ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 424

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

57° anno
26 novembre 2014


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

499a sessione plenaria del CESE del 4 e 5 giugno 2014

2014/C 424/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Misure a favore dell'occupazione giovanile — Migliori pratiche — (parere esplorativo richiesto dalla presidenza greca)

1

2014/C 424/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le relazioni commerciali transatlantiche e il punto di vista del CESE su una cooperazione rafforzata e un eventuale accordo di libero scambio tra l'UE e gli USA — (parere d'iniziativa)

9

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

499a sessione plenaria del CESE del 4 e 5 giugno 2014

2014/C 424/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo - Una prospettiva per il mercato interno dei prodotti industriali — COM(2014) 25 final

20

2014/C 424/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a una rete europea di servizi per l'impiego, all'accesso dei lavoratori ai servizi di mobilità e a una maggiore integrazione dei mercati del lavoro — COM(2014) 6 final – 2014/0002 (COD)

27

2014/C 424/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Esplorazione e produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume nell'UE — COM(2014) 23 final

34

2014/C 424/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Quadro per le politiche dell’energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030 — COM(2014) 15 final

39

2014/C 424/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla costituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato nel sistema unionale di scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra e recante modifica della direttiva 2003/87/CE — COM(2014) 20 final – 2014/0011 (COD)

46

2014/C 424/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla strategia dell'UE contro il traffico illegale di specie selvatiche — COM(2014) 64 final

52

2014/C 424/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Insieme verso una mobilità urbana competitiva ed efficace sul piano delle risorse — COM(2013) 913 final

58

2014/C 424/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Costi e prezzi dell’energia in Europa — [COM(2014) 21 final]

64

2014/C 424/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana e che abroga la direttiva 83/417/CEE del Consiglio — COM(2014) 174 final – 2014/0096 (COD)

72

2014/C 424/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante fissazione del tasso di adattamento dei pagamenti diretti di cui al regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio per l’anno civile 2014 — COM(2014) 175 final – 2014/0097 (COD)

73

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

499a sessione plenaria del CESE del 4 e 5 giugno 2014

26.11.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 424/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Misure a favore dell'occupazione giovanile — Migliori pratiche»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza greca)

2014/C 424/01

Relatrice:

SCHWENG

Con lettera del 6 dicembre 2013, l'ambasciatore Theodoros SOTIROPOULOS ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo, a nome della presidenza greca e conformemente all'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di elaborare un parere esplorativo sul tema:

Misure a favore dell'occupazione giovanile — Migliori pratiche.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 maggio 2014.

Alla sua 299a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 giugno 2014 (seduta del 4 giugno 2014), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 124 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico sociale europeo (CESE) giudica la lotta alla disoccupazione giovanile una priorità politica. Per poter dare forma all'Europa di domani, i giovani di oggi hanno bisogno di prospettive per una vita autonoma, tra le quali figura anche un posto di lavoro corrispondente alle loro qualifiche. Solo una strategia basata sulla crescita e orientata al rafforzamento della competitività e al ripristino della fiducia di investitori e famiglie, nonché investimenti sostenibili e un piano di ripresa economica possono stimolare la domanda di forza lavoro.

1.2

Per invogliare le imprese ad assumere giovani lavoratori spesso senza esperienza, anche in un periodo economicamente incerto, occorrono incentivi adeguati. Tra questi figura un sistema d'istruzione che fornisca, sul piano professionale e personale, una base per poter accedere a un'occupazione, orienti maggiormente la formazione professionale verso le esigenze del mercato del lavoro e favorisca l'imprenditorialità. È altresì necessario un mercato del lavoro dinamico e inclusivo nel quale le persone dispongano delle competenze essenziali per la competitività dell'economia europea, per la coesione sociale e per prospettive di crescita sostenibili a lungo termine. Le apposite riforme devono portare ad un equilibrio tra flessibilità e sicurezza. Per raggiungere al meglio questo obiettivo, è necessaria la partecipazione delle parti sociali.

1.3

Al momento di scegliere una professione i giovani devono essere sostenuti da consulenti qualificati. Un'analisi del fabbisogno di forza lavoro a medio termine, soprattutto a livello locale, può influenzare positivamente la scelta della professione. Gli Stati membri i cui sistemi d'istruzione offrono una formazione non solo teorica ma anche pratica si sono distinti, durante la crisi, per un tasso di disoccupazione giovanile relativamente basso rispetto alla media europea. Il CESE è convinto del successo dei modelli di formazione professionale basati sul lavoro, come i sistemi di formazione duale esistenti in alcuni Stati membri. Questi programmi di formazione si rivelano particolarmente riusciti quando tutte le parti in causa (datori di lavoro e lavoratori, le organizzazioni che rappresentano i loro interessi e le autorità pubbliche) assumono le loro responsabilità.

1.4

I servizi pubblici per l'impiego hanno da parte loro un ruolo importante da svolgere nel passaggio dalla scuola alla vita lavorativa. Essi devono poter disporre di adeguate risorse finanziarie e umane non solo per dare sostegno ai disoccupati in cerca di lavoro, ma anche per mantenere uno stretto contatto con chi offre lavoro.

1.5

La partecipazione delle parti sociali alla strategia per la crescita, alle riforme del mercato del lavoro, ai programmi di formazione e alle riforme dei servizi pubblici per l'impiego, nonché il coinvolgimento delle organizzazioni giovanili nell'attuazione della garanzia per i giovani assicurano il consenso di una grossa fetta della popolazione e, di conseguenza, la pace sociale. Un cambiamento può essere duraturo solo se le decisioni vengono condivise.

2.   Introduzione

2.1

La lotta efficace alla disoccupazione giovanile è una delle principali sfide del momento. I tassi di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni sono sempre stati più alti rispetto a quelli della fascia di età dai 24 ai 65, ma la crisi economica e finanziaria ha colpito in modo particolarmente duro i giovani alla ricerca di un primo impiego. In base ai dati Eurostat (1), mentre fino alla fine del 2008 il tasso di disoccupazione giovanile era il doppio rispetto a quello della popolazione totale, alla fine del 2012 è diventato 2,6 volte superiore.

2.2

I motivi sono da ricercare nella diminuzione dei posti di lavoro, a causa di una crescita debole o addirittura negativa, di un regresso della domanda interna, delle economie operate nel settore pubblico, con conseguente blocco delle assunzioni; la situazione è stata aggravata dal fatto che le riforme strutturali nel campo della formazione e del mercato del lavoro non sono state portate avanti in tempo utile. Mancano inoltre le competenze necessarie, mentre sono disponibili qualifiche per le quali non vi è richiesta sul mercato del lavoro.

2.3

Il tasso di disoccupazione giovanile, che indica la quota di giovani disoccupati tra i 15 e i 24 anni rispetto alle persone attive della stessa fascia di età, nel 2013 era del 23,3 % (UE-28). Un secondo indicatore calcolato da Eurostat (2) è la proporzione dei giovani disoccupati (la quota di giovani disoccupati tra i 15 e i 24 anni rispetto alla popolazione globale nella stessa fascia di età): nel 2013 era del 9,8 %. Questo indicatore mostra che numerosi giovani in questa fascia di età seguono una formazione e non sono quindi affatto a disposizione del mercato del lavoro. La disoccupazione giovanile varia notevolmente tra gli Stati membri: la proporzione dei giovani disoccupati va dal 4 % della Germania al 20,8 % della Spagna, mentre il tasso di disoccupazione giovanile va dal 7,9 % della Germania al 58,3 % della Grecia.

2.4

Pur dovendo precisare che il tasso di disoccupazione giovanile non rappresenta la proporzione dei giovani disoccupati, restano comunque tanti i giovani in cerca di lavoro.

2.5

Tra i giovani merita una particolare attenzione il gruppo dei cosiddetti NEET (Not in employment, education or training, ossia persone che non lavorano, non studiano e non seguono una formazione). Secondo Eurofound (3) i NEET rischiano più degli altri di trovare, anche in futuro, solo posti di lavoro precari e la frustrazione provata sin dalla più giovane età li rende inoltre potenziali vittime di povertà, esclusione sociale e radicalizzazione. I costi della non partecipazione di questi giovani al mercato del lavoro si aggirano, in base a stime prudenti, intorno a 153 miliardi di euro, una cifra pari all'1,2 % del PIL europeo.

2.6

In alcuni Stati membri dell'UE, indipendentemente dal livello di disoccupazione giovanile, si registra invece un numero crescente di posti di lavoro disponibili che non possono essere occupati. Si tratta di lavori specializzati in diversi settori, professioni altamente qualificate collegate alla matematica, all'informatica, alle scienze naturali e alla tecnologia, ma anche di posti per quadri intermedi dove sono richieste persone dotate di competenze orizzontali (ad esempio capacità di comunicazione, spirito di squadra, imprenditorialità, ecc.).

3.   La risposta europea alla disoccupazione giovanile

3.1   La garanzia per i giovani

3.1.1

È dal 2011 che nelle comunicazioni della Commissione (4) si fa riferimento all'idea di una garanzia per i giovani. Nell'aprile 2013, il Consiglio dei ministri dell'UE ha adottato una raccomandazione per l'istituzione di detta garanzia. Tale garanzia, una volta realizzata, dovrebbe consentire a tutti i giovani al di sotto dei 25 anni di ricevere un'offerta qualitativamente buona di lavoro, di perfezionamento, di apprendistato o di tirocinio entro quattro mesi da quando hanno lasciato la scuola o hanno perso il lavoro.

3.1.2

La maggior parte delle misure previste dalla garanzia per i giovani può essere cofinanziata dal Fondo sociale europeo. 20 Stati membri sono inoltre ammessi a beneficiare di finanziamenti supplementari a titolo dell'iniziativa per l'occupazione giovanile a causa del loro elevato tasso regionale di disoccupazione giovanile (oltre il 25 % in almeno una regione).

3.1.3

Nel quadro del semestre europeo, la valutazione e il monitoraggio dei piani di attuazione dovrebbero essere inseriti nelle raccomandazioni specifiche per paese affinché la garanzia per i giovani sia in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020.

3.1.4

Nel 2013 la Banca europea per gli investimenti ha dato vita al programma Qualifiche e occupazione — Investire nei giovani assegnando risorse pari a 6 miliardi di euro. Il programma dovrebbe disporre della stessa dotazione anche nel 2014 e 2015.

3.2   Quadro d'azione delle parti sociali europee per la lotta alla disoccupazione giovanile

Nel giugno 2013, le parti sociali europee hanno adottato un quadro d'azione sull'occupazione giovanile (5). Tale quadro si basa su esempi vecchi e nuovi di buone pratiche nei quattro settori prioritari: apprendimento, passaggio dalla formazione al lavoro, occupazione e imprenditorialità. Le parti sociali a livello nazionale dovrebbero trarre ispirazione da tali esempi per la ricerca di soluzioni nel loro campo specifico, adeguandole in seguito alle rispettive particolarità nazionali.

3.3   Il contributo del CESE

3.3.1

La situazione dei giovani sul mercato del lavoro è stata al centro di numerosi pareri (6), convegni e audizioni (7) del CESE. L'Osservatorio del mercato del lavoro ha adottato un nuovo metodo di lavoro che prevede l'elaborazione di studi pilota su temi specifici, consultando la società civile organizzata di alcuni paesi per valutare se le politiche e le misure europee diano l'effetto desiderato. In quanto di stretta attualità, l'importante tema dell'occupazione giovanile è uno dei primi ad essere stato scelto per l'elaborazione di uno studio pilota.

3.3.2

Nel suo parere sul Pacchetto per l'occupazione giovanile  (8), il CESE rileva che «serve una reale strategia di crescita a livello dell'UE e nazionale per sostenere la creazione di posti di lavoro più numerosi e più stabili. A tal fine si rende necessario un approccio coordinato di tutti gli sforzi e le politiche finalizzati a rafforzare la competitività e a ristabilire la fiducia degli investitori e delle famiglie». Il CESE giudica inoltre insufficiente un finanziamento della garanzia per i giovani pari a soli 6 miliardi di euro.

3.3.3

Nel suo parere sul tema Quadro di qualità per i tirocini  (9) il CESE sottolinea che i tirocini sono un'importante porta di accesso al mercato del lavoro, ma non costituiscono la panacea per combattere la disoccupazione giovanile. Oltre ad includere maggiormente i tirocini nei piani di studio e a garantire una sicurezza sociale di base, occorre anche definire orientamenti che diano un'idea delle possibilità di sostenere la creazione di sistemi di tirocinio con una responsabilità finanziaria condivisa.

3.3.4

Il CESE ha accolto molto favorevolmente la decisione relativa ad una cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l'impiego (SPI) anche in considerazione della loro importanza nella lotta alla disoccupazione giovanile (10). Tali servizi devono essere in grado di rispondere in modo diretto, flessibile e creativo ai cambiamenti del loro contesto e poter unire interventi a breve termine a soluzioni durature. Per questo occorrono apposite capacità e un adeguato sostegno finanziario. Gli SPI dovrebbero concentrarsi maggiormente sull'offerta, in quanto i datori di lavoro hanno sempre più difficoltà a reperire i lavoratori necessari.

3.3.5

Nel suo parere dedicato alla comunicazione dal titolo Aprire l'istruzione  (11), il CESE sottolinea che «un approccio digitale nell'ambito dei sistemi d'istruzione [può] contribuire a migliorare la qualità e la creatività dell'istruzione da offrire (...). Il coinvolgimento [del corpo docente] nella concezione e attuazione dell'iniziativa, unito ad una formazione adeguata, è essenziale per 'aprire l'istruzione' in modo innovativo usufruendo delle nuove tecnologie e delle risorse didattiche aperte in un contesto di insegnamento e apprendimento per tutti». (...) Anche la mobilitazione di tutti i soggetti interessati e il sostegno alla creazione di 'partenariati di apprendimento' nella società (...) sono cruciali affinché l'iniziativa abbia successo (...)".

3.3.6

Nei capitoli che seguono sono descritti alcuni progetti raccomandati dai membri del CESE. Dato che si tratta di progetti relativamente nuovi, spesso non esistono dati sulla loro efficacia ed efficienza, e pertanto la loro valutazione poggia esclusivamente sull'opinione dei consiglieri.

3.4   Riforma dei sistemi d'istruzione

3.4.1

Nell'ambito del semestre europeo, 16 Stati membri sono stati invitati a modernizzare i loro sistemi d'istruzione. In 12 casi è stato raccomandato loro di orientare maggiormente le formazioni professionali alle esigenze del mercato del lavoro o di potenziare la formazione professionale duale.

3.4.2

I sistemi d'istruzione sono e devono restare di competenza nazionale. Tuttavia, il livello europeo può dare impulsi importanti attraverso lo scambio di esperienze, l'apprendimento tra pari e gli incentivi finanziari. I sistemi d'istruzione devono essere configurati in modo da offrire ai giovani le tecniche culturali di base e da consentire loro di rispondere in maniera autonoma alle nuove sfide, affinché l'apprendimento permanente diventi parte integrante del percorso individuale.

3.4.3

La consulenza e l'informazione in materia professionale, fornite in tempo utile, devono contribuire al riconoscimento delle proprie capacità e competenze, nonché trasmettere dati sull'andamento del mercato del lavoro. Progetti quali la Wiener Töchtertag (Giornata delle ragazze) (12), nella quale le ragazze si recano presso un'impresa al fine di farsi un'idea dei nuovi settori professionali e delle prospettive di impiego, possono anche contribuire a destare l'interesse delle ragazze verso le formazioni professionali di tipo tecnico.

3.4.4

L'abbandono scolastico precoce è prodotto da una serie di cause e richiede pertanto misure individualizzate, come lo Jugendcoaching  (13) in Austria o il Joblinge  (14) in Germania, grazie ai quali i giovani che rischiano di uscire dal sistema ottengono temporaneamente una consulenza e un sostegno personalizzati nella ricerca di una formazione o di un posto di lavoro.

3.4.5

Nei paesi europei caratterizzati da una scarsa disoccupazione giovanile è interessante notare che esiste un sistema d'istruzione orientato al mercato del lavoro e vicino alle imprese, che rilascia qualifiche professionali certificate e trasferibili. Nella fattispecie, la formazione viene effettuata — sotto diverse forme — in parte direttamente nell'impresa e in parte a scuola. Questo sistema è stato riconosciuto dalle istituzioni UE e dalle parti sociali europee, le quali hanno accolto favorevolmente l'Alleanza europea per l'apprendistato (15). Il tirocinio è uno degli elementi principali di un programma di garanzia per i giovani e il suo successo si basa su un ampio partenariato che riunisce le parti interessate — imprenditori, lavoratori e insegnanti. Per creare un sistema duale che sia orientato alle esigenze delle imprese, del mercato del lavoro e dei giovani è essenziale che la sua organizzazione e il suo funzionamento possano contare su un forte coinvolgimento di organismi vicini alle imprese. L'intensa partecipazione delle parti sociali fa sì che queste ultime si identifichino con il sistema e lo facciano proprio («co-titolarità del sistema»). È anche necessario che il datore di lavoro si assuma le sue responsabilità e si mostri propenso ad investire. Anche se per altri Stati membri non è possibile istituire a breve termine un sistema d'istruzione su vasta scala, si potrebbero ad esempio sperimentare singoli percorsi di formazione duale con un gruppo fisso di imprese di uno stesso settore. Le parti sociali del settore dovrebbero a tale scopo definire standard e certificazioni comuni nel campo della formazione. Un'altra possibilità sarebbe offerta da una cooperazione rafforzata tra singole scuole, nel quadro della loro autonomia, con singole imprese, come avviene ad esempio in Polonia.

3.4.6

Grazie ai corsi di studio del proprio Collegio delle arti, della scienza e della tecnologia (MCAST), negli ultimi anni Malta ha mosso importanti primi passi in questa direzione, nella misura in cui una parte della formazione avviene direttamente in un'impresa. Dei 284 studenti che hanno effettuato il tirocinio presso la sede maltese della Lufthansa, 163 hanno ottenuto un posto di lavoro.

3.4.7

Riconoscimento delle qualifiche conseguite a livello informale. La convalida dei risultati di apprendimento (conoscenze, abilità e competenze) acquisiti mediante l'istruzione non formale e informale può svolgere un ruolo importante nel migliorare l'occupabilità e la mobilità, nonché nell'accrescere la motivazione per l'apprendimento permanente, in particolare nel caso di persone socialmente ed economicamente svantaggiate o meno qualificate.

3.4.8

Nel contesto della grave crisi economica cui l'Unione europea deve far fronte e del conseguente forte aumento della disoccupazione, in particolare tra i giovani, e di fronte all'invecchiamento demografico, la convalida di tutte le conoscenze, abilità e competenze utili può fornire un contributo ancora più valido al miglioramento del funzionamento del mercato del lavoro, alla promozione della mobilità e al rafforzamento della competitività e della crescita economica.

3.5   Misure per facilitare il passaggio dalla scuola alla professione

3.5.1

Qualifiche e misure di formazione (professionale). La mancanza di esperienza lavorativa è un punto essenziale che spiega come mai le imprese siano restie ad assumere i giovani in tempi economicamente difficili. Un insegnamento puramente teorico senza il requisito di un'applicazione pratica delle nozioni apprese si rivela sempre di più un ostacolo all'accesso al mercato del lavoro.

3.5.2

Thinking outside the box on recruitment (Pensare fuori dagli schemi in materia di assunzione) è un progetto lituano destinato a rendere occupabili i giovani e a dare loro la possibilità di effettuare un tirocinio all'interno di imprese adeguate allo scopo. In Austria, un sistema analogo è rappresentato dalle cosiddette «fondazioni di collocamento» (Implacementstiftungen) (16) dei servizi pubblici austriaci per l'impiego. In questo caso, le imprese che non sono in grado di coprire il loro fabbisogno di personale vengono messe in contatto con persone che sono alla ricerca di un impiego e che, per ottenere un determinato posto di lavoro, devono ancora svolgere una parte della loro formazione. I costi di formazione e di mantenimento vengono condivisi tra i servizi per l'impiego e le imprese. Valutando le esperienze effettuate si evince che nel giro di tre mesi dalla conclusione del previsto tirocinio circa il 75 % dei partecipanti ottiene un posto di lavoro.

3.5.3

In Francia, dal 2011 vengono adottate misure specifiche a favore dei giovani con o senza diploma (o laurea) grazie ad accordi interprofessionali tra le parti sociali, con l'intento di aiutarli a trovare un lavoro. Il programma si concentra in particolare sulla formazione di chi deve presentare una domanda di lavoro. Dalla valutazione è emerso che il tasso d'inserimento nel mondo del lavoro grazie alla partecipazione a questo programma è del 65 %, ossia il 18 % in più rispetto al gruppo di riferimento.

3.5.4

In Irlanda, grazie al programma Jobbridge  (17), ai giovani che hanno beneficiato per 78 giorni almeno di assistenza sociale vengono offerti tirocini da 6 a 9 mesi all'interno di imprese. Oltre all'assistenza sociale, i tirocinanti ricevono 50 euro la settimana. Il CESE non comprende come mai i giovani che ad esempio svolgono un lavoro part-time accanto ad una formazione non possano ricorrere a questo programma al termine della loro formazione in quanto non sono beneficiari di sussidi sociali. Ritiene pertanto che le misure di attivazione dovrebbero essere applicate prima, in quanto il lungo periodo di attesa serve a scoraggiare le persone interessate invece di incoraggiarle ad accettare un lavoro.

3.5.5

Nel 2011 lo Scottish Council for Voluntary Organisations (Consiglio scozzese per le organizzazioni di volontariato) ha dato vita al programma Community Jobs Scotland. Tale programma si rivolge ai giovani disoccupati e lavora con organismi di assistenza sociale che offrono ai giovani, che siano in possesso di qualifiche superiori o anche solo di base, posti di lavoro per un periodo da 6 a 9 mesi in una serie di ambiti professionali. I giovani ottengono un vero e proprio impiego, devono superare la procedura di candidatura, ricevono un salario e proseguono il percorso di formazione. Al programma hanno preso parte più di 4  000 giovani, il 47,3 % dei quali ha ottenuto immediatamente un posto di lavoro, mentre il 63,6 % ha potuto beneficiare direttamente di un proseguimento della formazione e della partecipazione ad attività di volontariato.

3.5.6

In Danimarca, i sindacati e il Fondo per l'occupazione creano, in collaborazione con datori di lavoro pubblici e privati, posti di tirocinio per giovani che hanno portato a termine una formazione, per consentire loro di acquisire un'esperienza di lavoro o una specializzazione nel loro settore specifico. Di media, il 60 % delle persone che hanno svolto questo tipo di tirocinio trova un impiego anche se i dati precisi saranno disponibili solo al termine del progetto, nell'aprile 2014.

3.5.7

Attraverso il progetto sloveno Moje izkušnje (La mia esperienza) (18), premiato dall'OIL, è possibile creare un contatto tra studenti e datori di lavoro grazie ad una piattaforma online sulla quale gli studenti stessi possono caricare le loro esperienze di lavoro. Vengono inoltre rilasciati dei certificati per attestare l'esperienza lavorativa.

3.5.8

In Spagna, la Fondazione Novia Salcedo offre, in qualità di organismo culturale privato senza fini di lucro, un programma destinato ai tirocinanti per assistere i giovani che hanno terminato una formazione professionale attraverso un mix di apprendimento teorico ed esperienza lavorativa pratica all'interno di un'impresa. Da una valutazione si evince che più del 52,23 % dei partecipanti ha ottenuto un contratto di lavoro al termine del programma.

3.5.9

Nella Repubblica ceca i datori di lavoro e le associazioni di categoria partecipano al progetto Pospolu (Insieme) volto a introdurre modifiche nell'organizzazione della formazione e a rafforzare l'apprendimento basato sul luogo di lavoro. Il progetto prevede la conclusione di partenariati tra scuole e imprese e l'elaborazione di proposte per modificare i contenuti didattici. Il progetto riguarda in primo luogo i corsi di formazione nei settori della meccanica, dell'elettrotecnica, dell'ingegneria civile, dei trasporti e delle tecnologie dell'informazione.

3.5.10

In Portogallo la rete di parchi tecnologici promuove attualmente due progetti (Think Industry e F1 in Schools) incentrati sulle nuove competenze industriali richieste dal mercato del lavoro; ricorrendo a un approccio pratico si favorisce l'utilizzo di strumenti e macchinari e si forniscono le conoscenze necessarie per realizzare una vera auto di Formula 1 in miniatura e per commercializzare l'idea/il progetto. Le scuole e le imprese hanno inoltre concluso dei partenariati per migliorare l'immagine dei percorsi professionali nel settore industriale tra gli studenti più giovani e per orientare questi ultimi verso le esigenze del mercato (19).

3.5.11

In Italia vige un programma per il triennio 2014-2016 per il quale gli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado possono svolgere periodi in azienda attraverso un miglior utilizzo del contratto di apprendistato.

3.5.12

Promozione della mobilità. La promozione della mobilità transnazionale dei giovani ai fini dell'esperienza professionale può anch'essa contribuire a colmare le lacune tra la formazione puramente teorica e il primo lavoro.

3.5.13

L'accordo bilaterale tra Germania e Spagna, che prevede possibilità di occupazione e formazione per circa 5  000 giovani spagnoli entro il 2017, ne è un esempio, al pari dei programmi di sostegno elaborati sempre in Germania dal titolo The job of my life e Make it in Germany, il cui obiettivo è di attrarre giovani in Germania per far seguire loro una formazione in settori nei quali c'è penuria di manodopera specializzata. Ai giovani partecipanti a questi programmi viene offerto un corso propedeutico di lingua tedesca nel loro paese di origine, una sovvenzione per sostenere i costi di viaggio e di sistemazione e un corso di lingua in Germania per prepararsi ad un tirocinio. Se al termine del tirocinio il datore di lavoro è soddisfatto, i partecipanti possono seguire tra i tre e i tre anni e mezzo di formazione durante la quale ricevono, oltre al sussidio di formazione, un aiuto finanziario e un'assistenza sul luogo di formazione, all'interno del posto di lavoro e nella vita quotidiana.

3.5.14

Il programma Integration durch Austausch (Integrazione attraverso lo scambio) promuove l'inserimento professionale di categorie che incontrano difficoltà nell'accedere al mercato del lavoro attraverso un'esperienza lavorativa pratica in un altro paese dell'UE. Il bilancio intermedio di questo programma cofinanziato dall'FSE mostra che sei mesi dopo la conclusione dello scambio il 41 % dei partecipanti ha trovato un lavoro, il 18 % segue una formazione, il 7 % frequenta una scuola e il 4 % prosegue gli studi.

3.5.15

Per adeguare maggiormente l'offerta e la domanda sul mercato del lavoro, è indispensabile una riforma del portale EURES. Il CESE affronterà questo argomento in un suo parere. È tuttavia essenziale che EURES venga utilizzato in tutti gli Stati membri, e non solo in un numero limitato di essi, come strumento della politica del mercato del lavoro, e che i posti disponibili siano pubblicati anche su tale sito. L'iniziativa Your first EURES job  (20) (Il tuo primo lavoro EURES) rappresenta anch'essa un buon esempio di promozione della mobilità transfrontaliera dei giovani lavoratori, nella misura in cui viene loro proposto un primo lavoro (non una formazione o un tirocinio) associato a una sovvenzione per sostenere i costi aggiuntivi che l'accettazione di un lavoro in un altro paese comporta.

3.5.16

Per adeguare meglio le qualifiche al fabbisogno reale, è essenziale creare osservatori per anticipare e individuare tempestivamente tale fabbisogno. Ciò dovrebbe avvenire a livello regionale e/o settoriale con la partecipazione delle parti sociali, per poter procedere rapidamente ai diversi adeguamenti economici e giuridici, ma anche tecnici, necessari; a questi livelli sono infatti maggiormente conosciute le esigenze delle imprese e del mercato del lavoro.

3.6   Misure per l'integrazione dei giovani svantaggiati

3.6.1

I giovani che presentano particolari esigenze e hanno poi bisogno di un'assistenza specifica al fine di trovare la loro strada nel mercato del lavoro. In Austria, questa assistenza è garantita dal programma Jobcoaching  (21) il quale aiuta i disabili o coloro che hanno difficoltà di apprendimento nei primi mesi del nuovo lavoro attraverso una consulenza e un accompagnamento personalizzati. Questa assistenza è intesa come servizio offerto non solo ai giovani ma anche alle imprese.

3.6.2

Nel Galles è stato creato un apposito progetto per i NEET dal titolo Intermediate Labour Market (mercato del lavoro intermedio), il quale offre ai giovani con opportunità minime di accesso al mercato del lavoro un programma ben strutturato e possibilità occupazionali. Il programma è destinato a motivare i giovani ad accettare un lavoro; ai partecipanti vengono non solo impartite regole di comportamento e qualifiche di base ma viene anche offerto un sostegno al momento di presentare la propria candidatura a un posto di lavoro. Su 249 partecipanti in totale, 35 hanno ottenuto un posto di lavoro.

3.6.3

Un esempio d'integrazione di cittadini ben lontani dal mercato del lavoro è rappresentato dal progetto Equality of opportunity (pari opportunità) (22) dell'impresa U.S. Steel di Kosice (Slovacchia). Il progetto offre in particolare un lavoro e una formazione ai Rom che vivono nella zona di Kosice, i quali grazie a questo intervento entrano (spesso per la prima volta) in contatto con il mondo del lavoro. Dal 2002 sono stati creati più di 150 posti di lavoro per i Rom.

3.6.4

In Belgio, il piano Activa  (23) prevede per i giovani poco qualificati al di sotto dei 25 anni e disoccupati da almeno 12 mesi una riduzione dei contributi del datore di lavoro per la previdenza sociale e una sovvenzione salariale per cinque trimestri.

3.7   Misure di riforma del mercato del lavoro

3.7.1

Secondo il Forschungsinstitut zur Zukunft der Arbeit (Istituto di ricerca sul futuro del lavoro), sin dagli anni '80, i contratti di lavoro a tempo determinato sono stati liberalizzati in numerosi paesi d'Europa al fine di creare maggiori opportunità di lavoro, senza dover mettere in discussione la protezione dai licenziamenti, fortemente sviluppata in diversi paesi (24). Questa situazione ha fatto sì che ai giovani fossero offerti sempre più di frequente contratti temporanei, senza la possibilità di passare a rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Se è vero che, in tempi di crisi, una protezione dai licenziamenti fortemente sviluppata fa in modo che i lavoratori con una maggiore anzianità abbiano meno probabilità di perdere il lavoro rispetto ai più giovani, a causa dell'insicurezza dell'ambiente economico essa mostra di essere un ostacolo all'assunzione di giovani senza esperienza ed accresce la segmentazione del mercato del lavoro.

3.7.2

Soprattutto nei paesi caratterizzati da un tasso di disoccupazione giovanile particolarmente elevato il CESE raccomanda di portare avanti delle riforme del mercato del lavoro, con la partecipazione delle parti sociali, al fine di trovare un giusto equilibrio tra flessibilità e sicurezza. Le riforme, che funzionano solo a medio termine, possono però, in fase di ripresa congiunturale, contribuire in modo significativo al rapido calo della disoccupazione giovanile.

3.8   Incentivi per incoraggiare le imprese ad assumere i giovani

3.8.1

Per incoraggiare le imprese ad assumere giovani senza esperienza, può essere utile offrire ulteriori incentivi, che spesso assumono il carattere di sovvenzioni salariali o di una riduzione dei contributi ai regimi previdenziali. Bisogna però fare in modo che tali incentivi non producano una distorsione della concorrenza e un deterioramento dei regimi previdenziali. Si prendano ad esempio gli aiuti che l'autorità cipriota di sviluppo delle risorse umane (HRDA) (25) eroga alle imprese cipriote per i programmi di formazione dei giovani lavoratori. Soprattutto le PMI possono in tal modo assicurare la necessaria formazione e fare fronte al calo di produzione che ne deriva nella fase iniziale.

3.8.2

In Finlandia, la carta Sanssi  (26) certifica a un giovane disoccupato al di sotto dei 30 anni che il suo datore di lavoro può richiedere per dieci mesi una sovvenzione salariale.

3.8.3

L'Ungheria ha scelto di fornire alle imprese un incentivo all'occupazione di giovani lavoratori al di sotto dei 25 anni, riducendo per un determinato periodo di tempo la retribuzione lorda e i contributi previdenziali.

3.8.4

In Italia le imprese hanno un incentivo fiscale ai fini previdenziali per 12 mesi se assumono con contratto a tempo indeterminato giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni se privi di un impiego regolarmente retribuito da ameno 6 mesi o privi di un diploma di scuola media superiore o professionale.

3.9   Misure per promuovere l'imprenditorialità

3.9.1

Una delle tre linee del Piano d'azione Imprenditorialità 2020 — Rilanciare lo spirito imprenditoriale in Europa  (27) riguarda l'istruzione e la formazione all'imprenditorialità per sostenere la crescita e la creazione d'imprese. Grazie alla «patente d'imprenditore» (28), i giovani possono conseguire una formazione economica e aziendale che sostituisce, previo superamento di un esame, la licenza di imprenditore necessaria in Austria per esercitare un'attività autonoma.

3.9.2

Grazie al programma Junior Company, gli studenti di età compresa tra i 15 e i 19 anni fondano vere e proprie imprese per la durata di un anno scolastico e mettono addirittura a disposizione sul mercato reale i loro prodotti e servizi. Questa esperienza consente loro di acquisire direttamente una certa competenza economica.

3.9.3

Il progetto Extraordinary EducationTM consente ai giovani di sperimentare un'idea aziendale in un ambiente informale e trasmette loro competenze di base sul piano dell'imprenditorialità e della comunicazione, indipendentemente dall'età o dalla lingua.

3.9.4

Per consentire l'accesso ai finanziamenti e per incoraggiare la creazione di posti di lavoro, la Romania esonera le nuove imprese dal pagamento delle imposte di registro. Queste imprese beneficiano inoltre di sgravi fiscali per 2-4 lavoratori, un prestito fino a 10  000 euro, che copre il 50 % del piano di attività, e infine garanzie da parte del governo per l'80 % dei prestiti contratti. Tra il 2011 e il marzo 2014, sono state fondate in totale 12  646 PMI e sono stati creati 22  948 posti di lavoro. Solo 188 di queste PMI hanno poi chiuso. Visti i risultati ottenuti, il programma prosegue anche nel 2014.

Bruxelles, 4 giugno 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Statistiche Eurostat sulla disoccupazione.

(2)  Eurostat – Statistics_explained – Youth_unemployment.

(3)  Eurofound – NEETs.

(4)  Opportunità per i giovani e pacchetto per l'occupazione giovanile.

(5)  Quadro d'azione sull'occupazione giovanile.

(6)  GU C 68 del 6.3.2012, pag. 1; GU C 68 del 6.3.2012, pag. 11; GU C 143 del 22.5.2012, pag. 94; GU C 299 del 4.10.2012, pag. 97; GU C 191 del 29.6.2012, pag. 103; GU C 11 del 15.1.2013, pag. 8; GU C 161 del 6.6.2013, pag. 67; GU C 327 del 12.11.2013, pag. 58; GU C 133 del 9.5.2013, pag. 77; GU C 271 del 19.9.2013, pag. 101; CCMI/118 — EESC-2013-05662-00-00-AS-TRA (Relatore: FORNEA, correlatore: GRIMALDI); non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

(7)  http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.fr.events-and-activities-eu-policies-youth-employment

http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.fr.events-and-activities-skill-mobility-competitiveness

(8)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 67

(9)  Quadro di qualità per i tirocini.

(10)  Servizi pubblici per l'impiego (SPI).

(11)  Aprire l'istruzione.

(12)  Giornata delle ragazze.

(13)  NEBA – Jugendcoaching.

(14)  Joblinge.

(15)  Alleanza europea per l’apprendistato.

(16)  http://www.implacement-stiftung.at/

(17)  Jobbridge.

(18)  http://youthpractices.org/assessment.php; pag. 36.

(19)  http://www.f1inschools.com/

(20)  Commissione europea - Il tuo primo lavoro EURES.

(21)  NEBA – Jugendcoaching.

(22)  U.S. Steel Kosice – Pari opportunità.

(23)  Belgio – Activa.

(24)  IZA – disoccupazione giovanile in Europa.

(25)  Programma cipriota per il collocamento e la formazione nell'istruzione superiore.

(26)  Finlandia – Sanssi card.

(27)  COM(2012) 795 final.

