ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 313

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

58° anno
22 settembre 2015


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato delle regioni

 

113a sessione plenaria, 8 e 9 luglio 2015

2015/C 313/01

Risoluzione per un approccio sostenibile dell’UE in materia di migrazione

1

2015/C 313/02

Risoluzione sul tema alimentazione sostenibile

5

2015/C 313/03

Risoluzione — Migliorare il funzionamento dell'Unione europea: il Trattato di Lisbona e oltre

9

2015/C 313/04

Risoluzione sulle priorità per il programma di lavoro 2016 della Commissione europea

12

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

113a sessione plenaria, 8 e 9 luglio 2015

2015/C 313/05

Parere del Comitato europeo delle regioni — Libro verde — Costruire un’Unione dei mercati dei capitali

17

2015/C 313/06

Parere del Comitato europeo delle regioni — Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del patto di stabilità e crescita

22

2015/C 313/07

Parere del Comitato europeo delle regioni — Verso una nuova politica europea di vicinato

25

2015/C 313/08

Parere del Comitato europeo delle regioni — Esito dei negoziati sugli accordi di partenariato e sui programmi operativi

31


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato delle regioni

113a sessione plenaria, 8 e 9 luglio 2015

22.9.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 313/1


Risoluzione per un approccio sostenibile dell’UE in materia di migrazione

(2015/C 313/01)

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

esprime il suo profondo cordoglio per la morte, negli ultimi mesi, di migliaia di migranti che cercavano di entrare nell’Unione europea, e pertanto accoglie con favore il dibattito su una nuova agenda europea in materia di migrazione e sostiene con fermezza che la problematica in oggetto è un tema che riguarda e deve coinvolgere tutti i paesi aderenti all’Unione europea e deve essere una responsabilità di tutta l’Unione europea;

2.

ritiene che l’approccio dell’UE in materia di migrazione debba essere sostenibile nel lungo termine e solidale, e debba rispettare i diritti dell’uomo. Esso deve affrontare tutti gli aspetti della migrazione, tra cui rientrano gli obblighi umanitari, i richiedenti asilo, i migranti economici; sottolinea l’importanza di affrontare il traffico e la tratta di esseri umani, lo sviluppo e la stabilità nei paesi terzi, una politica efficace di rimpatrio e le sfide demografiche per l’Europa. Il Comitato sottolinea che la migrazione regolare può essere un elemento essenziale dello sviluppo. Oltre ai vantaggi per i singoli di una politica dell’immigrazione riuscita, vi è anche un beneficio significativo per l’intera società attraverso il contributo al mercato del lavoro e al finanziamento dei sistemi sociali. Il Comitato chiede pertanto a tutti coloro che ricoprono responsabilità politiche, istituzioni europee, autorità nazionali, regionali e locali, mezzi di comunicazione e società civile di non stigmatizzare i migranti o la migrazione e di fornire ai cittadini un’informazione oggettiva sul fenomeno migratorio e le relative cause ed effetti. Il Comitato respinge ogni forma di discriminazione e di comportamento razzistico nei confronti dei migranti considerandola non coerente con i principi fondanti dell’UE. In questo contesto prende atto dell’esito della riunione del Consiglio europeo del 25-26 giugno e chiede alla Commissione europea e agli Stati membri di lavorare nel quadro dell’accordo concluso per fronteggiare efficacemente l’emergenza migratoria, con la partecipazione degli enti locali e regionali;

3.

reputa che le strutture e i canali oggi disponibili per il dialogo politico tra l’UE, gli Stati membri e le organizzazioni della società civile funzionino certamente; ma osserva anche che il dialogo politico tra gli enti locali o regionali e il livello europeo è frammentato oppure solo occasionale. Il Comitato suggerisce pertanto di coinvolgere attivamente gli enti locali e regionali, e di avvalersi della loro esperienza, per migliorare le norme relative alle condizioni di accoglienza e alle procedure di asilo, e di fornire alle autorità dei paesi di accoglienza formazione e assistenza nel campo della creazione di reti. In molti casi gli enti territoriali competenti degli Stati membri non dispongono di mezzi sufficienti per accogliere i profughi, mentre il numero delle domande di asilo è in costante aumento. A questo proposito, il Comitato considera prioritario rafforzare le capacità degli enti locali e regionali di individuare e proteggere i gruppi vulnerabili, e in particolare i minori non accompagnati, che sono spesso sfruttati dalle bande criminali a fini di schiavitù sessuale, lavoro forzato o persino traffico di organi. Le procedure di asilo devono inoltre essere abbreviate e le decisioni di rigetto delle domande essere eseguite in modo più rapido ed efficiente, dato che occorre rafforzare ulteriormente non solo il dialogo tra i livelli di governo, ma anche la fiducia dei cittadini nel sistema europeo o nazionale di asilo;

4.

accoglie con favore l’impegno della Commissione a formulare proposte per una revisione del cosiddetto regolamento di Dublino, che si è dimostrato inapplicabile; invita la Commissione a dare avvio al dibattito su queste proposte quanto prima, vegliando affinché esse spostino l’enfasi dalle misure coercitive verso modalità più sostenibili di distribuzione della responsabilità tra gli Stati membri, sempre nel rispetto dei diritti fondamentali dei migranti;

5.

incoraggia con forza il miglioramento della raccolta delle informazioni al fine di rendere possibile un approccio proattivo e preventivo per evitare la perdita di vite umane, anche mediante la cooperazione tra l’UE e i servizi nazionali di intelligence e le società di intelligence marittima;

6.

sottolinea che le politiche di ricollocazione e reinsediamento dovrebbero coinvolgere tutti i paesi europei tramite il meccanismo delle quote e dovrebbero tenere conto di criteri geografici e demografici, delle dimensioni della regione o dello Stato membro, della popolazione, della situazione economica, delle esigenze del mercato del lavoro e della disponibilità di infrastrutture e servizi, nonché di altri fattori pertinenti, quali il ricongiungimento familiare. Il Comitato accoglie pertanto con favore la specificazione di tali criteri per i sistemi europei di ricollocazione e reinsediamento nell’agenda europea sulla migrazione al fine di indirizzarsi verso una risposta politica più sostenibile. Fa notare che la Commissione europea ha infine invocato la clausola di emergenza (articolo 78, paragrafo 3 del TFUE), cosa che sembra del tutto giustificata nelle attuali circostanze; sottolinea, tuttavia, che dovrebbero adottarsi ulteriori misure con il pieno coinvolgimento del Parlamento europeo allo scopo di assicurarne la trasparenza e la legittimità;

7.

fa notare che l’ineguale ripartizione dei richiedenti asilo e dei rifugiati tra gli Stati, nonché tra le regioni e all’interno di queste, rappresenta una notevole sfida per gli enti locali e regionali, al pari della mancanza di una programmazione lungimirante e dell’impossibilità di prepararsi con sufficiente anticipo ad accogliere queste persone. Le soluzioni improvvisate rendono più difficile garantire che il processo di integrazione sia rapido ed efficace. Agli enti locali e regionali devono essere garantite risorse dal livello nazionale ed europeo perché possano assicurare l’accoglienza sostenibile nel lungo periodo di richiedenti asilo e rifugiati e riescano a gestire le oscillazioni imprevedibili che tale accoglienza di per sé comporta. Il Comitato esorta tutti gli Stati membri ad applicare i principi di solidarietà ed equa ripartizione della responsabilità sanciti dall’articolo 80 del TFUE e a collaborare con gli enti locali e regionali per l’attuazione e il funzionamento sia del meccanismo di ricollocazione di emergenza che delle proposte per un meccanismo di ripartizione avanzate alla fine di maggio; auspica nuove proposte per un sistema di ricollocazione che si attivi in maniera automatica e obbligatoria;

8.

reputa che un aspetto cruciale che agevolerà l’accordo in Europa su un programma di reinsediamento è rappresentato dal grado di fiducia, da parte dei cittadini, nella nostra capacità di riuscire ad evitare ulteriori perdite di vite umane, far cessare le attività delle reti di trafficanti e integrare i rifugiati in cerca realmente di protezione. E invita pertanto la Commissione europea a collaborare con urgenza con il Comitato europeo delle regioni al fine di individuare politiche di integrazione efficaci, sensibilizzare i cittadini in merito e favorirne l’adozione in tutta Europa. Il Comitato invita la Commissione europea a rammentare agli Stati membri e agli enti locali e regionali il ruolo che i fondi strutturali e d’investimento europei possono svolgere nel sostenere le politiche di integrazione;

9.

ricorda che le autorità regionali e locali si trovano in prima linea senza tuttavia disporre di mezzi sufficienti. Su di esse grava spesso la responsabilità umana, finanziaria e tecnica di salvare vite umane e offrire sostegno ai migranti nella loro integrazione economica e sociale. Nei fatti sono costrette a gestire con le proprie risorse una crisi migratoria che colpisce, al di là del Mediterraneo, tutta l’Europa. Si chiede di dare maggiore sostegno alle regioni che ospitano più migranti, al fine di assicurare a questi ultimi un’accoglienza in condizioni dignitose;

10.

condivide e sottolinea il fatto che serve prestare maggiore attenzione al tema sicurezza, intensificando i controlli sui migranti al fine di contribuire a combattere l’incentivazione all’immigrazione irregolare e le eventuali infiltrazioni criminali e tutelando e distinguendo quanti vengono identificati come rifugiati in fuga da situazioni di reale emergenza umanitaria dalla mera immigrazione clandestina;

11.

accoglie con favore l’aumento della dotazione di bilancio per le operazioni «Triton» e «Poseidon» dell’Unione europea e l’impegno, da parte di quindici Stati membri, a fornire risorse aggiuntive, in quanto ciò dovrebbe consentire all’UE di reagire alle emergenze in modo più efficace, e sottolinea la necessità di adattare la portata geografica di entrambe le operazioni ai problemi riscontrati. Il Comitato pone l’accento sulla necessità che tutti gli Stati membri si assumano le loro responsabilità e chiede un meccanismo che preveda un ulteriore aumento di tale dotazione di bilancio, secondo l’evolversi del fabbisogno per garantire operazioni di salvataggio efficaci per tutto il tempo in cui si rendano necessarie. Sottolinea inoltre che i fondi e le risorse dovrebbero essere liberati il più rapidamente possibile, senza ritardi dovuti a procedure burocratiche superflue; incoraggia la Commissione a produrre rapidamente le proposte per una revisione del mandato di Frontex al fine di dargli una solida base giuridica per effettuare operazioni di ricerca e salvataggio;

12.

raccomanda pertanto che, già nel prossimo futuro, l’Agenzia europea per i sistemi IT su larga scala (eu-LISA) sviluppi un sistema completo di condivisione di dati in materia di migrazione ed enti locali, basato sul sistema VIS, salvaguardando al tempo stesso la protezione dei dati personali. Un sistema siffatto potrebbe essere molto utile per scambiare conoscenze specifiche e condividere esperienze in fatto di gestione degli alloggi, esaminare domande di asilo e di rifugio, sviluppare politiche di integrazione e contrasto alla migrazione irregolare, e fornirebbe anche soluzioni pratiche per sostenere la cooperazione in questo settore tra i vari enti nazionali, locali e regionali;

13.

ritiene che la risposta dell’UE alle sfide e alle opportunità della migrazione sarà incompleta se le situazioni economiche e soprattutto politiche nei paesi di origine verranno trattate isolatamente. Il Comitato accoglie pertanto con favore la raccomandazione della Commissione europea di avviare un dialogo e concludere accordi con paesi terzi al fine di gestire le migrazioni e rafforzare la loro capacità di intervenire e salvare le vite dei migranti in pericolo. Il Comitato propone che tali iniziative vengano perseguite anche a livello subnazionale, coinvolgendo anche le autorità incaricate dell’applicazione delle leggi, per ottenere risultati concreti, sul campo, nella lotta contro le reti di trafficanti, nella creazione di percorsi migratori legali e nell’attuazione delle politiche di rimpatrio. Invita l’UE, gli Stati membri e gli enti locali e regionali a intensificare i loro sforzi per aiutare lo sviluppo della capacità dei paesi terzi di operare in modo efficace nell’economia globale, in particolare attraverso il commercio e lo sviluppo dell’imprenditoria locale; in tale contesto invita gli Stati membri a onorare il loro impegno a destinare almeno lo 0,7 % del loro PIL alla cooperazione allo sviluppo e al sostegno in particolare della cooperazione decentrata allo sviluppo;

14.

osserva che la collaborazione con i governi stabili del Nord Africa riduce le partenze dalle coste degli stessi e quindi i rischi di morte in mare. È necessario, se non indispensabile, che la UE stanzi ulteriori fondi da destinare ai governi degli Stati membri che si affacciano sul Mediterraneo, in modo da poter operare, con i paesi del Nord Africa interessati, per: i) il salvataggio in mare; ii) la costituzione di aree attrezzate per l’accoglienza, se necessario, sulle coste nordafricane; iii) l’ammodernamento di strumenti di controllo per limitare le partenze e quindi i rischi di morte in mare;

15.

rinnova la sua esortazione a istituire «partenariati per la migrazione e l’integrazione» tra le città e le regioni dei paesi di origine e di destinazione al fine di rafforzare la cooperazione e accrescere la fiducia reciproca. Nel quadro di questi partenariati sarebbero previste, tra l’altro, misure propedeutiche (corsi di lingua, di formazione culturale e civica, ecc.), singoli progetti di immigrazione, compresi programmi di formazione dei lavoratori, e l’istituzione di programmi di migrazione circolare, rimpatrio volontario e reintegrazione dei migranti; tali partenariati integreranno il lavoro degli ufficiali di collegamento europei per la migrazione distaccati presso le delegazioni dell’UE nei paesi terzi di rilievo cruciale in questo campo;

16.

ritiene che la creazione, per i cittadini di paesi terzi, di canali e opportunità per venire in Europa per motivi di lavoro o di studio dovrebbe svolgere un ruolo centrale nello sviluppo delle future politiche in materia di migrazione. Il Comitato sottolinea che, di conseguenza, è essenziale sviluppare una più stretta cooperazione con altri paesi interessati, e realizzare campagne d’informazione con i media locali in tali paesi sulle opportunità di migrazione legale in Europa, i gravi pericoli connessi con la migrazione irregolare e la politica di rimpatrio dell’UE;

17.

ribadisce l’importanza di affrontare le cause profonde dell’attuale flusso irregolare di persone verso l’Europa e pertanto l’importanza di sviluppare la democrazia e l’economia locali nei paesi terzi, in quanto si tratta di un aspetto fondamentale per la loro stabilità politica, e invita la Commissione europea e gli Stati membri a sviluppare ulteriormente la cooperazione esistente con il Comitato europeo delle regioni e gli enti locali e regionali d’Europa per contribuire a sviluppare le capacità delle amministrazioni locali in quei paesi. Il Comitato richiama pertanto l’attenzione sul ruolo svolto dall’Assemblea regionale e locale euromediterranea (ARLEM) e dalla Conferenza degli enti regionali e locali del partenariato orientale (Corleap) da esso promosse, nonché dalla commissione intermediterranea della Conferenza delle regioni periferiche marittime d’Europa (CRPM); sottolinea che l’ARLEM e la Corleap possono essere usate come piattaforme per aiutare a impegnarsi in un dialogo locale e regionale su come evitare i fenomeni della tratta e del traffico di esseri umani e dei gruppi criminali, nonché come piattaforme per incentivare la buona governance, la stabilità e la pace;

18.

incarica il proprio Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione europea e al Presidente del Consiglio europeo.

Bruxelles, 8 luglio 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


22.9.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 313/5


Risoluzione sul tema «alimentazione sostenibile»

(2015/C 313/02)

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

si compiace del fatto che l'Expo 2015 sul tema Nutrire il pianeta. Energia per la vita coincida con l'Anno europeo per lo sviluppo e con la data prevista per la realizzazione degli otto Obiettivi di sviluppo del Millennio in materia di eliminazione della povertà e della fame e di garanzia della sostenibilità ambientale;

2.

evidenzia il ruolo dell'Unione europea quale principale attore mondiale nell'affrontare le sfide legate alla sicurezza alimentare e nutrizionale ed alla sostenibilità e ne incoraggia l'investimento in scienza ed innovazione quali fattori determinanti per garantire a tutti l'accesso ad un cibo sano, nutriente e prodotto in modo sostenibile. Rammenta che già il Trattato di Roma prospetta la PAC come politica comune, con l'obiettivo di mettere a disposizione risorse alimentari a prezzi accessibili per tutti i cittadini dell'UE e di garantire un tenore di vita adeguato agli agricoltori; rammenta che la sicurezza alimentare, riconosciuta come diritto fondamentale dell'umanità nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, costituisce una condizione essenziale per la riduzione della povertà; rileva che nell'Unione europea 122,6 milioni di persone (24,5 % della popolazione) vivono al di sotto della soglia di povertà e che il 9,6 % della popolazione vive in situazione di grave deprivazione materiale; ribadisce l'importanza che l'Unione europea garantisca ai propri cittadini, in particolare ai più indigenti, l'accesso a un'alimentazione sana, sufficiente, adeguata e nutriente;

3.

sottolinea che l'UE deve preservare i propri standard elevati in materia di sicurezza dei prodotti alimentari e del loro approvvigionamento, dato che tali caratteristiche di qualità contribuiscono a distinguere i prodotti dell'UE nel mercato mondiale. In tale contesto, insiste sulla sua richiesta di non abbassare mai negli accordi commerciali bilaterali, in nessuna circostanza, il livello delle norme giuridiche in vigore nei paesi dell'UE in materia di sicurezza dei prodotti alimentari e benessere degli animali, e ribadisce la sua convinzione che dobbiamo anzi adoperarci per innalzare ulteriormente tale livello;

4.

rileva che oggigiorno il pianeta è confrontato a una serie di sfide diversificate e importanti: crescita demografica costante, crescita della classe media e aumento della capacità di spesa, che comportano cambiamenti delle esigenze dietetiche (varietà, prodotti primari e prodotti di elevata qualità), sfide associate alle minacce alla capacità produttiva agricola globale derivanti dai cambiamenti climatici;

5.

plaude al fatto che lo sviluppo sostenibile sia diventato il presupposto imprescindibile di qualsiasi strategia di crescita socioeconomica, e chiede un maggiore impegno politico a tutti i livelli di governo interessati dall'utilizzo di risorse in tutti i settori;

6.

rileva che la democrazia alimentare è un processo bottom-up che deve partire a livello locale, dalle regioni e dalle città, affinché si adottino politiche che contribuiscano alla sicurezza e sostenibilità alimentare e invita le regioni e gli enti locali a riconoscere in ciascun territorio il diritto ad un cibo sano e sostenibile;

