ISSN 1977-0944 doi:10.3000/19770944.C_2013.327.ita |
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Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327 |
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Edizione in lingua italiana |
Comunicazioni e informazioni |
56o anno |
Numero d'informazione |
Sommario |
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I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri |
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PARERI |
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Comitato economico e sociale europeo |
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491a sessione plenaria del 10 e 11 luglio 2013 |
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2013/C 327/01 |
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2013/C 327/02 |
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III Atti preparatori |
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COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO |
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491a sessione plenaria del 10 e 11 luglio 2013 |
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2013/C 327/03 |
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2013/C 327/04 |
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2013/C 327/05 |
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2013/C 327/06 |
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2013/C 327/07 |
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2013/C 327/08 |
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2013/C 327/09 |
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2013/C 327/10 |
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2013/C 327/11 |
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2013/C 327/12 |
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2013/C 327/13 |
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2013/C 327/14 |
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2013/C 327/15 |
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2013/C 327/16 |
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2013/C 327/17 |
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2013/C 327/18 |
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2013/C 327/19 |
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2013/C 327/20 |
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2013/C 327/21 |
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2013/C 327/22 |
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IT |
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I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri
PARERI
Comitato economico e sociale europeo
491a sessione plenaria del 10 e 11 luglio 2013
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/1 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il potenziale economico inesplorato della competitività dell’UE» — riforma delle imprese pubbliche (parere esplorativo)
2013/C 327/01
Relatore: HENCKS
Il 15 aprile 2013, Vytautas LEŠKEVIČIUS, viceministro lituano degli Affari esteri, a nome della futura presidenza lituana del Consiglio, ha invitato il Comitato economico e sociale europeo a elaborare un parere esplorativo sul tema:
Il potenziale economico inesplorato della competitività dell'UE – riforma delle imprese pubbliche.
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 170 voti favorevoli, 10 voti contrari e 2 astensioni.
1. Contesto
1.1 |
Il presente parere esplorativo del Comitato economico e sociale europeo (CESE) si prefigge di illustrare il contributo specifico che le imprese pubbliche possono recare alla competitività dell'UE. Esso intende inoltre presentare le problematiche specifiche cui devono far fronte le politiche e le istituzioni europee in questo ambito. |
1.2 |
Il parere si inserisce nel quadro dei Trattati, che attribuiscono un ampio potere discrezionale agli Stati membri in materia di definizione, organizzazione e finanziamento dei loro servizi d'interesse generale. Inoltre, sempre a norma dei Trattati, gli Stati membri sono competenti in merito alla scelta e allo statuto (privato, pubblico o partenariato pubblico/privato) delle imprese responsabili dello svolgimento dei compiti di servizio pubblico (1). |
1.3 |
Un'autorità pubblica può decidere di avvalersi di un'impresa pubblica come strumento d'azione in funzione dei singoli casi, dell'analisi del settore interessato, degli obiettivi e delle missioni stabiliti, nonché degli orientamenti a lungo termine da promuovere. |
1.4 |
Ai sensi della direttiva 80/723/CEE della Commissione, del 25 giugno 1980, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche, per "impresa pubblica" si intende ogni impresa nei confronti della quale i poteri pubblici possano esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza dominante per ragioni di proprietà, di partecipazione finanziaria o della normativa che la disciplina. L'influenza dominante è presunta qualora i poteri pubblici, direttamente o indirettamente, nei riguardi dell'impresa:
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1.5 |
Tutti i paesi europei hanno, nel corso della loro storia, creato delle imprese pubbliche, in maniera diretta oppure nazionalizzando o municipalizzando delle imprese private. I motivi alla base di una tale decisione sono molteplici:
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1.6 |
La misurazione dell'efficienza, dell'efficacia e, se del caso, dell'esigenza di riformare le imprese pubbliche, non può limitarsi agli indicatori abituali di redditività delle attività economiche, ma dovrà tenere conto di tutti gli obiettivi e le funzioni che le autorità pubbliche hanno assegnato alle imprese interessate. |
1.7 |
Secondo la definizione europea ufficiale, la competitività è la capacità di migliorare in maniera duratura il tenore di vita dei cittadini e assicurare loro un livello elevato di occupazione e di coesione sociale. |
1.8 |
Ogni anno l’Unione perde terreno in termini di produttività. Questo rallentamento comporta una perdita di competitività. Tra gli indizi che rivelano questa tendenza, ricordiamo l'assenza di innovazione, la carenza di investimenti nelle infrastrutture e nelle tecnologie, nonché nel capitale umano. |
1.9 |
La competitività dell'Unione europea e la sua attrattiva dipendono pertanto dagli investimenti nelle infrastrutture, nell'istruzione e nella formazione, nella ricerca e nello sviluppo, nella sanità e nella protezione sociale, nella tutela dell'ambiente, ecc., settori per i quali le autorità pubbliche possono ricorrere alle imprese pubbliche come ad uno degli strumenti di intervento disponibili. |
1.10 |
Tuttavia, né lo Stato né le autorità pubbliche regionali o locali sono virtuosi per natura, e il fallimento delle imprese pubbliche può anche essere dovuto ai seguenti fattori:
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1.11 |
L’impresa pubblica può rientrare nelle strategie difensive o offensive dell'autorità pubblica competente:
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1.12 |
Questo implica che l'autorità pubblica si assuma le proprie responsabilità quanto alla definizione degli orientamenti strategici, pur lasciando un'ampia autonomia di gestione ai dirigenti dell'impresa. L'autorità pubblica deve tuttavia assicurare dei controlli e una regolamentazione pubblici adeguati, per cui dovrà garantire che la governance delle imprese pubbliche si basi sulla partecipazione di tutte le parti interessate, come pure dei rappresentanti del personale delle imprese. |
1.13 |
Per quanto riguarda i servizi di interesse economico generale che gli Stati membri prestano mediante le loro imprese pubbliche, queste ultime propongono delle attività di natura industriale e commerciale che sono spesso in diretta concorrenza con quelle fornite da altre imprese. |
1.14 |
Tra le imprese pubbliche che operano in un contesto liberalizzato e competitivo citiamo anzitutto le industrie di rete (elettricità, gas, comunicazioni elettroniche, trasporti, servizi postali). L'accessibilità e la fornitura continua, di buona qualità e a un prezzo ragionevole, dei servizi di tali imprese pubbliche sono fattori essenziali non solo per i cittadini ma anche per gran parte delle imprese private, per cui esse svolgono un ruolo fondamentale per l'economia nazionale e la competitività globale di uno Stato membro. Ciò vale ugualmente per altri settori come l'audiovisivo, gli alloggi, i servizi sanitari o sociali, in cui le inadeguatezze del mercato non permettono ai cittadini di esercitare, in un modo o nell'altro, i loro diritti fondamentali. |
2. Oggetto del parere esplorativo richiesto
2.1 |
Nella sua lettera di consultazione, la futura presidenza lituana chiede di insistere soprattutto su una maggiore efficienza delle imprese pubbliche e sulla loro importanza per la competitività nazionale. Inoltre, chiede un'analisi della situazione attuale e delle buone (o meno buone) pratiche adottate, visto che ad oggi a livello dell'UE una tale analisi manca, così come una riforma strutturale in merito alla valutazione dell'efficienza delle imprese di questo tipo, nel contesto del coordinamento delle politiche economiche nazionali e del loro impatto sul mercato interno. |
2.2 |
Sebbene la legislazione europea riguardi soltanto un ristretto numero di settori specifici di attività delle imprese pubbliche (aiuti di Stato e servizi di interesse economico generale), per quanto concerne la riforma di queste ultime la futura presidenza lituana propone che le iniziative a livello europeo siano limitate a misure non legislative, nonché di non stabilire degli obiettivi riguardo al nuovo quadro normativo. Anche l'eventuale privatizzazione delle imprese pubbliche dovrebbe rimanere di esclusiva competenza degli Stati membri. |
2.3 |
Infine, la futura presidenza lituana deplora il fatto che, nelle iniziative e nei documenti - già adottati o in programma - della Commissione europea, non sia finora emerso alcun dibattito generale sulla riforma delle imprese pubbliche, sulla loro gestione, sul miglioramento della loro efficienza e sul loro apporto alla competitività e alla realizzazione degli obiettivi della strategia Europa 2020. Sino ad oggi, infatti, la Commissione e il Parlamento europeo hanno incentrato la loro analisi unicamente su due aspetti: l'osservanza delle norme in materia di aiuti di Stato e le regole concernenti la fornitura di servizi di interesse economico generale. |
3. Proposte del CESE
3.1 |
Il CESE non può che appoggiare la richiesta della futura presidenza lituana di effettuare un'analisi della situazione attuale e delle buone (o meno buone) pratiche adottate, nonché una riforma strutturale in merito alla valutazione dell'efficienza delle imprese di questo tipo, nel contesto del coordinamento delle politiche economiche nazionali e del loro impatto sul mercato interno. |
3.2 |
Dai Trattati deriva un obbligo ancora più stringente per l'UE e gli Stati membri di garantire il buon funzionamento dei servizi di interesse economico generale, in particolare sviluppando un processo graduale di valutazione delle prestazioni (performances) fornite da tali servizi. Finché non si sarà provveduto a fare quanto sopra, le valutazioni di tali prestazioni non potranno servire a soddisfare le esigenze dei cittadini e dell'economia sul piano sia nazionale che europeo. |
3.3 |
Scopo di tale valutazione è rafforzare l'efficacia e l'efficienza dei servizi di interesse economico generale, adattarli maggiormente alle mutevoli esigenze dei cittadini e delle imprese, e fornire alle autorità pubbliche gli elementi che consentano loro di compiere le scelte più pertinenti: La valutazione svolgerà poi un ruolo fondamentale anche nel conseguimento di un armonioso equilibrio tra mercato e interesse generale, come pure tra obiettivi di ordine economico, sociale e ambientale. |
3.4 |
Nel suo parere sul tema Una valutazione indipendente dei servizi di interesse generale (2), il CESE aveva presentato delle proposte concrete per definire, a livello europeo, le modalità di scambio, di confronto, di comparazione e di coordinamento. Spetterà quindi all'UE - nel rispetto del principio di sussidiarietà e dei principi sanciti nel protocollo allegato ai Trattati riformati - dare impulso al suddetto processo di valutazione indipendente elaborando, tramite il dialogo con i rappresentanti delle parti interessate, un metodo di valutazione armonizzato su scala europea sulla base di indicatori comuni, nonché gli strumenti che ne assicurino il funzionamento. |
3.5 |
Nel quadro delle sue riflessioni sul modo in cui le imprese pubbliche potrebbero contribuire maggiormente alla ripresa economica e alla competitività dell'Unione, in diversi pareri il CESE si è occupato della questione dei servizi di interesse economico generale europei. |
3.6 |
L'8 ottobre 2001 è stato istituito uno statuto della società europea, utilizzabile dall'8 ottobre 2004. Lo statuto offre alle imprese che operano in più Stati membri la possibilità di costituirsi in un'unica società di diritto europeo e di applicare quindi le stesse regole: un sistema unico di gestione e pubblicazione delle informazioni finanziarie. Le società che adottano questo statuto evitano pertanto di doversi conformare alla normativa nazionale di ogni Stato membro in cui possiedono un'impresa figlia, riducendo così i loro costi amministrativi. |
3.7 |
In questo contesto sarebbe opportuno studiare la possibilità di realizzare uno "statuto dell'impresa pubblica europea", seguendo un approccio analogo a quello adottato dalla Commissione nel 2011 per Galileo (3), che oggi è un'"impresa pubblica europea de facto". |
3.8 |
In particolare, si potrebbe considerare la possibilità di costituire delle imprese pubbliche europee per le grandi reti infrastrutturali transeuropee in materia di energia e di trasporti (settore che nei Trattati forma oggetto di una politica comune), imprese europee che potrebbero cooperare con quelle nazionali o locali attive in questi settori per attuare le nuove disposizioni e competenze contenute nel Trattato di Lisbona, in particolare in materia di politica europea dell'energia (articolo 194 del TFUE). |
3.9 |
Nel suo parere in merito al Libro verde - Verso una rete energetica europea sicura, sostenibile e competitiva (4), il CESE ha auspicato che vengano effettuati degli studi sull'opportunità e la fattibilità di un servizio di interesse generale (SIG) europeo dell'energia al servizio dei cittadini, con un approccio comune in materia di prezzi, fiscalità, regole finanziarie, sicurezza, continuità, sviluppo economico, tutela del clima. |
3.10 |
Nel Libro verde in questione, la Commissione si esprime a favore dell'idea di un gestore europeo dei sistemi di trasporto del gas, mediante la progressiva creazione di un'impresa indipendente che sarebbe incaricata della gestione di una rete unica di trasporto del gas nell'insieme del territorio dell'UE. |
3.11 |
Servizi europei di questo tipo potranno, indipendentemente dallo statuto del loro fornitore (pubblico, privato, PPP), recare un valore aggiunto in importanti contesti multinazionali o transnazionali, come la sicurezza dell'approvvigionamento energetico e delle risorse idriche, la tutela della biodiversità, il mantenimento della qualità dell'aria, la sicurezza interna ed esterna ecc., sempre che tali servizi possano essere prestati in maniera più efficace a livello europeo che a livello nazionale o locale. |
3.12 |
In tale contesto, il CESE si pronuncia a favore di partenariati pubblici (Unione e Stati membri) e privati per aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento di energia e permettere un coordinamento integrato delle reti energetiche interconnesse (gas, elettricità, petrolio). Promuove inoltre lo sviluppo della rete di impianti eolici offshore e il collegamento di questi impianti alla rete sul continente. In tal modo si potrebbero ridurre significativamente i costi di sfruttamento e di investimento, e incentivare ulteriormente gli investimenti nei nuovi progetti di reti (5). |
3.13 |
Nell'ambito delle competenze di ciascuno Stato membro, ad esempio in materia di mix energetico, le questioni sociali e socioculturali sollevate dalla gestione e dallo sfruttamento delle risorse naturali e dell'energia nucleare, nonché il problema del cambiamento climatico, della gestione sostenibile e della sicurezza, travalicano le frontiere tradizionali degli Stati e trovano una risposta più soddisfacente in una concezione europea dell'idea di "interesse generale" e di "servizio adeguato". |
3.14 |
Si potrebbe anche sollevare la questione delle attività economiche delle agenzie esecutive europee. |
3.15 |
Attualmente, infatti, esistono sei agenzie esecutive (6), che, nel periodo 2007-2013, sono incaricate della gestione di alcuni programmi europei dotati di un bilancio di circa 28 miliardi di euro. La maggior parte di questi programmi rientra nei settori in cui l'UE è competente a fornire il suo sostegno agli Stati membri. |
3.16 |
Da un lato, tali agenzie possono essere considerate come una forma di subappalto di alcune funzioni svolte dalla Commissione, e ci si può pertanto chiedere fino a che punto siano veramente indipendenti. Dall'altro, invece, i loro compiti e le loro responsabilità le portano a intervenire direttamente in una serie di attività economiche e sociali. Siamo poi così lontani dalla definizione estensiva data dalla Corte di giustizia delle nozioni di "attività economica" e di "impresa"? |
Bruxelles, 10 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) I Trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà negli Stati membri. L'articolo 345 del TFUE specifica che l'UE è neutra rispetto alla natura pubblica o privata degli azionisti dell’impresa, lasciando appunto impregiudicato il regime di proprietà degli Stati membri.
(2) GU C 162 del 25.6.2008, pagg. 42.
(3) Impact assessment on the Proposal for a Regulation on further implementation of the European satellite navigation programme (Valutazione d'impatto della Proposta di regolamento in merito all'ulteriore attuazione del programma europeo di navigazione satellitare) (2014-2020) (SEC(2011) 1446).
(4) GU C 306 del 16.12.2009, pagg. 51.
(5) GU C 128 del 18.5.2010, pagg. 65.
(6) Agenzia esecutiva per la rete transeuropea di trasporto (TEN-TEA), Agenzia esecutiva del Consiglio europeo della ricerca (ERCEA), Agenzia esecutiva per la ricerca (AER), Agenzia esecutiva per la competitività e l'innovazione (EACI), Agenzia esecutiva per la salute e i consumatori (EAHC), Agenzia esecutiva per l'istruzione, l'audiovisivo e la cultura (EACEA).
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/5 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il ruolo della società civile nelle relazioni UE-Serbia»
2013/C 327/02
Relatore: SIBIAN
Correlatore: LECHNER
Con una lettera del commissario Šefčovič datata 12 dicembre 2012, la Commissione europea ha invitato il Comitato economico e sociale europeo, conformemente all'articolo 262 del Trattato e all'articolo 9 del protocollo di cooperazione fra il CESE e la Commissione europea, a elaborare un parere esplorativo sul tema:
Il ruolo della società civile nelle relazioni UE-Serbia.
La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 171 voti favorevoli, 1 voto contrario e 1 astensione.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il CESE si compiace degli sforzi compiuti negli ultimi dieci anni dai governi della Serbia per riformare l'economia e le istituzioni del paese, e vede nel processo di adesione della Serbia all'Unione europea un'opportunità per consolidare e attuare effettivamente le riforme intraprese. Il Comitato sottolinea l'importanza del coinvolgimento della società civile nel processo di allineamento della legislazione serba all'acquis dell'UE e invita il governo serbo e le istituzioni dell'Unione europea ad intensificare il loro sostegno alle organizzazioni della società civile (OSC), nonché a coinvolgerle da vicino nelle prossime fasi del processo di adesione. |
1.2 |
Il CESE accoglie con favore la decisione del Consiglio europeo di aprire entro gennaio 2014 i negoziati di adesione con la Serbia. Si congratula con i governi di Belgrado e di Pristina per la firma del Primo accordo sui principi che regolano la normalizzazione delle relazioni (Bruxelles, 19 aprile 2013) e del relativo piano di attuazione, adottato in maggio, e invita ora entrambe le parti ad applicare l'accordo, con l'assistenza dell'UE. Il Comitato sottolinea che le OSC devono essere coinvolte nella fase di applicazione, dal momento che possono apportare un contributo decisivo alla riconciliazione. |
1.3 |
Il CESE incoraggia le autorità pubbliche serbe ad effettuare un maggior numero di audizioni e consultazioni pubbliche con le OSC, sia nelle fasi iniziali della formulazione delle politiche che nella fase di applicazione. Il Comitato inoltre sottolinea l'importanza di coinvolgere le OSC nei settori strategici del processo di riforma, come lo Stato di diritto, la cooperazione e riconciliazione regionale, lo sviluppo socioeconomico, l'ambiente, l'agricoltura, i diritti delle minoranze e la lotta alla discriminazione. |
1.4 |
Il CESE raccomanda al governo serbo di rivolgere un'attenzione particolare alla lotta contro la tratta degli esseri umani, la corruzione e la criminalità organizzata e insiste sul fatto che la sicurezza dei difensori dei diritti umani e degli attivisti delle OSC impegnati nella lotta alla criminalità organizzata va riconosciuta come una necessità e deve essere garantita dal governo. |
1.5 |
Il CESE osserva che, nonostante i progressi significativi compiuti nella promozione di una società più inclusiva, c'è ancora molto da fare per costruire una società in cui tutti sono uguali, indipendentemente dal genere, dall'orientamento sessuale, dall'origine o dalla religione. Il Comitato chiede al governo serbo di procedere senza indugio all'attuazione della strategia contro la discriminazione adottata nel giugno 2013. Esso inoltre raccomanda alla Commissione europea (CE) di avvalersi delle sue relazioni annuali sullo stato d'avanzamento per monitorare l'attuazione di tale strategia, in stretta cooperazione con le OSC. |
1.6 |
Il CESE si compiace per l'inclusione dell'Ufficio per la cooperazione con la società civile nel gruppo di esperti del primo ministro dell'organo di coordinamento per l'adesione all'UE. Accoglie altresì con favore la partecipazione delle OSC, compresi i rappresentanti delle parti sociali, all'interno del consiglio del primo ministro per l'integrazione nell'UE. Si tratta di una buona pratica che andrebbe consolidata prevedendo la partecipazione delle OSC, inclusi i rappresentanti delle parti sociali, alla futura delegazione serba incaricata dei negoziati di adesione. Nondimeno, andrebbero garantite ampie e frequenti consultazioni delle OSC allo scopo di individuare i punti di convergenza e le raccomandazioni fondamentali. È importante invitare gli esperti delle OSC ad unirsi a taluni sottogruppi del summenzionato gruppo di esperti dell'organo di coordinamento. |
1.7 |
Il CESE invita la CE a utilizzare lo strumento di assistenza preadesione (IPA II) per dare un maggiore sostegno al rafforzamento delle capacità delle OSC (comprese le parti sociali) e a rivolgere un'attenzione particolare all'aumento del sostegno per i partenariati - non soltanto quelli tra OSC, ma anche tra queste e le pubbliche autorità. I fondi disponibili nell'ambito del Meccanismo della società civile dovrebbero essere aumentati e destinati a un numero maggiore di progetti condotti dalle parti sociali. L'obiettivo di dotare le OSC delle capacità necessarie per partecipare in maniera significativa al processo di integrazione dell'UE dovrebbe continuare a essere prioritario: a tal fine occorre promuovere procedure semplificate per la selezione e l'attuazione dei progetti e favorire il ricorso alle sovvenzioni istituzionali e alla riassegnazione dei fondi. Non è soltanto il sostegno finanziario a essere auspicabile, ma anche quello fornito a meccanismi volti a migliorare il dialogo tra la società civile e le pubbliche autorità. |
1.8 |
Il CESE esorta la delegazione dell'UE in Serbia a continuare ad autorizzare la riassegnazione dei fondi dalle OSC più grandi a quelle più piccole, come passo avanti verso la messa a disposizione dei fondi alla più ampia comunità delle OSC. |
1.9 |
L'aumento della trasparenza nella spesa pubblica deve rimanere un'azione fondamentale della strategia di sviluppo della società civile, i meccanismi per la pianificazione e l'erogazione dei cofinanziamenti per i progetti UE attuati dalle OSC vanno migliorati e il cofinanziamento andrebbe aumentato. |
1.10 |
Il CESE esorta il governo serbo a intensificare gli sforzi per realizzare un quadro istituzionale e legislativo favorevole allo sviluppo della società civile e alla sostenibilità. Esso inoltre raccomanda di esaminare la possibilità di emanare una "legge della percentuale" che, stimolando la filantropia individuale, consenta ai cittadini di devolvere parte delle loro imposte sul reddito alle OSC (sulla base del modello esistente nei paesi dell'Europa centro-orientale), nonché la possibilità di concedere agevolazioni fiscali a favore della filantropia individuale e aziendale. |
1.11 |
Il CESE raccomanda di rivedere la nuova legge sugli appalti pubblici, che ha creato ostacoli per le OSC intenzionate a presentare offerte nel quadro delle gare d'appalto. La legge introduce l'obbligo di produrre garanzie finanziarie di cui le OSC non possono disporre: ciò può impedire loro di partecipare alle procedure di gara per gli appalti pubblici, non soltanto per quanto riguarda i servizi sociali, ma anche i servizi sanitari e educativi. |
1.12 |
Il CESE invita il governo serbo a varare una strategia esaustiva per combattere e limitare l'economia sommersa, migliorando così la situazione finanziaria del paese, evitando la concorrenza sleale e creando un ambiente economico più favorevole, garantendo allo stesso tempo un migliore rispetto dei diritti sociali dei lavoratori. Ciò contribuirebbe inoltre a ristabilire la fiducia nelle istituzioni e a promuovere il concetto di Stato di diritto. |
1.13 |
Il CESE sottolinea l'importanza del dialogo sociale e invita tutte le parti interessate a fare il miglior uso possibile delle istituzioni esistenti, in particolare del consiglio economico e sociale (CES). Il Comitato esorta il governo a promuovere maggiormente il CES e a consultarlo in modo più sistematico in merito a tutte le politiche nelle quali i datori di lavoro e i lavoratori hanno un interesse legittimo. Il CESE ritiene che il dialogo sociale non debba avere un carattere ad hoc, quanto piuttosto periodico e strutturato, e che dovrebbe essere più efficace e orientato ai risultati. |
1.14 |
Il CESE chiede che la promozione del dialogo sociale figuri tra le priorità fondamentali delle istituzioni dell'UE per quanto riguarda la Serbia, e che trovi quindi espressione in tutti i programmi della CE di cui il paese può beneficiare. A tal fine sarebbe necessario coinvolgere maggiormente il CES, che dovrebbe anche essere formalmente coinvolto e consultato in tutte le fasi dei negoziati di adesione e partecipare al monitoraggio dell'attuazione dell'accordo di associazione e di stabilizzazione UE-Serbia. Il CES dovrebbe avere la facoltà di sottoporre osservazioni e pareri alle istituzioni dell'UE nel momento in cui queste ultime valutano i progressi compiuti dalla Serbia verso l'adesione. |
1.15 |
Il CESE ritiene che il dialogo sociale debba essere promosso ulteriormente a livello regionale e locale, sulla base dalle strutture regionali del CES. Tale dialogo andrebbe inoltre sviluppato in maniera più sistematica a livello settoriale, in particolare nel settore privato. La firma e l'attuazione del maggior numero possibile di contratti collettivi di categoria consentirebbe di stabilizzare le relazioni industriali in Serbia. Alle autorità nazionali e locali andrebbero costantemente rammentati i vantaggi e l'importanza del dialogo sociale. |
1.16 |
Il CESE prende atto dell'istituzione di un gruppo di lavoro tripartito incaricato di rivedere la legislazione sul lavoro, incluse le leggi sullo sciopero, sulla registrazione dei sindacati e sulla rappresentatività delle parti sociali. Il Comitato inoltre invita l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e la CE a sostenere queste attività, in modo che la legislazione e la prassi serbe risultino pienamente conformi ai criteri internazionali ed europei. |
1.17 |
Il CESE ritiene che il rafforzamento della capacità delle parti sociali di partecipare attivamente al dialogo sociale dovrebbe entrare a far parte delle priorità dei programmi d'assistenza dell'UE. Serve assistenza anche per svilupparne la capacità di contribuire efficacemente a tutte le questioni economiche, sociali, e giuridiche, compresi i negoziati di adesione all'UE. Infine, occorre rafforzare le loro strutture organizzative, la loro comunicazione interna e la loro capacità di fornire servizi ai membri. |
1.18 |
Il CESE segnala che i diritti fondamentali dei lavoratori continuano a essere violati regolarmente in Serbia e che i meccanismi previsti per prevenire e sanzionare tali violazioni non sono sufficientemente efficaci. Il Comitato invita il governo serbo a rivedere il funzionamento dell'Agenzia per la conciliazione delle vertenze di lavoro. Esso inoltre suggerisce di considerare la possibilità di istituire delle corti specializzate nelle suddette vertenze. Ancora, il CESE chiede alla Commissione di inserire nelle proprie relazioni annuali un capitolo sui diritti sindacali e sui diritti fondamentali dei lavoratori, in stretta consultazione coi sindacati nazionali ed europei e con l'OIL. |
1.19 |
Le imprenditrici serbe svolgono un ruolo importante in tutta la regione dei Balcani e possono contare su reti efficaci. Attualmente, per potenziare l'imprenditoria femminile a livello locale, si sta delineando un approccio regionale improntato alla coesione. Il CESE raccomanda di intensificare il sostegno dei livelli europeo, regionale e nazionale, al fine di accelerare sensibilmente i benefici economici e sociali. Andrebbe inoltre riconosciuto l'imperativo economico e sociale di promuovere l'imprenditorialità femminile in Serbia. |
1.20 |
Il CESE raccomanda di istituire un comitato consultivo misto (CCM) della società civile UE-Serbia fra il CESE e le OSC serbe. Quest'organismo dovrebbe essere creato in seguito all'apertura formale dei negoziati di adesione della Serbia all'UE. Il CCM consentirà alle OSC di entrambe le parti di realizzare un dialogo più approfondito e di fornire un contributo al potere politico circa i capitoli dei negoziati di adesione. |
2. Contesto del parere
2.1 |
Nell'ultimo decennio, la Serbia ha profuso sforzi considerevoli per riformare le sue istituzioni, il suo quadro giuridico e la sua normativa economica, allo scopo di conformarsi alle norme internazionali ed europee e di promuovere un'economia di mercato aperta ed efficiente. |
2.2 |
Nel 2008, la firma dell'accordo di stabilizzazione e associazione (ASA) tra la Serbia e l'UE ha testimoniato chiaramente la volontà del governo serbo di entrare a far parte dell'Unione europea e ha conferito un nuovo slancio al processo di riforma. Nel 2010, è entrato in vigore l'accordo interinale sugli scambi e sulle questioni commerciali (nel quadro dell'ASA). |
2.3 |
Il nuovo governo, insediatosi nel 2012, ha confermato l'impegno della Serbia ad aderire all'UE. Esso ha adottato misure concrete per proseguire le riforme intraprese sinora, concentrandosi in particolare sulla lotta alla corruzione, sul consolidamento dello Stato di diritto, sulla tutela dei diritti delle minoranze e sul rilancio dell'economia, e ha continuato gli sforzi per migliorare la cooperazione regionale. |
2.4 |
Nel dicembre 2012, il Consiglio ha invitato la Commissione europea ad elaborare entro la primavera 2013 una relazione per valutare i progressi compiuti da Belgrado nel dialogo con Pristina e nelle riforme orientate all'adesione all'UE. Sulla base di tale relazione, che formula una raccomandazione positiva, il Consiglio europeo ha deciso il 28 giugno 2013 che sono state soddisfatte le condizioni necessarie all'avvio dei negoziati di adesione della Serbia all'UE. |
2.5 |
Il 19 aprile 2013, alla decima tornata di negoziati condotti sotto l'egida dell'UE, Belgrado e Pristina sono finalmente giunti a un accordo sul futuro del Kosovo del Nord, amministrato dalla Serbia, con la firma del Primo accordo sui principi che regolano la normalizzazione delle relazioni. In maggio le due parti hanno adottato un piano di attuazione. Le due parti, con l'assistenza dell'UE, hanno istituito un comitato di attuazione. |
3. Sviluppi politici, economici e sociali
3.1 |
La Serbia è ancora un paese in fase di transizione. Sebbene si sia assistito a una parziale privatizzazione, le società a controllo statale costituiscono ancora un'ampia fetta dell'economia e, spesso, hanno un assoluto bisogno di ristrutturazione. La disoccupazione è aumentata notevolmente, raggiungendo il 24 % della forza lavoro nel 2012. I giovani cercano di emigrare, e la popolazione invecchia. Un numero elevato di persone lavora ancora nell'agricoltura e vive in zone rurali, dove la penuria di investimenti ostacola un effettivo sviluppo. L'economia informale è ampiamente diffusa e compromette l'economia nel complesso, indebolendo le finanze pubbliche e privando gli occupati di qualsiasi forma di protezione sociale. La corruzione, talvolta collegata alla criminalità organizzata, ostacola non solo lo sviluppo economico, ma anche il consolidamento istituzionale. Inoltre, occorre procedere con urgenza alla riforma del sistema giudiziario, se si vuole garantire un effettivo rispetto dei diritti dei cittadini e delle organizzazioni. |
3.2 |
Nel suo parere Il ruolo della società civile nelle relazioni UE-Serbia (29 maggio 2008) il CESE ha esposto i summenzionati problemi, sottolineando però anche gli sforzi profusi dalle pubbliche autorità per realizzare le riforme necessarie. Sono state introdotte molte regolamentazioni nuove, sono state fondate nuove istituzioni, in particolare per organizzare il dialogo con le parti sociali e altre OSC, e i diritti delle minoranze sono ora riconosciuti ufficialmente. Benché tale processo non sia ancora giunto a termine, il problema principale consiste nel tradurre in pratica tutte queste modifiche al quadro istituzionale e giuridico. |
3.3 |
La Serbia ha ratificato 77 trattati e convenzioni del Consiglio d'Europa, compresi documenti fondamentali come le Convenzioni per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, per la protezione delle minoranze nazionali, per la prevenzione della tortura e per la tutela dei minori, nonché l'Azione contro la corruzione e la Carta sociale europea. Sono state firmate altre otto convenzioni, che però attendono ancora di essere ratificate: fra queste, la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. A livello internazionale, la Serbia ha ratificato 75 convenzioni dell'OIL (di cui 73 già in vigore nel paese). |
3.4 |
Come ha sottolineato il commissario del Consiglio d'Europa per i Diritti umani (1), molte di queste convenzioni necessitano di ulteriori azioni finalizzate a una loro corretta attuazione. Il commissario ha messo in evidenza il problema delle persone scomparse e di quelle sfollate con la forza durante la guerra, la crescente discriminazione contro i Rom, la violenza contro le donne e la diffusa omofobia. |
3.5 |
Nonostante il governo abbia adottato una strategia per i media nell'ottobre 2011, continuano a verificarsi episodi di violenza e di minacce contro i giornalisti. Le interferenze dell'economia e della politica nel settore dei media sono un'altra realtà che minaccia l'indipendenza dei media stessi e la capacità dei giornalisti di svolgere il loro lavoro. Inoltre, i sindacalisti continuano ad essere vessati o licenziati per il solo fatto di essere membri di un'organizzazione sindacale. |
3.6 |
Il CESE ritiene che l'ulteriore consolidamento del processo di riforma, la riforma del sistema giudiziario e l'applicazione dei diritti civili, sociali e umani rappresentino chiaramente le priorità della Serbia e che le relazioni dell'UE con tale paese dovrebbero concentrarsi espressamente su questi aspetti. Si tratta anche di una questione fondamentale per le OSC, la cui partecipazione attiva va pertanto incoraggiata in tutti i modi. |
4. La situazione attuale e il ruolo delle organizzazioni della società civile
4.1 |
Garantita dalla costituzione, la libertà di riunione e di associazione è, in generale, rispettata. Si osserva tuttavia che la libertà di associazione viene messa a repentaglio dalle crescenti minacce lanciate da gruppi nazionalisti violenti. |
4.2 |
La società civile serba, presente prevalentemente nelle zone urbane, è rappresentata in maniera disuguale nelle varie regioni. Nelle aree rurali, la sua presenza è molto limitata e le sue capacità non sono ben sviluppate. Occorre garantire un sostegno maggiore per incoraggiare i movimenti associativi, rafforzare le capacità e sostenere la creazione di reti delle OSC situate nelle aree rurali e/o nelle città minori. |
4.3 |
Occorre rivolgere un'attenzione particolare all'agricoltura, allo sviluppo dei suoi gruppi d'interesse e al coinvolgimento del settore agricolo nel dialogo sociale. L'agricoltura continua a svolgere un ruolo fondamentale in Serbia: circa un quarto della popolazione attiva opera in questo comparto, e il settore agricolo è anche un elemento chiave dell'economia del paese. L'agricoltura e la politica agricola avranno una grande importanza nel futuro processo di adesione all'UE; d'altro canto, l'allineamento con la legislazione europea rappresenterà una sfida considerevole per il settore agricolo serbo. |
4.4 |
Gruppi di interessi ben organizzati e strutturati potrebbero non soltanto aiutare a promuovere gli interessi dell'agricoltura ma anche, e soprattutto, potrebbero utilmente appoggiare il prossimo processo d'integrazione, in termini fra l'altro di inquadramento e attuazione di programmi specifici di sostegno per l'agricoltura, le zone rurali e le persone che vi abitano. |
4.5 |
È vero che tra le organizzazioni della società civile operano diversi partenariati e coalizioni, ma le risorse e il sostegno di cui essi dispongono sono troppo limitati e non consentono loro di diventare più attivi e influenti. Per quanto riguarda i partenariati fra le OSC e le pubbliche autorità, i meccanismi SECO (2) e KOCD (3) in vigore sono esempi che potrebbero diventare buone pratiche, purché il loro contributo sia preso in considerazione e siano garantiti un finanziamento e un sostegno continuativo e sistematico. |
4.6 |
La sostenibilità delle OSC è ostacolata principalmente da fattori quali l'insufficienza del sostegno pubblico (peraltro non basato su priorità chiare), la scarsa sponsorizzazione da parte delle imprese, l'assenza di donatori individuali, il ritiro dei donatori internazionali, l'inadeguatezza della cooperazione con gli enti locali e il limitato livello di responsabilità dei decisori politici in generale. È importante compiere sforzi e fornire un sostegno per ampliare il numero degli aderenti alle organizzazioni della società civile, in quanto un numero ridotto di membri danneggia l'immagine e frena il riconoscimento delle OSC, in una situazione in cui il finanziamento pubblico non è ancora regolamentato adeguatamente a tutti i livelli. La capacità delle OSC serbe di influenzare l'agenda sociale e politica è in genere scarsa, ad eccezione di una dozzina di organizzazioni più forti, la maggior parte delle quali ha sede a Belgrado. |
4.7 |
Il CESE accoglie con favore gli sforzi profusi per migliorare il quadro giuridico delle associazioni e delle fondazioni, incluse la legge sulle associazioni (ottobre 2009), la legge sulle fondazioni e i fondi di dotazione (novembre 2010), la legge sul volontariato (maggio 2010) e quella sulle procedure contabili semplificate per le associazioni e le fondazioni di piccole dimensioni (non ancora adottata). Tuttavia, altre leggi importanti, pur essendo state adottate, non hanno ancora trovato attuazione, come la legge sulla protezione sociale (2011). Il CESE sostiene lo sviluppo di un quadro che, come previsto dalla legge, potrebbe garantire un accesso equo per le OSC alle risorse pubbliche destinate a sostenere la prestazione dei servizi sociali. |
4.8 |
Il CESE si compiace delle modifiche all'articolo 41 del regolamento interno del governo relativo alle audizioni pubbliche, che stabilisce i criteri per le audizioni pubbliche obbligatorie facendone la regola piuttosto che l'eccezione e stabilendo dei termini ragionevoli per la loro durata. Il CESE sottolinea la necessità di garantire la corretta attuazione di questo meccanismo. La priorità dovrebbe andare alla sensibilizzazione delle pubbliche autorità in merito ai vantaggi di una cooperazione con le OSC sia nelle prime fasi del processo di elaborazione delle politiche sia in quelle successive di attuazione. Inoltre, dovrebbero essere studiate procedure per la nomina di rappresentanti delle OSC in seno ai vari organi pubblici a livello nazionale e locale, tenendo conto delle migliori pratiche dei paesi vicini e delle proposte delle OSC. |
4.9 |
L'Ufficio per la cooperazione con la società civile ha cominciato a funzionare nel 2011 e il piano operativo per il 2013-2014 indica gli obiettivi fondamentali da perseguire:
|
4.10 |
Il CESE prende atto con soddisfazione degli sforzi dell'Ufficio per la cooperazione con la società civile volti a rendere più trasparente il finanziamento delle OSC a carico del bilancio statale, tramite la pubblicazione di una Relazione di sintesi annuale sui fondi del bilancio statale della Repubblica di Serbia assegnati alle associazioni e alle altre organizzazioni della società civile. Andrebbero tuttavia conferiti maggiori poteri a detto Ufficio al fine di aumentare il tasso di risposta degli enti governativi a tutti i livelli, per garantire la completezza e la pubblicazione annuale dei dati raccolti. Il CESE si compiace pertanto del sostegno che la delegazione UE fornisce all'Ufficio governativo per la cooperazione con la società civile tramite il programma triennale di assistenza tecnica lanciato nel dicembre 2012 (4). |
4.11 |
I dati relativi al 2011 indicano che le risorse previste ed effettivamente erogate per cofinanziare i programmi/progetti si sono rivelate alquanto scarse anche quando veniva garantito il sostegno dei donatori, nonostante le OSC abbiano un grande bisogno di tali risorse. |
5. Il dialogo sociale
5.1 |
Il dialogo sociale è essenziale per lo sviluppo economico e per garantire la coesione sociale di cui la Serbia ha bisogno. Nel 2008 è stato firmato un accordo collettivo generale. Nell'aprile 2011, il consiglio economico e sociale (CES) della Repubblica di Serbia ha adottato un nuovo accordo economico e sociale, firmato dai dirigenti delle parti sociali e dal primo ministro, contenente importanti impegni assunti dalle parti firmatarie. L'accordo afferma che il dialogo sociale è una condizione essenziale per conseguire gli obiettivi condivisi di sviluppo, superare con successo i problemi legati alla crisi economica e garantire il progresso economico e sociale in Serbia. Nel 2012 il CES ha firmato un accordo in materia di salario minimo. A livello settoriale si registra la firma di quattro contratti collettivi di categoria nel 2011 e 2012, per quanto riguarda i settori dell'agricoltura, delle costruzioni, dell'industria chimica e metallurgica. Il ministro del Lavoro ha esteso questi contratti collettivi a tutti i dipendenti statali. Anche la maggior parte del settore pubblico è regolata da contratti collettivi, inclusi gli operatori sanitari, l'amministrazione locale e nazionale, il settore della cultura e dell'istruzione e la polizia. |
5.2 |
Istituito per legge nel 2005, il CES rappresenta la piattaforma istituzionale per i negoziati tripartiti. Inoltre, esistono attualmente 18 consigli economici e sociali a livello locale, anche se meno della metà sono pienamente operativi per la mancanza di stanziamenti da parte delle autorità regionali. Il CES continua a dover far i conti con una serie di problemi che ne ostacolano le attività, primo fra tutti la mancanza di risorse finanziarie e umane. Ciononostante, esso è riuscito a istituire dei gruppi di lavoro permanenti sulle questioni economiche, sugli aspetti legislativi, sui contratti collettivi e sulla salute e sicurezza sul posto di lavoro. Attualmente, i rappresentanti delle parti sociali partecipano regolarmente alle riunioni del CES - diversamente da quanto accade per il governo, che spesso si fa rappresentare da dei funzionari. Dalla reintroduzione del consiglio nel settembre 2012, la sua partecipazione è peraltro aumentata: persino il primo ministro figura ora tra i membri del CES. Tuttavia, il consiglio continua a incontrare problemi nell'organizzazione delle sue sessioni. |
5.3 |
Pur avendo dato diversi frutti, il dialogo sociale deve essere ancora consolidato e ampliato. Le parti sociali sono deboli, in particolare nel settore privato, e i contratti collettivi, anche quando vengono firmati, non sempre vengono applicati; inoltre, ci sono vasti settori in cui il dialogo sociale semplicemente non esiste. A livello nazionale, il CES non viene consultato in modo sistematico sulla totalità delle questioni che rientrano nell'ambito delle sue competenze, oppure la consultazione è puramente formale e le sue raccomandazioni sono troppo spesso ignorate dal governo. Un'eccezione positiva è costituita dal ministero del Lavoro, che sottopone al parere del consiglio tutti i progetti di legge e le strategie. Inoltre, il ministero ha proposto recentemente di istituire un gruppo di lavoro tripartito incaricato di emendare il diritto del lavoro. Alcuni passi avanti sono stati fatti anche a livello della normativa sull'istruzione: il ministero dell'Istruzione e della scienza ha infatti richiesto il parere del CES in merito a tre progetti di legge. Nonostante questi segnali positivi, il CES continua ad essere largamente ignorato su politiche e misure economiche generali che pure hanno un impatto diretto sulle attività delle imprese e dei lavoratori. |
5.4 |
Nel 2005 è stata istituita l'Agenzia per la conciliazione delle vertenze di lavoro, con competenze riguardanti sia le vertenze individuali che quelle collettive. Essa si occupa principalmente di casi individuali, in merito a cui un arbitro può adottare una decisione vincolante, con gli stessi strumenti giuridici di un tribunale. In pratica però si osserva che l'Agenzia non è riuscita davvero ad imporsi come un'alternativa, e che la maggior parte dei conflitti è ancora deferita ai tribunali, i quali sono notoriamente oberati di lavoro. Nella composizione delle vertenze collettive, l'Agenzia assume il ruolo di mediatore; pertanto, essa non può imporre una soluzione alle parti in causa, ma si impegna a far loro accettare volontariamente una composizione pacifica. |
5.5 |
È previsto che nel 2013 il governo firmi con l'OIL un "Programma per il lavoro dignitoso". Tale programma dovrebbe contribuire a una revisione dei diversi aspetti della legislazione sociale e delle procedure al fine di allinearle completamente agli standard internazionali, nonché rafforzare la capacità delle parti sociali di contribuire efficacemente al dialogo sociale, col sostegno dei finanziamenti e dei programmi dell'UE. |
5.6 |
In vista, in particolare, dei negoziati di adesione all'UE, è importantissimo garantire un maggiore coinvolgimento delle parti sociali nelle politiche economiche, sociali e occupazionali del governo, così come nei lavori preparatori finalizzati a rendere la Serbia atta a partecipare al Fondo sociale europeo e ad altri fondi dell'UE. Solo allora le parti sociali serbe potranno effettivamente adempiere al loro futuro ruolo negli organi di democrazia partecipativa a livello UE. |
6. La situazione attuale delle parti sociali
6.1 |
L'Associazione serba dei datori di lavoro (UPS), che costituisce il principale gruppo di interessi dei datori di lavoro, rappresenta gli imprenditori serbi in seno al CES. Tuttavia, il fatto che la maggior parte delle principali imprese attive in Serbia, così come altre organizzazioni quali l'Associazione dei piccoli e medi imprenditori, non siano membri di tale associazione ne indebolisce la legittimità di partecipante al dialogo sociale. |
6.2 |
Nel passato la camera serba del commercio e dell'industria, che costituisce la più ampia associazione imprenditoriale, non è stata associata al lavoro del CES, a causa di un sistema di adesione obbligatoria. Il 1o gennaio 2013 però la Serbia ha adottato il sistema di adesione volontaria, e la camera è ora fortemente impegnata a contribuire al dialogo sociale, in particolare in settori come la formazione professionale, la promozione del commercio esterno e lo sviluppo regionale. Essa potrà sostenere il rafforzamento della posizione dell'Associazione serba dei datori di lavoro all'interno del CES se riuscirà a dar voce agli interessi imprenditoriali più vari, attraverso un processo consultivo efficiente che coinvolga tutte le associazioni dei datori di lavoro. |
6.3 |
Dato il tasso elevato di disoccupazione, i datori di lavoro dovrebbero poter esercitare un'influenza maggiore sullo sviluppo di un contesto favorevole all'attività imprenditoriale, allo scopo di incoraggiare l'imprenditorialità e una più rapida costituzione di nuove imprese e in particolare delle PMI, che rappresentano una delle principali fonti di nuovi posti di lavoro in Europa. I principali ostacoli a un contesto più favorevole all'attività imprenditoriale sono: la scarsa trasparenza e prevedibilità del quadro legislativo, un sistema fiscale svantaggioso che prevede anche oneri parafiscali, le modalità di accesso ai finanziamenti, le procedure per la registrazione delle imprese, le procedure amministrative nel settore del commercio estero, ecc. La percezione generale della comunità imprenditoriale in Serbia è di essere scarsamente coinvolta nel processo legislativo e nella valutazione del suo impatto, in particolare per quanto riguarda gli effetti sulle PMI. |
6.4 |
I sindacati sono deboli e frammentati. Molti aderiscono a una delle due principali confederazioni nazionali: la Conferenza dei sindacati autonomi della Serbia (SSSS) e Nezavisnost (Indipendenza). Esistono altre due confederazioni che si proclamano rappresentative: l'Associazione dei sindacati liberi e indipendenti serbi (ASNS) e la Confederazione dei sindacati liberi (KSSS). Conformemente alla nuova legge sulla rappresentatività, attualmente in discussione, tale asserzione andrà verificata. Inoltre, secondo il ministero del Lavoro, ci sono circa 2 000 organizzazioni sindacali a livello d'impresa che non appartengono a una confederazione nazionale. Tutte le pertinenti organizzazioni dei lavoratori andrebbero coinvolte maggiormente nel processo decisionale delle parti sociali sul versante dei lavoratori. Il ruolo dei sindacati in Serbia è essenziale per il rafforzamento del dialogo sociale. |
6.5 |
Le difficoltà della transizione e la crisi economica hanno accentuato la frammentazione e la debolezza dei sindacati. La complessa procedura di registrazione di queste organizzazioni e, a volte, l'opposizione e le vessazioni dei dirigenti che rifiutano il dialogo sociale a livello d'impresa sono altrettanti ostacoli al normale sviluppo di una rappresentanza dei lavoratori e altrettanti fattori che compromettono il dialogo sociale. In questo quadro, la cooperazione effettiva tra le due confederazioni rappresentative SSSS e Nezavisnost delineatasi negli ultimi anni è da considerarsi un elemento positivo. |
Bruxelles, 10 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) Thomas Hammarbergh, commissione per i Diritti umani del Consiglio d'Europa, relazione sulla visita in Serbia del 12-15 giugno 2011, CommDH(2011)29.
(2) SECO rappresenta il networking e il rafforzamento delle capacità nel settore dell'integrazione UE e il coinvolgimento della società civile nel processo di programmazione di IPA.
(3) KOCD sono reti di organizzazioni nel settore della protezione sociale per i gruppi emarginati che si rivolgono congiuntamente ai decisori politici in questo settore.
(4) Il bilancio del programma di assistenza tecnica, pari a 1,2 milioni di euro, è destinato principalmente a: sostenere le ulteriori modifiche al quadro giuridico relativo alle OSC, introdurre un quadro per la trasparenza dei fondi statali e coinvolgere le OSC nel processo decisionale.
III Atti preparatori
COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO
491a sessione plenaria del 10 e 11 luglio 2013
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/11 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Libro verde — Il finanziamento a lungo termine dell’economia europea»
COM(2013) 150 final/2
2013/C 327/03
Relatore: SMYTH
La Commissione europea, in data 25 marzo 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:
Libro verde - Il finanziamento a lungo termine dell’economia europea
COM(2013) 150 final/2.
La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta del 10 luglio 2013), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 151 voti favorevoli, 3 voti contrari e 3 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Uno degli elementi più importanti della strategia rivolta a riportare l'UE su un percorso di crescita sostenibile consiste nel garantire una disponibilità adeguata di finanziamenti a lungo termine a costo ragionevole. Il documento consultivo della Commissione su questo tema suscita compiacimento e giunge al momento opportuno. |
1.2 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si compiace dell'attenzione che il Libro verde dedica agli investimenti produttivi e alla formazione di capitale materiale e immateriale di lunga durata, ma chiede alla Commissione di tenere maggiormente conto dell'esigenza di finanziare investimenti materiali che siano più utili sotto il profilo sociale. |
1.3 |
Se in futuro le banche avranno probabilmente un ruolo minore nella fornitura di finanziamenti a lungo termine, potrebbero crearsi delle opportunità per altri intermediari, come le banche nazionali e le banche multilaterali di sviluppo, gli investitori istituzionali, i fondi sovrani e soprattutto i mercati obbligazionari. Cionondimeno, è importante evitare di creare ostacoli che impediscano alle banche di ricoprire pienamente il loro ruolo di fornitrici principali di finanziamenti a lungo termine, ed è altrettanto importante che il quadro normativo vigente impedisca l'uscita dei flussi di finanziamenti e di capitali dal settore regolamentato. |
1.4 |
Il CESE si compiace della recente ricapitalizzazione della BEI, che rafforzerà la sua capacità di mobilitare ulteriori risorse d'investimento private e di svolgere un ruolo anticiclico più forte nel finanziamento di investimenti e nell'erogazione di credito alle piccole e medie imprese. L'immissione di capitale per 10 miliardi di euro, seppure significativa, appare insufficiente al CESE nelle attuali circostanze. |
1.5 |
Anche l'introduzione dei prestiti obbligazionari Europa 2020 per il finanziamento di progetti (o "project bond"), per quanto in fase sperimentale, costituisce uno sviluppo positivo. Si tratta di uno strumento sviluppato insieme dalla Commissione e dalla BEI. Andrebbero prese in considerazione anche analoghe imprese comuni con fondi sovrani. |
1.6 |
Se iniziative come quella dei prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti riusciranno ad espandere il mercato dei finanziamenti obbligazionari, occorrerà intensificarle una volta che la fase sperimentale sia stata ultimata e valutata. |
1.7 |
Nel Libro verde viene esaminato il ruolo del risparmio nell'offerta di finanziamenti a lungo termine per gli investimenti. Mentre alcuni Stati membri hanno introdotto speciali regimi di risparmio per mobilitare risparmi a lungo termine vincolati a investimenti sociali a vasto raggio, andrebbe valutata la creazione di un meccanismo di risparmio a livello dell'UE o dell'area dell'euro, eventualmente caratterizzato da un premio in termini di tassi di interesse. |
1.8 |
Alcuni Stati membri hanno avuto un certo successo nell'incoraggiare, attraverso un uso accorto del sistema fiscale, i risparmi connessi alle pensioni o di altro tipo. I cittadini rifuggono dalla prospettiva di pagare tasse sul proprio reddito e in seguito ulteriori tasse sui risparmi a lungo termine risultanti da tale reddito già tassato. Per incoraggiare una maggiore pianificazione finanziaria a lungo termine si dovrebbero poter predisporre e commercializzare, nel contesto degli investimenti socialmente responsabili, prodotti a tassazione bassa o nulla per i risparmi personali, con adeguati limiti annuali. |
1.9 |
La visione a breve termine nel sistema finanziario ha fortemente ostacolato l'offerta di adeguati investimenti a lungo termine ed è strettamente collegata al governo societario. Cambiare gli incentivi per promuovere prestazioni a lungo termine non è facile. Il CESE accoglie con favore le proposte della Commissione in materia di rafforzamento dei diritti di voto e di dividendi più alti per gli investitori a lungo termine, nonché in merito a modifiche della direttiva sui diritti degli azionisti. Osserva che occorrerebbe prendere in considerazione il ricorso coordinato ad agevolazioni fiscali sui redditi da capitale per incentivare partecipazioni azionarie più a lungo termine da parte dei gestori di fondi. |
1.10 |
Il Libro verde contiene suggerimenti interessanti in materia di capitale di rischio. Il CESE ha già raccomandato di estendere il ruolo del Fondo europeo per gli investimenti (FEI), al di là dell'erogazione di prestiti, all'offerta di capitale di rischio. Tale compito era stato concepito originariamente dai creatori del FEI nel 1994. Se il FEI, come la BEI, fosse adeguatamente ricapitalizzato, esso potrebbe divenire uno dei principali fornitori di capitali di rischio per le PMI. |
1.11 |
Infine, dal momento che i governi nazionali e regionali sono già impegnati nella promozione della sopravvivenza e della crescita a lungo termine delle PMI attraverso i loro organismi di sviluppo regionale, appare opportuno che tali organismi svolgano un ruolo nella gestione di dette piattaforme di negoziazione per le PMI. Tale ruolo potrebbe andare dalla valutazione dell'affidabilità creditizia delle PMI clienti alla fornitura di garanzie limitate agli investitori istituzionali. |
1.12 |
Il CESE auspica che venga dato maggior rilievo agli investimenti socialmente responsabili, e propone di istituire un osservatorio per il monitoraggio delle condizioni di investimento a lungo termine. |
2. Introduzione e contesto del Libro verde
2.1 |
Il motivo principale della pubblicazione del Libro verde della Commissione europea è l'esigenza di riportare l'Europa sul percorso di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. L'Europa ha grandi esigenze di investimento a lungo termine e su vasta scala, come base per una crescita sostenibile. Tale crescita è resa molto più difficile dall'attuale avversione al rischio delle famiglie e delle imprese e dall'esigenza, per numerosi governi, di risanare i bilanci pubblici, fattori che, insieme, limitano la disponibilità di risorse a lungo termine per l'investimento. |
2.2 |
Un problema che si presenta attualmente consiste nel funzionamento inadeguato dei canali tradizionali di intermediazione finanziaria. Le banche sono state nell'UE la fonte principale di finanziamento degli investimenti, ma ora molte di esse sono occupate anzitutto a ridurre la leva finanziaria, e non possono quindi svolgere il loro compito ordinario. Il Libro verde guarda al di là della crisi attuale, in cerca di soluzioni che rendano possibili i finanziamenti a lungo termine necessari per gli investimenti. |
2.3 |
La Commissione si concentra sugli investimenti produttivi e sulla formazione di capitali materiali e immateriali di lunga durata, che tendono ad avere un effetto pro-ciclico minore rispetto ai capitali a più breve termine. La Commissione definisce il finanziamento a lungo termine come la modalità con cui il sistema finanziario fornisce le risorse per investimenti in progetti di lunga durata. |
2.4 |
L'Europa ha avviato un programma di riforma del settore finanziario per offrire ai mercati finanziari una stabilità e una fiducia maggiori. La stabilità del sistema finanziario è una condizione necessaria - ma non sufficiente - per la promozione dell'investimento a lungo termine. La Commissione individua altri settori nei quali bisogna intervenire:
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3. Osservazioni in merito alla proposta
3.1 Capacità degli istituti finanziari di dirigere finanziamenti a lungo termine verso i progetti
3.1.1 |
Banche commerciali. L'analisi della Commissione sulle sfide relative all'offerta di adeguati finanziamenti a lungo termine in Europa è sostanzialmente esatta. Il tradizionale primato delle banche in quanto fornitrici di finanziamenti a lungo termine sta venendo meno, e il loro ruolo potrebbe in futuro ridursi. Manca una discussione in merito alla possibile incoerenza tra alcune nuove regolamentazioni in materia bancaria e l'obiettivo del Libro verde di stimolare gli investimenti a lungo termine. Il Libro verde osserva semplicemente che gli effetti delle riforme recenti e delle probabili riforme future in campo finanziario potrebbero far diminuire l'attività delle banche nella catena di intermediazione. Occorrerebbe trovare un equilibrio migliore tra i requisiti prudenziali del pacchetto Basilea III e gli incentivi volti a incoraggiare le banche a continuare a finanziare investimenti a lungo termine. In ogni caso è probabile che si creino opportunità per altri tipi di intermediari, come le banche di sviluppo nazionali e multilaterali o gli investitori istituzionali, o che si ricorra maggiormente ai mercati obbligazionari e ai fondi sovrani. |
3.1.2 |
Banche di sviluppo nazionali e multilaterali. Questi istituti svolgono un ruolo importante, condividendo i rischi con investitori e operatori privati, per sviluppare progetti importanti e prevenire così disfunzioni del mercato. Essi svolgono inoltre un ruolo anticiclico, grazie alle loro azioni strategiche a lungo termine. La Banca europea per gli investimenti (BEI) e il Fondo europeo per gli investimenti (FEI) hanno avuto un ruolo sempre più importante nella condivisione dei rischi, e la recente ricapitalizzazione della BEI, per quanto inadeguata a giudizio del CESE, rafforzerà sicuramente la sua capacità di mobilitare ulteriori finanziamenti privati per investimenti. Il CESE invita la BEI a fare di più per promuovere i grandi progetti infrastrutturali transfrontalieri il cui finanziamento risente di particolari ostacoli. |
3.1.3 |
Il CESE accoglie con favore la creazione dei prestiti obbligazionari Europa 2020 per il finanziamento di progetti di partenariati pubblico-privato, diretti attualmente verso investimenti nelle infrastrutture dell'energia, dei trasporti e delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (1). La Commissione menziona il possibile ruolo dei fondi sovrani nel finanziamento di investimenti a lungo termine. Come per le obbligazioni di progetto create congiuntamente dalla Commissione e dalla BEI, potrebbe essere utile sviluppare un'analoga iniziativa congiunta con fondi sovrani, accrescendo così la disponibilità di finanziamenti per investimenti a lungo termine. |
3.1.4 |
In merito agli investitori istituzionali, il Libro verde constata un possibile conflitto tra l'esigenza di regolare efficacemente i rischi sul capitale affrontati dalle imprese di assicurazione e l'esigenza di incentivare tali imprese a finanziare investimenti a lungo termine. Su tale materia sono in corso discussioni tra la Commissione e le autorità europee competenti in materia di assicurazioni. La Commissione intende proporre dei fondi di investimento a lungo termine con l'obiettivo di incoraggiare la creazione di meccanismi per la condivisione dei rischi grazie al coinvolgimento di vari tipi di investitori istituzionali. Tale proposta appare molto opportuna. I fondi pensione potrebbero assumere un ruolo maggiore negli investimenti a lungo termine, ma il loro percorso è reso difficile da ostacoli istituzionali, regolamentari e politici. Essi temono in particolare che i responsabili delle politiche cerchino di imporre loro di finanziare alcuni tipi di progetto che non rientrano negli interessi dei loro membri. Bisognerebbe consultare i fondi pensione in merito a cosa fare per minimizzare o superare questi ostacoli. In tale contesto potrebbe risultare utile la creazione di un'unione bancaria. |
3.1.4.1 |
Anche degli incentivi fiscali sui redditi d'impresa possono incoraggiare gli investitori istituzionali a erogare maggiori finanziamenti a lungo termine. Un sistema di agevolazioni decrescenti per gli investimenti in grandi progetti infrastrutturali potrebbe stimolare una più forte partecipazione di investitori istituzionali in questo campo. |
3.2 L'efficienza e l'efficacia dei mercati finanziari nell'offrire strumenti di finanziamento a lungo termine
3.2.1 |
Il Libro verde constata che affinché cresca e si approfondisca la disponibilità di finanziamenti a lungo termine occorre che alcuni mercati dei capitali in Europa si sviluppino e maturino. I mercati obbligazionari dell'UE sono meno sviluppati di quelli statunitensi, e sono considerati inaccessibili per la maggior parte delle imprese di dimensioni intermedie e delle PMI. Persino le obbligazioni per il finanziamento di progetti (project bond) sono state accolte con cautela dalle agenzie di rating, e ciò evidenzia le difficoltà che il mercato obbligazionario dovrà affrontare per crescere. Se iniziative quali le obbligazioni per il finanziamento di progetti, che potrebbero mobilitare ben 4,6 miliardi di euro per nuovi progetti infrastrutturali, riusciranno ad espandere il mercato dei finanziamenti obbligazionari, esse dovrebbero essere intensificate una volta completata e valutata la fase pilota. |
3.3 Politiche rivolte a incoraggiare il risparmio e l'investimento a lungo termine
3.3.1 |
I fattori che influenzano il risparmio a lungo termine nel finanziamento sono accuratamente vagliati. Sul versante dell'offerta, anche se alcuni Stati membri hanno fatto degli sforzi per accrescere la disponibilità di risparmi a lungo termine, rimane ancora molto da fare. Nel Libro verde si propone di istituire meccanismi di risparmio su scala dell'UE, concepiti per mobilitare una maggior quantità di risparmi a lungo termine e vincolati a obiettivi sociali a vasto raggio. Quest'idea potrebbe essere utile per espandere le infrastrutture transfrontaliere, accrescere la mobilità del lavoro e incoraggiare la pianificazione della pensione nel mercato unico. Per incentivare i risparmi a lungo termine potrebbe risultare necessario offrire un premio o tassi di interesse graduati per i nuovi prodotti di risparmio. |
3.3.2 |
Imposizione fiscale. Viene esaminata dettagliatamente la relazione tra imposizione fiscale, risparmio a lungo termine e investimenti a lungo termine. L'applicazione agli investimenti della tassazione sulle imprese induce a orientarsi verso l'indebitamento piuttosto che il finanziamento azionario. Tra le riforme atte a incoraggiare un maggior ricorso al finanziamento azionario degli investimenti a lungo termine si potrebbe considerare un sistema di agevolazioni decrescenti. Tali sistemi sono molto usati nella tassazione dei redditi da capitale e potrebbero essere configurati in modo da controbilanciare alcuni degli attuali vantaggi fiscali del finanziamento attraverso il credito. |
3.3.3 |
Per quanto riguarda i risparmi a lungo termine e il sistema fiscale, la Commissione nota che è importante garantire una disponibilità stabile e adeguata di risparmi, e incentivi necessari a promuovere tale disponibilità. Alcuni Stati membri hanno avuto buoni risultati nell'incentivare, attraverso un uso accorto del sistema fiscale, il risparmio legato alla pensione o di altro tipo. I cittadini rifuggono dalla prospettiva di pagare tasse sul proprio reddito e in seguito ulteriori tasse sui risparmi a lungo termine risultanti da tale reddito già tassato. Per incoraggiare la pianificazione finanziaria a lungo termine si dovrebbero poter predisporre e commercializzare prodotti a tassazione bassa o nulla per i risparmi personali, con adeguati limiti annuali. |
3.3.4 |
Il ricorso a incentivi fiscali per produrre risultati utili in termini di investimento a lungo termine non è esente da inconvenienti. Vi sono questioni di una certa importanza da risolvere, come la perdita secca e l'arbitraggio. Tuttavia ricorrere agli incentivi fiscali in una prospettiva di pianificazione a lungo termine coerente e solida risulta necessario per stimolare e ottenere i livelli di investimento auspicati. |
3.3.5 |
Governo societario. La questione della visione a breve termine costituisce un aspetto basilare dell'offerta di investimenti a lungo termine, ed è strettamente collegata al governo societario. Sinora gran parte degli incentivi per i gestori di fondi, le banche di investimento e i dirigenti d'azienda sono stati a breve termine. Cambiare questi incentivi per incoraggiare livelli più elevati di prestazioni a lungo termine non sarà un compito facile. Il Libro verde contiene suggerimenti interessanti, come quello di accrescere i diritti di voto e i dividendi per gli investitori a lungo termine o quello di modificare la direttiva sui diritti degli azionisti. Forse un uso più proattivo degli sgravi fiscali sui redditi da capitale potrebbe costituire un mezzo adeguato per incoraggiare partecipazioni azionarie più a lungo termine da parte dei gestori di fondi. |
3.4 Un più agevole accesso delle PMI ai finanziamenti bancari e non bancari
3.4.1 |
Nel Libro verde viene osservato che in numerosi Stati membri le PMI affrontano difficoltà crescenti nell'accedere ai finanziamenti necessari per sopravvivere e per crescere. Indipendentemente dagli effetti della riduzione della leva finanziaria per le banche, le PMI si trovano di fronte un ventaglio frammentario e alquanto disorganico di fonti di finanziamento alternative. Le banche locali hanno in grande misura perso o ridotto i legami con i rispettivi territori. Le relazioni tra banche e PMI si sono indebolite e devono essere ricostruite o rafforzate. Sono state avviate varie iniziative rivolte a fornire alle PMI fonti di finanziamento non bancario, tra cui l'accesso ad alcuni fondi di capitale di rischio o il ricorso al finanziamento basato sull'attivo (asset finance) (2), al finanziamento esteso alla filiera (supply-chain finance) e al finanziamento collettivo (crowd-funding). Occorre però fare molto di più. Il settore assicurativo e i fondi pensione sono disposti a svolgere un ruolo maggiore, ma hanno bisogno di incentivi adeguati, che la Commissione dovrà pensare a mettere a punto. Nel quadro dell'attuazione delle future misure intese ad agevolare l'accesso delle PMI a finanziamenti a più lungo termine, qualora ciò avvenisse attraverso il canale dei prestiti bancari, si dovrebbe garantire che le PMI possano effettivamente trarre da tali misure i benefici originariamente previsti, senza che le banche impongano loro condizioni aggiuntive eccessivamente onerose. |
3.4.2 |
Capitale di rischio. La Commissione propone di creare una massa critica di finanziamenti basati su capitale di rischio attraverso l'approccio dei "fondi di fondi". Inoltre il mercato potrebbe espandersi anche grazie al proposto fondo di garanzia per gli investitori istituzionali. Il CESE ha già proposto di estendere il ruolo del Fondo europeo per gli investimenti al di là dell'erogazione di prestiti, per includervi l'offerta di capitali di rischio (3). Tale compito era stato concepito originariamente dai creatori del FEI nel 1994. Se il FEI, come la BEI, dovesse essere ricapitalizzato, esso potrebbe divenire uno dei principali fornitori di capitali di rischio per le PMI. |
3.4.2.1 |
Parallelamente all'espansione del finanziamento delle PMI con capitali di rischio, si ha l'espansione delle piattaforme di negoziazione esistenti o la creazione di piattaforme nuove per il finanziamento delle PMI con capitale azionario. Il Libro verde contiene varie utili proposte su questo argomento. Dal momento che i governi nazionali e regionali sono già impegnati nella promozione della sopravvivenza e della crescita a lungo termine delle PMI attraverso i loro organismi di sviluppo regionale, appare opportuno che tali organismi svolgano un ruolo nella gestione di dette piattaforme di negoziazione per le PMI. Tale ruolo potrebbe andare dalla valutazione dell'affidabilità creditizia delle PMI clienti alla fornitura di garanzie limitate agli investitori istituzionali. |
3.4.3 |
Il CESE avrebbe auspicato che il Libro verde sostenesse maggiormente gli investimenti nei fondi socialmente responsabili, attraverso l'introduzione di apposite regolamentazioni fiscali e finanziarie nonché nel quadro degli stessi appalti pubblici. In tale contesto sarebbe forse opportuno istituire un osservatorio europeo per gli investimenti a lungo termine che, con la partecipazione attiva della società civile organizzata, potrebbe monitorare gli sviluppi nell'offerta e nella domanda di investimenti e risparmio a lungo temine, e concorrere a garantire un'adeguata informazione che consenta ai soggetti economici di prendere sane decisioni di investimento a lungo termine |
Bruxelles, 10 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) Cfr. per esempio la comunicazione COM(2009) 615 final.
(2) Cfr. ad esempio Funding for Lending Scheme http://www.hm-treasury.gov.uk/ukecon_fundingforlending_index.htm.
(3) GU C 143 del 22.5.2012, pag. 10.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/15 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sulla gestione dei rischi doganali e la sicurezza della catena di approvvigionamento»
COM(2012) 793 final
2013/C 327/04
Relatore: PEZZINI
La Commissione europea, in data 18 marzo 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sulla gestione dei rischi doganali e la sicurezza della catena di approvvigionamento
COM(2012) 793 final.
