ISSN 1977-0944

doi:10.3000/19770944.C_2013.218.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 218

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

56o anno
30 luglio 2013


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

101a sessione plenaria del 30 maggio 2013

2013/C 218/01

Parere del Comitato delle regioni sul Pacchetto per l'occupazione giovanile

1

2013/C 218/02

Parere del Comitato delle regioni su Settori culturali e creativi per la crescita e l'occupazione

7

2013/C 218/03

Parere del Comitato delle regioni su Colmare il divario in tema di innovazione

12

2013/C 218/04

Parere del Comitato delle regioni sulla Adeguatezza della regolamentazione dell'Unione europea

22

2013/C 218/05

Parere del Comitato delle regioni sull'Andamento della situazione dei mercati e conseguenti condizioni per l'estinzione graduale del regime delle quote latte — Seconda relazione sull'atterraggio morbido

27

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO DELLE REGIONI

 

101a sessione plenaria del 30 maggio 2013

2013/C 218/06

Parere del Comitato delle regioni sulla Direttiva riguardante il miglioramento dell'equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in borsa e relative misure

33

2013/C 218/07

Parere del Comitato delle regioni sulla Revisione della direttiva concernente la valutazione dell'impatto ambientale

42

2013/C 218/08

Parere del Comitato delle regioni sul Settimo programma d'azione dell'UE in materia di ambiente

53

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato delle regioni

101a sessione plenaria del 30 maggio 2013

30.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 218/1


Parere del Comitato delle regioni sul «Pacchetto per l'occupazione giovanile»

2013/C 218/01

IL COMITATO DELLE REGIONI

accoglie con favore il Pacchetto per l'occupazione giovanile, come tentativo di proporre una serie di misure concrete per aiutare gli Stati membri ad affrontare i livelli inaccettabili di disoccupazione giovanile e la conseguente esclusione sociale;

sottolinea il ruolo chiave che giocano le autorità locali e regionali nel definire e attuare misure per combattere la disoccupazione, nel fornire opportunità ai giovani e sostegno nello scambio di buone pratiche;

sottolinea altresì l'importanza della partecipazione attiva dei giovani e delle organizzazioni giovanili nel collaborare alle strategie da mettere in atto;

data l'urgenza della questione, chiede al Consiglio europeo di acconsentire ad anticipare già al 2013 l'attuazione del Pacchetto per l'occupazione giovanile;

sollecita la Commissione europea a mettere a punto il Quadro europeo di qualità per i tirocini, l'Alleanza per l'apprendistato e la proposta del nuovo regolamento EURES;

esorta la Commissione a rafforzare ed integrare le azioni degli Stati membri nel settore della politica di formazione professionale, proponendo, sotto forma di una raccomandazione, standard minimi di qualità a livello europeo per quanto riguarda gli apprendistati, al fine di facilitare il riconoscimento delle competenze acquisite in tutta Europa.

Relatore

Enrico ROSSI (IT/PSE), presidente della regione Toscana

Testi di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Aiutare i giovani a entrare nel mondo del lavoro

COM(2012) 727 final

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso un quadro di qualità per i tirocini — Seconda fase della consultazione delle parti sociali a livello europeo a norma dell'articolo 154 del TFUE

COM(2012) 728 final.

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Contesto generale

1.

apprezza gli sforzi fatti dalla Commissione europea per dare impulso alla lotta contro la disoccupazione giovanile, in quanto si tratta certamente di uno dei problemi più gravi cui deve far fronte l'UE, un problema che richiede urgentemente un impegno politico, coordinato e sistemico (1) e un volume di stanziamenti credibile per affrontarlo;

2.

accoglie con favore il Pacchetto per l'occupazione giovanile  (2), come tentativo di proporre una serie di misure concrete per aiutare gli Stati membri ad affrontare i livelli inaccettabili di disoccupazione giovanile e la conseguente esclusione sociale;

3.

valuta positivamente il duplice approccio (raccomandazioni per gli Stati membri e coordinamento, iniziative e misure a livello europeo) proposto dalla Commissione nella comunicazione Aiutare i giovani a entrare nel mondo del lavoro. Al tempo stesso sottolinea il bisogno di azioni appropriate e proporzionate e misure a livello europeo, nazionale e regionale, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà;

4.

sottolinea il ruolo chiave che giocano le autorità locali e regionali nel definire e attuare misure per combattere la disoccupazione, nel fornire opportunità ai giovani e sostegno nello scambio di buone pratiche, e sottolinea altresì l'importanza della partecipazione attiva dei giovani e delle organizzazioni giovanili nel collaborare alle strategie da mettere in atto;

5.

accoglie positivamente la decisione del Consiglio europeo del 7 e 8 febbraio 2013 di destinare 6 miliardi di euro all'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile, aperta a tutte le regioni (NUTS 2) con livelli di disoccupazione giovanile maggiori del 25 %. Ritiene però che, pur rappresentando un segnale incoraggiante, le risorse previste siano una leva ancora insufficiente ad affrontare la portata del problema;

6.

data l'urgenza della questione, chiede al Consiglio europeo di acconsentire ad anticipare già al 2013 l'attuazione del Pacchetto per l'occupazione giovanile;

7.

ritiene che una parte sostanziale delle risorse destinate al Pacchetto per l'occupazione giovanile debba essere assegnata agli enti locali e regionali, i quali avranno così più possibilità di attuare delle iniziative per l'occupazione giovanile nel modo più adatto alle condizioni locali;

8.

sollecita la Commissione europea a mettere a punto il Quadro europeo di qualità per i tirocini, l'Alleanza per l'apprendistato e la proposta del nuovo regolamento EURES;

9.

sottolinea l'importanza di un approccio orizzontale, concertato e sostenibile nel processo di attuazione per assicurare la sinergia tra tutte le iniziative strategiche — Agenda per nuove competenze e nuovi lavori  (3), Youth on the move  (4), Unione dell'innovazione, Agenda digitale europea — e tra queste e la politica di coesione 2014-2020;

10.

appoggia fortemente la strategia Europa 2020 e i suoi strumenti e sostiene l'impegno a raggiungerne gli obiettivi occupazionali, compresa la riduzione del numero di abbandoni scolastici, invitando gli Stati membri a rafforzare il percorso di crescita e innovazione da essa definito e promuovendo una maggiore collaborazione tra i diversi livelli di governo. Sottolinea, in quest'ottica, l'importanza del ruolo svolto dalle autorità regionali e locali nel raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 e la necessità che i Programmi nazionali di riforma vengano implementati attraverso la collaborazione tra i diversi livelli di governo;

11.

sottolinea l'importanza di affrontare con forza l'emergenza europea dei giovani che non lavorano, non studiano e non seguono una formazione, valutandone i costi sia nel breve che nel lungo periodo, consapevoli del loro impatto sociale ed economico nonché delle conseguenze e dei rischi (di tenuta sociale e democratica) legati ad una loro mancata emancipazione. Ritiene altresì che la non integrazione dei giovani nel mercato del lavoro dipenda anche dal grado di efficacia dei servizi per l'impiego, dalla relazione fra il mondo dell'istruzione e il mondo del lavoro, dalla maggiore o minore presenza, in questo contesto, delle organizzazioni del volontariato e del terzo settore. È importante sottolineare che i risultati migliori si ottengono quando gli enti locali e regionali, i servizi per l'impiego e gli istituti di orientamento e di istruzione cooperano tra di loro;

12.

riscontra che i migliori risultati in termini di occupazione giovanile si registrano nei paesi in cui i giovani hanno la possibilità di avviare tirocini di qualità e dispongono di solidi regimi di apprendistato (5) quale parte integrante di un sistema di formazione e di collocamento al lavoro. Riscontra anche che tutto ciò avviene se sono efficienti i servizi per l'impiego. In questo senso sottolinea l'importanza di evidenziare le buone pratiche dei sistemi e servizi pubblici di orientamento e affiancamento alla ricerca del lavoro esistenti a livello europeo; ritiene inoltre che occorra coinvolgere, nella misura del possibile, il maggior numero possibile di organizzazioni locali della gioventù nell'attività dei servizi per l'impiego e dei servizi di orientamento professionale;

13.

accoglie con favore la cosiddetta «garanzia per i giovani», la quale prevede che questi, entro quattro mesi dal completamento del percorso scolastico o dalla conclusione di un percorso lavorativo, ricevano un'offerta qualitativamente buona di lavoro, di proseguimento degli studi, di apprendistato o di tirocinio; la diminuzione della disoccupazione giovanile è una sfida fondamentale per il futuro dell'Europa;

14.

il Comitato delle regioni intende monitorare con estrema attenzione la realizzazione di questa garanzia per i giovani e ricorda che si tratta di uno strumento molto costoso; gli Stati membri, e soprattutto quelli in gravi difficoltà finanziarie, avranno pertanto bisogno di un deciso sostegno da parte dell'UE per la sua attuazione;

15.

ribadisce l'importanza di estendere i benefici della misura per ricomprendere i giovani, anche laureati, fino a 30 anni e non a 25;

16.

veglierà affinché, nei negoziati interistituzionali sulle nuove disposizioni del Fondo sociale europeo relative all'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile approvata dal Consiglio europeo del 7 e 8 febbraio 2013, gli stanziamenti nell'ambito di questo strumento siano effettuati a condizioni più flessibili su aspetti come il tasso di cofinanziamento o gli anticipi, in modo che si possa far fronte con più efficacia e diligenza alla difficile situazione dei territori in questo settore. Il Comitato chiede inoltre che il funzionamento della suddetta iniziativa, così come gli importi provenienti da ciascuno dei suoi due filoni, siano chiariti agli enti locali e regionali con anticipo sufficiente affinché possano tenerne conto nell'elaborazione delle loro strategie di lotta contro la disoccupazione giovanile e dei sistemi di garanzia.

Il contributo dell'Apprendistato all'autonomia dei giovani

17.

incoraggia gli Stati membri e gli istituti competenti a realizzare programmi formativi che sostengano e anticipino la transizione scuola-lavoro in modo tale da evitare che i giovani rimangano troppo tempo nel sistema educativo o formativo senza prospettive. L'anticipazione dell'ingresso nel mercato del lavoro deve però essere sostenuta dalla possibilità di ritornare in formazione per migliorare o riconvertire le competenze, in un'ottica di formazione continua; al tempo stesso, raccomanda di elaborare e di attuare, in collaborazione con gli enti locali e regionali, gli istituti di istruzione e formazione, le agenzie nazionali per l'occupazione e il tessuto imprenditoriale, strategie regionali per il mercato del lavoro e la formazione professionale, allo scopo di agevolare l'inserimento nel mondo del lavoro in un quadro di sistemi economici integrati;

18.

sottolinea la necessità di affrontare senza indugio anche la dimensione di genere della disoccupazione giovanile, in quanto le giovani donne hanno più probabilità di trovarsi in situazioni occupazionali precarie e di subire gli effetti del divario retributivo tra i sessi — anche quando svolgono tirocini — e della mancanza di misure adeguate per l'equilibrio tra lavoro e vita privata; esorta perciò a fare in modo che tutti i sistemi per incrementare l'occupazione giovanile tengano conto delle situazioni nazionali, regionali e locali nonché della dimensione di genere del problema;

19.

ricorda che programmi di apprendistato facilitano in modo considerevole la transizione scuola-lavoro, consentendo ai giovani di acquisire sia esperienze di lavoro on-the-job, sia conoscenze teoriche off-the-job grazie al coinvolgimento di aziende e istituti formativi nel percorso formativo; per questo, incoraggia gli Stati membri a promuovere programmi di apprendistato «duale» o «a doppio binario», anche durante il periodo di istruzione superiore;

20.

auspica la possibilità di adottare un quadro comune che, nel rispetto della ripartizione delle competenze, renda compatibili le iniziative di formazione duale esistenti nei diversi paesi membri, che raccolga i maggiori benefici dell'istituto dell'apprendistato e che indichi i migliori strumenti per attuarlo;

21.

esorta la Commissione a rafforzare ed integrare le azioni degli Stati membri nel settore della politica di formazione professionale, proponendo, sotto forma di una raccomandazione, standard minimi di qualità a livello europeo per quanto riguarda gli apprendistati, al fine di facilitare il riconoscimento delle competenze acquisite in tutta Europa;

22.

apprezza i passi avanti fatti nella direzione dell'Alleanza europea per l'apprendistato, come strumento europeo utile a rispondere alla domanda di competenze e a contribuire a fornire il giusto quadro di riferimento per le qualificazioni ottenute;

23.

appoggia la proposta della Commissione di promuovere forme di cooperazione che incoraggino lo sviluppo e la diffusione della formazione duale. Esse devono, però, riunire autorità responsabili dell'istruzione, della formazione e delle politiche del lavoro a livello nazionale, rappresentanti delle autorità locali e regionali, le autorità di gestione dell'FSE, rappresentanti delle imprese e delle parti sociali. Lo scopo è quello di identificare, nel mercato del lavoro e nel sistema scolastico dello Stato membro, strategie utili per il rafforzamento dell'apprendistato e modalità di utilizzo efficace delle allocazioni nazionali dell'FSE nella progettazione e attuazione dei sistemi di formazione duale;

24.

constata che i risultati migliori in termini di occupazione e apprendimento vengono ottenuti qualora esista una buona cooperazione tra tutti i soggetti interessati (6). Propone, quindi, agli Stati membri di favorire un'efficace cooperazione tra scuole, istituti ed enti che impartiscono istruzione e formazione professionale, il mondo delle imprese e i servizi per l'impiego. Ciò può essere conseguito attraverso tipologie di intervento a livello culturale, strutturale e di incentivi finanziari e fiscali promosse, quando appropriato, attraverso enti regionali e locali;

25.

ritiene che sia necessario venire incontro alle esigenze specifiche delle PMI, che potrebbero contribuire a trasferire ai giovani quelle competenze che il mercato del lavoro richiede, ma che dispongono di risorse limitate e che si trovano spesso ad affrontare barriere sempre crescenti di tipo organizzativo, burocratico e culturale;

26.

considera necessario che i servizi e le agenzie di collocamento gestite dallo Stato o dagli enti regionali e locali, anche nei contesti istituzionali, favoriscano l'organizzazione di tirocini per i giovani, siano dotate di competenze di controllo e assumano il compito di monitorare il successivo collocamento dei tirocinanti.

Il ruolo dei tirocini per l'inserimento nel mondo del lavoro

27.

ricorda che percorsi come quelli dei tirocini, seppur di breve durata, devono rappresentare utili momenti formativi che permettano ai giovani di entrare il più rapidamente possibile ed in modo stabile nel mercato del lavoro. Per questo motivo, i tirocini devono essere di qualità sia sotto il profilo dei contenuti formativi, sia sotto il profilo della tutela sociale. Il Comitato delle regioni invita pertanto gli enti locali e regionali ad offrire ai giovani il più alto numero possibile di tirocini onde consentire loro di conoscere più da vicino una molteplicità di mestieri e di professioni. Ritiene che gli enti locali e regionali possano dare l'esempio in materia di attuazione dei programmi di tirocini di qualità, e auspica pertanto che essi svolgano un ruolo propulsivo, in collaborazione con gli istituti di istruzione, nell'accoglienza e nel collocamento dei tirocinanti, nonché creando spazi di collaborazione con il mondo imprenditoriale ai fini di un rapido assorbimento dei giovani nel mercato del lavoro;

28.

constata che in molti Stati membri si realizza un uso distorto dello strumento del tirocinio, che diventa fonte di abusi per attrarre manodopera a buon mercato, o addirittura gratuita, e che viene spesso utilizzato per sostituire normali contratti di lavoro, in molti casi proprio nei periodi di picco lavorativo;

29.

rileva che la definizione di tirocinio deve valorizzare lo strumento come processo formativo di avvicinamento al lavoro; osserva inoltre che una definizione corretta deve contenere un concetto ampio di «filiera» composto da orientamento, formazione e lavoro;

30.

appoggia fortemente il ruolo dell'UE nella definizione di criteri di qualità riconosciuti a livello europeo. Una soluzione a livello dell'UE porterebbe inoltre chiari vantaggi in termini di mobilità dei tirocinanti all'interno e all'esterno dell'UE e contribuirebbe ad una maggiore integrazione del mercato del lavoro;

31.

accoglie con favore le proposte della Commissione relative al Quadro europeo di qualità per i tirocini come insieme di misure che facilitino l'entrata dei giovani nel mondo del lavoro;

32.

chiede con forza che sia adottata con urgenza la Raccomandazione europea sui tirocini e che questa definisca standard minimi a livello europeo, comuni per tutti gli Stati membri. Tale Raccomandazione dovrebbe prendere in giusta considerazione tutte le tipologie di tirocinio non limitandosi ai soli tirocini nel libero mercato (extracurriculari);

33.

auspica l'adozione (a livello dei singoli Stati membri) di requisiti minimi come la stipulazione di un contratto scritto tra il tirocinante e l'organizzazione ospitante, e possibilmente con l'organizzazione di formazione o con il soggetto che promuove l'attivazione del tirocinio, che specifichi aspetti quali gli obiettivi professionali e di apprendimento, la durata, l'orario di svolgimento del tirocinio e, se del caso, l'assicurazione sociale e il rimborso spese o indennità. I contenuti formativi formalizzati nel contratto dovrebbero essere assicurati designando dei supervisori o tutor, che posseggano le competenze professionali adeguate e coerenti all'attività di tirocinio, all'interno dell'organizzazione ospitante;

34.

raccomanda il rispetto di un percorso trasparente per il tirocinante e sottolinea l'importanza di prevedere un equo rimborso spese (o indennità) che possa essere finanziato grazie al contributo dell'FSE e che possa rappresentare un valido elemento di qualità per sviluppare un «vantaggio reciproco» del giovane e dell'azienda, in un contesto di dignità per il tirocinante;

35.

ribadisce la necessità che il soggetto ospitante che accoglie il tirocinante sia in possesso di requisiti obbligatori come, per esempio, essere in regola con la normativa sulla previdenza sociale, sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, sulle norme relative alla disabilità, ecc.;

36.

sottolinea la necessità di una certificazione formale delle conoscenze e competenze acquisite dal tirocinante all'interno del tirocinio;

37.

appoggia la proposta della Commissione sulla modernizzazione della direttiva sulle qualifiche professionali (7) estendendone il campo di applicazione fino a includere periodi di tirocinio svolti in altri Stati membri; chiede inoltre di valutare se la direttiva non comprenda solo i tirocini necessari per l'accesso a una professione regolamentata ma anche i tirocini sul mercato libero e i tirocini curriculari.

La mobilità come fattore di sviluppo delle potenzialità dei giovani

38.

vede nella mobilità geografica dei giovani lavoratori uno strumento importante per contribuire a risolvere gli squilibri locali tra domanda e offerta di lavoro. A questo fine, i tirocini sviluppati con criteri specifici all'interno di un dato settore di riferimento (es. tirocini nell'artigianato o nel turismo) possono essere strumenti efficaci per favorire tale mobilità finalizzata al ritorno dei giovani nei rispettivi territori con maggiori possibilità di trovarvi lavoro grazie alla maggiore qualificazione ottenuta. Ciò è particolarmente importante per salvaguardare la coesione territoriale e aiutare le regioni che soffrono di problemi demografici come l'invecchiamento e lo spopolamento;

39.

auspica che i prossimi programmi europei a sostegno della mobilità, quelli nel quadro della proposta Erasmus per tutti, ricevano un finanziamento adeguato e sostenibile per permettere a più giovani possibile di effettuare una fase del loro percorso accademico o formativo all'estero, tenendo conto della situazione particolare dei giovani originari delle regioni ultraperiferiche;

40.

appoggia la decisione della Commissione di trasformare la rete europea di ricerca di posti di lavoro in uno strumento d'incontro fra domanda e offerta di collocamento orientato ai risultati, sviluppando ulteriormente l'iniziativa «Il tuo primo posto di lavoro EURES» per aiutare i cittadini UE tra i 18 e i 30 anni d'età a trovare lavoro in un altro Stato membro;

41.

ritiene necessario avere la possibilità di assegnare delle risorse, sia tramite l'FSE che tramite fondi nazionali e/o regionali che completino i programmi di formazione dell'UE. Queste risorse devono essere dirette a promuovere specifici regimi di mobilità, che consentano a tutti i giovani dell'UE di godere di tale mobilità a parità di condizioni indipendentemente dal luogo di residenza e incoraggiando i servizi pubblici per l'impiego degli Stati membri a sviluppare programmi che diffondano le opportunità derivanti dal sistema EURES integrandoli nella loro regolare attività.

Alcune priorità trasversali

42.

accoglie con favore il lancio dello EU Skills Panorama e dello European Skills Passport per la definizione delle competenze. Questi strumenti possono, infatti, meglio rispondere alla domanda di competenze adeguate e contribuire a fornire il giusto quadro di riferimento per le qualificazioni, in grado di includere non solo le competenze acquisite all'interno di percorsi formali, ma anche quelle legate a percorsi informali e non formali;

43.

incoraggia gli Stati membri ad ideare ed implementare politiche e strumenti che favoriscano lo start up d'impresa giovanile, anche attraverso forme di concessione di garanzia su finanziamenti ed operazioni di leasing e contributi all'abbattimento dei tassi d'interesse sui prestiti, così come attraverso strumenti di microcredito;

44.

ritiene fondamentale creare un ponte tra il mondo accademico e quello lavorativo valorizzando strumenti come il Programma Erasmus per giovani imprenditori; in particolare quest'ultimo si sta rivelando uno strumento efficace per stimolare l'imprenditorialità, come già sottolineato in un precedente parere del CdR (8);

45.

concorda con la Commissione sull'importanza di dare forte impulso ai settori strategici con elevato potenziale occupazionale (sanitario, sociale, green economy e TIC), sia nell'ambito della start up di impresa, sia per promuovere l'occupazione in genere. Il livello regionale può svolgere un ruolo particolare sostenendo lo sviluppo di competenze specificatamente negli ambiti regionali più solidi con prospettive occupazionali positive;

46.

ritiene cruciale riuscire ad integrare i concetti di sicurezza e flessibilità del mercato del lavoro (flexicurity) trovando un equilibrio tra la necessità dei datori di lavoro di avere una forza lavoro flessibile e il bisogno dei lavoratori stessi di raggiungere sicurezza e protezione in un contesto di lavoro sempre più precario;

47.

sottolinea l'importanza della cooperazione con le istituzioni, a livello locale e regionale, volta a delineare una mission specifica per affrontare nell'insieme la programmazione e gestione delle politiche per l'occupazione giovanile sul territorio. Per questo, potrebbero essere auspicabili forme innovative di gestione di sistemi integrati di politiche per l'occupazione giovanile per favorire il raccordo tra il soggetto pubblico e le giovani generazioni e il tessuto imprenditoriale;

48.

sottolinea la necessità di coinvolgere pienamente gli enti regionali e locali nella definizione ed attuazione delle nuove iniziative, in quanto rappresentano il livello più adeguato di valutazione delle esigenze e dei fabbisogni dei territori e dei contesti locali e quindi anche per quanto concerne l'occupazione ed i programmi su misura per i giovani;

49.

ricorda alla Commissione europea che le autorità regionali e locali sono in larga misura già competenti nell'implementazione delle politiche per l'occupazione, l'educazione e la formazione. Al tempo stesso, esprime rammarico per il fatto che la comunicazione della Commissione europea non contiene uno specifico riferimento alle competenze delle regioni e delle autorità locali (9) né per quanto riguarda l'elaborazione né in materia di attuazione delle politiche riguardanti gli ambiti citati;

50.

raccomanda che lo strumento dei tirocini, all'interno del Pacchetto per l'occupazione giovanile e nell'ambito più ampio della promozione di schemi di garanzie per i giovani, trovi la giusta collocazione e il necessario sostegno da parte dell'UE, per affrontare, nel quadro delle sue politiche per l'occupazione giovanile, la maggiore sfida dell'Europa sociale: evitare la frattura generazionale, riconoscendo ai giovani il diritto di accesso alle opportunità per la realizzazione della propria autonomia;

51.

ritiene imprescindibile orientare cospicue risorse in termini di formazione verso l'attivazione dello spirito imprenditoriale fra i giovani. Quest'attivazione deve dirigersi verso i settori emergenti individuati dalle diverse strategie regionali all'interno di un quadro economico globale. La società europea dispone di una fonte di crescita nella conoscenza accumulata e nell'attitudine dei giovani all'apprendimento. L'esperienza deve servire per non orientare i nostri giovani imprenditori verso settori che risulteranno privi di prospettive economiche già a breve termine. In questo senso, nel quadro di una società economicamente complessa, è necessario «insegnare a imparare», con azioni formative che consentano ai giovani di passare dall'idea d'impresa al consolidamento effettivo del progetto imprenditoriale. Riteniamo che l'aspetto dei finanziamenti abbia un'importanza cruciale. Per questo, gli Stati membri dovranno destinare una percentuale dei rispettivi strumenti finanziari, applicando coefficienti direttamente correlati al tasso di disoccupazione giovanile, al finanziamento, a condizioni vantaggiose, di progetti presentati dai giovani imprenditori.

Bruxelles, 30 maggio 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 2562/2012 fin.

(2)  COM(2012) 727 final, COM(2012) 728 final, COM(2012) 729 final.

(3)  CdR 401/2010 fin.

(4)  CdR 292/2010 fin.

(5)  SWD(2012) 406 final.

(6)  COM(2012) 669 final.

(7)  COM(2011) 883 final.

(8)  CdR 1186/2012 fin.

(9)  CdR 1186/2012 fin.


30.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 218/7


Parere del Comitato delle regioni su «Settori culturali e creativi per la crescita e l'occupazione»

2013/C 218/02

IL COMITATO DELLE REGIONI

esprime apprezzamento per il fatto che la cultura venga riconosciuta come uno strumento per lo sviluppo locale e regionale e si metta in luce l'importanza di strategie di specializzazione intelligente e di approcci olistici allo sviluppo creativo;

raccomanda di elaborare concetti creativi a livello locale e regionale e di metterli a confronto in un «Forum europeo della creatività», dove esponenti del settore pubblico, privato e non profit analizzino i modi in cui l'Europa potrebbe applicare soluzioni creative ai problemi che la affliggono a livello locale e generale;

sottolinea l'importanza di un apprendimento precoce delle competenze creative, in modo da fornire ai giovani gli strumenti necessari per beneficiare appieno delle nuove forme di accesso alla cultura ed essere meglio preparati alle professioni del futuro, e in particolare da aiutarli, e aiutare la società nel suo insieme, a gestire bene gli effetti del «passaggio al digitale»;

condivide l'enfasi che la comunicazione in esame pone sulla necessità di semplificare le norme esistenti e ampliare l'accesso dei settori culturali e creativi ai finanziamenti esterni;

esorta a integrare meglio la cultura e la creatività nella strategia Europa 2020 e a riconoscerne gli importanti legami con altri settori d'intervento quali l'industria, il turismo, l'istruzione, la finanza ecc.

Relatore

Anton ROMBOUTS (NL/PPE), sindaco di 's-Hertogenbosch

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Valorizzare i settori culturali e creativi per favorire la crescita e l'occupazione nell'UE

COM(2012) 537 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Contesto generale

1.

accoglie con favore la comunicazione in esame, in quanto delinea una strategia tempestiva intesa a sfruttare il potenziale dei settori culturali e creativi (SCC) per lo sviluppo socioeconomico, e in particolare apprezza il fatto che essa ponga l'accento sulla capacità degli SCC di generare crescita e occupazione e sul loro contributo alla promozione dell'innovazione nonché sulle possibili ricadute positive su altri settori e altre politiche. La comunicazione dimostra l'elevato grado di sinergia tra le posizioni della Commissione europea e del Comitato nei confronti del potenziale di crescita della cultura e della creatività. In proposito, il Comitato sottolinea che l'importanza del livello locale e regionale per lo sviluppo degli SCC in Europa, già evidenziata nel suo parere sul tema Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare  (1), trova adesso riscontro anche nella comunicazione in esame;

2.

rammenta che, in un periodo di crisi economica e finanziaria, i settori culturali e creativi possono anche concorrere a realizzare in modo creativo una serie di obiettivi di politica sociale e sanitaria sostenendo l'innovazione, e al tempo stesso contribuire alla crescita (2);

3.

ribadisce che la cultura ha anche un valore intrinseco, indipendente dagli aspetti economici dei beni culturali, e insiste sulla necessità di tener conto di questa sua duplice natura anziché concentrarsi esclusivamente sulla sua utilità economica (3);

4.

apprezza il fatto che la comunicazione riconosca i notevoli vantaggi ricavabili dagli investimenti strategici negli SCC a livello locale e regionale ed esorti a una risposta strategica a tutto campo che coinvolga tutti gli attori pertinenti, dal livello locale fino a quello dell'UE;

5.

si compiace che nella comunicazione si riconosca puntualmente la funzione della cultura ai fini dello sviluppo locale e regionale e si metta costantemente in luce l'importanza di strategie di specializzazione intelligente;

6.

riconosce la necessità di una più stretta integrazione tra le strategie locali o regionali e quelle nazionali, e dà atto della proposta che i futuri programmi della politica di coesione si concentrino sulla valutazione del potenziale degli SCC per le strategie di sviluppo regionale;

7.

richiama le posizioni che ha già espresso in merito all'iniziativa Capitali europee della cultura, ravvisandovi «un evento di valore che evidenzia la ricchezza, la diversità e gli aspetti comuni delle culture europee» (4). Questa iniziativa, al pari di quella del Marchio del patrimonio europeo, potrebbe essere sfruttata ancor meglio come «laboratorio» per allargare e diversificare il pubblico e sviluppare la partecipazione dei cittadini;

8.

esprime apprezzamento per la proposta della Commissione di istituire programmi di cooperazione che assicurino l'apprendimento reciproco, costruiscano una rete di contatti per agevolare gli scambi e garantiscano la diversità culturale. L'azione dell'UE, cui dovranno essere associati gli enti locali e regionali, sarà necessaria anche per promuovere i settori creativi, in modo da far fare loro un «salto di qualità» dal livello locale a quello mondiale;

9.

le proposte della Commissione, così come formulate nella comunicazione, non sembrano porre alcun problema per quanto concerne il rispetto del principio di sussidiarietà. Ciò non toglie che, in futuro, bisognerà seguire con attenzione le misure e azioni concrete proposte o adottate a livello unionale.

Raccomandazioni

NECESSITÀ DI UNA VISIONE A LUNGO TERMINE

10.

considerate le sfide che l'Europa si trova oggi ad affrontare, il Comitato sottolinea la necessità di una visione a lungo termine che possa concorrere a orientarne il cammino verso la prosperità e una migliore qualità della vita per tutti. Una visione di questo tipo deve essere saldamente legata alla cultura e alla creatività. Il Comitato conviene sul fatto che l'impatto internazionale dell'UE si fondi sull'immaginazione, la creatività e l'innovazione, con lo sviluppo di nuove idee, nuove concezioni e nuovi progetti, ed è convinto che gli SCC possano recare un contributo importante in questo senso;

11.

di tutto ciò sono ben consapevoli gli enti locali e regionali, i quali sono impegnati a garantire una migliore qualità della vita ai loro cittadini. C'è bisogno di una visione che valorizzi le qualità intrinseche degli enti locali e regionali europei per la lotta contro la disoccupazione e l'esclusione delle categorie sociali più deboli. Una visione, questa, che potrebbe essere resa più concreta per i cittadini grazie a concetti creativi elaborati a livello locale e regionale e messi a confronto in un «Forum europeo della creatività», dove esponenti del settore pubblico, privato e non profit analizzino i modi in cui l'Europa potrebbe applicare soluzioni creative ai problemi che la affliggono a livello locale e generale. In proposito il Comitato desidera soprattutto sottolineare l'importanza di assicurarsi che la creatività e la capacità di risolvere problemi, nonché le competenze e le abilità artistiche e culturali, costituiscano un elemento centrale dell'intero sistema di istruzione;

12.

è quindi importante, come indicato nella comunicazione, utilizzare il potere della cultura e della creatività in maniera multifunzionale. Per far ciò sono necessari non solo il modello organizzativo verticale e orizzontale dinamico proposto nella comunicazione, ma anche un'impostazione che affronti l'intero ecosistema culturale, il che significa anche — è importante ricordarlo — garantire ai cittadini il potere di partecipare e contribuire al processo creativo nonché riconoscere il valore del radicamento della cultura e della creatività in determinati luoghi;

13.

fa notare che, in un mondo sempre più globalizzato, la cultura diventa una qualità essenziale per un dato territorio, decisiva per la sua attrattiva, e quindi la sua competitività, per imprese, investitori e individui creativi e intraprendenti. Migliorare la qualità della vita è quindi diventata un'aspirazione importante nei programmi di sviluppo locale e regionale; ed importanti sono anche l'equilibrio tra diversità e risorse creative e culturali nonché l'adeguatezza dei servizi e delle infrastrutture. Tutti problemi, questi, che vengono affrontati nel modo migliore a livello locale e regionale, dove gli enti territoriali si trovano nella posizione più idonea per calare tali concetti nei programmi di sviluppo. Il Comitato invita pertanto a costituire dei partenariati tra centri di ricerca e laboratori di innovazione per studiare gli effetti della qualità di un luogo sulle decisioni ubicazionali e sullo sviluppo economico e sociale;

14.

l'Europa non è solo un'importante area economica, ma anche una cultura condivisa, fondata su valori importanti di fiducia e di inclusione che costruiscono capitale sociale, gettando così le basi dell'innovazione e della creatività. Nel contempo, questa atmosfera di «unità nella diversità» è alla base di un senso di sicurezza personale che accresce la qualità della vita dei cittadini nonché l'attrattiva delle città e regioni europee in quanto luoghi in cui si vive bene e, in ultima analisi, anche la loro competitività.