7.

mette l'accento sulla necessità di rafforzare i collegamenti tra ambiti diversi connessi all'alimentazione, come l'energia, la silvicoltura, le risorse marine, l'acqua, i rifiuti, l'agricoltura, i cambiamenti climatici, la scienza e la ricerca e l'uso del suolo, poiché tutti questi aspetti svolgono un ruolo fondamentale nella realizzazione di un'economia verde;

8.

in questo contesto, chiede che l'agricoltura e la filiera alimentare facciano un uso più parsimonioso di acqua e combustibili fossili, impieghino meno fertilizzanti e prodotti fitosanitari, si dimostrino più diversificate e intelligenti nello sfruttare al massimo le sinergie tra la coltivazione in pieno campo, l'allevamento, la gestione dei rifiuti organici, i flussi di residui e il ricorso ad un ventaglio di fonti energetiche;

9.

osserva che l'agricoltura riveste grande importanza per lo sviluppo di territori equilibrati e dotati di maggiore coesione, soprattutto per quanto riguarda le zone rurali, dal momento che il settore agricolo dà lavoro a quasi 30 milioni di persone; rileva che le zone rurali rappresentano il 90 % del territorio dell'Unione e ospitano il 60 % della popolazione dell’UE, eppure registrano spesso uno sviluppo economico inferiore rispetto alle aree urbane; sottolinea che per stimolare la competitività, rafforzare la resilienza e creare nuova occupazione, le zone rurali non dovrebbero concentrarsi esclusivamente sull'attività agricola, ma anche su aspetti economici e ambientali diversificati dello sviluppo rurale;

10.

rammenta gli obiettivi stabiliti per il futuro dalla politica agricola comune in materia di gestione sostenibile delle risorse naturali, sicurezza dell'approvvigionamento delle derrate alimentari, presenza dell'attività agricola in tutti i territori europei, sviluppo regionale equilibrato, competitività dell'agricoltura europea, sostegno ai giovani agricoltori e una costante semplificazione della stessa PAC; ribadisce la propria posizione critica quanto al fatto che le misure adottate non sono sufficienti a garantire una maggiore competitività alle aziende agricole piccole e medie; deplora che la PAC continui a favorire i grandi produttori a danno delle aziende agricole piccole e medie;

11.

ritiene che le zone rurali facciano parte dei territori più vulnerabili interessati dai cambiamenti climatici; chiede quindi che, tra gli strumenti di pianificazione territoriale, di gestione e di bilancio, figurino anche misure di attenuazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, affinché sia possibile ricorrere a meccanismi partecipativi e pratiche agricole per favorire lo sviluppo sostenibile;

12.

considerate le attuali tendenze in termini di stile di vita nelle comunità urbane, propone di promuovere i benefici della vita nelle zone rurali. Iniziative che creino stretti legami tra produttori agricoli e consumatori di prodotti alimentari possono contribuire in misura significativa allo sviluppo di aree periurbane e a forgiare un altro tipo di relazioni tra zone urbane e zone rurali comprendenti anche partenariati territoriali in aree funzionali;

13.

sottolinea inoltre l'importanza di un progetto organico di ripopolamento delle zone rurali abbandonate e spopolate (aree marginali, montane, ecc.) con l'obiettivo di un complessivo recupero territoriale e della valorizzazione di microproduzioni locali con una conseguente tutela della biodiversità;

14.

chiede filiere corte di approvvigionamento dei prodotti agricoli, dal momento che tali filiere favoriscono lo sviluppo di una produzione sostenibile e di un consumo responsabile. Esse rispondono infatti a una crescente domanda, da parte dei consumatori, di prodotti autentici, che soddisfino criteri di stagionalità, prossimità al luogo di produzione e relazionalità sociale. È, questo, un modello di consumo socialmente responsabile di cui sono espressione il rispetto dell'ambiente, la limitazione della quantità di imballaggi e la riduzione degli sprechi alimentari, la riduzione delle emissioni di CO2 e il sostegno alle pratiche di produzione sostenibili;

15.

ritiene che la creazione di un logo europeo per identificare tali prodotti sia ormai inderogabile, e attende con interesse una proposta operativa;

16.

osserva che la produzione alimentare locale, in particolare quella dei prodotti agroalimentari di qualità certificata DOP e IPG con i loro standard di eccellenza definiti da rigorosi disciplinari di produzione, non solo è un obiettivo imprescindibile e crea nuovi posti di lavoro a livello locale e nuove competenze, ma può anche contribuire allo sviluppo economico e sociale delle nostre regioni, impedendo i flussi demografici che determinano uno spopolamento, o anche un'eccessiva pressione demografica urbana;

17.

sottolinea inoltre che le zone svantaggiate, ed in particolare di montagna, i cui prodotti sono apprezzati per qualità, sono gravate di costi aggiuntivi che rendono la produzione alimentare più difficile ed onerosa;

18.

chiede che alimenti non contenenti OGM rappresentino una parte importante di una dieta sostenibile; ricorda che numerosi enti regionali e locali si sono dichiarati contrari alle colture geneticamente modificate sui propri territori, proclamandosi «zone senza OGM» e costituendosi in reti;

19.

raccomanda che le varie parti interessate alla produzione sostenibile e al consumo responsabile — come le università, le scuole e gli ospedali — siano informate sulla possibilità di inserire criteri in materia di sostenibilità nei loro bandi di gara (ad esempio, prossimità al luogo di produzione, alimenti biologici), in modo da poterli effettivamente applicare;

20.

chiede pertanto che siano favoriti e potenziati percorsi di collaborazione costante e raccordo con i diversi livelli legislativi dell'Unione europea, degli Stati e delle Regioni europee affinché venga al più presto approvata una revisione della normativa afferente la tracciabilità e l'etichettatura dei prodotti in modo che la stessa disponga specifiche precise per mettere i consumatori in grado di decidere sul loro utilizzo consapevole anche grazie al riconoscimento delle filiere completamente OGM free;

21.

raccomanda di migliorare il regime di aiuti alla distribuzione di frutta, verdura e latte nelle scuole; visto il grado di trasformazione dei prodotti ammissibili ad un sostegno in base a questo regime di aiuti e considerata l'importanza di introdurre sin dall'infanzia i principi di un'alimentazione sana, propone di considerare prodotti ammissibili al sostegno finanziario a titolo di tale regime solo quelli con la minor quantità possibile di dolcificanti e sale e che non contengano additivi dannosi o esaltatori di sapidità;

22.

chiede ancora una volta alla Commissione europea di promuovere la riduzione degli sprechi alimentari (1) e di presentare una nuova proposta volta a introdurre un obiettivo di riduzione dei rifiuti alimentari di almeno il 30 % entro il 2025, basata sulla sua precedente proposta, ritirata nel 2014, intesa a modificare la direttiva quadro sui rifiuti e a promuovere un'economia circolare e a tal fine di valutare l'estensione del positivo modello di governance del Patto dei sindaci; sottoscrive quindi l'invito del Parlamento europeo a proclamare il 2016 Anno europeo contro gli sprechi alimentari;

23.

osserva che più di un terzo della spesa dei turisti è riservato al cibo; sottolinea che il turismo gastronomico ha il potenziale per offrire posti di lavoro sostenibili per tutto l'anno e per portare alla creazione di opportunità lavorative; pone l'accento sul fatto che questo può avere un ruolo essenziale sia per la crescita e la coesione a livello locale e regionale che per la tutela del patrimonio culturale;

24.

chiede di lanciare una campagna di sensibilizzazione dei cittadini al valore delle risorse genetiche e all'importanza della loro conservazione, del loro studio e del loro uso sostenibile; chiede inoltre programmi di formazione per tecnici e agricoltori calibrati sulle esigenze del mercato, nonché misure di coordinamento, monitoraggio e valutazione per la protezione della biodiversità nel settore agricolo;

25.

sottolinea il ruolo che svolgono gli enti locali e regionali nell'adeguare le competenze educative e professionali dei giovani al mercato del lavoro nelle zone rurali; è impegnato nel sostenere e diffondere le buone pratiche locali e regionali in materia di processi innovativi relativi ai metodi di produzione, distribuzione e consumo di alimenti; invoca un'accresciuta consapevolezza e una maggiore accettazione sociale attraverso l'offerta di educazione alimentare e la promozione delle buone abitudini di salute e benessere, nonché un uso più efficiente degli alimenti e di altre risorse;

26.

riafferma il suo sostegno a una vigilanza efficace sul rispetto delle norme in materia di alimenti e mangimi, salute e benessere degli animali, sanità delle piante, materiale riproduttivo vegetale e prodotti fitosanitari, nonché alla semplificazione di tali norme, che contribuiscono a costruire un mercato stabile basato sulla fiducia del pubblico in tali prodotti; ribadisce che gli atti delegati dell'UE devono essere evitati in quest'ambito per consentire ai vari livelli di governo di studiare e valutare approfonditamente i costi della regolamentazione, in conformità con i principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

27.

ricorda il contributo della politica comune della pesca (PCP) alla produzione alimentare sostenibile nell'UE; chiede una più efficace promozione degli obiettivi della PCP a livello internazionale. Per fare ciò, l'Unione deve sforzarsi di migliorare l'operato delle organizzazioni regionali e internazionali dedite alla conservazione e alla gestione degli stock ittici internazionali, promuovendo un processo decisionale basato sulle conoscenze scientifiche e su un maggiore rispetto delle norme, nonché una trasparenza rafforzata e una maggiore partecipazione delle parti interessate, in particolar modo dei pescatori, e combattendo le attività di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata;

28.

evidenzia la necessità di cooperare strettamente con l'industria della pesca attraverso partenariati pubblico-privato, nonché di stabilire collegamenti tra imprese e ricerca, per fare in modo che il settore della pesca sia non soltanto sostenibile, ma anche competitivo e innovativo;

29.

sottolinea che la produzione acquicola interna dovrebbe essere considerata strategica (al pari delle altre produzioni del settore primario) per rispondere alle future sfide dell'alimentazione, dell'occupazione, delle risorse naturali e dei territori, considerando che il 70 % dei prodotti ittici consumati nell'UE proviene dall'importazione;

30.

è del parere che l'UE debba assumere un ruolo guida nello sviluppo di metodi di piscicoltura ecologici e sostenibili, aprendo la strada alla «rivoluzione blu» grazie all'utilizzo di tecnologie e sistemi innovativi di produzione, alimentazione, schiusa delle uova e raccolta dei pesci, sviluppati all'interno dell'Unione.

Bruxelles, 8 luglio 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  CdR 140/2011 fin, http://portal.cor.europa.eu/europe2020/MonitoringFlagships/Pages/A-Resource-Efficient-Europe.aspx


22.9.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 313/9


Risoluzione — Migliorare il funzionamento dell'Unione europea: il Trattato di Lisbona e oltre

(2015/C 313/03)

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

ritiene che la legittimazione e il futuro sviluppo dell'UE dipendano in misura determinante dalla capacità dell'Unione di agire con efficacia nel rispondere alle sfide di carattere economico, politico e sociale dinanzi a noi, e di coinvolgere meglio i cittadini a tutti i livelli; ricorda che a tal fine è necessaria la partecipazione attiva del livello locale, regionale e subnazionale alla governance dell'UE; insiste pertanto sulla necessità che il CdR partecipi ai dibattiti sul futuro dell'Europa, e ribadisce in particolare che il Comitato deve essere coinvolto a pieno titolo in una futura convenzione;

2.

si compiace per la decisione del Parlamento europeo di avviare subito questa discussione e di consultare il CdR, consolidando in tal modo le relazioni politiche rafforzate esistenti tra le due istituzioni; accoglie con favore l'opportunità di contribuire ad aumentare la trasparenza, la rendicontabilità, l'inclusività e l'efficacia dell'UE; ribadisce la necessità di recuperare la fiducia dei cittadini nella capacità dell'UE di agire per migliorare le loro condizioni di vita e per proteggere e promuovere i valori europei nel rispetto delle competenze e delle identità nazionali e regionali;

3.

ritiene importante creare opportunità per discutere in stretta cooperazione con il Parlamento europeo i possibili cambiamenti, sviluppi e aggiustamenti dell'attuale struttura istituzionale dell'Unione europea che consentirebbero al CdR di essere un organo non soltanto consultivo, ma un organo più integrato come soggetto centrale nel processo legislativo europeo;

4.

sottolinea l'importanza della cittadinanza e dei diritti fondamentali su cui l'Unione si basa, e l'importanza di adoperarsi per rafforzare la democrazia rappresentativa e partecipativa in Europa ai diversi livelli legislativi dell'Unione europea, degli Stati e delle regioni, in ossequio alla governance multilivello; chiede che l'iniziativa dei cittadini europei sia riveduta e semplificata per migliorarne la semplicità d'uso e l'accessibilità per i cittadini; pone in risalto la necessità di introdurre l'obbligo giuridico che la Commissione europea non soltanto esamini un'iniziativa dei cittadini europei che abbia ottenuto il numero richiesto di dichiarazioni di sostegno, ossia 1 milione di firme, ma anche che apra una discussione, seguita da una votazione in seno al Consiglio dell'UE e al Parlamento europeo, e raccomanda di valutare altri strumenti atti a facilitare la partecipazione al processo decisionale dell'UE;

5.

ribadisce che è essenziale ridurre la dipendenza del bilancio dell'UE dai contributi diretti degli Stati membri e riesaminare la questione delle risorse proprie dell'UE, senza introdurre imposte aggiuntive;

6.

sottolinea il suo impegno a favore di un'Unione europea che, nelle questioni di politica estera e di sicurezza, possa fungere da forza capace di promuovere la sicurezza, la stabilità, la democrazia e lo Stato di diritto; pone in risalto il ruolo centrale svolto dagli enti locali, regionali e subnazionali, in particolare attraverso le piattaforme Corleap e ARLEM, nei loro contatti con i paesi terzi su questioni politiche cruciali, quali: le sfide e le opportunità legate ai flussi migratori, le politiche in materia di occupazione, l'allargamento, l'utilizzo sostenibile delle risorse naturali, l'energia, la promozione dell'innovazione, la cultura, le sfide ambientali a livello mondiale, la promozione dello sviluppo, un'efficace politica di vicinato e le politiche urbane sostenibili.

Il Comitato europeo delle regioni, pertanto, nel quadro del Trattato attuale:

7.

ritiene che gli strumenti esistenti previsti dal Trattato di Lisbona e dai suoi protocolli offrano tuttora considerevoli potenzialità inutilizzate, atte a migliorare il funzionamento dell'UE a vantaggio dei suoi cittadini e rappresentate in particolare dal ricorso alle disposizioni in materia di controllo della sussidiarietà e della proporzionalità, all'iniziativa dei cittadini europei e alle «clausole passerella» nonché, ove necessario, dal ricorso alla cooperazione rafforzata;

8.

accoglie con favore l'adozione del pacchetto Legiferare meglio, pubblicato il 19 maggio 2015, ma sottolinea che tale agenda non deve diventare un pretesto per evitare o abrogare la legislazione necessaria; chiede di inserire un chiaro riferimento al CdR nel progetto di accordo interistituzionale Legiferare meglio, in riconoscimento della maggiore competenza attribuita al Comitato dal Trattato di Lisbona;

9.

invita a rafforzare con decisione il ruolo del CdR per poter utilizzare direttamente le conoscenze e le esperienze dei rappresentanti regionali e locali nel quadro dell'iter legislativo e del processo decisionale dell'Unione, e chiede in particolare:

di essere pienamente coinvolto nel processo di pianificazione strategica dell'iter legislativo,

di partecipare alla fase precedente l'elaborazione delle proposte legislative dell'UE, anche attraverso le valutazioni di impatto territoriale,

di ottenere lo status di osservatore con diritto di parola alle riunioni dei gruppi di lavoro del Consiglio che si occupano di settori d'intervento nei quali la consultazione del Comitato è obbligatoria,

di ottenere lo status di osservatore con diritto di parola nei negoziati del trilogo relativi agli ambiti in cui la consultazione del Comitato è obbligatoria,

di poter rivolgere interrogazioni orali e scritte all'esecutivo dell'UE in relazione alle proprie raccomandazioni politiche;

10.

ritiene che il CdR dovrebbe, in particolare, essere attivamente coinvolto in tutte le discussioni in materia di coesione economica, sociale e territoriale. Il Comitato propone pertanto di:

creare una specifica formazione del Consiglio sulla politica di coesione dell'UE e altri strumenti finanziari in materia di investimenti;

essere riconosciuto come osservatore con diritto di parola alle riunioni del Consiglio che trattano della politica di coesione dell'UE e dei settori connessi agli investimenti in Europa;

11.

ricorda che il compito di monitorare la conformità della legislazione dell’UE con il principio di sussidiarietà è stato esteso in modo da includere un ruolo per il CdR e i parlamenti regionali con poteri legislativi, in stretta cooperazione con i parlamenti nazionali; affinché il CdR possa contribuire più efficacemente al controllo della sussidiarietà e alla qualità complessiva della legislazione dell'UE, il Comitato invita a proseguire gli sforzi per quanto concerne:

l'esecuzione delle valutazioni di impatto territoriale nella fase ex ante,

il monitoraggio, a livello locale, regionale e subnazionale, per conto dell'Unione, del recepimento della legislazione dell'UE nella fase ex post,

il miglioramento della procedura di allerta precoce, ad es. estendendone i termini, in modo da renderla anche pienamente operativa per i soggetti regionali,

il rafforzamento del ruolo delle Assemblee legislative regionali nella procedura di allerta precoce, rendendone obbligatoria, e non più discrezionale, la consultazione da parte dei parlamenti nazionali sulle materie di competenza regionale,

l'esame delle possibilità, insieme agli Stati membri dell'UE, di conferire ai parlamenti regionali e subnazionali con poteri legislativi la competenza, a pieno titolo, di adottare pareri motivati in merito al principio di sussidiarietà come se fossero parlamenti nazionali (cfr. la dichiarazione n. 51 del Trattato di Lisbona);

12.

raccomanda a tutti i livelli di governo di compiere sforzi comuni per risolvere in modo duraturo la crisi del debito pubblico in Europa come anche la conseguente crisi economica e sociale, e per attrarre investimenti volti a sostenere la competitività e la creazione di posti di lavoro; rammenta che gli enti locali e regionali hanno sofferto duramente nel corso della crisi e chiede il rispetto del modello di governance multilivello per garantire che ciò non si ripeta in futuro; concorda, in tale contesto, nel ritenere che l'obbligo di incorporare nel Trattato dell’UE, entro il 2016, quegli elementi di governance economica che sono stati stipulati al di fuori dei Trattati offra l'opportunità di affrontare un limitato numero di altre questioni connesse al futuro dell'UE.

