ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 12

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

58° anno
15 gennaio 2015


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

502a sessione plenaria del CESE del 15 e 16 ottobre 2014

2015/C 012/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Vulnerabilità dei consumatori rispetto alle pratiche commerciali nel mercato unico (parere di iniziativa)

1

2015/C 012/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le donne nella scienza (parere d’iniziativa)

10

2015/C 012/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Lo sviluppo dei servizi alla famiglia come mezzo per aumentare i tassi di occupazione e promuovere la parità di genere sul luogo di lavoro (parere d’iniziativa)

16

2015/C 012/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema L’impatto dei servizi alle imprese nell’industria (parere d’iniziativa)

23

2015/C 012/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione relativa all'iniziativa dei cittadini europei Acqua potabile e servizi igienico-sanitari: un diritto umano universale! L'acqua è un bene comune, non una merce[COM(2014) 177 final] (parere di iniziativa)

33

2015/C 012/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il ruolo della società civile nell'accordo di libero scambio UE-Giappone (parere di iniziativa)

39

2015/C 012/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La situazione della società civile ucraina nel contesto delle aspirazioni europee dell'Ucraina (parere di iniziativa)

48

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

502a sessione plenaria del CESE del 15 e 16 ottobre 2014

2015/C 012/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Relazione sulla politica di concorrenza 2013 [COM(2014) 249 final]

54

2015/C 012/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla diffusione dei dati satellitari di osservazione della Terra per scopi commerciali [COM(2014) 344 final — 2014/0176 (COD)]

60

2015/C 012/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla governance delle strategie macroregionali [COM(2014) 284 final]

64

2015/C 012/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 604/2013 per quanto riguarda la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un minore non accompagnato che non ha familiari, fratelli o parenti presenti legalmente in uno Stato membro [COM(2014) 382 final — 2014/0202 (COD)]

69

2015/C 012/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici, che modifica il regolamento (UE) n. XXX/XXX del Parlamento europeo e del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali) e che abroga il regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio[COM(2014) 180 final — 2014/0100 (COD)]

75

2015/C 012/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Documento di lavoro dei servizi della Commissione — Towards a roadmap for delivering EU-wide multimodal travel information, planning and ticketing services (Verso una tabella di marcia per la fornitura di servizi d'informazione, pianificazione e biglietteria di viaggi multimodali a livello dell'UE)[SWD(2014) 194 final]

81

2015/C 012/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Una nuova era per il trasporto aereo — Aprire il mercato del trasporto aereo all'uso civile dei sistemi aerei a pilotaggio remoto in modo sicuro e sostenibile [COM(2014) 207 final]

87

2015/C 012/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni L'innovazione nell'economia blu: realizzare il potenziale di crescita e di occupazione dei nostri mari e dei nostri oceani[COM(2014) 254 final/2]

93

2015/C 012/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma concernente le soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni europee, le imprese e i cittadini (ISA2) L'interoperabilità come mezzo per modernizzare il settore pubblico[COM(2014) 367 final — 2014/0185 (COD)]

99

2015/C 012/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Bilancio della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva[COM(2014) 130 final]

105

2015/C 012/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale [COM(2014) 476 final — 2014/0218 (COD)]

115

2015/C 012/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1343/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativo a talune disposizioni per la pesca nella zona di applicazione dall'accordo CGPM (Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo) [COM(2014) 457 final — 2014/0213 (COD)]

116

2015/C 012/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi (codificazione) [COM(2014) 466 final — 2014/0216 (COD)]

117

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

502a sessione plenaria del CESE del 15 e 16 ottobre 2014

15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Vulnerabilità dei consumatori rispetto alle pratiche commerciali nel mercato unico»

(parere di iniziativa)

(2015/C 012/01)

Relatore:

M. Bernardo HERNÁNDEZ BATALLER

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 22 gennaio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Vulnerabilità dei consumatori rispetto alle pratiche commerciali nel mercato unico.

(parere di iniziativa)

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 settembre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 92 voti favorevoli, 37 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La progressiva riduzione del potere d'acquisto delle classi medie — vero motore della società del consumo — e dei consumatori in generale, e le difficoltà finanziarie che le piccole e medie imprese stanno attraversando per continuare ad esistere, nel quadro del ristagno dei profitti nell'attuale clima imprenditoriale, hanno portato a rivedere molte delle pratiche commerciali abituali nel mercato.

1.2

Le ripercussioni delle distorsioni che le pratiche sleali generano nel mercato hanno favorito la nascita di consumatori prigionieri della loro mutata situazione economica, che si caratterizza per la perdita della libertà di decisione, oltre che per la difficoltà a far valere i propri diritti in questo campo. Anche questi consumatori dovrebbero essere protetti di fronte a tali politiche, per evitare la loro esclusione.

1.3

D'altro canto, con la crisi economica si osserva una tendenza generale e costante all'indebolimento progressivo dei consumatori potenziali, che induce a prevedere che questo divario nei consumi possa continuare ad allargarsi. Finora le autorità pubbliche non hanno proposto misure sistematiche in grado di avvertire e difendere i consumatori da un tale deterioramento.

1.4

La correzione di questi squilibri migliorerà inoltre la posizione dei produttori e delle piccole e medie imprese, nella misura in cui la trasparenza e la libera concorrenza alleggeriranno le pressioni a cui sono sottoposti (calo della domanda, prezzi predatori, ecc.) e che concorrono al cattivo funzionamento del mercato interno.

1.5

Bisogna adottare misure sia a carattere preventivo sia di protezione, oltre che di attenuazione e di recupero, che, fatte salve le altre proposte contenute nel parere, includano almeno le seguenti.

A.

Da parte delle istituzioni europee, misure che abbiano come obiettivo:

1)

di garantire una migliore applicazione delle norme del mercato unico, e in particolare quelle relative alla sicurezza dei prodotti e alla sorveglianza del mercato, la direttiva sulle pratiche commerciali sleali e il regolamento sulla cooperazione tra la Commissione e le autorità per la tutela dei consumatori;

2)

di sostenere, integrare e monitorare le politiche degli Stati membri nel settore della protezione dei consumatori;

3)

di vigilare sui nuovi ostacoli che intralciano il funzionamento del mercato interno, ad esempio la violenza economica esercitata nella trattativa con i consumatori e in altre questioni, adottando le misure opportune per la loro completa eliminazione.

B.

Dal canto loro, gli Stati membri dovrebbero:

1)

assegnare una dotazione finanziaria adeguata alle associazioni di consumatori affinché possano svolgere la loro funzione di protezione dei diritti di tutti i consumatori. Va esaminata la possibilità di istituire un fondo che utilizzi le sanzioni irrogate in materia di consumo per lo sviluppo e l'attuazione di politiche per la protezione dei consumatori, in particolare per la realizzazione di azioni di interesse generale che vadano a beneficio di tutti i consumatori, sulla base dell'esperienza degli Stati membri in cui esistono tali fondi, per poi crearlo e metterlo in funzione, secondo la legislazione di ciascuno Stato membro;

2)

adottare, nell'ambito dei loro sistemi di protezione sociale, misure per evitare l'esclusione sociale dei consumatori e di tutti i cittadini che superino il 30 % degli indici di povertà multidimensionale, specialmente per quel che concerne l'accesso e la fornitura dei servizi essenziali. A questo scopo ciascuno Stato membro dovrebbe contribuire, in base alle sue necessità, elaborando ed attuando un «piano di salvataggio per i cittadini» destinato a rimettere in sesto le economie familiari e a ristabilire il potere d'acquisto dei consumatori.

1.6

Bisogna spingersi più in là nell'integrazione degli interessi dei consumatori in tutte le politiche dell'UE. Di conseguenza, i programmi pertinenti dell'UE dovrebbero destinare una voce specifica a promuovere il contributo delle organizzazioni rappresentative dei consumatori, attraverso attività di interesse generale, per favorire l'inclusione dei consumatori economicamente deboli per effetto della crisi.

2.   Introduzione

2.1

La durata e l'intensità dell'attuale crisi economica e finanziaria, nonché le misure adottate da non pochi governi degli Stati membri dell'Unione europea, hanno sortito effetti collaterali sull'offerta e sulla domanda di beni e servizi corrispondenti alla perdita di potere d'acquisto che ha colpito la maggioranza dei consumatori e che sta provocando una frammentazione sociale.

2.2

I tagli nelle retribuzioni hanno costretto le famiglie a modificare le loro abitudini di consumo, allo scopo di adattare le loro economie alla nuova capacità di spesa.

2.3

La perdita di fonti di entrata (indipendentemente dall'eventuale opera di assistenza realizzata dalle reti familiari) e il crescente impoverimento dei nuclei familiari hanno portato a un aumento dei consumatori economicamente deboli a rischio di esclusione sociale, specialmente per quanto concerne determinati prodotti, servizi e prestazioni di base, un fenomeno che potrebbe essere definito come una forma di debolezza congiunturale.

2.4

Inoltre, lo spostamento di fasce di consumatori verso strati con potere d'acquisto minore, assieme all'esclusione finanziaria e alla disoccupazione, ha generato anche nuove limitazioni di accesso ai mercati tradizionali di beni e servizi, favorendo la comparsa di spazi e canali alternativi di commercializzazione che talvolta possono creare disfunzioni nel mercato.

2.5

È importante utilizzare a fini statistici l'Indice di povertà multidimensionale (IPM) (1) per valutare e poter adottare decisioni che prevengano l'esclusione sociale. Tale indice esamina vari aspetti fondamentali quali l'istruzione, la salute e il tenore di vita attraverso 10 indicatori (qualità della vita/benessere sociale) e considera povero chi non abbia accesso ad almeno il 30 % degli indicatori ponderati. Per tale motivo è importante che gli Stati membri adottino le misure che portino a superare questa soglia.

2.6

Al tempo stesso, la fragile situazione economica dei consumatori finanziariamente indeboliti dalla crisi impedisce a questi stessi consumatori di disporre di alcuni dei mezzi necessari per accedere ad ambienti virtuali di commercializzazione, un fattore che restringe un loro accesso più favorevole al mercato dei beni e servizi. Il divario digitale incrementa così il divario sociale, in quanto la protezione dei consumatori è ostacolata di fronte ai rischi derivanti dagli effetti della crisi economica e dalla complessità dei mercati digitali.

2.7

Inoltre, i consumatori vulnerabili per effetto della crisi economica patiscono una carenza di informazioni e una mancata protezione dei loro interessi economici nelle operazioni realizzate nei segmenti di mercato che sono sempre più tipici della loro condizione.

2.8

Infine, la diminuzione delle risorse pubbliche messe a disposizione del consumatore, nel quadro delle politiche di risanamento che i governi stanno attuando negli ultimi anni, riduce in misura considerevole l'efficacia delle attività legate soprattutto al controllo e alla vigilanza del mercato. Inoltre, l'UE ha destinato meno fondi al programma pluriennale per la tutela dei consumatori per il periodo 2014-2020 (2), come il CESE ha segnalato (3).

3.   Pratiche commerciali suscettibili di creare fragilità nella protezione dei diritti dei consumatori a causa della sopraggiunta crisi economica

3.1

Le differenti caratteristiche delle varie pratiche commerciali sleali e l'impatto che esse impongono sul mercato ai consumatori più deboli per motivi derivanti dalla crisi economica causano un deterioramento della capacità di questi ultimi di affrontare in modo soddisfacente le necessità più basilari.

3.2

Il rispetto degli standard che garantiscono la salute e la sicurezza dei consumatori e degli utenti non può essere oggetto di negoziazione con i fornitori, in quanto occorre prevenire qualsiasi rischio e bisogna impedire — in applicazione del principio di precauzione (nei termini stabiliti dalla Commissione nella sua comunicazione del 2 febbraio 2000) — la commercializzazione di quei prodotti, beni e servizi che mettano in pericolo l'integrità fisica o psichica delle persone, oppure ne ledano i legittimi interessi economici, tenendo comunque conto dell'obbligo generale di sicurezza per qualsiasi prodotto destinato al consumo o che possa essere utilizzato dai consumatori, compresi i prodotti usati dai consumatori nel quadro della prestazione di servizi.

3.3

Le necessità basilari dell'alimentazione non solo non possono essere debitamente soddisfatte nelle situazioni di vulnerabilità economica dei consumatori, ma possono anche essere seriamente compromesse da un'offerta di prodotti alimentari il cui valore nutritivo sia snaturato in cambio di un prezzo più basso.

3.4

Lo stesso si verifica per quanto concerne l'interpretazione delle condizioni di conservazione e vendita di prodotti che, essendo deperibili, riportano nell'etichetta una data entro la quale devono essere consumati.

3.5

Potrebbero persino registrarsi pratiche commerciali che, attraverso una drastica riduzione del prezzo, propongono la vendita di prodotti che non soddisfano più le condizioni per essere commercializzati, e lo stesso può avvenire nell'ambito della prestazione di servizi. Per questo motivo andranno adottate al riguardo tutte le misure che risultino necessarie per evitare, se del caso, la commercializzazione di questi prodotti, mediante un intervento fattivo e vigile da parte degli Stati membri; come segnalato dal CESE (4), si dovrebbe rafforzare la cooperazione tra i rispettivi organi nazionali competenti e la Commissione, approvando la revisione della legislazione sulla sicurezza dei prodotti, che dovrebbe entrare in vigore immediatamente.

3.6

In quest'ottica occorre prendere in considerazione anche l'impiego deliberato di termini e denominazioni che ingannano i consumatori per quanto concerne le caratteristiche dei prodotti in promozione o venduti con sconti commerciali. Nel campo della pubblicità ingannevole, questo vale sia per le campagne di marketing sotto l'egida di una presunta finalità etica che spingono a comprare attraverso il richiamo emotivo della solidarietà, sia per l'etichettatura ingannevole connessa all'ambiente, la cui veridicità è difficile da provare.

3.7

Sarebbe inoltre opportuno vigilare la commercializzazione di prodotti che rientrano sotto la denominazione generica di «marchio bianco» o «del distributore» (private label) e che non sono in linea con le prescrizioni e condizioni di commercializzazione vigenti.

3.8

Allo stesso modo, nel settore alimentare è particolarmente preoccupante la proliferazione di canali alternativi di commercializzazione che sfuggono al controllo amministrativo, ad esempio la cosiddetta «frode alimentare» (5), realizzata attraverso la falsificazione di prodotti di base, la vendita illegale di alimenti, il riutilizzo di scarti alimentari per il consumo umano, ecc. Lo stesso vale per la vendita senza prescrizione di medicinali, diversi dai farmaci da banco (6), che sono fabbricati senza garanzie e costituiscono falsificazioni e mere imitazioni dei medicinali originali autorizzati, con gravi rischi per la salute.

3.9

D'altra parte, alcuni prodotti sono concepiti specificamente per avere un'obsolescenza programmata che fa terminare anzitempo la loro durata, il che obbliga ad acquistarne di nuovi, contrariamente ai criteri di sostenibilità e spesa efficiente del consumatore, come già il CESE ha avuto modo di rimarcare (7).

3.10

In genere, nei consumatori economicamente vulnerabili l'insicurezza viene generata da un'offerta di prodotti la cui commercializzazione non è convenzionale, compresa quella digitale, e che frequentemente cerca di attirare la domanda di questo gruppo attraverso richiami insiti nel prezzo, nelle facilitazioni di pagamento, negli sconti fittizi (a volte attraverso i «prezzi dinamici» (8) che andrebbero espressamente proibiti), nei coupon e nei buoni che in non poche occasioni implicano un chiaro stimolo ad acquistare, in base alla posizione asimmetrica dei partecipanti a un'operazione commerciale. Spesso, sulle pagine web di comparazione dei prezzi non è indicata chiaramente l'identità del commerciante che gestisce quella pagina web e/o se i commercianti pagano per mostrare i loro prodotti o servizi.

3.11

Bisogna tuttavia tener conto che un utilizzo ottimale delle nuove tecnologie offre anche delle opportunità ai consumatori economicamente deboli, in quanto viene ampliato il ventaglio delle offerte di prodotti ed è promossa la concorrenza tra le imprese, abbassando quindi i costi di distribuzione non connessi al prodotto offerto.

3.12

In generale, una pratica commerciale che implichi una diminuzione delle garanzie a cui il consumatore ha diritto quale corrispettivo di una riduzione di prezzo per il prodotto o servizio offerto comporta una minore protezione dei diritti e interessi economici dei consumatori stessi. Da tutto ciò deriva una loro maggiore vulnerabilità che favorisce lo sviluppo di contraccolpi negativi i quali, a loro volta, possono portare il consumatore economicamente debole per effetto della crisi ad affrontare nuove difficoltà.

3.13

Inoltre, con particolare riferimento alla salute dei consumatori economicamente vulnerabili, appare opportuno sottolineare l'impatto crescente della povertà energetica nelle regioni europee in cui le caratteristiche climatiche hanno un'importanza decisiva al riguardo. Per questo motivo bisogna tenere sotto osservazione anche quelle circostanze di «tregua invernale» o di qualsiasi altro tipo che possano essere prese in considerazione dalle imprese del settore in situazioni di rischio derivanti da una sospensione delle erogazioni di energia in caso di difficoltà di pagamento, una situazione che è in particolare riconducibile al mutare delle circostanze economiche.

3.14

In generale, bisognerebbe ricordare anche le pratiche pregiudizievoli che alcune imprese possono esercitare e che frequentemente causano danni irreparabili nelle economie familiari già malferme, specialmente quelle connesse a certi istituti di deposito e di risparmio e a prodotti finanziari che non forniscono informazioni veritiere e le opportune garanzie di contrattazione, come avviene nel caso dei crediti al consumo con tassi di interesse annui particolarmente elevati. Per molti consumatori queste pratiche pregiudizievoli hanno significato «la crisi al di là della crisi», vale a dire l'annientamento delle loro aspettative future arrivando a situazioni quali il sovraindebitamento familiare o persino l'insolvenza totale della famiglia.

3.15

Le circostanze indicate nel punto precedente possono valere anche per settori più specifici, come la crisi dei mutui subprime, l'underinsurance, ecc., che si ripercuotono su una debolezza accumulata e continuata che è difficilmente affrontabile per i consumatori esposti a questa situazione. Particolare riferimento va fatto alla riscossione abusiva di commissioni legate spesso alla mancanza di trasparenza bancaria, il che finisce col defraudare non solo i piccoli risparmiatori, ma anche gli investitori privati, in rapporto ad operazioni in titoli alle quali sono spinti dai loro stessi istituti finanziari oppure da altri enti che operano nel settore senza la necessaria autorizzazione.

3.16

A livello di scambi transfrontalieri, l'applicazione non uniforme della direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali (9) implica il rischio di non centrare pienamente l'obiettivo, che era garantire una maggiore sicurezza giuridica per le imprese. Un più corretto recepimento della direttiva contribuirebbe a migliorare la protezione dei consumatori. Così, ora la Commissione deve garantire la corretta applicazione di tale direttiva in tutti gli Stati membri, che sarebbe agevolata da una rapida adozione di «orientamenti» che ne facilitino l’interpretazione, conformemente alle finalità della direttiva stessa.

3.17

Per quanto concerne le pratiche commerciali sleali, è essenziale che la Commissione monitori l'aspetto relativo alle misure necessarie che gli Stati membri adottano qualora non sia rispettato il disposto della direttiva. La sanzione che si dovrebbe applicare, in linea generale, non deve essere inferiore al beneficio ottenuto attraverso una pratica considerata sleale o ingannevole. Anche le procedure, ivi comprese quelle giudiziali, devono essere adeguate ed efficaci per il conseguimento delle finalità della direttiva.

3.18

In futuro, per garantire una maggiore coerenza al diritto dell'Unione, sarebbe opportuno rivedere, simultaneamente e in sincronia, la direttiva sulle pratiche commerciali sleali e la direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa, come il CESE ha già sottolineato (10).

3.19

In conclusione, si tratta di impedire la trasformazione del mercato unico in un altro mercato bipolare il cui volto meno gentile è rivolto ai meno abbienti e ai più bisognosi. L'applicazione delle pratiche commerciali deve essere più scrupolosa quando esse sono rivolte ai consumatori più deboli sul piano economico. Occorre tenere conto delle esigenze di accesso dei consumatori ai prodotti, ai servizi e alle prestazioni di base, con un approvvigionamento sufficiente e continuato per condurre una vita dignitosa, che devono essere tutelate dalle autorità pubbliche competenti.

4.   Le proposte di azione istituzionale per combattere la fragilità economica dei consumatori sopraggiunta a causa della crisi

4.1

Il CESE esorta le autorità competenti ad adottare misure efficaci per garantire un accesso sicuro ai prodotti e servizi basilari, oltre che una protezione esplicita ed effettiva dei diritti dei consumatori e degli utenti che per il mutare delle circostanze economiche hanno risentito in misura considerevole della crisi economica e finanziaria, allo scopo di evitarne l'esclusione sociale — come già indicato dal CESE — attraverso misure quali la regolazione del sovraindebitamento delle famiglie (11), che mira ad attenuare l'intensissima pressione finanziaria cui sono esposti determinati segmenti della popolazione.

4.2

D'altro canto, la protezione specifica dei diritti dei consumatori economicamente vulnerabili per effetto della crisi e, in particolare, il loro acceso dignitoso al mercato dei prodotti e servizi basilari implicano una sfida di fondo per le politiche pubbliche europee di tutela del consumatore nell'applicazione delle norme corrispondenti.

4.3

Le diverse misure possono essere suddivise in quattro tipologie, ossia con finalità preventiva, di protezione, di attenuazione o di recupero.

4.4

Nella definizione di un piano di azione andranno previste, come minimo, delle azioni che rientrino in queste differenti categorie di misure d'intervento.

4.5

In primo luogo, bisognerebbe costituire un fondo finanziato con gli importi delle sanzioni pecuniarie irrogate a coloro che violano la legge in materia di consumo, destinando tali risorse finanziarie alle finalità della politica di protezione dei consumatori, specialmente alle azioni di interesse generale (attraverso lo strumento della «class action») che vanno a beneficio di tutti i cittadini realizzate dalle associazioni di consumatori e dalle amministrazioni pubbliche, nonché da altri soggetti che possano mettere a punto azioni nel quadro dell'attuazione di questa politica, secondo quanto stabilito da ciascuno Stato membro.

4.6

Nei casi in cui siano state commesse violazioni gravi comportanti un rischio o un danno effettivo per la salute delle persone e la loro sicurezza, sarà necessario rafforzare i poteri sanzionatori delle autorità competenti, dotandole tra l'altro della facoltà di intervenire confiscando e/o espropriando gli strumenti o beni utilizzati e facendo cessare le attività dell'impresa, sempre nel pieno rispetto di tutte le garanzie dello Stato di diritto.

4.7

Le misure di natura preventiva sono quelle che influiscono sui differenti fattori esterni che contribuiscono all'aumento del numero dei consumatori divenuti economicamente vulnerabili per effetto della crisi economica, o al sorgere di situazioni e pratiche che possono influire su questi consumatori in modo differenziato.

4.8

Oltre ad occuparsi dei fattori esterni, bisogna adottare misure volte a rafforzare i rappresentanti dei consumatori nella loro funzione di parti economiche e sociali, oltre a incoraggiarli a partecipare, tra l'altro, a progetti cooperativi, acquisti collettivi o di economia collaborativa.

4.9

Un'altra misura fondamentale di carattere preventivo è la creazione di un osservatorio che effettui un monitoraggio delle politiche strategiche adottate in settori critici quali i servizi d'interesse generale, l'audiovisivo, i combustibili, le banche, gli oligopoli, l'energia, l'edilizia abitativa, ecc., che possono costituire un rischio al quale risultano maggiormente esposti i consumatori più fragili.

4.10

In sintesi, si tratta di azioni connesse agli scenari economici, finanziari e occupazionali, nonché a quelli derivanti dall'impatto avverso che le nuove tecnologie possono avere sull'accesso al mercato di beni e servizi, nel quadro della protezione dei diritti dei consumatori e degli utenti. In quest'ottica, vanno incluse anche le attività pubblicitarie e di marketing che possano indurre a prendere decisioni incompatibili con la situazione attraversata, oppure che distorcono i criteri di acquisto.

4.11

Le misure di protezione sono quelle che rafforzano i meccanismi di difesa dei consumatori e degli utenti in situazioni di inferiorità o subordinazione, specialmente quelle concernenti l'accesso alla protezione tecnica e giuridica, oltre che al risarcimento e alla riparazione dei danni, tenuto conto della speciale situazione di debolezza economica in cui si trovano i consumatori per effetto della crisi.

4.12

Occorre rafforzare la cooperazione tra le autorità nazionali e la Commissione, e procedere a una completa revisione del campo di applicazione, introducendo meccanismi equivalenti di verifica, armonizzando le sanzioni, aumentando l'efficacia e prevedendo i meccanismi di funzionamento del regolamento 2006/2004 sulla cooperazione in materia di protezione dei consumatori. Analogamente, i consumatori devono poter disporre di prodotti e servizi sicuri, il che comporta una vigilanza efficace dei mercati; per questo motivo il CESE auspica che venga approvata la revisione della normativa sulla sicurezza dei prodotti.

4.13

Gli interventi di attenuazione fanno riferimento alle azioni rivolte ai consumatori la cui situazione economica è già diventata vulnerabile a causa della crisi economica. Lo scopo di tali interventi è quello di aiutare questi consumatori a far fronte a tali conseguenze, nella misura in cui ciò renda possibile un futuro soddisfacimento delle loro necessità di base in rapporto a un livello di vita dignitoso.

4.14

Sia in questo tipo di misure che in quelle che gli Stati membri potrebbero adottare ai fini della ripresa, è importante prevedere — in alcuni casi — l'assistenza di reti familiari e sociali di sostegno che a loro volta dovrebbero poter contare sull'appoggio delle istituzioni, che è necessario per svolgere questo ruolo. Anche i fondi strutturali potrebbero contribuire alla costituzione di questi fondi di solidarietà, diretti a evitare l'esclusione sociale, attraverso il conseguimento dei loro obiettivi.

4.15

Tra le misure di ripresa sono comprese tutte quelle che permettono di promuovere alternative che consentono di superare la situazione di debolezza economica per arrivare a condizioni di effettiva sostenibilità. A tale proposito si propone di elaborare e di attuare un «piano di salvataggio per i cittadini» che contribuisca a rimettere in sesto l'economia delle famiglie partendo dal recupero del potere d'acquisto dei consumatori, che compensi le perdite e le limitazioni subite durante la crisi economica e che sia l'equivalente delle misure stabilite per il salvataggio delle banche di cui godono gli istituti finanziari. L'attuazione di tali misure sarebbe maggiormente conforme alle linee guida delle Nazioni Unite per la protezione del consumatore pubblicate nel 1999 (punto 5), secondo le quali «le politiche tese a promuovere il consumo sostenibile devono avere come obiettivo l'eliminazione della povertà, il soddisfacimento delle necessità basilari di tutti i membri della società e la riduzione delle diseguaglianze, sia a livello nazionale che nei rapporti tra Stati».

4.16

Inoltre, l'articolo 34, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, al fine di lottare contro l'esclusione sociale e la povertà, conferisce all'Unione e agli Stati membri la facoltà di definire misure per garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti.

4.17

Si ritiene infine interessante la realizzazione di studi e ricerche riguardo ai fattori che innescano e favoriscono lo sviluppo della debolezza economica dei consumatori.

4.18

Tra i fattori che possono ostacolare il funzionamento del mercato interno, rientra la questione della violenza economica ai danni dei consumatori al momento della trattativa, dovuta alla situazione di squilibrio e di subordinazione in cui essi si trovano. Tale situazione può influenzare la volontà del consumatore e costituire un vizio di volontà nella manifestazione del consenso durante la stipula di un contratto. Nei casi di questo tipo ai consumatori vengono imposti accordi che essi non avrebbero concluso o accettato, oppure clausole che prevedono oneri sproporzionati che essi non avrebbero accettato volontariamente nell'adottare le loro decisioni.

4.19

Il CESE dovrebbe riflettere su questo vizio, che incide sul consenso contrattuale dei consumatori, e sulla distorsione della concorrenza, che impedisce il corretto funzionamento del mercato interno. Le altre istituzioni dell’Unione dovranno dedicare la debita attenzione a questi fenomeni, adottando le misure necessarie per impedire che nelle trattative con i consumatori si ricorra alla violenza economica approfittando della loro condizione di inferiorità.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Parametro statistico messo a punto nel 2010 dalle Nazioni Unite e dall'Università di Oxford per valutare la natura e l'intensità della povertà.

(2)  GU L 84 del 20.3.2014, pag. 42.

(3)  GU C 181 del 21.6.2012, pag. 89.

(4)  GU C 271 del 19.9.2013, pag. 86.

(5)  Oggetto di indagini da parte dell'Unità contro il traffico di prodotti illeciti dell'Interpol (Operazione Opson).

(6)  Farmaci in vendita libera senza prescrizione o ricetta (over the counter).

(7)  GU C 67 del 6.3.2014, pag. 23.

(8)  Strumento di marketing che consiste in un sistema flessibile di fissazione dei prezzi, in funzione dell'offerta e della domanda in un determinato momento, e che fa credere al consumatore di beneficiare di uno sconto in realtà inesistente.

(9)  GU L 149 dell'11.6.2005, pag. 22.

(10)  GU C 271 del 19.9.2013, pag. 61.

(11)  GU C 311 del 12.9.2014, pag. 38.


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

I seguenti emendamenti sono stati respinti nel corso del dibattito, ma hanno ottenuto più di un quarto dei voti espressi (articolo 54, paragrafo 3, del Regolamento interno):

a)   Punto 1.3

Modificare come segue:

D'altro canto, con la crisi economica si osserva una tendenza generale e costante all'indebolimento progressivo della situazione economica dei consumatori potenziali, che induce a prevedere che questo divario nei consumi possa continuare ad allargarsi. Finora le autorità pubbliche non hanno proposto misure sistematiche in grado di avvertire e difendere i consumatori da un tale deterioramento.

Motivazione

È necessario specificare che cosa si è progressivamente indebolito.

Esito della votazione

Voti favorevoli:

49

Voti contrari:

86

Astensioni:

3

b)   Punto 3.5

Modificare come segue:

Potrebbero persino registrarsi pratiche commerciali abusive che, attraverso una drastica riduzione del prezzo, propongono la vendita di prodotti che non soddisfano più le condizioni per essere commercializzati, e lo stesso può avvenire nell'ambito della prestazione di servizi. Per questo motivo andranno adottate al riguardo tutte le misure che risultino necessarie per evitare, se del caso, la commercializzazione illegale di questi prodotti, mediante un intervento fattivo e vigile da parte degli Stati membri; come segnalato dal CESE (1), si dovrebbe rafforzare la cooperazione tra i rispettivi organi nazionali competenti e la Commissione, approvando la revisione della legislazione sulla sicurezza dei prodotti, che dovrebbe entrare in vigore immediatamente.

Motivazione

Non si possono vendere prodotti o servizi che non soddisfano le condizioni per essere commercializzati. La loro vendita risulta pertanto illegale.

Esito della votazione

Voti favorevoli:

42

Voti contrari:

77

Astensioni:

14

I seguenti brani del parere della sezione sono stati modificati in favore degli emendamenti adottati dall'Assemblea, ma hanno ottenuto più di un quarto dei voti espressi (articolo 54, paragrafo 4, del Regolamento interno):

c)   Punto 4.9

Aggiungere il seguente nuovo punto dopo l'attuale punto 4.8.

Un'altra misura fondamentale di carattere preventivo è la creazione di un osservatorio che effettui un monitoraggio delle politiche strategiche adottate in settori critici quali i servizi d'interesse generale, l'audiovisivo, i combustibili, le banche, gli oligopoli, l'energia, l'edilizia abitativa, ecc., che possono costituire un rischio al quale risultano maggiormente esposti i consumatori più fragili.

Motivazione

Sarà presentata oralmente.

Esito della votazione

Voti favorevoli:

60

Voti contrari:

58

Astensioni:

9

d)   Punto 4.14 (nuovo punto 4.15)

Modificare come segue.

Tra le misure di ripresa sono comprese tutte quelle che permettono di promuovere alternative che consentono di superare la situazione di debolezza economica per arrivare a condizioni di effettiva sostenibilità. A tale proposito si propone di elaborare e di attuare un «piano di salvataggio per i cittadini» che contribuisca a rimettere in sesto l'economia delle famiglie partendo dal recupero del potere d'acquisto dei consumatori, che compensi le perdite e le limitazioni subite durante la crisi economica e che sia l'equivalente delle misure stabilite per il salvataggio delle banche di cui godono gli istituti finanziari. L'attuazione di tali misure sarebbe maggiormente conforme alle linee guida delle Nazioni Unite per la protezione del consumatore pubblicate nel 1999 (punto 5), secondo le quali «le politiche tese a promuovere il consumo sostenibile devono avere come obiettivo l'eliminazione della povertà, il soddisfacimento delle necessità basilari di tutti i membri della società e la riduzione delle diseguaglianze, sia a livello nazionale che nei rapporti tra Stati».

Motivazione

Sarà presentata oralmente.

Esito della votazione

Voti favorevoli:

66

Voti contrari:

63

Astensioni:

11


(1)  Parere sul tema Vigilanza del mercato, GU C 271 del 19.9.2013, pag. 86.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/10


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Le donne nella scienza»

(parere d’iniziativa)

(2015/C 012/02)

Relatrice:

Mme VAREIKYTĖ

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 22 gennaio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Le donne nella scienza.

(parere d’iniziativa)

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 30 settembre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 169 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il futuro dell'Unione europea dipende dalla ricerca e dall'innovazione e, per rimanere competitiva su scala mondiale, l'Europa ha bisogno di 1 milione di ricercatori in più entro il 2020. Se si raggiungesse l'obiettivo di investire il 3 % del PIL dell'UE nella R&S entro il 2020, la ricerca potrebbe anche creare 3,7 milioni di posti di lavoro e aumentare il PIL annuale dell'UE di 795 miliardi di euro entro il 2025 (1).

1.2

Promuovere la parità di genere e le pari opportunità per le donne e gli uomini è un impegno assunto dall'UE in tutti i suoi settori d'intervento, compresa la ricerca e l'innovazione (R&I). I dati disponibili a livello europeo mostrano uno squilibrio impressionante tra donne e uomini nel settore della ricerca in Europa (2).

1.3

L'equilibrio di genere è fondamentale per il buon funzionamento di un sistema di ricerca. Per realizzare i loro obiettivi strategici nel campo della ricerca, gli Stati membri e l'UE nel suo complesso devono sfruttare tutte le risorse umane di cui dispongono.

Alla Commissione europea:

1.4

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esorta la Commissione europea a rivolgere agli Stati membri una raccomandazione contenente orientamenti comuni sulle modifiche istituzionali necessarie per promuovere la parità di genere nelle università e negli istituti di ricerca, come annunciato nella comunicazione del 2012 sullo Spazio europeo della ricerca (SER).

1.5

La raccomandazione dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a eliminare gli ostacoli — giuridici e di altro tipo — all'assunzione, alla permanenza e all'avanzamento di carriera delle ricercatrici, come pure ad affrontare gli squilibri uomo-donna nei processi decisionali e a rafforzare la dimensione di genere nei programmi di ricerca.

1.6

Inoltre, il Comitato invita la Commissione a continuare a sviluppare e attuare programmi di sensibilizzazione per incoraggiare più ragazze a studiare le discipline STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e più donne a lavorare nella ricerca.

1.7

Si dovrebbe garantire una più stretta cooperazione tra le direzioni generali pertinenti della Commissione (DG Istruzione e cultura e DG Ricerca e innovazione).

1.8

Il Comitato raccomanda altresì di raccogliere e diffondere dati disaggregati per genere relativi alla ricerca e all'innovazione nel quadro di Eurostat.

Agli Stati membri:

1.9

Gli Stati membri dovrebbero prefiggersi di migliorare il loro quadro giuridico e politico per la parità di genere nel campo della ricerca, in base alle raccomandazioni formulate nella comunicazione sul SER e nel programma Orizzonte 2020.

1.10

Il Comitato invita gli Stati membri a garantire che la spesa per la ricerca e lo sviluppo arrivi al 3 % del PIL, come stabilito nella strategia Europa 2020.

1.11

Gli Stati membri dovrebbero anche mettere a disposizione i fondi strutturali europei e altri programmi di finanziamento per iniziative di modifica istituzionale, in linea con la comunicazione sul SER.

1.12

La valutazione, l'accreditamento e il finanziamento degli istituti e degli organismi di ricerca dovrebbero essere legati ai risultati ottenuti in termini di parità di genere.

1.13

Gli Stati membri, insieme con gli istituti di ricerca pubblici/nazionali e le parti sociali, dovrebbero esplorare dei modi per garantire l'equilibrio lavoro-vita privata mettendo a punto e attuando politiche favorevoli alle famiglie rivolte sia ai ricercatori che alle ricercatrici.

1.14

Gli Stati membri dovrebbero sostenere e rafforzare il dialogo tra gli istituti di ricerca, le imprese e le parti sociali interessate.

Ai soggetti interessati del settore della ricerca:

1.15

Il CESE esorta gli istituti di ricerca e le università a garantire l'equilibrio di genere nei loro organi decisionali, di selezione e di altro tipo.

1.16

Gli sforzi volti a garantire la parità di genere devono rientrare nei processi di pianificazione degli istituti di ricerca, delle università e dei rispettivi dipartimenti.

1.17

Il Comitato invita a intensificare il dialogo con gli editori e i curatori di pubblicazioni scientifiche al fine di rimuovere ogni discriminazione di genere e aumentare i contributi delle scienziate a tali pubblicazioni, editoriali, recensioni e articoli scientifici.

2.   Quadro della situazione attuale  (3)

2.1

Nel 2005, il Consiglio europeo ha fissato come obiettivo che il 25 % dei principali posti di ricerca del settore pubblico dovessero essere occupati da donne. Tuttavia, uno squilibrio di genere continua a registrarsi nei processi decisionali: nel 2010, infatti, solo il 15,5 % degli istituti era diretto da donne, e solo il 10 % dei rettori universitari erano di sesso femminile.

2.2

Persiste una segregazione orizzontale tra diversi settori economici e ambiti scientifici. La proporzione di donne ricercatrici è superiore nei settori più elevati dell'istruzione e dello Stato piuttosto che nel settore dell'imprenditoria privata. In tutta l'UE, tra i professori (grado A), la percentuale più elevata di donne si registra nelle discipline umanistiche e nelle scienze sociali (28,4 % e 19,4 % rispettivamente), e quella più bassa nel campo dell'ingegneria e della tecnologia (7,9 %).

2.3

La carriera accademica delle donne, inoltre, resta caratterizzata da una notevole segregazione verticale. Nel 2010, la percentuale di studentesse (55 %) e laureate (59 %) era superiore a quella dei loro omologhi di sesso maschile, ma gli uomini superavano le donne tra gli studenti e i titolari di dottorato (nel caso del dottorato, infatti, la percentuale di studentesse rimaneva al 49 % e quella di titolari al 46 %). Inoltre le donne costituivano il 44 % del personale accademico di grado C, il 37 % di quello di grado B e solo il 20 % di quello di grado A. La sotto-rappresentanza delle donne è ancora più evidente nel settore delle scienze e dell'ingegneria, dove esse rappresentano solo il 33 % del personale accademico di grado C, il 23 % di grado B e soltanto l'11 % di grado A (4).

2.4

Raggiungere un giusto equilibrio tra vita personale e professionale resta un elemento fondamentale per realizzare la parità di genere. Non è solo il «soffitto di cristallo» a ostacolare la carriera delle ricercatrici, ma anche il cosiddetto «muro materno», poiché sono ancora le donne a portare il fardello principale dell'assistenza e del lavoro domestico.

2.5

Tra gli altri ostacoli e vincoli importanti all'assunzione, alla permanenza e all'avanzamento di carriera delle donne nel sistema scientifico europeo figurano: mancanza di democrazia e trasparenza nei processi di assunzione e promozione, discriminazioni di genere nella valutazione delle prestazioni, opacità all'interno degli organi decisionali e persistenza di stereotipi riguardanti le ragazze/donne e la scienza. Gli istituti di ricerca europei devono ancora intraprendere una modernizzazione sostanziale per creare condizioni strutturali atte a garantire pari opportunità alle donne e agli uomini.

3.   Vantaggi della parità di genere nella ricerca e nell'innovazione

3.1

La ricerca e l'innovazione (R&I) sono motori essenziali della crescita economica europea, e l'Europa ha bisogno di 1 milione di ricercatori in più per rimanere competitiva su scala mondiale. La ricerca e l'innovazione non sono soltanto condizioni necessarie perché l'UE diventi una società della conoscenza, ma, se si raggiungesse l'obiettivo di investire il 3 % del PIL dell'UE nella R&S entro il 2020, potrebbero anche creare 3,7 milioni di posti di lavoro e aumentare il PIL annuale dell'UE di 795 miliardi di euro entro il 2025 (5).

3.2

La parità di genere è fondamentale per il buon funzionamento di un sistema di ricerca. Per realizzare i loro obiettivi strategici nel campo della ricerca, gli Stati membri e l'UE nel suo complesso devono sfruttare tutto il capitale umano di cui dispongono, in termini di capacità e di risorse. Attingere pienamente al potenziale costituito dalle competenze, dalle conoscenze e dalle qualifiche delle donne contribuirà a promuovere la crescita, l'occupazione e la competitività europea, tutti fattori chiave di un'economia prospera.

3.3

Affinché la ricerca di qualità elevata abbia un impatto sulla società, occorre prendere in considerazione tutta una serie di soluzioni diverse. Ciò si può garantire al meglio quando le comunità di ricercatori sono eterogenee e quando hanno la capacità di cooperare in modo intra- e interdisciplinare. La ricerca e l'istruzione fanno parte integrante della formulazione delle politiche e dell'amministrazione pubblica, e contribuiscono a dare vita a un dibattito pubblico più critico, vario e aperto (6).

3.4

L'assunzione di un maggior numero di donne nel settore della ricerca può aumentare le risorse in materia di conoscenza, migliorare la qualità della produzione di conoscenze e rendere il settore più forte e competitivo. Alcuni studi suggeriscono che i gruppi di ricercatori eterogenei siano più solidi e innovativi di quelli omogenei (7) e che la diversità in termini di conoscenze e capitale sociale all'interno dei gruppi sia importante per dare vita a nuove idee (8). Inoltre, le innovazioni legate al genere nel campo delle scienze, della medicina, dell'ingegneria e dell'ambiente utilizzano l'analisi basata su sesso e genere come risorsa per stimolare l'emergere di nuove idee, nuovi servizi e nuove tecnologie (9).

3.5

Dal confronto tra i punteggi registrati dagli Stati membri nell'Indice della parità di genere (GEI), sembra che i paesi con i punteggi più elevati tendano a investire una quota più consistente del loro PIL in ricerca e sviluppo e ottengano risultati migliori a livello di innovazione.

3.6

Incorporare l'analisi di genere nei contenuti della R&I garantisce che la ricerca, così come le innovazioni attuali, tenga adeguatamente conto delle esigenze, dei comportamenti e degli atteggiamenti sia delle donne che degli uomini. Gli studi mostrano che l'inserimento dell'analisi basata su sesso e genere aumenta la pertinenza e la qualità di ricerca e innovazione. L'analisi di genere apporta un valore aggiunto alla società e alle imprese rendendo la ricerca capace di rispondere alle esigenze di una comunità di utenti ampia e differenziata e creando processi d'innovazione più inclusivi, come dimostra il progetto di innovazioni basate sul genere (Gendered Innovation Project) (10).

4.   Azioni strategiche a livello europeo

4.1

Il Comitato esorta la Commissione europea a rivolgere agli Stati membri una raccomandazione contenente orientamenti comuni sulle modifiche istituzionali necessarie a promuovere la parità di genere nelle università e negli istituti di ricerca, come annunciato nella comunicazione del 2012 sullo Spazio europeo della ricerca (SER). La raccomandazione dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a eliminare gli ostacoli — giuridici e di altro tipo — all'assunzione, alla permanenza e all'avanzamento di carriera delle ricercatrici, come pure ad affrontare gli squilibri uomo-donna nei processi decisionali e a rafforzare la dimensione di genere nei programmi di ricerca. Essa dovrebbe comprendere anche un elenco esauriente delle pratiche più efficaci adottate nei paesi del SER.

4.2

Inoltre, il Comitato invita la Commissione a continuare, a sviluppare e attuare programmi di sensibilizzazione per incoraggiare più ragazze a studiare le discipline STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e più donne a lavorare nella ricerca, nonché programmi speciali di orientamento e assistenza professionale. A questo proposito, si dovrebbe garantire una più stretta cooperazione tra le direzioni generali pertinenti della Commissione (DG Istruzione e cultura e DG Ricerca e innovazione). Tale cooperazione consentirebbe di compiere sforzi congiunti per garantire risultati migliori in termini di parità di genere, ricerca e istruzione in generale.

4.3

La Commissione dovrebbe garantire la parità di genere nei programmi dell'UE in materia di istruzione e di mobilità dei ricercatori.

4.4

Il CESE raccomanda inoltre di raccogliere e diffondere dati disaggregati per genere relativi alla ricerca e all'innovazione nel quadro di Eurostat, così da garantire indicatori più affidabili e comparabili e una maggiore semplicità nei processi di raccolta di dati e monitoraggio, il che contribuirebbe a sviluppare la strategia per la parità tra donne e uomini post-2015.

5.   Interventi nazionali e istituzionali

5.1

Il CESE esorta gli Stati membri ad allineare le loro politiche nazionali sulla parità di genere nel campo della ricerca e dell'innovazione alle decisioni adottate a livello dell'UE riguardo allo Spazio europeo della ricerca e al programma Orizzonte 2020.

5.2

Il Comitato invita gli Stati membri a garantire che la spesa per la ricerca e lo sviluppo arrivi al 3 % del PIL, come stabilito nella strategia Europa 2020. Attualmente, la spesa media in R&S dell'UE-28 è pari al 2,07 % (11), il che ostacola la crescita economica e la creazione di posti di lavoro e impedisce agli istituti di ricerca di sfruttare appieno le risorse intellettuali disponibili.

5.3

Gli Stati membri dovrebbero creare e attuare programmi di sensibilizzazione specificamente concepiti per incoraggiare più le ragazze a studiare le discipline STEM e più le donne a lavorare nella ricerca, iniziando con la promozione di queste materie nelle scuole.

5.4

Il CESE ritiene che una delle misure più efficaci per migliorare l'equilibrio di genere nell'istruzione e nella ricerca consista nell'offrire incentivi finanziari agli istituti di istruzione e ricerca che dimostrino di aver compiuto dei veri progressi in questo campo. Gli Stati membri dovrebbero collegare la valutazione, l'accreditamento e il finanziamento degli istituti e degli organismi di ricerca ai risultati ottenuti in termini di parità di genere.

5.5

Al fine di creare una base solida per i tanto necessari cambiamenti strutturali negli istituti e organismi di ricerca europei, gli Stati membri e le rispettive istituzioni dovrebbero mettere a punto un metodo di monitoraggio e valutazione dell'efficacia degli interventi a favore della parità di genere.

5.6

Gli Stati membri, insieme con i rispettivi istituti di ricerca e istruzione e le parti sociali, dovrebbero esplorare dei modi per garantire l'equilibrio lavoro-vita privata mettendo a punto e attuando politiche favorevoli alle famiglie rivolte sia ai ricercatori che alle ricercatrici, prevedendo ad esempio strutture di custodia per i bambini, possibilità di telelavoro o lavoro a tempo parziale, ecc.

5.7

Il CESE esorta gli istituti di ricerca a garantire una rappresentanza equilibrata in termini di genere nei loro organi decisionali, di selezione e di altro tipo.

5.8

Gli sforzi volti a garantire la parità di genere devono rientrare nei processi di pianificazione degli istituti di ricerca, delle università e dei rispettivi dipartimenti. Occorre mettere a punto dei piani di azione, a tutti i livelli, che prevedano la presentazione di relazioni annuali sugli obiettivi quantificati da conseguire, le misure adottate e i risultati ottenuti. È necessario coinvolgere più attivamente i dipartimenti in questo processo e affidare loro la responsabilità di decidere in merito ai propri obiettivi e misure specifici. Anche le donne dovrebbero partecipare a questo tipo di pianificazione per garantire che le ricercatrici e i loro settori di interesse non vengano trascurati.

5.9

La scienza e l'innovazione portano enormi vantaggi alle imprese. Pertanto, gli Stati membri dovrebbero sostenere e rafforzare il dialogo tra gli istituti di ricerca, le imprese e le parti sociali interessate. Tale dialogo potrebbe garantire che la ricerca sia maggiormente collegata alle imprese e aiutare gli istituti di ricerca a diversificare i loro bilanci.

5.10

Il Comitato invita a intensificare il dialogo con gli editori e i curatori di pubblicazioni scientifiche al fine di rimuovere ogni discriminazione di genere e aumentare i contributi delle scienziate a tali pubblicazioni, editoriali, recensioni e articoli scientifici.

5.11

Si dovrebbe anche garantire il dialogo tra scienziati di diverse generazioni, rafforzando così la cooperazione nella ricerca e fornendo opportunità di apprendimento informale ai giovani ricercatori.

5.12

La dirigenza esercita un'influenza notevole sulle attività di ricerca e svolge un ruolo cruciale nello sviluppo della qualità. Tanto le donne quanto gli uomini devono poter partecipare a formazioni che consentano loro di assumere incarichi di alto livello. Ai dirigenti deve essere impartita una formazione sulle questioni relative alla parità di genere nella ricerca, che rappresenta un settore di competenza a se stante.

5.13

Il Comitato approva l'istituzione di premi nazionali e internazionali, come il programma For Women in Science  (12), dell'UNESCO-L'Oréal, Athena Swan  (13) e altre iniziative, poiché non si limitano ad incoraggiare le donne a svolgere attività scientifiche e a invitare le istituzioni a realizzare dei cambiamenti strutturali, ma diventano anche uno strumento di comunicazione molto efficace per promuovere la parità di genere.

6.   Esempi di politica del personale e misure organizzative

6.1

Una delle misure adottate per promuovere l'equilibrio di genere è la discriminazione positiva moderata, come previsto dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e nei limiti stabiliti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea. Questo approccio consente di dare la precedenza, tra più candidati in possesso all'incirca delle stesse qualifiche, a quelli appartenenti al genere che conta meno del 40 % di dipendenti nei posti della stessa categoria.

6.2

Gli istituti di ricerca e le università hanno due modi diversi per contrastare possibili discriminazioni di genere nel quadro delle assunzioni. Il primo consiste nello stabilire delle linee guida per garantire che le procedure di nomina siano sottoposte al controllo del consiglio di facoltà, del mediatore per le pari opportunità o di un altro organo responsabile. Il secondo approccio consiste nell'esigere che le facoltà presentino dei rendiconti relativi alle assunzioni, in modo che possano essere messe a punto delle statistiche, ripartite per genere, riguardanti i candidati a un determinato posto, quelli che hanno superato la prima selezione e quelli infine assunti. È importante contrastare le pratiche di nomina informali, poiché esse tendono a favorire gli uomini. Ciò include gli «inviti informali» a candidarsi per un posto, così come la formulazione delle offerte di lavoro tesa a far sì che corrispondano meglio alle qualifiche ed esperienze dei candidati di sesso maschile.

6.3

Si possono creare dei programmi su misura e mettere a disposizione strutture per la custodia dei bambini, e queste opportunità possono essere indicate nelle offerte di lavoro per attirare più candidati. Anche offrire la possibilità di prorogare una borsa di studio dopo un congedo parentale risulta efficace per attirare più candidati di entrambi i sessi.

6.4

Diversi paesi europei hanno costituito banche dati separate per le scienziate ed esperte. Tali banche sono molto utili quando si è alla ricerca di uno scienziato in particolare oppure di uno scienziato che disponga di competenze specifiche da inserire in un team o in un istituto di ricerca in cui le donne sono sotto-rappresentate.

6.5

Occorre promuovere l'inserimento della dimensione di genere nella preparazione dei bilanci per garantire che la valutazione dei bilanci e la distribuzione delle risorse tengano conto di quest'aspetto. Ciò impone di inserire una prospettiva di genere a tutti i livelli del processo di bilancio, consentendo così di monitorare e valutare la parità e di intervenire in modo mirato laddove necessario.

6.6

Si potrebbero creare fondi speciali a livello nazionale e/o istituzionale destinati specificamente a fornire un sostegno finanziario alle ricercatrici nelle discipline con un basso tasso di presenza femminile. Inoltre, gli istituti e/o i dipartimenti attivamente impegnati nella promozione della parità di genere che dimostrano di ottenere risultati validi possono essere ricompensati tramite diversi programmi di incentivi.

6.7

La parità di genere tra i docenti di ruolo e nelle commissioni si potrebbe migliorare incoraggiando i dipartimenti ad invitare scienziate di paesi terzi come professori ospiti e membri di commissioni.

6.8

I datori di lavoro dovrebbero astenersi dall'esigere un livello elevato di specializzazione nelle offerte di posti di ricerca e ricerca post-dottorale, al fine di attirare un maggior numero di candidati ed evitare una selezione prematura di questi ultimi.

6.9

Tutte le commissioni di nomina dovrebbero comprendere membri di sesso femminile ed essere equilibrate in termini di genere. Questo potrebbe contribuire a favorire la presentazione e l'accettazione di candidature femminili.

6.10

La consapevolezza di genere e le conoscenze relative alla parità di genere dovrebbero rientrare nei programmi di formazione alla gestione. Il possesso di qualifiche nel campo della parità di genere può costituire un criterio nella scelta dei candidati ai posti di dirigente, e far parte della valutazione della gestione (14).

6.11

È cruciale monitorare la parità di genere tramite indicatori adeguati relativi alle risorse umane e all'assegnazione delle risorse finanziarie. Pertanto, la raccolta dei dati che è alla base di questo processo dovrebbe sempre rispettare il principio della disaggregazione per genere.