(28)  Austria - Patente d'imprenditore.


26.11.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 424/9


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Le relazioni commerciali transatlantiche e il punto di vista del CESE su una cooperazione rafforzata e un eventuale accordo di libero scambio tra l'UE e gli USA»

(parere d'iniziativa)

2014/C 424/02

Relatore:

KRAWCZYK

Correlatore:

BOYLE

Alla sua sessione plenaria dell'11 luglio 2013 il Comitato economico e sociale europeo ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del suo Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Le relazioni commerciali transatlantiche e il punto di vista del CESE su una cooperazione rafforzata e un eventuale accordo di libero scambio tra l'UE e gli USA.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 maggio 2014.

Alla sua 499a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 giugno 2014 (seduta del 4 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 187 voti favorevoli, 7 voti contrari e 10 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che un partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP) coronato da successo potrebbe essere un fattore significativo per avere una crescita reale e ristabilire l'ottimismo. Di fronte alla ripresa alquanto lenta dopo la crisi finanziaria ed economica del 2008, un accordo equilibrato potrebbe aiutare l'economia europea ad agganciare la crescita economica e la creazione di posti di lavoro.

1.2

Il CESE accoglie con favore le notevoli opportunità offerte da un accordo commerciale di ampio respiro tra l'Unione europea (UE) e gli Stati Uniti d'America (USA), non soltanto per un aumento degli scambi e degli investimenti fra le due sponde dell'Atlantico, ma anche per il suo contributo potenziale allo sviluppo di norme e standard rafforzati a livello mondiale, che recherebbe un vantaggio al sistema commerciale multilaterale in quanto tale.

1.3

In considerazione della diffusa e legittima domanda avanzata dai cittadini europei riguardo alla completa trasparenza dei negoziati commerciali, il CESE richiama l'attenzione del Consiglio e della Commissione europea (CE) sulla coerente e scrupolosa applicazione dell'articolo 218 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e in particolare del paragrafo 10: «Il Parlamento europeo è immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura».

1.4

In linea con il Trattato di Lisbona, è assolutamente indispensabile che la Commissione europea (CE) riconosca il ruolo istituzionale del CESE per tutta la durata dei negoziati del TTIP. Una piena trasparenza e un'ampia consultazione del Comitato e degli altri soggetti interessati della società civile sono essenziali se si vuole che un eventuale accordo ottenga un esteso sostegno pubblico. I testi dell'accordo devono essere condivisi con i soggetti interessati fin dalle primissime fasi del processo negoziale.

1.5

È importante che i benefici del TTIP siano ripartiti equamente fra imprenditori, lavoratori, consumatori e cittadini.

1.6

Via via che i negoziati vanno avanti e che le conclusioni delle valutazioni d'impatto vengono rese note, occorre aggiornare e monitorare le proiezioni statistiche e le previsioni economiche.

1.7

Il TTIP recherà grandi benefici nel settore regolamentare. Il fermo impegno assunto da entrambe le parti — fare in modo, cioè, che il TTIP non comporti un abbassamento degli standard attuali — è di fondamentale importanza. La realizzazione di questo impegno sarà cruciale per conquistare un ampio sostegno pubblico e politico. Il CESE si riserva il diritto di giudicare il risultato finale alla luce di tutte queste considerazioni.

1.8

Diversamente da quasi tutti gli altri accordi commerciali bilaterali, le economie e i vantaggi potenziali del TTIP riguardano gli ostacoli non tariffari agli scambi. Anche se si prevede che dalla riduzione dei dazi verrà solo il 20 % circa delle economie realizzabili, per alcune industrie strategiche si riscontrano dei picchi che devono essere affrontati. In materia di accesso al mercato la reciprocità è importante.

1.9

È essenziale un capitolo forte sul commercio e lo sviluppo sostenibile: si tratta di un ingrediente che sarà tenuto sotto stretta osservazione dalla società civile delle due sponde dell'Atlantico.

1.10

Gli investimenti transatlantici possono svolgere un ruolo importante di stimolo a favore della crescita. La proposta di inserire una procedura di risoluzione delle controversie investitore-Stato (ISDS) ha suscitato notevoli preoccupazioni nell'opinione pubblica su entrambe le sponde dell'Atlantico. A questo proposito la Commissione ha lanciato una consultazione pubblica online sul tema Protezione degli investimenti e ISDS nell'accordo TTIP. Alla fine di questo processo si rende indispensabile un dialogo trasparente e inclusivo. Il CESE può da parte sua svolgere un ruolo importante di facilitatore.

1.11

Il TTIP ha generato un interesse enorme fra tutti i settori della società civile dell'UE e degli Stati Uniti. Il CESE ha già stabilito eccellenti contatti con i sindacati e con le organizzazioni delle imprese, degli agricoltori, dei consumatori e degli ambientalisti statunitensi. Vi è una chiara volontà di mantenere e sviluppare questa posizione, e il Comitato è in un'ottima posizione per promuovere e incoraggiare il dialogo e la cooperazione in corso.

1.12

Il CESE si rallegra del fatto che un gruppo di monitoraggio costituito da tre dei propri membri potrà accedere ai documenti su un piano di parità rispetto al gruppo consultivo di esperti istituito dalla Commissione. Il Comitato ritiene che si riconosca così il suo ruolo di organo consultivo ufficiale sancito dal Trattato di Lisbona.

Raccomandazioni

1.13

Il TTIP deve essere riconosciuto dal CESE come una priorità per l'intera durata dei negoziati e della sua attuazione. Il CESE deve seguire da vicino tutti gli aspetti dei negoziati relativi al TTIP. Occorre adottare un approccio basato su progetti e individuare — in consultazione con la società civile dell'UE e degli USA e con la Commissione europea — i settori che più meriterebbero in futuro di essere trattati.

1.14

L'approccio in materia di coerenza regolamentare dovrebbe essere ambizioso e trasparente, e le buone pratiche dovrebbero essere alla base dei negoziati. È essenziale che siano rispettate le garanzie formulate da entrambe le parti circa il fatto che non vi sarà alcun abbassamento degli standard.

1.15

L'accordo dovrebbe contenere meccanismi efficaci e prevedere una cooperazione in campo regolamentare, per facilitare fin dalle prime fasi la consultazione sulle nuove regolamentazioni che potrebbero avere un impatto sugli interessi delle due parti. Rimane salvo il diritto dell'UE, dei suoi Stati membri o degli Stati Uniti di adottare regolamentazioni al livello che ritengono opportuno su temi come la protezione della salute, dei consumatori, del lavoro e dell'ambiente.

1.16

Le due parti devono dare prova di ambizione per quanto riguarda i dazi e adoperarsi per la loro abrogazione e/o graduale eliminazione, anche nei settori più delicati. Questo obiettivo va realizzato in modo da risultare vantaggioso per entrambe le parti.

1.17

Lo svolgimento di negoziati commerciali bilaterali non dovrebbe indebolire l'impegno dell'UE nei confronti dell'OMC e di un forte accordo globale multilaterale.

1.18

Un forte e solido capitolo sullo sviluppo sostenibile deve far parte integrante dell'accordo, i cui elementi essenziali sono i seguenti:

riconferma da parte dei due contraenti dei propri obblighi derivanti dall'adesione all'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL);

le otto convenzioni fondamentali dell'OIL recepite dalla Dichiarazione ministeriale di Singapore adottata dall'OMC nel 1996 quale fondamento minimo;

riconferma del comune impegno ad attuare, promuovere e far rispettare la legislazione e le iniziative in campo ambientale;

impegno a garantire e promuovere la conservazione, l'utilizzo sostenibile, la gestione delle risorse naturali e gli accordi multilaterali fondamentali in campo ambientale.

1.19

Il CESE dovrebbe facilitare un ampio dialogo sul tema dell'ISDS al termine della consultazione della Commissione europea Protezione degli investimenti e ISDS nell'accordo TTIP. A tal fine, la Commissione dovrebbe chiarire come intende valutare e considerare i risultati della consultazione e fornire una definizione preliminare di termini quali frivolous (pretestuoso o inconsistente), rispetto allo scopo dichiarato di eliminare le frivolous claims (controversie pretestuose o inconsistenti), o public purpose (finalità pubblica), rispetto alle eccezioni previste per il divieto di espropriazione.

1.20

Nell'ambito del suo progetto incentrato sul TTIP, il CESE dovrebbe formulare un parere d'iniziativa riguardante l'ISDS.

1.21

Il CESE sostiene l'inserimento di un capitolo dedicato alle questioni rilevanti per le PMI.

1.22

La specificità dei servizi pubblici deve essere mantenuta, in osservanza degli obblighi stabiliti dal TFUE.

1.23

Assicurare un approvvigionamento energetico affidabile e l'accesso alle materie prime strategiche riveste un'importanza fondamentale. Il TTIP dovrebbe anche promuovere l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, nonché garantire il diritto per ciascuna parte di mantenere o stabilire standard e regolamentazioni in questo settore, pur lavorando a favore della maggiore convergenza possibile tra gli standard nazionali dell'UE e degli USA.

1.24

È essenziale che sulle due sponde dell'Atlantico vi sia parità di accesso agli appalti pubblici. Qualunque disposizione in questo senso non deve compromettere la capacità degli Stati membri dell'UE e dei loro enti regionali e locali di perseguire le proprie politiche sociali e ambientali frutto di un processo democratico.

1.25

Le due parti dell'accordo dovrebbero riconoscere che la promozione e la protezione degli interessi dei consumatori sono cruciali per conquistare un ampio sostegno pubblico a qualunque forma di accordo.

1.26

Occorre tenere in considerazione i criteri europei in vigore nei settori agricolo e agroalimentare, nonché rispettare il principio di precauzione sancito dal Trattato di Lisbona.

1.27

Il TTIP dovrebbe trovare un modo pratico di garantire la certezza del diritto per le imprese, sulla base di indicazioni geografiche.

1.28

Le sessioni informative per la società civile alla fine di ogni tornata negoziale dovrebbero essere mantenute per tutta la durata dei negoziati e dovrebbero durare fino all'ultima fase di consultazione negoziale precedente la firma dell'accordo. Tali sessioni otterrebbero un sostegno del pubblico ben maggiore se la Commissione precisasse che si tratta di una consultazione e che i negoziatori terranno in debita considerazione le opinioni espresse dalle parti interessate.

1.29

Un forte meccanismo congiunto di monitoraggio della società civile deve fare parte integrante di qualunque accordo. Esso dovrebbe stabilire per ciascuna delle parti l'obbligo di consultare i rappresentanti della società civile, grazie a un apposito gruppo consultivo nazionale (GCN) che preveda una rappresentanza equilibrata degli interessi economici, sociali e ambientali. Per quanto riguarda l'UE, il CESE dovrebbe essere una componente essenziale di questo meccanismo. Ogni GCN dovrebbe:

avere il potere di rivolgere raccomandazioni alle rispettive autorità nazionali e agli organi politici congiunti (ad es. il comitato per il commercio e lo sviluppo sostenibile) dell'accordo, e le autorità politiche dovrebbero reagire a tali raccomandazioni in modo efficace e in tempi certi;

essere abilitato a ricevere osservazioni formali da parte di altre organizzazioni della società civile in merito all'attuazione del capitolo sullo sviluppo sostenibile e a trasmetterle alle autorità politiche affinché queste diano una risposta;

avere il diritto di emettere pareri e raccomandazioni sulla base di osservazioni presentate da terzi;

avere la possibilità, a determinate condizioni, di chiedere alle parti di avviare una procedura di consultazione o di risoluzione delle controversie per violazione delle disposizioni del capitolo sullo sviluppo sostenibile.

1.30

È anche essenziale disporre che i meccanismi nazionali di monitoraggio delle due parti si riuniscano almeno una volta all'anno in un organo congiunto incaricato di valutare l'attuazione del capitolo sullo sviluppo sostenibile e di rivolgere comunicazioni e raccomandazioni congiunte alle parti.

1.31

Occorre attivare i dialoghi transatlantici sul lavoro e sull'ambiente previsti dal Consiglio economico transatlantico. Si ribadisce così l'invito già lanciato dal CESE nel parere del marzo 2009 (1).

1.32

Il CESE dovrebbe stabilire, come priorità immediata, un gruppo di contatto UE-USA.

2.   Introduzione

2.1

Nell'annunciare l'avvio di colloqui per un ampio partenariato transatlantico su commercio e investimenti tra gli Stati Uniti e l'Unione europea, una dichiarazione congiunta emessa dal Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, dal Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e dal Presidente americano Barack Obama spiegava che «con questo negoziato, gli Stati Uniti e l'Unione europea avranno l'opportunità non solo di espandere il commercio e gli investimenti attraverso l'Atlantico, ma anche di contribuire allo sviluppo di regole globali in grado di rafforzare il sistema multilaterale degli scambi».

2.2

Queste dichiarazioni sottolineano il potenziale, insito nell'accordo, di assumere un ruolo di modello in un contesto multilaterale. In tempi recenti l'UE ha aperto e, in alcuni casi, concluso negoziati su una serie di accordi commerciali bilaterali. Tali accordi bilaterali potrebbero presentare un potenziale considerevole, ma il CESE ribadisce la propria netta preferenza per un solido accordo multilaterale negoziato attraverso l'OMC. È importante che l'UE continui su questa strada e sviluppi i modesti risultati della Conferenza ministeriale di Bali del 2013.

3.   Contesto politico

3.1

Su entrambe le sponde dell'Atlantico e in entrambi i grandi partiti americani si registra la ferma volontà politica di chiudere con successo i negoziati per il TTIP. L'obiettivo dovrebbe essere quello di concludere i negoziati durante il mandato dell'attuale amministrazione Obama.

3.2

Il CESE ribadisce l'impegno a proseguire i colloqui in toni cordiali e positivi fino in fondo ed è incoraggiato dal fatto che entrambe le parti negoziali assicurino che le trattative non porteranno a un abbassamento degli standard. Di fronte alla notevole criticità della questione e alle richieste urgenti della società civile allargata di adottare il massimo grado di trasparenza, il Comitato seguirà da vicino i negoziati e attende con interesse uno scambio di buone pratiche al riguardo.

3.3

Il CESE osserva che qualunque fase negoziale, fino ad arrivare all'accordo finale, avrà bisogno di un forte sostegno da parte dei cittadini europei «direttamente rappresentati, a livello dell'Unione, nel Parlamento europeo» (articolo 10, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea (TUE)). Il CESE sollecita pertanto il Consiglio e la Commissione a rispettare scrupolosamente le procedure stabilite all'articolo 218 del TFUE, in particolare il paragrafo 10 che recita: «Il Parlamento europeo è immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura».

3.4

Occorre che le due parti negoziali compiano uno sforzo considerevole per tenere regolarmente aggiornata la società civile e per consultarla durante tutto il processo negoziale. È essenziale una piena trasparenza ed è assolutamente indispensabile che i testi siano condivisi con i soggetti interessati alla prima occasione possibile, consentendo così di presentare tempestivamente osservazioni costruttive in una fase in cui si può tenere conto della loro sostanza durante il processo negoziale. Ciò faciliterebbe anche una transizione agevole al momento della nomina della nuova Commissione europea.

3.5

Il clima transatlantico è stato turbato dalle rivelazioni sulle attività di spionaggio dell'Agenzia per la sicurezza nazionale (NSA) degli Stati Uniti. Facendo un collegamento fra la delicata questione dell'NSA e i colloqui commerciali in corso, il 18 novembre 2013, di fronte al Bundestag, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha dichiarato: «In questo momento, il rapporto transatlantico e quindi anche i negoziati per un accordo di libero scambio sono indubbiamente messi alla prova dalle accuse che pesano sugli Stati Uniti. Si tratta di accuse gravi che hanno bisogno di spiegazioni e, cosa ancora più importante per il futuro, deve essere costruita una nuova fiducia». Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione (2) per chiarire che l'approvazione dell'accordo commerciale UE-USA da parte sua «potrebbe essere compromessa» se la «sorveglianza di massa generalizzata» dell'NSA non dovesse cessare. Il CESE spera che questi problemi possano essere risolti con diplomazia e buona volontà.

3.6

I negoziati per il TTIP saranno la cartina di tornasole per il recupero della fiducia necessaria, ed è importante ricordare la nota positiva introdotta dalla comunicazione che l'Ufficio esecutivo del Presidente Obama ha rivolto allo speaker della Camera dei rappresentanti nel marzo 2013, e che definisce il tono dei negoziati: «I potenziali vantaggi giustificano pienamente lo sforzo». È in questo spirito che il Comitato formula le proprie considerazioni.

4.   Studi sull'impatto economico, sociale e ambientale del TTIP

4.1

È giusto nutrire un certo scetticismo sulle prospettive di successo finali, in particolare alla luce delle passate esperienze, come l'iniziativa presa nel 1998 da Sir Leon Brittan e i più recenti dialoghi transatlantici degli anni 2000. Al fine di garantire un esito che risulti vantaggioso per entrambe le parti occorre puntare a studi congiunti che esaminino più in profondità quali sono le prospettive di creazione di occupazione su entrambe le sponde dell'Atlantico e dove si rischia di perdere posti di lavoro. In ogni caso, non vi sarà nuova occupazione senza una crescita. In questo contesto sono degni di nota anche i risultati dello studio effettuato dalla società Copenhagen Economics nel 2010 circa l'impatto degli investimenti diretti esteri in uscita dall'UE, da cui emerge che non ci saranno effetti negativi apprezzabili sull'occupazione.

4.2

L'UE dovrebbe avere l'ambizione di arrivare a un risultato positivo con i negoziati TTIP. In materia di accesso al mercato la reciprocità è importante. Studi recenti (3), compresa la valutazione d'impatto effettuata dalla Commissione, mostrano che vi saranno benefici solo in presenza di un accordo esaustivo.

4.3

I negoziati dovrebbero costruire sui successi già realizzati. Si calcola che il rapporto UE/USA generi già un totale di 13 milioni di posti di lavoro e quasi 3  900 miliardi di dollari in investimenti, rappresentando il 45 % del PIL mondiale.

4.4

Sono state effettuate anche alcune proiezioni statistiche intensive. Il Centre for Economic Policy Research (CEPR, Centro di ricerca per la politica economica) ha calcolato che un accordo esaustivo porterebbe a un aumento del PIL pari a 119 miliardi nell'UE e a 95 miliardi negli USA.

A sua volta, la Business Coalition for Transatlantic Trade (Coalizione d'imprese per il commercio transatlantico) ha calcolato che il TTIP creerà 0,5 milioni di posti di lavoro altamente retribuiti nell'UE e negli USA.

4.5

Esistono però anche previsioni meno ottimistiche: ad esempio, il CEPR stima che la maggior parte dell'occupazione sarà creata nei settori meno qualificati, mentre i posti di lavoro altamente qualificati del comparto dell'elettronica subiranno una flessione particolarmente marcata nell'UE. Secondo il CEPR, lo 0,2- 0,5 % della manodopera europea potrebbe essere costretto a cambiare lavoro in seguito alla ristrutturazione dell'economia causata dal TTIP. È importante che simili mutamenti siano individuati precocemente e che si adottino le misure appropriate nei settori e negli Stati membri colpiti, al fine di identificare le competenze trasferibili e riconvertire questa manodopera qualificata.

4.6

È inevitabile che gli effetti di una riuscita del TTIP non siano ripartiti equamente: essi obbediranno infatti a variabili nazionali, regionali e settoriali. Pertanto, mentre i negoziati proseguono, le proiezioni statistiche devono essere costantemente aggiornate e monitorate: le promesse devono essere verificate alla luce della realtà in evoluzione.

4.7

È essenziale che il CESE incoraggi — per mantenersi aggiornato — tutti gli studi di valutazione d'impatto eventualmente necessari, in particolare nei settori della creazione di occupazione, della mobilità del lavoro, della qualità dell'impiego e dell'applicazione della tecnologia.

4.8

Questi studi sono già parte integrante del processo europeo (ad es. la valutazione d'impatto sulla sostenibilità degli scambi commerciali attualmente condotta dalla Commissione europea (4)), ma è assolutamente indispensabile che tale processo sia ad ampio spettro, aperto, trasparente e ricettivo rispetto a un contributo costante della società civile. Il CESE desidera apportare il suo essenziale e regolare contributo in questa materia. Vi dovrebbero essere un impegno costante e costruttivo e un riconoscimento di fondo del ruolo della società civile a tutto campo. Il presente parere costituisce il primo contributo del CESE in questa direzione.

4.9

Il CESE si riserva il diritto di giudicare il risultato finale alla luce di tutti questi impegni.

5.   Eliminazione dei dazi nel commercio transatlantico

5.1

Anche se i dazi sono relativamente bassi, sulle due sponde dell'Atlantico si registrano comunque alcuni picchi per prodotti strategici, come il tabacco, i prodotti tessili e l'abbigliamento, lo zucchero, le calzature, i prodotti lattiero-caseari e alcuni vegetali. Inoltre, gli Stati Uniti mantengono dazi elevati sui preparati alimentari, i preparati di pesce e di carne, i preparati a base di cereali, la pasta e il cioccolato. Per gli operatori di questi settori, l'eliminazione dei dazi potrebbe costituire un particolare incentivo ad avviare attività di esportazione.

5.2

Inoltre, il commercio transatlantico è caratterizzato da una quantità significativa di scambi fra aziende e di commercio di beni intermedi. I prodotti finali sono spesso il risultato di una catena dell'approvvigionamento piuttosto complessa in cui anche i dazi di piccola entità possono avere un effetto significativo sulla concorrenzialità di un prodotto. Per questo, si dovrebbe eliminare il numero più elevato possibile di dazi fin dal primo giorno dell'accordo. Per i dazi rimanenti, il periodo di transizione non dovrebbe superare i 5 anni.

6.   Superare le differenze di fondo in materia di regolamentazione e definizione degli standard

6.1

È generalmente riconosciuto, sia negli USA sia nell'UE, che il massimo potenziale del TTIP si colloca nel settore della regolamentazione. Il CESE accoglie favorevolmente il fermo impegno assunto dal capo negoziatore dell'UE Ignacio García Bercero, secondo il quale l'obiettivo di questi negoziati non è, sia ben chiaro, «un abbassamento degli standard».

6.2

Si tratta di un punto fondamentale per il CESE, ed è alla luce di questa dichiarazione, nonché del fatto che è stata ribadita dal capo negoziatore statunitense Dan Mullaney nel corso della riunione d'informazione con la società civile del novembre 2013, che il Comitato non sottolinea nel presente parere alcune delle tante difficoltà che si presenterebbero qualora questo impegno non fosse onorato nella sua interezza.

6.3

Gli Stati Uniti sono non soltanto il primo partner commerciale dell'UE, ma anche un partner dal modo di pensare simile, con cui l'Unione condivide molti ideali e valori. I punti in comune fra l'UE e gli USA superano di gran lunga le loro divergenze. Si tratta di una situazione rara, nonché di un'ottima base per un risultato ambizioso. Al fine di liberare il pieno potenziale delle esportazioni, l'UE deve concentrarsi sull'eliminazione e la risoluzione degli ostacoli non tariffari in un modo che risulti vantaggioso per entrambe le parti, mantenendo nel contempo il livello attuale di protezione dei cittadini, dei consumatori, dei lavoratori e dell'ambiente, oltre a non abbassare gli standard. È questa la base da cui partire.

6.4

Vi sono però approcci diversi in materia di regolamentazione e definizione degli standard, che richiederanno un esame assai approfondito in una serie di settori come i prodotti chimici, la sicurezza degli alimenti, l'agricoltura, i veicoli a motore, i cosmetici, il settore tessile e dell'abbigliamento e i farmaci. In molti settori dovrebbe essere possibile ottenere vantaggi per entrambe le parti grazie a una maggiore coerenza regolamentare e armonizzazione, nonché al reciproco riconoscimento dei test e delle valutazioni di conformità, per raggiungere risultati simili attraverso processi simili. Qualunque via si prenda, essa dovrà comunque seguire gli standard internazionali.

6.5

Nell'interesse della facilitazione degli scambi, la modernizzazione delle procedure e la cooperazione doganale dovrebbero portare a una semplificazione e all'eliminazione delle ispezioni e degli oneri superflui.

6.6

Una caratteristica essenziale di una più stretta cooperazione di tipo regolamentare tra l'UE e gli USA dovrebbe consistere nella promozione e nello scambio delle buone prassi, nonché nel miglioramento della sicurezza, della salute e del benessere economico dei cittadini sulle due sponde dell'Atlantico.

6.7

Lo stesso livello di ambizione dovrebbe guidare i negoziati sugli ostacoli tecnici al commercio (TBT): in questo campo, un capitolo «TBT-plus», mosso dall'obiettivo di non abbassare gli standard, potrebbe essere uno dei modi di promuovere la fiducia nei rispettivi sistemi di regolamentazione.

6.8

Occorre prevedere meccanismi efficaci per evitare che sorgano nuovi ostacoli, ricorrendo a una consultazione tempestiva sulle regolamentazioni che potrebbero avere un impatto significativo sull'industria degli USA o dell'UE, purché si dia a tutti i soggetti interessati la possibilità di fornire un contributo. Ciò deve avvenire senza pregiudicare il diritto di introdurre regolamentazioni in conformità del livello di protezione dei cittadini/consumatori, nonché degli standard in materia di lavoro e ambiente che le parti ritengono adeguati per motivi di pubblico interesse.

6.9

È importante che le pratiche per l'adozione delle regolamentazioni sulle due sponde dell'Atlantico e la cooperazione in materia regolamentare fra gli USA e l'UE si basino su una serie di principi quali la trasparenza, la responsabilità e una definizione delle politiche che raccoglie i propri elementi decisionali in modo imparziale e aperto, sentendo tutte le voci della società.

6.10

Le differenze esistenti fra le parti in materia di norme e di standard potrebbero essere considerevolmente ridotte in futuro grazie a un dialogo e a una consultazione ad ampio spettro e precoce, che ha il potenziale di ridurre al minimo le differenze e abbassare i costi sia per i produttori che per i consumatori.

7.   Lo sviluppo sostenibile e le differenze fra gli standard

7.1

L'UE e gli USA svolgono un ruolo importante nel dibattito sullo sviluppo sostenibile a livello mondiale e nella cooperazione internazionale volta a facilitare il raggiungimento degli obiettivi connessi. Allo stesso tempo è importante che l'UE e gli USA lavorino entrambi in direzione dello sviluppo sostenibile nei suoi tre pilastri (crescita economica, sviluppo sociale e protezione dell'ambiente) per il benessere dei propri cittadini. In questo contesto, il TTIP e in particolare il suo capitolo relativo al commercio e allo sviluppo sostenibile offrirà a entrambe le parti l'opportunità di ribadire il loro impegno a promuovere lo sviluppo sostenibile tramite le politiche rispettive, nonché mediante i flussi commerciali e di investimenti, il dialogo e la cooperazione potenziati nel quadro fornito dal futuro accordo.

7.2

Dal dicembre 2009, in linea con il Trattato di Lisbona (5), l'UE ha cercato di inserire un capitolo sul commercio e lo sviluppo sostenibile in ogni accordo commerciale che ha negoziato. Questo approccio è sostenuto con convinzione dal CESE e anche dal PE.

7.3

È importante che il nuovo accordo ribadisca il diritto delle parti a introdurre regolamentazioni e a stabilire le priorità, le politiche e le leggi proprie nel campo dello sviluppo sostenibile, in linea con gli impegni delle parti nei confronti degli standard e degli accordi internazionali.

7.4

Il CESE plaude all'impegno — spesso citato — della Commissione a non abbassare gli standard dell'UE in materia di protezione della salute, della sicurezza, dell'ambiente, dei lavoratori e dei consumatori. Il CESE dovrebbe da parte sua verificare il rispetto di tale impegno, affinché questa garanzia non venga messa in pericolo.

7.5

Il CESE dovrebbe approfondire la questione, individuando le principali preoccupazioni e suggerendo un modo positivo di andare avanti, occupandosi fra l'altro degli aspetti riguardanti le questioni sociali. Il TTIP deve essere riconosciuto dal CESE come una priorità per l'intera durata dei negoziati e della sua attuazione.

7.6

Le parti dovrebbero ribadire il loro impegno a garantire l'efficace attuazione e rispetto della loro legislazione in materia di lavoro. Esse dovrebbero anche confermare gli obblighi risultanti dalla loro adesione all'OIL, compresa la Dichiarazione sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro, adottata nel 1998 e vincolante per tutti i membri dell'Organizzazione. Le otto convenzioni fondamentali dell'OIL (fatte proprie dalla Dichiarazione ministeriale di Singapore approvata dall'OMC nel 1996) devono rimanere il fondamento minimo per gli aspetti sociali di qualunque capitolo sullo sviluppo sostenibile da inserire nel TTIP, sulla falsariga di quanto fatto per tutti gli accordi di libero scambio recentemente conclusi dall'UE (6).

7.7

L'UE ha sempre promosso «l'agenda sociale» in fase di completamento del proprio mercato interno, e del resto il CESE è un esempio concreto dell'impegno dell'Unione a favore del dialogo e del consenso. Pur rispettando il modello sociale degli USA, per vari aspetti diverso da quello dell'UE, quest'ultima dovrebbe promuovere e proteggere con energia il proprio modello basato sulla solidarietà sociale.

7.8

Le parti dovrebbero riconoscere l'importanza della governance ambientale mondiale e delle regole volte ad affrontare le sfide comuni nel settore dell'ambiente. Esse dovrebbero ribadire il loro impegno a garantire l'efficace attuazione e rispetto della loro legislazione in tale settore. Inoltre, dovrebbero riaffermare il loro impegno a continuare ad adottare misure per garantire e promuovere la conservazione, l'uso e la gestione sostenibili delle risorse naturali. In questo contesto, dovrebbero poi riconfermare la loro adesione agli accordi ambientali multilaterali.

7.9

Il TTIP dovrebbe anche fornire l'opportunità all'UE e agli USA di promuovere ulteriormente gli scambi e gli investimenti a sostegno dello sviluppo sostenibile, ad esempio la liberalizzazione del commercio di beni e servizi ambientali (in linea con l'iniziativa annunciata a Davos il 24 gennaio 2014, cui aderiscono entrambe le parti), la promozione della responsabilità sociale delle imprese, ecc.

7.10

Rispetto agli USA, l'UE non ha ancora inserito le questioni riguardanti il lavoro e l'ambiente, di cui al capitolo sullo sviluppo sostenibile, nella procedura generale di risoluzione delle controversie: questi temi sono invece sottoposti a una procedura di consultazione che non può dar luogo a sanzioni commerciali. La logica che si cela dietro questa posizione non è chiara, e il CESE chiede alla Commissione di essere più esplicita.

8.   Investimenti

8.1

Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l'UE dispone ora di competenze nel settore degli investimenti. Un nuovo accordo sostituirebbe tutti i trattati bilaterali in materia di investimenti (TBI) conclusi fra gli USA e nove Stati membri.

8.2

A livello multilaterale, l'Unione europea e gli Stati Uniti aderiscono all'accordo dell'OMC sulle misure relative agli investimenti correlati agli scambi commerciali (TRIM). Tuttavia, tale accordo si applica solo alle misure che riguardano gli scambi di beni, ma non di servizi, o altri settori strategici sviluppatisi negli ultimi 20 anni. Inoltre, l'UE e gli USA hanno raggiunto un accordo nell'aprile 2012 relativamente a un insieme ambizioso di principi sugli investimenti, e hanno invitato altri paesi a seguire il loro esempio.

8.3

La questione dell'inserimento di un meccanismo ISDS ha sollevato un grande interesse da parte del pubblico e notevoli preoccupazioni su entrambe le sponde dell'Atlantico. Il CESE si compiace che la Commissione abbia riconosciuto il considerevole livello di preoccupazione del pubblico suscitato dalla forte litigiosità caratteristica di alcune controversie (7), e che la stessa abbia deciso di tenere una consultazione pubblica specificamente dedicata alla protezione degli investimenti e all'ISDS in risposta all'elevato interesse del pubblico per questo tema. La consultazione pubblica indetta il 27 marzo 2014 è un buon esempio di come si possa incoraggiare la società civile a fornire il proprio contributo ai negoziati.

8.4

Il CESE ritiene essenziale che qualunque disposizione in materia di ISDS proposta nel TTIP non precluda la possibilità degli Stati membri dell'UE di emettere regolamentazioni nell'interesse del pubblico. Il Comitato prende atto degli sforzi finalizzati a una maggiore trasparenza e si propone di formulare un parere d'iniziativa sul meccanismo ISDS.

8.5

Al paragrafo 8 della scheda informativa pubblicata il 3 ottobre 2013, la Commissione presenta le proprie proposte per fermare il possibile abuso della procedura ISDS. Il Comitato tuttavia vede ancora una certa mancanza di chiarezza nella definizione di numerosi termini, tra cui frivolous claims e public purpose. È essenziale che si proceda con urgenza a formulare una definizione adeguata di tali nozioni.

8.6

Il CESE considera importante che la posizione negoziale dell'UE preveda diverse condizioni per l'inclusione dell'ISDS nell'accordo, una delle quali riguarda il fatto che le disposizioni pertinenti devono consentire agli Stati membri di perseguire in modo non discriminatorio obiettivi legittimi di politica pubblica, come quelli in materia sociale, di ambiente, sicurezza, protezione dei consumatori, stabilità del sistema finanziario, sanità e sicurezza pubblica. È importante che quest'affermazione diventi un principio guida per i negoziatori dell'UE e sia chiaramente indicata nell'accordo.

9.   PMI

9.1

Nell'Unione europea e negli Stati Uniti, le PMI e le start-up sono motori fondamentali di crescita e creazione di posti di lavoro. Oltre 20 milioni di imprese nell'UE e 28 milioni negli USA sono PMI. Sulle due sponde dell'Atlantico, le PMI rappresentano un'importante fonte di innovazione, nuovi prodotti e nuovi servizi, e traggono già beneficio dagli scambi transatlantici.

9.2

Il TTIP sarà particolarmente prezioso per le PMI, dato che gli ostacoli al commercio tendono a pesare in modo sproporzionato sulle imprese di minori dimensioni, che hanno meno risorse per superarli rispetto alle imprese più grandi. I benefici che le PMI possono trarre dal TTIP riguardano i dazi, le questioni regolamentari e gli ostacoli non tariffari, i servizi, il commercio elettronico, gli appalti pubblici, le dogane e le facilitazioni commerciali, nonché i diritti di proprietà intellettuale.

9.3

Il CESE sostiene l'inserimento nel TTIP di un capitolo dedicato alle questioni riguardanti le PMI. Tale capitolo potrebbe introdurre meccanismi che consentano alle due parti di collaborare per facilitare la partecipazione delle PMI al commercio transatlantico. Le disposizioni potrebbero anche prevedere l'istituzione di un comitato per le PMI che interagirebbe con il mondo delle piccole imprese, e lo sviluppo di informazioni sul web e di altre risorse per aiutare le PMI a capire le norme dell'accordo e come trarne beneficio.

10.   Interessi dei consumatori

10.1

La fiducia dei consumatori è essenziale per il successo del TTIP: si tratta di un elemento che induce i consumatori a spendere, con effetti positivi sulla crescita e l'occupazione. Pertanto, è indispensabile fornire ai consumatori garanzie tali da generare fiducia nel mercato transatlantico. La dichiarazione esplicita secondo cui non vi sarà alcun abbassamento degli standard attuali costituisce un buon inizio. La sfida risiede ora nel trasformare questo impegno in realtà, offrendo un quadro giuridico chiaro in modo da evitare che tale abbassamento possa verificarsi e, tra le altre iniziative, mantenendo la società civile debitamente informata ed aggiornata riguardo al processo di convergenza regolamentare. Andrebbero inoltre previste disposizioni al fine di preservare il diritto dei cittadini di chiedere l'applicazione di tali disposizioni in caso di violazione.

10.2

Vi è preoccupazione che l'apertura delle frontiere e la rimozione degli ostacoli al commercio possano portare a una diffusione e un impatto maggiori degli alimenti contaminati. Il TTIP offre un'ottima occasione per sviluppare un sistema di allarme unico che sia valido sia per l'UE che per gli USA. L'obiettivo sarebbe migliorare la protezione dei consumatori e ridurre al minimo gli effetti negativi sul commercio in caso di insorgenza di una malattia.

