ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 423

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

58° anno
17 dicembre 2015


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

114a sessione plenaria del 12, 13 e 14 ottobre 2015

2015/C 423/01

Parere del Comitato europeo delle regioni — Iniziativa dei cittadini europei

1

2015/C 423/02

Parere del Comitato europeo delle regioni — Rafforzare la cooperazione transfrontaliera: necessità di un migliore quadro normativo?

7

2015/C 423/03

Parere del Comitato europeo delle regioni — La semplificazione della politica agricola comune (PAC)

13

2015/C 423/04

Parere del Comitato europeo delle regioni — Il futuro dell'acquacoltura europea

20

2015/C 423/05

Parere del Comitato europeo delle regioni — Mercato unico digitale

24

2015/C 423/06

Parere del Comitato europeo delle regioni — Revisione della direttiva sui servizi di media audiovisivi

30

2015/C 423/07

Parere del Comitato europeo delle regioni — Strumenti finanziari a sostegno dello sviluppo territoriale

35

2015/C 423/08

Parere del Comitato europeo delle regioni — Agenda dell’UE Legiferare meglio

41

2015/C 423/09

Parere del Comitato europeo delle regioni — Il progetto di bilancio dell’Unione europea per l’esercizio 2016

48

2015/C 423/10

Parere del Comitato europeo delle regioni — Verso un accordo globale sul clima a Parigi

53

2015/C 423/11

Parere del Comitato europeo delle regioni — Sviluppare il potenziale dell’energia oceanica

58

2015/C 423/12

Parere del Comitato europeo delle regioni — Pacchetto Unione dell’energia

64


 

III   Atti preparatori

 

COMITATO DELLE REGIONI

 

114a sessione plenaria del 12, 13 e 14 ottobre 2015

2015/C 423/13

Parere del Comitato europeo delle regioni — Il processo decisionale in tema di alimenti e mangimi geneticamente modificati

72

2015/C 423/14

Parere del Comitato europeo delle regioni — Pacchetto sulla trasparenza fiscale

76


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato delle regioni

114a sessione plenaria del 12, 13 e 14 ottobre 2015

17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/1


Parere del Comitato europeo delle regioni — Iniziativa dei cittadini europei

(2015/C 423/01)

Relatore:

Luc VAN DEN BRANDE (BE/PPE), presidente dell'Ufficio di collegamento Fiandre-Europa

Testo di riferimento:

Relazione sull'applicazione del regolamento (UE) n. 211/2011 riguardante l'iniziativa dei cittadini

COM(2015) 145 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

Iniziativa dei cittadini europei (ICE) e democrazia partecipativa europea

1.

ricorda che i cittadini sono al centro del progetto europeo. La democrazia partecipativa europea deve essere considerata come il diritto dei cittadini europei di partecipare alla politica europea e alla definizione del futuro dell'Europa. In virtù del Trattato (art. 10, par. 3) ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell'Unione;

2.

osserva che secondo l'articolo 11 del Trattato sull'Unione europea, è compito delle istituzioni dell'Unione informare i cittadini e le organizzazioni rappresentative e dare loro la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell'Unione. Lo stesso articolo contiene un mandato specifico per la Commissione europea di procedere a consultazioni delle parti interessate al fine di assicurare la coerenza e la trasparenza delle azioni dell'Unione;

3.

rileva che le disposizioni sull'iniziativa dei cittadini europei sono più specifiche di quanto stabilito all'articolo 11, paragrafi da 1 a 3. L'articolo 11, paragrafo 4 sull'ICE fa riferimento non alla «definizione di un'agenda» ma alla prospettiva di un «atto giuridico». Si dovrebbe riconoscere che l'ICE, analogamente ad altri strumenti di democrazia diretta a livelli differenti, dovrebbe altresì permettere ai cittadini di influenzare l'agenda relativa alle decisioni politiche dell'UE;

4.

ricorda che l'iniziativa dei cittadini europei è un diritto per i cittadini europei. Essa dovrebbe essere usata per dare risposta al deficit democratico europeo e per fornire uno strumento ai cittadini europei con l'obiettivo di colmare il divario che li separa dalla politica europea. In questa situazione di crisi prolungata sia in termini economici che di fiducia nell'UE, è essenziale usare tutte le opportunità per un dialogo aperto con i cittadini ed evitare che la loro disillusione nei confronti del Progetto d'integrazione europea diventi ancora più profonda. Questa è anche un'occasione per far rinascere e ricostruire ulteriormente la fiducia di quei giovani europei che potrebbero non credere più nell'idea di integrazione europea. Rafforzare la democrazia partecipativa è il solo modo per mantenere la prospettiva dell'avvenire dell'UE e per colmare il deficit democratico; constata che l'iniziativa dei cittadini europei è intesa a coinvolgere più direttamente i cittadini nell'agenda politica europea e quindi a offrire loro il diritto di iniziativa legislativa. Inoltre, l'iniziativa dei cittadini europei, in quanto strumento transnazionale, aspira a stimolare un dibattito su scala europea in merito alle questioni che interessano i cittadini europei;

5.

pone l'accento sul fatto che l'ICE deve essere valutata nell'ambito di un contesto realistico con un'ambizione chiara e mirata e con direttive strutturate sui passi attraverso i quali ciò si può realizzare: non si tratta di uno strumento che sostituisce il diritto di iniziativa della Commissione europea, che ha favorito lo sviluppo del processo di approfondimento dell'Unione e deve rimanere intatto; l'ICE completa la diversificazione delle dinamiche legislative e conferisce una dimensione transnazionale; si tratta di un canale supplementare per la reciproca comprensione, dal quale la Commissione stessa trae vantaggio; essa ha il potenziale per essere un ottimo esempio di «democrazia in azione»;

6.

fatta salva l'iniziativa europea dei cittadini, evidenzia l'importanza di promuovere a livello regionale e locale tutte quelle iniziative che favoriscano la trasparenza, la collaborazione e la partecipazione dei cittadini europei alle politiche pubbliche, nel quadro del principio di democrazia partecipativa. Inoltre il necessario coinvolgimento degli enti regionali e locali deriva dal fatto che l'ICE riguarda spesso ambiti politici in cui tali enti sono interamente o parzialmente competenti;

7.

è del parere che dovremmo rafforzare i nostri strumenti partecipativi giuridici e politici per giungere a una rinnovata architettura di governance sulla base del principio della governance multilivello. La governance multilivello è essenzialmente multi-canale e consente quindi una cittadinanza europea più «attiva». La sfida consiste nel prevedere un sistema innovativo di rappresentanza di interessi, in cui i cittadini si sentano rappresentati su una base di parità nelle loro diverse identità;

8.

sottolinea l'importanza, per la legittimità e la rendicontabilità dell'UE, di uno spazio pubblico europeo di dibattito tra cittadini e con i responsabili politici e istituzionali. Il deficit di democrazia può essere eliminato soltanto se viene posta in essere una sfera pubblica europea nella quale sia integrato il processo democratico;

9.

ribadisce che gli enti locali e regionali attribuiscono particolare importanza alla democrazia partecipativa, attraverso la quale le organizzazioni della società civile possono essere coinvolte nel processo decisionale europeo e sono in grado svolgere il proprio ruolo;

10.

è del parere che l'iniziativa dei cittadini europei dovrebbe essere considerata come uno degli strumenti per realizzare gli obiettivi della democrazia partecipativa, ma ritiene che non ci si dovrebbe attendere il coinvolgimento automatico dei cittadini nel processo decisionale europeo per opera dell'iniziativa;

11.

fa presente che l'iniziativa dei cittadini europei è l'espressione della democrazia partecipativa che integra la nozione di democrazia rappresentativa; essa potenzia il ventaglio di diritti connessi alla cittadinanza dell'Unione e il dibattito pubblico sulla politica europea e dovrebbe rafforzare nei cittadini il sentimento di appartenenza all'Unione e di identificazione con quest'ultima;

12.

ricorda l'esistenza di altri canali di democrazia partecipativa, come altre forme di dialogo civile e il coinvolgimento di rappresentanti della società civile, che non dovrebbero essere trascurati, dato che le iniziative dei cittadini europei si concentrano su una questione politica specifica e richiedono un grande sforzo coordinato e considerevoli risorse finanziarie;

13.

invita, in questo contesto, la Commissione europea a elaborare una relazione sulle modalità di applicazione delle disposizioni dell'articolo 11, paragrafi 1 e 2, del Trattato sull'Unione europea, e a chiarire pertanto in che modo essa mette in pratica la democrazia partecipativa;

14.

si chiede se (tenuto conto del numero limitato di iniziative riuscite) siano stati conseguiti gli obiettivi iniziali, così come definiti nel regolamento: ovvero attribuire ad ogni cittadino il diritto di partecipare alla democrazia europea; offrire ai cittadini l'opportunità di rivolgersi direttamente alla Commissione; introdurre procedure chiare, semplici e di facile applicazione;

15.

rileva che la Commissione ha fatto del suo meglio per amministrare l'ICE, ma che, d'altro canto, vi è un'urgente necessità di rivedere certi aspetti del suo approccio e di agire per individuare quelle misure che sono state eccessivamente legalistiche e restrittive e porvi rimedio.

La relazione della Commissione europea

16.

Prende atto della relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione del regolamento (UE) n. 211/2011 riguardante l'iniziativa dei cittadini, presentata conformemente all'articolo 22 di detto regolamento, in base al quale la Commissione trasmette una relazione ogni tre anni;

17.

rileva che la relazione riconosce alcuni problemi e carenze, ma è principalmente una relazione fattuale e tecnica, che fa il punto della situazione dopo tre anni di applicazione del regolamento. La relazione non è in grado di dare una risposta ai difetti che potrebbero condurre alla fine dell'iniziativa: «una rivoluzione democratica che non ha mai avuto luogo»;

18.

osserva che è diffusa l'impressione di una Commissione piuttosto prudente e restrittiva nell'approccio e nella valutazione e che si tratta di un aspetto che andrebbe monitorato e regolarmente sottoposto a esame critico al fine di migliorare le cose;

19.

afferma, sulla scorta della relazione della Commissione, che l'iniziativa dei cittadini europei ha grandi potenzialità: in tre anni sono state proposte alla Commissione 51 iniziative, incentrate su vari ambiti politici, come la politica sociale, l'ambiente, il benessere degli animali e l'istruzione;

20.

rileva, d'altra parte, che per 20 (39 %) di queste 51 iniziative la registrazione è stata respinta dalla Commissione e non è stato superato il test di ammissibilità, soprattutto perché tali iniziative «esulano manifestamente dalla competenza della Commissione di presentare una proposta di atto legislativo dell'Unione ai fini dell'applicazione dei Trattati». I sei organizzatori di ICE hanno deciso di impugnare tali rifiuti dinanzi alla Corte di Giustizia europea;

21.

prende atto che solo tre iniziative hanno finora raggiunto l'obiettivo di un milione di firme. Il modo in cui la Commissione darà seguito a tali iniziative di successo influenzerà in maniera determinante la decisione dei cittadini europei di continuare ad attribuire importanza all'iniziativa dei cittadini come modello partecipativo;

22.

esprime preoccupazione per il fatto che il numero di iniziative presentate è sistematicamente in diminuzione (23 nel 2012, 17 nel 2013 e 10 nel 2014) e che il numero dei rifiuti è in aumento (30 % nel 2012 e 50 % nel 2014); raccomanda pertanto che la Commissione europea semplifichi le relative condizioni;

23.

concorda con la Commissione sulla necessità di migliorare significativamente l'iniziativa dei cittadini europei e di trovare soluzioni per consentire un utilizzo più efficiente di tale strumento;

24.

invita la Commissione a adottare un approccio più politico verso l'ICE e ad accordare più spazio alla discussione, a essere più aperta, senza limitare la questione agli aspetti giuridici. La democrazia, soprattutto in un ambiente istituzionale multilivello, implica la partecipazione attiva e il controllo da parte dei cittadini, e comporta una responsabilità per le istituzioni di stimolare questa partecipazione.

Raccomandazioni per garantire il successo dell'iniziativa dei cittadini europei in futuro

a)   Osservazioni generali

25.

Osserva che sarebbe stato opportuno fare riferimento ai diritti e doveri dei cittadini e al principio di sussidiarietà per quanto riguarda i criteri di ammissibilità;

26.

ritiene che debba essere trovata una soluzione per l'attuale conflitto d'interesse della Commissione, che deve essere allo stesso tempo un organo chiave per la messa a disposizione di informazioni e una struttura di supporto per le ICE, che è il principale interlocutore per le ICE e funge anche da «giudice» per le decisioni riguardanti la registrazione e l'ammissibilità delle iniziative, stia gravemente nuocendo all'efficacia dell'ICE nel promuovere la partecipazione e la fiducia dei cittadini;

27.

sottolinea che questo conflitto di interesse per la Commissione deve incoraggiare le altre istituzioni (Consiglio, Parlamento, Comitato delle regioni, Comitato economico e sociale europeo) a svolgere il loro ruolo nel quadro della procedura ICE;

28.

suggerisce che sarebbe più opportuno nominare un «comitato di saggi» ad hoc imparziale, formato da esperti, studiosi e/o giuristi, e incaricato di verificare l'ammissibilità, evitando che la Commissione svolga il ruolo sia di giudice che di organo esaminatore;

29.

reputa che al Parlamento europeo spetti un ruolo centrale da svolgere nel rafforzare la trasparenza e la rendicontabilità delle procedure ICE e nel seguito politico, specificamente migliorando il grado di inclusione delle audizioni organizzate e esercitando una pressione politica, ove opportuno, sulla Commissione europea perché risponda in modo tempestivo e costruttivo alle ICE andate a buon fine;

30.

sottolinea che la Commissione deve rispettare i principi dello Stato di diritto europeo, secondo i quali occorre evitare qualsiasi valutazione arbitraria di ammissibilità. Si tratta inoltre di una questione di «buona governance» e non semplicemente di un problema di «legiferare meglio». La Commissione dovrebbe tenere conto del principio di «responsabilità» in conformità e nel rispetto dei Trattati;

31.

è a favore di una migliore valutazione ex ante al fine di evitare delusioni alla fine. Nella situazione attuale è prevista solo una valutazione ex post dopo la registrazione e dopo la raccolta delle firme;

32.

suggerisce di estendere a 18 mesi il periodo di raccolta delle dichiarazioni di sostegno;

33.

sostiene la richiesta comune delle parti interessate e degli organizzatori dell'ICE di consentire a questi ultimi di scegliere la data alla quale iniziare la raccolta delle firme, entro un limite di tempo chiaramente definito dopo la registrazione; suggerisce di accordare agli organizzatori di un'ICE un periodo aggiuntivo di due mesi tra la registrazione e l'inizio della raccolta di firme, per consentire loro di informare meglio i cittadini europei e organizzare la raccolta delle firme;

34.

sostiene la creazione di uno status giuridico per i comitati di cittadini, per limitare il rischio di responsabilità personale per i membri e facilitare le campagne;

35.

sottolinea che la Commissione non deve decidere arbitrariamente di respingere le ICE e, qualora decida di dar seguito a un'ICE che ha ottenuto il numero richiesto di dichiarazioni di sostegno, deve presentare una proposta legislativa entro un anno, come avviene con le iniziative parlamentari. In questo periodo di un anno, la Commissione potrebbe dare progressiva attuazione ai risultati dell'ICE, per giungere infine a una proposta legislativa. In caso contrario, l'ICE diventerebbe obsoleta;

36.

ritiene indispensabile una revisione del regolamento, in modo da superare gli ostacoli individuati. Una revisione non è certamente prematura dato che si tratta di un «esperimento» unico, i cui risultati sono difficili da prevedere. Occorrono interventi tempestivi e preventivi, per evitare di scoraggiare potenziali organizzatori di ICE;

37.

desidera continuare a collaborare con le istituzioni europee e con tutte le parti interessate, nel processo di valutazione del funzionamento del regolamento fino ad ora, e contribuire alla sua revisione, affinché questo strumento possa dispiegare appieno il proprio potenziale;

38.

suggerisce di studiare la possibilità di cambiare il regolamento sull'ICE in modo che diventi ammissibile proporre iniziative dei cittadini dirette a ottenere modifiche concrete dei Trattati UE a norma dell'articolo 48 del TUE;

39.

afferma che i problemi che non richiedono modifiche del regolamento ICE stesso dovrebbero essere affrontati il più rapidamente possibile. Procedure semplici e trasparenti saranno senz'altro determinanti per il futuro successo dell'iniziativa dei cittadini europei.

b)   Modifiche e miglioramenti dell'ICE da attuare tempestivamente

40.

Fa notare che le osservazioni in merito alle procedure attuali e alle proposte di miglioramento, formulate da varie parti interessate e organizzatori di iniziative dei cittadini, sono molto simili e che, pertanto, dovrebbe essere possibile apportare modifiche e miglioramenti senza ulteriori ritardi;

41.

richiama l'attenzione sulla scarsa consapevolezza del pubblico in materia di ICE. Un'indicazione di questa generale mancanza di familiarità è attestata da un recente sondaggio Eurobarometro (1) delle percezioni pubbliche dell'UE in sei Stati membri (Italia, Germania, Danimarca, Portogallo, Finlandia e Polonia), da cui emerge che l'unico paese che mostri una percentuale significativa di rispondenti cui la nozione di ICE non sia sconosciuta è la Germania. Sottolinea pertanto la necessità di un'azione congiunta da parte dell'UE e di altri livelli di governance per rendere i cittadini consapevoli del loro diritto di proporre e sostenere un'ICE. Per rendere i cittadini consapevoli di questo diritto, campagne d'informazione che coinvolgano gli enti regionali e locali e che abbiano tra i loro destinatari diretti i giovani dovrebbero essere promosse in tutti gli Stati membri dell'UE;

42.

sollecita sforzi di comunicazione più efficaci sull'ICE e sottolinea il ruolo della comunicazione decentrata in questo contesto. Gli enti regionali e locali possono svolgere un ruolo fondamentale nel mostrare l'importanza delle questioni politiche a livello UE ai cittadini e nello spiegare come l'ICE può essere uno strumento per influenzare la politica UE. Sostiene l'idea di usare gli uffici di rappresentanza della Commissione europea negli Stati membri per costruire reti d'informazione sull'ICE più robuste e incoraggia la Commissione a coinvolgere gli enti locali e regionali in tali reti. Se l'ICE fa grande affidamento sulle nuove tecnologie per la raccolta di firme entro i termini previsti, gli enti regionali e locali hanno un ruolo fondamentale da svolgere nel diffondere le informazioni e nel trasmettere i messaggi da e verso la popolazione;

43.

ribadisce la sua proposta di creare un punto d'informazione interistituzionale, il cui obiettivo sarebbe quello di aumentare la consapevolezza generale in materia di ICE in quanto strumento, promuoverne l'uso, dare un minimo di visibilità alle iniziative dei cittadini in corso e andate a buon fine, e rispondere ad alcune domande sull'ICE;

44.

è favorevole alla creazione di un centro di assistenza (helpdesk) sull'ICE, in grado di fornire assistenza tecnica e consigli su come organizzare e gestire una campagna per un'ICE, con il sostegno finanziario del bilancio UE. Tale centro di assistenza dovrebbe essere distinto dalle istituzioni dell'UE perché la neutralità è un elemento chiave del successo di questa iniziativa, e può contribuire a ispirare fiducia in quanti considerano l'idea di avviare un'iniziativa dei cittadini;

45.

ha la ferma intenzione di proseguire la cooperazione con il Comitato economico e sociale europeo nell'organizzazione, in maniera regolare, di una «Giornata ICE», che valuti i progressi realizzati nell'applicazione e nell'attuazione del regolamento, stimoli la discussione tra le istituzioni dell'UE e gli organizzatori delle ICE sulle sfide che devono affrontare questi ultimi, e incoraggi il dialogo tra cittadini e rappresentanti delle istituzioni sulle iniziative in corso di sviluppo;

46.

constata che, come l'esperienza insegna, l'assistenza durante la preparazione di un'ICE è forse tanto importante quanto l'ICE stessa. Il successo di un'ICE dipende naturalmente dal sostegno delle organizzazioni della società civile (personale, strumenti finanziari). La gestione di un'ICE da parte di singoli cittadini, senza alcun aiuto esterno, professionale e finanziario, è estremamente difficile;

47.

sottolinea che troppi requisiti e oneri possono ripercuotersi negativamente sugli obiettivi dell'UE di avvicinare i cittadini all'UE e sulla disponibilità dei cittadini a partecipare al processo decisionale dell'Unione europea; il diritto di iniziativa dei cittadini europei dovrà incoraggiare quante più persone possibile a partecipare attivamente alla politica dell'UE, e sfatare i pregiudizi degli scettici;

48.

chiede alla Commissione di sviluppare anche forme appropriate di risposta alle ICE che ricevono un sostegno significativo, ma non soddisfano tutti i criteri formali o non raggiungono effettivamente il milione di firme, in modo che il messaggio politico sostanziale di tali ICE e la mobilitazione che hanno creato non siano completamente ignorati;

49.

constata che i cittadini sono desiderosi di partecipare alle politiche pubbliche, ma sono pronti a farlo solo se la loro partecipazione risulta semplice e consente di fare la differenza. I cittadini vogliono conoscere l'esito delle iniziative che essi sostegno. Favorire un dialogo bidirezionale tra le istituzioni dell'UE e i sostenitori di un'ICE è fondamentale per il successo dell'ICE stessa;

50.

invita la Commissione a valutare la possibilità di fornire sostegno finanziario al costoso processo dello sviluppo organizzativo transnazionale (da parte del relativo comitato di cittadini) di iniziative dei cittadini europei che si inseriscano nel quadro di un settore politico di competenza della Commissione e che dimostrino di avere un massiccio appoggio popolare (per esempio raggiungendo una soglia prefissata entro una certa data, come elemento ulteriore rispetto al criterio del milione di firme richieste per formulare la proposta legislativa). Ciò aiuterebbe a mantenere la necessaria concentrazione sulle attività, basata su una prospettiva che ha come riferimento i cittadini, e assicurerebbe la trasparenza dei finanziamenti che supportano tali ambizioni;

51.

propone che nel caso in cui tali ICE possano rapportarsi a proposte con un impatto sulla governance locale e regionale, sulla dimensione territoriale o sulla sussidiarietà sufficientemente dimostrabile e positivo da conquistare il previo sostegno dell'Ufficio di presidenza del CdR, il CdR dovrebbe essere incaricato di vigilare sul funzionamento del summenzionato meccanismo di finanziamento nonché di fornire ulteriore assistenza attraverso l'impegno a promuovere le iniziative;

52.

sottolinea che i requisiti attuali, definiti su base nazionale, per la raccolta dei dati costituiscono gravi ostacoli alla raccolta delle firme e pertanto esorta caldamente gli Stati membri a adottare tutte le misure necessarie per semplificare i requisiti in materia di dati personali e per armonizzare quanto prima i requisiti in tutta l'UE;

53.

sollecita la Commissione europea a garantire la piena trasparenza del processo decisionale e in particolare invita la Commissione a spiegare in dettaglio le motivazioni del rifiuto di un'ICE se è ritenuta esulare «manifestamente dalla competenza della Commissione» e allo stesso tempo informare gli organizzatori delle pertinenti considerazioni, in modo che essi possano decidere se rivedere la loro ICE e ripresentarla modificata;

54.

invita la Commissione a chiarire le proprie scelte politiche al pubblico in maniera dettagliata e trasparente, nella sua risposta formale a un'ICE che ha ottenuto oltre un milione di firme. È necessario prevedere un attento seguito politico.

c)   Il contributo del Comitato delle regioni e degli enti locali e regionali

55.

Ribadisce la propria disponibilità ad assistere la Commissione nel valutare se le iniziative siano conformi al principio di sussidiarietà o in che modo esse contribuiscano alla coesione territoriale e alla cooperazione transfrontaliera;

56.

sottolinea che l'ICE mette a disposizione dei cittadini uno strumento volto a consentire loro di partecipare attivamente alla definizione delle politiche europee e che le istituzioni UE non dovrebbero pertanto agire da promotori di ICE. Riconosce tuttavia il proprio ruolo e la propria responsabilità e ricorda in questo contesto la decisione dell'Ufficio di presidenza (2) concernente il coinvolgimento del Comitato delle regioni nelle iniziative dei cittadini europei. Ribadisce il suo impegno a sostenere le ICE che rientrano nel mandato politico del CdR e che sono ritenute politicamente rilevanti, per esempio: sostenendo la Commissione europea nella sua analisi delle ICE proposte dal punto di vista della loro rilevanza locale/regionale e della sussidiarietà; ospitando eventi collegati all'ICE, appoggiando azioni di comunicazione decentrate sull'ICE, elaborando, ove opportuno, pareri d'iniziativa su temi materia di ICE, partecipando attivamente alle audizioni del PE e al seguito politico; sostenendo l'attuazione delle ICE andate a buon fine e eventualmente la legislazione adottata in risposta ad esse.

Bruxelles, 13 ottobre 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  Eurobarometro, settembre 2014.

(2)  144a riunione dell'Ufficio di presidenza del Comitato delle regioni, 10 aprile 2013, punto 8 — CDR 1335-2013_11_00_TRA_NB-item 8.


17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/7


Parere del Comitato europeo delle regioni — Rafforzare la cooperazione transfrontaliera: necessità di un migliore quadro normativo?

(2015/C 423/02)

Relatore generale:

Nikola DOBROSLAVIĆ (HR/PPE), prefetto della provincia Raguseo-Narentana

I.   OSSERVAZIONI GENERALI

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

si rallegra della decisione della presidenza lussemburghese di inserire tra le priorità della presidenza dell'UE il rafforzamento della cooperazione transfrontaliera, nonché per l'impegno della stessa presidenza a rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale europea eliminando gli ostacoli alla cooperazione transfrontaliera e, di conseguenza, a liberare il potenziale delle zone transfrontaliere; considerare la cooperazione transfrontaliera una delle priorità assume un'importanza ancora maggiore in un contesto come quello attuale, in cui la libera circolazione transfrontaliera viene rimessa in discussione quando invece si tratta di una delle principali conquiste dell'integrazione europea;

2.

accoglie con favore anche l'invito a migliorare il quadro giuridico applicabile alla cooperazione transfrontaliera, sia promuovendo l'applicazione di disposizioni legislative specifiche già esistenti su vari aspetti di tale cooperazione, sia migliorando e/o a completando l'attuale quadro giuridico, onde facilitare l'adozione di disposizioni settoriali o riguardanti delle aree specifiche;

3.

fa rilevare l'importanza che la cooperazione transfrontaliera può rivestire per lo sviluppo regionale, urbano e rurale, e sottolinea che la cooperazione tra gli enti locali e regionali europei permette loro di svolgere i propri compiti in modo più efficace e, in particolare, contribuisce al progresso e allo sviluppo delle regioni frontaliere;

4.

evidenzia che proprio le regioni frontaliere costituiscono i laboratori del processo di integrazione europea, vale a dire i territori in cui le realizzazioni del mercato unico e di altre politiche europee dovrebbero essere più visibili. Le regioni frontaliere rappresentano, quasi per definizione, dei crocevia resi unici dalla loro varietà, nei quali si esprimono con più forza la diversità delle prospettive e le sinergie culturali e linguistiche;

5.

sottolinea che, negli ultimi venticinque anni, a livello UE sono stati compiuti grandi progressi in materia di cooperazione transfrontaliera, grazie al programma Interreg, alle sue componenti IPA e ENI e ad altri segmenti della cooperazione territoriale europea, ma anche che i risultati raggiunti non sono ancora soddisfacenti in termini di sfruttamento di tutte le potenzialità di tale cooperazione. Occorre pertanto prestare maggiore attenzione all'ulteriore rafforzamento della cooperazione transfrontaliera e al suo rapporto con altri strumenti esistenti (politica di coesione, Orizzonte 2020, aiuti di Stato ecc.), affinché le regioni di confine svantaggiate ricevano un trattamento speciale;

6.

alla luce degli sforzi compiuti finora per rafforzare la cooperazione transfrontaliera, accoglie con favore il ruolo delle varie forme di cooperazione regionale, a livello sia di aree funzionali che di macroregioni (strategie per il Baltico, il Danubio, la regione adriatico-ionica e la regione alpina) o di enti territoriali;

7.

sottolinea l'importanza degli strumenti giuridici adottati per rafforzare la cooperazione transfrontaliera, e in particolare la convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali del Consiglio d'Europa (1), con la quale gli Stati si sono impegnati ad agevolare e incoraggiare la cooperazione transfrontaliera tra le collettività o autorità territoriali sotto la loro giurisdizione e quelle sotto la giurisdizione di altre parti contraenti, nonché i regolamenti dell'UE relativi al gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) (2) e il gruppo europeo di interesse economico (GEIE), in quanto strumenti di qualità per garantire che vi siano gli strumenti giuridici necessari allo sviluppo della cooperazione transfrontaliera;

8.

ricorda il ruolo del GECT nel sostenere e promuovere la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale tra gli Stati membri e/o gli enti regionali e locali;

9.

sottolinea il vantaggio offerto dalla flessibilità della composizione del GECT, considerato il fatto che il GECT è una piattaforma di gestione multilivello che consente ad amministrazioni di diversi livelli e con diverse responsabilità di effettuare azioni comuni, adeguandosi alle esigenze dei singoli territori;

II.   OSTACOLI AL RAFFORZAMENTO DELLA COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA

10.

osserva che numerosi ostacoli si frappongono allo sviluppo della cooperazione transfrontaliera, ostacoli che incidono sullo sviluppo economico delle aree di frontiera e sul raggiungimento degli obiettivi della coesione economica, sociale e territoriale europea; rileva inoltre che gli ostacoli alla cooperazione transfrontaliera sono imprevedibili, e che sono spesso il risultato di azioni degli Stati membri e delle parti interessate regionali e locali;

11.

osserva che, in occasione di un seminario e di un'indagine condotta dalla presidenza lussemburghese, sono stati individuati importanti ostacoli all'ulteriore rafforzamento della cooperazione transfrontaliera, come ad esempio l'impossibilità di attuare i progetti transfrontalieri a causa delle differenze nei quadri giuridici (in materia di trasporti, sanità, ambiente, protezione civile ecc.), l'asimmetria istituzionale tra gli Stati membri (diversi livelli di organizzazione territoriale), la mancanza di certezza giuridica per le strutture transfrontaliere e i servizi congiunti, le differenze di sviluppo economico lungo la frontiera dovute alle diverse normative nazionali in materia di diritto del lavoro, fiscalità e sicurezza sociale;

12.

rileva, inoltre, la non corrispondenza dei sistemi sanitari nazionali nelle zone di frontiera, anche per quanto concerne le disposizioni riguardanti le situazioni di emergenza sanitaria, le questioni relative alla competenza degli operatori sanitari che lavorano in zone soggette a giurisdizioni diverse, il problema dell'asimmetria tra i prestatori di assistenza sanitaria e le autorità di entrambi i lati della frontiera, la necessità di un'autorizzazione preventiva per il rimborso delle spese e simili, che impediscono alla popolazione locale di ricorrere a servizi sanitari più rapidi e più vicini;

13.

ritiene inoltre che gli ostacoli alla cooperazione transfrontaliera che la presidenza lussemburghese ha individuato grazie alla suddetta indagine rappresentino solo esempi indicativi, e che l'esame di tutti gli ostacoli debba essere effettuato in maniera più sistematica e globale;

14.

accoglie con favore l'intenzione della Commissione europea di effettuare un'analisi degli ostacoli, delle soluzioni e delle buone prassi nella cooperazione transfrontaliera entro la fine del 2016, e chiede alla Commissione europea di coinvolgerlo attivamente nell'elaborazione di tale analisi nonché di valutare insieme i risultati ottenuti;

15.

ricorda che, per l'elaborazione di analisi di qualità degli ostacoli alla cooperazione transfrontaliera e la ricerca di soluzioni adeguate per eliminarli, è necessaria una definizione esatta di zona di frontiera, nonché l'esistenza di dati pertinenti in materia di cooperazione transfrontaliera; e, in questo contesto, deplora la mancanza di dati statistici provenienti dalle singole zone transfrontaliere in merito alla cooperazione transfrontaliera, nonché le differenze nei metodi di monitoraggio statistico all'interno dei singoli Stati membri;

16.

invita la Commissione a tenere conto delle analisi degli ostacoli transfrontalieri già effettuate per conto delle regioni di confine e/o nel quadro di programmi transfrontalieri;

III.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

17.

sottolinea l'importanza di promuovere e facilitare la cooperazione transfrontaliera al fine di raggiungere uno sviluppo equilibrato di tutte le regioni sul territorio dell'Unione europea nel suo insieme e di ridurre le differenze tra i livelli di sviluppo delle varie regioni, in conformità dell'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Inoltre osserva che alcune regioni frontaliere, per quanto riguarda la creazione del proprio sviluppo economico, si trovano in una posizione di particolare svantaggio specialmente quando presentano forti differenze nel livello di sviluppo economico rispetto ad altre regioni frontaliere che invece traggono vantaggio dalla loro ubicazione; lo stesso vale per talune zone frontaliere confinanti con paesi terzi o per le regioni europee ultraperiferiche. Proprio alla luce di questa situazione sfavorevole che interessa determinate regioni, esorta a un maggiore rispetto delle disposizioni dell'articolo 174 del TFUE riguardanti la coesione territoriale;

18.

sottolinea l'importanza fondamentale di un impegno costante inteso a eliminare gli ostacoli alla cooperazione transfrontaliera, impegno che costituisce una sfida permanente, accanto all'approfondimento del processo di integrazione europea. Accoglie quindi con favore le iniziative di carattere normativo e propone altresì che l'importanza della cooperazione transfrontaliera trovi adeguato riscontro nella dotazione finanziaria destinata al suo ulteriore sviluppo;

Il quadro giuridico esistente e la nuova proposta della presidenza lussemburghese dell'UE

19.

sottolinea che, nella ricerca di soluzioni per eliminare gli ostacoli individuati in materia di cooperazione transfrontaliera, e tenendo presente i risultati del programma d'azione della Commissione europea per la riduzione degli oneri amministrativi nell'UE (REFIT) (3), si dovrebbero prendere come punto di partenza le norme esistenti in materia di cooperazione transfrontaliera, al fine di garantirne la piena attuazione nella pratica;

20.

ricorda che, in virtù dell'articolo 4 della Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali del Consiglio d'Europa, gli Stati contraenti si sono già impegnati ad adoperarsi per risolvere le difficoltà di ordine giuridico, amministrativo o tecnico che siano di natura tale da ostacolare lo sviluppo e il buon funzionamento della cooperazione transfrontaliera, nonché a consultarsi con altri paesi per superare gli ostacoli;

21.

plaude alla recentissima iniziativa della presidenza lussemburghese di presentare una prima proposta di un nuovo strumento giuridico che consenta agli Stati membri partecipanti ad un progetto transfrontaliero specifico di concordare un quadro giuridico composto da legislazioni vigenti in tali Stati membri e applicabile esclusivamente al progetto transfrontaliero specifico in questione, contribuendo così alla coesione nelle zone transfrontaliere. Sebbene questo strumento serva ad azioni che non comportano necessariamente un finanziamento da parte dell'UE, esso apporta un contributo prezioso all'imminente dibattito sul futuro della cooperazione transfrontaliera e sugli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale dell'UE nel suo insieme;

22.

osserva che uno strumento per una migliore cooperazione transfrontaliera a livello dell'Unione europea esiste già nel regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT), modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. 1302/2013, inteso ad attuare i progetti di cooperazione territoriale transfrontaliera e la loro gestione nell'ambito delle diverse norme e procedure giuridiche nazionali; fa notare la diversa natura dei due strumenti: mentre il regime giuridico del GECT si applica solo ai membri di quest'ultimo, la proposta lussemburghese creerebbe un regime giuridico applicabile a uno specifico progetto transfrontaliero entro un'area geografica ben delimitata;

23.

approva tutte le semplificazioni — inserite in parte su proposta del CdR — contenute nel regolamento sul GECT modificato, i cui effetti hanno iniziato a decorrere dal 22 giugno 2014, ma deplora la relativa lentezza con cui tale regolamento sul GECT modificato è stato attuato in alcuni Stati membri, e invita quindi gli Stati membri a raddoppiare gli sforzi in tal senso e ad agevolare l'attuazione di GECT sul loro territorio, considerato che il suddetto regolamento consente una maggiore flessibilità nella costituzione e registrazione di un GECT e una migliore definizione dei compiti di tale organo; ritiene tuttavia che il periodo trascorso dall'entrata in vigore del regolamento sul GECT modificato non sia ancora sufficientemente lungo per poterne misurare appieno la portata e apprezzare gli effetti della sua applicazione nella pratica;

24.

