazione più attiva nella definizione del suo profilo e delle sue possibilità anche per vincolarlo maggiormente alla accettazione delle eventuali proposte formative o lavorative.

Emendamento 13

Proposta di raccomandazione

Punto n. 7

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Istituire partnership tra datori di lavoro, parti sociali, servizi per l’impiego, autorità pubbliche e servizi sociali per garantire che le offerte siano adeguate alle reali esigenze delle imprese e dei lavoratori.

Istituire partnership tra parti sociali, servizi per l’impiego, autorità pubbliche e servizi sociali per garantire che le offerte siano adeguate alle reali esigenze delle imprese e dei lavoratori.

Emendamento 14

Proposta di raccomandazione

Punto n. 8

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Sviluppare servizi per i datori di lavoro quali controllo delle offerte di lavoro, sostegno al collocamento, tutoraggio e formazione sul luogo di lavoro e sostegno post-collocamento, così da agevolare il reinserimento professionale dei disoccupati di lungo periodo.

Sviluppare servizi per i datori di lavoro quali controllo delle offerte di lavoro, sostegno al collocamento, tutoraggio e formazione sul luogo di lavoro e sostegno post-collocamento, così da agevolare il reinserimento professionale dei disoccupati di lungo periodo , applicando — ogni volta che sia necessario — le politiche attive del lavoro esistenti rivolte a quel gruppo destinatario .

Motivazione

Fare riferimento all’importanza delle politiche attive del lavoro.

Emendamento 15

Proposta di raccomandazione

Punto n. 9 — Inserire un nuovo punto

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

Rafforzare l’integrazione nell’uso dei fondi strutturali, ad esempio collegando gli interventi sulla formazione finanziati con il FSE con quelli volti al sostegno della crescita e dell’innovazione finanziati con gli altri fondi strutturali, prevedendo in particolare la possibilità di incentivazioni per le imprese che assumono disoccupati di lunga durata sulla cui formazione potrebbero essere impiegati fondi del FSE. Gli Stati membri e le regioni sono invitati ad esaminare la possibilità di sostenere le autorità che favoriscono progetti di integrazione funzionale tra i fondi strutturali, eventualmente anche tramite le risorse della «riserva di performance».

Motivazione

Atteso che l’inserimento del disoccupato di lunga durata è di per sé più difficoltoso, occorre sfruttare al meglio l’uso dei fondi strutturali per sostenerne la domanda attraverso una premialità per le imprese che, impegnandosi ad assumere, si rivolgono ai disoccupati di lunga durata la cui formazione potrebbe essere sostenuta con le risorse del FSE.

Emendamento 16

Proposta di raccomandazione

Punto n. 10 — Aggiungere nuovo punto dopo «RACCOMANDA ALLA COMMISSIONE DI:»

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

Condurre un’analisi preliminare alle politiche attive del lavoro rivolte in modo particolare alla categoria dei disoccupati di lungo periodo, nell’ottica di proporre l’elaborazione di misure specifiche negli Stati membri. Inoltre rafforzare l’analisi sulle politiche attive combinate a percorsi di lavoro di pubblica utilità e sostegno al reddito, al fine di collegare il percorso lavorativo all’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro. I percorsi di politica attiva collegati a lavori di pubblica utilità dovranno essere gestiti dai servizi pubblici per l’impiego.

Motivazione

Raccomandare un’analisi preliminare alle politiche attive del lavoro. Rafforzare le misure di politica attiva sia con il collegamento con il contratto/patto di inserimento che con l’eventuale percorso di pubblica utilità al fine di acquisire competenze professionali spendibili nel mercato del lavoro al termine dei percorsi di pubblica utilità.

Emendamento 17

Proposta di raccomandazione

Punto n. 10 — Aggiungere un nuovo punto dopo «RACCOMANDA ALLA COMMISSIONE DI:»

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

Formulare raccomandazioni, sulla base delle proposte della Rete dell’Unione di servizi pubblici per l’impiego (costituita dalla decisione n. 573/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014), sugli standard qualitativi e quantitativi che i servizi per l’impiego, in ogni paese, devono raggiungere prevedendo anche lo stanziamento di fondi UE per il rafforzamento dei servizi per l’impiego.

Motivazione

Gli Stati membri dovrebbero strutturare i propri servizi per l’impiego per fronteggiare la disoccupazione strutturale utilizzando al meglio le risorse del FSE. La disoccupazione aggiuntiva determinata dal ciclo potrebbe essere affrontata con risorse comuni cui tutti i paesi, indipendentemente dal loro livello di disoccupazione strutturale, possono attingere. Ciò consentirebbe una stabilizzazione del ciclo di cui tutti i paesi nel medio-lungo periodo troverebbero vantaggio.

Emendamento 18

Proposta di raccomandazione

Punto n. 10 — Aggiungere un nuovo punto dopo «RACCOMANDA ALLA COMMISSIONE DI:»

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

Distinguere la disoccupazione strutturale (per la quale ogni paese dovrebbe far ricorso a risorse proprie o del FSE Obiettivo tematico «Rafforzamento capacità amministrativa») da quella determinata dalle fasi recessive più intense e prolungate che, conducendo ad aumenti consistenti nei livelli della disoccupazione, sottoporrebbe a tensioni aggiuntive i servizi per l’impiego.

Incoraggiare gli Stati membri a quantificare, sulla base di standard predefiniti, le esigenze di rafforzamento temporaneo delle strutture esistenti per far fronte agli shock congiunturali.

Valutare la possibilità di sostenerne i costi aggiuntivi in occasione della revisione di metà percorso del quadro finanziario pluriennale. Le soluzioni individuate dovrebbero essere sottoposte all’adozione e all’implementazione di riforme mirate all’efficientamento dei servizi pubblici e privati dell’impiego negli Stati membri, nei casi e nella direzione identificati dalle raccomandazioni per paese nell’ambito del semestre europeo.

Emendamento 19

Proposta di raccomandazione

Punto n. 10 — Aggiungere nuovo punto dopo «RACCOMANDA ALLA COMMISSIONE DI:»

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

Stimolare l’integrazione tra le azioni di sostegno alla disoccupazione di lunga durata con le più universalistiche azioni di sostegno alla povertà, in modo che, laddove l’obiettivo del reinserimento nel mercato del lavoro non venisse raggiunto e venissero meno i sussidi per la disoccupazione, al disoccupato venga comunque attribuito un reddito minimo (qualora ovviamente vi siano le condizioni accertate di povertà) condizionandolo all’accettazione di lavori di pubblica utilità di durata temporanea e con una funzione formativa orientata a far rientrare il disoccupato nel mondo del lavoro garantendo l’inclusione sociale.