LUOGHI DELLA CULTURA E DELL'INNOVAZIONE

15.

osserva che, mentre la comunicazione dà ampio risalto alla necessità di collegare i vari settori, ne dedica meno a quella di incanalare i flussi di conoscenza e concentrare il capitale creativo in un determinato luogo. Per quanto riguarda i «cluster culturali» o «distretti creativi», il Comitato sottolinea che è necessario collocare città e regioni al centro di reti di conoscenza, in modo da beneficiare appieno della libera circolazione delle idee, dei capitali e delle persone nell'economia di rete globale. Per lo sviluppo di tali cluster, il sostegno da parte degli enti locali e regionali è di vitale importanza; tuttavia, se si vuole migliorarne l'efficacia, bisogna anche che essi siano collegati alle reti della conoscenza europee e mondiali;

16.

per concentrare la creatività in determinati luoghi, occorrono iniziative locali e regionali intelligenti, sostenibili e strategiche. Agli enti locali e regionali spetta dunque un ruolo particolarmente importante al riguardo. Lo sviluppo della cultura a livello locale rafforza l'identità e la peculiarità dei singoli luoghi, creando prodotti culturali non facilmente trasferibili e quindi un valore unico basato sui luoghi stessi; e questi fattori culturali assumono rilievo anche a livello europeo;

17.

ritiene che una comunità che investe in cultura, istruzione e sport crei anche più ricchezza, benessere e sicurezza. Un semplice fatto, questo, che vale per una singola località così come per la sua regione, per un singolo paese così come per un intero continente. Il Comitato invoca un'agenda ambiziosa a livello dell'UE per fare dell'Europa un continente stimolante e attrattivo: il luogo migliore in cui vivere per i giovani di oggi e di domani, dove si creino nuovi posti di lavoro e le generazioni future possano vivere in un ambiente sicuro e pulito, contraddistinto da un'alta qualità della vita;

18.

reputa che la fiducia sia fondamentale per la qualità di un luogo, poiché getta le basi della sicurezza personale e consente alle persone di riunirsi e scambiare idee, generando pensiero creativo e innovazione. Tali spazi contribuiscono anche a radicare sul territorio prodotti creativi, patrimonio immateriale e persone creative. Tutto ciò ha una dimensione economica — basti pensare, ad esempio, al ruolo della cultura nell'attrarre flussi turistici verso determinati luoghi — ma anche un'importante dimensione sociale, poiché una cultura della fiducia è anche alla base della coesione sociale;

19.

si tratta di questioni complesse, che esigono evidentemente un approccio olistico. La creatività e l'innovazione si fondano sulle conoscenze e competenze così come sulle reti sociali e su quelle economiche: lo sviluppo creativo deve pertanto essere perseguito in modo strategico come un'impresa collettiva di cooperazione e stimolo reciproco. Questi processi, infatti, non coinvolgono soltanto gli SCC o anche solo gli attori economici, bensì la collettività nel suo insieme;

20.

apprezza quindi il fatto che la Commissione intenda sostenere l'apprendimento tra pari (peer learning) tra amministrazioni comunali, consentendo così ai decisori politici locali di condividere e confrontare le loro esperienze riguardo alle ricadute della cultura sulla riqualificazione sociale ed economica delle città. Il Comitato, tuttavia, esorta ad adottare una visione più ampia della cultura e della creatività, che coinvolga in questi processi il livello regionale, i cittadini, le imprese e le ONG; e uno dei meccanismi per tradurla in realtà potrebbe essere quello dei partenariati Comenius-Regio: un'iniziativa nata per lo sviluppo locale nel campo dell'istruzione ma il cui modello potrebbe essere impiegato anche per gli SCC;

21.

rammenta che gli enti locali e regionali svolgono un ruolo chiave nello sviluppo e nella promozione della cultura del loro territorio, soprattutto nel quadro della tutela del patrimonio culturale e come promotori dell'innovazione artistica, responsabili e sostenitori non solo di istituzioni e iniziative culturali, ma anche dell'istruzione e della formazione, nonché come organizzatori di festival e di incontri culturali (5). Gli enti locali e regionali si trovano in posizione privilegiata per garantire un equilibrio tra i diversi elementi dell'ecosistema culturale e creativo e fornire le giuste risorse necessarie ai soggetti attivi negli SCC.

ACCRESCERE L'IMPATTO ECONOMICO

22.

accoglie con favore il fatto che la Commissione sottolinei il valore degli SCC per la crescita e l'occupazione (essi producono il 3,3 % del PIL ed occupano 6,7 milioni di persone, ossia il 3 % della forza lavoro totale) (6). Benefici economici, questi, che possono chiaramente essere accresciuti dalla nuova strategia proposta per aumentare la competitività e il potenziale di esportazione degli SCC nonché massimizzarne le ricadute positive su altri campi come l'innovazione, le TIC e il risanamento urbano. In proposito, il Comitato fa notare come sia importante far tesoro delle esperienze locali e regionali e studiare i modi in cui i settori creativi possono essere utilizzati come motore della crescita in altri campi;

23.

al fine di massimizzare tali effetti, è necessario agevolare la produzione e il consumo di cultura e lo sviluppo della creatività. Il Comitato sottolinea l'importanza di un apprendimento precoce delle competenze creative, sia all'interno del sistema di istruzione che durante il tempo libero. Si tratta di fornire ai giovani gli strumenti necessari per beneficiare appieno delle nuove forme di accesso alla cultura ed essere meglio preparati alle professioni del futuro, e in particolare di aiutarli, e aiutare la società nel suo insieme, a gestire bene gli effetti del «passaggio al digitale»;

24.

la comunicazione riconosce che gli SCC possono trarre vantaggio da un'ampia gamma di strumenti finanziari, tra i quali «Europa creativa», «Erasmus per tutti», i fondi della politica di coesione, Orizzonte 2020, il programma COSME e il Meccanismo per collegare l'Europa; ma bisognerebbe anche dare atto che gli enti regionali e locali intervengono più direttamente nel campo della cultura. Tali enti, infatti, non solo erogano il grosso dei finanziamenti alla cultura nella maggior parte d'Europa, ma fungono anche da laboratori di sperimentazione e innovazione culturali e creative e svolgono un ruolo cruciale nello sviluppo dei cluster creativi e culturali;

25.

sottolinea l'importanza di mantenere gli aiuti di Stato concessi allo scopo di promuovere la cultura. Esorta pertanto la Commissione a riconsiderare il criterio di territorializzazione della spesa nell'emanazione di nuove norme sugli aiuti di Stato per film e altre opere audiovisive, in modo da non compromettere l'impatto territoriale di tali opere;

26.

è necessario promuovere una buona governance culturale, in linea con le conclusioni adottate dal Consiglio Istruzione, gioventù, cultura e sport nel corso della sua 3201a riunione (Bruxelles, 26 e 27 novembre 2012).

MIGLIORARE IL CLIMA PER GLI SCC IN EUROPA

27.

la Commissione invoca tutta una serie di azioni volte a promuovere le condizioni adatte per il pieno sviluppo degli SCC. Tali azioni mirano essenzialmente a sviluppare le capacità, a facilitare l'accesso ai finanziamenti, a promuovere nuovi modelli imprenditoriali, ad allargare e diversificare il pubblico, ad aprire l'accesso ai mercati internazionali e a migliorare i legami con altri settori. Gli SCC, tuttavia, si trovano ad affrontare anche delle sfide ad essi peculiari. In questi settori, infatti, operano in prevalenza microimprese, piccole e medie imprese e lavoratori autonomi, che hanno bisogno di iniziative e organizzazione a livello locale. Gli enti locali e regionali, quindi, possono adempiere con maggiore efficacia il compito di informare le imprese locali sui modi e i mezzi per promuovere le attività culturali locali e regionali (7);

28.

considera il partenariato uno strumento di vitale importanza per i settori culturali e creativi, e apprezza le misure intese a costituire partenariati o alleanze e a garantire le condizioni adatte per la trasmissione delle buone pratiche, la promozione della conoscenza e la creazione di reti che permettano di condividere esperienze riguardo alle opportunità disponibili per sfruttare il potenziale degli SCC (8). Bisognerebbe considerare seriamente la possibilità di creare reti tematiche per gli SCC, in modo da assicurare un trasferimento di conoscenze più efficace a livello europeo;

29.

prende atto dell'intenzione della Commissione di migliorare il quadro normativo unionale per gli SCC, e ne condivide l'enfasi sulla necessità di semplificare le norme esistenti e ampliare l'accesso dei settori culturali e creativi ai finanziamenti esterni;

30.

reputa, tuttavia, urgente che la Commissione stabilisca un quadro normativo chiaro per i diritti di proprietà intellettuale e i diritti d'autore nell'ambito della diffusione del cloud computing.

AZIONI CONCRETE

31.

condivide l'importanza che la comunicazione attribuisce ai cinque «fattori chiave» di intervento: «soddisfare la domanda di nuove competenze», «migliorare l'accesso ai finanziamenti», «espandere il mercato: nuove partnership e modelli di business», «ampliare la dimensione internazionale» e «migliorare le sinergie tra i settori»;

32.

il documento della Commissione riconosce chiaramente l'importanza dei legami esistenti tra gli SCC e altri settori d'intervento quali ad esempio le TIC e il turismo. Andrebbero tuttavia evidenziati più chiaramente i legami degli SCC con i settori rientranti nella politica in materia di istruzione. Il Comitato esorta a spingersi oltre, adottando un approccio più proattivo che aiuti lo sviluppo di sinergie anche tra gli SCC e i soggetti economici e sociali attivi in altri ambiti, onde sostenere campi di attività nuovi e innovativi come le pubblicazioni intermediali, i media sociali, l'editoria digitale e il turismo creativo (9);

33.

appoggia la proposta di una strategia multilivello fondata su un approccio «in due direzioni», che abbracci sia la dimensione orizzontale che quella verticale della politica in materia di SCC. Quest'ultima dimensione («Un approccio olistico per strategie integrate») è particolarmente importante, in quanto riconosce espressamente i legami con altri settori d'intervento quali l'industria, il turismo, l'istruzione, la finanza ecc.;

34.

appoggia l'idea che le iniziative Capitali europee della cultura e Marchio del patrimonio europeo siano sfruttate ancora meglio come «laboratori» per allargare e diversificare il pubblico e sviluppare la partecipazione dei cittadini. Bisognerebbe riconoscere l'importanza di tali iniziative su base locale in quanto fucine di spazi e cluster creativi nell'ambito delle reti nazionali e mondiali negli SCC, e in quanto contribuiscono a collegare i circuiti globali della cultura alle comunità locali;

35.

sottolinea la necessità di disporre di maggiori informazioni ed elementi in merito al funzionamento e agli effetti degli SCC, anche al fine di agevolare il finanziamento delle imprese creative da parte del settore privato. Eurostat dovrebbe essere incoraggiata a elaborare statistiche più efficaci e tempestive sul settore culturale europeo. Oltre a ciò, si potrebbero effettuare studi sugli SCC in specifici contesti locali e regionali per analizzare il funzionamento dell'ecosistema culturale in diverse tipologie di luoghi in tutta l'UE e individuare così buone pratiche aggiornate e le tendenze prevalenti in quei settori;

36.

esorta a integrare meglio la cultura e la creatività nella strategia Europa 2020, in particolare attraverso le sue iniziative faro «Un'agenda europea del digitale», «Nuove competenze per nuovi lavori» e «L'Unione dell'innovazione», riconoscendo così che, per sostenere «una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva», vi è bisogno non solo delle «imprese», ma anche di un sistema completo della conoscenza e di un solido ecosistema culturale;

37.

in conclusione, la Commissione propone che, per monitorare i progressi nell'attuazione della strategia, si utilizzi il metodo di coordinamento aperto nel campo della cultura. Al riguardo il Comitato fa notare in particolare che i rappresentanti nazionali si consultano sistematicamente con gli attori locali e regionali, in modo da poter prepararsi ad affrontare le questioni nel modo più responsabile ed efficace possibile.

Bruxelles, 30 maggio 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 181/2010 fin.

(2)  CdR 181/2010 fin.

(3)  CdR 401/2011 fin.

(4)  CdR 191/2011 fin.

(5)  CdR 172/2007 fin.

(6)  Relazione 2010 sulla competitività europea. Secondo altre stime, tale contributo sarebbe ancora maggiore: 4,5 % del PIL e 8,5 milioni di occupati (TERA Consultants, 2010).

(7)  CdR 401/2011 fin.

(8)  CdR 181/2010 fin.

(9)  L'impatto della cultura sul turismo, OCSE, Parigi, 2009.


30.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 218/12


Parere del Comitato delle regioni su «Colmare il divario in tema di innovazione»

2013/C 218/03

IL COMITATO DELLE REGIONI sottolinea che:

come hanno già dimostrato vari fenomeni della società digitale, importanti trasformazioni avvengono dal basso verso l'alto, e il fattore decisivo è un atteggiamento mentale generalizzato di scoperta imprenditoriale (Entrepreneurial Discovery);

le comunità dell'innovazione operano come ecosistemi attraverso la creazione di reti di valori sistemici in un mondo senza frontiere;

le regioni hanno bisogno di nuovi ambiti che fungano da punti nevralgici della co-creazione di innovazione. Questi punti potrebbero essere descritti come «giardini dell'innovazione» e «piattaforme della sfida», che formano insieme un prototipo di spazio di lavoro per inventare il futuro;

il CdR è favorevole a nuovi investimenti nell'innovazione aperta e nell'ottenimento di servizi dalla comunità. Questi sono i concetti fondamentali legati alla città intelligente e alla partecipazione dei cittadini;

il concetto di città intelligenti collegate dev'essere sviluppato ed esteso ulteriormente in tutta Europa;

il CdR invita la Commissione a predisporre dei programmi di scoperta imprenditoriale intesi a operare a vari livelli e a scoprire ciò che è più efficace in termini di utilità locale e di trasposizione su scala europea;

un'economia circolare per la conoscenza: occorre riutilizzare i risultati dei programmi e progetti della Commissione europea e degli organismi nazionali per il finanziamento della ricerca e dell'innovazione;

i pionieri che avranno i migliori risultati nello sviluppo e nell'esecuzione di progetti di scala europea dovrebbero essere finanziati attraverso i fondi del programma Orizzonte 2020 e della politica di coesione. L'obiettivo è quello di provare strumenti e metodologie efficaci nella collaborazione pratica e nell'apprendimento transfrontaliero.

Relatore

Markku MARKKULA (FI/PPE) consigliere comunale di Espoo

I.   OSSERVAZIONI DI FONDO SULLA CREAZIONE DI CONDIZIONI FAVOREVOLI PER L'INNOVATIVITÀ

1.

Su richiesta della presidenza irlandese, il Comitato delle regioni (CdR) sta elaborando delle proposte documentate e argomentate su come accrescere l'innovatività e colmare i divari di innovazione. L'obiettivo, nel quadro di tale mandato, è presentare delle proposte concernenti, da un lato, le misure richieste dalle regioni e dai loro differenti soggetti, e dall'altro, le misure richieste nel quadro dei programmi, dei finanziamenti e delle altre attività della Commissione europea.

2.

La sfida lanciata dalla presidenza irlandese può essere affrontata solo elencando e descrivendo una serie di misure da attuare parallelamente, accomunate dall'esigenza di cambiare la cultura del lavoro in senso ampio. L'elemento caratterizzante dell'attività svolta negli ultimi anni nell'UE e nella maggior parte degli Stati membri e delle regioni è il fatto che in Europa è stata elaborata una grandissima quantità di eccellenti relazioni e piani. Le iniziative faro dell'UE e i piani delle varie direzioni generali sono di per sé senza dubbio di alto livello, ma rimangono dei piani e non garantiscono il cambiamento di modello concettuale necessario a livello pratico nelle varie zone d'Europa. Come hanno già dimostrato vari fenomeni della società digitale, importanti trasformazioni avvengono dal basso verso l'alto, e il fattore decisivo è un atteggiamento mentale generalizzato di scoperta imprenditoriale (Entrepreneurial Discovery). Questa non può essere definita dalla parola «imprenditore», che viene spesso interpretata in senso troppo stretto. In tale scoperta vi è anche qualcosa di più che l'innovazione. Si tratta piuttosto di una nuova attività che esplora, sperimenta e apprende ciò che si dovrebbe fare nell'industria o nel sottosistema in questione in termini di ricerca, sviluppo e innovazione per migliorare la sua situazione. La scoperta imprenditoriale comprende la sperimentazione, l'assunzione di rischi e anche il fallimento. In tale contesto l'individuo lavora spesso in rete insieme con altri, valutando le alternative, stabilendo gli obiettivi e creando senza pregiudizi qualcosa di nuovo. Questo sviluppo richiede anche che ai cittadini, alle comunità e alle imprese venga data l'opportunità di esprimere la propria opinione, dato che in genere hanno l'impressione di non avere alcuna voce in capitolo.

3.

Poiché l'obiettivo del presente parere è quello di accrescere l'innovatività e di ridurre i divari di innovazione, specialmente grazie ai programmi dell'UE, gli orientamenti e le proposte strategici che seguono dimostrano che i cambiamenti richiesti sono possibili. In Europa abbiamo bisogno di:

i.

sostenere gli obiettivi da raggiungere entro il 2020 nel campo della competitività e dell'innovazione, specie attraverso investimenti costanti nell'istruzione e nella formazione;

ii.

sottolineare l'importanza di equilibrare l'innovazione tecnologica, progettuale e sociale nel settore pubblico e in quello privato, che sono entrambi influenzati da una digitalizzazione a vasto raggio;

iii.

perseguire l'innovazione della società attraverso «laboratori viventi» (living labs), banchi di prova e metodi aperti di innovazione nel quadro della politica regionale per l'innovazione, coinvolgendo i cittadini;

iv.

sottolineare il ruolo di un ambiente locale e regionale che favorisca l'integrazione tra l'istruzione superiore, la ricerca e le imprese;

v.

applicare il triangolo della conoscenza come principio fondamentale della riforma dell'università europea (maggiori sinergie tra ricerca, istruzione e innovazione);

vi.

sottolineare il ruolo essenziale dell'infrastruttura di ricerca nei sistemi di innovazione basati sulla conoscenza;

vii.

concentrarsi maggiormente sul ricorso attivo agli appalti pubblici innovativi, in combinazione con una semplificazione delle procedure;

viii.

mettere in risalto l'importanza di una collaborazione su scala europea e di progetti di cooperazione transnazionali tra regioni, facendo leva sul sostegno all'innovazione e sulle strategie di specializzazione intelligente;

ix.

sottolineare il potenziale della cooperazione transfrontaliera, in particolare degli investimenti esteri diretti verso l'UE e degli investimenti dell'UE verso i paesi terzi;

x.

migliorare le competenze per l'innovazione e promuovere una nuova mentalità innovativa, fondata sul dialogo, la collaborazione e la co-creatività, per imparare dalle buone pratiche

xi.

incentivare la realizzazione di attività dal basso verso l'alto: co-creazione, co-progettazione e co-produzione, nell'ambito di autentica collaborazione con interscambio di know-how, invece di sollecitare i governi a predisporre nuove soluzioni per i cittadini. Questa ampia collaborazione, che coinvolge i cittadini delle comunità locali, è anche necessaria per attuare concretamente idee innovative nelle diverse culture di tutta Europa;

xii.

fare in modo che le imprese si interessino non solo nell'innovazione in quanto tale ma anche all'«innovazione orientata alla creazione di ricchezza», dove il concetto di «ricchezza» assume un significato più ampio, che non si limita al solo profitto ma comprende anche la qualità di vita e lo sviluppo di un mondo felice e sano.

Tuttavia questi approcci non sono sufficienti: occorre esplorare più a fondo l'essenza dell'innovazione.

II.   OSSERVAZIONI GENERALI E RACCOMANDAZIONI POLITICHE

4.

Le misure volte ad attuare la strategia Europa 2020 non hanno prodotto risultati sufficienti nel settore dell'attività innovativa. A livello dell'UE è stata prodotta una grande quantità di materiali e di proposte utili. È essenziale orientare i finanziamenti e i programmi dell'UE verso azioni concrete a livello locale e regionale.

5.

Occorre instaurare una stretta collaborazione tra i progetti di ricerca e sviluppo e i programmi connessi alla creazione, alle prestazioni e all'efficacia degli ecosistemi locali di innovazione. A tale scopo abbiamo bisogno di nuovi tipi di partenariato europeo di ricerca. Il rinnovamento e la trasformazione sono spesso basati su concetti di collaborazione concertata e sull'utilizzazione innovativa ed efficace di tecnologie abilitanti essenziali. Grazie a una loro maggiore accessibilità per i progetti europei, si potrà affinare e sviluppare ulteriormente la loro capacità di creare risultati convertibili in azioni e di avere un impatto reale. Poiché il finanziamento dell'UE per i partenariati e la collaborazione regionali è basato sulla specializzazione intelligente, essi possono divenire elementi costitutivi dell'innovazione transfrontaliera europea e trampolini regionali per l'innovazione della società.

6.

Un cambiamento di modello: la digitalizzazione ha già provocato un mutamento generale. I decisori locali e regionali dovrebbero cogliere le opportunità disponibili, dando la priorità alla riforma dei processi dei servizi. Occorre inoltre continuare a promuovere un'ampia diffusione dei servizi digitali nel settore pubblico, lo sviluppo delle competenze digitali di tutti i cittadini e l'imprenditorialità delle start-up e delle imprese a rapida crescita che genera applicazioni mobili.

7.

La digitalizzazione è un motore del cambiamento, e la convergenza verso i servizi digitali sta accelerando. Grazie alla progettazione incentrata sull'utente e all'apertura, i nuovi ecosistemi d'impresa e i contesti di creazione del valore sono spesso trainati da nuovi comportamenti dei consumatori. Essi mettono in discussione gli approcci di costruzione orientati dall'alto verso il basso, ereditati dal vecchio mondo analogico. Mentre la digitalizzazione rende più che mai globale lo sviluppo di servizi, la posizione dell'Europa non è ottimale: non siamo noi a guidare questa competizione globale.

8.

Le tecnologie basate sulla nuvola (cloud) consentono l'impiego dei servizi migliori indipendentemente dal momento e dal luogo. Questo modo di sviluppare e di produrre servizi sostituirà già nei prossimi anni una parte importante dei servizi tradizionali, per i quali un fattore determinante consiste nella presenza fisica sul posto. Non avremo più bisogno di attrezzature informatiche in ogni angolo. Ciò comporterà anche la gestione e lo sviluppo dei servizi delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e la cooperazione globale in rete delle imprese, delle pubbliche amministrazioni e di altre comunità. La Commissione dovrebbe incoraggiare questo sviluppo, noto come leadership digitale, attraverso programmi di partenariato attivo.

9.

Non possiamo rispondere alle sfide della società con piccoli adeguamenti e metodi di gestione convenzionali. Per avere successo è essenziale accrescere il capitale di rinnovamento: la creatività, l'innovazione e la fiducia necessarie per innovare e riformare sono anche elementi essenziali del successo per i responsabili decisionali locali e regionali. Parallelamente a tutto questo occorre anche sbloccare le rigidità dei sistemi amministrativi, affinché diano più spazio alla creatività nel processo decisionale.

10.

Al centro della politica regionale di innovazione vi sono persone motivate. Sono le persone a creare le innovazioni, e pertanto l'innovazione costituisce innanzitutto un processo umano e sociale. I fattori che influiscono sull'innovazione non sono confinati all'interno di organizzazioni; spesso i principali propulsori del processo di innovazione nei suoi vari stadi emergono grazie all'interazione umana in vari punti di interconnessione.

11.

La ricerca dovrebbe rispondere alle esigenze a breve come a lungo termine. Solo una piccola quota di città, di imprese e di altre comunità fa un uso ottimale dei risultati della ricerca. Va inoltre sottolineato che solo pochi ricercatori sanno rendere la loro conoscenza e i risultati delle loro ricerche interessanti e utili per gli organi pubblici, l'industria e altri soggetti occupandosi di sfide che li toccano da vicino. L'Europa deve pertanto realizzare importanti cambiamenti culturali e riorientare i finanziamenti per garantire una applicazione attiva a livello locale e regionale delle più recenti conoscenze risultanti dalla ricerca. Il CdR ritiene che le PMI fungano da importante catalizzatore per la commercializzazione dei risultati della ricerca, attraverso la loro trasformazione in applicazioni concrete. Giudica altresì necessario facilitare l'accesso delle PMI al finanziamento, mediante investimenti in start up, capitale di rischio e una regolamentazione meno complessa.

12.

Il trasferimento mirato dei risultati della ricerca nella pratica quotidiana richiede una buona comprensione reciproca della ricerca in atto, delle tematiche in discussione e di come la ricerca pertinente possa influenzare le questioni locali e regionali. A tal fine serve un nuovo tipo di triangolo della conoscenza, che colleghi il mondo della ricerca e della scienza con quello delle imprese e delle istituzioni di governo attraverso un sistema di mediazione interattiva. Ciò presuppone un ulteriore sviluppo e un'attuazione attiva del concetto del triangolo della conoscenza dell'UE per rafforzare il ruolo delle università all'interno della società.

13.

La ricerca scientifica e tecnologica, e l'applicazione attiva delle idee basate su tale ricerca, rendono possibile svolgere un ruolo di avanguardia. Al tempo stesso la visione innovativa andrebbe ampliata fino a comprendere non solo le innovazioni tecnologiche, ma anche le innovazioni in materia di processi, di attività d'impresa, di servizi e di design, nonché le innovazioni del settore pubblico o quelle sociali per rimodellare le culture di comunità, e le innovazioni della società per modernizzare attività e strutture più ampie. È essenziale che non solo l'attività economica ma anche il settore pubblico facciano propria una visione più ampia dell'innovazione.

14.

Poiché in alcune regioni, e in particolare in quelle rurali, il settore pubblico è un propulsore del cambiamento e un soggetto di primo piano nella sensibilizzazione della popolazione locale, occorrerebbe dedicare particolare attenzione, in tale settore, all'innovazione nonché a una revisione dei processi di gestione delle istituzioni pubbliche. Ciò consentirà a tali regioni di recuperare il ritardo.

15.

Un'economia circolare per la conoscenza: occorre riutilizzare i risultati dei programmi e progetti della Commissione europea e degli organismi nazionali per il finanziamento della ricerca e dell'innovazione.

16.

Un'economia circolare è un'economia in cui gli oggetti non vengono gettati via o persi, ma vengono fatti circolare e riutilizzati in modo che il loro valore non sia perso bensì aumentato. Il termine deriva da recenti riflessioni sulla prossima generazione di programmi per lo sviluppo sostenibile. In un'economia circolare per la conoscenza i risultati dei programmi di ricerca e dei progetti ultimati — idee, intuizioni, raccomandazioni, materiali, metodologie, proposte pratiche, prototipi e invenzioni — possono essere riscoperti, consultati e applicati in programmi e progetti attuali in settori correlati e pertinenti. Il CdR ribadisce che la bioeconomia e le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, fondamentali per una crescita intelligente, sostenibile ed ecologica, forniranno nuove opportunità imprenditoriali e di innovazione alle regioni e alle città (1).

17.

Nel passaggio verso un'economia circolare per la conoscenza, gli organismi nazionali di finanziamento potrebbero riesaminare e studiare i risultati di progetti ultimati durante gli ultimi 5-10 anni, mettendone in luce gli elementi utili affinché siano riutilizzati in nuovi contesti regionali e nazionali. Le direzioni generali della Commissione potrebbero fare lo stesso, rendendo più ampiamente accessibili i risultati in vari settori, allo scopo di far fronte alle sfide della società. La ricerca eseguita nelle università potrebbe essere resa più direttamente pertinente per il processo di decisione politica e i gruppi di progetto. I risultati derivanti da tutti questi settori potrebbero essere riesaminati allo scopo di rispondere alle esigenze presenti a livello regionale e locale e approntare nuove idee, materiali e metodi da applicare nello sviluppo di ecosistemi regionali di innovazione in tutta Europa.

18.

Per creare un ambiente attivo e stimolante serve l'effetto combinato di numerosi fattori differenti. Le persone innovative ambiscono a essere coinvolte in eventi, progetti e operazioni in generale, quando questi siano sostenuti da programmi e metodi adeguati e da applicazioni efficaci e nuove delle attività di ricerca, sviluppo e innovazione.

19.

Tutte le attività interpersonali sono caratterizzate da fattori di incertezza, dubbi e tensioni. Ma bisogna modificare le tensioni, facendone in particolare una fonte di creatività e di innovazione, e attuare i principi dell'organizzazione che apprende. Il processo creativo diviene così un'evidente tensione creativa che può essere utilizzata per cambiare l'attività nei sistemi e per cambiare i sistemi nella loro totalità. È importante disporre di metodi e programmi che accrescono la quantità di apprendimento, ne aumentano il livello e promuovono uno sviluppo sociale sostenibile. Lo sfruttamento della conoscenza e i processi di costruzione della capacità e lo sfruttamento della conoscenza nell'apprendimento organizzativo sono concetti che acquistano importanza, al pari dell'esplorazione e della co-creazione della conoscenza.

20.

Le regioni hanno bisogno di nuovi ambiti che fungano da punti nevralgici della co-creazione di innovazione. Questi punti potrebbero essere descritti come «giardini dell'innovazione» e «piattaforme della sfida», che formano insieme un prototipo di spazio di lavoro per inventare il futuro. Tali elementi sono necessari per far fronte alle sfide, siano esse piccole sfide di portata locale o grandi sfide globali della società. Le attività di ricerca, sviluppo e innovazione sono pertanto necessarie per pilotare e creare prototipi di 1) configurazioni spaziali aventi dimensioni fisiche, intellettuali e virtuali, e 2) strumenti per il coordinamento e la gestione delle conoscenze che servono per far fronte alle sfide.

21.

L'approccio della tripla elica, un tempo tanto decantato, non è abbastanza dinamico per far fronte a nuove sfide e dev'essere integrato aggiungendo almeno una quarta elica, rappresentata dalla comunità. Per aggiornare questo concetto operativo e questa cultura è necessario un intenso impegno nelle attività degli ecosistemi regionali di innovazione.

22.

Nella prospettiva europea è particolarmente importante esplorare gli ecosistemi regionali dell'innovazione e il ruolo, l'importanza, l'attività, le soluzioni spaziali e i facilitatori del successo di comunità e istituzioni che spronano attività nuove e dinamiche di innovazione in tali ecosistemi. I nuovi istituti per l'innovazione si concentrano sulla nuova mentalità e sul nuovo ambiente necessari per una progettazione centrata sull'utente, per la co-creazione e per un rapido avvio di progetti pilota.

23.

Questi nuovi istituti, molti dei quali sono stati costituiti negli ultimi anni, sono entità flessibili, caratterizzate da un approccio basato sulla collaborazione. Tra gli esempi figurano: incubatori e acceleratori, living labs, poli imprenditoriali, laboratori di sviluppo, laboratori di innovazione sociale, fab labs, campi di apprendimento dell'innovazione della società e centri del futuro. Essi operano generalmente come enti associati di università, comuni e imprese e combinano pratiche operative nuove ed aperte, l'uso dei social media, nuove pratiche in materia di diritti di proprietà intellettuale e di finanziamento, un'ampia rete di soggetti coinvolti e l'imprenditorialità.

24.

La semplificazione delle procedure per favorire appalti pubblici innovativi è indispensabile per garantire un più attivo impiego di questi ultimi. Vi sono importanti esempi riusciti di semplificazione in tutta Europa e non solo, che varrebbe la pena di studiare, adattare, standardizzare e applicare.

III.   RISPONDERE A LIVELLO REGIONALE ALLE GRANDI SFIDE DELLA SOCIETÀ

25.

Le discussioni in merito alle grandi sfide della società sembrano spesso troppo astratte e distanti dalle preoccupazioni concrete dei principali soggetti interessati in tutta Europa: enti locali e regionali, piccole e medie imprese e semplici cittadini. Ma è proprio lì che risiede la capacità innovativa dell'Europa. Occorre collegare esplicitamente le grandi sfide alle questioni sensibili a livello locale e regionale, e risolverle a tale livello. Ciò rafforzerà l'innovatività locale e metterà in gioco enormi quantità di potenziale non utilizzato e di intelligenza collettiva. I cittadini non sono soltanto i beneficiari dell'innovazione, bensì anche dei soggetti centrali del processo di innovazione. Dobbiamo concentrarci maggiormente sul «perché» questo deve succedere e su «come» ciò motiverà e incentiverà quanti intraprendono questo viaggio innovativo. Occorre creare programmi sociali nelle regioni che sfruttano il dialogo e la cooperazione resi possibili dalla digitalizzazione, e che sono diretti a realizzare i necessari cambiamenti sociali. Tutti devono essere incoraggiati a mettere in discussione le principali carenze della società e a impegnarsi per promuovere cambiamenti innovativi.