10.3

La tracciabilità degli ingredienti alimentari e dei loro derivati è essenziale per garantire sicurezza, qualità e scelte informate da parte dei consumatori. Il TTIP è un'opportunità per l'UE e gli USA di capire meglio la complessità delle filiere e delle reti mondiali di approvvigionamento alimentare, nonché di elaborare approcci solidi, compatibili e interoperabili per garantire la tracciabilità e la genuinità degli alimenti, compresi i sistemi per l'identificazione degli animali.

10.4

Occorre infine istituire dei sistemi obbligatori di rendicontazione e scambio d'informazioni sui nuovi prodotti, in modo da seguire l'immissione sul mercato dei nanomateriali prodotti, per i quali si dovrebbe anche stabilire un ampio inventario aperto al controllo da parte del pubblico.

11.   Servizi

11.1

Molti dati statistici dimostrano che l'aumento degli scambi e degli investimenti nel settore dei servizi potrebbe rappresentare una delle principali potenzialità di crescita. Per questo motivo è importante negoziare impegni concreti in materia di servizi (compresi quelli finanziari) dalle due parti. Un migliore accesso al mercato è considerato una priorità per le imprese dell'UE.

11.2

I negoziati devono anche tenere pienamente conto della specificità dei servizi pubblici nell'UE, che occorre mantenere in osservanza degli obblighi stabiliti dal TFUE.

11.3

La cooperazione regolamentare dovrebbe anche riguardare i servizi e prevedere una migliore collaborazione fra i regolatori, una maggiore trasparenza e l'eliminazione dei requisiti superflui e onerosi.

12.   Settori agricolo e agroalimentare

12.1

L'accordo dovrebbe essere ambizioso per quanto riguarda le questioni sanitarie e fitosanitarie (SPS); in questo ambito gli USA e l'UE dovrebbero cercare di negoziare un ambizioso capitolo «SPS-plus».

12.2

Le modalità di produzione agricola e agroalimentare si sviluppano in condizioni molto diverse a seconda che si tratti degli USA o dell'UE (ad es. per quanto concerne il benessere degli animali, la regolamentazione della sicurezza alimentare, i prodotti per la protezione delle colture). Negli Stati Uniti, per decidere se commercializzare o meno un prodotto, ci si basa unicamente su considerazioni scientifiche, mentre in Europa questo tipo di decisioni è retto dal «principio di precauzione». Nei negoziati è quindi opportuno tener conto di questa differenza d'approccio.

12.3

L'impegno della Commissione europea, citato in precedenza, a non abbassare gli standard UE, ivi compresi quelli che garantiscono la protezione dei consumatori, dovrebbe rendere più vigili riguardo alle questioni legate alla sicurezza alimentare (informazioni sugli OGM, presenza di ormoni nel cibo, alimenti trattati con detergenti chimici, ecc.), garantendo al tempo stesso il rispetto sistematico del principio di precauzione (sancito dal Trattato di Lisbona). Gli sforzi profusi per migliorare la compatibilità dei sistemi regolamentari di USA e UE dovrebbero rispettare l'elevato livello degli standard in materia di sicurezza alimentare vigenti su entrambe le sponde dell'Atlantico.

13.   Appalti pubblici

13.1

Quello degli appalti pubblici è un tema particolarmente delicato in cui l'UE dovrebbe avere un approccio più offensivo, dato che al momento attuale le imprese statunitensi beneficiano dell'apertura del mercato europeo più di quanto non facciano le imprese europee in quello statunitense. È essenziale che qualunque accordo raggiunto preveda pari livelli di accesso agli appalti pubblici sulle due sponde dell'Atlantico.

13.2

I negoziatori devono garantire che non risulti compromesso il diritto degli Stati membri dell'UE e dei loro enti regionali e locali di perseguire le proprie politiche sociali e ambientali democraticamente formulate.

14.   Protezione dei dati

Si teme che il TTIP possa produrre un indebolimento delle norme relative alla riservatezza dei dati sia nell'UE che negli USA, esponendo i cittadini a rischi per i loro dati e a violazioni della loro vita privata. In linea con l'impegno di cui al punto 6.1, è di fondamentale importanza che non vi sia alcun abbassamento degli standard di protezione in questo settore e che ai cittadini dell'UE sia garantito il medesimo livello di tutela attualmente offerto dalla normativa UE in materia di protezione dei dati, quando questi stessi cittadini interagiscono con imprese situate negli USA.

15.   Energia e materie prime strategiche

15.1

Garantire un approvvigionamento di energia affidabile riveste un'importanza cruciale. Nell'intero impianto del TTIP occorre pensare all'elaborazione di norme per la sicurezza dell'approvvigionamento di energia e di materie prime strategiche, con lo scopo di individuare le carenze presenti e future in termini di forniture e infrastrutture, tali da incidere sugli scambi energetici, nonché prevedere meccanismi atti a rispondere alle crisi e alle interruzioni delle forniture.

15.2

L'efficienza energetica e la promozione delle energie rinnovabili sono un aspetto fondamentale della politica energetica dell'UE e degli USA. Il TTIP dovrebbe promuovere questi obiettivi e garantire il diritto per ciascuna parte di mantenere o introdurre standard e regolamentazioni riguardanti ad esempio il rendimento energetico dei prodotti, delle apparecchiature e dei processi, nonché lavorare per la maggior convergenza possibile degli standard nazionali europei e americani.

16.   Indicazioni geografiche

L'UE esporta verso gli USA prodotti ad elevato valore aggiunto in cui il sistema di indicazioni geografiche (IG) svolge un ruolo fondamentale. Questo sistema protegge i prodotti europei dalle imitazioni e dalle frodi ed evita che i consumatori siano tratti in inganno. L'accordo dovrebbe trovare un modo pratico di garantire la certezza del diritto per le imprese, sulla base delle indicazioni geografiche.

17.   Ruolo e coinvolgimento della società civile

17.1

Il CESE accoglie con grande favore il processo ormai consolidato per cui dopo ogni tornata negoziale si svolge un'ampia riunione informativa con la società civile. È estremamente importante che tutti i soggetti interessati continuino ad essere consultati, e che il CESE sia accolto come una componente vitale di questo processo. Tuttavia, vi sono preoccupazioni da parte della società civile per il fatto che i testi dei negoziati sono dichiarati confidenziali senza reale necessità, il che ostacola l'attività d'informazione. Questa pratica rischia di compromettere gravemente la fiducia e il sostegno del pubblico verso qualunque tipo di accordo TTIP risulti dai negoziati.

17.2

Il Consiglio economico transatlantico, nonché le carenze e le disparità fra i 5 dialoghi transatlantici (imprese, consumatori, legislatori, lavoro e ambiente) sono stati trattati in modo esauriente nel parere emesso dal CESE nel marzo 2009 (8). Come dimostrano i dialoghi transatlantici delle imprese e dei consumatori, simili organi, se creati e gestiti correttamente, possono apportare un importante contributo al processo negoziale. Il CESE pertanto ribadisce il suo invito ad attivare i dialoghi transatlantici del lavoro e dell'ambiente.

17.3

Come indicato qui sopra, il TTIP appare promettente, ma suscita anche preoccupazioni, e il ruolo della società civile sarà fondamentale nell'approvazione o rifiuto di quanto prodotto dai negoziati.

Nella nuova generazione di accordi commerciali bilaterali sottoscritti dall'UE è sempre previsto un meccanismo di monitoraggio della società civile.

17.4

Ciascuno di questi meccanismi sarà sui generis, dal momento che dipende dalle circostanze effettive. Tuttavia, il CESE è irremovibile sul fatto che, per quanto riguarda il TTIP, questo meccanismo deve essere trovato il prima possibile e il CESE deve essere consultato circa la sua configurazione.

18.   Il ruolo del CESE

18.1

È assolutamente indispensabile che il ruolo istituzionale del CESE sia riconosciuto e che sia mantenuto un dialogo regolare fra il CESE, la Commissione e il Parlamento europeo per tutta la durata del processo negoziale.

18.2

Il Trattato di Lisbona riconferma il ruolo del Comitato in quanto ponte fra la società civile e le altre istituzioni europee, ruolo che costituisce parte integrante della stretta cooperazione fra il CESE e la Commissione. Data l'importanza potenziale del TTIP, è essenziale che:

la Commissione riconosca il ruolo del Comitato e continui a coinvolgerlo in tutti gli aspetti del processo negoziale. In proposito, il CESE si rallegra del fatto che un gruppo di monitoraggio costituito da tre dei propri membri potrà accedere ai documenti su un piano di parità rispetto al gruppo consultivo della Direzione generale Commercio della Commissione;

sia mantenuto un ruolo inclusivo per la società civile durante tutto l'arco del processo negoziale;

sia istituito un meccanismo di monitoraggio congiunto della società civile, forte e pienamente rappresentativo, quale che sia la situazione all'indomani dell'accordo. Il CESE deve svolgere un ruolo cardinale in qualunque organismo di questo tipo.

18.3

Anche se gli Stati Uniti non si sono dati una struttura equivalente al CESE, la missione a Washington del febbraio 2014 ha dimostrato che oltreoceano la società civile organizzata dispone di strutture mature. Essa è complementare alla struttura a tre gruppi esistente in seno al CESE. Il TTIP quindi rappresenta per il CESE un'ottima occasione di portare avanti la propria politica, da tempo esistente, di sviluppare rapporti con la società civile d'oltreoceano. A questo fine, si raccomanda che l'istituzione di un gruppo di contatto UE-USA sia trattata come una priorità immediata.

18.4

Il presente parere è l'inizio, e non la fine, del coinvolgimento del CESE nel processo del TTIP. È auspicabile che il CESE continui a lavorare a un progetto proprio, con l'intento di partecipare al monitoraggio del processo di negoziazione del TTIP per conto della società civile. Potrebbero rientrare in questa iniziativa, per fare un esempio, altri pareri, audizioni pubbliche, seminari, convegni, ecc., su argomenti quali lo sviluppo sostenibile, le PMI, l'ISDS e gli appalti pubblici, nonché analisi settoriali specifiche.

Bruxelles, 4 giugno 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 32.

(2)  http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P7-TA-2014-0230+0+DOC+XML+V0//IT&language=IT

(3)  Cfr. Reducing Transatlantic Barriers to Trade and Investment — An Economic Assessment (Ridurre le barriere transatlantiche agli scambi commerciali e agli investimenti: una valutazione economica) — Centre for Economic Policy Research, Londra, marzo 2013 (http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2013/march/tradoc_150737.pdf).

(4)  http://www.trade-sia.com/ttip/

(5)  Articolo 207 del TFUE che stabilisce i principi della politica commerciale dell'UE, articolo 3, paragrafo 5, e articolo 21 del TUE che definiscono i principi generali dell'azione esterna dell'UE anche in riferimento al sostegno dell'UE al commercio e allo sviluppo sostenibile.

(6)  GU L 127 del 14.5.2011, pag. 62.

(7)  Attualmente alcune controversie testimoniano la forte litigiosità di imprese private contro Stati sovrani, ad es. Veolia vs. Egitto e Philip Morris vs. Australia.

(8)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 32.


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

499a sessione plenaria del CESE del 4 e 5 giugno 2014

26.11.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 424/20


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo - Una prospettiva per il mercato interno dei prodotti industriali

COM(2014) 25 final

2014/C 424/03

Relatore:

MEYNENT

La Commissione europea, in data 7 marzo 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Una prospettiva per il mercato interno dei prodotti industriali

COM(2014) 25 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 14 maggio 2014.

Alla sua 499a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 giugno 2014 (seduta del 4 giugno 2014), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 144 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la comunicazione della Commissione Una prospettiva per il mercato interno dei prodotti industriali. Tale comunicazione si colloca nel contesto della recente e positiva evoluzione in direzione di una politica industriale su scala europea, che si traduce in particolare nella comunicazione Per una rinascita industriale europea.

1.2

Per il CESE, le norme tecniche sui prodotti industriali devono essere oggetto di una regolamentazione democratica, aperta e trasparente che coinvolga un vasto spettro di parti interessate tra cui almeno le imprese (incluse le PMI), i lavoratori o i loro rappresentanti, i consumatori e le ONG ambientalistiche. Affinché tale apertura diventi una realtà concreta, è legittimo accordare un sostegno pubblico alle parti interessante che non dispongono di risorse sufficienti per partecipare.

1.3

Il campo d'applicazione dei «requisiti essenziali» di interesse pubblico che possono tradursi in norme tecniche non dovrebbe limitarsi soltanto alla sicurezza, alla salute, alla tutela dell'ambiente e del consumatore, bensì includere ogni interesse pubblico considerato legittimo con decisione democratica, in particolare le condizioni sociali e ambientali di produzione, l'interoperabilità dei sistemi tecnici e l'accessibilità per gli utilizzatori.

1.4

Le norme tecniche devono essere riviste e migliorate regolarmente, a un ritmo proporzionato alla rapidità d'evoluzione del settore. Secondo il CESE, non bisogna rallentare il ritmo di tali cambiamenti, bensì ridurne al minimo l'impatto sulle imprese e soprattutto sulle PMI.

1.5

Occorre valutare l'impatto delle proposte legislative sulle PMI, nell'ottica dello Small Business Act  (1). Le PMI non devono quindi essere esentate dall'applicazione delle norme di regolamentazione, poiché queste ultime hanno l'obiettivo di tutelare interessi pubblici indipendenti dalle dimensioni dell'impresa che ha sviluppato o fabbricato il prodotto e di evitare la creazione di un mercato a due velocità.

1.6

Il CESE approva la proposta avanzata dalla Commissione di utilizzare il regolamento, di applicazione uniforme e istantanea in tutta l'Unione, piuttosto che la direttiva, per armonizzare i prodotti industriali. Appoggia inoltre la conversione della decisione n. 768/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in un regolamento di applicazione generale, in modo da semplificare la struttura normativa e facilitarne la comprensione, in particolare per le PMI.

1.7

Il CESE è favorevole a mettere gratuitamente a disposizione del pubblico interessato, e soprattutto delle PMI, degli estratti delle norme.

1.8

Il CESE propone alla Commissione di diffondere ad ampio raggio sul mercato interno e sul mercato dei paesi terzi, l'informazione riguardante la qualità e l'alto livello dei requisiti dei prodotti conformi alle norme europee, prevendendo a questo fine un bilancio destinato alla comunicazione e coinvolgendo le parti sociali enumerate al punto 1.2.

1.9

Il carattere democratico, aperto e trasparente dell'attuale regolamentazione delle norme tecniche che riguardano il mercato dei prodotti industriali deve assolutamente essere preservato in sede di conclusione degli accordi di libero scambio.

1.10

Il CESE è favorevole alla costituzione di una banca dati elettronica centralizzata che contenga informazioni normative pertinenti per ciascun prodotto.

1.11

Il CESE appoggia la creazione di un sistema di «vigilanza elettronica» del mercato unico che permetta a persone in buona fede di segnalare confidenzialmente alle autorità le non conformità rilevate in sede di progettazione, fabbricazione o importazione di un prodotto industriale.

1.12

Il CESE ritiene che un'informazione tecnica relativa ad un prodotto industriale su supporto cartaceo costituisca una forma permanente, autentica e non falsificabile di contratto e che un supporto elettronico possa essere considerato idoneo solo se risponde agli stessi requisiti.

1.13

Il CESE constata che sul mercato interno dei prodotti industriali sussistono taluni ostacoli alla libera circolazione e alla libera concorrenza e auspica il rafforzamento della vigilanza sul mercato. Bisogna incitare gli Stati membri a promuovere sanzioni più uniformi e controlli del mercato e della distribuzione di prodotti e servizi che abbiano livelli e caratteristiche tecniche comparabili, così da rafforzarne la coerenza a livello europeo.

2.   Introduzione

2.1

Con la comunicazione in esame, che fa seguito a quella pubblicata nell'ottobre 2012, la Commissione considera i possibili sviluppi della regolamentazione relativa al mercato interno dei prodotti industriali nel contesto dell'internazionalizzazione degli scambi, dell'evoluzione tecnica dei prodotti e della commercializzazione di nuovi prodotti e di nuove tecnologie. L'intento è quello di valutare l'impatto della regolamentazione esistente sul mercato dei prodotti dal punto di vista degli industriali e degli operatori del mercato unico, a partire dagli esiti di una consultazione pubblica e dai casi di studio di cui nel documento di lavoro dei servizi della Commissione (disponibile solo in inglese) allegato alla comunicazione.

2.2

Il documento della Commissione ripercorre l'evoluzione del diritto dell'Unione in materia di prodotti industriali a partire dall'adozione, nel 1985, del cosiddetto «nuovo approccio» all'armonizzazione legislativa, per cui il legislatore europeo stabilisce i «requisiti essenziali», ossia gli obiettivi riguardanti la sicurezza, la salute, la tutela dell'ambiente e del consumatore che le imprese devono rispettare quando immettono i loro prodotti sul mercato dell'Unione, assicurando il livello di protezione più elevato (articolo 114 TFUE). Per questi «requisiti essenziali», l'armonizzazione si realizza mediante norme stabilite da organismi europei di normazione sulla base di un mandato della Commissione europea.

2.3

I prodotti industriali sono definiti come prodotti non alimentari realizzati mediante un processo di produzione di tipo industriale. La comunicazione si concentra tuttavia sui prodotti la cui regolamentazione non è stata adottata, riveduta o valutata di recente e non riguarda i prodotti di natura molto specifica, come i prodotti farmaceutici, che vengono trattati separatamente.

2.4

Secondo la Commissione, l'armonizzazione ha permesso al commercio dei prodotti in questione di crescere in modo considerevole tra il 2000 e il 2012, ad un ritmo superiore a quello del valore aggiunto totale dell'industria manifatturiera. La legislazione a livello dell’Unione ha favorito le economie di scala e rafforzato allo stesso tempo la competitività delle imprese, evitando i costi di conformità un tempo imposti dall'esistenza di normative nazionali diverse o, in alcuni casi, dall'assenza di norme.

2.5

Le regole stabilite in base all'approccio adottato nel 1985 hanno inoltre aumentato la fiducia dei consumatori nei prodotti europei.

3.   Osservazioni generali

3.1

Una condizione assolutamente indispensabile al buon funzionamento del mercato interno dei prodotti industriali è la fiducia dei consumatori e degli utilizzatori professionali dell'intera catena del valore nel fatto che tali prodotti rispondono a «requisiti essenziali» di interesse pubblico. Senza tale fiducia, le transazioni si bloccano e il mercato crolla, offrendo solo prodotti di qualità inferiore (2).

3.2

Tali requisiti riguardano la salute, la sicurezza dei consumatori e dei lavoratori del settore industriale, la tutela dell'ambiente e dei consumatori, e in generale tutti gli interessi pubblici considerati legittimi con decisione democratica. In particolare, riguardano le condizioni sociali e ambientali di produzione, l'interoperabilità dei sistemi tecnici e l'accessibilità per gli utilizzatori.

3.3

Questi «requisiti essenziali» sono il risultato di un processo democratico di decisione politica che è alla base della legittimità delle leggi e dei regolamenti adottati. I pubblici poteri hanno il diritto di definire questi «requisiti essenziali» e di assicurarne il rispetto da parte di tutti gli attori del mercato interno.

3.4

Per il CESE le norme tecniche dei prodotti industriali sono la trasposizione tecnica di questi «requisiti essenziali» di interesse pubblico. Sono dunque strumenti politici e devono essere pienamente considerate come tali. Sono, in primo luogo, strumenti di politica generale volti a raggiungere un obiettivo esplicito d'interesse pubblico tra quelli specificati nell'articolo 114 del TFUE o altri che vanno al di là: salute e sicurezza dell'utente (consumatore o lavoratore in ambiente professionale), condizioni di lavoro favorevoli alla produttività e alla motivazione dei lavoratori, tutela delle risorse naturali fragili, non rinnovabili o rare (clima, risorse minerali, biosfera, specie viventi, acqua), benessere degli animali, riservatezza e integrità delle comunicazioni e dei dati, interoperabilità delle componenti di sistemi complessi e altri ancora, definiti democraticamente.

3.5

In secondo luogo, sono strumenti di politica industriale e di strutturazione del mercato. La conformità a una norma tecnica rigorosa è uno strumento di differenziazione e di competitività sul mercato internazionale non legata ai prezzi, bensì alla qualità. Anticipando i bisogni futuri e gli sviluppi del mercato, una norma aiuta le industrie europee a essere all'avanguardia, ad innovare e ad avere un'offerta poco sensibile alle variazioni di prezzo, e quindi economicamente valida e generatrice di occupazione di qualità. Quando sul mercato si scontrano norme concorrenti (in particolare in fatto di interoperabilità), la scelta della norma ha un'influenza sulle imprese che ne ricaveranno un vantaggio concorrenziale, e di conseguenza sulla localizzazione dell'attività economica e dei posti di lavoro che ne derivano.

3.6

Per questo loro carattere politico, le norme tecniche sui prodotti industriali non possono essere considerate appannaggio esclusivo di interessi privati e di specialisti tecnici. Devono invece essere oggetto di una regolamentazione democratica, aperta e trasparente, che coinvolga un numero elevato di parti interessate, affrontando, nel processo decisionale, le 5 tappe seguenti:

se la normazione sia opportuna;

quali obiettivi debba avere;

quali mezzi tecnici siano necessari per raggiungere tali obiettivi;

il controllo della conformità alla norma e la vigilanza del mercato, e

l'applicazione di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di non conformità.

3.7

Tale regolamentazione deve avvalersi di istituzioni aperte, legittime e capaci di dare concretamente a tutte le parti interessate la possibilità di esercitare un'influenza sul processo decisionale. Per il CESE, l'elenco delle parti interessate legittimate a contribuire a tale regolamentazione deve essere un elenco aperto, che varia a seconda della natura precisa della regolamentazione stessa (ad esempio, una norma sul benessere degli animali da allevamento non mobiliterà le stesse parti interessate di una norma riguardante l'interoperabilità degli strumenti di comunicazione digitale). Dovrà tuttavia comprendere almeno le imprese, tra cui le PMI, i lavoratori dipendenti o i loro rappresentanti, i consumatori e le ONG che si occupano di protezione dell'ambiente.

3.8

In quanto strumenti di politica industriale, di competitività basata sulla qualità e sull'anticipazione dei bisogni tecnici, sociali e ambientali e al tempo stesso fonti di innovazione tecnica, le norme tecniche devono, per poter rivestire tale ruolo, essere riviste e migliorate regolarmente, a un ritmo proporzionato alla rapidità d'evoluzione del settore. Nel caso di settori altamente innovativi e ad elevato potenziale di sviluppo, il Comitato raccomanda di perseguire parallelamente gli obiettivi di legittimità democratica e sociale del processo regolamentare e normativo, di cui ai punto 3.2-3.7, e quello di un ritmo elevato di definizione e di aggiornamento delle norme. Occorre tuttavia minimizzare l'impatto di tali cambiamenti sulle imprese.

3.9

Infine, le norme tecniche relative ai prodotti industriali sono i veicoli privilegiati di informazione e di educazione del consumatore (finale e intermedio). Esse forniscono a quest'ultimo elementi obiettivi e rigorosi per giudicare autonomamente se il prodotto sia adeguato alle sue esigenze, Un consumatore così informato ed educato è sensibile alla differenziazione di tipo qualitativo e contribuisce quindi ad assicurare la competitività non di prezzo dell'industria europea, fondata sull'elevato livello di competenza e motivazione dei lavoratori. Tali norme sono quindi un elemento essenziale della simbiosi tra fornitori industriali di alta qualità e consumatori esigenti e rigorosi.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

La regolamentazione delle norme armonizzate tramite direttive, come è stata praticata fino ad ora, è fonte di instabilità e comporta, da parte delle imprese, una sforzo d'adattamento costante e a volte inutile, in quanto rischia di generare una legislazione geograficamente eterogenea da uno Stato membro all'altro. Tale eterogeneità sembra poco rilevante, ma in realtà ha una forte incidenza quando si tratta del grado di specificità richiesto per la messa in conformità di un prodotto industriale. All'eterogeneità geografica si aggiunge poi un'eterogeneità temporale, a seconda della data di trasposizione della direttiva prevista in ognuno dei 28 Stati membri. Poiché il periodo di trasposizione può protrarsi fino a 36 mesi e poiché l'aggiornamento delle norme potrebbe avvenire con la stessa frequenza, o addirittura con una frequenza ancora maggiore per i settori fortemente innovativi, le imprese rischiano di trovarsi perennemente nell'incertezza e nella confusione propri dei periodi di transizione.

4.2

Alla luce di questa situazione, particolarmente difficile per le PMI che dispongono di scarsi mezzi di monitoraggio normativo, il CESE accoglie favorevolmente la proposta avanzata dalla Commissione di utilizzare il regolamento, di applicazione uniforme e istantanea in tutta l'Unione, piuttosto che la direttiva. Il CESE considera tale disposizione estremamente positiva, poiché in grado di eliminare un'importante fonte di instabilità normativa e di permettere ai team che svolgono attività di ricerca, sviluppo e innovazione (RSI) di lavorare in un ambiente che sia realmente uniforme per i 500 milioni di consumatori europei e che rimanga stabile per diversi anni, secondo un ritmo appropriato al tasso di innovazione di ciascun settore.

4.3

Tale ragionamento dimostra inoltre quanto, in termini di sussidiarietà, l'utilizzo di un regolamento per la definizione di norme tecniche per i prodotti industriali rappresenti un caso in cui l'azione a livello dell'Unione è indubbiamente più efficace di quella a livello degli Stati membri.

4.4

Il CESE è inoltre favorevole all'idea di convertire la decisione n. 768/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in un regolamento di applicazione generale. La condivisione di un insieme di definizioni, termini e concetti d'uso orizzontale per l'insieme della normazione tecnica settoriale evita le ridondanze e le ripetizioni, facilita la modifica del testo e corrisponde alle buone pratiche della scrittura tecnica.

4.5

La partecipazione di un ampio spettro di parti interessate ai lavori di normazione, ossia alle cinque fasi individuate al punto 3.6 del presente parere, è un obiettivo di interesse pubblico. Alcune di queste parti interessate come le organizzazioni sindacali, le PMI e le associazioni dei consumatori e di protezione dell'ambiente, dispongono di poche risorse. Il CESE considera dunque legittimo accordare un sostegno pubblico per favorire la partecipazione delle parti interessate a tali lavori, dando loro diritto di voto affinché l'apertura di tale processo diventi una realtà concreta.

4.6

Il CESE è favorevole a mettere a disposizione gratuitamente degli estratti delle norme. Se è vero infatti che la legge non ammette ignoranza, va detto che attualmente per accedere alle norme tecniche bisogna pagare, anche se non si conosce abbastanza dettagliatamente l'oggetto e il campo d'applicazione della norma, e di conseguenza non si sa se si applichi al proprio caso particolare. Si tratta di una situazione penalizzante non solo per le PMI, ma per tutte le parti interessate. Per questa ragione il CESE appoggia tale provvedimento, chiedendo tuttavia che l'accesso agli estratti sia aperto in generale a tutti gli interessati.

4.7

Il CESE è favorevole alla costituzione di una banca dati elettronica centralizzata che dia accesso all'elenco delle norme alle quali deve conformarsi ciascun prodotto e alla natura della certificazione che attesta tale conformità (in particolare, se essa deriva da un'autocertificazione o da una certificazione fornita da terzi abilitati). Questa banca dati potrebbe inviare gratuitamente delle e-mail automatiche agli abbonati per avvertirli di ogni eventuale modifica delle norme riguardanti un determinato prodotto.

4.8

Il CESE sostiene la possibilità di segnalare confidenzialmente alle autorità, per mezzo di un sistema di vigilanza elettronica del mercato unico, le non conformità rilevate in sede di progettazione, fabbricazione o importazione del prodotto industriale. Gli informatori in buona fede devono essere protetti da eventuali azioni o sanzioni, come il licenziamento nel caso in cui si tratti di lavoratori subordinati. Tale sorveglianza del mercato collaborativa e ripartita, tramite le tecniche di Internet 2.0, sarà in grado di migliorare la salute e la sicurezza degli utenti di prodotti industriali di tutta l'Unione e di proteggere le imprese in regola dagli abusi dei concorrenti sleali.

4.9

Il CESE considera l'informazione tecnica relativa a un prodotto industriale come un elemento costitutivo del contratto di acquisto affinché quest'ultimo sia consapevole e informato e, nel periodo successivo all'acquisto, in caso di guasto, incidente o prestazioni non conformi alle descrizioni. Non si tratta assolutamente di un'informazione «non necessaria» o antiestetica, come afferma la comunicazione della Commissione. Tale informazione deve al contrario essere fornita al cliente in forma permanente, autentica e non falsificabile e leggibile indipendentemente dall'evoluzione, nel corso della durata di vita del prodotto, degli strumenti elettronici disponibili. Il CESE reputa pertanto che una documentazione cartacea redatta nella lingua del paese in cui si effettua la vendita, disponibile presso il punto vendita e fornita all'interno della confezione, soddisfi tali requisiti e che un supporto elettronico possa essere considerato idoneo solo se risponde alle specifiche funzionali sopraccitate.

4.10

Il CESE propone alla Commissione di diffondere ad ampio raggio, sul mercato interno e sul mercato dei paesi terzi, l'informazione riguardante la qualità e gli elevati requisiti dei prodotti conformi alle norme europee, prevedendo a questo fine un bilancio destinato alla comunicazione e coinvolgendo le parti sociali enumerate al punto 3.7. In tal modo, i consumatori e gli acquirenti professionali saranno informati meglio dei vantaggi legati alla scelta di tali prodotti. Ciò conferirà un vantaggio concorrenziale basato sulla qualità, completamente oggettivo e sicuro, ai prodotti concepiti e fabbricati in Europa o conformi alle norme europee, e quindi alle imprese e ai lavoratori europei.

4.11

Occorre valutare l'impatto delle proposte legislative sulle PMI, nell'ottica dello Small Business Act  (3). Il CESE appoggia quindi fermamente l'idea della Commissione di non prevedere nessuna deroga normativa per le PMI. La prevenzione dei danni alla salute e alla sicurezza dei consumatori e degli utenti professionali, la salvaguardia delle risorse naturali, la compatibilità con i sistemi tecnici esistenti sono obiettivi di interesse pubblico, indipendenti dalle dimensioni dell'impresa che ha sviluppato o fabbricato il prodotto. Inoltre, interi settori, in particolare quelli che trattano beni di consumo come l'abbigliamento e gli accessori per la casa, sono frammentati e costituiti da un elevato numero di PMI. Non è accettabile allentare i requisiti normativi nei confronti delle PMI poiché ciò equivarrebbe, di fatto, a esentare settori che hanno un forte impatto cumulativo sul consumo, e quindi sui rischi. Inoltre, in questo modo si verrebbe a creare un mercato a due velocità, all'interno del quale i prodotti offerti dalle PMI verrebbero (a ragione) considerati di qualità inferiore in quanto soggetti a meno norme o a norme meno severe. Ciò aggraverebbe lo svantaggio competitivo delle PMI rispetto ai gruppi di grandi dimensioni che, per giunta, godono di bilanci pubblicitari più consistenti.

4.12

Il CESE non condivide affatto l'opinione espressa dalla Commissione secondo la quale le modifiche legislative sarebbero talmente frequenti che le imprese ne risulterebbero «sovraccaricate». La frequenza del cambiamento delle norme dipende dall'intensità dell'innovazione nel settore e contribuisce alla competitività non di prezzo dell'industria europea. Essa non deve essere rallentata. Il CESE riconosce tuttavia che le PMI dovrebbero essere informate meglio di tali modifiche, utilizzando, se necessario, la banca dati di cui al punto 4.7 del presente parere. Per tale ragione, la risposta apportata dalla Commissione procedendo alla modifica della norma attraverso un regolamento piuttosto che attraverso una direttiva è una risposta adeguata e sufficiente alle preoccupazioni espresse.

4.13

Per il CESE, è assolutamente indispensabile che nella conclusione degli accordi di libero scambio venga preservata l'esperienza storica acquisita dagli Stati membri dell'Unione europea. Si tratta di un lungo percorso, iniziato nel 1993 e non ancora ultimato, verso la costituzione di un vero e proprio mercato unico dei prodotti industriali, che prenda pienamente in conto il carattere politico, e quindi democratico, aperto e trasparente, della regolamentazione delle norme tecniche che lo caratterizzano. Il CESE esorta quindi la Commissione a stabilire, nei negoziati in corso, un quadro istituzionale che abbia le stesse caratteristiche di democrazia, di apertura e di trasparenza nelle cinque fasi del processo di normazione di cui al punto 3.6 del presente parere e, successivamente, nel controllo di conformità. Non si deve permettere che le norme relative ai prodotti, le regolamentazioni e le decisioni a tutela degli interessi pubblici così come le sanzioni per la loro inosservanza siano attaccate come ostacoli non tariffari quado sono conformi alla legislazione dell'Unione e agli accordi dell'OMC.

4.14

Quando le catene di creazione del valore hanno una dimensione internazionale e superano il campo d'applicazione delle norme di un'unica giurisdizione, il conseguimento di obiettivi di interesse pubblico tramite norme tecniche presenta difficoltà specifiche ancora irrisolte. Il CESE suggerisce che gli sforzi in quest'ambito si concentrino sull'acquisizione e la certificazione di dati obiettivi e affidabili sul prodotto e sul processo di produzione sia dal punto di vista fisico che sociale. Questi dati, trasmessi successivamente lungo la catena di creazione del valore, potrebbero così essere confrontati ai «requisiti essenziali» di ciascuna giurisdizione, nel pieno rispetto della sua sovranità.

4.15

Permangono ancora taluni ostacoli alla libera circolazione e alla libera concorrenza, come ad esempio nel caso dei brevetti relativi a standard tecnici, o l'efficacia dei controlli dell'attuazione delle norme e della legislazione.

4.16

Quando viene conferito un brevetto ad un'invenzione che diventa così uno standard tecnico, è indispensabile che i concorrenti possano accedere alle licenze obbligatorie a un prezzo ragionevole. La legislazione sulla proprietà intellettuale deve garantire una vera protezione dell'innovazione, evitando tuttavia che i brevetti o il diritto d'autore possano essere utilizzati come ostacoli alla concorrenza industriale e all'innovazione. Secondo il Comitato, il ruolo della legislazione è dunque quello di promuovere la libera circolazione nel mercato unico, circolazione a cui contribuirà in modo determinante il brevetto unitario europeo, che al CESE sta particolarmente a cuore. Il CESE osserva invece che in alcuni paesi terzi, tra cui gli Stati Uniti d'America, non sempre un brevetto viene rilasciato previa una ricerca di anteriorità sufficiente, il che induce a metterne in discussione il carattere innovativo, mentre il fatto che siano accettati brevetti «banali» porta a metterne in dubbio il carattere inventivo. Inoltre, i brevetti che si fondano su concetti astratti di apparenza e sensazione (look and feel), indipendentemente dalla modalità tecnica con cui viene ottenuta questa apparenza, sono contrari al principio stesso del brevetto d'invenzione, che riguarda esclusivamente il mezzo con cui si è giunti a un determinato risultato. Questa situazione dà origine ad abusi del contenzioso in cui le imprese europee si trovano in una posizione di svantaggio.

4.17

Un altro problema riguarda le sanzioni, che non sempre sono appropriate, proporzionate e dissuasive rispetto alle violazioni delle norme tecniche nazionali o europee.

Le sanzioni, amministrative o penali, così come il controllo dei mercati, rientrano nelle competenze degli Stati membri; la loro diversità rischia di provocare fenomeni di forum shopping al momento dell'introduzione di nuovi prodotti sul mercato europeo. È dunque fondamentale che la cosiddetta «guida blu», il sistema RAPEX, la procedura SOLVIT o altri provvedimenti promuovano una maggiore uniformità delle sanzioni, e controlli del mercato e della distribuzione di prodotti e servizi che abbiano livelli e caratteristiche tecniche comparabili al fine di rafforzarne la coerenza a livello europeo. La Commissione, che avvia l'iter legislativo e verifica l'applicazione delle norme esercitando una supervisione sull'azione degli Stati membri, può far ricorso al giudice dell'Unione in caso di violazione. Spetta al giudice europeo, in ultima istanza, garantire una certa coerenza europea alla legislazione degli Stati membri e al loro controllo su mercati, prodotti e servizi.

4.18

Il CESE auspica dunque il rafforzamento della vigilanza del mercato.

