ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 451

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

57° anno
16 dicembre 2014


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

500a sessione plenaria del CESE del 9 e 10 luglio 2014

2014/C 451/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Politica d'immigrazione dell'UE e relazioni con i paesi terzi — (parere esplorativo)

1

2014/C 451/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Completare l'Unione economica e monetaria — Le proposte del Comitato economico e sociale europeo per la prossima legislatura europea — (parere d'iniziativa)

10

2014/C 451/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Finanziamento delle imprese: indagine sui meccanismi di approvvigionamento alternativi — (parere d'iniziativa)

20

2014/C 451/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Società digitale: accesso, istruzione, formazione, occupazione, strumenti per l'uguaglianza — (parere d'iniziativa)

25

2014/C 451/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Attacchi informatici nell'UE — (parere d'iniziativa)

31

2014/C 451/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Rendere più trasparente e aperto il processo di adesione all'Unione europea — (parere d'iniziativa)

39

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

500a sessione plenaria del CESE del 9 e 10 luglio 2014

2014/C 451/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle misure strutturali volte ad accrescere la resilienza degli enti creditizi dell'UE — [COM(2014) 43 final — 2014/0020 (COD)]

45

2014/C 451/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione — Una tabella di marcia per il completamento del mercato unico della consegna dei pacchi — Instaurare un clima di fiducia e incoraggiare le vendite online — [COM(2013) 886 final]

51

2014/C 451/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla segnalazione e la trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli — [COM(2014) 40 final — 2014/0017 (COD)]

59

2014/C 451/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia europea per una maggiore crescita e occupazione nel turismo costiero e marittimo — COM(2014) 86 final

64

2014/C 451/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Sfruttare il potenziale del crowdfunding nell'Unione europea — COM(2014) 172 final

69

2014/C 451/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui dispositivi di protezione individuale — COM(2014) 186 final — 2014/0108 (COD)

76

2014/C 451/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli impianti a fune — COM(2014) 187 final — 2014/0107 (COD)

81

2014/C 451/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2007/36/CE per quanto riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda taluni elementi della relazione sul governo societario — COM(2014) 213 final — 2014/0121 (COD)

87

2014/C 451/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul finanziamento a lungo termine dell'economia europea — [COM(2014) 168 final]

91

2014/C 451/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un'Europa aperta e sicura: come realizzarla — COM(2014) 154 final

96

2014/C 451/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — L’agenda giustizia dell’UE per il 2020: rafforzare la fiducia, la mobilità e la crescita nell’Unione — COM(2014) 144 final

104

2014/C 451/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali — COM(2014) 167 final — 2014/0091 (COD)

109

2014/C 451/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Quadro UE per la qualità nell'anticipazione dei cambiamenti e delle ristrutturazioni — [COM(2013) 882 final]

116

2014/C 451/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Revisione degli orientamenti comunitari concernenti il finanziamento degli aeroporti e gli aiuti pubblici di avviamento concessi alle compagnie aeree operanti su aeroporti regionali — [C(2014) 963 final]

123

2014/C 451/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una nuova strategia forestale dell'Unione europea: per le foreste e il settore forestale — COM(2013) 659 final

127

2014/C 451/22

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un programma Aria pulita per l'Europa [COM(2013) 918 final], alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici e che modifica la direttiva 2003/35/CE [COM(2013) 920 final — 2013/0443 (COD)], alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi [COM(2013) 919 final — 2013/0442 (COD)], alla Proposta di decisione del Consiglio relativa all'accettazione della modifica del protocollo del 1999 della convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, del 1979, per la riduzione dell'acidificazione, dell'eutrofizzazione e dell'ozono troposferico [COM(2013) 917 final]

134

2014/C 451/23

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1308/2013 e il regolamento (UE) n. 1306/2013 per quanto riguarda il finanziamento del regime di aiuti per la distribuzione di ortofrutticoli, banane e latte negli istituti scolastici — COM(2014) 32 final — 2014/0014 (COD)

142

2014/C 451/24

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Governance e politica di Internet — Il ruolo dell'Europa nel forgiare il futuro della governance di Internet — COM(2014) 72 final

145

2014/C 451/25

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Quadro d'azione di Hyogo per il dopo 2015: gestire i rischi per raggiungere la resilienza — COM(2014) 216 final

152

2014/C 451/26

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga la direttiva 93/5/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1993, concernente l'assistenza alla Commissione e la cooperazione degli Stati membri nell'esame scientifico di questioni relative ai prodotti alimentari — COM(2014) 246 final — 2014/0132 (COD)

157

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

500a sessione plenaria del CESE del 9 e 10 luglio 2014

16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Politica d'immigrazione dell'UE e relazioni con i paesi terzi»

(parere esplorativo)

(2014/C 451/01)

Relatore:

GKOFAS

Correlatore:

PARIZA CASTAÑOS

In data 6 dicembre 2013, la presidenza greca dell'UE ha deciso di invitare il Comitato economico e sociale europeo a elaborare, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, un parere esplorativo sul tema:

Politica d'immigrazione dell'UE e relazioni con i paesi terzi.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 12 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 64 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Scopo del presente parere è contribuire ai lavori della presidenza greca dell'Unione europea, ma anche garantire loro una continuità nel corso della presidenza italiana, per far sì che la politica d'immigrazione e asilo dell'UE rafforzi la sua dimensione esterna. L'immigrazione costituisce una questione particolarmente complessa che richiede la collaborazione di molti diretti interessati, ma anche una gestione comune di carattere globale da parte dell'UE a livello sia internazionale che europeo (1).

1.2

L'UE deve cessare di considerare la politica d'immigrazione come una questione quasi esclusivamente interna. Alcuni dei suoi errori derivano proprio da questa concezione sbagliata. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che l'Europa debba gestire l'immigrazione nel quadro di un approccio globale che comprenda sia la dimensione interna che quella esterna: la gestione interna dei flussi migratori e la cooperazione con i paesi terzi rappresentano due componenti della stessa politica perché questa sia efficace.

1.3

Nell'ambito della globalizzazione economica, la sfida della mobilità delle persone va affrontata mediante un approccio olistico. L'immigrazione e la mobilità sono strettamente interdipendenti. Il dialogo internazionale sulla mobilità delle persone e l'immigrazione va esteso anche ad altri aspetti della politica europea, come il commercio, la cooperazione allo sviluppo, i diritti umani e la sicurezza.

1.4

Visto che nessuno Stato membro dell'UE può gestire da solo in modo adeguato l'immigrazione e l'asilo, il Trattato getta le basi di una politica comune che deve essere fondata su una normativa armonizzata. Il principio di solidarietà e di equa ripartizione va rafforzato.

1.5

L'UE deve farsi carico della responsabilità di controllare le frontiere esterne degli Stati membri — che sono le frontiere di tutta l'UE e dello spazio Schengen. Frontex (l'agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'UE) deve trasformarsi in un servizio europeo per la sorveglianza delle frontiere. L'UE deve rafforzare la solidarietà tra gli Stati membri e migliorare la ripartizione delle responsabilità.

1.6

A causa della loro posizione geografica, alcune regioni europee devono affrontare problemi specifici, in quanto rappresentano punti di passaggio per l'immigrazione irregolare e talvolta ricevono un numero di immigrati superiore alla capacità di accoglienza. È necessario che l'UE avvii procedure operative per una migliore ripartizione delle responsabilità, nonché per l'assistenza finanziaria e l'accoglienza dei migranti.

1.7

In un mondo globalizzato l'UE deve collaborare con i paesi terzi e le istituzioni internazionali alla promozione di un quadro normativo internazionale per le migrazioni e la mobilità.

1.8

In questo ambito, il CESE ritiene necessario affrontare la questione dell'immigrazione tenendo conto dei tre fattori che seguono: i paesi di origine, i paesi di transito e i paesi di destinazione (nella fattispecie l'UE) dei migranti; solo così facendo, sarà possibile far fronte con successo ai flussi migratori.

1.9

La politica d'immigrazione e asilo deve essere coordinata in modo migliore con la politica esterna dell'UE. Il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) deve svolgere il ruolo assegnatogli e coprire anche le politiche in materia d'immigrazione, controllo delle frontiere e asilo, allo scopo di rafforzarne la coerenza. Il CESE, che ha contribuito al lavoro della presidenza greca dell'UE, si compiace del fatto che negli orientamenti strategici adottati dal Consiglio europeo il 26 e 27 giugno 2014 figuri la dimensione esterna dell'immigrazione, dell'asilo e della gestione dei confini. Analogamente va rafforzata la funzione del Parlamento europeo in questi ambiti.

1.10

Nel quadro di un approccio globale in materia di migrazione e mobilità (GAMM), l'UE deve giungere ad accordi con i paesi terzi, specialmente con i paesi vicini, i paesi di origine dei migranti e quelli di transito.

1.11

Il CESE propone quindi di rafforzare il dialogo con i paesi terzi e di giungere a nuovi accordi per la mobilità e la migrazione dal contenuto più ampio, come si osserva anche ai punti 1.3 e 5.1.6.

1.12

I partenariati per la mobilità presentano certe limitazioni che vanno superate nei prossimi anni, in quanto non hanno un carattere vincolante per le parti contraenti. Grazie alla loro flessibilità, i partenariati aiutano a stringere accordi politici senza imporre obblighi giuridici, ma vanno — secondo il CESE — convertiti in accordi internazionali di natura vincolante.

1.13

Tra le priorità dei partenariati per la mobilità devono figurare — oltre alla sicurezza, ai rimpatri e alla sorveglianza delle frontiere — gli aspetti connessi alla migrazione economica e alla mobilità, con particolare attenzione per l'organizzazione dell'immigrazione legale, la politica di rilascio dei visti, il riconoscimento delle qualifiche, i diritti di previdenza sociale, nonché il contributo del fenomeno migratorio e della mobilità allo sviluppo.

1.14

Il CESE propone che nei paesi di origine vengano creati uffici dell'UE per la migrazione, gestiti dalla Commissione europea con l'aiuto di funzionari del SEAE, della DG Affari interni e della DG Occupazione, affari sociali e inclusione. Il portale web dell'UE sull'immigrazione è uno strumento valido, ma insufficiente; deve essere disponibile in più lingue e avere un carattere più interattivo.

1.15

È necessario migliorare la cooperazione con i paesi di origine e di transito, prevenire ed evitare l'immigrazione irregolare. È anche necessario ricorrere a campagne informative, nonché lottare efficacemente contro le reti criminali che praticano il traffico illegale o la tratta di migranti. La cooperazione giudiziaria e di polizia è fondamentale per combattere le reti criminali. Mossi dal desiderio di ottenere benefici economici illeciti, i criminali dediti al traffico o alla tratta di esseri umani mettono a rischio la vita e la sicurezza delle persone. I partenariati per la mobilità devono sviluppare nuovi sistemi di cooperazione per il controllo delle frontiere e la collaborazione in materia di rimpatrio assistito.

1.16

Si considerano altrettanto fondamentali l'assistenza finanziaria e i programmi di sviluppo secondo il principio della condizionalità positiva (more for more ), tenendo conto, allo stesso tempo, di diversi fattori legati all'immigrazione — tra cui la politica in materia di rimpatrio e riammissione. Ugualmente importanti sono il rafforzamento della società civile organizzata locale e la sua partecipazione ai partenariati.

1.17

Il CESE, inoltre, è favorevole sia alla cooperazione tra Frontex e Europol per lottare contro la criminalità organizzata, specialmente il traffico e la tratta di migranti, sia a una stretta collaborazione con le organizzazioni internazionali come l'Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM), l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e il Centro internazionale per lo sviluppo delle politiche migratorie (ICMPD). Il CESE sostiene altresì i regolamenti della Commissione europea a favore di una gestione più flessibile del Fondo Asilo, migrazione e integrazione, nonché del Fondo Sicurezza interna, a partire dal 2014.

1.18

A livello dell'UE occorre perseguire, tra l'altro, una politica adeguata e coesa in materia d'immigrazione, basata sulla solidarietà e sull'impegno di tutti gli Stati membri. L'UE deve dotarsi di un'efficace politica dei rientri conforme ai trattati internazionali in materia di rimpatrio e riammissione. Le frontiere dell'UE, comprese le frontiere marittime degli Stati membri che si affacciano sul Mediterraneo, sono frontiere comuni a tutti gli Stati membri dell'UE e la responsabilità di garantirne attivamente la protezione deve essere condivisa da tutti in conformità ai Trattati.

1.19

I diritti degli immigrati irregolari devono essere rispettati in ogni fase, dal salvataggio o accoglienza fino alla concessione dello status di protezione, quando si trovano in una situazione irregolare «senza documenti» o sono rimpatriati. Vanno inoltre creati in tutti gli Stati membri nuovi e migliori centri di permanenza temporanea e di trattenimento per gli immigrati con l'aiuto di tutta l'UE, dando particolare importanza alle condizioni igieniche e all'offerta di assistenza sanitaria, ma anche a un esame più rapido delle domande di asilo o di assistenza sociale. Il CESE ribadisce la propria opposizione alla pratica di trattenere i richiedenti asilo e gli immigrati irregolari in centri di detenzione, soprattutto i minori, specie se non accompagnati, le donne incinte e le persone affette da gravi malattie.

1.20

Il CESE osserva con preoccupazione che in Europa aumentano l'intolleranza, il razzismo e la xenofobia contro gli immigrati; è inoltre allarmato dal deteriorarsi della protezione dei diritti fondamentali che si osserva in alcuni Stati membri.

1.21

Tutti gli organi istituzionali dell'UE hanno insistito sull'importanza dell'immigrazione per l'UE da un punto di vista sia economico che demografico. Si consideri anche la strategia Europa 2020. Come già ribadito dal CESE a più riprese, la politica d'immigrazione dell'UE deve essere proattiva, tutelare i diritti umani, lottare contro le discriminazioni sul posto di lavoro e nella società, nonché mettere a punto l'agenda per l'integrazione.

1.22

L'UE deve dotarsi di un regime comune di asilo basato su una normativa armonizzata. La convenzione di Dublino deve essere sostituita da un sistema improntato a una maggiore solidarietà all'interno dell'UE che tenga conto della volontà dei richiedenti asilo e garantisca una distribuzione più proporzionata delle responsabilità tra gli Stati membri.

1.23

Il nuovo regolamento che istituisce il Fondo Asilo, migrazione e integrazione presta un'attenzione speciale alle situazioni di crisi e di emergenza. Il CESE condivide la proposta della Commissione tesa ad assicurare una capacità di azione flessibile a livello europeo, con risorse finanziarie sufficienti per affrontare le emergenze. A seguito dell'arrivo di numerose persone provenienti dalla Siria e da altre zone di conflitto in Africa è necessario che l'UE agisca, perché queste sono situazioni di emergenza umanitaria.

2.   Introduzione

2.1

La mancanza di una politica europea comune dell'immigrazione, i recenti eventi tragici — che continuano a ripetersi — con perdite di vite umane nelle regioni costiere della Libia, di Malta, della Grecia, dell'Italia e della Spagna, l'afflusso — in costante crescita — di profughi lungo le frontiere della Siria, la complessità del problema e le dimensioni dei flussi migratori hanno messo a dura prova la capacità di reazione, soprattutto dei paesi del Mediterraneo. Per questo, il CESE accoglie con soddisfazione il fatto che i temi dell'immigrazione continuino a figurare tra le priorità dell'Italia, che detiene attualmente la presidenza dell'UE, come è stato durante la presidenza greca uscente.

3.   L'Europa e la gestione internazionale delle migrazioni

3.1

Nel XXI secolo aumenteranno sia la mobilità delle persone che i flussi migratori. Attualmente, soltanto il 3 % della popolazione mondiale vive in un paese diverso da quello in cui è nato, ma la tendenza indica un incremento in futuro dei movimenti (il tasso di crescita annuale è del 3 %). D'altro canto si osserva che i flussi migratori tra i paesi meridionali sono in netto aumento, soprattutto verso i paesi dalle economie emergenti. Parallelamente cresce la mobilità all'interno dell'UE (2) e dello Spazio economico europeo.

3.2

La povertà, la disoccupazione, le tendenze demografiche, l'assenza di opportunità, i conflitti, i disastri ecologici e i cambiamenti climatici rappresentano alcune delle cause che stimolano le migrazioni a livello internazionale.

3.3

Il CESE ha proposto che l'UE, nell'ambito della sua politica estera, promuova un quadro normativo internazionale per le migrazioni e la mobilità che allenti le pressioni sugli Stati membri. Questo quadro normativo internazionale deve comprendere le principali convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e la convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, che non è stata ancora ratificata dagli Stati membri dell'UE (3). Il CESE invita la Commissione europea a elaborare una relazione sulle misure prese ai fini di una rapida ratifica di tale convenzione.

3.4

Il presente parere punta principalmente ad esaminare e illustrare alcuni degli aspetti più importanti del fenomeno dell'immigrazione in generale, come già indicato, al fine di individuare soluzioni che garantiscano una politica d'immigrazione efficace, ma anche rispettosa dei diritti dei migranti.

4.   La dimensione interna: la politica comune d'immigrazione, asilo e integrazione dell'UE

4.1   La politica comune d'immigrazione

4.1.1

Negli ultimi dieci anni l'UE si è dotata gradualmente di un quadro giuridico comune, introducendo ad esempio lo status di «cittadino soggiornante di lungo periodo» o formalizzando il diritto al ricongiungimento familiare. Le condizioni di accoglienza di studenti e ricercatori sono state armonizzate ed è stata istituita la cosiddetta Carta blu per gli immigrati altamente qualificati. È stata inoltre adottata una normativa trasversale — un'unica autorizzazione per i lavoratori migranti di paesi terzi, la direttiva sui lavoratori stagionali e la direttiva per l'ammissione dei lavoratori nei trasferimenti intrasocietari.

È necessario che l'UE dia slancio alla politica comune in materia d'immigrazione per motivi di lavoro e che si doti di un quadro giuridico coerente, olistico, orizzontale, che salvaguardi il rispetto dei diritti dei lavoratori, della parità di trattamento, le esigenze delle imprese nonché l'occupazione legale di tali lavoratori. Si rendono necessarie una legislazione e una cooperazione con i paesi di origine che permettano l'immigrazione attraverso canali legali e trasparenti, sia dei lavoratori altamente qualificati sia di quelli che svolgono attività meno qualificate.

Si rendono necessarie una politica completa e coerente in materia d'immigrazione e asilo, nonché di controllo delle frontiere, e un'armonizzazione legislativa, con la partecipazione attiva degli Stati membri, dei servizi della Commissione europea, del SEAE e degli organismi europei competenti.

4.1.2

Il CESE e la Commissione collaborano strettamente nel quadro delle politiche d'integrazione. Sulla base di alcuni principi fondamentali comuni, l'UE mette a punto un'agenda per l'integrazione che dispone anche di una dotazione finanziaria. Il CESE e la Commissione continueranno a cooperare nelle attività del Foro europeo dell'Integrazione.

4.2   Regime comune di asilo

4.2.1

L'UE si sta dotando di un regime comune di asilo e di una normativa di armonizzazione, ma si è ancora lontani da una situazione adeguata, in quanto gli Stati membri mantengono politiche e normative differenti (4).

4.2.2

Il CESE ha criticato la scarsa solidarietà mostrata dall'UE in materia di asilo, in quanto il 90 % delle richieste di asilo presentate riguardava dieci Stati membri soltanto. In termini relativi, sono gli Stati membri più piccoli — come Malta, Cipro o la Grecia — che subiscono la pressione maggiore.

4.2.3

La convenzione di Dublino definisce lo Stato membro competente per l'esame di ciascuna richiesta di asilo, ma il CESE ritiene che, a causa di tale convenzione, gli Stati membri dell'UE non si mostrino solidali tra loro. Il richiedente asilo dovrebbe poter presentare la sua domanda in qualsiasi Stato membro. Nel medio termine bisognerebbe attribuire nuove competenze all'UE in modo tale che l'esame delle domande di asilo sia di sua competenza e non delle autorità nazionali. In tal modo le domande saranno esaminate più rapidamente e miglioreranno le condizioni di concessione dell'asilo. In breve, la convenzione di Dublino deve essere sostituita da un sistema improntato a una maggiore solidarietà all'interno dell'UE, che tenga conto della volontà dei richiedenti asilo e garantisca una distribuzione più proporzionata delle responsabilità tra gli Stati membri.

4.2.4

Per aiutare gli Stati membri a sviluppare il regime di asilo, è stato creato l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO), che offre anche assistenza tecnica e operativa. L'EASO deve avere mandato di valutare i regimi nazionali di asilo e la loro compatibilità con gli obblighi derivanti dal diritto europeo e internazionale, oltre che con i diritti fondamentali.

4.2.5

Il CESE propone di aumentare i programmi di reinsediamento per trasferire i rifugiati dai territori al di fuori delle frontiere dell'UE e reinsediarli nell'Unione, in cooperazione con i paesi terzi e l'UNHCR.

4.2.6

Il CESE propone inoltre di potenziare i programmi di ricollocazione sul territorio dell'UE, offrendo incentivi finanziari agli Stati membri impegnati in questo senso. Il CESE ricorda che attualmente il livello di solidarietà tra gli Stati membri è alquanto modesto per quanto concerne il reinsediamento e la ricollocazione dei beneficiari di protezione e dei richiedenti asilo.

4.2.7

La ricollocazione dovrebbe avvenire sulla base di un ben definito meccanismo permanente. La Commissione dovrebbe presentare una proposta legislativa in questo senso, che preveda un meccanismo permanente ed efficace di ricollocazione dei richiedenti asilo all'interno dell'UE in base a un criterio europeo di ripartizione quale viene descritto nella relazione del Parlamento europeo sul rafforzamento della solidarietà all'interno dell'UE in materia di asilo (2012/2032 INI). Per garantire a questo meccanismo una funzionalità ottimale, sarebbe bene che la proposta legislativa tenesse tra l'altro conto delle esperienze pratiche acquisite a Malta con il progetto pilota Eurema (5).

4.3   Prevenire l'immigrazione illegale

Il CESE reputa necessario accrescere lo spirito di solidarietà nell'UE. A causa della loro posizione geografica, alcune regioni europee devono affrontare problemi specifici, in quanto rappresentano spesso punti di passaggio per l'immigrazione illegale e a volte ricevono un numero di immigrati superiore alla capacità di accoglienza. È necessario che l'Unione europea avvii procedure di solidarietà a livello finanziario, operativo e di accoglienza, tenendo conto, tra l'altro, delle condizioni economiche e sociali dei singoli Stati membri.

4.3.1

Il legame tra immigrazione e criminalità che emerge in alcuni discorsi politici non corrisponde alla realtà e fomenta atteggiamenti di xenofobia. La maggior parte degli immigrati che si trovano in situazione irregolare è entrata legalmente con un visto di breve durata e prolunga il soggiorno, oppure ha un permesso d'immigrazione temporaneo e non rientra nel suo paese di origine quando il permesso scade.

4.3.2

Molte di queste persone lavorano in condizioni ingiuste — quando non contrarie addirittura al diritto del lavoro — o sono impiegate nell'economia sommersa, vivendo in situazioni di esclusione sociale. Di fronte a simili casi, le organizzazioni della società civile e il CESE si sono schierati a favore di procedure di regolarizzazione degli immigrati irregolari e, in generale, hanno invitato l'UE ad adottare proposte, raccomandazioni e misure per impedire il verificarsi di tali casi.

4.3.3

I diritti degli immigrati irregolari devono essere rispettati in ogni fase, dal salvataggio o dalla detenzione fino alla concessione dello status di protezione o al momento del rimpatrio. La migrazione irregolare via mare comporta spesso la perdita di vite umane. In questo contesto, il CESE evidenzia l'importanza di rispettare in ogni momento i diritti fondamentali della persona.

4.4   Frontiere esterne e visti

4.4.1

L'Unione europea ha bisogno di una politica in materia di frontiere esterne credibile, efficace, legittima e soggetta a controlli democratici. Gli Stati membri che fanno parte dello spazio Schengen non eseguono controlli alle frontiere che condividono. Ciò significa che devono collaborare e ripartire tra loro la responsabilità di gestire le frontiere esterne dell'UE. Il codice frontiere Schengen disciplina l'attraversamento delle frontiere e i relativi controlli, tenendo conto dei requisiti che i cittadini di paesi terzi devono soddisfare per entrare nell'UE e soggiornarvi fino a un massimo di tre mesi. L'UE redige gli elenchi dei paesi i cui cittadini hanno bisogno di un visto di entrata.

4.4.2

Il CESE ritiene che il ruolo di Frontex vada rafforzato in modo da trasformarlo a medio termine in un servizio europeo di protezione delle frontiere, completato da una forza europea di guardie di frontiera. La sua funzione principale consisterebbe nell'applicare le regole comuni previste nel codice frontiere. Il CESE ritiene necessario rafforzare la solidarietà dell'UE nei confronti degli Stati membri, tenendo conto della loro posizione geografica.

4.4.3

La lotta alla tratta e al traffico di esseri umani deve essere combattuta garantendo sempre alle vittime la protezione stabilita dal diritto umanitario internazionale e dalle convenzioni europee in materia di diritti umani. Secondo l'articolo 6, paragrafo 2, del codice frontiere Schengen, «nell'effettuare le verifiche di frontiera, le guardie di frontiera non esercitano verso le persone discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale»; inoltre, secondo l'articolo 13, i cittadini di paesi terzi che siano respinti hanno il diritto di presentare ricorso contro tale decisione.

4.4.4

Il CESE appoggia le proposte della Commissione intese a modificare la legislazione sui visti. La collaborazione con i paesi terzi è fondamentale per la politica dei visti, che in molti casi prevede la reciprocità.

4.5   Rientri

4.5.1

I partenariati per la mobilità dovranno prevedere procedure di rientro basate in via prioritaria sul rimpatrio volontario, associato ai sistemi di sostegno (6). Nel caso in cui, però, si applichino procedure di rimpatrio forzato, è necessario garantire il pieno rispetto dei diritti umani dei soggetti interessati, tenendo conto delle raccomandazioni formulate in materia dal Consiglio d'Europa (7).

4.5.2

La conclusione di accordi con i paesi terzi dovrà basarsi sul principio della condizionalità positiva, la prestazione di assistenza finanziaria e la creazione di programmi di sviluppo per prevenire l'immigrazione illegale.

4.5.3

Il rimpatrio dei migranti entrati nell'UE in modo irregolare va gestito secondo le norme stabilite. A questo proposito è essenziale concludere accordi di rimpatrio con i paesi terzi per garantire il pieno rispetto dei diritti dei migranti che rientrano nel paese di origine.

4.5.4

La Carta dei diritti fondamentali dell'UE vieta espressamente le espulsioni collettive e garantisce che nessuno potrà essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui corre un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti (principio del non respingimento). Eppure diverse ONG hanno denunciato pratiche di espulsione collettiva e di espulsione di immigrati irregolari e di richiedenti asilo verso i paesi nei quali i diritti umani sono violati. Il CESE ricorda che la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) e la Carta contengono disposizioni applicabili a qualunque politica europea in materia d'immigrazione irregolare, con particolare attenzione alla protezione in caso di rimpatrio, espulsione o estradizione.

4.5.5

Secondo l'interpretazione data dalla Corte europea dei diritti dell'uomo all'articolo 3 della CEDU, le persone affette da gravi malattie non potranno essere trattenute né espulse, in quanto bisognose di cure mediche, e lo stesso vale per le donne incinte. Anche la situazione dei minori richiede un'attenzione e protezione specifiche, soprattutto se non sono accompagnati.

4.5.6

Il CESE ribadisce di essere contrario al mantenimento in condizioni di detenzione dei richiedenti asilo e degli immigrati irregolari, dato che il loro trattenimento in centri di detenzione deve costituire in ogni caso una misura eccezionale (8). Il CESE chiede una maggiore trasparenza in relazione ai centri di custodia temporanea sia all'interno che all'esterno dell'UE, e che l'UNHCR sia informato della situazione delle persone che vi si trovano.

5.   La dimensione esterna della politica d'immigrazione e asilo

5.1   L'approccio globale in materia di migrazione e mobilità

5.1.1

Il primo passo in questa direzione è stato compiuto dal Consiglio europeo, che alla fine del 2005 ha adottato l'approccio globale alla migrazione. Per sviluppare la dimensione esterna della politica dell'UE in materia di migrazione sono state lanciate varie iniziative a cura della Commissione.

5.1.2

I partenariati per la mobilità sono lo strumento politico più importante nell'attuazione dell'approccio globale in materia di migrazione e mobilità. La fase pilota della loro applicazione è già stata completata e nel 2009 la Commissione ha effettuato una valutazione politica di tale applicazione (9).

5.1.3

Nella comunicazione Dialogo con i paesi del Sud del Mediterraneo per la migrazione, la mobilità e la sicurezza (COM(2011) 292 final) la Commissione ha raccomandato di individuare nuovi obiettivi per le politiche d'immigrazione e asilo (conflitti e movimenti di popolazioni nel Mediterraneo) istituendo un dialogo per la migrazione, la mobilità e la sicurezza nell'UE. L'UE ha avviato quindi un dialogo con alcuni paesi in particolare.

5.1.4

Sono stati finora completati sei partenariati per la mobilità con i seguenti paesi: Capo Verde (maggio 2008) (10), Moldova (maggio 2008) (11), Georgia (novembre 2009) (12), Armenia (ottobre 2011) (13), Azerbaigian (dicembre 2013) (14) e Marocco (giugno 2013) (15). I negoziati per il partenariato con la Tunisia si sono appena conclusi e la dichiarazione congiunta è stata firmata il 3 marzo 2014. I negoziati con la Giordania — già iniziati — dovrebbero concludersi durante la presidenza greca dell'UE. Saranno inoltre avviati nuovi dialoghi in materia di migrazione, mobilità e sicurezza con altri paesi della sponda meridionale del Mediterraneo, come l'Egitto, la Libia, l'Algeria e il Libano. La dichiarazione sulla migrazione e la mobilità formulata in occasione del vertice UE-Africa (16) si basa su un approccio globale che il CESE appoggia.

5.1.5

Nel 2011, la Commissione ha pubblicato una valutazione dell'approccio globale in materia di migrazione e mobilità (denominato GAMM, dall’inglese Global Approach to Migration and Mobility) (17), nella quale invita l'UE a rafforzare la sua politica esterna in materia di migrazione e presenta un approccio globale rinnovato che dovrà basarsi sui quattro pilastri che seguono: 1) organizzazione e agevolazione della migrazione legale e della mobilità; 2) prevenzione e riduzione della migrazione irregolare e della tratta degli esseri umani; 3) promozione della protezione internazionale e rafforzamento della dimensione esterna della politica di asilo; 4) aumento dell'influsso della migrazione e della mobilità sullo sviluppo.

5.1.6

I partenariati per la mobilità presentano tuttavia alcuni limiti che, secondo il CESE, vanno superati entro i prossimi anni. Dal punto di vista giuridico, essi sono uno strumento di soft law (non vincolante). Sono dichiarazioni congiunte adottate dall'UE, da un gruppo di Stati membri interessati e da un paese terzo, ma non hanno alcun carattere vincolante per le parti. La loro flessibilità è di aiuto nel raggiungere accordi politici, ma non nell'assunzione di responsabilità giuridiche. Come il CESE ha già rilevato, i partenariati per la mobilità (18) dovrebbero diventare accordi internazionali vincolanti per le parti contraenti.

5.1.7

Tali partenariati devono sviluppare in modo più completo ed equilibrato gli aspetti della mobilità e della migrazione inserendoli tra le loro priorità, che finora erano essenzialmente la sicurezza, il rimpatrio, la riammissione degli immigrati irregolari e la sorveglianza delle frontiere. Nella comunicazione della Commissione dedicata al dialogo si stabilisce che «la maggior mobilità […] dipenderà dal rispetto di un certo numero di condizioni preliminari» da parte dei paesi terzi. Secondo il CESE, l'UE deve offrire ai cittadini di questi paesi opportunità d'immigrazione attraverso procedure legali e trasparenti (19).

5.1.8

Il CESE propone che l'UE offra ai paesi partner l'apertura di canali per facilitare la mobilità delle persone, la concessione dei visti e l'ammissione di nuovi immigrati. Il CESE (20) è favorevole all'inclusione di altri temi nei nuovi accordi, più precisamente:

miglioramento della capacità di riequilibrare l'offerta e la domanda di manodopera;

riconoscimento delle competenze e qualifiche accademiche e professionali;

elaborazione e applicazione di quadri giuridici che permettano di migliorare il trasferimento dei diritti pensionistici;

un accesso migliore alle informazioni sui posti di lavoro vacanti nell'UE;

misure per migliorare la cooperazione in materia di competenze e per riequilibrare l'offerta e la domanda di manodopera, sulla base dei lavori già realizzati dalla Fondazione europea per la formazione.

5.1.9

Creando dei centri per l'immigrazione nei paesi di origine, l'UE rafforzerà la sua presenza in tali paesi, e al contempo vanificherà la disinformazione praticata dai trafficanti incoraggiando, invece, la presentazione di richieste d'immigrazione legale. Particolare importanza dovrà essere attribuita al rafforzamento della società civile locale e, dove questa non esiste, alla sua creazione.

5.1.10

In situazioni di crisi umanitaria che si verificassero in territori di transito a causa di spostamenti massicci, l'UE potrebbe finanziare la creazione di centri per l'immigrazione e di permanenza temporanea, tenendo ancora una volta conto del principio della condizionalità positiva. In collaborazione con l'UNHCR e l'OIM, in questi centri si garantirà la protezione del sistema internazionale di asilo alle persone che ne avessero bisogno.

5.1.11

L'UE dovrà concludere accordi con i paesi di transito dando particolare importanza ai requisiti in materia di diritti umani, ma anche di rimpatrio.

5.1.12

Gli accordi stipulati potrebbero estendersi a una collaborazione con Frontex ed Europol. La lotta alla criminalità organizzata e al traffico di esseri umani costituiscono un elemento fondamentale per prevenire e ridurre i flussi migratori irregolari. Le persone che cadono nelle reti dei trafficanti devono essere considerate vittime innocenti.

5.1.13

Dopo la sciagura di Lampedusa, al termine del Consiglio Giustizia e affari interni (GAI) del 7 e 8 ottobre 2013 è stata istituita la Task Force «Mediterraneo». I lavori della Task Force sono terminati con la pubblicazione della comunicazione della Commissione sull'attività della Task Force «Mediterraneo» (COM(2013) 869 final), in cui vengono esposte linee di azione a breve, medio e lungo termine in cinque settori principali: azioni in cooperazione con i paesi terzi; protezione regionale, reinsediamento e rafforzamento delle possibilità d'immigrazione legale in Europa; lotta contro la tratta, il traffico di esseri umani e la criminalità organizzata; rafforzamento della sorveglianza alle frontiere; assistenza e solidarietà nei confronti degli Stati membri che devono affrontare forti pressioni migratorie.

5.1.14

Per il CESE è essenziale che le azioni a breve termine vengano integrate con misure a lungo termine volte ad affrontare le cause all'origine della migrazione non volontaria.

5.1.15

Il Consiglio europeo del dicembre 2013 ha dato il suo appoggio alle azioni proposte e ha ribadito la necessità di agire con determinazione per scongiurare la perdita di vite umane in mare ed evitare tragedie in futuro. Ha confermato inoltre che la cooperazione con i paesi terzi per prevenire simili fatti rappresenta una priorità.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Cfr. pareri REX/375 e REX/351.

(2)  Cfr. parere SOC/373.

(3)  GU C 191, del 29.6.2012, pagg. 134-141.

(4)  In tema di asilo, l'UE è tenuta a rispettare il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e le convenzioni internazionali.

(5)  Eurema è un progetto pilota dell'UE per la ricollocazione all'interno dell'UE dei beneficiari di protezione internazionale provenienti da Malta, approvato nelle conclusioni del Consiglio europeo del 18 e 19 giugno 2009 (doc. 11225/2/09 CONCL 2).

(6)  In collaborazione con l'OIM.

(7)  Venti orientamenti sul rimpatrio forzato, CM(2005) 40.

(8)  Cfr. il parere del CESE, del 16 luglio 2009, sul tema Norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (relatrice: LE NOUAIL-MARLIERE), adottato nella sessione plenaria del 15 e 16 luglio 2009.

(9)  Commissione europea (2009), Partenariati per la mobilità come strumento dell'approccio globale in materia di migrazione, SEC(2009) 1240, Bruxelles, 18 settembre 2009.

(10)  Consiglio dell'Unione europea, Dichiarazione congiunta su un partenariato per la mobilità tra l'Unione europea e la Repubblica del Capo Verde, 9460/08, Bruxelles, 21 maggio 2008.

(11)  Consiglio dell'Unione europea, Dichiarazione congiunta su un partenariato per la mobilità tra l'Unione europea e la Repubblica Moldova, 9460/08, Bruxelles, 21 maggio 2008.

(12)  Consiglio dell'Unione europea, Dichiarazione congiunta su un partenariato per la mobilità tra l'Unione europea e la Georgia, 16396/09, Bruxelles, 20 novembre 2009.

(13)  Consiglio dell'Unione europea, Dichiarazione congiunta su un partenariato per la mobilità tra l'Unione europea e l'Armenia, 14963/11, Bruxelles, 11 ottobre 2011.

(14)  http://europa.eu/rapid/press-release_IP-13-1215_it.htm, 5 dicembre 2013.

(15)  Consiglio dell'Unione europea, Dichiarazione congiunta che istituisce un partenariato per la mobilità tra il Regno del Marocco e l'Unione europea e i suoi Stati membri, 6139/13, Bruxelles, 3 giugno 2013.

(16)  Vertice UE-Africa, Bruxelles, 2 e 3 aprile 2014.

(17)  Comunicazione della Commissione L'approccio globale in materia di migrazione e mobilità, COM(2011) 743 final, 18 novembre 2011.

(18)  Cfr. parere REX/351.

(19)  Cfr. parere REX/351.

(20)  Cfr. pareri SOC/268 e REX/236.


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/10


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Completare l'Unione economica e monetaria — Le proposte del Comitato economico e sociale europeo per la prossima legislatura europea»

(parere d'iniziativa)

(2014/C 451/02)

Relatori:

M. VAN IERSEL e M. CEDRONE

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 settembre 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Completare l'UEM — Le proposte del Comitato economico e sociale europeo per la prossima legislatura europea.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 maggio 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 195 voti favorevoli, 8 voti contrari e 9 astensioni.

1.   Una tabella di marcia per la prossima legislatura europea

In considerazione delle grandi sfide cui l'Unione economica e monetaria è chiamata a far fronte, il CESE ritiene che:

il fine dell'UEM, in quanto pietra angolare di qualsiasi futuro sviluppo dell'UE, è quello di promuovere la qualità della vita, la prosperità e la stabilità per i cittadini europei. Misure volte a creare fiducia e condizioni favorevoli per l'economia reale sono presupposti essenziali per la crescita, l'occupazione, la competitività e gli investimenti. Aspetti, questi, che mettono in risalto l'importanza dell'UEM sia per gli Stati membri della zona euro che per quelli che non ne fanno parte;

l'imprevedibilità degli sviluppi impone alla zona euro di creare con urgenza le condizioni adeguate, perché, nel contesto globalizzato di oggi, nessun paese europeo è in grado, da solo, di garantire la propria libertà di azione. Ciò ha conseguenze importanti sia per la governance dell'UEM che per le sue politiche;

l'UEM non è un'entità a se stante. Inizialmente era stata concepita come il compimento di uno spazio interno europeo aperto e del mercato unico. Oltre alla disciplina di bilancio, l'Unione europea e gli Stati membri devono definire simultaneamente anche politiche economiche e sociali di accompagnamento per la crescita e l'occupazione, fattori centrali di un risanamento riuscito (1);

per garantire un processo di convergenza tra gli Stati membri in numerosi settori, saranno necessarie profonde riforme delle politiche economiche e strutturali, fino a poco tempo fa considerate in ampia misura di esclusiva competenza nazionale. Alla sfiducia e alle tensioni deve sostituirsi un rafforzamento della fiducia comune. Un'Unione più stretta ha effetti sull'intera società. Occorre garantire il dialogo sociale e il dialogo civile a tutti i livelli.

Alla luce di tali considerazioni, il CESE chiede che la prossima legislatura europea elabori con urgenza una tabella di marcia per affrontare i problemi più pressanti.

A tal fine il CESE propone:

I.

il completamento dell'UEM, sostenuto da una robusta struttura di governance e di gestione della zona euro e basato sui seguenti elementi:

i.

un pilastro monetario e finanziario, che includa l'attuazione da parte dell'UE di una vera Unione bancaria per creare un mercato dei capitali paneuropeo, proteggendo nel contempo i contribuenti dall'assunzione di rischi eccessivi e dalle insolvenze non controllate;

ii.

un pilastro economico, che rispecchi la crescente interdipendenza degli Stati membri a livello sia macro che micro e sia volto a rafforzare il processo decisionale nella politica economica, e quindi a promuovere la crescita, l'occupazione, la competitività, la convergenza e la solidarietà europea;

iii.

un pilastro sociale per tenere adeguatamente conto degli effetti sociali degli adeguamenti economici;

iv.

un pilastro politico, che instauri una maggiore responsabilità e legittimità democratica, al fine di promuovere la credibilità e la fiducia.

II.

il lancio, con urgenza, di un vero piano europeo per la crescita e l'occupazione, basato su un solido programma di investimenti, sorretto dal settore pubblico e da quello privato, che inneschi uno stimolo di bilancio. Si dovrebbero garantire il riequilibrio e la corretta applicazione degli strumenti esistenti, in particolare: il «Six pack», il «Two pack» e il semestre europeo;

III.

la definizione di un calendario e delle modalità per il lancio dell'Europa politica nel suo insieme, anche attraverso un processo di riflessione sul suo assetto istituzionale nel contesto di una nuova Convenzione europea;

IV.

il lancio di una strategia di comunicazione e semplificazione sull'UEM, come il frutto di uno sforzo comune della Commissione, del Parlamento europeo, degli Stati membri e della società civile.

2.   UEM, una pietra angolare

2.1

Il CESE sottolinea che l'impatto di un'UEM completata e riuscita andrà ben al di là di meri accordi in materia di bilancio, moneta e banche; una leadership mirata dovrebbe ispirare i cittadini e gli operatori economici a credere nella missione comune e nel senso di appartenenza all'Europa.

2.2

Il prossimo quinquennio sarà cruciale per consolidare l'architettura ancora fragile dell'UEM. Ma tutto ciò presuppone anzitutto responsabilità (ownership), apertura e trasparenza; servono, quindi, politiche efficaci, da parte degli Stati membri della zona euro, del Consiglio e di tutti gli altri organi dell'UE ed una comunicazione chiara e trasparente senza ambiguità.

2.3

In linea con l'appello formulato da alcuni eminenti politici europei, il CESE vede nell'unione politica un punto di riferimento importante (2). Sulla base di questa posizione, il CESE considera l'Unione politica come una realizzazione finale dell'UEM non solo di per sé, ma anche tenuto conto del più ampio contesto internazionale del mondo globalizzato attuale, che pone in discussione dalle fondamenta l'ordine westfaliano e le capacità di governo dei singoli Stati nazionali.

2.4

Nel mondo globalizzato di oggi, nessun singolo Stato europeo è in grado di sopravvivere autonomamente. Di conseguenza, la sovranità nazionale è meglio garantita nell'ambito di un quadro politico ed economico comune.

2.5

La relazione del Presidente Van Rompuy intitolata Verso un'autentica UEM, e la relativa comunicazione della Commissione, rispettivamente del novembre e dicembre 2012, hanno proposto una tabella di marcia in cui figurano misure concrete che vanno nella stessa direzione. Il CESE è favorevole a questa proposta (3). Il problema principale è che, nonostante i significativi progressi compiuti, la separazione tra la gestione di una moneta comune e la governance economica intergovernativa crea tensioni insormontabili. Il CESE insiste sulla necessità che la relazione Van Rompuy resti la base politica per le iniziative legislative nel prossimo periodo.

2.6

La crisi economica e finanziaria ha colpito in modo particolare l'Eurozona, mettendo in luce i limiti attuali dell'UEM. Così l'euro, invece di essere un elemento di integrazione dell'Europa, è stato percepito da molti come un elemento di divisione tra i paesi e tra la società civile, che mette a rischio il futuro stesso dell'Unione. Questa percezione erronea non tiene conto del fatto che la crisi, le cui origini vanno individuate in larga misura al di fuori dell'Eurozona, sarebbe stata ancor più profonda senza la moneta unica.

2.7

Per il momento gli squilibri e le differenze economiche, esistenti tra gruppi di paesi sin dal 1991 e mai affrontati, costituiscono un freno ai progressi del processo d'integrazione. E stanno persino emergendo pericolose divisioni e tendenze alla rinazionalizzazione.

2.8

Il futuro è impossibile da prevedere. Se è vero che i segnali di ripresa autorizzano un certo ottimismo, tuttavia, anche a causa dell'incompletezza dell'UEM e della frammentazione del mercato finanziario europeo, si stima che, almeno per un certo periodo, i tassi di crescita rimarranno bassi o moderati. Considerati la volatilità dell'economia e i possibili contraccolpi nei prossimi anni, il CESE mette in guardia dall'autocompiacimento su questi elementi.

2.9

In un contesto siffatto, alcune recenti decisioni, tra cui il «Six Pack», il «Two Pack» e l'Unione bancaria, seppur limitate, erano necessarie e urgenti. Tuttavia, questi nuovi meccanismi di governance si ispirano, in larga misura, più alle preoccupazioni riguardanti i bilanci e la stabilità che alle persone, per cui sono rimaste escluse le misure sociali e per la crescita. Inoltre la lunghezza del processo decisionale e la complessità del sistema previsto comportano una resistenza, tacita o esplicita che sia, negli Stati membri e in seno al Consiglio, dovuta alla sfiducia politica ed alla riaffermazione della sovranità nazionale. Questa situazione ha già determinato costi economici e sociali per l'Unione e danneggia la sua immagine a livello internazionale. Costruire la fiducia è quindi fondamentale per superare tali ostacoli.

2.10

Il CESE insiste pertanto su una tabella di marcia convincente per la prossima legislatura europea in cui si definiscano, con scadenze precise, ulteriori tappe, che devono mirare prioritariamente a portare a compimento l'UEM in stretta relazione con gli obiettivi della strategia Europa 2020 e delle sue iniziative guida. Il presente parere propone alcuni elementi essenziali per tale tabella di marcia.

2.11

L'integrazione differenziata all'interno dell'UE, già attuata con successo per diverse politiche, dovrebbe continuare ad essere un principio fondamentale. Molte delle scelte necessarie a completare l'UEM possono essere realizzate a diritto costante e/o con la cooperazione rafforzata, mentre per altre bisognerà ricorrere ad un nuovo Trattato e/o alla modifica di quelli esistenti. Tali decisioni permetterebbero di recuperare i ritardi nel completamento dell'UEM e di attuare una serie di provvedimenti rapidi, senza trascurare le prospettive a lungo termine e in considerazione del fatto che anche l'Eurozona, a livello istituzionale, ha bisogno di vere e proprie riforme strutturali, parallele a quelle da attuare nei singoli paesi.

3.   Primi passi: un vero piano per la crescita e l'occupazione a diritto costante

3.1

Un primo e immediato passo nella tabella di marcia della prossima legislatura europea sarebbe la sottoscrizione e l'attuazione di un vero patto per la crescita, l'occupazione e la stabilità, per stimolare la ripresa e poter pagare il debito (un New Deal europeo). Tale piano dovrebbe consistere almeno dei seguenti punti:

euro-obbligazioni emesse dalla BEI e dal FEI (azione già avviata parzialmente con i «project bond»), senza aumentare il debito dei paesi, per finanziare le PMI e i progetti nei settori delle infrastrutture, della sanità, dell'istruzione, del rinnovamento urbano, dell'ambiente, nonché delle reti transeuropee. Tali azioni mirate della BEI e del FEI costituiranno il segnale di un impegno attivo dell'Europa per migliorare l'ambiente finanziario per gli investimenti privati (4);

investimenti pubblici degli Stati membri, anche nel settore sociale (5), che vadano a integrare gli investimenti pubblici dell'UE mediante un sistema di parametri concordati a livello comune, che, in combinazione con le opportune riforme strutturali, promuoverebbe anche gli investimenti privati (golden rule);

diluizione, o sospensione temporanea durante la crisi, delle politiche di austerità, che sono state tra le cause principali della recessione e della riduzione della domanda e dell'aumento della disoccupazione, e hanno dilatato i tempi della ripresa. In altre parole, occorre garantire il passaggio dalle sole misure di austerità a riforme decise di comune accordo e che consentano una crescita sostenibile, la creazione di posti di lavoro e un aumento della produttività (6);

misure di accompagnamento condivise per la crescita, l'occupazione e gli aspetti sociali devono essere incluse nell'applicazione del «Two pack», del «Six pack» e del Patto di bilancio;

migliore attuazione del Semestre europeo: nella prospettiva dell'unione economica, il processo introdotto quattro anni orsono ha un ruolo indispensabile nel processo di convergenza e di adeguamento delle economie. Pur essendo frutto di un metodo «blando» di coordinamento, esso può produrre dei buoni risultati. Dovrebbe, però, essere applicato correttamente ed essere più trasparente e oggetto di una comunicazione adeguata. Occorre garantire il coinvolgimento e l'impegno delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile, a livello sia europeo che nazionale;

piena conformità ai programmi nazionali di riforma (PNR): la governance è fondamentale. A tal fine sono decisive le modalità di funzionamento delle amministrazioni nazionali, e ove necessario, i miglioramenti richiesti devono essere chiaramente evidenziati. L'attuazione dei PNR, in particolare per quanto riguarda la qualità dell'amministrazione nazionale, dovrebbe essere valutata da tutte le parti interessate e attentamente controllata dalla Commissione;

piena responsabilità degli Stati membri: la procedura del Semestre europeo prevista è ancora troppo tecnocratica, il che ne rallenta e ne complica l'attuazione. I parlamenti nazionali dovrebbero essere pienamente coinvolti in questo processo, al pari delle parti sociali e di altre organizzazioni della società civile (7).

4.   Approfondire e completare l'UEM entro la prossima legislatura

4.1   Il pilastro monetario e finanziario

4.1.1

Per quanto riguarda la politica monetaria, in linea con un rafforzamento della governance macroeconomica nella zona euro, è necessario completare il mandato della BCE, per metterla alla pari con le altre banche centrali extra europee, dei paesi europei fuori dall'UE e dalla zona euro, consentendole, tra l'alto, di agire come prestatore di ultima istanza e come partner a pieno titolo nei consessi internazionali, rispettandone nel contempo la piena autonomia. La BCE dovrebbe avere tutti i poteri necessari per evitare crisi di liquidità in modo tale da favorire gli investimenti (PMI).

4.1.2

Tuttavia, la responsabilità non può ricadere sulla sola BCE. Nell'ottica di un'Unione economica e di bilancio, una piena Unione bancaria è essenziale (8). A causa di un persistente legame tra i governi e le banche, gli Stati membri sono ancora riluttanti a creare le condizioni politiche ed economiche necessarie, col risultato di rinviare le decisioni più appropriate ed efficaci (9). Ciò ostacola inoltre un'efficace supervisione della BCE sull'intero settore bancario, che dovrebbe contrastare la frammentazione del mercato finanziario, tagliare i legami inopportuni tra la politica nazionale e le banche e creare le condizioni per favorire le fusioni transfrontaliere tra banche.

4.1.3

Nel corso dei negoziati con il Consiglio sull'Unione bancaria, il Parlamento europeo è riuscito a raggiungere un accordo soddisfacente in merito ai progressi verso un Meccanismo di risoluzione unico e un Fondo di risoluzione unico (10). Il CESE sostiene pienamente il punto di vista del PE. Nel prossimo futuro le decisioni dovrebbero contribuire a unificare il mercato europeo dei capitali, analogamente a quanto avviene negli Stati Uniti.

4.1.4

Un'Unione bancaria completa esige un Meccanismo unico di risoluzione ben strutturato, un Fondo unico di garanzia dei depositi e un Meccanismo europeo di stabilità (MES) che consenta la ricapitalizzazione bancaria diretta (11). Il relativo sistema decisionale deve essere efficiente e garantire la capacità di agire rapidamente. Occorre accelerare il processo di elaborazione e attuazione di questi elementi.

4.1.5

L'Unione bancaria, tuttavia, è di per sé insufficiente a stimolare l'economia e gli investimenti. Per aumentare la capacità di resistenza del settore finanziario europeo alle crisi, l'agenda dell'UE per gli anni a venire deve concentrarsi anche sulla piena attuazione di Basilea III, sul Consiglio per la stabilità finanziaria e su una soluzione per le banche «troppo grandi per fallire» nel rispetto degli accordi globali (G-20).

4.1.6

Il voluminoso pacchetto legislativo in materia di banche e mercati finanziari pubblicato di recente dal commissario Barnier può dare un importante contributo al corretto funzionamento dei mercati finanziari in Europa e alla creazione di un settore bancario stabile e affidabile. Ciò è fondamentale per l'economia reale. Le ultime decisioni adottate dal Consiglio in materia, vanno solo parzialmente nella direzione auspicata.

4.1.7

Un credito adeguato costituisce una priorità fondamentale per la ripresa e la crescita economica e per lo sviluppo. Ciò significa che la legislazione dell'UE deve trovare un equilibrio tra la necessità di garantire rigorose condizioni quadro per il settore bancario e quella di promuovere opportunità sufficienti per la sua attività operativa, in particolare per agevolare gli investimenti, indispensabili per qualsiasi politica di crescita. È ovvio che sono di importanza fondamentale delle disposizioni adeguate a favore delle start-up e delle PMI (12).

4.2   Il pilastro macroeconomico e di bilancio

4.2.1

In quest'ambito, le laboriose discussioni in sede di Consiglio europeo sugli «accordi contrattuali» vincolanti di riforma economica sono tanto significative quanto deludenti (13). Il CESE insiste pertanto affinché la Commissione sviluppi ulteriormente la sua proposta per quanto riguarda tali «accordi contrattuali», che richiedono un proseguimento del dibattito sulla loro forma, sul loro finanziamento e sulla loro legittimità democratica (14).

4.2.2

Partenariati basati su un sistema di accordi contrattuali concordati e sui relativi meccanismi di solidarietà potrebbero contribuire a facilitare e sostenere politiche valide di aggiustamento. Tali dispositivi favorirebbero sia la responsabilizzazione degli Stati membri nell'ambito di un quadro comune, sia le riforme in tutti i settori connessi alla crescita sostenibile, alla competitività e all'occupazione, tutti e tre aspetti che rafforzeranno l'UE nel suo insieme (15). Tale quadro potrebbe contribuire a fornire una risposta dell'UE agli shock asimmetrici subiti dai singoli paesi, il che rappresenterebbe una forma di solidarietà a livello dell'UE.

4.2.3

Partenariati di questo tipo potrebbero promuovere la coesione e la fiducia tra la popolazione, il che è essenziale per superare le preoccupazioni connesse alla sovranità nazionale. Ciò a sua volta contribuirà alla comunanza europea d'interessi, che costituirà una base indispensabile per lo sviluppo di strumenti dell'UE quali il bilancio della zona euro, un fondo europeo di solidarietà e le eurobbligazioni.

4.2.4

La convergenza dei sistemi economici, inclusi i regimi fiscali (16), accompagnata da uno strumento di solidarietà, rappresenta un elemento fondamentale per superare gli squilibri macro e microeconomici esistenti tra i paesi. Nel medio periodo, anche con modifiche ai Trattati, dove necessario, tale strumento dovrà trasformarsi in un vero e proprio meccanismo di compensazione economica per riequilibrare ed integrare le economie dei paesi della zona euro. Nel tempo esso potrebbe entrare a far parte del bilancio comune di tale zona. Anche i fondi strutturali e di coesione potrebbero essere utilizzati in questa prospettiva.

4.2.5

La nuova Commissione, in quanto protagonista di questo processo, dovrà assumersi la responsabilità di formulare proposte legislative, secondo il metodo seguito dal commissario Barnier per la regolamentazione del sistema finanziario, in ambiti in cui il dibattito è finora stato dominato dagli Stati membri, al fine di suscitare discussioni più proficue in sede di Consiglio sulla base di proposte concrete.

4.2.6

Finora questo metodo è stato utilizzato in modo insufficiente dalla Commissione. Alcuni esempi di casi in cui potrebbe essere utilizzato questo metodo sono il coordinamento ex-ante dei piani che prevedono riforme importanti della politica economica, gli «accordi contrattuali» di riforma economica accompagnati da un meccanismo di solidarietà, la creazione di un fondo europeo di rimborso del debito e gli eurotitoli. Quando queste proposte richiedano modifiche del Trattato, la Commissione dovrebbe farlo chiaramente presente agli Stati membri della zona euro.

4.2.7

Un approccio di questo tipo imporrà al Consiglio di prendere posizione sulle proposte della Commissione, evidenzierà in modo chiaro e trasparente le diverse posizioni politiche, e sarà l'unico metodo per superare lo stallo intergovernativo dell'attuale architettura. La Commissione, inoltre, dovrebbe comunicare adeguatamente questi temi ai diversi soggetti interessati, compreso il grande pubblico.

4.2.8

Nel medio termine serve pertanto una governance economica per l'Eurozona (necessaria sin dai tempi di Maastricht) per quanto riguarda le politiche macro e microeconomiche, che passi dell'attuale metodo del coordinamento, che finora ha prodotto scarsi risultati, a quello della decisione comune sui «fondamentali» di tali politiche. La zona euro non può permettersi di continuare ad avere la stessa moneta e politiche economiche separate; tali politiche vanno perciò integrate, in modo da facilitare, tra l'altro, il lavoro della BCE.

4.2.9

Un meccanismo redistributivo da utilizzare in caso di shock asimmetrici: il principio di responsabilità, non solo degli Stati, ma anche dei cittadini, non può essere separato da quello di solidarietà. Dovrebbero quindi essere adottate misure concrete per un periodo limitato per i gruppi più vulnerabili della popolazione. È una responsabilità che coinvolge tutti i cittadini e tutti i paesi.

4.2.10

Analogamente, occorre intraprendere una marcia di avvicinamento verso un adeguato bilancio proprio dell'Eurozona, con regole decise congiuntamente, l'unico modo per avanzare verso una politica fiscale comune e l'assorbimento di eventuali «shock» che si dovessero verificare in futuro. Se ne può prevedere il finanziamento, ad es. attraverso un'imposta ad hoc, un'imposta sulle transazioni finanziarie (a condizione che sia estesa a tutta l'Eurozona), una «carbon tax» o un prelievo temporaneo sulle eccedenze delle bilance dei pagamenti che superino il 6 % e, infine, con emissioni di obbligazioni comuni.

4.2.11

Il debito sovrano: si dovrebbe realizzare un meccanismo che, senza eliminare la responsabilità dei paesi sul debito, lo sottraesse alla speculazione finanziaria. Il debito nazionale, convertito progressivamente fino ad una quota massima del 60 % (come proposto dal CESE (17)) o per la parte eccedente il 60 % (secondo la proposta di Debt Redemption Fund avanzata dalla Commissione (18)), potrebbe essere detenuto in un conto di debito consolidato e l'onere del servizio di tale debito potrebbe essere assunto pro rata dai vari Stati membri. In alternativa, si potrebbe istituire un fondo temporaneo di eurotitoli attraverso un Trattato intergovernativo che consentisse l'emissione di strumenti di debito a breve termine per la zona euro e contribuisse così a eliminare il rischio di una crisi di liquidità per i paesi che ne fanno parte. Sulla base delle conclusioni del suo gruppo di esperti, istituito con il mandato specifico di analizzare i vantaggi e i rischi delle diverse opzioni per l'emissione congiunta di debito, la Commissione dovrebbe ora presentare una proposta concreta in merito agli strumenti da utilizzare e alla relativa tempistica.

4.3   Il pilastro microeconomico

4.3.1

Anche le politiche microeconomiche devono essere oggetto di grande attenzione, in particolare la politica industriale e quelle settoriali, vitali per la crescita dell'economia europea, dove non si può continuare a procedere in ordine sparso. Occorre, perciò, mettere in comune alcune politiche (e le relative procedure decisionali) che incidono indirettamente sui bilanci nazionali per arrivare a una visione condivisa e ad azioni comuni della Commissione e degli Stati membri, per quanto riguarda in particolare:

il completamento del mercato unico;

la creazione di condizioni favorevoli per indurre le imprese a rimanere o a venire in Europa, in particolare eliminando la frammentazione del mercato;

una politica industriale comune (19), che rafforzi le basi dei risultati economici esistenti, innovativi e sostenibili in tutto il continente;

una politica comune dell'energia, di cui si sente fortemente la mancanza e che è fondamentale per garantire condizioni economiche eque e stabili nell'UE;

progetti infrastrutturali e politiche dei trasporti comuni di ampio respiro per migliorare la connettività;

la convergenza dell'imposizione fiscale sulle società;

i servizi, compresi i servizi alle imprese;

il mercato del lavoro e la mobilità dei lavoratori;

la politica della ricerca.

4.4   Il pilastro sociale

4.4.1

Il CESE insiste sulla necessità di introdurre misure concrete riguardanti la dimensione sociale dell'UEM (20). Il livello dell'occupazione giovanile rimane dolorosamente basso. Di concerto con gli Stati membri, la nuova Commissione dovrebbe assumersi la responsabilità di migliorare le condizioni di vita:

sostenendo la creazione di posti di lavoro e le nuove imprese;

proponendo adeguamenti delle politiche dell'istruzione a tutti i livelli in tutta Europa e, ove appropriato, delle politiche sanitarie;

creando le condizioni adatte alla mobilità transfrontaliera dei lavoratori;

varando proposte in ambito fiscale volte a facilitare la creazione di posti di lavoro;

formulando proposte volte a difendere i diritti dei consumatori;

garantendo la parità di genere;

realizzando investimenti sociali (21).

4.4.2

Occorre garantire un dialogo sociale adeguato a tutti i livelli, il che significa superare gli ostacoli che oggi impediscono consultazioni efficaci negli e tra gli Stati membri. L'UE dovrebbe contribuire fortemente a mettere in contatto i soggetti interessati di diversi paesi per discutere delle pratiche più efficaci ed elaborare piani volti a migliorare le condizioni per la creazione di posti di lavoro.

4.4.3

Per essere pienamente realizzata l'Unione, e in particolare l'Eurozona, non potrà continuare ad ignorare le conseguenze sociali delle politiche economiche attualmente in atto, lasciandole a totale carico dei singoli Stati. Sia per gli interventi economici che per quelli sociali occorrerà tener conto non solo dei parametri del Patto di stabilità, ma di una gamma più ampia di parametri macroeconomici (ad es. tasso di disoccupazione, tasso di crescita, bilancia dei pagamenti, tasso di occupazione, di povertà, distribuzione del reddito e della ricchezza, ecc.). È impossibile garantire la stabilità dell'UEM senza alcun meccanismo sociale per l'Eurozona, che possa far fronte alle conseguenze di gravi recessioni economiche e/o di severi squilibri. Alcune di queste misure possono richiedere modifiche del Trattato. Esse potrebbero comprendere, a medio termine:

la creazione di un sistema comune di assicurazione contro la disoccupazione, complementare ai sistemi nazionali, eventualmente legata alla creazione di regole comuni per il mercato del lavoro dell'Eurozona ed alla mobilità della manodopera;

l'assegnazione di un reddito minimo per alcune fasce di persone al di sotto della soglia di povertà e la creazione di regole comuni per la previdenza e l'assistenza.

4.4.4

Inoltre nell'interesse dei cittadini occorre condividere altre politiche che ne favoriscano il senso di appartenenza e ne facilitino la mobilità, come:

il riconoscimento reciproco delle qualifiche e dei diplomi;

la qualità e la fornitura di beni pubblici comuni e servizi nell'Eurozona per garantirne la continuità, in particolare nei periodi di crisi, ecc.

4.5   Il pilastro politico

4.5.1

Un programma di questa portata potrà essere realizzato soltanto garantendo al processo decisionale la necessaria legittimità democratica. Pur nel pieno rispetto dei notevoli progressi compiuti negli ultimi anni, il CESE reputa che, nel prossimo mandato, un balzo in avanti sarà possibile soltanto dedicando un'attenzione particolare ad aspetti quali la responsabilità, la legittimità, la democrazia e la comunicazione.

4.5.2

Oggi in Europa è in corso un dibattito sempre più aspro sulla misura che dovrà avere l'approfondimento del processo di integrazione. Al livello dell'UE i partiti politici devono ancora definire chiaramente le loro opzioni, in modo da promuovere i punti di vista dei diversi gruppi politici nel Parlamento europeo (PE) e contribuire ad accrescere la propria visibilità. Elezioni europee transnazionali con la partecipazione di formazioni politiche transfrontaliere consentirebbero di rafforzare e agevolare in misura notevole il dibattito europeo.

4.5.3

La corresponsabilizzazione e la necessità del sostegno dell'opinione pubblica esigono un impegno molto maggiore dei parlamenti nazionali nel dibattito europeo. Le proposte legislative dell'UE ed i PNR devono essere oggetto di adeguate discussioni nei vari parlamenti. Si dovrebbero prevedere consultazioni interattive sulle questioni strategiche tra il PE e i parlamenti nazionali, il che condurrebbe anche al rafforzamento delle dinamiche tra questi ultimi.

4.5.4

Nel presentare le proposte e le misure legislative, la Commissione deve applicare nel modo più efficace possibile il metodo comunitario, anche nei casi di competenze concorrenti con gli Stati membri. Come già in passato, un atteggiamento proattivo e coraggioso darà i suoi frutti.

4.5.5

Su richiesta dei parlamenti e/o della società civile, si dovrebbe invitare la Commissione a partecipare ai dibattiti nazionali sulle questioni europee.

4.5.6

Il Consiglio europeo e i Consigli, in particolare l'Ecofin, sono organi decisionali fondamentali ed essenziali per la responsabilità e la legittimità. È quindi necessaria maggiore trasparenza, in quanto ciò risponde alle esigenze democratiche.

4.5.7

I membri del Consiglio, che rappresentano gli interessi nazionali oltre a essere co-decisori a livello europeo, spesso parlano lingue diverse in patria e a Bruxelles, col risultato di creare notevole confusione e di ostacolare il consenso a entrambi i livelli. Questa ambivalenza non è accettabile. Gli Stati membri dovrebbero concordare e sostenere i messaggi politici comuni a tutti i livelli decisionali.

4.5.8

Gli Stati membri sono sia soggetti che oggetti nell'architettura dell'UEM. Una convergenza verso la metodologia europea pur con il mantenimento delle procedure amministrative nazionali è possibile, ma richiederà notevoli adeguamenti in numerosi paesi. Prassi politiche e amministrative affidabili risulteranno essenziali per costruire la fiducia.

4.5.9

Il Comitato sottolinea che anche la società civile dovrà svolgere il suo ruolo, spesso sottovalutato, nella futura architettura dell'UE e di una zona euro più integrata. Vi sono molti ambiti nei quali i progressi dipendono in parte o in tutto dagli attori non governativi. Occorre coinvolgere pienamente la società civile. In troppi paesi essa è ancora tenuta ai margini, mentre deve avere gli strumenti necessari per poter influire sui responsabili istituzionali. La società civile dovrà assumersi le sue responsabilità e partecipare al processo decisionale dell'UE per allargare la sua base democratica. Senza il suo coinvolgimento attivo l'UEM non potrà mai essere realizzata compiutamente.

4.5.10

Per le parti sociali in particolare sarebbe assai utile esaminare i risultati di un modello consensuale negli Stati membri, fortemente appoggiato dal CESE. È inoltre raccomandabile lo scambio di buone pratiche.

4.5.11

Secondo il CESE è apparso evidente che le regole attuali non sono adeguate e non hanno funzionato come ci si attendeva, e che l'azione intergovernativa non è stata e non è all'altezza delle sfide che l'UEM deve affrontare. Né possiamo illuderci che, con l'affievolirsi della crisi, i meccanismi di stabilizzazione messi in piedi in tutta fretta, sotto l'infuriare della bufera, siano sufficienti a farci progredire e ad evitare altre crisi.

4.5.12

L'unico modo per evitare il ripetersi di situazioni simili è quello di cambiare le regole di funzionamento ed il processo decisionale dell'Eurozona, per renderlo più trasparente e democratico:

designare un organo responsabile dell'euro che possa parlare con una voce unica, attraverso l'istituzionalizzazione dell'Eurogruppo. Per una migliore governance della zona euro, l'Eurogruppo dovrebbe essere in grado di prendere decisioni rapide ed intervenire in caso di crisi,. Ciò renderebbe più democratico e trasparente il processo decisionale, a partire dall'abolizione del diritto di veto;

prevedere un meccanismo redistributivo e/o un vero bilancio dell'Eurozona, come indicato ai punti 4.2.9 e 4.2.10, attraverso un processo per passaggi progressivi, per garantire la fornitura dei beni pubblici ai cittadini, la ripartizione più equa delle risorse per sostenere i processi di riforma, per ridurre gli squilibri tra gli Stati, con la possibilità di una politica fiscale comune ecc.;

avere una presenza unica negli organismi internazionali;

le azioni di questo organo di governo vanno sostenute e votate dai membri del PE appartenenti all'Eurozona (Euro-parlamento), aperto anche agli altri membri, ma senza diritto di voto.

5.   Nel lungo periodo: lanciare l'Europa politica nel suo insieme

5.1

Oltre al completamento dell'UEM così come delineato, entro la prossima legislatura, sarebbe opportuno dare il via a una seria riflessione sull'approfondimento dell'insieme dell'UE e sul funzionamento dei suoi organi istituzionali, oltre a scegliere delle politiche che dovrebbero diventare comuni. A giudizio del CESE, la riflessione dovrebbe riguardare gli aspetti descritti qui di seguito.

5.2

Sottoporre l'operato della Commissione all'approvazione del PE, che potrebbe anche condividere il diritto d'iniziativa. Il PE potrebbe essere eletto su liste politiche europee dei partiti europei.

5.3

Al fine di promuovere la visibilità, la legittimità democratica e la divisione dei poteri, andrebbe abolita la diarchia tra presidente del Consiglio europeo e presidente della Commissione, che sarebbe eletto dal PE o direttamente dai cittadini, a condizione di cambiare anche il suo ruolo. L'attuale Consiglio potrebbe diventare «il senato degli Stati», con regole nuove di funzionamento.

5.4

Per quanto riguarda le politiche su cui l'UE dovrebbe essere titolare e/o contitolare ed avere capacità decisionale, si potrebbero includere la Politica estera ed il ruolo internazionale dell'Unione, compresa la presenza unica negli organismi internazionali, la politica di difesa (opzionale), la politica energetica, la politica della ricerca, la politica di asilo e immigrazione, il rispetto degli standard e dei diritti, con capacità di intervento sugli Stati trasgressori, così come avviene per le questioni economiche e le regole di bilancio.

5.5

Il nuovo assetto istituzionale, che non può essere realizzato soltanto attraverso la cooperazione rafforzata, e il ruolo del Parlamento, del Consiglio, della Commissione, del CESE e del CdR, potrebbero essere definiti da una nuova Convenzione che dovrebbe finire i lavori prima del 2019, data delle elezioni europee successive a quelle del 2014.

6.   Comunicazione e semplificazione

6.1

Ai fini del ripristino di un clima di fiducia, una comunicazione efficace è indispensabile. Il CESE è convinto che la migliore comunicazione sia assicurata mediante politiche e pratiche efficaci che presentino una prospettiva di lungo termine per l'intera società europea.

6.2

È necessario promuovere e migliorare la comunicazione verso il pubblico. La comunicazione genera interesse, e questo a sua volta genera comprensione. Si tratta di un aspetto di cui non si è tenuto conto, un anello mancante del quale sono responsabili la Commissione e gli Stati membri. Occorre utilizzare l'intera gamma dei media sociali esistenti.

6.3

L'UEM e gli aspetti ad essa correlati sono stati spesso presentati come una questione puramente tecnica, mentre si tratta di materie fondamentalmente politiche, che incidono fortemente sulla vita quotidiana di tutti i cittadini. Eppure su queste materie si discute raramente, e ancor meno si comunica, il che spiega abbondantemente anche l'enorme divario che separa l'UE dai comuni cittadini.

6.4

La diversità delle tradizioni e situazioni rende ogni giorno dolorosamente evidente la mancanza di una «lingua comune dell'UEM», il che a volte è fonte di grande confusione e nuoce al sostegno dell'opinione pubblica. A giudizio del CESE, la Commissione è la sola autorità in grado di proporre una soluzione, stante il suo diritto d'iniziativa nel processo legislativo dell'UE. Questo aspetto deve essere visto nella prospettiva di una Commissione e di un PE più «politici» di prima.

6.5

In quanto soggetti corresponsabili, la società civile e le parti sociali devono svolgere il loro ruolo nella comunicazione, ruolo che fino ad ora è in molti casi insufficiente. La società civile e le parti sociali dovrebbero trasmettere alle autorità le preoccupazioni dei cittadini e delle imprese e collaborare per dar loro una risposta. Lo scambio di opinioni dovrebbe funzionare nei due sensi.

6.6

L'Europa non deve più dare l'impressione di essere una torre d'avorio, come pensa gran parte dell'opinione pubblica. Occorre spiegare chiaramente ai cittadini i benefici dell'integrazione europea, i passi avanti concreti e i vantaggi che ne derivano, in particolare per gli investimenti, la creazione di posti di lavoro e i consumatori. La cosiddetta «nuova narrazione per l'Europa» dovrebbe iniziare da una strategia condivisa di comunicazione e semplificazione della Commissione e degli Stati membri, che sono soggetti essenziali accanto ai partiti politici e alla società civile.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Cfr. il parere del CESE ECO/336 sul tema Politiche economiche — Stati membri dell'area dell'euro, relatore: DELAPINA, punto 1.6 (GU C 133 del 9.5.2013).