6.12

I gruppi di ricercatori hanno un effetto di stimolo sull'ambiente della ricerca. Alcuni studi hanno dimostrato che i gruppi comprendenti persone di formazione diversa hanno maggiori possibilità di arrivare a una prospettiva di ricerca più ampia, come pure che la creazione di gruppi di ricercatori misti offre condizioni migliori per la creatività e l'innovazione e aumenta la frequenza delle pubblicazioni (15).

6.13

I pacchetti di avviamento (consistenti in finanziamenti destinati a realizzare progetti, acquisire attrezzature e retribuire gli assistenti di ricerca) possono rendere più facile l'affermazione delle ricercatrici neoassunte. L'esperienza dimostra che le donne non negoziano le condizioni di ricerca altrettanto favorevoli quanto quelle che riescono ad ottenere gli uomini. I pacchetti di avviamento rappresentano un tentativo di porre rimedio a questa situazione, e andrebbero presi in considerazione in modo particolare.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  P. Zagamé, L. Soete, The cost of a non-innovative Europe (Il costo di un'Europa non innovativa), 2010.

(2)  Un quadro della situazione attuale viene presentato nella parte 2 del documento.

(3)  Fonte dei dati statistici forniti nella sezione 2: She Figures 2012: Gender in Research and Innovation, Commissione europea, 2013.

(4)  I gradi A, B e C corrispondono al livello della posizione ricoperta nell'istituzione: rispettivamente, elevato, medio e basso.

(5)  P. Zagamé, L. Soete, The cost of a non-innovative Europe (Il costo di un'Europa non innovativa), 2010.

(6)  Women in science (Le donne nella scienza), Norvegia 2010.

(7)  Campbell L.G., Mehtani S., Dozier M.E., Rinehart J., Gender-Heterogeneous Working Groups Produce Higher Quality Science (I gruppi di lavoro eterogenei in termini di genere producono risultati scientifici di qualità più elevata), 2013.

(8)  http://www.genderinscience.org.uk/index.php/consensus-seminars/recommendations-report

(9)  Relazione del gruppo di esperti Innovation through Gender (Innovazione tramite il genere), Commissione europea 2013.

(10)  Relazione del gruppo di esperti Innovation through Gender (Innovazione tramite il genere), Commissione europea 2013.

(11)  EUROSTAT 2012.

(12)  http://www.loreal.com/Foundation/Article.aspx?topcode=Foundation_AccessibleScience_WomenExcellence

(13)  http://www.athenaswan.org.uk

(14)  IDAS — un programma nazionale di formazione per i dirigenti, inteso ad aumentare il numero di donne che ricoprono posti accademici di rilievo nelle università e nei collegi universitari svedesi.

(15)  The Scientist, 7 novembre 2005, e Science, vol. 309, 2005.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/16


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Lo sviluppo dei servizi alla famiglia come mezzo per aumentare i tassi di occupazione e promuovere la parità di genere sul luogo di lavoro»

(parere d’iniziativa)

(2015/C 012/03)

Relatrice:

Sig.ra Béatrice OUIN

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 febbraio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Lo sviluppo dei servizi alla famiglia come mezzo per aumentare i tassi di occupazione e promuovere la parità di genere sul luogo di lavoro.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 30 settembre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 16 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 141 voti favorevoli, 17 voti contrari e 16 astensioni.

1.   Raccomandazioni

1.1

All'Unione europea:

Promuovere lo scambio di buone pratiche e migliorare le conoscenze statistiche.

Stabilire una serie di raccomandazioni per le parti sociali fondata su un raffronto degli impieghi neutro sotto il profilo del genere.

Istituire un premio per l'innovazione a favore dell'imprenditorialità nei servizi alle famiglie.

Promuovere l'innovazione sociale nel quadro dello sviluppo dei servizi alla famiglia, indipendentemente dalla forma che questi servizi assumano.

1.2

Agli Stati membri:

Ratificare la Convenzione 189 dell'OIL.

Favorire l'emersione del lavoro nero mediante incentivi fiscali e sistemi di dichiarazione semplificati per trasformare i posti di lavoro presso le famiglie in posti di lavoro come tutti gli altri.

Lottare contro gli stereotipi affinché i compiti di assistenza e i lavori domestici diventino occupazioni miste.

Definire un quadro generale per favorire la nascita e lo sviluppo di un settore professionale di servizi alla famiglia, nel rispetto delle specificità e delle pratiche culturali dei diversi Stati membri.

Eliminare gli ostacoli giuridici che attualmente limitano in misura considerevole il lavoro dichiarato da parte delle famiglie.

1.3

Alle parti sociali:

Omologare diplomi e certificati integrando la convalida delle esperienze acquisite lavorando presso famiglie.

Negoziare i contratti collettivi e griglie di classificazione degli impieghi che comprendano tutte le competenze, comprese quelle psicologiche e relazionali.

1.3.1

Agli imprenditori:

Creare imprese e cooperative al fine di proporre una serie di servizi alle famiglie e uno statuto di lavoratore dipendente ai lavoratori.

1.3.2

Alle organizzazioni sindacali, alle organizzazioni dei datori di lavoro e ai consigli d'impresa:

Promuovere l'immagine dei servizi alla famiglia e valorizzare i posti di lavoro in questi campi.

Promuovere la formazione delle persone interessate e la certificazione delle competenze acquisite.

Operare nel senso della creazione e dell'allestimento di strutture per raggruppare ed organizzare i servizi alla famiglia e questo nel rispetto delle tradizioni e delle differenze esistenti tra i paesi.

Organizzare la rappresentanza dei lavoratori domestici e dei datori di lavoro.

Nel quadro delle misure a favore dell'uguaglianza professionale, rivendicare servizi che creino occupazione e negoziare una partecipazione finanziaria delle imprese con l'obiettivo di promuovere la conciliazione tra attività professionale e vita familiare per tutti.

2.   Contesto

2.1

Il presente parere si occupa esclusivamente dei servizi e dei posti di lavoro all'interno delle abitazioni private delle famiglie e non di tutti i servizi (asili nido, case di riposo, mense scolastiche, doposcuola, ecc.). Lo sviluppo e la professionalizzazione del lavoro domestico sono fattori strategici per realizzare la parità uomo-donna sotto il profilo professionale, perché questo tipo di lavoro viene svolto principalmente da donne, così come sono le donne quelle che hanno bisogno di servizi di custodia dei bambini, di assistenza agli anziani e di pulizia dell'abitazione per essere su un piano di parità rispetto agli uomini in termini di carriera. Si tratta di servizi che apportano benefici tanto ai singoli quanto all'intera società, dato che creano nuovi posti di lavoro, soddisfano le esigenze di una società che invecchia e favoriscono la conciliazione tra vita privata e vita professionale. Essi migliorano la qualità della vita e l'inclusione sociale e consentono agli anziani di continuare a vivere nella propria abitazione.

2.2

In relazione con i servizi alla famiglia, occorre tuttavia distinguere tre grandi settori: la pulizia dell'abitazione, la custodia dei bambini e quella delle persone malate, delle persone con disabilità gravi e degli anziani. È opportuno differenziare questi tre settori in quanto le competenze e le qualifiche richieste sono in parte diverse, pur essendo spesso legate tra loro, in considerazione del fatto che, a seconda dei paesi, le strutture istituzionali e organizzative per i vari settori o servizi differiscono e di conseguenza anche la condizione e lo statuto delle persone che prestano tali servizi e come esse vengono percepite.

2.3

È giocoforza constatare che una quota importante dei servizi alla famiglia è prestata attualmente da lavoratori in nero, fatto che va a svantaggio di questi ultimi, ma anche delle famiglie e degli Stati.

2.4

Per sviluppare il settore bisogna agire nel senso della rivalorizzazione dei servizi alla famiglia, nonché rimuovere il peso delle tradizioni secondo le quali queste mansioni, che sono tuttora svolte gratuitamente dalle casalinghe, vengono ancora ritenute a bassa qualifica.

2.5

Per consentire a questi impieghi di svilupparsi è essenziale farli uscire dall'ombra, professionalizzarli, trasformarli in mestieri veri e propri, con contratti di lavoro, formazione, protezione sociale, avanzamento di carriera e diritti equivalenti a quelli degli altri lavoratori dipendenti.

2.6

Il CESE ha già formulato delle raccomandazioni pertinenti in merito allo sviluppo del settore dei servizi alla persona (1), alla professionalizzazione del lavoro domestico (2), alla lotta all'economia sommersa e al lavoro non dichiarato (3) e all'impatto degli investimenti sociali sull'occupazione e sui bilanci pubblici (4), cui nel presente parere ci si limita a segnalare.

2.7

La strategia Europa 2020 stabilisce, per le donne e gli uomini di età compresa tra i 25 e i 65 anni, l'obiettivo di un tasso di occupazione del 75 %. I progressi nell'occupazione femminile hanno segnato una battuta d'arresto a causa, tra l'altro, delle responsabilità familiari. E l'obiettivo dell'uguaglianza professionale risulta difficile da conseguire a causa della scarsa partecipazione degli uomini alle responsabilità familiari. La strategia si scontra con le misure di austerità che stanno riducendo la spesa pubblica per i servizi legati all'assistenza, che occupano in grande misura donne, e si traducono in un aumento delle responsabilità di assistenza svolte dalla famiglia. Questa riduzione nella fornitura dell'infrastruttura assistenziale in molti Stati membri e le disuguaglianze tra donne e uomini nella ripartizione dei compiti familiari e domestici non retribuiti ostacola l'obiettivo dell'uguaglianza professionale.

2.8

La disuguaglianza professionale tra uomini e donne si calcola sulla base del divario retributivo e della concentrazione delle donne in alcuni settori professionali (assenza di un'occupazione mista in termini di genere) e degli uomini in altri. Lo sviluppo di servizi alla famiglia permetterebbe di accrescere il tasso di occupazione femminile a tempo pieno, l'accesso alla formazione professionale nonché le opportunità di avanzamento di carriera, sia per chi presta tali servizi sia per chi ne beneficia.

2.9

Inoltre, il fatto di creare nel settore dei servizi a domicilio delle famiglie posti di lavoro le cui qualifiche e competenze verrebbero riconosciute con salari migliori e una minore precarietà permetterebbe anche di rendere appetibili queste professioni agli uomini. Occorre altresì intervenire sul piano dell'educazione dei ragazzi affinché non abbiano la percezione che queste attività sono riservate alle donne.

2.10

Rafforzare questi servizi potrebbe permettere di creare diversi milioni di posti di lavoro. Se ogni famiglia esternalizzasse un'ora a settimana di lavoro domestico, si potrebbero creare 5,5 milioni di posti di lavoro (5). Si tratta anche di un settore che consente di promuovere l'innovazione sociale e tecnologica, tanto più che con l'invecchiamento della popolazione e la riduzione dei servizi sociali alle famiglie le esigenze aumentano. A questo proposito, è essenziale porre l'accento sulla libertà di scelta delle famiglie per trovare i modi più adatti a soddisfare le esigenze familiari in costante evoluzione.

3.   Sviluppare servizi presso i domicili privati per conciliare vita professionale e familiare

3.1

Ogni famiglia ha un'abitazione da tenere pulita e biancheria da lavare, pasti da preparare, bambini da accudire, genitori anziani da curare o malati da assistere. Spesso la donna è costretta a lavorare a tempo parziale per svolgere questi compiti, a scapito della professione per cui è stata formata o del tempo da dedicare alla formazione.

3.2

Tuttavia, il ricorso ai servizi richiesti non è un atto spontaneo perché non è facile far entrare un estraneo nel proprio domicilio, e soprattutto perché il costo di questi servizi è troppo elevato.

3.3

Questi servizi alla famiglia spesso oggi sono ancora effettuati da donne che risultano essere mal pagate, spesso non dichiarate e in situazioni di impiego precarie, incluse donne migranti alcune delle quali lavorano illegalmente. Il fatto che vi sia una concentrazione di donne nel settore delle pulizie, dell'assistenza e dell'istruzione rafforza stereotipi di genere radicati che agiscono da barriera per alcuni uomini, si traduce nella disuguaglianza tra uomini e donne e compromette gli sforzi volti a colmare il divario retributivo. Tale concentrazione contribuisce ad accentuare l'immagine del lavoro femminile come lavoro di seconda categoria.

3.4

Il lavoratore domestico svolge un'attività all'interno della «domus», il domicilio privato. I lavoratori del settore vengono chiamati «lavoratori domestici» dall'OIL, ma in alcuni Stati membri il termine «domestico» presenta una connotazione negativa. Dato che molti termini designano questo lavoro (6) (lavori familiari, servizi alla persona, assistenza a domicilio, assistenti familiari, assistenti all'infanzia, collaboratrici familiari, donne di servizio, ecc.) non è semplice compilare delle statistiche.

3.5

Secondo le stime dell'OIL, nell'Unione europea il numero dei lavoratori domestici raggiunge i 5 milioni di persone; tuttavia, si tratta molto probabilmente di una cifra sottostimata, poiché solo in Francia, dove degli incentivi fiscali hanno permesso l'emersione del lavoro nero e quindi la contabilizzazione di questi posti di lavoro, si contano oggi 2 milioni di lavoratori domestici. Questi lavori vengono per lo più retribuiti direttamente dalle famiglie o dai beneficiari (60-70 % del settore), senza l'intervento di alcun intermediario.

4.   Gli ostacoli allo sviluppo di questi impieghi

4.1   Occupazioni poco valorizzate

4.1.1

È d'obbligo constatare che i posti di lavoro in questione, soprattutto nel settore della pulizia delle abitazioni, sono spesso ancora ritenuti lavori per cui non sono necessarie conoscenze e competenze particolari. Inoltre sono considerati come lavori provvisori (ad es. la posizione «alla pari») e non sono pensati come opzioni di carriera.

4.1.2

Per svolgere questo tipo di occupazione, nella maggior parte dei casi le famiglie non chiedono diplomi né certificati, e affidano i figli, i genitori anziani e le chiavi del loro domicilio a persone di cui non possono accertare l'affidabilità. Entrare in una casa e adattarsi alle esigenze di una famiglia sono compiti che richiedono tutta una gamma di competenze psicologiche e tecniche sottovalutate e non necessariamente ben definite.

4.1.3

Vista l'immagine negativa che la società ha di queste mansioni, sono spesso le donne migranti a svolgerle, lasciando nel loro paese figli e genitori anziani per occuparsi di quelli degli altri nei paesi più ricchi, mentre l'Unione europea è indebolita dalla disoccupazione. Questi lavoratori hanno spesso un'immagine negativa di se stessi, visto che non sono stati loro a scegliere questo lavoro, considerato poco valorizzante. Attualmente le donne migranti sono spesso sovraqualificate ma vengono indirizzate in uno dei pochi settori che offrono possibilità di lavoro e in cui i loro diritti di lavoratrici molto spesso non sono garantiti né rispettati. Questo «spreco di cervelli» è estremamente preoccupante, non solo per le singole donne migranti ma anche per la società in cui esse lavorano.

4.2   Impieghi malpagati, precari e poco protetti

4.2.1

Il settore dà lavoro sia a manodopera non qualificata che a manodopera sovraqualificata, che è impiegata da privati che non possono pagare cifre elevate in assenza di un sostegno fiscale dello Stato.

4.2.2

Avere famiglie come datori di lavoro può determinare una situazione di precarietà a causa dei cambiamenti nelle circostanze familiari. In particolare, quando le famiglie hanno bisogno solo di qualche ora alla settimana, i lavoratori domestici per mantenersi devono avere diversi datori di lavoro e trovarne costantemente di nuovi per sostituire quelli che non hanno più bisogno dei loro servizi.

4.2.3

Fino a poco tempo fa il lavoro nei domicili privati era escluso dalle convenzioni internazionali del lavoro dell'OIL. Questo è cambiato con la convenzione 189, adottata nel 2012, che però è stata ratificata solo da due paesi europei (7).

4.2.4

Visto che devono recarsi in diversi domicili privati, risulta difficile sindacalizzare i lavoratori domestici, ai quali, in molti casi, questa possibilità non interessa. Tuttavia, le loro richieste e i loro interessi otterrebbero un maggiore riconoscimento se fossero sostenuti e difesi da associazioni sindacali rappresentative forti. Essi hanno difficoltà a difendere i loro diritti dato che si ritrovano da soli di fronte alle famiglie-datori di lavoro. La situazione si aggrava ulteriormente quando non conoscono bene la lingua del posto, sono vittime della tratta e non hanno accesso ai loro documenti.

4.2.5

Negli Stati membri dell'UE vi è un numero crescente di esempi di piani di strutturazione del settore, piani che progrediscono a ritmi diversi, con ambiti di applicazione differenti, e consentono di promuovere e valorizzare un settore economico distinto nonché la negoziazione di contratti collettivi adattati ai servizi alla famiglia. Quando si negoziano o rinegoziano contratti collettivi è necessario prendere attentamente in considerazione la complessità delle qualifiche richieste e l''aspetto dei rapporti umani.

4.2.6

Al momento di adottare misure volte a rafforzare la professionalizzazione del settore dei servizi alla persona, è essenziale tenere conto dei diversi tipi di datori di lavoro del settore (intermediari o privati), in modo da evitare eventuali confusioni circa lo statuto o le responsabilità.

4.2.7

Alcuni casi di schiavitù moderna sono stati portati dinanzi ai giudici, poiché nel settore domestico si verifica una tratta di esseri umani. Le donne migranti si trovano così esposte al rischio di sfruttamento lavorativo e sessuale e ciò contribuisce all'immagine negativa del settore.

5.   Creare posti di lavoro dignitosi e servizi di qualità

5.1   Intervenire sui costi: uscire dal sommerso e rendere disponibili finanziamenti multipli

5.1.1

Per passare dalla situazione attuale (in cui gran parte del lavoro viene effettuato in nero e i datori di lavoro sono numerosi) a dei veri e propri posti di lavoro, con competenze valutate come nel caso di altri mestieri, occorre che tali servizi siano oggetto di un miglior riconoscimento e di una maggiore valorizzazione, tra l'altro con salari adeguati, pur restando accessibili a tutti. Queste due condizioni possono essere soddisfatte solo grazie a una serie di finanziamenti: incentivi fiscali, buoni cofinanziati (come già avviene per i buoni pasto), prestazioni previdenziali e contributo degli utilizzatori. Gli incentivi fiscali per i cittadini, ad esempio, sono risultati efficaci nel caso della ristrutturazione di alloggi in Svezia e permettono di creare occupazione nel settore dell'edilizia. In Francia il lavoro domestico è uscito dall'economia sommersa quando sono stati introdotti degli incentivi fiscali. Inoltre, sono stati creati dei «buoni per l'occupazione nei servizi» che consentono di semplificare gli adempimenti amministrativi. Peraltro, l'uso di Internet ha completato questo dispositivo, dato che permette di evitare i moduli cartacei.

5.1.2

Sarà possibile professionalizzare gli impieghi e offrire servizi di qualità solo sommando tra loro finanziamenti pubblici (incentivi fiscali), sociali (assegni familiari, aiuti alle imprese, mutue e assicurazione malattia, comitati aziendali, ecc.) e privati (pagamento del servizio da parte dei privati). Nel quadro dei programmi per la parità dei sessi e delle misure per la conciliazione tra vita familiare e vita professionale, le imprese possono partecipare al finanziamento dei servizi destinati a sostenere le famiglie dei loro dipendenti, e alcune imprese già lo fanno. La Commissione europea dovrebbe identificare queste buone pratiche e divulgarle, ad esempio per promuovere la creazione di un sistema di titoli di pagamento prefinanziati, che potrebbe essere esteso a tutti gli Stati membri.

5.2

Intervenire per combattere la precarietà: creare delle nuove imprese, sviluppare il dialogo sociale nel settore, nel rispetto delle specificità e delle pratiche culturali dei diversi Stati membri.

5.2.1

Visto il crescente fabbisogno da parte delle famiglie di servizi a domicilio, è necessario consolidare e stabilizzare la loro libertà di scelta tra i vari servizi disponibili nei diversi Stati membri, nonché la natura complementare di questi servizi, allo scopo di creare un nuovo modello capace di promuovere l'innovazione sociale in Europa.

La precarietà del lavoro in questo settore può essere combattuta solo ponendo l'accento su due questioni principali: in primo luogo, la necessità di professionalizzare le occupazioni, per migliorare la qualità dei servizi prestati, e assicurare un autentico sviluppo professionale per i lavoratori domestici (cfr. il punto 5.3); e, in secondo luogo, la necessità di dare un riconoscimento ufficiale al dialogo sociale nel settore, dato che è un modo molto importante per garantire il benessere e un lavoro dignitoso sia per i lavoratori domestici che per le famiglie, indipendentemente dalla forma che tali servizi assumono. A questo proposito, è essenziale aiutare le famiglie a ricorrere a servizi prestati da un settore professionalizzato e dichiarato (cfr. il punto 5.1), offrendo loro la possibilità di scegliere la struttura che preferiscono.

Inoltre, i servizi offerti alle famiglie per aiutarle ad assicurare la custodia dei bambini, l'assistenza agli anziani, l'assistenza ai familiari affetti da invalidità grave o l'equilibrio lavoro-vita privata sono diversi da tutti gli altri servizi: essi riguardano infatti direttamente l'intimità e la privacy delle famiglie e non possono pertanto essere affidati a chiunque. Per questo è fondamentale assicurare il dialogo sociale settoriale, nel rispetto dei valori dell'Unione europea e delle specificità culturali dei diversi Stati membri.

5.2.2

Inoltre, lo sviluppo del settore dipende anche dallo sviluppo delle imprese — cooperative, associazioni o società — che fungono da intermediario tra chi ha bisogno di un servizio e chi ha le qualifiche necessarie per prestarlo. L'impresa si preoccupa di trovare i clienti e di proporre un calendario al dipendente, il quale può quindi disporre di un unico contratto di lavoro, il che agevola la protezione sociale e gli permette di finanziare il tempo di trasporto tra i domicili dei clienti, prendere ferie e partecipare a corsi di formazione. Questo intermediario si assume inoltre una serie di impegni nei confronti del cliente: gli invia dei lavoratori competenti, onesti, discreti e formati e garantisce il servizio anche quando la persona che lo presta abitualmente è malata o in ferie. Il cliente non affida più il suo domicilio o i membri della sua famiglia a una persona bensì all'impresa.

5.2.3

La creazione delle imprese permette di trasformare questi lavoratori in dipendenti al pari di tutti gli altri. Questo tipo di impresa esiste già e la Commissione europea dovrebbe identificare e divulgare i diversi modelli disponibili, analizzarli dal punto di vista del servizio reso al cliente e delle condizioni sociali dei dipendenti.

5.2.4

Inoltre, qualora i clienti preferiscano assumere essi stessi la responsabilità di fungere da datori di lavoro, con la possibilità di scegliere la persona che faranno entrare in casa loro, è indispensabile informarli della necessità di rispettare le norme esistenti. Gli Stati membri devono garantire che tali norme siano ragionevoli e che una famiglia media sia in grado di rispettarle.

5.3   Riforme nel settore

5.3.1

In Svezia, nel 2007 è stato introdotto un regime di sgravi fiscali per i servizi domestici. Grazie al credito di imposta (tax credit), l'acquisto dei servizi domestici è risultato molto più economico, dato che è stata introdotta una riduzione del 50 %. Il cliente paga la metà del prezzo del servizio e l'altra metà viene versata all'impresa dall'amministrazione fiscale.

5.3.2

In passato era difficile acquistare un servizio domestico dichiarato. Oggi, 7 anni più tardi, i fatti dimostrano che il credito d'imposta ha creato e continua a creare nuove imprese e nuovi posti di lavoro, essenzialmente per le persone che si trovavano al di fuori del mercato lavorativo.

5.3.3

La riforma fiscale ha avuto un effetto positivo su un settore in cui i servizi consistevano per lo più in lavoro in nero. La riduzione d'imposta ha apportato benefici non solo al settore dei servizi domestici e ai relativi clienti bensì anche alla società nel suo complesso.

5.3.4

Nel 2013. il settore ha generato un fatturato di oltre mezzo miliardo di euro, dando lavoro a più di 16  000 persone, numero che ha registrato un aumento costante negli ultimi anni. Tra il 2012 e il 2013, il tasso d'occupazione nel settore dei servizi domestici è aumentato del 16 %.

5.3.5

La maggior parte delle imprese viene creata da donne che spesso provengono da un contesto di migrazione. Oltre un terzo dei clienti che si avvalgono dei servizi domestici hanno più di 65 anni (due terzi sono donne). Complessivamente il 62 % dei clienti è rappresentato da donne di tutti i livelli di reddito, che però appartengono per lo più alla classe media. Le famiglie sono tra i maggiori utilizzatori di questi servizi. Nel settore dei servizi domestici due lavoratori su tre provengono dalla disoccupazione o dal lavoro sommerso. L'80 % di questi lavoratori sono donne e il 40 % è nato al di fuori della Svezia.

5.3.6

La principale organizzazione di datori di lavoro del settore dei servizi conclude con le controparti sindacali dei contratti collettivi per le imprese di servizi domestici. I contratti collettivi prevedono disposizioni in materia di retribuzione, orario di lavoro, ferie retribuite, formazione, sicurezza sociale e altri aspetti.

5.3.7

La riforma ha consentito di creare nuovi posti di lavoro, ridurre la disoccupazione e i congedi di malattia e, infine, di incrementare le entrate fiscali permettendo così al sistema di autofinanziarsi.

5.4   Intervenire a favore della professionalizzazione

5.4.1

Alle mansioni che richiedono conoscenze tecniche (norme igieniche, funzionamento delle apparecchiature, utilizzazione dei prodotti, cure igieniche dei bambini, aiutare un adulto ad alzarsi, ecc.) si aggiungono delle capacità relazionali come: ispirare fiducia, essere discreti ed autonomi, e sapersi adattare ai singoli clienti. È necessario disporre di sistemi di classificazione che stabiliscano una gerarchia delle competenze in funzione della necessità di occuparsi esclusivamente dell'alloggio o anche di bambini o anziani, dell'assenza/presenza del cliente, del fatto che quest'ultimo sia autonomo o dipendente fisicamente o mentalmente.

5.4.2

Il paradosso è che queste mansioni sono tenute in scarsa considerazione, da alcune persone, pur essendo più gratificanti di molte altre. Il fatto di occuparsi della pulizia di una casa, di aiutare delle persone e di instaurare dei legami con i bambini è fonte di soddisfazioni. Le istituzioni pubbliche potrebbero, in collaborazione con le organizzazioni sindacali e dei lavoratori, da un lato promuovere la professionalizzazione di tali servizi, la formazione delle persone interessate e la certificazione delle competenze acquisite, e dall'altro, operare nel senso della creazione di strutture per raggruppare e organizzare i servizi alle famiglie.

5.4.3

Per cambiare l'immagine di queste mansioni, occorre definirle e valutarle sul piano tecnico e relazionale confrontandole con dei compiti equivalenti in altri settori professionali. Occorre istituire dei diplomi, delle qualifiche e delle formazioni convalidando le esperienze acquisite. Ne esistono già alcuni.

5.4.4

Sarebbe inoltre opportuno promuovere la possibilità di passare ad altre responsabilità, se non addirittura ad altri mestieri nello stesso settore o in settori diversi. Questo aspetto riveste un'importanza particolare, allo scopo di evitare lo «spreco di cervelli», per le donne migranti sovraqualificate che vengono incanalate nel settore dei servizi alla famiglia.

5.4.5

È necessario adottare provvedimenti intesi a eliminare la tratta relativa al settore dei servizi alla famiglia, in quanto essa costituisce una palese violazione dei diritti umani.

5.4.6

Le organizzazioni sindacali dei lavoratori hanno spesso trascurato la sindacalizzazione dei lavoratori domestici, che è indubbiamente complessa a causa dell'impossibilità per i sindacati stessi di accedere ai domicili privati e della mancanza di visibilità e della dispersione dei lavoratori domestici. Associare i lavoratori domestici in sindacati potrebbe consentire di compiere passi avanti verso la professionalizzazione del settore dei servizi alla famiglia, la quale è una delle condizioni per realizzare la parità uomo-donna nella vita professionale.

Bruxelles, 16 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 44 del 15.2.2013, pag. 16.

(2)  GU C 21/39 del 21.1.2011.

(3)  GU C 177 dell'11.6.2014, pag. 9.

(4)  GU C 226 del 16.7.2014, pag. 21.

(5)  Commissione europea, documento di lavoro dei servizi della Commissione «Sfruttare il potenziale di occupazione offerto dai servizi per la persona e la famiglia» (SWD(2012) 95 del 18 aprile 2012, pag. 14).

(6)  I domestici alloggiavano presso i loro datori di lavoro. Questo avviene ancora in alcune famiglie benestanti o nelle ambasciate, però attualmente i lavoratori domestici, nella maggior parte dei casi, prestano solo qualche ora di lavoro a settimana presso ogni datore di lavoro o cliente.

(7)  L'Italia ha ratificato la convenzione nel gennaio 2013 e la Germania nel settembre 2013. Il Consiglio europeo ha autorizzato gli Stati membri a ratificare la convenzione nel gennaio 2014.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/23


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L’impatto dei servizi alle imprese nell’industria»

(parere d’iniziativa)

(2015/C 012/04)

Relatore:

Sig. VAN IERSEL

Correlatore:

Sig. LEO

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 22 gennaio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

L'impatto dei servizi alle imprese nell'industria.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 16 settembre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 16 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 100 voti favorevoli, nessun voto contrario e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Dato lo stretto collegamento esistente tra i servizi e l'industria manifatturiera, e considerando l'impatto di questo legame sulla crescita sostenibile e l'occupazione in Europa, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sollecita la Commissione europea a iscrivere i servizi alle imprese tra le priorità del suo prossimo mandato. Ciò risulta ancor più necessario se si considera il progressivo affermarsi di un nuovo modello di produzione: un fenomeno definito da alcuni «la quarta rivoluzione industriale».

1.2

L'UE ha bisogno di iniziative concrete in tutti i settori connessi con la rivoluzione digitale, nonché con la trasformazione dell'economia e della società che essa porta con sé. La presa di coscienza di tutto ciò, tanto da parte delle istituzioni pubbliche che della società civile, è un prerequisito indispensabile.

1.3

I servizi alle imprese dovrebbero formar e parte integrante di una politica industriale attiva, ed essere presi espressamente in considerazione nella revisione intermedia della strategia Europa 2020, prevista per il 2015; ciò nonostante, il CESE constata che la loro importanza è stata finora sottovalutata sia dalla Commissione europea che dal Consiglio.

1.4

I servizi alle imprese rientrano, per un verso o per l'altro, nelle competenze di una buona metà delle direzioni generali della Commissione; eppure non vi è alcun approccio sistematico, e meno che mai strategico, in questo campo, dove mancano sia una politica chiara che un portavoce chiaramente identificato. E molto deludente, nonché decisamente miope, è stata la riduzione, da parte del Consiglio, del bilancio assegnato nel quadro finanziario pluriennale al Meccanismo per collegare l'Europa, passato da 9 miliardi (cifra proposta dalla Commissione europea) a 1,2 miliardo di euro.

1.5

Adesso l'UE deve decidere se vuole prendere l'iniziativa, contribuendo così a una nuova crescita sostenibile e alla creazione di nuovi posti di lavoro, o se preferisce lasciare che siano altri a farlo.

1.6

Il CESE esprime pertanto apprezzamento per l'iniziativa, assunta l'anno scorso dalla Commissione, di avviare un dibattito fondamentale in un gruppo ad alto livello sui servizi alle imprese (1). E insiste affinché a questa iniziativa seguano in tempi brevi:

un'analisi approfondita,

un coordinamento efficace tra i servizi pertinenti della Commissione, e

un'agenda europea (cfr. il punto 1.15).

1.7

I servizi alle imprese in rapida espansione sono già dominanti nell'industria manifatturiera. Un ampio e crescente ventaglio di aziende — sia manifatturiere che di servizi — è ora coinvolto nella concezione e prestazione di nuove generazioni di servizi destinati alle imprese. E nuove tecnologie rendono tali servizi ancor più rilevanti per l'industria manifatturiera.

1.8

Oggi, inoltre, in Europa si ravvisa nell'affermarsi dell'«Internet degli oggetti» e dell'«Internet dei servizi» una quarta rivoluzione industriale, l'avvento di una nuova era successiva a quella dell'automazione.

1.9

È un vero e proprio salto quantico quello prodotto dalla cooperazione verticale e orizzontale tra macchina e Internet, macchina e risorse umane e macchina e macchina nella catena di valore in tempo reale. Isole di automazione saranno interconnesse in innumerevoli reti e variazioni. Software e reti collegheranno prodotti intelligenti, servizi digitali e clienti ai nuovi e innovativi «prodotti» del futuro.

1.10

Questa evoluzione è oggetto di ampie discussioni. Un approccio politico ed economico totalmente nuovo è rappresentato dal progetto tedesco Industria 4.0. che rivolge la dovuta attenzione ai servizi alle imprese e al più ampio contesto economico che attraversa una trasformazione epocale. Insieme ad iniziative analoghe, esso dovrebbe costituire una componente essenziale del programma destinato all'industria e a tutta una serie di soggetti pubblici e privati interessati. Sui mercati digitali, in passato chi aveva agito per primo godeva di ampi vantaggi concorrenziali.

1.11

A livello mondiale, iniziative strategiche paragonabili a quella tedesca sono previste negli Stati Uniti, in Cina e nella Corea del Sud. Un programma di investimenti è allo studio da parte del Pentagono. E giganti come Google, Amazon, Apple e Yahoo, che trattano enormi quantità di dati, godono di un vantaggio naturale sul mercato.

1.12

Il fattore umano riveste un'importanza decisiva. Nuove catene del valore e nuovi modelli aziendali fanno sì che si creino nuove alleanze e interrelazioni tra imprese, generando così fortissime ripercussioni sull'organizzazione del lavoro. Inoltre, sono previsti mutamenti di rilievo sul mercato del lavoro. A causa del rapido sviluppo delle tecnologie digitali, nell'industria, e in particolare nel settore dei servizi alle imprese, emergono continuamente nuove forme di organizzazione del lavoro, di accordi occupazionali e di aggiornamento delle competenze. Queste trasformazioni devono essere monitorate da vicino. Politiche mirate, basate su ricerche che possano contare su adeguati finanziamenti, devono puntare a promuovere condizioni favorevoli e ad attenuare gli effetti negativi.

1.13

Molto spesso ai vari comparti dei servizi alle imprese manca una cultura del dialogo sociale, il che potrebbe compromettere la qualità dell'occupazione in questo settore. Considerato che, in un settore in rapida evoluzione come quello dei servizi alle imprese, si registrano spesso ristrutturazioni aziendali, occorre creare un quadro solido di dialogo sociale e partecipazione attiva a livello aziendale, settoriale, nazionale e unionale, che tenga conto anche delle possibilità esistenti nell'ambito dell'istruzione e della formazione innovative.

1.14

Il riconoscimento transfrontaliero ed europeo delle qualifiche e delle competenze promuoverà la mobilità del lavoro e la conoscenza. Tutto ciò, inoltre, offrirà più ampie e robuste opportunità europee alle moltissime piccole e micro-imprese attive in questo campo.

1.15

Il CESE condivide in larga misura le raccomandazioni formulate nel 2013 dal gruppo ad alto livello dell'UE e dai cinque gruppi di lavoro. Data l'enorme importanza dei servizi alle imprese per raggiungere l'obiettivo di accrescere la quota dell'industria manifatturiera, portandola al 20 % del PNL entro il 2020, e nella prospettiva della quarta rivoluzione industriale, è necessario elaborare un'agenda o una tabella di marcia europea per i servizi alle imprese. Ad avviso del CESE, tale agenda o tabella di marcia dovrebbe comprendere i seguenti aspetti:

A.

Conoscenza e sostegno alle politiche:

sensibilizzazione e promozione del dibattito;

definizione e classificazione dei servizi alle imprese;

fornitura di dati statistici affidabili e pertinenti sui suddetti servizi e sulla loro evoluzione.

B.

Ambiti d'intervento:

rafforzamento dell'integrazione, lotta contro la frammentazione del mercato interno e rimozione delle barriere agli scambi all'interno dell'UE;

sostegno ad un quadro normativo europeo e a piattaforme europee per la standardizzazione;

rafforzamento del mercato interno nel settore delle telecomunicazioni;

promozione degli investimenti nelle infrastrutture necessarie per un mercato digitale sicuro per la comunicazione, la cooperazione e lo scambio di beni e servizi digitali;

protezione dei dati e tutela dei diritti di proprietà intellettuale;

riduzione delle barriere legislative e regolamentari al commercio internazionale dei servizi alle imprese.

C.

Temi specifici:

l'impatto di «big data», ossia del notevole aumento del volume, della varietà e della velocità dei dati derivante da una messa in rete e una generazione di dati sempre più intense;

il legame molto importante che esiste tra la ricerca, l'industria, i servizi e l'occupazione;

gli appalti pubblici;

il rendimento e la sostenibilità ambientali;

l'impatto dei servizi alle imprese sulla società nel suo insieme e sul mercato del lavoro.

D.

Aspetti finanziari:

risorse finanziarie.

2.   Introduzione

2.1

Nelle economie mature, oltre il 70 % della produzione e dell'occupazione è generato dal settore dei servizi. Ovunque nel mondo la quota dei servizi è in aumento e i servizi stessi diventano sempre più sofisticati.

2.2

I servizi alle imprese rappresentano un importante fattore di crescita. Secondo la Commissione europea, tra il 1999 e il 2009 essi sono cresciuti in media al ritmo del 2,38 %, a fronte di una crescita media dell'1,1 % nell'intera economia dell'UE. Nello stesso periodo, in questo settore l'occupazione è aumentata del 3,54 %, mentre nell'economia UE considerata nel suo complesso essa è cresciuta solo dello 0,77 %.

2.3

Nell'UE, il settore dei servizi supera ormai quello manifatturiero: è il fenomeno noto come «terziarizzazione» dell'economia. E a questa fase sta ora subentrando quella della «quaternarizzazione», ossia dell'ascesa dei servizi informatici e basati sulla conoscenza.

2.4

Val la pena di notare che «servizi» è un termine generico, che abbraccia una gamma di attività economiche e sociali molto ampia, dai livelli più bassi a quelli più alti del mercato del lavoro. L'occupazione è aumentata tra i lavoratori poco o altamente qualificati, mentre nel settore dei servizi la forza lavoro con qualifiche intermedie si sta riducendo, cosa che mette sotto pressione le classi medie.

2.5

Ai fini della loro interazione con l'industria, si possono distinguere i seguenti tipi principali di servizi:

servizi forniti all'industria «dall'esterno», ossia prestati dal settore dei «servizi alle imprese». Rientrano in questa tipologia l'intera gamma dei servizi operativi (ad es. di pulizia industriale) e professionali (ad es. ingegneristici), ma anche altri servizi, quali ad esempio quelli ad alta intensità di conoscenza (come i servizi informatici),

servizi (alle imprese) forniti all'industria «dal suo interno» (in house), ossia dal settore industriale stesso,

servizi di supporto prestati dall'industria stessa, parallelamente ai prodotti venduti (ad es. servizi di assistenza postvendita),

servizi «incorporati» nei prodotti forniti dall'industria (ad es. software).

2.6

Il settore dei servizi alle imprese si è sviluppato notevolmente a partire dagli anni settanta del secolo scorso, e oggi produce un fatturato di 2  000 miliardi di EUR, dando lavoro a 24 milioni di persone. Vi operano milioni di imprese, perlopiù piccole o piccolissime, per non parlare delle divisioni servizi interne alle grandi imprese. I servizi alle imprese rappresentano l'11,7 % dell'economia dell'UE.

2.7

Il settore dei servizi alle imprese presenta un quadro estremamente diversificato, privo com'è di un denominatore comune. Tali servizi, infatti, incidono notevolmente su tutti gli strati e le relazioni sociali. Essi sono un vero motore di cambiamento anche sul piano dei modelli aziendali, inducendo a rivederli costantemente, e spingono le imprese pubbliche e private e gli organismi pubblici a riorganizzarsi continuamente.

2.8

Negli ultimi decenni una forte funzione trainante è svolta dall'automazione e dalle TIC (2). Gli sviluppi che hanno luogo in singoli comparti del settore dei servizi hanno spesso anche effetti trasversali su altri comparti.

2.9

Inoltre, i confini tradizionali tra il settore industriale e quello dei servizi tendono ormai a scomparire. Diversamente da quanto avveniva in passato, lo sviluppo del settore manifatturiero non può più essere considerato separatamente da quello dei servizi. In un contesto siffatto, l'obiettivo dell'UE di accrescere la quota dell'industria manifatturiera, portandola al 20 % del PNL europeo, dovrebbe essere ridefinito, tenuto conto del valore aggiunto apportato dai servizi alle imprese. Sarebbe infatti più opportuno parlare di catena del valore incentrata sull'industria manifatturiera (3).

2.10

Nel contesto globale l'Europa sta, nel complesso, facendo bene, benché in alcuni campi l'industria europea sia in difficoltà. L'aumento della produttività e l'introduzione dinamica di nuove tecnologie possono avere un effetto positivo per quanto riguarda le delocalizzazioni. D'altra parte, però, nella gente si nota una certa riluttanza nei confronti di questo rinnovamento e vi è una latente resistenza all'innovazione. Una tendenza, questa, che merita di essere considerata con particolare attenzione a livello politico.

3.   Lo sviluppo delle interrelazioni tra servizi alle imprese ed industria

3.1

I servizi alle imprese stanno attraversando una fase molto dinamica del loro sviluppo. Grazie alla rivoluzione determinata da Internet, cresce l'impatto dei servizi sulle linee di produzione nonché sulle prestazioni complessive delle imprese. Le linee di produzione sono ormai guidate da programmi informatici, il che riduce il ruolo della manodopera nella produzione manifatturiera.

3.2

Questo smentisce la teoria tradizionale, ed indica che il settore manifatturiero e quello dei servizi alle imprese sono sempre più legati tra loro, per cui la distinzione tra i due risulta spesso artificiosa. Oggigiorno le imprese utilizzano input e producono beni e servizi che integrano componenti sia manifatturiere che di servizi. L'interazione è insomma un processo a due sensi.

3.3

Analoghe conclusioni si possono trarre anche dai cambiamenti in atto nel panorama societario. Benché i servizi svolgano principalmente una funzione di supporto, essi sono un motore fondamentale della frammentazione delle catene di valore. Ciò, fra l'altro, induce le imprese di maggiori dimensioni a scindersi, cosicché dalla relativa staticità di entità monolitiche si passa all'interazione dinamica e combinata di componenti più o meno indipendenti, o almeno distinguibili, in seno a una stessa impresa o fuori di essa (esternalizzazione). In quanto intermediari flessibili e adattabili, i servizi stanno supportando questi processi.

3.4

La frammentazione della catena di valore, inoltre, riduce notevolmente la distinzione tra settori, dato che i confini tra un settore e l'altro diventano sempre più labili. Si profila quindi uno scenario completamente nuovo, che vede ad esempio Google produrre autoveicoli, consapevole che il software assorbe il 35 % dell'investimento in un'automobile e che, nella concezione e realizzazione di macchinari particolarmente sofisticati, tale quota arriva persino al 50 %.

3.5

Benché l'impatto dei servizi sull'economia nel suo insieme e sull'occupazione sia ormai generalmente riconosciuto, si deve constatare con sorpresa come al riguardo manchino ancora analisi approfondite a livello di Unione europea; una lacuna, questa, dovuta tra l'altro ai seguenti fattori:

oltre alle grandi imprese, in questo settore operano in genere innumerevoli piccole e micro-imprese poco organizzate, il che fa sì che la voce del settore dei servizi alle imprese a livello europeo sia molto debole;

oltre a ciò, il dinamismo del settore induce un processo continuo di rinnovamento e innovazione che rende assai difficile operare classificazioni affidabili;

l'attenzione esclusiva da tempo riservata nell'UE all'industria manifatturiera impedisce di volgere uno sguardo onesto e disincantato all'enorme impatto dei servizi di supporto alle imprese.

3.6

Gli indicatori statistici tradizionali, che distinguono nettamente tra settore manifatturiero e servizi, sono perciò incapaci di cogliere appieno la complessa struttura delle catene di valore. Le prospettive di input/output dovrebbero evidenziare, tra le altre cose, quali comparti del settore dei servizi lavorano per il settore manifatturiero — e quanto — e viceversa. Ma ciò presuppone che vengano sviluppate nuove serie di indicatori statistici.

3.7

Dati statistici più precisi e dettagliati dovrebbero fornire basi più solide per analizzare gli sviluppi in corso in vista delle politiche da adottare e discutere delle possibili soluzioni per migliorare l'output.

3.8

Le statistiche possono contribuire a focalizzare il dibattito, tra le altre cose, sulla rimozione degli ostacoli al commercio transfrontaliero e alla mobilità derivanti dalle regolamentazioni nazionali, dal fenomeno della sovraregolamentazione (gold plating) e dai diritti speciali garantiti a livello nazionale a determinate professioni nel settore dei servizi, ad esempio per quanto concerne le qualifiche. L'armonizzazione e il riconoscimento delle qualifiche professionali a livello transfrontaliero dovrebbero agevolare la mobilità transnazionale tra le professioni regolamentate, anche questo un aspetto di particolare interesse per le piccole e micro-imprese.

3.9

Le cifre riferite a tutta l'Unione europea sottolineano le considerevoli differenze esistenti tra gli Stati membri. Un settore dei servizi forte alimenta un'economia forte. Al riguardo le infrastrutture, e in particolare la banda larga, rivestono un'enorme importanza. Esse andrebbero protette in modo appropriato sia per garantire la protezione dei dati che per assicurare la continuità del servizio. Molti Stati membri devono ancora intraprendere sforzi considerevoli in questo campo per recuperare il ritardo accumulato e mettersi al passo con gli altri.

3.10

Oggi si registra una concentrazione delle linee di produzione più marcata rispetto al passato. Le interrelazioni tra mercato europeo e mercati emergenti hanno creato complesse reti economiche e di conoscenza in cui i servizi sono una forza trainante. La delocalizzazione si rivelerà meno efficace, dato che l'industria dipenderà dai servizi più specializzati, a più alta intensità di conoscenza e di maggiore qualità.

3.11

L'Europa mantiene ancora un vantaggio comparativo nella produzione di tali servizi di alto livello, soprattutto grazie alla sua forza lavoro altamente qualificata e all'intensità della sua ricerca e sviluppo. Tuttavia, essa non deve commettere l'errore di «sedersi sugli allori», compiaciuta della posizione acquisita. Per mantenere i vantaggi concorrenziali, infatti, bisogna essere proattivi. E a questo scopo occorrono soprattutto politiche che stimolino costantemente a investire somme ingenti in R&S e nell'ulteriore miglioramento delle competenze della forza lavoro.

3.12

L'interazione tra prestatori e destinatari di servizi assume un rilievo fondamentale. I servizi alle imprese stimolano la produzione di beni e/o di strumenti ausiliari da parte dei destinatari di tali servizi. Sviluppi positivi derivano dalla cooperazione efficace tra domanda ed offerta, delineando nuove «architetture». Visioni e «linguaggi» diversi vengono combinati insieme per offrire nuove soluzioni. In questi processi, soluzioni creative e «tagliate su misura» sono il frutto di svariate discipline.

Da notare la mancanza di medie imprese. Eccezion fatta per alcuni grandi e importanti fornitori di servizi come SAP, nell'ampio segmento dei prestatori di servizi l'Europa è oggi meno rappresentata degli Stati Uniti. In alcuni settori ad alta tecnologia, essa è, se la si paragona agli USA, praticamente assente. Gli esempi di Google, Apple, Amazon e Microsoft, padroni di un gioco in cui «il vincitore prende tutto», mostrano quanto sia grave l'assenza di protagonisti europei in questo campo.

3.13

Riguardo poi ai problemi derivanti dalla direttiva servizi, il completamento del mercato unico dei servizi alle imprese deve puntare a cogliere le opportunità di crescita e di creazione di posti di lavoro e nel contempo a tenere sotto controllo le possibili conseguenze negative della liberalizzazione dei servizi, come il dumping sociale e salariale.

3.14

Nel 2011, la Commissione ha richiamato in modo particolare l'attenzione sulla necessità di una valutazione del ruolo dei servizi alle imprese ad alta intensità di conoscenze (knowledge-intensive business services — KIBS). Una conclusione di ordine generale è che i servizi in genere, e i KIBS in particolare, svolgono un ruolo sempre più importante di input nei processi produttivi. I due settori sono in effetti inseparabili, mentre l'output nella produzione manifatturiera dipende sempre di più dalla qualità di tali servizi.

3.15

La scienza e università sono anch'esse intensamente coinvolte nei servizi innovativi e nell'interazione con l'industria. All'interno di un buon numero di università nascono start-up promettenti nel settore dei servizi alle imprese. Tutto ciò rende sempre più stretta l'integrazione anche territoriale tra la scienza, le soluzioni innovative e l’industria, ma induce anche gli altri effetti positivi, dato che servizi migliori contribuiscono a far muovere verso l'alto la catena del valore nei settori industriali in cui un paese dispone già di capacità tecnologica e gode già di un vantaggio comparativo (4). Senza contare che ciò accresce notevolmente il peso dell'industria manifatturiera nel commercio internazionale.

3.16

La rilevanza assunta dai servizi induce a parlare di una «servitizzazione dell'industria». La simbiosi tra l’industria manifatturiera e i servizi fa sì che, in molti casi, le imprese modifichino il fulcro delle loro attività o addirittura mutino interamente di settore. Nuovi servizi rendono possibile un cambiamento dei concetti di marketing, facendo spostare l'accento dalla vendita dei prodotti alla soddisfazione delle esigenze dei (singoli) clienti. Un altro esempio è dato dalla crescente tendenza dell'industria manifatturiera a contare sulla concezione e prestazione di servizi alle imprese, facendone la parte più redditizia della propria attività.

3.17

In un contesto siffatto, quello di portare al 20 % entro il 2020 la quota di PNL europeo prodotta dall'industria manifatturiera è un obiettivo troppo generico. Occorrerebbe piuttosto prefiggersi l'obiettivo di creare le condizioni per rafforzare i processi industriali in cui la simbiosi tra industria manifatturiera e servizi realizza prodotti innovativi grazie a processi di produzione anticipati e produttività.

3.18

La nuova ondata di applicazioni TIC è un processo che si autoalimenta: i servizi generano altri servizi, facendo crescere a dismisura la loro rilevanza per l'economia in generale. Ciò favorisce la produttività e stimola effetti trasversali sull'intera economia, dando luogo così a nuove combinazioni. E offrirà anche un ulteriore impulso alla globalizzazione.

3.19

Si registra inoltre un altro fenomeno: sempre più prodotti vengono commercializzati insieme a dei servizi — abbinati ai prodotti o addirittura in essi incorporati — il che porta con sé, ancora una volta, nuove alleanze e nuove combinazioni.

4.   La quarta rivoluzione industriale — una vera e propria svolta epocale

4.1

La varietà e l'impatto dei servizi alle imprese risultano ancora maggiori se li si colloca nel quadro della quarta rivoluzione industriale, la cui portata travalica quella di questo solo settore (5). Questa nuova rivoluzione succede a quelle della meccanizzazione, dell'elettricità e dell'informatica, e consiste nell'avvento dell'Internet dei servizi e degli oggetti.

4.2

Nell'ambito di tale processo, sono in corso, nel mondo delle imprese e in quello della scienza, svariate iniziative, alcune delle quali hanno goduto del sostegno delle autorità pubbliche, per adeguare i processi di produzione e sviluppare nuovi prodotti. Una prima iniziativa, senz'altro pionieristica, è costituita dalla tabella di marcia per la quarta rivoluzione industriale avviata nel 2012 dal governo tedesco (6).

4.3

Attualmente sono in corso più iniziative parallele, ciascuna con le sue proprie caratteristiche, come ad esempio:

l'iniziativa olandese per l'«Industria intelligente» (aprile 2014);

le strategie «Industria 4.0» dei Länder austriaci;

i cluster competitivi della regione Vallonia;

il progetto «Futuro dell'industria manifatturiera», sponsorizzato dal governo britannico;

la Fondazione Democenter — Sipe dell'Emilia-Romagna;

la «Coalizione intelligente per la leadership nell'industria manifatturiera» (Stati Uniti); e

il «Polo innovativo dei sistemi cyber-fisici» (India), un programma più esteso rispetto al 4.0.

4.4

La fabbrica intelligente del futuro sarà complessa ed estremamente sofisticata, inserita in una rete perfezionata grazie ad applicazioni e sistemi informatici sempre più sviluppati. Questa evoluzione comporterà — per i clienti come per i lavoratori — una progressiva personalizzazione, consentendo di fornire e utilizzare prodotti e componenti intelligenti e realizzati «su misura».

4.5

Il potenziale che tutto ciò racchiude per l'industria e per l'economia in generale è davvero enorme. Occorre promuovere l'immediata soddisfazione dei desideri del cliente, la flessibilità, l'ottimizzazione dei processi decisionali, l'efficienza nell'uso delle materie prime e le potenzialità offerte dai nuovi servizi in termini di valore aggiunto. In Europa questa evoluzione potrebbe inoltre andare di pari passo con quella demografica e apportare benefici all'equilibrio tra vita privata e professionale, aumentando al tempo stesso la competitività in un contesto caratterizzato da redditi elevati.

4.6

In tutti i settori industriali sarà prevista un'integrazione orizzontale e verticale, nonché una progettazione digitale integrata da punto a punto (end-to-end), lungo l'intera catena di valore. L'accesso aperto e l'innovazione rafforzeranno un'intensa interconnessione in rete.

4.7

Per evitare di perdere terreno rispetto ai concorrenti dei paesi extra-UE, è necessario creare piattaforme comuni europee sulla standardizzazione di prodotti e servizi, che includano tutti gli elementi pertinenti che compongono la catena di valore.