4.18.1

Per lottare contro l'uso indebito della marcatura CE da parte di eventuali produttori disinformati o poco scrupolosi, bisognerebbe in particolare migliorare i controlli doganali legati all'entrata e all'immissione in commercio dei prodotti e vigilare sul rispetto degli obblighi di conformità dei prodotti a carico dei mandatari, degli importatori e dei distributori interessati, conformemente alla legislazione comunitaria in vigore. L'indicazione sul marchio CE di un numero di riferimento del responsabile legale, che dia accesso online alla sua identità giuridica e alla scheda di conformità, può essere utile per tale controllo di conformità, al quale potrebbero contribuire anche i consumatori segnalando gli abusi come proposto al punto 4.8 del presente parere.

4.18.2

In un contesto di austerità di bilancio, il CESE desidera attirare l'attenzione sulla necessità di dotare le autorità che si occupano della vigilanza del mercato di mezzi adeguati per esercitare i loro compiti e di focalizzare la loro azione sui luoghi in cui si concentrano i tentavi di frode (porti, punti vendita discount o distribuzione ambulante) rafforzando la cooperazione amministrativa, in particolare per quanto riguarda la lotta alla contraffazione. Il sistema di segnalazione di cui al punto 4.8 potrebbe migliorare l'efficienza delle autorità, senza gravare troppo sulle finanze pubbliche.

4.18.3

Il CESE giudica preoccupante che alcuni attori economici industriali abbiano un peso talmente rilevante sull'attività economica o sull'occupazione di uno Stato membro che una minaccia di delocalizzazione da parte loro rischi di costringere l'amministrazione nazionale a rinunciare a ogni tipo di sanzione, mettendo così in pericolo i consumatori ed esercitando una concorrenza sleale nei confronti delle imprese e dei lavoratori di tutta l'Unione.

4.19

Secondo il Comitato, imponendo l'obbligo di fornire relazioni regolari e conducendo indagini sul campo, è possibile seguire molto da vicino le evoluzioni dei prodotti; le organizzazioni dei consumatori e le organizzazioni dei lavoratori sono perfettamente in grado di segnalare le non conformità, in particolare per quanto riguarda la salute e la sicurezza, e dovrebbero essere coinvolte in tutti i livelli di definizione e di applicazione delle norme.

Bruxelles, 4 giugno 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 376 del 22.12.2011, pag. 51.

(2)  Tale risultato è stato dimostrato da George A. Akerlof, premio Nobel per l'economia, in un articolo del 1970 sulle auto usate [«The Market for 'Lemons': Quality Uncertainty and the Market Mechanism» (Il mercato del «macinino»: incertezza della qualità e meccanismo di mercato) Quarterly Journal of Economics, MIT Press, 84 (3): 488–500. doi:10.2307/1879431].

(3)  GU C 376 del 22.12.2011, pag. 51.


26.11.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 424/27


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a una rete europea di servizi per l'impiego, all'accesso dei lavoratori ai servizi di mobilità e a una maggiore integrazione dei mercati del lavoro»

COM(2014) 6 final – 2014/0002 (COD)

2014/C 424/04

Relatrice:

DRBALOVÁ

Correlatore:

PARIZA CASTAÑOS

Il Parlamento europeo, in data 3 febbraio 2014, e il Consiglio, in data 6 febbraio 2014, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad una rete europea di servizi per l'impiego, all'accesso dei lavoratori ai servizi di mobilità e ad una maggiore integrazione dei mercati del lavoro

COM(2014) 6 final — 2014/0002 (COD).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 maggio 2014.

Alla sua 499a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 giugno 2014 (seduta del 4 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 116 voti favorevoli, nessun voto contrario e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia la proposta della Commissione di sostituire il regolamento n. 492/2011 e la decisione di esecuzione 2012/733/UE con un unico strumento che aumenti la trasparenza, consenta l'attivazione della messa in contatto automatizzata, definisca i servizi di sostegno, introduca un sistema di scambio di informazioni relative alle carenze e alle eccedenze di manodopera e funzioni nel rispetto dei principi di non discriminazione e parità di trattamento.

1.2

Il CESE raccomanda che la Commissione definisca il concetto di mobilità equa nell'articolo 2 «Definizioni» alla luce dei nuovi modelli e della più diffusa necessità di una mobilità equa: tale definizione deve essere equilibrata. Come punto di partenza la Commissione potrebbe utilizzare la formulazione già contenuta nella sezione 2 del regolamento n. 492/2011, e al tempo stesso chiarire la propria intenzione di dare pieno sostegno a coloro che intendono esercitare il diritto di lavorare in altri Stati membri sulla base di una scelta informata.

1.3

Il CESE comprende l'intenzione della Commissione di fornire un'offerta quasi completa di posti di lavoro sul portale EURES estendendo il principio della trasparenza agli organismi diversi dai servizi pubblici per l'impiego (SPI) attraverso la partecipazione volontaria dei partner di EURES alla rete sulla base di criteri minimi comuni. Tuttavia intravvede possibili rischi, se non viene garantito che i fornitori privati di questi servizi debbano soddisfare gli stessi requisiti di qualità imposti ai servizi pubblici per l'impiego. In ogni caso gli Stati membri — se lo ritengono necessario — hanno la facoltà di introdurre criteri aggiuntivi a quelli stabiliti nell'allegato, criteri che però non devono essere per nessuna ragione discriminatori. In nessun caso i fornitori privati partecipanti possono offrire i loro servizi a pagamento.

1.4

Il CESE incoraggia gli Stati membri a mettere a disposizione in modo sistematico le informazioni di base riguardanti la rete EURES e i suoi specifici servizi di sostegno, in particolare per i lavoratori frontalieri e per i giovani, nonché a divulgare e promuovere i servizi EURES in modo più efficace.

1.5

Il CESE si compiace dell'enfasi posta sullo sviluppo e sul sostegno alla cooperazione transfrontaliera, e approva la proposta di ricorrere a uno sportello unico per comunicare con i lavoratori frontalieri e i datori di lavoro delle regioni di frontiera. Raccomanda di rafforzare il ruolo dei partenariati EURES-T.

1.6

Il CESE invita a dare prova di coerenza e a sfruttare le sinergie con le politiche UE per promuovere la mobilità, specialmente per quanto concerne la creazione di una rete di servizi pubblici per l'impiego (SPI) e l'adozione di misure volte a favorire la libera circolazione dei lavoratori, come pure dei cittadini e delle loro famiglie, all'interno dell'UE. Riguardo all'attuazione della Garanzia per i giovani, il Comitato è favorevole ad estendere il raggio di azione della rete EURES alle categorie di cittadini alla ricerca di apprendistati, tirocini sul lavoro, o di qualsiasi altra opportunità che preveda un contratto di lavoro, a condizione che ciò sia in linea con gli articoli 45 e 46 del TFUE, per consentire ai lavoratori interessati di soggiornare in uno Stato membro per fini di occupazione conformemente alle disposizioni che disciplinano l'occupazione dei cittadini di quello Stato stabilite per legge, regolamento o azione amministrativa.

1.7

Il CESE ribadisce altresì che, nella prospettiva di un'estensione del mandato di EURES e delle nuove funzioni dei servizi di sostegno, gli uffici nazionali di coordinamento dovrebbero disporre di personale sufficiente nonché delle altre risorse necessarie per svolgere il loro compito, compresi validi programmi di formazione del personale.

1.8

Il CESE invita gli Stati membri ad avvalersi dell'assistenza tecnica della Commissione e a rispettare le scadenze per redigere un primo inventario dei loro sistemi di classificazione nazionali. Ciò consentirà di mettere a confronto tutti i dati con la classificazione europea di abilità/competenze, qualifiche e professioni (ESCO).

1.9

Il CESE si rallegra del fatto che il nuovo sistema di finanziamento non dovrebbe mettere a rischio il ruolo dei partenariati transfrontalieri EURES, e ritiene che questi ultimi dovrebbero continuare ad essere sostenuti tramite attività orizzontali a livello di Unione, con la possibilità di integrazione tramite risorse nazionali o l'FSE.

1.10

Per quanto riguarda la raccolta di dati e indicatori, il CESE sottolinea che occorre dare prova di sensibilità nel definire, all'interno del regolamento, i diritti e i doveri degli Stati membri in relazione al trasferimento delle informazioni e delle statistiche riguardanti, ad esempio, i lavoratori mobili, per i quali non sono disponibili sistemi di monitoraggio di taluni indicatori. Il Comitato propone che gli indicatori quantitativi siano integrati da indicatori qualitativi.

1.11

Richiama l'attenzione sul ruolo cruciale svolto dalle parti sociali a tutti i livelli come principali soggetti interessati nel mercato del lavoro. Esorta a farne dei partner a pieno titolo, affidando loro anche ruoli di consulenza e sostegno a imprese e lavoratori nonché di informazione su questioni riguardanti le imprese e le condizioni di lavoro. Gli Stati membri dovrebbero mettere in atto dei sistemi che consentano alle parti sociali di partecipare effettivamente agli uffici di coordinamento nazionali, tenendo conto delle prassi e dei sistemi giuridici propri a ciascun paese.

1.12

Il CESE invita la Commissione a presentare un pacchetto legislativo adeguato per migliorare il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, come pure il riconoscimento e il trasferimento dei diritti acquisiti dai lavoratori.

1.13

Per quanto riguarda la protezione dei dati, il CESE raccomanda che la Commissione tenga conto delle raccomandazioni contenute nel parere formulato dal Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) il 3 aprile 2014.

2.   Introduzione

2.1

L'economia dell'UE sta attraversando una fase di ritorno alla crescita, con livelli di disoccupazione relativamente stabili dalla metà del 2013 (1). Tuttavia, la disoccupazione a lungo termine è ancora in aumento per via del protrarsi della crisi. La disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli allarmanti, e sta aumentando anche la povertà nella popolazione attiva (2).

2.2

La situazione richiede di mettere in campo con urgenza tutte le misure e gli strumenti atti a rafforzare l'apertura e il dinamismo dei mercati del lavoro europei, a garantire una migliore corrispondenza tra l'offerta e la domanda e ad aumentare la mobilità dei lavoratori nell'UE. Una maggiore mobilità all'interno dell'UE offrirà maggiori opportunità occupazionali ai lavoratori e aiuterà i datori di lavoro a coprire i posti disponibili in modo più rapido ed efficiente (3).

2.3

Nell'agenda per nuove competenze e per l'occupazione (4), la Commissione si era impegnata a riformare la rete EURES per svilupparne la capacità di adeguamento delle competenze e di collocamento a servizio della strategia europea per l'occupazione (compresa l'iniziativa «Il tuo primo posto di lavoro EURES»).

2.4

L'impegno ad aggiornare EURES figurava anche nella relazione sulla cittadinanza UE (5) e si collega con altre iniziative della Commissione volte a sostenere la libera circolazione dei lavoratori nell'UE (6), la creazione di una rete europea di servizi pubblici per l'impiego (SPI) (7), l'attuazione di un pacchetto di misure per l'occupazione (8) e tutti gli strumenti intesi a favorire l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro (9).

2.5

Per il CESE, la libera circolazione dei lavoratori basata sulla non discriminazione e sulla parità di trattamento (10) e la rimozione dei rimanenti ostacoli alla mobilità (11) restano una delle priorità dell'UE. In diverse raccomandazioni ha esortato a garantire che EURES (12) diventi uno strumento vero e proprio, in grado di fare incontrare l'offerta e la domanda sul mercato del lavoro europeo.

3.   Sintesi della proposta

3.1

La rete EURES è già stata modificata a seguito di una decisione (13) adottata su propria iniziativa dalla Commissione nel 2012. Tuttavia, dal 1992 ad oggi è rimasto praticamente invariato il capo II del regolamento n. 492/2011, che costituisce il quadro normativo europeo per la messa in contatto e la compensazione delle offerte e delle domande di lavoro e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri sulla mobilità lavorativa nell'UE. La Carta EURES sarà riveduta (14) a seguito dell'adozione del nuovo regolamento proposto.

3.2

Le nuove forme di mobilità, l'evoluzione tecnologica nello scambio di dati sulle offerte di lavoro, insieme con la diversità dei canali utilizzati dai richiedenti lavoro e dai datori di lavoro, il ruolo crescente svolto da intermediari del mercato del lavoro, ma anche il numero crescente di lavoratori determinati a cercare lavoro all'estero: tutto questo richiede una riforma urgente e globale del funzionamento di EURES.

3.3

L'opzione migliore individuata per realizzare rapidamente gli obiettivi e rimediare alle carenze riscontrate è l'introduzione di un nuovo regolamento e la creazione di uno strumento separato. L'obiettivo è che EURES diventi un vero e proprio strumento di collocamento e assunzione dei lavoratori, basato sulla parità di trattamento e la non discriminazione. La rete EURES sarà estesa progressivamente anche agli apprendistati e ai tirocini (progetto pilota «Il tuo primo posto di lavoro EURES»).

3.4

Prima di adottare la decisione del 2012, e sulla base di una valutazione di EURES condotta nel 2010 (15), la Commissione ha lanciato una consultazione sulle attuali carenze della rete e sulle sue prospettive future. Il comitato consultivo per la libera circolazione dei lavoratori, che doveva svolgere un ruolo più attivo nel processo, è stato consultato in merito alla proposta.

3.5

La valutazione ha evidenziato tutta una serie di carenze di base nella rete EURES. Le più significative erano le seguenti: 1) disponibilità incompleta di offerte di lavoro e di CV accessibili a livello dell'Unione per tutti gli Stati membri; 2) capacità limitata del portale EURES di mettere in contatto le offerte di lavoro e i CV; 3) accesso ineguale ai servizi di EURES nell'UE; 4) disponibilità limitata a prestare assistenza nelle attività di messa in contatto delle domande e delle offerte, di assunzione e di collocamento ai richiedenti lavoro e ai datori di lavoro; 5) scambio inefficiente di informazioni tra gli Stati membri relative alle carenze e alle eccedenze di manodopera.

3.6

EURES non può più funzionare nella sua forma attuale. Tutti gli Stati membri hanno manifestato il loro sostegno all'idea di riorientare EURES e di introdurre un ciclo di programmazione e indicatori comuni sulle attività della rete al fine di migliorare la trasparenza riguardo alle prestazioni, incrementare lo scambio di informazioni e rafforzare il coordinamento delle misure.

3.7

Informazioni generali sulla rete EURES andrebbero fornite, in tutta l'UE, ai richiedenti lavoro e ai datori di lavoro che ricorrono ai servizi al cliente per quanto concerne il collocamento. A questi soggetti si dovrebbe offrire la possibilità di accedere alla rete, la cui attività andrebbe sostenuta tramite lo scambio di informazioni in materia di carenze e di eccedenze di manodopera a livello nazionale.

3.8

Scopo della proposta è giungere a una situazione in cui venga inserita nel portale EURES la quasi totalità delle offerte di lavoro e in cui i richiedenti lavoro di tutta Europa possano avere accesso immediato alle stesse offerte. Al tempo stesso, si garantirà anche un'ampia disponibilità di CV, ai quali i datori di lavoro iscritti potranno attingere per assumere personale.

3.9

Sarà importante garantire che il portale EURES possa mettere efficacemente in contatto per via elettronica le offerte di lavoro e i CV di tutti gli Stati membri, facendo in modo che abilità, qualifiche e professioni acquisite a livello nazionale e settoriale siano tradotte in tutte le lingue dell'UE e siano comprensibili a tutti.

3.10

Tutte le attività che la Commissione intraprende per la rete EURES e che comportino la necessità di risorse umane e/o finanziarie rientrano nel campo di applicazione del regolamento che istituisce il programma per l'occupazione e l'innovazione sociale («EaSI») (16) (2014-2020).

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Definizioni

4.1.1

Alla luce dei nuovi modelli di mobilità e della più diffusa esigenza di una mobilità equa, la Commissione dovrebbe definire quest'ultimo concetto in modo adeguato. La Commissione potrebbe utilizzare come punto di partenza la formulazione già contenuta nella sezione 2 del regolamento n. 492/2011, e al tempo stesso chiarire che il concetto di mobilità equa deve includere anche il diritto ad accedere e beneficiare della totalità delle offerte di lavoro nell'UE.

4.1.2

Il concetto di mobilità dovrebbe sempre tenere conto anche del punto di vista e della situazione specifica di ciascun paese, per garantire che il talento possa circolare effettivamente. In linea con l'articolo 26 della proposta, gli Stati membri elaborano politiche di mobilità come componenti essenziali delle loro politiche a favore dell'occupazione.

4.2   Trasparenza

4.2.1

Il CESE comprende l'intenzione della Commissione di estendereil principio di trasparenza ad altre entità, ma intravvede possibili rischi se i servizi pubblici per l'impiego, le agenzie private di collocamento e le altre organizzazioni che forniscono servizi di questo tipo non sono tenute a rispettare gli stessi criteri di qualità (in base agli standard stabiliti per i servizi pubblici per l'impiego). Il sistema deve essere trasparente e conforme ai principi della parità di trattamento degli organismi candidati.

4.2.2

Al tempo stesso, la proposta prevede che i servizi pubblici per l'impiego e gli altri partner di EURES assicurino, dal canto loro, un migliore accesso al portale EURES attraverso i portali di ricerca di lavoro da essi gestiti. In alcuni paesi è molto difficile contattare un consulente EURES, e tanti richiedenti lavoro, specialmente giovani, si trovano anche di fronte a una serie di ostacoli burocratici e finanziari.

4.2.3

Inoltre, recenti esperienze dimostrano che in molti paesi vi è scarsa conoscenza della rete EURES e dei servizi che offre, in particolare tra i giovani. Solo un terzo dei datori di lavoro aveva sentito parlare di EURES prima di entrare in contatto con la rete. Gli Stati membri devono divulgare e promuovere i servizi EURES in modo più efficace per garantire che la decisione di accettare un lavoro in un altro Stato membro venga presa sulla base di informazioni adeguate e complete.

4.2.4

Il Comitato è favorevole ad estendere il raggio di azione della rete EURES alle categorie di cittadini, in particolare i giovani, alla ricerca di apprendistati, tirocini o di qualsiasi altra opportunità che preveda un contratto di lavoro in linea con gli articoli 45 e 46 del TFUE, per consentire al lavoratore interessato di soggiornare in uno Stato membro per fini di occupazione conformemente alle disposizioni che disciplinano l'occupazione dei cittadini di quello Stato stabilite per legge, regolamento o azione amministrativa.

4.2.5

Il CESE si compiace anche dell'enfasi posta sul sostegno alla cooperazione transfrontaliera e del ricorso a uno sportello unico per comunicare con i lavoratori frontalieri e i datori di lavoro delle regioni di frontiera. Raccomanda di ricorrere ai punti di contatto per le imprese già istituiti.

4.2.6

I partenariati EURES-T, che riuniscono servizi pubblici per l'impiego, sindacati, organizzazioni datoriali regionali e, in alcuni casi, enti locali e regionali, dovrebbero essere rafforzati e il loro ruolo andrebbe chiaramente specificato.

4.2.7

Il CESE raccomanda di chiarire la relazione tra la rete EURES e SOLVIT, il portale UE di informazioni e consulenze sul mercato unico. Ciò riguarda in particolare le disposizioni (articolo 7, paragrafo 4) sul sostegno da parte dell'ufficio di coordinamento nazionale nel caso di reclami in relazione ad offerte di lavoro e ad assunzioni di personale nel quadro di EURES, nonché della cooperazione con le autorità pubbliche, quali ad esempio gli ispettorati del lavoro.

4.3   Messa in contatto automatizzata attraverso la piattaforma informatica comune

4.3.1

Sebbene il meccanismo per bilanciare l'offerta e la domanda sia già definito all'articolo 13 del regolamento n. 492/2011 (17), nessuno scambio elettronico automatizzato di CV e altre informazioni sui richiedenti lavoro è attualmente in corso.

4.3.2

Il CESE riconosce che l'interoperabilità non richiede l'armonizzazione dei sistemi nazionali di classificazione in questa fase. Tuttavia, sostiene lo sforzo della Commissione di indurre gli Stati membri a redigere un primo inventario dei loro sistemi di classificazione. Ciò consentirà di mettere a confronto tutti i dati con la classificazione europea delle abilità, delle competenze, delle qualifiche e delle professioni (ESCO), il che servirà da strumento per lo scambio automatizzato e la piena interoperabilità tra i portali nazionali.

4.4   Servizi di sostegno

4.4.1

La rete EURES deve offrire un pacchetto globale di servizi ai suoi clienti (richiedenti lavoro e datori di lavoro): sensibilizzazione, trasmissione di informazioni, introduzione di meccanismi volti a facilitare l'iscrizione, rintracciabilità dei CV e delle offerte di lavoro, messa in contatto automatizzata, collocamento, assistenza nell'assunzione, nonché fornire ai richiedenti i recapiti degli organismi interessati, specialmente i sindacati, cui possono rivolgersi una volta assunti.

4.4.2

I servizi per i lavoratori e i datori di lavoro dovrebbero essere gratuiti.

4.4.3

Il CESE si rallegra del fatto che gli Stati membri dovranno essere più sistematici nel condividere le informazioni nazionali sulle carenze ed eccedenze di manodopera e sulle politiche adottate al riguardo. Tuttavia, le decisioni in merito a tali politiche non rientrano nel regolamento in esame.

4.4.4

Il CESE ritiene importante che vi sia una distinzione chiara dei poteri e degli obblighi tra l'ufficio europeo di coordinamento, il cui compito è creare un quadro coerente e fornire un sostegno trasversale, e gli uffici nazionali di coordinamento, i servizi pubblici per l'impiego e i partner di EURES.

4.4.5

Con l'estensione delle competenze di EURES, gli uffici nazionali di coordinamento svolgeranno tutta una serie di nuove funzioni e, a tal fine, dovranno disporre di personale e finanziamenti sufficienti, nonché di programmi validi per la formazione del personale. La Commissione europea dovrebbe garantire che essi ricevano il massimo dell'assistenza tecnica e della consulenza possibile.

4.4.6

Sarebbe utile se gli uffici nazionali di coordinamento redigessero dei programmi di lavoro per le organizzazioni coinvolte nelle attività di EURES nel loro paese. Tali programmi definirebbero le attività previste, le risorse umane e finanziarie complessive destinate alla loro attuazione e i meccanismi di monitoraggio e valutazione delle azioni.

4.5   Protezione dei dati personali

4.5.1

Le misure previste dal regolamento devono essere attuate in linea con la legislazione dell'Unione sulla protezione dei dati personali (18). Il consenso dei lavoratori alla divulgazione delle informazioni sul portale EURES deve essere esplicito, inequivocabile, libero, specifico e informato.

4.5.2

Il risultato perseguito è quello di garantire a) l'effettivo rispetto delle norme relative alla tutela delle libertà e dei diritti fondamentali delle persone fisiche e b) la libera circolazione dei dati personali tra gli Stati membri e le istituzioni o gli organismi dell'UE, nonché fra le istituzioni e gli organismi UE stessi ai fini dell'esercizio delle rispettive competenze.

4.5.3

Il CESE osserva che si sono svolte delle consultazioni con il Garante europeo della protezione dei dati, per tenere conto del nuovo ruolo, più ampio, della rete EURES. Il CESE raccomanda che la Commissione tenga conto delle raccomandazioni e conclusioni contenute nel parere formulato dal GEPD il 3 aprile 2014 (19).

4.6   Modifiche nel finanziamento dell'FSE

4.6.1

Il CESE esprime soddisfazione per il fatto che il nuovo sistema di finanziamento non metterà a rischio l'importante ruolo dei partenariati transfrontalieri EURES, specie nelle regioni esposte, e ritiene che essi debbano continuare a essere sostenuti tramite attività orizzontali su scala UE, con la possibilità di integrazione tramite risorse nazionali o l'FSE.

4.6.2

Riguardo all'FSE, esso dovrebbe stabilire delle chiare priorità relative ad EURES e fornire il sostegno adeguato. Le richieste di sovvenzioni e le procedure di assegnazione devono continuare ad essere coerenti, trasparenti e semplici.

4.7   Il ruolo delle parti sociali

4.7.1

La Commissione europea fa riferimento a una nuova definizione del ruolo delle parti sociali (20), che dovrebbero essere pienamente coinvolte nel ciclo di programmazione e rendicontazione ed essere invitate alle riunioni.

4.7.2

Ciò nonostante, il CESE sottolinea il ruolo fondamentale delle parti sociali a tutti i livelli come principali attori del mercato del lavoro strettamente coinvolti nelle attività di EURES volte ad abbinare competenze e offerte di lavoro. Il loro ruolo non dovrebbe essere ridotto a quello di membri associati (21). Gli uffici nazionali di coordinamento, in particolare, dovrebbero rafforzare la cooperazione con le parti sociali e le organizzazioni professionali. Il Comitato propone che le parti sociali a livello europeo e nazionale partecipino in modo appropriato alle attività dell'ufficio europeo e degli uffici nazionali di coordinamento.

4.8   Monitoraggio e valutazione delle attività EURES per l'occupazione

4.8.1

Per garantire la disponibilità di dati sufficienti con i quali misurare i risultati della rete EURES, si dovrebbero introdurre indicatori comuni per guidare le organizzazioni partecipanti alla rete nell'identificazione dei loro risultati. Tali indicatori dovrebbero anche contribuire alla valutazione dei progressi compiuti rispetto agli obiettivi stabiliti per la rete EURES in generale. È importante anche utilizzare indicatori qualitativi come la qualità del lavoro, la parità di trattamento e i diritti in materia di sicurezza sociale. Occorre dare prova di sensibilità nel definire, all'interno del regolamento, i diritti e i doveri degli Stati membri in relazione al trasferimento delle informazioni e delle statistiche riguardanti, ad esempio, i lavoratori mobili, per i quali non sono disponibili sistemi di monitoraggio di taluni indicatori.

Bruxelles, 4 giugno 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2013) 801 final.

(2)  COM(2014) 12 final.

(3)  Sul totale dei lavoratori europei, pari a 241 milioni, solo circa 7,5 milioni (3,1 %) sono economicamente attivi in un altro Stato membro.

(4)  COM(2010) 682 final.

(5)  COM(2013) 269 fina.

(6)  COM(2013) 236 final.

(7)  COM(2013) 430 final.

(8)  COM(2012) 173 final.

(9)  COM(2012) 727 final.

(10)  GU C 341 del 21.11.2013, pag. 54-58.

(11)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 14.

(12)  GU C 67 del 6.3.2014, pag. 116-121, GU C 214, dell'8.7.2014, pagg. 36-39.

(13)  COM(2014) 6 final — 2014/0002 (COD).

(14)  SWD(2012) 100 Riformare EURES per realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020, documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la comunicazione Verso una ripresa fonte di occupazione, COM(2012) 173 final.

(15)  COM(2010) 731 final.

(16)  GU L 347 del 20.12.2013, pag. 238.

(17)  «Il servizio specializzato di ciascuno Stato membro trasmette regolarmente ai servizi specializzati degli altri Stati membri e all'Ufficio europeo di coordinamento [...]: a) le offerte di lavoro suscettibili di essere soddisfatte da cittadini di altri Stati membri; b) le offerte di lavoro trasmesse ai paesi terzi; c) le richieste di lavoro presentate da persone che hanno formalmente dichiarato di volere lavorare in un altro Stato membro; d) alcune informazioni, per regione e settore di attività, riguardanti i richiedenti lavoro che abbiano dichiarato di essere effettivamente disposti ad occupare un posto di lavoro in un altro paese.»

(18)  Regolamento (CE) n. 45/2001 (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).

La direttiva 95/46/CE fa obbligo agli Stati membri di «garantire la tutela delle libertà e dei diritti fondamentali delle persone fisiche e particolarmente del diritto alla vita privata con riguardo al trattamento dei dati personali, al fine di assicurare la libera circolazione dei dati personali nella Comunità.»

(19)  http://edps.europa.eu/EDPSWEB/webdav/site/mySite/shared/Documents/Consultation/Opinions/2014/14-04-03_Workers_mobility_EN.pdf

(20)  Cfr. il verbale della riunione del comitato consultivo per la libera circolazione dei lavoratori tenutasi il 12 aprile 2013.

(21)  Lettera congiunta di BusinessEurope, CEEP, ETUC/CES e UEAPME al commissario László ANDOR, 19 dicembre 2012.


26.11.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 424/34


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Esplorazione e produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume nell'UE

COM(2014) 23 final

2014/C 424/05

Relatore:

ZBOŘIL

Correlatore:

IONIŢĂ

La Commissione europea, in data 22 gennaio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Esplorazione e produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume nell'UE

COM(2014) 23 final.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 maggio 2014.

Alla sua 499a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 giugno (seduta del 4 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 163 voti favorevoli, 18 voti contrari e 10 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il settore dell'energia nell'UE sta subendo profonde trasformazioni; l'economia europea e i consumatori vulnerabili si trovano di fronte al rischio crescente di un approvvigionamento inaffidabile e di prezzi energetici elevati.

1.2

La fratturazione idraulica ad elevato volume (nota anche come fracking) desta timori circa gli effetti sulla salute e sull'ambiente; è necessario garantire la migliore informazione delle comunità interessate, in modo da agevolarne la protezione, nonché garantire un maggior coinvolgimento locale quando vengono assunte decisioni su singoli progetti, conformemente ai pertinenti obblighi giuridici.

1.3

Gli orientamenti della Commissione in materia di estrazione di idrocarburi non convenzionali consistono in una serie di principi che gli Stati membri devono attuare entro sei mesi e in un sistema di monitoraggio da porre in essere successivamente. La trasparenza riguardo alle attività di esplorazione ed estrazione è ritenuta indispensabile per ridurre al minimo i rischi e garantire l'accettazione di tali progetti da parte del pubblico.

1.4

Il CESE ritiene che i documenti della Commissione (comunicazione e raccomandazioni) siano fondati su una visione realistica della questione e che le ulteriori discussioni debbano basarsi su fatti e risultati concreti, senza tuttavia ignorare importanti fattori soggettivi, come la percezione del rischio da parte dei cittadini. Il CESE mantiene un punto di vista equilibrato rispetto al ruolo potenziale degli idrocarburi non convenzionali nel mix energetico dell'UE.

1.5

Il CESE apprezza il fatto che sia prevista una procedura accelerata e che le raccomandazioni facilitino l'avvio di procedimenti di approvazione trasparenti per le attività di esplorazione nei paesi che considerano l'utilizzo di idrocarburi non convenzionali indispensabile per il loro fabbisogno energetico.

1.6

Il CESE ritiene che questo quadro, se attuato correttamente, possa essere adeguatamente utilizzato a livello di comunità locali, e che non vi sia alcun bisogno, almeno per ora, di adottare una direttiva specifica sul gas di scisto. L'acquis dell'UE offre strumenti sufficienti per individuare soluzioni che rimedino agli eventuali effetti transfrontalieri della fratturazione idraulica. Se in futuro il volume di tali attività dovesse crescere notevolmente, la questione dovrebbe essere riconsiderata.

1.7

Il CESE desidera sottolineare che queste risorse di idrocarburi non convenzionali possono, se sviluppate in un adeguato quadro istituzionale, rappresentare un fattore di crescita in Europa. Per evitare squilibri nei sistemi di erogazione dell'elettricità, c'è bisogno di una produzione di energia relativamente pulita, affidabile e flessibile. Inoltre, le frequenti crisi politiche nei paesi del vicinato orientale dell'UE mostrano quanto sia importante poter contare su tale diversificazione tempestiva delle fonti di approvvigionamento.

1.8

Il CESE raccomanda che nei futuri documenti della Commissione venga approfondita una serie di altri aspetti relativi alla tecnologia di fratturazione. Il consumo di acqua non è così elevato come si suppone talvolta, anche se intervenire in zone soggette a stress idrico richiede particolare attenzione: le sostanze chimiche utilizzate sono soggette a regolamentazione (nel quadro di REACH), non possono essere utilizzate sostanze pericolose e le fughe di gas devono essere gestite in maniera adeguata al pari della combustione dei gas di scarico (detta flaring). Inoltre trova applicazione il principio «chi inquina paga».

1.9

Il CESE giudica indispensabile, per garantire l'equità sociale e ottenere il consenso dell'opinione pubblica nei confronti degli idrocarburi non convenzionali, che del gettito di canoni e accise beneficino anche, in maniera trasparente e prevedibile, i bilanci locali delle comunità interessate, affinché queste possano essere risarcite per le esternalità negative eventualmente subite.

2.   Introduzione

2.1

Il settore dell'energia nell'UE sta subendo profonde trasformazioni, indotte da una serie di fattori concomitanti: importanti innovazioni tecnologiche (che interessano sia le rinnovabili che i combustibili fossili), significativi mutamenti geopolitici e ambiziosi obiettivi politici che si traducono talvolta in azioni complesse, i cui effetti sono difficili da distinguere. Tuttavia, nonostante la moltiplicazione e diversificazione delle fonti energetiche, l'economia europea e i consumatori vulnerabili si trovano di fronte al rischio crescente di un approvvigionamento inaffidabile e di prezzi energetici elevati.

2.2

Una delle nuove tecniche emerse negli ultimi decenni è la fratturazione idraulica ad elevato volume (fracking), che negli Stati Uniti si è sviluppata rapidamente e ha recato innegabili benefici, aumentando le riserve di gas naturale disponibile per lo sfruttamento economico e riducendo sensibilmente i prezzi. Al tempo stesso, la fratturazione desta preoccupazioni per quanto riguarda i suoi effetti sulla salute e sull'ambiente, mentre i cittadini lamentano uno scarso livello di trasparenza e di consultazione in merito alle attività concernenti il gas di scisto. Occorre garantire una migliore informazione delle comunità interessate e un maggior coinvolgimento locale quando vengono assunte decisioni su singoli progetti, comprese le valutazioni d'impatto, come impongono i pertinenti obblighi giuridici.

2.3

Il CESE desidera rafforzare il messaggio della Commissione, ossia che le risorse di idrocarburi non convenzionali possono, se sviluppate in un adeguato quadro istituzionale, rappresentare un fattore di crescita in Europa. Gli insegnamenti tratti dall'utilizzo delle fonti rinnovabili dimostrano che nel futuro prossimo, per evitare squilibri nei sistemi di erogazione dell'elettricità, ci sarà ancora bisogno di garantire una produzione di energia relativamente pulita, affidabile e flessibile, basata sui combustibili fossili. Inoltre, le frequenti crisi politiche nei paesi del vicinato orientale dell'UE mostrano, ancora una volta, quanto sia importante garantire una diversificazione delle fonti di approvvigionamento.

3.   Documento della Commissione

3.1

Le economie e i cittadini europei devono poter disporre di un'energia sostenibile, accessibile e con un approvvigionamento sicuro e affidabile. La forte dipendenza dalle importazioni e la scarsa diversificazione delle risorse energetiche hanno contribuito, insieme a vari altri fattori, all'aumento dei prezzi nell'UE, in particolare rispetto ad alcuni dei suoi principali concorrenti.

3.2

I progressi tecnologici hanno permesso di accedere a fossili non convenzionali la cui estrazione in passato era troppo complessa sotto il profilo tecnico o troppo costosa. Negli Stati Uniti i gas non convenzionali rappresentano attualmente il 60 % della produzione interna di gas, e tra questi il gas di scisto fa registrare i tassi di crescita più elevati. Ciò determina una riduzione dei costi del carbone esportato dagli USA, in particolare nell'UE.

3.3

In alcune regioni dell'Unione le potenziali riserve di gas naturale proveniente da formazioni di scisto hanno suscitato notevoli aspettative: il gas di scisto è un potenziale sostituto dei combustibili fossili a maggiore intensità di carbonio, può ridurre la dipendenza dai fornitori di energia dei paesi terzi, può creare posti di lavoro aggiuntivi e rappresentare un motore per la crescita economica e una fonte di entrate pubbliche. Per questi motivi, alcuni Stati membri sono attivamente impegnati nell'esplorazione di giacimenti di gas di scisto.

3.4

Allo stesso tempo, i rischi associati alla tecnica della fratturazione idraulica ad elevato volume, comunemente denominata fracking, suscitano preoccupazioni circa gli effetti sulla salute e sull'ambiente. Una parte considerevole della popolazione ritiene, da parte sua, che, in relazione alle attività legate al gas di scisto, il livello di cautela, trasparenza e consultazione pubblica sia insufficiente. Alcuni Stati membri hanno deciso di vietare la fratturazione idraulica o di decretare una moratoria.