(2)  Cfr. i discorsi pronunciati da Wolfgang Schäuble il 3 ottobre 2011 nella Paulskirche (Chiesa di S. Paolo) a Francoforte sul Meno e il 17 maggio 2012 nel ricevere il Karlspreis (premio Carlo Magno), e il discorso pronunciato da Giorgio Napolitano al Parlamento europeo il 3 febbraio 2014.

(3)  Cfr. il parere del CESE ECO/340 sul tema Un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita, relatore: CEDRONE (GU C 271 del 19.9.2013).

(4)  Cfr. i pareri del CESE ECO/307 sul tema Rilanciare la crescita, ECO/334 (GU C 143 del 22.5.2012) sul tema Dove va l’euro? (GU C 271 del 19.9.2013) ed ECO/340 sul tema Un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita (GU C 271 del 19.9.2013), relatore: CEDRONE.

(5)  Cfr. il parere del CESE SOC/496 sul tema L'impatto degli investimenti sociali, relatore: GREIF (non ancora pubblicato in GU).

(6)  Cfr. il parere del CESE ECO/336 sul tema Politiche economiche — Stati membri dell'area dell'euro, relatore: DELAPINA (GU C 133 del 9.5.2013).

(7)  Cfr. il parere del CESE EUR/006 in merito alla Comunicazione della Commissione — Analisi annuale della crescita 2014, relatrice generale: PICHENOT (non ancora pubblicato in GU).

(8)  Cfr. il parere del CESE ECO/339 in merito al Pacchetto sull'Unione bancaria, relatore generale: TRIAS PINTÓ, (GU C 11 del 15.1.2013).

(9)  Cfr. le conclusioni del Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013.

(10)  Cfr. l’accordo sul meccanismo di risoluzione unico raggiunto tra il Consiglio e il PE il 20 marzo 2014.

(11)  Cfr. i pareri del CESE ECO/333 sul tema Risanamento e risoluzione delle crisi degli enti creditizi, relatrice: ROUSSENOVA (GU C 44 del 15.2.2013) e ECO/350 sul tema Meccanismo unico di risoluzione delle crisi, relatore: MAREELS (GU C 67 del 6.3.2014).

(12)  Cfr. i pareri del CESE ECO/347 sul tema Il finanziamento a lungo termine — settore dei servizi finanziari, relatore: SMYTH (GU C 327 del 12.11.2013) ed ECO/365 sul tema Finanziamento a lungo termine — Seguito del Libro verde, relatore: SMYTH, correlatore: FARRUGIA (non ancora pubblicato in GU).

(13)  Cfr. le conclusioni del Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013.

(14)  Cfr. il parere del CESE ECO/348 sul tema Strumento di convergenza e competitività/Grandi riforme di politica economica, relatore: CROUGHAN (GU C 271 del 19.9.2013) e parere del CESE EUR/006 sul tema Analisi annuale della crescita 2014, relatrice: PICHENOT (non ancora pubblicato in GU).

(15)  Cfr. anche il discorso dello stesso tenore pronunciato dal presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem al seminario dell'OCSE The Euro Area at the crossroads («La zona euro a un crocevia»), svoltosi a Bruxelles il 17 febbraio 2014.

(16)  Cfr. il parere del CESE ECO/336 sul tema Politiche economiche — Stati membri dell'area dell'euro, relatore: DELAPINA. Anche altri aspetti fiscali pertinenti dovranno progressivamente essere presi in considerazione.

(17)  Cfr. il parere del CESE ECO/307 sul tema Rilanciare la crescita, relatore: CEDRONE (GU C 143 del 22.5.2012).

(18)  Cfr. COM(2012) 777 final/2.

(19)  Cfr. il parere del CESE CCMI/108 sul tema Politica industriale (revisione), relatore: VAN IERSEL, correlatore: GIBELLIERI, (GU C 327 del 12.11.2013).

(20)  Cfr. il parere d’iniziativa del CESE SOC/494, sul tema Rafforzare la dimensione sociale dell’Unione economica e monetaria, relatore generale: DASSIS (GU C 67 del 6.3.2013).

(21)  Ciò include anche far uscire le persone dalla povertà. Cfr. a questo proposito il parere del CESE SOC/496 sul tema L'impatto degli investimenti sociali, relatore: GREIF (non ancora pubblicato in GU).


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/20


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Finanziamento delle imprese: indagine sui meccanismi di approvvigionamento alternativi»

(parere d'iniziativa)

(2014/C 451/03)

Relatore:

M. SMYTH

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 22 gennaio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Finanziamento delle imprese: indagine sui meccanismi di approvvigionamento alternativi.

(parere d'iniziativa).

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 17 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 141 voti favorevoli e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Dopo oltre sei anni di sconvolgimenti economici e finanziari, i normali canali di finanziamento delle imprese, e in particolare delle PMI, sono tuttora parzialmente bloccati. Le banche, che per le PMI costituiscono tradizionalmente la principale fonte di finanziamento, sono meno disposte a prestare. Ciò è dovuto a una serie di fattori come la riduzione in corso del livello di indebitamento, i più elevati coefficienti patrimoniali e di liquidità, gli accantonamenti al fondo svalutazione crediti e l'avversione al rischio. Questa frammentazione dei mercati finanziari e dei canali di finanziamento è stata una delle maggiori costanti della crisi finanziaria in Europa.

1.2

Il declino dei crediti alle PMI destinati a finanziare il capitale di esercizio è una forma di disfunzione cronica del mercato che richiede una risposta adeguata da parte dei responsabili politici dell'UE. La risposta apportata finora non è stata all'altezza del problema.

1.3

L'iniziativa LTRO (1) della Banca centrale europea (BCE) è riuscita a scongiurare il crollo del sistema bancario, ma per la maggior parte i fondi da essa liberati non sono pervenuti all'economia reale, bensì sono stati utilizzati per consolidare i bilanci delle banche. Essa rappresenta un'opportunità mancata, dal momento che le imprese continuano a mancare disperatamente di capitale di esercizio.

1.4

La Banca europea per gli investimenti (BEI), che è stata molto attiva nel sostenere le PMI in tutta Europa, è stata ricapitalizzata in misura sostanziale e ha incrementato la sua attività di prestito alle PMI. Il sostegno alle PMI rappresenta la principale priorità politica del gruppo BEI, pari a oltre il 20 % del volume annuo dei prestiti della BEI e al 100 % delle attività del Fondo europeo per gli investimenti (FEI). Sebbene la BEI svolga un ruolo significativo nel fornire alle PMI capitale di sviluppo, la sua quota sull'ammontare totale dei prestiti alle imprese dell'eurozona rimane modesta.

1.5

Il CESE ha espresso sostegno per il Libro verde sul finanziamento a lungo termine dell'economia pubblicato l'anno scorso (2) e seguito recentemente dalla pubblicazione di un pacchetto di misure (3) intese a promuovere il finanziamento a lungo termine in generale e quello delle PMI in particolare. Nel pacchetto sono comprese misure per stimolare il ricorso alla cartolarizzazione dei prestiti alle PMI. La Commissione propone altresì nuove regole per incoraggiare i fondi pensione a investire in attività finanziarie e sostenere così il finanziamento della crescita a più lungo termine dell'economia reale (4). Propone inoltre di creare un mercato secondario liquido e trasparente per le obbligazioni societarie e di altro tipo. Il CESE accoglie favorevolmente queste proposte e ritiene che con il tempo esse possano contribuire a riformare e rendere più efficiente il mercato dei finanziamenti alle piccole e medie imprese.

1.6

Sono poi in corso varie altre iniziative per eliminare gli ostacoli a una più precisa valutazione del merito di credito e del rischio da parte dei prestatori. Tra queste, un maggior ricorso ad archivi digitali, con l'introduzione di informazioni standardizzate per i registri di imprese, gli uffici statistici, per la valutazione del merito di credito da parte delle banche e di altri prestatori, e, con il tempo, la creazione di un registro europeo centrale del credito. Delle informazioni di migliore qualità e più aggiornate sui risultati finanziari delle PMI dovrebbero consentire ai prestatori di valutare meglio il rischio e di determinarne più adeguatamente il prezzo.

1.7

Si stanno inoltre adottando o esaminando numerose altre proposte per migliorare l'accesso delle PMI al finanziamento. Il CESE appoggia questa risposta più proattiva da parte dei responsabili politici, ma è dell'avviso che per attuare le misure previste ci vorrà del tempo. Il problema rimane quello di cosa fare nell'immediato e nel breve periodo per migliorare l'accesso delle PMI al finanziamento.

1.8

Una soluzione uniforme potrebbe non essere adatta a tutti gli Stati membri, alcuni dei quali hanno sviluppato soluzioni consone alle loro strutture finanziarie e alla loro regolamentazione nazionale in materia. Una delle iniziative più interessanti è la Funding for Lending (FLS) del Regno Unito (5), che negli ultimi due anni ha ottenuto ottimi risultati nell'incrementare i prestiti ipotecari e i prestiti alle famiglie e che ora viene utilizzata esclusivamente per rafforzare il prestito alle PMI. Il meccanismo incentiva le banche partecipanti a incrementare il prestito netto alle PMI riducendo il costo dei fondi. I suoi fautori sostengono che in assenza di tale iniziativa i prestiti alle imprese sarebbero molto inferiori.

1.9

Il CESE ravvisa nell'FLS un esempio di buona pratica e raccomanda che la BCE consideri seriamente l'ipotesi di introdurre un'iniziativa analoga nell'eurozona. Il 5 giugno 2014 la BCE ha annunciato una serie di misure a favore della liquidità per stimolare i prestiti delle banche alle PMI (6). Il CESE prende atto con compiacimento che la proposta della BCE denominata Operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT) presenta analogie con l'FLS come esposto nel presente parere. È anche opportuno osservare che i lavori del CESE risultanti in questo parere hanno anticipato l'evoluzione del pensiero di chi elabora la strategia politica.

2.   La crisi dell'attività di prestito alle imprese in Europa

2.1

Il dibattito sui prestiti alle imprese e sul loro finanziamento si è tendenzialmente concentrato sull'offerta e sulla domanda di capitale di sviluppo o d'investimento, specialmente per quanto riguarda le PMI. I prestatori tendono a sottolineare la scarsità di nuovi progetti e conseguentemente anche della domanda di finanziamenti per attività di sviluppo. I rappresentanti delle PMI e delle imprese a media capitalizzazione, dal canto loro, spesso si lamentano sia dell'offerta sia del costo dei finanziamenti per lo sviluppo, sostenendo che il prezzo richiesto dalle banche per il rischio legato al finanziamento è eccessivo. Entrambe le affermazioni potrebbero contenere una parte di verità. In ogni caso, lo stock dei prestiti alle imprese, sia grandi che piccole, è, nel migliore dei casi, rimasto stazionario e, nel peggiore, diminuito drasticamente negli Stati membri dell'UE.

2.2

Il presente parere non ha per oggetto il capitale di sviluppo né i finanziamenti destinati alle nuove imprese o start-up o all'innovazione. Esso affronta piuttosto la questione dell'accesso al capitale di esercizio — lo scoperto di conto e le linee di credito, che costituiscono la linfa vitale della maggior parte delle imprese. Se è difficile individuare con esattezza le tendenze di questo tipo di prestito a causa della mancanza di dati specifici, dai dati della BCE sui prestiti alle imprese non finanziarie emerge tuttavia una generale tendenza negativa negli ultimi quattro-cinque anni. Soltanto negli ultimi mesi si comincia a intravvedere qualche segno di ripresa.

2.3

Uno degli aspetti più duraturi della crisi economica e finanziaria degli ultimi sei anni è il forte declino dei finanziamenti alle imprese. Le banche europee si sono dovute impegnare a fondo per ridurre la loro esposizione ai crediti deteriorati e non esigibili. Di conseguenza, la normale offerta di capitale d'esercizio per le imprese, in particolare per le piccole e microimprese, è diminuita sia in termini nominali che reali. Questa diminuzione del prestito alle imprese potrebbe essere descritta come una forma cronica di disfunzione del mercato. Inoltre, la frammentazione dei mercati finanziari europei si è tradotta in una struttura di tassi di interesse a due livelli, per cui alcune imprese, quelle italiane e spagnole ad esempio, si vedono addebitare tassi molto più elevati di analoghe imprese tedesche o britanniche. Finora, la risposta dei responsabili politici dell'UE non è stata all'altezza del problema e vi sono elementi per affermare che gli effetti della più severa regolamentazione bancaria adottata a livello dell'UE e internazionale potrebbero aver aggravato il problema del credito alle imprese rendendo le banche più avverse al rischio.

3.   La risposta dei responsabili politici

3.1

Per i responsabili politici dell'UE le conseguenze della crisi finanziaria e il suo impatto sull'economia reale sono stati difficili da affrontare. La fragilità del sistema bancario dell'UE è diventata un forte vincolo per la ripresa economica. Per contribuire a rimediare a questa fragilità, nel 2012-2013 la BCE ha intrapreso un'iniziativa senza precedenti intesa a consentire alle banche dell'UE di accedere, a costo relativamente basso, a oltre mille miliardi di EUR. Questa iniziativa, denominata operazione di rifinanziamento a lungo termine (LTRO), è stata la risposta alla minaccia di gelo finanziario o di crollo del sistema bancario in un contesto in cui le banche affrontavano il difficile compito di rimettere in sesto i loro bilanci e conformarsi ai più severi coefficienti patrimoniali imposti dalla regolamentazione Se l'iniziativa è riuscita a scongiurare il crollo, va detto tuttavia che la maggior parte dei fondi da essa resi disponibili non è pervenuta all'economia reale, bensì è stata utilizzata per consolidare i bilanci delle banche. Da un certo punto di vista, questo risultato era prevedibile e comprensibile. Per la maggior parte delle banche europee, infatti, la priorità era ed è tuttora quella di sopravvivere. Da un altro punto di vista, tuttavia, si tratta di un'opportunità perduta, dal momento che le imprese continuano a mancare disperatamente di capitale di esercizio.

3.2

Nel marzo 2013 la BEI è stata ricapitalizzata in misura sostanziale. Il capitale versato è stato aumentato grazie a un'iniezione di liquidità pari a 10 miliardi di EUR da parte degli azionisti. La BEI prevede di essere in grado di aumentare i suoi già consistenti prestiti alle PMI di un massimo di 40 miliardi di EUR nei prossimi tre o quattro anni. La ricapitalizzazione ha consentito alla BEI di aumentare il prestito alle PMI. Il sostegno alle PMI rappresenta la principale priorità politica per il gruppo BEI, pari a oltre il 20 % del volume annuo di prestito della BEI e al 100 % delle attività del FEI. I prestiti della BEI alle PMI vengono però tendenzialmente utilizzati come capitale di sviluppo e per il finanziamento dell'innovazione e di nuovi progetti. Si pensa che la BEI stia considerando l'ipotesi di fornire finanziamenti da utilizzare come capitale di esercizio e sarà interessante conoscere l'esito delle deliberazioni in corso. Sebbene la BEI svolga un ruolo significativo nel fornire alle PMI capitale di sviluppo, la sua quota sul totale dei prestiti alle imprese nell'eurozona rimane modesta.

3.3

Nel Regno Unito e negli Stati Uniti, le autorità monetarie hanno fatto ricorso ad alcune misure poco ortodosse, come ad esempio l'accomodamento monetario (quantitative easing), per fornire liquidità al sistema bancario. Questa politica, che comporta l'acquisto di quantità molto elevate di obbligazioni sovrane e societarie da parte delle banche centrali e l'immissione di moneta nel sistema bancario, ha contribuito in entrambi i paesi a scongiurare il congelamento dei mercati monetari e del meccanismo di trasmissione monetaria. Vi sono elementi per affermare che negli USA il programma di accomodamento monetario ha contribuito ad aumentare i crediti e i finanziamenti a disposizione dell'economia reale. Le autorità monetarie americane stanno ora valutando l'ipotesi di ridurlo progressivamente mano a mano che la ripresa economica si consolida. Le indicazioni prospettiche della Banca d'Inghilterra suggeriscono che anche il Regno Unito metterà fine a questa politica di accomodamento monetario una volta che la ripresa economica si sarà consolidata.

3.4

Nel marzo 2013 la Commissione ha pubblicato il Libro verde sul finanziamento a lungo termine dell'economia (7), seguito recentemente da un pacchetto di misure per promuovere il finanziamento a lungo termine in generale e quello delle PMI in particolare (8). Il fulcro di questo pacchetto sono le misure per incoraggiare l'uso di titoli garantiti da attività sottostanti (asset backed securities — ABS) che rappresentano la cartolarizzazione di prestiti alle PMI. Un più vasto ricorso alle ABS renderebbe le banche e altre istituzioni finanziarie più libere di espandere il volume di prestiti alle imprese. La Commissione propone altresì nuove regole per incoraggiare i fondi pensione a investire in attività finanziarie come le ABS e sostenere così il finanziamento della crescita a più lungo termine dell'economia reale (9). Propone inoltre di creare un mercato secondario liquido e trasparente per le obbligazioni societarie e di migliorare l'attrattiva delle obbligazioni garantite e del collocamento privato. La Commissione ha pubblicato anche una comunicazione sul finanziamento collettivo (crowd funding) (10) che punta a promuovere le migliori pratiche in questo settore, seguire lo sviluppo dei mercati e facilitare la creazione di un marchio del crowd-funding di qualità.

3.5

In questo contesto, vale la pena citare numerose altre iniziative. Gli ostacoli ad una valutazione più precisa del merito di credito e del rischio da parte dei prestatori sono generalmente legati al costo di informazioni finanziarie pertinenti e alla loro mancanza. Per ridurre questi ostacoli l'Istituto per la finanza internazionale (IIF) propone una serie di misure: tra queste, un maggior ricorso ad archivi digitali con l'introduzione di informazioni standardizzate per i registri di imprese, gli uffici statistici, per la valutazione del merito di credito da parte delle banche e di altri prestatori. Questi archivi nazionali di dati sul rischio creditizio dovrebbero essere fusi con la European Data Warehouse per arrivare ad un registro europeo centrale del credito. L'IIF chiede che vengano stabiliti standard su scala europea per la raccolta e la comunicazione delle informazioni così da rendere possibili analisi incrociate tra società e paesi diversi. Delle informazioni di migliore qualità e più aggiornate sui risultati finanziari delle PMI dovrebbero consentire ai prestatori di valutare meglio il rischio e di determinarne più adeguatamente il prezzo.

3.6

Tra le altre misure per migliorare il flusso dei finanziamenti alle PMI figurano le seguenti:

consentire alle mutue, alle cooperative e agli organismi assicurativi collettivi di prestare alle PMI sostenendole direttamente con fondi pubblici;

abbandonare la preferenza per il finanziamento delle imprese tramite il debito facendo in modo che i finanziamenti rappresentati da capitali freschi siano fiscalmente deducibili;

assegnare alle agenzie di sviluppo regionale un ruolo formale nelle valutazione del rischio prevedendo nel contempo opportuni correttivi per le tendenze pregiudiziali all'ottimismo;

incoraggiare un maggior ricorso all'assicurazione del credito quando questa soluzione sia efficace dal punto di vista dei costi, in modo da assicurare i portafogli di prestiti alle PMI non garantiti, che le banche potrebbero allora vendere agli investitori non bancari;

incentivare gli investitori in fondi propri e in capitale di rischio ad ampliare i loro investimenti nelle PMI e a colmare le lacune nei finanziamenti;

ricorrere agli incentivi fiscali per allargare la base degli investitori nelle PMI e nei fondi per le PMI;

educare le PMI alle possibilità alternative di finanziamento e ai relativi benefici dei meccanismi di finanziamento alternativo;

rafforzare i sistemi di garanzia del credito e condividere le conoscenze e le buone pratiche per contribuire a migliorare i sistemi di garanzia nazionali già in essere;

fare maggior uso dei finanziamenti commerciali, dei prestiti tra imprese, degli strumenti del factoring e del leasing.

Si stanno facendo progressi nell'attuazione di molte delle proposte delineate sopra, ma rimane il problema di che cosa si possa fare nell'immediato e nel breve periodo per migliorare l'accesso delle PMI ai finanziamenti.

4.   Un canale alternativo di finanziamento alle imprese

4.1

Progettare un regime che incoraggi un maggiore accesso ai finanziamenti in tutta l'Unione non è compito facile. Alcuni Stati membri hanno sviluppato soluzioni consone alle loro strutture finanziarie e alla loro regolamentazione nazionale in materia. Un approccio uniforme potrebbe non essere adatto a tutti gli Stati membri. Una delle iniziative più interessanti è la Funding for Lending (FLS) del Regno Unito, che vale la pena esaminare più da vicino.

4.2

Il ministero del Tesoro inglese e la Banca d'Inghilterra hanno introdotto l'FLS nel luglio 2012 allo scopo di aumentare i prestiti all'economia reale (11). Il ministero del Tesoro, in quanto azionista della Banca d'Inghilterra, ha poteri di vigilanza sul funzionamento della FLS. L'iniziativa offre alle banche partecipanti una fonte di finanziamenti a basso costo che dovrebbero permettere loro di aumentare il credito disponibile riducendo i tassi di interesse addebitati. Il meccanismo incentiva le banche ad aumentare i prestiti e così consente loro di utilizzare i fondi aggiuntivi che esso mette a disposizione. Dal suo varo l'FLS ha contribuito a ridurre drasticamente i costi dei finanziamenti bancari, e ciò si è tradotto in un miglioramento delle condizioni del credito. È legittimo affermare che finora l'FLS ha ottenuto i risultati migliori nello stimolare i prestiti alle famiglie e in particolare i prestiti ipotecari. Ha invece ottenuto risultati meno lusinghieri per quanto riguarda i prestiti alle imprese. Per questo motivo, nel novembre 2013 le autorità hanno modificato il meccanismo, che ora punta unicamente a stimolare i prestiti alle PMI.

4.3

L'FLS è un meccanismo concepito per fornire un incentivo commerciale che induca le banche partecipanti ad aumentare il volume di prestito netto (che si ottiene sottraendo i rimborsi dai prestiti lordi). Esso offre fondi scontati a tutte le banche, anche a quelle che stanno riducendo la leva finanziaria. Non è previsto alcun tetto ai fondi cui le banche possono attingere. A titolo di esempio, una banca partecipante che, all'inizio dell'iniziativa, abbia un volume di prestiti alle imprese pari a 100 miliardi di EUR potrà beneficiare di fondi per almeno 5 miliardi di EUR. Se poi questa stessa banca aumenta i suoi prestiti netti alle PMI di un ulteriore miliardo di EUR, essa avrà diritto ad attingere ad altri 5 miliardi di EUR dell'FLS. Questo rapporto di uno a cinque tra prestiti netti alle imprese e fondi dell'FLS utilizzabili, unito al minor costo dei fondi, incentiva fortemente le banche ad aumentare i prestiti (12).

4.4

La Banca di Inghilterra sta monitorando l'FLS riveduto, cui partecipa la maggior parte delle istituzioni finanziarie del Regno Unito. Dato che questa nuova versione, finalizzata esclusivamente a potenziare i prestiti alle imprese, è operativa dal novembre 2013, è probabilmente troppo presto per trarre conclusioni significative quanto alla sua efficacia. Alcune delle maggiori banche del Regno Unito e dell'eurozona hanno continuato a ridurre piuttosto rapidamente il loro livello d'indebitamento, e questo probabilmente spiega in gran parte il calo dei prestiti alle imprese. I difensori dell'FLS sostengono che la situazione creditizia nel Regno Unito sarebbe molto peggiore senza i fondi resi disponibili dall'FLS.

4.5

Il CESE è dell'avviso che sarebbe opportuno attuare un'iniziativa analoga anche nell'eurozona. Un regime simile all'FLS nell'eurozona potrebbe, in un arco di tempo limitato (tre-quattro anni), contribuire a riportare il finanziamento alle imprese a livelli più normali facilitando contemporaneamente il processo in corso di riduzione della leva finanziaria.

4.6

Il 5 giugno 2014, la BCE ha annunciato una serie di misure a favore della liquidità per stimolare i prestiti delle banche alle PMI (13). Il CESE prende atto con compiacimento che la proposta della BCE denominata Operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT) presenta analogie con l'FLS come esposto nel presente parere.

4.7

La maggior parte delle proposte avanzate dalla Commissione per migliorare l'accesso ai finanziamenti per le PMI sono state accolte favorevolmente dal CESE, ma esse si collocano per lo più nel medio o lungo periodo e potrebbero richiedere nuove norme e/o istituzioni, mentre la crisi dei finanziamenti per il capitale d'esercizio delle imprese è un problema immediato e pressante che, a nostro avviso, si va aggravando. Il CESE ritiene che i responsabili politici dell'UE dovrebbero adoperarsi di più per offrire soluzioni a più breve termine, come ad esempio il regime d'incentivazione descritto sopra. Ogni eventuale aumento dei rischi finanziari o reputazionali va soppesato a fronte dei 26 milioni di disoccupati (di cui 5,6 milioni di giovani con meno di 25 anni) presenti nell'UE.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Operazione di rifinanziamento a lungo termine, intesa a fornire alla banche dell'eurozona prestiti a basso tasso di interesse.

(2)  GU C 327 del 12.11.2013, pag. 11.

(3)  COM(2014) 168 final.

(4)  COM(2014) 167 final.

(5)  http://www.bankofengland.co.uk/markets/Pages/FLS/default.aspx

(6)  http://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2014/html/pr140605_2.it.html

(7)  COM(2013) 150/2 final.

(8)  COM(2014) 168 final.

(9)  COM(2014) 167 final.

(10)  COM(2014) 172 final.

(11)  http://www.bankofengland.co.uk/markets/Pages/FLS/default.aspx

(12)  Per una descrizione completa del funzionamento dell'FLS cfr. R. Churm e A, Radia, «The Funding for Lending Scheme»BoE Quarterly Bulletin, 2012 Q4 http://www.bankofengland.co.uk/publications/Documents/quarterlybulletin/qb120401.pdf

(13)  http://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2014/html/pr140605_2.it.html


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/25


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Società digitale: accesso, istruzione, formazione, occupazione, strumenti per l'uguaglianza»

(parere d'iniziativa)

(2014/C 451/04)

Relatrice:

CAÑO AGUILAR

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 22 gennaio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Società digitale: accesso, istruzione, formazione, occupazione, strumenti per l'uguaglianza.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 18 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 128 voti favorevoli, nessun voto contrario e nessuna astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

L'Unione europea deve smettere di essere un semplice utilizzatore degli strumenti digitali per diventare loro ideatore e produttore, e in quest'ottica deve promuovere i talenti. Per questo motivo, è prioritario informare, formare e educare.

1.2

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è del parere che l'accessibilità alla società digitale debba costituire un obiettivo prioritario per l'insieme della società europea. Le politiche portate avanti in questo settore sono insufficienti ad affrontare il divario digitale, che continua ad allargarsi.

1.3

Il CESE ricorda che occorre adottare misure adeguate per garantire l'accesso alla società digitale da parte delle persone con disabilità e pari condizioni per quanto riguarda le nuove tecnologie.

1.4

La società digitale non può rappresentare un ulteriore fattore di esclusione. Il CESE sottolinea in particolare la necessità di adottare politiche adeguate affinché gli anziani non vengano esclusi ma, al contrario, siano pienamente integrati nell'utilizzo delle tecnologie che fanno parte della vita quotidiana delle persone.

1.5

È necessaria un'azione congiunta delle autorità europee e nazionali affinché si rendano disponibili attrezzature e programmi informatici a prezzi più accessibili e rispettosi del multilinguismo.

1.6

La politica europea dell'istruzione deve preparare i cittadini alla vita. Il CESE insiste sul fatto che le organizzazioni professionali del settore dell'istruzione devono essere consultate.

1.7

Secondo il CESE, nel quadro delle possibilità finanziarie degli Stati membri, il sostegno all'istruzione pubblica è fondamentale per raggiungere l'obiettivo dell'uguaglianza.

1.8

Il CESE sottolinea l'importanza delle biblioteche pubbliche nel processo di formazione ed educazione al mondo digitale.

1.9

Il Comitato consiglia di promuovere modelli di innovazione aperta e standard aperti. Occorre evitare misure ingiustificate per la protezione della proprietà intellettuale che possano limitare i processi d'innovazione nell'economia digitale.

1.10

Il CESE suggerisce di seguire le raccomandazioni della European Foundation for Quality in e-Learning (EFQUEL) in materia d'istruzione.

1.11

Il Comitato ribadisce il ruolo importante della formazione professionale e dell'istruzione nella lotta alla crisi economica e a favore della ripresa, e sottolinea il ruolo del Cedefop in questo settore. Propone pertanto di:

mettere l'accento sulla formazione iniziale e permanente del corpo insegnante;

promuovere l'insegnamento delle lingue;

orientare le risorse didattiche aperte verso la formazione professionale.

1.12

L'iniziativa Orizzonte 2020 deve contribuire a rafforzare la posizione europea nel campo della tecnologia digitale, dove le imprese effettuano meno investimenti rispetto alla concorrenza asiatica e statunitense.

1.13

Il CESE considera fondamentale promuovere le piccole e medie imprese (PMI) europee attive nel settore delle tecnologie dell'informazione e comunicazione (TIC), in quanto possono stimolare progetti innovativi che sono vitali per un'industria in costante trasformazione. Le misure fiscali e le maggiori agevolazioni di finanziamento per le PMI implicheranno, inoltre, un grande contributo alla lotta contro la crisi economica.

1.14

Il sostegno alle start-up nel campo della tecnologia digitale può contribuire a potenziare l'industria europea di hardware e software. Il CESE apprezza l'iniziativa di sostenere progetti ad alto rischio nel quadro dell'agenda digitale, ma auspica un maggiore sostegno da parte del sistema finanziario.

1.15

Il CESE propone un insieme di misure volte a incoraggiare la partecipazione delle donne alla società digitale.

2.   Contesto

2.1

Varie decisioni politiche, programmi e iniziative dell'UE si riferiscono all'introduzione delle TIC nel settore dell'istruzione, fra cui:

il programma e-Learning (2004-2006);

il programma per l'apprendimento permanente (2007-2013), in cui la promozione delle TIC nell'istruzione è considerata una priorità trasversale che riguarda i sottoprogrammi Comenius, Erasmus, Grundtvig e Leonardo;

il programma Erasmus + (2014-2020), che s'inserisce nella strategia Europa 2020, nella strategia per l'istruzione e la formazione 2020 e nella strategia Rethinking Education;

la comunicazione sulle nuove tecnologie e le risorse didattiche aperte (Aprire l'istruzione: tecniche innovative di insegnamento e di apprendimento per tutti grazie alle nuove tecnologie e alle risorse didattiche aperte, COM(2013) 654 final).

2.2

L'agenda digitale per l'Europa (2010), strategia centrale dell'Unione per raggiungere gli obiettivi di Orizzonte 2020, comporta diverse azioni, fra cui quelle relative a:

interoperabilità e standard;

Internet superveloce;

e-learning;

accessibilità per le persone con disabilità;

alfabetizzazione, competenze e inclusione digitali.

2.3

Il CESE ha affrontato questi aspetti in diversi pareri (1).

2.4

Il presente parere d'iniziativa affronta alcuni aspetti connessi con l'accesso alla società digitale, l'istruzione, l'uguaglianza e l'occupazione.

3.   Osservazioni generali

3.1   Accesso alla società digitale

3.1.1

Gli strumenti forniti dalle TIC vengono utilizzati sempre di più nella vita delle persone. L'accesso alla società digitale è un diritto e una fonte di opportunità che devono essere colte pienamente.

3.1.2

Il CESE ha più volte sottolineato l'importanza della banda larga per la società e l'economia europee (2), e quindi ne accoglie con favore la generalizzazione via satellite in tutti e 28 gli Stati membri. Restano però numerose cause alla base del divario digitale, aggravate dall'aumento del tasso di povertà, a sua volta accresciuto dalla crisi economica e sociale.

3.1.3

Il divario digitale non si sta colmando, fra l'altro a causa di: istruzione (le persone con un livello di studi elevato hanno tre volte più possibilità di essere utenti di Internet rispetto al 33 % di popolazione meno istruita), età (l'uso della rete è generalizzato fra i giovani ed è quasi universale tra gli studenti, ma molto inferiore fra gli anziani), informazione (principalmente in inglese), differenza tra zone rurali, urbane e insulari, ecc.

3.1.4

In molti casi, le autorità pubbliche incontrano serie difficoltà a finanziare il costo dell'informatica nell'istruzione, dato l'attuale momento di restrizioni di bilancio, che sembrano essere aggravate dal Patto di stabilità. Dei possibili veicoli di finanziamento, uno (l'imposizione di tasse sugli utenti) può nuocere all'accessibilità e all'uguaglianza nel settore dell'istruzione.

3.1.5

L'accessibilità è un diritto umano (3). Va anche ricordato che la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che è parte integrante del Trattato di Lisbona, vieta — agli artt. 20, 21 e 26 — qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla disabilità e riconosce il diritto delle persone con disabilità a beneficiare di misure specifiche. Dal canto suo, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità obbliga gli Stati membri ad adottare misure adeguate per garantire a tali persone l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ivi compresa Internet, alle stesse condizioni degli altri (4).

3.1.6

Dato che le persone con disabilità hanno due volte più probabilità di ritrovarsi disoccupate e che le nuove tecnologie (compreso il web) sono la porta d'accesso alle attività del tempo libero, all'istruzione, alla cultura e a molti altri servizi pubblici e privati, e che servono a promuovere la partecipazione alla democrazia, le TIC accessibili sono il mezzo indispensabile affinché le persone con disabilità possano competere in condizioni di parità su un mercato digitale sempre più vasto e possano integrarsi nella cosiddetta società digitale.

3.1.7

La società digitale non può rappresentare un ulteriore fattore di esclusione. Al contrario, le persone vulnerabili devono trovarvi un mezzo per uscire dall'esclusione.

3.2   Accesso alla società digitale.

3.2.1

La società digitale presuppone una volontà di apertura verso i cambiamenti nelle istituzioni. L'UE deve promuovere sistemi di istruzione e formazione accessibili a tutti, che operino per lo sviluppo delle conoscenze, delle abilità e delle capacità dei cittadini per quanto riguarda un ampio spettro di settori, competenze sociali, civiche e culturali, la capacità di imparare e la creatività, l'innovazione e l'attitudine al lavoro di squadra.

3.2.2

Tutti i responsabili del sistema d'istruzione devono favorire un clima pedagogico all'interno della scuola che favorisca un atteggiamento positivo verso l'innovazione, la qualità e la cooperazione nella pratica pedagogica, nonché una partecipazione attiva di tutti gli studenti al processo di apprendimento, la diffusione delle buone pratiche, la partecipazione civica, le esperienze all'interno della scuola e una cultura della valutazione.

3.2.3

La politica dell'UE nel settore dell'istruzione non è riuscita a stimolare a sufficienza le autorità nazionali competenti in materia affinché integrassero l'uso pedagogico delle TIC nella formazione iniziale dei docenti e negli istituti d'insegnamento, soprattutto quelli di istruzione primaria e secondaria e di formazione professionale. In particolare, gli Stati membri non sono stati incoraggiati nella misura necessaria a realizzare gli investimenti richiesti da un'istruzione moderna, innovatrice e di qualità che si basi sulle TIC.

3.2.4

I ministeri dell'Istruzione devono programmare formazioni specifiche per gli insegnanti e stimolare un ripensamento circa le modalità di apprendimento.

3.2.5

Il CESE sottolinea l'importanza delle biblioteche pubbliche per la formazione e l'educazione al mondo digitale.

3.2.6

Fin dalla più tenera età scolastica, i bambini potrebbero essere avviati attraverso il gioco al funzionamento del computer, e forse alla programmazione, in modo che gli europei cessino il più rapidamente possibile di essere solamente utilizzatori delle TIC, per diventarne creatori e produttori. L'UE conta dei poli di eccellenza nella ricerca (ad es. nel campo dei nanocomponenti elettronici), ma deve andare oltre.

3.2.7

I sistemi d'istruzione europei offrono esempi di insegnamento di elevata qualità fin dalla scuola primaria, nonché nell'ambito della formazione professionale e dell'università. Tuttavia, è necessario modificare i programmi di studio in modo da inserirvi l'uso pedagogico delle TIC e la loro valutazione.

3.2.8

Il CESE consiglia di promuovere modelli di innovazione aperta e standard aperti, e di evitare che misure ingiustificate per la protezione della proprietà intellettuale possano limitare i processi d'innovazione nell'economia digitale.

3.2.9

Il protocollo SPI (Simple Publishing Interface) sviluppato dal Comitato europeo di normazione (CEN) ha l'obiettivo di agevolare la comunicazione fra gli strumenti di produzione dei contenuti e le basi che gestiscono in modo permanente le risorse per l'apprendimento e i metadati.

3.2.10

L'interoperabilità può anche facilitare il ricorso alle tecnologie di assistenza di cui necessitano le persone con disabilità per accedere alle TIC.

3.3   Formazione. Uno strumento per affrontare la crisi economica

3.3.1

L'istruzione e la formazione professionale arricchiscono le persone preparandole alla vita e conferiscono loro le competenze necessarie in una società democratica. Lo sviluppo sociale ed economico dipende fortemente dalla formazione professionale, poiché dà accesso alle competenze e ai punti d'ingresso nel mercato del lavoro. In particolare per le categorie svantaggiate ed emarginate, può contribuire a una vita migliore. La formazione professionale però non è soltanto un ponte fra l'istruzione e l'occupazione, ma ha anche una notevole importanza di per sé stessa. L'Istituto statistico dell'Unesco segnala una correlazione fra lo sviluppo economico e la formazione professionale.

3.3.2

Erasmus Plus è la strategia centrale dell'Unione in questo settore e, come ha osservato il CESE, «dovrebbe essere uno strumento essenziale per aumentare il sostegno all'istruzione e alla formazione, con l'obiettivo di migliorare le competenze dei cittadini, contribuire a ridurre l'elevato livello di disoccupazione giovanile in molti Stati membri». Tuttavia sono gli Stati membri, cui spetta la competenza in questo campo, quelli che devono compiere lo sforzo di dotare la formazione professionale delle risorse necessarie e del prestigio che le compete in quanto parte del sistema d'istruzione.

3.3.3

Il CESE ricorda che i lavori del Cedefop sull'apprendimento permanente e la formazione professionale trattano questioni — come istruzione degli adulti, qualifiche e competenze, convalida e processi di garanzia della qualità — che sono fondamentali per quanti incontrano maggiori difficoltà nell'accesso al mercato del lavoro. È opportuno dotare il Cedefop di maggiori risorse.

3.3.4

Il CESE propone di:

valorizzare l'istruzione professionale;

mettere l'accento sulla formazione iniziale e permanente del corpo insegnante;

promuovere l'insegnamento delle lingue, che risulta fondamentale per la mobilità dei lavoratori;

orientare le risorse didattiche aperte verso la formazione professionale.

3.4   L'economia digitale e l'occupazione

3.4.1

L'UE presenta un tasso di disoccupazione elevato e allo stesso tempo, secondo la Commissione, deve far fronte a breve termine a un fabbisogno di manodopera qualificata per coprire 9 00  000 posti di lavoro nel settore delle TIC.

3.4.2

Le TIC hanno un effetto profondo sull'occupazione, e il successo dell'Agenda digitale dipende dall'esistenza di imprese ad alta tecnologia: nel 2008, le TIC hanno procurato all'UE un valore aggiunto di 574 miliardi di euro, e hanno dato lavoro a 8,3 milioni di persone. Le imprese europee — che sono alle prese con problemi come la frammentazione dei mercati e un'insufficienza di finanziamenti — devono rafforzare la propria posizione nei confronti dei giganti che dominano i mercati mondiali, per la maggioranza imprese del Nord America.

3.4.3

Come ogni evoluzione tecnologica, le TIC provocano degli sconvolgimenti in campo occupazionale. Questo fenomeno deve essere esaminato nell'ottica di creare dei percorsi professionali, di qualifiche, competenze e certificazione, sia per le persone che le TIC escludono dal mondo del lavoro sia per quelle che le TIC aiutano a integrarsi.

3.4.4

La Grande coalizione per la creazione di posti di lavoro nell'economia digitale creata dalla Commissione nel marzo 2013 affronta le questioni principali (formazione e adattamento dei corsi ai posti di lavoro nel settore digitale, mobilità, certificazione, sensibilizzazione, apprendimento e insegnamento innovativi), ma non dispone di un bilancio proprio. Nel quadro dell'Agenda digitale vi sono anche altre iniziative: e-Skills, Employment Package, Opening up Education Initiative, Rethinking Education Strategy, Youth Opportunities Initiative, EU Skills Panorama.

3.4.5

È necessario che in questa coalizione si coinvolga l'industria, ma anche il mondo dell'istruzione, in modo che, grazie allo svolgimento di tirocini nelle imprese, si produca un più stretto collegamento con il settore delle TIC.

3.4.6

Va osservato che in questi programmi non si tiene conto in misura sufficiente delle esigenze specifiche delle persone escluse a causa della loro disabilità, in particolare per quanto riguarda l'acquisizione di competenze digitali (e-skills), l'alfabetizzazione digitale e l'inclusione nel mercato del lavoro digitale.

3.4.7

Anche se le principali compagnie europee di alta tecnologia investono in R&S, lo fanno in proporzione minore rispetto a quelle asiatiche e statunitensi. Il CESE si augura che Orizzonte 2020, con la sua dotazione finanziaria di 78,6 miliardi di euro, contribuisca a rafforzare la posizione europea nei mercati mondiali.

3.4.8

Il CESE considera molto importante la promozione delle PMI europee nel settore delle TIC, dal momento che possono dare impulso a progetti innovativi vitali in un'industria in costante trasformazione. Per contribuire all'uscita dalla crisi occorre fornire soluzioni alle difficoltà di finanziamento di cui soffrono sia le piccole imprese sia i progetti innovativi (start-up) dedicati all'innovazione tecnologica.

3.5   La società dell'era digitale deve essere inclusiva

3.5.1

Attualmente, le donne costituiscono solo il 30 % dei circa 7 milioni di persone che lavorano nelle TIC, e sono sottorappresentate a tutti i livelli, ma soprattutto negli incarichi che comportano poteri decisionali. Le donne presentano una percentuale di istruzione terziaria più elevata rispetto agli uomini, ma continuano ad essere svantaggiate in termini di occupazione, retribuzione, condizioni di lavoro e accesso ai posti di maggiore responsabilità.

3.5.2

Un cambiamento di politica è particolarmente necessario di fronte al calo delle donne che si laureano nel settore delle TIC: attualmente, solo 29 donne su 1  000 con un dottorato hanno ottenuto il titolo nel settore delle TIC, e solo 4 di queste lavorano direttamente in tale settore.

3.5.3

Anche se l'ingresso di più donne nel settore delle TIC potrebbe aumentare il PIL dell'Euro zona di 9 miliardi di euro, diverse ragioni (ad es., tradizioni e stereotipi culturali) spiegano la loro insufficiente partecipazione al settore, il che rappresenta un problema non soltanto europeo, ma mondiale.

3.5.4

Per questo, il Comitato suggerisce di:

approfondire la ricerca per stabilire quali fattori incidano sulla scarsità di donne nel settore delle TIC in generale e sul motivo per cui le donne scelgono meno frequentemente di seguire studi in scienze, matematica e tecnologia;

valutare la possibilità di adottare piani e provvedimenti attivi, con relativa dotazione finanziaria, in materia di parità fra i sessi;

tener conto della situazione delle donne e delle ragazze con disabilità, che sono in genere oggetto di discriminazione rispetto ai ragazzi e agli uomini con disabilità per quanto riguarda l'accesso all'istruzione e all'occupazione, e incontrano anche maggiori difficoltà nell'accedere al mercato del lavoro, il che rende loro difficile condurre una vita indipendente.

individuare modelli e percorsi professionali atti ad attrarre le donne e le ragazze;

ripensare il codice europeo di buone pratiche per le donne e le TIC;

realizzare campagne in grado di ottenere un certo successo sulle reti sociali;

avviare i discenti al funzionamento del computer e alla programmazione molto presto (fin dalla scuola primaria), per favorire la partecipazione delle ragazze al settore delle TIC.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

L'accessibilità deve essere un obiettivo prioritario non solo delle autorità, ma della società nel suo complesso, e per questo impegna tutti i soggetti economici e sociali; finora però le politiche dell'Unione e, in generale, quelle di molti Stati membri si sono rivelate insufficienti.

4.2

Il CESE suggerisce all'Unione e alle autorità nazionali di promuovere azioni congiunte per arrivare a una riduzione sostanziale del costo del materiale informatico — compresa la generalizzazione dell'utilizzo di software gratuito e a codice aperto, come Linux — e per fornire contenuti europei all'informazione e alla conoscenza.

4.3

Una politica adeguata per l'UE nel secolo XXI richiede una mentalità aperta ai cambiamenti. L'obiettivo principale dei sistemi di istruzione e formazione europei non deve essere solo quello di soddisfare le necessità specifiche del mercato del lavoro (aspetto su cui la Commissione europea ha concentrato il grosso della propria politica in materia d'istruzione), ma anche quello di educare alla vita. L'elaborazione delle politiche dell'UE in materia d'istruzione deve tener conto della partecipazione delle organizzazioni europee dei docenti e dei centri d'insegnamento, cosa che attualmente non succede.

4.4

Tenendo presente che gli Stati membri sono soggetti a vincoli di bilancio e che, nel quadro delle istituzioni democratiche, adottano le decisioni che giudicano migliori per i propri cittadini, occorre sottolineare la necessità ineludibile di investire nella pubblica istruzione per raggiungere l'obiettivo della parità di accesso all'istruzione indipendentemente dall'origine sociale degli studenti e dalle risorse finanziarie di cui dispongono.

4.5

La Commissione deve adoperarsi affinché i metadati didattici siano gratuiti e di interesse generale, e non siano sottoposti a brevetti di proprietà da parte di imprese private. Oltre al programma europeo in materia di standardizzazione SPI, occorre sottolineare l'importanza di eContentplus, programma della Commissione relativo ai metadati.

4.6

Per garantire la qualità e l'adeguatezza dell'istruzione e della formazione impartite, i docenti e i centri d'istruzione devono avere il controllo sui contenuti dell'insegnamento. Il CESE considera che si debba rivolgere attenzione alle raccomandazioni formulate dall'EFQUEL in materia di misure legislative, armonizzazione, diritti di proprietà intellettuale, ecc.

4.7

Il Comitato ha già espresso la propria delusione per il drastico taglio del bilancio assegnato all'Agenda digitale per il periodo 2014-2020, che è passato dai 9,2 miliardi di euro inizialmente proposti agli 1,14 miliardi effettivamente approvati.

4.8

Il CESE valuta positivamente il sostegno finanziario stabilito nel quadro di Orizzonte 2020 a favore delle iniziative innovative ad alto rischio promosse dalle PMI. Hanno grande importanza le misure volte a far sì che le PMI e le start-up ottengano maggiori finanziamenti, non solo da parte delle autorità pubbliche, ma anche dei mercati e del sistema finanziario.

4.9

Il CESE raccomanda di inserire la dimensione dell'accessibilità in tutte le iniziative della sfera digitale, assicurandosi che i programmi di e-learning, le TIC, i materiali e gli strumenti (online e offline) siano accessibili alle persone con disabilità e a tutte le persone vulnerabili. Inoltre, occorrerà rivolgere un'attenzione particolare all'inclusione delle persone con disabilità nei nuovi posti di lavoro creati dalle TIC che l'UE intende coprire.

Bruxelles, 10 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU 271 del 19.9.2013, pag. 127; GU C 318 del 29.10.2011, pag. 9; GU C 214 dell'8.7.2014, pag. 31.

(2)  GU C 67 del 6.3.2014, pag. 137.

(3)  GU C 177 dell'11.6.2014, pag. 15.

(4)  GU C 271 del 19.9.2013, pag. 116.


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/31


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Attacchi informatici nell'UE

(parere d'iniziativa)

(2014/C 451/05)

Relatore:

McDONOGH

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 27 febbraio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Attacchi informatici nell'UE.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 18 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 135 voti favorevoli, 1 voto contrario e nessuna astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) auspica la creazione di un'autorità europea per la sicurezza informatica — sul modello dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA), l'autorità centrale per il settore dell'aviazione — che sia in grado di ricoprire il forte ruolo guida necessario a livello dell'UE per affrontare il complesso lavoro di attuazione di una strategia europea efficace in materia di sicurezza informatica.

1.2

Cittadini informati e responsabilizzati sono un fattore chiave per un elevato livello di sicurezza informatica in Europa. Educare i cittadini alla sicurezza informatica personale, compresa la protezione dei dati personali, dovrebbe essere una componente fondamentale tanto dei programmi scolastici quanto di quelli di formazione sul luogo di lavoro. Inoltre, l'UE dovrebbe promuovere su tutto il suo territorio programmi e campagne d'informazione riguardo a questi temi rivolti al grande pubblico.

1.3

La normativa dovrebbe imporre alle imprese un approccio proattivo alla protezione dagli attacchi informatici, anche attraverso il ricorso a tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) sicure e resilienti nonché alla formazione del personale sulle politiche di sicurezza informatica, analogamente a quanto già avviene sui temi della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro.

1.4

Ciascuno Stato membro dovrebbe istituire un ente incaricato di informare, educare e sostenere il settore delle piccole e medie imprese (PMI) sulle questioni delle buone pratiche nel campo della sicurezza informatica. Le grandi società possono facilmente reperire le conoscenze di cui hanno bisogno, mentre le PMI devono essere sostenute.

1.5

Si dovrebbe ampliare il mandato dell'Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione (ENISA), dotandola inoltre dei fondi necessari affinché essa possa farsi più direttamente carico di programmi di educazione e di sensibilizzazione alla sicurezza informatica destinati ai cittadini e alle PMI.

1.6

La consapevolezza delle responsabilità di aziende e organizzazioni in materia di sicurezza informatica va rafforzata a livello dei loro consigli di amministrazione. I dirigenti di tutti questi enti devono essere espressamente informati delle potenziali responsabilità derivanti per la loro azienda od organizzazione dall'attuazione di strategie o azioni inadeguate nel campo della sicurezza informatica.

1.7

Visto il ruolo fondamentale che ricoprono nell'erogazione di servizi online, a tutti i fornitori di servizi Internet dell'UE incombe la particolare responsabilità di proteggere i loro clienti da attacchi informatici — responsabilità che dovrebbe essere definita e sancita da una normativa europea.

1.8

L'UE dovrebbe inoltre imporre una serie di requisiti e obblighi specifici in materia di sicurezza anche ai fornitori di servizi di cloud computing, in modo da garantire la realizzazione in tempi rapidi delle grandi potenzialità di crescita economica insite nell'espansione dinamica di questa tecnologia (1).

1.9

Il Comitato ritiene che le misure volontarie siano insufficienti e che sia necessario imporre obblighi regolamentari rigorosi agli Stati membri onde garantire l'armonizzazione, la gestione e l'effettiva attuazione della sicurezza informatica a livello europeo Occorre inoltre introdurre una normativa che preveda l'obbligo di notifica di incidenti di rilievo nel campo della sicurezza informatica per tutte le imprese e organizzazioni, e non solo per i fornitori di infrastrutture critiche: questo contribuirebbe a rafforzare la risposta dell'UE alle minacce e a diffondere una maggiore conoscenza e comprensione degli attacchi informatici, in modo da poter mettere a punto strategie di difesa più efficaci.

1.10

Il CESE esorta l'UE ad adottare un approccio basato sulla progettazione nel contrastare i rischi di attacchi informatici, garantendo che l'intera gamma di tecnologie e servizi utilizzati in Europa per l'offerta di connessioni Internet e servizi online sia progettata in modo tale da offrire un livello ottimale di sicurezza informatica. La riflessione sulla progettazione dovrebbe essere incentrata soprattutto sull'interfaccia uomo-macchina.

1.11

Il CESE chiede agli organismi europei di normazione di mettere a punto e divulgare ampiamente solide norme di sicurezza informatica applicabili a qualsiasi tecnologia o servizio di rete TIC, compreso un codice obbligatorio di buone pratiche che garantisca la conformità a standard di eccellenza di tutte le apparecchiature TIC e tutti i servizi Internet venduti ai cittadini europei.

1.12

L'UE deve prendere provvedimenti immediati per garantire che ciascuno Stato membro disponga di una squadra di pronto intervento informatico (CERT) pienamente operativa incaricata di proteggerlo dagli attacchi informatici, tutelando nel contempo l'intera Unione.

1.13

Il CESE sollecita a dotare il Centro europeo per la lotta alla criminalità informatica (EC3) di Europol dei finanziamenti supplementari necessari per svolgere la sua missione e per rafforzare la cooperazione, sia tra le forze di polizia dei paesi UE sia con le forze di polizia di paesi terzi, in modo da accrescere la capacità dell'Europa di arrestare i criminali informatici e di avviare procedimenti giudiziari nei loro confronti.

1.14

Riassumendo, il CESE ritiene che la strategia di sicurezza informatica dell'UE debba ottenere dei risultati in particolare per quanto riguarda i seguenti aspetti: un forte ruolo guida dell'UE; politiche di sicurezza informatica che rafforzino il livello di sicurezza in questo campo pur garantendo il diritto alla riservatezza e altri diritti fondamentali; sensibilizzazione dei cittadini e promozione di approcci proattivi in materia di protezione; una governance globale da parte degli Stati membri; un'azione informata e responsabile delle imprese; un solido partenariato tra governi, settore privato e cittadini; livelli adeguati di investimenti; norme tecniche di qualità e sufficienti investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione; impegno sul piano internazionale. A questo proposito, il Comitato ribadisce le raccomandazioni sulla strategia di sicurezza informatica già formulate in tutta una serie di precedenti pareri (2), e chiede alla Commissione di riservare un seguito alle azioni proposte in quei testi.

2.   Portata dell'analisi del parere

2.1

Oltre un quinto della crescita del PIL nell'UE è dovuto all'economia basata su Internet, e ogni anno 200 milioni di cittadini europei effettuano acquisti online. Dipendiamo da Internet e dalle tecnologie digitali connesse a questo strumento per la continuità di servizi essenziali quali quelli nei settori dell'energia, della sanità, dell'amministrazione e delle finanze. Tuttavia, le infrastrutture e i servizi digitali essenziali — che hanno un ruolo così importante nel nostro quotidiano sul piano sia economico che sociale — sono esposti al rischio crescente di attacchi informatici che minacciano la nostra prosperità e qualità di vita.

2.2

A giudizio del Comitato, la sempre maggiore dipendenza dell'UE da Internet e dalle tecnologie digitali non è accompagnata in misura sufficiente da pratiche e strategie in grado di garantire un livello adeguato di sicurezza informatica in tutto il territorio dell'Unione, tanto oggi quanto in futuro. Il presente parere si propone di evidenziare quelle che, secondo il CESE, sono le lacune della politica di sicurezza informatica dell'UE e di raccomandare delle azioni che la rafforzerebbero in modo da riuscire a ridurre maggiormente i rischi di attacchi informatici.

2.3

Le motivazioni di questo tipo di attacchi coprono uno spettro molto ampio: si va dall'attacco personale, sferrato per compiere una vendetta contro un individuo o una società, allo spionaggio informatico ad opera di governi o alla vera e propria guerra informatica tra Stati. Nell'elaborare il presente parere si è deciso di limitare la portata dell'analisi ai soli attacchi informatici condotti con intenti criminosi, in modo da incentrare le raccomandazioni formulate sui problemi di primario interesse per la maggioranza dei membri del Comitato. In futuro, un altro parere potrà essere dedicato al complesso dibattito politico sugli attacchi informatici lanciati da Stati membri contro singoli cittadini o altri paesi.

2.4

Il presente testo si concentra esclusivamente sugli attacchi realizzati da criminali informatici a fini di lucro, che costituiscono la stragrande maggioranza dei casi. L'adozione di politiche e pratiche in materia di sicurezza informatica volte a lottare efficacemente contro gli attacchi informatici con intenti criminosi serve anche a ridurre i rischi di attacchi con obiettivi politici o dettati da motivi più personali.

2.5

Sebbene l'UE abbia già compiuto significativi passi avanti nel realizzare le azioni previste dal pilastro «Fiducia e sicurezza» dell'Agenda digitale ed abbia messo a punto una strategia di sicurezza informatica ad ampio raggio, comprendente molti degli obiettivi sopra descritti, essa deve tuttavia intensificare la sua azione.

3.   Attacchi e sicurezza sul piano informatico

3.1

Per «attacco informatico» s'intende qualsiasi tipo di azione offensiva diretta a sistemi informatizzati, infrastrutture, reti di computer e/o dispositivi digitali per uso personale (personal digital device) allo scopo di carpire, alterare o distruggere per mezzo di una serie di atti dolosi un obiettivo specifico, che può consistere in denaro, dati o tecnologie dell'informazione.

3.2

I criminali informatici lanciano attacchi di questo tipo per sottrarre denaro o dati, commettere frodi ed estorsioni o svolgere attività di spionaggio illegale. Gli attacchi informatici possono danneggiare reti e servizi essenziali da cui dipendono la salute, la sicurezza e il benessere economico di tutti noi, in particolare le reti della pubblica amministrazione, dei trasporti e dell'energia.

3.3

Oggi la minaccia posta dagli attacchi informatici va di pari passo con la nostra dipendenza crescente da Internet e dalle tecnologie digitali. Secondo una recente relazione di Symantec, nel 2013 il numero complessivo di violazioni dei dati nel mondo è aumentato del 62 %, per un totale di oltre 552 milioni di dati violati, comprendenti in molti casi nominativi personali, date di nascita, codici identificativi rilasciati dalla pubblica amministrazione, dossier medici o informazioni finanziarie. Inoltre, negli ultimi 12 mesi il 38 % degli utenti mobili è stato vittima di attacchi di criminali informatici sui propri dispositivi mobili.

3.4

Gli attacchi informatici possono avere ripercussioni significative sia sulle singole imprese che sull'economia europea nel suo complesso:

secondo una relazione di settore del 2011, le perdite annue registrate a livello mondiale dalle vittime di questi attacchi ammontano all'incirca a 290 miliardi di euro, il che farebbe della criminalità informatica un'attività persino più redditizia del traffico globale di marijuana, cocaina ed eroina messe insieme.

In caso di attacco informatico i cittadini sono costantemente esposti al rischio di usurpazione della loro identità digitale. In un solo attacco, sferrato nel maggio 2014, è stata rubata un'intera banca dati contenente i dati personali di 145 milioni di titolari di un profilo utente (account) su eBay. In base ad un sondaggio sulla sicurezza informatica condotto dall'Università del Kent nel 2013, nel Regno Unito, nello spazio di un solo anno (2012-2013), sono stati violati gli account online di oltre 9 milioni di adulti, l'8 % della popolazione britannica ha perso del denaro a causa di crimini informatici e addirittura il 2,3 % ha registrato perdite superiori a 10  000 sterline per gli stessi motivi.

Secondo un rapporto del governo britannico, nel 2011 la criminalità informatica ha determinato per l'economia del Regno Unito un costo complessivo di 27 miliardi di sterline:

frode online: 1,4 miliardi di sterline,

usurpazione d'identità: 1,7 miliardi di sterline,

furto di proprietà intellettuale: 9,2 miliardi di sterline,

spionaggio: 7,6 miliardi di sterline,

perdita di dati di clienti: 1 miliardo di sterline,

furto (diretto) online a danno di aziende: 1,43 miliardi di sterline,

estorsione: 2,2 miliardi di sterline,

frode fiscale: 2,3 miliardi di sterline.

In Europa, ogni anno, gli attacchi informatici causano enormi danni economici; per valutarne adeguatamente i costi occorre tener conto dei seguenti elementi:

le perdite di proprietà intellettuale e di dati sensibili,

i costi di opportunità, comprensivi delle interruzioni del servizio e dell'attività lavorativa,

i danni all'immagine di marca e al buon nome delle imprese,

le penalità e gli indennizzi versati ai clienti (per i disservizi o i danni indiretti) o i risarcimenti contrattuali (per ritardi, ecc.),

i costi relativi alle misure di contrasto adottate e quelli delle assicurazioni,

i costi legati alle strategie di riduzione del danno e al recupero dopo un attacco informatico,

le perdite in termini di operazioni commerciali e di competitività,

la distorsione degli scambi e, infine,

le perdite di posti di lavoro.

Secondo l'Indagine 2014 sulle violazioni della sicurezza informatica, pubblicata dal governo britannico, l'81 % delle grandi aziende e il 60 % delle PMI hanno subito violazioni della sicurezza nel 2013.

In base alla stessa relazione del governo britannico, in caso di violazione della sicurezza informatica della massima gravità una società di grandi dimensioni potrebbe subire in media danni fino a 1 4 00  000 euro e una PMI fino a 1 40  000 euro.

I costi per ridurre il danno derivante dagli attacchi informatici sono in rapido aumento, anche nei casi in cui questi non vadano a segno. Nel 2014 la crescita del mercato mondiale della sicurezza informatica registrerà un'accelerazione fino a toccare l'8,6 %, per un valore superiore a 73 miliardi di USD.

3.5

Le tecniche utilizzate negli attacchi informatici sono in costante evoluzione:

per sferrare un attacco un criminale informatico si serve di solito di uno strumento o vettore dell'attacco grazie al quale può accedere alle credenziali di identificazione online di un utente, ad un computer o ad un server di rete per realizzare il proprio intento doloso. Tra i vettori di attacco più comuni si possono citare i dispositivi USB, i file allegati alle mail, le pagine web, le finestre pop-up, i messaggi istantanei, le chat room e il semplice inganno, come avviene negli attacchi che utilizzano la tecnica del phishing.

Le forme più comuni di attacco informatico comportano l'impiego di malware, ossia di particolari software che si impadroniscono di un dispositivo digitale per conseguire un obiettivo illegale, ad esempio per carpire le credenziali di un utente o rubare denaro, o per lanciare lo stesso tipo di attacco contro altri dispositivi. Tra le diverse categorie di malware si possono distinguere i virus informatici (compresi worm e trojan), ransomware, spyware (raccolgono informazioni dal sistema e le trasmettono a terzi), adware (software con messaggi pubblicitari che rallentano il computer o raccolgono informazioni), scareware (ingannano l'utente facendogli credere che il suo computer sia infettato per indurlo a scaricare determinati software o virus) e altri programmi con finalità dolose. Ransomware, in particolare, è un tipo di malware che attacca un computer impedendone l'accesso al sistema con richiesta di denaro per sbloccarlo.

I malware possono anche trasformare un computer in un bot (dall'inglese robot), collegato a una botnet o a una rete zombie controllata da criminali informatici che se ne servono per attaccare le proprie vittime.

Lo spamming è l'invio di grandi quantità di messaggi elettronici non richiesti con cui i criminali informatici spesso cercano di ingannare le potenziali vittime inducendole a comprare prodotti contraffatti. Si ricorre alle botnet per inviare la maggior parte dei messaggi spam.

Gli attacchi con la tecnica del phishing sono concepiti dal criminale informatico per carpire nome utente, password e dati relativi alla carta di credito della vittima, in modo da poter assumere il controllo del suo account di posta elettronica, delle sue reti sociali e dei suoi conti bancari online. Questo tipo di attacchi si rivela particolarmente fruttuoso per i criminali, dal momento che il 70 % degli utenti di Internet ricorre alla stessa password per quasi tutti i servizi web.

Talvolta i criminali informatici lanciano attacchi detti di «rifiuto di servizio» o DoS (denial-of-service) per estorcere denaro ad aziende o organizzazioni. In un attacco informatico di questo tipo i criminali cercano di bloccare l'accesso degli utenti ad un computer o ad una risorsa di rete inviando al sistema preso di mira un numero talmente elevato di richieste di comunicazioni esterne da saturarlo, perché non sia più in grado di soddisfare le legittime richieste di accesso o in modo da rallentarne il funzionamento al punto da renderlo di fatto inutilizzabile. Ancora una volta, i criminali informatici ricorrono di frequente alle botnet per sferrare gli attacchi DoS.

3.6

Gli organismi specializzati in sicurezza informatica concordano quanto alle pratiche che cittadini e imprese dovrebbero adottare in via prioritaria per proteggersi dagli attacchi informatici: si tratta di un elenco di accorgimenti che dovrebbero far parte di qualsiasi programma di sensibilizzazione ed educazione alla sicurezza informatica.

a.

I cittadini dovrebbero:

utilizzare password difficili da carpire e facili da memorizzare;

installare software antivirus sui nuovi dispositivi;

verificare le impostazioni sulla tutela della vita privata (privacy) dei media sociali che utilizzano;

fare acquisti su Internet in modo sicuro, verificando sempre il livello di sicurezza dei siti web di vendite online; e

scaricare, quando richiesto, software e patch per applicazioni (file eseguibili creati per risolvere errori o malfunzionamenti di un programma informatico).

b.

Le imprese dovrebbero:

stilare un elenco («lista bianca») delle applicazioni sicure;

utilizzare configurazioni di sistema standard e sicure;

eseguire i software di patch per applicazioni entro 48 ore dall'invito a farlo;

eseguire i software di patch per sistemi entro 48 ore dall'invito a farlo; e

limitare il numero di utenti dotati di privilegi di amministratore.

3.7

Spesso le piccole aziende non dispongono di un'assistenza informatica sufficiente per tenersi aggiornate sulle potenziali minacce in questo campo, e necessitano quindi di un aiuto particolare per proteggersi dagli attacchi informatici.

3.8

Un punto essenziale nella lotta agli attacchi informatici consiste nel dichiarare di averli subiti o di avere scoperto delle falle nel sistema, soprattutto quando si tratta di affrontare i cosiddetti attacchi «0-day» («giorno zero»), ossia attacchi di tipo nuovo non ancora noti agli esperti di sicurezza informatica. In molti casi però le imprese non comunicano di essere state oggetto di attacchi informatici per timore di perdere il loro buon nome o di doversi far carico di eventuali responsabilità. Questa mancanza di trasparenza compromette la capacità dell'Europa di reagire tempestivamente ed efficacemente alle minacce alla sicurezza informatica, oltre che la capacità di rafforzare la sicurezza informatica tramite un apprendimento condiviso.

3.9

Sia i cittadini che le imprese acquistano l'accesso a Internet e i relativi servizi da fornitori di servizi Internet. Visto il ruolo fondamentale che ricoprono nell'erogazione di servizi online, è essenziale che questi operatori offrano ai loro clienti un livello ottimale di protezione dagli attacchi informatici. Oltre a garantire una progettazione e una manutenzione dei propri servizi e infrastrutture in grado di offrire i massimi livelli di sicurezza informatica, i fornitori di servizi Internet dovrebbero assicurare alla clientela una consulenza di eccellente qualità in questo campo e adottare protocolli speciali che consentano di individuare e contrastare con la massima rapidità gli attacchi informatici nel momento in cui vengono sferrati contro i loro utenti. Questa responsabilità dovrebbe essere definita e sancita da una normativa UE.

3.10

Per l'economia dell'UE è molto importante che tanto i cittadini quanto le imprese di tutta Europa accelerino l'adozione delle tecnologie cloud computing  (3). Dal momento che queste ultime vengono utilizzate per un numero sempre maggiore di applicazioni destinate a singoli individui o alle aziende, è importante che l'UE garantisca in particolar modo la sicurezza informatica dei fornitori di servizi di cloud computing. L'incertezza quanto all'effettiva sicurezza di tali servizi incide infatti negativamente sul grado di adozione di questa tecnologia in rapida evoluzione. Per sostenere lo sviluppo del settore in Europa, il Comitato auspica che l'UE imponga ai fornitori di servizi di cloud computing una serie di requisiti e obblighi specifici in materia di sicurezza.

3.11

Si deve fare di più per assumere personale nel settore della sicurezza informatica in Europa. La domanda di lavoratori qualificati con un diploma universitario nel campo della sicurezza informatica dovrebbe crescere ad un ritmo più che doppio rispetto a quello dell'industria delle tecnologie dell'informazione nel suo complesso. In questo contesto, il Comitato richiama l'attenzione della Commissione sul successo dei concorsi che si svolgono negli Stati Uniti e in taluni Stati membri, al fine di sensibilizzare al tema della sicurezza informatica e di formare la prossima generazione di professionisti del settore.

3.12

Una delle strategie di protezione dagli attacchi informatici più efficaci consiste nell'adottare un approccio basato sulla progettazione garantendo che l'intera gamma di tecnologie e servizi utilizzati in Europa per l'offerta di connessioni Internet e servizi online sia progettata in modo tale da offrire un livello ottimale di sicurezza informatica. La riflessione sulla progettazione dovrebbe essere incentrata soprattutto sull'interfaccia uomo-macchina, il che implicherebbe una collaborazione tra i produttori di tecnologie, i fornitori di servizi Internet, l'industria della sicurezza informatica, il Centro europeo per la lotta alla criminalità informatica (EC3), l'Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione (ENISA), gli organismi responsabili della difesa e della sicurezza dei paesi UE e i cittadini. Il compito di introdurre a livello dell'UE questo approccio basato sulla progettazione nel campo della sicurezza informatica potrebbe essere affidato alla Commissione, magari con il coordinamento dell'ENISA.

4.   Strategia dell'UE per la sicurezza informatica

4.1

L'UE è impegnata nell'elaborazione di una strategia globale (4) volta a rafforzare la sicurezza informatica dei cittadini europei:

Il pilastro «Fiducia e sicurezza» dell'Agenda digitale comprende 14 azioni intese a conseguire una maggiore sicurezza informatica e una protezione dei dati rafforzata.

La direttiva sugli attacchi informatici (5), che dovrà essere recepita negli ordinamenti degli Stati membri entro il 4 settembre 2015, stabilisce indicazioni minime per la definizione dei reati nel settore degli attacchi informatici e delle sanzioni nei confronti degli autori di tali reati.

Per moltiplicare le conoscenze in materia di sicurezza informatica e favorire la collaborazione tra gli Stati membri, l'UE ha rafforzato le competenze dell'ENISA.

Europol ha creato l'EC3, un proprio servizio interno incaricato di contrastare questo tipo di criminalità.

L'iniziativa strategica relativa alla protezione delle infrastrutture critiche informatizzate (CIIP, Critical Information Infrastructure Protection) è incentrata sulla difesa dell'Europa dalle perturbazioni dei sistemi informatici, compresi gli attacchi a tali sistemi, grazie ad un'accresciuta sicurezza e resilienza informatiche in tutta l'UE.

La strategia europea per un Internet migliore per i ragazzi intende creare un ambiente online sicuro per i minori, nonché contrastare lo sfruttamento sessuale dei minori e la diffusione online di materiale pedopornografico.

La proposta di direttiva sulla sicurezza delle reti e dell'informazione nell'Unione stabilisce che ciascuno Stato membro debba disporre di una serie di capacità in questo settore — ad esempio di una squadra di pronto intervento informatico (Computer Emergency Response Team — CERT) efficiente — e precisa inoltre quali siano gli obblighi dei fornitori di infrastrutture critiche in materia di sicurezza delle reti e notifica degli incidenti.

4.2

Il CESE ha reagito con forza alla proposta di direttiva della Commissione sulla sicurezza delle reti e dell'informazione (6), ritenendo le misure raccomandate troppo poco incisive e tali da non incentivare i paesi UE a proteggere adeguatamente i loro cittadini e le loro imprese dagli attacchi informatici. Malgrado ciò, nell'adottare la proposta di direttiva il Parlamento europeo l'ha resa persino più inefficace, limitando rigorosamente l'applicazione delle norme in essa contenute ai fornitori di «infrastrutture critiche» ed escludendone quindi quelli di motori di ricerca, piattaforme dei media sociali, portali per il pagamento via Internet o servizi di cloud computing.

4.3

La proposta di direttiva sulla sicurezza delle reti e dell'informazione non basterà per la definizione delle norme necessarie ad una maggiore sensibilizzazione ai rischi di attacchi informatici nell'UE né per lo sviluppo di capacità di reazione ad essi. Il CESE auspica che l'applicazione della nuova normativa preveda l'obbligo di notifica di tutti gli incidenti di rilievo nel campo della sicurezza informatica, e che tale obbligo non valga solamente per i fornitori di infrastrutture critiche. In assenza di tale obbligo di notifica, i criminali informatici avranno buon gioco nel trarre profitto dall'ignoranza degli obiettivi vulnerabili.

4.4

L'UE dovrebbe prendere in considerazione l'idea di ampliare il mandato dell'ENISA al fine di rafforzare la sensibilizzazione e la risposta alla minaccia rappresentata dagli attacchi informatici. L'ENISA potrebbe assumere un ruolo di maggior rilievo, ad esempio facendosi carico più direttamente dell'educazione alla sicurezza informatica e di programmi di sensibilizzazione mirati a cittadini e PMI.

4.5

L'EC3, istituito presso Europol nel 2013 per potenziare la capacità europea di contrasto a questo tipo di criminalità, funge da piattaforma centrale per le attività di informazione sulla criminalità e offre supporto alle operazioni e indagini sugli attacchi informatici condotte dagli Stati membri. Nella sua prima relazione annuale, tuttavia, l'EC3 sottolinea che il livello di risorse di cui attualmente dispone mette già a repentaglio il buon andamento delle indagini e che in futuro non sarà più in grado di far fronte alle inchieste di più vasta portata sottoposte alla sua attenzione.

4.6

L'UE dovrebbe sollecitare gli organismi europei di normazione (CEN, CENELEC e ETSI) a mettere a punto norme di sicurezza informatica applicabili a qualsiasi software, hardware utilizzato nelle TIC o servizio via Internet in vendita sul suo territorio. Tali norme andrebbero costantemente aggiornate per tener conto delle nuove minacce che di volta in volta si profilano.