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 168 voti favorevoli e 1 voto contrario.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene fondamentale un approccio comune nei confronti della gestione dei rischi doganali e della sicurezza della catena di approvvigionamento per garantire un'applicazione uniforme e non discriminatoria delle normative europee, da parte di tutte le autorità interessate, in tutto il territorio dell'Unione doganale (UD), che è di competenza esclusiva dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 3 del TFUE. |
1.2 |
Il CESE sostiene con convinzione le proposte della Commissione, volte ad assicurare maggiore efficacia ed efficienza nella gestione dei rischi e dei movimenti delle merci, attraverso le frontiere dell'UE, mediante una strategia comune, con sistemi informatici appropriati per una gestione unionale del rischio. |
1.3 |
Il CESE manifesta grande preoccupazione per il fatto che l'UD – avviata dal Trattato di Roma del 1957 e realizzata dal 1968 come politica comune per garantire un'area commerciale unica nella quale persone e merci circolano liberamente, e con un sistema a "sportello unico" per le pratiche doganali di tutti gli operatori commerciali senza discriminazioni di trattamento in tutta l'UE – presenti ancora orientamenti ed applicazioni difformi, che impediscono una gestione efficiente ed efficace dei rischi doganali, rallentando in tal modo i flussi di interscambio e la libera circolazione delle merci dell'UE. |
1.4 |
Il CESE ritiene fondamentale il miglioramento delle capacità doganali, in qualsiasi punto del territorio europeo, per assicurare un livello elevato nella gestione dei rischi in tutta l'UD per quanto riguarda l'implementazione uniforme di definizioni, classificazioni, raccolta e trasmissione dati alla banca unionale, secondo criteri univoci comuni verificati con un sistema unico di assicurazione-qualità e monitorati con sanzioni ai trasgressori. |
1.5 |
Il CESE raccomanda lo sviluppo di standard tecnico-normativi comuni, per una messa in opera omogenea di una gestione dei rischi di qualità, nell'insieme delle frontiere esterne dell'Unione, accompagnati da uno sforzo comunitario di alta formazione delle professionalità, che tenga anche conto dei differenti impegni delle molteplici realtà nazionali. |
1.6 |
Il CESE insiste perché venga garantita la piena interoperatività tra le differenti banche dati in essere nel sistema europeo di sorveglianza del mercato, sulla base di una strategia comune e con un forte sostegno dei programmi unionali per lo sviluppo tecnologico, in modo da assicurare la condivisione delle informazioni tra le varie autorità, ai vari livelli, in tempo reale, anche per rafforzare la lotta contro possibili rischi di dumping sanitario, ambientale e sociale. |
1.7 |
Il CESE chiede il rafforzamento delle azioni dell'UE per lo sviluppo di risorse umane qualificate e per il potenziamento delle capacità gestionali, anche attraverso interventi di riequilibrio delle sperequazioni di carichi di controllo e la costituzione di un nucleo di forza doganale comune che garantisca, su richiesta, un pronto intervento a sostegno delle situazioni di difficoltà. |
1.8 |
Secondo il CESE, è indispensabile rafforzare il partenariato tra le autorità doganali, i trasportatori e gli Operatori economici autorizzati (AEO), rafforzandone lo status ed i benefici, per assicurare una cooperazione ottimale nella gestione dei rischi, attraverso la trasmissione dei dati in un'unica soluzione, senza inutili duplicazioni burocratiche. |
1.9 |
Il CESE chiede l'attuazione di un sistema di governance rinnovato, che comprenda tutte le autorità nazionali e unionali, le agenzie e i sistemi di allerta e d'informazione europei, per assicurare una cooperazione più strutturata e sistematica tra le dogane e le altre autorità operanti nel mercato interno. |
1.10 |
Il CESE chiede che la realizzazione del pacchetto di azioni, definite nel piano pluriennale per la vigilanza del mercato, sia attuata in forma coerente e coordinata, per evitare duplicazioni di controlli, diversità di criteri applicati, moltiplicazioni di richieste degli stessi dati, visioni difformi tra le diverse autorità di controllo e sorveglianza di mercato, e carenze di interoperatività. |
2. Introduzione
2.1 |
L'Unione doganale è di competenza esclusiva dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 3 del TFUE. |
2.2 |
Già nel 2004 il CESE aveva sottolineato la necessità di un "riorientamento dell'approccio strategico relativo alle politiche sui servizi doganali, che, a ragione, pone maggiormente l'accento sulle sfide che comporta l'applicazione delle politiche doganali comuni alle nuove frontiere esterne dell'Unione, dopo l'allargamento. Riconosce anche che il contesto è mutato in seguito alle preoccupazioni sollevate, specie dopo gli avvenimenti negli Stati Uniti, in materia di procedure di sicurezza per proteggere i cittadini dell'Unione" (1). |
2.3 |
Di fronte ai gravi problemi di funzionamento, che l'UD si trova ad affrontare, per le difformità di applicazione delle normative unionali, che rischiano di comprometterne l'efficacia globale con inefficienze, sprechi e mancanza di coordinamento tra necessità e risorse disponibili, il CESE ha sottolineato "che venga perseguita un'unica politica doganale, basata su procedure uniformi, aggiornate, trasparenti, efficaci e semplificate, che sia in grado di contribuire alla competitività economica dell'UE, a livello globale" (2). |
2.4 |
L'UD è il braccio operativo di gran parte delle misure di politica commerciale dell'UE e attua numerosi accordi internazionali, connessi ai flussi commerciali dell'UE, sviluppando –attraverso le amministrazioni degli Stati membri – importanti processi orizzontali di gestione dati, gestione degli operatori commerciali e "gestione dei rischi comprendente l'identificazione, la valutazione, l'analisi e la mitigazione degli innumerevoli tipi e livelli diversi di rischi connessi agli scambi internazionali di merci" (3). |
2.5 |
L'introduzione di un approccio comune per la gestione integrata del rischio, nei punti d'ingresso e di uscita, mirerebbe a soddisfare gli obiettivi di:
|
3. Ruolo delle dogane in materia di sicurezza
3.1 |
Come indicato nella relazione della Commissione sullo stato dell'UD di fine 2012, "l'amministrazione doganale è l'unica autorità pubblica responsabile della supervisione e del controllo di tutte le merci che attraversano le frontiere esterne dell'UE e che, una volta immesse in libera pratica dalle autorità doganali, in un determinato punto dell'UE, possono circolare liberamente in qualsiasi parte del territorio doganale dell'Unione" (4). |
3.2 |
Grazie a questa posizione unica, le autorità doganali dell'Unione hanno la responsabilità primaria della supervisione degli scambi internazionali dell'UE e contribuiscono all'attuazione degli aspetti esterni del mercato interno, della politica commerciale comune e delle altre politiche riguardanti il commercio e la sicurezza dell'intera catena logistica. |
3.3 |
Il CESE ha sottolineato che "una unione doganale efficiente rappresenti una conditio sine qua non del processo di integrazione europea, per assicurare una libera circolazione delle merci, con la massima tutela dei consumatori e dell'ambiente e una efficace lotta contro la frode e la contraffazione, in tutto il territorio dell'Unione" (5) e ha raccomandato un'unica politica doganale, basata su procedure uniformi, aggiornate, trasparenti, efficaci e semplificate. |
3.4 |
Pur essendo fondato su una legislazione e una politica comuni, il funzionamento operativo dell'UD è complesso e viene ancora attuato da 27 amministrazioni distinte nell'UE, facendo appello a una combinazione di fattori umani, tecnici e finanziari a vari livelli, sia per l'applicazione delle procedure di sdoganamento e di controllo, sia nella gestione e trattamento dei dati, degli operatori economici, della gestione dei diversi livelli di rischi, connessi agli scambi internazionali di merci e alla sicurezza della catena d'approvvigionamento. |
3.5 |
Il CESE sottolinea che occorre evitare che gli Stati membri siano costretti in una "camicia di forza" quando si tratta di applicare la normativa doganale, affinché possano continuare a tener conto dell'ampiezza dei flussi commerciali interessati. A questo proposito, il CESE constata che gli Stati membri hanno moltiplicato i dispositivi per agevolare gli scambi: dematerializzazione delle formalità, procedure semplificate, attuazione dello status di operatore autorizzato. |
3.6 |
Qualsiasi armonizzazione deve basarsi sulle "migliori pratiche" e non su un livello medio europeo. |
3.7 |
Se si vogliono razionalizzare i costi, orientare i lavori alla ricerca di risultati, anche in termini di entrate per quanto attiene all'aspetto finanziario, e ottenere dei progressi concreti, è opportuno, secondo il CESE, improntare i controlli non tanto a una metodologia basata sulle singole operazioni quanto piuttosto a una "metodologia sistemica" (systems-based approach) fondata su una valutazione dei rischi. |
4. La gestione dei rischi della catena di approvvigionamento
4.1 |
In un contesto di flussi commerciali in costante aumento, di nuovi modelli sempre più complessi e con ritmi sempre più rapidi, il funzionamento operativo dell'UD è sottoposto a pressioni crescenti, con un rapido aumento delle mansioni da svolgere e delle aspettative provenienti dalle parti interessate. La modernizzazione delle funzioni operative, in un ambiente doganale informatizzato, presuppone:
|
4.2 |
Per ottenere efficaci strategie comuni di analisi, controllo e gestione dei rischi, è necessario, un cambiamento culturale in tutte le amministrazioni interessate, verso obiettivi strategici e metodologie comuni, in un quadro di gestione congiunta dei rischi con altre agenzie e partner internazionali, specie in tema di sicurezza, salute e ambiente. |
4.3 |
In particolare è richiesta, per un'efficace gestione dei rischi, una più stretta cooperazione tra le autorità doganali e le autorità di vigilanza del mercato, a livello nazionale e dell'UE, senza la quale la messa a punto di criteri di rischio comuni e di profili di rischio specifici, verrebbe seriamente ostacolata. |
4.4 |
L'introduzione di un approccio comune per la gestione del rischio, nei punti d'ingresso e di uscita, deve tener conto che, attualmente, oltre 60 atti giuridici (6) delegano responsabilità di controllo alle dogane, mentre alle autorità di vigilanza è delegata una catena di processi interdipendenti, che vanno dalle ispezioni al campionamento, alle prove di laboratorio, alle interpretazione dei risultati, alla valutazione dei rischi, agli interventi correttivi e sanzionatori tesi a migliorare la sicurezza dei prodotti che circolano sul mercato, come previsto dall'Atto per il mercato unico I (7) e II (8). |
4.5 |
Le metodologie di valutazione del rischio dovrebbero poter trovare una piattaforma sistemica comune – anche attraverso i gruppi di cooperazione amministrativa – tra le autorità doganali e di vigilanza del mercato ai vari livelli, e potersi giovare delle esperienze maturate nelle diverse banche dati, attive nei diversi ambiti. |
4.6 |
Le autorità doganali e le autorità di vigilanza del mercato dovrebbero mettere in comune risorse e competenze per "applicare metodi favorevoli alle PMI" (9) anche attraverso l'attuazione delle linee guida, da parte di entrambe le autorità, con un rafforzamento del coordinamento e della cooperazione, degli scambi d'informazione e delle attività comuni, per gestire in modo mirato le spedizioni che comportano elevati rischi di sicurezza. |
5. Il ruolo del partenariato dogane-operatori commerciali-vettori
5.1 |
Il ruolo del partenariato tra autorità doganali, operatori commerciali e vettori è fondamentale per garantire l'integrità della catena di approvvigionamento, nell'interesse di cittadini, imprese e pubblica amministrazione. |
5.2 |
Tale partenariato dovrebbe basarsi su solidi meccanismi di fiducia reciproca, con:
|
5.3 |
Già nella Convenzione di Kyoto per la semplificazione dei controlli doganali (rivista) dell'Organizzazione mondiale delle dogane (OMD) (10) viene prevista la limitazione dei controlli intrusivi, così come nei negoziati OMC sulle facilitazioni degli scambi (11), malgrado le tentazioni di rafforzare i controlli sistematici specie dopo gli eventi dell'11 settembre del 2001. |
5.4 |
Occorre contrastare la frammentazione dei flussi di informazioni e superare le difficoltà inerenti alle differenze fra le capacità di gestione dei rischi, tra Stati membri, per garantire un livello uniforme di gestione e di analisi elettronica dei rischi: alla base rimane lo sviluppo di una cultura comune europea della gestione del rischio e della sicurezza degli approvvigionamenti. |
6. Le nuove tecnologie: inter-operatività dei sistemi e condivisione di informazioni
6.1 |
I programmi pluriennali di R&S dell'Unione europea - in particolare il Settimo programma quadro, ma anche IDABC (12) e ISA (13) per l'interoperabilità delle amministrazioni pubbliche - hanno fornito basi per lo sviluppo di vari progetti comuni in materia di gestione dei rischi, con nuovi strumenti in grado di evitare processi e domini nazionali delle infrastrutture e delle applicazioni informatiche che variano notevolmente da uno Stato membro all'altro. |
6.2 |
È essenziale che gli sforzi di innovazione e di R&S, in tema di gestione dei rischi e di sicurezza della catena di approvvigionamento, siano coordinati nell'UE, per garantire la rapida diffusione e commercializzazione delle tecnologie. In particolare, i progetti di dimostrazione "proof-of-concept" e le linee pilota di fabbricazione sono condizioni indispensabili per la diffusione delle tecnologie su scala industriale. I partenariati pubblico-privato possono finanziare queste iniziative mediante i fondi strutturali o nel quadro di Orizzonte 2020 e tramite altri programmi dell'UE. |
7. Cooperazione e coordinamento strutturati e sistematici tra dogane e altre autorità
7.1 |
Il CESE ha avuto modo di sottolineare anche di recente la necessità di "una più stretta cooperazione tra le amministrazioni doganali, le autorità di vigilanza del mercato, i servizi della Commissione e le agenzie europee, ai fini di un maggior controllo della qualità dei beni che superano le frontiere" (14), insistendo sulla necessità di fornire un'adeguata informazione e una formazione congiunta. |
7.2 |
Secondo la Commissione, "a livello dell'UE occorre perfezionare la condivisione delle capacità e delle risorse degli Stati membri, al fine di conseguire più efficacemente gli obiettivi dell'Unione, in materia di gestione dei rischi, in qualsiasi punto della frontiera esterna" anche attraverso "l'adozione, in tempo reale, di un dispositivo per la valutazione elettronica dei rischi", rafforzando le capacità a livello dell'Unione. |
7.3 |
Secondo il CESE, la questione della cooperazione e del coordinamento in materia di gestione dei rischi rappresenta uno dei punti nevralgici della proposta della Commissione, non solo a livello del coordinamento sistemico delle autorità degli Stati membri, ma anche a livello dell'Unione stessa, tra le diverse direzioni generali e le diverse agenzie operative. |
8. Osservazioni generali
8.1 |
Il CESE plaude all'iniziativa della Commissione, per assicurare efficacia e efficienza della gestione dei rischi e dei movimenti delle merci, attraverso le frontiere dell'UE, mediante una strategia comune su vari livelli, per identificare il genere e il livello di rischio e la gamma delle risposte possibili, in un quadro europeo di coordinamento tra i vari organismi, in base ad un approccio uniforme e a criteri condivisi predefiniti. |
8.2 |
Il CESE è convinto dell'esigenza di centralizzare il processo di sdoganamento elettronico, dotando la Commissione di sistemi informatici appropriati per una gestione unionale del rischio, sulla base di una rete di banche dati inter-operative e con un uso sistematico di metodi di lavoro standardizzati, che salvaguardino la tutela dai rischi di dumping sanitario, ambientale e sociale per i lavoratori, per i consumatori e per le imprese. |
8.3 |
È fondamentale, a parere del CESE, il rafforzamento delle capacità doganali, affinché in qualsiasi punto del territorio europeo venga garantito un livello equivalente di gestione dei rischi, secondo criteri univoci comuni, verificati con un sistema unico di assicurazione-qualità e monitorati con sanzioni ai trasgressori. |
8.4 |
Il CESE ritiene che tale questione debba correttamente collocarsi nell'ambito del piano pluriennale per la vigilanza del mercato, che definisce 20 azioni (15) concrete, da realizzarsi entro il 2015 con particolare riferimento a:
|
8.5 |
Il CESE ritiene che la gestione dei controlli doganali e quella di vigilanza del mercato non possano essere affrontati disgiuntamente e che la definizione di un approccio comune a livello europeo debba essere ricercata congiuntamente, assieme alla piena inter-operatività degli strumenti di analisi, raccolta e elaborazione dei dati in rete, da parte delle varie autorità interessate. |
8.6 |
Il CESE è a favore di un sistema di sostegno al rafforzamento delle capacità nella gestione dei rischi degli Stati membri, per garantire standard di qualità omogenei con un meccanismo unionale di verifica, controllo, monitoraggio e sanzioni, ma anche con un maggior sforzo unionale di formazione delle alte professionalità, richieste soprattutto là dove l'impegno ed i costi sono più elevati, come alle frontiere dello spazio Schengen. |
8.7 |
In proposito il CESE chiede il rafforzamento delle azioni unionali per lo sviluppo di risorse umane qualificate e per il potenziamento delle capacità gestionali, anche attraverso la costituzione di un nucleo di forza doganale comune che garantisca un pronto intervento a sostegno delle situazioni di difficoltà. |
8.8 |
Nell'ottica di assicurare norme comuni chiare e coerenti, in tutto il mercato unico, per pari livelli di sicurezza, il CESE chiede con forza una più stretta cooperazione e condivisione delle informazioni - secondo standard comuni elevati - tra amministrazioni doganali, autorità di vigilanza del mercato, i servizi della Commissione e le agenzie europee, ai fini di un maggior controllo della qualità dei beni che superano le frontiere. |
8.9 |
Il CESE fa proprie le conclusioni del Consiglio sui progressi realizzati nell'ambito della strategia per l'evoluzione dell'Unione doganale (16) in tema di miglioramento della governance dell'UD, di capacità dell'UD di misurare il proprio impatto e di promuovere una applicazione uniforme delle normative, di migliorare la cooperazione tra le agenzie e, soprattutto, di "adottare un approccio più globale nell'ambito della catena d'approvvigionamento internazionale", agevolando gli scambi e "fornendo benefici reali e concreti agli operatori economici autorizzati". |
Bruxelles, 10 luglio 2013
Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) GU C 110 del 30.4.2004, pag. 72.
(2) GU C 229 del 31.7.2012, pag. 68.
(3) COM(2012) 791 final.
(4) COM(2012) 791 final.
(5) GU C 229 del 31.7.2012, pag. 68.
(6) Allegato 2 del SEC(2011) 1317 final "Valutazione d'impatto di un programma d'azione nel settore doganale e fiscale dell'Unione europea (programma FISCUS) per il periodo 2014-2020".
(7) COM(2011) 206 final.
(8) COM(2012) 573 final.
(9) COM(2013) 76 final, azione 9.
(10) OMD 2003.
(11) Art. VIII del GATT che mira a limitare le procedure necessarie per le operazioni d'import e d'export.
(12) Ossia Interoperable Delivery of Pan-European e-Government Services to Public Administrations, Businesses and Citizens ("Erogazione interoperabile di servizi paneuropei di governo elettronico alle amministrazioni pubbliche, alle imprese e ai cittadini"). L'IDABC contribuisce all'iniziativa i2010 volta a rendere più moderno il settore pubblico europeo.
(13) Ossia Interoperability Solutions for European Public Administrations ("Soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni europee"). Il programma ISA riguarda il periodo 2010-2015.
(14) GU C 229 del 31.7.2012, pag. 68.
(15) COM(2013) 76 final.
(16) GU C 80 del 19.3.2013, pag. 11.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/20 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano d’azione europeo per il commercio al dettaglio»
COM(2013) 36 final
2013/C 327/05
Relatrice: RONDINELLI
La Commissione europea, in data 18 marzo 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Piano d'azione europeo per il commercio al dettaglio
COM(2013) 36 final.
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 174 voti favorevoli, 1 voto contrario e 3astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene l'approccio olistico del Piano d'azione e ha già espresso il suo parere su molte delle 11 azioni proposte che necessitano tuttavia di tempi e sostegni – anche economici – diversi per la loro attuazione. |
1.2 |
Il CESE reputa che alcune azioni rischiano di rimanere disattese o non completamente attuabili perché non si considerano le ripercussioni che la crisi economica sta avendo sul settore, specie nei paesi più colpiti dalle misure di austerità. |
1.3 |
Nell'implementazione del piano, si raccomanda di considerare e valorizzare le diversità, che spesso si manifestano nella forma delle PMI e delle micro-imprese. |
1.4 |
Il CESE accoglie con favore la proposta di istituire un gruppo permanente per la competitività del commercio al dettaglio e auspica che le parti sociali europee, i rappresentanti delle organizzazioni dei consumatori e delle PMI possano farne parte. |
1.5 |
Il CESE raccomanda di rendere le informazioni rilevanti e veritiere non solo disponibili ma realmente conoscibili per il consumatore, con una forma espositiva che sia sintetica e facilmente comprensibile (non tecnica o legale). |
1.6 |
Si raccomanda di stimolare gli Stati membri a definire quali forme di commercio al dettaglio possano essere comprese in quegli interessi generali (sociali e culturali), di cui alla direttiva servizi. |
1.7 |
Il CESE chiede di stimolare le imprese ad integrare il commercio online e offline, che oggi sono in molti casi ancora alternativi, pure nella prospettiva di superare le problematiche relative agli orari e ai giorni di apertura/chiusura dei negozi. |
1.8 |
L'eccessiva concentrazione della distribuzione commerciale pone vari problemi, tra cui una oggettiva difficoltà a realizzare una vera concorrenza. |
1.9 |
Il CESE propone che il problema dell'abuso del transfer pricing, che fissa i prezzi delle transazioni infragruppo sulla base di parametri di valutazione ancorati alle esigenze tributarie del gruppo, anziché facendo riferimento alle normali condizioni di mercato, sia affrontato a livello europeo, come già proposto in un altro suo parere (1). |
1.10 |
Il CESE raccomanda di perseguire la sostenibilità del commercio e la riduzione degli sprechi anche favorendo la diffusione del sistema di vendita a mescita, che riduce gli imballaggi inquinanti. |
1.11 |
La Commissione deve perseguire le innovazioni e i cambiamenti in modo attivo, con tutti gli strumenti in suo possesso, poiché la concorrenza è una condizione del cambiamento, non un attivatore. |
1.12 |
Il CESE considera fondamentale il matching tra le professionalità richieste e le competenze degli occupati e crede che il coinvolgimento delle imprese non possa limitarsi solo ai contenuti della formazione ma debba anche estendersi a investimenti mirati. |
1.13 |
Sulla scia dell'esperienza dell'European Skills Council for Commerce, il CESE esorta gli Stati membri a costituire organismi bilaterali tra le parti sociali per lo sviluppo della formazione professionale (matching, piani formativi, finanziamenti, rilevamento fabbisogni formativi, realizzazione e feedback della formazione). |
1.14 |
Il CESE sostiene l'iniziativa della Commissione di avviare un dialogo con tutte le parti interessate per definire a livello UE misure efficaci per combattere l'economia informale, il lavoro nero e sommerso. Auspica forti volontà politiche da parte degli Stati membri che la Commissione potrebbe coordinare attraverso un partenariato rafforzato. |
2. Realizzare un mercato interno della distribuzione commerciale
2.1 |
Al fine di realizzare il mercato interno della distribuzione commerciale, nell'ambito della strategia Europa 2020 il piano d'azione propone una tabella di marcia di 5 priorità e 11 azioni che dovranno essere attuate entro il 2014. La Commissione ne assicurerà il monitoraggio e nel 2015 presenterà una relazione sui progressi raggiunti. |
2.2 |
Nell'UE la distribuzione commerciale ha un ruolo essenziale per stimolare la crescita, la creazione di posti di lavoro e modelli di consumo innovativi e più sostenibili. Il settore rappresenta l'11 % del PIL e quasi il 15 % dell'occupazione, pari a circa 36 milioni di occupati in oltre 6 milioni di imprese, pari al 29 % di tutte le imprese, di cui una percentuale molto elevata di PMI e microimprese. |
2.3 |
Il piano evidenzia come la distribuzione commerciale è sempre più integrata con gli altri settori economici e che la distinzione tra loro è sempre meno evidente. Rileva che sussistono ostacoli che impediscono la creazione di un mercato interno della distribuzione commerciale efficiente, competitivo e integrato. Pertanto bisogna migliorare la competitività e la produttività del settore e rafforzare i suoi risultati economici, sociali e ambientali, tenendo conto della diversità in generale e della situazione delle PMI e delle micro imprese in particolare. |
2.4 |
Il CESE rileva che, nonostante il processo di modernizzazione del settore negli ultimi 20 anni, molte PMI commerciali in questo periodo stanno morendo, non solo per ragioni legate alla maggiore concorrenza dei prezzi e all'erosione dei margini di profitto, ma anche a causa della crisi economica che ha prodotto una rilevante contrazione dei consumi e una minore propensione agli acquisti. |
2.5 |
La crisi finanziaria, la crescita dei prezzi delle materie prime, l'invecchiamento della popolazione, l'esigenza di maggiore sostenibilità e l'innovazione tecnologica (ad es. pagamenti elettronici, "self scanning") stanno cambiando profondamente i processi e i modelli di business sia della grande distribuzione organizzata che delle PMI. |
2.6 |
Il CESE accoglie con favore la proposta di istituire un gruppo permanente per la competitività del commercio al dettaglio (Stati membri, parti interessate, PMI) con l'obiettivo di porre al centro del dibattito politico europeo i problemi del settore, individuare le vie per lo sviluppo, monitorare i progressi realizzati e formulare raccomandazioni. Il CESE richiede che le parti sociali europee del settore (UNI-Europa commercio ed Eurocommerce), che sin dalla fine degli anni '80 hanno avviato un dialogo sociale costruttivo, facciano parte di questo gruppo, così come rappresentanti della società civile, in particolare le organizzazioni dei consumatori e delle PMI. |
2.7 |
Il CESE raccomanda alla Commissione e agli Stati membri di stimolare e favorire tutte le forme eque ed equilibrate di collaborazione e d'associazione commerciale tra le attività commerciali indipendenti e tra le grandi imprese della distribuzione e gli indipendenti sulla base di contratti con garanzie chiare ed equilibrate. |
3. Maggiori diritti per il consumatore (azioni 1 e 2)
3.1 |
I diritti sono davvero tali quando vengono esercitati se conosciuti. L'informazione non equivale alla conoscenza che è il primo diritto dei consumatori perché possano orientare liberamente i consumi perseguendo il benessere e la convenienza individuale e collettiva. Oggi molte scelte di acquisto sono accompagnate da una quantità oggettivamente vasta di informazioni disponibili. |
3.2 |
Attualmente uno dei problemi più grandi del settore consiste nel marketing della grande distribuzione che è incentrato quasi esclusivamente sul prezzo di vendita al consumatore e trascura il rapporto qualità-prezzo. In molti Stati membri, il risultato è una diminuzione della qualità dei prodotti alimentari, anche a causa della sostituzione di ingredienti naturali con sostanze sostitutive. Questo fenomeno diminuisce la scelta dei consumatori che spesso sarebbero disponibili a pagare di più un prodotto di qualità ma non riescono a trovarlo nell'offerta. |
3.3 |
La conoscenza delle caratteristiche dei prodotti consente ai cittadini di effettuare acquisti consapevoli, spingendo l'offerta verso la qualità, la diversificazione e il servizio. Ma più informazioni disponibili non equivalgono a maggiore conoscenza, anzi spesso è vero il contrario: di fronte all'eccesso di informazioni spesso il consumatore sceglie di non leggerle, per mancanza di tempo e per il linguaggio troppo tecnico e poco comprensibile. |
3.4 |
Oltre ad elaborare orientamenti su buone pratiche e codici di condotta (azione 1) (2), la Commissione dovrebbe prevedere strumenti efficaci e vincolanti affinché produttori e distributori rendano facilmente conoscibili per i consumatori tutte quelle caratteristiche dei loro prodotti, servizi e prezzi che sono essenziali per altri scopi sociali, ambientali, territoriali ed economici. Inoltre, tutte le informazioni necessarie dovrebbero essere rese disponibili in comunicazioni brevi e facilmente comprensibili. In tal modo possono liberamente decidere se privilegiare l'una o l'altra di queste caratteristiche e non basarsi solo su quelle di marketing. |
3.5 |
Il sistema dell'offerta produce molta conoscenza utile al consumatore a compiere le sue scelte, ma è concentrato per lo più sugli aspetti del prodotto legati all'acquisto e all'uso nei primi tempi, privilegiando la soddisfazione iniziale e trascurando la vita avanzata del prodotto (grado di riciclabilità del packaging, durata delle performance, reperibilità di assistenza e ricambi, valore al momento della rivendita eventuale come usato, servizi post vendita). |
3.6 |
Oltre a proporre metodologie per misurare e comunicare l'impatto globale di prodotti e organizzazioni (azione 2) (3), sarebbe opportuno che la Commissione assumesse il compito di completare le conoscenze con cui i consumatori costruiscono le loro scelte di acquisto (4). Pertanto l'implementazione dell'azione dovrebbe fornire chiare indicazioni su:
|
3.7 |
Pertanto il CESE propone di attuare quest'azione in maniera efficace e realistica sia per una maggiore tutela dei consumatori, sia per le imprese, specie le PMI, affinché sappiano attuarla nella pratica. |
4. Migliore accesso a servizi al dettaglio più sostenibili e competitivi (azioni 3, 4 e 5)
4.1 |
La direttiva servizi, nel vietare il rispetto di alcuni requisiti, esclude dal divieto quei "requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d'interesse generale" e anzi "lascia impregiudicata la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto comunitario, quali essi ritengano essere servizi d'interesse economico generale". Tra i "motivi imperativi d'interesse generale" la direttiva cita espressamente "la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale". |
4.2 |
Ci sono forme di commercio al dettaglio che sono espressioni caratterizzanti della cultura e degli stili di vita di un territorio. Queste forme – e solo queste – devono poter competere in un sistema di imprese simili, che ricerchi continui miglioramenti di qualità e di efficienza a vantaggio dei consumatori. Esporre tali esercizi commerciali al rischio di sopraffazione da parte di grandi organizzazioni potrebbe sì realizzare nel breve i principi del libero mercato, ma disperderebbe un patrimonio di cultura e di stili di vita difficilmente recuperabili, indebolendo anche economicamente la comunità e il territorio. |
4.3 |
La concorrenza ha portato gli esercizi commerciali al dettaglio a migliorare la qualità dei loro servizi e la loro efficienza produttiva. È essenziale che la Commissione distingua tra sana concorrenza tra imprese simili, che spinge alla ricerca di continui miglioramenti di qualità e di efficienza a vantaggio dei consumatori, e le altre forme di conflitto economico-commerciale tra imprese. |
4.4 |
È importante quindi che in un territorio vi sia una sana concorrenza tra le imprese del settore, indipendentemente dalla loro dimensione, non in un'ottica di sopraffazione ma di capacità di essere da sprone l'una all'altra in un circolo virtuoso. Ciò significa migliori servizi, maggiore assortimento, strutture più comode, prezzi più vantaggiosi, identità della comunità locale. |
4.5 |
Laddove la grande catena arriva a scalzare il negozio tradizionale, grazie alla forza economica, bisogna riconoscere che questo è un danno perché distrugge un patrimonio di cultura e di stili di vita e il tessuto locale e territoriale economico e sociale caratteristici di quel territorio e di quella comunità, il cui valore va quindi oltre la semplice convenienza di assortimenti e prezzi per il consumatore. |
4.6 |
Rispetto alle azioni 3 e 4, la Commissione, in coerenza con la direttiva servizi, deve stimolare gli Stati membri a valutare se e quali forme di commercio al dettaglio possano realizzare quegli obiettivi di politica sociale e culturale. Dunque deve stimolare l'inclusione del commercio al dettaglio tradizionale e indipendente locale negli interessi generali laddove si esprime in forme che sono l'espressione del territorio e riesce a interpretarne le caratteristiche. Tuttavia, occorre giustamente evitare che interessi di parte legati al territorio siano mascherati da interessi generali della collettività, quali l'ambiente e l'urbanistica. A tal fine la Commissione deve indicare con molta chiarezza quali sono gli interessi generali accettabili di un territorio, anche arrivando a chiedere a ogni regione/territorio di fissare esso stesso una graduatoria dei tre interessi prioritari che vanno perseguiti nella valutazione dei nuovi insediamenti commerciali. |
4.7 |
Il commercio al dettaglio online non può sostituire quello fisico ma i due modelli devono trovare forme di integrazione, soprattutto perché il commercio al dettaglio svolge una funzione sociale essenziale, che non è il solo approvvigionamento di merci e servizi al minor costo. |
4.8 |
Il CESE chiede alla Commissione si stimolare, di concerto con gli Stati membri e in collaborazione con le organizzazioni delle PMI, la formazione nelle PMI sull'integrazione delle diverse forme di vendita complementare alla vendita tradizionale. |
4.9 |
Le potenzialità di sviluppo del commercio online non sono prevedibili perché dipendono da come i mercati e le istituzioni le regoleranno. La Commissione dovrebbe avviare e agevolare ogni azione che tenda a valorizzare i servizi non-sale, ossia quelli non direttamente riconducibili a un acquisto specifico, erogati dal commercio al dettaglio offline. |
4.10 |
Oggi i negozi danno al cliente gratuitamente molti servizi (ad esempio la vetrina – window shopping), il cui costo è ripagato dal margine sulla vendita. Per questo i produttori spesso inibiscono l'acquisto online, imponendo al cliente di comprare offline. Ma sempre più consumatori seguono ormai un processo d'acquisto misto, online (confronto prodotti e prezzi) e offline (toccare con mano, provare). Il CESE raccomanda di superare questa concorrenza online/offline favorendo l'integrazione e la valorizzazione dei servizi resi dal negozio tradizionale, perchè lo shopping fisico genera relazioni sociali e reali che non possono trasformarsi in relazioni digitali. Occorre integrazione, non sostituzione. |
4.11 |
Il CESE rileva che a livello degli Stati membri esistono legislazioni differenti in materia di orari di apertura/chiusura degli esercizi commerciali e di lavoro domenicale e notturno. Inoltre, tali legislazioni sono pure oggetto di confronti all'interno di molti Stati, con riferimento alla concorrenza tra gli esercizi indipendenti, le PMI e le micro-imprese, e alle ricadute sul personale. Il CESE invita la Commissione a perseguire il superamento di questo ostacolo al raggiungimento del mercato unico e del modello sociale europeo, anche attraverso l'integrazione del commercio online/offline. |
5. Relazioni commerciali più corrette lungo l'intera catena di fornitura al dettaglio (azione 5) (5)
5.1 |
Il CESE crede che il settore della distribuzione commerciale sia uno dei più concentrati. Infatti, in ogni Stato membro il mercato è controllato da 3/5 imprese, spesso di dimensioni multinazionali. Ciò pone un grande problema sul piano della concorrenza poiché il settore è diventato troppo potente rispetto ai fornitori che sono molto più numerosi. |
6. Sviluppo di una catena di fornitura al dettaglio più sostenibile (azioni 6 e7)
6.1 |
Il CESE sostiene l'azione 6 volta a sostenere i distributori al dettaglio affinché adottino misure per ridurre gli sprechi alimentari (6) e accoglie con favore la decisione di adottare nel 2013 una comunicazione sull'alimentazione sostenibile. |
6.2 |
Il CESE sostiene l'azione 7 della Commissione tesa a "rendere più ecologiche e sostenibili le catene di fornitura" attraverso ogni pratica di riduzione dell'energia impiegata e della produzione di materiali inquinanti. In riferimento ai materiali inquinanti, una delle pratiche che il CESE suggerisce di promuovere è un modello distributivo dei prodotti di largo consumo basato sulla mescita, in alternativa ai prodotti confezionati. Per attuare concretamente quest'azione, tesa a ridurre la produzione di packaging da smaltire, il CESE chiede alla Commissione di consultare tutti i soggetti coinvolti. |
6.3 |
Questa pratica è oggi utilizzata in contesti limitati e per pochissimi prodotti, ma la sua estendibilità è ampia:
|
6.4 |
Questo modello oggi è utilizzato in situazioni piccole, per esempio la vendita di latte fresco, mentre il carburante per autotrazione per esempio è un prodotto già distribuito su vastissima scala con il modello a mescita. Il prodotto in sé non è propriamente ecologico, ma la sua distribuzione non produce un grammo di plastica né sprechi di quantità. |
6.5 |
Questo modello comporterà un cambiamento nelle strutture dei punti vendita che dovrebbero dotarsi di tubazioni di rifornimento magazzino-scaffale o almeno di sistemi di ricarica dei dispenser. In ogni caso, lo scaffale non sarebbe più un supporto non dinamico e indifferenziato. |
6.6 |
Per avere una concreta chance di diffusione, tale cambio di modello dovrebbe essere promosso dai grandi distributori che distribuiscono la maggior parte dei prodotti di consumo, poiché avrebbero le capacità e le risorse necessarie per avviare questo processo di grande trasformazione. In questo contesto anche la PMI dovrebbero svolgere un ruolo chiave. |
6.7 |
La Commissione potrebbe aiutare l'avvio di questo cambiamento, dichiarandone i valori sociali e ambientali e utilizzando tutti gli strumenti – anche economico-finanziari – di cui dispone per promuovere e agevolare iniziative e progetti concreti. |
7. Soluzioni più innovative (azioni 8, 9 e 10)
7.1 |
La ripresa dell'economia reale passa anche attraverso l'innovazione (azione 8) che il settore sarà in grado di sviluppare ed è fondamentale che le PMI accedano maggiormente e più facilmente ai crediti bancari per avviare progetti e attività innovative. |
7.2 |
A differenza di quanto è stato fatto negli USA, è essenziale che gli investimenti aziendali nell'innovazione si coniughino con le tutele dei lavoratori e la qualità dell'occupazione. |
7.3 |
La Commissione sembra aspettarsi questi cambiamenti dall'aumentata "competitività del settore al dettaglio", la cui promozione sarebbe il solo oggetto delle azioni proposte dalla Comunicazione. Ma mentre l'assenza di concorrenza è un ostacolo al cambiamento, la concorrenza di per sé non garantisce il cambiamento. |
7.4 |
La Commissione, nell'apprezzare le aziende commerciali come "moltiplicatori di innovazione", riconosce che le PMI del commercio al dettaglio, essendo in contatto più diretto con i consumatori, percepiscono meglio le nuove esigenze e quindi - essendo anche più flessibili della grande impresa - riescono meglio ad adattare l'offerta alla domanda variabile e multiforme. |
7.5 |
Tuttavia, alcuni cambiamenti di sistema o di modello richiedono una capacità progettuale e - soprattutto - una forza contrattuale che rendono la grande impresa, un attore non rinunciabile. La Commissione deve fare ogni sforzo per includere nei processi di innovazione e cambiamento tutte le imprese, piccole, medie e grandi. |
7.6 |
Il CESE accoglie con favore una banca dati che raccolga le norme europee e nazionali in materia di etichettatura dei prodotti alimentari (azione 9) (7). |
7.7 |
Il CESE sostiene la Commissione per assicurare una migliore integrazione dl mercato dei pagamenti tramite carte, Internet e telefono mobile (azione 10) (8) e ne auspica un'accelerazione nella diffusione. |
8. Ambiente di lavoro migliore (azione 11)
8.1 |
Il matching delle competenze è fondamentale per una crescita qualitativa dell'occupazione (9) nel settore, che spesso rappresenta la prima opportunità di ingresso o rientro nel mercato del lavoro e non viene spesso e dappertutto percepito invece come settore attrattivo e interessante ove investire la propria vita professionale. |
8.2 |
Per aumentare la competitività e la produttività del commercio al dettaglio è fondamentale che vi sia una più stretta correlazione tra le professionalità richieste e le competenze degli occupati (azione 11) che devono poter esser messi nelle condizioni di accrescere le proprie prestazioni professionali, anche in relazione all'aumento dei livelli di automazione introdotti. |
8.3 |
La Commissione intende rafforzare la cooperazione tra le parti sociali per un miglioramento delle politiche di formazione e riqualificazione, anche nell'ambito del consiglio delle competenze settoriali dell'UE. |
8.4 |
Nonostante gli interventi di innovazione tecnologica, la produttività del settore rimane piuttosto bassa e le PMI trovano difficoltà nell'investire nelle nuove tecnologie, nell'innovazione e nella formazione professionale dei propri addetti. |
8.5 |
Tuttavia il piano d'azione non può non considerare che, nell'ambito del mercato interno, il settore risente di dumping sociale e concorrenza sleale tra le imprese commerciali, indipendentemente dalla loro dimensione, in quanto i sistemi di relazioni industriali e i sistemi di contrattazione collettiva differiscono da paese a paese, e ciò genera diversi modelli di sviluppo e diversificate politiche di investimento. |
8.6 |
Risulta limitativo che l'analisi faccia riferimento solo al matching tra le professionalità richieste e le competenze disponibili e non consideri anche tutte quelle problematiche, che oggi impediscono l'effettiva creazione di un mercato interno europeo integrato e competitivo del settore, relative alle condizioni di lavoro, all'organizzazione del lavoro, alle basse retribuzioni, alla flessibilità, al lavoro precario e all'elevata presenza di pseudo lavoratori autonomi. |
8.7 |
La comunicazione propone investimenti nella formazione la cui responsabilità ricadrebbe sui governi, sui singoli individui e sul sistema di istruzione, richiamando le imprese ad un ruolo importante nella fase di elaborazione dei nuovi programmi di studio e di formazione nonché dei tirocini. Il CESE crede che il coinvolgimento delle imprese non dovrebbe limitarsi solo all'individuazione dei fabbisogni formativi bensì prevedere anche una loro partecipazione proattiva attraverso investimenti mirati per l'acquisizione delle competenze richieste (10). |
8.8 |
Questi investimenti pubblici e privati, tra loro integrati, aiuterebbero non solo i giovani a entrare nel mercato del lavoro ma anche le categorie che trovano maggiori difficoltà a rientrarvi (i disoccupati di lunga durata, i lavoratori anziani, gli immigrati e i disabili). Particolare attenzione dovrà essere dedicata all'occupazione femminile che è maggiormente esposta al rischio di espulsione dal lavoro a causa dei processi di riorganizzazione e che trova maggiori difficoltà a conciliare tempi di vita e tempi di lavoro. |
8.9 |
Il matching delle competenze e il rafforzamento dei partenariati scuola-impresa e della formazione legata all'apprendistato non potrà dare i risultati sperati in termini di mobilità degli addetti e di crescita della produttività del settore se al contempo non si procede al riconoscimento su scala europea dei titoli di studio, dei tirocini, dell'apprendistato e delle competenze acquisite. |
8.10 |
Nonostante gli sforzi profusi a livello nazionale, il lavoro nero e sommerso rimane ancora un grave problema che pone le imprese in concorrenza sleale tra loro sul versante del costo del lavoro. I lavoratori che ricadono nell'economia informale rimangono esclusi non solo dalle coperture sanitarie e previdenziali, ma anche dalle possibilità di accedere alla formazione e ai tirocini con evidenti ricadute negative sulle loro opportunità di acquisire competenze e professionalità. |
8.11 |
Risulta quindi positiva l'iniziativa della Commissione di avviare un dialogo con tutte le parti interessate per valutare l'impatto dell'economia informale sulle condizioni di lavoro e definire a livello UE misure efficaci per combatterla. Il CESE ritiene che tale iniziativa sarà tanto più efficace quanto più gli Stati membri mettano in campo forti volontà politiche in tal senso, che la Commissione potrebbe coordinare attraverso un partenariato rafforzato. |
8.12 |
Il CESE ritiene essenziale che le misure su come combattere il lavoro nero e informale diventino tema di confronto costante tra le parti sociali del settore nell'ambito del dialogo sociale europeo (11). |
Bruxelles, 10 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) Parere CESE sul tema "I paradisi fiscali e finanziari", punti 3.25 e 3.26, GU C 229 del 31.7.2012, pag. 7.
(2) Il rapporto sui "Comparison Tools" è stato presentato al Vertice europeo dei consumatori il 18 marzo 2013.
(3) "Mercato unico dei prodotti verdi", adottato dalla Commissione il 9 aprile 2013.
(4) Esempi di informazioni che sono diventati conoscenza: provenienza delle carni e loro filiera; la copertura territoriale del segnale della telefonia mobile; filiera a km 0 nell'agro-alimentare.
(5) Parere CESE sul tema "Pratiche commerciali sleali / catena di fornitura" (Cfr. pagina 26 della presente Gazzetta ufficiale).
(6) Parere CESE sul tema"Prevenzione e riduzione degli sprechi alimentari" GU C 161 del 6.6.2013, pag. 46.
(7) GU C 198 del 10.7.2013, pag. 77 e GU C 204 del 9.8.2008, pag. 47.
(8) GU C 351 del 15.11.2012, pag. 52.
(9) Il 32 % degli addetti non è qualificato o lo è parzialmente, rispetto alla media del 27 %.; il 15 % degli occupati nel settore ha meno di 24 anni, rispetto alla media del 9 %.; il 60 % degli occupati sono donne.
(10) In alcuni paesi, come per esempio Italia e Francia, esperienze significative sono state sviluppate grazie ai fondi interprofessionali per la formazione nell'ambito degli enti bilaterali o delle commissioni paritetiche.
(11) Avviso comune tra UNI-Europa Commercio e Eurocommerce, 24 aprile 2012.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/26 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Libro verde sulle pratiche commerciali sleali nella catena di fornitura alimentare e non alimentare tra imprese in Europa»
COM(2013) 37 final
2013/C 327/06
Relatore: ŠARMÍR
La Commissione europea, in data 18 marzo 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:
Libro verde sulle pratiche commerciali sleali nella catena di fornitura alimentare e non alimentare tra imprese in Europa
COM(2013) 37 final.
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 140 voti favorevoli, 1 voto contrario e 9 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) prende atto della pubblicazione del Libro verde in oggetto, che a suo giudizio denota un cambiamento netto e positivo dell'atteggiamento della Commissione europea nei confronti delle pratiche commerciali sleali. |
1.2 |
Il CESE ritiene che il ricorso a queste pratiche non sia semplicemente sleale o contrario all'etica, ma anche incompatibile con taluni principi giuridici fondamentali e con l'interesse della domanda e dell'offerta. Dato che questo fenomeno equivale nei fatti all'abuso di una posizione di mercato particolarmente forte, il CESE raccomanda pertanto di utilizzare l'espressione "pratiche commerciali abusive", usata abitualmente ad esempio in francese e in inglese. |
1.3 |
Il Comitato ritiene altresì che l'attuale diffusione e gravità delle pratiche commerciali sleali sia da attribuire principalmente alle fusioni e alle acquisizioni verificatesi negli ultimi decenni. |
1.4 |
A giudizio del Comitato, finora il Forum ad alto livello destinato a migliorare il funzionamento della catena di fornitura alimentare non ha dato risultati chiari, e le soluzioni proposte sono insufficienti a risolvere il problema delle pratiche sleali. Esorta pertanto la Commissione europea a proporre ulteriori iniziative. |
1.5 |
Il CESE non dubita che si possa ricorrere a pratiche sleali in qualsiasi tipo di relazione contrattuale, ma è convinto che siano particolarmente gravi quelle che intervengono nei rapporti tra i supermercati da un lato e le PMI agroalimentari dall'altro. In questo campo, infatti, si verificano forme e livelli di abuso senza uguali in altri settori. |
1.6 |
Il CESE si compiace in particolare del fatto che nel Libro verde la Commissione esprima dubbi sull'esistenza di una reale libertà contrattuale quando le relazioni sono altamente squilibrate, e concordi quindi con il giudizio del Comitato stesso. |
1.7 |
Il CESE ritiene che il Libro verde della Commissione descriva con grande precisione e completezza la natura e i principali tipi di pratiche commerciali sleali. È fermamente convinto, tuttavia, che la Commissione debba elaborare una definizione uniforme di dette pratiche simile a quella già introdotta dalla direttiva 2005/29/CE, dato che i comportamenti descritti nel Libro verde assomigliano, in una certa misura, alle "pratiche di commercializzazione ingannevoli" (1). |
1.8 |
Queste pratiche sono tanto più importanti in presenza di un "clima di paura", nel quale la parte più debole teme che quella più forte decida di cambiare fornitore. questo ciò che accade quando grandi distributori al dettaglio esercitano slealmente pressioni sui loro fornitori e/o quando trasferiscono prezzi troppo elevati ai distributori e di conseguenza ai fornitori. |
1.9 |
A giudizio del CESE, le conseguenze delle pratiche commerciali sleali non si limitano alle relazioni tra le imprese e non interessano soltanto le parti più deboli. A essere colpiti sono anche i consumatori e gli interessi economici nazionali, aspetto che il Libro verde non evidenzia a sufficienza. |
1.10 |
Il CESE ritiene che le leggi adottate da vari Stati membri per porre un freno alle pratiche commerciali sleali dimostrino che l'attuale stato delle cose è inaccettabile. Sebbene le suddette leggi, per varie ragioni, non abbiano dato risultati soddisfacenti, sarebbe scorretto affermare che non si è ottenuto nulla. Tra gli effetti positivi spiccano la maggiore trasparenza nella ripartizione dei profitti e la cessazione delle pratiche più gravemente estorsive. |
1.11 |
Sebbene il CESE non abbia motivo di ritenere che l'adozione di queste leggi da parte degli Stati membri possa recare danno alla libera circolazione delle merci nell'UE, alcune limitazioni possono verificarsi. Nessuna di queste leggi, tuttavia, ha carattere protezionista, e tutte si applicano in modo identico alle imprese nazionali e a quelle degli altri Stati membri. |
1.12 |
A giudizio del CESE, qualsiasi ulteriore riflessione sulle possibili soluzioni a questo problema dovrebbe partire dall'assenza di libertà contrattuale in alcune relazioni commerciali. |
1.13 |
Il CESE raccomanda che qualsiasi futura proposta volta a disciplinare relazioni commerciali squilibrate tenga conto del già citato "fattore paura". È necessario garantire l'indispensabile equilibrio tra le parti contraenti in modo che mantengano un atteggiamento leale nelle loro relazioni reciproche. Per questa ragione, la finalità primaria di una regolamentazione in questo campo deve essere quella di proteggere non la parte più debole, ma l'interesse economico nazionale. Ciò comporterebbe, per esempio, che i fornitori di alimenti interessati non dovrebbero assumere un ruolo attivo nei procedimenti amministrativi e giuridici del caso. |
1.14 |
Il CESE invita la Commissione europea a presentare proposte di atti legislativi volti a vietare le pratiche commerciali sleali. Dette proposte dovrebbero basarsi su un elenco indicativo delle pratiche più frequenti utilizzate dalla parte più forte per trasferire i suoi costi e rischi naturali a quella più debole. |
1.15 |
Il CESE invita la Commissione a collaborare con le autorità nazionali della concorrenza alla realizzazione di una revisione radicale, fondata sull'esperienza concreta degli ultimi decenni, delle attuali – e chiaramente obsolete – regole in materia di concorrenza al fine di instaurare una concorrenza leale basata anche su un equo scambio in questo settore delle informazioni pertinenti per tenere conto di tutte le posizioni dominanti reali. |
2. Introduzione
2.1 |
Il Libro verde traccia una distinzione tra le catene di rifornimento e di distribuzione alimentari e non alimentari, distinzione pienamente giustificata in quanto le prime presentano caratteristiche particolari. |
2.2 |
Negli ultimi vent'anni si è registrato, tra le imprese delle catene di fornitura e di distribuzione, un sostanziale consolidamento, con la conseguente creazione di veri e propri oligopoli. Per quando riguarda la catena di fornitura e di distribuzione alimentare, ciò vale in particolare per il settore del commercio al dettaglio, un po' meno per l'industria di trasformazione e meno ancora per la produzione primaria di prodotti agricoli. Ne derivano gravi squilibri nella catena di fornitura alimentare, dovuti al fatto che detti oligopoli dispongono da un enorme potere negoziale nei confronti dei loro partner commerciali, che sono molto più frammentati. |
2.3 |
Il CESE è convinto che gli squilibri strutturali che sono emersi inducano, in certi casi, a ricorrere a pratiche commerciali sleali, e che spesso dette pratiche non siano contrarie soltanto alla lealtà, all'onestà e all'etica, ma anche a taluni principi giuridici fondamentali. |
2.4 |
Il Libro verde non è corretto quando afferma che le pratiche commerciali sleali sono state affrontate per la prima volta a livello di UE soltanto nel 2009. In quell'anno la questione è stata inserita per la prima volta nel programma di lavoro ufficiale della Commissione europea, ma già nel 2005 il Comitato economico e sociale europeo aveva elaborato un importante parere (2) che, in un'epoca in cui il problema costituiva ancora un tabù, metteva in rilievo e criticava numerosi aspetti negativi del comportamento delle catene di distribuzione. Va menzionato inoltre l'importante ruolo della Dichiarazione scritta su uno studio e soluzioni all'abuso di potere dei grandi supermercati operanti nell'Unione europea (3) del 2007, che invitava esplicitamente la Commissione europea a intervenire per porre rimedio alla situazione. |
2.5 |
A giudizio del CESE, finora il Forum ad alto livello destinato a migliorare il funzionamento della catena di fornitura alimentare ha dato risultati piuttosto incerti, poiché il quadro per l'attuazione delle buone pratiche proposto non ha portato a un accordo su come risolvere il problema delle pratiche commerciali sleali: un esito, questo, del quale si sono rammaricati anche tre commissari europei (4). |
2.6 |
Il rapporto della rete europea della concorrenza (European Competition Network – ECN) ha confermato che l'esistenza di pratiche commerciali sleali è un problema reale, in particolare nel settore alimentare. Questa constatazione è in linea con la convinzione del CESE per cui l'abuso di una posizione economica dominante da parte dei supermercati nei confronti delle PMI dei settori di produzione e trasformazione alimentare è un problema di gran lunga più serio rispetto a quanto avviene in altre relazioni contrattuali. Il fatto che da anni a protestare siano soltanto questi fornitori di prodotti alimentari alle grandi catene di distribuzione, e nessun altro, rappresenta un'ulteriore prova della veridicità di quanto sopra. |
2.7 |
Il CESE prende atto dell'affermazione della Commissione secondo cui le pratiche commerciali sleali sono dannose per l'economia dell'UE in quanto tale, e non soltanto per le relazioni contrattuali tra le imprese. |
3. Definizione di pratiche commerciali sleali
3.1 La nozione di pratiche commerciali sleali
3.1.1 |
Finora, nessuno ufficialmente ha espresso dubbi sull'esistenza della libertà contrattuale nelle relazioni commerciali, neppure in quelle tra i supermercati e le PMI produttrici di alimenti. Fino a poco tempo fa, questa costituiva una delle principali argomentazioni addotte non soltanto dei supermercati, ma anche delle autorità pubbliche, contro la regolamentazione delle pratiche commerciali sleali, che secondo gli uni e le altre avrebbe limitato detta libertà. A giudizio del CESE, è molto importante che nel Libro verde si sia abbandonata questa posizione e si riconosca esplicitamente che non vi può essere una reale libertà contrattuale ove esistono netti squilibri tra le due parti sul piano della forza economica. |
3.1.2 |
Per il Comitato economico e sociale europeo questo riconoscimento della mancanza di libertà contrattuale costituisce il requisito fondamentale per riuscire a trovare soluzioni globali ai problemi derivanti dagli squilibri esistenti nella rete di fornitura e di distribuzione, in particolare nel settore alimentare. |
3.1.3 |
In questa sezione del Libro verde, la Commissione descrive con grande precisione e completezza la natura e i principali tipi di pratiche commerciali sleali. Nelle relazioni tra i supermercati e i fornitori di prodotti alimentari, in particolare, la parte più debole non ha una vera alternativa, dato che i grandi acquirenti sul mercato sono pochissimi e, cosa ancora più importante, tutti trattano i fornitori in modo molto simile. |
3.1.4 |
Diversi esempi di pratiche sleali citati nel Libro verde rivelano che alcuni acquirenti non esitano a utilizzare qualsiasi mezzo per ottenere vantaggi addizionali e del tutto ingiustificati a scapito della controparte. Un caso particolare è quello del pagamento di servizi fittizi o servizi non richiesti che non hanno alcun valore per la controparte. |
3.1.5 |
Seguono ora le risposte del CESE alle singole domande poste in questa sezione del Libro verde.
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3.2 Esempi di pratiche commerciali sleali
3.2.1 |
Il CESE si compiace del fatto che, nel redigere il Libro verde, la Commissione europea si sia basata su informazioni fornite da numerose autorità nazionali della concorrenza. Oltre a quelle citate nel documento, il Comitato raccomanda in particolare la collaborazione con le autorità francesi e ceche, che hanno un'esperienza diretta dell'attuazione delle rispettive normative in materia. Nel corso delle loro ispezioni, le autorità antimonopolio hanno il diritto di esaminare la documentazione contabile (contratti, fatture, estratti conto bancari, ecc.) che possa dimostrare direttamente il ricorso a pratiche commerciali sleali. |
3.2.2 |
Questi esempi, forniti dalle autorità della concorrenza britanniche, spagnole e irlandesi, dimostrano che non è corretto definire semplicemente "non etiche" molte delle pratiche utilizzate, perché esse trascendono chiaramente i limiti della legalità (in particolare quando includono "violenza e intimidazione"). |
3.3 Potenziali effetti delle pratiche commerciali sleali
3.3.1 |
L'impatto negativo del ricorso a queste pratiche contro la parte più debole è fuori discussione, così come è logico che esse scoraggiano gli investimenti e l'innovazione nel settore produttivo. Secondo il CESE, tuttavia, il Libro verde non mette sufficientemente in risalto le ripercussioni per i consumatori, che vanno ben al di là di un semplice ostacolo all'innovazione. Questa sezione, inoltre, ignora completamente i rischi per gli interessi economici nazionali, pur menzionati in alcuni capitoli precedenti del documento. Si tratta di rischi particolarmente evidenti nei paesi dell'Europa centrale e orientale, nei quali tutti i supermercati sono di proprietà di imprese aventi sede in altri Stati membri. Dato che i produttori nazionali, in grande maggioranza PMI, non riescono a rispettare clausole contrattuali che sono spesso estorsive, l'intero settore agroalimentare della regione è al collasso, e paesi tradizionalmente autosufficienti nella produzione alimentare hanno perso buona parte della loro sicurezza alimentare. La produzione nazionale viene quindi sostituita con importazioni di qualità spesso assai dubbia. |
3.3.2 |
Seguono ora le risposte del CESE ai singoli quesiti posti in questa sezione del Libro verde.
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4. I quadri giuridici in materia di pratiche commerciali sleali
4.1 |
Da un'analisi del quadro giuridico attualmente in vigore a livello sia dell'UE che degli Stati membri emergono chiaramente due aspetti. Innanzitutto, il ricorso alle pratiche commerciali sleali da parte di alcuni operatori economici forti è ormai di dominio pubblico ed è un fatto innegabile, e inoltre le autorità competenti in diversi Stati membri sono giunte alla conclusione che è necessario regolamentare questo stato di cose. |
4.2 |
L'attuale diffusione di queste pratiche, soprattutto nelle relazioni tra le grandi catene di distribuzione e i produttori del settore alimentare, mette in particolare risalto l'obsolescenza della normativa in materia di concorrenza. Alcune delle suddette pratiche evidenziano la grave distorsione dell'ambiente concorrenziale e l'esistenza di vere e proprie posizioni dominanti che l'attuale normativa in materia di monopoli non affronta efficacemente. |
4.3 |
Oltre alla revisione della legislazione in materia di concorrenza, il CESE considera pienamente legittimo vietare a livello di UE il ricorso a talune pratiche commerciali sleali ben definite, e quindi effettuare la necessaria armonizzazione di un contesto normativo ancora troppo eterogeneo. Deve tuttavia esserci un nesso logico tra la regolamentazione di queste pratiche e la revisione della normativa in materia di monopoli, cosicché a essere sanzionati siano solo i responsabili delle pratiche stesse – ossia le parti che occupano una posizione dominante. |
4.4 |
Per essere efficace, la regolamentazione armonizzata dovrà tenere conto della minaccia di rimuovere dal proprio listino i prodotti della parte più debole e quindi dell'impossibilità, per quest'ultima, di protestare, specie se si tratta di PMI che riforniscono i supermercati. La normativa dovrà essere concepita in modo da non limitarsi ad affrontare i problemi delle relazioni tra le imprese. |
4.5 |
Seguono ora le risposte del CESE ai singoli quesiti posti in questa sezione del Libro verde e rimasti finora senza risposta.
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5. Controllo del rispetto delle norme in materia di pratiche commerciali sleali
5.1 I meccanismi di controllo a livello nazionale
5.1.1 |
Il CESE concorda con la Commissione europea su una generale inadeguatezza dei meccanismi attualmente applicati a livello nazionale per contrastare le pratiche commerciali sleali. Ciò è dovuto in gran parte al fatto che detti meccanismi non tengono conto del clima di paura derivante dall'assenza di una vera libertà contrattuale e dalla minaccia di rimuovere dal proprio listino i prodotti della parte più debole. Finora questi problemi hanno trovato la miglior soluzione in Francia, paese in cui l'autorità di controllo può agire d'ufficio e sulla base di informazioni ricevute per via informale. La lotta a queste pratiche, inoltre, è fondata sulla protezione dell'interesse economico nazionale, e non sulla tutela della parte più debole. |
5.1.2 |
Se alcuni Stati membri hanno adottato leggi per contrastare il ricorso alle pratiche contrattuali sleali, altri invece non hanno seguito questa strada. Vi sono, inoltre, differenze piuttosto importanti tra i diversi ordinamenti. È indubbio che questi due elementi costituiscono un ostacolo al commercio transfrontaliero (domanda 16). |
5.1.3 |
A giudizio del CESE, l'unico approccio comune sensato che possa mitigare gli effetti negativi delle differenze tra le diverse legislazioni applicabili consisterebbe nell'adozione di una normativa di armonizzazione specifica per il contrasto delle pratiche commerciali sleali (domanda 17). |
5.2 I meccanismi di controllo a livello UE
5.2.1 |
Il CESE concorda con la Commissione europea sul fatto che non esiste, attualmente, alcun meccanismo specifico a livello di UE per contrastare le pratiche commerciali sleali. Il Comitato è altresì convinto della necessità, se si vuole eliminare il "fattore paura", di dare alle autorità nazionali competenti il potere di intervenire d'ufficio, di accettare denunce anonime o informali e di infliggere sanzioni (domanda 18). |
6. Tipologie di pratiche commerciali sleali
6.1 |
Il CESE concorda sul fatto che le pratiche commerciali sleali sono utilizzate in tutte le catene di fornitura, alimentari e non, ma è convinto, come già affermato, che il fenomeno si manifesti con la massima gravità nelle relazioni tra i supermercati e le PMI produttrici. |
6.2 |
Per quanto riguarda l'inserimento nei listini, non è affatto chiaro quale vantaggio comporti per l'aspirante fornitore il pagamento della relativa commissione. Nella grande maggioranza dei casi neanche il suddetto pagamento – che costituisce una condizione previa e necessaria di qualsiasi forma di relazione commerciale – offre al fornitore la garanzia che l'acquirente procederà effettivamente all'acquisto delle merci e non le depennerà invece dal proprio listino senza motivazione alcuna. |
6.3 |
Gli sconti imposti ai fornitori rientrano abitualmente nell'attuale prassi delle grandi catene di distribuzione. Secondo il CESE, i vantaggi generali che ne derivano sono per lo meno dubbi. Da un lato, questi sconti imposti rappresentano un simbolo dell'abuso di una vera e propria posizione dominante, in quanto spesso nascondono servizi fittizi e non richiesti; dall'altro, causano una notevole mancanza di trasparenza circa la distribuzione dei profitti. L'esistenza di questo fenomeno rende molto arduo per i fornitori – nonché per gli osservatori esterni – accertare quanto siano stati effettivamente pagati per le merci fornite. Nei fatti, l'ordine di fornitura della merce è condizionato all'accettazione dei servizi offerti dall'acquirente. A giudizio del CESE, le commissioni per i servizi effettivi e giustificati prestati dall'acquirente al fornitore dovrebbero essere incluse nel prezzo d'acquisto dei prodotti alimentari. |
6.4 |
Seguono ora le risposte del CESE ai singoli quesiti posti in questa sezione del Libro verde e rimasti finora senza risposta.
|
Bruxelles, 11 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) Cfr. il parere del CESE sul tema Pratiche di commercializzazione ingannevoli, GU C 271 del 19.9.2013; pagg. 61-65.
(2) Cfr. GU C 255 del 14.10.2005, pag. 44.
(3) 0088/2007. Dichiarazione scritta su uno studio e soluzioni all'abuso di potere dei grandi supermercati operanti nell'UE.
(4) Commissione europea, comunicato stampa, Bruxelles, 5 dicembre 2012, Migliorare il funzionamento della filiera alimentare.
(5) Consumers International, The relationship between supermarkets and suppliers: What are the implications for consumers? ("Le relazioni tra i supermercati e i fornitori: quali implicazioni per i consumatori?"), 2012.
(6) Informazioni fornite dalla direzione generale per la Concorrenza, il consumo e la repressione delle frodi (Repubblica francese).
ALLEGATO
al parere del Comitato economico e sociale europeo
Il seguente emendamento, che ha ottenuto più di un quarto dei voti espressi, è stato respinto nel corso delle deliberazioni: (articolo 54, paragrafo 3, del Regolamento interno).
Punto 1.10
Modificare come segue:
Il CESE ritiene che le leggi adottate da vari Stati membri per porre un freno alle pratiche commerciali sleali dimostrino che l'attuale stato delle cose è inaccettabile. Sebbene le suddette leggi, per varie ragioni, non abbiano dato risultati soddisfacenti, sarebbe scorretto affermare che non si è ottenuto nulla. Tra gli effetti positivi spiccano la maggiore Tuttavia c'è ancora molta strada da fare per arrivare a una trasparenza nella fissazione dei prezzi ripartizione dei profitti e la cessazione delle pratiche più gravemente estorsive è ben lungi dall'essere una realtà.
Motivazione
Sarà esposta oralmente.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
54 |
Voti contrari |
: |
63 |
Astensioni |
: |
27 |
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/33 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Legiferare con intelligenza — Rispondere alle esigenze delle piccole e medie imprese»
COM(2013) 122 final
2013/C 327/07
Relatrice: DARMANIN
Correlatore: BURNS
La Commissione europea, in data 18 aprile 2013, ha deciso, conformemente all'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Legiferare con intelligenza – Rispondere alle esigenze delle piccole e medie imprese
COM(2013) 122 final.
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2013.