26.

Il CdR invita la Commissione a predisporre dei programmi rivolti a trasporre le grandi sfide della società a livello nazionale, regionale e locale. Come si traspone una grande sfida della società in termini di esigenze nazionali? Di priorità regionali? Di questioni locali? I suddetti programmi, nel quadro di Orizzonte 2020 e di altri programmi dell'UE, dovrebbero consentire ai cittadini e alle piccole imprese di spiegare alla Commissione quali sono le loro sfide, e fornire strumenti (metodologie, ambienti che favoriscono l'innovazione, facilitatori) per convertire queste sfide locali in programmi innovativi al livello appropriato. Una metodologia essenziale per realizzare ciò consiste nella rapida creazione di prototipi.

27.

Il CdR propone esperimenti e specifiche iniziative per una creazione rapida di prototipi per ciascuna delle grandi sfide della società, da realizzare in varie regioni europee, nel quadro di un programma di co-apprendimento interconnesso. (Occorre anche rafforzare la formazione di reti di città intelligenti per incoraggiare l'innovazione sperimentale e l'apprendimento). L'Europa ha bisogno di città all'avanguardia e di programmi di partenariato efficaci per promuovere l'innovatività, che garantirà lo sviluppo di tutte le regioni indipendentemente dalla loro situazione attuale. Ciò vuol dire rendere le questioni rilevanti a livello regionale e locale, in modo che possano essere affrontate come processi di cambiamento innovativi a livello locale. Tra le varie regioni partecipanti si svolgerebbero scambi di apprendimento e di esperienze, che verrebbero poi codificati mediante una rendicontazione rapida con supporti visivi chiari e un linguaggio accessibile, anche per essere utilizzati attivamente da altri. Le soluzioni raggiunte in una regione possono quindi essere messe alla prova e convalidate nelle altre regioni partecipanti, e in seguito si possono adattare alle altre regioni d'Europa le soluzioni efficaci. Queste misure sarebbero caratterizzate da flessibilità e da una sana applicazione locale in modo da minimizzare gli oneri amministrativi a carico delle imprese, degli istituti di istruzione, sugli enti pubblici e delle altre parti interessate.

28.

Il CdR fa osservare ai soggetti decisionali regionali che questo approccio, insieme al ricorso ai fondi di coesione e ai finanziamenti locali in sinergia con i programmi dell'UE, produrrà innovazioni pratiche applicabili in tutta Europa. Esso accrescerà inoltre l'innovatività locale e contribuirà a creare una cultura dell'innovazione in Europa.

29.

Le università svolgono un ruolo cruciale in questo sviluppo. Purtroppo, con la riduzione delle risorse, le università stanno «stringendo la cinghia», tornando ai loro metodi tradizionali di insegnamento e ricerca. L'impegno esterno sembra essere passato in secondo piano. Il CdR pone l'accento sulle attività volte a incoraggiare le università ad assumere un forte ruolo all'interno della società e a definire approcci formativi e di apprendimento per i necessari processi di cambiamento a livello sociale e di società.

IV.   SPECIALIZZAZIONE INTELLIGENTE

30.

Il Consiglio dell'UE, specie nelle conclusioni in merito all'Unione dell'innovazione, ha sottolineato il ruolo intrinseco della specializzazione intelligente nel quadro della strategia Europa 2020. Il manuale dell'UE sulle strategie di ricerca e innovazione per la specializzazione intelligente (RIS3) definisce tali strategie come programmi di trasformazione economica integrati, a base locale.

31.

Il CdR sottolinea che la specializzazione intelligente è un quadro di politica regionale per la crescita trainata dall'innovazione. Ciò che distingue la specializzazione intelligente dalle tradizionali politiche industriali e di innovazione è sostanzialmente il processo descritto come «scoperta imprenditoriale», ossia un processo interattivo in cui le forze di mercato e il settore privato scoprono e producono informazioni concernenti nuove attività e il governo valuta i risultati e conferisce un ruolo particolare ai soggetti maggiormente in grado di realizzarne il potenziale. Rispetto alle tradizionali politiche industriali, le strategie di specializzazione intelligente sono basate in misura molto maggiore su un approccio dal basso verso l'alto.

32.

La piattaforma intelligente di specializzazione (piattaforma S3) deve fornire maggiore sostegno alle attività a livello locale e regionale, con particolare attenzione alle regioni meno sviluppate. Ciò significa soprattutto sostenere, in ciascuna regione, i processi orientati verso l'individuazione delle attività ad alto valore aggiunto nella regione stessa ed offrire le migliori opportunità per rafforzare la competitività della regione e la gamma di politiche da attuare per definire le relative strategie intelligenti di specializzazione.

33.

Il CdR fa osservare che l'approccio basato sulla ricerca e l'innovazione per la specializzazione intelligente è coerente con gli obiettivi e gli strumenti della politica di coesione dell'UE, che promuove la crescita e l'occupazione in tutti gli Stati e le regioni dell'UE. Suggerisce una strategia e un ruolo globale per ciascuna economia nazionale e regionale, compresi i territori più avanzati e quelli in ritardo. Comprende un più ampio concetto di innovazione, ossia non soltanto investimenti nella ricerca o nel settore manifatturiero, ma anche il rafforzamento della competitività attraverso il design e le industrie creative, una maggiore capacità d'innovazione nel settore pubblico, l'innovazione sociale e dei servizi, nuovi modelli d'impresa e l'innovazione basata sulla pratica.

34.

Il CdR sostiene con forza l'inclusione della seguente proposta, formulata dalla commissione ITRE del Parlamento europeo, nelle regole relative a Orizzonte 2020: «Gli strumenti atti a collegare le strategie di ricerca, innovazione e specializzazione intelligente sono attuati sia in Orizzonte 2020 sia nei fondi strutturali onde sviluppare indicatori oggettivi per la scala di eccellenza e creare lo spazio europeo della ricerca.»

35.

Le regioni e le città dovrebbero includere la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione (RSI) tra i punti essenziali della loro agenda politica di base. I finanziamenti a titolo del programma Orizzonte 2020 e i fondi della politica di coesione dovrebbero essere utilizzati per definire i concetti, creare gli strumenti e determinare le altre condizioni indispensabili per permettere agli enti locali e regionali di promuovere attivamente l'innovazione, assumere i rischi e investire nell'applicazione pratica della RSI, al fine di garantire una dimensione regionale adeguata a ciascun territorio.

36.

Per conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020, è importante che la politica di coesione dell'UE contribuisca al rafforzamento della base di competenze e della capacità di innovazione a livello locale, nonché allo sviluppo di strumenti e di forme di cooperazione in grado di promuovere la cooperazione interregionale in Europa. Questi strumenti e queste forme di cooperazione sono necessari per attuare i risultati di Orizzonte 2020 a livello regionale e locale. Per realizzare tale obiettivo il CdR raccomanda che le attività del programma Interreg siano sviluppate e dotate di risorse sufficienti grazie alla creazione di piattaforme per l'apprendimento reciproco e alla promozione degli scambi internazionali in materia di strategie di innovazione.

V.   CITTÀ INTELLIGENTI

37.

Il concetto di città intelligente ha costituito uno dei settori su cui si è concentrata l'attenzione dell'UE nell'ottica di promuovere la crescita sostenibile e la qualità della vita. Gli elementi di attivazione sono gli investimenti nella moderna infrastruttura delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e nei servizi elettronici, nonché nel capitale sociale e umano. I fattori di cambiamento sono innanzi tutto il capitale di rinnovamento regionale e l'efficacia degli ecosistemi dell'innovazione, diretti in particolare a modernizzare la cultura di collaborazione della tripla elica e ad accrescere la reattività regionale attraverso la partecipazione dei cittadini. Il CdR constata la grande importanza delle applicazioni intelligenti che operano attraverso interconnessioni di servizi digitali aperte e interoperabili, per collegare le persone nella loro regione e globalmente, e per collegare città per partenariati europei. Il concetto di città intelligenti collegate dev'essere sviluppato ed esteso ulteriormente in tutta Europa.

38.

Nel quadro dell'attuazione della strategia di specializzazione intelligente occorrerebbe avviare nelle regioni dell'UE lo sviluppo e la produzione di servizi intelligenti, adattati sia alle culture locali che alle imprese e ai servizi pubblici locali. Il CdR propone di sostenere lo sviluppo delle attività a livello locale e regionale attraverso progetti di ricerca finanziati dall'UE intesi a garantire che la ricerca produca risultati ottimali per l'uso regionale, e che questi risultati vengano elaborati e applicati in differenti regioni.

39.

Nelle regioni occorrerebbe avviare dei programmi intesi a creare poli di innovazione dotati di richiamo internazionale. Tali programmi dovrebbero essere utilizzati per incoraggiare le aree urbane a scegliere le priorità strategiche sulla base della loro identità, della domanda e di conoscenze multidisciplinari, e ad avviare iniziative imprenditoriali basate sulla conoscenza, Il CdR raccomanda che i programmi siano finanziati sia con risorse regionali sia con finanziamenti strutturali dell'UE; le relative attività dovrebbero essere sostenute da una serie di misure, di programmi e di strumenti di finanziamento dell'UE.

40.

Il CdR sottolinea che il principale fattore di successo nelle strategie regionali di innovazione è l'efficacia nel colmare il divario tra la conoscenza globale derivante dalla ricerca e l'effettiva pratica regionale. Occorre sviluppare o addirittura modificare radicalmente le strutture e i processi nelle città e nelle regioni sulla base dei più recenti risultati della ricerca. Per affrontare tali questioni, il CdR osserva che:

la Commissione, nel quadro di Orizzonte 2020 dovrebbe concentrarsi sulle catene del valore e sulle reti del valore nel loro insieme. Ciò significa eseguire ulteriori ricerche su come creare e applicare innovazioni a livello pratico, sulla base dei valori culturali e degli approcci locali, per realizzare risultati concreti per il benessere dei cittadini;

i decisori politici dovrebbero dimostrare in maniera costante il coraggio necessario per mirare ai risultati più elevati e produrre qualcosa di radicalmente nuovo;

le regioni e le città dovrebbero creare iniziative di avanguardia, che siano di natura autenticamente europea: multiculturali, basate sul fattore umano e incentrate sulle innovazioni e sulle capacità della società di creare strutture migliori per la società del benessere e gettare le basi per lo sviluppo del mercato unico digitale;

dovrebbe essere data visibilità e ampia accessibilità ad esempi concreti di iniziative riuscite, in modo da consentire ad altre regioni e città di apprendere dai risultati concreti di programmi precedenti o in corso e dalle relative modalità efficaci di procedere;

le regioni e le città dovrebbero avere un ruolo di primo piano nel garantire la maggiore consapevolezza possibile, da parte dell'opinione pubblica, dell'esigenza di innovazione, e trarre ispirazione dalle informazioni provenienti dalla cittadinanza per creare una base sicura per la riuscita dell'innovazione. Ciò significa che è necessario uno sviluppo su scala europea di ecosistemi regionali dell'innovazione e di innovazioni cittadine.

41.

Il CdR è consapevole del fatto che l'innovatività della società può essere molto aumentata incoraggiando la partecipazione dei cittadini. Ciò significa in particolare adoperare la tecnologia digitale incentrandola sul fattore umano: acquisizione di dati attraverso la comunità (crowd sensing) e ottenimento di servizi dalla comunità (crowd sourcing). Nelle città intelligenti lo sviluppo dipende fortemente da processi di partecipazione dal basso, dalla percezione delle dinamiche di tutte le forme di attività della società e dalla responsabilità individuale e condivisa — molto più di quanto avvenga nei tradizionali servizi municipali dall'alto verso il basso. Il cambiamento fondamentale consiste nel fatto che i cittadini sono coinvolti direttamente nei processi della società attraverso la generazione di dati e le piattaforme per la condivisione di contenuti. Si può dire che i cittadini svolgano il ruolo di attori del cambiamento percependo, riferendo e svolgendo differenti attività.

42.

Il CdR è favorevole a nuovi investimenti nell'innovazione aperta e nell'ottenimento di servizi dalla comunità. Questi sono i concetti fondamentali legati alla città intelligente e alla partecipazione dei cittadini. L'ottenimento di servizi dalla comunità è il metodo di coinvolgimento grazie al quale le imprese, i comuni e altre entità ricercano il contributo di differenti comunità di persone, e questo modello organizzativo è essenziale in tale contesto. Un altro fattore consiste nell'insufficiente conoscenza — e comprensione — delle buone pratiche reciproche (come funzionano e perché).

43.

Il CdR riconosce l'esigenza di una stretta cooperazione tra i diversi livelli di governo e la società civile e constata che ciò sta già emergendo in varie città e regioni d'Europa. Ma le città e le regioni non fanno un uso adeguato delle buone pratiche: progetti pilota promettenti tendono a rimanere locali senza fornire agli utenti tutti i propri vantaggi e senza offrire opportunità di affari alle imprese fornitrici. Questa diffusione insufficiente è dovuta alla natura complessa di numerose innovazioni urbane e al contesto in cui esse sono adottate.

44.

Il CdR chiede che la Commissione organizzi gare di appalto per le innovazioni urbane, concentrandosi su nuovi modelli di collaborazione rivolti a trovare nuove soluzioni per affrontare le esigenze di sviluppo urbano e di servizi e di ampliare la scala di tali soluzioni innovative, condividendole con altre città e regioni. Tali soluzioni dovrebbero comprendere nuove forme di collaborazione tra cittadini, imprese, istituti di istruzione e di ricerca e governi. Ciò comporta sia opportunità che sfide. In tutta Europa i cittadini stanno già prendendo iniziative per cambiare il proprio ambiente e sperimentare nuove forme di collaborazione. Tra le opportunità figura il sostegno di una vita di comunità ricca e attiva, la mobilitazione di numerosi volontari e la vasta gamma di iniziative che ne derivano. Queste attività dovrebbero essere rivolte a scoprire nuove forme di collaborazione e a rafforzare la connessione tra i rapporti di partenariato esistenti in modo da renderli più aperti alla scoperta innovativa e maggiormente basati sull'uso delle risorse globali di conoscenza e sull'apprendimento reciproco. Occorre dare visibilità agli esempi riusciti in modo da portarli all'attenzione delle regioni simili in tutta Europa.

VI.   ECOSISTEMI REGIONALI DELL'INNOVAZIONE COME LABORATORI PER LA SCOPERTA IMPRENDITORIALE

45.

Una sfida importante per la chiusura del divario di innovazione consiste nell'attraversare i compartimenti strutturali nel cui contesto vengono affrontate le questioni e le sfide. I problemi della società non sono confinati in compartimenti amministrativi e non possono essere risolti mediante singoli progetti o ministeri nazionali e regionali. I progetti tradizionali, anche di grandi dimensioni, non costituiscono una soluzione. L'Europa deve uscire da una maniera di pensare e di operare a compartimenti stagni: per creare nuova crescita e nuova occupazione servono un'innovazione aperta e reti del valore. L'Europa deve creare un atteggiamento transdisciplinare orientato verso la scoperta imprenditoriale rivolta ad affrontare i cambiamenti in maniera sistematica. Problemi interconnessi richiedono soluzioni sistemiche.

46.

Il CdR osserva che in laboratori universitari di tutta Europa, e ancor più a livello globale, stanno emergendo sviluppi interessanti, che rispondono a importanti sfide industriali e della società. Tuttavia i migliori laboratori per innovazioni radicali oggigiorno non sono più le tradizionali strutture universitarie, bensì gli ecosistemi regionali dell'innovazione che operano come banchi di prova per la rapida creazione di prototipi per molti tipi di innovazioni guidate dall'utente, basate su sistemi trasformativi e scalabili. Per trasformare i risultati della scienza e della tecnologia in flussi importanti di prodotti, servizi e processi nuovi, l'Europa deve stimolare l'innovazione nei sistemi di produzione diversi dall'attività produttiva tradizionale. Essa ha inoltre bisogno di reciproca comprensione dei requisiti, dei problemi e delle opportunità che riguardano gli ambiti delle imprese, della scienza e del governo.

47.

Il CdR chiede maggiori attività di ricerca e sviluppo in merito a modi per stimolare l'innovazione e lo sviluppo di impresa al di là delle strutture non più attuali dei settori e dei raggruppamenti, e invita a pensare in termini di ecosistemi che possono essere organizzati in modo da rafforzare il potenziale innovativo delle regioni e da promuovere il loro spirito imprenditoriale.

48.

Il CdR sottolinea l'importanza del finanziamento a livello dell'UE e regionale per ecosistemi dell'innovazione e della produzione con forti caratteristiche locali, regionali o transregionali. Una politica di innovazione dalla base ampia crea le condizioni preliminari per modelli operativi sistemici che combinano in un dialogo di co-creazione le esigenze di utenti, consumatori e cittadini, accanto alla conoscenza, alla competitività e alla competenza.

49.

Esistono numerosi campi di ricerca e di innovazione per sostenere i fattori di cambiamento che sono necessari con urgenza durante il periodo di programmazione 2014-2020. Il CdR sottolinea i seguenti, in quanto fattori di successo per l'invenzione del futuro:

le comunità dell'innovazione operano come ecosistemi attraverso la creazione di reti di valori sistemici in un mondo senza frontiere;

i processi di innovazione sono fortemente basati sull'orientamento della domanda e dei consumatori in quanto soggetti essenziali dell'innovazione;

le strategie di innovazione mirano principalmente a catalizzare l'innovazione aperta e a promuovere, nei cittadini e nelle comunità, uno spirito imprenditoriale e l'uso efficace e la creazione di nuovi servizi digitalizzati.

50.

Le esperienze dell'UE in materia di programmazione congiunta e partenariati transnazionali devono essere ulteriormente sviluppate allo scopo di rafforzare i processi regionali che combinano un approccio ascendente alle priorità della strategia Europa 2020 con un alto livello di conoscenze in materia di ricerca in Europa. Il CdR sottolinea l'importanza di accrescere i finanziamenti per eseguire un numero maggiore di partenariati europei e di esperienze regionali di bench-learning attraverso Interreg e altri programmi simili.

51.

Il CdR invita la Commissione a predisporre dei programmi di scoperta imprenditoriale intesi a operare a vari livelli e a scoprire ciò che è più efficace in termini di utilità locale e di trasposizione su scala europea. Il finanziamento di tali programmi dovrebbe provenire da fonti differenti: il programma Orizzonte 2020, il programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (COSME), i fondi di coesione e altro. Il potenziale di apprendimento transregionale può essere rafforzato da progetti pilota che coinvolgono diverse regioni. Le regioni che presentano affinità culturali, ad esempio la regione del Baltico, la regione danubiana o le regioni ultraperiferiche, dovrebbero lavorare insieme affrontando le specifiche sfide della società che le accomunano. Le innovazioni di successo in una regione possono essere messere alla prova e convalidate in altre; le innovazioni urbane possono essere dimensionate in modo da essere applicate a livello regionale e successivamente per altre regioni d'Europa. Tali progetti dovrebbero coinvolgere i soggetti principali a tutti i livelli, compresi gli enti locali e regionali, le piccole e medie imprese, le organizzazioni non governative e in particolare tutti gli istituti di istruzione.

52.

Il design, nelle sue diverse forme, è da tempo associato all'imprenditorialità. Il design strategico consiste nell'applicare principi familiari all'elaborazione di risposte alle grandi sfide della società, come l'invecchiamento demografico e i cambiamenti climatici. Il design è qualcosa di più che un semplice dare forma a qualcosa, esso può essere utilizzato per trovare nuove prospettive nella risoluzione di problemi, per individuare misure possibili e per creare risposte efficaci a largo raggio senza la divisione in compartimenti stagni che è tipica del settore pubblico.

53.

Il design innovativo offre importanti opportunità di creare vantaggi economici e culturali nella società. Occorrerebbe promuovere la creazione di ecosistemi incentrati sul design nelle regioni. In tali ecosistemi ricercatori esperti, rappresentanti d'impresa e differenti professionisti del design, come pure le loro imprese, le università e altre comunità, lavorano insieme efficacemente producendo nuove iniziative. In questo modo essi vengono coinvolti attivamente nell'innalzare il livello di attività e nel portare avanti la politica di innovazione nel suo insieme.

54.

Il CdR invita le regioni e le città a utilizzare appalti pubblici innovativi per creare innovazione. La collaborazione pubblico-privati nella sperimentazione e nella creazione di prototipi dovrebbe essere incoraggiata e la capacità di assumere dei rischi e di fallire dovrebbe essere vista come un'opzione imprenditoriale e non già un'umiliazione sociale. I rappresentanti pubblici delle città e delle regioni devono mettere a punto metodi e scambiare esperienze in merito alla gestione dei rischi nel quadro di questo tipo di progetti. Promuovendo lo spirito imprenditoriale di sperimentazione, la creazione di progetti pilota e di prototipi, questi progetti accresceranno anche la capacità di auto-organizzazione dei cittadini europei.

VII.   COOPERAZIONE SINERGICA DURANTE IL NUOVO PERIODO DI PROGRAMMAZIONE

55.

Tra le riforme principali del nuovo periodo di programmazione figura l'orientamento dei progetti verso le priorità strategiche della specializzazione intelligente, la semplificazione della gestione dei progetti e il passaggio a iniziative di scala molto più ampia grazie allo stretto coordinamento di un certo numero di progetti. Un altro importante principio è quello dello stretto coordinamento tra il programma Orizzonte 2020 e la politica di coesione, nonché la concentrazione sinergica dei finanziamenti destinati a tali politiche e dei finanziamenti locali/regionali.

56.

Il CdR osserva che l'applicazione coerente di tali principi per mettere in pratica le proposte contenute nel presente parere comporterà inevitabilmente la destinazione dei finanziamenti previsti dal programma Orizzonte 2020 verso le esigenze di ricerca indicate nelle strategie di ricerca e innovazione per la specializzazione intelligente delle regioni dell'UE, in modo tale che questo programma funga da catalizzatore, produca conoscenze a partire dalla ricerca e sviluppi concetti metodologici per le attività regionali di ricerca, sviluppo e innovazione. I principali settori di ricerca da finanziare nel quadro di Orizzonte 2020 dovrebbero pertanto essere individuati tra le strategie di ricerca e innovazione per la specializzazione intelligente.

57.

Il CdR sottolinea l'importanza di ascoltare il livello regionale nella pianificazione del coordinamento dei vari programmi. Per stimolare l'azione e incoraggiare l'innovazione a livello regionale è essenziale che le direzioni generali della Commissione ascoltino i portavoce delle regioni, tra cui il CdR, al momento di decidere in merito ai settori di ricerca. Inoltre, le regole di attuazione dei progetti avviati nel quadro del programma Orizzonte e le modalità di utilizzazione dei finanziamenti dovrebbero tenere in considerazione, oltre al consueto obbligo di mettere in comune i risultati, il sostegno materiale e metodologico ai progetti eseguiti nelle regioni grazie ai finanziamenti a favore della coesione. Tale cooperazione si svolgerebbe come segue:

i progetti del programma Orizzonte comprendono programmi di gemellaggio regionale, da eseguire grazie ai finanziamenti nel quadro della coesione, in cui i risultati della ricerca vengono trasferiti e applicati in quanto attività di innovazione pratica. Ciò genera grandi sistemi di progetti di partenariato su scala unionale, basati sulla cooperazione e sulla fiducia, rivolti in particolare ai pilastri leadership industriale e sfide della società del programma Orizzonte e nei quali le regioni, grazie ai finanziamenti destinati alla coesione, cercano di applicare i più recenti risultati della ricerca in aree di sviluppo strategico;

tali sistemi di progetti sono particolarmente necessari quando le competenze e i metodi richiesti dagli ecosistemi regionali dell'innovazione vengono sviluppati in modo da garantire che servano sia come poli dell'attività europea di innovazione che come facilitatori dell'innovazione per l'intera regione. Sulla base di decisioni regionali, essi sostengono anche le attività di innovazione di vari gruppi di destinatari, come gli allievi delle scuole, gli studenti universitari e i pensionati;

gli ecosistemi regionali dell'innovazione si concentrano su temi scelti con riferimento a decisioni strategiche regionali e organizzano l'attività innovativa degli attori del cambiamento nelle regioni. Tra le attività figurano diversi sistemi di laboratori viventi (living labs) e prove e progetti pilota simili. Le iniziative riguardanti i gemellaggi e le cattedre Spazio europeo della ricerca nel quadro del programma Orizzonte 2020 potrebbero anch'esse contribuire in misura tangibile alle attività di tali ecosistemi.

58.

Il CdR osserva che le comunità scientifiche e imprenditoriali globali sono entrate in un'era di innovazione e di co-creazione aperte, nella quale il nuovo vantaggio competitivo è rappresentato dalla cooperazione transfrontaliera. Per affrontare con successo questioni difficili e complesse, il CdR raccomanda che la Commissione istituisca delle piattaforme di sfida per la ricerca di soluzioni a livello europeo attraverso le reti transdisciplinari. Tali piattaforme si occuperebbero di particolari sfide riguardanti tutte le regioni partecipanti e utilizzerebbero metodologie strutturate per trasferire le buone idee dallo stadio di prototipo a quello della realizzazione nel quadro di progetti pilota. Ciò mobiliterebbe la capacità di trasformazione delle regioni.

59.

Il CdR sottolinea che tali piattaforme dovrebbero basarsi sia sul bench-learning (convalida delle idee che danno buoni risultati in una regione grazie alla loro prova in altre regioni) che sul bench-doing (dare un valore aggiunto a nuove idee convertendole in innovazioni concrete in varie regioni allo stesso tempo). Varie regioni prenderebbero parte alla fase pilota, al fine di rispondere alle sfide reali che hanno di fronte ad esempio in materia di sanità, opportunità in una società che invecchia, energia, azzeramento dell'impronta del carbonio, agricoltura e alimentazione e altro ancora.

60.

Il CdR sottolinea l'importanza dello sviluppo metodologico al massimo livello e dell'efficace divulgazione dei risultati. Occorrerebbe diffondere le sfide e i risultati attraverso piattaforme cloud e tenerne conto a livello sia locale che interregionale. I pionieri che avranno i migliori risultati nello sviluppo e nell'esecuzione di progetti di scala europea dovrebbero essere finanziati attraverso i fondi del programma Orizzonte 2020 e della politica di coesione. L'obiettivo è quello di provare strumenti e metodologie efficaci nella collaborazione pratica e nell'apprendimento transfrontaliero.

61.

Il CdR riconosce l'esigenza di un addestramento attivo al fine di promuovere uno spirito di impegno multigenerazionale, che può costituire un fattore essenziale per superare il divario generazionale. Tutti i gruppi di destinatari di regioni e ambienti culturali differenti — scienziati, funzionari pubblici, piccole e medie imprese e studenti — dovrebbero essere addestrati a comprendere e integrare attivamente le rispettive prospettive e a applicare nella pratica le idee pertinenti. In tale contesto un ruolo importante viene svolto dalle scuole e da tutti gli organismi di istruzione.

62.

La creatività e la capacità di assimilare tutto sono connaturate nei bambini piccoli. Vale la pena di chiedersi perché l'ambiente sociale e il sistema scolastico siano spesso incapaci di mantenere vive nelle persone tali qualità, in modo che abbiano uno stile di vita caratterizzato da interesse, apertura e innovatività. Tutti i soggetti dovrebbero unire le loro forze per garantire che le scuole dell'UE mettano la creatività e la capacità di imparare al centro dei loro obiettivi e requisiti. In questo periodo la base dell'innovatività europea si sta evolvendo.

63.

Infine, il CdR comprende l'importanza di colmare il divario tra scienza e società. Il CdR invita tutte le parti coinvolte a impegnarsi attivamente in dialoghi scienza-società intesi a esplorare e a sottolineare i modi in cui i risultati della ricerca possono essere tradotti nella pratica quotidiana. Tutti i cambiamenti della società hanno una forte dimensione locale, che può essere utile quando gli scienziati prendono coscienza delle questioni e i soggetti sociali comprendono quello che la scienza può offrire. Il dialogo dovrebbe incentrarsi sulla connessione esplicita tra esigenze locali e risultati della ricerca nel quadro dei pilastri di Orizzonte 2020: sfide della società, leadership industriale e scienza di eccellenza. Si possono quindi creare vivai di idee e incubatori sociali per trasporre nuove intuizioni dal regno della discussione, facendone prototipi reali che possono essere sperimentati nella pratica.

64.

Queste proposte contribuiranno effettivamente a colmare il divario digitale quando saranno applicate a tutte le regioni d'Europa. Il CdR riconosce l'esigenza di rispondere ai bisogni delle regioni all'avanguardia, delle regioni ben funzionanti, nonché di quelle più vulnerabili, meno avvantaggiate e con prestazioni meno buone. Evidentemente servono a tutti i livelli azioni e programmi specificamente mirati. Oltre a ciò, sottolineiamo l'importanza di sostenere ogni tipo di cooperazione e collaborazione transregionali: il partenariato attivo nello scambio di conoscenze e nella co-creazione dei processi e delle pratiche che risponderanno a ogni situazione particolare, addestramento e guida transregionali, iniziative di bench-learning e di bench-doing che consentano alle regioni meno avvantaggiate di beneficiare di esperienze fatte altrove, contribuendo al tempo stesso con i loro punti forti e la loro specifica competenza specialistica ad alimentare e sostenere l'innovazione in altre regioni. Questa potente diversità regionale dovrebbe costituire un elemento centrale del nuovo vantaggio collaborativo dell'Europa.

VIII.   E ADESSO?

65.

Il CdR ritiene che il modo migliore per convertire eccellenti intenzioni in risultati reali, ottenendo un forte impatto nelle strade d'Europa, consista nel definire le modalità di applicazione pratica delle numerose raccomandazioni contenute nel presente parere e nel valutare, sulla base di una collaborazione, gli approcci più promettenti per attuare tali raccomandazioni dentro e fuori dai confini regionali. Tutto questo è essenziale per colmare il divario di innovazione.

66.

È compito di tutti i soggetti, a tutti i livelli, effettuare i cambiamenti necessari. La responsabilità principale dell'attuazione delle proposte contenute nel presente parere ricadrà, come è ovvio, sulla Commissione europea, sui decisori locali e regionali e su altri soggetti. Parte della responsabilità ricade anche sulla presidenza irlandese, che può attuare quanto prima e nella misura più ampia possibile le proposte contenute nel presente documento, o almeno alcune di esse.

67.

Il CdR propone che gli enti locali e regionali, la Commissione europea e altri soggetti garantiscano il follow-up raccogliendo esempi di buone prassi. L'obiettivo è accelerare i cambiamenti auspicati sia in termini generali che attraverso una serie di misure concepite come progetti prioritari. Alcuni di tali progetti dovrebbero essere iscritti nelle agende delle future presidenze.

Bruxelles, 30 maggio 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 1112/2012 fin.


30.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 218/22


Parere del Comitato delle regioni sulla «Adeguatezza della regolamentazione dell'Unione europea»

2013/C 218/04

IL COMITATO DELLE REGIONI

riconosce che il proseguire della crisi economica ha concentrato ancor più l'attenzione sui costi della legislazione e sulla sfida di attuare e far rispettare le norme che rientrano già nell'acquis;

è dell'avviso che tutti i livelli di governo debbano fare in modo che la legislazione sia efficace ed efficiente e che le istituzioni dell'UE abbiano la responsabilità particolare di dimostrare il chiaro valore aggiunto della normativa europea, che dovrebbe recare pieni vantaggi a costi minimi e rispettare i principi di sussidiarietà e proporzionalità;

accoglie con favore la proposta di un nuovo programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione (REFIT) per individuare in modo sistematico e attuare con trasparenza iniziative volte a consentire una sensibile semplificazione delle disposizioni e riduzione dei costi normativi;

apprezza la proposta di effettuare un inventario delle aree regolamentari e dei testi legislativi che si prestano a una semplificazione delle disposizioni e a una riduzione dei costi normativi senza che vengano compromessi gli obiettivi di interesse generale, insiste sul fatto che i controlli di idoneità dovrebbero avvalersi dei contributi di tutti i livelli di governo e continua a sostenere l'effettuazione sistematica di valutazioni ex post della legislazione dell'UE in quanto strumento efficiente per legiferare con intelligenza;

ribadisce l'importanza della semplificazione per uno snellimento dell'ambiente normativo, in particolare per gli enti locali e regionali, le cui risorse per attuare la legislazione sono spesso limitate e in calo;

accoglie con favore le proposte relative al miglioramento continuo delle valutazioni d'impatto e ribadisce che le valutazioni d'impatto delle proposte legislative e politiche dovrebbero esplorare la dimensione territoriale delle principali opzioni strategiche in esame; qualora la Commissione decidesse di ampliare la composizione del comitato per la valutazione d'impatto (IAB) in modo da accrescerne l'indipendenza, ritiene che gli interessi degli enti locali e regionali dovrebbero esservi rappresentati;

chiede alla Commissione europea di fare di più per tradurre i documenti di consultazione in tutte le lingue ufficiali dell'UE;

ribadisce la responsabilità condivisa delle istituzioni di informare i cittadini, le imprese e il pubblico in generale quanto ai benefici che si possono ottenere applicando gli strumenti della legiferazione intelligente.