4.7

Occorre introdurre una normativa che preveda l'obbligo di notifica di incidenti di rilievo nel campo della sicurezza informatica per tutte le imprese e organizzazioni, e non solo per i fornitori di infrastrutture critiche: questo contribuirebbe a rafforzare la risposta destinata ad attenuare le minacce in atto ed a diffondere una maggiore conoscenza e comprensione degli attacchi informatici perpetrati, aiutando così le autorità, l'industria del settore, le imprese e i cittadini a migliorare il livello di sicurezza informatica ed a contrastare le minacce. Per incoraggiare lo scambio di informazioni sugli attacchi informatici, l'eventuale nuova legislazione dovrebbe garantire l'anonimato, nelle forme adeguate, alle imprese e organizzazioni che comunichino di aver subito un attacco. Si dovrebbe altresì riflettere sull'opportunità di garantire loro una protezione in caso di responsabilità a loro carico.

4.8

Nonostante le iniziative intraprese dall'UE, il livello di capacità e di preparazione è notevolmente diverso da uno Stato membro all'altro: ne deriva quindi una risposta frammentata agli attacchi informatici su tutto il territorio dell'Unione. Considerata l'interconnessione delle reti e dei sistemi, i paesi con un approccio alquanto carente al problema della sicurezza informatica indeboliscono la capacità complessiva dell'UE di contrastare gli attacchi informatici. Occorre pertanto fare in modo che tutti gli Stati membri dispongano di un livello accettabile di sicurezza informatica, e in particolare assicurarsi che ciascun paese dell'UE istituisca una CERT pienamente operativa.

4.9

Come sostenuto in precedenti pareri (7), il CESE ritiene che, per rafforzare la protezione dell'UE dagli attacchi informatici, le misure volontarie non siano efficaci, ma che sia necessario imporre forti obblighi regolamentari agli Stati membri onde garantire l'armonizzazione, la gestione e l'effettiva applicazione di una sicurezza informatica a livello europeo.

4.10

In sintesi, per essere in grado di offrire ai cittadini e alle imprese una protezione dagli attacchi informatici che sia al contempo efficace e all'altezza delle minacce oggi in atto, la strategia di sicurezza informatica dell'UE dovrebbe essere incentrata sulle seguenti azioni:

un forte ruolo guida dell'Unione europea, che le consenta di adottare le politiche e le normative e di creare le istituzioni capaci di garantire livelli elevati di sicurezza informatica in tutto il suo territorio;

politiche di sicurezza informatica che rafforzino il livello in questo campo, sia per il singolo che per la collettività, pur mantenendo il diritto dei cittadini alla riservatezza e altri valori e libertà fondamentali;

una diffusa consapevolezza da parte di tutti i cittadini dei rischi insiti nell'uso di Internet, e la promozione di un approccio proattivo da parte loro alla protezione dei loro dispositivi, identità e riservatezza digitali e delle transazioni che effettuano online;

una governance globale di tutti gli Stati membri affinché siano garantite la sicurezza e la resilienza delle infrastrutture critiche informatizzate;

un'azione informata e responsabile da parte di tutte le imprese affinché garantiscano la sicurezza e la resilienza dei loro sistemi TIC, a tutela delle loro operazioni e degli interessi della clientela;

un approccio lungimirante dei fornitori di servizi Internet alla protezione dei loro clienti dagli attacchi informatici;

un approccio alla sicurezza informatica fondato su un solido partenariato in tutta l'UE tra governi, settore privato e cittadini, a livello sia strategico che operativo;

un approccio basato sulla progettazione, in modo tale da integrare il concetto di sicurezza informatica fin dalla fase di sviluppo delle tecnologie e dei servizi Internet;

livelli di investimento adeguati nello sviluppo di conoscenze e competenze in materia di sicurezza informatica, onde formare una manodopera fortemente qualificata nel settore;

norme tecniche di qualità in materia di sicurezza informatica e investimenti sufficienti in ricerca, sviluppo e innovazione, per favorire lo sviluppo di una solida industria della sicurezza informatica e di soluzioni di eccellenza nel settore;

un impegno attivo sul piano internazionale con i paesi terzi per mettere a punto una strategia e una risposta globali e coordinate di fronte alle minacce alla sicurezza informatica.

Bruxelles, 10 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 24 del 28.1.2012, pag. 40; GU C 76 del 14.3.2013, pag. 59.

(2)  GU C 97 del 28.4.2007, pag. 21;

GU C 175 del 28.7.2009, pag. 92;

GU C 255 del 22.9.2010, pag. 98;

GU C 54 del 19.2.2011, pag. 58;

GU C 107 del 6.4.2011, pag. 58;

GU C 229 del 31.7.2012, pag. 90;

GU C 218 del 23.7.2011, pag. 130;

GU C 24 del 28.1.2012, pa g. 40;

GU C 229 del 31.7.2012, pag. 1;

GU C 351 del 15.11.2012, pag. 73;

GU C 76 del 14.3.2013, pag. 59;

GU C 271 del 19.9.2013, pag. 127;

GU C 271 del 19.9.2013, pag. 133.

(3)  GU C 24 del 28.1.2012, pag. 40; GU C 76 del 14.3.2013, pag. 59.

(4)  JOIN(2013) 1 final.

(5)  GU L 218 del 14/08/2013, pagg. 8-14.

(6)  GU C 271 del 19.9.2013, pag. 13.

(7)  GU C 255 del 22.9.2010, pag. 98, GU C 218 del 23.7.2011, pag. 130; GU C 271 del 19.9.2013, pag. 133.


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/39


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Rendere più trasparente e aperto il processo di adesione all'Unione europea»

(parere d'iniziativa)

(2014/C 451/06)

Relatrice:

ŠKRABALO

Il Comitato economico e sociale europeo, nella sessione plenaria del 22 gennaio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Rendere più trasparente e aperto il processo di adesione all'Unione europea.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 12 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 132 voti favorevoli e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La politica di allargamento dell'UE, anche se forse non gode di grande popolarità, è tra i progetti politici più riusciti dell'Unione. Negli ultimi anni vi sono stati diversi miglioramenti della trasparenza e dell'inclusività del processo di adesione, come si può riscontrare negli attuali percorsi di adesione della Serbia e del Montenegro. Lo spostamento strategico delle istituzioni dell'UE verso i criteri fondamentali, lo Stato di diritto e la governance economica, offre l'opportunità di promuovere la democrazia partecipativa nel quadro della politica di allargamento nel suo complesso, anziché in parallelo ad essa.

1.2

Occorre tuttavia affrontare una serie di sfide. È necessaria una maggiore coerenza per garantire che sia le istituzioni dell'UE sia i governi interessati adottino un approccio trasparente e aperto nel corso di tutto il processo di adesione, in tutti i settori di intervento e in tutti i paesi candidati e candidati potenziali. Occorre una più stretta integrazione tra le politiche per quanto riguarda: 1) i negoziati veri e propri, 2) la promozione dello sviluppo della società civile e del dialogo sociale, e 3) il rafforzamento delle capacità istituzionali. Tutti questi aspetti dovranno essere presi in considerazione più adeguatamente nei finanziamenti dell'assistenza di preadesione.

1.3

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) raccomanda alla Commissione europea, al Consiglio dell'UE e al Parlamento europeo di:

Aumentare in misura sostanziale il sostegno finanziario per potenziare le capacità istituzionali, promuovere la partecipazione dei cittadini al processo di adesione e rafforzare la professionalità e l'indipendenza dei media.

Incoraggiare un dialogo sia civile che sociale più intenso nei paesi candidati e collegarlo più strettamente al processo di adesione.

Incrementare i suoi sforzi di comunicazione per spiegare ai cittadini europei i vantaggi e le sfide della politica di allargamento, in cooperazione con le organizzazioni della società civile.

Rendere pubblici tutti i documenti importanti per i negoziati di adesione, ossia le relazioni di valutazione, le traduzioni dell'acquis dell'UE e i parametri di apertura e di chiusura, e pubblicarli sui siti web delle delegazioni dell'UE.

Imporre ai paesi candidati all'adesione l'obbligo di adottare e di attuare norme sull'accesso dei cittadini alle informazioni e sulle consultazioni pubbliche, nonché di garantire che ciò sia parte integrante del processo di monitoraggio dei progressi compiuti.

Applicare gli orientamenti della DG Allargamento sul sostegno dell'UE alla società civile nei paesi candidati all'adesione per il periodo 2014-2020  (1) nello stesso modo a tutti i paesi candidati e rivederli in maniera da affrontare più adeguatamente le difficoltà specifiche incontrate dalle parti sociali nel quadro del dialogo sociale.

Mirare a dare piena attuazione agli orientamenti della DG Allargamento sul sostegno dell'UE alla libertà e all'integrità dei mezzi di comunicazione nei paesi candidati all'adesione per il periodo 2014-2020  (2).

1.4

Il CESE raccomanda ai governi nazionali dei paesi candidati di:

Adottare e pubblicare una politica scritta di accesso e divulgazione al pubblico delle informazioni collegate ai negoziati, garantendo che:

le strutture, le procedure e il calendario di negoziazione siano trasparenti e a disposizione del pubblico;

le posizioni negoziali nazionali siano rese note ai membri del parlamento e che perlomeno le relative sintesi siano accessibili al pubblico.

Invitare i rappresentanti della società civile, in particolare le parti sociali, a partecipare a tutti i gruppi di esperti, ai gruppi di lavoro sui diversi capitoli e alle riunioni del gruppo di negoziatori principali ogniqualvolta essi sono interessati da questioni riguardanti l'adesione.

Definire le loro priorità nazionali prima dell'avvio del processo negoziale al fine di aiutare i negoziatori principali a difendere più efficacemente i settori prioritari e a ottenere quindi migliori risultati dai negoziati.

Eseguire valutazioni d'impatto della regolamentazione al momento di definire le posizioni negoziali nazionali e l'armonizzazione giuridica, al fine di individuare eventuali rischi di adeguamento; far partecipare i soggetti non statali, in particolare la comunità imprenditoriale, i sindacati e i rappresentanti dei gruppi sociali interessati dallo svolgimento di tali valutazioni.

Coinvolgere più da vicino le parti sociali e le associazioni di categoria nella governance economica, nelle riforme del mercato del lavoro e nel calcolo dei costi sociali ed economici dell'armonizzazione, garantendo che siano prese in considerazione le preoccupazioni in merito alla coesione sociale e alla competitività.

Coinvolgere i consigli economici e sociali nel quadro della programmazione dell'assistenza di preadesione volta a rispondere alle esigenze delle parti sociali.

Coinvolgere queste ultime e le altre parti interessate, tra cui le associazioni di categoria, nell'assistenza tecnica e nei meccanismi di finanziamento a disposizione della società civile.

Garantire che i parlamenti nazionali svolgano in maniera tempestiva e strategica un ruolo attivo deliberativo e di controllo in relazione al processo di adesione.

Astenersi dal tornare alle nomine dirette per i comitati consultivi misti e selezionare invece i candidati applicando procedure inclusive e trasparenti che coinvolgano i consigli economici e sociali e gli organi consultivi nazionali per la società civile.

1.5

Raccomandazioni al CESE:

I comitati consultivi misti (CCM) dovrebbero cercare di colmare le «nicchie» che non sono occupate da altri organi coinvolti nel processo negoziale e dovrebbero concentrarsi su un numero ristretto di ambiti, in particolare i quattro temi principali dell'attuale strategia di allargamento, ossia lo Stato di diritto, la governance economica, il rafforzamento delle istituzioni democratiche e dei diritti fondamentali, nonché il consolidamento del dialogo sia civile che sociale.

I CCM dovrebbero massimizzare i loro contatti con i soggetti nazionali e di altri livelli, attraverso audizioni pubbliche, consultazioni online e attività di cooperazione con i consulenti nazionali del progetto TACSO (3) e con i progetti di monitoraggio delle politiche fondamentali.

Dovrebbe essere migliorato lo scambio di informazioni tra i CCM e gli organi competenti della Commissione, del Consiglio e del Parlamento europeo, in modo da agevolare la comunicazione tra le istituzioni dell'UE e i soggetti della società civile dei paesi interessati dall'allargamento.

Occorre adottare misure urgenti per incoraggiare e agevolare un migliore equilibrio di genere tra i membri del CESE che fanno parte dei CCM.

2.   Principali caratteristiche della politica di allargamento dell'UE e cambiamenti intercorsi negli ultimi cinque anni

2.1

Anche se alcuni dei suoi effetti sociali e politici a lungo termine possono essere controversi, la politica di allargamento dell'UE ha indubbiamente svolto un ruolo determinante nell'accelerare la trasformazione delle strutture nazionali di governance verso l'economia di mercato e la democrazia, nonché nel promuovere la cooperazione regionale nei Balcani occidentali del dopoguerra. Dal punto di vista del campo di applicazione dei negoziati di adesione, i periodi di transizione per l'attuazione della legislazione UE rappresentano una questione cruciale, come lo sono anche i costi finanziari che ne derivano sia per l'UE che per dell’i paesi candidati. Poiché l'apertura e la chiusura di ciascun capitolo negoziale sono subordinate a un voto unanime in seno al Consiglio, il ritmo e il calendario dei negoziati possono essere estremamente imprevedibili, in considerazione dell'impatto potenziale delle politiche nazionali condotte in uno o più Stati membri.

2.2

L'UE si è dimostrata aperta a migliorare e adeguare il processo negoziale secondo il mutare delle circostanze politiche. È importante notare che l'attuale metodo negoziale è notevolmente cambiato nel corso degli anni, sulla base dell'approccio di «apprendimento tramite la pratica».

2.3

Come annunciato nella comunicazione della Commissione intitolata Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2013-2014  (4), «l'esperienza ha mostrato in particolare la necessità di dare priorità agli elementi fondamentali», a iniziare dallo Stato di diritto che è ora «un tema chiave del processo di allargamento». Si tratta di un notevole cambiamento di strategia dagli adeguamenti di particolari politiche all'ampia questione della governance democratica, finalmente intesa come presupposto per un'armonizzazione significativa e sostenibile delle politiche con l'acquis unionale. Di conseguenza, la Commissione intende mantenere aperti i capitoli 23 (sistema giudiziario e diritti fondamentali) e 24 (giustizia, libertà e sicurezza) per tutta la durata dei negoziati di adesione in corso (con Montenegro, Serbia e Turchia), il cui ritmo dipenderà dai progressi compiuti in questi due capitoli fondamentali.

2.4

Da un lato, i cambiamenti nel metodo di negoziazione applicato nel processo di adesione sono indice della flessibilità e dell'autentica preoccupazione dell'UE in merito all'efficacia dei negoziati stessi. La maggiore attenzione riservata all'allargamento «fondato su dati concreti» ha rafforzato la posizione dei soggetti non statali, le cui informazioni indipendenti sono preziose per le valutazioni periodiche effettuate dalla Commissione nelle sue relazioni sui progressi realizzati. D'altro canto, le modifiche introdotte possono essere percepite principalmente come una conseguenza della necessità selettiva dell'UE di dati concreti, ignorando gli oneri amministrativi che vengono imposti ai paesi candidati, a meno che non esistano procedure chiare per la raccolta di dati e il coinvolgimento delle parti interessate.

2.5

Il quadro di negoziazione con la Serbia (5) è il primo a fare espressamente riferimento ai principi di inclusività e trasparenza: «per rafforzare la fiducia dei cittadini nel processo di allargamento, le decisioni saranno prese quanto più apertamente possibile in modo da assicurare maggiore trasparenza. Le consultazioni e deliberazioni interne saranno protette nella misura del necessario per salvaguardare il processo decisionale, in conformità della legislazione dell'UE sull'accesso del pubblico ai documenti in tutti i settori d'intervento dell'Unione». Questo importante insegnamento, tratto dal caso della Croazia (paese nel quale il referendum sull'adesione ha fatto registrare il più basso tasso di affluenza in assoluto: 43 %), rappresenta un passo avanti verso l'ufficializzazione di una serie di migliori pratiche nel caso del Montenegro.

2.6

La maggiore attenzione dell'UE alla governance economica prevede l'introduzione di strategie nazionali di riforma economica e piani d'azione per la gestione delle finanze pubbliche, nella speranza che una maggiore tempestività delle informazioni e la sorveglianza macroeconomica possano contribuire a evitare il protrarsi della recessione economica e un eccessivo disavanzo, com'è avvenuto in Croazia subito dopo che il paese ha aderito all'UE. Di conseguenza, è previsto che i paesi candidati saranno oggetto di un controllo analogo a quello cui sono sottoposti gli Stati membri dell'UE nel quadro del «semestre europeo». Se è essenziale preparare in tempo il settore imprenditoriale per aiutare le imprese a diventare maggiormente competitive e a essere in grado di far fronte alle sfide del mercato unico dell'Unione, è anche fondamentale garantire il coinvolgimento delle parti sociali per valutare la dimensione sociale delle riforme economiche e per trovare un accordo al riguardo.

2.7

Secondo gli orientamenti della DG Allargamento sul sostegno dell'UE alla libertà e all'integrità dei mezzi di comunicazione nei paesi candidati all'adesione per il periodo 2014-2020  (6) , una società civile dinamica è cruciale per promuovere il pluralismo e la democrazia partecipativa. Il sostegno dell'UE alla società civile dovrebbe quindi mirare soprattutto a: 1) realizzare un contesto che favorisca le attività della società civile, e 2) rafforzare la capacità delle organizzazioni della società civile in modo che possano fungere da soggetti indipendenti efficaci e responsabili. Tali orientamenti possono costituire un utile strumento per l'integrazione della società civile purché la loro applicazione sia in linea con il loro livello di ambizione.

2.8

Finora, la politica di allargamento non è riuscita a rispondere pienamente alla sfida di informare i cittadini dell'Unione circa la sua importanza vitale per la sicurezza e la prosperità dell'intero continente, il che potrebbe contribuire a dissipare i timori di ulteriori allargamenti che possono emergere insieme ad altre forme di xenofobia, soprattutto in tempi di crisi economica. Se i ricordi della guerra dei Balcani si stanno ormai affievolendo, la crisi in Ucraina ci può rammentare che la mancanza di pace e democrazia ci riguarda tutti.

3.   Accesso del pubblico ai documenti negoziali

3.1

Sebbene il processo di adesione non preveda tra le condizioni il rispetto della trasparenza e dell'inclusività, le aspettative del pubblico in questo ambito sono in aumento nei paesi che stanno negoziando l'adesione all'UE. Nel caso della Croazia, vi è stata una mancanza di informazioni in merito alle procedure tecniche di negoziazione: sebbene sia stato adottato un protocollo sul coordinamento delle politiche interne in relazione alle posizioni negoziali dell'UE, il documento non è mai stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale. Tutti i documenti relativi ai negoziati prodotti dal governo croato, che non fossero disegni di legge, sono stati discussi e adottati in sedute a porte chiuse. Ciò significa che il pubblico non ha neppure potuto chiedere di consultare i documenti non classificati, vista la mancanza di informazioni ufficiali sulla loro esistenza. Ci sono voluti diversi anni di pressioni da parte della società civile prima che il governo iniziasse a pubblicare informazioni di base sui documenti discussi nelle sue sedute.

3.2

In materia di controllo parlamentare, nessun paese ha eguagliato la buona pratica della Slovenia, dove il parlamento nazionale ha avuto il diritto di veto sulle posizioni negoziali (7), le quali sono state anche divulgate integralmente al pubblico. Anche se il parlamento croato ha dimostrato competenza nel fungere da custode del consenso politico per tutti i sei anni di travagliati negoziati con l'UE, non è stato in grado di catalizzare un impegno più ampio da parte dei parlamentari, degli esperti e del pubblico generale nelle decisioni politiche. L'accesso alle posizioni negoziali e alle relazioni è stato limitato ai funzionari del governo e a gruppi selezionati di membri della commissione parlamentare nazionale per il monitoraggio dei negoziati di adesione, per cui una vasta maggioranza dei deputati è rimasta praticamente esclusa, per non parlare del grande pubblico. Tale scenario non deve ripetersi nelle prossime tornate di negoziati.

3.3

La possibilità per i soggetti non statali e i media di ottenere in tempo utile informazioni sul processo negoziale come anche il monitoraggio indipendente di quest'ultimo sono stati anche ostacolati dal fatto che i documenti prodotti dalla Commissione europea e dal Consiglio, ad esempio le posizioni comuni dell'UE, non erano di proprietà della Repubblica di Croazia. Di conseguenza, il governo croato ha affermato di non essere autorizzato a divulgare tali informazioni. A ciò si è accompagnata la mancanza di una divulgazione proattiva da parte delle istituzioni dell'UE (8).

3.4

Un chiaro miglioramento nella divulgazione dei documenti collegati ai negoziati si è registrato nel caso del Montenegro. La Commissione ha pubblicato tutte le relazioni di valutazione sul suo sito web, ed esse possono servire da preziosi strumenti diagnostici per tutte le parti interessate in merito alla non conformità della legislazione nazionale all'acquis dell'UE. Inoltre, il Consiglio ha pubblicato in modo proattivo le posizioni comuni dell'UE per i capitoli 23 e 24, considerata la loro importanza e l'interesse del pubblico per le riforme che esse comportano. Resta da vedere se questa buona pratica si tradurrà in una politica da seguire nel caso della Serbia e della Turchia, oppure per quanto riguarda i capitoli che sono già aperti. Inoltre, non vi è alcuna ragione ufficiale per cui il Consiglio non dovrebbe essere in grado di pubblicare integralmente i parametri di apertura una volta che sono stati approvati all'unanimità. L'accesso in tempo utile a questi documenti fondamentali per i negoziati è cruciale per i suggerimenti e i contributi della società civile, per una copertura mediatica informata e per il monitoraggio indipendente delle azioni messe in atto dai governi al fine di adempiere ai loro obblighi.

3.5

Sulla scorta degli insegnamenti tratti dalle precedenti tornate di allargamento, la Commissione si è mostrata più sensibile al ruolo vitale svolto dai mezzi di comunicazione indipendenti e professionali, come dimostrato dall'organizzazione di due convegni dal titolo Speak-up, nel 2011 e nel 2013, e dall'adozione degli Orientamenti sul sostegno dell'UE alla libertà e all'integrità dei mezzi di comunicazione nei paesi candidati all'adesione per il periodo 2014-2020, che dovrebbero anche fungere da base per i finanziamenti. Una sfida che rimane, tuttavia, è come garantire il contatto dei media con le opinioni pubbliche nell'UE, le quali devono anch'esse essere correttamente informate circa il significato e le dinamiche della politica di allargamento.

4.   Il ruolo della società civile nel processo di adesione

4.1

La partecipazione della società civile al processo di adesione assume varie forme: 1) coinvolgimento diretto nei negoziati veri e propri (ossia valutazione, definizione delle posizioni nazionali, controllo dei progressi compiuti); 2) dialogo sociale e civile in materia di formulazione delle politiche e di armonizzazione legislativa all'acquis; 3) partecipazione alla programmazione dei finanziamenti di preadesione; 4) monitoraggio indipendente dei progressi realizzati e dell'impatto sociale dei processi di riforma. L'esercizio di queste funzioni richiede un adeguato sostegno finanziario, attraverso il governo nazionale in questione e i finanziamenti di preadesione dell'UE.

4.2

I gruppi di lavoro in Croazia e in Montenegro incaricati di preparare le posizioni di negoziato erano composti da un'elevata percentuale di esperti della società civile (oltre un terzo del totale dei membri). In entrambi i casi sono stati organizzati inviti a presentare candidature e sono stati pubblicati i nomi di tutti i membri dei gruppi di lavoro. Per quanto riguarda la Croazia, tuttavia, il grado di coinvolgimento è dipeso in larga misura dallo stile di direzione adottato all'interno di ciascun gruppo: in alcuni casi, i membri della società civile non hanno avuto la possibilità di consultare i necessari progetti di posizione negoziale. Di conseguenza, il contributo della società civile ha riguardato principalmente la fase iniziale di valutazione e ha avuto soltanto un impatto limitato sull'elaborazione della strategia negoziale e sulle valutazioni preliminari dei costi e dei benefici sociali ed economici.

4.3

Le istituzioni dell'UE hanno fornito diversi canali di consultazione con la società civile, allo scopo di raccogliere riscontri sul progresso delle riforme collegate all'adesione, in particolare corrispondenza online, consultazioni annuali della società civile a Bruxelles, incontri organizzati nei paesi interessati, sessioni d'informazione ed eventi pubblici durante le visite dei funzionari dell'UE. La Commissione si è inoltre dimostrata aperta all'impiego di relazioni indipendenti di monitoraggio elaborate dalle organizzazioni della società civile. Essa è stata però indubbiamente molto più proattiva verso le ONG che non verso i sindacati e le associazioni di categoria, come appare evidente dal livello dei contatti, nonché dall'ambito di applicazione e dalle finalità dei meccanismi di finanziamento di preadesione per lo sviluppo delle capacità e il monitoraggio delle politiche.

4.4

Se si guarda indietro al processo di adesione della Croazia, esso rappresenta un'opportunità mancata per il rafforzamento del dialogo sociale nel paese nel quadro della sua adesione all'UE, il quale avrebbe invece potuto contribuire a garantire condizioni più efficaci e durevoli per l'appartenenza di questo paese all'UE, come era avvenuto in Bulgaria. I consigli economici e sociali nazionali non sono stati coinvolti in misura sufficiente nel dibattito sui costi dell'adeguamento economico e sociale e sulle relative misure di sostegno, né nella programmazione dell'assistenza di preadesione. Una percentuale molto ridotta dei finanziamenti di preadesione è stata destinata al rafforzamento delle strutture di dialogo sociale e delle capacità organizzative delle parti sociali. Vista la loro struttura capillare, le associazioni di categoria e i sindacati dovrebbero essere utilizzati maggiormente come piattaforme per deliberare in merito ai costi e ai benefici dell'adesione e per preparare in tempo utile l'economia.

4.5

In termini di elaborazione delle politiche, nel caso della Croazia, e in linea con le tendenze negative osservate nelle precedenti tornate di adesione, oltre l'80 % della legislazione collegata all'acquis è stato adottato con iter accelerato, spesso senza alcuna consultazione pubblica e con scarsissime valutazioni dell'impatto normativo, il che ha avuto ripercussioni negative sulla qualità e sulla trasparenza della redazione dei testi legislativi (9). È invece positivo constatare che la programmazione dello strumento di assistenza preadesione è avvenuta in maniera inclusiva, specialmente per quanto riguarda la società civile, e che è stata guidata dal Consiglio per lo sviluppo della società civile, con l'assistenza tecnica dell'ufficio governativo per la società civile. Queste modalità hanno permesso di raggiungere un elevato livello di pertinenza nella definizione dei meccanismi di sovvenzione, che hanno favorito il monitoraggio indipendente delle politiche in diversi ambiti essenziali di riforma, e hanno consentito l'intervento importante delle parti sociali nell'assegnazione dei finanziamenti volti a rafforzare le competenze in materia di dialogo sociale. Nei futuri processi di adesione dovrebbe essere evitata l'incoerenza tra i due processi di cui sopra, e l'approccio inclusivo nella definizione delle politiche dovrebbe essere sempre prevalente.

5.   Il ruolo del CESE nell'agevolare la partecipazione della società civile al processo di adesione

5.1

In quanto forte fautore della politica di allargamento, il CESE ha istituito dei comitati consultivi misti (CCM) che riuniscono le organizzazioni della società civile allo scopo di formulare raccomandazioni per le autorità politiche di entrambe le parti e di promuovere il dibattito pubblico sull'integrazione nell'UE all'interno dei paesi candidati. Queste strutture hanno consentito di organizzare discussioni informate in merito ai negoziati, sulla base di prospettive multiple, e hanno permesso di individuare le conseguenze dell'adozione dell'acquis dell'UE per diverse fasce della società, sostenendo l'impegno della società civile in questo processo. Oltre ai CCM, è stato istituito il Forum della società civile dei Balcani occidentali, il quale serve da piattaforma regionale per rivolgersi alle autorità politiche e fornisce opportunità per creare una rete di contatti tra le organizzazioni della società civile di questi paesi, nonché per esaminare i principali problemi della società civile della regione.

5.2

Il seguente elenco evidenzia alcuni punti deboli individuati nei lavori dei CCM:

i governi tendono a esercitare un'influenza eccessiva sui processi di nomina dei membri di tali comitati;

si sono registrate delle interruzioni a livello di lavori e di relazioni in seguito a modifiche significative dei membri del CESE appartenenti ai singoli CCM; allo stesso modo, però, lo scarso ricambio sul fronte dei paesi partner potrebbe avere impedito i contatti con nuove organizzazioni;

la limitata capacità organizzativa dei CCM non consente di raggiungere una più ampia cerchia di organizzazioni locali della società civile al di fuori della capitale e dei centri urbani;

i CCM tendono a coinvolgere maggiormente membri del CESE di sesso maschile, i quali attualmente rappresentano in media il 78 % dei componenti. Si tratta di un grave squilibrio dal punto di vista dell'uguaglianza dei generi, e il CESE è sollecitato a individuare e attuare misure per correggere questa situazione insoddisfacente.

5.3

La sensibilizzazione sul ruolo della società civile e il coinvolgimento delle parti sociali nel processo di adesione sono sempre stati, al tempo stesso, una missione e una sfida per il CESE. In alcuni paesi i governi hanno mantenuto un atteggiamento negativo nei confronti della società civile e, di conseguenza, le raccomandazioni formulate dai CCM hanno avuto scarsa risonanza. Tuttavia, i CCM hanno creato opportunità di scambi diretti tra la società civile e i politici e i funzionari dell'UE e quelli nazionali, anche se tali scambi hanno avuto uno scarso impatto sulle politiche governative. Alla luce di queste considerazioni, i CCM potrebbero trarre enormi vantaggi da un più forte sostegno e da una più stretta cooperazione con la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo, in modo da garantire che le preoccupazioni centrali circa le realtà nazionali dell'adesione, che scaturiscono dal dialogo civile e sociale portato avanti nei paesi, possano trovare ascolto in tutti i contesti pertinenti di definizione delle politiche.

Bruxelles, 10 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  http://ec.europa.eu/enlargement/pdf/civil_society/doc_guidelines_cs_support.pdf

(2)  http://ec.europa.eu/enlargement/pdf/press_corner/elarg-guidelines-for-media-freedom-and-integrity_210214.pdf

(3)  Il TACSO (Technical Assistance for Civil Society Organisations) è un progetto di assistenza tecnica per lo sviluppo della società civile nei paesi candidati all'adesione finanziato dall'UE, http://www.tacso.org/

(4)  COM(2013) 700 final.

(5)  http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=EN&t=PDF&gc=true&sc=false&f=AD%201%202014%20INIT

(6)  Cfr. nota 2.

(7)  http://www.ijf.hr/eng/EU4/marsic.pdf

(8)  In pratica, il Consiglio ha divulgato, su richiesta, documenti collegati all'adesione, dopo aver rimosso informazioni sensibili relative soprattutto alle posizioni assunte dagli Stati membri e a documenti in loro possesso, per il fatto che tali informazioni richiedono consultazioni intergovernative e riguardano le relazioni internazionali, come previsto dall'articolo 4 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del 30 maggio 2001. La politica di classificazione adottata dal Consiglio limita inoltre l'accesso alle informazioni collegate all'adesione in seno al Parlamento europeo, nel quale esistono delle sale apposite riservate alla conservazione e alla visualizzazione di documenti classificati.

(9)  SIGMA, Assessment Croatia, maggio 2011.


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

500a sessione plenaria del CESE del 9 e 10 luglio 2014

16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/45


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle misure strutturali volte ad accrescere la resilienza degli enti creditizi dell'UE

[COM(2014) 43 final — 2014/0020 (COD)]

(2014/C 451/07)

Relatore:

M. IOZIA

Il Parlamento europeo, in data 25 febbraio 2014, e il Consiglio, in data 27 marzo 2014, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle misure strutturali volte ad accrescere la resilienza degli enti creditizi dell'UE

COM(2014) 43 final — 2014/0020 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 97 voti favorevoli, 1 voto contrario e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime un convinto sostegno alla riforma strutturale del sistema bancario, ritenendo che essa sia la riforma chiave tra i molti interventi legislativi predisposti a seguito della crisi finanziaria. Il CESE sottolinea il fatto che, con questa riforma, si entra per la prima volta a regolare in profondità il cuore del sistema bancario e a completare l'unione bancaria. Essa può, inoltre, contribuire in modo significativo a ripristinare la fiducia delle imprese e dei consumatori nonché, ai fini del buon finanziamento dell'economia, a rafforzare il sistema bancario europeo e a ridurre il rischio di contagio.

1.2

Il CESE ritiene che questa regolazione, che andrà a ridefinire la gestione di una complessità di servizi bancari e finanziari, sia assolutamente necessaria. Il Comitato è consapevole che il regolamento proposto non sarà sufficiente a evitare un'altra crisi. A tal fine sono necessari un profondo cambiamento della cultura finanziaria e l'adozione di principi etici nelle attività quotidiane del settore della finanza. Tutti i soggetti direttamente interessati dovrebbero essere coinvolti nella costruzione di un nuovo sistema finanziario ed economico al fine di rendere questo settore sostenibile e resiliente e trovare il migliore equilibrio possibile tra gli interessi di tutte le parti. A questo fine il CESE sostiene ed incoraggia un grande accordo per rilanciare l'economia e ricostruire la fiducia verso le Istituzioni finanziarie chiedendo alla Commissione di promuovere un Patto Sociale Europeo per una Finanza Sostenibile. I lavoratori, i dirigenti, gli azionisti, gli investitori, le famiglie, le PMI, le industrie e i clienti commerciali dovrebbero raggiungere un'intesa stabile ed equa al fine di creare un settore dei servizi finanziari che sia volto a generare prosperità, a sostenere l'economia reale, la crescita e posti di lavoro di qualità, a rispettare l'ambiente e a prevenire conseguenze sociali indesiderabili.

1.3

Il CESE rileva la necessità di garantire l'uniformità nei criteri di valutazione delle autorità nazionali e raccomanda che la regolamentazione sia applicata in modo omogeneo a livello europeo e possibilmente concordata con le autorità nazionali dei Paesi terzi.

1.4

Il CESE esprime perplessità rispetto alla scelta di permettere la coesistenza di diverse regolazioni nazionali e, allo stesso tempo, di quella europea. Il CESE infatti sostiene che una architettura così concepita potrebbe non garantire l'uniformità applicativa delle nuove regole. Apprezza che questa deroga sia stata concepita solo per la legislazione in essere alla data della proposta di regolamento, purché sia garantita l'assoluta equivalenza con il regolamento in esame.

1.5

Il CESE considera il regolamento proposto dalla Commissione una risposta valida ed efficiente per separare le attività bancarie commerciali da quelle di investimento. La soluzione scelta, infatti, rispetto alle alternative previste da diversi paesi, è basata su un processo dialettico e di valutazione che permette di non contraddire il modello di banca universale, preservandolo, ma di agire unicamente sui rischi eccessivi associati a questo modello.

1.6

Il CESE sottolinea che non è stato preso in adeguata considerazione l'impatto che la legislazione proposta può avere sull'occupazione. Il complesso della regolamentazione sui servizi finanziari potrebbe causare la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, ed è inaccettabile che non sia stata prevista alcuna misura intesa a ridurre il notevole impatto sociale diretto e indiretto. Il presente regolamento potrebbe causare un impatto diretto limitato, ma l'influenza che potrebbe avere sugli attivi delle imprese si ripercuoterebbe sull'intero sistema finanziario. D'altra parte è giusto riconoscere che la minore rischiosità delle banche porterà un beneficio al complesso dell'economia reale, con indubbi benefici sull'occupazione in generale.

1.7

Si teme seriamente che l'incremento dei costi potrebbe scaricarsi sui lavoratori. Sebbene la Commissione abbia tenuto conto di questa dimensione nella sua valutazione d'impatto, la stessa sembra poi aver dedicato poco spazio nella riforma a questo problema. È vero che gli ambiti di attività coinvolti dalla riforma sono quelli meno labour-intensive, ma gli effetti indiretti della riforma produrranno politiche di cost cutting che si possono tradurre in nuovi tagli di posti di lavoro, come preannunciato da importanti Istituti Bancari.

1.8

Le forze in gioco sono molte (lobby finanziarie, grandi Stati membri, consumatori e investitori, famiglie, imprese grandi e piccole, associazioni, ecc.) e gli interessi anche molto diversi tra loro. La lezione che arriva da un passato in cui sono state le logiche imposte dal sistema finanziario ad aver prevalso dovrebbe essere ormai chiara: è l'interesse pubblico a dover prevalere. Il Comitato raccomanda dunque che si cambi rotta e che si ponga al centro l'interesse comune, trovando un punto di equilibrio accettabile per tutte le parti, perché è convinto che solo in questo modo la riforma funzionerà in modo efficace.

1.9

Il CESE reputa che per garantire un sistema finanziario sostenibile occorra una «finanza paziente» che lavori abbandonando la logica di breve termine del profitto a ogni costo per prediligere invece una logica di efficienza e stabilità di lungo termine. Il regolamento in esame propone un cambiamento del modello operativo.

1.10

Il CESE ritiene che la Commissione debba prestare una maggiore attenzione agli investitori ed ai lavoratori, ad oggi poco considerati dalla riforma. Nel lungo periodo, infatti, la sostenibilità del sistema è garantita dall'iniezione di nuova fiducia che crea un ambiente più sicuro, sia per gli investitori che per i lavoratori, parti attive nel processo di gestione dei rischi.

1.11

Il CESE ritiene che la flessibilità applicativa della regolazione sia un principio valido e auspicabile. La «biodiversità» (1) dei business bancari garantisce infatti stabilità ed efficacia del sistema. Il CESE tiene però a precisare che questo non deve essere confuso con l'arbitrarietà delle regole.

1.12

Il CESE raccomanda alla Commissione di analizzare in dettaglio, nel quadro della sua valutazione d'impatto, l'interazione delle principali proposte contenute nel regolamento in esame con altre iniziative adottate di recente, quali il «pacchetto CRD IV», la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle crisi nel settore bancario, la direttiva relativa al meccanismo unico di risoluzione delle crisi ecc., e di esaminare i rischi di migrazione verso gli istituti del sistema bancario ombra.

1.13

Il CESE raccomanda una forte cooperazione e coordinamento nelle attività di sorveglianza tra l'EBA e le autorità nazionali, che conoscono bene i mercati e che giocheranno un ruolo essenziale nella gestione della nuova finanza europea riformata.

2.   La proposta di regolamento

2.1

Secondo la Commissione, la proposta rappresenta una parte importante della risposta dell'Unione alla problematica derivante delle banche «troppo grandi per fallire» ed intende impedire che nel sistema bancario dell'Unione vi siano aree di rischio non controllato e gestito. Essa porrà un freno all'espansione delle attività di carattere puramente speculativo.

2.2

La proposta di regolamento mira a prevenire il rischio sistemico, lo stress finanziario o il fallimento di entità grandi, complesse e interconnesse del sistema finanziario, in particolare enti creditizi, e a conseguire i seguenti obiettivi:

(a)

ridurre l'eccessiva assunzione di rischio all'interno dell'ente creditizio;

(b)

eliminare conflitti di interessi significativi tra le varie parti dell'ente creditizio;

(c)

evitare la cattiva allocazione delle risorse e incoraggiare l'erogazione di prestiti all'economia reale;

(d)

contribuire a garantire condizioni di concorrenza non falsate per tutti gli enti creditizi nell'ambito del mercato interno;

(e)

ridurre l'interconnessione nel settore finanziario che comporta il rischio sistemico;

(f)

facilitare modalità efficaci di gestione, monitoraggio e vigilanza dell'ente creditizio;

(g)

agevolare la risoluzione ordinata delle crisi e il risanamento del gruppo.

La proposta di regolamento stabilisce norme riguardanti:

(h)

il divieto della negoziazione per conto proprio;

(i)

la separazione di talune attività di negoziazione.

2.3

Altri tipi di servizi/prodotti finanziari addizionali (securitization, corporate bonds, derivati, ecc.) dovranno, pertanto, continuare ad essere permessi.

3.   Considerazioni preliminari

3.1

La crisi finanziaria, secondo stime della Commissione, è costata ai governi dell'UE circa 1  600 miliardi di euro (il 13 % del PIL dell'UE) in termini di aiuti di Stato per i salvataggi nel settore finanziario.

3.2

La concentrazione nel settore bancario è particolarmente elevata: 14 gruppi bancari europei sono nell'elenco degli enti finanziari di importanza sistemica a livello globale (SIFI) e 15 gruppi bancari europei detengono il 43 % dei volumi delle attività di mercato, pari al 150 % del PIL dell'UE a 27, i primi trenta gruppi, il 65 % delle attività.

3.3

La crisi finanziaria, nata negli USA ma che ha investito come uno tsunami il sistema europeo, è riconducibile a diverse cause, le principali possono essere considerate: l'assunzione di rischi eccessivi, l'esagerato ricorso alla leva, l'inadeguatezza dei requisiti di capitale e di liquidità, l'architettura complessa del sistema bancario in generale.

3.3.1

Nell'ottobre 2012 il gruppo Liikanen è giunto alla conclusione che è necessario imporre la separazione legale di determinate attività finanziarie ad alto rischio dalle banche che svolgono attività di deposito all'interno del gruppo bancario. Le attività da separare comprenderebbero la negoziazione per conto proprio di titoli e strumenti derivati e alcune altre attività strettamente collegate ai mercati dei titoli e degli strumenti derivati (2).

3.4

La Commissione con questo regolamento intende ridurre i margini di rischiosità del sistema bancario e mettere sotto controllo tutte le operazioni con un potenziale speculativo. Esso va considerato congiuntamente con il correlato regolamento sulle operazioni di finanziamento tramite titoli (3), che va ad interessare e a ridurre i margini di opacità nell'ambito delle cosiddette «banche ombra». Esse, va ricordato, alla fine del 2012 gestivano nel mondo 53  000 miliardi di euro, pari alla metà del totale delle attività del sistema bancario internazionale, principalmente in Europa, con circa 23  000 miliardi di euro, e negli USA, con 19  300 miliardi di euro. Cifre impressionanti, se si paragona con l'intero PIL UE28, che non supera i 13  071 miliardi di euro nel 2013 (EuroStat).

3.5

Nella risoluzione McCarthy del Parlamento europeo (4) si affermano alcuni principi fondamentali e tra l'altro è raccomandato che: «il principio cardine della riforma bancaria debba essere il conseguimento di un sistema bancario sicuro, stabile ed efficiente che soddisfi le esigenze dell'economia reale, dei clienti e dei consumatori; […] la riforma strutturale debba stimolare la crescita economica sostenendo la disponibilità di crediti per l'economia, in particolare per le PMI e le imprese in fase di avviamento (start-up), comportare una maggiore resilienza alle potenziali crisi finanziarie, ripristinare la fiducia nelle banche, sotto tutti i punti di vista, ed eliminare i rischi per le finanze pubbliche; […] il sistema bancario, per essere efficace, debba comportare un cambiamento della cultura bancaria in un'ottica di riduzione della complessità, incentivazione della concorrenza, limitazione delle interrelazioni tra attività commerciali e rischiose, miglioramento del governo societario, creazione di un sistema di remunerazione responsabile, effettiva possibilità di attuare efficacemente i meccanismi di risanamento e risoluzione delle crisi nonché di rafforzamento del capitale delle banche e disponibilità di crediti per l'economia reale.»

La nuova sorveglianza dei mercati internazionali ne è uscita più forte, più penetrante e soprattutto con più poteri rispetto a quelli detenuti in precedenza, con minore discrezionalità e maggiori garanzie al mercato e agli utenti finali.

4.   I punti chiave dell'audizione

4.1

Il Comitato è dell'avviso che la Commissione stia seguendo la giusta direzione, ma pensa sia utile sottoporle alcuni punti di vista emersi dal confronto con le diverse parti interessate sui quali, forse, la riflessione non sembra essere stata sufficiente. Il CESE pertanto riporta all'attenzione della Commissione anche alcuni punti chiave degli interventi dei diversi stakeholder; essi non rappresentano il punto di vista del CESE integralmente, ma meritano comunque di essere fedelmente riportati.

4.2

La riforma oggetto di discussione è stata in generale accolta con favore. Il divieto del proprietary trading e la separazione delle attività tradizionali e di trading sono infatti percepiti dai più come strumenti idonei a limitare la speculazione sui prodotti finanziari e rilanciare l'attività del prestito bancario, fonte principale del finanziamento delle PMI e fortemente limitata dalle politiche di speculazione sul trading degli ultimi anni.

4.3

È importante che nell'applicazione della riforma si tenga conto delle diversità di business model per cui le banche locali possano continuare a servire le economie locali.

4.4

Un particolare riguardo merita il modello di business delle banche popolari e cooperative. La riforma è ritenuta poco adatta e adattabile al loro specifico network. In particolare, la preoccupazione espressa è quella che la riforma possa snaturare il loro modo di operare e di essere presenti quotidianamente sul territorio per supportare l'economia reale. La raccomandazione è quindi quella di preservare le loro specificità e la diversità del fare business di queste banche.

4.5

La riforma, assieme alle numerose altre misure predisposte dalla Commissione negli ultimi anni, consentirà un miglioramento della trasparenza delle singole operazioni e del sistema bancario in generale, ma ne incrementerà complessivamente i costi a vario livello. A tal proposito, durante il dibattito è emersa con chiarezza la necessità di avere una valutazione d'impatto complessiva delle riforme della regolamentazione finanziaria, nonostante si sia consapevoli della complessità della stima.

4.6

Si teme che tali costi si scarichino, come spesso accade, sul consumatore finale dei servizi finanziari. Ci si domanda se gli effetti positivi che si ritiene che le nuove misure dovrebbero apportare rispetto ad esempio alla sicurezza del sistema bancario non siano minori rispetto a quelle negative.

4.7

Con specifico riferimento al sistema di protezione dei whistleblower, il Comitato e le parti sociali intervenute sulla questione si complimentano con la Commissione per il sistema di regole previsto. Si richiede che venga fornita una migliore definizione dell'espressione «protezione appropriata» (art. 30) e che si chiarisca l'estensione delle regole previste a tutti i lavoratori, incoraggiando ed incentivando gli stessi a riportare eventuali violazioni.

4.8

Rispetto alle sanzioni previste (art. 28 e 29), si raccomanda che la responsabilità di eventuali violazioni venga innanzitutto accertata a livello istituzionale, di governance, e non di singola persona.

4.9

Con riguardo al sistema di remunerazione, invece si richiede che nel regolamento venga esplicitamente richiamato quanto previsto nella direttiva sui requisiti patrimoniali (Capital Requirements Directive — CRD) IV all'articolo 69.

5.   Osservazioni del CESE

5.1

Il CESE considera positivamente le misure inserite nella proposta dalla Commissione e condivide la scelta dell'utilizzo dello strumento giuridico del regolamento, che risulta appropriato per le finalità di armonizzazione del mercato unico, per evitare arbitraggi regolamentari e giungere ad un sistema bancario di nuovo al servizio dei cittadini e della comunità, efficiente e produttivo, sostegno all'economia reale, alle famiglie, allo sviluppo equilibrato e sostenibile della società, con una visione di lungo periodo che sappia coniugare innovazione e sicurezza.

5.2

Il CESE ha sostenuto con convinzione le riforme che si sono susseguite e che iniziano a dare i loro primi frutti. Il regolamento in esame affronta uno dei nodi più complessi e sensibili di tutto il sistema: la resilienza e la struttura giuridica delle aziende finanziarie, alcune delle quali hanno un volume di attività superiore al PIL di molti Stati membri. Il totale dei volumi di attività delle prime dieci banche europee supera il PIL dell'UE 28 (5) (oltre 15  000 miliardi di euro).

5.3

La regolazione proposta intende tagliare alla radice il nodo gordiano costituito dalla dimensione, dalla interconnessione e dalla complessità di alcuni istituti cosiddetti «sistemici», cioè che possono dar luogo ad una crisi di sistema. Too big to fail, troppo grandi per fallire è ormai diventato un mantra dietro il quale si sono consumati comportamenti in violazione non solo dei più elementari principi etici, ma in frode ed in violazione della legge, come i recenti e recentissimi scandali finanziari purtroppo continuano a dimostrare. Questi comportamenti con un eufemismo vanno sotto il nome di moral hazard, rischio etico!

5.4

Il commissario Barnier ha annunciato il varo del testo con queste parole: «Il nostro obiettivo è di evitare la presenza di banche che siano troppo grandi per fallire, troppo costose da salvare, troppo complesse per essere ristrutturate».

5.5

Il CESE ritiene che le misure proposte vanno nella direzione auspicata, cioè riducendo il rischio che i contribuenti debbano intervenire ulteriormente per salvare le banche in difficoltà. All'indomani dei ripetuti salvataggi il CESE aveva messo in guardia sugli effetti disastrosi che essi avrebbero comportato sui debiti sovrani e conseguentemente gli effetti nefasti di una recessione che si annunciava inevitabile. Purtroppo le previsioni si sono avverate ancor più duramente di quanto previsto, a causa di errori incredibili sugli effetti di una moltiplicazione di politiche di aggiustamento dei bilanci causati sia dalle esigenze nazionali sia da una politica miope e sbagliata dell'Unione, che non ha capito che era necessaria un'azione flessibile e che erano indispensabili misure compensative anti-recessive.

5.5.1

Solo ora ci si accorge dei danni prodotti da questa politica e dobbiamo riconoscere che solo la gestione illuminata dell'Eurozona da parte della Banca centrale europea ha evitato il peggio e ha salvato l'euro e in definitiva l'Unione. Se si fosse dato ascolto al CESE, forse molti danni si sarebbero potuti evitare!

5.6

La Commissione opportunamente assegna all'Autorità bancaria europea (ABE) un ruolo determinante, ai fini del presente regolamento. L'ABE sarà consultata nel caso sia necessario adottare alcune decisioni previste nella presente proposta, inoltre sarà incaricata di preparare progetti di norme tecniche di regolamentazione e di attuazione, e dovrà aggiornare la Commissione sull'applicazione del regolamento presentando delle relazioni. Il CESE in più occasioni aveva segnalato come, nonostante le indiscusse professionalità esistenti, la Commissione non assegnava ruolo e risorse sufficienti a questa importante Autorità.

5.7

Negli Stati Uniti, nel 1999 fu approvata una legge che abrogava il Glass-Steagall Act, e in particolare la separazione fra banca commerciale e banca d'investimenti. Purtroppo anche l'Unione seguì la scelta nefasta dell'amministrazione americana: il CESE rileva che le attuali disposizioni di fatto ripristinano la separazione dei campi di attività, anzi, va oltre, perché vieta, a parte alcune eccezioni, agli istituti che raccolgono depositi di intraprendere attività di investimento per conto proprio e di possedere attività per la negoziazione.

5.7.1

È fondamentale che l'UE operi in stretta collaborazione con i paesi terzi, in particolare gli USA, per giungere a un approccio comune sostanziale in materia di regolamentazione. Il CESE esorta la Commissione a intensificare la cooperazione internazionale.

5.8

La proposta di regolamento lascia molto spazio discrezionale alle autorità competenti. È indispensabile che esse agiscano e basino le loro valutazioni su criteri chiari, armonizzati e prevedibili che definiscano quando una banca non può continuare a gestire i suoi alti livelli di rischi da negoziazione. Senza un quadro di riferimento comune il rischio di interpretazioni soggettive porterebbe a determinare effetti contrari a quelli desiderati e coerenti con le previsioni dell'art. 114 del TFUE.

5.9

Il CESE apprezza la scelta finale della Commissione, di non aver provveduto ad una separazione ex-ante della negoziazione per conto proprio ed altre attività strettamente collegate ai mercati, e di aver optato per una scelta ex-post, per questo motivo sono essenziali gli standard tecnici che opportunamente sono stati affidati all'ABE. In vista dell'applicazione delle norme in materia di risoluzione e in particolare della costituzione della autorità di risoluzione, approvate nel dicembre 2013 dal Consiglio Ecofin, il CESE raccomanda che siano fin da ora previste modalità di coordinamento e di individuazione di responsabilità tra tutti i soggetti nazionali ed europei, per evitare il rischio di sovrapposizione di decisione o peggio di contrasto tra interpretazioni e valutazioni delle autorità competenti. L'Autorità di risoluzione unica dovrebbe essere associata appena costituita alla costruzione del meccanismo e partecipare con l'ABE alla definizione delle norme tecniche.

5.10

Il CESE non condivide alcune critiche mosse alla Commissione circa la relativa rilevanza delle attività che potrebbero essere oggetto di separazione. In alcune istituzioni creditizie esse pesavano in misura più che significativa, e la mancanza di una specifica regolamentazione le ha esposte ad un rischio elevatissimo, che avrebbe potuto innescare una crisi sistemica dai prevedibili disastrosi effetti sul sistema dei pagamenti e sull'economia in generale, molto peggiore di quella che abbiamo avuto. Solo le iniezioni di ingentissime somme di denaro fresco, a spese di cittadini, e la capacità di reazione dimostrata dalla BCE hanno potuto evitare la catastrofe.

5.11

Il CESE esprime gratitudine ed apprezzamento alla Commissione per aver inserito nella normativa una esplicita previsione di protezione degli addetti del settore che si trovano esposti a ripercussioni molto negative nel caso di denunce di irregolarità, che adempiono ad un dovere civico ma che subiscono ritorsioni morali, in qualche caso la perdita del posto di lavoro. Queste attività di monitoraggio interno, note come whistleblower vanno incoraggiate e sostenute. La compliance alle normative spesso viene trascurata, elusa o addirittura violata, esponendo le istituzioni bancarie e chi ci lavora a rischi incalcolabili. I recenti casi di scoperta di comportamenti in violazione di ogni norma e di ogni legge, posti in essere da alcune note e rispettabilissime aziende, sono stati possibili grazie alla collaborazione attiva di chi ci lavorava!

5.11.1

Il CESE chiede alla Commissione di sviluppare uno specifico monitoraggio sugli obblighi degli Stati membri di adottare legislazioni di protezione adeguate e di presentare entro due anni dalla applicazione del regolamento una relazione in materia.

5.12

Il CESE è molto sensibile al tema dei rapporti con i paesi terzi, in particolare sul tema della reciprocità e sul tema del rispetto delle normative da parte di tutti i soggetti che operano nel territorio dell'Unione e ritiene che la Commissione abbia operato in modo equilibrato e la sua proposta in materia sia da condividere. Il CESE raccomanda di continuare e di intensificare la cooperazione con gli Stati Uniti in particolare nel campo della regolazione finanziaria, per avere sistemi il più possibile omogenei, che affrontino in modo uniforme le stesse problematiche.

5.13

Il CESE si compiace altresì che uno dei punti su cui più ha insistito nel passato comincia a trovare adeguata risposta nei regolamenti della Commissione, in questo caso in materia di sanzioni amministrative, essendo quelle penali escluse dalla sua sfera d'iniziativa. Le proposte della Commissione appaiono congrue, adeguate e dissuasive.

5.14

Il CESE ha già espresso in molte occasioni le proprie riserve sull'utilizzo degli atti delegati. Sebbene infatti ne riconosca l'importanza per l'adeguamento della regolamentazione nel corso degli anni, il CESE fa notare che il sistema degli atti delegati introduce elementi di incertezza, non auspicabili in questa materia.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 100 del 30.4.2009, pag. 84.

(2)  http://ec.europa.eu/internal_market/bank/docs/high-level_expert_group/report_en.pdf

(3)  COM(2014) 40 final.

(4)  http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//NONSGML+COMPARL+PE-506.244+01+DOC+PDF+V0//IT&language=IT (2013/2021(INI).

(5)  http://www.relbanks.com/top-european-banks/assets


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/51


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione — Una tabella di marcia per il completamento del mercato unico della consegna dei pacchi — Instaurare un clima di fiducia e incoraggiare le vendite online»

[COM(2013) 886 final]

(2014/C 451/08)

Relatrice:

Sig.ra RONDINELLI

La Commissione europea, in data 16 dicembre 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione — Una tabella di marcia per il completamento del mercato unico della consegna dei pacchi — Instaurare un clima di fiducia e incoraggiare le vendite online

COM(2013) 886 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 10 luglio 2014), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 107 voti favorevoli, 2 voti contrari e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la tabella di marcia per il completamento del mercato unico delle consegne di prodotti venduti online che rappresenta un elemento di elevata potenzialità in termini di sviluppo e occupazione. Servizi di consegna efficienti e affidabili rappresentano un pilastro essenziale per la promozione del commercio elettronico e il rafforzamento della fiducia tra venditori e acquirenti.

1.2

Per il CESE il completamento del mercato interno delle consegne e l'eliminazione del divario significativo esistente tra aspettative, tutele e disponibilità effettive richiedono: responsabilità solidali, tracciabilità, reperibilità e interoperatività; accesso ad una più ampia gamma di scelta in tutto il territorio UE incluso quello insulare; certezza di diritti e doveri dei soggetti in causa — in particolare PMI e consumatori — specie per reclami e resi; una rilevazione dati semplice e comparabile; una solida dimensione sociale e formativa.

1.3

Il CESE ribadisce (1) che tale obiettivo, oltre che su auspicabili accordi e codici volontari, dovrebbe basarsi su un quadro minimo normativo europeo che possa rispondere in modo efficiente e flessibile alle carenze irrisolte del mercato le quali scoraggiano i consumatori e le PMI dall'avvalersi del commercio digitale e che possa risolvere i problemi relativi a:

corresponsabilità degli operatori dell'intera catena della vendita online,

tracciabilità e reperibilità delle consegne,

rispetto esplicito delle norme europee di protezione dei dati personali,

offerta trasparente di scelta tra più opzioni di consegna,

definizioni concettuali comuni e piena interoperatività,

accessibilità e universalità del servizio a costi contenuti,

raccolte di dati statistici comparabili e articolate, semplificate per gli operatori minori,

obbligo d'applicazione uniforme del trattamento IVA,

mutua accettazione transfrontaliera dei sistemi a rete dei centri nazionali problem solving e sistemi ODR/ADR (2),

obbligo di rispetto di eque condizioni di lavoro,

trasparenza su condizioni e prezzi del servizio,

formazione professionale permanente del personale,

sanzioni per il non rispetto di obblighi rilevato con un sistema d'allerta RAPEX — IMI (3),

creazione del marchio europeo d'affidabilità in base a standard tecnico-normativi su mandato al CEN (4) che stabilisca indicatori di qualità,

misure a favore delle piccole e medie imprese in termini di semplificazioni e di accesso al mercato e a piattaforme web su un piano di parità.

1.4

Il CESE chiede che la tabella di marcia sappia dare tempi certi e un calendario d'attuazione definito sia in termini normativi che di autoregolamentazione, per ottimizzare i livelli di fiducia tra tutti gli operatori coinvolti e, in particolare, i cittadini europei, nel pieno rispetto e tutela dei diritti reciproci.

1.5

Il CESE chiede che la tabella di marcia preveda altre due ulteriori misure, una sull'accessibilità del servizio a costi contenuti e l'altra sulla dimensione sociale del mercato.

1.6

Il CESE raccomanda alla Commissione, al PE ed al Consiglio che:

un quadro normativo europeo permetta a tutti gli operatori del settore di accedere al mercato unico della consegna dei pacchi e assicuri che venga dato particolare rilievo alle problematiche dell'universalità del servizio a costi contenuti specie nei confronti delle aree periferiche, montane, insulari e disagiate;

la carenza di un quadro statistico dettagliato e comparabile sulla catena dall'ordine online alla consegna transfrontaliera di prodotti sia sanata con procedure semplificate secondo il principio one size fit all;

si stabilisca un'architettura comune e aperta sulla base di definizioni condivise con il concorso di tutte le parti in causa, specie PMI, per la gestione interoperativa di piattaforme web interattive user-friendly, sotto il controllo della Commissione europea (CE);

vengano date chiare indicazioni di indirizzo degli strumenti finanziari comunitari in tema di: ricerca e innovazione tecnologica; ambiente e clima, energia e trasporti; nuove professionalità e formazione; coesione, territorio e imprese minori;

sia assegnato un adeguato sostegno alle PMI nell'attuazione della tabella di marcia prevedendo misure concrete e fondi appropriati di promozione della loro partecipazione su un piano di parità al commercio online;

nello spirito dello Small Business Act, si realizzi una regolamentazione consona alle problematiche delle PMI di tutto il settore dei trasporti e della logistica, con l'apporto delle loro organizzazioni di riferimento;

si proceda con la massima urgenza su mandati al CEN per l'elaborazione di standard di indicatori di qualità per un marchio europeo di sicurezza e qualità delle consegne per assicurare qualità ed affidabilità, sostenibilità e garanzie sociali e di sicurezza;

venga assicurata una solida e coerente dimensione sociale in grado di garantire un dialogo sociale europeo settoriale allargato; l'accesso ad adeguate opportunità di formazione e riqualificazione professionale; condizioni di lavoro e retributive eque e dignitose; eliminare il lavoro precario e sommerso presente soprattutto nel lavoro esternalizzato d'«ultimo miglio».

1.7

Il CESE chiede che la CE presenti — con il supporto di Eurofound — un rapporto biennale sulle condizioni occupazionali e di lavoro del settore, sulle condizioni del consumatore e degli operatori dell'intera catena e le loro prospettive di sviluppo da sottoporre al CESE, al Parlamento (PE), al Consiglio e alle parti sociali.

2.   Dal Libro verde alla roadmap

2.1

In Europa il commercio elettronico rappresenta un potenziale motore di crescita economica e occupazionale stimato in oltre il 10 % all'anno tra il 2013 e il 2016 (5). Il 45 % dei cittadini dell'UE ha effettuato acquisti online negli ultimi 12 mesi ed ha confermato che la maggior parte dei problemi deriva dalle consegne o dai ritardi nelle consegne (6).

2.2

La CE ha identificato (7) i «principali ostacoli al mercato unico digitale e un piano d'azione per eliminarli», ma «il 10 % delle persone non acquista online (8) perché nutre dubbi sul costo dei servizi di consegna, in particolare transfrontalieri, e sulla qualità del servizio».

2.3

Il CESE nel suo parere sul Libro verde (9) ha chiesto una direttiva per definire i regimi di responsabilità congiunta degli operatori, tracciabilità e reperibilità delle consegne, obbligo di offerta di più opzioni di consegna, una rete europea di centri nazionali problem solving, obblighi di rispetto di eque condizioni di lavoro, trasparenza su condizioni e prezzi.

2.4

Al dibattito sul Libro verde ha fatto seguito nel dicembre 2013 la comunicazione sulla tabella di marcia per il completamento del mercato unico della consegna dei pacchi per le vendite online (10).

2.5

Secondo recenti indagini a livello mondiale (11), i fattori più problematici per lo sviluppo del commercio elettronico business to consumer B2C sono:

impossibilità di conoscenza immediata delle opzioni di consegna e certezza del costo globale dell'acquisto online;

impossibilità di ricevere aggiornamenti sullo stato delle spedizioni e loro tracciabilità;

lunghezza dei tempi di spedizione e/o mancata indicazione/flessibilità dei tempi di consegna;

gestione dei resi e dei cambi merce, complicata e costosa;

carenze di assistenza clienti con referente in tempo reale.

2.6

La CE dichiara che sono ancora carenti i «dati di mercato pertinenti sui flussi dei pacchi nazionali e transfrontalieri presso tutti i fornitori di servizi postali attivi sui mercati B2C e B2B, compresi gli intermediari, i consolidatori e gli operatori alternativi (12)».

2.7

Vari studi confermano che «il potenziale di comportamenti anticompetitivi appare più elevato in taluni segmenti del servizio postale rispetto ad altri per cui una sorveglianza regolamentare appare più appropriata, come ad es.: [....] mercato B2C rispetto ai servizi B2B; servizi transfrontalieri rispetto a servizi postali domestici» (13).

2.8

Il CESE si compiace che una parte consistente delle conclusioni del suo parere sul Libro verde siano state riprese. Infatti anche il Consiglio (14) e il PE (15) hanno invitato la CE ad individuare le attuali barriere ai servizi di consegna transfrontalieri e ad adottare misure adeguate per affrontarli e il PE ha anche chiesto (16) servizi di consegna accessibili, economicamente abbordabili, efficienti e di elevata qualità e piattaforme di cooperazione e scambio di informazioni fra i servizi di consegna con una gestione rapida e a costi minimi di reclami e controversie.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE ritiene importante recuperare la fiducia delle PMI e del consumatore online con reti e sistemi interoperativi di gestione rapida e a bassi costi in un quadro di regolamentazione e autoregolamentazione accettato da tutti gli operatori della filiera, per avere un mercato interno libero e aperto evitando un inutile eccesso di regolamentazione. Quindi chiede che la tabella di marcia sia attuata in tempi certi con un calendario di attuazione previsto in 18 mesi.

3.2

Il CESE ritiene che l'UE proceda al completamento del mercato interno delle consegne dei pacchi assicurando rapidità, qualità, affidabilità e costi contenuti a tutela dei consumatori, dei lavoratori e di tutti gli operatori, ivi comprese le PMI dei settori dell'e-commerce, dei trasporti e della logistica, rimediando ai fallimenti e ai disservizi attuali del mercato unico.

3.3

Tuttavia il CESE sperava che la comunicazione facesse anche specifico riferimento alla situazione delle regioni, come le isole, le regioni periferiche e di montagna, con problematiche di tipo geografico, in quanto, a suo giudizio, tali regioni presentano sfide specifiche difficili da superare, in particolare a causa della fattibilità dal punto di visto economico: un mercato unico autentico e completo per la consegna dei pacchi può essere realizzato solo se si tiene debitamente conto di tali regioni e si agisce di conseguenza.

3.4

Secondo il CESE, il quadro delle azioni proposte si basa essenzialmente su processi volontari di autoregolamentazione, sulle discipline dei servizi postali nazionali e sull'azione dello European Regulators Group of Postal Services nonché su principi di correttezza applicativa di normative europee già in essere, senza indicare un quadro unitario per tutti gli operatori e senza fissare scadenze specifiche nell'arco dei 18 mesi indicati.

3.5

Il CESE rileva che la tabella di marcia non prevede ancora, affianco ai processi di autoregolamentazione, la necessità di una direttiva già richiesta dal CESE (17) che possa rispondere in modo compiuto, coerente e consolidato, alle esigenze di completamento del mercato interno delle consegne dei pacchi transfrontaliere per tutti gli operatori del settore.

3.6

Il Comitato ritiene che l'UE debba prevedere una soluzione europea sotto forma della promozione dell'autoregolamentazione e della regolamentazione per affrontare problemi irrisolti del mercato e per proteggere i consumatori e le PMI in materia di:

corresponsabilità di tutti gli operatori della catena della vendita online nei confronti dell'acquirente;

obbligo di piena tracciabilità e reperibilità delle consegne;

rispetto esplicito delle norme di sicurezza e di protezione dei dati personali, ex direttiva 95/46/CE;

obbligo di offerta trasparente di scelta tra più opzioni di consegna;

obbligo di definizioni concettuali comuni e di piena interoperatività;

obbligo di universalità del servizio a costi contenuti per tutti gli operatori del libero mercato, tenendo conto delle normative in vigore, comprese le direttive sui servizi postali e le altre normative UE pertinenti;

raccolte di dati statistici comparabili e articolate;

obbligo di applicazione uniforme del trattamento IVA;

mutua accettazione transfrontaliera dei sistemi a rete dei centri nazionali problem solving e dei sistemi ODR/ADR;

obbligo di rispetto di eque condizioni di lavoro;

obbligo di trasparenza su condizioni e prezzi del servizio;

obbligo di formazione professionale permanente del personale per assicurare professionalità a fronte dell'introduzione di nuove tecnologiche di settore;

sanzioni per il non rispetto di obblighi rilevati anche tramite un Sistema d'allerta RAPEX-IMI, e penalizzazioni in base ad indicatori di qualità;

misure a favore delle PMI in termini di semplificazioni burocratico — amministrative, di accesso al mercato e di partecipazione alla definizione congiunta di applicazioni comuni di nuove tecnologie e dei portali e piattaforme web.

3.7

Anche se le proposte fanno riferimento alla compatibilità con il quadro finanziario UE 2014-2020, il CESE ritiene che la tabella di marcia non possa prescindere da esplicite indicazioni di indirizzo di strumenti finanziari comunitari pertinenti per:

R & I tecnologica (Orizzonte 2020, programmi Galileo, ISA e Agenda digitale) per interoperatività, tracciabilità e sicurezza;

ambiente e clima, energia e trasporti (VII programma per l'ambiente, Quadro 2030 per Energia e Clima e azione «EU Transport GHG: Routes to 2050 II») — per l'impatto dell'ultimo miglio;

PMI: con interventi BEI per imprese innovative, programma COSME e tutte le risorse europee disponibili per la competitività su un piano di parità con gli altri operatori;

coesione territoriale (nuova programmazione dei fondi strutturali 2014-2030 e degli interventi per le aree insulari, rurali e ultraperiferiche);

occupazione e formazione («Agenda for new skills and jobs», «Agenda europea dei consumatori — Stimolare la fiducia e la crescita», Erasmus Plus 2014 — 2020, Istruzione e Formazione).

3.8

Il CESE raccomanda alla CE di procedere al conferimento dei mandati al CEN per elaborare standard tecnico-normativi europei con la piena partecipazione di tutti gli interessati, specie PMI e consumatori e ritiene necessaria l'elaborazione di indicatori per un marchio europeo di sicurezza e qualità delle consegne per assicurare qualità ed affidabilità, sostenibilità e garanzie sociali e di sicurezza.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il CESE prevede la necessità di due ulteriori azioni, sulla garanzia d'accessibilità e sulla dimensione sociale del mercato.

4.1.1   Azione — accessibilità al mercato e fruibilità a costi contenuti

4.1.1.1

Il CESE chiede che nell'ambito della concessione del marchio di qualità sia previsto l'obbligo di garantire l'accesso al mercato e la fruibilità del servizio a costi contenuti in tutti i territori dell’UE. Il CESE constata con rammarico che non si è prestata un'attenzione specifica alle aree periferiche e alle isole e auspica pertanto che il nuovo regolamento copra le regioni che presentano una vulnerabilità dal punto di vista geografico nel mercato del commercio elettronico, dato che una percentuale sostanziale di cittadini europei vive in queste regioni.

4.1.1.2

Per il CESE occorre dare pieno accesso per tutti gli operatori a strutture e risorse informative utilizzate nella fornitura di servizi di consegna per tutelare gli interessi degli utenti e/o per promuovere un'efficace concorrenza.

4.1.1.3

Il CESE chiede che la CE riveda la Notice 1998 sull'applicazione delle regole di concorrenza al settore, alla luce degli sviluppi regolamentari e di mercato che incidono sui servizi transfrontalieri e sui costi standard, per politiche più liberali e orientate ai costi (18), nel rispetto delle disposizioni del protocollo 26 del Trattato di Lisbona, in particolare per quanto riguarda l'accesso universale e l'accessibilità economica dei servizi di interesse economico generale.

4.1.2   Azione — dimensione sociale del mercato

4.1.2.1

Il CESE chiede che venga assicurata una solida e coerente dimensione sociale in grado di garantire, insieme agli sforzi innovativi promossi dalle aziende dei settori interessati, un'alta qualità e professionalità dell'occupazione, anche grazie all'accesso ad adeguate opportunità di formazione e riqualificazione professionale.

4.1.2.2

Il CESE ribadisce l'esigenza di condizioni di lavoro e retributive eque e dignitose per eliminare il lavoro precario e sommerso, specie nel lavoro esternalizzato dell'ultimo miglio, sottolineando i termini del regolamento UE n. 1071/2009 sull'accesso alla professione, della decisione 2009/992/UE e del regolamento UE n. 1213/2010 che stabiliscono una definizione di «rapporto di lavoro» tale da consentire azioni di contrasto al lavoro autonomo fittizio, come ricordato da un recente parere del CESE (19).

4.1.2.3

Il CESE raccomanda l'avvio di un dialogo sociale europeo allargato che coinvolga le parti sociali rappresentative dei settori coinvolti nell'intera catena della vendita online e della consegna dei pacchi (commerciale, postale, trasporto e logistica) che affronti le questioni legate alle condizioni occupazionali e di lavoro, alle prospettive di sviluppo, innovazione e valorizzazione delle risorse umane.

4.1.2.4

La CE deve redigere — con il supporto della Fondazione sulle condizioni di vita e di lavoro — un rapporto biennale sulle condizioni occupazionali e di lavoro del settore e le prospettive di sviluppo da sottoporre al CESE, PE, Consiglio e parti sociali.

4.2   Azione 1: informazioni dei consumatori su caratteristiche e costi di spedizione e restituzione

4.2.1

Il CESE ritiene che i codici di condotta volontari e lo scambio di buone prassi rappresentino vie complementari percorribili a livello UE solo se elaborati e accettati dall'insieme delle parti in causa del mercato delle vendite online e nell'ambito di una normativa quadro europea che regoli l'insieme degli aspetti sollevati dalle consegne transfrontaliere di prodotti online, per tutelare consumatori, piccoli operatori e PMI in condizioni di parità e senza imporre loro oneri di difficile sostenibilità.

4.3   Azione 2: informazioni dei rivenditori online sui servizi di consegna

4.3.1

L'elaborazione di definizioni condivise dei concetti-base del servizio da parte degli operatori di consegna e dei rivenditori online senza i rappresentanti dei consumatori e delle PMI rischia di trascurare elementi importanti per la scelta dei consumatori e restringere il ventaglio di opzioni proponibili.

4.3.2

Il CESE chiede che venga definita congiuntamente con tutte le parti in causa, un'architettura comune aperta interattiva sull'esempio del progetto e-freight  (20).

4.3.3

Il CESE chiede che la CE assicuri il controllo della corretta gestione delle piattaforme web sulla base di criteri obiettivi predefiniti consumer-friendly nell'ambito del quadro normativo richiesto dal CESE.

4.4   Azione 3: trasparenza dei mercati delle consegne, servizi integrati standard qualitativi

4.4.1

La carenza di un quadro statistico dettagliato e comparabile sulla catena di operazioni e di soggetti interessati dall'ordine online alla consegna transfrontaliera di prodotti deve essere sanata con l'acquisizione da parte delle autorità doganali-postali e fiscali-finanziarie e dal settore commerciale, di dati pertinenti, omogenei e confrontabili, sui flussi dei pacchi transfrontalieri presso tutti i fornitori di servizi attivi sui mercati, sulle coperture di servizi universali, sul servizio dei resi e di composizione dei reclami.