Nel contesto di una futura revisione dei Trattati dell’UE, il Comitato europeo delle regioni pertanto:

13.

chiede che gli sia attribuito lo status di membro a pieno titolo della futura convenzione alla pari delle istituzioni attuali;

14.

propone di prendere in considerazione una graduale istituzionalizzazione del CdR e la sua trasformazione in un Senato europeo delle regioni e delle autonomie locali, come Camera preposta a un riesame ponderato delle questioni; il Senato europeo migliorerebbe il coordinamento tra le istituzioni nazionali e subnazionali che eseguono il controllo della sussidiarietà nei confronti delle istituzioni dell'Unione europea, dovrebbe dare il suo consenso sui dossier legislativi dell'UE nel campo della politica di coesione e avrebbe la facoltà di sottoporre alla Commissione europea proposte nell'ambito di materie di competenza non esclusiva dell'UE;

15.

propone di subordinare le proposte legislative in materia di coesione territoriale all'approvazione del CdR; inoltre, auspica che siano rafforzate le sue competenze in materia di consultazione obbligatoria, rendendo la consultazione del CdR parte integrante della «procedura legislativa ordinaria» (art. 294 del TFUE);

16.

propone che nel Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria sia introdotta una clausola orizzontale che richieda la consultazione del CdR nei settori di competenza concorrente per le misure di coordinamento delle politiche economiche e occupazionali e in quelli delle azioni di sostegno, di coordinamento e di completamento; sottolinea che la dimensione territoriale deve essere presa in maggiore considerazione in ogni futura proposta volta ad approfondire l'Unione economica e monetaria, e che i dossier principali devono essere sottoposti a una valutazione ex ante di impatto territoriale;

17.

in ogni caso, chiede la consultazione obbligatoria del CdR sulle questioni di rilievo per gli enti locali e regionali in relazione alle misure che incidono sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato interno (art. 115 del TFUE) e in altri settori che hanno una rilevanza diretta per il livello locale e regionale, quali:

la politica agricola (art. 43 del TFUE),

la libera circolazione dei lavoratori (art. 46 del TFUE),

la libertà di stabilimento (art. 50 del TFUE),

la liberalizzazione di determinati servizi (art. 59 del TFUE),

la migrazione (art. 79 del TFUE),

gli aiuti di Stato (art. 109 del TFUE),

la politica industriale (art. 173, par. 3, del TFUE),

la politica commerciale (art. 207 del TFUE);

18.

propone inoltre di rivedere il «termine minimo di un mese» per la consultazione del CdR da parte del Parlamento europeo, del Consiglio o della Commissione (art. 307, par. 2, del TFUE), che si è dimostrato inattuabile;

19.

incarica il proprio Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione europea e al Presidente del Consiglio europeo.

Bruxelles, 8 luglio 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


22.9.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 313/12


Risoluzione sulle priorità per il programma di lavoro 2016 della Commissione europea

(2015/C 313/04)

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI,

vista la sua risoluzione del 4 giugno 2015 sulle priorità per il sesto mandato 2015-2020, la sua risoluzione dell'8 luglio 2015 sul futuro assetto istituzionale dell'UE e il protocollo di cooperazione tra la Commissione europea e il Comitato delle regioni, firmato il 16 febbraio 2012;

tenuto conto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

Il futuro della politica di coesione

1.

riafferma la sua piena convinzione che il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) sia complementare alla politica di coesione, e che robuste sinergie tra questo nuovo fondo e i programmi operativi dei Fondi strutturali e d'investimento europei (Fondi SIE) saranno cruciali per assicurare la coerenza tra i progetti d'investimento e le strategie di sviluppo regionale e locale; raccomanda di coinvolgere gli enti locali e regionali nel processo di selezione e di attuazione dei progetti nonché di organizzare forum decentrati sugli investimenti;

2.

esorta la Commissione a coinvolgere maggiormente gli enti locali e regionali e il CdR negli sforzi volti a semplificare e accelerare l'attuazione dei fondi SIE, in particolare sulla base delle prime conclusioni del gruppo di esperti ad alto livello per il monitoraggio della semplificazione per i beneficiari, che saranno presentate nel 2016;

3.

rinnova il suo invito alla Commissione a presentare un Libro bianco sulla coesione territoriale, basato sui lavori della presidenza lussemburghese volti ad analizzare l'interazione tra l'Agenda territoriale 2020 e la strategia Europa 2020;

4.

invita la Commissione europea a sostenere gli scambi e la cooperazione tra le regioni per quanto riguarda un migliore uso delle strategie di specializzazione intelligente nell'attuazione dei fondi strutturali al fine di favorire una crescita trainata dall'innovazione;

5.

incoraggia la Commissione a rilanciare il dibattito sul tema «oltre il PIL» e lo sviluppo di indicatori alternativi o complementari per il benessere e lo sviluppo sostenibile;

6.

esorta la Commissione a presentare un Libro bianco su un'agenda urbana integrata dell'UE sulla base della dichiarazione adottata a Riga, vale a dire attraverso la rapida applicazione della valutazione d'impatto urbana nel contesto dei nuovi orientamenti della Commissione per le valutazioni d'impatto e l'elaborazione di indicatori per monitorare i progressi compiuti;

7.

insiste sulla necessità di riconoscere le zone rurali in quanto poli di sviluppo e di innovazione che contribuiscono alla strategia Europa 2020, nel quadro di un rapporto equilibrato con i poli urbani, allo scopo di realizzare l'obiettivo di coesione territoriale sancito dal Trattato di Lisbona;

8.

invita la Commissione a tenere in maggiore considerazione, nelle future proposte relative alla politica di coesione, l'influenza della cultura e delle tradizioni regionali, che sono preziose per la loro capacità di integrare le comunità rurali e urbane, e sono un fattore di promozione delle iniziative rurali;

9.

esorta la Commissione ad affrontare le crescenti disparità tra le regioni europee garantendo che, nel quadro della revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020, che dovrebbe essere completata entro la fine del 2016, siano resi disponibili sufficienti stanziamenti d'impegno e di pagamento a sostegno della crescita e della ricerca in tutta Europa;

10.

incoraggia la Commissione a continuare a sostenere la cooperazione transfrontaliera e l'attuazione e lo sviluppo delle strategie macroregionali, come quadro integrato che consenta agli Stati membri e ai paesi terzi della stessa zona geografica di affrontare sfide comuni e di intensificare la cooperazione in materia di coesione economica, sociale e territoriale; sottolinea l'importanza di associare più strettamente in questo processo gli enti regionali e locali, rappresentati anche in seno al CdR, e i soggetti economici e sociali e dei territori coinvolti nel processo della strategia macroregionale;

11.

chiede che l'uso delle risorse proprie effettive dell'UE sia esteso ed esprime il suo desiderio di partecipare alla conferenza interistituzionale che nel 2016 valuterà i risultati del gruppo ad alto livello sulle risorse proprie.

Governance economica

12.

sollecita la Commissione a pubblicare la revisione intermedia della strategia Europa 2020, alla quale dovrebbe essere dato seguito il più rapidamente possibile nel 2016 per garantire che la strategia riveduta comprenda una dimensione territoriale, assicurando in tal modo il coordinamento efficace dei pertinenti settori delle politiche dell'UE, ivi compresi la politica di coesione, il piano di investimenti per l'Europa e altri programmi dell'UE;

13.

chiede alla Commissione di sottoscrivere l'invito rivolto dal Comitato stesso agli Stati membri affinché coinvolgano attivamente gli enti locali e regionali nel semestre europeo, in particolare nell'elaborazione e nell'attuazione dei rispettivi programmi nazionali di riforma;

14.

esorta la Commissione a dare seguito alla «relazione dei 5 presidenti» ed a presentare tutte le misure necessarie a rendere più resiliente l'Unione economica e monetaria (UEM) e trasformarla in un quadro di riferimento per un migliore coordinamento e una maggiore convergenza strutturale, in grado di conseguire gli obiettivi enunciati all'articolo 3 del TUE, ivi compresa una capacità di bilancio a livello dell'UEM;

15.

ritiene che la flessibilità delle regole del Patto di stabilità e di crescita riguardanti gli investimenti debba essere estesa a tutti gli Stati membri; invita pertanto la Commissione a presentare proposte a tal fine, nonché a valutare l'impatto delle nuove regole ESA 2010 sulla capacità d'investimento degli enti locali e regionali.

Occupazione, crescita sostenibile, completamento del mercato interno

16.

ricorda alla Commissione il suo impegno a proporre una revisione e un rafforzamento dello Small Business Act (SBA) e propone di attribuire un ruolo più importante agli enti locali e regionali nell'attuazione dei principi dello SBA;

17.

invita la Commissione a completare i lavori per la creazione di uno spazio europeo delle competenze e delle qualifiche, che consentirebbe di prevedere le esigenze del mercato del lavoro in termini di competenze e di farle coincidere meglio con le competenze disponibili, attraverso l'istruzione, la formazione professionale e l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, al fine di stimolare la creazione di posti di lavoro e combattere la disoccupazione, in particolare quella giovanile;

18.

ricorda alla Commissione il suo impegno a sostenere un quadro strategico dell'UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che rafforzi il ruolo degli enti locali e regionali e promuova una nuova governance anche attraverso uno steering committee centrale europeo con compiti di definizione, coordinamento e sviluppo in materia di salute e sicurezza sul lavoro;

19.

si attende che il pacchetto sulla mobilità dei lavoratori sia pubblicato entro breve e che includa una proposta per l'eventuale revisione della direttiva sul distacco dei lavoratori;

20.

chiede che sia completato l'atto europeo sull'accessibilità;

21.

esorta la Commissione a intensificare i suoi sforzi per presentare misure volte a conciliare la vita professionale e la vita privata rivedendo la direttiva del 2010 sul congedo parentale, sbloccando lo stallo istituzionale per quanto riguarda la direttiva sul congedo di maternità e presentando una strategia concreta per la realizzazione della parità di genere nell'UE;

22.

chiede che venga ulteriormente approfondito il lavoro sul trasporto intermodale, in particolare attraverso una proposta legislativa riguardante un sistema europeo per i diritti dei passeggeri nei viaggi intermodali;

23.

invita nuovamente la Commissione a pubblicare un Libro verde sul tema della mobilità nelle regioni svantaggiate dal punto di vista geografico e demografico;

24.

invita la Commissione, nell'ambito della revisione della direttiva relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto prevista per il 2016, a chiarire le condizioni alle quali l'esenzione concessa alle cooperative intercomunali di diritto pubblico non soggette alla normativa sugli appalti pubblici può essere considerata conforme al diritto dell’UE;

25.

accoglie con favore l'intenzione della Commissione concernente la base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB) nel 2016, con l'obiettivo di introdurre riforme a lungo termine sull'attribuzione degli utili per creare un ambiente più equo per l'imposta sulle società in Europa;

26.

si attende che il mercato unico digitale crei le condizioni giuste per le reti digitali e il commercio elettronico al fine di massimizzare il potenziale di crescita dell'economia digitale mediante investimenti in infrastrutture di TIC affidabili e ad alta velocità, il sostegno all'eGovernment, i servizi pubblici e le competenze digitali e propone di introdurre un sistema di e-residency valido in tutta l'UE al fine di semplificare l'accesso al mercato unico digitale per gli investitori digitali dei paesi terzi;

27.

si attende una proposta volta a vietare i blocchi geografici nel mercato unico digitale;

28.

invita la Commissione ad avanzare proposte per un approccio coordinato alle norme applicabili all'economia del consumo collaborativo, prendendo in debita considerazione la differenza tra attività commerciali e non commerciali;

29.

chiede una revisione della direttiva sui servizi di media audiovisivi (SMA) alla luce degli sviluppi tecnologici e sottolinea la necessità di portare avanti politiche che incoraggino il pluralismo dei mezzi di informazione in tutti gli Stati membri;

30.

attende con interesse che la Commissione proponga misure concrete volte a conseguire gli obiettivi delineati nelle conclusioni del Consiglio del 28-29 maggio 2015 sullo Spazio europeo della ricerca e su Science 2.0, con il sostegno del CdR e degli enti locali e regionali;

31.

si attende un seguito al Libro verde sulla possibile estensione della protezione delle indicazioni geografiche dell'UE ai prodotti non agricoli.

Sviluppo sostenibile

32.

chiede un'attuazione completa e ambiziosa del Settimo programma d'azione per l'ambiente (7o PAA) 2014-2020; esorta pertanto la Commissione a presentare nel 2016 l'attesa comunicazione sul tema «Il suolo in quanto risorsa», una nuova proposta di direttiva sull'accesso alla giustizia in materia ambientale e una proposta legislativa sulle attività ispettive e repressive in materia;

33.

rivolge nuovamente alla Commissione l'invito ad introdurre nella normativa europea l'obiettivo di prevenire qualsiasi perdita netta di biodiversità e di servizi ecosistemici, e di conseguenza si attende che la Commissione presenti nel 2016 un'apposita iniziativa nell'ambito della strategia dell'UE sulla biodiversità da qui al 2020;

34.

chiede pertanto che venga approvata quanto prima una revisione delle norme sulla tracciabilità e l'etichettatura dei prodotti alimentari, in collaborazione e in costante collegamento con i diversi livelli legislativi (UE, Stati membri e regioni), affinché i consumatori possano operare scelte di consumo con cognizione di causa, anche attraverso il riconoscimento di catene di produzione totalmente esenti da OGM;

35.

sottolinea il ruolo chiave delle future proposte legislative sull'economia circolare e di una coerente attuazione in tutta l'UE della normativa già in vigore, in particolare per quanto riguarda la riduzione dello smaltimento in discarica di rifiuti riciclabili, formula nuovamente la richiesta di un ulteriore sviluppo ambizioso degli obiettivi in materia di rifiuti e di riciclaggio e mette in evidenza le grandi potenzialità che l'economia circolare offre alle PMI innovative;

36.

chiede di essere coinvolto nel processo di elaborazione della nuova legislazione prevista nell'ambito del pacchetto «Unione dell'energia», in particolare nella revisione della direttiva sulle energie rinnovabili e il riesame delle direttive concernenti il rendimento energetico degli edifici e l'efficienza energetica;

37.

attende dalla Commissione che presenti un piano d'azione per potenziare il ruolo del Patto dei sindaci nell'ambito delle politiche in materia di energia e clima, proroghi l'iniziativa al di là del 2020 e sostenga la sua diffusione a livello mondiale; chiede, sempre alla Commissione europea, di introdurre pienamente l'iniziativa Mayors Adapt nel Patto dei sindaci e di coordinare quest'ultimo con le soluzioni Città intelligenti, come mezzo per l'attuazione delle politiche energetiche e climatiche;

38.

invita la Commissione a presentare una comunicazione sulle città intelligenti al fine di incrementare il sostegno a soluzioni intelligenti per quanto concerne l'efficienza energetica, la mobilità urbana e l'innovazione, cooperando a stretto contatto con il CdR nella mappatura delle iniziative esistenti e in un loro migliore coordinamento; a tale proposito sollecita il riconoscimento del ruolo degli enti locali e regionali in altri settori diversi dall'efficienza energetica degli edifici, e chiede nuovamente alla Commissione di sostenere la produzione di energie rinnovabili su scala media e piccola che può rivelarsi utile sia per alleviare la povertà energetica sia per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento energetico;

39.

invita la Commissione ad adottare misure volte a promuovere la modernizzazione e l'innovazione dell'economia rurale e a presentare meccanismi di regolazione nel settore lattiero-caseario, anticipando e cercando di mettere un freno alla volatilità dei mercati al fine di salvaguardare l'agricoltura in tutte le regioni e preservare le comunità rurali;

40.

reitera la propria richiesta alla Commissione europea di promuovere la riduzione degli sprechi alimentari e di presentare una nuova proposta volta a introdurre un obiettivo di riduzione degli sprechi alimentari di almeno il 30 % entro il 2025, basata sulla sua precedente proposta intesa a modificare la direttiva quadro sui rifiuti e ritirata nel 2014. In tale contesto, sostiene la proposta del Parlamento europeo, di proclamare il 2016 Anno europeo contro gli sprechi alimentari;

41.

osserva che sei dei sette fattori principali di rischio di morte prematura sono correlati a come mangiamo, beviamo e ci muoviamo, e invita la Commissione ad esaminare un'azione coordinata a livello dell’UE per affrontare meglio l'aumento dei livelli di sovrappeso e di obesità in tutta l'Europa;

42.

sostiene il voto del Parlamento europeo a favore del regime di aiuti alla distribuzione di ortofrutticoli, banane e latte negli istituti scolastici e invita la Commissione a presentare proposte concrete nel 2016.

Stabilità e cooperazione all'interno e al di fuori dell'Unione europea

43.

chiede alla Commissione di attuare il programma europeo sulle migrazioni in cooperazione con gli enti locali e regionali, tenendo conto in particolare delle loro esperienze per quanto riguarda le condizioni di accoglienza e i meccanismi di ricollocazione e di presentare proposte legislative su un meccanismo di reinsediamento e su un sistema permanente di ricollocazione al fine di conseguire una distribuzione più equa di coloro che sono in cerca di protezione internazionale all'interno dell'UE; auspica pertanto una valutazione ed un'eventuale revisione del Regolamento Dublino III; riformula la sua proposta di istituire «partenariati per l'immigrazione e l'integrazione» tra le città e le regioni nei paesi d'origine e destinazione e sottolinea il ruolo che i fondi strutturali e d'investimento europei possono svolgere nel sostenere le politiche d'immigrazione, i processi d'integrazione e l'inclusione attiva delle persone in linea con i principi dell'UE e della coesione sociale;

44.

approva la missione umanitaria attualmente in atto, portata avanti conformemente ai valori condivisi dell'UE; invita la Commissione a ricorrere ad un approccio di ampio respiro nella sua azione in materia d'immigrazione, tenendo conto delle questioni economiche, sociali, ambientali, di sicurezza e di sovranità degli Stati membri al momento di attuare la sua strategia. Il Comitato potrebbe contribuire a questa attività promuovendo lo scambio di vedute tra i rappresentanti degli enti locali e regionali su questo tema e proponendo potenziali soluzioni;

45.

invita la Commissione a favorire il dialogo a tutti i livelli di governo come elemento fondamentale del processo di allargamento dell'UE e ad affrontare sistematicamente, nella relazione annuale sull'allargamento, lo stato del processo di decentramento e il ruolo degli enti locali e regionali;

46.

raccomanda di effettuare un riesame completo della Politica europea di vicinato (PEV), che dovrebbe mettere l'accento su tre priorità strategiche: un'adeguata governance democratica, uno sviluppo territoriale sostenibile e una migrazione e mobilità di tipo circolare; chiede in particolare che vengano potenziate le iniziative a sostegno dei processi di decentramento; fa osservare l'importanza di rafforzare gli organi locali a livello istituzionale e sollecita la Commissione a portare avanti lo Strumento per l'amministrazione locale e ad estenderlo a tutti i paesi vicini;

47.

ritiene particolarmente importante che le autorità locali e regionali siano coinvolte nel percorso multilaterale e bilaterale della nuova politica europea di vicinato e che risorse sufficienti siano concesse a sostegno delle riforme al loro livello, come richiesto dai capi di Stato e di governo in occasione del vertice di Riga;

48.

resta convinto che il TTIP potrebbe rappresentare un'opportunità per stimolare la crescita e l'occupazione nell'Unione europea, in quanto può fornire l'accesso reciproco al mercato degli scambi di merci, servizi, investimenti e appalti pubblici, ridurre la burocrazia ed eliminare gli ostacoli non tariffari al commercio, a condizione che siano pienamente rispettate le norme giuridiche vigenti negli Stati membri dell'UE, in particolare in relazione alla politica sociale, ambientale e dei consumatori, e che vengano salvaguardate la partecipazione democratica e le competenze degli enti locali e regionali;

49.