Relatore

Graham TOPE (UK/ALDE), membro del consiglio del comune di Sutton (città metropolitana di Londra)

Testi di riferimento

Comunicazione della Commissione Adeguatezza della regolamentazione dell'Unione europea

COM(2012) 746 final

Tenendo conto dei seguenti documenti:

 

Staff Working Document on the Review of the Commission Consultation Policy [Documento di lavoro dei servizi della Commissione sulla Revisione della politica di consultazione della Commissione]

SWD(2012) 422 final

 

Staff Working Document on the Action Programme for the Reducing Administrative Burdens in the EU Final Report [Documento di lavoro dei servizi della Commissione sul Programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell'UE — Relazione finale]

SWD(2012) 423 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Introduzione: la strategia dell'UE Legiferare meglio

1.

ricorda che la legislazione europea rappresenta di per sé parte dello sforzo volto a migliorare e a semplificare l'ambiente normativo e a ridurre, di conseguenza, i costi e gli oneri amministrativi;

2.

riconosce che il proseguire della crisi economica ha concentrato ancor più l'attenzione sui costi della legislazione e sulla sfida di attuare e far rispettare le norme che rientrano già nell'acquis;

3.

sposa il punto di vista della Commissione europea secondo cui le amministrazioni nazionali soffrono di limitazioni di risorse sempre maggiori per far fronte al compito di recepire e applicare la legislazione dell'UE e considera questo stato di cose un problema nel cui contesto è necessaria la collaborazione degli enti regionali e locali, ma che non dovrebbe divenire un pretesto per accrescere gli oneri a carico degli altri livelli di governo;

4.

è dell'avviso che tutti i livelli di governo, in questo contesto generale, debbano fare in modo che la legislazione sia efficace ed efficiente e che le istituzioni dell'UE abbiano la responsabilità particolare di dimostrare il chiaro valore aggiunto della normativa europea, che dovrebbe recare pieni vantaggi a costi minimi e rispettare i principi di sussidiarietà e proporzionalità;

5.

ricorda che i principali elementi della strategia dell'UE Legiferare meglio erano:

l'introduzione di un sistema che consentisse di migliorare l'elaborazione delle principali proposte della Commissione europea e di valutarne l'impatto;

l'attuazione di un programma di semplificazione della normativa esistente;

un piano d'azione sulla riduzione degli oneri amministrativi, con un obiettivo concreto in questo senso;

l'abolizione delle normative e delle proposte legislative obsolete;

un uso diffuso delle consultazioni delle parti interessate e dei cittadini per tutte le iniziative della Commissione;

la ricerca di soluzioni alternative alle leggi e alle normative (come l'autoregolamentazione o la coregolamentazione da parte del legislatore e delle parti interessate);

6.

accoglie con favore la proposta di un nuovo programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione (REFIT) per individuare in modo sistematico e attuare con trasparenza iniziative volte a consentire una sensibile semplificazione delle disposizioni e riduzione dei costi normativi;

7.

continua a insistere sul fatto che l'obiettivo di legiferare meglio deve essere perseguito nello spirito della governance multilivello, ossia tramite un'azione coordinata da parte dell'UE, delle istituzioni nazionali e degli enti locali e regionali;

8.

ritiene che la Commissione europea e le altre istituzioni dell'UE dovrebbero essere incoraggiate a coinvolgere in maniera più attiva gli enti regionali e locali al momento di elaborare la legislazione, di valutarne l'impatto o di individuare le modalità di applicazione delle politiche e degli obiettivi europei. La maggior parte delle nuove proposte riguarda infatti la modifica o il completamento dell'acquis dell'UE esistente. In un processo costante di necessaria verifica dell'adeguatezza della legislazione è importante che la preziosa esperienza degli enti locali e regionali nell'applicazione delle norme dell'UE venga tenuta presente nella definizione di nuove regole;

9.

invita a migliorare ulteriormente la qualità della legislazione, rendendola più chiara, accessibile e facile da rispettare per tutti, nel rispetto delle lingue regionali ufficialmente riconosciute negli Stati membri, ove ciò sia il caso;

10.

crede che la strategia dovrebbe essere sostenuta da un approccio partecipativo e di partenariato per quanto riguarda la concezione e attuazione delle politiche dell'UE;

11.

senza pregiudizio del principio di autonomia istituzionale e costituzionale degli Stati membri previsto dai trattati, il CdR ricorda l'importanza di coinvolgere gli enti regionali e locali nell'elaborazione e nella valutazione della normativa europea, dato che, nella maggior parte dei casi, tali enti sono competenti per l'esecuzione delle politiche dell'UE.

Adeguatezza della regolamentazione

12.

apprezza la proposta di effettuare un inventario delle aree regolamentari e dei testi legislativi che si prestano a una semplificazione delle disposizioni e a una riduzione dei costi normativi senza che vengano compromessi gli obiettivi di interesse generale (secondo la politica «in primo luogo la valutazione»);

13.

insiste sul fatto che i controlli di idoneità dovrebbero avvalersi dei contributi di tutti i livelli di governo nei principali settori che interessano gli enti locali e regionali, come la politica di coesione e gli strumenti di finanziamento, la politica urbanistica, la legislazione ambientale, la politica industriale, la legislazione sociale e i trasporti.

Valutazione ex post

14.

continua a sostenere l'effettuazione sistematica di valutazioni ex post della legislazione dell'UE in quanto strumento efficiente per legiferare con intelligenza;

15.

si rammarica che, nonostante gli inviti contenuti nel suo parere del 2011 sulla legiferazione intelligente e malgrado l'introduzione di tale possibilità nella comunicazione REFIT, il CdR non sia stato invitato a partecipare a una valutazione.

Riduzione degli oneri amministrativi

16.

prende atto delle attività del programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi e osserva che i risultati più significativi finora si sono registrati principalmente in settori (come il diritto societario, l'imposta sulle società ecc.) di scarsa rilevanza diretta per gli enti locali e regionali e che sarebbe utile includere settori di rilevanza maggiore per gli enti locali e regionali, come le licenze e le autorizzazioni, ma riconosce che il programma rappresenta un cambiamento della cultura normativa che può finire per recare un vantaggio alle amministrazioni pubbliche;

17.

ribadisce l'importanza della semplificazione per uno snellimento dell'ambiente normativo, in particolare per gli enti locali e regionali, le cui risorse per attuare la legislazione sono spesso limitate e in calo. Ciò vale, ad esempio, per quanto riguarda gli estesi obblighi di rendicontazione che spesso ricadono su cittadini e imprese;

18.

osserva che la semplificazione può produrre notevoli economie in termini di costi, non solo per le imprese, ma anche per gli enti locali e regionali, liberando così le scarse risorse finanziarie e umane disponibili per altri servizi pubblici fondamentali;

19.

riafferma il proprio impegno a contribuire al lavoro del gruppo ad alto livello sulla semplificazione degli oneri amministrativi, in particolare per quanto riguarda il «nuovo» filone di lavoro volto a rendere le pubbliche amministrazioni più efficienti e in grado di rispondere alle esigenze delle parti interessate e delle PMI;

20.

sottolinea la necessità di garantire trasparenza e responsabilità nei lavori del gruppo;

21.

approva la proposta di dare un seguito al programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi, per far sì che gli sforzi intesi a ridurre gli oneri burocratici del 25 % arrechino un vantaggio alle imprese e alle PMI degli Stati membri;

22.

deplora che la comunicazione REFIT non tenga conto delle modalità alternative di regolamentazione, né delle alternative alla regolamentazione stessa.

Valutazione d'impatto e valutazione

23.

accoglie con favore le proposte relative al miglioramento continuo delle valutazioni d'impatto, a valutazioni più ampie e critiche fermamente radicate nel processo decisionale, a migliori consultazioni delle parti interessate e a un maggiore sostegno all'attuazione della legislazione dell'UE;

24.

ribadisce che le valutazioni d'impatto delle proposte legislative e politiche dovrebbero prevedere obbligatoriamente la dimensione territoriale (aspetti locali e regionali, implicazioni finanziarie e amministrative per le autorità nazionali, regionali e locali) delle principali opzioni strategiche in esame. Il Comitato ricorda che si tratta di una conseguenza del riconoscimento della coesione territoriale in quanto obiettivo dell'Unione (art. 3 del TUE), nonché dell'obbligo di tenere conto «della necessità che gli oneri, siano essi finanziari o amministrativi, che ricadono […] sugli enti regionali o locali […] siano il meno gravosi possibile e commisurati all'obiettivo da conseguire» (art. 5 del protocollo 2 del TFUE);

25.

si rammarica che la revisione dell'accordo di cooperazione fra il CdR e la Commissione europea non istituisca una base per una cooperazione strutturata in materia di valutazioni d'impatto, ed esorta la Commissione e le sue diverse direzioni generali a considerare il Comitato delle regioni in quanto interlocutore istituzionale nel quadro di tali valutazioni. Il coinvolgimento degli enti locali e regionali fin dalle prime fasi accresce l'applicabilità della legislazione dell'UE e il consenso attorno ad essa;

26.

osserva che, se il Parlamento europeo o il Consiglio apportano modifiche considerevoli alle proposte legislative, questo può anche avere ripercussioni significative sugli enti locali e regionali e invita pertanto il Parlamento e il Consiglio a richiedere l'assistenza del CdR quando decidono di effettuare una valutazione d'impatto di tali modifiche;

27.

in tale contesto esorta il Parlamento europeo e il Consiglio a migliorare o a istituire propri servizi di valutazione d'impatto, affinché eseguano dette valutazioni da differenti prospettive, compresa quella territoriale, e a creare canali di comunicazione rafforzati con gli enti regionali e locali, in coordinamento con la Commissione;

28.

chiede di essere coinvolto nell'aggiornamento degli orientamenti in materia di valutazioni d'impatto che avrà luogo nel 2014, e ricorda di aver contribuito con una consultazione degli enti locali e regionali alla stesura degli orientamenti del 2009;

29.

riafferma le proprie riserve nei confronti di una «esternalizzazione» delle valutazioni d'impatto ma, qualora la Commissione decidesse di ampliare la composizione del comitato per la valutazione d'impatto (IAB) in modo da accrescerne l'indipendenza, ritiene che gli interessi degli enti locali e regionali dovrebbero esservi rappresentati, in quanto livello di governo che più probabilmente dovrà partecipare alla realizzazione della proposta in discussione.

Consultazioni

30.

accoglie con favore la revisione della politica di consultazione effettuata dalla Commissione europea e invita quest'ultima a dare applicazione concreta ai risultati, in particolare fornendo un più adeguato riscontro ai partecipanti alle consultazioni;

31.

incoraggia la Commissione a coinvolgerlo, insieme alle associazioni europee rappresentative del livello di governo locale e regionale, nel lavoro che porterà alla revisione dei requisiti minimi per la consultazione;

32.

al riguardo, sottolinea la necessità di dare visibilità al processo di consultazione ed esorta tutte le istituzioni a considerare la possibilità di un utilizzo migliore e interconnesso delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione per pubblicizzare ed effettuare le consultazioni;

33.

riconosce l'esigenza di impegnarsi maggiormente nel quantificare i risultati, presentare in forma più chiara le principali conclusioni e consultarsi sui progetti di valutazioni di impatto per permettere agli interessati e, in particolare, agli enti regionali e locali, di influire sulle fasi preliminari del processo e comprenderne meglio i risultati;

34.

nell'interesse di una piena trasparenza e di riscontri adeguati, sostiene la pubblicazione dei contributi alle consultazioni. Nelle sue valutazioni di impatto, la Commissione europea dovrebbe anche indicare il seguito che ha dato a tali contributi;

35.

chiede alla Commissione europea di fare di più per tradurre i documenti di consultazione in tutte le lingue ufficiali dell'UE e ritiene che una consultazione non possa ritenersi rappresentativa se non si rivolge ai cittadini nella loro lingua;

36.

raccomanda alla Commissione una più intensa cooperazione bilaterale: le consultazioni mirate del CdR potrebbero essere pubblicizzate sul sito «La vostra voce in Europa» per garantire una maggiore trasparenza, e le consultazioni della Commissione europea potrebbero essere promosse regolarmente dai canali del CdR, a titolo di integrazione e rafforzamento delle consultazioni dirette degli enti regionali e locali;

37.

riconosce che una «consultazione» degli enti consultivi dell'UE non è una consultazione pubblica ai sensi dell'articolo 11 del TUE, bensì un preciso requisito istituzionale formulato dai trattati, ma incoraggia le direzioni generali e i servizi della Commissione europea ad attenersi in modo coerente a tale procedura;

38.

s'impegna ad effettuare una revisione integrata dei propri strumenti e delle proprie reti di consultazione, sulla scorta dell'audit della Commissione europea.

La prospettiva nazionale e il goldplating

39.

intende con goldplating («placcatura in oro» o «infiorettatura») la pratica, messa in campo dagli Stati membri al momento di recepire le direttive dell'UE negli ordinamenti nazionali, di inserire norme che vanno oltre i requisiti minimi delle direttive stesse;

40.

ritiene che ci dovrebbe essere una definizione standard di tale pratica valida per tutta l'UE, allo scopo di garantire la certezza del diritto nell'attuazione e applicazione delle norme europee, nonché a fini di analisi comparativa e di valutazione delle asserzioni di quegli Stati membri che sostengono di non infiorettare affatto le norme europee;

41.

ritiene che gli Stati membri ricadano in tale pratica quando:

aggiungono requisiti normativi a quelli già presenti nella direttiva, oppure ne accrescono la complessità;

ampliano l'ambito d'applicazione oltre quello previsto dalla direttiva;

non si avvalgono delle deroghe previste dalla direttiva;

mantengono in vigore norme nazionali che vanno oltre quanto previsto dalla direttiva;

introducono requisiti nazionali che non rientrano nello scopo della direttiva;

prevedono date di attuazione più ravvicinate di quelle stabilite dalla direttiva;

introducono sanzioni più severe di quelle imposte dall'UE;

42.

riconosce che l'infiorettatura non è proibita dal diritto dell'UE e che in alcuni casi può essere giustificato che la legislazione nazionale o subnazionale introduca un livello più elevato di protezione rispetto a quello stabilito dalla direttiva europea da recepire, come nel caso della protezione ambientale (art. 193 del TFUE), della legislazione a tutela dei lavoratori (art. 153, par. 4, del TFUE), dei parametri di qualità e sicurezza degli organi e delle sostanze di origine umana, del sangue e degli emoderivati (art. 168, par. 4, lettera a) e della protezione dei consumatori (art. 169 par. 4, del TFUE);

43.

tuttavia, raccomanda che tali misure aggiuntive siano espressamente motivate, per evitare che le norme nazionali e quelle europee siano confuse nella mente dei cittadini, rafforzando l'idea di istituzioni dell'UE colpevoli di «regolamentazione eccessiva»;

44.

sottolinea inoltre l'utilità di applicare a tali misure anche una valutazione d'impatto a livello nazionale, tenendo conto delle differenti dimensioni dell'impatto che si gestiscono a livello europeo, compresa la dimensione territoriale o di impatto regionale;

45.

ribadisce il punto di vista, proprio e della Commissione, secondo cui gli Stati membri devono smettere di infiorettare la legislazione dell'UE in un modo che aumenta la complessità e i costi delle nuove leggi per gli enti locali e regionali, le imprese e i cittadini.

Sussidiarietà

46.

esprime soddisfazione per il fatto che la Commissione europea riconosce il ruolo dei parlamenti nazionali in materia di legiferazione intelligente, in particolare per quanto riguarda la corretta applicazione del principio di sussidiarietà;

47.

invita la Commissione e il Parlamento europeo a tener conto delle posizioni dei parlamenti regionali con poteri legislativi e indica la propria piattaforma REGPEX nel quadro della Rete di monitoraggio della sussidiarietà come possibile fonte di informazioni;

48.

ritiene che l'assistenza in materia di attuazione offerta dalla Commissione europea agli Stati membri dovrebbe tener conto delle specificità locali o regionali, inoltre, ove la competenza di attuazione ricada sugli enti regionali o locali, detti enti dovrebbero essere assistiti direttamente.

Il ruolo del Comitato delle regioni

49.

propone un ruolo significativo per il CdR e gli enti locali e regionali nel quadro del nuovo programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione (REFIT);

50.

apprezza la posizione della Commissione europea secondo cui la legiferazione intelligente è un compito comune di tutte le istituzioni dell'UE, compreso quindi il Comitato delle regioni, e incoraggia il Parlamento europeo e il Consiglio a portare avanti il programma «Legiferare con intelligenza» e il programma REFIT in un modo altrettanto determinato che riduca al minimo gli oneri aggiuntivi eventualmente risultanti dai loro emendamenti legislativi;

51.

constata con soddisfazione che il rinnovato accordo di cooperazione con la Commissione europea tiene conto delle attività del Comitato riguardanti l'intero spettro di applicazione della legiferazione intelligente, e propone al Parlamento europeo e al Consiglio di negoziare con loro accordi di cooperazione analoghi;

52.

ribadisce la responsabilità condivisa delle istituzioni di informare i cittadini, le imprese e il pubblico in generale quanto ai benefici che si possono ottenere applicando gli strumenti della legiferazione intelligente, e s'impegna a portare tali benefici all'attenzione degli enti locali e regionali.

Bruxelles, 30 maggio 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


30.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 218/27


Parere del Comitato delle regioni sull'«Andamento della situazione dei mercati e conseguenti condizioni per l'estinzione graduale del regime delle quote latte — Seconda relazione sull'“atterraggio morbido”»

2013/C 218/05

IL COMITATO DELLE REGIONI

chiede che vengano eseguiti con urgenza degli studi complementari tesi a valutare gli impatti territoriali dell'estinzione del regime delle quote latte;

chiede che venga effettuata una valutazione realistica delle prospettive di produzione, consumo interno ed esportazione a medio e lungo termine;

chiede che venga realizzato uno studio comparativo delle politiche lattiere dei grandi paesi produttori, così come una valutazione dettagliata dell'esperienza svizzera;

chiede che venga valutato l'impatto dei negoziati commerciali bilaterali attualmente in corso;

chiede che venga esaminata la possibilità di adattare all'Unione europea alcune delle misure prese da altri Stati per gestire le potenziali crisi del mercato del latte, segnatamente le misure contenute nel prossimo Farm Bill 2013-2017;

propone di estendere anche al latte di montagna la possibilità di gestire i volumi prevista nel pacchetto latte;

chiede che sia data priorità alla garanzia e al consolidamento dei mercati interni dell'Unione europea;

propone che in materia di strategia d'esportazione sia sostenuta maggiormente l'innovazione nel settore dei prodotti lattieri a forte valore aggiunto;

propone di costruire dei partenariati solidi con i paesi del sud del Mediterraneo e del Medio Oriente che non dispongono di terre e di acqua in quantità sufficienti per produrre latte a un costo ragionevole, e che rappresentano un mercato lattiero più facilmente accessibile rispetto a quello asiatico;

chiede che la Commissione ridefinisca un progetto coerente di sviluppo rurale e del settore lattiero per le zone di montagna, per le regioni svantaggiate a «vocazione lattiera», per le regioni ultraperiferiche e per gli Stati membri la cui produzione di latte è garantita essenzialmente da strutture agricole di dimensioni molto piccole.

Relatore

René SOUCHON (FR/PSE), presidente del consiglio regionale dell'Alvernia

Testo di riferimento

Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Andamento della situazione dei mercati e conseguenti condizioni per l'estinzione graduale del regime delle quote latte — seconda relazione sull'«atterraggio morbido»

COM(2012) 741 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Sulla scorta del suo parere del 12 maggio 2011 sul «Pacchetto latte»  (1)

1.

rammenta che in molti Stati membri e in diverse regioni la produzione lattiera costituisce un pilastro fondamentale dell'economia regionale e del valore aggiunto dell'agricoltura. In tale contesto la produzione lattiera svolge importanti funzioni ecologiche, influisce in modo sostenibile sul paesaggio coltivato e rappresenta un'importante fonte di occupazione nelle regioni rurali;

2.

rammenta che il processo di riforma deve tenere conto delle differenze regionali e strutturali nell'allevamento di animali da latte e nel settore dei prodotti lattieri. In molte regioni, infatti, il latte viene prodotto prevalentemente in piccole e medie imprese a conduzione familiare, mentre in altre la struttura della produzione lattiera è dominata dalle grandi aziende agricole. Le riforme del settore non devono quindi mettere a rischio tali strutture a conduzione familiare, che contribuiscono più delle altre a una crescita sostenibile;

3.

ricorda la necessità di rendere più sicuro il reddito dei produttori di latte per consentire loro di vivere in maniera dignitosa grazie alla loro attività, nonché per preservare il futuro della filiera lattiera e garantire ai consumatori europei la sicurezza dell'approvvigionamento di prodotti lattiero-caseari di qualità.

2010-2012: una congiuntura favorevole all'«atterraggio morbido»

4.

riconosce che nell'Unione europea non si è registrata né un'impennata della produzione di latte, né una riduzione drastica del valore delle quote dovuta all'aumento (8 %) «gratuito» del loro volume tra il 2008 e il 2015; constata tuttavia che tale incremento di volume ha determinato per due volte un forte aumento della produzione e ha fatto sfiorare in diversi paesi la saturazione degli strumenti di trasformazione, in particolare delle torri di essicazione per il latte in polvere;

5.

constata che dal 2010 i mercati globali hanno goduto di una situazione favorevole che ha permesso di allineare i prezzi dei prodotti lattiero-caseari nell'Unione europea sui mercati mondiali senza ricorrere alle restituzioni all'esportazione, in particolare per quanto riguarda il burro e il latte in polvere; tuttavia, questo non garantisce in alcun modo la buona tenuta dei prezzi mondiali a medio e lungo termine.

Ma scelte sempre meno pertinenti

6.

constata che gli argomenti addotti dalla Commissione europea dal 2003 per giustificare l'abolizione delle quote e la liberalizzazione del mercato lattiero sono sempre più controversi;

7.

fa notare che da 10 anni a questa parte non è stato compiuto alcun progresso nei negoziati in seno all'OMC e osserva che le proposte di abolire le restituzioni all'esportazione per i prodotti lattiero-caseari, formulate dall'UE a Hong Kong nel 2005, sono ormai superate;

8.

osserva che i negoziati bilaterali con Stati Uniti, Nuova Zelanda e Australia non riguardano il settore lattiero;

9.

constata che la maggior parte degli altri principali paesi produttori di latte come l'India, la Cina, il Giappone e la Corea del Sud hanno mantenuto (o rafforzato, nel caso degli Stati Uniti) i loro sistemi di protezione nel settore lattiero. Negli Stati Uniti, il rafforzamento della regolamentazione pubblica del mercato del latte, attualmente in esame al Congresso, prevede un margine di profitto minimo garantito per i produttori rispetto al costo di alimentazione del bestiame, così come un meccanismo di riduzione delle consegne obbligatorio per tutti in caso di crisi;

10.

constata che l'interesse dei consumatori, rivendicato dalla Commissione europea per giustificare la liberalizzazione del mercato lattiero, non è comprovato. In particolare, il forte calo dei prezzi registrato nel 2009 non ha inciso, se non in misura limitata, sui prezzi al consumo;

11.

constata che l'aumento dei margini nelle filiere agroalimentari e nella grande distribuzione è avvenuto a scapito dei produttori, dato il forte scollamento venutosi a creare tra i prezzi alla produzione e quelli al consumo;

12.

rammenta alcuni studi condotti in Canada, dai quali emerge che il «paniere dei prodotti lattiero-caseari» in questo paese, che dispone del regime delle quote, non è più caro rispetto agli Stati Uniti, nonostante la notevole differenza nel prezzo del latte franco azienda, che in Canada è maggiore del 50 % circa;

13.

ritiene che la volatilità del prezzo del latte abbia un costo molto elevato per tutta la filiera, ma in particolare per i produttori, il cui reddito diviene imprevedibile e dissuade dall'avviamento di un'attività nel settore;

14.

rammenta che sono state le eccedenze di burro e latte in polvere, costose da stoccare e da esportare, ad aver determinato l'introduzione delle quote latte nel 1984, e che la riduzione delle eccedenze tramite il regime delle quote ha consentito di realizzare notevoli economie di bilancio fino al 2003; ritiene che, se il regime delle quote non risponde più a pieno alle problematiche attuali, la sua abolizione vada necessariamente accompagnata da strumenti regolamentari adeguati.

Un mercato mondiale marginale che già trasmette la sua instabilità al mercato europeo

15.

benché il commercio di prodotti lattiero-caseari sul mercato mondiale rappresenti soltanto il 6 % della produzione mondiale, principalmente sotto forma di latte in polvere e burro, constata che sono proprio i prezzi di questi due prodotti a determinare in misura sempre maggiore il prezzo del latte franco azienda nell'Unione europea, mentre la maggior parte del latte prodotto trova una migliore valorizzazione sul mercato interno;

16.

osserva che le esportazioni dell'Unione europea sul mercato mondiale rappresentano circa il 10 % della produzione UE e interessano principalmente il formaggio e il latte in polvere a minore valore aggiunto; si rammarica inoltre del fatto che gli investimenti annunciati dall'industria lattiera siano destinati principalmente alle torri di essiccazione;

17.

osserva che il principale concorrente esterno dell'Unione europea sui mercati mondiali è la Nuova Zelanda, con costi di produzione due volte inferiori rispetto a quelli sostenuti dagli allevatori europei. Questo paese, che tramite Fonterra (una cooperativa in posizione di quasi monopolio) esporta oltre il 90 % della sua produzione, principalmente sotto forma di burro e latte in polvere, detiene da solo un terzo del mercato mondiale, con una presenza solida sui mercati asiatici. Fonterra controlla altresì i mercati a termine;

18.

osserva che, sebbene l'Asia rappresenti un potenziale mercato di sbocco per l'Unione europea, paesi come la Cina o l'India ambiscono a sviluppare il più possibile la loro produzione per nutrire la popolazione senza dipendere in misura eccessiva dall'imprevedibilità del mercato;

19.

osserva inoltre che per quanto attiene al commercio di formaggio, l'Unione europea ha migliorato la propria posizione sul mercato russo, giapponese e coreano, mentre ha registrato progressi relativamente scarsi in termini quantitativi su quello cinese.

Un'analisi troppo parziale della Commissione

20.

ritiene che le misure proposte dalla Commissione per la riforma della politica agricola comune, segnatamente il pacchetto latte e il regolamento OCM unica (ivi compresi i prodotti importati), non contengano disposizioni sufficienti per la regolamentazione pubblica della produzione e dei mercati lattieri; queste dovrebbero inoltre essere completate da strumenti aggiuntivi di politica regionale allo scopo di garantire uno sviluppo equilibrato delle regioni;

21.

si rammarica del fatto che la seconda relazione intermedia della Commissione si limiti a un'analisi macroeconomica della situazione del mercato del latte, basata su un modello molto generale e su numerose ipotesi, in parte già superate;

22.

osserva con rammarico che la Commissione non fornisce alcuna analisi quantitativa e qualitativa dettagliata delle prospettive del mercato a medio termine nell'Unione europea, suddivisa per grandi raggruppamenti di paesi, che tenga conto in particolare della diversità nelle dimensioni e nei metodi di allevamento, nelle condizioni di produzione e nelle modalità di commercializzazione;

23.

deplora l'assenza, nella relazione, di un'analisi comparativa delle politiche adottate dagli altri principali paesi produttori di latte, concorrenti e/o clienti dell'Unione europea;

24.

fa rilevare che il gruppo di esperti di alto livello «Latte» aveva raccomandato di monitorare la situazione in Svizzera a seguito dell'abolizione del regime delle quote, in quanto tale abolizione aveva determinato nel paese un aumento della produzione lattiera del 7 %, con una conseguente diminuzione del 20-30 % del prezzo medio. Le strutture e le condizioni di produzione in Svizzera differiscono da quelle dell'UE. Inoltre, la preparazione all'uscita dal regime delle quote latte e la sua attuazione nel paese sono avvenute in maniera del tutto diversa. Nella sua relazione, tuttavia, la Commissione sembra non aver tenuto conto di questa esperienza, che andrebbe esaminata in maggior dettaglio;

25.

constata che la Commissione pare preoccuparsi maggiormente delle restrizioni alla concorrenza, nel caso di centinaia di migliaia di produttori, piuttosto che delle limitazioni poste dalle multinazionali della trasformazione del latte e della distribuzione, che controllano oltre la metà del settore lattiero europeo.

Scarsa considerazione per l'impatto regionale

26.

deplora in particolare che la relazione della Commissione non prenda in considerazione le conseguenze territoriali prodotte dall'estinzione delle quote latte sull'insieme delle regioni europee nelle loro diverse dimensioni — economica, sociale e ambientale;

27.

rammenta che oltre due terzi degli allevamenti di bestiame da latte si situano in aree svantaggiate per ragioni pedoclimatiche e sono caratterizzati dalla lontananza dai grandi agglomerati urbani o da mandrie di dimensioni molto limitate;

28.

rammenta che il latte di montagna rappresenta circa il 10 % del latte prodotto dall'UE a 27, ma che in Austria, Slovenia e Finlandia esso costituisce i 2/3 della produzione lattiera e impegna i 3/4 degli allevatori. Questo tipo di latte e di attività occupa un posto molto significativo anche in una decina di altri paesi. Nella maggior parte di queste zone umide di montagna, ma anche nelle regioni ultraperiferiche, le mandrie lattiere sono le principali fruitrici dei pascoli e contribuiscono in questo modo a mantenere i paesaggi accessibili e abitabili, con effetti propizi per il turismo, la biodiversità e l'ambiente;

29.

rammenta inoltre che il latte vaccino prodotto nelle regioni ultraperiferiche rappresenta una percentuale importante della produzione degli Stati interessati e che, come nel caso delle zone di montagna, l'attività lattiera è la prima responsabile della conservazione del paesaggio agricolo regionale, con effetti positivi per il turismo e per l'ambiente;

30.

rammenta che la raccolta lattiera si mantiene molto incerta nella maggior parte dei nuovi Stati membri dell'Europa orientale. Dal 2005 essa ha subito un calo in quanto si basa principalmente su grandi mandrie (Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia). Nonostante l'importante opera di ristrutturazione, la raccolta è diminuita anche in Bulgaria e Romania, a favore di circuiti di distribuzione informali. Le prospettive appaiono migliori in Polonia e, in misura minore, negli Stati Baltici, dove stanno sorgendo allevamenti a gestione familiare con mandrie composte da 10 a 30 vacche e gli allevatori possono accedere alla formazione e al credito;

31.

ritiene che l'allevamento a conduzione familiare, valorizzando le risorse foraggere locali (in particolare i pascoli), sia il modello più adatto per conciliare il futuro dell'intera filiera lattiera, le aspettative della società e quelle degli allevatori;

32.

ritiene che gli aiuti forniti nell'ambito del secondo pilastro non potranno compensare gli effetti distruttori legati all'instabilità dei prezzi del latte e dei fattori produttivi, scoraggiando l'avviamento di un'attività produttiva che richiede ingenti investimenti a lungo termine;

33.

chiede che venga preso in considerazione il problema degli allevamenti dipendenti da mangimi in zone con bassa disponibilità di foraggi, e che si tenga conto dell'importanza di introdurre meccanismi che proteggono questo settore dalle fluttuazioni dei prezzi dei cereali e di sostenere la produzione nei territori in cui essa presenta una grande rilevanza socioeconomica;

34.

chiede che siano accordati un'attenzione e un sostegno specifici ai territori in cui questo settore è riuscito sopravvivere nel corso degli ultimi decenni benché le ristrutturazioni abbiano determinato un forte calo della produzione lattiera tradizionale; la produzione locale di tali territori va valorizzata con tutti gli strumenti esistenti, in particolare tramite le filiere corte di commercializzazione.