ritiene che, alla luce dell'esistenza del regolamento sul GECT e di tutte le potenzialità che offre per rafforzare la cooperazione transfrontaliera una volta trasposto nei sistemi legislativi di tutti gli Stati membri, si dovrebbe tenere conto del principio di proporzionalità nel valutare l'introduzione di strumenti giuridici supplementari; ritiene altresì che vi siano casi in cui uno strumento giuridico diverso dal GECT sarebbe utile per affrontare determinati ostacoli concreti alla realizzazione di un progetto specifico di cooperazione transfrontaliera;

25.

accoglie con favore l'approccio della proposta inteso a sviluppare ulteriormente, sul piano qualitativo, la gamma di strumenti per la cooperazione transfrontaliera fornendo uno strumento di carattere generale che non crea una nuova entità dotata di personalità giuridica, nonché portando avanti l'obiettivo di utilizzare norme predefinite per attuare iniziative comuni in due o più Stati membri, il che potrebbe essere considerato come una conferma del successo del concetto di GECT;

26.

sottolinea che, in questa fase, la proposta di un nuovo strumento solleva una serie di interrogativi che andranno adeguatamente esaminati nel corso del futuro dibattito:

l'introduzione di un regime speciale di deroghe al diritto applicabile intesa ad agevolare la cooperazione transfrontaliera potrebbe influire sul mercato unico ed esulare dall'ambito di applicazione dell'articolo 175, paragrafo 3, del TFUE: pertanto, la base giuridica di questo strumento giuridico necessita di un'analisi approfondita,

il CdR chiede che le aree di intervento cui il nuovo regolamento dovrebbe essere applicabile siano definite più chiaramente, rispettando la distinzione tra competenze dell'Unione, competenze degli Stati membri e competenze concorrenti. A questo proposito, non sembra essere sufficiente un riferimento alle disposizioni in materia di coesione economica, sociale e territoriale (articoli da 174 a 178 del TFUE),

lo strumento giuridico proposto potrebbe sollevare questioni di costituzionalità, poiché invita gli Stati membri ad applicare leggi di altri Stati membri nel loro territorio. Tale regime di eccezioni e deroghe sarebbe limitato alle regioni frontaliere e deve essere sottoposto ad un esame più approfondito; pertanto, un'analisi giuridica approfondita del nuovo regolamento dovrebbe essere intrapresa una volta che l'analisi delle lacune effettuata dalla CE abbia confermato la necessità di tale nuovo strumento giuridico;

27.

rileva che, benché la missione e i compiti stabiliti dall'accordo sul GECT siano limitati a quest'ultimo e ai suoi membri e tale organismo non possa adottare e attuare normative né garantirne l'applicazione, e dunque neanche fungere da base per tali attività a livello transfrontaliero, un GECT può comunque gestire infrastrutture pubbliche, fornire servizi pubblici, garantire la prestazione di servizi di interesse economico generale, attuare e gestire fondi pubblici per conseguire obiettivi di interesse pubblico: tutte attività, queste, che sono in linea con i principi fondamentali dei Trattati e gli interessi generali degli Stati membri; e, a tale riguardo, ritiene che l'attuale regolamento sul GECT rappresenti un quadro giuridico adeguato per le attività di questo tipo, sebbene si possano esplorare delle formule supplementari che facilitino la cooperazione transfrontaliera generale su un determinato territorio;

Necessità di sensibilizzare e informare le parti interessate circa le possibilità di sviluppo della cooperazione transfrontaliera offerte dal quadro giuridico vigente, e in particolare dal regolamento sul GECT

28.

sottolinea, dato che i principali problemi relativi all'uso del GECT in quanto strumento di cooperazione transfrontaliera sono l'insufficiente livello di consapevolezza e di informazione, la mancanza di fiducia e l'assenza della volontà politica per crearla, che il rafforzamento di tale cooperazione richiede un'opera di sensibilizzazione e informazione sulle possibilità di sviluppare la cooperazione stessa offerte dal quadro giuridico vigente, e in particolare del regolamento sul GECT;

29.

invita la Commissione europea e gli Stati membri, in collaborazione con il Comitato delle regioni, a impegnarsi maggiormente per illustrare e presentare il GECT come lo strumento che consente di rispondere meglio alle esigenze a livello locale nelle zone transfrontaliere;

Maggiore semplicità del quadro giuridico e delle procedure

30.

invoca quadri normativi improntati alla massima semplicità, in modo che ogni nuova disposizione, o modifica e aggiunta alle disposizioni vigenti, semplifichi ulteriormente le procedure di attuazione dei progetti transfrontalieri, indipendentemente dal fatto che i progetti siano finanziati dal bilancio dell'UE oppure no; in tale contesto, reputa che la proposta della presidenza lussemburghese rappresenti un utile contributo al futuro dibattito sul pacchetto legislativo per il prossimo periodo di programmazione;

31.

accoglie con favore il ruolo guida che la proposta della presidenza lussemburghese conferisce agli enti regionali e locali alla luce dei principi di sussidiarietà e di democrazia locale, in base al quale le regioni e le città di frontiera prenderebbero l'iniziativa di adottare tali convenzioni transfrontaliere europee, individuando le disposizioni giuridiche da adeguare, elaborando i progetti di convenzione e trasmettendoli alle autorità competenti dello Stato membro per l'approvazione definitiva;

32.

propone una procedura semplificata di autorizzazione per la costituzione di un GECT laddove esista già una struttura stabilita in precedenza, come le euroregioni o le comunità di lavoro, ai sensi della Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali del Consiglio d'Europa del 1980 e i successivi protocolli e contratti bilaterali;

33.

mette in guardia, per quanto concerne l'idea di adottare un nuovo strumento giuridico per rafforzare la cooperazione nelle aree di confine, sul fatto che il TUE prevede il rispetto delle funzioni essenziali degli Stati membri, compresa la salvaguardia dell'integrità territoriale dello Stato (articolo 4);

Adeguamento delle modalità di utilizzo delle risorse provenienti dai fondi dell'UE

34.

prende atto delle diverse procedure di attuazione, e controllo dell'attuazione, dei progetti di cooperazione transfrontaliera cui partecipano più partner di Stati diversi — membri e non membri dell'UE — e della difficile attuazione dei programmi e progetti a causa di singoli partner degli stessi; in tale contesto, insiste sulla necessità di un'ulteriore semplificazione delle procedure di programmazione e gestione dei programmi e progetti transfrontalieri finanziati dall'UE, in particolare per la realizzazione di progetti transfrontalieri di piccole dimensioni, semplici e una tantum, da applicare in modo uniforme a tutti i partner del progetto, e auspica che si trovino modalità operative più semplici e rapide nelle soluzioni amministrative e giuridiche di attuazione dei progetti;

35.

invita gli Stati membri ad agevolare la partecipazione dei soggetti privati al fine di promuovere le iniziative per la crescita, la creazione di posti di lavoro sostenibili e un'integrazione lungimirante ed efficace dei risultati dei progetti;

36.

esorta gli Stati membri a integrare nei loro futuri programmi operativi dei GECT esistenti e potenziali;

37.

prende atto della lentezza dei processi di elaborazione e adozione dei programmi di cooperazione territoriale per l'esercizio finanziario 2014-2020, il che influisce sulla riuscita della successiva attuazione di programmi e progetti, e invita la Commissione europea a intensificare l'impegno e l'assistenza ai paesi che partecipano ai programmi nell'elaborazione e nell'adozione dei programmi di cooperazione territoriale;

38.

invita l'UE a prestare particolare attenzione nell'utilizzo dei fondi UE destinati alle zone transfrontaliere contigue a paesi terzi e a regioni europee ultraperiferiche, al fine di migliorare la realizzazione dei progetti transfrontalieri finanziati con fondi UE;

39.

invita la Commissione a effettuare un'ulteriore semplificazione delle procedure onde agevolare l'esecuzione dei progetti transfrontalieri e ad avviare un processo di adeguamento dei fondi erogati a livello nazionale prendendo in considerazione la possibilità di collegare automaticamente i fondi dell'UE con i progetti transfrontalieri;

40.

sulla scorta dei risultati dell'analisi degli ostacoli, delle soluzioni e delle buone prassi nella cooperazione transfrontaliera, invita la Commissione europea ad elaborare, in cooperazione con il Comitato delle regioni, una strategia a lungo termine volta a promuovere la cooperazione transfrontaliera e un piano d'azione che l'accompagni, che potrebbero coinvolgere più future presidenze dell'Unione europea e garantire in tal modo la sostenibilità e la continuazione dei lavori anche dopo la fine della presidenza lussemburghese;

41.

propone che le discussioni sul nuovo regolamento rientrino nell'ampio dibattito sul futuro della politica di coesione. L'auspicata attuazione piena ed efficace del regolamento sul GECT negli Stati membri potrebbe costituire un obiettivo di medio termine accanto alla sensibilizzazione in merito alla sua applicazione e/o alle eventuali modifiche derivanti dalle sue carenze; il Comitato invita la Commissione a considerare la proposta lussemburghese e a elaborarla ulteriormente alla luce dei risultati dell'analisi della cooperazione transfrontaliera che la stessa Commissione sta conducendo;

42.

infine, pone l'accento sull'importanza di rispettare il principio di sussidiarietà e sull'esigenza di fiducia, buona fede e collaborazione reciproche tra il livello centrale e gli enti regionali e locali, tutti elementi necessari per realizzare una cooperazione transfrontaliera autentica e pienamente funzionante.

Bruxelles, 13 ottobre 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali, Madrid 1980, Serie dei trattati europei n. 106. Cfr. anche M. Perkmann (2003), «Cross-Border Regions in Europe: Significance and Drivers of Regional Cross-Border Cooperation» (Regioni transfrontaliere in Europa: importanza e motori della cooperazione transfrontaliera regionale). European Urban and Regional Studies, vol. 10, n. 2, pagg. 153-171.

(2)  Regolamento (CE) n. 1082/2006, basato sull'articolo 175 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), e regolamento (UE) n. 1302/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, che modifica il regolamento (CE) n. 1082/2006 relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) per quanto concerne il chiarimento, la semplificazione e il miglioramento delle norme in tema di costituzione e di funzionamento di tali gruppi.

(3)  Programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell'UE — relazione finale, http://ec.europa.eu/smart-regulation/refit/admin_burden/docs/com2012_746_swd_ap_en.pdf. Per maggiori informazioni su REFIT si veda http://ec.europa.eu/smart-regulation/refit/index_en.htm


17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/13


Parere del Comitato europeo delle regioni — La semplificazione della politica agricola comune (PAC)

(2015/C 423/03)

Relatore:

Anthony Gerard BUCHANAN (UK/AE), membro del consiglio dell’East Renfrewshire

I.   CONTESTO

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

accoglie con favore l’invito del commissario europeo all’Agricoltura e allo sviluppo rurale a partecipare ai lavori volti a semplificare il quadro di riferimento della politica agricola comune (PAC) — un’opera di semplificazione che il commissario stesso ha indicato quale sua massima priorità per il 2015;

2.

conviene che il raggiungimento del suddetto obiettivo di semplificazione permetterebbe di aumentare la competitività nel settore agricolo, oltre a consentire una riduzione di tempi e costi per tutti gli operatori della PAC, compresi gli agricoltori, gli altri operatori economici e le autorità pubbliche;

3.

ritiene che il valore aggiunto del contributo del CdR risieda nell’attenzione prestata agli aspetti territoriali della PAC e nella promozione della sussidiarietà e della governance multilivello, in quanto una parte significativa dell’attuazione della PAC viene gestita attraverso gli enti locali e regionali;

4.

intende non solo formulare proposte per il breve termine che possano migliorare l’attuale regime, garantendo nel contempo la realizzazione degli obiettivi della PAC e la certezza del diritto per i beneficiari, ma anche stabilire, con il presente parere, un punto di partenza per avviare le discussioni in seno al Comitato stesso sul futuro della PAC dopo il 2020;

5.

appoggia il proseguimento della liberalizzazione e semplificazione della PAC e il totale abbandono delle politiche fallimentari del passato, che separavano gli agricoltori dal mercato, ma ribadisce che questo non dovrebbe andare a scapito della sicurezza alimentare o compromettere la capacità degli agricoltori di ricavare un reddito equo dai prodotti che essi forniscono al mercato stesso.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

Sussidiarietà e politica comune dell’UE

6.

ricorda che una delle caratteristiche distintive della nuova PAC consiste in un decentramento molto più pronunciato, con numerose disposizioni lasciate alla discrezionalità degli Stati membri e — in molti casi — degli enti regionali: materie come le decisioni sul volume dei trasferimenti tra il primo pilastro (pagamenti diretti) e il secondo (sviluppo rurale), la definizione di agricoltore in attività, i requisiti minimi per i pagamenti diretti, il sostegno accoppiato facoltativo, il livellamento dei pagamenti diretti e la regionalizzazione rientrano ormai tra quelle in cui gli Stati membri e le regioni hanno potere decisionale;

7.

rileva che gli Stati membri hanno chiesto deroghe ed esenzioni che hanno contribuito in misura significativa a generare gli attuali timori circa la crescente complessità della PAC;

8.

ricorda che, nel proprio parere CdR 65/2012, raccomandava già un’applicazione più estesa del principio di sussidiarietà nell’ambito della riforma, in modo da garantire una flessibilità maggiore agli Stati membri e alle regioni. Tuttavia, occorre evitare che il rafforzamento della sussidiarietà, della governance multilivello e della coesione territoriale finisca per produrre uno scenario in cui la PAC risulti eccessivamente frammentata e non sia in grado di funzionare come una politica comune dell’UE.

Criteri di semplificazione principali

9.

ritiene che un banco di prova fondamentale per un’ulteriore semplificazione della PAC consista nell’attribuire maggiori competenze agli Stati membri, alle regioni e agli enti locali affinché dispongano di una maggiore flessibilità in materia di attuazione e controlli, nella misura in cui ciò non alteri le condizioni uniformi a livello europeo e comprometta la certezza dei controlli, che la politica agricola comune — in quanto politica dell’UE che punta a realizzare obiettivi europei — deve assicurare;

10.

avverte che adesso la semplificazione della PAC non può essere attuata con modalità che portino allo smantellamento dell’ampio ventaglio di beni pubblici, in particolare ambientali, che la PAC è intesa a garantire;

11.

ribadisce che qualsiasi semplificazione delle norme della PAC deve assicurare una produzione alimentare competitiva e, nel contempo, garantire che gli agricoltori possano trarre dal mercato un ricavato equo e che gli stessi e le comunità locali siano incentivati a fornire beni pubblici quali la tutela dell’ambiente, l’inclusione sociale e i servizi rurali; e tutto ciò- in modo da attribuire alle comunità le competenze che forniscano loro i mezzi per diversificare l’attività economica e ridurre così l’esodo rurale;

12.

insiste sulla necessità di una maggiore coerenza e complementarità tra la PAC e altre politiche dell’UE, come ad esempio la politica ambientale (e i relativi fondi). Una maggiore coerenza è necessaria soprattutto tra il secondo pilastro (sviluppo rurale) e gli altri fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE), che assieme attuano un quadro strategico comune basato sugli obiettivi generali della strategia Europa 2020;

13.

ritiene che il potere contrattuale degli agricoltori rispetto ad altri operatori economici della filiera alimentare (principalmente i fornitori di fattori di produzione, i commercianti al dettaglio e l’industria della trasformazione dei prodotti agricoli) debba essere rafforzato, e che la trasparenza di mercato vada migliorata, in modo che i produttori primari ricevano una percentuale più equa del prezzo di mercato. Si deve assicurare una concorrenza leale, e il Comitato invita la Commissione a indagare su tutti i casi di possibile abuso del potere contrattuale dell’acquirente lungo la filiera agroalimentare;

14.

ritiene essenziale garantire ai beneficiari la certezza e la prevedibilità del diritto nel quadro dell’attuale revisione della normativa della PAC, che comprende più di 200 atti legislativi, compresi quelli relativi alle aree di interesse ecologico (EFA), al regime di pagamento di base per gli agricoltori e alle organizzazioni comuni di mercato (OCM) oppure alle regole sulle indicazioni geografiche;

15.

reputa che la semplificazione della PAC apporti il valore aggiunto maggiore nella riduzione mirata degli oneri amministrativi che gravano su agricoltori e beneficiari (ad esempio le comunità rurali), migliori la chiarezza del quadro giuridico, garantisca una maggiore coerenza tra i due pilastri della PAC e, al tempo stesso, assicuri la sana gestione delle finanze di tale politica;

16.

raccomanda un’impostazione più efficace in materia di condivisione dei dati e soluzioni informatiche integrate — ad esempio, moduli online e banche dati — che possa portare a uno «sportello unico» in grado di ridurre gli adempimenti burocratici per agricoltori, gestori del territorio e autorità di gestione. A questo fine è necessaria una valutazione preliminare del rischio in merito a quali soluzioni e quali dati possono essere condivisi, e occorre inoltre coinvolgere la Commissione e gli organi di verifica, compresa la Corte dei conti europea, onde evitare problemi di audit in una fase successiva;

17.

accoglie con favore la creazione del gruppo ad alto livello sulla semplificazione dei fondi SIE e il fatto che si intenda prestare un’attenzione specifica al loro impatto sui beneficiari, e propone che tra i membri di tale gruppo vi sia anche un rappresentante del Comitato delle regioni. Tale rappresentante dovrebbe garantire il collegamento con la commissione NAT, le delegazioni nazionali del CdR e gli organi del CdR incaricati delle nomine, nonché con la rete di controllo della sussidiarietà e la piattaforma di monitoraggio Europa 2020 del CdR, raccogliendone i contributi e riferendo loro sulle attività del gruppo.

Primo e secondo pilastro

18.

ricorda che, per il periodo 2014-2020, la PAC continua ad essere ripartita tra un primo pilastro di notevoli dimensioni, incentrato sui pagamenti diretti, e un secondo pilastro più piccolo, incentrato sullo sviluppo rurale. Il trasferimento tra i pilastri è deciso a livello nazionale o regionale, ma questa situazione — pur essendo bene accetta sul piano della sussidiarietà — ha anche portato come risultato un panorama assai complesso a livello dell’UE. Nel suo parere CdR 65/2012, il Comitato si esprime a favore della possibilità che fino al 10 % dei fondi sia trasferito dal primo al secondo pilastro anziché in senso opposto;

19.

rileva che sono stati compiuti passi avanti nell’assicurare una linea di demarcazione tra i pilastri, ma che sussistono ancora evidenti sovrapposizioni in settori quali le aree soggette a vincoli naturali, la tutela ambientale e il sostegno ai giovani agricoltori, oltre che per quanto riguarda il rapporto tra il secondo pilastro e gli altri fondi SIE;

20.

ritiene che, in uno scenario ideale, tali sovrapposizioni non debbano più esistere, e che eventualmente dopo il 2020 potrebbero essere introdotti uno strumento strategico dell’UE incentrato sul sostegno alla produzione alimentare, un altro strumento teso a realizzare uno sviluppo sostenibile e un terzo volto a dare alle comunità rurali i poteri necessari per diversificare la produzione agricola, in modo coerente e senza sovrapposizioni. Per il momento, tuttavia, la semplificazione dovrebbe puntare a ridurre queste sovrapposizioni e a far sì che le norme vigenti impediscano efficacemente ai beneficiari di ricevere un «doppio finanziamento» dai due pilastri per la realizzazione della medesima attività;

21.

ribadisce che la Commissione può svolgere un ruolo attivo e di sostegno lungo tutto il periodo, valutando in modo rigoroso le scelte inizialmente compiute dagli Stati membri e dalle autorità di gestione, in modo da facilitare il cambiamento di queste priorità nel corso del periodo stesso qualora non sia stato prodotto un reale valore aggiunto, e assicurando al tempo stesso che, per tutta la durata del programma, tali cambiamenti non compromettano la certezza del diritto per i beneficiari;

Misure ecologiche

22.

ritiene che le misure ecologiche della PAC siano una delle principali innovazioni del nuovo periodo di programmazione, ma osserva che, in molti casi, la loro attuazione è considerata eccessivamente complessa e l’interpretazione datane dalla Commissione è giudicata troppo rigida, in particolare per quanto concerne le pratiche equivalenti alle suddette misure, nonché gli atti delegati e di esecuzione della Commissione che vanno ben oltre il testo dei regolamenti;

23.

rileva i timori secondo cui fornire elementi di prova per quanto riguarda la diversificazione delle colture, i tassi di controllo, l’estensione minima delle superfici oppure le norme sul mantenimento dei pascoli permanenti, sarebbe troppo oneroso per i beneficiari;

24.

sottolinea che la PAC deve essere equa per tutti gli agricoltori. Tuttavia, le condizioni naturali, i costi di produzione e il tenore di vita generale non sono gli stessi in tutto il continente europeo, e devono essere presi in considerazione nella ripartizione del sostegno; e ritiene pertanto che il sostegno debba tener conto della varietà dell’agricoltura all’interno dell’UE;

25.

richiama il proprio parere CdR 65/2012, in cui ha raccomandato una maggiore sussidiarietà, in modo che agli enti regionali e locali sia conferito il potere di introdurre e gestire misure ambientali mirate — anche attraverso contratti territoriali in partenariato con gli agricoltori locali e le parti ambientali e socioeconomiche interessate — e che tutte le aziende agricole possano accedere alle diverse categorie di misure;

26.

ribadisce che la credibilità della PAC può essere garantita unicamente se essa non solo sostiene la produzione alimentare, fornisce un sostegno al reddito degli agricoltori e contribuisce allo sviluppo rurale, ma realizza anche gli obiettivi legati alla biodiversità e al clima;

27.

rileva che la PAC assorbe la seconda quota più alta del bilancio dell’UE, ha una forte dimensione territoriale e, assieme alla politica regionale, costituisce lo strumento principale per onorare gli impegni che l’UE ha assunto in materia ambientale;

28.

teme che le misure ecologiche non realizzeranno tutto il loro potenziale a causa del modo in cui sono state concepite, dato che, ad esempio, la grande maggioranza delle aziende agricole nell’UE non è tenuta a dare attuazione alle EFA;

29.

ricorda che, allo stesso tempo, i beneficiari nutrono ampi timori circa l’eccessiva complessità delle regole concernenti le misure ecologiche, che spesso porta a disincentivare piuttosto che a incentivare pratiche agricole sostenibili;

30.

reputa, tuttavia, che la semplificazione delle regole relative alle misure ecologiche della PAC non possa essere utilizzata come pretesto per indebolirne gli obiettivi in materia ambientale. Le modifiche alle regole dovrebbero essere motivate da prove scientifiche che ne assicurino l’ecocompatibilità, ed è sulla base di tali prove che occorrerà stabilire la portata di eventuali nuovi cambiamenti nelle procedure amministrative riguardanti i beneficiari, al fine di ridurne gli oneri normativi;

31.

ricorda che le norme vigenti della PAC consentono di adottare provvedimenti equivalenti a misure ecologiche, e reputa che tali provvedimenti possano, in alcune circostanze, costituire un’alternativa ragionevole, purché essi migliorino — o almeno non compromettano — i risultati della PAC sul piano ambientale;

32.

ritiene che occorra introdurre il principio di proporzionalità nelle ispezioni e nelle norme di conformità in materia di misure ecologiche, autorizzando livelli di tolleranza superiori per le infrazioni minori, le condizioni climatiche avverse e gli avvenimenti imprevisti che sfuggono al controllo dei beneficiari. Questo vale in particolare per i primi anni dopo l’introduzione delle nuove norme della PAC, quando è probabile che il rischio di errori sia elevato, anche a causa del fatto che gli orientamenti delle autorità di gestione e quelli della Commissione sono stati forniti in ritardo;

33.

propone maggiore flessibilità in materia di mappatura, in modo che il beneficiario non debba dichiarare tutti gli elementi nell’area interessata, evitando così il rischio di una dichiarazione eccessiva;

Agricoltori in attività

34.

ricorda che una delle modifiche più importanti delle nuove norme della PAC consiste nel fatto che queste puntano a garantire che dalla PAC traggano beneficio soltanto gli agricoltori che lavorano effettivamente la terra e non anche quelli generalmente noti con il nome di «agricoltori in pantofole», come il Comitato aveva già chiesto nel suo parere CdR 65/2012;

35.

osserva che, benché, a questo fine, si applichino i requisiti di attività minima, che impongono al beneficiario di provare un coefficiente minimo di densità, si teme che le norme, così come sono formulate, lascino ancora agli agricoltori non attivi un certo margine di manovra che permetta loro di continuare a beneficiare dei pagamenti a titolo della PAC;

36.

teme, tuttavia, che le attuali norme e definizioni relative agli agricoltori in attività siano eccessivamente complesse, e reputa, quindi, che debbano essere rese più perspicue. Agli Stati membri deve essere data la possibilità di stabilire autonomamente i criteri che definiscono gli agricoltori in attività, purché tali criteri rispettino i principi del diritto dell’UE.

Giovani agricoltori e piccoli agricoltori

37.

condivide il riconoscimento del rilievo specifico dei piccoli agricoltori nel quadro della PAC, in quanto essi rappresentano una percentuale molto significativa degli addetti all’agricoltura in diversi Stati membri dell’UE; e ricorda di avere già proposto di innalzare la soglia minima del sostegno a 1  000 EUR quale misura di semplificazione;

38.

ritiene che i giovani agricoltori siano i fattori trainanti di svariati risultati sul piano economico e ambientale, sia all’interno dell’azienda agricola che in rapporto alla comunità rurale in generale;

39.

raccomanda che le nuove disposizioni finanziarie e giuridiche della PAC siano riesaminate in modo da garantire che favoriscano realmente l’ingresso dei giovani agricoltori nel mercato. Tali disposizioni devono essere più flessibili nel riconoscere il ruolo dei giovani agricoltori all’interno delle effettive e concrete realtà economiche e giuridiche (trasferimento dei diritti, agricoltori anziani che hanno avviato l’attività agricola solo di recente ecc.), con i giovani agricoltori che iniziano la loro carriera a fianco dei membri più anziani della famiglia o di altri imprenditori rurali.

Condizionalità

40.

rileva che nel regolamento e nel regolamento delegato sono stabilite percentuali differenti (rispettivamente, 5 % e 3 %) per stabilire quando occorra comminare una sanzione. È opinione ampiamente diffusa che una percentuale del 3 % sia sproporzionata.

Orientamenti della Commissione

41.

nutre il timore che, malgrado l’obiettivo dichiarato della nuova PAC di ridurre la legislazione a livello dell’UE, la produzione normativa della Commissione mediante l’adozione di atti delegati sia aumentata, visto che in molti casi la Commissione considera i suoi orientamenti equivalenti agli atti legislativi;

42.

ribadisce che bisognerebbe evitare la sovraregolamentazione (gold-plating) causata dall’introduzione, a livello nazionale o regionale, di orientamenti che si aggiungono a quelli dell’UE. Al riguardo l’emanazione tardiva degli orientamenti della Commissione ha di per sé contribuito alla complessità della PAC, il che aumenta la probabilità del rischio di audit nelle fasi successive;

43.

ritiene che, qualora gli orientamenti o la legislazione dell’UE consentano un certo grado di flessibilità, le autorità nazionali e quelle di gestione debbano evitare di introdurre disposizioni rigide e di difficile verifica;

44.

chiede che l’attuale processo di revisione degli strumenti della PAC sia condotto impiegando i nuovi criteri REFIT (programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione) recentemente messi a punto dalla Commissione;

Onere delle verifiche

45.

ritiene che, analogamente ad altri fondi dell’UE, la PAC continui a richiedere molteplici livelli di verifiche, spesso accompagnati da interpretazioni differenti, e che ciò sia fonte di incertezza giuridica per le autorità nazionali e gli enti regionali e locali, ma soprattutto per i beneficiari;

46.

reputa che, in materia di ispezioni e verifiche, la PAC debba seguire un approccio più proporzionato e basato sui risultati, concentrandosi meno sulle sanzioni e più sui miglioramenti, nonché garantire il raggiungimento degli obiettivi più generali ad essa affidati. Un criterio fondamentale di semplificazione per i beneficiari, compresi gli enti locali e regionali, consiste nel ridurre il numero delle ispezioni obbligatorie, visto che gli attuali controlli in loco del 5 % sono spesso considerati troppo onerosi;

47.

raccomanda, sempre in materia di ispezioni, un approccio basato sul rischio, più flessibile e proporzionato, in modo che durante un’unica visita possa essere condotto più di un tipo di ispezione, dando — in casi giustificati — apposito preavviso, sì da garantire che tali ispezioni possano essere condotte in modo efficiente e arrecando disagi limitati per il lavoro quotidiano degli agricoltori e degli altri beneficiari. Quando esiste un’alta probabilità di errori, potrebbero essere realizzate delle ispezioni preliminari, in modo da contribuire ad accrescere l’osservanza delle regole e il senso di appropriazione da parte del beneficiario;

48.

nutre il timore che il nuovo articolo 9 del regolamento orizzontale PAC aggravi l’onere annuale delle ispezioni, e sottolinea pertanto la necessità di ridurre al minimo le norme nazionali supplementari in materia di audit. Queste dovrebbero essere sottoposte a una valutazione del rischio per quanto riguarda la loro coerenza con le norme e pratiche dell’UE in materia di audit, e devono essere messe a punto previo parere dei revisori dell’UE;

49.

ribadisce, sempre per quanto riguarda l’audit, che l’approccio basato sul rischio dovrebbe essere sviluppato ulteriormente, così da pervenire in futuro a uno scenario in cui, se un’autorità nazionale o un ente regionale può dimostrare di disporre di un sistema nazionale di verifica contabile, non è richiesto un audit ulteriore da parte della Commissione o della Corte dei conti europea se non per controlli casuali del tutto eccezionali, volti a garantire che il sistema nazionale di verifica contabile rimanga efficace;

50.

teme che questa volta il regime di audit sia reso di fatto più oneroso, e reputa che, per scongiurare questo effetto, le autorità di gestione e quelle di verifica contabile debbano riunirsi sin dalle prime fasi di concezione dei programmi, in modo da evitare incoerenze nelle fasi successive e rendere così superflua l’effettuazione di più verifiche sulla stessa attività da parte di organismi differenti. Considerata la lentezza con cui i programmi della PAC sono stati avviati, questa unione delle forze è ancora possibile in molti paesi e regioni;

51.

ritiene che la conformità alle regole possa migliorare grazie a una maggiore trasparenza del processo di audit e alla pubblicazione, da parte della Commissione, delle relative conclusioni in una fase precoce dello stesso, oltre che rendendo di pubblico dominio i risultati delle conciliazioni e dei ricorsi non appena sono stati definiti;

52.

reputa che la nuova organizzazione comune dei mercati (OCM) costituisca di per sé un grande intervento di semplificazione in quanto sostituisce le 21 OCM precedenti ed elimina 81 atti legislativi, ma ritiene altresì che esistano margini di miglioramento per ridurre la quantità e l’ambito delle segnalazioni che occorre trasmettere alla Commissione;

Sviluppo rurale

53.

rileva che, in molti Stati membri, «zona rurale» non è soltanto sinonimo di «agricoltura», visto che tali zone, oltre ad essere aree di insediamento, sono anche sedi di piccole attività aziendali diverse dalla produzione alimentare;

54.

ricorda i pareri precedenti in cui aveva ritenuto cruciale, in linea con l’obiettivo della coesione territoriale che l’UE si è prefisso, riservare allo sviluppo delle zone rurali una percentuale di risorse adeguate — potenziando il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) — per assicurare uno sviluppo armonioso e integrato di queste zone, ad esempio grazie alla realizzazione di infrastrutture locali, al sostegno alle PMI, al rinnovamento dei centri rurali e a una più ampia diversificazione economica;

55.

insiste sulla necessità di una politica globale di sviluppo rurale che garantisca l’accesso anche agli altri fondi SIE, così da dare congiuntamente attuazione alle priorità del quadro comune di riferimento relativo alla strategia Europa 2020;

56.

al riguardo, si rammarica che gli investimenti per lo sviluppo rurale continuino a concentrarsi su attività agricole simili a quelle già sostenute dal primo pilastro; ed esorta la Commissione a sfruttare, per tutto il periodo, il probabile riesame dei programmi di sviluppo rurale (PSR) per stimolare le autorità di gestione ad abbandonare gli interventi di questo tipo quando essi non abbiano prodotto un valore aggiunto sufficiente in termini di attuazione degli obiettivi della strategia Europa 2020 nonché ai fini della diversificazione ed emancipazione delle comunità rurali;

57.

è preoccupato per i significativi ritardi riscontrati nell’approvazione dei programmi di sviluppo rurale, con il risultato che persino il bilancio 2014 ha dovuto essere riportato ad anni successivi;

58.

è dell’avviso che una delle ragioni principali di questi ritardi sia legata al coordinamento interno tra le direzioni generali, dove i tempi di ‘approvazione sono spesso condizionati dal ritmo di lavoro del funzionario più lento nel riesame della consultazione interservizi. Una proposta per il futuro potrebbe essere quella di distaccare funzionari di altre direzioni generali alla DG AGRI durante il processo di approvazione dei programmi di sviluppo rurale;

59.

ritiene che, data la lentezza della Commissione nell’emanare orientamenti e atti delegati, un approccio sensato riguardo alla negoziazione dei programmi di sviluppo rurale consista nel non richiedere che i PSR siano presentati prima che la Commissione abbia pubblicato tali norme. Questa soluzione non ridurrebbe i ritardi nell’approvazione dei programmi, ma ne semplificherebbe la negoziazione;

Sviluppo locale di tipo partecipativo — Leader

60.

rileva che lo strumento per lo sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD) è andato al di là della precedente iniziativa Leader nell’emancipare le comunità locali non solo attraverso il FEASR, ma anche per mezzo degli altri tre fondi SIE; e ricorda che, nel suo parere CdR 1684/2012, aveva segnalato che il CLLD rappresenta una delle conquiste dell’attuale periodo di programmazione;

61.

si rammarica, tuttavia, che lo strumento del CLLD, che pure sarà impiegato su larga scala in alcuni Stati membri, regioni ed enti locali, in molti altri corrisponderà essenzialmente alla precedente iniziativa Leader incentrata sul FEASR;

62.

ritiene che questa sia un’occasione mancata per le comunità rurali, e reputa che la causa vada ricercata nel coordinamento disorganico tra i fondi SIE, dato che ad ogni fondo si applicano ancora regole di rendicontazione e di verifica contabile diverse e che tali fondi sono spesso gestiti separatamente a livello ministeriale e amministrativo. È altresì preoccupato che le nuove norme in materia di verifica contabile per il CLLD risultino più onerose per gli organi responsabili e i gruppi di azione locale (GAL);

63.

ribadisce che bisognerebbe riconoscere che, nella maggior parte dei casi, è l’ente locale a garantire che i GAL possano realizzare uno sviluppo locale di tipo partecipativo;

64.

teme pertanto che, in alcuni casi, un’applicazione rigida della regola secondo cui, per le decisioni dei GAL, almeno il 51 % dei voti espressi deve provenire da membri non appartenenti al settore pubblico sia impraticabile, con la conseguenza che i comuni, in quanto organi responsabili, verrebbero sanzionati; e ribadisce pertanto che tali sanzioni devono essere proporzionate, ogniqualvolta gli organi responsabili possano dimostrare di avere effettivamente coinvolto gruppi privati e civici nel processo decisionale del GAL;

65.

rileva che le norme sulla popolazione massima del territorio in cui opera il GAL e sulla dotazione minima da assegnare allo stesso attribuiscono agli Stati membri un margine di discrezionalità sufficiente per discostarsi dagli orientamenti della Commissione in casi giustificati, ma si rammarica che tale discrezionalità sia stata utilizzata in misura insufficiente, con il risultato che le aree in cui operano alcuni GAL non sono definite in modo da rispecchiare meglio l’effettiva morfologia dei territori.