4.4.2

La raccolta dati deve avvenire secondo il principio one size fit all senza aggravi e duplicazioni burocratiche. La CE dovrebbe valutare le opportunità ed i costi di una eventuale assicurazione forfettaria a basso costo sulle consegne transnazionali legata all'ottenimento di un marchio di qualità europeo.

4.5   Azione 4: interoperabilità nelle operazioni di consegna pacchi

4.5.1

È opportuno che gli operatori di consegna e i rivenditori online sviluppino su base volontaria soluzioni per collegare i sistemi informativi e le interfacce aperte con un sistema di consegne e di resi efficiente e a costi contenuti per l'«ultimo miglio».

4.5.2

Il CESE ritiene però che tali sviluppi debbano avvenire sulla base di criteri di interoperatività predefiniti in un quadro normativo comune.

4.6   Azione 5: rafforzamento delle tutele dei consumatori

4.6.1

Il CESE sostiene l'iniziativa dei mandati di standardizzazione al CEN così come quella di dare indicazioni d'orientamento per l'attuazione piena e uniforme della direttiva 2011/83/UE agli Stati membri e stimolare un maggiore ricorso ai meccanismi alternativi di risoluzione dei conflitti nell'ambito della direttiva ADR 2013/11/UE.

4.6.2

Il CESE ritiene insufficiente che la soluzione del problema dei reclami debba poggiarsi solo sul fatto che «gli operatori di consegna, i rivenditori online e le associazioni dei consumatori assicurino insieme una migliore cooperazione in materia di gestione dei reclami e di sistemi di tutela del consumatore». Il CESE ritiene positiva tale cooperazione a condizione che avvenga dentro un quadro normativo comune.

Bruxelles, 10 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 60.

(2)  ODR: risoluzione online delle controversie, ADR: direttiva risoluzione alternativa controversie.

(3)  IMI: Sistema d'informazione del mercato interno.

(4)  Comitato europeo normalizzazione.

(5)  MEMO-13-1151, CE.

(6)  Indagine Special Eurobarometer 398 Internal Market — ottobre 2013.

(7)  COM(2011) 942 final, 11.1.2012.

(8)  Eurostat, indagine sulle famiglie 2009.

(9)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 60.

(10)  COM(2013) 886 final.

(11)  Studio Globale UPS — Pulse of the Online Shopper, 2013.

(12)  COM(2013) 886 final.

(13)  WIK Consult Final Report 8/2013.

(14)  Consiglio «Competitività» — conclusioni governance del mercato unico e mercato unico digitale, 30 maggio 2012.

(15)  Risoluzioni PE 4.2.2014 2013/2043 (INI), 11.12.2012 e 4.7.2013.

(16)  Risoluzione PE 4.2.2014.

(17)  V. nota 1.

(18)  Common position EU & US in the Doha Round — WTO, 2006.

(19)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 14.

(20)  Il progetto e-freight 2010-2014 del settimo programma quadro di ricerca, con 31 partners di 14 paesi — è finalizzato a mettere in rete tutti i soggetti che operano nella logistica attraverso piattaforme web interattive user-friendly. Tra le raccomandazioni: «The EU Commission should issue a Directive or similar as soon as possible which secures that the interface to National Single Windows that are put to use from now on are using the Common Reporting Schema (CRS), developed in e-freight, as the input format».


ALLEGATO

al Parere del Comitato economico e sociale europeo

Il seguente emendamento è stato respinto nel corso del dibattito, ma hanno ottenuto più di un quarto dei voti espressi (articolo 39, paragrafo 2, del Regolamento interno):

Punto 1.6

Modificare come segue:

Il CESE raccomanda alla Commissione, al PE ed al Consiglio che:

un il quadro normativo europeo, fra cui la direttiva sui servizi postali, permetta a tutti gli operatori del settore garantisca l'accesso di accedere al mercato unico della consegna dei pacchi e assicuri che venga dato particolare rilievo alle problematiche dell'universalità del servizio a costi contenuti specie nei confronti delle aree periferiche, montane, insulari e disagiate.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

:

35

Voti contrari

:

67

Astensioni

:

10


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/59


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla segnalazione e la trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli»

[COM(2014) 40 final — 2014/0017 (COD)]

(2014/C 451/09)

Relatore:

M. Edgardo Maria IOZIA

Il Parlamento europeo, in data 25 febbraio 2014, e il Consiglio, in data 27 marzo 2014, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla segnalazione e la trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli

COM(2014) 40 final — 2014/0017 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 183 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di regolamento presentata dalla Commissione che intende realizzare, unitamente al progetto di regolamento di «Riforma bancaria», cui è intimamente connesso, un compendio di misure atte a rendere più trasparente e resiliente il sistema finanziario europeo, nell'ambito delle operazioni di finanziamento mediante titoli (SFT's).

1.2

Migliorare la simmetria informativa del mercato, monitorare la rischiosità delle operazioni in essere, ridurre l'area delle operazioni bancarie non trasparenti e regolamentate è un interesse primario del mercato e dell'economia in generale.

1.3

A questo riguardo il CESE osserva che la formula «banche ombra» è fuorviante e foriera di inutili incomprensioni con il grande pubblico. Quelle che sono in ombra sono alcune operazioni bancarie che sono svolte da soggetti bancari e non bancari, non le banche in quanto tali o meglio le Istituzioni finanziarie, visto che gli attori su questo specifico mercato spesso non sono di origine bancaria, come gli Hedge Fund, i Fondi Sovrani, e le società finanziarie specializzate nel mercato dei Fondi Monetari o in quello dei derivati strutturati e complessi. Gli operatori sono tutti noti, quello che allo stato è ignoto sono alcune delle loro operazioni non regolamentate.

1.4

Il CESE sottolinea l'importanza di questo regolamento che consente di far emergere con chiarezza i movimenti di mercato, le aree di eccesso di rischio che possono aiutare le Autorità di vigilanza del mercato a monitorare costantemente la situazione e ad intervenire preventivamente per ridurre le attività giudicate complessivamente eccessivamente rischiose. Per questi motivi il regolamento in esame da una parte dischiude al mercato informazioni allo stato non disponibili e dall'altra offre un ulteriore strumento di analisi e conoscenza alle Autorità.

1.5

Altrettanto importante è la regolamentazione dell'attività di reimpegno, cioè dell'uso temporaneo dei titoli affidati. L'obbligo di ottenere uno specifico assenso dall'investitore proprietario dei titoli, consente di evitare l'assunzione di rischi non previsti e non contemplati nel contratto se non genericamente. Il rischio di controparte diventa un elemento organico di valutazione tale da impedire o almeno fortemente limitare la presenza di operatori non eccessivamente affidabili. Il tutto a beneficio di una resilienza complessiva del sistema in generale e delle entità che sono maggiormente presenti sul mercato.

1.6

Il CESE, alla luce di tutte le iniziative assunte dalla Commissione per riportare nell'alveo della sua naturale funzione il sistema finanziario di volano dell'economia e della prosperità delle famiglie e delle imprese, ritiene che sia giunto il momento per lanciare in Europa un grande «Patto sociale per una finanza sostenibile», che veda tutte le componenti interessate, partecipare ad una ridefinizione degli obiettivi e degli strumenti. La caduta verticale della reputazione delle banche, osservabile dagli innumerevoli sondaggi e inchieste svolte negli ultimi anni, dovrebbe indurre tutti gli attori a voltare definitivamente pagina e ad aprirsi ad un confronto con la società. Famiglie, imprese, cittadini, lavoratori, la società in generale reclamano un sistema finanziario efficiente ed affidabile, che contribuisca allo sviluppo ed alla occupazione con una forte attenzione all'impatto sociale e ambientale degli investimenti.

1.7

Il CESE riconosce l'impegno notevole della Commissione nell'adempiere alle promesse di presentare le 48 misure legislative inserite nel programma di lavoro della nuova regolamentazione e certamente il lavoro svolto dalla DG Mercato Interno è stato notevolissimo per qualità e quantità, in un contesto molto difficile. Equilibrio ed efficacia le direttrici di lavoro assunte. Il CESE ritiene che questa sia stata una area di successo delle attività della Commissione e ne dà volentieri atto, apprezzando specialmente l'ammissione della Commissione circa le gravi «lacune normative… l'inefficacia della vigilanza, l'opacità dei mercati e l'eccessiva complessità dei prodotti».

1.8

Con l'adozione del regolamento il CESE considera che sia molto affievolito il rischio di arbitraggio normativo e stimola la Commissione a continuare a perseguire l'obiettivo di ridurre al minimo e per aree effettivamente marginali le operazioni non regolamentate del sistema finanziario europeo.

2.   La proposta della Commissione

2.1

La proposta mira a migliorare la trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli (SFTs (1)), principalmente nei seguenti tre modi:

il monitoraggio dei rischi sistemici legati alle SFTs: il regolamento proposto richiede che tutte le operazioni SFTs siano comunicate a un database centrale. Ciò consentirebbe alla vigilanza di identificare meglio i collegamenti tra banche e gli enti bancari «ombra» e permetterebbe di far luce su alcune operazioni di raccolta di questi ultimi;

la divulgazione di informazioni agli investitori i cui beni sono impiegati in SFTs: secondo la proposta, le operazioni in SFT, compiute da fondi di investimento o da altre strutture equivalenti, andranno descritte da relazioni dettagliate. Ciò consentirebbe di migliorare la trasparenza nei confronti degli investitori che potranno così assumere decisioni di investimento più consapevoli;

l'attività di reimpegno: il regolamento prevede di migliorare la trasparenza del reimpegno (qualsiasi uso, per propri scopi, pre-default della garanzia da parte del beneficiario della garanzia) di strumenti finanziari attraverso la fissazione di condizioni minime che devono essere soddisfatte dalle parti interessate, compresi un accordo scritto e il consenso preventivo al reimpegno. Questo farebbe sì che i clienti o le controparti diano il loro consenso prima che il reimpegno possa avvenire. Inoltre essi prenderanno questa decisione sulla base di informazioni chiare sui rischi che questa operazione può comportare.

3.   Introduzione

3.1

Accanto alla proposta di riforma strutturale del settore bancario dell'UE, la Commissione ha anche proposto delle misure di completamento volte ad aumentare la trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli (SFTs) ed evitare che le banche eludano alcune norme spostando tali attività al settore bancario ombra. Questa è una delle principali preoccupazioni della Commissione.

3.2

Le operazioni di finanziamento tramite titoli (SFTs) includono diversi tipi di transazioni che hanno effetti economici simili. Le principali SFTs sono il prestito titoli e pronti contro termine.

3.3

Il prestito di titoli è un'operazione trainata principalmente dalla domanda di mercato di titoli specifici e viene utilizzato, ad esempio, a fini di vendita o di pagamento a breve. Repos/reverse repo sono generalmente motivati dalla necessità di prendere in prestito o prestare denaro in modo sicuro. Questa pratica consiste nell'acquisto/vendita di strumenti finanziari contro contante, pur concordando in anticipo di acquistare/vendere di nuovo gli strumenti finanziari ad un prezzo prestabilito in una specifica data futura.

3.4

Le SFTs vengono utilizzate dai gestori di fondi per ottenere rendimenti aggiuntivi o finanziamenti aggiuntivi. Ad esempio, le operazioni pronti contro termine sono spesso utilizzate per raccogliere denaro per nuovi investimenti. Allo stesso tempo, queste operazioni però creano nuovi rischi, ovvero rischi di controparte e di liquidità. In generale, solo una parte dei guadagni aggiuntivi è attribuita al fondo, ma l'intero rischio di controparte è a carico degli investitori del fondo. Pertanto, l'uso di queste operazioni può portare a una significativa alterazione del profilo di rischio-rendimento.

3.5

Il legame tra la proposta sulla riforma strutturale del settore bancario europeo e questo pacchetto di misure è chiaro. La proposta della Commissione per la riforma strutturale del settore bancario europeo vorrebbe vietare o mettere vincoli su determinate attività delle banche. Gli effetti sperati potrebbero tuttavia essere ridotti se tali attività migrano da gruppi bancari regolamentati verso il settore bancario ombra, dove ci sono meno possibilità di controllo da parte dei supervisori.

3.6

Il Financial Stability Board (FSB) ha evidenziato che un fallimento disordinato di entità bancarie ombra può condurre a rischio sistemico, sia direttamente che attraverso la loro interconnessione con il sistema bancario regolare.

3.7

L'FSB ha anche suggerito che una regolamentazione bancaria eccessivamente rinforzata potrebbe spingere alcune attività bancarie verso il sistema bancario ombra (2).

4.   Osservazioni di carattere generale

4.1

Il CESE accoglie con favore la proposta di regolamento sulla segnalazione e la trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli che, unitamente al regolamento sulle riforme strutturali del sistema bancario, mira ad aumentare la resilienza del sistema bancario, la trasparenza delle operazioni e la risoluzione di eventuali crisi senza pesare ulteriormente sui cittadini.

4.2

Il presente parere è strettamente connesso, pertanto, a quello che il CESE ha redatto sul regolamento sulla riforma strutturale.

4.3

Il CESE apprezza l'ammissione della Commissione circa «l'esistenza di gravi lacune normative, l'inefficacia della vigilanza, l'opacità dei mercati e l'eccessiva complessità dei prodotti» prima dello scoppio della crisi finanziaria. Sono questi argomenti che il CESE ha iniziato ad usare fin dall'inizio della crisi finanziaria, sollecitando urgenti misure di intervento. Purtroppo la Commissione non ascoltò con la necessaria attenzione i moniti e le raccomandazioni che avrebbero potuto evitare ulteriori problemi.

4.4

Il CESE è consapevole che le forze economiche, le lobbies agguerrite e gli enormi interessi in gioco hanno cercato di evitare o di rallentare provvedimenti necessari ed urgenti nel periodo successivo allo scoppio della crisi. La Commissione, nonostante tutto e salvo alcune poche scelte non condivisibili, ha messo in campo un set di provvedimenti preannunciati all'indomani della consegna dei rapporti della commissione de Larosière e del gruppo di alto livello Liikainen.

4.5

Il CESE dà volentieri atto al Commissario Barnier di aver mantenuto gli impegni ed a tutta la direzione generale Mercato interno responsabile delle proposte sulla regolazione finanziaria dell'ottimo lavoro svolto nel complesso e nell'aver previsto una serie di misure coerenti e intimamente connesse, in modo tale da realizzare un corpus giuridico di notevole qualità e con innegabile efficacia. L'effetto complessivo delle iniziative legislative comporterà il progressivo superamento delle cause che hanno determinato le crisi finanziarie degli ultimi anni.

4.6

Il CESE da sempre ha sostenuto l'esigenza di avere un sistema finanziario ben funzionante, orientato a sostenere l'economia reale, con un'attenzione particolare alle PMI, a rafforzare l'economia sociale e la creazione di posti di lavoro. L'industria creditizia ha un ruolo cruciale da svolgere nel fornire un servizio alla società, ritornando ad essere motore e volano dell'economia reale con la piena consapevolezza della responsabilità sociale che deve garantire.

4.7

Il CESE ritiene non più rinviabile un netto cambiamento nel rapporto tra istituzioni finanziarie e cittadini. La caduta verticale della fiducia verso le banche e le altre entità deve essere arrestata perché potrebbe causare danni irreparabili allo sviluppo economico e sociale.

4.8

Il CESE auspica, alla luce delle sue numerose posizioni sul coinvolgimento della società civile, che si sviluppi in Europa un «Patto sociale per la finanza sostenibile», che veda tutte le parti interessate partecipare alla definizione di un sistema finanziario efficiente, resiliente, trasparente e attento all'impatto ambientale e sociale delle proprie azioni.

4.9

Il CESE appoggia con convinzione le iniziative della Commissione, rivolte ad evitare il rischio dell'arbitraggio normativo da una parte e dello spostamento di attività verso un'area scarsamente regolata come quella delle «operazioni nell'ombra» ove si eludono le normative via via più stringenti che sono in corso di emanazione.

4.10

Nei suoi pareri in materia (3) il CESE ha espresso con chiarezza la propria posizione che tende a ridurre al minimo le aree non regolamentate nel settore finanziario.

4.11

La Commissione, nella elaborazione della proposta di regolamento, ha tenuto conto della necessità di ridurre al massimo i costi aggiuntivi per il sistema finanziario, individuando la possibile soluzione nelle infrastrutture come i repertori di dati e nelle procedure esistenti al servizio della trasparenza nella transazione di prodotti finanziari derivati previste dal regolamento 648/2012. Il CESE condivide questa impostazione che dimostra l'attenzione dimostrata dalla Commissione verso gli operatori e i clienti finali, su cui verosimilmente potrebbero scaricarsi i costi aggiuntivi derivanti dal presente regolamento.

4.12

Il CESE ritiene che la stabilità finanziaria — derivante da una maggiore trasparenza sulle attività previste in questo regolamento, come le operazioni di finanziamento tramite titoli, le altre strutture di finanziamento equivalenti e il reimpegno — sia effettivamente incrementata, incrementando la resilienza complessiva del sistema e dei singoli operatori. L'inclusione di tutte le controparti attive nei mercati finanziari garantisce una completezza di informazioni circa la reale consistenza delle transazioni e dei profili di rischio che i singoli operatori assumono.

4.13

Per questi motivi questo regolamento è essenziale per completare l'efficacia del regolamento di riforma della struttura del sistema bancario, che interviene sulle imprese bancarie aventi dimensioni tali da poter essere considerate potenzialmente portatrici di un rischio sistemico. Esso, inoltre, diminuisce la possibilità di una scelta circa il trasferimento verso aree non regolamentate del sistema finanziario.

5.   Osservazioni specifiche

5.1

La proposta mira a migliorare la trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli (SFTs), principalmente nei seguenti tre modi:

5.1.1

Il monitoraggio dei rischi sistemici legati alla SFTs: il regolamento proposto richiede che tutte le operazioni SFTs siano comunicate a un database centrale. Ciò consentirebbe alla vigilanza di identificare meglio i collegamenti tra banche ed enti bancari comunemente definiti «ombra» e permetterebbe di far luce su alcune operazioni di raccolta di questi ultimi.

5.1.1.1

Il CESE ritiene che questo modo di procedere aiuti le autorità di vigilanza a monitorare con maggior efficacia le esposizioni e i rischi associati alle SFTs garantendo, se necessario, un intervento mirato e tempestivo.

5.1.1.2

Il CESE si domanda se la proposta di conservare per almeno 10 anni i dati nei repertori dei registri sia effettivamente congrua. Il regolamento EMIR prevede, ad esempio, un obbligo di conservazione dei dati per 5 anni.

5.1.2

La divulgazione di informazioni agli investitori i cui beni sono impiegati in SFTs: secondo la proposta, è possibile migliorare la trasparenza nei confronti degli investitori sulle pratiche seguite dai fondi di investimento impegnati in SFTs e da altre strutture di finanziamento equivalenti, richiedendo relazioni dettagliate su queste operazioni. Ciò porterebbe a decisioni d'investimento più consapevoli da parte degli investitori.

5.1.3

L'attività di reimpegno: il regolamento prevede di migliorare la trasparenza del reimpegno (qualsiasi uso, per propri scopi, pre-default della garanzia da parte del beneficiario della garanzia) di strumenti finanziari attraverso la fissazione di condizioni minime che devono essere soddisfatte dalle parti interessate, compresi un accordo scritto e il consenso preventivo al reimpegno. Questo farebbe sì che i clienti o le controparti diano il loro consenso prima che il reimpegno possa avvenire. Inoltre essi prenderanno questa decisione sulla base di informazioni chiare sui rischi che questa operazione può comportare.

5.1.3.1

Dal crollo di Lehman nel 2008, la trasparenza e la promozione di una «cultura di dati» sono state all'ordine del giorno sui mercati finanziari ed il CESE è pienamente d'accordo con questa tendenza e condivide totalmente la trasparenza insita nel meccanismo proposto ed il coinvolgimento dell'investitore attraverso un esplicito consenso da rilasciare per ogni operazione.

5.2

I mercati finanziari sono globali, e quindi i rischi sistemici creati da entità bancarie ombra e le attività devono essere affrontati in maniera coordinata a livello internazionale. Il CESE ritiene che sia indispensabile rafforzare la cooperazione con le autorità dei paesi terzi maggiormente rilevanti, per condividere con loro una strategia comune e misure coerenti e possibilmente equivalenti.

5.3

Il CESE ritiene che la proposta sia coerente con le «Raccomandazioni del Financial Stability Board». Nel mese di agosto 2013, l'FSB ha adottato 11 raccomandazioni per affrontare i rischi inerenti a operazioni di prestito titoli e di pronti contro termine. Il regolamento proposto è in linea con quattro di queste raccomandazioni (numeri 1, 2, 5 e 7) relative alla trasparenza dei mercati di finanziamento tramite titoli, informativa agli investitori e reimpegno.

5.4

Il CESE considera che gli oneri amministrativi che il presente regolamento impone al sistema finanziario non siano eccessivi, ma si sommano ad altri oneri amministrativi e gestionali imposti da altre normative. Il CESE sottolinea il rischio che essi vengano scaricati, almeno in parte, sulle famiglie e sulle imprese. Ciò significa rendere più oneroso il sistema finanziario per gli utenti, da una parte, o ridurre gli utili delle banche, dall'altra, cosa non auspicabile per la già difficile situazione in cui versa il sistema creditizio europeo.

5.5

Il CESE sottolinea l'importanza dell'inclusione degli OIVCM (organismi di investimento collettivo in valori mobiliari) e dei GEFIA (gestori di fondi di investimento alternativi), negli obblighi di comunicazione nelle loro relazioni così come previsto nella direttiva 2009/65/CE di rifusione delle normative in essere, e della direttiva 2011/61/CE.

5.6

Altro punto molto importante riguarda il regime sanzionatorio che — oltre che essere effettivo, proporzionato e dissuasivo — deve vedere applicate una serie di misure minime. Gli Stati membri hanno facoltà di inasprire le sanzioni amministrative, oltre che introdurre sanzioni penali per fattispecie particolarmente gravi. In questo caso sono tenuti a garantire lo scambio d'informazioni tra le autorità nazionali, l'AESFEM (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) e la Commissione.

5.7

Come per il regolamento EMIR, il CESE fa notare che l'articolo 24, relativo alla pubblicazione delle decisioni circa l'imposizione delle sanzioni amministrative, lascia troppo spazio discrezionale alle autorità competenti, che potrebbero avere sulla stessa fattispecie valutazioni difformi. Tale difformità di valutazione potrebbe aumentare nel caso di autorità di paesi diversi. Quale valutazione concreta potrebbe essere fatta sulla compromissione della stabilità dei mercati finanziari?

5.8

Il CESE ritiene importante e chiede alla Commissione che, al pari di quanto previsto all'articolo 13 dell'EMIR, si inserisca nella Proposta il principio di equivalenza, al momento assente.

5.9

Il CESE, pur apprezzando la limitata portata degli atti delegati previsti dal presente regolamento e dalla loro congruità, esprime una perplessità circa la mancanza di una apposizione temporale all'esercizio della delega. Il CESE ricorda che su questo tema ha già espresso in numerose occasioni le proprie riserve.

5.10

Il CESE condivide tutto l'impianto dell'articolo 15, ma fa notare come debbano essere almeno esemplificativamente indicati alcuni meccanismi alternativi equivalenti, sottolineando il rischio di un possibile contenzioso tra controparti circa l'efficacia e l'equivalenza di un sistema diverso dalla firma, ad esempio la registrazione telefonica o la certificazione telematica.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Securities financing transactions.

(2)  GU C 170 del 5.6.2014, pag. 55.

(3)  GU C 177 dell'11.6.2014, pag. 42, GU C 170 del 5.6.2014, pag. 55 e parere sul tema Riforma della struttura delle banche UE (in fase di elaborazione).


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/64


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia europea per una maggiore crescita e occupazione nel turismo costiero e marittimo

COM(2014) 86 final

(2014/C 451/10)

Relatore:

BARROS VALE

La Commissione europea, in data 7 marzo 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia europea per una maggiore crescita e occupazione nel turismo costiero e marittimo

COM(2014) 86 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 189 voti favorevoli e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la comunicazione in esame, come ha fatto per le precedenti comunicazioni del 2010 e del 2012, perché considera importanti le iniziative che possano contribuire allo sviluppo del turismo marittimo e costiero.

1.2

Il CESE, consapevole dei limiti posti dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, appoggia le azioni presentate nella comunicazione della Commissione, ma intende in ogni caso formulare alcune raccomandazioni e avvertimenti, al fine di poter contribuire alla crescita intelligente, sostenibile e inclusiva del turismo costiero e marino caldeggiata dalla strategia Europa 2020.

1.3

L'Europa deve sfruttare le sue risorse naturali e promuovere i suoi siti di eccellenza nei quali vi sia armonia tra la natura e l'assetto del territorio marittimo e costiero. Dato che le zone costiere assumono una particolare importanza strategica in termini ambientali, economici e sociali, la soluzione dei loro problemi deve avvenire nel quadro di una politica integrata di sviluppo sostenibile nella quale rivestono un'importanza primaria l'assetto territoriale, l'equilibrio tra lo sfruttamento delle energie rinnovabili e le restanti attività costiere, nonché il rispetto delle norme urbanistiche. I cambiamenti climatici che già hanno fatto sentire i loro effetti e che interessano, o addirittura distruggono, le zone costiere con la retrocessione della linea di costa non possono essere sottovalutati in quanto comportano lunghi e profondi adeguamenti.

1.4

Come già in precedenza, il CESE torna ad appoggiare l'idea di creare un'agenzia europea del turismo, alla quale partecipino tutte le parti interessate, quali le confederazioni del turismo, le regioni turistiche, gli enti locali a vocazione turistica e le organizzazioni sindacali del settore. La creazione di questo organismo può essere il motore della promozione dell'Europa nel mondo.

1.5

Potrebbe essere giunto il momento di riflettere su una vera e propria politica comune per il turismo che, pur salvaguardando lo spazio di libertà nazionale, immagini il settore in forma globale, definendo delle sinergie e coordinando le politiche dei singoli Stati membri. Tutti gli anni nascono idee diverse che tuttavia restano allo stadio di idee per l'assenza di networking e per la mancata definizione di una strategia comune in materia di turismo che sia in grado di promuovere, come marchio europeo, le destinazioni turistiche tradizionali e non tradizionali, nonché il patrimonio storico e gastronomico, e che al tempo stesso sia capace di gestire l'eventuale pubblicità negativa che fa la sua apparizione di tanto in tanto.

1.6

Il turismo di massa, al quale ha notevolmente contribuito la nascita delle linee aeree low cost, è un fenomeno del quale bisogna approfittare creando o promuovendo reti di trasporto dalle zone servite dagli aeroporti verso altre zone più isolate, dando continuità al territorio attraverso l'inserimento negli itinerari turistici di aree lontane, in modo da renderle luoghi di attrazione turistica, e conciliando in un unico viaggio destinazioni urbane e destinazioni costiere. La disponibilità di informazioni, in un unico luogo, sui collegamenti esistenti è essenziale in quanto costituisce un incentivo alla mobilità. Il CESE ribadisce l'urgenza di rivedere la legislazione sull'attribuzione dei visti, in modo da agevolare la mobilità dei turisti extraeuropei, specialmente di quelli provenienti dalla Cina e da altri mercati emergenti.

1.7

Occorrerà prestare un'attenzione speciale alle zone remote — in particolare quelle dell'Europa settentrionale — con condizioni ambientali uniche, agevolando i trasporti, mettendo a disposizione attrezzature, comunicazioni e reti wi-fi che attraggano i turisti e contribuiscano a trattenere le popolazioni in quelle regioni.

1.8

Occorre definire con urgenza una vera e propria gestione dei porti turistici, in quanto scarseggiano le informazioni sull'esistenza di porticcioli (marine) e sul collegamento tra i diversi porti, e questo rende difficile l'accesso ai panfili e alle imbarcazioni da crociera. La carente gestione dei porti rappresenta un ostacolo allo sviluppo del turismo e alla circolazione delle persone e dei beni. In tale contesto, la Commissione potrebbe esaminare il problema dalla prospettiva delle politiche di creazione del mercato unico e della libera circolazione, e operare per colmare le lacune esistenti.

1.9

L'aumento esponenziale del turismo da crociera ha finito per creare nuove realtà il cui impatto ancora non è stato adeguatamente studiato. L'aumento dell'arrivo di turisti in determinati porti è importante per lo sviluppo delle zone costiere, ma è essenziale ridurre il più possibile l'impatto negativo che questi picchi di traffico possono comportare nelle zone visitate. Bisogna essere adeguatamente preparati a rispondere ai rischi di inquinamento delle acque e dell'aria causato dai carburanti utilizzati dalle grandi navi da crociera e ai rischi ambientali derivanti dalla presenza di migliaia di persone in visita nelle destinazioni turistiche. Bisogna inoltre cercare di coordinare le informazioni sugli scali di queste navi con i dati relativi al turismo locale, onde evitare un afflusso simultaneo di turisti da crociera e di altri che invece hanno la possibilità di organizzare la visita in momenti differenti della giornata.

1.10

L'azione proposta di mappatura delle esigenze di formazione e la creazione della sezione per i «posti di lavoro blu» nel portale EURES sono importanti, ma è essenziale anche che la Commissione realizzi un'azione di divulgazione massiccia e di sensibilizzazione degli Stati membri affinché includano i risultati nelle loro politiche interne di formazione. È opportuno promuovere azioni di formazione destinate non solo ai funzionari delle imprese e degli enti legati al turismo, ma anche agli imprenditori del settore. Tali azioni devono avere per obiettivo, oltre al miglioramento della qualità dei servizi turistici, la promozione dell'Europa in quanto destinazione turistica. Il CESE sottolinea che la sensibilizzazione all'importanza del turismo, al patrimonio europeo e all'ambiente deve iniziare dalla scuola dell'obbligo, formando i giovani sin da un'età precoce.

1.11

Per quanto concerne il problema del turismo da crociera, l'Europa dovrà seguire con attenzione le politiche occupazionali adottate dalle compagnie di navigazione turistica. L'UE può e deve proteggere l'occupazione giovanile in un settore in crescita che presenta grandi potenzialità di creazione di posti di lavoro.

1.12

Il CESE ribadisce l'importanza di alcune disposizioni che possono rispondere alle sfide del settore del turismo, e in particolare del turismo costiero e marittimo, quali:

la promozione di una piattaforma europea che metta a disposizione informazioni integrate sui collegamenti stradali, ferroviari, marittimi e aerei. I problemi di mobilità dei flussi turistici escludono dal processo di sviluppo regioni lontane dotate di grandi potenzialità turistiche, specialmente nell'Europa settentrionale, per la mancanza di informazioni relative ai trasporti disponibili, per le difficoltà nel coordinamento dei trasporti o addirittura per l'assenza di possibili modi di trasporto;

la promozione dei diversi tipi di turismo: naturalistico e sostenibile, sociale, marittimo, culturale e sportivo, d'affari, del benessere o terapeutico, storico, culturale, religioso o gastronomico;

la promozione del turismo della terza età, delle persone con disabilità o a mobilità ridotta e di quelle con esigenze particolari;

il riconoscimento del patrimonio culturale dell'Europa e della sua ricchezza incomparabile, che ci contraddistingue dalle altre regioni del mondo, la protezione di questo patrimonio e la promozione dell'Europa in quanto destinazione turistica per eccellenza;

l'impegno nella promozione della sicurezza che l'Europa può offrire ai suoi visitatori in termini di spostamenti e soggiorno, qualità dell'acqua e sicurezza alimentare, assistenza sanitaria e ospedaliera, sicurezza personale e rispetto dei cittadini e dei loro diritti fondamentali.

1.13

Il CESE è favorevole alla realizzazione di uno studio sulle preferenze dei turisti che visitano o intendono visitare l'Europa, sulle impressioni positive e su quelle negative della visita, sulle ragioni per le quali tornare o non tornare in Europa, e sui motivi per i quali vengono privilegiate le destinazioni extraeuropee. Questo studio, che dovrebbe essere divulgato dai diversi operatori turistici, dai porti e dalle marine, dalle associazioni e autorità competenti in materia di turismo, dai governi e dalle istituzioni europee, permetterebbe di conoscere i comportamenti e le caratteristiche dei turisti con l'obiettivo di facilitare il processo decisionale e di definire strategie comuni per lo sviluppo del settore.

1.14

Il CESE esorta inoltre a stabilire, nel quadro del dibattito sul turismo e delle azioni da realizzare, un'interrelazione tra il turismo marino e costiero e il turismo fluviale, approfittando delle possibilità offerte dai fiumi e dagli estuari, che possono rappresentare un complemento alle attività svolte nelle zone costiere. Lo sfruttamento dei fiumi offre la possibilità di promuovere nuovi prodotti quali le crociere con particolari servizi gastronomici, il turismo rurale e l'ecoturismo, mentre gli estuari — zone di grande valore paesaggistico e potenzialità educative — possono offrire l'osservazione dei volatili e della biodiversità caratteristica di tali siti.

2.   Introduzione

2.1

La comunicazione in esame, che fa seguito a quella del 2010 (1) in cui si annunciava una strategia per il turismo costiero e marittimo sostenibile ed a quella del 2012 dal titolo Crescita blu — Opportunità per una crescita sostenibile dei settori marino e marittimo  (2), riguarda uno dei cinque ambiti di intervento prioritario dell'economia blu che sono stati individuati, ossia il settore del turismo costiero e marittimo.

2.2

Tale settore è già stato messo in risalto come un'importante catena di valore in grado di generare crescita e occupazione in modo sostenibile. Il turismo costiero e marittimo costituisce la principale attività marittima in Europa, con quasi 3,2 milioni di addetti, di cui quasi la metà è costituita da lavoratori giovani. Genera 183 miliardi di euro di valore aggiunto lordo, ed è un settore costituito principalmente da microimprese o piccole e medie imprese, nel quale opera più di un terzo del totale delle imprese europee collegate al turismo.

2.3

La comunicazione è intesa ad individuare le sfide cui il settore è posto di fronte, in particolare: stimolare l'efficienza e la competitività, attraverso il miglioramento della conoscenza, affrontando il problema della volatilità della domanda e della frammentazione del settore; promuovere le competenze e l'innovazione; rafforzare la sostenibilità in riferimento alla problematica delle pressioni sull'ambiente, alla promozione di offerte innovative, sostenibili e di alta qualità e all'individuazione di opportunità nei vincoli geografici, in particolare l'insularità e la perifericità.

2.4

La comunicazione affronta anche le questioni relative all'utilizzo dei fondi europei e all'integrazione delle politiche UE aventi un impatto sul turismo costiero e marittimo.

3.   Osservazioni generali

3.1

La crescita blu, che riunisce i settori tradizionali e quelli emergenti e in via di sviluppo, costituisce una sfida complessa e ambiziosa e va considerata in maniera integrata. Nello sfruttamento delle aree costiere bisogna tenere conto degli interessi dei vari settori che vi operano senza escludere le questioni ambientali, rivolgendo una particolare attenzione alla pianificazione del territorio e dello spazio marittimo, due fattori che condizionano l'offerta turistica. Occorre fare attenzione alla dimensione intersettoriale in base alla quale il problema va esaminato, dato che senza la tutela del territorio e senza la protezione ambientale non è possibile sviluppare il turismo, sia esso costiero o di qualunque altro tipo. L'impiego delle energie rinnovabili riveste un'indubbia importanza e deve essere promosso intensamente. Bisogna prestare un'attenzione speciale all'ubicazione delle attrezzature, in modo da non impedire lo sviluppo delle attività marittime e turistiche. Occorre inoltre evitare di ubicare impianti nucleari nelle zone di interesse turistico.

L'equilibrio delle zone costiere va visto in maniera dinamica, perché i fenomeni meteorologici e l'azione umana apportano cambiamenti costanti. Le risorse naturali sono alla base delle economie e devono essere considerate, insieme all'innovazione, come pilastri della crescita intelligente e socialmente inclusiva.

3.2

I principali problemi del turismo si sono perpetuati nel corso degli anni, e rimangono oggi ancora da risolvere questioni quali la stagionalità, il lavoro precario e scarsamente qualificato (in particolare tra i giovani), la mancanza di offerte di nuovi prodotti innovativi e le difficoltà di accesso ai finanziamenti, in particolare per le microimprese e le PMI. È pertanto essenziale stabilire un quadro politico europeo per lo sviluppo del turismo, ossia definire una vera e propria politica europea in materia di turismo che orienti le strategie comuni di sviluppo nel rispetto della libertà degli Stati membri di definire le loro politiche a livello nazionale.

3.3

La soluzione alla stagionalità nel turismo costiero e marittimo deve passare per l'offerta di nuovi prodotti in grado di attrarre nuovi consumatori, in particolare durante la bassa stagione. Lo sviluppo di nuovi prodotti destinati al turismo della terza età o alle categorie svantaggiate, lo sfruttamento del potenziale del turismo nautico, che si tratti di navigazione da diporto (a vela e a motore), di sport acquatici (vela leggera, windsurf, kitesurf, surf, bodyboard, canottaggio, canoismo, sci nautico, motonautica, pesca sportiva, pesca subacquea o immersione, comprese le immersioni legate all'esplorazione di navi affondate) o di escursioni in barca e crociere, lo sviluppo del turismo collegato alla talassoterapia o al golf e del turismo naturalistico possono essere soluzioni volte ad aumentare i tassi di occupazione nella bassa stagione, contribuendo in tal modo a trattenere la popolazione nelle regioni dipendenti dal turismo. Anche il sostegno allo sviluppo, specialmente nelle zone remote, di nuove industrie orientate al turismo che utilizzino prodotti provenienti dalle zone costiere e l'accesso universale alle reti a banda larga possono contribuire a contrastare la stagionalità e a rappresentare un fattore di attrazione per i giovani di queste aree.

3.4

Alcune di queste attività meno tradizionali legate alle attività nautiche sono già largamente sviluppate da club sportivi locali il cui know-how può essere utilizzato. È necessario puntare in modo concreto sul sostegno al turismo nautico attraverso la regolamentazione, la costruzione di nuove infrastrutture o l'ammodernamento di quelle esistenti e la creazione di nuove opportunità per questo tipo di offerta, che risulta estremamente attraente per il pubblico non tradizionale.

Il turismo marittimo e costiero è interconnesso, in varie località, con il turismo fluviale. Questo legame non deve essere dimenticato, e si raccomanda di definire strategie di sviluppo comuni in quest'ambito. La navigazione da diporto, a tale proposito, va promossa attraverso lo sviluppo di nuovi prodotti che combinino il potenziale delle attività marittime e di quelle fluviali.

3.5

Il turismo non può essere considerato un elemento a sé stante, e va visto invece come un settore che subisce l'influsso delle varie politiche adottate dall'UE, in particolare quelle in materia di trasporti, occupazione, istruzione, ambiente, innovazione, sicurezza, consumatori, ecc. La risposta ai problemi dovrebbe essere considerata in modo integrato, poiché gli interventi delle varie politiche incidono direttamente sull'efficienza del settore.

3.6

La Commissione non ha la competenza per intervenire direttamente sul settore del turismo, e pertanto può affrontare alcuni dei problemi individuati attraverso azioni nei settori di sua competenza in rapporto alla promozione del mercato interno, in particolare per quanto riguarda la libera circolazione delle persone e dei beni e gli obiettivi di creazione del mercato unico, trattando problemi che non si limitano al settore del turismo e che interessano altri ambiti in cui l'intervento è non solo possibile, ma anche auspicabile.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

La dispersione delle informazioni sul settore turistico rende difficili gli studi e le valutazioni, a causa sia dell'assenza di dati che della mancanza di indicatori specifici che consentano le comparazioni. Il CESE accoglie con favore l'intenzione di porre rimedio a tale lacuna, ma richiama l'attenzione sul fatto che, da quando la comunicazione del 2010 ha individuato tale problema, in quest'ambito sono stati realizzati scarsi progressi.

4.2

Gli sforzi della Commissione volti a promuovere il turismo di qualità offerto dall'Europa possono contribuire a risolvere il problema della stagionalità e i problemi sociali ed economici a essa connessi. L'Europa deve far fronte alla concorrenza di nuove destinazioni nei paesi emergenti, che presentano prezzi bassi allettanti ma non garantiscono le stesse condizioni sotto il profilo della sicurezza o della ricchezza culturale. La promozione dell'Europa quale destinazione turistica deve basarsi sulla qualità come elemento di differenziazione e sui punti forti dell'offerta europea: la straordinaria ricchezza culturale, la sicurezza, la diversità dei servizi, il rispetto dei diritti dei cittadini, la facilità di accesso per le persone con disabilità o esigenze speciali, la disponibilità di telecomunicazioni e reti wi-fi. Il riconoscimento dell'importanza del patrimonio culturale europeo e la sua tutela sono passi strategici per sviluppare un turismo sostenibile e inclusivo.

4.3

Anche il turismo della terza età merita di essere considerato con particolare attenzione. In un contesto mondiale di invecchiamento demografico, il turismo della salute, della cultura e del patrimonio naturale dovrà avere una considerazione speciale quando saranno definite le strategie per il settore. Dopo tutto, i turisti con più di 50 anni d'età sono quelli che spendono di più, e i turisti più anziani sono coloro che hanno più tempo per viaggiare e preferiscono farlo durante la bassa stagione.

4.4

Il mercato delle crociere ha conosciuto una crescita significativa, ma l'effettivo impatto degli scali sulle attività costiere è limitato, dal momento che le soste sono brevi e la pubblicità riguardo alle offerte locali non è efficace. La promozione del dialogo tra gli organizzatori di crociere, i porti e le parti interessate del turismo costiero proposta nella comunicazione è pertinente e va fatta nell'ambito dello sviluppo di partenariati transnazionali e interregionali, di reti, cluster e strategie di specializzazione intelligente volti a contrastare la frammentazione del settore. L'efficacia del networking è una realtà che il turismo non può permettersi di ignorare. Tale sostegno potrebbe essere promosso nel quadro dell'attività dell'agenzia europea del turismo già precedentemente proposta, che potrebbe fungere da piattaforma per un ampio dibattito sui problemi del settore e da base per il networking e la cooperazione.

4.5

La formazione di personale qualificato è essenziale per una crescita sostenibile e inclusiva. Il settore del turismo incontra particolari difficoltà sul piano della qualifica degli addetti, poiché accoglie un gran numero di giovani in condizioni di lavoro stagionale e precario, con scarse possibilità di sviluppo della carriera. Il CESE accoglie con favore l'istituzione della sezione per i «posti di lavoro blu» nel portale EURES, e la mappatura delle esigenze di formazione nel settore del turismo, e ritiene che gli Stati membri debbano essere invitati a includere tali risultati nella promozione delle offerte formative, finanziate dal Fondo sociale europeo e da altri fondi di natura privata, e che vadano incentivati il networking delle scuole già esistenti e la presentazione di progetti connessi al settore del turismo nell'ambito del programma Erasmus +. Sarà necessario includere la formazione per gli imprenditori del settore, affinché possano conoscere e adottare buone pratiche di gestione, essere aggiornati sulla legislazione in vigore e sull'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e, infine, prendere coscienza della protezione ambientale e dei problemi specifici del settore del turismo.

4.6

Per quanto riguarda le differenze tra le competenze che gli Stati membri richiedono agli skipper di imbarcazioni da diporto, il CESE ritiene che la Commissione non sia sufficientemente ambiziosa nelle sue proposte. Se è vero che nel settore del turismo la Commissione ha solo poteri limitati, lo stesso non si può dire per quanto riguarda le questioni connesse alla libera circolazione delle persone e alla creazione del mercato unico, nelle quali rientra questa materia.

4.7

Occorre promuovere l'utilizzo di sistemi innovativi di gestione attraverso il portale dell'iniziativa ICT and Tourism Business. Il CESE rileva che, al pari di altri siti legati al turismo — come l'Osservatorio virtuale del turismo, la Tourism Link Platform o l'eCalypso Platform — detto portale promosso dalla Commissione non è tradotto in tutte le lingue, il che rischia di costituire un ostacolo o un disincentivo al suo utilizzo da parte degli utenti di alcuni paesi.

4.8

La sostenibilità del turismo costiero e marittimo deve basarsi sul pieno rispetto dell'ambiente e considerare le aree terrestri e marittime come strettamente legate. Il rafforzamento della sostenibilità attraverso le azioni proposte riveste notevole importanza per lo sviluppo di nuovi prodotti che includano la ricchezza del patrimonio europeo e il rispetto per l'ambiente. Ancora una volta si rileva che le azioni da realizzare in altri campi — quali l'ambiente, la politica marittima e i trasporti — sono strettamente legate al settore del turismo e che, nell'attuare tali iniziative, la Commissione deve prestare particolare attenzione alle conseguenze che possono avere su detto settore.

4.9

Il CESE accoglie con favore l'inserimento del turismo tra gli obiettivi specifici del programma COSME 2014-2020, che considera un'importante opportunità per lo sviluppo del settore tramite il sostegno alla promozione di progetti di cooperazione internazionale e all'adozione di modelli sostenibili di sviluppo turistico promossi dalle Destinazioni europee d'eccellenza. Il CESE concorda inoltre con l'idea di realizzare una guida online che includa le principali possibilità di finanziamento, dato il carattere trasversale che potrebbero assumere le iniziative realizzate nell'ambito del turismo. Si tenga soltanto presente che, anche in questo caso, le barriere linguistiche possono costituire un ostacolo alla consultazione e all'interpretazione della guida online.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2010) 352 final — Parere del CESE, GU C 376 del 22.11.2011, pag. 44.

(2)  COM(2012) 494 final — Parere del CESE, GU C 161 del 6.6.2013, pag. 87.


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/69


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Sfruttare il potenziale del crowdfunding nell'Unione europea

COM(2014) 172 final

(2014/C 451/11)

Relatore:

MENDOZA CASTRO

La Commissione europea, in data 14 marzo 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Sfruttare il potenziale del crowdfunding nell'Unione europea

COM(2014) 172 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio 2014), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 195 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) apprezza la comunicazione della Commissione in esame, e richiama l'attenzione sul potenziale di crescita del crowdfunding (finanziamento collettivo) nell'UE, in quanto fonte alternativa di finanziamento.

1.2

Il CESE sottolinea l'utile contributo del crowdfunding all'economia in termini d'investimento, d'innovazione e d'occupazione, nonché in termini di aumento delle possibilità di scelta per gli utilizzatori del credito.

1.3

Grazie all'accessibilità universale del crowdfunding, le persone con disabilità non saranno escluse da questa fonte di finanziamento.

1.4

Le imprese dell'UE dipendono dal credito bancario più delle imprese statunitensi e di conseguenza, in caso di crisi finanziaria, gli effetti della recessione sono più gravi. Per di più, numerosi Stati membri dell'UE seguono una linea più restrittiva in materia di finanziamento delle PMI.

1.5

Il CESE sottolinea la dipendenza delle PMI dal credito bancario, e osserva che tale dipendenza è destinata a mantenersi, malgrado vi siano fonti alternative, non sempre facilmente accessibili.

1.6

Il crowdfunding rappresenta un contributo all'ecosistema finanziario, che da solo non potrà risolvere i problemi di finanziamento delle imprese.

1.7

Le nuove imprese in fase di avviamento (start-up), i giovani innovatori e le imprese dell'economia sociale hanno un ruolo importante nell'Agenda 2020 e nell'Agenda digitale.

1.8

Il crowdfunding senza scopo di lucro è molto diffuso nell'UE. Occorre studiare gli effetti degli incentivi fiscali, che differiscono da uno Stato membro all'altro.

1.9

Una normativa europea dovrebbe contemplare solo determinati tipi di crowdfunding a scopo di lucro, e non le donazioni e altre forme di sponsorizzazione senza fini di lucro.

1.10

La normativa dovrebbe basarsi sull'equilibrio, proteggere gli investitori ed evitare un'eccessiva regolamentazione. Tuttavia per accrescere la fiducia degli investitori è fondamentale l'intervento del legislatore.

1.11

Le norme devono perseguire i seguenti obiettivi: procedure amministrative semplici, termini brevi per la risoluzione e costi ridotti al minimo possibile, oltre a neutralità, trasparenza, assenza di pratiche sleali e procedure di reclamo accessibili. Tutto ciò dovrebbe recare vantaggio sia a fornitori sia agli utilizzatori.

1.12

I potenziali investitori devono ricevere un'informazione accessibile, chiara, adeguata, veridica e non ingannevole.

1.13

Il CESE raccomanda che l'UE integri l'azione degli Stati membri nel sostegno a iniziative senza scopo di lucro, perché queste promuovono valori quali l'occupazione, la solidarietà, il pluralismo, la democrazia e la libertà.

1.14

È opportuno che il crowdfunding sia espressamente riconosciuto, nella legislazione degli Stati membri, come una nuova forma di mecenatismo.

2.   Introduzione

2.1

Negli ultimi anni si è affermata una tendenza al passaggio di determinati mezzi di produzione dalle imprese ai singoli, che ha dato luogo alla comparsa dei «produttori-consumatori» (1).

2.2

Il fenomeno si è accentuato con l'avvento di Internet, dando luogo alla cosiddetta economia collaborativa, nella quale una persona decide di condividere con altri, eventualmente in cambio di denaro, un bene di sua proprietà. Cfr. il parere del CESE sul tema Il consumo collaborativo o partecipativo: un modello sostenibile per il XXI secolo  (2) e la relazione del Parlamento europeo sull'argomento (3).

2.3

In tale contesto un certo numero di nuove imprese si va affermando in Internet, poiché la rete consente in molti casi la disintermediazione, che permette lo scambio di beni digitali o anche fisici tra gli individui. Purtroppo, per non compromettere la fiducia, risulta necessario vigilare su eventuali abusi di questo ambito di Internet da parte di operatori opportunisti.

2.4

Anche nell'ambito finanziario fanno la loro comparsa nuove pratiche, come l'emissione di obbligazioni ad alto rendimento nel mercato primario europeo o a livello locale attraverso il Mercato alternativo di valori a reddito fisso (MARF).

2.5

Il prestito diretto (direct-lending) consente alle imprese di finanziarsi mediante trattative bilaterali con operatori specializzati nel mercato e con disintermediazione bancaria; un sistema più alternativo è il crowdfunding, nel quale piccoli investitori si aggregano, in genere attraverso Internet, per prestare i loro risparmi a chi sta cercando un finanziamento.

3.   Sintesi della comunicazione

3.1

Il Libro verde Il finanziamento a lungo termine dell'economia europea  (4) ha avviato un ampio dibattito sui differenti fattori che permettono all'economia europea di convogliare fondi verso gli investimenti necessari per garantire la crescita economica (5).

3.2

La Commissione intende per il crowdfunding un invito pubblico, diramato in genere attraverso una pagina web, per raccogliere fondi da destinare a un progetto specifico o ad iniziative imprenditoriali. In tal modo le piattaforme o campagne di finanziamento mettono in contatto una pluralità di investitori non professionali con i promotori del progetto. Occorre in ogni caso evitare un uso improprio di tali strumenti.

3.3

Le forme più comuni di crowdfunding sono le seguenti:

donazioni;

sponsorizzazioni (pubblicità in cambio di finanziamenti);

ricompense (si riceve un bene o un servizio di valore inferiore al contributo dato);

prevendite (reperimento di fondi per lanciare un prodotto sul mercato);

prestiti con o senza interesse;

investimenti in imprese (acquisto di obbligazioni o di azioni).

3.4

Tra i vantaggi figura il fatto che si tratta di una forma alternativa di finanziamento caratterizzata da flessibilità, partecipazione della società civile e grande varietà di forme. Inoltre, il crowdfunding giunge direttamente all'utilizzatore, facilita le ricerche di mercato e consente l'accesso al credito di coloro per i quali tale accesso è più difficile.

3.5

Il crowdfunding presenta tuttavia anche rischi e sfide: possibilità di frode o di riciclaggio di denaro, mancanza di un mercato secondario ecc.

3.6

Tra le norme europee collegate a questo settore figurano quelle sul prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari (6), la direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (7), la direttiva relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno (8), la direttiva sui contratti di credito ai consumatori (9), la proposta sui contratti di credito relativi ad immobili residenziali (10).

3.7

Il Libro verde indica alcune priorità: istituire un gruppo di esperti per ottenere pareri in merito a diversi aspetti, promuovere la sensibilizzazione e l'informazione, valutare le normative in vigore negli Stati membri per considerare l'eventuale necessità di un intervento a livello dell'UE.

3.8

La Commissione riconosce che nell'UE i finanziamenti erogati attraverso il crowdfunding rimangono marginali a paragone dei prestiti bancari, ma osserva che detta forma di finanziamento appare promettente se confrontata con altre fonti come i business angels (investitori informali) o il capitale di rischio.

3.9

Lo sviluppo del crowdfunding comporta una serie di sfide, come la scarsa trasparenza delle disposizioni applicabili, il ruolo che deve svolgere nel mercato interno e la sua integrazione nell'ecosistema finanziario.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il CESE prende atto della comunicazione e riconosce l'esigenza di acquisire una conoscenza migliore di un canale di finanziamento che presenta un potenziale di crescita in Europa. Riconosce altresì che i modelli alternativi di finanziamento possono aiutare le nuove imprese in fase di avviamento ad avanzare nella «scalata ai finanziamenti».

4.2

Il carattere marginale che il Libro verde attribuisce al crowdfunding è confermato dai dati, 735 milioni di euro (11) nel 2012, contro 6  000 miliardi di prestiti bancari erogati ad imprese non finanziarie (12).

4.3

Va tuttavia segnalata la crescita del crowdfunding; il finanziamento con ricorso al crowdfunding è passato gradualmente dai 530 milioni di USD del 2009 ai 5,1 miliardi stimati del 2013, con un tasso d'incremento composto annuo pari al 76 %. In termini geografici il mercato migliore è stato quello dell'America settentrionale (principalmente gli Stati Uniti), con il 60 % del totale, seguito dall'Europa, con il 36 % (13).

4.4

In quanto fonte di finanziamento alternativa alle fonti tradizionali, in grado di favorire l'investimento, l'innovazione e la creazione di posti di lavoro, il crowdfunding ha effetti benefici sull'economia. Va inoltre segnalata la sua possibile incidenza sullo sviluppo di attività di economia sociale, di imprese artigiane e di microimprese (14).

4.5

Occorre favorire e incoraggiare l'accessibilità universale, al fine di garantire la partecipazione delle persone con disabilità alle piattaforme di crowdfunding, evitando così che rimangano escluse da tale nuova forma di finanziamento, che comporta un'opportunità in più per il terzo settore.

4.6

Il CESE si compiace della decisione di includere rappresentanti delle PMI nel gruppo di esperti. In tale gruppo deve essere rappresentato sia il versante dell'offerta che quello della domanda.

5.   Struttura finanziaria e crescita economica

5.1

La struttura finanziaria è strettamente collegata alla crescita economica e agli effetti della crisi. Negli Stati Uniti le imprese si finanziano sul mercato dei capitali in proporzione maggiore che in Europa, dove esse dipendono maggiormente dal credito bancario. Il peso relativo dei finanziamenti bancari varia tra meno del 20 % negli Stati Uniti e oltre il 60 % in alcuni Stati membri dell'UE.

5.2

Nel corso di una recessione «normale» le banche sono più propense a concedere prestiti, e in tal modo attenuano l'impatto sull'economia. La situazione è tuttavia differente quando alla crisi economica si accompagna una crisi finanziaria. In questo caso, le recessioni sono tre volte più gravi nei paesi orientati verso il sistema bancario che in quelli che hanno una struttura finanziaria orientata al mercato (15).

5.3

La mancanza di finanziamenti adeguati costituisce per le imprese il secondo problema in ordine di importanza (il primo è l'acquisizione di clienti) (16).

5.4

Un'iniezione di liquidità nel sistema finanziario da parte della BCE, finalizzata a facilitare il credito alle imprese, sarà sicuramente molto utile per l'economia europea.

6.    Crowdfunding a scopo di lucro (financial return crowdfunding)

6.1   Il finanziamento delle PMI

6.1.1

Il CESE ha affrontato in vari pareri i problemi di finanziamento, segnalando l'importanza delle piccole e medie imprese per l'economia europea (17).

6.1.2

La contrazione del credito (credit crunch) pregiudica l'economia, e i particolare la sopravvivenza delle PMI, per le quali i prestiti bancari (spesso difficili da ottenere) costituiscono una fondamentale fonte di finanziamento. Si tratta di una delle cause del forte aumento della disoccupazione, che interessa in particolare alcuni Stati membri dell'UE.

6.1.3

Poiché in genere si tratta di investimenti di entità limitata, il crowdfunding è essenzialmente orientato verso le PMI e, tra esse, verso le microimprese, che costituiscono una larghissima maggioranza del tessuto imprenditoriale europeo (99,8 % delle imprese non finanziarie nell'UE-28) e il cui contributo all'occupazione è decisivo, dato che impiegano il 67,2 % della forza lavoro (18).

6.1.4

Il CESE constata che si registrano posizioni scettiche circa l'efficacia delle fonti di finanziamento alternative. La comunicazione della Commissione sul finanziamento a lungo termine dell'economia europea (19) è stata considerata un passo in avanti, anche se non sufficiente, dall'associazione europea delle PMI, secondo la quale il crowdfunding riguarderà un piccolo numero di imprese, dato che solo l'1 % delle PMI è composto da start-up  (20).

6.2   Il finanziamento delle nuove imprese

6.2.1

Il CESE sottolinea la necessità che l'UE e gli Stati membri promuovano e sostengano il crowdfunding, specialmente nel caso delle imprese innovatrici di recente creazione (start-up). Le start-up che si dedicano alla ricerca e allo sviluppo di progetti ad alta tecnologia, uno degli obiettivi dell'agenda del digitale, rivestono particolare interesse data la loro potenziale capacità di favorire la crescita e l'occupazione. Tuttavia ciò non può escludere i cosiddetti settori tradizionali o le imprese artigiane, che possono a loro volta avere un grado elevato di innovatività.

6.2.2

Il CESE suggerisce inoltre che l'UE e gli Stati membri promuovano e sostengano il crowdfunding per lo sviluppo e la promozione dell'innovazione sociale, dei giovani innovatori e dell'economia sociale. Le strutture dell'economia sociale svolgono un ruolo chiave nella strategia Europa 2020 ai fini dell'inclusione sociale e dell'inserimento di gruppi vulnerabili attraverso la creazione di occupazione, e rendono quindi compatibile il valore sociale con quello economico.

6.2.3

Il crowdfunding, inadeguato per il finanziamento quotidiano di un'impresa, risulta particolarmente appropriato per iniziative di questo tipo, promosse spesso da giovani imprenditori che intendono sviluppare un concreto progetto l’imprenditoriale.

7.   Il crowdfunding nell'ecosistema finanziario dell'UE

7.1

Il CESE fa osservare che il crowdfunding può svolgere un ruolo di una certa importanza come fonte di finanziamento insieme ad altre forme non tradizionali, come i business angels, il capitale di rischio, i prestiti win-win  (21) ecc. Tuttavia di fatto il principale problema che devono affrontare le autorità economiche e monetarie consiste, oltre che nella contrazione del credito, nelle elevate garanzie che vengono richieste.

7.2

Nell'UE la promozione dei canali di finanziamento non bancario può contribuire ad accentuare la tendenza, già in atto da due decenni, a una maggiore propensione delle imprese a rivolgersi al mercato dei capitali. Occorre riflettere sui requisiti di solvibilità, per garantire il recupero dei capitali investiti e dare maggiore certezza giuridica a tale fonte di finanziamento.

8.    Crowdfunding senza scopo di lucro (crowdfunding with non-financial return)

8.1

Le donazioni, i prestiti senza interesse o le cessioni gratuite di diritti possono riguardare progetti di carattere commerciale, ma di norma consistono di contributi di solidarietà a iniziative sociali promosse da associazioni senza fini di lucro. Il mecenatismo può favorire la creazione o il mantenimento di attività culturali o sportive.

8.2

Il crowdfunding costituisce un modello di finanziamento corrente tra le imprese del settore sociale. Il potenziale di tale modalità, specie per l'imprenditorialità inclusiva, deve essere valutato nel più ampio quadro dell'iniziativa per l'imprenditoria sociale.

8.3

Dato che il trattamento fiscale delle donazioni e di alcune forme di investimento differisce da uno Stato membro all'altro, il CESE considera appropriata la proposta della Commissione di studiare gli effetti degli incentivi fiscali.

9.   Osservazioni particolari

9.1   La necessità di una normativa europea

9.1.1

Il crowdfunding può essere potenziato per costituire un'alternativa di finanziamento praticabile solo se si rafforza la fiducia degli investitori. L'organismo di regolamentazione deve svolgere un ruolo fondamentale in questo campo.

9.1.2

La Commissione menziona «azioni future», che adotterebbe una volta conosciuto il criterio applicato dal gruppo di esperti. Il CESE ritiene che il potenziamento del crowdfunding transfrontaliero richiederà certamente una legislazione che armonizzi i criteri già adottati o in via di adozione da parte degli Stati membri. In questi «nuovi mercati» occorre dedicare particolare attenzione agli interessi e alla protezione dei consumatori.

9.1.3

L'armonizzazione potrebbe consistere nell'adozione di un regolamento sulle piattaforme di crowdfunding con finalità di lucro, che comprenda quanto meno:

modalità;

servizi che devono essere prestati;

importi massimi;

obblighi di informazione (tenendo conto di possibili conflitti di interesse);

esclusioni dall’ambito di applicazione;

divieti (specie quelli derivanti dal divieto di acquisizione e di pubblicazione di progetti vincolati);

requisiti di equità nelle condizioni di concorrenza;

requisiti finanziari;

obblighi di registro pubblico (pubblicità e trasparenza).

9.1.4

Le attività di sponsorizzazione e altre attività non lucrative dovrebbero essere escluse da una eventuale normativa europea, dato che non comportano i rischi che caratterizzano invece le attività a fini di lucro. Le eventuali irregolarità che possono essere commesse sono già contemplate dalla legislazione amministrativa e penale degli Stati membri.

9.1.5

Il CESE raccomanda di considerare la regolamentazione del crowdfunding, essenzialmente nei seguenti contesti:

emissione o sottoscrizione di quote di società per azioni (acquisto di obbligazioni o di azioni);

emissione o sottoscrizione di quote in società a responsabilità limitata;

prestiti a interesse (a privati o a imprese).

9.1.6

Un'eventuale normativa europea dovrebbe essere flessibile ed equilibrata ed evitare sia l'eccesso di regolamentazione (che può costituire un ostacolo alla diffusione del crowdfunding) che la mancata protezione degli investitori. Essa dovrebbe in altri termini essere obiettiva, trasparente, proporzionata alle finalità che la giustificano e dovrebbe garantire un elevato livello di tutela degli investitori.

9.1.7

In ogni caso gli investitori devono essere consapevoli del fatto che un certo livello di rischio è inevitabile.

9.1.8

I principi fondamentali sono la semplicità delle procedure amministrative e la riduzione della burocrazia al minimo possibile. Sono inoltre richieste:

condizioni di concorrenza eque;

la riduzione dei costi amministrativi;

termini brevi per la risoluzione.

9.1.9

Le norme dovrebbero garantire che le piattaforme di crowdfunding agiscano secondo i principi basilari di:

neutralità;

diligenza;

perseguimento dell'interesse dei clienti, che devono essere adeguatamente informati;

assenza di pratiche commerciali sleali nella commercializzazione;

accessibilità delle procedure di reclamo.

9.1.10

Le informazioni dirette ai potenziali investitori dovrebbero essere:

chiare e pertinenti;

opportune e sufficienti;

obiettive e veraci;

non ingannevoli per azione o omissione.

9.1.11

I diritti di proprietà intellettuale di coloro che espongono progetti sul web risulteranno protetti all'entrata in vigore del regolamento sul brevetto unico europeo.

9.2   Promozione delle fonti di finanziamento alternative

9.2.1

Il CESE considera opportuno che le autorità pubbliche realizzino campagne a favore della diffusione del crowdfunding per promuovere un maggior orientamento delle imprese verso il mercato dei capitali. Occorre in particolare fornire informazioni pertinenti alle PMI con la collaborazione delle loro organizzazioni.

9.2.2

La formazione, rivolta tanto a imprenditori che a investitori, e in particolare a imprenditori in situazione di svantaggio, svolgerà anch'essa un ruolo essenziale nell'integrazione del crowdfunding nell'economia europea. A tal fine occorrerà impiegare le risorse necessarie per la trasmissione di conoscenze adeguate sia ai fini dell'amministrazione delle piattaforme che per la valutazione effettiva dei rischi delle operazioni.

9.2.3

Crowdfunding senza scopo di lucro

A giudizio del Comitato, tale forma di finanziamento:

può promuovere i valori comuni europei, come la solidarietà, il pluralismo, la democrazia e la libertà. A tal fine è importante che l'Europa adotti, anche in questo ambito, misure atte a integrare le misure adottate dagli Stati membri, favorendo la creazione di piattaforme di interesse europeo per progetti orientati a rafforzare la coesione economica, sociale o territoriale, nelle quali possono svolgere un ruolo attivo le organizzazioni imprenditoriali, sindacali e altri rappresentanti della società civile organizzata.

È opportuno che il crowdfunding sia riconosciuto specificamente nella legislazione degli Stati membri come nuova forma di mecenatismo, non solo nella forma ma anche nella sostanza, dal momento che si può parlare di innovazione nei prodotti e nei processi. Esso deve essere quindi riconosciuto e sostenuto dagli Stati.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Alvin Toffler, La terza ondata, pagg. 86 e seguenti.

(2)  GU C 177 dell'11.6.2014, pag. 1.

(3)  Relazione del PE su una nuova agenda per la politica europea dei consumatori — 2012/2133(INI).

(4)  COM(2013) 150 final.

(5)  Cfr. parere del CESE GU C 327 del 12.11.2013, pag. 11.

(6)  Direttiva 2003/71/CE (GU L 345/64) modificata dalla direttiva 2010/73/UE (GU L 327/1).

(7)  Direttiva 2004/39 CEE (GU L 145/1).

(8)  Direttiva 2008/48/CE (GU L 133/66)

(9)  Direttiva 2007/64 CEE (GU L 319/1).

(10)  Proposta di direttiva COM(2011) 142 final.

(11)  Massolution (2013), Crowdfunding Industry Report 2012, http://www.crowdsourcing.org/research

(12)  European Banking Federation Facts and Figures (2012), http://www.ebf-fbe.eu/uploads/FF2012.pdf

(13)  http://www.bruegel.org/nc/blog/detail/article/1330-the-crowdfunding-phenomenon

(14)  Cfr. pareri del CESE Finanziamento delle imprese: indagine sui meccanismi di approvvigionamento alternativi e in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul Finanziamento a lungo termine dell'economia europea (non ancora pubblicati nella GU).

(15)  Financial structure and growth (Struttura finanziaria e crescita). BIS Quarterly Review, marzo 2014.

(16)  BCE, Survey on the access to finance of SMEs in the euro area (Indagine sull'accesso delle PMI ai finanziamenti nell'area dell'euro), 2013.

(17)  (GU C 77 del 31.3.2009, pag. 23.); (GU C 27 del 3.2.2009, pag. 7); (GU C 351 del 15.11.2012, pag. 45); (GU C 48 del 15.2.2011, pag.33).

(18)  Eurostat, Structural business statistics overview (Statistiche strutturali sulle imprese), dicembre 2013.

(19)  COM(2014) 168 final.

(20)  UEAPME, comunicato del 27 marzo 2014.

(21)  http://www.bofidi.be/en/nieuws-3/recent-posts/148-winwinloananinterestingalternativemethodoffinancing


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/76


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui dispositivi di protezione individuale

COM(2014) 186 final — 2014/0108 (COD)

(2014/C 451/12)

Relatrice:

BUTAUD-STUBBS

Il Parlamento europeo, in data 2 aprile 2014, e il Consiglio, in data 24 aprile 2014, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui dispositivi di protezione individuale

COM(2014) 186 final — 2014/0108 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 191 voti favorevoli e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) giudica opportuna l'iniziativa della Commissione europea intesa a sostituire con un regolamento la direttiva del 1989 sui dispositivi di protezione individuale (DPI), ossia «qualsiasi dispositivo o articolo destinato a essere indossato o tenuto da una persona affinché essa sia protetta nei confronti di uno o più rischi che potrebbero metterne in pericolo la salute e la sicurezza», al fine di garantire un'applicazione obbligatoria e uniforme in tutti gli Stati membri.

1.2

Il CESE giudica positivamente la maggior parte delle modifiche proposte:

l'allineamento su un quadro comune per la normativa relativa ai prodotti;

il chiarimento delle responsabilità di tutti gli operatori privati e pubblici coinvolti nelle procedure di verifica della conformità dei DPI con i requisiti contenuti nella proposta di regolamento e negli allegati;

l'inserimento di nuove categorie di DPI: i «DPI fatti su misura» e i «DPI adattati singolarmente»;

la nuova durata di 5 anni della validità dei certificati di conformità.

1.3

Tuttavia, il CESE si interroga sulla pertinenza di talune modifiche proposte:

l'inclusione dei DPI fabbricati per uso privato contro l'umidità, l'acqua e il calore;

la varietà di regimi linguistici prevista per le diverse informazioni che è obbligatorio comunicare.

1.4

Il CESE osserva inoltre che l'uso dei DPI deve essere inserito in una politica globale di prevenzione dei rischi sul luogo di lavoro, che copra in particolare:

l'individuazione precisa dei fattori di rischio;

l'adattamento dei posti di lavoro per ridurre l'esposizione ai rischi;

la modifica dell'organizzazione del lavoro;

la formazione dei lavoratori in merito alla prevenzione dei rischi, all'ergonomia, alle modalità per indossare e utilizzare i DPI.

1.5

D'altronde, tutti questi obiettivi sono al centro del nuovo quadro strategico europeo sulla sicurezza e la salute sul luogo di lavoro 2014-2020, adottato il 6 giugno 2014: sarebbe opportuno farvi riferimento nella proposta di regolamento COM(2014) 186 final. Si rammenta che, nel 2013, 3 milioni di lavoratori sono stati vittima di incidenti gravi sul posto di lavoro.

1.6

Ci si può anche rammaricare dell'assenza di qualsiasi considerazione economica riguardo al mercato europeo dei DPI, stimato nel 2010 a circa 10 miliardi di euro, in crescita, stimolato dall'innovazione tecnologica (nuove fibre, tessuti intelligenti, nanomateriali...) e orientato a rispondere alle esigenze di protezione ma anche alle richieste provenienti dalla società in fatto di confort, praticità, leggerezza e aspetto estetico.

1.7

Il CESE si rammarica altresì della scarsa considerazione rivolta alle procedure di manutenzione, controllo e revisione dei DPI, al caso dei DPI utilizzati da più persone e a quello dei DPI di seconda mano.

2.   Contenuto della proposta di regolamento

2.1   Meriti e limiti della direttiva del 1989

2.1.1

La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio basata sull'articolo 114 del Trattato mira a rimediare alle lacune riscontrate nel funzionamento del mercato unico dei dispositivi di protezione individuale.

2.1.2

La direttiva 89/686/CEE sui dispositivi di protezione individuale è stata adottata il 21 dicembre 1989 ed è pienamente applicabile dal 1o luglio 1995.

2.1.3

Essa definisce un DPI come «qualsiasi dispositivo o articolo destinato a essere indossato o tenuto da una persona affinché essa sia protetta nei confronti di uno o più rischi che potrebbero metterne in pericolo la salute e la sicurezza».

2.1.4

Stabilisce altresì i requisiti essenziali di sicurezza che i DPI devono soddisfare per essere immessi sul mercato e circolare liberamente all'interno del mercato unico. I DPI devono essere progettati e fabbricati in conformità alle disposizioni della direttiva. I fabbricanti devono apporre la marcatura CE e fornire agli utilizzatori le istruzioni per il magazzinaggio, l'uso, la pulizia, la manutenzione e la disinfezione dei DPI.

2.1.5

Dal 1995 sono emerse una serie di difficoltà legate all'attuazione della direttiva:

divergenze di interpretazione nelle trasposizioni nazionali della direttiva, che hanno portato a una frammentazione del mercato unico;

una scarsa comprensione di talune disposizioni da parte dei fabbricanti e degli organismi notificati;

l'esclusione di talune categorie di DPI che non è sempre apparsa giustificata: lo stesso dispositivo di protezione era considerato come un DPI in caso di impiego professionale (ad esempio guanti per rigovernare in un ristorante) mentre non lo era se utilizzato da un privato.

2.1.6

Inoltre la Commissione persegue l'obiettivo della semplificazione ed è tenuta ad allineare la direttiva del 1989 al nuovo quadro giuridico che istituisce un quadro comune per la normativa di armonizzazione dell'UE relativa ai prodotti.

2.2   Contenuto della proposta di regolamento

2.2.1   Campo d'applicazione riveduto

2.2.1.1

Sono d'ora in poi inclusi nel campo di applicazione i DPI progettati e fabbricati per uso privato contro il calore, l'umidità e l'acqua in condizioni non estreme (guanti per rigovernare, guanti da forno, stivali di gomma, ecc.), mentre sono esclusi i caschi destinati a proteggere gli utilizzatori di veicoli a motore a due o tre ruote, ai sensi di un pertinente regolamento della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite.

2.2.2   Allineamento alle disposizioni tipiche della normativa di armonizzazione dell'Unione relativa ai prodotti

2.2.2.1

Gli obblighi di tutti gli operatori economici interessati: fabbricanti, rappresentanti autorizzati, importatori e distributori sono definiti conformemente alle disposizioni della normativa di armonizzazione dell'Unione relativa ai prodotti. Infatti, dal 2008 il nuovo quadro legislativo è uno strumento orizzontale del mercato interno inteso a rafforzare l'efficacia della legislazione dell’UE in materia di sicurezza dei prodotti (regolamento (CE) n. 765/2008 concernente l'accreditamento e la vigilanza del mercato e decisione n. 768/2008/CE relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti).