I limiti del pacchetto latte

35.

pensa che i quattro elementi del pacchetto latte (relazioni contrattuali, organizzazioni dei produttori (OP), organizzazioni interprofessionali (OI), trasparenza del mercato) siano strumenti necessari ma non sufficienti, e che non mirino a garantire la gestione dei volumi, dei prezzi e dei redditi per gli allevatori;

36.

ritiene che il pacchetto latte non contenga gli strumenti adeguati in grado di attenuare gli effetti negativi generati dall'estinzione delle quote sui territori e sul modello di allevamento a conduzione familiare che valorizza le risorse foraggere locali, in particolare i pascoli, e che tale estinzione si tradurrà in una concentrazione della produzione nelle regioni agricole più favorite, determinando un aumento dei rischi ambientali;

37.

constata che nei principali paesi produttori di latte del nord dell'Unione europea le cooperative occupano una posizione fortemente maggioritaria, se non di monopolio, e annunciano un aumento della loro raccolta, su richiesta dei loro aderenti;

38.

osserva che l'obbligo di stipulare contratti previsto nel pacchetto latte, da cui le cooperative sono esentate, interesserà al massimo il 40 % del volume di latte prodotto nell'intera UE, e che non è possibile fare previsioni per il mercato in generale;

39.

ritiene che le organizzazioni dei produttori siano necessarie, ma che esse non dispongano in tutti i casi di un reale potere contrattuale nei confronti delle latterie, se si riducono a delle organizzazioni verticali suddivise per filiera (che sono una forma di integrazione), e che gli allevatori non avranno peso nell'ambito dei negoziati commerciali fintantoché non potranno esercitare un contropotere all'interno di organizzazioni di produttori suddivisi per bacino di produzione in grado di negoziare con più latterie;

40.

ritiene che gli strumenti del pacchetto latte non consentiranno di conseguire gli obiettivi di garanzia del reddito dei produttori e propone di integrare i costi di produzione nelle trattative sul prezzo del latte franco azienda in base ai risultati della Rete di informazione contabile agricola (RICA) per paese o per regione;

41.

invoca il ritorno a una politica pubblica di gestione delle scorte di sicurezza, il rialzo del prezzo d'intervento e il mantenimento delle restituzioni all'esportazione a carattere eccezionale, in cambio di una politica per il settore lattiero più in linea con l'evoluzione della domanda interna e dei mercati esterni in termini di prodotti di qualità;

42.

osserva che la gestione dell'offerta delle denominazioni d'origine protetta (DOP) e delle indicazioni geografiche protette (IGP) rappresenta un punto positivo del pacchetto latte, che interessa relativamente pochi paesi e una percentuale esigua della produzione europea (persino in Francia le DOP/IGP interessano soltanto il 10 % della produzione complessiva di latte a livello nazionale, ma il 30 % del latte di montagna).

Un progetto di regolamento OCM unica insufficiente

43.

ritiene che le attuali proposte del Parlamento europeo relative alla limitazione volontaria della produzione in caso di crisi (che consentirebbero alla Commissione di concedere un aiuto ai produttori di latte che riducano volontariamente la loro produzione lattiera almeno del 5 % per un periodo minimo di 3 mesi rinnovabili, nonché di imporre un prelievo ai produttori di latte che aumentino la loro produzione durante lo stesso periodo) siano positive ma insufficienti per arginare un crollo dei prezzi in caso di sovrapproduzione;

44.

ritiene che un sistema efficace di gestione della crisi debba dare prova di una buona reattività, e che a tal fine occorra centralizzare le informazioni nazionali ed europee sulle consegne per azienda nell'arco di più anni, oltre a definire lo stato di crisi tramite i prezzi di riferimento e/o i margini, cosa che presuppone una gestione diretta da parte della Commissione o di un'agenzia europea di regolamentazione.

Raccomandazioni

45.

chiede che vengano eseguiti con urgenza degli studi complementari tesi a valutare gli impatti territoriali dell'estinzione delle quote, suddivisi per gruppi di paesi, regioni, in particolare regioni ultraperiferiche,e zone pedoclimatiche (zone di montagna, zone svantaggiate, zone miste di policoltura-allevamento, zone di pianura) in modo da poter anticipare e, se possibile, limitare i rischi di delocalizzazione e di abbandono in numerose regioni;

46.

chiede che venga effettuata una valutazione realistica delle prospettive di produzione, consumo interno ed esportazione a medio e lungo termine (2020-2030) per tipo di prodotto, tenendo conto della crescente volatilità dei prezzi sul mercato mondiale. L'assenza di un orientamento dell'offerta e di una politica di stoccaggio pubblico in Europa e negli Stati Uniti rafforzerà inevitabilmente tale volatilità, elemento incompatibile con lo sviluppo di una filiera lattiera europea;

47.

chiede che venga realizzato uno studio comparativo delle politiche lattiere dei grandi paesi produttori, così come una valutazione dettagliata dell'esperienza svizzera, dal punto di vista sia economico che sociale ed ambientale;

48.

chiede che venga valutato l'impatto dei negoziati commerciali bilaterali attualmente in corso, con una particolare attenzione per le regioni a «vocazione lattiera»;

49.

facendo seguito al proprio parere Proposte legislative sulla riforma della politica agricola comune e di sviluppo rurale dopo il 2013, del 4 maggio 2012, considera essenziale riequilibrare gli aiuti e reputa che le proposte della Commissione non siano sufficienti a garantire un trasferimento di competitività alle aziende piccole e medie che valorizzano le risorse foraggere locali, alle aree soggette a vincoli naturali, alle regioni ultraperiferiche e alle regioni insulari, nonché a talune filiere in difficoltà;

50.

chiede che venga esaminata la possibilità di adattare all'Unione europea alcune delle misure prese da altri Stati per gestire le potenziali crisi del mercato del latte, segnatamente le misure contenute nel prossimo Farm Bill 2013-2017, che prevede in particolare un margine garantito sul costo dell'alimentazione animale, accompagnato da una riduzione delle consegne, per i produttori che sottoscrivono un impegno in tal senso; chiede che tali misure adottate da altri Stati per la gestione delle crisi siano esaminate al fine di valutarne l'impatto sul mercato mondiale del latte;

51.

propone di estendere anche al latte di montagna la possibilità di gestire i volumi prevista nel pacchetto latte, e riservata per il momento soltanto ai formaggi DOP e IGP, nel quadro della nuova indicazione facoltativa di qualità per i prodotti di montagna;

52.

ritiene infatti che l'indicazione «prodotto di montagna» possa rappresentare uno strumento di territorializzazione interessante per la filiera lattiera, a condizione che vengano di conseguenza adottate modalità di attuazione consone;

53.

propone che, prima di prendere eventuali misure in sostituzione del sistema delle quote latte, si esamini la possibilità di introdurre una moratoria sull'abolizione delle quote al fine di prorogare eventualmente questo meccanismo sino alla fine della campagna 2019/2020, in modo da poter studiare più in profondità le conseguenze che potrebbero derivare da detta abolizione; invita inoltre la Commissione ad adeguare la rete di sicurezza per il mercato del latte, a monitorare il mercato mondiale in maniera continuativa, e a valutare le politiche pubbliche nei principali paesi produttori;

54.

chiede che la Commissione ridefinisca un progetto coerente di sviluppo rurale e del settore lattiero per le zone di montagna, per le regioni svantaggiate a «vocazione lattiera», per le regioni ultraperiferiche e per gli Stati membri la cui produzione di latte è garantita essenzialmente da strutture agricole di dimensioni molto piccole;

55.

chiede che sia data priorità alla garanzia e al consolidamento dei mercati interni dell'Unione europea, in particolare tramite la distribuzione di latte nelle scuole e nelle residenze per anziani, nonché nel quadro dell'aiuto alimentare oltre che tramite una revisione e semplificazione delle misure di sostegno e di promozione dei prodotti lattiero-caseari;

56.

propone che in materia di strategia d'esportazione sia sostenuta maggiormente l'innovazione nel settore dei prodotti lattieri a forte valore aggiunto al fine di sviluppare un'offerta più adeguata che risponda meglio alle esigenze dei nuovi consumatori dei paesi del Maghreb, del Medio Oriente e dell'Asia; tale strategia dovrà essere accompagnata da misure appropriate;

57.

propone di costruire dei partenariati solidi con i paesi del sud del Mediterraneo e del Medio Oriente che non dispongono di terre e di acqua in quantità sufficienti per produrre latte a un costo ragionevole, e che rappresentano un mercato lattiero più facilmente accessibile rispetto a quello asiatico.

Bruxelles, 30 maggio 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 13/2011 fin.


III Atti preparatori

COMITATO DELLE REGIONI

101a sessione plenaria del 30 maggio 2013

30.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 218/33


Parere del Comitato delle regioni sulla «Direttiva riguardante il miglioramento dell'equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in borsa e relative misure»

2013/C 218/06

IL COMITATO DELLE REGIONI:

è consapevole dell'importanza di rispettare il diritto fondamentale delle imprese di operare senza ingerenza: tuttavia è altrettanto importante rispettare la parità tra i sessi, in quanto valore fondamentale dell'Unione europea. La direttiva, che introduce norme minime, si prefigge di garantire la parità di condizioni per i due sessi in tutti gli Stati membri, migliorando così la situazione economica del mercato interno;

ritiene che sarebbe opportuno adottare delle sanzioni simili in ogni Stato membro, se si vuole raggiungere l'obiettivo di garantire condizioni uniformi e un quadro regolamentare coerente in tutta l'UE. Altrimenti, i disincentivi introdotti da alcuni paesi potrebbero risultare molto più deboli di altri, e ciò determinerebbe un livello inferiore di conformità con la legislazione nazionale di attuazione della direttiva;

condivide la decisione della Commissione di perseguire l'obiettivo di rafforzare la parità di genere presentando una proposta legislativa corredata di obiettivi vincolanti, invece di sostenere un approccio di autoregolamentazione e/o a carattere volontario;

sottolinea che la scelta dei candidati più qualificati per i posti di amministratore senza incarichi esecutivi deve essere basata su procedure di selezione e su criteri di qualificazione trasparenti, incoraggiando tutte le persone di talento a presentare la loro candidatura;

sottolinea che, in molte professioni, l'eterogeneità del personale in termini di conoscenze, di abilità, di esperienza, di situazioni di vita e di genere è di vitale importanza per raggiungere i risultati perseguiti. Pertanto il Comitato reputa importante che il candidato del sesso sottorappresentato abbia la precedenza se possiede qualifiche uguali a quelle del candidato dell'altro sesso in termini di idoneità, competenza e rendimento professionale, e a meno che una valutazione obiettiva, che prenda in considerazione tutti i criteri personali, non faccia propendere per un candidato dell'altro sesso.

Relatrice

Andreja POTOČNIK (SI/ALDE), vicesindaco di Tržič

Testo di riferimento

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante il miglioramento dell'equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in Borsa e relative misure

COM(2012) 614 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

Osservazioni generali

1.

La parità tra i sessi è uno dei valori fondamentali e degli obiettivi principali dell'UE: essa è sancita dal Trattato sull'Unione europea (articolo 3, paragrafo 3) e dalla Carta dei diritti fondamentali (articolo 23). Ai sensi dell'articolo 8 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), nelle sue azioni l'Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra uomini e donne. L'articolo 157, paragrafo 3, del TFUE fornisce la base giuridica per l'adozione di misure dell'UE volte ad assicurare l'applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego;

2.

nella proposta di direttiva riguardante il miglioramento dell'equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in Borsa, la Commissione europea mira a garantire, entro il 2020, una rappresentanza equilibrata di donne e uomini in questo gruppo di persone, di modo che nessun sesso superi il 60 % del totale di tale categoria o rimanga al di sotto del 40 %;

3.

la Commissione segnala che i progressi verso una maggiore percentuale di donne nei consigli delle società sono stati molto lenti: negli anni passati si è registrato un incremento medio annuo di soli 0,6 punti percentuali (1). A questo ritmo, sarebbero necessari vari decenni per avvicinarsi alla parità di genere in tutta l'UE. Il progresso più rapido e significativo è stato registrato negli Stati membri e in altri paesi in cui i valori e gli atteggiamenti sociali prevalenti favoriscono questa evoluzione e in cui sono stati adottati requisiti minimi vincolanti e raccomandazioni per garantire la rappresentanza di ciascun sesso;

4.

ignorare le conoscenze/capacità di donne altamente qualificate significa perdere tutta una serie di opportunità; la ripresa economica richiede infatti anche una partecipazione attiva delle donne. Bisogna concepire modi nuovi, più efficaci, di conciliare la vita familiare con quella professionale. Misure intese a promuovere le carriere e gli studi postuniversitari delle laureate sono di cruciale importanza per lo sviluppo della loro carriera.

IL COMITATO DELLE REGIONI

5.

accoglie con favore la volontà della Commissione di migliorare l'equilibrio di genere tra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in Borsa, ed è d'accordo sull'urgenza di adottare misure in questo campo;

6.

condivide la decisione della Commissione di perseguire l'obiettivo di rafforzare la parità di genere presentando una proposta legislativa corredata di obiettivi vincolanti, invece di sostenere un approccio di autoregolamentazione e/o a carattere volontario;

7.

è consapevole dell'importanza e della gravità dell'eventualità che le donne non siano nominate a ricoprire ruoli decisionali nell'economia, con il conseguente mancato utilizzo del loro potenziale di risorse umane. Bisognerebbe agire con decisione per rimuovere gli ostacoli che impediscono alle donne di progredire nella carriera.

Spiegazione dettagliata

8.

Secondo la Commissione, l'attuale mancanza di trasparenza nelle procedure di selezione e nei criteri di qualificazione per l'assegnazione dei posti all'interno dei consigli nella maggior parte degli Stati membri costituisce una grossa barriera all'introduzione di un maggiore equilibrio di genere per quanto concerne la composizione dei consigli stessi e incide negativamente sia sulle carriere dei candidati a tali posti, sia sulla loro mobilità, così come sulle decisioni in materia di investimenti;

9.

scopo della proposta di direttiva è promuovere la parità di genere nei processi decisionali dell'economia e permettere di utilizzare pienamente il vivaio di competenze dei candidati ai fini di una rappresentanza più equilibrata di uomini e donne nei consigli, contribuendo così agli obiettivi di Europa 2020;

10.

gli Stati membri devono prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per le violazioni della direttiva, che possono includere, fra l'altro, sanzioni amministrative e la nullità o l'annullamento, da parte di un organo giudiziario, della nomina o dell'elezione degli amministratori senza incarichi esecutivi avvenute in violazione delle disposizioni nazionali;

11.

gli Stati membri devono presentare alla Commissione delle relazioni in merito all'attuazione della direttiva, fornendo anche informazioni sulle misure adottate per conseguire gli obiettivi previsti;

12.

la direttiva non si applica alle piccole e medie imprese.

IL COMITATO DELLE REGIONI

13.

sottolinea che la scelta dei candidati più qualificati per i posti di amministratore senza incarichi esecutivi deve essere basata su procedure di selezione e su criteri di qualificazione trasparenti, incoraggiando tutte le persone di talento a presentare la loro candidatura;

14.

sottolinea che, in molte professioni, l'eterogeneità del personale in termini di conoscenze, di abilità, di esperienza, di situazioni di vita e di genere è di vitale importanza per raggiungere i risultati perseguiti. Pertanto il Comitato reputa importante che il candidato del sesso sottorappresentato abbia la precedenza se possiede qualifiche uguali a quelle del candidato dell'altro sesso in termini di idoneità, competenza e rendimento professionale, e a meno che una valutazione obiettiva, che prenda in considerazione tutti i criteri personali, non faccia propendere per un candidato dell'altro sesso;

15.

è consapevole dell'importanza di rispettare il diritto fondamentale delle imprese di operare senza ingerenza: tuttavia è altrettanto importante rispettare la parità tra i sessi, in quanto valore fondamentale dell'UE. La direttiva, che introduce norme minime, si prefigge di garantire la parità di condizioni per i due sessi in tutti gli Stati membri, migliorando così la situazione economica del mercato interno;

16.

è convinto che la proposta non comporti alcuna violazione del principio di sussidiarietà, poiché si fonda su chiare basi giuridiche dei Trattati UE e apporta un autentico valore aggiunto europeo, in quanto tiene conto dell'obiettivo politico dell'Unione europea della parità di genere e garantisce la certezza giuridica per le società che operano in più Stati membri, le cui operazioni transfrontaliere potrebbero subire conseguenze negative dalle attuali disparità delle norme vigenti in materia di parità di genere nei consigli di amministrazione;

17.

sottolinea la necessità di sostenere delle misure a livello europeo e garantire un quadro regolamentare paneuropeo uniforme in questo campo. La situazione attuale, in cui ogni Stato membro ha normative e legislazioni proprie, determina un'incertezza nel funzionamento del mercato interno, poiché molte imprese quotate operano in più di uno Stato membro;

18.

ritiene che sarebbe opportuno adottare delle sanzioni simili in ogni Stato membro, se si vuole raggiungere l'obiettivo di garantire condizioni uniformi e un quadro regolamentare coerente in tutta l'UE. Altrimenti, i disincentivi introdotti da alcuni paesi potrebbero risultare molto più deboli di altri, e ciò determinerebbe un livello inferiore di conformità con la legislazione nazionale di attuazione della direttiva;

19.

fa rilevare che si dovrebbe dare maggiore risalto al miglioramento dell'equilibrio di genere tra tutti gli amministratori, e non solo tra quelli senza incarichi esecutivi;

20.

avverte che, nell'assumere cariche dirigenziali, le donne continuano ad essere ostacolate da alcuni fattori: uno di essi, da mettere in evidenza, è la mancanza di misure che aiutino a conciliare vita familiare e professionale.

Importanza per il livello regionale e locale

IL COMITATO DELLE REGIONI

21.

ritiene che gli enti locali e regionali debbano adoperarsi per garantire una maggiore parità. Oltre ad essere un presupposto indispensabile per un'autentica democrazia e per una società equa, la parità di genere è una condizione essenziale per realizzare l'obiettivo dell'UE di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;

22.

giudica appropriato il termine del 2018 per garantire il 40 % di presenza del sesso sottorappresentato nei casi in cui rappresentanti di enti locali e regionali siano membri dei consigli di imprese (pubbliche);

23.

fa rilevare l'importanza che le società pubbliche diano il buon esempio alle imprese private per quanto riguarda la rappresentanza del 40 % del sesso sottorappresentato.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Preambolo (visti)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

visto il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 157, paragrafo 3,

visto il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo gli articoli 8 e 157, paragrafi paragrafo 3 e 4,

Motivazione

In linea con il punto 1 del progetto di parere. L'articolo 8 del TFUE va menzionato tra le basi giuridiche della direttiva poiché definisce la parità di genere come un obiettivo orizzontale dell'Unione europea.

Emendamento 2

Preambolo (visti)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

visti gli articoli 2 e 3, paragrafo 3, del Trattato sull'Unione europea,

Motivazione

In linea con il punto 1 del progetto di parere.

Emendamento 3

Preambolo (visti)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

visto l'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

Motivazione

In linea con il punto 1 del progetto di parere.

Emendamento 4

Considerando 17

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Le società quotate in Borsa rivestono una particolare importanza economica e si distinguono per la loro visibilità e il loro impatto sul mercato in generale. Occorre quindi che le misure previste dalla presente direttiva si applichino alle società quotate, definite come società registrate in uno Stato membro i cui titoli sono ammessi alla negoziazione in uno o più Stati membri su un mercato regolamentato ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 14, della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari (2). Tali società fissano le norme per tutta l’economia e si può prevedere che le loro pratiche siano seguite dagli altri tipi di imprese. Il carattere pubblico delle società quotate giustifica che siano regolamentate in più ampia misura, nel comune interesse.

Le società quotate in Borsa rivestono una particolare importanza economica e si distinguono per la loro visibilità e il loro impatto sul mercato in generale. Occorre quindi che le misure previste dalla presente direttiva si applichino alle società quotate, definite come società registrate con la sede centrale in uno Stato membro i cui titoli le cui azioni sono ammessi ammesse alla negoziazione in uno o più Stati membri su un mercato regolamentato ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 14, della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari (3). Tali società fissano le norme per tutta l’economia e si può prevedere che le loro pratiche siano seguite dagli altri tipi di imprese. Il carattere pubblico delle società quotate giustifica che siano regolamentate in più ampia misura, nel comune interesse.

Motivazione

Il luogo dove una società ha la sua sede centrale (invece del luogo dove è registrata) e l'elemento delle azioni piuttosto che i titoli rappresentano criteri più sicuri per individuare le società che rientrano nel campo di applicazione della direttiva.

Emendamento 5

Considerando 21

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

In vari Stati membri una certa percentuale degli amministratori senza incarichi esecutivi può o deve essere nominata o eletta dal personale della società e/o dalle organizzazioni dei lavoratori conformemente al diritto interno o alle prassi nazionali. Gli obiettivi quantitativi previsti dalla presente direttiva devono applicarsi a tutti gli amministratori senza incarichi esecutivi, compresi i rappresentanti del personale. Tuttavia, tenuto conto appunto del fatto che alcuni amministratori senza incarichi esecutivi sono rappresentanti del personale, la definizione delle procedure pratiche per garantire la realizzazione di tali obiettivi deve spettare agli Stati membri interessati.

In vari Stati membri una certa percentuale degli amministratori senza incarichi esecutivi può o deve essere nominata o eletta dal personale della società e/o dalle organizzazioni dei lavoratori conformemente al diritto interno o alle prassi nazionali. Gli obiettivi quantitativi previsti dalla presente direttiva devono applicarsi a tutti gli amministratori senza incarichi esecutivi, compresi i rappresentanti del personale. Tuttavia, tenuto conto appunto del fatto che alcuni amministratori senza incarichi esecutivi sono rappresentanti del personale, la definizione delle procedure pratiche per garantire la realizzazione di tali obiettivi deve spettare agli Stati membri interessati, in linea con le procedure specifiche applicate per l'elezione/designazione di tali rappresentanti.

Motivazione

Le considerazioni di parità di genere devono andare di pari passo con le procedure democratiche per l'elezione/designazione applicate dai sindacati negli Stati membri.

Emendamento 6

Considerando 31

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Poiché la composizione di genere del personale si ripercuote direttamente sulla disponibilità di candidati del sesso sotto-rappresentato, gli Stati membri possono decidere che, qualora gli appartenenti al sesso sotto-rappresentato costituiscano meno del 10 % dell'organico di una società, questa non sia tenuta a soddisfare l’obiettivo fissato dalla presente direttiva.

Poiché la composizione di genere del personale si ripercuote direttamente sulla disponibilità di candidati del sesso sotto-rappresentato, gli Stati membri possono decidere che, qualora gli appartenenti al sesso sotto-rappresentato costituiscano meno del 10 % dell'organico di una società, questa non sia tenuta a soddisfare l’obiettivo fissato dalla presente direttiva.

Motivazione

L'emendamento è in linea con l'emendamento legislativo 11 del parere del CdR, che fa riferimento all'articolo 4, paragrafo 6, ed è stato proposto dalla stessa relatrice.

Emendamento 7

Considerando 32

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Poiché le società quotate dovrebbero mirare ad aumentare la percentuale del sesso sotto-rappresentato in tutti posti decisionali, gli Stati membri potrebbero decidere di considerare realizzato l'obiettivo previsto dalla presente direttiva quando le società quotate possono dimostrare che gli appartenenti al sesso sotto-rappresentato occupano almeno un terzo di tutti i posti di amministratore, con o senza incarichi esecutivi.

Poiché le società quotate dovrebbero mirare ad aumentare la percentuale del sesso sotto-rappresentato in tutti posti decisionali, gli Stati membri potrebbero decidere di considerare realizzato l'obiettivo previsto dalla presente direttiva quando le società quotate possono dimostrare che gli appartenenti al sesso sotto-rappresentato occupano almeno un terzo di tutti i posti di amministratore, con o senza incarichi esecutivi.

Motivazione

Tale considerando indebolisce inutilmente il testo.

Emendamento 8

Considerando 34

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri devono fare obbligo alle società quotate di fornire annualmente alle autorità nazionali competenti informazioni sulla composizione di genere dei loro consigli e sul conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente direttiva, per consentire a tali autorità di valutare i progressi di ciascuna società verso l'equilibrio di genere fra gli amministratori. È opportuno che tali informazioni vengano pubblicate e che, qualora la società non abbia raggiunto l'obiettivo prefissato, esse includano una descrizione delle misure che l'impresa ha intrapreso fino a quel momento e che intende introdurre in futuro per realizzarlo.

Gli Stati membri devono fare obbligo alle società quotate di fornire annualmente alle autorità nazionali competenti informazioni sulla composizione di genere dei loro consigli e sul conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente direttiva, per consentire a tali autorità di valutare i progressi di ciascuna società verso l'equilibrio di genere fra gli amministratori. È opportuno che tali informazioni vengano pubblicate e che, qualora la società non abbia raggiunto l'obiettivo prefissato, esse includano una descrizione delle misure che l'impresa ha intrapreso fino a quel momento e che intende introdurre in futuro per realizzarlo, specificando il termine ultimo per la loro attuazione, termine che in nessun caso potrà andare al di là della scadenza della presente direttiva .

Motivazione

Cambio di terminologia: l'obiettivo della direttiva è quello di raggiungere un equilibrio tra i sessi, indipendentemente dal fatto che la situazione di disparità attualmente esistente tra il personale amministrativo senza incarichi esecutivi dipenda da questioni di genere. Per genere si intendono le caratteristiche sociali e culturali che distinguono gli uomini dalle donne, caratteristiche che vengono assimilate, cambiano con il tempo e variano notevolmente tra le varie culture e all'interno di ciascuna di esse. Per sesso si intendono le caratteristiche biologiche che rendono diversi uomini e donne.

Aggiunta del testo: è indispensabile specificare le scadenze relative all'attuazione delle singole misure, onde evitare che la realizzazione degli obiettivi resti a discrezione delle imprese.

Emendamento 9

Considerando 40

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

In linea con la proposta di un'armonizzazione minima dei requisiti di governo societario che pongono criteri obiettivi di qualificazione alla base delle decisioni di nomina, allo scopo di raggiungere l'equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi, gli Stati membri possono andare oltre le norme minime, su base volontaria.

Motivazione

Gli Stati membri che hanno già ottenuto, o puntano ad ottenere, risultati migliori in termini di equilibrio di genere fra amministratori senza incarichi esecutivi sono liberi di farlo.

Emendamento 10

Articolo 2, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

«società quotata»: una società registrata in uno Stato membro i cui titoli sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 14, della direttiva 2004/39/CE, in uno o più Stati membri;

«società quotata»: una società registrata con la sede centrale in uno Stato membro i cui titoli le cui azioni sono ammessi ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, punto 14, della direttiva 2004/39/CE, in uno o più Stati membri;

Motivazione

Il luogo dove una società ha la sua sede centrale (invece del luogo dove è registrata) e l'elemento delle azioni piuttosto che i titoli rappresentano criteri più sicuri per individuare le società che rientrano nel campo di applicazione della direttiva.

Emendamento 11

Articolo 2, paragrafo 8

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

«piccola e media impresa» o «PMI»: una società che occupa meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR, oppure, per una PMI registrata in uno Stato membro la cui valuta non sia l’euro, gli importi equivalenti nella valuta di tale Stato membro;

«piccola e media impresa» o «PMI»: una società che occupa meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR, oppure, per una PMI registrata con la sede centrale in uno Stato membro la cui valuta non sia l'euro, gli importi equivalenti nella valuta di tale Stato membro;

Motivazione

Il luogo dove una società ha la sua sede centrale (invece del luogo dove è registrata) rappresenta un criterio più sicuro per individuare le società che rientrano nel campo di applicazione della direttiva.

Emendamento 12

Articolo 4, paragrafo 6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri possono esentare dal raggiungimento dell'obiettivo di cui al paragrafo 1 le società quotate in cui il sesso sotto-rappresentato costituisca meno del 10 % del personale.

Gli Stati membri possono esentare dal raggiungimento dell'obiettivo di cui al paragrafo 1 le società quotate in cui il sesso sotto-rappresentato costituisca meno del 10 % del personale.

Motivazione

Poiché gli amministratori senza incarichi esecutivi svolgono principalmente funzioni di sorveglianza, è anche più facile sceglierli tra candidati qualificati esterni all'impresa o allo specifico settore — considerazione importante per le aree economiche in cui un determinato sesso è particolarmente sottorappresentato nell'ambito del personale. Per questa ragione non si vede la necessità di prevedere un'esenzione dall'obiettivo fissato al paragrafo 1 nei casi in cui il sesso sottorappresentato costituisca meno del 10 % del personale di una società quotata.

Emendamento 13

Articolo 4, paragrafo 7

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri possono stabilire che l’obiettivo di cui al paragrafo 1 è stato raggiunto quando le società quotate possono dimostrare che gli appartenenti al sesso sotto-rappresentato occupano almeno un terzo di tutti i posti di amministratore, che si tratti di amministratori con incarichi esecutivi o senza incarichi esecutivi.

Gli Stati membri possono stabilire che l’obiettivo di cui al paragrafo 1 è stato raggiunto quando le società quotate possono dimostrare che gli appartenenti al sesso sotto-rappresentato occupano almeno un terzo di tutti i posti di amministratore, che si tratti di amministratori con incarichi esecutivi o senza incarichi esecutivi.

Motivazione

Tale paragrafo indebolisce inutilmente il testo, e la modifica è in linea con la soppressione del considerando 32.

Emendamento 14

Articolo 5, paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Qualora una società quotata non rispetti gli obiettivi di cui all’articolo 4, paragrafo 1, o gli impegni individuali assunti ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, le informazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo includono anche le ragioni della mancata realizzazione degli obiettivi o degli impegni e una descrizione delle misure che la società ha adottato o intende adottare per raggiungere gli obiettivi o per onorare gli impegni assunti.

Qualora una società quotata non rispetti gli obiettivi di cui all’articolo 4, paragrafo 1, o gli impegni individuali assunti ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, le informazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo includono anche le ragioni della mancata realizzazione degli obiettivi o degli impegni e una descrizione delle misure che la società ha adottato o intende adottare per raggiungere gli obiettivi o per onorare gli impegni assunti, specificando il termine ultimo per la loro attuazione, termine che in nessun caso potrà andare al di là della scadenza della presente direttiva.

Motivazione

È indispensabile specificare le scadenze relative all'attuazione delle singole misure, onde evitare che la realizzazione degli obiettivi resti a discrezione delle imprese.

Emendamento 15

Articolo 7

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri possono introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli di quelle previste dalla presente direttiva per garantire una rappresentanza più equilibrata di uomini e donne nelle società registrate sul loro territorio nazionale, e condizione che tali disposizioni non creino una discriminazione ingiustificata né ostacolino il corretto funzionamento del mercato interno.

Gli Stati membri possono introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli di quelle previste dalla presente direttiva per garantire una rappresentanza più equilibrata di uomini e donne nelle società registrate con la sede centrale sul loro territorio nazionale, e condizione che tali disposizioni non creino una discriminazione ingiustificata né ostacolino il corretto funzionamento del mercato interno.

Motivazione

Il luogo dove una società ha la sua sede centrale (invece del luogo dove è registrata) rappresenta un criterio più sicuro per individuare le società che rientrano nel campo di applicazione della direttiva.

Bruxelles, 30 maggio 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Si veda la relazione sullo stato di avanzamento della situazione Women in economic decision-making in the EU, marzo 2012 (http://ec.europa.eu/justice/gender-equality/files/women-on-boards_en.pdf).

(2)  GU L 145 del 30.4.2004, pag. 1.

(3)  GU L 145 del 30.4.2004, pag. 1.


30.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 218/42


Parere del Comitato delle regioni sulla «Revisione della direttiva concernente la valutazione dell'impatto ambientale»

2013/C 218/07

IL COMITATO DELLE REGIONI

chiede che la procedura coordinata o comune relativa alla VIA di cui all'articolo 2, paragrafo 3, abbia carattere volontario e non obbligatorio; si dovrebbe indicare chiaramente a quali altri atti giuridici dell'Unione verrebbe applicata tale disposizione;

respinge l'idea, contenuta all'articolo, 5, paragrafo 2, di introdurre l'obbligo inderogabile di definire il campo di applicazione della valutazione. Dovrebbe, tuttavia, essere sempre compito del committente assicurarsi che le informazioni ambientali abbiano una portata e un livello di dettaglio adeguati;

chiede che all'articolo 5, paragrafo 3 della direttiva VIA si tenga conto dei diversi sistemi di verifica delle relazioni in vigore negli Stati membri, compresi quelli in cui la verifica può essere effettuata internamente dagli organismi competenti o dalle autorità ambientali;

accoglie con favore l'introduzione, all'articolo 6, paragrafo 7, di un termine di consultazione di 30 giorni. Occorre tuttavia lasciare agli Stati membri la facoltà di decidere in merito all'introduzione di termini più lunghi di questo periodo minimo;

chiede che venga modificata la proposta di cui all'articolo 8, paragrafo 1, in merito alla decisione che autorizza la realizzazione di un progetto, per tener conto dei diversi sistemi di VIA in vigore negli Stati membri, e raccomanda che nella direttiva venga definito il termine di validità della VIA in quanto misura che incide sulla qualità, e quindi anche sull'efficacia, della valutazione;

valuta criticamente l'istituzione di un calendario vincolante per la decisione che conclude la valutazione dell'impatto ambientale del progetto (articolo 8, paragrafo 3). L'accelerazione delle procedure che ci si propone di ottenere fissando un calendario vincolante può essere realizzata meglio mediante normative nazionali differenziate a livello degli Stati membri;

chiede che il regime transitorio sia concepito in modo tale da permettere che le VIA pervenute a uno stadio avanzato delle procedure siano portate a termine conformemente alle norme dalla direttiva VIA oggi in vigore.