Bruxelles, 13 ottobre 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/20


Parere del Comitato europeo delle regioni — Il futuro dell'acquacoltura europea

(2015/C 423/04)

Relatore:

Jesús GAMALLO ALLER, direttore generale per le relazioni esterne e con l'Unione europea, regione della Galizia (ES/PPE)

I.   ANALISI DEL CONTESTO

Evoluzione dell'acquacoltura

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

ricorda che l'acquacoltura è stata già oggetto, negli anni scorsi, di una serie di pareri del Comitato, e che la politica comune della pesca relativa al periodo 2014-2020, dedica alla acquacoltura una trattazione specifica, in condizioni di parità con la pesca estrattiva, malgrado il fatto che l'acquacoltura non abbia ancora realizzato il suo pieno potenziale nell'UE;

2.

si compiace delle sinergie offerte dalla fusione, nell'ambito della Commissione europea, tra la DG Affari marittimi e pesca e la DG Ambiente, e ritiene che tale unificazione possa contribuire favorevolmente allo sviluppo dell'acquacoltura europea;

3.

esprime soddisfazione per il fatto che tra le priorità del nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca figuri la promozione di un'acquacoltura sostenibile e competitiva, e che in tal modo venga dato un reale impulso alle nuove forme di acquacoltura, caratterizzate da un elevato potenziale di innovazione e di crescita, come l'acquacoltura d'alto mare o in acque aperte, quella non destinata al consumo umano, o ancora l'acquacoltura diversificata, intesa come attività complementare orientata allo sfruttamento delle risorse ambientali associate a tali impianti, alla diversificazione delle attività economiche del settore e alla promozione dei suoi prodotti;

4.

ricorda che gli orientamenti strategici per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura nell'UE del 2013 evidenziano il carattere strategico della produzione acquicola per rispondere alle sfide dell'alimentazione, della protezione delle risorse naturali e dell'assetto territoriale;

5.

osserva che l'acquacoltura genera occupazione, in particolare in aree strutturalmente deboli, contribuendo così a una maggiore coesione territoriale e a un più forte sviluppo rurale, in linea con gli obiettivi di crescita della strategia Europa 2020;

6.

segnala il ruolo fondamentale degli enti locali e regionali europei nello sviluppo dell'acquacoltura e, in particolare, nell'esecuzione dei piani strategici pluriennali definiti dagli Stati membri per il periodo 2014-2020;

7.

sottolinea che il settore europeo dell'acquacoltura è in gran parte dominato da piccole e medie imprese (PMI), il 75 % delle quali non ha più di cinque dipendenti;

8.

si compiace della costituzione del nuovo consiglio consultivo per l'acquacoltura, grazie al quale le parti interessate potranno fornire consulenza all'UE in tutto quello che riguarda lo sviluppo del settore, e auspica di poter in futuro cooperare con tale consiglio;

9.

sottolinea l'importanza di combinare differenti misure in materia di semplificazione amministrativa, assetto del territorio e competitività, per contribuire a liberare il potenziale di sviluppo sostenibile dell'acquacoltura, in una prospettiva complementare, e non già alternativa, alla pesca estrattiva;

10.

fa osservare che, se a livello mondiale l'acquacoltura è in crescita e genera circa il 40 % della produzione ittica globale, in Europa la produzione acquicola si contrae (è scesa dell'11 % tra il 2000 e il 2012) e ammonta a meno del 20 % del totale, sebbene comprenda 14  000 imprese e generi 85  000 posti di lavoro diretti. In termini globali, l'acquacoltura è destinata a superare tra non molto la pesca, così come in passato l'agricoltura ha superato la caccia;

11.

si rammarica del fatto che, dei 23 kg di pesce e frutti di mare consumati mediamente da ciascun europeo ogni anno, solo il 24 % provenga dall'acquacoltura, e che oltre la metà di questa quota sia importata da paesi non appartenenti all'UE, ragion per cui il volume complessivo di pesci e frutti di mare consumati nell'UE consiste per il 70 % di importazioni. Di conseguenza, l'acquacoltura dovrà costituire la risposta alla crescente domanda globale di pesci e frutti di mare;

12.

esprime profonda preoccupazione per lo squilibrio tra la produzione acquicola asiatica e quella europea. In Asia si concentra circa l'88 % della produzione mondiale, e, malgrado il fatto che la maggioranza delle importazioni di pesce provenienti dall'Asia rispetti la normativa dell'UE, tali importazioni esercitano una pressione sempre maggiore sui produttori europei per quanto riguarda il prezzo e il volume di produzione. Ne consegue che i produttori del settore europeo dell'acquacoltura si convertono sempre più in produttori specializzati di alta qualità, mentre il settore a prezzi più modesti è coperto da importazioni più a buon mercato di provenienza asiatica;

13.

sottolinea che il settore dell'acquacoltura europea risulta diversificato per specie allevate, metodi di produzione e localizzazione geografica, e che pertanto le norme dell'UE dovrebbero essere attuate in modo flessibile, specialmente nelle regioni ultraperiferiche, a causa della loro particolare situazione;

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

Semplificazione delle procedure legislative e accesso al territorio

14.

si rammarica del fatto che la mancanza di spazio idoneo per tale uso, la complessità e la durata delle procedure per il rilascio delle licenze e dei permessi per l'esercizio dell'attività rappresenti, insieme ai costi di gestione, una delle principali difficoltà che ostacolano lo sviluppo dell'acquacoltura;

15.

ricorda che in Europa la concessione di licenze e il sostegno alle piccole e medie imprese del settore che operano sul territorio rappresenta, generalmente, una competenza degli enti locali e regionali. Sarebbe pertanto auspicabile che i funzionari incaricati di questo settore ricevessero una formazione di qualità, in modo che le amministrazioni competenti siano più efficienti ed efficaci nelle procedure per il rilascio delle licenze;

16.

propone che venga introdotto un sistema amministrativo di sportello unico, che assuma ed eserciti tutte le responsabilità, in modo che la documentazione pertinente possa essere presentata ad un unico organo amministrativo, cosa che semplificherebbe considerevolmente la relazione tra l'utente e i differenti livelli amministrativi pubblici;

17.

propone un sistema semplificato, ossia accelerato, per il rilascio delle licenze, grazie al quale l'amministrazione competente fornisca una certificazione provvisoria che consenta agli operatori che si conformano a una serie di criteri prestabiliti di avviare l'attività. Tali criteri potrebbero basarsi sulla precedente attività del richiedente, sulla presentazione di un progetto di acquacoltura realmente di avanguardia in termini di innovazione e di sostenibilità, o sulla creazione di zone adibite all'attività acquicola dove siano stati definiti in precedenza gli usi del territorio incompatibili con l'acquacoltura;

18.

ritiene opportuno che, laddove lo consentano le caratteristiche del territorio, venga introdotto un sistema del tipo «semaforo» per classificare in vari livelli le attività acquicole, tenendo conto tra l'altro dell'impatto ambientale, della produzione, della situazione in materia di salute animale e di altre considerazioni, e che il sistema sia facile da utilizzare e accessibile per le microimprese, affinché vigano condizioni eque per le imprese grandi o piccole;

19.

sottolinea che lungo l'intero processo decisionale in materia di acquacoltura occorre garantire la trasparenza, la quale dev'essere il principio ispiratore sia per le istituzioni pubbliche che per la società civile e la comunità scientifica;

Competitività e gestione della qualità

20.

osserva che un elemento chiave per accrescere la competitività dell'acquacoltura consiste nel migliorare la comunicazione pubblica al di là della semplice promozione del prodotto, incentrandola sui benefici di un settore sostenibile e integrato sotto il profilo ambientale;

21.

segnala l'importanza delle attività di ricerca, sviluppo e innovazione per sfruttare interamente il potenziale di crescita dall'acquacoltura, come d'altronde viene segnalato nell'agenda strategica di ricerca e innovazione della Piattaforma tecnologica e d'innovazione dell'acquacoltura europea, nella quale vengono descritti gli ambiti prioritari di azione, ripartiti in otto aree tematiche;

22.

si compiace del fatto che lo sfruttamento delle risorse acquatiche vive sia incluso in una delle priorità tematiche del programma europeo di ricerca e innovazione, Orizzonte 2020, e invita sia l'industria che le autorità pubbliche a utilizzare i risultati dei progetti finanziati per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura;

23.

invita la Commissione a introdurre un sistema di etichettatura per i prodotti dell'acquacoltura, che funga da distintivo europeo, contribuisca a creare un clima di fiducia presso i consumatori, convalidi l'immagine di qualità del prodotto e segni la differenza rispetto alla produzione della concorrenza. Una corretta informazione non può che rafforzare la competitività del settore;

24.

si compiace in modo particolare del fatto che l'UE stia sviluppando programmi di formazione professionale e permanente adattati alle necessità del mercato dell'acquacoltura, grazie ai quali sarà possibile anche promuovere l'accesso di giovani a questo settore; invita a facilitare l'omologazione dei titoli rilasciati, allo scopo di favorire una maggiore mobilità degli addetti alla acquacoltura nell'UE;

Sostenibilità dell'acquacoltura

25.

ribadisce ancora una volta che la sostenibilità costituisce una condizione imprescindibile per lo sviluppo dell'acquacoltura europea;

26.

ricorda che la sostenibilità è la prima condizione che la politica comune della pesca impone all'acquacoltura europea. Per di più, tutte le parti e i soggetti interessati auspicano che venga elaborata una definizione adeguata del concetto di acquacoltura sostenibile, che tenga conto tanto di criteri ambientali quanto di quelli sociali ed economici, e possa essere adattata alle specificità di ciascun territorio; e reputa che il nuovo consiglio consultivo per l'acquacoltura debba svolgere un ruolo cruciale nell'elaborazione di tale definizione;

27.

riconosce che il settore acquicolo richiede un assetto territoriale coordinato, che riduca al minimo i conflitti relativi alla concorrenza tra utilizzazioni diverse del medesimo spazio, aumentando la sostenibilità, riducendo l'incertezza e facilitando gli investimenti. Sottolinea il lavoro svolto in questo campo dalla direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino, il cui obiettivo consiste nel proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini europei, oltre a garantire la sostenibilità ecologica delle attività economiche connesse all'ambiente marino;

28.

raccomanda che vengano promossi i processi di produzione innovativi e caratterizzati da un impatto minimo sugli ecosistemi circostanti, come il ricircolo, l'acquacoltura multitrofica integrata e l'acquaponica; questi sistemi rappresentano esempi di uno sfruttamento dello spazio totalmente compatibile con la ricerca di efficienza e la creazione di reddito e di valore aggiunto;

29.

segnala la necessità di proseguire le attività di ricerca e innovazione rivolte a proseguire nella sostituzione delle farine e degli oli di pesce nell'alimentazione dei pesci di allevamento. Sotto questo profilo ricorda che il 60 % dei mangimi usati nella produzione acquicola è di origine vegetale, e che l'80 % di tali mangimi proviene da fonti sostenibili, il che comprova la sostenibilità di un settore che si evolve continuamente per integrare sempre più e meglio le attività della pesca estrattiva. Se, da un lato, occorre studiare possibili alternative alle farine e agli oli di pesce, dall'altro è importante proseguire lo sviluppo tecnologico di questi prodotti per ottimizzarli e migliorarne la resa;

30.

ribadisce l'importanza dell'acquacoltura nell'erogazione di servizi ambientali e, in particolare, nella conservazione della biodiversità;

31.

sottolinea gli effetti negativi esercitati sulla produzione acquicola sostenibile dal rapido aumento delle specie protette e per tale motivo raccomanda di elaborare piani di gestione di tali specie tenendo conto non solo di criteri scientifici ma anche dei potenziali conflitti con i produttori acquicoli. La Commissione europea è pertanto invitata a prendere in considerazione, nell'ambito di futuri aggiornamenti delle direttive sulla natura (Uccelli e Habitat), i conflitti esistenti con le diverse utilizzazioni dello spazio marittimo, fluviale e terrestre;

32.

raccomanda di diversificare gli organismi oggetto di acquacoltura, e richiama l'attenzione in particolare sulla produzione di alghe. Queste, oltre ad essere oggetto di un crescente consumo umano ed animale negli ultimi anni, si sono dimostrate particolarmente adeguate per determinate produzioni industriali e per la generazione di energia; il loro ampio potenziale, tuttavia, non viene ancora sfruttato adeguatamente nell'UE, sebbene si tratti di una delle coltivazioni più sostenibili sul piano ambientale, poiché non richiede alcun tipo di alimentazione e non produce residui;

Mercati e filiera di distribuzione

33.

segnala che la contrapposizione tra pesca estrattiva e acquacoltura non ha alcun senso in un contesto come quello attuale, nel quale la domanda globale di prodotti acquatici è in aumento e, contemporaneamente, nell'UE si procede verso una progressiva riduzione della pressione sulle riserve di pesci selvatici. Sotto questo profilo si può solo parlare di una necessaria complementarità;

34.

ribadisce che la cooperazione tra l'acquacoltura, da un lato, e le attività di trasformazione, dall'altro, può generare un valore aggiunto per i prodotti del settore acquicolo nel caso in cui tale cooperazione si svolga in forma sinergica, promuovendo entrambe le attività nelle zone meno sviluppate;

35.

raccomanda che venga promosso un mercato locale caratterizzato da filiere di distribuzione corte per i prodotti dell'acquacoltura europea, in modo da contribuire ad ammortizzare le fluttuazioni dei mercati globali;

36.

ricorda che la tracciabilità è garantita lungo l'intero processo produttivo dell'acquacoltura, cosa che garantisce una maggiore sicurezza per i consumatori e riduce la necessità di un cambio comportamentale da parte loro nei confronti di questo tipo di prodotti;

37.

raccomanda di ricorrere a campagne di diffusione volte ad avvicinare il prodotto ai consumatori, affinché questi riconoscano e valorizzino il contributo di questo settore all'approvvigionamento alimentare, alla sicurezza alimentare e alla creazione di occupazione, come pure i benefici ambientali derivanti dall'acquacoltura nel lungo periodo;

38.

si compiace del sostegno fornito dalla Commissione europea allo scambio di buone pratiche e di conoscenze tecniche, che contribuisce a migliorare l'immagine pubblica della produzione acquicola, nonché a individuarne e illustrarne i modelli. In tale contesto, accoglie con soddisfazione l'iniziativa della Commissione denominata «Allevato nell'UE», una campagna che senz'altro contribuirà a una maggiore sensibilizzazione in merito ai prodotti dell'acquacoltura sostenibile dell'UE.

Bruxelles, 13 ottobre 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/24


Parere del Comitato europeo delle regioni — Mercato unico digitale

(2015/C 423/05)

Relatrice:

Helma KUHN-THEIS (DE/PPE), membro del consiglio comunale di Weiskirchen

Testo di riferimento:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia per il mercato unico digitale in Europa

COM(2015) 192 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

accoglie con favore l’obiettivo generale della proposta della Commissione consistente nel promuovere e garantire sul lungo termine la competitività internazionale mediante la creazione di un mercato unico digitale connesso in Europa, capace di generare effetti di rete ed economie di scala in misura largamente maggiore, per assicurare la crescita sostenibile e l’occupazione in Europa;

2.

ritiene che la creazione di un mercato unico digitale aiuti in maniera strategica a salvaguardare la «sovranità digitale» dell’Europa, grazie al contributo strutturale che una florida economia digitale europea può dare nel far fronte alle sfide politiche dell’Europa;

3.

sottolinea che bisognerebbe considerare il ruolo chiave e il potenziale degli enti locali e regionali in tutte le legislazioni che saranno adottate per configurare il mercato unico digitale;

4.

fa presente che il carattere aperto di Internet costituisce un incentivo determinante per la competitività, la crescita economica, lo sviluppo sociale e l’innovazione, e ha consentito di raggiungere e continuerà a favorire livelli di sviluppo straordinari per quanto riguarda le applicazioni, la comparsa di nuovi prodotti, i contenuti e i servizi online;

5.

osserva che gli enti locali e regionali si occupano con motivazione delle potenzialità offerte dal passaggio al digitale anche nel contesto del mercato unico digitale. A questo riguardo si concentrano sugli ambiti per loro importanti, in particolare:

servizi moderni di e-Government per l’economia e la società, che sono fondamentali per migliorare i servizi pubblici erogati ai cittadini,

la promozione di condizioni di vita equivalenti nelle aree urbane e in quelle rurali, riducendo al minimo il «divario digitale» grazie alla diffusione della banda larga su tutto il territorio anche nelle zone rurali,

lo sviluppo durevole e intergenerazionale delle competenze digitali in tutte le sfere della società e dell’amministrazione, che deve iniziare già nell’educazione della prima infanzia e porre, nelle scuole e negli istituti di istruzione, le fondamenta dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita,

la promozione di un ambiente che offra alle PMI e alle start-up fondate sulle tecnologie digitali migliori opportunità di sviluppo, in particolare a livello locale e regionale.

Perché abbiamo bisogno di un mercato unico digitale

6.

condivide la posizione della Commissione secondo cui le tecnologie digitali e i servizi basati su Internet modificano profondamente l’economia e la società;

7.

sottolinea che tale processo pone gli enti locali e regionali di fronte a sfide specifiche dato che sono particolarmente interessati da determinati cambiamenti, sui quali però possono influire soltanto in misura limitata;

8.

ritiene pertanto necessario, in particolare, che tutte le misure adottate a livello europeo e nazionale per realizzare un mercato unico digitale siano volte a sviluppare in maniera mirata l’attrattiva delle regioni;

9.

sostiene gli obiettivi della Commissione consistenti nello sviluppare il mercato unico digitale quale presupposto per migliorare la competitività internazionale, dato che taluni paesi raggiungono economie di scala considerevoli e particolarmente importanti nell’economia digitale;

10.

fa altresì presente che non sarebbe sufficiente concentrarsi unicamente sugli effetti di rete di una dimensione europea e che dovrebbero anzi continuare a svilupparsi, parallelamente, ecosistemi floridi basati sul digitale, formati da PMI e start-up a livello locale e regionale che generano valore aggiunto e posti di lavoro;

11.

sottolinea che, per quanto riguarda la scelta strategica basata su tre «pilastri» operata nella comunicazione della Commissione, dal punto di vista degli enti locali e regionali occorre integrare gli effetti della digitalizzazione nel collegamento tra le aree online e quelle offline dell’economia e della società, perché anche in questi ambiti si possono osservare effetti di rete in un’«economia delle applicazioni» grazie a nuovi servizi di piattaforma a livello locale e regionale;

12.

attribuisce, in questo contesto, grande importanza alla questione di sapere se i prodotti, i servizi e le applicazioni dell’area offline verranno trasferiti a quella online, e ritiene che occorra riflettere su come, in un mercato unico digitale:

a)

sia possibile integrare la digitalizzazione con la creazione di valore regionale e locale attraverso «servizi intelligenti» e aumentare la competitività,

b)

il ricorso ad applicazioni innovative possa consentire di conservare l’attrattività dello spazio di vita e di lavoro nelle regioni, nelle città e nei comuni, in particolare nel commercio tradizionale con distribuzione multicanale, ad esempio per contrastare la chiusura di negozi specializzati,

c)

linee innovative di collegamento tra le aree offline e quelle online, come i processi di produzione additiva (ad esempio la stampa 3D), possano generare valore aggiunto e posti di lavoro anche a livello locale e regionale,

d)

l’«Internet degli oggetti» possa portare anche nelle regioni alla nascita di servizi locali e alla creazione di nuovo valore aggiunto, ad esempio nel settore delle aziende artigiane elettrotecniche.

Un migliore accesso online per i consumatori e le imprese in tutta Europa

13.

concorda con la Commissione sul fatto che l’introduzione di norme più moderne sugli acquisti transfrontalieri online e sugli acquisti di prodotti digitali incoraggerebbe un maggior numero di imprese a vendere i loro prodotti e servizi in tutto il territorio europeo e aumenterebbe la fiducia dei consumatori nel commercio elettronico transfrontaliero;

14.

ritiene che la proposta di armonizzazione annunciata dalla Commissione per la fine del 2015 costituisca una base per rafforzare l’azione di contrasto alla tendenza attualmente dominante a concentrare l’attenzione sulle piattaforme e sugli intermediari nelle transazioni all’interno del mercato unico, in quanto migliorerà le condizioni che consentono alle PMI di sviluppare le loro attività di vendita diretta in tutta Europa;

15.

condivide il punto di vista della Commissione secondo cui, in questo contesto, il mercato unico potrà svilupparsi e prosperare soltanto se verrà sviluppato su un livello elevato il quadro normativo a tutela dei consumatori, e sottolinea a questo proposito l’importante ruolo degli enti locali e regionali, ad esempio in materia di gestione sicura delle identità, la quale deve essere ulteriormente rafforzata sulla base di standard validi in tutti i paesi;

16.

sottolinea l’importanza di servizi di consegna transfrontaliera dei pacchi rapidi e a costi accessibili e, a tal riguardo, accoglie con favore le iniziative di autoregolamentazione intese a produrre effetti positivi sulla qualità nell’interesse dei consumatori, ad esempio nel settore dei sistemi di tracciabilità dei pacchi, e a migliorare la trasparenza dei prezzi e le opzioni di consegna;

17.

condivide la valutazione della Commissione secondo cui nella maggioranza dei casi i blocchi geografici ingiustificati appaiono incomprensibili al consumatore e dimostrano le limitazioni esistenti in un mercato unico digitale, in particolare quando si nega a una regione la possibilità di acquistare determinati servizi oppure quando i consumatori stessi vengono reindirizzati a siti locali che praticano condizioni commerciali diverse. Fa tuttavia presente che le misure di blocco geografico sono tra l’altro conseguenza dell’attuale sistema di finanziamento della produzione audiovisiva e della concessione di licenze delimitate territorialmente. Richiama inoltre l’attenzione sulla necessità delle soluzioni transfrontaliere per i servizi dei media digitali, nell’interesse dei 50 milioni di cittadini europei che parlano una lingua regionale minoritaria o una delle lingue meno utilizzate dell’Unione. In considerazione della diversità linguistica come caratteristica fondamentale dell’Europa, le minoranze devono potere accedere ai servizi mediatici nella loro lingua materna; ribadisce pertanto il suo appello affinché sia presentata una proposta volta a vietare i blocchi geografici nel mercato unico digitale (1), tenendo conto della specificità culturale dei contenuti audiovisivi;

18.

sottolinea l’analisi della Commissione secondo cui la creatività, soprattutto nelle regioni dell’UE, rappresenta uno dei punti di forza europei nel quadro della concorrenza internazionale ed è essenziale per lo sviluppo del mercato unico digitale;

19.

auspica pertanto che le proposte legislative annunciate dalla Commissione tengano in debita considerazione l’attuale sistema di concessione di licenze territoriali per le opere audiovisive;

20.

osserva che lo sviluppo della digitalizzazione, come ad esempio i servizi di cloud o la diffusione in streaming, presentano notevoli sfide, in particolare in relazione ai diritti d’autore;

21.

accoglie con favore le intenzioni della Commissione di pervenire a una maggiore armonizzazione della legislazione sui diritti d’autore per ridurre la frammentazione dei regimi giuridici negli Stati membri, e di modernizzare tali norme adeguandole all’evoluzione degli ultimi anni;

22.

appoggia l’approccio della Commissione secondo cui la modernizzazione del regime dei diritti d’autore, oltre a consentire la trasmissione e il consumo di contenuti attraverso le frontiere, porrà in primo piano anche gli stimoli alla creazione e agli investimenti (i diritti degli autori);

23.

condivide le indicazioni della Commissione secondo cui l’attuale livello di armonizzazione delle disposizioni che regolano l’imposta sulle vendite tra gli Stati membri nell’offerta di beni e servizi intracomunitari non fornisce ancora una base sufficiente per lo sviluppo del mercato unico digitale. Invita pertanto la Commissione a integrare, in una prossima proposta di revisione della direttiva IVA 2006/112, delle disposizioni volte ad agevolare lo sviluppo del mercato unico digitale, in particolare attraverso la soppressione delle disposizioni discriminatorie nei confronti dei media digitali;

24.

fa presente che l’esenzione dall’imposta sulle vendite per le piccole spedizioni da paesi terzi mette a dura prova la competitività in particolare delle PMI di alcuni Stati membri, dal momento che tramite piattaforme è possibile acquistare con relativa facilità merci di piccola taglia da fornitori di paesi terzi; qualsiasi riforma di questo sistema dovrebbe evitare di dar luogo a oneri amministrativi sproporzionati e dovrebbe tenere conto del modesto valore di queste spedizioni;

25.

accoglie con favore, in tale contesto, l’intenzione della Commissione di presentare nel 2016 diverse proposte legislative volte a consentire un più mirato sviluppo della complessa normativa in materia di imposta sulle vendite;

26.

accoglie con favore l’annuncio della Commissione di sostenere la creazione di poli di innovazione digitale e, a tale riguardo, la invita a garantire un corretto equilibrio geografico nella distribuzione dei fondi.

Creazione di un contesto adeguato e di condizioni di parità per reti digitali e servizi innovativi moderni

27.

condivide la valutazione della Commissione secondo cui la disponibilità di reti e servizi ad alta velocità efficienti, affidabili ed economicamente accessibili rappresenta un presupposto essenziale per l’ulteriore sviluppo del mercato unico digitale, e l’esistenza di un settore delle telecomunicazioni competitivo e dinamico fornisce i necessari impulsi per l’innovazione e gli investimenti. In tale contesto, la Commissione sottolinea a giusto titolo l’importanza di una concorrenza effettiva;

28.

raccomanda di creare le condizioni atte a consentire, anche sul lungo termine, la copertura della banda larga ad alte prestazioni in tutte le regioni in un contesto concorrenziale e invita inoltre la Commissione, nel quadro dell’attuazione del mercato unico digitale, a riferire periodicamente in merito ai progressi realizzati nel colmare il «divario digitale», in particolare a livello regionale e locale. Specialmente nelle zone rurali, le eccessive lacune di redditività fanno spesso mancare un potenziamento, guidato dal mercato per quanto riguarda le reti di banda larga ad alta velocità, per cui occorre sviluppare ulteriormente in maniera stabile e coerente le opzioni di sostegno a livello europeo e nazionale. I cittadini e le imprese hanno diritto alla banda larga ad alta velocità con la velocità di trasmissione dei dati necessaria per provvedere al proprio sostentamento, alla formazione o all’esercizio della propria attività, ovunque essi vivano;

29.

ribadisce in questo contesto la sua richiesta di riconoscere ai progetti di sviluppo della banda larga nelle zone rurali e a bassa densità demografica il rango di servizi di interesse economico generale (2) e al riguardo sottolinea che è necessario definire, in particolare a livello regionale, le necessità future di investimento nella banda larga e propone di sviluppare, di concerto con la Commissione e la Banca europea per gli investimenti, nuove possibilità di finanziamento e di sostegno delle infrastrutture TIC, ad esempio nelle zone rurali;

30.

ricorda, in considerazione dell’accordo raggiunto il 30 giugno 2015 tra il Consiglio, la Commissione e il Parlamento in relazione a un mercato unico delle telecomunicazioni, che un Internet aperto e non discriminatorio, l’adeguato sviluppo della neutralità della rete e l’eliminazione delle tariffe di roaming nelle reti di telefonia mobile prevista per il 15 giugno 2017 sono aspetti di elevata importanza per tutte le regioni d’Europa, e più in particolare per quelle frontaliere;

31.

fa presente, a tale riguardo, in particolare alla Commissione e all’organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche, che è di particolare importanza adottare tutte le misure necessarie ai fini dell’accettazione e della visibilità del mercato unico digitale presso gli utenti finali europei. Tali misure sono necessarie per garantire che possano essere rispettate le scadenze previste. Occorre, in particolare, far in modo che la «politica di utilizzo corretto» («Fair Use Policy») nel consumo di servizi di roaming al dettaglio regolamentati sia configurata in maniera da rispondere alle esigenze degli utenti finali;

32.

sottolinea, viste le dinamiche di sviluppo di questi ultimi anni, che l’adeguamento del quadro normativo in materia di TIC dovrebbe mirare anche a creare condizioni di parità, riducendo gli svantaggi strutturali tramite impegni unilaterali per i gestori di telecomunicazioni che operano in mercati convergenti;

33.

riesce a comprendere solo in parte le valutazioni della Commissione circa la mancanza di uniformità regolamentare e di prevedibilità tra i vari Stati dell’UE, dal momento che grazie proprio all’ultima revisione del quadro normativo del settore delle telecomunicazioni e all’articolo 7 sul processo di notifica, in essa contenuto, è stato compiuto un passo avanti verso una maggiore coerenza normativa;

34.

accoglie pertanto con favore il fatto che nel 2016 verrà avviato un riesame approfondito in relazione alle necessità di adeguamento delle norme in materia di telecomunicazioni;

35.

sostiene l’intenzione della Commissione di presentare delle proposte per armonizzare l’accesso alla banda dei 700 MHz, misura essenziale per garantire la prestazione di servizi di banda larga nelle zone rurali, e chiede alla Commissione di preparare in tempi rapidi l’accesso alla banda degli 800 MHz al fine di accelerare la diffusione dell’ultima tecnologia 4G. Un dibattito in merito a determinati parametri di assegnazione e utilizzo delle frequenze, che rientrano nella competenza degli Stati membri, nell’ambito del gruppo per la politica dello spettro radio potrebbe generare utili effetti connessi al mercato unico. Spesso le frequenze radio rispecchiano e promuovono applicazioni regionali e identità culturali a livello di mezzi di informazione. Alla luce di tale considerazione, nell’ulteriore sviluppo occorre fare attenzione a garantire un equilibrio tra interessi divergenti;

36.

ritiene che l’annunciata revisione della direttiva sui servizi di media audiovisivi dovrà dare un importante contributo nell’individuare le moderne esigenze di sviluppo di un mercato unico digitale e nel favorire la creazione di un panorama audiovisivo europeo di qualità e culturalmente diversificato. L’integrazione dei media dovrebbe essere seguita da una convergenza normativa che garantisca condizioni di concorrenza eque a tutti gli operatori dei mezzi di informazione;

37.

sottolinea che le piattaforme svolgono spesso il ruolo di operatori del mercato che, oltre ad offrire nuove opzioni commerciali, intervengono in molti casi nelle strutture economiche e sociali regionali e locali. Le piattaforme e gli intermediari svolgono pertanto un ruolo strategico, il cui sviluppo deve essere seguito con attenzione per quanto riguarda le eventuali esigenze di regolamentazione che comporta. A tal riguardo va osservato che gli effetti di rete rafforzano e consolidano il potere di mercato delle piattaforme e possono quindi aumentare il rischio di abuso di tale potere;

38.

si rammarica che nella sua comunicazione la Commissione affronti solo marginalmente il tema dell’economia del consumo collaborativo («sharing economy») e non avanzi proposte per un approccio coordinato in materia di regolamentazioni applicabili a quest’ultima al fine di garantire una concorrenza libera e leale, ossia presupposti dal punto di vista della regolamentazione e del quadro generale uguali a quelli che disciplinano le imprese tradizionali, la sicurezza dei consumatori e le condizioni di lavoro, in particolare in materia di imposizione fiscale dei redditi prodotti dalle piattaforme di scambio. Constata inoltre con una certa preoccupazione che nell’economia del consumo collaborativo sono in corso mutamenti strutturali che spesso lasciano i rischi imprenditoriali a livello dei soggetti locali o regionali, spostando però al di fuori delle regioni, grazie agli enormi effetti di rete generati dalle piattaforme o dagli intermediari, la creazione di valore aggiunto. In questo senso, occorre monitorare con attenzione la complessa interazione esistente tra le possibilità di crescita grazie a nuovi clienti nel mercato unico digitale e i cambiamenti strutturali negativi in atto nelle regioni;

39.

è convito che lo sviluppo del mercato unico digitale si basi sulla modernizzazione dell’istruzione, dato che quest’ultima, attraverso la trasmissione di competenze fondamentali anche nel settore digitale, svolge un ruolo importante nella società. Al fine di sfruttare le grandi opportunità di sperimentare nuovi approcci e metodi nel settore dell’istruzione occorre promuovere lo sviluppo di metodi innovativi e digitali in tale settore, aiutando e incoraggiando gli insegnanti e tutte le parti coinvolte in questo processo;

40.

accoglie con favore, in tale contesto, l’attenzione che la Commissione riserverà al ruolo delle piattaforme nel quadro delle ricerche che avvierà già nel corso del 2015;

41.

esprime particolare apprezzamento per la chiara focalizzazione strategica della Commissione sull’importanza della cibersicurezza nei servizi digitali e del trattamento riservato dei dati personali in quanto base essenziale per lo sviluppo del mercato unico digitale;

42.

sottolinea, a tal riguardo, la particolare importanza del futuro regolamento generale sulla protezione dei dati, sia come base affinché i servizi del mercato unico digitale possano svilupparsi all’insegna della fiducia, che per favorire la creazione di condizioni di parità al fine di consentire anche alle imprese regionali di fruire di migliori opportunità.

Massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale

43.

accoglie con favore la chiara constatazione della Commissione secondo cui la digitalizzazione dovrà investire tutti i comparti economici e, in prospettiva, la maggior parte dei settori economici sarà sempre più integrata negli ecosistemi digitali;

44.

osserva che per la prosperità a lungo termine delle regioni e delle zone rurali d’Europa è di fondamentale importanza il modo in cui si riuscirà nel lungo periodo a realizzare le potenzialità quasi illimitate di creazione di valore offerte dalla digitalizzazione;

45.

condivide il giudizio della Commissione secondo cui la creazione di un’economia sostenibile dei dati rappresenta una delle sfide principali per il mercato unico digitale, anche nel contesto industriale (Industry 4.0). In questo quadro, le linee di sviluppo tecnologico degli ultimi anni generano molteplici opportunità in termini di creazione di nuovo valore. Bisogna, tuttavia, osservare che questa evoluzione pone anche gli enti locali e regionali dinanzi a grandi sfide sul piano tecnico, organizzativo e giuridico;

46.

sottolinea che l’interoperabilità è un fattore orizzontale cruciale per lo sviluppo del mercato unico digitale al fine di poter creare, sulla base di norme e standard, nuove reti digitali della catena del valore, nelle quali può apportare un contributo significativo anche la pubblica amministrazione in rete degli enti locali e regionali;

47.

richiama l’attenzione sull’enorme importanza dell’alfabetizzazione e delle competenze digitali dei cittadini, dei lavoratori e delle persone in cerca di lavoro per realizzare la digitalizzazione ad ampio raggio dell’economia e della società. In tale contesto, gli Stati membri e gli enti locali e regionali, che spesso sono competenti in materia di scuole e strutture di insegnamento, svolgono un ruolo fondamentale sul lungo termine nello sviluppo delle competenze digitali;

48.

raccomanda, nel contesto della rapida digitalizzazione di tutti i settori della società, di garantire l’inclusione digitale per consentire a tutti i cittadini di fruire dei vantaggi di una società digitalizzata;

49.

raccomanda anche la condivisione di dati, pur nel rispetto delle norme sulla privacy dei singoli paesi, finalizzata a scopi e processi di utilità comune, fonte di vera semplificazione e standardizzazione, sicuramente a livello nazionale (processi già in atto da tempo in alcuni paesi), ma anche a livello transnazionale;

50.

raccomanda, per un vero sviluppo del mercato unico digitale, una seria ristrutturazione dei processi sia nella pubblica amministrazione che nelle imprese. Pensare digitale e creare nuove soluzioni tecnologiche non significa informatizzare processi preesistenti e replicare in maniera digitale sequenze di azioni manuali e flussi cartacei. In vista dell’utilizzo degli strumenti digitali innovativi oggi esistenti, occorre semplificare flussi e procedure interni ed esterni dell’economia, al fine di rendere più agile e veloce il processo di comunicazione tra i diversi soggetti, nonché per creare servizi su misura e con un valore aggiunto maggiore;

51.

condivide la valutazione della Commissione secondo cui la pubblica amministrazione in rete rappresenta uno strumento essenziale per aumentare ulteriormente l’efficacia in termini di costi e la qualità dei servizi erogati alle imprese e ai cittadini nel settore pubblico, in particolare da parte degli enti locali e regionali;

52.

sottolinea che, in relazione al nuovo piano d’azione per l’e-Government 2016-2020, annunciato dalla Commissione, l’ulteriore miglioramento delle strutture dei portali e dei servizi esistenti nel settore pubblico può produrre effetti positivi, cui possono contribuire in misura significativa gli enti locali e regionali, in particolare quelli delle aree metropolitane transfrontaliere;

53.

ritiene tuttavia che gli incrementi di efficienza generati in questo settore produrranno nel prossimo futuro effetti moltiplicatori e potenzialità di risparmio più modesti di quelli stimati dalla Commissione, e chiede che gli enti locali e regionali vengano coinvolti in modo particolare nell’elaborazione e nell’attuazione del previsto piano d’azione per l’e-Government affinché sia possibile sviluppare al meglio le loro potenzialità in materia. Bisognerebbe prestare maggiore attenzione a quegli enti locali di dimensioni minori che non dispongono delle capacità, né in termini economici né sul piano delle risorse umane, per affrontare al meglio le sfide della digitalizzazione. Sarebbe inoltre necessario sperimentare nuove forme organizzative di collaborazione che consentano una migliore prestazione di questi servizi, forme che potrebbero essere differenti da quelle impiegate per la fornitura di beni o la prestazione di servizi tangibili.

Creazione del mercato unico digitale

54.

sottolinea in questo contesto che agli enti locali e regionali spetta la responsabilità e un ruolo di primo piano in relazione alle necessità di adeguamento delle strutture di governance che la creazione del mercato unico digitale comporta, in quanto essi costituiscono l’«interfaccia» prioritaria del settore pubblico nei confronti dei cittadini e delle imprese;

55.

sostiene la Commissione negli sforzi volti a migliorare il clima per gli investimenti nelle reti digitali, nella ricerca e nell’imprenditoria innovativa, al fine anche di colmare il divario digitale tra aree urbane e zone rurali.

Bruxelles, 13 ottobre 2015.