2.2.3   Nuova classificazione dei rischi per le procedure di valutazione della conformità

2.2.3.1

I DPI sono suddivisi in tre categorie di rischio, ciascuna delle quali prevede una procedura di certificazione propria.

Categorie di rischio

Procedure di certificazione

Esempi

Categoria I

Rischi minimi legati a lesioni meccaniche superficiali, contatto con l'acqua o con superfici calde che non superino i 50 oC, esposizione alla luce del sole e a condizioni atmosferiche di natura non estrema

Autocertificazione

Controllo interno della produzione (modulo A — allegato IV)

Guanti per rigovernare, guanti da forno, occhiali da sole...

Categoria II

DPI destinati a proteggere gli utilizzatori da rischi diversi da quelli minimi (I) e molto gravi (III)

DPI fatti su misura, esclusi quelli destinati a proteggere dai rischi minimi

Certificazione UE (modulo B — allegato V)

Conformità al tipo basata sul controllo interno della produzione (modulo C — allegato VI)

Caschi protettivi, abbigliamento ad alta visibilità...

Categoria III

Rischi molto gravi, sostanze nocive, sostanze chimiche aggressive, radiazioni ionizzanti, ambienti ad alta temperatura (oltre i 100 oC); ambienti a bassa temperatura (-50 oC o inferiore), cadute dall'alto, scosse elettriche e lavoro sotto tensione, annegamento, tagli da seghe a catena portatili e da getti d'acqua ad alta pressione, ferite da proiettile o da coltello, rumore nocivo...

Certificazione UE (modulo B — allegato V) + procedura complementare con intervento di un organismo notificato:

conformità al tipo basata sulla verifica del prodotto (modulo F — allegato VII), oppure

conformità al tipo basata sulla garanzia di qualità del processo di produzione (modulo D — allegato VIII)

Numero d'identificazione dell'organismo notificato

Dispositivi di protezione respiratoria, DPI contro le cadute dall'alto...

2.2.3.2

Si osserverà che nella categoria III sono stati aggiunti alcuni nuovi rischi: ad esempio, il rischio di ferite da coltello e il rumore nocivo.

2.2.3.3

Non appare molto chiara la sorte riservata ai DPI adattati singolarmente di cui all'articolo 3: in quale categoria di rischio rientrano e, di conseguenza, quali procedure di certificazione vi si applicano?

2.2.4   Limitazione a 5 anni della durata di validità del certificato di conformità

2.2.4.1

Questa modifica fondamentale è stata introdotta su richiesta di talune autorità di vigilanza degli Stati membri che hanno riscontrato, sul loro mercato, la presenza di DPI accompagnati da certificati ancora validi mentre le norme erano radicalmente cambiate (in particolare nel caso di giubbotti di salvataggio).

2.2.5   Chiarimento dei requisiti essenziali di salute e sicurezza

2.2.5.1

Il regolamento sopprime delle sezioni contenenti requisiti relativi a tre famiglie di rischi che si sono rivelate inapplicabili o hanno dato luogo a confusione:

protezione contro le vibrazioni meccaniche (sezione 3.1.3);

protezione contro gli effetti nefasti del rumore (sezione 3.5);

protezione contro le radiazioni non ionizzanti (sezione 3.9.1).

2.2.6   Controllo rafforzato sugli organismi notificati

2.2.6.1

Gli Stati membri dispongono di poteri rafforzati di controllo sugli organismi notificati. Possono opporsi alla notifica di un organismo che non sia attivo da anni, il quale, con tutta probabilità, non dispone più delle risorse umane e tecniche per rilasciare certificati, o che in passato abbia rilasciato dei certificati di conformità per DPI non conformi.

2.2.7   Periodo di transizione dopo l'entrata in vigore

2.2.7.1

È previsto un periodo di due anni dopo l'entrata in vigore del regolamento affinché i fabbricanti, gli organismi notificati e gli Stati membri abbiano il tempo necessario per adeguarsi alle nuove prescrizioni.

3.   Osservazioni generali

3.1

L'inclusione dei DPI per uso privato destinati a proteggere da rischi minori quali l'acqua o l'umidità sarà operativa? In che modo verranno sensibilizzati i consumatori? Sarebbe forse opportuno definire più precisamente le condizioni di marcatura CE (leggibilità, formato, ecc.) com'è il caso, ad esempio, delle precisazioni già esistenti per l'etichettatura, la composizione e le istruzioni per la manutenzione dei tessuti di tutti i DPI per uso privato in vendita, noleggio o prestito. Non vi è il rischio che i nuovi obblighi si traducano in un aumento dei prezzi di vendita?

3.2

Si può deplorare l'assenza di riferimenti al progresso tecnologico, peraltro particolarmente importante in questo ambito, in settori quali le fibre e i materiali tessili (Teflon, lattice, neoprene, nitrile, ecc.), le tecnologie di rivestimento e filtrazione, l'integrazione di rilevatori e sensori microelettronici in grado di trasmettere informazioni o energia (smart textiles) per rendere più efficace la protezione dai rischi.

3.3

Non viene fatto alcun riferimento neppure al potenziale che questo mercato offre alle industrie europee dei DPI (tessile, abbigliamento, calzature, fabbricanti di accessori), che invece era stato identificato nel 2007 dalla Commissione europea come uno dei lead markets dell'industria.

3.4

Si fa rilevare altresì l'insufficienza della proposta di regolamento per quanto riguarda gli aspetti umani: l'uso dei DPI verrà reso ottimale dopo alcune sedute di informazione e di formazione del lavoratore per far comprendere i rischi, le condizioni di uso dei DPI, le istruzioni e le consegne indispensabili. Occorre anche prevedere dei periodi di prova e di sperimentazione dei DPI per garantire che siano adeguati alla morfologia dell'utilizzatore e alle postazioni di lavoro (allegato II, punto 1.3, da completare in particolare in funzione dei riscontri ottenuti grazie alle esperienze a livello nazionale).

3.5

Tutti questi aspetti rientrano senz'altro nella direttiva del 12 giugno 1989 (89/391/CEE) concernente la sicurezza e la salute durante il lavoro, che mira a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro e descrive gli obblighi dei datori di lavoro nonché i diritti e doveri dei lavoratori.

3.6

La politica in materia di DPI rientra in una politica globale condotta a livello dell'impresa o del ramo e intesa a ridurre l'esposizione ai rischi. Tale politica si basa su un'identificazione precisa dei fattori di rischio e sull'inventario delle misure da attuare per ridurli o eliminarli: ad esempio, valutare la soluzione costituita da un dispositivo adeguato di aspirazione prima di ricorrere ai dispositivi respiratori. La soluzione collettiva di prevenzione dei rischi è sempre da privilegiare rispetto al ricorso a soluzioni di protezione individuale.

3.7

Questo lavoro di valutazione dei rischi viene effettuato in collaborazione con dei partner all'interno dell'impresa: organi rappresentativi del personale, delegati dei dipendenti, comitati per l'igiene e la sicurezza..., oppure all'esterno dell'impresa: medicina del lavoro, ufficio studi, agenzia pubblica per il miglioramento delle condizioni di lavoro...

3.8

Una particolare importanza va riservata alle procedure di manutenzione, controllo e revisione dei DPI, in modo che garantiscano una protezione massima rispetto ai rischi per i quali sono stati progettati. La manutenzione comprende in particolare l'ispezione, la cura, la pulizia, la riparazione e una custodia adeguata.

3.9

La proposta di regolamento tratta solo in parte dei casi di esposizione a rischi multipli.

3.10

La proposta di regolamento non affronta il caso dei DPI che vengono utilizzati da più persone (come, ad esempio, i caschi di protezione su un cantiere). Si dovrebbero stabilire le norme igieniche da rispettare.

3.11

La proposta di regolamento non tratta neppure della questione delle restrizioni attitudinali all'utilizzo di un DPI: in effetti, alcuni dipendenti, per ragioni mediche, non sono abilitati a indossare un DPI. In questi casi, sia pure rari, come può il datore di lavoro, sottoposto a un obbligo di sicurezza generale, risolvere la situazione? Ricollocando il lavoratore in un altro posto, adattando il luogo di lavoro...?

3.12

La situazione dei DPI di seconda mano non viene affrontata nella proposta di regolamento mentre, secondo alcune fonti nazionali, il mercato di questi dispositivi, soprattutto per i rischi di categoria I, è in pieno sviluppo, per via della crisi economica che colpisce molti dei settori che utilizzano maggiormente i DPI (edilizia, lavori pubblici, trasporti, ecc.).

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Testo della proposta di regolamento, considerando 24: la validità dell'attestato di conformità del DPI fissata a un massimo di 5 anni permette di garantire un esame basato sulle più avanzate conoscenze scientifiche disponibili, il che rientra pienamente negli obiettivi di prevenzione e di miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori cui è rivolta la direttiva quadro 89/391 del 12 giugno 1989. Una procedura semplificata è prevista nei casi in cui non vi sia stata un'evoluzione significativa delle norme.

4.2

Articolo 3: sarebbe utile aggiungere diverse altre definizioni: quella di DPI di seconda mano, quella di «autorità di vigilanza», menzionate negli articoli 11 e 13, nonché quella di «autorità notificanti», responsabili a livello nazionale della notifica degli organismi a loro volta abilitati ad esercitare i controlli di conformità dei DPI.

4.3

Articolo 8, paragrafo 3: la durata della conservazione della documentazione tecnica fissata a 10 anni può apparire eccessiva, tanto più che la validità dell'attestazione di conformità è pari solo a 5 anni. Perché non uniformare entrambe a 5 anni?

4.4

Articolo 8, paragrafi 3, 7 e 10, articolo 9, paragrafo 2, lettera a), articolo 10, paragrafi 3, 4 e 7, articolo 11, paragrafo 2, articolo 13, articolo 15, paragrafi 1, 2 e 3, allegato II, punto 2.12: in questi diversi articoli sono previsti regimi linguistici distinti per i vari documenti riguardanti i DPI e la loro conformità alle relative procedure:

si parla di una «lingua facilmente comprensibile dagli utilizzatori finali», espressione derivata dalla giurisprudenza della CGCE, ma che rischia di apparire piuttosto soggettiva;

la questione linguistica viene menzionata anche nel punto 2.12 dell'allegato II: «le marcature o le indicazioni di identificazione […] devono essere nella o nelle lingue ufficiali dello Stato membro dove sarà usato il dispositivo»;

infine, all'articolo 15 (paragrafi 2 e 3), si trova la seguente espressione, che sembra più precisa sul piano giuridico: «nella lingua o nelle lingue richieste dallo Stato membro sul cui mercato il DPI è messo a disposizione».

Il Comitato comprende le ragioni che hanno condotto a creare tre regimi linguistici distinti, ma propone, a fini di semplificazione, di mantenere unicamente l'ultima formulazione.

4.5

Articolo 15, paragrafo 3: l'espressione «continuamente aggiornata» rischia di dare adito a interpretazioni divergenti a livello nazionale. Perché non stabilire una periodicità, ad esempio annuale?

4.6

Articolo 42: il periodo di due anni proposto dopo l'entrata in vigore risulta certamente impegnativo rispetto al numero di modifiche necessarie soprattutto negli Stati membri con strutture amministrative deboli (nuova notifica di tutti gli organismi notificati in 28 Stati membri, modifica della durata di validità dei certificati di conformità), ma è necessario in relazione agli obiettivi di prevenzione e miglioramento delle condizioni di lavoro, soprattutto per quanto riguarda la riduzione degli incidenti sul lavoro.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/81


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli impianti a fune

COM(2014) 187 final — 2014/0107 (COD)

(2014/C 451/13)

Relatore:

SIMONS

Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 24 e 2 aprile 2014, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli impianti a fune

COM(2014) 187 final — 2014/0107 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio 2014), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 184 voti favorevoli e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Viste le divergenze di interpretazione generate da alcuni punti della direttiva in vigore, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) approva la scelta di optare per un regolamento sulla base dell'articolo 114 del TFUE.

1.2

Il CESE si compiace che la proposta di regolamento intenda allineare la direttiva 2000/9/CE al «pacchetto merci» adottato nel 2008, e in particolare alla decisione n. 768/2008/CE relativa al nuovo quadro normativo (NQN), su cui il Comitato ha già formulato un parere positivo.

1.3

Il CESE esorta a esaminare molto attentamente la terminologia utilizzata nella versione tedesca e a riprendere con la massima esattezza le definizioni e alcuni elementi incontestabilmente positivi contenuti nella direttiva in vigore o che ne derivano.

1.4

Le imperfezioni rilevate dal CESE sono troppo numerose per poter essere riportate in queste conclusioni. A tale riguardo, il Comitato rimanda, nello specifico, ai punti 4.2 e segg. e al capitolo 5 del presente parere, dove propone anche delle soluzioni.

2.   Introduzione

2.1

Il CESE ha adottato già nel 1994 un parere (1) in merito a una proposta di direttiva della Commissione europea relativa agli impianti di trasporto pubblico a fune. In tale parere il Comitato ha sostenuto la Commissione, appoggiandone in particolare gli sforzi «per garantire che tutti gli Stati membri agiscano in maniera coordinata e che nell'intera Unione europea sia organizzata una sorveglianza scrupolosa, indispensabile per ottenere e mantenere un livello elevato di sicurezza e ridurre così il rischio di incidenti futuri».

2.2

Inoltre, la proposta della Commissione avrebbe dovuto «rendere più competitiva l'industria europea, rafforzandone le basi e permettendole di meglio competere sul mercato mondiale. [...] Dato che la maggior parte dei fabbricanti sul mercato mondiale sono europei, qualsiasi azione volta ad aumentare le prospettive di vendita deve venir impostata in maniera corretta e tollerabile.»

2.3

L'uso degli impianti a fune è legato principalmente al turismo, in particolare a quello di montagna, che ha un ruolo importante nell'economia delle regioni interessate e un'incidenza sempre maggiore sulla bilancia commerciale degli Stati membri (2).

2.4

Gli Stati membri devono garantire la sicurezza degli impianti a fune dal momento della loro costruzione, messa in servizio e durante l'esercizio. Insieme alle autorità competenti essi sono anche responsabili in materia di diritto fondiario, urbanistico e ambientale. Le normative nazionali presentano forti differenze connesse a tecniche particolari dell'industria nazionale e a consuetudini e know-how locali. Esse prescrivono dimensioni e dispositivi particolari e caratteristiche speciali. Questa situazione obbliga i fabbricanti a ridefinire i loro prodotti per ogni appalto e impedisce l'offerta di soluzioni standard.

2.5

Il rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza e sanitari è inderogabile per garantire la sicurezza degli impianti a fune. Detti requisiti devono essere applicati con discernimento, per tener conto del livello tecnologico esistente al momento della commercializzazione, della messa in servizio e durante l'esercizio, nonché degli imperativi tecnici ed economici.

2.6

Inoltre, gli impianti a fune possono essere transfrontalieri, nel cui caso possono entrare in gioco regolamentazioni nazionali contraddittorie che ne complicano la realizzazione.

2.7

È stato tuttavia necessario attendere fino al 2000 perché la materia divenisse oggetto di un'iniziativa legislativa. La direttiva 2000/9/CE relativa agli impianti a fune adibiti al trasporto di persone (3) è stata adottata il 20 marzo 2000 ed è entrata in vigore il 3 maggio 2002. I principali tipi di impianti a fune contemplati dalla direttiva 2000/9/CE sono: funicolari, cabinovie, seggiovie amovibili, seggiovie fisse, teleferiche, funitel, impianti combinati (composti da diversi tipi di impianti a fune, come cabinovie e seggiovie) e sciovie.

2.8

Oggi, ben dieci anni dopo, si rende necessaria, per diversi motivi, una revisione della normativa in materia di impianti a fune.

3.   Sintesi della proposta in esame

3.1

La proposta intende sostituire la direttiva 2000/9/CE con un regolamento e allinearla al «pacchetto merci» adottato nel 2008, e in particolare alla decisione n. 768/2008/CE relativa all'NQN.

3.1.1

La decisione relativa all'NQN istituisce un quadro comune per la normativa di armonizzazione dell'UE relativa ai prodotti. Tale quadro comprende le disposizioni che generalmente figurano nella normativa dell'UE in materia di prodotti (ad es. definizioni, obblighi degli operatori economici, organismi notificati, meccanismi di salvaguardia ecc.). Queste disposizioni comuni sono state rafforzate per garantire nella pratica un'applicazione e un'attuazione più efficaci delle direttive. Sono stati introdotti nuovi elementi, quali gli obblighi a carico degli importatori, essenziali per migliorare la sicurezza dei prodotti sul mercato.

3.1.2

La proposta intende anche affrontare alcune difficoltà riscontrate nell'attuazione della direttiva 2000/9/CE. Più in particolare, autorità competenti, organismi notificati e fabbricanti hanno manifestato pareri diversi relativamente alla questione se determinati tipi di impianti rientrino nel campo di applicazione della direttiva 2000/9/CE e debbano quindi essere prodotti e certificati in linea con le prescrizioni e le procedure di tale direttiva.

3.1.3

Anche in riferimento a determinate attrezzature vi sono divergenze di vedute anche sul fatto di classificarle o meno come sottosistemi, infrastrutture o componenti di sicurezza.

3.1.4

Inoltre, la direttiva non precisa quale tipo di procedura di valutazione della conformità debba essere applicato ai sottosistemi.

3.2

Tali approcci divergenti hanno prodotto distorsioni del mercato e diversità di trattamento fra gli operatori economici. Fabbricanti e operatori degli impianti in questione hanno dovuto modificare le attrezzature o procurarsi ulteriori certificazioni, incorrendo in costi aggiuntivi e ritardi per quanto riguarda l'autorizzazione e il funzionamento di tali impianti.

3.3

Il regolamento proposto intende dunque accrescere la chiarezza giuridica in merito al campo di applicazione della direttiva 2000/9/CE, migliorando di conseguenza l'attuazione delle pertinenti disposizioni giuridiche.

3.4

La direttiva 2000/9/CE contiene inoltre disposizioni relative alla valutazione della conformità dei sottosistemi. Tuttavia, non stabilisce la procedura concreta cui il fabbricante e l'organismo notificato devono attenersi, né offre ai fabbricanti la gamma di procedure di valutazione della conformità disponibile per i componenti di sicurezza. La proposta di regolamento ha dunque il fine di armonizzare le procedure disponibili per la valutazione della conformità dei sottosistemi con quelle già in uso per i componenti di sicurezza, sulla base dei moduli di valutazione della conformità di cui alla decisione n. 768/2008/CE relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti (decisione relativa all'NQN). In tale contesto, essa prevede anche l'apposizione della marcatura CE per indicare la conformità alle sue disposizioni, in linea con il sistema esistente per i componenti di sicurezza.

3.5

La proposta tiene conto del regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea (4). La proposta comprende:

il chiarimento del campo di applicazione per quanto concerne gli impianti a fune concepiti per il trasporto o per fini ricreativi;

l'introduzione di una serie di procedure di valutazione della conformità dei sottosistemi sulla base degli attuali moduli di valutazione della conformità dei componenti di sicurezza adeguati alla decisione relativa all'NQN;

l'adeguamento alla decisione relativa all'NQN.

Sono esclusi:

gli impianti a fune utilizzati per attività ricreative in luna park e parchi di divertimenti;

gli impianti a fune destinati a fini agricoli o industriali;

tutte le installazioni a fune i cui utenti o veicoli si trovino sull'acqua.

3.6

La proposta mantiene le procedure di valutazione della conformità dei componenti di sicurezza, ma aggiorna i moduli corrispondenti in linea con la decisione relativa all'NQN.

3.7

Essa mantiene, inoltre, l'obbligo di intervento di un organismo notificato nelle fasi di progettazione e produzione di tutti i sottosistemi e i componenti di sicurezza.

3.8

La proposta introduce una serie di procedure di valutazione della conformità dei sottosistemi sulla base dei moduli di valutazione della conformità della decisione relativa all'NQN. Introduce, inoltre, la marcatura CE dei sottosistemi, in quanto non c'è ragione di trattarli in modo diverso rispetto ai componenti di sicurezza.

3.9

La proposta rafforza i criteri di notifica per gli organismi notificati e introduce requisiti specifici per le autorità di notifica. L'adeguamento a nuove tecnologie è necessario per consentire la notifica elettronica. È importante prevedere un periodo durante il quale sia possibile chiarire eventuali dubbi o preoccupazioni circa la competenza degli organismi di valutazione della conformità prima che essi inizino a operare in qualità di organismi notificati.

4.   Osservazioni generali

4.1

Poiché è emerso che un'interpretazione uniforme delle disposizioni delle direttive non è sempre assicurata, il CESE fa notare che, in questo tipo di sforzi di armonizzazione (5) intesi a promuovere la libera circolazione delle merci nel mercato interno, sono i regolamenti che possono garantire un'interpretazione uniforme. Per questo, il CESE sostiene la scelta di proporre un regolamento e di adottare l'articolo 114 del TFUE come base giuridica.

4.1.1

Se il controllo dell'applicazione del regolamento sarà affidato agli Stati membri, la Commissione europea dovrà monitorarne l'uniformità.

4.2

In tal caso però devono essere ripresi nel modo più esatto gli elementi indiscutibilmente positivi della direttiva in vigore e le disposizioni e le procedure consolidate che ne conseguono (6), mentre altri elementi nuovi devono essere formulati in modo linguisticamente preciso nel regolamento.

4.2.1

Non si capisce perché la specificazione «adibiti al trasporto di persone» sia stata eliminata dal titolo del regolamento quando il considerando n. 8 afferma espressamente che l'ambito di applicazione è lo stesso della direttiva.

4.2.2

I termini tecnici si differenziano a volte anche in modo consistente da quelli delle norme armonizzate relative agli impianti a fune e dovrebbero essere allineati.

4.2.3

La formulazione attuale della proposta di regolamento (articolo 2, paragrafo 2, lettera a)) non consente di distinguere chiaramente fra ascensori (in particolare quelli a piano inclinato) ai sensi della direttiva 95/16/CE e funicolari. Le informazioni date al riguardo al considerando n. 11 sono insufficienti e nella pratica risultano inadeguate ai fini di una classificazione univoca. È importante che continui a essere possibile costruire ascensori a piano inclinato a norma della direttiva sugli ascensori per diversi utilizzi all'aperto (collegamenti fra un parcheggio situato a valle e un castello oppure un centro storico in quota, collegamenti tra piste da sci, ecc.).

4.2.4

L'articolo 2, paragrafo 2, lettera f), esclude gli impianti che si trovano sull'acqua dall'ambito di applicazione del regolamento. Per evitare equivoci e interpretazioni divergenti, è stato inserito un considerando n. 12 che però non contribuisce a una maggiore comprensione. L'articolo 2, paragrafo 2, lettera f), dovrebbe essere reso più preciso suddividendolo in «traghetti fluviali a fune», come da direttiva 2000/9/CE, e in «ski-lift acquatici».

4.2.5

Gli impianti a fune adibiti al trasporto di persone sottostanno — al contrario di altre direttive (ad es. quella relativa alle macchine) — a procedure di autorizzazione regolamentate, definite dagli Stati membri. Per questo non è necessario indicare la denominazione commerciale e l'indirizzo postale sui componenti di sicurezza e sui sottosistemi, anche perché le dichiarazioni di conformità dell'UE (7), che contengono tali dati, devono essere a disposizione sia presso l'impianto sia presso le autorità competenti. Per farsi un'idea della portata economica di questo articolo basti pensare che, nel caso di una seggiovia fissa, si tratterebbe di circa 500 targhette. Per questo occorre modificare l'articolo 11 (capo II) sopprimendo la parte della prima frase che recita: «sul sottosistema o sul componente di sicurezza oppure, ove ciò non sia possibile, sull'imballaggio o».

4.2.6

L'articolo 2, paragrafo 2, lettera d), esclude gli impianti a fune per parchi di divertimenti dall'ambito di applicazione del regolamento qualora tali impianti servano esclusivamente per il divertimento. C'è da chiedersi quale differenza faccia dal punto di vista delle norme di sicurezza o dei requisiti essenziali se la persona che si trova nell'impianto a fune lo utilizzi solo per il divertimento o a fini di trasporto. Si raccomanda quindi di mantenere soltanto la parte che recita «alle attrezzature specifiche fisse e mobili per luna park».

4.2.7

Ai considerando nn. 57 e 58 e all'articolo 41 si stabiliscono delle disposizioni transitorie. Manca però un'indicazione generale che precisi che la proposta di regolamento non riguarda gli impianti già immessi in commercio. Va quindi inserita, all'articolo 9, come nuovo paragrafo 3, la formulazione «Non è necessario prescrivere che tutti gli impianti a fune esistenti siano resi conformi alle disposizioni applicabili a quelli nuovi» che già si trova al considerando n. 28 della direttiva sugli impianti a fune adibiti al trasporto di persone. Occorre inoltre inserire, all'articolo 9, dopo l'attuale paragrafo 3, nuove disposizioni per una possibile rimessa in opera di impianti a fune: "La rimessa in opera di impianti a fune deve essere possibile alle seguenti condizioni:

deve essere possibile installare componenti di sicurezza e sottosistemi omologati e commercializzati ai sensi della direttiva 2000/9/CE o del presente regolamento;

l'impianto da spostare deve essere in condizioni tecniche tali da poter garantire, dopo la rimessa in opera, un livello di sicurezza largamente equivalente a quello di un impianto nuovo".

4.2.8

L'articolo 36, paragrafo 2, stabilisce che gli organismi notificati forniscono agli altri organismi notificati, su richiesta, informazioni sui risultati positivi delle valutazioni della conformità. Gli organismi notificati sono istituzioni indipendenti che devono agire in base a considerazioni economiche. Per evitare che vi sia un trasferimento delle conoscenze, occorre sopprimere l'aggiunta «e, su richiesta, positivi».

4.3

Il CESE apprezza che la proposta di regolamento intenda allineare la direttiva 2000/9/CE al «pacchetto merci» adottato nel 2008, e in particolare alla decisione CE relativa all'NQN n. 768/2008, su cui il Comitato ha già elaborato un parere positivo (8).

5.   Osservazioni particolari

Osservazioni sugli altri considerando e articoli della proposta di regolamento.

5.1

Nella versione tedesca della proposta di regolamento vengono utilizzate spesso le parole «costruiti», o «costruzione» in luogo di «progettati», o «progettazione» che si trovano nella direttiva 2000/9/CE. Ciò succede in tutto il testo tedesco, ad es. al considerando n. 1, all'articolo 1, all'articolo 2, paragrafo 1, all'articolo 3, paragrafi 1 e 3, e all'articolo 8, paragrafo 1.

5.2

La definizione di «componente di sicurezza» di cui all'articolo 3, paragrafo 4, va modificata, con la soppressione delle parole «o in un impianto a fune». Il motivo sta nel fatto che nelle infrastrutture per cui gli Stati membri stabiliscono delle procedure non si possono trovare «componenti di sicurezza» nel senso del regolamento, bensì «componenti cruciali per la sicurezza».

5.3

All'articolo 11, paragrafo 9, si osserva che, a seguito di una richiesta motivata, i fabbricanti forniscono a un'autorità nazionale competente tutte le informazioni e la documentazione atte a dimostrare la loro conformità. Per garantire che i componenti costruiti in osservanza delle norme armonizzate (e per i quali quindi vale la presunzione di conformità) siano esclusi dall'applicazione di tale articolo, si raccomanda ai fini di una maggiore precisione di cominciare il paragrafo 9 con le seguenti parole: «Nel caso dei componenti che non possono essere commercializzati in base alle disposizioni delle norme armonizzate, e a seguito di una richiesta motivata, i fabbricanti forniscono» ecc.

5.4

Il termine «Drahtseilbahnen» (funivie) di cui al considerando n. 8 della versione tedesca non è noto e non corrisponde alle versioni linguistiche olandese e inglese.

5.5

Nella proposta di regolamento, ad esempio al considerando n. 17, si parla di «Wartung» [assistenza, NdT]. Questa «Wartung» è solo una parte della «Instandhaltung» [manutenzione], che comprende le attività di «Inspektion» [ispezione], «Wartung» [assistenza] e «Instandsetzung» [riparazione]. Pertanto, nell'intera versione tedesca occorre sostituire «Wartung» con «Instandhaltung» [poiché la versione italiana del regolamento reca già il termine «manutenzione», questa osservazione non riguarda l'italiano, NdT]. Il termine «maintained» della versione inglese è corretto.

5.6

Il concetto di «grundlegende Anforderungen» utilizzato nella direttiva sugli impianti a fune è sostituito dal concetto di «wesentliche Anforderungen», ad es. all'articolo 6 [di nuovo, questa osservazione non riguarda l'italiano, che reca la dicitura «requisiti essenziali» in entrambi i documenti, NdT]. Nella versione inglese si continua a utilizzare il concetto di «Essential requirements», analogamente a quanto fatto nella direttiva 2000/9/CE. Si dovrebbe quindi correggere l'intera proposta di regolamento inserendo la dicitura «grundlegende Anforderungen».

5.7

Il considerando n. 19 non è collegato a nessun elemento del dispositivo e deve pertanto essere soppresso.

5.8

Il considerando n. 23 è fuorviante, dal momento che istituisce un collegamento fra la libera circolazione delle merci e l'analisi di sicurezza, e va quindi soppresso.

5.9

L'articolo 1 definisce l'oggetto del regolamento. Rispetto alla direttiva 2000/9/CE non sono stati però ripresi i settori «progettati», «assemblati» e «messi in servizio» [perlomeno nella versione tedesca, che parla di «Konstruktion» e «Bau» mentre nella versione italiana si parla di «progettazione» e «costruzione», NdT]. Tali settori devono essere inseriti, oppure va ripreso il testo della direttiva.

5.10

La definizione di «impianto a fune» di cui all'articolo 3, paragrafo 1, è di difficile comprensione: dovrebbe pertanto essere ripresa la definizione di cui alla direttiva 2000/9/CE.

5.11

Il concetto di «Schleppaufzug» di cui all'articolo 3, paragrafo 8, va corretto in «Schlepplift» [la versione italiana parla di «sciovia», NdT]. Questa correzione è stata apportata anche nella rielaborazione delle pertinenti norme armonizzate.

5.12

Poiché il termine «Inbetriebnahme» [nella versione italiana «messa in servizio», NdT] di cui all'articolo 3, paragrafo 12, nel caso delle trasformazioni non si deve sempre riferire all'intero impianto, il testo deve essere completato aggiungendo «o dei suoi componenti».

5.13

All'articolo 8, paragrafo 1, i requisiti dell'analisi di sicurezza sono stati modificati in modo tale che non risultano più regolamentate le competenze. Poiché però l'analisi di sicurezza rappresenta il documento decisivo per il committente dei lavori, l'articolo dovrebbe essere integrato con le parole «su richiesta del committente o del suo mandatario».

5.14

All'articolo 8, paragrafo 2, si osserva che l'analisi di sicurezza deve essere inserita in una relazione sulla sicurezza. Tuttavia, nella direttiva 2000/9/CE si afferma che l'analisi di sicurezza dà luogo all'elaborazione di una relazione sulla sicurezza, il che rappresenta una differenza essenziale. Si raccomanda di riprendere il testo dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva.

5.15

L'articolo 9, paragrafo 4, è di difficile comprensione e dovrebbe essere sostituito dalla formulazione di cui all'articolo 12 della direttiva 2000/9/CE.

5.16

All'articolo 10, paragrafo 1, si osserva che un impianto a fune può rimanere in funzione solo se soddisfa le condizioni stabilite nella relazione sulla sicurezza. Le istruzioni per l'uso e la manutenzione rappresentano un documento importante proprio per il funzionamento sicuro dell'impianto: per questo, si raccomanda di modificare il testo sostituendo «rimanga in funzione» con «possa funzionare» e sostituendo «nella relazione sulla sicurezza» con «nei documenti di cui all'articolo 9, paragrafo 2».

5.17

Sulla base dei moduli definiti nell'allegato, un fabbricante può procedere a una valutazione della conformità solo insieme a un organismo notificato. Pertanto, occorre adattare il testo dell'articolo 11, paragrafo 2, sostituendo «ed eseguono o fanno eseguire» con «e fanno eseguire».

5.18

Il concetto di «informazioni in materia di sicurezza» di cui all'articolo 11, paragrafo 7, non è chiaro e dovrebbe essere precisato.

5.19

L'articolo 16 fa riferimento a un primo comma mancante.

5.20

Le disposizioni della decisione n. 768/2008/CE riguardanti le obiezioni alle norme armonizzate (articoli R9 e R19) dovrebbero essere riprese all'articolo 17.

5.21

L'articolo 18, paragrafo 4, comporta il rischio che la sua validità sia estesa agli impianti di prova. Per evitare tale pericolo, occorre aggiungere «ad eccezione degli impianti di prova».

5.22

L'articolo 19, paragrafo 2, potrebbe essere inteso nel senso che anche le dichiarazioni di conformità dei componenti di sicurezza o dei sottosistemi che sono già stati immessi sul mercato devono essere aggiornati. Per questo, l'ultima parte della prima frase, ossia «ed è continuamente aggiornata» deve essere sostituita con «e deve essere aggiornata al momento dell'immissione sul mercato del sottosistema o del componente di sicurezza».

5.23

L'articolo 21, paragrafo 2, dispone che anche i sottosistemi siano dotati della marcatura CE. Poiché sul mercato non ci sono sottosistemi che non contengano almeno un componente di sicurezza, il quale reca a sua volta la marcatura CE, è il caso di guardare criticamente a tale disposizione. Si raccomanda quindi di sopprimere le parole «sul sottosistema o».

5.24

Anche l'allegato II va sottoposto a una revisione, che deve essere di ampio respiro e deve assolutamente coinvolgere tutte le parti interessate.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 388 del 31.12.1994, pag. 26.

(2)  Questo paragrafo e i tre che seguono sono tratti dai considerando della direttiva 2000/9/CE.

(3)  GU L 106 del 3.5.2000, pag. 21.

(4)  GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12.

(5)  Articolo 114 del TFUE.

(6)  Va osservato che diverse prove a campione hanno rilevato delle imprecisioni negli allegati o negli articoli ripresi dalla decisione n. 768/2008/CE (art. R2 e segg.).

(7)  Si parte dal principio che le attestazioni di conformità dell'UE non perdano la loro validità.

(8)  GU C 120 del 16.5.2008, pag. 1.


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/87


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2007/36/CE per quanto riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda taluni elementi della relazione sul governo societario

COM(2014) 213 final — 2014/0121 (COD)

(2014/C 451/14)

Relatore:

SMYTH

Il Parlamento europeo, in data 16 aprile 2014, e il Consiglio, in data 16 maggio 2014, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 50 e 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2007/36/CE per quanto riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda taluni elementi della relazione sul governo societario

COM(2014) 213 final — 2014/0121 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio 2014), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 188 voti favorevoli e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Le proposte della Commissione volte a modificare la direttiva sui diritti degli azionisti vanno considerate come una tappa di un percorso verso un governo societario e un contesto d'investimento più stabili e sostenibili in Europa. Il nucleo di tali proposte rispecchia l'idea che se gli azionisti possono essere incoraggiati ad assumere una prospettiva di lungo termine ciò si tradurrà in un contesto operativo migliore per le società quotate.

1.2

Le disposizioni proposte per la direttiva sui diritti degli azionisti in particolare quelle dirette a rafforzare il collegamento tra la remunerazione degli amministratori e i risultati a lungo termine delle imprese trovano il sostegno del Comitato economico e sociale europeo (CESE).

1.3

Il CESE prende atto del fatto che nella sua valutazione d'impatto la Commissione sostiene che le sue proposte determineranno solo un incremento marginale degli oneri amministrativi per le società quotate. Sarà importante fare il punto su questo equilibrio al momento della valutazione ex-post della direttiva.

1.4

Il CESE accetta l'argomento secondo cui, grazie all'introduzione di una maggiore trasparenza sull'impatto delle politiche d'investimento, gli investitori prenderanno decisioni più consapevoli e mostreranno probabilmente un maggior impegno nei confronti delle società in cui hanno investito. Ciò dovrebbe condurre a risultati migliori nel lungo periodo da parte delle società quotate.

1.5

Da quando è scoppiata la crisi finanziaria, i responsabili della definizione delle politiche hanno accettato la sfida di operare il passaggio da una cultura del settore societario e di quello finanziario europei incentrata sui risultati a breve termine verso una prospettiva d'investimento a lungo termine più sostenibile. Nella misura in cui un cambiamento culturale può essere ottenuto attraverso la regolamentazione, la Commissione si sta muovendo nella giusta direzione.

2.   Contesto della proposta di direttiva

2.1

La proposta di direttiva della Commissione dovrebbe essere considerata nel contesto di altre iniziative dirette a migliorare il finanziamento a lungo termine dell'economia europea. Nella sua essenza la proposta rispecchia la convinzione che incoraggiare gli azionisti a collocarsi in una prospettiva di più lungo termine permetterà alle società quotate di operare in un ambiente più propizio. Tali proposte sono in parte il risultato di un ampio processo di consultazione delle parti interessate sul governo societario. Nel 2010 la Commissione ha pubblicato un Libro verde sul governo societario negli istituti finanziari e le politiche di remunerazione (1) cui, nel 2011, ha fatto seguito il Libro verde Il quadro dell'Unione europea in materia di governo societario  (2). Le consultazioni hanno portato alla pubblicazione nel 2012 del Piano d'azione: diritto europeo delle società e governo societario — una disciplina giuridica moderna a favore di azionisti più impegnati e società sostenibili (3).

2.2

La proposta di direttiva si basa su una valutazione d'impatto che affronta le carenze riscontrate nella relazione tra i soggetti principali del governo societario: la cosiddetta relazione committente-agente. Ciò fa riferimento alla relazione tra gli agenti (amministratori) e i committenti (azionisti come gli investitori istituzionali, gestori di attivi consulenti in materia di voto). La proposta individua cinque di tali carenze e precisamente: (i) la mancanza di un impegno sufficiente degli investitori istituzionali e dei gestori di attivi; (ii) un collegamento inadeguato tra remunerazione e risultati degli amministratori; (iii) mancanza di sorveglianza delle operazioni con parti correlate da parte degli azionisti (iv) insufficiente trasparenza dei consulenti in materia di voto e (v) difficoltà e onerosità dell'esercizio da parte degli investitori dei diritti conferiti dai titoli.

2.3

Per ciascuna di tali questioni, la Commissione considera le opzioni strategiche pertinenti e sceglie una serie di cinque misure politiche così definite:

1)

obbligo di trasparenza degli investitori istituzionali e dei gestori di attivi per quanto riguarda voto, impegno e taluni accordi di gestione degli attivi;

2)

comunicazione della politica retributiva e delle singole remunerazioni, associata all'introduzione del voto degli azionisti in materia;

3)

maggiore trasparenza e parere indipendente sulle più importanti operazioni con parti correlate e presentazione delle operazioni più significative all'approvazione degli azionisti;

4)

obblighi stringenti di informativa sulla metodologia e sui conflitti di interesse dei consulenti in materia di voto;

5)

creazione di un quadro che permetta alle società quotate di identificare i propri azionisti, imponga agli intermediari di trasmettere rapidamente le informazioni relative agli azionisti e favorisca l'esercizio dei diritti degli azionisti.

3.   Proposte contenute nella direttiva

3.1

Per quanto riguarda la trasparenza degli investitori istituzionali la Commissione esige da questi ultimi di rendere pubblico in che modo la loro strategia di investimento azionario sia in linea con il profilo e la durata delle loro passività e come contribuisca al rendimento dei loro attivi a medio e lungo termine. Inoltre, se gli investitori istituzionali fanno ricorso a gestori di attivi essi saranno tenuti a rendere pubblici i principali elementi del relativo accordo quali l'allineamento dei gestori degli attivi e degli investitori istituzionali stessi, le strategie di investimento, l'orizzonte temporale della strategia, la valutazione dei risultati dei gestori di attivi, l'obiettivo perseguito in termini di rotazione del portafoglio ecc. I gestori di attivi saranno analogamente tenuti a comunicare su base semestrale agli investitori istituzionali in che modo la loro strategia d'investimento segua l'approccio concordato.

3.2

Per quanto riguarda il legame tra remunerazione degli amministratori e loro risultati, la Commissione teme che la mancanza di un'efficace sorveglianza delle remunerazioni degli amministratori possa alla lunga andare a discapito dei risultati societari. La politica retributiva è formulata dai Consigli di amministrazione o dai Consigli di sorveglianza. Le società quotate avranno l'obbligo di pubblicare informazioni dettagliate sulla politica retributiva e sulle remunerazioni dei singoli amministratori. Gli azionisti avranno il diritto di approvare la politica retributiva e le modalità di attuazione della politica retributiva nell'ultimo anno. La proposta di direttiva lascia alla società e ai suoi azionisti la scelta del livello e delle condizioni delle remunerazioni.

3.3

La questione delle operazioni con parti correlate ruota intorno all'idea che gli azionisti di solito non hanno accesso a sufficienti informazioni sull'operazione prevista né dispongono di strumenti adeguati per opporsi alle operazioni abusive. Pertanto alle società quotate sarà imposto l'obbligo di sottoporre le operazioni con parti correlate che rappresentano più del 5 % dei loro attivi all'approvazione degli azionisti. Esse dovranno annunciare pubblicamente le operazioni con parti correlate che rappresentano più dell'1 % degli attivi e farle valutare da un terzo indipendente. Sono previste esenzioni per le operazioni concluse tra la società e i membri del gruppo che sono interamente di proprietà della società quotata.

3.4

I consulenti in materia di voto forniscono agli investitori raccomandazioni su come votare nelle assemblee generali delle società quotate. Il ricorso a tali consulenti si è affermato soprattutto a causa della complessità delle questioni relative alle partecipazioni azionarie degli investitori, in particolare a livello transfrontaliero. I consulenti in materia di voto presentano raccomandazioni agli investitori con portafogli molto globalizzati e diversificati ed esercitano un'influenza importante sui comportamenti di voto e di conseguenza sul governo societario. Nella sua valutazione d'impatto la Commissione riscontra elementi che sollevano dubbi sulla qualità e sull'accuratezza dei consigli forniti dai consulenti in materia di voto nonché sulla loro gestione delle questioni inerenti ai conflitti di interesse. Non esiste una regolamentazione a livello UE di tali consulenti in materia di voto, sebbene alcuni Stati membri abbiano codici di comportamento non vincolanti. Ai consulenti in materia di voto verrà imposto di adottare misure adeguate per garantire che le loro raccomandazioni di voto siano accurate e affidabili, basate su un'analisi approfondita di tutte le informazioni pertinenti e non influenzate da conflitti di interesse, esistenti o potenziali. Si è appreso che i consulenti in materia di voto stanno cercando in questo momento di ottenere l'approvazione dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) per un codice di condotta volontario; si tratta di un'iniziativa che va accolta con favore.

3.5

Gli investitori, in particolare coloro che detengono partecipazioni azionarie in altri paesi, hanno difficoltà a esercitare i diritti che derivano dalle loro azioni. Tali difficoltà riguardano principalmente la capacità delle società di identificare gli investitori correttamente, la mancanza di tempestività della trasmissione delle informazioni dalle società agli azionisti e i comportamenti discriminatori basati sul prezzo nel caso delle partecipazioni transfrontaliere. Gli Stati membri dovranno assicurare che gli intermediari offrano alle società quotate la possibilità di conoscere l'identità dei propri azionisti. Le società quotate saranno tenute, nel caso scelgano di non comunicare direttamente con gli azionisti, a fornire e trasmettere all'intermediario le informazioni connesse all'esercizio dei diritti conferiti dalle azioni in maniera standardizzata e tempestiva. A loro volta gli intermediari avranno l'obbligo di favorire l'esercizio dei diritti da parte dell'azionista e per suo conto, ivi compreso il diritto a votare nelle assemblee, e di fornire le corrispondenti informazioni agli azionisti.

4.   Osservazioni in merito alla proposta di direttiva

4.1

La Commissione sostiene che le misure previste nella direttiva faranno crescere probabilmente solo in misura marginale l'onere amministrativo delle società quotate. In quanto impongono un obbligo alle società di fornire informazioni tempestive e pertinenti agli azionisti, esse rappresentano una buona pratica e vanno viste in quest'ottica. Il CESE nutre timori per la possibilità di oneri amministrativi addizionali per le società quotate minori. Sebbene la Commissione si impegni a valutare l'applicazione della presente direttiva cinque anni dopo la sua entrata in vigore, il CESE ritiene che tale valutazione dovrebbe essere effettuata prima, considerato che probabilmente le proposte non avranno effetto per almeno altri 18 mesi.

4.2

Sulla questione della politica retributiva e il collegamento tra la retribuzione e i risultati degli amministratori, il CESE sostiene le proposte della Commissione dirette a migliorare la supervisione da parte degli azionisti della remunerazioni degli amministratori (4). Mentre il livello della remunerazione da corrispondere rimarrà un aspetto riservato al consiglio di amministrazione, il requisito di un voto degli azionisti dovrebbe far crescere il livello di impegno reciproco tra il consiglio d'amministrazione e i suoi azionisti.

4.3

Risponde a logica l'argomento secondo cui, grazie all'introduzione di una maggiore trasparenza in merito alle politiche d'investimento, gli investitori prenderanno decisioni più consapevoli e mostreranno probabilmente un maggior impegno nei confronti delle società in cui hanno investito. Se riescono a generare un impegno a lungo termine da parte degli azionisti, le misure proposte aiuteranno a migliorare l’efficienza e i risultati delle società.

4.4

Queste proposte sono coerenti con gli aspetti della direttiva (5) e del regolamento sui requisiti patrimoniali (CRD IV) (6) che si occupano delle remunerazioni e completano le norme esistenti sugli investitori istituzionali e i gestori di attivi nel quadro delle direttive OICVM, MiFID e GEFIA La proposta di direttiva andrebbe valutata nel contesto di questo contesto normativo riformato molto più ampio.

4.5

Inoltre, tali proposte si inseriscono naturalmente nel quadro complessivo in materia di governo societario dell'UE, che permette agli Stati membri di operare in un quadro che è maggiormente in linea con i loro usi e le loro pratiche. L'attenzione esplicita di alcune misure della proposta di direttiva all'aspetto transfrontaliero sottolinea la necessità di un complesso di norme relative alla trasparenza e all'impegno a livello UE.

4.6

Pur accettando che, per la maggior parte, le proposte di revisione relative alla direttiva sui diritti degli azionisti sono dirette a promuovere un più adeguato impegno a lungo termine degli azionisti, il CESE ritiene che un tale impegno dovrebbe riguardare tutte le parti interessate, compresi i dipendenti e suggerisce alla Commissione di condurre una riflessione su come coinvolgere maggiormente i dipendenti nella creazione di valore a lungo termine (7).

4.7

Nella proposta la Commissione afferma che «l'obiettivo prioritario della presente proposta di revisione della direttiva sui diritti degli azionisti è contribuire alla sostenibilità a lungo termine delle società dell'UE, creare condizioni propizie per gli azionisti e migliorare l'esercizio transfrontaliero del diritto di voto accrescendo l'efficienza della catena dell'investimento azionario al fine di contribuire alla crescita, alla creazione di posti di lavoro e alla competitività dell'UE», in parallelo con la riforma in corso del settore finanziario. È in corso un mutamento epocale e l'accento è posto sul passaggio da una cultura del settore societario e di quello finanziario basata sui risultati a breve termine verso una prospettiva di finanziamento a lungo termine più sostenibile. Non sarà un compito semplice. Nella misura in cui un cambiamento culturale può essere ottenuto attraverso la regolamentazione, la Commissione si sta muovendo nella giusta direzione.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2010) 284 final.

(2)  COM(2011) 164 final.

(3)  COM(2012) 740 final.

(4)  GU C 271 del 19.9.2013, pag. 70.

(5)  GU L 176 del 27.6.2013, pag. 338.

(6)  GU L 176 del 27.6.2013, pag. 1.

(7)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 35.


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/91


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul finanziamento a lungo termine dell'economia europea

[COM(2014) 168 final]

(2014/C 451/15)

Relatore:

M. SMYTH

Correlatore:

M. FARRUGIA

La Commissione europea, in data 14 marzo 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul finanziamento a lungo termine dell'economia europea

COM(2014) 168 final.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 17 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 139 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene in generale la comunicazione della Commissione in esame, che fa seguito al Libro verde sul finanziamento a lungo termine dell'economia europea (1), giudicandola uno sviluppo positivo nel dibattito politico su come meglio soddisfare il fabbisogno di investimenti a lungo termine dell'Europa.

1.2

Il CESE riconosce che la Commissione deve operare nei limiti delle sue competenze e allo stesso tempo incoraggiare adeguati cambiamenti istituzionali e politici sia a livello globale che degli Stati membri. Questo aspetto è particolarmente importante nell'ambito dei regimi normativi nazionali e internazionali che influenzano gli orizzonti a più lungo termine delle decisioni di investimento. In molti Stati membri, ad esempio, i sistemi fiscali mostrano una preferenza per il finanziamento delle imprese tramite il debito, per cui le società sono incentivate a ricorrere al debito, piuttosto che alle quote di capitale proprio, per reperire fondi. Affinché il finanziamento a lungo termine delle imprese sia più diversificato e più stabile, bisogna incoraggiare gli Stati membri a promuovere un maggior uso degli investimenti in quote di capitale proprio, e la Commissione dovrebbe continuare a fare pressioni in questo senso.

1.3

Per la maggior parte, le proposte avanzate dalla Commissione nella comunicazione in esame sono valide e coerenti con l'obiettivo di promuovere un orizzonte d'investimento a più lunga scadenza, ma richiedono un certo tempo per essere attuate, mentre occorrono fin d'ora nuovi strumenti d'investimento a lungo termine (come i prestiti obbligazionari Europa 2020 per il finanziamento di progetti o «project bond»), e il CESE esorta la Commissione a procedere rapidamente verso l'attuazione.

1.4

Per promuovere un finanziamento a più lungo termine dell'economia è essenziale completare l'unione bancaria. La politica monetaria dovrebbe essere in linea con gli investimenti a lungo termine adottando tassi di interesse appropriati sia per gli investitori che per i risparmiatori. Il CESE apprezza l'impegno della Commissione a esaminare la frammentazione dei flussi transfrontalieri dei risparmi e a valutare altresì la fattibilità di un prodotto di risparmio su scala dell’UE.

1.5

Il Comitato ritiene che ora si presenti un'opportunità unica di articolare, sviluppare e attuare un quadro dell’UE per gli investimenti a lungo termine basato sul solido corpus di lavori analitici intrapresi, tra gli altri, dalla Commissione, dall'Istituto per la finanza internazionale e dal Gruppo dei trenta. Gli ostacoli da affrontare per rendere sostenibile il finanziamento a lungo termine dell'economia sono ben noti e vanno superati. Essi si incentrano su cinque sfide:

incentivare gli investitori ad adottare una prospettiva a più lungo termine nelle loro decisioni di investimento;

creare nuovi intermediari e nuovi strumenti in funzione degli investimenti a lungo termine;

sviluppare mercati del debito e dei capitali propri per ampliare la gamma degli strumenti di finanziamento;

garantire un flusso transfrontaliero di capitali ordinato e propizio agli investimenti a lungo termine;

sviluppare una migliore analisi sistemica nella definizione della futura politica normativa.

Il CESE ritiene che la comunicazione in esame consenta di fare passi avanti verso il raggiungimento di questi obiettivi ed esorta la Commissione a mantenere e accelerare questi progressi nelle prossime proposte sul finanziamento a lungo termine.

2.   Seguito del Libro verde sul finanziamento a lungo termine

2.1

La comunicazione in esame rappresenta una risposta meditata, da parte della Commissione, al processo di consultazione avviato con la pubblicazione, nel marzo 2013, del Libro verde sul finanziamento a lungo termine dell'economia europea — consultazione che ha fatto registrare una buona partecipazione (2). Essa presenta una serie di proposte e azioni intese ad affrontare gli ostacoli che impediscono una maggiore mobilitazione delle fonti private e pubbliche di finanziamento a lungo termine. La Commissione è dell'avviso che accanto alle banche, che continueranno a svolgere un importante ruolo nel fornire finanziamenti a più lungo termine, si dovranno incoraggiare anche fonti alternative non bancarie, come ad esempio i fondi pubblici, gli investitori istituzionali (compagnie di assicurazione e fondi pensione), i fondi di investimento tradizionali o alternativi, i fondi sovrani ecc., a fornire finanziamenti di questo tipo.

2.2

Le azioni proposte dalla Commissione puntano soprattutto a:

i)

mobilitare fonti private di finanziamento a lungo termine;

ii)

utilizzare meglio i finanziamenti pubblici;

iii)

sviluppare i mercati dei capitali;

iv)

migliorare l'accesso delle PMI al finanziamento;

v)

attirare i finanziamenti privati verso le infrastrutture;

vi)

migliorare l'ambiente complessivo per un finanziamento sostenibile.

La Commissione ha inoltre pubblicato una proposta di revisione della direttiva sugli enti pensionistici aziendali e professionali (3) per sostenere il futuro sviluppo delle pensioni aziendali e professionali, che nell'UE rappresentano un importante tipo di investitori istituzionali di lungo periodo, nonché una comunicazione sul crowdfunding  (4) (finanziamento collettivo), che riveste un ruolo crescente nel finanziamento delle PMI.

3.   Azioni proposte

3.1   Mobilitare fonti private di finanziamento a lungo termine

3.1.1

Vi è un'inevitabile tensione tra, da un lato, la necessità di imporre alle banche più forti requisiti patrimoniali e di liquidità per aumentare la loro resistenza agli shock e, dall'altro, la volontà di non sottoporle a restrizioni eccessive che le scoraggino dal fornire finanziamenti a lungo termine all'economia reale. Trovare il giusto equilibrio tra questi due importanti obiettivi di politica pubblica non sarà certo facile. La Commissione analizzerà se la regolamentazione dei requisiti patrimoniali sia appropriata in rapporto al finanziamento a lungo termine ed esaminerà in che misura le proposte relative al coefficiente di copertura della liquidità e al coefficiente netto di finanziamento stabile possano ostacolare il finanziamento a lungo termine da parte del settore bancario.

3.1.2

L'idea della Commissione è che una volta che le riforme del sistema bancario e l'unione bancaria saranno completate, la fiducia nel settore finanziario verrà ristabilita e la frammentazione finanziaria fortemente ridotta. In particolare, il recente pacchetto di proposte che prevede la riforma strutturale delle banche attraverso la separazione delle attività fondamentali di finanziamento dell'economia reale dalle più rischiose attività di negoziazione dovrebbe consentire alle banche di riprendere a svolgere il loro ruolo tradizionale (5). Nel suo parere sul pacchetto di misure di ristrutturazione il CESE esprime sostegno per le proposte della Commissione.

3.1.3

Gli aspetti forse più interessanti della comunicazione sono quelli che riguardano le regole che disciplinano gli investimenti a lungo termine delle imprese di assicurazione e dei fondi pensione. All'inizio del 2016 entrerà in vigore la direttiva Solvibilità II modificata, che dovrebbe consentire alle imprese assicurative di investire in qualsiasi tipo di attività nel rispetto del principio di «diligenza del buon padre di famiglia». Ciò potrebbe contribuire allo sviluppo di mercati sostenibili degli strumenti cartolarizzati. Per quanto riguarda i fondi pensione, sono previste proposte per sviluppare, in collaborazione con l'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA), un quadro che porti alla creazione di un mercato unico delle pensioni personali in Europa, che dovrebbe consentire di mobilitare una maggior quantità di risparmi a lungo termine.

3.1.4

Per mobilitare più fondi privati per gli investimenti a lungo termine, il CESE raccomanda alla Commissione di intraprendere anche uno studio di fattibilità sull'utilizzo dei fondi sovrani accanto a fonti a lungo termine più convenzionali come i fondi pensione e i grandi assicuratori.

3.1.5

Nella sua risposta al Libro verde (6), il CESE ha raccomandato alla Commissione di esaminare l'introduzione di un conto di risparmio su scala europea per attingere ai risparmi a lungo termine. Ora la Commissione intraprenderà uno studio sugli impedimenti alla creazione di un tale meccanismo transfrontaliero di risparmio.

3.2   Utilizzare meglio i finanziamenti pubblici

3.2.1

Per quanto riguarda la questione di fare un uso più efficace dei finanziamenti pubblici per gli investimenti a lungo termine, la Commissione si impegna ad adottare misure che incoraggino una maggiore cooperazione tra le banche di promozione nazionali e regionali, la BEI/FEI e altre banche multilaterali di sviluppo, come ad esempio la BERS. La recente creazione della Strategic Banking Corporation of Ireland, joint venture tra il governo irlandese, la BEI e la banca KfW (7), che disporrà di circa 800 milioni di EURO da prestare alle PMI irlandesi, costituisce un buon esempio di questo approccio. La Commissione prevede inoltre una proposta analoga per migliorare il coordinamento e la cooperazione tra le agenzie nazionali di credito all'esportazione. Il CESE accoglie con favore queste proposte.

3.3   Sviluppare i mercati dei capitali

3.3.1

Molte delle proposte della Commissione affrontano la questione dell'insufficiente sviluppo dei mercati dei capitali in Europa. Nella comunicazione in esame si osserva che, nonostante il mercato delle obbligazioni societarie sia cresciuto negli ultimi anni, esso (come del resto i mercati azionari europei) rimane frammentato e poco interessante per le PMI e le società a media capitalizzazione in quanto fonte di finanziamenti a più lungo termine. Per rimediare a questa frammentazione, la Commissione si impegna ad effettuare uno studio per stabilire se sia necessario adottare ulteriori misure, al di là della direttiva MiFID 2 (8), per creare un mercato secondario vigoroso e liquido delle obbligazioni societarie. Si impegna inoltre a esaminare se i criteri previsti per gli OICVM (9) possano essere estesi ai titoli quotati nei mercati di crescita delle PMI.

3.3.2

Dall'inizio della crisi finanziaria il termine «cartolarizzazione» è stato automaticamente associato ai mutui ipotecari subprime negli USA e ai CDO (collateralised debt obligations) e CDP (credit default swap) da essi derivati. Il catastrofico crollo del mercato dei derivati non è stato causato dalla cartolarizzazione degli attivi stessi, bensì da una regolamentazione inadeguata, dall'incomprensione e dall'avidità sia dei compratori che dei venditori. Il ricorso alla cartolarizzazione ha ora riconquistato un solido posto nell'agenda politica. I requisiti di mantenimento del rischio esistono dal 2011 in tutta l'UE e gli obblighi di divulgazione delle informazioni per consentire agli investitori di capire meglio gli strumenti finanziari in cui investono sono stati rafforzati. A giudizio della Commissione, ora c'è spazio per la creazione di mercati della cartolarizzazione sostenibili, con un'adeguata differenziazione prudenziale dei diversi titoli garantiti da attività da contrattare. Pur essendo favorevole in linea di principio a un graduale ricorso alla cartolarizzazione, il CESE esorta a procedere con prudenza in modo da garantirne un'attuazione regolata.

3.3.3

La Commissione si impegna a cooperare con il Comitato di Basilea e con l’Organizzazione internazionale delle commissioni sui valori mobiliari (International Organisation of Securities Commissions, IOSCO) per sviluppare e attuare norme internazionali in materia di conservazione del rischio, trasparenza e coerenza dei mercati della cartolarizzazione. Si impegna inoltre a rivedere entro la fine dell'anno il trattamento delle obbligazioni garantite di cui nel regolamento sui requisiti patrimoniali (CRR) in funzione della creazione di un mercato integrato delle obbligazioni garantite. Tale revisione dovrebbe a sua volta accelerare lo svolgimento di uno studio sull'introduzione di un quadro normativo dell'UE per le obbligazioni garantite.

3.3.4

Nella comunicazione viene esaminata anche la questione del collocamento privato e, poiché questo viene visto come un'alternativa realistica al prestito bancario e all'emissione pubblica di obbligazioni societarie, la Commissione si impegna ad analizzare le buone pratiche nei mercati del collocamento privato in Europa e altrove e a elaborare proposte per favorire la diffusione di questo strumento nell'UE.

3.4   Migliorare l'accesso delle PMI al finanziamento

3.4.1

La comunicazione accenna anche alla spinosa questione di come migliorare l’accesso delle PMI ai finanziamenti a più lungo termine. Questo tema rientrava nel piano d'azione per le PMI pubblicato nel 2011 e da allora sono stati realizzati alcuni, limitati progressi su questo fronte. Il principale ostacolo per un maggiore accesso al mercato dei capitali viene individuato nella mancanza di informazioni adeguate, comparabili, affidabili e prontamente disponibili in merito al credito delle PMI. E uno dei motivi di queste carenze è il fatto che le fonti nazionali sono frammentate.

3.4.2

In un autorevole studio pubblicato recentemente (10), l'Istituto per la finanza internazionale (IIF) cita queste asimmetrie d'informazione come uno dei maggiori ostacoli al finanziamento delle PMI sia a breve che a lungo termine. Per ridurre questi ostacoli l'IIF propone una serie di misure: tra queste, un maggior ricorso ad archivi digitali con l'introduzione di informazioni standardizzate per i registri di imprese, gli uffici statistici, per la valutazione del merito di credito da parte delle banche e di altri prestatori. Questi archivi nazionali di dati sul rischio creditizio dovrebbero essere fusi con la European Data Warehouse per arrivare ad un registro europeo centrale del credito. L'IIF chiede che vengano stabiliti standard su scala europea per la raccolta e la comunicazione delle informazioni così da rendere possibili analisi incrociate tra società e paesi diversi. Delle informazioni di migliore qualità e più aggiornate sui risultati finanziari delle PMI dovrebbero consentire ai prestatori di valutare meglio il rischio e di determinarne più adeguatamente il prezzo. Le proposte dell'IFF vanno molto più in là di quelle della Commissione, e il CESE esorta la Commissione ad affrontare con urgenza questi problemi di informazione/riservatezza nazionale.

3.4.3

Il CESE ritiene che le agenzie di sviluppo regionale potrebbero svolgere una funzione utile nella valutazione del grado di rischiosità delle PMI. La maggior parte delle regioni dell'UE dispone di agenzie di questo tipo, alcune delle quali forniscono capitali propri e finanziamenti con capitale di debito alle PMI loro clienti. Spesso queste agenzie conoscono le PMI, i titolari/gestori e il personale dirigente meglio delle banche e il CESE raccomanda alla Commissione di studiarne l'eventuale ruolo nel quadro della valutazione del rischio a livello locale.

3.4.4

La Commissione si impegna anche a far ripartire il dialogo tra le banche e le PMI al fine di migliorare l'alfabetizzazione finanziaria di queste ultime, in particolare per quanto riguarda il feedback fornito dalle banche sulle richieste di prestito. Lo studio dell'IIF si spinge oltre e raccomanda di educare le PMI alle possibilità di finanziamento alternative a loro disposizione e ai vantaggi di partecipare a programmi di finanziamento alternativi. Il CESE condivide questo punto di vista.

3.5   Attirare i finanziamenti privati verso le infrastrutture

3.5.1

In termini di investimenti nelle infrastrutture, la Commissione individua nella scarsa coerenza dei dati disponibili sui risultati dei prestiti per le infrastrutture nei paesi UE un ostacolo ad una maggiore partecipazione del settore privato a questo tipo di investimenti. La riservatezza delle informazioni in questione e il fatto che fossero commercialmente delicate hanno spesso impedito alle banche e agli investitori in quote di capitale di diffonderle più ampiamente. La Commissione si impegna a valutare il potenziale per la creazione di un portale unico attraverso il quale mettere a disposizione, su base volontaria, le informazioni esistenti sui piani e progetti di investimenti infrastrutturali di comuni, regioni e autorità nazionali. Propone inoltre un approccio analogo per mettere a disposizione dati statistici esaurienti e standardizzati sui prestiti per le infrastrutture. Il CESE sostiene queste misure.

3.6   Migliorare le condizioni generali per un finanziamento sostenibile

3.6.1

Oltre alle azioni su temi specifici discusse sopra, la Commissione esamina il più vasto quadro per un finanziamento sostenibile in termini di governo societario, principi contabili, fiscalità e ambiente giuridico. Essa prenderà in considerazione la possibilità di presentare una proposta di revisione della direttiva sui diritti degli azionisti per allineare meglio gli interessi a lungo termine di investitori istituzionali, gestori di attività e imprese. Il CESE sostiene questa revisione della direttiva sui diritti degli azionisti allo scopo di incoraggiare un impegno a più lungo termine da parte di questi ultimi.

3.6.2

Valuterà inoltre le iniziative in materia di azionariato dei dipendenti (ESO) e di partecipazione finanziaria dei lavoratori (EFP) adottate negli Stati membri per individuare gli ostacoli all'attuazione transfrontaliera di questi regimi e proporre azioni per porvi rimedio. Si impegna altresì a considerare se l'applicazione del principio del giusto valore nell'IFRS 9 riveduto sia appropriata per quanto riguarda i modelli di investimento aziendale a lungo termine. Inoltre, nel corso dell'anno la Commissione lancerà una consultazione per esaminare se sia opportuno introdurre un principio contabile semplificato per il bilancio delle PMI quotate e se sia utile introdurre un quadro contabile a sé stante per le PMI non quotate.

3.6.3

Nella comunicazione si riconosce che i sistemi fiscali della maggior parte degli Stati membri dell'Unione europea mostrano una preferenza per il finanziamento delle imprese tramite debito. Ciò ha per effetto di incentivare le imprese a ricorrere di più al debito che al capitale di rischio. La Commissione non ha competenze in quest'ambito e nella comunicazione essa si impegna unicamente a promuovere maggiori investimenti in quote di capitale tramite le raccomandazioni specifiche per paese previste nel processo del semestre europeo. Infine, la Commissione intraprenderà la revisione della recente raccomandazione sulla ristrutturazione precoce di imprese sostenibili e sul principio di dare agli imprenditori che falliscono una «seconda opportunità» nonché del diritto applicabile agli aspetti concernenti le terze parti nella cessione di crediti. Il Comitato non può che condividere queste proposte.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2013) 150 final/1 e COM(2013) 150 final/2.

(2)  COM(2013) 150 final/1 e COM(2013) 150 final/2.

(3)  COM(2014) 167 final.

(4)  COM(2014) 172 final.

(5)  Tali proposte sono esaminate nel parere del CESE «Riforma della struttura delle banche UE» (non ancora pubblicato in GU).

(6)  GU C 327 del 12.11.2013, pag. 11.

(7)  Banca di sviluppo del governo tedesco.

(8)  Direttiva Mercati di strumenti finanziari.

(9)  Organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari, direttive 2001/107/CE e 2001/108/CE.

(10)  Restoring Financing and Growth to Europe's SMEs (Ripristinare i finanziamenti e la crescita delle PMI europee, 2013).


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/96


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un'Europa aperta e sicura: come realizzarla

COM(2014) 154 final

(2014/C 451/16)

Relatore:

RODRÍGUEZ GARCÍA-CARO

La Commissione europea, in data 14 marzo 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un'Europa aperta e sicura: come realizzarla

COM(2014) 154 final.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio (seduta del 9 luglio 2014), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 85 voti favorevoli, 1 voto contrario e 7 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

In linea con la posizione mantenuta nel corso degli anni, espressa nei pareri relativi alle comunicazioni della Commissione sul programma dell'Aia (1) prima e sul programma di Stoccolma (2) poi, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che la base, e il punto di partenza, per le politiche in materia di libertà, sicurezza e giustizia debba essere la protezione dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Il CESE è dell'avviso che le politiche promosse dalle istituzioni europee debbano assicurare l'equilibrio tra diritti fondamentali e sicurezza. La sentenza della Corte di Giustizia dell'UE sulla direttiva 2006/24CE riguardante la conservazione di dati relativi a comunicazioni elettroniche e telefoniche dei cittadini durante un periodo minimo di sei mesi, ha dichiarato tale direttiva in valida in quanto non rispetta il principio di proporzionalità. La Corte ritiene, tuttavia, che la conservazione dei dati sia un obiettivo legittimo di perseguimento di interessi generali.

1.2

Il CESE osserva con preoccupazione che in Europa aumentano l'intolleranza, il razzismo e la xenofobia contro gli immigrati; constata inoltre che in alcuni Stati membri sembra verificarsi un deterioramento della protezione dei diritti fondamentali. La parità di trattamento e le politiche di lotta alla discriminazione sono i pilastri delle politiche in materia di integrazione. Il CESE propone che la Commissione crei un commissario unico per individuare, rafforzare e adottare misure a favore della protezione dei diritti fondamentali.

1.3

Allo stesso modo, il CESE è dell'avviso che l'Unione europea debba insistere sul consolidamento di un sistema internazionale che agevoli e regolamenti l'immigrazione e la mobilità, sulla base delle convenzioni delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, della convenzione sui diritti del fanciullo, della convenzione sui diritti dei lavoratori migranti e delle convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL).

1.4

Il CESE, in quanto rappresentante della società civile organizzata, è un interlocutore di cui occorre tenere conto e che deve essere presente per tutto il corso delle discussioni tenute dalla Commissione, dal Parlamento europeo e dal Consiglio sul tema «Un'Europa aperta e sicura».

1.5

Il CESE pensa che la comunicazione della Commissione avrebbe dovuto essere un documento più concreto: crede che quello attuale sia un insieme di idee che avrebbero bisogno di un maggior grado di concretezza e di strutturazione. Inoltre, si ritiene che la Commissione avrebbe dovuto insistere maggiormente sui principali problemi che, al momento attuale, impediscono all'Europa di essere più aperta e sicura.

1.6

Gli immigrati contribuiscono in modo positivo allo sviluppo economico e sociale dell'Europa, che affronta una grande sfida demografica a causa dell'invecchiamento della popolazione. L'UE risente di una grave crisi economica e di alti tassi di disoccupazione, ma i mercati del lavoro di vari Stati membri — malgrado la situazione — chiedono nuovi immigrati. Senza una politica seria in materia di immigrazione, quando la crisi sarà superata e il ciclo economico cambierà, i problemi strutturali derivanti dalla situazione demografica potranno diventare più acuti, a meno che non si adottino dei provvedimenti.

1.7

L'Unione europea deve dotarsi di un sistema comune di asilo con una legislazione armonizzata, sulle basi stabilite dal Trattato per una politica comune in materia. La convenzione di Dublino deve essere sostituita da un sistema improntato a una maggiore solidarietà all'interno dell'UE, che tenga conto anche della volontà dei richiedenti asilo.

1.8

Il Comitato considera che, perché vi sia un approccio credibile in materia di immigrazione irregolare e di rimpatrio, sia necessario agire con fermezza, e con tutti gli strumenti disponibili, contro le organizzazioni di stampo mafioso che praticano la tratta e il traffico degli esseri umani. Crede fermamente che un maggiore coordinamento degli Stati membri sarebbe necessario e utile per trarre profitto dai mezzi e dagli strumenti esistenti al fine di lottare contro coloro che favoriscono e facilitano in modo criminale l'immigrazione irregolare.

1.9

L'UE deve farsi carico della responsabilità di controllare le frontiere esterne, che sono le frontiere di tutta l'Unione europea nello spazio Schengen. Frontex deve trasformarsi in un servizio europeo di sorveglianza delle frontiere, e dare la priorità alla protezione della vita delle persone in pericolo e al rispetto della legislazione in vigore.

1.10

Il CESE propone che Europol assuma un ruolo più importante di quello di coordinamento che svolge attualmente e si trasformi in un'agenzia europea, subordinata ad un'autorità politica o giudiziaria europea; essa dovrebbe essere dotata, nel più breve tempo possibile, di una capacità operativa propria che le consenta di svolgere indagini in tutto il territorio dell'Unione europea, in collaborazione con le autorità di polizia degli Stati membri.

2.   Introduzione

2.1

Pur essendo trascorsi pochi anni dal lancio del Programma di Stoccolma basato su «Un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini», l'attuazione di alcune misure ivi proposte ha consentito all'Unione europea di sviluppare politiche finalizzate a una società più aperta e sicura per tutti coloro che vivono in questa grande comunità basata sulla libertà e l'intesa, un'Unione europea in cui non c'è posto per il minimo accenno di discriminazione, razzismo e xenofobia, che non possiamo consentire o tollerare in alcun caso.

2.2

Il rafforzamento dello spazio Schengen, l'accordo su un sistema europeo comune di asilo, il miglioramento della politica comune in materia di visti, l'intensificazione della cooperazione europea nella lotta contro la criminalità organizzata e le sue forme più pericolose per la persona (terrorismo, tratta di esseri umani, cybercriminalità, ecc.), e ancora la maggiore cooperazione coi paesi terzi nel settore dell'immigrazione rappresentano nel loro complesso risultati importanti ma ancora insufficienti.

2.3

In un mondo sempre più interconnesso e interdipendente in cui il flusso delle informazioni è costante e le sfide da raccogliere si presentano in alcuni casi persino prima che possano essere previste, dobbiamo proseguire e approfondire il percorso verso il conseguimento di livelli sempre maggiori di libertà e sicurezza, per tutti i cittadini dell'Unione e per coloro che, provenienti da paesi terzi, desiderino inserirsi e integrarsi nella nostra società per offrire i loro sforzi, arricchendo i nostri valori e migliorando le loro condizioni di vita.

2.4

In vista della conclusione del periodo previsto per il programma di Stoccolma (3), sul quale il CESE ha elaborato un parere obbligatorio (4), è necessario rispondere alla domanda posta dalla comunicazione della Commissione, sulla quale il CESE deve pronunciarsi, ossia: come realizzare un'Europa aperta e sicura?