4.8

Questo processo coinvolge in modo simile le grandi così come le piccole imprese. Le prospettive per le PMI sono positive. Esse, infatti, potranno utilizzare i servizi e i sistemi informatici di gran lunga più facilmente di quanto abbiano fatto finora. Si creeranno nuove opportunità per le PMI radicate in una determinata regione, le quali potranno anche integrarsi più facilmente nei processi di internazionalizzazione. In ogni caso, le PMI trarranno beneficio dal trasferimento di conoscenze interdisciplinari e di tecnologie.

4.9

Come si è detto, in tutte le categorie si avrà un rapporto di gran lunga più stretto tra clienti e fornitori.

4.10

Le attuali tecnologie basate sull'informatica devono essere adattate alle esigenze specifiche dell'industria manifatturiera e continuare ad essere sviluppate. Sono necessarie ricerca, tecnologia e iniziative di formazione per sviluppare metodologie nel campo dei modelli di ingegneria dell'automazione e dell'ottimizzazione dei sistemi.

4.11

È necessaria un'infrastruttura economica che comprenda anche un'adeguata infrastruttura Internet a banda larga nonché programmi appropriati d'istruzione e formazione. In proposito il CESE insiste ancora una volta sulla necessità che a politiche di bilancio virtuose si accompagni un'iniziativa per la crescita (7). Gli Stati membri dell'UE dovrebbero sfruttare l'attuale ripresa economica e cogliere l'occasione per intensificare gli investimenti nelle infrastrutture indispensabili e urgenti per l'era industriale 4.0.

4.12

L'industria 4.0 offrirà all'Europa l'opportunità unica di perseguire diversi obiettivi investendo in una sola infrastruttura. Rinviare tale investimento significherebbe compromettere la competitività europea. Un investimento di questo tipo dovrebbe pertanto essere valutato positivamente anche nel quadro delle raccomandazioni specifiche per paese emanate ogni anno nel corso del semestre europeo.

4.13

La tabella di marcia tedesca dedica la dovuta attenzione agli aspetti sociali di questa nuova evoluzione. Quest'ultima, infatti, coinvolge non solo i dirigenti e il personale delle imprese, ma anche la società nel suo complesso. Si tratta di una svolta epocale nell'interazione tra l’uomo e la tecnologia e tra l’uomo e l’ambiente. Le innovazioni tecnologiche vanno apprezzate nel relativo contesto sociale e culturale, dato che anche i cambiamenti culturali e sociali sono fattori di innovazione a pieno titolo.

4.14

Sempre in quest'ottica, i metodi decentrati di leadership e di gestione, nonché l'attribuzione ai dipendenti di responsabilità decisionali dirette, stanno aprendo nuove, inedite prospettive. Tutto ciò comporta cambiamenti fondamentali.

4.15

Occorre organizzare, a livello nazionale ed europeo, piattaforme, seminari e gruppi di lavoro ai quali prendano parte le imprese, le parti sociali, gli ambienti scientifici e le autorità pubbliche. Tali piattaforme e gruppi di lavoro, infatti, sono di cruciale importanza per definire la visione e le strategie che consentano di gestire questo processo di trasformazione cogliendo le opportunità che esso offre ed evitando i rischi che esso comporta. Al riguardo, il gruppo ad alto livello (v. oltre) rappresenta un buon esempio di dialogo fattivo tra parti interessate.

4.16

Il nuovo mondo dei servizi e dell'industria digitali avrà bisogno di una piattaforma per gli scambi digitali sicura ed affidabile, in cui i diritti degli attori del mercato siano chiari e tutelati (8). E, in questo nuovo mondo «ibrido» che si va profilando, sarà altrettanto importante disporre di una piattaforma di comunicazione e cooperazione.

5.   Implicazioni per la società e per i mercati del lavoro  (9)

5.1

Una società basata sui servizi e la digitalizzazione avranno enormi ripercussioni sul mercato del lavoro e sulla società in generale.

La «servitizzazione» dell'economia determina una riduzione dell'occupazione nelle fasce sociali a medio reddito. Per fermare e invertire questa tendenza, è necessario che la creazione di opportunità occupazionali in queste fasce di reddito diventi un vero e proprio obiettivo nell'ambito delle politiche di adeguamento strutturale. A tal fine, strumenti quali le politiche attive del mercato del lavoro e gli investimenti nell'istruzione e nella formazione innovative dovrebbero ricevere la dovuta attenzione nelle politiche dell'UE per l'industria e i servizi. Bisognerebbe adoperarsi per esaminare in che modo gli accordi collettivi possano dare un contributo al riguardo.

Tutti, a qualsiasi livello, dobbiamo essere pronti ad apprendere nuovi tipi di competenze, il che, tenendo conto delle enormi sfide sociali in gioco, è un motivo in più per promuovere un aggiornamento dei programmi di studio e favorire l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Questo passaggio concerne tutte le generazioni, per cui anche i lavoratori meno giovani devono avere l'opportunità di aggiornare costantemente le loro competenze. Ogni ricerca condotta su tale processo di trasformazione, nonché ogni valutazione effettuata al riguardo, deve perciò contribuire ad individuare in modo appropriato il fabbisogno di competenze e qualifiche occupazionali.

Motrici del cambiamento sono principalmente (nuove) piccole e micro-imprese, mentre le grandi aziende stanno riducendo la propria forza lavoro. Un processo, questo, che si traduce in un forte aumento delle nuove imprese (start-up) e dei lavoratori autonomi in tutta Europa. Oggigiorno è possibile costituire una società di software nel giro di un fine settimana, utilizzando strumenti facilmente accessibili che consentono all'aspirante imprenditore di sviluppare e sperimentare rapidamente prodotti, secondo un modello di start-up «snella» (lean start-up).

5.2

È preoccupante che questa svolta epocale nell'economia, con tutte le sue conseguenze per la società e il mercato del lavoro, non sia ancora sufficientemente analizzata e non venga discussa più a fondo in ambienti diversi da quelli economici e scientifici.

5.3

Di conseguenza, sono molti i motivi per cui questa transizione verso scenari completamente nuovi in economia dovrebbe essere oggetto di un ampio dibattito politico e sociale, a livello sia nazionale che di Unione europea. Ripercuotendosi sull'occupazione e la disoccupazione, questo processo incide assai concretamente sulla vita di molte persone nelle regioni e nelle città d'Europa, condizionando le scelte dei cittadini riguardo al loro futuro. Gli aspetti sociali e culturali dovrebbero insomma essere evidenziati in modo appropriato e presi nella dovuta considerazione.

5.4

I rapidi cambiamenti in atto sul mercato del lavoro devono formare oggetto di studi approfonditi e di un'accurata mappatura, in base ai quali disegnare l'istruzione e la formazione del futuro. È questa la priorità da fissare nell'ambito del capitolo «Leadership industriale» del programma Orizzonte 2020.

5.5

Un gran numero di posti di lavoro vulnerabili è a rischio, e, se tale processo non sarà adeguatamente gestito, vi saranno conseguenze sul piano sociale e politico. L'UE e gli Stati membri devono quindi creare, con le loro politiche e le loro normative, un contesto che, oltre ad essere propizio alle nuove, indispensabili tecnologie, garantisca il conseguimento di due obiettivi: migliorare le condizioni di vita e di lavoro ed evitare che si crei una polarizzazione tra fasce sociali a basso e ad alto reddito.

5.6

Tra i vari paesi esistono differenze significative in termini di preparazione a questi nuovi sviluppi. Occorre rivedere i programmi tradizionali ed adeguare i curricoli. Le imprese, da parte loro, si stanno già adeguando. E il loro rapporto con l'istruzione sta cambiando, in modo da stare al passo con le trasformazioni industriali. I lavoratori devono essere messi in condizione di acquisire competenze diverse, e in genere più specialistiche, ma nel contempo di adattarsi ai rapidi cambiamenti nelle competenze richieste.

5.7

Ciò non significa, peraltro, che si debba porre l'accento unicamente ed esclusivamente sulle competenze tecniche. Le competenze intellettuali e sociali continuano infatti ad essere altrettanto importanti. Esse sono indispensabili per tenersi al passo con l'evoluzione complessiva della società e soddisfare l'esigenza di innovazione sociale che va di pari passo con le trasformazioni economiche fondamentali.

5.8

In quest'ottica a 360o, è necessario garantire il dialogo sociale a livello aziendale, settoriale, nazionale e dell'UE, in modo da discutere degli sviluppi e delle condizioni quadro a livello dell’UE e degli Stati membri, nonché dei modi e dei mezzi per preparare adeguatamente la forza lavoro.

6.   Il gruppo ad alto livello sui servizi alle imprese — un primo passo

6.1

L'impatto dell'intensificarsi dei servizi alle imprese è stato trascurato per troppo tempo a livello dell'UE e nell'elaborazione delle politiche europee. Il previsto salto quantico rende ancor più necessario che la situazione cambi. Il CESE accoglie pertanto con grande favore la relazione del gruppo ad alto livello sui servizi alle imprese, pubblicata nel 2013, considerandola un primo passo promettente.

6.2

Benché — soprattutto con l'Agenda digitale ed i progetti di ricerca e innovazione — la Commissione europea sia ormai coinvolta nei processi correlati allo sviluppo dei servizi alle imprese e agli ampi effetti che ne derivano, al riguardo manca attualmente un quadro complessivo.

6.3

In una politica industriale orientata al futuro, i servizi alle imprese meritano un posto di primo piano. La relazione del gruppo ad alto livello dovrebbe aprire la strada all'elaborazione di un quadro completo degli sviluppi in atto e alla definizione delle iniziative opportune da adottare nell'UE.

6.4

Il gruppo ad alto livello individua un gran numero di servizi alle imprese, dai servizi professionali a quelli tecnici passando per quelli di supporto operativo.

6.5

Più in particolare, le relazioni chiariscono che finora i servizi alle imprese non sono perlopiù stati presi in sufficiente considerazione ai fini delle politiche UE — né dalla Commissione nel predisporne di nuove, né dal Consiglio Competitività nel discuterne.

6.6

Oltre al gruppo ad alto livello, anche cinque gruppi di lavoro hanno presentato relazioni, dedicate rispettivamente ai seguenti temi: i) mercato unico, ii) innovazione, iii) competenze professionali, iv) norme tecniche e v) commercio. Tali relazioni contengono una notevole quantità di osservazioni analitiche e commenti dettagliati sul processo in corso negli ambiti oggetto di discussione nonché sulle impostazioni da adottare nelle politiche e nelle azioni dell'UE.

6.7

Molte osservazioni e proposte contenute nelle relazioni sottolineano la necessità di analisi approfondite a livello UE e nel contempo di orientamenti politici migliori e più mirati per le PMI — tutte misure che il CESE, come anche molti esperti, invoca ormai da anni. Il ruolo preponderante delle micro- e piccole imprese e l'aumento esponenziale del loro numero nell'attuale ciclo economico evidenziano una volta di più la necessità e l'urgenza di migliorare la regolamentazione, rendere più idonee le condizioni per i partenariati per l'innovazione e concentrarsi in modo particolare sulla questione dell'accesso ai finanziamenti.

6.8

È interessante notare come l'analisi, oltre a soffermarsi sulle barriere tradizionali per i servizi, confrontandole con quelle che ostacolano l'industria manifatturiera, mostri che l'attuale frammentazione del mercato unico dei beni ha ulteriori effetti negativi anche sullo sviluppo transfrontaliero e sugli incentivi a fornire servizi alle imprese. L'Europa è ancora lontana dall'aver creato un grande mercato interno dei servizi che funzioni davvero.

6.9

Le numerose proposte per migliorare il contesto in cui i servizi alle imprese vengono prestati mettono in risalto l'importanza capitale di questi ultimi ai fini del collegamento tra industria manifatturiera e servizi e dunque del futuro rafforzamento di tale industria in Europa.

6.10

Il lavoro del gruppo ad alto livello e degli altri gruppi di lavoro risulta pertanto, agli occhi del CESE, un utilissimo punto di partenza per la realizzazione di un'analisi più particolareggiata e per l'elaborazione di proposte concrete da parte della Commissione.

Bruxelles, 16 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Il gruppo ad alto livello sui servizi alle imprese, istituito dalle DG Imprese e industria e Mercato interno e servizi, ha presentato le sue conclusioni nell'aprile 2014. Parallelamente, cinque gruppi di lavoro si sono concentrati sull'analisi di settori specifici.

(2)  Cfr. in particolare il parere del CESE TEN/549 sul tema Forgiare il futuro della governance di Internet del luglio 2014 (non ancora pubblicato in GU).

(3)  Institut der Deutschen Wirtschaft [Istituto dell'economia tedesca], Colonia, 2013.

(4)  Documenti di politica commerciale dell'OCSE, n. 148 «Il ruolo dei servizi per la competitività nell'industria manifatturiera», 2013.

(5)  Le implicazioni di ampio respiro che questa rivoluzione (4.0) comporta vanno discusse separatamente e in maniera più completa nell'ambito di futuri pareri.

(6)  Raccomandazioni volte ad attuare l'iniziativa strategica per l'industria, 4.0, aprile 2013.

(7)  Cfr. il parere del CESE sul tema Un'industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica. Aggiornamento della comunicazione sulla politica industriale del luglio 2013, in particolare il punto 1.2. (GU C 327 del 12.11.2013, pag. 82.)

(8)  In proposito si veda il parere del CESE TEN/550, del luglio 2014, sul tema Attacchi informatici nell'UE (non ancora pubblicato in GU).

(9)  Cfr. anche il parere del CESE TEN/548, del luglio 2014, sul tema Società digitale: accesso, istruzione, formazione, occupazione, strumenti per l'uguaglianza (non ancora pubblicato in GU).


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/33


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione relativa all'iniziativa dei cittadini europei «Acqua potabile e servizi igienico-sanitari: un diritto umano universale! L'acqua è un bene comune, non una merce»

[COM(2014) 177 final]

(parere di iniziativa)

(2015/C 012/05)

Relatrice:

LE NOUAIL MARLIÈRE

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 11 settembre 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa in merito alla:

Comunicazione della Commissione relativa all'iniziativa dei cittadini europei «Acqua potabile e servizi igienico-sanitari: un diritto umano universale! L'acqua è un bene comune, non una merce»

COM(2014) 177 final.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data venerdì 18 luglio 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 151 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Nella sua risposta alla prima iniziativa dei cittadini europei che ha soddisfatto i requisiti stabiliti, quella intitolata Acqua potabile e servizi igienico-sanitari: un diritto umano universale! L'acqua è un bene comune, non una merce!, la Commissione afferma l'importanza sia del diritto umano all'acqua e ai servizi igienico-sanitari, sia dell'acqua come bene pubblico e valore fondamentale, e ribadisce che «l'acqua non è un prodotto commerciale».

1.2

Innanzitutto va accolto con favore il fatto che il sostegno dato dai cittadini a questa ICE, come pure il riconoscimento da parte della Commissione della specificità e dell'importanza dei servizi idrici «per il soddisfacimento dei bisogni di base della popolazione», abbiano determinato l'esclusione di questi servizi dalla direttiva sulle concessioni.

1.3

Più in generale, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) apprezza l'impegno della Commissione ad agire in linea con le norme del Trattato che impongono all'UE di rimanere neutrale rispetto alle decisioni nazionali che disciplinano il regime di proprietà per le imprese erogatrici di servizi idrici. A questo proposito il CESE è convinto che nessuna decisione o atto relativi all'attività dell'UE dovrebbero comportare una limitazione della libertà degli Stati membri di scegliere in che modo organizzare la fornitura dei servizi idrici.

1.4

Il CESE invita pertanto la Commissione a lanciare iniziative concrete per garantire il rispetto duraturo di quest'impegno in tutti i diversi settori d'intervento dell'UE, sia nei confronti degli Stati membri che beneficiano di un sostegno nell'ambito del Meccanismo europeo di stabilità, sia nel quadro attuale dei negoziati commerciali (come quelli relativi al partenariato transatlantico sugli scambi commerciali e gli investimenti e/o sul commercio dei servizi), escludendo espressamente i servizi idrici dai negoziati commerciali come quelli menzionati.

1.5

Il Comitato prende atto di alcuni aspetti positivi della risposta fornita dalla Commissione europea:

il riconoscimento del fatto che la fornitura dei servizi idrici è generalmente competenza delle autorità locali, che sono le più vicine ai cittadini;

l'impegno a promuovere l'accesso universale all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari nell'ambito della politica di sviluppo attraverso partenariati senza scopo di lucro;

la promozione di partenariati pubblico-pubblico, che dovrebbero essere riconosciuti come uno strumento efficace per migliorare le prestazioni delle autorità pubbliche e dei fornitori di servizi idrici non soltanto nel settore dello sviluppo internazionale, ma anche nella stessa UE.

1.6

Il CESE osserva che i servizi idrici rappresentano dei monopoli naturali, per via degli enormi investimenti in capitale necessari e degli ingenti costi di trasporto, come spiegato chiaramente in una recente relazione dell'Agenzia europea dell'ambiente (Assessment of cost recovery through water pricing — Valutazione del recupero dei costi tramite la tariffazione dell'acqua, Lussemburgo, 2003; pag. 28). Perciò le autorità pubbliche devono essere in grado di esercitare un esteso controllo sulla qualità e sull'efficacia dei servizi forniti dalle aziende idriche. In questo contesto il CESE sostiene la Commissione, la quale riconosce l'importanza fondamentale che spetta alla trasparenza.

1.7

Di conseguenza, il Comitato invita la Commissione ad intensificare gli sforzi per una piena attuazione dell'articolo 14 della direttiva quadro sulle acque (informazione e consultazione pubblica) ed esprime il proprio sostegno per l'intento della Commissione di promuovere l'analisi comparativa (benchmarking) dei servizi idrici sulla base degli indicatori relativi ai risultati economici, tecnici e qualitativi. I collegamenti tra livello degli investimenti, tariffa idrica media e qualità delle condizioni di lavoro appariranno quindi in modo più evidente e aumenteranno la trasparenza nel settore.

1.8

In questo contesto il CESE osserva che la revisione della direttiva quadro sulle acque (DQA) e della direttiva sull'acqua potabile dovrebbe offrire l'opportunità di inserirvi indicazioni e principi relativi all'accesso universale a questa risorsa nonché il principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici sancito dalla DQA. Il CESE invita la Commissione europea a proporre una legislazione che faccia dell'accesso all'acqua e ai servizi igienico-sanitari un diritto dell'uomo nell'accezione delle Nazioni Unite, ed a promuovere la fornitura d'acqua e di servizi igienico-sanitari come servizi pubblici essenziali per tutti.

1.9

Il CESE constata che, tramite il sostegno all'ICE, i cittadini europei hanno espresso il desiderio di partecipare alla definizione delle politiche europee e hanno voce in capitolo sul tema dell'acqua come bene comune e servizio di interesse generale. Questo dato deve indurre tutte le istituzioni europee ad aprire la governance della politica dell'UE in materia di acque a tutte le parti interessate e ad intensificare le occasioni di dibattito pubblico sul futuro delle risorse idriche.

2.   Introduzione

2.1

L'iniziativa dei cittadini europei (ICE), introdotta dal Trattato di Lisbona per promuovere una maggiore partecipazione democratica dei cittadini alle questioni europee (1), consente a un milione di cittadini di almeno sette Stati membri dell'Unione europea (UE) di chiedere alla Commissione europea di legiferare in settori di competenza unionale. Si tratta del primo strumento di democrazia partecipativa adottato a livello europeo.

2.2

Dal lancio dell'ICE, nell'aprile 2012, oltre 5 milioni di cittadini hanno sottoscritto più di 20 iniziative diverse. Il CESE ha invitato diversi promotori di campagne alle sue sessioni plenarie.

2.3

L'iniziativa «L'acqua è un diritto umano universale» si prefigge di proporre una normativa che sancisca il diritto universale all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, come riconosciuto dalle Nazioni Unite, e promuova l'erogazione di servizi idrici e igienico-sanitari in quanto servizi pubblici fondamentali per tutti. L'ICE è stata presentata al CESE nella sessione plenaria di settembre 2013.

2.4

Si riporta qui di seguito il testo originario dell'iniziativa:

L'acqua e i servizi igienico-sanitari sono un diritto umano!

Esortiamo la Commissione europea a proporre una normativa che sancisca il diritto umano universale all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, come riconosciuto dalle Nazioni Unite, e promuova l'erogazione di servizi idrici e igienico-sanitari in quanto servizi pubblici fondamentali per tutti.

La legislazione dell'Unione europea deve imporre ai governi di garantire e fornire a tutti i cittadini, in misura sufficiente, acqua sana potabile e servizi igienico-sanitari. Chiediamo che:

1.

le istituzioni dell'Unione europea e gli Stati membri siano tenuti ad assicurare a tutti i cittadini il diritto all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari;

2.

l'approvvigionamento di acqua potabile e la gestione delle risorse idriche non siano soggetti alle «logiche del mercato unico» e che i servizi idrici siano esclusi da qualsiasi forma di liberalizzazione;

3.

l'UE intensifichi il proprio impegno per garantire un accesso universale all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari.

2.5

Il 17 febbraio 2014, dopo che la Commissione europea aveva convalidato le 1 6 59  543 firme raccolte in 13 Stati membri, il Parlamento europeo ha tenuto una grande audizione del comitato dei cittadini dell'ICE per l'acqua, alla quale il CESE è stato invitato a partecipare. Lo stesso giorno, il comitato dei cittadini è stato ricevuto anche dal vicepresidente della Commissione Maroš Šefčovič.

2.6

Il 19 marzo 2014, la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione come risposta ufficiale alla prima iniziativa dei cittadini europei che ha soddisfatto i requisiti stabiliti, ossia quella che la invitava a «implementare il diritto umano all'acqua e ai servizi igienico-sanitari nella legislazione europea».

2.7

Il 15 aprile 2014, Giornata europea dell'ICE, il CESE ha organizzato un convegno sul tema Consolidare il successo, al quale il comitato dei cittadini dell'iniziativa per l'acqua è stato nuovamente invitato a partecipare e nel corso del quale «una folta rappresentanza dei protagonisti delle campagne dell'ICE e delle parti direttamente interessate si è riunita al CESE per discutere gli insegnamenti tratti fino a questo momento e per stilare un elenco di raccomandazioni per rendere questo strumento di democrazia diretta più efficace e più semplice».

3.   Osservazioni generali

3.1

Come strumento che incoraggia il dibattito pubblico e la creazione di reti di cittadini, l'ICE ha mostrato la propria forza e successo.

3.2

Gli ostacoli da rimuovere risiedono nelle regole della sua attuazione (2), che vanno rivedute poiché non corrispondono alla vera natura dell'ICE. Esse impongono degli obblighi paragonabili a quelli che sarebbero adeguati a uno strumento giuridicamente vincolante di democrazia diretta, con un impatto giuridico diretto pari a quello di un referendum (dati personali, effetto potenzialmente dissuasivo, procedure sproporzionate) e sottopongono gli organizzatori a vincoli giuridici esagerati, che non sono gli stessi da uno Stato membro all'altro. Inoltre, restringono il perimetro dei temi che possono essere legalmente registrati, sottoponendoli all'approvazione sovrana della Commissione, che è l'unica a stabilire se essi rientrano nelle sue competenze.

3.3

La lunghezza massima del testo di presentazione dell'iniziativa da registrare, compresi titolo, oggetto e descrizione, non può superare le 800 battute, il che ha indotto la Commissione a osservare che l'iniziativa mancava di proposte concrete!

3.4

Molti cittadini europei disperano di poter dire la loro in Europa e sull'Europa. La Commissione europea che si insedierà prossimamente dovrà tenere conto di questa situazione.

3.5

In quanto parte del Trattato sull'UE (articolo 11, paragrafo 4), l'ICE è l'unico strumento giuridico di cui dispongono i semplici cittadini europei per influire sull'agenda politica dell'UE. Nel 2015 il PE e il Consiglio dovranno rivedere le regole di attuazione dell'ICE, facendo fruttare gli insegnamenti tratti da queste prime campagne.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il Comitato constata con soddisfazione che l'ICE «L'acqua è un diritto umano universale» ha obbligato le istituzioni europee a prendere atto delle preoccupazioni dei cittadini europei e a constatare che esse vanno al di là delle considerazioni regolamentari consuete della Commissione, e che quest'ultima ha deciso di escludere i servizi idrici e igienico-sanitari dalla direttiva sulle concessioni.

4.2

La Commissione ricorda giustamente le responsabilità degli Stati membri in merito all'adozione di misure di ausilio per le persone svantaggiate.

4.3

Riconosce altresì di avere delle competenze nella definizione di alcuni principi di base per le politiche di tariffazione dell'acqua negli Stati membri e rammenta le disposizioni dell'articolo 9 della direttiva quadro sulle acque, che sancisce il principio del recupero dei costi dei servizi idrici.

4.4

Tuttavia la Commissione non ha dato prova di un'autentica ambizione nella sua risposta alle aspettative di 1,6 milioni di persone (1,9 milioni di firme raccolte), e non ha presentato una nuova proposta intesa alla creazione di uno strumento dell'UE che riconosca il diritto umano all'acqua.

4.5

Sulla base di esempi concreti tratti dall'esperienza di diverse città europee, il Comitato ritiene che l'obbligo di adottare politiche adeguate di tariffazione per salvaguardare le risorse idriche possa e debba essere conciliato con l'imperativo di garantire l'accesso universale a queste risorse tramite adeguati meccanismi di solidarietà.

4.6

Il CESE osserva che la revisione della direttiva quadro sulle acque e della direttiva sull'acqua potabile dovrebbe offrire l'opportunità di inserirvi indicazioni e principi relativi all'accesso universale a questa risorsa nonché il principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici sancito dalla DQA.

4.7   Garantire un'acqua di migliore qualità e più accessibile:

4.7.1

Il Comitato esprime la propria sorpresa per la scelta di rispondere a un'iniziativa dei cittadini di questa portata, proponendo una consultazione pubblica sulla qualità dell'acqua potabile, che sembra rinviare a metodi più consueti di consultazione, utili ma che non rispondono all'ICE.

4.8   Garantire la neutralità nella fornitura di servizi idrici:

4.8.1

Constata con soddisfazione che la Commissione ha colto la necessità di trasparenza nel processo decisionale relativo alla gestione delle risorse idriche a livello locale, regionale e nazionale.

4.8.2

In ragione della sua importanza per la vita, l'acqua deve essere preservata come una risorsa fragile e come un bene comune. È necessario tenere conto del carattere prioritario del suo utilizzo per le esigenze umane fondamentali. La Commissione europea dovrebbe capire che occorre riconoscere l'accesso alle risorse idriche e ai servizi igienico-sanitari nonché la loro disponibilità in quantità sufficiente come un diritto umano fondamentale, in ragione del collegamento di tali servizi con il diritto alla vita e alla dignità umana, escludendoli in tal modo per sempre dalle regole commerciali del mercato interno e proponendo di riqualificarli come servizi non economici di interesse generale (3).

4.8.3

I prodotti necessari alla sopravvivenza delle persone dovrebbero essere oggetto di un approccio specifico ed essere ritirati dal quadro del libero scambio. Malgrado l'esistenza di testi ufficiali dove si dichiara che «l'acqua non è un prodotto commerciale» o che «ogni essere umano ha diritto all'alimentazione», ancora oggi assistiamo a privatizzazioni delle sorgenti idriche, a speculazioni di grandi dimensioni sui prodotti alimentari di base e ad appropriazioni di terreni agricoli su vasta scala. Questi fenomeni compromettono direttamente il sostentamento dei più poveri.

4.8.4

La Commissione europea è invitata a proporre delle misure vincolanti concrete per rispondere all'iniziativa dei cittadini europei in questione, cosa che non ha fatto nella sua comunicazione. In particolare, un testo europeo giuridicamente vincolante dovrebbe prevedere che il profitto non sia l'obiettivo perseguito dalla gestione delle sorgenti idriche e dei corrispondenti servizi. In assenza di misure di questo tipo, la dichiarazione per cui «l'acqua è un bene comune» è priva di senso.

4.9   Garantire la fornitura idrica tramite un servizio pubblico di interesse umano:

4.9.1

Il Comitato raccomanda l'adozione di uno strumento europeo che riconosca il diritto umano all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, in base alla definizione fornita dalle Nazioni Unite nel luglio 2010, che è uno dei fondamenti dell'ICE, insieme con l'articolo 14 del TFUE sui SIG e il protocollo 26 sui SIG, affinché la Commissione europea possa raccomandare agli Stati membri di soddisfare questo diritto tramite un servizio non economico d'interesse generale, nel rispetto della neutralità della prestazione di tale servizio distinto dall'uso commerciale che può esserne fatto in ambito industriale o agricolo.

4.10   Un approccio più integrato per l'assistenza allo sviluppo:

4.10.1

La politica di sviluppo e gli impegni finanziari dell'UE trarrebbero un indubbio vantaggio dall'essere fermamente abbinati al riconoscimento, da parte di tutti gli Stati membri dell'UE, del diritto umano sancito ufficialmente dalle Nazioni Unite nel luglio 2010, in particolare per puntare a un'efficacia ottimale, poiché dichiarare che la politica di sviluppo e di aiuto in questo settore è collegata a un diritto umano consentirebbe di lottare contro la corruzione e impegnerebbe gli operatori subappaltanti. Il Comitato incoraggia e sostiene l'approccio integrato e la creazione di sinergie tra acqua e sicurezza alimentare. In merito alla sinergia tra acqua ed energia, il Comitato attende gli elementi proposti per stabilire se rispondano allo spirito dell'ICE riguardo alla protezione della risorsa in quanto bene comune.

Anche la sanità pubblica deve essere al centro delle preoccupazioni, in particolare tramite la realizzazione di servizi igienico-sanitari ovunque ve ne sia bisogno, anche se questa parte suscita minore interesse da parte degli operatori.

4.11   Promuovere i partenariati pubblico-pubblico:

4.11.1

Il Comitato approva l'impegno della Commissione a promuovere maggiormente — questi partenariati senza scopo di lucro — nel settore idrico per rafforzare le capacità mediante il trasferimento di competenze e conoscenze tra aziende pubbliche di servizi idrici e igienico-sanitari, enti locali e altre parti interessate del settore, e ribadisce quanto affermato in precedenza, ossia che l'innovazione e i risultati della ricerca e dello sviluppo che hanno beneficiato di un sostegno pubblico nell'ambito del 7o programma quadro dovrebbero essere messi a disposizione del settore no profit, delle imprese dell'economia sociale e solidale, dei comuni, ecc. (4).

4.12   Seguito di Rio+20:

4.12.1

Al fine di sostenere gli obiettivi di sviluppo sostenibile che sostituiranno gli obiettivi del millennio dopo il 2015 e avranno una portata universale, l'UE dovrebbe mettersi in linea con questi obiettivi futuri e tenere presente che ancora oggi tra 1 e 2 milioni di cittadini europei non hanno accesso a questa risorsa. L'UE deve approfondire la conoscenza di dati rilevanti da parte degli Stati membri (persone senza fissa dimora, Rom, contesti abitativi precari) per porre rimedio a queste situazioni.

4.13

Il Comitato accoglie con favore l'impegno della Commissione europea sulla qualità dell'acqua, sulla trasparenza della gestione e sull'instaurazione di un dialogo più strutturato tra le parti interessate, ma sottolinea che non viene data una risposta alle questioni sollevate dall'iniziativa dei cittadini in merito all'universalità di un diritto umano, ossia che ogni cittadino e abitante deve poter disporre di un minimo vitale di risorse idriche, quale che sia la sua situazione abitativa, lavorativa, ecc.

4.14

La Commissione europea osserva che la specificità dell'acqua e dei servizi igienico-sanitari e la loro importanza per il soddisfacimento dei bisogni di base della popolazione sono state costantemente riconosciute dalla legislazione dell'UE.

Il Comitato ritiene che tali servizi siano vitali e non soltanto importanti, e dato che si tratta di bisogni fondamentali, insiste affinché essi vengano soddisfatti nel quadro di servizi pubblici di interesse generale non economico.

4.15

Il CESE ha raccomandato agli Stati membri e alle istituzioni europee di consolidare questa politica, dato che l'acqua è un bene vitale fondamentale per i cittadini, l'industria, l'agricoltura, come pure per gli enti locali. A questa risorsa occorre assegnare un'importanza centrale in ogni politica europea, sottolineando le sfide relative alla lotta contro la povertà, ai diritti fondamentali dei cittadini europei, alla sanità pubblica, all'integrazione e alla coesione sociale.

4.16

Il CESE raccomanda di:

valutare l'impatto e il costo di una politica delle risorse idriche che non integri le dimensioni sociali, ambientali ed economiche;

rendere coerenti tra loro le strategie praticate in funzione dei diversi interessi territoriali presenti negli Stati membri;

creare un approccio sostenibile alla gestione delle risorse idriche, dotandosi di nuovi strumenti di anticipazione che consentano di rispondere alle calamità naturali o legate all'attività antropica che minacciano e danneggiano a breve termine le risorse idriche;

rilanciare l'adozione della direttiva sui suoli;

concentrarsi anche su un contenimento della domanda che preservi e protegga queste risorse;

integrare il dialogo sociale e le parti sociali, poiché contribuiscono a garantire l'insieme dei compiti del servizio di erogazione dell'acqua e delle strutture igienico-sanitarie, in tutta la loro diversità e a tutti i livelli.

4.17

Inoltre il CESE propone di:

garantire la ricerca su tecnologie in grado di migliorare la salute e la sicurezza dei lavoratori dei servizi idrici e igienico-sanitari;

sfruttare il capitale di conoscenze accumulato da alcune ONG;

estendere l'elenco delle sostanze inquinanti (nanoelementi e sostanze chimiche cancerogene, mutagene e reprotossiche) che non devono essere presenti nelle acque superficiali o nelle falde acquifere, allo scopo di proteggere la salute dei cittadini, e pervenire a una serie di raccomandazioni armonizzate per il riutilizzo delle acque trattate;

giudicare positivamente le misure intese a preservare gli ecosistemi e sostenere l'iniziativa per la conservazione degli acquiferi naturali.

4.18

La politica per le risorse idriche e i servizi igienico-sanitari deve iscriversi in un approccio improntato allo sviluppo sostenibile, che consenta di rispondere ai bisogni attuali della popolazione e al tempo stesso di conservare le risorse per soddisfare quelli delle generazioni future.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Regolamento (UE) n. 211/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante l'iniziativa dei cittadini (GU L 65 dell'11.3.2011, pag. 1).

(2)  Regolamento (UE) n. 211/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante l'iniziativa dei cittadini.

(3)  GU C 177 dell'11.6.2014, pag. 24.

(4)  GU C 44 del 15.2.2013, pagg. 147-152.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/39


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il ruolo della società civile nell'accordo di libero scambio UE-Giappone»

(parere di iniziativa)

(2015/C 012/06)

Relatrice:

BATUT

Correlatrice:

PÄÄRENDSON

Il Comitato economico e sociale europeo ha deciso, in data 19 settembre 2013, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Il ruolo della società civile nell'accordo di libero scambio UE-Giappone

(parere d'iniziativa).

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 18 settembre 2014.

Nella sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 133 voti favorevoli, 1 voto contrario e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Conclusioni

1.1.1

L'Unione europea e il Giappone rappresentano insieme oltre un terzo del commercio mondiale. Un partenariato con un accordo di libero scambio (ALS)/accordo di partnership economica (APE) tra l'UE e il Giappone ambizioso, globale e vantaggioso per entrambe le parti servirebbe a promuovere gli scambi e gli investimenti reciproci e potrebbe migliorare le rispettive economie, creare opportunità di lavoro e contribuire al rafforzamento delle regole e delle norme internazionali. I cittadini delle due parti sarebbero senz'altro favorevoli a un'equa ripartizione dei benefici previsti, ma sono vigili, e non vogliono veder abbassarsi gli standard che rispettivamente li riguardano.

1.1.2

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore i negoziati per l'ALS/APE con il Giappone e in particolare la decisione di portarli ancora avanti dopo il riesame effettuato al termine del primo anno. Tuttavia, il Comitato deplora la mancanza di informazione e di trasparenza sui negoziati in corso. Dato che la promozione e la tutela degli interessi dei consumatori è uno strumento fondamentale per garantirsi un ampio sostegno del pubblico all'accordo, chiede che siano introdotti meccanismi di consultazione analoghi a quelli esistenti nel quadro dei negoziati per il partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP), in modo da garantire che la società civile sia meglio informata sui vantaggi comparativi che l'apertura del mercato tra l'UE e il Giappone offrirebbe ai soggetti interessati. In questo contesto, il CESE incoraggia entrambe le parti a migliorare la trasparenza e l'informazione relative ai negoziati, introducendo un meccanismo ufficiale di informazione regolare della società civile e successivamente una struttura di consultazione nell'ambito dell'accordo. Inoltre, il Comitato fa notare che le imprese sia europee che giapponesi hanno già la possibilità di avvalersi della tavola rotonda imprenditoriale UE-Giappone come piattaforma per il coinvolgimento e la consultazione.

1.2   Raccomandazioni

1.2.1

Il CESE insiste sulla necessità di essere tenuto pienamente informato circa la revisione dello studio d'impatto del 2012. Chiede di conoscere al più presto il calendario per l'attuazione, in particolare per quanto riguarda l'armonizzazione delle norme tecniche, e ritiene che, prima che venga adottata qualsiasi decisione, dovrebbe essere pubblicato — in tutte le lingue ufficiali dell'UE — un documento più preciso rispetto all'analisi di impatto.

1.2.2

Il CESE esorta l'Unione a fare tutto il possibile affinché:

i valori da essa difesi nel mondo siano rispecchiati nell'accordo, le norme ambientali, sociali, sanitarie e culturali siano mantenute, e i benefici dell'accordo siano distribuiti equamente tra i cittadini, i consumatori, i lavoratori e le imprese;

entrambe le parti siano ambiziose, per quanto riguarda non solo le riduzioni tariffarie ma anche le barriere non tariffarie, impegnandosi nel contempo per accrescere la coerenza normativa senza abbassare né gli standard e le norme né il livello occupazionale, il tutto con piena reciprocità e senza che sia indebolito l'impegno dell'UE a favore del multilateralismo dell'OMC;

la promozione degli interessi e della salute dei consumatori sia riconosciuta come obiettivo essenziale da entrambe le parti;

il principio di precauzione sia sancito dall'accordo e sia stabilita la certezza del diritto per il commercio dei prodotti agroalimentari a proposito delle indicazioni geografiche delle due parti;

un capitolo sia dedicato alle PMI, che rappresentano oltre il 99 % di tutte le imprese sia nell'UE che in Giappone e sono i principali creatori di nuovi posti di lavoro, ragioni per cui si attendono un aumento della loro competitività e una riduzione dei vincoli. L'obiettivo è migliorare il reciproco accesso al mercato e tenere le PMI pienamente informate in merito alle nuove opportunità commerciali che dovrebbero aprirsi grazie all'accordo;

sia incluso un capitolo robusto e positivo in materia di servizi, che dia sufficienti garanzie e sia basato sugli accordi già conclusi dall'UE; così facendo, infatti, in questi negoziati si coglierebbe un'opportunità importante;

sia preservato il carattere specifico dei servizi pubblici nell'UE, conformemente agli obblighi derivanti dal Trattato;

ove opportuno, sia garantita la parità di accesso agli appalti pubblici da entrambe le parti con piena certezza giuridica;

venga ribadito il diritto delle parti di regolamentare e definire le loro priorità e politiche in materia di sviluppo sostenibile, di lavoro e di ambiente;

a tal fine, l'accordo includa un ambizioso capitolo sullo sviluppo sostenibile che attribuisca un ruolo di primo piano alla società civile e comprenda almeno:

il rispetto degli obblighi derivanti dall'adesione di entrambe le parti all'OIL e dalle otto convenzioni fondamentali dell'OIL, come condizioni minime;

l'impegno a promuovere e applicare leggi e iniziative in campo ambientale;

l'impegno a gestire ed utilizzare le risorse naturali in modo sostenibile, nel rispetto degli accordi internazionali.

Data l'estrema delicatezza della procedura per la risoluzione delle controversie tra investitori e Stati (ISDS), e considerata la divergenza di opinioni sul punto delle diverse parti interessate, il CESE accoglie con favore la consultazione pubblica lanciata dalla Commissione nell'ambito dei negoziati commerciali transatlantici, e ne attende i risultati con grande interesse (1). Data la robustezza della democrazia giapponese, il CESE ritiene che raccogliendo i punti di vista dei soggetti interessati giapponesi su questo tema si potrebbero ottenere informazioni utili, contribuendo così ad agevolare i negoziati.

1.2.3

Il dialogo tra le società civili del Giappone e dell'UE costituirà un importante contributo all'ALS/APE. Il Comitato raccomanda di istituire, come già fatto per altri accordi conclusi di recente dall'Unione europea, un organo consultivo misto nel quadro dell'ALS/APE UE-Giappone, il cui ruolo deve essere discusso nel corso dei negoziati dai rappresentanti delle rispettive società civili. Detto organo dovrà avere la possibilità di discutere tutti gli aspetti dell'accordo e di far valere il suo punto di vista. Il Comitato raccomanda vivamente che almeno la metà dei membri europei sia nominata dal CESE — l'organo consultivo dell'UE che rappresenta gli interessi della società civile organizzata europea.

1.2.3.1

Il CESE ha già stabilito ottimi contatti con le organizzazioni giapponesi dei datori di lavoro, dei lavoratori, degli agricoltori, delle cooperative, dei consumatori, delle ONG, delle organizzazioni non-profit e del mondo accademico (2). Grazie al suo comitato di monitoraggio per il Giappone, il Comitato è in una posizione privilegiata per promuovere il dialogo e la consultazione della società civile di entrambe le parti.

2.   Presentazione del contesto

2.1.1

L'UE e il Giappone hanno deciso di rafforzare i loro legami dando il via ai negoziati per un accordo di libero scambio/accordo di partenariato economico (ALS/APE). In parallelo procedono i negoziati per un accordo di partenariato strategico (APS) (3). Il Comitato accoglie con favore l'esito positivo del riesame dopo il primo anno e la decisione di proseguire i negoziati. Se le previsioni saranno confermate, le esportazioni dall'UE al Giappone dovrebbero aumentare del 30 % e il PIL dell'UE crescere dello 0,8 %, e si dovrebbero creare 4 00  000 nuovi posti di lavoro. Il PIL giapponese aumenterebbe dello 0,7 % e le sue esportazioni in Europa del 24 %, e l'accordo avrebbe anche l'effetto di evidenziare l'importante ruolo svolto dall'UE in materia di scambi commerciali e investimenti nell'Asia orientale (4).

2.1.2

L'UE e il Giappone condividono molti valori e principi, tra i quali la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e l'economia di mercato con un alto livello di know-how tecnologico. Nel contempo, si trovano ad affrontare sfide analoghe (per es. l'invecchiamento e il calo demografici) e devono trovare nuove fonti di crescita e di occupazione.

2.1.3

Benché gli organismi della società civile europea e giapponese non siano perfettamente intercambiabili (5), un crescente dialogo tra di essi sarebbe un importantissimo risultato di qualsiasi accordo. L'UE ha fatto del dialogo sociale e civile una pietra angolare del suo modello sociale dotandolo di un quadro istituzionale, e il Giappone, da parte sua, riconosce l'importanza della propria società civile in senso lato (Consiglio per la politica del lavoro, Forum multilaterale delle parti interessate).

2.2

In Giappone, così come nell'UE, l'economia è attualmente oggetto di misure di rilancio (6). Il debito pubblico giapponese rimane prossimo al 230 % del PIL. Il corso dello yen ha penalizzato le importazioni giapponesi, e dopo il triplice disastro di Fukushima in Giappone il commercio al dettaglio è diminuito del 2,3 % in un anno (febbraio 2013).

2.2.1

Gli accordi bilaterali di libero scambio aprono il Giappone al commercio mondiale e contribuiscono alla creazione di zone di integrazione regionale. A partire dal 2002 il Giappone ha concluso numerosi accordi bilaterali non solo in Asia ma anche in America Latina — nonché uno con la Svizzera. Attualmente sta negoziando un accordo trilaterale con la Cina e la Repubblica di Corea. Partecipa inoltre ai negoziati per il partenariato transpacifico (TPP).

2.2.2

Il Giappone e l'UE hanno già concluso importanti accordi di semplificazione delle procedure relative al commercio, nei settori delle telecomunicazioni, dei prodotti chimici e farmaceutici, delle pratiche anticoncorrenziali, della scienza e tecnologia e della cooperazione e assistenza amministrativa (7).

3.   Commercio e sviluppo sostenibile

3.1

La ricerca della crescita economica attraverso il commercio globalizzato rischia di avere ripercussioni sull'ambiente (8). Nel suo parere sulla negoziazione di nuovi accordi commerciali (9), il Comitato ha sottolineato l'importanza di includere nei negoziati commerciali dell'UE un capitolo dedicato al commercio e allo sviluppo sostenibile; capitolo che, a sua volta, dovrebbe includere disposizioni sia ambientali che sociali, con un riferimento alla funzione essenziale di monitoraggio svolta dalla società civile.

3.2

I negoziati per l'ALS/APE UE-Giappone offrono a entrambe le parti l'opportunità di ribadire il loro impegno a lavorare, nel contesto internazionale, per lo sviluppo sostenibile nei suoi tre pilastri: crescita economica, sviluppo sociale e protezione dell'ambiente. Questi elementi costituiscono una parte fondamentale di ogni negoziato dell'UE in materia commerciale e di ogni accordo fin dalla conclusione dell'ALS con la Repubblica di Corea (10). La diversità biologica, il cambiamento climatico, la pesca, la silvicoltura e la fauna selvatica costituiscono una priorità per l'UE e per il mondo. Le parti dovrebbero confermare la loro adesione agli accordi ambientali multilaterali (AAM).

3.3

Qualsiasi nuovo accordo dovrebbe riaffermare il diritto degli Stati membri dell'UE e del Giappone di regolamentare e di stabilire priorità in materia di sviluppo sostenibile, nonché incoraggiarli a rispettare le norme che tutelano il lavoro e proteggono l'ambiente, conformemente agli impegni assunti dalle parti rispetto alle norme e agli accordi internazionali in tali ambiti.

3.4

L'ALS/APE (11) offrirà un'opportunità di confermare tale impegno (con l'eventuale ratifica e l'effettiva esecuzione delle convenzioni OIL) (12) e stimolare il dialogo e la cooperazione bilaterali sulle questioni relative al lavoro, anche nei settori contemplati dall'Agenda per il lavoro dignitoso.

3.4.1

Il CESE, che rappresenta tutta la società civile europea, sottolinea tuttavia che i benefici di un ALS/APE potrebbero non essere percepiti in pari misura (13) nei vari Stati membri o nei diversi settori economici (14).

3.4.2

Mentre nell'UE sono previsti aumenti (percentuali) dell'occupazione nei settori dei macchinari elettrici, dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca, dei prodotti alimentari trasformati, delle assicurazioni e delle costruzioni, si può prevedere una piccola contrazione nei settori delle sostanze chimiche, dei veicoli a motore, dei metalli e dei prodotti in metallo e del trasporto aereo (15). Difficoltà queste, che devono essere individuate tempestivamente, in modo da attuare le misure appropriate di sostegno e riqualificazione. È importante far sì che i benefici siano distribuiti equamente tra le imprese, i lavoratori, i consumatori e la più ampia società civile, e nel contempo adoperarsi affinché le conseguenze negative siano ridotte al minimo e garantire a chi ne è colpito la possibilità di ricevere una compensazione (16).

4.   Consultazione della società civile

4.1   Informazione e trasparenza

4.1.1

Il CESE, pur rallegrandosi di essere, nell'ambito delle sue competenze, un interlocutore privilegiato della Commissione, deplora la mancanza di trasparenza dei negoziati in corso, rilevata dai soggetti interessati di entrambe le parti. Il mandato ottenuto dalla Commissione non è stato reso pubblico, mentre invece i negoziati dovrebbero essere più aperti e trasparenti possibile. Numerose organizzazioni della società civile, sia in Europa che in Giappone, lamentano di aver ricevuto soltanto scampoli di informazioni riguardo ai negoziati. Ciò incide tanto sui contenuti dei negoziati stessi quanto sulle opportunità per la società civile di far udire la propria voce in proposito. Come è noto, il coinvolgimento della società civile consentirebbe non solo di migliorare la comprensione reciproca, ma anche di accrescere la qualità degli attuali negoziati ALS/APE in termini di apporto di conoscenze specifiche.

4.1.2

I cittadini europei esigono l'applicazione dei testi dell'UE, che sanciscono il principio di trasparenza. Il CESE chiede che i testi siano comunicati alle parti interessate fin dalle primissime fasi.

4.1.3

Tenuto conto della legittima richiesta dei cittadini europei di garantire la piena trasparenza dei negoziati commerciali, il CESE richiama l'attenzione del Consiglio e della Commissione sulla necessità di un'applicazione rigorosa e coerente dell'articolo 218 del TFUE e in particolare del suo paragrafo 10: «Il Parlamento europeo è immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura».

4.1.4

Il CESE raccomanda alla Commissione di realizzare, per i negoziati ALS/APE UE-Giappone, un modello di consultazione della società civile simile a quello per i negoziati per il TTIP (sessione con le parti interessate dopo ogni ciclo di negoziati e istituzione di un gruppo consultivo composto da rappresentanti della società civile che dovrebbe comprendere membri del CESE). Al Comitato risulta inoltre che esista un meccanismo analogo per i negoziati transpacifici tra gli Stati Uniti e il Giappone.

4.2   Consultazione

4.2.1

Come indicato sopra, tutti gli accordi di libero scambio conclusi di recente dall'UE contengono un capitolo sul commercio e lo sviluppo sostenibile (17), con un riferimento alla funzione cruciale di monitoraggio svolta dalla società civile, ossia da organizzazioni indipendenti e rappresentative, che garantiscono una rappresentanza equilibrata dei datori di lavoro, dei lavoratori e di altre parti interessate. Il CESE sostiene gli sforzi intrapresi dalla Commissione per ottenere l'inserimento di un siffatto capitolo anche nell'accordo con il Giappone.

4.2.2

Le autorità giapponesi desiderano innescare una crescita stabile attraverso lo sviluppo sostenibile (cfr. la cosiddetta «Abenomia» (18)). Negli accordi di libero scambio che il Giappone ha concluso con i partner asiatici sono incluse disposizioni riguardanti l'istituzione di un sottocomitato incaricato di monitorare l'impatto dell'accordo sul clima imprenditoriale. Benché in aree di applicazione e con modalità diverse, l'Unione europea e il Giappone fanno già applicazione del principio di monitoraggio dell'impatto degli ALS. Il CESE li incoraggia pertanto a includere un robusto capitolo dedicato al commercio e allo sviluppo sostenibile.

4.2.3

Il governo giapponese ha istituito una serie di comitati multilaterali interni per consultare le imprese nazionali in merito all'impatto degli ALS sui rispettivi settori di attività, ed esistono organi consultivi che riuniscono da un lato governo e cooperative e dall'altro governo e sindacati. Esistono inoltre altre strutture di consultazione ad ampio spettro, quali il forum multilaterale delle parti interessate sulla responsabilità sociale per un futuro sostenibile (19) o il consiglio per la politica del lavoro.

4.3

Il modello economico e sociale dell'UE «fa affidamento su solide istituzioni per gestire le questioni economiche, sociali e ambientali [...], su un forte dialogo sociale e civile, su investimenti in capitale umano e sulla qualità dell'occupazione» (20). A giudizio del Comitato, questo modello esprime i valori dell'Unione, e tutte le istituzioni UE devono promuoverlo in tutte le loro politiche.

4.3.1

Il Comitato si compiace degli impegni assunti dall'UE a livello internazionale (21):

a favore di una più efficace partecipazione delle parti sociali e degli altri soggetti della società civile alla governance mondiale (OMC), allo sviluppo delle politiche e al monitoraggio dell'attuazione degli accordi commerciali;

a promuovere i valori europei nell'era della globalizzazione (22).

4.3.2

Per quanto riguarda l'ALS con il Giappone, il Parlamento europeo ha raccomandato alla Commissione di prestare attenzione alle norme fondamentali in materia di diritto del lavoro e far sì che l'accordo includa un capitolo ambizioso sullo sviluppo sostenibile e preveda un forum della società civile «che vigili e formuli osservazioni sulla sua attuazione». Il CESE sottolinea una volta di più la necessità di essere consultato e insiste affinché si tenga conto di tali raccomandazioni.

4.4

Il CESE ricorda alla Commissione che essa stessa ha pubblicato una guida sulla «trasparenza nei negoziati sugli accordi commerciali», secondo cui i suoi «lavori potranno essere coronati da successo solo se soddisferanno le aspettative degli europei» e «le opinioni della società civile svolgono un ruolo cruciale nella fase preparatoria dei negoziati» (23).

Il CESE auspica vivamente che:

la Commissione possa riconoscere il ruolo del CESE e tenerlo informato riguardo a tutti gli aspetti del processo negoziale;

lungo l'intero processo negoziale possa svolgersi un dialogo costante tra il Parlamento europeo, la Commissione europea e il CESE;

lungo tutto l'arco dei negoziati sia mantenuto un ruolo inclusivo per la società civile;

la Commissione preveda nell'accordo:

un meccanismo congiunto di monitoraggio che coinvolga le società civili europea e giapponese, da introdurre nella fase di attuazione;

degli organi consultivi nazionali che rivolgano pareri e raccomandazioni a tutte le parti e alle autorità politiche congiunte nonché alle autorità comuni dell'accordo, e che siano autorizzati a ricevere le richieste provenienti da altre parti interessate (in particolare sul capitolo riguardante lo sviluppo sostenibile) nonché a trasmetterle accompagnandole con i loro pareri e le loro raccomandazioni;

la possibilità di chiedere una consultazione o una procedura di risoluzione delle controversie in caso di applicazione carente rispetto agli obiettivi del capitolo sullo sviluppo sostenibile;

un organismo congiunto che riunisca rappresentanti delle società civili dell'UE e del Giappone e costituisca un quadro per la cooperazione e il dialogo regolari e strutturati tra di esse, come pure per gli scambi con i rappresentanti dei governi delle due parti.