Motivazione

Nel caso in cui il disoccupato di lunga durata non venga reinserito nel mondo del lavoro, occorre trovare soluzioni adeguate per evitare il rischio che, al termine dei sussidi di disoccupazione, egli possa trovarsi in una condizione di marginalità o di povertà, costituendo un costo per la società e comunque un rischio per la coesione socioeconomica.

Emendamento 20

Proposta di raccomandazione

Punto n. 15

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Valutare, in cooperazione con gli Stati membri e previa consultazione delle parti interessate, le iniziative prese in seguito alla presente raccomandazione, e presentare una relazione al Consiglio entro… [3 anni dall’adozione della raccomandazione] sul loro impatto e sugli insegnamenti che se ne sono potuti trarre.

Valutare, in cooperazione con gli Stati membri e previa consultazione delle parti interessate, le iniziative prese in seguito alla presente raccomandazione, in particolare:

per sostenere gli Stati membri nel loro sforzo di modernizzazione dei sistemi di protezione sociale, nell’ottica di giungere alla definizione di uno schema europeo di assicurazione contro la disoccupazione di lungo periodo, sulla base di comuni indicatori economici e finanziari,

valutare inoltre, nel corso dell’esercizio di revisione del quadro finanziario pluriennale 2014-2020, le priorità a cui destinare le risorse UE sia per continuare l’azione di cui alla garanzia per i giovani che per intervenire in maniera più adeguata contro la disoccupazione di lunga durata attraverso iniziative straordinarie quali la creazione di un fondo ad hoc (su modello della garanzia per i giovani un fondo garanzia adulti) per contrastare la disoccupazione di lungo periodo;

presentare una relazione al Consiglio entro… [3 anni dall’adozione della raccomandazione] sul loro impatto e sugli insegnamenti che se ne sono potuti trarre.

Motivazione

La disoccupazione di lunga durata è solo un capitolo del più generale problema della povertà, con conseguenze economiche e sociali particolarmente gravi. È quindi necessario che le azioni auspicate nella raccomandazione abbiano anche una copertura sul fronte del sostegno alla povertà per cui è necessario invitare tutti i paesi che eventualmente non lo avessero già fatto ad adottarle.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

Osservazioni preliminari

1.

pur riconoscendo la necessità che la proposta di raccomandazione sia conforme ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità, sottolinea che è apprezzabile che il testo affronti il tema della disoccupazione di lunga durata per le sue conseguenze sul piano economico e sociale. Secondo il Documento dei cinque Presidenti («Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa»), questa è «una delle principali cause di ineguaglianza ed esclusione sociale. […] Per questo sono essenziali mercati del lavoro efficienti che favoriscano un elevato livello di occupazione e siano in grado di assorbire gli shock senza causare disoccupazione eccessiva […]»;

2.

osserva l’importanza del fatto che la proposta punti sul reinserimento del disoccupato nel mondo del lavoro, dando ai servizi per l’impiego il compito di prendere in carico la persona coinvolgendo tutti gli attori imprenditoriali e sociali e del settore pubblico per favorirne l’inserimento;

3.

sottolinea l’enfasi dedicata agli strumenti di governance del sistema, identificandola nella strategia one-stop-shop;

4.

insiste sull’importanza di intervenire sulla disoccupazione di lungo periodo in modo da garantire il buon funzionamento delle economie locali; sottolinea che la disoccupazione di lungo periodo non è sostenibile e insiste sull’importanza di prevedere le competenze richieste e di farle corrispondere alle esigenze del mercato del lavoro. Nelle aree dove si registrano significativi squilibri tra domanda e offerta di competenze o considerevoli carenze di qualifiche, occorre potenziare i programmi di formazione volti a sviluppare le competenze necessarie. Particolare attenzione andrebbe riservata allo sviluppo delle competenze linguistiche di migranti e richiedenti asilo disoccupati;

5.

rileva come la proposta abbia anche rilevanti implicazioni sulla lotta alla povertà, che rimane uno degli obiettivi di Europa 2020 più difficili da raggiungere per le conseguenze della crisi economica.

Osservazioni generali

Nel far questo, però, rileva che la proposta pare trascurare alcuni elementi, e in particolare:

6.

richiama la necessità di rafforzare i servizi pubblici per l’impiego e di accrescere la loro efficacia e la loro efficienza; infatti la raccomandazione si limita a proporre un maggior coordinamento delle azioni di sostegno che restano, però, in capo ai vari paesi, non dedicando sufficiente attenzione alle diversità esistenti, per dimensione del problema e dotazione di strutture volte ad affrontarlo, come già si è potuto osservare con la implementazione della Garanzia per i giovani. In molti paesi si richiede quindi un rafforzamento significativo dei servizi per l’impiego. A titolo esemplificativo di tale divario, il rapporto tra operatori dei servizi per l’impiego e popolazione attiva è in Germania di 1 a 400, in Francia di 1 a 600 in Italia di 1 a 3 000;

7.

raccomanda pertanto di cooperare più da vicino con servizi privati per l’impiego e di coinvolgere agenzie di lavoro interinale nei casi in cui i servizi pubblici per l’impiego non siano in grado di consigliare in misura sufficiente né di prestare aiuto ai disoccupati di lungo periodo;

8.

raccomanda una cooperazione più stretta tra gli Stati membri e le regioni al fine di ridurre nel modo più efficace possibile il tasso di disoccupazione nell’UE, accordando a questo tipo di programmi un maggiore rilievo nei media. Così, ad esempio, si potrebbe promuovere la rete EURES tramite una campagna pubblicitaria in televisione, su Internet o tramite altri mezzi di comunicazione di massa per fornire ai disoccupati che cercano un impiego all’estero informazioni aggiornate sulle possibilità occupazionali; raccomanda quindi di instaurare una collaborazione internazionale tra i servizi per l’impiego e altri servizi sociali al fine di garantire uno scambio più efficace e più rapido delle informazioni e dei dati;

9.

sottolinea la necessità di individuare le risorse necessarie per adeguarsi alle migliori pratiche. Ciò può essere effettuato utilizzando gli esiti del lavoro della Rete europea dei servizi pubblici per l’impiego (Decisione 573/2014/UE), stimando le risorse finanziarie necessarie per condurre tutti i paesi sugli standard fissati e suggerendo le modalità per far fronte agli sforzi che ogni paese dovrebbe seguire per far fronte alle carenze;

10.