2.5

L'8 aprile 2014 la Corte di giustizia dell'Unione europea (5) ha dichiarato invalida la direttiva 2006/24/CE (6), che imponeva agli Stati l'obbligo di conservare i dati sulle comunicazioni elettroniche e telefoniche dei cittadini per un periodo di almeno sei mesi. La Corte ha ritenuto che la direttiva, imponendo la conservazione di tali dati e consentendo l'accesso i dati delle autorità nazionali competenti, incida in modo particolarmente grave sui diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale. Inoltre, il fatto che la conservazione ed il successivo utilizzo dei dati avvengano senza che l'abbonato o l'utente registrato ne siano informati può ingenerare negli interessati la sensazione che la loro vita privata sia oggetto di una sorveglianza costante. La Corte ha precisato che la conservazione dei dati del traffico (e, implicitamente, la direttiva) rappresenta incide in modo grave sul diritto fondamentale al rispetto della vita privata stabilito dall'articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La sentenza della Corte di giustizia dell'8 aprile 2014 sancisce l'importanza che riveste per la costruzione europea il rispetto dei diritti e delle libertà dei cittadini. La Corte, tuttavia, pur avendo dichiarato invalida la direttiva in base al principio di proporzionalità, ritiene che la conservazione dei dati sia un obiettivo legittimo di perseguimento di interessi generali.

3.   La comunicazione della Commissione

3.1

La comunicazione è il risultato di una riflessione cui hanno partecipato tutte le istituzioni e gli organismi interessati alle politiche dell'Unione europea in questo settore, apportando il proprio contributo attraverso il convegno Open and Safe Europe: What's next («Un'Europa aperta e sicura: quali sono i prossimi passi?»), tenutosi a Bruxelles nel gennaio 2014 con la partecipazione del CESE, nonché mediante una consultazione pubblica che ha registrato un'altissima partecipazione.

3.2

La comunicazione si compone di un'introduzione in cui si riassumono in modo molto sintetico il percorso e i progressi compiuti nella realizzazione degli ambiziosi obiettivi contenuti nel programma di Stoccolma, come elementi di riflessione atti a introdurre la seconda parte del documento, che formula una serie di priorità politiche.

3.3

Tali priorità si ripartiscono come segue:

una politica efficace di migrazione e mobilità;

Schengen, visti e frontiere esterne;

l'applicazione di un sistema europeo comune di asilo (CEAS);

il rafforzamento dell'approccio globale in materia di migrazione e mobilità;

un'Europa della sicurezza.

4.   Osservazioni

4.1   Una politica efficace di migrazione e mobilità

4.1.1

Sulle politiche in materia di migrazione, mobilità e integrazione, il CESE si è pronunciato più volte nel corso degli anni. Pertanto, vuole far valere tutte queste prese di posizione, e in particolare le proposte che non sono ancora state tenute in considerazione. In questo contesto, il CESE è completamente d'accordo con l'idea di massimizzare i benefici dell'immigrazione e dell'integrazione, in quanto non vi è dubbio che possano portare a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, come argomenta il documento della Commissione. Ciononostante, non va dimenticato che, in un'Europa in cui crescono le ideologie razziste e xenofobe, la tolleranza nei confronti di tali movimenti deve essere pari a zero e, in tutte le misure che verranno elaborate per creare un'Unione più aperta e sicura, una linea d'azione prioritaria dovrà essere rappresentata dalla lotta contro la discriminazione, il razzismo e la xenofobia.

4.1.2

Attirare talenti e lavoratori altamente qualificati, attirare e mantenere sul nostro territorio studenti dei paesi terzi affinché in un secondo tempo lavorino nell'UE, facilitare il riconoscimento delle qualifiche conseguite in tali paesi, assistere e aiutare i possibili immigrati nei loro paesi d'origine per favorirne un ingresso agevole nell'Unione sono tutti provvedimenti importanti e di grande valore per arricchire dal punto di vista intellettuale ed economico gli Stati membri dell'UE e che, pertanto, meritano di essere sostenuti dal CESE. Prima però occorre rendersi conto che non è la stessa cosa attirare talenti e persone qualificate da paesi terzi dotati di un grande potenziale di generazione di valore intellettuale e di ricchezza, da un lato, e attirarli da paesi che lottano per emergere e assicurarsi livelli più elevati di ricchezza e prosperità, dall'altro. Per gli Stati membri dell'Unione si tratterebbe di una strategia eccellente ma, per i paesi terzi, equivarrebbe a perdere un notevole capitale umano. È necessaria una collaborazione tra l'UE e i paesi terzi nel quadro dei partenariati per la mobilità.

4.1.3

Il CESE esprime preoccupazione per le conseguenze che può avere tale strategia nei paesi terzi in via di sviluppo, che hanno bisogno di mantenere un capitale umano formato e qualificato per uscire dallo stato di bisogno in cui si trovano. Sottrarre loro tale capitale stabilendo misure compensative nei paesi d'origine per impedire che la loro crescita risulti compromessa deve essere una priorità al momento di definire le politiche per attirare i talenti esterni all'UE. Non si deve dimenticare che la soluzione a lungo termine affinché i cittadini originari dei paesi sottosviluppati abbiano un futuro migliore non è attirarli e integrarli nell'UE in modo che ottengano un lavoro e condizioni di vita migliori, bensì adoperarsi affinché i loro paesi raggiungano livelli di sviluppo tali da consentire ai loro cittadini di non dover ricorrere all'emigrazione come unica possibilità di sussistenza.

4.1.4

Il vincolo complementare e indissolubile che esiste fra l'integrazione e l'immigrazione è già stato riconosciuto dal Consiglio Giustizia e affari interni del giugno 2007. Nel corso del tempo, il CESE ha elaborato diversi pareri sulla materia, e ha espresso ripetutamente la sua impostazione in questo campo. Soprattutto in questi tempi di difficoltà economiche risulta necessario affermare e ricordare che «La parità di trattamento e le politiche di lotta alla discriminazione sono i pilastri delle politiche in materia di integrazione». Questa raccomandazione fa parte del parere esplorativo Integrazione dei lavoratori immigrati  (7) elaborato dal CESE nel 2010. Tale parere mantiene per intero la propria validità e, per questo, il suo contenuto è inserito nel presente documento.

4.1.5

Il Forum europeo dell'integrazione è un'eccellente piattaforma delle organizzazioni della società civile e degli immigrati. Il Comitato ribadisce il proprio impegno a proseguire la collaborazione con la Commissione per quanto riguarda le attività del Forum e lo sviluppo dell'agenda europea per l'integrazione.

4.1.6

Il CESE considera necessario, per un approccio credibile in materia di immigrazione irregolare e di rimpatrio, agire con decisione ricorrendo a tutti gli strumenti disponibili contro le organizzazioni mafiose che utilizzano le persone come merci in grado di generare profitti facendole entrare illegalmente nell'UE, contro i trafficanti di esseri umani che sfruttano le donne e i minori a fini sessuali e contro gli sfruttatori che utilizzano manodopera irregolare e in condizioni di semischiavitù; occorre inoltre garantire alle vittime la protezione stabilita dalla legislazione umanitaria internazionale e dalle convenzioni europee in materia di diritti umani, dal momento che si tratta di categorie vulnerabili che necessitano di una protezione particolare. Crediamo fermamente che un maggiore coordinamento degli Stati membri sarebbe necessario e utile per avvalersi dei mezzi e degli strumenti esistenti al fine di lottare contro coloro che favoriscono e facilitano in modo criminale l'immigrazione irregolare.

4.1.7

Il CESE sostiene la cooperazione con i paesi terzi come la chiave che può consentire una soluzione umanitaria e regolamentata per il ritorno nel paese d'origine delle persone che hanno scelto di entrare clandestinamente sul territorio degli Stati membri dell'Unione. Il Comitato appoggia le raccomandazioni formulate dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) per promuovere il ritorno volontario assistito.

4.1.8

In questo senso, sarebbe necessaria una politica di cooperazione con i paesi dell'Africa subsahariana, del Sud del Mediterraneo e del Medio oriente perlomeno paragonabile a quella sviluppata con i paesi europei extra UE o con quelli dell'Asia. La Spagna, la Grecia, l'Italia, Cipro e Malta sono oggetto di una forte pressione dovuta all'immigrazione irregolare proveniente da quella zona del mondo; tale fenomeno, che si sviluppa attraverso il Mediterraneo e i Balcani, provoca situazioni drammatiche come quelle vissute sulle coste di Lampedusa, che occorre evitare con ogni mezzo. Il CESE invita la Commissione e il Consiglio a far sì che l'Unione europea si faccia maggiormente carico di un problema che è dell'UE stessa e, quindi, di tutti gli Stati membri e non solo di quelli posti alle sue frontiere, formulando più soluzioni e rivolgendo meno rimproveri ai paesi interessati.

4.1.9

Dopo la catastrofe di Lampedusa dell'ottobre 2013 è stata costituita la task force«Mediterraneo». Il gruppo ha concluso i propri lavori con la pubblicazione della comunicazione sull'attività svolta (8); in essa si propone un pacchetto di breve, medio e lungo termine in cinque settori d'azione principali, sulla stessa linea delle priorità della comunicazione della Commissione oggetto del presente parere. Per il CESE è essenziale che le azioni a breve termine vengano integrate con misure a lungo termine volte ad affrontare le cause all'origine della migrazione non volontaria (povertà, violazioni dei diritti umani, conflitti, assenza di opportunità economiche, cattive condizioni lavorative, disoccupazione, ecc.).

4.1.10

Occorre considerare che per la vita stessa delle persone che la affrontano nei paesi subsahariani la migrazione irregolare è molto pericolosa e che può essere combattuta meglio nei luoghi d'origine che nei punti di transito o di destinazione. Il CESE appoggerà qualunque iniziativa che consenta di intervenire nei paesi d'origine, agendo con maggiore decisione in caso di crisi umanitarie, migliorando le condizioni di vita in tali paesi e in definitiva facendo ciò di cui si è parlato tante volte, senza mai passare all'atto, in risposta alla migrazione disperata di centinaia di migliaia o di milioni di persone.

4.2   Schengen, visti e frontiere esterne

4.2.1

Il nome Schengen per i cittadini europei significa anzitutto libera circolazione delle persone fra gli Stati firmatari. La libertà di circolazione e di residenza per i cittadini dell'Unione è un diritto tutelato e disciplinato dai Trattati. Completare e rendere più flessibile la politica comune in materia di visti, valutare caso per caso tutte le richieste senza pregiudizi dovuti alla nazionalità, stabilire centri consolari per i visti Schengen, rivedere l'elenco dei paesi per i quali vige l'obbligo di visto: sono tutti aspetti importanti, che richiedono un'azione congiunta affinché possano essere approvati e realizzati nel modo migliore.

4.2.2

Ciononostante il Comitato, viste le azioni di alcuni Stati membri, teme che non sia credibile che questi ultimi agevolino l'accesso al territorio dell'Unione per i cittadini dei paesi terzi quando già minacciano di rimpatrio gli stessi cittadini europei per il fatto che non hanno lavoro, o semplicemente proibiscono loro l'ingresso. Il Comitato denuncia il fatto che, senza una piena e libera circolazione dei cittadini dell'Unione, non è credibile che questo diritto sia riconosciuto ai cittadini di paesi terzi.

4.2.3

Per quanto riguarda le frontiere esterne dell'Unione europea, il Comitato si chiede se la partecipazione dell'UE alla protezione della propria frontiera meridionale e orientale sia adeguata alla realtà attuale di quest'ultima. Nonostante il rafforzamento del ruolo di Frontex realizzato con modifica al regolamento CE n. 2007/2004 del Consiglio, c'è da chiedersi se la gestione integrata delle frontiere esterne sia possibile nell'UE di oggi. Il CESE ricorda e ribadisce le raccomandazioni formulate nel suo parere (9) in merito alla proposta di modifica di tale regolamento e ritiene che Frontex debba trasformarsi in un servizio europeo di sorveglianza delle frontiere composto da un contingente europeo di guardie di frontiera.

4.2.4

L'applicazione del pacchetto Frontiere intelligenti — sul quale il CESE ha emesso un parere (10) e che si basa su un programma per viaggiatori registrati che consentirà a coloro che viaggiano frequentemente in provenienza dai paesi terzi di entrare nell'UE, dopo essersi sottoposti a una valutazione e una selezione preventive, beneficiando di controlli alle frontiere semplificati, nonché su un sistema di ingressi/uscite che registrerà il momento e il punto d'ingresso e di uscita dei cittadini di paesi terzi che viaggiano nell'UE — consentirà di accelerare, agevolare e rafforzare sia le procedure di ispezione alle frontiere sia l'attraversamento delle frontiere stesse da parte dei cittadini di paesi terzi che si recano nell'Unione. Il CESE esprime il proprio sostegno all'applicazione di tale pacchetto, nella convinzione che l'introduzione di nuove tecnologie faciliterà una gestione più moderna delle frontiere dell'UE. Per questo, il Comitato invita le istituzioni europee a snellire gli strumenti giuridici, allo scopo di promuovere l'adozione più rapida possibile di tali tecnologie.

4.3   Un sistema europeo comune di asilo

4.3.1

Il Comitato ritiene che si siano compiuti progressi importanti nella creazione di un quadro legislativo dell'Unione per migliorare l'accesso all'asilo per quanti necessitano di protezione, rendendo più rapide e affidabili le decisioni volte alla concessione dell'asilo stesso. Nonostante ciò, al momento di recepire la normativa europea negli ordinamenti nazionali e procedere alla sua applicazione, il CESE ricorda e ribadisce l'osservazione contenuta nel suo parere (11) sulla comunicazione della Commissione «Piano strategico sull'asilo: un approccio integrato in materia di protezione nell'Unione europea» (12) che, a proposito dell'applicazione della legislazione in materia di asilo negli Stati membri, raccomandava: «L'Unione europea dovrebbe elaborare una normativa comune senza compromettere in alcun modo le norme di protezione: di conseguenza, saranno gli Stati membri con livelli di protezione inadeguati a dover emendare la loro legislazione. Esisterà sempre un certo margine per gli Stati membri nell'applicazione della legislazione dell'UE sull'asilo, ma il CESE sosterrà soltanto una legislazione comunitaria che garantisca un alto livello di protezione e riduca i margini di discrezionalità attualmente esistenti che impediscono la sua corretta applicazione».

4.3.2

Consolidare il sistema europeo comune di asilo è necessario per far sì che tutti gli Stati membri applichino gli stessi criteri e per garantire la certezza giuridica ai richiedenti asilo. Il CESE si rende conto che la solidarietà tra gli Stati membri può essere uno degli aspetti che richiedono gli sforzi maggiori. In effetti, ci possono essere situazioni di maggiore pressione su un paese, che derivano da diverse circostanze. In tale contesto, e allo stesso modo che per la difesa delle frontiere esterne, serve più Europa.

4.3.3

Ciononostante, viste le esperienze e gli elementi concreti riguardanti l'immigrazione irregolare, è il caso di chiedersi se, nelle attuali circostanze, esista la possibilità di arrivare a livelli più elevati di solidarietà e condivisione delle responsabilità in quest'ambito. Per questo, in risposta alla domanda su come si possa promuovere la solidarietà e la responsabilità tra gli Stati membri, il Comitato concorda con l'idea della Commissione di favorire il trasferimento in altri Stati sottoposti a una pressione minore e la creazione di centri di accoglienza in comune. Come il CESE ha dichiarato nel suo parere d'iniziativa sull'immigrazione irregolare via mare nella regione euromediterranea (13), «Non è soltanto una questione di solidarietà, ma anche di assunzione degli obblighi da parte dell'insieme degli Stati membri, tramite meccanismi di ripartizione degli oneri derivanti dal fenomeno dell'immigrazione irregolare».

4.3.4

Quanto alla gestione di un numero molto elevato di persone in situazioni di crisi, come nel caso della Siria, e, nell'ambito delle richieste di asilo, tramite l'applicazione di strumenti più flessibili, come illustra la comunicazione della Commissione, non va dimenticato che il CESE a suo tempo si è già espresso a favore della creazione di una procedura comune di asilo che non lasci margini alla proliferazione di requisiti diversi a seconda degli Stati membri (14). La flessibilità mostrata dalla Commissione deve limitarsi all'ambito della protezione temporanea e rende necessario un maggiore sforzo delle autorità per valutare le richieste di chi ha veramente bisogno di asilo e distinguerle dalle domande fittizie.

4.4   Rafforzare l'approccio globale in materia di migrazione e mobilità

4.4.1

È un fatto che la mobilità e le migrazioni di esseri umani non sono dovute soltanto al desiderio di un futuro migliore. L'instabilità, gli sconvolgimenti politici, i cambiamenti climatici e molti altri fattori danno e hanno dato origine nei secoli a massicci movimenti di persone. Ciò che differenzia gli spostamenti del passato da quelli di oggi sono la garanzia e il rispetto dei diritti fondamentali di cui è titolare ogni essere umano. Per questo l'Unione europea, che rappresenta il più grande spazio di libertà e sicurezza del pianeta, deve collaborare con i paesi d'origine per favorire una mobilità ordinata che garantisca i diritti dei cittadini di tali paesi e li tenga lontani dalle reti criminali organizzate che gestiscono la tratta degli esseri umani.

4.4.2

Il CESE, nel suo parere (15) sull'approccio globale in materia di migrazione e mobilità (16), ha dichiarato esplicitamente di condividere «l'approccio globale in materia di migrazione e mobilità, che crea un legame stretto tra le politiche di immigrazione e di asilo e la politica estera dell'UE». In questo senso, il CESE ha ribadito il suo punto di vista nel corso del tempo e attraverso numerose prese di posizione, per cui continua a mantenere il suo appoggio allo sviluppo di un legame sempre più forte tra la dimensione interna e quella esterna della politica d'immigrazione e mobilità e all'aumento della coerenza delle politiche in materia d'immigrazione e di asilo dell'Unione e della cooperazione allo sviluppo.

4.5   Un'Europa della sicurezza

4.5.1

L'attuale Strategia di sicurezza interna adottata nell'anno 2010 prevede un'azione comune europea di contrasto delle principali minacce alla sicurezza e si basa su cinque obiettivi strategici che, pur mantenendo la propria validità, dovrebbero essere rivisti per dare una risposta aggiornata alle sfide del prossimo quinquennio, favorendo le sinergie con altri settori importanti per il cui mantenimento e progresso la sicurezza si rivela fondamentale.

4.5.2

Il Comitato è d'accordo con la Commissione circa il fatto che lo smantellamento delle reti criminali internazionali attive sul territorio dell'Unione debba essere una delle priorità degli Stati membri nel loro insieme e che il coordinamento degli sforzi per arrivare a questo risultato debba essere un obiettivo dell'Unione. La criminalità organizzata ha sempre una lunghezza di vantaggio rispetto alle misure legislative e di polizia che vengono introdotte. L'internazionalizzazione della criminalità organizzata richiede uno sforzo considerevole di cooperazione e collaborazione fra gli Stati, con un forte ruolo di coordinamento da parte dell'UE.

4.5.3

Non possiamo consentire che discrepanze legislative, differenze nelle competenze della polizia, ripetuti ricorsi ai tribunali e un ginepraio di rimedi giuridici consentano alle reti criminali di evitare o ritardare le attività di contrasto. Se la criminalità è senza frontiere, dobbiamo progredire più rapidamente verso una giustizia senza frontiere all'interno dell'Unione. Il CESE ritiene che non possiamo più continuare a rimandare l'adozione di soluzioni globali contro la criminalità organizzata.

4.5.4

Il Comitato è dell'avviso che la formazione e l'informazione, in sé stesse, non siano sufficienti per riuscire a smantellare le reti criminali, per cui chiede che, senza abbandonare lo sviluppo del programma europeo di formazione dei funzionari con poteri coercitivi, si pensi alla possibilità di trasformare Europol in una polizia giudiziaria operativa, con competenze a livello di tutta l'Unione per perseguire la criminalità organizzata transfrontaliera — in particolare per quanto riguarda la tratta di esseri umani — facendole fare un salto di qualità nelle sue competenze, dagli aspetti di coordinamento ad azioni pienamente operative. In questo senso, riportiamo nel presente documento la raccomandazione contenuta nel parere esplorativo sul tema La partecipazione della società civile alla lotta contro la criminalità organizzata e il terrorismo  (17), che recitava espressamente: «Il CESE propone che Europol assuma un ruolo più importante di quello di coordinamento che svolge attualmente e si trasformi in un'agenzia europea, subordinata ad un'autorità politica o giudiziaria europea; e essa dovrebbe essere dotata, nel più breve tempo possibile, di una propria capacità operativa che le consenta di svolgere indagini in tutto il territorio dell'Unione europea, in collaborazione con le autorità di polizia degli Stati membri».

4.5.5

La continua definizione di orizzonti, traguardi e scadenze, sempre di lungo termine, può finire per stancare i cittadini, che si aspettano invece delle soluzioni. Anche in questi aspetti così importanti per la vita quotidiana delle persone occorre introdurre procedure più agili ed eliminare la burocrazia, se non vogliamo creare un'altra fonte di arruolamento di adepti all'euroscetticismo.

4.5.6

L'ultima relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla lotta alla corruzione nell'UE mette in evidenza che la corruzione continua ad essere un problema di portata europea. L'abuso di potere a fini personali deve essere perseguito e punito, in particolare quando vi può essere una partecipazione della criminalità organizzata. Il CESE appoggia pienamente la cooperazione interistituzionale e con gli Stati membri per combattere questa piaga che indebolisce la credibilità del nostro sistema politico.

4.5.7

Il CESE esprime il proprio sostegno e consenso a tutte le iniziative legittime e democratiche adottate nel quadro della prevenzione del terrorismo e della lotta contro la radicalizzazione e il reclutamento. Non vi è dubbio che qualunque azione legittima e democratica volta ad impedire che i giovani aderiscano a movimenti o partiti estremisti che li portino o li istighino direttamente a pratiche terroristiche debba essere potenziata a livello di tutta l'Unione e anche oltre le sue frontiere. Individuare i punti critici e rilevare i bacini di reclutamento di adepti da parte di posizioni estremiste è prioritario per garantire la nostra sicurezza individuale e collettiva. In questo campo, l'informazione deve essere fluida, affinché al primo indizio di attività di radicalizzazione e reclutamento si adottino misure severe per stroncare tali attività sul nascere. In questo senso, il Comitato ricorda e ribadisce le raccomandazioni formulate nel parere sulla comunicazione della Commissione «La politica antiterrorismo dell'UE: principali risultati e sfide future».

4.5.8

Va tenuto presente che il terrorismo può arrivare da oltrefrontiera, ma anche generarsi all'interno dell'Europa, come ci insegna la storia recente. Per questo occorre impedire che la radicalizzazione e il ricorso alla violenza estremista che si producono durante i disordini di piazza nelle città europee divengano un focolaio di reclutamento per future azioni di gruppi di matrice terroristica dichiarata. La violenza di piazza non conosce frontiere e, in molte occasioni, i violenti possono trasferirsi da uno Stato membro all'altro, approfittando degli eventi che si verificano nei diversi paesi. Per questo, il Comitato ritiene che sia necessario un maggiore coordinamento tra le forze di polizia dei diversi Stati membri, al fine di individuare, prevenire e contrastare questi gruppi violenti, che rischiano di incorporarsi in gruppi terroristici.

4.5.9

Il CESE esprime il proprio sostegno alle misure che si stanno applicando per garantire maggiori livelli di sicurezza ai cittadini e alle imprese nel ciberspazio. Di fronte al prevedibile aumento della delinquenza sulla rete Internet, le azioni portate avanti dall'Unione europea per combattere la cybercriminalità meritano tutto il sostegno possibile. Allo stesso modo, la cooperazione con i paesi terzi deve consentire di affrontare in modo globale un problema di delinquenza di dimensioni mondiali, che supera qualunque frontiera. In questo campo, la prevenzione torna ad essere fondamentale per cercare di non farsi sopravanzare dalla cybercriminalità nell'applicazione delle nuove tecnologie. Il Centro europeo per la lotta alla criminalità informatica, nonostante i pochi anni di esistenza e la scarsa esperienza, deve essere rafforzato sia nei mezzi che nelle risorse finanziarie.

4.5.10

Il CESE, nella sua veste di rappresentante della società civile organizzata dell'UE, non può capire come ci siano ancora Stati membri dell'Unione che non hanno ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa contro la cybercriminalità.

4.5.11

In un'Europa che si basa, fra le altre libertà, sulla libera circolazione delle persone e delle merci, il rafforzamento della sicurezza attraverso la gestione delle frontiere deve diventare un'azione politica comune che garantisca sicurezza a tutti i cittadini dell'Unione. L'ingresso di merci attraverso qualunque dogana e la loro libera circolazione all'interno dell'Unione richiedono strumenti forti e condivisi per una gestione efficace delle frontiere esterne che non tolleri l'esistenza di frontiere più severe e altre più permissive.

4.5.12

Una risposta comune alle situazioni gravi prende corpo anche senza che sia necessaria una regolamentazione al riguardo, mediante l'azione spontanea degli stessi cittadini che prestano il loro aiuto senza bisogno che lo chieda alcuna autorità. Ciononostante, un'azione coordinata e una risposta congiunta a situazioni di crisi e catastrofi rappresentano un valore aggiunto per aumentare l'efficacia e l'efficienza delle risposte a queste situazioni.

4.5.13

Il CESE è d'accordo col principio enunciato dalla Commissione per cui la costruzione della sicurezza interna ha anche bisogno di un'azione oltre le nostre frontiere, ossia di un'azione in un contesto globale. In tutti i campi connessi con la libertà e la sicurezza, la cooperazione fra gli Stati membri e con i paesi terzi risulta indispensabile per continuare a progredire in direzione di un mondo migliore e più giusto, in cui la criminalità organizzata e il terrorismo non mettano in pericolo gli spazi di libertà e i diritti che con tanti sforzi abbiamo conquistato tutti insieme.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 65 del 17.3.2006, pag. 120.

(2)  GU C 128 del 18.5.2010, pag. 80.

(3)  GU C 115 del 4.5.2010.

(4)  GU C 128 del 18.5.2010, pag. 80.

(5)  http://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2014-04/cp140054it.pdf

(6)  Direttiva 2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, riguardante la conservazione di dati generati o trattati nell’ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico o di reti pubbliche di comunicazione e che modifica la direttiva 2002/58/CE (GU L 105 del 13.4.2006, pag. 54).

(7)  GU C 354 del 28.12.2010, pag. 16.

(8)  COM(2013) 869.

(9)  GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 162.

(10)  GU C 271 del 19.9.2013, pag. 97.

(11)  GU C 218 dell'11.9.2009, pag. 78.

(12)  COM(2008) 360 final.

(13)  GU C 67 del 6.3.2014, pag. 32.

(14)  GU C 218 dell'11.9.2009, pag. 78.

(15)  GU C 191 del 29.6.2012, pag. 134.

(16)  COM(2011) 743 final.

(17)  GU C 318 del 23.12.2006, pag. 147.


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/104


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — L’agenda giustizia dell’UE per il 2020: rafforzare la fiducia, la mobilità e la crescita nell’Unione

COM(2014) 144 final

(2014/C 451/17)

Relatore:

VERBOVEN

La Commissione europea, in data 14 marzo 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — L'agenda giustizia dell'UE per il 2020: rafforzare la fiducia, la mobilità e la crescita nell'Unione

COM(2014) 144 final.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 72 voti favorevoli, 1 voto contrario e nessuna astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Dopo aver preso atto della comunicazione della Commissione, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene utile formulare alcune osservazioni in merito agli obiettivi programmatici fissati dalla Commissione ed esprimere una serie di altre raccomandazioni specifiche.

1.2

Per quanto riguarda l'obiettivo programmatico di promuovere la fiducia reciproca, il Comitato reputa che si tratti a giusto titolo di una priorità strategica in linea con quanto stabilito nel capitolo del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (in appresso «TFUE») sulla giustizia. Tuttavia, in merito alle iniziative che potranno essere intraprese nei prossimi cinque anni per rafforzare la fiducia reciproca, la Commissione non approfondisce il tema e rimane piuttosto vaga. Il Comitato reputa che sia opportuno continuare a incoraggiare la collaborazione instaurata in passato grazie alla conclusione di accordi di cooperazione, definendo gli strumenti che dovranno subentrare a questi ultimi.

1.3

Per quanto concerne l'obiettivo programmatico di sostenere la crescita economica, il Comitato riconosce gli sforzi messi in campo in questo senso quale un'importante priorità, a condizione però che si punti alla crescita sostenibile. La crescita economica di per sé non può tuttavia essere considerata un obiettivo programmatico della politica in materia di giustizia, la quale, in base al TFUE, deve essere volta a realizzare un elevato livello di sicurezza e a facilitare l'accesso alla giustizia, obiettivi questi che non possono essere subordinati alla crescita economica. Il buon funzionamento del sistema giudiziario negli Stati membri può però avere effetti positivi sulla crescita economica sostenibile all'interno dell'Unione, soprattutto perché, sul piano civile, consente di risolvere le controversie con maggiore rapidità ed efficacia, rafforzando la certezza del diritto, mentre, su quello penale, rende più incisiva l'azione contro fenomeni dannosi per l'economia, quali il riciclaggio di denaro e il crimine organizzato.

1.4

Per quanto riguarda l'obiettivo programmatico di sostenere la mobilità, il Comitato osserva che, all'interno dell'Unione europea, tale sostegno, messo in atto in particolare facendo sì che i cittadini dell'UE possano esercitare i loro diritti su tutto il territorio dell'Unione, può essere collegato all'obiettivo fissato nel TFUE di agevolare l'accesso alla giustizia. Bisogna tuttavia sottolineare che il titolo V non mira soltanto a realizzare uno spazio di «libertà» ma anche di sicurezza e giustizia, il che può implicare una limitazione delle libertà. Più che a sostenere la mobilità, occorre puntare a tutelare l'accesso a una giustizia efficace per il cittadino che esercita il suo diritto alla libera circolazione.

1.5

Il Comitato rileva inoltre che nella comunicazione della Commissione non vengono affrontate diverse questioni capaci invece di contribuire a realizzare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

In primo luogo, si può prendere in considerazione la nomina, negli Stati membri, di magistrati specializzati in diritto europeo, allo scopo di offrire al cittadino una maggiore certezza del diritto nei ricorsi riguardanti la legislazione europea.

In secondo luogo, si può vagliare l'opportunità di istituire servizi operativi europei di polizia e di ispezione per poter contrastare efficacemente i crimini e le frodi con implicazioni transnazionali.

In terzo luogo, bisogna valutare se occorra stabilire delle norme minime, in campo penale, per quanto riguarda la definizione dei reati e delle sanzioni in relazione a forme di criminalità particolarmente gravi che presentano una dimensione transnazionale, quali il terrorismo, la tratta di esseri umani, lo sfruttamento sessuale, il traffico illecito di stupefacenti, il traffico illecito di armi, il riciclaggio di denaro, la corruzione, la contraffazione di mezzi di pagamento, la criminalità informatica e il crimine organizzato.

In quarto luogo, si può considerare l'introduzione obbligatoria di meccanismi di azione collettiva (class action) intesi a migliorare l'accesso alla giustizia da parte dei cittadini dell'UE.

In quinto luogo, è auspicabile tenere aggiornato un quadro di valutazione delle realizzazioni nel settore della giustizia, soprattutto per quanto riguarda l'attuazione delle misure di intervento.

In sesto luogo, è assolutamente opportuno nominare, nel quadro della composizione della futura Commissione, un commissario per i diritti umani.

2.   Sintesi della comunicazione della Commissione  (1)

2.1   Contesto della comunicazione

2.1.1

La Commissione europea ha già intrapreso diverse iniziative legislative sia in materia penale che civile che hanno portato all'adozione di numerose misure volte a realizzare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

2.1.2

Le linee guida sono state definite in una serie di piani quinquennali, come il programma di Tampere, il programma dell'Aia e, infine, il programma di Stoccolma, il quale decadrà alla fine del 2014. Vista la scadenza del programma di Stoccolma e l'allargamento delle competenze dell'Unione in materia di giustizia in virtù del Trattato di Lisbona, la comunicazione della Commissione in esame è volta a stabilire le priorità politiche che dovrebbero essere perseguite per realizzare ulteriori progressi, entro il 2020, verso uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia pienamente operativo, fondato sulla fiducia, la mobilità e la crescita.

2.1.3

La comunicazione è intesa a contribuire agli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa che il Consiglio europeo definirà conformemente all'articolo 68 del TFUE al fine di realizzare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, e alle scelte strategiche che il Parlamento europeo dovrà operare in materia (2).

2.2   Contenuto della comunicazione

2.2.1

Sfide future e obiettivi programmatici

Nella sua comunicazione, la Commissione definisce tre obiettivi per il futuro, ossia:

a)

Fiducia reciproca

Proseguire il rafforzamento della fiducia dei cittadini, degli operatori del diritto e dei giudici nelle sentenze, indipendentemente dallo Stato membro nel quale sono state pronunciate.

b)

Mobilità

Proseguire l'abbattimento degli ostacoli che i cittadini dell'Unione continuano a incontrare nell'esercizio del diritto di libera circolazione.

c)

Crescita economica

La politica in materia di giustizia deve continuare a sostenere la crescita economica, in particolare rafforzando l'esecutività dei contratti nelle relazioni commerciali transfrontaliere e favorendo l'economia digitale.

2.2.2

Per realizzare gli obiettivi di cui sopra la Commissione individua le seguenti misure: consolidare, codificare e completare. Al riguardo, la Commissione fa presente che il completamento degli strumenti politici esistenti deve sempre mirare a rafforzare il clima di fiducia reciproca, a semplificare la vita dei cittadini e a contribuire ulteriormente alla crescita.

3.   Osservazioni

Osservazioni in merito agli obiettivi programmatici definiti dalla Commissione

3.1   Le competenze dell'Unione in materia di giustizia

3.1.1

Le competenze dell'Unione in materia di giustizia sono esplicitamente definite al titolo V della parte terza del TFUE che recita «Spazio di libertà, sicurezza e giustizia».

3.1.2

L'articolo 67 del TFUE, stabilisce che l'Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri.

3.1.3

In questo quadro le istituzioni dell'Unione sono chiamate a (3):

garantire che non vi siano controlli sulle persone alle frontiere interne e a sviluppare una politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne;

adoperarsi per garantire un livello elevato di sicurezza;

facilitare l'accesso alla giustizia.

3.1.4

Per svolgere questi compiti, l'Unione ha competenza in materia di giustizia, polizia, asilo e immigrazione.

3.1.5

Per quanto riguarda la giustizia, l'Unione ha competenze sia in ambito civile che in ambito penale.

3.1.6

Tra le competenze in ambito penale rientra in primo luogo quella di adottare misure volte a realizzare il principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e di stabilire norme minime in materia di procedimento penale. La definizione di norme minime concerne ad esempio i diritti delle vittime della criminalità e le misure intese a prevenire e risolvere i conflitti di giurisdizione. Sempre in materia penale, l'UE ha, in secondo luogo, la competenza di stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale, quali il terrorismo, la tratta di esseri umani, lo sfruttamento sessuale, il traffico illecito di stupefacenti, il traffico illecito di armi, il riciclaggio di denaro, la corruzione, la contraffazione di mezzi di pagamento, la criminalità informatica e il crimine organizzato. In terzo luogo, può adottare misure volte a favorire la prevenzione della criminalità. In quarto luogo, è competente a sostenere e rafforzare il coordinamento e la cooperazione tra le autorità nazionali responsabili di indagini e azioni penali. In quinto luogo, ha la competenza di istituire una Procura europea al fine di combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione.

3.1.7

In materia civile, l'UE è competente ad adottare misure volte a: 1) favorire il riconoscimento reciproco tra Stati membri delle decisioni giudiziarie e la loro esecuzione, 2) agevolare la notificazione e la comunicazione transnazionali, 3) stabilire regole relative all'attribuzione della competenza giurisdizionale e alla determinazione della legislazione applicabile (diritto internazionale privato), 4) consentire la cooperazione nell'assunzione dei mezzi di prova, 5) garantire un accesso effettivo alla giustizia, 6) eliminare gli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, 7) rendere compatibili le regole applicabili ai conflitti di leggi e di giurisdizione, e 8) sviluppare metodi alternativi per la risoluzione delle controversie.

3.2   Conformità degli obiettivi programmatici definiti dalla Commissione con le competenze dell'UE in materia di giustizia stabilite nel TFUE.

3.2.1   Obiettivo programmatico «promuovere la fiducia reciproca»

3.2.1.1

Tra gli obiettivi programmatici in materia di giustizia, la Commissione indica, a giusto titolo, il rafforzamento della fiducia reciproca delle autorità competenti dei diversi Stati membri nelle rispettive decisioni. Il Comitato condivide tale scelta, anche se si tratta più di un mezzo per favorire la cooperazione giudiziaria che di un obiettivo in sé.

3.2.1.2

Come stabilisce il TFUE, l'Unione deve infatti attuare, in materia sia penale che civile, una politica volta a promuovere una cooperazione giudiziaria basata sul principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie, il che presuppone che vi sia fiducia reciproca nelle decisioni dell'altra parte (4).

3.2.1.3

Per quanto riguarda le iniziative che potranno essere intraprese nei prossimi cinque anni per rafforzare la fiducia reciproca, la Commissione non approfondisce il tema e rimane invece piuttosto vaga. Il Comitato ritiene che si possa continuare a incoraggiare e sostenere la collaborazione instaurata in passato attraverso la conclusione di accordi di cooperazione, definendo in particolare gli strumenti giudiziari che dovranno subentrare a questi ultimi.

3.2.2   Obiettivo programmatico «sostegno alla crescita economica»

3.2.2.1

Il fatto che la Commissione indichi il sostegno alla crescita economica tra gli obiettivi programmatici in materia di giustizia non è affatto ovvio. Il TFUE attribuisce all'Unione competenze nell'ambito della giustizia allo scopo di garantire un livello elevato di sicurezza e facilitare l'accesso alla giustizia nelle questioni di diritto civile, finalità queste di per sé non subordinate a un obiettivo come quello della crescita economica.

3.2.2.2

Nel corso degli ultimi anni, in particolare per effetto della crisi finanziaria e della crisi del debito sovrano e conformemente alla strategia Europa 2020, la politica dell'UE in materia di giustizia è diventata anche uno strumento volto a sostenere la ripresa economica, la crescita e le riforme strutturali. Il Comitato sottolinea che la crescita economica di per sé non può tuttavia essere considerata un obiettivo programmatico della politica in materia di giustizia. Occorre evitare che nella futura politica dell'UE in materia di giustizia la priorità sia data in ogni caso alle iniziative puramente volte ad agevolare il commercio o interpretabili solamente alla luce di questa finalità. In tali condizioni, rischierebbero infatti di passare in secondo piano altri aspetti legati, in pari misura se non di più, alla realizzazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, come la tutela dei diritti fondamentali.

3.2.2.3

Il Comitato riconosce la ricerca della crescita economica quale un'importante priorità, a condizione però che si punti alla crescita sostenibile. La crescita economica di per sé non può tuttavia essere considerata un obiettivo programmatico della politica in materia di giustizia, la quale, in base al TFUE, deve essere volta a realizzare un elevato livello di sicurezza e a facilitare l'accesso alla giustizia, obiettivi questi che non possono essere subordinati alla crescita economica. Il buon funzionamento del sistema giudiziario negli Stati membri può in questo caso avere effetti positivi sulla crescita economica sostenibile all'interno dell'Unione, soprattutto perché, sul piano civile, consente di risolvere le controversie con maggiore rapidità ed efficacia, rafforzando la certezza del diritto, mentre, su quello penale, rende più incisiva l'azione contro fenomeni dannosi per l'economia, quali il riciclaggio di denaro e il crimine organizzato.

3.2.3   Obiettivo programmatico «sostegno alla mobilità»

3.2.3.1

Il fatto che la Commissione ponga tra gli obiettivi programmatici in materia di giustizia il sostegno alla mobilità all'interno dell'Unione europea, in particolare facendo sì che i cittadini dell'Unione possano esercitare i loro diritti su tutto il territorio dell'UE, può essere collegato all'obiettivo fissato nel TFUE di agevolare l'accesso alla giustizia.

3.2.3.2

Bisogna tuttavia sottolineare che il titolo V non mira soltanto a realizzare uno spazio di «libertà» ma anche di sicurezza e giustizia, il che può implicare una limitazione delle libertà. L'obiettivo non deve essere tanto quello di sostenere la mobilità, quanto quello di tutelare l'accesso a una giustizia efficace per il cittadino che esercita il suo diritto alla libera circolazione. Altrimenti si va, anche in questo caso, al di là dell'ambito puro e semplice della giustizia, e l'insieme delle materie da prendere in considerazione può diventare particolarmente ampio fino a comprendere, ad esempio, l'eliminazione della burocrazia nell'esercizio del diritto alla libera circolazione, la regolamentazione in materia di divorzio e di successione ereditaria applicabile ai cittadini che fruiscono della libera circolazione, la normativa in materia di trasferimenti di capitale pensionistico a favore di cittadini che esercitano il loro diritto alla libera circolazione, la regolamentazione su un sistema europeo di revisione degli autoveicoli ecc.

3.3   Osservazioni specifiche

3.3.1

Nel piano d'azione della Commissione non vengono affrontate diverse questioni capaci però di contribuire a realizzare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

3.3.2

In primo luogo, si può prendere in considerazione la nomina, negli Stati membri, di magistrati specializzati in diritto europeo, allo scopo di offrire al cittadino una maggiore certezza del diritto nei ricorsi riguardanti la legislazione europea.

3.3.3

La Commissione insiste opportunamente sulla necessità di formare giudici e pubblici ministeri al diritto dell'UE, ed esorta altresì a «passare alla velocità superiore» invitando tutti gli operatori della giustizia a prendere parte ai programmi europei di formazione previsti nell'ambito del programma Giustizia 2014-2020. A giudizio del CESE, questo è un punto fondamentale. Conformemente all'obiettivo di rafforzare i diritti della difesa stabilito dal programma di Stoccolma, il Comitato considera particolarmente importante che anche gli avvocati, i quali rappresentano oltretutto il «primo sportello» di accesso al diritto, abbiano la possibilità di beneficiare di questi programmi.

3.3.4

In secondo luogo, si può vagliare l'opportunità di istituire servizi operativi europei di polizia e di ispezione per poter contrastare efficacemente i crimini e le frodi con implicazioni transfrontaliere.

3.3.5

In terzo luogo, bisogna valutare se occorra stabilire delle norme minime, in campo penale, per quanto riguarda la definizione dei reati e delle sanzioni in relazione a forme di criminalità particolarmente gravi che presentano una dimensione transnazionale, quali il terrorismo, la tratta di esseri umani, lo sfruttamento sessuale, il traffico illecito di stupefacenti, il traffico illecito di armi, il riciclaggio di denaro, la corruzione, la contraffazione di mezzi di pagamento, la criminalità informatica e il crimine organizzato. Per quanto riguarda comportamenti per i quali le differenze in materia penale tra Stati membri sono talmente significative da pregiudicare i diritti umani e la certezza del diritto, occorre esaminare in quale misura si imponga un'armonizzazione del diritto penale (5).

3.3.6

In quarto luogo, si può considerare l'introduzione obbligatoria di meccanismi di azione collettiva (class action) intesi a migliorare l'accesso alla giustizia da parte dei cittadini dell'UE.

3.3.7

In quinto luogo, è auspicabile tenere aggiornato un quadro di valutazione delle realizzazioni nel settore della giustizia, soprattutto per quanto riguarda l'attuazione delle misure di intervento.

3.3.8

In sesto luogo, è opportuno prevedere, nella composizione della nuova Commissione, la carica di commissario per i diritti umani.

Bruxelles, 10 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2014) 144 final.

(2)  COM(2014) 144 final, punto 1, «Introduzione».

(3)  Articolo 67 del TFUE.

(4)  Articoli 81 e 82 del TFUE.

(5)  Cfr. a questo riguardo il parere del CESE 1302/2012 sul tema Politica europea in materia di lotta contro la droga.


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/109


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali

COM(2014) 167 final — 2014/0091 (COD)

(2014/C 451/18)

Relatore:

PATER

Correlatore:

DANDEA

Il Parlamento europeo, in data 14 aprile 2014, e il Consiglio, in data 12 giugno 2014, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali (rifusione)

COM(2014) 167 final — 2014/0091 (COD).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 giugno 2014.

Nella sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere all'unanimità.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Considerata la necessità di uno sviluppo più rapido e forte delle pensioni aziendali e professionali nel quadro dei sistemi pensionistici degli Stati membri dell'UE, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia la maggior parte delle proposte contenute nel documento in esame, ossia il progetto di rifusione della direttiva sugli enti pensionistici aziendali o professionali (EPAP) presentato dalla Commissione europea.

1.2

Il CESE accoglie con soddisfazione il fatto che la maggior parte delle raccomandazioni formulate nel suo parere sul Libro bianco Un'agenda dedicata a pensioni adeguate, sicure e sostenibili  (1) abbia trovato riscontro nell'anzidetta proposta della Commissione (2).

1.3

Consapevole della necessità di sviluppare altre forme di risparmio a fini pensionistici, sia di tipo collettivo che individuale, in particolare nel contesto della prevista diminuzione delle prestazioni dei sistemi previdenziali pubblici, il CESE sottolinea che i sistemi pensionistici aziendali o professionali creati per decisione delle parti sociali possono svolgere un ruolo molto importante nell'assicurare ai lavoratori prestazioni pensionistiche aggiuntive.

1.4

Nel contempo, però, il Comitato avanza riserve in merito a talune disposizioni della direttiva proposta.

1.4.1

Il CESE, infatti, non è d'accordo nel trattare gli EPAP esclusivamente come attori del mercato finanziario, senza di fatto considerare e rispettare le loro caratteristiche specifiche. Gli EPAP sono enti che assolvono un'importante funzione sociale. Essi sono in larga misura responsabili dell'assistenza pensionistica aziendale o professionale, e le loro prestazioni sono diventate un complemento imprescindibile di quelle erogate dai sistemi previdenziali pubblici (ossia dal «primo pilastro»). La direttiva proposta deve tenere conto del ruolo cruciale delle parti sociali nella creazione e nella gestione dei sistemi pensionistici, e del ruolo essenziale del diritto nazionale della previdenza sociale e del diritto del lavoro nella definizione dei principi che disciplinano l'attività degli EPAP.

1.4.2

Considerate le numerose, fondamentali differenze esistenti sia tra i regimi pensionistici dei singoli Stati membri dell'UE che tra i singoli sistemi pensionistici aziendali o professionali, non si può pretendere di realizzare gli obiettivi previsti dalla Commissione con un approccio valido per tutti i casi (one size fits all), in quanto le suddette differenze si traducono in differenze di status, diritti e aspettative tra gli aderenti e i beneficiari di tali programmi. Ad esempio, il CESE giudica inopportuna la proposta di introdurre un prospetto informativo uniforme per tutti gli aderenti ai sistemi pensionistici aziendali o professionali vigenti nel territorio dell'Unione europea, ritenendo che, date le grandi differenze esistenti, non sia possibile fornire agli aderenti e ai beneficiari le informazioni più necessarie o appropriate per ciascuno di essi utilizzando un unico prospetto.

1.4.2.1

Il Comitato sottolinea che un'armonizzazione di ampia portata dei sistemi pensionistici aziendali o professionali potrebbe rivelarsi assai costosa e condurre, anziché all'ulteriore sviluppo di tali sistemi (che è ciò che si attende il CESE), alla loro progressiva scomparsa.

1.4.3

Il Comitato sottolinea che la finalità principale dei sistemi pensionistici, compresi quelli aziendali o professionali, è quella di garantire ai loro beneficiari prestazioni di livello adeguato e costante. La funzione di sostegno ai mercati dei capitali, in cui rientrano anche gli investimenti a lungo termine, può essere assolta soltanto come finalità secondaria, senza pregiudizio degli interessi degli aderenti e beneficiari dei sistemi pensionistici. Il CESE, pur sostenendo la possibilità di un maggiore coinvolgimento degli EPAP negli investimenti in «strumenti che hanno un profilo economico a lungo termine», si oppone tuttavia con fermezza alla proposta della Commissione che gli Stati membri «non impediscano» a tali enti di investire in «strumenti […] non […] scambiati in mercati regolamentati, sistemi multilaterali di negoziazione o sistemi organizzati di negoziazione». La possibilità di una valutazione regolare ed obiettiva degli attivi dell'EPAP, e l'accesso a informazioni attendibili e aggiornate sulla situazione finanziaria dell'emittente dei valori mobiliari in cui vengono investiti tali attivi, sono condizioni fondamentali per la sicurezza finanziaria degli aderenti al sistema pensionistico gestito dall'EPAP stesso e dei suoi beneficiari. Detto ciò, gli Stati membri dovrebbero comunque essere liberi di imporre o meno qualsiasi restrizione in questo campo, previa consultazione con le parti sociali.

1.4.4

Una disamina dettagliata delle cennate riserve e delle altre osservazioni del CESE in merito alla proposta di direttiva figura nelle sezioni successive del presente parere.

2.   La proposta della Commissione

2.1

La proposta in esame consiste in una rifusione della direttiva 2003/41/CE relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (la cosiddetta direttiva EPAP) in vigore dal 2005 (3). Il testo propostomodifica la direttiva EPAP e nel contempo ne codifica le disposizioni immutate.

2.2

Obiettivo generale di tale proposta è, come dichiarato dalla Commissione, facilitare il risparmio pensionistico di natura aziendale o professionale. Sempre secondo la Commissione, la proposta persegue inoltre quattro obiettivi specifici:

rimuovere le barriere prudenziali che ancora ostacolano l'attività transfrontaliera degli EPAP;

assicurare un buon quadro di governance e di gestione del rischio;

offrire informazioni chiare e pertinenti agli aderenti e ai beneficiari;

garantire che le autorità di vigilanza abbiano gli strumenti necessari per controllare efficacemente gli EPAP.

2.3

La proposta della Commissione è stata presentata all'opinione pubblica europea il 27 marzo 2014, come parte di un pacchetto di misure intese a garantire il finanziamento a lungo termine dell'economia dell'UE. E in effetti la necessità di rafforzare la capacità degli EPAP di investire in attivi con un profilo economico a lungo termine viene sottolineata a più riprese anche nella relazione introduttiva alla proposta.

2.4

A sostegno della proposta, la Commissione sottolinea, tra l'altro, la sua convinzione che, se l'Unione europea non introduce adesso un quadro normativo aggiornato, vi è il rischio che le soluzioni giuridiche sviluppate nei singoli Stati membri siano tra loro sempre più divergenti, il che costituirebbe un ostacolo all'attività transfrontaliera degli EPAP, non garantirebbe un più alto livello di tutela ai consumatori nell'Unione europea e non consentirebbe di realizzare economie di scala. La Commissione reputa inoltre che un quadro giuridico solido in materia di enti pensionistici aziendali o professionali possa stimolare il loro sviluppo nei paesi in cui tali enti attualmente sono poco presenti.

2.5

La Commissione stima che l'attuazione della direttiva richiederebbe la copertura di costi aggiuntivi mediamente pari a circa 22 euro — e costi annuali dell'ordine di 0,27-0,80 euro — per ciascun aderente ai sistemi pensionistici interessati.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il ridursi della copertura previdenziale assicurata dai sistemi pensionistici obbligatori in molti Stati membri fa sì che, per garantire pensioni dignitose, assumano un rilievo sempre maggiore le pensioni complementari, spesso sostenute dagli Stati membri mediante sgravi fiscali. E a tal fine i sistemi pensionistici aziendali o professionali sono particolarmente importanti, poiché possiedono caratteristiche che i sistemi pensionistici di risparmio individuali non hanno. I sistemi pensionistici aziendali o professionali sono finanziati — in tutto o in gran parte — dai datori di lavoro, sono contraddistinti dalla facilità di accesso per i lavoratori, compresi quelli a basso reddito, e hanno, grazie alle economie di scala, costi unitari inferiori. Talvolta, i principi interni applicati a questi sistemi pensionistici dalle parti sociali consentono loro di assicurare pensioni complementari anche nei periodi in cui il lavoratore non è in grado di lavorare (ad esempio quando è in malattia o in congedo di maternità). In alcuni sistemi pensionistici le parti sociali, nel definire la politica di investimenti, introducono criteri non solo di tipo economico, ma anche di carattere etico, diffondendo così nell'ambiente economico i valori a loro cari. Il Comitato, consapevole che i sistemi pensionistici aziendali o professionali assicurano un pensione complementare soltanto a una piccola parte dei cittadini dell'Unione europea (essi svolgono un ruolo significativo soltanto in alcuni Stati membri, mentre in molti altri sono praticamente sconosciuti), appoggia le iniziative rivolte allo sviluppo degli EPAP.

3.2

I sistemi pensionistici aziendali o professionali recano benefici sia ai lavoratori che ai promotori di tali sistemi, ossia i datori di lavoro. I diritti pensionistici acquisiti dai lavoratori sono in effetti una forma supplementare di remunerazione del lavoro. Per i datori di lavoro, questi sistemi costituiscono uno strumento per costruire un rapporto a lungo termine con i loro dipendenti, dato che in molti casi li inducono a impegnarsi maggiormente nell'attività dell'impresa e riducono l'avvicendamento del personale. Il Comitato sottolinea pertanto che, nell'adottare nuove normative in questo campo, occorre prestare molta attenzione a evitare che, imponendo oneri finanziari o adempimenti amministrativi aggiuntivi, si finisca col ridurre l'attrattività degli EPAP.

3.3

Il CESE è consapevole del fatto che oggi la Commissione europea non dispone di strumenti che le consentano di ottenere informazioni complete e obiettive sui costi delle soluzioni previste e che essa deve basarsi sulle informazioni fornite dagli EPAP interessati. Inoltre, il CESE si rammarica che sia stata fatta una media dei costi della normativa proposta e che per giunta manchino informazioni sulle singole componenti dei costi aggregati. In effetti, non è dato sapere quali costi possa generare ciascuna delle proposte per i datori di lavoro o per i lavoratori e quali differenze possano manifestarsi tra i singoli Stati membri.

3.4

Considerato il fatto che la direttiva proposta imporrebbe agli EPAP nuovi obblighi, che a loro volta comporterebbero costi aggiuntivi, il Comitato propone di prevedere la possibilità di esentare un'EPAP dalle disposizioni della direttiva nel periodo iniziale d'attività (fino a 12 mesi). Ciò consentirebbe al promotore di costituire l'EPAP senza dover sostenere fin dal primo giorno di attività costi amministrativi relativamente elevati e, successivamente, di decidere se vuole continuare l'attività finanziando un «proprio» EPAP o se invece preferisce associarsi ad un EPAP già esistente. Il CESE ritiene che tale possibilità inciderebbe sulla decisione, da parte dei datori di lavoro, di istituire un EPAP.

3.5

Il Comitato desidera sottolineare l'importante ruolo svolto dalle parti sociali sia nell'istituzione che nella gestione degli EPAP. A giudizio del CESE, nel configurare le soluzioni adottate nei sistemi pensionistici è necessario salvaguardare l'autonomia delle parti sociali. Il quadro giuridico dovrebbe limitarsi a dettare le norme minime che le parti responsabili dei sistemi pensionistici sono tenute a rispettare. Il CESE sottolinea inoltre che, in numerosi Stati membri, i sistemi pensionistici aziendali o professionali presentano legami molto stretti con il diritto del lavoro, il diritto della previdenza sociale e le norme che definiscono il ruolo delle parti sociali. Ebbene, malgrado l'articolo 21, paragrafo 2, del testo proposto dalla Commissione affermi che «la presente direttiva non pregiudica il ruolo delle parti sociali nella gestione degli enti», il CESE ravvisa nella proposta in esame un tentativo di relegare le parti sociali, che spesso hanno un'esperienza pluriennale nello sviluppo di sistemi pensionistici aziendali o professionali, in un ruolo marginale. Gli EPAP non possono essere trattati — come di fatto avviene nella proposta in esame — soltanto alla stregua di istituti finanziari: essi sono infatti anche parte del sistema di sicurezza sociale, attivamente sviluppato e gestito dalle parti sociali. Il Comitato ribadisce pertanto la posizione già espressa nel suo parere dedicato al Libro bianco (4).

3.6

Il CESE sottolinea che le relazioni tra gli EPAP e gli aderenti o beneficiari del sistema non possono essere assimilate a quelle tra gli istituti finanziari e i loro clienti (consumatori).

3.7

Il Comitato accoglie con soddisfazione la decisione della Commissione di non proporre, per i sistemi pensionistici aziendali o professionali, soluzioni dirette a «garantire una parità di trattamento in relazione alla direttiva Solvibilità II» (5), conformemente a quanto il CESE aveva chiesto nel suo parere relativo al Libro bianco (6). Il CESE sottolinea infatti che allineare, per quanto attiene ai requisiti quantitativi, le disposizioni della direttiva proposta con quelle della direttiva Solvibilità II (metodo di valutazione degli attivi ed obbligo di una più stretta dipendenza dell'importo del capitale dal livello del rischio assunto) avrebbe conseguenze negative per i sistemi pensionistici aziendali o professionali, a causa dei più elevati requisiti patrimoniali e dei maggiori costi operativi nonché dei possibili squilibri nell'allocazione del capitale.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Attività transfrontaliera

4.1.1

Il CESE sottolinea che tutte le norme relative agli aspetti transfrontalieri dell'attività degli EPAP di cui agli articoli 12 e 13 della direttiva proposta devono essere fondate sulle esigenze dei datori di lavoro che creano il sistema pensionistico e dei loro dipendenti e favorirne gli interessi. Pertanto, la decisione di intraprendere tali attività dovrebbe essere adottata dalle parti sociali che creano il sistema.

4.1.2

Il Comitato valuta positivamente l'introduzione della possibilità di trasferire i sistemi pensionistici ad altri enti in altri Stati membri — previa autorizzazione dell'autorità di vigilanza competente nello Stato membro di origine dell'ente ricevente e con l'approvazione preventiva degli aderenti e dei beneficiari dei sistemi da trasferire.

4.1.3

Il Comitato, favorevole al rafforzamento della dimensione transfrontaliera dell'attività degli EPAP, sottolinea che, affinché il settore della previdenza aziendale o professionale si sviluppi fortemente e rapidamente, è molto importante promuovere e diffondere gli EPAP nei paesi in cui tale forma di copertura pensionistica non esiste o sta appena iniziando a svilupparsi.

4.1.4

Secondo il CESE, l'introduzione della possibilità per un EPAP di investire in altri Stati membri adempiendo soltanto gli obblighi posti dal diritto del paese in cui è stabilito rappresenta una novità positiva, che consentirà agli EPAP di operare più agevolmente sul mercato comune europeo.

4.2   Governance e gestione del rischio

4.2.1

Il CESE appoggia la proposta di assicurare una maggiore trasparenza quanto alle remunerazioni di chi ricopre posizioni chiave all'interno di un EPAP, purché si tenga conto dei diversi tipi di governance dei sistemi pensionistici aziendali o professionali.

4.2.2

Il Comitato ritiene che, qualora la gestione degli attivi sia affidata a soggetti esterni, si debbano rendere noti i criteri in base ai quali vengono fissate le remunerazioni, come anche l'ammontare corrisposto al terzo gestore, ma non le remunerazioni di determinati lavoratori dell'impresa in questione. Il Comitato valuta sfavorevolmente l'intenzione di applicare gli obblighi pubblicitari relativi alla «politica di remunerazione» anche ai lavoratori delle imprese esterne cui è affidata la gestione dei sistemi pensionistici. Ciò, infatti, potrebbe rendere difficile trovare soggetti terzi disposti ad assumersi tale gestione, specie quando riguarda gli attivi di un piccolo fondo pensione.

4.2.3

Il Comitato valuta invece positivamente altre proposte intese a regolamentare il fenomeno dell'esternalizzazione della gestione di sistemi pensionistici aziendali o professionali e la vigilanza su tale esternalizzazione, ma raccomanda cautela nel definire gli obblighi che questi terzi gestori dovrebbero assumersi.

4.2.4

Riguardo poi alla proposta di definire i requisiti di competenza e onorabilità delle persone che dirigono effettivamente l'ente o rivestono altre funzioni fondamentali, il CESE è dell'avviso che tali disposizioni debbano tenere conto della specificità degli EPAP e del ruolo che le parti sociali svolgono da anni nel processo di gestione degli EPAP (ad esempio tramite il diritto di nominare propri rappresentanti negli organi direttivi o di vigilanza degli EPAP). Gli EPAP, infatti, non sono tipici istituti finanziari creati a scopo di lucro, bensì entità soggette al controllo dei datori di lavoro e dei lavoratori. E, per ovvie ragioni, essi sono interessati a ridurre al minimo i costi organizzativi. Pertanto, nella definizione dei requisiti di competenza applicabili alle persone che dirigono gli EPAP occorre tener conto di questi aspetti, affinché nessuna disposizione possa limitare, rispetto ad ora, il ruolo svolto dalle parti sociali nel processo di gestione del sistema pensionistico.

4.2.5

Il Comitato propone che la competenza delle persone che dirigono l'ente venga valutata in riferimento all'intero organo direttivo o di vigilanza e non alle singole persone. Un modo per realizzare tale proposta potrebbe essere quello di definire separatamente, nell'articolo 23, i requisiti delle persone che dirigono l'ente o che rivestono funzioni fondamentali al suo interno. Una soluzione di questo tipo consentirebbe di mantenere la rappresentanza delle parti sociali all'interno degli organi direttivi dell'EPAP e al tempo stesso di elevare i requisiti nei confronti delle persone direttamente coinvolte nell'attività statutaria degli EPAP.

4.2.6

Il Comitato sottolinea che i requisiti relativi alla gestione degli EPAP devono tener conto delle specificità strutturali dei sistemi pensionistici aziendali o professionali. In relazione a tali sistemi entrano infatti in gioco tre soggetti tra loro collegati: il datore di lavoro-promotore, il lavoratore-aderente al sistema e l'EPAP. Una caratteristica, questa, che da un lato garantisce un sistema più sicuro, grazie al controllo esercitato pariteticamente da ciascuno dei soggetti, ma dall'altro rende la sua disciplina più complessa in quanto la normativa sugli istituti finanziari si compenetra con il diritto del lavoro e con quello della previdenza sociale nonché coi principi che nei singoli Stati membri presiedono alla cooperazione tra le parti sociali.

4.2.7

Il CESE constata con soddisfazione che la Commissione europea è consapevole dei problemi che potrebbero derivare dall'introduzione di requisiti più rigorosi in materia di gestione degli EPAP, e appoggia le disposizioni (articoli 22, 24, 25, 26 e 29) che stabiliscono che i sistemi di controllo debbano essere proporzionati alla natura, alla portata e alla complessità delle attività dell'ente.

4.2.8

Secondo il CESE, la priorità degli EPAP deve continuare ad essere quella di garantire la sicurezza delle risorse finanziarie accumulate nei fondi pensione e l'adeguatezza delle prestazioni pensionistiche, grazie a una politica di investimenti opportunamente equilibrata. Il sostegno agli investimenti a lungo termine non può oscurare la finalità principale degli EPAP, che consiste nel garantire ai loro aderenti i mezzi finanziari per vivere in età post-lavorativa. Condizione per la sicurezza dell'investimento degli attivi del fondo pensione deve essere la possibilità di valutarli con frequenza ed in modo obiettivo e di accedere a informazioni aggiornate ed accurate riguardo alla situazione finanziaria dell'emittente dei valori mobiliari in cui gli EPAP investono.

4.2.8.1

Il CESE valuta positivamente la proposta di consentire che gli attivi dei fondi pensione aziendali o professionali siano investiti, senza ostacoli da parte degli Stati membri, in strumenti che hanno un profilo economico a lungo termine.

4.2.8.2

Il CESE, tuttavia, si oppone con fermezza alla proposta della Commissione che gli Stati membri «non impediscano» a tali enti di investire in «strumenti che non sono scambiati in mercati regolamentati, sistemi multilaterali di negoziazione o sistemi organizzati di negoziazione». Il CESE osserva che, nel caso di un sistema pensionistico a contribuzione definita, in cui il valore degli attivi non può esserestabilito con regolarità, investimenti siffatti sarebbero molto rischiosi per gli aderenti al sistema stesso. Un approccio basato su una politica d'investimenti di questo tipo sarebbe poco trasparente, data l'impossibilità di fornire agli aderenti al sistema pensionistico informazioni accurate sul valore dei fondi accumulati e sulle prestazioni che essi possono attendersi al raggiungimento dell'età pensionabile — un aspetto, questo, particolarmente importante per gli aderenti che assumono interamente il rischio d'investimento. Detto ciò, gli Stati membri dovrebbero comunque, ad avviso del CESE, essere liberi di imporre o meno qualsiasi restrizione in questo campo, previa consultazione con le parti sociali.

4.2.8.3

Il CESE, pur essendo favorevole alla possibilità per gli EPAP di investire in progetti infrastrutturali a lungo termine, reputa che investire in questi progetti senza alcun limite quantitativo dovrebbe essere possibile soltanto quando gli strumenti finanziari oggetto dell'investimento (ad esempio azioni od obbligazioni) siano negoziati in un mercato pubblico, oppure quando si utilizzino intermediari accessibili a tutti sul mercato dei veicoli finanziari (ad esempio i diversi tipi di fondi d'investimento o le azioni di società quotate in borsa che investono direttamente in progetti a lungo termine).

4.2.9

Il CESE propone alla Commissione di considerare la possibilità di modificare l'articolo 20, paragrafo 1, lettera d), della direttiva proposta, che disciplina gli investimenti in strumenti derivati. Secondo il Comitato, le esperienza maturate finora con la crisi dimostrano la necessità di limitare drasticamente il principio, attualmente applicato in modo molto ampio, per cui gli EPAP possono investire in strumenti derivati al fine di «facilitare una gestione efficace del portafoglio».

4.2.10

Il Comitato appoggia senza riserve l'obbligo di nominare un «depositario» per i sistemi pensionistici in cui aderenti e beneficiari assumono interamente il rischio di investimento, riconoscendo che nel mondo attuale l'attività dei depositari costituisce uno strumento essenziale per salvaguardare gli attivi degli organismi di investimento collettivo.

4.2.11

E giudica positivamente l'obbligo, per gli EPAP in cui aderenti e beneficiari non assumono tutti i rischi, di prevedere «una funzione attuariale efficace».

4.3   Informazioni da fornire agli aderenti e ai beneficiari

4.3.1

Il CESE accoglie con soddisfazione il fatto che, in linea con le sue precedenti richieste, si sia ampliato il novero delle informazioni da fornire sia agli aderenti che ai beneficiari dei sistemi pensionistici. Valuta inoltre positivamente anche l'introduzione dell'obbligo per gli EPAP di fornire, almeno una volta ogni dodici mesi, informazioni cruciali riguardanti, tra le altre cose, le garanzie, la somma dei contributi versati, i costi derivanti dall'adesione al sistema pensionistico, il profilo di investimento, i risultati passati del sistema e la previsione dell'ammontare del trattamento pensionistico.

4.3.2

Il Comitato dubita fortemente che la proposta di imporre un prospetto informativo standard, non più lungo di due pagine e redatto in una veste grafica di agevole lettura per i destinatari, sia un'idea effettivamente realizzabile. Nei diversi sistemi pensionistici, infatti, diversi sono i tipi di rischio assunti dagli aderenti e diverse sono anche le aspettative di questi ultimi riguardo alle prestazioni che riceveranno in futuro. In molti casi, poi, a dettare le regole sul pagamento dei fondi accumulati in questi fondi pensione sono le normative dei singoli Stati membri. E le informazioni fornite agli aderenti o ai beneficiari di tali sistemi pensionistici devono rispecchiare queste differenze. Il CESE chiede pertanto che le disposizioni proposte siano modificate, in modo che il processo di uniformazione del prospetto informativo trasmesso agli aderenti ai sistemi pensionistici sia suddiviso in più tappe e che durante tale processo sia possibile definire la forma definitiva in modo flessibile. Nella fase iniziale si dovrebbe lavorare allo sviluppo di prospetti informativi contenenti più tipi di informazione (almeno due modelli, basati sul principio della «contribuzione definita» e su quello della «prestazione definita»), in seguito si dovrebbe procedere a una prima applicazione mediante progetti pilota in una selezione di Stati membri o di EPAP, e infine, solo sulla base degli insegnamenti tratti da tale esperienza, iniziare a lavorare agli atti delegati previsti all'articolo 54.

4.3.3

Il Comitato ritiene che si dovrebbe arrivare ad avere almeno due prospetti informativi distinti, uno per i sistemi basati sul principio di «contribuzione definita» e l'altro per quelli basati invece sul principio di «prestazione definita». Inoltre, bisogna dare la possibilità a ciascuno Stato membro di completare il prospetto con informazioni importanti per gli aderenti al sistema pensionistico e i beneficiari delle prestazioni in virtù delle specifiche disposizioni nazionali.

4.3.4

Il CESE reputa che le disposizioni proposte siano in molti punti poco precise e, anziché garantire informazioni accurate, possano indurre in errore gli aderenti o i beneficiari.

4.3.4.1

La stessa denominazione del documento informativo — «prospetto delle prestazioni pensionistiche» — è fuorviante: l'informazione ivi fornita sarà tutt'al più uno stato di previsione di tali prestazioni. La denominazione del documento dovrebbe pertanto essere modificata, ad esempio in «stato attuale di previsione delle prestazioni pensionistiche».

4.3.4.2

Nell'articolo 48, paragrafo 1, lettera a), è prevista la possibilità di fornire agli aderenti un'indicazione di «garanzia integrale». Si tratta di una formulazione fuorviante, in quanto, impiegando questo termine, la Commissione sembra sottacere la possibilità di un esito negativo come quello cui condurrebbe il fallimento del datore di lavoro-promotore dell'EPAP. L'effetto di tale fallimento, infatti, potrebbe essere l'incapacità del fondo pensione di pagare le prestazioni ai suoi beneficiari. D'altro canto, però, nell'articolo 48, paragrafo 2, lettera d), la Commissione fa riferimento a «meccanismi di riduzione delle prestazioni», con ciò mettendo in discussione l'esistenza di una garanzia integrale.

4.3.5

Il Comitato fa notare che la Commissione dovrebbe osservare una particolare cautela nel formulare gli atti delegati di cui all'articolo 54, prestando attenzione anche ai costi potenziali di tale soluzione. Occorre evitare che gli oneri derivanti dalla predisposizione delle informazioni destinate agli aderenti al sistema pensionistico, o le spese supplementari imposte dalla necessità di fornire chiarimenti aggiuntivi nel caso in cui il modello unico europeo si riveli inadeguato alle caratteristiche di un dato sistema, facciano lievitare in misura significativa i costi sostenuti dagli EPAP. Il CESE invita pertanto la Commissione a tener conto, nello stilare l'elenco delle informazioni da fornire agli aderenti ai sistemi pensionistici, delle caratteristiche dei sistemi stessi.

4.4   Vigilanza sull'attività degli EPAP

4.4.1

Considerate le difficoltà interpretative causate finora dalle diverse pratiche esistenti in materia di vigilanza nei singoli Stati membri, il Comitato valuta positivamente gli sforzi tesi a definire meglio gli ambiti dell'attività finanziaria soggetti a tale vigilanza e a separarli dalle fattispecie regolate dal diritto della previdenza sociale e dal diritto del lavoro.

4.4.2

Il CESE accoglie con soddisfazione la proposta di rafforzare le disposizioni relative agli scambi interistituzionali di informazioni tra le autorità competenti in materia di vigilanza sui sistemi pensionistici aziendali o professionali.

4.4.3

Il CESE reputa opportuna anche la proposta di ampliare i poteri di vigilanza sugli EPAP, che potrebbe comportare un certo ampliamento degli obblighi di informazione. Le disposizioni dettate in questo campo dalla direttiva proposta presentano già un livello di flessibilità sufficiente a consentire di adattare le misure di sorveglianza specifiche alle singole situazioni.

Bruxelles, 10 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2012) 55 final.

(2)  Nel parere, pubblicato nella GU C 299 del 4.10.2012, pag. 115, il CESE fa notare, tra le altre cose, come «sia giunto il momento di prendere in considerazione non soltanto gli aspetti che riguardano le attività transfrontaliere dei fondi pensionistici e la mobilità dei lavoratori, ma anche le questioni di vigilanza e supervisione dell'ente previdenziale, dei costi amministrativi e dell'informazione e tutela del consumatore»

(3)  GU L 235 del 23.9.2003.

(4)  Nel suddetto parere, il Comitato si è dichiarato «a favore dei regimi pensionistici professionali, istituiti e amministrati dai dipendenti e dai loro rappresentati» e ha chiesto alla Commissione di «sostenere le parti sociali per rafforzare la fiducia nelle loro capacità amministrative in questo settore».

(5)  Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (Solvibilità II) (GU L 335 del 17.12.2009).

(6)  Nel suo parere in merito al Libro bianco, il Comitato si era detto «seriamente preoccupato per alcune delle proposte avanzate per le pensioni professionali», spiegando che «poiché i regimi pensionistici sono molto diversi dai servizi assicurativi vita, il Comitato non è favorevole all'obiettivo di revisione della direttiva EPAP per garantire una parità di trattamento in relazione alla direttiva Solvibilità II, raccomandando piuttosto l'introduzione di misure specificamente dirette a garantire gli attivi dei fondi pensione, previa consultazione delle parti sociali e degli altri soggetti interessati.»


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/116


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Quadro UE per la qualità nell'anticipazione dei cambiamenti e delle ristrutturazioni»

[COM(2013) 882 final]

(2014/C 451/19)

Relatore

:

M. VAN IERSEL

Correlatore

:

M. STUDENT

La Commissione europea, in data 2 gennaio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Quadro dell’UE per la qualità nell'anticipazione dei cambiamenti e delle ristrutturazioni

COM(2013) 882 final.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 77 voti favorevoli, e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La ristrutturazione è un processo evolutivo guidato da una serie di fattori che incidono sulle imprese giorno dopo giorno. Ancora una volta, l'economia globale attraversa una serie di shock tecnologici profondi e devastanti, che sono in fase di accelerazione.