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  Risoluzione del CdR sulle priorità per il programma di lavoro 2016 della Commissione europea, punto 27.

(2)  http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52013AR5960


17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/30


Parere del Comitato europeo delle regioni — Revisione della direttiva sui «servizi di media audiovisivi»

(2015/C 423/06)

Relatore:

Jean-François ISTASSE (BE/PSE), consigliere comunale di Verviers

I.   OSSERVAZIONI GENERALI

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

1.

ritiene opportuno procedere ad una revisione della Direttiva sui servizi di media audiovisivi (SMA), tenuto conto della costante evoluzione degli sviluppi tecnologici, della situazione geopolitica e delle relative ripercussioni sulle modalità di produzione, diffusione e consumo dei media audiovisivi;

2.

insiste sull'importanza di mantenere un riferimento esplicito alla diversità culturale in quanto principio fondamentale della direttiva sugli SMA, tenuto conto in particolare dell'adesione dell'Unione europea alla convenzione dell'Unesco sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali; osserva in proposito che il PSM (Servizio Pubblico Media) regionale — rappresentato in Europa da Circom — fornisce tale servizio, lanciando notiziari e programmi molto prossimi ai territori ed anche alle comunità di lingue minoritarie;

3.

sottolinea la necessità di perseguire politiche a favore del pluralismo dei mezzi di informazione, della protezione delle libertà individuali e del rispetto degli standard internazionali, valori garanti della democrazia; osserva che occorre adottare nuove iniziative volte a garantire l'indipendenza e il pluralismo della stampa in quanto elementi portanti della democrazia regionale e locale;

4.

afferma che è pertinente tener conto della dimensione regionale nella direttiva sugli SMA, in particolare allo scopo di valorizzare le identità culturali europee, le coproduzioni transfrontaliere all'interno dell'Unione europea e le innovazioni creative locali;

5.

mette l'accento sulla potenza economica dell'industria culturale, sulla sua forte capacità di creazione di valore e sul suo potenziale in termini di posti di lavoro di qualità in settori economici emergenti;

6.

condivide l'intento della Commissione europea, espresso nel Libro verde Prepararsi a un mondo audiovisivo della piena convergenza: crescita, creazione e valori, di garantire «un accesso quanto più ampio possibile a contenuti europei diversificati e la più ampia scelta di offerte di qualità elevata», e sottolinea al riguardo la necessità di una regolamentazione che disciplini l'accessibilità del PSM (Servizio Pubblico Media) regionale, per conoscere in particolare lo scopo e l'entità dei servizi offerti;

7.

si compiace che la Commissione, nel quadro della Strategia per il mercato unico digitale, dichiari di voler aggiornare la legislazione sui diritti d'autore e garantire il giusto equilibrio tra gli interessi dei creatori e quelli degli utenti, con l'obiettivo di promuovere l'accesso alla cultura e la diversità culturale;

8.

insiste sull'utilità del sistema duale che contraddistingue il settore audiovisivo europeo, in virtù del quale soggetti pubblici e privati possono coesistere in maniera stimolante, e sottolinea l'importanza di favorire un finanziamento pubblico permanente e sufficiente degli operatori audiovisivi pubblici da parte degli Stati membri, in modo tale da consentire a tali operatori di svolgere i loro compiti di servizio pubblico, che si tratti di servizi lineari o non lineari, e di farlo nel pieno rispetto delle normative UE applicabili al finanziamento delle emittenti di servizio pubblico;

9.

ribadisce l'importanza di un'efficace regolamentazione degli SMA, la quale presuppone in particolare una reale cooperazione tra le autorità di regolamentazione e l'indipendenza di queste ultime rispetto sia ai poteri pubblici che ai vari soggetti del settore audiovisivo e ai partiti politici;

10.

insiste sulla funzione di coesione sociale — di fondamentale importanza per la cittadinanza europea — che svolgono i media audiovisivi europei;

11.

ritiene necessario estendere il campo di applicazione della direttiva sugli SMA in modo tale da coprire anche i contenuti audiovisivi che non rientrano tra quelli «comparabili ai servizi televisivi»;

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

Campo di applicazione della direttiva

12.

ritiene che nel campo di applicazione della direttiva sugli SMA debbano rientrare tutti i tipi di fornitori di contenuti audiovisivi, compresi quelli che ospitano contenuti generati dagli utenti;

13.

raccomanda di valutare l'opportunità di creare nuove categorie di fornitori di servizi, i quali ai sensi della direttiva vanno considerati dei distributori di servizi, indipendentemente dalla piattaforma di diffusione utilizzata;

14.

nell'eventualità che vengano create nuove categorie di fornitori di servizi, sottolinea l'importanza che queste nuove categorie siano assoggettate a talune disposizioni della direttiva, a seconda della natura specifica dell'attività svolta;

15.

osserva che, una volta superata la fase della scelta del programma, che il servizio sia lineare o non lineare, la situazione di visione dei contenuti in cui viene a trovarsi il consumatore è simile; di conseguenza, occorre adattare il trattamento differenziato riservato dalla direttiva sugli SMA ai servizi lineari e a quelli non lineari in materia di tutela dei minori e di comunicazione commerciale;

16.

invita la Commissione europea a chiarire meglio il concetto di «responsabilità editoriale» che figura nella direttiva in vigore e che definisce l'attività di un fornitore di SMA, affinché tale concetto comprenda sia la responsabilità di produzione del servizio sia la responsabilità giuridica associata a quest'ultima;

17.

chiede che, nel dispositivo della direttiva, venga operata una netta distinzione tra le norme applicabili ai fornitori di servizi di media audiovisivi che esercitano il pieno controllo editoriale sui servizi e i programmi proposti e quelle applicabili ai fornitori di servizi che non esercitano un controllo editoriale di questo tipo, come i distributori di servizi e i servizi over-the-top (OTT) compresi i motori di ricerca, i social network, gli aggregatori di contenuti, o anche i servizi di commercio elettronico, i portali o i servizi di condivisione online;

18.

fa presente che i media locali e regionali sono sempre più sotto pressione. L'informazione locale e regionale rischia di scomparire. Per promuovere lo sviluppo di contenuti informativi locali e regionali e favorire il pluralismo della stampa occorre creare un quadro giuridico che consenta di instaurare partenariati pubblico-privati.

Valutazione del principio del paese di origine

19.

sulla scorta di quanto affermato in un parere sul tema Il cinema europeo nell'era digitale (1), si pronuncia a favore di un esame del principio del paese di origine sancito dalla direttiva sugli SMA che tenga conto, in particolare, degli aspetti di certezza giuridica necessari allo sviluppo di soggetti del settore audiovisivo europeo. Occorre pertanto valutare l'opportunità di tenere conto anche del cosiddetto «principio del paese di destinazione» vigente in alcuni Stati membri, nella misura in cui tale principio non venga ad inficiare quello del paese di origine;

20.

ritiene, al pari del Parlamento europeo nella sua Risoluzione del 12 marzo 2014 sulla preparazione a un mondo audiovisivo caratterizzato dalla piena convergenza, che sia opportuno adeguare le norme del diritto dell'UE alle realtà di Internet e dell'ambiente digitale, soprattutto per quanto riguarda le imprese che offrono contenuti audiovisivi online e che cercano di sottrarsi all'imposizione fiscale in taluni Stati membri stabilendo la loro sede in paesi con un livello di tassazione molto basso;

21.

esorta a rafforzare ed estendere (in particolare ai servizi non lineari) l'attuale meccanismo in vigore, previsto dall'articolo 4 della direttiva sugli SMA, volto ad evitare l'elusione delle disposizioni europee e nazionali;

22.

ritiene opportuno esigere che i fornitori di servizi di media audiovisivi che sono stabiliti al di fuori dell'UE ma che si rivolgono al pubblico dell'UE si registrino o nominino un rappresentante in uno Stato membro (ad esempio, il principale paese a cui si rivolgono);

23.

ritiene che il primo criterio in base al quale un fornitore di SMA sia da ritenersi collegato ad un determinato Stato membro debba essere il criterio della sede di attività, cioè il luogo in cui la maggior parte dell'organico del fornitore in questione è occupata nelle attività di SMA;

Accessibilità

24.

nel riconoscere la crescente importanza dei servizi OTT — definiti come una modalità di distribuzione di contenuti attraverso Internet e senza altra intermediazione da parte dei provider di Internet a parte quella del trasporto dei dati — e la loro funzione sempre più rilevante di interfaccia tra i cittadini e i contenuti audiovisivi, sottolinea l'utilità di un'effettiva regolamentazione di tali servizi, per garantire l'accesso a un'offerta di informazione pluralistica e la diversità dei contenuti audiovisivi;

25.

ritiene assolutamente necessario assicurarsi che i produttori di contenuti audiovisivi locali e regionali godano di parità di accesso agli utenti, anche nel caso in cui tali contenuti siano diffusi da aggregatori;

26.

è dell'avviso che questo principio di parità di accesso agli utenti da parte dei produttori di contenuti audiovisivi locali e regionali debba essere un principio guida della riflessione delle istituzioni europee;

27.

esorta ad adottare disposizioni tese a garantire che i servizi OTT e i provider di Internet, così come i fornitori di servizi di telecomunicazioni, non possano in alcun modo privilegiare i loro propri contenuti o i contenuti di loro scelta allorché operano in qualità di distributori di SMA, in particolare al fine di promuovere la diversità culturale. Il punto fondamentale è che occorre rispettare pienamente e garantire l'integrità e la qualità del segnale di un canale di programma trasmesso da un'emittente;

28.

allo scopo di garantire l'efficacia dei principi di diversità culturale e di pluralismo dei mezzi di informazione, dichiara che la ricerca e la selezione di contenuti audiovisivi non possono in alcun caso essere subordinate ad interessi economici;

29.

in occasione della revisione della direttiva, chiede di fare in modo che vengano adottate le misure necessarie al rispetto dell'integralità dei contenuti, per rispetto sia degli autori dei contenuti che dei consumatori;

Geoblocco (o «blocco geografico»)

30.

considera l'equo compenso degli autori di contenuti audiovisivi una condizione indispensabile da non rimettere in discussione;

31.

ritiene che, in un universo digitale convergente, occorra garantire una catena di valori stimolante per la creazione audiovisiva europea;

32.

ritiene che i contenuti audiovisivi regionali e locali sviluppati e finanziati dal settore pubblico debbano essere disponibili in tutta l'UE. Gli ostacoli digitali che impediscono tale diffusione devono essere eliminati;

33.

esorta la Commissione europea a tener presente nella riflessione sul geoblocco dei contenuti audiovisivi la specificità culturale di questi ultimi;

34.

allo stesso modo, invita la Commissione europea ad adottare le misure necessarie per sostenere i produttori di contenuti audiovisivi europei e i distributori europei e nazionali;

35.

ritiene che il principio di territorialità dei diritti d'autore debba essere mantenuto, in quanto tale meccanismo ha dato prova di efficacia nel garantire una remunerazione agli autori e promuovere una creazione audiovisiva europea di qualità;

36.

è favorevole all'introduzione della portabilità dei diritti da parte degli utenti di SMA e, in particolare, di una portabilità dei diritti connessi agli abbonamenti audiovisivi, il che consentirebbe a detti utenti di accedere ai servizi di cui usufruiscono nei rispettivi paesi quando viaggiano in altri paesi dell'Unione europea;

37.

chiede inoltre di rivolgere particolare attenzione alle minoranze linguistiche e culturali dell'Unione europea, su cui le politiche di geoblocco hanno un'incidenza poiché impediscono alle popolazioni interessate di avere accesso a degli SMA nella loro lingua;

Opere europee e indipendenti

38.

incoraggia vivamente l'insieme dei soggetti del settore audiovisivo europeo a privilegiare lo sviluppo di contenuti di elevata qualità, in modo da rendere più attraente l'offerta europea di servizi lineari e non lineari;

39.

insiste sull'importanza di rendere effettiva l'applicazione della direttiva sugli SMA, la quale raccomanda di «adottare le misure […] per incoraggiare l'attività e lo sviluppo della produzione e della distribuzione audiovisiva europea, specialmente nei paesi con scarsa capacità di produzione o con un'area linguistica ristretta», anche a livello regionale;

40.

per quanto riguarda i servizi lineari e non lineari, raccomanda di incoraggiare gli Stati membri a introdurre e attuare dei meccanismi di contributo finanziario per sostenere tutta la catena audiovisiva, compresa la produzione delle opere europee, come previsto attualmente, in forma facoltativa, per i servizi non lineari dall'articolo 13 della direttiva, e inclusi inoltre l'acquisto dei diritti di tali opere e la loro promozione;

41.

perseguendo lo stesso obiettivo di promozione delle opere e dei programmi europei di qualità, ritiene necessarie misure più ambiziose volte all'armonizzazione di tale promozione sia per i servizi lineari che per i servizi non lineari;

Protezione dei consumatori

42.

raccomanda di mantenere i principi fondamentali di protezione dei consumatori nei confronti delle comunicazioni commerciali e di concentrare le nuove disposizioni da adottare nel quadro della convergenza sullo spazio dedicato alla visione dei programmi;

43.

richiama l'attenzione della Commissione europea sulle strategie e pratiche pubblicitarie innovative messe a punto per i servizi non lineari e intese a rafforzare l'efficacia dei messaggi diffusi, e sui potenziali pericoli che esse comportano per quanto concerne la protezione dei consumatori, della loro privacy e dei loro dati personali;

44.

chiede pertanto l'adozione di un corpus coerente e unitario di misure intese a garantire la protezione dei consumatori di SMA lineari e non lineari;

45.

osserva che occorre continuare a prestare particolare attenzione all'articolazione tra le questioni connesse all'apparente gratuità, all'accessibilità e alla qualità dei contenuti e i rischi che minacciano le libertà individuali dei cittadini, compresi quelli legati all'utilizzo dei loro dati personali;

46.

sottolinea come la promozione di un'alfabetizzazione digitale sempre più estesa e consapevole rafforzi le capacità di controllo e di prevenzione dei cittadini e delle loro rappresentanze sul pericolo di svuotamento, ai livelli economico-commerciale e culturale, delle particolarità e delle articolazioni territoriali, a favore di una omogeneizzazione dell'offerta di SMA egemonizzata da chi detiene il potere della rete;

Tutela dei minori

47.

raccomanda di adottare una regolamentazione omogenea dei programmi potenzialmente nocivi per i minori, indipendentemente dalla modalità di accesso a tali programmi e dal canale di trasmissione, sia per un servizio lineare che per uno non lineare; mette in evidenza che nella maggior parte dei PSM europei — sia nazionali che regionali — i programmi e gli spazi di trasmissione dedicati ai minori sono disciplinati da un contratto o dalla normativa;

48.

chiede che siano introdotti degli incentivi a favore di contenuti appositamente progettati per i minori e adatti a tale pubblico, nonché che vengano promossi partenariati nell'ambiente digitale tra operatori audiovisivi e il settore dell'educazione. L'utilizzo delle diverse forme di media sociali, di contenuti digitali, di servizi informativi ecc. dovrebbe essere inserito nei programmi didattici affinché i giovani ne acquisiscano la padronanza già in una fase precoce;

Alfabetizzazione mediatica

49.

invoca maggiori attività di promozione dei contenuti di alfabetizzazione mediatica, in particolare per quanto riguarda i nuovi media. Raccomanda l'impiego giudizioso di tutti i media disponibili, sia digitali che analogici, al fine di migliorare la qualità di vita dei cittadini e garantire la loro piena partecipazione alla società dei media;

Informazione online

50.

ritiene opportuno avviare una disamina approfondita in merito all'opportunità di includere nel campo di applicazione della direttiva alcuni elementi dell'informazione online (video) e i servizi di scaricamento di contenuti (download-to-rent e download-to-own), in particolare riesaminando la definizione di «servizio di media audiovisivo»;

51.

osserva che il mandato di negoziato sul TTIP prevede espressamente che «l'accordo non deve contenere disposizioni che potrebbero pregiudicare la diversità culturale o linguistica dell'Unione o dei suoi Stati membri, in particolare nel settore della cultura, né impedire all'Unione e agli Stati membri di mantenere le politiche e le misure esistenti a sostegno del settore della cultura, considerato lo status speciale di tale settore nell'UE e negli Stati membri»;

Regolamentazione

52.

sostiene che la direttiva sugli SMA dovrà sancire i principi adottati dall'ERGA (il Gruppo di regolatori europei per i servizi di media audiovisivi) nella sua dichiarazione fondatrice, menzionando quindi «l'individuazione, a livello europeo, di caratteristiche comuni che tutti gli organi di regolamentazione dovrebbero possedere» in termini di indipendenza, processi decisionali e nomine trasparenti, di competenza ed esperienza, di efficacia dei poteri di esecuzione, di meccanismi di risoluzione delle controversie e di revisione delle decisioni dei regolatori da parte di un potere giurisdizionale.

Bruxelles, 13 ottobre 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52014IR3660&from=EN


17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/35


Parere del Comitato europeo delle regioni — Strumenti finanziari a sostegno dello sviluppo territoriale

(2015/C 423/07)

Relatore:

Adam STRUZIK (PL/PPE), presidente della regione Masovia

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

1.

formula raccomandazioni riguardo all'uso degli strumenti finanziari per lo sviluppo territoriale, basandosi, a questo scopo, su un'analisi del relativo contesto giuridico, dell'utilità di tali strumenti per la politica di sviluppo territoriale e delle misure intese a garantire la loro efficacia e istituzionalizzare il loro uso;

2.

sottolinea che, considerata l'importanza dell'uso degli strumenti finanziari per lo sviluppo territoriale, nell'elaborare il presente parere ci si è avvalsi dell'esperienza acquisita dai membri della commissione COTER e del gruppo BUDG e sono state consultate la Commissione europea, la Banca europea per gli investimenti (BEI) ed altre parti dotate di conoscenze ed esperienza nel campo dell'impiego di tali strumenti;

3.

riconosce che gli strumenti finanziari possono svolgere un ruolo importante ai fini dello sviluppo territoriale. Finanziamenti rimborsabili possono assicurare un maggiore effetto moltiplicatore del capitale investito in alcuni ambiti in cui il finanziamento privato può integrare quello pubblico e la redditività è sufficientemente elevata;

4.

nel contempo, sottolinea che il sistema delle sovvenzioni svolge un ruolo essenziale nella promozione dello sviluppo territoriale, in particolare nelle aree in cui il mercato ha fallito e le sfide della coesione territoriale costituiscono un vero problema; e fa notare che tale sistema e gli strumenti finanziari sono complementari, in quanto dovrebbero essere impiegati per situazioni differenti, per cui il fatto di promuovere l'impiego di strumenti finanziari non deve tradursi in una limitazione eccessiva di tale sistema o in un effetto di spiazzamento (crowding out) sulle risorse assegnate dal bilancio UE alla politica di coesione;

5.

condivide, in merito alle sfide poste dall'attuazione della politica di coesione 2014-2020, le conclusioni del Consiglio di Riga del 9 giugno 2015, nelle quali si invita «la Commissione a fornire orientamenti tempestivi, logici, coerenti e chiari in merito all'uso di strumenti finanziari e alle sinergie tra i vari strumenti e a prendere in considerazione tutte le opportunità per fare maggiore chiarezza, senza in alcun caso superare il campo di applicazione delle disposizioni giuridiche concordate dai colegislatori creando ulteriori obblighi»;

6.

prende atto delle conclusioni della relazione speciale n. 05/2015 della Corte dei conti sull'utilizzo degli strumenti finanziari nelle zone rurali (1), che ha messo in luce il rischio di sovracapitalizzazione dei fondi di garanzia rispetto alla domanda degli investitori privati, ma anche le conseguenze legate alla mancanza di un effetto leva quando si fa ricorso a finanziamenti privati per integrare quelli pubblici; e invita pertanto la Commissione europea a trarre da tale relazione i dovuti insegnamenti.

Il Comitato europeo delle regioni tiene a sottolineare quanto segue:

Contesto giuridico

7.

l'obiettivo dell'intervento dei fondi strutturali è quello di garantire l'attuazione dell'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. E le autorità competenti dell'UE e degli Stati membri dovrebbero, nel presentare una posizione o adottare una decisione in merito agli strumenti finanziari, analizzarne ogni volta l'impatto sul conseguimento di tale obiettivo;

8.

l'uso di strumenti finanziari regolamentati in misura insufficiente è altrettanto nocivo di quello di strumenti finanziari regolamentati in misura eccessiva. È importante che, già in questa fase iniziale del quadro finanziario 2014-2020, si adottino immediatamente tutte le soluzioni giuridiche necessarie, in modo da non ripetere gli errori verificatisi all'inizio del quadro finanziario che si è da poco concluso (2007-2013);

9.

una regolamentazione a livello UE dopo l'inizio dell'applicazione, da parte degli Stati membri, degli strumenti finanziati dai fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) dovrebbe essere introdotta soltanto in circostanze eccezionali. Bisognerebbe fare in modo che le autorità e le istituzioni dell'UE, e in particolare la Commissione europea (CE), si consultino con i rappresentanti delle regioni in merito a tutte le modifiche normative che incidano sulla programmazione, l'applicazione e la contabilizzazione di strumenti finanziari rilevanti per lo sviluppo territoriale;

10.

è necessario instaurare una forma di dialogo permanente tra i rappresentanti delle regioni, della CE, della BEI e delle associazioni di rappresentanza delle imprese riguardo all'interpretazione delle disposizioni giuridiche vigenti, agli effetti della loro applicazione o ai problemi riscontrati, in modo da massimizzare i benefici offerti dall'attuazione degli strumenti finanziati dai fondi SIE. Il Comitato delle regioni esorta la Commissione europea ad agire con urgenza per istituzionalizzare tale cooperazione;

11.

fa notare, inoltre, che tutte le informazioni in materia devono essere trasparenti, quanto più possibile dettagliate e comunicate in forma semplificata, affinché tutte le parti potenzialmente interessate, siano esse persone fisiche o giuridiche, dispongano di tutte le informazioni di fondo necessarie per le decisioni in materia di investimento o di sviluppo. Questo permette di ridurre i rischi nascosti, di valutare e programmare accuratamente gli adempimenti amministrativi e, nel complesso, di accrescere la propensione all'investimento;

12.

occorre assicurarsi che i problemi cui sono oggi confrontati gli enti regionali e locali che avevano scelto di introdurre e utilizzare strumenti rimborsabili nel corso del quadro finanziario 2007-2013 non li dissuadano dallo scegliere questa stessa forma di finanziamento nel periodo di programmazione 2014-2020. E occorre adottare misure per garantire che il rischio derivante dalla regolamentazione insufficiente degli strumenti finanziari nel quadro finanziario 2007-2013 non ricada sulle autorità di gestione, sugli intermediari finanziari e, soprattutto, sui beneficiari finali;

13.

nelle eventuali rettifiche nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013 si dovrebbe tener presente che, ai sensi dell'articolo 98 del regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006, si è tenuto conto della natura e della gravità delle irregolarità e della perdita finanziaria che ne risulta per i Fondi. La Commissione europea dovrebbe adottare le misure necessarie per garantire il rispetto di tale disposizione sia a livello di Unione europea che nei singoli Stati membri;

14.

rileva che il punto 20 degli orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio (2) stabilisce che «le misure di aiuto al finanziamento del rischio devono essere attuate mediante intermediari finanziari o piattaforme alternative di negoziazione, tranne nel caso di incentivi fiscali applicabili a investimenti diretti in imprese ammissibili. Pertanto, una misura che consente allo Stato membro o ad un ente pubblico di effettuare investimenti diretti in società senza il coinvolgimento di tali veicoli di intermediazione non rientra nell'ambito di applicazione delle disposizioni in materia di aiuti di Stato per il finanziamento del rischio previste dal regolamento generale di esenzione per categoria e dai presenti orientamenti». Pertanto, quando un'autorità di gestione, nel quadro di un pacchetto finanziario, effettua il versamento diretto di un aiuto ad una PMI, l'aiuto in questione può essere considerato un aiuto di Stato compatibile con il Trattato soltanto se il suo importo è inferiore agli importi fissati dal regolamento de minimis oppure se tale aiuto viene concesso nel quadro di altre norme orizzontali dell'UE sugli aiuti di Stato (ad esempio in materia di PMI, coesione regionale, R&S ecc.). Il Comitato invita quindi la Commissione a valutare se tale dispositivo non incoraggi una frammentazione dei progetti sostenuti dagli strumenti finanziari e se i suddetti orientamenti non siano in contrasto con l'articolo 38 del regolamento (UE) n. 1303/2013 recante disposizioni comuni sui fondi strutturali in merito all'attuazione degli strumenti finanziari;

15.

a tutti i livelli di attuazione bisognerebbe adoperarsi per eliminare i vincoli normativi superflui, che fanno lievitare i costi e diminuire la domanda di strumenti finanziari;

16.

in caso di irregolarità nell'applicazione dei fondi strutturali nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013, è necessario assicurarsi che la spesa interessata non venga inclusa nella rendicontazione presentata alla Commissione europea. In proposito, tuttavia, va osservato che, qualora siano state rilevate irregolarità, la revoca dei finanziamenti da parte di un intermediario o di un fondo dovrebbe aver luogo soltanto nei casi in cui non sia possibile garantirne un ulteriore impiego efficace. Ciò si deduce, tra l'altro, dalla ratio dell'articolo 78, paragrafo 6, secondo comma, del già citato regolamento (CE) n. 1083/2006, secondo cui la spesa ammissibile viene determinata alla chiusura parziale o finale del programma operativo. Il Comitato delle regioni invita la Commissione europea a garantire quanto sopra indicato e ad apportare, se del caso, alla regolamentazione in questo campo tutte le modifiche necessarie;

17.

bisognerebbe assicurarsi che, nel processo di rendicontazione delle spese, i beneficiari presentino documenti affidabili. Il Comitato delle regioni sottolinea, tuttavia, che la maggior parte degli strumenti finanziari utilizzati è stata elaborata sul mercato commerciale, ragion per cui, nel processo di verifica contabile, occorre tener conto della loro natura e della loro struttura applicativa;

18.

i documenti giustificativi richiesti a sostegno dell'ammissibilità delle spese devono essere solo quelli indispensabili per raggiungere l'obiettivo perseguito. Laddove possibile, dovrebbero essere ammessi i mezzi di prova meno onerosi per i beneficiari e i destinatari finali, come ad esempio le autocertificazioni, ferma restando in ogni caso la necessità di effettuare controlli al fine di verificare le prove presentate. Al riguardo il Comitato osserva che occorrerebbe formulare una proposta sul ricorso ai registri pubblici degli Stati membri; e propone inoltre che, già nella fase di programmazione, il sistema dei mezzi di prova e dei controlli sia concepito in modo tale da non incidere negativamente sulle decisioni dei beneficiari o degli utilizzatori finali in merito alle richieste di fondi;

19.

come in qualsiasi mercato, anche in quello degli strumenti finanziari l'equilibrio si determina sulla base della domanda e dell'offerta; e il fattore che condiziona il volume della domanda e dell'offerta è il prezzo. Il Comitato delle regioni sottolinea che, nel caso degli strumenti finanziari pubblici, bisognerebbe avvalersi quanto più possibile dei meccanismi naturali del mercato;

20.

in tale contesto, va sottolineato che, nel caso in cui gli intermediari percepiscano provvigioni e commissioni dalle PMI, la riduzione dell'importo delle spese ammissibili finanziate nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013 può disincentivare una sana gestione delle risorse pubbliche e dar luogo a una distorsione eccessiva dei meccanismi naturali del mercato. Il Comitato delle regioni invita la Commissione ad attivarsi, congiuntamente con le regioni, per individuare i settori inefficienti ed elaborare senza indugi le misure correttive appropriate.

Gli strumenti finanziari come strumento di politica regionale

21.

occorre sottolineare che la decisione di ricorrere a strumenti finanziari deve sempre scaturire da un'analisi approfondita e puntare alla massima utilità sociale possibile. Il Comitato delle regioni sottolinea pertanto che tali strumenti devono servire ad affrontare problemi sociali, economici o ambientali concreti, e prefiggersi, tra l'altro, l'obiettivo di promuovere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;

22.

la decisione di mobilitare strumenti finanziari dovrebbe sempre basarsi su un'analisi dell'impatto che tali strumenti avranno sulle altre forme di sostegno disponibili, tenendo conto anche della possibilità di realizzare sinergie — combinando forme diverse di aiuto — e delle eventuali sovrapposizioni tra più strumenti. Le autorità competenti dovrebbero garantire la coerenza tra gli strumenti applicati a livello UE (quali, ad esempio, COSME od Orizzonte 2020) e gli altri mezzi di sostegno, provenienti in particolare dalla BEI o dai fondi SIE e finanziati con l'ausilio di enti (creditizi) di promozione pubblica o di sviluppo nazionale o locale. Considerati i benefici di queste sinergie, il Comitato delle regioni invita la Commissione europea e la Banca europea per gli investimenti a garantire una consultazione permanente con i partner locali e regionali in questo campo;

23.

merita sottolineare la necessità di introdurre soluzioni che permettano di combinare in maniera più flessibile forme di finanziamento diverse o provenienti da fonti diverse. Nel caso dei fondi SIE, dovrebbe essere permessa la sovrapposizione delle spese ammissibili al fine di cumulare sovvenzioni e strumenti finanziari. Questo aspetto è particolarmente importante per i soggetti esclusi dal credito bancario. Il Comitato delle regioni invita pertanto la Commissione europea a elaborare, insieme con i rappresentanti delle regioni, proposte di modifiche normative che tengano conto degli interessi dei soggetti economicamente più deboli;

24.

nel caso degli strumenti finanziari destinati allo sviluppo territoriale, è necessario evitare di farvi ricorso per stabilizzare il sistema finanziario e applicare misure anticicliche — finalità, queste, che andrebbero perseguite utilizzando altre fonti di finanziamento. Il Comitato delle regioni invita le autorità e le istituzioni dell'Unione europea a fare in modo che le misure di sviluppo siano utilizzate conformemente al loro obiettivo;

25.

la Commissione europea e la Banca europea per gli investimenti dovrebbero garantire una partecipazione adeguata delle regioni in relazione all'uso degli strumenti finanziari nel quadro del «Piano di investimenti per l'Europa». In tale contesto, il CdR si compiace che, nel considerando 56 del regolamento sul Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), si specifichi che gli enti regionali e locali dovrebbero poter contribuire alla creazione e gestione di un portale dei progetti d'investimento europei;

26.

è positivo che gli strumenti finanziari attraggano capitale privato; e la Commissione europea deve assicurarsi che l'effetto leva degli strumenti finanziati dai fondi europei raggiunga un livello ottimale e coerente con l'obiettivo sociale perseguito;

27.

il CdR raccomanda di semplificare gli strumenti finanziari dell'UE, e sottolinea che essi devono essere semplici e di facile uso, con la giusta quantità di pesi e contrappesi;

28.

il CdR sottolinea la necessità di promuovere meglio gli strumenti finanziari tra i potenziali utenti, affinché questi siano più informati riguardo al loro specifico valore aggiunto e al loro utilizzo ottimale;

29.

occorre assicurarsi che gli strumenti finanziari siano distribuiti in funzione dei bisogni sociali ed economici, acquisendo una chiara consapevolezza della dimensione regionale e adottando un approccio che tenga conto delle diverse condizioni che spesso si riscontrano nelle città e nelle zone rurali — sostenendo, ad esempio, i piccoli progetti e favorendo l'accesso delle piccole regioni a queste opportunità di finanziamento. È importante richiamare l'attenzione sui potenziali effetti negativi che possono interferire con la distribuzione ottimale di tali strumenti;

30.

il CdR fa notare che molti enti locali e regionali incontrano difficoltà ad accedere ai fondi UE in quanto non possono farsi carico della propria quota di cofinanziamento, e sottolinea la necessità di sviluppare strumenti finanziari che li aiutino a superare tali difficoltà;

31.

tenendo conto delle limitate possibilità di finanziamento esterno, in particolare per le micro- e le piccole imprese dell'Unione europea, è necessario garantire una maggiore flessibilità per quanto attiene alle possibilità di finanziare il capitale di esercizio; considerando le difficoltà di pagamento e il carattere stagionale della produzione, questo capitale dovrebbe poter essere finanziato senza inutili restrizioni. E a questo scopo la Commissione dovrebbe intraprendere, insieme con i rappresentanti delle regioni, le misure appropriate per sostenere tale soluzione;

32.

consentire — in risposta alla crisi economica — il finanziamento del capitale di esercizio nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013 deve essere considerata una misura appropriata dal punto di vista degli interessi economici europei.

L'efficacia degli strumenti finanziari

33.

va sottolineato che una buona cooperazione tra la CE, la BEI e gli enti locali e regionali è un fattore cruciale per garantire un uso efficace degli strumenti finanziari nel quadro dello sviluppo territoriale e della politica di coesione nel suo insieme;

34.

alla luce dell'esperienza maturata con la crisi, occorre ricordare che gli strumenti finanziari pubblici non possono causare un aumento eccessivo del rischio nel sistema finanziario e in particolare in quello bancario;

35.

prima di decidere se adottare determinati strumenti, è necessario valutare se il finanziamento degli investimenti, ad esempio mediante uno strumento di debito, non imponga ai consumatori un onere eccessivo, dovuto ai costi del servizio di tale debito. Inoltre, è opportuno ricordare che i benefici risultanti dalla mobilitazione degli strumenti finanziari finanziati da risorse pubbliche non possono essere assorbiti o limitati da intermediari finanziari (ad esempio, uno strumento di garanzia dovrebbe comportare un abbassamento del costo della raccolta di capitali). Occorre altresì garantire che gli strumenti finanziari non si traducano per gli intermediari in una fonte di profitto ingiustificato, per effetto ad esempio di pratiche commerciali che ai servizi finanziari abbinino la vendita di polizze assicurative («bancassicurazione») o altri prodotti. La Commissione europea e le autorità nazionali devono adottare disposizioni appropriate in tal senso;

36.

bisognerebbe intensificare la condivisione di esperienze e conoscenze tra la CE e la BEI e gli enti locali e regionali. È inoltre necessaria una diagnosi condivisa tra gli enti territoriali e gli organi responsabili degli strumenti finanziari già esistenti, al fine di ottimizzare l'efficacia di questi ultimi. Il Comitato delle regioni dà atto alla Commissione europea e alla Banca europea per gli investimenti di essersi impegnate in tal senso, ma tiene anche a sottolineare che, considerata l'importanza cruciale del periodo iniziale di attuazione, è necessario lavorare più intensamente alla piena attuazione di soluzioni quali, ad esempio, la piattaforma fi-Compass;

37.

al fine di promuovere il ricorso agli strumenti finanziari — e ciò non solo nel campo dell'attuazione dei fondi SIE — la Commissione europea e la Banca europea per gli investimenti dovrebbero garantire alle regioni la possibilità di beneficiare di un sostegno adeguato e fattivo, nonché tale da consentire un approccio individualizzato per ciascuna regione. Un tale sostegno, peraltro, presuppone che si adottino orientamenti completi e appropriati riguardo ai modi in cui gli enti locali e regionali possono presentare domanda di accesso a strumenti finanziari, linee di credito della BEI e prestiti a titolo del FEIS, così da assicurarsi che questi enti possano scegliere con cognizione di causa lo strumento finanziario più adatto alle loro esigenze in termini di scala, tipo d'investimento e livello di rischio;

38.

il CdR fa notare che gli strumenti finanziari devono essere accessibili ai possibili utenti a condizioni più vantaggiose rispetto ai prestiti commerciali standard;

39.

pur dando atto degli sforzi già compiuti, il Comitato delle regioni invita la Commissione europea e la Banca europea per gli investimenti a dare rapida attuazione a programmi di sviluppo delle conoscenze — compresi corsi e formazioni (a diversi livelli e nelle lingue regionali) — per le amministrazioni incaricate della programmazione, applicazione e contabilizzazione degli strumenti finanziari, ma anche per gli attori finanziari regionali, e in particolare per quelli senza scopo di lucro, che hanno un accesso limitato a questo tipo di conoscenze. Analogamente, visto che in passato alcune regioni e alcuni gruppi di comuni hanno utilizzato con successo strumenti di prestito finanziati dall'UE, occorrerebbe assicurare un sostegno che consenta di trasferire i modelli impiegati e gli insegnamenti tratti da quegli enti territoriali ad altri paesi e altre regioni. E il Comitato sottolinea che, a questo scopo, è necessario fare uso della teledidattica (apprendimento online o e-learning);

40.

il finanziamento dei soggetti che applicano strumenti finanziari deve incentivare una gestione efficiente delle risorse assegnate ai soggetti stessi;

41.

la valutazione della necessità di una standardizzazione degli strumenti finanziari (a livello di regioni, Stati membri, Unione europea) dovrebbe tener conto innanzitutto della loro efficacia in rapporto agli obiettivi perseguiti e della diversità delle regioni. Occorre evitare che la standardizzazione sia esclusivamente il frutto della volontà di ridurre i costi di gestione sostenuti dagli intermediari;

42.

benché il processo di programmazione degli strumenti possa rivelarsi più lungo che nel caso delle sovvenzioni, la rapidità di distribuzione degli strumenti finanziari (prestiti e garanzie) dovrebbe, in questo periodo iniziale di quadro finanziario, continuare ad essere un loro punto di forza essenziale rispetto alle sovvenzioni. Per conseguire maggiore efficacia ed efficienza nell'impiego degli strumenti finanziari, fatti salvi il rigore e la qualità delle analisi ex-ante richieste per il processo di programmazione, è importante che il tempo necessario per le procedure amministrative sia ridotto al minimo;

43.

i responsabili devono prendere in considerazione la possibilità che l'introduzione di strumenti finanziari dia luogo a fenomeni indesiderati, e in particolare l'effetto di spiazzamento dal mercato (crowding-out) dei finanziamenti privati in seguito all'intervento pubblico. È dunque necessario adottare misure adeguate di salvaguardia contro i fenomeni di questo tipo. Ed è indispensabile una cooperazione adeguata in questo campo tra la Commissione europea, la Banca europea per gli investimenti e le regioni, compresi orientamenti ufficiali esaustivi sui diversi strumenti finanziari disponibili per gli enti locali e regionali;

44.

va sottolineato che, in particolare nel caso di soggetti esclusi dal credito bancario, il ricorso a strumenti finanziari dovrebbe portare, in ultima analisi, all'inclusione bancaria di tali soggetti e al loro finanziamento a lungo termine sul mercato commerciale.