richiama l’opportunità di distinguere la componente strutturale della disoccupazione da quella dinamica determinata dalla particolare evoluzione del ciclo. I servizi per l’impiego (strutturati per fronteggiare la prima componente) dovrebbero essere messi in condizione di adeguarsi rapidamente alle esigenze aggiuntive poste da cicli economici particolarmente negativi. I costi per adeguare le strutture esistenti a questa esigenza dovrebbero essere sostenuti dagli Stati membri anche facendo ricorso al FESR e al FSE (Obiettivo tematico: «Rafforzamento capacità amministrativa»); in occasione della revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale si possono valutare gli effetti delle misure e verificare l’eventuale necessità di adeguamenti delle disposizioni dell’UE;

11.

sottolinea l’importanza degli investimenti nel capitale umano; fa tuttavia osservare che, poiché tali investimenti si iscrivono in una prospettiva a lungo termine, le imprese hanno la tendenza a dare la preferenza ai giovani e ai neolaureati, a svantaggio dei potenziali lavoratori anziani o di mezza età. La lotta contro la disoccupazione richiede delle forme di incentivo che incoraggino i disoccupati anziani e di mezza età a formarsi e a riconvertirsi, e facciano in modo che le imprese e il settore pubblico abbiano interesse ad assumere tali persone; ai fini del contrasto preventivo alla disoccupazione di lungo periodo è in egual misura importante promuovere l’apprendimento permanente diretto alla riqualificazione della forza lavoro esistente e dei lavoratori non qualificati;

12.

sottolinea come questa ipotesi di modernizzazione dei servizi per l’impiego possa essere in grado di intervenire sulla disoccupazione di lungo periodo, ma anche sui disoccupati di breve periodo e sulla disoccupazione giovanile;

13.

fa rilevare che la modernizzazione proposta dei servizi per l’impiego è un processo lungo e complesso, soprattutto negli Stati membri il cui sistema attuale è rigido e burocratico. Il corretto funzionamento dei punti di contatto individuali a sportello unico dipende in larga misura dalla flessibilità delle istituzioni interessate e da una diffusione rapida e adeguata delle informazioni. Questi stessi punti di contatto possono essere incaricati di preparare le offerte di intervento personalizzate, ma va tenuto conto del fatto che, in funzione del numero di disoccupati alla ricerca di un impiego, tale compito rischia di divenire un onere amministrativo considerevole. In ogni caso, tali punti di contatto devono disporre di personale adeguatamente qualificato che sia capace non soltanto di trasmettere le offerte esistenti, ma anche di valutare la personalità dei disoccupati e le loro competenze di base. Il Comitato chiede pertanto che gli Stati membri, nel mettere in atto tali meccanismi, tengano conto di questi fattori;

14.

richiama la necessità di interventi con maggiore enfasi anche dal lato della domanda, dal momento che quando la domanda di lavoro ristagna è difficile per un disoccupato, anche se con un progetto formativo individualizzato, ritrovare lavoro. In questo ambito, pur apprezzando le indicazioni della raccomandazione volte a rafforzare i rapporti con i datori di lavoro, ritiene che per rafforzare la domanda di lavoro sarebbe utile una maggiore spinta verso l’integrazione tra i fondi strutturali. Infatti il FESR e il FEASR, indirizzati a imprese in grado di proporre progetti innovativi volti ad accrescere la competitività del sistema, prevedono spesso la possibilità di assumere persone adeguatamente formate. In questi casi la connessione con le attività di formazione finanziate con l’FSE potrebbe favorire il reinserimento dei disoccupati. L’uso integrato dovrebbe essere incentivato da parte degli Stati membri anche attraverso semplificazioni per le PMI e l’utilizzo della «riserva di performance»;

15.

rileva che, poiché il disoccupato di lunga durata, in caso di insuccesso del percorso di reinserimento e al termine della copertura del sussidio di disoccupazione, rischia di trovarsi in condizioni di marginalità, è fondamentale che ogni paese preveda azioni di contrasto alla povertà nel rispetto degli indirizzi che la Commissione europea ha già definito nella «Raccomandazione della Commissione del 3 ottobre 2008 relativa all’inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro (2008/867/CE)» ripresa nella comunicazione della Commissione «Investire nel settore sociale a favore della crescita e della coesione [COM(2013) 083 final]». Il CdR auspica che gli Stati membri diano effettivamente corso a quanto raccomandato dalla Commissione europea;

16.

richiama inoltre la necessità di condizionare l’eventuale accesso ad azioni di sostegno alla povertà all’accettazione di lavori di pubblica utilità, per una durata limitata e, comunque, all’interno di un percorso formativo finalizzato al reinserimento;

17.

sottolinea che il percorso di formazione finalizzato al reinserimento deve essere organizzato in stretta collaborazione con le istituzioni interessate affinché gli Stati membri possano ottenere i migliori risultati possibili a tutti i livelli, e al fine di ridurre l’isolamento professionale e sociale nonché i livelli di povertà. Richiama l’attenzione sul fatto che tali misure producono effetti positivi poiché incitano i cittadini europei che, per ragioni economiche e di sussistenza, sono andati a lavorare in un altro Stato membro a ritornare nel paese d’origine. L’immigrazione economica dovrebbe diminuire, mentre migliorano le possibilità di trovare un impiego e mezzi di sostentamento sul mercato del lavoro locale;

18.

sottolinea il ruolo centrale delle regioni e degli enti locali, essendo le regioni e gli enti locali i protagonisti naturali di questo percorso di miglioramento dei servizi per l’impiego, anche perché in molti Stati membri la programmazione e attuazione dei fondi strutturali è di loro competenza. Inoltre, questi enti possono svolgere un ruolo importante nell’organizzazione e nella realizzazione della formazione professionale e della formazione degli adulti, poiché numerose regioni, e soprattutto piccoli centri, sono privi di centri di formazione rivolti anche agli adulti. Il ruolo degli enti locali e regionali è tanto più importante se si considera che essi dispongono di informazioni sul mercato locale del lavoro e intrattengono dei rapporti con le imprese locali, che possono favorire la formazione professionale nella pratica. Inoltre, le persone che desiderano partecipare a una formazione per adulti o a una formazione professionale devono prevedere di effettuare degli spostamenti per qualche mese. Ciò impone loro dei costi supplementari, il che rappresenta un onere considerevole per un disoccupato che percepisce soltanto un’indennità minima se non addirittura inesistente;

19.

richiede quindi che la proposta di raccomandazione della Commissione tenga maggiormente conto della dimensione regionale del problema e quindi invita il Consiglio a considerare il ruolo chiave che queste ultime possono avere nel migliorare l’efficienza dei servizi per l’impiego.

Bruxelles, 10 febbraio 2016.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(15)  Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione («ET 2020»).

(16)  Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente.

(17)  C(2008) 5737.

(15)  Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione («ET 2020»).

(16)  Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente.

(17)  C(2008) 5737.

(18)  COM(2015) 098 final.

(18)  COM(2015) 098 final.