4.5

Quasi tutti i rappresentanti delle organizzazioni della società civile europea e giapponese che sono stati consultati (24) si sono espressi a favore della creazione di un organismo di controllo congiunto nell'ambito del futuro accordo di libero scambio.

4.5.1

I meccanismi di monitoraggio dovrebbero essere sviluppati tenendo conto delle strutture esistenti e rispettando le esperienze finora acquisite nell'UE ed in Giappone. Il CESE auspica di poter contribuire a determinare il ruolo, la portata e la composizione del gruppo consultivo e organismo di controllo congiunto dell'UE. Tutte le parti interessate devono essere consultate, e il CESE deve svolgere un ruolo fondamentale in questo processo.

4.5.2

Un dialogo strutturato tra i rappresentanti delle società civili dell'UE e del Giappone aggiungerà all'ALS/APE una dimensione importante, anche sul piano culturale. Il CESE ritiene che sia di fondamentale importanza mantenere contatti con i suoi omologhi giapponesi al fine di garantire che la forma, la portata delle competenze e il contenuto di un futuro meccanismo congiunto di monitoraggio corrispondano alle attese di entrambe le parti.

5.   Punti principali

5.1   Negoziati

5.1.1

Il Comitato si compiace del fatto che, nel giugno 2014 (25), il bilancio positivo dell'andamento dei negoziati abbia indotto il Consiglio dell'UE a proseguire i negoziati.

5.1.2

L'accordo è volto a rafforzare l'accesso al mercato e a garantire la coerenza normativa, favorendo così lo sviluppo del commercio reciproco e degli investimenti. Dovrebbe inoltre stimolare la crescita sostenibile e la creazione di nuovi e migliori posti di lavoro, ampliare le opzioni disponibili per i consumatori, e promuovere la competitività e la produttività delle due economie.

5.1.3

La priorità dell'Unione europea è l'abolizione delle barriere non tariffarie (Non-Tariff Barriers — NTB). Nella sua «valutazione d'impatto» (26), la Commissione afferma che tali barriere hanno spesso origini culturali ed effetti protezionistici. Il CESE rileva che esse sono difficili da modificare quando si basano su norme stabilite al massimo livello ma nel contempo in continua mutazione. A volte tali barriere proteggono interi settori, come quello ferroviario in Giappone.

5.2   Scambi di merci

5.2.1

L'abolizione delle barriere tariffarie deve riguardare tutti i prodotti, senza escludere i prodotti agricoli e trasformati, le automobili riconosciute come merci «sensibili» e i prodotti chimici e farmaceutici, eventualmente dopo periodi transitori.

5.2.2

Gli scambi sarebbero favoriti dal riconoscimento reciproco dei prodotti certificati secondo le norme relative a prodotti simili ed equivalenti nonché dalla cooperazione sull'armonizzazione delle normative e dei sistemi, ogni qual volta ciò sia possibile. Tuttavia, sarà essenziale fare in modo che tale cooperazione, tesa ad adottare nuove norme a livello globale, non si traduca in un indebolimento di quelle vigenti.

5.2.3

Le barriere non tariffarie (NTB), che agiscono come un freno alle esportazioni dell'UE, sono utilizzate come misure protezionistiche occulte. Devono essere ridotte o eliminate, in particolare se già individuate durante i negoziati, e le norme pertinenti devono essere riallineate a quelle internazionali.

5.3   PMI

5.3.1

Dato che il tessuto economico, in Giappone come in Europa, è costituito per il 99 % da PMI, che da sole creano il 70-80 % dell'occupazione totale, il CESE chiede alla Commissione di prestare particolare attenzione a queste imprese.

5.3.2

Date le loro dimensioni, le PMI dispongono di risorse limitate, anche ai fini dei rapporti con la pubblica amministrazione e dell'applicazione delle regolamentazioni sugli scambi. Si può pertanto prevedere che esse trarrebbero benefici da un ALS/APE UE-Giappone e, soprattutto, dalla razionalizzazione normativa e dalla riduzione dei costi amministrativi. Esse, tuttavia, hanno bisogno di sostegno per superare gli ostacoli comunque connessi all'aumento della loro attività internazionale: barriere linguistiche, diverse culture imprenditoriali, elevati costi di trasporto, carenza di personale dotato delle competenze necessarie, mancanza di informazioni sui mercati stranieri e di risorse finanziarie sufficienti.

5.3.3

Per massimizzare i vantaggi dell'ALS/APE UE-Giappone, sarà essenziale che entrambe le parti si adoperino per sensibilizzare maggiormente le PMI riguardo ai servizi e ai programmi di sostegno (27) attualmente offerti dal Centro di cooperazione industriale UE-Giappone (28) e dall'Organizzazione giapponese per il commercio estero (Japan External Trade Organisation, JETRO) (29), e in particolare alle nuove opportunità commerciali che dovrebbero aprirsi grazie all'accordo. Per esempio, le PMI europee potrebbero essere interessate a operare nei settori giapponesi delle TIC, dell'assistenza sanitaria (30), dei servizi, delle energie rinnovabili e dell'alimentazione biologica (31) e di alta qualità.

5.4   Industria agroalimentare

5.4.1

La liberalizzazione del mercato garantirebbe le nuove opportunità per i prodotti agroalimentari di entrambi i partner (aumento del 200 %), eppure proprio l'agricoltura è uno dei capitoli più controversi dei negoziati. Il settore agricolo giapponese è in grado di garantire solo il 40 % del fabbisogno alimentare nazionale, e si mostra particolarmente inquieto. Gli agricoltori giapponesi chiedono che cinque tipi di prodotti siano esclusi dalle restrizioni tariffarie di qualsiasi negoziato con paesi stranieri: riso; carni bovine e suine; latte e latticini; frumento e orzo; zucchero ed edulcoranti. Secondo l'UE, l'esportazione di una maggiore quantità di prodotti alimentari trasformati costituirebbe una grande opportunità, soprattutto se il Giappone abolisse la maggior parte delle proprie barriere non tariffarie.

5.4.2

Il CESE auspica che venga affrontata la questione dei diritti di proprietà intellettuale (DPI) (32), così da proteggere in modo equo le innovazioni europee. La questione delle indicazioni geografiche protette (IGP) è un punto particolarmente difficile dei negoziati. La protezione intellettuale delle produzioni agricole di qualità può costituire un ostacolo occulto alle importazioni. Già in sede OMC l'UE e il Giappone avevano adottato un approccio diverso: l'Unione intendeva ampliare il campo delle IGP, attestandole su un alto livello di tutela pienamente vincolante (accordi TRIPS — proposta dell'UE del 1998), mentre il Giappone, insieme agli Stati Uniti, proponeva (1999) che i membri notificassero le loro IG all'OMC per costituire una banca dati che fungesse da fonte di informazioni per gli altri membri, senza effetti vincolanti. Il CESE ritiene che si tratti di una questione importante, da affrontare con prudenza nel corso dei negoziati.

5.5   Servizi

5.5.1

In Giappone, sia gli agricoltori che i consumatori partecipano in gran numero al movimento cooperativo, che offre ai suoi aderenti servizi assicurativi (mutualistici) e bancari. Costoro percepiscono la liberalizzazione dei servizi come una minaccia, mentre per molti altri essa rappresenta una grande opportunità, non da ultimo per la cosiddetta «economia d'argento». I servizi offrono un'opportunità fondamentale di incremento degli scambi.

5.5.2

Nel 2012, l'UE-27 ha esportato in Giappone i servizi per 24,2 miliardi di euro, mentre le importazioni dal Giappone erano pari a 15,6 miliardi, con un saldo attivo di 8,6 miliardi per l'UE-27 (cifre lorde), considerando ovviamente che la popolazione del Giappone è un quarto di quella dell'UE. Quasi tutte le organizzazioni giapponesi consultate che hanno menzionato la liberalizzazione dei servizi si sono pronunciate contro il cosiddetto «elenco negativo», in virtù del quale tutti i servizi non espressamente esclusi dal testo dell'accordo potrebbero essere aperti agli scambi. Tuttavia, se gli agricoltori e i consumatori si mostrano contrari all'elenco negativo, le imprese invece sono decisamente favorevoli. Tale elenco negativo, peraltro, ridurrebbe il margine d'intervento delle autorità pubbliche, perché i servizi futuri rientrerebbero automaticamente tra quelli liberalizzati. Il CESE è favorevole al diritto degli Stati di legiferare nell'interesse pubblico senza alcuna restrizione.

5.6   Appalti pubblici

5.6.1

Per le imprese dell'UE è importante ottenere l'accesso agli appalti pubblici giapponesi grazie all'eliminazione delle barriere normative, all'introduzione di procedure trasparenti e di informazioni identiche per tutti i soggetti interessati, all'abolizione delle restrizioni particolarmente severe nel mercato ferroviario, e alla creazione di un sistema di accesso all'informazione online. Al di là della proclamata volontà politica, la negoziazione concreta richiede stabilità giuridica riguardo alle norme pertinenti.

5.6.2

Sarà indispensabile la reciprocità in materia di concorrenza leale. Il Comitato ritiene che l'accordo debba indicare con assoluta chiarezza le modalità di autorizzazione applicate da ambo le parti agli aiuti e alle sovvenzioni statali.

5.6.3

L'Unione europea, gli Stati membri ed il Giappone devono conservare la possibilità di continuare a finanziare il perseguimento di obiettivi di interesse generale, definiti secondo le rispettive procedure democratiche, ad esempio nel settore sociale, dell'ambiente e della sanità pubblica. Per quanto riguarda i servizi pubblici, all'UE incombono degli obblighi derivanti dai Trattati.

5.7   Investimenti  (33)

5.7.1

Nel 2012, gli investimenti esteri diretti (IED) dell'UE-27 in Giappone ammontavano a 434 milioni di euro, mentre gli IED del Giappone nell'UE-27 erano pari a 3  374 milioni di euro (34). Dato che la reciprocità è il principio fondamentale di qualsiasi ALS/APE e che quello tra UE e Giappone potrebbe provocare una perdita di posti di lavoro, il CESE invita la Commissione ad essere vigile su questo punto e a considerare la possibilità di impiegare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per compensare tali perdite. Analogamente, il CESE ritiene che potrebbe rendersi necessario prevedere un'adeguata compensazione delle perdite subite dalle imprese in termini di risorse umane e di tecnologie precedentemente finanziate con fondi pubblici.

5.7.2

L'UE e il Giappone devono riesaminare le rispettive normative sulle restrizioni in materia di proprietà, sulle autorizzazioni e i controlli, e sull'agevolazione degli investimenti.

5.7.3

Il CESE rileva che in Giappone e nell'UE sia l'ordinamento giuridico che il sistema giudiziario consentono di risolvere le controversie in modo equo nell'ambito di procedure ordinarie; gli Stati membri dell'UE e il Giappone offrono agli investitori tutte le garanzie istituzionali e giurisdizionali. Il meccanismo per la risoluzione delle controversie investitore-Stato-è un tema particolarmente delicato, sul quale le opinioni delle diverse parti interessate sono divergenti. Il CESE accoglie con favore la consultazione pubblica lanciata dalla Commissione nell'ambito dei negoziati commerciali transatlantici, e sarebbe favorevole alla realizzazione di un'iniziativa analoga in Giappone, al fine di tenere conto delle posizioni dei soggetti interessati giapponesi.

5.7.4

Il CESE suggerisce che, una volta che la Commissione avrà fissato le condizioni e valutato i risultati, abbia luogo un ampio dialogo sul tema della risoluzione delle controversie, e da parte sua sta già elaborando il proprio parere in proposito.

5.7.4.1

In ogni caso, nessuna disposizione in materia di risoluzione delle controversie investitore-Stato dovrebbe poter ostacolare la capacità degli Stati membri dell'UE di legiferare nell'interesse pubblico e di perseguire obiettivi di politica pubblica. Sarebbe opportuno chiarire le definizioni di «investimento» e di «trattamento giusto ed equo», le quali dovrebbero formare oggetto di un punto specifico dei negoziati.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Parere del CESE del 4 giugno 2014 (REX/390, EESC 5469/2013, relatore KRAWCZYK, correlatore BOYLE).

(2)  In Giappone sono stati creati quattro Istituti dell’UE (consorzi universitari) con il sostegno finanziario della Commissione europea, e i docenti universitari sono considerati attori della società civile (http://www.eeas.europa.eu/eu-centres/eu-centres_en.pdf).

(3)  L'APS riguarda la cooperazione politica, globale e settoriale (ad esempio in materia di ricerca, innovazione, spazio, energia, istruzione, cultura, cooperazione allo sviluppo, gestione delle catastrofi).

(4)  Commissione europea, Impact Assessment Report on EU-Japan trade relations («Relazione sull'analisi d'impatto riguardante le relazioni commerciali tra l'UE e il Giappone»), luglio 2013, punto 5.1.3.

(5)  GU C 9/34 del 28.4.2007, pag. 34.

(6)  Le tre direttrici di politica economica (le «tre frecce») indicate dal primo ministro Shinzō Abe, formano la cosiddetta «Abenomia», ossia una combinazione di misure in 3 ambiti cruciali — politica monetaria, incentivi di bilancio e riforme strutturali — finalizzate a garantire all'economia giapponese una crescita sostenibile nel lungo periodo e a stimolare gli investimenti di capitale del settore privato.

(7)  Si tratta dei seguenti accordi: l'accordo di riconoscimento reciproco UE-Giappone, l'accordo di cooperazione in materia di pratiche anticoncorrenziali, un accordo in materia di scienza e tecnologia, e un accordo sulla cooperazione e l'assistenza amministrativa reciproca.

(8)  COM 2006(567) final, http://europa.eu/legislation_summaries/external_trade/r11022_it.htm

(9)  GU C 211, del 19.8.2008, pagg. 82-89.

(10)  ALS UE-Repubblica di Corea (capitolo 13): GU L 127 del 14.5.2011, pagg. 62-65.

(11)  Cfr. ad esempio l'accordo di libero scambio UE-Corea, articolo 13.4.3 (GU L 127 del 14.5.2011, pagg. 62-65).

(12)  Convenzioni n. 87 e n. 98 sulla libertà sindacale e il diritto alla contrattazione collettiva, n. 29 e n. 105 sull'abolizione del lavoro forzato e obbligatorio, n. 138 e n. 182 sull'abolizione del lavoro minorile e n. 100 e n. 111 sull'eliminazione di qualsiasi discriminazione in materia di assunzione e occupazione.

(13)  Comunicazione della Commissione COM(2010) 343 final.

(14)  Commissione europea, ibidem, punti 5.2.2, 5.3 e 5.6.2.

(15)  Commissione europea, Impact Assessment Report on EU-Japan trade relations («Relazione sull'analisi d'impatto riguardante le relazioni commerciali tra l'UE e il Giappone»), pag. 49.

(16)  Per esempio attraverso il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG).

(17)  TFUE, articolo 11 ed articolo 21, paragrafo 2, lettera f).

(18)  «Abenomia»: tre frecce per rilanciare la crescita, cfr. http://www.eu.emb-japan.go.jp; http://it.wikipedia.org/wiki/Abenomics, e Wolff e Yoshii, Japan and the EU in the global economy («Il Giappone e l'UE nell'economia mondiale»), aprile 2014, disponibile online all'indirizzo http://bit.ly/1mLgY2r

(19)  http://sustainability.go.jp/forum/english/index.html

(20)  COM(2004) 383 final, del 18 maggio 2004, La dimensione sociale della globalizzazione.

(21)  Comunicazione della Commissione sul lavoro dignitoso, maggio 2006, COM(2006) 249 final, punti 2.3 e 3.5.

(22)  Conclusioni della presidenza del Consiglio del 16 e 17 dicembre 2004, punto 53, e del 16 e 17 giugno 2005, punto 31.

(23)  Commissione europea, La trasparenza nei negoziati commerciali dell'UE, 2012; cfr. inoltre http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2012/june/tradoc_149616.pdf

(24)  Nel corso di un'audizione, tenutasi il 15 gennaio 2014 presso la sede del CESE, e di una successiva missione in Giappone alla fine del gennaio 2014, sono state consultate in tutto circa 40 organizzazioni, parti sociali e altre parti interessate, che hanno espresso le loro opinioni, aspettative e preoccupazioni circa il futuro accordo di libero scambio tra l'UE e il Giappone.

(25)  Conclusioni del Consiglio europeo del 18 e 19 ottobre 2012, punto 2, lettera k); Consiglio Affari esteri e commercio dell'UE, 29 novembre 2012, mandato alla Commissione per la negoziazione dell'accordo di libero scambio UE-Giappone; Consiglio del 29 giugno 2014.

(26)  Commissione europea, 2012, Impact Assessment Report on EU-Japan trade relations (Relazione sulla valutazione d'impatto riguardante le relazioni commerciali tra l'UE e il Giappone), http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2012/july/tradoc_149809.pdf

(27)  http://www.eu-japan.eu/smes-support; http://www.jetro.go.jp/en/database

(28)  http://www.eu-japan.eu/smes-support

(29)  https://www.jetro.go.jp/en/database/

(30)  Nel 2050 si prevede che il 38 % della popolazione avrà almeno 65 anni.

(31)  I prodotti alimentari biologici rappresentano soltanto lo 0,4 % circa di tutti gli alimenti venduti in Giappone (dati EBC).

(32)  GU C 68, del 6.3.2012, pag. 28.

(33)  Dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la Commissione europea dispone di competenze in materia di investimenti. Essa ha pubblicato una comunicazione dal titolo Verso una politica globale europea degli investimenti internazionali, in merito alla quale il Comitato ha adottato un parere (Cese 1184-2011 del 13.7.2011, relatore: PEEL).

(34)  Fonte: Eurostat 170/2013 — 18 novembre 2013.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/48


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La situazione della società civile ucraina nel contesto delle aspirazioni europee dell'Ucraina»

(parere di iniziativa)

(2015/C 012/07)

Relatore:

ADAMCZYK

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 27 febbraio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

La situazione della società civile ucraina nel contesto delle aspirazioni europee dell'Ucraina.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 18 settembre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 16 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 173 voti favorevoli, 2 voti contrari e 15 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) dovrebbe attivamente promuovere il rafforzamento politico, sociale ed economico dell'Ucraina, compresa una soluzione pacifica all'attuale conflitto nelle regioni di Donetsk e Luhansk. Le attività del Comitato in Ucraina appoggeranno il processo di democratizzazione, l'integrità territoriale, nonché il dialogo sociale e civile tra tutte le parti interessate dotate di legittimità pubblica e rappresentatività.

1.2

È intenzione del CESE invitare a cooperare un ampio ventaglio di rappresentanti della società civile ucraina, compresi coloro che sono tuttora scettici o contrari al recente cambiamento politico e all'avvicinamento all'UE.

1.3

Il Comitato raccomanda inoltre di sviluppare ulteriormente la cooperazione bilaterale tra le organizzazioni partner dell'UE e quelle dell'Ucraina, rivolgendo un'attenzione speciale al potenziamento delle capacità, alle buone pratiche e al rafforzamento del dialogo sociale e civile.

1.4

In base alle disposizioni dell'accordo di associazione, il CESE dovrebbe partecipare alla creazione di una piattaforma congiunta della società civile, formata da membri del Comitato stesso e da rappresentanti della società civile ucraina. Inoltre, conformemente all'Accordo sulla zona di libero scambio globale e approfondito (DCFTA), un organismo analogo verrà istituito allo scopo di rispettare l'obbligo di creare un meccanismo di monitoraggio per la società civile. I due organismi dovrebbero cooperare nella maniera più stretta possibile.

1.5

Il CESE metterà a punto attività d'informazione per illustrare non solo le conseguenze per l'Ucraina derivanti dall'attuazione degli accordi di associazione, ma anche l'integrazione europea, le istituzioni dell'UE e l'acquis communautaire.

1.6

L'obbligo del visto dovrebbe essere soppresso per i cittadini ucraini non appena sarà tecnicamente possibile, quale misura volta a infondere fiducia e in modo da promuovere i contatti tra le persone.

1.7

Nell'agenda dell'UE bisognerebbe ufficialmente inserire una prospettiva europea per l'Ucraina.

2.   Partenariato orientale: la dimensione orientale della politica europea di vicinato quale quadro istituzionale per le aspirazioni europee dell'Ucraina

2.1

Negli ultimi mesi una serie di drammatici fatti ha scosso l'Ucraina: tutto è iniziato con la reazione dei cittadini alla decisione del governo di sospendere i preparativi per la firma di un accordo di associazione nel quadro del partenariato orientale.

2.2

Oltre alla conclusione di accordi di associazione bilaterali, che sostituiranno gli accordi di partenariato e cooperazione, la dimensione bilaterale del partenariato orientale si prefigge anche di pervenire a regimi di esenzione dal visto e di sviluppare la cooperazione settoriale, con l'occasione per i paesi partner di aderire ai programmi e alle agenzie dell'UE. È inoltre compreso il programma globale di potenziamento delle istituzioni, che è uno strumento volto a rafforzare le capacità amministrative dei paesi partner ai fini dell'attuazione delle riforme e dell'applicazione delle disposizioni degli accordi di associazione. La dimensione multilaterale del partenariato orientale si basa su quattro piattaforme multilaterali (Democrazia, buon governo e stabilità; Integrazione economica e convergenza con le politiche dell'UE; Sicurezza energetica; Contatti interpersonali) tese a promuovere la cooperazione tra l'UE e i paesi partner, e tra gli stessi paesi partner.

2.3

Una delle priorità del partenariato orientale consiste nel coinvolgere la società civile organizzata nella sua attuazione, sia nei paesi partner che nell'UE. A questo fine nel novembre 2009 è stato istituito il Forum della società civile del partenariato orientale, a cui partecipa il CESE.

2.4

La politica del partenariato orientale è tuttavia a un bivio adesso per effetto sia dell'inatteso cambiamento di rotta nel coinvolgimento di alcuni paesi che dei drammatici fatti in Ucraina. Le difficoltà affrontate dal partenariato orientale in quest'ultimo anno in paesi che sinora avevano compiuto i maggiori progressi verso la firma di accordi di associazione sono perlopiù il risultato di manovre della Russia, che sta cercando di impedire legami più stretti tra i paesi partner e l'UE.

2.4.1

Malgrado la conclusione dei negoziati con l'Armenia per l'accordo di associazione, compreso il DCFTA, questi documenti non hanno potuto essere siglati a causa dell'annuncio che l'Armenia ha diffuso nel settembre 2013 circa la sua intenzione di entrare a far parte dell'Unione doganale eurasiatica promossa dalla Russia.

2.4.2

Nonostante le pressioni della Russia e la perdita di due sue province (l'Abkhazia e l'Ossezia meridionale), attualmente sotto controllo russo, la Georgia mantiene il suo impegno a seguire il percorso europeo e ha fatto in modo che l'accordo di associazione, compreso il DCFTA, fosse siglato durante il vertice del partenariato europeo tenutosi a Vilnius nel novembre del 2013 e poi venisse firmato nel giugno 2014.

2.4.3

Pure la Repubblica di Moldova, che ha anch'essa firmato l'accordo di associazione siglato a Vilnius, subisce le pressioni della Russia, che ha dislocato le sue forze armate in Transnistria e ora detiene il controllo della regione. In Gagauzia, un altro territorio autonomo della Moldova, si è svolto — anche con il sostegno della Russia — un referendum illegale il cui esito era favorevole all'adesione all'Unione doganale eurasiatica.

2.4.4

L'adesione all'OMC è un requisito indispensabile per avviare le trattative sul DCFTA; pertanto l'Azerbaigian e la Bielorussia, che non sono membri dell'OMC, non posso iniziare i negoziati. Inoltre, a causa delle grave carenze sul piano democratico della Bielorussia, la politica bilaterale dell'UE con questo paese rimane al livello di dialogo critico.

2.4.5

L'Ucraina è il paese post-sovietico più grande e importante dopo la Russia e, per effetto del suo nuovo orientamento verso un percorso proeuropeo, ha perso il controllo della Crimea e di Sebastopoli, che ora fanno parte del territorio russo, ed è stata bersaglio di ulteriori atti di sabotaggio ed eversione istigati dalla Russia. Le azioni della Russia costituiscono un esempio particolarmente drammatico di ingerenza esterna che, oltre a compromettere l'integrità territoriale e la sovranità dell'Ucraina, esercita un influsso estremamente distruttivo sulla società civile e sulle sue organizzazioni. Tali azioni rappresentano non soltanto una palese violazione del diritto internazionale, ma infrangono anche due principi basilari delle relazioni pacifiche tra Stati indipendenti: primo, che le frontiere non possono essere modificate con la forza, secondo, che le nazioni possono prendere decisioni sovrane circa il proprio futuro senza interferenze esterne.

3.   Le aspirazioni europee della società civile ucraina

3.1

La rivoluzione arancione del 2004 ha contribuito a un processo di democratizzazione su vasta scala e all'introduzione dello Stato di diritto in Ucraina — almeno per un certo periodo — nonché alla libertà di stampa, che rimane a tutt'oggi intatta. Questa evoluzione è stata accompagnata da legami più stretti con l'UE.

3.1.1

Nel 2005, è stato adottato il piano d'azione UE-Ucraina, sulla base dell'accordo di partenariato e cooperazione UE-Ucraina del 1998. Nel 2007, sono stati avviati i negoziati per un accordo di associazione. L'adozione della politica del partenariato europeo nel maggio 2009 ha dato un nuovo stimolo a questa cooperazione.

3.1.2

I legami più stretti e l'avvio di un'autentica cooperazione in molti settori, oltre al diffuso entusiasmo dopo la rivoluzione arancione, lasciavano intendere che una percentuale significativa della popolazione e molte organizzazioni della società civile ritenessero che la potenziale adesione dell'Ucraina all'UE fosse una conclusione ovvia, scontata e che l'ingresso nell'UE dipendesse soltanto dal calendario e dalla velocità di trasformazione e adattamento agli standard europei.

3.1.3

Il partenariato europeo non ha comportato per l'Ucraina l'attesa prospettiva di adesione all'UE nel lungo termine e questo fatto ha generato tra i sostenitori dell'orientamento europeo un senso di delusione e frustrazione, inasprito dalla perdita graduale dei progressi democratici ottenuti con la rivoluzione arancione, dal deterioramento della situazione economica e dai crescenti problemi sociali.

3.1.4

La frustrazione dei cittadini, che ha preso concretamente la forma di apatia tra le organizzazioni della società civile, è peggiorata con l'acuirsi del contrasto tra le figure guida della rivoluzione arancione, ossia il Presidente Viktor Yushchenko e il Primo ministro Yulia Tymoshenko. Talvolta questo contrasto ha paralizzato il processo decisionale a causa di alcune disposizioni inattuabili della costituzione ucraina. L'intrecciarsi della crisi economica mondiale e delle politiche inefficaci del Presidente Yanukovich (eletto nel 2010) hanno persino aggravato la situazione.

3.2

Il CESE persegue da lungo tempo un'attiva politica di cooperazione con l'Ucraina. Tuttavia, il peggioramento del clima politico e sociale e la delusione delle organizzazioni partner per l'assenza di prospettive di adesione hanno comportato una certa stagnazione dei rapporti negli anni 2011 e 2012, con un rallentamento dell'attività da parte ucraina e l'assenza di interesse nelle relazioni.

3.3

Dopo la sigla apposta all'accordo di associazione nel dicembre 2012, l'impegno profuso e i negoziati condotti allo scopo di firmare l'accordo al vertice del partenariato orientale di Vilnius nel novembre 2013, si è osservato un rinnovato interesse per la cooperazione tra i partner ucraini e una ripresa di legami attivi con il CESE.

3.4

Questi rinnovati contatti hanno tuttavia mostrato che le parti sociali, sia dal lato dei datori di lavoro che da quello dei sindacati, erano divise sulla questione della firma dell'accordo di associazione. Ciò premesso, un ventaglio molto ampio di ONG e di rappresentanti di altri interessi presentava un fronte relativamente unito favorevole all'Europa.

3.5

Indipendentemente dalla posizione che essi avevano adottato e dall'esito che avevano previsto per i negoziati volti alla firma dell'accordo di associazione, le organizzazioni della società civile e anche i rappresentanti governativi sono stati sorpresi dalla decisione del governo ucraino e dell'amministrazione presidenziale di troncare le trattative e di sospendere i preparativi per la firma degli accordi.

3.6

L'inattesa sospensione delle trattative, senza alcuna manifesta ragione, alcuni giorni prima del vertice a Vilnius, associata alla sorprendente proposta del governo ucraino di condurre ulteriori negoziati con l'UE con la partecipazione della Russia, ha portato alla rapida mobilitazione della società civile ucraina, che ha espresso chiaramente il suo punto di vista favorevole a un percorso europeo per l'Ucraina.

3.7

«Euromaidan» è stata probabilmente la più grande manifestazione della storia a sostegno a dell'integrazione europea e anche quella che è stata condotta più a lungo con tale assoluta convinzione. In una seconda fase, ai dimostranti si sono unite delle forze che hanno portato avanti anche rivendicazioni politiche per un cambiamento di regime, il quale ha reagito con una violenta repressione che ha portato alla perdita di vite umane. Le manifestazioni hanno avuto per risultato i cambiamenti politici che sono serviti da pretesto per scatenare ulteriori drammatici e tragici eventi.

3.8

Adesso, dopo le riuscite elezioni presidenziali, appare chiaro che una delle priorità della nuova amministrazione sia intrecciare stretti legami con l'UE. Questo cambiamento deve ovviamente essere considerato come un enorme successo di Euromaidan e della società civile ucraina. Rimane da vedere se la situazione generale si stabilizzerà su tutto il territorio ucraino e se le organizzazioni della società civile trarranno beneficio da questa trasformazione politica.

3.9

L'atteggiamento della società civile della parte orientale dell'Ucraina e i giudizi che essa esprimerà sui cambiamenti politici rimarranno poco chiari finché mercenari armati e gruppi di combattenti opereranno nella regione e la libertà di espressione sarà in pericolo. Andrebbe tuttavia notato che la parte orientale era ampiamente rappresentata nell'Euromaidan.

4.   Conseguenze della firma dell'accordo di associazione e del DCFTA

4.1

L'accordo di associazione UE-Ucraina, che rappresenta una nuova generazione di accordi creata a beneficio dei paesi che cooperano nel quadro del partenariato orientale, punta a sviluppare la cooperazione con diposizioni vincolanti in quasi tutti i settori. L'accordo di associazione presenta un piano di riforma per l'Ucraina basato sulla completa armonizzazione della legislazione ucraina con gli standard dell'UE.

4.2

Oltre al DCFTA, che è un accordo commerciale con un effetto significativo su norme e regolamentazioni, i principali settori di cooperazione sono: giustizia, Stato di diritto, lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, politica esterna e sicurezza, riforma della pubblica amministrazione, occupazione, politica sociale, parità di diritti e di opportunità, protezione dei consumatori, politica industriale e imprenditoria, energia, trasporti e ambiente. L'attuazione congiunta dell'accordo di associazione e del DCFTA implica che l'Ucraina dovrà armonizzare la sua legislazione nazionale con circa l'85 % dell'acquis communautaire connesso all'economia e al commercio.

4.3

L'accordo di associazione è stato firmato il 27 giugno 2014 e successivamente ratificato dal Parlamento europeo e da quello ucraino («Verchovna Rada») il 16 settembre, e questo ne consente l'applicazione provvisoria prima della ratifica da parte di tutti i 28 Stati membri dell'UE. Per quanto concerne la parte dell'accordo relativa al DCFTA, tuttavia, l'attuazione sarà rimandata sino alla fine del prossimo anno, anche se per le merci provenienti dall'Ucraina l'UE continuerà ad applicare con flessibilità le norme sugli scambi commerciali.

4.3.1

Con l'attuazione dell'accordo è prevista la creazione di una piattaforma della società civile — quale forum congiunto per lo scambio di vedute — che sarà formata da membri del CESE e da rappresentanti della società civile organizzata ucraina. Visto l'ampio ventaglio di temi trattati nell'accordo di associazione, la piattaforma dovrebbe essere il più possibile rappresentativa dell'intera società civile e dovrebbe perciò comprendere rappresentanti sia delle parti sociali che di vari altri interessi.

4.3.2

Oltre ad essere un forum per lo scambio di informazioni e il dibattito, la piattaforma dovrà essenzialmente monitorare l’attuazione dell'accordo di associazione e presentare le osservazioni e le proposte della società civile organizzata.

4.3.3

La piattaforma della società civile stabilirà essa stessa il suo regolamento interno. Tra i rappresentanti del CESE e la controparte ucraina sono attualmente in corso delle trattative sulla procedura per istituire questo organo e sulla sua composizione. È prevista l'adozione dei seguenti principi basilari:

il numero di rappresentanti dell'UE e della controparte ucraina sarà uguale;

la durata del mandato dei membri sarà di due anni e mezzo; in questo periodo si terranno cinque riunioni;

la piattaforma avrà due copresidenti — uno per ciascuna delle controparti — che rimarranno in carica per due anni e mezzo;

la procedura per la selezione dei membri della piattaforma deve essere completamente trasparente;

alle riunioni della piattaforma devono poter assistere anche le organizzazioni della società civile che non sono rappresentate in quella sede.

4.3.4

Il DCFTA prevede inoltre l'istituzione di un meccanismo di monitoraggio per la società civile entro un anno dall'entrata in vigore dell'accordo. L'organismo creato a questo scopo dovrebbe cooperare nella maniera più stretta possibile con la piattaforma della società civile.

5.   Prospettive future per la società civile ucraina e ruolo del CESE

5.1

Il CESE dovrebbe attivamente promuovere il rafforzamento politico, sociale ed economico dell'Ucraina, compresa una soluzione pacifica all'attuale conflitto nelle regioni di Donetsk e Luhansk. Quando la situazione in Ucraina si sarà stabilizzata e la minaccia di un intervento esterno e di un conflitto fomentato da milizie armate sarà stata scongiurata, la posizione della società civile organizzata sia all'interno delle singole organizzazioni che in rapporto alle aspirazioni europee dell'Ucraina sarà più chiara.

5.1.1

L'Ucraina sta attualmente attraversando una fase di profonda trasformazione politica comprendente anche una riforma della Costituzione, e questa trasformazione potrebbe rivelarsi più grande dei cambiamenti che sono seguiti alla rivoluzione arancione. Questo potrebbe portare a un cambiamento di status delle istituzioni ucraine e a una riorganizzazione delle prassi relative sia al dialogo sociale che al dialogo tra autorità e società civile. Tale processo dovrebbe essere facilitato da modifiche nella legislazione ucraina che portino a istituzioni di dialogo sociale e civile più inclusive per organizzazioni autentiche e indipendenti. Il CESE seguirà gli sviluppi e gli orientamenti delle organizzazioni partner rispetto a questi cambiamenti.

5.1.2

L'autenticità e l'indipendenza di alcune organizzazioni partner sono state messe in dubbio sia prima dell'inizio di Euromaidan che durante le dimostrazioni di piazza. Questo ha dato l'avvio a un processo di cambiamento rispetto al modo in cui alcune organizzazioni agiscono che, se non si rivelerà di mera facciata, potrebbe iniziare a ripristinare la fiducia dei cittadini in queste organizzazioni. In particolare, i cittadini e le ONG hanno considerato alcuni sindacati e talune organizzazioni di datori di lavoro come facenti parte del sistema e per questo motivo è stato loro negato il diritto di affiliazione alla società civile.

5.1.3

Il CESE è pronto a intensificare i contatti bilaterali con le organizzazioni partner sia in Ucraina che in Russia allo scopo di contribuire a migliorare i legami tra la società civile ucraina e quella russa, come un modo per normalizzare le relazioni tra i due paesi.

5.2

Le attività del CESE in Ucraina saranno fondate sul principio del sostegno al processo di democratizzazione del paese, all'integrità territoriale, nonché al dialogo sociale e civile tra tutte le parti interessate dotate di legittimità pubblica e rappresentatività. Il CESE darà la priorità ai rapporti con i partner naturali, ossia le organizzazioni della società civile ucraina.

5.3

È intenzione del CESE invitare a cooperare il ventaglio più ampio possibile di rappresentanti della società civile ucraina, compresi coloro che sono tuttora scettici o contrari al recente cambiamento politico e all'avvicinamento all'UE, per garantire che nessuna organizzazione importante e rappresentativa sia lasciata da parte. La piattaforma nazionale del Forum della società civile del partenariato orientale e il Consiglio economico e sociale nazionale tripartito aiuteranno a selezionare le organizzazioni partner.

5.4

Il Comitato raccomanda inoltre di sviluppare ulteriormente la cooperazione bilaterale tra le organizzazioni partner dell'UE e quelle dell'Ucraina, rivolgendo un'attenzione speciale al potenziamento delle capacità, allo scambio di buone pratiche e al rafforzamento del dialogo sociale e civile. A questo scopo, tra gli altri strumenti si potrebbe utilizzare la cooperazione transfrontaliera.

5.5

Oltre alle attività istituzionali basate sull'accordo di associazione e — nel lungo termine — sul DCFTA, il CESE parteciperà ad attività di informazione più estese per illustrare non solo le conseguenze per l'Ucraina derivanti dall'attuazione degli accordi, ma anche l'integrazione europea, il modus operandi delle istituzioni europee e l'acquis communautaire.

5.6

Data l'assenza di informazioni attendibili e la pura e semplice disinformazione talvolta diffusa tramite i mezzi di comunicazione a causa delle scarse conoscenze sull'UE o dell'intensa propaganda russa, è indispensabile pianificare una cooperazione costante con i giornalisti e le associazioni dei mezzi d'informazione.

5.7

La cooperazione con le organizzazioni partner in Ucraina per agevolare l'accesso alle informazioni affidabili e anche per fornire queste informazioni a tutti i gruppi della società civile può rivelarsi cruciale per le aspirazioni europee dell'Ucraina. L'esperienza mostra infatti che la firma, la ratifica e l'attuazione di un accordo di associazione possono diventare problematiche e che esistono molti fattori, sia interni che esterni, che potrebbero capovolgere l'orientamento proeuropeo prevalente tra le organizzazioni della società civile se non viene raggiunto un consenso generale che abbracci tutti i gruppi sociali.

5.8

Una percentuale significativa della popolazione ucraina non ha mai valicato le frontiere nazionali e, per coloro che lo hanno fatto, il paese di destinazione è perlopiù la Russia. Uno dei motivi di questa situazione è il mantenimento dell'obbligo di visto per recarsi negli Stati membri dell'UE, che costituisce anche un'importante causa di disagio per la società ucraina. L'introduzione di procedure semplificate per la richiesta del visto è ovviamente importante, ma l'obbligo di ottenere un visto prima di recarsi nell'UE non stimola la fiducia e rende molto più difficile promuovere i contatti tra le persone.

5.9

L'euroscetticismo e la mancanza di entusiasmo in alcuni segmenti della società ucraina all'idea di legami più stretti con l'UE derivano dall'assenza di prospettive di adesione. In questo momento ciò non dipende dal mancato avvio di negoziati di adesione, ma il fatto che questo tema sia persistentemente e costantemente assente dall'agenda dell'UE fa sì che una parte della società ucraina veda nelle riforme basate sull'accordo di associazione un capriccio costoso che porterà l'Ucraina in un vicolo cieco. Questa considerazione vale in particolare per l'Ucraina orientale, dove l'UE è percepita come una minaccia agli interessi sociali ed economici.

Bruxelles, 16 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

502a sessione plenaria del CESE del 15 e 16 ottobre 2014

15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/54


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Relazione sulla politica di concorrenza 2013

[COM(2014) 249 final]

(2015/C 012/08)

Relatore:

BARROS VALE

La Commissione europea, in data 1o ottobre 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Relazione sulla politica di concorrenza 2013

COM(2014) 249 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 settembre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 127 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Come di consueto, ogni anno il Comitato economico e sociale europeo (CESE) valuta la relazione della Commissione sulla politica di concorrenza, che è una politica strutturante dell'Unione europea. Il Comitato giudica positivamente il contenuto della relazione, che approva in termini generali, ed esprime la propria preoccupazione circa l'attuale contesto.

1.2

La libera ed equa concorrenza, che salvaguardi gli interessi sia degli operatori economici che dei consumatori oltre all'interesse generale, merita tutti gli sforzi possibili. Il contributo della Commissione è essenziale, e il CESE prende atto con soddisfazione degli sforzi compiuti per garantire il rispetto delle norme interne e nel campo della cooperazione internazionale.

1.3

Nell'ambito di questo lavoro continuo va considerato essenziale l'operato delle autorità nazionali garanti della concorrenza (ANC), che devono disporre delle risorse umane e materiali necessarie per poter agire efficacemente e in modo proattivo, piuttosto che reattivo come avviene attualmente. Un accento più marcato sul lavoro di prevenzione può contribuire a evitare diverse situazioni illegali e nocive al mercato, che colpiscono in particolare le piccole e medie imprese (PMI) e i consumatori.

1.4

Il CESE ritiene tuttavia più interessante adottare la proposta di direttiva relativa a certi aspetti delle azioni per il risarcimento del danno causato dalla violazione delle norme antitrust. Bisognerà perseguire con costanza il recepimento e l'attuazione di tale direttiva negli Stati membri, sebbene sia da deplorare che essa non sia stata accompagnata da uno strumento giuridico altrettanto vincolante per quanto concerne un quadro giuridico orizzontale per la tutela collettiva in caso di violazione di diritti e interessi collettivi.

1.5

Oltre alla regolamentazione, occorrerà dare spazio all'autoregolamentazione e incentivarla, in particolare con la conclusione di accordi tra le organizzazioni dei produttori, dei commercianti e dei consumatori, dei quali già esistono in Europa buoni esempi che possono e devono essere imitati.

1.6

Poiché il Trattato non consente un'armonizzazione delle politiche fiscali, la politica della concorrenza deve ridurre al minimo le distorsioni derivanti dall'imposizione fiscale all'interno dell'UE.

1.7

Il mercato dell'energia deve continuare a essere oggetto di un'attenzione particolare, perché in quel settore il mercato unico è tuttora inattuato. Il potenziamento della rete europea, che consente gli scambi transfrontalieri, e gli investimenti nelle energie rinnovabili, che oltre a generare evidenti benefici ambientali rendono possibile l'accesso alla rete di altri produttori, devono costituire gli obiettivi prioritari per promuovere una vera concorrenza nel settore, che permetta di ridurre le tariffe per le imprese e le famiglie.

1.8

È essenziale che i consumatori abbiano libero accesso a tutti i mercati. A tal fine risulta particolarmente utile l'obiettivo dell'Agenda digitale che consiste nel rendere disponibile la banda larga a livello universale. L'accesso al mercato digitale, dove i prezzi sono spesso inferiori rispetto ai mercati tradizionali, permetterebbe a certi consumatori di accedere a taluni beni che altrimenti non si potrebbero procurare.

1.9

La cooperazione internazionale è stata al centro di svariate iniziative che hanno prodotto risultati lodevoli, ma non si deve dimenticare tutto il lavoro che rimane ancora da fare. Oltre alle attività bilaterali, occorre dar seguito agli sforzi realizzati in sede di OMC e OIL. All'interno come all'esterno dei suoi confini, l'Europa continua a subire la concorrenza sleale di imprese pubbliche e private di paesi in cui la concessione di aiuti di Stato illegittimi è prassi comune (in particolare nel settore dell'energia) e in cui le norme ambientali sono meno severe e non vengono rispettate le stesse normative in materia di lavoro (spesso in palese violazione delle norme più elementari a tutela dei diritti umani).

2.   Contenuto della relazione 2013

2.1

In Europa l'anno 2013 è stato contrassegnato da alcuni segnali di ripresa economica. Il rafforzamento della fiducia e della competitività resta al centro delle azioni politiche europee volte a promuovere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, obiettivo centrale della strategia Europa 2020.

2.2

La relazione menziona una delle conclusioni cui era giunto lo studio del 2013 del Parlamento europeo sulla politica di concorrenza che indicava chiaramente la sua importanza per il suddetto obiettivo: «[...] la politica di concorrenza, che intensifica la concorrenza, stimola la crescita».

2.3

La relazione è suddivisa in 8 sezioni: Promuovere la competitività combattendo i cartelli; Assicurare l'effettiva applicazione delle norme antitrust e il controllo delle concentrazioni nell'interesse di imprese e consumatori; Modernizzare gli aiuti di Stato per orientare le risorse pubbliche verso obiettivi di potenziamento della competitività; Promuovere un settore finanziario equo e stabile a sostegno dell'economia reale; Energia: il settore che ha maggiormente bisogno di un'Europa più forte; Applicazione delle norme sulla concorrenza nell'economia digitale a sostegno dell'Agenda digitale europea; La cooperazione internazionale in materia di politica di concorrenza affronterà le sfide della globalizzazione; Il dialogo sulla concorrenza con le altre istituzioni.

3.   Osservazioni generali

3.1

Le PMI costituiscono indiscutibilmente il pilastro della ripresa economica in Europa. In virtù delle loro dimensioni, esse sono inoltre le imprese più vulnerabili agli abusi di posizione dominante, che in molti casi le condannano alla chiusura. La questione dell'abuso di posizione dominante deve essere oggetto di un'attenzione speciale nel quadro della politica di concorrenza, soprattutto in caso di abusi commessi dai grandi gruppi di distribuzione, che a poco a poco hanno finito per eliminare i piccoli fornitori e i piccoli commercianti, andando a incidere, in ultima analisi, sugli interessi dei consumatori. Il CESE accoglie con favore, e ritiene estremamente importante, la direttiva sulle azioni di risarcimento fondate sulla violazione degli articoli 101 e 102 del TFUE, ma la prevenzione di tali violazioni è ancora più importante e merita di essere oggetto di un'attenta riflessione per rendere efficaci le azioni di prevenzione.

3.2

Il CESE ritiene che l'attività delle ANC debba essere improntata a un atteggiamento più proattivo e non a uno reattivo, come avviene adesso nella maggior parte dei casi, in cui esse intervengono soltanto su denuncia degli operatori o dei consumatori. Il controllo su determinate trattative commerciali, che sarebbe più corretto definire soprusi, potrebbe contribuire a prevenire taluni abusi di posizione dominante. Un miglioramento significativo degli scambi di informazioni pertinenti all'interno della catena di produzione è una condizione essenziale per poter compiere i progressi necessari.

3.3

Le ANC dovrebbero inoltre dedicare un'attenzione particolare ai settori fortemente condizionati dai prezzi delle materie prime, poiché spesso l'aumento di tali prezzi (o anche solo la minaccia di un aumento) si ripercuote quasi immediatamente sul prezzo finale, mentre la loro riduzione non produce l'effetto opposto.

3.4

Il CESE sottolinea la necessità che la politica di concorrenza si occupi dei problemi del mercato degli appalti pubblici, che nella maggior parte dei casi è ancora piuttosto chiuso. Si tratta infatti di un mercato ancora frammentato, al quale solo alcuni riescono ad accedere, nonostante i lavori in corso per garantire che gli appalti pubblici possano essere aggiudicati interamente per via elettronica. La scarsa concorrenza è dannosa per l'interesse pubblico: la mancanza di alternative non lascia alcun margine di manovra agli enti pubblici, che finiscono per scegliere ripetutamente gli stessi operatori, fatto che talvolta è all'origine di rapporti troppo stretti tra le imprese e il potere politico.

3.5

Non va inoltre dimenticata la posizione di debolezza di fronte alla concorrenza delle imprese attive nelle regioni insulari e periferiche, dove il costo dei trasporti per accedere ad altri mercati ostacola una sana concorrenza con gli altri operatori. In tali casi si potrebbe tentare di trovare meccanismi atti ad agevolare l'accesso delle imprese ai mercati centrali promuovendo una sana concorrenza tra tutti all'interno dell'UE.

3.6

Riveste altresì un'importanza cruciale la concorrenza che le imprese europee devono fronteggiare, sia all'interno dei confini dell'UE che in altri mercati, a causa di imprese pubbliche e private di paesi terzi che sono protette da aiuti di Stato illegittimi — che conferiscono loro un vantaggio concorrenziale — da norme ambientali favorevoli e da una legislazione del lavoro permissiva, che in molti casi mette in discussione i diritti umani fondamentali e i diritti dei cittadini e dei consumatori. Il proseguimento degli sforzi di cooperazione internazionale, nell'ambito dell'OMC e dell'OIL e al di là di esse, deve rimanere prioritario per la diplomazia nella lotta contro tali disparità, affrontando il problema della concorrenza e facendo di più per la difesa dei diritti umani.

4.   La promozione della competitività attraverso la lotta ai cartelli e le norme antitrust

4.1

La lotta contro i cartelli assume un'importanza particolare nelle attività della politica di concorrenza. Il CESE accoglie quindi con favore gli sforzi fatti dalla Commissione per contrastare questa pratica, che interessa tutta l'economia. Gli interventi sui mercati finanziari e — in particolare — sui mercati delle materie prime e dei prodotti intermedi, in cui le variazioni dei prezzi condizionano non solo il mercato interno ma anche la competitività dell'Europa a livello mondiale, sono fondamentali per la crescita in un momento in cui è indispensabile conquistare nuovi mercati. Va sottolineata l'individuazione e l'imposizione di ammende a imprese che partecipavano a tre cartelli nei settori dei cavi, dei prodotti finanziari derivati e dei gamberetti, nonché la comunicazione di addebiti a diversi fornitori di chip di memoria per le carte intelligenti.

4.2

Il CESE sostiene da tempo le azioni intraprese nel quadro della normativa antitrust, che considera essenziali per la politica di concorrenza. Con il presente parere, intende riaffermare il proprio sostegno al lavoro della Commissione, che ha contribuito a disincentivare la frammentazione artificiale del mercato interno, ed esprimere il proprio plauso alla chiusura della procedura relativa alle pratiche anticoncorrenziali riguardanti il processo di standardizzazione dei pagamenti via Internet. Si compiace altresì della comunicazione degli addebiti inviata ad alcune banche per il loro comportamento coordinato volto a impedire alle borse di accedere al mercato dei CDS (credit default swap) e, in particolare, della conclusione delle indagini sui casi di violazione delle norme antitrust relativi ai tassi di riferimento LIBOR, EURIBOR e TIBOR, che hanno infuso maggiore sicurezza sul mercato.

4.3

Nel 2013, è stata adottata una proposta di direttiva sulle azioni di risarcimento del danno per la violazione delle norme antitrust. Il CESE si è pronunciato a favore di questo documento, inteso a ridurre le discrepanze tra le legislazioni nazionali e le disparità di trattamento per le vittime e i trasgressori, garantendo la protezione giuridica dei consumatori, preoccupazione ricorrente nei pareri del Comitato.

4.4

Il CESE è favorevole a un'armonizzazione, ma nutre qualche riserva per la possibilità che il testo sia troppo vantaggioso per le imprese inadempienti che beneficiano di programmi di trattamento favorevole, pur riconoscendo il valore di questo strumento nell'individuazione di cartelli segreti. Il Comitato ha inoltre suggerito di ravvicinare la proposta di direttiva alla raccomandazione sulle azioni collettive, deplorando «il fatto che l'introduzione di un'azione collettiva in materia di concorrenza, che avrebbe dovuto essere il dispositivo effettivo per i consumatori, sia stata stralciata e demandata a una raccomandazione che incoraggia gli Stati membri a dotarsi di meccanismi di ricorso collettivo, la quale non ha carattere vincolante» (1).

4.5

Il CESE è favorevole alla continuazione del lavoro di coordinamento tra la Commissione, le ANC e la rete europea della concorrenza. Chiede inoltre che sia attribuito un ruolo di maggior rilievo allo scambio di informazioni importanti tra i diversi organismi. Tiene tuttavia a esprimere le sue preoccupazioni circa le difficoltà che alcune ANC incontrano nell'esercitare effettivamente un potere di regolamentazione in determinati settori in cui i comportamenti collusivi e/o abusivi continuano ad esistere in un clima di assoluta impunità.

4.6

La politica di concorrenza dovrà prevedere un coordinamento con le altre DG, in modo da lottare efficacemente contro le azioni concertate e gli abusi di posizione dominante che violano le norme sociali, ambientali e di sicurezza dei prodotti e che impediscono l'ingresso nel mercato di nuovi operatori, che si trovano in una posizione di evidente inferiorità.

5.   La modernizzazione degli aiuti di Stato

5.1

Il CESE si rallegra del processo di modernizzazione degli aiuti di Stato, inteso ad allinearli alle iniziative faro della strategia Europa 2020. È essenziale utilizzare correttamente gli aiuti di Stato per sostenere la politica di coesione e orientarli ai settori che favoriscono lo sviluppo dell'Europa. È inoltre necessario utilizzare le risorse pubbliche, che sono scarse, in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020, in modo da consentire la convergenza delle regioni svantaggiate, investire nei settori prioritari, promuovere l'economia e l'occupazione, e agevolare il finanziamento delle PMI.

5.2

La modernizzazione degli aiuti di Stato non deve tuttavia trascurare gli aiuti relativi ai servizi pubblici, che soddisfano esigenze sociali (quali la sanità, l'istruzione e la formazione, l'accesso al mercato del lavoro e il reinserimento professionale, l'assistenza all'infanzia e agli anziani, il sostegno ai gruppi vulnerabili ai fini di un loro reinserimento sociale) e che non possono essere considerati in modo miope. Occorre invece tenere conto delle specificità dei settori che sono al servizio dei cittadini nei quali, nonostante l'importanza di un'efficiente ripartizione di risorse sempre più scarse, deve prevalere la qualità dei servizi.

5.3

In un contesto caratterizzato da grande mobilità, bisogna prendere in considerazione l'ipotesi della libertà di scelta per i prestatori di servizi sanitari, studiando soluzioni che — senza mettere in discussione la qualità del servizio e la tutela delle categorie più svantaggiate — evitino che gli utenti siano soggetti a un potere discrezionale, sia esso dello Stato o delle compagnie di assicurazione. Si tratta di una questione di grande importanza, che per essere affrontata in modo approfondito merita l'elaborazione di un parere d'iniziativa in proposito.