Il sistema istituzionale

45.

l'applicazione degli strumenti finanziari provenienti dai fondi SIE non dovrebbe concentrarsi sulla contabilizzazione del sostegno accordato, bensì sul conseguimento di effetti positivi a lungo termine per l'economia europea;

46.

gli strumenti finanziari dovrebbero essere applicati per il tramite sia di grandi istituti finanziari (in particolare nel caso di prodotti complessi e di grande entità) che di intermediari più piccoli (nel caso di strumenti più semplici), che applicano prodotti provenienti dal campo della microfinanza;

47.

considerata la necessità di assicurare, una volta conclusosi l'intervento pubblico, l'efficacia della struttura di finanziamento esterno, la Commissione europea dovrebbe, insieme con i rappresentanti delle regioni, elaborare le soluzioni appropriate per garantire che, in seguito all'intervento effettuato nel periodo 2014-2020, le strutture del mondo delle imprese risultino rafforzate;

48.

il CdR mette in rilievo che è necessario coordinare meglio i controlli eseguiti a vari livelli, allo scopo di eliminare gli oneri superflui per gli enti locali e regionali; è anzi importante che i governi dei vari Stati membri siano tenuti a collaborare con gli enti locali e regionali;

49.

nella misura in cui ciò non interferisca con gli altri obiettivi, gli strumenti finanziari dovrebbero servire anche a sviluppare il mercato dei prodotti finanziari: ad esempio, occorrerebbe utilizzarli per promuovere i partenariati pubblico-privati o le società di servizi energetici (ESCO). E a tal fine la Commissione europea e la Banca europea per gli investimenti dovrebbero garantire alle regioni la possibilità di ricevere un adeguato sostegno;

50.

occorre tener presente che le modifiche normative, gli oneri supplementari o i rischi legati alla distribuzione degli strumenti non dovrebbero tradursi in un indebolimento degli intermediari finanziari, esponendoli a difficoltà finanziarie o riducendone la credibilità sul mercato;

51.

si devono sostenere gli sforzi (attività delle istituzioni, flusso di fondi privati ecc.) volti a internazionalizzare gli strumenti finanziari: ciò, infatti, renderà questi ultimi più efficaci ed efficienti, contribuendo così ad accrescere la competitività dell'economia europea.

Bruxelles, 14 ottobre 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  http://www.eca.europa.eu/Lists/ECADocuments/SR15_05/SR15_05_IT.pdf

(2)  GU C 19 del 22.1.2014.


17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/41


Parere del Comitato europeo delle regioni — Agenda dell’UE «Legiferare meglio»

(2015/C 423/08)

Relatore generale:

Spyros SPYRIDON (EL/PPE), membro del consiglio comunale di Poros

Testo di riferimento:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Legiferare meglio per ottenere risultati migliori — Agenda dell’UE»

COM(2015) 215 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

ritiene importante che la Commissione ponga come una priorità politica l’impegno a legiferare meglio per ottenere risultati migliori per i cittadini. I metodi innovativi di consultazione tra le istituzioni possono contribuire a creare una legislazione chiara ed efficace, che sosterrà i principi fondamentali dell’UE;

2.

ritiene che una buona regolamentazione, ossia atti legislativi semplici e di qualità, redatti in modo chiaro, opportunamente integrati nella legislazione negli Stati membri e riveduti ogniqualvolta sia necessario, contribuisca all’approfondimento del mercato unico, alla riduzione della burocrazia e alla creazione di valore aggiunto per i cittadini e le imprese;

3.

è convinto che la maggior parte dei cittadini europei guardi all’UE come all’istituzione che sancisce e garantisce il diritto alla qualità della vita, la sicurezza ambientale e la coesione economica, sociale e territoriale;

4.

condivide il rafforzamento dell’impegno della Commissione a favore della qualità della regolamentazione, muovendo dal programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione, e l’obiettivo di snellire la burocrazia ed eliminare gli oneri normativi, contribuendo così a creare un contesto favorevole agli investimenti; condivide la semplificazione e la riduzione degli oneri amministrativi per gli operatori privati, assicurando però l’esigenza di contemperare l’aspetto semplificativo con il mantenimento della qualità ambientale e la tutela dei diritti e degli interessi di persone, lavoratori, consumatori e utenti. Sottolinea che la buona legiferazione e la riduzione degli oneri amministrativi superflui non devono essere utilizzate come pretesto per la deregolamentazione o la non regolamentazione di settori legati alle suddette legittime aspettative dei cittadini, oppure per evitare di intervenire in settori in cui i Trattati UE sanciscono per le istituzioni dell’UE il chiaro «obbligo di agire»;

5.

ribadisce che l’azione di migliorare la legiferazione andrebbe condotta nell’ottica di una governance multilivello mediante azioni coordinate da parte dei diversi livelli — UE, nazionale, regionale e locale;

6.

accoglie con favore il rafforzamento politico della procedura tesa a legiferare meglio attraverso la nomina del primo vicepresidente della Commissione come responsabile di tale procedura, e si aspetta un rafforzamento qualitativo grazie alla produzione di una legislazione che soddisfi le aspettative dei cittadini europei per quanto riguarda il conseguimento dell’ambizioso obiettivo che abbiamo fissato, nel rispetto dei principi fondamentali e degli elevati standard di qualità che caratterizzano la politica dell’UE;

7.

giudica positivamente il fatto che la Commissione sia stata in prima linea negli sforzi per attuare i principi di una buona legiferazione lungo tutto il ciclo di vita degli atti legislativi, compresa un’ampia parte del diritto derivato, con metodi e procedure innovativi che costituiscono ormai una buona pratica a livello internazionale e un esempio per gli Stati membri;

8.

auspica un maggiore coinvolgimento delle autorità regionali e locali per il tramite del CdR in una consultazione dedicata, nella fase dell’iniziativa legislativa, in modo tale da tener conto della dimensione territoriale, per rispondere in modo concreto alla crisi economica, consentendo di stabilire obiettivi subnazionali in funzione delle diverse situazioni territoriali; auspica che le autorità regionali e locali siano coinvolte per il tramite del CdR nella definizione degli obiettivi stessi e nell’attuazione delle strategie, avendo esse il ruolo di implementare e applicare la normativa europea, tutelando nel contempo le specificità locali, nel rispetto del principio di sussidiarietà.

Un’ampia consultazione

9.

accoglie con favore l’estensione della consultazione delle parti interessate, degli enti locali e regionali e dei cittadini nel corso dei lavori preparatori e dell’attuazione della legislazione; il loro coinvolgimento fin dalle prime fasi dell’elaborazione delle iniziative legislative può portare a una maggiore accettazione della regolamentazione definitiva e facilitarne il recepimento e l’applicazione da parte delle autorità nazionali, regionali e locali;

10.

auspica che la Commissione distingua le istituzioni regionali e locali rappresentative dei territori (institutional stakeholders) dai portatori di interessi privati (private stakeholders), in quanto soltanto le prime, democraticamente elette, costituiscono la sintesi democratica delle esigenze reali dei cittadini, anche di coloro che non sono individualmente in grado di far sentire la propria voce. Appare pertanto necessario rafforzare il dialogo strutturato della Commissione con il CdR oltre che con i rappresentanti delle autorità regionali e locali, per garantire la democraticità del processo partecipativo nella formazione della legislazione europea, nella convinzione che le autorità territoriali, quali portatrici degli interessi di tutte le categorie economico-sociali, debbano ricevere dalle istituzioni dell’UE attenzione prioritaria, anche nelle consultazioni, rispetto alle grandi corporazioni;

11.

valuta molto positivamente la nuova piattaforma Dateci una mano — dite la vostra e l’impegno assunto dalla Commissione ad ampliarne le funzioni e i servizi. Osserva che le consultazioni aperte online rischiano di favorire i gruppi organizzati e i partecipanti con elevate competenze informatiche, spesso limitando la natura e la portata della proposta presentata: pertanto non dovrebbero essere esclusi i metodi tradizionali di comunicazione con la Commissione al di fuori della piattaforma stessa;

12.

propone che venga fatto un uso efficace di altri strumenti di consultazione mirata (convegni, panel di esperti, seminari e incontri con i soggetti interessati), poiché in questo modo si garantisce la partecipazione delle parti direttamente interessate, e incoraggia la Commissione ad ampliarne la forma e l’utilizzo (ricorrendo a gruppi di riflessione o di utenti, a test panel ecc.);

13.

richiama l’attenzione sul fatto che le audizioni pubbliche non devono sostituire, ma soltanto completare la consultazione delle parti sociali prevista all’articolo 154, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE);

14.

osserva che, poiché il processo di consultazione dipende direttamente dalla rappresentatività dei partecipanti e dalla qualità del loro contributo, le pratiche di consultazione impiegate dovrebbero facilitare la partecipazione delle parti direttamente interessate e la diffusione delle informazioni sulla decisione da adottare, in particolare nel caso di disposizioni legislative di carattere estremamente tecnico e ad elevata intensità di conoscenza;

15.

rileva la necessità, in ogni fase della consultazione, di tradurre almeno i documenti fondamentali in tutte le lingue ufficiali dell’UE, in quanto ciò faciliterà la partecipazione di un maggior numero di parti interessate e cittadini al processo;

16.

invita la Commissione a garantire una maggiore trasparenza per quanto riguarda il ricorso a gruppi di esperti, chiarendo quando e in quali settori essi saranno utilizzati e chi sarà rappresentato al loro interno, e soprattutto rispetto alla procedura di selezione impiegata dalla Commissione per la costituzione dei gruppi;

17.

ricorda che, anche secondo un recente parere del CdR sull’Adeguatezza della regolamentazione dell’Unione europea (REFIT, CIVEX-V-040), esiste un margine di miglioramento del processo di consultazione per quanto riguarda in particolare l’offerta di un feedback più appropriato e di una maggiore visibilità del processo, nonché l’esigenza di compiere sforzi maggiori per quantificare i risultati. Invita la Commissione a tener conto delle raccomandazioni del CdR nella nuova procedura;

18.

sottolinea che la partecipazione degli enti locali e regionali, delle parti interessate o dei cittadini alle consultazioni attraverso i loro rappresentanti istituzionali come il CdR e il Comitato economico e sociale europeo (CESE), che vanno distinti in modo netto da altre parti interessate, contribuirà al raggiungimento dell’obiettivo di legiferare meglio, soprattutto considerato che spesso le scadenze sono ravvicinate e gli organi di rappresentanza di cui sopra, che dispongono di ampie reti, possono rispondere più facilmente. La loro partecipazione attiva e sostanziale alla procedura per legiferare bene è un presupposto fondamentale per ottenere risultati di qualità;

19.

sottolinea che, per conseguire l’obiettivo del partenariato e una legislazione migliore e più efficace, occorre stabilire alcuni orientamenti operativi da applicare nel controllo del rispetto del principio di sussidiarietà in relazione ai nuovi atti legislativi.

Valutazioni di impatto durante l’intero ciclo di vita degli atti legislativi

20.

accoglie con favore l’impegno della Commissione ad effettuare controlli estesi finalizzati alla valutazione dell’impatto della legislazione durante il suo intero ciclo di vita;

21.

propone che la Commissione pubblichi tutte le valutazioni di impatto ex ante, anche quelle relative alle iniziative che non si traducono in proposte legislative, ai fini di una trasparenza e di una maggiore responsabilizzazione; la pubblicazione delle valutazioni preliminari d’impatto all’inizio del ciclo politico è considerata un primo passo nella giusta direzione per fornire un riscontro e portare avanti le istanze in materia di sussidiarietà;

22.

ritiene utile effettuare valutazioni d’impatto da diverse angolature, che non siano limitate soltanto alla dimensione economica, bensì comprendano ugualmente la tutela dell’ambiente, della natura, del consumatore, della salute e del lavoro, come pure la protezione sociale e il diritto del lavoro, e si estendano anche all’ipotesi di non legiferare e allo studio degli effetti in termini di garanzia dei principi fondamentali dell’UE, nonché al loro impatto sulla coesione sociale e territoriale;

23.

in particolare, per ogni atto legislativo, nuovo o derivato, insiste sulla necessità di condurre uno studio di valutazione d’impatto territoriale. Il CdR, con le sue competenze in materia, potrà dare un contributo attivo in questo senso, anche attraverso le sue piattaforme e reti che forniscono un buon punto di accesso agli enti regionali e locali. Inoltre, tenuto conto dell’impegno assunto dalla Commissione affinché «tutto il nostro operato sia sempre finalizzato a mantenere l’UE competitiva e il suo sviluppo sostenibile» (1), invita a effettuare un controllo delle conseguenze per la competitività e la sostenibilità;

24.

pur riconoscendo l’importanza delle PMI come motore della crescita dell’UE, deplora la mancanza di interesse, nell’esame degli effetti della normativa, in particolare per la riduzione degli oneri amministrativi a carico degli enti regionali e locali, che sono chiamati ad attuare la maggior parte della legislazione dell’UE;

25.

ritiene che l’ammodernamento della legislazione debba andare di pari passo con l’acquis europeo in materia di salvaguardia dei valori dell’UE; pertanto richiama l’attenzione, nel quadro dell’attuazione del programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione (REFIT), sull’obbligo di mantenere gli elevati standard dell’UE in materia di norme sociali e ambientali e di conseguire l’obiettivo di approfondire il mercato unico. Ricorda che l’obiettivo del programma REFIT non è la deregolamentazione, bensì una migliore e più efficace regolamentazione attraverso la riduzione degli oneri amministrativi superflui, una migliore interconnessione degli strumenti e degli obiettivi e la partecipazione, per quanto possibile, dei diretti interessati al processo decisionale;

26.

insiste sul fatto che le valutazioni d’impatto andrebbero commissionate in minor misura a consulenti esterni, soprattutto per le questioni che presentano un interesse diretto locale e regionale. Il CdR e gli organi di rappresentanza degli enti locali e regionali si trovano, invece, in una posizione migliore per fornire informazioni riguardo alla situazione sul terreno;

27.

per quanto riguarda in particolare le PMI, sottolinea che le eccezioni alla regola generale devono essere attentamente ponderate considerando i vantaggi apportati ai beneficiari a fronte della necessità di garantire il comune interesse europeo, e non devono rischiare di compromettere gli elevati standard di protezione (dei lavoratori o dell’ambiente);

28.

chiede che venga messa a punto una forma più strutturata di consultazione dei rappresentanti locali e regionali nella fase prelegislativa, prendendo eventualmente ispirazione dall’attuale metodo del dialogo sociale europeo, il quale coinvolge la Commissione e le organizzazioni sociali nella preparazione della legislazione dell’UE che le riguarda in via diretta;

29.

accoglie con favore la comunicazione della Commissione quando essa annuncia l’intenzione di prendere in esame la semplificazione dei regolamenti riguardanti la politica agricola comune e i fondi strutturali e di investimento europei, e ribadisce la proposta di effettuare un controllo di idoneità della legislazione nei settori pertinenti per gli enti locali e regionali, come la politica urbanistica, la legislazione ambientale, il settore dei trasporti, nonché riguardo alle azioni volte a ridurre gli oneri amministrativi in ambiti quali permessi e autorizzazioni;

30.

rileva che il programma REFIT può contribuire a migliorare il rapporto costi/benefici anche per gli enti locali e regionali, e non soltanto per le imprese, liberando risorse umane e finanziarie e promuovendo la competitività dell’UE.

Il ruolo del CdR

31.

ritiene che, grazie al suo carattere permanente e alla sua composizione, il nuovo comitato per il controllo normativo, con l’estensione del suo mandato, risponda solo in parte alle preoccupazioni espresse dal CdR in merito alla sua efficacia e insiste che, nel rispetto dell’indipendenza della Commissione in quanto rappresentante dell’interesse generale, il nuovo comitato potrebbe essere composto preferibilmente di esperti esterni indipendenti, come già avviene per organismi analoghi in alcuni Stati membri;

32.

sottolinea che almeno uno degli esperti esterni all’interno del comitato per il controllo normativo dovrebbe aver esperienza in materia di governance e amministrazione locale/regionale;

33.

accoglie con favore la decisione della Commissione di includere un rappresentante del CdR nella nuova piattaforma REFIT, in risposta a una richiesta precedentemente formulata dal Comitato. Tuttavia, ribadisce che il proprio ruolo istituzionale non deve essere confuso con il ruolo delle altre parti interessate nell’ambito della piattaforma;

34.

ricorda che i Trattati riconoscono le dimensioni locali e regionali del principio di sussidiarietà al pari del ruolo del CdR e chiede di essere integrato nel nuovo accordo interistituzionale «Legiferare meglio»; ribadisce la propria preoccupazione riguardo al livello di consultazione degli enti locali e regionali nella formazione delle politiche dell’UE e alla necessità di informazioni tempestive ed esaurienti per potersi esprimere al riguardo. Alcuni membri del Parlamento europeo hanno richiesto una partecipazione più attiva del CdR, con la sua esperienza e il suo bagaglio di conoscenze specifiche, fin dalle fasi più precoci di elaborazione delle proposte legislative;

35.

si compiace che la creazione della piattaforma REFIT avvenga mediante una procedura di invito aperto. Tuttavia, chiede che tale invito sia esteso, in modo da consentire, in particolare ai rappresentanti di organizzazioni europee e nazionali di enti locali e regionali, di candidarsi direttamente e di esservi rappresentati;

36.

invita le direzioni generali della Commissione e i colegislatori a riconoscere il ruolo del CdR e dei suoi membri come partner istituzionali e a intensificare la consultazione sia del Comitato che degli enti locali e regionali ogniqualvolta effettuano valutazioni d’impatto.

Per legiferare bene occorre la partecipazione attiva di tutti i livelli di governo

37.

constata l’applicazione disomogenea delle procedure per legiferare meglio da parte degli Stati membri. Ciò significa che non è possibile distinguere chiaramente, tra gli effetti della legislazione dell’UE, quelli dovuti alle modalità di attuazione delle disposizioni da quelli che derivano puramente dall’UE, e risulta difficile effettuare un monitoraggio globale del ciclo di vita delle normative;

38.

invita gli Stati membri a rispondere agli appelli della Commissione a migliorare le procedure applicate per una buona legiferazione, sia in sede di Consiglio che nelle amministrazioni nazionali;

39.

invita gli Stati membri interessati a introdurre un processo di consultazione dell’UE a livello nazionale al quale gli enti locali e regionali possano partecipare sin dall’inizio e in tutte le fasi della procedura legislativa, anche attraverso le loro associazioni nazionali. Tali enti dispongono di ampie conoscenze, competenze ed esperienze tecniche in materia di attuazione della legislazione;

40.

esorta la Commissione a esaminare le cause che portano alla tardiva o carente applicazione della legislazione dell’UE da parte degli Stati membri e a cercare soluzioni a questo grave problema, anche documentando la scelta tra direttive e regolamenti, nonché a intensificare gli sforzi intrapresi rafforzando i meccanismi di sostegno, controllo e attuazione;

41.

sottolinea che il recepimento delle direttive nel diritto interno costituisce una procedura nazionale a cui si devono conformare gli enti sia nazionali che regionali e locali. Ciò richiede tempi sufficienti come pure un certo margine di manovra; il CdR ritiene che l’intenzione della Commissione di pubblicare dei piani di attuazione della legislazione per le direttive, e di controllare il recepimento — non solo formale ma anche sostanziale — delle disposizioni nel diritto nazionale vada nella giusta direzione;

42.

sottolinea che una legislazione semplice, comprensibile e facile da rispettare, corredata di una valutazione d’impatto approfondita e di una tabella di marcia per l’attuazione, contribuisce a una sua trasposizione più rapida ed efficace nel diritto nazionale come pure alla sua applicazione;

43.

riconosce il diritto degli Stati membri a garantire standard più elevati di quelli previsti dalla normativa pertinente dell’Unione. Ciò non dovrebbe, tuttavia, essere confuso con la pratica del cosiddetto gold-plating (sovraregolamentazione), in cui gli Stati membri aggiungono ulteriori obblighi giuridici o amministrativi in fase di recepimento della legislazione dell’UE nel diritto nazionale. È importante che l’opinione pubblica comprenda chiaramente quali obblighi derivino dall’UE e quali conseguano dalle normative aggiuntive adottate dagli Stati membri, e pertanto il CdR chiede a questi ultimi di indicare e giustificare chiaramente ogni misura supplementare introdotta nel recepire la legislazione;

44.

ricorda che le istituzioni (ad esempio CdR (2) e Commissione europea) o i diretti interessati hanno formulato definizioni diverse di gold-plating; ribadisce la sua proposta di adottare una definizione uniforme per garantire chiarezza giuridica nel recepimento e nell’applicazione della legislazione dell’UE e consentire analisi comparative tra gli Stati membri;

45.

sottolinea la necessità di un recepimento tempestivo, corretto ed efficace della legislazione UE nel diritto nazionale;

46.

esprime soddisfazione per l’impegno assunto dalla Commissione di effettuare verifiche approfondite dei principi di proporzionalità e di sussidiarietà nelle proposte legislative e ricorda, a tale proposito, che il ruolo del CdR e dei parlamenti nazionali è sancito a livello istituzionale;

47.

ricorda che le amministrazioni nazionali, regionali e locali sono responsabili dell’attuazione di talune disposizioni e norme basate sulla legislazione dell’UE; per tale ragione è importante verificare, nell’attuazione di nuove normative UE, in che modo tale processo possa avvenire senza ostacoli e secondo procedure per quanto possibile semplici, al fine di evitare di imporre costi superflui o l’inutile impiego di risorse ai vari livelli di governo;

48.

deplora che il pacchetto «Legiferare meglio» non sembri migliorare la valutazione del rispetto del principio di sussidiarietà per garantire che le decisioni vengano adottate al livello di governo più basso possibile, in linea con l’insieme di strumenti per la valutazione del rispetto del principio di sussidiarietà messi a punto dal CdR.

Una legislazione di qualità richiede una cooperazione istituzionale rafforzata

49.

segnala che in molti Stati membri è diffusa la sensazione di non partecipare al processo decisionale dell’UE. Sottolinea pertanto la necessità di coinvolgere gli enti regionali e locali, che sono i livelli più vicini ai cittadini, nel processo legislativo, nonché l’importanza della trasparenza, dell’assunzione di responsabilità e dell’apertura nei confronti dei cittadini e delle imprese — aspetti, questi, che devono prevalere all’interno delle istituzioni dell’UE;

50.

propone che, laddove possibile, tutte le direzioni generali della Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio adottino norme armonizzate in materia di valutazione d’impatto in tutte le fasi del processo legislativo, poiché ciò contribuirà alla comprensione reciproca e al miglioramento della qualità;

51.

invita i colegislatori a rispondere all’invito rivolto dalla Commissione ad adottare rapidamente il nuovo accordo interistituzionale e, successivamente, ad attuare gli impegni da esso derivanti, in modo da consentire l’adeguamento della procedura per una buona legiferazione in tutte le istituzioni europee e promuovere l’attuazione della legislazione dell’UE da parte dei cittadini;

52.

sottolinea che la stretta cooperazione instaurata con il CESE in seno al suo sottocomitato «Legiferare meglio» potrebbe risultare vantaggiosa per un migliore coordinamento delle posizioni della società civile e dei rappresentanti degli enti locali e regionali;

53.

ritiene che il ritiro delle proposte legislative pendenti da lungo tempo possa contribuire a una buona governance europea, ma che dovrebbe essere attuato con cautela per evitare che diventi uno strumento di pressione sui colegislatori. È evidente che i legislatori competenti dovranno disporre di tempi ragionevoli e della possibilità, in generale, di esprimersi in merito alle proposte di ritiro;

54.

concorda con la proposta, rivolta dal Parlamento europeo alla Commissione, di valutare l’introduzione di «clausole di caducità» nelle iniziative legislative limitate nel tempo, a condizione che ciò non crei lacune giuridiche, e «clausole di revisione», entro un periodo di tempo ragionevole dall’entrata in vigore delle misure, in modo da consentire una valutazione delle misure già adottate. La Commissione dovrebbe incoraggiare gli Stati membri ad introdurre «clausole di caducità» anche nella valutazione della legislazione nazionale, in particolare se essa è di ostacolo a un più rapido recepimento della legislazione dell’UE;

55.

osserva che gli effetti della legislazione dovrebbero essere esaminati non soltanto al momento della presentazione della proposta da parte della Commissione, ma anche dopo modifiche sostanziali apportate dai colegislatori; rileva, tuttavia, che non può essere messa in discussione la legittimità democratica del processo legislativo e che queste valutazioni d’impatto non devono condurre a una riduzione del margine di manovra dei colegislatori; pertanto non condivide l’idea di condurre ulteriori valutazioni d’impatto nel periodo che intercorre tra la conclusione dei negoziati e la votazione finale;

56.

rileva l’assenza di riferimenti all’autoregolamentazione e alla coregolamentazione, che sono procedure più flessibili per la cooperazione tra il settore pubblico e quello privato, in un mondo in costante trasformazione in cui la legislazione può essere in ritardo rispetto alle esigenze di regolamentazione;

57.

sottolinea l’importanza di diversificare le consultazioni e di creare reti permanenti di consultazione e monitoraggio per le tematiche che richiedono conoscenze specialistiche, nonché di ricorrere ai partecipanti alla consultazione anche una volta concluso il processo legislativo, specialmente nel controllo e monitoraggio dell’attuazione;

58.

valuta positivamente il fatto che la Commissione intenda stabilire criteri più chiari su quando ricorrere ad atti delegati e/o atti di esecuzione. È positivo inoltre che la Commissione possa consultare le parti interessate prima di presentare proposte di atti delegati; invita pertanto la Commissione ad applicare sistematicamente tale prassi — e non soltanto, quindi, qualora giudichi che essa possa apportare un valore aggiunto.

La qualità della legislazione dipenderà dall’effettivo impegno di tutti nell’attuazione dell’agenda

59.

è fiducioso che la Commissione farà il possibile per dare piena attuazione alle misure previste nella comunicazione, nonostante l’aumento degli oneri amministrativi e l’impegno in termini di risorse umane che potrebbero rivelarsi necessari;

60.

richiama l’attenzione sulla necessità di evitare di creare ulteriori ritardi nell’elaborazione legislativa per via delle nuove procedure per una buona legiferazione;

61.

sottolinea l’obbligo di informare l’opinione pubblica degli Stati membri e promuovere il processo di consultazione mobilitando anche gli enti locali o regionali, al fine di creare una maggiore consapevolezza su tali questioni e garantire la partecipazione dei cittadini e dei diretti interessati, come pure di rafforzare il processo decisionale democratico;

62.

si impegna ad informare gli enti locali e regionali in merito alla nuova procedura volta a legiferare meglio per ottenere risultati migliori, e a contribuire a una sua migliore applicazione a livello UE, nazionale e regionale.

Bruxelles, 14 ottobre 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  COM(2015) 215 final, punto 3.1.

(2)  CIVEX-V-040, 30 maggio 2013.


17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/48


Parere del Comitato europeo delle regioni — Il progetto di bilancio dell’Unione europea per l’esercizio 2016

(2015/C 423/09)

Relatore:

Uno SILBERG (EE/AE), membro del consiglio comunale di Kose

Testo di riferimento:

Progetto di bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio finanziario 2016 — Introduzione generale — Stato generale delle entrate — Stato generale delle entrate e delle spese per sezione

COM(2015) 300 final

I.   OSSERVAZIONI GENERALI

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

ricorda che questo è già il terzo parere d’iniziativa dedicato alle procedure di bilancio annuale dell’UE; oggetto della consultazione è in particolare la sezione III del progetto di bilancio, ad eccezione delle spese amministrative di cui alla rubrica V;

2.

sottolinea nuovamente che — in linea con i principi di sussidiarietà e proporzionalità — la stesura del progetto di bilancio annuale dell’UE si ripercuote sia direttamente che indirettamente sui bilanci degli enti locali e regionali, recando così un contributo importante e aggiuntivo all’assolvimento dei loro compiti e all’adeguamento alle nuove sfide sul territorio;

3.

pone l’accento sul ruolo fondamentale svolto dal bilancio dell’UE nell’incentivare gli investimenti, dato che il suo effetto leva, venendo ad integrare i finanziamenti privati e pubblici a livello sia nazionale che subnazionale, contribuisce alla competitività e alla coesione economica, sociale e territoriale nell’UE;

4.

osserva che, in un periodo di difficile congiuntura economica e scarse risorse finanziarie, l’accento andrebbe posto non tanto sull’assorbimento e sull’osservanza delle regole, quanto piuttosto su una spesa del bilancio dell’UE più efficiente e su corrispondenti migliori risultati; accoglie con favore gli sforzi della Commissione europea per concentrarsi sui risultati concreti ottenuti grazie ad un maggiore valore aggiunto dell’UE basato su un migliore effetto leva dei fondi europei e un’accresciuta azione di semplificazione;

5.

accoglie con favore il progetto di bilancio per il 2016 e le priorità delineatevi, i quali sono entrambi in linea con il nuovo programma della Commissione per rilanciare l’economia tramite investimenti in occupazione, crescita e conoscenza, e consentono altresì di dare una risposta ai problemi sorti nell’ultimo periodo — come la crisi migratoria e l’instabilità nelle regioni vicine all’UE;

6.

deplora il fatto che il notevole ritardo nell’avviare i nuovi programmi previsti dal quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020, dovuto alla tardiva approvazione dei programmi operativi, avrà ripercussioni negative sui territori degli enti locali e regionali; esorta i livelli istituzionali europeo e nazionale ad adottare tutte le misure necessarie, insieme agli enti regionali e locali, per porre rimedio ai ritardi nell’attuazione dei nuovi fondi dell’UE;

7.

osserva che il progetto di bilancio dell’UE per il 2016 prevede 153,5 miliardi di euro in stanziamenti d’impegno (- 5,3 % rispetto al bilancio 2015) e 143,5 miliardi di euro in stanziamenti di pagamento (+ 1,6 % rispetto al bilancio 2015);

8.

fa notare che, mentre gli impegni sono in calo, il livello dei pagamenti rimane piuttosto stabile in termini reali rispetto al 2015 e comprende stanziamenti destinati a ridurre gradualmente l’arretrato delle richieste inevase dell’ultimo periodo di bilancio, che a fine 2014 ammontava a 24,7 miliardi di euro;

9.

si compiace del fatto che si sia trovato un accordo sulla stesura di un piano di pagamento specifico, ma esprime preoccupazione quanto al fatto che la scarsità di pagamenti si ripercuoterà negativamente sui beneficiari, e soprattutto sugli enti locali e regionali, che oggi devono far fronte a molteplici sfide economiche e sociali; precisa inoltre che la differenza di 10 miliardi di euro tra stanziamenti d’impegno e di pagamento non basterà a far fronte al problema strutturale dell’arretrato delle richieste inevase che dovrebbe venirsi a creare al termine del periodo di programmazione e deplora di essere stato finora scarsamente associato al processo analitico;

10.

si chiede se non andrebbero applicati dei tassi di interesse ai ritardi nei pagamenti corrisposti dalla Commissione ai responsabili di progetto;

11.

sottolinea di essere pronto a contribuire al dibattito sulla riforma del sistema di risorse proprie dell’UE: una revisione in profondità di tale sistema è infatti inevitabile, poiché le carenze che oggi lo contraddistinguono sono la causa dello stallo dei negoziati sul bilancio e costituiscono il nocciolo della questione dei pagamenti residui; la sola soluzione credibile può essere l’introduzione di un autentico meccanismo di risorse proprie per l’UE.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

Procedura di bilancio

12.

sottolinea che il bilancio dell’UE ha un impatto diretto sugli enti locali e regionali, i quali sono i beneficiari e, al tempo stesso, le autorità di gestione di alcuni programmi;

13.

pone l’accento sul fatto che, con la crisi economica e finanziaria e le restrizioni di bilancio, il bilancio dell’UE ha assunto un’importanza ancora maggiore, poiché assicura il sostegno anche di programmi e di progetti di investimenti sia pubblici sia privati che nel corso di tale crisi sarebbe difficile o impossibile finanziare e che contribuiscono al tempo stesso a lottare contro la crisi;

14.

chiede di poter partecipare alle riunioni interistituzionali sulla situazione e le prospettive di esecuzione del bilancio durante l’esercizio in corso e quelli successivi, riunioni che si terranno secondo quanto disposto al punto 36 dell’allegato all’accordo interistituzionale sul quadro finanziario pluriennale (QFP);

15.

sottolinea il persistere di un divario eccessivo tra gli stanziamenti d’impegno e il massimale utilizzabile stabilito dal QFP, in un contesto di misure di austerità e significativi tagli agli investimenti sia pubblici che privati, per finanziare misure volte a creare posti di lavoro, lottare contro la disoccupazione, affrontare i problemi della migrazione o ridurre le disparità regionali;

16.

esprime particolare preoccupazione per la scarsa consistenza della riserva per imprevisti nel progetto di bilancio 2016, soprattutto se si considerano i costi per la gestione dell’emergenza migranti in Europa, che — alla luce del piano della Commissione per la ridistribuzione di 1 60  000 richiedenti asilo su tutto il territorio dell’UE con una dotazione per lo Stato membro di 6  000 EUR per ogni migrante ricollocato — dovrebbero ammontare come minimo a un miliardo di euro.

Competitività per la crescita e l’occupazione

17.

sottolinea che la competitività economica dell’UE a livello globale deve essere migliorata grazie allo sviluppo di un’economia intelligente ed inclusiva; accoglie quindi con soddisfazione il fatto che, nella rubrica 1.a del progetto di bilancio in esame, si preveda un aumento del 7,8 % rispetto agli stanziamenti d’impegno previsti per il 2015, con l’obiettivo di accrescere la competitività, rilanciare la crescita e creare occupazione;

18.

ribadisce la raccomandazione, già formulata nel suo parere sul progetto di bilancio 2015 (1), di creare una linea di bilancio specifica per l’assistenza tecnica alla macroregione adriatico-ionica e alla macroregione alpina, sul modello di quella creata nel 2014 per le macroregioni baltica e danubiana con stanziamenti d’impegno e di pagamento pari a un importo di 2,5 milioni di EUR ciascuna.

Piano di investimenti e flessibilità

19.

osserva che il progetto di bilancio 2016 contiene elementi nuovi rispetto ai bilanci precedenti, come ad esempio il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), il margine globale per gli impegni, introdotto per la prima volta dall’articolo 14 del regolamento QFP, e disposizioni per il ricorso alla flessibilità al fine di finanziare nuove iniziative a titolo della rubrica 3.