5.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 120/40


Parere del Comitato europeo delle regioni — Quadro dell’Unione europea per la raccolta di dati nel settore della pesca

(2016/C 120/08)

Relatore:

Olgierd GEBLEWICZ, presidente della regione Pomerania occidentale (PL/PPE)

Testo di riferimento:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro dell’Unione per la raccolta, la gestione e l’uso di dati nel settore della pesca e un sostegno alla consulenza scientifica relativa alla politica comune della pesca (rifusione)

COM(2015) 294 final

I.   PROPOSTE DI EMENDAMENTI

Emendamento 1

Considerando 10

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(10)

La definizione di «utilizzatori finali» dovrebbe essere allineata alla definizione di «utilizzatori finali di dati scientifici» che figura nel regolamento (UE) n. 1380/2013 e includere anche gli organismi scientifici interessati dagli aspetti ambientali della gestione della pesca.

(10)

La definizione di «utilizzatori finali» dovrebbe essere allineata alla definizione di «utilizzatori finali di dati scientifici» che figura nel regolamento (UE) n. 1380/2013 nonché alle raccomandazioni del comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca (CSTEP), e includere anche gli organismi scientifici interessati dagli aspetti ambientali della gestione della pesca.

Motivazione

La definizione di «utilizzatore finale» è troppo ampia, soprattutto quando tali soggetti possono definire i bisogni di dati. Pertanto, gli utilizzatori finali di dati dovrebbero essere divisi tra quelli che possono definire i bisogni di dati e quelli che possono soltanto accedere ai dati.

Nel suo riesame della DC MAP (rif. relazione CSTEP sulla revisione della DC MAP- (CSTEP-13-06), parte 1, pagina 6, e nella sua relazione sulla revisione del quadro per la raccolta dei dati (DCF), parte 4 (CSTEP- 14-07), pagg. 43-45 e pag. 106, il CSTEP propone i seguenti tre tipi di utilizzatori finali:

Tipo 1: i principali utilizzatori finali per i quali il DCF è stato concepito, compresa la Commissione, organismi quali il Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM) e il CSTEP designati dalla Commissione per fornirle pareri periodici che sostengano direttamente il processo decisionale della politica comune della pesca (PCP), e altri organismi di gestione della pesca, ad esempio le organizzazioni regionali di gestione della pesca (ORGP) e la Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM) che utilizzano dati DCF per attuare le loro politiche di gestione della pesca.

Tipo 2: altri organismi, quali consigli consultivi o subappaltatori ai quali la Commissione può chiedere consulenze o analisi basate su dati DCF.

Tipo 3: tutti gli altri organismi, come le ONG, le organizzazioni dei pescatori e le università, interessati ad utilizzare i dati DCF per i propri scopi.

Tutti e tre i tipi di utilizzatori finali possono avere accesso ai dati, ma solo gli utilizzatori di tipo 1 e di tipo 2 possono contribuire alle procedure di definizione del fabbisogno di dati.

Emendamento 2

Considerando 14

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(14)

Nel campo di applicazione del presente regolamento dovrebbero rientrare anche i bisogni di dati connessi ad aspetti della politica della pesca che non sono direttamente disciplinati dal regolamento (UE) n. 1380/2013, quali quelli contemplati dai regolamenti (CE) n. 1100/2007 e (CE) n. 2347/2002.

(14)

Nel campo di applicazione del presente regolamento dovrebbero rientrare anche i bisogni di dati connessi ad aspetti della politica della pesca che non sono direttamente disciplinati dal regolamento (UE) n. 1380/2013, quali quelli contemplati dai regolamenti (CE) n. 1100/2007 , (CE) n. 812/2004 e (CE) n. 2347/2002.

Motivazione

Si intende così assicurare la coerenza con il regolamento (UE) n. 508/2014, articolo 77, lettera c).

Emendamento 3

Articolo 4

Elaborazione di programmi pluriennali dell’Unione

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare, conformemente all’articolo 23, atti delegati intesi a stabilire programmi pluriennali dell’Unione per la raccolta e la gestione di dati biologici, tecnici, ambientali, sociali ed economici relativi al settore della pesca.

1.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare, conformemente all’articolo 23, atti delegati intesi a stabilire programmi pluriennali dell’Unione per la raccolta e la gestione di dati biologici, tecnici, ambientali, sociali ed economici relativi al settore della pesca.

2.   I programmi pluriennali dell’Unione sono stabiliti previa consultazione dei gruppi di coordinamento regionale di cui all’articolo 8, del comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca (CSTEP) e di ogni altro organismo scientifico competente.

2.   I programmi pluriennali dell’Unione sono stabiliti previa consultazione dei gruppi di coordinamento regionale di cui all’articolo 8, del comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca (CSTEP) e di ogni altro organismo scientifico competente.

3.   Nel definire un programma pluriennale dell’Unione la Commissione tiene conto:

3.   Nel definire un programma pluriennale dell’Unione la Commissione tiene conto:

a)

dei bisogni di informazioni per la gestione della politica comune della pesca;

a)

dei bisogni e delle disponibilità di informazioni per la gestione della politica comune della pesca;

b)

della necessità e pertinenza dei dati per le decisioni relative alla gestione della pesca e alla protezione dell’ecosistema, in particolare delle specie e degli habitat vulnerabili;

b)

della necessità e pertinenza dei dati per le decisioni relative alla gestione della pesca e alla protezione dell’ecosistema, in particolare delle specie e degli habitat vulnerabili;

c)

della necessità di sostenere le valutazioni d’impatto delle misure politiche;

c)

della necessità di sostenere le valutazioni d’impatto delle misure politiche;

d)

dei costi e benefici;

d)

dei costi e benefici;

e)

delle serie temporali esistenti;

e)

delle serie temporali esistenti;

f)

della necessità di evitare duplicazioni nella raccolta dei dati;

f)

della necessità di evitare duplicazioni nella raccolta dei dati;

g)

delle specificità regionali;

g)

delle specificità regionali;

h)

degli obblighi internazionali dell’Unione e dei suoi Stati membri.

h)

degli obblighi internazionali dell’Unione e dei suoi Stati membri.

Motivazione

Allo scopo di limitare ulteriori costi nella raccolta dei dati e considerando inoltre che l’insieme dei dati viene già trattato in base al genere e al tipo, la raccolta dei dati non potrà introdurre nuovi obblighi senza una concertazione preventiva con tutti i diretti interessati.

Emendamento 4

Articolo 6

Piani di lavoro nazionali

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.   Fatti salvi gli obblighi in materia di raccolta dei dati ad essi attualmente imposti dal diritto dell’Unione, gli Stati membri raccolgono dati nel quadro di un programma operativo, di cui all’articolo 18 del regolamento (UE) n. 508/2014, nonché di un piano di lavoro stabilito in conformità del programma pluriennale dell’Unione ed a norma dell’articolo 21 del regolamento (UE) n. 508/2014.