è del parere che le stesse condizioni debbano essere applicate ai negoziati relativi all'Accordo sugli scambi di servizi (TiSA), il cui ambito è più limitato; chiede alla Commissione di coinvolgere il CdR in questo processo negoziale, garantendo in particolare al Comitato l'accesso ai documenti negoziali, analogamente a quanto è avvenuto in occasione del TTIP;

50.

insiste sulla necessità di definire i nuovi obiettivi universali di sviluppo sostenibile da raggiungere nel corso dei prossimi quindici anni, e chiede pertanto, mettendo in particolare l'accento sulla cooperazione decentrata, di adottare iniziative specifiche a favore degli enti locali e regionali affinché i loro sforzi per l'attuazione di detti obiettivi vengano sostenuti;

51.

invita la Commissione ad affrontare l'agenda urbana globale in vista della conferenza Habitat III e a coinvolgere gli enti regionali e locali nella definizione della posizione dell'Unione europea.

Cittadinanza e governance

52.

chiede di rivedere e di semplificare l'iniziativa dei cittadini europei per renderla di più facile uso e più accessibile ai cittadini;

53.

raccomanda alla Commissione di rinnovare l'impegno a promuovere la cooperazione interistituzionale in materia di comunicazione, utilizzando a tale scopo anche il potenziale effetto leva dei membri del CdR per entrare in contatto con i cittadini e «agire sul piano locale» in tutta l'Unione europea;

54.

invita la Commissione, per quanto riguarda la sua proposta relativa ad un accordo interistituzionale (AII) su un registro obbligatorio per la trasparenza, a esonerare da tale obbligo i rappresentanti democraticamente eletti degli enti e delle organizzazioni locali e regionali;

55.

accoglie favorevolmente il fatto che la proposta della Commissione europea di un accordo interistituzionale sul tema «Legiferare meglio» faccia riferimento alle valutazioni d'impatto territoriale come uno degli strumenti per valutare l'impatto, e chiede alla Commissione di servirsi sistematicamente di questo strumento per le proposte legislative che potrebbero avere un impatto territoriale; tuttavia rivolge nuovamente la richiesta che l'Accordo interistituzionale riconosca il ruolo maggiore e specifico attribuito al CdR dal Trattato di Lisbona;

56.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione europea, al Parlamento europeo, al Consiglio e al Presidente del Consiglio europeo.

Bruxelles, 9 luglio 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


PARERI

Comitato delle regioni

113a sessione plenaria, 8 e 9 luglio 2015

22.9.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 313/17


Parere del Comitato europeo delle regioni — Libro verde — Costruire un’Unione dei mercati dei capitali

(2015/C 313/05)

Relatore:

Tadeusz TRUSKOLASKI (PL/AE), sindaco di Białystok

Testo di riferimento:

Libro verde Costruire un’Unione dei mercati dei capitali

COM(2015) 63 final

I.   OSSERVAZIONI GENERALI

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

accoglie con soddisfazione l’iniziativa esposta dalla Commissione europea nel Libro verde Costruire un’Unione dei mercati dei capitali, il cui obiettivo fondamentale è la creazione di un mercato unico dei capitali;

2.

rammenta che l’iniziativa privata e l’imprenditorialità svolgono un ruolo importante nel processo di creazione di un’economia competitiva nell’Unione europea;

3.

insiste sull’importanza di creare un mercato unico comune dei capitali;

4.

sollecita la Commissione ad accelerare i lavori per quanto riguarda il piano d’azione ed a presentare prima possibile delle proposte legislative onde realizzare l’obiettivo di un mercato unico dell’UE dei capitali pienamente integrato entro la fine del 2018;

5.

accoglie con soddisfazione gli sforzi intrapresi dalla Commissione per rimuovere gli ostacoli agli investimenti nelle imprese, che saranno particolarmente vantaggiosi per le piccole e medie imprese (PMI). Sottolinea che liberare il potenziale dei mercati dei capitali è un passo importante nel percorso verso la crescita sostenibile e l’occupazione a livello locale e regionale;

6.

sottolinea la necessità di adottare, nel campo dei mercati finanziari, ulteriori iniziative strutturali ed anticicliche, che siano tali da incidere su tutti gli Stati membri dell’UE e produrre benefici anche per le regioni in cui questi mercati sono meno sviluppati;

7.

reputa assolutamente necessario diversificare le fonti di finanziamento dell’economia dell’UE e i meccanismi volti ad attrarvi nuovi investimenti in quanto fattori di promozione dello sviluppo e di stabilizzazione;

8.

concentra il proprio interesse sugli elementi che, nel quadro dell’Unione dei mercati dei capitali, possono intensificare lo sviluppo regionale e locale;

9.

esprime un particolare interesse e un deciso sostegno nei confronti di qualsiasi misura rivolta:

a)

ad accrescere il potenziale delle PMI, riconoscendone il ruolo svolto a livello locale nello stimolare l’imprenditorialità, nel creare innovazione, nello strutturare la comunità intorno al valore fondamentale rappresentato dal lavoro,

b)

a sostenere la fattibilità finanziaria dei progetti d’investimento validi ed a lungo termine, di cruciale importanza a livello regionale, che creano condizioni favorevoli a uno sviluppo regionale e locale efficace;

10.

fa notare che l’Unione dei mercati dei capitali deve consentire la diversificazione delle fonti di finanziamento dei progetti d’investimento che, in ragione della loro specificità e della loro scala, richiedono l’impegno di numerosi soggetti finanziari;

11.

concorda nel ritenere che la creazione di un’Unione dei mercati dei capitali richiederà analisi e consultazioni preliminari particolarmente ampie, al fine di individuare ostacoli e opportunità, e poi l’adozione di tutta una serie di misure in campo regolamentare, istituzionale e formativo.

II.   PRINCIPI E OBIETTIVI DI UN’UNIONE DEI MERCATI DEI CAPITALI

12.

accoglie con soddisfazione il fatto che si riprenda a lavorare al processo di creazione di un’Unione dei mercati dei capitali;

13.

reputa che un mercato unico regolamentato dei capitali nel quadro dell’Unione europea costituirà un ulteriore meccanismo atto a migliorare la resistenza agli choc asimmetrici derivanti dai diversi ritmi di sviluppo delle singole regioni dell’UE; osserva che la debolezza dei mercati dei capitali trova la sua fonte anche in fattori, profondamente radicati, che rendono scarsa la domanda aggregata, quali ad esempio le diseguaglianze nello sviluppo regionale;

14.

accoglie con soddisfazione l’elaborazione di una serie di priorità per le azioni future, consistenti tra l’altro nel ridurre le barriere all’accesso al mercato dei capitali, nell’agevolare l’instaurarsi di rapporti tra detentori di capitali e soggetti come le PMI e nel garantire la sicurezza sul mercato dei capitali, il sostegno e il finanziamento degli investimenti a lungo termine e lo sviluppo del collocamento privato di titoli (private placement) e di altre forme di finanziamento nel quadro dell’intera dell’UE, nonché nel ridurre gli oneri amministrativi;

15.

è dell’avviso che un’Unione dei mercati dei capitali abbia il potenziale per integrare i mercati europei dei capitali, oggi frammentati, facilitando i flussi transfrontalieri di capitali e ampliando così la scala degli investimenti nelle imprese e nei progetti infrastrutturali europei;

16.

sollecita la Commissione a prendere in considerazione anche il lato dell’offerta, in particolare analizzando e affrontando i motivi per cui gli investitori al dettaglio e istituzionali non sono in grado di mobilitare e trasformare capitali in misura sufficiente a potenziare i servizi finanziari individuali e gli investimenti a lungo termine nell’economia reale;

17.

teme che gli obiettivi attualmente indicati siano eccessivamente vaghi, il che potrebbe impedire di raggiungere un livello soddisfacente di diversificazione delle fonti di finanziamento per le PMI;

18.

riconosce che la futura Unione dei mercati dei capitali dovrà innanzitutto contribuire allo sviluppo delle PMI, ma, considerati i costi proporzionalmente più elevati che la cartolarizzazione imporrerebbe alle PMI, si chiede se questa offra una soluzione a lungo termine ai problemi di finanziamento di tali imprese;

19.

approva la scelta di orientare le nuove misure nella direzione di un maggiore coinvolgimento dei singoli investitori sul mercato dei capitali, ma osserva che nel Libro verde troppo poca attenzione viene rivolta agli investitori privati;

20.

ritiene che l’attuazione di un’ampia riforma del mercato dei capitali debba essere sostenuta da una robusta vigilanza a livello sia europeo che nazionale, in particolare rafforzando il ruolo che svolge l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) nel migliorare la convergenza in materia di vigilanza, per evitare un’assunzione eccessiva di rischi e l’instabilità dei mercati finanziari;

21.

esorta a effettuare più ampie consultazioni in merito ai processi di cartolarizzazione, tenendo conto degli insegnamenti tratti dalla crisi finanziaria. La cartolarizzazione non può generare rischi sistemici, e dovrebbe pertanto evitare il ricorso a strumenti ad alta leva finanziaria e la dipendenza da finanziamenti a breve termine;

22.

richiama l’attenzione sulla profonda diversità dei mercati dei vari Stati membri, dovuta a ragioni culturali, storiche e giuridiche. La complessità del compito impone perciò di ampliare l’analisi ex ante dell’impatto che la creazione di un’Unione dei mercati dei capitali avrebbe in ciascuno Stato membro;

23.

è convinto che l’attuazione di molte delle iniziative riguardanti l’Unione dei mercati dei capitali dovrà essere accompagnata e poi sostenuta da programmi di formazione a più livelli, considerate le barriere sociali derivanti, tra le altre cose, dalle tradizioni e dagli usi;

24.

pone l’accento sul basso livello di conoscenze finanziarie e cultura degli investimenti presente tra gli investitori al dettaglio e i titolari di micro e piccole imprese. Un altro fattore strutturale, questo, che ostacola lo sviluppo di un mercato dei capitali paneuropeo;

25.

ritiene che gli enti locali e regionali abbiano un ruolo fondamentale da svolgere nel processo di diffusione della cultura finanziaria tra i cittadini. Sottolinea, inoltre, il ruolo delle istituzioni sociali e scolastiche nel diffondere le conoscenze economiche e finanziarie presso i giovani europei;

26.

ritiene opportuno valutare la possibilità di una partecipazione finanziaria e istituzionale del settore pubblico negli ambiti direttamente funzionali allo sviluppo del mercato dei capitali in cui le iniziative del settore privato siano insufficienti. Invita a verificare previamente che tale coinvolgimento del settore pubblico serva effettivamente anche ad attirare iniziative private. In tali casi, il coinvolgimento del settore pubblico dovrebbe essere basato su un’analisi economica complementare e presupporre un percorso chiaro di disinvestimento da intraprendere una volta che l’effetto voluto è stato conseguito o nel caso in cui si manifestino sviluppi negativi;

27.

è dell’avviso che, negli ambiti che formano oggetto del piano per un’Unione dei mercati dei capitali, in molti paesi esistano buone pratiche che vale la pena di diffondere;

28.

sottolinea che entità a livello locale e regionale possono svolgere un ruolo incisivo e diversificato nei mercati dei capitali, in quanto investitori che offrono a lungo termine capitali di avviamento, e che i loro crediti possono essere negoziati sui mercati.

III.   ARMONIZZAZIONE DEL QUADRO GIURIDICO

29.

concorda sulla necessità di creare, in materia di mercati dei capitali, un quadro normativo coerente, le cui disposizioni dovrebbero essere rispettate in tutti gli Stati membri;

30.

è d’accordo nel supporre che, se si creerà un quadro trasparente per il funzionamento del mercato unico dei capitali e sarà armonizzato il sistema delle garanzie, la credibilità degli investitori ne risulterà accresciuta e quindi i capitali saranno allocati in maniera più efficace;

31.

sottolinea che un insieme coerente di regole costituirebbe un significativo passo avanti verso l’eliminazione delle barriere e la creazione del contesto necessario affinché nell’intera dell’Unione europea si instauri e funzioni un mercato unico dei capitali, maggiormente integrato con i mercati internazionali;

32.

richiama l’attenzione sul fatto che le proposte legislative concernenti l’Unione dei mercati dei capitali non dovrebbero comportare oneri normativi eccessivi per le PMI né limitare i benefici che queste possono ottenere dalla creazione di un mercato unico dei capitali;

33.

ritiene essenziale creare nuovi istituti giuridici che, all’interno dell’Unione europea, consentano l’investimento e la raccolta di capitali;

34.

crede nella possibilità di avviare nuove iniziative riguardanti i mercati rafforzando ulteriormente la trasparenza delle informazioni finanziarie accessibili al pubblico ed eliminando le cause che rendono tali informazioni non confrontabili tra Stati membri diversi;

35.

ribadisce l’invito — già espresso in altri suoi pareri — ad accrescere la comparabilità e l’accessibilità dei dati sul rischio di finanziamento delle PMI nell’insieme dell’UE;

36.

ritiene opportuna l’adozione di principi internazionali d’informativa finanziaria (International Financial Reporting Standards — IFRS) semplificati, che potrebbero garantire la comparabilità delle imprese e migliorare la valutazione della loro affidabilità (rating); il loro utilizzo, inoltre, potrebbe incoraggiare gli investitori a collocare i propri fondi in imprese che applicano principi trasparenti e generalmente riconosciuti;

37.

giudica necessario avviare un’opera coerente di armonizzazione del diritto fallimentare e assicurare la convergenza della normativa sui processi di ristrutturazione finanziaria, tenendo presente che si tratta di una materia complessa, specie in considerazione delle diverse forme di privilegi di cui godono certi gruppi sociali o alcune categorie di creditori;

38.

è favorevole alla revisione del quadro legislativo, comprese le norme prudenziali, al fine di valutare i vincoli che bloccano l’accesso alla cartolarizzazione degli attivi collocati nel settore delle PMI e ostacolano l’attività dei soggetti non bancari che offrono finanziamenti e un trattamento meno restrittivo degli impegni a lungo termine nei progetti di infrastrutture;

39.

richiama l’attenzione sul potenziale problema della mancanza di armonizzazione dei mercati finanziari, derivante dal fatto che alcuni Stati membri restano fuori dall’Unione bancaria;

40.

sottolinea che l’Unione dei mercati dei capitali deve essere aperta e competitiva a livello mondiale e attrarre investimenti internazionali mantenendo standard elevati nell’UE, il che consiste, ad esempio, nel garantire l’integrità del mercato e la stabilità finanziaria degli investitori.

IV.   DIVERSIFICAZIONE DELLE FONTI DI FINANZIAMENTO DELLE PMI

41.

tiene a sottolineare l'importanza del settore delle PMI per l'economia europea e lo sviluppo delle regioni. Nei paesi dell'UE-27 esistevano oltre 20 milioni di PMI, cui si dovevano complessivamente circa il 67 % dei posti di lavoro e il 58 % del valore aggiunto lordo europei, ed era nelle PMI con non più di 10 dipendenti, quasi 19 milioni, che si trovava 1/5 dei posti di lavoro dell'UE. Durante la crisi del 2008-2011 le PMI hanno stabilizzato l'occupazione meglio delle grandi imprese, anche se, in quello stesso periodo, la quota di PIL generata dalle prime ha fatto registrare un relativo calo; (1)

42.

richiama l’attenzione sulle maggiori difficoltà incontrate dalle PMI nell’accedere a fonti di finanziamento diversificate per la loro attività. Nell’UE più dell’80 % delle fonti di finanziamento esterne delle PMI è costituito da prestiti bancari, e il 40 % delle imprese ricorre a leasing offerti, in molti casi, da soggetti collegati alle banche;

43.

fa osservare che le difficoltà di accesso delle PMI ai prestiti bancari sono ancora più gravi nei periodi di congiuntura sfavorevole, per cui i processi intrabancari producono effetti prociclici piuttosto che anticiclici;

44.

ravvisa nell’aumento della concorrenza nel settore bancario un mezzo necessario per ridurre nell’UE il suo predominio nella fornitura di mezzi di finanziamento, in particolare per le PMI. Occorre quindi sostenere con decisione la rimozione delle barriere che limitano tale concorrenza da parte di istituti e strumenti finanziari non bancari, di nuovi attori e di innovazioni esterne al settore finanziario, nonché le iniziative legislative in questo campo;

45.

fa notare che l’obiettivo dell’Unione dei mercati dei capitali non è quello di ridurre il peso delle banche nell’economia europea. Il CdR reputa indispensabile garantire un equilibrio adeguato tra, da un lato, le misure atte a promuovere le banche d’investimento e il finanziamento non bancario e, dall’altro, il finanziamento sotto forma di prestiti bancari tradizionali;

46.

esprime soddisfazione per le misure finora adottate dagli Stati membri, anche sotto forma di programmi di sostegno finanziario alle PMI (garanzie, sovvenzioni, riduzione dei tempi dei pagamenti commerciali, capitale d’avviamento);

47.

richiama l’attenzione sull’importanza, per agevolare lo sviluppo delle PMI, di fattori quali un ambiente favorevole alle imprese, un’infrastruttura moderna, l’esistenza di settori economici tecnologicamente avanzati e una forza lavoro altamente qualificata. Di conseguenza, le iniziative nel quadro dell’Unione dei mercati dei capitali dovrebbero essere predisposte in modo tale da rendere meno costose le operazioni di raccolta di capitali e da raggiungere la categoria delle microimprese, che è la più numerosa e nel contempo la meno collegata ai mercati dei capitali; insiste sulla necessità di ridurre al minimo gli oneri amministrativi connessi alla regolamentazione;

48.

teme che le nuove regolamentazioni del settore bancario dell’UE (CRD IV/CRR) possano limitare ulteriormente l’accesso delle PMI ai finanziamenti bancari, e raccomanda pertanto di effettuare studi ciclici sull’impatto di tali regolamentazioni sui cambiamenti nell’accesso delle PMI ai finanziamenti bancari nei singoli paesi;

49.

sottolinea che alle banche regionali e locali spetta un ruolo importante nel finanziamento delle PMI, poiché dispongono di una migliore conoscenza delle economie locali e regionali e di metodi unici di valutazione del rischio dei prestiti agli imprenditori locali.