1.2

Il CESE ritiene che le imprese siano al centro del processo di ristrutturazione, adeguamento o anticipazione, il che richiede la partecipazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti attraverso i comitati aziendali e/o i sindacati. È un aspetto della responsabilità sociale delle imprese che il CESE appoggia fermamente. In numerosi casi, e sicuramente nei progetti di più ampio respiro, la ristrutturazione coinvolge un numero maggiore di parti interessate, tra cui figurano gli enti pubblici e gli istituti d'istruzione.

1.3

Una volta decisa, la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori nelle imprese a livello sia nazionale che europeo deve essere rispettata in pieno e tendere al raggiungimento di risultati tangibili in circostanze che subiscono rapidi mutamenti.

1.4

L'impegno a livello UE deve partire da una buona comprensione delle diverse circostanze e dei vari approcci esistenti. Un quadro di qualità dell'UE per anticipare i cambiamenti e a favore della ristrutturazione, come quello proposto dalla Commissione, potrebbe certamente rivelarsi utile (1).

1.5

I processi di ristrutturazione e di anticipazione richiedono soluzioni su misura per le imprese e le regioni; tuttavia, data la presenza di numerosi aspetti trasversali, una spinta da parte dell'UE verso un maggiore partenariato con gli ambienti accademici, gli istituti di ricerca, gli enti locali, regionali e nazionali e i centri d'istruzione e formazione su base regionale è quanto mai auspicabile. Lo stesso vale per la diffusione di buone pratiche. Nel medesimo ordine di idee, possono essere estremamente utili i consigli settoriali sull'occupazione e le competenze.

1.6

La tecnologia globale e le catene di valore rendono l'anticipazione dei cambiamenti un processo molto complicato. L'attuale specializzazione, intelligente e su misura, sottolinea ancora una volta la necessità di approcci e soluzioni specifiche per ogni singola impresa.

1.7

In termini più generali, gli argomenti e le tendenze del futuro, ad esempio «l'ecologizzazione» e le tecnologie chiave dell'UE dovrebbero essere prioritari. Tali argomenti e tendenze inoltre andrebbero discussi tra le parti sociali e presi in considerazione nell'ambito dei programmi nazionali e regionali d'istruzione e formazione.

1.8

Lo Stato, le parti sociali e le imprese devono condividere le loro responsabilità nei confronti dei gruppi vulnerabili, tra cui le generazioni più anziane e i lavoratori poco qualificati attraverso misure sociali come quelle già esistenti in numerosi paesi.

Da analisi e diagnosi comuni si possono evidenziare le responsabilità specifiche di ciascuna delle parti interessate. È una pratica già frequente in alcuni paesi ma che risulta attualmente poco sviluppata in altri Stati membri.

1.9

La Commissione europea potrebbe sostenere lo sviluppo di uno spirito comune all'interno dell'Unione agevolando i partenariati tra i vari soggetti interessati. Può inoltre aiutare a creare le giuste condizioni facendo un uso adeguato dei fondi europei in casi specifici. Dovrebbe infine sottolineare che gli accordi concernenti il dialogo sociale a livello nazionale e settoriale fanno parte dell'agenda europea in materia di ristrutturazione e anticipazione.

1.10

Il CESE approva l'introduzione di un Quadro europeo di qualità, come quello che la Commissione ha proposto su base volontaria. Fa tuttavia osservare che in futuro potrebbe essere auspicabile la definizione di una base giuridica per le condizioni quadro specifiche concernenti la partecipazione dei lavoratori senza però interferire nelle competenze nazionali.

1.11

Le parti interessate e la Commissione dovrebbero continuare a beneficiare dell'attività di agenzie dell'UE quali Eurofound e CEDEFOP avvalendosi di analisi e di dati affidabili e aggiornati. In casi specifici, anche il CESE può essere, se del caso, coinvolto in questo processo.

2.   Ristrutturare e anticipare i cambiamenti: contesto ed azioni

2.1

Nel luglio 2012, il CESE ha adottato un parere il cui obiettivo era di contribuire alla consultazione pubblica lanciata dalla Commissione sulla ristrutturazione delle imprese e sull'anticipazione dei cambiamenti (2). Molte delle osservazioni e delle raccomandazioni contenute nel parere sono altrettanto pertinenti per quanto concerne la recente comunicazione sul Quadro di qualità dell'UE per l'anticipazione dei cambiamenti e delle ristrutturazioni (3).

2.2

La ristrutturazione è un processo evolutivo guidato da una serie di fattori che incidono sulle imprese giorno dopo giorno. La dinamica della «distruzione creatrice» dà luogo a opportunità inaspettate ma è chiaro anche che la crisi e i bassi tassi di crescita, la dipendenza sempre più marcata dei risultati economici nazionali dai mercati mondiali e le relazioni sempre più complesse tra le imprese e i loro fornitori e clienti stanno mettendo a dura prova molte imprese e con esse i loro lavoratori. È essenziale mantenere comunque una massa critica industriale.

2.3

In linea con gli sviluppi a livello globale, l'economia europea si sta mettendo al passo per quanto concerne le nuove tecnologie e le tendenze innovative. Questo inciderà profondamente sul modo in cui i soggetti economici e sociali si organizzeranno per promuovere la resistenza ai cambiamenti e assicurare la continuità.

2.4

L'internazionalizzazione, la frammentazione delle catene di prodotti, le differenze poco marcate tra i settori, l'importanza crescente delle tecnologie (trasversali), l'automazione, la robotizzazione e adesso la digitalizzazione, la creazione di approcci e soluzioni su misura e soprattutto l'opinione comunemente accettata che una gran parte dei prodotti e servizi disponibili oggi saranno sostituiti da serie di nuovi prodotti e servizi in un prossimo futuro sono tutti buoni esempi della situazione attuale caratterizzata da un costante mutamento a livello industriale (4).

2.5

Il rinnovamento e l'adeguamento mettono alla prova giorno dopo giorno i punti di vista e le pratiche esistenti. Quello che costantemente si chiede a molti se non a tutti i lavoratori, qualunque sia la loro posizione, è non tanto la capacità tecnologica quanto soprattutto la creatività umana.

2.6

Il CESE ha analizzato le tendenze attuali in una serie di pareri su settori e processi specifici. Lo scorso anno, commentando la comunicazione della Commissione sulla politica industriale, ha assunto una posizione generale sulle politiche e sui punti in merito ai quali è necessario concentrarsi (5). In questa visione globale, ha affermato che per collegare strettamente una serie di settori e sicuramente per conseguire l'obiettivo di ridare slancio all'industria, è assolutamente indispensabile promuovere la tecnologia e l'innovazione, migliorare le competenze a livello trasversale e sensibilizzare l'industria circa le potenzialità offerte dai nuovi servizi.

2.7

Nel suo parere del 2012, il CESE afferma inoltre che un settore imprenditoriale resistente richiede una leadership e un ampio sostegno da parte sia dei lavoratori di un'impresa a tutti i livelli sia della società nel suo insieme. In numerose imprese, i lavoratori partecipano con successo ai processi di cambiamento. I contesti basati sul consenso solitamente ripagano.

2.8

I processi di ristrutturazione sono vari e complessi. Come si afferma nel parere, oltre alla distinzione tra ristrutturazione e anticipazione, emergono differenze sostanziali tra imprese piccole, medie e grandi, tra i settori (colpiti in modo diverso da nuove ondate di cambiamenti e di sviluppi tecnologici), tra le regioni (quelle a forte o a debole densità di popolazione), tra il grado di maturità del contesto economico nei vari paesi e tra le culture nazionali.

2.9

Un ulteriore elemento di complessità è dovuto ai grossi cambiamenti nei mercati del lavoro, che in parte sono conseguenza della crisi economica e finanziaria e in parte sono dovuti al nuovo ciclo industriale. I sistemi esistenti di partenariato collettivo e sociale devono essere salvaguardati e, laddove possibile, potenziati.

2.10

In questa situazione turbolenta e all'interno dell'ampio e diversificato spettro che l'Europa presenta, il CESE sottolinea che «l'impresa costituisce, per definizione, l'attore centrale delle strategie di adattamento delle unità che operano sui mercati, e quindi l'impresa è al centro dei processi di ristrutturazione» (6).

2.11

Le imprese devono ovviamente procedere ad una ristrutturazione o ad un adeguamento oppure anticipare i cambiamenti per il futuro all'interno di un determinato ambiente. Questo significa che, oltre alle loro procedure e pratiche interne, intervengono anche altri soggetti interessati. Le modalità di intervento delle imprese dipendono dal tipo di cambiamento che esse subiscono, che può essere l'adeguamento della loro organizzazione interna o la risposta ad una nuova situazione del mercato, oppure entrambe le opzioni.

2.12

Il gruppo principale di diretti interessati è rappresentato dai lavoratori delle imprese. Processi ben organizzati assicurano il coinvolgimento del personale e dei suoi rappresentanti attraverso i comitati aziendali e/o le organizzazioni sindacali. Il fatto che la stragrande maggioranza delle persone interpellate abbia risposto al questionario della Commissione allo stesso modo (7), è un dato promettente. Per accompagnare la gestione dei cambiamenti e anticiparli con successo, il Comitato raccomanda che tra la dirigenza e i rappresentanti del personale di un'impresa vi sia un dialogo basato sulla fiducia, come peraltro è previsto dalla legge in numerosi paesi (8).

2.13

Le imprese devono poter contare su personale dotato di diverse qualifiche, e questo implica che le competenze specifiche richieste all'interno di catene di valore sempre più perfezionate devono essere garantite da programmi di formazione permanente per tutti. Questo corrisponde all'interesse sia dell'impresa sia dei suoi lavoratori.

2.14

Il CESE osserva che la sua posizione secondo cui l'istruzione e la formazione devono formare parte della vita quotidiana delle imprese è ampiamente condivisa, anche se vi sono approcci diversi tra imprese (molto) piccole non specializzate e imprese più grandi.

2.15

Parallelamente, è necessario tener presente una visione dei mercati del lavoro che cambia radicalmente. Una percentuale sempre più elevata di lavoratori, soprattutto i più giovani, si prepara a seguire carriere professionali di tipo tecnico o di altro genere, facendo in modo di essere sufficientemente flessibili per cambiare lavoro da soli, sia all'interno della stessa impresa sia in altre imprese o in altri settori. Questo dipende da due fattori: la domanda e l'offerta sul mercato del lavoro e le qualifiche individuali. Se i lavoratori ben istruiti e qualificati possono servirsi della ristrutturazione come un'opportunità, altri lavoratori meno qualificati e più anziani hanno bisogno di un particolare sostegno da parte dello Stato e delle imprese.

2.16

In un periodo di crisi, così come nel caso di importanti progetti di ristrutturazione, ad esempio quelli concernenti capacità di produzione obsolete su base regionale, tutti i soggetti interessati devono assumersi le loro rispettive responsabilità, sia per quanto concerne la definizione di un piano economico sostenibile per il futuro sia per migliorare il più possibile le condizioni di lavoro del personale in un ambiente nuovo.

2.17

Oltre alle imprese e ai sindacati, i principali soggetti che hanno interesse a che ci si prepari alle conseguenze sociali sono gli enti locali e regionali. I processi di ristrutturazione più importanti dovrebbero prevedere anche la partecipazione dei governi nazionali. L'esperienza pratica tuttavia dimostra che nella maggior parte dei casi il contesto regionale e la comunità in cui si vive sono essenziali, come il CESE ha già sottolineato nel suo parere in merito al Libro verde. Diverse regioni hanno portato avanti con successo un processo di profonda trasformazione. Le regioni che rimandano tale processo di ristrutturazione, di per sé inevitabile, soffrono di gravi problemi, proprio come le imprese. In tale contesto, è opportuno evidenziare esempi validi a livello nazionale ed europeo.

2.18

Nel suo parere del 2012, il CESE identifica una serie di modalità e di strumenti per prepararsi ad anticipare i cambiamenti e riconosce che attualmente non è facile fare una previsione degli sviluppi futuri. In genere, le previsioni esponenziali si sono rivelate sbagliate. Nondimeno, uno sforzo comune da parte del mondo accademico e delle organizzazioni settoriali può essere estremamente utile. Si tratta di una pratica sempre più frequente nell'industria manifatturiera. Nel settore dei servizi, invece, questo esercizio risulta più difficile e non (ancora) perfetto. Le associazioni degli imprenditori e altri soggetti interessati pubblici e privati dovrebbero, in modo proattivo, informare le PMI circa i possibili sviluppi.

2.19

La situazione è paradossale in quanto le dinamiche del mercato richiedono la capacità di anticipare i cambiamenti ma tale capacità è ostacolata da un futuro che si rivela altamente imprevedibile. Per eliminare questo paradosso, il CESE giudica necessarie condizioni ottimali che rendano socialmente accettabile l'adeguamento a probabili cambiamenti. Per quanto concerne la definizione dei futuri scenari, la responsabilità principale ricade sulle parti più direttamente interessate, vale a dire l'amministrazione e il personale, rappresentati dai comitati aziendali e dai sindacati. In un contesto più ampio, sono coinvolte le parti sociali a diversi livelli, i governi e i servizi di sostegno, ad esempio il mondo accademico, i consulenti, le agenzie governative e dell'UE, le ONG e infine il CESE, tra l'altro attraverso la sua commissione consultiva per le trasformazioni industriali.

2.20

Per quanto concerne l'ingresso o il rientro nel mercato del lavoro, esistono due gruppi che richiedono una particolare attenzione: i giovani e la generazione più anziana, entrambi costretti ad affrontare notevoli difficoltà di adattamento. Non esistono rimedi rapidi per risolvere alla radice problemi riguardanti la corrispondenza tra offerta e domanda. L'adattabilità delle economie è strettamente collegata ai loro attuali modelli e risultati, alla diversità delle strutture economiche e alle varie culture presenti in paesi e regioni. Come il CESE ha più volte sottolineato, è opinione generale che una moderna istruzione debba essere alla base di qualsiasi soluzione per il futuro. Essa dovrebbe essere il fondamento di capacità sufficientemente flessibili che consentano ai giovani di prepararsi a più di una professione. Negli ultimi anni, lo sviluppo di uno spirito imprenditoriale è diventato una priorità all'interno dei programmi di studio. Le imprese devono inoltre svolgere un ruolo nell'adeguamento dell'istruzione e investire nella formazione permanente. In numerosi paesi, gli imprenditori partecipano attivamente ai programmi educativi.

2.21

Come il CESE ha più volte sostenuto, l'UE, compreso il CESE, può certamente essere di aiuto in questo processo. Il Comitato fa in particolare riferimento:

al sostegno delle agenzie europee quali CEDEFOP, Eurofound e altre nella diffusione dei dati e nell'analisi;

al sostegno della Commissione, in particolare la DG Occupazione, nel dibattito sulle buone pratiche in Europa nell'ambito delle pubblicazioni e dei convegni mirati, specie per quanto concerne il dialogo sociale, e nella diffusione delle proprie analisi e proposte di nuove pratiche, elaborate da accademici ed esperti europei;

ai progetti mirati dei fondi europei: coesione, sviluppo regionale, FSE.

2.22

Per ristrutturare ed anticipare, il contesto europeo è un ulteriore elemento altamente auspicabile in quanto costituisce la base per sviluppare uno spirito comune e una responsabilità condivisa in tutta Europa, al fine di promuovere la convergenza fra livelli di approcci riconosciuti validi, i quali attualmente variano notevolmente da un paese all'altro, così come variano i risultati. Esperienze comuni e condivise possono favorire migliori risultati per le imprese, i lavoratori e le regioni.

2.23

Un altro elemento cruciale può essere la mobilità della manodopera in Europa, che solleva una serie di interrogativi ma che può anche contribuire positivamente in quanto consente di occupare posti vacanti nell'industria e di compensare la penuria di lavoratori qualificati e non (9). Bisogna in tale contesto prendere in considerazione le conseguenze negative a lungo termine della migrazione per gli Stati, le regioni e i lavoratori. La fuga di cervelli o la migrazione di persone altamente qualificate potrebbero compromettere lo sviluppo futuro. Una progressiva mobilità dei lavoratori richiede un politica regionale e sociale europea coerente, volta a contenere rischi indesiderati.

2.24

I consigli settoriali dell'UE sull'occupazione e sulle competenze, il Forum e gli osservatori dell'UE sulle ristrutturazioni, e infine gli studi condotti da Eurofound possono rivelarsi utilissimi per agevolare la condivisione di buone pratiche in Europa.

3.   Proposta di un Quadro di qualità dell'UE

3.1

Secondo il CESE, le proposte contenute nella comunicazione della Commissione (10) devono basarsi innanzitutto sulla comprensione delle diverse circostanze e dei diversi approcci esistenti e partire dalle premesse illustrate ai punti precedenti. Si tratta di una guida utile per tutte le parti interessate ai vari livelli di responsabilità individuale e vi si dovrebbe far ricorso caso per caso. È molto importante discutere questi diagrammi a livello UE al fine di agevolare un processo di condivisione delle prospettive in tutta l'Unione.

3.2

Il CESE approva quelle proposte che evidenziano l'analisi, attualmente in corso, dei cambiamenti e delle transizioni (spesso impercettibili) concernenti la domanda e l'offerta nel mercato del lavoro e delle necessarie competenze. Si tratta di una pratica già in uso in diverse imprese e di un punto costantemente all'attenzione dei dirigenti e del personale. Nelle imprese e nei gruppi transfrontalieri tale pratica va discussa congiuntamente dai dirigenti e dai comitati aziendali europei (11). La situazione attuale tuttavia non è soddisfacente. È assolutamente necessario consultare tempestivamente i rappresentanti dei lavoratori in caso di ristrutturazioni transfrontaliere. Vanno inoltre garantite l'informazione e la consultazione delle PMI.

3.3

Data l'importanza strategica delle attuali dinamiche e dei futuri cambiamenti nei sistemi di produzione, introdotti ad esempio dalla robotica, dalla digitalizzazione, dalle nanotecnologie e dalla stampa 3D, risultano opportuni un perfezionamento e un approfondimento delle pratiche esistenti nell'interesse tanto delle imprese quanto dei loro lavoratori. Lo stesso vale per le proposte concrete sulle misure destinate ai singoli lavoratori.

3.4

La maggior parte delle imprese ricorre ad approcci su misura ma esistono diversi aspetti trasversali che illustrano l'attuale rivoluzione industriale. Per tale motivo, come già sottolineato in precedenza, risultano quanto mai necessari partenariati più ampi con il mondo accademico, gli istituti di ricerca, le autorità politiche e i centri d'istruzione e formazione su base regionale. Nonostante le associazioni imprenditoriali e le reti di PMI abbiano portato al successo una serie di pratiche, le PMI di solito non sono in grado di organizzare approcci sofisticati o servizi di formazione. Devono pertanto avere l'opportunità di beneficiare di sistemi nazionali e regionali mirati e di godere di un sostegno esterno.

3.5

Il CESE attribuisce una grande importanza alla diffusione di buone pratiche. Alcune regioni europee riescono a prepararsi per il futuro in maniera sorprendente, arrecando benefici alle loro popolazioni e contribuendo alla sostenibilità dell'economia. L'UE, compreso anche il CESE, potrebbe garantire un maggiore sostegno in questo campo.

3.6

Anche i consigli settoriali dell'UE sull'occupazione e sulle competenze possono rivelarsi estremamente utili. Essi possono agire anche da piattaforme per incontri tra le parti direttamente coinvolte. Il CESE prevede che tali consigli svolgano per lo meno tre funzioni: fornitura di informazioni sulle esigenze in termini di istruzione, scambio di previsioni sulle sfide e sulle tendenze future e capacità di rendere noti i motivi che hanno portato alla necessità di ristrutturare. Tutto questo contribuirà a garantire uno scambio costante di punti di vista e a promuovere un massimo di convergenza. Le agenzie europee dovrebbero inoltre beneficiare delle conclusioni operative e pragmatiche formulate da tali consigli.

3.7

Da analisi e diagnosi comuni si possono evidenziare le responsabilità specifiche di ciascuna delle parti interessate ai vari livelli, come illustrato nei minimi particolari al capitolo 2. Si tratta di un processo evolutivo che costituisce una pratica già comune in diversi Stati membri ma che in altri Stati membri risulta attualmente poco sviluppata. Le economie in cui tali pratiche sono ben applicate generalmente registrano risultati migliori rispetto alle economie che invece accusano un ritardo in tale contesto. Come già affermato, i sistemi basati sul consenso ripagano.

3.8

Durante le ristrutturazioni, l'UE può promuovere un adeguato coordinamento tra i soggetti interessati incoraggiando procedure e processi efficaci all'interno di imprese e regioni, se necessario garantendo un sostegno a titolo dei fondi europei.

3.9

L'allegato sottolinea giustamente il ruolo del singolo lavoratore. In presenza delle condizioni e dei servizi adeguati, spetta al singolo lavoratore scegliere l'approccio che ritiene più appropriato. Anche in questo caso, può essere individuata una vasta serie di scelte individuali, ad esempio migliorare le qualifiche in modo diretto e immediato o allargare le competenze, o addirittura seguire un altro orientamento. Progressivamente, le carriere basate sulla flessibilità sia all'interno di (grandi) imprese sia in contesti più ampi stanno sostituendo la pratica del posto di lavoro unico per tutta la vita.

3.10

Tutte le parti interessate dovrebbero prendere adeguatamente in considerazione questi cambiamenti fondamentali attribuendo una particolare attenzione ai gruppi vulnerabili. In diversi Stati membri, le parti sociali e lo Stato hanno elaborato, nel corso degli anni, una serie di programmi mirati. Il CESE fa riferimento, tra gli altri, ai seguenti:

il modello danese di mercato del lavoro, noto col nome di flessicurezza. Dopo i problemi e le critiche iniziali, è stato trovato un giusto equilibrio tra i costi e i risultati di questo modello, che unisce un mercato del lavoro libero e uno Stato di tipo assistenziale (12) che comprende, tra le altre cose, una maggiore vigilanza del mercato del lavoro, accordi di condivisione del lavoro e di rotazione dei posti, incubatori per l'innovazione e un sistema di formazione professionale;

il sistema tedesco dell'apprendimento duale, nel quale il coinvolgimento delle imprese si unisce ad una politica proattiva d'istruzione e ad apprendistati pratici;

un programma come il «Knowledge lift» (miglioramento delle conoscenze), condotto tempo fa in Svezia e volto a incrementare il livello dei lavoratori adulti meno qualificati portandoli ad un grado di qualifiche medio; il programma era destinato ai lavoratori di età compresa tra i 25 e i 55 anni.

3.11

Esistono altri esempi. Alcuni sistemi sono oramai datati, altri funzionano tuttora egregiamente e illustrano in che modo il coinvolgimento dello Stato e l'impegno delle parti sociali rappresentano strumenti comuni per rispondere alle dinamiche attuali. Altri invece da qualche tempo danno risultati discontinui. Attraverso la diffusione sistematica delle buone pratiche, la Commissione dovrebbe incoraggiare le parti sociali a livello nazionale e le autorità di tutti gli Stati membri ad identificare strumenti pragmatici e utili.

3.12

Il CESE approva fermamente il fatto che la Commissione, in linea con le posizioni espresse costantemente dal Comitato nei suoi precedenti pareri così come in risposta al Libro verde (13), abbia previsto un ruolo attivo per le autorità nazionali e regionali nei processi di anticipazione dei cambiamenti e di ristrutturazione, su un piede di parità rispetto alle imprese, ai lavoratori e alle parti sociali. Spesso si sottovaluta l'estrema necessità di una loro cooperazione e corresponsabilità. Nel presentare i punti meritevoli di attenzione, la Commissione sottolinea l'importanza di un loro coinvolgimento (14).

3.13

Esistono responsabilità ai diversi livelli di governo. Nella maggior parte dei paesi, le amministrazioni nazionali sono responsabili delle condizioni quadro (giuridiche) mentre le autorità regionali possono fare molto per organizzare servizi e creare uno spirito comune, come si evince dall'esame di numerosi casi concreti. Questo vuol dire che la qualità delle amministrazioni nazionali e regionali è spesso un fattore decisivo per il successo o di insuccesso di tali operazioni. Esse dovrebbero pertanto prendere parte allo studio di casi sulle anticipazioni dei cambiamenti, sulle ristrutturazioni e sulle pratiche riconosciute valide.

3.14

La Commissione europea assume sempre più un ruolo di leader nell'organizzazione di dibattiti a livello UE e nella diffusione di buone pratiche. Al tempo stesso è in grado di sostenere lo sviluppo di uno spirito comune in tutta l'Unione. Può inoltre aiutare a creare le giuste condizioni per garantire un uso adeguato dei fondi europei. Svolge infine un ruolo nel promuovere il dialogo sociale sull'anticipazione dei cambiamenti e sulla ristrutturazione, soprattutto a livello settoriale.

3.15

La raccolta di dati concernenti le operazioni di ristrutturazione, compreso il loro impatto economico e sociale, dovrebbe essere agevolata e portare alla elaborazione di analisi. Un efficace coordinamento tra agenzie quali Eurofound e CEDEFOP, la Commissione e le altre parti interessate deve essere costantemente garantito.

Bruxelles, 10 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Comunicazione della CE sul Quadro di qualità dell'UE, pag. 15 e seguenti.

(2)  GU C 299, del 4.10.2012, pag. 54, parere sul Libro verde della Commissione «Ristrutturare e anticipare i cambiamenti».

(3)  Comunicazione della Commissione del 13 dicembre 2013.

(4)  I nuovi sviluppi attualmente all'avanguardia vengono illustrati in modo esemplare dalla relazione tedesca intitolata Raccomandazioni su come attuare l'iniziativa strategica INDUSTRIA 4.0 elaborata dall'Unione per la ricerca e dall'Accademia nazionale di scienze ed ingegneria e sponsorizzata dal ministero federale dell'Istruzione e della ricerca, aprile 2013 (con 4.0. si fa riferimento alla quarta rivoluzione industriale).

(5)  GU C 327, del 12.11.2013, pag. 82, parere in merito alla Comunicazione della Commissione sulla politica industriale 2013.

(6)  GU C 161, del 6.6.2013, pag. 35.

(7)  Sintesi delle risposte fornite al Libro verde (nota 1).

(8)  Cfr. il parere del CESE SOC/470.

(9)  GU C 318, del 29.10.2011, pag. 43.

(10)  Comunicazione della CE sul Quadro di qualità dell'UE, pag. 15 e seguenti.

(11)  Direttiva 2001/23/CE.

(12)  Cfr. Anticipazione e ristrutturazione della gestione — Danimarca, Centro di formazione internazionale, OIL, dicembre 2009.

(13)  Cfr. nota 1.

(14)  Vedi pagina 19.


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/123


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Revisione degli orientamenti comunitari concernenti il finanziamento degli aeroporti e gli aiuti pubblici di avviamento concessi alle compagnie aeree operanti su aeroporti regionali»

[C(2014) 963 final]

(2014/C 451/20)

Relatore:

M. KRAWCZYK

Correlatore:

M. WENNMACHER

La Commissione europea, in data 8 maggio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

Aiuti di Stato agli aeroporti e alle compagnie aeree.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 183 voti favorevoli, 3 voti contrari e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato accoglie con favore il nuovo regolamento della Commissione europea sugli orientamenti in materia di aiuti di Stato a favore degli aeroporti e delle compagnie aeree. Il regolamento, atteso a lungo sia dagli aeroporti che dalle aerolinee, istituisce un quadro, comprendente in particolare periodi transitori, per affrontare alcuni importanti problemi di un settore dei trasporti UE in radicale mutamento.

1.2.

Il CESE deplora che, a causa di pressioni ingiustificate provenienti da lobby e politici eletti a livello locale, il regolamento finale adottato dalla Commissione europea non fornisca strumenti sufficienti per incrementare in modo significativo la trasparenza del mercato/settore europeo dell’aviazione. Lo sviluppo delle infrastrutture terrestri per l’aviazione deve essere coordinato meglio a diversi livelli (UE, Stati membri, regioni). L’uso di fondi dei contribuenti, comprese le risorse di bilancio dell’UE, dev’essere adeguatamente preparato sulla base di uno studio di fattibilità non distorto da politiche puramente locali, ma convalidato da una pertinente domanda economica e sociale. Tale studio dovrebbe anche valutare la sostenibilità del progetto, integrandovi criteri di destinazione d’uso del suolo, l’impatto sull’occupazione, le condizioni di lavoro e l’impatto ambientale. Occorre inoltre tenere conto della necessaria coerenza con progetti strategici come il cielo unico europeo e SESAR.

1.3.

Il CESE esprime preoccupazione per il numero crescente di procedimenti avviati dalla Commissione in materia di concorrenza e per l’atteggiamento inadeguato degli Stati membri riguardo alla mancanza di condizioni di concorrenza eque nel settore dell’aviazione dell’UE. Un periodo transitorio estremamente lungo prima che gli aeroporti diventino redditizi non fornisce un incentivo sufficiente per cambiamenti significativi a tal riguardo.

1.4.

Il CESE si rammarica fortemente che non sia mai stato realizzato lo studio, volto a presentare lo stato attuale degli aiuti di Stato e delle pratiche affini per quanto riguarda l’attuazione degli orientamenti sull’aviazione, che il Comitato stesso aveva richiesto nel suo precedente parere. Su questo aspetto il documento della Commissione lascia troppo spazio a vaghe argomentazioni politiche, e non include sufficienti dati oggettivi per proporre soluzioni affidabili. Il CESE ribadisce la propria richiesta che considera tuttora pertinente e giustificata. Il suddetto studio dovrebbe fornire informazioni sulla quantità e sul tipo di aiuti, sul loro effettivo impatto sullo sviluppo e sull’efficienza dell’economia e sulle loro ripercussioni occupazionali quantitative e qualitative.

1.5.

In quest’ottica, il CESE considera importante stimolare il dialogo sociale ed evitare il dumping sociale nel settore. È altresì importante predisporre un meccanismo per garantire che siano costantemente disponibili dati aggiornati sull’evoluzione del mercato del lavoro nell’aviazione.

1.6.

Uno dei maggiori problemi risultanti dall’attuazione dei precedenti orientamenti è stata un’applicazione insufficiente. Il CESE esprime preoccupazione per il rischio che il gran numero di «eccezioni» previste dall’attuale regolamento — oltre a un periodo di transizione estremamente lungo — consenta a questa situazione di continuare anche in futuro, mettendo a repentaglio il conseguimento dell’obiettivo principale del regolamento: la creazione di condizioni di concorrenza eque.

1.7.

Un’applicazione retroattiva degli orientamenti sull’aviazione per quanto riguarda gli aiuti al funzionamento dovrebbe consentire agli aeroporti e alle compagnie aeree che da anni superano il quadro stabilito dagli orientamenti del 2005 di conformarsi alle nuove norme. Analogamente, un’applicazione retroattiva dei nuovi orientamenti sull’aviazione dovrebbe evitare di penalizzare gli operatori di mercato che hanno aderito agli orientamenti della Commissione del 2005 allora applicabili.

1.8.

Vi è inoltre la possibilità che tale problema incida negativamente sulla capacità del settore europeo dell’aviazione di migliorare la connettività. Le condizioni di concorrenza eque sono necessarie per ripristinare la sostenibilità del settore. L’audizione pubblica organizzata dal CESE nel 2014 ha dimostrato chiaramente che l’attuale «corsa alle sovvenzioni» rischia di mettere a rischio la situazione dell’aviazione europea e ne sta compromettendo gravemente la sostenibilità

1.9.

Il CESE riconosce l’impostazione che gli orientamenti sull’aviazione conferiscono alla regolamentazione degli aiuti di avviamento alle compagnie aeree, anche se sarà soltanto l’attuazione delle nuove regole a stabilire, in definitiva, se si saranno conseguite chiarezza e semplicità.

1.10.

Per quanto riguarda i piani di nuove compagnie aeree con un considerevole apporto di fondi pubblici, il CESE ritiene che per i proprietari e i dirigenti di aeroporti regionali, poco preparati a gestire tali questioni, vengano organizzati programmi di sensibilizzazione e pratiche di sostegno.

1.11.

L’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato nel mercato interno deve trovare un riscontro nei paesi terzi. Le autorità dell’UE devono essere coerenti e adattare la loro politica per quanto riguarda l’accesso al mercato dell’UE, specialmente per operatori che nei rispettivi Stati membri beneficiano di condizioni favorevoli, tali da provocare distorsioni della concorrenza. Ciò è necessario per garantire condizioni eque di concorrenza a livello mondiale.

1.12.

Se il settore dell’aviazione dell’UE vuole rispondere in modo sostenibile a una domanda sempre crescente, esso deve offrire posti di lavoro di qualità e buone condizioni di lavoro, al fine di rispettare tanto gli interessi dei passeggeri quanto le esigenze di sicurezza. Come già detto, è importante stimolare il dialogo sociale ed evitare il dumping sociale nel settore. Nel settore dell’aviazione UE già esistono diversi gruppi costituiti a fini di discussione con le parti sociali interessate, e per motivi di efficienza devono essere ulteriormente migliorati ed ampliati grazie alla partecipazione di rappresentanti degli aeroporti. È altresì importante accrescere il grado di sensibilizzazione degli operatori e non concedere aiuti di Stato in caso di mancata conformità alle norme pertinenti, e in particolare qualora vengano infrante le vigenti disposizioni di diritto del lavoro.

1.13.

Anche per questo sarà estremamente importante seguire con attenzione l’attuazione dei «nuovi» orientamenti sull’aviazione ora in vigore. La Commissione europea dovrebbe valutare la capacità di conseguire gli obiettivi prefissi e riferire al più tardi entro 12 mesi.

2.   Introduzione

2.1.

Il settore europeo dell’aviazione è stato concepito come un mercato in cui la domanda determina le tariffe aeree e gli utenti sostengono i costi del trasporto aereo pagando dette tariffe e oneri volti a creare «una politica dei trasporti competitiva e sostenibile» (Libro bianco sui trasporti, 2011). Tuttavia, gli aiuti di Stato agli aeroporti e alle compagnie aeree avevano creato fondamentali carenze strutturali nel mercato dell’aviazione europea, che dovevano essere corrette.

2.2.

La Commissione europea prevedeva da molto tempo di rivedere gli orientamenti del 1994 sull’applicazione degli articoli 92 e 93 del trattato CE sugli aiuti di Stato nel settore dell’aviazione e gli orientamenti dell’UE del 2005 concernenti il finanziamento degli aeroporti e gli aiuti pubblici di avviamento concessi alle compagnie aeree operanti su aeroporti regionali (in appresso «orientamenti sull’aviazione»). Da tempo erano necessarie norme più chiare, tali da consentire la concessione di aiuti agli aeroporti solo se realmente necessari, in particolare in quanto era ampiamente riconosciuto che i precedenti orientamenti per il settore dell’aviazione non erano stati attuati in modo efficace.

2.3.

Alla sua 482a sessione plenaria dell’11 luglio 2012, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha adottato un supplemento di parere sul tema Revisione degli orientamenti del 1994 e del 2005 sull’aviazione e gli aeroporti nell’UE (CCMI/95). In quel parere, oltre a descrivere accuratamente lo sviluppo del mercato europeo dell’aviazione e i gravi ostacoli all’attuazione degli orientamenti allora vigenti in materia, il CESE formulava una serie di conclusioni e raccomandazioni.

2.4.

Il CESE sosteneva la necessità di adottare un quadro giuridico dell’UE standardizzato per l’intero settore dell’aviazione, che impedisse le pratiche di sovvenzionamento incontrollate e garantisse condizioni di parità per tutti i partecipanti al mercato, anche a livello locale.

2.5.

Il Comitato faceva notare che i nuovi orientamenti devono essere definiti tramite una serie di regole chiare e semplici al fine di garantire la certezza giuridica per il settore dell’aviazione europeo. Il CESE sottolineava altresì l’importanza di una corretta attuazione degli orientamenti sull’aviazione, la cui applicazione sarebbe stata della massima rilevanza.

2.6.

Secondo quanto affermato dal CESE nel precedente parere (CCMI/95) i nuovi orientamenti che saranno proposti dalla Commissione avrebbe dovuto prefiggersi l’obiettivo di proteggere tutti i tipi di vettori da aiuti finanziari discriminatori, poco chiari e con effetti distorsivi, erogati da amministrazioni o da aeroporti regionali. I finanziamenti pubblici non devono distorcere la concorrenza, né tra gli aeroporti né tra le compagnie aeree.

2.7.

Il Comitato insisteva sul fatto che gli aiuti di Stato agli investimenti in infrastrutture aeroportuali e gli aiuti all’avviamento per le compagnie aeree dovevano essere consentiti soltanto in casi rigorosamente definiti ed essere limitati in termini di durata e di intensità. Inoltre essi dovevano essere concessi solo in circostanze eccezionali e nel pieno rispetto dei principi di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione.

2.8.

Per quanto riguarda la trasparenza, il CESE concludeva che le condizioni per ottenere aiuti pubblici devono essere rese note ai cittadini. Inoltre, devono essere integralmente pubblicati gli aiuti disponibili per gli aeroporti e i vettori, nonché le condizioni alle quali tali aiuti sono stati erogati.

2.9.

In linea di principio, secondo il CESE, gli investimenti privati non possono essere considerati aiuti di Stato. Al tempo stesso, un soggetto pubblico può agire come un investitore privato se l’investimento è giustificabile sul piano commerciale.

2.10.

Il CESE riteneva necessaria l’elaborazione di uno studio che illustrasse la situazione contingente degli aiuti di Stato e delle pratiche affini per quanto riguarda l’attuazione degli orientamenti sull’aviazione. In particolare, per valutare se e in quali termini le pratiche in vigore provocassero una distorsione della concorrenza tra gli aeroporti e tra le compagnie aeree, lo studio doveva fornire informazioni in merito all’entità e alla tipologia degli aiuti concessi, al loro impatto sullo sviluppo/efficienza economica reale e ai loro effetti quantitativi e qualitativi sull’occupazione.

2.11.

Il CESE sottolineava che i nuovi orientamenti dovevano tenere conto degli interessi di lavoratori e passeggeri. Considerato che le risorse umane sono un elemento essenziale della qualità dei sistemi di trasporto aereo, un’industria dell’aviazione civile sostenibile deve offrire un’occupazione di qualità e buone condizioni di lavoro. In quest’ottica, è importante stimolare il dialogo sociale ed evitare il dumping sociale nel settore.

2.12.

Il CESE auspicava inoltre l’adozione di una politica a lungo termine per lo sviluppo degli aeroporti regionali. Gli orientamenti sull’aviazione possono essere applicati in modo efficace soltanto a condizione di stabilire delle chiare priorità politiche riguardo allo sviluppo degli aeroporti regionali. Avrebbe dovuto essere compito della Commissione fare in modo che quest’agenda politica venisse predisposta al più presto.

2.13.

Il CESE invitava gli Stati membri a sostenere con forza e ad impegnarsi nella preparazione e nell’attuazione dei nuovi orientamenti. Ciò era particolarmente importante in relazione all’assegnazione dei finanziamenti UE nel nuovo quadro finanziario pluriennale. «Infatti, per fare di più con meno risorse occorre definire chiaramente le priorità. Lo sviluppo regionale è molto importante, ma non dovrebbe giustificare l’ulteriore sviluppo di aeroporti in una situazione in cui non è possibile creare una domanda sufficiente».

3.   Orientamenti sull’aviazione: la situazione attuale

3.1.

Il 20 febbraio 2014 la Commissione europea ha adottato i propri orientamenti in materia di aiuti di Stato a favore degli aeroporti e delle compagnie aeree, che sostituiscono quelli in vigore da quasi dieci anni (risalenti al 1994 e al 2005).

3.2.

Le nuove norme consentono la concessione di aiuti al funzionamento per i piccoli aeroporti non redditizi durante un periodo transitorio di 10 anni, trascorso il quale gli aeroporti devono essere in grado di coprire le proprie spese. Massimale ammissibile di aiuti:

il 50 % del deficit di finanziamento operativo iniziale per gli aeroporti con un traffico inferiore a 3 milioni di passeggeri l’anno;

l’80 % per gli aeroporti con un traffico non superiore a 7 00  000 passeggeri l’anno.

3.2.1.

Tuttavia, sarà ancora possibile ottenere un risarcimento per i costi di esercizio non coperti dei servizi di interesse economico generale (SIEG). Dette misure si applicheranno agli aeroporti con un ruolo importante nel miglioramento della connettività regionale delle regioni remote o periferiche isolate.

3.3.

Gli aiuti più mirati agli investimenti sono autorizzati soltanto in presenza di una reale necessità di trasporto e quando gli effetti positivi sono chiari. Ulteriori capacità di trasporto vanno create soltanto in presenza di una domanda in questo senso. Nessun aiuto agli investimenti sarà consentito quando essi mettano a repentaglio aeroporti situati nello stesso bacino di utenza, o nelle zone già ben collegate attraverso altri modi di trasporto.

3.3.1.

Massimale ammissibile di aiuti agli investimenti:

fino al 25 % per gli aeroporti con un traffico compreso tra i 3 e i 5 milioni di passeggeri l’anno;

fino al 50 % per gli aeroporti con un traffico compreso tra 1 e 3 milioni di passeggeri l’anno;

fino al 75 % per gli aeroporti con un traffico inferiore a 1 milione di passeggeri l’anno;

nessun aiuto per gli aeroporti con un traffico superiore ai 5 milioni di passeggeri l’anno (con eccezioni minori, ad esempio per la rilocalizzazione).

Il massimale per gli aiuti agli investimenti per il finanziamento di infrastrutture aeroportuali può essere aumentato fino a un massimo del 20 % per gli aeroporti situati in regioni remote.

3.4.

Le compagnie aeree possono ricevere aiuti che coprano fino al 50 % delle tasse aeroportuali per le nuove destinazioni per un periodo di 3 anni. Modalità più flessibili possono essere giustificate per gli aeroporti situati in regioni remote.

3.5.

Gli accordi tra le compagnie aeree e gli aeroporti sono considerati esenti da aiuto se si può stabilire che un investitore privato, che operi in normali condizioni di mercato, avrebbe accettato gli stessi termini. Se non genera profitti, l’accordo tra l’aeroporto e la compagnia è considerato come un intervento pubblico a sostegno della compagnia aerea.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/127


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una nuova strategia forestale dell'Unione europea: per le foreste e il settore forestale

COM(2013) 659 final

(2014/C 451/21)

Relatore:

KALLIO

Correlatore:

BURNS

La Commissione, in data 20 settembre 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Una nuova strategia forestale dell'Unione europea: per le foreste e il settore forestale

COM(2013) 659 final.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 111 voti favorevoli e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente la nuova strategia forestale dell'Unione europea (UE) e i due documenti di lavoro dei servizi della Commissione che l'affiancano. L'elaborazione di detta strategia è assolutamente necessaria considerando le crescenti pressioni e minacce cui le foreste vengono attualmente sottoposte e tenendo conto che numerose politiche settoriali europee e le norme ad esse collegate incidono sul settore forestale e sulle foreste stesse. Il CESE pertanto sollecita sia la Commissione sia gli Stati membri ad assicurare che la strategia venga attuata in modo efficace ed efficiente.

1.2

In tale contesto, il CESE ricorda alla Commissione che il Trattato sul funzionamento dell'UE non fa alcun riferimento ad una politica forestale comune dell'UE e che il controllo di tali politiche dovrebbe rimanere di competenza degli Stati membri.

1.3

Il CESE sostiene l'approccio olistico ed equilibrato fra i tre pilastri (economico, ambientale e sociale) della sostenibilità illustrato dai tre titoli principali della strategia forestale dell'UE, che prevede complessivamente otto aree prioritarie. Ritiene inoltre che gli orientamenti strategici forniti per ciascuna delle aree prioritarie dovrebbero essere utilizzati per assicurare una rapida implementazione della strategia.

1.4

Considerando la grande importanza delle foreste per lo sviluppo delle zone rurali e al fine di conseguire gli obiettivi fissati dalla strategia, il CESE chiede che i programmi di sviluppo rurale prevedano misure in campo forestale e che dette misure vengano promosse per garantire una maggiore utilizzazione dei finanziamenti disponibili.

1.5

Per rispondere ad una maggiore esigenza di manodopera dovuta alla meccanizzazione sempre crescente nella catena di valore forestale e per far fronte alle sfide poste dai cambiamenti climatici e dall'ambiente, il CESE sottolinea la necessità di promuovere la formazione, l'istruzione e il trasferimento di conoscenze a tutti i livelli del settore forestale. In tale contesto, il CESE chiede inoltre alla Commissione e agli Stati membri di incoraggiare la ricerca su come migliorare il potenziale occupazionale e le condizioni lavorative nel settore forestale.

1.6

Per il CESE il dibattito sui criteri di gestione sostenibile delle foreste dovrebbe, a prescindere dall'utilizzo finale della biomassa forestale, basarsi sui criteri e sugli indicatori riconosciuti e accettati a livello globale, formulati nel corso del processo «Forest Europe» (1), e dovrebbe inoltre tener conto delle caratteristiche particolari degli Stati membri, dei sistemi esistenti e della legislazione in vigore in campo forestale.

1.7

Per quanto concerne i principi che disciplinano l'utilizzo prioritario del legno, il CESE respinge qualsiasi norma giuridicamente vincolante e privilegia un approccio aperto basato sul mercato e la libertà degli operatori di mercato.

1.8

Per far fronte alle sfide poste dal cambiamento climatico, il CESE invita gli Stati membri a cooperare a livello transfrontaliero e condivide gli appelli a rendere le foreste europee più adattabili e resistenti, includendo la prevenzione degli incendi e altre soluzioni di adattamento che consentano di combattere i rischi naturali. Adeguati sforzi dovrebbero concentrarsi sulla resistenza e la multifunzionalità delle foreste.

1.9

Il CESE approva il ricorso ai piani di gestione delle foreste, ma sottolinea che il loro uso deve continuare ad essere volontario e che devono essere chiaramente distinti dai piani di gestione previsti da Natura 2000 al fine di evitare costi e oneri burocratici superflui.

1.10

Una migliore base di conoscenze è la chiave per capire le molteplici sfide cui deve far fronte il settore forestale. Il CESE pertanto giudica necessario lavorare a favore dell'armonizzazione dei dati e di una maggiore condivisione e trasparenza dell'informazione, rispettando al tempo stesso i diritti di proprietà.

1.11

Il CESE è favorevole alla promozione del legno e di altri materiali forestali, tra cui il sughero, come materia prima autoctona, sostenibile, rinnovabile e rispettosa nei confronti del clima e dell'ambiente. È altresì convinto che il settore forestale debba svolgere un ruolo chiave nel successo di una futura bioeconomia.

1.12

Allo scopo di promuovere la competitività del settore forestale, il CESE sottolinea l'importanza di fare il miglior uso possibile delle opportunità di finanziamento attuali e future, onde sostenere la ricerca e l'innovazione, e sottolinea il ruolo di iniziative quali i Partenariati europei per l'innovazione (PEI) (2) o i Partenariati pubblico-privati (PPP) sulle bioindustrie (3).

1.13

Considerando le grandi potenzialità e i diversi vantaggi insiti nell'uso della biomassa forestale per un'economia verde, il CESE invita la Commissione e gli Stati membri ad adoperarsi per stabilire modalità volte a promuovere una gestione forestale attiva e un uso migliore del legname per la realizzazione degli obiettivi previsti per il 2020 (4), riconoscendo nel contempo i limiti della sostenibilità.

1.14

Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri ad incrementare gli sforzi per valutare i servizi ecosistemici e a promuovere la creazione di un apposito mercato per tali servizi. Gli Stati membri dovrebbero creare e coordinare sistemi di compensazione per far fronte alle attuali carenze del mercato.

1.15

Un potenziamento del coordinamento e della comunicazione con tutti i gruppi di interesse sarà necessario per elaborare e monitorare con successo la strategia forestale dell'UE. Il CESE sottolinea pertanto l'importanza di assicurare e di incrementare la partecipazione delle parti interessate, il che presuppone un rafforzamento dei gruppi che intervengono nel dialogo civile, ad esempio il Comitato consultivo sul settore forestale. Occorre altresì prendere in considerazione la possibilità di creare gruppi ad hoc, comprendenti rappresentanti del CESE e del CdR.

1.16

Il CESE sollecita la Commissione, gli Stati membri e tutti gli altri soggetti pertinenti a riprendere i negoziati con l'obiettivo di adottare consensualmente un accordo giuridicamente vincolante sulle foreste in Europa. Insieme alla strategia forestale dell'UE, tale accordo rappresenterebbe uno strumento chiave per il rafforzamento del settore forestale nel suo complesso. Definizioni ed obiettivi chiari in materia di gestione sostenibile delle foreste a livello paneuropeo avrebbero anch'essi un impatto sul piano globale.

1.17

Infine, il CESE seguirà e parteciperà a tutte le iniziative attuali e future basate sulla strategia forestale dell'UE o su altri documenti collegati, tra cui i documenti di lavoro dei servizi della Commissione.

2.   Introduzione

2.1

Le foreste e le altre zone boschive rappresentano più del 40 % del territorio europeo e la loro straordinaria importanza è indiscussa. Tra le varie regioni esistono importanti differenze in termini di risorse, struttura, gestione e uso delle foreste. Nel complesso, la copertura forestale europea è in aumento, in quanto negli ultimi decenni è incrementata di circa lo 0,4 % l'anno. Anche la situazione concernente le risorse forestali in crescita è positiva in quanto solo il 60-70 % dell'incremento annuo viene abbattuto. Circa il 60 % delle foreste è in mano a privati, mentre il resto è di proprietà pubblica.

2.2

Sul territorio dell'UE, ma in particolare nelle zone ad alta densità boschiva, si mette l'accento in modo sensibile sulla multifunzionalità, in quanto le foreste soddisfano obiettivi sociali, ambientali e anche economici. Esse forniscono un habitat ad animali e piante, e hanno un ruolo importante da svolgere nel mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e nell'offrire altri servizi ecosistemici, tra cui la caccia, i frutti di bosco o la salute umana, lo svago o il turismo. Le foreste sono importanti anche per motivi socioeconomici ma questo è un aspetto sovente sottovalutato. Il settore forestale e le industrie ad esso connesse danno lavoro a più di tre milioni di persone e risultano essenziali per il benessere e l'occupazione nelle zone rurali.

2.3

L'idea di rendere il settore forestale sostenibile non è nuova. Il concetto di gestione sostenibile è stato ideato circa 300 anni fa proprio nel settore delle foreste; da allora l'approccio che consiste in una gestione responsabile ha subito un costante sviluppo e si è diffuso progressivamente a tutti i rami dell'economia. La definizione primaria di gestione sostenibile delle foreste, stabilita nella Risoluzione della Conferenza ministeriale di Helsinki sulla protezione delle foreste in Europa del 1993, ha rappresentato una pietra miliare in questo processo e colloca il principio della sostenibilità in un contesto globale.

2.4

L'Unione europea dispone oramai da 15 anni di una strategia per il settore forestale. Basandosi su una risoluzione del Parlamento europeo (5), nel 1998 la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione (6) per l'attuazione di tali orientamenti politici.

2.5

Su richiesta del Consiglio (7), nella primavera del 2005 la Commissione ha pubblicato una relazione sull'attuazione della strategia forestale (8), in seguito completata dall'elaborazione di un piano d'azione dell'UE in materia di foreste che copre un periodo di cinque anni, dal 2007 al 2011 (9).

2.6

La valutazione ex post del piano d'azione (usata come strumento per l'attuazione della strategia forestale del 1998) è stata intrapresa parallelamente alla proclamazione del 2011 Anno internazionale delle foreste.

2.7

Nonostante il Trattato sul funzionamento dell'UE non faccia alcun riferimento ad una politica forestale comune dell'Unione, numerose politiche settoriali e relative normative, concernenti ad esempio l'approvvigionamento energetico o le questioni relative all'ambiente e al clima, stanno conducendo di fatto allo sviluppo di una politica forestale comune europea. Il 20 settembre 2013 la Commissione europea ha pubblicato la sua comunicazione su una nuova strategia forestale dell'UE per rispondere alle sfide sempre crescenti — talvolta in conflitto tra loro — cui devono far fronte le foreste e il settore forestale, e alla necessità di una politica più coerente.

3.   La nuova strategia forestale

3.1

Il documento di base della Commissione è affiancato da due altri documenti di lavoro, più particolareggiati, elaborati dai servizi della Commissione. Il primo è incentrato sul processo, l'analisi e il percorso da seguire fissati dalla strategia, mentre il secondo illustra in modo dettagliato le industrie forestali europee, ad esempio la lavorazione del legno, l'industria del mobile, la fabbricazione e la trasformazione della carta e della pasta di carta, e la stampa/tipografia (10). Dato il loro carattere complementare e la loro importanza, i documenti di accompagnamento dovrebbero essere oggetto di attenta considerazione. Il CESE dovrebbe seguire e partecipare a tutte le iniziative attuali e future basate sulla strategia forestale dell'UE o su altri documenti collegati.

3.2

La Commissione ha scelto di presentare le future aree d'intervento della strategia nell'ambito di tre titoli principali e di un totale di otto aree prioritarie.

3.3

Gli «orientamenti strategici» forniti per ciascuna delle otto aree prioritarie assicurano che la strategia risponda anche all'esigenza di proporre misure concrete e non solo di fare generiche dichiarazioni d'intenti.

3.4

Per permettere una rapida attuazione della nuova strategia forestale, la Commissione non propone di elaborare un nuovo piano d'azione separato. La strategia contiene invece un elenco di misure specifiche destinate alla realizzazione dei suoi obiettivi.

3.5

La nuova strategia forestale è stata pubblicata a seguito della valutazione finale della strategia precedente e poco prima dell'inizio del prossimo periodo di programmazione e del quadro finanziario pluriennale per il 2014-2020.

3.6

Il contesto economico e politico dell'UE è cambiato radicalmente dalla pubblicazione della strategia precedente, avvenuta nel 1998. La nuova strategia è inserita in un quadro regolamentare completamente nuovo, tra l'altro in termini di impegni internazionali.

3.7

La Commissione ha voluto che la presentazione della nuova strategia coincidesse con i negoziati condotti dal comitato intergovernativo Forest Europe in vista di un accordo giuridicamente vincolante sulle foreste in Europa (11). Qualora venisse applicato, questo accordo sostituirebbe le attuali raccomandazioni e comprenderebbe definizioni e obiettivi chiari per una gestione sostenibile delle foreste che dovrebbero essere adottati dagli Stati firmatari.

3.8

Il CESE ha dato il proprio sostegno a diversi processi in ambito forestale (cfr. Allegato 1), compresa la nuova strategia sin dal suo avvio (12), formulando una serie di raccomandazioni. Quando nel 2005 la Commissione ha presentato la sua relazione sull'attuazione, il CESE ha colto l'occasione per elaborare un parere con un'ampia prospettiva sul ruolo delle foreste e del settore forestale in un ambiente in mutamento. Il presente parere rappresenta in parte un aggiornamento del precedente documento del CESE, alla luce delle sfide future.

4.   Osservazioni generali sulla nuova strategia forestale

4.1

La strategia tiene conto del fatto che il Trattato sul funzionamento dell'UE non fa alcun riferimento ad una politica forestale comune dell'Unione; pertanto il controllo sulle politiche in questo campo resta di competenza degli Stati membri. La strategia è inoltre a tutto campo, in quanto crea un equilibrio tra gli aspetti economici, sociali e ambientali della silvicoltura sostenibile e comprende, oltre alle foreste e al settore forestale, le industrie di trasformazione.

4.2

La strategia mette l'accento sulla gestione sostenibile delle foreste e sulla multifunzionalità, che consente di produrre un ampio ventaglio di prodotti e servizi in modo equilibrato e garantisce la protezione delle foreste stesse. Attualmente nell'UE viene abbattuto solo poco più del 60 % della crescita forestale annua; l'obiettivo della strategia è pertanto quello di promuovere l'occupazione in campo forestale e la prosperità in Europa rendendo questo settore più competitivo e l'uso del legno più versatile, nel quadro degli sforzi volti a creare una bioeconomia basata sulle materie prime rinnovabili.

4.3

La nuova strategia rappresenta un approccio a vasto raggio e un tentativo di migliorare il coordinamento in materia forestale nell'UE, da un lato promuovendo un'attuazione efficace ed effettiva e dall'altro cercando di evitare inutili oneri burocratici e di garantire risultati più concreti in campo forestale nell'UE.

4.4

La silvicoltura e l'industria forestale di trasformazione possono fornire un contributo reale al successo della strategia Europa 2020. Raggiungere questo obiettivo, tuttavia, significa collegare strettamente la strategia forestale con il perseguimento degli obiettivi di Europa 2020, promuovendo un'attuazione efficace ed efficiente della strategia forestale in tutte le politiche pertinenti.

4.5

La valutazione dei dati più recenti circa l'attuazione delle misure forestali da parte degli Stati membri a titolo delle politiche di sviluppo rurale ha mostrato che gli strumenti della politica rurale non sono stati utilizzati appieno. Ai fini di una migliore realizzazione degli obiettivi stabiliti dalla strategia forestale, gli Stati membri vengono sollecitati a dare il giusto peso alle misure forestali in sede di programmazione e attuazione. La cosa risulta particolarmente necessaria al fine di incrementare la partecipazione e la mobilitazione della miriade di piccole imprese familiari e di foreste private, e in tale contesto la semplificazione delle procedure e la riduzione degli oneri burocratici potrebbero dare un contributo.

4.6

Per il futuro, l'idea è quella di sostenere gli obiettivi della strategia avvalendosi delle misure e degli strumenti previsti dal pacchetto sulle foreste contenuto nel regolamento sullo sviluppo rurale (13).

4.7

La strategia incoraggia gli Stati membri ad elaborare, in collaborazione con le parti sociali, misure destinate a garantire un uso più adeguato del potenziale occupazionale del settore, a rafforzare le capacità di coloro che vi lavorano e a migliorare ulteriormente le condizioni lavorative. Occorre avviare attività di ricerca nuove e mirate sulla forza lavoro impiegata nelle foreste europee, ad esempio in settori quali la costruzione stradale, l'impianto, la manutenzione delle foreste, il taglio degli alberi, l'estrazione, i trasporti, i servizi d'informazione e i servizi ambientali. Le politiche e i programmi degli Stati membri dovrebbero, in linea di massima, contribuire a migliorare la competitività della silvicoltura e del settore forestale nel suo complesso al fine di creare crescita e occupazione a lungo termine.

4.8

La strategia sottolinea il ruolo versatile delle foreste nel dare una mano alla realizzazione degli obiettivi in materia di clima ed energia. Il raggiungimento di questi obiettivi può essere sostenuto da una gestione e da un utilizzo attivi delle foreste, che potrebbero portare ad una maggiore crescita forestale e ad una maggiore cattura di carbonio, oltre a rendere possibile la sostituzione delle fonti energetiche e dei materiali fossili con un materiale rinnovabile quale il legno.

4.9

La strategia riconosce che le foreste e i loro ecosistemi richiedono una protezione speciale a causa dei cambiamenti climatici e di altre minacce esterne.

4.10

Nella strategia si riconosce l'importanza di migliorare la pubblica informazione sulle foreste e la silvicoltura, nonché sul legname in quanto materia prima rinnovabile. Campagne mirate da parte della Commissione e degli Stati membri volte a sensibilizzare la pubblica opinione circa il ruolo che le foreste svolgono per la nostra società e viceversa dovrebbero andare a sostegno di questo processo.

5.   Osservazioni specifiche

5.1

Nella strategia si sottolinea che il legno è una materia prima sostenibile, rinnovabile, rispettosa del clima e dell'ambiente e utilizzabile per una grande varietà di possibili scopi. Processi e prodotti efficienti sotto il profilo delle risorse e dell'energia nonché ecologicamente responsabili contribuiscono alla competitività del settore forestale ed in particolare sono destinati a svolgere un ruolo maggiore nella bioeconomia europea. Questo farà aumentare la domanda e con essa la necessità di una maggiore produzione di legno sostenibile. Si reputa necessario valutare nuovamente il potenziale approvvigionamento di legname, ad esempio attraverso una mappatura delle strutture di proprietà delle foreste e la possibilità di promuovere un maggiore ricorso a legno sostenibile. Soluzioni adeguate a tale proposito dovrebbero essere elaborate in consultazione con l'intera catena di valore del settore forestale.

5.2

La strategia prevede che la Commissione elabori, in collaborazione con gli Stati membri e le parti interessate, dei principi per stabilire un elenco di priorità nell'utilizzo del legno. Tuttavia, norme giuridicamente vincolanti sulla gerarchia nell'uso della biomassa forestale, che stabiliscano delle priorità in materia, sarebbero chiaramente contrarie all'economia aperta di mercato e alla libertà di coloro che vi prendono parte.

5.3

Come si afferma nella strategia, nel 2014 la Commissione lancerà, in collaborazione con gli Stati membri, una valutazione cumulativa dei costi della legislazione dell’UE concernente la catena di valore nell'industria forestale. Dato che tale valutazione è di capitale importanza per l'intero settore, tutte le parti direttamente coinvolte nella catena di valore forestale dovrebbero prendervi parte, garantendo un quadro completo e globale del settore e un approccio coerente.

5.4

Le foreste albergano ingenti risorse in termini di biodiversità e, oltre al legno e ad altri prodotti forestali in quanto materia prima (ad esempio il sughero), forniscono una serie di servizi ecosistemici dai quali dipendono comunità rurali e urbane. Le condizioni mutevoli dovute, ad esempio, al cambiamento climatico, la diffusione di specie alloctone invasive, la scarsità di risorse idriche, gli incendi, le tempeste e gli organismi nocivi incrementano la pressione sulle foreste e fanno aumentare i possibili rischi naturali. Adeguati sforzi di protezione dovrebbero concentrarsi sulla resistenza e la multifunzionalità delle foreste.

5.5

La strategia stabilisce l'obiettivo di garantire e di realizzare, entro il 2020, un equilibrio tra la gestione sostenibile e le varie funzioni delle foreste. In tale contesto, l'UE dovrebbe fare di più per valutare i servizi ecosistemici e creare per questi ultimi un apposito mercato. Per assicurare un funzionamento più corretto di tale mercato risulta necessaria la creazione, da parte degli Stati membri, di meccanismi di compensazione per far fronte alle attuali carenze del mercato; ad esempio i proprietari terrieri dovrebbero essere adeguatamente risarciti per le restrizioni imposte dalla tutela dei servizi ecosistemici.

5.6

A parte la produzione di legname e di materiale per uso energetico, le foreste assicurano diversi altri prodotti ai quali la strategia dedica una scarsa attenzione. La produzione di sughero, ad esempio, è molto importante, soprattutto nelle zone mediterranee, e presenta diversi vantaggi: il sughero è un prodotto naturale ricavato da fonti rinnovabili attraverso un processo compatibile con l'ambiente che non richiede il taglio completo degli alberi. L'industria del sughero dimostra la sua importanza, in quanto fornisce un contributo significativo alla creazione di posti di lavoro e consente di mantenere la stabilità ecologica dell'ecosistema fragile e minacciato del Mediterraneo.

5.7

L'elaborazione e l'attuazione di piani di gestione forestale si basano sul principio della sostenibilità e sulle buone pratiche. La strategia contiene una proposta volta ad includere le considerazioni in materia di biodiversità, ad esempio gli obiettivi di conservazione di Natura 2000, in detti piani di gestione. Collegare i piani di gestione forestale, che rappresentano strumenti di pianificazione operativa ad uso dei proprietari terrieri, con i piani di gestione di Natura 2000, che invece sono strumenti di pianificazione pubblica destinati al livello degli enti locali, renderebbe meno chiare le differenze tra i livelli di pianificazione e le responsabilità. Oltretutto questo causerebbe un notevole aumento della burocrazia e dei costi collegati all'elaborazione di un piano di gestione forestale.

5.8

I fenomeni atmosferici estremi, sempre più frequenti e dimostrativi dei cambiamenti climatici, richiedono anch'essi un approccio attivo al settore forestale europeo. L'obiettivo della Commissione è di preservare e promuovere la resistenza e l'adattabilità delle foreste europee. Pertanto il materiale forestale riproduttivo delle specie arboree e gli ibridi artificiali che sono importanti per la silvicoltura dovrebbero non solo essere resi geneticamente adattabili alle condizioni e presentare un elevato livello di qualità, ma fornire anche un contributo sostenibile alla conservazione della biodiversità.

5.9

Nella strategia, la Commissione chiede l'istituzione di un quadro d'azione per prevenire, ridurre al minimo e mitigare gli effetti negativi delle specie alloctone invasive sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici, Un'azione del genere dovrebbe tener conto anche dei danni sociali ed economici. Tuttavia, anche al momento di fissare priorità per quanto concerne le specie alloctone invasive, si dovrebbe adottare un approccio generale e scientifico, basandosi su criteri di selezione rigorosi. Il materiale forestale da riproduzione alloctono che non si diffonde in maniera invasiva e che non ha un impatto negativo sul nuovo ambiente non dovrebbe pertanto essere incluso dato che, soprattutto alla luce dei cambiamenti climatici, può dare un contributo positivo all'approvvigionamento attuale e futuro di materie prime e alla fornitura di altri servizi ecosistemici.

5.10

La strategia prevede che la Commissione elabori, con la collaborazione degli Stati membri e delle parti interessate, un elenco di criteri per la gestione sostenibile delle foreste, che possano essere applicati a prescindere dall'utilizzo finale del legno. Nel formulare tali criteri, la gestione sostenibile delle foreste deve essere considerata nel suo insieme, indipendentemente dall'utilizzo finale del legno. I criteri da elaborare dovrebbero essere basati sui criteri, gli indicatori e i principi attualmente in vigore per quanto concerne la gestione sostenibile delle foreste, ad esempio quelli definiti da Forest Europe, dove la sostenibilità è considerata da un punto di vista nazionale e regionale. I criteri dovrebbero inoltre tener conto delle caratteristiche specifiche degli Stati membri e delle legislazioni nazionali esistenti in materia.

5.11

La Commissione propone che i gruppi d'interesse attivi in questo campo continuino a partecipare all'elaborazione e all'attuazione della strategia forestale. Organi di provata capacità come ad esempio il gruppo consultivo «Foreste e sughero» e il «Comitato consultivo nel sistema legno» dovrebbero anch'essi far parte della piattaforma per la futura collaborazione tra la Commissione e i soggetti interessati. Per quanto concerne l'attuazione, le questioni forestali e i progressi nell'implementazione della strategia forestale dovrebbero essere costantemente all'esame di detti gruppi. Se necessario, si potrebbe prendere in considerazione l'istituzione di gruppi ad hoc con la partecipazione di rappresentanti del CESE e del CdR.

Bruxelles, 10 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  FOREST EUROPE, Comitato intergovernativo di negoziazione per un accordo giuridicamente vincolante in materia di politica forestale in Europa: vedi anche http://www.forestnegotiations.org

(2)  Per quanto concerne la silvicoltura e le foreste, risultano importanti i seguenti PEI:

PEI sulla produttività e sulla sostenibilità dell'agricoltura: http://ec.europa.eu/agriculture/eip/index_en.htm

PEI sulle materie prime: http://ec/europa.eu/eip/raw-materials/en

PEI sull'acqua: http://ec.europa.eu.environment/water/innovationpartnership/

(3)  Vedi http://bridge2020.eu

(4)  http://ec.europa.eu/europe2020/targets/eu-targets/

(5)  GU C 55 del 24.2.1997, pag. 22.

(6)  COM(1998) 649 final, 18 novembre 1998.

(7)  Risoluzione del Consiglio, GU C 56 del 26.2.1999, pag. 1 e conclusioni del Consiglio sul piano d'azione dell'UE in materia di foreste, 2662a riunione del Consiglio dei ministri dell'agricoltura e della pesca, 30 e 31 maggio 2005.

(8)  COM(2005) 84 final, 10 marzo 2005.

(9)  COM(2006) 302 final, 15 giugno 2006.

(10)  SWD(2013) 342 e 343 final, Un piano per le industrie europee connesse al settore delle foreste,20 settembre 2013.

(11)  Il testo attualmente in fase di negoziazione è disponibile su http://www.forestnegotiations.org/INC/ResINC4/documents

(12)  Parere sulla strategia forestale dell'Unione europea, GU C 51 del 23.2.2000, pagg. 97-104; parere sull'attuazione della strategia forestale dell'Unione europea, GU C 28 del 3.2.2006, pagg. 57-65.

(13)  Cfr. il considerando 25 del regolamento (UE) n. 1305/2013 relativo al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR).


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/134


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un programma «Aria pulita» per l'Europa

[COM(2013) 918 final],

alla

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici e che modifica la direttiva 2003/35/CE

[COM(2013) 920 final — 2013/0443 (COD)],

alla

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi

[COM(2013) 919 final — 2013/0442 (COD)],

alla

Proposta di decisione del Consiglio relativa all'accettazione della modifica del protocollo del 1999 della convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, del 1979, per la riduzione dell'acidificazione, dell'eutrofizzazione e dell'ozono troposferico

[COM(2013) 917 final]

(2014/C 451/22)

Relatore:

PEZZINI

Il Parlamento europeo, in data 13 gennaio 2014, il Consiglio, in data 15 gennaio 2014 e la Commissione europea, in data 18 dicembre 2013, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 192 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un programma «Aria pulita» per l'Europa

COM(2013) 918 final,

alla

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici e che modifica la direttiva 2003/35/CE

COM(2013) 920 final — 2013/0443 (COD),

alla

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi

COM(2013) 919 final — 2013/0442 (COD),

alla

Proposta di decisione del Consiglio relativa all'accettazione della modifica del protocollo del 1999 della convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, del 1979, per la riduzione dell'acidificazione, dell'eutrofizzazione e dell'ozono troposferico

COM(2013) 917 final.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 82 voti favorevoli, 1 voto contrario e senza astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato sottolinea con forza la necessità di assicurare un ambiente sano e una qualità ottimale dell'aria pulita quale condizione fondamentale di benessere per le condizioni di vita e di lavoro di tutti cittadini europei, e deplora che tale elemento essenziale per l'Europa non figuri più tra le priorità dell'agenda politica europea e nazionale con il peso necessario.

1.2

Il CESE chiede al nuovo Parlamento, alla nuova Commissione ed al Consiglio di assegnare all'azione per la salvaguardia di un ambiente atmosferico sano e pulito la massima priorità politica nel futuro delle istituzioni europee, con la piena adesione delle forze sociali e della società civile organizzata.

1.3

Il Comitato ritiene che l'inquinamento atmosferico rappresenti uno dei più gravi pericoli per la salute umana e per l'ambiente, con forti conseguenze negative, in termini di problemi respiratori, morti premature, eutrofizzazione e degrado degli ecosistemi e plaude all'iniziativa della Commissione di stabilire un nuovo Programma «Aria pulita» e ridurre le prospettive di perdita d'aspettativa di vita nell'UE da 8,5 mesi nel 2005 a 4,1 nel 2030, con un guadagno di 180 milioni di anni di vita e 200 mila km2 restituiti alla biodiversità.

1.3.1

Il Comitato è convinto che, per incentivare la transizione verso un'economia più sostenibile in Europa, sia necessario impostare un target al 2030, con una prospettiva più sicura, a medio-lungo termine, necessaria per le imprese e per gli investitori.

1.4

Secondo il CESE, è opportuno accelerare l'applicazione dei limiti dell'Euro 6 per le emissioni di NOx dei motori diesel leggeri, misurati in base a «emissioni reali di guida», così come per le modalità di sostituzione dei motori a due tempi, poiché il Comitato è scettico che l'applicazione di tali misure sia in grado di mostrare i risultati desiderati già dal 2020.

1.5

Il CESE sottoscrive l'obiettivo finale della Commissione — proposto sia nel programma Aria pulita sia nel Quadro energia e clima 2020-2030 — di fissare la soglia delle emissioni per l'anno 2030 al 70 % della riduzione di divario — gap closure — tra l'attuale normativa di riferimento e il massimo di riduzioni di emissione fattibili — MTFR.

1.6

Nel perseguimento di tale risultato — che deve essere applicato ed implementato da tutte le parti in causa — il Comitato ritiene debba essere intrapresa una ferma azione che comprenda:

l'inclusione degli obblighi di riduzione delle emissioni di metano nel 2020 e di mercurio nel 2020, 2025, e 2030;

maggior rigore per i limiti d'emissione degli impianti medi di combustione;

diniego di deroghe opzionali dalla direttiva sulle emissioni industriali, qualora vi siano concreti pericoli d'impatto sulla salute;

azioni specifiche per la riduzione dell'ammoniaca e del metano nel settore agricolo;

un'azione più ferma sulle emissioni dei trasporti, inclusi i sistemi di misurazione «nella vita reale» e l'applicazione di prove in tal senso nel 2014 al momento dell'introduzione degli standard Euro 6;

decisa implementazione, entro il 2016, degli standard dell'I.M.O. sui NOx e SO2 per le navi, come concordato nel 2008, di tutte le aree marittime intorno all'Europa, come aree di controllo d'emissione;

azione per forti standard, in materia di particolato — PM, per i nuovi apparecchi domestici;

concezione e progettazione di macchinari ed impianti ecocompatibili;

l'applicazione piena del ciclo di vita dei prodotti — LCA;

predittività, a medio e a lungo temine, e non sovrapposizione delle misure di intervento;

sostegno all'educazione e formazione dei consumatori, dei lavoratori e dei giovani alla preservazione e allo sviluppo di un mondo produttivo, ricreativo ed abitativo sano;

promozione della ricerca e di investimenti in termini di applicazioni innovative di mercato (BAT), di crescita sostenibile e di occupazione sana e duratura;

dimensione internazionale delle azioni di sostenibilità ambientale;

garanzia di coerenza tra questa nuova strategia e le altre politiche e obiettivi dell’UE.

1.7

Il Comitato è pienamente d'accordo sulla necessità di integrare, nella normativa UE, le modifiche concordate al Protocollo della Convenzione 1979 sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza.

1.8

Pur se gli obiettivi qualitativi a lungo termine della nuova direttiva NERC proposta non sono in discussione, il CESE è dispiaciuto che gli obiettivi per il 2025 non siano vincolanti in modo da assicurarne la piena esecutività.