1.   Fatti salvi gli obblighi in materia di raccolta dei dati ad essi attualmente imposti dal diritto dell’Unione, gli Stati membri raccolgono dati nel quadro di un programma operativo, di cui all’articolo 18 del regolamento (UE) n. 508/2014, nonché di un piano di lavoro stabilito in conformità del programma pluriennale dell’Unione ed a norma dell’articolo 21 del regolamento (UE) n. 508/2014.

2.   I piani di lavoro degli Stati membri contengono una descrizione dettagliata dei seguenti elementi:

2.   I piani di lavoro degli Stati membri contengono una descrizione dettagliata dei seguenti elementi:

a)

la frequenza con cui saranno raccolti i dati;

a)

la frequenza con cui saranno raccolti i dati;

b)

la fonte dei dati, le procedure e i metodi per raccogliere e trattare i dati e ottenere le serie di dati che saranno fornite agli utilizzatori finali;

b)

la fonte dei dati, le procedure e i metodi per raccogliere e trattare i dati e ottenere le serie di dati che saranno fornite agli utilizzatori finali;

c)

il sistema di garanzia e controllo della qualità predisposto per garantire un’adeguata qualità dei dati in conformità dell’articolo 13;

c)

il sistema di garanzia e controllo della qualità predisposto per garantire un’adeguata qualità dei dati in conformità dell’articolo 13;

d)

in che modo e quando sono necessari i dati;

d)

in che modo e quando sono necessari i dati , secondo quanto definito dai principali utilizzatori finali ;

e)

gli accordi di cooperazione a livello internazionale e regionale, compresi gli accordi bilaterali e multilaterali conclusi per conseguire gli obiettivi del presente regolamento, e

e)

gli accordi di cooperazione a livello internazionale e regionale, compresi gli accordi bilaterali e multilaterali conclusi per conseguire gli obiettivi del presente regolamento, e

f)

in che modo si è tenuto conto degli obblighi internazionali dell’Unione e dei suoi Stati membri.

f)

in che modo si è tenuto conto degli obblighi internazionali dell’Unione e dei suoi Stati membri.

3.   Nel preparare il proprio piano di lavoro ciascuno Stato membro coordina i propri sforzi con gli altri Stati membri, in particolare nella stessa regione marina, al fine di garantire una copertura sufficiente ed efficace ed evitare la duplicazione delle attività di raccolta dei dati.

3.   Nel preparare il proprio piano di lavoro ciascuno Stato membro coordina i propri sforzi e coopera con gli altri Stati membri, in particolare nella stessa regione marina, al fine di garantire una copertura sufficiente ed efficace ed evitare la duplicazione delle attività di raccolta dei dati.

4.   Ogni Stato membro garantisce la conformità del proprio piano di lavoro alle pertinenti raccomandazioni comuni formulate dai gruppi di coordinamento regionale, previa approvazione delle stesse da parte della Commissione nella forma di un piano di lavoro regionale a norma dell’articolo 8.

4.   Ogni Stato membro garantisce la conformità del proprio piano di lavoro alle pertinenti raccomandazioni comuni formulate dai gruppi di coordinamento regionale, previa approvazione delle stesse da parte della Commissione nella forma di un piano di lavoro regionale a norma dell’articolo 8.

Motivazione

Il regolamento propone che i principali utilizzatori finali dei dati siano coinvolti nella definizione del fabbisogno di dati e siano in grado di formulare inviti a trasmettere dati («chiamate di dati») ove necessario. Pertanto, i principali utilizzatori finali dovrebbero essere in grado di definire i bisogni di dati e formulare inviti a trasmettere dati in qualsiasi momento. Nel momento in cui gli Stati membri dovrebbero elaborare piani di lavoro, bisogni di dati e le date per le richieste di dati, le scadenze per la messa a punto dei dati da destinare ai principali utilizzatori finali potrebbero non essere note.

È importante che gli Stati membri della stessa regione non soltanto si coordinino ma anche cooperino attivamente, cfr. considerando 46 del regolamento di base («gli Stati membri dovrebbero cooperare gli uni con gli altri e con la Commissione al fine di coordinare le attività di raccolta dei dati»). Ciò dovrebbe essere compatibile anche con il titolo e il contenuto dell’articolo 8 della proposta di regolamento in esame.

Emendamento 5

Articolo 7

Corrispondenti nazionali

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.   Ogni Stato membro designa un corrispondente nazionale e ne informa la Commissione. Il corrispondente nazionale funge da punto di contatto per lo scambio di informazioni tra la Commissione e lo Stato membro per quanto riguarda la preparazione e l’attuazione dei piani di lavoro.

1.   Ogni Stato membro designa un corrispondente nazionale e ne informa la Commissione. Il corrispondente nazionale funge da punto di contatto per lo scambio di informazioni tra la Commissione e lo Stato membro per quanto riguarda la preparazione e l’attuazione dei piani di lavoro e viene coinvolto in tutte le comunicazioni attinenti al programma pluriennale per la raccolta dati (DC-MAP), tra cui quelle riguardanti la presentazione di dati, la stesura di relazioni e le relative riunioni .

2.   Il corrispondente nazionale svolge inoltre i seguenti compiti:

2.   Il corrispondente nazionale svolge inoltre i seguenti compiti:

a)

coordina la preparazione della relazione annuale di cui all’articolo 10;

a)

coordina la preparazione della relazione annuale di cui all’articolo 10;

b)

garantisce la trasmissione delle informazioni all’interno dello Stato membro e

b)

garantisce la trasmissione delle informazioni all’interno dello Stato membro;

c)

provvede affinché gli esperti competenti assistano alle riunioni organizzate dalla Commissione e partecipino ai gruppi di coordinamento regionale di cui all’articolo 8.

c)

provvede affinché gli esperti competenti assistano alle riunioni organizzate dalla Commissione e partecipino ai gruppi di coordinamento regionale di cui all’articolo 8 , e

 

d)

consulta e informa, ove necessario , gli enti territoriali costieri che hanno una competenza giuridica o economica in materia di pesca e gli enti nei cui territori di competenza la pesca svolge un ruolo importante .

3.   Se più organismi di uno Stato membro partecipano all’attuazione del piano di lavoro, il corrispondente nazionale è responsabile del coordinamento dei lavori.

3.   Se più organismi di uno Stato membro partecipano all’attuazione del piano di lavoro, il corrispondente nazionale è responsabile del coordinamento dei lavori.