COSME, Orizzonte 2020 e strategia Europa 2020

20.

ricorda che COSME è tuttora l’unico programma dell’UE specificamente rivolto a migliorare la competitività delle imprese, con particolare attenzione per le PMI, e manifesta preoccupazione per la riduzione dei relativi stanziamenti d’impegno rispetto al progetto di bilancio per il 2015;

21.

si compiace del fatto che parte del margine globale per gli impegni e dei margini inutilizzati sarà impiegata per finanziare il FEIS, e che i tagli al programma Orizzonte 2020 e al Meccanismo per collegare l’Europa siano stati contenuti, conformemente alle sue raccomandazioni;

22.

osserva che una contrazione delle attività di ricerca — di importanza strategica — a lungo termine potrebbe avere gravi conseguenze negative, ed è quindi contrario alla proposta di ridurre gli stanziamenti d’impegno destinati al programma Orizzonte 2020. Si scorge tuttavia anche una nota positiva, nel senso che gli stanziamenti di pagamento per tale programma dovrebbero essere aumentati del 10,45 %;

23.

apprezza il fatto che nel bilancio in esame siano previste maggiori risorse per la ricerca di punta nei campi della sicurezza alimentare, dell’agricoltura sostenibile e della bioeconomia. E accoglie con soddisfazione l’iniziativa della Commissione di ottenere, tramite Orizzonte 2020, un finanziamento aggiuntivo per la ricerca e l’innovazione, tenendo conto delle opportunità che offrono il settore pubblico e quello privato;

24.

fa notare che molte piccole e micro-imprese mancano tuttora della capacità finanziaria necessaria per svolgere attività di ricerca, ragion per cui possono fare minor ricorso ai fondi allocati per tali attività;

25.

manifesta preoccupazione per la riduzione degli stanziamenti d’impegno per la strategia Europa 2020 (- 2,5 % rispetto al 2015); ulteriori tagli in questi stanziamenti rendono più arduo il raggiungimento degli obiettivi di tale strategia.

Coesione economica, sociale e territoriale

26.

sottolinea che è possibile ottenere un formato uniforme per le entrate degli Stati membri dell’UE grazie a un modello di bilancio inclusivo, investendo maggiormente nella collaborazione tra paesi nei settori della ricerca e dello sviluppo; al riguardo, sarebbe opportuno partire dalle esigenze degli imprenditori locali, accrescendo così la loro competitività, lo sviluppo regionale e i redditi delle persone;

27.

si compiace del fatto che i finanziamenti dei programmi e delle misure da avviare nel 2016 siano stati autorizzati e confermati. Nell’ambito della politica di coesione co-finanziata dagli Stati membri (FSE, FEAGA, FESR, Fondo di coesione) i programmi sono stati autorizzati e si utilizzano ora gli stanziamenti per impegni disponibili a causa dei ritardi accumulati nel corso dei periodi precedenti; il CdR spera che adesso la Commissione si impegnerà con tutte le sue forze perché queste risorse siano utilizzate appieno nei suddetti programmi;

28.

auspica un miglioramento, in generale, della capacità da parte della Commissione di dare esecuzione ai pagamenti; spera inoltre che gli investimenti necessari raggiungeranno a tempo debito le categorie di beneficiari cui sono destinati;

29.

richiama l’attenzione sulla necessità di mantenere la disciplina di bilancio negli Stati membri dell’UE e invita la Commissione ad incoraggiare il ricorso ai fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE) ai fini di una ripresa economica basata sugli investimenti, il risanamento di bilancio e le riforme strutturali. In proposito rammenta il ruolo importante che riveste la politica di coesione in quanto principale politica di investimento dell’UE tesa a ridurre le disparità tra le regioni europee rafforzando la coesione economica, sociale e territoriale;

30.

invita la Commissione ad attenersi alle sue stesse regole in materia di informativa finanziaria; sottolinea che gli attuali obblighi di rendicontazione comportano adempimenti meramente burocratici nonché dispendiosi in termini di tempo, e chiede pertanto di semplificare il sistema di informativa finanziaria.

Crescita sostenibile: risorse naturali

31.

esprime la propria preoccupazione per la mancanza, a titolo della rubrica 2, di risorse sufficienti per compensare le perdite di reddito sostenute dagli agricoltori negli Stati membri dell’UE a causa del forte calo dei prezzi dei prodotti agricoli come conseguenza del basso livello dei prezzi di acquisto e dell’eliminazione delle quote latte, della peste suina che imperversa in Europa e delle sanzioni russe; si preoccupa inoltre che non sia previsto alcun aiuto (diretto) per attenuare tali situazioni;

32.

richiama l’attenzione sui commenti che accompagnano il bilancio, secondo i quali, alla rubrica 2, sono state decurtate le risorse volte ad attenuare gli effetti delle sanzioni russe; si dichiara inoltre in disaccordo con l’affermazione che il mercato offre buone prospettive e che il contesto di mercato è favorevole;

33.

è dell’avviso che la riserva derivante dalla differenza tra gli stanziamenti d’impegno del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e il possibile massimale (pari a circa l’1,7 % degli impegni del fondo) non presenti motivazioni sufficientemente chiare. Dal livello locale si attendono piani d’azione definitivi, da cui risulti quando e in quali circostanze (ad esempio allo scoppio di una crisi o al fine di orientare le misure per fronteggiarla) si può attingere a una riserva;

34.

deplora l’inadeguatezza delle risorse proposte dalla Commissione per la riserva destinata alla crisi nel settore agricolo, e si rammarica dell’insufficiente incremento deciso dalla Commissione per quanto riguarda le risorse destinate al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) rispetto agli stanziamenti d’impegno previsti per il 2015;

35.

esprime perplessità riguardo all’evoluzione del tasso di assorbimento dei programmi 2007-2013, e si chiede se la Commissione non si sia basata su ipotesi eccessivamente ottimistiche;

36.

teme che, in alcuni casi, gli Stati membri procedano ad una rapida erogazione dei fondi per non perdere gli importi impegnati, aumentando così il rischio di irregolarità, con la conseguente possibilità di dover effettuare rettifiche finanziarie, e teme inoltre che i fondi non assorbiti alla fine del periodo di programmazione comportino il disimpegno automatico;

37.

sottolinea che gli enti locali e regionali, essendo i principali beneficiari, dovrebbero sopportare l’onere maggiore in caso di irregolarità e disimpegno, dato che i loro oneri finanziari aumenterebbero;

38.

invoca una pianificazione finanziaria di migliore qualità a tutti i livelli, e chiede alla Commissione di sforzarsi di evitare una programmazione «meccanica» degli stanziamenti d’impegno e di pagamento.

Sicurezza e cittadinanza

39.

sottolinea l’importanza degli stanziamenti d’impegno iscritti nel progetto di bilancio dell’UE per il 2016 e chiede il loro ulteriore rafforzamento in risposta agli sviluppi più recenti, che comportano nuovi compiti ancor più gravosi ed onerosi, come nel caso della crisi migratoria e delle nuove situazioni problematiche venutesi a creare nei paesi vicini; approva la mobilitazione, nella forma adatta, dello strumento di flessibilità; teme però che gli aumenti proposti possano rivelarsi insufficienti e che saranno necessarie risorse persino maggiori.

Un’Europa globale

40.

è dell’avviso che il bilancio dell’UE per il 2016 debba servire a dimostrare che l’UE, nella lotta alle cause della crisi, è pronta a svolgere un ruolo più attivo e responsabile sul piano internazionale e a rispettare gli interessi e gli impegni sia locali e regionali che globali.

Prossime tappe

41.

chiede una più tempestiva presentazione e la successiva adozione delle proposte legislative essenziali per il prossimo periodo di programmazione (dopo il 2020). Difatti, i ritardi nell’adozione del quadro finanziario pluriennale, come pure del regolamento recante disposizioni comuni e di altri regolamenti specifici per i fondi SIE — ritardi dovuti ai complessi negoziati condotti in materia — hanno rallentato l’avvio del periodo di programmazione 2014-2020 e sono uno dei principali motivi dell’aumento degli impegni da liquidare (RAL). Il CdR si sforzerà di partecipare attivamente a un primo dibattito sul futuro della politica di coesione dopo il 2020, e produrrà il suo contributo al dibattito in tempo utile;

42.

sottolinea l’importanza del gruppo ad alto livello sulle risorse proprie e della «prima relazione di valutazione» elaborata da tale gruppo, in cui si avanza la proposta che la questione delle risorse proprie sia esaminata dal più ampio ventaglio di prospettive possibile;

43.

si dichiara pronto a contribuire al dibattito sulla riforma del sistema di risorse proprie dell’UE. Secondo il giudizio del CdR, una revisione in profondità di tale sistema è assolutamente necessaria, poiché le carenze che oggi lo contraddistinguono hanno già causato problemi nei negoziati in materia di bilancio e c’è da aspettarsi un ulteriore aumento di tali problemi, di fronte ad esempio agli effetti negativi dei pagamenti in sospeso e di quelli residui sul co-finanziamento di progetti di investimento a livello nazionale, locale e regionale;

44.

ha avviato a tempo debito un dibattito preliminare sulla pianificazione delle misure per il prossimo periodo di programmazione dopo il 2020, che si ripercuotono in modo diretto ed immediato sui bilanci locali e regionali e tengono conto delle esigenze in continuo mutamento. Si vogliono così evitare i problemi riscontrati nei precedenti periodi di programmazione e soprattutto quelli emersi all’inizio dell’attuale periodo 2014-2020.

Bruxelles, 14 ottobre 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  COR-2014-01750-00-00-AC.


17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/53


Parere del Comitato europeo delle regioni — Verso un accordo globale sul clima a Parigi

(2015/C 423/10)

Relatrice:

Annabelle JAEGER (FR/PSE), consigliere regionale della Provenza-Alpi-Costa Azzurra

Testo di riferimento:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Il protocollo di Parigi — Piano per la lotta ai cambiamenti climatici mondiali dopo il 2020

COM(2015) 81 final

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

a pochi mesi della 21a conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 21), e in linea con i pareri e le risoluzioni da esso adottati in precedenza (1):

offre il suo fermo sostegno all’Unione europea (UE) affinché possa svolgere appieno il suo ruolo di leader nei negoziati internazionali,

la invita ad accelerare i propri sforzi entro il 2020 e prima dell’entrata in vigore del nuovo accordo climatico, in particolare per quanto concerne l’efficienza energetica, il segnale di prezzo della CO2 in Europa e la mobilitazione di finanziamenti internazionali per la lotta contro il cambiamento climatico nei paesi in via di sviluppo,

la incoraggia, prima della Conferenza di Parigi e non oltre il 2016, ad innalzare il livello del suo «Contributo determinato a livello nazionale» (INDC — Intended nationally determined contribution), e ritiene che l’accordo di Parigi dovrebbe costituire un’intesa sostenibile e dinamica e prevedere un meccanismo per valutare e migliorare regolarmente (ogni cinque anni) i contributi dei vari paesi,

la sollecita a far vedere in che modo intende rispettare gli impegni finanziari che ha assunto nel 2009 a Copenaghen, e a difendere un approccio equo sui finanziamenti e la differenziazione che consenta di sostenere la transizione energetica e la resilienza dei territori più poveri o più vulnerabili del mondo,

invoca una nuova governance climatica globale basata sui principi della governance multilivello, in cui venga pienamente riconosciuta l’azione degli attori non statali e dove ciascun livello di governo possa ottimizzare la propria azione in ambito climatico.

Per un accordo di Parigi ambizioso, il ruolo determinante dell’Unione europea

1.

Dopo aver esaminato la 5a relazione di valutazione del Gruppo di esperti intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) e la sua relazione di sintesi, il CdR esprime forte preoccupazione in quanto ritiene che il pianeta non sia sulla buona strada per contenere l’aumento della temperatura al di sotto dei 2 oC. Riconosce che è urgente accelerare gli sforzi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di adattamento agli impatti del cambiamento climatico e adottare, a Parigi, un accordo che consenta di rimanere al di sotto di tale soglia.

2.

Di conseguenza, chiede all’UE di sostenere attivamente un obiettivo globale a lungo termine corrispondente agli scenari più probabili dell’IPCC. Si tratta di perseguire un obiettivo di emissioni di carbonio pari a zero nel 2050. Attraverso questo obiettivo comune, un segnale forte verrebbe inviato a tutti i paesi e a tutte le parti interessate, in particolare agli investitori, affinché l’economia mondiale non sia più orientata alle energie fossili.

Il CdR ricorda, a tale proposito, che l’Unione europea ha fissato, entro il 2050, un obiettivo a lungo termine di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra che oscilla tra l’80 e il 95 %.

3.

Il CdR ritiene che i primi impegni dell’UE nell’ambito del proprio contributo determinato a livello nazionale vadano nella giusta direzione; tuttavia la esorta ad andare oltre stabilendo una revisione al rialzo degli impegni fissati dal Consiglio europeo nell’ottobre 2014. Il CdR è dell’avviso (2) che una riduzione di almeno il 50 % delle emissioni di gas a effetto serra sia al tempo stesso realistica e vantaggiosa per l’Europa. È anche possibile e auspicabile raggiungere almeno la soglia del 40 % di energie rinnovabili e del 40 % di efficienza energetica. Inoltre, il CdR ritiene che l’UE dovrebbe far sì che l’accordo di Parigi preveda dei periodi d’impegno e dei cicli di revisione quinquennale, ad iniziare dal 2025, al fine di evitare di accontentarsi di un obiettivo inferiore per un lungo periodo, e di tenere conto regolarmente degli sviluppi scientifici e tecnologici.

4.

Il CdR invita l’UE a lanciare un «pacchetto finanziario» prima della COP 21 per sostenere gli sforzi di adattamento ai cambiamenti climatici e di mitigazione dei gas a effetto serra nei paesi in via di sviluppo. Il CdR attende dall’UE una tabella di marcia per l’incremento dei propri finanziamenti, i quali dovranno essere prevedibili, trasparenti, nuovi e addizionali. In questo documento, l’UE dovrà indicare in che modo intende rispettare il proprio impegno di mettere a disposizione la sua quota di 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020. L’UE dovrà inoltre sostenere, nell’accordo di Parigi, il principio di nuovi impegni finanziari per il periodo successivo al 2020, fissati ogni cinque anni con obiettivi specifici per l’adattamento, il quale nell’ambito dei finanziamenti per il clima è stato considerato di second’ordine.

5.

Il CdR accoglie inoltre con favore la posizione della Commissione europea (CE) secondo cui l’accordo e le relative decisioni devono definire un quadro per un insieme solido di norme in materia di trasparenza e un sistema comune e unificato per misurare, notificare e verificare periodicamente i risultati di ciascuna parte rispetto ai suoi obiettivi in materia di emissioni di gas a effetto serra. Un tale quadro costituirà un elemento fondamentale di una cooperazione mondiale significativa in materia di clima, ed è necessario per promuovere la fiducia riguardo al rispetto degli impegni assunti. Sarà inoltre essenziale per comprendere il livello di mitigazione conseguito e per incoraggiare a essere ambiziosi, e di conseguenza è nell’interesse di tutti.

6.

Il CdR approva la posizione della CE volta a includere l’adattamento tra i pilastri dell’accordo (con la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e i finanziamenti). È fondamentale riconoscere il nesso evidente tra l’aumento della temperatura e l’aumento delle esigenze di adattamento.

Il CdR prende inoltre atto con soddisfazione che a lungo termine si sia deciso di assegnare i finanziamenti a titolo del Fondo verde per il clima in parti uguali all’attenuazione dei cambiamenti climatici e all’adattamento. Raccomanda alla CE di utilizzare l’iniziativa Mayors Adapt, lanciata nel 2014 nell’ambito della strategia europea per l’adattamento ai cambiamenti climatici, come un esempio di buona prassi che i partner internazionali potrebbero seguire per migliorare la resilienza dei territori.

I paesi in via di sviluppo, e in particolare i paesi meno avanzati e i piccoli stati insulari, sono i più esposti agli impatti dei cambiamenti climatici: il nuovo accordo sul clima deve consentire di tener conto delle loro esigenze di adattamento;

7.

Il Comitato chiede inoltre all’Unione europea di intensificare sin d’ora i suoi sforzi nella lotta contro i cambiamenti climatici (senza attendere l’entrata in vigore dell’accordo di Parigi nel 2020):

rafforzando significativamente il prezzo del carbonio in Europa, affinché raggiunga un livello credibile per poter orientare nuovamente gli investimenti pubblici e privati. Al di là dell’adozione della riserva di stabilità relativa al sistema ETS dell’UE (3), la riforma strutturale post-2020 di questo strumento dovrà limitare in modo sostenibile il surplus di quote di CO2 e aumentare i proventi della vendita di quote per gli Stati.

L’UE dovrà sostenere la proposta volta a destinare il totale delle entrate provenienti dal sistema ETS dell’UE alla transizione energetica e alla lotta mondiale contro i cambiamenti climatici, assegnando almeno il 50 % al Fondo verde per il clima,

utilizzando su larga scala le fonti di energia rinnovabili e l’efficienza energetica,

riducendo quanto prima i suoi aiuti pubblici e le sue sovvenzioni ai combustibili fossili, principali responsabili del cambiamento climatico (siano essi per l’esplorazione di nuove riserve, per la produzione o per il consumo),

sostenendo un’azione concreta a livello territoriale e la mobilitazione delle parti interessate,

promuovendo gli appalti pubblici verdi e l’acquisto di prodotti e servizi più efficienti sotto il profilo energetico.

Le regioni e le città, principali artefici della realizzazione degli obiettivi climatici

8.

Le regioni e le città svolgono un ruolo fondamentale nel raggiungimento e nel rafforzamento degli obiettivi climatici dei paesi. Dal momento che sono loro ad agire sulla mobilità e sui trasporti, sulla pianificazione urbana e sull’edilizia, sull’energia e le infrastrutture verdi, si rivelano soggetti indispensabili che partecipano agli sforzi globali per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e aumentare la resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici.

9.

Il CdR nota con soddisfazione che il nuovo regime climatico promette di mettere maggiormente l’accento sulla realizzazione concreta degli impegni assunti nell’ambito del protocollo di Parigi. Nei negoziati dell’ONU (4) sul clima, il ruolo delle città e delle regioni è stato messo in evidenza dalla CE e da numerosi altri soggetti. Questi ultimi chiedono che il nuovo accordo riconosca l’azione delle città e delle regioni, senza le quali gli Stati non potranno rispettare gli impegni assunti. La credibilità degli impegni assunti dalle parti dipenderà dalla determinazione forte e reale delle città e delle regioni, nonché dell’industria o degli investitori.

10.

È necessario valorizzare il Patto dei sindaci ed estenderlo fino al 2030 e al 2050 per amplificare la dinamica delle 6  500 regioni e città europee firmatarie e impegnate a superare gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020.

Il CdR è favorevole a che il Patto dei sindaci venga esteso a livello mondiale e chiede alla CE di fornire i mezzi necessari a tale dinamica, nel rispetto delle realtà territoriali. Detta estensione deve essere effettuata in coordinamento con le altre iniziative internazionali e nazionali promosse dalle reti di enti territoriali come il Compact of Mayors e nel rispetto di dette iniziative. In parallelo, è inoltre opportuno evitare di mettere ai margini le città che decidessero di agire sul fronte del clima senza però far parte della convenzione.

11.

Il CdR invita la CE a mobilitarsi affinché, nell’ambito del nuovo accordo, gli sforzi quantificabili e misurabili di città e regioni vengano presi in considerazione all’interno dei contributi nazionali (di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, di risparmio energetico e di energie rinnovabili). La CE può avvalersi in particolare del lavoro del Compact of States and Regions, del Patto dei sindaci e del Compact of Mayors, che prevedono tutti impegni chiari, precisi e trasparenti per le città e le regioni, in Europa e in tutto il mondo.

Il Comitato giudica opportuno creare condizioni adeguate — in particolare a livello di regolamentazione e di meccanismi finanziari — per garantire un intervento ottimale delle città e delle regioni.

12.

Il CdR ribadisce la necessità di adottare una politica deliberata e innovativa in materia di investimenti, che sia orientata ai territori al momento di definire progetti sostenibili, in particolare nel settore dell’energia e dell’adattamento; tale politica deve includere le città e le regioni nei processi di concessione di finanziamenti e nella presa in considerazione dei progetti di più piccole dimensioni nell’ambito del piano Juncker. Raccomanda inoltre di considerare la possibilità di detrarre gli investimenti per il clima dal calcolo dell’indebitamento «Maastricht».

13.

Il Comitato raccomanda un accesso agevolato delle città e delle regioni ai principali fondi mondiali per il clima, ad esempio: il Fondo verde per il clima, il Fondo mondiale per l’ambiente e il Fondo per l’adeguamento.

In particolare, un accesso diretto delle autorità locali e regionali dei paesi in via di sviluppo più vulnerabili ai fondi mondiali per il clima, compreso il Fondo verde, consentirebbe a tali soggetti di agire più rapidamente nell’ambito di un approccio comune al clima e agli obiettivi di sviluppo del millennio.

14.

Il CdR propone una governance climatica globale che ufficializzi il lavoro delle città e delle regioni e si basi sui principi della governance multilivello:

ricorda il desiderio espresso dagli enti locali e regionali di vedere, nel testo dell’accordo, un paragrafo sul loro ruolo fondamentale di fronte alla sfida climatica e di formalizzare il loro ruolo nel processo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), al fine di massimizzare il loro potenziale d’azione sul clima,

chiede in particolare che durante le COP venga sistematicamente indetta una giornata dedicata agli enti locali e venga organizzato uno spazio pensato appositamente per loro dal Segretariato dell’ Unfccc e dal paese ospitante, come previsto quest’anno nel corso della COP 21,

chiede inoltre l’avvio di un dialogo strutturato durante l’intero ciclo di negoziati e non solo nel corso delle conferenze internazionali di fine anno. La CE potrebbe dare l’esempio rendendo sistematico un dialogo con il CdR più volte l’anno, prima e durante le conferenze organizzate dalla Unfccc (la COP e le conferenze preparatorie di Bonn, Germania).

15.

Il CdR esprime apprezzamento per il vertice mondiale sul tema «Clima e territori» dell’1 e 2 luglio 2015 a Lione, nonché per il vertice mondiale degli enti locali per il clima, che si terrà a Parigi il 4 e 7 dicembre di quest’anno, e intende parteciparvi. Tali eventi costituiscono un’opportunità per tutti gli attori non statali di collaborare prima e durante la COP 21 e di ribadire il loro ruolo essenziale, annunciando impegni forti per catalizzare l’azione climatica globale, in particolare quella a livello nazionale.

16.

Il CdR raccomanda infine all’Unione europea di incoraggiare la COP ad adottare una decisione che stabilisca un programma di lavoro concernente l’azione delle regioni e delle città a favore del clima, definendo un modus operandi tra gli enti regionali e locali, da un lato, e gli Stati, dall’altro. Si può prendere come esempio la Convenzione sulla diversità biologica (CBD) che nel 2010 ha adottato un «piano di azione per le città e le regioni» (5). Tale piano rappresenterebbe un’applicazione flessibile del principio di governance multilivello a livello internazionale.

L’impegno di tutti i soggetti interessati, una necessità per il buon esito della COP 21 e per la lotta mondiale contro il cambiamento climatico

17.

Dal Gruppo di esperti intergovernativo e dal Programma dell’ONU per l’ambiente emerge chiaramente che, al fine di contenere l’aumento della temperatura al di sotto di 2 oC entro la fine del secolo, occorre che tutte le parti agiscano più rapidamente per ridurre le emissioni sin da ora, a cominciare dai paesi che sono i principali responsabili dei cambiamenti climatici.

La nuova politica in materia di clima deve basarsi su un’ampia adesione di tutte le parti interessate ed essere attuata secondo un approccio dal basso verso l’alto. Le città e le regioni svolgono pertanto un ruolo fondamentale in quanto forniscono informazioni, portano avanti una funzione pedagogica e permettono di mettere insieme le iniziative adottate dai diversi soggetti.

18.

Tenendo conto del dibattito in corso sul «Programma d’azione» proposto dai copresidenti (francese e peruviano) della COP al fine di rafforzare l’azione di tutti i soggetti, il CdR ribadisce il suo auspicio che le città e le regioni partecipino a tale programma. Il Comitato:

chiede alle regioni e alle città d’Europa di portare avanti ed ampliare i loro impegni su obiettivi quantificabili relativi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, ai trasporti puliti, allo sviluppo delle energie rinnovabili e al risparmio energetico per amplificare la dinamica nell’ambito dell’accordo di Parigi. Le invita ad aderire al Patto dei sindaci e alle iniziative Compact of Mayors e Compact of states and regions, nonché a partecipare ai grandi appuntamenti di Lione e Parigi per dare una prova tangibile della loro determinazione,

raccomanda alle regioni e alle città di continuare a condividere le migliori pratiche esistenti all’interno dell’UE ma anche tra Nord e Sud, in particolare attraverso la piattaforma NAZCA (6), il Compact of Mayors e il Compact of states and regions,

si rende conto che la credibilità degli impegni dipende dai criteri di selezione dei progetti e delle iniziative, dalla loro trasparenza, dal rigore dei metodi impiegati e dalla serietà della loro valutazione. Il Patto dei sindaci è un riferimento in materia e potrebbe ispirare le altre iniziative attuali e future volte ad assicurare un solido sistema di monitoraggio, comunicazione e verifica (7) (monitoring, reporting and review). A tale proposito, il CdR invita l’UE a svolgere un ruolo di coordinamento e di armonizzazione di dette iniziative su scala europea o addirittura ad un livello più ampio,

invita infine le città e le regioni dell’UE a servirsi della loro cooperazione decentrata in campo internazionale come leva per sostenere la transizione energetica e la resilienza nei paesi terzi, in particolare nei paesi poveri e vulnerabili. Tali relazioni privilegiate tra regioni e città di tutto il mondo possono essere utilizzate per una diplomazia climatica a tutti i livelli.

19.

In questo spirito di mobilitazione collettiva, il CdR intende trasmettere una serie di messaggi comuni con il Comitato economico e sociale europeo per dimostrare che le regioni e le città si mobilitano per la COP 21 insieme alla società civile e alle imprese.

20.

Il riscaldamento climatico rappresenta una delle maggiori sfide dell’umanità in termini di sviluppo sostenibile, salute ed economia mondiale. La conferenza di Parigi non è un obiettivo fine a sé stesso, ma l’inizio di un processo dinamico ed evolutivo che consentirà alla comunità internazionale di correggere il tiro e riprendere la giusta direzione onde contenere l’aumento delle temperature al di sotto di 2 oC. Un nuovo accordo globale sul clima a Parigi rappresenta un obbligo; rendere possibile e rafforzare la dinamica dei vari soggetti è un altro imperativo, volto a garantire una risposta collettiva che sia all’altezza delle poste in gioco.

Bruxelles, 14 ottobre 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  Parere CdR 2691/2014 «Quadro per le politiche dell'energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030», relatrice Annabelle Jaeger (FR/PSE); parere CdR 5810/2013 «Libro verde — Un quadro per le politiche dell'energia e del clima all'orizzonte 2030», relatrice Sirpa Hertell (FI/PPE); risoluzione 5883/2013 «COP 19 dell’Unfccc — Far progredire l'agenda internazionale sui cambiamenti climatici»; parere CdR 3752/2013 «Strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici», relatore Neil Swannick (UK/PSE).

(2)  Parere CdR 2691/2014 sul tema «Un quadro strategico in materia di clima ed energia per il periodo dal 2020 al 2030», relatrice Annabelle Jaeger (FR/PSE).

(3)  Sistema europeo di scambio di quote di emissione (European Union Emission Trading Scheme — EU ETS).

(4)  Organizzazione delle Nazioni unite.

(5)  Decisione CBD COP10: X/22 Piano d’azione concernente i governi subnazionali, le città e altri enti locali a favore della diversità biologica: https://www.cbd.int/decision/cop/default.shtml?id=12288

(6)  Piattaforma dei soggetti non statali per l’azione sul clima (Non-State Actor Zone for Climate Action — NAZCA).

(7)  Monitoraggio, comunicazione e verifica delle emissioni di gas a effetto serra (Monitoring, reporting and review — MRV).


17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/58


Parere del Comitato europeo delle regioni — Sviluppare il potenziale dell’energia oceanica

(2015/C 423/11)

Relatore:

Rhodri GLYN THOMAS (UK/AE),

consigliere della circoscrizione Carmarthen Est e Dinefwr

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Importanza dell’energia oceanica

1.

sottolinea l’importante contributo dell’energia oceanica alla copertura del fabbisogno energetico futuro non solo dell’Unione europea ma anche del mondo intero. Accoglie con favore l’inserimento di questa forma di energia tra i cinque settori prioritari della strategia per la crescita blu e ritiene che l’UE possa essere un attore importante nel settore dell’energia oceanica;

2.

rileva che — trattandosi di una fonte rinnovabile affidabile e prevedibile — l’energia oceanica ha il potenziale per:

aiutare l’UE a rispettare gli impegni in materia di clima ed energie rinnovabili;

contribuire a diversificare il mix energetico;

contribuire a realizzare gli obiettivi di sicurezza energetica e a ridurre la discontinuità dell’approvvigionamento energetico;

creare occupazione e crescita, contribuendo a diversificare e rilanciare i porti e le comunità insulari e costiere dell’UE, molti dei quali situati in zone periferiche dell’Unione, nonché a promuovere i settori del turismo/tempo libero e dell’acquacoltura (1);

costituire una ricca fonte di capitale intellettuale, ricerca, conoscenze, innovazione e miglioramento delle competenze (anche in materia di ingegneria, collaudo, fabbricazione, trasporti, installazione, funzionamento e manutenzione degli impianti per la produzione di energia oceanica, e installazioni portuali);

offrire benefici più estesi sul piano ambientale, ad esempio difese costiere contro le inondazioni, incentivando nuove forme di ecologia marina;

3.

osserva che il numero elevato di tecnologie diverse associate all’energia oceanica fa sì che essa debba essere sviluppata a vari livelli e in diversi contesti. L’UE — con le numerose zone costiere che la contraddistinguono — può in questo caso intervenire con successo sulla scena mondiale;

4.

prende atto delle stime fornite dalla tabella di marcia europea per l’energia oceanica 2010-2050:

nell’UE si potrebbero creare fino a mezzo milione di posti di lavoro entro il 2050 e 26  000 posti diretti entro il 2020;

l’energia oceanica potrebbe soddisfare dal 10 al 15 % della domanda energetica dell’UE nel 2050 (pari, secondo le stime, a 100 GW (2)), rifornendo così 115 milioni di abitazioni;

con il passaggio all’energia oceanica si potrebbe assistere a riduzioni significative delle emissioni di CO2, pari a 2,61 milioni di tonnellate entro il 2020 e a 136,3 milioni di tonnellate entro il 2050;

5.

riconosce che l’Oceano Atlantico presenta il potenziale più elevato di energia oceanica nell’UE, ma evidenzia l’importante contributo di altri mari e bacini idrici dell’UE, tra cui il Mare del Nord, il Mar Baltico, il Canale della Manica e il Mar Mediterraneo;

6.

riconosce il potenziale dell’energia oceanica pulita per le tante isole dell’UE; imbrigliando questa energia, si potrebbe contribuire all’autonomia energetica delle isole e delle regioni marittime periferiche, comprese le regioni ultraperiferiche (3), offrendo nel contempo enormi potenzialità di sviluppo economico e sociale mediante la creazione, a livello locale, di posti di lavoro in queste comunità, tra cui una serie di opportunità per i numerosi porti di piccole e medie dimensioni presenti nell’UE;

7.

mette in rilievo che lo sviluppo del settore dell’energia oceanica riveste interesse per tutta l’UE: le opportunità di investimento in diversi settori — ricerca, conoscenza, competenze e sviluppo, produzione ed esportazione di componenti, sviluppo delle catene di approvvigionamento — non sono limitate alle aree costiere/insulari;

8.

sottolinea l’importanza di un approccio globale all’energia rinnovabile offshore. Molti dei problemi dell’energia oceanica sono comuni ad altre fonti energetiche offshore, come ad esempio l’accesso alla rete, la connettività e lo sviluppo delle competenze;

9.

rileva che esistono tipi diversi di energia oceanica: escursione di marea (ad esempio le lagune artificiali in grado di produrre maree), energia mareomotrice, energia del moto ondoso, energia a gradiente salino e conversione dell’energia talassotermica (OTEC) (4);

10.

osserva che le tecnologie relative a questi diversi tipi di energia oceanica hanno raggiunto livelli diversi di maturità e, se si eccettua l’escursione di marea, sono tutte in fase di ricerca e sviluppo. Si tratta per lo più di progetti pilota su scala ridotta, non esistono realizzazioni a fini commerciali già operative, né vi è ancora un consenso sui dispositivi tecnologici da preferire;

11.

sottolinea però che i convertitori di energia mareomotrice e del moto ondoso suscitano un interesse commerciale crescente e potrebbero assumere un’importanza sempre maggiore nel medio e lungo termine, in quanto possono generare energia in luoghi molto diversi.

L’UE e le sue regioni all’avanguardia… ma per quanto tempo ancora?

12.

rileva che l’UE è attualmente all’avanguardia a livello mondiale nello sviluppo di energia oceanica, con una moltitudine di attività di ricerca e dimostrazione su piccola scala, più di 500 società attive nel settore dell’energia oceanica e oltre il 50 % dell’attività connessa all’energia mareomotrice a livello globale; per alcuni progetti è stato perfino concluso l’accordo di finanziamento (5);

13.

riconosce che, in molti casi, la spinta verso lo sfruttamento dell’energia oceanica e marina proviene dal livello infranazionale degli Stati membri (come succede, ad esempio, in Cornovaglia, Bretagna, Aquitania, Pays de la Loire, Bassa Normandia, Paesi Baschi, Cantabria, Galizia, Scozia, Galles, Fiandre, Västra Götaland ecc.);

14.

osserva tuttavia che, nonostante l’interesse industriale e il coinvolgimento di un certo numero di multinazionali e di aziende fornitrici di energia nelle attività di ricerca e sviluppo, la portata degli investimenti non è ancora comparabile a quella delle altre energie rinnovabili e gli obiettivi di sviluppo previsti per il 2020 non sono stati raggiunti;

15.

riconosce che, se non interviene a sufficienza, l’UE rischia di perdere la sua egemonia mondiale.

Ostacoli allo sviluppo dell’energia oceanica

16.

evidenzia un certo numero di barriere, tra loro concatenate, da superare, che ostacolano la crescita del settore:

barriere tecnologiche,

barriere finanziarie,

barriere amministrative/di governance (compresi problemi di autorizzazione/pianificazione e disponibilità/accesso ai dati),

aspetti collegati alla rete (connettività),

impatto ambientale;

17.

sottolinea che, se da un lato queste sfide devono essere affrontate nel loro insieme, dall’altro i problemi tecnologici e finanziari sono particolarmente pressanti, in quanto — in mancanza di una prova della validità concettuale e di tecnologie affidabili — questo settore avrà difficoltà a compiere progressi decisivi e a dimostrarsi capace di funzionare su scala industriale;

18.

esprime preoccupazione per il fatto che la fase iniziale di gran parte della tecnologia dell’energia oceanica, combinata con gli elevati costi dei test da effettuare negli oceani e nei mari (soprattutto in condizioni difficili e imprevedibili), costituisce un ostacolo considerevole agli investimenti su larga scala, intralciando così i progressi della tecnologia. Si tratta di un problema soprattutto per gli investitori privati, in quanto la prova della validità concettuale e la scalabilità della tecnologia sono entrambi fattori vitali per accedere ai finanziamenti e ridurre i costi unitari;

19.

ribadisce l’importanza delle riflessioni sull’ambiente esposte nella direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino e nel proprio — recente — parere sull’argomento (6); è favorevole ad ulteriori attività di ricerca e innovazione per mettere a punto soluzioni sostenibili in materia di energia oceanica per le attività di collaudo e di diffusione, dal momento che l’introduzione di energia nel mare (rumore, luce, calore e radiazione) influisce sull’ambiente e sugli ecosistemi marini;

20.

chiede di far tesoro delle esperienze maturate nel settore dell’energia eolica (anche offshore): in particolare le aziende e gli istituti di ricerca dovrebbero collaborare per evitare di duplicare gli sforzi e i finanziamenti, e per promuovere la standardizzazione a livello industriale, al fine di accrescere la competitività in termini di costi.