1.9

Il Comitato sottolinea la necessità di integrare nelle azioni di politica regionale la salvaguardia di un ambiente atmosferico sano e pulito, nella convinzione che la gestione della qualità dell'aria può funzionare solo se è sostenuta da politiche UE di riduzione delle emissioni, in ragione dell'alto livello d'inquinamento accumulato e delle specifiche condizioni meteorologiche regionali.

1.10

È necessario un impegno costante dei governi nazionali e degli enti locali per la programmazione di interventi concreti, rivolti alla riduzione delle emissioni nocive attraverso la predisposizione di Piani dettagliati per la qualità dell'aria — PRIA, Piani Regionali di Intervento per la qualità dell'Aria — con forte attenzione verso i vari settori: produttivi, agricoli, terziario, privati, e della generazione e distribuzione dell'energia. Un messaggio chiaro sulla loro effettiva applicazione dovrebbe essere dato dalla Commissione, con azioni pronte e risolute, contro gli Stati membri inadempienti. Il CESE riconosce tuttavia che numerosi Stati membri si sono già mossi nella giusta direzione.

1.11

Vanno organizzate azioni di coinvolgimento delle organizzazioni di categoria, della società civile organizzata, delle ONG, del terzo settore, dei centri formativi a tutti i livelli e dei centri di ricerca per il raggiungimento dell'obiettivo di un'aria sempre più pulita, indispensabile per il benessere dei cittadini e dell'ecosistema.

1.12

Il CESE ribadisce la sua convinzione sulla necessità del rilancio di uno sviluppo sostenibile dell'economia europea, che privilegi la qualità della vita, del lavoro e della salute dei suoi cittadini e la salvaguardia dell'ambiente, in stretta connessione con tutte le altre priorità politiche di Europa 2020, e che si inserisca pienamente in una strategia globale di transizione verso un equilibrio planetario fondato su una crescita economica qualitativa, che contribuisca a sradicare la povertà e l'ingiustizia sociale, conservando, al tempo stesso, le risorse naturali per le generazioni future.

2.   Introduzione

2.1

L'inquinamento atmosferico rappresenta un grave pericolo per la salute umana e per l'ambiente: problemi respiratori, morti premature, eutrofizzazione e degrado degli ecosistemi a causa della deposizione di azoto e sostanze acide sono solo alcuni degli effetti di questo problema, che è al contempo locale e transfrontaliero.

2.2

Negli ultimi decenni le politiche adottate dall'UE e dalla comunità internazionale hanno già ottenuto successi, riducendo alcuni problemi legati all'inquinamento atmosferico, come nel caso delle emissioni di diossido di zolfo — all'origine del fenomeno delle piogge acide — che sono state ridotte di oltre l'80 %.

2.3

Nonostante questi progressi, l'UE è ancora lontana dal suo obiettivo a lungo termine, ossia migliorare la qualità dell'aria in modo da eliminare il rischio di danni significativi alla salute umana e all'ambiente, e le particelle fini e l'ozono nella troposfera continuano a causare gravi problemi, che secondo stime della Commissione (1), ammontano a 406 mila morti l'anno.

2.4

Il particolato sottile e l'ozono, in particolare, continuano a presentare gravi rischi per la salute: i limiti di sicurezza relativi a queste sostanze vengono regolarmente superati.

2.5

La Commissione stima che il totale delle esternalità sanitarie derivanti dall'inquinamento atmosferico vada da 330 a 940 miliardi di euro all'anno, mentre gli obiettivi proposti per il 2030 produrrebbero benefici da 44 a 140 miliardi di euro.

2.6

Secondo la Commissione, nel 2010 l'inquinamento atmosferico nell'UE, oltre ad aver provocato centinaia di migliaia di morti premature, ha esposto quasi i due terzi dei terreni a contaminazioni nocive. E ciò a causa delle emissioni.

2.7

Sotto il profilo della salute dei cittadini europei, si valutano in oltre 4 miliardi di euro le spese per ricoveri sanitari e in 100 milioni le giornate di lavoro perse ogni anno.

2.8

A livello internazionale, nel dicembre del 2012, gli USA hanno deciso di rivedere gli standard annuali per la qualità dell'aria, stabilendo per le polveri sottili il limite di 12 microgrammi per metro cubo, vale a dire ben al di sotto dell'attuale standard UE di 25 microgrammi per metro cubo; mentre in Cina il governo ha deciso di investire sul controllo della qualità dell'aria, per la sola area di Pechino, 160 miliardi di euro nei prossimi cinque anni. L'UE non starebbe quindi al passo con le azioni internazionali intraprese.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE approva gli obiettivi generali di un miglioramento significativo della qualità dell'aria con il passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio, in termini di protezione sia della salute sia dell'ambiente, delineati nella strategia per l'inquinamento atmosferico del 2005 e rivisti dalla Commissione nel suo Programma «Aria pulita per l'Europa».

3.2

Sin dall'origine, gli obiettivi di riduzione delle emissioni per ciascuno Stato membro sono stati assegnati in base a considerazioni di efficacia dei costi a causa delle differenti condizioni ambientali. Le riduzioni di emissioni richieste variano a seconda dei paesi, secondo il principio: «approccio differenziato, anziché a tasso eguale».

3.2.1

Tenendo conto dei danni dell'inquinamento atmosferico per la salute e la qualità della vita, nonché per gli ecosistemi, il Comitato è preoccupato che la qualità dell'aria non abbia più il peso necessario in seno all'agenda politica europea e nazionale e ritiene importante, per incentivare la transizione verso un'economia più sostenibile in Europa, impostare un target al 2030, con una prospettiva a medio-lungo termine, necessaria per le imprese e per gli investitori.

3.3

Nella revisione della strategia sull'inquinamento atmosferico si mira a porre fine alle attuali violazioni degli standard di qualità esistenti, per raggiungere il pieno rispetto a partire dal 2020, al più tardi, riducendo le emissioni di NOx dei motori diesel leggeri con l'applicazione dell'Euro 6, misurato in base a «emissioni reali di guida». Il CESE è scettico che tali misure siano in grado di mostrare gli effetti desiderati già dal 2020, dato che l'obbligo diventerà effettivo solo nel 2017 e il rinnovo della flotta esistente potrebbe richiedere più tempo rispetto all'orizzonte 2020.

3.4

Tale strategia inoltre si basa sul contributo di azioni condotte a livello locale e regionale, con tutti i limiti intrinseci a tali misure: finora l'efficacia delle misure a livello regionale è stata limitata, specie per l'alto livello d'inquinamento accumulato e per specifiche condizioni meteorologiche regionali. Il CESE è convinto che la gestione della qualità dell'aria, a tali livelli, può funzionare solo se è sostenuta da politiche UE di riduzione delle emissioni alla fonte.

3.5

Secondo il Comitato, la Commissione deve comunque prendere in considerazione una molteplicità di fattori di pari dignità e rilevanza:

valutazione costi/efficacia delle misure proposte;

competitività e innovazioni sostenibili;

dimensione internazionale della sostenibilità ambientale;

sburocratizzazione e snellimento dei processi;

coerenza e coordinamento tra le varie politiche UE implicate;

sostegno UE e nazionale all'educazione ed alla formazione in materia;

focalizzazione degli sforzi UE e nazionali di ricerca e innovazione (R&I) per l'applicazione delle migliori tecnologie di mercato;

applicazione risoluta dei nuovi standard di qualità in tutti i settori interessati.

3.5.1

Il Comitato sostiene che la priorità politica deve essere sostenuta, a livello europeo e dei singoli Stati membri, nei temi della ricerca e dell'innovazione, e in quelli della formazione e dell'educazione che devono essere finalizzati al rilancio della crescita e dell'occupazione sostenibile e per una migliore re-industrializzazione qualitativa dell'economia europea, specie per le piccole e medie imprese e per le imprese nascenti, senza incorrere negli attuali vincoli europei di bilancio.

3.6

Inoltre, secondo il Comitato, è opportuno garantire la coerenza tra questa nuova strategia rivista e altre politiche dell'Unione. Così, ad esempio, si può osservare che, malgrado la combustione del legno domestico comporti l'emissione di particelle PM 2,5, se ne incoraggia l'impiego come fonte di energia alternativa, mentre ciò richiederebbe una classificazione emissiva degli apparecchi e la valutazione del loro rendimento.

3.7

In ogni caso, secondo il CESE si dovrebbe prendere in considerazione una serie di fattori di pari dignità e rilevanza nell'Accordo internazionale sul clima, entro il 2015.

3.8

Il CESE sottolinea l'importanza di incoraggiare i partenariati pubblici privati — PPP — a livello europeo, come quello lanciato con l'impresa comune per l'iniziativa Cieli puliti 2 2014-2020, volta a ridurre le emissioni dei trasporti aerei ed a contribuire alle attività di ricerca del reg. (CE) n. 71/2008 e del programma quadro Orizzonte 2020.

4.   Osservazioni specifiche (I)

4.1   La Convenzione 1979 sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza

4.1.1

La Convenzione del 1979 sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, conclusa sotto gli auspici della Commissione economica delle Nazioni Unite per l'Europa, (UNECE) costituisce il principale quadro giuridico internazionale per la cooperazione e per le misure volte a limitare e ridurre gradualmente l'inquinamento atmosferico attraverso i suoi otto protocolli, compreso il Protocollo del 1999.

4.1.2

Il CESE concorda sul recepimento comunitario delle modifiche al Protocollo.

4.2   La proposta di direttiva rivista sui limiti nazionali di emissioni NERC

4.2.1

La proposta di direttiva stabilisce impegni nazionali di riduzione delle emissioni («NERCs») per il 2020, 2025 e 2030, per ciascuno Stato membro, espressa in percentuale di riduzione di emissioni annue di anidride solforosa (SO2), ossidi di azoto (NOx), ammoniaca (NH3), composti organici volatili (COV) diversi dal metano, particolato fine (PM 2,5) e metano (CH4), rispetto al totale delle emissioni di ciascuno di tali inquinanti emessi da ciascuno Stato membro nel 2005.

4.2.2

Negli ultimi 20 anni, nell'UE si sono registrati considerevoli progressi nell'ambito della qualità dell'aria e delle emissioni atmosferiche antropiche, grazie a politiche e strategie sull'inquinamento atmosferico adottate dall'Unione e dai suoi Stati membri con l'obiettivo a lungo termine di ottenere livelli di qualità dell'aria che non comportino impatti negativi o rischi significativi per la salute umana e l'ambiente, come ribadito nel VII Programma d'azione per l'ambiente (2).

4.2.3

Questo appare evidente anche se c'è stato un chiaro rallentamento di tali progressi, in tema di qualità dell'aria, e gli obiettivi attualmente proposti sono di fatto meno ambiziosi dei livelli che gli Stati membri otterrebbero con la piena applicazione degli obblighi previsti dalle normative UE esistenti.

4.2.4

Se gli obiettivi qualitativi di lungo termine proposti sono praticamente indiscussi, il Comitato è dispiaciuto che gli obiettivi per il 2025 non siano vincolanti, in ragione della constatazione delle difficoltà a rispettare l'esecutività degli standard correnti.

4.2.5

Secondo il CESE, sono necessarie piattaforme rafforzate, per consentire dialoghi dedicati e interattivi, per valorizzare le disposizioni contenute nella proposta di direttiva.

4.3   Proposta di direttiva sulle emissioni da impianti di combustione medi

4.3.1

Secondo il CESE, l'estensione del controllo delle emissioni di sostanze inquinanti per l'atmosfera originate da impianti di combustione con una potenza termica nominale compresa tra 1 e 50 MW, che sono utilizzati per un'ampia gamma di applicazioni deve essere attuata con procedure semplificate e poco onerose, per sostenere ed incoraggiare lo sviluppo delle piccole e medie imprese e delle imprese nascenti, nonché delle infrastrutture di minore dimensione diffuse sul territorio.

5.   Osservazioni specifiche (II)

5.1

Gli inquinanti atmosferici possono essere emessi da diverse fonti e vengono trasportati anche a lunga distanza.

5.2

Per una piena realizzazione del Programma «Aria pulita per l'Europa» è necessario che le regioni, in seguito a consultazioni con le forze sociali e con la società civile organizzata, procedano a predisporre e ad approvare i Piani di intervento per la qualità dell'aria (PRIA), nei quali devono essere presi in considerazione, soprattutto:

i trasporti su strada, marittimi ed aerei e la mobilità;

la produzione e il consumo di energia;

il sistema produttivo;

il terziario;

le attività agricole, zootecniche e forestali;

il settore privato.

5.3

Il Pacchetto «Aria pulita» varato dalla Commissione riprende e rafforza le politiche fin qui sviluppate per continuare la lotta all'inquinamento atmosferico, in controtendenza rispetto all'agenda politica.

5.3.1

Secondo il CESE è essenziale coinvolgere i livelli regionali e territoriali, con quello nazionale, in questo processo, di concerto con le forze sociali e con la società civile organizzata.

5.4   Proposte per i piani di recepimento del Pacchetto Aria Pulita sul territorio

5.4.1

Il recepimento del Pacchetto Aria Pulita sul territorio deve individuare le necessarie sinergie con i diversi piani:

rifiuti, valorizzazione energetica, riduzione della produzione pro capite, recupero dei materiali;

trasporti e mobilità, sviluppo del trasporto pubblico, percorsi ciclabili, promozione di mobilità e basse emissioni di CO2, integrazione dei mezzi di trasporto, navigazione marittima ed aerea;

territorio e urbanistica, consumo del suolo, sviluppo di nuovi modelli insediativi, riqualificazione del patrimonio edilizio;

agricoltura e zootecnia, filiera bosco-legna-energia (km zero), biomassa e biogas, riduzione delle emissioni di ammoniaca, carbon sinks;

industria, sviluppo tecnologico a ridotto impatto ambientale, innovazione e certificazione di qualità (ISO 14  000 e Emas), attenzione verso la progettazione ecocompatibile, i marchi di qualità ambientale dei prodotti, i sistemi di gestione dell'energia e la conformità ai regolamenti sul consumo dei motori elettrici.

5.4.2

Tale recepimento a livello territoriale dovrebbe poi prendere in considerazione gli interventi più urgenti, che sono legati alle realtà economiche e produttive territoriali, e porre regole per la combustione delle biomasse, oltre a obblighi e incentivi per il rinnovo del parco auto.

5.5

Gli interventi per limitare ulteriormente le emissioni di SO2 (biossido di zolfo) sono necessari soprattutto nelle regioni ove vi siano, in modo significativo, combustioni nelle industrie e dove si hanno produzioni di energie e trasformazioni di combustibili.

5.6   Azioni nell'agricoltura

5.6.1

Occorre introdurre in tutta l'UE misure per ridurre — specie nelle regioni a maggiore vocazione agricola — NH3 (ammoniaca), N2O (protossido di azoto), CH4 (metano) e COV (composti organici volatili) sull'esempio di quelle già in essere in vari paesi membri. L'uso dei fertilizzanti azotati e di quelli derivanti dal ciclo dei liquami è la principale fonte (98 %) di emissioni di NH3 che, reagendo con SO2 e NO2, forma i sali di ammonio, principale componente del particolato.

5.6.2

Appare molto importante: il pieno rispetto della direttiva sui nitrati (91/676/CEE); imporre la copertura delle vasche di stoccaggio dei reflui zootecnici; creare sistemi di riciclo, tramite digestione anaerobica, per la produzione di digestato, con caratteristiche equiparabili ai concimi di sintesi, una corretta gestione del letame e dello spargimento dei suoi liquami nocivi alla salute. Tuttavia tali misure devono tenere in debita considerazione l'equilibrio tra interessi economici, sociali e ambientali: ridurre le emissioni in agricoltura è questione molto complessa e necessita di maggiori investimenti in R&I.

5.6.3

È necessario l'utilizzo di mezzi agricoli a bassa emissione di polveri.

5.6.4

Il CESE sottolinea che già si applicano al settore una serie di disposizioni che però devono essere ancora pienamente implementate e ribadisce la sua convinzione che la Commissione abbia mancato l'opportunità di stabilire un quadro normativo consolidato per disciplinare le emissioni. I bovini restano fuori dal campo d'applicazione in questa comunicazione. Tuttavia ci sono altre norme che riguardano le specie bovine, che sono i più grandi contribuenti alle emissioni d'ammoniaca.

5.7   Azioni nei centri urbani

5.7.1

Nelle concentrazioni urbane e nelle zone ad alto traffico una particolare attenzione va posta all'emissione di PM 2,5; PM 10 (polveri sottili di diametro inferiore ai 10 micrometri) CO e CO2 (ossido e biossido di carbonio) e alla riduzione di NOx. I filtri antiparticolato sono in grado di raggiungere, nei motori diesel — e con filtri sperimentali anche a benzina — efficienze superiori al 90 % (filtri a ciclo chiuso) nella riduzione delle emissioni.

5.7.2

Negli edifici scolastici e in quelli adibiti ad uffici, prospicienti strade ad alto traffico, è molto importante provvedere a realizzare interventi di isolamento delle pareti verticali opache e trasparenti, per limitare l'inquinamento da VOC e da polveri sottili (PM 10 e PM 2,5) (3).

5.8   Azioni nei trasporti ai vari livelli locale, regionale, nazionale e comunitario

5.8.1

Nei veicoli commerciali e in quelli per trasporto persone, prevedere, tramite limitazioni nella circolazione e con incentivi, la sostituzione dei veicoli Euro 3 con Euro 5 e 6. Sostituire, con le stesse modalità, i motori a due tempi (moto, ciclomotori, motoseghe e tagliaerba), Euro 1. Occorre pertanto, ai vari livelli locale, regionale, nazionale:

5.8.1.1

Adottare appena possibile a livello comunitario e nazionale — senza attendere la scadenza del 2017 — metodi appropriati di misurazione delle emissioni di NOx da auto diesel leggere, dati i loro pesanti effetti negativi sulla qualità dell'aria urbana.

5.8.1.2

Sostenere a livello nazionale e regionale la diffusione del metano e del GPL (gas da petrolio liquido), idrogeno, gas naturale liquido, etanolo e altri biocarburanti avanzati. Accelerare lo sviluppo della mobilità elettrica e delle infrastrutture di ricarica. Consentire il riconoscimento della classe emissiva dei mezzi circolanti tramite dispositivo elettronico installato a bordo.

5.8.1.3

Potenziare la distribuzione del gas metano, attraverso supporti finanziari a livello UE, nazionale e locale alle imprese e ai comuni, per la realizzazione e/o il potenziamento di reti esistenti.

5.8.1.4

Finanziare attraverso progetti pluriennali dell’UE, cofinanziati a livello nazionale e locale, gli investimenti nel TPL (Trasporto Pubblico Locale). Gli autobus dovranno essere:

ecologici, alimentati con carburanti alternativi;

a propulsione ibrida bimodale;

elettrici (completamente elettrici con batteria a bordo) e ricaricati o a spina o attraverso sistema di induzione (Faraday).

5.8.1.5

Sfruttare le potenzialità interattive tra le strutture fisse, le tecnologie informatiche e le modalità di trasporto. In particolare, sostenere l'impiego di materiali contenenti sostanze fotocatalitiche con nanopigmenti di biossido di titanio (TiO2), che scindendo le molecole con sostanze inquinanti le rendono innocue alla salute (strade, barriere antitraffico, intonaci e altre opere edili). Sono interessanti, a questo proposito, gli svincoli autostradali allestiti con brevetto i.active COAT-Italcementi, che purificano l'aria e sono catarifrangenti, con forte luminosità.

Bruxelles, 10 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2013) 918 final.

(2)  COM(2012) 710 final.

(3)  Cfr. norma UNI EN 15242:2008 Ventilazione degli edifici — Metodi di calcolo per la determinazione delle portate d'aria negli edifici, comprese le infiltrazioni.


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/142


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1308/2013 e il regolamento (UE) n. 1306/2013 per quanto riguarda il finanziamento del regime di aiuti per la distribuzione di ortofrutticoli, banane e latte negli istituti scolastici

COM(2014) 32 final — 2014/0014 (COD)

(2014/C 451/23)

Relatore:

KIENLE

Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea, rispettivamente in data 6 febbraio 2014 e 19 febbraio 2014, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 43 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1308/2013 e il regolamento (UE) n. 1306/2013 per quanto riguarda il finanziamento del regime di aiuti per la distribuzione di ortofrutticoli, banane e latte negli istituti scolastici

COM(2014) 32 final — 2014/0014 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 giugno 2014.

Il Comitato economico e sociale europeo nel corso della sua 500a sessione plenaria, del 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio), ha adottato il seguente parere all'unanimità con 185 voti favorevoli e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE sostiene la creazione di un quadro giuridico e finanziario comune per i programmi dell'UE a favore della distribuzione di frutta e latte nelle scuole, finora gestiti e finanziati separatamente.

1.2

Il CESE esprime particolare apprezzamento per il netto rafforzamento della funzione pedagogica del futuro programma che, se sfruttato in tutte le sue potenzialità, può recare un contributo decisamente importante alla lotta contro il crescente fenomeno dell'obesità infantile e contro gli sprechi alimentari.

1.3

Il CESE si attende una netta riduzione degli oneri amministrativi e organizzativi. Occorre lasciare agli Stati membri spazio di manovra sufficiente per adattare il programma alle loro priorità e specificità.

1.4

Il CESE raccomanda di dare una chiara preferenza ai prodotti europei sostenibili, possibilmente freschi, di stagione e di origine regionale/locale.

2.   Introduzione

2.1

In momenti diversi sono stati elaborati programmi europei indipendenti rivolti alle scuole, che inizialmente miravano soprattutto a promuovere la vendita di prodotti, mentre oggi hanno come obiettivo prioritario l'alimentazione sana dei bambini. Il programma Latte nelle scuole, risale alla creazione dell'organizzazione comune del mercato nel settore del latte ed è attuato dal 1977; negli ultimi anni vi hanno partecipato circa 20 milioni di bambini. Il programma Frutta nelle scuole, più recente, è un'iniziativa che ha assunto la forma di un impegno politico, nell'ambito della riforma del 2007 dell'organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli, e di cui hanno beneficiato circa 8,6 milioni di bambini in questi ultimi anni. I programmi prevedono quadri giuridici e finanziari diversi e differiscono a livello di concezione e di modalità di attuazione, anche se perseguono obiettivi simili e sono rivolti alla stessa categoria di beneficiari. Nessuno dei programmi è stato interamente sfruttato, a causa dell'utilizzo estremamente diverso da parte degli Stati membri.

2.2

In risposta a una critica esplicita della Corte dei conti europea, seguita da una valutazione approfondita di questi due programmi scolastici e da una consultazione pubblica, la Commissione europea propone attualmente di definire un quadro giuridico e finanziario comune per la distribuzione di frutta, verdura e latte nelle scuole, allo scopo di eliminare ulteriori carenze e lacune, e di rafforzare in particolare la componente pedagogica dei programmi.

2.3

Il nuovo programma dovrebbe operare entro i limiti del più consistente bilancio previsto per i programmi destinati alle scuole nell'ambito della PAC 2020, ovvero con una dotazione annuale massima di 230 milioni di euro (150 milioni per il programma Frutta nelle scuole e 80 milioni a titolo del programma Latte nelle scuole).

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE sostiene fermamente i programmi finanziati dall'UE di distribuzione di prodotti agricoli ai bambini e ai giovani negli istituti scolastici. Vale la pena di ricordare che il CESE si era chiaramente opposto alla volontà precedentemente espressa (nel 1999) dalla Commissione europea di interrompere gli aiuti concessi dall'UE al programma Latte nelle scuole.

3.2

Il CESE sottolinea l'estrema importanza di un'alimentazione equilibrata dei bambini in età prescolare e scolare. D'altro canto la povertà, che è stata aggravata dalla crisi finanziaria ed economica, rappresenta un rischio particolarmente elevato per l'alimentazione dei giovani e degli adolescenti. Un numero preoccupante di bambini ogni giorno arriva a scuola senza aver fatto colazione. Sia l'aumento dell'obesità che la diffusione degli sprechi alimentari rappresentano delle serie sfide per la società.

3.3

Il CESE auspica che questi nuovi programmi rivolti alle scuole siano attuati e sfruttati a pieno nell'insieme degli Stati membri, sebbene la partecipazione di questi ultimi sia facoltativa. Il CESE è convinto che in tal modo potrà aumentare in maniera duratura l'apporto di frutta, verdura e latticini nella dieta dei bambini.

3.4

Il CESE esprime particolare apprezzamento per la maggiore enfasi posta dall'UE sulle misure educative di sostegno, che considera un recepimento delle sue raccomandazioni precedentemente espresse. Il fatto di abituare i bambini in età scolare e prescolare ad assumere abitudini alimentari più sane e di migliorare l'immagine dell'agricoltura e delle filiere alimentari dovrebbe essere considerato dai poteri pubblici, nonché dalle scuole, dai genitori, dal settore agroalimentare, dalla società civile e dai media come un obbligo e una «missione di interesse comune» alla quale ciascuno può contribuire.

3.5

Il successo di questi programmi rivolti alle scuole dipende in maniera determinante dagli insegnanti, che dimostrano fortunatamente un interesse e un impegno crescenti verso questi temi, e la cui motivazione può essere ulteriormente rafforzata mediante un sostegno aggiuntivo a questi programmi tramite la concessione di un finanziamento nazionale, il ricorso a patrocini e l'intervento di associazioni di sostegno appartenenti alla società civile. Questo sostegno aggiuntivo è in particolare auspicabile nelle zone socialmente vulnerabili. Per tale motivo il CESE sostiene i progetti pilota attuati dalla Commissione europea a favore delle categorie più vulnerabili e bisognose di tutela.

3.6

Per lo stesso motivo il CESE sostiene fermamente le altre possibilità previste di migliorare l'immagine del settore agroalimentare locale, dei sui prodotti, della sua attività e dei servizi che offre alla società, ad esempio attraverso la gestione di orti scolastici, l'organizzazione di gite scolastiche o di degustazioni di prodotti presso fattorie e aziende artigiane, o l'ottenimento di una «patente nutrizionale». Il fatto che in alcuni Stati membri gli agricoltori riforniscano direttamente le scuole di latte e siano quindi in contatto permanente con i bambini è un esempio da seguire per il CESE.

3.7

Il CESE è altresì favorevole all'organizzazione di dibattiti dedicati ai prodotti agricoli, come l'olio d'oliva o il miele, o a temi quali l'agricoltura biologica. Ciò vale anche per le questioni relative all'ambiente o agli sprechi alimentari. Il CESE raccomanda che le misure di accompagnamento siano esaminate tempestivamente.

3.8

Un programma dell'UE rivolto alle scuole può avere successo solo se tiene conto delle specificità nazionali e regionali, della situazione delle scuole e dei doposcuola, nonché delle aspettative dei bambini e dei genitori. Le consultazioni hanno chiaramente confermato che gli eccessivi oneri amministrativi e organizzativi sono spesso causa di irritazione e talvolta persino un motivo per interrompere la partecipazione ai programmi scolastici esistenti. Il CESE ritiene quindi ancora più importante che l'applicazione pratica di questo nuovo programma consenta di produrre chiari effetti sinergici. Occorre ridurre sensibilmente l'onere amministrativo e organizzativo per le scuole, le imprese interessate e l'amministrazione.

3.9

Il CESE giudica adeguate e importanti le ulteriori possibilità di finanziamento previste in materia di logistica e attrezzature, ad esempio per la refrigerazione degli alimenti freschi.

3.10

Il CESE ritiene giusto promuovere, nel quadro dei programmi rivolti alle scuole, la distribuzione di frutta e verdura, comprese le banane, e di latte. Considera tuttavia discutibile limitare la distribuzione di latticini soltanto al latte e raccomanda invece di includere una più ampia scelta di prodotti, tenendo conto degli aspetti nutrizionali ed educativi. Il CESE auspica vivamente che vengano utilizzati prevalentemente alimenti freschi prodotti in Europa in maniera sostenibile. Per quanto possibile, i programmi per le scuole dovrebbero comprendere prodotti e attività che presentano caratteristiche stagionali e regionali o che beneficiano di una denominazione di origine protetta (DOP) o di un'indicazione geografica protetta (IGP) attribuite dall'UE.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/145


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Governance e politica di Internet — Il ruolo dell'Europa nel forgiare il futuro della governance di Internet

COM(2014) 72 final

(2014/C 451/24)

Relatore:

LONGO

La Commissione europea, in data 7 marzo 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Governance e politica di Internet — Il ruolo dell'Europa nel forgiare il futuro della governance di Internet

COM(2014) 72 final.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 18 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 180 voti favorevoli, 8 voti contrari e 13 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ribadisce anzitutto quanto affermato in numerosi pareri negli ultimi anni sull'importanza di Internet come condizione essenziale dello sviluppo economico e dell'occupazione, dell'innovazione tecnologica e dell'inclusione sociale.

1.2

Il CESE condivide pienamente la volontà della Commissione di riaffermare con forza la difesa e la promozione dei diritti fondamentali e dei valori democratici, nonché il concetto giuridico di rete unica, soggetta a norme comunitarie uniformi come in altri settori e non «frammentata» da diverse e potenzialmente confliggenti regolazioni.

1.3

È importante porre al centro della futura governance della rete il valore essenziale che risiede nella sua natura aperta, distribuita, neutrale e accessibile da tutti con barriere minime. Il CESE rileva però nella comunicazione una insufficiente definizione sia del concetto di governance cooperativa cui l'UE dovrebbe contribuire, sia degli strumenti e delle modalità che dovrebbero garantire i processi multipartecipativi delle decisioni riguardanti Internet. In particolare si dovrebbe chiarire meglio chi debba effettuare i controlli sulla governance della rete.

1.4

Riguardo alla fine del ruolo finora svolto dall'ICANN e alle funzioni della IANA, il Comitato ritiene opportuno che la Commissione ponga con decisione la questione del ruolo dell'Unione europea nel futuro organismo transnazionale.

1.5

A rafforzare la fiducia in Internet, contribuiranno certamente l'Habeas Corpus digitale, deciso dal Parlamento europeo, e l'attuazione delle misure previste nel «Pacchetto Telecom» per il mercato unico europeo delle TLC.

1.6

La scelta delle norme tecniche può avere un'incidenza importante sui diritti dei cittadini, tra cui quelli alla libertà di espressione, alla protezione dei dati personali e alla sicurezza degli utenti nonché sull'accesso ai contenuti. Fin dalla sua nascita, Internet è stato concepito per sostenere senza riserve i diritti dei cittadini. Le minacce a tali diritti sono venute da azioni condotte dai governi e da gestori di siti il cui controllo è indipendente dalla rete. Ciononostante sarebbe ancora opportuna l'emanazione di raccomandazioni che garantiscano la compatibilità di tali scelte tecniche con i diritti umani.

1.7

Per quanto riguarda gli aspetti legali di Internet, il CESE condivide la volontà della Commissione di avviare un riesame dei rischi di conflitto internazionale tra le diverse leggi e giurisdizioni, spesso aggravato dai regolamenti delle singole Autorità indipendenti di regolazione.

1.8

Il CESE rileva che nella comunicazione non vi sono riferimenti a una serie di questioni tecniche e operative che stanno a cuore al Comitato, tra cui in particolare:

la futura capacità di Internet, di fronte alla crescita esponenziale del traffico e alla mancanza di una pianificazione organizzata della capacità;

la neutralità della rete, riconosciuta come fondamentale nell'Agenda digitale;

la metodologia dei motori di ricerca e le loro modalità di presentazione dei risultati, che suscitano forti preoccupazioni.

1.9

Il CESE sottolinea l'importanza dell'inclusione. Il contributo dell'Unione europea ad una governance globale di Internet non può prescindere dalla promozione di politiche di inclusione legate all'ICT, al fine di creare i presupposti per una società realmente inclusiva (cfr. la Carta di Riga (2006), a latere della Conferenza ministeriale ICT for an inclusive society, che prevede una serie di impegni per garantire la realizzazione di soluzioni ICT a favore della popolazione anziana e in materia di e-Accessibility nella UE). Internet è inclusivo per come è concepito, e ciò è sancito nella dichiarazione dell'ICANN. L'accesso a Internet è in realtà controllato dai fornitori di servizi di comunicazione e dai fornitori di servizi Internet, regolamentati dalle amministrazioni nazionali. Responsabili dell'inclusione sono queste autorità di regolamentazione e, in seno all'UE, la Commissione europea.

1.10

Infine il CESE auspica che l'IGF si rafforzi sempre più come luogo di incontro di tutti i soggetti interessati a Internet. La UE deve svolgere un ruolo protagonista al prossimo IGF di Istanbul, con una azione congiunta della Commissione, degli Stati membri e della società civile.

2.   Introduzione

2.1

Internet è un fenomeno articolato, che non è sottoposto a un controllo generale. Gli elementi più importanti sono i seguenti:

a)

Internet per sua natura è una rete delle reti, ciascuna delle quali è autonoma e molte sono public companies. Senza un piano complessivo per accogliere la crescita esponenziale del traffico, le reti fisiche rappresentano probabilmente la più grande vulnerabilità di Internet, con profonde implicazioni per lo sviluppo della società globale;

b)

l'amministrazione e la registrazione di nomi di dominio e indirizzi IP sono gestite in modo decentrato dall'ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), che ha sede in California. La partecipazione alla gestione di quest'organismo è l'elemento centrale della comunicazione della Commissione;

c)

gli standard e i protocolli del World Wide Web sono messi a punto dal Consorzio mondiale del Web (World Wide Web Consortium — W3C), mentre la Internet Engineering Task Force svolge lo stesso ruolo per Internet;

d)

i fornitori di servizi Internet registrano gli utenti e danno loro accesso a Internet;

e)

i programmi di navigazione come Internet Explorer e i motori di ricerca come Google permettono l'utilizzo del web. Alcuni di questi servizi hanno dimostrato di essere fortemente controversi;

f)

i servizi di reti sociali come Facebook e Twitter hanno svolto un ruolo di primo piano nelle rivolte dei cittadini e nella lotta per le libertà civili in molti paesi;

g)

i servizi di Cloud Computing e di media streaming sono il motore della crescita del traffico su Internet. Netflix (video su richiesta) ha innescato il dibattito sulla neutralità della rete negli Stati Uniti;

h)

le azioni necessarie per ottimizzare i vantaggi e limitare gli svantaggi di Internet sono alla base dell'Agenda digitale dell'UE. Oltre a far progredire l'economia europea basata su Internet, l'Agenda affronta anche le questioni della cibersicurezza, della criminalità informatica, della protezione dei dati, del divario digitale, del sostegno ai disabili e agli svantaggiati, ecc. Sotto diversi profili, l'Agenda digitale dell'UE è più un esercizio di governance dell'UE che di governance di Internet, benché essa racchiuda le azioni più importanti che l'Europa dovrà intraprendere per sfruttare al meglio Internet.

3.   I contenuti della comunicazione

3.1

La Commissione ha elaborato una serie di orientamenti finalizzati a porre le basi di una visione europea comune per la governance di Internet, che rafforzi il ruolo dell'Europa nello sviluppo di Internet, quale colonna portante del mercato unico digitale e motore di innovazione, della crescita economica ma anche di democrazia e dei diritti umani. La Commissione intende confermare gli orientamenti già esposti nella precedente comunicazione pubblicata nel 2009 (1), rafforzando il modello multipartecipativo.

3.2

Per compensare la mancanza di un controllo generale, è stato istituito un Forum sulla governance di Internet (Internet Governance Forum, IGF) sotto gli auspici delle Nazioni Unite. L'evoluzione dell'IGF è il secondo tema della comunicazione della Commissione. Di fronte alle preoccupazioni espresse riguardo all'IGF e all'ambizione della Commissione di partecipare al controllo dell'ICANN, è difficile non giungere alla conclusione che al centro della comunicazione vi sia il controllo politico di Internet. Il CESE ritiene necessario porre l'accento anche sulla risoluzione delle questioni di governance tecnica e operativa, alcune delle quali sono illustrate ai precedenti punti a), e) e g), e agire di conseguenza.

3.3

La visione europea si basa su una serie di principi comuni a livello europeo come la difesa dei diritti fondamentali e dei valori democratici (sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea), la promozione di una rete unica non frammentata, in cui le decisioni vengano assunte sulla base di principi tra cui la trasparenza, il dovere di rendicontazione e l'inclusione di tutte le parti interessate. Tra i soggetti cui va riconosciuto un elevato livello di collaborazione nella comunicazione vengono espressamente richiamati l'Internet Governance Forum (IGF) (un organismo nato dal Vertice mondiale sulla società dell'informazione (World Summit on the information Society — WSIS) promosso dalle Nazioni Unite con la risoluzione 56/183 del 21 dicembre 2001), l'Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN) e l'Internet Assigned Numbers Authority (IANA).

3.4

L'approccio della Commissione al tema della governance di Internet è sintetizzato dall'acronimo COMPACT: Internet come spazio di responsabilità Civiche, Organizzato in modo da costituire un'unica risorsa non frammentata con una governance Multipartecipativa, per Promuovere la democrazia e i diritti umani, una rete basata su una solida Architettura tecnologica in grado di Conquistare la fiducia degli utenti e di agevolare una governance Trasparente, sia dell'infrastruttura soggiacente sia dei servizi da questa veicolati. Questo approccio si fonda sull'Agenda di Tunisi per la società dell'informazione (18 novembre 2005), i cui principi però purtroppo non sembrano essere sostenuti a livello globale ma solo da determinati paesi e solo in ambiti geografici limitati (ad esempio, la raccomandazione del Consiglio dell'OCSE sui principi per l'elaborazione di politiche in materia di Internet (2011) e la dichiarazione del G8 di Deauville (2011)).

3.5

In particolare la Commissione propone:

la definizione di una serie coerente di principi di governance di Internet con tutte le parti interessate;

il sostegno all'IGF, con la definizione chiara del ruolo delle autorità pubbliche;

la globalizzazione dell'ICANN, con un calendario preciso, e delle funzioni della IANA, garantendo sicurezza e stabilità al sistema dei nomi di dominio;

l'inizio del 2014 delle attività del GIPO (Global Internet Policy Observatory) quale risorsa per la comunità internazionale;

l'avvio di una ampia consultazione pubblica sulla partecipazione di tutte le parti interessate alla formulazione della futura politica europea di governance di Internet;

la creazione di meccanismi strutturati che permettano la partecipazione alle decisioni tecniche, con l'obiettivo di assicurarne la compatibilità con il rispetto dei diritti umani;

il rafforzamento della fiducia nelle attività online, con particolare riferimento alla protezione dei dati e alla sicurezza delle reti e dell'informazione;

un riesame dei rischi dei conflitti a livello internazionale tra leggi e giurisdizioni derivanti da Internet.

4.   Valutazioni e considerazioni

4.1

La Commissione propone la definizione di una visione europea comune per la governance di Internet, che permetta all'UE di svolgere un ruolo importante in un ambito essenziale per il futuro, sia sul piano economico che su quello politico e sociale. È una scelta di grande importanza per garantire uno stimolo forte allo sviluppo economico dei paesi membri, congiuntamente al consolidamento dei principi di democrazia e dei diritti umani.

4.2

Una governance sostenibile deve essere fondata su un sistema multi-stakeholder, come definito nell'Agenda di Tunisi: governi, settore privato, società civile, organizzazioni intergovernative e internazionali, comunità accademiche e tecniche.

4.3   Un approccio basato sui principi

4.3.1

Il CESE ribadisce anzitutto quanto affermato in numerosi pareri negli ultimi anni sull'importanza di Internet come condizione essenziale dello sviluppo economico e dell'occupazione, dell'innovazione tecnologica e dell'inclusione sociale. Il sostegno del CESE alla società dell'informazione, alla strategia Europa 2020 e all'agenda digitale è sempre stato pieno e convinto, con molte proposte e a volte anche critiche.

4.3.2

L'obiettivo deve essere quello di una UE protagonista nello sviluppo delle infrastrutture digitali, anzitutto la banda larga veloce garantita a tutti i cittadini; nella creazione di un mercato unico digitale con ricchezza di contenuti europei e strumento di inclusione; nel superamento del digital divide con una alfabetizzazione digitale diffusa; nella progettazione di un cloud computing europeo (2); nella definizione di adeguate normative di tutela contro la cybercriminalità, l'invasione della privacy e l'uso illecito dell'identità, i pericoli per i minori e sul diritto all'oblio.

4.3.3

Il CESE condivide pienamente la volontà della Commissione di riaffermare con forza la difesa e la promozione dei diritti fondamentali e dei valori democratici, nonché il concetto giuridico di rete unica, soggetta a norme comunitarie uniformi come in altri settori e non «frammentata» da diverse e potenzialmente confliggenti regolazioni statali. Tale scelta si reputa necessaria per la creazione di uno spazio unico europeo accessibile, veloce e sostenibile per i governi locali, i cittadini, le imprese, il mondo del no profit (3).

4.3.4

Si condividono in proposito le preoccupazioni per la violazione della libertà di espressione espresse dalla Commissione per il blocco dei social network effettuato dall'Agenzia per l'informazione la tecnologia e le comunicazioni della Turchia, nonché per le misure relative alla libertà di espressione contenute nel recente pacchetto di legge-antiterrorismo approvate dal Parlamento russo.

4.4   Un quadro di governance cooperativa

4.4.1

Il CESE rileva nella comunicazione una insufficiente definizione sia del concetto di governance cui l'UE dovrebbe contribuire, sia degli strumenti che dovrebbero garantire i processi multipartecipativi delle decisioni riguardanti Internet, come già avvenuto in relazione alle proposte di azione contenute nella comunicazione Un'agenda digitale europea  (4). Nel quadro di una governance generale condivisa, si possono definire più specificamente livelli e modalità.

4.4.2

Ai richiami ad esperienze positive di paesi membri ed extra europei, la Commissione affianca quale unica iniziativa lo sviluppo della piattaforma GIPO (iniziativa importante e positiva), riservandosi ulteriori proposte operative all'esito di una prossima consultazione pubblica. Ma proprio in vista della comunicazione è già stata effettuata un'ampia consultazione, senza che questo abbia prodotto maggiore concretezza nelle proposte contenute nella comunicazione e soprattutto rivelando una insufficiente attenzione da parte di istituzioni e stakeholder.

4.4.2.1

La Commissione deve chiarire meglio il ruolo specifico e il valore aggiunto dell'UE in quanto tale e cosa venga chiesto ai singoli Stati, anche alla luce degli obiettivi dell'Agenda digitale europea; e deve definire le competenze esclusive e quelle condivise, anche per evitare sovrapposizioni e possibili conflitti.

4.4.3

Il CESE esprime la preoccupazione che ci sia una scarsa sensibilità e una grave sottovalutazione negli Stati membri e in tutti gli stakeholders rispetto a un tema di fondamentale importanza per il futuro economico e sociale dell'Unione. Il CESE chiede alla Commissione di porre in essere azioni di stimolo diretto sui governi, il mondo imprenditoriale e le NGO di tutela dei diritti dei cittadini e in particolare le associazioni di consumatori che non sono citate nella comunicazione.

4.4.4

Il CESE ha elaborato in questi anni numerosi pareri su Internet e in particolare sull'Agenda digitale e deve essere coinvolto in queste azioni.

4.5   Globalizzazione delle decisioni fondamentali che riguardano internet

4.5.1

Un altro aspetto importante riguarda le azioni a livello internazionale che l'UE nel suo complesso dovrebbe porre in essere, riguardo alla governance di tutte le comunicazioni elettroniche e ai diritti dei cittadini. Nella comunicazione mancano riferimenti specifici su come veicolare queste iniziative a livello internazionale.

4.5.2

Ciò è ancora più rilevante se consideriamo che, in occasione dello scandalo Datagate, è emersa la debolezza dell'UE, che al vertice di Bruxelles di ottobre 2013 non ha saputo dare una risposta collettiva forte, andando in ordine sparso sulla ribalta internazionale.

4.6   Processo multipartecipativo: la globalizzazione dell'icann

4.6.1

Il CESE rileva che è necessario un framework strategico. Se il governo della rete non può più stare nelle mani del governo americano, bisogna anche definire con precisione il regime multistakeholder, in modo che sia realmente rappresentativo. Occorre trovare un giusto equilibrio tra le istituzioni governative, le Big Companies che rispondono agli interessi degli azionisti, le NGO che rappresentano direttamente i cittadini.

4.6.1.1

La creazione di strumenti informatici innovativi, come il GIPO, è sostenuta dal CESE come importante risorsa a disposizione della comunità internazionale per monitorare le politiche di regolamentazione riguardanti Internet e le nuove tecnologie, favorendo lo scambio tra i diversi Forum. Ciò favorisce soprattutto quelle componenti della società civile che hanno risorse limitate.

4.6.2

Per quanto riguarda l'ICANN e la IANA, l'organismo tecnico ha finalmente annunciato l'avvio di un processo di gestione globale e multi-stakeholder delle funzioni tecniche affidate a partire dal settembre 2015, data di scadenza del contratto con il governo degli Stati Uniti d'America per la gestione dei domini di primo livello nazionali. Il CESE chiede che la Commissione determini con chiarezza quale dovrebbe essere il ruolo dell'Unione europea nel futuro organismo transnazionale e rivendichi un rappresentante tecnico e uno politico nel board del nuovo ICANN.

4.6.3

È importante anche il sostegno della Commissione al rafforzamento dell'IGF, come luogo di confronto fra tutti i soggetti interessati. Il CESE auspica che l'UE abbia un ruolo protagonista al prossimo IGF che si terrà a Istanbul il prossimo settembre, con una forte azione congiunta della Commissione, degli Stati membri e della società civile, ribadendo i contenuti della comunicazione.

4.7   Conquista della fiducia

4.7.1

A livello intracomunitario, è importante che la Commissione sottolinei nella comunicazione correttamente la necessità di conquistare la fiducia in Internet attraverso strumenti normativi che ne potenzino la sicurezza, la stabilità e la resilienza, come la riforma del quadro normativo sulla protezione dei dati personali e la direttiva sulla sicurezza delle reti e dell'informazione.

4.7.2

Opportunamente, dopo la relazione della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni a seguito delle vicende Datagate, il Parlamento europeo ha deliberato l'istituzione di un «Habeas Corpus digitale europeo — Protezione dei diritti fondamentali nell'era digitale», attraverso specifiche azioni quale piano prioritario per la prossima legislatura.

4.7.3

Il CESE seguirà con molta attenzione l'iter di queste azioni e l'attuazione delle misure previste nel «Pacchetto Telecom» sull'attuazione del mercato unico TLC (5).

4.8   Norme tecniche che definiscono internet

4.8.1

Un aspetto fondamentale riguarda le norme tecniche. La natura aperta e transnazionale della rete comporta che la definizione delle norme tecniche avvenga prescindendo da considerazioni di ordine pubblico definite a livello di singoli Stati o strutture intergovernative regionali, bensì attraverso una sorta di autoregolazione della comunità tecnica solo in pochi casi concertata con le istituzioni. L'incidenza che tali scelte possono avere sui diritti dei cittadini, tra cui quello alla libertà di espressione, alla protezione dei dati personali (compreso il diritto all'oblio) e alla sicurezza degli utenti nonché sull'accesso ai contenuti, impone scelte precise e l'emanazione di raccomandazioni che garantiscano la compatibilità di tali scelte tecniche con i diritti umani.

4.8.2

Il CESE sostiene la proposta della Commissione di organizzare seminari con esperti internazionali delle varie discipline giuridico-sociali, economiche e tecniche per garantire la coerenza tra i quadri normativi esistenti e le nuove forme di definizione per Internet.

4.8.3

Sul piano della concorrenza e del libero mercato, bisogna porsi anche il problema di una situazione in cui pochi algoritmi privati esercitano un controllo unico di dati personali, metadati e introiti da pubblicità o da copyright (6).

4.9   Conflitti tra giurisdizioni e leggi

4.9.1

Per quanto riguarda gli aspetti legali di Internet, la creazione di un mercato unico digitale entro il 2015 è stata ribadita con forza dalla Commissione e naturalmente non può prescindere da una armonizzazione delle normative nazionali e internazionali applicate alle transazioni online. Si condivide la volontà della Commissione di avviare un riesame dei rischi di conflitto internazionale tra le diverse leggi e giurisdizioni, spesso aggravato dai regolamenti delle singole Autorità indipendenti di regolazione.

4.9.2

Il CESE rileva che nella comunicazione è assente qualsiasi riferimento alla neutralità della rete, che pure è stata riconosciuta come fondamentale nell'agenda digitale. Il Comitato ribadisce quanto già affermato in vari pareri, manifesta la propria preoccupazione per le iniziative regolamentari in discussione negli USA e «auspica fortemente che i principi di apertura e neutralità di Internet vengano al più presto sanciti formalmente dal diritto dell'UE, sempre tenendo conto dell'evoluzione tecnologica (“stato dell'arte”) in questo campo» (7).

4.10   Internet inclusivo

4.10.1

Il CESE infine sottolinea l'importanza di un aspetto fondamentale: l'inclusività. Il contributo dell'Unione europea ad una governance globale di Internet non può prescindere dalla promozione di politiche di inclusione legate all'ICT, al fine di creare i presupposti per una società realmente inclusiva (nel 2006 i ministri degli Stati membri dell'Unione europea, dei paesi in via di adesione, dei paesi dell'EFTA (Area europea di Libero Commercio) e degli altri paesi responsabili per le politiche di e-inclusion hanno sottoscritto la Carta di Riga a latere della Conferenza ministeriale ICT for an inclusive society che prevede una serie di impegni per garantire la realizzazione di soluzioni ICT a favore della popolazione anziana e in materia di e-Accessibility nella UE). Il Comitato reputa opportuno l'inserimento nella comunicazione del principio per cui TIC accessibili e facilmente utilizzabili siano riconosciute quali strumenti essenziali alle persone con disabilità per l'accesso e la realizzazione di opportunità complete ed efficaci su base di paritaria.

Bruxelles, 10 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Comunicazione Governance di Internet: le prossime tappe, COM(2009) 277 final.

(2)  GU C 107 del 6.4.2011, pagg. 53-57; GU C 318 del 29.10.2011, pag. 9; GU C 229 del 31.7.2012, pag. 1; GU C 161 del 6.6.2013, pag. 8; GU C 76 del 14.3.2013, pagg. 59-65.

(3)  GU C 67 del 6.3.2014, pag. 137.

(4)  GU C 54 del 19.2.2011, pag. 58.

(5)  GU C 177 dell'11.6.2014, pag. 64.

(6)  COM(2012) 0573.

(7)  Parere CESE TEN 457/2011 Neutralità della rete, relatore: PEGADO LIZ.


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/152


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Quadro d'azione di Hyogo per il dopo 2015: gestire i rischi per raggiungere la resilienza

COM(2014) 216 final

(2014/C 451/25)

Relatore:

IULIANO

La Commissione europea, in data 8 aprile 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione europea — Quadro d'azione di Hyogo per il dopo 2015: gestire i rischi per raggiungere la resilienza.

COM(2014) 216 final.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 12 giugno 2014.

Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 103 voti favorevoli, 1 voto contrario e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) considera estremamente pertinente e necessario che l'UE adotti una posizione per quanto concerne la riduzione dei rischi di catastrofi, tenendo conto della revisione del quadro d'azione di Hyogo nel 2015. Una posizione dell'UE assume maggiore rilevanza in quanto coinciderebbe con altre iniziative post-2015 in materia di sviluppo o di cambiamento climatico.

1.2

Il CESE chiede agli Stati membri di fornire alla Commissione i dati sui rischi e sulle catastrofi avvenute sui loro rispettivi territori nel modo più disaggregato possibile, affinché tali dati possano servire a stabilire una diagnosi più profonda e precisa della situazione.

1.3

Il CESE è convinto che occorra rivolgere maggiore attenzione ai fattori di rischio sottostanti e alle cause profonde delle calamità. Tra questi fattori di rischio figurano lo sviluppo urbano non pianificato, la vulnerabilità dei mezzi di sopravvivenza in ambito rurale e gli ecosistemi in declino.

1.4

Gran parte delle perdite umane ed economiche provocate dalle catastrofi è dovuta ad eventi minori piuttosto frequenti. Per il CESE, il quadro d'azione 2015 dovrebbe attribuire una maggiore importanza agli «eventi rischiosi estensivi», e cercare di potenziare la resilienza delle comunità colpite da questi disastri.

1.5

Il CESE giudica opportuno esaminare l'impatto economico e sociale delle catastrofi con maggiore profondità e prestare più attenzione ad elementi quali le infrastrutture produttive.

1.6

Il CESE ritiene che il quadro d'azione di Hyogo per il dopo 2015 dovrebbe approfondire un approccio «multirischio» tenendo conto in misura maggiore delle minacce antropogeniche.

1.7

La gestione dei rischi di catastrofi deve basarsi su un approccio orientato ai diritti, essere incentrata sulle esigenze e sui diritti dei gruppi e delle persone più vulnerabili e integrare e sottolineare la prospettiva di genere.

1.8

Il CESE è favorevole alla promozione di approcci locali alla gestione del rischio, dando spazio alle organizzazioni della società civile in ambito locale e ai gruppi normalmente esclusi. È necessario tener conto in modo più deciso della gestione locale del rischio.

1.9

Va inoltre riconosciuto il ruolo delle organizzazioni della società civile nell'ambito della riduzione dei rischi di catastrofi, sul piano sia locale sia internazionale.

1.10

Gli imprenditori e i privati devono svolgere una funzione determinante introducendo la riduzione dei rischi in tutto il ciclo produttivo e apportando la loro capacità di innovazione.

1.11

Pur conservando un carattere volontario, il nuovo quadro d'azione 2015 deve dare importanza ai sistemi di responsabilità e di trasparenza attraverso una serie di indicatori accettati a livello internazionale. Tali indicatori non devono limitarsi agli aspetti puramente tecnici ma includere anche dimensioni di carattere sociale.

1.12

Il CESE valuta positivamente i sistemi di revisione inter pares applicati da diversi Stati membri, ma ritiene che a medio termine sia necessario definire meccanismi di responsabilità più esigenti.

1.13

Per quanto concerne il finanziamento, il CESE considera doveroso indicare percentuali minime raccomandabili per il finanziamento di azioni volte a ridurre i rischi di catastrofi nella politica di sviluppo e nella politica umanitaria dell'UE.

2.   Contesto

2.1

L'adozione, nel 2005, del quadro d'azione di Hyogo «Costruire la capacità di ripresa di nazioni e comunità a fronte di disastri naturali» ha certamente rappresentato un evento storico nell'approccio alla riduzione dei rischi di catastrofi. Il fatto che il quadro d'azione sia stato adottato da 168 Stati è la prova di una nuova percezione da parte della comunità internazionale di una realtà sempre più inquietante.

2.2

Dopo l'adozione del quadro d'azione, l'UE ha via via introdotto elementi di riduzione dei rischi di catastrofi e di gestione dei rischi in molte delle sue politiche, vuoi interne vuoi nell'ambito della cooperazione allo sviluppo o degli aiuti umanitari e, pur se in modo disuguale, i progressi in questo campo sono stati significativi.

2.3

Pertanto, la revisione del quadro d'azione nel 2015 costituisce per l'UE un'opportunità di rivedere le sue politiche in materia adeguandole alla nuova realtà internazionale, e al tempo stesso di contribuire al dibattito internazionale sul rischio di catastrofi e sui metodi migliori per farvi fronte.

2.4

Il CESE accoglie con interesse la comunicazione della Commissione europea intitolata «Quadro d'azione di Hyogo per il dopo 2015: gestire i rischi per raggiungere la resilienza», la giudica estremamente pertinente nell'attuale periodo e intende contribuire al dibattito presentando le proposte dei settori della società civile da esso rappresentati.

2.5

La tendenza mondiale in materia di catastrofi che emerge dal 2005, anno di adozione del quadro d'azione, conferma un preoccupante aggravarsi dei rischi, il che obbliga gli Stati, gli organismi internazionali, le organizzazioni della società civile e la comunità in generale a riformulare le loro posizioni sulla riduzione dei rischi.

2.6

Tutti i dati di cui disponiamo attualmente segnalano un aggravarsi delle catastrofi, specie di quelle determinate da pericoli idrometeorologici dovuti al cambiamento del clima, ma anche di altre causate da processi di urbanizzazione selvaggia, da una pianificazione territoriale inadeguata, da un uso improprio del terreno e delle risorse naturali. Si osserva altresì una maggiore esposizione a tali rischi.

2.7

L'impatto delle calamità varia ovviamente tra le regioni e i paesi e le perdite umane o economiche dipendono dai livelli di sviluppo. Tuttavia, nessun paese e nessuna regione del mondo è al riparo da questi rischi e i dati degli ultimi decenni mostrano l'impatto elevato dei disastri anche nei paesi sviluppati e nella stessa UE.

2.8

Dato che nel 2015 saranno riformulati anche gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, e considerando che il dibattito sul cambiamento climatico ha registrato alcuni progressi, è indispensabile fare uno sforzo ai fini di una maggiore coerenza tra le diverse posizioni su tali questioni, obiettivo cui il CESE intende contribuire.

3.   Nuove visioni del contesto e della tipologia delle catastrofi

3.1

La comunicazione della Commissione e, soprattutto, i due documenti ad essa allegati (1) analizzano in modo molto esaustivo le minacce e i rischi su scala mondiale, in particolar modo a livello dell'UE. Essi descrivono inoltre in maniera estremamente precisa le politiche europee in cui sono stati introdotti elementi della riduzione dei rischi. Il Comitato valuta molto positivamente lo sforzo condotto dalla Commissione per disporre di dati affidabili e tecnicamente solidi in grado di fornire una visione globale sulle catastrofi che avvengono sul territorio dell'UE e di illustrare le politiche per farvi fronte.

3.2

Per quanto concerne, tuttavia, una visione d'insieme delle catastrofi sul territorio dell'UE, il CESE segnala con rammarico che solo sedici (16) Stati membri più la Norvegia hanno messo a disposizione dati diretti. Il CESE esorta gli altri paesi che ancora non hanno fornito i loro dati disaggregati a contribuire quanto prima a questo sforzo per arrivare a una diagnosi il più possibile chiara e precisa in materia di minacce e catastrofi all'interno dell'UE.

3.3

Su scala mondiale, gli studi condotti dalla Strategia internazionale delle Nazioni Unite per la riduzione dei disastri (sigla in inglese: UNISDR) mostrano che, più delle grandi calamità con maggiore impatto mediatico, sono i «piccoli disastri» quelli più frequenti, che causano un numero maggiore di perdite umane ed economiche e che determinano un impatto più profondo sulla vita quotidiana di milioni di esseri umani e di comunità in tutto il pianeta. Secondo il CESE, è necessario che il quadro d'azione post-2015 attribuisca maggior importanza al rischio «estensivo» (2) determinato da questo tipo di eventi, abbandonando l'approccio basato sul rischio «intensivo» privilegiato in passato. L'attenzione a questo tipo di disastri, che avvengono con elevata frequenza anche se su scala limitata, deve essere inoltre il punto di partenza per potenziare la resilienza delle comunità colpite. Per il CESE occorre osservare più da vicino l'impatto locale di questo tipo di catastrofi.

3.4

Nonostante i numerosi studi relativi all'impatto economico delle catastrofi, raramente sono stati analizzati i costi in termini di posti di lavoro, condizioni lavorative, lavoro dignitoso, impatto sugli imprenditori, sul tessuto produttivo, ecc. Il CESE giudica opportuno esaminare questi aspetti con maggiore profondità e prestare più attenzione ad elementi quali le infrastrutture produttive (3).

3.5

Inoltre, i dati a disposizione mostrano che numerose catastrofi sono dovute ad un insieme di pericoli e non ad un'unica e sola causa. Questo conferma la necessità di effettuare un'analisi «multirischio» e di adottare un approccio più olistico alle catastrofi tenendo conto della loro complessità. Il concetto di «emergenza complessa» utilizzato finora in ambito umanitario può servire per evitare visioni semplicistiche delle cause delle calamità, visioni che possono a volte portare a dare risposte altrettanto semplicistiche. Nonostante gli approcci che hanno dominato dopo l'adozione del quadro d'azione mettano l'accento sulle minacce di tipo «naturale» o «antropogenico non intenzionale», l'esperienza mostra che fattori quali la violenza nelle zone urbane periferiche, la mancanza di governance, i diversi tipi di conflitti e altri fattori di natura umana aggravano le catastrofi e dovrebbero essere presi in considerazione. Il CESE ritiene che il quadro d'azione 2015 dovrebbe affrontare questi elementi connessi ai conflitti e alla violenza in modo più completo. Bisogna altresì analizzare più a fondo il problema delle catastrofi di natura tecnologica o i cosiddetti «triplici disastri» (terremoto, tsunami, nucleare), come ad esempio la tragedia di Fukushima.

3.6

Il CESE inoltre è convinto che occorra rivolgere maggiore attenzione ai fattori di rischio sottostante e alle cause profonde delle calamità. Tutte le analisi e le revisioni del quadro d'azione mostrano che la priorità d'intervento numero 4 «Riduzione dei fattori di rischio sottostanti» è quella che ha registrato meno progressi (4).

4.   Una gestione dei rischi di catastrofi incentrata sui diritti delle persone e in particolare dei gruppi più vulnerabili a livello locale

4.1

Nonostante i passi avanti compiuti dall'adozione del quadro d'azione, la gestione dei rischi di catastrofi non tiene sufficientemente conto dell'approccio basato sui diritti. In alcune occasioni, addirittura, il riferimento alla vulnerabilità e ai diritti particolari di determinati gruppi ha contribuito a rendere queste categorie ancora più vulnerabili, senza riconoscere che sono, inoltre, portatrici di capacità. Ad esempio, la parità di genere è stata presa in considerazione in modo semplicistico. Il Comitato ritiene che l'approccio da adottare dovrebbe essere basato sulle persone e sui loro diritti, sull'uguaglianza, sul diritto alla protezione ma anche sul diritto allo sviluppo sostenibile, inclusa la sostenibilità ambientale, tutti principi che dovrebbero essere maggiormente presenti nel quadro d'azione 2015. Gli aspetti di genere, i diritti, l'attenzione ai gruppi vulnerabili dovrebbero essere introdotti e formar parte degli indicatori di monitoraggio del quadro d'azione 2015 e dei meccanismi di responsabilità che saranno definiti. Le organizzazioni della società civile che promuovono e difendono i diritti, in particolare i diritti delle donne e la parità di genere, e quelle che rappresentano i gruppi più vulnerabili dovrebbero essere chiamate più spesso a partecipare ai forum di dibattito sulla riduzione dei rischi di catastrofi.

4.2

L'esperienza dimostra che le iniziative locali o quelle dotate di un approccio locale sono quelle che più e meglio hanno tenuto conto dei gruppi vulnerabili. Il CESE è favorevole alla promozione di approcci locali alla gestione del rischio, dando spazio alle organizzazioni della società civile in ambito locale e ai gruppi normalmente esclusi. Questo comporta l'elaborazione di sistemi di governance locale del rischio che consentano di adottare le misure concrete e i meccanismi istituzionali di cui c'è bisogno. Il finanziamento delle attività di gestione locale del rischio dovrebbe essere un aspetto prioritario delle iniziative nazionali e di quelle promosse dagli organismi internazionali.

4.3

Riconoscendo che sono e devono essere gli Stati ad impegnarsi a rispettare e applicare il quadro d'azione e ricordando che il successo o il fallimento del quadro d'azione 2015 dipenderà dalla volontà politica degli Stati stessi, il CESE desidera sottolineare la necessità di coinvolgere tutte le amministrazioni territoriali, i comuni e gli enti locali, così come le organizzazioni della società civile, le ONG, il mondo accademico, gli imprenditori e i sindacati nell'elaborazione di piani per la gestione dei rischi di catastrofi o di strumenti analoghi. L'attuale mancanza di collegamento tra l'ambito locale e altri livelli amministrativi superiori limita la capacità d'azione immediata della popolazione direttamente colpita da una minaccia. Questo assume particolare importanza nei paesi in via di sviluppo, che presentano strutture istituzionali poco solide.

4.4

Le imprese e il settore privato hanno un ruolo fondamentale da svolgere nella riduzione dei rischi, non solo attraverso i partenariati pubblico-privati e la responsabilità sociale delle imprese, ma anche apportando idee innovative ed esperienze e introducendo in tutto il processo produttivo concetti quali resilienza, mitigazione e adeguamento. Nella comunicazione la Commissione allude agli aspetti assicurativi, ma accanto a questi sarebbe necessario fare più chiaramente riferimento alla necessità impellente di ridurre il rischio al fine di poter garantire uno sviluppo produttivo.

4.5

Tenendo conto delle eventuali differenze caso per caso, il CESE ritiene che la partecipazione delle organizzazioni della società civile alla gestione dei rischi su scala mondiale e alla gestione locale dei rischi debba essere intensificata sia nelle politiche interne dell'UE sia nella sua azione esterna.

4.6

Il CESE desidera mettere in risalto il ruolo dell'istruzione, sia essa formale (scolastica) o informale, in quanto strumento estremamente valido per incrementare la sensibilizzazione e migliorare l'efficacia delle azioni condotte dai cittadini in occasione di catastrofi. Le organizzazioni della società civile possono svolgere una funzione importante in tale contesto, funzione che va al di là degli ambiti d'insegnamento ufficiale.

5.   Verso un quadro di responsabilità e trasparenza concernente obiettivi e indicatori di progresso del quadro d'azione 2015

5.1

Il Comitato condivide in linea di massima i «Principi del nuovo quadro» stabiliti dalla Commissione nella comunicazione per quanto concerne la responsabilità e gli indicatori. L'attuale sistema di monitoraggio del quadro d'azione è assai limitato e non è servito per misurare in modo serio i progressi compiuti. In realtà, numerosi Stati membri dell'UE non hanno fornito i loro dati in modo adeguato e preciso e non dispongono di banche dati solide e affidabili in materia. Le catastrofi sono eventi che toccano la sensibilità pubblica e politica e questo rende particolarmente necessario stabilire, nell'ambito della riduzione dei rischi, meccanismi di trasparenza e di responsabilità che siano credibili.

5.2

Il CESE valuta positivamente le iniziative di revisione inter pares adottate da alcuni paesi e crede che debbano diventare un modo di procedere generalizzato. Il CESE ritiene che, a media e lunga scadenza, l'UE dovrebbe cercare di migliorare il più possibile la raccolta di dati degli Stati membri in modo da renderli comparabili e accessibili non solo per le istituzioni governative ma anche per la società civile, i mezzi di comunicazione, il mondo accademico, la comunità scientifica e altri gruppi interessati.

5.3

In qualsiasi caso, il quadro d'azione 2015 dovrebbe definire un sistema di indicatori comuni che consentano di misurare i progressi e il grado di attuazione da parte sia dei paesi sia degli altri soggetti interessati. Senza entrare nei dettagli, il Comitato condivide gli sforzi effettuati dalle organizzazioni della società civile in materia di indicatori e si dice convinto che questi ultimi non devono limitarsi solo agli aspetti puramente tecnici o tecnocratici ma dovrebbero introdurre anche elementi sociali, di resilienza, di partecipazione, ecc (5).

5.4

In un clima di trasparenza e di responsabilità bisogna inoltre promuovere il dialogo tra i diversi soggetti interessati (organismi ufficiali, istituzioni politiche, organizzazioni della società civile, settore privato e imprenditori, mondo accademico, ecc.) sulla riduzione dei rischi di catastrofi.

6.   Coerenza tra le agende concernenti lo sviluppo, il cambiamento climatico e la riduzione dei rischi di catastrofi

6.1

In un mondo interconnesso e interdipendente come quello in cui viviamo, è paradossale non poter collegare le «agende» internazionali concernenti temi che, per definizione, sono strettamente collegati tra loro. L'UE dovrebbe approfittare dell'opportunità offerta nel 2015, anno in cui coincidono diverse iniziative riguardanti il cambiamento climatico, lo sviluppo e la riduzione dei rischi di catastrofi, al fine di promuovere questa coerenza sul piano internazionale. Questa spinta alla coerenza presenta numerose implicazioni a livello concettuale, istituzionale, di priorità, ecc. che vanno affrontate tenendo conto dell'esperienza delle comunità colpite e considerando che sviluppo, cambiamento climatico e catastrofi non possono continuare ad essere visti come elementi separati l'uno dall'altro. Il CESE appoggia gli sforzi internazionali volti a definire criteri e indicatori comuni in materia di Obiettivi di sviluppo sostenibile e quadro d'azione 2015.

6.2

Dato che il cambiamento climatico influisce sulla frequenza e sulla gravità delle minacce (soprattutto idrometeorologiche) e considerando gli obiettivi comuni perseguiti dalla riduzione dei rischi di catastrofi e dalle politiche di adeguamento ai cambiamenti climatici, è necessario aumentare significativamente il coordinamento fra le strutture che promuovono la definizione e l'applicazione di ciascuna di queste discipline.

6.3

Il futuro quadro d'azione 2015 deve illustrare con maggior chiarezza i legami esistenti tra le catastrofi e lo sviluppo, legami che possono essere molto diversi e complessi. Uno sviluppo ben concepito può ridurre il rischio ma può anche, come è varie volte avvenuto, farlo aumentare. Allo stesso modo, il cambiamento climatico e le catastrofi presentano rapporti complessi e sono interdipendenti. Il CESE è convinto che concetti e impostazioni come, ad esempio, la resilienza possano rivelarsi utili nell'affrontare queste complementarità.

6.4

Il Comitato desidera al tempo stesso mettere in risalto la necessità di esaminare il collegamento che esiste tra la riduzione tradizionale dei rischi di catastrofi e l'agenda in materia di sicurezza. Fino ad ora l'approccio dominante del quadro d'azione si è orientato, come già sottolineato, alle «catastrofi naturali», ma altre minacce e altre realtà legate alla violenza, ai conflitti o alla lotta per le risorse raccomandano di cominciare a tener conto di questo collegamento. È una realtà motivata dal concetto di sicurezza umana, e se ne dovrebbe studiare l'utilità in questo settore.

7.   Finanziamento della riduzione dei rischi di catastrofi e impegno da parte dell'UE

7.1

La mancanza di una «cultura della prevenzione» ha fatto sì che la prevenzione dei rischi, la mitigazione o la preparazione in caso di catastrofi non abbiano avuto priorità né nelle politiche interne né nell'azione esterna dell'UE. Come giustamente afferma la Commissione nella comunicazione, alcuni programmi hanno precorso i tempi (ad esempio il programma DIPECHO (6)), ma la percentuale di fondi destinata a tal fine si è rivelata insufficiente. Il CESE considera doveroso indicare percentuali minime raccomandabili per il finanziamento di azioni volte a ridurre i rischi di catastrofi nella politica di sviluppo e nella politica umanitaria dell'UE, in linea con quanto fanno altri donatori (7). Per tale motivo, gli Stati membri dovrebbero dotarsi di sistemi di controllo finanziario per le azioni di riduzione dei rischi di catastrofi da introdurre nelle politiche di sviluppo e di aiuti umanitari.

Bruxelles, 10 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione «I rischi di catastrofi naturali e umane nell'UE», SWD(2014) 134 final, «Politiche dell'UE a favore di una gestione del rischio catastrofi», SWD(2014) 133 final.

(2)  Gli studi dell'UNISDR mostrano che i disastri «estensivi» provocano il 90 % delle perdite su scala mondiale (Global Assessment Report. GAR. UNISDR, 2013).

(3)  La riflessione su questo tema è stata avviata di recente. The Labour Market Impacts of Natural and Environmental Disasters. ADAPT Italia e The Japan Institute for Labour Policy and Training. http://moodle.adaptland.it/mod/page/view.php?id=9533

(4)  Il quadro d'azione contiene cinque priorità di azione: 1) assicurare che la riduzione dei rischi di catastrofi sia una priorità nazionale e locale con una solida base istituzionale per l'attuazione; 2) individuare, valutare e controllare i rischi di catastrofi e potenziare i sistemi di allarme rapido; 3) valersi delle conoscenze, delle innovazioni e dell'istruzione per creare una cultura della sicurezza e della resilienza a tutti i livelli; 4) ridurre i fattori di rischio sottostanti; 5) rafforzare la preparazione alle catastrofi per assicurare una risposta efficace a tutti i livelli.

(5)  Joint Civil Society Position on Post 2015 Framework for Disaster Risk Reduction (Posizione comune della società civile sul quadro post 2015 per la riduzione dei rischi di catastrofi). Il testo segue gli orientamenti contenuti nel documento intitolato Elements for Consideration in the Post-2015 Framework for Disaster Risk Reduction (Elementi da considerare nel quadro post 2015 per la riduzione dei rischi di catastrofi).

(6)  DIPECHO (Disaster Preparedness ECHO) è un programma concernente la riduzione dei rischi di catastrofi, avviato nel 1996 dalla DG ECHO della Commissione europea.

(7)  Il seguente link presenta, in sintesi, una revisione delle possibilità di finanziamento nell'ambito della riduzione dei rischi di catastrofi e illustra le esperienze condotte in materia: http://www.odi.org.uk/sites/odi.org.uk/files/odi-assets/publications-opinion-files/8574.pdf


16.12.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 451/157


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga la direttiva 93/5/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1993, concernente l'assistenza alla Commissione e la cooperazione degli Stati membri nell'esame scientifico di questioni relative ai prodotti alimentari

COM(2014) 246 final — 2014/0132 (COD)

(2014/C 451/26)

Il Consiglio, in data 22 maggio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga la direttiva 93/5/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1993, concernente l'assistenza alla Commissione e la cooperazione degli Stati membri nell'esame scientifico di questioni relative ai prodotti alimentari

COM(2014) 246 final — 2014/0132 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e dato che esso aveva già formato oggetto del suo parere CESE 404/2001 — 2000/0286 (COD), adottato il 28 marzo 2001 (1), il Comitato ha deciso, nella sua 500a sessione plenaria del 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio), con 185 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni, di non elaborare un nuovo parere sul tema e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nei documenti citati.

Bruxelles, 9 luglio 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Parere del CESE NAT/099 in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per gli alimenti e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, GU C 155 del 29.5.2001, pagg. 32-38.