Motivazione

Dato che gli enti locali e regionali hanno una buona conoscenza delle attività di pesca e possono avere competenze giuridiche o economiche in materia di pesca, essi devono disporre delle informazioni necessarie sull’andamento di tale settore. Essi svolgono inoltre un ruolo molto importante nell’applicazione del regolamento (UE) n. 508/2014, che è lo strumento di attuazione della PCP.

Emendamento 6

Articolo 8

Coordinamento e cooperazione

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.   A norma dell’articolo 25 del regolamento (UE) n. 1380/2013, gli Stati membri coordinano le proprie attività con gli altri Stati membri e si prodigano per coordinare le proprie azioni con i paesi terzi che esercitano sovranità o giurisdizione su acque della stessa regione marina. A tale scopo gli Stati membri interessati istituiscono in ogni regione marina un gruppo di coordinamento regionale.

1.   A norma dell’articolo 25 del regolamento (UE) n. 1380/2013, gli Stati membri coordinano le proprie attività con gli altri Stati membri e si prodigano per coordinare le proprie azioni con i paesi terzi che esercitano sovranità o giurisdizione su acque della stessa regione marina secondo la definizione del Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM) o della FAO . A tale scopo gli Stati membri interessati istituiscono in ogni regione marina un gruppo di coordinamento regionale.

2.   I gruppi di coordinamento regionale sono composti da esperti degli Stati membri e della Commissione e dagli utilizzatori finali dei dati.

2.   I gruppi di coordinamento regionale sono composti da esperti degli Stati membri e della Commissione, dagli utilizzatori finali dei dati , nonché da rappresentanti degli enti territoriali costieri che hanno competenza giuridica o economica in materia di pesca e da rappresentanti degli enti locali o regionali nei cui territori la pesca svolge un ruolo importante .

3.   I gruppi di coordinamento regionale definiscono e concordano le norme procedurali applicabili alle loro attività.

3.   I gruppi di coordinamento regionale definiscono e concordano le norme procedurali applicabili alle loro attività.

4.   I gruppi di coordinamento regionale si coordinano tra loro e con la Commissione su questioni che interessano più regioni.

4.   I gruppi di coordinamento regionale si coordinano tra loro e con la Commissione su questioni che interessano più regioni secondo la definizione del CIEM o della FAO, comprese le acque europee situate geograficamente in zone del Comitato per la pesca nell’Atlantico centro-orientale (Copace) .

5.   I gruppi di coordinamento regionale possono elaborare raccomandazioni comuni nella forma di un progetto di piano di lavoro regionale riguardante le procedure, i metodi, la garanzia di qualità e il controllo della qualità per la raccolta e il trattamento dei dati di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettere a) e b), e all’articolo 5, paragrafo 4, nonché strategie di campionamento coordinate a livello regionale. In tale contesto i gruppi di coordinamento regionale tengono conto, se del caso, del parere dello CSTEP. Tali raccomandazioni sono presentate alla Commissione, la quale verifica se il progetto di raccomandazioni comuni è compatibile con le disposizioni del presente regolamento e con il programma pluriennale dell’Unione e, in caso affermativo, approva il piano di lavoro regionale mediante atti di esecuzione.

5.   I gruppi di coordinamento regionale possono elaborare raccomandazioni comuni nella forma di un progetto di piano di lavoro regionale riguardante le procedure, i metodi, la garanzia di qualità e il controllo della qualità per la raccolta e il trattamento dei dati di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettere a) e b), e all’articolo 5, paragrafo 4, nonché strategie di campionamento coordinate a livello regionale. In tale contesto i gruppi di coordinamento regionale tengono conto, se del caso, del parere dello CSTEP. Tali raccomandazioni sono presentate alla Commissione, la quale verifica se il progetto di raccomandazioni comuni è compatibile con le disposizioni del presente regolamento e con il programma pluriennale dell’Unione e, in caso affermativo, approva il piano di lavoro regionale mediante atti di esecuzione.

6.   Una volta approvati dalla Commissione, i piani di lavoro regionali sostituiscono le parti corrispondenti dei piani di lavoro elaborati da ciascuno Stato membro. Gli Stati membri aggiornano i loro piani di lavoro di conseguenza.

6.   Una volta approvati dalla Commissione, i piani di lavoro regionali sostituiscono le parti corrispondenti dei piani di lavoro elaborati da ciascuno Stato membro. Gli Stati membri aggiornano i loro piani di lavoro di conseguenza.

7.   La Commissione può adottare atti di esecuzione che stabiliscano le norme concernenti le procedure, il formato e le scadenze per la presentazione e l’approvazione dei piani di lavoro regionali di cui al paragrafo 5.

Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 24, paragrafo 2.

7.   La Commissione può adottare atti di esecuzione che stabiliscano le norme concernenti le procedure, il formato e le scadenze per la presentazione e l’approvazione dei piani di lavoro regionali di cui al paragrafo 5.

Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 24, paragrafo 2.

Motivazione

Dato che gli enti locali e regionali hanno una buona conoscenza delle attività di pesca e sono coinvolti, grazie alle loro competenze giuridiche o economiche, nella gestione di questo settore, essi devono disporre delle informazioni necessarie sull’andamento di tale settore. Essi svolgono inoltre un ruolo molto importante nell’applicazione del regolamento (CE) n. 508/2014, che è lo strumento finanziario di attuazione della PCP. Il riferimento al CIEM costituisce una precisazione del concetto di «regione marina».

Il CIEM ha definito le aree marine solo nell’Atlantico settentrionale e non ha coperto il Mediterraneo e il Mar Nero, mentre la suddivisione effettuata dalla FAO copre tutti gli oceani.

Emendamento 7

Articolo 16

Procedura per garantire la disponibilità di dati dettagliati e aggregati

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.   Gli Stati membri predispongono processi e tecnologie elettroniche adeguate per garantire l’effettiva applicazione dell’articolo 25 del regolamento (UE) n. 1380/2013 e si astengono dall’applicare inutili restrizioni alla più ampia diffusione possibile dei dati dettagliati e aggregati.

1.   Gli Stati membri predispongono processi e tecnologie elettroniche adeguate per garantire l’effettiva applicazione dell’articolo 25 del regolamento (UE) n. 1380/2013 e si astengono dall’applicare inutili restrizioni alla più ampia diffusione possibile dei dati dettagliati e aggregati.

2.   Gli Stati membri predispongono idonee garanzie nel caso in cui i dati comprendano informazioni relative a persone fisiche identificate o identificabili. Alla Commissione è conferito il potere di adottare, conformemente all’articolo 23, atti delegati che definiscano le garanzie da predisporre per il trattamento di tali informazioni.