Nella sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta dell'11 luglio 2013), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 156 voti favorevoli, 2 voti contrari e 2 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia l'obiettivo della Commissione europea di mettere l'iniziativa "Legiferare con intelligenza" tra le priorità del suo programma. Legiferare è una necessità; ma, se l'UE vuole raggiungere gli obiettivi delle sue politiche al minimo costo possibile, bisogna che le normative siano ben congegnate. Il CESE si compiace degli sforzi profusi negli anni dalla Commissione per promuovere la concezione e l'applicazione di strumenti normativi migliori, comprese le valutazioni d'impatto (VI) e le forme di partecipazione dei soggetti interessati. |
1.2 |
Pertanto il Comitato:
|
2. La proposta della Commissione
2.1 |
Nel novembre 2011 la Commissione ha pubblicato una relazione intitolata Ridurre al minimo indispensabile gli oneri normativi che gravano sulle PMI – Adeguare la normativa dell'UE alle esigenze delle microimprese (1), indicandovi una serie di misure rivolte specificamente alle PMI. In essa ha svolto delle riflessioni in merito al principio "Pensare anzitutto in piccolo" (Think small first), enunciato nello Small Business Act (2) (SBA), che imponeva di tener conto degli effetti che le norme da elaborare avrebbero avuto sulle PMI e di semplificare il quadro normativo esistente. La Commissione ha inoltre espresso la sua volontà di affrontare il problema degli oneri per le PMI anche con il nuovo Programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione (REFIF) (3), lanciato nel dicembre 2012. |
2.2 |
La comunicazione della Commissione al Consiglio europeo di primavera intitolata Legiferare con intelligenza – Rispondere alle esigenze delle piccole e medie imprese (4), adottata il 7 marzo 2013, fa il punto della situazione su tutte le misure introdotte dalla Commissione dal 2011 riguardo alla questione degli oneri che gravano sulle PMI, esaminando i progressi compiuti riguardo ai seguenti aspetti:
|
3. Osservazioni e commenti
3.1 Una regolamentazione intelligente è di cruciale importanza per le PMI e specialmente per le microimprese
3.1.1 |
Il CESE ha sempre sostenuto e incoraggiato le iniziative per legiferare meglio, come emerge chiaramente in diversi suoi pareri (5). Riconosce che, se è vero che tutte le imprese hanno bisogno di una regolamentazione intelligente, l'eccesso di adempimenti burocratici ha un impatto sproporzionato sulle micro e piccole imprese. L'applicazione del principio "Pensare anzitutto in piccolo" deve pertanto costituire un orientamento prioritario al momento di elaborare la legislazione e durante tutto il corso del processo decisionale. |
3.1.2 |
Le PMI differiscono tra loro per dimensione, campo di attività, obiettivi, finanziamento, gestione, ubicazione geografica e statuto giuridico (6). Bisogna quindi che, nell'elaborare le normative per le PMI, i responsabili delle politiche tengano conto di queste differenze. Bisogna che essi tengano sempre presente che, se le singole normative possono anche non sembrare particolarmente onerose, è in particolare l'accumularsi di norme e regolamenti che scoraggia una micro o piccola impresa quando si tratta di sviluppare nuove idee, ampliare il suo mercato o assumere più personale. |
3.1.3 |
Di conseguenza, la regolamentazione viene percepita da molte PMI, specialmente se micro- o piccole imprese, come un modo di soffocare lo sviluppo imprenditoriale anziché di facilitare la crescita. Il CESE è dell'avviso che una regolamentazione più intelligente a livello UE non sia di alcuna utilità se non indica chiaramente quali imprese cerca di aiutare e quali esenzioni accorda (eventualmente) alle stesse o consente loro di invocare. Il CESE esorta quindi con forza la Commissione a dare piena attuazione al test PMI nel corso di tutte le valutazioni d'impatto condotte nelle diverse DG. Il CESE è dell'avviso che il test PMI debba includere i costi e i benefici potenziali delle proposte in relazione alla dimensione dell'impresa, differenziando chiaramente tra microimprese, piccole e medie imprese. Se il test PMI non venisse eseguito correttamente, esso riceverebbe un parere negativo dal comitato per la valutazione d'impatto (Impact Assessment Board). |
3.2 Il ruolo delle valutazioni di impatto
3.2.1 |
Il CESE riconosce pertanto che le VI svolgono un ruolo di cruciale importanza (7) ai fini della definizione delle politiche UE in materia di PMI. Il Comitato insiste sulla necessità che la Commissione prepari delle VI solide, che siano adatte allo scopo e con una struttura logica, e rammenta alla Commissione la necessità di rispettare i principi di sussidiarietà e proporzionalità. La valutazione d'impatto deve concentrarsi anche sull'analisi dei costi. I maggiori costi sostenuti dalle imprese per effetto della regolamentazione rendono antieconomiche attività che, in assenza di essa, sarebbero redditizie. Ciò fa sì che alcune imprese marginali siano costrette ad uscire dal mercato, deprimendo così il potenziale di attività economica del settore privato. Il CESE invita la Commissione a pubblicare una dichiarazione annuale, verificata in modo indipendente, del costo netto totale delle proposte normative per le imprese. Tale dichiarazione dovrebbe indicare anche le modifiche fondamentali apportate alle proposte di misure politiche in seguito alle valutazioni d'impatto. |
3.2.2 |
Il CESE è consapevole del fatto che le VI sono documenti di carattere tecnico, ma osserva anche che la loro lunghezza e il loro linguaggio possono renderle impenetrabili, specie se le piccole imprese vogliono contribuirvi. Il Comitato raccomanda perciò di renderle di più agevole uso (8) grazie all'impiego di un modello standard e all'inclusione di una "sintesi operativa" chiara che metta in luce le questioni principali trattate nella VI e dedichi uno spazio specifico a ciascun sottogruppo di PMI. |
3.2.3 |
Il CESE invoca un controllo indipendente e trasparente dei progetti di VI da parte dei soggetti interessati, comprese le associazioni che rappresentano micro, piccole e medie imprese, in modo da garantire la qualità dei progetti stessi e il rispetto degli orientamenti stabiliti per la loro stesura (9). |
3.2.4 |
Le VI devono valutare in dettaglio i modi e la misura in cui bisognerebbe impiegare misure e modelli specifici (esenzioni, semplificazioni, ecc.) per ridurre l'onere normativo che grava sulle PMI. Il CESE accoglie con favore una più ampia applicazione del "test PMI", ma rammenta anche la necessità di vagliare in modo distinto e approfondito l'impatto della regolamentazione sui tre diversi sottogruppi e di esaminare quindi la possibilità di esentare le microimprese dalle nuove normative o adottare regimi meno rigorosi. |
3.2.5 |
Il CESE osserva che la Commissione sembra ora allontanarsi dai suoi piani iniziali di accordare alle microimprese un'esenzione generale dalle norme UE alla conclusione della valutazione d'impatto Il CESE accoglie con favore questa mossa, e sottolinea che una regolamentazione intelligente dovrebbe essere modulata in funzione del tipo e delle dimensioni dell'impresa e non essere eccessivamente complessa. Se questi criteri vengono soddisfatti, gli imprenditori possono facilmente rispondere sviluppando a loro volta procedure interne appropriate che conseguano gli obiettivi della regolamentazione intelligente. |
3.2.6 |
Le microimprese e le piccole imprese sono consapevoli di essere più vicine ai loro clienti di quanto non siano le grandi multinazionali. Esse constatano inoltre una crescente domanda, da parte della clientela, di prodotti e servizi di imprese locali che siano "etiche" e rispettose dell'ambiente del territorio in cui operano. Il CESE rammenta pertanto alla Commissione che, se si vuole che le imprese abbiano successo e restino competitive in mercati diversi, è essenziale che esse rispettino le norme e i regolamenti che disciplinano la qualità delle imprese stesse e dei loro prodotti e servizi. Esentare le microimprese dalle norme in materia di tutela dei consumatori e dell'ambiente, ad esempio, potrebbe in ultima analisi danneggiarle (10). |
3.2.7 |
Il Comitato reputa che gli studi d'impatto debbano anche, oltre a quanto già evidenziato, misurare con precisione l'effetto domino che potrebbe produrre una misura intesa a ridurre gli oneri amministrativi attraverso una modifica della normativa riguardante le PMI. Potranno infatti prodursi effetti collaterali capaci di modificare gli equilibri sociali e i rapporti con l'amministrazione dello Stato (lavoro in nero, conoscenza dei dati fiscali, contributi sociali, qualifica e natura del contratto di lavoro, ecc.). Una regolamentazione intelligente destinata alle PMI deve, per sua natura, far sì che gli effetti esterni da essa indotti siano, se non proprio nulli, almeno privi di conseguenze negative. In quest'ottica, il CESE ricorda alla Commissione che una regolamentazione intelligente non dovrebbe né comprimere i diritti dei lavoratori (11) né ridurre il livello minimo delle loro tutele, specie in fatto di salute e sicurezza sul luogo di lavoro. |
3.3 La tabella di valutazione delle PMI
3.3.1 |
Il CESE accoglie con favore la creazione di una tabella di valutazione annuale delle PMI che renda possibile seguire singole misure lungo tutto l'arco del processo decisionale. Il CESE attende di vederne l'applicazione e i risultati. |
3.3.2 |
Il CESE reputa che la Commissione europea dovrebbe monitorare costantemente detta tabella attraverso un servizio centralizzato di coordinamento, in stretta cooperazione con le istituzioni e gli altri organi dell'UE. Anche gli Stati membri e le organizzazioni delle PMI sono invitati a partecipare a questa attività. |
3.4 Migliorare la consultazione delle PMI
3.4.1 |
Il CESE accoglie con favore il fatto che vengano messe a disposizione degli interessati tabelle di marcia destinate ad informarli sulle eventuali iniziative della Commissione, in merito ai lavori preparatori e di consultazione previsti. Le consultazioni delle parti interessate dovrebbero essere ampiamente pubblicizzate, in modo da consentire loro di rispondervi con tempestività. Tuttavia, tali consultazioni dovrebbero essere basate non sulla quantità bensì sulla qualità, ed essere suffragate da prove empiriche ricavate da colloqui diretti con imprenditori e organizzazioni imprenditoriali, inclusi i lavoratori, visite od osservazioni di microimprese e piccole imprese. Il CESE rammenta alla Commissione che le tabelle di marcia dovrebbero sempre includere una prima valutazione approssimativa dei costi attesi, sì da permettere alle parti interessate di effettuare un "controllo qualità" delle possibili incidenze, e che un'ampia consultazione delle parti interessate è di cruciale importanza per raccogliere dati di qualità ed elaborare proposte di regolamentazione intelligente. |
3.4.2 |
Terminata la consultazione, molte associazioni imprenditoriali e imprese loro aderenti potrebbero chiedersi se gli sforzi da esse compiuti per contribuire a individuare potenziali problemi e possibili soluzioni siano effettivamente serviti a qualcosa. Il CESE raccomanda quindi che alcune di esse, in base a una procedura ufficiale, partecipino ai lavori dell'IAB in qualità di esperti esterni, per fornire un'analisi aggiuntiva delle proposte della Commissione che garantisca che i diversi concetti in gioco vengano intesi correttamente. |
3.4.3 |
Il CESE ha constatato che, negli ultimi anni, vi è stato un relativo incremento degli atti legislativi delegati. Molte delle decisioni adottate con atti di questo tipo hanno un notevole impatto sulle PMI. Il Comitato reputa perciò che l'ambito di applicazione delle consultazioni debba estendersi anche ad alcuni atti delegati cruciali che potrebbero avere un impatto economico, ambientale e/o sociale considerevole su un determinato settore o su parti interessate di rilievo. |
3.4.4 |
Il CESE chiede che, nella fase di elaborazione normativa, si svolga un "dialogo con le PMI", autentico e strutturato, che coinvolga le diverse parti interessate. Un siffatto partenariato dovrebbe garantire la partecipazione di tutte le PMI e delle loro associazioni, e in particolare di quelle delle piccole imprese, che difendono l'applicazione dei principi dello SBA (12) "Pensare anzitutto in piccolo" e "Una sola volta" (Only once), al fine di promuovere obiettivi di efficienza. |
3.4.5 |
Il CESE appoggia, in linea di principio, la Rete delle imprese europee (Enterprise Europe Network - EEN), ma deplora che il suo potenziale non sia ancora stato sfruttato, considerato che molte PMI europee sembrano ignorarne completamente l'esistenza. I servizi offerti dall'EEN dovrebbero essere modellati in funzione delle istanze e dei bisogni effettivi delle PMI, in stretta cooperazione con le loro organizzazioni. Il Comitato è dell'avviso che le organizzazioni coinvolte nell'EEN debbano essere sostenute affinché dedichino maggiori risorse alle necessità delle PMI nei rapporti con la pubblica amministrazione. Il CESE ritiene che tale sostegno dovrebbe concentrarsi in particolare sulle imprese più piccole che dovrebbero essere consultate direttamente dal loro centro EEN quando si tratti di questioni di regolamentazione. Le conclusioni degli incontri faccia a faccia e il contributo delle organizzazioni delle PMI dovrebbero essere presi in considerazione da tutti i servizi della Commissione allo scopo di mettere in pratica il principio "Pensare anzitutto in piccolo". |
3.4.6 |
Il CESE accoglie con favore la proroga del mandato del gruppo ad alto livello di esperti indipendenti sugli oneri amministrativi (il "gruppo Stoiber") (13). Il CESE desidererebbe in particolare che al gruppo Stoiber fosse assegnato un nuovo ruolo chiave: assistere la Commissione nella preparazione, nel monitoraggio e nell'attuazione delle politiche relative alle micro- e piccole imprese in stretta collaborazione con le organizzazioni delle PMI e i sindacati. |
3.4.7 |
Il CESE richiama l'attenzione sui risultati della consultazione TOP 10 sui peggiori esempi di adempimenti burocratici che gravano sulle PMI (14), e invita la Commissione a dare al più presto una risposta a tali risultati, pubblicando proposte specifiche per la semplificazione. |
3.5 Tener conto delle esigenze delle PMI
3.5.1 |
Il CESE è favorevole a un controllo dell'adeguatezza della normativa elaborata in materia di PMI (15) (il cosiddetto "programma REFIT"). Attende con interesse di esaminare i risultati delle valutazioni pilota (16), e desidera incoraggiare la Commissione a lanciare, nel suo programma per il 2014. ulteriori check-up normativi in settori chiave che ritiene cruciali per creare crescita e occupazione. La Commissione è invitata a pubblicare sul suo sito tutti i controlli di adeguatezza già effettuati o previsti. |
3.5.2 |
Il CESE propone inoltre un controllo completo di adeguatezza della normativa UE applicata alle imprese che effettuano operazioni commerciali al di là delle frontiere esterne dell'Unione. Reputa infatti che questa normativa imponga oneri particolarmente gravosi, e che un tale controllo recherebbe un significativo contributo ai programmi dell'UE a favore di una regolamentazione intelligente, della crescita e del commercio. |
3.5.3 |
Il CESE invita la Commissione a servirsi del programma REFIT per individuare e proporre il ritiro più rapido possibile delle normative vigenti e delle proposte pendenti che non sono più utili, e a proseguire nel consolidamento della normativa in vigore nel quadro dei suoi sforzi di semplificazione. E in proposito formula una raccomandazione: tutti gli obiettivi di riduzione devono essere misurabili e volti a realizzare cambiamenti positivi tangibili per le imprese. |
3.5.4 |
Il CESE reputa che bisognerebbe impiegare una migliore selezione di strumenti giuridici, compresi i meccanismi di autoregolamentazione e co-regolamentazione (17). |
3.6 Verso una governance migliore e un meccanismo di coordinamento nella definizione delle politiche in materia di PMI
3.6.1 |
Il CESE fa notare che legiferare con intelligenza è responsabilità comune di tutti i soggetti coinvolti nella definizione delle politiche UE, a livello europeo o di singoli Stati membri. |
3.6.2 |
A livello europeo:
|
3.6.3 |
A livello degli Stati membri:
|
Bruxelles, 11 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) http://ec.europa.eu/dgs/secretariat_general/simplification/sme/sme_en.htm.
(2) Parere del CESE sul tema Riesame dello Small Business Act per l'Europa (relatore: LANNOO), GU C 376 del 22.12.2011, pag. 51.
(3) http://ec.europa.eu/governance/better_regulation/documents/1_EN_ACT_part1_v8.pdf.
(4) http://ec.europa.eu/governance/better_regulation/documents/1_EN_ACT_part1_v4.pdf.
(5) Parere del CESE sul tema Legiferare con intelligenza nell'Unione europea (relatore: PEGADO LIZ), GU C 248, del 25.8.2011, pag. 87.
(6)Parere del CESE sul tema Diversità delle forme d'impresa (parere d'iniziativa) (relatore: CABRA DE LUNA), GU C 318 del 23.12.2009, pag. 22.
Ad esempio, le libere professioni sono soggette a una rigorosa disciplina professionale nell'interesse della relativa clientela e del pubblico in generale.
(7) Cfr. il parere sul tema Legiferare con intelligenza, cit., punto 4 A.
(8) La recente VI del pacchetto "Controllo tecnico" conta ben 102 pagine, mentre quella della Protezione dei dati raggiunge le 241.
(9) Cfr. il parere sul tema Legiferare con intelligenza, cit., punto 4 B, GU C 248 del 25.8.2011, pag. 87.
(10) BEUC, Smart Regulation – Response to stakeholder consultation ("Legiferare con intelligenza – Risposta alla consultazione delle parti interessate"): http://ec.europa.eu/governance/better_regulation/smart_regulation/consultation_2012/docs/registered_organisations/beuc_en.pdf.
(11) http://www.etuc.org/IMG/pdf/our_priorities_soc_dial_in_smes.pdf.
(12) Cfr. la nota 2.
(13) http://ec.europa.eu/dgs/secretariat_general/admin_burden/ind_stakeholders/ind_stakeholders_en.htm.
(14) http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-13-168_it.htm?locale=IT.
(15) http://ec.europa.eu/governance/better_regulation/documents/com_2013_en.pdf.
(16) http://ec.europa.eu/dgs/secretariat_general/evaluation/docs/fitness_check_en.pdf.
(17) http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.self-and-co-regulation.
(18) http://ec.europa.eu/dgs/secretariat_general/admin_burden/best_practice_report/best_practice_report_en.htm.
Cfr. l'esempio maltese della Better Regulation Unit ("Unità per legiferare meglio"), istituita all'inizio del 2006 dal governo nazionale per ottemperare all'impegno di promuovere un ambiente propizio a una migliore regolamentazione: http://www.bru.gov.mt/15-6-reduction-in-administrative-burden-registered_news-posted-on-17th-december-2012
(19) Ron Craig, E-government and SMEs ("governo elettronico e PMI"), http://www.irma-international.org/viewtitle/21237/.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/38 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma di sostegno al servizio di sorveglianza dello spazio e di localizzazione»
COM(2013) 107 final — 2013/0064 (COD)
2013/C 327/08
Relatore: IOZIA
Il Parlamento europeo, in data 14 marzo 2013 e il Consiglio, in data 20 marzo 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma di sostegno al servizio di sorveglianza dello spazio e di localizzazione
COM(2013) 107 final — 2013/0064 (COD).
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 165 voti favorevoli 1 voto contrario e 7 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) riconosce l'importanza per l'Europa di dotarsi di un sistema autonomo di sorveglianza dello spazio in funzione di protezione delle proprie infrastrutture spaziali e a protezione dei lanci e accoglie con favore l'iniziativa della Commissione che per la prima volta pone il tema e propone soluzioni per avviare in questo campo un processo di collaborazione e di integrazione nell'Unione europea. |
1.2 |
Il CESE sostiene la idea della Commissione che gli Stati membri avanzino proposte operative da sottoporre all'approvazione della stessa, ove sia evidente l'interesse europeo per qualità e quantità di informazioni previste e per condividere le conoscenze anche di metodologie e capacità di analisi dei dati. |
1.3 |
Il CESE è consapevole della difficoltà di trovare soluzioni condivise tra gli Stati membri e considera la proposta della Commissione come un primo ed importante passo verso mete più ambiziose di lavoro in comune. La presenza di forti interessi militari in questo programma, rende molto complessa la creazione di un'infrastruttura comune, che il CESE auspica si realizzi nel più breve tempo possibile, a partire proprio da questa iniziativa. È comunque positivo avviare le basi di questa collaborazione tra civili e militari, che dovrebbe essere condivisa con l'ESA, la Agenzia europea di difesa e la direzione gestione delle crisi e pianificazione. |
1.4 |
Il CESE ritiene prioritario che i finanziamenti previsti per l'attività di SST in questi 7 anni di istituzione del servizio siano utilizzati per costruire un primo embrione di una capacità indipendente europea, nella quale si riesca a trasferire parte di quella attualmente esistente nei dipartimenti della difesa degli Stati membri. Questo dovrebbe essere realizzato tramite l'uso dei telescopi ottici già in uso in Europa (Canarie) e la costruzione di almeno un radar europeo di classe simile a quelli in dotazione alle strutture di difesa. In questa maniera, si avrebbe il senso di un investimento duraturo dove nuove capacità e competenze vengono trasferite in ambito civile per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini europei. |
1.5 |
Il CESE, per i 7 anni previsti per la realizzazione di questo programma, ritiene necessario che venga definito con specifiche previsioni il livello di servizio atteso da parte dei partner nazionali, in termini di quantità di dati da fornire, tipologia, cadenza, qualità, disponibilità, in maniera da poter avere gli strumenti necessari per valutarne il servizio, analogamente a quanto avviene con i programmi di ricerca del Settimo programma quadro, nei quali questi parametri sono evidenti e concordati. |
1.6 |
Il CESE raccomanda di mantenere aperti i criteri di accesso al programma e di esplicitarlo più chiaramente nel testo all'articolo 7, paragrafo 1, lettera a. È cruciale che siano ammessi a partecipare al programma non solo i paesi che già posseggono una capacità indipendente (es. Francia, Germania, Regno Unito), ma tutti coloro che abbiano la possibilità di mettere a disposizione competenze per il trattamento dei dati. Il testo proposto dovrebbe essere rivisto. |
1.7 |
Il CESE fa notare come il complesso di attività di sorveglianza, noto come Space Situational Awareness, comprenda oltre alla Space Surveillance and Tracking, anche lo Space Weather (relativo all'attività magnetica solare) e il monitoraggio dei Near Earth Objects (NEO). |
1.8 |
In particolare, essendo riconosciuto che il pericolo derivante dall'attività solare per le infrastrutture spaziali è almeno pari, se non molto superiore, quando si considerino gli effetti di eventi particolarmente intensi, il CESE ritiene che i due aspetti, come originariamente inteso nella definizione di SSA, debbano essere seguiti in parallelo ed invita pertanto la Commissione a definire un quadro complessivo ed integrato dei molteplici aspetti di difesa delle infrastrutture spaziali, in particolare con l'ESA, già attivamente impegnata in un programma di protezione dalle radiazioni solari. Nelle conclusioni sulla Conferenza sullo spazio e la sicurezza, Madrid 10 e 11 marzo 2011 (riferite nell'impact assessment), viene chiaramente indicata la strada del rafforzamento della cooperazione in questo campo tra tutti i soggetti interessati, in particolare UE, ESA e Stati membri. |
1.9 |
Il CESE condivide la proposta della Commissione di rafforzare la cooperazione con gli USA e con gli altri Stati che sono interessati ad un progetto comune di protezione delle infrastrutture spaziali, che eviti collisioni pericolose e a volte catastrofiche anche con materiali minuscoli che possono mettere fuori uso un satellite costoso e indispensabile alle attività umane. |
2. Il documento della Commissione
2.1 |
La comunicazione in esame propone l'istituzione di un nuovo programma europeo di sorveglianza dello spazio e di tracciamento degli oggetti in orbita terrestre, denominato SST (Space Surveillance and Tracking). |
2.2 |
Il programma è istituito in riposta alle necessità di protezione delle infrastrutture spaziali europee, in particolare quelle rappresentate dai programmi Galileo e Copernicus / GMES, ma anche dei lanci europei, dai rischi connessi al pericolo di impatto con detriti spaziali. |
2.3 |
La Comunicazione definisce anche la cornice legale del programma, ed il suo schema di finanziamento per il periodo 2014-2020. |
2.4 |
La comunicazione è accompagnata da un rapporto (1), nel quale si discutono in particolare cinque schemi di finanziamento e governo per il programma, indicandone le caratteristiche, i costi ed i benefici. |
2.5 |
Una relazione precede il testo legislativo vero e proprio e ne illustra il contesto. |
2.6 |
Il contributo complessivo indicativo dell'Unione all'attuazione dell'SST è pari a 70 milioni di euro per il periodo 2014-2020. |
2.7 |
Tale costo coprirebbe il contributo all'operatività dei sensori già in possesso degli Stati membri partecipanti - normalmente delle loro strutture militari - e di un servizio di allerta, basato sui dati forniti dagli Stati membri partecipanti e fornito dal Centro satellitare europeo (CSUE). |
2.8 |
La partecipazione al programma è facoltativa e prevede la necessità per gli Stati partecipanti di possedere sensori (Telescopi, Radar) già operativi e le necessarie risorse tecniche e di personale o le competenze opportune nel campo del trattamento dei dati. |
2.9 |
Secondo la Sintesi della valutazione d'impatto annessa alla proposta, il costo minimo associato agli eventi legati ad impatti di detriti con i satelliti operativi europei sarebbe di 140 milioni di euro annui in Europa, con una stima di crescita fino a 210 milioni di euro in considerazione della prevista crescita del 50 % dei servizi legati al settore satellitare nei prossimi anni. Le cifre indicate rappresentano stime molto prudenti e non tengono conto della perdita "al suolo", ossia della perdita economica dovuta all'interruzione di servizi che dipendono dai dati satellitari. |
2.10 |
È importante notare come la quasi totalità di queste perdite non nasca tanto dalla perdita fisica dei satelliti, quanto dalla diminuzione della loro vita operativa causata dalle manovre effettuate al fine di evitare collisioni. |
2.11 |
Sebbene diversi Stati membri oggi implementino un proprio servizio di sorveglianza, la Commissione ritiene che il coinvolgimento dell'UE sarebbe necessario per raccogliere gli investimenti richiesti per finanziare il progetto, per definire gli aspetti gestionali e una politica in materia di dati e per garantire che le capacità esistenti e future siano sfruttate in modo coordinato. |
2.12 |
Ad oggi lo US Space Surveillance Network (SSN), gestito dallo US Department of Defense, costituisce la referenza per tutti i servizi di allerta. Si ritiene, in questo contesto, insufficiente la cooperazione tra UE e USA basata sulla disponibilità a titolo gratuito di dati di origine statunitense, in quanto non sufficientemente accurati e soggetti comunque ad una gestione sulla quale l'UE non può avere controllo. |
2.13 |
L'istituzione di questo servizio risponderebbe perciò bene alla strategia di non-dipendenza dell'Europa in aree considerate critiche, ed in particolare nell'accesso allo spazio. |
2.14 |
Attualmente, in Europa, si stima che il 65 % dei sensori per satelliti in orbita bassa (LEO) sia in tutto o parzialmente gestito da istituzioni riconducibili alla difesa (2). |
2.15 |
Si ritiene che l'Agenzia spaziale europea (ESA) non sia l'agenzia idonea ad implementare un programma del genere in quanto non attrezzata per trattare dati di natura riservata come sono quelli derivanti dai sensori gestiti dalle strutture militari. |
2.16 |
L'ente europeo che si dovrebbe occupare dell'attività operativa delle funzioni del servizio designato per il coordinamento sarebbe il Centro satellitare dell'Unione europea (CSUE), un'agenzia dell'UE istituita dall'azione comune del Consiglio il 20 luglio 2001 che fornisce ad utilizzatori civili e militari prodotti e servizi di informazione con vari livelli di classificazione ricavati dall'analisi di immagini satellitari della terra. Il CSUE potrebbe facilitare la fornitura dei servizi SST e parteciperà (in collaborazione con gli Stati membri partecipanti) alla costituzione e al funzionamento della funzione del sistema SST che è uno degli obiettivi del programma di sostegno all'SST. Allo stato attuale, tuttavia, lo statuto di questo ente non prevede alcun intervento nel campo dell'SST. |
2.17 |
Si prevede che per la gestione del programma sarà necessaria una pianta organica di 50 persone (tra cui le risorse umane messe a disposizione dagli Stati membri partecipanti, dal CSUE e dalla Commissione). |
3. Osservazioni di carattere generale
3.1 |
Il CESE ritiene che la proposta non preveda la creazione di strumenti e competenze sufficienti al livello europeo per la raccolta e analisi dei dati, per cui alla fine del periodo di 5 anni di finanziamento di questo programma, l'Europa si troverebbe nella stessa situazione di 5 anni prima, e dovrebbe pertanto rinnovare, presumibilmente, questa convenzione per ottenere la continuità della fornitura dei dati da parte delle strutture di difesa degli Stati membri partecipanti. |
3.2 |
A fronte del finanziamento proposto di 70 milioni di euro, non si definiscono requisiti di disponibilità, qualità e tempestività dei dati che le strutture nazionali dovrebbero fornire. Risulta perciò difficile stabilire dei criteri di valutazione del servizio reso. Ciò sarà possibile solo quando la Commissione avrà emanato gli atti di esecuzione che dovranno essere redatti. |
3.3 |
Gli Stati membri ritengono che l'ESA non fornisca sufficienti garanzie per il trattamento di dati sensibili, per cui l'Agenzia individuata a questo scopo sarebbe il CSUE. Si nota però che a livello dei singoli Stati, i paesi che possiedono un servizio di sorveglianza e tracciamento (come Regno Unito, Francia, Germania) lo realizzano all'interno di una collaborazione tra Agenzie spaziali e difesa, cosa che fa pensare come nella pratica il modello di collaborazione tra Agenzie spaziali e difesa sia di fatto efficiente. Non è chiaro perciò il motivo dell'esclusione dell'ESA da un servizio di questo genere, anche considerando come un servizio globale di allerta e gestione delle catastrofi, l'International Charter on Space and Major Disasters, già veda la partecipazione dell'ESA |
3.4 |
Il programma SST è uno dei tre elementi del programma preparatorio di Space Situational Awareness (SSA), che viene condotto in via preoperazionale dall'ESA dal 2009, gli altri due sono Space Weather e Near-Earth Objects. |
3.5 |
L'SSA Preparatory Programme dell'ESA è stato finanziato con budget di 55 milioni di euro. Non è chiaro quale sia quale sia la relazione tra questi due programmi. Soprattutto, non si comprende come si preveda di affiancare questo servizio di SST con uno analogo che generi e gestisca gli allerta relativi ai rischi derivanti dall'attività solare. |
3.6 |
È utile paragonare la severità dei danni causati da impatti con detriti con quella dei danni derivanti dall'attività geomagnetica solare. Secondo uno studio del NOAA statunitense (3), le perdite economiche dovute all'influenza delle tempeste solari sulle infrastrutture satellitari sarebbero molto ingenti. Nel 2003, l'intensa attività solare distrusse ADEOS-2, un satellite giapponese da 640 milioni di dollari. Nel 1997 una tempesta magnetica causò la perdita del satellite per telecomunicazioni Telstar, del valore di 270 milioni di dollari, mentre nel 1989 un'altra tempesta magnetica provocò nove ore di black-out nell'area del Canada, con danni calcolati in 6 miliardi di dollari. |
3.7 |
Si stima che una super-tempesta solare (solar superstorm) come quella verificatasi nel 1859 causerebbe oggi, solo per i danni provocati ai satelliti in orbita geostazionaria, danni per 30 miliardi di dollari, mentre i danni causati alla rete elettrica farebbero salire questa cifra al livello di 1-2 trilioni di dollari, richiedendo da 4 a 10 anni per il pieno recupero funzionale (4). |
3.8 |
Il livello di rischio derivante dall'attività solare è almeno pari a quello derivante dai detriti. Si ritiene perciò che i due dovrebbero essere condotti congiuntamente, come peraltro previsto dalla Conferenza di Madrid del marzo 2011. Tuttavia, la Comunicazione non chiarisce chi implementerà un servizio operativo relativo agli allerta connessi all'attività del sole. |
3.9 |
Il CESE ritiene che la proposta dovrebbe prendere in considerazione la protezione delle infrastrutture spaziali europee, compresa anche una attività complementare volta al monitoraggio dello Space Weather, ed i tempi di realizzazione e l'integrazione tra i due sistemi. |
4. Osservazioni specifiche
4.1 |
L'articolo 5.2 prevede che non si costruiscano nuove capacità, ma che ci si limiti a riutilizzare quelle esistenti dei paesi membri. Tuttavia, nel capitolo 2 del Memorandum, si dice esplicitamente che le capacità esistenti non sono sufficienti. Non è del tutto chiaro, dunque, quale tipo di sistema si voglia realizzare nel dettaglio, anche in relazione ai 5 tipi elencati nel rapporto (Impact Assessment) collegato. |
4.2 |
Le caratteristiche tecniche di questo sistema non sono esplicitamente definite. Se ne descrivono i fini, ma si rimanda a una futura discussione fra gli Stati per determinare di che cosa debba essere composto. |
4.3 |
Relazione tra uso militare e civile. Il sistema è costruito come un sistema civile. La maggior parte delle informazioni, tuttavia, è di origine militare. Non ci sono requisiti o protocolli espliciti che obblighino la parte militare a fornire queste informazioni alla parte civile. Anche qui, nel documento, si rimanda ad una futura definizione del problema. |
4.4 |
Rapporto Stati membri/UE. La proposta riporta che tutti i sensori sono e dovranno restare in mano ai singoli Stati membri. Non sembra che vi siano requisiti espliciti che garantiscano un livello minimo di flusso di dati e informazioni. |
4.5 |
Definizione del servizio. La proposta non lo riporta esplicitamente. Non è dunque possibile stimare se esso sia sufficiente per i progetti stabiliti per il programma. |
4.6 |
Nella risoluzione del 26 settembre 2008, Taking forward the European Space Policy, il Consiglio evidenzia l'esigenza di "develop a capacity to meet European user needs for comprehensive situational awareness of the space environment". |
4.7 |
È importante mantenere in linea lo sviluppo sia del programma SST sia dei programmi in essere SSA. |
4.8 |
Gli "indicatori di risultato e dell'impatto" al paragrafo 1.4.4 sono piuttosto tautologici, fornendo poco, operativamente, per valutare a posteriori l'efficacia del programma. |
4.9 |
Al di là della definizione della governance, il modello operativo del sistema non è ben definito. La partecipazione degli Stati membri non è obbligatoria. Quale è una base minima perché il servizio possa funzionare? |
Bruxelles, 10 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) Documento di lavoro dei servizi della Commissione Impact Assessment [Valutazione d'impatto], SWD(2013) 55 final.
(2) Study on Capability Gaps concerning Space Situational Awareness, ONERA, 2007.
(3) Value of a Weather-Ready Nation, 2011, NOAA.
(4) Si veda: National Research Council. (2008), Severe Space Weather Events. Understanding Societal and Economic Impacts: A Workshop Report. Washington, DC, The National Academies Press.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/42 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (rifusione)»
COM(2013) 162 final — 2013/0089 (COD)
2013/C 327/09
Relatore generale: HERNÁNDEZ BATALLER
Il Consiglio, in data 15 aprile 2013, e il Parlamento europeo, in data 16 aprile 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (rifusione)
COM(2013) 162 final — 2013/0089 (COD).
Il 16 aprile 2013 l'Ufficio di presidenza ha incaricato la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori del Comitato in materia.
Data l'urgenza dei lavori, alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta dell'11 luglio 2013), il Comitato economico e sociale europeo ha nominato Bernardo HERNÁNDEZ BATALLER relatore generale e ha adottato il seguente parere con 116 voti favorevoli e 2 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Tenuto conto dell'indiscutibile valore economico dei marchi d'impresa e del loro effetto positivo sul funzionamento del mercato interno, l'attuale quadro normativo di protezione sovranazionale risulta chiaramente insufficiente. Ciononostante, la proposta di direttiva rappresenta un progresso rispetto alla situazione attuale, caratterizzata da divergenze normative tra i marchi europei e quelli nazionali. |
1.2 |
Di conseguenza, il Comitato si esprime a favore di un rafforzamento della protezione dei diritti di proprietà intellettuale riguardanti l'utilizzo legittimo di un marchio commerciale, chiede che, nella misura del possibile, si promuova la registrazione dei marchi a livello UE e invita la Commissione europea a sostenere l'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (UAMI) nelle sue funzioni di vigilanza del rispetto di tali diritti. |
1.3 |
In quest'ottica, il diritto dell'Unione riconosce al titolare di un marchio sia il suo utilizzo esclusivo a fini di lucro (ius utendi) sia la facoltà di impedire che tale utilizzo sia compromesso dagli atti di terzi che ne imitino o sfruttino indebitamente i segni distintivi (ius prohibendi). Il Comitato auspica l'adozione di misure preventive e di riparazione nei confronti della pirateria, un fenomeno che causa una perdita di competitività per le imprese europee. |
1.4 |
Tuttavia, la normativa europea vigente non definisce con precisione i termini in cui il titolare di un marchio può avviare le azioni opportune per impedire i summenzionati atti di pirateria. |
1.5 |
In generale, tutto questo processo di armonizzazione dovrebbe sboccare nei prossimi anni in un'uniformazione del diritto dei marchi, con l'approvazione di un codice dei marchi dell'Unione finalizzato a introdurre, fra l'altro, una procedura flessibile, uniforme ed economica che faciliti per gli interessati il ricorso alla registrazione volontaria del marchio commerciale, ponendo fine alle differenze normative che ancora esistono. |
1.6 |
Il Comitato dovrebbe svolgere un ruolo attivo nel procedimento legislativo di adozione di tutti gli atti riguardanti la proprietà intellettuale; si rammarica pertanto di non essere stato consultato sulla proposta di modifica del regolamento relativo al marchio dell'UE. |
1.7 |
Il Comitato spera che in futuro sia in vigore un regime che garantisca una protezione uniforme ai marchi a vantaggio delle imprese e dei consumatori. |
2. Introduzione
2.1 |
A livello internazionale, il diritto dei marchi è disciplinato dalla Convenzione per la protezione della proprietà industriale firmata a Parigi il 20 marzo 1883, riveduta da ultimo a Stoccolma il 14 luglio 1967 e modificata il 28 settembre 1979 (1) (nel prosieguo "la Convenzione di Parigi"). |
2.2 |
Ai sensi dell'articolo 19 della Convenzione di Parigi, i paesi cui tale documento si applica si riservano il diritto di concludere separatamente tra loro accordi particolari per la protezione della proprietà industriale. |
2.3 |
Tale disposizione ha costituito la base per l'Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, adottato dalla conferenza diplomatica di Nizza il 15 giugno 1957, riveduto da ultimo a Ginevra il 13 maggio 1977 e modificato il 28 settembre 1979 (2). La classificazione di Nizza viene rivista ogni cinque anni da un comitato di esperti. |
2.4 |
Secondo la banca dati dell'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI), fra gli Stati membri dell'Unione solo la Repubblica di Cipro e la Repubblica di Malta non hanno aderito all'Accordo di Nizza, pur utilizzandone entrambe la classificazione. |
2.5 |
La protezione dei marchi è una questione essenzialmente territoriale e ciò è conseguenza del fatto che un marchio è un diritto di proprietà che protegge un segno in un territorio determinato. |
2.5.1 |
Per quanto riguarda il diritto primario dell'UE, la protezione della proprietà intellettuale è prevista dall'articolo 17, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. |
2.5.2 |
Inoltre, l'articolo 118 del TFUE stabilisce che, nell'ambito dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono le misure per la creazione di titoli europei al fine di garantire una protezione uniforme dei diritti di proprietà intellettuale nell'Unione e per l'istituzione di regimi di autorizzazione, di coordinamento e di controllo centralizzati a livello di Unione. |
2.6 |
Nell'Unione europea, la protezione dei marchi nazionali coesiste con la protezione dei marchi dell'UE. Il titolare di un marchio nazionale può esercitare i relativi diritti sul territorio dello Stato membro in base alla cui legislazione nazionale è protetto il marchio. Il titolare di un marchio dell'UE può fare lo stesso sul territorio dei 28 Stati membri, dal momento che il marchio è efficace nell'intera Unione. |
2.7 |
Le legislazioni degli Stati membri in materia di marchi sono state parzialmente armonizzate dalla direttiva 89/104/CEE del 21 dicembre 1988, successivamente codificata come direttiva 2008/95/CE. |
2.8 |
Nel frattempo, per quanto riguarda i sistemi dei marchi nazionali, il regolamento (CE) n. 40/94 del 20 dicembre 1993 sul marchio comunitario, codificato come regolamento (CE) n. 207/2009, ha istituito un sistema unico per la registrazione di diritti unitari aventi pari efficacia in tutta l'UE. In tale contesto, si è conferita all'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (UAMI) la responsabilità della registrazione e gestione dei marchi dell'UE. |
2.9 |
Negli ultimi anni, la Commissione ha avviato dibattiti pubblici sulla proprietà intellettuale cui ha partecipato anche il CESE e, nel 2011, ha annunciato la revisione del sistema dei marchi in Europa per modernizzare il sistema sia a livello UE che a livello nazionale, rendendolo complessivamente più efficace, efficiente e coerente. |
2.10 |
Nella sua risoluzione del 25 settembre 2008 su un piano globale europeo di lotta alla contraffazione e alla pirateria, il Consiglio ha chiesto che fosse rivisto il regolamento n. (CE) 1383/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativo all'intervento dell'autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale e alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali diritti (3). Il CESE auspica l'introduzione di miglioramenti del quadro giuridico, al fine di rafforzare la tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte dell'autorità doganale e di garantire una certezza del diritto adeguata. |
2.11 |
Il sistema europeo dei marchi si basa sui principi di coesistenza e complementarità fra la protezione dei marchi nazionale e quella europea. |
2.12 |
Il regolamento relativo al marchio europeo istituisce un sistema globale in cui si disciplinano tutti gli aspetti del diritto sostanziale e procedurale, mentre la direttiva si limita ad avvicinare soltanto alcune disposizioni del diritto sostanziale, per cui la proposta punta a far sì che le norme sostanziali siano fondamentalmente simili e che almeno le principali disposizioni procedurali risultino compatibili. |
2.13 |
L'obiettivo della proposta è promuovere l'innovazione e la crescita economica rendendo i sistemi di registrazione dei marchi in tutta l'UE più accessibili e più efficienti per le imprese grazie ai minori costi e alla minore complessità, alla maggiore rapidità, prevedibilità e certezza del diritto. |
2.14 |
La rifusione persegue i seguenti obiettivi concreti:
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2.15 |
La proposta di direttiva, da una parte, aggiorna e migliora le disposizioni vigenti per quanto riguarda:
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2.16 |
D'altra parte, la proposta cerca di ottenere un ravvicinamento del diritto sostanziale mediante la protezione delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali; la protezione dei marchi d'impresa con notorietà; ponendo l'accento sul diritto dei marchi d'impresa come oggetto di proprietà, dal momento che possono essere oggetto di cessione di diritti reali; la regolamentazione dei marchi collettivi. |
2.17 |
Per quel che concerne l'armonizzazione delle principali norme procedurali, include la designazione e classificazione dei prodotti e dei servizi; l'esame d'ufficio; le tasse; la procedura di opposizione; il non uso come difesa in procedimenti di opposizione; la procedura per la decadenza o la dichiarazione di nullità; il non uso come difesa in procedimenti per dichiarazione di nullità. |
2.18 |
Inoltre, la proposta cerca di agevolare la cooperazione tra uffici per completare il quadro giuridico in materia di cooperazione proposto nell'ambito della revisione del regolamento: l'articolo 52 fornisce una base giuridica per agevolare la cooperazione tra l'UAMI e gli uffici della proprietà intellettuale degli Stati membri. |
3. Osservazioni generali
3.1 |
Il CESE accoglie con soddisfazione la proposta di direttiva della Commissione europea, che appare particolarmente opportuna in un contesto economico mondiale caratterizzato da un'elevata competitività e dal rallentamento dell'economia europea. |
3.1.1 |
In questo senso, i marchi d'impresa contribuiscono da una parte a creare valore aziendale e a fidelizzare il cliente, dall'altra a proteggere i consumatori. |
3.1.2 |
Quest'ultimo aspetto riveste un significato particolare, per diverse ragioni:
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3.2 |
La proposta di direttiva migliorerà l'attuale quadro giuridico delle legislazioni degli Stati membri in modo molto significativo, e questo sotto tre aspetti:
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3.3 |
La proposta inoltre, alla luce dell'evoluzione economica, commerciale e giuridica, contiene novità importanti come la definizione di marchio, che permette contrassegni diversi da quelli grafici e quindi un'identificazione più esatta del marchio stesso, dal momento che è ora autorizzata la registrazione di marchi che possano rappresentarsi con mezzi tecnologici, purché questi offrano garanzie soddisfacenti. |
3.4 |
Appare positivo il tentativo di arrivare a un ravvicinamento del diritto sostanziale, come l'aggiunta di una protezione delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali, la protezione dei marchi d'impresa con notorietà e il trattamento dei marchi come oggetto di diritti di proprietà, quali la cessione e certi aspetti essenziali dello sfruttamento commerciale. L'introduzione nella proposta di direttiva di concetti quali i marchi collettivi e i marchi di garanzia è molto importante, sia per le imprese che per i consumatori. |
3.5 |
Infine, l'armonizzazione delle principali norme procedurali è accolta con soddisfazione dal CESE, dal momento che si stabiliscono norme comuni per la designazione e classificazione dei prodotti e dei servizi, seguendo i principi stabiliti dalla Corte di giustizia, nonché per l'esame d'ufficio, le procedure di opposizione e la procedura per la decadenza o la dichiarazione di nullità. |
3.6 |
Inoltre, il Comitato giudica positivamente il fatto che il procedimento di elaborazione della proposta di direttiva si sia svolto con un alto livello di pubblicità e partecipazione dei settori interessati della società civile. |
3.7 |
Ciononostante, il Comitato deve sollevare obiezioni sull'oggetto e il contenuto della proposta in esame, fatto salvo quanto può prevedere la proposta di modifica dell'attuale regolamento (CE) n. 207/2009, il quale ha istituito un sistema unico di registrazione dei diritti unitari, e che forma un pacchetto legislativo insieme alla proposta di direttiva. |
3.8 |
In questo senso, il Comitato constata con sorpresa che sulla proposta COM(2013) 161 final del 27 marzo 2013, che modifica il citato regolamento sul marchio dell'UE, non è stato chiesto il suo parere consultivo. |
3.9 |
Dato che si tratta di un atto avente un effetto diretto sul funzionamento del mercato interno (articolo 118 del TFUE) e che incide sul livello della protezione garantita ai consumatori (articolo 169 del TFUE), un'interpretazione contestuale e coerente delle disposizioni dei Trattati che attribuiscono espressamente al Comitato la competenza consultiva in questi ambiti raccomanda un ineludibile coinvolgimento del CESE nel processo legislativo di adozione di tale atto. |
3.10 |
In quest'ottica, il diritto dell'Unione riconosce al titolare di un marchio sia il suo utilizzo esclusivo a fini di lucro (ius utendi) sia la facoltà di impedire che tale utilizzo sia compromesso dagli atti di terzi che ne imitino o sfruttino indebitamente i segni distintivi (ius prohibendi), articolo 9 del regolamento (CE) n. 207/2009. |
3.11 |
Tuttavia, la normativa europea vigente non definisce con precisione i termini per l'avvio da parte del titolare del marchio delle azioni opportune per impedire i summenzionati atti. |
3.11.1 |
Anche se la proposta di direttiva amplia significativamente il numero dei casi in cui il titolare del marchio ha la facoltà di vietarne l'uso da parte di terzi (articolo 10), introducendo persino una nuova disposizione riguardante la violazione dei diritti del titolare mediante la presentazione, l'imballaggio o altri mezzi (articolo 11) o l'uso indebito del marchio da parte di un agente o rappresentante del titolare (articolo 13), la determinazione esatta dell'ambito di applicazione del diritto rimane subordinata alle decisioni del giudice competente nel caso in cui l'interessato avvii un procedimento giudiziario. |
3.11.2 |
Per questo, l'esistenza o meno un di rischio di confusione o di appropriazione indebita del marchio protetto da parte di terzi sarà stabilita sulla base della valutazione di ciascun organo giurisdizionale e, nel caso tali fattispecie siano confermate, sarà l'organo stesso a stabilire il risarcimento spettante al titolare, in funzione delle richieste avanzate. |
3.11.3 |
Ne consegue che la proposta di direttiva non garantisce una protezione uniforme dei diritti di sfruttamento detenuti dal titolare del marchio, né dei diritti dei consumatori che rischiano di subire le conseguenze di un utilizzo indebito o fraudolento di un marchio d'impresa. |
3.12 |
Il carattere di complementarità fra il sistema sovranazionale e i sistemi interni di protezione dei diritti del titolare di un marchio comporta quindi un chiaro rischio per gli obiettivi della proposta di direttiva consistenti nella maggiore efficacia e tempestività possibile della suddetta protezione. |
3.12.1 |
Ad esempio, non è garantito il superamento delle divergenze interne dovute a un recepimento scorretto della direttiva 2004/48/CE (sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale) per quanto riguarda le misure che garantiscono l'azione di:
|
3.12.2 |
Questa incertezza del diritto sarà aggravata nei casi di violazione dei diritti del titolare di un marchio perpetrata in vari Stati membri. |
3.13 |
Ciò a maggior ragione per il fatto che la stessa proposta di direttiva prevede alcune circostanze che aumentano il grado di complessità della protezione. |
3.13.1 |
Ad esempio, il paragrafo 3 dell'articolo 4 (Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità assoluti) stabilisce che "Il marchio d'impresa è suscettibile di essere dichiarato nullo se la domanda di registrazione è stata presentata dal richiedente in mala fede" e che "Ogni Stato membro può anche disporre che tale marchio sia escluso dalla registrazione". |
3.14 |
Dato che, secondo la UAMI, l'assenza d'intenzione di utilizzare il marchio esclude l'applicazione della nozione di mala fede, quale autorità stabilirà criteri uniformi tali da permettere ai valutatori competenti di giudicare l'esistenza di altre cause che indichino che si sia agito in mala fede? |
3.15 |
Questa lacuna normativa appare paradossale se si confronta con la nuova disposizione di cui al paragrafo 5 dell'articolo 10 della proposta di direttiva, che rafforza la posizione del titolare di un marchio registrato al fine di evitare che terzi introducano prodotti provenienti da territori non appartenenti all'unione doganale anche senza la loro immissione in libera pratica. Ne risulta che in questo la proposta si discosta dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di beni in transito (cause C-446/09 e C-495/09, Philips/Nokia), e invalida qualunque presunzione o prova di buona fede con cui potrebbero agire i terzi in questione (4). |
3.16 |
D'altro canto, la prevenzione e repressione di questo tipo di pratiche commerciali illecite sarebbero chiaramente rafforzate se, nella proposta di direttiva, si stabilisse una base giuridica specifica per consentire alla Commissione europea di intensificare la sua azione mediante la cooperazione con le autorità dei paesi terzi le cui imprese ricorrono in maniera generalizzata e sistematica alle suddette pratiche. |
3.17 |
Non è sufficiente neanche la disposizione del paragrafo 1 dell'articolo 45 della proposta di direttiva che prevede, in linea generale, che gli Stati membri stabiliscano una procedura amministrativa efficiente e rapida per opporsi dinanzi ai loro uffici alla registrazione di una domanda di marchio d'impresa per i motivi di cui all'articolo 5. Si dovrebbe spiegare più chiaramente la natura di questo procedimento e delimitare con una norma specifica il termine ragionevole in cui le autorità nazionali competenti devono intervenire, coerentemente con quanto previsto dal paragrafo 1 dell'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Diritto ad una buona amministrazione). |
3.18 |
Analogamente, ragioni di efficienza e prevedibilità insite in una protezione sovranazionale dei titolari del diritto di un marchio impongono una revisione del contenuto di altre disposizioni della proposta di direttiva, come l'articolo 44 e l'articolo 52. Il primo di questi prevede l'imposizione di una tassa (generica) supplementare per ciascuna classe di prodotti e servizi oltre la prima classe che deve essere inclusa nella tassa per la richiesta di registrazione iniziale; si dovrebbe fissare un tetto massimo per queste tasse supplementari. |
3.19 |
D'altro canto, per quanto concerne l'articolo 52 che prevede la cooperazione fra gli Stati membri e la UAMI al fine di promuovere la convergenza delle pratiche e degli strumenti e di ottenere risultati coerenti nell'esame e nella registrazione dei marchi d'impresa, si dovrebbe introdurre una disposizione specifica che, in conformità col disposto del paragrafo 2 dell'articolo 291 del TFUE, conferisca alla Commissione competenze di esecuzione per l'adozione di un "codice di condotta" vincolante. |
3.20 |
La cooperazione amministrativa fra la UAMI e i rispettivi uffici nazionali deve essere considerata una questione di interesse comune, secondo il disposto dell'articolo 197 del TFUE. In quest'ottica sarebbe particolarmente interessante facilitare lo scambio d'informazioni e funzionari e sostenere programmi di formazione, definendo a tal fine dotazioni finanziarie di natura pubblica. |
3.21 |
In generale, tutto questo processo di armonizzazione dovrebbe condurre nei prossimi anni a un'uniformità del diritto dei marchi, con l'approvazione di un codice dei marchi dell'Unione finalizzato a introdurre, fra l'altro, una procedura flessibile, uniforme ed economica che faciliti per gli interessati il ricorso alla registrazione volontaria del marchio commerciale. |
Bruxelles, 11 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) Recueil des traités des Nations Unies, vol. 828, n. 11851.
(2) Recueil des traités des Nations Unies, vol. 818, n. I-11849.
(3) GU L 196 del 2.8.2003, pag. 7.
(4) Il paragrafo 5 dell'articolo 10 della proposta di direttiva recita: "Il titolare di un marchio registrato ha anche il diritto di vietare ai terzi di introdurre prodotti, nel quadro di un'attività commerciale, nel territorio doganale dello Stato membro di registrazione del marchio senza la loro immissione in libera pratica in tale Stato, quando tali prodotti, compreso il loro imballaggio, provengono da paesi terzi e recano senza autorizzazione un marchio che è identico al marchio registrato in relazione a tali prodotti o non può essere distinto nei suoi aspetti essenziali da detto marchio". Si tratta, in buona sostanza, di stabilire un meccanismo che colpisca la contraffazione di merci al di fuori dell'UE, non consentendo agli interessati di beneficiare della finzione giuridica secondo cui i beni in transito non entrerebbero nel territorio doganale dell'UE.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/47 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune società e di taluni gruppi di grandi dimensioni»
COM(2013) 207 final — 2013/0110 (COD)
2013/C 327/10
Relatrice: PICHENOT
Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 2 e 21 maggio 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 60, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune società e di taluni gruppi di grandi dimensioni
COM(2013) 207 final — 2013/0110 (COD).
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta dell'11 luglio 2013), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 95 voti favorevoli, 31 voti contrari e 4 astensioni.
1. Conclusioni
1.1 |
Il Comitato accoglie con favore la proposta della Commissione che modifica le direttive contabili, sia per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario che per quanto concerne la rappresentanza della diversità negli organi direttivi. Queste limitate modifiche contribuiscono a migliorare il quadro dell'UE in materia di governo societario (1). |
1.2 |
Il Comitato raccomanda al Parlamento europeo e al Consiglio di tenere conto dell'equilibrio raggiunto con queste modifiche, che aumentano la trasparenza sul piano ambientale, sociale e di governo societario (ASG). La proposta della Commissione fornisce uno strumento flessibile e adeguato per migliorare la comunicazione diretta ad azionisti, investitori, lavoratori e altri portatori di interesse. Essa è destinata unicamente alle grandi imprese, onde evitare di imporre obblighi supplementari alle imprese di minori dimensioni. |
2. Raccomandazioni
2.1 |
Il CESE riconosce che l'associazione equilibrata degli elementi seguenti consente di fornire un'informazione non finanziaria agli azionisti in assemblea generale e di informare i portatori di interesse delle grandi imprese. Essa risponde agli obiettivi di trasparenza e coerenza enunciati.
|
2.2 |
Alla luce di questo equilibrio, il Comitato ritiene che la proposta di direttiva che modifica le direttive contabili venga presentata in un momento propizio:
|
2.3 |
Il Comitato accoglie positivamente queste modifiche alle direttive contabili, che aprono prospettive in quanto:
|
2.4 |
Il Comitato richiama l'attenzione del Parlamento europeo e del Consiglio sulle considerazioni seguenti. Si raccomanda:
|
2.5 |
Il Comitato approva la proposta modifica alla quarta direttiva per quanto riguarda l'obbligo di fornire informazioni sulla politica in materia di diversità condotta dall'impresa negli organi societari. |
2.6 |
Il CESE sottolinea che i consigli di amministrazione e gli organi di controllo non sono i soli interessati, e che potrebbe essere utile estendere la politica in materia di diversità ai comitati consultivi e in particolare al comitato di revisione contabile. |
2.7 |
Ricorda che nella maggior parte degli Stati membri non sono stati raggiunti gli obiettivi in materia di presenza femminile nei consigli (5). |
2.8 |
Ritiene che tra i criteri in materia di diversità si debba prevedere anche la partecipazione di amministratori dipendenti dell'impresa provenienti dal mondo del lavoro, in particolare dal comitato aziendale europeo, con mandato delle organizzazioni sindacali. |
2.9 |
Infine, il Comitato raccomanda alla Commissione di inquadrare la revisione tramite una disposizione di non regresso rispetto alle legislazioni nazionali esistenti e di procedere a una valutazione degli effetti di queste modifiche delle direttive contabili sulla prassi delle imprese in materia di pubblicazione di informazioni non finanziarie cinque anni dopo l'entrata in vigore della direttiva proposta. |
3. Elementi del contesto
3.1 |
La proposta di modifica delle direttive contabili prosegue gli sforzi intrapresi con il Libro verde del 2011 sulla RSI (6), completato dalla comunicazione del 2006 (7), e realizza gli impegni assunti nel piano di lavoro della comunicazione del 2011 (8). Tale modifica è resa necessaria dai risultati della valutazione d'impatto, che dimostrano la limitata validità delle informazioni di carattere non finanziario pubblicate dalle imprese - valutazione d'impatto che è stata alimentata da una vasta consultazione pubblica. Le informazioni sono di qualità ineguale e il numero di imprese che le forniscono è insufficiente. |
3.2 |
Il rafforzamento della trasparenza aziendale in materia sociale e ambientale è stato annunciato nell'aprile 2011 nella comunicazione della Commissione relativa all'Atto per il mercato unico. |
3.3 |
Già nel suo parere sugli strumenti di misura e di informazione (9), pubblicato nel 2005, il Comitato aveva preso in considerazione la quarta direttiva sui conti annuali, contenente una disposizione in merito alle informazioni non finanziarie che offre alle imprese la possibilità di rendere pubbliche determinate informazioni sugli aspetti sociali e ambientali delle loro attività. Nel 2012 il Comitato ha sostenuto l'obiettivo della Commissione di rafforzare la diversità all'interno dei consigli di amministrazione e negli organi di controllo. Nel suo parere del 2012 (10) sulla comunicazione relativa alla RSE, il Comitato ha ricordato di essere favorevole all'introduzione di una relazione extrafinanziaria obbligatoria. |
3.4 |
Il Regno Unito è stato il primo Stato membro a introdurre, già nel 1992, un codice di governo societario (il cosiddetto "codice Cadbury") (11) basato sul metodo "rispetta o spiega". Codici di questo tipo sono stati adottati, con disposizioni variabili, anche da altri paesi, in particolare dalla Germania e dalla Danimarca. La flessibilità del metodo consente di mantenere riservate le informazioni riguardanti settori sensibili come la lotta alla corruzione, che per essere efficace può richiedere una certa discrezione se non confidenzialità. |
3.5 |
Nel corso dell'ultimo decennio, numerosi paesi, tra cui Francia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia e Spagna, hanno adottato normative intese a fornire un quadro nazionale in materia di informazione in vista di un'armonizzazione degli standard europei. |
3.6 |
Nel corso della presidenza irlandese è stato concluso un accordo europeo sulla trasparenza del settore estrattivo che comporta una revisione della direttiva contabile. La direttiva impone ora la trasparenza (per i singoli paesi e progetti) della totalità dei flussi finanziari versati dalle imprese europee dei settori estrattivo e forestale agli Stati membri in cui operano. |
3.7 |
In due risoluzioni del febbraio 2013 (12), il Parlamento europeo ha riconosciuto l'importanza, per le imprese, di divulgare informazioni in materia di sostenibilità, come ad esempio i fattori sociali e ambientali, al fine di rilevare i rischi in questo senso e di aumentare la fiducia degli investitori e dei consumatori. Il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di presentare una proposta sulla pubblicazione di informazioni a carattere non finanziario da parte delle imprese. |
3.8 |
In un contesto di crisi, in cui l'opinione pubblica europea chiede alle imprese un comportamento più etico, le pratiche di RSI vengono riconosciute come fattori che possono apportare un contributo positivo alla politica commerciale dell'Unione europea, alla sua politica di sviluppo e all'attuazione della strategia Europa 2020. Esse favoriscono il dialogo sociale e civile. Devono inoltre permettere di comprendere meglio le realtà presenti nell'intera catena del subappalto. Avvenimenti come la catastrofe dell'edificio di Rana Plaza in Bangladesh ci rammentano la necessità di prestare attenzione alla responsabilità dei committenti. |
Bruxelles, 11 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) GU C 24 del 28.1.2012, pag. 91.
(2) GU C 21 del 21.1.2011, pag. 33.
(3) Parere del CESE sul tema Diritto europeo delle società e governo societario (non ancora pubblicato in GU).
(4) GU C 161 del 6.6.2013, pag. 35.
(5) GU C 133 del 9.5.2013, pag. 68.
(6) COM(2001) 366 final.
(7) COM(2006) 136 final e GU C 286 del 17.11.2005, pag. 12.
(8) COM(2011) 681 final e GU C 229 del 31.7.2012, pag. 77.
(9) GU C 286 del 17.11.2005, pag. 12.
(10) GU C 229 del 31.7.2012, pag. 77.
(11) The Financial Aspects of Corporate Governance, 1.12.1992.
(12) Relazione e risoluzione, Richard Howitt e Raffaele Baldassarre, 2012/2098 (INI).
ALLEGATO
al parere del Comitato economico e sociale europeo
Il seguente emendamento, che ha ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, è stato respinto nel corso delle deliberazioni (articolo 54, paragrafo 3, del Regolamento interno):
Sostituire il testo del parere CES3548-2013_00_00_TRA_AS con il seguente testo:
1. Osservazioni generali
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) considera superflua la proposta di direttiva (soprattutto per quanto riguarda l'obbligo di fornire informazioni sulla «politica in materia di diversità»), poiché ritiene inutile adottare nuove disposizioni legislative a livello europeo in questo settore. Più in generale, il CESE afferma che la direttiva non apporterebbe alcun valore aggiunto fondamentale rispetto alle disposizioni vigenti, e teme invece che potrebbe avere per effetto di aggravare gli oneri amministrativi. |
1.2 |
Il CESE ritiene che la trasparenza sia parte integrante della moderna gestione aziendale. Le imprese europee hanno dimostrato un grado sufficiente di trasparenza tenuto conto della normativa in vigore. Nell'UE la responsabilità sociale è di competenza delle imprese, fa parte della loro strategia ed è esercitata su base volontaria. Anche in periodo di crisi, le imprese europee non hanno ridotto il loro livello di trasparenza né si sono dimostrate meno responsabili. |
1.3 |
Il CESE osserva che alcune parti interessate e il pubblico in generale avvertono la necessità di una maggiore trasparenza delle politiche aziendali, soprattutto per quanto concerne la pubblicazione di informazioni di natura sociale e ambientale, e più in particolare nel caso di imprese che svolgono le loro attività in paesi terzi, come le aziende di estrazione mineraria in Africa (rischi ambientali, corruzione), le imprese tessili in Asia (tematiche sociali, diritti umani) e così via. |
1.4 |
L'unico valore aggiunto attribuibile alla proposta risiede nel fatto che essa affronta la questione dei rischi, nonché quella della loro definizione e gestione e dell'obbligo di dichiararli. Questo potrebbe consentire alle aziende una gestione più efficiente dei rischi e delle opportunità, e, di conseguenza, permetterebbe loro di farsi meglio carico delle responsabilità inerenti alle loro attività non finanziarie. Anche in questo caso, tuttavia, la decisione se adottare o no un simile approccio dovrebbe competere interamente all'azienda interessata. |
2. Le informazioni non finanziarie
2.1 |
Il CESE è consapevole del fatto che, in genere, rafforzare la trasparenza significa dare un contributo essenziale al corretto funzionamento del mercato interno. Una migliore comparabilità delle informazioni relative al funzionamento delle imprese può influire sul grado di efficacia delle decisioni adottate da investitori e azionisti. |
2.2 |
Il CESE ritiene che le attuali modalità di pubblicazione delle informazioni non finanziarie, così come la portata di queste ultime, appaiano adeguate e sufficienti alla luce dell'obiettivo perseguito. Rendere obbligatoria la pubblicazione dei nuovi dati raccomandati dalla proposta di direttiva rappresenterebbe un onere eccessivo, in contrasto con il principio di proporzionalità. Pertanto, il CESE raccomanda che la proposta esiga unicamente la pubblicazione di informazioni davvero pertinenti e tali da risultare chiaramente eloquenti, affinché alle aziende non vengano inutilmente imposti degli adempimenti amministrativi eccessivi e in modo tale che la proposta apporti, al tempo stesso, il massimo valore aggiunto agli utilizzatori di queste informazioni (investitori, azionisti e dipendenti). |
2.3 |
Il CESE raccomanda che le imprese pubblichino le informazioni non finanziarie solamente se desiderano farlo. Conformemente a questa impostazione, il Comitato propone di modificare gli articoli 1 e 2 della proposta di direttiva. |
2.4 |
In base alla proposta di direttiva, le piccole e medie imprese sono esentate dall'obbligo di pubblicazione delle informazioni non finanziarie, il che corrisponde agli obiettivi a lungo termine dell'Unione europea che puntano a ridurre gli oneri amministrativi a carico degli imprenditori. |
2.5 |
Il CESE ritiene che le disposizioni della proposta in esame che prevedono la dichiarazione di informazioni non finanziarie nella relazione annuale sulla gestione e la loro verifica da parte del revisore legale dei conti siano complesse e di difficile comprensione, e che sarebbe opportuno redigere una guida pratica come strumento ausiliario al riguardo. La legislazione europea stabilisce che il revisore legale esprima un parere sulla rispondenza tra le informazioni contenute nella relazione sulla gestione e quelle del bilancio relativo allo stesso esercizio, tenuto conto del fatto che le vigenti disposizioni prevedono che la relazione sulla gestione debba contenere i conti annuali, la relazione del revisore legale dei conti ed eventualmente altri documenti. La verifica delle informazioni non finanziarie potrebbe tuttavia rivelarsi estremamente problematica e costosa. Occorre definire con precisione l'articolazione dei requisiti pubblicati nella relazione annuale sulla gestione, tenendo altresì conto della necessità di non rovesciare sui lettori/utilizzatori di detta relazione una quantità eccessiva di informazioni non rilevanti. Il Comitato promuoverà la pubblicazione di informazioni non finanziarie nei documenti per i quali non è richiesta una verifica legale dei conti. |
3. La politica in materia di diversità
3.1 |
Il CESE considera la pubblicazione obbligatoria di informazioni sulla «politica in materia di diversità» un inutile onere amministrativo assai difficilmente giustificabile e i cui effetti positivi non appaiono dimostrabili. Ritiene infatti che chiedere a enti privati di adottare una «politica della diversità», e in particolare obbligarli a pubblicare informazioni su una «politica aziendale in materia di diversità» o a spiegare per quale motivo non abbiano introdotto tale politica, costituisca un'indebita ingerenza nelle libertà di impresa e di decisione dei proprietari di aziende. Il Comitato respinge con forza questa ingerenza, proprio in quanto tale. La pubblicazione di informazioni su un'impresa dovrebbe seguitare ad essere una decisione assunta su base pienamente volontaria dall'impresa stessa, a seconda che la pubblicazione dei dati in questione rappresenti per quest'ultima un vantaggio competitivo oppure no. Il CESE respinge inoltre il pacchetto di misure relative alla produzione di informazioni dettagliate sulla «politica in materia di diversità», per tutta una serie di motivi esposti qui di seguito. |
3.2 |
Si deve anzitutto sottolineare che la pubblicazione di informazioni su una «politica in materia di diversità» relativamente alla composizione degli organi di una società non influisce minimamente sulla gestione o sulle prestazioni della società stessa, contrariamente a quanto erroneamente affermato nella relazione introduttiva della proposta di direttiva. Il CESE ritiene che dovrebbero essere il proprietario/i proprietari o gli azionisti della società a sceglierne i dirigenti e a decidere i meccanismi di controllo della gestione e il ruolo svolto in questi processi dai membri degli organi di sorveglianza e di amministrazione. La responsabilità del funzionamento di un'impresa spetta esclusivamente al suo proprietario o al suo azionista e comprende anche il rischio, a cui essi si espongono, di subire perdite a causa di decisioni sbagliate nella gestione aziendale. Modificare in modo artificiale la composizione degli organi di sorveglianza e di amministrazione non può che perturbare il regolare e corretto funzionamento delle imprese allo stato attuale. |
3.3 |
La Commissione europea non deve in nessun caso interferire nei processi decisionali, ad esempio per quanto riguarda il numero dei componenti del consiglio di amministrazione di una società, né le loro qualifiche, età o genere. Dall'analisi svolta dalla Commissione europea non emerge con chiarezza che vi sia una correlazione diretta tra età, sesso e altre considerazioni e le prestazioni di una società; del resto, quand'anche tale correlazione fosse dimostrata, questo non giustificherebbe un'ingerenza autoritaria nella composizione degli organi di gestione o di sorveglianza di un'impresa. |
4. Conclusioni
Alla luce delle argomentazioni suesposte, il CESE:
1) |
considererà prioritaria, conformemente al principio di sussidiarietà, la pubblicazione delle nuove informazioni non finanziarie richieste qualora essa dipenda da una decisione volontaria delle imprese stesse o dall'applicazione di una regolamentazione nazionale che definisca gli obblighi in materia di informazione; |
2) |
raccomanderà di sopprimere le disposizioni dell'articolo 1, paragrafo 2, della proposta di direttiva relative alla «politica in materia di diversità»; qualora non fosse possibile ottenere tale soppressione, raccomanderà che la pubblicazione o meno delle informazioni sulla «politica in materia di diversità» – incluse le spiegazioni dei motivi per cui l'impresa non ha adottato una tale politica – dipenda da una decisione volontaria dell'impresa stessa o, eventualmente, dall'applicazione di una regolamentazione nazionale. |
Esito della votazione dell'emendamento
Voti favorevoli |
: |
37 |
Voti contrari |
: |
96 |
Astensioni |
: |
2 |
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/52 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che promuove la libera circolazione di cittadini e imprese semplificando l’accettazione di alcuni documenti pubblici nell’Unione e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012»
COM(2013) 228 final — 2013/119 (COD)
2013/C 327/11
Relatore generale: Vincent FARRUGIA
Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 13 e 21 maggio 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che promuove la libera circolazione di cittadini e imprese semplificando l'accettazione di alcuni documenti pubblici nell'Unione e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012
COM(2013) 228 final — 2013/119 (COD).
L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 21 maggio 2013, ha incaricato la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.
Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 491a sessione plenaria dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta dell'11 luglio 2013), ha nominato relatore generale Vincent FARRUGIA e ha adottato il seguente parere con 96 voti favorevoli, 2 voti contrari e 2 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
I cittadini sono al centro dell'integrazione europea. La relazione 2013 sulla cittadinanza dell'Unione sottolinea che la cittadinanza dell'Unione offre ai cittadini nuovi diritti e nuove opportunità. Come evidenzia la relazione, la possibilità di circolare e soggiornare liberamente nell'UE è il diritto che le persone che vivono negli Stati membri associano più strettamente alla cittadinanza dell'Unione, il diritto cioè di lasciare il proprio paese per periodi brevi o più lunghi, andare e venire tra paesi dell'UE per motivi di lavoro, studio e formazione, fare viaggi di lavoro o effettuare acquisti all'estero (1). |
1.2 |
Nella relazione 2013 la Commissione propone dodici nuove azioni, per continuare a eliminare gli ostacoli che impediscono ai cittadini di godere dei propri diritti nell'UE, nei sei settori che seguono (2):
|
1.3 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che promuove la libera circolazione di cittadini e imprese semplificando l'accettazione di alcuni documenti pubblici nell'Unione e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 (COM(2013) 228 final, 2013/0119 (COD)). |
1.4 |
La proposta di regolamento risulta in armonia con la relazione 2013 sulla cittadinanza dell'Unione, nel senso che introduce misure in grado di facilitare l'effettivo esercizio dei diritti conferiti dallo status di cittadino dell'UE. |
1.5 |
Benché il Trattato di Lisbona e la Carta dei diritti fondamentali dell'UE abbiano rafforzato i diritti dei cittadini definiti dal Trattato di Maastricht, ivi compreso il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, la procedura amministrativa a supporto dell'esercizio di tali diritti non è stata riformata di conseguenza. L'apposizione, infatti, di un'apostille - una formalità introdotta dalla Convenzione dell'Aia del 1961 allo scopo di agevolare i movimenti attraverso i confini internazionali in un mondo scarsamente tecnologico - non tiene conto dell'assenza di frontiere nell'Unione e quindi, invece di facilitare, ostacola l'esercizio del diritto - per un cittadino dell'UE - di muoversi liberamente sul suo territorio. |
1.6 |
La semplificazione di taluni documenti pubblici nell'UE, elencati nella proposta, è un'importante misura che produrrà un quadro giuridico più coeso in grado di agevolare l'esercizio del diritto alla libera circolazione all'interno dell'Unione.