Azioni e coordinamento/cooperazione più stretti a livello dell’UE

21.

afferma che, data la portata degli investimenti necessari per realizzare le potenzialità del settore dell’energia oceanica, sono essenziali azioni coordinate tra i vari livelli di governance nell’UE e invita la Commissione europea a organizzare un convegno con la Banca europea per gli investimenti (BEI), il Parlamento europeo ed altre istituzioni dell’UE, in cooperazione con gli Stati membri, gli enti locali e regionali, gli istituti di ricerca e le università, le ONG, l’industria emergente e i potenziali investitori;

22.

accoglie con favore l’iniziativa della Commissione di creare un Forum sull’energia oceanica incaricato della pubblicazione di una tabella di marcia per questa fonte di energia al fine di imprimere un orientamento allo sviluppo del settore; con il proprio parere, intende inoltre garantire che detta tabella di marcia tenga conto della forte dimensione locale e regionale insita nello sviluppo di questo settore industriale emergente;

23.

invita la Commissione a trasformare questo forum in una piattaforma industriale che consenta di proseguire con le azioni fondamentali stabilite nella tabella di marcia per l’energia oceanica;

24.

chiede di stabilire degli obiettivi per l’energia oceanica a livello dell’UE sotto forma di una esplicita dichiarazione d’intenti, allo scopo di offrire agli investitori la certezza necessaria per assumere impegni a lungo termine;

25.

sottolinea la necessità di un approccio coerente verso tutte le attività connesse ai mari e agli oceani; sostiene che lo sviluppo del settore in esame potrebbe servire ad incentivare la definizione di una politica industriale marittima per l’UE;

26.

accoglie con favore l’elaborazione di strategie nazionali per l’energia marina ed oceanica da parte di Irlanda e Portogallo, nonché l’inserimento dell’energia oceanica nei piani d’azione nazionali per le energie rinnovabili di otto Stati membri — Regno Unito, Irlanda, Francia, Portogallo, Spagna, Finlandia, Italia e Paesi Bassi — e le iniziative adottate in altri paesi dell’UE come Danimarca e Svezia;

27.

chiede agli Stati membri di esercitare una leadership strategica e politica nello sviluppo di questo settore industriale tramite un sostegno più deciso ai progetti di ricerca e dimostrazione sul loro territorio; sottolinea inoltre l’importanza per gli Stati membri di fornire quadri regolamentari stabili e regimi di sovvenzioni per le fonti energetiche rinnovabili che siano efficaci sotto il profilo dei costi, al fine di attrarre investitori con una programmazione a lungo termine;

28.

rinnova il proprio invito a creare una Comunità della conoscenza e dell’innovazione specifica per l’economia blu (7), dal momento che lo sviluppo di competenze e il trasferimento di idee dalla ricerca marina al settore privato svolgono un ruolo cruciale nello sfruttamento dell’energia oceanica;

29.

sottolinea la necessità di mettere a profitto le iniziative e i partenariati riusciti attualmente in corso (8), nonché di utilizzare appieno le conoscenze acquisite nel quadro del piano strategico per le tecnologie energetiche (SET) e del suo pilastro della ricerca, l’alleanza europea per la ricerca nel settore dell’energia; occorre cioè coinvolgere gli attori del piano SET e delle iniziative Città intelligenti e Orizzonte 2020 nell’elaborazione di una strategia energetica locale e regionale;

30.

accoglie pertanto con favore l’inserimento nel programma di lavoro 2016-2017 di Orizzonte 2020 di due bandi separati per il settore dell’energia oceanica incentrati sulle tematiche Crescita blu ed Energia a basse emissioni di carbonio (LCE-15 Scaling up in the ocean energy sector to arrays [Sviluppo di impianti nel settore dell’energia oceanica] e LCE-16 2nd generation of design tools for ocean energy devices and arrays development and deployment [Seconda generazione di strumenti di progettazione di dispositivi per l’energia oceanica e sviluppo e diffusione di impianti]);

31.

sottolinea la necessità di predisporre la formazione professionale richiesta per acquisire le competenze necessarie all’installazione e alla manutenzione di impianti per l’energia oceanica, attualmente a carico delle compagnie petrolifere e del gas, e di incoraggiare i settori a condividere le loro conoscenze e ad imparare gli uni dagli altri.

Aiuti di Stato

32.

accoglie con favore l’autorizzazione concessa nell’aprile 2015 agli aiuti di Stato destinati a un programma portoghese di sostegno a progetti dimostrativi (50 MW di capacità installata) che producono energia rinnovabile dagli oceani (energia del moto ondoso e mareomotrice) e tecnologie innovative per l’energia eolica offshore;

33.

rileva che numerosi soggetti direttamente interessati ritengono che la Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia del 2014 sia dotata della flessibilità richiesta per sostenere progetti dimostrativi in questo campo;

34.

chiede che gli esperti in aiuti di Stato intraprendano un’ulteriore analisi tecnica in collaborazione con il forum sull’energia oceanica, in modo da garantire che il regime degli aiuti di Stato sia sensibile alle particolari sfide cui è soggetto il settore e consenta di effettuare importanti investimenti pubblici, ad esempio nelle infrastrutture di rete e nei progetti pilota su larga scala della fase precommerciale.

La macroregione dell’Oceano Atlantico

35.

chiede che i futuri programmi di finanziamento dell’UE a sostegno della cooperazione territoriale, ivi compreso il programma transnazionale per la regione dell’Oceano Atlantico, siano riorientati verso lo sviluppo dell’energia oceanica;

36.

raccomanda di considerare seriamente la creazione di una macroregione atlantica incentrata sullo sviluppo dell’energia oceanica; tale approccio offrirebbe ai cinque Stati membri e nazioni/regioni di questa macroregione un obiettivo chiaro a cui collaborare, e potrebbe eventualmente condurre a una strategia industriale marittima coerente per questa macroregione, incentrata sulle energie rinnovabili e la connettività;

37.

raccomanda di elaborare strategie/tecnologie adeguate e mirate per tutti i diversi bacini marittimi, utilizzando le esperienze già esistenti o gli sviluppi in corso nel campo delle tecnologie avanzate per le regioni con un potenziale minore/diverso in termini di energia marina;

38.

accoglie con favore la comunicazione della Commissione C(2015)6317 Towards an Integrated Strategic Energy Technology (SET) Plan (Verso un piano strategico integrato per le tecnologie energetiche — piano SET), in particolare il riferimento al rafforzamento della cooperazione regionale in materia di energia oceanica lungo le coste dell’Oceano Atlantico, al fine di contribuire a ridurre ulteriormente i costi in questa zona.

Come affrontare le sfide finanziarie

39.

è dell’avviso che un forte sostegno pubblico, anche tramite partenariati innovativi pubblico-privati, sia essenziale per lo sviluppo dell’energia oceanica;

40.

riconosce il ruolo essenziale svolto dagli attuali meccanismi di sostegno della BEI (9); sottolinea però la necessità di nuovi strumenti innovativi a livello dell’UE che creino un contesto più favorevole al sostegno degli investimenti in tecnologie energetiche innovative «più rischiose», soprattutto se destinati allo sviluppo tecnologico dell’energia oceanica;

41.

accoglie pertanto con favore il varo, nel giugno 2015, dei nuovi progetti dimostrativi InnovFin (Finanziamento dell’UE per l’innovazione) in campo energetico da parte della BEI e della Commissione europea, e invita gli Stati membri e gli enti locali e regionali ad incoraggiare l’impiego di questo nuovo meccanismo per sostenere i progetti riguardanti l’energia oceanica;

42.

sottolinea l’importanza di investire nelle interconnessioni, in particolare tra gli Stati membri e le loro regioni, di potenziare le infrastrutture di trasmissione per aumentare la loro capacità di assorbire la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, di investire nelle reti di distribuzione, di estendere le reti fino a raggiungere le aree periferiche, nonché di sviluppare e attuare soluzioni basate su reti intelligenti;

43.

invita la BEI e la Commissione europea ad assegnare la priorità al nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) per sostenere gli investimenti nel settore dell’energia oceanica, analizzando tra l’altro come utilizzare questo fondo per sostenere il potenziamento della rete e la connettività;

44.

rileva con favore l’attenzione crescente per le energie marine rinnovabili in molte delle strategie di specializzazione intelligente (S3), nonché il lancio della piattaforma europea di specializzazione intelligente in materia di energia, ed evidenzia l’importanza di garantire che questa sia complementare ai lavori del forum sull’energia oceanica;

45.

accoglie con favore la priorità attribuita, nei programmi operativi regionali, agli investimenti nell’energia marina;

46.

sottolinea l’importanza di rafforzare il collegamento tra la politica energetica e la politica di coesione dell’UE, e invita la Commissione europea a fornire precisazioni riguardo alla priorità attribuita all’energia oceanica nei programmi operativi regionali per i fondi strutturali e di investimento europei (SIE) per il periodo 2014-2020 e a fornire un’analisi delle regioni che danno priorità all’energia oceanica nelle loro S3;

47.

accoglie con favore la decisione adottata dal Consiglio europeo nell’ottobre 2014 di rinnovare il programma NER300 e osserva che d’ora in poi saranno ammissibili ai finanziamenti anche i progetti di piccole dimensioni (10);

48.

chiede che sia fissato un prezzo stabile più alto per le emissioni di carbonio e che, nell’ambito del nuovo regime, siano stanziati finanziamenti maggiori per i progetti (innovativi) relativi alle energie rinnovabili;

49.

accoglie con favore progetti come la rete di programmi di ricerca nazionali e regionali dello spazio europeo di ricerca (ERA-NET) per l’energia oceanica, che mira a coordinare le attività tra le agenzie nazionali e regionali sul territorio dell’UE per sostenere la ricerca e l’innovazione nel settore; attende con interesse di vedere una lunga serie di progetti relativi all’energia oceanica finanziati nel quadro di Orizzonte 2020 e di altri programmi come Erasmus+;

50.

rinnova il proprio invito ad attribuire una priorità politica più marcata alla creazione di sinergie tra il bilancio dell’UE e quello degli Stati membri e dei soggetti infrastatali (enti locali e regionali) (11) a sostegno di investimenti di importanza cruciale per l’UE, ad esempio nel campo dell’energia oceanica.

Questioni legate all’ambiente e alle autorizzazioni

51.

afferma che l’energia oceanica può essere sviluppata in modo da rafforzare l’ambiente naturale;

52.

sottolinea l’importanza di garantire il coinvolgimento di autorità regionali, organizzazioni ambientali e altre ONG nel forum sull’energia oceanica e in altre iniziative strategiche a livello dell’UE, e sollecita gli Stati membri, gli enti locali e regionali e l’industria a collaborare pienamente con tali entità, per garantire che questo nuovo settore industriale cresca all’insegna della sostenibilità, riducendo al minimo l’impatto sull’ambiente;

53.

sottolinea il ruolo estremamente importante della pianificazione dello spazio marittimo nel sostenere lo sviluppo del settore industriale dell’energia oceanica (e marina), in quanto si rende così disponibile un meccanismo che porta i diversi utilizzatori dei mari/oceani (settore energetico, trasporto marittimo, acquacoltura, pesca, attività ricreative e conservazione della natura) ad impegnarsi in un dialogo, a scambiare informazioni e a prendere decisioni coordinate sull’uso degli spazi marini, contribuendo così ad evitare conflitti tra i vari settori, a sviluppare sinergie e a ridurre gli impatti negativi sugli ecosistemi. Sollecita gli Stati membri e gli enti locali e regionali coinvolti nella preparazione del processo di pianificazione dello spazio marittimo a integrare in tale processo anche lo sviluppo dell’energia oceanica;

54.

sottolinea l’importanza di semplificare le procedure amministrative in materia di pianificazione e autorizzazione a livello di enti locali, regionali e nazionali; pone inoltre in evidenza le buone pratiche — ormai consolidate — adottate dalla Scozia in questo campo, che ha infatti introdotto programmi di pianificazione settoriale dello spazio marittimo, ricerca ambientale e monitoraggio strategico, nonché uno sportello unico per le autorizzazioni e la relativa guida alle autorizzazioni;

55.

evidenzia l’importanza di accedere ai dati e di condividere le informazioni, onde evitare duplicazioni, ridurre i costi di avviamento delle operazioni, anche in considerazione dell’interesse pubblico generale a comprendere l’ambiente marino e il potenziale impatto delle innovazioni sul suo ecosistema;

56.

sottolinea l’importanza di comprendere e monitorare l’ambiente marino e l’ecologia, conducendo apposite ricerche, allo scopo di raccogliere una serie di dati più completa rispetto a quella attualmente disponibile (ivi compresi ampi studi d’impatto ambientale), tramite un approccio basato sugli ecosistemi, per analizzare la biodiversità propria delle regioni all’esame e quantificare gli effetti potenziali di dispositivi diversi sull’ambiente marino.

Sensibilizzazione e comunicazione

57.

ritiene assolutamente prioritario comunicare i vantaggi e le potenzialità dell’energia oceanica per conquistare «i cuori e le menti» dei cittadini dell’UE;

58.

sottolinea l’importanza del dialogo e della comunicazione con tutte le parti direttamente interessate, compresi gli operatori dei settori della pesca e dell’acquacoltura, nonché altri utilizzatori dello spazio marino/marittimo;

59.

evidenzia il ruolo che la Commissione europea e il Comitato delle regioni possono svolgere per sensibilizzare all’energia oceanica, tramite ad esempio la Settimana dell’energia sostenibile, gli Open Days (ossia la Settimana delle regioni e delle città), il Patto dei sindaci ed eventualmente l’introduzione di nuovi regimi.

Bruxelles, 14 ottobre 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  GU C 62 del 2.3.2013, pag. 47. Cfr. ad esempio il progetto Tidal Lagoon Swansea Bay.

(2)  Progetto SI OCEAN.

(3)  Dimostrazione di convertitori di energia oceanica, ad esempio nelle isole Canarie, Riunione e Martinica.

(4)  Fonte: Ocean Energy Europe.

(5)  Ad esempio per il progetto MeyGen.

(6)  ENVE-VI/001.

(7)  GU C 19 del 21.1.2015, pag. 24.

(8)  Programmi congiunti, IPC Oceani, SI Ocean, SEAS-ERA, ERA-NET per l’energia oceanica.

(9)  Programmi congiunti BEI — istituzioni dell’UE: Fondo europeo 2020 per l’energia, il cambiamento climatico e le infrastrutture, Fondo globale per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili, Fondo europeo per l’efficienza energetica, piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (piano SET).

(10)  Il programma NER300 sostiene i progetti dimostrativi per la cattura e lo stoccaggio del carbonio in modo sicuro per l’ambiente, nonché le tecnologie innovative per sfruttare le fonti energetiche rinnovabili.

(11)  GU C 62 del 2.3.2013, pag. 32.


17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/64


Parere del Comitato europeo delle regioni — Pacchetto «Unione dell’energia»

(2015/C 423/12)

Relatore:

Pascal MANGIN (FR/PPE), consigliere regionale dell’Alsazia

Testi di riferimento:

«Una strategia quadro per un’Unione dell’energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici»

COM(2015) 80 final

e

«Raggiungere l’obiettivo del 10 % di interconnessione elettrica — Una rete elettrica europea pronta per il 2020»

COM(2015) 82 final

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Messaggi principali

1.

sottolinea che, per realizzare gli obiettivi dell’Unione dell’energia, gli Stati membri e gli enti locali e regionali devono garantire la rigorosa applicazione della normativa vigente nel settore del mercato interno e delle politiche dell’energia e del clima;

2.

ricorda che l’energia ha costituito un elemento centrale della costruzione europea (trattato di Parigi del 1951, trattato Euratom del 25 marzo 1957); osserva che la scelta tra varie fonti energetiche e la struttura generale dell’approvvigionamento rimangono prerogative degli Stati membri (articolo 194 del TFUE), ma sottolinea che un coordinamento più stretto a livello dell’UE è necessario per assicurare il corretto funzionamento del mercato dell’energia, il rafforzamento della competitività e la transizione verso un approvvigionamento energetico sostenibile e sicuro per tutti i territori dell’Unione europea;

3.

osserva che l’Unione dell’energia si compone di cinque dimensioni equivalenti, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo del 20 marzo 2015;

4.

si compiace dell’adozione, da parte della Commissione, del pacchetto non legislativo riguardante l’Unione dell’energia, che costituisce un vero e proprio passo in avanti verso un mercato energetico maggiormente integrato tra gli Stati membri, nonché un quadro che consente di estendere le discussioni sulle attuali problematiche principali della politica energetica, elementi che il Comitato delle regioni ha già affrontato nei suoi lavori politici e nei suoi recenti pareri sull’energia sostenibile, economicamente accessibile e competitiva, e sulla sicurezza di approvvigionamento;

5.

invita la Commissione europea al rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità nelle prossime proposte legislative sull’Unione dell’energia;

6.

ricorda il peso delle importazioni energetiche nella bilancia commerciale dell’UE e la crescente dipendenza di quest’ultima da paesi terzi;

7.

invoca pertanto l’adozione di iniziative normative, nonché l’attuazione di progetti infrastrutturali, che affrontino in modo efficace i problemi della dipendenza eccessiva dei paesi dell’UE dalle importazioni da singoli fornitori;

8.

ricorda che il sistema elettrico europeo è oggi in transizione. Da un lato esso presenta una considerevole sovraccapacità produttiva con l’avvento delle energie rinnovabili intermittenti, il che accresce il fabbisogno di energia di compensazione e rende necessaria la sostituzione di numerose centrali obsolete; dall’altro sussistono preoccupazioni in materia di sicurezza di approvvigionamento, alle quali occorre rispondere rapidamente;

9.

constata che l’aumento della produzione di energie rinnovabili ha ridotto i prezzi sul mercato europeo all’ingrosso e limitato la redditività dei mezzi di produzione tradizionali, comportando paradossalmente in alcuni casi la riapertura delle centrali a carbone e, di conseguenza, un aumento delle emissioni di CO2; riconosce che una delle cause di questa situazione è la mancanza di un numero sufficiente di meccanismi per promuovere gli investimenti che potrebbero rendere il sistema più efficiente e sostenibile;

10.

non trova, nei documenti in esame, indicazioni adeguate per risolvere uno dei problemi principali della transizione energetica: come coniugare investimenti a lungo termine con l’elevata volatilità causata dalla progressiva apertura del mercato. Ciò riguarda per esempio le centrali idroelettriche con stoccaggio mediante pompaggio, i moderni impianti alimentati a gas per la generazione combinata di calore ed elettricità, nonché quelli a gas e a vapore;

11.

constata che il mercato dell’energia è confrontato a grandi sfide, con prezzi all’ingrosso in costante ribasso, che non riflettono per intero i costi di sviluppo e di ammodernamento delle infrastrutture; sottolinea inoltre che tale mercato deve avvalersi delle risorse e delle infrastrutture esistenti nei diversi Stati membri, tenendo conto del fatto che alcuni soggetti del mercato operano in diversi paesi o su scala europea;

12.

fa presente che il prezzo finale dell’elettricità è in aumento per i cittadini europei, a causa delle notevoli esigenze in materia di investimenti, degli aumenti delle tasse, del sostegno destinato alle energie rinnovabili e ad altre fonti energetiche, e di una determinazione monopolistica dei prezzi per il consumatore, ma anche per via delle sovvenzioni occulte alle energie fossili e di altre forme di energia non rinnovabili;

13.

ritiene essenziale collegare la politica europea contro il riscaldamento globale e la politica energetica, e ricorda che un buon funzionamento del mercato del carbonio, che conduca a un prezzo efficace del CO2, unito a una maggiore efficienza energetica e a maggiori investimenti nelle energie rinnovabili, costituiscono gli strumenti più efficaci per condurre agli auspicati investimenti in un’economia verde e a basso consumo di carbonio;

14.

segnala la necessità di porre fine allo «shopping delle sovvenzioni» ricorrendo alla piena internalizzazione dei costi energetici e alla riduzione degli squilibri tra i diversi regimi di sostegno e le differenti sovvenzioni; chiede alla Commissione europea di pubblicare orientamenti e raccomandazioni per armonizzare i diversi tipi di regimi di sostegno, sovvenzioni ed incentivi fiscali in tutta l’UE;

15.

esprime serie preoccupazioni per il fatto che i rischi e gli svantaggi obiettivi dell’energia nucleare sono totalmente ignorati. Asserendo che l’UE dispone di una posizione di primo piano nella «generazione nucleare più sicura del mondo» si suggerisce una presunta sicurezza, mentre non vengono menzionati i rischi dell’energia nucleare. Anche l’affermazione secondo cui l’UE deve assicurare il rispetto delle norme più elevate in materia di smaltimento dei rifiuti nucleari suggerisce che esista un reale smaltimento di tali rifiuti. Tuttavia, allo stato attuale della tecnica, è possibile solo stoccare, e non già smaltire, i rifiuti nucleari. Il problema dello smaltimento sarà rinviato, ma non risolto;

16.

si rammarica del fatto che l’energia nucleare sia presentata in maniera particolarmente sbilanciata e in termini eccessivamente positivi, nonché valutata in maniera ampiamente acritica. In numerosi passaggi il concetto di «basse emissioni di CO è utilizzato come parola in codice per l’energia nucleare. Se tale concetto fosse riferito innanzi tutto alle fonti energetiche rinnovabili, si utilizzerebbe la formulazione «energia rinnovabile a basse emissioni di CO2». Si suscita l’impressione che l’energia nucleare sia un mezzo necessario per la decarbonizzazione; l’associazione tra riduzione delle emissioni di CO2 ed energia nucleare costituisce di fatto una prescrizione discutibile in considerazione della summenzionata libertà degli Stati membri in materia di energia;

17.

accoglie con favore la proposta di riforma del sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) e sottolinea che l’Unione dell’energia deve andare di pari passo con un ETS più efficiente perché il suo malfunzionamento provocherebbe una frammentazione del mercato interno e comprometterebbe la parità di condizioni, riportandoci così alle misure nazionali;

18.

considera che la politica energetica europea sia un importante fattore di coesione territoriale a livello dell’UE, perché tiene conto degli handicap e dei vantaggi dei vari territori; ritiene che la combinazione dei punti forti e dei punti deboli di ciascuno debba condurre a un miglioramento per tutti; sottolinea, in particolare, che la transizione verso un’energia sostenibile a basse emissioni di carbonio offre un enorme potenziale di sviluppo in molte regioni, anche in quelle che oggi presentano un ritardo di sviluppo ma che potrebbero avere una grande disponibilità di fonti energetiche sostenibili come il sole o il vento;

19.

esprime l’auspicio di essere coinvolto, in veste di partner istituzionale, nel dibattito sull’Unione dell’energia che è stato da poco avviato, e di poter contribuire, con le sue raccomandazioni politiche, ai lavori delle altre istituzioni, in particolare sulla legislazione e sulla governance dell’Unione dell’energia;

20.

sottolinea il ruolo degli enti regionali e locali nel rafforzamento della sicurezza dell’approvvigionamento energetico e nello sviluppo di un mercato comune dell’energia nell’Unione europea;

21.

prende nota altresì del ruolo specifico assegnato agli enti locali e regionali nel pacchetto Unione dell’energia per quanto riguarda gli sforzi richiesti nel settore dell’efficienza energetica degli edifici, e si congratula dell’impegno, assunto dalla Commissione, di migliorare le condizioni generali per il finanziamento di progetti riguardanti l’efficienza energetica, anche a livello locale e regionale;

22.

chiede di essere coinvolto maggiormente nei lavori della Commissione intesi specificamente ad avviare una nuova iniziativa di finanziamento di edifici intelligenti e nell’elaborazione di misure intese a migliorare l’efficienza energetica degli edifici esistenti;

23.

si rammarica tuttavia della mancanza di riferimenti agli enti locali nei settori essenziali del pacchetto Unione dell’energia che sono: le energie rinnovabili, l’innovazione, la tecnologia, la sicurezza di approvvigionamento e le relazioni esterne. Chiede che il Comitato sia coinvolto maggiormente, e che le sue raccomandazioni politiche vengano tenute presenti nella preparazione, da parte della Commissione, dei nuovi atti legislativi previsti nel pacchetto Unione dell’energia;

24.

osserva che il successo dell’Unione dell’energia sarà misurato dal valore aggiunto che essa produrrà garantendo la libera circolazione dell’energia, la sicurezza dell’approvvigionamento, la trasparenza nel settore dell’energia nonché prezzi competitivi e accessibili; questa è la base per la modernizzazione del settore energetico con l’obiettivo di sviluppare un’economia a basse emissioni di diossido di carbonio che assicuri il raggiungimento degli obiettivi in materia di cambiamenti climatici. La sicurezza dell’approvvigionamento, il completamento del mercato interno dell’energia e la modernizzazione delle infrastrutture del settore dell’energia costituiscono il cardine dell’Unione dell’energia e tutte le altre azioni intraprese con il fine di creare tale Unione devono essere orientate al rafforzamento di queste dimensioni centrali;

25.

ricorda l’importanza dell’adesione politica, a tutti i livelli, per un’efficace attuazione delle politiche europee, e sottolinea che la realizzazione della visione ambiziosa dell’Unione dell’energia richiederà un forte impegno delle istituzioni europee, degli Stati membri, dei parlamenti nazionali, degli enti locali e regionali, delle imprese e dei cittadini, ciascuno al proprio livello e nel rispetto delle competenze di ognuno;

26.

segnala il ruolo degli enti locali come soggetti indispensabili dell’Unione dell’energia, in particolare per quanto riguarda il risparmio energetico nei trasporti urbani e interurbani, le strategie di comunicazione interregionali, le infrastrutture energetiche transfrontaliere, la cooperazione nelle nuove tecnologie di stoccaggio, il cofinanziamento degli edifici pubblici intelligenti e a basso consumo energetico, l’adozione di leggi concernenti un’economia a basse emissioni di carbonio e l’utilizzazione dei fondi strutturali e di investimento europei per una collaborazione transfrontaliera in materia di energie rinnovabili; Gli enti locali e regionali possiedono talvolta infrastrutture di produzione e sono quindi produttori di energia;

27.

fa osservare che il Patto dei sindaci costituisce un buon esempio del contributo offerto dagli enti locali all’attuazione di una politica energetica sostenibile; ricorda che il Comitato delle regioni ha fortemente sostenuto tale iniziativa e ritiene che occorra valorizzarla come possibile vettore dell’Unione dell’energia e degli obiettivi energetici dell’UE per il 2030; invita la Commissione a rafforzare il suo sostegno al Patto dei sindaci sino al 2030, al fine di acquisire nuovi firmatari; invita inoltre a sostenere le iniziative locali e regionali che non rientrano in questo dispositivo ma che hanno permesso di conseguire risultati ambiziosi, quali Eurocities e il Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa.

Per quanto riguarda gli ambiziosi obiettivi in materia di efficienza energetica e di energie rinnovabili per il 2030:

Intensificare il sostegno agli attori locali e regionali

28.

constata che occorre rafforzare oppure creare strutture di sostegno a livello internazionale, nazionale e regionale destinate a sostenere l’azione locale e regionale a favore dell’energia e del clima. Questo obiettivo si può realizzare sia all’interno che al di fuori del Patto dei sindaci, grazie alla cooperazione tra le autorità locali e regionali, gli Stati membri, le regioni, le agenzie regionali dell’energia ecc.;

29.

sottolinea che la cooperazione regionale tra gli Stati membri è uno dei fattori più importanti per la creazione di un mercato unico UE dell’energia pienamente funzionante e dell’Unione dell’energia. È necessario rafforzare ulteriormente la cooperazione regionale e portarla a un livello superiore, in particolare per poter perseguire priorità politiche maggiori e garantire l’effettivo funzionamento dell’Unione dell’energia con l’aiuto dell’integrazione regionale;

30.

rammenta che le misure adottate dall’UE non dovrebbero essere destinate esclusivamente alle grandi città dato che circa il 56 % delle città europee è di piccole e medie dimensioni e ha tra 5  000 e 1 00  000 abitanti, con un marcato effetto di accumulazione;

31.

a questo scopo propone, ad esempio, di esaminare la possibilità di creare un forum dei territori per gli enti locali e regionali dell’UE, in stretta collaborazione con il Patto dei sindaci e con il sostegno del Comitato delle regioni, che comprenderebbe una sezione dedicata all’Unione dell’energia e che potrebbe contribuire a diffondere le buone pratiche nel settore dell’energia, a creare opportunità di finanziamento, a impegnarsi nella ricerca e a promuovere i metodi che consentono di conseguire il sostegno dei cittadini e il loro consenso per i progetti legati alla transizione energetica;

32.

le azioni a livello locale e regionale devono puntare alla diversificazione dei fornitori, delle fonti di energia e delle linee di trasmissione delle materie prime. È quindi estremamente importante realizzare progetti di interesse comune (PIC), anche a livello locale e regionale, tramite la razionalizzazione delle procedure, la concessione di licenze ecc.;

33.

esorta a tener conto delle posizioni delle regioni coinvolte nel processo di consultazione relativo ai PIC.

Prendere in considerazione gli sforzi e i contributi degli enti locali

34.

ricorda che gli enti locali realizzano spesso, su base volontaria, obiettivi più ambiziosi di quelli stabiliti dalla legislazione dell’UE;

35.

sottolinea la necessità di istituire meccanismi volontari di aggregazione della domanda (acquisti congiunti) e richiama l’attenzione sulle buone pratiche seguite in questo campo a livello locale e regionale (acquisti congiunti di calore);

36.

invita la Commissione a fare un panorama di tali buone pratiche e a trarne ispirazione nell’attività legislativa relativa agli obiettivi dell’Unione dell’energia;

37.

propone che un forum dei territori, in stretta collaborazione con il Patto dei sindaci, assista la Commissione europea in questo compito e inoltre raccolga gli impegni degli enti locali, dia loro la necessaria pubblicità e ne garantisca la compatibilità e la solidità.

Rafforzare ed estendere l’azione del Patto dei sindaci

38.

ricorda l’approccio multilivello che è stato applicato con successo nel Patto dei sindaci e che dovrebbe essere rafforzato e trasferito ad altri campi di azione nel quadro dell’Unione dell’energia;

39.

segnala di essere pronto a contribuire alla definizione delle strategie del Patto dei sindaci per il periodo post 2020;

40.

sottolinea l’importanza della condivisione dei dati relativi all’energia — secondo il quadro giuridico degli Stati membri ed, eventualmente, nel rispetto di una legislazione europea ancora da definire — tra i partner fondamentali del settore energetico impegnati nello sviluppo, nella gestione e nel funzionamento di progetti e aziende pubbliche del settore dell’energia a livello locale e regionale, inclusi le agenzie per l’energia, gli operatori di rete, gli osservatori e le imprese, allo scopo di elaborare, attuare e monitorare i piani d’azione per l’energia sostenibile, utilizzando così i dati sull’energia a livello locale per il calcolo dell’Inventario di base delle emissioni.

Incoraggiare l’uso dei territori ultraperiferici come veri e propri laboratori della transizione energetica

41.

riconosce il carattere specifico dei territori ultraperiferici, che il più delle volte non sono interconnessi e dipendono da una onerosa produzione di energia ad alto tenore di carbonio, sebbene abbiano un elevato potenziale nel campo dello sviluppo delle energie rinnovabili;

42.

invita la Commissione a sostenere i progetti innovativi nei territori ultraperiferici, per fare di questi ultimi degli autentici laboratori della transizione energetica.

Riguardo il finanziamento dei progetti di efficienza energetica/di energia sostenibile a livello locale e regionale:

Disporre di strumenti finanziari efficaci

43.

conferma che la propria priorità è collaborare con le altre istituzioni per migliorare le condizioni regolamentari e finanziarie applicabili agli investimenti locali e regionali nell’energia sostenibile. Sottolinea l’importanza delle iniziative portate avanti con successo dalla BEI e di un’ulteriore collaborazione nel campo delle misure di ingegneria finanziaria;

44.

riconosce l’importanza di promuovere meglio gli strumenti finanziari che sono soprattutto a favore dell’efficienza energetica, delle tecnologie a basso tenore di carbonio e delle energie rinnovabili nel settore dei trasporti e delle costruzioni, in particolare a livello locale, come la futura iniziativa «finanziamento intelligente per gli edifici intelligenti» della Commissione, che il Comitato delle regioni considera importante;

45.

invita la Commissione europea a individuare e valorizzare buone prassi a livello locale nel sostegno a opere di efficientamento energetico degli edifici, anche al fine di sviluppare meccanismi di finanziamento innovativi ed efficaci nel quadro dei fondi della BERS, della BEI e di altri programmi di finanziamento dell’UE e di creare sinergie tra vari fondi. In tale contesto occorrerebbe concentrarsi, oltre che sull’aumento di efficienza dell’involucro edilizio, anche sulla riduzione del fabbisogno di energia grazie a soluzioni collettive e locali, come il teleriscaldamento e il teleraffreddamento;

46.

in tale contesto chiede che i fondi e gli strumenti finanziari dell’UE e della BEI vadano a sostegno non solo dei grandi progetti d’infrastruttura ma anche dei progetti medi e piccoli, in rapporto al loro valore per le comunità locali;

47.

fa presente che tali politiche in molti casi dipenderanno dalla mobilitazione di fondi privati. Per realizzare questo obiettivo, l’ambiente normativo deve essere armonizzato e reso sicuro, sia pure permettendo all’innovazione di svilupparsi per poter offrire ai consumatori il sistema più intelligente e servizi migliori e più economici;

48.

constata negativamente che l’attuazione dei piani della Commissione ostacolerebbe sensibilmente gli investimenti pubblici nella produzione di energie rinnovabili. Sarà altamente improbabile conseguire l’ambizioso obiettivo di portare almeno al 27 % entro il 2030 la quota di energie rinnovabili in tutta l’UE soltanto appoggiandosi su meccanismi di mercato che non abbiano effetti distorsivi sul mercato interno dell’energia, dato che ciò ridurrà sostanzialmente il margine di manovra degli Stati membri e del livello regionale e locale;

49.

chiede che sia consentito anche in futuro di impiegare e di sostenere le fonti rinnovabili in tutti gli Stati membri, dato che una gestione centralizzata a livello dell’UE renderebbe impossibile continuare a sostenere molte energie rinnovabili in alcuni Stati membri; ne conseguirebbe un sensibile aumento dell’esigenza di interconnessioni. Non si devono penalizzare le energie rinnovabili regionali;

50.

invita la Commissione a fare in modo che i nuovi orientamenti in materia di aiuti di Stato non comportino oneri ulteriori per i progetti locali e regionali nel settore delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, o per i modelli locali costruiti intorno alle reti intelligenti e allo stoccaggio, che non sono in grado di resistere alla concorrenza dei grandi operatori.

Riguardo l’attenzione dedicata ai consumatori nel mercato interno dell’energia:

51.

apprezza la comunicazione della Commissione relativa ad un New Deal per i consumatori di energia, in quanto copre settori giudicati essenziali dal Comitato delle regioni nei suoi ultimi pareri sulla politica energetica, in particolare il coinvolgimento attivo dei consumatori nel sistema energetico; ricorda che anche la questione della povertà energetica e la protezione dei consumatori vulnerabili devono essere affrontate a livello dell’UE.

Favorire l’efficienza energetica per diminuire i consumi

52.

riconosce che l’obiettivo dell’UE di sfruttare maggiormente il potenziale dell’efficienza energetica nel settore dell’edilizia è essenziale. Le misure in questo settore dovrebbero ridurre la spesa energetica di quanti risiedono in tali edifici facendo diminuire al tempo stesso l’impronta di carbonio dell’UE e la sua dipendenza dalle importazioni di energia;

53.

ricorda che la promozione di un efficace isolamento energetico degli alloggi può essere una misura importante per lottare contro la precarietà energetica e sviluppare l’occupazione a livello locale;

54.

sottolinea che questa politica non può dispiegare pienamente i propri effetti se non viene applicata su vasta scala;

55.

ricorda a tale proposito che l’efficacia di questa misura si basa su obiettivi di prestazioni energetiche elevate e sulla stretta collaborazione tra gli enti locali e quanti risiedono negli edifici.

Disporre di una regolamentazione efficace per proteggere i consumatori

56.

sottolinea che la regolamentazione costituisce un elemento essenziale del funzionamento del mercato dell’energia e che introdurre un segnale di prezzo è essenziale per permettere una localizzazione ottimale delle infrastrutture e dei mezzi di produzione, e per rendere possibili azioni comuni rivolte ad ottimizzare i costi per i consumatori di energia. Inoltre rendere pubbliche le diverse componenti delle tariffe dell’energia a fini di comparazione garantirebbe la trasparenza delle condizioni di concorrenza;

57.

fa notare che, dal punto di vista dei consumatori, è cruciale garantire la trasparenza nel funzionamento del mercato del gas e dell’elettricità nell’Unione europea. Gli strumenti disponibili in questo campo, come ad esempio il regolamento concernente l’integrità e la trasparenza del mercato dell’energia all’ingrosso (REMIT), dovrebbero essere applicati correttamente. Il Comitato delle regioni invita quindi la Commissione europea a fornire all’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (ACER), già a partire dal 2016, le risorse di bilancio adeguate per svolgere questo compito;

58.

invita la Commissione europea a presentare, nel quadro delle iniziative legislative previste, un meccanismo efficace per il controllo ex ante degli accordi internazionali e dei contratti commerciali, al fine di garantirne la conformità al diritto dell’Unione europea e alle priorità della politica di sicurezza energetica dell’UE;

59.

alla luce di quanto esposto sopra, fa notare la necessità di accrescere la trasparenza del mercato anche nel quadro della revisione del regolamento sulla sicurezza dell’approvvigionamento di gas;

60.

ricorda che il settore energetico rimane un settore ad elevata intensità di capitale, cosa che impone una stabilità normativa a lungo termine;

61.

osserva che l’aumento della produzione di energia rinnovabile, per natura più decentrata, comporta una dispersione dei luoghi di produzione, e pertanto un maggiore coinvolgimento degli enti locali. Questo permetterà in particolare di potenziare la produzione di energia all’interno dell’UE;

62.

chiede che l’UE inviti le autorità nazionali di regolamentazione a coinvolgere nella loro attività un rappresentante degli enti locali;

63.

auspica che un rappresentante degli enti locali, che potrebbe essere designato dal Comitato delle regioni, sia incluso nel collegio dell’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (ACER).