5.4

Il CESE ha già manifestato il suo sostegno alla modernizzazione della politica dell'UE in materia di aiuti di Stato. Sostiene in particolare i nuovi orientamenti in materia di aiuti applicati ai regimi di scambi di emissioni di CO2, volti a impedire la delocalizzazione di imprese verso paesi in cui la legislazione è più favorevole. Deplora tuttavia il fatto che non sia stata accolta la raccomandazione di aumentare il massimale dell'aiuto de minimis portandolo dagli attuali 2 00  000 a 5 00  000 euro, come avvenuto per i servizi di interesse economico generale (SIEG) (2).

6.   La concorrenza a livello settoriale

6.1   L'equità e la stabilità del settore finanziario

6.1.1

Le difficoltà che il settore finanziario sta attraversando e le loro ripercussioni sul finanziamento dell'economia reale e sulla fiducia nei mercati finanziari sono ben note. Sono stati compiuti numerosi sforzi per ripristinare la fiducia e aumentare la trasparenza, riducendo così i rischi sistemici. Gli aiuti di Stato temporanei destinati al settore finanziario l'hanno salvato dal collasso, ma ogni volta che appaiono segnali di ripresa sembrano venire alla luce notizie di nuovi scandali che mettono a repentaglio un equilibrio molto delicato. Vi è tutto l'interesse, pertanto, a mantenere una vigilanza rigorosa su questo settore, per prevenire comportamenti irresponsabili da parte degli istituti finanziari, che siano stati oggetto di un intervento o meno.

6.1.2

Nonostante la fragilità del settore, devono continuare le procedure d'indagine attualmente in corso sulle pratiche illegali, che tuttavia non sembrano avere un effetto sostanziale sui giganti finanziari, che persistono nei loro comportamenti dannosi per il mercato.

6.1.3

Va messa in risalto la proposta di regolamento sulle commissioni interbancarie per i pagamenti tramite carta, richiesta da tempo e intesa a riportare giustizia nello spazio UE attraverso un'armonizzazione dei costi derivanti dall'uso di tali carte.

6.2   Il settore dell'energia

6.2.1

Il mercato unico dell'energia non è stato ancora realizzato. Il prezzo dell'energia rimane elevato ed esercita un peso notevole sui bilanci delle imprese e delle famiglie. La liberalizzazione del mercato non è ancora riuscita a rafforzare la concorrenza e la trasparenza e l'Europa continua a risentire, rispetto agli altri concorrenti mondiali, degli svantaggi legati all'elevato costo dell'energia. Anche la fornitura transfrontaliera di energia merita particolare attenzione, affinché sia garantito il libero mercato interno.

6.2.2

L'attuale consenso sulla necessità di dotarsi di una politica energetica comune, di realizzare investimenti nelle infrastrutture, di incrementare l'efficienza energetica e di utilizzare le fonti di energia rinnovabili dovrebbe essere sfruttato per lo sviluppo del settore energetico. In effetti, le energie rinnovabili non possono competere su un piano di parità con quelle fossili e con l'energia nucleare, perché queste ultime continuano a essere sovvenzionate sia direttamente, attraverso i bilanci pubblici, che indirettamente, poiché non sono internalizzati né i costi ambientali né le loro conseguenze sulla salute. Le fonti rinnovabili sono ancora in una fase iniziale di sviluppo e meritano un sostegno maggiore, che consenta loro di competere in condizioni di mercato eque.

6.2.3

Le energie rinnovabili, inoltre, non vanno viste meramente come una nuova fonte di energia. Il loro sviluppo apre le nuove opportunità per la creazione di un modello decentrato di produzione di energia nel quale i cittadini e le comunità locali possono essere contemporaneamente produttori e consumatori. Questo nuovo modello deve essere sostenuto attraverso l'introduzione di un quadro di regolamentazione adeguato che garantisca un facile accesso dei piccoli produttori di elettricità alla rete (3).

6.2.4

Le connessioni europee nel settore dell'energia vanno considerate fondamentali nell'ottica della politica di concorrenza. La vulnerabilità dell'Europa sotto il profilo energetico è emersa chiaramente con il recente conflitto in Ucraina, che rischia di compromettere l'approvvigionamento di gas per l'Europa centrale. Collegare i sistemi energetici esistenti nella penisola iberica con i paesi dell'Europa centrale consentirebbe non solo di porre fine all'isolamento del mercato iberico dal resto dell'UE, ma anche di ovviare ai problemi causati dalle frequenti interruzioni delle forniture provenienti dalla Russia.

6.2.5

La riforma della politica europea dell'energia è ancor più essenziale in un momento in cui si stanno preparando accordi commerciali con gli Stati Uniti, paese nel quale i prezzi dell'energia sono nettamente inferiori, il che pone fin dall'inizio le imprese europee in posizione di svantaggio.

6.3   L'economia digitale

6.3.1

Si tratta di un settore particolarmente vulnerabile alle pratiche illecite in materia di concorrenza, giacché le imprese ad alta tecnologia, impegnate in processi incessanti e rapidi di innovazione, possono non avere le risorse per attendere le decisioni che vengono adottate nel quadro di una normale procedura, rischiando così di scomparire.

6.3.2

Il CESE ribadisce il proprio sostegno agli orientamenti in materia di aiuti di Stato per le reti a banda larga, in quanto perseguono gli obiettivi dell'Agenda digitale.

6.3.3

Il mercato unico delle telecomunicazioni non è ancora stato completato. Nonostante un visibile calo delle tariffe, queste ultime rimangono elevate, a scapito delle imprese e delle famiglie. La graduale riduzione delle tariffe di roaming fino alla loro abolizione entro la fine del 2015 costituisce un passo positivo, e ora diventa necessario concentrarsi sulla reale riduzione delle tariffe rimanenti e nel rendere disponibile a livello universale una banda larga di qualità. Il CESE riafferma la sua convinzione che la creazione di un'autorità unica di regolamentazione per tutta l'UE potrebbe contribuire alla realizzazione di tali obiettivi.

6.3.4

Va dedicata particolare attenzione alla disponibilità universale della banda larga, ancora inaccessibile in particolare nelle abitazioni delle famiglie a basso reddito. Questa carenza allontana dal mercato digitale molti cittadini che non hanno la possibilità di accedere a mercati in cui i prezzi sono, in molti casi, convenienti.

6.3.5

Il CESE sostiene i lavori svolti in relazione ai brevetti essenziali per gli standard (standard essential patents — SEP), che contribuiscono alla lotta contro l'abuso di posizione dominante.

7.   La cooperazione internazionale

7.1

Il CESE accoglie con favore l'avvio dei negoziati con gli Stati Uniti, per un partenariato transatlantico su commercio e investimenti, e con il Giappone, per un accordo di libero scambio, nonché lo sviluppo di dialoghi ad alto livello con i rappresentanti di alcune autorità garanti della concorrenza di paesi terzi. È importante altresì la firma dell'accordo di cooperazione con la Svizzera, che consente lo scambio di informazioni tra le autorità garanti della concorrenza, le quali potranno agevolare alcune procedure di indagine, sia in corso che future.

7.2

La concorrenza sleale da parte di paesi terzi in cui non sono rispettate né le regole più elementari, né i principi e i diritti sociali e ambientali fondamentali, compromette l'equità del commercio estero. La cooperazione internazionale deve essere sviluppata al più alto livello e nel quadro dell'OMC e dell'OIL per garantire non solo il rispetto dei diritti umani ma anche la conformità a pratiche leali in materia di concorrenza.

7.3

La globalizzazione è una certezza e le esportazioni sono essenziali per la crescita europea. È opportuno armonizzare le pratiche affinché l'UE possa competere in condizioni di parità sui mercati nei quali vengono tuttora concessi aiuti di Stato illegittimi o vige ancora una legislazione del lavoro insufficiente.

8.   Il dialogo interistituzionale

8.1

Nonostante la piena competenza della Commissione sulla politica di concorrenza, la DG Concorrenza e il commissario competente in materia continuano a mantenere uno stretto dialogo con il Parlamento europeo. Anche il CESE e il CdR sono informati in merito ai lavori della DG Concorrenza, grazie alla partecipazione di funzionari di tale direzione alle riunioni delle sezioni specializzate e dei gruppi di studio.

8.2

Il CESE esprime soddisfazione per il proseguimento della cooperazione tra il Comitato stesso e la Commissione, ma osserva che essa deve essere migliorata, rafforzando le relazioni tra le due istituzioni mediante un lavoro di monitoraggio più costante che coinvolga nell'elaborazione della relazione finale un gruppo creato appositamente dal CESE, per consentire al Comitato di reagire più rapidamente alle iniziative della Commissione.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 67 del 6.3.2014, pag. 83.

(2)  GU C 67 del 6.3.2014, pag. 74.

(3)  GU C 226 del 16.7.2014, pag. 1.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/60


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla diffusione dei dati satellitari di osservazione della Terra per scopi commerciali

[COM(2014) 344 final — 2014/0176 (COD)]

(2015/C 012/09)

Relatore:

MCDONOGH

Il Parlamento europeo, in data 17 luglio 2014, e il Consiglio, in data 18 luglio 2014, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla diffusione dei dati satellitari di osservazione della Terra per scopi commerciali

COM(2014) 344 — 2014/0176 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 settembre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 151 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La proposta di direttiva in esame affronta un argomento di importanza vitale per l'Unione europea. Il futuro del mondo degli affari e il benessere dei cittadini europei dipenderanno in misura sostanziale dal controllo e dallo sfruttamento dei dati relativi al mondo in cui viviamo. Oggi questi dati sono per lo più creati e controllati dagli Stati Uniti e da altri paesi al di fuori dell'UE. È fondamentale che l'Europa dia impulso al suo programma spaziale e alla produzione e diffusione dei dati di osservazione della Terra per poter recuperare il ritardo accumulato e assumere un ruolo leader in questa industria estremamente importante.

1.2

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia risolutamente l'istituzione di un quadro normativo chiaro per agevolare lo sviluppo dell'industria spaziale in Europa e l'utilizzo dei dati di osservazione della Terra a sostegno della crescita sostenibile e del benessere dei cittadini europei. Accoglie dunque con favore la comunicazione della Commissione sulla proposta di direttiva relativa alla diffusione dei dati satellitari di osservazione della Terra per scopi commerciali.

1.3

Il CESE accoglie positivamente la proposta in esame anche nel contesto più ampio della politica spaziale europea, che riveste un'importanza fondamentale per garantire la prosperità e la sicurezza future dell'UE e realizzare l'obiettivo di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva previsto dalla strategia Europa 2020 (1).

1.4

Inoltre, il CESE concorda con la Commissione sulla necessità di una direttiva per introdurre un quadro normativo trasparente, equo e coerente al fine di garantire il buon funzionamento e il corretto sviluppo del mercato interno per i prodotti e i servizi spaziali, e creare in particolare un quadro comune per la distribuzione di dati satellitari ad alta risoluzione (HRSD).

1.5

Il CESE giudica soddisfacenti le disposizioni della direttiva, intese a stabilire una norma dell'Unione europea per la diffusione degli HRSD a fini commerciali.

1.6

Il CESE ritiene tuttavia che il settore spaziale commerciale in Europa si stia sviluppando troppo lentamente e che sarebbe stato possibile creare già da tempo maggiori posti di lavoro e una maggiore prosperità grazie alle tecnologie e ai dati spaziali. Il Comitato invita la Commissione ad accelerare la definizione di politiche in materia e la creazione di un quadro normativo per il settore spaziale al fine di promuovere la sicurezza, la sostenibilità e lo sviluppo economico di tale settore, e di garantire il corretto funzionamento del mercato interno per i prodotti e i servizi spaziali.

1.7

Il CESE è fortemente convinto che una politica in materia dovrebbe fornire un migliore sostegno alle PMI dei 28 Stati membri dell'UE che cercano di essere competitive e di crescere nel mercato dei dati di osservazione della Terra. In particolare il CESE vorrebbe che le politiche puntassero a rimuovere gli ostacoli immotivati, nel mercato interno, connessi alle capacità finanziarie minime, che hanno un impatto particolarmente negativo sulle PMI.

1.8

Il CESE vorrebbe veder emergere proposte per una politica europea degli appalti in materia spaziale che promuova lo sviluppo del settore spaziale commerciale, fortemente dipendente dagli appalti istituzionali.

1.9

Il CESE vorrebbe altresì vedere politiche atte a promuovere la formazione di un maggior numero di ingegneri, professionisti delle TIC e laureati nelle discipline aziendali da impiegare nell'industria spaziale, soprattutto nei mercati in rapida crescita per fornitori e rivenditori di dati, fornitori di servizi a valore aggiunto e di georeferenziazione.

1.10

Il CESE riconosce che la sicurezza è di importanza vitale per i cittadini dell'UE, ma ritiene anche che, nonostante le disposizioni della direttiva proposta, una politica della sicurezza comune europea maggiormente ampia contribuirebbe tra l'altro ad affrontare la questione del controllo eccessivamente restrittivo degli HRSD da parte di alcuni Stati membri.

1.11

Il CESE invita altresì il Consiglio a lavorare in armonia alla concezione e alla promozione di una politica spaziale europea che favorisca la pace, la sicurezza e la crescita economica sulla base di un approccio aperto e collaborativo allo sviluppo e allo sfruttamento delle tecnologie spaziali e dei dati che questa produce.

1.12

Il CESE richiama l'attenzione della Commissione sui propri pareri già adottati in materia di politica spaziale (2).

2.   Proposta di direttiva della Commissione

2.1

La proposta di direttiva affronta il tema della diffusione a fini commerciali dei dati satellitari di osservazione della Terra nell'Unione europea e in particolare la questione di definire e controllare i dati satellitari ad alta risoluzione (HRSD) come categoria distinta di dati che necessita di una disciplina normativa differenziata quando è diffusa a fini commerciali.

2.2

Gli HRSD sono utilizzati per la fornitura di prodotti e servizi geospaziali, il cui mercato è in espansione. Tali dati sono diventati indispensabili per il monitoraggio ambientale, la pianificazione urbana, la gestione delle risorse naturali nonché la gestione delle catastrofi e delle emergenze.

2.3

Gli HRSD sono però importanti anche per la sicurezza e la difesa degli Stati membri, per cui la loro produzione e diffusione da parte di operatori commerciali è soggetta alla regolamentazione degli Stati nei quali tali operatori sono registrati. Pertanto, al livello normativo nazionale non esiste oggi un approccio comune al trattamento degli HRSD, e ai servizi e prodotti da essi derivati. Ciò fa sì che in Europa il quadro normativo sia frammentato e privo di coerenza, di trasparenza e di prevedibilità, il che impedisce di conseguenza al mercato di sviluppare appieno il proprio potenziale.

2.4

La proposta di direttiva mira ad assicurare il corretto funzionamento del mercato interno per i prodotti e i servizi collegati agli HRSD, istituendo un quadro normativo coerente per la distribuzione di questi dati. Essa ha inoltre l'obiettivo di garantire un livello adeguato e sufficiente di informazioni sull'accessibilità di tali dati a fini commerciali e di agevolare la concorrenza tra i fornitori di dati, creando un quadro normativo trasparente, prevedibile ed equo in tutti gli Stati membri e assicurando la libera circolazione dei dati in tutto il territorio dell'UE.

2.5

Si ritiene che l'attuazione della direttiva proposta avrà un impatto economico positivo grazie a livelli più elevati di trasparenza, certezza del diritto e prevedibilità del contesto imprenditoriale in materia di diffusione dei dati spaziali. Sono previste ricadute positive per la costituzione di imprese e la loro crescita, la vendita di dati di osservazione della Terra e la competitività internazionale. Oltre alla crescita dei posti di lavoro diretti nel settore della rivendita di dati/dei servizi a valore aggiunto e della fornitura di dati, è probabile un ulteriore aumento dell'occupazione ad altri livelli della catena di valore (ossia tra le imprese utilizzatrici di HRSD, i costruttori e gestori di satelliti), grazie a servizi di più elevata qualità e prezzi più competitivi. È altresì prevista un'ulteriore crescita dell'occupazione indiretta, perché ogni nuovo posto di lavoro creato nel settore spaziale genera fino a cinque nuovi posti di lavoro in altri settori.

2.6

La proposta di direttiva prevede in particolare quanto segue:

a)

una definizione chiara del concetto di HRSD basata su parametri tecnici essenziali per la produzione di tali dati;

b)

una descrizione della procedura che gli Stati membri devono seguire per controllare e autorizzare la diffusione di HRSD a fini commerciali;

c)

il regime di notifica che gli Stati membri devono seguire in modo che la Commissione possa assicurare una sufficiente vigilanza sul funzionamento della direttiva.

2.7

Gli Stati membri saranno tenuti a recepire la direttiva nell'ordinamento nazionale entro il 31 dicembre 2017.

3.   Osservazioni generali

3.1

Lo sviluppo di tecnologie, prodotti e servizi in ambito spaziale è d'importanza cruciale per il futuro dell'Europa. Come affermato in precedenza dal CESE, «lo spazio riveste un'importanza fondamentale per il rafforzamento della conoscenza, della prosperità, del potere economico e dell'innovazione» (3). L'esistenza di un fiorente mercato europeo delle applicazioni spaziali apporterebbe considerevoli benefici economici, sociali e ambientali.

3.2

L'Europa è l'unica in grado di concepire e promuovere una politica spaziale europea che favorisca la pace, la sicurezza e la crescita economica sulla base di un approccio aperto e collaborativo allo sviluppo e allo sfruttamento delle tecnologie spaziali e dei dati che queste producono.

3.3

Pur riconoscendo che la sicurezza riveste un'importanza essenziale per l'UE, il CESE ritiene che, nonostante le disposizioni della direttiva proposta, una politica della sicurezza comune europea di più ampia portata contribuirebbe tra l'altro ad affrontare la questione del controllo eccessivamente restrittivo degli HRSD da parte di alcuni Stati membri.

3.4

L'Europa ha bisogno di un settore spaziale commerciale dinamico in tutti i segmenti della catena di valore (4), per mantenere un accesso indipendente alle tecnologie spaziali e ai dati satellitari di osservazione della Terra, nonché per sviluppare un'industria spaziale indipendente e solida.

3.5

L'UE è stata troppo lenta nell'elaborazione delle politiche e dei quadri normativi necessari a garantire il corretto funzionamento del mercato interno per i prodotti e i servizi spaziali e a promuovere lo sviluppo di un'industria dinamica per la produzione e l'utilizzo dei dati spaziali. Lo sviluppo lento, in Europa, delle attività commerciali attorno alle applicazioni spaziali a valle si traduce in una perdita di terreno rispetto agli Stati Uniti, alla Russia, alla Cina e ad altri paesi sul piano dell'innovazione, della creazione di ricchezza e della posizione sul mercato mondiale in diversi comparti del settore spaziale.

3.6

L'Europa ha bisogno di una strategia commerciale proattiva per sviluppare le sue tecnologie, i suoi prodotti e suoi servizi spaziali nel contesto di un mercato mondiale in rapida crescita. Tale strategia deve essere concordata e coordinata a livello europeo, al fine di garantire l'eliminazione degli ostacoli interni allo sviluppo.

3.7

La strategia commerciale deve comprendere un quadro normativo coerente e stabile, una base industriale solida con una larga presenza di PMI, un elevato livello di competitività e di efficienza in termini di costi, lo sviluppo di mercati per le applicazioni e i servizi, nonché un accesso indipendente sul piano tecnologico allo spazio, alle tecnologie, ai prodotti e ai servizi spaziali. Queste esigenze sono esplicitamente sostenute nella politica industriale dell'UE in materia di spazio (5).

3.8

Per garantire il consolidamento del settore spaziale europeo a fini commerciali, l'UE deve promuovere una massa critica di imprese europee, dalle PMI alle grandi organizzazioni mondiali, attive nel settore dello sviluppo e dell'utilizzo di prodotti e servizi basati su dati satellitari.

3.9

Sono anche necessarie politiche atte a promuovere la formazione di un maggior numero di ingegneri, professionisti delle TIC e laureati nelle discipline aziendali da impiegare nell'industria spaziale, soprattutto nei mercati in rapida crescita per fornitori e rivenditori di dati, fornitori di servizi a valore aggiunto e di georeferenziazione.

3.10

Lo sviluppo del settore spaziale commerciale dipende in forte misura dagli appalti istituzionali. L'industria trarrebbe vantaggio da una normativa atta a realizzare una politica degli appalti pubblici nel settore spaziale, controllata a livello dell'UE.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il CESE riconosce che la politica di sicurezza è di importanza vitale per i cittadini dell'UE. Tuttavia il controllo eccessivamente restrittivo degli HRSD da parte di alcuni Stati membri ostacola fortemente lo sviluppo del mercato commerciale europeo in materia di dati di osservazione della Terra e consente ai concorrenti non europei di approfittare della situazione.

4.2

Mancano informazioni attendibili sulle dimensioni e sull'attività dell'industria europea impegnata nell'elaborazione di applicazioni e servizi basati sui dati satellitari. Sarebbe quindi opportuno realizzare uno studio dei diversi segmenti della catena di valore che partecipano allo sviluppo delle applicazioni spaziali a valle. La disponibilità di dati di buona qualità sul potenziale in termini di crescita occupazionale e di creazione di ricchezza nei vari settori stimolerebbe il mercato e consentirebbe di ottenere un maggiore sostegno politico.

4.3

Nell'UE il mercato degli HRSD risulta sottodimensionato rispetto a quello degli Stati Uniti, dove esiste un mercato unico. La posizione solida delle industrie americane dell'osservazione della Terra si basa su sistemi satellitari tecnicamente avanzati, su un quadro regolamentare chiaro e su una forte domanda pubblica di servizi e HRSD commerciali. I concorrenti americani beneficiano inoltre delle sinergie molto efficaci tra il settore della difesa civile e quello militare nel campo della R&S. Oltre alla forte concorrenza esercitata dagli Stati Uniti, altri concorrenti temibili, in India, Cina, Canada, Corea e Taiwan, introducono HRSD nel mercato europeo attraverso i rivenditori di dati.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Europa 2020 — Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, COM(2010) 2020 final.

(2)  GU C 67 del 6.3.2014, pag. 88; GU C 327 del 12.11.2013, pag. 38; GU C 341 del 21.11.2013, pag. 29; GU C 299 del 4.10.2012, pag. 72; GU C 43 del 15.2.2012, pag. 20; GU C 44 del 11.2.2011, pag. 44; GU C 339 del 14.12.2010, pag. 14; GU C 162 del 25.6.2008, pag. 24.

(3)  CCMI/115 — CES2861-2013, punto. 3.1.

(4)  La catena di valore comprende gestori di satelliti, fornitori di dati, rivenditori di dati (HRSD provenienti da gestori di satelliti e fornitori di dati dell'UE e di paesi terzi), fornitori di servizi a valore aggiunto, fornitori di servizi di georeferenziazione, istituti di ricerca, governi e utenti.

(5)  COM(2013) 108 final.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/64


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla governance delle strategie macroregionali

[COM(2014) 284 final]

(2015/C 012/10)

Relatore:

BARÁTH

La Commissione europea, in data 20 maggio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla governance delle strategie macroregionali

(COM(2014) 284 final.)

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 settembre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 148 voti favorevoli e 4 astensioni.

1.   Parere e raccomandazioni

1.1

La relazione in esame, elaborata sulla base della posizione del Consiglio Affari generali in merito al rafforzamento della governance delle strategie macroregionali, giunge al momento opportuno e fornisce alcune importanti indicazioni per migliorare la definizione di tali strategie e la governance della loro attuazione.

1.2

Il CESE ritiene che le strategie macroregionali dovrebbero diventare una vera e propria politica dell'UE.

1.3

Vista la natura degli obiettivi, il CESE si rammarica che nella relazione il concetto di governance in rapporto alle strategie macroregionali sia circoscritto alla cooperazione politica, istituzionale e amministrativo-organizzativa.

1.4

La relazione della Commissione attribuisce ai «partner» un ruolo molto subordinato. Gli attori economici e sociali non vengono neppure menzionati, mentre i soggetti della società civile vengono citati soltanto in quanto destinatari dell'informazione.

1.5

Il CESE ritiene che occorra sviluppare un nuovo modello di governance che coinvolga le parti economiche e sociali.

1.6

Va notato che, nonostante la cooperazione a livello europeo con il CESE, a cui è stato chiesto di elaborare un parere, al livello intermedio — regionale o macroregionale — non si parla affatto di partenariato, né per quanto riguarda la definizione delle strategie né in relazione al processo decisionale.

1.7

Questo problema è particolarmente grave a livello dell'attuazione, i cui principali beneficiari dovrebbero essere i soggetti economici e della società civile. L'efficienza e l'efficacia dell'attuazione dipendono infatti in gran parte dal coinvolgimento a monte dei partner, che dovrebbero essere adeguatamente informati ed esprimere il loro accordo, contribuendo con la loro esperienza al processo di definizione della strategia. È legittimo attendersi un «valore aggiunto europeo» e, in quest'ottica, il nuovo modello proposto appare promettente.

1.8

Il CESE osserva che gli esperimenti macroregionali nel quadro delle strategie per l'Atlantico e per il Mediterraneo illustrano chiaramente le possibilità offerte dalla cooperazione con dei partner.

1.9

Il CESE è dell'avviso che il gruppo ad alto livello costituito dai rappresentanti dei 28 Stati membri dell'UE costituisca un'ottima opportunità per compensare l'estrema concentrazione della governance dell'UE e la sua impostazione fortemente amministrativa, completandola con un organo di definizione delle politiche che sia in linea con l'idea, spesso trascurata, della sussidiarietà e con un'applicazione coerente del principio di partenariato.

1.10

Farebbe una grande differenza se la politica di sviluppo a livello macroregionale diventasse parte integrante delle politiche paneuropee. A questo fine, occorre valutare a livello europeo i collegamenti macroregionali «esistenti» che sono efficaci dal punto di vista territoriale e da quello settoriale.

1.11

Il CESE raccomanda di fare un inventario delle sfide e delle opportunità macroregionali che, se promosse e sfruttate, potrebbero contribuire a favorire iniziative di sviluppo sul modello del meccanismo per collegare l'Europa, rafforzando così l'integrazione europea.

1.12

Il CESE conviene sull'importanza di concentrare le risorse e garantire efficacia ed efficienza. Fa notare tuttavia che l'analisi non affronta la questione di come misurare l'attuazione delle strategie e dei piani d'azione, né discute degli indicatori quantitativi e qualitativi indispensabili per calcolare il rendimento degli investimenti e dimostrarne così il valore aggiunto. Uno dei compiti dei «punti tecnici» potrebbe essere quello di mettere in piedi un sistema di monitoraggio uniforme e predisporre delle valutazioni ex ante ed ex post.

1.13

Il CESE ritiene che degli organi a composizione mista a diversi livelli, affiancati da forum specifici, potrebbero contribuire considerevolmente a rafforzare l'identità europea della società civile e degli attori economici, sociali e politici. Ciò potrebbe concorrere in modo significativo al futuro sviluppo di un modello europeo volutamente basato su un approccio «dal basso verso l'alto».

1.14

Occorre una definizione più precisa, in termini giuridici e istituzionali, del concetto di governance in relazione alla formulazione e all'attuazione delle strategie macroregionali.

1.15

A giudizio del CESE l'approccio dei tre no è superato: il quadro finanziario a medio termine 2014-2020 prevede dei finanziamenti, si sta sviluppando un sistema amministrativo istituzionale a sostegno dell'attuazione e il quadro strategico comune stabilisce la necessaria regolamentazione.

1.16

È importante prevedere varie opzioni organizzative. Al tempo stesso, per ottenere un migliore coordinamento e garantire la massa critica necessaria per iniziative specifiche, occorrono risorse aggiuntive che agiscano da catalizzatori, consentendo sinergie di intenzioni e risorse tra attori nazionali, regionali e locali.

2.   Introduzione

2.1

Nella sua analisi, la Commissione sostiene che le due strategie macroregionali adottate finora, quella per il Baltico e quella per il Danubio, che stanno già dando risultati, soddisfano le aspettative «sul campo» in termini di valore aggiunto. Sono state prese importanti decisioni congiunte e mobilitate risorse prima inutilizzate, ad esempio nei campi della difesa ambientale, dei trasporti marittimi, della protezione dalle inondazioni e del mantenimento della qualità delle acque.

2.2

Le due iniziative di cooperazione macroregionale lanciate recentemente possono attingere alle esperienze precedenti. Sono stati individuati squilibri significativi nelle regioni adriatico-ionica e alpina in termini di strutture urbane e di sviluppo economico e sociale. Nell'analisi si discute anche di come si possano sfruttare le esperienze delle regioni costiere atlantiche.

2.3

Il CESE ritiene che una buona governance, adeguata agli specifici compiti da svolgere, sia fondamentale nella definizione e nell'attuazione delle strategie macroregionali.

2.4

L'analisi della Commissione pone l'accento su tre aspetti della governance che sono cruciali per il buon esito delle strategie:

la leadership politica (direzione strategica e struttura di governance), la titolarità, l'importanza dell'identificazione con le strategie, la comunicazione e la responsabilità;

il coordinamento come strumento per l'attuazione delle strategie;

la gestione del processo di attuazione, dei piani d'azione che definiscano l'esecuzione quotidiana dei compiti, la cooperazione e il sostegno alla cooperazione.

2.5

In base all'analisi della Commissione, la governance è un'attività che determina in generale come vengono raggiunti i risultati. A questo proposito, tuttavia, vi è una grande differenza tra leadership politica e organi che attuano la strategia, il che significa che il concetto di «titolarità» è collegato a diversi tipi di operatori.

2.6

Il CESE è dell'avviso che la definizione e l'attuazione delle strategie macroregionali richieda un sistema di governance specifico, basato sulla cooperazione e il coordinamento. All'interno di tale sistema, la titolarità dei singoli programmi, progetti e misure può e deve essere collegata a singole attività specifiche e ai soggetti che le realizzano. Un sistema di questo tipo è un presupposto indispensabile per l'efficacia e l'efficienza delle singole attività e la base della loro misurabilità.

2.6.1

L'analisi conferma che le strategie macroregionali forniscono un quadro specifico per la cooperazione tra l'Unione europea, gli Stati membri, le loro regioni e taluni paesi terzi di una determinata area geografica. I piani d'azione sono gli strumenti di attuazione delle strategie. Essi consentono la partecipazione a livello economico e sociale.

2.7

Il massimo livello di governance è costituito dal gruppo ad alto livello, che riunisce il lavoro dei coordinatori dei settori prioritari, dei responsabili delle azioni orizzontali, dei coordinatori per pilastro e dei gruppi direttivi. Questa struttura istituzionale (rete) è completata dai punti di contatto nazionali, che rafforzano il coordinamento a livello nazionale.

3.   Che cos'altro occorre per un'attuazione più efficace delle strategie macroregionali?

3.1

Il CESE ritiene che l'analisi della Commissione riassuma con esattezza i punti deboli della governance. Per un'attuazione efficace delle strategie macroregionali sono necessarie:

una governance politica più solida;

la definizione e l'adozione di obiettivi trasversali, con una maggiore valorizzazione di tali obiettivi a livello nazionale nelle attività interne dei governi.

3.1.1

Il CESE ritiene che ci si debba adoperare per un'attuazione più sistematica del partenariato a livello europeo e tra le istituzioni europee.

3.1.2

Le organizzazioni che operano a livello transnazionale in una determinata regione dovrebbero essere coinvolte nello sviluppo della governance e avere interesse al buon funzionamento del processo.

3.2

Sarebbe utile fornire risorse diversificate e più facilmente accessibili e al tempo stesso sviluppare strumenti settoriali specifici, compresi quelli destinati al settore privato.

3.3

L'attuazione delle strategie macroregionali presuppone prevedibilità, un ambiente sicuro per i principali soggetti interessati, il costante rafforzamento della capacità, una più efficace informazione della società civile e il suo coinvolgimento nell'attuazione dei piani d'azione, un più intenso uso dell'e-governance e delle TIC e, in generale, il rafforzamento dell'identità subnazionale e regionale e un migliore adattamento delle strategie.

4.   Raccomandazioni per l'ulteriore sviluppo dei principali aspetti della governance

4.1

La cooperazione tra i leader politici e strategici e i titolari-partner che cooperano

4.1.1

Nella sua analisi la Commissione, pur proponendo dei miglioramenti, conferma la struttura di governance esistente. Essa sostiene che delle riunioni periodiche più frequenti ai diversi livelli, dalla fase di definizione della strategia fino alla formulazione dei piani d'azione e all'attuazione, consentiranno ai principali soggetti interessati di avere un più preciso quadro d'insieme e, allo stesso tempo, permetteranno al livello politico di andar oltre le semplici dichiarazioni, capire meglio i processi e misurare con più esattezza il valore del lavoro svolto.

4.1.2

Una delle principali raccomandazioni pratiche è che la Commissione europea potenzi il ruolo delle strategie macroregionali tra le politiche dell’UE senza però andare oltre la sua competenza, che consiste nel fornire assistenza e orientamento.

4.1.3

Un importante contributo potrebbe essere quello di organizzare riunioni tematiche per discutere le sfide che sorgono in sede di definizione e attuazione delle strategie. Tali problemi hanno un impatto a livello europeo, influenzano le politiche europee e ne sono influenzati e richiedono un coordinamento ad alto livello.

4.1.4

Il CESE ritiene inoltre opportuno rafforzare il ruolo dei punti di contatto nazionali in quanto anello di collegamento tra la sfera politica e il processo di attuazione. In particolare, auspica che venga nominato uno speciale rappresentante per monitorare l'attuazione delle singole strategie, valutarle e riferire in merito alle riunioni dei responsabili o di consultazione ministeriale.

4.1.5

La relazione della Commissione sottolinea l'importanza di garantire che gli attori fondamentali, i partner della cooperazione e i soggetti interessati dei singoli paesi e regioni si impegnino a portare avanti questo processo sviluppando approcci congiunti, definendo obiettivi economici e fissando un calendario per l'attuazione, tenendo discussioni periodiche, facendo opera di sensibilizzazione e in generale garantendo un coinvolgimento effettivo.

4.1.6

Per il CESE, i principali soggetti interessati sono i decisori nazionali, regionali e locali e la società civile, comprese le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori e i rappresentanti del mondo scientifico e della ricerca, e, in generale, le organizzazioni non governative.

4.1.6.1

Sostenere la partecipazione di questi soggetti interessati costituisce una priorità, sebbene esistano già molte buone pratiche in fatto di coinvolgimento sia degli attori politici che della società civile.

4.1.7

Per quanto riguarda il futuro, l'analisi (1) della Commissione attribuisce grande importanza al potenziamento dell'attività dei forum di maggior successo, con un più forte coinvolgimento dei parlamenti e delle commissioni parlamentari. Sottolinea inoltre la necessità che i rappresentanti della società civile contribuiscano su tutto il territorio delle loro macroregioni facendo conoscere i loro punti di vista e partecipando più efficacemente alla definizione degli obiettivi tematici e dei compiti.

4.1.8

Una più stretta collaborazione tra il mondo della teoria (università) e quello della pratica (imprese, PMI) e più forti collegamenti tra studenti di università diverse potrebbero essere molto utili per la definizione e l'attuazione delle strategie.

4.1.9

Da ultimo, è molto importante che ai processi partecipino anche le delegazioni e le rappresentanze della Commissione, in particolare per quanto riguarda l'utilizzo dei sistemi informatici.

4.2   Coordinamento

4.2.1

Attualmente si sta costituendo un gruppo ad alto livello composto di rappresentanti dei 28 Stati membri dell'UE e se ne sta pianificando la prima riunione annuale. Un tale organismo è necessario per rafforzare il coordinamento a livello europeo ai fini di una migliore sincronizzazione dei processi quotidiani e dei livelli politici. Uno dei compiti del gruppo è mantenere i contatti con gli altri principali soggetti interessati. A giudizio del CESE, il lavoro del gruppo illustra la necessità di definire una strategia macroregionale paneuropea.

4.2.2

Analogamente ai punti di contatto nazionali già esistenti, il gruppo di alto livello avrà il compito di garantire che i fondi utilizzati per sostenere l'attuazione delle strategie europee siano coerenti con le strategie macroregionali. Le strutture istituzionali sono completate da «piattaforme di coordinamento nazionali» che consentono un dialogo consultivo tra le varie organizzazioni e i soggetti interessati a livello ministeriale, regionale, locale, della società civile e della comunità scientifica.

4.2.3

L'analisi della Commissione sottolinea il ruolo chiave svolto dai punti di contatto nazionali in termini di coordinamento. Oltre ai compiti di base come adeguare e coordinare i processi, effettuare il monitoraggio, garantire e supervisionare il flusso delle informazioni tra i diversi organismi decisionali e mantenere informati i soggetti interessati a livello politico, i punti di contatto nazionali hanno il compito di riferire con cadenza annua alle istituzioni come i parlamenti interessati dalle strategie macroregionali e partecipare all'individuazione e, ove possibile, al coordinamento delle risorse nazionali e regionali.

4.3   Attuazione

4.3.1

Il CESE condivide la raccomandazione per cui i soggetti interessati hanno bisogno di un sostegno politico e amministrativo significativo nell'attuazione, nonché di maggiori risorse finanziarie e umane.

4.3.2

Per quanto riguarda l'attuazione delle strategie macroregionali, per garantire il coordinamento occorrono persone indipendenti, riconosciute sul piano nazionale, ben integrate nel contesto locale e dotate delle conoscenze e dell'esperienza necessarie, coadiuvate, ove necessario, dai gruppi direttivi competenti per un dato livello.

4.3.3

Il CESE conviene che la possibilità, prevista dalle nuove regole, di utilizzare fondi europei per sostenere direttamente le strategie macroregionali rappresenta un grande cambiamento.

4.3.4

Nella sua analisi, la Commissione osserva che la responsabilità di garantire la chiarezza tra i soggetti coinvolti nell'attuazione fornendo le risorse necessarie spetta principalmente ai singoli ministri. Se non sussistono le condizioni necessarie perché ciò avvenga, non è possibile attendersi un valore aggiunto.

4.3.5

I coordinatori fungono da collegamento tra il livello politico da un lato e gli specifici progetti e la loro attuazione dall'altro. Insieme ai gruppi direttivi, essi costituiscono la vera autorità esecutiva.

4.3.6

Nella sua analisi la Commissione osserva che a livello europeo sono già disponibili risorse organizzative e finanziarie significative. Alla luce di ciò, si possono e anzi si devono evitare doppioni e ridondanze nella governance, nel coordinamento e nell'attuazione delle strategie, in modo da realizzare considerevoli risparmi. Occorre sviluppare ulteriormente le conoscenze e le pratiche esistenti.

4.3.7

Per quanto riguarda l'attuazione, occorre una cooperazione più sostanziale, riunioni più frequenti e un maggiore coordinamento tra le aree tematiche, anche tramite un più stretto collegamento con la Commissione stessa.

4.3.8

La cooperazione tra i singoli paesi e regioni varia da una macroregione all'altra. Dobbiamo evitare di creare strutture istituzionali eccessivamente convenzionali. Un esempio da seguire è dato dal Forum atlantico, finalizzato allo sviluppo delle regioni costiere atlantiche, e da altre iniziative innovative.

4.3.9

L'analisi della Commissione richiama l'attenzione su un'opzione che potrebbe essere attuata tramite la cooperazione tra i vari paesi e che potrebbe apportare benefici significativi. Il CESE concorda sul fatto che i «punti tecnici» potrebbero fornire sostegno per il flusso dell'informazione, l'attività organizzativa, le comunicazioni, la diffusione delle buone pratiche, la creazione delle singole commissioni e dei gruppi di lavoro e l'organizzazione e la documentazione delle riunioni.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2014) 284 final.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/69


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 604/2013 per quanto riguarda la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un minore non accompagnato che non ha familiari, fratelli o parenti presenti legalmente in uno Stato membro

[COM(2014) 382 final — 2014/0202 (COD)]

(2015/C 012/11)

Relatrice:

ATTARD

Il Parlamento europeo, in data 3 luglio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 604/2013 per quanto riguarda la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un minore non accompagnato che non ha familiari, fratelli o parenti presenti legalmente in uno Stato membro

COM(2014) 382 final — 2014/0202 (COD).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 30 settembre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 143 voti favorevoli e 1 voto contrario.

1.   Raccomandazioni e osservazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia la proposta in esame volta a modificare il regolamento (UE) n. 604/2013, ma evidenzia la necessità di affrontare una serie di difficoltà — quali, ad esempio, la complessità del sistema giudiziario e amministrativo e di altri sistemi in vigore negli Stati membri, la mancanza di informazioni e il timore di venire denunciati — per garantire che nessun minore venga lasciato in uno stato di incertezza giuridica o rimanga apolide.

1.2

Il CESE raccomanda vivamente che il principio dell'«interesse superiore del minore» prevalga su qualsiasi altra normativa in vigore a livello nazionale e sul diritto internazionale.

1.3

Il CESE osserva che la proposta di regolamento in esame non fornisce dei criteri su «come» debba essere stabilito l'«interesse superiore del minore» né «da chi». La definizione di tale «interesse superiore» dovrebbe essere conforme alle norme e agli standard delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani.

1.4

Il Comitato raccomanda che il personale chiamato ad occuparsi di minori non accompagnati sia adeguatamente formato al rispetto dei loro diritti.

1.5

Per evitare conflitti d'interesse e garantire la presenza di personale qualificato, l'organismo che stabilisce quale sia l'interesse superiore del minore dovrebbe essere un ente indipendente, privo di legami con le autorità competenti per l'immigrazione, di preferenza l'organismo incaricato della tutela dei minori in ciascuno Stato membro (1).

1.6

Il CESE sottolinea che porre fine al trattenimento di minori, accompagnati o meno, va considerata una priorità della massima urgenza, a prescindere dalla procedura di cui essi formano oggetto.

1.7

L'ingresso in uno Stato membro non dovrebbe mai essere negato ai minori non accompagnati e separati dalle famiglie, conformemente agli obblighi di non respingimento derivanti dai diritti umani internazionali, dal diritto umanitario e dal diritto dei rifugiati.

1.8

Il CESE raccomanda che la Commissione, nel garantire la conclusione di accordi tra Stati membri basati sull'interesse superiore del minore, definisca le procedure uniformi e i termini adeguati e flessibili per i casi previsti dall'articolo 8, paragrafi 4 ter, 4 quater e 4 quinquies del regolamento modificato.

1.9

I termini «informare» ed «effettiva possibilità» devono essere definiti in modo chiaro, al fine di garantire che il minore benefici di un'assistenza da parte di assistenti sociali adeguatamente formati, interpreti indipendenti e un rappresentante qualificato che agisca in veste di tutore legale, i quali devono aiutarlo a comprendere le conseguenze dell'intera procedura di presentazione di una domanda di protezione internazionale in un qualsiasi Stato membro dell'UE.

1.10

A giudizio del CESE, il tutore legale di un minore dovrebbe essere un «rappresentante qualificato», obbligatoriamente provvisto di esperienza con i minori e competente in materia sia di legislazione nazionale sugli stranieri che di normative sulla protezione dei minori.

1.11

Il CESE esorta con forza gli Stati membri a fare in modo che qualsiasi procedura di accertamento dell'età applicata dalle loro autorità sia ispirata all'interesse superiore del minore e si prefigga come principale obiettivo di garantire al minore l'esercizio dei diritti e la protezione che gli spettano; tale procedura dovrebbe svolgersi inoltre alla presenza di un tutore legale.

1.12

Il CESE raccomanda vivamente che, nel caso in cui il minore che abbia presentato domanda di protezione internazionale divenga adulto nel corso della procedura di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di tale domanda, si debba stabilire che la sua età sia quella che il minore aveva alla data in cui ha presentato la prima domanda di protezione.

1.13

Occorre rivedere tutta una serie di programmi strategici dell'UE relativi alla protezione di migranti minori sprovvisti di documenti (2). Tra questi ambiti d'intervento si possono indicare, ad esempio, la regolarizzazione in quanto strumento di politica migratoria, l'informazione e l'assistenza alle famiglie prive di documenti, la creazione di una banca di dati documentali, la registrazione delle nascite e la protezione dei dati, e infine il diritto all'istruzione e alla formazione professionale nonché quello ad avere accesso ai servizi sanitari e all'alloggio.

1.14

Secondo il CESE, occorre elaborare una definizione più ampia di «migrante minore non accompagnato in situazione irregolare», al fine di ricomprendere le diverse situazioni concrete presentatesi finora e che non sono contemplate nel regolamento proposto.

1.15

Il CESE mette l'accento sull'importanza di consultare sia esperti della società civile che operatori e professionisti del diritto competenti in materia di migranti minori, e guarda con impazienza alla possibilità di collaborare con la Commissione nell'ambito di tale consultazione.

2.   Sintesi della proposta della Commissione

2.1

Il testo proposto dalla Commissione è volto a modificare l'articolo 8, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (il «regolamento Dublino III»).

2.2

La proposta è stata presentata alla luce di una recente sentenza della Corte di giustizia dell'UE (3) che fornisce chiarimenti su quale sia lo Stato membro competente per l'esame delle domande di protezione presentate da minori non accompagnati. La proposta punta a migliorare la situazione dei minori richiedenti protezione internazionale che non hanno familiari, fratelli o parenti nel territorio dell'UE.

2.2.1

Il paragrafo 4 bis codifica le disposizioni della sentenza della Corte nella causa C-648/11 stabilendo quanto segue: «se il minore non accompagnato non ha familiari, fratelli o parenti legalmente presenti in uno Stato membro conformemente ai paragrafi 1 e 2, è competente lo Stato membro in cui il minore non accompagnato ha presentato una domanda di protezione internazionale e in cui lo stesso si trova, purché ciò sia nell'interesse superiore del minore».

2.2.2

Il paragrafo 4 ter riguarda il caso in cui un minore richiedente di cui al paragrafo 4 bis si trovi nel territorio di uno Stato membro in cui non ha presentato domanda. Tale Stato membro informa il minore non accompagnato del diritto di presentare domanda e gli offre l'effettiva possibilità di presentarla nel suo territorio, a meno che ciò sia in contrasto con l'interesse superiore del minore.

2.2.3

Il minore ha pertanto due opzioni: presentare domanda di protezione internazionale oppure non presentarla.

2.2.4

In quest'ultimo caso, quello cioè di un minore che decida di non presentare una nuova domanda nello Stato membro in cui si trova — una situazione che non è disciplinata dalla sentenza nella causa C-648/11 — ai sensi del paragrafo 4 quater il minore deve essere trasferito nello Stato membro che risulta più idoneo alla luce del suo interesse superiore. Tale norma intende garantire la certezza per quanto riguarda la determinazione dello Stato membro competente, introducendo una disposizione certa e prevedibile ed evitando l'inutile protrarsi della procedura. Le garanzie per i minori previste dall'articolo 6 del regolamento (UE) n. 604/2013 si applicano a tutti i minori che sono soggetti alle procedure di tale regolamento; tuttavia, la proposta di regolamento in esame stabilisce inoltre, al paragrafo 4 quater, l'obbligo per lo Stato membro richiesto e per quello richiedente di cooperare nel valutare l'interesse superiore del minore.

3.   Contesto

3.1

Le difficoltà cui devono far fronte i minori non accompagnati sono complesse e di varia natura, e richiedono quindi approcci multilaterali, globali e olistici.

3.2

Il CESE raccomanda di fornire a ciascun minore delle informazioni, in forma comprensibile per la sua età, sui diritti di cui può avvalersi, sulla base della pertinente Convenzione delle Nazioni Unite, in modo tale che i minori, soprattutto quelli «invisibili» che non ricevono un'assistenza adeguata, possano acquisire capacità sufficienti per presentare domanda di protezione.

3.3

Nel 2013 oltre un quarto dei richiedenti asilo nell'Unione europea era costituito da minori, ossia circa 1 20  000 persone, 12  685 dei quali minori non accompagnati (4). Nel decennio appena trascorso la percentuale di minori non accompagnati che hanno presentato domanda di asilo in Europa è rimasta stabile, pari cioè al 5 % circa del numero totale di richiedenti asilo.

3.4

Lo status di «minori migranti» («children on the move») può variare nelle diverse tappe del viaggio di questi minori, ed essi possono dover far fronte ad un ampio spettro di situazioni di vulnerabilità (5) che occorre prendere in considerazione una per una.

3.5

Questi minori possono viaggiare accompagnati dalle famiglie o da soli, essere accompagnati da persone che non sono loro familiari o essere rimasti soli dopo il loro ingresso nel territorio di uno Stato membro. Anche i loro genitori, o chi presta loro assistenza, possono essere privi di documenti, ad esempio nel caso in cui siano entrati come migranti irregolari nello Stato membro oppure il loro soggiorno in quanto nucleo familiare si sia protratto al di là di quanto consentito dal permesso di soggiorno o dai visti. I genitori di questi minori, o chi presta loro assistenza, possono altresì beneficiare dello status di migranti regolari, ad esempio nel caso in cui il minore sia arrivato in Europa per raggiungere la famiglia ma non rientri in un programma di ricongiungimento familiare. Anche i minori nati sul territorio dell'UE possono essere sprovvisti di documenti se lo sono i loro genitori. Inoltre, i minori possono essere rimasti soli, e quindi essere non accompagnati, in seguito ad un'espulsione.

3.6

Gli Stati membri hanno l'obbligo giuridico di assicurare il recepimento nei rispettivi ordinamenti delle sentenze della Corte di giustizia dell'UE, in particolare di quella pronunciata nella causa C-648/11 pertinente per il regolamento (UE) n. 604/2013, nonché delle tutele e degli standard della Convenzione delle Nazioni Unite; essi devono inoltre attenersi a due principi fondamentali della Convenzione dell'ONU sui diritti del fanciullo, ossia: (i) il principio di non discriminazione (Articolo 2) e (ii) l'interesse superiore del minore (Articolo 3). Qualsiasi politica o pratica contraria al diritto internazionale e/o europeo dovrebbe essere denunciata come illecita, e dovrebbero essere avviate procedure di infrazione ogniqualvolta vengano violati i diritti dei minori.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il regolamento proposto garantirà che gli Stati membri si conformino a quanto disposto dal Commento generale n. 6 del Comitato dell'ONU sui diritti dell'infanzia, relativo al trattamento dei bambini separati dalle proprie famiglie e non accompagnati, fuori dal loro paese d'origine.

4.2

La Convenzione dell'Aia del 1996 (6) stabilisce che, a prescindere dalle disposizioni delle legislazioni nazionali, i «bambini» o «minori» siano SEMPRE considerati tali sino al compimento dei 18 anni.

4.3

I principi fondamentali relativi ai diritti dei minori devono essere sistematicamente integrati nell'elaborazione, nell'applicazione e nel monitoraggio delle leggi, delle politiche, delle procedure e delle pratiche riguardanti i minori migranti non accompagnati.

4.4

Il regolamento proposto dovrebbe contemplare anche il caso di quei minori la cui domanda di protezione sia stata precedentemente respinta in un qualsiasi Stato membro.

4.5

Il personale chiamato ad occuparsi dei minori non accompagnati (tra cui le autorità di contrasto e quelle giudiziarie, gli incaricati dei colloqui, gli interpreti, gli assistenti sociali e gli animatori che lavorano con i giovani, gli operatori sanitari, i tutori, i rappresentanti legali, il personale di polizia e le guardie di frontiera) dovrebbe essere adeguatamente formato al rispetto dei diritti dei minori.

4.6

Benché la Convenzione dell'ONU sui diritti del fanciullo imponga agli Stati di trattare i minori privi di documenti alla stregua di «tutti» gli altri minori, senza alcuna distinzione, all'atto pratico si osservano delle tensioni tra i quadri giuridici nazionali che disciplinano il controllo dell'immigrazione e quelli relativi alla protezione dei minori. Il CESE esorta gli Stati membri a fare in modo che i minori in situazione irregolare siano considerati e tutelati prima di tutto in quanto minori, in base alle disposizioni dei sistemi nazionali di protezione dell'infanzia.

5.   Osservazioni specifiche

5.1

Il CESE ha espresso con forza il proprio punto di vista sulle politiche e sulle prassi relative ai diritti fondamentali dei migranti in situazione regolare o irregolare in tutta una serie di pareri (7), e ha ribadito tali posizioni in occasione della sua partecipazione alle riunioni del Forum europeo dell'integrazione.

5.2

In conformità della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e di altre convenzioni internazionali, ad esempio la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, andrebbero garantite condizioni di accoglienza «a misura di minore» a tutti i minori migranti, anche a quelli in situazione irregolare, siano essi privi di documenti oppure no, e anche nel caso in cui emigrino da uno Stato membro ad un altro.

5.3

All'arrivo di ogni minore non accompagnato o separato dalla famiglia si dovrebbe immediatamente assicurare a quest'ultimo un'assistenza legale gratuita e designare un tutore legale competente e indipendente con il compito di assistere, consigliare e proteggere il minore fintantoché questi non si ricongiunga con la propria famiglia o non sia adeguatamente collocato in custodia.

5.4

Il diritto dell'UE, pur riconoscendo l'importanza della tutela legale, non definisce i doveri di un tutore legale. Questi dovrebbe essere un «rappresentante qualificato», provvisto di esperienza con i minori e competente in materia sia di legislazione nazionale sugli stranieri che di normative sulla protezione dei minori; deve inoltre essere abilitato a rappresentare il minore in tutte le procedure decisionali, a condizione che il minore stesso abbia prestato il proprio consenso al riguardo (8), e disporre delle risorse finanziarie necessarie per avvalersi delle competenze di altri esperti qualora l'interesse superiore del minore lo richieda.

5.5

Per l'intera durata della procedura di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale, i minori non accompagnati dovrebbero poter disporre di un alloggio e avere accesso all'istruzione e alla formazione professionale, oltre che ai servizi sanitari, alle condizioni di parità con gli altri minori soggetti alla giurisdizione dello Stato membro di accoglienza. Particolare attenzione dovrebbe inoltre essere rivolta alle condizioni psicologiche di questi minori.