V.   STIMOLARE LA CONCORRENZA NEL MERCATO DEI CAPITALI

50.

auspica che un mercato unico dei capitali possa condurre allo sviluppo e alla diffusione di alternative alle forme tradizionali di intermediazione creditizia e d’investimento; forme, queste, che racchiudono un potenziale importante in relazione alla fornitura di capitale d’investimento ai soggetti economici locali;

51.

incita la Commissione europea a promuovere le buone pratiche nel campo delle forme alternative di finanziamento, che in alcuni Stati membri sono già ben sviluppate;

52.

ritiene opportuno, nel quadro delle discussioni e dei lavori relativi all’Unione dei mercati dei capitali, garantire un ambiente favorevole e in particolare un adeguato livello di regolamentazione e di sorveglianza in relazione allo sviluppo del sistema bancario ombra e del finanziamento collettivo (crowdfunding), la cui scala è ancora relativamente modesta ma che fa registrare un notevole tasso di crescita (2);

53.

riconosce che le offerte alternative di finanziamento dirette alle PMI, e in particolare gli strumenti ad alto rischio d’investimento, si rivelano più efficaci nel caso di progetti innovativi;

54.

è convinto che il quadro regolamentare debba avere una funzione di stimolo, e non limitare l’accessibilità di nuovi strumenti e forme di distribuzione del capitale.

VI.   OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

55.

si rallegra dell’accresciuto interesse da parte della Commissione europea per il problema dell’accesso ai finanziamenti non bancari;

56.

dà atto che il Libro verde Costruire un’Unione dei mercati dei capitali costituisce soltanto un primo passo verso la creazione di un mercato unico dei capitali;

57.

si offre di partecipare al prosieguo dei lavori, consapevole che una prospettiva diversificata come quella regionale e locale consente di creare disposizioni che tengano conto dei bisogni di tutte le parti;

58.

incoraggia a discutere in merito a un programma di lavoro specifico, che dovrebbe garantire lo slancio necessario per attenersi alla scadenza prevista per la creazione di un mercato unico dei capitali;

59.

sottolinea la necessità di integrare diversi ambienti allo scopo di predisporre un documento pienamente soddisfacente, che tenga conto delle diverse esigenze delle singole aree e dei vari settori;

60.

richiama l’attenzione sulla necessità di intensificare i programmi intesi a migliorare la conoscenza delle questioni finanziarie e ad educare il pubblico riguardo alle opportunità e ai bisogni di investimento. Iniziative nazionali e progetti paneuropei come «Consumer Classroom» hanno bisogno di essere integrati e sostenuti;

61.

esorta a proseguire il dibattito pubblico sul suddetto Libro verde nonché sul riesame, che a questo si accompagna, della direttiva sui prospetti informativi e la cartolarizzazione.

Bruxelles, 8 luglio 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  Commissione europea, Annual Report on European SMEs 2012/2013 («Relazione annuale sulle PMI europee 2012/2013»), ottobre 2013.

(2)  Università di Cambridge, The European Alternative Finance Benchmarking Report, febbraio 2015.


22.9.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 313/22


Parere del Comitato europeo delle regioni — Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del patto di stabilità e crescita

(2015/C 313/06)

Relatrice:

Olga ZRIHEN (BE/PSE), membro del parlamento vallone

Testo di riferimento:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti — Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del patto di stabilità e crescita

COM(2015) 12 final

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

si compiace del fatto che la comunicazione della Commissione, associata al piano di investimenti, recepisca la priorità che la nuova Commissione ha attribuito al rilancio degli investimenti pubblici e privati dopo aver constatato l’attuale notevole insufficienza del volume di investimenti, dato che il livello degli investimenti nell’UE è attualmente inferiore, a PIL equivalente, alla media annuale del 2007 di un importo compreso tra i 230 e i 370 miliardi di euro;

2.

condivide l’obiettivo della Commissione di assicurare un impiego ottimale della flessibilità nell’interpretazione delle disposizioni vigenti del patto di stabilità e crescita (PSC), allo scopo di garantire in particolare che tale patto produca gli effetti anticiclici indispensabili nell’attuale contesto caratterizzato da una crescita fiacca, da un livello estremamente alto della disoccupazione media nell’UE e da disparità regionali che tendono ad aggravarsi a causa della disomogeneità del crollo di investimenti che ha colpito soprattutto i paesi più deboli. Ritiene che questo obiettivo vada perseguito nel lungo periodo, al di là del piano di investimenti nel cui contesto è stata presenta la comunicazione in esame;

3.

rileva che la Commissione ha presentato un testo senza sottoporlo alla consultazione preliminare delle altre istituzioni europee e senza seguire una procedura interistituzionale. Si interroga peraltro sulla certezza giuridica che la «comunicazione interpretativa» in esame offre, considerando che essa non è vincolante e tenuto conto che il PSC non prevede esplicitamente il ricorso a tale strumento giuridico, cosicché tale comunicazione può essere impugnata innanzi la Corte di giustizia dell’Unione europea;

4.

ritiene necessario un chiarimento sulla quota di spesa per cofinanziamenti nazionali che può essere effettivamente rimossa dal calcolo del saldo strutturale di bilancio ai fini del rispetto della parte preventiva del Patto;

5.

ritiene che le condizioni poste all’applicazione della flessibilità, tra cui il fatto che essa sia sostanzialmente limitata al braccio preventivo del patto di stabilità e crescita, siano troppo restrittive per permetterne un’applicazione coerente in tutta l’Unione europea e per produrre un effetto reale sulla capacità d’investimento degli Stati membri e degli enti territoriali, oltre a non tenere conto della carenza d’investimenti a livello nazionale o regionale. Reputa pertanto necessario estendere l’applicazione della flessibilità in materia di investimenti a tutti gli Stati membri e invita la Commissione a formulare proposte in tal senso;

6.

si rallegra per l’estensione del campo di applicazione della clausola sugli investimenti nel braccio preventivo del PSC per tener conto dei programmi d’investimento degli Stati membri, soprattutto nel quadro delle politiche strutturali e di coesione, dell’iniziativa per l’occupazione giovanile, delle reti transeuropee, del Meccanismo per collegare l’Europa e del cofinanziamento a titolo del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS); ribadisce la volontà di far fronte alla crisi economica e alla sempre maggiore distanza tra il centro dell’Europa e le regioni periferiche, tramite misure anticicliche volte a rilanciare gli investimenti, mettendo di nuovo la fiducia al centro dell’agenda dell’UE. Conferma, pertanto, la propria posizione, espressa nel parere del 17 aprile 2015, sulla proposta di regolamento relativo al FEIS secondo cui tutti i cofinanziamenti nazionali al FEIS non dovrebbero essere contabilizzati a titolo del patto di stabilità e crescita, indipendentemente dalla situazione degli Stati membri in rapporto al suddetto patto, onde evitare il rischio che i paesi in cui vi è maggiore esigenza di nuovi investimenti non riescano a fare neanche quelli che godono di un finanziamento europeo. Occorre in altre parole non ostacolare il cofinanziamento dei progetti d’investimento e da evitare l’acuirsi del differenziale di crescita osservato all’interno dell’area dell’euro;

7.

ricorda che il Comitato ha chiesto costantemente di non prendere in considerazione le spese pubbliche sostenute dagli Stati membri e dagli enti territoriali per il cofinanziamento dei fondi strutturali e di investimento tra le spese strutturali, pubbliche o assimilate, definite nel patto di stabilità, senza altre condizioni; ciò perché tali investimenti sono per definizione investimenti d’interesse generale europeo il cui effetto moltiplicatore in termini di crescita sostenibile è dimostrato;

8.

rileva che la contabilizzazione dei contributi degli Stati membri al nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) è condizionata, ancor prima della valutazione da parte della Commissione del rispetto del patto di stabilità e crescita, dalla loro classificazione statistica da parte dell’Istituto statistico europeo (Eurostat), conformemente alle definizioni esistenti nel sistema europeo dei conti (SEC);

9.

ritiene che la clausola delle riforme strutturali nel quadro del braccio preventivo e il modo in cui i piani di riforma strutturale sono presi in considerazione nel quadro del braccio correttivo possano avere un grande effetto incentivante, purché vengano precisati i tipi di riforma strutturale ammissibili in questo nuovo sistema. Tale precisazione dovrebbe tener conto della necessità che le riforme strutturali abbiano un impatto socioeconomico positivo, rispettino la clausola sociale e orizzontale stabilita nell’articolo 9 del TFUE e contribuiscano a migliorare la capacità amministrativa, oltre a tener presente che tali riforme richiedono un periodo di attuazione o di transizione e hanno un certo costo a breve termine prima di dare i frutti sperati e generare gli effetti positivi attesi, compresi quelli di bilancio;

10.

deplora che la comunicazione non circoscriva più dettagliatamente il tipo di «eventi insoliti» indipendenti dalla volontà di uno Stato membro che lo autorizzerebbero ad allontanarsi temporaneamente dal percorso di aggiustamento rispetto al suo obiettivo di bilancio a medio termine (OMT), lasciando quindi alla Commissione europea un margine di valutazione politica molto ampio che potrebbe condurre a trattamenti preferenziali a beneficio di questo o quello Stato membro.

Proposte di ulteriori modifiche

11.

rinnova (1) il proprio invito a rivedere i metodi per calcolare il «disavanzo strutturale», in quanto il concetto nella sua attuale formulazione non tiene conto né delle caratteristiche specifiche delle economie nazionali e regionali, né delle differenze strutturali della spesa pubblica a livello nazionale e regionale, e neanche della differenza tra spese correnti e spese in conto capitale. Inoltre, questo concetto si basa su calcoli teorici — non verificabili empiricamente e quindi contestabili — del potenziale di crescita che potrebbero dare adito a un’attuazione discrezionale del PSC;

12.

invita la Commissione a valutare se l’attuale regola di riduzione del debito di 1/20 o sia sostenibile, e se occorra rivederla;

13.

propone di utilizzare, nel quadro della procedura per gli squilibri macroeconomici (PSM), degli indicatori complementari che tengano conto delle disparità regionali allo scopo di prendere in considerazione eventuali squilibri strutturali sul piano della coesione territoriale che gli Stati membri possono dover affrontare e che possono avere un impatto sull’ampiezza e sul ritmo sia dell’aggiustamento di bilancio che di eventuali riforme strutturali.

Per un’agenda europea che promuova investimenti di qualità

14.

sottolinea che il piano di investimenti deve rientrare in una strategia europea più ampia, strettamente collegata alla revisione della strategia Europa 2020, volta a permettere una crescita sostenibile e generatrice di posti di lavoro attraverso lo stimolo agli investimenti pubblici e privati, il rafforzamento della competitività dell’economia europea e l’attuazione di riforme strutturali che abbiano un’incidenza economica positiva e contribuiscano a una migliore capacità amministrativa. Ricorda in tale contesto il ruolo degli enti locali e regionali nel rilancio degli investimenti per l’occupazione e la crescita, dato che nel 2013 circa il 55 % di tutti gli investimenti pubblici sono stati realizzati dai livelli infranazionali di governo (2);

15.

avanza ancora una volta una serie di proposte volte a promuovere investimenti di qualità a livello europeo (3):

la richiesta, avanzata nell’ambito della revisione intermedia della strategia Europa 2020, di inserire nel quadro di valutazione macroeconomico un indicatore relativo al tasso di investimento;

l’invito indirizzato alla Commissione europea affinché pubblichi un Libro bianco che definisca una tipologia a livello dell’UE per la qualità degli investimenti pubblici nella contabilità della spesa pubblica, in funzione dei loro effetti a lungo termine;

la richiesta rivolta alla Commissione europea di inserire un capitolo sulla qualità degli investimenti pubblici, anche a livello infranazionale, in ogni relazione annuale sulle finanze pubbliche nell’Unione economica e monetaria (UEM);

16.

rinnova la propria richiesta alla Commissione di valutare l’impatto delle norme SEC 2010 sulla capacità di investimento degli enti pubblici e di garantire il principio di non discriminazione tra investimenti pubblici e privati, conformemente all’articolo 345 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Per una migliore partecipazione degli enti territoriali al processo di governance economica

17.

richiama l’attenzione del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, oltre che degli Stati membri e degli enti territoriali, sulla relazione di monitoraggio della strategia Europa 2020 elaborata ogni anno dalla piattaforma specializzata in seno al CdR, e sottolinea in particolare le osservazioni sulla governance economica e sul semestre europeo formulate nella 5a relazione dell’ottobre 2014 (4);

18.

ritiene che il livello di partecipazione degli enti territoriali e le modalità con cui sono presi in considerazione nel processo di coordinamento delle politiche economiche restino insufficienti, benché si siano registrati dei progressi, e questo rappresenta un problema in rapporto alla rappresentatività, legittimità e completezza dei programmi nazionali di riforma e delle raccomandazioni specifiche per paese. Propone pertanto un maggiore coinvolgimento degli enti territoriali nel quadro del semestre europeo, sul modello del principio di partenariato che regola i fondi strutturali.

L’Unione economica e monetaria (UEM) e la sua dimensione sociale

19.

ribadisce la propria convinzione che, conformemente all’articolo 3 del TUE, la credibilità e la legittimità dell’UEM poggino sulla capacità di dimostrare che essa è utile al progresso sociale, e che l’occupazione e le norme sociali non sono relegate in secondo piano rispetto alle preoccupazioni macroeconomiche e di bilancio;

20.

chiede pertanto alla Commissione di inserire nel seguito alla relazione dei cinque Presidenti sul futuro dell’UEM presentata nel giugno 2015, le linee d’azione comprese nella comunicazione della Commissione del 2012 sul rafforzamento della dimensione sociale dell’UEM e il pacchetto del 2013 sugli investimenti sociali. In linea con la necessità di preservare l’esistenza e la coesistenza dei differenti modelli sociali presenti nell’UEM, il monitoraggio dovrebbe in particolare esaminare la possibilità di meccanismi capaci sia di incentivare riforme che possano accelerare il raggiungimento degli obiettivi sociali della strategia Europa 2020 che di coordinare gli stabilizzatori automatici a livello dell’UEM (5).

Bruxelles, 9 luglio 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  Cfr. punto 25 del parere del CdR del 3 dicembre 2014 sul tema Promuovere la qualità della spesa pubblica in ambiti oggetto d’intervento dell’UE, relatrice: Catiuscia Marini (PSE/IT), COR-2014-04885-00-00-AC-TRA.

(2)  Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale: investimenti a favore della crescita e della creazione di posti di lavoro [COM(2014) 473].

(3)  Parere sul tema Promuovere la qualità della spesa pubblica in ambiti oggetto d’intervento dell’UE, COR-2014-04885 – BUDG-V/009 (GU C 19 del 21.1.2015, pag. 4).

(4)  Comitato delle regioni, Quinta relazione di monitoraggio della strategia Europa 2020, ottobre 2014, Rif: COR-2014-05553.

(5)  Parere del CdR sul tema Il pacchetto Investimenti sociali dell’UE, punto 20 (ECOS-V/042 — 9.10.2013).


22.9.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 313/25


Parere del Comitato europeo delle regioni — Verso una nuova politica europea di vicinato

(2015/C 313/07)

Relatore generale:

Nikolaos CHIOTAKIS (EL/PPE), consigliere comunale di Kifisia

Testo di riferimento:

Documento di consultazione congiunto Verso una nuova politica europea di vicinato,

JOIN(2015) 6 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Osservazioni preliminari

1.

ricorda che la politica europea di vicinato (PEV) è stata concepita nel 2003 (1) per rafforzare le relazioni tra l'Unione europea e i paesi vicini. Uno dei fondamenti di questa politica è la progressiva integrazione attraverso l'attuazione di riforme politiche, economiche e istituzionali, senza dimenticare l'impegno verso valori comuni, tra cui soprattutto la democrazia, il rispetto dei diritti umani, lo Stato di diritto, la non discriminazione e la parità di genere;

2.

rileva che, per come è stata concepita finora, la PEV ruota intorno a tre assi principali: a) costruzione della democrazia, b) sviluppo economico e c) rafforzamento delle due dimensioni regionali del vicinato (Unione per il Mediterraneo (2) e partenariato orientale (3)). L'attuazione pluriennale della PEV ha contribuito in modo positivo a promuovere gli obiettivi prefissati. Le relazioni dell'UE con i partner della PEV si sono sviluppate in modo significativo, pur se a livelli molto diversi. È pertanto fondamentale adeguare costantemente la politica al continuo evolversi del contesto internazionale, per venire incontro alle nuove esigenze che sorgono senza sosta;

3.

rileva che, benché le regioni ultraperiferiche (RUP) costituiscano le più remote frontiere marittime dell'UE, e la stessa Commissione europea ne riconosca il ruolo di «avamposti» dell'Europa negli altri continenti, la PEV è stata concepita fin dall'inizio ignorando questa realtà, che non trova riscontro né nella sua concezione iniziale né nelle sue successive revisioni.