3.5

In risposta alle preoccupazioni dei cittadini, la Commissione ha deciso di mettere a punto un quadro per la sicurezza e la protezione dell'estrazione di idrocarburi non convenzionali nell'UE con i seguenti obiettivi:

garantire che le opportunità di diversificare gli approvvigionamenti energetici e migliorare la competitività in modo sicuro ed efficace possano essere adeguatamente colte dagli Stati membri che lo desiderano,

offrire chiarezza e prevedibilità agli operatori del mercato e ai cittadini, anche per quanto riguarda i progetti di esplorazione,

prendere pienamente in considerazione le emissioni di gas a effetto serra nonché la gestione dei rischi ambientali e climatici, compresi quelli per la salute, in linea con le aspettative del pubblico.

3.6

La comunicazione accompagna una raccomandazione complementare all'acquis dell'UE esistente, la quale contiene i principi minimi per l'esplorazione e la produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume. Il duplice obiettivo della raccomandazione è consentire lo sviluppo sicuro di tali risorse e creare condizioni di parità per questo settore in tutti gli Stati membri dell'UE che intendono sfruttare queste risorse.

3.7

Dalle informazioni attualmente disponibili, risulta che la produzione di gas naturale da formazioni di scisto offra le maggiori potenzialità in Europa rispetto ad altri combustibili non convenzionali: si stima che le risorse di gas di scisto tecnicamente recuperabili siano pari a circa 16  000 miliardi di metri cubi, una quantità molto superiore rispetto al tight gas (3  000 miliardi di metri cubi) o al gas naturale in carbone (2  000 miliardi di metri cubi). Con l'attuazione dei progetti di esplorazione, si acquisiranno ulteriori conoscenze sulle risorse economicamente recuperabili dalle formazioni di scisto e da altre fonti non convenzionali di gas e petrolio.

3.8

La nuova tecnica offrirebbe agli Stati membri fortemente dipendenti dalle importazioni la possibilità di diversificare le fonti energetiche e rafforzare la sicurezza dell'approvvigionamento. Anche un calo moderato o lo scampato aumento dei prezzi del gas — per esempio, grazie al mantenimento o al rafforzamento della posizione negoziale nei confronti dei fornitori di gas dei paesi terzi — sarebbero vantaggiosi per gli Stati membri. Le attività legate al gas di scisto possono inoltre comportare benefici economici diretti o indiretti, ad esempio attraverso investimenti regionali nelle infrastrutture, opportunità di lavoro dirette e indirette ed entrate pubbliche (grazie a imposte, tasse e canoni).

3.9

Gli esperti concordano sul fatto che l'estrazione del gas di scisto comporta generalmente un impatto ambientale superiore rispetto allo sfruttamento del gas convenzionale; richiede una tecnica di stimolazione dei pozzi più intensa; riguarda principalmente giacimenti terrestri e si effettua in aree più ampie. Inoltre, visto che la produttività dei pozzi di gas di scisto è inferiore a quella dei pozzi convenzionali, occorre perforare un numero più elevato di pozzi. Alcuni di questi rischi e impatti potrebbero avere implicazioni transfrontaliere, per esempio nel caso di un eventuale inquinamento idrico e atmosferico.

3.10

Questi rischi ambientali, che comportano anche rischi per la salute, hanno suscitato, in varia misura, la preoccupazione del pubblico, compresa una ferma opposizione ai progetti relativi ai gas di scisto. In particolare, l'asimmetria delle informazioni a disposizione degli operatori, delle autorità competenti o del pubblico viene vista come un problema, soprattutto per quanto riguarda la composizione dei fluidi di fratturazione e le condizioni geologiche in cui avviene la fratturazione idraulica.

3.11

La raccomandazione invita gli Stati membri, nell'applicare o adeguare la loro legislazione inerente agli idrocarburi che si prevede comportino il ricorso alla fratturazione idraulica ad elevato volume, a garantire che:

sia effettuata una valutazione strategica dell'impatto ambientale prima della concessione delle autorizzazioni per l'esplorazione e/o la produzione dei suddetti idrocarburi;

siano effettuate una caratterizzazione e una valutazione dei rischi associati al sito, per quanto riguarda sia l'area in superficie che il sottosuolo;

sia effettuata una valutazione delle condizioni iniziali (ad esempio dell'acqua, dell'aria, della sismicità), al fine di stabilire una situazione di riferimento per il successivo monitoraggio o in caso di incidente;

il pubblico sia informato della composizione del fluido utilizzato per la fratturazione idraulica in ogni pozzo, nonché della composizione delle acque reflue, dei dati di base e dei risultati del monitoraggio;

i pozzi siano adeguatamente isolati dalle formazioni geologiche circostanti, in particolare per evitare la contaminazione delle acque sotterranee;

il venting (rilascio di gas in atmosfera) avvenga unicamente in circostanze operative del tutto eccezionali, la combustione in torcia (combustione controllata di gas, detta anche flaring) sia ridotta al minimo e i gas siano catturati ai fini di un utilizzo successivo (in loco o mediante gasdotti).

3.12

È altresì raccomandato agli Stati membri di garantire che le imprese applichino, laddove possibile, le migliori tecniche disponibili (BAT) e le buone pratiche del settore per prevenire, gestire e ridurre gli impatti e i rischi associati ai progetti di ricerca e produzione. La Commissione sta inoltre riesaminando il documento di riferimento (BREF) già esistente sui rifiuti delle industrie estrattive ai sensi della direttiva relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, e il Comitato ritiene che sarà pubblicato in tempi brevi.

3.13

Per favorire il coinvolgimento dei cittadini, la Commissione istituirà una rete europea della scienza e della tecnologia sull'estrazione degli idrocarburi non convenzionali, cui parteciperanno professionisti dell'industria, della ricerca e del mondo accademico come anche attori della società civile. Il programma di lavoro 2014-2015 di Orizzonte 2020 prevede ulteriori ricerche sulla comprensione, la prevenzione e l'attenuazione degli impatti ambientali e dei rischi derivanti dall'esplorazione e dallo sfruttamento del gas di scisto.

3.14

Gli Stati membri dell'UE sono invitati a conformarsi ai principi enunciati nella raccomandazione entro 6 mesi, a decorrere dal 2015, e ad informare ogni anno la Commissione circa le misure che hanno adottato. La Commissione monitorerà l'applicazione della raccomandazione mediante un quadro comparativo della situazione negli Stati membri messo a disposizione del pubblico, ed entro 18 mesi esaminerà l'efficacia di questo approccio.

4.   Osservazioni del Comitato

4.1

Il CESE esprime apprezzamento per l'approccio equilibrato con cui la Commissione europea ha affrontato il tema degli idrocarburi non convenzionali. La discussione dev'essere aperta e basata su fatti e risultati concreti. Tuttavia occorre tenere conto anche di fattori soggettivi, come la percezione del rischio da parte dei cittadini. La comunicazione è completa, densa di contenuti e ben strutturata; pone l'accento sugli aspetti più importanti che devono essere affrontati in termini di tutela della salute e dell'ambiente e accettazione da parte dei cittadini in generale; essa presenta inoltre un punto di vista equilibrato rispetto al ruolo potenziale degli idrocarburi non convenzionali nel mix energetico dell'UE.

4.2

Poiché non tutti gli Stati dell'UE sono dotati di questa fonte di energia primaria, deve essere osservato il principio di sussidiarietà. L'acquis dell'UE offre strumenti sufficienti per individuare soluzioni che rimedino agli eventuali effetti transfrontalieri della fratturazione idraulica. Il CESE ritiene che la normativa europea esistente sia adeguata e prenda in considerazione la maggior parte degli aspetti inerenti alla fratturazione. Pertanto, al momento non vi è alcun bisogno di adottare una direttiva specifica sul gas di scisto. L'applicazione rigorosa degli obblighi di legge esistenti è un metodo sicuro per sviluppare questa nuova tecnologia estrattiva.

4.3

Nell'UE vi è una relativa penuria di fonti di materie prime; tutte le risorse disponibili dovrebbero essere pertanto utilizzate nel modo più efficiente possibile, tenendo conto dei rischi per la salute e di quelli ambientali. D'altronde nessuna attività umana è completamente esente da rischi, e una gestione razionale dei rischi dev'essere parte integrante di qualunque attività umana, compresa l'esplorazione e l'estrazione degli idrocarburi non convenzionali.

4.4

Per garantire l'accettazione della nuova tecnologia da parte del pubblico. è essenziale garantire un elevato livello di trasparenza in ogni progetto di esplorazione o sfruttamento. La trasparenza va garantita fin dalle prime fasi di sviluppo di un progetto, poiché, per poter valutare realisticamente le riserve di risorse e i benefici economici derivanti dal loro sfruttamento, sono necessarie perforazioni esplorative nelle aree in cui è indicata la possibile presenza di gas di scisto. Già nella fase di esplorazione deve essere effettuata una valutazione d'impatto approfondita. La sicurezza e la sostenibilità dell'approvvigionamento sono pilastri fondamentali della politica energetica dell'UE. Tuttavia, poiché lo squilibrio creato nel sistema dalle fonti di energia eolica e solare non può essere ancora compensato senza compromettere altri obiettivi, come la decarbonizzazione o il rafforzamento dell'efficienza, il gas non convenzionale appare come una soluzione percorribile per facilitare la transizione energetica.

4.5

È inoltre necessario tenere conto di alcune considerazioni di natura geopolitica, soprattutto alla luce degli ultimi sviluppi in Ucraina, dopo la pubblicazione della comunicazione e della raccomandazione. Tali considerazioni riguardano la sicurezza dell'approvvigionamento energetico nell'eventualità di un perdurare delle tensioni nei paesi vicini dell'UE o di una guerra commerciale con la Russia, ma anche gli sviluppi in altre aree geopolitiche e il graduale declino dell'UE tra i principali blocchi commerciali.

4.6

Il CESE riconosce che negli ultimi anni la tecnologia di estrazione degli idrocarburi non convenzionali ha compiuto progressi. Le principali preoccupazioni relative agli effetti sulla salute e sull'ambiente sono state affrontate in maniera efficace e credibile, e sono stati ridotti i rischi nelle zone ambientali più importanti. Occorre tuttavia monitorare da vicino soprattutto i pericoli di contaminazione delle acque; particolare attenzione dev'essere rivolta alle zone soggette a stress idrico. Il CESE raccomanda che i documenti della Commissione siano riveduti non appena se ne presenti l'occasione, in modo da includere le raccomandazioni formulate qui di seguito.

4.7

Nell'ambito del processo di valutazione dei progetti di estrazione, dovrebbero essere illustrati in dettaglio i benefici per le comunità locali (infrastrutture, occupazione, imposte e canoni, ecc.). È estremamente importante, nonché buona prassi, che del gettito di canoni e accise beneficino anche i bilanci locali interessati, e che ciò avvenga in maniera trasparente e prevedibile, utilizzando preferibilmente formule che consentano un controllo pubblico, al fine di risarcire tali comunità per gli eventuali effetti negativi delle attività di estrazione e ridurre la loro opposizione ai suddetti progetti. Il CESE suggerisce di inserire questo punto nelle raccomandazioni della Commissione.

4.8

I vantaggi in materia di tutela ambientale dovrebbero essere illustrati in dettaglio: le emissioni dei processi di combustione, infatti, sarebbero pressoché dimezzate rispetto al carbone. Nel considerare questo aspetto si dovrebbe tener conto dell'impatto delle perdite di gas che si verificano tra pozzo e bruciatore, che in alcune aree del mondo sono piuttosto elevate ma raramente rese pubbliche. Ufficiosamente gli esperti ammettono che le fughe di gas nei giacimenti di gas gestiti in maniera non corretta arrivano al 12-13 %, mentre, nel caso di un corretto funzionamento, non superano il 3 %.

4.9

I rischi geologici e sismici devono essere valutati attentamente in determinati bacini, ma la comunicazione dovrebbe precisare che il processo di fratturazione avviene in pozzi molto più profondi rispetto all'estrazione convenzionale, ben al di sotto delle falde acquifere nel caso del gas di scisto. Occorre tuttavia continuare a sviluppare le conoscenze sui rischi a medio e a lungo termine derivanti dall'entità stessa delle operazioni che questa nuova tecnologia comporta.

4.10

La Commissione potrebbe anche voler indicare che il consumo idrico per pozzo è piuttosto basso e una buona parte di quest'acqua risale in superficie per essere riutilizzata o adeguatamente trattata. Le sostanze chimiche utilizzate sono soggette a regolamentazione (nel quadro di REACH) e le fughe di gas devono essere gestite in maniera adeguata, al pari della combustione di gas di scarico. Inoltre, l'utilizzo del suolo, in proporzione alla densità di energia di altri giacimenti di gas, è nettamente inferiore rispetto agli impianti fotovoltaici/eolici e di biomassa; attualmente il fenomeno è ampiamente sottostimato dai sostenitori di tutti i tipi di rinnovabili, sebbene esso svolga spesso un ruolo importante quando vengono assunte decisioni sulla praticabilità delle fonti di energia primaria.

Bruxelles, 4 giugno 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


26.11.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 424/39


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Quadro per le politiche dell’energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030

COM(2014) 15 final

2014/C 424/06

Relatrice:

SIRKEINEN

La Commissione europea, in data 8 maggio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni in merito al Quadro per le politiche dell'energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030

COM(2014) 15 final.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 maggio 2014.

Alla sua 499a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 giugno 2014 (seduta del 4 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 198 voti favorevoli, 23 voti contrari e 13 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE conclude che:

la comunicazione della Commissione si prefigge di rendere più prevedibili le politiche energetiche e climatiche;

la comunicazione tiene debitamente conto degli enormi cambiamenti e della massa di esperienze maturate successivamente all'adozione dell'attuale quadro politico valido fino al 2020;

a seguito di alcune recenti osservazioni dell'International Panel on Climate Change (IPCC), l'elaborazione delle politiche energetiche e climatiche dell'UE per il periodo successivo al 2020 risulta ancora più opportuna.

1.2

Il CESE sostiene:

la proposta di fissare l'obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra al 40 % entro il 2030, in quanto esso, pur essendo un obiettivo ambizioso, è in linea con l'obiettivo di tagliare le emissioni dell'80-95 % entro il 2050;

la proposta di un obiettivo comune per la quota di energie rinnovabili pari almeno al 27 %, mentre, contrariamente alla Commissione, ritiene indispensabile fissare degli obiettivi nazionali specifici;

l'intenzione della Commissione di presentare nuove proposte sull'efficienza energetica dopo aver effettuato la valutazione delle misure attuali più avanti nel corso dell'anno;

la proposta di un nuovo sistema di governance iterativo.

1.3

Il CESE raccomanda di:

adottare le misure più efficaci in termini di costi per la realizzazione degli obiettivi con lo scopo di ridurre le conseguenze negative e di proteggere i consumatori di energia più vulnerabili;

considerare degli obiettivi settoriali di efficienza energetica, ad esempio nel settore dell'edilizia, per sfruttare l'immenso potenziale di questo approccio estremamente promettente agli obiettivi di politica energetica in modo efficiente sotto il profilo dei costi;

mettere a punto metodi per l'elaborazione e anche per l'attuazione dei piani nazionali proposti con il coinvolgimento effettivo della società civile e rendere obbligatoria la consultazione dei paesi limitrofi prima di prendere a livello nazionale decisioni con ripercussioni di ampia portata;

compiere passi avanti decisivi verso la realizzazione di una Comunità europea dell'energia attraverso il coordinamento dei piani nazionali, in particolare per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici dell'UE;

adottare un intervento risoluto per ridurre la forte dipendenza dell'UE dall'energia proveniente da fonti energetiche inaffidabili, ad esempio fissando obiettivi nazionali vincolanti per lo sviluppo delle energie rinnovabili;

aiutare maggiormente gli Stati associati interessati dalla politica europea di vicinato a realizzare un'economia a basse emissioni di carbonio;

fornire maggiori informazioni sui piani volti ad intensificare gli interventi nei settori non compresi nel sistema di scambio di quote di emissioni (emissions trading system — ETS), in particolare nei settori dei trasporti, dell'agricoltura e dell'uso del suolo;

fornire maggiori informazioni sui risultati conseguiti nella creazione di posti di lavoro «verdi»;

prevedere misure sufficienti per evitare il rischio di delocalizzazione delle emissioni di carbonio nelle industrie ad alta intensità energetica;

intervenire in modo radicale a favore dell'innovazione e della ricerca in quanto portatrici di soluzioni reali alle sfide da affrontare, adottando anche misure per promuovere la produzione di attrezzature per l'economia a basse emissioni di carbonio, facendo inoltre in modo che l'industria ottenga risultati in questo campo grazie a una formazione di migliore qualità;

dare priorità allo sviluppo a livello internazionale di politiche climatiche e parallelamente prestare maggiore attenzione all'adattamento ai cambiamenti climatici. In questo contesto raccomanda inoltre di tutelare — nel quadro dei negoziati in sede di OMC, ma anche nell'ambito del Partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP) — gli interessi legittimi dei comparti industriali europei che, a causa di politiche dell'UE più rigorose in materia di energia e di clima, si ritrovano a subire la pressione della concorrenza a livello internazionale.

2.   Introduzione

2.1

Molte cose sono cambiate da quando il Consiglio europeo ha fissato, nel marzo del 2008, gli obiettivi 20-20-20 delle politiche climatiche e energetiche da raggiungere entro il 2020. In primo luogo, l'avvento della peggiore crisi economica dopo la guerra, con l'Europa che comincia appena a vedere segni di ripresa dalla crisi, segni del resto ancora deboli. In secondo luogo, altri attori principali non hanno seguito l'esempio dell'UE di fissazione di obiettivi e misure volti a limitare gli effetti dei cambiamenti climatici. Terzo, la rivoluzione del gas di scisto negli Stati Uniti ha trasformato lo scenario energetico, almeno nei settori che dipendono dal settore del gas e di conseguenza l'equilibrio concorrenziale. Quarto, i prezzi al dettaglio dell'energia sono aumentati rapidamente negli ultimi anni in grandi aree dell'UE, mettendo a rischio la competitività industriale e i consumatori vulnerabili. Quinto, i recenti sviluppi politici in Ucraina hanno anche dimostrato in maniera drammatica l'importanza di ridurre la dipendenza dell'UE dalle fonti energetiche fossili russe. Tuttavia, sesto, ci sono stati anche sviluppi tecnologici rivoluzionari nel settore delle energie rinnovabili, grazie ai quali una produzione energetica a basso tenore di carbonio diviene sempre più conveniente. In tale contesto il CESE suggerisce alla Commissione di dare maggiore diffusione all'analisi che essa stessa ha formulato, secondo cui «i costi della transizione verso un sistema a basse emissioni di carbonio non presentano differenze sostanziali rispetto ai costi che sarebbe necessario sostenere in ogni caso per rinnovare un sistema energetico obsolescente, far fronte all'aumento dei prezzi dei combustibili fossili e conformarsi alle politiche climatiche ed energetiche vigenti». Inoltre, «i costi del sistema energetico, corrispondenti al 12,8 % del PIL nel 2010, dovrebbero tuttavia aumentare nel periodo fino al 2030 a un livello corrispondente a circa il 14 % del PIL. Ci sarà d'altro canto una significativa riduzione della spesa per i carburanti, cui farà da contraltare l'aumento della spesa per le apparecchiature innovative con elevato valore aggiunto; questa evoluzione incentiverà gli investimenti in prodotti e servizi innovativi, promuoverà l'occupazione e la crescita e migliorerà la bilancia commerciale dell'Unione». Per di più, settimo, in alcuni Stati membri si sono sviluppate interessanti iniziative di produzione energetica decentrata sulla base di fonti rinnovabili e con la partecipazione diretta della società civile. Ciò evidenzia che un coinvolgimento attivo e diretto di cittadini, comuni e regioni nella produzione energetica apre la strada a nuove possibilità di creazione di valore a livello regionale, accrescendo così l'accettazione sociale nei confronti di una nuova politica del clima e dell'energia. Infine, ottavo, diviene sempre più evidente che il primato tecnologico nel settore delle energie rinnovabili porta con sé un grande potenziale per l'economia del futuro, e che è possibile collegare lo sviluppo regionale alla politica industriale.

2.2

Tuttavia sono stati compiuti notevoli passi avanti relativamente agli obiettivi fissati per il 2020. Nel 2012, le emissioni di gas a effetto serra erano diminuite del 18 % rispetto al 1990 e, a seguito delle misure adottate finora, è prevista un'ulteriore riduzione del 24 % entro il 2020 e del 32 % entro il 2030. Nel 2012, la quota del consumo di energie rinnovabili era del 13 % e attualmente la Commissione europea si aspetta che tale percentuale salga ulteriormente al 21 % e al 24 % nel 2020e nel 2030 rispettivamente. Tra il 1995 e il 2011, l'intensità energetica dell'economia dell'Unione è calata del 24 %, anche se sembra che l'obiettivo indicativo del 20 % che l'UE si è prefissa in termini d'incremento dell'efficienza energetica non verrà raggiunto. Tali dati si spiegano in parte con la prolungata recessione economica, la delocalizzazione delle emissioni di carbonio e una maggiore efficienza energetica.

2.3

Le sfide che ci attendono sono, tuttavia, particolarmente gravi e impongono un intervento urgente. Il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) ha di recente pubblicato alcuni estratti del suo quinto rapporto di valutazione dal quale risulta che le emissioni globali di gas a effetto serra hanno raggiunto livelli senza precedenti nonostante le politiche di mitigazione adottate. Secondo l'IPCC, solo degli importanti cambiamenti istituzionali e tecnologici accompagnati da considerevoli investimenti permetteranno di evitare che il riscaldamento globale superi il limite dei 2 oCelsius.

2.4

Nel 2008, il Consiglio europeo ha stabilito un nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dell'80-95 % entro il 2050, conformemente all'impegno preso a livello internazionale di bloccare il riscaldamento globale a + 2 oCelsius. La Commissione ha presentato le rispettive tabelle di marcia relative alle politiche climatiche ed energetiche fino al 2050.

2.5

Il CESE ha sostenuto attivamente e seguito con attenzione le decisioni riguardanti l'attuazione delle politiche energetiche e climatiche dell'UE, e ha pubblicato numerosi pareri, su consultazione o d'iniziativa, in materia, inclusi pareri sui negoziati internazionali sul clima (1), sulla Comunità europea dell'energia (2), sui costi dell'energia (3), sulla povertà energetica (4) e, ultimamente, sugli strumenti di mercato per un'economia a basse emissioni di carbonio (5).

2.6

Il presente parere si rifà a pareri precedenti e li completa rappresentando, analogamente ad altri pareri elaborati dal Comitato, un compromesso tra diverse posizioni contrastanti. Esso fa riferimento esclusivamente alla comunicazione intitolata «Quadro per le politiche dell'energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030» (6). Il CESE intende elaborare pareri distinti sulle altre parti del pacchetto (riforma dell'ETS (7), la comunicazione Costi e prezzi dell'energia in Europa  (8), le raccomandazioni sul gas di scisto (9) e la comunicazione sulla rinascita industriale (10)).

3.   Proposta quadro della Commissione

3.1

Sulla base delle tabelle di marcia per il 2050 per l'energia e il clima, del Libro verde che ha lanciato la consultazione pubblica e della valutazione d'impatto, la Commissione ha presentato un pacchetto di proposte nell'ambito della comunicazione in merito al nuovo quadro per il clima e l'energia all'orizzonte 2030 cui si fa riferimento al punto 2.8.

3.2

La Commissione propone di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 40 % rispetto al 1990. Le emissioni dei settori compresi nel sistema ETS dovrebbero diminuire del 43 % rispetto al 2005 e le emissioni dei settori che non rientrano nel sistema ETS dovrebbero ridursi del 30 %. Il fattore annuo di riduzione del massimale delle emissioni dovrà aumentare passando dall'attuale 1,74 % al 2,2 % dopo il 2020. L'obiettivo di riduzione per i settori non ETS deve essere ripartito tra gli Stati membri applicando soprattutto il metodo seguito attualmente.

3.3

La Commissione propone di portare la quota delle energie rinnovabili almeno al 27 % del consumo finale di energia nell'UE. Si tratta di un obiettivo vincolante a livello di UE, ma non si intende ripartirlo tra gli Stati membri, per cui non è chiaro chi potrebbe essere ritenuto responsabile in caso di mancato adempimento. La quota delle energie rinnovabili nel settore dell'energia elettrica dovrebbe aumentare passando dall'attuale 21 % al 45 % nel 2030.

3.4

In materia di efficienza energetica non viene presentata alcuna proposta. Entro la metà del 2014 verrà presentata una valutazione dell'attuazione della direttiva sull'efficienza energetica e su questa base verranno esaminate ulteriori proposte.

3.5

La Commissione propone una riforma del sistema di scambio di quote di emissioni  (11) istituendo una riserva stabilizzatrice del mercato, e ha presentato un progetto di regolamento in merito.

3.6

La Commissione si occupa anche della concorrenza sui mercati integrati e della promozione della sicurezza dell'approvvigionamento energetico, e ha presentato una comunicazione a parte sul tema dei prezzi dell'energia  (12).

3.7

La Commissione propone un nuovo sistema di governance basato su piani nazionali.

3.8

Inoltre, per una migliore valutazione dei progressi compiuti, suggerisce di mettere a punto una gamma più ampia di indicatori.

3.9

Nel documento si affrontano altresì le principali politiche complementari, come l'agricoltura e l'uso del suolo, la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS) nonché l'innovazione e i finanziamenti.

3.10

Per concludere, la Commissione presenta una breve panoramica del contesto internazionale di mitigazione dei gas a effetto serra.

4.   Commenti del CESE in merito al quadro 2030

4.1

Il CESE accoglie con soddisfazione la comunicazione della Commissione poiché si prefigge di fare in modo che gli obiettivi delle politiche energetiche e climatiche rimangano prevedibili. Un quadro normativo stabile e prevedibile nonché, in particolare, una sua attuazione coerente costituiscono dei presupposti essenziali per le decisioni a lungo termine e gli enormi investimenti necessari per indirizzare gli sviluppi nel senso desiderato.

4.2

Un elemento importante di prevedibilità è il messaggio secondo cui il quadro delle politiche dell'energia e del clima fino al 2020 rimarrà invariato nei suoi elementi fondamentali.

4.3

Tuttavia, la comunicazione prende anche in considerazione gli enormi cambiamenti verificatisi dopo l'adozione della politica con un orizzonte fino al 2020. Nonostante la necessità di garantire la prevedibilità delle politiche, le sfide poste dal contesto internazionale in continuo cambiamento, l'urgenza di una ripresa economica e di una accresciuta competitività, nonché l'aumento dei costi dell'energia rendono necessario l'adattamento delle politiche attuali.

4.4

Il riscaldamento globale rappresenta una minaccia a lungo termine per il nostro pianeta e per il benessere delle generazioni future, ma anche per la prosperità economica in generale. Esso rappresenta già oggi un notevole costo. Per tale motivo, l'UE deve impegnarsi a conseguire l'obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dell'80-95 % nel 2050. Il CESE appoggia la proposta della Commissione di fissare l'obiettivo per il 2030 al 40 %, sebbene questa decisione possa essere considerata ambiziosa. Secondo la valutazione d'impatto pubblicata unitamente alla comunicazione, un obiettivo del 35 % sarebbe sufficiente per raggiungere il traguardo previsto nel 2050.

4.5

Quando nel 2008 si stabilì l'obiettivo di ridurre le emissioni del 20 % nel 2020 rispetto ai valori dell'anno di riferimento 1990, i livelli delle emissioni erano già del 10 % al di sotto dei valori di tale anno di riferimento. Ora sembra che entro il 2020 si conseguirà una riduzione del 24 %, vale a dire, una riduzione del 14 % in 11 anni. Si dovrebbe poi raggiungere un obiettivo di riduzione del 16 % in 10 anni, obiettivo che si potrebbe conseguire senza eccessive difficoltà visti i progressi tecnologici in atto, i costi decrescenti delle energie rinnovabili e l'aumento dei costi delle energie fossili. Tuttavia, dal 1990 il compito è stato considerevolmente facilitato dalla recessione, da una profonda ristrutturazione delle economie dell'ex blocco comunista e dal ricorso ai meccanismi di Kyoto.

4.6

Tuttavia, al fine di raggiungere tale obiettivo senza provocare conseguenze negative per altri aspetti legati alla sostenibilità economica e sociale, è di cruciale importanza assicurare la messa a punto delle misure più efficienti sotto il profilo dei costi ai fini dell'attuazione. Il CESE si compiace pertanto del fatto che la Commissione non presenti più proposte in merito a una delle varianti più costose della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra: il settore dei biocarburanti. Il CESE aveva infatti già formulato raccomandazioni al riguardo nel 2008 (13). A tale proposito, bisognerebbe valutare attentamente e discutere a fondo l'impiego dei meccanismi di flessibilità che la Commissione adesso propone di escludere dopo il 2020, prendendo in considerazione i problemi osservati, i benefici dell'efficienza globale sotto il profilo dei costi e lo sviluppo della cooperazione internazionale sul clima.

4.7

Le politiche influiranno diversamente sui vari settori dell'economia. Per tale ragione, bisognerà concepire e modulare attentamente le misure per ridurre le conseguenze negative e per proteggere i consumatori di energia più vulnerabili. Il passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio deve essere equo. In questo contesto fattori come la formazione, posti di lavoro di qualità e la partecipazione dei lavoratori e anche, possibilmente, misure di compensazione, sono fondamentali.

4.8

Inoltre, il CESE appoggia la proposta della Commissione di stabilire un obiettivo comune pari almeno al 27 % per la quota delle energie rinnovabili. Mentre l'obiettivo del 40 % nell'ambito delle emissioni dei gas a effetto serra può essere considerato un segnale importante in materia di clima, anche per i negoziati tuttora in corso nel quadro della 20a e della 21a conferenza delle parti (COP 20 e 21), lo sviluppo delle energie rinnovabili costituisce invece un obiettivo di politica energetica inteso a ridurre la dipendenza — attualmente eccessiva — dalle importazioni. Il CESE critica il fatto che non si intendano fissare obiettivi nazionali vincolanti per gli Stati membri. È già difficile comprendere come la Commissione intenda accertarsi che gli obiettivi stabiliti vengano rispettati in assenza di obiettivi nazionali specifici, ma ancor più come possa eventualmente imporre sanzioni.

4.9

Il miglioramento dell'efficienza energetica costituisce il modo più promettente per lavorare in modo efficiente sotto il profilo dei costi ai fini della realizzazione di tutti gli obiettivi della politica energetica — ambientali, economici e di sicurezza degli approvvigionamenti. Il potenziale è notevole ma è necessario adottare delle misure radicali. Il CESE auspica che la Commissione presenti misure politiche efficaci sulla base della valutazione d'impatto che realizzerà più avanti nel corso dell'anno, prendendo in considerazione l'ampio spettro delle questioni da esaminare in questo ambito. Occorre tener conto dell'esperienza relativa al quadro legislativo attuale, approvato di recente. Per quanto riguarda gli obiettivi, si potrebbero considerare quelli settoriali, in particolare al fine di sfruttare l'importante potenziale del settore dell'edilizia e dei trasporti.

4.10

Il CESE accoglie con favore il nuovo sistema di governance proposto dalla Commissione, con il relativo processo iterativo per l'elaborazione dei piani nazionali. La preparazione di tali piani potrebbe rappresentare un'opportunità unica per coinvolgere non soltanto le parti interessate, ma anche la più vasta società civile nelle questioni di politica energetica, compreso il loro impegno nell'attuazione di queste ultime. L'aspetto più importante della proposta è il requisito della consultazione dei paesi vicini, prassi che dovrebbe essere resa obbligatoria prima che vengano prese decisioni a livello nazionale con ripercussioni potenzialmente di ampia portata per altre parti interessate, e che potrebbe costituire un passo decisivo verso la costituzione di una vera e propria Comunità europea dell'energia. La combinazione di diverse risorse e di diversi approcci nazionali e, di conseguenza, di mix energetici distinti potrebbe portare alla creazione di sistemi e di mercati regionali efficienti in termini di costi, contribuendo così al bilanciamento, all'adeguatezza delle capacità di produzione e alla sicurezza degli approvvigionamenti. Il CESE chiede pertanto agli Stati membri di reagire in maniera positiva a un'efficace procedura di governance e di stabilire — assieme alla Commissione e alla società civile — le possibili modalità di attuazione. Questo nuovo sistema di governance dovrebbe essere trasparente e prevedere il coinvolgimento della società civile, nonché minimizzare gli oneri amministrativi supplementari a carico degli Stati membri.

4.11

La sostenibilità e la diversificazione sono obiettivi centrali in relazione al diritto degli Stati membri di decidere il proprio mix energetico. L'aumento dell'uso delle fonti rinnovabili, e di altre fonti a basse emissioni di carbonio, rimarrà necessario per il conseguimento di entrambi gli obiettivi. Le politiche dell'UE non devono impedire, agli Stati membri che lo desiderino, di ricorrere all'energia nucleare o di sfruttare le risorse energetiche endogene come i gas non convenzionali.

4.12

È opportuno aiutare maggiormente gli Stati associati all'UE interessati dalla politica europea di vicinato nello sviluppo di un'economia a basse emissioni di carbonio, agevolarli nell'accesso alle tecnologie appropriate e sostenere i centri di ricerca specializzati in questo campo in tali paesi.

4.13

Di recente è stato messo in evidenza un problema che merita grande attenzione: la forte dipendenza che l'UE ha sviluppato nei confronti delle energie fossili provenienti da fonti non affidabili. È dunque necessario prendere misure decisive per diversificare l'approvvigionamento energetico, come descritto al punto 4.10, e in questo modo puntare in particolare su risorse disponibili nel lungo periodo e possibilmente a emissioni zero. È inoltre indispensabile costituire un vero mercato interno dell'energia e adottare una politica energetica esterna comune con l'obiettivo di diversificare le fonti di approvvigionamento.

4.14

Il CESE approva la proposta di utilizzare una gamma più ampia di indicatori per una più accurata valutazione dei progressi compiuti. La ridotta capacità di trasmissione transfrontaliera resta ancora il principale ostacolo alla creazione di un vero e proprio mercato interno dell'energia. Il modo migliore per valutare i progressi compiuti in tale ambito è il monitoraggio dei differenziali di prezzo dell'energia tra le regioni e i paesi.

4.15

Un ruolo fondamentale per la Commissione in questa direzione consisterà nell'assicurare condizioni uniformi per tutti attraverso l'eliminazione graduale delle sovvenzioni dannose e il vaglio dei regimi di sostegno pubblico (14). Questo dovrebbe valere anche per le misure di sostegno previste all'interno del sistema ETS per compensare quei settori esposti al rischio di delocalizzazione delle emissioni di carbonio per i costi indiretti legati alle politiche climatiche, come ad esempio l'aumento dei prezzi dell'energia elettrica. Tali indennizzi dovrebbero costituire un sistema a livello europeo in grado di evitare distorsioni della concorrenza tra gli Stati membri. Il CESE presenta inoltre un parere separato sulla proposta di riforma del sistema ETS (15). Anche a livello internazionale la Commissione dovrà impegnarsi per la garanzia di condizioni uniformi per tutti, il che vuol dire che la questione dovrà essere trattata nei negoziati in sede di OMC e nel contesto dell'accordo sul Partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti.

4.16

Una parte importante dei piani energetici nazionali è rappresentata dalle politiche riguardanti i settori non ETS. Ad avere particolare rilevanza sono i settori dei trasporti e del riscaldamento. In merito ai biocarburanti il CESE ha già espresso il suo punto di vista in diverse occasioni e rinvia a questo proposito ai suoi pareri in materia (16).

4.17

Le politiche riguardanti l'agricoltura e l'uso del suolo avranno un ruolo importante nella mitigazione dei cambiamenti climatici, anche se dovranno essere sottoposte ad un'approfondita attività di analisi e di riflessione. La biomassa sostenibile proveniente dall'agricoltura e dalla silvicoltura svolge un ruolo fondamentale nella diversificazione delle fonti energetiche. Se il settore dei cambiamenti di uso del suolo venisse incluso negli obiettivi non ETS, l'aumento netto del pozzo di assorbimento del carbonio rappresentato dalle foreste dovrebbe essere totalmente dedotto.

4.18

Inoltre, la comunicazione non riporta alcuna informazione sui risultati della creazione di posti di lavoro «verdi», obiettivo molto importante nelle decisioni 20-20-20. Gli studi sull'argomento parlano per lo più di un impatto neutro o leggermente positivo sull'occupazione, con forti trasformazioni della struttura dei posti di lavoro.