La semplificazione dei suddetti documenti pubblici nell'UE faciliterà indubbiamente la promozione della libera circolazione dei cittadini e delle imprese in quanto accrescerà ulteriormente gli scambi nel mercato interno oltre ad agevolare ancora la raccolta di tali documenti da parte dei cittadini di ogni Stato membro. |
1.7 |
L'introduzione di un quadro semplificato per l'accettazione di alcuni documenti pubblici anche nelle amministrazioni pubbliche locali va considerato un importante strumento politico, in quanto:
|
1.8 |
Il CESE deplora che le riforme introdotte dalla proposta di regolamento allo scopo di facilitare a cittadini e imprese l'esercizio del diritto alla libera circolazione all'interno dell'UE siano presentate a 20 anni dal lancio della cittadinanza dell'Unione e a 42 anni dalla Convenzione dell'Aia. L'Unione europea non si è infatti mossa al passo con i progressi tecnologici di cui avrebbe potuto avvalersi per ridurre od eliminare gli oneri a carico di cittadini e imprese che volessero esercitare il loro diritto di circolare liberamente. Il CESE sottolinea che il sistema di informazione del mercato interno (IMI) costituisce un importante strumento da sfruttare più a fondo per consentire ai cittadini dell'UE di esercitare i loro diritti fondamentali. |
1.9 |
Il CESE conclude pertanto che la raccomandazione politica presentata dalla Commissione, che consiste in:
|
1.10 |
Il CESE raccomanda quanto segue:
|
2. Introduzione
2.1 |
Il Programma di Stoccolma del 2009 Un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini (6) sottolinea la necessità di rendere la cittadinanza dell'Unione una realtà tangibile e incentra sui cittadini le politiche europee nel settore della giustizia. Il relativo piano d'azione (7) conferma questo obiettivo e dichiara che, per funzionare correttamente, lo spazio giudiziario europeo "deve essere soprattutto al servizio dei cittadini e delle imprese e promuovere l'attività economica nel mercato unico (…)". Nella sua relazione 2010 sulla cittadinanza dell'Unione la Commissione europea ha risposto confermando il suo impegno ad agevolare la libera circolazione dei documenti pubblici all'interno dell'UE, e nel dicembre 2010 ha presentato al pubblico una prospettiva concreta contenuta nel Libro verde Meno adempimenti amministrativi per i cittadini: promuovere la libera circolazione dei documenti pubblici e il riconoscimento degli effetti degli atti di stato civile (8). |
2.2 |
Nel contempo è stato adottato l'Atto per il mercato unico (9), il cui scopo è rafforzare la fiducia dei cittadini nel mercato interno e accrescerne il potenziale in quanto vero motore di crescita dell'economia europea. Ciò ha richiesto, tra le altre misure, l'eliminazione delle barriere sproporzionate che impediscono a cittadini e imprese dell'Unione di beneficiare delle libertà offerte dal mercato interno. Favorire la mobilità dei cittadini e delle imprese nell'UE è uno dei principali obiettivi dell'Atto per il mercato unico II (10). |
2.3 |
Il Piano d'azione della Commissione sul diritto europeo delle società e sul governo societario (11) si concentra sul sostegno alle imprese europee, in particolare sul rafforzamento della certezza giuridica per le operazioni transnazionali. L'Agenda digitale europea (12) si riferisce alla proposta legislativa sull'identificazione elettronica e sulla firma elettronica (13), che prevede l'introduzione di un quadro regolamentare per le formalità amministrative comuni riguardanti i cittadini e l'identificazione elettronica delle imprese. |
2.4 |
Secondo il recente piano d'azione Imprenditorialità 2020 (14), la riduzione degli oneri normativi eccessivi rimane tra le priorità principali dell'agenda politica della Commissione: la burocrazia va eliminata o ridotta ove possibile per tutte le imprese e in particolare per le microimprese. Eliminare le formalità burocratiche, semplificare le procedure per l'uso e l'accettazione transfrontalieri dei documenti pubblici tra gli Stati membri e armonizzare le norme in materia contribuisce quindi a tutte le iniziative dirette a creare un'Europa dei cittadini e a far funzionare al meglio il mercato unico per le imprese dell'Unione. |
2.5 |
La relazione sulla cittadinanza dell'Unione sottolinea che tale status conferisce ai cittadini nuovi diritti e nuove opportunità. Come evidenzia la relazione, la possibilità di circolare e soggiornare liberamente nell'UE è il diritto che le persone che vivono negli Stati membri associano più strettamente alla cittadinanza dell'Unione, il diritto cioè di lasciare il proprio paese per periodi brevi o più lunghi, andare e venire tra paesi dell'UE per motivi di lavoro, studio e formazione, fare viaggi di lavoro, o effettuare acquisti all'estero. Nella relazione 2013 sulla cittadinanza dell'Unione la Commissione propone dodici nuove azioni, per continuare a eliminare gli ostacoli che impediscono ai cittadini di godere dei propri diritti nell'UE, ivi compreso il diritto di circolare liberamente e di impiantare la propria attività nel territorio di un altro Stato membro, nei sei settori che seguono (15):
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2.6 |
Benché il Trattato di Lisbona e la Carta dei diritti fondamentali dell'UE abbiano rafforzato i diritti dei cittadini definiti dal Trattato di Maastricht, ivi compreso il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, la procedura amministrativa a supporto dell'esercizio di tali diritti non è stata riformata di conseguenza. A livello UE continua ad esistere un quadro giuridico frammentato, in quanto gli Stati membri applicano ancora formalità amministrative come l'apposizione di un'apostille per certificare copie e traduzioni - una formalità introdotta dalla Convenzione dell'Aia del 1961 allo scopo di agevolare i movimenti attraverso i confini internazionali. Tale formalità non tiene conto dell'assenza di frontiere nell'Unione e quindi, invece di facilitare, ostacola l'esercizio del diritto per un cittadino dell'Unione di muoversi liberamente sul suo territorio. |
2.7 |
Per fare un esempio, nella situazione attuale il cittadino che si sposta in un altro Stato membro deve perdere molto tempo e sostenere notevoli costi per garantire che i documenti pubblici rilasciati dal proprio paese di origine siano autentici. Il CESE riconosce che le imprese e i cittadini trarranno di certo beneficio da un quadro di disposizioni coerenti e trasparenti a disciplina di taluni documenti pubblici fondamentali per il flusso di merci, servizi e persone all'interno dell'UE e nel mercato unico. |
2.8 |
L'Unione europea non si è infatti mossa al passo con i progressi tecnologici di cui si può avvalere per ridurre od eliminare gli oneri a carico di cittadini e imprese che vogliano esercitare il loro diritto di circolare liberamente. Il CESE è consapevole del fatto che l'IMI, un'applicazione on-line che consente alle autorità nazionali, regionali e locali di comunicare rapidamente e agevolmente con le loro controparti all'estero, costituisce una piattaforma TIC appropriata in grado di agevolare la cooperazione amministrativa una volta in applicazione la proposta. L'IMI fungerà altresì da importante repertorio dei modelli dei documenti pubblici nazionali maggiormente utilizzati nell'UE, ivi compresa la loro traduzione in tutte le lingue ufficiali dell'Unione, al fine di assistere le autorità prive di conoscenze linguistiche sufficienti a giudicare la correttezza o la qualità delle traduzioni dei documenti pubblici ricevuti (16). |
2.9 |
Il CESE deplora che le riforme introdotte dalla proposta di regolamento allo scopo di facilitare a cittadini e imprese l'esercizio del diritto alla libera circolazione all'interno dell'UE siano presentate a 20 anni dal lancio della cittadinanza dell'Unione e a 42 anni dalla Convenzione dell'Aia. |
3. Elementi giuridici della proposta
Segue ora la posizione del CESE riguardo alle principali caratteristiche della proposta.
3.1 Oggetto, campo di applicazione e definizioni
3.1.1 |
Il CESE concorda sul fatto che la definizione di "documenti pubblici" formulata all'articolo 3, paragrafo 1, della proposta comprende i documenti più importanti connessi ai diritti dei cittadini e delle imprese dell'UE. |
3.1.2 |
Il CESE sottolinea tuttavia che i documenti pubblici individuati nella proposta dovrebbero essere i primi di una serie di documenti pubblici da sottoporre a una procedura di semplificazione per migliorare la mobilità all'interno dell'UE, le attività transfrontaliere e il funzionamento del mercato interno. |
3.1.3 |
Il CESE sottolinea che le prossime procedure di semplificazione dovrebbero interessare documenti pubblici importanti, come quelli connessi alla mobilità dei lavoratori all'interno dell'UE (fondamentale per lo sviluppo delle imprese e degli scambi transfrontalieri) o riguardanti portatori di handicap, sempreché tali documenti non siano già coperti da altre direttive dell'UE. Tra questi documenti potrebbero figurare, ad esempio, i certificati di accreditamento dell'istruzione nazionale e le attestazioni del regime di previdenza sociale. |
3.2 Esenzione dalla legalizzazione, semplificazione di altre formalità e richieste di informazioni
3.2.1 |
Il CESE sottolinea che gli attuali requisiti di apporre un'apostille rispecchiano le procedure internazionali, senza tener quindi conto della trasformazione dell'Unione in un mercato unico. Circa 12,5 milioni di cittadini dell'UE residenti in uno Stato membro diverso da quello di origine ed oltre 380 000 imprese micro, piccole e medie coinvolte in subappalti di portata transfrontaliera sono continuamente alle prese con pratiche burocratiche e amministrative inutili per potersi spostare da uno Stato all'altro o per effettuare attività oltre frontiera. Questo stato di cose non corrisponde a un'Unione senza frontiere interne. |
3.2.2 |
Il CESE, pertanto, concorda con l'obiettivo della proposta della Commissione di esentare i documenti pubblici dai requisiti giuridici e amministrativi vigenti nei diversi Stati membri. A suo avviso si tratta infatti della prima fase di un programma di continua semplificazione dei documenti pubblici. |
3.2.3 |
Il CESE concorda sull'esigenza di introdurre disposizioni per garantire che vengano effettuate le verifiche necessarie in caso di dubbio fondato. Riconosce altresì che in alcuni casi sarà richiesto un coordinamento amministrativo tra Stati membri per garantire l'autenticità di un documento pubblico o della sua copia certificata. |
3.2.4 |
Il CESE è ampiamente favorevole al principio secondo cui un cittadino o un'impresa dovrebbe godere del massimo grado di certezza riguardo all'esenzione dei documenti pubblici presentati da ogni forma di legalizzazione o formalità analoghe. Tale certezza consente al cittadino o all'impresa di programmare in anticipo le proprie attività e, così facendo, garantisce un effettivo godimento dei vantaggi e dei benefici, sia concreti che immateriali, individuati nella valutazione d'impatto della Commissione (17). |
3.2.5 |
Il CESE rileva che, con il sistema attuale, il 99 % degli 1,4 milioni di apostille presentate per le attività all'interno dell'UE non solleva questioni di sorta. Ritiene pertanto che l'opzione politica presentata dalla Commissione in termini di cooperazione amministrativa (ricorso all'IMI in caso di dubbio fondato circa l'autenticità di documenti pubblici supportati da moduli multilingue) dovrebbe produrre risultati migliori. |
3.2.6 |
Il CESE raccomanda di rendere inequivocabile la definizione di "dubbio fondato" presentata nella proposta della Commissione, in modo da fugare qualunque incertezza. Propone pertanto di modificare come segue la formulazione dell'articolo:
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3.2.7 |
Qualora le autorità di uno Stato membro intendano presentare - sulla base di questa nuova definizione - una richiesta ufficiale di informazioni alle autorità competenti dello Stato membro in cui sono stati rilasciati i documenti sui quali nutrono un dubbio fondato, esse dovranno informare la persona o l'impresa riguardo alle motivazioni di tale richiesta. |
3.2.8 |
Il CESE è convinto che, una volta che l'IMI sarà applicato in tutti gli Stati membri, che le relazioni condotte ad intervalli regolari avranno dimostrato la stabilità e il buon funzionamento del sistema e che le autorità degli Stati membri avranno acquisito le conoscenze necessarie, le richieste di coordinamento amministrativo tra Stati membri saranno espletate in tempi molto minori rispetto al periodo massimo di un mese stabilito nella proposta. Il CESE raccomanda pertanto alla Commissione di ridurre tale periodo a due settimane nel caso in cui i risultati dimostrino questo miglioramento significativo. Questa modifica servirà ad inviare un messaggio forte a cittadini e imprese senza distinzione, i quali capiranno che l'UE sta veramente facendo della propria cittadinanza una realtà tangibile e sta incentrando sui cittadini le politiche europee. |
3.2.9 |
Il CESE attribuisce grande importanza alla necessità di un sistema equilibrato di responsabilità che valuti in che misura gli Stati membri danno realmente applicazione alla proposta. Il CESE raccomanda alla Commissione di sottoporre a una valutazione comparata su base annuale le prestazioni degli Stati membri in termini di applicazione. |
3.3 Cooperazione amministrativa
Il CESE concorda sul fatto di ricorrere all'IMI (articolo 8) nel caso in cui le autorità di uno Stato membro nutrano un dubbio fondato, che non può essere chiarito altrimenti, circa l'autenticità di un documento pubblico o di una sua copia autenticata (articolo 7). Il CESE concorda inoltre sulla designazione da parte di ciascuno Stato membro di una o più autorità centrali, il cui nome e i cui estremi sono poi comunicati alla Commissione (articolo 9), nonché sul fatto che le autorità centrali forniscano assistenza per le richieste di informazioni di cui all'articolo 7 e adottino ogni misura necessaria per agevolare l'applicazione del regolamento (articolo 10).
3.4 Moduli standard multilingue dell'Unione
Al pari della Commissione, il CESE ravvisa l'opportunità di elaborare moduli standard multilingue dell'Unione per i documenti pubblici relativi alla nascita, al decesso, al matrimonio, all'unione registrata, allo status giuridico e alla rappresentanza di una società o altra impresa, da inserire negli allegati alla proposta (articolo 11). Concorda altresì sul fatto di mettere tali moduli - recanti la data del rilascio e la firma e il timbro dell'autorità che li rilascia - a disposizione dei cittadini e delle società o altre imprese come alternativa ai documenti pubblici equivalenti (articolo 12). Il CESE è altresì d'accordo che la Commissione elabori orientamenti dettagliati sull'uso dei moduli standard multilingue dell'Unione (articolo 13) nonché versioni elettroniche di tali moduli (articolo 14), i quali avranno lo stesso valore probatorio ufficiale dei documenti pubblici equivalenti e saranno accettati dalle autorità degli Stati membri senza formalità (articolo 15).
3.5 Rapporti con altri strumenti
Il CESE concorda sul fatto che il regolamento in oggetto non pregiudica altre normative dell'UE o il ricorso ad altri sistemi di cooperazione amministrativa istituiti dal diritto dell'Unione (articolo 16), né l'applicazione delle convenzioni internazionali di cui uno o più Stati membri sono parte, ma che esso prevale sulle convenzioni concluse tra loro nella misura in cui esse riguardano materie disciplinate dal regolamento (articolo 18). Il CESE concorda anche sull'aggiunta - nell'allegato - di una formula standard (articolo 17).
3.6 Disposizioni generali e finali
3.6.1 |
Il CESE concorda sul fatto che lo scambio e la trasmissione di informazioni e documenti effettuati dagli Stati membri abbia lo scopo specifico di permettere alle autorità di verificare l'autenticità dei documenti pubblici tramite il sistema IMI (articolo 19). Il CESE conviene altresì che gli Stati membri comunichino alla Commissione la designazione di una o più autorità centrali e qualsiasi successiva modifica di tali informazioni, che verranno a loro volta rese pubbliche dalla Commissione (articolo 20). Il CESE conviene infine che, almeno ogni tre anni, la Commissione presenti al Parlamento europeo una relazione sull'applicazione del regolamento in oggetto (articolo 21). |
3.6.2 |
Il CESE sottolinea che l'articolo 19 Protezione dei dati deve garantire che lo scambio e la trasmissione di informazioni e documenti effettuati dagli Stati membri in virtù del regolamento in oggetto rispecchino i principi dell'UE in materia di protezione dei dati. |
Bruxelles, 11 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) COM(2013) 269 final.
(2) Idem.
(3) SWD(2013) 144 final.
(4) Idem.
(5) Idem.
(6) GU C 115 del 4.5.2010, pag. 1.
(7) COM(2010) 171 final.
(8) COM(2010) 747 final.
(9) COM(2011) 206 final.
(10) COM(2012) 573 final.
(11) COM(2012) 740 final.
(12) COM(2012) 784 final.
(13) COM(2012) 238 final.
(14) COM(2012) 795 final.
(15) Idem.
(16) Il regolamento (UE) n. 1024/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno e che abroga la decisione 2008/49/CE della Commissione (regolamento IMI), GU L 316 del 14.11.2012, pag. 1, fornisce un elevato livello di flessibilità ai fini di una estensione futura dell'IMI a taluni atti dell'Unione non ancora elencati nell'allegato (cfr. articolo 4 del regolamento IMI), sulla base dei progetti pilota realizzati dalla Commissione e della valutazione dei loro risultati, comprese questioni relative alla protezione dei dati e le funzionalità di traduzione.
(17) SWD(2013) 144 final.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/58 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Ripensare l’istruzione: investire nelle abilità in vista di migliori risultati socioeconomici»
COM(2012) 669 final
2013/C 327/12
Relatore: SOARES
Correlatore: TRANTINA
La Commissione europea, in data 20 novembre 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Ripensare l'istruzione: Investire nelle abilità in vista di migliori risultati socioeconomici
COM(2012) 669 final.
La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 154 voti favorevoli e 3 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il CESE approva in linea di massima l'iniziativa della Commissione, in particolare lo sforzo di combattere la disoccupazione giovanile, anche se ritiene che il titolo "Ripensare l'istruzione" sia troppo ambizioso rispetto al contenuto della comunicazione. |
1.2 |
L'attuale crisi economica e sociale condiziona le scelte di bilancio dei paesi dell'Unione europea, in particolare di quelli che hanno adottato programmi di adeguamento del bilancio, una situazione aggravata dalle restrizioni di bilancio della stessa UE. Il CESE mette in guardia contro il rischio che i tagli che si stanno operando nei bilanci dell'istruzione trasformino iniziative e proposte giudicate necessarie in semplici dichiarazioni d'intenti. |
1.3 |
Il CESE si rende conto che occorre ovviare agli importanti squilibri che esistono di fatto nei sistemi d'istruzione e che bisogna migliorare, con la stessa urgenza, i difficili legami tra il mondo della scuola e quello del lavoro, e formula pertanto le seguenti raccomandazioni.
|
2. Introduzione
2.1 |
L'istruzione è spesso al centro delle riflessioni del CESE. Il Comitato è pertanto lieto che nella comunicazione all'esame la Commissione affermi che "investire nell'istruzione e nella formazione (…) è essenziale ai fini della promozione della crescita e della (…) produttività" (1). Al tempo stesso, condivide la preoccupazione che emerge dal documento relativa agli importanti cambiamenti che si registrano attualmente nei mercati del lavoro in Europa e che rafforzano la necessità di rivedere i sistemi d'insegnamento, al fine di risolvere le mancanze o carenze rilevate. |
2.2 |
Il CESE ha contribuito al riconoscimento dell'istruzione come diritto fondamentale dell'essere umano in un numero elevato di pareri (2), in cui ha sostenuto che l'obiettivo centrale dell'istruzione rimane quello di formare dei cittadini liberi, dotati di spirito critico, autonomi, capaci di contribuire allo sviluppo della società in cui vivono e consapevoli di avere in comune valori e una cultura. |
2.3 |
Il Comitato è convinto che, nel quadro della formazione degli insegnanti, occorra prestare attenzione alle moderne competenze di comunicazione, che dovrebbero contribuire a rendere la vita scolastica più rilevante e interessante (3). |
2.4 |
Il CESE è d'accordo circa la necessità di trovare urgentemente risposte politiche coerenti e trasversali ad alcuni temi fondamentali, in particolare il persistere di un tasso elevato di abbandono scolastico in Europa, la scarsa partecipazione dei lavoratori all'apprendimento permanente, i milioni di donne e di uomini ancora con livelli bassi di scolarizzazione, l'insufficiente capacità di leggere da parte dei minori di 15 anni, la disoccupazione giovanile di massa in alcuni Stati membri dell'UE. |
2.5 |
Il CESE teme tuttavia che le iniziative proposte nella comunicazione perdano valore dinanzi alla realtà dei paesi europei in crisi. I tagli di bilancio, in particolare quelli riguardanti le risorse destinate all'istruzione e alla formazione, possono compromettere l'obiettivo di correggere le disparità di base e di promuovere un'istruzione di qualità per tutti (4). |
2.6 |
Nonostante l'istruzione sia di competenza degli Stati membri, anche l'Unione europea ha un ruolo importante da svolgere, sia attraverso il metodo di coordinamento aperto dell'UE tra i diversi ministri della pubblica istruzione sia attraverso meccanismi per la raccolta di dati a livello europeo, oppure attraverso le varie iniziative didattiche europee, ad esempio i processi di Bologna e Copenaghen, il Comunicato di Bruges, il Sistema europeo di trasferimento e di accumulo di crediti (ECTS), il Sistema di trasferimento e di accumulo di crediti nell'istruzione e nella formazione professionale (ECTVET), il Quadro europeo delle qualifiche (EQF) e infine le Norme e orientamenti europei per la garanzia della qualità (ESGQA) (5). |
2.7 |
Il fatto che le competenze attuali dei giovani non corrispondano alle necessità delle imprese e il difficile passaggio tra scuola e lavoro o tra disoccupazione e reinserimento professionale rendono del tutto giustificate le preoccupazioni espresse da ampi settori della società civile. Occorre pertanto porre rimedio a questa situazione e, per tale motivo, il CESE approva in particolar modo la decisione della Commissione europea di rafforzare la condivisione tra il mondo dell'insegnamento e quello del lavoro e di promuovere quelle iniziative e azioni congiunte che facilitino il passaggio dalla scuola al lavoro, riducano gli ostacoli alla mobilità nell'UE, migliorino sensibilmente il funzionamento del mercato del lavoro e garantiscano le pari opportunità. Il CESE esorta la Commissione e gli Stati membri a proseguire su questa strada, preservando il modello sociale europeo e rafforzando la coesione sociale. |
2.8 |
Il Comitato accoglie favorevolmente il nuovo Quadro d'azione sull'occupazione giovanile, elaborato dalle parti sociali come parte essenziale del Programma comune di lavoro per il periodo 2012-2014 e presentato per la prima volta al Vertice sociale tripartito del 14 marzo 2013. |
3. Osservazioni generali
3.1 |
Il Comitato approva il fatto che la Commissione attribuisca una particolare attenzione alla lotta contro la disoccupazione giovanile in quattro settori chiave: un'istruzione e formazione di elevata qualità, l'inserimento di una formazione pratica basata sul lavoro, l'introduzione di tirocini e di modelli di formazione duale, e il potenziamento dei partenariati volti al conseguimento di un obiettivo comune. |
3.2 |
Il titolo della comunicazione fa pensare ad un progetto ambizioso del quale non si trova riscontro nel contenuto del documento, probabilmente perché la Commissione ha voluto concentrare la sua riflessione su un unico obiettivo. Il CESE tuttavia ritiene che detta riflessione avrebbe potuto essere più profonda e affrontare questioni e sfide impellenti quali l'attuale andamento demografico in Europa, la questione energetica e le migrazioni, temi che esigerebbero risposte ben più complesse. Allo stesso modo, in futuro si dovrà tener conto di altre riflessioni come quelle formulate recentemente in seno all'ONU e all'Unesco (6). |
3.3 |
Il CESE, nel tener conto della proposta della Commissione, richiama l'attenzione sul rischio che l'istruzione venga considerata solo uno strumento per lo sviluppo di competenze destinate esclusivamente a interagire con il mondo del lavoro e ad aumentare l'impiegabilità (7). Il CESE ribadisce il suo convincimento che l'impiegabilità dipende non solo dall'acquisizione di competenze essenziali e dall'esperienza pratica ma anche da aspetti e da comportamenti quali la cittadinanza attiva, lo sviluppo personale o il benessere. Per tale motivo, affinché possa essere considerata un obiettivo nel quadro del ripensamento dell'istruzione, l'impiegabilità non deve essere interpretata in maniera troppo restrittiva. |
3.4 |
Il CESE ricorda che per raggiungere pienamente gli obiettivi assegnati all'istruzione, gli investimenti in questo settore devono accompagnarsi a politiche del lavoro, sociali ed economiche che siano di sostegno alla crescita sostenibile e al benessere. Il CESE ha già raccomandato all'UE e agli Stati membri, specialmente in questo momento di crisi, di rivedere e/o aggiornare, in modo non regressivo, le politiche relative all'occupazione e ai servizi pubblici di qualità, prestando attenzione a gruppi specifici (minori, persone con particolari esigenze, migranti, ecc.) e includendo in tutte queste politiche la prospettiva di genere e la piena partecipazione della società civile organizzata (8). |
3.5 |
Il riconoscimento del fatto che le competenze attualmente richieste dal mercato del lavoro non corrispondono a quelle possedute generalmente dai giovani e dai lavoratori rende più che mai urgente creare un collegamento tra la scuola e il mondo del lavoro, in modo da rimediare a questo problema. È tuttavia anche necessario riconoscere che i tempi dell'istruzione e quelli del lavoro non sono, né possono essere, gli stessi. |
3.6 |
Il CESE accoglie favorevolmente la recente decisione del Consiglio europeo di proporre una "garanzia per i giovani", il cui obiettivo è di assicurare a tutti i giovani sotto i 25 anni la possibilità di ricevere un'offerta di lavoro dignitosa, di proseguire l'istruzione o di fare un tirocinio professionale nei quattro mesi che seguono la fine degli studi o dal momento in cui rimangono disoccupati. |
3.7 |
Il CESE tuttavia fa osservare che gli attuali livelli di disoccupazione colpiscono non solo i giovani, ma anche i lavoratori più anziani. Bisognerebbe pertanto approfittare delle competenze che vantano detti lavoratori non solo per contribuire all'integrazione dei giovani nel mondo del lavoro, ma anche per trasmettere conoscenze basate su esperienze diverse. |
3.8 |
Il Comitato si rammarica del fatto che nella comunicazione all'esame la Commissione non abbia colto l'occasione per riconoscere il ruolo che l'istruzione non formale può svolgere a completamento dell'istruzione formale. Richiama pertanto l'attenzione sull'appello lanciato dai partecipanti al convegno di Strasburgo al fine di stabilire un processo comune a lungo e medio termine volto a riconoscere l'istruzione non formale in Europa (9). |
4. Osservazioni specifiche
4.1 Competenze essenziali e trasversali
4.1.1 |
Il CESE è d'accordo con la Commissione quando afferma che "gli sforzi devono concentrarsi sullo sviluppo di abilità trasversali, in particolare sullo sviluppo delle abilità imprenditoriali", ma ritiene che il primo passo debba essere l'acquisizione da parte di tutti di competenze fondamentali o di base. Concorda inoltre sul fatto che l'apprendimento delle lingue debba continuare a meritare una particolare attenzione. In effetti, un giovane in possesso di buone conoscenze di base e trasversali (ad esempio il lavoro di squadra, la conoscenza di diverse lingue, l'uso degli strumenti informatici, la capacità di formarsi un'opinione e di partecipare a processi decisionali) avrà meno difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro e a realizzarsi nel mondo imprenditoriale. |
4.1.2 |
Le cosiddette "abilità imprenditoriali" sono indubbiamente un elemento importante, a condizione che il loro unico obiettivo non sia quello di creare imprese. Senza uno spirito imprenditoriale si ottiene poco nella vita, soprattutto in momenti difficili come quelli attuali. L'introduzione di tali abilità nelle politiche e nei programmi d'insegnamento è dunque ben accolta. |
4.1.3 |
Per creare uno spirito imprenditoriale che vada al di là del percorso curricolare potrebbe essere importante prevedere possibilità di apprendimento nelle imprese o all'interno di un'organizzazione, nonché promuovere la partecipazione delle imprese e delle organizzazioni ad iniziative condotte nelle scuole. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero chiarire in modo più trasparente cosa significhi "equo accesso ad un apprendimento adeguato e a programmi di preparazione alla vita attiva" e definire un insieme coerente di indicatori ai fini di una loro comparazione ai diversi livelli e di una valutazione dei risultati con la partecipazione delle parti sociali e della società civile. |
4.1.4 |
Il CESE ritiene tuttavia che uno spirito imprenditoriale potrà sviluppare tutte le sue potenzialità solo se sarà affiancato da uno spirito di collaborazione e di squadra che l'istruzione dovrebbe favorire nei bambini e nei giovani. |
4.1.5 |
L'apprendimento delle materie nell'area STEM (10) (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) deve continuare ad essere oggetto di un'attenzione particolare da parte dei sistemi educativi in quanto è tuttora al centro di una società dominata dalle tecnologie e dal loro sviluppo. Inoltre la domanda di lavoratori altamente qualificati e dotati di profonde conoscenze scientifiche sarà sempre maggiore (11). È tuttavia importante che tali materie vengano trattate in forma più gradevole e creativa rendendole di conseguenza più interessanti, cosa che faciliterà al tempo stesso un equilibrio di genere maggiore e migliore (12). |
4.1.6 |
Il documento non fa riferimento agli effetti della crisi e delle conseguenti politiche di aggiustamento sulla scienza, sulla ricerca e sui soggetti interessati (ricercatori, docenti universitari, università), né alla fuga di cervelli che in questo momento colpisce vari Stati membri dell'UE. In diversi pareri (13), il CESE si è espresso sull'importanza di portare avanti la piena realizzazione dello Spazio europeo della ricerca e ha affermato che la libera circolazione dei ricercatori, delle conoscenze scientifiche e delle tecnologie dovrebbe costituire la "quinta libertà" del mercato interno. |
4.2 Competenze professionali
4.2.1 |
Il CESE condivide la preoccupazione espressa dalla Commissione per la mancata corrispondenza tra l'istruzione e il mercato del lavoro. In realtà, un sistema educativo scollegato dal mercato del lavoro può portare ad una inadeguatezza delle competenze o, peggio ancora, alla disoccupazione (14). Il CESE è d'accordo circa la necessità di prestare maggiore attenzione alla revisione dell'istruzione e la formazione in campo professionale, nonché di migliorare la comprensione della relazione tra questi due elementi e il mondo del lavoro, per consentire all'istruzione e alla formazione professionale di rispondere realmente alle necessità del mondo lavorativo. Sottolinea altresì l'importanza della partecipazione delle parti sociali e della società civile organizzata ad una formazione professionale che sia pertinente al mercato del lavoro (15). |
4.2.2 |
La formazione e la certificazione delle competenze nelle TIC risultano molto importanti per il mercato del lavoro. È dunque necessario investire in programmi adeguati che garantiscano tali competenze a livello d'istruzione professionale e superiore, soprattutto per quanto concerne le ragazze. Il CESE approva la proposta di un marchio di qualità europeo per l'industria, la formazione e la certificazione nell'ambito delle TIC. |
4.2.3 |
Il CESE ribadisce il diritto di tutte le persone a possedere un insieme di conoscenze e di capacità che consenta loro di integrarsi appieno nella vita lavorativa e sociale. Il diritto ad una formazione professionale non deve essere riconosciuto solamente ai giovani destinati ad entrare nel mercato del lavoro, ma anche a tutti i lavoratori, affinché possano mantenere aggiornate le loro conoscenze e rispondere alle sfide dei mutamenti in corso. L'impiegabilità non è solo un problema dei giovani. |
4.2.4 |
L'apprendimento sul lavoro e, in particolare, i sistemi duali che combinano l'insegnamento a scuola con l'esperienza sul luogo di lavoro possono svolgere un ruolo importante nei cambiamenti necessari alla creazione di posti di lavoro (16), ma devono far parte integrante del sistema d'istruzione, il che richiede che venga chiarito il ruolo dei diversi soggetti. Sensibilizzare le scuole e le imprese a questo tipo di apprendimento riveste un'importanza fondamentale (17). |
4.3 Stimolare un apprendimento aperto e flessibile
4.3.1 |
Riconoscere che i paradigmi cambiano ad una velocità mai sperimentata sinora (da una società industriale si è passati ad una società della conoscenza e adesso ci si dirige verso una società che funziona in rete) ci obbliga ad adottare un approccio più creativo e innovativo, mettendo in relazione diversi settori della vita e dell'attività lavorativa, riconoscendo e valorizzando i successi conseguiti, costruendo ponti tra la cultura, l'istruzione generale, la formazione professionale e il mercato del lavoro, favorendo la complementarità tra l'apprendimento formale e non formale e promuovendo al tempo stesso le pari opportunità. |
4.3.2 |
Ha senso stimolare l'apprendimento a condizione che ai cittadini vengano offerte le condizioni necessarie a tal fine e che questo compito non dipenda esclusivamente dagli sforzi che ognuno può e deve fare. Se non sarà così, i gruppi già di per sé maggiormente svantaggiati o emarginati continueranno ad essere segregati in blocco. Per tale motivo, il CESE osserva con crescente preoccupazione che la partecipazione ai programmi d'insegnamento per adulti è estremamente scarsa: nell'UE, il tasso medio di partecipazione degli adulti all'apprendimento permanente è, secondo la Commissione, dell'8,9 %, mentre in 7 Stati membri raggiunge solo il 5 %. |
4.3.3 |
È necessario migliorare le procedure, attualmente troppo formali, per il riconoscimento delle conoscenze acquisite al di fuori della scuola (istruzione non formale), ma è anche importante sottolineare che le decisioni devono essere il frutto di una concertazione con le parti sociali interessate e con le altre organizzazioni della società civile e che deve essere lo Stato a garantire la qualità di tale riconoscimento. Queste procedure di riconoscimento possono contribuire più efficacemente a rendere maggiormente visibili i vantaggi dell'istruzione non formale, in particolare alle parti sociali. È altresì importante fornire informazioni che siano il più complete possibile - ma al tempo stesso di facile comprensione - circa le modalità di riconoscimento e di convalida delle qualifiche, affinché chiunque possa trarne vantaggio. |
4.3.4 |
In un'epoca con alti tassi di disoccupazione, in particolar modo tra i giovani, la necessità di ripensare in modo più aperto e flessibile l'acquisizione di competenze rappresenta per l'Europa una sfida fondamentale a media e lunga scadenza. Rispondere a questa sfida presuppone per gli Stati membri, tra le altre cose, la necessità di:
|
4.3.5 |
Il CESE sostiene l'idea della Commissione di creare uno Spazio europeo delle competenze e delle qualifiche che consenta di riconoscere le competenze e le qualifiche all'interno dell'UE in modo più armonizzato e trasparente. |
4.4 Sostenere il corpo insegnante ed educativo europeo
4.4.1 |
Il CESE riconosce, d'accordo con la comunicazione, il ruolo essenziale degli insegnanti e degli educatori nel migliorare l'apprendimento e nello stimolare bambini e giovani ad acquisire le competenze necessarie per far fronte alle sfide della globalizzazione. Per tale motivo, puntare sulla formazione e sull'assunzione di professori ed educatori di qualità sembra essere una strategia necessaria e positiva. |
4.4.2 |
Affermare tuttavia che buoni insegnanti e buoni educatori possono fare la differenza non significa affermare che l'insegnamento dei docenti determini di per sé l'apprendimento degli alunni o sottovalutare il contesto economico in cui tale attività si svolge. |
4.4.3 |
In un contesto di grandi e profonde trasformazioni economiche, sociali e tecnologiche, bisogna assolutamente guardare alla professione di insegnante come a un elemento chiave per promuovere un'istruzione di elevata qualità, in grado di adeguarsi alle esigenze del nostro tempo. Per tale motivo, migliorare la formazione accademica e professionale degli insegnanti, offrire loro condizioni adeguate dal punto di vista retributivo e della carriera e rendere il loro lavoro più attraente per i giovani diventano questioni vitali per il raggiungimento dell'obiettivo prefisso. È inoltre estremamente importante assicurare l'equilibrio di genere nell'assunzione del personale insegnante. |
4.4.4. |
Il Comitato sottolinea l'opportunità di introdurre il fattore diversità nell'assunzione degli insegnanti, soprattutto dal punto di vista etnico, culturale, religioso, dell'età, ecc. Inoltre, in un contesto di libera circolazione delle persone e di migrazione, è particolarmente importante rafforzare le conoscenze linguistiche e le competenze nel campo della comunicazione interculturale sia nei bambini e nei giovani sia all'interno del corpo insegnante, al fine di migliorare la collaborazione anche in presenza di lingue materne diverse. Gli insegnanti devono beneficiare di una adeguata formazione per poter essere in grado di lavorare con gli alunni che abbandonano gli studi o con quelli disagiati, nelle zone a rischio oppure in quelle dove esistono fenomeni di esclusione sociale. Risultano pertanto necessari professori in grado di integrarsi in un ambiente di apprendimento multiculturale e poliedrico (18). |
4.5 Il finanziamento dell'istruzione
4.5.1 |
Il CESE accoglie favorevolmente l'impegno della Commissione a rivolgere una maggiore attenzione al finanziamento dell'istruzione avviando, con i soggetti maggiormente interessati, un dibattito sui benefici degli investimenti nel campo dell'istruzione (19). Appoggia inoltre l'intenzione di esaminare con le parti sociali la proposta di aumentare l'offerta di formazioni di qualità sul posto di lavoro. |
4.5.2 |
Per il CESE è positivo che gli Stati membri promuovano dibattiti nazionali sui meccanismi di finanziamento sostenibile dell'istruzione e della formazione. Nonostante l'attenzione riservata a questo argomento, tuttavia, i finanziamenti a favore dell'istruzione e della formazione stanno diminuendo in numerosi Stati membri (20). Il CESE sottolinea inoltre l'importanza di un'ampia e costante partecipazione delle parti sociali e delle altre organizzazioni della società civile all'intero processo. Il Comitato accoglie favorevolmente gli sforzi per coinvolgere il settore privato nel cofinanziamento del settore dell'istruzione, specie per quanto concerne l'istruzione e la formazione in campo professionale, ma raccomanda al tempo stesso che vengano definiti criteri chiari circa le responsabilità condivise tra i diversi settori (pubblico, privato e altri). Questo però non implica che lo Stato possa sentirsi libero da qualsiasi responsabilità rispetto agli obblighi assunti sul piano nazionale e internazionale tesi a garantire finanziamenti adeguati e un'istruzione di qualità per tutti (21). |
4.5.3 |
Il CESE ribadisce fermamente l'importanza, per la mobilità dei giovani, di programmi quali Erasmus, Erasmus Mundus e Youth in action, il cui contributo per lo sviluppo personale e per l'approfondimento di capacità e competenze dei giovani è stato riconosciuto da tutti. Per tale motivo, il nuovo quadro finanziario pluriennale dovrebbe prevedere maggiori risorse a loro favore. Inoltre, occorre migliorare le procedure di selezione dei partecipanti per garantire effettivamente pari ed eque opportunità per tutti, adottando programmi per incoraggiare taluni gruppi specifici a rischio a prendere parte a tali iniziative e proponendo soluzioni per superare quegli ostacoli legati alle risorse finanziarie o alle qualifiche ai quali devono far fronte numerosi studenti e giovani. |
4.6 Partenariati
4.6.1 |
Il CESE è d'accordo con la Commissione circa l'importanza di una collaborazione rafforzata con i diversi soggetti e gruppi sociali nel campo dell'istruzione e formazione. I partenariati consentono un proficuo scambio di esperienze e rappresentano un'opportunità per integrare nel processo didattico chi può fornire e/o aggiornare competenze specifiche, soprattutto quelle richieste dal mercato del lavoro. |
4.6.2 |
Il CESE sottolinea l'importanza di coinvolgere tutte le parti interessate (tra cui le organizzazioni giovanili e locali, le scuole, i genitori e i responsabili educativi, oltre ai professori, alle imprese e ai sindacati, agli enti regionali e locali e agli altri poteri pubblici nazionali) nella vita scolastica e di stabilire obiettivi chiari, effettuare valutazioni periodiche e mettere a disposizione risorse adeguate ai fini della sostenibilità. Il Comitato auspica che il programma Erasmus per tutti serva con decisione a sostenere, incentivare e promuovere partenariati che operino per garantire la qualità dell'istruzione e le pari opportunità. L'istruzione, in quanto attività globale, richiede un elevato livello di orientamento professionale unitamente ad un servizio di consulenza in materia di lavoro. Occorre inoltre diffondere le buone pratiche condotte in numerose scuole che, al termine delle lezioni, si trasformano in centri di attività culturali, di riunione e di formazione continua e propongono un'offerta rivolta alle diverse generazioni presenti in seno alla popolazione e alle differenti categorie sociali. |
4.6.3 |
Il CESE riconosce il valore delle associazioni giovanili nella dinamica della partecipazione dei giovani e ne apprezza il contributo alla risoluzione degli immani problemi che i giovani sono costretti ad affrontare attualmente. Tra questi problemi emerge naturalmente la disoccupazione giovanile, i cui tassi elevatissimi risultano assolutamente inaccettabili. Definire partenariati con queste organizzazioni al fine di sviluppare "competenze trasversali" (soft skills) tipo organizzazione, comunicazione, leadership, spirito d'iniziativa, conoscenza delle lingue straniere o altro, può essere una strategia positiva, a condizione che vengano garantite anche le risorse necessarie per la loro attività (22). |
4.6.4 |
Il CESE approva l'idea di creare una Garanzia per i giovani negli Stati membri, finanziata tramite un fondo specifico nel quadro del programma finanziario pluriennale. Ritiene tuttavia che i 6 miliardi di euro destinati a questa iniziativa siano, in tutta evidenza, insufficienti, tenendo conto anche del fatto che una parte di queste risorse proviene dal Fondo sociale europeo. |
Bruxelles, 10 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) COM(2012) 669 final.
(2) GU C 161 del 6.6.2013, p. 67-72; GU C 161 del 6.5.2013, p. 27-34; GU C 11 del 15.1.2013, p. 8-15; GU C 299 del 4.10.2012, p. 97; GU C 191 del 29.6.2012, p. 103; GU C 76 del 14.3.2013, p. 1; GU C 181 del 21.6.2012, p. 154; GU C 143 del 22.5.2012, p. 94; GU C 181 del 21.6.2012, p. 143; GU C 68 del 6.3.2012, p. 11; GU C 318 del 29.10.2011, p. 50; GU C 68 del 6.3.2012, p. 1; GU C 318 del 29.10.2011, p. 142; GU C 318 del 29.10.2011, p. 1; GU C 132 del 3.5. 2011, p. 55; GU C 21 del 21.1.2011, p. 66; GU C 255 del 22.9.2010, p. 81; GU C 318 del 23.12.2009, p. 113; GU C 128 del 18.5.2010, p. 10; GU C 224 del 30.8.2008, p. 100; GU C 204 del 9.8.2008, p. 95; GU C 151 del 17.6.2008, p. 45; GU C 218 del 11.9.2009, p. 85; OJ C 151 del 17.6.2008, p. 41.
(3) Indagine condotta nelle scuole: le TIC nell'istruzione (https://ec.europa.eu/digital-agenda/node/51275).
(4) La relazione che accompagna l'iniziativa Istruzione per tutti dell'Unesco (2012) denuncia che gli obiettivi di tale iniziativa al momento non vengono più perseguiti e conclude affermando che per poter presentare un conto positivo ai cittadini, i sistemi d'istruzione devono poter contare su fondi sufficienti e costanti. Nel frattempo, l'OCSE ha sottolineato, in recenti dichiarazioni, che una pubblica istruzione incentrata sulla qualità e sull'uguaglianza è il metodo migliore per consentire ai governi di risparmiare risorse e al tempo stesso di investirle bene. I gruppi e le persone maggiormente svantaggiate devono tuttavia essere coinvolte perché solo così si potrà parlare di un sistema educativo di qualità. Convegno EI-OCSE sul tema La qualità e il dialogo, fattori chiave della pubblica istruzione, 4 febbraio 2013.
(5) Tutte le sigle corrispondono alla dicitura in lingua inglese.
(6) Dal 12 al 14 febbraio 2013, dodici esperti internazionali nel campo dell'istruzione hanno avviato, presso la sede dell'Unesco a Parigi, una revisione critica delle due principali relazioni elaborate dall'Organizzazione sul tema dell'istruzione nel ventesimo secolo, alla luce dei più recenti e profondi mutamenti sociali. Si tratta della relazione Imparare ad essere, di Edgar Faure (1972) e della relazione L'istruzione nasconde un tesoro, di Jacques Delors (1996), www.unesco.org.
(7) I due termini "impiegabilità" e "creazione di posti di lavoro" non hanno lo stesso significato e non esprimono lo stesso concetto. Mentre la creazione di posti di lavoro è un fenomeno complesso che comporta responsabilità condivise tra lo Stato, i datori di lavoro e i lavoratori, rendendo necessari il dialogo politico e la negoziazione, la nozione di "impiegabilità" sembra riferirsi quasi esclusivamente alla responsabilità individuale di chi cerca lavoro.
(8) GU C 18 del 19.1.2011, pag. 18.
(9) Il convegno, tenutosi dal 14 al 16 novembre 2011, è stato organizzato dalla Commissione europea in collaborazione con il Consiglio d'Europa e con alcune organizzazioni giovanili, ad esempio il Forum europeo della Gioventù, l'associazione tedesca YiA NA Jugend für Europa e la SALTO training and cooperation RC. (http://youth-partnership-eu.coe.int/youth-partnership/documents/EKCYP/Youth_Policy/docs/Youth_Work/Policy/STATEMENT_Symposium_participants_160312.pdf).
(10) Sigla in lingua inglese.
(11) Secondo il CEDEFOP, la domanda di lavoratori altamente qualificati potrà aumentare arrivando alla cifra di 16 milioni nel 2020, la domanda di lavoratori con qualifiche medie arriverà a 3 milioni e mezzo mentre la domanda di personale poco qualificato scenderà a 12 milioni.
(12) Una serie di esperienze realizzate in alcuni paesi dimostra che è possibile rendere più attraente l'insegnamento della matematica.
(13) GU C 95 del 23.4.2003, p. 8; GU C 218 del 11.9,2009, p. 8; GU C 306 del 16.12.2009, p. 13; GU C 132 del 3.5.2011, p. 39; GU C 318 del 29.10.2011, p. 121; GU C 181 del 21.6.2012, p. 111; GU C 299 del 4.10.2012, p. 72; GU C 229 del 31.7.2012, p. 60; GU C 44 del 15.2.2013, p. 88; GU C 76 del 14.3.2013, p. 43; GU C 76 del 14.3.2013, p. 31.
(14) Nella sua raccomandazione riveduta sull'istruzione tecnologica e la formazione professionale, l'Unesco sottolinea che nella nostra epoca, caratterizzata da enormi sviluppi scientifici, tecnologici e socioeconomici presenti o futuri - ad esempio, la globalizzazione e la rivoluzione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione - l'istruzione tecnologica e quella professionale devono essere elementi importanti nel processo educativo di tutti i paesi (Unesco, 2001).
(15) Memorandum sulla cooperazione nel campo dell'istruzione e della formazione professionale in Europa, Berlino 10-11 dicembre 2012.
(16) Tra i settori con potenzialità di crescita citati nella comunicazione figurano i seguenti: tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), sanità, tecnologie a basse emissioni di CO2, servizi personalizzati, servizi alle imprese, economia marittima, settori "verdi" o ancora i settori interessati da profonde trasformazioni che richiedono una manodopera più qualificata.
(17) L'esperienza del sistema duale in Austria è un esempio di buona pratica che meriterebbe un'attenta analisi delle condizioni necessarie alla sua realizzazione nonché dei risultati conseguiti nel frattempo.
(18) GU C 151 del 17.6.2008, pag. 41 e GU C 218 dell'11.9.2009, pag. 85.
(19) L'Unesco ha pubblicato un nuovo studio in cui analizza il contributo delle imprese e delle fondazioni private all'istruzione e in cui dimostra che tale contributo raggiunge solo un totale di 683 milioni di dollari USA l'anno. Per avere un'idea di cosa questo significhi, basti pensare che la cifra corrisponde allo 0,1 % del fatturato delle due maggiori società petrolifere del mondo ed è pari al costo di due aerei A380 Airbus. Di fatto, si tratta di un contributo minimo rispetto ai 16 miliardi di dollari necessari annualmente per garantire l'accesso alla scuola elementare a tutti i bambini. Presentazione effettuata al Forum di Davos il 23 gennaio 2013.
(20) Relazione Eurydice "Finanziamento dell'istruzione in Europa 20-2012. L'impatto della crisi."
(http://eacea.ec.europa.eu/education/eurydice/documents/thematic_reports/147EN.pdf).
(21) L'impegno a garantire un'istruzione di qualità per tutti è iscritto in tutte le costituzioni nazionali. Sul piano internazionale tale impegno figura nella Dichiarazione finale della Conferenza mondiale sull'istruzione dell'Unesco, Jomtien, 1990, e negli Obiettivi di sviluppo del Millennio, ONU, New York, 2000, siglati da tutti gli Stati membri dell'UE.
(22) Una relazione dell'Università di Bath/GHK 2012 ha mostrato l'impatto dell'istruzione formale sull'impiegabilità dei giovani e l'importanza che le organizzazioni giovanili possono avere in questo processo.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/65 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati»
COM(2012) 788 final — 2012/0366 (COD)
2013/C 327/13
Relatore: RODRÍGUEZ GARCÍA-CARO
Il Parlamento europeo e il Consiglio, in data 15 gennaio 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati
COM(2012) 788 final — 2012/0366 (COD).
La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 marzo 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta dell'11 luglio 2013), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 173 voti favorevoli, 52 voti contrari e 28 astensioni.
1. Conclusioni
1.1 |
La base giuridica del progetto legislativo proposto dalla Commissione europea è l'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (1). Pertanto l'obiettivo dichiaratamente perseguito con la proposta in esame è quello di ravvicinare le disposizioni giuridiche applicabili ai prodotti del tabacco al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno. Al punto 3.9.1 della relazione della proposta di direttiva viene puntualizzato che la scelta di tale base giuridica è stata confermata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nel caso della direttiva 2001/37/CE (2), e che pertanto la stessa base giuridica è appropriata per la proposta in esame, che mira a garantire un livello elevato di protezione della salute pubblica dai rischi del tabacco. |
1.2 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore, in linea di principio, tale base giuridica alla luce degli obiettivi della proposta, che il Comitato condivide pienamente, in particolare allo scopo di prevenire la diffusione del tabagismo, specie tra i giovani. Tuttavia, fa osservare che in diverse occasioni sono state formulate riserve su questa base giuridica, ad esempio dalla commissione giuridica del Parlamento europeo, tra l'altro per il fatto che l'obiettivo può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri. |
1.3 |
Il CESE condivide pienamente il giudizio della Commissione secondo cui il diritto alla salute deve prevalere su qualsiasi considerazione economica. In questo campo, il CESE è nettamente favorevole alla realizzazione di piani e campagne pubbliche di educazione e di sensibilizzazione sulle gravi conseguenze del fumo per la salute. Nutre tuttavia dubbi sul fatto che le misure proposte possano portare ad una rinuncia graduale al tabacco. Il CESE raccomanda pertanto di approfondire le misure all'esame in modo da evidenziare molto chiaramente l'importanza che rivestono a livello europeo le strategie educative e di consulenza realizzate negli istituti di insegnamento primario e secondario. In questo modo infatti ogni bambino o adolescente potrà essere regolarmente informato in modo corretto ed esauriente su ciò che è realmente il tabacco e sulle sue conseguenze nocive, soprattutto per quel che concerne gli effetti cancerogeni dell'esposizione al fumo ambientale (3). |
1.4 |
Il Comitato riconosce che un gran numero di posti di lavoro a livello UE verranno messi a repentaglio in tutta la catena di valore nel settore dell'agricoltura, dalla produzione all'imballaggio e alla vendita al dettaglio di prodotti del tabacco e di prodotti correlati. Il CESE chiede di prestare la necessaria attenzione al fine di prevenire i rischi sul mercato del lavoro e raccomanda di utilizzare tutte le misure di transizione e di ristrutturazione disponibili, in particolare i programmi di formazione per i lavoratori e il sostegno nel campo della scienza, della tecnica e dell'innovazione per le imprese e le aziende agricole che sviluppino nuovi tipi di prodotti al fine di mantenere l'occupazione. Va notato che la coltivazione del tabacco contribuisce all'occupazione in ambito rurale. Gli Stati membri che devono far fronte in maniera particolare al processo di ristrutturazione dovrebbero utilizzare in modo efficiente il fondo di coesione e i fondi strutturali nonché i fondi per la ricerca e l'innovazione, in particolare nell'attuale contesto di crisi economica. |
1.5 |
Si rischia una considerevole perdita di gettito fiscale, dovuta non soltanto all'aumento del commercio illecito, ma anche alla caduta delle vendite e dei prezzi. Attualmente nell'UE le accise sui tabacchi hanno un gettito di quasi 100 miliardi di euro. |
1.6 |
Si assisterà a un forte aumento del commercio illecito (contrabbando e contraffazione) gestito da reti criminali, e di conseguenza a una riduzione delle vendite legali di tabacco e a una contrazione del gettito fiscale sui prodotti del tabacco. Ne risulterà un danno per la sicurezza dei consumatori, a causa della mancanza di controlli sanitari e di qualità, e l'accesso dei minori al tabacco verrà facilitato. Ogni anno il gettito fiscale perduto nell'UE a causa del commercio illecito ammonta a 10 miliardi di euro (4) (dati dell'OLAF), mentre le vendite di contrabbando ammontano al 10 % del totale (5). Il CESE non può che accogliere favorevolmente la recente firma, nell'ambito della Convenzione Quadro dell'OMS per la lotta al tabagismo, di un protocollo per l'eliminazione del commercio illecito dei prodotti del tabacco in cui si chiede ai soggetti interessati di applicare misure efficaci per scongiurare la produzione e il commercio illecito del tabacco (6). |
1.7 |
L'attuale proposta modificherà sensibilmente le condizioni per l'accesso al mercato, la concorrenza e l'indispensabile funzionamento del libero commercio di un prodotto legale, sebbene estremamente regolamentato. Il CESE prende atto delle preoccupazioni espresse al proposito in alcune valutazioni d'impatto a livello UE e internazionale. Invita tuttavia a prendere in considerazione i vantaggi previsti in termini sia di riduzione delle spese sanitarie e di miglioramento della salute pubblica, tenendo a mente che i cittadini europei hanno diritto a un grado elevato di protezione della loro salute da parte dell'UE, conformemente al disposto dell'articolo 35 della Carta dei diritti fondamentali. |
1.8 |
Si configurerà inoltre un'ingerenza in competenze sovrane degli Stati membri, poiché verranno concessi alla Commissione ampi poteri ai fini del successivo sviluppo di aspetti essenziali della direttiva attraverso atti delegati, in contraddizione con il principio di sussidiarietà. Il CESE considera inaccettabile il ricorso ad atti delegati che non rientrino nei limiti indicati espressamente dall'articolo 290 del TFUE. Inoltre otto parlamenti nazionali (controllo della sussidiarietà) hanno espresso 14 voti contrari alla proposta della Commissione, in quanto questa non sarebbe conforme al principio di sussidiarietà (7). |
1.9 |
Il CESE è favorevole al contenimento del rischio e chiede quindi alla Commissione una definizione chiara e un quadro giuridico adeguato per i "prodotti a rischio ridotto" che concretizzi in maniera scientificamente certa la diminuzione del rischio rispetto ai prodotti convenzionali, in particolare quelli che contengono tabacco (e non nicotina chimica) e che pertanto sono assoggettati alla direttiva. |
2. Introduzione
2.1 |
Il CESE è pienamente consapevole dei rischi per la salute pubblica derivanti dal tabacco. Come risulta dal punto 1 della relazione della proposta di direttiva, al tabacco, principale causa di morte prematura nell'UE, si devono ogni anno quasi 700 000 decessi. Sotto questo profilo la proposta poggia su obiettivi lodevoli e pienamente condivisi, come prevenire l'iniziazione al consumo di tabacco, in particolare tra i giovani, visto che il 70 % dei fumatori inizia a fumare prima dei 18 anni di età e il 94 % lo fa prima dei 25 anni, cosa che rende ancora più importante adottare misure nell'ambito dell'infanzia e della gioventù (8). |
2.2 |
In tale contesto il CESE ritiene che la revisione della direttiva sia assolutamente necessaria e vada pertanto condotta senza indugio. Tale revisione giunge infatti con anni di ritardo, anche se la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea stabilisce che nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana. È chiaro che il diritto alla salute deve prevalere su qualsiasi considerazione economica. Va anche ricordato che, nei paesi che hanno adottato una legislazione molto restrittiva contro il tabagismo, i dati relativi al consumo sono cambiati in misura modesta. È il caso, per esempio, della Spagna, dove, stando a una recente relazione della Commissione europea sugli ambienti liberi da fumo, negli ultimi tre anni il consumo si è ridotto di appena il 2 %, malgrado le leggi molto rigorose che sono state adottate (9). In questo senso, oltre alle misure in esame, il CESE è nettamente favorevole alla realizzazione di piani e campagne pubbliche di educazione e di sensibilizzazione sulle gravi conseguenze del fumo per la salute e ritiene che rafforzeranno l'efficacia, nel lungo periodo, delle misure proposte, in termini di salute pubblica, in un contesto in cui permane un certo scetticismo circa la capacità di queste ultime di favorire la necessaria rinuncia graduale al tabacco. |
2.3 |
Tuttavia, la proposta di revisione della direttiva sui prodotti del tabacco (2001/37/CE) presentata dalla Commissione europea il 19 dicembre 2012 può avere gravi conseguenze per l'occupazione, l'economia e il gettito fiscale dell'UE, e contrasta quindi con altri obiettivi di base dell'UE quali la piena occupazione e la crescita economica (art. 3 del TUE) ove non siano attuate misure integrative. Nell'UE il settore del tabacco dà lavoro a quasi 1,5 milioni di persone. In particolare, 400 000 persone sono impiegate nella coltivazione delle foglie di tabacco, e altre 956 000 lavorano nella vendita di tabacco al minuto (10). D'altro canto, le accise sui prodotti del tabacco ammontano ogni anno a quasi 100 miliardi di euro, e il settore riveste grande importanza nelle esportazioni, essendo uno dei pochi che mantengono bilanci positivi a livello sia europeo che di numerosi Stati membri. Nel 2010 le esportazioni di prodotti del tabacco provenienti dall'UE sono ammontate a circa 55 000 tonnellate, i principali esportatori sono stati rispettivamente la Bulgaria, con 13 200 tonnellate, la Grecia, con 11 200 e la Francia con 8 000 tonnellate. Inoltre, la coltivazione del tabacco dà lavoro a 400 000 persone nell'UE, per lo più in regioni depresse e senza alternative. Le statistiche dell'UNITAB e del Comitato delle organizzazioni professionali agricole dell'UE (COPA) indicano che il 96 % delle imprese agricole impegnate nella coltivazione di tabacco sono a conduzione familiare e hanno una superficie coltivata compresa tra 0,5 e 3 ettari (11). |
3. Osservazioni generali
3.1 |
La proposta di direttiva sui prodotti del tabacco presentata dalla Commissione europea è incentrata su sei campi di attuazione:
Di questi sei campi, tre avrebbero un enorme impatto in termini di occupazione e di prelievo fiscale per gli Stati membri. Nel caso dell'etichettatura, del confezionamento e degli ingredienti, la proposta impone un ampliamento sproporzionato delle avvertenze relative alla salute rispetto alla situazione attuale, con una limitazione del formato, del gusto e del contenuto dei prodotti del tabacco. Ad esempio, tutte le confezioni dovranno recare avvertenze relative alla salute, sotto forma di immagini e di testo, sul 75 % della superficie, nonché nuove avvertenze testuali sui lati (50 % di ciascun lato), in aggiunta al bollo fiscale obbligatorio in alcuni Stati membri, al messaggio relativo al divieto di vendita a minori e allo spazio riservato alle nuove misure rivolte a garantire il monitoraggio e la tracciabilità dei prodotti del tabacco. Tutto ciò comporta di fatto una riduzione estrema dello spazio disponibile per la comunicazione dei marchi commerciali legittimamente registrati. D'altra parte, i pacchetti dovranno essere conformi a un'altezza e a un'ampiezza minime, cosa che comporterà la sparizione di alcuni modelli. È il caso del modello "casket" molto richiesto in alcuni paesi, tra cui la Grecia. Sparirebbe anche il modello di pacchetto più venduto in Portogallo. D'altra parte, tali modifiche della confezione, che non sono basate su prove scientifiche, potrebbero mettere a rischio dei posti di lavoro nell'industria degli imballaggi e delle confezioni, che riveste grande importanza in numerosi paesi europei come, ad esempio, Germania, Polonia, Francia, Regno Unito e Austria. Va segnalato che i requisiti minimi di altezza e larghezza per i prodotti del tabacco non sono stati inclusi né nella consultazione pubblica, né nella relazione sull'impatto. Inoltre sarà vietata la vendita di sigarette con aromi caratterizzanti, e viene introdotta una nuova definizione di sigaretto, contraria alle legislazioni fiscali vigenti nell'UE da poco più di un anno (12). |
3.2 |
Di conseguenza, nel momento in cui tutti i pacchetti avranno lo stesso formato e sapore, il prezzo costituirà l'unico criterio di distinzione tra le varie marche, cosa che comporterà un impoverimento della catena di valore dell'intero settore. Nel momento in cui il prezzo sarà l'unico elemento di concorrenza, si produrrà un ribasso dei prezzi che causerà, da un lato, una caduta dei redditi degli operatori del settore e del gettito fiscale degli Stati e, dall'altro, la perdita di occupazione nel settore. |
3.3 |
Il fatto che il prezzo costituisca l'unico possibile criterio di distinzione farà sì, ad esempio, che le imprese che producono nell'UE troveranno meno interessante il tabacco di qualità che viene coltivato nell'UE, dal momento che la qualità cesserà di essere un criterio per l'acquisto della foglia di tabacco. Contrariamente a quanto afferma la Commissione nella valutazione di impatto, ciò comporterà un grave rischio per i posti di lavoro che dipendono da questa coltura. Attualmente nell'UE il raccolto di foglie di tabacco ammonta a 250 000 tonnellate all'anno. Il principale produttore è l'Italia, con 89 000 tonnellate, seguita dalla Bulgaria con 41 056 tonnellate, dalla Spagna con 38 400, e dalla Grecia con 24 240. Il segmento della coltivazione del tabacco dà lavoro a 400 000 persone, di cui 110 000 in Bulgaria, 75 100 in Polonia e 59 300 in Italia (13). |
3.4 |
La standardizzazione dei formati e dei gusti potrebbe inoltre comportare un aumento del contrabbando. Se tutti i prodotti finiranno per essere quasi identici, ne beneficeranno i settori criminali, che potranno facilmente realizzare i loro prodotti di contrabbando con i formati e i sapori originali, ai quali i consumatori sono abituati, e soddisfare la relativa domanda attraverso canali irregolari, senza versare un euro alle amministrazioni delle Finanze degli Stati membri. Inoltre tali prodotti saranno realizzati senza alcun controllo di qualità, cosa che comprometterà fortemente la sicurezza dei consumatori. |
3.5 |
Secondo le ultime cifre disponibili, nell'UE il commercio illecito causa annualmente un ammanco di 10 miliardi di euro nel gettito delle imposte sui prodotti del tabacco. Attualmente le vendite di tabacco di contrabbando nell'UE rappresentano il 10 % del totale (14). Il CESE accoglie pertanto con favore la firma, avvenuta il 12 novembre 2012 nell'ambito della convenzione quadro per la lotta al tabagismo dell'Organizzazione mondiale della sanità, di un protocollo sull'eliminazione del commercio illecito di prodotti del tabacco. La convenzione, che è stata negoziata dalla Commissione europea per conto dell'Unione e dei suoi Stati membri, invita le parti in causa ad adottare misure efficaci per eradicare la fabbricazione e il traffico illeciti di prodotti del tabacco (15). |
3.6 |
Oltre alla perdita di gettito fiscale, l'incremento del commercio illecito condurrà a un ribasso delle vendite di tabacco, che si ripercuoterà sull'intera catena del valore, ma in maniera particolare sul settore della vendita al dettaglio. Nell'UE quasi 1 000 000 di posti di lavoro dipendono direttamente o indirettamente dalla vendita al dettaglio di tabacchi in minimarket, chioschi o negozi specializzati, quali le rivendite di tabacchi e valori bollati regolate e controllate dallo Stato, che si trovano in Francia, Italia, Spagna, e da poco anche in Ungheria. Nella sola Grecia 40 000 posti di lavoro dipendono dalla vendita al minuto di tabacchi (16). |
3.7 |
Il CESE riconosce il possibile rischio per l'occupazione in tutti i settori della filiera di produzione, confezionamento e vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, nonché nelle zone agricole in cui non sono state sviluppate alternative e non sono più disponibili i sussidi della politica agricola comune. Va tenuto conto del fatto che la coltivazione del tabacco contribuisce all'occupazione rurale. Il CESE chiede che venga dedicata la dovuta attenzione a minimizzare questi rischi per il mercato del lavoro e raccomanda con forza di applicare tutte le forme disponibili di misure transitorie e di ristrutturazione, in particolare regimi di formazione per i lavoratori in aggiunta a un sostegno nel campo della scienza, della tecnica e dell'innovazione per le imprese e le aziende agricole che producano nuovi tipi di prodotti, al fine di mantenere l'occupazione. Negli Stati membri maggiormente colpiti da tali possibili ristrutturazioni occorrerebbe utilizzare in maniera efficace, in particolare nel contesto dell'attuale crisi, i fondi strutturali e di coesione, i fondi regionali e i fondi per la ricerca e l'innovazione. |
3.8 |
Riassumendo, il CESE riconosce che la proposta di direttiva può comportare rischi considerevoli, ma chiede che vengano tenuti presenti i previsti sviluppi positivi in termini sia di riduzione delle spese sanitarie che di miglioramento dei livelli di salute, dato che i cittadini europei possono legittimamente attendersi dall'UE un livello elevato di tutela della salute umana, a norma dell'articolo 35 della Carta dei diritti fondamentali. |
3.9 |
D'altro canto tale proposta comprende 16 atti delegati che conferiscono alla Commissione poteri di regolamentazione e decisione in merito a elementi essenziali della direttiva, cosa che invece è esplicitamente esclusa dall'articolo 290 del TFUE (17). In tal modo il Consiglio, il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali vengono lasciati quasi senza margini di azione ai fini della regolamentazione di aspetti fondamentali della direttiva. |
4. Osservazioni particolari
4.1 |
Le misure inserite nella proposta di direttiva in esame sono molto restrittive e sono basate su criteri tendenti a ridurre l'attrattività del tabacco per raggiungere gli obiettivi sanitari che perseguono Inoltre, il CESE segnala l'esigenza di attuare piani e campagne di educazione rivolti specificamente ai giovani europei. In tale contesto va ricordato che le aspettative della stessa Commissione sugli effetti sanitari delle sue misure potrebbero apparire poco ambiziose (2 %). Questa progressività impedirà comunque l'insorgere di danni economici gravi e, pertanto, potenzialmente sproporzionati. |
4.1.1 |
Le avvertenze relative alla salute che occuperanno il 75 % di entrambe le facce del pacchetto, oltre alle nuove diciture che saranno apposte sui lati del pacchetto stesso, coprendone il 50 % (articolo 9), non sono misure basate su prove scientifiche incontrovertibili. Sebbene uno studio di David Hammond (18) indicasse che tali avvertenze sono efficaci, altri studi, come quello eseguito dall'università di Maastricht (19) e dal Dipartimento alimentazione e farmaci (FDA) degli Stati Uniti (20) mostrano il contrario, vale a dire che le avvertenze esplicite per la salute non sono efficaci per ridurre il numero dei fumatori. A tale proposito, secondo l'Eurobarometro della stessa Commissione europea (21), nove fumatori su dieci riconoscono che le avvertenze di grande formato non li inducono ad astenersi dal fumare e sette su dieci ritengono che tale tipo di misura non contribuisca a diminuire il consumo da parte dei minori. Anche la recente sentenza di una corte d'appello federale degli Stati Uniti giunge alla conclusione che non vi sono prove sufficienti circa l'efficacia di queste avvertenze per la salute esplicite e di grandi dimensioni. Nella sentenza si afferma che non esiste alcuna prova del fatto che tali avvertenze abbiano provocato direttamente una diminuzione sostanziale dei livelli di tabagismo in alcuno dei paesi dove il loro uso è attualmente obbligatorio, e che le verifiche eseguite sono risultate molto poco probanti (22). |
4.2 |
Questo aumento sproporzionato delle dimensioni delle avvertenze relative alla salute comporterà:
|
4.3 |
Altrettanto vale per la limitazione degli ingredienti, volta a eliminare sapori e aromi caratterizzanti (articolo 6), la quale non si basa su studi scientifici riguardanti ad esempio la riduzione della loro tossicità e della loro capacità di indurre dipendenza, bensì su un criterio soggettivo come quello di ridurre l'attrattività del tabacco, e su stereotipi soggettivi in merito al tipo di tabacco che viene consumato dalle varie fasce d'età e dai due sessi. La stessa soggettività emerge nel caso della proibizione arbitraria e ingiustificata di alcuni formati – tra cui le sigarette slim o sottili (che non è stata menzionata nella consultazione pubblica e non rientra nella valutazione di impatto), le sigarette corte, o l'intera categoria delle sigarette al mentolo - come pure della determinazione di un peso minimo dei sacchetti di tabacco da fumo, della standardizzazione del formato delle latte di tabacco, o ancora di più della creazione di una nuova categoria di sigaretti, in violazione della direttiva 2011/64/UE (24) in vigore dal 1o gennaio 2011. Tale proibizione delle sigarette slim e delle sigarette al mentolo, che sono consumate ampiamente in vari paesi europei, farebbe sì che i consumatori, non potendo procurarsi tali prodotti, dovrebbero ricorrere al mercato del contrabbando per poterli acquistare. Per di più si tratta di prodotti di tabacco consumati principalmente da fumatori adulti, e pertanto non si può invocare in questo caso l'argomento della prevenzione dell'accesso dei minori al consumo di tabacco. Nel caso specifico del mentolo, ad esempio, va ricordato che tale tipo di sigarette è consumato principalmente da anziani, e che per di più paesi dotati di legislazioni molto sviluppate per la lotta al tabagismo, con disposizioni molto concrete riguardo il divieto di determinati ingredienti, come gli Stati Uniti o il Canada, non lo hanno vietato, cosa che induce il CESE a proporre che la proibizione relativa al mentolo venga soppressa dalla proposta di direttiva. |
4.3.1 |
Il CESE condivide infine totalmente la proposta della Commissione di vietare l'immissione nel mercato di nuovi prodotti al sapore di gomma da masticare, piña colada, mojito ecc., ossia le cosiddette sigarette al sapore di dolciumi, che possono essere destinate essenzialmente a consumatori giovani. |
4.3.2 |
Un'eccessiva limitazione degli ingredienti provocherebbe una standardizzazione del sapore e, pertanto, l'impossibilità di differenziarsi fra concorrenti, limitando gli investimenti e il possibile lancio di nuovi prodotti, il tutto a detrimento dei consumatori, che vedranno compromessa la loro possibilità di scelta. |
4.4 |
Il CESE chiede alla Commissione una definizione chiara e un quadro giuridico adeguato per i "prodotti a rischio ridotto" che concretizzi in maniera scientificamente certa la diminuzione del rischio rispetto ai prodotti convenzionali. Il concetto di rischio ridotto si applica ai prodotti che possono sostituire le sigarette convenzionali, ma comportano un rischio molto minore per la salute, e non ai prodotti per smettere di fumare. I prodotti che contengono tabacco (e non nicotina chimica) e che pertanto sono assoggettati alla direttiva, devono essere oggetto di una definizione e di una regolamentazione chiare, che permettano di comunicare ai consumatori le loro caratteristiche. |
4.5 |
D'altra parte la Commissione inserisce nella proposta di direttiva misure rivolte a ridurre il commercio illecito di tabacco. Per esempio l'articolo 14 istituisce un sistema di monitoraggio e di controllo, come pure varie misure di sicurezza aggiuntive, rivolte a fare in modo che nell'UE si vendano solo prodotti conformi alla direttiva. Tale misura comporterà un onere economico e amministrativo sproporzionato, che numerose piccole e medie imprese non potranno sostenere e che, lungi dal ridurre il commercio illecito, imporrà un ulteriore onere amministrativo agli Stati membri per l'esecuzione dei controlli. Il sistema inoltre non servirà a frenare il contrabbando e il commercio illecito, che saranno invece favoriti dal resto delle misure proposte nel documento in esame. In tale contesto il CESE ritiene che le disposizioni dell'articolo 14 della proposta di direttiva dovrebbero essere esattamente uguali alle clausole sul monitoraggio e la tracciabilità incluse nel protocollo sul commercio illegale concluso alla fine dello scorso anno dalla conferenza delle parti nel quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità (25). |
4.6 |
Infine, la direttiva consentirà alla Commissione di regolare e modificare, mediante una serie di nuovi atti delegati, aspetti fondamentali come per esempio il tenore di additivi o il contenuto, la collocazione e il formato delle avvertenze relative alla salute. Sotto questo profilo, agli Stati membri rimane un margine minimo di discrezionalità nell'attuazione delle disposizioni della direttiva: un livello di interventismo estremo, raggiunto finora poche volte nell'UE, che a sua volta compromette i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, come stanno già sostenendo i parlamenti nazionali di otto Stati membri (26) (Italia, Repubblica ceca, Grecia, Bulgaria, Danimarca, Portogallo, Romania e Svezia). Il Parlamento italiano, per esempio, ha non soltanto segnalato che la proposta lede i suddetti principi, ma ha anche affermato che alcuni dei modelli di sigarette proibite, come le slim e le sigarette a bassa concentrazione di catrame, possono costituire uno strumento utile per una politica intesa a ridurre il consumo o ad aiutare i consumatori a smettere (27). |
4.6.1 |
Per esempio gli articoli 8, 9 e 11 della proposta consentono alla Commissione di modificare mediante un atto delegato la formulazione, la grafica, la presentazione, il formato e la collocazione delle avvertenze relative alla salute. Inoltre, l'articolo 6 consente alla Commissione di decidere, mediante un atto delegato, i contenuti e i tenori massimi degli additivi. |
4.6.2 |
Nel caso dei sigari, dei sigaretti e del tabacco da pipa, la proposta di direttiva prevede inoltre la possibilità di sopprimere automaticamente determinate esenzioni se interverrà un mutamento sostanziale della situazione, ossia se vi sarà un aumento delle vendite pari ad almeno il 10 % in almeno 10 Stati membri, o un aumento del 5 % dei fumatori di età inferiore a 25 anni. La Commissione non è consapevole del fatto che in 10 degli attuali 27 Stati membri il mercato di tali prodotti è estremamente ristretto e una variazione del 10 % potrebbe verificarsi facilmente, ragion per cui la misura è del tutto priva di senso e genera una grande incertezza giuridica in questo comparto. |
4.7 |
Sebbene la delega di poteri mediante atti delegati sia prevista dall'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, è necessario che tali atti siano conformi a una serie di requisiti. Un atto delegato deve riguardare esclusivamente elementi non essenziali di un atto legislativo, cosa che non avviene nel caso della proposta in esame. |
Bruxelles, 11 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) Articolo 114 TFUE:
"1. |
Salvo che i trattati non dispongano diversamente, si applicano le disposizioni seguenti per la realizzazione degli obiettivi dell'articolo 26. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adottano le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno." |
(2) Cfr. causa C-491/01 The Queen contro Secretary of State for Health, ex parte British American Tobacco (Investments) Ltd e Imperial Tobacco Ltd.