Relatore

Marek SOWA (PL/PPE), presidente della regione Małopolska

Testo di riferimento

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati

COM(2012) 628 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

A.    Osservazioni generali

1.

sottolinea che le modifiche proposte al quadro giuridico per la valutazione europea d'impatto ambientale sono per molti aspetti necessarie e auspicate. Evidenzia tuttavia che qualsiasi modifica dovrebbe rappresentare un attento equilibrio tra i requisiti della protezione ambientale, da un lato, e lo sviluppo economico, dall'altro. Un allungamento eccessivo della procedura che conduce all'adozione della decisione con cui viene autorizzata la realizzazione di un progetto potrebbe rappresentare un pericolo per gli interessi sociali ed economici e potrebbe tradursi in una perdita di competitività dell'UE nel suo complesso. In molti casi, inoltre, non giova né all'ambiente né alla salute e alla vita umana. Le modifiche riguardanti la qualità e la coerenza delle procedure e dei documenti dovrebbero essere attuate in funzione dell'efficienza e dell'efficacia del processo decisionale;

2.

rileva, tuttavia, che esistono forti dubbi su alcune modifiche che comporterebbero un allungamento delle principali fasi della procedura;

3.

ricorda che la modifica della direttiva VIA attualmente all'esame avrà un notevole impatto sugli enti locali e regionali, che svolgono un ruolo di primo piano nell'attuazione delle azioni proposte. Contrariamente a quanto si aspetta la Commissione europea, il CdR reputa che molti degli emendamenti proposti alla direttiva VIA possano aumentare gli oneri amministrativi a carico degli enti locali e regionali per quanto riguarda l'organizzazione, la gestione e la spesa. A questo proposito, il CdR chiede che si eviti qualsiasi trasferimento di responsabilità dal committente alle autorità competenti in materia;

4.

sostiene che tutti i costi e gli oneri amministrativi aggiuntivi a carico delle autorità pubbliche vanno soppesati a fronte dei benefici socioeconomici e ambientali derivanti dalle modifiche proposte, in modo tale che sul lungo periodo i benefici prevalgano sui costi;

5.

sottolinea che la direttiva può dare buoni risultati soltanto se le autorità di livello nazionale, locale e regionale costituiscono strutture istituzionali efficaci dotate delle risorse finanziarie e umane necessarie per il coinvolgimento attivo di tutti i settori interessati dell'amministrazione, e in particolare di quelli che si occupano dell'ambiente. Sottolinea che persiste la necessità di rafforzare ulteriormente la capacità degli enti locali e regionali, anche grazie a una più stretta collaborazione con i centri nazionali responsabili della VIA o con il loro sostegno;

6.

invoca una maggiore coerenza terminologica in tutto il testo della proposta di direttiva e nei relativi allegati, allo scopo di aumentare la certezza giuridica;

7.

sostiene l'intenzione di accrescere la qualità delle relazioni ambientali. Tuttavia, la direttiva VIA dovrebbe comprendere i diversi sistemi di verifica delle relazioni in vigore negli Stati membri, nelle regioni e nelle città;

8.

ritiene che le nuove disposizioni non tengano sufficientemente conto dei diversi sistemi di VIA in vigore negli Stati membri (ad esempio, la procedura di VIA e la procedura di autorizzazione dei progetti possono essere integrate o distinte).

B.    Ambito di applicazione (art. 1)

9.

chiede che venga chiarito perché all'articolo 1, paragrafo 2, nella definizione di progetto sono stati inclusi anche i lavori di demolizione. Il CdR ritiene che, se con questa norma si intende introdurre la possibilità di effettuare una VIA per i lavori di demolizione in tutti i progetti di cui agli allegati I e II, ciò si tradurrà in un considerevole aumento degli oneri amministrativi. Il Comitato è del parere che l'obbligo di effettuare una VIA per i lavori di demolizione vada limitato a specifici casi da indicare negli allegati I e II, per la demolizione o lo smantellamento del progetto a fine vita o per i lavori di demolizione necessari per la sua realizzazione;

10.

chiede di esaminare nuovamente tanto la definizione di «autorizzazione» quanto il suo uso nell'articolato, dato che il recepimento e l'attuazione della direttiva servizi (direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno) ha favorito, negli Stati membri, la soppressione del requisito dell'autorizzazione preliminare per la prestazione di determinati servizi e la sua sostituzione con controlli a posteriori;

11.

è lieto che i progetti aventi quale obiettivo la difesa nazionale o emergenze che riguardano la protezione civile siano esonerati dall'obbligo di VIA; per evitare che tale disposizione venga applicata in maniera abusiva e che troppi progetti siano esclusi dalla procedura di VIA si potrebbe inserire nella direttiva un elenco esemplificativo dei tipi di progetti aventi per obiettivo emergenze riguardanti la protezione civile, tenendo conto anche di quelli sostenuti dal Fondo di solidarietà dell'Unione europea;

12.

si rammarica che la proposta non comporti una revisione degli allegati I e II, poiché in tal modo si perde l'occasione di rivederli e restringerne, se necessario, il campo di applicazione sulla scorta delle esperienze maturate finora; ribadisce il suo appello alla definizione di soglie minime UE per rendere la legislazione più trasparente. In questo modo verrebbero attenuate le differenze esistenti nell'UE nel trattamento delle imprese e ridotti gli oneri amministrativi e finanziari a carico degli enti locali e regionali degli Stati membri. Constata che spesso alcuni Stati membri superano, nel fissare le soglie, i margini di discrezionalità loro concessi, tenendo conto solo di alcuni dei criteri di selezione dell'allegato III o esonerando a priori certi progetti. Nell'uniformare le soglie, bisognerebbe anche tenere conto dei limiti e criteri applicati nella direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali.

C.    «Sportello unico» (procedura coordinata o comune) — art. 2, par. 3

13.

ritiene che la procedura coordinata o comune debba avere carattere volontario e non obbligatorio, come proposto dalla Commissione europea;

14.

raccomanda che, per una maggiore chiarezza giuridica, all'articolo 2, paragrafo 3, si definisca in maniera univoca a quali altri atti giuridici dell'Unione verrebbe applicata tale disposizione;

15.

fa osservare che l'introduzione di uno sportello unico VIA non dovrebbe comportare un aumento del personale e dei costi sproporzionato rispetto al vantaggio che si otterrebbe dall'esecuzione delle valutazioni dell'impatto ambientale; chiede che venga chiarito se la disposizione «gli Stati membri designano un'autorità che ha il compito di facilitare la procedura di autorizzazione per ogni progetto» si riferisce unicamente ai progetti ai quali viene applicata la procedura coordinata o comune oppure in generale a tutti i progetti. In alcuni Stati membri sarà molto difficile soddisfare tale requisito, data la specifica gerarchia e le competenze delle diverse autorità coinvolte in questo processo. Pensando agli Stati membri in cui la procedura di VIA è compresa nella procedura di autorizzazione e viene eseguita dall'autorità che concede l'autorizzazione, vale la pena precisare che l'«autorità» di cui si parla nella proposta può anche essere questa stessa autorità.

D.    Nuovi elementi di cui tenere conto nella valutazione di impatto ambientale (art. 3), nella procedura di screening (allegato III) e nella relazione d'impatto ambientale (art. 5, par. 1, dell'allegato IV)

16.

invoca una maggiore coerenza tra la terminologia e il livello di dettaglio applicati all'articolo 3 e negli allegati III e IV. Vanno precisati gli aspetti enumerati all'articolo 3 rispetto all'allegato IV, ad esempio per quanto riguarda la destinazione e l'occupazione dei suoli, gli ecosistemi e le loro funzioni, nonché i «rischi di catastrofi naturali e di origine umana»; chiede che determinati elenchi (come quello del punto 5, introdotto da «tra l'altro») siano resi esaustivi, per evitare di ampliare troppo la portata della valutazione;

17.

invita la Commissione europea a presentare quanto prima, una volta entrata in vigore la direttiva modificata, degli orientamenti sul metodo da utilizzare per valutare l'impatto locale di un progetto sui cambiamenti climatici e l'esposizione, la vulnerabilità e la resilienza di un determinato ambiente ai rischi connessi con gli ecosistemi e le loro funzioni, nonché ai rischi di catastrofi naturali e di origine umana;

18.

chiede che, nell'ultimo paragrafo del punto 5 dell'allegato IV, vengano aggiunti obiettivi di tutela dell'ambiente stabiliti a livello locale e regionale;

19.

sostiene l'invito del Consiglio a chiarire l'espressione «delle alternative ragionevoli» utilizzata nella direttiva e la valutazione in caso di mancata attuazione del progetto (scenario di base). Vanno considerate ragionevoli soltanto le alternative che sono commisurate agli obiettivi, conformi agli atti giuridici dell'UE oppure corrispondenti alla fase di pianificazione e alla tipologia del progetto.

E.    Procedura di screening — art. 4, allegato II.A, allegato III

20.

accoglie con favore l'intento complessivo della Commissione europea di razionalizzare la procedura di screening e accrescere la coerenza delle strategie adottate dagli Stati membri per garantire che le VIA siano richieste solo in presenza di impatti ambientali chiaramente significativi;

21.

esprime un giudizio critico su talune nuove disposizioni che danno l'impressione che lo screening sia una specie di «mini VIA». Sono gli allegati II.A e III a stabilire se, in concreto, si debba presentare una relazione di VIA che indichi se il progetto comporta o meno effetti ambientali significativi. La differenza consiste nel fatto che in questo caso non è prevista un'analisi delle varianti. Lo screening dovrebbe piuttosto svolgersi con l'ausilio di una lista di domande di controllo, che fornisca agli enti locali e regionali dei meccanismi di facile applicazione per esonerare dalla VIA i progetti che non hanno conseguenze significative. Inoltre, in base alla prevista modifica dell'articolo 4, paragrafo 3, i committenti dei progetti di cui all'allegato II della direttiva sono tenuti a comunicare informazioni sulle caratteristiche del progetto, il potenziale impatto ambientale e le misure previste per evitare e ridurre gli effetti significativi, secondo le informazioni di cui al nuovo allegato II.A. Ciò è in contraddizione con la soluzione ammessa all'articolo 4, paragrafo 2, per cui gli Stati membri hanno la facoltà di applicare entrambe le procedure di cui alle lettere a) e b). È inoltre opportuno introdurre una precisazione sull'utilizzo delle soglie citate al punto b) del paragrafo 2 e stabilire se gli Stati membri possano fissare autonomamente tali soglie in base ai criteri di cui all'allegato III o se invece esse siano stabilite dalla direttiva;

22.

il Comitato fa altresì presente che l'allegato III, relativo ai criteri di selezione di cui all'articolo 4, paragrafo 4, rappresenta, per molteplici aspetti, un evidente irrigidimento rispetto al quadro normativo attuale. Ad esempio, tale allegato contiene, oltre a numerose indicazioni dettagliate e concrete, anche diversi criteri aggiuntivi da considerare (rischi di catastrofi naturali, impatto sui cambiamenti climatici, effetti sulle superfici agricole ad elevato valore naturale ecc.), nonostante alcuni di essi non presentino alcun rapporto diretto con il progetto e possano anche andare al di là del programma di valutazione necessario per la decisione di autorizzazione. I cambiamenti climatici, ad esempio, rappresentano un'evoluzione su macroscala, per di più difficile da concretizzare a livello spazio-temporale, attualmente simulabile soltanto con modellizzazioni informatiche molto complesse. Nell'ottica dei progetti, finora sono stati tutt'al più oggetto di osservazione, in caso di necessità, gli effetti climatici locali. Se adesso si dovrà mettere al centro della valutazione ambientale l'effetto su macroscala dei cambiamenti climatici, c'è da temere un aumento dei costi per i committenti, che porterebbe a risultati tecnicamente discutibili e che appare sproporzionato in ragione dello scarso significato dei progetti puntuali e lineari per l'andamento del clima. Chiede pertanto di fornire un elenco esaustivo dei progetti ai quali la suddetta norma sarebbe applicabile, e fa osservare che la modifica proposta viola il principio di sussidiarietà. Le ulteriori specifiche previste, così come l'inserimento di criteri aggiuntivi, contraddice il concetto già espresso al considerando 11 della direttiva VIA, per cui gli Stati membri devono conservare un margine di manovra per poter adottare decisioni adeguate anche in considerazione delle specificità nazionali. La portata dei criteri da considerare e il loro livello di dettaglio vanno oltre quanto può essere stabilito in modo vincolante a livello UE.

F.    Obbligo di determinare la portata della valutazione — art. 5, par. 2

23.

è senz'altro lieto che la proposta della Commissione in relazione all'obbligo di determinare la portata della valutazione tenga conto della precedente raccomandazione del CdR di migliorare la qualità delle informazioni e di razionalizzare la procedura di VIA; respinge tuttavia l'idea di introdurre l'obbligo inderogabile di definire il campo di applicazione della valutazione. Dovrebbe, tuttavia, essere sempre compito del committente assicurarsi che le informazioni ambientali abbiano una portata e un livello di dettaglio adeguati; occorre evitare un aumento significativo dei costi a carico dei committenti e delle autorità coinvolte;

24.

raccomanda di completare la procedura di definizione della portata della valutazione con l'introduzione di orientamenti, a livello di Commissione europea o nazionale, per i contenuti che si riferiscono concretamente a un determinato settore, nei casi in cui ciò possa contribuire a garantire la qualità della VIA e a raccogliere tutti gli aspetti cruciali ai fini di una decisione;

25.

è critico rispetto alle proposte contenute all'articolo 5, paragrafo, 2, lettere a), c) e d), che riguardano rispettivamente le decisioni e i pareri da ottenere e la definizione, da parte dell'autorità competente, delle singole fasi della procedura e della loro durata e alternative ragionevoli, adeguate al progetto proposto e alle sue caratteristiche specifiche.

G.    Miglioramento della qualità del rapporto ambientale — art. 5, par. 3

26.

ritiene che l'obbligo di garantire la qualità del rapporto ambientale debba incombere al committente. Occorre fare una distinzione tra la garanzia della qualità dell'elaborazione della relazione da parte dei committenti e il controllo della relazione stessa da parte dell'autorità competente; riconosce tuttavia che il controllo della qualità della relazione deve essere rafforzato per garantire l'indipendenza dell'analisi rispetto al committente;

27.

ritiene che la direttiva VIA debba comprendere i diversi sistemi di verifica delle relazioni ambientali in uso negli Stati membri, nelle regioni e negli enti locali. I sistemi esistenti prevedono una collaborazione non soltanto con esperti esterni e con comitati di esperti, come indicato nella proposta della Commissione europea, ma anche con altri sistemi, come avviene nei «vecchi» Stati membri, dove la verifica della relazione avviene all'interno dell'autorità competente o dell'organo responsabile della tutela ambientale.

H.    Consultazione dei gruppi interessati — artt. 6 e 7

28.

ritiene che la direttiva VIA sia uno strumento cruciale per assicurare la partecipazione dei cittadini a livello locale e regionale, così da tenere conto delle conoscenze locali e al tempo stesso stabilire le implicazioni in termini di costi e competenze. Accoglie pertanto con favore l'introduzione, all'articolo 6, paragrafo 7, di un termine di consultazione di 30 giorni. Occorre tuttavia lasciare agli Stati membri la facoltà di decidere in merito all'introduzione di termini più lunghi di questo periodo minimo. Per molte imprese e committenti pubblici, altrimenti, la procedura verrebbe protratta indebitamente, poiché si teme che il pubblico interessato possa esigere il termine massimo indicato all'articolo 6, paragrafo 7, pari a 60 giorni prorogabili fino a giungere a 90 giorni. Il fatto stesso di fissare un termine massimo rende più difficile integrare la valutazione di impatto ambientale nella procedura di autorizzazione da svolgere e contrasta con l'obiettivo di velocizzare la pianificazione. L'accelerazione della procedura che si intende ottenere fissando un termine di scadenza si potrebbe realizzare in modo più efficace adottando una regolamentazione nazionale differenziata da uno Stato membro all'altro;

29.

tenendo presenti gli interessi di tutte le parti e nel rispetto del principio per cui ogni decisione deve essere adottata senza immotivati ritardi, il CdR raccomanda di introdurre una ragionevole limitazione dei tempi per la comunicazione delle informazioni e la preparazione al processo decisionale.

I.    Autorizzazione del progetto — art. 8

30.

sottolinea che le nuove disposizioni di cui all'articolo 8, paragrafo 1, devono essere sufficientemente flessibili per tener conto dei diversi sistemi di VIA in vigore negli Stati membri. In alcuni di essi, infatti, la VIA costituisce una procedura distinta, di competenza delle autorità ambientali, mentre l'autorizzazione viene rilasciata — solo previa VIA positiva — da un'altra autorità e deve essere conforme a quanto stabilito nella VIA; in altri, invece, la VIA costituisce uno degli elementi della procedura di autorizzazione del progetto;

31.

richiama l'attenzione sulle critiche secondo le quali le nuove disposizioni dell'articolo 8 non tengono sufficientemente conto del sistema integrato stabilito in alcuni Stati membri, in quanto creano nuovi presupposti materiali che portano a una contraddizione o sovrapposizione tra la normativa UE e le normative settoriali nazionali. Per questo motivo tali disposizioni non dovrebbero essere inserite nella direttiva VIA, a cui è stato riconosciuto un carattere esclusivamente procedurale;

32.

richiama l'attenzione sui problemi procedurali che potrebbero sorgere in relazione con le nuove disposizioni dell'articolo 8, paragrafo 2, le quali stabiliscono che, nel caso di un progetto con significativi effetti negativi sull'ambiente, l'autorità competente, in collaborazione con le autorità ambientali e con il committente, valuta se occorra rivedere il rapporto ambientale e modificare il progetto, nonché se siano necessarie misure di attenuazione o compensazione;

33.

richiama l'attenzione sul fatto che, poiché il trattamento delle autorizzazioni richiede molto tempo, sorge effettivamente il rischio di un frequente ricorso all'articolo 8, paragrafo 4, previsto nella direttiva modificata, il quale stabilisce che, prima di decidere se concedere o rifiutare un'autorizzazione, l'autorità competente è tenuta a verificare se le informazioni contenute nel rapporto ambientale di cui all'articolo 5, paragrafo 1, siano aggiornate, in particolare per quanto riguarda le misure previste per impedire, ridurre e, ove possibile, compensare rilevanti effetti negativi del progetto;

34.

raccomanda che nella direttiva venga definito il termine di validità della VIA in quanto misura che incide sulla qualità, e quindi anche sull'efficacia, della valutazione;

35.

valuta criticamente l'istituzione di un calendario vincolante per la decisione che conclude la valutazione dell'impatto ambientale del progetto (articolo 8, paragrafo 3). Da un lato, infatti, per molti progetti e per molti committenti pubblici può risultarne una durata eccessiva e ingiustificata. Dall'altro, il disposto dell'articolo 8, paragrafo 3, non tiene sufficientemente conto del fatto che, in particolare nei grandi progetti infrastrutturali, occorre condurre valutazioni lunghe e ad ampio raggio, le quali non possono essere effettuate con la qualità richiesta entro il termine previsto. Per questo, malgrado il considerando 22 della direttiva proposta, c'è da temere che fissare un calendario preciso possa compromettere la presenza di elevati standard di protezione ambientale, il che potrebbe anche ripercuotersi negativamente sulla certezza del diritto. L'accelerazione delle procedure che ci si propone di ottenere fissando un calendario vincolante può essere realizzata meglio mediante normative nazionali differenziate a livello degli Stati membri.

J.    Monitoraggio degli effetti nocivi significativi sull'ambiente e delle misure di attenuazione e compensazione — art. 8, par. 2, e art. 9, allegato IV

36.

invita a uniformare la terminologia impiegata nella proposta con riferimento alle misure di compensazione (ad esempio, all'articolo 8, paragrafo 8, si parla di «misure di compensazione», mentre all'articolo 9 e nell'allegato IV si parla di «misure al fine di/previste per […] compensare»);

37.

osserva che il monitoraggio non dovrebbe intaccare la necessità di un'adeguata analisi degli effetti significativi e della loro attenuazione e compensazione da parte del committente, nonché dei principi di prevenzione e precauzione. Ciò significa che la mancanza di certezza quanto a una parte significativa degli effetti del progetto proposto non deve portare a una situazione in cui, anziché adottare misure di attenuazione e compensazione, si autorizza il progetto imponendo soltanto un obbligo di monitoraggio: potrebbe infatti essere difficile adeguare il progetto in un secondo momento alla luce degli effetti che esso comporta. L'articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, appare problematico: esso prevede una valutazione dell'attuazione e dell'efficacia delle misure di attenuazione e compensazione dai danni, il che in sostanza equivale a un monitoraggio. A questo punto non si capisce perché l'autorità che rilascia l'autorizzazione dovrebbe stabilire misure per il monitoraggio degli effetti negativi significativi sull'ambiente se è convinta dell'efficacia delle misure di attenuazione e compensazione previste, dal momento che nella pratica esistono già esperienze sufficienti in questo senso. L'obbligo di monitoraggio senza eccezioni appare sproporzionato e rischia di comportare un onere inaccettabile per i committenti. Se serva un monitoraggio degli effetti negativi significativi sull'ambiente può essere di regola stabilito soltanto caso per caso dall'autorità che rilascia l'autorizzazione.

K.    Monitoraggio dell'attuazione della direttiva da parte degli Stati membri — art. 12, par. 2

38.

prende atto delle critiche aventi per oggetto gli oneri amministrativi aggiuntivi derivanti, per gli Stati membri e gli enti locali e regionali, dall'obbligo di raccogliere e comunicare alla Commissione nuove informazioni, come previsto nel proposto articolo 12, paragrafo 2, per il monitoraggio dell'attuazione della direttiva.

L.    Conferimento alla Commissione europea del potere di adottare atti delegati relativi agli allegati II.A, III e IV — art. 12 bis

39.

è contrario a conferire alla Commissione europea il potere di adottare atti delegati per facilitare l'adeguamento degli allegati II.A, III e IV al progresso scientifico-tecnico. Ritiene che tutti gli allegati debbano essere soggetti alla procedura legislativa ordinaria, in quanto sono strettamente collegati coi requisiti in materia di VIA previsti dalla direttiva.

M.    Regime transitorio

40.

chiede che il regime transitorio di cui all'articolo 3 della direttiva proposta sia concepito in modo tale da permettere che le VIA pervenute a uno stadio avanzato della procedura siano portate a termine conformemente alle norme dalla direttiva VIA oggi in vigore. Tale potrebbe essere, ad esempio, il caso in cui sia già stato eseguito un rapporto ambientale ai sensi dell'articolo 5 oppure il progetto sia già stato reso pubblico.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Articolo 2, paragrafo 3, della direttiva VIA

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

3.   I progetti per i quali l'obbligo di effettuare una valutazione dell'impatto ambientale risulta contemporaneamente dalla presente direttiva e da altre normative dell'Unione sono oggetto di procedure coordinate o comuni che soddisfano le prescrizioni della pertinente normativa dell'Unione.

3.   I progetti per i quali l'obbligo di effettuare una valutazione dell'impatto ambientale risulta contemporaneamente dalla presente direttiva e da altre normative dell'Unione possono essere sono oggetto di procedure coordinate o comuni che soddisfano le prescrizioni della seguente pertinente normativa dell'Unione: direttiva sulle emissioni industriali, direttiva quadro sulle acque, direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino, direttiva sull'efficienza energetica.

[…]

[…]

Gli Stati membri designano un'autorità che ha il compito di facilitare la procedura di autorizzazione per ogni progetto.

Gli Stati membri designano un' una o più autorità che hanno il compito di facilitare la procedura di valutazione dell'impatto ambientale; tale autorità può anche essere l'autorità che rilascia l'autorizzazione ogni progetto.

Motivazione

Le procedure coordinate o comuni devono avere carattere volontario e non obbligatorio. Per una maggiore chiarezza giuridica, occorre definire in modo univoco a quali atti giuridici dell'Unione si applicherebbe tale disposizione. Il presente emendamento viene proposto in quanto in alcuni Stati membri sarà molto difficile soddisfare tale requisito, date la specifica gerarchia e le competenze delle diverse autorità coinvolte in questo processo.

Emendamento 2

Articolo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

La valutazione dell'impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e a norma degli articoli da 4 a 11, gli effetti significativi, diretti e indiretti, di un progetto sui seguenti fattori:

La valutazione dell'impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e a norma degli articoli da 4 a 11, gli effetti significativi, diretti e indiretti, di un progetto sui seguenti fattori:

a)

popolazione, salute umana e biodiversità, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtù della direttiva 92/43/CEE (*) e della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (**);

a)

popolazione, salute umana e biodiversità, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtù della direttiva 92/43/CEE (*) e della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (**);

b)

territorio, suolo, acque, aria, cambiamenti climatici;

b)

territorio, suolo, acque, aria, cambiamenti climatici;

c)

beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio;

c)

beni materiali, a seconda della loro esposizione a fattori ambientali, patrimonio culturale, paesaggio;

d)

l'interazione tra i fattori di cui alle lettere a), b) e c);

d)

l'interazione tra i fattori di cui alle lettere a), b) e c);

e)

esposizione, vulnerabilità e resilienza dei fattori di cui alle lettere a), b) e c), ai rischi di catastrofi naturali e di origine umana.

e)

esposizione, vulnerabilità e resilienza dei fattori di cui alle lettere a), b) e c), ai rischi di catastrofi naturali e di origine umana.

Emendamento 3

Articolo 5, paragrafi 1 e 2, della direttiva VIA

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.   Quando occorre svolgere una valutazione d'impatto ambientale in conformità degli articoli da 5 a 10, il committente prepara un rapporto ambientale. Il rapporto ambientale si basa sulla determinazione della portata e del livello di dettaglio delle informazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo e contiene le informazioni che possono essere ragionevolmente richieste per prendere decisioni informate sull'impatto ambientale del progetto proposto, tenendo conto delle conoscenze e dei metodi di valutazione attuali, delle caratteristiche, capacità tecniche e ubicazione del progetto, delle caratteristiche dell'impatto potenziale, delle alternative al progetto proposto e di come taluni aspetti (compresa la valutazione di alternative) possano essere più adeguatamente valutati a livelli diversi, ivi compreso il livello di pianificazione, o sulla base di altri requisiti di valutazione. L'elenco dettagliato delle informazioni da fornire nel rapporto ambientale è precisato nell'allegato IV.

1.   Quando occorre svolgere una valutazione d'impatto ambientale in conformità degli articoli da 5 a 10, il committente prepara un rapporto ambientale. Il rapporto ambientale si basa sulle descrizioni di cui all'allegato IV e, se del caso, sulla determinazione della portata e del livello di dettaglio delle informazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo e contiene le informazioni che possono essere ragionevolmente richieste per prendere decisioni informate sull'impatto ambientale del progetto proposto, tenendo conto delle conoscenze e dei metodi di valutazione attuali, delle caratteristiche, capacità tecniche e ubicazione del progetto, delle caratteristiche dell'impatto potenziale, delle alternative al progetto proposto e di come taluni aspetti (compresa la valutazione di alternative) possano essere più adeguatamente valutati a livelli diversi, ivi compreso il livello di pianificazione, o sulla base di altri requisiti di valutazione. L'elenco dettagliato delle informazioni da fornire nel rapporto ambientale è precisato nell'allegato IV.

2.   L'autorità competente, dopo aver consultato le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 1, e il committente, determinano la portata e il livello di dettaglio delle informazioni da riportare da parte del committente nel rapporto ambientale, ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo. In particolare, determina:

2.   L'autorità competente, dopo aver consultato le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 1, e il committente, determinano Prima della decisione sulla valutazione d'impatto ambientale, l'autorità competente può determinare la portata e il livello di dettaglio delle informazioni da riportare da parte del committente nel rapporto ambientale, ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, previa consultazione delle autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 1 e, se del caso, del committente. In particolare, determina:

a)

le decisioni e i pareri da ottenere;

a)

le decisioni e i pareri da ottenere;

b)

il pubblico e le autorità eventualmente interessati;

b a)

il pubblico e le autorità eventualmente interessati;

c)

le singole fasi della procedura e la loro durata;

c)

le singole fasi della procedura e la loro durata;

d)

alternative ragionevoli, adeguate al progetto proposto e alle sue caratteristiche specifiche;

d)

alternative ragionevoli, adeguate al progetto proposto e alle sue caratteristiche specifiche;

e)

le caratteristiche ambientali di cui all'articolo 3 che potrebbero essere soggette a un impatto significativo;

e b)

le caratteristiche ambientali di cui all'articolo 3 che potrebbero essere soggette a un impatto significativo;

f)

le informazioni da comunicare relative alle caratteristiche specifiche di un progetto particolare o tipo di progetto;

f c)

le informazioni da comunicare relative alle caratteristiche specifiche di un progetto particolare o tipo di progetto;

g)

le informazioni e conoscenze disponibili e ottenute ad altri livelli decisionali o attraverso altre normative dell'Unione e i metodi di valutazione da utilizzare.

g d)

le informazioni e conoscenze disponibili e ottenute ad altri livelli decisionali o attraverso altre normative dell'Unione e i metodi di valutazione da utilizzare.

 

L'autorità competente può determinare i suddetti elementi, su richiesta del committente oppure d'ufficio, in qualsiasi momento del processo di valutazione, qualora individui una carenza nelle informazioni di cui alle lettere a), b), c) e d).

[…]

[…]

Motivazione

Le questioni riguardanti le decisioni e i pareri da ottenere, nonché le singole fasi della procedura e la loro durata, vanno definite nel quadro delle norme procedurali dei singoli paesi. Inoltre, non è compito dell'autorità competente elaborare progetti alternativi. Viene respinta l'idea che la responsabilità della pianificazione e dello sviluppo di un progetto possa passare dal promotore all'autorità competente.

Emendamento 4

Articolo 5, paragrafo 3, della direttiva VIA

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

3.   Al fine di garantire che i rapporti ambientali, di cui all'articolo 5, paragrafo 1, siano di qualità sufficiente e sufficientemente completi:

3.   Al fine di garantire che i rapporti ambientali, di cui all'articolo 5, paragrafo 1, siano di qualità sufficiente e sufficientemente completi:

a)

il committente deve garantire che il rapporto ambientale venga elaborato da esperti accreditati e tecnicamente competenti, oppure

a)

il committente deve garantire che il rapporto ambientale venga elaborato da esperti esterni o interni accreditati e tecnicamente competenti, oppure dalle autorità per la protezione dell'ambiente; oppure

b)

l'autorità competente assicura che il rapporto ambientale è verificato da esperti accreditati e tecnicamente competenti e/o da comitati formati da esperti nazionali.

b)

l'autorità competente assicura che il rapporto ambientale è verificato da esperti esterni o interni accreditati e tecnicamente competenti oppure dalle autorità per la protezione dell'ambiente e/o da comitati formati da esperti nazionali.

[…]

[…]

Motivazione

La direttiva VIA dovrebbe comprendere i diversi sistemi di verifica delle relazioni ambientali in uso negli Stati membri, nelle regioni e nei comuni. I sistemi esistenti prevedono non soltanto una collaborazione con esperti esterni e con comitati di esperti, ma anche con altri sistemi, come avviene nei vecchi Stati membri, dove la verifica della relazione avviene all'interno dell'autorità competente o dell'organo responsabile della protezione ambientale. Dalla formulazione attuale risulta che sia il committente che l'autorità competente devono assicurare che il rapporto ambientale sia verificato da soggetti competenti.

Emendamento 5

Articolo 8, paragrafo 1, della direttiva VIA

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.   I risultati delle consultazioni e le informazioni raccolte a norma degli articoli 5, 6 e 7 sono presi in considerazione nel quadro della procedura di autorizzazione. A tal fine, la decisione di concedere l'autorizzazione contiene le seguenti informazioni:

1.   I risultati delle consultazioni e le informazioni raccolte a norma degli articoli 5, 6 e 7 sono presi in considerazione nel quadro della procedura di autorizzazione. A tal fine, la decisione di concedere l'autorizzazione contiene le seguenti informazioni aggiuntive:

[…]

[…]

d)

[…]

d)

[…]

 

Le suddette condizioni si considerano soddisfatte se gli Stati membri, a norma dell'articolo 2, paragrafo 2, istituiscono, ai fini della presente direttiva, una procedura distinta per soddisfarne i requisiti, se la decisione adottata al termine della valutazione dell'impatto ambientale contiene le informazioni di cui alle lettere a) — d) e se vengono stabilite opportune regole per soddisfare la condizione di cui al paragrafo 4 del presente articolo.

Motivazione

L'articolo 8, paragrafo 1, non tiene sufficientemente conto dei diversi sistemi di VIA in vigore negli Stati membri. In alcuni di questi, infatti, la VIA costituisce una procedura distinta di competenza delle autorità ambientali, mentre l'autorizzazione viene rilasciata — solo previa VIA positiva — da un'altra autorità e deve essere conforme a quanto stabilito nella decisione risultante dalla VIA; in altri, invece, la VIA costituisce uno degli elementi della procedura di autorizzazione del progetto.

Emendamento 6

Articolo 8, paragrafo 4, della direttiva VIA

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Prima di prendere una decisione in merito alla concessione o al rifiuto dell'autorizzazione, l'autorità competente è tenuta a verificare se le informazioni contenute nel rapporto ambientale di cui all'articolo 5, paragrafo 1, siano aggiornate, in particolare per quanto riguarda le misure

Prima di prendere una decisione in merito alla concessione o al rifiuto dell'autorizzazione, l'autorità competente è tenuta a verificare se le informazioni contenute nel rapporto ambientale di cui all'articolo 5, paragrafo 1, siano aggiornate, in particolare per quanto riguarda le misure previste per impedire, ridurre e ove possibile compensare rilevanti effetti negativi del progetto.