4.19

Probabilmente è già avvenuta nell'UE una massiccia ecologizzazione delle attività esistenti, come dimostra ad esempio il forte miglioramento dell'efficienza energetica delle industrie manifatturiere. Fino ad ora le industrie ad alta intensità energetica sono state in grado di reagire alle sfide poste dai cambiamenti climatici tramite una migliore efficienza energetica ma, dato che si è sfruttata la maggior parte del potenziale, in futuro bisognerà prendere ancora più seriamente in considerazione la minaccia della delocalizzazione delle emissioni di carbonio.

4.20

In Europa numerosi settori delle industrie ad alta intensità energetica sono in concorrenza tra loro su mercati mondiali aperti senza poter considerare nei loro prezzi- in maniera unilaterale — dei costi supplementari, e si ritrovano pertanto nel quadro del rischio di delocalizzazione delle emissioni di carbonio. Nella maggior parte dei casi queste industrie sono anche le più efficienti a livello mondiale sia dal punto di vista energetico che delle emissioni di CO2. In tali circostanze la delocalizzazione delle emissioni di carbonio potrebbe determinare addirittura un aumento delle emissioni globali. Le politiche dell'UE non dovrebbero quindi provocare un aumento — diretto o indiretto — dei costi dell'energia per tali industrie, oppure dovrebbero prevedere chiare disposizioni che consentano di ottenere una compensazione dei costi supplementari sostenuti. Le disposizioni volte a prevenire la delocalizzazione delle emissioni di carbonio dovranno prevedere un'assegnazione completamente gratuita dei permessi di emissione in base a parametri di riferimento tecnicamente realizzabili finché non si dimostri che le nuove tecnologie sono in grado di dar luogo a una riduzione sostanziale delle emissioni valida dal punto di vista economico.

4.21

La migliore soluzione alle sfide poste dalle politiche climatiche ed energetiche è l'innovazione. L'UE, gli Stati membri e altri attori finanziari devono effettuare interventi drastici per sfruttare il potenziale di questo settore favorendo la diffusione di nuove tecnologie e sostenendo iniziative innovative radicali e rischiose. Non sarà possibile raggiungere gli obiettivi a lungo termine senza salti tecnologici in diversi settori. Per poter realizzare tali innovazioni abbiamo bisogno di un settore industriale competitivo che, adeguandosi a questa sfida, potrà rimanere competitivo e conquistare nuovi spazi. Il fattore decisivo in questo ambito è una formazione di alto livello. L'industria specializzata nella produzione di attrezzature per un'economia a basse emissioni di carbonio potrebbe contribuire alla competitività dell'economia europea e rendere più accessibili tali attrezzature. A tal fine è necessario combinare ricerca e misure di sostegno.

4.22

Per poter rispondere alle sfide poste dai cambiamenti climatici e per poter continuare a fornire energia sicura, senza rischi e accessibile a tutti i cittadini europei, vi è bisogno di cambiamenti generalizzati di atteggiamento e di comportamento. Qualunque sia la linea politica scelta dai responsabili decisionali dell'UE, la sua agevole attuazione dipende dal coinvolgimento di tutte le parti interessate fin dalle fasi iniziali. Come evidenziato dal punto 4.9, alla società civile spetta un ruolo importante e il CESE può offrire il suo contributo in tal senso.

4.23

Tuttavia, nell'ambito della politica climatica, la questione più importante è lo sviluppo internazionale. Il quadro per le politiche dell'energia e del clima presentato nella comunicazione dovrebbe ridurre in modo considerevole la quota UE delle emissioni globali di gas a effetto serra dall'attuale livello di 11 %. Secondo l'Agenzia internazionale dell'energia (AIE), anche le politiche attuali farebbero abbassare il valore di tale quota al 7 % entro il 2035. Anche se la sua responsabilità storica particolare impone all'Europa di intervenire contro il cambiamento climatico, da sola essa non inciderebbe in modo significativo nel limitare il riscaldamento globale a + 2o. Un accordo internazionale ambizioso e la sua effettiva attuazione rappresentano obiettivi di primaria importanza per le politiche europee. Se non si dovesse arrivare a un tale accordo, l'UE potrebbe essere costretta a rivedere le sue politiche. Parallelamente, bisognerebbe prestare maggiore attenzione e dedicare maggiori interventi all'adattamento ai cambiamenti climatici, perché si tratta di un problema che non può più essere ignorato.

Bruxelles, 4 giugno 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 67 del 6.3.2014, pagg. 145-149.

(2)  GU C 68 del 6.3.2012, pagg. 15-20.

(3)  GU C 198 del 10.7.2013, pagg. 1-8.

(4)  GU C 341 del 21.11.2013, pagg. 21-27.

(5)  GU C 226 del 16.7.2014, pag. 1.

(6)  COM(2014) 15 final.

(7)  Parere del CESE sul tema Sistema di scambio di quote di emissione dell'UE (non ancora pubblicato nella GU). EESC-2014-00800-00-00-AC-TRA.

(8)  Parere del CESE sul tema Costi e prezzi dell'energia in Europa EESC-2014-01113-00-00-AC (Cfr. pag. 64 della presente GU).

(9)  Parere del CESE sul tema Esplorazione di idrocarburi mediante la fratturazione EESC-2014-01320-00-00-AC-EDI (Cfr. pag. 34 della presente GU).

(10)  Parere del CESE sul tema Per una rinascita industriale europea (non ancora pubblicato nella GU) EESC-2014-00746-00-00-AC.

(11)  COM(2014) 20 final.

(12)  COM(2014) 21 final.

(13)  GU C 198 del 10.7.2013, pag. 56.

(14)  GU C 226 del 16.7.2014, pag. 28.

(15)  GU C 177 dell'11.6.2014, pag. 88.

(16)  GU C 198 del 10.7.2013, pag. 56.


26.11.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 424/46


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla costituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato nel sistema unionale di scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra e recante modifica della direttiva 2003/87/CE

COM(2014) 20 final – 2014/0011 (COD)

2014/C 424/07

Relatore:

PEZZINI

Il Parlamento europeo, in data 6 febbraio 2014, il Consiglio, in data 13 febbraio 2014, e la Commissione europea, in data 22 gennaio 2014, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 192 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla costituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato nel sistema unionale di scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra e recante modifica della direttiva 2003/87/CE

COM(2014) 20 final.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 maggio 2014.

Alla sua 499a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 giugno 2014 (seduta del 4 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 167 voti favorevoli, 2 voti contrari e 10 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che il sistema di scambio di quote di emissione dell'UE (EU ETS) sia uno strumento chiave della politica climatica ed energetica unionale per la riduzione delle emissioni industriali dell'UE e ne invoca pertanto un'autentica riforma volta a realizzare gli obiettivi climatici dell'UE per il 2020 e il 2030 salvaguardando al tempo stesso la competitività industriale dell'Unione ed evitando la rilocalizzazione degli investimenti.

1.2

Il CESE è favorevole alla proposta di stabilire una riserva per la stabilità del mercato ETS all'inizio del prossimo periodo di scambio ETS, nel 2021, quale possibile misura per far fronte alla volatilità dei prezzi dell'ETS post-2020.

1.3

Il Comitato rileva che il Consiglio europeo del 21 marzo 2014 ha auspicato in particolare misure per la piena compensazione dei costi diretti e indiretti, derivanti dalle politiche climatiche UE, per i settori esposti alla concorrenza globale, fino a quando un accordo internazionale globale sul clima non abbia stabilito parità di condizioni, a livello mondiale, per l'industria europea.

1.4

Il CESE chiede che vi siano:

meccanismi di regolazione automatica predefiniti con capacità di resistenza agli shock gravi senza margini o interferenze discrezionali;

trasparenza, prevedibilità e semplicità del sistema;

costi di transizione contenuti;

prospettive d'investimento prevedibili;

certezza di obiettivi stabili a lungo termine;

utilizzo dei ricavi delle aste di quote per sostenere le imprese nella transizione verso un'economia a basse emissioni di CO2 e verso lo sviluppo e l'applicazione di tecnologie pulite;

adeguate misure di sostegno innovativo per settori manifatturieri energivori;

maggiore chiarezza strategica a livello europeo e a livello mondiale.

1.5

Secondo il Comitato, il sistema di scambio delle quote di emissione si sovrappone con altre politiche europee e nazionali in materia di ambiente, clima, energia e sviluppo industriale che dovrebbero essere maggiormente coordinate tra di loro, per ottenere effetti positivi: il CESE chiede che la revisione del sistema sia vista, quindi, in maniera più integrata con le altre normative che hanno effetto sulle emissioni di gas serra e sui costi dell'energia per gli usi industriali.

1.6

Il CESE ribadisce che il sistema ETS deve essere potenziato non solo in quanto strumento di ottimizzazione dei costi e di promozione dell'efficienza energetica in tutti i settori, ma anche quale strumento di consapevolezza dell'opinione pubblica per:

privilegiare merci e servizi a basse emissioni di carbonio;

sostenere gli investimenti in infrastrutture;

promuovere la formazione e lo sviluppo di capacità nei settori chiave, ai fini del rinascimento del valore economico del settore manifatturiero europeo.

1.7

Il Comitato sottolinea che l'industria si è sempre impegnata in un continuo processo di innovazione, per ridurre il consumo dell'energia e aumentare l'efficienza energetica, ma è evidente che le distorsioni del mercato ETS, con eccessive riduzioni di prezzo del carbonio, rischiano di rendere più difficile il potenziamento dell'innovazione scientifico-tecnologica sostenibile.

1.8

Per il CESE, il ruolo del sistema ETS UE, a partire dal 2020-2030, dovrebbe essere non solo quello di facilitare la riduzione del carbonio in modo economicamente efficiente, per gli impianti e per i settori coperti, mediante investimenti in tecnologie a basso carbonio, l'uso di fonti di energia rinnovabili e interventi d'efficienza energetica, ma anche quello di promuovere l'accesso a compensazioni internazionali per limitare le emissioni nel mercato globale del carbonio, anche in vista dell'Accordo globale sul clima del 2015 e in coerenza con gli obiettivi di sviluppo sostenibile indicati nell'Agenda post-2015, relativi agli approcci integrati per lo sviluppo, per l'uguaglianza, per i diritti umani e per realizzare completamente la sostenibilità ambientale.

1.9

Secondo il Comitato, occorre operare uno stretto collegamento tra la revisione proposta del sistema ETS a partire dal 2021, come parte integrante del nuovo Quadro in materia di clima ed energia per il 2030, e l'utilizzo del programma Orizzonte 2020 e il coordinamento di programmi nazionali, per accelerare il rilancio dell'innovazione tecnologica sostenibile, in modo da preservare la competitività dell'industria in Europa, incoraggiando nuovi e migliori insediamenti industriali.

1.10

Il CESE è convinto della necessità di rendere il mercato del carbonio più stabile, flessibile, ed aperto a tutti i suoi grandi interlocutori a livello mondiale, e chiede quindi alla Commissione, al Parlamento ed al Consiglio di delineare un quadro ben dettagliato e coordinato sulle azioni da intraprendere per raggiungere l'obiettivo di un sistema industriale manifatturiero competitivo e sostenibile.

1.11

Il CESE sottolinea che le politiche di decarbonizzazione sono in grado di incrementare l'occupazione e di avere effetti positivi sulla riduzione delle emissioni e sulla qualità dell'aria. E chiede che tali fattori vengano fatti valere nei negoziati internazionali.

2.   Introduzione

2.1

Il sistema di scambio delle quote di emissione dell'Unione europea (EU ETS) deve rappresentare uno strumento chiave efficiente in vista di una riduzione delle emissioni energetiche dell'UE. Per essere efficiente sotto il profilo dei costi, esso deve seguire una logica di mercato, in grado di stimolare il prezzo del carbonio ma anche di influire positivamente sugli investimenti nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio e sullo sviluppo delle energie rinnovabili e sull'aumento dell'efficienza energetica per una economia manifatturiera competitiva e conforme agli obiettivi di sostenibilità, condivisi e sottoscritti da tutti i principali partner, a livello mondiale.

2.2

L'ETS prevede attualmente che alle aziende sottoposte a obbligo di riduzione delle emissioni siano rilasciati dei crediti, equivalenti alle tonnellate di CO2 che possono emettere, con un'assegnazione decrescente di anno in anno (- 1,74 %). Dal 2021 tale percentuale dovrebbe passare al 2,2 %.

2.3

Il sistema di scambio di quote di emissione dell'UE (EU ETS) ha fornito, da quando è stato creato, un prezzo di riferimento del carbonio a livello UE che guida quotidianamente decisioni operative e strategiche di investimento, per ridurre le emissioni di tutti i settori dell'economia europea, che sono responsabili di circa la metà delle emissioni dei gas serra (GHG) dell'UE.

2.4

Tuttavia, a seguito della grave crisi economica e al conseguente calo d'attività, il sistema ha generato uno squilibrio strutturale tra l'offerta e la domanda di quote ETS, con un conseguente surplus di circa 2 miliardi di quote, squilibrio che sarebbe destinato a perdurare per oltre un decennio.

2.5

Il surplus di mercato ha portato ad un crollo dei prezzi nel sistema ETS comunitario, passando da circa 30 € per tonnellata di CO2 a 13,09 €/t nel 2010 e 11,45 €/t nel 2011, per arrivare ad un prezzo del carbonio globale medio nel 2012 attorno a 5,82 €/t.

2.6

In molti Paesi europei sono state sviluppate iniziative diverse, come i Certificati Bianchi e i Certificati Verdi, in Italia, con l'obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio, attraverso il risparmio e l'efficienza (Certificati Bianchi) o con la sostituzione degli idrocarburi, come energia primaria, con le fonti rinnovabili (Certificati Verdi) (1)

2.7

L'industria è sempre impegnata in un continuo processo di innovazione, per ridurre il consumo dell'energia e aumentare l'efficienza energetica. È evidente però che, con eccessive riduzioni del prezzo del carbonio, diventerebbe più difficile il potenziamento dell'innovazione scientifico-tecnologica sostenibile.

2.8

Secondo le norme attuali alla base del sistema ETS, l'offerta di quote di emissione poste all'asta è fissata per molti anni, e non sono consentite modifiche per reagire ai grandi cambiamenti della domanda di quote: in questo modo si determinano squilibri duraturi, con ripercussioni negative su innovazione e investimenti in nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio.

2.9

A dicembre 2013, il Parlamento europeo ed il Consiglio, nel discutere gli adeguamenti da apportare al meccanismo ETS, hanno adottato la decisione di dare alla Commissione la possibilità — in circostanze eccezionali, ed al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato, fino all'adozione di misure strutturali a lungo termine — di rinviare una sola volta eccezionalmente, e per un numero massimo di quote pari a 900 milioni, la vendita di tali quote di carbonio, concordando una nuova scadenza al 2020, invece che al triennio 2014-2016.

2.10

Nonostante questi progressi a breve termine, l'UE è ancora lontana dall'aver risolto la questione delle eccedenze a più lungo termine.

2.11

Secondo la Commissione, la costituzione di una riserva di stabilità di mercato — operativa a partire dal 2021 e cioè dalla fase 4 — è l'opzione che permetterebbe di integrare le norme esistenti al fine di garantire un mercato più equilibrato, con un prezzo del carbonio più fortemente guidato dalle riduzioni delle emissioni a medio-lungo termine e con aspettative stabili, per incoraggiare investimenti a basso tenore di carbonio, a vantaggio delle aziende che hanno operato e operano con la necessità di una forte intensità energetica.

2.12

La riserva dovrebbe permettere sia di affrontare l'eccedenza di quote di emissioni che si è costituita negli ultimi anni sia di migliorare la resistenza del sistema a shock gravi, regolando automaticamente la fornitura di quote da mettere all'asta.

2.13

La creazione di una tale riserva — forse meglio del rinvio («back-loading»), recentemente convenuto, con la decisione di mettere all'asta 900 milioni di quote al 2019-2020 — è sostenuta da un ampio spettro di portatori di interesse. Secondo quanto previsto dalla legislazione proposta, la riserva opererebbe interamente secondo regole predefinite, che non dovrebbero lasciare margini discrezionali alla Commissione o agli Stati membri per la sua attuazione.

3.   Sintesi delle proposte della Commissione

3.1

La Commissione propone di stabilire una riserva per la stabilità del mercato all'inizio del prossimo periodo di scambio ETS, nel 2021. La riserva — in aggiunta al rinvio («back-loading») recentemente convenuto della messa all'asta di 900 milioni di quote al 2019-2020 — dovrebbe permettere di:

affrontare l'eccedenza di quote di emissione che si è costituita negli ultimi anni;

migliorare la resistenza del sistema agli shock gravi;

costituire meccanismi di regolazione automatica delle quote da mettere all'asta.

3.2

Secondo quanto previsto dalla legislazione proposta, tali meccanismi di regolazione automatica predefiniti non lascerebbero margini discrezionali alla Commissione o agli Stati membri per la loro attuazione.

3.3

La proposta sul sistema ETS a partire dal 2021 è parte integrante del nuovo quadro proposto dalla Commissione in materia di clima ed energia per il 2030 — oggetto di altro parere del CESE — che comprende diversi elementi, tra cui: la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (GHG) del 40 % rispetto al 1990; obiettivi vincolanti, a livello UE, per portare la quota delle energie rinnovabili almeno al 27 %; politiche più ambiziose in materia di efficienza energetica; un nuovo sistema di governance e una serie di nuovi indicatori per assicurare un sistema energetico competitivo e sicuro.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il Comitato è da sempre favorevole all'aumento del ricorso alla vendita all'asta delle quote. Questa opzione è pienamente conforme al principio 'chi inquina paga', evita gli utili a cascata (windfall profits), offre incentivi e genera fondi da investire negli impianti e nei prodotti a basse emissioni di carbonio, favorendo così l'innovazione  (2).

4.2

Il CESE ritiene fondamentale mantenere un forte sistema ETS, come pietra angolare della politica climatica ed energetica dell'UE. Il funzionamento di tale sistema non dovrebbe comportare il declino del settore manifatturiero e la fuga degli investimenti. Tutto ciò è possibile grazie a un sistema riformato di gestione del mercato del carbonio quale strumento efficace per ridurre le emissioni per l'industria e per gli altri settori interessati, ma anche alla promozione degli investimenti in tecnologie innovative, a basse emissioni di carbonio, competitive a livello mondiale.

4.3

Le misure in vigore per tutelare l'industria nell'ambito del sistema ETS dell'UE saranno in gran parte eliminate entro il 2021 e l'assegnazione gratuita sarà totalmente eliminata nel 2027. Un nuovo obiettivo al 2030, in tema di riduzione di CO2, per i settori ETS dell'UE, potrebbe comportare oneri supplementari per le industrie UE.

4.4

Fino a quando un accordo internazionale globale sul cambiamento climatico non stabilirà parità di condizioni a livello mondiale per l'industria, l'EU ETS dovrebbe essere riprogettato in modo da fornire piena compensazione dei costi diretti e indiretti della riduzione delle emissioni di carbonio, derivanti dalle politiche climatiche UE, per i settori esposti alla concorrenza globale. Tale approccio è in linea con le conclusioni del Consiglio europeo del 21 marzo 2014, che invia a sviluppare, per il periodo 2020-2030, misure intese a prevenire potenziali perdite di carbonio e a perseguire la sicurezza della programmazione a lungo termine per gli investimenti industriali al fine di assicurare la competitività delle industrie ad alta intensità energetica.

4.5

Il CESE — esprimendosi sulla Tabella di marcia per un'economia a bassa emissione di CO2 al 2050 (3) — ha raccomandato alla Commissione di presentare un nuovo pacchetto globale di misure, inteso a incentivare i nuovi e ingenti investimenti necessari al conseguimento di questi nuovi obiettivi che dovrebbe prevedere il potenziamento del sistema di scambio delle quote di emissioni (ETS) in quanto strumento di ottimizzazione dei costi utile per orientare le decisioni in materia di investimenti, nonché ulteriori misure volte a: promuovere l'efficienza energetica in tutti i settori; accrescere la consapevolezza dei consumatori e la loro capacità di utilizzare il loro potere d'acquisto per privilegiare le merci e i servizi a basse emissioni di carbonio; sostenere gli investimenti nelle infrastrutture necessarie; promuovere la formazione e lo sviluppo di capacità nei settori chiave.

4.6

Secondo il Comitato, anche le strategie e le politiche comunitarie in materia di ambiente, clima, energia e sviluppo industriale dovrebbero essere maggiormente coordinate tra di loro, per ottenere sinergie positive: considerare come «costo del carbonio» il solo valore della quota di CO2 sul mercato ETS, non tenendo conto dei costi associati ad altri strumenti, come l'incentivazione delle rinnovabili o le politiche per l'efficienza energetica, potrebbe rivelarsi riduttivo e incompleto, e portare a valutazioni complessivamente distorte (4).

4.7

Il CESE sottoscrive le conclusioni del Consiglio europeo di primavera 2014 sulle necessità dell'industria in tutte le aree, dall'energia alla concorrenza al commercio e alla formazione, e in particolare sottoscrive il principio secondo il quale la competitività industriale va associata a una politica europea coerente in materia di clima ed energia, anche affrontando la questione dei costi elevati dell'energia, in particolare per le industrie ad alta intensità energetica.

4.8

Il sistema ETS dovrebbe fornire un quadro normativo comune per il settore energetico e nei settori ad alta intensità energetica, affrontando la perdita di competitività con misure di accompagnamento, per la rilocalizzazione delle emissioni e accelerando il raggiungimento di ulteriori miglioramenti nei settori non ETS, che rappresentano più della metà delle attuali emissioni di CO2 nell'UE, in particolare nei settori ad alto potenziale di efficienza energetica, come quelli dell'edilizia e dei trasporti.

4.9

Il CESE chiede con convinzione che la riforma del sistema ETS sia accompagnata da forti misure di stimolo della ripresa economica, attraverso investimenti in settori ad alto potenziale, quali le infrastrutture, la green economy, e in settori industriali strategici, quali la ricerca e l'innovazione e, in particolare nel settore manifatturiero e delle piccole e medie imprese.

4.10

Il CESE ribadisce, con convinzione, che il sistema ETS potrebbe essere un efficace strumento di mercato per il conseguimento della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra in maniera economicamente sostenibile, nella misura in cui è in grado di garantire maggiore stabilità limitando interventi discrezionali e assicurando flessibilità, secondo regole predefinite, in base a criteri di trasparenza, prevedibilità e semplicità, per consentire l'incorporazione delle aspettative delle rettifiche d'offerta nel comportamento degli operatori di mercato.

4.11

Perché un sistema ETS possa essere efficace, occorre:

limitare i costi di transizione;

fornire prospettive d'investimento prevedibili;

dare certezza di obiettivi stabili a lungo termine;

garantire l'utilizzo dei ricavi delle aste di quote per sostenere (5) le imprese nella transizione verso un'economia a basse emissioni di CO2 e verso lo sviluppo e l'applicazione di tecnologie pulite.

4.12

Il ruolo del sistema ETS UE, a partire dal 2020-2030, dovrebbe essere quello di facilitare la riduzione del carbonio in modo economicamente efficiente, per gli impianti e per i settori coperti, sia mediante investimenti in tecnologie a basso carbonio, sia attraverso l'uso di fonti di energia rinnovabili, sia con forti impegni per l'efficienza energetica.

4.13

Il prezzo di mercato delle quote ETS deve continuare ad essere un valido punto di riferimento per gli investimenti, per ridurre le emissioni.

4.14

Occorre mantenere, nel futuro sistema ETS, l'accesso a compensazioni internazionali, in quanto forniscono mezzi credibili per limitare le emissioni in modo efficiente, sfruttando le opportunità per la creazione di un mercato globale del carbonio.

4.15

Il Clean Development Mechanism (CDM) dovrebbe essere mantenuto, migliorato e ampliato e devono essere adeguatamente sostenuti i collegamenti tra il sistema europeo ETS e i nuovi sistemi che stanno emergendo in altre regioni del mondo.

4.16

Il CESE ritiene indispensabile che venga fatto ogni sforzo, da parte dell'UE, per creare un vero e proprio mercato internazionale del carbonio, estendendo meccanismi efficaci di scambio di quote aperti a tutti i grandi interlocutori a livello mondiale.

4.17

Nuovi meccanismi dovrebbero essere rapidamente sviluppati ed essere disponibili per uso volontario da parte dei governi, a seconda delle loro esigenze nazionali: tali meccanismi dovrebbero essere progettati in modo da evitare, per quanto possibile, distorsioni di concorrenza tra regioni per beni scambiati a livello globale.

4.18

In effetti, il sistema di scambio delle quote di emissione si sovrappone con altre politiche europee e nazionali, quali le politiche di incentivazione delle energie rinnovabili o dell'efficienza energetica, producendo distorsioni sul mercato e inefficienze: la revisione del sistema dovrebbe essere vista, quindi, in maniera più integrata con le altre normative che hanno effetto sulle emissioni di gas serra e sui costi dell'energia per gli usi industriali.

4.19

Scelte unilaterali portano a inasprire gli oneri della CO2 (in primis i costi energetici) per le imprese, e rischiano di minare la competitività di settori manifatturieri strategici, senza ottenere concreti progressi dal punto di vista climatico: al riguardo, recenti studi hanno dimostrato (6) come le riduzioni di emissioni raggiunte in UE siano più che compensate dall'aumento delle emissioni «incorporate» nei prodotti importati in UE.

4.20

Secondo il CESE, sebbene sia estremamente importante raggiungere un accordo globale sul cambiamento climatico nel 2015, che comprenda i principali paesi responsabili delle emissioni, tuttavia occorre, attraverso l'utilizzo di Orizzonte 2020 ed il coordinamento degli investimenti nazionali, continuare sulla strada dell'innovazione tecnologica, in modo da preservare la competitività dell'industria manifatturiera in Europa, incoraggiando nuovi e migliori insediamenti industriali.

4.20.1

Per raggiungere questo obiettivo, è necessario delineare un quadro ben dettagliato e coordinato sulle azioni da intraprendere con l'obiettivo di un sistema industriale competitivo e sostenibile, a livello mondiale: il CESE chiede quindi alla Commissione, al Parlamento ed al Consiglio di delineare tale quadro in coerenza con gli obiettivi di sviluppo sostenibile del Millennio, indicati nell'Agenda post-2015 dell'ONU.

4.21

Il Comitato riafferma la necessità di tener conto della lezione impartita dalla vulnerabilità del sistema ETS nei confronti delle forze economiche mondiali. È chiaro che una politica sul clima concordata a livello mondiale (o l'incapacità di realizzarla) determinerà il futuro dell'ETS; l'esito dei negoziati del 2015 sarà fondamentale, e le drastiche misure correttive che l'ETS richiede non possono essere intraprese senza una maggiore chiarezza strategica a livello mondiale  (7).

4.22

Il CESE sottolinea come, dalla valutazione d'impatto relativa al quadro 2030 emerga che reimmettendo nel circuito i proventi delle aste ed estendendo a tutti i settori la tariffazione del carbonio, le politiche di decarbonizzazione sono in grado di incrementare l'occupazione  (8) così come sono importanti gli effetti positivi sulla riduzione delle emissioni e sulla qualità dell'aria, e chiede quindi che tali fattori siano fatti valere nei negoziati internazionali.

Bruxelles, 4 giugno 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  In ottemperanza a quanto prescritto dalla Direttiva 2006/32/CE, che ha previsto, per tutti gli Stati membri, la compilazione dei PANEE (Piani di Azione Nazionali di Efficienza Energetica), con l'obiettivo di riduzione dei consumi e di sviluppo delle RES.

(2)  GU C 27 del 3.2.2009, pag. 66.

(3)  GU C 376 del 22.12.2011, pag. 110.

(4)  GU C 226 del 16.7.2014, pag. 1.

(5)  Cfr. Comparative Study of Different Measures Funded through the Use of Economic Environmental Instrumenst (EESC 2012) (Studio comparativo di diverse misure finanziate tramite l'uso di strumenti economici ambientali).

(6)  Glen P. Peters, Jan C. Minx, Christopher L. Weber e Ottmar Edenhofer [2010] «Growth in Emission Transfers via International Trade from 1990 to 2008», PNAS; A. Brinkley, S. Less, «Carbon Omissions», Policy Exchange, research note (2010).

(7)  GU C 341 del 21.11.2013, pag. 82.

(8)  Cfr. SWD (2014) 18 final, Sintesi della valutazione d'impatto, 22 gennaio 2014.


26.11.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 424/52


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla strategia dell'UE contro il traffico illegale di specie selvatiche

COM(2014) 64 final

2014/C 424/08

Relatore

: POLICA

La Commissione europea, in data 7 marzo 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla strategia dell'UE contro il traffico illegale di specie selvatiche

COM(2014) 64 final.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 maggio 2014.

Alla sua 499a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 giugno 2014, (seduta del 5 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 167 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) riconosce nella recente forte espansione del traffico illegale delle specie selvatiche una nuova minaccia per l'Unione Europea dal punto di vista economico, ambientale, sociale e di tutela della salute pubblica e delle specie animali e vegetali autoctone. Pertanto, il CESE sostiene l'iniziativa del Parlamento e della Commissione di elaborare una strategia olistica e coordinata per combattere tale reato con maggiore efficacia.

1.2

Il CESE ritiene che la strategia debba partire dal rispetto, dal rafforzamento e dal coordinamento degli accordi internazionali (in particolare la CITES (1)), di leggi, regolamenti, politiche e strumenti applicativi già esistenti, concretizzandosi in una maggiore integrazione tra tutti i settori interessati — protezione ambientale, controllo alle dogane, sistema giudiziario, lotta alla criminalità organizzata, ecc. — e in una più efficace attività di cooperazione tra Paesi di provenienza, di transito e di destinazione delle specie selvatiche.

1.3

Il Comitato è convinto che un coordinamento rafforzato potrà essere efficace solo se supportato da un adeguato e omogeneo sistema di formazione e sensibilizzazione rivolto a tutte le autorità coinvolte a livello di UE e di Stati membri nella lotta al traffico illegale di specie selvatiche.

1.4

Il CESE considera fondamentale il ruolo svolto dalla società civile nella lotta al traffico illegale di specie selvatiche, tanto nei Paesi di provenienza che di destinazione. In particolare, il Comitato ritiene importante il coinvolgimento attivo e consapevole dei consumatori e del settore privato, sostenendo l'introduzione di un sistema di etichettatura e tracciabilità.

1.5

Il Comitato reputa necessario offrire alle popolazioni dei Paesi Terzi impiegate in tali traffici nuove e migliori opportunità di sviluppo e occupazione sostenibili.

1.6

Il traffico di specie selvatiche rappresenta un fenomeno in grande crescita a causa dell'alta redditività e del basso rischio di sanzioni. Questo tipo di reato è, in termini di profitto potenziale per il crimine organizzato internazionale, paragonabile al traffico di esseri umani, armi o stupefacenti, eppure le risorse allocate per combatterlo e la priorità assegnata al suo contrasto sono sensibilmente inferiori. Inoltre, la sua sanzione e repressione è disomogenea anche nell'UE, il che spinge la criminalità organizzata internazionale a spostarsi nei paesi in cui le pene sono meno severe o l'azione delle autorità preposte è meno efficace.

1.7

Il CESE evidenzia quindi la necessità di includere il traffico di specie selvatiche tra i reati rilevanti ai fini delle misure antiriciclaggio e anticorruzione, e auspica l'introduzione di sanzioni realmente efficaci, proporzionali e dissuasive come la reclusione non inferiore, nel massimo, a quattro anni.

2.   Introduzione

2.1   Contesto: dati sul traffico illegale di specie selvatiche

2.1.1

Il traffico illegale di specie selvatiche è una delle forme più gravi di criminalità organizzata insieme alla tratta di essere umani e al traffico di droga e armi (2).

2.1.2

Nel 2013 il bracconaggio ha subito un incremento tale da vanificare il ripopolamento realizzato nei tre decenni precedenti di specie a rischio quali elefanti, tigri e rinoceronti, costituendo una reale minaccia alla conservazione della biodiversità e allo sviluppo sostenibile.

2.1.3

Il disboscamento illegale rappresenta fino al 30 % del commercio globale del legno nonché più del 50 % della deforestazione nell'Africa centrale, nella regione Amazzonica e nel sudest Asiatico, privando le popolazioni indigene di importanti opportunità di sviluppo.

2.1.4

La pesca illegale si stima raggiunga un volume pari al 19 % del valore dichiarato delle catture.

2.1.5

La diffusione dei commerci illeciti è subordinata alla crescente domanda di prodotti connessi alla fauna selvatica, soprattutto in alcuni paesi asiatici (ad es. Cina, Vietnam), quali avorio di elefante, corni di rinoceronte, ossa di tigre.

2.1.6

L'UE è uno dei principali destinatari di prodotti di specie selvatiche di origine illegale (3) nonché uno snodo cruciale dei traffici in uscita dall'Africa, dall'America Latina e dall'Asia.

2.2   Implicazioni dirette e indirette del traffico illegale di specie selvatiche

2.2.1

Il traffico illegale della flora e della fauna selvatiche è una delle principali cause di perdita di biodiversità nel mondo: ogni anno centinaia di milioni di esemplari di specie animali e vegetali rare vengono prelevate dal loro ambiente naturale e vendute sui mercati clandestini.

2.2.2

Il taglio illegale di piante da legno è causa della deforestazione delle aree boschive più importanti del pianeta, della perdita di biodiversità, dell'aumento dell'effetto serra, nonché di conflitti per il controllo di territori e risorse e della perdita di potere economico da parte delle comunità indigene.

2.2.3

La pesca illegale provoca il depauperamento degli stock ittici, distrugge gli habitat marini, crea distorsioni della concorrenza e indebolisce le comunità costiere, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

2.2.4

Il rischio di estinzione delle specie selvatiche è amplificato da ulteriori fattori quali un uso insostenibile del suolo, cambiamenti climatici, sovra-sfruttamento delle piante medicinali, e dal turismo intensivo, in particolare di tipo «venatorio» e «predatorio».

2.2.5

Il consumo globalizzato rischia di esercitare forti pressioni ambientali sulla biodiversità, provocando il degrado degli ecosistemi e la riduzione della capacità di persistenza delle specie autoctone (4).

2.2.6

Il traffico illegale delle specie selvatiche rappresenta una minaccia per la salute pubblica e per le specie animali e vegetali autoctone. Le specie animali che transitano illegalmente nei territori dei Paesi Membri dell'Unione Europea non sono certificate dai preposti servizi veterinari, il che può determinare la diffusione di patologie con particolare riferimento alle specie zootecniche allevate. L'aggiramento di controlli fitosanitari adeguati espone le specie vegetali autoctone, coltivate e spontanee, a considerevoli rischi di contagio da nuovi agenti patogeni. Inoltre, si stima che il 75 % delle patologie infettive emergenti siano di origine animale e che per la gran parte derivino dalle specie selvatiche. Il traffico illegale di tali specie fa aumentare il rischio di epidemie mondiali come l'influenza aviaria H5N1 e la SARS (5).

2.3   Riferimenti normativi

2.3.1

La Convenzione di Washington (CITES) dal 1973 regolamenta il commercio in termini di esportazione, riesportazione, importazione, transito e trasbordo o detenzione a qualunque scopo, di talune specie di animali e piante minacciate di estinzione. La Convenzione mira alla conservazione ed allo sfruttamento sostenibile delle popolazioni animali e vegetali a livello mondiale.

2.3.2

La Commissione ONU per la prevenzione della criminalità e la giustizia penale, nella Risoluzione del 26 aprile 2013 ha definito il traffico di specie selvatiche come una forma grave di criminalità organizzata, perpetrata da gruppi criminali organizzati a livello internazionale.

2.3.3

L'accertamento che alcuni gruppi di miliziani finanzino i loro traffici con il commercio illegale di specie selvatiche ha indotto il Segretario Generale (Relazione S/2013/297) ed il Consiglio di sicurezza dell'ONU (Risoluzione 2013/2121) a riconoscere il bracconaggio ed il traffico di specie selvatiche come uno dei fattori di instabilità nell'Africa sub-sahariana, mettendo a repentaglio pace e sicurezza. Inoltre, nel gennaio 2014 il Consiglio di Sicurezza ha adottato per la prima volta sanzioni mirate contro soggetti coinvolti nel traffico di specie selvatiche nella Repubblica Democratica del Congo e nella Repubblica Centrafricana.

2.3.4

Nel giugno 2013, i leader del G8 si sono impegnati ad adottare misure per contrastare il traffico illegale di specie protette o minacciate e per offrire sostegno politico ed economico al controllo territoriale e internazionale dei confini per fronteggiare i fenomeni della corruzione e della criminalità organizzata transfrontaliera.