Osservazioni generali

4.

premette che, sebbene la PEV all'apparenza sembri rientrare in modo pressoché esclusivo nelle competenze dei governi nazionali, gli enti locali e regionali e le loro reti di cooperazione (associazioni e reti di comuni, gruppi europei di cooperazione territoriale) svolgono un ruolo importante in questo settore. Di conseguenza la PEV non dovrebbe costituire semplicemente un processo che ha luogo tra governi e istituzioni dell'UE, bensì prevedere il coinvolgimento anche di altri soggetti provenienti dai paesi partner, in particolare gli enti locali e regionali. Il CdR richiama in particolare l'attenzione sulla diplomazia delle città in quanto strumento per sostenere il dialogo tra gli enti locali e regionali sulla scena internazionale, contribuendo così alla creazione di un'area comune di stabilità, sicurezza e prosperità;

5.

sottolinea che gli enti locali e regionali devono partecipare a tutte le fasi della PEV, vale a dire alla definizione delle priorità, alla valutazione dei risultati e al controllo del contenuto delle politiche dei governi. La PEV non può basarsi esclusivamente sulla cooperazione con i governi dei paesi terzi aderenti, e questo per una serie di motivi:

i paesi partner, a est come a sud, non dispongono necessariamente di governi impegnati a favore dei valori e dei modelli dell'UE;

i governi di tali paesi non presentano sempre un livello di stabilità sufficiente, e la continuità della politica potrebbe essere compromessa qualora la loro composizione cambiasse frequentemente;

affinché il processo di assimilazione, ad opera dei paesi stessi, dei principi che animano l'UE (compresi i progressi compiuti in termini di approfondimento della democrazia e sviluppo di partenariati regionali efficaci nell'ambito della PEV) abbia buon esito, una parte significativa della società dovrà assumerne la responsabilità attiva;

6.

sottolinea l'importanza di coinvolgere il livello locale e quello regionale nelle azioni condotte dall'UE nell'area geografica di applicazione della PEV, dato che la costruzione della democrazia e il relativo processo di transizione partono fondamentalmente dal basso e non possono essere imposti dall'alto. Perché la democrazia sia stabile e profondamente radicata, è indispensabile ottenere l'adesione dell'intera comunità locale. Questa operazione dovrebbe coinvolgere secondo modalità chiare tutti i livelli di governance, partendo dai comuni e dagli enti locali;

7.

è dell'avviso che anche le organizzazioni della società civile, le imprese e i ricercatori debbano essere coinvolti nell'attuazione degli obiettivi della PEV. Il coinvolgimento di tali attori ha un impatto rilevante sull'individuazione delle esigenze sul campo, la creazione di partenariati solidi e il conseguimento di obiettivi comuni;

8.

accoglie con favore gli sforzi compiuti dall'UE per sostenere l'istituzione di strutture amministrative e politiche sostenibili, e ritiene che tali sforzi dovrebbero comprendere il sostegno allo sviluppo istituzionale a livello locale tramite l'offerta agli enti regionali e locali di un'assistenza tecnica e di una formazione efficaci, al fine di utilizzare al meglio gli aiuti umanitari e gli strumenti finanziari esistenti e futuri per la promozione dello sviluppo sociale, economico e territoriale;

9.

ricorda che il CdR compie notevoli sforzi e investe molte risorse nello sviluppo della dimensione locale e regionale della PEV. Nel 2010 ha infatti istituito l'Assemblea regionale e locale euromediterranea (ARLEM) e nel 2011 la Conferenza degli enti regionali e locali per il partenariato orientale (Corleap). L'obiettivo di questi due organi è, da un lato, diffondere le idee in grado di avvicinare maggiormente all'UE i paesi partner della PEV e, dall'altro, promuovere le riforme interne e lo sviluppo di capacità a livello locale e regionale.

Priorità

10.

ritiene che l'UE debba continuare ad essere il principale partner strategico dei paesi del Mediterraneo meridionale e orientale e del partenariato orientale. L'UE dovrebbe essere in grado di aiutare i paesi vicini, consentendo loro di stabilire un percorso chiaro verso un futuro di prosperità e di gettare le basi per migliorare la governance, nel rispetto, nel contempo, della loro sovranità;

11.

ritiene particolarmente importante e accoglie con favore l'intenzione della Commissione europea di promuovere la cooperazione subregionale al fine di rafforzare i legami economici, in quanto ciò contribuirebbe in modo significativo ad accrescere la prosperità in tali regioni. Sia l'ARLEM che la Corleap avvicinano l'UE ai suoi partner — rispettivamente — meridionali e orientali, contribuendo così a rafforzare la cooperazione regionale.

Flessibilità e adattabilità

12.

evidenzia che, come è generalmente riconosciuto, la politica di vicinato più riuscita è stata la politica di allargamento. Offrendo «tutto, perfino le istituzioni,» ai paesi dell'Europa centrale e orientale, l'UE ha svolto un ruolo di catalizzatore nella realizzazione di cambiamenti e nella definizione di norme. È importante però ricordare che la prospettiva di adesione all'UE non è aperta ai paesi partner mediterranei della PEV;

13.

sottolinea che l'allargamento dell'UE e la PEV sono due politiche distinte, con finalità diverse, e non dovrebbero essere confuse. Tuttavia, i paesi europei che aderiscono alla PEV possono aspirare all'adesione purché soddisfino le condizioni di cui all'articolo 49 del Trattato sull'UE;

14.

a questo proposito, ritiene che sarebbe utile avviare un dibattito su nuove modalità di relazione che vadano oltre quelle offerte attualmente dalla PEV;

15.

ritiene che il principio di condizionalità, in particolare se di condizionalità positiva (maggiori aiuti a fronte di un maggiore impegno), pur evidenziando l'impegno dell'UE nei confronti dei suoi valori fondamentali, non abbia sempre dato un contributo positivo alla creazione di un ambiente di relazioni paritarie tra l'UE e i suoi partner PEV. Oltretutto, in molti casi non è servito a incentivare l'attuazione di riforme nei paesi vicini all'UE. Di conseguenza, un approccio più flessibile favorirebbe non solo l'attuazione più efficace della PEV, ma in definitiva anche la promozione dei principi fondamentali dell'UE nei paesi partner della PEV;

16.

ritiene che la PEV, per risultare più efficace, debba basarsi su un approccio adeguato alle specificità di ciascun paese partner. Ogni paese aderente alla PEV costituisce un caso a sé e deve quindi essere trattato come tale, sulla base cioè del principio di diversificazione. La nuova PEV, senza violare i principi generali dell'UE, dovrà presentare la flessibilità necessaria per massimizzare i benefici derivanti dalla sua attuazione. A ciascun paese partner dovrà essere data la possibilità di sviluppare le sue relazioni con l'UE secondo modalità distinte, che saranno adeguate alle sue esigenze e alle sue capacità. Ciò non significa però applicare due pesi e due misure o mettere in discussione il carattere unitario della PEV, che consente all'UE di adottare un approccio coerente nei confronti di tutti i partner della PEV; questa impostazione a geometria variabile nelle relazioni dell'UE con i paesi vicini dovrebbe essere applicata al caso delle RUP, in modo da garantire un'efficace cooperazione tra tali regioni e i loro vicini;

17.

raccomanda di procedere a un riesame sistematico della politica dell'UE in materia di visti, in modo da renderne più facile il rilascio ai cittadini dei paesi della PEV e tener conto, allo stesso tempo, della situazione specifica dei singoli paesi interessati. Una politica europea flessibile in materia di visti faciliterà il dialogo tra le società e getterà le basi per lo sviluppo di partenariati forti e di svariate forme di cooperazione in diversi settori;

18.

accoglie con favore l'idea di restringere le aree di cooperazione definite nei piani d'azione a quelle che presentano il maggiore interesse condiviso ai fini di una migliore efficacia.

Obiettivi e livelli di cooperazione

19.

ritiene che la nuova PEV dovrebbe fissare obiettivi specifici e offrire ai suoi partner un orizzonte temporale prevedibile per l'attuazione delle sue politiche. La PEV avrà un impatto scarso o addirittura nullo se non sarà in grado di fornire benefici tangibili a taluni soggetti specifici, o se tali benefici si realizzeranno solo in un futuro lontano;

20.

ritiene che un elemento significativo delle relazioni dell'UE con i suoi vicini sia costituito dalla stretta cooperazione sulle questioni energetiche. Molti dei partner della PEV sono importanti fornitori di energia per gli Stati membri dell'UE. Questa cooperazione andrebbe consolidata e ulteriormente incoraggiata per servire gli interessi di tutte le parti;

21.

ritiene che dei collegamenti di trasporto migliori tra i paesi in questione e con l'UE potrebbero contribuire allo sviluppo economico dell'intera regione;

22.

è dell'avviso che lo sviluppo e il sostegno di strutture della società civile indipendenti dovrebbero costituire una parte fondamentale della PEV. La cooperazione con interlocutori come il Forum della società civile del partenariato orientale o il Fondo europeo per la democrazia offre importanti strumenti anche al fine di promuovere, in un'ottica futura, le forze democratiche della società civile a livello locale e regionale;

23.

ritiene che un ambito particolarmente importante della PEV sia il coordinamento delle azioni dell'UE e dei paesi vicini riguardo alle questioni migratorie. Se opportunamente organizzata e favorevole alle giovani generazioni, la mobilità sia di studenti che di lavoratori e di funzionari pubblici da uno Stato non membro a uno Stato membro dell'UE presenta ricadute positive non solo in settori come l'istruzione e gli scambi culturali, ma anche nella pubblica amministrazione. I flussi migratori irregolari, invece, che sono particolarmente aumentati in quest'ultimo periodo, pongono nuove sfide e creano nuove opportunità che vanno gestite adeguatamente;

24.

reputa molto importante accrescere la partecipazione dei giovani e l'emancipazione delle donne quali fattori essenziali per lo sviluppo di questi paesi;

25.

ritiene particolarmente importante la collaborazione dell'UE con i propri vicini sugli aspetti legati alla sicurezza. È indispensabile lottare insieme contro il terrorismo ed altre minacce asimmetriche al fine di promuovere rapporti di fiducia reciproca e creare un clima di pace e di stabilità;

26.

ritiene un aspetto molto significativo della cooperazione tra enti locali e regionali e partner PEV quello della riforma della pubblica amministrazione a favore di un sistema trasparente e al riparo da forme più o meno celate di corruzione;

27.

riguardo ai suddetti ambiti di cooperazione tra l'UE e i paesi vicini, è del parere che vada rafforzato il ruolo specifico delle regioni di frontiera dell'UE situate lungo i sensibili confini orientali e meridionali, e raccomanda che, nel quadro della PEV, sia garantito un sostegno particolare a queste regioni;

28.

sottolinea che il sostegno ai processi democratici, al rispetto dei diritti umani e civili, allo Stato di diritto e ai processi di trasformazione delle strutture economiche nei singoli paesi è una componente importante della PEV; si compiace vivamente per il sostegno finora assicurato ai paesi della PEV dalle regioni dell'UE ed esorta a compiere ulteriori sforzi in questo campo.

La dimensione regionale della PEV

29.

ritiene che i processi di riforma costituzionale e amministrativa in corso nei paesi della PEV offrano l'opportunità di spianare la strada allo sviluppo graduale della democrazia, nell'ambito di un quadro normativo che riconosca i principi, i valori e i modelli democratici. Questi processi dovranno condurre al decentramento al fine di assicurare una governance adeguata e proficua che consenta di far fronte alle sfide locali e alle circostanze specifiche nel rispetto del principio di sussidiarietà. Di conseguenza, reputa estremamente importante che la PEV sostenga attivamente il processo di decentramento e rappresenti in questo modo uno strumento utile a sostegno del processo di riforma;

30.

a tal fine giudica opportuna una valutazione accurata della fattibilità di inserire nella nuova PEV la metodologia, i concetti e gli strumenti della politica di coesione dell'UE e di coinvolgere progressivamente i paesi partner mediterranei nelle politiche e nei programmi strutturali dell'UE sull'esempio di quanto viene fatto per i paesi del partenariato orientale. Iniziative, come quella di coordinamento degli investimenti per il Mediterraneo meridionale (AMICI) per i paesi mediterranei, e il patto dei sindaci Est per i paesi del partenariato orientale forniranno di certo un contributo positivo alla cooperazione allo sviluppo e agli investimenti e vanno di conseguenza considerate una priorità;

31.

osserva che, a complemento della politica di coesione, si ritiene ugualmente utile applicare al bacino del Mediterraneo l'approccio macroregionale che l'UE ha attuato con successo in altre regioni con caratteristiche geografiche comuni, come le macroregioni del Danubio e del Baltico, o che continua ad attuare nella regione Adriatico-ionica. Questo approccio potrebbe essere applicato progressivamente in tre diverse macroregioni del Mediterraneo e comprenderebbe l'attuale strategia per la regione Adriatico-ionica, una strategia per il Mediterraneo occidentale e un'altra per il Mediterraneo orientale. In alternativa si potrebbe incoraggiare la partecipazione progressiva dei paesi e dei territori dell'intera area a una macroregione in continua espansione, evitando così la frammentazione di tale area in subregioni. Il coordinamento di una simile impresa può essere affidato ai gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT) che operano nel Mediterraneo e rappresentano lo strumento migliore a disposizione per garantire una cooperazione stabile e a lungo termine tra gli enti territoriali dell'UE e di paesi terzi;

32.

ritiene di potere e di dovere svolgere un ruolo decisivo nell'ambito di determinate iniziative regionali collegate con la Russia e la Turchia. La sfida per il CdR consisterà nel far pressione per ottenere risultati concreti che siano visibili agli occhi dei cittadini. Importante per la PEV sarà il coinvolgimento pratico, su presentazione di progetti, della Russia e della Turchia nella cooperazione transfrontaliera. In tal senso, alla revisione dell'iniziativa Sinergia del Mar Nero potrebbero partecipare anche gli enti locali e regionali;

33.

è fermamente convinto che il regime di traffico frontaliero locale istituito dal regolamento (CE) n. 1931/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio sia uno strumento efficace per sviluppare la cooperazione tra l'UE e i paesi vicini e rechi un contributo positivo al conseguimento degli obiettivi previsti, ad esempio in termini di avvicinamento dei paesi partner in campo economico, sociale e civile. Alla luce di tali considerazioni, reputa che il regime di traffico frontaliero locale dovrebbe essere utilizzato in misura più ampia per conseguire in futuro gli obiettivi della PEV;

34.

sottolinea che molte delle sfide a cui l'UE deve far fronte congiuntamente ai suoi vicini non possono essere affrontate senza tener conto dei vicini dei vicini, o, in alcuni casi, senza cooperare con loro. Le relazioni dell'UE con i partner della PEV non dovranno però essere influenzate negativamente dalle relazioni dei vicini dell'UE con i loro propri vicini.

Il ruolo degli enti locali e regionali

35.

esprime la propria sorpresa nel constatare che nel documento (4) manca un riferimento al ruolo delle città e delle regioni nella PEV;

36.

sottolinea che gli enti locali e regionali rivestono un'importanza primaria per la riuscita della PEV, in particolare nel caso delle regioni di confine, di cui occorre riconoscere il ruolo. Di conseguenza, l'inserimento dei concetti di decentramento e di dimensione territoriale nella nuova PEV ne accrescerà l'attrattiva e l'efficacia;

37.

sottolinea la necessità di rafforzare il ruolo degli enti locali e regionali nei piani d'azione nazionali (PAN) elaborati in forza della componente bilaterale della PEV per i paesi meridionali e orientali, al fine di promuovere, nell'ambito dei PAN, la distribuzione degli aiuti in funzione di un approccio non solo settoriale, ma anche territoriale;

38.

ritiene che si dovrebbero rafforzare la cooperazione territoriale e i programmi regionali della PEV, nonché offrire agli enti locali e regionali opportunità concrete di porre in atto i programmi e le priorità definiti congiuntamente con l'ARLEM e la Corleap, e partecipare alla programmazione e alla gestione degli stessi;

39.

accoglie con favore il riferimento, contenuto nella dichiarazione congiunta del vertice del partenariato orientale (21-22 maggio 2015, Riga), alle attività svolte dalla Corleap a livello locale e regionale come pure gli appelli rivolti alla Commissione europea affinché questa assicuri un sostegno adeguato e mirato agli enti locali e regionali per aiutarli a conseguire gli obiettivi del partenariato orientale;

40.

ritiene che, in generale, nei paesi vicini all'UE gli enti locali e regionali non svolgano un ruolo essenziale nel processo decisionale e nell'erogazione di servizi a livello locale, e non dispongano inoltre di grande autonomia rispetto al governo centrale, pur contribuendo con ulteriori conoscenze, risorse e competenze alle attività delle amministrazioni centrali. Gli enti locali e regionali possono fungere da catalizzatori al fine di introdurre cambiamenti, prevenire conflitti, attuare il decentramento e rafforzare la fiducia nelle relazioni esterne. Con queste premesse, si propone di focalizzare gli sforzi su un certo numero di questioni che rivestano un interesse concreto per le città e le regioni sull'intera area coperta dalla PEV, e quindi di sviluppare iniziative concrete definendo principi per la loro attuazione.

Il ruolo del Comitato europeo delle regioni

41.

sottolinea che il CdR, in quanto organo politico, dovrà agevolare e promuovere il rafforzamento della fiducia, nonché la semplice cooperazione a livello di base con i politici che condividono i valori comuni europei e rispettano la libertà di espressione e lo Stato di diritto. Ciò si applica sia a est che a sud;

42.

ritiene che, in questo contesto, si debbano compiere sforzi per creare collegamenti e gemellaggi tra città e regioni i cui rappresentanti partecipano all'ARLEM e, in futuro, aderiranno alla Corleap. Si ritiene inoltre opportuno che la Commissione europea collabori con l'ARLEM e la Corleap e ne sostenga l'operato, anche tramite finanziamenti. A tal fine il CdR propone l'estensione dei programmi di gemellaggio e dei progetti TAIEX (strumento di assistenza tecnica e scambio di informazioni) tra gli enti locali e regionali dell'UE e dei paesi aderenti alla PEV. Ciò è essenziale non solo per migliorare la governance in tutti i paesi PEV, ma anche per far comprendere a tali paesi l'importanza delle strutture di governance multilivello dell'UE. Il CdR evidenzia l'importanza del rafforzamento istituzionale degli enti locali, ribadendo la sua richiesta alla Commissione europea di estendere ai paesi partner il campo d'applicazione dello strumento per l'amministrazione locale;

43.

sottolinea che occorre prestare particolare attenzione al rafforzamento della capacità amministrativa dei governi dei paesi PEV, con particolare attenzione per la dimensione sia locale che regionale. Il CdR, i suoi membri e le amministrazioni partecipanti, insieme con le rispettive associazioni nazionali, si prestano a svolgere un ruolo nel programma di «potenziamento globale delle istituzioni» proposto dalla Commissione europea e dagli Stati membri al fine di sviluppare le capacità amministrative locali e regionali nei paesi PEV;

44.

ritiene che tra le misure che l'UE adotterà per sostenere l'istituzione di strutture politiche e amministrative sostenibili dovranno figurare azioni di sostegno allo sviluppo istituzionale a livello locale tramite l'offerta alle amministrazioni locali e regionali di un'assistenza tecnica e una formazione efficaci, con particolare attenzione alle nuove generazioni, al fine di utilizzare al meglio gli strumenti finanziari esistenti e futuri per la promozione dello sviluppo sociale, economico e territoriale;

45.

quale misura concreta, invita il Servizio europeo per l'azione esterna a intensificare lo sforzo di cooperazione tra, da un lato, le delegazioni dell'UE presso i paesi PEV e, dall'altro, le strutture pubbliche già esistenti o da creare nell’UE e nei paesi partner, quali i punti di contatto nazionali e le antenne dei programmi di cooperazione transfrontaliera, la cui esperienza deve essere capitalizzata e ampliata. La cooperazione rafforzata faciliterà l'opera di informazione per le organizzazioni territoriali e gli enti locali e regionali dell'UE e dei paesi PEV riguardo, da un lato, il ruolo e il funzionamento della PEV e, dall'altro, le opportunità di finanziamento. Le parti direttamente interessate contribuiranno altresì alla diffusione di messaggi importanti rivolti dal CdR alle relative controparti nei paesi PEV;

46.

ricorda infine che il CdR ha un'importante missione politica di osservazione elettorale delle consultazioni locali e regionali nei paesi partner. Il CdR è il solo organo dell'UE a svolgere una regolare attività di osservazione delle elezioni locali e regionali. Di conseguenza, è necessario rafforzare il ruolo del CdR nella nuova PEV al fine di promuovere i principi della democrazia, che costituiscono il fondamento dei valori comuni europei.