La VIA ha una validità di quattro anni. Se si constata che le informazioni fornite nel rapporto ambientale sono ancora attuali, l'autorità competente proroga tale validità di altri due anni. Se si constata che le informazioni fornite nel rapporto ambientale non sono più attuali, l'autorità competente chiede al committente di aggiornare il rapporto.

Motivazione

In molte fasi della procedura l'autorità competente può chiedere al committente pertinenti informazioni e integrazioni, in particolare se constata che le informazioni fornite nel rapporto ambientale non sono più attuali. Una soluzione migliore per accrescere la qualità e l'efficacia della valutazione è stabilire il termine di validità della VIA.

Emendamento 7

Articolo 11, paragrafo 3, della direttiva VIA

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

3.   Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e violazione di un diritto, compatibilmente con l'obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. A tal fine, l'interesse di qualsiasi organizzazione non governativa ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 2, è considerato sufficiente ai fini del paragrafo 1, lettera a), del presente articolo. Si considera inoltre che tali organizzazioni siano titolari di diritti suscettibili di essere lesi ai fini del paragrafo 1, lettera b), del presente articolo.

3.   Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e violazione di un diritto, compatibilmente con l'obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. A tal fine, l'interesse di qualsiasi Un'organizzazione non governativa ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 2, è considerata o sufficiente in via di principio come autorizzata a presentare ricorso ai fini del paragrafo 1, lettera a), del presente articolo. Si considera inoltre che tali organizzazioni siano titolari di diritti suscettibili di essere lesi ai fini del paragrafo 1, lettera b), del presente articolo.

Motivazione

L'emendamento mira a concedere il diritto di presentare ricorso a tutte le ONG riconosciute a livello nazionale.

Emendamento 8

Articolo 12, paragrafo 2, della direttiva VIA

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

2.   In particolare, ogni sei anni a decorrere dalla data di cui all'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva XXX [OPOCE, si prega di inserire il n. della presente direttiva], gli Stati membri comunicano alla Commissione:

2.   In particolare, ogni sei anni a decorrere dalla data di cui all'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva XXX [OPOCE, si prega di inserire il n. della presente direttiva], gli Stati membri comunicano alla Commissione:

[…]

[…]

f)

il costo medio delle procedure di valutazione dell'impatto ambientale.

f)

ove possibile, il costo medio delle procedure di valutazione dell'impatto ambientale.

Motivazione

Le informazioni legate ai costi del rapporto ambientale fanno parte dei dati protetti: non sempre, quindi, sarà possibile fornire il costo medio del rapporto ambientale.

Emendamento 9

Articolo 3 della direttiva VIA

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

I progetti per i quali la domanda di autorizzazione è stata presentata prima della data di cui al primo comma dell'articolo 2, paragrafo 1, e per i quali la valutazione dell'impatto ambientale non è stata conclusa prima di tale data, sono soggetti agli obblighi di cui agli articoli da 3 a 11 della direttiva 2011/92/UE come modificata dalla presente direttiva.

I progetti per i quali la domanda di autorizzazione è stata presentata prima della data di cui al primo comma dell'articolo 2, paragrafo 1, e per i quali la valutazione dell'impatto ambientale non è stata conclusa prima di tale data, o per i quali non è stato eseguito un rapporto ambientale ai sensi dell'articolo 5, oppure che non sono ancora stati resi pubblici sono soggetti agli obblighi di cui agli articoli da 3 a 11 della direttiva 2011/92/UE come modificata dalla presente direttiva.

Motivazione

Ai sensi dell'articolo 3, un progetto per il quale la valutazione d'impatto ambientale non sia stata conclusa prima del termine ultimo prescritto per l'attuazione delle modifiche proposte alla direttiva VIA è sempre soggetto, a prescindere dal suo stato di avanzamento, alle norme della direttiva modificata. In numerosi casi, questa disposizione transitoria comporterebbe una ripetizione di determinate fasi della procedura, e dunque costi considerevoli per i committenti e per le autorità: un effetto, questo, che sarebbe sproporzionato, dato che si tratta di progetti per i quali l'obbligo di effettuare una VIA non è affatto nuovo, ma esisteva già prima. Il regime transitorio di cui all'articolo 3 della direttiva proposta dovrebbe pertanto essere concepito in modo tale da permettere che le VIA pervenute a uno stadio avanzato della procedura siano portate a termine conformemente alle norme dalla direttiva VIA oggi in vigore.

Bruxelles, 30 maggio 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


30.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 218/53


Parere del Comitato delle regioni sul «Settimo programma d'azione dell'UE in materia di ambiente»

2013/C 218/08

IL COMITATO DELLE REGIONI

sottolinea che questo nuovo programma d'azione dovrà garantire che le decisioni in materia ambientale risultino sufficientemente chiare e prevedibili, in particolare per gli enti regionali e locali;

reputa necessario porre rimedio ad una serie di lacune, attenuare le differenze tra gli Stati membri e lottare ai fini di una completa applicazione dell'acquis comunitario in materia ambientale a tutti i livelli di governo, onde migliorare l'ambiente e la salute pubblica, garantire condizioni di equità e di sicurezza giuridica ed evitare distorsioni del mercato; raccomanda a tale proposito di inserire azioni concrete nel settimo programma d'azione in materia di ambiente;

sottolinea la necessità di compiere adeguate valutazioni d'impatto nel rivedere le normative ambientali dell'UE o nell'elaborarne di nuove e sollecita la Commissione a tener conto dell'esperienza pratica degli Stati membri in maniera dimostrabile e verificabile;

chiede che le politiche legislative settoriali UE in materia di ambiente (valori limite a livello di UE) vengano allineate con la politica UE in materia di emissioni (misure di riduzione alla fonte a livello UE), adottando un approccio globale che consenta un coordinamento tra queste misure, le ambizioni e la relativa tempistica;

si compiace dell'inclusione di un «obiettivo prioritario» riguardante la sostenibilità delle città tra gli obiettivi del settimo programma d'azione, e chiede che siano introdotti standard minimi di sostenibilità per la maggioranza delle città dell'UE; i relativi indicatori dovranno essere elaborati in stretta cooperazione con gli enti locali e con le autorità ambientali e statistiche;

chiede che il programma sia più ambizioso, nel senso che iniziative quali il Patto dei sindaci devono essere estese ad altri settori presenti nella Tabella di marcia per un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse; chiede infine di sviluppare ulteriormente l'iniziativa «Capitale verde europea».

Relatore

José Macario CORREIA (PT/PPE), sindaco di Faro

Testo di riferimento

Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio su un programma generale di azione dell'Unione in materia di ambiente fino al 2020 — «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta»

COM(2012) 710 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

A.    Contesto generale

1.

ricorda che i sei programmi d'azione in materia di ambiente in vigore fino ad oggi sono stati importanti per mettere in risalto la crescente importanza della politica europea in questo settore e per tentare di garantirne la coerenza in quanto parte integrante del processo di integrazione europea ma non sono riusciti a risolvere molti dei problemi ambientali dell'Europa a causa della scarsa volontà politica di applicare misure.

2.

Il sesto programma d'azione in materia di ambiente che aveva per sottotitolo Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta e che è stato in vigore fino al 22 luglio 2012 è stato concepito nel 2001 come pilastro ambientale della strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile, il cui pilastro economico era la Strategia di Lisbona.

3.

Il sesto programma ha definito le priorità dell'UE fino al 2012, mettendo in evidenza quattro ambiti di azione: i cambiamenti climatici, la natura e la biodiversità, l'ambiente e la salute e infine la gestione sostenibile delle risorse naturali e dei rifiuti. Ciononostante, la Commissione europea ha permesso che la strategia di sviluppo sostenibile cadesse nel dimenticatoio.

4.

La strategia Europa 2020 viene oggi considerata il nuovo strumento politico e strategico e la politica ambientale deve essere coordinata nell'ambito dell'iniziativa faro di detta strategia intitolata Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse considerandola non come un sottocampo della strategia stessa ma come un obiettivo strategico generale autonomo, costituito dallo sviluppo sostenibile dell'Unione europea entro il 2050.

5.

Sottolinea che il settimo programma d'azione deve essere adottato al più presto per garantire la coerenza della politica ambientale dell'UE e orientare il futuro sviluppo di questo fondamentale settore di intervento; sottolinea altresì che questo nuovo programma d'azione dovrà garantire che le decisioni in materia ambientale risultino sufficientemente chiare e prevedibili, in particolare per gli enti regionali e locali (1).

6.

Un'altra priorità consiste nell'integrare i risultati della Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile (CNUDS) 2012 nelle azioni portate avanti a livello locale, regionale, nazionale, europeo, internazionale e mondiale.

B.    Approccio sistematico

Il CdR, considerando che

7.

fino ad oggi sono stati raggiunti risultati positivi, soprattutto per quanto concerne le riduzioni significative delle emissioni nocive per l'aria e l'acqua, una gestione migliore e più efficace dei rifiuti e la diminuzione delle sostanze chimiche pericolose ma che esistono ancora obiettivi da realizzare in termini di qualità dell'aria, ambiente urbano biodiversità, funzionamento degli ecosistemi e utilizzo sostenibile delle risorse naturali;

8.

nonostante il consolidamento della legislazione ambientale negli ultimi dieci anni, gli Stati membri e la Commissione non sempre hanno agito conformemente al programma. Risulta dunque necessario porre rimedio ad una serie di lacune, attenuare le differenze tra gli Stati membri e lottare ai fini di una completa applicazione dell'acquis comunitario in materia ambientale a tutti i livelli di governo in settori quali il controllo dell'inquinamento atmosferico, il trattamento delle risorse idriche, delle acque reflue, dei rifiuti e la conservazione delle risorse naturali, onde migliorare l'ambiente e la salute pubblica, garantire condizioni di equità e di sicurezza giuridica ed evitare distorsioni del mercato;

9.

alla scadenza del sesto programma d'azione in materia di ambiente, esistono diversi campi d'azione della politica ambientale su cui non si è lavorato a sufficienza, tra i quali figurano:

la protezione del suolo, un tema che è stato oggetto di vari programmi in campo ambientale ma non di iniziative concrete da parte dell'UE;

la biodiversità, un settore che includeva 160 misure in cui non si è riusciti a raggiungere l'obiettivo prefissato, motivo per il quale nel 2011 è stata creata una nuova strategia per la biodiversità che promette adesso di realizzare l'obiettivo originale;

giudica necessario:

10.

stabilire nel nuovo programma, in modo chiaro e inequivocabile, quali sono le sfide ambientali che l'UE deve affrontare, tra cui l'accelerazione dei cambiamenti climatici, il deterioramento dell'ecosistema, il superamento delle capacità del ciclo dell'azoto e l'uso sempre più intensivo delle risorse naturali;

11.

tenere conto della Dichiarazione della Conferenza Rio+20, adottata dalla CNUDS il 2 giugno 2012 e dell'accento posto in tale dichiarazione sull'economia verde inclusiva, oltre agli obiettivi di sviluppo sostenibile dopo il 2015 e al contributo del CdR al vertice di Rio (2);

12.

definire obiettivi concreti. Il CdR accoglie con favore il grado di ambizione del settimo programma d'azione in materia di ambiente, ma si chiede se e come questi obiettivi siano realizzabili. Il programma contiene riferimenti a documenti strategici e tabelle di marcia già esistenti, nei quali però mancano spesso indicazioni pratiche in termini di attuazione, come ad esempio un calendario e degli obiettivi intermedi. Il Comitato ritiene che i nuovi obiettivi debbano essere raggiungibili. Quando gli obiettivi perseguiti risultano irrealizzabili ne risente la credibilità stessa della politica dell'UE in materia ambientale. Nella definizione di nuovi obiettivi UE in materia deve quindi essere chiaro che essi devono essere realistici e, ove necessario, essere accompagnati da una politica UE di riduzione alla fonte nei settori pertinenti. Le proposte devono essere provviste di un calendario chiaro (con un obiettivo finale nonché obiettivi e valutazioni intermedi) collegato a misure adeguate. Il Comitato chiede pertanto che siano definiti obiettivi concreti e ove possibile quantificabili per il 2020 e una visione chiara e ambiziosa e obiettivi intermedi per l'ambiente di qui al 2050, al fine di offrire un'elevata qualità della vita e un profondo benessere per tutti entro limiti ambientali sicuri;

13.

è importante tenere conto, nella revisione delle normative o nell'elaborazione di nuove disposizioni a livello UE, delle esperienze fatte dagli Stati membri. A tal fine occorre coordinare meglio le fasi di definizione del diritto UE articolate nei seguenti cinque livelli: elaborazione, adozione, recepimento nelle legislazioni nazionali, applicazione da parte dei tribunali (nazionali) e feedback sulle esperienze fatte dagli Stati membri. Il collegamento tra la prima fase e quelle successive è piuttosto buono, ma non è chiaro come le esperienze fatte dagli Stati membri e dagli enti regionali e locali (quinta fase) confluiscano nell'elaborazione di nuove normative UE (prima fase). Il Comitato chiede alla Commissione europea di tenere conto di tali esperienze in maniera dimostrabile e verificabile nell'elaborazione di nuove proposte;

14.

garantire che la Commissione europea effettui anzitutto una revisione delle norme esistenti e, su questa base, proceda a una valutazione d'impatto. I risultati delle valutazioni d'impatto devono essere considerati in maniera dimostrabile e verificabile nella revisione della normativa vigente o nell'elaborazione di nuove proposte. Il Comitato sottolinea la necessità di compiere adeguate valutazioni d'impatto dalle quali risulti chiaramente fin dalle prime fasi del processo decisionale che:

viene tenuto conto delle esperienze pratiche fatte dagli Stati membri;

viene fatto un migliore utilizzo delle conoscenze scientifiche e tecnologiche;

viene garantita la realizzabilità degli obiettivi;

sono previste le misure necessarie in termini di riduzione alla fonte e di integrazione delle politiche;

vengono considerati in maniera adeguata i dati e gli interessi dei diversi settori di intervento e dei diversi livelli di governo;

viene tenuto conto dell'impatto territoriale degli obiettivi a livello regionale e locale;

15.

adeguare il modo in cui la Commissione europea presenta le sue proposte. Quando è stato attuato il sesto programma d'azione in materia di ambiente, sono state presentate contemporaneamente le valutazioni d'impatto, le strategie tematiche e le proposte legislative. Affinché sia tenuto conto degli aspetti suddetti, il Comitato propone di procedere nel modo e con la tabella di marcia seguenti:

per prima cosa viene presentata la valutazione d'impatto;

successivamente vengono elaborati i quadri strategici generali;

una volta definita la politica da attuare, la Commissione europea potrà presentare le sue proposte legislative;

16.

assicurare che la strategia Europa 2020 continui ad occuparsi di una serie di settori prioritari che, finora, rientravano nell'ambito della strategia di sviluppo sostenibile, ad esempio l'equa distribuzione delle risorse e la giustizia intergenerazionale;

17.

garantire che gli obiettivi del settimo programma d'azione in materia di ambiente siano tenuti in debita considerazione nel Quadro finanziario pluriennale post 2013 e nella strategia Europa 2020, tenendo presente il fatto che le principali decisioni con un forte impatto ambientale in altri settori potrebbero essere adottate prima del settimo programma d'azione. In particolare, il finanziamento degli obiettivi ambientali in sinergia con il programma LIFE e la piena integrazione della tutela ambientale devono costituire una parte importante del prossimo Quadro finanziario pluriennale, della nuova Politica Agricola Comune (PAC), della Politica Comune della Pesca (PCP), della Politica di coesione e del programma Orizzonte 2020;

18.

fornire un quadro adeguato per garantire risorse finanziarie sufficienti, in particolare nel campo dell'innovazione, della ricerca e dello sviluppo, attraverso la mobilitazione degli strumenti di mercato e la retribuzione dei servizi eco sistemici.

Garantire, in maniera chiara e adeguata, un sostegno al ruolo degli enti locali e regionali nell'applicazione della legislazione, al fine di garantire l'impegno a ottenere migliori risultati in materia di ambiente e salute umana, nella politica relativa alle sostanze chimiche, con particolare riguardo agli obiettivi stabiliti dalle tabelle di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse e verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio, nonché dalla strategia dell'UE per la biodiversità entro il 2020, attraverso l'introduzione di obiettivi e indicatori di efficienza energetica nell'analisi annuale della crescita e nei programmi nazionali di riforma degli Stati membri;

C.    Le priorità del settimo programma d'azione in materia di ambiente

Il CdR

19.

sottolinea che le priorità del settimo programma d'azione in materia di ambiente devono poggiare su tre assi fondamentali:

1.

assicurare e recuperare il capitale naturale dell'Europa;

2.

far sì che l'economia europea sia altamente efficiente nell'uso delle risorse e garantire basse emissioni di carbonio;

3.

tutelare la salute e il benessere dei cittadini europei tramite livelli elevati di protezione ambientale.

Si compiace pertanto dei nove obiettivi delineati nella proposta della Commissione.

20.

Per quanto concerne la garanzia del capitale naturale dell'Europa, occorrerà una migliore attuazione delle misure e delle azioni relative alla strategia dell'UE per il 2020 in materia di biodiversità, protezione e valorizzazione delle foreste, eliminazione delle emissioni di acque reflue urbane e industriali, impiego dei fertilizzanti ed emissioni atmosferiche responsabili dell'eutrofizzazione. Allo stesso modo, sarà opportuno applicare integralmente la Direttiva quadro in materia di acque e la Direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino;

21.

Per attuare tali misure è necessario realizzare ispezioni e controlli più efficaci in campo ambientale. La Raccomandazione 2001/331/CE relativa ai criteri minimi applicabili alle ispezioni ambientali negli Stati membri (RMCEI) è quindi fondamentale per tutti i paesi al fine di orientare gli ispettori di ciascuno Stato membro nel loro lavoro di controllo ambientale in modo strutturato e coerente.

22.

È opportuno rafforzare il quadro giuridico esistente, conferendo all'UE la capacità di garantire che le ispezioni ambientali e i sistemi di vigilanza a livello locale e regionale siano del tutto coerenti, concreti ed efficaci. Questo per assicurare l'applicazione uniforme del diritto dell'UE in materia di ambiente e condizioni eque di concorrenza per le imprese sul mercato interno.

23.

Occorre inoltre sostenere il rafforzamento di meccanismi per il trattamento delle denunce e per la mediazione a livello nazionale, regionale e locale.

24.

Va inoltre promossa la creazione di sistemi d'informazione a livello nazionale che consentano di diffondere notizie circa l'effettiva applicazione della legislazione europea in materia di ambiente.

25.

Bisogna poi procedere alla conclusione di accordi e all'attuazione di partenariati (PIA) tripartiti tra la Commissione europea, gli Stati membri e gli enti regionali e locali al fine di migliorare l'applicazione delle singole misure ambientali e risolvere difficoltà specifiche o transfrontaliere concernenti la gestione di problemi ambientali.

26.

È infine necessario migliorare le basi scientifiche della politica ambientale, in particolare per quanto riguarda il concetto funzionale di ecosistema (flussi di energia, acqua e sostanze e connesse funzioni sostenibili di suoli, acque e clima locale), rendendole anche più accessibili nonché semplificando, razionalizzando e modernizzando la raccolta, la gestione e la condivisione dei dati e delle informazioni in materia di ambiente e gli strumenti che consentono di prevedere, valutare e gestire il rischio ambientale emergente e di colmare il più rapidamente possibile le lacune esistenti in termini di conoscenze. Al tempo stesso occorre fornire ai ricercatori in questo campo un sostegno maggiore, sotto forma di programmi di borse di studio e, secondo le possibilità, coinvolgerli in qualità di esperti nella risoluzione dei problemi ambientali a livello locale e regionale. In quest'ottica occorre evitare un aumento degli oneri burocratici causato da nuove norme in termini di sorveglianza e di ispezioni, e puntare piuttosto a un'azione mirata che faccia uso delle sinergie con le norme già esistenti.

27.

In materia di efficienza nell'impiego delle risorse e di riduzione delle emissioni di carbonio, la sfida consiste nella piena attuazione del pacchetto «clima ed energia« dell'UE entro il 2020 e della normativa UE sui rifiuti, assicurandone il corretto recepimento, attuazione e applicazione in tutti gli Stati membri, facendo ricorso ad esperti nel campo del recepimento del diritto ambientale ai livelli locale e regionale.

28.

Parallelamente, è opportuno eliminare le barriere esistenti sul mercato interno che ostacolano le attività di riciclaggio e ridurre l'impatto ambientale globale della produzione e del consumo, promuovendo prodotti con un impatto ambientale limitato e fornendo ai consumatori informazioni e orientamenti corretti che poggino su basi scientifiche specifiche concernenti i prodotti.

29.

Anche a livello d'imprese, la crescente responsabilità di queste ultime dinanzi ai problemi ambientali, gli audit ambientali volontari, i label ecologici che certificano la compatibilità ambientale dei prodotti e lo sviluppo del cosiddetto ecobusiness possono offrire, in quanto tali, una qualità ambientale che va promossa.

30.

Tecnologie più verdi ed efficienti, una migliore produttività e nuove opportunità di lavoro faranno da incentivo alla crescita e all'occupazione.

31.

Un quadro politico regionale e locale coerente ed integrato a sostegno di un uso efficiente delle risorse e di prodotti più ecologici stimolerà anche le PMI a cercare di utilizzare le risorse in modo più efficiente riducendo i loro costi di produzione e favorendone l'accesso a nuovi mercati.

32.

Per quanto concerne i finanziamenti, è importante predisporre adeguate risorse a sostegno degli obiettivi ambientali e climatici mediante un'adeguata integrazione delle priorità in materia di ambiente e clima nei contratti di partenariato, destinando almeno il 20 % del bilancio UE 2014-2020 ad azioni in questo campo. In particolare, occorre garantire il finanziamento delle misure ambientali particolarmente costose da realizzare entro il 2020 — ad es. il previsto miglioramento degli ecosistemi degradati mediante infrastrutture verdi di connessione — previste dalla strategia dell'UE sulla biodiversità in quanto parte integrante del Settimo programma d'azione in materia di ambiente.

33.

Parallelamente bisognerà effettuare uno sforzo per aumentare, almeno del 25 %, gli stanziamenti UE disponibili per azioni a favore dell'ambiente, applicando un sistema di rendicontazione e tracciabilità delle spese ambientali in modo fra l'altro da garantire il finanziamento nei tempi previsti delle misure ambientali particolarmente costose da realizzare entro il 2020 per migliorare gli ecosistemi degradati.

34.

Sarà altresì necessario eliminare progressivamente le sovvenzioni nocive per l'ambiente utilizzando sempre più gli strumenti di mercato, tra cui misure fiscali e sanzioni per coloro che provocano danni ambientali.

35.

Bisogna anche promuovere e potenziare i finanziamenti del settore privato per investimenti a favore dell'ambiente e del clima, agevolando in particolare l'accesso a strumenti finanziari innovativi.

36.

Chiede che le politiche legislative settoriali UE in materia di ambiente (valori limite a livello di UE) vengano allineate con la politica UE in materia di emissioni (misure di riduzione alla fonte a livello UE), adottando un approccio globale che consenta un coordinamento tra queste misure e le ambizioni e la tempistica delle direttive settoriali in materia di ambiente. Esorta la Commissione a calcolare la durata necessaria per il ciclo di sostituzione delle misure di riduzione alla fonte e a valutare i termini per la conformità ai valori limite in condizioni reali, al fine di conseguire una riduzione significativa delle emissioni in tutta l'UE. Per fare ciò occorre che il livello di ambizione delle direttive settoriali in materia di ambiente (valori limite) sia equivalente al livello di ambizione e alla tempistica dell'attuazione delle misure UE di riduzione delle emissioni alla fonte.

37.

Per quanto concerne l'esigenza di garantire la salute e il benessere dei cittadini dell'UE, è importante sottolineare la necessità di aggiornare la politica europea sulla qualità dell'aria, adeguandola alle più recenti conoscenze scientifiche, definendo misure economicamente efficienti di contrasto all'inquinamento atmosferico alla fonte e intensificando gli sforzi tesi al pieno rispetto della normativa UE sulla qualità dell'aria, soprattutto per quanto riguarda il particolato fine presente nell'aria.

38.

In materia di inquinamento acustico, è urgente identificare misure economicamente efficienti di riduzione del rumore alla fonte.

39.

Chiede l'adozione di misure ambiziose volte a contrastare importanti fonti di inquinamento, in particolare i trasporti e la mobilità. In tal senso, il settimo programma d'azione fa riferimento al Libro bianco Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti — Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile (COM(2011) 144 final); il CdR accoglie con favore il livello di ambizione di tale documento, tuttavia, al fine di realizzare tali obiettivi, invita a elaborare un piano d'azione europeo corredato di obiettivi intermedi, misure concrete (come quelle di riduzione alla fonte a livello UE) e fasi di valutazione (3).

40.

In materia di risorse idriche, sarà importante intensificare gli sforzi per l'attuazione della direttiva sull'acqua potabile, in particolare a favore dei piccoli fornitori esistenti in ciascuno Stato membro, così come della direttiva sulle acque di balneazione, al fine di raggiungere livelli di conformità superiori al 95 % entro il 2020.

41.

È urgente inoltre effettuare sistematicamente valutazioni ex ante dell'impatto socioeconomico, ambientale e territoriale a livello dell'UE, degli Stati membri e degli enti regionali e locali.

42.

Il CdR si compiace dell'inclusione di un «obiettivo prioritario» riguardante la sostenibilità delle città tra gli obiettivi del settimo programma d'azione, e chiede che siano introdotti standard minimi di sostenibilità per la maggioranza delle città dell'UE.

43.

Occorrerà stabilire una maggiore articolazione sul piano degli accordi mondiali, mediante il sostegno a processi internazionali e regionali volti a trasformare l'economica mondiale in una economia verde inclusiva, promuovendo un futuro sostenibile a livello economico, sociale e ambientale per il nostro pianeta e per le generazioni presenti e future.

44.

A livello locale, il programma deve inoltre essere più ambizioso, nel senso che iniziative quali il Patto dei sindaci devono essere estese ad altri settori presenti nella Tabella di marcia per un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, ad esempio la biodiversità e in particolare l'uso del suolo come raccomandato in un recente parere del CdR su questo tema (CdR 1121/2012 fin.). Occorre inoltre considerare la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche o ancora l'inquinamento atmosferico, dato che ciò contribuirebbe all'attuazione della politica ambientale dell'UE attraverso un metodo innovativo di governance multilivello che promuove l'impegno proattivo degli enti locali e regionali nell'attuazione della legislazione europea.

45.

Lo stesso vale per quanto concerne l'istituzione del premio «Capitale verde europea», quale modo privilegiato di riconoscere quelle città che assumono un comportamento esemplare e innovativo nell'attuazione della legislazione ambientale dell'UE.

46.

Il Settimo programma d'azione per l'ambiente dovrà pertanto basarsi sui principi fondamentali del diritto ambientale (principio «chi inquina paga», principio di precauzione, principio di azione preventiva e principio di riduzione dell'inquinamento alla fonte), onde dar luogo a misure, azioni e obiettivi conformi ai principi di una regolamentazione intelligente e in un quadro di politiche ambientali equilibrate e sostenibili. Infatti, fin troppe sono ancora le misure di tipo correttivo prese alla fine del processo o della catena, mentre invece vanno privilegiati l'adattamento, se non addirittura il riesame di questi processi allo scopo di ridurre sensibilmente il loro impatto sull'ambiente a ciascuna tappa. Sarà pertanto opportuno favorire le iniziative innovatrici nell'economia circolare, il completamento dei cicli delle materie e le analisi comparative dei cicli di vita nonché utilizzare in modo mirato il sapere in parte ancora da costituire relativamente al concetto funzionale di ecosistema per i flussi di energia, acqua e sostanze con i loro effetti positivi per uno sviluppo sostenibile dei suoli, delle acque e del clima locale, per ottenere una riduzione più sistemica degli impatti ambientali delle attività umane.

D.    Le conseguenze a livello locale e regionale

47.

I cittadini europei sono sempre più consapevoli del ruolo che l'ambiente svolge nelle loro vite. Essendo il livello più vicino alle comunità locali, gli enti regionali e locali sono fondamentali in qualità di interfaccia di formazione e mobilitazione.

48.

I principi di sussidiarietà e di proporzionalità sono presenti nella regolamentazione, nell'applicazione e nell'attuazione della normativa ambientale in virtù di quanto stabilito all'articolo 192 del Trattato sul funzionamento dell'UE, che definisce la ripartizione delle responsabilità tra l'UE, gli Stati membri e gli enti nazionali, regionali e locali in materia di politica ambientale.

49.

Considerando le misure concrete adottate dalla Commissione, è necessario identificare gli obiettivi che costituiranno le sfide locali e regionali.

50.

La Agenda Locale 21 può e deve essere uno strumento di democrazia partecipativa a livello locale e regionale per il raggiungimento degli obiettivi di politica ambientale. Attraverso tale agenda e facendo ricorso ad Internet, si potranno diffondere informazioni circa l'applicazione a livello locale del settimo programma d'azione in materia di ambiente e sui mezzi giurisdizionali a sua disposizione.

51.

È opportuno sancire il principio della governance multilivello in materia ambientale. Il CdR ritiene che un unico livello di governo non possa, da solo, risolvere i problemi ambientali e attuare la politica dell'UE. La politica ambientale UE non può più essere definita soltanto dal livello di governo europeo, che elabora disposizioni legislative lasciandone poi l'attuazione alle autorità nazionali e decentrate; essa deve essere elaborata piuttosto garantendo l'interazione tra i diversi livelli di governo. Occorre adottare un approccio multilivello in cui ciascun livello di governo (europeo, nazionale, regionale e locale) si assuma le proprie responsabilità in modo coordinato con le altre autorità e adotti le misure che possono e devono essere prese sul proprio piano evitando sovrapposizioni di competenze.

52.

Ritiene necessario rafforzare l'approccio multilivello durante la fase di elaborazione delle politiche. Per migliorare la situazione ambientale in Europa occorre perseguire un livello di ambizione realizzabile coordinando, a tal fine, l'elaborazione e l'attuazione della normativa in materia. In questo senso è essenziale tener conto, già nella fase di elaborazione delle politiche, sia delle possibili incidenze finanziarie, politiche o giuridiche per le autorità decentrate, sia della fattibilità e dell'applicabilità della normativa UE.

53.

Raccomanda di rafforzare l'approccio multilivello anche durante la fase attuativa. L'attuazione della normativa ambientale non è soltanto una mera questione giuridica (trasposizione nella legislazione nazionale). Ciò significa che la normativa ambientale dell'UE dovrebbe essere accompagnata da piani di attuazione europei e nazionali, provvisti di orientamenti, buone pratiche e misure di riduzione alla fonte. In quest'ottica, il CdR sostiene strenuamente l'adozione di un approccio multilivello con il coinvolgimento di gruppi intergovernativi negli Stati membri, al cui interno gli esperti dei diversi livelli di governo cooperano per elaborare piani di attuazione nazionali.

54.

In questo senso, è essenziale che il settimo programma sostenga il ruolo degli enti territoriali nell'applicazione della legislazione, attraverso le azioni seguenti:

a)

Aumentare la partecipazione locale e regionale all'intero processo di elaborazione, recepimento e valutazione della legislazione UE, al fine di migliorare l'applicazione delle norme e promuovere una maggiore titolarità.

b)

Applicare meccanismi destinati a promuovere l'impegno degli enti territoriali e lo scambio di buone pratiche in materia di attuazione delle politiche.

c)

Concentrarsi sull'aiuto ai paesi e alle regioni nei quali la legislazione in materia di ambiente è meno sviluppata, piuttosto che introdurre nuove e ampie misure a livello UE quando queste ultime sono in contrasto con politiche e piani equivalenti adottati in paesi e regioni ove gli standard e le politiche ambientali sono più sviluppati.

d)

Utilizzare direttive e non regolamenti per consentire agli enti locali e regionali di mettere a punto le loro soluzioni in materia di ambiente all'interno di un quadro UE chiaramente convenuto.

e)

Definire un quadro UE per le ispezioni ambientali a livello di Stati membri.

f)

Adottare politiche efficaci applicabili alla fonte di analisi del ciclo di vita, chiusura dei cicli delle materie e introduzione dell'economia circolare ed estendere le possibilità di recupero dei costi per gli enti regionali e locali

g)

Rafforzare le città sostenibili dell'Unione europea. Il settimo programma d'azione in materia di ambiente dovrà continuare a sostenere le iniziative innovative portate avanti dalle città attraverso lo scambio di esperienze, l'identificazione e l'adozione di una serie di indicatori destinati a valutare le prestazioni ambientali delle città tenendo conto dell'impatto economico, territoriale e sociale, fornendo maggiori informazioni sulle fonti di finanziamento e diffondendo misure volte a contribuire ad uno sviluppo sostenibile. Tali indicatori devono essere elaborati in stretta cooperazione con le autorità locali.

h)

Sostenere le iniziative delle zone rurali sostenibili.

i)

Rendere più efficace la lotta dell'UE alle difficoltà ambientali a livello regionale e mondiale, soprattutto nell'ambito degli impegni assunti in occasione della Conferenza Rio+20.

j)

Definire criteri per il trattamento delle denunce a livello nazionale, inclusa la creazione di meccanismi di risoluzione delle controversie, ad esempio la mediazione.

k)

Rispettare il principio «Legiferare meglio», garantire un monitoraggio e un controllo delle valutazioni d'impatto ed esaminare le conseguenze sulla competitività.

l)

Integrare gli obiettivi ambientali in determinate linee di bilancio importanti, quali lo sviluppo rurale, l'agricoltura e i fondi strutturali.

m)

Migliorare la comunicazione tra tutti i livelli di governo e in tutte le fasi della politica di sviluppo, promuovere gli investimenti nei sistemi d'informazione e negli strumenti informatici onde fornire dati ambientali trasparenti per i cittadini e le pubbliche istituzioni.

n)

Utilizzare la piattaforma tecnica di cooperazione in materia ambientale, creata dal CdR, per facilitare il dialogo e lo scambio d'informazioni nonché per migliorare l'applicazione pratica sul terreno.

o)

Creare meccanismi che consentano agli enti regionali e locali di raccogliere dati ambientali e stabilire una condivisione di responsabilità tra comuni, regioni e Stati membri nella raccolta, gestione e controllo di questi dati.

p)

Definire quadri strutturati di applicazione della legislazione e d'informazione (structured implementation and information frameworks — SIIF) per tutti gli atti legislativi dell'UE in materia di ambiente, con la partecipazione degli enti regionali e locali.

q)

Incoraggiare l'elaborazione di programmi concreti di educazione ambientale a livello locale e regionale, destinati a promuovere la sensibilizzazione in merito alle questioni ambientali e a rafforzare la comprensione di come i cittadini possono contribuire alla loro soluzione. I programmi dovranno essere applicati in modo partecipativo, anche attraverso l'organizzazione di concorsi.

r)

Potenziare il collegamento tra cittadini e ambiente attraverso programmi di formazione e educazione ambientale realizzati da comuni e regioni e destinati a persone di generazioni diverse, al fine di risvegliare la coscienza in tutti i cittadini sulle problematiche ambientali.

s)

Potenziare ed estendere la rete IMPEL, al fine di conformarsi alla normativa ambientale dell'UE, fornendo finanziamenti a lungo termine volti ad agevolare l'esame tra pari (peer review) e lo scambio delle buone pratiche, per assicurare l'osservanza della legislazione ambientale nell'UE, in particolare tra gli enti regionali e locali.

t)

Promuovere il ruolo positivo che il settimo programma d'azione in materia di ambiente svolge nel sostenere le imprese e gli enti regionali e locali in quanto forniscono un quadro strutturato per la programmazione a lungo termine, specie per quanto concerne i grandi investimenti infrastrutturali.

u)

Valorizzare il ruolo degli enti e delle associazioni locali per quanto concerne la mobilitazione dei cittadini circa la definizione di strategie e obiettivi ambientali a lungo termine, l'uso di fondi europei per investire in infrastrutture ambientali e servizi di ecosistemi, l'adeguamento ai cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e la riduzione del rischio di catastrofi e infine la formazione relativa all'applicazione delle direttive VIA e VAS.

v)

Introdurre ufficialmente, nel processo di preparazione dei documenti di pianificazione dei territori urbani, forme di gestione sostenibile dell'ambiente urbano, centrate sulla programmazione ambientale integrata, sulla mobilità sostenibile, su una rete di trasporti elettrici, di piste ciclabili e di biciclette pubbliche nelle zone centrali delle città, sulla qualità della vita e sulla salute pubblica.

55.

La strategia relativa al settimo programma d'azione in materia di ambiente dipenderà in parte dagli strumenti politici specifici che saranno scelti per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, il che sarà stabilito solo dopo le valutazioni dell'impatto. Tutto questo inciderà pertanto sul rapporto costi/benefici, sulle specifiche conseguenze sociali ed economiche, nonché sul ruolo che gli enti nazionali, regionali e locali svolgono nell'applicazione delle politiche e delle norme adottate a livello europeo. Le misure menzionate nel punto 54 non devono tuttavia accrescere le pressioni di spesa sugli enti locali e regionali. Il Comitato delle regioni ritiene che la responsabilità dei costi relativi alle misure elencate nel punto 54 dovrebbe ricadere principalmente sull'UE o sui governi nazionali. L'importante è garantire la sostenibilità dello sviluppo economico, mantenendo al tempo stesso resistenti i nostri ecosistemi, che sostengono la crescita e proteggono la salute dei cittadini.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Proposta della Commissione europea, Allegato, punto 15

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

In molti casi le azioni finalizzate al raggiungimento di tali obiettivi saranno di natura prevalentemente nazionale, regionale o locale, in linea con il principio di sussidiarietà. In altri casi sarà necessario intervenire con misure supplementari a livello di UE. Poiché nell'UE la politica ambientale è un ambito di competenza concorrente, uno dei fini di questo programma è creare un senso di identificazione nei traguardi e negli obiettivi comuni e garantire condizioni paritarie a operatori economici e autorità pubbliche. La determinazione di traguardi e obiettivi comuni fornisce inoltre un orientamento e un chiaro quadro di riferimento per le azioni ai responsabili politici e ad altri portatori d'interesse, comprese le regioni e i comuni, gli operatori economici e le parti sociali, nonché i cittadini.

In molti casi le azioni finalizzate al raggiungimento di tali obiettivi saranno di natura prevalentemente unionale, nazionale, regionale o locale, in linea con il principio di sussidiarietà. In altri casi sarà necessario intervenire con misure supplementari a livello di UE. Poiché nell'UE la politica ambientale è un ambito di competenza concorrente, uno dei fini di questo programma è creare un senso di identificazione nei traguardi e negli obiettivi comuni e garantire condizioni paritarie a operatori economici e autorità pubbliche. La determinazione di traguardi e obiettivi comuni fornisce inoltre un orientamento e un chiaro quadro di riferimento per le azioni ai responsabili politici e ad altri portatori d'interesse, comprese le regioni e i comuni, gli operatori economici e le parti sociali, nonché i cittadini.

Motivazione

Il miglioramento delle condizioni ambientali costituisce una responsabilità condivisa da tutti i livelli di governo.

Emendamento 2

Proposta della Commissione europea, Allegato, punto 43

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Una buona parte della popolazione dell'UE è tutt'ora esposta a livelli di inquinamento atmosferico che superano i valori di riferimento raccomandati dall'OMS. È necessario intervenire soprattutto in ambiti in cui la popolazione, in particolare le categorie sociali sensibili o vulnerabili, e gli ecosistemi sono esposti a livelli elevati di agenti inquinanti, come all'interno di agglomerati urbani o negli edifici.

Una buona parte della popolazione dell'UE è tutt'ora esposta a livelli di inquinamento atmosferico che superano i valori di riferimento raccomandati dall'OMS. È necessario intervenire a livello europeo e nazionale soprattutto in ambiti in cui la popolazione, in particolare le categorie sociali sensibili o vulnerabili, e gli ecosistemi sono esposti a livelli elevati di agenti inquinanti, come all'interno di agglomerati urbani o negli edifici.

Motivazione

In quest'ambito è particolarmente necessario intervenire a livello europeo e nazionale.

Emendamento 3

Proposta della Commissione europea, Allegato, punto 58

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

In secondo luogo, l'UE estenderà gli obblighi relativi alle ispezioni e alla sorveglianza all'insieme della legislazione dell'UE in materia ambientale, attribuendo capacità a livello di UE per affrontare situazioni di legittima preoccupazione.

In secondo luogo, attraverso un'azione mirata e l'utilizzo delle sinergie con le norme già esistenti, l'UE estenderà gli obblighi relativi alle ispezioni e alla sorveglianza all'insieme della legislazione dell'UE in materia ambientale, attribuendo capacità a livello di UE per affrontare, nel quadro delle proprie competenze, le situazioni di legittima preoccupazione.

Motivazione

Per quanto riguarda l'estensione degli obblighi relativi alla sorveglianza all'insieme della legislazione dell'UE in materia ambientale, occorre garantire una procedura efficace, per evitare inutili aumenti degli oneri burocratici in processi dell'UE che sono già notevolmente formalizzati e pesanti. Inoltre, non essendo chiaro se sia fondato attribuire nuove competenze alle Commissione europea, la formulazione proposta punta a far sì che la Commissione stessa si attivi nel quadro delle proprie competenze attuali. Non si rilevano contraddizioni con il parere del CdR, dal momento che quest'ultimo propone di razionalizzare e modernizzare la gestione e la condivisione dei dati in materia ambientale.

Emendamento 4

Proposta della Commissione europea, Allegato, punto 69

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Continuano a sussistere gravi lacune nelle conoscenze, alcune di queste particolarmente rilevanti rispetto agli obiettivi prioritari del presente programma. È quindi essenziale investire ulteriormente nella ricerca per colmarle al fine di garantire che le pubbliche autorità e le imprese siano in grado di formulare le loro decisioni a partire da solide basi, in modo che riflettano pienamente costi e benefici sociali, economici e ambientali. Le lacune più evidenti sono quattro, elencate di seguito:

Sono necessari sia una ricerca più avanzata, che possa colmare le lacune che riguardano dati e conoscenze, sia strumenti di modellizzazione adeguati per una migliore comprensione delle problematiche complesse pertinenti ai cambiamenti ambientali, ad esempio rispetto ai cambiamenti climatici e all'impatto delle catastrofi ambientali, oppure alle implicazioni della perdita di biodiversità per i servizi ecosistemici, gli effetti soglia e i punti di non ritorno sotto il profilo ecologico. Sebbene i dati concreti giustifichino pienamente azioni preventive in questi ambiti, per trovare le risposte più appropriate in materia è necessario promuovere ulteriori ricerche che esplorino i limiti del pianeta per la biodiversità, i rischi sistemici e la capacità della nostra società di affrontarli. Per farlo sono necessari investimenti che permettano di colmare le lacune inerenti a dati e conoscenze, di procedere a una mappatura e a una valutazione dei servizi ecosistemici, di capire come la biodiversità possa sostenere questi ultimi e come tali servizi si adattano ai cambiamenti climatici.

Continuano a sussistere gravi lacune nelle conoscenze, alcune di queste particolarmente rilevanti rispetto agli obiettivi prioritari del presente programma. È quindi essenziale investire ulteriormente nella ricerca per colmarle al fine di garantire che le pubbliche autorità e le imprese siano in grado di formulare le loro decisioni a partire da solide basi, in modo che riflettano pienamente costi e benefici sociali, economici e ambientali. Le lacune più evidenti sono quattro, elencate di seguito:

Sono necessari sia una ricerca più avanzata, che possa colmare le lacune che riguardano dati e conoscenze, sia strumenti di modellizzazione adeguati per una migliore comprensione delle problematiche complesse pertinenti ai cambiamenti ambientali, ad esempio rispetto ai cambiamenti climatici e all'impatto delle catastrofi ambientali, oppure alle implicazioni della perdita di biodiversità per i servizi ecosistemici, gli effetti soglia e i punti di non ritorno sotto il profilo ecologico. Il sapere tecnico, rimasto finora altamente specialistico, relativo a singoli settori (ad es. suoli, acque, clima, aria, piante, animali) si orienterà sempre più alla loro interazione funzionale. Conoscenze all'altezza sono irrinunciabili per una gestione funzionale e sostenibile degli ecosistemi, in quanto garantiscono il sicuro raggiungimento dell'obiettivo fondamentale di una procedura unitaria per la stabilizzazione degli ecosistemi e consentono un utilizzo efficiente delle risorse. Sebbene i dati concreti giustifichino pienamente azioni preventive in questi ambiti, per trovare le risposte più appropriate in materia è necessario promuovere ulteriori ricerche che esplorino i limiti del pianeta per la biodiversità, i rischi sistemici e la capacità della nostra società di affrontarli. Per farlo sono necessari investimenti che permettano di colmare le lacune inerenti a dati e conoscenze, di procedere a una mappatura e a una valutazione dei servizi ecosistemici, di capire come la biodiversità possa sostenere questi ultimi e come tali servizi si adattano ai cambiamenti climatici.

(…)

(…)

Motivazione

È irrinunciabile colmare rapidamente le lacune in termini di conoscenze per quanto riguarda il concetto di ecosistema, in modo da elaborare norme mirate ed efficienti nel quadro di una politica ambientale sostenibile e da garantire una trasparenza specifica nella considerazione e valutazione dei servizi ecosistemici e nella compensazione delle loro perdite nette, che sono importanti per i responsabili dei progetti e sono previste dal Settimo programma d'azione in materia di ambiente. In questo modo si evitano le strategie inefficienti che danneggiano fra l'altro i responsabili dei progetti. Questa impostazione è coerente con il parere del CdR, che punta al perseguimento di obiettivi ambientali realizzabili e a colmare le lacune in termini di conoscenze.

Emendamento 5

Proposta della Commissione europea, Allegato, punto 83

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Sebbene già a partire dal 1997 l'integrazione delle considerazioni in materia ambientale nelle politiche e nelle attività dell'UE sia una condizione sancita dal trattato, lo stato globale in cui si trova l'ambiente in Europa indica che i progressi compiuti finora, anche se apprezzabili in alcuni ambiti, non sono stati sufficienti a invertire tutte le tendenze negative. Per poter raggiungere gli obiettivi prioritari contenuti nel programma sarà necessario integrare più incisivamente le considerazioni ambientali e climatiche nelle altre politiche, accompagnandole ad approcci più coerenti e condivisi in grado di determinare molteplici vantaggi. In questo modo sarà possibile gestire tempestivamente i difficili compromessi che si presentano, invece di affrontarli nella fase di attuazione, e mitigare più efficacemente gli inevitabili impatti. La direttiva sulla valutazione ambientale strategica e la direttiva sulla valutazione dell'impatto ambientale, se correttamente applicate, sono strumenti efficaci per assicurare che i requisiti per la protezione dell'ambiente vengano integrati nei piani e nei programmi e non solo nei progetti. Le autorità locali e regionali, generalmente responsabili delle decisioni in materia di uso del suolo e delle zone marine, giocano un ruolo particolarmente importante nella valutazione degli impatti ambientali e per proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale nonché per aumentare la resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici e delle catastrofi naturali.

Sebbene già a partire dal 1997 l'integrazione delle considerazioni in materia ambientale nelle politiche e nelle attività dell'UE sia una condizione sancita dal trattato, lo stato globale in cui si trova l'ambiente in Europa indica che i progressi compiuti finora, anche se apprezzabili in alcuni ambiti, non sono stati sufficienti a invertire tutte le tendenze negative. Per poter raggiungere gli obiettivi prioritari contenuti nel programma sarà necessario integrare più incisivamente le considerazioni ambientali e climatiche nelle altre politiche, accompagnandole ad approcci più coerenti e condivisi in grado di determinare molteplici vantaggi. In questo modo sarà possibile gestire tempestivamente i difficili compromessi che si presentano, invece di affrontarli nella fase di attuazione, e mitigare più efficacemente gli inevitabili impatti. Occorre far coincidere il livello di ambizione della politica UE per la riduzione delle emissioni alla fonte con gli obiettivi ambientali settoriali e sincronizzarlo con la tempistica delle misure riguardanti le fonti e degli obiettivi in materia di immissioni. La direttiva sulla valutazione ambientale strategica e la direttiva sulla valutazione dell'impatto ambientale, se correttamente applicate, sono strumenti efficaci per assicurare che i requisiti per la protezione dell'ambiente vengano integrati nei piani e nei programmi e non solo nei progetti. Le autorità locali e regionali, generalmente responsabili delle decisioni in materia di uso del suolo e delle zone marine, giocano un ruolo particolarmente importante nella valutazione degli impatti ambientali e per proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale nonché per aumentare la resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici e delle catastrofi naturali.

Motivazione

Il livello delle ambizioni e la tempistica della politica per la riduzione delle emissioni alla fonte devono coincidere con quelli degli obiettivi ambientali settoriali.

Emendamento 6

Proposta della Commissione europea, Allegato, punto 86

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Per migliorare l'integrazione ambientale e la coerenza delle politiche, entro il 2020 il programma dovrà garantire che:

(a)

le politiche settoriali a livello di UE e Stati membri siano sviluppate e attuate in modo da sostenere obiettivi e traguardi importanti in relazione all'ambiente e al clima.

A tal fine è necessario, in particolare:

(a)

integrare le condizionalità e gli incentivi legati all'ambiente e al clima nelle iniziative politiche, senza dimenticare il riesame e la riforma della politica esistente nonché il varo di nuove iniziative, a livello di UE e di Stati membri;

(b)

effettuare sistematicamente valutazioni ex ante dell'impatto ambientale, sociale ed economico delle iniziative politiche a livello dell'UE e degli Stati membri, al fine di garantire la loro coerenza ed efficacia.

Per migliorare l'integrazione ambientale e la coerenza delle politiche, entro il 2020 il programma dovrà garantire che:

(a)

le politiche settoriali a livello di UE e Stati membri siano sviluppate e attuate in modo da sostenere obiettivi e traguardi importanti in relazione all'ambiente e al clima.

A tal fine è necessario, in particolare:

(a)

integrare le condizionalità e gli incentivi legati all'ambiente e al clima nelle iniziative politiche, senza dimenticare il riesame e la riforma della politica esistente nonché il varo di nuove iniziative, a livello di UE e di Stati membri;

(b)

far coincidere il livello di ambizione della politica UE per la riduzione delle emissioni alla fonte con gli obiettivi ambientali settoriali e sincronizzarlo con la tempistica delle misure riguardanti le fonti e degli obiettivi in materia di immissioni;

(c)

effettuare sistematicamente valutazioni ex ante dell'impatto ambientale, sociale ed economico delle iniziative politiche a livello dell'UE e degli Stati membri, al fine di garantire la loro coerenza ed efficacia.

Motivazione

Il livello delle ambizioni e la tempistica della politica per la riduzione delle emissioni alla fonte devono coincidere con quelli degli obiettivi ambientali settoriali.

Emendamento 7

Proposta della Commissione europea, Allegato, punto 89

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

I cittadini europei, che vivano in città o in zone rurali, traggono vantaggio da una serie di politiche e iniziative dell'UE a favore dello sviluppo sostenibile delle aree urbane. Tuttavia, questo richiede una coordinazione efficace ed efficiente tra i diversi livelli dell'amministrazione, al di là dei confini amministrativi, per coinvolgere sistematicamente le autorità regionali e locali nella programmazione, formulazione e sviluppo di politiche con un impatto sulla qualità dell'ambiente urbano. Il meccanismo di coordinamento rafforzato a livello nazionale e regionale proposto nell'ambito del quadro strategico comune per il prossimo periodo di finanziamento e la creazione di una piattaforma sullo sviluppo urbano sono iniziative che possono contribuire a perseguire questo obiettivo, coinvolgendo allo stesso tempo un maggior numero di gruppi di portatori d'interesse e i cittadini in generale in decisioni che li riguardano direttamente. Le autorità locali e regionali trarranno beneficio anche dall'ulteriore sviluppo di strumenti che semplifichino la raccolta e la gestione dei dati ambientali e che facilitino lo scambio di informazioni e migliori pratiche; esse beneficeranno inoltre degli sforzi in corso per migliorare l'attuazione della normativa ambientale a livello locale, nazionale e dell'Unione. Tutto ciò è in sintonia con l'impegno preso al vertice Rio+20 di promuovere un approccio integrato per programmare, costruire e gestire città e insediamenti urbani sostenibili. Per poter assicurare che le comunità urbane siano luoghi di vita e di lavoro sostenibili, efficienti e sani è essenziale ricorrere ad approcci integrati per la pianificazione del territorio urbano nei quali, contemporaneamente alle sfide economiche e sociali, vengano prese pienamente in conto le considerazioni ambientali a lungo termine.

I cittadini europei, che vivano in città o in zone rurali, traggono vantaggio da una serie di politiche e iniziative dell'UE a favore dello sviluppo sostenibile delle aree urbane. Tuttavia, questo richiede una coordinazione efficace ed efficiente tra i diversi livelli dell'amministrazione, al di là dei confini amministrativi, per coinvolgere sistematicamente le autorità regionali e locali nella programmazione, formulazione e sviluppo di politiche con un impatto sulla qualità dell'ambiente urbano. Il meccanismo di coordinamento rafforzato a livello nazionale e regionale proposto nell'ambito del quadro strategico comune per il prossimo periodo di finanziamento e la creazione di una piattaforma sullo sviluppo urbano sono iniziative che possono contribuire a perseguire questo obiettivo, coinvolgendo allo stesso tempo un maggior numero di gruppi di portatori d'interesse e i cittadini in generale in decisioni che li riguardano direttamente. Le autorità locali e regionali trarranno potranno trarre beneficio anche dall'ulteriore sviluppo di strumenti che semplifichino la raccolta e la gestione dei dati ambientali e che facilitino lo scambio di informazioni e migliori pratiche; esse beneficeranno inoltre degli sforzi in corso per migliorare l'attuazione della normativa ambientale a livello locale, nazionale e dell'Unione. Tutto ciò è in sintonia con l'impegno preso al vertice Rio+20 di promuovere un approccio integrato per programmare, costruire e gestire città e insediamenti urbani sostenibili. Per poter assicurare che le comunità urbane siano luoghi di vita e di lavoro sostenibili, efficienti e sani è essenziale ricorrere ad approcci integrati per la pianificazione del territorio urbano nei quali, contemporaneamente alle sfide economiche, e sociali e territoriali, vengano prese pienamente in conto le considerazioni ambientali a lungo termine.

Motivazione

Oltre agli aspetti sociali ed economici, sono importanti anche le sfide di natura territoriale.

Emendamento 8

Proposta della Commissione europea, Allegato, punto 90

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

L'UE dovrebbe promuovere ancora più a fondo e, dove appropriato, espandere le iniziative già esistenti a sostegno dell'innovazione e delle migliori pratiche urbane nonché del collegamento e degli scambi tra le varie città; l'Unione dovrebbe inoltre incoraggiare le città a dimostrare la loro capacità di agire in prima linea per lo sviluppo urbano sostenibile. Le istituzioni dell'UE e gli Stati membri dovrebbero facilitare e incoraggiare l'assorbimento dei finanziamenti UE a titolo della politica di coesione e di altri stanziamenti, a sostegno degli sforzi intrapresi dalle città per uno sviluppo urbano più sostenibile, per sensibilizzare l'opinione pubblica e incoraggiare il coinvolgimento delle realtà locali. Lo sviluppo di una serie di criteri di sostenibilità per le città, sui quali venga raggiunto un accordo, può rappresentare una base di riferimento condivisa per simili iniziative e promuovere un approccio coerente e integrato in materia di sviluppo urbano sostenibile.

L'UE dovrebbe promuovere ancora più a fondo e, dove appropriato, espandere le iniziative già esistenti a sostegno dell'innovazione e delle migliori pratiche urbane nonché del collegamento e degli scambi tra le varie città; l'Unione dovrebbe inoltre incoraggiare le città a dimostrare la loro capacità di agire in prima linea per lo sviluppo urbano sostenibile. Le istituzioni dell'UE e gli Stati membri dovrebbero facilitare e incoraggiare l'assorbimento dei finanziamenti UE a titolo della politica di coesione e di altri stanziamenti, a sostegno degli sforzi intrapresi dalle città per uno sviluppo urbano più sostenibile, per sensibilizzare l'opinione pubblica e incoraggiare il coinvolgimento delle realtà locali. Nel rispetto del principio di sussidiarietà, Lo lo sviluppo di una serie di criteri indicatori di sostenibilità per le città, sui quali venga raggiunto un accordo, può rappresentare una base di riferimento condivisa per simili iniziative e promuovere un approccio coerente e integrato in materia di sviluppo urbano sostenibile. Gli indicatori di sostenibilità saranno definiti in stretta collaborazione con gli enti locali e con le autorità competenti in materia ambientale e statistica, in modo che vengano garantite la necessaria armonizzazione e comparabilità nella valutazione delle tendenze.

Motivazione

Per quanto riguarda gli indicatori ambientali, per poter realizzare paragoni affidabili è indispensabile allineare esattamente i dati di base, le operazioni statistiche e le esperienze pratiche. E' necessario coinvolgere non solo gli enti locali ma anche l'AEA ed Eurostat.

Emendamento 9

Proposta della Commissione europea, Allegato, punto 91

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Per migliorare la sostenibilità delle città dell'UE, entro il 2020 il programma deve garantire che:

(a)

la maggioranza delle città dell'UE attuino politiche in materia di pianificazione e progettazione urbana sostenibile.

A tal fine è necessario, in particolare:

(a)

definire una serie di criteri, sui quali trovare un accordo, per valutare le prestazioni ambientali delle città, tenendo presente gli impatti economici e sociali;

(b)

assicurare che le città abbiano accesso alle informazioni riguardo ai finanziamenti disponibili per interventi di miglioramento della sostenibilità urbana nonché ai finanziamenti stessi.

Per migliorare la sostenibilità delle città dell'UE, entro il 2020 il programma deve garantire che:

(a)

la maggioranza delle città dell'UE attuino politiche in materia di pianificazione e progettazione urbana sostenibile.

A tal fine è necessario, in particolare:

(a)

nel caso in cui i piani generali dei territori urbani debbano essere preparati prima che siano disponibili criteri gli indicatori, per valutare le prestazioni ambientali delle città, permettere ai governi nazionali di prevedere provvisoriamente una valutazione dei requisiti ambientali, tenendo presente gli impatti economici e sociali e le specificità storiche e geografiche, avvalendosi delle competenze dei professionisti (come gli urbanisti e gli architetti). Gli indicatori di sostenibilità saranno definiti in stretta collaborazione con gli enti locali e con le autorità competenti in materia ambientale e statistica, in modo che vengano garantite la necessaria armonizzazione e comparabilità nella valutazione delle tendenze; è possibile prevedere eccezioni per i piani già esistenti

(b)

assicurare che le città abbiano accesso alle informazioni riguardo ai finanziamenti disponibili per interventi di miglioramento della sostenibilità urbana nonché ai finanziamenti stessi.

Motivazione

Per quanto riguarda gli indicatori ambientali, per poter realizzare paragoni affidabili è indispensabile allineare esattamente i dati di base, le operazioni statistiche e le esperienze pratiche. È necessario coinvolgere non solo gli enti locali ma anche l'AEA ed Eurostat. Per numerose città si presenta inoltre il problema di dover rinnovare i loro piani globali di pianificazione territoriale dopo uno o due anni, il che per ovvi motivi significa che potrebbero doverlo fare ancor prima che siano stati definiti gli indicatori per valutare i risultati ambientali delle città. Non sarebbe opportuno mantenere i vecchi piani e prolungarli. Pertanto si suggerisce di risolvere il problema dando temporaneamente ai governi nazionali la possibilità di effettuare una valutazione dei requisiti di protezione ambientale che non rallenti uno sviluppo armonioso e sostenibile del territorio.

Emendamento 10

Proposta della Commissione europea, Allegato, punto 100

Testo proposto dalla Commissione europea

Emendamento del CdR

Per aumentare l'efficacia dell'UE nell'affrontare le sfide ambientali e climatiche a livello regionale e mondiale, entro il 2020 il programma deve garantire che:

(a)

i risultati di Rio+20 siano pienamente integrati nelle politiche esterne dell'UE e l'Unione contribuisca efficacemente agli sforzi su scala mondiale per attuare gli impegni assunti, inclusi quelli nel quadro delle convenzioni di Rio;

(b)

l'UE sostenga efficacemente gli sforzi intrapresi a livello nazionale, regionale e internazionale per far fronte alle sfide ambientali e climatiche e per assicurare uno sviluppo sostenibile;

(c)

venga ridotto l'impatto dei consumi interni dell'UE sull'ambiente al di fuori dei confini unionali.

A tal fine è necessario, in particolare:

(a)

impegnarsi attivamente per l'adozione di obiettivi per lo sviluppo sostenibile che: a) affrontino gli ambiti prioritari di un'economia verde inclusiva e obiettivi più ampi in materia di sviluppo sostenibile, quali energia, risorse idriche, sicurezza alimentare, oceani, nonché consumo e produzione sostenibili, ma che comprendano anche tematiche trasversali come equità, inclusione sociale, lavoro dignitoso, stato di diritto e buon governo; b) siano universalmente applicabili e coprano tutti e tre gli aspetti dello sviluppo sostenibile; c) vengano valutati e siano corredati da obiettivi e indicatori e, infine, d) siano coerenti e integrati con il quadro di sviluppo successivo al 2015, fornendo inoltre un sostegno alle azioni per il clima;

(b)

contribuire a creare un più efficace programma dell'ONU per lo sviluppo sostenibile rafforzando il suo programma per l'ambiente (UNEP), secondo le conclusioni raggiunte al vertice Rio+20, pur continuando a impegnarsi per valorizzare l'UNEP attraverso la sua trasformazione in agenzia ONU specializzata e, infine, sostenere gli sforzi in atto per aumentare le sinergie tra i diversi accordi multilaterali sull'ambiente;

(c)

aumentare l'impatto delle diverse fonti di finanziamento, anche attraverso misure fiscali e il reperimento di risorse interne, investimenti privati, fonti di investimento nuove o innovative, nonché sviluppare soluzioni per l'utilizzo degli aiuti allo sviluppo in modo da catalizzare queste e altre fonti di finanziamento nel quadro sia della strategia di finanziamento dello sviluppo sostenibile definita a Rio sia delle stesse politiche dell'UE e anche all'interno degli impegni internazionali in materia di finanziamenti per il clima e la biodiversità;

(…)

Per aumentare l'efficacia dell'UE nell'affrontare le sfide ambientali e climatiche a livello regionale e mondiale, entro il 2020 il programma deve garantire che:

(a)

i risultati di Rio+20 siano pienamente integrati nelle politiche esterne dell'UE e l'Unione contribuisca efficacemente agli sforzi su scala mondiale per attuare gli impegni assunti, inclusi quelli nel quadro delle convenzioni di Rio;

(b)

l'UE sostenga efficacemente gli sforzi intrapresi a livello nazionale, regionale e internazionale per far fronte alle sfide ambientali e climatiche e per assicurare uno sviluppo sostenibile;

(c)

venga ridotto l'impatto dei consumi interni dell'UE sull'ambiente al di fuori dei confini unionali.

A tal fine è necessario, in particolare:

(a)

impegnarsi attivamente per l'adozione di obiettivi per lo sviluppo sostenibile che: a) affrontino gli ambiti prioritari di un'economia verde inclusiva e obiettivi più ampi in materia di sviluppo sostenibile, quali energia, risorse idriche, sicurezza alimentare, oceani, nonché consumo e produzione sostenibili, ma che comprendano anche tematiche trasversali come equità, inclusione sociale, lavoro dignitoso, stato di diritto e buon governo; b) siano universalmente applicabili e coprano tutti e tre gli aspetti dello sviluppo sostenibile; c) vengano valutati e siano corredati da obiettivi e indicatori e, infine, d) siano coerenti e integrati con il quadro di sviluppo successivo al 2015, fornendo inoltre un sostegno alle azioni per il clima;

(b)

contribuire a creare un più efficace programma dell'ONU per lo sviluppo sostenibile rafforzando il suo programma per l'ambiente (UNEP), secondo le conclusioni raggiunte al vertice Rio+20, pur continuando a impegnarsi per valorizzare l'UNEP attraverso la sua trasformazione in agenzia ONU specializzata e, infine, sostenere gli sforzi in atto per aumentare le sinergie tra i diversi accordi multilaterali sull'ambiente;

(c)

mettere a disposizione risorse finanziarie aggiuntive a favore di misure particolarmente costose da realizzare entro il 2020 — in particolare quelle finalizzate a migliorare gli ecosistemi degradati mediante infrastrutture verdi — e aumentare l'impatto delle diverse fonti di finanziamento, anche attraverso misure fiscali e il reperimento di risorse interne, investimenti privati, fonti di investimento nuove o innovative, nonché sviluppare soluzioni per l'utilizzo degli aiuti allo sviluppo in modo da catalizzare queste e altre fonti di finanziamento nel quadro sia della strategia di finanziamento dello sviluppo sostenibile definita a Rio sia delle stesse politiche dell'UE e anche all'interno degli impegni internazionali in materia di finanziamenti per il clima e la biodiversità;

(…)

Motivazione

Il riferimento alla messa a disposizione di risorse finanziarie dell'UE per le misure ambientali costose da realizzare entro il 2020 — come il ripristino delle connessioni fra gli ecosistemi frazionati grazie a infrastrutture verdi, ad es. i passaggi per la fauna selvatica — si impone ai fini di una realizzazione degli obiettivi nei termini previsti. Le esperienze fatte a livello degli Stati membri attestano la mancanza di una base di finanziamento per realizzare tale obiettivo. Nel parere, il Comitato sottolinea con particolare enfasi la necessità di obiettivi realizzabili come base per una politica credibile dell'UE in campo ambientale e mette in evidenza la necessità di una base di finanziamento adeguata per realizzare gli obiettivi.

Bruxelles, 30 maggio 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 164/2010 fin, risoluzione del Parlamento europeo del 20 aprile 2012 (2011/2194 (INI)).

(2)  CdR 187/2011 fin.

(3)  Raccomandazione già formulata nel parere del CdR 101/2011 fin.