5.6

Le risposte sotto forma di elaborazione di strategie e i piani d'azione a favore dei minori devono tenere conto del punto di vista di questi ultimi e dei resoconti delle loro esperienze. Le ricerche sulla necessità di elementi di prova incentrati sul minore, compreso il diritto di quest'ultimo di esprimere liberamente la propria opinione su tutte le questioni che lo riguardano, ha prodotto una serie di significative risultanze «di prima mano» utili per il Piano d'azione europeo sui minori non accompagnati (2010-2014) (9).

5.7

I termini «informare» ed «effettiva possibilità» devono essere definiti in modo chiaro, al fine di garantire: che (i) il minore benefici di un'assistenza da parte di assistenti sociali adeguatamente qualificati, interpreti indipendenti e un tutore legale, i quali devono aiutarlo a comprendere, in una lingua compresa dal minore stesso, le conseguenze dell'intera procedura di presentazione di una domanda di protezione internazionale in un qualsiasi Stato membro dell'UE, e che (ii) il minore sia tenuto a dare o rifiutare il proprio consenso, se occorre anche per iscritto.

5.8

Il minore non dovrebbe essere trattenuto in nessuna delle fasi della procedura di presentazione di una domanda di protezione internazionale. Il trattenimento del minore, inoltre, non gli consente di esercitare il proprio diritto di trasferirsi in un altro Stato membro per presentarvi domanda di protezione internazionale (10).

5.9

Qualsiasi decisione adottata a norma dei regolamenti Dublino II e III riguardante minori non accompagnati richiedenti asilo dovrebbe essere conforme alla recente giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE (11).

5.10

Gli accordi e protocolli con diversi Stati membri cui si fa riferimento nella proposta di regolamento dovrebbero essere conformi alle disposizioni del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

5.11

Il CESE concorda pienamente quanto alla necessità che, a seguito dell'adozione del regolamento modificato in esame, la Commissione riveda gli atti delegati, come stabilito dal regolamento Dublino III e in conformità dell'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

5.12

Nell'affrontare il tema del diritto del minore al ricongiungimento familiare, occorre chiarire il concetto di «fratello o sorella adulto/a», in modo tale che l'adulto possa responsabilmente adempiere ai propri doveri verso il minore secondo le disposizioni di legge.

5.13

Il CESE raccomanda agli Stati membri di fornire l'assistenza e le cure specialistiche necessarie ai minori vulnerabili, in particolare quelli con problemi psicologici, disabilità mentali o fisiche e/o problemi di salute, e ai minori che si trovino in situazione di emergenza — inclusi quelli provenienti da regioni teatro di conflitti dove hanno vissuto, soli o con i loro familiari, delle esperienze traumatiche — nonché ad adolescenti incinte o a genitori che non abbiano ancora compiuto 18 anni.

5.14

Il CESE raccomanda vivamente ai paesi dell’UE di fare in modo che qualsiasi procedura di accertamento dell'età applicata dalle loro autorità: (i) sia ispirata all'interesse superiore del minore (12), (ii) si svolga obbligatoriamente alla presenza di un tutore legale e (iii) sia affidata ad un gruppo di professionisti indipendenti formato da varie figure di esperti, sia uomini che donne, tra cui psicologi infantili, assistenti sociali e giuristi. La procedura di accertamento dell'età e la decisione che ne scaturisce dovrebbero essere basate su precise prove documentali.

5.15

Fino al completo espletamento della procedura di accertamento dell'età, chiunque dichiari di essere minore dovrebbe essere considerato e trattato come tale.

5.16

L'età del minore andrebbe accertata principalmente sulla base di prove documentali. Una recente sentenza pronunciata da un tribunale spagnolo ha stabilito che la documentazione presentata non dovrebbe essere messa in dubbio.

5.17

Il minore dovrebbe essere pienamente informato in merito alla procedura di accertamento dell'età e alle relative conseguenze, e il suo punto di vista dovrebbe essere tenuto in debito conto, a seconda della sua età e del suo grado di maturità.

5.18

In mancanza di documentazione o nel caso in cui si nutrano seri dubbi circa l'età del minore, come provvedimento a cui ricorrere in ultima istanza potranno essere svolti esami medico-fisici, nel rispetto della cultura, della dignità e dell'integrità fisica e morale del minore stesso, dal momento che taluni esami fisici potrebbero risultare particolarmente stressanti, invasivi o traumatici. Qualora si ritenga necessario sottoporre il minore ad esami medico-fisici, si dovrebbe sollecitare e ottenere il suo consenso informato. L'esame medico-fisico deve essere completato da una valutazione socio-pedagogica realizzata da esperti. Le due procedure dovrebbero essere cumulative.

5.19

Le conclusioni cui si è pervenuti nel quadro di una qualsiasi procedura di accertamento dell'età dovrebbero poter formare oggetto di ricorso.

5.20

Lo status giuridico dei minori non accompagnati che diventano adulti nel corso della procedura è complesso e differisce da uno Stato membro all'altro. Sebbene la direttiva sull'asilo stabilisca le norme procedurali che disciplinano la questione, occorre definire delle regole relative ai diritti delle persone che compiono diciotto anni nel corso della procedura.

5.21

Il CESE raccomanda vivamente che, in tali casi, l'età della persona in questione venga stabilita nelle fasi iniziali della procedura di presentazione della domanda, al fine di ridurre il rischio che il minore si ritrovi in una situazione irregolare e scompaia.

5.22

La risposta degli Stati al problema della tratta dei minori non deve essere dettata dalla condizione di migrante del minore o dalla sua richiesta di asilo, bensì dall'interesse superiore del minore stesso.

5.23

I minori migranti in situazione irregolare non dovrebbero mai essere sottoposti ai procedimenti penali per motivi legati unicamente alla loro condizione di migranti né qualora il loro coinvolgimento in attività criminali sia conseguenza dello sfruttamento.

5.24

Gli Stati membri hanno tempo fino a luglio 2015 per dare attuazione alla direttiva sulla protezione dell'asilo, che prevede, tra l'altro, l'obbligo per i paesi UE di individuare tempestivamente i casi di minori non accompagnati vulnerabili.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Ad esempio la Oficina de protección de menores, in Spagna, o lo Jugendamt, in Germania.

(2)  Sarah Spencer, COMPAS, Università di Oxford.

(3)  Causa C-648/11, MA e a. contro Secretary of State for the Home Department del Regno Unito.

(4)  Eurostat (2014), Asylum Statistics (Statistiche sull'asilo), http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Asylum_statistics

(5)  Documento di riferimento del Forum europeo sui diritti dei minori (2012) – http://ec.europa.eu/justice/fundamental-rights/files/background_cps_children_on_the_move_en.pdf

(6)  Convenzione dell'Aia, del 19 ottobre 1996, sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori (Convenzione dell'Aia 1996), œhttp://www.hcch.net/index_en.php?act=conventions.text&cid=70

(7)  GU C 128 del 18.5.2010, pag. 29; GU C 48 del 15.2.2011, pag. 6; GU C 67 del 6.3.2014, pag. 32; GU C 317 del 23.12.2009, pag. 110.

(8)  Convenzione dell'Aia 1996.

(9)  Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (FRA), Developing indicators for the protection, respect and promotion of the Rights of the Child in the European Union («Elaborazione di indicatori per la tutela, il rispetto e la promozione dei diritti del minore nell'Unione europea»), 2009.

(10)  Comitato dell'ONU sui diritti dell'infanzia, Commento generale n. 6, Trattamento dei bambini separati dalle proprie famiglie e non accompagnati, fuori dal loro paese d'origine — CRC/GC/2005/6.

(11)  Sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea nella causa C-648/11, del 6 giugno 2013.

(12)  European Network of Ombudspersons for Children — ENOC (Rete europea dei garanti dei diritti dei minori) — www.ombudsnet.org


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/75


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici, che modifica il regolamento (UE) n. XXX/XXX del Parlamento europeo e del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali) e che abroga il regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio»

[COM(2014) 180 final — 2014/0100 (COD)]

(2015/C 012/12)

Relatore:

M. Armands KRAUZE

Il Parlamento europeo, in data 2 aprile 2014, e il Consiglio, in data 28 aprile 2014, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 43, paragrafo 2, e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici, che modifica il regolamento (UE) n. XXX/XXX del Parlamento europeo e del Consiglio [regolamento sui controlli ufficiali] e che abroga il regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio

COM(2014) 180 final — 2014/0100 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 2 ottobre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 16 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 61 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie positivamente la proposta legislativa presentata dalla Commissione, che mira a favorire lo sviluppo dell'agricoltura biologica europea parallelamente allo sviluppo della domanda, e concorda con la Commissione stessa circa la necessità di rimediare alle carenze dell'attuale sistema. La Commissione europea dovrebbe promuovere lo sviluppo dell'agricoltura biologica e la fiducia dei consumatori nei prodotti biologici.

1.2

Esprime il timore, tuttavia, che la valutazione d'impatto della Commissione non tenga in debito conto le ripercussioni della nuova regolamentazione sulla futura crescita del settore dell'agricoltura biologica in Europa. Essa non tiene neppure conto delle ripercussioni sui produttori biologici e degli effetti di tale regolamentazione sulla continuità della produzione.

1.3

Il Comitato aderisce all'obiettivo della Commissione di incentivare le piccole aziende a riorientare le loro attività verso l'agricoltura biologica e di ridurre gli oneri amministrativi nell'intera filiera dei prodotti biologici.

1.4

L'Unione europea è un importatore netto di prodotti biologici; ciononostante, i costi di produzione e gli oneri amministrativi che gravano sugli agricoltori europei non fanno che aumentare, impedendo così al settore agricolo di sviluppare la produzione biologica negli Stati membri ad un livello adeguato per rispondere alla domanda crescente dei consumatori.

1.5

Il CESE è favorevole, in generale, all'obiettivo della Commissione, che prevede la riconversione completa delle aziende miste attuali, purché però siano previste delle deroghe in una serie di casi specifici. Occorrono misure di sostegno aggiuntive per agevolare la riconversione delle aziende agricole ad un'agricoltura totalmente biologica.

1.6

Il CESE invita la Commissione a perfezionare la proposta di regolamento per quanto riguarda il materiale di riproduzione vegetativa e le sementi, tenuto conto del fatto che per gli agricoltori biologici non sarà facile pervenire ad utilizzare unicamente sementi biologiche entro la scadenza del 2021.

1.7

Il CESE auspica che i negoziati sul partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP) e gli altri eventuali accordi futuri non abbiano per effetto di indebolire le norme europee sulla produzione biologica oppure di rimettere in discussione o di modificare le condizioni applicabili alla produzione, alla vendita e alla certificazione dei prodotti biologici.

1.8

Nelle aziende biologiche è opportuno applicare, a molti livelli, norme più rigorose in materia di benessere degli animali rispetto a quelle delle aziende tradizionali; in certi casi, tuttavia, potrebbe essere difficile, per i produttori biologici, conformarsi a questi requisiti elevati. Il CESE raccomanda alla Commissione di valutare e definire con attenzione le possibili deroghe alle specifiche prescrizioni applicabili nel settore dell'agricoltura biologica in materia di benessere degli animali, in modo da conservare le disposizioni e i metodi di allevamento tradizionalmente utilizzati per le razze locali.

1.9

Il CESE raccomanda inoltre alla Commissione di esaminare e di tenere in debito conto le differenze tra i paesi e le regioni dell'UE sul piano delle tradizioni, della storia e del clima, nonché gli specifici contesti produttivi dei singoli Stati membri, assicurando un certo grado di flessibilità nell'applicazione delle deroghe e garantendo al tempo stesso un certo livello di armonizzazione.

1.10

I produttori del comparto dell'agricoltura biologica devono essere in grado di rispettare gli impegni assunti; per questo motivo, dopo l'entrata in vigore del nuovo regolamento proposto, sarà opportuno, a metà del periodo di finanziamento 2014-2020 dei programmi di sviluppo rurale, garantire loro la possibilità di scegliere se continuare ad attenersi agli impegni presi in precedenza oppure conformarsi alle disposizioni del nuovo regolamento. Occorre garantire che le modifiche apportate al quadro giuridico in vigore durante un periodo contrattuale in corso non comportino sanzioni retroattive per gli agricoltori che non sono in grado di adeguarsi ai nuovi requisiti.

1.11

Il CESE chiede alla Commissione europea di tenere conto della specificità delle zone ultraperiferiche europee per consentire a queste ultime di sviluppare un'agricoltura biologica locale (accesso alle sementi, mancanza di un approvvigionamento diversificato, problemi sanitari).

1.12

Il CESE chiede inoltre alla Commissione europea di chiarire lo status della pappa reale, del polline e della cera d'api inserendoli nell'elenco dei prodotti dell'allegato I al progetto di regolamento sull'agricoltura biologica.

1.13

Il CESE invita la Commissione a stanziare un sostegno adeguato per l'innovazione e la formazione nel settore dell'agricoltura biologica, assegnando una particolare importanza alla formazione professionale dei giovani e all'apprendimento permanente dei produttori in attività.

1.14

Il CESE chiede alla Commissione di preparare una proposta di regolamento che faccia compiere passi avanti nella realizzazione della vendita diretta e delle filiere corte per i prodotti biologici.

1.15

Il CESE esorta la Commissione a inserire nel regolamento gli strumenti necessari per promuovere gli acquisti pubblici e collettivi di prodotti biologici nelle scuole, negli ospedali e in altre strutture pubbliche.

2.   Osservazioni generali

Informazioni generali sulle posizioni adottate dalle parti interessate

2.1

L'agricoltura biologica è un sistema globale di produzione basato su una gestione delle risorse naturali che limita rigorosamente l'impiego di fattori produttivi chimici e sintetici, prevede l'abbandono dei fertilizzanti minerali e vieta l'utilizzo di organismi geneticamente modificati.

2.2

L'agricoltura biologica non si riduce a un metodo particolare di produzione o di trasformazione di certi prodotti, bensì comprende una concezione più ampia. L'agricoltura biologica tiene conto sia dell'ambiente fisico in cui si sviluppa che delle condizioni sociali. È una forma di produzione con una visione molto più generale in cui sono prese in considerazione anche la dimensione socioeconomica, politica e socioculturale.

2.3

Le aziende biologiche sono contraddistinte in genere da una maggiore biodiversità e ospitano un numero più elevato di specie vegetali e di specie di insetti rispetto alle aziende non biologiche. Nelle aziende biologiche il suolo è molto più ricco di organismi viventi, che contribuiscono a preservarne la struttura e un tasso elevato di sostanze organiche, cosicché esso risulta meglio aerato e drenato.

2.4

Le acque nelle vicinanze di un'azienda biologica sono di migliore qualità poiché gli agricoltori biologici non utilizzano né pesticidi né fertilizzanti minerali sintetici nocivi. Una corretta rotazione delle colture contribuisce a rendere più fertile il suolo e accresce l'efficacia degli elementi nutritivi. Da una serie di confronti tra aziende biologiche e non biologiche emerge che nelle prime la percentuale di lisciviazione dei nitrati per ettaro è inferiore del 57 % rispetto alle seconde.

2.5

L'agricoltura biologica incentiva la creazione di posti di lavoro «verdi». Secondo uno studio del 2011 sul tasso di occupazione nelle aziende biologiche irlandesi e britanniche, in queste aziende la quota di posti di lavoro a tempo pieno è superiore del 135 % (1) rispetto alle aziende tradizionali.

2.6

In occasione della consultazione online lanciata dalla Commissione europea nel 2013, le organizzazioni di rappresentanza delle parti interessate hanno sottolineato che una revisione della normativa in materia dovrebbe prendere come punto di partenza i buoni risultati registrati dalla legislazione in vigore, e consentire all'UE di sviluppare la produzione biologica. La maggioranza delle parti interessate ha privilegiato, tra gli scenari proposti dalla Commissione, l'opzione politica descrivibile come «status quo migliorato», ossia quella che prevede un'applicazione più efficace e un adeguamento della legislazione in vigore.

2.7

Tuttavia, benché sia le organizzazioni rappresentative delle parti interessate che la società civile si siano espresse in tal senso in merito ad una nuova legislazione, la Commissione ha predisposto e presentato una proposta legislativa che apporta una serie di modifiche sostanziali alla normativa esistente.

Informazioni generali sulle iniziative legislative della Commissione

2.8

La proposta della Commissione è imperniata su tre obiettivi principali: mantenere intatta la fiducia dei consumatori, conservare la fiducia dei produttori e favorire la riconversione degli agricoltori dalla produzione tradizionale a quella biologica.

2.9

La Commissione propone di rafforzare e armonizzare le norme attuali, sia quelle in vigore nel mercato interno dell'Unione europea che quelle applicabili ai prodotti importati, abolendo la maggior parte delle deroghe vigenti relative alla produzione e ai controlli; raccomanda di gestire più efficacemente la dimensione internazionale del commercio di prodotti biologici introducendo nuove disposizioni sulle esportazioni e, infine, propone di rafforzare i controlli assumendo come criterio di base i rischi.

2.10

Tra gli obiettivi fondamentali perseguiti dalla Commissione vi è quello di agevolare la riconversione all'agricoltura biologica dei piccoli agricoltori offrendo loro la possibilità di aderire ad un sistema collettivo di certificazione, nonché quello di una semplificazione della normativa che consenta di ridurre i costi amministrativi per gli agricoltori e di aumentare la trasparenza.

3.   Osservazioni generali e specifiche

3.1

Il CESE concorda con la Commissione in merito alla necessità di rimediare alle carenze dell'attuale sistema. Ad esempio, è indispensabile incentivare le piccole aziende a riorientare la loro attività verso l'agricoltura biologica, come pure è necessario ridurre gli oneri amministrativi al fine di garantire parità di condizioni concorrenziali e di accrescere la fiducia dei consumatori in questo settore.

3.2

L'introduzione di norme di qualità più elevate per la produzione biologica e di regole più severe per la produzione in generale può servire a rafforzare la fiducia dei consumatori, ma anche a giustificare la differenza di prezzo dei prodotti biologici rispetto a quelli tradizionali. Tuttavia, non si deve dimenticare che le piccole aziende che intendano rispettare queste norme corrono il rischio di dover affrontare delle difficoltà economiche.

3.3

Il CESE esorta la Commissione a indicare con chiarezza che i principali elementi del regolamento in vigore saranno ripresi nel nuovo testo invece che in atti delegati, e che conserveranno la loro validità. A tempo debito, e in consultazione con le parti interessate, sarà necessario valutare i casi in cui è necessario adottare atti di esecuzione e quelli che invece richiedono l'adozione di atti delegati.

3.4

Il CESE sottolinea che l'agricoltura biologica non è compatibile con l'impiego nei processi produttivi di organismi geneticamente modificati e neppure con la coltivazione di piante geneticamente modificate all'interno o nei pressi delle aziende biologiche.

3.5

Il CESE invita la Commissione europea a tenere conto degli studi scientifici sull'impollinazione. L'impollinazione, sviluppatasi nel corso di milioni di anni per la fecondazione delle piante a fioritura, si realizza in modo casuale lungo la distanza percorsa in volo dagli agenti impollinatori, in particolare dalle api (Apis mellifera); oggi però questi agenti possono trasportare anche del polline contenente geni modificati. Secondo alcuni studi scientifici (2), l'ape, che è uno dei principali agenti impollinatori, può percorrere in volo fino a 14 kilometri.

3.6

Il CESE teme che gli agricoltori possano incorrere in notevoli costi aggiuntivi dovuti all'introduzione di soglie distinte per i prodotti dell'agricoltura biologica come previsto in particolare dalla direttiva 2006/125/CE. Così facendo si renderebbe difficile o addirittura impossibile uno sviluppo proficuo del settore, con conseguenze negative in primo luogo per i piccoli produttori della filiera biologica. Il CESE parte dal principio secondo cui gli agricoltori biologici sono soggetti alle medesime condizioni ambientali di tutti gli altri agricoltori. Per questo bisognerebbe rinunciare a introdurre soglie distinte. La tutela dei consumatori non dovrebbe essere soggetta a due diversi trattamenti.

3.7

Il CESE osserva che il tasso di residui contenuti nei prodotti dell'agricoltura biologica è fondamentalmente inferiore a quello dei prodotti dell'agricoltura tradizionale, ma che ad oggi non sono state fissate delle soglie relative ai residui; raccomanda pertanto, come punto di partenza, di svolgere un'accurata disamina comprendente anche una valutazione d'impatto. Sottolinea inoltre che a livello europeo non esistono norme uniformi relative alle attrezzature dei laboratori europei, né ai metodi impiegati o alle soglie al di sopra delle quali i prodotti biologici non sono più certificati come tali da parte degli organismi di certificazione. Tale armonizzazione delle norme dovrebbe essere la premessa indispensabile di qualsiasi altra forma di fissazione di una soglia di perdita di certificazione per i prodotti biologici a livello europeo. Questa iniziativa deve essere obbligatoriamente accompagnata dall'introduzione di un meccanismo europeo di indennizzo/compensazione per gli operatori vittime di contaminazioni fortuite o indotte.

3.8

Il CESE comprende, in generale, l'obiettivo della Commissione che prevede la riconversione dell'intero settore all'agricoltura biologica. Attualmente, tuttavia, esiste un gran numero di aziende agricole «miste», ossia gestite in parte nel rispetto dei requisiti applicabili alla produzione biologica e in parte secondo i principi dell'agricoltura tradizionale. La proposta legislativa prevede la graduale soppressione di queste aziende miste entro il 2017. Il CESE fa osservare che molte aziende agricole avranno difficoltà a riconventirsi interamente. Inoltre, non è per niente chiaro quali conseguenze potrebbe avere un'attuazione rigida di questo principio. Una scissione strategica delle aziende o un progressivo abbandono della produzione biologica sarebbero piuttosto controproducenti. Il CESE raccomanda pertanto che in determinati casi venga mantenuta una certa flessibilità.

3.9

Il Comitato raccomanda di mantenere una serie di deroghe in casi specifici di produzione parallela (aziende che producono sia prodotti biologici che prodotti tradizionali). La mancata applicazione di una deroga può ostacolare la crescita dell'agricoltura biologica. Le deroghe andrebbero mantenute nei seguenti casi: 1) per gli istituti di ricerca che conducono studi sia nel settore dell'agricoltura biologica che in quello dell'agricoltura tradizionale; 2) per i prodotti non alimentari: ad esempio, alle aziende biologiche in cui parte dell'attività è riservata all'agriturismo dovrebbe essere consentito possedere cavalli per l'equitazione gestiti con metodi tradizionali; 3) per il consumo personale: ad esempio, le aziende di produzione vegetale in cui i proprietari possiedono qualche vacca o gallina per il proprio fabbisogno personale; 4) per le aziende situate in aree geografiche distinte, ad esempio nel caso in cui terreni ed edifici dell'azienda siano situati parte in montagna e parte a valle, oppure nel caso in cui nel corso della storia due aziende siano state unificate pur trovandosi a decine di chilometri di distanza l'una dall'altra, garantendo che i prodotti biologici non vengano in alcun modo contaminati dai prodotti tradizionali; 5) per le colture perenni, in particolare arboricoltura, viticoltura, piante da profumo, ecc.; 6) per le colture che non hanno sbocchi nel settore dell'agricoltura biologica.

3.10

Nelle aziende biologiche è opportuno applicare, a molti livelli, norme più rigorose in materia di benessere degli animali rispetto a quelle delle aziende tradizionali. Il CESE raccomanda alla Commissione di valutare con attenzione i requisiti specifici imposti ai produttori biologici e di prendere in considerazione possibili deroghe a determinati divieti (taglio della coda, stabulazione degli animali, ecc.) applicabili in conformità delle norme sul benessere degli animali nel settore dell'agricoltura biologica. Per fare un esempio, in diversi paesi dell'UE un processo di selezione durato parecchi anni ha creato delle razze ovine tradizionali per le quali il taglio della coda è indispensabile, perché la coda non tagliata provoca sofferenze a questi animali. Il CESE fa presente che l'imposizione di determinati divieti, così come l'assenza di deroghe, possono comportare un minor benessere degli animali se si impedisce l'applicazione di disposizioni e di metodi di allevamento tradizionalmente utilizzati per le razze locali. I divieti possono persino portare alla scomparsa di alcune razze dal settore della produzione, il che rappresenterebbe una perdita notevole in termini di risorse genetiche.

3.11

La deroga che consente l'utilizzo di sementi non biologiche verrà gradualmente soppressa entro il 2021. Le organizzazioni rappresentative del settore dell'agricoltura biologica sottolineano che, in molti paesi, per gli agricoltori che coltivano varietà specifiche non sarà facile pervenire entro tale data ad utilizzare unicamente sementi biologiche. Per evitare che gli agricoltori biologici vadano incontro a difficoltà sotto questo riguardo, il CESE invita la Commissione a perfezionare la proposta di regolamento; tuttavia, la deroga dovrebbe applicarsi esclusivamente alle colture per le quali non sono disponibili sul mercato sementi adatte al clima e alle condizioni locali.

3.12

Per raggiungere questo obiettivo, la Commissione deve prevedere dei meccanismi di sostegno allo sviluppo della produzione di sementi e inserire nella proposta delle disposizioni che consentano di pervenire al traguardo che si prefigge, ossia l'utilizzo esclusivo di sementi biologiche e materiale di riproduzione vegetativa biologico.

3.13

Occorre altresì rivolgere un'attenzione particolare ad altri aspetti relativi al mercato delle sementi biologiche: non è possibile, ad esempio, limitare il diritto degli agricoltori a scambiarsi le sementi, in quanto tale scambio è una condizione essenziale per ottenere sementi di origine biologica al 100 % ed è del pari indispensabile per la selezione operata dagli agricoltori a livello locale. Questa strategia permette agli agricoltori di ottenere varietà adattate alle condizioni climatiche di una determinata regione e di coltivare tali varietà senza utilizzare né fertilizzanti minerali né pesticidi, nel rispetto tanto delle differenze storiche e climatiche quanto dei particolari contesti produttivi di ciascuno Stato membro.

3.14

Il CESE richiama l'attenzione sull'importanza che assumono, nella produzione biologica, gli ecotipi delle varietà e colture locali non iscritte nel registro ufficiale delle varietà vegetali. Si dovrebbe caldeggiare un ruolo potenziato per gli agricoltori per quanto riguarda la produzione di sementi e la ricerca di nuove varietà. Uno degli argomenti principali che vengono avanzati è la scarsità di sementi biologiche, in particolare per gli ortaggi. Nell'agricoltura tradizionale vengono considerati più importanti i prodotti che possono interessare il mercato globale, ossia quelle varietà ibride utilizzate su scala mondiale che sono di proprietà di multinazionali, vengono coltivate, com'è noto, secondo metodi tradizionali e non possono essere impiegate per la produzione biologica.

3.15

Il logo di produzione biologica dell'Unione europea costituisce una novità ed è ancora poco noto. I loghi biologici dei singoli Stati membri sono importanti per i consumatori e non dovrebbero quindi essere soppressi. Per questo motivo il CESE raccomanda di dare agli Stati membri la possibilità di stabilire requisiti più elevati e di fissare degli standard, a livello nazionale o di enti privati, per le specie animali non contemplate dal regolamento (come, ad esempio, cervidi, quaglie o cinghiali) e per la ristorazione collettiva.

3.16

Il CESE concorda circa la necessità di realizzare controlli più scrupolosi sui prodotti importati da paesi terzi al fine di garantirne la conformità ai requisiti dell'UE. È possibile rafforzare i controlli sulle importazioni abbandonando il criterio dell'equivalenza a favore di quello della conformità per quanto riguarda il riconoscimento degli organismi di controllo nei paesi terzi. Tuttavia, non sono stati individuati tutti i potenziali effetti negativi che il passaggio dal criterio dell'equivalenza a quello della conformità potrebbe comportare per i mercati nazionali di prodotti biologici dell'UE. Nel 2001, ad esempio, l'introduzione di nuove norme sulle importazioni verso il Giappone ha determinato una flessione sul mercato dei prodotti biologici dei paesi dell'UE. È assolutamente necessaria una valutazione d'impatto più dettagliata per quanto concerne questo aspetto.

3.17

Quanto agli scambi e agli accordi commerciali con i paesi terzi, secondo il CESE è opportuno garantire che i prodotti destinati all'esportazione verso l'UE rispettino standard di produzione altrettanto elevati di quelli applicabili alla produzione biologica a livello europeo. Il Comitato è favorevole all'introduzione di certificati elettronici per i lotti di prodotti, la cui autenticità dovrà essere garantita da banche dati affidabili, poiché ciò consentirà agli Stati membri di reagire con tempestività in caso di infrazione bloccando la circolazione dei prodotti non conformi.

3.18

Il CESE parte dal presupposto che le norme UE sulla produzione biologica non debbono essere indebolite e che i negoziati sul partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP) non rimetteranno in discussione né modificheranno le condizioni applicabili alla produzione, alla vendita e alla certificazione dei prodotti biologici.

3.19

L'agricoltura biologica è un metodo di produzione definito in base al processo utilizzato, e non può quindi essere caratterizzata dalla conformità dei prodotti finiti ad una norma o ad una serie di norme prestabilite. È importante, perciò, che i controlli restino incentrati sul processo impiegato.

3.20

Il CESE è favorevole al mantenimento dei controlli annuali nelle aziende, e ritiene che debbano essere basati sul principio della valutazione dei rischi — un approccio che è opportuno armonizzare a livello dell'UE. I costi dei controlli devono essere proporzionati affinché non incidano eccessivamente sul bilancio dei produttori biologici e in modo tale che i consumatori abbiano la possibilità di acquistare prodotti biologici a prezzi ragionevoli. La frequenza delle ispezioni aziendali potrebbe tuttavia essere riveduta, se l'approccio basato sui rischi dovesse dimostrarsi sicuro e credibile per il sistema di controllo.

3.21

Il CESE approva inoltre la certificazione di gruppo nel caso dei piccoli agricoltori raccomandata dalla proposta della Commissione, intesa a ridurre i costi dei controlli e della certificazione e i relativi oneri amministrativi, come pure a garantire agli agricoltori dell'UE parità di condizioni concorrenziali rispetto agli operatori dei paesi terzi. Nel contempo, però, sottolinea che si tratta di un esercizio complesso, che deve essere realizzato gradualmente.

3.22

Il CESE non ritiene opportuno abolire la disposizione, contenuta nella legislazione, che consente ai dettaglianti di beneficiare di una serie di deroghe: l'abolizione della norma finirà infatti per imporre la certificazione agli esercizi commerciali che vendono prodotti biologici preconfezionati, il che sarebbe di ostacolo al commercio di prodotti biologici, ridurrebbe il numero di punti vendita e anche la possibilità per i consumatori di acquistare questi prodotti. Per esempio, dei piccoli esercizi commerciali che intendano vendere unicamente determinati prodotti biologici di stagione potrebbero non voler spendere denaro per il rilascio di un certificato che li autorizzi alla vendita di prodotti biologici in generale. I produttori biologici potrebbero quindi incontrare notevoli difficoltà a commercializzare i loro prodotti.

3.23

Il CESE insiste sulla necessità di adottare misure di vigilanza del mercato a livello dell'UE allo scopo di raccogliere dati sulla disponibilità dei vari tipi di prodotti sul mercato europeo e sulle tendenze di mercato osservabili, in particolare per quanto riguarda la disponibilità di sementi biologiche nei singoli Stati membri.

3.24

Il CESE plaude all'intento dichiarato della Commissione di elaborare un Piano o d'azione per lo sviluppo della produzione biologica nell'Unione europea e agli obiettivi che vi sono illustrati; osserva però che il documento in questione è assai generico e incompleto. Occorre che le misure proposte dalla Commissione nel Piano ano d'azione siano definite in modo chiaro e preciso. Ad esempio, in taluni ambiti la Commissione si limita a proporre, consigliare, aiutare, riflettere o incoraggiare, mentre gli agricoltori e la società in generale si aspettano iniziative concrete.

3.25

A giudizio del CESE, una delle priorità su cui dovrebbe concentrarsi il Piano d'azione è la coesistenza tra produttori biologici, produttori tradizionali e produttori di piante geneticamente modificate, con il preciso obiettivo di ridurre i rischi di contaminazione da parte di OGM. Soltanto grazie ad una comunicazione interpersonale realizzata a tempo debito, ad un dibattito sui problemi esistenti e alla ricerca di soluzioni sarà possibile ottenere dei risultati e assicurare la coesistenza tra questi diversi settori. Il CESE sollecita la Commissione a provvedere ai mezzi necessari per informare le parti interessate e per associarle al processo decisionale.

3.26

La sensibilizzazione agli strumenti europei di sostegno all'agricoltura biologica, prevista dal Piano d'azione, non sarà sufficiente a rafforzare la competitività dei produttori biologici dell'UE né ad aumentare i volumi di produzione. Il CESE raccomanda di lanciare una campagna d'informazione, finanziata dall'UE, per diffondere una più ampia conoscenza del sistema di produzione biologica europeo nel suo complesso, come pure del nuovo logo di produzione biologica dell'Unione europea.

3.27

Il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe fornire un sostegno rafforzato alla formazione professionale dei giovani, all'apprendimento permanente e all'innovazione nel settore dell'agricoltura biologica, stanziando delle risorse per questi obiettivi nel quadro dei programmi di sviluppo rurale e di altri programmi europei. Il CESE infine raccomanda alla Commissione di completare la legislazione e i pertinenti programmi prevedendo la possibilità per le scuole professionali, gli istituti di istruzione superiore e altri istituti d'insegnamento di ottenere degli aiuti per realizzare attività di formazione e innovazione nel settore dell'agricoltura biologica.

3.28

Inoltre, la produzione biologica rappresenta sempre di più una delle principali vie d'accesso al settore agricolo per i giovani. Lo sviluppo di nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione e l'inserimento di giovani provenienti da un contesto urbano attraverso la produzione biologica offrono grandi opportunità affinché questo settore diventi un motore d'innovazione nelle aree svantaggiate.

Bruxelles, 16 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Morison, J., Hine, R. e Pretty, J., «Survey and Analysis of Labour on Organic Farms in the UK and Republic of Ireland» (Indagine e analisi sulla forza lavoro nelle aziende agricole biologiche del Regno Unito e della Repubblica d'Irlanda). International Journal of Agricultural Sustainability, volume 3 (1), 2005.

(2)  Andrew M. Reynolds, Alan D. Smith, Randolf Menzel, Uwe Greggers, Donald R. Reynold, Joseph R. Riley, «Displaced Honey Bees Perform Optimal Scale-Free Search Flights» (Le api mellifere che hanno perso la strada dell'alveare compiono voli di ricerca ad invarianza di scala ottimale), Ecology, 88(8), 2007, pagg. 1955-1961.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/81


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Documento di lavoro dei servizi della Commissione — Towards a roadmap for delivering EU-wide multimodal travel information, planning and ticketing services (Verso una tabella di marcia per la fornitura di servizi d'informazione, pianificazione e biglietteria di viaggi multimodali a livello dell'UE)»

[SWD(2014) 194 final]

(2015/C 012/13)

Relatore:

M. SIMONS

La Commissione europea, in data 13 giugno 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Towards a roadmap for delivering EU-wide multimodal travel information, planning and ticketing services [Verso una tabella di marcia per la fornitura di servizi d'informazione, pianificazione e biglietteria di viaggi multimodali a livello dell'UE]

SWD(2014) 194 final.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha adottato il proprio parere in data 1o ottobre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 147 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato accoglie con favore il documento di lavoro dei servizi della Commissione quale primo passo verso un mercato dei servizi di informazione, pianificazione e biglietteria di viaggi multimodali a livello UE, facendo tuttavia notare che, per chiarezza, nel titolo andrebbe precisato che il settore in questione è quello del trasporto di passeggeri.

1.2

Il Comitato condivide l'approccio della Commissione di non presentare proposte legislative ma di provare a promuovere la nascita di questo ampio mercato grazie alla creazione di un quadro adeguato.

1.3

Il Comitato propone quindi di istituire una piattaforma di concertazione — tenendo conto e avvalendosi delle esperienze fatte con i forum di concertazione esistenti — nella quale siano rappresentate tutte le parti. L'obiettivo è quello di fungere da catalizzatore affinché si giunga al più presto all'offerta di informazioni in tempo reale per la pianificazione dei tragitti, la ricerca degli orari e la tariffazione. Il Comitato si dichiara disponibile ad assumere un ruolo nel quadro di tale piattaforma, in particolare per tutelare gli interessi della società civile.

1.4

Qualora la cooperazione tra i rappresentanti degli utenti dei servizi di trasporto e degli operatori di tali servizi, come anche dei governi nazionali e delle istituzioni dell'UE non porti a risultati concreti, il Comitato ritiene che la Commissione dovrà valutare se e, in caso affermativo, per quali ambiti, ricorrere a uno strumento legislativo.

1.5

Il Comitato constata con preoccupazione una crescente discrepanza tra le possibilità di ottenere informazioni in tempo reale a disposizione degli utenti dei servizi di trasporto, ad esempio attraverso applicazioni su smartphone, e il ritardo sul versante dell'offerta da parte degli operatori di tali servizi. Il Comitato ritiene che occorra prestare particolare attenzione a migliorare la situazione delle categorie di viaggiatori vulnerabili, come le persone diversamente abili, nonché ai diritti dei passeggeri, che peraltro variano a seconda del modo di trasporto. Ciò riguarda i diritti dei passeggeri nei confronti degli operatori e viceversa, ma anche i rapporti giuridici che gli operatori hanno tra di loro, anche in materia di diritti dei passeggeri.

1.6

La raccolta di dati e soprattutto la ripartizione dei ricavi tra gli operatori dei servizi di trasporto costituiscono problemi difficili da risolvere. A tale riguardo, il Comitato raccomanda di valutare in maniera approfondita l'istituzione di una camera di compensazione, come quella esistente in Giappone, in modo che finalmente l'utente dei servizi di trasporto debba acquistare soltanto un biglietto unico.

2.   Introduzione

2.1

Il 13 giugno 2014, la Commissione ha chiesto formalmente al Comitato di esprimere un parere in merito al documento di lavoro dei servizi della Commissione (in appresso semplicemente «documento di lavoro») sul tema Verso una tabella di marcia per la fornitura di servizi d'informazione, pianificazione e biglietteria di viaggi multimodali a livello dell'UE.

2.2

Il Comitato accoglie con favore la pubblicazione del documento della Commissione. Ritiene infatti che il miglioramento dell'accesso dei cittadini dell'UE ai sistemi di dimensione multimodale per la ricerca degli orari, le informazioni sugli itinerari e la tariffazione rappresenti un tema di notevole importanza per i cittadini stessi.

2.3

Una consultazione pubblica effettuata prima dell'elaborazione del documento di lavoro in esame ha messo in risalto una serie di problemi di rilievo che occorre risolvere prima di poter parlare di un'informazione trasparente sulla mobilità multimodale a disposizione dei viaggiatori nell'UE, in particolare:

l'accesso ai dati è insufficiente,

esistono notevoli problemi in materia di interoperabilità,

i dati e i flussi di informazioni non sono armonizzati,

le imprese che vantano una posizione di mercato dominante tendono a concentrarsi su sistemi proprietari.

2.4

La Commissione auspica che il Comitato proponga delle idee sul modo in cui giungere, in considerazione dei problemi di cui al punto 2.3, a un mercato trasparente dei servizi di trasporto multimodale, nel quale i viaggiatori possano disporre di informazioni in tempo reale sui viaggi e la loro pianificazione e acquistare un biglietto unico online per qualsiasi itinerario all'interno dell'UE.

2.5

Il Comitato ha sottolineato l'importanza del tema già prima dell'adozione del Libro bianco Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti — Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile (COM(2011) 144 final), del 28 marzo 2011.

2.5.1

Il 13 maggio 2009, il Comitato ha infatti adottato un parere (1) in merito alla proposta della Commissione di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto.

2.5.2

In tale parere il Comitato raccomanda di realizzare rapidamente la struttura dei sistemi di trasporto intelligenti, fondati sull'utilizzo crescente di un volume massiccio di dati, nel quadro di una visione a lungo termine che tenga conto degli sviluppi futuri dei sistemi ma anche della protezione dei dati personali.

2.6

Cinque anni più tardi il Comitato deve purtroppo constatare che la situazione è sostanzialmente invariata. Il problema della mancanza di accessibilità o di un'accessibilità insufficiente ai dati online persiste tuttora, tanto più che i dati stessi sono incompleti e non compatibili tra loro. Di conseguenza, per i responsabili delle piattaforme di mobilità e, in ultima analisi, per i singoli viaggiatori è impossibile reperire in modo diretto e adeguato informazioni per la pianificazione degli itinerari, sulle forme di trasporto, sugli orari e sul costo dei biglietti per un viaggio all'interno dell'UE utilizzando in maniera ottimale i diversi modi di trasporto.

3.   Contenuto del documento di lavoro

3.1

Le proposte della Commissione formulate nel documento di lavoro sono in linea con la prospettiva delineata nel Libro bianco sui trasporti del 2011, nel quale è stata sottolineata la necessità di migliorare l'integrazione tra i diversi modi di trasporto per facilitare la mobilità e renderla più efficiente.

3.2

Con il Libro bianco, la Commissione persegue l'obiettivo strategico di creare un quadro, che dovrebbe diventare operativo entro il 2020, per un sistema di informazione e pagamento nel settore dei trasporti multimodali. Nel documento viene sottolineata l'importanza essenziale della reperibilità di informazioni per giungere a una mobilità fluida da porta a porta.

3.3

Inoltre dovrebbero essere definite le condizioni quadro per promuovere lo sviluppo e l'uso di sistemi intelligenti per i pianificatori di viaggio interoperabili e multimodali, per la ricerca di informazioni, la prenotazione e la tariffazione.

3.4

Nel documento di lavoro, i servizi della Commissione indicano che attualmente esistono nell'UE oltre 100 pianificatori di viaggio multimodali ma che, ciononostante, le informazioni a disposizione dei viaggiatori sono frammentarie per cui questi ultimi non sono in grado di operare una scelta sulla base di informazioni complete. Lo stesso si può dire per i titoli di viaggio: per un tragitto multimodale che attraversa diverse frontiere all'interno dell'UE non è possibile acquistare un biglietto unico.

3.5

Nella loro riunione informale del 17 luglio 2012 a Nicosia, i ministri hanno sottolineato la necessità di garantire la disponibilità di informazioni — e la loro accessibilità in tempo reale — sul traffico e sui tragitti multimodali in tutta l'UE, nonché di fissare norme per garantire l'interoperabilità. La Commissione è stata inoltre invitata a esaminare le possibilità di migliorare l'accesso ai dati sui trasporti.

3.6

In questo campo sono state certamente adottate alcune iniziative, come il primo concorso sulla mobilità intelligente, inteso a spronare gli operatori del settore e altri soggetti interessati a elaborare idee per giungere a un pianificatore multimodale generale in Europa; la creazione di una alleanza per un sistema di biglietteria intelligente (Smart Ticketing Alliance), volta a migliorare l'interoperabilità tra sistemi di biglietteria elettronica regionali e nazionali per i trasporti pubblici; e l'elaborazione del modello di servizio completo (Full Service Model), un'iniziativa degli operatori del settore dei trasporti ferroviari tesa a definire uno standard per lo scambio di dati ferroviari, tra cui la mobilità da porta a porta.

3.7

La Commissione apprezza tali iniziative, ma si tratta di misure che affrontano solo una parte del problema. Esse non sono estese a tutto il territorio dell'UE, non comprendono tutti i modi di trasporto di passeggeri e non sono completamente utilizzabili in tempo reale.

3.8

Nel documento di lavoro, la Commissione indica che, a suo giudizio, prima di poter parlare di una mobilità fluida da porta a porta, devono essere superati i seguenti ostacoli:

accesso insufficiente ai dati sui tragitti e sul traffico multimodali,

disponibilità insufficiente di dati di buona qualità sui tragitti e sul traffico multimodali,

mancanza di dati in formati interoperabili e di protocolli per lo scambio di dati,

mancanza di cooperazione tra i soggetti interessati.

3.9

Secondo la Commissione, questi ostacoli possono essere eliminati adottando un approccio integrato, articolato in sei linee d'azione:

a)

consentire un accesso equo e libero ai dati sui tragitti e sul traffico multimodali,

b)

assicurare una disponibilità ottimale di dati attendibili sui tragitti e sul traffico multimodali,

c)

garantire formati di dati armonizzati e interoperabili e protocolli per lo scambio di dati,

d)

promuovere l'interconnessione tra i servizi esistenti,

e)

facilitare una cooperazione efficace tra i soggetti interessati,

f)

far conoscere i vantaggi offerti dall'esistenza di servizi d'informazione, pianificazione e biglietteria di viaggi multimodali.

3.10

La Commissione ha inserito queste azioni in un calendario indicativo e ha precisato di stare lavorando a una valutazione di impatto.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il Comitato sostiene con forza la soppressione degli ostacoli al buon funzionamento del mercato interno, soprattutto per quanto riguarda l'enorme segmento del trasporto di passeggeri. Per chiarezza, dovrebbe essere menzionato anche nel titolo che il settore in questione è quello del trasporto di passeggeri.

4.2

Nell'esaminare questo tema si osserva una contraddizione: da un lato aumentano le possibilità a disposizione degli utenti dei servizi di trasporto di reperire informazioni in sempre minor tempo, mentre dall'altro, proprio per questo motivo, lo strumento come quello della legislazione, che dovrebbe servire ai consumatori, rimane sempre un passo indietro rispetto alla realtà, senza considerare la mancanza di sostegno che tale strumento giuridico incontrerebbe tra i fornitori di dati.

4.3

Il Comitato conviene sul fatto che la soluzione di questa discrepanza debba consistere in un'intensa cooperazione tra i rappresentanti dei viaggiatori, degli operatori dei diversi modi di trasporto e delle autorità nazionali ed europee. Tale cooperazione potrebbe concretizzarsi attraverso una piattaforma di concertazione permanente nella quale discutere insieme i problemi, tenendo conto, naturalmente, anche delle esperienze fatte nei diversi forum esistenti in materia nell'ambito della Commissione europea. Il Comitato si dichiara disponibile ad assumere un ruolo, ad esempio di intermediazione, nel quadro di tale piattaforma.

4.4

Per il buon funzionamento di quest'ultima occorre tuttavia che gli operatori di servizi di trasporto siano disposti a mettere sul tavolo delle discussioni, con apertura e correttezza, i loro dati e le loro informazioni, anche per quanto riguarda le tariffe praticate. Un atteggiamento di reticenza e protezionismo è fuori luogo in tale contesto.

4.5

Le ragioni di un tale atteggiamento da parte degli operatori sono molteplici: diritti dei passeggeri che differiscono da un modo di trasporto all'altro e problemi riguardo alla raccolta di dati e, soprattutto, alla ripartizione dei ricavi. In questo contesto potrebbe costituire un problema anche la concorrenza richiesta tra i diversi modi di trasporto e nell'ambito di ciascuno di essi, ma una soluzione potrebbe consistere nell'istituire una camera di compensazione nella quale possono avvenire i pagamenti tra gli operatori dei servizi di trasporto. Un sistema di questo tipo funziona in modo soddisfacente in Giappone.

4.6

Secondo il Comitato, la standardizzazione della tecnologia NFC (tecnologia radio a corto raggio) (2), ma anche altre tecnologie esistenti o future dovrebbero consentire di viaggiare facilmente con vari vettori e oltre i confini nazionali utilizzando telefoni cellulari dotati di una di queste tecnologie.

4.7

Attualmente sono in corso di sviluppo sistemi combinati di informazione, pianificazione e tariffazione estesi a quasi tutto il territorio europeo, tra cui il sistema Qixxit (www.Qixxit.de) delle ferrovie tedesche (Deutsche Bahn), già in funzione, o il progetto pilota del consorzio scientifico internazionale «Enhanced Wisetrip», che si avvale di finanziamenti dell'Unione. Si tratta di sviluppi promettenti, ma che restano pur sempre limitati ai pianificatori di viaggio informativi. Spetta agli operatori di questi servizi richiamare l'attenzione del pubblico su tali possibilità.

4.8

Il Comitato sottolinea di condividere l'approccio adottato dai servizi della Commissione, in base al quale il ruolo di quest'ultima deve essere non tanto quello di creare nuova legislazione quanto soprattutto quello di promuovere, facilitare e innovare.

4.9

Il Comitato fa tuttavia presente che, qualora i soggetti coinvolti nella realizzazione della piattaforma non giungano a soluzioni concrete, la Commissione dovrà valutare l'adozione di misure complementari, eventualmente sotto forma di legislazione quadro.

5.   Osservazioni specifiche

5.1

Il Comitato constata uno squilibrio sempre più marcato tra, da un lato, l'esigenza in forte crescita dei viaggiatori di disporre di informazioni in tempo reale per la pianificazione dei tragitti, la ricerca degli orari e la tariffazione, e, dall'altro, il ritardo, sul versante dell'offerta, nel rispondere a tale esigenza.

5.2

Nel settore delle innovazioni tecnologiche occorre mettere a punto interfacce standardizzate atte a consentire ai diversi sistemi informatici di informazione e di prenotazione di comunicare tra loro nel rispetto dei modelli imprenditoriali e degli approcci di immissione dei servizi sul mercato. Gli operatori e i soggetti terzi stanno lavorando sulla questione.

5.3

Il Comitato fa presente che gli orari della maggior parte delle ferrovie europee sono disponibili e di buona qualità. Vi possono essere eccezioni, ma poi, con l'attuazione del regolamento (UE) n. 454/2011 della Commissione relativo alle applicazioni telematiche per i passeggeri, tutte le imprese ferroviarie titolari di licenza adempiranno ai loro obblighi entro i prossimi anni. La sfida sta nel poter condividere questi dati con altri modi di trasporto rispettando le regole del mercato.

5.4

L'applicazione di un approccio incondizionato basato sui «dati aperti» rischia, ad esempio, di fornire risultati incoerenti tra i diversi canali di informazione dal punto di vista dell'utente. Quest'ultimo non ha bisogno di dati, ma di informazioni affidabili. Se è assolutamente essenziale che gli operatori, in quanto fornitori di dati, consentano l'accesso ai dati relativi agli orari, essi devono essere in grado di garantire che le informazioni fornite in merito ai loro servizi siano della massima qualità e che la responsabilità di eventuali errori sia correttamente attribuibile.

5.5

Nella creazione di un pianificatore di viaggio multimodale, integrare i diversi formati di dati relativi ai vari modi di trasporto nei sistemi degli operatori dei servizi e di altri fornitori di informazioni è un'operazione complessa e costosa. Lo stesso vale per la connettività tra questi sistemi proprietari.

5.6

Dall'altro lato, i formati di dati si sono consolidati nel loro ambito specifico di applicazione. Essi rispondono in larga misura alle esigenze odierne e vengono costantemente migliorati in base al variare dei requisiti degli utenti e delle imprese e all'evoluzione delle tecnologie. Di conseguenza, prescrivere dei formati di dati specifici per i vari modi di trasporto non serve di per sé a risolvere i problemi di connettività.

5.7

Si rischia, anzi, di diluire la qualità dei dati e delle informazioni agli utenti dal momento che bisognerebbe trovare un denominatore comune più ampio. L'utilizzo obbligatorio indiscriminato di determinati formati di dati rischia anche di rendere inutili tali dati e di frustrare l'ambizione di sfruttare i progressi tecnologici mano a mano che si realizzano.

5.8

L'iniziativa del modello di servizio completo del settore ferroviario, portata avanti in collaborazione con soggetti terzi, sta attualmente definendo tali interfacce per il mercato ferroviario in un contesto multimodale. Ciò che è importante è che sia rispettato il principio di non discriminazione e che ciascun soggetto abbia le stesse possibilità di lanciare la sua idea. L'iniziativa del modello di servizio completo si fonda su tale principio, con un'architettura informatica distribuita simile a Internet, che consente ai fornitori di tecnologia di adottare le specifiche e di lanciare le loro nuove piattaforme o applicazioni, o qualsiasi nuova soluzione tecnologica che gli sviluppi futuri offriranno.

5.9

Con un obiettivo analogo, l'Associazione internazionale dei trasporti aerei (IATA) ha lanciato un nuovo sistema di vendita per la biglietteria aerea denominato New Distribution Capability (NDC). Nel campo dei trasporti pubblici, l'Unione internazionale dei trasporti pubblici (UITP) sta portando avanti l'iniziativa dell'alleanza per un sistema di biglietteria intelligente, per lo scambio di dati interoperabili basati su smart card. Questi progetti dimostrano che il settore sta promuovendo iniziative per introdurre sul mercato soluzioni volte a superare le difficoltà di integrare dati di diversi formati.

5.10

Per ricevere una quantità di dati sufficiente a creare un pianificatore di viaggio e consentire il passaggio da un vettore a un altro è necessaria una cooperazione efficace tra modi di trasporto, comuni, ecc. Tuttavia, il mercato dei pianificatori di viaggio multimodale è relativamente giovane e si sta sviluppando con forte dinamismo: questo tipo di strumenti sono ormai offerti da diverse start-up (ad esempio, fromAtoB, GoEuro e Waymate) come anche da imprese già affermate del settore (ad esempio, Daimler con Moovel e Deutsche Bahn con Qixxit).

5.11

Secondo il Comitato, i fornitori di servizi nei diversi modi di trasporto non devono rimanere ancorati a una visione puramente commerciale del mercato, ma devono unire le forze per giungere a un'offerta differenziata di informazioni sui tragitti e le tariffe sempre adeguata alle aspettative, talvolta divergenti, degli utenti.

5.12

Il Comitato sostiene vivamente l'obiettivo della Commissione di giungere a una forma di biglietteria integrata, ossia un biglietto unico per tutti i modi di trasporto. Tuttavia, si tratterà dell'ostacolo più difficile da superare e molto probabilmente dell'ultimo nel contesto di questo mercato.