(3) GU C 128 del 18.5.2010, pagg. 89-93.
(4) http://europa.eu/rapid/press-release_OLAF-11-5_en.htm?locale=EN.
(5) Cfr. lo studio Il settore del tabacco in Europa: l'analisi della situazione socioeconomica, elaborato (in inglese) da Nomisma, e il comunicato stampa del 16 novembre 2012 della Commissione europea.
(6) Idem.
(7) http://www.ipex.eu/IPEXL-WEB/dossier/dossier.do?code=COD&year=2012&number=0366&appLng=IT.
(8) GU C 351 del 15.11.2012, pagg. 6-11.
(9) Report on the implementation of the Council Recommendation of 30 November 2009 on Smoke-free Environments (Relazione sull'attuazione della raccomandazione del Consiglio del 30 novembre 2009 sugli ambienti senza fumo).
(10) Studio Il settore del tabacco in Europa: l'analisi della situazione socio-economica, elaborato da Nomisma.
(11) DIVTOB: Diversification for Tobacco Growing Regions in the Southern European Union. Hohenheim University. Sixth Framework Programme funded European Research and Technological Development [Diversificazione per le regioni che producono tabacco nell'Unione europea meridionale. Università di Hohenheim. Ricerca e sviluppo tecnologico europei finanziati dal Sesto programma quadro].
(12) Direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, relativa alla struttura e alle aliquote dell'accisa applicata al tabacco lavorato, GU L 176 del 5.7.2011, pagg. 24-36.
(13) Cfr. nota 10.
(14) Cfr. nota 5.
(15) Cfr. nota 5.
(16) Cfr. nota 10.
(17) GU 115 del 9.5.2008, pag. 172.
(18) Hammond, D.: Health warning messages on tobacco products: a review (Analisi delle avvertenze relative alla salute sui prodotti del tabacco), Tobacco Control 2011; 20:327-3. Sambrook Research International, A review of the science base to support the development of health warnings for tobacco packages (Analisi delle basi scientifiche a sostegno della realizzazione di avvertenze per la salute per gli imballaggi dei prodotti del tabacco) Newport: Sambrook Research International; 2009 (studio elaborato per la Commissione europea).
(19) http://www.maastrichtuniversity.nl/web/Main/Sitewide/News1/SmokersWillNotBePutOff1.htm
(20) Nonnemaker, J., et al., Experimental Study of Graphic Cigarette Warning Labels: Final Results. Report Prepared for Center for Tobacco Products, Food and Drug Administration (Studio sperimentale sulle etichette delle sigarette recanti avvertenze esplicite: risultati finali. Relazione elaborata per conto del centro per i prodotti del tabacco, Dipartimento alimentazione e farmaci), Contract No. HHSF-223-2009-10135G, dicembre 2010.
(21) http://ec.europa.eu/health/tobacco/docs/eurobaro_attitudes_towards_tobacco_2012_en.pdf.
(22) RJ Reynolds Tobacco Company v Food & Drug Administration, United States Court of Appeals for the District of Columbia Circuit, agosto 2012.
(23) Sentenza del 17 ottobre 1990 nella causa C-10/89.
(24) Direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, relativa alla struttura e alle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato, GU L 176 de 5.7.2011, pagg. 24-36.
(25) http://apps.who.int/gb/fctc/PDF/cop5/FCTC_COP5(1)-en.pdf.
(26) http://www.ipex.eu/IPEXL-WEB/dossier/dossier.do?code=COD&year=2012&number=0366&appLng=IT.
(27) Parere della Commissione Affari sociali del Parlamento italiano sul doc. COM(2012)788 final.
ALLEGATO
al Parere del Comitato economico e sociale europeo
I seguenti emendamenti, pur avendo ricevuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni:
Controparere
Sostituire il testo del parere con quanto segue:
1. Conclusioni
1.1 |
La base giuridica della proposta di direttiva presentata dalla Commissione è l'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (1). L'obiettivo della proposta è ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita del tabacco e dei prodotti correlati allo scopo di garantire un adeguato funzionamento del mercato interno. Al punto 3.9.1 della relazione, la Commissione osserva che la scelta di tale base giuridica è stata confermata dalla Corte di giustizia in relazione alla direttiva 2001/37/CE (2), e che quindi la stessa base giuridica è appropriata per la proposta in oggetto. La direttiva del 2001 e l'attuale proposta di revisione puntano quindi entrambe al funzionamento adeguato del mercato interno e ad un livello elevato di tutela della salute pubblica dai rischi derivanti dal tabacco. |
1.2 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che l'obiettivo di migliorare il funzionamento del mercato interno meriti un convinto sostegno, oltre a offrire agli Stati membri un incentivo in più per fare i passi necessari e auspicabili per proteggere la salute umana e a consentire loro di adottare misure più rigorose di quelle contenute nella proposta. |
1.3 |
In linea con numerosi precedenti pareri sul tema della salute e su temi connessi, il Comitato concorda pienamente con il giudizio della Commissione europea secondo cui il diritto alla salute deve avere la priorità su ogni considerazione economica. Il Comitato è pertanto decisamente favorevole alla promozione di piani e campagne di educazione e di sensibilizzazione pubblica circa le gravi ripercussioni del fumo sulla salute. Tali piani e campagne dovrebbero affiancarsi alle varie misure proposte per ridurre i fattori che incentivano i giovani a iniziare a fumare e per aiutare a smettere coloro che sono già dipendenti dalla nicotina. Il Comitato raccomanda di dare maggior rilievo a questo aspetto, per sottolineare l'importanza, a livello dell'UE, di strategie di educazione e di consulenza che ricorrano alla scuola, per far sì che tutti i bambini e i giovani siano informati in maniera corretta, completa e regolare dei fatti riguardanti il fumo, dei suoi effetti dannosi, della sua capacità di causare dipendenza e di altri problemi per la salute derivanti dalla nicotina, nonché dell'effetto cancerogeno e di altri effetti sulla salute derivanti dall'esposizione al fumo attivo e passivo (3). |
1.4 |
Il Comitato si rende conto del fatto che determinati posti di lavoro possano essere a rischio, in comparti agricoli dove non sono state sviluppate forme di occupazione alternative e dove i sussidi della PAC legati alla produzione di tabacco non sono più disponibili. In tali casi bisognerebbe mettere urgentemente a disposizione aiuti transitori, oltre a un sostegno scientifico e tecnico volto a sviluppare altre coltivazioni, altrettanto redditizie ma più sostenibili, più accettabili sul piano sociale e meno dannose, nonché, quando sia possibile, posti di lavoro di migliore qualità. Lo stesso vale per altri posti di lavoro della catena di distribuzione che sono direttamente messi a rischio dalla proposta in esame. Nell'interesse della salute pubblica, l'offerta di un sostegno pubblico a posti di lavoro di migliore qualità è perfettamente giustificata e andrebbe incoraggiata. |
1.5 |
In ogni caso, occorre tenere conto del principale vantaggio, che è quello di evitare che muoiano o si ammalino a causa del tabacco i dirigenti, lavoratori e consumatori che già fumano, nonché i potenziali fumatori di tutte le età e di tutte le condizioni sociali, che d'ora in poi saranno meno soggetti a pressioni commerciali dirette il cui obiettivo è incoraggiarli a fumare. Secondo la valutazione di impatto della Commissione, ciò comporterà un vantaggio netto di 4 milioni di euro per l'economia europea, nonché risparmi nella spesa sanitaria per 506 milioni di euro e un risparmio di 16 800 000 anni di vita (4). Occorre creare nuovi posti di lavoro grazie a misure appropriate e alla riassegnazione dei finanziamenti nell'UE, nonché facendo un uso migliore del gettito fiscale al livello nazionale. |
1.6 |
Il Comitato osserva che nell'UE il gettito delle accise sul tabacco ammonta attualmente a circa 100 miliardi di euro. Tassare i prodotti del tabacco costituisce il modo più efficace ed economico per ridurre il consumo, specie tra i giovani e i gruppi a più basso reddito, ossia i soggetti più vulnerabili della nostra società (5). Dagli studi effettuati risulta che il prezzo dei prodotti del tabacco costituisce la terza ragione in ordine di frequenza che induce i fumatori a smettere (6). Chi smette di acquistare prodotti del tabacco può utilizzare i soldi risparmiati acquistando altri prodotti, comunque soggetti a tassazione. Va inoltre notato che le tasse riscosse adesso vengono usate per pagare prestazioni sanitarie a favore di persone che hanno iniziato a fumare cinquant'anni fa; coloro che cominciano a fumare adesso avranno bisogno di analoghe prestazioni sanitarie tra cinquant'anni. L'esperienza attuale dimostra che i governi degli Stati membri sono perfettamente consapevoli di ciò e sono stati in grado di continuare a innalzare la tassazione malgrado una contrazione dell'uso e delle vendite di prodotti del tabacco in Europa. Non vi sono motivi per cui la proposta in esame debba cambiare tale situazione. |
1.7 |
Il Comitato auspica che vengano prese tutte le misure necessarie a garantire che la legislazione sia applicata rapidamente ed efficacemente in tutti gli Stati membri, onde prevenire un ulteriore aumento del commercio illegale (contrabbando, contraffazione, importazione clandestina e fabbricazione illegale) da parte di reti criminali, che rappresenta la minaccia più importante all'occupazione e al gettito delle accise nell'UE. D'intesa con l'industria del tabacco bisognerà proporre ulteriori misure in grado di limitare la contraffazione e il contrabbando e semplificare l'identificazione, ad esempio inserendo contrassegni di difficile imitazione o una marchiatura elettronica nei pacchetti. Il Comitato osserva che con le moderne tecnologie è relativamente facile contraffare quasi ogni merce o imballaggio, e dedicare ulteriore spazio ad adeguate avvertenze sanitarie non avrà probabilmente un forte impatto in un senso o nell'altro. |
1.8 |
Oltre agli ampi poteri assegnati alla Commissione per sviluppare ulteriormente aspetti essenziali della direttiva attraverso atti delegati, va garantito che il processo decisionale sia aperto e rispettoso degli interessi degli Stati membri. Il Comitato sottolinea che le azioni vincolanti devono essere conformi all'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'UE. |
1.9 |
Il CESE è nettamente favorevole al contenimento del rischio e chiede quindi alla Commissione una definizione chiara e un quadro giuridico adeguato per i "prodotti a rischio ridotto". Ciò vale in particolare per i prodotti che contengono tabacco ma hanno un tenore ridotto di nicotina, oppure contengono nicotina, ma non tabacco, e sono soggetti alla direttiva. Il Comitato riconosce che alcuni di questi prodotti possono costituire un passo in avanti, nel quadro di controlli che devono ancora essere sviluppati, per ridurre gli effetti negativi a lungo termine del fumo di tabacco come conseguenza della dipendenza dalla nicotina. |
2. Introduzione
2.1 |
Il Comitato è pienamente consapevole dei rischi che il tabacco, in tutte le sue forme, comporta per la salute pubblica. Esso costituisce la principale causa di morte prematura nell'UE, provocando quasi 700 000 decessi all'anno. La proposta in esame è intesa pertanto a scoraggiare l'acquisizione dell'abitudine a consumare tabacco, specie da parte dei giovani e di altri gruppi vulnerabili. Nella proposta la Commissione nota che il 70 % dei fumatori inizia a fumare prima di aver compiuto i 18 anni, e il 94 % prima dell'età di 25 anni, cosa che rende ancora più necessario adottare misure rivolte ai minori e ai giovani (7). |
2.2 |
In tale contesto, il Comitato ritiene che la revisione della direttiva sia assolutamente necessaria e vada eseguita senza indugio, e osserva che in taluni paesi il livello di consumo di tabacco rimane tenacemente elevato, anche quando vigono rigide legislazioni volte a scoraggiarlo. È anche evidente che i controlli in vigore hanno comportato riduzioni significative del consumo nella maggior parte degli Stati membri. In Spagna è stata segnalata una riduzione del 2 % in un breve arco di tempo. La proposta in esame intende replicare tale risultato in tutta Europa. Anche il Comitato è decisamente favorevole alla promozione di piani e campagne di educazione e sensibilizzazione pubblica volti a sottolineare i gravi effetti del fumo sulla salute. |
2.3 |
Il CESE prende atto del fatto che nell'UE la proposta ha suscitato preoccupazioni in merito ai posti di lavoro, al gettito fiscale e all'economia in generale. L'industria del tabacco ha segnalato che dà lavoro a 1 500 000 persone, 400 000 delle quali sono addette alla coltivazione della pianta del tabacco. Dati della Commissione e di altre fonti indicano che tali cifre comprendono gli addetti che lavorano nella catena di approvvigionamento in modo stagionale, temporaneo o a tempo parziale. Ad esempio il numero di coloro che sono addetti direttamente ed esclusivamente alla coltivazione del tabacco è stimato in meno di 100 000 persone. La produzione di tali coltivatori ammonta a circa un quarto della materia prima utilizzata per la produzione e le vendite nell'UE, mentre il resto proviene da importazioni, principalmente dagli Stati Uniti. Altri posti di lavoro nei comparti del confezionamento, della commercializzazione, della vendita, dei servizi giuridici, della ricerca e della distribuzione non dovrebbero essere coinvolti. Non si capisce pertanto perché i cambiamenti proposti per quanto riguarda le confezioni del prodotto finito debbano avere un impatto rilevante sugli attuali livelli di occupazione. Si capisce ancor meno perché le misure proposte dovrebbero essere infondate e di difficile riuscita o addirittura potenzialmente catastrofiche per il settore del tabacco. Il CESE crede esattamente il contrario: le misure avranno effetti utili, cospicui e proporzionati sulla salute pubblica, e d'altro canto un effetto contenuto sulla crescita e la redditività complessive del settore. Anzi, le eventuali perdite di nuovo fatturato generato da giovani consumatori saranno più che compensate dalla riduzione di entità molto maggiore delle vendite illegali, che non sono utili per nessuno se non per le bande criminali che vi sono coinvolte. |
2.4 |
Nondimeno, la coltivazione del tabacco nell'UE offre posti di lavoro, perlopiù in aree svantaggiate, nelle quali sono state sviluppate sinora poche alternative. Adesso che i sussidi della politica agricola comune per la produzione di foglie di tabacco non sono più disponibili, occorre urgentemente un sostegno tecnico e finanziario transitorio per contribuire al passaggio a fonti di reddito meno dannose, più a lungo termine e maggiormente sostenibili. Lo stesso vale per gli altri posti di lavoro nella catena di distribuzione che saranno eventualmente perduti nel perseguimento dell'interesse pubblico, e che dovrebbero ovviamente essere oggetto di un sostegno pubblico. |
2.5 |
Ogni anno vengono riscosse accise sui prodotti del tabacco per un ammontare prossimo ai 100 miliardi di euro. Il Comitato osserva che, mentre tale gettito fiscale contribuisce a compensare le spese sanitarie per coloro che hanno iniziato a fumare cinquant'anni fa o più, lo stesso livello di tassazione sarà necessario tra cinquant'anni per curare coloro che iniziano oggi ad acquistare e a consumare prodotti del tabacco. Saranno pertanto necessari aumenti del prelievo fiscale per compensare ogni riduzione delle vendite. Finora i governi degli Stati membri hanno dimostrato di essere consapevoli di questa situazione e possono mantenere con successo o addirittura innalzare il prelievo fiscale complessivo, malgrado il declino delle vendite degli ultimi anni. Per esempio nel Regno Unito, stando a una recente relazione del gruppo parlamentare interpartito sul fumo e la salute (2013) (8), nel periodo dal 1992 al 2011, a causa del continuo aumento dei prezzi e di un livello di accise pari o superiore al 75 % del prezzo complessivo al dettaglio, le vendite di sigarette si sono ridotte del 51 %, mentre il gettito delle accise aumentava del 44 %. In un analogo arco di tempo i fumatori adulti sono diminuiti dal 27 al 20 %. |
2.6 |
Sebbene i prodotti del tabacco manifatturati nell'UE siano poi in maggioranza venduti nella stessa UE, una certa quantità di tali prodotti viene esportata. Le cifre fornite dal settore attestano esportazioni complessive di prodotti del tabacco per circa 55 000 tonnellate nel 2010, dirette principalmente a paesi dell'Africa e dell'Asia dove attualmente la speranza di vita è, purtroppo, così bassa che non sono riscontrabili specifici impatti negativi sulla salute. Man mano che altri problemi saranno risolti e che la speranza di vita aumenterà in linea con gli obiettivi, l'impatto della dipendenza dalla nicotina e dell'uso di tabacco risulterà più evidente, così come avviene per altre malattie esportate. |
2.7 |
Il CESE osserva che, in contrasto con quanto sopra, nei paesi, sviluppati dell'UE, con l'allungamento della speranza di vita e della vita lavorativa le conseguenze del tabacco sul posto di lavoro e per la società nell'insieme saranno sempre più evidenti, divenendo quindi un problema e una responsabilità crescenti e più visibili per i datori di lavoro e le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori. Nell'attuale recessione, la morte prematura (ed evitabile) di percettori di stipendi e salari e la perdita dei loro redditi o delle loro pensioni non farà che aggravare i problemi delle famiglie già impegnate a lottare per la loro sopravvivenza economica. |
2.8 |
Il CESE osserva che malgrado il fatto che il periodo di induzione dei tumori connessi al fumo rimane costante, la speranza di vita complessiva per i non fumatori continua a crescere. Pertanto la diminuzione della speranza di vita connessa all'uso del tabacco è in crescita, dai 2-3 anni all'inizio del XX secolo fino ai 20-30 anni per coloro che cominciano a fumare tabacco adesso o nel periodo di applicazione della proposta in oggetto. |
3. Osservazioni generali
3.1 |
La proposta della Commissione europea in merito alla direttiva sui prodotti del tabacco si concentra su una serie di misure volte a garantire il funzionamento adeguato del mercato interno, comprese azioni volte a ridurre il commercio illegale, e a raggiungere un livello elevato di tutela della salute pubblica in relazione ai rischi derivanti dal consumo di tabacco. Le misure previste riguarderanno:
|
3.2 |
In considerazione dei gravi rischi legati al tabacco, la proposta impone un'estensione delle avvertenze relative alla salute in relazione all'etichettatura, al confezionamento e agli ingredienti. |
3.3 |
La proposta consente ai produttori di mantenere gli aromi necessari ai loro marchi attuali, ma limita l'uso di nuovi additivi non legati al tabacco intesi ad accrescere il mercato, in particolare tra i giovani. Tutte le confezioni dovranno recare avvertenze per la salute sotto forma di testi e immagini su almeno il 75 % della superficie, cui si aggiungeranno nuove avvertenze testuali sui lati delle confezioni (sul 50 % di ciascun lato), oltre al bollino fiscale richiesto da alcuni Stati membri, al testo relativo al divieto di vendita ai minori e allo spazio riservato alle nuove misure per il monitoraggio e la tracciabilità dei prodotti del tabacco. Ciò comporterà una riduzione dello spazio disponibile per esporre i marchi commerciali debitamente registrati e altre immagini aventi fini commerciali. Gli Stati membri hanno la facoltà di introdurre confezioni completamente neutre, ma la proposta in esame non li obbliga a farlo. Vi saranno inoltre requisiti minimi riguardo all'altezza e alla larghezza delle confezioni, che faranno sì che alcuni tipi di confezione, specie quelle concepite per attirare i giovani, spariranno. Gli Stati Uniti hanno introdotto disposizioni simili nel 2009 per ridurre l'orientamento commerciale verso i minori e i giovani. Il Comitato è favorevole a tutte queste misure. |
3.4 |
Saranno necessari cambiamenti nel disegno delle confezioni, ma non si vede come questo debba comportare impatti significativi sui posti di lavoro del settore del confezionamento, in paesi come la Germania, la Polonia, la Francia, la Repubblica ceca e l'Austria. Si prevede che in tutta l'UE le vendite di base di ogni tipo di prodotti finiti del tabacco si manterranno al livello attuale, a causa di un mercato realmente prigioniero composto da circa 150 000 000 di utenti che hanno sviluppato dipendenza dalla nicotina. Va tuttavia sottolineato il potenziale derivante dal miglioramento significativo della salute pubblica, sia in termini economici che, soprattutto, in termini di riduzione della sofferenza umana. Inoltre gli ex fumatori spenderanno i loro soldi in altri modi, generando pertanto opportunità per nuovi posti di lavoro. Si calcola che il consumo di tabacco costi annualmente 517 miliardi di euro (9) all'UE, mentre a livello di Stati membri i costi complessivi sono valutati in circa il 4,6 % del prodotto interno lordo dell'UE (10). Attualmente l'UE spende 25,3 miliardi di euro in prestazioni sanitarie per malattie correlate al consumo di tabacco, mentre il costo in termini di perdite di produttività è pari a 8,3 miliardi di euro (11). Tali costi sono quasi uguali ai proventi dell'industria del tabacco lungo l'intera catena di approvvigionamento (escluse le tasse), che ammontano a 35 miliardi di euro. |
3.5 |
Il Comitato osserva che i costi associati direttamente alle malattie risultanti dall'uso di prodotti contenenti nicotina e tabacco costituiscono attualmente le migliori stime dei costi diretti a carico degli Stati membri. Essi sono molto inferiori al valore teorico della vita umana (un milione di euro per ogni vita perduta o abbreviata) usato dalla Commissione nelle precedenti valutazioni di impatto per giustificare misure legislative e per compensare i costi previsti per le imprese e altri soggetti. Se tale cifra, ben più grande, fosse computata nel presente contesto, ai vantaggi derivanti dall'adozione delle proposte in esame si aggiungerebbe l'importo di 700 miliardi di euro, sufficiente a mettere a tacere ogni altra considerazione. |
3.6 |
Va inoltre osservato che fumare e le altre abitudini correlate non comportano alcun vantaggio sociale o economico per chi le pratica, se non quello di alleviare le conseguenze della loro dipendenza dalla nicotina. Tale dipendenza rende difficile e lungo smettere di fumare. Purtroppo, anche la consapevolezza del fatto che quasi la metà degli utenti ("clienti", "cittadini" e "persone vulnerabili") moriranno prematuramente a causa del loro vizio non basta da sola a indurre a superare tale dipendenza. Ciò rende necessario ridurre ogni incentivo a iniziare a fumare. |
3.7 |
Le misure introdotte con la proposta in esame non sono intese a incidere sul comportamento dei fumatori adulti attuali e in realtà hanno poche possibilità di riuscirvi, ma dovrebbero, conformemente alle esperienze provenienti da tutto il mondo, ridurre ulteriormente gli incentivi a iniziare a fumare per i giovani. Soprattutto, ridurre il numero dei fumatori comporterà una limitazione sensibile dei costi sanitari, e nel corso del tempo salverà numerose vite umane e ridurrà la sofferenza umana. |
3.8 |
Il CESE osserva che la proposta in esame non si spinge sino a introdurre confezioni interamente standardizzate, con colori e caratteri normalizzati, come avviene in Australia. I singoli marchi continueranno a essere contraddistinti dai nomi dei rispettivi produttori e da specifiche aromatizzazioni del tabacco. I requisiti in materia di qualità del prodotto continueranno a essere importanti perché i consumatori continueranno a essere informati circa il produttore del prodotto che acquistano. |
3.9 |
Ci sono ben poche conferme convincenti del fatto che tali cambiamenti delle regole in materia di imballaggio comporteranno un aumento della contraffazione e del contrabbando. Al contrario, l'uso di tabacco illegale da parte dei fumatori è strettamente collegato al prezzo e alla disponibilità (12). Secondo i dati più recenti forniti dal settore, ogni anno un gettito di 10 miliardi di euro in accise sui prodotti del tabacco viene perduto a causa del commercio illegale. Attualmente le vendite di tabacco di contrabbando ammontano a circa il 10 % del totale (13). Vi è una disponibilità immediata di prodotti provenienti da paesi terzi, in particolare Russia e Cina. Nei paesi colpiti da difficoltà economiche e/o da un prelievo elevato sui prodotti del tabacco, la domanda è forte. Le vendite illegali mettono a rischio posti di lavoro nell'UE, riducono il gettito fiscale dei governi e limitano la redditività delle vendite legali. Ne consegue che occorre fare ogni possibile sforzo per limitare il contrabbando di tabacchi, accrescendo la sicurezza, applicando misure di sorveglianza e di prevenzione e assoggettando i prodotti del tabacco a controlli di qualità più rigidi, solo per fare alcuni esempi. Occorrerebbe prendere in considerazione il ricorso a contrassegni in rilievo o alla marchiatura elettronica, insieme ad altre misure già concordate con il settore del tabacco. |
3.10 |
Qualunque sia il costo dell'attuazione di queste proposte, va ricordato che i possibili benefici globali in termini di miglioramento della salute pubblica legati a una riduzione del consumo di tabacco sono ben più importanti. Da studi sull'argomento risulta che i governi e i datori di lavoro che hanno preso l'iniziativa di vietare il fumo sul posto di lavoro hanno constatato effetti positivi immediati in termini di maggiore produttività, di minore assenteismo, di riduzione delle spese di manutenzione e cura degli ambienti di lavoro e di riduzione dei costi sanitari e previdenziali (14). |
3.11 |
La proposta contiene anche 16 atti delegati che conferiscono alla Commissione europea la facoltà di introdurre rettifiche e di adottare decisioni su aspetti specifici della direttiva, conformemente all'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'unione europea (15). |
4. Osservazioni specifiche
4.1 |
La direttiva dovrebbe continuare a concentrarsi sia sul raggiungimento degli obiettivi di mercato interno e di salute pubblica che si prefigge e introdurre quindi misure a lungo e a breve termine. Sotto questo profilo è importante constatare che la Commissione europea valuta gli effetti del provvedimento in termini di salute in una riduzione del 2 % del numero di persone che attualmente fumano o potrebbero fumare. La direttiva è intesa principalmente a limitare l'aumento del consumo piuttosto che a ridurne i livelli attuali. Sebbene la percentuale menzionata possa sembrare modesta, l'impatto in differenti settori è nettamente positivo. |
4.2 |
Le persone in età lavorativa che smettono di fumare e i potenziali fumatori che non prendono l'abitudine vivono più a lungo e hanno pertanto una vita lavorativa più lunga. Si ritiene che al momento attuale i fumatori muoiano 14 anni prima delle persone che non hanno mai fumato, e ciò a causa di malattie connesse al fumo o delle relative complicanze. Man mano che la speranza di vita media aumenta, in particolare per coloro che non fumano, la differenza aumenterà in proporzione. Una riduzione del 2 % del consumo di tabacco equivale a 2 400 000 fumatori che smettono e a 16 800 000 anni di vita guadagnati. Ciò rappresenterebbe per la società un guadagno di 10,3 miliardi di euro all'anno e comporterebbe inoltre una riduzione delle spese sanitarie nella misura di 506 milioni di euro all'anno. I vantaggi derivanti da un aumento della produttività dovuto alla riduzione dell'assenteismo, al calo del prepensionamento e ad altri fattori ammonterebbe a 165 milioni di euro all'anno (16). |
4.3 |
L'obbligo di applicare avvertenze per la salute sul 75 % delle due facce principali della confezione, e nuovi testi informativi sul 55 % dei due lati della confezione (articolo 9), fa parte del complesso di misure rivolte a ridurre il numero complessivo dei fumatori. Le confezioni dei prodotti del tabacco devono essere concepite in modo da fornire un'indicazione non fuorviante in merito al contenuto. Occorre pertanto apporre informazioni chiare sui rischi per la salute, compresi i rischi di morte prematura. È necessario inoltre che nei punti di vendita figurino delle avvertenze. La pubblicità nei punti di vendita dovrebbe ovviamente essere vietata. |
4.4 |
Le restrizioni in materia di ingredienti che vietano l'introduzione deliberata di aromi caratterizzanti (articolo 6) e quelle che riguardano la presentazione visiva delle confezioni sono particolarmente importanti. Uno dei criteri oggettivi, e cioè rendere meno attraente il tabacco, è particolarmente pertinente per taluni gruppi di età e per il pubblico femminile, in particolare le giovani donne e le ragazze, che costituiscono uno dei mercati che crescono più rapidamente nell'UE e si trovano pertanto a subire la massima pressione pubblicitaria rivolta a incoraggiarle a prendere l'abitudine di fumare. |
4.5 |
Il CESE pertanto concorda pienamente con la proposta della Commissione rivolta vietare le cosiddette sigarette al gusto di dolciumi, cui vengono aggiunti aromi come quello alla gomma da masticare, alla piña colada o al mojito, diretti specificamente ai giovani e prevalentemente alle potenziali consumatrici. Anche le confezioni cosiddette slim mirano specificamente alle giovani consumatrici, nel tentativo di associare la linea, il peso e un'immagine vincente a un'abitudine che nel tempo causerà la morte prematura di metà di loro. Dato che tutte le parti in causa hanno ormai capito e riconosciuto gli inevitabili pericoli a lungo termine dovuti alla nicotina contenuta nel tabacco, il Comitato non riesce a immaginare come tali strategie commerciali abbiano mai potuto essere sviluppate, e a maggior ragione applicate, da produttori responsabili. |
4.6 |
Per quanto riguarda i prodotti cosiddetti a rischio ridotto, per i quali esistono prove scientifiche chiare di un loro rischio più moderato rispetto alle normali sigarette, il Comitato invita la Commissione a fornire una definizione chiara e un quadro giuridico appropriato. Il concetto di rischio ridotto si riferisce a prodotti che possono fare le veci delle normali sigarette ma che comportano un rischio molto minore per la salute, piuttosto che a prodotti intesi ad aiutare a smettere. Tali prodotti che contengono tabacco con un tenore di nicotina ridotto o, meglio ancora, nicotina senza tabacco (sigarette elettroniche) e che sono soggette alla direttiva andrebbero definiti e regolamentati chiaramente, in modo da rendere possibile informare i consumatori dei loro rischi o vantaggi a lungo termine in confronto con i prodotti del tabacco convenzionali. |
4.7 |
La proposta comprende misure rivolte a ridurre il commercio illegale di tabacco. Ad esempio, l'articolo 14 stabilisce un sistema di monitoraggio e di tracciabilità come pure varie misure aggiuntive di sicurezza per fare in modo che solo i prodotti conformi alle disposizioni della direttiva possano essere venduti nell'UE. Tali misure comporteranno un onere economico e amministrativo potenzialmente difficile da sostenere per le piccole e medie imprese, ma non per le 4-5 grandi multinazionali che dominano il commercio globale di prodotti del tabacco e contenenti nicotina. Crescerà anche l'onere amministrativo connesso alle ispezioni da parte degli Stati membri. È da sperare che il sistema ridurrà il contrabbando e il commercio illecito. Il Comitato ritiene pertanto che le disposizioni contenute nell'articolo 14 della proposta dovrebbero essere esattamente uguali alle clausole in materia di monitoraggio e di tracciabilità di cui al protocollo sul traffico illecito concordato alla fine dell'anno scorso dalla conferenza delle parti dell'Organizzazione mondiale della sanità (17). |
4.8 |
Per quanto riguarda i sigari, i sigaretti e il tabacco da pipa, la proposta prevede la possibilità di sospendere automaticamente alcune esenzioni previste dal testo nel caso in cui si verifichi un sostanziale cambiamento delle circostanze, in termini di aumento del volume delle vendite di almeno il 10 % in almeno 10 Stati membri o di un aumento di almeno il 5 % dei fumatori di età inferiore ai 25 anni. Il mercato di tali prodotti tuttavia è attualmente estremamente ridotto in 10 dei 27 attuali Stati membri, e un cambiamento del 10 % potrebbe verificarsi facilmente senza che vi sia un impatto rilevante sull'occupazione o sul gettito fiscale. |
4.9 |
Il Comitato osserva che l'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea dispone il conferimento di poteri, per mezzo di atti delegati, subordinatamente a una serie di requisiti. Gli atti delegati possono essere utilizzati solo per gli elementi non essenziali dell'atto legislativo cui si riferiscono. |
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
89 |
Voti contrari |
: |
162 |
Astensioni |
: |
17 |
Nuovo punto 1.4
Inserire il seguente nuovo punto:
Nel sottolineare l'importanza di una popolazione in buona salute e dei vantaggi che ne derivano in numerosi ambiti, il CESE propone agli Stati membri di promuovere la diffusione di "ambienti senza fumo" ( smoke-free environments) nei quali i cittadini possano trovare un'assistenza sia morale che medica; tali spazi saranno destinati in particolare ai giovani, agli istituti di insegnamento, alle imprese, ecc. Sarebbe inoltre necessario promuovere l'elaborazione e la prosecuzione di diversi metodi di sostegno e di una serie di reti di cooperazione che siano innovativi ed educativi.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 1.5
Modificare come segue:
Si rischierebbe una considerevole perdita di gettito fiscale, dovuta non soltanto all'aumento del commercio illecito, ma anche alla caduta delle vendite e dei prezzi. Attualmente nell'UE le accise sui tabacchi hanno un gettito di quasi 100 miliardi di euro. L'imposizione di accise sui tabacchi rappresenta il tipo di intervento più efficace ed economico per ridurre il consumo di tabacco, in particolare da parte dei giovani e delle categorie di cittadini a basso reddito (18). Le ricerche dimostrano che il prezzo dei prodotti del tabacco è al terzo posto tra i motivi indicati dai fumatori per smettere di fumare (19). Occorre anche sottolineare che il denaro risparmiato, destinato in precedenza all'acquisto di prodotti del tabacco, verrà impiegato per acquistare altri beni, che sono anch'essi gravati da imposte.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 1.8
Modificare come segue:
Si configurerebbe inoltre un'ingerenza in competenze sovrane degli Stati membri, poiché verrebbero concessi alla Commissione In aggiunta agli ampi poteri concessi alla Commissione ai fini del successivo sviluppo di aspetti essenziali della direttiva attraverso atti delegati, è opportuno garantire che le decisioni siano adottate in modo aperto e conformemente agli interessi degli Stati membri. in contraddizione con il principio di sussidiarietà. Il CESE considera inaccettabile il ricorso ad atti delegati che non rientrino nei limiti indicati espressamente sottolinea che un'azione vincolante dovrà essere conforme dall'articolo 290 del TFUE. Inoltre otto parlamenti nazionali (controllo della sussidiarietà) hanno espresso 14 voti contrari alla proposta della Commissione, in quanto questa non sarebbe conforme al principio di sussidiarietà (20) .
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 1.9
Modificare come segue:
Il CESE è favorevole al contenimento del rischio e chiede quindi alla Commissione una definizione chiara e un quadro giuridico adeguato per i "prodotti a rischio ridotto" che concretizzi in maniera scientificamente certa la diminuzione del rischio rispetto ai prodotti convenzionali, ; tale osservazione vale in particolare quelli per i prodotti che contengono tabacco (e non nicotina chimica) e che pertanto sono assoggettati alla direttiva.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 3.1
Modificare come segue:
(…)
Di questi sei campi, tre avrebbero un enorme impatto in termini di occupazione e di prelievo fiscale per gli Stati membri. Nel caso dell'etichettatura, del confezionamento e degli ingredienti, la proposta impone una visibilità ancora maggiore ampliamento sproporzionato delle avvertenze relative alla salute rispetto alla situazione attuale, con una limitazione del formato, del gusto e del contenuto dei prodotti del tabacco. Ad esempio, tutte le confezioni dovranno recare avvertenze relative alla salute, sotto forma di immagini e di testo, sul 75 % della superficie, nonché nuove avvertenze testuali sui lati (50 % di ciascun lato), in aggiunta al bollo fiscale obbligatorio in alcuni Stati membri, al messaggio relativo al divieto di vendita a minori e allo spazio riservato alle nuove misure rivolte a garantire il monitoraggio e la tracciabilità dei prodotti del tabacco. Tutto ciò comporta di fatto una riduzione estrema dello spazio disponibile per la comunicazione dei marchi commerciali legittimamente registrati. D'altra parte, i pacchetti dovranno essere conformi a un'altezza e a un'ampiezza minime, cosa che comporterà la sparizione di alcuni modelli. È il caso del modello "casket" molto richiesto in alcuni paesi, tra cui la Grecia. Sparirebbe anche il modello di pacchetto più venduto in Portogallo. D'altra parte, tali modifiche della confezione, che non sono basate su prove scientifiche, potrebbero mettere a rischio dei posti di lavoro nell'industria degli imballaggi e delle confezioni, che riveste grande importanza in numerosi paesi europei come, ad esempio, Germania, Polonia, Francia, Regno Unito e Austria. Va segnalato che i requisiti minimi di altezza e larghezza per i prodotti del tabacco non sono stati inclusi né nella consultazione pubblica, né nella relazione sull'impatto. Inoltre sarà vietata la vendita di sigarette con aromi caratterizzanti, e viene introdotta una nuova definizione di sigaretto, contraria alle legislazioni fiscali vigenti nell'UE da poco più di un anno (21). La nuova presentazione grafica dei pacchetti così come i requisiti minimi riguardanti la loro altezza e ampiezza permetteranno di ottenere risultati positivi, specialmente poiché non rappresenteranno una tentazione per il gruppo a rischio costituito dai bambini e dai giovani. Alcuni studi mostrano in modo univoco che l'imballaggio è uno strumento di marketing che serve per vendere la merce. Attualmente, l'imballaggio dei prodotti del tabacco è spesso elaborato in modo strategico al fine di attirare un pubblico specifico: ad esempio, alcuni studi mostrano che in Lettonia le donne, scegliendo dei prodotti con un imballaggio dal colore chiaro, ritengono che il loro contenuto di catrame sia più basso e che quindi siano meno nocivi per la salute. Inoltre, il pubblico composto da bambini reputa che un imballaggio colorato significhi che il prodotto non ha alcun effetto negativo sulla salute (22). Di conseguenza, un imballaggio uniformato, se possibile con un aspetto semplificato, non ingannerà i consumatori sugli effetti reali del prodotto: al contrario, gli studi mostrano che un imballaggio semplice genera sensazioni, in particolare, di "noia, cattivo odore, disgusto, vecchiezza", ecc (23).
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 3.2
Modificare come segue:
Di conseguenza, nel momento in cui tutti i pacchetti avranno lo stesso formato e sapore, il prezzo costituirà l'unico criterio di distinzione tra le varie marche, cosa che comporterà un impoverimento della catena di valore dell'intero settore. Nel momento in cui. Con il prezzo sarà l' come unico elemento di concorrenza, si produrrà un ribasso dei prezzi; tuttavia, gli Stati membri potranno applicare delle accise più elevate e aumentare così le proprie entrate. che causerà, da un lato, una caduta dei redditi degli operatori del settore e del gettito fiscale degli Stati e, dall'altro, la perdita di occupazione nel settore.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 3.3
Aggiungere il seguente nuovo punto:
Anche se gli imballaggi dei prodotti del tabacco verranno standardizzati, riducendo così i segni distintivi dei diversi produttori, uno spazio delimitato sulla confezione - di cui saranno uniformati dimensione, colore e caratteri a stampa - sarà destinato alla denominazione standard dell'impresa e del prodotto. Il criterio della qualità del prodotto resterà attuale, dato che il consumatore sarà sempre informato in merito al fabbricante da cui proviene il prodotto che acquista.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 3.3
Modificare come segue:
Il fatto che il prezzo costituisca l'unico possibile criterio di distinzione farà sì, ad esempio, che le imprese che producono nell'UE troveranno meno interessante il tabacco di qualità che viene coltivato nell'UE, dal momento che la qualità cesserà di essere un criterio per l'acquisto della foglia di tabacco. Contrariamente a quanto afferma la Commissione nella valutazione di impatto, ciò comporterà un grave rischio per i posti di lavoro che dipendono da questa coltura. Attualmente nell'UE il raccolto di foglie di tabacco ammonta a 250 000 tonnellate all'anno. Il principale produttore è l'Italia, con 89 000 tonnellate, seguita dalla Bulgaria con 41 056 tonnellate, dalla Spagna con 38 400, e dalla Grecia con 24 240. Il segmento della coltivazione del tabacco dà lavoro a 400 000 persone, di cui 110 000 in Bulgaria, 75 100 in Polonia e 59 300 in Italia (24).
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 3.7
Modificare come segue:
D'altro canto tale proposta comprende 16 atti delegati che conferiscono alla Commissione poteri di regolamentazione e decisione in merito a elementi essenziali particolari della direttiva, cosa che invece è esplicitamente esclusa come previsto dall'articolo 290 del TFUE (25). In tal modo il Consiglio, il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali vengono lasciati quasi senza margini di azione ai fini della regolamentazione di aspetti fondamentali della direttiva.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 4.1.1
Inserire il seguente nuovo punto:
Nei paesi colpiti dalla crisi degli ultimi anni, come ad esempio la Lettonia, i costi sanitari ed economici ascrivibili al consumo di tabacco sono sorprendentemente elevati: sono legati al consumo di tabacco il 25 % dei decessi registrati tra gli uomini e il 4 % di quelli registrati tra le donne mentre, nello stesso paese, il 12 % delle malattie è legato alle conseguenze del tabagismo. Il costo approssimativo per la cura di tali malattie ha raggiunto i 29 milioni di euro, vale a dire il 3,27 % del bilancio totale destinato alla spesa sanitaria. Le perdite di produzione determinate dall'assenteismo per malattie legate al tabagismo ammontano al 29,5 % che, sempre in Lettonia, equivale a un danno di 12 milioni di euro. Anche le morti premature causate dal tabagismo comportano costi ingenti, pari a circa 2,5 miliardi di euro, ossia il 9,38 % del PIL (26) .
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 4.2
Modificare come segue:
Questo aumento sproporzionato delle dimensioni delle Queste avvertenze relative alla salute comporterà determineranno i seguenti effetti:
— |
l'esproprio unilaterale il mantenimento dei legittimi diritti di proprietà intellettuale e industriale dei fabbricanti, che non potranno utilizzare i loro marchi registrati. Secondo la La Corte di giustizia dell'Unione europea, ritiene che i suddetti diritti possano essere limitati, poiché non si tratta di diritti assoluti (27) i produttori hanno il diritto di utilizzare i loro marchi commerciali registrati e di continuare a individualizzare i loro prodotti; |
— |
una nuova limitazione della concorrenza, in un settore in cui le possibilità di differenziarsi sono già molto limitate; |
— |
il riconoscimento che la salute pubblica e i relativi vantaggi costituiscono un valore fondamentale, che ha la priorità rispetto alle attività di commercio del tabacco la violazione dei diritti commerciali di base connessi a ogni attività commerciale legale; |
— |
un freno all'immissione di nuovi prodotti sul mercato di nuovi prodotti particolarmente nocivi per la salute della popolazione e, di conseguenza, per la crescita economica ; |
l'eliminazione della ricerca e di un possibile miglioramento qualitativo dei prodotti offerti. Viene limitata in maniera arbitraria l'introduzione di prodotti di nuova generazione, senza dare la possibilità di definire un quadro regolamentare chiaro che serva per analizzare la riduzione dei rischi che tali prodotti possono comportare per la popolazione, cosa che può costituire anche un freno alla creazione di ricchezza e di posti di lavoro associati all'innovazione e alla ricerca relative a questi prodotti. Per di più questi nuovi prodotti, dal rischio potenzialmente minore, non devono essere assoggettati alle stesse restrizioni che si applicano ai prodotti convenzionali.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 4.3
Modificare come segue:
Altrettanto vale per la La limitazione degli ingredienti, volta a eliminare sapori e aromi caratterizzanti (articolo 6), così come la presentazione visiva degli imballaggi, sono aspetti di grande importanza. Uno dei criteri oggettivi, come la riduzione dell'attrattività del tabacco, è particolarmente pertinente per alcune fasce d'età o per un sesso specifico. la quale non si basa su studi scientifici riguardanti ad esempio la riduzione della loro tossicità e della loro capacità di indurre dipendenza, bensì su un criterio soggettivo come quello di ridurre l'attrattività del tabacco, e su stereotipi soggettivi in merito al tipo di tabacco che viene consumato dalle varie fasce d'età e dai due sessi. La stessa soggettività emerge nel caso della proibizione arbitraria e ingiustificata di alcuni formati – tra cui le sigarette slim o sottili (che non è stata menzionata nella consultazione pubblica e non rientra nella valutazione di impatto), le sigarette corte, o l'intera categoria delle sigarette al mentolo - come pure della determinazione di un peso minimo dei sacchetti di tabacco da fumo, della standardizzazione del formato delle latte di tabacco, o ancora di più della creazione di una nuova categoria di sigaretti, in violazione della direttiva 2011/64/UE (28)in vigore dal 1o gennaio 2011. Tale proibizione delle sigarette slim e delle sigarette al mentolo, che sono consumate ampiamente in vari paesi europei, farebbe sì che i consumatori, non potendo procurarsi tali prodotti, dovrebbero ricorrere al mercato del contrabbando per poterli acquistare. Per di più si tratta di prodotti di tabacco consumati principalmente da fumatori adulti, e pertanto non si può invocare in questo caso l'argomento della prevenzione dell'accesso dei minori al consumo di tabacco. Nel caso specifico del mentolo, ad esempio, va ricordato che tale tipo di sigarette è consumato principalmente da anziani, e che per di più paesi dotati di legislazioni molto sviluppate per la lotta al tabagismo, con disposizioni molto concrete riguardo il divieto di determinati ingredienti, come gli Stati Uniti o il Canada, non lo hanno vietato, cosa che induce il CESE a proporre che la proibizione relativa al mentolo venga soppressa dalla proposta di direttiva.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 4.3.1
Modificare come segue:
Il CESE condivide infine totalmente la proposta della Commissione di vietare l'immissione nel mercato di nuovi prodotti al sapore di gomma da masticare, piña colada, mojito ecc., ossia le cosiddette sigarette al sapore di dolciumi, che possono essere destinate essenzialmente a consumatori giovani.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 4.3.2
Modificare come segue:
Un'eccessiva La limitazione degli ingredienti provocherebbe una standardizzazione del sapore, e, pertanto, l'impossibilità di differenziarsi fra concorrenti, limitando gli investimenti e il possibile lancio di nuovi prodotti, il tutto a detrimento dei consumatori, che vedranno compromessa la loro possibilità di scelta. cosa che, per i consumatori effettivi e potenziali dei prodotti del tabacco, rappresenterebbe un ulteriore incentivo a informarsi sui prodotti che consumano o a evitare del tutto di farvi ricorso, migliorando in questo modo la loro salute, la loro produttività e tutti gli altri fattori che influiscono in maniera cruciale sulla qualità di vita.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 4.5
Modificare come segue:
D'altra parte la Commissione inserisce nella proposta di direttiva misure rivolte a ridurre il commercio illecito di tabacco. Per esempio l'articolo 14 istituisce un sistema di monitoraggio e di controllo, come pure varie misure di sicurezza aggiuntive, rivolte a fare in modo che nell'UE si vendano solo prodotti conformi alla direttiva. Tale misura comporterà un onere economico e amministrativo sproporzionato, che numerose piccole e medie imprese non potranno sostenere e che, lungi dal ridurre il commercio illecito, imporrà un ulteriore onere amministrativo agli Stati membri per l'esecuzione dei controlli. Il sistema inoltre non servirà a frenare il contrabbando e il commercio illecito, che saranno invece favoriti dal resto delle misure proposte nel documento in esame. In tale contesto il CESE ritiene che le disposizioni dell'articolo 14 della proposta di direttiva dovrebbero essere esattamente uguali alle clausole sul monitoraggio e la tracciabilità incluse nel protocollo sul commercio illegale concluso alla fine dello scorso anno dalla conferenza delle parti nel quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità (29).
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
Punto 4.6
Modificare come segue:
Infine, la direttiva consentirà alla Commissione di regolare e modificare, mediante una serie di nuovi atti delegati, aspetti fondamentali come per esempio il tenore di additivi o il contenuto, la collocazione e il formato delle avvertenze relative alla salute. Sotto questo profilo, agli Stati membri rimane un margine minimo di discrezionalità nell'attuazione delle disposizioni della direttiva: un livello di interventismo estremo, raggiunto finora poche volte nell'UE, che a sua volta compromette i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, come stanno già sostenendo i parlamenti nazionali di otto Stati membri (30) (Italia, Repubblica ceca, Grecia, Bulgaria, Danimarca, Portogallo, Romania e Svezia). Il Parlamento italiano, per esempio, ha non soltanto segnalato che la proposta lede i suddetti principi, ma ha anche affermato che alcuni dei modelli di sigarette proibite, come le slim e le sigarette a bassa concentrazione di catrame, possono costituire uno strumento utile per una politica intesa a ridurre il consumo o ad aiutare i consumatori a smettere (31).
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
69 |
Voti contrari |
: |
157 |
Astensioni |
: |
29 |
(1) L'articolo 114 del TFUE dispone che:
"1. Salvo che i trattati non dispongano diversamente, si applicano le disposizioni seguenti per la realizzazione degli obiettivi dell'articolo 26. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adottano le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno."
(2) Cfr. causa C-491/01 The Queen contro Secretary of State for Health, ex parte British American Tobacco (Investments) Ltd e Imperial Tobacco Ltd.
(3) GU C 128 del 18.5.2010, pagg. 89-93.
(4) Valutazione d'impatto (http://ec.europa.eu/health/tobacco/docs/com_2012_788_ia_en.pdf).
(5) Stefan Callan, Smoke Free Partnership, Making Tobacco Tax Trendy Toolkit, 2012, pag. 5,
http://www.smokefreepartnership.eu/sites/sfp.tttp.eu/files/IT%20-%20Tax%20Toolkit_4.pdfhttp://www.smokefreepartnership.eu/sites/sfp.tttp.eu/files/IT%20-%20Tax%20Toolkit_4.pdf.
(6) Commissione europea, Attitudes of Europeans Towards Tobacco, http://ec.europa.eu/health/tobacco/docs/eurobaro_attitudes_towards_tobacco_2012_en.pdfhttp://ec.europa.eu/health/tobacco/docs/eurobaro_attitudes_towards_tobacco_2012_en.pdf, pag. 84.
(7) GU C 351 del 15.11.2012, pagg. 6-11.
(8) http://www.ash.org.uk/APPGillicit2013.
(9) Valutazione d'impatto, pag. 15.
(10) Lo studio realizzato dalla Commissione europea sulla responsabilità e i costi per la sanità causati dal fumo calcola che i costi totali per l'anno 2009 si aggirano sui 544 miliardi di euro (in termini di salute, di perdita di produzione e di vite umane). (http://ec.europa.eu/health/tobacco/docs/tobacco_liability_final_en.pdf, pag. 2).
(11) Valutazione d'impatto della Commissione.
(12) Moodie C, Hastings G, Joossens L. Young adult smokers' perceptions of illicit tobacco and the possible impact of plain packaging on illicit tobacco purchasing behaviour. ("Percezione del tabacco illecito e possibile impatto di una confezione anonima per i giovani fumatori adulti") Eur J Public health (Rivista europea di salute pubblica), pubblicato per la prima volta online il 26 marzo 2011. DOI:10.1093/eurpub/ckr038. in Claims that Standardised Packaging Would Increase Illicit Trade are Untrue ("L'affermazione che la confezione anonima accrescerebbe il commercio illecito non è vera"), Smoke Free Partnership, 10 settembre 2012, http://www.smokefreepartnership.eu/response-to-tobacco-retailers.
(13) Cfr. nota 5.
(14) Carin Hakansta, Organizzazione internazionale del lavoro, documento di lavoro, Workplace smoking: A Review of National and Local Practical and Regulatory Measures ("Fumare sul lavoro, una rassegna delle pratiche e delle normative nazionali e locali"), marzo 2004, pag. 6,
http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---ed_protect/---protrav/---safework/documents/publication/wcms_108424.pdf.
(15) GU C 115, del 9.5.2008, pag. 172.
(16) Documento di lavoro dei servizi della Commissione: valutazione d'impatto che accompagna la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati http://ec.europa.eu/health/tobacco/docs/com_2012_788_ia_en.pdf, pag.116.
(17) http://apps.who.int/gb/fctc/PDF/cop5/FCTC_COP5(1)-en.pdf.
(18) Stefan Callan, Smoke Free Partnership, Tabakas nodokļi un nelikumīga tirdzneicība, Making Tobacco Tax Trendy Toolkit, 2012, pag. 5, http://www.smokefreepartnership.eu/sites/sfp.tttp.eu/files/LV%20-%20Tax%20Toolkit_4.pdf.
(19) Commissione europea, Speciale Eurobarometro sull'atteggiamento degli europei nei confronti del tabacco,
http://ec.europa.eu/health/tobacco/docs/eurobaro_attitudes_towards_tobacco_2012_en.pdf, pag. 84.
(20) http://www.ipex.eu/IPEXL-WEB/dossier/dossier.do?code=COD&year=2012&number=0366&appLng=IT.
(21) Direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, relativa alla struttura e alle aliquote dell'accisa applicata al tabacco lavorato, GU L 176 del 5.7.2011, pagg. 24-36 .
(22) http://www.cancercampaigns.org.uk/ourcampaigns/theanswerisplain/moreinformation/.
(23) The Packaging of Tobacco Products ("L'imballaggio dei prodotti del tabacco"), marzo 2012, The Centre for Tobacco Control Research Core ("Centro per la ricerca sul controllo del tabacco"), finanziato da Cancer Research UK
("http://www.cancerresearchuk.org/prod_consump/groups/cr_common/@nre/@new/@pre/documents/generalcontent/cr_086687.pdf, pag. 40.
(24) Cfr. nota 11.
(25) GU C 115 del 9.5.2008, pag. 172.
(26) http://ec.europa.eu/health/tobacco/docs/tobacco_liability_final_en.pdf.
(27) Sentenza del 17 ottobre 1990 nella causa C-10/89.
(28) Direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, relativa alla struttura e alle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato, GU L 176 de 5.7.2011, pagg. 24-36.
(29) http://apps.who.int/gb/fctc/PDF/cop5/FCTC_COP5(1)-en.pdf.
(30) http://www.ipex.eu/IPEXL-WEB/dossier/dossier.do?code=COD&year=2012&number=0366&appLng=IT
(31) Parere della Commissione Affari sociali del Parlamento italiano sul doc. COM(2012)788 final.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/82 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Un’industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica. Aggiornamento della comunicazione sulla politica industriale»
COM(2012) 582 final
2013/C 327/14
Relatore: VAN IERSEL
Correlatore: GIBELLIERI
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 10 ottobre 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:
Un'industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica. Aggiornamento della comunicazione sulla politica industriale
COM(2012) 582 final.
La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 18 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013, (seduta dell'11 luglio 2013), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 132 voti favorevoli, 1 voto contrario e 3 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime grande compiacimento per l'attenzione riservata all'industria europea (settore manifatturiero e settore dei servizi), come risulta dalla ultima versione del documento sulla politica industriale dell'ottobre 2012 che aggiorna la relativa comunicazione, compresi gli allegati contenenti analisi articolate delle politiche industriali e delle carenze presenti negli Stati membri. Numerosi elementi sono in linea con le salde posizioni espresse dal CESE (1). La vera prova consisterà nella fase di applicazione. |
1.2 |
La politica industriale, una delle sette iniziative faro della strategia Europa 2020, dovrebbe rappresentare un elemento costitutivo di un'iniziativa dell'UE a favore della crescita, di cui si fa tanto parlare senza però prendere provvedimenti efficaci. È necessario adottare la giusta mentalità ed approcci coerenti. L'impatto politico è evidente. Il CESE sollecita la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo ad intensificare le iniziative (coerenti!) e le politiche trasversali in grado di cogliere la grande sfida di accrescere la produzione industriale in tutta Europa. |
1.3 |
Il Consiglio europeo dovrebbe assumere un ruolo guida definendo il programma della politica industriale, e la Commissione dovrebbe essere coinvolta a pieno titolo. I diversi Consigli (Competitività, Ricerca, Ambiente e Politica sociale), la Commissione e il Parlamento europeo devono adottare un approccio mirato e condiviso su come individuare e promuovere politiche all'avanguardia in tutta Europa. |
1.4 |
Per diventare una strategia trainante per l'Europa, le decisioni in materia di politica industriale riguardanti le azioni, le tabelle di marcia e le scadenze vanno portate a conoscenza di un ampio pubblico, diversamente da quanto avviene ora. |
1.5 |
L'Unione europea, inoltre, ha bisogno di una convergenza europea ottimale tra le 27 politiche industriali nazionali e unionali che oggi, a quanto risulta da un'ampia serie di analisi condotte, risulta carente. La diversità costituisce un vantaggio, mentre la frammentazione è dannosa. Andrebbero affrontati gli squilibri geopolitici. |
1.6 |
Per migliori condizioni quadro si intende, prima di tutto, il completamento del mercato interno dell'UE nell'ambito di una economia sociale di mercato, garantito da un'accurata valutazione, regolamentazione e applicazione in tutta l'UE. A sostegno del mercato interno devono intervenire gli enti pubblici con investimenti nei collegamenti transfrontalieri come le strade, le idrovie, i porti, gli aeroporti e le ferrovie. |
1.7 |
Di fronte a una disoccupazione che supera i 26 milioni di persone, al basso livello di crescita e alle restrizioni di bilancio, l'industria e l'innovazione hanno bisogno di prospettive e di condizioni stimolanti. Va raggiunto un giusto equilibrio tra il risanamento dei bilanci (ossia le relative misure di austerità), i programmi nazionali di riforma e la politica industriale in modo da creare investimenti e posti di lavoro, rafforzando al tempo stesso la fiducia. |
1.8 |
Qualunque iniziativa a livello dell'UE dovrebbe rafforzare la posizione dell'Europa nelle dinamiche mondiali, nella sua veste di concorrente e di partner. L'obiettivo molto ambizioso di portare al 20 % la quota (di contributo al PIL) dell'industria manifatturiera entro il 2020 richiede massicci investimenti e profondi adeguamenti delle politiche in atto. Inoltre è assolutamente necessario aumentare la produttività. |
1.9 |
La messa in atto di condizioni "intelligenti" per l'industria richiede ben più che disposizioni e adeguamenti tecnici. Tali condizioni riguardano infatti l'intero contesto industriale, in particolar modo una politica climatica ed energetica coerente e prevedibile a lungo termine a sostegno di una base industriale competitiva, e dovrebbero favorire prestazioni di qualità eccellente, incoraggiando al tempo stesso attività e comparti emergenti. |
1.10 |
Le politiche dell'UE devono essere mirate e specifiche ai singoli settori, basarsi su valutazioni che partono dal basso, tenendo così conto al meglio delle capacità tecniche ed economiche esistenti e delle sfide da cogliere. Tali principi dovrebbero essere anche applicati nella realizzazione degli obiettivi dell'iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, che mirano ad aumentare l'efficienza nell'utilizzo delle materie prime e, al tempo stesso, a promuovere l'innovazione e a migliorare la capacità di resistenza delle aziende europee. |
1.11 |
La politica industriale presenta una forte dimensione sociale nel senso che investe tutti gli strati della società: regioni e comuni, qualunque tipo di impresa o forza lavoro esposta a modelli lavorativi in rapido cambiamento - digitalizzazione, automazione, produzione connessa all'erogazione di servizi, TIC - istruzione e università, consumatori e cittadini. La politica industriale consiste in un'opera sia di ristrutturazione che di anticipazione, e dovrebbe pertanto fornire istruzione, formazione e informazione aggiornate, nonché sostenere le tecnologie, l'innovazione, la creatività e l'imprenditorialità. Il cambiamento demografico deve anche essere anticipato per reagire di conseguenza. |
1.12 |
Dal momento che le regioni ambiziose innalzano il livello delle prestazioni industriali, l'UE e gli Stati membri dovrebbero incoraggiarne le pratiche improntate all'autonomia, ivi comprese la specializzazione e la relativa ricerca, le qualifiche e i raggruppamenti (cluster), perché c'è ancora tutto un mondo da conquistare. |
1.13 |
Va dato rilievo alle iniziative e ai progetti, nonché agli esempi riusciti a livello nazionale e regionale che promuovono la fiducia dei cittadini e degli operatori socioeconomici. Vanno intensificati gli accordi di partenariato tra l'UE e gli Stati membri, come anche lo sviluppo di una rete di contatti tra Stati membri e regioni. Il semestre europeo può offrire numerose opportunità in termini di monitoraggio continuo. |
1.14 |
La politica industriale dell'UE dovrebbe consistere in un processo di condivisione delle visioni e competenze a livello dell'UE e nazionale, oltre ad essere frutto di azioni condivise a cui gli ambienti economici e i sindacati partecipano a pieno titolo; altri diretti interessati come - a seconda dei casi - le scuole, le università (ricerca), le ONG, i consumatori, ecc., dovrebbero essere ugualmente coinvolti. |
1.15 |
Gli Stati membri, pur presentando tra loro differenze sostanziali in termini di capacità economica, dovrebbero tutti trarre insegnamento dalle buone pratiche, nonché dalle strategie e dagli approcci che ne sono alla base. |
1.16 |
Il CESE ha formulato a più riprese proposte relative a settori specifici e alla politica industriale (cfr. allegato). Il presente parere si sofferma invece soprattutto sulla coerenza tra i diversi temi importanti e su una governance efficace grazie all'opera di coordinamento e di sintonizzazione. |
2. Contesto
– a) Livello mondiale
2.1 |
Nell'analisi condotta dalla Commissione il costo del lavoro sembra incidere in misura minore sul totale dei costi di produzione (2). La produttività è un fattore importante. Se una parte della produzione torna in Europa, un fattore altrettanto importante da considerare è la crescita della concorrenza in altri ambiti, come il miglioramento dell'infrastruttura economica nei paesi BRICS, l'apprezzamento dell'euro e i prezzi dell'energia, che stimolano gli investimenti all'estero. |
2.2 |
L'Europa, inoltre, segna un ritardo rispetto agli Stati Uniti e al Giappone in termini di risultati raggiunti nel campo dell'innovazione e della specializzazione tecnologica. L'Europa vanta una posizione più solida degli Stati Uniti nei settori della tecnologia medio-alta e medio-bassa, mentre il tradizionale divario tra i due continenti nel segmento high-tech è cresciuto notevolmente negli ultimi anni. |
2.3 |
La Casa Bianca e il Congresso degli Stati Uniti hanno mostrato un forte impegno a favore della rinascita della produzione industriale, con una strategia nazionale a favore della competitività per il periodo 2014-2018 (3). Un aspetto centrale di questa strategia è costituito dal ruolo e dal valore della produzione nell'economia, nella sicurezza e nella leadership globale degli Stati Uniti. |
2.4 |
I partenariati pubblico-privati rafforzano le infrastrutture tecnologiche e innovative. I ministeri per la Difesa, l'Energia e il Commercio sono direttamente coinvolti, così come la National Science Foundation e la NASA, dando così impulso a numerosi istituti di ricerca e università nazionali. |
2.5 |
Si tratta di un'evoluzione significativa per un paese che fino a poco tempo fa predicava l'avvento dell'economia post-industriale. Ma la crescente competitività della Cina e di altri paesi ha fatto suonare il campanello d'allarme, innescando un cambiamento di percezioni. Secondo le previsioni, la Cina sorpasserà gli Stati Uniti diventando la prima potenza economica al mondo entro il 2030, mentre gli Stati Uniti manterranno la leadership globale; Giappone ed Europa da parte loro seguiranno a lunga distanza (4). |
2.6 |
Le nuove prospezioni petrolifere e soprattutto il gas di scisto dovrebbero consentire all'America di ottenere l'indipendenza energetica. Queste prospezioni rappresentano una rivoluzione energetica capace di produrre nel paese una rinascita industriale e di generare cambiamenti geopolitici. Vanno però ancora considerate le preoccupazioni per l'ambiente e la salute (5). |
2.7 |
Prosegue l'ascesa della Cina, del Brasile e dell'India, seguite dalla Russia, e sulla loro scia avanzano rapidamente altri paesi asiatici e sudamericani. Le economie emergenti, soprattutto in Asia, registrano da anni tassi di crescita di gran lunga superiori alla media. I loro giovani sistemi d'istruzione sfornano schiere di tecnici e ingegneri con un buon livello di istruzione e di qualifiche, e parallelamente vengono creati grandi istituti di ricerca. La qualità dei prodotti e dei processi innovativi migliora in tutti i campi ed è in atto un rapido adeguamento dell'infrastruttura e dei servizi di trasporto. |
2.8 |
In Cina sta emergendo un sistema misto di capitalismo di Stato e libero mercato (6), profondamente intriso delle tradizioni culturali (e politiche) nazionali esistenti. La creazione di ricchezza non va di pari passo con la democrazia e con il rispetto dei diritti umani e dei lavoratori. Le condizioni ambientali e sanitarie restano arretrate, anche se la qualità della produzione aumenta. I contraccolpi sono tutt'altro che immaginari. Bisogna però ammettere che gli interventi di matrice capitalista ad opera dello Stato continueranno a orientare determinate tipologie di produzione che corrispondono alle ambizioni nazionali, e anche gli investimenti da parte dei fondi sovrani potrebbero andare in una direzione simile, sia in termini di investimenti interni che esterni al paese. |
2.9 |
Alcuni paesi dispongono solitamente di strutture di governance più snelle di quella dell'UE, poiché sono dotati di un sistema decisionale accentrato, di una strategia comune e di obiettivi condivisi nel settore pubblico. |
2.10 |
Alcune parti dell'Africa stanno attraversando anch'esse una fase di rapido sviluppo, e la Cina investe massicciamente senza badare alle ripercussioni sociali. |
2.11 |
Lo scenario mondiale e la situazione geopolitica sono in costante mutazione. I dati sono di fondamentale importanza per sensibilizzare ulteriormente l'opinione pubblica e le convinzioni politiche. Il CESE raccomanda di stilare annualmente un quadro di valutazione dell'UE su un determinato numero di sviluppi socioeconomici, tecnologici e occupazionali in atto in importanti regioni del mondo. |
– b) Livello europeo
2.12 |
Dalle approfondite analisi della Commissione sulle tendenze europee e per paese emerge una crescente consapevolezza della necessità di un'industria manifatturiera in Europa. |
2.13 |
Le situazioni variano ampiamente da un paese all'altro: la Germania vanta quasi il 30 % dell'attività manifatturiera europea, mentre altri paesi - più grandi e più piccoli - presentano percentuali notevolmente inferiori o molto basse. In alcuni Stati membri gli investimenti industriali sono diminuiti considerevolmente negli ultimi vent'anni, in taluni casi per effetto di una ristrutturazione su vasta scala e in altri anche a causa di un certo livello di abbandono (7). |
2.14 |
Tra gli Stati membri, che sono così diversi tra loro, alcuni più di altri dimostrano di riuscire a migliorare la situazione. Il livello di occupazione nelle industrie è in costante calo. Oltretutto, nell'attuale crisi in atto dal 2008, nell'industria manifatturiera sono andati persi oltre 4 milioni di posti di lavoro. |
2.15 |
Non sembrano esservi segnali di discussioni tra gli Stati membri in merito a politiche, strumenti o buone pratiche. I programmi nazionali di politica industriale e innovativa sono dettati prevalentemente da tradizioni e procedure nazionali, e vengono declinati nelle strutture e nei rapporti a livello nazionale tra pubblico e privato, compresi, tra gli altri, aziende, istituti di ricerca, università e sindacati. |
2.16 |
Di conseguenza, molte politiche e i rispettivi strumenti finanziari sono a carattere principalmente nazionale, e ciò non favorisce né il mercato interno né i progetti trasversali a livello transfrontaliero. |
2.17 |
Malgrado i risultati estremamente positivi conseguiti in alcuni paesi, un'inopportuna frammentazione del mercato interno, come sostiene giustamente la Commissione, ostacola i potenziali fattori di crescita. |
2.18 |
La diversità creativa è una carta vincente per l'Europa, ma potrà tradursi in vantaggi per tutti gli europei soltanto se sarà garantita la convergenza verso obiettivi comuni. Occorre trovare un equilibrio ottimale tra la diversità creativa degli Stati membri e una convergenza trasparente e persuasiva. |
2.19 |
Come dimostra l'esempio americano, tale convergenza andrà a vantaggio soprattutto delle reti continentali di PMI con un potenziale di crescita. |
3. Strategia Europa 2020: visione, competenze e azioni condivise
3.1 |
Il mercato interno ha bisogno di uno slancio rinnovato. Nonostante l'aumento di un protezionismo larvato e l'incombere - tutt'ora - della rinazionalizzazione e della frammentazione, l'UE sta riuscendo a mantenere integro il mercato interno e a non compromettere il principio dei mercati aperti, benché la fase di attuazione resti piuttosto un punto debole. |
3.2 |
La strategia Europa 2020, che prevede competenze condivise tra l'UE e gli Stati membri, dovrebbe fungere da esempio. Tale strategia, che rispetta gli approcci e i metodi nazionali specifici, fornisce strumenti per poter beneficiare dei vantaggi offerti da un'azione su scala europea. I potenziali vantaggi di questa governance mirata sono passati finora sistematicamente in sordina. |
3.3 |
Vi è l'urgente necessità, inoltre, di ottenere risultati tangibili dall'adeguamento dei processi innovativi riusciti e della creazione di posti di lavoro all'evolvere dei modelli di produzione, commercializzazione e servizi. |
3.4 |
È necessario anticipare volutamente la ristrutturazione per migliorare l'accettazione degli adeguamenti, favorire l'aggiornamento delle competenze o la riqualificazione della forza lavoro e contribuire a ridurre il precariato (8). |
3.5 |
La comunicazione della Commissione del 2010 sta già dando il via a iniziative, come Orizzonte 2020, le prove di concorrenzialità, l'innovazione industriale, l'efficienza delle risorse, le competenze e l'istruzione, l'accesso ai finanziamenti, l'interazione e un confine meno marcato fra industria e servizi, nonché una crescente consapevolezza delle complicazioni esistenti nel caso degli investimenti e del trasferimento di tecnologie a livello internazionale. |
3.6 |
Sorprende che, fino a poco tempo fa, solo di rado fossero condotte delle valutazioni inter pares trasparenti degli Stati membri. Andrebbe ampliato il ruolo di monitoraggio della Commissione. |
3.7 |
Queste valutazioni inter pares dei paesi metterebbero in evidenza le strutture obsolete esistenti nell'industria e nel processo decisionale, contribuirebbero ad accelerare il processo di modernizzazione mediante il ricorso ad approcci efficaci e possono fungere da indicatori per una convergenza europea "verso l'alto" nel settore pubblico e in quello privato. |
3.8 |
I documenti di lavoro dei servizi della Commissione contengono raccomandazioni specifiche per singolo paese, direttamente connesse allo sviluppo industriale (9). Tali raccomandazioni devono ricevere maggiore attenzione nei programmi nazionali di riforma (PNR) discussi dagli Stati membri e dalla Commissione nell'ambito del semestre europeo. |
3.9 |
Tuttavia, sarebbe un grave errore lasciare questo compito soltanto alla Commissione, poiché esiste anche una responsabilità primaria in capo ai ministeri degli Stati membri competenti in materia di politiche non disciplinate dalla regolamentazione o da misure dell'UE, i quali, tra l'altro, sono tenuti a garantire la precisa applicazione di detta regolamentazione. |
3.10 |
Le politiche finanziarie nell'area dell'euro comportano un coordinamento accurato fra le istituzioni europee e le autorità nazionali. Non vi è ragione per cui un coordinamento analogo non possa essere attuato anche nell'ambito del rafforzamento delle condizioni quadro per l'industria, l'innovazione e la creazione di posti di lavoro, che tragga ispirazione da una visione condivisa. |
3.11 |
I documenti di lavoro dei servizi della Commissione possono anche aiutare gli Stati membri ad intraprendere valutazioni bilaterali o trilaterali su questioni connesse all'industria, quali competenze e istruzione, tecnologia e innovazione, oneri amministrativi, politica fiscale e aiuti di Stato, traendo ciascuno facilmente le proprie conclusioni in merito alle politiche più consone a livello nazionale in un'ottica europea comune. Una seria valutazione delle misure attuate dovrebbe in ogni caso essere parte integrante dei programmi nazionali. |
3.12 |
Poiché tali tendenze devono godere dell'appoggio di tutta la società, è molto importante che le associazioni d'imprese e i sindacati partecipino a pieno titolo al processo. Lo stesso vale, a seconda dei casi, per altri diretti interessati, come il settore dell'istruzione, le ONG, i consumatori, ecc. Gli approcci basati sul consenso danno buoni risultati, e il dialogo con la società a livello nazionale e regionale, nonché nei singoli settori e nelle aziende, fornirà un grande contributo. |
4. Temi da affrontare
4.1 Il CESE condivide l'affermazione della Commissione, secondo cui la complementarità fra gli interventi nazionali e unionali in materia di politica industriale è una condizione essenziale per il successo della politica industriale europea. Essa rafforzerà l'impatto delle azioni unionali e nazionali e offrirà innumerevoli opportunità di passare dalle parole ai fatti.