2.3.5

Il Parlamento Europeo, con la Risoluzione del 15 gennaio 2014 (2013/2747(INI)), ha sollecitato la Commissione a tracciare un piano d'azione dell'UE mirato al controllo del commercio illegale delle specie selvatiche, definendo con tempi e obiettivi chiari una strategia d'intervento sia all'interno dei territori dei Paesi membri sia a livello internazionale.

2.3.6

Con la Dichiarazione di Londra (6) del febbraio 2014 sono stati fissati nuovi e più ambiziosi obiettivi nella lotta al traffico di specie selvatiche, tra cui la modifica delle legislazioni vigenti per inserire il bracconaggio ed il traffico di fauna selvatica tra i «reati gravi», la rinuncia all'uso di specie minacciate da estinzione, il rafforzamento della cooperazione transfrontaliera e il coordinamento delle «reti di lotta contro il traffico di specie selvatiche» (7).

2.3.7

La Dichiarazione Finale del summit UE-Africa del 2-3 aprile 2014 prevede l'intenzione di intraprendere azioni congiunte nella lotta al crimine organizzato, incluso il traffico di specie selvatiche.

3.   Risposte alle domande della consultazione

3.1   Il quadro strategico e legislativo per la lotta contro il traffico di specie selvatiche in vigore nell'UE è adeguato?

3.1.1

Il CESE ritiene che l'attuale quadro legislativo in vigore nei Paesi UE non sia ancora adeguato ad un efficace contrasto dei crimini ambientali, anche a causa dell'entità insufficiente delle pene previste.

3.2   Sarebbe opportuno che l'UE migliorasse la sua strategia contro il traffico di specie selvatiche elaborando un piano d'azione a livello di Unione, come invocato dal Parlamento europeo?

3.2.1

Nell'attuale scenario internazionale, appare cogente l'elaborazione di una legislazione vincolante per gli Stati Membri che stabilisca criteri omogenei di ispezione e monitoraggio efficace, anche mediante un coordinamento con le specifiche norme sulla tutela penale delle specie nell'ambiente naturale.

3.2.2

Il CESE sostiene l'adozione di un Piano d'azione simile a quelli già adottati contro altre forme di crimine organizzato come il traffico di armi o di esseri umani.

3.3   Quali sono le modalità con cui l'UE potrebbe raggiungere un maggiore impegno politico a tutti i livelli nella lotta contro il traffico di specie selvatiche? Quali sono gli strumenti diplomatici che si presterebbero maggiormente a garantire che le diverse iniziative promosse a livello internazionale siano coerenti l'una con l'altra?

3.3.1

Il CESE accoglie con favore il maggior coinvolgimento diplomatico dei Paesi interessati dai traffici illeciti di fauna e flora selvatica (principalmente Paesi di provenienza, transito e destinazione), che ha condotto alla recente sottoscrizione di intenti comuni per intraprendere azioni decisive ed urgenti volte a sradicare la domanda e l'offerta di prodotti ricavati da specie minacciate (8). Il Comitato auspica che la comunità internazionale adotti azioni capaci di stroncare il mercato illegale, che assicurino l'applicazione di un quadro legislativo comune e certo e che promuovano una gestione sostenibile delle risorse naturali coinvolgendo le comunità locali.

3.3.2

Il CESE sprona l'UE a promuovere una strategia di lotta globale al traffico di specie selvatiche, a partire dalla ridefinizione degli obiettivi dell'agenda ONU post-2015.

3.4   Quali sono gli strumenti a livello internazionale che l'UE dovrebbe tenere maggiormente in considerazione per migliorare l'applicazione della normativa contro il traffico di specie selvatiche e per rafforzare la governance?

3.4.1

Il Comitato ritiene che il commercio illegale possa essere più efficacemente monitorato, intercettato e controllato ai varchi doganali, attraverso il coordinamento di autorità nazionali che operino con norme, modalità e finalità omogenee. Appare utile che l'UE promuova azioni volte ad agevolare la sinergica collaborazione e la condivisione di attività di intelligence tra le autorità preposte negli Stati Membri, proprio al fine di rendere omogenee le attività ed i comportamenti, anche prevedendo un'attività di supporto ai nuovi Paesi partner (es. affiancamento temporaneo).

3.4.2

La nuova frontiera del commercio illegale è invece rappresentata dal commercio online che viene filtrato con difficoltà, rischiando di danneggiare anche le forme di commercio legale. Il CESE guarda con interesse ad alcune buone prassi come il protocollo d'intesa sottoscritto tra il Corpo Forestale italiano e i due maggiori portali di annunci online («eBay annunci» e «Subito.it») che prevede l'inserimento di maggiori informazioni a vantaggio dei consumatori, nonché la possibilità di cancellare tempestivamente le inserzioni considerate sospette. Il protocollo prevede anche il controllo delle inserzioni mediante «filtri» che consentono la pubblicazione dei soli annunci che garantiscono la tracciabilità dell'esemplare posto in vendita.

3.4.3

Il coinvolgimento internazionale non può prescindere dal richiamo al rispetto di accordi multilaterali in materia ambientale e del commercio nei settori forestale ed ittico in occasione di accordi di libero scambio conclusi con i Paesi terzi. Si ritiene fondamentale il perseguimento degli obiettivi della CITES sul commercio internazionale di flora e fauna selvatiche, con cui le parti firmatarie intraprendono azioni concrete contro il contrabbando ed il traffico di alcune specie in pericolo di estinzione.

3.4.4

L'autorevolezza dei soggetti partecipanti al Consorzio internazionale per la lotta al crimine contro flora e fauna selvatica (ICCWC) (9), tra i quali CITES, Interpol, l'Ufficio delle Nazioni Unite per il Controllo della Droga e la Prevenzione del Crimine (UNODC), l'Organizzazione Mondiale delle Dogane e la Banca Mondiale, può garantire l'efficacia degli interventi finalizzati al miglioramento delle capacità di applicazione delle norme e del rispetto delle disposizioni degli accordi in materia di controlli sul commercio di specie selvatiche. Si ritiene che l'azione del Consorzio debba avvalersi delle migliori professionalità europee da impegnare nelle azioni di informazione, nell'affiancamento delle autorità nazionali preposte e, non ultima, nella formazione sul campo dei funzionari preposti al controllo.

3.4.5

La costituzione ed il rafforzamento dello Stato di Diritto nei Paesi di provenienza delle specie selvatiche, coniugati alla lotta alla corruzione, rappresentano una condizione essenziale per sradicare il traffico di specie selvatiche. A tal fine il CESE auspica un coinvolgimento diretto dell'UE, anche sotto il profilo finanziario, che favorisca la costituzione di una magistratura inquirente e giudicante associata ad un'attività di sensibilizzazione delle autorità locali.

3.5   Quali sono gli strumenti di intervento dell'UE più idonei ad affrontare la domanda internazionale e dell'UE di prodotti legati al traffico di specie selvatiche? Qual è il ruolo che potrebbero svolgere in questo ambito la società civile e il settore privato?

3.5.1

Il successo della lotta al traffico illegale delle specie selvatiche richiede un duplice intervento a favore di una riduzione dell'offerta, attraverso strategie di deterrenza e repressione delle frodi, e di una contrazione della domanda. Il CESE ritiene a tal fine fondamentale il coinvolgimento attivo e consapevole del settore privato e dei consumatori.

3.5.2

Come enunciato dalla Dichiarazione di Londra, il CESE sostiene la necessità di introdurre misure specifiche per fare in modo che il settore privato agisca responsabilmente, auspicando l'implementazione di un sistema di etichettatura e tracciabilità che garantisca la legalità e la sostenibilità (economica, ambientale e per le comunità locali) del commercio di specie selvatiche. A tal proposito si possono prendere a riferimento i sistemi predisposti e attualmente vigenti per il commercio del caviale e del legno tropicale (10).

3.5.3

Il CESE considera altrettanto necessaria l'informazione e la sensibilizzazione della società civile e dei consumatori sui gravissimi danni ambientali arrecati dai traffici illeciti e il loro impatto sulle future generazioni. Il CESE rinnova la sua disponibilità a promuovere le iniziative che l'UE vorrà intraprendere a riguardo sia nelle sedi istituzionali (scuole, musei, ecc.), sia attraverso networks, conferenze, spot, documentari — all'interno e all'esterno dell'Unione — valorizzando la rete degli attori economico-sociali UE-Africa istituita presso il Comitato.

3.6   Qual è il modo migliore con cui l'UE possa dare un valore aggiunto in termini di peacekeeping e sicurezza del traffico di specie selvatiche?

3.6.1

Il CESE ritiene che, in questo contesto, si debba dedicare particolare attenzione alle specie i cui esemplari, per il loro elevato valore, attirano l'attenzione della criminalità organizzata, in quanto ciò rappresenta una minaccia per la sicurezza interna e persino per la pace mondiale. A questo proposito, occorre prevedere azioni appropriate a livello sia europeo che globale, in cooperazione con Europol, Interpol e altre organizzazioni e forum, nonché con i paesi più direttamente interessati al problema.

3.6.2

Il CESE non sottovaluta che le recenti epidemie mondiali come l'influenza aviaria H5N1 e la SARS sono una conseguenza indiretta del traffico illegale di specie selvatiche. Per questo i suddetti sistemi di etichettatura e tracciabilità, uniti a un adeguato meccanismo di controllo veterinario e fitosanitario possono contribuire a contrastarne l'insorgenza e la diffusione su scala mondiale.

3.7   Quali sono gli strumenti di cooperazione dell'UE che possano prestarsi maggiormente per rafforzare la capacità dei paesi in via di sviluppo di proteggere le specie selvatiche e di contrastare il traffico di tali specie?

3.7.1

Iniziative di cooperazione internazionale nel più ampio contesto di accordi commerciali e/o di partenariato con i Paesi Terzi possono rappresentare uno strumento decisivo per lo sradicamento di tali traffici.

3.7.2

Le ONG possono svolgere un ruolo fondamentale nelle campagne di sensibilizzazione e di sostegno alle politiche volte alla contrazione dell'offerta, configurandosi come l'anello di congiunzione tra le istituzioni e le popolazioni interessate.

3.7.3

Il Comitato evidenzia la necessità di offrire alle popolazioni dei Paesi Terzi impiegate nei traffici illegali di specie selvatiche nuove e migliori opportunità di sviluppo e occupazione sostenibili, anche grazie alla riconversione delle attività illecite in attività legali, come il turismo responsabile (11).

3.8   Quali sono le misure che potrebbero essere realizzate per migliorare le informazioni disponibili sulla criminalità legata al traffico di specie selvatiche al fine di garantire politiche più mirate nel settore?

3.8.1

Il CESE ritiene che la raccolta, l'aggregazione e l'analisi delle informazioni sui fenomeni criminali (banca dati) a opera degli organismi di sicurezza internazionali (Europol, Interpol, UNODC) possa contribuire a migliorare la comprensione delle strategie del crimine organizzato e prevenirne le attività.

3.8.2

In questo contesto, TRAFFIC (12) può svolgere un importante ruolo di sensibilizzazione della comunità internazionale e di supporto nella divulgazione di dati ed informazioni sul commercio illegale presso tutte le autorità coinvolte e gli stakeholders.

3.9   Quali sono le misure che le autorità in materia ambientale, le forze di polizia, le dogane e la magistratura inquirente degli Stati membri potrebbero adottare per rafforzare l'applicazione della normativa contro il traffico di specie selvatiche e la cooperazione tra tali autorità? Quali sono i modi per aumentare la sensibilizzazione del settore giudiziario?

3.9.1

Considerato che i reati ambientali sono strettamente connessi alla corruzione e ai flussi di denaro di origine illecita, il Comitato evidenzia la necessità di includere il traffico di specie selvatiche tra i reati rilevanti ai fini delle misure antiriciclaggio e della lotta alla corruzione. È pertanto favorevole all'applicazione di Linee Guida che descrivano l'uso di strumenti finanziari appositamente predisposti (es. due diligence), volti alla più efficace tracciabilità delle transazioni comunitarie ed internazionali.

3.9.2

Il CESE auspica l'introduzione di sanzioni realmente efficaci, proporzionali e dissuasive soprattutto per contrastare i grandi traffici gestiti dalla criminalità organizzata internazionale. A tal fine, è necessario che le norme emanate dalla UE assicurino che il traffico illegale delle specie selvatiche sia inserito dagli Stati membri tra i «reati gravi» punibili con la reclusione non inferiore, nel massimo, a quattro anni.

3.9.3

Per il CESE è fondamentale sensibilizzare tutte le autorità coinvolte nella lotta al traffico illegale di specie selvatiche, fornendo un'adeguata formazione sia agli agenti preposti al controllo ma anche agli organi giurisdizionali competenti. Tale attività dovrà rientrare nei nuovi processi di coordinamento tra le autorità nazionali dell'UE, coinvolgendo ove possibile anche quelle dei Paesi Terzi.

3.10   Quali sono i modi per sfruttare in maniera migliore gli strumenti già in atto a livello di UE e di Stati membri contro la criminalità organizzata nel traffico di specie selvatiche? Quali sono le misure supplementari di cui si dovrebbe tenere conto, ad esempio sul piano delle sanzioni? Qual è il contributo che Europol ed Eurojust potrebbero apportare in tal senso?

È auspicabile che questi crimini diventino una priorità di contrasto di Europol, con un coordinamento strategico delle Polizie degli Stati membri, come indicato dalla Commissione europea, in grado di perseguire con efficacia sia i reati di cattura, prelievo, detenzione, traffico e commercializzazione di specie di flora e fauna protette, che il commercio ed il traffico illecito di parti e prodotti derivati.

Bruxelles, 5 giugno 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Convention on International Trade of Endangered Species (1973).

(2)  Risoluzione adottata dalla Commissione ONU per la prevenzione della criminalità e la giustizia penale, sostenuta dal Consiglio economico e sociale dell’ONU.

(3)  Negli ultimi anni anche nell'ambito dei paesi UE si registra un aumento delle transazioni illegali di alcune specie rare, come uccelli, coralli, pesci e tartarughe.

(4)  Ad esempio, in Asia la crescente domanda di cashmere ha portato all’incremento degli allevamenti di specie domestiche sottraendo aree di territorio sempre maggiori alle specie selvatiche erbivore (antilopi, cavalli selvatici, asini) alla base della catena alimentare dei grandi predatori autoctoni (es. lupo, leopardo delle nevi). Studio «Globalization of the Cashmere Market and the Decline of Large Mammals in Central Asia» pubblicato su «Conservation Biology».

(5)  Fonte: Rapporto WWF — http://awsassets.panda.org/downloads/wwffightingillicitwildlifetrafficking_french_lr.pdf

(6)  Sottoscritta da Capi di Stato, ministri e rappresentanti di 46 paesi alla Conference on Illegal Wildlife Trade (12 e 13 febbraio 2014).

(7)  Le reti di lotta contro il traffico di specie selvatiche (wildlife enforcement networks) sono delle iniziative regionali intergovernative che mirano allo scambio di informazioni e di buone pratiche sul tema: http://www.cites.org/eng/news/pr/2013/20130307_wen.php

(8)  Dichiarazione di Londra del 14 febbraio 2014.

(9)  International Consortium on Combating Wildlife Crime.

(10)  In ambito CITES, esiste un sistema di etichettatura universale per l'identificazione del caviale, la cui importazione è permessa solo in seguito all'acquisizione di apposite autorizzazioni dalle autorità competenti. Per quanto concerne il commercio nel settore forestale, la normativa comunitaria sostiene l'obiettivo di scoraggiare il traffico di legno tropicale attraverso il sostegno alla realizzazione dei sistemi nazionali di tracciabilità che rafforzi la governance dei paesi partner. Dal marzo 2013 l'UE vieta le importazioni di legname e suoi prodotti da qualsiasi paese del mondo se provenienti dal taglio illegale e indica alle autorità nazionali degli Stati membri di verificare e, se del caso, punire chi commercia legname di origine controversa.

(11)  Il turismo responsabile costituisce un approccio che prevede sia la conservazione dell'ambiente naturale in cui ci si reca che l'attenzione al sostentamento delle popolazioni ospitanti cui è necessario garantire una produzione di reddito. Il turismo consapevole, o eco-turismo, aiuterà molti paesi ad uscire dalla povertà, molte famiglie a sopravvivere, la natura e gli animali ad essere protetti e tutelati.

(12)  http://www.traffic.org/


26.11.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 424/58


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Insieme verso una mobilità urbana competitiva ed efficace sul piano delle risorse

COM(2013) 913 final

2014/C 424/09

Relatore:

IOZIA

La Commissione europea, in data 7 marzo 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Insieme verso una mobilità urbana competitiva ed efficace sul piano delle risorse

COM(2013) 913 final.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 21 maggio 2014.

Alla sua 499a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 giugno 2014 (seduta del 4 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 132 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) condivide la comunicazione della Commissione del 17 dicembre 2013 e ritiene molto importante la continuazione dei programmi di sostegno allo sviluppo di una mobilità urbana efficace e sostenibile quali ad esempio Civitas, IEE ed altri. Coniugare progetti ambiziosi, quale quello proposto, e la scarsezza dei mezzi finanziari disponibili comporta un esame rigoroso ed attento di tutte le soluzioni possibili per indifferibili iniziative nel campo della mobilità sostenibile.

1.2

Il CESE ritiene indispensabile

adottare piani integrati e coordinati realistici e costantemente monitorati, concentrati sia sulla mobilità delle persone che sulla catena logistica e rivolti a tutti i cittadini, specialmente a coloro che hanno mobilità ridotta,

valorizzare il principio di sussidiarietà così come la Commissione ha sapientemente equilibrato tra i vari livelli di responsabilità in particolare coinvolgendo attivamente gli Stati membri,

promuovere la mobilitazione di risorse finanziarie, anche attraverso il coinvolgimento di capitali privati,

coinvolgere i cittadini e le organizzazioni sociali e della società civile, per far diventare il piano della mobilità sostenibile una sfida dell'intera comunità,

sostenere lo scambio di buone pratiche, attraverso un grande ed unico portale europeo,

rilanciare il Patto dei sindaci,

incrementare l'impegno finanziario comunitario e della BEI, che dovrebbero essere il volano della realizzazione su scala europea del progetto della mobilità urbana sostenibile, che coinvolge il 70 % dei cittadini dell'Unione,

rafforzare il coordinamento tra Autorità Pubbliche e i privati che svolgono servizi integrativi di trasporto urbano, con un approccio organico e mirato,

operare per realizzare una logistica coerente ed attivamente orientata al raggiungimento degli obiettivi di una ''città resiliente'' (transition town), in cui tutte le componenti collaborano al miglioramento delle condizioni di vita e di salute dei cittadini,

gestire la complementarietà pubblico privato, aprendo il mercato alla concorrenza, a condizione che siano rispettate integralmente le garanzie sociali, il controllo delle tariffe, la sostenibilità ambientale,

individuare linee guida standard per le caratteristiche dei veicoli del trasporto pubblico, creando un mercato europeo, ove sia possibile realizzare economie di scala con centrali di acquisto.

1.3

Il CESE concorda sul ruolo strategico che la mobilità urbana riveste nell'evoluzione verso città intelligenti, a misura di persona, capaci di vincere le sfide ambientali, e adattarsi a nuovi contesti e pone l'accento sulla continua necessità di superare la settorialità che ancora oggi caratterizza in molti casi le politiche dei trasporti.

1.4

Gli interventi che saranno realizzati dovranno tenere in debito conto la necessità di un equilibrio tra aspetti sociali economici ed ambientali, i tre assi dello sviluppo sostenibile.

1.5

Il CESE non è contrario a misure di aperture alla concorrenza e al mercato del trasporto urbano, a condizione che siano salvaguardati i diritti dei lavoratori e i loro posti di lavoro, le garanzie del mantenimento di una rete distribuita, l'effettivo miglioramento del servizio e le tariffe. Una costante azione di monitoraggio dovrà essere compiuta per verificare il rigoroso rispetto dei termini contrattuali.

1.6

Il CESE ritiene che una efficace, efficiente e sostenibile politica dei trasporti si basi su:

 

A livello europeo

far diventare i piani della mobilità sostenibile una grande esperienza comunitaria, che coinvolga la città con iniziative sul territorio, per migliorare la percezione dei cittadini verso le esigenze di cambiamento anche di abitudini radicate;

un rilancio in grande stile del Patto dei sindaci sulla efficienza energetica, che comprende l'efficientamento della mobilità urbana;

il finanziamento delle iniziative necessarie, attraverso la mobilitazione di risorse europee, come i fondi strutturali, Orizzonte 2020, per la parte ricerca ed innovazione nel settore;

i fondi BEI a tassi agevolati e lo sviluppo ove possibile di partenariati pubblico privati (PPP) per la realizzazione e la gestione di grandi infrastrutture urbane;

 

A livello nazionale

l'incentivazione verso il trasporto più efficace e meno inquinante, l'utilizzo delle nuove tecnologie;

la garanzia dell'effettivo diritto, in particolare dei cittadini a ridotta mobilità (R.M.P) alla mobilità sostenibile;

 

A livello territoriale

l'intermodalità;

lo sviluppo di poli di telelavoro;

politiche formative congiunte rivolte ai funzionari pubblici ed ai professionisti del settore per sviluppare competenze e strategie unitarie;

politiche mirate e sostenibili di regolamentazione degli accessi nelle aree urbane centrali;

il coordinamento con le aree limitrofe ai grandi centri urbani per strategie unitarie;

il coinvolgimento delle cittadine e dei cittadini nella ricerca delle migliori soluzioni;

la costante opera di monitoraggio dei risultati raggiunti e le modifiche appropriate e rapide delle misure inefficaci;

l'educazione ad un uso responsabile del trasporto pubblico e privato;

lo sviluppo di cooperazione tra imprese per coordinare il trasporto da e per i complessi produttivi e i distretti dell'artigianato;

il coinvolgimento dei gruppi obiettivo, cioè di gruppi con esigenze simili, per valutare insieme le caratteristiche dei servizi mirati alle specifiche necessità.

1.7

Il CESE sottolinea l'importanza di una più stretta cooperazione tra gli organismi pubblici competenti ed i cittadini, e riporta quanto la Commissione scrisse nel piano d'azione sulla mobilità urbana (1) con particolare attenzione alle esigenze in materia di mobilità dei gruppi vulnerabili come gli anziani, i gruppi a basso reddito e le persone a mobilità ridotta, che necessitano di politiche specifiche.

1.8

Il CESE ritiene che la Commissione avrebbe dovuto richiamare ancora con forza questi aspetti, che costituiscono una discriminazione intollerabile. La Commissione dovrebbe assumere l'impegno di vigilare negli Stati membri perché questo diritto fondamentale europeo, il diritto alla mobilità, sia garantito a tutti i cittadini senza nessuna discriminazione.

1.9

Il Comitato richiede che venga affrontato e risolto anche il tema della Povertà nella mobilità, così come l'Unione ha fatto nel caso della povertà energetica e in altri campi; gli Stati membri devono prevedere delle misure a favore delle classi sociali più vulnerabili e povere. Il diritto alla mobilità è un diritto di tutti e non può essere limitato solo ai cittadini abbienti.

1.10

Il CESE richiama l'attenzione sul potenziale della logistica urbana nell'ambito del miglioramento dell'efficienza e della sostenibilità. Alla logistica andrebbe quindi riservata un'adeguata attenzione nella pianificazione urbana e nei progetti di cooperazione. Il CESE accoglie inoltre con favore le iniziative previste dalla Commissione in questo settore.

1.11

Il CESE sollecita la Commissione a concentrare con un unico strumento tutte le iniziative e le politiche nel campo della mobilità urbana. Ci sono almeno 5 portali che se ne occupano, con dispendio di risorse e relativa efficacia.

1.12

L'Europa e gli Stati membri hanno bisogno di sviluppare una politica comune, integrata condividendo una visione ambiziosa. Bisogna educare i cittadini a forme di trasporto alternativo e meno inquinante. L'educazione è la prima forma di cambiamento. Riscoprire la bellezza di passeggiare in città, spostarsi in bicicletta per andare al lavoro o per ritrovarsi con gli amici. Le autorità pubbliche dovrebbero incentivare questa mobilità sostenibile con iniziative di tipo culturale, sviluppando percorsi storici o architettonici nei centri cittadini, con visite guidate, sostenendo l'organizzazione di passeggiate ciclistiche, che richiamano l'attenzione per la loro vivacità e stimolano l'emulazione.

1.13

Le città di oggi subiranno profondi cambiamenti nei piani architettonici ed urbanistici nei prossimi decenni. Il CESE raccomanda una diffusione di tutte le misure disponibili. Grazie alle TIC, all'innovazione urbana, e alle iniziative locali, è possibile migliorare la mobilità e preparare città più vivibili per le future generazioni.

1.14

Il CESE raccomanda di prendere nella dovuta considerazione la necessità di distribuire in modo equanime ed uniforme la rete del trasporto urbano, evitando di costringere le persone che abitano in zone mal servite o per nulla servite dal trasporto pubblico ad essere confinate nei moderni ghetti delle città.

1.15

È indispensabile sviluppare un forte e coeso coordinamento tra tutte le istanze decisionali pubbliche e private a tutti i livelli. I piani di mobilità urbana sostenibile, coerenti con gli obiettivi in materia di clima, ambiente ed energia, di tutela della salute, di risparmi di tempo ed energia, di volano formidabile dell'economia devono diventare una priorità a tutti i livelli nella UE.

1.16

Il CESE raccomanda l'adozione di azioni concrete orientate a sviluppare piste ciclabili e pedonali dedicate esclusivamente a questo tipo di mobilità sostenibile, da realizzare ove possibile ed in collegamento con i nodi intermodali di trasporto pubblico.

2.   Introduzione

2.1

L'Europa e tra i continenti più urbanizzati al mondo. Più di due terzi della popolazione europea vive oggi nelle aree urbane e questa percentuale continua a crescere (relazione «Città del futuro» della Commissione europea, 2011). In molte città, la mobilità è sempre più difficile e inefficiente sotto il profilo delle risorse, spesso caratterizzata da una cronica congestione del traffico, con un costo annuo stimato in 80 miliardi di euro (costo totale dovuto alla congestione del traffico: cfr. SEC(2011) 358 final), cattiva qualità dell'aria, gli incidenti, inquinamento acustico e alte emissioni di CO2. In Europa, infatti, la mobilità urbana si basa in grandissima parte sull'uso di automobili private ad alimentazione convenzionale.

2.2

Siim Kallas, vicepresidente della Commissione europea e commissario per la Mobilità e i trasporti, ha dichiarato: «Affrontare i problemi di mobilità urbana rappresenta oggi una delle maggiori sfide del settore dei trasporti. Possiamo essere più efficaci solo con un'azione coordinata» (http://europa.eu/rapid/press-release_IP-13-1255_it.htm).

2.3

Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'UE hanno riconosciuto che per migliorare l'efficienza e il risparmio energetico, è necessario adottare opportune strategie all'interno del settore dei trasporti per affrontare il problema dell'uso dell'energia e delle emissioni di gas a effetto serra. A questo scopo è stata adottata la direttiva 2009/33/CE del 23 aprile 2009 che mira a stimolare il mercato dei veicoli adibiti al trasporto su strada puliti e a basso consumo energetico tenendo conto dell'impatto energetico e ambientale durante l'intero ciclo di vita.

2.4

Il Libro bianco, Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti — «Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile» COM(2011) 144 del 28 marzo 2011 — ha come obiettivo quello di costruire un sistema di trasporto moderno e competitivo stimolando la crescita economica e l'occupazione, ridurre la dipendenza europea dal petrolio e tagliare le emissioni di CO2.

2.5

Attualmente nell'UE i trasporti sono la causa di un quarto del totale di emissioni di CO2 e contribuiscono in modo rilevante, soprattutto nelle zone urbane, al deterioramento della qualità dell'aria (particolato, NOx, HC e CO). L'utilizzo di carburanti alternativi alla benzina e al diesel ridurrebbe l'impatto ambientale del trasporto stradale, a patto che questi siano prodotti in modo sostenibile.

2.6

Nel parere sul «Piano d'azione sulla mobilità urbana» (2) il CESE aveva espresso vivo apprezzamento per la pubblicazione della Commissione europea nel 2009 del Piano d'azione sulla mobilità urbana nel quale sottoponeva agli enti locali e regionali e alle autorità nazionali un ventaglio di proposte volte a consentire una qualità di vita quanto più possibile elevata e sostenibile nelle aree urbane. Per contro, la maggior parte delle misure proposte erano prive di carattere vincolante.

2.7

Tra gli obiettivi per un sistema dei trasporti competitivo ed efficiente sul piano delle risorse proposti dalla Commissione figura quello di «dimezzare entro il 2030 nei trasporti urbani l'uso delle autovetture “alimentate con carburanti tradizionali” ed eliminarlo del tutto entro il 2050 e conseguire nelle principali città un sistema di logistica urbana a zero emissioni di CO2 entro il 2030, e quello di avvicinarsi entro il 2050 all'obiettivo “zero vittime” nel trasporto su strada (3)

2.8

Da una sintetica rassegna delle iniziative messe in campo dall'Unione europea per una mobilità urbana sostenibile, il presente parere focalizza l'attenzione sulla recente comunicazione della Commissione Insieme verso una mobilità urbana competitiva ed efficace sul piano delle risorse. È proprio dalle città infatti, caratterizzate da un'alta densità di popolazione, che è possibile ri-orientare l'attuale modello di sviluppo verso un più efficiente utilizzo delle risorse disponibili.

2.9

Le nuove sfide ambientali che le città e i cittadini sono chiamati ad affrontare nel prossimo futuro hanno contribuito a rafforzare la centralità del tema della mobilità urbana verso la costruzione di città «resilienti» (transition town). Il concetto di resilienza nell'esaminare le politiche per la mobilità in ambito urbano dovrebbe fornire una decisiva spinta verso una più efficace integrazione delle trasformazioni urbane, garantendo un approccio integrato di governo fra politiche energetiche, ambientali e per la mobilità.

2.10

Il CESE concorda sull'utilizzo di un approccio integrato che promuova misure nei diversi settori quali ambiente e sanità, tecnologie pulite ed efficienti sul piano energetico, miglioramento delle infrastrutture, pianificazione urbanistica e dei trasporti, logistica della consegna merci, innovazione e ricerca, sicurezza stradale e sensibilizzazione dell'opinione pubblica.

2.11

Il CESE sottolinea l'importanza dell'attenzione rivolta alla riduzione degli incidenti stradali e al miglioramento della salute dei cittadini, attraverso l'adozione di strategie di lungo respiro volte a mettere in atto tutte le misure idonee per il raggiungimento di obiettivi ambiziosi. Ogni vita umana salvata da queste politiche, ogni incidente evitato, ogni cittadino salvaguardato rappresenta per la società un valore inestimabile e questo deve essere il metro di giudizio su cui considerare l'urgenza dei provvedimenti.

3.   Le iniziative europee nel quadro della mobilità urbana

3.1

Strategie e iniziative in ambito europeo sono state orientate a facilitare forme di mobilità urbana sostenibile tali a favorire innovazioni relative ai modi e ai mezzi del trasporto urbano, alla promozione di un sistema urbano intermodale, a politiche in favore del trasporto pubblico e degli spostamenti pedonali e ciclabili, e all'integrazione della mobilità urbana all'interno di un quadro integrato e strategico di sviluppo urbano. Purtroppo i fondi disponibili sono stati ridotti e non sono sufficienti per le iniziative necessarie da intraprendere ai diversi livelli. A loro volta gli Stati membri hanno tagliato fondi alle Amministrazioni locali che hanno dovuto rallentare i loro piani di miglioramento della mobilità urbana. È urgente un radicale cambiamento di rotta, riprendere la strada virtuosa degli investimenti e del lavoro, e soprattutto migliorare rapidamente la qualità della vita delle persone.

3.2

Le città e comunità intelligenti

3.3

Il partenariato di innovazione europeo (EIP) sulle città e comunità intelligenti è l'evoluzione dell'iniziativa città e comunità intelligenti lanciata nel 2011 dalla Commissione europea; esso riunisce i rappresentanti dei cittadini, delle imprese e delle comunità e offre loro uno spazio dove possono identificare, sviluppare e attuare soluzioni innovative e trasformarle in realtà. La mobilità urbana sostenibile è uno dei filoni principali sul quale l'EIP si concentrerà, insieme a quartieri e ambienti edificati sostenibili, infrastrutture e processi integrati nei settori dell'energia, delle tecnologie di informazione e comunicazione e dei trasporti.

3.4

Civitas

3.5

Dal 2002 l'iniziativa Civitas, cofinanziata dalla Commissione europea, ha portato un vento di aria fresca nelle città introducendo sistemi di trasporto sostenibili in più di 200 città europee e costituisce oggi una rete molto attiva in questo settore. Nell'ambito di Orizzonte 2020 la Commissione intende rafforzare tale iniziativa verso l'utilizzo di tecnologie innovative per realizzare una mobilità competitiva ed efficiente sul piano delle risorse. Il CESE più volte ha sottolineato l'importanza di questa iniziativa e di altre assunte nel campo della promozione della mobilità sostenibile.

3.6

Rete transeuropea dei trasporti (TEN-T)

3.7

L'Unione europea sostiene progetti di interesse comune nelle aree urbane, destinati ad esempio al miglioramento delle operazioni di logistica urbana che sono parte integrante delle catene di approvvigionamento nazionale o internazionale.

3.8

Il Patto dei sindaci

3.9

Il passaggio verso modi di trasporto più sostenibili avviene con grande lentezza. L'iniziativa del Patto dei sindaci lanciato dalla Commissione nel 2008 incoraggia le città firmatarie ad integrare le tematiche relative ai trasporti e alla mobilità urbana nei Piani d'azione per l'energia sostenibile (PAES) garantendo il coinvolgimento dei cittadini e, più in generale, lapartecipazione della società civile (orientamenti del Patto dei sindaci in merito ai PAES).

4.   Contenuto della comunicazione

4.1

La comunicazione della Commissione focalizza l'attenzione sull'attuale difficoltà e inefficienza della mobilità all'interno delle città europee, trattando problemi quali l'alta congestione del traffico, le alte emissioni di CO2, la qualità dell'aria, gli incidenti mortali nel contesto urbano, e gli impatti sulla salute umana.

4.2

Obiettivo della comunicazione è incrementare il sostegno alle città europee nella loro lotta contro i problemi della mobilità urbana per garantire uno sviluppo sostenibile e per conseguire gli obiettivi di un sistema di trasporti europeo più competitivo ed efficiente sul piano delle risorse.

4.3

Perciò la Commissione rafforzerà le sue misure di sostegno in materia di mobilità sostenibile nei settori con valore aggiunto europeo come segue.

4.3.1

Condividere le esperienze e mettere in rilievo le migliori pratiche; misure idonee alla diffusione delle migliori pratiche, portali dedicati, la costituzione di un gruppo di esperti europei costituiscono il nucleo delle attività che la Commissione ha deciso di avviare.

4.3.2

Garantire un sostegno finanziario mirato: con i fondi strutturali e di investimento dell'UE si potranno mettere in campo azioni concrete e condivise in particolare nelle regioni più svantaggiate. fondi strutturali, Fondo sociale europeo, altri fondi disponibili continueranno a finanziare gli impegni di spesa sul versante del trasporto urbano.

4.4

Sostenere ''Ricerca e innovazione: l'iniziativa Civitas 2020 nel quadro di Orizzonte 2020 permetterà alle città, alle imprese, alle università e ad altri soggetti interessati di sviluppare e testare nuovi approcci ai problemi di mobilità urbana.

4.4.1

In particolare la Commissione propone di lavorare:

4.5

Coinvolgere gli Stati membri: la Commissione invita gli Stati membri a creare le giuste condizioni affinché le città e le metropoli possano elaborare e attuare i loro piani di mobilità urbana sostenibile. Questo è l'asse principale che la Commissione tratta ed è fondamentale che riceva risposte convinte e positive da parte degli Stati membri. La sussidiarietà in questo caso è una strategia indispensabile e vincente, a condizione che tutti facciano con impegno la loro parte.

4.6

Lavorare insieme: la Commissione formula una serie di raccomandazioni specifiche per un'azione coordinata tra tutti i livelli di governo e tra il settore pubblico e quello privato su quattro aspetti:

logistica urbana;

accessi regolamentati;

attuazione delle soluzioni basate sui sistemi di trasporto intelligenti (ITS);

sicurezza stradale nelle aree urbane.