5.13

Gli sviluppi all'orizzonte si annunciano promettenti. Nel giugno 2014, ad esempio, nel settore delle ferrovie è stata lanciata una piattaforma multimodale nella quale vengono elaborate anche le informazioni sul trasporto aereo, oltre a quelle relative ad altri modi di trasporto passeggeri, come l'autobus e la locazione di biciclette. Purtroppo, questo sistema non fornisce però ancora informazioni sui biglietti.

5.14

Il Comitato ha appreso che al momento tutti i collegamenti sono possibili offline ma non ancora online, ed è proprio questo il punto critico. L'utente dei servizi di trasporto vuole disporre di informazioni online e poter acquistare un biglietto unico per un tragitto internazionale all'interno dell'UE facendo uso di diversi modi di trasporto.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 277 del 17.11.2009, pag. 85.

(2)  GU C 24 del 28.1.2012, pag. 146.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/87


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Una nuova era per il trasporto aereo — Aprire il mercato del trasporto aereo all'uso civile dei sistemi aerei a pilotaggio remoto in modo sicuro e sostenibile

[COM(2014) 207 final]

(2015/C 012/14)

Relatore:

Sig. SIMONS

La Commissione, in data 15 maggio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Una nuova era per il trasporto aereo — Aprire il mercato del trasporto aereo all'uso civile dei sistemi aerei a pilotaggio remoto in modo sicuro e sostenibile

COM(2014) 207 final.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 1o ottobre 2014.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI) ha contribuito ai lavori elaborando un parere complementare (relatore: SIMONS, correlatore: PHILIPPE) che ha adottato il 16 settembre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 168 voti favorevoli e 8 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

L'Europa è nella posizione ideale per sfruttare i vantaggi offerti dall'espansione del settore dei sistemi aerei a pilotaggio remoto (Remotely Piloted Aerial Systems, RPAS), con le sue ricadute positive in termini di occupazione e di consolidamento del ruolo dell'Europa quale centro di conoscenze per la tecnologia e lo sviluppo. Le possibilità di finanziamento esistenti a livello europeo per le PMI possono stimolare l'ulteriore crescita di questo settore.

1.2

I termini RPAS e UAV (Unmanned Aviation Vehicle — veicolo aereo senza equipaggio) sono conformi alla normativa internazionale dell'ICAO (Organizzazione internazionale dell'aviazione civile). La denominazione «drone», entrata ormai nell'uso comune, non viene utilizzata dall'ICAO. Onde evitare confusione giuridica, anche in materia di responsabilità e di copertura assicurativa, si raccomanda, ove possibile, di attenersi a livello europeo alla terminologia dell'ICAO.

1.3

La necessità di una piena integrazione degli RPAS nelle forme di aviazione esistenti è ampiamente riconosciuta, in particolare per quanto riguarda l'individuazione e identificazione di ogni aeromobile. In tale contesto svolge un ruolo anche il crescente interesse, soprattutto in Europa, per le applicazioni commerciali degli RPAS di minori dimensioni (al di sotto dei 150 kg).

1.4

La gestione commerciale degli RPAS, specie di piccole dimensioni, richiederà ulteriori adeguamenti (ad esempio, maggiore limitazione della responsabilità verso terzi, introduzione di categorie di RPAS di peso inferiore a 500 kg, adeguamento dei livelli di rischio connessi alle caratteristiche di volo degli RPAS molto piccoli, ecc.).

1.5

Una condizione fondamentale del ricorso agli RPAS di piccole dimensioni è l'esistenza di norme armonizzate, in particolare per gli operatori di RPAS, in relazione alla sicurezza e alla formazione, nonché di norme e disposizioni adeguate in materia di rispetto della vita privata, protezione dei dati, responsabilità e copertura assicurativa. È quindi necessario definire nuove norme o rafforzare quelle esistenti, applicabili agli usi sia privati che commerciali, ad esempio per quanto riguarda l'identificazione degli RPAS di minori dimensioni, la protezione contro la pirateria e la presa di controllo da parte di terzi. A tale riguardo il Comitato economico e sociale europeo (CESE) raccomanda alla Commissione di svolgere un ruolo proattivo.

1.6

La comunicazione in esame (1) persegue la finalità di prospettare soluzioni per creare nell'UE un clima propizio agli investimenti nelle attività, industriali od operative, collegate agli RPAS: un obiettivo che il Comitato condivide appieno. Quest'ultimo sottolinea anche le ricadute positive sull'occupazione diretta e indotta e il conseguente aumento della produttività in generale.

1.7

Guardando al futuro, l'Europa dovrà coordinare gli sviluppi civili e militari in questo settore, sfruttando le possibili sinergie.

1.8

Sarà altresì necessario avere una visione quanto più possibile esatta del traffico aereo generato dagli RPAS, in relazione a tutti i velivoli già in circolazione. A tal fine occorrerà predisporre i mezzi adeguati.

2.   Introduzione

2.1

Gli RPAS sono comunemente utilizzati ormai da molti anni sia in campo militare che civile, ma è solo da poco che è iniziata una seria discussione di merito sulle loro applicazioni commerciali, sulla loro integrazione con il resto del traffico aereo civile e sulle relative questioni di sicurezza, in termini di normativa, certificazione e formazione, come anche sul rispetto della vita privata, sulle responsabilità e sugli aspetti legati alla copertura assicurativa. L'impiego di questi sistemi può determinare nelle nostre società una rivoluzione paragonabile, in certa misura, a quella prodotta da Internet, il quale, proveniente dall'ambito militare, è stato adeguato e democratizzato, andando a trasformare numerose professioni e creandone di nuove.

2.2

L'utilizzo degli RPAS civili, in particolare, ha fatto registrare una crescita esponenziale, sia in termini numerici, che di dimensioni, peso e molteplicità di applicazioni possibili, il cui numero è in continuo aumento. Al momento, per questi sistemi sono già stati individuati cinque mercati principali: attività ricreative, informazione e media, sorveglianza e controllo (installazioni elettriche, condutture e impianti industriali), scienze della Terra (agricoltura e ambiente) e sicurezza civile (ricerca e salvataggio, inquinamento, attività di polizia, controllo degli assembramenti, ecc.).

2.3

Gli aeromobili con equipaggio a bordo, in particolare, gli elicotteri, saranno sostituiti solo in parte dagli RPAS, meno costosi, altamente flessibili e poco intrusivi. Ma i nuovi, numerosi impieghi di apparecchi di piccole dimensioni, estremamente versatili ed economici, rappresenteranno la maggioranza degli utilizzi degli RPAS. Ciò genererà nuove applicazioni, le quali a loro volta creeranno posti di lavoro diretti e indotti e produrranno effetti economici generali, quali un aumento della produttività.

2.4

Non si tratta dunque più di capire se, ma come e quando avverrà l'integrazione di questi nuovi sistemi nelle forme di aviazione esistenti. In tale contesto svolge un ruolo anche il crescente interesse, soprattutto in Europa, per le applicazioni commerciali degli RPAS di minori dimensioni (al di sotto dei 150 kg).

2.5

Bisognerà quindi prestare attenzione per tempo a questi elementi nell'affrontare il tema dell'integrazione degli RPAS, sia in ambito europeo che a livello dell'ICAO. Le questioni della sicurezza e del rispetto della vita privata, nonché l'esistenza di una normativa pertinente armonizzata, svolgeranno un ruolo determinante nell'accettazione degli RPAS da parte dell'opinione pubblica sia in Europa che altrove.

2.6

La comunicazione in esame (2) traccia un quadro soddisfacente e abbastanza completo della problematica attuale, della situazione preesistente per quanto riguarda l'impiego, in particolare, degli RPAS di piccole dimensioni in Europa, e delle iniziative legislative previste dalla Commissione.

3.   Contenuto della comunicazione della Commissione

3.1

Si stima che entro il 2050 nell'aviazione civile vi saranno numerose categorie di aeromobili di formati molto diversi tra loro. Alcuni di questi aeromobili avranno un pilota a bordo, altri no. È quindi importante creare un mercato europeo per gli RPAS, noti anche con il termine di «droni». Questi velivoli rientrano nella più ampia categoria dei sistemi aerei senza equipaggio (UAS — Unmanned Aircraft Systems), programmabili per volare autonomamente senza l'intervento di un pilota. Gli RPAS vengono invece comandati a distanza da un pilota.

3.2

Questa tecnologia si è sviluppata rapidamente e ora può essere utilizzata al di fuori del contesto militare. Gli RPAS dovrebbero pertanto poter volare in uno spazio aereo non segregato e fare quindi parte del normale traffico aereo civile. Finora tale tecnologia è stata utilizzata, ad esempio, per la ripresa fotografica e il monitoraggio di infrastrutture, ma in futuro dovrebbe anche servire al trasporto di merci o persone.

3.3

La Commissione illustra il modo in cui essa intende inserire gli RPAS in un quadro di intervento a livello europeo e come potrebbe essere sviluppato questo mercato garantendo nel contempo la tutela dell'interesse pubblico. L'intervento normativo e le attività di ricerca e sviluppo si baseranno sulle iniziative di una serie di attori, in particolare:

l'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA),

le autorità nazionali dell'aviazione civile,

l'organizzazione europea per le apparecchiature dell'aviazione civile Eurocae (European Organisation for Civil Aviation Equipment),

Eurocontrol, e

l'organizzazione JARUS (Joint Authorities for Rulemaking on Unmanned Systems) che raggruppa le autorità per la regolamentazione in materia di sistemi senza pilota.

3.4

La sicurezza è una delle priorità della politica dell'UE in materia di aviazione. La normativa attualmente in vigore ostacola lo sviluppo di un mercato europeo in questo settore in quanto le autorizzazioni nazionali non godono del riconoscimento reciproco da parte degli Stati membri e quindi in tutta l'Europa. Il quadro normativo deve tenere conto dell'ampia gamma di velivoli e concentrarsi in un primo tempo sulle tecnologie già consolidate. Gradualmente potranno essere introdotte norme più dettagliate, per giungere infine all'autorizzazione delle tipologie operative più complesse di RPAS.

3.5

Alcune delle tecnologie necessarie a consentire un'integrazione sicura degli RPAS non sono ancora disponibili. Le attività di ricerca e sviluppo portate avanti dalle diverse istanze dovranno quindi concentrarsi sulla messa a punto di tali tecnologie. In questo ambito occorre in particolare perfezionare le tecnologie per consentire il comando e controllo, il rilevamento e la elusione (Detect and Avoid — DAA), la protezione contro vari tipi di attacchi, procedure di emergenza trasparenti e armonizzate, capacità decisionali atte a garantire comportamenti di volo prevedibili, nonché il controllo dei fattori umani.

3.6

Naturalmente è anche importante garantire la sicurezza delle informazioni trasmesse e ricevute dagli RPAS. I dati scambiati tra i vari operatori per assicurare il corretto funzionamento del sistema devono poter essere trasferiti in sicurezza.

3.7

Le operazioni degli RPAS non devono portare alla violazione dei diritti fondamentali, in particolare del diritto alla vita privata. Qualora sia necessario raccogliere dati, occorre che siano rispettate le disposizioni applicabili in materia di protezione dei dati personali, in particolare quelle di cui alla direttiva 95/46/CE sulla tutela dei dati e alla decisione quadro 2008/977. L'apertura del mercato degli RPAS dovrebbe quindi includere una valutazione delle misure necessarie a garantire il rispetto dei diritti fondamentali.

3.8

Poiché possono sempre verificarsi degli incidenti, bisogna anche provvedere ad adeguate coperture assicurative e a regole in materia di risarcimento. La Commissione esaminerà se sia necessario modificare la normativa in vigore. Essa sosterrà lo sviluppo di un mercato degli RPAS e promuoverà la competitività delle imprese operanti in questo settore, tra le quali si annoverano numerose PMI e start-up.

4.   Osservazioni generali

4.1

Sebbene gli RPAS siano utilizzati ormai da tempo in ambito sia militare che civile e il loro impiego sia aumentato notevolmente, soprattutto negli ultimi anni, è solo di recente che è iniziato il dibattito sulla loro regolamentazione e vigilanza a livello internazionale e nazionale.

4.2

La nomenclatura attualmente utilizzata per designare i veicoli aerei, civili o militari, senza equipaggio a bordo comprende vari termini: drone, veicolo aereo senza equipaggio (Unmanned Aerial Vehicle — UAV), sistema aereo senza pilota (Unmanned Aircraft System — UAS), sistema aereo a pilotaggio remoto (Remotely Piloted Aircraft System — RPAS) o aereo telepilotato (Remotely Piloted Aircraft — RPA). Queste denominazioni non sempre danno un'idea chiara delle caratteristiche specifiche dei vari apparecchi e sistemi. Il termine «drone» è mutuato dalla nomenclatura militare, ma talvolta è utilizzato anche per designare velivoli destinati ad applicazioni civili.

4.3

Le denominazioni RPAS e RPA sono basate sulla regolamentazione dell'ICAO (Organizzazione internazionale dell'aviazione civile), che cerca di allinearsi alla normativa esistente in materia di aeromobili manovrati da un pilota. Il manuale dell'ICAO sugli RPAS definisce gli RPA come un tipo specifico di velivolo senza equipaggio a bordo. Tutti i veicoli aerei civili senza equipaggio sono disciplinati dalle disposizioni dell'articolo 8 della Convenzione di Chicago (3). La denominazione «drone» non viene utilizzata dall'ICAO. Onde evitare confusione, anche in materia di responsabilità e di copertura assicurativa, si raccomanda, ove possibile, di attenersi a livello europeo alla terminologia dell'ICAO.

4.4

Come nella comunicazione della Commissione, il termine UAV nel presente parere sarà utilizzato per designare un velivolo operante autonomamente senza l'intervento di un pilota. Un veicolo RPAS è un aeromobile pilotato a distanza. Nell'uso comune è entrato ormai il termine «drone», a indicare tutte le varie tipologie di questi velivoli. Tuttavia, onde evitare confusione giuridica, nella regolamentazione è consigliabile attenersi alla terminologia ufficiale.

4.5

La tabella di marcia europea per gli RPAS (4) delinea lo sviluppo e l'integrazione di questi sistemi civili nel cielo unico europeo in un arco temporale di 15 anni. Essa descrive più specificamente tre ambiti: 1) ricerca e sviluppo; 2) regolamentazione in materia di sicurezza e standardizzazione tecnica, nonché misure integrative e disposizioni relative al rispetto della vita privata e alla tutela dei dati personali; e 3) copertura assicurativa e responsabilità. Le proposte relative all'integrazione dei velivoli civili RPAS nel cielo unico europeo si riferiscono al periodo a partire dal 2016.

4.6

Nel contempo, l'ICAO ha iniziato a introdurre la regolamentazione attesa ormai da tempo per l'integrazione dei velivoli senza pilota (UAV). Nel 2011 il gruppo di studio dell'ICAO sui sistemi aerei senza pilota ha pubblicato una circolare (328) sui tali sistemi e ha presentato degli emendamenti agli allegati 2, 7 e 13 della Convenzione di Chicago sull'uso degli RPAS nel settore dell'aviazione civile internazionale. Nel corso del 2014 è prevista la pubblicazione di un nuovo manuale sugli RPAS, nel quale saranno affrontati aspetti quali le condizioni di rilascio del certificato di aeronavigabilità, dell'approvazione operativa degli RPAS e della licenza di operatore, nonché le nuove condizioni in materia di aeronavigabilità, manutenzione ed esercizio.

4.7

Tra il 2016 e il 2018 l'ICAO intende introdurre norme e pratiche raccomandate (Standards and Recommended Practices — SARP) relative alle procedure di volo (Procedures for Air Navigation — PAN) per gli RPAS per quanto riguarda gli aeromobili, gli utenti, la concessione delle licenze, i sistemi di rilevamento ed elusione, le comunicazioni e i requisiti in materia di controllo del traffico aereo. Secondo quanto indicato dal gruppo di studio sugli UAS, entro il 2018 l'ICAO avrà pubblicato tutta la normativa in merito agli RPAS.

4.8

Il dibattito sulla regolamentazione ha luogo sia in seno all'ICAO che a livello dell'UE. A tale riguardo svolgono un ruolo importante le discussioni nell'ambito di JARUS (Joint Authorities for Rulemaking on Unmanned Systems), un gruppo internazionale di esperti che riunisce le autorità nazionali dell'aviazione civile e gli organismi regionali di sicurezza aerea. In questo contesto, la sicurezza e le misure contro l'utilizzo illecito di sistemi sia di grandi che di piccole dimensioni devono essere oggetto della massima attenzione.

4.9

Quando si affronta la questione degli RPAS è opportuno considerare non solo gli aspetti generali legati ai grandi aeromobili pilotati a distanza, ma anche quelli connessi alla loro versione attualmente in più rapida crescita in Europa: gli RPAS di minori dimensioni. Oltre che per le funzioni più prettamente «pubbliche» di polizia, gestione delle catastrofi e rilevamento, è aumentato enormemente anche l'impiego a fini commerciali di sistemi di piccole o piccolissime dimensioni, in particolare per l'osservazione, la ripresa fotografica, la sorveglianza e il controllo a livello nazionale. È pertanto importante creare un mercato europeo per questo tipo di utilizzo degli RPAS.

4.10

La protezione di diritti fondamentali quali il rispetto della riservatezza di immagini e dei dati personali era già una questione di rilievo nel quadro dell'utilizzo di aeroplani ed elicotteri con equipaggio. Nel contesto in esame è soprattutto l'aumento di scala dovuto alla diffusione degli RPAS di minori dimensioni a essere di grande importanza nell'ambito del rafforzamento e dell'applicazione delle norme in materia di protezione dei dati personali e aziendali nonché della tutela della vita privata e del rispetto dei diritti fondamentali. L'adozione di regole adeguate rimane un requisito indispensabile. Per la loro graduale introduzione e il relativo processo di apprendimento può essere utile anche ricorrere a regole temporanee e a un «codice di condotta» o una «Carta del rispetto della vita privata» per le imprese.

5.   Osservazioni specifiche

5.1   Sostegno del mercato europeo

5.1.1

Il Comitato osserva con soddisfazione che anche la Commissione tiene conto degli interessi commerciali degli operatori di piccoli sistemi RPAS. L'Europa si trova in una posizione ideale per sfruttare i vantaggi offerti dallo sviluppo di un'industria dei sistemi aeromobili a pilotaggio remoto. Il rafforzamento di questo settore favorisce l'occupazione e consolida il ruolo dell'Europa quale centro di conoscenze per la tecnologia e lo sviluppo.

5.1.2

Il settore appare attualmente frammentato ma proprio per questo è alquanto probabile che si realizzi un consolidamento nel quale soltanto le imprese più innovative e finanziariamente più solide e/o sostenute da grandi gruppi industriali usciranno vincitrici dal confronto. Di qui l'importanza di consentire che tali imprese dispongano delle risorse, della visibilità e della stabilità normativa necessari per affrontare le sfide e per cogliere le opportunità di sviluppo di questo settore. Tra i mezzi necessari figura in primo luogo la capacità di innovarsi e di fare ricerca e sviluppo, sostenuta dalla possibilità di accedere ai finanziamenti. Occorre inoltre agevolare per queste imprese il ricorso agli strumenti giuridici e regolamentari. Può essere altresì utile promuovere la condivisione di servizi tra molteplici operatori.

5.1.3

Per poter cogliere le opportunità offerte dal mercato interno europeo, i legislatori devono affrontare la sfida che consiste nel realizzare un quadro giuridico chiaro ma al contempo flessibile, che apra la strada agli investimenti in nuove tecnologie e applicazioni per sistemi RPAS, come le stampanti tridimensionali e Internet industriale. Al riguardo, le possibilità di finanziamento esistenti a livello europeo a favore delle PMI possono stimolare l'ulteriore crescita di questo settore. Analogamente, l'impresa comune SESAR costituisce un'eccellente piattaforma per incrementare il finanziamento delle attività di ricerca e sviluppo a favore di un'ulteriore integrazione degli RPAS. Ciò dovrà essere tenuto sufficientemente in considerazione nei programmi SESAR 2020 e Orizzonte 2020.

5.1.4

Da un lato, i costruttori dovranno passare dall'attuale produzione in piccole serie a una produzione su più vasta scala, il che li costringerà ad adeguare i loro strumenti di produzione. Tale adeguamento non dovrà però ripercuotersi negativamente sul livello qualitativo elevato dei loro prodotti e dovrà andare di pari passo con l'ulteriore sviluppo della loro strategia commerciale. Dall'altro lato, per altri tipi di RPAS, l'innovazione e la produzione su misura potranno stimolare la creazione e lo sviluppo di imprese, in particolare PMI.

5.1.5

La prevedibile evoluzione dell'impiego civile dei droni darà luogo a importanti sviluppi. Al fine di evitare la perdita di posti di lavoro e promuovere la creazione di nuove professioni, occorre anticipare le ripercussioni di questi sviluppi in termini occupazionali, coinvolgendo fin dall'inizio tutte le parti sociali. È necessario compiere ricerche e studi di prospettiva, in particolare per quanto riguarda le possibilità di soluzioni sostenibili ed ecologiche, ad esempio in materia di contrasto dell'inquinamento elettronico. Questi sviluppi devono essere anticipati in modo efficace anche sul piano della formazione.

5.1.6

Gli interessi commerciali del settore degli RPAS potrebbero inoltre trarre vantaggio dall'adozione di un approccio proattivo da parte dell'Unione europea sia nel quadro dei negoziati sull'assegnazione delle frequenze nell'ambito dell'Unione internazionale delle telecomunicazioni sia in un'ottica di prevenzione della concorrenza sleale da parte di terzi. Ciò è di particolare importanza soprattutto nel contesto dei negoziati in corso sull'accordo di libero scambio con gli Stati Uniti.

5.2   Responsabilità e copertura assicurativa

5.2.1

Una condizione fondamentale per l'utilizzo dei sistemi RPAS è una normativa adeguata, preesistente o nuova, intesa a stabilire le responsabilità generali e la responsabilità verso terzi degli operatori e degli utenti di questi sistemi. Esiste un ampio consenso sul fatto che la responsabilità verso terzi degli operatori di RPAS debba essere basata sulle disposizioni in materia applicabili agli aeromobili con equipaggio a bordo.

5.2.2

Formazione e addestramento dei piloti: a seconda delle condizioni di utilizzo, l'impiego degli RPAS civili può presentare rischi, talvolta ingenti, sia per gli utenti che per eventuali vittime di incidenti, e può arrecare danni materiali. Per garantire condizioni di operabilità ottimali è necessario stabilire, in collaborazione con le autorità nazionali di regolamentazione e le organizzazioni di categoria o organizzazioni analoghe degli RPAS civili, il quadro normativo per la formazione e l'addestramento dei piloti o degli operatori di velivoli comandati a distanza, nonché per il rilascio delle relative licenze. Tale quadro normativo permetterebbe di ridurre le incertezze in merito agli aspetti assicurativi e di responsabilità.

5.2.3

Tenuto anche conto dell'elevato grado di automazione, è plausibile che si configuri una responsabilità diretta a carico del gestore di un sistema RPAS. Il regime di responsabilità applicabile attualmente ai vettori aerei e agli operatori di aeromobili è disciplinato, tra l'altro, dal regolamento (CE) n. 785/2004. Tale regolamento non tiene attualmente conto degli aspetti legati alla responsabilità e alla copertura assicurativa degli RPAS.

5.2.4

La gestione commerciale degli RPAS, specie di piccole dimensioni, richiederà ulteriori adeguamenti (ad esempio, maggiore limitazione della responsabilità verso terzi, introduzione di categorie di RPAS di peso inferiore a 500 kg, adeguamento dei livelli di rischio connessi alle caratteristiche di volo degli RPAS molto piccoli, ecc.).

5.2.5

Esistono assicurazioni per i sistemi RPAS, ma la domanda è esigua poiché la maggior parte delle operazioni svolte con questi sistemi viene attualmente effettuata con aeromobili di proprietà pubblica. Il calcolo dei premi si basa in genere su quello applicato ai voli con equipaggio (peso al decollo). Anche questo sistema deve essere adattato agli RPAS di minori dimensioni.

5.3   Aspetti legati alla tutela della vita privata

5.3.1

L'utilizzo commerciale degli RPAS di minori dimensioni (al di sotto dei 150 kg), i quali consentono in particolare di raccogliere elevate quantità di dati e immagini, deve essere accompagnato fin dal principio da chiare garanzie in materia di tutela della vita privata. Tra le misure adottabili a tal fine vi sono la mascheratura delle immagini o l'accensione e lo spegnimento della macchina fotografica, e la protezione delle immagini e di altri dati. Vi è un'evidente necessità di rafforzare le disposizioni già in vigore o di introdurre nuove norme, applicabili agli usi sia privati che commerciali, che permetterebbero ad esempio l'identificazione degli RPAS di minori dimensioni, la protezione contro la pirateria e l'assunzione del controllo da parte di terzi.

5.3.2

L'analisi delle proposte di modifica della legislazione UE in materia di protezione dei dati personali è ormai in fase avanzata. Tali proposte precisano chiaramente, tra l'altro, le responsabilità e gli obblighi a carico dei costruttori e degli utenti di RPAS. Con particolare riguardo alla questione se tali norme debbano essere introdotte e applicate a livello europeo o nazionale, è giustificato aspettarsi un approccio attivo da parte della Commissione.

5.4   Cooperazione tra il settore civile e quello militare

5.4.1

L'utilizzo civile e militare dello spazio aereo da parte sia di velivoli con equipaggio a bordo che di sistemi aeromobili a pilotaggio remoto e le relative norme di sicurezza determineranno un aumento del carico di lavoro dei servizi di controllo del traffico aereo. Il Comitato appoggia pertanto l'intenzione della Commissione di prendere iniziative in materia, come anche la collaborazione tra le attività civili e quelle militari, in modo che le applicazioni e le innovazioni possano essere testate per usi commerciali, sfruttando le possibili sinergie. Occorrerà inoltre tenere in considerazione le priorità in materia di regolamentazione e il rapporto tra la normativa europea e quella internazionale.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Una nuova era per il trasporto aereo — Aprire il mercato del trasporto aereo all'uso civile dei sistemi aerei a pilotaggio remoto in modo sicuro e sostenibile — COM(2014) 207 final, 8 aprile 2014.

(2)  Ibid.

(3)  “Articolo 8 — Aeromobili senza pilota:

Nessun aeromobile manovrabile senza pilota può sorvolare senza pilota il territorio di uno Stato contraente, salvo autorizzazione speciale di detto Stato e conformemente alle condizioni di questa. Ogni Stato contraente si impegna a provvedere affinché il volo senza pilota di un tale aeromobile nelle regioni aperte agli aeromobili civili sia controllato in modo da evitare qualsiasi pericolo agli aeromobili civili.”

(4)  Roadmap for the Integration of Civil Remotely-Piloted Aircraft Systems into the European Aviation System (Tabella di marcia europea per l'integrazione dei sistemi RPAS nel settore dell'aviazione civile europea). Relazione finale del gruppo direttivo europeo sugli RPAS, giugno 2013.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/93


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «L'innovazione nell'economia blu: realizzare il potenziale di crescita e di occupazione dei nostri mari e dei nostri oceani»

[COM(2014) 254 final/2]

(2015/C 012/15)

Relatore:

BOLAND

Correlatore:

LOBO XAVIER

La Commissione europea, in data 13 maggio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — L'innovazione nell'economia blu: realizzare il potenziale di crescita e di occupazione dei nostri mari e dei nostri oceani

COM(2014) 254 final/2.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 1o ottobre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 143 voti favorevoli, un voto contrario e una astensione.

1.   Sintesi delle conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente il documento della Commissione, il cui proposito è massimizzare il potenziale occupazionale dei nostri mari e dei nostri oceani attraverso l'innovazione, e in particolare attraverso le biotecnologie marine, l'energia oceanica e lo sfruttamento minerario del fondo marino.

1.2

Il CESE è preoccupato per la mancanza di coordinamento tre le azioni avviate dal settore privato e quelle di iniziativa pubblica, e osserva che anche tra Stati membri si constatano simili tensioni. Analogamente, la mancanza di adeguati dati e sistemi di dati necessari per avere informazioni attendibili circa i nostri mari e il loro potenziale sta ostacolando lo sviluppo dell'innovazione, malgrado gli sforzi compiuti da differenti università e istituti scientifici dei vari Stati membri. Il CESE ritiene che la mancata risoluzione di tali questioni stia costando ai cittadini europei l'opportunità di accedere al nuovo potenziale occupazionale.

1.3

Il CESE sottolinea che l'iniziativa faro Unione dell'innovazione è fondamentale per lo sviluppo dell'economia blu, ma richiede un sostegno più forte da parte della Commissione. Tale sostegno comprende il necessario appoggio legislativo e un aiuto finanziario a lungo termine, oltre a maggiori informazioni circa i programmi di innovazione attuali.

1.4

Il CESE raccomanda in modo particolare che la Commissione e i singoli Stati membri affrontino con urgenza le lacune individuate dall'iniziativa faro Unione dell'innovazione.

1.5

Il CESE raccomanda di integrare nel processo, insieme all'approccio scientifico del documento, anche le strategie in materia di turismo costiero, al fine di mettere in rilievo gli interessi della società civile in questo campo e di approfittare di una cooperazione integrata tra le due visioni del processo.

1.6

Il CESE raccomanda che le comunità costiere e isolane, colpite da un grave declino delle loro attività tradizionali, in particolare la pesca, siano pienamente coinvolte in tutte le fasi di sviluppo dell'economia blu, per garantire un equilibrio corretto tra attività di ricerca e sviluppo e attività turistiche che creano posti di lavoro e prosperità. Nel formulare questa raccomandazione, il CESE intende chiarire che tutte le comunità interessate dall'economia blu dovrebbero essere rappresentate in un dialogo concreto con tutte le parti in causa. Tali comunità, e in particolare le isole, hanno un evidente potenziale e uno specifico contributo da offrire nel quadro dell'innovazione dell'economia blu.

1.7

È essenziale che nello sviluppo di strategie volte a promuovere l'occupazione nell'economia blu si tenga conto dell'innovazione in corso in settori quali la cantieristica, l'acquacoltura, le infrastrutture portuali e la pesca. In considerazione della necessità sempre più categorica di rispettare varie esigenze ambientali, il CESE raccomanda che qualsiasi misura di politica marittima elaborata dalla Commissione sia concentrata sul potenziale occupazionale dell'adeguamento a nuovi requisiti ambientali.

1.8

Nell'ambito delle politiche attuali la crescita dell'occupazione attraverso l'innovazione dell'economia blu sarà evidentemente molto lenta. In tale contesto, il CESE raccomanda vivamente alla Commissione di ricercare il consenso di tutte le parti su un calendario intelligente che orienti le azioni verso una rapida attuazione di tutte le strategie.

1.9

Il CESE apprezza le azioni proposte dalla Commissione, ma è convinto che siano troppo poche e che manchino di un impegno adeguato degli Stati membri. In tale contesto risulta necessario tenere prima del 2016 un vertice straordinario dell'UE dedicato all'innovazione dell'economia blu, con la partecipazione dei ministri responsabili delle attività marittime e affini, allo scopo di definire le priorità delle principali strategie e di concordare calendari di attuazione che risultino ragionevoli per tutti gli Stati membri in funzione delle rispettive caratteristiche. Il CESE raccomanda inoltre di garantire un'adeguata rappresentanza della società civile, in particolare dei lavoratori e delle categorie emarginate, al forum dell'economia e della scienza blu, in programma per il 2015.

2.   Spiegazione e contesto

2.1

Nel 2011, la Commissione ha adottato una comunicazione sulla crescita blu (1), in cui illustrava il potenziale occupazionale derivante dal sostegno degli oceani, dei mari e delle coste d'Europa, e evidenziava il possibile contributo dell'energia oceanica all'aumento delle opportunità di lavoro.

2.2

Secondo stime recenti il settore marittimo nel suo insieme contribuisce al prodotto interno lordo dell'UE in misura compresa tra il 3 e il 5 %, dà lavoro a 5,6 milioni di persone e genera un valore pari a 495 miliardi di euro. Il 90 % degli scambi esterni dell'UE e il 43 % di quelli interni avvengono per via marittima. La cantieristica europea genera, insieme alle industrie connesse, il 10 % della produzione mondiale del settore. Nelle acque europee operano quasi 1 00  000 imbarcazioni impegnate in attività di pesca o di acquacoltura. Si stanno sviluppando anche altre, più recenti attività, come quelle estrattive e quelle eoliche (Le politiche dell'Unione europea — Affari marittimi e pesca, http://europa.eu/pol/pdf/flipbook/it/fisheries_it.pdf).

2.3

È inoltre risaputo che tutti gli Stati membri e gli organi dell'UE nutrono timori per le minacce del delicato equilibrio degli ecosistemi marittimi derivanti dallo sfruttamento insostenibile dei nostri mari. Anche le iniziative marine intese a creare posti di lavoro e a contribuire alla strategia Europa 2020 risentono di tale situazione.

2.4

La Commissione è inoltre al corrente dei punti deboli individuati nel quadro dell'iniziativa faro Unione dell'innovazione, come la carenza di investimenti nella conoscenza, l'insufficiente accesso ai finanziamenti, il costo elevato dei diritti di proprietà intellettuale, la lentezza dei progressi verso norme interoperabili, l'uso inefficiente degli appalti pubblici e la duplicazione delle attività di ricerca. Tra gli altri punti deboli menzionati dall'analisi annuale della crescita per il 2014 della Commissione figurano la scarsa collaborazione tra il settore pubblico e quello privato in materia di innovazione, l'insufficiente trasferimento dei risultati della ricerca nei beni e nei servizi e un crescente vuoto di competenze.

2.5

La carenza di dati riguardanti i fondali, come la mappatura degli habitat, la geologia e altre caratteristiche poco note dell'ambiente marino, rallenta lo sviluppo innovativo.

2.6

Si constata che la Commissione gestisce un considerevole numero di iniziative, volte tra l'altro a garantire:

la disponibilità di dati senza restrizioni,

l'integrazione dei sistemi di dati,

l'adozione della strategia europea per la ricerca marina.

2.7

Malgrado la riforma della politica comune della pesca, migliaia di comunità costiere sono in declino. Molte di esse ritengono di non poter competere nell'attività marittima e avrebbero bisogno di un considerevole sostegno per adeguare le loro flotte da pesca. Anche l'indotto, ad esempio la costruzione e la manutenzione di imbarcazioni e i servizi connessi, è in declino.

2.8

L'Europa è bagnata dal Mare Adriatico, dallo Ionio, dall'Oceano Artico, dall'Atlantico, dal Mare d'Irlanda, dal Baltico, dal Mar Nero, dal Mediterraneo e dal Mare del Nord.

3.   Contesto della comunicazione della Commissione

3.1

Giovedì 8 maggio 2014, la Commissione ha presentato una comunicazione sul tema L'innovazione nell'economia blu. L'obiettivo generale del documento è concretizzare il potenziale occupazionale racchiuso nei nostri oceani e nei nostri mari. La comunicazione menziona una serie di iniziative rivolte ad acquisire una migliore conoscenza degli oceani, a migliorare le competenze richieste per l'applicazione di nuove tecnologie in ambiente marino e a rafforzare il coordinamento della ricerca marina. Vengono proposte le seguenti misure:

elaborare una mappa digitale dell'intero fondale marino delle acque europee entro il 2020;

creare una piattaforma di informazione online, operativa entro la fine del 2015, sui progetti di ricerca marina nell'ambito del programma Orizzonte 2020 e sui lavori di ricerca marina finanziati a livello nazionale, e condividere i risultati dei progetti portati a termine;

istituire un forum sull'economia blu destinato al mondo della scienza e delle imprese, che coinvolga il settore privato, gli scienziati e le ONG per contribuire a modellare l'economia blu del futuro e condividere idee e risultati. Una prima riunione si terrà a margine dell'evento Giornata marittima 2015 al Pireo (Grecia);

incoraggiare gli operatori della ricerca, delle imprese e dell'istruzione a individuare le esigenze e le competenze della forza lavoro di domani nel settore marittimo entro il 2016;

esaminare la possibilità di costituire, dopo il 2020, una Comunità per la conoscenza e l'innovazione (CCI) per l'economia blu che riunisca i principali soggetti interessati provenienti dal mondo della ricerca, delle imprese e dell'istruzione. Le CCI, che fanno parte dell'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (IET), possono promuovere l'innovazione in vari modi, per esempio mediante programmi di formazione e istruzione, agevolando il percorso dalla ricerca al mercato e promuovendo progetti di innovazione e incubatori di imprese.

3.2

Tra i settori che compongono l'economia blu figurano l'acquacoltura, il turismo costiero, le biotecnologie marine, l'energia oceanica e l'estrazione mineraria dal fondo marino.

3.3

Mentre in termini economici l'economia blu rappresenta la sostenibilità di 5,4 milioni di posti di lavoro e genera un valore aggiunto lordo di quasi 500 miliardi di euro all'anno, va osservato che la biotecnologia marina, l'energia oceanica e lo sfruttamento minerario del fondo marino devono ancora essere sviluppati in quanto contributori economici netti.

3.4

La Commissione ritiene che ciascuno di tali settori possa dare un contributo sostanziale all'economia blu nei seguenti modi:

Le biotecnologie marine offrono la possibilità di esplorare il mare per effettuare il sequenziamento del DNA con nuove tecnologie subacquee. La massa critica costituita da tutti gli Stati membri dell'UE coinvolti stimolerà mercati di nicchia redditizi.

L'energia oceanica è ancora un settore emergente. Se adeguatamente gestita, può contribuire al raggiungimento degli obiettivi in materia di energie rinnovabili e di riduzione delle emissioni di gas serra. Tenuto conto dei progressi compiuti, il potenziale di crescita economica risultante dalle nuove tecnologie innovative è considerato realistico.

L'estrazione mineraria dal fondo del mare ha il potenziale di creare posti di lavoro, essendo noto che i minerali giacenti sotto il fondo del mare sono possibilmente abbondanti. Pur tenendo nel dovuto conto le preoccupazioni per l'ambiente, tale attività estrattiva servirà probabilmente a colmare lacune nel mercato nei casi in cui il riciclaggio sia impossibile o inadeguato e le miniere site sulla terraferma siano soggette a un carico eccessivo. Sebbene questo settore abbia ancora dimensioni modeste, esso è in grado di generare crescita e occupazione sostenibili per le future generazioni.

3.5

L'economia blu beneficia dell'iniziativa faro Unione dell'innovazione, il cui obiettivo è creare un contesto favorevole all'innovazione. Il nuovo programma Orizzonte 2020, con una dotazione di 79 miliardi di euro, è il principale programma di ricerca e innovazione dell'UE.

3.6

Il documento evidenzia inoltre i punti deboli dell'iniziativa, come la carenza di investimenti nella conoscenza, l'insufficiente accesso ai finanziamenti, il costo elevato dei diritti di proprietà intellettuale, la lentezza dei progressi verso norme interoperabili, l'uso inefficiente degli appalti pubblici e la duplicazione delle attività di ricerca.

3.7

Tra le azioni proposte dalla Commissione figura quanto segue:

a partire dal 2014, un processo sostenibile per garantire che i dati sull'ambiente marino siano facilmente accessibili, interoperabili e non soggetti a restrizioni d'uso;

entro il 2020, creazione di una mappa multi-risoluzione di tutti i fondali marini delle acque europee;

entro la fine del 2015 sarà disponibile una piattaforma d'informazione sulla ricerca marina in tutto il programma Orizzonte 2020, nonché su progetti di ricerca marina finanziati a livello nazionale;

nel 2015 si terrà la prima riunione del forum per l'economia e la scienza nell'ambito dell'economia blu;

per il periodo 2014-2016 è prevista la creazione di un'alleanza delle competenze nel settore marino.

3.8

Si segnala che il documento della Commissione non definisce il concetto di «economia blu». Tuttavia il CESE nota che una definizione di tale concetto figura nella terza relazione intermedia Scenarios and Drivers for Sustainable Growth from Oceans Seas and Coasts [Scenari ed elementi propulsivi della crescita sostenibile basata sugli oceani, i mari e le coste], eseguita nel marzo 2012 per conto della Commissione, in cui si afferma che la crescita blu si definisce come crescita economica e occupazionale intelligente, sostenibile e inclusiva basata sugli oceani, i mari e le coste. L'economia marittima consiste di tutte le attività economiche settoriali e intersettoriali collegate agli oceani, ai mari e alle coste. Sebbene tali attività siano spesso specifiche sotto il profilo geografico, la succitata definizione include le attività di sostegno diretto e indiretto più vicine, necessarie per il funzionamento dei settori economici marittimi. Tali attività possono essere localizzate ovunque, anche in paesi senza sbocco sul mare. L'occupazione marittima è tutta l'occupazione (misurata in termini di unità di lavoro a tempo pieno) che fa capo alle suddette attività collegate agli oceani, ai mari e alle coste.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il potenziale dell'economia blu in Europa sarà realizzato se gli Stati membri e tutte le parti in causa, compresa la società civile, verranno coinvolti attivamente nello sviluppo di politiche e di soluzioni locali intese a rimediare ai numerosi punti deboli individuati dall'iniziativa faro Unione dell'innovazione e a quelli elencati nell'Analisi annuale della crescita per il 2014.

4.2

L'iniziativa faro dell'UE è fondamentale per lo sviluppo dell'economia blu. Tuttavia essa avrà bisogno di un sostegno e di uno sviluppo molto maggiori per realizzare il potenziale economico dei mari.

4.3

Nel contesto del semestre europeo la Commissione deve far sì che le principali politiche dei piani nazionali di riforma degli Stati membri riflettano le priorità della crescita blu.

4.4

Lo stato dell'inquinamento marino, in gran parte generato a terra, ha effettive ripercussioni sul futuro di una politica blu sostenibile. Analogamente, le questioni ambientali legate allo sfruttamento minerario del fondo marino, all'esigenza di infrastrutture portuali migliori e a miglioramenti che accrescano la qualità ambientale del trasporto marittimo, se non affrontate immediatamente, limiteranno le possibilità occupazionali dell'economia blu.

4.5

La situazione delle comunità costiere colpite dalla più ampia crisi economica europea, e la cui dipendenza dall'economia blu richiederà particolare attenzione sotto forma di maggiori collegamenti a programmi dell'UE come la politica comune della pesca.

4.6

In Europa la frammentazione delle politiche e delle azioni dirette ad accrescere il valore economico dei nostri oceani e dei nostri mari ha costituito un impedimento alla realizzazione di economie sostenibili nelle differenti categorie economiche. Inoltre, gli accordi in materia di economia blu tra l'Europa e gli Stati Uniti, e altri interessi globali, hanno la capacità di creare nuova occupazione.

4.7

L'economia blu dipende dallo sviluppo della cantieristica, che conta in Europa circa 150 grandi cantieri navali, di cui circa 40 attivi sul mercato mondiale delle grandi navi mercantili per la navigazione marittima. Nell'Unione europea i cantieri navali (per la costruzione e riparazione di navi ad uso civile e militare) occupano direttamente circa 1 20  000 addetti. Il documento della Commissione dovrebbe riflettere più dettagliatamente il contributo delle costruzioni navali all'economia blu in generale.

4.8

Insieme con l'approccio scientifico del documento, occorre integrare nel processo anche le strategie in materia di turismo costiero, al fine di mettere in rilievo gli interessi della società civile in questo campo e di approfittare di una cooperazione integrata tra le due visioni del processo. Comune all'intero sviluppo è l'esigenza di adeguarsi ai requisiti ambientali e di individuare le opportunità.

4.9

Il documento della Commissione si concentra in particolare sulla ricerca scientifica evidentemente necessaria per mantenere un ecosistema sano, ma anche l'elaborazione delle politiche dovrebbe avvenire in base a una concezione che tiene presente una visione integrata. Pertanto occorre valutare scientificamente gli effetti dello sfruttamento minerario del fondo marino e considerarli nell'intero processo di elaborazione delle politiche. Se si vogliono ottenere vantaggi per i ricercatori, i soggetti economici e la società in generale è essenziale un equilibrio adeguato tra l'esigenza di salvaguardare i mari e la loro sostenibilità economica.

4.10

Qualsiasi analisi dell'economia blu risulterebbe indebolita se non si dedicasse la necessaria attenzione al declino dell'economia blu tradizionale, come l'attività di pesca svolta da piccole comunità, il trasporto marittimo e il turismo. Occorre anche prendere nota degli effetti della diminuzione del bilancio dell'UE per questo settore.

4.11

La capacità del settore tradizionale di contribuire a un aumento dell'occupazione non dev'essere compromessa. Nel settore dell'acquacoltura la produzione dell'UE non è ancora in grado di soddisfare la domanda di pesce. Anche nella cantieristica il potenziale in termini di aumento dell'occupazione è enorme. Le esigenze di ammodernamenti delle infrastrutture dei porti, ove vi si faccia fronte, possono accrescere considerevolmente le opportunità di lavoro.

4.12

Le strategie di innovazione di alcuni Stati membri promuovono già adesso l'idea di sostenibilità e «l'oceano come priorità nazionale». Il documento portoghese concernente la strategia nazionale di ricerca e l’innovazione per una specializzazione intelligente 2014-2020 fornisce un esempio di analisi dell'utilizzazione corretta dei trasporti marittimi ecoefficienti in uno spazio marittimo senza frontiere allo scopo di esplorare meglio l'industria navale e la sua integrazione nella logistica dei porti allineata alla logistica globale. Tale esempio dimostra l'impegno degli Stati membri per quanto riguarda l'importanza dell'economia blu per il primato europeo in questo campo.

4.13

Il CESE è convinto che le isole europee abbiano un ruolo specifico da svolgere nell'economia blu, in tutte e tre le aree individuate come aree di innovazione del settore, ma ancor più specificamente nell'energia oceanica. Invita pertanto la Commissione a dedicare una specifica attenzione alle isole europee nel quadro della comunicazione in esame, non solo per gli effetti particolari che l'economia blu avrà su tali aree, ma anche per il contributo che esse possono dare all'innovazione.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Opportunità per una crescita sostenibile dei settori marino e marittimo — COM(2012) 494 final.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/99


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma concernente le soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni europee, le imprese e i cittadini (ISA2) «L'interoperabilità come mezzo per modernizzare il settore pubblico»

[COM(2014) 367 final — 2014/0185 (COD)]

(2015/C 012/16)

Relatore unico:

ETHERINGTON

Il Parlamento europeo e il Consiglio, rispettivamente in data 3 luglio 2014 e 17 luglio 2014, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 172 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma concernente le soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni europee, le imprese e i cittadini (ISA2): l'interoperabilità come mezzo per modernizzare il settore pubblico

COM(2014) 367 final — 2014/0185 (COD).

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 1o ottobre 2014.

Nella sua 502a sessione plenaria, dei giorni 5 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 151 voti favorevoli e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Conclusioni

1.1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente la proposta relativa ad un nuovo programma concernente le soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni, la società civile e i cittadini («ISA2»). La proposta è fondata su solidi argomenti e potrebbe contribuire alla realizzazione dell'Agenda digitale per l'Europa assicurando una condivisione dei dati efficiente ed efficace tra le pubbliche amministrazioni sulla base di norme e strumenti comuni.

1.1.2

Anche se l'ISA2 concerne essenzialmente le pubbliche amministrazioni, il CESE ritiene che la proposta potrebbe arrecare dei vantaggi alla società civile e spera che tali benefici vengano pienamente realizzati.

1.1.3

Vi sono tuttavia due aspetti che, se affrontati, potrebbero rendere il programma ISA2 più incisivo.

1.1.4

Innanzi tutto i cittadini sono sempre più coscienti e preoccupati del fatto che le pubbliche amministrazioni raccolgono e utilizzano dati personali o dati in generale. I cittadini si rendono altresì conto che una maggiore interoperabilità presenta delle implicazioni sul modo di scambiarsi e di utilizzare questi dati. La proposta non fa cenno a tali rischi e preoccupazioni, sia per quanto concerne i cittadini sia per quanto attiene alla riuscita attuazione dell'ISA2. Il CESE richiama inoltre l'attenzione su uno dei suoi precedenti pareri sul tema della protezione dei dati e sulla posizione del garante europeo della protezione dei dati, e sottolinea la necessità di rafforzare le garanzie per i cittadini (1) (cfr. la lettera del Garante europeo della protezione dei dati sulla proposta di regolamento generale sulla protezione dei dati: https://secure.edps.europa.eu/EDPSWEB/webdav/site/mySite/shared/Documents/Consultation/Comments/2014/14-02-14_letter_Council_reform_package_EN.pdf).

1.1.5

In secondo luogo, l'ISA 2 potrebbe distorcere l'attuale mercato delle soluzioni di interoperabilità, soprattutto attraverso le attività svolte in qualità di «incubatore».

1.2   Raccomandazioni

1.2.1

Il CESE accoglie con favore il programma ISA2 sull'interoperabilità e sostiene la proposta in esame.

1.2.2

Raccomanda inoltre che il nuovo programma si basi sul programma ISA già esistente e su altri programmi onde contribuire ad attuare l'Agenda digitale per l'Europa.

1.2.3

Il CESE chiede di essere tenuto al corrente dei progressi realizzati nell'ambito dell'ISA2.

1.2.4

La fiducia dei cittadini rispetto alla pubblica amministrazione e la capacità di quest'ultima di gestire i dati personali e di rispettare la privacy sono una fonte di preoccupazione. La proposta non fa cenno alla fiducia dei cittadini come ad un fattore di rischio, né fa riferimento ad altri pericoli o svantaggi in materia di interoperabilità. Essa dovrebbe altresì tenere conto delle eventuali preoccupazioni del garante europeo della protezione dei dati circa il trattamento dei dati personali in più di uno Stato membro. Questo aspetto dovrebbe essere preso più chiaramente in considerazione nelle attività del programma.

1.2.5

È opportuno elaborare una dettagliata e convincente «Sintesi per i cittadini» che affronti le preoccupazioni concernenti la convenienza del programma e che giustifichi i vantaggi sociali menzionati nella proposta.

1.2.6

Per dimostrare l'esigenza concreta dell'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni nazionali dal punto di vista dei cittadini, sarebbe necessario avvalersi di esempi più pratici.

1.2.7

Il Comitato raccomanda di condurre sforzi particolari per far conoscere alla società civile le attività intraprese nell'ambito dell'ISA2, dato che vi sono organizzazioni che potrebbero trarre beneficio dal lavoro sull'interoperabilità o contribuire ad attuare il programma.

1.2.8

Le attività svolte dal nuovo programma in qualità di «incubatore» e di «ponte di soluzioni» potrebbero distorcere il mercato. Per tale motivo:

La Commissione può doversi accertare che tali attività non contribuiscano né alla distorsione del mercato né alla riduzione dell'offerta commerciale di soluzioni di interoperabilità basate sulle TIC.

La scelta di nuove soluzioni, nonché di soluzioni atte a garantire un sostegno a lungo termine in attesa della sostenibilità, dovrebbe essere rigorosamente verificata e valutata nell'ambito di un processo che possa godere della fiducia delle parti interessate.

Se la distorsione del mercato è una preoccupazione fondata, allora l'attività di incubatore dovrebbe concentrarsi sull'elaborazione o l'adozione di norme e di «librerie software» (utility libraries) piuttosto che sulla fornitura di soluzioni «chiavi in mano».

1.2.9

Restringere la portata agli scopi non commerciali potrebbe limitare l'impatto dell'ISA2: nella misura in cui non può contare sull'attività dell'ISA2 per gli scopi commerciali la società civile è meno propensa ad impegnarsi nell'attuazione del programma.

1.2.10

Per motivi legati al multilinguismo, tutte le soluzioni IT devono essere compatibili con il set di caratteri universale (Universal Character Set — UCS) (Unicode ISO/IEC 10646), come richiesto nella relazione finale elaborata nel 2007 dal Gruppo ad alto livello sul multilinguismo. Pertanto, se l'interoperabilità a livello europeo dovesse diventare, già da ora o eventualmente in futuro, un vero e proprio requisito giuridico, dovrà essere elaborato un sottoinsieme dell'UCS a scopo di gestibilità.

2.   Introduzione

2.1

È opinione generale che i dati possono trasformare i servizi ai cittadini e le organizzazioni che li forniscono in ambito pubblico, privato e nella società civile nel suo complesso. I dati hanno la capacità di far avanzare la ricerca e lo sviluppo nonché di incrementare la produttività e l'innovazione. Non per niente si sente ormai ripetere che I dati sono la nuova risorsa naturale. A questo proposito si veda ad esempio il seguente articolo: http://www.forbes.com/sites/ibm/2014/06/30/why-big-data-is-the-new-natural-resource

2.2

La produzione e la raccolta dei dati in tutti i settori della nostra vita aumentano ad un ritmo vertiginoso: si va dai processi amministrativi, ad esempio i modelli elettronici per le dichiarazioni fiscali alla raccolta passiva di dati sanitari mediante orologi intelligenti (smartwatch). I cosiddetti «big data» (grandi quantità d'informazioni), come quelli degli utenti dei sistemi di trasporto pubblico, hanno la capacità di rivoluzionare il modo di progettare e programmare i servizi pubblici. Le iniziative strategiche e gli stessi servizi pubblici, infatti, dipendono sempre di più dalla capacità digitale. Un esempio della situazione attuale lo fornisce, nel Regno Unito, la tassa automobilistica: la sostituzione del vecchio bollo auto cartaceo dipende dall'interoperabilità (per una definizione di «interoperabilità» si veda http://www.ariadne.ac.uk/issue24/interoperability) tra le banche dati delle compagnie assicurative, dei proprietari di auto e del MOT (revisione periodica dei veicoli). Questo ha reso più facile ai cittadini il disbrigo delle pratiche burocratiche relative alla tassa automobilistica, garantendo allo stesso tempo una maggiore conformità al sistema. In breve, noi viviamo in una società digitale dove è possibile migliorare sostanzialmente la nostra capacità di fornire, appunto mediante tecnologie digitali, un insieme di servizi. L'UE dispone di una serie di programmi e di una più ampia «Agenda digitale per l'Europa» che promuove la realizzazione di un'economia e di una società digitali (cfr. http://ec.europa.eu/digital-agenda).