4.1.1 Un concetto globale presuppone un approccio olistico e politiche trasversali. Il CESE illustra qui di seguito alcuni temi interconnessi che ritiene fondamentali per il futuro dell'industria europea.
4.2 Innovazione industriale
4.2.1 |
L'innovazione industriale necessita di una solida base tecnologica europea, supportata da un coordinamento e da una cooperazione a livello transfrontaliero tra istituti di ricerca e università, tecnologia applicata e imprese. |
4.2.2 |
Le "tecnologie fondamentali abilitanti" dell'UE ed altre tecnologie trasversali sono fondamentali per i programmi di R&S unionali e nazionali, in quanto avvantaggiano numerose attività a valle e le politiche pubbliche in materia di infrastrutture e sostenibilità. Il quadro unionale per la cooperazione e la consulenza tra pubblico e privato, soprattutto tramite le piattaforme tecnologiche dell'UE, è essenziale e anche gli appalti pubblici dovrebbero generare incentivi per l'innovazione avanzata. |
4.2.3 |
La tecnologia è il campo di battaglia del futuro. Nel promuovere i progetti (faro) a livello internazionale, la Commissione e il Consiglio Ricerca dovrebbero mettersi alla guida del processo di rafforzamento del mercato interno per i progetti tecnologici e transfrontalieri. Una proficua attività di R&S e i brevetti europei dovrebbero sostenere gli investimenti innovativi e i posti di lavoro di qualità elevata. |
4.2.4 |
Il CESE sottolinea l'importanza delle risorse finanziarie dell'UE per l'attività di R&S e i progetti transfrontalieri. Orizzonte 2020 dovrebbe emulare gli sforzi in rapido aumento in altri paesi, poiché, anche se l'Europa continua a occupare una buona posizione, la sua tradizionale leadership perde terreno. Un taglio della dotazione destinata ad Orizzonte 2020 è controproducente. |
4.2.5 |
Dovrebbe emergere evidente il ruolo cruciale dell'istruzione superiore e della ricerca ad essa correlata nel campo dell'innovazione. Ove necessario, i programmi e la gestione dovrebbero essere adattati di conseguenza. |
4.2.6 |
È auspicabile disporre annualmente di informazioni riguardo agli investimenti pubblici e privati nelle tecnologie fondamentali. |
4.2.7 |
L'innovazione ha ricadute in molti altri settori e crea nuove dinamiche nelle imprese e sul posto di lavoro: riprogettazione dei metodi di produzione esistenti, necessità di ristrutturare attività obsolete, creazione di catene del valore e nuovi "settori", assottigliamento dei confini tra industria e servizi. L'innovazione è sinonimo di modernizzazione e creatività nella società e come tale dovrebbe essere comunicata. |
4.2.8 |
La Commissione ha sottolineato la necessità di tecnologia e innovazione in tutti i suoi servizi, trasformandola in una priorità orizzontale, e sarebbe auspicabile che anche le amministrazioni nazionali adottassero questo metodo. |
4.3 Competenze e qualifiche
4.3.1 |
La tecnologia, l'innovazione, la riprogettazione dei processi produttivi, l'integrazione tra industria e servizi, i nuovi fabbisogni della società e i nuovi settori di punta rendono estremamente importante disporre di competenze e qualifiche adeguate a tutti i livelli. |
4.3.2 |
Sistemi d'istruzione all'avanguardia sono fondamentali a ogni livello. Aumenta, com'è giusto, l'attenzione dell'UE nei confronti dell'istruzione, della scolarità e della formazione e lo stesso avviene anche a livello nazionale e regionale. L'istruzione è un requisito di base e deve essere alla portata di tutti. |
4.3.3 |
Qualsiasi iniziativa dell'UE a favore della crescita deve porre costantemente l'accento sull'intero spettro dell'istruzione; considerate le notevoli differenze esistenti fra gli Stati membri, lo scambio di buone pratiche sarà indispensabile per poter far fronte soprattutto alla disoccupazione giovanile. |
4.3.4 |
Le parti interessate svolgono un ruolo determinante, e ad ogni livello - aziendale (compresi i comitati aziendali), locale, regionale, nazionale e unionale - il dialogo sociale dovrebbe affrontare questioni quali istruzione, tirocini/formazione alternata, formazione industriale e formazione (permanente) avanzata, al fine di migliorare le competenze e l'occupabilità, e soddisfare così le esigenze del mercato del lavoro. Il riconoscimento transfrontaliero delle competenze e delle qualifiche dovrebbe diventare la norma allo scopo di promuovere la mobilità internazionale. |
4.3.5 |
Conformemente alle indicazioni dell'OCSE, la Commissione dovrebbe essere incaricata di condurre valutazioni inter pares sui sistemi d'istruzione degli Stati membri e sui relativi risultati. Tali valutazioni produrranno indicatori utili per opportuni miglioramenti, come già accade in molti altri settori. |
4.3.6 |
Il livello di competenze richiesto nel mondo delle imprese e nella società aumenta continuamente. L'istruzione tecnica e i servizi nel settore manifatturiero rappresentano una priorità, dalle qualifiche più basse all'istruzione universitaria. Gli istituti tecnici secondari e quelli di formazione professionale svolgono in tal senso un ruolo essenziale. |
4.3.7 |
Nel campo dell'istruzione superiore si dovrebbe sopperire alla carenza strutturale di scienziati, ingegneri e matematici - sia studenti che ricercatori - cercando di ridurre gli sfasamenti tra la domanda e l'offerta nel mercato del lavoro. |
4.3.8 |
La formazione professionale dovrebbe essere garantita a tutti i lavoratori e in particolare agli operatori e artigiani dotati di particolari specializzazioni nel mondo delle PMI e nel settore artigiano. |
4.3.9 |
La creazione di posti di lavoro sostenibili nell'industria, sulla base di condizioni di lavoro, salute e sicurezza al passo con i tempi, è parte integrante della giusta mentalità necessaria per modernizzare tale settore. Un incremento della competitività dovrebbe andare di pari passo con condizioni di lavoro appropriate e con il rispetto dei diritti dei lavoratori. |
4.3.10 |
Occorre considerare con particolare attenzione l'impatto dell'invecchiamento demografico nell'UE sull'offerta di manodopera nell'industria. Le condizioni di lavoro dei lavoratori anziani vanno adattate di conseguenza, al pari della struttura e delle capacità di formazione e di apprendimento permanente. |
4.4 Accesso ai finanziamenti
4.4.1 |
L'accesso ai finanziamenti continua a rappresentare un punto debole. Il settore industriale ha risentito fortemente della crisi bancaria, a seguito della quale le banche continuano a essere restie a concedere crediti. La crisi ha, inoltre, favorito la rinazionalizzazione delle attività. La tradizionale avversione al rischio è acuita da norme internazionali più rigorose sui fondi propri (equity) e probabilmente dalla regolamentazione finanziaria dell'UE. Fortunatamente le norme relative a Basilea III, che rendono più difficoltosa la concessione di prestiti, saranno applicate via via con maggiore elasticità. |
4.4.2 |
Le PMI necessitano di strumenti di ingegneria finanziaria più appropriati e di nuove fonti di finanziamento come, per esempio le compagnie di assicurazioni e i fondi pensione. Uno dei principali obiettivi è quello di ripartire o diluire i rischi, anche mediante regimi di garanzia o fondi governativi. Il finanziamento collettivo (crowd funding) deve aprire nuove prospettive allettanti. |
4.4.3 |
Nel contempo devono aumentare i finanziamenti privati o non bancari, e negli Stati membri andrebbe dato rilievo alle iniziative private. Il divario rispetto agli Stati Uniti rimane infatti significativo: due terzi degli investimenti americani sono finanziati al di fuori del settore finanziario, contro un terzo in Europa. La legislazione UE e nazionale dovrebbe incoraggiare la tendenza a ricorrere a maggiori investimenti privati e private equity soprattutto per sostenere l'innovazione. |
4.4.4 |
La sussidiarietà comporta un'ampia diversità di politiche fiscali, nonché di sistemi di sovvenzioni e prestiti in tutta Europa. Il CESE insiste sulla necessità di una valutazione e di verifiche inter pares degli strumenti nazionali da parte della Commissione, ai fini di un'effettiva convergenza tra questi ultimi. |
4.4.5 |
La BEI e la Commissione stanno lavorando a strumenti finanziari UE di nuova generazione, con un impatto e un effetto di leva maggiori rispetto alle sovvenzioni. La capacità di assunzione del rischio da parte dei fondi UE, unita alla capacità di finanziamento della BEI, dovrebbe dar luogo a un insieme di capacità per la progettazione e l'attuazione di strumenti finanziari utilizzabili per raggiungere gli obiettivi industriali. |
4.4.6 |
I fondi di rotazione, coordinati congiuntamente dalla BEI e dalla Commissione, che saranno applicati nell'ambito di Orizzonte 2020, di Cosme, del quadro finanziario pluriennale e della politica regionale, dovranno produrre un effetto moltiplicatore, e si dovrà prestare una particolare attenzione alla visibilità di "chi fa cosa". Il CESE sottolinea la necessità di mantenere un bilancio UE solido e ben gestito, integrato da strumenti di credito nazionali (ri)organizzati in maniera efficace. Va esteso il ricorso ai project bond (obbligazioni per progetti infrastrutturali) e ai prestiti "verdi". |
4.4.7 |
Le attuali norme dell'UE sono troppo rigorose e burocratiche. Il CESE ribadisce che gli strumenti dell'UE devono essere adattati al mercato e facilmente attuabili, dotati di flessibilità per adeguarsi al rapido evolversi delle condizioni del mercato, e accessibili alle aziende innovative e ai piccoli progetti di microeconomia difficilmente intercettabili. Occorre raggiungere un nuovo equilibrio fra un'amministrazione affidabile degli strumenti e le esigenze del mercato. |
4.5 Sviluppo sostenibile
4.5.1 |
Lo sviluppo sostenibile e l'efficienza delle risorse vengono sempre più integrati nelle strategie aziendali e nelle attività a monte e a valle, nonostante le notevoli differenze fra uno Stato membro e l'altro. I modelli commerciali sostenibili migliorano la capacità di resistenza delle aziende europee. Attori pubblici e privati devono sostenersi reciprocamente. |
4.5.2 |
Un caso emblematico è quello del cambiamento climatico e delle emissioni di CO2. Di fronte al continuo rischio di una rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e degli investimenti, il CESE chiede di sottoporre le politiche dell'UE ad una ulteriore valutazione, sulla cui base effettuare una transizione sostenibile verso un'economia a basse emissioni di carbonio. |
4.5.3 |
L'efficienza in termini di costi e la fattibilità tecnica al fine di mantenere la competitività delle imprese sono un requisito essenziale per la crescita economica e la creazione di posti di lavoro nell'UE all'insegna della sostenibilità. Solo così si verranno a formare sinergie fra gli obiettivi ambientali e le prestazioni industriali. |
4.5.4 |
Il passaggio, reso possibile dalla tecnologia, a un'economia a basse emissioni di carbonio ed efficiente sotto il profilo delle risorse deve anche essere socialmente equo nei confronti di tutte le generazioni di lavoratori. |
4.5.5 |
Con l'invecchiamento demografico, tra i consumatori aumenterà la percentuale dei cittadini più anziani, e la produzione industriale dovrà venire incontro ai loro modelli di consumo differenti. Ciò offre alle imprese nuove opportunità e spazio per innovazioni come gli alimenti funzionali, l'adattamento di alloggi e trasporti, e nuove tecnologie nel campo della sanità e dell'assistenza a lungo termine. |
4.5.6 |
I programmi e le disposizioni regolamentari dell'UE dovrebbero promuovere un'innovazione sostenibile, seguendo, tra l'altro, gli orientamenti contenuti nell'iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse. Poiché gli interessi industriali in gioco sono molto elevati, è fondamentale che su tutto il territorio dell'UE vi siano condizioni ambientali comparabili, stabili e prevedibili. Si dovrebbero valutare opportunamente l'efficacia della progettazione ecocompatibile (10) e la possibilità di applicare dei massimali assoluti all'utilizzo delle materie prime nell'industria. Un'eccessiva regolamentazione incide altresì negativamente sull'innovazione e sugli investimenti, causando a volte la perdita di quote di mercato. La Commissione e il Consiglio dovrebbero salvaguardare le industrie europee di base (ad alta intensità energetica), eliminando le distorsioni della concorrenza rispetto ai paesi terzi. |
4.6 Servizi
4.6.1 |
Il settore dei servizi, che rappresenta il 70 % dell'economia europea, occupa gran parte della forza lavoro. Esso è strettamente connesso con i processi industriali e ne rafforza la base. L'applicazione della direttiva sui servizi, tuttavia, è frammentaria e i servizi alle imprese continuano ad essere poco sviluppati nella maggior parte dell'UE. |
4.6.2 |
La mancanza di un mercato dei servizi integrato - un elemento, questo, che è impossibile trascurare - si ripercuote negativamente sia sul commercio sia sulla produttività all'interno dell'Europa. In entrambi i settori gli Stati Uniti sono leader mondiali grazie all'assai maggiore integrazione del loro mercato dei servizi. Il terziario soffre ancora di una netta propensione per il mercato nazionale, cui si aggiungono gli ostacoli alla fruizione di servizi transfrontalieri. Tuttavia, minori sono gli scambi commerciali, minore è la concorrenza: i mercati dei servizi nell'UE sono ancora prevalentemente nazionali e ciò frena la crescita della produttività (11). |
4.6.3 |
Lo scarso sviluppo dei mercati dei servizi rappresenta un ostacolo per lo sviluppo di un settore delle TIC competitivo in Europa, oltre a impedire iniziative pionieristiche e frenare la crescita della produttività. Di conseguenza, l'UE dovrebbe garantire uno sviluppo dei servizi improntato sul libero mercato e promuovere i servizi alle imprese, e la relativa creazione di posti di lavoro, in tutta Europa. |
4.7 Ostacoli amministrativi
4.7.1 |
Le denunce di ostacoli amministrativi sono ormai all'ordine del giorno; ciononostante, l'attività di verifica sistematica di norme e regolamentazioni di origine nazionale è ancora troppo limitata, quando invece sarebbe altamente auspicabile adottare anche in questo caso sistemi di valutazioni d'impatto come quelli applicati dalla Commissione europea alle sue politiche. In generale manca un coordinamento fra gli Stati membri. Gli ostacoli e le barriere di tipo amministrativo pregiudicano i numerosi tentativi di creare start-up e promuovere PMI. |
4.7.2 |
In questo ambito si fa strada un protezionismo larvato. Il CESE insiste perché vengano condotte valutazioni continue e trasparenti, e la Commissione dovrebbe da parte sua essere incaricata di condurre indagini. Le valutazioni inter pares dovrebbero essere discusse in seno al Consiglio, il quale dovrebbe fissare obiettivi e scadenze. |
4.8 PMI
4.8.1 |
Esistono molte tipologie diverse di PMI, spesso difficilmente comparabili; in alcuni settori, per esempio la distribuzione al dettaglio, le PMI sono soggette a forti pressioni, mentre in altri esse svolgono attività per conto di aziende più grandi (esternalizzazione, catene del valore, ecc.). Le PMI sono quasi sempre indispensabili per l'innovazione di prodotti e servizi. Data la loro forza innovativa e la loro riuscita sui mercati, le PMI devono essere visibilmente integrate e poste in luce quale forza trainante nella politica industriale dell'UE. |
4.8.2 |
Grazie alle loro dinamiche, all'interazione nell'ambito delle catene del valore e alla loro flessibilità, le PMI svolgono spesso un ruolo pionieristico, sviluppando soluzioni su misura e facendo opera di rinnovamento, oltre a essere una preziosa fonte di nuovi posti di lavoro. Occorre pertanto sostenere i lori sforzi intesi a ridurre l'utilizzo di energia e di risorse già scarse. Ciò alla fine si tradurrà in una riduzione dei costi che consentirà alle PMI di ottenere risultati migliori e creare posti di lavoro. |
4.8.3 |
L'Europa ha bisogno di giovani imprenditori. Occorre pertanto concentrare l'attenzione sulla "imprenditorialità" nell'istruzione - compreso il fenomeno della "imprenditorialità per l'università". Il CESE accoglie favorevolmente il piano d'azione sull'imprenditorialità della Commissione. |
4.8.4 |
Il numero di start-up è in aumento. Dal raffronto con gli Stati Uniti emerge tuttavia che un quantitativo insufficiente di piccole imprese raggiunge il livello di maturità, a causa della presenza sia di deboli condizioni finanziarie sia di barriere nazionali all'interno del mercato europeo. |
4.9 Energia
4.9.1 |
Le politiche energetiche nazionali determinano nell'UE politiche frammentarie in materia di mix energetico, con ripercussioni sui prezzi dell'energia, sulle tecnologie, sui rapporti con i paesi terzi e, infine, sul mercato interno. Il CESE insiste sulla necessità di una politica comune in materia di energia. Considerate le profonde implicazioni dell'energia per l'economia, una seria politica industriale non può prescindere dalla presenza di determinati principi comuni in tutta l'Europa. |
4.9.2 |
Il Consiglio non può più esimersi da un dibattito strategico sulle prospettive a lungo termine e sulle relative politiche in materia di energia con, all'ordine del giorno, un opportuno mix energetico nell'UE - che comprenda materie prime fossili, energia nucleare ed energie rinnovabili - nonché le condizioni ambientali, di salute e di sicurezza. |
4.9.3 |
Una serie di decisioni in materia è più che mai urgente, ora che lo sfruttamento del gas di scisto negli Stati Uniti sta ribaltando completamente lo scenario energetico mondiale. |
4.9.4 |
I prezzi energetici sono notevolmente più elevati nell'UE rispetto ai suoi principali partner commerciali. Il prezzo del gas americano corrisponde al 20 % di quello europeo e le implicazioni per il settore chimico e siderurgico sono enormi, oltre a potersi ripercuotere anche sulle industrie a valle. Gli effetti sugli investimenti in Europa e la necessità di una risposta coordinata da parte dell'UE e degli Stati membri sollevano interrogativi scottanti che richiedono una risposta efficace. |
4.9.5 |
L'industria sta contribuendo alla diffusione delle energie rinnovabili. Di fronte però ai costi energetici elevati, occorre assolutamente trovare un equilibrio tra competitività e finanziamento delle risorse rinnovabili, che può comportare una riduzione dei prelievi e un miglioramento dei regimi di sostegno all'efficienza in termini di costi. |
4.10 Relazioni esterne
4.10.1 |
Le relazioni esterne vanno oltre gli accordi formali, come quelli siglati nell'ambito dell'OMC. Al momento di sviluppare la dimensione esterna della politica industriale, l'UE e gli Stati membri dovrebbero definire strategie comuni su come gestire questioni complesse, al fine in particolare di garantire condizioni di parità a livello globale. L'apertura dei mercati presuppone condizioni di reciprocità; pertanto l'UE dovrebbe affrontare seriamente le distorsioni concrete e dannose per gli interessi dell'industria europea. |
4.10.2 |
Un approvvigionamento energetico privo di impedimenti è fondamentale per ragioni economiche e di sicurezza; per tale motivo risulta ancor più necessario adottare un approccio europeo alla luce dell'attuale scenario di prezzi energetici contenuti negli Stati Uniti. Occorre altresì prestare una particolare attenzione ai materiali essenziali per i processi industriali. |
4.10.3 |
Standard ambientali, climatici e sociali internazionali o i relativi accordi di settore sono essenziali al fine di creare condizioni eque a livello mondiale. Essi devono infatti stabilire condizioni tali da mantenere le catene di valore della produzione in Europa. |
4.10.4 |
Il CESE sottolinea la necessità di proteggere i diritti di proprietà intellettuale, nonché di garantire l'accesso agli appalti pubblici indetti in altri paesi. |
4.10.5 |
È fortemente auspicabile la conclusione di accordi di libero scambio equilibrati e opportunamente negoziati, soprattutto con gli Stati Uniti. In questo senso è essenziale un attento monitoraggio. |
Bruxelles, 11 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) Cfr., tra gli altri, il parere CESE GU C 218 del 23.07.2011, pag. 38, che rappresenta la risposta del Comitato alla precedente comunicazione della Commissione europea sulla politica industriale (2010).
(2) Documento di lavoro dei servizi della Commissione, SWD(2012) 297 final, pag. 10.
(3) American Manufacturing Competitiveness Act, 2012 (Legge sulla competitività dell'industria manifatturiera americana).
(4) Global Trends: Alternative Worlds, National Security Council, Washington, dicembre 2012.
(5) US EPA, Study of the Potential Impacts of Hydraulic Fracturing on Drinking Water Resources: Progress Report, dicembre 2012 (http://www2.epa.gov/hfstudy).
(6) Cfr. "State Capitalism", The Economist, relazione speciale, gennaio 2011.
(7) Documento di lavoro dei servizi della Commissione, Industrial Performance Scoreboard and Report on Member States' Competitiveness, Performance and Policies, SWD(2012) 298 final, parti 1, 2, 3 e 4.
(8) Cfr. anche la relazione del Parlamento europeo, relatore Cercas.
(9) Cfr. nota 6: documento di lavoro dei servizi della Commissione, parti 1-4.
(10) Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009 relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia (rifusione).
(11) How to build European services markets, John Springford, Centre for European Reform, settembre 2012, pag. 4.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/90 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul regime di scambi per talune merci ottenute dalla trasformazione di prodotti agricoli»
COM(2013) 106 final — 2013/0063 (COD)
2013/C 327/15
Relatore: MACIULEVIČIUS
Il Parlamento europeo e la Commissione europea, rispettivamente in data 12 marzo 2013 e 15 marzo 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43, paragrafo 2, dell'articolo 207, paragrafo 2 e dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul regime di scambi per talune merci ottenute dalla trasformazione di prodotti agricoli
COM(2013) 106 final — 2013/0063 (COD).
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 12 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio, (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 149 voti favorevoli e 3 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il CESE accoglie con favore la presente proposta di allineamento al Trattato di Lisbona, come aveva già fatto nel proprio parere 357/2011 (1) e come ha continuato a fare, in maniera costante, nei suoi successivi pareri. |
1.2 |
Il CESE raccomanda che le norme sugli scambi siano oggetto di una modernizzazione generalizzata e siano rese più trasparenti in generale, con il coinvolgimento di tutte le parti interessate oltre che, nel contempo, coerenti con gli obiettivi della Politica agricola comune, in modo da promuovere i valori dell'UE nel mondo. |
1.3 |
Il CESE insiste affinché vengano previsti efficaci strumenti di protezione contro potenziali abusi nei casi in cui gli accordi di libero scambio (ALS) servano per immettere sul mercato UE alimenti a basso costo facilmente prodotti riducendo gli standard di qualità. |
1.4 |
Il CESE raccomanda vivamente di far sì che qualsiasi futuro regime di scambi impedisca distorsioni della concorrenza nel mercato dell'Unione, derivanti dall'applicazione da parte di paesi terzi di standard ridotti in materia di ambiente, sicurezza degli alimenti, benessere degli animali e norme sociali. Questo obiettivo potrebbe essere conseguito inserendo nei dazi all'importazione alcuni elementi addizionali di compensazione. |
1.5 |
Il CESE sollecita una revisione del sistema di rilascio di licenze di importazione, certificati di restituzione e certificati di perfezionamento attivo, con particolare attenzione alla ripartizione dei contingenti, per lasciare un margine sufficiente ai piccoli e medi produttori. |
1.6 |
Il CESE invita a introdurre strumenti per l'aggiudicazione di appalti elettronici integrati con il sistema doganale per la gestione delle licenze, dei contingenti e dei certificati. Tale meccanismo dovrebbe essere in grado di rilevare in tempo reale l'esatta situazione del mercato e reagire immediatamente qualora vengano raggiunti volumi o prezzi limite. |
1.7 |
Il CESE raccomanda di mantenere il sistema di restituzioni all'esportazione in stand-by, visto che attualmente non siamo in grado di prevedere quando questa rete di sicurezza sarà nuovamente necessaria. |
1.8 |
Il CESE invita la Commissione a rafforzare il ruolo del gruppo consultivo sugli aspetti internazionali del settore Agricoltura, in modo da disporre di un contributo diretto da agricoltori, trasformatori, consumatori, commercio, ecc (2). |
2. Contesto generale
2.1 |
L'obiettivo della proposta di regolamento è allineare con il Trattato di Lisbona e fondere l'attuale regime di scambi dei prodotti agricoli trasformati / prodotti non compresi nell'allegato I, di cui al regolamento (CE) n. 1216/2009, e il regime comune di scambi per l'ovoalbumina e la lattoalbumina, attualmente stabilito nel regolamento (CE) n. 614/2009 del Consiglio, per motivi di razionalizzazione, armonizzazione e semplificazione, allo scopo di:
|
3. Osservazioni generali
3.1 |
Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di semplificare, razionalizzare e armonizzare la legislazione relativa agli scambi di prodotti agricoli trasformati, e in particolare il fatto che entrambi i regolamenti (concernenti il regime di scambi dei prodotti agricoli trasformati e l'organizzazione comune dei mercati agricoli) verranno allineati al Trattato di Lisbona in parallelo, poiché entrambi contengono disposizioni simili per quanto riguarda il regime di importazione ed esportazione dei prodotti agricoli e dei prodotti agricoli trasformati (quali ad esempio riduzione dei dazi all'importazione, dazi addizionali all'importazione, contingenti di importazione, restituzioni all'esportazione, licenze di esportazione e certificati di restituzione). |
3.2 |
Al tempo stesso, il CESE ritiene che tale operazione di semplificazione, razionalizzazione e armonizzazione della legislazione rappresenterebbe una grande opportunità per modernizzare le norme sugli scambi e renderle più trasparenti in generale, con il coinvolgimento di tutte le parti interessate, al fine di promuovere i valori dell'UE in tutto il mondo. |
3.3 |
Il CESE apprezza il fatto che la proposta di regolamento rappresenti una "lisbonizzazione" delle disposizioni vigenti senza alcuna modifica sostanziale, ma al tempo stesso raccomanda una revisione approfondita delle politiche commerciali, per renderle coerenti con gli obiettivi della Politica agricola comune, come stabilito dall'articolo 39 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. |
3.4 |
In diverse occasioni il CESE ha manifestato il proprio sostegno agli accordi di libero scambio e agli accordi commerciali preferenziali, sottolineando altresì l'importanza dei negoziati in sede OMC. Il CESE, tuttavia, sottolinea che l'UE, essendo il principale importatore mondiale di prodotti alimentari, svolge un ruolo fondamentale nel promuovere i suoi più elevati standard in materia di sicurezza e qualità degli alimenti, benessere animale, protezione dell'ambiente e valori sociali. |
3.5 |
Il CESE osserva che i dazi all'importazione, e soprattutto i relativi elementi agricoli, dovrebbero essere integrati con elementi addizionali - relativi all'ambiente, alla sicurezza degli alimenti, al benessere animale ed ai valori sociali - che potrebbero essere utilizzati come strumento per diffondere nei paesi terzi i valori dell'UE in materia di produzione alimentare. Tali elementi dovrebbero essere ridotti soltanto se il produttore che esporta verso l'UE rispetta tali valori. Questa procedura di condivisione dei nostri valori societali permetterà nel lungo termine di migliorare la resilienza e la sostenibilità del sistema di produzione alimentare mondiale. |
3.6 |
Il CESE insiste affinché vengano previsti efficaci strumenti di protezione contro potenziali abusi nei casi in cui gli ALS servano per immettere sul mercato UE alimenti a basso costo facilmente prodotti riducendo gli standard di qualità. |
3.7 |
Il CESE raccomanda alla Commissione di rivedere il proprio sistema di rilascio di licenze di importazione, certificati di restituzione e certificati di perfezionamento attivo, con particolare attenzione alla ripartizione dei contingenti, per lasciare un margine sufficiente ai piccoli e medi produttori e impedire che il mercato sia dominato da un numero ristretto di operatori. |
3.8 |
Il CESE invita la Commissione a introdurre strumenti per l'aggiudicazione di appalti elettronici integrati con il sistema doganale per la gestione delle licenze, dei contingenti e dei certificati, che ridurrebbero sensibilmente i costi delle operazioni nonché i rischi connessi con l'utilizzo di documenti cartacei da parte degli operatori. |
3.9 |
Tale sistema dovrebbe essere in grado di rilevare in tempo reale l'esatta situazione del mercato e reagire immediatamente qualora vengano raggiunti volumi o prezzi limite. |
3.10 |
Il CESE ritiene che le restituzioni all'esportazione, benché attualmente non utilizzate, svolgano una funzione estremamente importante come rete di sicurezza, in caso di squilibri nel mercato. Al tempo stesso, è molto importante mantenere il sistema in stand-by, visto che attualmente non siamo in grado di prevedere quando questa rete di sicurezza sarà nuovamente necessaria. |
3.11 |
È essenziale che la Commissione rafforzi il ruolo del gruppo consultivo sugli aspetti internazionali del settore Agricoltura, in modo da disporre di un contributo diretto da agricoltori, trasformatori, consumatori, commercio, ecc., e creare quindi un utile forum di consultazione e informazione (3). |
Bruxelles, 10 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) GU C 107 del 6.04.2011, pag. 33.
(2) GU C 304 del 10.11.1993, pag. 8.
(3) GU C 304 del 10.11.1993, pag. 8.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/93 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee»
COM(2012) 673 final
alla «Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio concernente l’attuazione della direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE) — Piani di gestione dei bacini idrografici»
COM(2012) 670 final
e alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Relazione sul riesame della politica europea in materia di carenza idrica e di siccità»
COM(2012) 672 final
2013/C 327/16
Relatore: CINGAL
Correlatrice: LE NOUAIL MARLIÈRE
La Commissione europea, in data 11 novembre 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee
COM(2012) 673 final.
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 12 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 128 voti favorevoli, 101 voti contrari e 17 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il CESE riconosce il valore della comunicazione della Commissione, ma ritiene che il documento non proponga azioni sufficientemente proattive per apportare soluzioni ai diversi problemi individuati. |
1.2 |
Il CESE invita pertanto la Commissione a riconoscere la necessità di:
|
1.3 |
Il CESE accoglie con favore l'impegno della Commissione a integrare gli obiettivi legati all'acqua in altri strumenti chiave come la PAC, il Fondo di coesione, i fondi strutturali e le politiche in materia di energie rinnovabili. Al tempo stesso, constata che sono necessari sforzi molto maggiori per arrivare a una vera e propria coerenza tra le politiche e per eliminare gli incentivi a un consumo eccessivo delle risorse idriche, al degrado morfologico e all'inquinamento delle acque. |
1.4 |
Il CESE invita la Commissione a chiarire la questione della sostenibilità delle risorse. Mentre la direttiva quadro sulle acque (1) impone l'obbligo di non danneggiare le risorse idriche, si constata che l'UE consente la realizzazione di progetti intesi a garantire l'approvvigionamento energetico. Questo problema, finora marginale, rischia di diventare più frequente con i progetti per l'estrazione del gas di scisto. Il CESE ritiene che le risorse idriche rivestano un'importanza primordiale. |
1.5 |
Il CESE raccomanda alla Commissione di incoraggiare gli Stati membri ad applicare rigorosamente l'articolo 9 (principio "chi inquina paga") della direttiva quadro sulle acque per raggiungere un buono stato delle risorse idriche. |
1.6 |
Il Comitato invita la Commissione a chiarire che cosa si debba intendere per "stress idrico". Se ci si attiene alla definizione classica - domanda d'acqua superiore alle risorse disponibili - si rischia troppo spesso di intervenire troppo tardi (mortalità delle foreste, ecc.). È pertanto opportuno definire, oltre a dei flussi ecologici minimi, anche dei livelli di guardia che facciano scattare delle azioni preventive prima che siano raggiunti tali minimi, onde evitare situazioni critiche. |
1.7 |
Il CESE invita la Commissione a incoraggiare, attraverso gli strumenti della politica di coesione (FESR, FSE, Cooperazione territoriale europea, ecc.):
|
1.8 |
Il CESE invita la Commissione a far conoscere le migliori tecniche disponibili (MTD). La chiusura del ciclo dell'acqua non appare più un obiettivo irrealistico, se si considerano i progressi compiuti, ad esempio, nell'industria della carta. Il CESE ritiene invece necessario adottare delle norme e una regolamentazione per ridurre le perdite in rete. |
1.9 |
Il CESE invita la Commissione a proporre uno strumento legislativo che imponga l'obbligo di tenere conto con criteri progressivi dell'efficacia nella gestione dell'acqua: misurazione del consumo, trasporto, depurazione, ecc. Non ci si può limitare a considerare unicamente gli usi domestici, né accontentarsi delle sole iniziative volontarie. La gestione integrata riguarda tutti i bacini idrografici. |
1.10 |
Il CESE invita la Commissione a estendere l'elenco delle sostanze inquinanti (nanoelementi, molecole chimiche cancerogene, mutagene, reprotossiche) che non devono essere presenti nelle acque superficiali o nelle falde acquifere, allo scopo di proteggere la salute dei cittadini (2) e di pervenire a una serie di raccomandazioni per il riutilizzo delle acque trattate. Il CESE sottolinea l'interesse della relazione n. 1/2013 dell'Agenzia europea dell'ambiente (AEA) Signaux précoces et leçons tardives II ("Segnali precoci e lezioni tardive II") (3). |
1.11 |
Il CESE ricorda le preoccupazioni da esso espresse a proposito degli scambi idrografici con compensazioni finanziarie e invita la Commissione alla massima prudenza. Ogni eventuale progetto dovrà obbligatoriamente essere reso noto al pubblico (convenzione di Aarhus) ed essere oggetto di un dibattito aperto. Il CESE osserva che un sistema di trasferimenti sarebbe ingiusto e dannoso per le popolazioni più svantaggiate, indipendentemente dal fatto che siano previste o meno compensazioni finanziarie. |
2. Contesto
2.1 |
Nel 2000 la direttiva quadro sulle acque ha stabilito una base giuridica per proteggere e ripristinare acque pulite in tutta Europa e per garantirne un uso sostenibile a lungo termine. L'obiettivo generale della direttiva quadro è il raggiungimento di un buono stato di tutte le acque, compresi laghi, fiumi, torrenti e falde acquifere, entro il 2015. |
2.2 |
La Commissione ha constatato che spesso le autorità non sono riuscite a combinare gli obiettivi di efficacia ed equità (sarebbe quindi logico applicare il principio "chi inquina paga", eliminando le sovvenzioni controproducenti o nocive), così da bilanciare introiti e spese d'investimento. |
2.3 |
Il 14 novembre 2012, la Commissione ha pubblicato un piano per le risorse idriche che consta di tre elementi:
|
2.3.1 |
Tenuto conto del carattere essenziale della risorsa acqua, la sua gestione riveste un'importanza cruciale per i cittadini dell'UE e pone quindi delle difficoltà, in quanto richiede conoscenze specifiche. Le sintesi delle valutazioni tecniche e di impatto, vista la loro importanza, meritano di essere portate a conoscenza delle organizzazioni della società civile (OSC) e quindi di essere rese disponibili nelle diverse lingue dell'UE. |
2.3.2 |
Le proposte della Commissione si basano su diversi lavori, in particolare quelli dell'AEA:
|
2.3.3 |
Il CESE accoglie con favore il riesame della politica europea in materia di carenza idrica e di siccità, dal momento che la domanda cresce, ma le risorse non aumentano e che, come constatato in diverse relazioni delle Nazioni Unite, si assiste a uno spostamento verso nord della cosiddetta "linea della siccità". |
2.4 |
Il piano d'azione per le risorse idriche propone un approccio basato su tre pilastri e su una serie di misure articolate in 25 tappe:
|
2.5 |
L'orizzonte temporale del Piano è strettamente correlato alla strategia Europa 2020 e, in particolare, alla tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, di cui il Piano costituisce la tappa relativa all'acqua. |
2.6 |
Il 22 settembre 2010 il CESE ha pubblicato la relazione informativa Il lavoro dignitoso e lo sviluppo sostenibile nella regione del Mediterraneo, con particolare attenzione ai settori dell'acqua dolce, dell'acqua marina e delle reti fognarie, elaborata dalla sua sezione specializzata REX e presentata al vertice dei consigli economici e sociali della regione euromediterranea del novembre 2010. In essa vengono esaminate le problematiche legate all'impoverimento idrico cui si assiste nel bacino mediterraneo, le conseguenze sociali di questo fenomeno e le condizioni di finanziamento dei relativi progetti. Il 15 giugno 2011, su richiesta della presidenza ungherese, è stato adottato il parere Integrazione della politica dell'acqua nelle altre politiche europee (4). Inoltre, il 23 maggio 2012 il CESE ha adottato un parere riguardante le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque (5) e il 13 dicembre 2012 uno sulla comunicazione della Commissione Partenariato europeo per l’innovazione relativo all’acqua (6). Si rimanda infine ai pareri Strategia tematica per la protezione del suolo (7) e Settimo programma di azione in materia di ambiente (8). |
3. Osservazioni generali
3.1 |
Il CESE concorda con la Commissione nel ritenere che la direttiva quadro sulle acque sia uno strumento idoneo per arrivare a un buono stato ecologico delle risorse idriche in Europa. Affinché questo obiettivo possa essere conseguito, tuttavia, è indispensabile che le relative basi di dati siano gestite da organismi indipendenti e che l'applicazione della direttiva venga rigorosamente rafforzata. Il 47 % delle acque dell'Unione non sarà in buono stato entro il 2015, sebbene il Piano d'azione valuti i progressi compiuti nella gestione delle risorse idriche e avanzi alcune proposte da attuare entro il 2020. |
3.2 |
Alcuni Stati membri tardano ad attuare l'articolo 9 della direttiva sulle acque adottata già nel 2000, e questo ritardo si ripercuote sul raggiungimento di un buono stato delle acque. Il CESE ritiene che i gestori delle risorse idriche debbano rispettare il principio "chi inquina paga" in ogni luogo e in ogni momento nello stabilire il prezzo dell'acqua e le tariffe per i canoni di depurazione. Raccomanda inoltre che il piano venga applicato sia alle regioni deficitarie sia alle regioni che dispongono di eccedenze. |
3.2.1 |
Il CESE deplora i ritardi nell'attuazione della direttiva da parte degli Stati membri, che così facendo privano i cittadini dei benefici derivanti dall'accesso ad acque di migliore qualità. Sostiene quindi pienamente gli sforzi della Commissione per imporre il rispetto della direttiva sulle acque a tutti gli Stati membri. |
3.3 |
Il CESE esprime tuttavia preoccupazione per il fatto che la Commissione non propone sufficienti misure innovatrici per migliorare l'efficienza nella gestione delle acque. Entro il 2030 si prevede che la domanda potrebbe superare le disponibilità addirittura del 40 %: ciò significa che la maggioranza degli Stati membri risentirà di quest'insufficienza delle risorse idriche. L'approccio proposto dalla Commissione presenta un forte rischio, in quanto si fonda unicamente sugli strumenti esistenti e non propone, al di là della direttiva sulla progettazione ecocompatibile, una politica di gestione diversificata in base alle esigenze, a seconda che si tratti delle famiglie, del settore industriale (comprese le carriere) e di quello agricolo. In queste condizioni, vi è motivo di temere il prosciugamento o deterioramento di un numero ancora maggiore di corsi d'acqua. Il CESE teme che i cittadini continuino a pagare canoni per sovvenzionare sistemi di produzione che non si iscrivono in una prospettiva di sviluppo sostenibile. La gestione integrata delle risorse idriche è soltanto un riferimento globale: occorre precisare le condizioni in base alle quali essa va applicata a tutti i bacini idrografici. |
3.4 |
Il CESE giudica positivamente le misure intese a preservare gli ecosistemi e sostiene l'iniziativa per la conservazione degli acquiferi naturali. Tale iniziativa presenta dei vantaggi dal punto di vista della resilienza delle specie e degli ecosistemi ai cambiamenti climatici, soprattutto se accompagnata da misure adeguate per la politica agricola comune e la politica di sviluppo rurale. Purtroppo, la Commissione non ha posto sufficientemente l'accento sull'interfaccia acqua/clima. È opportuno definire misure che consentano di trattenere nei suoli le acque meteoriche e di farle filtrare verso le falde freatiche. |
4. Osservazioni particolari
4.1 |
La questione dell'acqua è fondamentale, in quanto si tratta di un bene essenziale per l'uomo e per gli ecosistemi naturali e di un patrimonio comune a tutti gli esseri umani. |
4.2 |
La politica per le risorse idriche e i servizi igienico-sanitari deve iscriversi in un approccio improntato allo sviluppo sostenibile, che consenta al tempo stesso di rispondere ai bisogni attuali delle popolazione e di conservare le risorse per soddisfare quelli delle generazioni future. In Europa e nel resto del mondo sono molti gli esseri umani che non hanno accesso a questa risorsa vitale. La concezione dell'ONU, che riconosce il diritto universale ad avere accesso all'acqua potabile in quantità sufficiente e a servizi igienico-sanitari, permetterà ad oltre un milione di persone in Europa, prive di accesso a un'acqua salubre, pulita ed economicamente accessibile, nonché a diversi milioni di cittadini europei che non dispongono di alcun sistema di servizi igienico-sanitari, di esercitare un diritto fondamentale (9). |
4.3 |
A tal fine, il CESE invita la Commissione europea a proporre una legislazione che faccia dell'accesso all'acqua e ai servizi igienico-sanitari un diritto dell'uomo nell'accezione delle Nazioni Unite, e a promuovere la fornitura d'acqua e di servizi igienico-sanitari come servizi pubblici essenziali per tutti. La legislazione europea dovrebbe imporre ai governi l'obbligo di garantire e fornire alla popolazione servizi igienico-sanitari e acqua sana e potabile in quantità sufficiente. Il CESE raccomanda che:
|
4.4 |
L'accesso all'acqua è un diritto fondamentale strettamente legato alla prestazione dei relativi servizi e alle modalità di fissazione delle relative tariffe. A questo proposito, il CESE prende atto della procedura d'indagine in corso sul mercato dell'acqua francese avviata dalla Commissione nel gennaio 2012. Tre grandi gruppi multinazionali presenti sul mercato mondiale dell'acqua sono francesi. Il CESE sostiene la portata di questa procedura formale in materia di intese e di abuso di posizione dominante, che fa seguito alle indagini condotte presso queste tre imprese nella primavera del 2010. Essa dovrebbe consentire alla Commissione di stabilire se le tre imprese, "d'intesa con la Federazione professionale delle imprese dell'acqua (Fédération professionnelle des entreprises de l'eau - FP2E)", abbiano coordinato il loro comportamento sui mercati francesi dell'acqua e delle acque reflue, in violazione delle norme UE sulle intese, nonché di accertare se vi sia stata un'intesa su elementi del prezzo fatturato al consumatore finale. Il CESE attende con grande impazienza la pubblicazione dei risultati della suddetta indagine. |
4.5 |
I trasferimenti da un corpo idrico all'altro presuppongono investimenti considerevoli e possono comportare seri rischi ambientali; essi non incoraggiano un uso razionale delle risorse e accentuano le disuguaglianze, in quanto sono gli attori economici più ricchi che possono permettersi di pagare la risorsa più rara. |
4.6 |
Per ridurre le perdite in rete la comunicazione si limita a suggerire di ricorrere alle migliori tecniche disponibili. Questa problematica dovrebbe invece essere affrontata definendo delle norme e una regolamentazione migliore, a livello di ciascun bacino idrografico. La definizione di norme si è dimostrata utile per migliorare i servizi e la produttività. La Commissione potrebbe prevedere l'elaborazione di un piano di riduzione delle perdite. |
4.7 |
Chi presenta un progetto di infrastruttura che modifichi il regime di un corpo idrico dovrà imperativamente rispettare gli obiettivi di conservazione della biodiversità. Il CESE ricorda che vari siti Ramsar sono stati sacrificati all'irrigazione e sottolinea che il Piano non prevede la riparazione dei danni causati, e che le proposte sono insufficienti in quanto si tratta solo di ascensori e passaggi per pesci. Non si può che deplorare il fatto che il Piano non precisi che è assolutamente indispensabile proteggere le testate dei bacini idrografici e le piccole superfici d'acqua (pozze, stagni, torbiere, ecc.). |
Bruxelles, 10 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) GU L 327 del 22.12.2000, pagg. 1-73.
(2) GU C 229 del 31.7.2012, pagg. 116-118.
(3) http://www.eea.europa.eu/pressroom/newsreleases/the-cost-of-ignoring-the.
(4) GU C 248 del 25.8.2011, pag. 43-48.
(5) GU C 229 del 31.7.2012, pag. 116-118.
(6) GU C 44 del 15.2.2013, pag. 147-152.
(7) GU C 168 del 20.7.2007, pag. 29-33.
(8) GU C 161 del 6.6.2013, pag. 77.
(9) GU C 44 del 15.2.2013, pag. 147.
(10) GU C 191 del 29.6.2012, pagg. 84-96.
ALLEGATO I
al parere del Comitato
Il seguente controparere, che ha ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, è stato respinto nel corso delle deliberazioni:
Sostituire l'intero testo del parere con il seguente nuovo testo:
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
L'acqua è una risorsa indispensabile per gli esseri umani, per la natura e per l'economia. Si rinnova costantemente, ma non è infinita e non può essere riprodotta o sostituita da altre risorse. |
1.2 |
Negli ultimi decenni sono stati compiuti notevoli progressi nel ridurre gli scarichi di sostanze inquinanti nelle acque europee che, di conseguenza, sono oggi di migliore qualità. Tuttavia, dai dati disponibili si ricava che oltre la metà dei corpi idrici superficiali in Europa non è in un buono stato ecologico, né attuale né potenziale, ma che saranno necessarie ulteriori misure perché possano soddisfare gli obiettivi della direttiva quadro sulle acque. |
1.3 |
Il Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee riconosce che gli ambienti acquatici presentano caratteristiche molto eterogenee all'interno dell'UE; pertanto, in linea con i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, il documento non propone un'unica soluzione universalmente valida. |
1.4 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime grande apprezzamento per la portata e la qualità del lavoro svolto nella fase preparatoria del Piano sulle risorse idriche. Il documento è basato su una valutazione approfondita dell'esperienza maturata nel settore delle risorse idriche con i piani di gestione dei bacini idrografici e su informazioni tratte da studi specialistici. |
1.5 |
I quattro principi fondamentali della legislazione ambientale sono stati tenuti in debito conto per affrontare l'ampio spettro di problemi e sostenere il principio umanitario di un accesso a un'acqua potabile sicura e a servizi igienico-sanitari di base su scala mondiale. |
1.6 |
Il CESE plaude all'idea di considerare i bacini idrografici gli elementi di base della politica idrica dell'UE, il che agevola la cooperazione tra Stati membri nel risolvere nel modo più efficiente i problemi principali nel settore. |
1.7 |
Pur ritenendo che il Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee e l'insieme dei documenti informativi di riferimento siano di eccezionale qualità, il CESE è del parere che si debba prestare maggiore attenzione all'attuazione delle azioni previste. |
1.8 |
Nell'applicare le misure regolamentari in vigore (asse 1), ci si dovrebbe concentrare sulla riduzione delle fonti di inquinamento diffuse. L'attuazione delle disposizioni andrebbe adeguatamente incentivata tenendo conto delle specifiche condizioni di ciascun bacino idrografico. |
1.9 |
L'applicazione del principio "chi inquina paga" richiede un'adeguata opera di misurazione e monitoraggio come solida base per eventuali azioni ulteriori. Cionondimeno, tali requisiti dovrebbero essere proporzionati al luogo in questione e alla gravità dei problemi da risolvere. |
1.10 |
Il Piano opportunamente prevede di sviluppare ulteriormente la contabilità delle risorse idriche con gli Stati membri e l'Agenzia europea dell'ambiente (AEA), poiché tali dati consentiranno ai responsabili della gestione dei bacini idrografici di calcolare i volumi d'acqua che è possibile utilizzare e quelli che occorre preservare affinché l'ecosistema continui a funzionare correttamente (flussi ecologici). |
1.11 |
L'estrazione illegale è un grave problema in talune regioni soggette a stress idrico. Studi condotti per testare i dati forniti dal programma Copernicus/GMES (Global Monitoring for Environment and Security – programma sul monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza) consentirebbero agli Stati membri di reperire l'estrazione illegale. |
1.12 |
Il Comitato insiste sul fatto che occorre cogliere l'eccezionale occasione che si presenta oggi di coordinare l'agenda UE per le risorse idriche con la PAC nel momento in cui il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione stanno decidendo l'agenda per i prossimi sette anni: si tratta di un'opportunità da non lasciarsi sfuggire. |
1.13 |
Le misure di protezione dalle alluvioni (di estrema attualità in questo momento nell'Europa centrale) richiederebbero un finanziamento coordinato, anche attingendo ai fondi strutturali / di coesione. Inoltre, alcune delle misure previste (in risposta ad alluvioni che hanno colpito l'Europa in passato) non sono state completate a causa di tutta una serie di ostacoli amministrativi. |
1.14 |
Il CESE ha già espresso il proprio apprezzamento per i partenariati europei per l'innovazione relativi all'acqua e alla produttività e sostenibilità nell'agricoltura, due iniziative che – occorre sottolineare – sono state elaborate "dal basso". |
1.15 |
Gli interventi strategici al di fuori del settore dell'acqua dolce possono anch'essi svolgere un ruolo nel rafforzare la prevenzione dell'inquinamento idrico. Ad esempio, le normative sull'uso sostenibile dei pesticidi, sulle emissioni industriali e sui prodotti farmaceutici, come pure il regolamento REACH sulle sostanze chimiche, dovrebbero tutti essere allineati alla direttiva quadro sulle acque. |
1.16 |
Quanto al rimediare alle carenze dell'attuale quadro normativo, l'attenzione è opportunamente rivolta ad una maggiore efficienza nell'uso delle risorse idriche, in particolare per quanto riguarda l'aspetto essenziale che consiste nell'incrementare il potenziale di riutilizzo delle acque. Occorre anzitutto stabilire dei criteri per un riutilizzo sicuro delle risorse idriche, se si vogliono ottenere i risultati auspicati ed attesi. |
1.17 |
Per finire, il CESE osserva che al problema delle risorse idriche sono strettamente collegati aspetti importanti della gestione dei suoli e delle foreste. |
1.18 |
Il CESE mette in guardia sul fatto che la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal Piano incontrerà ostacoli. Tutti i soggetti che partecipano alle varie fasi del processo dovrebbero essere consapevoli di tali rischi e dovrebbero fare del loro meglio, per quanto attiene alle loro competenze, per rimuovere il maggior numero di ostacoli possibile. La società civile dovrebbe partecipare pienamente a questo difficile processo, procurandosi adeguate informazioni, esercitando i propri poteri nell'adozione delle decisioni politiche e adattando i propri comportamenti idrici alle sfide dell'acqua. |
2. Informazioni generali, i documenti della Commissione
2.1 |
L'acqua è una risorsa indispensabile per gli esseri umani, per la natura e per l'economia. Si rinnova costantemente, ma non è infinita e non può essere riprodotta o sostituita da altre risorse. L'acqua dolce costituisce solo circa il 2 % delle risorse idriche del pianeta e, viste le pressioni concorrenti, si stima che entro il 2030 la domanda globale di acqua possa superare del 40 % l'effettiva disponibilità. |
2.2 |
Il pacchetto presentato dalla Commissione comprende due importanti relazioni e un Piano con le azioni chiave da realizzare:
|
2.3 |
Sono inoltre disponibili numerosi studi, che rivelano la complessa sfaccettatura dei problemi idrici. Per quel che si può desumere dai documenti presentati, nel Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee le sfide principali sono state affrontate. |
2.4 |
Per maggiore chiarezza e per sostenere il processo di attuazione, nel quadro della strategia comune di attuazione della direttiva quadro sulle acque, sono stati elaborati 26 documenti di orientamento relativi a diversi aspetti dell'applicazione della direttiva, in un processo aperto e partecipativo che ha coinvolto un ampio gruppo di soggetti interessati. |
2.5 |
Dalle consultazioni pubbliche è emerso che la strategia comune di attuazione aveva affrontato, in tutto o in parte, le questioni giuste e che gli orientamenti forniti si erano rivelati utili nell'attuazione pratica della politica idrica dell'UE. È tuttavia necessario fare maggiore chiarezza su alcuni aspetti (ad es. l'analisi costi-benefici, la determinazione degli obiettivi), mentre gli orientamenti sarebbero stati più utili se fossero stati elaborati in una fase più precoce del calendario di attuazione. |
2.6 |
Tuttavia, i progressi compiuti con l'adozione di un approccio ecosistemico globale agli obiettivi in materia di risorse idriche potrebbero non bastare ancora; in futuro potrebbe essere necessario rivedere la definizione di "buono stato ecologico" per garantire che sia sufficientemente ambiziosa per impedire un ulteriore degrado. Inoltre, oggi si tiene conto molto più che in passato dell'importanza di tutelare i servizi ecosistemici. |
2.7 |
Il documento di lavoro dei servizi della Commissione Fitness Check of EU Freshwater Policy ("Check-up della politica in materia di acqua dolce dell'UE") individua i problemi più importanti da affrontare, ossia:
|
2.8 |
Negli ultimi decenni sono stati compiuti notevoli progressi nel ridurre gli scarichi di sostanze inquinanti nelle acque europee, che, di conseguenza, sono oggi di migliore qualità. Tuttavia, in base ai dati riportati nei primi Piani di gestione dei bacini idrografici, oltre la metà dei corpi idrici superficiali in Europa non è in un buono stato ecologico, né attuale né potenziale, e occorreranno ulteriori misure perché possano soddisfare gli obiettivi della direttiva quadro sulle acque. Secondo questi dati, le pressioni esercitate su gran parte dei corpi idrici superficiali sono dovute a inquinamento da fonti diffuse che determina un eccesso di nutrienti e a pressioni idromorfologiche che alterano gli habitat. |
2.9 |
Il Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee riconosce che gli ambienti acquatici presentano caratteristiche molto eterogenee all'interno dell'UE; pertanto, in linea con il principio di sussidiarietà, il documento non propone un'unica soluzione universalmente valida. Il Piano pone l'accento su una serie di tematiche fondamentali, tra cui il miglioramento dell'uso dei suoli, la lotta contro l'inquinamento delle acque, l'aumento dell'efficienza e della resilienza delle acque e l'ottimizzazione della governance dei soggetti coinvolti nella gestione delle risorse idriche. |
2.10 |
Per affrontare i problemi ancora insoluti a vari livelli, nel Piano vengono presentate numerose misure, programmi e azioni specifici, che si articolano in tre assi:
Le azioni sono già state avviate e dovrebbero essere completate per il 2016, fatta eccezione per le azioni / programmi a lungo termine, che vanno fino al 2021. |
3. Osservazioni generali
3.1 |
Il Comitato esprime grande apprezzamento per la portata e la qualità del lavoro svolto nella fase di preparazione del Piano. Il documento è basato su un'approfondita valutazione dell'esperienza maturata nelle questioni idriche con i piani di gestione dei bacini idrografici e su informazioni tratte da studi specialistici. Inoltre, va notato che i diritti relativi all'acqua sono sempre stati un elemento importante dell'ordinamento giuridico dei paesi europei, per cui si dispone di una lunga esperienza in materia. |
3.2 |
Tutti e quattro i principi fondamentali della legislazione ambientale sono stati tenuti in debito conto nell'affrontare i molteplici problemi e sostenere il principio dell'accesso ad un'acqua potabile sicura e a servizi igienico-sanitari di base su scala globale. |
3.3 |
Il Piano non soltanto riconosce formalmente l'esistenza di condizioni naturali molto diversificate in fatto di risorse idriche in tutta l'UE, bensì propone anche azioni pratiche incentrate sugli specifici problemi fondamentali delle singole regioni/bacini idrografici. Il CESE apprezza molto l'utilizzo del concetto di bacino idrografico come fulcro della politica idrica dell'UE: esso facilita la cooperazione tra gli Stati membri al fine di risolvere i problemi principali nel modo più efficace. |
3.4 |
Il Comitato riconosce inoltre il valore del documento relativo allo "stato di salute" (Fitness Check) della politica dell'acqua (1) - uno dei primi documenti di questo tipo -, che fornisce una preziosa valutazione della politica idrica in quanto tale e della sua posizione nel corpus legislativo relativo agli ambiti politici connessi. |
3.5 |
Pur ritenendo che il Piano e tutti i documenti di riferimento siano di qualità eccezionale, è dell'avviso che si debba prestare un'attenzione ancora maggiore alla realizzazione concreta delle azioni previste. Anche in questo caso, come sempre, l'attuazione sarà difficile e deve diventare la priorità assoluta. Bisognerà fare il possibile, in termini di sforzi politici, incentivi e metodi di gestione dei sistemi / progetti, per garantire il successo del Piano. |
4. Osservazioni specifiche
4.1 |
Nell'attuazione delle misure regolamentari esistenti (asse 1), occorre prestare attenzione alla riduzione delle fonti di inquinamento diffuse rafforzando / potenziando i programmi d'azione contro i nitrati. Occorre analizzare in modo approfondito i motivi del ritardo e incentivare adeguatamente i miglioramenti necessari in base alle condizioni specifiche di ciascun bacino idrografico. |
4.2 |
Il principio "chi inquina paga" si applica anche in questo caso. Questo obbligo deve essere tuttavia chiaramente definito e basato su ipotesi / valutazioni realistiche del ciclo dell'acqua. Chi inquina deve essere tenuto a pagare per l'inquinamento reale e dimostrato di cui si è reso responsabile. |
4.3 |
Gli sforzi per limitare l'inquinamento industriale localizzato si basano sull'attuazione della direttiva sulle emissioni industriali. In questo caso, parallelamente al principio "chi inquina paga", chiaramente identificato nel caso delle fonti puntuali, va applicato il principio di proporzionalità. |
4.4 |
Per applicare il principio "chi inquina paga" sono necessarie adeguate misurazioni (volumi) e se possibile anche un adeguato monitoraggio (sostanze inquinanti) per dare una solida base a ogni eventuale azione aggiuntiva. Tali requisiti dovrebbero essere proporzionati al luogo in questione e alla gravità dei problemi da risolvere. |
4.5 |
Purtroppo in molte parti d'Europa non si dispone ancora di un quadro completo dei flussi idrici. Il Piano giustamente prevede la creazione di una "contabilità delle risorse idriche" con gli Stati membri sulla base dei lavori realizzati con l'AEA. Tale contabilità consentirà ai gestori dei bacini idrografici di calcolare quanta acqua può essere utilizzata e quanta invece va riservata al mantenimento delle funzioni dell'ecosistema (flussi ecologici). Il CESE raccomanda vivamente di realizzare questa azione quanto prima. |
4.6 |
In molte parti d'Europa è impossibile pervenire a un buono stato delle acque a causa dell'estrazione eccessiva d'acqua per l'irrigazione. L'estrazione illegale rappresenta un grave problema per talune regioni sotto stress idrico. Degli studi per testare i dati Copernicus/GMES consentirebbero agli Stati membri di individuare l'estrazione illegale, il che fornirebbe un argomento in più a favore del progetto GMES, come progetto di importanza paneuropea. |
4.7 |
Il CESE ritiene importante sviluppare una metodologia comune di recupero dei costi, che fornisca risultati comparabili in tutta l'Unione. Ciò garantirebbe che tutti gli utilizzatori dell'acqua siano adeguatamente incentivati a farne un impiego efficiente. |
4.8 |
Il CESE segnala i numerosi esempi di iniziative e approcci in zone soggette a stress idrico presentati all'audizione pubblica da esso organizzata sull'argomento. Inoltre, sono stati pubblicati alcuni studi per un impiego efficiente dell'acqua in agricoltura in base al concetto More crop per drop (più raccolto per goccia d'acqua impiegata). I risultati di questi lavori potrebbero essere utilizzati per colmare il divario tra fabbisogno d'acqua in agricoltura e risorse idriche disponibili nelle regioni sottoposte a stress idrico. Anche in questo caso, nell'affrontare questioni così delicate si dovrebbe applicare il principio di proporzionalità. |
4.9 |
Il secondo asse - integrazione degli obiettivi della politica dell'acqua nelle altre politiche dell'UE - richiede anch'esso numerose azioni, elencate nel Piano. |
4.10 |
Il Comitato sottolinea la necessità di sfruttare quest'opportunità eccezionale per coordinare l'agenda per le risorse idriche con la PAC nel momento in cui il Parlamento, il Consiglio e la Commissione stanno definendo l'agenda per i prossimi sette anni. Non bisogna lasciarsi sfuggire questa occasione nei seguenti ambiti:
|
4.11 |
Anche le misure per la protezione dalle alluvioni (di grande attualità oggi in Europa centrale) richiederebbero un finanziamento coordinato, eventualmente a partire dai fondi strutturali. Inoltre, alcune delle misure previste (in risposta alle inondazioni precedenti) non sono state completate a causa di una serie di ostacoli amministrativi. Questi problemi di emergenza richiederebbero di essere trattati come tali anche a livello amministrativo. |
4.12 |
Il Comitato apprezza i partenariati per l'innovazione sull'acqua e sulla produttività e sostenibilità nell'agricoltura. Va sottolineato che si tratta di iniziative sviluppatesi dal basso negli Stati membri, in cui la Commissione svolge un ruolo di coordinamento. La partecipazione dei soggetti interessati nei rispettivi settori di attività aumenta le probabilità di successo. |
4.13 |
Anche gli interventi politici al di fuori del settore dell'acqua dolce possono svolgere un ruolo nella prevenzione dell'inquinamento idrico. Ad esempio, la legislazione sull'uso sostenibile dei pesticidi, le emissioni industriali, i prodotti farmaceutici e il regolamento REACH devono essere in linea con le azioni previste nel Piano. |
4.14 |
Il terzo asse - colmare le lacune nel quadro esistente - si concentra, con ragione, su un uso più efficiente dell'acqua e sulla questione cruciale di aumentare il potenziale di riutilizzo dell'acqua. Innanzitutto, per ottenere i risultati auspicati ed attesi, occorre stabilire dei criteri per un riutilizzo sicuro dell'acqua. L'acqua potrebbe essere riutilizzata naturalmente negli stessi impianti o in impianti simili, ma per il riutilizzo "a cascata" dell'acqua depurata di un determinato utente/impianto da parte di un utente / impianto diverso sarebbe necessario bilanciare in modo adeguato volumi e qualità richiesti. |
4.15 |
Ad esempio, è quasi impossibile chiudere completamente i circuiti d'acqua, anche all'interno di un'unica operazione, a causa del contenuto sempre maggiore di sali inorganici in tali circuiti. Bisogna quindi stabilire un equilibrio sicuro per consentire che i processi si svolgano senza intoppi. |
4.16 |
Infine, il Comitato richiama l'attenzione su alcuni aspetti importanti nella gestione del suolo e delle foreste che sono strettamente legati alla problematica dell'acqua. A causa delle esigenze talvolta contrastanti delle diverse politiche, le risorse forestali hanno grandi difficoltà a svolgere le funzioni non produttive ad esse affidate, come ad esempio quella di riserve naturali primarie di acqua dolce, quella di pozzi di assorbimento del carbonio, di luoghi di conservazione della biodiversità, ecc. L'analisi del ciclo di vita dovrebbe mostrare tutti questi aspetti e indicare inoltre misure bilanciate che consentano alle foreste dell'UE di svolgere le loro funzioni. |
4.17 |
Le questioni relative all'acqua sono inscindibili da quelle dei suoli. Il Comitato chiede che si presti un'adeguata attenzione ai suoli, pur riconoscendo che la questione rientra nella sfera della sussidiarietà. Gli aspetti comuni devono essere affrontati in modo più approfondito nei futuri lavori relativi al Piano. |
4.18 |
Il CESE mette in guardia sul fatto che la realizzazione degli obiettivi definiti nel Piano incontrerà ostacoli nelle aree seguenti:
Tutte le parti coinvolte nell'intero processo del Piano dovrebbero essere consapevoli dei rischi in gioco e, al loro livello di responsabilità, adoperarsi in ogni modo per eliminarne quanti più possibile. La società civile dovrebbe partecipare pienamente a questo impegnativo processo procurandosi informazioni adeguate, esercitando i suoi poteri nelle decisioni politiche e adeguando i propri comportamenti alle sfide dell'acqua. |
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
112 |
Voti contrari |
: |
129 |
Astensioni |
: |
12 |
(1) SWD(2012) 393 final.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/102 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante misure volte a ridurre i costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità»
COM(2013) 147 final — 2013/0080 (COD)
2013/C 327/17
Relatore: MCDONOGH
Il Consiglio, in data 12 aprile 2013, e il Parlamento europeo, in data 16 aprile 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante misure volte a ridurre i costi dell'installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità
COM(2013) 147 final — 2013/0080 (COD).