Bruxelles, 4 giugno 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2009) 490 definitivo/2.

(2)  GU C 21 del 21.1.2011, pag. 56-61.

(3)  COM(2011) 144 final.


26.11.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 424/64


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Costi e prezzi dell’energia in Europa

[COM(2014) 21 final]

2014/C 424/10

Relatore:

ADAMS

La Commissione europea, in data 15 gennaio 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Costi e prezzi dell’energia in Europa

COM(2014) 21 final.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 21 maggio 2014.

Alla sua 499a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 giugno 2014 (seduta del 4 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 140 voti favorevoli, 10 voti contrari e 13 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

In generale i prezzi dell’energia si attestano oggi su livelli storicamente elevati ed è probabile che salgano ancora fino a superarli: questo è un fattore che incide fortemente sul bilancio di molti utenti domestici di tutta Europa e interessa in misura più o meno analoga anche i consumatori industriali. La comunicazione della Commissione sottolinea la necessità di una maggiore comprensione da parte della società civile del modo in cui la composizione dei prezzi dell’energia può conciliare i nostri obiettivi climatici con la nostra esigenza di sicurezza energetica. Senza questo tipo di comprensione non sarà possibile conseguire entro breve né la volontà politica né l’accettazione da parte dei consumatori.

1.2.

I prezzi dell’energia possono costituire un significativo fattore di competitività per l’industria. Tuttavia, un’analisi economica della competitività industriale non si dovrebbe limitare ai prezzi dell’energia. Occorre infatti tenere conto anche di altri fattori essenziali come l’intensità energetica e la quota dei costi energetici nei costi totali di produzione e nei margini di profitto. È indispensabile stabilire una coerenza globale nel contenimento dei cambiamenti climatici. Se l’Europa intende assumere il ruolo di leader questo potrebbe comportare una mancanza di competitività, la delocalizzazione delle industrie e l’esportazione di carbonio.

1.3.

L’efficienza energetica, le energie rinnovabili e altre fonti energetiche interne sono tutti elementi in grado di migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento; tuttavia, ciascuno di essi è legato a fattori di costo, rischi, ad un determinato impatto ambientale e all’accettazione sociale. Alla luce della diversità degli approcci e degli atteggiamenti nei vari paesi, è essenziale procedere a un’analisi trasparente dei costi, a una revisione e a un migliore coordinamento degli strumenti di sostegno (come i regolamenti e le tariffe di riacquisto) per stabilire un mix energetico accettabile per ciascuno Stato membro; la cooperazione con i paesi vicini è un fattore altrettanto importante.

1.4.

È necessario garantire la capacità dell’industria di adattarsi in futuro, così come ha già fatto in passato, e rafforzare quella del settore energetico, in particolare per realizzare gli investimenti necessari nel sistema energetico. Questo richiede degli impegni precisi in tal senso da parte dei governi, impegni che devono essere coerenti con il mercato interno europeo dell’energia.

1.5.

Questo mercato deve essere completato ma, affinché sia in grado di realizzare il suo pieno potenziale, dev’essere sostenuto da strumenti di mercato adeguati, da un efficace coordinamento delle politiche energetiche nazionali a livello di UE e da un chiaro orientamento comune. A tal fine sarà indispensabile insistere ancora una volta sulla necessità di disporre di dati trasparenti e accurati. Occorre tener conto delle situazioni specifiche dei singoli Stati membri, per esempio per quanto concerne le «isole energetiche» esistenti e, nell’analisi dei prezzi, bisogna prendere in considerazione il fatto che, in assenza di infrastrutture adeguatamente sviluppate, per le quali sono necessari grandi investimenti, il mercato interno dell’energia non può essere completato e gli Stati membri non possono beneficiare dei suoi vantaggi.

1.6.

L’ottimizzazione dei costi mediante un più stretto coordinamento e una maggiore solidarietà a livello di UE è cruciale, soprattutto se si considera che le leve della politica energetica rimangono sotto il controllo diretto degli Stati membri. Dal momento che in passato il coordinamento è stato insufficiente, è necessario adottare un nuovo approccio. È inoltre essenziale che, di fronte ad un approvvigionamento energetico che si fa di giorno in giorno più incerto, gli Stati membri diano prova di solidarietà e attribuiscano anche maggiore importanza all’avanzamento di ricerca e sviluppo comuni per la soluzione dei problemi che emergono nella catena di produzione e approvvigionamento dell’energia.

1.7.

La creazione di hub del gas liquido tra gruppi di Stati membri può ottimizzare e ridurre i costi contribuendo al disaccoppiamento dei prezzi del petrolio e del gas e migliorando la flessibilità dei produttori di energia.

1.8.

Per rafforzare il coordinamento, il CESE sollecita l’adozione di iniziative a favore di un vasto programma che preveda il dialogo sull’energia a livello europeo, programma per il quale chiede inoltre un sostegno diretto. Questo progetto dovrebbe coinvolgere i consumatori di energia, sia domestici che industriali, e gli attori commerciali e istituzionali della catena energetica, nonché le autorità locali, regionali e nazionali.

1.9.

Questo Dialogo europeo per l’energia — inclusivo, rappresentativo, indipendente e trasparente — dovrebbe costituire la base del nuovo processo di governance proposto dalla Commissione per realizzare gli obiettivi in materia di energia e clima formulati nel pacchetto quadro per il 2013.

2.   Introduzione e contesto

2.1.

Da parecchi anni i prezzi dell’energia, e soprattutto quelli dell’elettricità, aumentano a un ritmo superiore all’inflazione per la maggior parte dei consumatori dell’UE, tanto per le utenze domestiche che per quelle industriali. In tutta l’Europa le famiglie risentono dell’impatto di questo fenomeno sul loro bilancio e in alcuni Stati membri la povertà energetica è notevolmente aumentata. Ne risente anche la competitività di alcuni settori, in particolare quella delle industrie ad alta intensità energetica. In passato l’industria ha spesso reagito all’aumento dei prezzi migliorando l’efficienza energetica e specializzandosi nella produzione ad alto valore aggiunto, ma si può affermare che le possibilità di ricorrere a queste strategie stanno diminuendo. La recessione economica non ha fatto che accrescere la pressione e, nonostante l’incremento dell’efficienza energetica e i tagli operati, i costi continuano ad aumentare per la maggior parte dei consumatori.

2.2.

Il pacchetto presentato dalla Commissione europea nel gennaio 2014 contiene due relazioni importanti che fanno direttamente riferimento ai prezzi e ai costi dell’energia: il documento di lavoro dei servizi della Commissione su costi e prezzi dell’energia e il documento sugli sviluppi economici nel settore dell’energia in Europa. Il pacchetto definisce una serie di obiettivi in materia di energia e clima per il periodo fino al 2030, e suggerisce che sia possibile conciliare tra loro la protezione del clima, il mantenimento della competitività industriale e l’offerta ai cittadini di energia a prezzi accessibili. Questo richiede una comprensione, un riconoscimento e una comunicazione condivisi dei benefici concreti sul piano economico, sociale ed ambientale che derivano dalla riduzione delle emissioni e dall’ecologizzazione dell’economia. Il pacchetto riconosce in maniera implicita l’importanza fondamentale del sostegno pubblico anche in futuro e la necessità di adottare un approccio più realistico alle sfide, soprattutto a quelle finanziarie. Secondo la Commissione ‘gli obiettivi trasmettono un segnale forte al mercato, incoraggiando gli investimenti privati in nuovi gasdotti/oleodotti e reti di energia elettrica o in tecnologie a basso contenuto di carbonio (1).

2.3.

La comunicazione su costi e prezzi dell’energia — esaminata nel presente parere — segnala, analogamente all’Agenzia internazionale per l’energia (AIE) (2), che per effetto combinato dei prezzi sul mercato mondiale, degli indispensabili investimenti su vasta scala nelle infrastrutture e nell’efficienza energetica e delle imposte legate ai problemi climatici, i prezzi dell’energia si manterranno ai livelli attuali, storicamente elevati. Questo fattore non solo può avere gravi ripercussioni sui consumatori, ma per di più l’attuale prezzo all’ingrosso dell’elettricità per il settore dell’energia elettrica — pari a circa 40 EUR/MWh — non consentirà al settore di effettuare gli investimenti necessari né per sostituire gli attivi obsoleti né per far fronte al problema del cambiamento climatico. Il presente parere si concentra sulla probabile reazione della società civile e sulla misura entro cui sia possibile mettere in campo chiari segnali del mercato e una capacità di risposta politica allo scopo di conseguire gli obiettivi strategici.

3.   Sintesi della comunicazione della Commissione

3.1.

Nel corso dei cinque anni successivi al 2008, i prezzi al dettaglio dell’energia in Europa hanno registrato un aumento che in alcuni Stati membri è stato piuttosto significativo, nonostante prezzi dell’elettricità all’ingrosso relativamente stabili e prezzi del gas all’ingrosso costanti. L’impatto sulle utenze domestiche e industriali, soprattutto nel periodo di recessione economica, è stato considerevole e dovrebbe continuare ad essere tale. Si registrano tuttavia marcate disparità tra gli Stati membri, dato che alcuni consumatori pagano prezzi maggiorati del 250-400 % rispetto ad altri. Questo aumento è dovuto per lo più all’aumento dei costi di trasmissione e distribuzione, da un lato, e all’aumento delle tasse e delle imposte dall’altro, anche se il costo dell’energia primaria rimane il principale fattore che determina, preso singolarmente, la composizione dei prezzi.

3.2.

I governi dell’UE devono completare il mercato interno dell’energia nel 2014. La liberalizzazione del mercato stimolerà gli investimenti e la concorrenza e migliorerà l’efficienza in diversi settori, determinando possibili benefici sotto forma di un abbassamento dei prezzi. Le utenze domestiche e quelle industriali (in particolare le PMI) possono ridurre la loro bolletta energetica passando a fornitori di energia che praticano prezzi inferiori, laddove il numero di fornitori è sufficientemente elevato.

3.3.

I governi dell’UE devono inoltre sviluppare ulteriormente le loro infrastrutture energetiche, diversificare gli acquisti di energia e le relative rotte, e adottare una posizione unitaria nei negoziati con i principali partner in campo energetico.

3.4.

Gli Stati membri dovrebbero altresì garantire che le politiche energetiche finanziate dagli utenti finali e dai contribuenti venissero applicate nel modo più efficiente possibile sotto il profilo dei costi e nel rispetto delle buone pratiche del settore.

3.5.

L’UE e i governi degli Stati membri devono fare di più per stabilire dei confronti tra le pratiche e i costi delle varie reti. La convergenza delle pratiche attuate dalle reti in tutta Europa potrebbe migliorare l’efficienza e ridurre la componente «costo di rete» dei prezzi.

3.6.

Le utenze domestiche e industriali possono, in una certa misura, mantenere bassi i costi dell’energia migliorando l’efficienza energetica. Alcune misure adottate su base volontaria dai consumatori per adattare la quantità di energia che consumano o il momento in cui la consumano (gestione della domanda) e delle tecnologie innovative in campo energetico possono servire a risparmiare energia e denaro.

3.7.

L’UE deve proseguire i propri sforzi con i partner internazionali sulla questione dei sussidi per l’energia e delle restrizioni alle esportazioni, e contribuire a tutelare determinati consumatori industriali mediante trasferimenti fiscali, esenzioni e riduzioni delle imposte e delle tasse.

3.8.

In sostanza, la Commissione si pronuncia a favore del completamento di un mercato unico dell’energia nell’UE e raccomanda sia ai consumatori domestici che a quelli industriali di adottare iniziative per migliorare la loro efficienza energetica e ricorrere a meccanismi di gestione della domanda e ad altre nuove tecnologie e innovazioni in campo energetico per risparmiare energia e denaro, e suggerisce inoltre che gli Stati membri migliorino significativamente il trasporto e la distribuzione di energia. Osserva inoltre che la crescita delle energie rinnovabili può contribuire direttamente a migliorare la sicurezza energetica. Riconosce altresì che, per quanto riguarda le utenze domestiche in alcuni Stati membri, è necessario risolvere il problema della povertà energetica, prevalentemente tramite misure di politica sociale. Qualora il previsto declino della situazione della concorrenza relativamente all’energia per l’industria dovesse confermarsi, vi si potrebbe far fronte, principalmente in ambito OMC, riducendo al minimo le sovvenzioni all’energia da parte dei paesi concorrenti dell’UE sul piano internazionale e grazie anche ad altri trasferimenti fiscali.

4.   Osservazioni generali

4.1.

La risposta strategica proposta dalla Commissione solleva tre interrogativi fondamentali. In primo luogo, indipendentemente dal completamento del mercato interno dell’energia, è giustificato continuare a perseguire, o persino rafforzare, l’approccio a favore di un’economia «verde», come si raccomanda nel quadro fino al 2030, e quali sarebbero le conseguenze di una tale decisione per i prezzi e i costi dell’energia? In secondo luogo, è possibile convincere la società civile, coinvolgendola in un efficace dialogo sociale, che si tratta di un approccio valido e accettabile? In terzo luogo, sarà possibile stimolare il mercato affinché generi investimenti privati in Europa in nuovi gasdotti/oleodotti e reti di energia elettrica, oltre che in tecnologie a basso contenuto di carbonio?

4.2.

L’energia, in generale e nelle sue varie forme, è probabilmente in termini di valore la materia prima commercializzata nel mercato globale più vasto che esista. Alla luce del ruolo centrale svolto dall’energia nello sviluppo economico, nel prossimo futuro saranno indubbiamente necessari ingenti investimenti nella ricerca, prospezione, sviluppo, produzione e trasmissione di energia. Ciò vale anche per la necessità, sottolineata di recente, di garantirsi un approvvigionamento sicuro di energia, secondo il motto «Le luci devono rimanere accese», in cui per «luci» si intende l’importanza del ruolo essenziale dell’energia nella società moderna. È necessario riconoscere che — attualmente — gli altri obiettivi di politica energetica, siano essi a livello nazionale o europeo, tendono a essere subordinati alla sicurezza dell’approvvigionamento, un fattore che va maggiormente riconosciuto nella comunicazione, e che garantire tale sicurezza può anche comportare dei costi supplementari.

4.3.

Allo stesso tempo, se si intendono sostenere i costi a breve e medio termine della transizione verso la produzione di energia a basse emissioni di carbonio, occorre anche continuare a tenere conto di tutta una serie di fattori fondamentali a livello globale e sottolinearne ancora una volta l’importanza.

La produzione di energia ha un significativo impatto ambientale sul nostro pianeta e su noi stessi, avvertibile soprattutto nel fenomeno del cambiamento climatico ma anche negli effetti negativi sulla salute.

Attualmente, l’82 % della domanda mondiale di energia è soddisfatto dai combustibili fossili che, nel lungo periodo, costituiscono una risorsa destinata all’esaurimento.

Per quanto riguarda la disponibilità delle risorse, si parte dal principio che vi siano meno vincoli («peak oil», ecc.) a seguito delle nuove attività di prospezione o dello sviluppo di nuovi processi di estrazione, e le pressioni del mercato a favore dell’uso di risorse di combustibile fossile non convenzionale si intensificheranno notevolmente.

Limitarsi a sfruttare un terzo delle risorse conosciute di combustibili fossili è più che sufficiente per spingere il pianeta oltre la soglia di 450 ppm di gas a effetto serra (vale a dire 2 oC), eppure le nuove tecniche di prospezione e di estrazione continuano a essere oggetto di massicci investimenti (3).

Sarà inevitabile compiere un processo di transizione che porti all’abbandono dei combustibili fossili, ma il nodo risiede nel ritmo con cui esso verrà realizzato: dovrà infatti essere sufficientemente rapido per impedire l’insorgere di scompensi climatici, pur preservando la stabilità delle strutture economiche e sociali. Sarà estremamente importante realizzare un’azione congiunta a livello globale, come pure preservare la capacità economica dell’UE di contribuire a tale processo di transizione. È indispensabile stabilire una coerenza globale nel contenimento dei cambiamenti climatici. Se l’Europa intende assumere il ruolo di leader questo potrebbe comportare una mancanza di competitività, la delocalizzazione delle industrie e l’esportazione di carbonio.

4.4.

Oggi è chiaro che i mercati da soli spesso non sono in grado di risolvere i problemi sociali ed ambientali — non è infatti questo il loro ruolo. Il CESE ritiene che i mercati, benché siano spesso in grado di conseguire obiettivi di breve periodo in termini di costi e di efficienza, vadano trasformati per mezzo di strumenti di mercato efficaci per consentire loro di realizzare una serie di priorità in ambito sociale (4). Per fare questo occorrono una buona regolamentazione, il sostegno e la partecipazione della società civile, ma anche lo sviluppo di un forte impegno nel campo della responsabilità sociale delle imprese.

4.5.

Se nella società non si fa strada una maggiore comprensione del dilemma di fronte al quale si trovano sia l’UE che il mondo intero, non sarà possibile conseguire tanto presto né la volontà politica né l’adesione dei consumatori. Con ogni probabilità i prezzi dell’energia continueranno ad aumentare, suscitando reazioni assai negative da parte dei consumatori. La sfida consisterà nell’attenuare l’impatto politico e sociale di questi rialzi dei prezzi.

4.6.

Il CESE ritiene che l’approccio più efficace consista nell’invitare i consumatori di energia europei, sia domestici che industriali, e gli attori commerciali ed istituzionali della catena energetica ad impegnarsi pienamente in un dialogo attivo e creativo su questi problemi, dialogo che porterà a delle iniziative concrete.

4.7.

Nella comunicazione vi sono scarse indicazioni che si sia tenuto conto di un simile approccio. Se da un lato il termine «mercati» ricorre 41 volte nel testo, vi sono solamente tre riferimenti poco significativi al «coinvolgimento», al «cittadino», al «dialogo» o alla «consultazione». Il documento relativo al quadro strategico per il periodo 2020-2030 presenta caratteristiche simili.

4.8.

La coerenza e l’azione sono fattori essenziali in questo ambito. Il documento quadro del 2011 intitolato Tabella di marcia per l’energia 2050 ha riconosciuto e sviluppato questo aspetto («Il coinvolgimento dei cittadini è essenziale», punto 3.4), ma poche azioni sono state intraprese in questo senso.

4.9.

Pertanto, il CESE esorta le istituzioni e gli Stati membri dell’UE ad adottare e attuare con urgenza il quadro per un Dialogo europeo sull’energia adottato dal Comitato nel 2013 nel parere sul tema Bisogni e metodi per il coinvolgimento e l’impegno dei cittadini nel campo della politica energetica  (5). Un dialogo di questo tipo avrebbe un ruolo determinante nella creazione e nel mantenimento di un processo di governance su scala UE per il conseguimento degli obiettivi in materia di energia e clima.

4.10.

Questo processo dovrebbe porre l’accento sui seguenti aspetti:

un’importanza molto maggiore accordata alla trasparenza, ad una solida regolamentazione e alla governance a tutti i livelli;

una maggiore comprensione e fiducia da parte dei cittadini-consumatori nel funzionamento del mercato dell’energia, grazie anche ad iniziative di formazione e consulenza adeguate;

una maggiore partecipazione dei cittadini alla definizione del mix energetico dei singoli Stati membri e di quello dell’UE;

un margine di manovra lasciato ai paesi dell’Unione nella scelta delle politiche che meglio si adattano al loro mix energetico e alle loro preferenze, senza tuttavia perdere di vista l’obiettivo di una convergenza a livello europeo;

il conseguimento degli obiettivi nazionali (gas a effetto serra, fonti energetiche rinnovabili ed efficienza energetica) nel quadro dell’integrazione dei mercati.

4.11.

Già in precedenza si è sottolineata la variazione dei prezzi dell’energia da un paese all’altro dell’UE. Sebbene questo sia in parte dovuto alla variabilità dei costi di produzione e di approvvigionamento, un fattore che vi contribuisce in modo sostanziale è però tutta la serie di tasse e imposte di vario genere che gravano sull’energia. In tutti gli Stati membri le tasse sull’energia rappresentano una quota significativa delle entrate pubbliche, e anche volendo escludere la tassazione sui prodotti petroliferi sarebbe molto difficile trovare altre fonti di gettito per lo Stato in grado di sostituire eventuali riduzioni delle tasse sull’energia (6).

4.12.

Va anche detto però che un regime fiscale con una forte tassazione su alcuni tipi di prodotti energetici è ormai accettato, benché non senza lamentele da varie parti. Nell’UE le tasse sui prodotti del petrolio rappresentano oltre il 55 % del prezzo totale, a fronte ad esempio del 14 % negli Stati Uniti e del 41 % in Giappone.

4.13.

Occorre tener conto delle situazioni specifiche dei singoli Stati membri, per esempio per quanto concerne le «isole energetiche» esistenti e, nell’analisi dei prezzi, bisogna prendere in considerazione il fatto che, in assenza di infrastrutture adeguatamente sviluppate, per le quali sono necessari grandi investimenti, il mercato interno dell’energia non può essere completato e gli Stati membri non possono beneficiare dei suoi vantaggi.

5.   Osservazioni specifiche

5.1.

Il «mercato interno dell’energia» è una questione particolarmente problematica poiché la sicurezza dell’approvvigionamento energetico costituisce un interesse nazionale essenziale che, nonostante i progressi verso la realizzazione di un mercato interno dell’energia, rimane largamente sotto il controllo o l’influenza diretti dello Stato. Alla difficoltà di realizzare questo mercato hanno contribuito anche dei fattori tecnici, geografici e legati alle risorse, rispetto a quanto avvenuto, ad esempio, con numerose categorie di prodotti di consumo.

5.1.1.

L’obiettivo del completamento del mercato unico dell’elettricità e del gas, stabilito nel terzo pacchetto sull’energia del 2009, non verrà conseguito e alcuni aspetti essenziali della liberalizzazione energetica sono risultati di difficile realizzazione. L’acquisizione dei benefici derivanti dall’integrazione dei mercati si è scontrata con la resistenza dei governi, delle imprese e della società. In alcuni Stati membri l’opinione pubblica ritiene che i profondi cambiamenti nei modi di produzione, distribuzione e consumo dell’energia possano avere ripercussioni inaccettabili.

5.1.2.

Se da un lato nell’Europa centrale e occidentale i prezzi all’ingrosso in generale tendono a convergere, i prezzi al dettaglio non seguono questa tendenza poiché gli Stati membri applicano regimi nazionali differenti per sostenere gli investimenti nel settore dell’energia e attuano politiche nazionali diverse per quanto riguarda le modalità di ripartizione dei costi legati a tale sostegno tra i consumatori finali. Di conseguenza, sta prendendo forma un mercato «superficiale» dell’elettricità che si limita ad ottimizzare l’utilizzo del sistema europeo esistente. Tuttavia, ciò non è sufficiente poiché è necessario un mercato «profondo» che incentivi degli investimenti ottimali su scala europea, sia per permetterne la realizzazione che per garantirne la redditività. Una revisione e un migliore coordinamento degli strumenti di sostegno (come i regolamenti e le tariffe di riacquisto) sono, ad esempio, elementi essenziali.

5.1.3.

Questo richiede una maggiore liquidità del mercato e una fissazione dei prezzi basata sugli hub, in particolare nel settore del gas. In alcuni paesi UE i mercati del gas sono ormai solidamente impiantati, ma non sono ancora sufficientemente liquidi per rappresentare una valida alternativa ad un’indicizzazione al prezzo del petrolio in crescita e offrire una tariffazione basata sul mercato. È quindi essenziale creare degli hub del gas regionali e migliorare la loro interconnettività in termini di capacità di trasmissione, accordi contrattuali e accesso al mercato, in particolare a quote flessibili di approvvigionamento. Consentire ai produttori di energia l’accesso ai mercati del gas offre loro una maggiore flessibilità per ottimizzare i periodi di produzione. ESSI possono così interrompere la produzione di energia nei periodi in perdita e preservare il livello di competitività degli impianti, riducendo quindi i costi non coperti da ripercuotere sui consumatori.

5.1.4.

Rimane tuttora poco chiara la composizione esatta dei prezzi dell’energia nei diversi Stati membri. Lo studio dettagliato che la Commissione sta elaborando per rendere la composizione dei prezzi energetici e la portata e l’impatto dei sussidi per l’energia meno opachi è essenziale per porre le basi di condizioni di parità in materia di produzione e fissazione dei prezzi dell’energia. Raccogliere costantemente i dati relativi ai prezzi e ai costi dell’energia al livello dei siti di produzione è indispensabile per accrescere la trasparenza delle condizioni di funzionamento con cui si devono confrontare i vari settori dell’industria, ma anche per fondare le strategie su informazioni accurate e attendibili. È cruciale garantire la trasparenza come primo passo verso scelte strategiche efficienti sotto il profilo dei costi e verso un dibattito politico costruttivo con l’opinione pubblica. Lo stesso principio di trasparenza deve applicarsi alla composizione dei livelli di utili dei fornitori di energia. L’assenza di statistiche adeguate potrebbe compromettere la credibilità di decisioni che si dichiarano fondate su dati comprovati. Queste statistiche dovrebbero essere messe a disposizione a ogni livello di governance.

5.1.5.

Le industrie possono effettuare investimenti — ed è quanto hanno fatto in passato — per ridurre la loro intensità energetica. Tuttavia, questi investimenti richiedono un ammortamento accettabile e tendono a diventare più onerosi nel corso del tempo.

5.1.6.

In passato l’UE e gli Stati membri hanno contribuito a proteggere le industrie vulnerabili ricorrendo a un mix di assegnazioni gratuite, esenzioni da tasse e imposte e, in alcuni rari casi, compensazioni. Dato che il divario tra i costi della politica sul clima nell’UE e quelli sostenuti da alcuni dei suoi principali partner commerciali non si ridurrà nel prossimo futuro, la Commissione europea dovrebbe valutare il quadro esistente ed esaminare nuovi approcci maggiormente compatibili con il mercato interno, allo scopo di sostenere le industrie vulnerabili.

5.1.7.

Dal momento che la sicurezza energetica costituisce un interesse nazionale vitale, i governi accetteranno eventuali costi supplementari per garantire l’approvvigionamento energetico. Inoltre, dato che, per motivi di sovranità, gli Stati membri hanno difficoltà a definire ed approvare un processo di governance soddisfacente a livello dell’UE, essi tendono a tollerare una struttura del mercato non ottimale. Tuttavia, in un contesto di incertezza riguardo all’approvvigionamento energetico, la solidarietà è essenziale per garantire la continuità delle forniture di energia.

5.1.8.

In generale, vi sono scarse indicazioni del fatto che le politiche energetiche nazionali condotte dagli Stati membri, così diverse tra loro, riconoscano la necessità di una maggiore integrazione a livello di UE. Ciò pregiudica il mercato interno dell’energia e trasmette segnali contraddittori agli investitori. Il CESE ritiene necessario compiere un passo avanti decisivo verso la realizzazione di una vera e propria Comunità europea dell’energia al fine di coordinare le strategie nazionali nel settore energetico, in particolare per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’UE al minor costo possibile.

5.2.   Un’economia più rispettosa delle preoccupazioni ambientali

5.2.1.

In linea di principio, il passaggio a un’economia più sostenibile e basata su un uso più efficiente delle risorse è ormai una realtà accettata da tutti. Sul piano pratico, la recessione economica, la concorrenza mondiale e il disaccordo sulle priorità tra gli Stati membri hanno inciso sulla rapidità e l’efficacia della transizione (7).

5.2.2.

Le dichiarazioni politiche sull’ecologizzazione dell’economia si limitano spesso a offrire un semplice sostegno formale all’obiettivo di sviluppo sostenibile dell’UE, senza riconoscere né la portata dei cambiamenti economici e socioculturali che ciò comporterebbe né gli ostacoli strutturali da superare.

5.2.3.

Questo obiettivo viene spesso interpretato erroneamente nel senso di una maggiore ecologizzazione delle attività economiche esistenti, vale a dire una riduzione del carbonio, nella speranza che questo porti a un rafforzamento della crescita e a un aumento dei posti di lavoro. Tuttavia, l’ecologizzazione dell’economia richiede dei cambiamenti molto più profondi dei modelli di produzione e consumo (e degli stili di vita) di quanto le nostre società siano probabilmente in grado di accettare nello spazio di un solo decennio. In effetti quasi tutte le attività economiche dovrebbero subire una trasformazione e nel corso del periodo di transizione dal modello economico tradizionale a quello «verde» il tasso di crescita e di creazione di posti di lavoro è incerto. Un simile processo andrebbe inoltre sostenuto da azioni coordinate nel campo della ricerca e sviluppo.

5.2.4.

Analogamente, gli ostacoli a un’ecologizzazione rapida, efficace e virtuosa dell’economia sono stati gravemente sottovalutati. La tariffazione costituisce un fattore determinante nei seguenti casi:

la riluttanza dei settori economici (interessi consolidati) e quindi dei responsabili politici;

i vantaggi di cui godono le tecnologie esistenti grazie all’ammortamento delle infrastrutture;

l’assenza di una fissazione efficace del prezzo del carbonio;

un’efficace regolamentazione delle varie indicazioni o «etichette» ecologiche;

i rischi tecnologici e politici legati alle nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio;

le perdite di posti di lavoro e l’eventuale riluttanza di fronte alla necessità di riqualificare i lavoratori;

i problemi legati alla trasformazione industriale e al relativo impatto sociale;

i problemi di finanziamento in un contesto segnato da una crescita economica limitata (se non addirittura negativa) e dal risanamento di bilancio;

la forte concorrenza sul piano internazionale;

l’economia a basse emissioni di carbonio richiederebbe un solido consenso sociale e politico, massicci investimenti privati e pubblici sostenuti da un agevole accesso ai finanziamenti e una visione strategica chiara, in sintesi un’economia «verde» pianificata.

5.2.5.

Tuttavia, l’ecologizzazione dell’economia è un obiettivo inevitabile. Si tratta di un’impresa estremamente impegnativa e di notevole portata, ma non vi è altra scelta se si vuole garantire un futuro sostenibile. Per raggiungere questo traguardo il relativo processo di transizione dovrà acquisire un ritmo che riconosca l’esigenza di un equilibrio tra gli interessi della credibilità politica, del potere economico, della stabilità dei sistemi sociali e della possibilità di scelta dei cittadini. Tuttavia, le condizioni preliminari non vengono soddisfatte, in particolare per quanto riguarda l’impegno delle autorità pubbliche a rimuovere gli ostacoli. È anche vero che ne possono derivare dei benefici evidenti come ad esempio la conquista della leadership nel mercato delle energie sostenibili e a basso tenore di carbonio. L’UE ha compiuto notevoli progressi nell’introduzione dell’elettricità a basse emissioni di carbonio in diverse forme di sostituzione di sistemi di calore e dispone inoltre di un settore ben sviluppato dedicato allo studio di innovazioni nel campo del trasporto sostenibile.

5.2.6.

Il risparmio e l’efficienza energetici svolgono un ruolo cruciale per ridurre al minimo i costi. Per quanto riguarda le utenze domestiche, è possibile ricavare ancora numerosi benefici dalla gestione della domanda dei consumatori. Sono numerosi gli esempi significativi sul piano dell’efficienza e della riduzione del consumo nel settore dell’edilizia pubblica (in gran parte limitati agli edifici di nuova costruzione), e la spinta ad una maggiore efficienza energetica nell’industria, già ben presente in alcuni settori, può consentire a molte imprese di realizzare ulteriori risparmi.

5.2.7.

Gli strumenti di mercato svolgono un ruolo molto importante nell’incoraggiare gli Stati membri a riorientare la loro economia. Tuttavia, all’interno dell’UE si osserva una generale mancanza di coerenza per quanto riguarda la portata e il ricorso a imposte, tasse, sovvenzioni e ad altri strumenti di mercato. Questa tendenza risulta particolarmente marcata nel settore dell’energia. Gli strumenti di mercato devono pertanto incoraggiare la transizione a un’economia efficiente sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio, oltre a sostenere la ripresa economica (8).

5.3.

Il requisito essenziale di una governance efficace per la realizzazione degli obiettivi dell’UE in materia di energia e clima proposti dal pacchetto clima/energia è chiaramente legato alla necessità di stabilire dei parametri di mercato coerenti mediante dei regolatori nazionali dell’energia. Il CESE è risolutamente a favore di una politica energetica più coordinata e contraddistinta da una governance coerente e convergente delle strategie nazionali quale misura verso un’ottimizzazione dei costi su scala UE, e sostiene pertanto l’iniziativa della Commissione. Reputa tuttavia necessario procedere a una riflessione approfondita sul fatto che il sistema sia effettivamente in grado di conseguire gli obiettivi stabiliti, e ritiene che il Comitato possa fornire un valido contributo alle prossime proposte della Commissione in materia, in particolare per quanto riguarda:

la ricerca di un equilibrio tra la flessibilità e la realizzazione degli obiettivi in materia di energia;

una forte partecipazione dei cittadini e la legittimità delle misure adottate dagli Stati membri e dall’UE;

l’opera di sensibilizzazione degli Stati membri affinché aderiscano al processo;

la realizzazione al livello di UE di una convergenza delle politiche contraddistinta da coerenza e fiducia.

5.4.

La Commissione si trova di fronte alla sfida di elaborare un sistema di governance efficace in termini di applicazione delle norme, ma anche sufficientemente flessibile da ottenere il sostegno degli Stati membri. Pertanto il CESE propone, in stretta cooperazione con la Commissione, di avviare una riflessione neutra dal punto di vista politico che coinvolga tutte le parti interessate, con l’obiettivo di definire un sistema di governance efficace, flessibile e inclusivo. Tanto il processo di partecipazione dei cittadini che il sistema di governance stesso sono elementi essenziali per mitigare e nel contempo chiarire la sfida posta dai prezzi e costi dell’energia.

Bruxelles, 4 giugno 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Introduzione: http://ec.europa.eu/energy/2030_en.htm

(2)  World Energy Outlook («Prospettive del settore energetico a livello mondiale»), AIE, 2013.

(3)  The Burning Question, Mike Berners-Lee e Duncan Clark, Greystone Books, 2013.

(4)  GU C 226, del 16.7.2014, pagg. 1-9.

(5)  GU C 161 del 6.6.2013, pagg. 1-7.

(6)  Energy Policy and Energy Taxation in the EU (Politica energetica e tassazione dell’energia nell’UE), IREF Europe

http://www.irefeurope.org/en/sites/default/files/Energy_policy_EU.pdf

(7)  Parere del CESE sul tema L’economia verde — promuovere lo sviluppo sostenibile in Europa (NAT/590).

(8)  GU C 226, del 16.7.2014, pagg. 1-9.


26.11.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 424/72


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana e che abroga la direttiva 83/417/CEE del Consiglio»

COM(2014) 174 final – 2014/0096 (COD)

2014/C 424/11

Il Parlamento europeo, in data 2 aprile 2014, e il Consiglio, in data 10 aprile 2014, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana e che abroga la direttiva 83/417/CEE del Consiglio

COM(2014) 174 final — 2014/0096 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 499a sessione plenaria dei giorni 4 e 5 giugno 2014 (seduta del 4 giugno), ha deciso di esprimere parere favorevole sul testo proposto con 128 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

Bruxelles, 4 giugno 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


26.11.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 424/73


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante fissazione del tasso di adattamento dei pagamenti diretti di cui al regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio per l’anno civile 2014»

COM(2014) 175 final – 2014/0097 (COD)

2014/C 424/12

Il Parlamento europeo, in data 2 aprile 2014, e il Consiglio, in data 22 aprile 2014, hanno deciso, conformemente al disposto dell’articolo 43, paragrafo 2 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante fissazione del tasso di adattamento dei pagamenti diretti di cui al regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio per l’anno civile 2014

COM(2014) 175 final — 2014/0097 (COD).

Poiché si era già pronunciato sul contenuto della proposta nel suo parere CES2942-2013_00_00_TRA_AC, adottato il 22 maggio 2013 (1), il Comitato, nel corso della 499a sessione plenaria dei giorni 4 e 5 giugno 2014 (seduta del 4 giugno), ha deciso, con 132 voti favorevoli, 2 voti contrari e 6 astensioni, di non procedere all’elaborazione di un nuovo parere in materia ma di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 4 giugno 2014.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante fissazione del tasso di adeguamento dei pagamenti diretti di cui al regolamento (CE) n. 73/2009 per l’anno civile 2013, GU C 271 del 19.9.2013, pag. 143.