2.   Gli Stati membri predispongono idonee garanzie nel caso in cui i dati comprendano informazioni relative a persone fisiche identificate o identificabili.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché i pertinenti dati dettagliati e aggregati siano aggiornati e messi a disposizione degli utilizzatori finali entro un mese dal ricevimento della richiesta. In caso di richieste presentate da altri soggetti interessati , gli Stati membri provvedono affinché i dati siano aggiornati e messi a disposizione dei richiedenti entro un termine di due mesi a decorrere dal ricevimento della richiesta.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché i pertinenti dati dettagliati e aggregati siano aggiornati e messi a disposizione degli utilizzatori finali entro un mese dal ricevimento della richiesta. In caso di richieste presentate da soggetti diversi dai principali utilizzatori finali, secondo la definizione del CSTEP, entro un mese dal ricevimento della richiesta, se quest’ultima viene presentata secondo un calendario annuale prestabilito. In caso di richieste presentate da utilizzatori finali al di fuori del calendario annuale o da soggetti diversi dai principali utilizzatori finali , gli Stati membri provvedono affinché i dati siano aggiornati e messi a disposizione dei richiedenti entro un termine di due mesi a decorrere dal ricevimento della richiesta.

4.   In caso di richiesta di dati dettagliati a fini di pubblicazione scientifica, per tutelare gli interessi professionali dei rilevatori di dati gli Stati membri possono esigere che i dati siano pubblicati soltanto tre anni dopo la data a cui si riferiscono. Gli Stati membri informano gli utilizzatori finali e la Commissione in merito a eventuali decisioni in questo senso e alle relative motivazioni.

4.   In caso di richiesta di dati dettagliati a fini di pubblicazione scientifica, per tutelare gli interessi professionali dei rilevatori di dati gli Stati membri possono esigere che i dati siano pubblicati soltanto tre anni dopo la data a cui si riferiscono. Gli Stati membri informano gli utilizzatori finali e la Commissione in merito a eventuali decisioni in questo senso e alle relative motivazioni.

Motivazione

Si vuole così assicurare la coerenza con la definizione di utilizzatori finali. La protezione dei dati personali è una questione fondamentale. È opportuno quindi che le disposizioni adottate e le garanzie fornite non siano esaminate soltanto dalla Commissione europea. Il CSTEP (Comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca) fornisce una definizione chiara degli utilizzatori finali.

Emendamento 8

Articolo 17

Sistemi compatibili di conservazione e scambio dei dati

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.   Al fine di ridurre i costi e agevolare l’accesso ai dati per gli utilizzatori finali e le altre parti interessate , gli Stati membri, la Commissione, gli organismi di consulenza scientifica e gli utilizzatori finali interessati cooperano per sviluppare sistemi compatibili di conservazione e scambio dei dati, tenendo conto delle disposizioni della direttiva 2007/2/CE. Tali sistemi agevolano altresì la diffusione delle informazioni ad altre parti interessate . I piani di lavoro regionali di cui all’articolo 8, paragrafo 6, possono fungere da base per un accordo su tali sistemi.

1.   Al fine di ridurre i costi e agevolare l’accesso ai dati per gli utilizzatori finali, gli Stati membri, la Commissione, gli organismi di consulenza scientifica e gli utilizzatori finali interessati cooperano per sviluppare sistemi compatibili di conservazione e scambio dei dati, tenendo conto delle disposizioni della direttiva 2007/2/CE. Tali sistemi agevolano altresì la diffusione delle informazioni a soggetti diversi dai principali utilizzatori finali, secondo la definizione del CSTEP. I piani di lavoro regionali di cui all’articolo 8, paragrafo 6, possono fungere da base per un accordo su tali sistemi.

2.   Opportune garanzie sono predisposte nel caso in cui i sistemi di conservazione e scambio dei dati di cui al paragrafo 1 comprendano informazioni relative a persone fisiche identificate o identificabili. Alla Commissione è conferito il potere di adottare, conformemente all’articolo 23, atti delegati che definiscano le garanzie da predisporre per il trattamento di tali informazioni.

2.   Opportune garanzie sono predisposte nel caso in cui i sistemi di conservazione e scambio dei dati di cui al paragrafo 1 comprendano informazioni relative a persone fisiche identificate o identificabili.

3.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti di esecuzione che stabiliscano le norme concernenti le procedure, i formati, i codici e il calendario da utilizzare per garantire la compatibilità dei sistemi di conservazione e scambio dei dati. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 24, paragrafo 2.

3.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti di esecuzione che stabiliscano le norme concernenti le procedure, i formati, i codici e il calendario da utilizzare per garantire la compatibilità dei sistemi di conservazione e scambio dei dati. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 24, paragrafo 2.

Motivazione

Si vuole così assicurare la coerenza con la definizione di utilizzatori finali.

La protezione dei dati personali è una questione fondamentale. È opportuno quindi che le disposizioni adottate e le garanzie fornite non siano esaminate soltanto dalla Commissione europea.

II.

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

1.

accoglie con favore la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro dell’Unione per la raccolta, la gestione e l’uso di dati nel settore della pesca e un sostegno alla consulenza scientifica relativa alla politica comune della pesca (PCP), e ritiene che si tratti di un fondamento importante per la creazione di una politica comune della pesca regionalizzata;

2.

ritiene che la raccolta dei dati sia essenziale per migliorare la conoscenza degli stock ittici e la gestione a lungo termine della pesca. Una raccolta dei dati migliore consentirebbe una valutazione più affidabile del rendimento massimo sostenibile e il conseguimento della sostenibilità a lungo termine, come stabilito nel regolamento (UE) n. 1380/2013 del Consiglio;

3.

ritiene che la proposta rappresenti uno strumento prezioso per realizzare una pesca sostenibile entro il 2020;

4.

osserva che il progressivo spostamento dell’attenzione verso gli effetti della pesca sull’ecosistema ha accentuato la necessità di tener conto di tale impatto, un principio formulato all’articolo 2 della nuova PCP come uno dei principali obiettivi [regolamento (UE) n. 1380/2013 del Consiglio];

5.

fa notare che la raccolta affidabile di dati sulle specie marine, commerciali o non commerciali, insieme ad altri dati ambientali pertinenti, porterà ad una valutazione più precisa della situazione degli stock e anche degli ecosistemi marini e delle loro dinamiche;

6.

si interroga sull’opportunità di ridurre la frequenza della raccolta dei dati, che può produrre effetti sul monitoraggio e sulla costituzione di serie, specialmente nel caso di dati in rapida evoluzione, e influenzare in modo sostanziale le misure di gestione;

7.

ritiene che la proposta costituisca un passo avanti fondamentale verso l’adozione dell’approccio basato sugli ecosistemi previsto dalla PCP riformata;

8.