Lottare contro la precarietà energetica: una priorità europea

64.

deplora l’aumento della precarietà energetica, ossia della situazione delle persone che non hanno un accesso normale e regolare alle fonti d’energia necessarie a soddisfare le loro esigenze nel loro alloggio e per i loro spostamenti;

65.

chiede che sia elaborata una definizione della precarietà energetica che tenga conto delle specificità degli Stati membri, e che siano definiti degli indicatori europei per riconoscere e affrontare meglio tale problema;

66.

propone che il forum dei territori organizzi regolari incontri per discutere la povertà energetica, promuovere le iniziative locali, nazionali ed europee e formulare raccomandazioni pratiche dirette ai soggetti decisionali politici, associativi e industriali;

67.

ritiene che la lotta contro la precarietà energetica debba essere il risultato di politiche condotte nei settori dell’efficienza energetica, in particolare attraverso interventi rivolti agli edifici abitati da famiglie a basso reddito, e dei trasporti, nonché dell’istruzione e degli affari sociali;

68.

ritiene che per affrontare le situazioni più difficili occorra un approccio globale al problema che potrebbe includere misure di politica sociale, un sostegno finanziario diretto, iniziative di informazione e consulenza, ma anche una maggiore quantità di misure di politica energetica a lungo termine.

Reti e contatori intelligenti: strumenti al servizio dei consumatori

69.

ribadisce l’esigenza di accelerare la creazione di un sistema intelligente, a livello sia delle reti che dei produttori/consumatori, per ottimizzare l’intero sistema; chiede l’installazione dei contatori intelligenti in quanto catalizzatori essenziali di una gestione ottimizzata della domanda con un coinvolgimento attivo dei consumatori; rammenta la necessità di affrontare le questioni di protezione dei dati e di sicurezza dei dati in tale contesto.

Per quanto riguarda le infrastrutture energetiche: la necessaria interconnessione di alcuni Stati

70.

riconosce l’importanza strategica di un mercato interno dell’energia totalmente integrato che preveda l’interconnessione del gas e dell’elettricità in tutta l’UE; conviene che è essenziale verificare che le infrastrutture attuali siano utilizzate in maniera ottimale prima di investire in nuove infrastrutture, e che investire nell’intelligenza delle reti e del sistema costituisce la prima priorità;

71.

sottolinea l’importanza di investire nelle infrastrutture energetiche e chiede che il CdR sia coinvolto nelle attività del forum delle infrastrutture energetiche;

72.

sottolinea la necessità di investire in infrastrutture energetiche resilienti in modo da ridurre il rischio collegato alle catastrofi, siano esse naturali o provocate dall’uomo. Ricorda che è più conveniente costruire infrastrutture resilienti piuttosto che adeguarle a posteriori;

73.

ricorda tuttavia che, poiché le infrastrutture sono finanziate dai consumatori, occorre avvalersi di analisi particolareggiate dei costi e dei benefici e compiere sforzi concreti per informare e coinvolgere i cittadini al fine di garantire un ampio sostegno a questi investimenti in tempi ragionevoli;

74.

al fine di garantire la massima efficacia dei meccanismi di solidarietà previsti dal regolamento sulla sicurezza dell’approvvigionamento di gas, propone l’introduzione di piani di prevenzione transfrontaliera obbligatori e piani di intervento in caso di emergenza. Le definizioni di «clienti protetti» ai sensi di tale regolamento dovrebbero essere armonizzate, in modo da non limitare le possibilità di assistenza reciproca tra Stati membri in caso di crisi dell’approvvigionamento di gas.

Riconoscere il contributo degli enti locali alla sicurezza della rete elettrica

75.

osserva che gli enti locali sono importanti per la sicurezza della produzione di energia grazie a una installazione ottimale dei mezzi di produzione, in particolare tenendo conto dei potenziali energetici locali;

76.

ritiene che l’innovazione nelle energie rinnovabili, la mobilità sostenibile, la modernizzazione delle infrastrutture energetiche esistenti, la costruzione di centrali intelligenti, la cattura del carbonio e lo stoccaggio dell’energia vadano promossi anche a livello locale;

77.

propone che, nel rispetto del principio di sussidiarietà, l’UE incoraggi l’elaborazione di modelli regionali minimi di sviluppo del sistema energetico, la cui coerenza dev’essere verificata su scala europea.

Trasformare le zone frontaliere in laboratori dell’Unione dell’energia

78.

si rammarica del fatto che a causa dell’effetto frontiera e dell’eterogeneità delle legislazioni nazionali, numerosi territori transfrontalieri si trovino spesso in una situazione di svantaggio e non possano valorizzare pienamente il loro potenziale energetico a favore di soluzioni sostenibili e innovative, e pertanto suggerisce alla Commissione di promuovere approcci regionali volontari volti a superare gli effetti frontiera negativi;

79.

invita l’UE a sostenere, se necessario, quadri giuridici e regolamentari come il GECT, in grado di favorire l’interconnessione tra le reti di distribuzione ai due lati delle frontiere e di ottimizzare l’integrazione energetica;

80.

invita la Commissione europea a sostenere e incoraggiare specificamente i progetti di cooperazione regionale in materia di distribuzione;

81.

propone di trovare in maniera permanente un equilibrio appropriato tra le spese dell’UE per le grandi infrastrutture transfrontaliere e la risposta fornita alle esigenze locali, in maniera da integrare meglio nella rete le energie rinnovabili prodotte localmente e da sviluppare simultaneamente le reti di distribuzione intelligenti.

Per quanto riguarda la ricerca e l’innovazione: leve della transizione energetica e vettori dell’occupazione

82.

riconosce il ruolo strategico della ricerca e dell’innovazione nelle tecnologie energetiche ai fini del successo della decarbonizzazione del sistema energetico dell’UE e, di conseguenza, di una riduzione delle emissioni;

83.

sottolinea che una priorità dell’Unione dell’energia dev’essere la creazione di filiere industriali a forte contenuto tecnologico, in grado di favorire una gestione attiva della domanda, l’utilizzazione intelligente dell’energia e l’efficienza energetica, con l’attiva collaborazione dei centri di ricerca e delle università. Ritiene d’altro canto che siano prioritarie le innovazioni nei settori industriali in cui il consumo di energia è maggiore;

84.

ritiene che una transizione del genere, qualora venisse attuata in tempi rapidi, potrebbe rappresentare la prima riserva di competitività energetica, di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e di creazione di posti di lavoro non delocalizzabili;

85.

reputa che, nel settore dell’occupazione e dell’innovazione, gli enti locali dispongano di forti leve per incrementare l’uso di energie rinnovabili e rafforzare l’efficienza energetica attraverso le loro politiche in materia di edifici, di habitat, di mobilità e di assetto del territorio, ma anche attraverso l’istruzione e la formazione professionale;

86.

esprime l’auspicio di collaborare con le DG ENER e REGIO e con il Centro comune di ricerca per studiare le possibilità di creare migliori collegamenti e sinergie tra le politiche dell’UE e i suoi programmi di finanziamento, in maniera da ottimizzare, nel quadro delle strategie di specializzazione intelligente, gli sforzi regionali e locali di investimento nel settore energetico;

87.

sottolinea l’elevato valore aggiunto del rafforzamento della Comunità dell’energia anche grazie al potenziamento dei meccanismi di applicazione del diritto dell’Unione nei paesi terzi membri di tale Comunità. Nel contempo, ravvisa un notevole valore aggiunto nel coinvolgimento dei paesi terzi membri della Comunità dell’energia nei meccanismi di sicurezza energetica dell’UE, ivi compreso un nuovo regolamento sulla sicurezza dell’approvvigionamento di gas;

88.

chiede agli Stati membri, in linea con il principio di solidarietà, di coordinare le loro posizioni e di procedere congiuntamente nei negoziati con i paesi terzi; sottolinea che la cooperazione nel settore dell’energia può contribuire a promuovere e a rafforzare la democrazia, lo Stato di diritto e i diritti umani nei paesi partner.

Per quanto riguarda la dimensione esterna della politica energetica:

89.

fa presente che il Comitato delle regioni ha regolarmente partecipato alla piattaforma del partenariato orientale sulla sicurezza energetica; osserva che l’esperienza dell’UE deve poter essere utile ai nostri partner esterni, e che al tempo stesso dev’essere valorizzata la competenza industriale e tecnologica delle nostre imprese;

90.

sottolinea che i progetti energetici sostenibili a livello locale e regionale sono fondamentali per ridurre la dipendenza energetica dell’UE dalle fonti e dai fornitori esterni e che bisogna adoperarsi maggiormente per esplorare più a fondo tali potenzialità; propone che il CdR sia coinvolto più direttamente nello sviluppo delle iniziative future in materia di politica energetica esterna, in particolare a livello locale e regionale.

Bruxelles, 14 ottobre 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


III Atti preparatori

COMITATO DELLE REGIONI

114a sessione plenaria del 12, 13 e 14 ottobre 2015

17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/72


Parere del Comitato europeo delle regioni — Il processo decisionale in tema di alimenti e mangimi geneticamente modificati

(2015/C 423/13)

Relatore:

Mark WEINMEISTER, sottosegretario di Stato per gli affari europei, Land Assia (DE/PPE)

Testi di riferimento:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1829/2003 per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare l'uso di alimenti e mangimi geneticamente modificati sul loro territorio

COM(2015) 177 final

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Revisione del processo decisionale in tema di organismi geneticamente modificati (OGM)

COM(2015) 176 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

accoglie in linea di principio con favore l'approccio su cui si basa la proposta della Commissione, che intende rafforzare il diritto delle regioni di far valere la propria posizione e ampliare la loro libertà di scelta;

2.

tuttavia non è affatto convinto, in questo caso specifico, dell'opportunità della misura;

3.

richiama l'attenzione sul fatto che molti segmenti della popolazione manifestano scetticismo e scarsa accettazione degli organismi geneticamente modificati. Di tale scetticismo e di tale scarsa accettazione si dovrebbe tener conto, tra l'altro, attraverso una procedura di autorizzazione trasparente per gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati;

4.

ribadisce la richiesta di introdurre normative chiare in materia di etichettatura, affinché i consumatori possano compiere scelte consapevoli. Un'etichettatura trasparente deve anche indicare in modo comprensibile l'uso di mangimi geneticamente modificati nella produzione di alimenti di origine animale;

5.

a tale proposito rimanda al parere del Comitato delle regioni La libertà per gli Stati membri di decidere in merito alla coltivazione di colture geneticamente modificate sul loro territorio (CdR 338/2010 fin) (88a sessione plenaria del 27 e 28 gennaio 2011) e alla Risoluzione sulle priorità per il programma di lavoro 2016 della Commissione europea (113a sessione plenaria del 9 luglio 2015).

La procedura di autorizzazione degli alimenti e dei mangimi geneticamente modificati

6.

Prende atto che l'Unione europea dispone di un quadro giuridico completo in materia di autorizzazione, tracciabilità ed etichettatura degli organismi geneticamente modificati (OGM) e degli alimenti e dei mangimi geneticamente modificati (GM), che si basa sulla direttiva 2001/18/CE sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio, sul regolamento (CE) n. 1829/2003 del 22 settembre 2003 relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati e sul regolamento (CE) n. 1830/2003 del 22 settembre 2003 concernente la tracciabilità e l'etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE;

7.

osserva che il quadro giuridico proposto prevede che nessun organismo, alimento o mangime geneticamente modificato (OGM) possa essere immesso sul mercato senza previo rilascio di un'autorizzazione conforme al suddetto quadro giuridico;

8.

rileva che nel caso degli alimenti e dei mangimi geneticamente modificati, la procedura di autorizzazione prevede che l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) effettui una valutazione scientifica conclusiva della documentazione presentata in sede di richiesta di autorizzazione;

9.

fa notare che, dopo aver ricevuto il parere dell'EFSA, la Commissione presenta all'approvazione degli Stati membri, nell'ambito del comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi, una proposta di decisione favorevole o contraria al rilascio dell'autorizzazione;

10.

prende atto che, in assenza di un voto chiaro sia nell'ambito del comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi sia in sede di comitato di appello, la Commissione, in conformità del quadro giuridico in materia di OGM e della Carta dei diritti fondamentali, è obbligata a prendere una decisione in merito alla domanda di autorizzazione.

Revisione della procedura di autorizzazione degli alimenti e dei mangimi geneticamente modificati

11.

Sottolinea che la Commissione, nel proprio programma di lavoro per il 2015, ha annunciato che riesaminerà la procedura di approvazione degli organismi geneticamente modificati, per tener conto delle perplessità dei cittadini e degli Stati membri relativamente all'obbligo giuridico per la Commissione di autorizzare tali OGM anche nei casi in cui non esista una maggioranza qualificata di Stati membri favorevole a tale autorizzazione;

12.

si meraviglia del fatto che il riesame annunciato abbia dato luogo per ora esclusivamente a una proposta concernente l'uso di alimenti e mangimi geneticamente modificati, e non invece, come era stato dichiarato, a una revisione sostanziale della procedura di autorizzazione;

13.

richiama l'attenzione sul comportamento in sede di voto dei singoli Stati membri in relazione all'attuale procedura di autorizzazione ai sensi del regolamento (CE) n. 1829/2003 relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati;

14.

si rammarica che in seguito a tali votazioni sugli alimenti e i mangimi GM, sia in seno al comitato permanente sia all'interno del comitato di appello, non si raggiunga mai la maggioranza qualificata a favore o contro ciascuna delle proposte di decisione;

15.

fa rilevare che, oltre a riserve che riguardano la valutazione scientifica, spesso alla base della decisione degli Stati membri di astenersi o di votare contro vi sono preoccupazioni riguardanti altri aspetti, che esulano dalla valutazione del rischio dell'EFSA;

16.

prende nota del fatto che, secondo la normativa vigente, spetta alla Commissione decidere sulle domande di autorizzazione;

17.

deplora in particolare che la Commissione di fatto decida sempre senza il voto di sostegno degli Stati membri, per cui nella norma a un parere positivo dell'EFSA fa seguito una decisione di rilascio dell'autorizzazione da parte della Commissione;

18.

si rammarica del fatto che da ciò consegua che, ad esempio, le riserve di natura sociopolitica di uno o più Stati membri espresse nel contesto della procedura di autorizzazione, vengano di solito ignorate dalla decisione di autorizzazione;

19.

sottolinea che, alla luce di ciò, un'autorizzazione basata esclusivamente sulla valutazione del rischio da parte dell'EFSA solleva critiche crescenti.

Proposte per migliorare l'attuale procedura di autorizzazione

20.

concorda con gli Stati membri sul fatto che, dato il rilevante interesse pubblico che riveste il rilascio o il rifiuto dell'autorizzazione di OGM, è essenziale che il processo decisionale prenda in considerazione anche, ad esempio, preoccupazioni di natura non scientifica;

21.

si rammarica che attualmente ciò di fatto non avvenga, dal momento che nell'attuale iter procedurale, a causa delle posizioni eterogenee dei singoli Stati membri e delle maggioranze insufficienti che ne risultano, alla base della decisione della Commissione si trova in definitiva la valutazione del rischio effettuata dall'EFSA;

22.

si dichiara favorevole a che, subordinatamente a un'analisi giuridica e fatte salve le osservazioni sull'attuale proposta di regolamento, una decisione positiva della Commissione in merito a un'autorizzazione in generale possa essere possibile in futuro soltanto quando vi sia l'accordo del comitato permanente o del comitato di appello, espresso almeno a maggioranza qualificata;

23.

è del parere che in tal modo sia possibile tenere in maggiore considerazione le più ampie perplessità degli Stati membri e rafforzare il senso di responsabilità degli Stati membri nei confronti del loro comportamento in sede di voto;

24.

non condivide la posizione della Commissione, secondo la quale l'attuale quadro giuridico deve essere mantenuto e non è possibile modificare le modalità di voto, solo perché si applicano anche ad altri settori strategici;

25.

invita pertanto la Commissione a verificare se sia possibile modificare, in modo conforme al diritto dell'Unione, le modalità di rilascio dell'autorizzazione a livello di gestione del rischio per quanto riguarda gli OGM;

26.

condivide l'idea della Commissione, che si dichiara favorevole a un sistema unico di valutazione del rischio;

27.

sollecita una più stretta cooperazione tra la Commissione e le autorità nazionali e regionali competenti in materia di coltivazione degli OGM;

28.

sottolinea che ciò potrebbe contribuire all'accettazione della valutazione del rischio da parte degli Stati membri, ma anche migliorare la qualità della valutazione;

29.

sostiene la necessità di prendere in considerazione una valutazione più attenta delle questioni ambientali legate alle piante geneticamente modificate, agli alimenti e ai mangimi GM nell'ambito della procedura di autorizzazione;

30.

ritiene urgente includere quanto prima gli orientamenti rafforzati dell'EFSA sulla valutazione del rischio ambientale delle piante geneticamente modificate negli allegati della direttiva 2001/18/CE sull'emissione deliberata nell'ambiente, allo scopo di attribuire loro un carattere giuridicamente più vincolante.

Valutazione della proposta di regolamento in esame

31.

Rileva che la Commissione nella sua comunicazione COM(2015) 176 riguardante la procedura di autorizzazione, che anch'essa giudica insoddisfacente, ha proposto, secondo linee ampiamente analoghe a quelle della direttiva (UE) 2015/412 (che prevede la possibilità di limitare o vietare la coltivazione degli OGM), una corrispondente modifica del regolamento concernente gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati;

32.

ritiene che l'obiettivo perseguito della Commissione di prendere in maggiore considerazione le preoccupazioni di ciascuno Stato membro possa essere raggiunto più agevolmente attraverso una revisione molto rapida della valutazione del rischio ambientale nell'ambito della procedura di autorizzazione, come già stabilito all'articolo 3 della direttiva (UE) 2015/412, piuttosto che mediante la presente proposta di regolamento;

33.

sottolinea che l'obiettivo della proposta non è quello di modificare il livello di sicurezza uniforme introdotto dall'EFSA attraverso una valutazione del rischio a livello dell'Unione. Il quadro giuridico dell'UE contiene già ora disposizioni che, nei casi in cui nuove informazioni indichino che un alimento o un mangime geneticamente modificato potrebbe rappresentare un grave rischio per l'ambiente o la salute, consentono agli Stati membri di vietare il prodotto in questione fino a un riesame da effettuare a livello dell'Unione;

34.

osserva che agli Stati membri va riconosciuto il diritto di adottare decisioni a livello nazionale per limitare o vietare l'utilizzo di OGM autorizzati a livello dell'Unione negli alimenti e nei mangimi (misure di opt-out in relazione all'utilizzo di OGM);

35.

nota tuttavia che a tale riguardo gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che le loro misure siano conformi al diritto dell'Unione, nel rispetto del principio di proporzionalità e del divieto di disparità di trattamento tra i prodotti nazionali e i prodotti importati, e agli obblighi internazionali dell'Unione nell'ambito dell'OMC;

36.

segnala che le misure, oltre a essere conformi ai criteri dell'OMC su scala mondiale, devono essere compatibili nel mercato interno con il principio della libera circolazione delle merci, ai sensi dell'articolo 34 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che vieta qualsiasi misura di effetto equivalente alle restrizioni quantitative alla libera circolazione delle merci;

37.

rileva che gli Stati membri che intendano ricorrere alla possibilità del divieto, devono giustificare le loro misure con le ragioni di cui all'articolo 36 del TFUE e con ragioni imperative di interesse generale, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, secondo cui la motivazione alla base del divieto da parte degli Stati membri non può essere in contraddizione con la valutazione effettuata dall'EFSA sui rischi per la salute umana ed animale e per l'ambiente;

38.

denuncia il fatto che la possibilità di imporre un divieto in base alle conoscenze attualmente disponibili è associata a ostacoli sproporzionati che lo Stato membro è tenuto a superare prima di poter esercitare tale opzione a livello nazionale e quindi imporre il divieto, fatto che solleva problemi a livello di sussidiarietà e indica che il principio di proporzionalità sarebbe chiaramente violato da questa proposta;

39.

si rammarica che a tale proposito non venga fornito un elenco indicativo delle motivazioni che potrebbero giustificare, in condizioni di certezza giuridica, un divieto nazionale nei singoli Stati membri. Questo tipo di elenco, che si è rivelato utile ai fini della certezza del diritto, figura ad esempio nella direttiva (UE) 2015/412, che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio;

40.

deplora vivamente a tale proposito che in allegato alla proposta non figuri alcuna valutazione d'impatto;

41.

in conclusione critica il fatto che la proposta della Commissione, sebbene offra agli Stati membri la possibilità di limitare o vietare l'uso di OGM autorizzati a livello dell'Unione negli alimenti e nei mangimi, di fatto non illustri le modalità per poter dare attuazione a livello nazionale a tale decisione in modo certo sul piano del diritto;

42.

ritiene pertanto che attualmente sia estremamente difficile valutare fino a che punto la soluzione del divieto sia percorribile da un punto di vista pratico, data la molteplicità delle condizioni da rispettare;

43.

denuncia il fatto che, allo stato attuale delle conoscenze, in un contesto caratterizzato dalla libera circolazione delle merci nel mercato interno, dai flussi globalizzati di beni e dall'elevato numero di soggetti coinvolti nell'ambito della catena di produzione industriale degli alimenti e dei mangimi, non è possibile controllare con oneri accettabili un divieto di utilizzo a livello nazionale;

44.

è dell'avviso che una maggiore attenzione alle preoccupazioni degli Stati membri, mediante la modifica della ponderazione dei risultati delle votazioni in seno al comitato, sia preferibile a un divieto nazionale. I divieti nazionali possono essere imposti solo attraverso il superamento di enormi ostacoli e sono inoltre difficilmente controllabili;

45.

non condivide dunque le conclusioni della Commissione che hanno condotto alla presentazione della proposta di regolamento in esame;

46.

si dichiara pertanto favorevole a un rigetto della proposta di regolamento.

Bruxelles, 13 ottobre 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


17.12.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 423/76


Parere del Comitato europeo delle regioni — Pacchetto sulla trasparenza fiscale

(2015/C 423/14)

Relatore:

Hicham IMANE (BE/PSE), membro del Parlamento vallone

Testi di riferimento:

Proposta di direttiva del Consiglio che abroga la direttiva 2003/48/CE del Consiglio

[COM(2015) 129 final]

Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale

[COM(2015) 135 final]

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla trasparenza fiscale per combattere l'evasione e l'elusione fiscali

[COM(2015) 136 final]

I.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO [COM(2015) 135 final]

Emendamento 1

Considerando 8

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(8)

Gli Stati membri dovrebbero comunicare anche alla Commissione le informazioni di base che si devono scambiare. In questo modo la Commissione potrebbe in qualsiasi momento monitorare e valutare l'effettiva applicazione dello scambio automatico di informazioni sui ruling preventivi transfrontalieri e sugli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento. Tale comunicazione non esonererà uno Stato membro dall'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione .

(8)

Gli Stati membri dovrebbero comunicare anche alla Commissione le informazioni di base che si devono scambiare. In questo modo la Commissione potrebbe in qualsiasi momento monitorare e valutare l'effettiva applicazione dello scambio automatico di informazioni sui ruling preventivi transfrontalieri , oppure sui ruling che mirano a ridurre la base imponibile secondo il diritto tributario interno per effetto della struttura di un gruppo societario, e sugli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento. Tale comunicazione non esonererà uno Stato membro dall'obbligo di notificare alla Commissione gli aiuti di Stato, in materia di fiscalità applicabile alle imprese, che possano costituire un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del TFUE .

Motivazione

Precisazione giuridica sull'ambito degli aiuti di Stato trattati in questo considerando.

Emendamento 2

Considerando 12

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(12)

Al fine di rendere più efficiente l'utilizzo delle risorse, agevolare lo scambio di informazioni ed evitare che ciascuno Stato membro debba introdurre adattamenti analoghi nei propri sistemi di conservazione delle informazioni, è opportuno stabilire disposizioni specifiche finalizzate all'istituzione di un repertorio centrale accessibile a tutti gli Stati membri e alla Commissione in cui gli Stati membri caricherebbero e conserverebbero le informazioni invece di trasmetterle per posta elettronica . Le modalità pratiche necessarie per l'istituzione di tale repertorio dovrebbero essere adottate dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 26, paragrafo 2, della direttiva 2011/16/UE.

(12)

Al fine di rendere più efficiente l'utilizzo delle risorse, agevolare lo scambio di informazioni ed evitare che ciascuno Stato membro debba introdurre adattamenti analoghi nei propri sistemi di conservazione delle informazioni, è opportuno stabilire disposizioni specifiche finalizzate all'istituzione di un repertorio centrale accessibile a tutti gli Stati membri e alla Commissione in cui gli Stati membri caricheranno e conserveranno le informazioni. Le modalità pratiche necessarie per l'istituzione di tale repertorio dovrebbero essere adottate dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 26, paragrafo 2, della direttiva 2011/16/UE , garantendo agli Stati membri la possibilità di identificare il beneficiario o i beneficiari del ruling .

Motivazione

Il caricamento e la conservazione delle informazioni pertinenti nel repertorio centrale non dovrebbero sembrare facoltativi. Inoltre, tale procedura non è incompatibile con uno scambio complementare per posta elettronica.

Emendamento 3

Articolo 1, nuovo articolo 8 bis paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

2.   L'autorità competente di uno Stato membro comunica inoltre alle autorità competenti di tutti gli altri Stati membri e alla Commissione europea informazioni sui ruling preventivi transfrontalieri e sugli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento emanati nel periodo che ha inizio dieci anni prima della data di entrata in vigore della presente direttiva e che sono ancora validi a tale data.

2.   L'autorità competente di uno Stato membro comunica inoltre alle autorità competenti di tutti gli altri Stati membri e alla Commissione europea informazioni sui ruling preventivi transfrontalieri , oppure sui ruling che mirano a ridurre la base imponibile secondo il diritto tributario interno per effetto della struttura di un gruppo societario, e sugli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento che sono ancora validi a tale data. Questi dati saranno inoltre conservati nel registro centrale.

Motivazione

L'emendamento tiene conto delle preoccupazioni espresse da varie autorità pubbliche per l'onere amministrativo eccessivo che deriverebbe dalla trasmissione di tutti i ruling fiscali emanati negli ultimi 10 anni ma non necessariamente ancora validi.

Emendamento 4

Articolo 1, nuovo articolo 8 bis paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

3.    Il paragrafo 1 non si applica qualora un ruling preventivo transfrontaliero riguardi esclusivamente la situazione fiscale di una o più persone fisiche.

 

Motivazione

Questa proposta di restringere il campo di applicazione sembra un passo indietro rispetto al campo di applicazione della direttiva 2011/16/UE.

Emendamento 5

Nuovo articolo 1, nuovo paragrafo 3 bis aggiunto al nuovo articolo 8 bis

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

3 bis.     Le imprese con più di 250 dipendenti, oppure con un fatturato annuo superiore a 50 milioni di euro — o un totale di bilancio superiore a 43 milioni di euro — che sono impegnate in operazioni transfrontaliere, comunicano direttamente alla Commissione tutti i ruling preventivi transfrontalieri emanati, oppure i ruling che mirano a ridurre la base imponibile secondo il diritto tributario interno per effetto della struttura di un gruppo societario, e gli accordi preventivi in materia di prezzi di trasferimento a cui tutte le entità dell'impresa sono soggette negli Stati membri dell'Unione europea. La Commissione pubblica un registro di tali informazioni comunicatele da queste grandi imprese multinazionali.

Motivazione

Le grandi imprese multinazionali dovrebbero essere soggette a obblighi di trasparenza particolari in rapporto ai ruling preventivi transfrontalieri e agli accordi preventivi paese per paese, in quanto sono esse ad avere le maggiori probabilità di trarre vantaggio dalle distorsioni della concorrenza. In questo modo, i clienti potrebbero chiedere alle imprese di rendere conto dell'eticità del loro comportamento fiscale.

Emendamento 6

Articolo 1, nuovo articolo 8 bis paragrafo 4 lettera b)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

b)

per quanto riguarda le informazioni scambiate a norma del paragrafo 2: anteriormente al 31 dicembre 2016.

b)

per quanto riguarda le informazioni scambiate a norma del paragrafo 2: anteriormente al 31 dicembre 2015.

Motivazione

Per la notifica dei ruling preventivi transfrontalieri emanati e degli accordi preventivi in materia di prezzi di trasferimento ancora validi alla data di entrata in vigore della direttiva modificata, non occorre prevedere un termine specifico diverso dal termine per l'adozione e la pubblicazione da parte degli Stati membri delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva modificata (cfr. l'articolo 2 della proposta di direttiva).

Emendamento 7

Articolo 1, nuova lettera f) aggiunta al paragrafo 5 dell'articolo 8 bis

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

f)

non appena disponibile, il codice di identificazione fiscale europeo (CIF), come delineato nel piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale, adottato dalla Commissione nel 2012.

Emendamento 8

Articolo 1, nuovo articolo 8 bis paragrafo 6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

6.   Per facilitare lo scambio la Commissione adotta le misure e le modalità pratiche necessarie per l'attuazione del presente articolo, comprese misure intese a standardizzare la comunicazione delle informazioni di cui al paragrafo 5 del presente articolo, nell'ambito della procedura di definizione del formulario tipo di cui all'articolo 20, paragrafo 5.

6.   Per facilitare lo scambio la Commissione adotta le misure e le modalità pratiche necessarie per l'attuazione del presente articolo, comprese misure intese a standardizzare la comunicazione delle informazioni di cui al paragrafo 5 del presente articolo, nell'ambito della procedura di definizione del formulario tipo di cui all'articolo 20, paragrafo 5. La Commissione presta assistenza agli Stati membri le cui strutture territoriali o amministrative decentrate dispongono di competenze in materia fiscale, per assicurarsi che questi Stati assolvano il loro compito di fornire formazione e sostegno a tali strutture.

Motivazione

Gli obblighi di trasparenza previsti dalla proposta di direttiva possono essere applicati anche alle strutture territoriali o amministrative. Benché spetti agli Stati membri fornire formazione e sostegno a queste strutture, la Commissione deve assicurarsi dell'efficacia delle sue proposte legislative.

Emendamento 9

Articolo 1, nuovo articolo 8 bis paragrafo 8

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

8.   In conformità all'articolo 5 gli Stati membri possono chiedere informazioni supplementari, compreso il testo integrale del ruling preventivo transfrontaliero o dell'accordo preventivo sui prezzi di trasferimento, allo Stato membro che lo ha emanato.

8.   In conformità all'articolo 5 gli Stati membri e, se del caso, le loro strutture territoriali o amministrative (compresi gli enti locali), possono chiedere informazioni supplementari, compreso il testo integrale del ruling preventivo transfrontaliero o dell'accordo preventivo sui prezzi di trasferimento, allo Stato membro che lo ha emanato.

Motivazione

Gli obblighi di trasparenza previsti dalla proposta di direttiva si applicano non solo alle autorità fiscali centrali degli Stati membri, ma anche alle loro strutture territoriali o amministrative, compresi gli enti locali (1). Pertanto, se necessario, anche queste strutture devono poter chiedere tali informazioni complementari.

Emendamento 10

Articolo 1, nuovo paragrafo 10 aggiunto all'articolo 8 bis

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

10.    La Commissione deve esaminare tutte le sanzioni da prescrivere in caso di rifiuto o inadempimento dello scambio di informazioni.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

accoglie favorevolmente le proposte della Commissione, che costituiscono una tappa significativa della risposta dell'Unione europea (UE) alla presa di coscienza che la frode e l'elusione fiscali provocano una perdita annua di gettito fiscale potenziale stimata a 1  000 miliardi di euro a livello dell'UE, tenendo presente che nell'UE le entrate fiscali rappresentano circa il 90 % delle entrate pubbliche totali. Questa perdita di gettito pregiudica seriamente l'efficacia e l'equità dei sistemi fiscali dell'UE, accresce l'onere fiscale che grava su tutti i cittadini e sulle imprese, provoca una diminuzione del denaro pubblico disponibile per realizzare investimenti pubblici e privati e, a causa delle distorsioni della concorrenza che influiscono sulla scelta dell'ubicazione delle attività economiche, mina il conseguimento dell'obiettivo della coesione economica, sociale e territoriale dell'UE;

2.

appoggia pertanto la proposta della Commissione di estendere il campo di applicazione della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale, in modo da includervi le informazioni sui ruling preventivi transfrontalieri, oppure sui ruling che mirano a ridurre la base imponibile secondo il diritto tributario interno per effetto della struttura di un gruppo societario, e gli accordi preventivi in materia di prezzo, in quanto certe imprese con attività transnazionali utilizzano tali ruling o accordi per creare strutture che generano un'erosione della base imponibile negli Stati membri e compromettono il buon funzionamento del mercato interno;

3.

ricorda che il pacchetto presentato dalla Commissione non vieta la pratica delle decisioni anticipate in materia fiscale (tax ruling), in quanto tali accordi sono disciplinati dalla legge in 22 Stati membri dell'UE ed è legittimo che un'impresa che si stabilisce in un determinato territorio verifichi preventivamente l'importo delle imposte da pagare. Occorre tuttavia evitare che la mancanza di trasparenza dei dispositivi provochi distorsioni della concorrenza e un'erosione fiscale a danno delle entrate pubbliche europee considerate nel loro insieme;

4.

sottolinea che gli obblighi di trasparenza previsti dalla proposta di direttiva si applicano non solo alle autorità fiscali centrali degli Stati membri, ma anche alle loro strutture territoriali o amministrative, compresi gli enti locali. Di conseguenza, risulta giustificato che tali strutture possano altresì emettere richieste di informazione e che, tenuto conto delle risorse limitate di cui dispongono, la Commissione possa eventualmente fornire loro assistenza e formazione;

5.

si domanda perché la proposta della Commissione non comprenda meccanismi sanzionatori specifici nei confronti degli Stati membri che contravvengono agli obblighi di trasparenza;

6.

reputa che la direttiva recante modifica della direttiva 2011/16/UE possa fornire una nuova base che permetterebbe alla Commissione di negoziare a livello dell'OCSE una norma sull'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (EBITB) più ambiziosa rispetto al progetto attualmente in fase di negoziazione;

7.

prende atto del fatto che la Commissione utilizza l'articolo 115 del TFUE, relativo al completamento del mercato interno, come base giuridica della proposta di direttiva che modifica la direttiva 2011/16/UE, invece dell'articolo 113 del TFUE relativo all'armonizzazione fiscale. Poiché l'articolo 115 del TFUE riguarda un settore di competenza concorrente, si applica il principio di sussidiarietà. Ciononostante, le spiegazioni fornite dalla Commissione al punto 2.3 della sua relazione sul valore aggiunto di un'azione normativa a livello dell'Unione europea e il rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità sono pienamente convincenti;

8.

ricorda che, sebbene l'UE non disponga di un potere diretto sui sistemi fiscali nazionali, la Commissione può valutare se certi regimi fiscali costituiscano aiuti di Stato illegali a favore di talune imprese attraverso la concessione di vantaggi fiscali selettivi. Di fronte alla portata delle indagini in corso che riguardano 21 Stati membri, con una media di 5-10 decisioni anticipate per Stato membro esaminato, e tenuto conto che due Stati membri non hanno ancora inviato una panoramica dei ruling emanati dal 2010 (2), è necessario che la Commissione abbia la facoltà di redigere orientamenti sulla formulazione delle decisioni anticipate in materia fiscale in rapporto agli aiuti di Stato;

9.

riconosce che è opportuno abrogare la direttiva 2003/48/CE del Consiglio sulla tassazione dei redditi da risparmio (la cosiddetta «direttiva sulla tassazione del risparmio»), in quanto la direttiva 2014/107/UE del Consiglio — che ha modificato la direttiva 2011/16/UE del Consiglio — tratta tutti i prodotti finanziari, compresi quelli disciplinati dalla direttiva sulla tassazione del risparmio, e che occorre evitare che due norme vengano applicate parallelamente;

10.

si rallegra che la Commissione abbia presentato, nel giugno 2015, un piano d'azione sulla fiscalità delle imprese, con ulteriori misure volte a contrastare l'evasione fiscale e la concorrenza fiscale dannosa, in particolare l'impegno a presentare nel 2016 una nuova proposta per la creazione di una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB) che sarebbe obbligatoria almeno per le imprese multinazionali. Si ricorda che, secondo i dati forniti dalla Commissione europea nel 2011, il progetto CCCTB permetterebbe alle imprese dell'Unione di risparmiare ogni anno 700 milioni di euro grazie a minori costi di adeguamento alla normativa e 1,3 miliardi di euro grazie al consolidamento. Rinnova pertanto la propria richiesta alla Commissione di essere consultato in merito alla nuova proposta CCCTB.

Bruxelles, 14 ottobre 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  Articolo 2 della direttiva 2011/16/UE.

(2)  http://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-5140_fr.htm