La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha adottato il proprio parere in data 20 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta del 10 luglio 2013), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 180 voti favorevoli, 1 voto contrario e 3 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che l'accesso universale a reti di comunicazione elettronica ad alta velocità sia essenziale per promuovere la crescita in Europa, oltre che per incrementare l'occupazione e rafforzare la coesione dell'UE. Il CESE appoggia con convinzione gli obiettivi fissati dall'Agenda digitale europea per la banda larga (1); tali traguardi saranno tuttavia difficili da raggiungere, a meno che gli Stati membri e la Commissione europea non compiano uno sforzo particolare per migliorare il contesto dal lato sia dell'offerta che della domanda di banda larga in tutta l'Unione. |
1.2 |
Il Comitato esprime profonda delusione per la recente decisione del Consiglio europeo di ridurre gli stanziamenti per le infrastrutture digitali a titolo del quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020 portandoli da 9,2 miliardi a solamente 1 miliardo di euro, poiché questo taglio eliminerà il sostegno del QFP alla diffusione della banda larga e danneggerà soprattutto le regioni più povere e svantaggiate dell'UE. |
1.3 |
Il Comitato accoglie con favore la proposta di regolamento della Commissione europea. Le misure prospettate sono di particolare importanza per colmare il divario digitale e agevolare la diffusione della banda larga nelle zone rurali. |
1.4 |
Il CESE chiede alla Commissione di indicare in che modo l'accesso alla banda larga ad alta velocità possa essere riconosciuto come un diritto universale di tutti i cittadini, indipendentemente dal loro luogo di residenza. Nel 2010, la Commissione ha sollevato la questione dell'inclusione della banda larga tra gli obblighi di servizio universale (2). È necessario rispondere quanto prima a questa richiesta onde promuovere il benessere dei cittadini, l'occupazione e l'inclusione digitale. |
1.5 |
Il CESE esorta gli Stati membri a ultimare senza ulteriori indugi l'elaborazione dei rispettivi piani nazionali per la banda larga. |
1.6 |
La Commissione e gli Stati membri dovrebbero riflettere sugli incentivi finanziari e sull'assistenza che potrebbero essere concessi al settore privato per promuovere gli investimenti nella banda larga ad alta velocità in aree scarsamente popolate. |
1.7 |
Secondo le stime del Comitato, oltre a investimenti sostanziali da parte del settore privato per la diffusione della banda larga ad alta velocità, saranno anche necessari fino a 60 miliardi di euro di finanziamenti pubblici per conseguire gli obiettivi stabiliti dall'Agenda digitale 2020. Il CESE chiede quindi alla Commissione e agli Stati membri di stanziare in bilancio queste risorse di fondamentale importanza. |
1.8 |
Il Comitato auspica che la Commissione affronti il problema dei fornitori di servizi di banda larga che non garantiscono ai loro clienti la connessione Internet alla velocità reclamizzata nei contratti. Questi casi di "non conformità" contrattuale e di pubblicità ingannevole pregiudicano non solo la fiducia nel mercato digitale ma anche la domanda, e vanno quindi contrastati con misure forti. |
1.9 |
Il Comitato invita la Commissione a prendere le mosse dalla proposta di regolamento per sviluppare un mercato all'ingrosso paneuropeo delle infrastrutture per la banda larga. |
1.10 |
Il CESE chiede alla Commissione, alle autorità nazionali di regolamentazione e agli Stati membri di garantire la creazione di un mercato concorrenziale delle infrastrutture per la banda larga in tutti i territori dell'Unione. |
1.11 |
Il CESE rileva che il regolamento proposto offrirà alle imprese di servizi di pubblica utilità e alle società di trasporti nuove opportunità commerciali di essere presenti nel mercato delle infrastrutture per la banda larga. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero adoperarsi in modo particolare per incoraggiare tali aziende a cogliere quest'occasione. |
1.12 |
Il Comitato richiama l'attenzione della Commissione su alcuni suoi precedenti pareri, adottati di recente, dedicati alla diffusione della banda larga ad alta velocità e alle soluzioni per ridurre il divario digitale: Un'Agenda digitale europea (3), Primo programma relativo alla politica in materia di spettro radio (4) e Agenda digitale per l'Europa - Le tecnologie digitali come motore della crescita europea (parere CES959-2013, non ancora pubblicato). |
2. Sintesi della proposta della Commissione
2.1 Scopo
2.1.1 |
La comunicazione L'Atto per il mercato unico II - Insieme per una nuova crescita ha individuato nella riduzione dei costi dell'installazione di infrastrutture per la banda larga una delle 12 azioni chiave volte a rilanciare la crescita. |
2.1.2 |
L'offerta di banda larga ad alta velocità registra oggi un rallentamento, soprattutto nelle zone extraurbane, a causa di un insieme frammentario e complesso di norme e prassi amministrative a livello sia nazionale sia subnazionale. |
2.2 Obiettivi
2.2.1 |
La proposta di regolamento in esame punta a:
|
2.3 La proposta di regolamento
2.3.1 |
La proposta di regolamento stabilisce per gli operatori e i fornitori di infrastrutture determinati diritti e obblighi direttamente applicabili nelle varie fasi della realizzazione dell'infrastruttura, allo scopo di conseguire gli obiettivi previsti in materia di costi e di efficienza. |
2.3.2 |
Per realizzare gli obiettivi previsti dalla proposta, si propone l'introduzione delle seguenti disposizioni di legge:
|
2.3.3 |
Le eventuali controversie tra operatori di rete e fornitori di servizi di banda larga circa i rispettivi diritti e obblighi saranno rinviate, se necessario, dinanzi ad un organismo nazionale competente per la risoluzione delle controversie, ossia l'autorità nazionale di regolamentazione o un'altra autorità competente. |
2.3.4 |
Previo accordo del Parlamento europeo e del Consiglio, il regolamento in esame diventerebbe direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. |
3. Osservazioni generali
3.1 La banda larga è un'infrastruttura essenziale
3.1.1 |
La banda larga è l'infrastruttura essenziale per realizzare l'Agenda digitale e per il completamento del mercato unico del digitale. La rilevanza dei servizi di banda larga per l'economia non può essere sottolineata mai abbastanza. La disponibilità della relativa infrastruttura ha un effetto moltiplicatore sulla crescita economica: secondo stime della Banca mondiale, ad un aumento del 10 % della diffusione della banda larga corrisponde un incremento di PIL dell'1,5 %. La connessione universale ad alta velocità è fondamentale per la diffusione di nuove tecnologie e servizi di trasformazione come il cloud computing e le reti intelligenti. |
3.1.2 |
L'Agenda digitale riconosce l'importanza della banda larga per la crescita e l'occupazione, al punto che stabilisce che entro il 2013 tutti dovranno avere accesso alla banda larga di base, mentre per il 2020 definisce i seguenti obiettivi: i) accesso a servizi di scaricamento con velocità di 30 Mbit/s per tutti i cittadini europei, e ii) sottoscrizione di abbonamenti a Internet con velocità di connessione superiore a 100 Mbit/s da parte di almeno il 50 % delle famiglie europee. Questi obiettivi potranno essere raggiunti soltanto se i costi di realizzazione dell'infrastruttura saranno ridotti in tutta l'UE, e se si adotteranno provvedimenti straordinari per portare la banda larga nelle zone rurali e svantaggiate dell'Unione. |
3.2 Infrastrutture a basso costo e della massima qualità
3.2.1 |
La disponibilità di infrastrutture per la banda larga a basso costo e della massima qualità è fondamentale per assicurare la dinamicità dell'economia nel XXI secolo. Le attività economiche e commerciali basate sulla conoscenza potranno infatti svilupparsi laddove esistano le competenze e infrastrutture necessarie per sostenerle. Nel campo della sanità, dell'istruzione e dei servizi sociali, inoltre, saranno sempre più numerosi i servizi avanzati che dipenderanno dalla disponibilità della banda larga veloce e ultraveloce. |
3.2.2 |
La qualità delle reti, il loro costo di fornitura e prezzi concorrenziali per gli utenti finali sono criteri di gestione importanti nei programmi di costruzione delle reti. Dato che fino all'80 % del costo dell'infrastruttura di rete è dovuto alle opere di ingegneria civile, è essenziale che le autorità nazionali e locali si adoperino per ridurre in misura significativa i costi attraverso un coordinamento efficiente dei progetti infrastrutturali. |
3.3 Diritto ad un servizio universale
3.3.1 |
In diversi pareri, e più di recente in un parere sul tema Agenda digitale per l'Europa - Le tecnologie digitali come motore della crescita europea (5), il CESE ha chiesto alla Commissione di indicare in che modo l'accesso alla banda larga ad alta velocità possa essere riconosciuto come un diritto universale di tutti i cittadini, indipendentemente dal loro luogo di residenza. Fornire una risposta a questa richiesta è oggi quanto mai urgente. |
3.4 La banda larga ultraveloce è necessaria
3.4.1 |
Gli obiettivi fissati dall'Agenda digitale per il 2020 in materia di diffusione della banda larga saranno superati in un futuro non molto lontano dai rapidi progressi che si registrano nel campo della tecnologia della banda larga e dei servizi via Internet (ad esempio, servizi di videoconferenza ad alta definizione). In alcune zone urbane (http://arstechnica.com/tech-policy/2012/07/tokyo-seoul-and-paris-get-faster-cheaper-broadband-than-us-cities) vengono già installate reti ultraveloci che offrono una connessione fino ad un massimo di 1 Gbit/s (1 Gigabit/s =1 000 Mbit/s), e si stanno già sviluppando dei servizi via video per l'impiego di queste connessioni che hanno un più alto livello di bit. |
3.4.2 |
Saranno necessari ingenti investimenti nella connessione ad alta velocità nell'intero territorio dell'UE per tenere il passo con gli sviluppi dell'economia di Internet su scala mondiale. |
3.5 Il ritardo dell'Unione europea
3.5.1 |
Come riconosciuto dalla Commissione nella sua recente comunicazione sull'importanza dell'Agenda digitale quale motore della crescita economica (6), l'Europa sta accumulando un ritardo crescente rispetto ai suoi concorrenti mondiali nella fornitura di infrastrutture a banda larga. |
3.5.2 |
Alcuni paesi dell'Asia e gli Stati Uniti sono stati più rapidi ad investire nella banda larga superveloce, il che ha garantito una copertura notevolmente maggiore e una più alta velocità. Nel dicembre 2011, la Corea del Sud presentava il tasso più alto di collegamento a fibre ottiche del mondo: 20,6 % di abbonamenti su 100 abitanti, vale a dire il doppio della Svezia (Staff working document accompanying the proposal for a regulation to reduce deployment costs of broadband [Documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la proposta di regolamento sulle misure di riduzione dei costi dell'installazione di infrastrutture per la banda larga]: SWD(2013) 0073 (parte 1)). |
3.6 Divario digitale
3.6.1 |
Il quadro di valutazione sull'Agenda digitale per l'Europa (https://ec.europa.eu/digital-agenda/en/scoreboard) e le ultime statistiche pubblicate da Eurostat (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/information_society/data/main_tables) mostrano che il divario digitale si sta allargando e che esistono notevoli differenze tra uno Stato membro e l'altro. Stando ai dati relativi al 2012, il 28 % delle famiglie dell'UE a 27 non dispone di una connessione a banda larga. Inoltre, il 90 % delle famiglie senza connessione a banda larga vive nelle zone rurali. In queste zone vi sono 35 milioni di famiglie ancora in attesa della connessione ad alta velocità e, fino a quando non sarà prestata un'adeguata attenzione ai cittadini che vivono al di fuori dei centri urbani, esse continueranno ad essere sempre più svantaggiate sotto il profilo sia sociale che economico. |
3.6.2 |
Le misure proposte dalla Commissione nel documento in esame serviranno da punto di partenza per la riforma delle norme in materia di pianificazione a livello di autorità nazionali e locali, inoltre la programmazione delle infrastrutture intelligenti, gli incentivi agli investimenti e le tecnologie innovative possono contribuire a colmare il divario nella banda larga. |
3.7 Gli investimenti necessari
3.7.1 |
Il Comitato è rimasto estremamente deluso dalla decisione, presa a febbraio dal Consiglio, di ridurre il bilancio 2014-2020 previsto dal quadro finanziario pluriennale (QFP) per le infrastrutture e i servizi digitali a titolo del meccanismo per collegare l'Europa, portando gli stanziamenti da 9 miliardi e 200 milioni di euro a solamente un miliardo. Questa riduzione implicherebbe la rinuncia del QFP a sostenere la diffusione della banda larga, il che inciderebbe sulle regioni più povere e svantaggiate dell'UE e accentuerebbe ulteriormente il divario digitale. |
3.7.2 |
Gli stanziamenti del QFP assegnati al dispiegamento della banda larga dovevano essere utilizzati dalla Commissione per incentivare il mercato di questa tecnologia, ma rappresentano solo una modesta quota dei finanziamenti che sarebbero in realtà necessari per realizzare gli obiettivi stabiliti dall'Agenda digitale per la banda larga. Secondo le stime della società di consulenza a cui la Commissione ha chiesto di realizzare uno studio sulla carenza di fondi nel settore, saranno necessari fino a 62 miliardi di euro di fondi pubblici supplementari per conseguire gli obiettivi fissati per il 2020 (Study on the socio-economic impact of bandwidth [Studio sull'impatto socioeconomico della banda larga], realizzato da Analysys Mason per conto della Commissione europea, 2012). |
3.7.3 |
I finanziamenti per questi investimenti su larga scala dovranno provenire prevalentemente dal settore privato, ma occorreranno misure particolari per sostenere gli investimenti privati nelle zone rurali in cui la densità di popolazione è troppo bassa per riuscire ad attirarli. La Banca europea per gli investimenti (BEI) ha già finanziato un certo numero di progetti di questo tipo e dovrà continuare a fornire un sostegno ben più sostanziale per realizzarne altri ancora. La Commissione dovrebbe adoperarsi in modo particolare per riflettere alle modalità con cui le istituzioni europee e gli Stati membri possano agevolare il finanziamento della diffusione della banda larga da parte del settore privato. |
3.7.4 |
L'azione n. 48 dell'Agenda digitale raccomandava il ricorso ai fondi strutturali per finanziare la diffusione di reti ad alta velocità; si potrebbe prendere in considerazione anche l'impiego del fondo di coesione per lo stesso scopo. |
3.8 Stimolare l'offerta
3.8.1 |
Le autorità locali e comunali possono svolgere un ruolo importante nel promuovere la fornitura della connessione a banda larga nelle rispettive regioni avviando delle iniziative di partenariato pubblico-privato e attuando le misure previste dalla proposta di regolamento con la massima rapidità ed efficienza. |
3.8.2 |
Il regolamento offre l'opportunità di aprire il mercato della fornitura di servizi e connessione a banda larga ad un maggior numero di nuovi concorrenti. L'occasione è importante soprattutto per le società non attive nel settore delle telecomunicazioni che dispongono di grandi infrastrutture potenzialmente utilizzabili per la fornitura di reti ad alta velocità: questi nuovi concorrenti dovrebbero essere particolarmente incoraggiati dalla Commissione e dagli Stati membri. |
3.8.3 |
La proposta di regolamento potrebbe inoltre aprire il mercato ad investimenti transfrontalieri nella fornitura di infrastrutture realizzati da aziende di tutta l'UE. La Commissione dovrebbe riflettere su come potrebbe essere sviluppato questo mercato unico delle infrastrutture diffondendo più largamente in tutta l'Unione la consapevolezza delle opportunità di investimento nel settore, riducendo i rischi legati a questi investimenti per gli investitori di altri paesi e magari elaborando speciali strumenti finanziari (obbligazioni) che aumentino l'attrattiva degli investimenti realizzati nelle regioni in cui l'introduzione della banda larga risulta più difficile. |
3.8.4 |
Occorre attivare quanto prima soluzioni tecnologiche innovative, tra cui un maggior uso delle tecnologie senza fili, al fine di accelerare l'introduzione della banda larga e far fronte al crescente divario digitale tra zone urbane e rurali. |
3.8.4.1 |
È, in particolare, di fondamentale importanza attuare pienamente negli Stati membri il programma relativo alla politica europea in materia di spettro radio (Radio Spectrum Policy Programme - RSPP) (7) per far sì che, nell'ottica di realizzare gli obiettivi stabiliti per il 2020, venga identificata e messa a disposizione una porzione di spettro radio sufficiente e adeguata sia per la copertura che per il fabbisogno di capacità delle tecnologie a banda larga senza fili. |
3.8.4.2 |
La tecnologia satellitare porterà la banda larga anche nelle zone più remote dell'UE, ma per via di problemi di capacità, costi e velocità sarà soltanto una soluzione marginale, in grado di coprire probabilmente meno del 10 % della banda larga europea ad una velocità di connessione di 30 Mbit/s nel 2020. |
3.9 Stimolare la domanda
3.9.1 |
La scarsa domanda di banda larga, soprattutto nelle zone meno popolate, incide negativamente sugli investimenti nelle reti. Malgrado ciò, nelle aree in cui la connessione ad alta velocità non è disponibile si registra sempre una significativa domanda latente. |
3.9.2 |
La Commissione e gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per incentivare la domanda di banda larga ricorrendo ad un ampio ventaglio di metodi, tra cui campagne mirate di informazione dei cittadini, la creazione di punti con WiFi nei luoghi pubblici, l'ulteriore sviluppo dei servizi di pubblica amministrazione online (e-government) e la promozione della formazione all'alfabetizzazione digitale e alle competenze informatiche. Le azioni di incentivazione della domanda dovrebbero essere rivolte in particolare alle zone rurali. |
3.9.3 |
I costi della banda larga e la trasparenza dei prezzi sono due elementi essenziali per garantire che i cittadini adottino questa tecnologia. In tutta Europa, gli attuali consumatori di banda larga si lamentano del fatto che i loro fornitori di servizi Internet non garantiscono la connessione ad Internet alla velocità reclamizzata nei contratti. Questi casi di "non conformità" contrattuale e di pubblicità ingannevole pregiudicano non solo la fiducia nel mercato digitale ma anche la domanda di banda larga, e vanno quindi contrastati con misure forti. |
4. Osservazioni specifiche
4.1 Necessità di un regolamento
4.1.1 |
Le società commerciali di comunicazioni elettroniche mancano di incentivi finanziari sufficienti per investire nelle infrastrutture della banda larga in molte aree dell'Unione in cui la densità della popolazione è troppo bassa. Il CESE esprime quindi soddisfazione poiché la proposta di regolamento introduce misure intese a ridurre in misura significativa i costi e i rischi connessi alla fornitura della banda larga, e a corroborare gli argomenti economici a favore dell'investimento nel settore da parte dei fornitori di reti. |
4.1.2 |
Per garantire un livello adeguato di inclusione digitale e ottimizzare i vantaggi economici derivanti dalla diffusione universale della banda larga ad alta velocità, gli Stati membri e le autorità locali devono esercitare una più marcata influenza sull'offerta e la domanda di infrastrutture per la banda larga, introducendo programmi per il settore che compensino gli investimenti necessari nelle regioni in ritardo di sviluppo (assai meno attraenti dal punto di vista finanziario) con i profitti elevati ricavabili da investimenti infrastrutturali effettuati in aree ad alta densità di popolazione. La proposta di regolamento in esame offrirà loro mezzi più perfezionati per ottenere tali risultati. |
4.1.3 |
Poiché in un gran numero di mercati si osserva che un solo fornitore di infrastrutture si trova in posizione dominante, il CESE auspica che l'effettiva applicazione del regolamento in esame offrirà ai nuovi fornitori di reti condizioni più favorevoli per fare il loro ingresso su tali mercati e per presentare offerte concorrenziali. |
4.2 Ridurre i costi e rafforzare la cooperazione
4.2.1 |
Secondo quanto si afferma nella comunicazione, fino all'80 % dei costi della realizzazione delle reti per la banda larga è imputabile all'esecuzione di opere di ingegneria civile. In base alle stime, il risparmio in termini di spesa in conto capitale per gli operatori di rete derivante dall'applicazione delle misure contenute nella proposta di regolamento sarebbe compreso tra il 20 e il 30 % dei costi di investimento complessivi, ovvero fino a 63 miliardi di euro entro il 2020: tale somma, così risparmiata, potrebbe essere investita in altri settori dell'economia. |
4.2.2 |
Ai fini dell'efficienza, della velocità di attuazione, della sostenibilità ambientale e della concorrenzialità dei prezzi praticati agli utenti finali sono essenziali la cooperazione e la condivisione da parte dei fornitori privati di infrastrutture. Il Comitato si compiace del fatto che la proposta di regolamento preveda l'obbligo per i fornitori privati di infrastrutture di pubblicare informazioni attendibili sulle infrastrutture esistenti e su quelle pianificate, come pure l'obbligo per i fornitori di rete di cooperare, al fine di agevolare una corretta programmazione, la cooperazione e un uso efficiente delle risorse. |
4.3 Monopoli naturali
4.3.1 |
Nelle zone con scarsa densità di popolazione, le leggi economiche impongono che sia possibile sostenere un unico fornitore di infrastruttura per la banda larga di base: in altre parole, impongono l'esistenza di un monopolio naturale. |
4.3.2 |
L'insorgere di queste condizioni di monopolio naturale è una motivazione convincente per adottare un modello di fornitura di banda larga ad "accesso aperto": ossia un fornitore unico, magari un partenariato pubblico-privato, che realizzi l'infrastruttura di base e in seguito apra l'accesso agli impianti di rete affittando capacità a fornitori di servizi più piccoli a condizioni eque e paritarie. La Commissione dovrebbe forse riflettere sul modo in cui un simile modello di accesso aperto potrebbe essere sviluppato e regolamentato in Europa, avendo cura di non falsare le normali condizioni della concorrenza. |
4.4 Mercato all'ingrosso
4.4.1 |
La proposta di regolamento offrirebbe la legislazione in grado di consentire lo sviluppo di un mercato all'ingrosso delle infrastrutture per la banda larga. La Commissione dovrebbe magari valutare in che modo il regolamento possa essere utilizzato come leva per stimolare la nascita di un tale mercato, in particolare nelle regioni dell'UE di più difficile accesso. |
4.4.2 |
Un mercato all'ingrosso di infrastrutture portanti di fibra inattiva o senza fili potrebbe diventare transfrontaliero e paneuropeo, qualora fossero disponibili informazioni attendibili sulla domanda dei consumatori e sulle infrastrutture esistenti. La Commissione dovrebbe valutare in che modo un mercato di questo tipo possa essere incentivato e sostenuto. |
4.5 Programmi nazionali per la banda larga
4.5.1 |
Lo sviluppo delle infrastrutture, soprattutto nelle zone rurali, richiede un programma strategico e di attuazione efficace a livello nazionale. Sebbene tutti gli Stati membri dispongano oggi di una strategia per la banda larga, molti non hanno ancora provveduto ad adottare dei programmi per la realizzazione degli obiettivi stabiliti dall'Agenda digitale per il settore. Occorrerà ben presto aggiornare le strategie nazionali per integrarvi l'approccio per realizzare le reti ultraveloci, corredandole con obiettivi concreti e misure di attuazione ben definite. |
4.5.2 |
Benché l'azione n. 46 dell'Agenda digitale preveda che ciascuno Stato membro elabori il proprio programma nazionale per la banda larga, diversi paesi dell'UE non hanno ancora ultimato i loro programmi in materia e, per quanto riguarda questa azione, accusano un ritardo evidenziato dalla Commissione. Questi ritardi incidono negativamente sulla diffusione della banda larga e sui piani di finanziamento dell'industria Il CESE invita gli Stati membri a rivedere i loro programmi alla luce della proposta di regolamento in esame e a completare quanto prima l'azione di cui sopra. |
4.5.3 |
Un programma nazionale per la banda larga completo, comprensivo di iniziative di partenariati pubblico-privati e di incentivi specifici alla diffusione di questa tecnologia nelle zone rurali, faciliterebbe notevolmente l'impiego dei fondi europei e dei finanziamenti della BEI. |
4.6 Imprese di servizi di pubblica utilità
4.6.1 |
La proposta di regolamento consentirà per la prima volta alle imprese proprietarie di infrastrutture che non operano nel settore delle comunicazioni elettroniche – ossia società di servizi energetici o di erogazione di acqua, società di trasporti e aziende di smaltimento dei rifiuti – di mettere a disposizione a condizioni commerciali la propria infrastruttura per la fornitura di servizi della banda larga. Questo offrirà a queste imprese l'opportunità di incassare nuove entrate, di abbassare i costi delle loro infrastrutture essenziali condividendoli con i fornitori della banda larga, e di sfruttare delle sinergie nel momento in cui sviluppano i loro servizi di base, ad esempio quando realizzano reti intelligenti per i fornitori di energia. |
4.6.2 |
La Commissione e gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per segnalare a queste aziende le opportunità rappresentate dalla indispensabile diffusione delle infrastrutture per la banda larga, e per informarle meglio sulle potenziali ricadute positive per le loro attività commerciali derivanti dalla proposta di regolamento. |
Bruxelles, 10 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) COM(2010) 245 final.
(2) COM(2008) 572 final.
(3) GU C 54 del 19.2.2011, pagg. 58-64.
(4) GU C 107 del 6.4.2011, pagg. 53-57.
(5) "Crescita digitale – Riesame intermedio", GU C 271 del 19.9.2013, pag. 127-132.
(6) COM(2012) 784 final.
(7) COM(2010) 471 final.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/108 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul finanziamento pluriennale dell’azione dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima in materia di intervento contro l’inquinamento causato dalle navi e l’inquinamento marino causato dagli impianti per l’estrazione di gas e idrocarburi»
COM(2013) 174 final
2013/C 327/18
Relatrice: BREDIMA
Il Parlamento europeo, in data 16 aprile 2013, e il Consiglio, in data 18 aprile 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul finanziamento pluriennale dell'azione dell'Agenzia europea per la sicurezza marittima in materia di intervento contro l'inquinamento causato dalle navi e l'inquinamento marino causato dagli impianti per l'estrazione di gas e idrocarburi
COM(2013) 174 final.
La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha adottato il proprio parere in data 20 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013, (seduta del 10 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 179 voti favorevoli, 1 voto contrario e 3 astensioni.
1. Conclusioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene l'incremento del bilancio dell'Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) – proposto dal regolamento – che passa da 154 milioni a 160,5 milioni di euro per il periodo dal 2014 al 2020. Ribadisce inoltre il proprio sostegno all'estensione delle competenze dell'Agenzia prevista dal regolamento n. 100/2013. |
1.2 |
L'adozione della proposta di regolamento coincide con un momento critico, vale a dire con la scoperta di giacimenti di gas e di petrolio nel Mediterraneo orientale e con le conseguenti iniziative per procedere al loro tempestivo sfruttamento mediante attività di trivellazione offshore. Queste attività rappresentano una sfida per le capacità dell'EMSA di rispondere ai potenziali rischi posti dalla trivellazione offshore e dal trasporto di idrocarburi e gas. |
1.3 |
Pur sostenendo la dotazione finanziaria proposta, il CESE è dell'avviso che essa possa risultare insufficiente per realizzare, nel periodo di sette anni previsto, gli interventi necessari per far fronte ai seguenti problemi: l'aumento dei flussi di traffico (un maggior numero di petroliere e di navi gasiere in mare), l'incremento delle attività di sfruttamento dei giacimenti di petrolio e di gas nei mari che circondano l'UE nonché l'aumento del numero di paesi costieri e insulari che hanno aderito all'Unione. La limitata capacità di reazione alle emergenze potrebbe provocare un aumento dei costi esterni in caso di incidenti gravi. |
1.4 |
A giudizio del CESE, il ricorso alle 19 navi attualmente previste per la totalità delle zone costiere dell'UE potrebbe risultare insufficiente per rafforzare le capacità degli Stati membri di contrastare l'inquinamento marino. Inoltre, i finanziamenti potrebbero essere insufficienti per sviluppare ulteriormente le immagini satellitari atte a individuare e a recuperare gli inquinanti emessi dalle navi nell'intera area dell'UE. |
1.5 |
Il CESE incoraggia l'Agenzia a esercitare la sua nuova competenza per contribuire alla lotta contro la pirateria marittima. Gli strumenti di sorveglianza via satellite di cui è dotata saranno estremamente utili per individuare la presenza di navi pirata. |
1.6 |
Il CESE si chiede se gli Stati membri dell'UE e i paesi limitrofi siano tuttora adeguatamente attrezzati per far fronte a incidenti gravi come quelli delle petroliere Erika e Prestige, o a disastri come l’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon. |
1.7 |
Il CESE invita l'UE, i rispettivi Stati membri e i nuovi Stati costieri confinanti a rafforzare l'applicazione delle seguenti convenzioni regionali elencate nella relazione del regolamento proposto: la Convenzione di Helsinki, la Convenzione di Barcellona, l'Accordo di Bonn, la Convenzione OSPAR, l'accordo di Lisbona (che deve ancora entrare in vigore) e la Convenzione di Bucarest. |
1.8 |
Il CESE invita l'Agenzia a intervenire per localizzare gli impianti inadeguati di raccolta dei residui di idrocarburi nei porti dell'UE e in quelli dei paesi vicini. |
2. La proposta della Commissione europea
2.1 |
Il 3 aprile 2013 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul finanziamento pluriennale dell'azione dell'Agenzia europea per la sicurezza marittima in materia di intervento contro l'inquinamento causato dalle navi e l'inquinamento marino causato dagli impianti per l'estrazione di gas e idrocarburi (1). |
2.2 |
Il regolamento n. 2038/2006 (2) (del 18 dicembre 2006) ha stabilito il finanziamento pluriennale dell’azione dell’EMSA in materia di intervento contro l’inquinamento causato dalle navi per il periodo dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2013. |
2.3 |
Il regolamento n. 100/2013 (del 15 gennaio 2013) ha attribuito all’EMSA alcuni nuovi compiti fondamentali: l'intervento contro l'inquinamento provocato dagli impianti per l'estrazione di gas e idrocarburi e l'estensione dei servizi prestati dall'Agenzia ai paesi che rientrano nella politica di allargamento e nella politica europea di vicinato (3). Il presente parere si prefigge essenzialmente di valutare l'adeguamento dei finanziamenti dell'Agenzia ai nuovi compiti attribuitigli. I finanziamenti proposti ammontano a 160,5 milioni di euro per un periodo di sette anni (dal 1o gennaio 2014 al 31 dicembre 2020). |
3. Osservazioni generali
3.1 |
Il CESE sostiene l'incremento del bilancio dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) – proposto dal regolamento – che passa da 154 milioni a 160,5 milioni di euro per il periodo dal 2014 al 2020. Ribadisce inoltre il proprio sostegno all'estensione delle competenze dell'Agenzia prevista dal regolamento n. 100/2013. Tale sostegno è in linea con una serie di pareri elaborati dal CESE (4) che vertono sul ruolo dell'Agenzia. |
3.2 |
Il regolamento n. 100/2013 conferisce all'EMSA la competenza di intervenire nei casi di inquinamento da idrocarburi provocato da piattaforme offshore petrolifere e gassifere, oltre che nei casi di inquinamento causato da navi. Tale competenza le è stata conferita a seguito dell’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon e della successiva fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico nell'aprile 2010. Il CESE è consapevole del fatto che l’obiettivo generale della proposta della Commissione è quello di garantire che l'UE presti un'assistenza efficace mediante l'EMSA negli interventi contro l'inquinamento causato dalle navi e l'inquinamento causato dagli impianti per l'estrazione di gas e idrocarburi, fornendo servizi sostenibili di intervento antinquinamento agli Stati membri colpiti. Pertanto gli Stati membri possono tenere conto di tale sostegno nell'elaborazione e nella revisione dei loro piani nazionali di intervento contro l'inquinamento marino. |
3.3 |
Al CESE sembra di capire che il bilancio proposto sia destinato a permettere all'EMSA di mantenere la sua rete di navi antinquinamento di pronto intervento distribuita tra le diverse aree maritime dell'UE e che un numero limitato di nuove navi per il recupero degli idrocarburi sarà impiegato per combattere l’inquinamento causato dalle navi e dalle piattaforme offshore. Non sono nemmeno previsti finanziamenti per migliorare le attrezzature per il recupero del petrolio che potrebbero dare risultati non ottimali nel periodo 2014 - 2020. |
3.4 |
Il CESE comprende che il servizio di monitoraggio degli impianti petroliferi offshore per l'individuazione degli scarichi illegali denominato CleanSeaNet verrà prestato principalmente ricorrendo all'impiego congiunto delle immagini satellitari richieste per il monitoraggio dell'inquinamento causato dalle navi. Il CESE rammenta un suo precedente parere (5), in cui affermava che "dati gli elevati costi di un tale servizio, il Comitato reputa che sia necessario ottimizzare l'impiego delle risorse e, in particolare, coordinare tra gli Stati membri l'uso delle immagini; ciò potrebbe consentire notevoli risparmi. Al tempo stesso, sono opportuni investimenti per migliorare la raccolta delle immagini in tutte le aree marittime europee in quanto l'attuale copertura non è del tutto completa, specialmente nell'area del Mediterraneo". |
3.5 |
Il CESE comprende che i finanziamenti non saranno destinati a prestare assistenza tecnica né a sviluppare le capacità nei paesi partner della politica europea di vicinato. |
3.6 |
L'adozione della proposta di regolamento coincide con un momento critico, vale a dire con la scoperta di nuove fonti energetiche nell'UE. Nel Mediterraneo orientale, in particolare, la scoperta di nuovi giacimenti sottomarini di gas e di petrolio e le conseguenti attività di trivellazione per procedere al loro tempestivo sfruttamento rappresentano una sfida per le capacità dell'EMSA di rispondere ai potenziali rischi. L'Agenzia dovrebbe poter contare su maggiori finanziamenti per svolgere appieno il suo ruolo in questo contesto. L'aumento del traffico di navi e, in particolare, di petroliere e di navi per il trasporto di gas naturale liquefatto, la scoperta di nuovi giacimenti di gas e le conseguenti attività di trivellazione richiederanno un numero più elevato di navi nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Diciannove navi per tutte le zone costiere dell'UE per il periodo 2014-2020 è una stima molto ottimistica che, date le circostanze, potrebbe risultare estremamente modesta. |
3.7 |
L'estensione delle competenze dell'EMSA in questo ambito richiederà l'ulteriore sviluppo del servizio di riprese satellitari che permette di effettuare la sorveglianza, individuare rapidamente l’evento inquinante e identificare le navi o gli impianti per l’estrazione di idrocarburi e di gas che ne sono responsabili. Occorre migliorare la disponibilità dei dati e l'efficacia della reazione all'inquinamento. |
3.8 |
Il CESE si chiede se gli Stati membri dell'UE e i paesi limitrofi siano tuttora adeguatamente attrezzati per far fronte a incidenti gravi come quelli delle petroliere Erika e Prestige, o a disastri come l’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon. |
3.9 |
Alla luce delle precedenti considerazioni, il CESE ritiene indispensabile prevedere maggiori risorse per realizzare i seguenti progetti: sostituire le attrezzature destinate all’intervento contro l’inquinamento da idrocarburi presenti sulle navi oggetto di contratti; fornire navi "stand-by" supplementari per il recupero degli idrocarburi atte a coprire zone in cui siano presenti impianti offshore che attualmente non si trovano entro una distanza geografica ragionevole (ad esempio nell'Artico); acquistare agenti di dispersione e attrezzature supplementari per far fronte alle fuoriuscite di idrocarburi in alto mare; estendere i servizi CleanSeaNet alle zone in cui siano presenti impianti off-shore e fornire il sostegno necessario per prestare assistenza ai paesi interessati dalla politica europea di vicinato. |
3.10 |
Il CESE incoraggia l'Agenzia a esercitare le sue nuove competenze per contribuire alla lotta contro la pirateria marittima. I dati e gli strumenti a disposizione dell'EMSA, soprattutto gli strumenti di sorveglianza via satellite di cui è dotata, saranno utili per individuare la presenza di navi pirata. La fornitura di dati relativi al posizionamento delle navi dovrebbe divenire uno dei compiti principali dell'Agenzia, anche se sempre su richiesta delle autorità nazionali. Il CESE ribadisce la necessità che l'EMSA presti assistenza nella lotta contro la pirateria, come del resto aveva già sottolineato nel suo parere sul tema La pirateria marittima: potenziare la risposta dell'UE (16 gennaio 2013) e nell'audizione pubblica sul medesimo argomento (24 gennaio 2013). |
4. Osservazioni specifiche
4.1 Articolo 2 – Definizioni
La definizione di "idrocarburi" proposta dal regolamento fa riferimento alla definizione stabilita dalla Convenzione internazionale sui preparativi, la reazione e la cooperazione in materia di inquinamento da idrocarburi del 1990. Il CESE invita l'UE e i suoi Stati membri a rafforzare l'attuazione di tale Convenzione.
4.2 Articolo 2 – Definizioni
La definizione di "sostanze pericolose e nocive" fa riferimento alla definizione prevista dal Protocollo sulla preparazione, reazione e cooperazione in materia di incidenti inquinanti mediante sostanze pericolose e nocive del 2000. Il CESE invita l'UE e gli Stati membri che non l'abbiano già fatto ad aderire al Protocollo e a procedere alla sua esecuzione.
4.3 Articolo 4 - Finanziamento dell’Unione
4.3.1 |
A giudizio del CESE, il sostegno offerto dall'EMSA ai paesi interessati dalla politica di allargamento e dalla politica europea di vicinato dovrebbe essere finanziato dai programmi esistenti dell'UE destinati a tali paesi e non dovrebbe rientrare in questo quadro finanziario pluriennale. |
4.3.2 |
Pur sostenendo la dotazione finanziaria proposta, il CESE dubita che possa essere sufficiente per realizzare, nel periodo di sette anni previsto, gli interventi necessari per far fronte ai seguenti problemi: aumento dei flussi di traffico (un maggior numero di petroliere e di navi gasiere in mare) e incremento delle attività di trivellazione nel quadro dello sfruttamento di giacimenti di petrolio e di gas nei mari che circondano l'UE. La ridotta capacità di reazione alle emergenze potrebbe provocare un aumento dei costi esterni in caso di incidenti gravi. |
4.4 Articolo 5 - Capacità di monitoraggio esistenti
Per quanto riguarda l'elenco dei meccanismi antinquinamento pubblici e privati nell'UE, il CESE chiede con urgenza che si intervenga per includervi i meccanismi simili presenti nei paesi costieri vicini che non sono membri dell'Unione, dal momento che l'inquinamento marino non ha confini. Inoltre, benché il presente parere si limiti all'inquinamento accidentale, il CESE invita l'EMSA a intervenire per localizzare gli impianti inadeguati di raccolta dei residui di idrocarburi nei porti dell'UE e in quelli dei paesi costieri vicini. L'inquinamento operativo – a differenza dell'inquinamento accidentale – è molto meno mediatico e clamoroso, però ha ripercussioni molto più gravi in termini di inquinamento totale dei mari.
4.5 Il CESE invita l'UE, i rispettivi Stati membri e i nuovi Stati costieri confinanti a rafforzare l'applicazione delle seguenti convenzioni regionali elencate nella relazione della proposta di regolamento: la Convenzione di Helsinki, la Convenzione di Barcellona, l'Accordo di Bonn, la Convenzione OSPAR, l'accordo di Lisbona (che deve ancora entrare in vigore) e la Convenzione di Bucarest. Secondo il Comitato è indispensabile promuovere le esercitazioni (congiunte) di lotta contro l'inquinamento organizzate da tali convenzioni e procedere allo scambio di esperti nel settore dell'inquinamento marino. Il programma di scambio di esperti nell'ambito dell'inquinamento marino Empollex dovrebbe pertanto incrementare tali scambi tra gli Stati membri.
4.6 Il CESE ribadisce la necessità che gli Stati costieri limitrofi attuino pienamente la "madre" di tutte le Convenzioni marittime, ovvero la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982, che dà fondamento giuridico all'azione in materia di lotta contro l'inquinamento marino, trivellazione dei fondali marini e trasporto marittimo sicuro sotto il profilo ambientale.
4.7 Le navi oggetto di contratti dispongono di ampie capacità di stoccaggio degli idrocarburi recuperati e di una vasta gamma di sistemi di recupero. Secondo il CESE, si dovrebbe consentire che le navi oggetto di contratti con l'EMSA siano utilizzate per le operazioni di alleggio e di trasferimento da nave a nave, nonché per lo stoccaggio degli idrocarburi recuperati in mare.
Bruxelles, 10 luglio 2013
Il presidente della Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) COM(2013) 174 final.
(2) GU L 394 del 30.12.2006, pag. 1.
(3) GU L 39 del 9.2.2013, pag. 30.
(4) GU C 76 del 14.3.2013, pag. 15.
GU C 299 del 4.10.2012, pag. 153.
GU C 48 del 15.2.2011, pag. 81.
GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 173.
GU C 255 del 22.9.2010, pag. 103.
GU C 277 del 17.11.2009, pag. 20.
GU C 211 del 19.8.2008, pag. 31.
GU C 28 del 3.2.2006, pag. 16.
GU C 108 del 30.4.2004, pag. 52.
(5) GU C 28 del 3.2.2006, pag. 16.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/111 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo per l’accesso al mercato dei servizi portuali e la trasparenza finanziaria dei porti»
COM(2013) 296 final — 2013/0157 (COD)
2013/C 327/19
Relatore generale: SIMONS
Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 19 giugno e 10 giugno 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 100, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo per l'accesso al mercato dei servizi portuali e la trasparenza finanziaria dei porti
COM(2013) 296 final — 2013/0157 (COD).
In data 21 maggio 2013, l'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha incaricato la sezione specializzata di preparare i lavori in materia.
Vista l'urgenza dei lavori (art. 59 del Regolamento interno), il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 491a sessione plenaria del 10 e 11 luglio 2013 (seduta dell'11 luglio 2013), ha nominato Jan SIMONS relatore generale e ha adottato il seguente parere con 81 voti favorevoli e 2 voti contrari.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è favorevole all'adozione di un approccio giuridico non vincolante, associato, qualora un tale approccio non rappresenti una soluzione adeguata, all'azione legislativa. |
1.2 |
Il Comitato condivide altresì l'approccio seguito dalla Commissione volto a rendere applicabili le proposte a tutti i 319 porti della rete TEN-T, lasciando impregiudicata la possibilità che gli Stati membri decidano di applicare il regolamento in esame anche ad altri porti. |
1.3 |
Vista la scarsa portata degli effetti del regolamento al momento attuale in questi settori, il Comitato concorda con la proposta della Commissione di lasciare il trasporto passeggeri e i servizi di movimentazione delle merci fuori dal campo di applicazione del regolamento. Tuttavia, in termini di attuazione, il Comitato raccomanda di riservare particolare attenzione ai servizi di pilotaggio, ormeggio e rimorchio, tenendo debitamente conto dei loro differenti impatti, in modo tale che essi possano essere prestati secondo una valutazione indipendente, libera da ogni pressione commerciale che potrebbe pregiudicare la sicurezza e la tutela ambientale della comunità portuale e dei cittadini in generale. |
1.4 |
Il Comitato accoglie con favore il riferimento, nel testo in esame, al fatto che occorre tutelare i diritti dei dipendenti ma si chiede per quale motivo l'applicazione della direttiva 2001/23/CE sia da considerare facoltativa. Per quanto riguarda gli aspetti sociali che andrebbero inclusi negli appalti pubblici e nei contratti di concessione, il Comitato rimanda al parere in merito alle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali adottato il 26 aprile 2012 (1). Di recente si è inoltre realizzato l'auspicio, da tempo formulato dal Comitato, di sviluppare un dialogo sociale autonomo nel settore portuale. |
1.5 |
Il Comitato appoggia l'idea di fondo della Commissione di rafforzare la trasparenza finanziaria nel settore portuale, poiché in questo modo sarà più facile reperire informazioni in merito a eventuali aiuti di Stato. |
1.6 |
La libertà commerciale dell'ente di gestione portuale nel fissare i diritti d'uso delle infrastrutture portuali viene quasi annullata dall'enumerazione di tutta una serie di criteri e dal conferimento di poteri di delega alla Commissione. Per una possibile soluzione si rimanda al punto 5.5. |
1.7 |
Il Comitato non ritiene necessario il ricorso a un organismo indipendente di vigilanza, di cui all'articolo 17, incaricato di supervisionare l'applicazione del regolamento in esame. La normativa in materia di concorrenza è di per sé sufficiente e, in caso contrario, l'aspetto richiede una regolamentazione specifica. |
1.8 |
La Commissione intende procedere a una valutazione del regolamento in oggetto entro 3 anni dalla sua entrata in vigore, proponendo eventuali misure correttive. Il Comitato ritiene che tale lasso di tempo sia troppo breve e propone di effettuare, entro il periodo di 3 anni, soltanto una valutazione intermedia contenente semplici osservazioni e di procedere a quella definitiva, con le relative conclusioni, non prima che siano trascorsi 6 anni dall'entrata in vigore del regolamento. |
2. Introduzione
2.1 |
Come si suol dire, non c'è due senza tre: per la terza volta la Commissione europea presenta delle proposte in merito ai porti marittimi dell'Unione; questa volta sulla base di una nuova situazione e adottando un diverso approccio. |
2.2 |
Una delle novità è rappresentata dall'integrazione di 319 porti marittimi nella rete transeuropea di trasporto (TEN-T) e nel meccanismo per collegare l'Europa, allo scopo di migliorare i collegamenti tra i porti marittimi e il loro entroterra. In questo modo, i porti marittimi hanno assunto ormai, per definizione, un interesse europeo, ma vengono anche ad essere, potenzialmente, in concorrenza tra loro. |
2.3 |
Le misure "morbide" (ossia non vincolanti) del passato in relazione all'accesso equo al mercato e alla trasparenza non hanno avuto praticamente alcun effetto. È per questo che la Commissione propone ora, oltre a una serie di azioni, una misura vincolante – sotto forma di regolamento – in merito alle due questioni di cui sopra, per trasformare i porti dell'UE in un fattore capace di favorire la crescita e il trasporto multimodale. |
3. I documenti della Commissione
3.1 |
Dopo una lunga e dettagliata consultazione (come risulta dalla valutazione d'impatto), nella sua comunicazione Porti: un motore per la crescita, la Commissione propone una serie di otto azioni aggiuntive "morbide", che reputa necessarie per sviluppare nei prossimi anni le possibilità per 319 porti, di cui 83 della rete centrale TEN-T. |
3.2 |
La Commissione afferma che la strategia dell'UE si basa sul principio che consiste nell'evitare le interferenze inutili nei porti che raggiungono buone prestazioni e nell'aiutare invece quelli in ritardo attraverso l'attuazione di "buone pratiche" e un solido approccio gestionale, rispettandone al contempo la diversità e le circostanze particolari. |
3.3 |
Le attività portuali contribuiscono in maniera diretta a creare occupazione. Attualmente 2 200 operatori portuali impiegano circa 110 000 lavoratori, mentre i porti offrono circa 3 milioni di posti di lavoro (diretti o nell'indotto) nei 22 Stati membri che dispongono di uno sbocco sul mare, e costituiscono una fonte significativa di gettito fiscale per le autorità pubbliche. |
3.4 |
La proposta di regolamento che istituisce un quadro normativo per l'accesso al mercato dei servizi portuali e la trasparenza finanziaria dei porti applica in maniera esplicita il principio della libera prestazione di servizi a qualunque tipo di servizio di tutti i porti della rete TEN-T. |
3.5 |
Le disposizioni enunciate nella parte sull'accesso al mercato (capo II) e le misure transitorie (art. 24) della proposta di regolamento non si applicano però al trasporto passeggeri e ai servizi di movimentazione delle merci. |
3.6 |
Il testo lascia all'ente di gestione portuale la facoltà di imporre requisiti di qualità e di disponibilità ai prestatori di servizi, consentendogli di limitare il numero degli operatori di un determinato servizio in caso di carenza di spazi, chiaramente documentata in un piano ufficiale di sviluppo del porto, o in caso di obblighi di servizio pubblico imposti a un operatore, le cui motivazioni siano chiare e pubbliche. |
3.7 |
La Commissione afferma che i diritti dei dipendenti devono essere tutelati e che gli Stati membri devono avere la possibilità di rafforzare ulteriormente tali diritti in caso di trasferimento di imprese insieme al relativo personale. |
3.8 |
La proposta in esame stabilisce che le relazioni finanziarie tra gli enti di gestione portuale, da un lato, e le autorità pubbliche, dall'altro, devono essere trasparenti, soprattutto nel caso in cui l'ente di gestione riceva finanziamenti pubblici. |
3.9 |
Gli enti di gestione portuale possono fissare i diritti di utilizzo dell'infrastruttura portuale in maniera autonoma e sulla base della propria strategia commerciale e di investimento. Tali diritti possono essere modificati in base alla frequenza di utilizzo del porto e/o al fine di promuovere un uso più efficiente dell'infrastruttura portuale, il trasporto marittimo di corto raggio o una maggiore efficienza energetica o delle emissioni di carbonio o ancora per incentivare il risparmio energetico nelle operazioni di trasporto. |
3.10 |
Secondo la proposta, gli Stati membri sono tenuti a disporre di un organismo indipendente di vigilanza che supervisioni l'applicazione del regolamento in esame. |
3.11 |
Tale organismo deve essere un'entità giuridicamente distinta e indipendente sul piano funzionale dagli enti di gestione dei porti e dai prestatori di servizi portuali. Si occupa dei reclami, ha il diritto di esigere che gli enti di gestione dei porti, i prestatori di servizi portuali e gli utenti del porto trasmettano le informazioni che reputa necessarie per garantire un'adeguata vigilanza e adotta decisioni vincolanti, impugnabili soltanto dinanzi all'autorità giudiziaria. |
4. Osservazioni generali
4.1 |
Il Comitato ritiene che la Commissione, con la pubblicazione della comunicazione, della valutazione d'impatto e della proposta di regolamento, abbia compiuto un passo verso l'apertura dell'accesso al mercato dei servizi portuali e verso il rafforzamento della trasparenza finanziaria dei porti. Il Comitato sottolinea l'importanza di innalzare la qualità dei servizi e di incrementare gli investimenti nei porti, due elementi necessari per il buon funzionamento del mercato. Anche gli aspetti della sicurezza e dell'ambiente, nonché il compito di coordinamento dell'Unione sono tenuti in debita considerazione. |
4.2 |
Le proposte presentate prevedono sia un approccio non vincolante, rappresentato dalle otto azioni "morbide" descritte nella comunicazione, che un approccio vincolante, costituito dalla proposta di regolamento. In generale, il Comitato ritiene che sia opportuno adottare, ove possibile, l'approccio "morbido" e ricorrere alla legislazione soltanto quando non sono percorribili altre strade: una visione, questa, che il Comitato ha già espresso in passato nel parere in merito alla politica europea dei porti (2). |
4.3 |
La proposta di regolamento si applica a tutti i 319 porti della rete TEN-T poiché, per loro natura, essi svolgono un ruolo importante nel sistema di trasporto europeo. Gli Stati membri possono tuttavia decidere di applicare le disposizioni del regolamento proposto anche ad altri porti. Il Comitato concorda con l'approccio, a suo avviso, pragmatico seguito dalla Commissione. |
4.4 |
Il Comitato constata che i servizi di movimentazione delle merci e i terminal passeggeri sono esentati dalle disposizioni in materia di accesso al mercato e dalle misure transitorie previste dal regolamento in esame (art. 11). La Commissione motiva questa esenzione con il fatto che i servizi di movimentazione delle merci e il trasporto passeggeri, purché su navi da crociera, sono spesso organizzati mediante contratti di concessione, mentre il trasporto passeggeri su navi traghetto rientra in genere negli obblighi di servizio pubblico. Il Comitato approva l'argomentazione addotta dalla Commissione. |
4.5 |
Il principio della libera prestazione dei servizi nei porti marittimi è uno degli aspetti preminenti del regolamento in esame. Il testo prevede quattro possibilità di limitare tale libertà, ossia:
Il Comitato accetta questo approccio all'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi accompagnato dalla possibilità di introdurre alcune restrizioni specifiche, adeguate alle esigenze dei porti marittimi. Tuttavia, in termini di attuazione, il Comitato raccomanda di riservare particolare attenzione ai servizi di pilotaggio, ormeggio e rimorchio, tenendo debitamente conto dei loro differenti impatti, in modo tale che essi possano essere prestati secondo una valutazione indipendente, libera da ogni pressione commerciale che potrebbe pregiudicare la sicurezza e la tutela ambientale della comunità portuale e dei cittadini in generale. |
4.5.1 |
Non è tuttavia chiaro il motivo per cui l'obbligo di servizio pubblico sia riferito soltanto all'"operatore interno" (art. 9). Per ragioni commerciali, infatti, come ad esempio la garanzia della continuità e della disponibilità del servizio, un gestore di servizi portuali può voler offrire in proprio un determinato servizio senza che questo rientri esplicitamente negli obblighi di servizio pubblico e/o senza che la carenza o la destinazione degli spazi ad altro scopo inducano a limitare il numero degli operatori. Il regolamento dovrebbe prevedere anche tale possibilità. |
4.6 |
Il Comitato accoglie con favore l'inserimento, nel testo del regolamento, di un articolo volto a tutelare i diritti dei dipendenti (art. 10), ma si chiede il motivo per cui l'applicazione della direttiva 2001/23/CE sia da considerare facoltativa. Per quanto riguarda gli aspetti sociali che occorre considerare negli appalti pubblici e nei contratti di concessione, il Comitato rimanda al suo parere in merito alle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali adottato il 26 aprile 2012 (3). |
4.7 |
La Commissione ha inserito nel regolamento in esame una serie di articoli intesi a promuovere la trasparenza finanziaria e l'autonomia (art. 12 e segg.). Le autorità portuali sono tenute tra l'altro a garantire la trasparenza in merito alla portata degli aiuti di Stato fruiti e a registrarli in una contabilità separata qualora l'ente di gestione portuale fornisca in proprio dei servizi portuali. Il Comitato è favorevole alla massima trasparenza possibile e condivide le proposte in materia. |
4.8 |
Il Comitato ritiene inutile e pertanto non necessario il ricorso a un organismo indipendente di vigilanza, previsto all'articolo 17, incaricato di supervisionare l'applicazione del regolamento in esame; tale misura sarebbe in contrasto con la tendenza dei porti a fornire, in quanto operatori commerciali, servizi di qualità esattamente in linea con le esigenze del mercato. La normativa nazionale ed europea attualmente in vigore in materia di concorrenza è sufficiente e qualora non sia applicata, spetta alla Commissione intervenire in maniera specifica nei confronti dello Stato membro in questione. |
5. Osservazioni particolari
5.1 |
La necessità di instaurare un dialogo sociale nel settore portuale è resa ancora più evidente dalla previsione che nel 2030 i porti avranno bisogno del 15 % di lavoratori portuali in più rispetto a ora. Il Comitato reputa che tra i principali requisiti per il buon funzionamento dei porti vi siano l'esistenza di un clima sociale positivo e la disponibilità alla concertazione da parte di tutti i soggetti interessati. |
5.2 |
Il CESE si compiace pertanto del fatto che il 19 giugno 2013 sia stato costituito un comitato UE per il dialogo sociale, nell'ambito del quale le parti sociali, in piena autonomia, si confronteranno in particolare sulle condizioni di lavoro. |
5.3 |
Il Comitato esprime apprezzamento per la proposta che gli utenti del porto siano consultati al momento della fissazione dei diritti di utilizzo delle infrastrutture portuali, e ritiene che si tratti di una modalità di definizione trasparente. |
5.4 |
Secondo il Comitato, un aspetto positivo contenuto nel regolamento è rappresentato dal fatto che le autorità portuali sono tenute a garantire la trasparenza in merito alla portata degli aiuti di Stato di cui beneficiano e dalla modalità in cui tali finanziamenti sono integrati nei loro costi. In questo modo gli aiuti di Stato sono visibili in maniera più immediata, a tutto vantaggio della trasparenza finanziaria. |
5.5 |
Uno degli aspetti ai quali in Comitato tiene in modo particolare, ossia la libertà commerciale dell'ente di gestione del porto nel fissare i diritti d'uso delle infrastrutture portuali (art. 14, paragrafi 1, 2 e 3), viene praticamente annullato dall'enumerazione (nei paragrafi seguenti) di tutta una serie di criteri e dal conferimento di poteri di delega alla Commissione. Tale libertà verrebbe però preservata se si sopprimessero questi paragrafi e si aggiungessero alla fine del paragrafo 3, ossia dopo il passaggio "in conformità alla normativa sugli aiuti di Stato", le parole "e sulla concorrenza". |
5.6 |
La Commissione propone di presentare una relazione sull'impatto del regolamento entro 3 anni dalla sua entrata in vigore. Il Comitato ritiene che tale relazione sia da considerare come una relazione intermedia poiché si tratta di un periodo troppo breve per poter formulare un giudizio definitivo; 6 anni sarebbero invece un lasso di tempo più ragionevole. |
5.7 |
Il Comitato ricorda, infine, che occorre adottare ulteriori misure per garantire condizioni di equa concorrenza tra i porti dell'UE e quelli dei paesi vicini. |
Bruxelles, 11 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) GU C 191, 29.6.2012, pag. 84.
(2) GU C 27, 3.2.2009, pag. 45.
(3) GU C 191, 29.6.2012, pag. 84.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/115 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alle «Regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri del trasporto aereo (programma evolutivo)»
COM(2013) 130 final
2013/C 327/20
Relatrice: ANGELOVA
Correlatore: HENCKS
Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea, in data 16 aprile 2013 e 16 luglio 2013 rispettivamente, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alle:
Regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri del trasporto aereo (programma evolutivo)
COM(2013) 130 final.
La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 136 voti favorevoli, 6 voti contrari e 7 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si compiace per la maggiore certezza del diritto che la proposta in esame comporta sia per i passeggeri che per i vettori aerei: essa contiene definizioni più precise dei concetti rilevanti utilizzati dal regolamento e in questo modo si allinea ai principi contenuti nelle decisioni della Corte di giustizia dell'Unione europea e stabilisce un quadro giuridico affidabile. Il CESE deplora tuttavia il fatto che la proposta della Commissione non preveda un elevato livello di tutela dei consumatori. |
1.2 |
Il CESE approva in via di principio le misure che i vettori aerei devono adottare, in determinate circostanze, per risarcire i passeggeri in caso di ritardi prolungati, provvedere alla riprotezione e riprogrammazione e aumentare il livello complessivo di comfort in caso di ritardo o perdita del volo. Il CESE esprime tuttavia il suo disaccordo, specialmente per quanto riguarda il risarcimento previsto in caso di ritardo, di ritardi prolungati dei voli e ritardi dei voli su tratte brevi, aspetti per i quali la proposta si allontana dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in materia. |
1.3 |
Il CESE apprezza che la proposta sia stata formulata in seguito a un'ampia valutazione d'impatto, e ricorda che l'attuazione efficace e tempestiva del pacchetto legislativo SES II+ rappresenta uno strumento importante che dovrebbe far diminuire i costi dei vettori aerei. |
1.4 |
Il CESE respinge la proposta della Commissione consistente nell'estendere il limite oltre al quale il passeggero ha diritto al risarcimento in caso di ritardo, in quanto si discosta da tre sentenze consecutive della Corte di giustizia dell'UE. |
1.5 |
Il CESE capisce le ragioni che consigliano di elevare in modo sostanziale le soglie per il risarcimento in caso di ritardi sulle tratte a lunga percorrenza, ma esorta la Commissione a continuare i propri sforzi per trovare incentivi affinché i vettori aerei nella pratica si mantengano ben al di sotto di tali soglie. I periodi di ritardo di cui sopra dovrebbero essere ulteriormente ridotti nel caso delle persone con disabilità o a mobilità ridotta, in modo da rispecchiare i costi specifici che un ritardo prolungato comporta per tali categorie di persone. |
1.6 |
Il CESE apprezza l'introduzione di un limite di tempo e del principio per cui il vettore aereo, qualora non sia in grado di riproteggere il passeggero con i propri servizi, deve prendere in considerazione altri vettori o altri mezzi di trasporto. Tuttavia, il Comitato considera troppo lungo un periodo di 12 ore prima di ricorrere ad altri servizi o vettori. Inoltre, il passeggero dovrebbe avere il diritto di rifiutare di viaggiare con un altro mezzo di trasporto (come un autobus, il treno o la nave). Per coprire il più rapidamente possibile i costi aggiuntivi dovuti al trasferimento verso un altro vettore, il CESE ribadisce la proposta di creare un fondo di "responsabilità solidale" per il rimpatrio o la riprotezione dei passeggeri tramite altri vettori. |
1.7 |
Per quanto riguarda la definizione di "circostanze eccezionali", secondo il CESE dovrebbe essere indicato chiaramente che ritardi, cambiamenti di orario o cancellazioni sono da considerarsi circostanze eccezionali soltanto se tali circostanze:
Si dovrà poi considerare ogni volta che vengono invocate circostanze eccezionali se queste soddisfino realmente condizione tutte e tre queste condizioni, il che non sarà sempre vero per alcune delle circostanze di cui all'allegato 1 della proposta di regolamento (ad es. i rischi per la salute o la sicurezza, le condizioni atmosferiche o le vertenze del lavoro). |
1.8 |
Il CESE chiede alla Commissione di elaborare norme neutrali rispetto agli altri modi di trasporto per non violare il principio della parità di trattamento e non creare favoritismi a scapito di altri modi di trasporto. |
2. Introduzione
2.1 |
Negli ultimi anni, il miglioramento del trasporto aereo è stato costantemente in cima all'agenda della Commissione europea. Il rispetto di norme europee sempre più severe in materia di sicurezza del cielo unico europeo, di efficienza e di impatto ambientale dell'aviazione (1) ha migliorato il funzionamento dei servizi aerei e rafforzato i diritti acquisiti dei passeggeri. Il CESE ha elaborato pareri su tutti i testi pertinenti (2) e ha incoraggiato la Commissione a continuare gli sforzi sulla stessa linea, ritenendo che occorresse ancora lavorare sull'argomento. |
2.2 |
In considerazione del fatto che viaggiare in aereo non è più un lusso, ma una necessità per motivi di lavoro e per consentire ai cittadini europei di esercitare il loro ovvio diritto alla libera circolazione, il CESE ritiene che vi siano ancora dei settori da esaminare più approfonditamente per garantire i diritti dei passeggeri e fornire ai vettori aerei un quadro giuridico ed economico solido, che consenta loro di operare con successo su un mercato altamente competitivo. Fra i settori in cui sono necessari miglioramenti del quadro giuridico e un'applicazione più efficace della legislazione vigente figurano le norme sul risarcimento e l'assistenza ai passeggeri del trasporto aereo. |
3. Sintesi della proposta della Commissione
3.1 |
La proposta modifica l'attuale regolamento (CE) n. 261/2004, ed è motivata da una serie di nuovi sviluppi:
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3.2 |
L'obiettivo principale della proposta è garantire i diritti fondamentali dei passeggeri del trasporto aereo, ossia il diritto di ricevere informazioni, di ottenere un rimborso, nonché il diritto alla riprotezione, all'assistenza durante l'attesa di poter riprendere il viaggio e alla compensazione in determinate circostanze (3), tenendo conto allo stesso tempo delle implicazioni finanziarie per il settore del trasporto aereo e garantendo che i vettori aerei possano operare secondo condizioni armonizzate all'interno di un mercato liberalizzato. |
3.3 |
La proposta riguarda i tre principali settori in cui la Commissione ritiene che siano ancora necessarie misure per migliorare l'applicazione del regolamento, vale a dire l'attuazione di fatto armonizzata dei diritti stabiliti dall'UE, l'agevolazione del loro effettivo godimento e la sensibilizzazione del pubblico per quanto riguarda l'esercizio di tali diritti. Essa viene incontro alla raccomandazione del Parlamento europeo che esprime l'esigenza "di una maggiore certezza giuridica, di una maggiore chiarezza interpretativa e di un'applicazione uniforme dei regolamenti nell'UE" (4). |
3.4 |
Pertanto, la riforma del regolamento (CE) n. 261/2004 proposta dalla Commissione europea:
|
4. Osservazioni generali
4.1 |
Il CESE si rammarica che la proposta non tenga conto dell'intera giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE, anzi se ne discosti per quanto concerne gli aspetti più importanti per i diritti dei passeggeri. Riconosce tuttavia che la proposta migliora l'attuale regolamento in quegli ambiti in cui la Commissione ha inserito l'acquis della Corte di giustizia. |
4.2 |
Il CESE esprime soddisfazione per il fatto che la proposta attuale sembra aver corretto la maggior parte delle lacune della precedente versione, segnalate sia dagli operatori del settore che dai passeggeri (5), e che abbia al tempo stesso chiarito una serie di definizioni. |
4.2.1 |
Per l'industria, il valore aggiunto della proposta rispetto alle norme esistenti potrebbe consistere nel fatto che:
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4.2.2 |
Per i passeggeri, il valore aggiunto della proposta potrebbe consistere nel fatto che:
|
4.2.3 |
Il CESE riconosce che è molto difficile soddisfare contemporaneamente le esigenze di tutte le parti in causa, per cui il valore aggiunto offerto a una parte potrebbe comportare un minor grado di soddisfazione per l'altra. |
4.3 |
Il CESE ritiene che le azioni della Commissione volte a migliorare la protezione dei passeggeri in caso di insolvenza di una compagnia aerea (6) rappresentino un passo nella giusta direzione, ma sottolinea che tali azioni non sono sufficienti se si vuole garantire una protezione dei passeggeri completa ed efficace nei casi di insolvenza della compagnia aerea, e ritiene che si dovrebbe stabilire un meccanismo in grado di garantire che le compagnie aeree adempiano al regolamento proposto in caso di insolvenza. |
4.4 |
La proposta traccia una linea di demarcazione fra il proprio ambito e quello della direttiva 90/314/CEE del Consiglio, riconoscendo ai passeggeri il diritto di scegliere in base a quali norme presentare un reclamo, ma escludendo il diritto di cumulare i risarcimenti per lo stesso problema attraverso un ricorso ad entrambi gli strumenti normativi. |
4.5 |
Nei suoi pareri precedenti sui diritti dei passeggeri del trasporto aereo, il CESE ha avanzato diverse proposte che rafforzerebbero tali diritti (7), molte delle quali sono state inserite nel progetto di regolamento in esame. Il CESE però si rammarica del fatto che le seguenti proposte siano rimaste inascoltate:
|
4.6 |
Il CESE accoglie con favore tutti i miglioramenti riguardanti l'applicazione dei diritti dei passeggeri con disabilità e a mobilità ridotta, dal momento che consentono di allinearsi alle disposizioni della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. In tale contesto, il Comitato propone le modifiche che seguono.
|
5. Osservazioni specifiche sulle norme modificate
5.1 |
Il CESE approva il principio riguardante le misure che i vettori aerei devono adottare, in determinate circostanze, per risarcire i passeggeri in caso di ritardi prolungati, fornire una migliore assistenza, provvedere alla riprotezione e riprogrammazione e aumentare il livello complessivo di comfort dei passeggeri in caso di ritardo o perdita del volo. |
5.2 |
Il CESE è dell'avviso che la proposta della Commissione consistente nell'estendere il limite oltre al quale il passeggero ha diritto al risarcimento in caso di ritardo, passando dalle attuali tre ore a cinque ore per tutte le tratte interne all'UE, non sia accettabile. Il CESE non capisce perché la riduzione della soglia per ottenere un risarcimento ridurrebbe il tasso di voli cancellati, dal momento che in caso di cancellazione le linee aeree devono comunque procedere a un risarcimento. |
5.3 |
È comprensibile che i voli a destinazione e in provenienza dei paesi terzi siano sottoposti a soglie che dipendono dalla distanza, tenendo conto dei problemi pratici incontrati dai vettori aerei nell'affrontare le cause dei ritardi che si producono in aeroporti lontani. Il CESE tuttavia ritiene che i tempi proposti di nove o dodici ore siano troppo lunghi, e che la Commissione dovrebbe continuare i propri sforzi per trovare incentivi affinché i vettori aerei nella pratica si mantengano ben al di sotto di tali soglie. I periodi di ritardo di cui sopra dovrebbero essere ulteriormente ridotti nel caso delle persone con disabilità o a mobilità ridotta, in modo da rispecchiare i costi specifici che un ritardo prolungato comporta per tali categorie di persone. Il CESE considera l'attuazione efficace e tempestiva del pacchetto legislativo SES II+ uno strumento importante per far diminuire i costi dei vettori aerei, dando loro una maggiore flessibilità nel finanziare la riduzione delle soglie. |
5.4 |
Il CESE apprezza l'introduzione di un limite di tempo e del principio per cui il vettore aereo, qualora non sia in grado di riproteggere il passeggero con i propri servizi entro tale limite, deve prendere in considerazione altri vettori o altri mezzi di trasporto (quando siano disponibili i posti necessari). Tuttavia, il Comitato considera troppo lungo un periodo di 12 ore prima di ricorrere ad altri servizi o vettori. Inoltre, il passeggero dovrebbe avere il diritto di rifiutare di viaggiare con un altro mezzo di trasporto (come un autobus, il treno o la nave). Per coprire il più rapidamente possibile i costi aggiuntivi dovuti al trasferimento verso un altro vettore, il CESE ribadisce la proposta di creare un fondo di "responsabilità solidale" per il rimpatrio o la riprotezione dei passeggeri tramite altri vettori, di concerto con tutte le parti interessate. |
5.5 |
Il CESE ritiene necessario definire con maggiore chiarezza la responsabilità degli aeroporti di assistere i passeggeri nel caso delle cancellazioni multiple di voli causate dall'incapacità delle autorità aeroportuali di garantire le condizioni necessarie per un'erogazione senza difficoltà dei servizi aerei. |
5.6 |
Il CESE è a favore di una seconda prova di applicazione della clausola relativa alle "circostanze eccezionali" di cui all'articolo 1, paragrafo 4, lettera b) della proposta, e raccomanda che gli organismi nazionali di applicazione ne garantiscano uno svolgimento accurato. |
5.7 |
Il CESE appoggia la proposta di introdurre un'unica soglia per il diritto all'assistenza pari a 2 ore per i voli di qualsiasi durata che sostituisca le soglie attuali, le quali dipendono dalla distanza di percorrenza. Una simile misura è chiaramente nell'interesse dei passeggeri e garantisce loro condizioni eque e confortevoli di attesa. |
5.8 |
Il CESE accoglie con favore la proposta per cui i passeggeri che perdono una coincidenza a causa del ritardo del volo precedente hanno diritto all'assistenza e, in determinate circostanze, al risarcimento, dato che anche tali disposizioni migliorano la posizione dei passeggeri. |
5.9 |
Un passo avanti verso una migliore garanzia dei diritti dei passeggeri è la proposta secondo cui i passeggeri dei voli riprogrammati con un anticipo inferiore alle due settimane godono di diritti analoghi a quelli dei passeggeri dei voli in ritardo. |
5.10 |
Il CESE raccomanda vivamente alla Commissione di trovare misure per migliorare la cooperazione fra gli aeroporti e i vettori aerei, in modo da ridurre significativamente il tempo di attesa per i passeggeri quando l'aeromobile subisca un ritardo in pista. |
5.11 |
Il CESE invita la Commissione a proibire l'attuale pratica delle linee aeree di cancellare il viaggio di ritorno se un passeggero non ha utilizzato la tratta di andata prevista dal medesimo biglietto (8). Il Comitato è d'accordo col rafforzamento del diritto dei passeggeri ad essere informati sulle interruzioni dei voli (non appena le informazioni pertinenti si rendano disponibili), dal momento che così si migliora anche la possibilità per i passeggeri di pianificare il da farsi appena raggiunta la destinazione finale. |
5.12 |
Il CESE capisce la necessità di limitare il tempo durante il quale il vettore aereo è tenuto a fornire una sistemazione ai passeggeri in caso di circostanze eccezionali e accetta il limite proposto di tre notti. Tuttavia, il Comitato consiglia con forza alla Commissione di lasciare gli organismi nazionali di applicazione di ciascuno Stato membro liberi di stabilire un limite di prezzo per tali pernottamenti. Detto limite non si dovrebbe applicare alle persone a mobilità ridotta. |
6. Applicazione
6.1 |
La proposta di modifica del regolamento (CE) n. 261/2004 chiarisce il ruolo degli organismi nazionali di applicazione, assegnando loro il compito di garantire l'applicazione generale. La gestione extragiudiziale dei singoli reclami diventerà compito degli organismi di risoluzione alternativa delle controversie, come suggerito dal CESE (9). Queste disposizioni conferiscono agli organismi responsabili maggiori poteri di sanzionamento per casi di mancato rispetto del regolamento (CE) n. 261/2004 da parte dei vettori aerei e mettono a disposizione dei passeggeri strumenti di pressione più affidabili per la corretta applicazione dei loro diritti. |
6.2 |
Il proposto scambio di informazioni e coordinamento tra gli organismi nazionali di applicazione, nonché fra tali organismi e la Commissione, effettuato grazie agli obblighi rafforzati di comunicazione e alle procedure formali di coordinamento, consentirà di reagire velocemente a tutti i problemi di applicazione che verranno emergendo. |
7. Definizione di "circostanze eccezionali"
7.1 |
Il CESE è d'accordo sul fatto che la proposta di regolamento in esame
Tali precisazioni avranno conseguenze positive sia per i passeggeri ai fini della valutazione della portata dei loro diritti in materia che per i vettori aerei per la determinazione dei loro relativi obblighi. |
7.2 |
Anche l'elenco non esaustivo proposto delle circostanze da considerare eccezionali e di quelle da ritenere non eccezionali, contenuto nell'allegato I della proposta di regolamento, aiuterà a ridurre il rischio di litigi superflui tra i passeggeri e le linee aeree. |
7.3 |
Secondo il CESE, pertanto, dovrebbe essere indicato chiaramente che si dovrà considerare ogni volta che vengono invocate circostanze eccezionali se queste soddisfino davvero tale triplice condizione, il che non sarà sempre vero per alcune delle circostanze di cui all'allegato 1 (ad es. i rischi per la salute o la sicurezza, le condizioni atmosferiche o le vertenze del lavoro). |
Bruxelles, 11 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) COM(2012) 573 final.