Bruxelles, 9 luglio 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Marku MARKKULA


(1)  COM(2003) 104 final, 11.03.2003.

(2)  Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Siria e Tunisia.

(3)  Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina.

(4)  Documento di consultazione congiunto Verso una nuova politica europea di vicinato, JOIN(2015) 6 final.


22.9.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 313/31


Parere del Comitato europeo delle regioni — Esito dei negoziati sugli accordi di partenariato e sui programmi operativi

(2015/C 313/08)

Relatore:

Ivan ŽAGAR (SI/PPE),

sindaco di Slovenska Bistrica

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

Valutazione generale e obiettivi del presente parere

1.

sottolinea che il parere ha l’obiettivo di valutare gli accordi di partenariato e i programmi operativi (PO) concordati dal punto di vista dei beneficiari negli enti regionali e locali (ERL);

2.

richiama l’attenzione sul ruolo cruciale della politica di coesione nel conseguire l’obiettivo della coesione economica, sociale e territoriale sancito nel trattato attraverso la riduzione del «divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite.» In generale, in tutti gli Stati membri, i fondi strutturali e d’investimento europei sono di fatto gli strumenti principali dell’Unione europea per stimolare un sviluppo globale armonioso;

3.

fa notare che la politica di coesione ha, fin dalle sue origini, conseguito dei progressi quanto al suo obiettivo di riduzione delle disuguaglianze tra le regioni europee ed al loro interno e che, fin dall’inizio — nel 2008 — della crisi economica attuale, essa ha consentito di contenerne gli effetti dal punto di vista della coesione. Tuttavia, persistono ancora notevoli squilibri, aggravati dalla crisi in atto, e la futura politica di coesione deve disporre delle risorse necessarie per ridurre ulteriormente queste disparità. Come si stabilisce nell’articolo 96, paragrafo 2, lettera a), del regolamento recante disposizioni comuni, tali obiettivi politici devono essere calibrati sulle esigenze di sviluppo sociale ed economico delle regioni, delle città e dei comuni;

4.

rileva che il carattere della politica di coesione è notevolmente cambiato a seguito della riforma del 2013, che, fatto apprezzabile, ne ha rafforzato il collegamento con le priorità dell’Unione europea (maggiori sinergie tra la politica di coesione e la strategia Europa 2020). Nel nuovo periodo di programmazione 2014-2020 sono stati introdotti nuovi metodi di attuazione, nuovi strumenti e una maggiore concentrazione sull’efficacia, sull’efficienza e sui risultati, in particolare. Il CdR attende di vedere come l’efficacia, l’efficienza e l’impatto dei fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE) possano essere massimizzati nella pratica concreta;

5.

ribadisce, in concomitanza con il processo di revisione intermedia della strategia Europa 2020, l’importanza di un collegamento diretto e funzionale tra la nuova strategia e la politica di coesione e, in questo ambito, la necessità di una forte dimensione territoriale e di un reale partenariato, come criteri primari per la ownership del processo di riforma da parte di tutti i livelli istituzionali e per la selezione delle politiche e degli interventi;

6.

ritiene, tuttavia, fin da ora preoccupante che i criteri fissati dalla Commissione per l’attuazione della politica di coesione continuino a non tenere conto dell’obiettivo di riduzione degli oneri amministrativi e di controllo. Invita pertanto la Commissione ad astenersi, nella definizione dei sistemi di amministrazione e controllo e nell’esecuzione dell’audit, dall’adottare ulteriori misure che potrebbero accrescere gli oneri amministrativi a carico delle amministrazioni degli Stati membri e dei beneficiari, e diminuire il contributo che i fondi strutturali e d’investimento europei possono dare alla realizzazione degli obiettivi della strategia Europa 2020;

7.

osserva che anche i collegamenti tra la politica di coesione e le altre politiche e iniziative dell’UE (politica di sviluppo rurale, Orizzonte 2020, Meccanismo per collegare l’Europa ecc.) sono stati rafforzati. Il Comitato ritiene che misure supplementari avrebbero dovuto essere adottate per garantire un migliore allineamento di tutte le politiche e di tutti i fondi dell’UE che hanno un impatto territoriale e auspica che quest’approccio possa avere un impatto positivo sullo sviluppo delle regioni;

8.

si rallegra per il fatto che le priorità del Fondo europeo di sviluppo regionale, del Fondo sociale europeo, dei fondi dell’UE per lo sviluppo rurale e per gli affari marittimi e la pesca siano state allineate attraverso la creazione di un quadro strategico comune. Tali priorità vengono esplicitate in ciascuno Stato membro tramite un accordo di partenariato comune a tutti questi fondi. Si tratta indubbiamente di un passo molto importante per conseguire una maggiore coerenza politica. Pertanto, il Comitato si rammarica che tali sinergie non siano state sfruttate integralmente al momento della preparazione dei programmi operativi a livello nazionale, regionale e locale. È soprattutto necessario coordinare meglio il programma per lo sviluppo rurale con il Fondo europeo di sviluppo regionale, poiché lo sviluppo rurale è parte integrante dello sviluppo regionale;

9.

concorda sul fatto che la strategia d’investimento nell’ambito degli accordi di partenariato e dei programmi operativi dovrebbe anche essere globale e coerente con i programmi nazionali di riforma e dovrebbe affrontare le riforme descritte nelle raccomandazioni specifiche per paese nel quadro del semestre europeo. In tempi di crisi economica e di vincoli di bilancio, il coordinamento tra il bilancio dell’UE e i bilanci nazionali è essenziale per migliorare la governance economica, la trasparenza e l’efficienza della spesa pubblica.

10.

ribadisce che la prima nuova iniziativa di peso della Commissione Juncker, il Piano d’investimenti per l’Europa, mette in risalto il potenziale della politica di coesione per la promozione della crescita e dell’occupazione in Europa, ma occorre sottolineare che il Piano d’investimenti e le politiche dei fondi Strutturali e d’investimento europei (coesione, ma anche sviluppo rurale, pesca ecc.), rivolgendosi a livelli politici e istituzionali diversi, necessitano di potenziarsi a vicenda anche in termini di risorse; il Piano d’investimenti deve avere carattere aggiuntivo rispetto ai programmi UE esistenti e alle attività tradizionalmente svolte dalla Banca europea per gli investimenti. È importante che le risorse assegnate ai fondi strutturali non vengano automaticamente riciclate in tale piano;

11.

osserva che la pianificazione strategica è essenziale per il successo della politica di coesione. A tale riguardo, i principali elementi strategici della politica di coesione sono gli accordi di partenariato e i programmi operativi in quanto essi delineano il modo in cui i fondi strutturali e di investimento devono essere spesi in un determinato Stato membro o regione. Si rammarica del fatto che la tardiva adozione del pacchetto legislativo sulla politica di coesione, la compressione e sottovalutazione dei tempi necessari agli Stati membri e agli enti territoriali per una programmazione estremamente complessa (pluristrumento, plurilivello e plurisoggetto) nell’adozione degli accordi di partenariato e dei programmi operativi abbiano determinato l’adozione di un percorso partenariale meramente formale e ritardato l’inizio del nuovo periodo di programmazione. Il Comitato si rammarica che per l’elaborazione degli accordi di partenariato non sia stata elaborata una chiara e comune metodologia (o metodologie) funzionale al conseguimento degli obiettivi. In assenza di tale metodologia, ciascuno Stato membro ha dovuto adottare un approccio interamente individuale all’elaborazione degli accordi di partenariato; di conseguenza, tali accordi non sono comparabili tra loro e sarà difficile anche confrontarne l’attuazione, in particolare per quanto riguarda la realizzazione degli investimenti territoriali integrati, dal punto di vista dell’utilizzazione effettiva e dell’adeguatezza della struttura di esecuzione e di gestione. Raccomanda di elaborare una metodologia comune di modifica degli accordi di partenariato per il periodo 2014-2020 della politica di sviluppo;

12.

ricorda di aver condotto un’ampia indagine online, che conforta le opinioni espresse nel presente parere (1);

13.

chiede alla Commissione europea di prendere in considerazione l’opinione degli enti locali e regionali, espressa nei punti seguenti del presente parere, al momento di elaborare la sua relazione sull’esito dei negoziati sugli accordi di partenariato e sui programmi operativi per la fine del 2015;

14.

richiama i principi e le gli obiettivi condivisi nella Carta della Governance multilivello in Europa, adottata dal Comitato delle regioni il 3 aprile 2014, per promuovere una cooperazione politica e amministrativa innovativa ed efficiente tra gli attori istituzionali e per sviluppare la partecipazione democratica dei cittadini ai processi europei e una maggiore coesione economica, sociale e territoriale;

Governance multilivello e partenariato

15.

si compiace per il fatto che la riforma della politica di coesione abbia rafforzato le disposizioni in materia di partenariato. L’articolo 5 del regolamento recante disposizioni comuni stabilisce ora che: «Ogni Stato membro dovrebbe organizzare, rispettivamente per l’accordo di partenariato e per ciascun programma, un partenariato con le autorità regionali, locali […] competenti». Inoltre, la Commissione ha adottato un regolamento delegato sul codice di condotta europeo in materia di partenariato, che stabilisce come il principio di partenariato dovrebbe essere applicato e che il CdR accoglie con particolare favore perché è in assoluto il primo atto legislativo dell’UE giuridicamente applicabile in materia di governance multilivello;

16.

la qualità del partenariato assume infatti un’importanza cruciale in materia di fondi europei, e il CdR si aspetta che gli accordi di partenariato e i programmi operativi rispecchino i bisogni reali individuati a livello regionale e locale;

17.

sottolinea che, un partenariato efficace e funzionante si traduce in misure più integrate e adeguate in grado di rispondere alle condizioni e necessità dei diversi livelli della società. Questo comporta a sua volta anche un uso più efficiente dei fondi. Nei paesi in cui i partenariati non sono stati istituiti in modo appropriato e sono puramente formali, la Commissione europea dovrebbe aiutare a esaminarne i meccanismi in modo da mettere i partenariati sul giusto binario ed evitare complessità ed oneri amministrativi eccessivi e sproporzionati che potrebbero ritardare ulteriormente l’attuazione dei fondi SIE sul territorio dell’UE;

18.

mette in evidenza che il principio di partenariato non è un concetto vuoto, ma un prerequisito per il successo della politica di coesione, in particolare in quanto le competenze «de facto» sono ripartite tra almeno tre livelli politici (UE, gli Stati membri e gli enti regionali e locali). Nella realtà, le buone pratiche in materia di principio di partenariato portano:

all’individuazione delle esigenze reali e specifiche delle città, dei comuni e delle regioni europee nonché dei beneficiari finali degli interventi,

all’individuazione del potenziale di sviluppo degli enti locali e regionali e alla sua promozione attraverso interventi mirati,

allo sviluppo comune di soluzioni praticabili e accettabili,

a una migliore attuazione in quanto tutte le parti interessate lavorano per realizzare obiettivi comuni e condividono le responsabilità e i compiti,

a un minor numero di errori in quanto gli attori comprendono la logica alla base delle procedure,

a risultati misurabili, migliori e più duraturi, che sono stati conseguiti in modo più efficiente,

ad una maggiore qualità della progettazione degli interventi,

alla ripartizione degli oneri di finanziamento,

alla possibilità di realizzare progetti più grandi che coinvolgono più regioni;

19.

sottolinea che una corretta applicazione del principio di partenariato contribuisce ad accrescere l’efficacia della spesa dell’UE e fa riferimento all’analisi panoramica della Corte dei conti europea secondo cui «l’efficacia della spesa dell’UE viene ridotta, perché non vi è una valutazione adeguata dei bisogni, vi sono obiettivi ambigui, obiettivi e priorità contraddittori o incompatibili, procedure di selezione inadeguate per attribuire priorità ai progetti che massimizzano l’impatto.» Un partenariato autentico può colmare tutte le lacune constatate;

20.

esprime preoccupazione per il fatto che il principio di partenariato non sia applicabile correttamente in tutti gli Stati membri. I negoziati sugli accordi di partenariato e i programmi operativi hanno mostrato che, pur se gli enti locali e regionali sono stati consultati nella maggior parte dei casi, il loro coinvolgimento non si è tradotto in un partenariato a tutti gli effetti come definito nel codice di condotta europea in materia di partenariato. In effetti, il Comitato deplora che gli enti regionali e locali siano stati raramente implicati in misura sufficiente nella stesura degli accordi di partenariato e dei programmi operativi perché il loro ruolo è piuttosto quello di soggetto interessato che di partner (2). La Commissione europea dovrebbe contribuire all’esame di meccanismi di partenariato e dei tempi necessari per il confronto con strutture istituzionali multilivello per permettere discussioni più sostanziali e informate che corrispondano alla durata della procedura, stabilendo un equilibrio tra i tempi di adozione a livello europeo e quelli di presentazione dei programmi a livello nazionale;

21.

si rammarica che prima dell’elaborazione e dell’adozione degli accordi di partenariato non sia stata definita chiaramente una metodologia per l’impiego degli investimenti territoriali integrati (ITI). Ne consegue che ciascuno Stato adotta un approccio completamente diverso rispetto agli ITI, oppure non ne adotta nessuno. Nei casi in cui lo strumento ITI viene utilizzato nell’accordo di partenariato, tuttavia, coloro che elaborano i singoli ITI continuano a scontrarsi con una mancanza di chiarezza a livello sia nazionale che della Commissione europea. In molti casi ciò è accompagnato dalla riluttanza, da parte delle autorità di gestione, a includere degli ITI nei loro PO. Il Comitato invita pertanto la Commissione europea a fare in modo che, nei paesi che hanno deciso di ricorrere allo strumento ITI, il suo utilizzo sia possibile in misura opportuna in tutti i PO e vengano rapidamente creati sistemi adeguati di attuazione e gestione che consentano di utilizzare effettivamente gli ITI e creare sinergie;

22.

deplora il fatto che non siano stati chiaramente definiti la portata, l’obiettivo e il metodo di attuazione della dimensione territoriale prima della preparazione e dell’approvazione degli accordi di partenariato. È questa la ragione principale per cui ogni Stato membro inserisce la dimensione territoriale in modo molto diverso e in misura estremamente diversa. In tal modo si riduce notevolmente l’effetto che una dimensione territoriale paneuropea potrebbe produrre, non solo per la realizzazione della strategia Europa 2020 ma anche per lo sviluppo dell’UE in generale;

23.

chiede alla Commissione europea di prevedere la possibilità per gli enti regionali e locali di elaborare i propri accordi di partenariato «regionali» come parte integrante dell’accordo di partenariato generale concluso a livello nazionale. In questo modo la Commissione darà pieno riconoscimento all’articolo 4 del TUE, rispettando l’ordinamento costituzionale interno degli Stati membri e, nel contempo, dando il massimo rilievo al principio di sussidiarietà;

24.

invita la Commissione europea ad esprimersi con una sola voce durante i negoziati per gli accordi di partenariato e i programmi operativi e rileva, a tale proposito, che molti enti locali e regionali hanno denunciato il fatto che, durante i negoziati, differenti servizi della Commissione europea avessero richieste diverse e, a volte contraddittorie, non giustificate da vere esigenze concrete e/o dalla legislazione esistente. Esorta la Commissione ad anticipare la fase di coinvolgimento nei negoziati degli enti locali e regionali che sviluppano e realizzano una parte significativa dei programmi, e a fornire un’interpretazione chiara e uniforme delle disposizioni fondamentali del regolamento sin dall’inizio della preparazione dei programmi operativi. Le osservazioni tardive della Commissione in merito alle proposte di programma presentate nonché i brevi termini previsti per gli aggiornamenti di tali programmi hanno ostacolato l’appropriazione politica a livello locale e regionale;

25.

sottolinea che le buone pratiche nel campo del principio di partenariato richiedono la giusta mentalità e una adeguata cultura amministrativa piuttosto che una imposizione per legge. La discrepanza tra la norma legislativa e il contesto in cui si deve applicare conduce a situazioni in cui ci si limita a «spuntare le caselle» sulla carta (3), compromettendo l’obiettivo di qualità ed efficacia della programmazione e trasformandolo in un mero onere amministrativo che ritarda l’attuazione dei fondi stessi sul territorio UE;

26.