suggerisce che il primo passo per valutare l’impatto delle attività di pesca sugli ecosistemi marini vulnerabili sarebbe quello di analizzare la sovrapposizione tra la distribuzione spaziale dello sforzo di pesca e l’ubicazione degli habitat marini vulnerabili. Una condizione necessaria è la disponibilità di mappe degli habitat: laddove esse non siano disponibili, si dovrebbero condurre degli studi specifici finanziati nel quadro delle misure di gestione diretta. In una seconda fase, si dovrebbe esaminare in dettaglio l’impatto dei diversi tipi di attrezzi da pesca sui diversi tipi di habitat;

9.

rileva il grande potenziale di aumento dell’interoperabilità con la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (MSFD);

10.

osserva che l’utilizzo di navi da ricerca come piattaforme comuni per gli obiettivi del DCF e della MSFD è il modo migliore per ridurre al minimo i costi operativi. Tuttavia, è opportuno prevedere una sufficiente disponibilità di risorse umane e attrezzature negli Stati membri per consentire lo svolgimento di nuove operazioni;

11.

condivide l’obiettivo di un migliore adeguamento tra i dati disponibili e le esigenze di gestione, pur mettendo in guardia sulle possibili conseguenze dell’analisi costi/benefici o costi/utilizzo proposta dalla Commissione. Per alcuni dati, le campagne di ricerca in mare non possono essere sostituite da metodi meno costosi;

12.

invita gli Stati membri a effettuare una valutazione dei loro sistemi di raccolta dati già esistenti al fine di garantire l’interoperabilità. Tali esercizi di valutazione dovrebbero riesaminare la conformità, i protocolli di trasmissione dei dati, la raccolta, l’elaborazione, la trasmissione e la valutazione della qualità. Un’efficiente raccolta di dati a livello regionale, come pure la creazione di basi di dati regionali, dovrebbero tradursi in una migliore integrazione dei dati raccolti nei piani di gestione;

13.

invita tutte le parti interessate ad adoperarsi, ove possibile, per garantire la libera disponibilità dei dati raccolti in un formato che possa essere utilizzato dagli utilizzatori interessati, compresi gli enti locali e regionali. È essenziale fornire maggiori informazioni alle singole regioni e tenere maggiormente conto delle loro esigenze;

14.

osserva che dati scientifici sulla pesca sono già ampiamente disponibili, ma raramente in un formato che possa essere facilmente utilizzato dagli enti locali e regionali a causa della mancanza di un’interfaccia appropriata e di competenze a livello locale;

15.

sottolinea l’importanza della raccolta di dati per l’analisi qualitativa e quantitativa dell’economia blu, tenendo conto della necessità di raccogliere dati per colmare le attuali lacune in termini di conoscenze;

16.

sottolinea l’importanza dei dati socioeconomici per la pesca e l’acquacoltura e avanza l’ipotesi secondo cui l’armonizzazione di questi dati potrebbe contribuire, a medio termine, a una più ampia armonizzazione e al rafforzamento delle normative sociali in questi settori;

17.

rileva, tuttavia, che i finanziamenti a titolo del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) devono essere utilizzati unicamente per la raccolta di dati nel quadro dei regolamenti PCP e FEAMP;

18.

invita a raccogliere dati ed elaborare pareri scientifici che soddisfino l’esigenza della PCP di ricevere finanziamenti all’altezza dei suoi ambiziosi obiettivi. Qualora i dati siano raccolti per scopi diversi dalla PCP, allora quei dati dovrebbero essere finanziati con risorse diverse dal FEAMP;

19.

sottolinea l’importanza di raccogliere dati socioeconomici per l’industria di trasformazione del pesce. L’origine del pesce trasformato è un parametro importante per comprendere la catena di valore nelle piccole comunità di pesca, e la disponibilità di tali informazioni potrebbe favorire notevolmente l’approccio politico nei confronti della pesca artigianale e costiera locale a livello nazionale ed europeo. La raccolta e un’attenta analisi dei dati socioeconomici, quali l’equilibrio di genere tra i lavoratori e i tipi di occupazione, potrebbero aprire nuove possibilità per la creazione di posti di lavoro e la crescita economica nelle zone costiere. Si valuta che, nel settore della pesca, per ogni euro investito nella raccolta di dati, nei controlli e nell’applicazione della legislazione, il potenziale ritorno sia di 10 EUR;

20.

ribadisce che la raccolta e la comunicazione delle informazioni sullo stato dei mari e degli oceani non dovrebbero comportare alcuno svantaggio né oneri amministrativi aggiuntivi per gli enti locali e regionali e gli operatori economici (1);

21.

accoglie con favore la scelta della Commissione europea di includere, nella sua proposta, anche i dati socioeconomici provenienti dall’acquacoltura. Il Comitato ritiene che l’economia blu presenti un grande potenziale per contribuire all’agenda europea per la crescita e l’occupazione, specialmente perché crea posti di lavoro preziosi in regioni strutturalmente deboli. Il miglioramento della raccolta dei dati avrà un impatto positivo anche sull’innovazione e sulla competitività, e contribuirà a ridurre l’incertezza collegata alle zone marittime (2);

22.

ritiene positivo il fatto che la proposta rispetti il principio di proporzionalità sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea;

23.

accoglie con favore i notevoli sforzi compiuti dalla Commissione europea per applicare i principi di una migliore regolamentazione e semplificazione alla proposta in esame;

24.

propone che il legislatore stabilisca una classificazione dei principali tipi di utilizzatori finali per assicurare la coerenza con le raccomandazioni del CSTEP:

Tipo 1: i principali utilizzatori finali per i quali il DCF è stato concepito, compresa la Commissione, organismi quali il CIEM e il CSTEP designati dalla Commissione per fornire pareri periodici che sostengano direttamente il processo decisionale della PCP, e altri organismi di gestione della pesca, ad esempio le ORGP e la CGPM che utilizzano dati DCF per attuare le loro politiche di gestione della pesca.

Tipo 2: altri organismi, quali consigli consultivi o subappaltatori ai quali la Commissione può chiedere consulenze o analisi basate su dati DCF.

Tipo 3: tutti gli altri organismi come gli enti locali e regionali per i quali la pesca svolge un ruolo importante, le ONG, le organizzazioni dei pescatori e le università, interessati ad utilizzare i dati DCF per i propri scopi;

25.

chiede che tra i dati da raccogliere nell’ambito della PCP figurino, oltre a quelli relativi agli stock ittici per una pesca e un’acquacoltura sostenibili, anche dati attendibili sulle specie predatrici che si cibano di pesci (quali la lontra, il cormorano e l’airone grigio) e altre specie rigorosamente protette (ad esempio, il castoro).

Bruxelles, 10 febbraio 2016.

Il presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  NAT-V/044.

(2)  NAT-V/044.