(2) GU C 24 del 28.1.2012, pagg. 125-130, GU C 376 del 22.12.2011, pagg. 38-43, GU C 198 del 10.7.2013, pagg. 9-13.
(3) COM(2011) 174 final.
(4) Risoluzione del Parlamento europeo, del 29 marzo 2012, sul funzionamento e l'applicazione dei diritti acquisiti dei passeggeri aerei (2011/2150 (INI)).
(5) SEC(2011) 428.
(6) COM(2013) 129 final.
(7) GU C 24,del 28.1.2012, pagg. 125-130 e GU C 229 del 31.7.2012, pagg. 122-125.
(8) GU C 24 del 28.1.2012, pag. 127.
(9) GU C 24 del 28.1.2012, pag. 130.
ALLEGATO
al parere del Comitato economico e sociale europeo
I seguenti emendamenti, che hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni:
Nuovo punto 4.1.3 (emendamento 7)
Aggiungere il seguente nuovo punto:
Il CESE si rammarica del fatto che la proposta abbia rotto l'equilibrio esistente tra i vari interessi, privilegiando la protezione dei diritti dei trasportatori rispetto ai diritti dei passeggeri.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
52 |
Voti contrari |
: |
70 |
Astensioni |
: |
14 |
Punto 5.3 (emendamento 11)
Modificare come segue:
È incomprensibile che i voli a destinazione e in provenienza dei paesi terzi siano sottoposti a soglie che dipendono dalla distanza, tenendo conto dei problemi pratici incontrati dai vettori aerei nell'affrontare le cause dei ritardi che si producono in aeroporti lontani. Il CESE tuttavia ritiene che i tempi proposti di nove o dodici ore siano troppo lunghi, e che la Commissione dovrebbe mantenere l'attuale tempo limite di tre ore in tutte le ipotesi. Continuare i propri sforzi per trovare incentivi affinché i vettori aerei nella pratica si mantengano ben al di sotto di tali soglie. I periodi di ritardo di cui sopra dovrebbero essere ulteriormente ridotti nel caso delle persone con disabilità o a mobilità ridotta, in modo da rispecchiare i costi specifici che un ritardo prolungato comporta per tali categorie di persone. Il CESE considera l'attuazione efficace e tempestiva del pacchetto legislativo SES II+ uno strumento importante per far diminuire i costi dei vettori aerei, dando loro una maggiore flessibilità nel finanziare la riduzione delle soglie.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
50 |
Voti contrari |
: |
81 |
Astensioni |
: |
12 |
Punto 5.12 (emendamento 12)
Modificare come segue:
Il CESE capisce la necessità di limitare il tempo durante il quale il vettore aereo è tenuto a fornire una sistemazione ai passeggeri in caso di circostanze eccezionali e accetta il limite proposto di tre notti (1). si rammarica che la nuova proposta diluisca il regolamento in vigore, il quale garantisce l'assistenza ai passeggeri in attesa in caso di interruzione del viaggio, poiché in questo modo si discosta da una sentenza della Corte di giustizia relativa al diritto alla sistemazione in albergo (causa Denise McDonagh/Ryanair, 31 gennaio 2013). Il CESE ritiene che il diritto alla sistemazione sia giustificato soprattutto quando le interruzioni perdurano nel tempo e i passeggeri sono particolarmente vulnerabili; inoltre il trasporto aereo, diversamente da altri mezzi di trasporto, implica nella maggior parte dei casi delle lunghe distanze, e spesso i passeggeri colpiti da un'interruzione del viaggio sono molto lontani dalle proprie case, col risultato che le lunghe distanze in parola non consentono loro di trovare mezzi alternativi per raggiungere la propria destinazione finale. Tuttavia, il Comitato consiglia con forza alla Commissione di lasciare gli organismi nazionali di applicazione di ciascuno Stato membro liberi di stabilire un limite di prezzo per tali pernottamenti. Detto limite non si dovrebbe applicare alle persone a mobilità ridotta.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
56 |
Voti contrari |
: |
78 |
Astensioni |
: |
7 |
(1) Articolo 8, paragrafo 9, della proposta – articolo 9 del regolamento (CE) n. 261/2004 modificato.
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/122 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Quarto pacchetto ferroviario»composto dai seguenti sette documenti:«Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul “Quarto pacchetto ferroviario — completare lo spazio ferroviario europeo unico per favorire la competitività e la crescita europee”»
COM(2013) 25 final;
«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga il regolamento (CEE) n. 1192/69 del Consiglio relativo alle norme comuni per la normalizzazione dei conti delle aziende ferroviarie»
COM(2013) 26 final — 2013/0013 (COD);
«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’Agenzia dell’Unione europea per le ferrovie e che abroga il regolamento (CE) n. 881/2004»
COM(2013) 27 final — 2013/0014 (COD);
«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1370/2007 per quanto riguarda l’apertura del mercato dei servizi di trasporto nazionale di passeggeri per ferrovia»
COM(2013) 28 final — 2013/0028 (COD);
«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico, per quanto riguarda l’apertura del mercato dei servizi di trasporto nazionale di passeggeri per ferrovia e la governance dell’infrastruttura ferroviaria»
COM(2013) 29 final — 2013/0029 (COD);
«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario dell’Unione europea (rifusione)»
COM(2013) 30 final — 2013/0015 (COD);
«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza delle ferrovie (rifusione)»
COM(2013) 31 final — 2013/0016 (COD)
2013/C 327/21
Relatore: MORDANT
La Commissione, in data 19 febbraio 2013, il Consiglio, in date 21 e 22 febbraio 2013, e il Parlamento europeo, in data 7 febbraio 2013, hanno deciso, conformemente agli articoli 91, 91, paragrafo 1, 109, 170, 171 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:
Quarto pacchetto ferroviario,
composto dai seguenti documenti:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul "Quarto pacchetto ferroviario - completare lo spazio ferroviario europeo unico per favorire la competitività e la crescita europee"
COM(2013) 25 final
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga il regolamento (CEE) n. 1192/69 del Consiglio relativo alle norme comuni per la normalizzazione dei conti delle aziende ferroviarie
COM(2013) 26 final — 2013/0013 (COD)
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'Agenzia dell'Unione europea per le ferrovie e che abroga il regolamento (CE) n. 881/2004
COM(2013) 27 final — 2013/0014 (COD)
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1370/2007 per quanto riguarda l'apertura del mercato dei servizi di trasporto nazionale di passeggeri per ferrovia
COM(2013) 28 final — 2013/0028 (COD)
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico, per quanto riguarda l'apertura del mercato dei servizi di trasporto nazionale di passeggeri per ferrovia e la governance dell'infrastruttura ferroviaria
COM(2013) 29 final — 2013/0029 (COD)
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario dell’Unione europea (rifusione)
COM(2013) 30 final — 2013/0015 (COD)
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza delle ferrovie (rifusione)
COM(2013) 31 final — 2013/0016 (COD).
La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 giugno 2013.
Alla sua 491a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 luglio 2013 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 82 voti favorevoli, 20 voti contrari e 8 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) chiede alla Commissione europea di far effettuare, sotto il controllo dell'insieme degli attori, un bilancio delle conseguenze dei pacchetti ferroviari in termini di risposta ai bisogni dei cittadini, di trasferimento modale, di assetto dei territori, di sviluppo delle relazioni transfrontaliere, di qualità dei servizi ferroviari misurata sulla base di dati di fatto, di accessibilità, di rafforzamento dei diritti dei passeggeri, ecc. |
1.2 |
Il CESE raccomanda che le misure legislative del nuovo pacchetto ferroviario si fondino sul contributo che le ferrovie possono dare alla costruzione europea, grazie ai loro effetti sull'economia, sulla società e sull'ambiente. |
1.3 |
L'iniziativa legislativa in questione deve porsi l'obiettivo di elidere gli "effetti frontiera" tra gli Stati membri. Deve cioè permettere di sviluppare relazioni transfrontaliere tra paesi limitrofi intervenendo sulle dimensioni dello sviluppo sostenibile e dell'assetto del territorio, grazie alla creazione di infrastrutture tra Stati membri che ne sono privi o non ne possiedono di adeguate. |
1.4 |
Il CESE chiede che l'Unione europea preveda la possibilità di creare strutture transfrontaliere e di definirne le modalità d'intervento sui territori che esse coprono, per permettere di definire e organizzare le funzioni dei servizi d'interesse generale come previsto dall'articolo 14 del TFUE e dal protocollo n. 26. |
1.5 |
Il CESE chiede che gli Stati membri mantengano la capacità di organizzare il loro sistema ferroviario nazionale e di aprire il loro mercato nazionale alla concorrenza, in funzione della loro situazione geografica e demografica, della loro storia e delle condizioni economiche, sociali e ambientali esistenti. |
1.6 |
Il CESE raccomanda di lasciare alle autorità competenti il compito di affidare le funzioni di servizio pubblico direttamente a un determinato operatore oppure di ricorrere a procedure di appalto pubblico come prevede attualmente il regolamento 1370/2007/CE, e di organizzarne liberamente la struttura. |
1.7 |
Riguardo all'obbligo di redigere i piani di trasporto pubblico richiesti dalla Commissione, il CESE raccomanda di non porre restrizioni alle autorità competenti quanto alla definizione delle funzioni di servizio pubblico, e chiede di fissare degli obiettivi chiari di miglioramento dell'accessibilità per i disabili e di intervento degli utenti, obiettivi da scegliere mediante consultazioni e grazie al controllo del livello qualitativo del servizio. |
1.8 |
Il CESE raccomanda, d'altra parte, di salvaguardare il know how industriale degli operatori in materia di gestione dei servizi ferroviari, lasciando agli operatori stessi la proprietà del loro materiale rotabile e di altri impianti, al fine di stimolare gli sforzi di ricerca e innovazione indispensabili all'evoluzione del settore in termini di sicurezza e di qualità. |
1.9 |
Il CESE raccomanda alla Commissione di avviare un'iniziativa per il controllo del livello della sicurezza ferroviaria, che è essenziale per lo sviluppo delle ferrovie, istituendo osservatori nazionali o commissioni miste sulla sicurezza. Raccomanda inoltre di garantire la trasparenza delle condizioni di gestione del servizio e democratizzare l'approccio dei poteri pubblici alla sicurezza, nonché di rispettare l'articolo 91 del TFUE, che pone all'UE degli obblighi di risultato in termini di sicurezza dei trasporti. |
1.10 |
Il CESE propone che l'Agenzia dell'Unione europea per le ferrovie (in prosieguo anche "l'Agenzia") riceva il compito di occuparsi anche della salute e della sicurezza dei lavoratori, due fattori indispensabili per mantenere un alto livello di sicurezza della gestione per gli utenti, i lavoratori e i residenti lungo gli impianti ferroviari. |
1.11 |
Il CESE reputa inoltre indispensabile che ogni decisione dell'Agenzia impegni la responsabilità giuridica della stessa. |
1.12 |
Il CESE giudica prioritaria la parte tecnica del pacchetto in esame, onde aiutare il trasferimento modale verso il trasporto ferroviario. |
1.13 |
Il CESE chiede che i datori di lavoro e i pubblici poteri tengano conto della gravosità e pericolosità delle professioni ferroviarie ai fini delle specifiche protezioni sociali, dei contratti collettivi, dei salari e della progressione di carriera, e mantengano gli impegni assunti in materia di pensioni. |
1.14 |
Il CESE raccomanda un sistema di formazione continua e di riconoscimento dei risultati dell'esperienza che consenta ai lavoratori di mantenere e far fruttare le loro competenze e di acquisirne di nuove. |
1.15 |
Il CESE chiede che, nell'effettuare le sue scelte organizzative o di apertura alla concorrenza, ogni Stato membro preservi, per i suoi operatori "storici", i livelli occupazionali nonché le garanzie collettive e le condizioni salariali e di lavoro del personale. In caso di cambiamento di operatore, occorre prevedere la riassunzione del personale interessato e il mantenimento delle garanzie collettive di cui esso gode. |
2. Osservazioni generali
2.1 |
Il presente parere prende le mosse dalle raccomandazioni formulate dal CESE in una serie di pareri precedenti:
|
2.2 |
Il Quarto pacchetto ferroviario, che forma oggetto del presente parere, comprende sei testi legislativi, che ne modificano, rifondono o addirittura abrogano degli altri e sono illustrati da una comunicazione di carattere generale e accompagnati da numerose relazioni e analisi d'impatto. |
2.3 |
Il parere verte in particolare sui quattro pilastri di questo pacchetto, che vertono sulla governance e l'apertura dei trasporti passeggeri di lunga distanza, sulla revisione del regolamento 1370/2007/CE sugli obblighi di servizio pubblico, sul ruolo dell'Agenzia dell'Unione europea per le ferrovie, sulle interazioni con l'interoperabilità e la sicurezza e sulle disposizioni sociali. |
2.4 |
La situazione attuale costituisce il punto di partenza delle riflessioni e delle proposte qui formulate, alla luce degli sviluppi che è possibile prevedere per il settore ferroviario e nel rispetto del Trattato di Lisbona. Per verificare la pertinenza delle soluzioni proposte, è opportuno valutare i risultati delle politiche europee condotte da oltre 20 anni a questa parte, trarne delle prospettive per il futuro e assegnare a tali politiche degli obiettivi riguardo al ruolo che può e deve svolgere il trasporto ferroviario in relazione all'assetto, all'uguaglianza e allo sviluppo territoriali, al servizio reso ai cittadini e ai caricatori ed all'accessibilità per gli stessi di questo modo di trasporto. |
2.5 |
Più in generale, l'elaborazione di questo nuovo pacchetto legislativo deve fondarsi sul contributo che il trasporto ferroviario può recare a una costruzione europea in crisi di progettualità, integrando le dimensioni economiche, sociali e ambientali. |
2.6 |
Esso deve inoltre permettere di sviluppare relazioni transfrontaliere tra Stati membri vicini privi d'infrastrutture comuni: grazie alla creazione di queste ultime, infatti, sarà possibile assicurare rapporti agevoli tra i cittadini di tali paesi, con particolare riguardo alle persone disabili o con mobilità ridotta. |
2.7 |
In proposito occorre guardare con grande attenzione ai risultati delle politiche europee in termini di sviluppo delle relazioni transfrontaliere volte a elidere quell'"effetto frontiera" la cui persistenza costituisce un freno alla costruzione europea, alla libertà di circolazione e al trasferimento modale verso la ferrovia. |
2.8 |
L'attenzione deve appuntarsi sul livello di sicurezza della gestione di questa industria di rete, il cui sviluppo è condizionato dal grado di fiducia riposto in esso dalla collettività e dalla trasparenza che è indispensabile apportare alle condizioni di produzione del settore. |
2.9 |
Occorre inoltre valutare il rispetto dell'articolo 10, paragrafo 3, del TUE, relativo al diritto dei cittadini di partecipare alla vita democratica dell'Unione e al dovere di adottare le decisioni "nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini". |
2.10 |
È necessario effettuare una proiezione sulle evoluzioni sociali del settore ferroviario, alla luce delle ristrutturazioni avviate, della ridefinizione del perimetro di attività, del trasferimento delle competenze in un periodo di forte avvicendamento del personale ferroviario, nonché delle condizioni sociali e di lavoro dello stesso in relazione agli obiettivi di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. |
3. Governance dei servizi nazionali di trasporto passeggeri e loro apertura alla concorrenza
3.1 |
Con questa proposta legislativa, la Commissione intende rilanciare il trasporto ferroviario introducendovi un regime di concorrenza per i trasporti nazionali passeggeri. Per la Commissione, questa concorrenza deve essere stimolata da una normativa UE che preveda la separazione tra, da un lato, le funzioni di gestore dell'infrastruttura estese ai compiti di gestione della circolazione, manutenzione delle reti e investimento su queste ultime e, dall'altro, le funzioni di vettore. E ad essa associa il rafforzamento degli organismi di regolamentazione destinati a controllare il mercato ferroviario. |
3.2 |
A tal fine, la Commissione propone di modificare la direttiva 2012/34/CE, del 21 novembre 2012, la cui trasposizione nel diritto interno degli Stati membri deve essere effettuata entro il 16 giugno 2015. E si noti che tale iniziativa viene realizzata senza attendere l'entrata in vigore delle misure adottate nel quadro della relativa rifusione. |
3.3 |
Nello stesso spirito, in materia di gestione dei grandi corridoi di trasporto sono state adottate delle disposizioni di cui non è ancora stato possibile misurare completamente gli effetti. |
3.4 |
Negli studi d'impatto relativi al progetto di Quarto pacchetto ferroviario, la Commissione fa una serie di constatazioni, riconoscendo peraltro che alcune di esse riguardano situazioni ancora in divenire o si prestano a interpretazioni difformi, ma presentando comunque numerosi argomenti, che adduce a sostegno delle soluzioni proposte. |
3.5 |
Per quanto riguarda gli effetti della separazione tra le funzioni di gestore d'infrastruttura e quelle di impresa ferroviaria, i numerosi studi effettuati presentano risultati poco omogenei. L'esame dei dati statistici forniti dalla Commissione dimostra tuttavia che non vi è una correlazione automatica tra tale separazione, l'apertura del mercato e il miglioramento dei risultati del settore ferroviario, ma che questi ultimi sembrano corrispondere direttamente ai livelli di finanziamento e al prezzo dei pedaggi. Da parte sua, la relazione McNulty stila un bilancio molto contrastato della situazione britannica, riconoscendo che il sistema ferroviario del Regno Unito si rivela più oneroso per lo Stato e per l'utente, che soffre di una mancanza di allineamento tra i diversi attori e che avrebbe bisogno di un coinvolgimento più intenso dello Stato nelle necessarie integrazioni (tariffe, distribuzioni, orari, ecc.). Per risolvere questa equazione, McNulty formula tre raccomandazioni graduali: una condivisione dei costi e dei ricavi tra il gestore dell'infrastruttura e gli operatori ferroviari, la creazione di joint ventures tra questi attori, o anche esperienze di re-integrazione riguardo a determinate concessioni. |
3.6 |
Da alcuni studi nazionali che valutano la qualità del servizio ferroviario, come quello condotto dall'Associazione di tutela dei consumatori britannica Which?, emerge un bilancio in chiaroscuro del funzionamento di tale servizio dal punto di vista degli utenti, il cui livello di soddisfazione nei confronti della metà degli operatori non supera il 50 % e solo il 22 % dei quali reputa che il sistema stia migliorando (http://www.which.co.uk/home-and-garden/leisure/reviews-ns/best-and-worst-uk-train-companies/best-train-companies-overall). |
3.7 |
Il progetto della Commissione non contiene inoltre alcuna proposta per migliorare l'accessibilità del servizio per le persone disabili. A tal fine, gli utenti devono essere consultati e uditi dai diversi soggetti pertinenti. |
3.8 |
La Commissione fa riferimento a un'indagine del 2012 sulla soddisfazione per i servizi ferroviari passeggeri, già giudicata insufficiente dal CESE nelle raccomandazioni formulate al punto 1.6 del suo parere TEN/495 del 13 dicembre 2012. |
3.9 |
La Commissione sottolinea d'altronde l'importanza delle sovvenzioni pubbliche erogate al settore in esame nonché del ricorso ai contributi pubblici per ripianare i debiti del sistema, la cui possibilità era menzionata e caldeggiata nella direttiva 91/440 e negli orientamenti sugli aiuti di Stato dell'aprile 2008. Questo apporto di sostegno pubblico non è isolato, considerata l'entità del capitale fisico da mobilitare per soddisfare obiettivi ambientali, a fini d'interesse generale o finanche di politica pubblica. Altri operatori di altri settori, pubblici o privati, beneficiano delle medesime disposizioni. |
3.10 |
Per creare le condizioni per l'apertura del mercato, la Commissione propone di separare in modo rigoroso le funzioni di gestore dell'infrastruttura, estese su un nuovo perimetro, da quelle di vettore. Tale proposta mira a evitare i conflitti d'interesse e le pratiche discriminatorie, nonché a favorire l'individuazione e la prevenzione dei sussidi incrociati, senza fornire la prova dell'esistenza di tali pratiche o adducendo elementi contestati dai soggetti interessati nonché dalla Corte di giustizia dell'Unione europea. In particolare è questo il motivo per cui detta Corte ha integralmente respinto il ricorso per inadempimento (fase contenziosa della "procedura di infrazione") proposto dalla Commissione nei confronti della Germania e dell'Austria. Il CESE sottolinea che, se gli spedizionieri e gli operatori logistici in generale, e i nuovi operatori ferroviari in particolare, sono favorevoli ad un mercato ferroviario UE senza frontiere, separato, deregolamentato e maggiormente integrato con le normali pratiche commerciali di altri modi di trasporto, vi sono però altri operatori sul mercato ferroviario, come ad esempio gli operatori "storici", le organizzazioni dei consumatori, le autorità preposte ai trasporti pubblici, ecc., che hanno un atteggiamento più prudente e privilegiano un approccio volto a promuovere la qualità dei servizi esistenti. |
3.11 |
In applicazione dell'articolo 63, paragrafo 1, della direttiva 2012/34/UE che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico, i due colegislatori hanno chiesto alla Commissione di presentare loro delle relazioni riguardanti l’attuazione del capo II di tale direttiva, essenzialmente dedicato all'autonomia e alle strutture delle ferrovie dell'Unione. Ai sensi di tale norma, in dette relazioni, la Commissione "valuta (…) lo sviluppo del mercato, incluso lo stato dei preparativi per un'ulteriore apertura del mercato su rotaia" e "analizza (…) i diversi modelli per l’organizzazione di tale mercato e l’impatto della (…) direttiva (rifusa, NdR) sui contratti di servizio pubblico e il loro finanziamento". Nel far ciò, la Commissione avrebbe dovuto anche tener conto dell' "attuazione del regolamento (CE) n. 1370/2007" e delle "differenze intrinseche tra gli Stati membri (densità delle reti, numero di passeggeri, distanza media dei viaggi)". Nella specie, dai dibattiti era emersa la necessità di lasciare agli Stati membri la possibilità di organizzare i loro sistemi nazionali e di mantenere, ove lo giudicassero utile, una forma integrata di organizzazione della produzione che consentisse la messa in comune, riducendo le interfacce dannose dal punto di vista economico e della sicurezza. |
3.12 |
La separazione della gestione dell'infrastruttura in un sistema di trasporto guidato ad un solo grado di libertà comporta in genere più disfunzioni che vantaggi, complicando notevolmente il funzionamento, facendo lievitare i costi e riducendo la qualità del servizio. Ciò vale soprattutto per le reti in cui si svolge un intenso traffico misto. |
3.13 |
L'integrazione del progresso tecnico è più lenta e più difficile. L'innovazione, che si realizza perlopiù sia nel materiale fisso (infrastruttura) che su quello mobile (materiale rotabile) ne risulta frenata. La burocrazia e le interfacce inutili aumentano in misura rilevante, facendo crescere i costi di esercizio e paralizzando i processi decisionali. |
3.14 |
Oltre a ciò, la separazione delle funzioni di gestori dell'infrastruttura da quelle di vettori rende ancora maggiore la distanza tra il gestore della rete o dell'infrastruttura e gli utilizzatori finali (passeggeri e caricatori) con le loro esigenze in termini di qualità del servizio (in particolare puntualità). Bisogna dunque che in seno al sistema ferroviario sia mantenuto un ruolo di operatore chiave, senza compromettere l'indipendenza delle funzioni essenziali del gestore dell'infrastruttura. |
3.15 |
Per quanto riguarda le strutture di servizio, d'altra parte, al punto 1.7 del suo parere TEN/432-433 del 16 marzo 2011 il CESE aveva raccomandato quanto segue: "Per quanto riguarda le condizioni di accesso alle strutture di servizio, il CESE non può approvare l'obbligo di indipendenza giuridica, organizzativa e decisionale, in quanto rischia di mettere a repentaglio le attuali strutture, che sono insostituibili". Dall'analisi non emerge alcun elemento nuovo che renda necessario rivedere tale raccomandazione. |
3.16 |
La Commissione, tuttavia, riconosce che la messa in comune di determinate funzioni consentirebbe al sistema di migliorare le sue prestazioni e la qualità del servizio reso ai passeggeri. E il CESE condivide tale punto di vista. |
3.17 |
Per quanto concerne la liberalizzazione del trasporto ferroviario internazionale passeggeri nell'Unione, in vigore dal gennaio 2010, finora non si può certo affermare che essa abbia sistematicamente condotto ad un crollo dei prezzi praticati per questo tipo di servizi o ad una crescita spettacolare di questo segmento. |
3.18 |
L'Europa dell'alta velocità ferroviaria ha iniziato a vedere la luce ben prima del 2010, grazie ad investimenti pubblici considerevoli in alcuni Stati membri, e la concorrenza che vi si svolge dovrebbe continuare ancora per molto tempo ad essere più inter- che intra-modale. Alla liberalizzazione del 2010 sono soprattutto seguiti l'abbandono di numerosi collegamenti esistenti, realizzati con materiali e condizioni di gestione tradizionali (senza alta velocità), e l'interruzione di una serie di cooperazioni, per quanto di lunga data. Il CESE deplora questa involuzione, ed esorta la Commissione ad adottare le misure necessarie per il miglioramento e lo sviluppo dei servizi transfrontalieri di trasporto ferroviario passeggeri. |
3.19 |
Dall'analisi del trasporto ferroviario merci, poi, emerge una situazione catastrofica in un buon numero di Stati membri. Ciò è principalmente dovuto al fatto che la modernizzazione e lo sviluppo delle strade ferrate non seguono il ritmo della modernizzazione dei collegamenti stradali, e che gli operatori del trasporto ferroviario sono tenuti a pagare dei diritti di utilizzazione delle tratte ferroviarie. A ciò si aggiunge il fatto che la concorrenza per i collegamenti più redditizi induce sì ad apportare miglioramenti a un certo numero di linee servite da treni blocco, ma va, almeno in parte, a scapito del traffico mediante vagoni singoli, che tende a ridursi sempre di più. Tutto ciò rischia di causare la desertificazione industriale di interi territori e di riportare sulla strada molte migliaia di camion. Numerosi operatori, d'altronde, ammettono tranquillamente che, in alcuni Stati membri, la liberalizzazione non ha determinato alcuno spostamento significativo di merci verso il trasporto su rotaia. |
3.20 |
Malgrado l'evidente necessità di riformare il mercato, le constatazioni che precedono inducono il CESE a suggerire alla Commissione di adottare un approccio prudente nei confronti della liberalizzazione dei traffici nazionali passeggeri, tenuto conto dell'esperienza attuale in materia di liberalizzazione del traffico internazionale. La Commissione riconosce d'altronde la difficoltà di rilanciare un'attività ferroviaria internazionale troppo slegata dai collegamenti nazionali che le permetterebbero di beneficiare di un indubbio effetto di rete. |
3.21 |
Su questo punto, il CESE condivide la valutazione secondo cui, malgrado l'innegabile attivismo della Commissione europea in termini di disciplina giuridica, il traffico ferroviario internazionale passeggeri si è scarsamente sviluppato. |
3.22 |
Ne consegue un palese giudizio di insufficienza dei risultati delle soluzioni raccomandate, segnatamente in ragione dell'impossibilità del mercato di risolvere i problemi descritti senza investimenti adeguati e senza un appropriato impulso politico. In un contesto siffatto, si profila una sfida particolarmente ardua: quella di far sì che le zone poste ai margini delle reti nazionali siano servite da mezzi di trasporto moderni e rispettosi dell'ambiente. |
3.23 |
Questo obiettivo deve costituire una priorità per l'Unione al fine di realizzare uno spazio europeo omogeneo, eliminando gli "effetti frontiera" e conferendo coerenza, in termini di sviluppo e sul piano economico e sociale, a insiemi finora costretti ad un faccia a faccia sclerotizzante. |
3.24 |
L'Unione deve prevedere la possibilità di creare strutture transfrontaliere e di definirne le modalità d'intervento sui territori che esse servono, per permettere di definire e organizzare le funzioni dei servizi d'interesse generale come previsto dall'articolo 14 del TFUE e dal protocollo n. 26. |
3.25 |
Solo un'iniziativa politica che benefici di un forte sostegno da parte dei pubblici poteri consentirà di creare uno spazio e delle relazioni in grado di essere occupati da un mercato pervenuto a maturità. Il CESE sollecita la Commissione a puntare fortemente sull'effettivo sviluppo della qualità e della sicurezza dei servizi nel mercato ferroviario dell'UE, in particolare quello transfrontaliero, tenendo conto anche dello sviluppo di altri modi di trasporto. Un aumento della quota di mercato del trasporto ferroviario e una maggiore soddisfazione dei clienti deve essere l'obiettivo generale, che può essere raggiunto attraverso strumenti diversi a seconda dello Stato membro in questione. |
4. Revisione del regolamento 1370/2007 sugli obblighi di servizio pubblico
4.1 |
La modifica del regolamento 1370/2007/CE prevede l'obbligo di ricorrere a gare d'appalto per i servizi di trasporto ferroviario, e riguarda l'organizzazione di tali appalti, la redazione di piani di trasporto pubblico e la messa a disposizione del materiale rotabile ai nuovi operatori. |
4.2 |
Al punto 1.7 del suo parere TEN/495, del 13 dicembre 2012, il CESE aveva espresso forti riserve riguardo alla revisione del regolamento relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia. È giocoforza constatare che la revisione prevista è rimasta inferiore alle attese, considerati i risultati prospettati dalle analisi d'impatto. |
4.3 |
Da numerosi studi, alcuni dei quali - come la relazione intitolata Regulatory Options on future Market Opening in Rail Passengers Transport - effettuati per conto della Commissione, emergono elementi disparati e contraddittori che non consentono di fornire una soluzione uniforme alle problematiche legate al numero dei passeggeri, alla frequenza dei servizi, all'evoluzione degli aiuti pubblici e alla produttività. |
4.4 |
Risultati molto simili si sono registrati su reti soggette a un regime giuridico diverso (apertura oppure no alla concorrenza), il che induce a prendere le distanze da un approccio troppo "universale" che non tenga conto delle caratteristiche che nei vari paesi determinano l'organizzazione degli spostamenti, come la geografia, la meteorologia, l'organizzazione spaziale della produzione e dei luoghi di vita, alcuni dei quali ancora molto lontani dai servizi ferroviari, come osservato dal suddetto parere TEN/495. |
4.5 |
Questi elementi devono indurre l'Unione ad assicurarsi che i mezzi impiegati siano idonei a permettere il conseguimento, a livello europeo, degli obiettivi dell'azione prospettata, i quali non possano invece essere conseguiti a livello nazionale, regionale o locale, e che l'azione stessa non vada aldilà di quanto necessario per conseguire tali obiettivi. |
4.6 |
Il rispetto di tali obiettivi deve essere valutato con attenzione anche alla luce della proposta della Commissione di fissare dei tetti massimi per l'aggiudicazione diretta. Questa disposizione, infatti, porrebbe un limite discutibile all'autonomia delle pubbliche amministrazioni. |
4.7 |
Il fatto stesso di fissare una soglia per limitare l'entità delle concessioni offerte agli operatori porterà immancabilmente ad "effetti soglia" che potrebbero nuocere alla coerenza del servizio e, data l'assenza di perequazioni, comporteranno una perdita di quella maggiore competitività complessiva che ci si attende dall'apertura alla concorrenza. Ne consegue che, per evitare tali "effetti soglia", il compito di aggiudicare uno o più lotti direttamente a un operatore oppure ricorrere a procedure di gara - come attualmente previsto dal regolamento 1370/2007/CE - nonché quello di configurare la struttura dell'appalto - inclusa, se del caso, l'eventuale suddivisione in lotti - dovrebbe essere lasciato alle autorità competenti. |
4.8 |
Bisognerà inoltre chiedersi quale beneficio apporti definire in maniera così dettagliata l'elaborazione dei piani di trasporto pubblico, cosa che appare come una restrizione dell'"ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali" quanto agli obblighi di servizio pubblico previsti dal Trattato. |
4.9 |
Un'attenzione particolare esigono poi le condizioni alle quali la Commissione intende mettere il capitale fisico necessario per l'esercizio dell'attività ferroviaria a disposizione dei nuovi operatori, dispensati così dall'investire e lavorare sugli aspetti della ricerca e dell'innovazione, che pure sono importanti per la qualità e la sicurezza delle ferrovie. |
4.10 |
L'esempio britannico mostra che questo materiale viene affittato da istituti bancari tramite società finanziarie, il che espone a rischi considerevoli la disponibilità di tale capitale fisico e pone la questione del suo controllo. |
5. Ruolo dell'Agenzia ferroviaria europea, sicurezza e interoperabilità ferroviarie
5.1 |
Il Secondo pacchetto ferroviario ha istituito un'Agenzia ferroviaria europea, con sede a Valenciennes (Francia), incaricata di avviare l'armonizzazione tecnica delle reti e del materiale europei, di sviluppare l'interoperabilità mediante l'elaborazione di norme comuni (specifiche tecniche di interoperabilità (STI) e metodi comuni di sicurezza (Common Safety Methods - CSM)) e di migliorare la sicurezza ferroviaria. |
5.2 |
L'articolo 91 del TFUE pone all'Unione degli obblighi di risultato in materia di sicurezza dei trasporti, imponendole di accrescerne costantemente il livello. |
5.3 |
Inoltre, il livello di sicurezza delle ferrovie, così come il suo stare al passo coi mutamenti tecnici e istituzionali che lo riguardano, non può in alcun caso misurarsi con il numero delle vittime registrate, ma deve essere valutato sulla base di indicatori che consentano di osservarne gli sviluppi e di agire preventivamente per garantire il massimo livello di sicurezza possibile agli utilizzatori ed ai residenti lungo la strada ferrata. |
5.4 |
La creazione di uno spazio ferroviario europeo esige un miglioramento dell'interoperabilità. La compatibilità delle infrastrutture e dei materiali rotabili o fissi deve basarsi su procedure semplici e rapide, che ne preservino il livello di sicurezza e ne assicurino l'evoluzione, la modernizzazione, l'adeguamento a nuove esigenze. |
5.5 |
Da questo punto di vista, contrariamente a quanto prospettato nella relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, sull'attuazione delle disposizioni della direttiva 2007/58/CE relative all'apertura del mercato dei servizi internazionali di trasporto passeggeri per ferrovia che accompagna la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul Quarto pacchetto ferroviario, la sicurezza non può essere considerata alla stregua di un ostacolo. Esperienze recenti in altri settori dimostrano quanto possa essere dannoso, ai fini della percezione del ruolo dell'Unione da parte dei cittadini, un approccio troppo lassista nei confronti della sicurezza. D'altra parte, gli incidenti accaduti a Viareggio e, più di recente, a Schellebelle, devono incitare l'insieme degli operatori del settore alla massima prudenza e al massimo rigore nell'esercizio dell'attività ferroviaria. |
5.6 |
In tal senso l'Agenzia ferroviaria europea svolge un ruolo centrale, in cooperazione con le autorità nazionali preposte alla sicurezza collegate in una rete di scambi e di coordinamento. I compiti dell'Agenzia, come pure quelli di tali autorità nazionali, devono peraltro evolversi, in modo da coprire anche la dimensione umana dell'attività ferroviaria e tener conto degli aspetti relativi alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, che è un elemento imprescindibile della sicurezza ferroviaria. |
5.7 |
Considerato il moltiplicarsi dei soggetti che operano sulle ferrovie, nonché le possibili conseguenze di un'organizzazione del lavoro inadeguata, le funzioni delle autorità nazionali preposte alla sicurezza devono estendersi anche al controllo delle condizioni dell'esercizio della produzione ferroviaria. Tali autorità devono diventare veri e propri organi di "polizia" ferroviaria, incaricati di verificare l'applicazione delle norme in vigore, che sono disposizioni di ordine pubblico sociale. |
5.8 |
Nell'aprile 2011 è stata effettuata, su richiesta della Commissione, una valutazione del ruolo dell'Agenzia ferroviaria europea. Da tale valutazione si ricava che all'Agenzia potrebbe essere affidato il compito di promuovere l'innovazione volta a migliorare l'interoperabilità e la sicurezza ferroviaria, e in particolare l'uso delle nuove tecnologie informatiche e dei sistemi di monitoraggio e tracciatura; nel qual caso, però, l'Agenzia non potrebbe essere esonerata dalla responsabilità giuridica derivante dalle sue decisioni. |
5.9 |
Quest'ultima considerazione rinvia alla concezione di una politica industriale fondata sulla ricerca, l'innovazione e gli investimenti, che abbisogna dell'intervento dei pubblici poteri per affrontare con successo una grande sfida europea e contribuire così alla ripresa dell'economia. Il progetto industriale e di ricerca europeo Shift2Rail può, a condizione di coinvolgere adeguatamente l'insieme delle imprese di trasporto ferroviario, rappresentare un approccio appropriato in questo senso. |
5.10 |
Inoltre, nel rispetto degli obblighi imposti all'Unione dall'articolo 91 del TFUE e in un'ottica di miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori, si potrebbero conferire all'Agenzia i poteri prescrittivi necessari per assicurare l'applicazione, da parte dell'insieme degli operatori, delle decisioni adottate per garantire l'interoperabilità. |
6. Aspetti sociali
6.1 |
L'ultimo aspetto del rilancio di una politica industriale a livello europeo è legato alle sfide poste dai mutamenti della demografia della forza lavoro e della ripartizione delle qualifiche nei settori del trasporto su ferrovia e della costruzione ferroviaria. |
6.2 |
In tali settori si è infatti constatato un invecchiamento della componente operaia e una modifica nella composizione sociale della forza lavoro, per cui in futuro una quota sempre maggiore degli occupati sarà composta da dirigenti, ingegneri e tecnici. |
6.3 |
Questa situazione porterà, nei prossimi anni, a un considerevole rinnovo del personale addetto all'attività ferroviaria e ad un notevole turnover nei nuovi operatori, il che ci riporta alla questione delle condizioni di lavoro da loro applicate e dell'abbassamento del livello della protezione sociale propria del settore, che, prima della liberalizzazione, teneva conto della gravosità e pericolosità delle professioni ferroviarie e contribuiva così a mantenerle attrattive. |
6.4 |
L'attrattiva delle professioni ferroviarie, in particolare per i giovani e le donne, rappresenta pertanto un presupposto essenziale per l'affidabilità dell'attività ferroviaria negli Stati membri e a livello dell'UE; la sfida qui consiste nel favorire l'ingresso di nuovi lavoratori nel settore e nell'assicurare la fidelizzazione del personale. |
6.5 |
Questo duplice obiettivo di attrazione e fidelizzazione del personale impone agli Stati membri di mantenere gli impegni assunti in materia di protezione sociale (e specialmente di pensioni), di garanzie collettive e di condizioni di lavoro, nonché di assicurare al personale un'occupazione a lungo termine e prospettive di progressione di carriera fondate sull'acquisizione e il riconoscimento delle competenze. Programmi specifici come l'Erasmus possono essere mobilitati a questo scopo. |
6.6 |
Nel parere TEN/445, del 15 giugno 2011, sugli aspetti sociali della politica dei trasporti dell'UE, il CESE formula in materia una serie di raccomandazioni per migliorare l'attrattiva del settore, raccomandazioni di cui la Commissione dovrebbe tener conto nelle sue proposte legislative. |
6.7 |
Il CESE chiede che, nell'effettuare le sue scelte organizzative o di apertura alla concorrenza, ogni Stato membro preservi, per i suoi operatori "storici", i livelli occupazionali nonché le garanzie collettive e le condizioni salariali e di lavoro del personale. In caso di cambiamento di operatore, occorre prevedere la riassunzione del personale interessato e il mantenimento delle garanzie collettive di cui esso gode. |
Bruxelles, 11 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) GU C 132 del 3.5.2011, pag. 99-107.
(2) GU C 248 del 25.8.2011, pag. 22-30.
(3) GU C 24 del 28.1.2012, pag. 146-153.
(4) GU C 44 del 15.2.2013, pag. 49-52.
ALLEGATO
al Parere del Comitato economico e sociale europeo
I seguenti emendamenti, che hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle discussioni.
Punto 1.5
Modificare come segue:
Il CESE chiede che gli Stati membri mantengano la capacità di organizzare il loro sistema ferroviario nazionale e di aprire il loro mercato nazionale alla concorrenza, in funzione della loro situazione geografica e demografica, della loro storia e delle condizioni economiche, sociali e ambientali esistenti. condivide l'obiettivo della Commissione di portare a termine la creazione di un mercato ferroviario comune in Europa con sistemi di trasporto di alta qualità e senza problemi alle frontiere. Il CESE sollecita la Commissione a puntare fortemente sull'effettivo sviluppo della qualità dei servizi nel mercato ferroviario dell'UE, in particolare quello transfrontaliero, tenendo conto anche dello sviluppo di altri modi di trasporto. Un aumento della quota di mercato del trasporto ferroviario e una maggiore soddisfazione dei clienti deve essere l'obiettivo generale, che può essere raggiunto attraverso strumenti diversi a seconda dello Stato membro in questione.
Esito della votazione (gli emendamenti relativi ai punti 1.5 e 3.1 sono stati messi ai voti e respinti congiuntamente)
Voti favorevoli |
: |
30 |
Voti contrari |
: |
71 |
Astensioni |
: |
7 |
Punto 3.1
Modificare come segue:
Con questa proposta legislativa concernente il Quarto pacchetto ferroviario, la Commissione intende proseguire il proprio lavoro volto a rilanciare il trasporto ferroviario europeo. Come i pacchetti precedenti già adottati, il pacchetto in esame è stato elaborato in quanto le ferrovie rappresentano una parte importante di un sistema di trasporti sostenibile nell'UE sia per i passeggeri sia per le merci. Inoltre una riforma del mercato è necessaria per creare un mercato ferroviario comune a cui affidare il ruolo potenziale che il trasporto su ferrovia non è stato in grado di svolgere nei decenni passati. Dopo aver introdotto la concorrenza nel trasporto ferroviario delle merci e in quello internazionale di passeggeri, la proposta all'esame introducendovi adesso un regime di concorrenza anche per i trasporti quello nazionale i di passeggeri. Per la Commissione, questa concorrenza deve essere stimolata da una normativa UE che preveda la separazione tra, da un lato, le funzioni di gestore dell'infrastruttura estese ai compiti di gestione della circolazione, manutenzione delle reti e investimento su queste ultime e, dall'altro, le funzioni di operatore ferroviario vettore. E ad essa associa il rafforzamento degli organismi di regolamentazione destinati a controllare il mercato ferroviario. Il CESE condivide l'obiettivo della Commissione di portare a termine la creazione di un mercato ferroviario comune in Europa con sistemi di trasporto di alta qualità e senza problemi alle frontiere.
Esito della votazione (gli emendamenti relativi ai punti 1.5 e 3.1 sono stati messi ai voti e respinti congiuntamente)
Voti favorevoli |
: |
30 |
Voti contrari |
: |
71 |
Astensioni |
: |
7 |
Punto 3.5
Modificare come segue:
Per quanto riguarda gli effetti della separazione tra le funzioni di gestore d'infrastruttura e quelle di impresa ferroviaria e le conseguenze della deregolamentazione dei mercati ferroviari, i numerosi studi effettuati presentano risultati poco omogenei. L'esame dei dati statistici forniti dalla Commissione dimostra tuttavia altresì che non vi è una correlazione automatica tra tale separazione, l'apertura del mercato e il miglioramento dei risultati del settore ferroviario. Inoltre, risulta chiaramente che le esperienze variano sia tra gli Stati membri che hanno operato la separazione e/o la deregolamentazione dei mercati ferroviari sia all'interno di quei mercati che non sono stati oggetto di riforma. Le quote di mercato del trasporto ferroviario sembrano dipendere non solo dai modelli di gestione, ma anche dai livelli generali d'investimento nonché da fattori geografici, demografici e industriali. , ma che questi ultimi sembrano corrispondere direttamente ai livelli di finanziamento e al prezzo dei pedaggi. Da parte sua, la relazione McNulty stila un bilancio molto contrastato della situazione britannica, riconoscendo che il sistema ferroviario del Regno Unito si rivela più oneroso per lo Stato e per l'utente, che soffre di una mancanza di allineamento tra i diversi attori e che avrebbe bisogno di un coinvolgimento più intenso dello Stato nelle necessarie integrazioni (tariffe, distribuzioni, orari, ecc.). Per risolvere questa equazione, McNulty formula tre raccomandazioni graduali: una condivisione dei costi e dei ricavi tra il gestore dell'infrastruttura e gli operatori ferroviari, la creazione di joint ventures tra questi attori, o anche esperienze di re-integrazione riguardo a determinate concessioni.
Esito della votazione (gli emendamenti relativi ai punti 3.5 e 3.6 sono stati messi ai voti e respinti congiuntamente)
Voti favorevoli |
: |
27 |
Voti contrari |
: |
70 |
Astensioni |
: |
7 |
Punto 3.6
Sopprimere l'intero punto:
Da alcuni studi nazionali che valutano la qualità del servizio ferroviario, come quello condotto dall'Associazione di tutela dei consumatori britannica Which?, emerge un bilancio in chiaroscuro del funzionamento di tale servizio dal punto di vista degli utenti, il cui livello di soddisfazione nei confronti della metà degli operatori non supera il 50 % e solo il 22 % dei quali reputa che il sistema stia migliorando (http://which.co.uk/home-and-garden/leisure/reviews-ns/best-and-worst-uk-train-companies/best-train-companies-overall/).
Esito della votazione (gli emendamenti relativi ai punti 3.5 e 3.6 sono stati messi ai voti e respinti congiuntamente)
Voti favorevoli |
: |
27 |
Voti contrari |
: |
70 |
Astensioni |
: |
7 |
Punto 3.11
Modificare:
In applicazione dell'articolo 63, paragrafo 1, della direttiva 2012/34/UE che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico, i due colegislatori hanno chiesto alla Commissione di presentare loro delle relazioni riguardanti l'attuazione del capo II di tale direttiva, essenzialmente dedicato all'autonomia e alle strutture delle ferrovie dell'Unione. Ai sensi di tale norma, in dette relazioni, la Commissione "valuta (…) lo sviluppo del mercato, incluso lo stato dei preparativi per un'ulteriore apertura del mercato su rotaia" e "analizza (…) i diversi modelli per l'organizzazione di tale mercato e l'impatto della (…) direttiva (rifusa, NdR) sui contratti di servizio pubblico e il loro finanziamento". Nel far ciò, la Commissione avrebbe dovuto anche tener conto dell'"attuazione del regolamento (CE) n. 1370/2007" e delle "differenze intrinseche tra gli Stati membri (densità delle reti, numero di passeggeri, distanza media dei viaggi)". Nella specie, dai dibattiti era emersa la necessità di lasciare agli emerso un sostegno inteso a permettere agli Stati membri la possibilità di organizzare i loro sistemi nazionali e di mantenere, ove lo giudicassero utile, una forma integrata di organizzazione della produzione che consentisse la messa in comune, riducendo le interfacce dannose dal punto di vista economico e della sicurezza.
Esito della votazione (gli emendamenti relativi ai punti 3.11, 3.12, 3.13 e 3.14 sono stati messi ai voti e respinti congiuntamente)
Voti favorevoli |
: |
35 |
Voti contrari |
: |
67 |
Astensioni |
: |
2 |
Punto 3.12
Sopprimere l'intero punto:
La separazione della gestione dell'infrastruttura in un sistema di trasporto guidato ad un solo grado di libertà comporta in genere più disfunzioni che vantaggi, complicando notevolmente il funzionamento, facendo lievitare i costi e riducendo la qualità del servizio. Ciò vale soprattutto per le reti in cui si svolge un intenso traffico misto.
Esito della votazione (gli emendamenti relativi ai punti 3.11, 3.12, 3.13 e 3.14 sono stati messi ai voti e respinti congiuntamente)
Voti favorevoli |
: |
35 |
Voti contrari |
: |
67 |
Astensioni |
: |
2 |
Punto 3.13
Sopprimere l'intero punto:
L'integrazione del progresso tecnico è più lenta e più difficile. L'innovazione, che si realizza perlopiù sia nel materiale fisso (infrastruttura) che su quello mobile (materiale rotabile) ne risulta frenata. La burocrazia e le interfacce inutili aumentano in misura rilevante, facendo crescere i costi di esercizio e paralizzando i processi decisionali.
Esito della votazione (gli emendamenti relativi ai punti 3.11, 3.12, 3.13 e 3.14 sono stati messi ai voti e respinti congiuntamente)
Voti favorevoli |
: |
35 |
Voti contrari |
: |
67 |
Astensioni |
: |
2 |
Punto 3.14
Modificare:
Oltre a ciò, la La separazione delle funzioni di gestori dell'infrastruttura da quelle di vettori rende può rendere ancora maggiore la distanza tra il gestore della rete o dell'infrastruttura e gli utilizzatori finali (passeggeri e caricatori) con le loro esigenze in termini di qualità del servizio (in particolare puntualità). Bisogna dunque che in seno al sistema ferroviario sia mantenuto un ruolo di operatore chiave, senza compromettere l'indipendenza delle funzioni essenziali del gestore dell'infrastruttura. Questo aspetto evidenzia la necessità di assicurare un'efficiente funzione di regolamentazione su tali mercati.
Esito della votazione (gli emendamenti relativi ai punti 3.11, 3.12, 3.13 e 3.14 sono stati messi ai voti e respinti congiuntamente)
Voti favorevoli |
: |
35 |
Voti contrari |
: |
67 |
Astensioni |
: |
2 |
Punto 3.19
Modificare come segue:
Dall'analisi del trasporto ferroviario merci, poi, emerge una situazione catastrofica in un buon numero di Stati membri. che gli effetti della deregolamentazione variano notevolmente tra i diversi Stati membri e i diversi mercati. In alcuni Stati membri, specialmente dell'Europa orientale, i recenti sviluppi risultano estremamente problematici. Ciò, tuttavia, è principalmente dovuto non alla deregolamentazione in quanto tale, bensì al fatto che la modernizzazione e lo sviluppo delle strade ferrate non seguono il ritmo della modernizzazione dei collegamenti stradali e che gli operatori del trasporto ferroviario sono tenuti a pagare dei diritti di utilizzazione delle tratte ferroviarie. In alcuni paesi il servizio al cliente è migliorato in modo significativo, il che ha fatto aumentare il numero di merci trasportate per ferrovia. In generale, l'aumento della concorrenza, specie nel mercato dei treni completi (o treni blocco), si è rivelata positiva. Invece, il trasporto di merci su vagone unico, che costituisce un problema di lunga data in Europa, ha continuato la sua parabola discendente nella maggior parte dei paesi, il che ha comportato effetti di rete e anche l'abbandono di infrastrutture per il trasporto ferroviario di minore intensità. A ciò si aggiunge il fatto che la concorrenza per i collegamenti più redditizi induce sì ad apportare miglioramenti a un certo numero di linee servite da treni blocco, ma va, almeno in parte, a scapito del traffico mediante vagoni singoli, che tende a ridursi sempre di più. Tutto ciò rischia di causare la desertificazione industriale di interi territori e di riportare sulla strada molte migliaia di camion. Numerosi operatori, d'altronde, ammettono tranquillamente che, in alcuni Stati membri Dalla comunicazione della Commissione emerge chiaramente che la deregolamentazione del trasporto ferroviario di merci nell'UE non è bastata a creare un nuovo mercato competitivo in questo settore. Alcuni operatori sostengono addirittura che la liberalizzazione non ha determinato automaticamente alcuno lo spostamento di una singola tonnellata significativo di merci verso il trasporto su rotaia.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
39 |
Voti contrari |
: |
72 |
Astensioni |
: |
3 |
12.11.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 327/133 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 96/53/CE, del 25 luglio 1996, che stabilisce, per taluni veicoli stradali che circolano nella Comunità, le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale»
COM(2013) 195 final/2 — 2013/0105 (COD)
2013/C 327/22
Relatore generale: RANOCCHIARI
Il Consiglio, in data 13 maggio 2013, e il Parlamento europeo, in data 18 aprile 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 91 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 96/53/CE, del 25 luglio 1996, che stabilisce, per taluni veicoli stradali che circolano nella Comunità, le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale
COM(2013) 195 final/2 — 2013/0105 (COD).
L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 21 maggio 2013, ha incaricato la sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione di preparare i lavori in materia.
Considerata l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 10 e 11 luglio 2013, nel corso della sua 491a sessione plenaria (seduta dell'11 luglio), ha designato RANOCCHIARI come relatore generale e ha adottato il seguente parere con 87 voti favorevoli e 1 astensione.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente la proposta della Commissione di rivedere, dopo 17 anni, la vigente direttiva sui pesi e sulle dimensioni di determinati veicoli. La proposta intende stare al passo con il progresso tecnologico per avere veicoli più puliti e più sicuri. |
1.2 |
Al tempo stesso, il CESE rileva che talune questioni di primaria importanza devono essere chiarite, in modo che la revisione possa essere in linea con la legislazione in vigore, evitando complessità e/o discriminazioni non necessarie. |
1.3 |
A questo fine il CESE è fiducioso che il comitato di esperti, istituito allo scopo di adottare atti delegati, contribuisca a rimuovere ogni incoerenza. |
1.4 |
Per gli alettoni posteriori, il CESE raccomanda vivamente che l'installazione venga inclusa nell'attuale regime di omologazione europea, evitando l'omologazione nazionale che rappresenterebbe un passo indietro rispetto all'omologazione del veicolo completo (WVTA). |
1.5 |
L'esenzione relativa al peso concessa soltanto ai veicoli con due assi e propulsione elettrica o ibrida dovrebbe essere estesa ai veicoli con tre assi o più e ad altri veicoli che utilizzano trazioni e carburanti alternativi, quando le soluzioni tecniche in uso implicano un sovrappeso che riduce la capacità di carico utile. |
1.6 |
I dispositivi di pesatura a bordo non sono obbligatori, ma solo raccomandati. Il CESE ricorda che non esiste una soluzione tecnica per tutti i tipi di veicoli e che l'installazione può essere molto problematica sui veicoli con sospensione meccanica e/o con numero elevato di assi. In definitiva, sarà molto difficile arrivare a un sistema abbastanza preciso da essere usato come strumento per far rispettare la normativa. Al contrario, lo stesso risultato potrebbe essere ottenuto raddoppiando il WIM (il sistema di peso in movimento integrato nella superficie stradale) già utilizzato negli Stati membri. |
1.7 |
Infine, in merito al concetto modulare o Longer Heavier Vehicles (LHV), il CESE ritiene che la proposta della Commissione europea sia, al momento, quella giusta, come spiegato nel punto 4.6 del presente parere. |
1.8 |
Ciononostante, esiste la possibilità - se più Stati membri alla fine consentono l'uso transfrontaliero degli LHV - di un effetto domino, ossia questi veicoli saranno gradualmente ammessi in tutta l'Europa. In tal caso, queste deroghe potrebbero far diventare una norma ciò che adesso è una pratica eccezionale, contravvenendo al principio guida della proposta - che ribadisce che il concetto modulare non influisce in misura significativa sulla concorrenza internazionale -, con la conseguenza di penalizzare gli Stati membri che non ammettono gli LHV sul loro territorio. |
1.9 |
Se ciò accadesse, la Commissione europea non potrebbe far altro che prenderne nota, lasciando le forze di mercato decidere il percorso da seguire. Se gli LHV conquistano una quota di mercato negli Stati membri con infrastrutture e requisiti di sicurezza idonei, la Commissione europea non potrà limitarli senza infrangere il principio di sussidiarietà. |
2. Introduzione
2.1 |
La direttiva in vigore, che stabilisce le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale per taluni autoveicoli stradali che circolano nell'Unione europea (1), risale al luglio 1996. |
2.2 |
Siccome sta diventando sempre più stringente la necessità di ridurre le emissioni di gas a effetto serra e il consumo di prodotti petroliferi, e tenuto conto che al trasporto su strada è imputabile l'82 % del consumo energetico nel settore dei trasporti, era giunto il tempo di aggiornare questa legislazione utilizzando l'evoluzione tecnica più recente allo scopo di ridurre il consumo di carburanti e facilitare le operazioni di trasporto intermodale. |
2.3 |
Per la verità, il Libro bianco sui trasporti del 2011 (2) aveva già annunciato la revisione dell'attuale direttiva allo scopo di immettere sul mercato veicoli con una maggiore efficienza energetica. |
2.4 |
In considerazione di quanto sopra, il CESE accoglie molto favorevolmente la proposta della Commissione di rivedere l'attuale direttiva, in quanto ritiene che tale revisione tenga conto non solo della riduzione del consumo di carburante, ma anche delle necessità del trasporto intermodale e della containerizzazione e – non da ultimo – della sicurezza stradale. |
3. Sintesi della proposta della Commissione
3.1 |
Concedere una deroga per quanto riguarda le dimensioni massime dei veicoli:
|
3.2 |
Concedere un aumento del peso di una tonnellata per:
|
3.3 |
Concedere un'estensione di 15 cm. nella lunghezza dei veicoli pesanti per rendere possibile l'utilizzo di container di 45 piedi a livello dell'UE. |
3.4 |
Per individuare meglio le infrazioni connesse al sovraccarico viene raccomandata l'introduzione di "dispositivi di pesatura a bordo", che sono in grado di trasmette i dati relativi al peso alle autorità di controllo, assicurando parità di condizioni tra gli autotrasportatori. |
3.5 |
Confermare l'utilizzo transfrontaliero di LHV del tipo EMS (sistema modulare europeo, o concetto modulare) quando attraversano soltanto una frontiera, se i due Stati membri interessati già lo permettono, nel rispetto dei limiti della deroga prevista dalla direttiva. Questo utilizzo non dovrebbe incidere in misura significativa sulla concorrenza internazionale. |
3.6 |
La Commissione europea stabilirà le caratteristiche tecniche, i livelli minimi di prestazione, i vincoli di fabbricazione e le procedure relative ai suddetti requisiti. |
3.7 |
A questo scopo è stato istituito un comitato di esperti, per l'adozione di atti delegati che rispondano al principio delle norme basate sulle prestazioni, evitando in questo modo l'imposizione di obblighi sproporzionati che potrebbero penalizzare soprattutto le PMI. In questo comitato di esperti sono coinvolte tutte le principali parte interessate. |
4. Osservazioni del CESE
4.1 Alettoni posteriori
4.1.1 |
La lunghezza massima autorizzata dei veicoli può aumentare al massimo di due metri se vengono collocati sulla parte posteriore degli alettoni aerodinamici (pieghevoli / a scomparsa). |
4.1.2 |
Il CESE appoggia l'innovazione, ma invita la Commissione europea a evitare ogni possibile conflitto normativo tra la proposta in esame (2 metri di tolleranza) e la normativa sull'omologazione (Reg. 1230/2012), che consente un aumento della lunghezza della parte posteriore del veicolo di 50 cm. e che deve essere aggiornata non appena sarà adottata la proposta di direttiva. |
4.1.3 |
Inoltre la proposta afferma che l'installazione di questi dispositivi aerodinamici dovrebbe essere soggetta a omologazione nazionale da parte dello Stato membro interessato, che rilascerà un apposito certificato che dovrà essere accettato da tutti gli altri Stati membri. In considerazione dell'importanza di questi dispositivi, anche in termini di sicurezza, il CESE raccomanda invece vivamente di includerli nell'attuale regime di omologazione europea. L'approccio nazionale rappresenterebbe un passo indietro rispetto all'omologazione del veicolo completo (WVTA). |
4.2 Profilo aerodinamico della cabina
4.2.1 |
Il CESE raccomanda vivamente che sia la direttiva che le conclusioni del comitato di esperti contengano disposizioni specifiche sul miglioramento del confort della cabina del conducente. Un numero crescente di conducenti che effettuano trasporti internazionali all'interno dell'UE passa il loro periodo di riposo nell'autocarro, con il caso estremo dei conducenti non residenti (conducenti che lavorano in uno Stato diverso da quello di residenza) che praticamente vivono per mesi nel loro autocarro. È vitale migliorare la cabina del conducente. Tale miglioramento dovrà certamente essere accompagnato dall'applicazione del regolamento (CE) n. 561/2006, che vieta ai conducenti di passare il riposo settimanale nel veicolo, oltre che da misure volte alla costruzione di nuove aree di stazionamento custodite e a prezzi accessibili. |
4.2.2 |
Il CESE ricorda che la progettazione di una cabina è un compito costoso e complesso che richiede tempo. Di conseguenza, le aziende produttrici devono disporre di un margine di tempo adeguato prima dell'entrata in vigore. Per questo motivo il CESE propone un periodo transitorio che assicuri parità di condizioni per tutti i fabbricanti. |
4.3 Veicoli a propulsione elettrica o ibrida
4.3.1 |
Il CESE appoggia l'esenzione relativa al peso concessa a questi veicoli (sia veicoli pesanti che autobus), ma propone con forza che la deroga possa essere applicata ai veicoli con tre assi o più. |
4.3.2 |
Inoltre il CESE ritiene che tutti i veicoli ecologici debbano essere trattati allo stesso modo, seguendo il principio della neutralità tecnologica recentemente confermato dalla Commissione europea nel piano d'azione per un'industria automobilistica competitiva e sostenibile in Europa (CARS 2020) (3). Per questo motivo il CESE raccomanda di concedere la stessa esenzione anche ad altre trazioni e ad altri carburanti alternativi, le cui soluzioni tecniche implicano un sovrappeso che penalizza la capacità di carico, ad esempio, i veicoli a idrogeno, a gas naturale compresso (GNC) e a gas naturale liquefatto (GNL). |
4.4 Container di 45 piedi per il trasporto intermodale
4.4.1 |
Il CESE accoglie con particolare favore la proposta di estendere di 15 cm. la lunghezza dei veicoli impegnati nel trasporto di container di 45 piedi. |
4.4.2 |
Questo tipo di container, il cui numero è aumentato a livello mondiale dell'86 % tra il 2000 e il 2010 ed è ora pari al 20 % dello stock mondiale di container, con una quota di mercato di circa il 3 % in Europa, non avrà più bisogno di un permesso speciale, facilitando così un trasporto intermodale migliore. |
4.4.3 |
Un aspetto opinabile della proposta è la logica alla base della limitazione della parte stradale del trasporto prevista nell'art. 11: "Ciascuna di tali parti stradali è inferiore a 300 km nel territorio dell’Unione europea o fino ai terminali più vicini tra i quali esiste un servizio regolare". Tale disposizione potrebbe essere assai difficile da interpretare e controllare. Oltre a questo, sembra opinabile anche il diverso trattamento dei percorsi stradali da e verso un trasporto marittimo a corto raggio all'interno dell'UE, in cui non sono stati fissati dei limiti e - apparentemente - è anche concessa una distanza stradale superiore, con la conseguenza di discriminare le altre combinazioni di trasporto intermodale. |
4.5 Dispositivi di pesatura a bordo
4.5.1 |
È noto che i controlli sui veicoli in merito al sovraccarico sono spesso inefficienti e insufficienti di numero, con il rischio di compromettere la sicurezza stradale; inoltre, il numero elevato di infrazioni dà un vantaggio concorrenziale ai vettori che non rispettano le regole. |
4.5.2 |
La collocazione di questi dispositivi a bordo non è un compito facile, non esistono soluzioni tecniche per tutti i tipi di veicoli e sarà molto complesso e costoso arrivare a un sistema abbastanza preciso da essere utilizzato come strumento per far rispettare la normativa. Inoltre questo tipo di dispositivi può essere installato soltanto sui veicoli nuovi ed esiste il rischio che gli Stati membri introducano sistemi differenti, portando a una frammentazione del mercato. |
4.5.3 |
Le stesse misurazioni possono essere ottenute raddoppiando o quasi il WIM esistente e questa sembra una buona soluzione praticabile anche secondo la valutazione d'impatto che accompagna la proposta, in quanto i benefici per gli Stati membri sono stimati molto maggiori dei costi. |
4.6 Sistema modulare europeo / concetto modulare
4.6.1 |
Questo argomento è più delicato e controverso dall'adozione dell'attuale direttiva nel 1996, quando la deroga relativa al concetto modulare fu accettata in seguito all'ingresso nell'UE di Finlandia e Svezia, in quanto tra i due Stati venivano giù utilizzati gli LHV. |
4.6.2 |
In breve, il sistema modulare europeo è formato dalla combinazione di un semirimorchio della lunghezza massima 13,60 m. e di un veicolo trattore della lunghezza massima di 7,82 m., secondo quanto permesso nell'UE. Il risultato è un veicolo della lunghezza massima di 25,25 m. con un peso lordo che può arrivare a 60 tonnellate, mentre negli Stati membri dell'UE che non ammettono il sistema modulare europeo la lunghezza massima è di 16,50 m. per gli autoarticolati e di 18,75 m. per gli autotreni, con un peso lordo massimo di 40 tonnellate (può arrivare fino a 44 tonnellate quando portano container di 40/45 piedi in trasporto intermodale). |
4.6.3 |
I vantaggi e gli svantaggi del sistema modulare europeo sono ben noti e in qualche modo sono rispecchiati dai vari soprannomi assegnati a questi veicoli di trasporto ("eco combi", "euro combi", "giga-liners", "mega trucks", "super lorries" e così via). |
4.6.4 |
Chi è a favore del sistema modulare europeo sottolinea che esso migliorerà il sistema logistico del continente europeo. Due LHV possono sostituire tre veicoli commerciali pesanti attuali; di conseguenza il numero di viaggi verrà ridotto di circa il 30 % e il consumo di carburanti diminuirà del 15 % con un'economia di costi superiore al 20 %. Tutto questo renderà possibili ulteriori vantaggi in rapporto all'ambiente, alla congestione del traffico, al rivestimento stradale e alla sicurezza. La parte avversa utilizza più o meno le stesse argomentazioni ma per esprimere il concetto opposto: il sistema modulare europeo è un rischio per la sicurezza stradale, con un impatto notevole sull'infrastruttura stradale e una pressione maggiore sull'ambiente. Il suo successo potrebbe rendere il trasporto stradale più economico e aumentare il traffico su strada, spostando le merci dalla ferrovia alla strada. |
4.6.5 |
Queste opinioni contrastanti non sono diffuse soltanto tra le parti interessate, ma anche tra gli Stati membri. Come già ricordato, la Finlandia e la Svezia autorizzano il sistema modulare europeo da molto tempo e i Paesi Bassi lo hanno autorizzato nel 2008, dopo anni di prove. La Germania, il Belgio e la Danimarca sono ancora alla fase delle prove, mentre altri Stati membri hanno dichiarato di essere contrari al sistema modulare europeo sul loro territorio. |
4.6.6 |
Quello che la Commissione europea propone adesso non è altro che un chiarimento del testo dell'attuale direttiva, la cui formulazione è stata considerata assai ambigua. I punti principali sono i seguenti:
|
4.6.7 |
Il CESE ritiene che la proposta della Commissione europea riguardante il sistema modulare europeo sia giusta, da un punto di vista sia giuridico che politico. |
4.6.8 |
La Commissione non potrebbe imporre né un divieto, né una liberalizzazione del sistema modulare europeo senza infrangere il principio di sussidiarietà e quello della neutralità del modo di trasporto. Secondo il CESE, spetta agli Stati membri decidere in merito dopo avere realizzato la propria analisi costi/benefici. |
4.6.9 |
In una prospettiva di lungo periodo, come già proposto in un precedente parere del CESE (4), occorre valutare se l'utilizzo di veicoli stradali più lunghi, alimentati con nuovi carburanti, possa essere collegato allo sviluppo dei corridoi multimodali previsti dalla tabella di marcia come parte della rete essenziale delle TEN-T. |
Bruxelles, 11 luglio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) Per il trasporto di passeggeri: M2 (da 8+1 posti con massa massima ≤ 5 tonnellate); M3 (numero di posti come M2, ma con massa massima > 5 tonnellate). Per il trasporto di merci: N2 (massa massima > 3,5 e ≤ 12 tonnellate); N3 (massa massima > 12 tonnellate); O2 (rimorchi con massa massima > 0,75 e ≤ 3,5 tonnellate), O3 (rimorchi con massa massima > 3,5 e ≤ 10 tonnellate).
(2) COM(2011) 144 final.
(3) COM(2012) 636 final.
(4) GU C 24 del 28.1.2012, pagg. 146-153.