è convinto pertanto che il principio del partenariato possa essere rafforzato se la Commissione contribuirà a un esame dei meccanismi di funzionamento, a un’individuazione delle buone pratiche, compresa la valutazione dei tempi per la discussione alla luce della complessità istituzionale e del programma. A questo proposito, il CdR invita la Commissione europea a controllare sistematicamente il partenariato e a riferire più spesso sulle buone pratiche. Accoglie con favore, a questo proposito l’avvio da parte della Commissione europea di uno studio sul tema «Il principio di partenariato» e ha in programma di organizzare regolari riunioni di «dialogo strutturato» dirette a discutere l’attuazione del principio di partenariato con le parti interessate. Fa rilevare che il CdR, in quanto organo rappresentativo degli enti locali e regionali, deve essere il principale partner strategico in questo processo;

27.

esorta la Commissione in particolare a verificare che nei programmi nazionali elaborati nel quadro della politica di coesione siano adeguatamente rispettati il principio di partenariato e la dimensione territoriale. In gran parte degli Stati membri si rilevano chiare tendenze alla centralizzazione nell’attuazione della politica di coesione, con l’elaborazione di programmi nazionali a scapito di quelli regionali. È importante preservare l’obiettivo principale della politica di coesione, vale a dire la riduzione delle disparità e degli squilibri regionali e la promozione della crescita regionale;

Dotazione finanziaria, struttura dei programmi e prestazioni

Risorse finanziarie

28.

mette in risalto che il livello subnazionale è stato responsabile del 55 % del totale degli investimenti pubblici nel 2013, svolgendo così un ruolo significativo nel favorire la crescita economica in Europa. In alcune regioni, i fondi SIE sono praticamente l’unica fonte di investimenti pubblici;

29.

richiama l’attenzione sul fatto che le finanze dei livelli di governo subnazionali sono in una situazione difficile, trovandosi gli enti locali e regionali ad affrontare elevati livelli di debito e i provvedimenti di austerità imposti da livelli di governo superiori. Fa notare, a tale proposito che la mancanza di risorse finanziarie subnazionali disponibili ha un impatto diretto sull’attuazione della politica di coesione. Per questa ragione in futuro il sistema di finanziamento multilivello dovrebbe essere migliorato. Chiede pertanto che gli Stati membri, sfruttando la flessibilità concessa dalla Commissione, provvedano a sottrarre dai vincoli del Patto di stabilità interno la quota di cofinanziamento nazionale obbligatorio degli interventi finanziati da fondi SIE;

30.

si compiace pertanto del fatto che nel periodo di programmazione 2014-2020 la politica di coesione preveda per gli strumenti finanziari un ruolo più incisivo e osserva che gli strumenti finanziari, se applicati in modo efficiente, possono aumentare in misura significativa l’impatto del finanziamento per gli enti locali e le regioni, a condizione che si tenga in considerazione la dimensione economica e sociale degli investimenti;

31.

segnala che quando si attuano i fondi strutturali attraverso strumenti finanziari emergono difficoltà. In molti casi, l’attuazione rimane molto complessa e non sempre gli stessi servizi della Commissione competenti interpretano in modo unanime e coerente le disposizioni in oggetto, soprattutto in fase di accertamento e controllo. Nonostante gli sforzi compiuti dalla Commissione europea per fornire orientamenti, nella maggior parte dei casi l’introduzione di strumenti finanziari richiede ancora il ricorso a società di consulenza esterna, con i costi supplementari che ne derivano;

32.

accoglie con favore l’avvio di Fi-Compass, una nuova piattaforma di informazione e consulenza per l’uso degli strumenti finanziari innovativi nel quadro dei fondi strutturali e di investimento europei. Tale strumento dovrebbe contribuire a facilitare l’applicazione degli strumenti finanziari e renderla più comprensibile;

33.

mette in luce il ruolo della BEI, i cui prestiti per i programmi strutturali possono costituire un eccellente strumento di mobilitazione delle risorse finanziarie per progetti sostenibili che abbiano una dimensione critica nel quadro di un dato programma operativo. Purtroppo, le possibilità che tale fonte di finanziamento offre non vengono sufficientemente riconosciute a tutti i livelli (4). Inoltre, segnala che le suddette possibilità non possono al momento essere sfruttate appieno dagli enti locali, per l’estrema complessità delle procedure di accesso e di funzionamento dei suddetti prestiti. Auspica perciò uno sforzo di semplificazione della regolamentazione che riguarda i prestiti per i programmi strutturali;

Struttura del programma

34.

rileva che una maggiore concentrazione tematica è una delle principali riforme della politica di coesione per il periodo 2014-2020. La concentrazione tematica persegue l’obiettivo di concentrare i fondi su un numero limitato di settori tematici al fine di raggiungere la massa critica ed esercitare un impatto reale. Dato che gli obiettivi tematici predefiniti determinano per che cosa i fondi SIE possono essere impiegati, le disposizioni in materia di concentrazione tematica hanno un impatto significativo sulla struttura degli accordi di partenariato e dei programmi operativi;

35.

richiama l’attenzione sul fatto che, a causa delle le disparità interne, anche nelle regioni più sviluppate possa essere necessario investire in infrastrutture che forniscono servizi di base ai cittadini nei settori dell’ambiente, dei trasporti e delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), dei servizi sociali e sanitari e dell’istruzione;

36.

accoglie con favore l’introduzione di un elemento addizionale di flessibilità tramite nuovi strumenti come lo sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD) e gli investimenti territoriali integrati (ITI), che consentono il ricorso a programmi multifondo e l’attuazione di progetti innovativi. Accoglie con favore il fatto che, in teoria, molti paesi e regioni stanno valutando l’opportunità di ricorrere a questi strumenti; tuttavia, è preoccupato poiché le differenze normative tra i fondi e la riluttanza, da parte delle autorità di gestione, di delegare al livello locale continuano a limitare le potenzialità di questi nuovi strumenti per lo sviluppo territoriale integrato;

37.

ricorda che la combinazione di diverse fonti di finanziamento e di strumenti diversi per un singolo progetto può offrire vantaggi significativi solo se fonti di finanziamento e strumenti diversi comportano anche pari requisiti in materia di rendicontazione e di ammissibilità al fine di rendere l’integrazione operativa riducendo errori di attuazione e i costi sostenuti per affrontare procedure amministrative supplementari;

38.

prende nota del fatto che in alcuni Stati membri i nuovi strumenti sono stati accolti con scetticismo e non saranno applicati tanto ampiamente laddove sarebbero utili e che in alcuni casi il livello nazionale non ha permesso agli enti regionali e locali di utilizzare i nuovi strumenti; in forza di ciò si invita la Commissione europea ad approfondire le ragioni che costituiscono il contesto dei casi in cui questa scelta sia stata esclusa;

39.

invita la Commissione europea e la BEI ad armonizzare i requisiti amministrativi e di ammissibilità, quando forniscono sostegno a diversi progetti trasversali;

Efficacia e efficienza

40.

si compiace del fatto che la politica di coesione riformata ponga un forte accento sull’efficacia e l’efficienza dei PO. Può essere considerato un buon livello di efficacia ed efficienza il raggiungimento degli obiettivi in modo efficiente e nel rispetto delle norme;

41.

sottolinea che una un buon livello di efficacia ed efficienza della politica di coesione è la prima preoccupazione di tutti gli enti locali e regionali in quanto risultati validi migliorano sensibilmente la qualità della vita nelle regioni, nelle città e nei comuni;

42.

precisa che gli elementi più importanti dell’efficacia e dell’efficienza dovrebbero essere i risultati a lungo termine, che si traducono nel conseguimento degli obiettivi predefiniti. I risultati possono consistere nel tasso di occupazione, nel livello di disoccupazione, in una riduzione del traffico e dell’inquinamento ecc. Al contrario, dati come il numero dei corsi di formazione offerti, i chilometri di strada costruiti o il numero di edifici ristrutturati, sono solo passi intermedi verso il raggiungimento dei risultati e sono pertanto un elemento meno importante dell’efficacia e dell’efficienza;

43.

si rammarica in particolare per il fatto che la reintroduzione della riserva di efficacia e di efficienza potrebbe incoraggiare la fissazione di obiettivi scarsamente ambiziosi allo scopo di ottenere facilmente risorse addizionali dalla riserva stessa. Tuttavia, il grado di ambizione degli obiettivi diventerà chiaro solo man mano che si procede nell’attuazione. In ogni caso, sottrarre risorse finanziarie ai programmi operativi crea un’inutile incertezza nella pianificazione finanziaria e comporta un rischio supplementare per i responsabili di progetto;

44.

inoltre, dato che la politica di coesione è per la sua natura una politica di lungo termine, un accento troppo esclusivo sugli indicatori finanziari o di output a breve o medio termine compromette il conseguimento di tutti gli obiettivi a lungo termine fissati al momento della negoziazione dei programmi operativi; in effetti, il Comitato invita a mettere a punto, per il nuovo periodo di programmazione, un nuovo quadro di riferimento dell’efficacia e dell’efficienza basato non sugli output ma sui risultati;

45.

vi è poi da rammaricarsi per il fatto che il quadro di riferimento dell’efficacia e dell’efficienza renda gli indicatori finanziari e gli indicatori di output obbligatori, mentre alcuni indicatori di risultato sono solo facoltativi. Tuttavia, il Comitato ritiene che l’attenzione al conseguimento dei risultati debba essere un elemento obbligatorio della pianificazione strategica di tutti i fondi strutturali e che di ciò debba essere tenuto conto anche nel quadro di riferimento dell’efficacia;

46.

accoglie con favore, a questo proposito il fatto che la Commissione europea, a partire dal 2016, elaborerà relazioni annuali che riassumeranno le relazioni degli Stati membri sullo stato di attuazione e invita la Commissione europea a discutere tali relazioni con i membri del CdR; suggerisce che tali relazioni comprendano anche un’analisi dei progressi compiuti nella semplificazione del sistema di attuazione;

47.

osserva che gli indicatori finanziari, come il tasso di assorbimento dei fondi, non sono un indicatore di efficacia ed efficienza orientato ai risultati. Il CdR esorta pertanto la Commissione europea ad attribuire minore importanza agli indicatori finanziari all’interno del quadro di riferimento dell’efficacia e dell’efficienza;

Semplificare le procedure e la capacità amministrativa

Semplificare le procedure

48.

osserva che in passato la politica di coesione è stata oggetto di forti critiche a causa della complessità del suo sistema di attuazione; la maggior parte delle autorità di gestione considera i nuovi regolamenti burocratici e complessi. A tale riguardo, i rispondenti alla consultazione del CdR hanno dichiarato di ritenere che la semplificazione delle regole relative all’ammissibilità, l’assenza di sovraregolamentazione (gold plating) e la concentrazione sui risultati siano gli elementi più essenziali;

49.

fa notare che la sovraregolamentazione (gold-plating) è ancora una delle cause principali degli oneri amministrativi. L’interpretazione nazionale eccessivamente rigorosa delle norme dell’UE, insieme con il fatto che in molti Stati membri ciascun fondo è soggetto a filiere diverse a livello ministeriale e di gestione, sfocia in obblighi amministrativi superflui, in approcci compartimentalizzati e in oneri burocratici supplementari per i beneficiari e le autorità di gestione, ostacolando altresì il ricorso a strumenti di sviluppo territoriale integrato come gli ITI e il CLLD;

50.

invita la Commissione europea a sorvegliare l’applicazione a livello nazionale della normativa dell’UE e, in caso di sovraregolamentazione, a convincere le autorità nazionali ad applicare le norme dell’UE in maniera meno onerosa. I casi di sovraregolamentazione dovrebbero essere divulgati per favorire un processo di mutuo apprendimento;

51.

tuttavia, vi è un ampio margine di semplificazione anche per quanto riguarda le stesse norme dell’UE (regolamenti, atti di esecuzione e atti delegati). Il CdR insiste pertanto sulla necessità di semplificare ulteriormente la gestione dei progetti finanziati dall’UE. Ciò dovrebbe condurre, tra l’altro, alla riduzione dei tempi necessari per il rimborso dei beneficiari, alla creazione di un unico corpus di norme comuni per l’audit dei progetti transfrontalieri, a regole più semplici per i progetti che generano introiti propri e a norme coerenti sull’ammissibilità dei costi, a un più ampio ricorso ai costi semplificati, a un collegamento più stretto fra i pagamenti e i risultati, alla coesione elettronica, al principio dello «sportello unico» per i beneficiari e a un approccio proporzionato e unificato in materia di sorveglianza, a un’armonizzazione delle procedure nel quadro dei controlli di primo livello dei programmi di cooperazione territoriale e a una semplificazione del controllo degli appalti pubblici. Il CdR sottolinea l’importanza di fornire agli enti locali e regionali, e alle imprese, un’assistenza specializzata adeguata nella loro ricerca di risposte e consigli riguardanti la legislazione (specie nel campo degli appalti pubblici) e alla sua corretta applicazione. Il CdR esorta la Commissione a includere rappresentanti degli enti locali e regionali nel gruppo ad alto livello degli esperti che monitorano la semplificazione per i beneficiari, utilizzando quindi l’esperienza degli operatori nell’attuazione dei progetti con lo scopo di ridurre l’onere amministrativo, incrementare l’assorbimento dei fondi e promuovere l’impatto dei programmi;

52.

richiama l’attenzione sull’onere eccessivo imposto agli enti locali e regionali dal gran numero di controlli non coordinati, il che può determinare un calo di interesse per l’attuazione di progetti europei; se necessario si dovrebbero realizzare controlli congiunti oppure le autorità competenti dovrebbero riconoscere reciprocamente i controlli effettuati; propone di utilizzare i risultati dei controlli o degli audit per evitare errori, amplificando così il successo dei progetti realizzati;

53.

invita, a questo riguardo, la Commissione ad applicare con coerenza ai fondi strutturali e d’investimento europei gli approcci seguiti nel quadro dell’iniziativa REFIT, tenendo conto anche sia degli atti delegati che degli atti di esecuzione. Inoltre, occorre tener conto dei numerosi orientamenti interni della Commissione e della loro procedura di adozione, dal momento che tali orientamenti, pur non essendo formalmente vincolanti sul piano giuridico, contribuiscono notevolmente ad aumentare la complessità e gli oneri burocratici legati all’attuazione dei fondi strutturali e d’investimento europei a livello locale;

54.

il CdR è fermamente convinto che servano misure immediate e specifiche di semplificazione dei programmi di cooperazione territoriale. Inoltre, è necessario rendere più visibili i risultati dei programmi e dei progetti di cooperazione territoriale europea. La complessità è fonte di ritardi e di errori che limitano l’efficacia della politica della coesione dell’UE. Norme più chiare, trasparenti e semplici da applicare creano meno complicazioni anche in seguito, in fase di certificazione della spesa, e durante le operazioni di controllo e di audit; occorre inoltre che gli interventi di controllo ex post della Commissione europea siano armonizzati e comunque rispettino i criteri di coerenza, di sussidiarietà e soprattutto di proporzionalità;

Capacità amministrativa

55.

osserva che la capacità amministrativa degli enti locali e regionali è fondamentale per attuare la politica di coesione con successo, ma essa purtroppo manca ancora in alcuni enti regionali e locali;

56.

mette in rilievo che alla base di una capacità amministrativa inadeguata vi sono molte cause potenziali, tra cui:

una distribuzione inefficiente dei compiti e delle responsabilità,

una cooperazione inefficiente tra i vari livelli di governance,

la carenza di risorse umane qualificate (competenze),

la mancanza di risorse finanziarie,

norme e regolamenti inadeguati (per esempio la sovraregolamentazione),

ostacoli politici (ad esempio, inadeguata pianificazione strategica),

l’inadeguatezza dell’organizzazione interna dell’ente per la gestione di progetti complessi come quelli cofinanziati dai fondi SIE;

57.

esorta tutti gli Stati membri dell’UE, non solo quelli meno sviluppati, a utilizzare maggiormente l’assistenza tecnica disponibile per i programmi operativi, al fine di accrescere le capacità degli enti locali e regionali e degli altri partner di attingere ai fondi europei e di gestirli, nonché al fine di sostenere la raccolta di dati statistici più affidabili a livello locale;

58.

sottolinea che il rafforzamento della capacità amministrativa a livello locale e regionale porterà a un’attuazione dei programmi operativi più efficace e orientata ai risultati. L’UE e gli Stati membri devono sostenere le analisi comparative, gli scambi di esperienze e conoscenze tra regioni e città, anche attraverso strumenti dell’UE quali i programmi europei di cooperazione territoriale;

59.

accoglie con favore l’Iniziativa per le regioni in ritardo della Commissione europea, il cui obiettivo è quello di individuare i motori essenziali e le strozzature per la crescita e gli investimenti a livello regionale, in particolare nelle regioni meno sviluppate. Chiede alla Commissione europea di usare le conoscenze degli esperti regionali e locali e di tener conto dei bisogni specifici delle regioni in ritardo all’atto di formulare raccomandazioni su come liberare il loro potenziale di crescita;

60.

riconosce che le condizionalità ex ante (articolo 19 dell’RDC) garantiscono che le risorse comunitarie siano investite in un contesto giuridico rispettoso della normativa europea e siano orientate a ridurre fenomeni di vantaggio competitivo legati a inadempienza delle regole, tuttavia richiama l’attenzione sul fatto che:

il CdR ritiene inaccettabile che i finanziamenti sui territori di enti locali e regionali siano ritardati per alcune inadempienze dipendenti dal livello europeo e dal livello istituzionale nazionale e auspica che nel lungo termine gli enti locali e regionali beneficino dell’applicazione di tali condizionalità ex ante,

il CdR è fermamente contrario alla «condizionalità esterna» ai fondi SIE relativa al congelamento degli aiuti regionali per gli Stati membri che violano le regole dell’UE sul disavanzo di bilancio. Tale misura penalizzerebbe gli enti regionali e locali per le mancanze dei rispettivi governi nazionali,

la politica di coesione è essenzialmente una politica regionale e tale dovrebbe restare evitando politiche più o meno accentratrici a tutti i livelli di governance;

61.

incoraggia gli Stati membri che partecipano ai programmi di cooperazione e in cui ha sede un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) ad affidare a quest’ultimo le responsabilità di autorità di gestione dei programmi di cooperazione territoriale o di parti di essi in funzione del territorio di competenza del suddetto GECT, in applicazione delle pertinenti disposizioni di cui all’articolo 22 del regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all’obiettivo di cooperazione territoriale europea.

Bruxelles, 9 luglio 2015

Il Presidente del Comitato europeo delle regioni

Markku MARKKULA


(1)  Un’ampia gamma di parti interessate, autorità e servizi ha inviato 317 contributi validi alla consultazione. La maggior parte dei contributi (70 %) è stata inviata da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche. 89 rispondenti hanno contribuito anche sotto forma di osservazioni aperte. Un’analisi dettagliata della consultazione è presentata nel sito web del CdR.

(2)  Una consultazione del CdR ha confermato che un’ampia maggioranza di enti locali e regionali e di altre parti interessate è stata coinvolta nella fase preparatoria degli accordi di partenariato e dei programmi operativi. Tuttavia, oltre il 70 % dei rispondenti pensa che i bisogni degli enti locali e regionali siano stati presi in considerazione solo parzialmente o siano stati ignorati.

(3)  Rispetto formale delle norme senza applicarne la sostanza.

(4)  Oltre il 50 % dei rispondenti alla consultazione del CdR ha dichiarato di non essere a conoscenza di prestiti per i programmi strutturali.