2.3

I vantaggi di una società digitale, soprattutto a livello di pubblica amministrazione digitale, possono essere realizzati rendendo i dati più rapidamente accessibili o, in taluni casi, più facilmente riutilizzabili, laddove i detentori dei copyright ne autorizzino il riutilizzo senza restrizioni (dati aperti; per una definizione del concetto si veda il sito http://theodi.org/guides/what-open-data). Nel caso in cui i dati siano disponibili, è possibile definire standard in materia di interoperabilità: in altre parole rendere più facile lo scambio e il riutilizzo dei dati. La cosa può consistere semplicemente nel rendere i dati «leggibili su computer» (e non bloccati in formati proprietari quali il PDF) oppure nell'individuare formati comuni per la loro presentazione e raccolta (ad esempio il formato iXBRL per la contabilità delle imprese; cfr. il sito http://en.wikipedia.org/wiki/XBRL). Ai fini del presente parere, vale la pena notare che molti dei dati raccolti dalle pubbliche amministrazioni sono per loro natura personali e privati (vedere la figura 1). Questo è importante in quanto la questione dei dati personali incide sulla comprensione pubblica dell'interoperabilità e sulla sua applicazione.

Figura 1: Big data, dati aperti e dati personali

Image

2.4

La Commissione sostiene che l'assenza di interoperabilità tra gli Stati membri rappresenta una particolare «barriera digitale» ad un uso più efficace dei pubblici servizi da parte dei cittadini, ad esempio nel campo dell'assistenza sanitaria, che attualmente dipende ampiamente dai dati disponibili e dalla capacità in materia di TIC. La mancanza di interoperabilità viene inoltre vista come un ostacolo all'applicazione delle politiche a livello dell’UE. Alcune iniziative strategiche, ad esempio il mercato unico, dipendono invece dall'interoperabilità dei registri nazionali delle imprese. In breve, l'interoperabilità è un fattore essenziale per un'Europa moderna e integrata.

3.   Proposta di programma concernente le soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni europee, le imprese e i cittadini (ISA2)

3.1

Per sviluppare l'interoperabilità, la Commissione porta avanti un programma dal 1995. Tale programma comprende l'elaborazione di una strategia e la definizione di un quadro in materia di interoperabilità (un'ottima sintesi è offerta dal documento http://ec.europa.eu/isa/documents/isa_iop_communication_en.pdf). La Commissione ritiene che la promozione dell'interoperabilità abbia dato buoni frutti, in quanto ha permesso l'efficace ed efficiente interazione elettronica transfrontaliera e intersettoriale fra [...] amministrazioni che consenta l'erogazione di servizi pubblici elettronici che favoriscano l'attuazione di attività e politiche dell'Unione (Citazione tratta dalla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma concernente le soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni europee, le imprese e i cittadini (ISA2), pag. 3).

3.2

L'attuale programma Soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni europee (ISA) prende fine il 31 dicembre 2015. Resta però ancora molto da fare: in talune zone il ricorso automatico al digitale è ancora in una fase iniziale. E se al momento della loro presentazione le nuove misure legislative non terranno conto dell'esigenza di interoperabilità e non la sosterranno, è probabile che le pubbliche amministrazioni non potranno ricavare alcun vantaggio dall'interoperabilità stessa.

3.3

Si propone un nuovo programma ISA2 (http://ec.europa.eu/isa/isa2/index_en.htm) al fine di:

disegnare la mappa del panorama dell'interoperabilità;

favorire e sostenere soluzioni di interoperabilità;

sostenere e promuovere l'impatto, in termini di TIC, delle nuove proposte legislative a favore dell'interoperabilità;

incoraggiare lo scambio e il riutilizzo dei dati fra i vari settori e paesi, in particolare laddove tali condivisione e riutilizzo sono di aiuto all'interazione tra le pubbliche amministrazioni europee e tra queste ultime, i cittadini e la società civile.

3.4

Il nuovo programma ISA2 è stato elaborato al termine di un'ampia consultazione. Gli interpellati hanno risposto che le pubbliche amministrazioni dovrebbero rimanere il punto focale di tale programma. La risposta più frequente concerneva l'auspicio che l'ISA contribuisca a ridurre la duplicazione degli sforzi e che concentri le sue attività sul coordinamento con altri programmi dell'UE.

3.5

Il programma proposto è stato elaborato sulla base delle valutazioni di programmi precedenti. In particolare, la nuova proposta ISA si concentrerà sulla fornitura di soluzioni di interoperabilità, da mettere poi a disposizione delle pubbliche amministrazioni.

3.6

Il bilancio proposto per l'ISA è pari a 131 milioni di euro per il periodo 2014-2020.

3.7

C'è chi ha affermato che nel caso in cui il programma ISA2 non venisse portato avanti, una riduzione del sostegno all'interoperabilità porterebbe alla frammentazione di norme e sistemi e ad un'inutile duplicazione degli sforzi per lo sviluppo di nuove soluzioni o nuovi sistemi. Questo probabilmente determinerebbe una minore efficienza, in quanto le pubbliche amministrazioni avrebbero maggiori difficoltà ad interagire l'una con l'altra.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il Comitato giudica necessari e dunque accoglie favorevolmente lo sviluppo costante dell'interoperabilità e la messa a disposizione di investimenti a suo favore. L'elaborazione del programma ISA2 consente all'UE di portare avanti la sua Agenda digitale per l'Europa. È indispensabile assicurare che le parti interessate capiscano i collegamenti tra i diversi programmi onde evitare che si crei confusione (si veda ad esempio http://ec.europa.eu/isa/documents/isa_the_difference_between_the_digital_agenda__isa__egov_action_plan_eis_eif_en.pdf che spiega in che modo l'ISA si collega all'Agenda digitale per l'Europa).

4.2

L'esperienza del Regno Unito — se la si vuole citare ad esempio — dimostra che i funzionari delle pubbliche amministrazioni hanno ancora bisogno di sostegno e di assistenza per accedere ai dati e riutilizzarli (cfr. il sito http://theodi.org/blog/guest-blog-how-make-open-data-more-open-close-gaps). Questo comporta l'esigenza di competenze tecniche, un obiettivo al quale l'ISA2 può fornire un contributo.

4.3

Dato che il numero dei servizi pubblici che passano automaticamente al digitale aumenta costantemente, è importante garantire la massima efficienza della spesa pubblica nelle soluzioni TIC. Per facilitare questo aspetto è opportuno che la loro fornitura venga programmata sufficientemente in anticipo condividendo e riutilizzando, nei limiti del possibile, le diverse soluzioni al fine di massimizzare il valore della spesa pubblica. L'ISA dà un valido contributo al conseguimento di questo obiettivo.

4.4

Anche se il programma proposto verte essenzialmente sulla pubblica amministrazione, vale la pena di notare che anche le organizzazioni della società civile possono beneficiare dell'interoperabilità. Nel caso della società civile, si punta sempre di più sulla coproduzione; infatti, alcuni degli sviluppi maggiormente innovativi per quanto concerne la società civile si registrano laddove le soluzioni nel campo della coproduzione e della tecnologia vengono applicate a pubblici servizi quali la sanità o l'assistenza sociale. L'architettura di riferimento dell'interoperabilità europea (EIRA) potrà trarre beneficio da questi sviluppi che si vanno attualmente delineando.

4.5

La fiducia dei cittadini rispetto alla pubblica amministrazione e la capacità di quest'ultima di gestire i dati personali e di rispettare la privacy sono una fonte di preoccupazione. La proposta non fa cenno alla fiducia dei cittadini come ad un fattore di rischio, né fa riferimento ad altri pericoli o svantaggi in materia di interoperabilità.

5.   Osservazioni particolari sul programma proposto

5.1

Il Comitato accoglie favorevolmente il fatto che l'elaborazione dell'ISA2 abbia tenuto conto del punto di vista delle parti interessate e abbia tratto insegnamento dai precedenti programmi. Approva inoltre il fatto che il programma si basi sul lavoro già svolto e non cerchi di ripartire da zero seguendo una direzione completamente nuova.

5.2

Il CESE approva che sia stato messo l'accento sia sulla promozione dell'interoperabilità sia sull'offerta di consulenza e di sostegno maggiormente orientati alla pratica. Considerando che da anni la pubblica amministrazione britannica deve far fronte a grossi problemi legati alle TIC, il Comitato apprezza in modo particolare il fatto di puntare ad una programmazione anticipata dell'impatto che le riforme legislative avranno sulle TIC.

5.3

La proposta diventerebbe più incisiva se ci si avvalesse di esempi più pratici per dimostrare la necessità concreta dell'interoperabilità tra gli Stati membri dal punto di vista dei cittadini. Al momento, le parti interessate potrebbero avere l'impressione che i benefici ricadono solo sulle pubbliche amministrazioni interessate all'armonizzazione transfrontaliera, e non tanto sui cittadini che si servono dei normali servizi pubblici. È opportuno elaborare una dettagliata e convincente «Sintesi per i cittadini» (la sintesi 2010 è disponibile sul sito http://ec.europa.eu/isa/documents/isa_20101216_citizens_summary_en.pdf) che affronti le preoccupazioni concernenti la convenienza del programma e che giustifichi i vantaggi sociali menzionati nella proposta.

5.4

È già stato sottolineato che le persone interpellate nel corso dell'elaborazione dell'ISA2 hanno risposto affermando che le pubbliche amministrazioni devono rimanere il punto focale del programma. Allo stesso modo, il CESE ha fatto osservare che la società civile trarrà vantaggio dall'interoperabilità. Può darsi che le parti interessate della società civile non fossero sufficientemente a conoscenza della consultazione, il che ha portato l'ISA2 ad interpellare quasi esclusivamente le pubbliche amministrazioni. Potrebbe inoltre risultare necessario insistere maggiormente sulla comunicazione con la società civile in modo da consentire all'ISA2 di conseguire appieno l'impatto degli investimenti relativi al programma.

5.5

La proposta prevede che l'ISA2 elabori e realizzi le soluzioni di interoperabilità («incubatori»). La Commissione afferma inoltre che l'ISA2 dovrebbe costituire un «ponte» per garantire la sostenibilità delle soluzioni basate sulle TIC. La scelta di nuove soluzioni oppure di soluzioni atte a garantire un sostegno a lungo termine in attesa della sostenibilità, dovrebbe essere rigorosamente verificata e valutata nell'ambito di un processo che possa godere della fiducia delle parti interessate.

5.6

Le attività di «incubatore» e di «ponte» potrebbero distorcere il mercato. La Commissione può doversi accertare che tali attività non contribuiscano a distorcere il mercato e a ridurre l'offerta commerciale di soluzioni di interoperabilità basate sulle TIC.

5.7

Se la distorsione del mercato è una preoccupazione fondata, allora l'attività di incubatore dovrebbe concentrarsi sull'elaborazione o l'adozione di norme e «librerie software» (utility libraries) piuttosto che sulla fornitura di soluzioni «chiavi in mano». Questo consentirà di limitare le distorsioni del mercato facilitando al tempo stesso la diffusione delle norme.

5.8

L'articolo 13 prevede che le soluzioni introdotte o attuate dal programma ISA2 possano essere utilizzate nell'ambito di iniziative esterne all'Unione a scopi non commerciali. Restringere la portata agli scopi non commerciali potrebbe limitare l'impatto dell'ISA2: nella misura in cui non possono contare sull'attività dell'ISA2 per gli scopi commerciali, le organizzazioni della società civile sono meno propense ad impegnarsi nell'attuare il programma.

5.9

L'opinione pubblica generale in relazione alla capacità digitale dell'apparato statale costituisce un fattore di rischio per il successo delle proposte in materia di interoperabilità. Adesso i cittadini conoscono meglio la portata, la natura e i poteri di uno Stato che li «sorveglia», e dunque sono più attenti alle garanzie che occorre mettere in atto (cfr. il sito https://www.privacyinternational.org/blog/defining-the-surveillance-state). I cittadini tengono sempre di più al loro diritto alla privacy e nutrono un crescente interesse per le implicazioni etiche della condivisione dei dati e delle connessioni tra di essi; tuttavia la proposta non fa praticamente alcun cenno alla comprensione, da parte dei cittadini stessi, del problema dei dati online o dell'interoperabilità. Analogamente, il garante europeo della protezione dei dati esprime preoccupazione per quanto concerne il trattamento dei dati personali in più di uno Stato membro, attività che sarà probabilmente agevolata dall'interoperabilità. Il CESE richiama inoltre l'attenzione su uno dei suoi precedenti pareri sul tema della protezione dei dati, e sottolinea la necessità di rafforzare le garanzie per i cittadini in relazione ai dati personali (2) (cfr. la lettera del Garante europeo della protezione dei dati sulla proposta di regolamento generale sulla protezione dei dati:

https://secure.edps.europa.eu/EDPSWEB/webdav/site/mySite/shared/Documents/Consultation/Comments/2014/14-02-14_letter_Council_reform_package_EN.pdf).

5.10

La proposta risulterebbe più incisiva se tali preoccupazioni venissero affrontate. Il programma risulterebbe inoltre più completo se venisse menzionata espressamente la possibilità di collaborare con le organizzazioni della società civile e con gli ambiti accademici al fine di conoscere e valutare il grado di comprensione del problema da parte dei cittadini e di rafforzare le garanzie etiche che sono sempre più importanti per la reputazione delle pubbliche amministrazioni e per la fiducia del pubblico nei loro confronti.

5.11

L'ultima osservazione specifica è di carattere tecnico. Il set di caratteri universale è essenziale per l'applicazione del multilinguismo a livello di scrittura. Il Gruppo ad alto livello sul multilinguismo, istituito nell'autunno 2006 dall'allora commissario europeo all'istruzione Ján Figel', ha pubblicato in occasione della Giornata europea delle lingue 2007 la sua relazione finale (cfr. http://www.lt-innovate.eu/resources/document/ec-high-level-group-multilingualism-final-report-2007) in cui figura la seguente raccomandazione: «[…] le banche dati per la gestione dei documenti interni e le interfacce delle applicazioni software e delle apparecchiature hardware sono state create sulla base di Unicode in modo da consentire la rappresentazione degli alfabeti di qualsiasi lingua. Il Gruppo chiede alle autorità degli Stati membri e ai fornitori di servizi di posta elettronica che ancora non lo avessero fatto di adottare Unicode per evitare di continuare a discriminare i cittadini dell'UE sulla base della loro nazionalità o della loro lingua. Dovrà essere elaborato un sottoinsieme dell'UCS allo scopo di gestibilità: questo potrebbe consistere in una selezione all'interno dell'alfabeto latino o degli alfabeti latino, greco e cirillico (l'UCS può contenere più di 90  000 caratteri)».

5.12

Per motivi legati al multilinguismo, tutte le soluzioni IT devono essere compatibili con il set di caratteri universale (Universal Character Set UCS) (Unicode ISO/IEC 10646), come richiesto nella relazione finale elaborata nel 2007 dal Gruppo ad alto livello sul multilinguismo. Pertanto, se l'interoperabilità a livello europeo dovesse diventare, già da ora o eventualmente in futuro, un vero e proprio requisito giuridico, dovrà essere elaborato un sottoinsieme dell'UCS allo scopo di gestibilità.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 229, del 31.7.2012, pag. 90.

(2)  GU C 229, del 31.7.2012, pag. 90.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/105


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Bilancio della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva»

[COM(2014) 130 final]

(2015/C 012/17)

Relatore:

PALMIERI

La Commissione europea, in data 16 maggio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Bilancio della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva

COM(2014) 130 final.

Il sottocomitato Bilancio della strategia Europa 2020, incaricato di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 5 settembre 2014.

Alla sua 502a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 168 voti favorevoli, 7 voti contrari e 6 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

A quattro anni dall'attivazione della strategia Europa 2020 (SE2020), la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione Bilancio della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva e ha aperto una consultazione pubblica (1) per la sua revisione di medio termine.

1.2

Il presente parere, che costituisce la risposta ufficiale a una consultazione da parte della Commissione europea, forma altresì parte di una valutazione integrata condotta dal Comitato economico e sociale europeo (CESE) in risposta alla richiesta della presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea di elaborare un parere esplorativo sull'imminente riesame intermedio di Europa 2020.

1.3

Il CESE ha in preparazione una valutazione globale di medio termine della strategia Europa 2020 che comprenderà i seguenti documenti:

la relazione di progetto volta ad approfondire gli aspetti concettuali e pratici della governance di Europa 2020;

il presente parere SC/039;

i contributi delle sezioni specializzate e della CCMI, degli Osservatori e del gruppo di collegamento con le organizzazioni e le reti europee della società civile;

i contributi dei CES nazionali e delle organizzazioni analoghe;

le conclusioni e raccomandazioni dello studio commissionato dal comitato direttivo Europa 2020 del CESE e realizzato da Bellagamba, A.,: «Priorities, challenges and prospects for civil society: involvement in the Europe 2020 strategy beyond 2015 — Case study of four Member States» (BE-FR-IT-NL) (Priorità, sfide e prospettive per la società civile: partecipazione nella strategia Europa 2020 al di là del 2015 — Studio di casi concreti in rapporto a quattro Stati membri).

1.4

Il pacchetto di documenti, elaborato dal CESE, di cui sarà composto il riesame intermedio della strategia verrà presentato in occasione del convegno ad alto livello, organizzato nell'ambito delle attività della presidenza italiana del Consiglio dell'UE, sul tema Per un'Europa 2020 più efficace: le proposte della società civile per una maggiore inclusione sociale e competitività in Europa. Il convegno si svolgerà a Roma nei giorni 4 e 5 dicembre del 2014.

1.5

Al fine di presentare le proposte di riforma della SE2020, elaborate dai diversi organismi interni del CESE (2) e discusse durante le riunioni dei «gruppi di lavoro» — nella loro più totale completezza, le «raccomandazioni» sono state inserite nel paragrafo 4: «Le raccomandazioni del CESE a garanzia di un reale processo di riforma della strategia Europa 2020».

2.   La strategia Europa 2020 nei suoi primi quattro anni: dagli effetti della crisi alle tendenze di lungo termine.

2.1

La SE2020 nasce con l'apprezzabile intenzione di assicurare il rilancio della competitività e dell'occupazione dell'UE, aggredendo i nodi di carattere strutturale e garantendo nel contempo una coesione economica, sociale e territoriale per i suoi cittadini. È in questo già di per sé delicato contesto che si inserisce una delle crisi più profonde per intensità e durata (degli ultimi ottant'anni) volta ad influenzare profondamente il percorso della strategia stessa.

2.1.1

La crisi ha accentuato le già marcate disparità economiche e sociali presenti nell'UE, evidenziando disomogeneità, in termini di competitività e coesione sociale, acuendo la tendenza verso la polarizzazione della crescita e dello sviluppo, con evidenti condizionamenti in termini di equa redistribuzione dei redditi, della ricchezza e del benessere fra gli Stati membri (SM) e — all'interno di essi — fra le regioni europee (3).

2.2

Dall'analisi dell'evoluzione e delle conseguenze della crisi — che si evincono dalla lettura della comunicazione della Commissione e della sua appendice (4) — si evidenzia come questa abbia condizionato negativamente l'attuazione della SE2020 in riferimento all'efficacia, all'appropriatezza ed alla legittimità del suo modello di governance e dei relativi obiettivi.

2.3

L'architettura della governance economica dell'UE, essendo fortemente orientata verso le politiche di austerità, ha subordinato il raggiungimento degli obiettivi di medio e lungo termine della SE2020 alla disciplina di bilancio.

2.3.1

Se da un lato il CESE ritiene che sia necessario intervenire rafforzando le politiche volte al consolidamento delle finanze pubbliche di alcuni SM, dall'altro si evidenzia che le politiche di austerità possono produrre gli effetti sperati se attuate in una fase economica «espansiva», mentre se applicate «automaticamente» durante una fase economica di stagnazione o addirittura recessiva, come quella che stanno vivendo la maggior parte degli SM, hanno effetti negativi sulla crescita. Ne è prova il fatto che in molti Stati membri tali politiche non hanno prodotto i risultati attesi in termini di riequilibrio di bilancio (5), rallentando o addirittura ritardando la ripresa economica ed acuendo le già preoccupanti situazioni di disgregazione sociale.

2.4

La gestione della crisi attraverso la governance economica dell'UE ha influenzato negativamente il processo di avanzamento verso gli obiettivi di medio e lungo termine previsti dalla strategia. In questo modo si sono create — in alcuni SM dell'UE — criticità tali da rappresentare, in alcuni casi, ostacoli e limiti strutturali per lo sviluppo economico e la coesione sociale dell'Unione.

2.5

Oggi, seppure a fronte di risultati incoraggianti ottenuti nel campo: a) della lotta al cambiamento climatico e della sostenibilità energetica, e b) dell'istruzione e della lotta all'abbandono scolastico, si registrano segnali fortemente preoccupanti per quanto riguarda la spesa per ricerca e sviluppo (R&S), il mercato del lavoro, e la lotta alla povertà e all'esclusione sociale.

2.5.1

Per quanto riguarda la spesa per ricerca ed innovazione (R&I), la crisi sembra aver ampliato il gap esistente tra gli SM dell'UE: gli SM sottoposti ad un'elevata pressione verso il consolidamento fiscale (spesso coincidenti con gli SM a ritardo di innovazione) hanno tagliato sensibilmente la loro spesa pubblica in R&I (6). Nell'UE la spesa per ricerca e sviluppo (R&S) resta ancora di quasi un punto percentuale inferiore all'obiettivo del 3,0 % e nella proiezione per il 2020 sembra collocarsi al 2,2 %, influenzata negativamente dallo scarso livello degli investimenti privati e dagli obiettivi poco ambiziosi stabiliti dagli SM.

2.5.2

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, a fronte di un tasso di occupazione stagnante (negli ultimi anni) che rimane al di sotto dell'obiettivo definito da Europa 2020 (68,4 % nel 2013: 74,2 % per la componente maschile e 62,5 % per quella femminile), si registrano segnali particolarmente preoccupanti:

26,2 milioni di persone disoccupate;

9,3 milioni di lavoratori «scoraggiati» disposti a lavorare, ma che hanno smesso di cercare lavoro;

12,0 milioni di persone disoccupate da più di un anno;

dal 2008 (primo anno della crisi) nell'Unione europea sono stati persi 6 milioni di posti di lavoro (con tutto quello che questo comporta in termini di perdita di capacità e di conoscenze professionali);

5,5 milioni sono i giovani (sotto i 25 anni di età) disoccupati.

Una situazione già di per sé particolarmente preoccupante che, per alcuni SM dell'UE, tende ad aggravarsi per quanto riguarda i giovani, per chi è stato espulso dal mercato del lavoro in età avanzata e per la componente femminile del mercato del lavoro.

2.5.3

Per quanto riguarda le persone a rischio di povertà e di esclusione sociale, dal 2009 al 2012 queste sono passate da 114 milioni a 124 milioni. Un trend che potrebbe ulteriormente peggiorare se si considerano gli effetti differiti della crisi. L'obiettivo dell'UE di ridurre entro il 2020 il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale a 96,4 milioni risulta difficilmente raggiungibile, poiché già nel 2012 si rilevavano ben 28 milioni in più rispetto all'obiettivo stabilito.

2.5.4

Il dato che rende la già grave situazione ancora più problematica riguarda l'aumento del numero di persone che vivono in stato di deprivazione materiale e della percentuale di persone in età lavorativa che vivono in famiglie in cui non lavora nessuno.

2.5.5

La crisi ha aumentato le già forti disparità presenti tra gli Stati membri, evidenziando marcate differenze in termini di competitività e coesione sociale. Tali disomogeneità rendono evidente quanto sia necessario definire proposte di riforma per ottimizzare l'efficacia degli interventi laddove i problemi sono più gravi.

2.5.6

Tutti questi dati mostrano molto chiaramente quanto è importante concentrare l'attenzione sugli investimenti per la crescita — a sostegno della competitività e di un contesto favorevole alle imprese, in particolare alle PMI — allo scopo di mantenere e creare posti di lavoro.

3.   Analisi dei nodi della strategia Europa 2020: governance, obiettivi, partecipazione e attuazione

3.1

L'analisi dei risultati raggiunti finora evidenza una strategia che si è dimostrata ampiamente insufficiente a conseguire gli obiettivi che si era prefissata. È opportuno che si proceda a un processo di riforma della SE2020 per renderla efficiente ed efficace e scongiurare così il pericolo che essa fallisca, come accaduto con la precedente strategia di Lisbona. È estremamente importante concentrare l'attenzione su una serie di obiettivi, garantendone la coerenza reciproca e assicurandone l'attuazione.

3.2

Le principali criticità della SE2020 sono evidenziabili in riferimento alla governance, agli obiettivi, alla partecipazione della società civile e alla sua attuazione.

3.3

Il sistema di governance della SE2020 è debole e poco efficace nel vincolare gli Stati membri a rispettare gli impegni assunti nel conseguimento degli obiettivi (e delle iniziative faro — «flagship») fissati nella strategia.

3.3.1

L'architettura di governance della strategia ha istituzionalizzato una distorsione strutturale verso la predominanza economica sulla governance sociale e ambientale, subordinando gli obiettivi della SE2020 alle priorità macroeconomiche del semestre europeo, pregiudicando così il raggiungimento degli obiettivi in materia di competitività e coesione sociale dell'UE e la gestione sostenibile delle risorse naturali.

3.3.2

Il semestre europeo, che inizia con l'Analisi annuale della crescita (Annual Growth Survey — AGS) e termina con la formulazione delle «raccomandazioni specifiche per paese», ha spesso fissato delle priorità che non supportano efficacemente il raggiungimento degli obiettivi della SE2020. A ciò deve aggiungersi che le «raccomandazioni specifiche per paese» non vengono rispettate dagli Stati membri nella definizione delle strategie nazionali annuali (programmi nazionali di riforma) e nelle relative decisioni in materia di bilancio, riforme strutturali, politiche del lavoro e politiche sociali (7).

3.4

Nell'ambito dell'elaborazione della SE2020, la definizione degli obiettivi e dei relativi indicatori proposti, oltre a non essere vincolante, non è stata oggetto di un processo di ampia condivisione tra i cittadini dell'Unione. Ad oggi, escludendo gli obiettivi sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e sull'uso delle fonti di energia rinnovabile — che rientrano in un quadro giuridicamente vincolante — ogni paese ha potuto fissare obiettivi propri con risultati spesso poco ambiziosi.

3.4.1

La misurazione quantitativa degli obiettivi non è sostenuta da una valutazione qualitativa: la «smartness» di un sistema socioeconomico non può essere misurata solamente in base ad indicazioni di carattere quantitativo come — ad esempio — la spesa per la ricerca o il numero di nuovi posti di lavoro creati, ma deve considerare anche indicazioni di carattere qualitativo come le tipologie di innovazioni introdotte sul «mercato» e il livello di qualità dei posti di lavoro creati.

3.5

Nella SE2020 la società civile organizzata non è adeguatamente coinvolta, sia a livello nazionale sia a livello europeo. I fattori che hanno determinato tale situazione sono:

la scarsa attività di comunicazione e disseminazione della strategia che l'ha resa uno strumento conosciuto e partecipato principalmente dagli addetti ai lavori;

la reticenze da parte di alcuni SM nel coinvolgere la società civile organizzata nel processo di programmazione degli interventi della SE2020;

la mancanza di un reale collegamento tra l'azione della società civile in ambito europeo e quella in ambito nazionale e locale;

le misure adottate per fronteggiare gli effetti della crisi (compreso il calendario del semestre europeo) si sovrappongono alle iniziative della SE2020, rendendo più difficile, per le parti sociali e le organizzazioni di rappresentanza della società civile, la comprensione del processo di sviluppo della strategia e la possibilità di prendervi parte;

le insufficienti disponibilità di risorse finanziarie limitate non consentono un effettivo ed efficace coinvolgimento della società civile organizzata nella SE2020;

in alcuni Stati membri il coinvolgimento delle parti sociali nel processo di consultazione, previsto nel quadro del semestre europeo, è stato inadeguato.

3.6

Nonostante le procedure accordate a livello di Consiglio europeo, gli innumerevoli programmi di cooperazione attivi all'interno dell'UE e la consapevolezza che le sfide e gli obiettivi definiti nella SE2020 non possono essere affrontati in modo efficace solamente attraverso l'azione di singoli sistemi nazionali, l'attuazione della SE2020 ha sofferto della mancanza di un'effettiva cooperazione e solidarietà tra gli Stati membri.

3.7

Le iniziative faro avrebbero potuto supportare in modo determinante il coordinamento delle politiche europee e nazionali per assistere la realizzazione degli obiettivi della SE2020, per rilanciare la crescita economica e l'occupazione attraverso un più efficace utilizzo delle «leve di sviluppo» e delle opportunità offerte dai fondi strutturali (8), dalla «cooperazione territoriale europea» (9) e dai programmi a gestione diretta. Le iniziative faro dovrebbero poter essere gestite più agevolmente, essere di più facile comprensione, prevedere maggiori interazioni ed evitare le sovrapposizioni.

LE CONCLUSIONI E LE RACCOMANDAZIONI DEL CESE A GARANZIA DI UN REALE PROCESSO DI RIFORMA DELLA STRATEGIA EUROPA 2020

4.   Per un nuovo quadro concettuale della strategia Europa 2020

4.1

L'UE deve affrontare una duplice sfida: da un lato, deve riemergere il più presto possibile dalla crisi i cui effetti hanno colpito — in modo dirompente — il suo sistema economico e sociale, dall'altro deve rafforzare quel modello di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva proposto con la SE2020 per poter aggredire i nodi di carattere strutturale della scarsa competitività del sistema europeo.

4.1.1

È in questo contesto che il CESE ritiene che occorra promuovere un modello di sviluppo all'interno del quale gli SM dell'UE, pur continuando a perseguire riforme strutturali orientate al risanamento e all'affidabilità delle finanze nazionali, riescano a sostenere — nel contempo — l'attuazione di politiche in grado di: promuovere la competitività europea e dei suoi attori principali (lavoratori, imprese private e imprese sociali), favorire la crescita quantitativa e qualitativa degli investimenti europei (materiali, immateriali e sociali), creare maggiori e migliori posti di lavoro, nonché sostenere la coesione sociale e territoriale affrontando le problematiche relative all'elevata disoccupazione e all'aggravamento dei livelli di povertà e di esclusione sociale (10).

4.1.2

In questo quadro risulterà così funzionale: rendere l'Unione economica e monetaria un fattore di stabilità e crescita più solida e resiliente, rafforzare l'attrattiva globale dell'UE in quanto luogo di produzione e investimenti, sfruttare appieno il potenziale del mercato unico in tutte le sue dimensioni, investire e preparare l'economia europea al futuro, promuovere un clima favorevole per l'imprenditorialità e la creazione di posti di lavoro, supportare la sostenibilità ambientale e sostenere il rafforzamento di un sistema di welfare per affrontare i cambiamenti e le problematiche sociali.

4.2

Per il CESE la proposta di riforma radicale nell'attuazione della strategia EU2020 comporta ripensare profondamente concetti e fattori chiave della strategia attuata quattro anni fa riguardanti: il concetto stesso di sviluppo alla base della strategia stessa; l'individuazione degli obiettivi, delle policy per il loro conseguimento e del relativo monitoraggio e valutazione; la definizione di una governance multilivello efficiente ed efficace della strategia; il rafforzamento della partecipazione dei cittadini e delle organizzazioni della società civile.

4.3

Affinché lo sviluppo promosso attraverso la riforma della SE2020 sia realmente «sostenibile», è fondamentale rafforzare il suo approccio olistico integrando gli obiettivi economici con quelli sociali e ambientali. Occorrerà promuovere un approccio atto alla valorizzazione puntuale di ogni forma di capitale nel tempo e nello spazio, assicurando così il soddisfacimento dei bisogni attuali, senza compromettere quello delle generazioni future.

4.3.1

Sarà fondamentale collegare il concetto di sviluppo sostenibile e i conseguenti obiettivi della SE2020 con quanto definito all'articolo 3, paragrafi 1-2-3, del Trattato sull'Unione europea (11), promuovendo la coesione economica, sociale e territoriale attraverso una più forte cooperazione e solidarietà tra gli Stati membri e tramite uno sviluppo sostenibile basato su una crescita economica equilibrata e su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva e maggiormente attenta al benessere dei cittadini, finalizzata alla competitività e alla piena occupazione.

4.3.2

La strategia Europa 2020 deve anche rispecchiare il ruolo dell'UE nel contesto globale. La sua revisione deve collimare con l'agenda per lo sviluppo sostenibile post 2015 delle Nazioni Unite (12) e prevedere la corretta attuazione degli obiettivi globali di sviluppo sostenibile nell'UE e da parte dell'UE.

4.3.3

Per poter lanciare la transizione di lungo termine verso un'economia dell'UE dotata di resilienza, e competitiva, efficiente nell'uso delle risorse e inclusiva, l'UE dovrà estendere il suo orizzonte di pianificazione oltre il 2020. La revisione della strategia Europa 2020, quindi, dovrebbe essere urgentemente accompagnata dall'avvio di un processo partecipativo che porti a una strategia politica integrata per un'Europa sostenibile in un mondo globalizzato, con un orizzonte temporale che arrivi almeno al 2030.

4.4

Coerentemente all'affermarsi di un approccio olistico al concetto di sviluppo sostenibile, nella SE2020 deve essere maggiormente sostenuta la dimensione qualitativa degli obiettivi. Crescere significa aumentare naturalmente di grandezza e implica, quindi, una dimensione quantitativa, mentre sviluppare significa aumentare le proprie qualità e potenzialità. La dimensione qualitativa dello sviluppo si capitalizza con la realizzazione e l'espansione delle peculiarità e delle potenzialità di un sistema socioeconomico.

4.4.1

Gli obiettivi della SE2020 devono essere integrati in modo paritario — e non più subordinati agli obiettivi economici e fiscali — in una nuova architettura della governance economica, ambientale e sociale — in particolare nel semestre europeo — e di conseguenza nell'AGS, nei programmi nazionali di riforma e nelle CSR (country-specific recommendations — raccomandazioni specifiche per paese).

4.4.2

Il CESE insiste sulla necessità di individuare un sistema di misurazione complementare al PIL per misurare l'impatto delle politiche adottate in riferimento alla società, alle famiglie e agli individui (13). In tale contesto sarà necessario attuare il quadro di valutazione sociale e garantirne la reale applicazione nell'ambito del semestre europeo (14).

4.4.3

Secondo tale ottica è fondamentale sviluppare un sistema di monitoraggio basato su indicatori che tengano conto del reddito disponibile delle famiglie, della qualità della vita, della sostenibilità ambientale, della coesione sociale, della salute e del benessere complessivo delle generazioni attuali e future. Per l'attuazione e la gestione del nuovo sistema di monitoraggio il CESE ritiene opportuna l'attivazione di una nuova struttura partecipata dalle istituzioni competenti.

4.5

La SE2020 avrà successo solo se disporrà di una governance multilivello strutturata per poter raccogliere le molteplici sfide che si prospettano e se gli indirizzi generali, concordati a livello europeo, si tradurranno in interventi nazionali e regionali concreti.

4.5.1

È in questo contesto che deve essere rafforzata la governance economica dell'UE in generale e dell'UEM in particolare, integrandola con la SE2020. In tal modo sarà possibile assicurare la messa in opera di quelle riforme di carattere strutturale, attraverso un efficace processo di condivisione e di titolarità, da parte degli SM. Sarà quindi opportuno realizzare una reale cooperazione delle funzioni di guida, condivisione e controllo esercitate dal Consiglio europeo, dal Consiglio Competitività, dalla Commissione e dal Parlamento europeo.

4.5.2

Gli Stati membri devono debitamente tener conto delle «raccomandazioni specifiche per paese» adottate dal Consiglio europeo nell'elaborazione delle strategie annuali definite nei programmi nazionali di riforma e nelle decisioni in materia di bilancio, riforme strutturali, politiche del lavoro e politiche sociali.

4.6

È necessario rafforzare il ruolo della società civile organizzata nelle varie fasi del processo di programmazione e attuazione delle politiche europee. Il raggiungimento degli obiettivi della SE2020 deve essere sostenuto attraverso il rafforzamento del ruolo e del coinvolgimento della società civile nell'«Analisi annuale della crescita», nella definizione dei programmi nazionali di riforma e delle «raccomandazioni specifiche per paese». Un rafforzamento da realizzarsi tramite l'adozione di un calendario del semestre europeo più efficace e tempestivo, in grado di consentire alla società civile organizzata di esprimere valutazioni tempestive nel momento in cui è ancora possibile contribuire efficacemente al processo decisionale. Ciò deve essere assicurato nei tre livelli di governance della strategia: europeo, nazionale e regionale.

5.   Le politiche trasversali e settoriali a supporto della strategia Europa 2020

5.1

Per rendere la SE2020 una leva di competitività e coesione a supporto della crescita economica, sostenibile e inclusiva dell'Europa durante i prossimi 5 anni, il CESE ritiene necessaria l'attuazione di una strategia integrata composta da politiche trasversali (od orizzontali) e politiche settoriali (o verticali).

5.1.1

Le politiche trasversali (od orizzontali) dovranno avere il compito di creare le condizioni per la valorizzazione degli attori principali del rilancio della competitività europea, ossia i lavoratori , le imprese e le imprese dell'economia sociale

5.1.2

Le politiche settoriali (o verticali) dovranno rappresentare i pilastri attraverso i quali garantire l'effettivo rilancio della SE2020 attraverso: il rilancio della politica industriale, l'unificazione della politica energetica, il rafforzamento della ricerca e innovazione , nonché la promozione dei fattori di rafforzamento della competitività del sistema Europa legati al sistema del welfare, alla lotta alla povertà e all'esclusione sociale  (15).

5.2

Le politiche trasversali della nuova SE2020 devono avere come attori di riferimento i lavoratori, le imprese private  (16) e le imprese dell'economia sociale  (17).

5.2.1

Per quanto riguarda le parti sociali, occorre porre al centro delle priorità della SE2020 la creazione di posti di lavoro di qualità quale strumento in grado di fronteggiare la segmentazione crescente nel mercato del lavoro e la disoccupazione.

5.2.1.1

È necessario adeguare i sistemi di istruzione, riqualificazione e formazione continua alle esigenze e agli sviluppi del mercato del lavoro.

5.2.1.2

Occorre promuovere l'educazione all'imprenditorialità e lo sviluppo di nuovi approcci e sistemi di apprendimento, al fine di dotare le persone delle competenze idonee alla valorizzazione del capitale umano.

5.2.1.3

È importante valorizzare e sostenere il ruolo dei servizi pubblici per l'impiego nell'orientamento, inserimento e reinserimento delle persone nel mondo del lavoro.

5.2.1.4

È fondamentale rivolgere maggiore impegno alle politiche volte a supportare l'occupazione, soprattutto in riferimento ai giovani, a chi è uscito dal mercato del lavoro in età avanzata, alle donne e alle persone diversamente abili. È altresì importante porre più attenzione sulle problematiche occupazionali di quelle persone che non rientrano nelle statistiche ufficiali in quanto sono fuori dal mercato del lavoro (soggetti senza casa o senza fissa dimora, Rom, ecc.).

5.2.1.5

È auspicabile la definizione di un nuovo obiettivo all'interno della SE 2020: la riduzione della disoccupazione giovanile del 50 % entro il 2020.

5.2.2

Per quanto riguarda le imprese , con specifico riferimento alle PMI, occorrerà promuovere una moderna cultura imprenditoriale la quale, basata sulle priorità definite dallo Small Business Act  (18) e da «Imprenditorialità 2020» (19), possa assistere le imprese nel trasformare le opportunità, offerte dall'accesso ai finanziamenti europei e dall'innovazione tecnologica, in leve di sviluppo a sostegno della competitività e dell'occupazione.

5.2.2.1

In questo contesto devono essere assicurate le condizioni affinché sia garantito, agli operatori economici, di competere in un mercato dove siano neutralizzate le distorsioni legate all'eccessivo peso burocratico, così come a metodi e pratiche scorrette e non regolamentari.

5.2.2.2

Dovrà, inoltre, essere esaminata la possibilità di promuovere per le PMI (20) forme di assistenza specializzata per alcuni percorsi specifici: start-up, internazionalizzazione; ricorso al mercato dei capitali; ricerca, sviluppo e innovazione.

5.2.3

Le imprese dell'economia sociale sono elementi chiave del modello sociale europeo, in quanto rappresentano, soprattutto a livello locale e regionale, dei motori d'innovazione sociale e dei veicoli per la creazione di occupazione, di crescita sostenibile e di coesione. Esse introducono nuovi e flessibili metodi di fornitura di servizi e d'innovazioni in termini di prodotti, processi e organizzazione.

5.3

L'effettivo rilancio della SE2020 dipenderà dalla valorizzazione che si riuscirà ad imprimere alle seguenti politiche settoriali.

5.3.1

Attraverso il rilancio della politica industriale europea sarà possibile assicurare il miglioramento della competitività del sistema produttivo europeo. L'UE deve tornare a competere in termini di sistema e, per farlo, deve dotarsi di una propria politica industriale. Il settore manifatturiero dovrà tornare ad avere una quota pari al 20 % del PIL (nel 2012 era al 15,3 %).

5.3.1.1

Occorrerà una politica industriale in grado di promuovere:

l'integrazione strategica della catena del valore nei diversi settori: manifatturiero, agro-industria, servizi;

l'affermazione di industrie ad alta (high-tech) e medio-alta tecnologia (medium-high tech) e i servizi ad alta intensità di conoscenza (knowledge intensive services);

lo sviluppo di un mercato europeo che sia in grado di garantire una concorrenza equa per le qualifiche medio-alte e di promuovere la mobilità dei lavoratori e dei liberi professionisti a media ed alta specializzazione, ed i servizi;

interconnessioni funzionali ad alta specializzazione tra il settore pubblico e gli operatori dei servizi ad alta intensità di conoscenza, in modo da migliorare e valorizzare la produttività del settore pubblico;

la capitalizzazione delle opportunità di sviluppo determinate dalla «Green economy» e il sostegno alla transizione ecologica dell'UE verso un modello di produzione e di consumo coerente con il principio di crescita sostenibile (attraverso il collegamento con l'Agenda post-2015 sugli obiettivi di sviluppo sostenibile) (21);

il settore strategico dell'«economia blu» attraverso l'innovazione per trasformare le opportunità di sviluppo legate alle principali «catene del valore» (Blue industry; Blue logistic; Blue tourism; Blue food; Blue energy; Blue resources) in vantaggi economici, ambientali e sociali per le imprese e per i cittadini europei.

5.3.2

È fondamentale promuovere nell'UE una politica energetica comune . Considerate le profonde implicazioni dell'energia per l'economia, una seria politica industriale non può prescindere dalla presenza di principi comuni quali:

l'adeguamento e la riduzione delle differenze dei prezzi dell'energia;

il miglioramento delle condizioni per il commercio interno dell'energia;

la diminuzione della dipendenza energetica dagli Stati terzi;

lo sviluppo delle energie rinnovabili.

5.3.3

Lo sviluppo delle politiche di ricerca e innovazione (R&I), la valorizzazione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), così come la digitalizzazione dell'economia rappresentano dei settori dove sono presenti significative potenzialità per il rilancio della competitività europea. In questi contesti è possibile attuare nuove forme di cooperazione efficienti ed efficaci tra il pubblico ed il privato.

5.3.3.1

In questo ambito il CESE ritiene opportuno:

promuovere agenzie pubbliche, snelle e dinamiche in grado sia di stimolare opportunità di finanziamento a medio e lungo termine, che di garantire il necessario collegamento tra scienza e industria;

intervenire sulla valorizzazione delle TIC, in quanto strumento in grado di promuovere il dinamismo degli operatori economici (le PMI crescono più velocemente quando le adottano);

intensificare il sostegno finanziario per le attività di ricerca, sviluppo e innovazione, e sostenere in tutti gli SM il miglioramento della cooperazione tra università, istituti di ricerca e imprese;

promuovere la digitalizzazione dell'economia, un'opportunità in grado di legare l'interesse privato al vantaggio pubblico, in quanto consente agli imprenditori di sfruttare appieno le opportunità offerte dal mercato e — nello stesso tempo — rende accessibile ai cittadini nuovi prodotti e servizi pubblici digitali.

5.3.4

Per il CESE occorre promuovere quei fattori di rafforzamento della competitività legati al sistema del welfare . L'attuazione di efficaci politiche del welfare può rappresentare un fattore particolarmente importante per il rilancio della competitività dell'UE, assicurando un ambiente all'interno del quale i fattori di rischio, insostenibili a livello individuale (per i cittadini), possono essere neutralizzati attraverso specifiche politiche di welfare. È necessario rafforzare l'impegno volto alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Il CESE ritiene fondamentale sostenere maggiormente l'inclusione delle persone disabili (22) e la dimensione di genere (23), e prevenire le discriminazioni e le forme di esclusione basate sull'origine razziale o etnica, l'età, la religione e l'orientamento sessuale.

5.3.4.1

Alla luce delle proiezioni sull'invecchiamento (24) della popolazione in Europa, è fondamentale mantenere e — se possibile — rafforzare gli impegni assunti in materia di cambiamento demografico. Affinché si concretizzino gli aspetti positivi del cambiamento demografico sia per gli anziani sia per la società in generale, occorre che sia soddisfatta una premessa fondamentale, ossia che i cittadini possano invecchiare in buone condizioni di salute e sicurezza (25).

5.3.4.2

Per il CESE le misure di politica economica dovrebbero essere oggetto di una preventiva valutazione di impatto sociale, in modo da neutralizzare quegli interventi in grado di aumentare i livelli di povertà o di esclusione sociale.

5.3.4.3

Occorrerà, inoltre, promuovere una strategia integrata di inclusione attiva volta a garantire:

un adeguato sostegno al reddito;

un mercato del lavoro inclusivo;

l'accesso a lavori e servizi di qualità, e la promozione dell'innovazione sociale;

la diffusione dell'economia sociale nei settori strategici dei servizi di cura e assistenza alla persona.

5.4

Per il CESE, a sostegno della SE2020 si dovrà promuovere un ambizioso piano di investimenti materiali e immateriali nelle infrastrutture e di investimenti sociali, indirizzati esclusivamente al rilancio della competitività dell'UE (26). Il Consiglio dovrà esprimere il suo accordo sugli stanziamenti supplementari necessari per finanziare tale piano e la Commissione dovrà monitorarne l'efficienza e l'efficacia, vigilando al tempo stesso sulle riforme strutturali specifiche di ciascun paese.

A questo proposito, il CESE ribadisce le proposte formulate in un suo recente parere (27) che, oltre a sottolineare l'importanza degli investimenti pubblici degli Stati membri, raccomandano l'attenuazione, o sospensione temporanea durante la crisi, delle politiche di austerità.

In quest'ottica, il CESE raccomanda di applicare le regole del Patto di stabilità e di crescita, con tutta la flessibilità richiesta dalla situazione economica e sociale.

5.4.1

Gli investimenti infrastrutturali «materiali» dovranno essere orientati su due grandi assi. Il primo sarà quello di garantire la manutenzione, il recupero e l'ammodernamento sia del patrimonio architettonico, storico e abitativo che delle reti di trasporto (ferroviario, stradale e marittimo). Altrettanto importante sarà la manutenzione e la messa in sicurezza dell'assetto idrogeologico e costiero europeo. Il secondo filone riguarderà gli investimenti «immateriali» legati allo sviluppo delle reti tecnologiche dell'informazione e della comunicazione. Il finanziamento di questo piano di investimenti potrà essere assicurato attraverso il coinvolgimento della Banca europea per gli investimenti, l'emissione di obbligazioni europee ad hoc e la rimodulazione del programma finanziario pluriennale 2014-2020 prevista nel 2016.

5.4.2

Gli investimenti sociali dovranno essere in grado di contrastare la povertà e il rischio di esclusione sociale, e favorire la ripresa occupazionale europea. Un piano di investimenti dell'ordine del 2 % del PIL, da escludere dal conteggio del deficit e da sottoporre a un monitoraggio in grado di garantirne le condizioni di efficienza e di efficacia. Piano che potrà essere orientato verso: servizi sanitari; servizi di assistenza e di cura strettamente legati alle dinamiche demografiche degli SM; al rafforzamento del sistema dell'istruzione, della formazione e della riqualificazione professionale; dell'edilizia sociale; ecc. Il finanziamento, oltre ad essere escluso dal conteggio del deficit, potrà essere garantito da un'imposta sulle transazioni finanziare.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Si veda il sito della Commissione europea: http://ec.europa.eu/europe2020/public-consultation/index_en.htm

(2)  CESE (2014) Contributi delle sezioni del CESE, Osservatorio del mercato del lavoro/Osservatorio del mercato unico/Osservatorio dello sviluppo sostenibile/CCMI e gruppo di collegamento — Verso la revisione intermedia della strategia Europa 2020. Comitato direttivo Europa 2020.

(3)  «On average in Europe in 2012 people in the highest (fifth) income quintile earned nearly 40 % of total income, and people in the lowest (first) quintile earned less than 10 %» (In media, nel 2012 in Europa il quintile più alto di reddito ha guadagnato quasi il 40 % del reddito totale, mentre le persone del quintile più basso hanno guadagnato meno del 10 %). Eurostat (2014) Statistics in focus 12/2014.

(4)  Nel presente parere — per esigenze di spazio — non sono riportati tutti i dati statistici di riferimento per la cui lettura si rimanda ai due documenti citati: COM(2014) 130 final — ALLEGATI 1-3.

(5)  Nei 28 SM dell’UE, nel periodo compreso tra il 2007 (ultimo anno prima dell’inizio della crisi) e il 2013 l’indebitamento pubblico è passato dal 58,8 % all'87,1 % con una crescita di 28,3 punti percentuali. Per i 18 SM dell’area dell'euro si è passati dal 66,2 % al 92,6 % con una crescita di 26,4 p.p. Eurostat database: «General government gross debt» (debito pubblico lordo).

(6)  Veugelers, R. (2014) Undercutting the future? European research spending in times of fiscal consolidation (Si sta compromettendo il futuro? La spesa europea per la ricerca in tempi di risanamento di bilancio). Bruegel Policy Contribution. Issue 2014/06.

(7)  Studio commissionato dal Parlamento europeo (2014) — A «traffic light approach» to the implementation of the 2011 and 2012 Country Specific Recommendations (CSRs) (Un approccio «a semaforo» all'attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese del 2011 e 2012). Unità Assistenza alla governance economica.

(8)  Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320.

(9)  Regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259.

(10)  Cfr. il progetto di ricerca all'indirizzo web http://www.foreurope.eu/

(11)  GU C 83 del 30.3.2010.

(12)  http://sustainabledevelopment.un.org/index.php?menu=1561

(13)  GU C 181 del 21.6.2012, pag. 14.

(14)  Potenziare la dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria, COM(2013) 690 provvisorio.

(15)  Per un esame più approfondito degli interventi proposti si rimanda alla lettura di: EESC (2014) op.cit.

(16)  Utilizziamo il termine onnicomprensivo di imprese intendendo sia la figura essenziale dell’imprenditore (autonomo, libero professionista, con dipendenti e sociale) sia per dimensione (micro, piccole medie e grandi).

(17)  L'economia sociale comprende sia le PMI e grande impresa, sia le cooperative, società di mutuo soccorso, associazioni, fondazioni, ONG sociali ecc.

(18)  Commissione europea — Uno Small Business Act per l’Europa — COM(2008) 394 final/2.

(19)  GU C 271 del 19.9.2013, pag. 75.

(20)  Si fa riferimento alla relazione Linee d'azione per rafforzare l'attività delle libere professioni, redatto dal gruppo di lavoro Libere professioni della Commissione europea, che è stata pubblicata il 12 marzo 2014.

(21)  http://www.wfuna.org/post-2015

(22)  Strategia europea sulla disabilità 2010-2020: un rinnovato impegno per un'Europa senza barriere COM(2010) 636 final.

(23)  Strategia per la parità tra le donne e gli uomini COM(2010) 491 final.

(24)  Relazione della Commissione europea del 2012 sull'invecchiamento.

(25)  GU C 51 del 17.2.2011, pag. 55.

(26)  Secondo quanto proposto dall'allora candidato alla presidenza della Commissione europea Jean-Claude Junker negli Orientamenti politici per la prossima Commissione, del 15 luglio 2014, Strasburgo.

(27)  Parere sul tema Completare l'Unione economica e monetaria — Le proposte del Comitato economico e sociale europeo per la prossima legislatura europea (relatori: VAN IERSEL e CEDRONE), non ancora pubblicato in GU.


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/115


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale

[COM(2014) 476 final — 2014/0218 (COD)]

(2015/C 012/18)

Il Consiglio, in data 29 luglio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 194, par. 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale

COM(2014) 476 final — 2014/0218 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 502a sessione plenaria dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 172 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/116


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1343/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativo a talune disposizioni per la pesca nella zona di applicazione dall'accordo CGPM (Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo)

[COM(2014) 457 final — 2014/0213 (COD)]

(2015/C 012/19)

Il Parlamento europeo, in data 17 luglio 2014, e il Consiglio, in data 31 luglio 2014, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43 paragrafo 2 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1343/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativo a talune disposizioni per la pesca nella zona di applicazione dall’accordo CGPM (Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo)

COM(2014) 457 final — 2014/0213 (COD)

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 502a sessione plenaria dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 172 voti favorevoli e 4 astensioni.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


15.1.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 12/117


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi (codificazione)

[COM(2014) 466 final — 2014/0216 (COD)]

(2015/C 012/20)

Il Consiglio, in data 8 settembre 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 192, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi (codificazione)

COM(2014) 466 final — 2014/0216 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 502a sessione plenaria dei giorni 15 e 16 ottobre 2014 (seduta del 15 ottobre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 150 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.

Bruxelles, 15 ottobre 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE