ISSN 1977-0944

doi:10.3000/19770944.C_2013.198.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 198

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

56o anno
10 luglio 2013


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

489a sessione plenaria del 17 e 18 aprile 2013

2013/C 198/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Effetti economici dei sistemi elettrici con una quota crescente di energie rinnovabili intermittenti (parere esplorativo)

1

2013/C 198/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Cielo unico europeo II + (parere esplorativo)

9

2013/C 198/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il tessile tecnico: un motore di crescita (parere d'iniziativa)

14

2013/C 198/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Una politica dell'UE per la regione artica tesa ad affrontare le sfide emergenti a livello globale nella regione — il punto di vista della società civile (parere d'iniziativa)

26

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

489a sessione plenaria del 17 e 18 aprile 2013

2013/C 198/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscaleCOM(2012) 722 final

34

2013/C 198/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Valorizzare i settori culturali e creativi per favorire la crescita e l'occupazione nell'UECOM(2012) 537 final

39

2013/C 198/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Strategia per la competitività sostenibile del settore delle costruzioni e delle sue impreseCOM(2012) 433 final

45

2013/C 198/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — La politica estera dell'UE in materia di aviazione — Affrontare le sfide futureCOM(2012) 556 final

51

2013/C 198/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 98/70/CE relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel e la direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabiliCOM(2012) 595 final — 2012/0288 (COD)

56

2013/C 198/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 912/2010 che istituisce l'Agenzia del GNSS europeoCOM(2013) 40 final — 2013/0022 (COD)

67

2013/C 198/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pescaCOM(2013) 9 final — 2013/0007 (COD)

71

2013/C 198/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la segnalazione di taluni eventi nel settore dell'aviazione civile, che modifica il regolamento (UE) n. 996/2010 e abroga la direttiva 2003/42/CE, il regolamento (CE) n. 1321/2007 della Commissione e il regolamento (CE) n. 1330/2007 della CommissioneCOM(2012) 776 final — 2012/0361 (COD)

73

2013/C 198/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 92/58/CEE, 92/85/CEE, 94/33/CE, 98/24/CE del Consiglio e la direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio allo scopo di allinearle al regolamento (CE) n. 1272/2008 relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle misceleCOM(2013) 102 final — 2013/0062 (COD)

77

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

489a sessione plenaria del 17 e 18 aprile 2013

10.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 198/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Effetti economici dei sistemi elettrici con una quota crescente di energie rinnovabili intermittenti» (parere esplorativo)

2013/C 198/01

Relatore: WOLF

La futura presidenza irlandese dell'UE, in data 7 dicembre 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

Effetti economici dei sistemi elettrici con una quota crescente di energie rinnovabili intermittenti

(parere esplorativo).

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha adottato il proprio parere in data 3 aprile 2013.

Alla sua 489a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 aprile 2013 (seduta del 17 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 147 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Sintesi

1.1

Il CESE ha espresso un forte sostegno alle fonti energetiche rinnovabili (FER) nei suoi precedenti pareri e nel corso della preparazione del cosiddetto pacchetto 20/20/20.

1.2

La promozione delle FER a livello dell'UE è finalizzata a ridurre le emissioni di carbonio connesse col settore dell'energia (contribuendo all'azione dell'Europa per la protezione del clima) e la dipendenza dalle importazioni (migliorando la sicurezza dell'approvvigionamento).

1.3

La quota crescente di FER intermittenti ha acceso un vivace dibattito sulle conseguenze tecniche ed economiche che avrà questa nuova tendenza. In seguito alla richiesta della presidenza irlandese, il CESE mira a fare chiarezza e a introdurre una maggiore trasparenza sull'argomento.

1.4

Oltre una certa quota del mix energetico, le FER intermittenti rendono necessario completare il sistema energetico mediante alcune componenti aggiuntive: estensioni della rete, impianti di stoccaggio, capacità di riserva e sforzi per un'utilizzazione flessibile. Il Comitato pertanto raccomanda di sviluppare e installare con impegno queste componenti mancanti.

1.5

In mancanza di tali componenti, si avrebbe una situazione in cui in determinati momenti la produzione energetica risulta indisponibile, oppure le reti e i sistemi di controllo possono venire sovraccaricati. Le conseguenze sarebbero un utilizzo inefficiente degli impianti e una minaccia per la sicurezza dell'approvvigionamento energetico e per un mercato europeo dell'energia in grado di reggersi sulle sue gambe.

1.6

Occorre quindi (ri)definire attentamente le regole sull'immissione delle FER, al fine di garantire sempre la sicurezza dell'approvvigionamento e di far sì che la produzione di elettricità rinnovabile possa adeguarsi alla domanda.

1.7

L'espansione ulteriore degli impianti di produzione per le energie rinnovabili intermittenti richiede investimenti sostanziosi volti a sviluppare e far funzionare le componenti tuttora mancanti di un sistema completo. In particolare, lo sviluppo e l'installazione di una sufficiente capacità di stoccaggio complessiva rappresentano una sfida, un'opportunità e una necessità assoluta.

1.8

Di conseguenza, il maggiore ricorso alle tecnologie rinnovabili intermittenti può facilmente portare a un aumento significativo dei costi dell'elettricità che, se fatto pagare ai consumatori, potrebbe comportare un fattore considerevole di crescita dei prezzi dell'elettricità.

1.9

Un sistema energetico sostenibile comprendente una quota elevata di energie rinnovabili, pur recando costi aggiuntivi rispetto agli attuali sistemi basati sui combustibili fossili, è la sola soluzione di lungo termine per il nostro futuro energetico. Va osservato che un certo aumento dei costi è comunque inevitabile, data la decisione di includere i costi esterni e di porre fine ai sussidi di cui finora ha goduto l'energia ricavata da combustibili fossili.

1.10

Per questo il Comitato raccomanda che la Commissione provveda a uno studio economico accurato sul tema del presente parere, per quantificare le questioni rimaste aperte.

1.11

Altre ripercussioni economiche di questo aumento dei costi potrebbero essere: (i) un danno potenziale per la concorrenzialità dell'industria europea, (ii) un onere maggiore che peserebbe in particolare sulle categorie socialmente svantaggiate.

1.12

Ne consegue il rischio che una quota ancor maggiore dell'industria proceda a delocalizzazioni verso paesi extra-UE in cui l'energia costa meno. Ciò non soltanto potrebbe non contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici (a causa del carbon leakage o "rilocalizzazione delle emissioni di carbonio"), ma nuocerebbe anche all'economia e alla prosperità dell'Europa.

1.13

Poiché sussidi inappropriati e incentivi differenti da un paese europeo all'altro possono causare costi aggiuntivi, occorre discutere in modo aperto e trasparente l'intero problema dei costi (comprese anche strategie energetiche alternative), occupandosi anche della questione dei costi esterni dei vari sistemi energetici e della loro interdipendenza.

1.14

Ne risulta la necessità di una politica energetica comune dell'Europa e di un mercato interno dell'energia, che potrebbero fornire la base per un quadro legislativo affidabile che ispiri fiducia e consenta investimenti nell'energia e la creazione di sistemi paneuropei, realizzando l'obiettivo di fondo di tutti gli sforzi volti a costruire una Comunità europea dell'energia.

1.15

È indispensabile uno strumento di sostegno efficace e più orientato al mercato per perseguire gli obiettivi ambientali, sociali ed economici, che rifletta i possibili costi esterni e che sia valido per tutta l'UE, in modo da consentire alle tecnologie energetiche rinnovabili di competere sul libero mercato.

1.16

A tal fine si potrebbe utilizzare un prezzo adeguato (una tassa) per il carbonio. Il Comitato raccomanda alla Commissione di elaborare, di concerto con gli Stati membri, iniziative politiche in direzione di tale strumento di sostegno, che consentirebbe di abolire tutti gli altri strumenti di sostegno alla penetrazione sul mercato delle varie fonti energetiche.

1.17

Il carattere planetario del problema climatico e l'integrazione internazionale dell'economia richiedono di porre un accento più deciso sulla situazione economica mondiale e sulle emissioni globali di carbonio. Accordi globali sulla protezione del clima sono quindi di vitale importanza.

1.18

Un elemento importante della procedura ulteriore sarebbe l'avvio di un dialogo pubblico, il dialogo europeo per l'energia, in merito all'energia in Europa, come indicato nella proposta recentemente adottata dal Comitato, e accolta dalla Commissione europea. Prima di adottare decisioni definitive con effetti di lungo termine, è necessario eseguire uno studio relativo all'impatto della Tabella di marcia 2050 sull'economia dell'UE e sulla sua competitività globale.

2.   Introduzione

2.1

Il Comitato accoglie con favore la richiesta della presidenza irlandese, che affronta un problema serio, un problema che occorre ancora risolvere se si vuole raggiungere l'obiettivo della Tabella di marcia per l'energia 2050. Il CESE ha dato un forte sostegno alle fonti energetiche rinnovabili nei suoi precedenti pareri e nel corso della preparazione del cosiddetto pacchetto 20/20/20.

2.2

Inoltre, il Comitato si è già occupato di vari aspetti della questione, da ultimo nel recente parere Integrazione delle energie rinnovabili nel mercato energetico (CESE 1880/2012). Il Comitato ha auspicato che si procedesse a installare nuovi impianti per convertire le fonti energetiche rinnovabili in energia elettrica, sia pure nel quadro di un mix energetico equilibrato. Esso inoltre ha raccomandato di mettere maggiormente l'accento sugli aspetti economici e sociali e sul contenimento dei costi crescenti, anzitutto mediante la determinazione del prezzo adeguato delle quote di emissione di carbonio, ricorrendo cioè all'unico strumento di sostegno che dovrebbe essere utilizzato. Il presente parere si inscrive nella stessa linea di fondo.

2.3

Per quanto riguarda il contesto e i punti di partenza del presente parere, va anche osservato che:

finora, gli sforzi internazionali volti a impedire un nuovo aumento delle emissioni globali di CO2 sono sostanzialmente falliti (Dieter Helm, The Carbon Crunch, Yale University Press 2012); il raggiungimento di livelli superiori a 400 ppm non è lontano.

L'energia (sempre più sotto forma di energia elettrica) è la linfa vitale della società moderna. Un'interruzione dell'elettricità di una certa durata avrebbe conseguenze molto gravi (Was bei einem Black-Out geschieht [Cosa succederebbe in caso di black-out], 2011, Studien des Büros für Technikfolgen-Abschätzung beim Deutschen Bundestag [Studi del dipartimento Valutazioni d'impatto tecnico del Parlamento tedesco]).

Per questa ragione, la sicurezza dell'approvvigionamento energetico deve essere trattata in modo almeno altrettanto prioritario di altri criteri di politica energetica.

Il Consiglio europeo del febbraio 2011 ha confermato l'obiettivo dell'UE di ridurre entro il 2050 le emissioni di gas a effetto serra dell'80-95 % rispetto ai livelli del 1990, come contributo europeo alla protezione del clima. Nella Tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050 (COM(2011) 112 final) presentata dalla Commissione, quest'obiettivo è concretizzato in una riduzione al 5 % del valore di riferimento per il settore dell'elettricità.

Al fine di raggiungere l'obiettivo finale della Tabella di marcia e di rispettare il quadro istituito dalla direttiva sulle energie rinnovabili, queste ultime dovranno assorbire, nel mix energetico definito da ciascuno Stato membro, la quota della produzione non coperta dall'energia nucleare o dalle centrali che utilizzano tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio.

Il problema principale delle fonti energetiche rinnovabili attualmente dominanti, ossia il vento e il sole, sono le loro considerevoli fluttuazioni nella produzione di energia, che impediscono di garantire una potenza sicura (Friedrich Wagner, Features of an electricity supply system based on variable input [Caratteristiche di un sistema di approvvigionamento dell'elettricità basato su un'immissione variabile], Max Planck Institute for Plasma Physics, 2012). Questa situazione sta già causando problemi visibili, che sono oggetto di dibattito pubblico e di attenzione da parte dei politici e dei mezzi di comunicazione.

3.   La questione dei costi

3.1

Il problema economico fondamentale che deve affrontare qualunque sistema di approvvigionamento energetico è dato dai costi dello sviluppo e del funzionamento del sistema completo (dal produttore al consumatore di energia), nonché dal loro impatto sulla capacità economica, la competitività e la sostenibilità sociale.

3.2

Negli ultimi anni, i costi sono cresciuti in misura significativa in tutti i comparti del settore dell'approvvigionamento energetico. Ciò vale per i combustibili fossili come il petrolio e il gas naturale (con aumenti aggravati da tasse e altri oneri) e per le nuove centrali nucleari (caratterizzate da costi aggiuntivi ragguardevoli dovuti ai loro sistemi di sicurezza), e vale in modo particolare anche per le fonti energetiche rinnovabili, a causa dei cospicui sussidi e dei meccanismi di sostegno necessari per aiutare la loro penetrazione sul mercato. Inoltre, nel sistema completo vi sono costi indiretti derivanti dallo sviluppo della rete, dalla regolazione dell'energia e dalle capacità di riserva, nonché costi esterni, che variano da una tecnologia energetica all'altra.

3.3

A causa della diversità delle sovvenzioni e/o delle tasse riguardanti le diverse fonti di energia nei diversi Stati membri, è piuttosto difficile e complesso delineare un quadro generale per tutta l'UE circa i costi delle varie fonti energetiche. Questo aspetto sarà nuovamente trattato nel capitolo 4.

3.4

In questo capitolo si discutono i costi previsti nel caso aumenti la quota delle fonti energetiche rinnovabili intermittenti, e nel capitolo successivo si analizzeranno le possibili ripercussioni economiche ulteriori, per poi formulare delle raccomandazioni quanto alle azioni da intraprendere. Se è vero che anche altre fonti energetiche potrebbero essere soggette ad aumenti dei costi, che le previsioni riguardanti gli sviluppi futuri dei combustibili fossili, sia in termini di utilizzo che di costi, riflettono in larga misura le discussioni sul potenziale del gas e dell'olio di scisto e sulle significative differenze nel prezzo dell'energia riscontrabili fra gli Stati membri dell'UE e, ad esempio, gli USA, e ancora che questo potrebbe essere un fattore importante nel giudicare i vantaggi economici e i rischi di un aumento del ricorso alle energie rinnovabili intermittenti, va comunque osservato che questo capitolo si concentra sui costi attesi di un aumento dell'uso di tali energie.

3.5

Si tratta di un primo tentativo, dal momento che non è nota allo stato attuale alcuna analisi indipendente e autorevole che fornisca un modello esaustivo dei costi dell'energia e che non soltanto comprenda tutte le esternalità note, ma riconosca anche il significativo impatto dei recenti sviluppi riguardanti il reperimento e la produzione dei combustibili fossili non convenzionali. Infine, prima di adottare decisioni definitive con effetti di lungo termine, la Commissione dovrebbe mettere in campo uno studio che valuti l'impatto della Tabella di marcia 2050 sull'economia dell'UE e sulla sua competitività globale. Tuttavia, andrebbero esaminati anche i vantaggi socioeconomici apportati dalle fonti di energia rinnovabile.

3.6

I costi esterni svolgono un ruolo fondamentale nel dibattito sulle diverse fonti di energia (in particolare sull'energia nucleare). Anche le tecnologie rinnovabili possono essere associate ad alcuni rischi (come il crollo di dighe o i materiali tossici) e costi esterni (come l'elevata occupazione di suoli). Tuttavia, un'analisi quantitativa di tali fattori e della loro interdipendenza (dovuta ad esempio alle centrali elettriche di riserva che utilizzano combustibili fossili) va oltre l'ambito del presente parere, e dovrà essere affrontata nel prosieguo dei dibattiti.

3.7

Se la crescente creazione di impianti che utilizzano fonti energetiche rinnovabili intermittenti continuerà, i costi sistemici indiretti finiranno per superare quelli diretti degli "impianti di produzione dell'elettricità". Anche se i costi diretti di tali impianti sono ormai scesi considerevolmente, essi non costituiscono ancora un'alternativa competitiva in assenza di sussidi e anzi contribuiscono ancora ad aumentare la bolletta energetica. D'altro canto, i fattori di costo aggiuntivi del sistema completo di approvvigionamento dell'energia sotto indicati diventeranno sostanzialmente più significativi soltanto con l'aumento della quota relativa delle FER, come si vedrà ora in maggiore dettaglio.

3.8

Produzione intermittente: la produzione di energia eolica e solare è possibile solo quando soffia il vento e/o il sole splende. Ciò significa che gli impianti utilizzati per convertire in elettricità le fonti energetiche rinnovabili intermittenti raggiungono la produzione massima soltanto per un numero limitato di ore all'anno: la durata di utilizzo della potenza installata è di circa 800-1 000 ore per le cellule fotovoltaiche (in Germania), 1 800-2 200 ore circa per l'energia eolica terrestre e circa il doppio per quella marina (off shore). Ad esempio, il rendimento energetico (Fonte: Energie-Daten 2011Bundesministerium für Wirtschaft BRD ["Dati energetici per il 2011" del ministero tedesco dell'Economia]) delle cellule fotovoltaiche e delle turbine eoliche in Germania nel 2011 è risultato rispettivamente poco sopra il 10 % e poco sotto il 20 % del rendimento annuo totale teorico ottenibile con una produzione costante. Dal canto loro, le centrali a combustibili fossili e nucleari possono raggiungere livelli molto più elevati (80-90 %) di utilizzo medio annuale (pari ad oltre 7 000 ore a pieno regime), e questo potenziale può essere utilizzato per mantenere il carico di base.

3.9

Capacità in eccesso: per sostituire la produzione media annua delle fonti energetiche "convenzionali" (combustibili fossili o nucleare) mediante FER intermittenti, la capacità produttiva dovrà essere aumentata con fattori che vanno ben oltre il carico di punta annuale; occorrerà creare e mantenere operativi impianti produttivi di una certa importanza dotati di capacità in eccesso, insieme a importanti impianti aggiuntivi di trasmissione e distribuzione. Sarà inoltre necessario uno sforzo ancor maggiore a causa dell'energia che va perduta nelle fasi di stoccaggio e riutilizzo.

3.10

Due casi tipici: le conseguenze di questa necessità possono essere illustrate da due casi tipici. Da un lato abbiamo una situazione in cui, durante il periodo in questione, la maggior parte degli "impianti produttivi" fornisce elettricità ( eccesso di fornitura ), dall'altro una situazione in cui solo una minoranza insufficiente di tali impianti funziona ( eccesso di domanda ).

3.11

Eccesso di fornitura: data la necessità di disporre di capacità in eccesso, quando l'elettricità generata dall'energia eolica o solare eccede la capacità della rete e la domanda puntuale dei consumatori finora connessi, possono succedere tre cose: o la produzione si arresta parzialmente (e quindi una potenziale produzione di energia rimane inutilizzata), oppure le reti si sovraccaricano o ancora, se esistono gli impianti acciò necessari, il surplus di energia elettrica può essere immagazzinato per essere successivamente fornito ai consumatori nei momenti in cui la produzione eolica o solare diventa insufficiente. Ci si attende che le possibilità di consumo flessibile (punto 3.16) migliorino la situazione.

3.11.1

Sovraccarico della rete e sicurezza dell'approvvigionamento energetico. L'energia prodotta dalle centrali eoliche e/o solari tedesche sovraccarica già, di tanto in tanto, le reti di trasmissione dei paesi vicini (in particolare Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia e Ungheria – EurActiv, 21 gennaio 2013), con perturbazioni che minacciano il funzionamento della rete e causano costi aggiuntivi dovuti alle misure di risposta e alla necessità di investire in sistemi protettivi (come i trasformatori a sfasamento). C'è il rischio di superare in modo significativo la tolleranza del sistema, mettendo in grave pericolo la sicurezza dell'approvvigionamento.

3.11.2

Stoccaggio. Per (i) alleggerire il sistema di rete dal sovraccarico della fornitura in eccesso dovuta alle enormi sovraccapacità connaturate alla crescente applicazione delle energie rinnovabili intermittenti e (ii) per immagazzinare quest'energia ai fini di un suo utilizzo successivo, lo sviluppo e l'installazione di una sufficiente capacità di stoccaggio complessiva rappresentano una sfida, un'opportunità e una necessità assoluta.

3.11.3

Fattore di perdita dovuta allo stoccaggio. Le centrali con stoccaggio mediante acqua sono quelle che causano la minore dispersione di energia e il loro uso su larga scala è in corso da molti anni ma, per fattori economici e naturali e data la necessità di un consenso della pubblica opinione, le possibilità di un ricorso più ampio e sufficiente a tali sistemi in Europa al momento sono assai limitate. Altri sistemi di stoccaggio per un uso su larga scala sono ancora in fase di sviluppo. Secondo le previsioni, la fornitura di elettricità da impianti di stoccaggio innovativi costerà almeno il doppio rispetto all'elettricità non stoccata (Niels Ehlers, Strommarktdesign angesichts des Ausbaus fluktuierender Stromerzeugung [La concezione dei mercati dell'elettricità in risposta allo sviluppo della produzione elettrica intermittente], 2011), con un fattore di perdita almeno pari a due. In questo campo sussiste un bisogno particolarmente acuto di ricerca e sviluppo.

3.11.4

Lo sviluppo di un sistema completo di fornitura elettrica deve essere una priorità. Di conseguenza, per poter installare nuovi impianti di produzione di energia a partire da fonti energetiche rinnovabili intermittenti, occorrerà dare la priorità all'installazione e messa in servizio delle componenti mancanti al completamento del sistema, in particolare a infrastrutture di trasmissione e sistemi di stoccaggio adeguati, nonché a sistemi per il consumo flessibile.

3.11.5

Misure preliminari. Occorre procedere in questo senso se si vuole continuare a sostenere l'immissione prioritaria nella rete, per non eccedere la tolleranza della rete stessa e consentire alla produzione di elettricità rinnovabile di soddisfare la domanda senza minacciare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico. In caso contrario, occorrerà modificare le regole sull'immissione prioritaria.

3.12

Eccesso di domanda. Dal momento che la produzione energetica delle fonti rinnovabili è soggetta a fluttuazioni, tali fonti possono apportare solo un contributo limitato alla "potenza garantita", ossia alle attività per assicurare la copertura del cosiddetto picco di consumo annuale. L'agenzia tedesca per l'energia Dena, nello studio Integration EE [Integrazione delle energie rinnovabili], 2012 calcola questo contributo nell'ordine del 5-10 % per l'energia eolica, e di un modesto 1 % per l'energia solare (rispetto al 92 % delle centrali a lignite). Questi rapporti possono migliorare o peggiorare in funzione della posizione geografica e delle caratteristiche climatiche dei singoli paesi.

3.13

Centrali di riserva. Da quanto precede si ricava che le centrali tradizionali (di riserva) saranno ancora necessarie per compensare la produzione energetica insufficiente delle fonti rinnovabili e assicurare una potenza affidabile che può essere regolata. Fino a che non avremo abbastanza impianti innovativi per lo stoccaggio di elettricità, le centrali tradizionali rimarranno indispensabili. Alcune tecnologie convenzionali non sono più redditizie economicamente, pur essendo necessarie per garantire un funzionamento stabile della rete. Se queste centrali di riserva useranno combustibili fossili (anziché, ad esempio, l'idrogeno ottenuto per elettrolisi utilizzando elettricità da fonti rinnovabili), raggiungere l'obiettivo della Tabella di marcia per l'energia 2050 risulterà più difficile.

3.13.1

Mantenere capacità di riserva: rispetto alle centrali elettriche "normali" che garantiscono il carico di base, le centrali di riserva sono usate in modo meno intenso nel corso dell'anno, e possono funzionare con livelli di efficienza più bassi e costi variabili più alti. Ne consegue che, nel loro ciclo di vita, causano costi più elevati rispetto a quelli delle centrali normali. Gli incentivi economici necessari per garantire la capacità di riserva necessaria sono in discussione (Veit Böckers et al., Braucht Deutschland Kapazitätsmechanismen für Kraftwerke? Eine Analyse des deutschen Marktes für Stromerzeugung [La Germania ha bisogno di meccanismi di capacità per le sue centrali elettriche? Un'analisi del mercato tedesco dell'elettricità], in Vierteljahrshefte zur Wirtschaftsforschung [Trimestrale di analisi economica], 2012).

3.14

Livellare le differenze regionali. Oltre alle centrali elettriche di riserva e alle tecnologie di stoccaggio, un'altra opzione consiste nel livellare le differenze regionali in termini di eccesso di fornitura e di domanda in momenti specifici, ad es. quando soffia il vento nell'Europa nord-occidentale ma non in quella sud-orientale. Il ricorso a questa opzione però significa che le regioni che beneficiano di un'esposizione eolica elevata a un certo momento dovranno avere un eccesso di capacità sufficiente per coprire anche la domanda delle regioni meno ventose, e che questi due tipi di regioni dovranno essere interconnessi mediante linee di trasmissione adeguate.

3.15

Espandere le reti di trasmissione dell'elettricità: dato che la stragrande maggioranza della capacità di generazione di elettricità a partire da fonti rinnovabili alimenta le reti a basso e medio voltaggio, occorrerà sviluppare e rafforzare tali reti. Sarà anche necessario adattare trasformatori e sistemi di controllo ("reti intelligenti") al nuovo ruolo delle reti di distribuzione. Inoltre, bisogna investire urgentemente nelle reti di trasmissione ad alta tensione, dal momento che interconnessioni insufficienti (ad es. fra la Germania settentrionale e quella meridionale) causano il passaggio imprevisto di flussi di energia che mettono a rischio la sicurezza del funzionamento dei sistemi di trasmissione. Ciò è dovuto in parte al fatto che la maggior parte degli impianti eolici non è installata vicino ai luoghi in cui si concentrano i consumatori o gli impianti di stoccaggio; inoltre capacità aggiuntive potrebbero consentire una maggiore sincronizzazione in Europa, al fine di sostituire parzialmente gli impianti di stoccaggio e le capacità di riserva.

3.15.1

Garantire contemporaneamente un utilizzo redditizio del potenziale europeo di energia rinnovabile e la sicurezza dell'approvvigionamento energetico richiederà quindi una considerevole estensione delle reti elettriche a livello locale, nazionale e transnazionale/europeo per ottimizzare l'utilizzo di una produzione energetica sottoposta a fluttuazioni.

3.16

Gestione della domanda e elettromobilità: quella di trasferire la domanda dai periodi di picco ai periodi di traffico normale ("stoccaggio funzionale dell'energia"), compresa l'elettromobilità, è un'altra opzione che può contribuire ad attutire gli effetti dell'intermittenza. Alcuni usi dell'elettricità si prestano bene allo scopo, ad esempio i sistemi di condizionamento dell'aria, raffreddamento e riscaldamento, gli elettrolizzatori e i forni fusori elettrici. L'elettromobilità mediante veicoli a batteria può essere un'altra possibilità, e si dovrebbe stabilire quali incentivi finanziari, combinati con l'utilizzo di contatori intelligenti, possano incoraggiare i clienti a rendere disponibili capacità in questo senso.

3.17

Costi del sistema nella sua interezza. L'economia nel suo insieme, ossia sostanzialmente i consumatori (e/o i contribuenti), dovrà inevitabilmente farsi carico dei costi totali derivanti dal ricorso alle fonti energetiche rinnovabili intermittenti. Fra questi costi ci sono quelli del ciclo di vita di almeno due sistemi di approvvigionamento energetico: da una parte una serie di centrali elettriche alimentate con le energie rinnovabili, che inevitabilmente richiederanno una capacità in eccesso significativa che dev'essere utilizzata, dall'altra una seconda serie di centrali con capacità di riserva tradizionali, stoccaggio dell'elettricità, nuove capacità di trasmissione e sistemi di gestione della domanda per i consumatori finali. Naturalmente, tutto questo deve essere raffrontato ai costi associati all'ulteriore utilizzo dei combustibili fossili (cfr. punto 3.3) e ai potenziali sussidi per la produzione di elettricità mediante fonti non rinnovabili.

3.18

In assenza di altre motivazioni, è notevole che, nei paesi che prevedono sistemi proattivi di sostegno per le FER intermittenti, come la Germania e la Danimarca, i prezzi interni dell'elettricità sono già superiori del 40-60 % alla media europea (Eurostat 2012). Di conseguenza, il maggiore ricorso alle tecnologie rinnovabili intermittenti secondo gli obiettivi della Tabella di marcia 2050 porterà a un aumento dei costi dell'elettricità che, se fatto pagare ai consumatori, secondo una prima valutazione di massima potrebbe comportare un fattore considerevole di crescita dei prezzi dell'elettricità. Si rimanda pertanto alla raccomandazione di cui al punto 3.5.

3.19

La prima risposta del Comitato alla domanda della presidenza irlandese è quindi che produrre un quantitativo crescente di elettricità a partire dalle fonti energetiche rinnovabili intermittenti secondo gli obiettivi della Tabella di marcia 2050 porterà a costi significativamente più elevati per gli utenti. Finora, il dibattito pubblico non si è soffermato con attenzione sufficiente sui costi del sistema nella sua interezza, concentrandosi soltanto sui costi dell'immissione (intermittente) della produzione energetica nella rete, una voce che rappresenta probabilmente la metà dei costi complessivi.

4.   Fattori economici

Dato quanto precede, il punto più importante da considerare ora è quali passi vadano compiuti per (i) tenere al più basso livello possibile l'aumento dei costi che si verificherà, (ii) renderne accettabile l'impatto, (iii) recare un beneficio alla forza economica dell'Europa e (iv) garantire l'approvvigionamento energetico.

4.1

Il sistema delle energie rinnovabili nel suo complesso. Per prevenire gli sprechi evitabili di risorse finanziarie e un aumento ancora maggiore dei prezzi dell'energia, occorre dare priorità alla pianificazione, allo sviluppo e all'installazione delle componenti necessarie al sistema completo (impianti di stoccaggio, reti e centrali di riserva) su scala sufficiente per aprire la strada all'ulteriore installazione delle FER intermittenti. L'esempio della Germania e la reazione dei paesi vicini mostra quel che può succedere quando fin dall'inizio non si tiene conto di questo principio.

4.1.1

Condizioni per i fornitori di energia. Ciò significa che occorre installare un sistema completo per le energie rinnovabili che copra tutta l'UE, per evitare di dover modificare le regole sull'immissione (cfr. punto 3.10.5). Ad esempio, i fornitori di elettricità da fonti rinnovabili intermittenti potrebbero avere l'obbligo di seguire un programma di produzione per il giorno successivo. Tale compito potrebbe essere semplificato grazie alle possibili sinergie con sistemi di erogazione di teleriscaldamento e teleraffreddamento e con i sistemi dei trasporti.

4.2

Il dibattito sui provvedimenti ulteriori da adottare dovrebbe distinguere fra le diverse categorie, tempistiche e aree d'azione (anche quando risultano correlate), ad esempio:

la sicurezza dell'approvvigionamento energetico come priorità assoluta e costante;

i limiti delle reti, a livello sia di trasmissione che di distribuzione;

politiche comuni a livello UE versus politiche varate dai singoli paesi;

in termini di politica economica: implicazioni dei costi più elevati, cicli di ammortamento, innovazione, fiducia degli investitori, costi dell'energia nel settore industriale, per le imprese e i trasporti, economia di mercato versus economia pianificata;

in termini di politica sociale: posti di lavoro (senza sovvenzioni incrociate), costi dell'energia per i consumatori privati;

tempistica: da una parte abbiamo bisogno di pianificare fino al 2020-2030, dall'altra dobbiamo pensare oltre il 2050. C'è bisogno di tempo per molti nuovi sviluppi e la loro attuazione, e le azioni affrettate possono comportare degli errori;

spazio per sviluppare approcci innovativi e metterli alla prova;

a livello internazionale: (i) rispetto al clima e alle crescenti emissioni di CO2, (ii) in relazione alla politica economica e alla competitività europea, senza trascurare il fenomeno del carbon leakage.

4.3

Elenco delle priorità. Al momento di ponderare le possibili azioni, occorre rivolgere maggiore attenzione alle tendenze e situazioni globali, nonché redigere un elenco chiaro delle priorità per gli obiettivi principali; occorre inoltre ridurre la crescente tendenza alle interferenze regolamentari non armonizzate da parte dei governi dei vari Stati membri (cfr. punto 4.7). Abbiamo bisogno piuttosto di creare fiducia e attirare così il potenziale interesse dei privati a investire in questo settore. I paragrafi che seguono si occupano di alcuni aspetti di questo problema.

4.4

Un approccio globale: l'obiettivo di fondo della politica europea in materia di energia e di clima dovrebbe essere adottare le misure adeguate e mandare i messaggi appropriati in modo da avvicinarci il più possibile (malgrado le tante battute d'arresto: Copenaghen, Cancún, Durban, Doha) all'obiettivo di minimizzare l'aumento dei livelli globali di concentrazione di CO2 , rafforzare la competitività economica dell'Europa sui mercati internazionali e far sì che l'energia sui mercati europei sia la più economica possibile. Dal momento che il clima è un problema di portata mondiale, un approccio puramente eurocentrico risulta fuorviante, e l'ambizione di avere un ruolo pionieristico in questo settore potrebbe non soltanto produrre investimenti e posti di lavoro, ma anche compromettere la nostra posizione negoziale a livello internazionale e la nostra visione della realtà.

4.5

Trasparenza, società civile e interessi dei consumatori: se vogliamo coinvolgere costruttivamente la società civile in questi processi (TEN/503) e dare attuazione alle politiche energetiche più strettamente orientate agli interessi dei consumatori occorre maggiore apertura, e i cittadini e i decisori europei devono familiarizzarsi maggiormente coi fatti concreti e le loro correlazioni. Spesso è difficile arrivare a questo risultato a causa delle informazioni e degli argomenti unilaterali avanzati da diversi gruppi di portatori d'interessi privilegiati, che nascondono i risvolti negativi delle loro posizioni. Il Comitato accoglie con favore le conclusioni del Consiglio in questa materia (Consiglio Energie rinnovabili, 3 dicembre 2012), ma allo stesso tempo auspica politiche d'informazione più ambiziose e più aperte.

4.6

Dialogo europeo per l'energia. Un elemento importante della procedura ulteriore sarebbe l'istituzione di un dialogo pubblico paneuropeo sull'energia come indicato nella proposta recentemente adottata dal Comitato (TEN/503), e accolta dalla Commissione europea. La partecipazione, la comprensione e il consenso da parte del pubblico per i diversi cambiamenti che dovranno essere apportati al nostro sistema energetico nei prossimi decenni sono elementi essenziali. In quest'ottica il CESE, per la sua composizione e per le realtà che rappresenta e che rispecchiano la società europea, è nella migliore posizione per entrare in contatto con i cittadini e gli altri soggetti interessati negli Stati membri e dar vita a un ampio programma fatto di democrazia partecipativa e azione pratica.

4.7

Una Comunità europea dell'energia: il Comitato conferma il proprio impegno a favore di una Comunità europea dell'energia (CESE 154/2012), l'unica in grado di rappresentare efficacemente le posizioni e gli interessi dell'Europa nelle relazioni con le controparti internazionali, e di fare il migliore uso delle condizioni regionali e climatiche date. Inoltre, è l'unico modo possibile di coordinare e migliorare le norme e gli strumenti di sostegno nazionali, che spesso sono in contraddizione fra loro, e di gestire e realizzare al meglio lo sviluppo della rete in Europa.

4.8

Mercato interno dell'energia: una Comunità europea dell'energia implica un libero mercato interno dell'energia (CESE 2527/2012), e questo vale anche per le energie rinnovabili. In questo modo si potrebbe garantire, nell'ottica del completo rimaneggiamento del sistema di approvvigionamento energetico previsto dalla Tabella di marcia per l'energia 2050, che la produzione di elettricità risponda alle esigenze dei consumatori nel modo più economico possibile e che gli investimenti siano effettuati al momento e al posto giusto (ad es. nelle regioni col clima adeguato) e in base alle tecnologie di generazione elettrica più economiche. Le energie rinnovabili devono quindi essere integrate in un mercato interno dell'energia europeo che funzioni secondo i principi del libero mercato.

4.8.1

Energie rinnovabili competitive: affinché le energie rinnovabili diventino competitive sul mercato dell'energia, le emissioni di CO2 generate dai combustibili fossili devono avere il giusto peso nella formazione dei prezzi grazie a uno strumento di mercato adeguato e coerente. Le energie rinnovabili insomma dovrebbero essere rese "competitive" nel medio termine e, per arrivare a questo risultato, dovrebbero essere sufficienti prezzi dell'elettricità non regolamentati in combinazione con prezzi (tasse) per il carbonio adeguati al ruolo di incentivo per gli investimenti. Accanto a tariffe adeguate per l'utilizzo della rete, questa dovrebbe essere una condizione necessaria e sufficiente per investire in centrali di riserva, impianti di stoccaggio e gestione della domanda al momento giusto, nel posto giusto e nella quantità giusta. In una situazione di questo tipo, i sussidi sarebbero necessari solo per le attività di ricerca, sviluppo e dimostrazione connesse con le nuove tecnologie.

4.9

Un approccio prudente alla condivisione dei costi. Anche se il previsto aumento dei costi dell'elettricità è solo all'inizio, in alcuni casi eccezionali vi sono già delle misure in fase discussione o addirittura di varo. Da una parte, come il Comitato ha già chiesto in altre occasioni (1), occorre che le categorie sociali a basso reddito siano protette dal fenomeno della povertà energetica. D'altra parte, i settori industriali a più elevata intensità energetica devono essere protetti dai continui aumenti del costo dell'energia, per evitare che risulti compromessa la loro competitività globale; in caso contrario, i loro siti produttivi si sposterebbero fuori dall'Europa, verso paesi in cui l'energia è meno cara, il che non favorirebbe certo la causa del clima, a causa del carbon leakage (TEN/492).

4.9.1

Peraltro, una delle conseguenze di questa situazione sarà che le PMI e le categorie sociali di reddito medio dovranno sostenere anche l'onere dei costi che vengono risparmiati ad altri settori e categorie.

4.10

Evitare la deindustrializzazione: occorre evitare un'ulteriore deindustrializzazione dell'UE. Al momento, il fenomeno sta creando l'illusione di un successo degli sforzi europei volti a ridurre le emissioni di CO2. In realtà, ciò che sta accadendo veramente è una forma nascosta di carbon leakage: se i prodotti non sono più fabbricati in Europa ma altrove, l'"impronta di carbonio" associata rimane la stessa, e può anche peggiorare.

4.11

Più ricerca e sviluppo anziché lanci sul mercato di larga scala affrettati e prematuri. La distinzione fra ricerca, sviluppo e dimostrazione da una parte e sostegno e lanci di mercato su larga scala dall'altra deve rimanere netta altrimenti, fra le altre cose, si rischiano situazioni di mercato che potrebbero impedire l'innovazione. Sussidi eccessivi per l'energia fotovoltaica (come nel caso della Germania, cfr. Frondel et al., Economic impacts from the promotion of renewable energy technologies [Effetti economici della promozione delle tecnologie energetiche rinnovabili], in Energy Policy 2010) non hanno aiutato a sviluppare un sistema competitivo nell'UE (Hardo Bruhns e Martin Keilhacker, Energiewende – wohin führt der Weg? [La transizione energetica: in che direzione?], in Politik und Zeitgeschichte 2011). Se possiamo disporre ormai di pannelli solari più economici, il merito non è dell'Europa, ma della Cina! Per questo, dobbiamo concentrarci sullo sviluppo di tutte le opzioni realistiche per ottenere energia a basse emissioni di carbonio, in particolare da fonti capaci di contribuire al carico di base, come l'energia geotermica e la fusione nucleare. Né l'Europa né il resto del mondo potranno risolvere il problema energetico una volta per tutte entro il 2050!

4.12

Offrire incentivi agli investimenti: alla luce della crisi in corso e della necessità di sviluppare un sistema completo di approvvigionamento energetico, è urgente investire in nuove tecnologie e infrastrutture. Tali investimenti generano ottimismo, contribuendo a creare posti di lavoro e ad instaurare un clima di fiducia. Ciò vale anche per la maggior parte degli investimenti nelle tecnologie a basso tenore di carbonio come le fonti energetiche rinnovabili, tenuto conto però di determinate limitazioni e condizioni, alcune delle quali sono già state indicate nel presente parere. In particolare, le politiche dovrebbero evitare di introdurre norme che impongano specifiche tecnologie, dal momento che ciò può perpetuare l'errata distribuzione delle scarse risorse disponibili (cfr. sopra).

4.13

Raccomandazione generale. La raccomandazione generale è quindi quella di rivedere il quadro delle norme e delle condizioni, e di garantire che queste ultime creino un clima tale da stimolare la ricerca, incoraggiare gli investimenti, favorire l'innovazione, sostenere il mercato interno e non compromettere la sicurezza dell'approvvigionamento energetico. I sussidi devono essere canalizzati verso la ricerca, lo sviluppo e la dimostrazione di tecnologie e sistemi. Allo stesso tempo, il solo sostegno possibile alle fonti energetiche rinnovabili affinché risultino competitive sul mercato dovrebbe venire dal criterio dei costi di riduzione della CO2 (prezzo del carbonio) (CESE 271/2008). Al tempo stesso occorre sopprimere qualsiasi sovvenzione al consumo di combustibili fossili.

4.14

Pari opportunità per la competizione globale. Per garantire che quest'approccio contribuisca in modo sufficiente ad affrontare i problemi climatici mondiali senza imporre ulteriori svantaggi competitivi a livello internazionale per l'industria europea, i paesi delle altre regioni del mondo devono compiere con urgenza sforzi analoghi ai nostri, o accettare obiettivi comuni realistici che garantiscono condizioni eque e comparabili per la concorrenza a livello planetario. Nonostante le delusioni del passato, il Comitato sostiene gli sforzi che l'UE continua a compiere in questa direzione.

4.15

L'Europa da sola. In caso di fallimento dei suddetti sforzi, rimane il problema di sapere per quanto tempo l'UE potrà seguire il proprio cammino solitario impegnandosi in obiettivi radicali senza compromettere gravemente la propria forza economica, col rischio di privarsi delle stesse risorse di cui ha bisogno per prepararsi ai cambiamenti climatici (che in tal caso risulterebbero probabilmente inevitabili), con tutte le ripercussioni economiche e politiche del caso.

Bruxelles, 17 aprile 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 53.


10.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 198/9


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Cielo unico europeo II +» (parere esplorativo)

2013/C 198/02

Relatore: KRAWCZYK

La Commissione europea, in data 24 gennaio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

Cielo unico europeo II +

(parere esplorativo).

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 aprile 2013.

Alla sua 489a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 aprile 2013 (seduta del 17 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 188 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il completamento del Cielo unico europeo (CUE) è parte integrante del processo teso a migliorare la competitività e la crescita dell'economia dell'UE attraverso un ulteriore rafforzamento del mercato unico europeo. Il suo obiettivo è quello di fornire ai cittadini europei condizioni migliori, più efficienti e affidabili per i viaggi aerei.

1.2

La crisi persistente nel settore dell'aviazione dell'UE e, soprattutto, nell'industria del trasporto aereo richiede che il CUE venga attuato in modo ancor più urgente. È della massima importanza portare i servizi europei di gestione del traffico aereo (ATM) a un livello di efficienza, in termini di prestazioni, gestione economica, qualità, sicurezza e protezione ambientale, paragonabile a quello delle migliori pratiche su scala mondiale.

1.3

In linea con i precedenti pareri TEN/451 (del 20 giugno 2011) e TEN 354/355 (del 21 gennaio 2009), il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia pienamente la necessità di un'attuazione tempestiva e globale del CUE e delle iniziative di ricerca sulla gestione del traffico aereo nel cielo unico europeo (SESAR) nell'ambito originariamente concordato nel 2004 e nel 2009. Gli strumenti giuridici che i regolamenti dell'UE forniscono alla Commissione europea sono sufficienti allo scopo. In ragione del prolungarsi della crisi nel settore aeronautico dell'UE e particolarmente nel settore delle compagnie di trasporto aereo, si potrebbe avviare una riflessione sugli obiettivi per il 2025.

1.4

Il CESE si rammarica che la maggior parte degli Stati membri destinatari degli obiettivi in materia di prestazioni non si sia conformata a tali obiettivi, e ciò senza incorrere in reali conseguenze giuridiche. Il CESE si rammarica inoltre che gran parte dell'iniziativa in materia di blocchi funzionali di spazio aereo (FAB) non abbia prodotto i risultati sperati e che il termine perentorio del 4 dicembre 2012 non sia stato rispettato.

1.5

In tale contesto, il CESE accoglie favorevolmente il piano della Commissione teso a dare un ulteriore slancio al Cielo unico europeo attraverso una nuova iniziativa chiamata CUE II +.

1.6

Il CESE ritiene che la revisione dell'attuale quadro legislativo relativo al CUE non debba essere incentrata soltanto sugli sviluppi istituzionali e sul miglioramento della chiarezza giuridica, ma anche sul rafforzamento dei seguenti elementi:

componenti dall'alto che integrino l'approccio dal basso,

maggior sostegno a un'attuazione tempestiva e sostanziale della normativa sul CUE mediante l'imposizione di sanzioni per inosservanza delle regole,

separazione dei servizi ausiliari di gestione del traffico aereo, aprendoli a una maggiore concorrenza e alle forze di mercato,

definizione di obiettivi che mirino alla qualità dei servizi e in ugual misura all'aumento dell'efficienza,

maggiore coinvolgimento degli utenti dello spazio aereo.

1.7

L'industria aeronautica europea si trova in una situazione economica molto difficile, che ha già portato alla perdita di migliaia di posti di lavoro. L'attuazione del CUE e l'aumento della sua efficienza sono quindi importanti anche per salvaguardare l'occupazione in questa parte della catena del valore del settore aeronautico. Il 5o pilastro del CUE è fondamentale in questo contesto per affrontare in modo adeguato le sfide relative all'occupazione, alla mobilità dei lavoratori, ai cambiamenti nella gestione del personale e alla formazione professionale. Di conseguenza, il dialogo sociale dovrebbe essere rafforzato e volgere lo sguardo oltre il settore ATM in senso stretto ed essere aperto alla partecipazione anche di parti sociali diverse dai rappresentanti dei fornitori di servizi di navigazione aerea, oltre a estendere l'ambito di discussione alle conseguenze sociali per i lavoratori del settore ATM, delle compagnie aeree, degli aeroporti e ai modi per salvaguardare l'occupazione nell'industria dell'aviazione dell'UE in senso lato.

1.8

Gli Stati membri, compresi quelli in ritardo nell'attuazione del CUE, dovrebbero presentare le loro strategie per il futuro sviluppo del settore del trasporto aereo di loro competenza.

1.9

Il CESE ritiene che l'alto livello di sicurezza raggiunto dal settore aeronautico UE dovrebbe continuare a essere della massima importanza. È fondamentale garantire che le misure necessarie per conseguire gli obiettivi economici continuino a sostenere l'aumento del livello di sicurezza.

2.   Introduzione

2.1

Il completamento del progetto Cielo unico europeo (CUE) è parte integrante del processo teso a migliorare la competitività e la crescita dell'economia dell'UE attraverso un ulteriore rafforzamento del mercato unico europeo. Il CUE punta a migliorare l'efficienza complessiva delle modalità di organizzazione e gestione dello spazio aereo europeo. Ciò comprende tra l'altro una riduzione dei costi, il miglioramento della sicurezza e della capacità, e la limitazione dell'impatto sull'ambiente. Il suo obiettivo è quello di fornire ai cittadini europei condizioni migliori, più efficienti e affidabili per i viaggi aerei.

2.2

A seguito delle recenti relazioni di Eurocontrol (la relazione comparativa del 2010 sul rapporto tra costi ed efficienza, il progetto di relazione comparativa del 2011 sullo stesso tema e il progetto di relazione PRU del 2011), va osservato che nel periodo 2007-2011 sono avvenuti numerosi cambiamenti. Di conseguenza, qualsiasi analisi della variazione complessiva del rapporto tra costi ed efficacia dovrebbe essere realizzata tenendo conto dei fatti principali verificatisi in questo periodo.

2.3

Nel 2010 il costo annuale generato dalla frammentazione dello spazio aereo europeo è stato di 4 miliardi di euro. Questa somma comprende 19,4 milioni di minuti di ritardo dovuti alla gestione del flusso di traffico aereo (ATFM) in volo; inoltre, l'itinerario di ogni volo è stato in media di 49 km più lungo rispetto alla rotta più diretta. A livello europeo, il costo economico per ora di volo è aumentato leggermente tra il 2006 e il 2009 (ossia, +1 % l'anno in termini reali); è aumentato notevolmente nel 2010 (+4,6 % in termini reali) per poi diminuire nel 2011 (-4,3 %) prima del Primo periodo di riferimento del CUE II. Nel 2010 i costi per la fornitura di servizi ATM/CNS sono scesi (-4,8 % in termini reali), una diminuzione che è stata annullata dal brusco aumento dei ritardi ATFM (+77,5 %) che, al contrario, sono calati del 42 % nel 2011.

2.4

La significativa variazione dei costi totali sostenuti dalle compagnie aeree per i servizi di navigazione aerea, che nel 2010 andavano da 849 a 179 euro (ossia, fino a cinque volte tanto), è particolarmente importante. Inoltre, i cinque principali fornitori di servizi di navigazione aerea (ANSP), che lavorano tutti in condizioni economiche e operative sostanzialmente simili, hanno mostrato differenze significative nei loro costi unitari, oscillanti tra i 720 e i 466 euro. Questo divario rappresenta il chiaro segnale che la gestione del traffico europeo non è ottimizzata sul territorio europeo.

2.5

I risultati dei sistemi CUE I e CUE II (introdotti rispettivamente nel 2004 e nel 2009) dimostrano che i principi e l'orientamento generale dell'iniziativa CUE sono validi, che sono stati compiuti degli sforzi per ottimizzare le regole di gestione del traffico aereo e che questi sforzi stanno iniziando a dare i primi frutti. Questi sistemi hanno tuttavia mostrato anche una serie di lacune, in larga misura dovute all'incapacità degli Stati membri di fornire una chiara visione delle loro attuali priorità in materia di aviazione. Queste priorità vanno da temi quali la creazione di valore aggiunto per gli utenti dello spazio aereo alla massimizzazione delle entrate derivanti dalle operazioni di trasporto aereo, sino all'utilizzo dell'aviazione quale strumento per lo sviluppo regionale e microeconomico. Di conseguenza, la fornitura di servizi di navigazione aerea in Europa mostra tuttora notevoli carenze in termini di efficienza e qualità, eppure manca una spiegazione chiara delle ragioni di questa situazione. Inoltre l'attuale assetto istituzionale è tutt'altro che ottimale, in quanto comprende numerose sovrapposizioni e lacune, oltre a mancare un orientamento comune tra le varie parti interessate. Il quadro istituzionale del CUE ha pertanto bisogno di essere rafforzato.

2.6

La ricerca sulla gestione del traffico aereo nel cielo unico europeo (SESAR) è la componente tecnologica del CUE. Secondo uno studio dell'impresa comune SESAR, l'impatto macroeconomico del sistema europeo di nuova generazione per la gestione del traffico aereo potrebbe portare a un incremento del PIL di 419 miliardi di euro per l'economia europea e creare circa 320 000 posti di lavoro. Il completamento del programma SESAR richiederà notevoli investimenti da parte di tutti i soggetti della catena di valore del settore aeronautico; tali investimenti saranno difficili da giustificare, a meno che non venga stabilita una remunerazione degli investimenti accettabile basata sull'introduzione sincronizzata delle componenti aeree e terrestri che tenga conto degli utenti dello spazio aereo, dei fornitori di servizi di navigazione aerea e degli aeroporti. Il quadro istituzionale deve evolvere per assicurare la riuscita introduzione del SESAR; al tempo stesso, tutte le parti cooperanti devono condurre solidi studi sul rapporto costi/benefici per la sequenza dei progetti d'investimento lungo l'intera catena del valore del settore aeronautico.

2.7

La Commissione europea intende pertanto pubblicare un pacchetto legislativo (CUE II +) basato sulle iniziative CUE esistenti che punterà a migliorare ulteriormente l'efficienza in rapporto ai costi, la capacità, la sicurezza e la qualità della regolamentazione.

2.8

Sulla base delle informazioni ricevute dalla Commissione europea, l'iniziativa CUE II + punterà a:

rafforzare lo scarso rendimento dei servizi di navigazione aerea dando nuova vita ai blocchi funzionali di spazio aereo (FAB), assicurare il finanziamento per l'introduzione del SESAR, aggiornare il sistema di tariffazione per il controllo del traffico aereo, modernizzare la tecnologia attraverso il completamento del SESAR e stabilire obiettivi per un rendimento più efficiente;

migliorare l'attuale assetto istituzionale, che è subottimale, attraverso un ventaglio di misure, tra cui figurano quelle volte a concentrare la regolamentazione economica nelle mani della Commissione europea e a rendere l'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA) competente per la regolamentazione tecnica e il controllo; a riconoscere Eurocontrol quale organo di sostegno per queste istituzioni; ad aggiornare la governance del gestore della rete e a chiarire i quadri di riferimento per il CUE e l'AESA attraverso l'eliminazione di sovrapposizioni e, infine, a sviluppare un'Agenzia europea per l'aviazione (EAA) che si occupi di tutti gli aspetti legati al controllo dell'industria aeronautica europea, comprese le questioni tecniche, economiche e relative alla sicurezza;

rifondere gli strumenti normativi in un unico atto legislativo coerente;

esortare gli Stati membri ad adattare Eurocontrol al nuovo quadro istituzionale.

3.   Osservazioni generali

3.1

In linea con i precedenti pareri TEN/451 (del 20 giugno 2011) e TEN 354/355 (del 21 gennaio 2009), il CESE appoggia pienamente la necessità di un'attuazione tempestiva e globale delle iniziative dell'UE legate al CUE e alla ricerca sulla gestione del traffico aereo nel cielo unico europeo (SESAR). La sensazione di dover agire con urgenza dovrebbe essere molto più forte, in quanto la situazione economica di molte compagnie aeree europee è attualmente assai critica.

3.2

Il CESE si attende che l'attuazione del pacchetto relativo al CUE venga completata integralmente, ossia nell'orizzonte temporale originariamente concordato nel 2004 e nel 2009. A questo riguardo, gli strumenti giuridici che i regolamenti dell'UE forniscono alla Commissione europea sono sufficienti.

3.3

In tale contesto il CESE accoglie favorevolmente il piano della Commissione di dare un ulteriore slancio all'iniziativa CUE. È essenziale che tutti gli Stati membri dell'UE onorino il precedente impegno politico di portare a termine tempestivamente la piena attuazione del CUE. È inoltre di fondamentale importanza che la Commissione europea mantenga un ruolo guida forte e la responsabilità durante tutto il processo di attuazione.

3.4

Considerati i risultati relativamente scarsi dell'attuazione del Cielo unico europeo (CUE) dopo l'entrata in vigore del CUE I nell'aprile 2004 e del CUE II nel dicembre 2009, il CESE ritiene che la revisione dell'attuale quadro giuridico relativo al CUE non debba essere incentrata soltanto sugli sviluppi istituzionali, ma anche sul rafforzamento dei seguenti elementi:

componenti dall'alto che integrino l'approccio dal basso,

chiara presentazione delle strategie degli Stati membri, in particolare di quelle che possono ostacolare l'attuazione del CUE,

rafforzamento dell'attuazione tempestiva e sostanziale della normativa sul CUE mediante l'imposizione di sanzioni per inosservanza delle regole,

obbligo di separazione dei servizi ausiliari di gestione del traffico aereo, aprendoli a una maggiore concorrenza e alle forze di mercato,

definizione di obiettivi che puntino alla qualità dei servizi e in ugual misura all'aumento dell'efficienza,

maggiore coinvolgimento degli utenti dello spazio aereo,

una partecipazione più ampia delle parti sociali - non solo dei rappresentanti dei fornitori di servizi di navigazione aerea - nel quadro del dialogo sociale previsto dall'iniziativa CUE II +.

4.   Osservazioni particolari

4.1

Il CESE si rammarica che un numero significativo di Stati membri destinatari degli obiettivi non si sia conformata agli obiettivi in mataeria di prestazioni, e ciò senza incorrere in reali conseguenze giuridiche. I piani nazionali di prestazione recentemente presentati dimostrano che questi Stati membri hanno ulteriormente annacquato gli obiettivi. Inoltre, per garantire che gli Stati membri creino sinergie maggiori entro i blocchi funzionali di spazio aereo (FAB) e – in ultima analisi – tra di essi, sono chiaramente necessari obiettivi ambiziosi in materia di prestazioni associati a un meccanismo sanzionatorio efficace, oltre a strategie degli Stati membri chiare e inequivocabili che siano sostenute dalla necessaria armonizzazione paneuropea della legislazione in questo campo. Il CUE dovrebbe stimolare lo sviluppo dei necessari strumenti giuridici europei comuni (ossia, di diritto civile) e un approccio comune al settore europeo della difesa aerea.

4.2

Il CESE reputa che andrebbero attribuiti maggiori poteri a livello dell'UE e dei FAB per contribuire a superare gli attuali problemi, laddove gli Stati membri concentrano la loro attenzione sulla protezione dei rispettivi fornitori nazionali di servizi di navigazione aerea oppure li utilizzano come strumenti al servizio dell'economia nazionale, invece di creare valore aggiunto per gli utenti dello spazio aereo e i clienti/passeggeri. Gli obiettivi prestazionali a livello dell'UE dovrebbero contribuire ad assicurare che vengano raggiunti gli obiettivi di alto livello del CUE per il 2020 (ossia, rispetto al 2005, un aumento della capacità del 300 %, ove necessario, una diminuzione del 10 % dell'impatto ambientale dei voli e una riduzione del 50 % del costo dei servizi di gestione del traffico aereo per gli utenti dello spazio aereo) e consentire di proseguire verso la deframmentazione degli spazi aerei nazionali.

4.3

Il CESE sottolinea la necessità di salvaguardare l'indipendenza dell'organo di valutazione delle prestazioni (PRB) dell'UE. Le sue attività dovrebbero essere separate da quelle di Eurocontrol e trasferite a un organo interamente dell'UE sotto la responsabilità della Commissione. L'UE dovrebbe inoltre attribuire al PRB un ruolo più forte nel processo di definizione degli obiettivi in materia di prestazioni su scala europea e dei piani di prestazione nazionali. Non bisognerebbe continuare con la sovra-rappresentazione dei fornitori di servizi di navigazione aerea.

4.4

Il CESE reputa che occorra stabilire sanzioni e incentivi a livello dell'UE per prevenire il mancato raggiungimento degli obiettivi in materia di prestazioni e per assicurare che tali obiettivi rimangano distinti dagli interessi nazionali. In particolare, bisognerebbe prevedere di collegare il tasso di remunerazione degli investimenti realizzati dai fornitori di servizi di navigazione aerea e il loro capitale netto ai risultati del sistema di prestazioni.

4.5

Il CESE si rammarica che gran parte dell'iniziativa in materia di blocchi funzionali di spazio aereo (FAB) non abbia prodotto i risultati sperati e che il termine legale del 4 dicembre 2012 relativo al CUE II non sia stato rispettato. Bisognerebbe dare un nuovo slancio alle iniziative in materia di blocchi funzionali di spazio aereo attraverso un maggiore orientamento dall'alto verso il basso a livello dell'UE. Un approccio più dall'alto verso il basso dovrebbe assicurare che i blocchi funzionali di spazio aereo producano benefici reali invece degli attuali esercizi di "cosmesi". In tale contesto, al gestore della rete CUE dovrebbe essere conferito il potere di proporre e realizzare progetti specifici a partire dai blocchi funzionali di spazio aereo per ottimizzare la governance dei FAB, lo spazio aereo e le risorse tecniche e umane, sulla base di scadenze chiare. Andrebbero stabilite sanzioni per i casi di inosservanza delle regole. Inoltre, al gestore della rete e agli utenti interessati dello spazio aereo dovrebbe essere assegnato un posto di osservatore negli organi principali dei FAB.

4.6

Il contributo degli Stati membri al comitato per il cielo unico europeo è stato sinora contraddistinto dal prevalere degli interessi nazionali invece che degli obiettivi dell'UE. L'ultima decisione di tale comitato sul sistema di prestazioni e tariffazione per il periodo 2015-2019 rappresenta un'altra battuta d'arresto nell'attuazione del CUE. Il CESE propone che vengano conferiti sia agli utenti dello spazio aereo, sia ai fornitori di servizi di navigazione aerea un posto di osservatore e il diritto di iniziativa in tutte le attività del comitato per il cielo unico europeo.

4.7

Il CESE si rallegra nuovamente per l'intenzione della Commissione di valutare in una nuova prospettiva la disaggregazione dei servizi ausiliari di gestione del traffico aereo come mezzo per migliorare l'attenzione al cliente e l'efficienza. Gli strumenti normativi dell'UE dovrebbero essere utilizzati per accelerare il processo di disaggregazione. In tale contesto, il CESE si rammarica che la Commissione non abbia rispettato il termine legale del 4 dicembre 2012 per preparare e presentare uno studio al Parlamento europeo e al Consiglio che valutasse l'impatto - dal punto di vista giuridico, della sicurezza, industriale, economico e sociale - dell'applicazione dei principi di mercato alla prestazione di servizi di comunicazione, navigazione, sorveglianza e informazione aeronautica, tenuto conto degli sviluppi nei blocchi funzionali di spazio aereo e nella tecnologia disponibile.

4.8

Il CESE ritiene che la legislazione sul CUE II + debba affrontare la separazione tra i servizi di navigazione aerea fondamentali aggregati e i servizi ausiliari, come la comunicazione, navigazione e sorveglianza (CNS), i servizi meteorologici (MET) e la formazione, liberalizzando il mercato per questi servizi, con il possibile risultato di una maggiore efficienza, di una qualità superiore e di una riduzione complessiva nei costi. Il CESE rileva che l'importanza di un'ulteriore liberalizzazione dei servizi ausiliari è stata anche sottolineata nella valutazione d'impatto della legislazione sul CUE II + e nella conferenza ad alto livello sul CUE tenutasi a Limassol. Sebbene l'attuale legislazione consenta la disaggregazione a livello nazionale, gli Stati membri sono ancora piuttosto esitanti a utilizzare questo strumento per aumentare le prestazioni. Ove possibile, la fornitura di servizi CNS e MET dovrebbe essere soggetta a condizioni di mercato e a procedure di appalto. Inoltre le condizioni di mercato non dovrebbero essere associate a un sistema di designazione appartenente a quello stesso mercato, altrimenti prevarrebbe quest'ultimo. Tutte le sovvenzioni incrociate e locali d'importo considerevole andrebbero proibite.

4.9

Il nuovo concetto di servizi centralizzati di Eurocontrol dovrebbe essere preso in debita considerazione, purché questi servizi siano basati su motivazioni economiche accettabili approvate dai soggetti operativi interessati (compagnie aeree, fornitori di servizi di navigazione aerea e aeroporti) e su gare d'appalto con procedura aperta volte ad aggiudicare contratti a termine alle imprese che hanno presentato l'offerta migliore.

4.10

Il CESE evidenzia il fatto che la deframmentazione delle strutture per i servizi di navigazione aerea potrebbe essere resa possibile avvalendosi di centri unificanti. Il concetto di "centro virtuale" potrebbe rappresentare un punto di partenza utile. Questo approccio prevede l'utilizzo di modelli completamente standardizzati di unità di servizi di traffico aereo che operano a partire da luoghi differenti che utilizzano metodi operativi, procedure e attrezzature pienamente standardizzati, ma modulabili, secondo modalità tali che gli utenti dello spazio aereo li percepiscano come un sistema unico. Questo effetto è inoltre chiaramente visibile nell'attuale serie di programmi CUE, come SERA e SESAR. Questi piani sostengono la piena interoperabilità tecnica e operativa tra i fornitori di servizi di navigazione aerea partecipanti, che a loro volta consentono a settori assegnati a un'unità specifica di essere temporaneamente trasferiti sotto la responsabilità operativa di un altro. Di conseguenza, ciò renderebbe possibile ottimizzare l'uso dei centri di controllo di area (ACC) durante la notte e di assicurare una prestazione ottimale in ogni momento.

4.11

Il CESE ritiene pertanto che la legislazione sul CUE II + debba fornire un quadro normativo adeguato per guidare e orientare l'attuazione delle misure di standardizzazione in modo coerente e omogeneo. Bisognerebbe istituire un organo direttivo comune ai blocchi funzionali di spazio aereo per assicurare un'introduzione coerente e coordinata. Le misure di standardizzazione rappresentano un mezzo realistico ed efficace di raggiungere gli obiettivi in materia di prestazioni su scala UE.

4.12

Il CESE accoglie favorevolmente i piani della Commissione tesi ad accrescere i compiti e i poteri del gestore della rete CUE. In tale contesto, è essenziale consentire agli utenti dello spazio aereo di prendere parte alle decisioni strategiche che riguardano le prestazioni della rete e dare ai fornitori di servizi di navigazione aerea un ruolo nel processo decisionale relativo alle prestazioni locali.

4.13

Il CESE prende nota del fatto che la Commissione intende estendere la sfera di attività dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA) per permetterle di occuparsi di tutta la regolamentazione tecnica e del controllo anche in settori non legati alla sicurezza. Il CESE concorda che questo potrebbe essere l'approccio giusto, ma teme che gravare l'AESA di nuovi compiti, anche se con il sostegno del concetto delle priorità identificate in funzione dei rischi, possa generare più problemi che benefici, oltre a distogliere l'attenzione dell'AESA dalla sua missione fondamentale legata alla sicurezza. Il CESE ritiene pertanto che l'espansione della sfera di attività dell'AESA non debba essere considerata una priorità in questo momento. Al contrario, il CESE ritiene che le potenziali sovrapposizioni tra il quadro AESA e il quadro CUE possano essere risolte attraverso meccanismi di coordinamento adeguati tra l'AESA, Eurocontrol e la Commissione, senza modificare necessariamente il quadro istituzionale.

4.14

Il ruolo di Eurocontrol nell'attuazione operativa del CUE è molto importante. Per assicurare in futuro una prestazione efficiente dei servizi centralizzati come quelli forniti dal gestore della rete, sarà necessaria una revisione dell'attuale convenzione Eurocontrol.

4.15

Per quanto riguarda il SESAR, il CESE sottolinea l'importanza di assicurare un finanziamento pubblico sufficiente per sostenere l'introduzione sincronizzata delle componenti aeree e terrestri. Inoltre agli investitori operativi (utenti dello spazio aereo, fornitori di servizi di navigazione aerea e aeroporti) dovrebbe essere attribuito un ruolo di primo piano nella governance dell'introduzione del SESAR al momento di decidere le priorità, sulla base di chiare motivazioni economiche. Il CESE sottolinea l'importanza di attuare il SESAR come un progetto infrastrutturale europeo fondamentale. Il Comitato è estremamente preoccupato per i possibili tagli al bilancio del meccanismo per collegare l'Europa, che potrebbero influire sulla capacità di portare avanti la realizzazione del progetto. È inoltre della massima importanza elaborare possibili modelli di finanziamento futuro per un'applicazione militare del SESAR.

4.16

Il CESE non sostiene la proposta della Commissione di introdurre una modulazione dei prezzi per le rotte congestionate. Ciò non porterebbe in realtà ad alcun miglioramento nell'utilizzo della capacità dello spazio aereo; inoltre, poiché la sua introduzione potrebbe spingere gli operatori di aeromobili a volare lungo rotte più lunghe, ciò sarebbe anche in contrasto con l'obiettivo dell'UE di ridurre le emissioni come mezzo per combattere i cambiamenti climatici. Inoltre, un sistema di questo tipo sarebbe anche iniquo, perché gli operatori di aeromobili già pagano un prezzo per la congestione delle rotte a causa dei costi indiretti dei ritardi. Un approccio di questo genere porterebbe a una doppia sanzione, che sarebbe totalmente inaccettabile, specialmente in quanto gli operatori di aeromobili utilizzano le tariffe di rotta per finanziare miglioramenti delle infrastrutture, che dovrebbero in ultima analisi ridurre la congestione.

4.17

Il CESE ritiene invece che la modulazione dei prezzi dovrebbe puntare a motivare gli operatori di aeromobili ad acquistare le apparecchiature necessarie per migliorare la prestazione complessiva del sistema di gestione del traffico aereo. Questo risultato potrebbe essere raggiunto utilizzando fondi pubblici per ridurre le tariffe di utilizzo per quegli operatori di aeromobili che investono precocemente in tecnologie SESAR. Questo approccio potrebbe essere accompagnato da ulteriori misure, come il concetto del "miglior attrezzato, miglior servito", che il CESE sostiene pienamente.

5.   Dialogo sociale

5.1

L'industria aeronautica europea si trova in una situazione economica molto difficile che ha già portato alla perdita di migliaia di posti di lavoro. L'attuazione del CUE e l'aumento della sua efficienza sono quindi importanti anche per salvaguardare l'occupazione in questa parte della catena del valore del settore aeronautico. Il 5o pilastro del CUE è fondamentale in questo contesto per affrontare in modo adeguato le sfide relative all'occupazione, alla mobilità dei lavoratori, ai cambiamenti nella gestione del personale e alla formazione professionale. Di conseguenza, il dialogo sociale dovrebbe essere rafforzato e volgere lo sguardo oltre il settore ATM in senso stretto ed essere aperto alla partecipazione anche di parti sociali diverse dai rappresentanti dei fornitori di servizi di navigazione aerea, oltre a estendere l'ambito di discussione alle conseguenze sociali per i lavoratori del settore ATM, delle compagnie aeree, degli aeroporti e ai modi per salvaguardare l'occupazione nell'industria dell'aviazione dell'UE in senso lato.

5.2

Il CESE è fermamente convinto che un dialogo sociale effettivo e costante sia essenziale per agevolare il processo di transizione. Se il personale non è pienamente coinvolto in questa transizione, il rischio di fallimento aumenterà in misura considerevole. In particolare, le nuove tecnologie e i nuovi concetti operativi sviluppati dal SESAR modificheranno il ruolo tradizionale dei controllori del traffico aereo, che agiranno da gestori del traffico aereo.

5.3

È importante che il dialogo sociale nel quadro del CUE tenga conto delle preoccupazioni di tutte le parti coinvolte nell'attuazione. L'attuale prevalenza di rappresentanti dei fornitori di servizi di navigazione aerea non è pertanto giustificata e rischia di discriminare ulteriormente altri importanti soggetti del settore.

Bruxelles, 17 aprile 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


10.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 198/14


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il tessile tecnico: un motore di crescita (parere d'iniziativa)

2013/C 198/03

Relatrice: BUTAUD-STUBBS

Correlatrice: NIESTROY

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 12 luglio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Il tessile tecnico:

un motore di crescita.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 12 marzo 2013.

Alla sua 489a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 aprile 2013 (seduta del 17 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 172 voti favorevoli e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il settore del tessile tecnico, che nell'UE ha registrato tendenze economiche e occupazionali positive, è un esempio di settore tradizionale in grado di "reinventarsi" sulla base di un nuovo modello commerciale pienamente adatto alle necessità della nuova rivoluzione industriale (più intelligente, più inclusiva e più sostenibile).

1.2

Le materie tessili e le tecnologie del settore rappresentano innovazioni fondamentali che potrebbero rispondere a un'ampia gamma di sfide della società. Il tessile tecnico è un fattore abilitante in altre industrie attraverso la proposta e l'offerta di:

materiali alternativi: tessuti leggeri, elastici, morbidi, (multi)funzionali, resistenti;

nuove tecnologie: duttili, costanti, adattabili;

componenti funzionali: affidabili, multifunzionali, efficienti in termini di costi e di facile uso che fanno parte di strutture e soluzioni tecnologiche più vaste.

1.3

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) richiama l'attenzione della Commissione europea e del Parlamento europeo sui principali fattori di successo che bisogna incoraggiare per favorire la crescita di questo promettente settore:

introdurre a livello nazionale ed europeo misure semplici ed efficienti tese a incoraggiare e finanziare l'innovazione (tecnologica e non tecnologica);

sostenere tutti gli sforzi necessari che permettono alla forza lavoro di migliorare le sue qualifiche e di adattare le sue competenze ai mercati in crescita (salute, costruzioni, trasporti, cosmetici, ecc.);

includere nei pertinenti programmi di R&S dell'UE una componente relativa al tessile, allo scopo di favorire la sostituzione dei materiali tradizionali – come l'acciaio e il cemento – con materie tessili più sostenibili, e rafforzare la ricerca volta al riciclaggio di questi materiali anche nel settore in evoluzione dell'economia basata sul CO2 (intendendo il CO2 come una risorsa);

tener conto dell'effetto di qualsiasi aumento del costo dell'energia sulle imprese ad alta intensità energetica nell'UE che operano, ad esempio, nel settore della produzione di tessuti non tessuti e di compositi;

sostenere l'industria nella realizzazione di valutazioni del ciclo di vita, per dimostrare la sostenibilità ambientale dei prodotti.

2.   Il settore del tessile tecnico nell'UE

2.1   Definizione del settore e mercati principali

2.1.1   Per tessile tecnico si intendono le fibre tessili, i materiali (compresi quelli di sostegno) che rispondono a criteri tecnici piuttosto che estetici, anche se per certi mercati - come quello degli indumenti da lavoro o degli equipaggiamenti sportivi - vengono soddisfatti entrambi i criteri.

Il tessile tecnico fornisce una risposta funzionale a un'ampia gamma di requisiti specifici: leggerezza, resistenza, rinforzo, filtraggio, incombustibilità, conduttività, coibenza, flessibilità, assorbimento e così via.

Grazie alla natura delle fibre (poliestere, polipropilene, viscosa, cotone, carbonio, vetro, aramide, ecc.), oltre che alla scelta delle tecniche manifatturiere più pertinenti (filatura, tessitura, trecciatura, lavorazione a maglia, non tessuto, ecc.), compresi i processi di finissaggio (tintura, stampa, verniciatura, laminazione, ecc.), i produttori del settore sono in grado di proporre soluzioni tessili che offrono le proprietà meccaniche, protettive o di scambio idonee per le specifiche necessità degli utilizzatori finali.

Pertanto, la definizione non dipende dalla materia prima, dalla fibra o dalla tecnologia usata, ma dall'utilizzo finale del prodotto.

La Fiera di Francoforte, che è il principale polo fieristico mondiale per il tessile tecnico con Techtextil, ha individuato 12 mercati principali (1).

In effetti, il tessile tecnico fa parte di un settore più ampio che David Rigby Associates definisce "l'ingegneria dei materiali flessibili" (2), comprendente schiume, pellicole, polveri, resine e materie plastiche. Il tessile tecnico è anche un elemento fondamentale dei compositi, che potrebbero essere definiti come la combinazione tra due o più materiali diversi per forma o composizione e - in genere - una matrice che potrebbe essere di fibre, oltre a un rinforzo più forte della matrice.

2.2   Fatti e cifre

2.2.1   L'industria del tessile e dell'abbigliamento dell'UE

Secondo le ultime stime di Euratex, nel 2011 l'industria del tessile e dell'abbigliamento dell'UE ha raggiunto un fatturato di 171,2 miliardi di euro grazie alle sue quasi 187 000 aziende che danno lavoro a più di 1,8 milioni di lavoratori. La dimensione delle imprese è abbastanza piccola (tessile: 13, abbigliamento: 9, totale: 10) e ciò spiega perché operano principalmente all'interno del mercato unico, mentre le esportazioni verso paesi terzi hanno raggiunto i 38,7 miliardi di euro, ossia il 22,6 % delle vendite mondiali.

2011

Consumo delle famiglie

(in miliardi di euro)

Fatturato

(in miliardi di euro)

Imprese

(in migliaia)

Lavoratori

(in migliaia di persone)

Importazioni da paesi terzi

(in miliardi di euro)

Esportazioni verso paesi terzi

(in miliardi di euro)

Bilancia commerciale

(in miliardi di euro)

Abbigliamento

304,0

77,5

131,4

1 117,9

67,7

18,4

–49,32

Tessile

166,5

93,9

55,5

716,4

25,4

20,3

–5,06

TOTALE

470,5

171,4

186,9

1 834,3

93,1

38,7

–54,37

Fonte: dati Euratex riveduti sulla base dei dati forniti dai membri e da Eurostat - 2011

2.2.2   L'industria europea del tessile tecnico

Nei precedenti pareri sul settore tessile, il CESE ha indicato nel tessile tecnico uno dei campi di attività più promettenti per le aziende tessili europee, specialmente per le PMI. L'industria dell'UE svolge già un ruolo guida nello sviluppo dei tessili tecnici (3). Questo settore, grazie alla sua grande capacità d'innovazione, ha un potenziale in termini di occupazione, sia diretta che indiretta, e di crescita nell'UE.

2.2.2.1   Un sottosettore del tessile

Secondo Euratex, l'industria del tessile tecnico nell'UE rappresenta circa il 30 % del fatturato totale del settore tessile (escluso l'abbigliamento), ossia 30 miliardi di euro (la quota di mercato potrebbe essere maggiore in alcuni Stati membri come la Germania: 50 %, l'Austria: 45 % o la Francia: 40 %), 15 000 imprese e 300 000 lavoratori. Certi analisti ritengono che andrebbero aggiunte altre parti delle industrie dell'UE: una parte dell'industria delle macchine tessili, nonché la parte "tessile" delle attività manifatturiere di altri settori, come i pneumatici oppure il rivestimento di strade o edifici con geotessili. Per questo motivo la dimensione dell'industria europea del tessile tecnico nel suo insieme potrebbe essere anche maggiore (fino a 50 miliardi di euro).

2.2.2.2   L'UE in rapporto all'utilizzo di fibre a livello mondiale

A livello mondiale, lo sviluppo della produzione di tessili tecnici è illustrato dall'utilizzo di fibre. Nel 2010 l'utilizzo di tessili tecnici a livello mondiale si è aggirato sui 22 miliardi di tonnellate di fibre, pari al 27,5 % del consumo totale degli 80 miliardi di tonnellate per tutte le applicazioni tessili e di abbigliamento. L'Europa rappresenta circa il 15 % del consumo mondiale di tessili tecnici, secondo le stime del CIRFS (Associazione europea delle fibre sintetiche e artificiali).

 

Utilizzo di fibre

(in migliaia di tonnellate)

Unione europea

3 437

Americhe

4 111

Cina

7 100

India

4 020

Resto del mondo

3 812

A livello mondiale

21 880

Fonti: CIRFS, Edana, JEC

In termini di valore, la quota di mercato dell'UE è più importante: essa oscilla dal 20 al 3 % dei principali sottosegmenti del mercato mondiale del tessile tecnico (del valore di 230 miliardi di dollari USA), compresi i tessuti non tessuti e i compositi.

STRUTTURA DEL MERCATO MONDIALE DEL TESSILE TECNICO - 2011

2011

Mt

Miliardi di dollari USA

Quota dell'UE

Tasso di crescita

Tessili tecnici

25,0

133

20 %

+3,0 %

Tessuti non tessuti

7,6

26

25 %

+6,9 %

Compositi

8,0

94

33 %

+6,0 %

Totale

40,6

253

 

 

Fonte: INDA, gruppo Freedonia, IFAI, JEC

2.2.2.3   Le esportazioni del settore del tessile tecnico dell'UE-27 verso i paesi terzi nel 2011

I 5 principali esportatori di tessili tecnici (Germania, Italia, Francia, Regno Unito e Belgio) rappresentano il 60 % delle esportazioni totali dell'UE verso i paesi terzi. Inoltre, gli Stati membri in cui il settore del tessile tecnico rappresenta la percentuale più alta delle esportazioni di tessili (escluso l'abbigliamento) sono la Finlandia, la Danimarca, la Svezia, la Repubblica Ceca e l'Ungheria (cfr. l'allegato 1): Percentuale dei tessili tecnici nelle esportazioni di tessili verso paesi terzi nel 2011 - ripartizione per Stato membro).

2.2.3   Tendenze recenti nell'industria europea del tessile tecnico

2.2.3.1   La crescita dei tessuti non tessuti e dei compositi

Nell'ultimo decennio il settore è cresciuto del 22 %, come indicato dal seguente grafico che presenta lo sviluppo del consumo di fibre a seconda dell'uso (sono escluse le fibre di vetro).

Image

Il settore del tessile tecnico sta attraversando una trasformazione industriale significativa, con la crescente importanza delle nuove applicazioni (in campo medico, sportivo e ricreativo, aeronautico, ambientale) e un passaggio radicale dalle tecnologie tradizionali (lavorazione a maglia, tessitura, trecciatura, ecc.) ad altre più recenti (come la tecnologia dei compositi o quella dei tessuti non tessuti).

In Europa la crescita è principalmente spinta da due tecnologie:

quella dei tessuti non tessuti, con un tasso di crescita del 60 % rispetto all'ultimo decennio;

quella dei compositi, con un tasso di crescita del 75 % rispetto all'ultimo decennio.

2.2.3.2   Una posizione chiave in tre mercati

"I tre principali settori di applicazione in Europa rappresentavano anche più del 50 % del consumo totale, ma in questo caso i settori erano Mobiltech, Hometech e Indutech" (David Rigby Associates) (4).

2.2.3.3   Partenariato euromediterraneo

Il settore del tessile e dell'abbigliamento dell'UE ha stabilito un partenariato industriale di successo con i paesi Euromed (ad es., il Marocco, la Tunisia e l'Egitto) nel campo della moda. Pertanto, per il futuro vi è l'opportunità di promuovere gli investimenti dell'UE in mercati del tessile tecnico che sono più maturi, hanno un contenuto tecnologico più basso e sono più sensibili alle pressioni sui prezzi esercitate dall'Asia.

A questo riguardo, la situazione della Turchia andrebbe considerata separatamente. Nell'area Euromed la Turchia è un protagonista nel campo della moda e possiede un'industria tessile forte e integrata, dalle materie prime (cotone o fibre sintetiche) fino agli indumenti e ai tessuti d'arredamento. Un numero crescente di imprese turche è attivo sui mercati tecnici (dal 10 % al 15 %) e il consumo interno è dinamico.

2.2.3.4   Un settore ad alta capacità d'innovazione

Ricerche recenti condotte in Germania hanno confermato che le imprese del settore del tessile tecnico che appartengono a questo ramo trans-settoriale e forniscono di materiali vari segmenti industriali hanno un'alta capacità innovativa e realizzano più del 25 % del loro fatturato per mezzo di nuovi prodotti innovativi, collocandosi al terzo posto dopo l'industria automobilistica e quella dell'elettronica. (Fonte: presentazione di Huneke alla prima conferenza di Euratex, Istanbul).

Image

2.3   SWOT (analisi dei punti di forza e di debolezza, delle opportunità e dei rischi).

2.3.1   Punti di forza e opportunità

2.3.1.1   Punti di forza:

un livello crescente di R&S e d'innovazione nelle imprese, indipendentemente dalla loro dimensione;

strumenti collettivi efficienti a sostegno dell'innovazione a livello nazionale (cluster del settore tessile, centri di R&S, ecc.), soprattutto in Germania, Francia, Belgio, Italia, Spagna, Paesi Bassi e Polonia;

strumenti collettivi efficienti a livello dell'UE: la piattaforma tecnologica del tessile (T) e dell'abbigliamento (A) con molti progetti di collaborazione che hanno portato a una proficua interazione tra mercati applicativi, aziende tessili e ricercatori; una rete europea comprendente i principali istituti di tecnologia tessile (Textranet), reti universitarie (AUTEX) e una rete comprendente le regioni più innovative nel settore tessile;

leader europei su mercati in crescita (ad esempio, Freudenberg o Fiberweb per i tessuti non tessuti);

posizione guida dell'UE nella fabbricazione di macchine tessili (75 % del mercato mondiale);

la diversità degli utilizzi finali, che è una risorsa in periodi di bassa crescita;

una forte spinta ai dispositivi di protezione individuale (DPI) che la Commissione europea considera uno dei sei mercati principali;

indici finanziari generalmente migliori rispetto alle altre aziende del settore tessile e dell'abbigliamento (un valore aggiunto per occupato più alto, un flusso di cassa maggiore, margini superiori, ecc.);

controllo del polo fieristico mondiale più importante (Techtextil).

2.3.1.2   Opportunità:

crescente necessità di soluzioni tessili da parte degli utilizzatori finali: soluzioni di confort e monitoraggio per uno stile di vita attivo, riduzione delle emissioni di carbonio nei trasporti (attraverso un peso minore) e nell'edilizia (attraverso l'isolamento termico), miglioramento della tecnologia medica (prevenzione delle infezioni nosocomiali, impianti, monitoraggio della salute);

stretta collaborazione tra produttori e clienti per affrontare esigenze molto specifiche ("soluzioni su misura") e innovazione stimolata dalla domanda;

crescente domanda di miglioramenti nella riciclabilità, come la sostituzione della schiuma con tessuti non tessuti, materiali compositi e filtri dell'aria all'interno dei veicoli;

veloce crescita del consumo pro capite di tessili tecnici a livello mondiale, specialmente in Cina, India e Brasile.

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2.3.2   Punti di debolezza e rischi

2.3.2.1   Punti di debolezza:

imprese di piccole e medie dimensioni con una capacità d'investimento limitata;

un accesso al credito più difficile;

mancanza di attrattiva del settore tessile per i giovani laureati;

calo della produzione delle fibre naturali e sintetiche nell'UE, una situazione che rende difficile innovare con pochi tipi di fibre a disposizione e fa aumentare il rischio di dipendere dalle importazioni;

attualmente, scarsa riciclabilità dei tessili tecnici rispetto ai materiali tradizionali;

un'industria ad alta intensità energetica;

specializzazione nei mercati applicativi maturi, come Mobiltech (con la situazione critica dell'industria automobilistica dell'UE) o Hometech (soprattutto per i tappeti, le stoffe d'arredamento e i materassi).

2.3.2.2   Rischi:

scarsità delle materie prime e prezzi in aumento (soprattutto fibre sintetiche, rigenerate o inorganiche, polimeri, filati e filamenti);

aumento dei costi dell'energia (gas ed elettricità) nell'UE che potrebbe spingere i produttori a maggiore intensità energetica a delocalizzare gli impianti di produzione negli Stati Uniti o in Asia (fibre artificiali, tessuti non tessuti, tintura e finissaggio, ecc.);

crescente concorrenza dei paesi emergenti e aumento delle barriere che ostacolano l'accesso ai mercati di quei paesi. L'Asia è stata la prima area di produzione per tonnellaggio nel 2010, avendo moltiplicato di 2,6 volte il suo valore di produzione;

crescente pressione sui prezzi, in particolare nei mercati maturi,

rischio crescente di contraffazione e di copie.

3.   Il contributo di questo settore dinamico alle sfide della strategia Europa 2020

3.1   Una crescita intelligente

Una crescita intelligente sarà basata su un'industria dell'UE più innovativa, con un uso più efficiente dell'energia, nuovi materiali, il sostegno delle TIC (tecnologie dell'informazione e della comunicazione) e la competitività delle imprese, incluse le PMI.

Il settore del tessile tecnico può contribuire adeguatamente a questa crescita intelligente in vari modi:

promuovendo le buone pratiche di trasferimento delle tecnologie da un settore all'altro (la cosiddetta "cross-fertilisation", o proficua interazione);

compiendo sforzi per aumentare l'efficienza energetica della produzione;

riuscendo a combinare l'innovazione tecnologica all'innovazione non tecnologica: una cintura lombare dovrebbe essere efficiente, ma anche disegnata in un modo che sia apprezzato dal paziente;

riuscendo a promuovere la creatività nella concezione, nell'utilizzo e nello smaltimento finale dei prodotti/materiali;

migliorando le qualifiche dei lavoratori per conquistare nuovi mercati;

diffondendo le TIC nella vita di ogni giorno grazie ai "tessili intelligenti", che sono prodotti tessili che comunicano con l'ambiente circostante; ad esempio, un abbigliamento "intelligente" per le persone anziane che monitora e trasmette dati fisiologici importanti agli ospedali aiuterà queste persone a rimanere a casa.

3.2   Una crescita inclusiva

Nel recente passato il settore del tessile tecnico dell'UE ha mostrato un andamento positivo per la creazione di posti di lavoro in molti Stati membri, e si sono già evidenziati alcuni casi di carenza di manodopera e di personale qualificato che andrebbero affrontati.

Una crescita inclusiva nell'UE manterrà e svilupperà il nostro modello sociale basato su standard di alto livello, su una consuetudine di assistenza sociale e su una forte tradizione di dialogo sociale. Le politiche dell'UE e quelle a livello nazionale dovrebbero prestare particolare attenzione alle industrie, alle aree e alle persone vulnerabili, affinché beneficino della crescita economica, del progresso tecnologico e dell'innovazione tecnologica nella vita di ogni giorno.

Il settore del tessile tecnico può contribuire, nel suo ambito, in vari modi a questa crescita inclusiva:

la capacità di introdurre nel mercato beni e servizi innovativi e adatti per persone disabili, malate o anziane (indumenti su misura, indumenti anticaduta, equipaggiamento specifico per le attività sportive e ricreative);

la capacità, grazie alla personalizzazione, di fornire risposte ai cambiamenti demografici e sociali che generano un aumento della domanda di prodotti e servizi più sofisticati e personalizzati (cfr. alcuni progetti nel Prosumer.net – Iniziativa di ricerca europea sui beni di consumo).

3.3   Una crescita sostenibile

Una crescita sostenibile nell'UE implica un'economia efficiente in termini di energia e di risorse, con la capacità di rispettare gli impegni assunti nella lotta ai cambiamenti climatici e alla futura scarsità di risorse. Questo tipo di economia è di solito chiamato "economia a basse emissioni di carbonio", in riferimento alla riduzione delle emissioni di CO2. Tuttavia il settore del tessile tecnico fornisce un primo esempio di passaggio potenziale verso un'economia che utilizza il carbonio come risorsa.

Il settore del tessile tecnico può contribuire adeguatamente a questa crescita sostenibile in tre modi principali:

riducendo le emissioni di CO2 per mezzo di materiali più leggeri nei trasporti (compositi per l'aviazione e fibre di carbonio per le autovetture);

offrendo soluzioni tessili concrete, ad esempio nel campo del filtraggio, del rinforzo e dell'isolamento, per migliorare l'efficienza energetica nel settore dell'edilizia e in quello delle costruzioni;

riciclando il polietilene tereftalato (PET) delle bottiglie di plastica per produrre poliestere.

Per la potenziale commercializzazione sostenibile dei tessili tecnici, le imprese dell'UE dovrebbero essere incoraggiate a:

prendere in considerazione la progettazione ecocompatibile al momento di progettare i prodotti e i metodi di produzione;

realizzare una valutazione del ciclo di vita dei prodotti, che svolgerà un ruolo sempre più importante in futuro, perché finora altri materiali tradizionali - ad esempio i metalli - sono spesso riciclabili a prezzi più convenienti.

In rapporto alle fibre di carbonio, rimangono in sospeso principalmente tre questioni:

la prima è quella di sviluppare, a partire da fibre naturali, una fibra di carbonio riciclabile europea prima che termini la disponibilità di petrolio (5);

la seconda questione riguarda lo sviluppo di metodi di riciclaggio che consentano di riciclare totalmente i tessili composti di tessuti misti (80-90 %);

la terza questione, più ambiziosa, sarà sostenere l'industria e la comunità scientifica nello sviluppo di processi idonei a sfruttare il carbonio del CO2 come risorsa, ad esempio, con una trasformazione attraverso una fotosintesi accelerata o con altri sistemi. Sono già state avviate delle ricerche nel quadro di altre applicazioni, ma andrebbero intensificate (verso un'economia basata sul CO2  (6)).

[Vedasi nell'allegato 2 un raffronto qualitativo, illustrato con 3 esempi, tra impatto ambientale dei materiali tradizionali e impatto ambientale dei tessili tecnici.]

4.   I principali fattori di successo che bisogna incoraggiare a livello dell'UE

4.1   Migliorare e trasmettere capacità e competenze

4.1.1   Il ruolo dell'istruzione è fondamentale per lo sviluppo di questo settore: università, scuole di ingegneria in materie tessili, plastiche, flessibili e così via. Le imprese dell'UE devono poter entrare in contatto con giovani professionisti dotati delle capacità richieste per questi nuovi mercati: una forza lavoro più qualificata, ingegneri con varie competenze nel settore tessile, ma anche nel campo della chimica, della plastica e delle resine, dell'industria automobilistica, delle costruzioni, ecc.

Ha un'importanza cruciale anche il ruolo della formazione e qualificazione professionale per i lavoratori. A livello nazionale bisognerebbe dare la priorità allo spostamento delle competenze più pertinenti dai mercati maturi a quelli in crescita.

Per questo motivo il Comitato economico e sociale europeo sostiene i lavori realizzati dal Consiglio europeo delle competenze Tessile-Abbigliamento-Cuoio (ESC-TCL), che è stato creato nel 2011 dalle parti sociali con il sostegno finanziario della Commissione europea, e chiede all'ESC-TCL di valutare le necessità specifiche delle imprese del tessile tecnico in termini di qualifiche.

4.1.2   Poiché il rapido sviluppo dei nuovi mercati applicativi è un fatto abbastanza recente, è necessario promuovere le nuove opportunità di occupazione in questo settore. Bisognerebbe incoraggiare il progetto teso a collegare i vari osservatori esistenti in materia di competenze e occupazione. Questo compito di promozione è particolarmente urgente a causa dell'immagine negativa dell'industria tessile.

4.2   L'accesso all'innovazione tecnologica e a quella non tecnologica e i mezzi per introdurre nel mercato nuovi prodotti e servizi

Nel quadro dell'iniziativa Orizzonte 2020 per il periodo 2014-2020, la Commissione europea ha individuato tre priorità di massima:

le sfide dalle società,

il ruolo guida nelle tecnologie abilitanti e industriali,

l'eccellenza della base scientifica.

Il CESE appoggia i cambiamenti fondamentali introdotti dall'iniziativa Orizzonte 2020 rispetto al precedente settimo programma quadro:

aumento della partecipazione e dei vantaggi dell'industria e delle PMI,

progetti più piccoli con minori oneri amministrativi (durata massima di due anni, da 3 a 6 soci),

un chiaro impegno a sostenere l'innovazione, compresa l'innovazione non tecnologica.

4.2.1   Il CESE sostiene il programma COSME perché offre i mezzi per aiutare le PMI a introdurre nel mercato beni di consumo innovativi attraverso progetti e iniziative di prima applicazione commerciale e utilizzando nuovi modelli di attività economica.

4.2.2   Sulla base dell'esperienza dei vari strumenti collettivi a livello nazionale e UE (già menzionati), per questo settore sono emerse alcune specifiche esigenze:

sviluppare una forma di comunicazione semplice, di facile uso per le PMI, sui programmi di R&S legati a nuovi prodotti e materiali, perché le fibre hanno un ruolo nella composizione di molti di essi;

sostenere le strutture di ricerca, cooperazione e innovazione fondate sul binomio industria/università (Piattaforma tecnologica dell'UE sul futuro del tessile e dell'abbigliamento, consigli e reti a livello nazionale, cluster innovativi a livello regionale, ecc.);

garantire la comunicazione e l'interazione tra queste strutture di tutta l'UE e strutture analoghe di altri settori per promuovere l'innovazione trans-settoriale;

proporre un nuovo ambizioso finanziamento, nel quadro dell'iniziativa Orizzonte 2020, per il riciclaggio dei tessili (sia i rifiuti della produzione che i prodotti finiti), per migliorare i risultati del riciclaggio dei tessili rispetto ai risultati delle industrie della carta o del vetro. La revisione della direttiva sui rifiuti rappresenta un'opportunità per organizzare il settore del riciclaggio del tessile;

intensificare la ricerca sugli approcci volti a sfruttare il CO2 come risorsa, compresa la fotosintesi accelerata.

4.3   La sfida dell'accesso al finanziamento

4.3.1   L'accesso al finanziamento bancario

L'attuazione delle nuove norme in materia di solvibilità introdotte da Basilea III (7) porterà a un'attività creditizia più restrittiva nel settore bancario a causa del livello più alto di fondi propri imposto dalle autorità di regolamentazione bancaria. Questa limitazione del credito avrà un forte impatto sulle PMI, in particolare nei settori industriali.

L'accesso al finanziamento per investimenti vari (in macchinari, nuove tecnologie, crescita esterna, acquisto di brevetti, ecc.) è un fattore cruciale per lo sviluppo dei tessili tecnici nell'UE.

L'accesso al finanziamento bancario è generalmente più difficile per le PMI che hanno un livello di fondi propri abbastanza basso le quali, oltretutto, potrebbero essere svantaggiate da un rating negativo assegnato al settore nel suo complesso.

4.3.2   Accesso al finanziamento non bancario

Nell'UE la parte del finanziamento non bancario è limitata rispetto agli Stati Uniti: 1/3 rispetto a 2/3. Andrebbero pertanto incoraggiati gli sforzi tesi a facilitare l'accesso ai mercati finanziari per le PMI e a promuovere gli investitori informali ("business angel") e i fondi d'investimento azionario.

Le imprese del settore del tessile tecnico possiedono certe caratteristiche che potrebbero attrarre gli investimenti privati: spesso, si tratta di aziende a conduzione familiare che sono guidate da ingegneri con una preparazione scientifica (ad esempio, in Francia certe imprese in fase di avviamento sono state costituite da chirurghi per sviluppare protesi e fili chirurgici) e la percentuale del fatturato investito nella R&S è superiore a quella delle cosiddette industrie tradizionali (cfr. il punto 2.2.3.4).

4.4   La protezione dei diritti di proprietà intellettuale (DPI) all'interno e all'esterno dell'UE

Generalmente le PMI sottovalutano il valore dei loro attivi immateriali: dovrebbero essere aiutate a proteggere i loro diritti di proprietà intellettuale (DPI), specialmente nel campo dei brevetti e dei marchi; i modelli e i disegni sono più importanti per il mercato della moda e dell'arredamento.

Il Comitato economico e sociale europeo chiede una rapida introduzione del brevetto europeo, che apporterà semplicità e una protezione uniforme e a prezzi accessibili per le PMI innovative dell'UE entro i limiti della "brevettabilità" (un'analisi SWOT specifica per il tipo d'innovazione e di mercato, oltre che per il profilo dell'impresa).

A livello mondiale, le imprese europee sono le vittime di attività illecite su larga scala di riproduzione e contraffazione. La Commissione europea dovrebbe aiutarle a proteggere i loro diritti nei principali paesi emergenti, come Cina, India, Brasile o Messico. I problemi legati alla protezione di marchi, disegni e modelli sono ben noti alle industrie creative. La protezione dei brevetti per i macchinari tessili, le nuove fibre e i nuovi processi che offrono nuove potenzialità andrebbe rafforzata nel piano d'azione sui DPI della Commissione europea.

4.5   Accesso agli appalti pubblici nell'UE e all'estero

Gli appalti pubblici rappresentano una leva potente per creare posti di lavoro, incoraggiare lo sviluppo sostenibile e stimolare l'innovazione all'interno del settore del tessile tecnico (8). Nell'UE i requisiti dovrebbero comprendere criteri economici, sociali e ambientali. Gli acquirenti pubblici dovrebbero essere attivamente incoraggiati e formati sui modi per "ammorbidire" i criteri relativi al prezzo e di altro tipo (orientamenti pratici).

L'accesso agli appalti pubblici europei dovrebbe essere limitato per le imprese estere che operano da paesi terzi che non sono in linea con gli standard sociali e ambientali dell'UE, mentre l'accesso agli appalti pubblici esteri dovrebbe essere migliorato per le imprese dell'UE.

Il Comitato economico e sociale europeo sostiene la proposta di regolamento del 21 marzo 2012 che punta alla piena reciprocità tra l'accesso agli appalti pubblici dell'UE per le imprese di paesi terzi e l'accesso agli appalti pubblici di paesi terzi per le imprese dell'UE (9).

4.6   Accesso ai mercati di paesi terzi

La DG Commercio è ora pienamente consapevole degli interessi offensivi dell'intera industria europea del tessile e dell'abbigliamento, e la Commissione europea è già concentrata a rilevare ed eliminare le varie barriere tariffarie e non tariffarie.

Il Comitato economico e sociale europeo chiede alla DG Commercio di prendere in considerazione, nei negoziati bilaterali in corso e in quelli futuri (India, Canada, Giappone, USA, ecc.), le specifiche necessità del settore del tessile tecnico:

prestando maggiore attenzione agli investimenti (e non solo alle esportazioni);

prestando maggiore attenzione a tutte quelle voci doganali che non sono specificamente incluse nei capitoli da 50 a 63 (da filati a indumenti), ad esempio i tessuti in fibra di vetro (HS 70.19) oppure i prodotti per l'igiene non tessuti (HS 96.19);

esaminando ulteriormente i problemi cui le imprese dell'UE sono poste di fronte nell'accedere agli appalti pubblici all'estero in campi quali gli indumenti da lavoro, gli ospedali, ecc.;

inserendo, ad esempio, in un futuro accordo transatlantico una qualche forma di impegno in rapporto alla standardizzazione.

4.7   Accesso alle materie prime critiche

Oltre l'80 % delle fibre usate nei tessili tecnici è sintetico. Alcune fibre sono disponibili in grandi volumi e a prezzi accessibili - come il poliestere - mentre altre - come le fibre di carbonio, l'aramide, le fibre di vetro oppure i filati ad alta tenacità - sono più costose e sono generalmente prodotte all'esterno dell'UE.

Il settore europeo del tessile tecnico dipende da fornitori di paesi terzi che potrebbero essere tentati da misure commerciali restrittive, come ha fatto l'India nel 2011 con il cotone grezzo e i filati di cotone.

Per questo motivo il Comitato economico e sociale europeo chiede alla Commissione europea di

tener conto, ove necessario, delle materie prime critiche per i tessili tecnici nella sua "diplomazia delle materie prime";

incoraggiare la produzione di fibre naturali – lino, canapa, lana, fibre cellulosiche – e biopolimeri, in modo da assicurare alle industrie tessili risorse interne in materie prime.

5.   Allegato 1

ripartizione per Stato membro (escluso l'abbigliamento) Percentuale dei tessili tecnici nelle esportazioni di tessili verso paesi terzi nel 2011

Stato membro

Percentuale dei tessili tecnici nelle esportazioni di tessili (abbigliamento escluso)

Dimensione delle esportazioni in €

Percentuale in totale

AT

21 %

545 836 380

2,5 %

BE

28 %

1 664 943 280

7,5 %

BG

23 %

94 353 020

0,4 %

CZ

46 %

1 075 687 960

4,9 %

DE

37 %

5 471 826 120

24,8 %

DK

55 %

696 198 480

3,2 %

EE

40 %

44 819 560

0,2 %

FI

61 %

201 378 760

0,9 %

FR

35 %

1 781 833 080

8,1 %

GR

16 %

106 778 290

0,5 %

HU

47 %

356 668 170

1,6 %

IT

23 %

2 608 481 980

11,8 %

LT

39 %

178 787 500

0,8 %

NL

31 %

1 499 620 840

6,8 %

PL

42 %

723 561 280

3,3 %

PT

23 %

383 053 520

1,7 %

RO

24 %

237 749 020

1,1 %

SE

65 %

558 986 660

2,5 %

SK

36 %

262 766 180

1,2 %

SL

37 %

221 994 210

1,0 %

SP

28 %

963 521 670

4,4 %

UK

40 %

1 683 055 490

7,6 %

Altri 5 Stati membri (o)

65 %

712 194 990

3,2 %

Stati membri dell'EU

33,3 %

22 074 096 440

100 %

(o): Cipro, Irlanda, Lussemburgo, Lettonia e Malta

Fonte: Euratex (calcolo basato su dati CITH)

6.   Allegato 2 - Raffronto qualitativo, illustrato con 3 esempi, tra impatto ambientale dei materiali tradizionali e impatto ambientale dei tessili tecnici

Febbraio 2013, IFTH – Istituto francese del tessile e dell'abbigliamento

I raffronti ambientali dettagliati e basati scientificamente sono preferibilmente realizzati attraverso la valutazione del ciclo di vita (LCA). Uno dei principali inconvenienti di questo strumento è la quantità di dati da raccogliere e utilizzare, oltre al considerevole numero di ipotesi che possono essere formulate, cosa che rende difficile comparare tra loro e interpretare le LCA.

Per far comprendere l'interesse, dal punto di vista ambientale, dell'utilizzo dei tessili tecnici, a titolo di esempio sono stati raffrontati i risultati relativi alla valutazione del ciclo di vita di materiali tessili rispetto a quelli di materiali tradizionali in tre differenti applicazioni. Queste applicazioni sono state scelte tra i prodotti delle costruzioni e dei trasporti, in quanto a questi due settori – assieme a quello dei prodotti alimentari e delle bevande – è riconducibile tra il 70 % e l'80 % di tutto l'impatto ambientale dei prodotti in Europa calcolato in base al loro ciclo di vita (Impatto ambientale dei prodotti - EIPRO - Analisi degli impatti ambientali del ciclo di vita in relazione al consumo finale degli Stati membri, http://ec.europa.eu/environment/ipp/pdf/eipro_report.pdf). I risultati presentati sono basati sul valore normalizzato (ad eccezione del terzo esempio, per il quale lo studio non ha calcolato il valore normalizzato) e illustrano gli impatti ambientali principali per ogni prodotto. I risultati evidenziano alcuni vantaggi significativi in termini di migliore prestazione ambientale dei tessili tecnici.

6.1   1o esempio: Costruzioni - Isolamento

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6.2   2o esempio: Costruzioni – Serbatoi d'acqua

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6.3   3o esempio: Trasporto aereo - tubo strutturale

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Bruxelles, 17 aprile 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  1) Agrotech: agricoltura, silvicoltura e pesca; 2) Buildtech: edilizia e costruzioni; 3) Clothtech: componenti funzionali di calzature e abbigliamento; 4) Geotech: geotessili e ingegneria civile; 5) Hometech: componenti di mobili, rivestimenti per pavimenti, ecc.; 6) Indutech: filtraggio e altri prodotti utilizzati nell'industria; 7) Medtech: igiene e settore medico; 8) Mobiltech: costruzione, equipaggiamento e arredamento dei mezzi di trasporto; 9) Oekotech: protezione ambientale; 10) Packtech: imballaggio e immagazzinaggio; 11) Protech: protezione di persone e di cose; 12) Sporttech: sport e attività ricreative.

(2)  I tessili tecnici e i tessuti non tessuti: previsioni per il mercato mondiale fino al 2010, a cura di David Rigby Associates, consultabile (in inglese) all'indirizzo internet http://www.fibre2fashion.com/industry-article/pdffiles/Technical-Textiles-and-Nonwovens.pdf.

(3)  

Parere complementare in merito alla comunicazione Il futuro del settore tessile e dell'abbigliamento nell'Unione europea allargata (CCMI/009), adottato il 7 giugno 2004, relatore: Nollet.

Parere in merito alla comunicazione Il futuro del settore tessile e dell'abbigliamento nell'Unione europea allargata (INT/220), adottato il 1o luglio 2004, relatore: Pezzini.

Relazione informativa della CCMI sul tema L'evoluzione dell'industria tessile e calzaturiera europea (CCMI/041), adottata il 4 febbraio 2008, relatore: Cappellini.

Parere in merito alla proposta di regolamento relativo alle denominazioni tessili e all'etichettatura dei prodotti tessili (INT/477), adottato il 16 dicembre 2009, relatore: Cappellini.

(4)  Cfr. nota 1.

(5)  Questa possibilità, tuttavia, ha delle limitazioni, a causa dei terreni necessari e del conflitto con la produzione di alimenti (come è già successo nel caso dei biocarburanti).

(6)  Cfr. per esempio www.bio-based.eu, www.nova-institut.de VCI/Dechema, 2009: Positionspapier – Verwertung und Speicherung von CO2 ("Documento di sintesi: sfruttamento e stoccaggio del CO2").

(7)  Si tratta delle nuove norme in materia di patrimonio e liquidità per le banche.

(8)  Cfr. anche la relazione informativa della CCMI sul tema L'evoluzione dell'industria tessile e calzaturiera europea (CCMI/041), CESE 1572/2007, adottata il 4 febbraio 2008, relatore: Cappellini.

(9)  Proposta di regolamento relativo all'accesso di beni e servizi di paesi terzi al mercato interno degli appalti pubblici dell'Unione europea e alle procedure a sostegno dei negoziati sull'accesso di beni e servizi dell'Unione europea ai mercati degli appalti pubblici dei paesi terzi, COM(2012) 124 final, del 21 marzo 2012, disponibile all'indirizzo internet http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2012:0124:FIN:IT:PDF.


10.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 198/26


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Una politica dell'UE per la regione artica tesa ad affrontare le sfide emergenti a livello globale nella regione — il punto di vista della società civile» (parere d'iniziativa)

2013/C 198/04

Relatore: HAMRO-DROTZ

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 11 e 12 luglio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Una politica dell'UE per la regione artica tesa ad affrontare le sfide emergenti a livello globale nella regione - il punto di vista della società civile.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 marzo 2013.

Alla sua 489a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 aprile 2013 (seduta del 17 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 163 voti favorevoli, 1 voto contrario e 6 astensioni.

1.   Sintesi

1.1

La regione artica attraversa un'importante fase di transizione. I cambiamenti climatici si ripercuotono in modo particolare sul riscaldamento dell'atmosfera e la riduzione della calotta di ghiaccio nella regione. Questi fenomeni, a loro volta, influiscono a livello globale sulle condizioni meteorologiche e sui cambiamenti climatici, e al tempo stesso si ripercuotono sull'economia mondiale, perché creano nuove opportunità economiche in questa regione ricca di risorse naturali. Lo sguardo del mondo è rivolto verso l'Artide, caratterizzato da un ecosistema e da una popolazione fragili, che hanno bisogno di un livello adeguato di cura e di attenzione. Questi mutamenti possono avere conseguenze geopolitiche.

1.2

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) chiede all'UE una strategia chiara per la regione artica e un impegno credibile in favore della cooperazione con i paesi di tale regione. La regione artica riveste una grande importanza per l'UE, mentre l'UE ha molto da offrire alla cooperazione in tale regione. Si richiedono investimenti in un'attività economica responsabile, basata sulla competenza in materia di climi freddi, e lo sviluppo delle infrastrutture. È inoltre necessario proseguire la cooperazione nel campo della ricerca in materia di cambiamenti climatici e impegnarsi decisamente per la tutela del delicato ambiente naturale.

1.3

Occorre rafforzare il Consiglio artico e la posizione dell'UE al suo interno. La società civile deve essere ampiamente coinvolta nella cooperazione nella regione artica, e nel quadro di quest'ultima occorre aumentare l'apertura e migliorare decisamente la comunicazione.

1.4

L'audizione pubblica organizzata a Rovaniemi, nella Finlandia settentrionale, insieme al Centro artico dell'Università della Lapponia (1), è risultata di grande utilità per il CESE. L'obiettivo del CESE è contribuire alla cooperazione nella regione artica e alla politica dell'UE per tale regione, nonché rafforzare i propri rapporti con la società civile locale.

2.   Principali punti di vista e raccomandazioni della società civile

Il presente parere illustra i punti di vista e le raccomandazioni della società civile organizzata europea in merito alla politica dell'UE per la regione artica, sulla base in particolare della comunicazione congiunta della Commissione e dell'Alta rappresentante dell'UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza del giugno 2012 e del documento di lavoro dei servizi della Commissione ad essa collegato (2).

2.1

L'importanza strategica della regione artica è sensibilmente aumentata, e la regione suscita un interesse crescente a livello mondiale. Per tale ragione è importante che l'UE definisca al più presto la propria politica artica, per potere partecipare in quanto soggetto e promotore credibile e costruttivo alla collaborazione concernente tale regione. L'UE deve dirigere il proprio impegno verso la regione artica e verso la cooperazione in tale regione. In primo luogo occorre concentrare l'attenzione sulle aree settentrionali degli Stati membri presenti nella regione artica, e intensificare la cooperazione con i paesi artici, primi fra tutti i vicini europei, tra cui la Groenlandia. La situazione richiede una vera e propria strategia artica dell'UE.

Per attuare in maniera credibile la politica / strategia dell'UE per la regione artica occorre concentrare le risorse stanziate dall'Europa per questo obiettivo in un unico luogo o coordinarle efficacemente, e riservare una linea del bilancio dell'UE alla regione artica.

2.2

La politica / strategia dell'UE per la regione artica e le corrispondenti strategie degli Stati artici dovrebbero essere coerenti tra loro; la relativa gestione dovrebbe essere elaborata e attuata nel quadro di una cooperazione costruttiva con tali paesi e con i principali soggetti interessati. La cooperazione e la coesistenza nella regione artica devono basarsi ove possibile su accordi internazionali e sulla cooperazione nell'ambito di organismi internazionali tra cui le Nazioni Unite, l'Organizzazione marittima internazionale (OMI), la FAO e l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). La cooperazione è favorita dal fatto che i paesi partecipanti avrebbero ratificato i principali tra i suddetti accordi che si applicano nella regione artica.

2.3

La competizione in corso nella regione artica non deve degenerare in un conflitto artico. L'UE dovrebbe promuovere il dialogo su un meccanismo giuridico internazionale per la risoluzione delle controversie che sia vincolante per tutte le parti in causa. Anche in quest'ottica, conformemente alla proposta avanzata già nel 2010 e sostenuta dal Parlamento europeo (3), è opportuno organizzare al più presto, nel quadro del Consiglio artico, un vertice artico, in cui i principali soggetti interessati alla regione e alla relativa cooperazione possano valutare insieme il futuro della regione, e ricercare un accordo sui principi di cooperazione nell'area. Anche in futuro bisognerebbe organizzare regolarmente dei vertici, e per una cooperazione efficace tra i soggetti della regione artica servono strumenti adeguati, ad esempio una rete comune di comunicazione e di monitoraggio basata sulle moderne tecnologie.

2.4

Il CESE condivide il giudizio secondo cui occorre rafforzare il ruolo del Consiglio artico, conferendogli tra l'altro il mandato ad operare in qualità di forum internazionale per i negoziati su questioni rilevanti che interessano la regione artica. Ai fini di una buona cooperazione nel Consiglio artico è necessario che tutti gli Stati artici siano trattati allo stesso modo.

Bisogna rafforzare la posizione dell'UE nel Consiglio artico, in modo che possa contribuire meglio ai lavori di tale consesso e accrescerne l'influenza grazie alla propria partecipazione. L'UE ha molto da offrire alla cooperazione. Una strada da esplorare per rafforzare la posizione dell'UE è quella della sua partecipazione ai lavori del Consiglio artico in qualità di osservatore e gli Stati membri artici dovrebbero anche tenere conto, nel Consiglio, delle posizioni dell'UE.

L'UE deve anche adoperarsi per accrescere la cooperazione nel Consiglio euroartico di Barents (e nel Consiglio regionale di Barents), perché essi svolgono un ruolo fondamentale nell'interazione transfrontaliera tra le tredici aree (in Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia) che vi aderiscono e che fanno parte della regione, ricca di risorse, del mare di Barents. L'UE dovrebbe promuovere la cooperazione tra le varie piattaforme regionali di cooperazione e avvalersi delle loro competenze, con particolare riguardo a quelle citate nella sezione 4, ad esempio il Consiglio nordico dei ministri, il Consiglio degli Stati baltici o la Cooperazione nordico-baltica (Nordic-Baltic Eight o NB8).

2.5

Il CESE condivide il giudizio secondo cui occorrono ulteriori informazioni, approfondite e affidabili, sui mutamenti ambientali in corso a livello mondiale e nella regione artica, che è caratterizzata da condizioni ambientali uniche e da un ecosistema fragile. Occorre dedicare particolare attenzione alla ricerca scientifica e al monitoraggio in materia di cambiamenti climatici, ecologia, ambiente e meteorologia. Il progetto Arctic Climate Impact Assessment (Valutazione dell'impatto del clima artico), il progetto Snow Water Ice and Permafrost in the Arctic (Neve, acqua, ghiaccio e permafrost nell'Artico), il progetto Ice to Sea (Ice2Sea), il progetto dell'UE denominato Arctic Footprint and Policy Assessment (Valutazione dell'impronta ecologica nella regione artica e dell'efficacia delle politiche) e la partecipazione al progetto SAON (Sustaining Arctic Observing Networks - Reti di sostegno dell'osservazione dell'Artico) possono fungere da catalizzatori della cooperazione nel settore della ricerca. Per approfondire la conoscenza e incentivare le capacità occorre rafforzare le reti di cooperazione per la ricerca e il monitoraggio dell'UE, già costituite e funzionanti.

2.5.1

Sinora l'attività di ricerca si è concentrata principalmente sul contenimento e la gestione dei cambiamenti climatici in tutto il mondo, ma sembra che tale fenomeno e le sue conseguenze abbiano già raggiunto dimensioni tali (il cosiddetto punto di non ritorno) da rendere difficile fermarli (4). Di conseguenza si dovrebbe dedicare maggiore attenzione alla ricerca sulla conservazione dell'ambiente artico e la gestione sostenibile delle risorse naturali, nonché all'adeguamento alle conseguenze economiche e sociali dei cambiamenti climatici. Le attività e i risultati della ricerca dovrebbero essere messi a disposizione del pubblico; la ricerca deve riguardare tutti gli aspetti della questione, ed essere aperta e inclusiva per la società civile e i ricercatori di tutti gli Stati dell'UE (cfr. anche il punto 2.9).

2.5.2

Bisognerebbe dare maggiore evidenza alla ricerca sulla regione artica nei programmi di ricerca dell'UE, e riservarle risorse finanziarie a parte nel quadro finanziario 2014-2020.

2.6

La regione artica ha una grande importanza economica per la popolazione locale, per l'intera Europa e oltre. L'imprenditoria, compreso il settore della trasformazione e l'imprenditoria rurale, va sostenuta con strumenti diversi, ad esempio progetti come ArcticStartup, nonché tramite la formazione. Bisogna promuovere gli investimenti. Nel quadro dello sfruttamento delle risorse naturali e delle altre attività economiche, l'UE deve puntare sullo sviluppo e sull'impiego di tecnologie adeguate alle condizioni della regione artica e delle relative competenze (applicate ai climi freddi). Ciò riguarda tra l'altro le perforazioni profonde e l'estrazione in mare aperto, i settori minerario e marittimo, la progettazione e costruzione di imbarcazioni e macchinari, e le tecnologie portuali, della cantieristica e dei trasporti.

2.6.1

Anche la costruzione di infrastrutture, in particolare strade, linee ferroviarie, aeree e marittime e reti per il trasporto dell'energia, deve basarsi su tecnologie e competenze adattate alle rigide condizioni ambientali della regione. Realizzare un'infrastruttura / una logistica efficienti (sia sull'asse Nord-Sud che su quello Est-Ovest) è fondamentale ai fini dello sviluppo nella regione artica.

2.6.2

La costruzione di insediamenti e lo sfruttamento delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nelle zone a bassa densità di popolazione (ad esempio l'insegnamento a distanza e la sanità online), nonché il turismo, sono anch'essi importanti ambiti di sviluppo, che richiedono risorse, in questa regione.

2.6.3

Nel dare sviluppo alla rotta marittima del Nord per i trasporti, in quanto rotta alternativa efficiente sotto il profilo dei costi e, per certi aspetti, più sicura rispetto alla rotta del Sud che passa per il canale di Suez, l'UE dovrebbe tenere in debito conto le preoccupazioni ambientali. L'UE deve anche operare per consentire, in conformità agli accordi internazionali quali la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, il "passaggio inoffensivo" lungo nuove rotte marittime nella regione artica, anche quando tali rotte attraversano zone di interesse economico esclusivo di "differenti paesi". Ciò riveste un'importanza cruciale per lo sviluppo del traffico marittimo di merci e passeggeri nella regione artica.

2.6.4

L'UE deve includere in maniera più energica che in passato queste priorità nella strategia di crescita Europa 2020 e in altri programmi, tra cui Unione dell'innovazione e Orizzonte 2020. La politica regionale e di coesione dell'UE, come pure, tra l'altro, i programmi Interreg e lo strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI), rivestono una grande importanza nelle regioni ultraperiferiche settentrionali, ed è essenziale che continuino a raggiungere efficacemente tali regioni e le regioni vicine, sostenendo l'economia e l'intervento sociale e promuovendo la cooperazione transfrontaliera.

2.6.5

L'UE deve inoltre investire in programmi di cooperazione concordati con i suoi partner nella regione. Il progetto di partenariato in materia di trasporti della dimensione settentrionale richiede particolare attenzione e risorse sufficienti, perché può promuovere lo sviluppo di corridoi di trasporto tra la regione di Barents, ricca di risorse naturali, e tra l'altro i mercati europei. È ad esempio indispensabile creare senza indugio collegamenti via terra tra l'UE e importanti porti dell'Oceano artico, come Murmansk e Narvik. Queste azioni vanno considerate molto urgenti (cfr. anche 2.6.1 e 2.6.3).

Orientando le risorse verso la promozione dell'attività economica nella regione si può incidere in maniera positiva sull'occupazione, la crescita economica e il benessere della popolazione.

2.7

È essenziale che nella regione artica sia garantito un equilibrio sostenibile tra tutela dell'ambiente e attività economica. L'UE deve agire con determinazione per aiutare i paesi artici a raggiungere tale equilibrio, perché l'ecosistema della regione è particolarmente fragile. Le attività svolte nella regione artica devono rispettare le più elevate norme internazionali sullo sviluppo sostenibile richieste dalle particolari condizioni del territorio. La responsabilità sociale delle imprese e le linee guida dell'OCSE per le imprese multinazionali hanno un'importanza basilare. Le imprese devono operare secondo criteri di responsabile cautela, specialmente nelle zone di particolare valore ambientale, o che rivestono un significato religioso per le popolazioni indigene. Anche nelle attività di pesca occorre adottare una condotta improntata a responsabile cautela e seguire le disposizioni dell'UE per uno sfruttamento sostenibile degli stock di acque profonde nel quadro della pesca d'altura, gli orientamenti della FAO in materia, la comunicazione congiunta JOIN(2012) 19, il documento di lavoro dei servizi della Commissione SWD(2012) 182 final che la accompagna e possibilmente anche gli accordi conclusi nell'ambito della Commissione per la pesca nell'Atlantico nordorientale (NEAFC) (5). Ciò è importante per garantire la vitalità e il benessere della regione artica.

2.7.1

Gli orientamenti e le esperienze dell'UE in materia di valutazione dell'impatto ambientale e di politica marittima dovrebbero contribuire attivamente alla cooperazione nella regione artica. Oltre a valutare l'impatto ambientale delle attività economiche, occorre sempre realizzare anche una valutazione delle loro ripercussioni sull'economia.

2.7.2

L'UE deve intervenire affinché il recente accordo stipulato nel quadro del Consiglio artico sulla prevenzione delle dispersioni venga pienamente attuato, e affinché vengano avviate discussioni in merito ai principi relativi alle attività di perforazione.

2.7.3

È importante anche che le discussioni relative al Codice polare di navigazione dell'Organizzazione marittima internazionale (il cosiddetto Polar Code) giungano felicemente a conclusione. In relazione alle rotte marittime artiche, l'UE dovrebbe inoltre mettere a disposizione i servizi del suo programma satellitare Galileo al fine di migliorare la navigazione e la sicurezza, combinando se possibile tale sistema con altri sistemi analoghi.

2.8

Il CESE sostiene con forza il dialogo avviato dall'UE con le popolazioni Sami e altre popolazioni indigene nonché con gruppi di interesse della regione. Tale dialogo deve essere proseguito e rafforzato con determinazione. Il patrimonio culturale e i tradizionali mezzi di sussistenza delle popolazioni indigene (tra cui l'allevamento delle renne) vanno rispettati. La maggior parte degli abitanti della regione (circa il 90 %) non appartiene tuttavia a popolazioni indigene, ragion per cui occorre allargare il dialogo, estendendolo all'insieme delle popolazioni. Il CESE si associa anche all'affermazione contenuta nella comunicazione congiunta del giugno 2012, secondo cui "[l']Artico è fonte di sfide e, al tempo stesso, di opportunità che incideranno notevolmente sulla vita delle generazioni future di europei". I mutamenti che avvengono nella regione artica influiscono sulle condizioni di vita delle persone non solo nella regione stessa e nelle regioni circostanti, ma anche in altre parti del mondo (in termini di potenziale economico, aumento degli eventi meteorologici estremi dovuti ai cambiamenti climatici, cambiamenti delle correnti marine, innalzamento del livello del mare, siccità, precipitazioni estreme, ecc.).

2.8.1

Oltre alle popolazioni indigene, è indispensabile coinvolgere anche la società civile, in maniera ampia e regolare, nell'attività riguardante la regione artica. Occorre coinvolgere nell'attività multilaterale e nell'azione dell'UE relativa alla regione artica anche i vari soggetti sociali, come le imprese, i lavoratori e le associazioni ambientaliste. Si dovrebbero organizzare un dialogo, tavole rotonde e audizioni con le varie componenti della società civile.

2.8.2

Il CESE chiede che l'UE contribuisca su vari livelli a rendere più efficiente il coinvolgimento della società civile:

ciascun paese della regione artica dovrebbe coinvolgere i principali soggetti della società civile nella propria azione concernente la regione;

nelle attività del Consiglio artico e del Consiglio euroartico di Barents che interessano la società civile si dovrebbe riconoscere, più di quanto non avvenga oggi, un ruolo consultivo alle componenti principali della società civile;

l'UE dovrebbe includere nella sua futura politica / strategia per la regione artica un dialogo consultivo con i principali soggetti della società civile.

2.8.3

Il CESE intende partecipare alle suddette attività, presentando in questo dialogo i punti di vista e le proposte della società civile organizzata dell'UE. Il CESE vuole anche rinsaldare i propri legami con le società civili della regione artica, sia all'interno dell'UE che al di fuori delle sue frontiere. L'obiettivo è sostenere la voce e la rappresentanza congiunta della società civile dei paesi artici. È inoltre indispensabile garantire che venga data ai soggetti di livello subregionale e locale la possibilità di esprimere le loro opinioni a livello dell'UE.

2.9

Il CESE si associa al giudizio secondo cui occorrono una trasparenza e dati pubblici sensibilmente rafforzati sulla regione artica e sulle attività di cooperazione che vi si svolgono. A tal fine, l'UE deve chiedere una strategia di comunicazione efficace nel quadro della cooperazione nella regione artica. Il CESE in questo contesto sostiene pienamente la proposta, presentata dalla Commissione (6) nel 2008 e riconosciuta dal Consiglio dei ministri (7) nel 2009 e successivamente dal Parlamento europeo (8), di costituire un centro europeo di informazione sull'Artide, responsabile anzitutto dell'informazione relativa ai risultati della ricerca e delle altre attività collegate alla cooperazione nella regione artica. Questa iniziativa è importante proprio per accrescere la trasparenza. Suscita compiacimento il fatto che la Commissione europea abbia assegnato al Centro artico dell'Università della Lapponia il compito di elaborare uno studio preparatorio su tale centro di informazione. Quest'ultimo potrebbe fungere da progetto di rete, cui parteciperebbero anche istituti di ricerca e comunicazione nell'UE e al di fuori di essa. Anche la società civile dovrebbe svolgere un ruolo in questo campo.

3.   Contesto

3.1   Caratteristiche principali della regione artica

La zona compresa tra il Circolo polare artico (latitudine 66° 33′ 44″) e il Polo Nord viene comunemente chiamata regione artica. Si tratta di una definizione adeguata.

3.1.1

L'Oceano artico, quasi interamente coperto di ghiaccio, occupa la maggior parte di questa regione; il polo Nord è situato in mare aperto. I mari di Barents, di Kara, della Groenlandia, di Norvegia, di Beaufort, di Laptev, e altre zone marittime, fanno parte dell'Oceano Artico. L'Oceano Artico è circondato da piattaforme continentali. Otto paesi artici, ossia Canada, Danimarca compresa la Groenlandia, Finlandia, Norvegia compresa Svalbard, Russia, Svezia e Stati Uniti compreso l'Alaska, si trovano almeno in parte a Nord del Circolo polare artico e comprendono vasti territori artici, mentre l'ottavo e ultimo paese, l'Islanda, è situato nelle vicinanze del Circolo polare artico. Cinque di questi paesi, vale a dire Norvegia, Russia, Canada, Danimarca / Groenlandia e Stati Uniti (i cosiddetti Arctic Five) si affacciano sull'Oceano Artico. Tre Stati membri dell'UE - Finlandia, Svezia e Danimarca - sono paesi artici. La Norvegia e l'Islanda sono membri dello Spazio economico europeo (SEE) non appartenenti all'UE, mentre l'Islanda ha presentato domanda di adesione all'Unione. Gli Stati Uniti, la Russia e il Canada sono partner strategici dell'UE. La Groenlandia fa parte della Danimarca, ma è dotata dal 2009 di un'ampia autonomia (Self Rule); pur non appartenendo all'UE, è legata ad essa da un accordo di partenariato.

3.1.2

La regione artica si estende per 14,5 milioni di km2 ed è abitata da circa 4 milioni di persone, principalmente in territorio russo. Approssimativamente il 10 % degli abitanti appartiene a popolazioni indigene (Sami, Inuit, Nenet, Aleuti, Athabaska, Kutchin e altri). I Sami della Finlandia e della Svezia costituiscono l'unica popolazione indigena residente nel territorio dell'UE. La principale città portuale dell'Artide è Murmansk, nella Russia nordoccidentale (9). Nella regione sono presenti comunità e programmi comunitari funzionanti, ad esempio il programma di sviluppo rurale del consiglio regionale della Lapponia finlandese 2014-2020 (10). Vi vengono praticate anche forme di agricoltura e di silvicoltura, allevamento di animali da pelliccia e varie attività economiche adattate alle condizioni climatiche difficili (11).

3.2   Principali sfide per la regione artica

3.2.1

La regione artica è tradizionalmente stabile, e la coesistenza dei paesi di tale regione si basa sulla cooperazione costruttiva e sulla fiducia. La regione ha un'importante posizione geopolitica, e negli ultimi decenni è molto aumentato l'interesse per essa, sia tra gli stessi paesi artici che in Europa e nel mondo. La regione artica è interessata da un considerevole mutamento per varie ragioni.

3.2.2

I cambiamenti climatici causati su scala mondiale dall'uomo, e in primo luogo il riscaldamento globale, sono eccezionalmente visibili e rapidi nella regione artica, e provocano lo scioglimento della calotta di ghiaccio e del permafrost, il che a sua volta causa un'intensificazione dell'effetto serra su scala mondiale (a causa tra l'altro del rilascio di metano). L'effetto serra, a sua volta, si ripercuote in altre parti del mondo, attraverso un'intensificazione dei fenomeni meteorologici estremi, mutamenti dei venti e delle correnti oceaniche, innalzamento del livello del mare, maggiore incidenza di siccità prolungate, precipitazioni abbondanti. Lo scioglimento dei ghiacci, in particolare nell'Antartide e in Groenlandia, può determinare un innalzamento del livello dei mari di 1-2 metri. Nel settembre 2012 la superficie ghiacciata sull'Oceano artico si era ridotta al minimo mai registrato (3,41 milioni di km2). In particolare, il permafrost stabile si scioglie a una velocità considerevole (circa il 70 % si è già sciolto dal 1980) e al suo posto si forma un sottile strato di ghiaccio, della durata di un anno. Nell'estate del 2008 l'Oceano artico era per il 65 % libero dai ghiacci, e sue parti significative potranno diventare prevalentemente libere dai ghiacci già nei prossimi decenni (12).

3.2.3

Nella regione sono presenti, sia in mare che in terraferma, risorse naturali enormi, ancora non sfruttate. L'assottigliamento e la riduzione della calotta di ghiaccio a causa del riscaldamento climatico, insieme allo sviluppo e all'impiego di nuove tecnologie, moltiplicano le possibilità di ricercare e sfruttare nuovi giacimenti di idrocarburi (petrolio, gas) e di altre materie prime siti nelle profondità marine. Ad esempio, un quarto delle riserve mondiali accertate di gas e l'80 % delle riserve accertate di gas naturale della Russia sono situate nella regione artica. Si stima che in tale regione siano presenti il 13 % delle riserve mondiali non ancora scoperte di petrolio, il 30 % delle riserve non ancora scoperte di gas e il 20 % delle riserve di gas liquido.

3.2.4

La maggior parte delle principali imprese mondiali del settore degli idrocarburi sono al lavoro nella regione artica, innumerevoli perforazioni per l'estrazione del petrolio in mare aperto sono già in corso e vengono esplorati ed esaminati nuovi siti, in zone sempre più settentrionali (la Norvegia, per esempio, ha già 89 siti nel Mare di Barents e avvierà nel prossimo futuro attività di perforazione in nove nuovi siti). L'importanza crescente dell'energia ricavata dagli scisti non riduce l'attrazione esercitata da queste riserve.

3.2.5

Già da decenni viene praticata l'estrazione su vasta scala di metalli e minerali in vari luoghi della regione artica, nella quale sono presenti vasti giacimenti non ancora sfruttati. Ad esempio il 90 % della produzione di minerale di ferro dell'UE e circa il 20 % della produzione mondiale di nichelio provengono da questa regione, in particolare dalla zona del Mare di Barents. Nella regione artica sono presenti anche importanti risorse forestali, che costituiscono una risorsa naturale rinnovabile essenziale.

3.2.6

Nella regione si trova inoltre circa un quarto delle risorse ittiche presenti nei mari. Il riscaldamento delle acque si ripercuote sui movimenti delle popolazioni ittiche, e di conseguenza sulla pesca. L'attività di pesca si sta trasferendo sempre più a Nord, in zone non sfruttate sino ad oggi.

3.2.7

La riduzione della calotta di ghiaccio e l'aumento della temperatura accrescono anche le possibilità di aprire / estendere nell'Oceano artico nuove rotte di navigazione, a Nord Ovest e a Nord Est, da e verso l'Asia orientale, che riducono di circa il 40 % rispetto alle rotte attuali il tragitto tra gli Stati costieri dell'Atlantico e dell'Asia. Ciò consente sia considerevoli risparmi dei costi del trasporto marittimo che una riduzione delle conseguenti emissioni di anidride carbonica. Una parte importante dei trasporti marittimi mondiali di merci viene eseguita dalle flotte di Stati membri dell'UE, e circa il 90 % di tali trasporti avviene attualmente lungo la tradizionale rotta meridionale. Nel 2012, lungo la rotta marittima del Nord, dal Mare di Barents allo Stretto di Bering, sono transitate 46 navi. Il volume del traffico merci è in aumento, sebbene il ricorso a questa rotta continui a risentire di importanti fattori di incertezza, legati principalmente alle norme sulla navigazione, ai costi, alla sicurezza e alle condizioni atmosferiche estreme che caratterizzano la regione.

3.2.8

Le opportunità economiche sono immense, e l'Artide può diventare una regione strategica per l'economia mondiale grazie alle sue riserve energetiche e di materie prime e alle sue nuove rotte di trasporto marittimo.

3.2.9

La regione artica è caratterizzata da condizioni ambientali uniche e da un ecosistema fragile e vulnerabile. Migliorare la gestione dei mutamenti ambientali e ridurre le conseguenze delle catastrofi ambientali di origine antropica, legate all'attività economica (maree nere e così via), sono obiettivi fondamentali della cooperazione regionale.

3.2.10

I suddetti mutamenti incidono sulle condizioni di vita delle popolazioni indigene e del resto della popolazione dell'Artide e delle regioni circostanti. Le mutate condizioni climatiche e ambientali, le possibilità economiche che si profilano e gli interessi sempre più forti in termini geopolitici e di sicurezza influiscono anche sulle condizioni di vita del resto della popolazione europea e mondiale.

3.2.11

La ricerca di un equilibrio strategico tra rischi e opportunità nella regione artica può essere considerata una questione di fondamentale importanza per il futuro dell'intero pianeta.

4.   Principali soggetti politici della regione artica

4.1

Ognuno degli otto Stati artici dispone di una propria strategia per la regione (13). Tali strategie sono spesso incentrate su priorità analoghe: l'importanza politica ed economica della regione artica per il paese in questione, il ruolo specifico del paese nella regione, le condizioni naturali e l'ecosistema, l'esigenza di sviluppare in cooperazione una gestione sostenibile della regione artica. Un punto di partenza essenziale di tutte queste strategie è il potenziale della regione in termini di energia, materie prime e sviluppo delle rotte di transito. Gli Stati hanno anche stabilito tra di loro relazioni bilaterali per salvaguardare e promuovere gli interessi comuni nell'Artico. L'Assemblea parlamentare della NATO, dal canto suo, ha presentato nell'ottobre del 2012 una risoluzione sulla regione artica (14).

4.2

Nel Nord sono presenti quattro piattaforme regionali di cooperazione.

Il Consiglio artico  (15) è il principale organo di cooperazione regionale. Esso conta otto membri (gli Stati artici, comprese le Isole Fær Øer e la Groenlandia in quanto parti della Danimarca), sei partecipanti permanenti (piattaforme di cooperazione delle popolazioni indigene) (16) e un gran numero di osservatori permanenti (Paesi Bassi, Spagna, Regno Unito, Polonia, Francia, Germania e 18 tra organizzazioni intergovernative e ONG). UE, Italia, Cina, India, Corea del Sud e Singapore hanno chiesto lo status di osservatori permanenti. Negli ultimi anni la Cina ha accresciuto sensibilmente la sua attività concernente la regione artica e i paesi artici. Gli Stati membri del Consiglio artico hanno tra l'altro sottoscritto un accordo sulla ricerca e il salvataggio in mare (Search and Rescue). Si cerca di conferire a questo organismo un ruolo più importante, maggiori competenze e un maggiore peso in quanto strumento di cooperazione internazionale.

4.3

Il Consiglio euroartico di Barents  (17) copre le regioni artiche e subartiche dell'Europa. Esso promuove la cooperazione nella regione di Barents, ricca di risorse naturali, un'area che necessita tra l'altro di vie di trasporto più efficienti verso i mercati europei. Il Consiglio conta sette membri: Finlandia, Norvegia, Svezia, Danimarca, Islanda, Russia, e la Commissione europea. Nel quadro del Consiglio è attivo, ai fini della cooperazione pratica, il Consiglio regionale di Barents  (18), cui appartengono 13 sottoregioni che fanno parte della regione del Mare di Barents.

4.4

Il Consiglio nordico dei ministri  (19) (e il Consiglio nordico) hanno una propria strategia artica. Cinque paesi nordici intrattengono tradizionalmente una stretta cooperazione reciproca a vasto raggio, e dispongono di competenze e di conoscenze specifiche in merito alle condizioni nordiche. La Groenlandia partecipa a tale cooperazione in quanto membro a pieno titolo.

4.5

Il Consiglio degli Stati baltici  (20) mantiene la cooperazione tra gli otto paesi della regione baltica. L'UE ha una propria strategia macroregionale per la regione del Baltico.

4.6

La politica della dimensione settentrionale  (21), comune all'UE, all'Islanda, alla Norvegia e alla Russia, copre un'ampia zona geografica, comprendente regioni artiche e subartiche dell'Europa, dalla Russia nordoccidentale a Est all'Islanda e alla Groenlandia a Ovest. La cooperazione consiste di quattro partenariati dedicati a specifici argomenti, ossia l'ambiente (NDEP), la salute e il benessere sociale (NDPHS), i trasporti e la logistica (NDPTL), e la cultura (NDPC), nonché di una componente specificamente artica (Arctic Window). Dal punto di vista della cooperazione artica riveste particolare importanza il partenariato in materia di trasporti e logistica (NDPTL), nel cui ambito è in preparazione tra l'altro una proposta sulla rete regionale dei trasporti. Anche il partenariato sull'ambiente (NDEP) riveste un ruolo fondamentale nella regione artica, dato che in tale contesto è stato possibile tra l'altro rimuovere i residui radioattivi dalla penisola di Kola. La terza riunione dei ministri degli Esteri della dimensione settentrionale si è svolta a Bruxelles nel febbraio 2013 (22). Il consiglio delle imprese della dimensione settentrionale (23) si occupa principalmente di migliorare le condizioni di investimento nella regione e di accrescerne la competitività. Gli Stati Uniti e il Canada partecipano in qualità di osservatori alle riunioni della dimensione settentrionale.

4.7

I parlamentari dei paesi artici partecipano a tutte le summenzionate piattaforme di cooperazione, nonché ad una cooperazione regolare, nel quadro della Conferenza dei parlamentari della regione artica.

4.8

I sei forum delle popolazioni indigene della regione mantengono una regolare cooperazione tra loro.

4.9

L'International Polar Foundation è responsabile della cooperazione internazionale tra le parti interessate in merito a questioni di rilievo per la regione artica. Questa associazione ha tra l'altro organizzato nel settembre 2012, nei locali del Comitato delle regioni, il Simposio 2012 sul futuro dell'Artide.

5.   Orientamenti per la cooperazione regionale

5.1

Per quanto possibile si cerca di strutturare la cooperazione in merito alle questioni che riguardano la regione artica sulla base di accordi internazionali e nel contesto di forum internazionali.

5.2

Il principale accordo internazionale concernente la regione artica è la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 1982  (24), che tratta delle aree marittime site tra Stati sovrani e nel cui quadro è stata costituita la Commissione delle Nazioni Unite sui limiti della piattaforma continentale.

5.3

Gli Stati costieri dell'Oceano artico hanno cercato di stabilire consensualmente su questa base i limiti delle rispettive acque territoriali e zone economiche esclusive (che si estendono per 200 miglia nautiche al di là della piattaforma continentale). Si cerca di evitare dispute territoriali, ma numerose zone oggetto di controversia rimangono tuttavia oggetto di contesa tra le parti. Sussiste il rischio di un'intensificazione delle divergenze. Nel 2008 gli Stati costieri hanno concordato a Ilulissat, Groenlandia, una dichiarazione congiunta in cui sottolineavano la piena sovranità di ciascun paese firmatario ai fini della regolazione dell'attività nella rispettiva zona economica esclusiva.

5.4

Al fine di giungere a un accordo il più possibile ampio circa i principi di utilizzazione e la gestione, le parti stanno procedendo, nel quadro di vari forum di cooperazione, a esaurienti studi e discussioni sullo sviluppo delle possibili rotte marittime attraverso l'Oceano artico: il passaggio a Nord-Ovest (attraverso la zona economica esclusiva del Canada) e la rotta marittima del Nord (attraverso la zona economica esclusiva della Russia), nonché le infrastrutture, le condizioni e le misure di sicurezza per il loro uso. Esistono in materia accordi internazionali, e sono in preparazione nuovi accordi, tra i quali l'accordo sul diritto di passaggio inoffensivo nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e dell'Organizzazione marittima internazionale  (25). È inoltre in preparazione il Codice polare dell'Organizzazione marittima internazionale.

5.5

Le questioni riguardanti i cambiamenti climatici e lo sviluppo sostenibile hanno particolare importanza nella regione artica. La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici  (26) continua a costituire un punto di partenza essenziale per i rapporti internazionali. Ciò avrebbe conseguenze molto rilevanti anche nella regione artica.

Il Programma per l'ambiente delle Nazioni Unite (UNEP)  (27) ha avviato da parte sua un programma di monitoraggio della regione artica.

5.6

Alcune associazioni ambientaliste partecipano attivamente a questa attività. L'organizzazione Greenpeace ha chiesto che nella regione artica non sia consentita incondizionatamente alcuna attività economica fino a quando non siano stati adottati dei principi per la tutela della regione.

6.   Azione dell'UE e politica artica in fase di elaborazione

6.1

L'UE ha vasti e sempre più forti interessi geopolitici, ambientali ed economici nella regione artica. L'UE è uno dei soggetti della cooperazione nella regione, anche perché alcuni dei suoi Stati membri sono paesi artici.

6.2

La politica artica dell'UE è ancora in fase di formazione. Tale politica si è consolidata nel 2008, principalmente su iniziativa del Parlamento europeo (28). La Commissione ha presentato due comunicazioni in materia, nel 2008 e nel 2012 (cfr. le note 2 e 7). Il Consiglio dei ministri ha presentato due risoluzioni, nel 2008 e nel 2009 (29). Il Consiglio si è occupato della situazione attuale nella riunione del 31 gennaio 2013.

6.3

In base a quanto ha comunicato nel 2008 e nel giugno 2012, l'UE persegue, nella sua politica per la regione artica, un approccio globale. Tale politica ha tre obiettivi principali:

proteggere l'ambiente della regione artica insieme con gli abitanti della regione;

promuovere un impiego sostenibile delle risorse naturali;

promuovere la cooperazione internazionale mettendo in rilievo l'importanza degli accordi internazionali.

Detta politica si basa oggi su tre settori chiave: conoscenza, responsabilità, impegno.

6.4

Nel quadro delle relazioni bilaterali tra l'UE e i paesi artici viene trattata anche la cooperazione artica. L'UE ha un accordo separato con la Groenlandia. Anche la politica multilaterale della dimensione settentrionale ha un ruolo importante nella regione artica.

6.5

Numerosi programmi dell'UE in vigore sono adatti anche alla regione artica. Nel periodo 2007-2013 l'UE ha investito circa 1,4 miliardi di euro nella promozione dello sviluppo sostenibile nella regione artica e nelle regioni limitrofe. La cooperazione nel campo della ricerca scientifica ha avuto la massima priorità: il Sesto programma quadro di ricerca, avviato nel 2002, conteneva anche progetti riguardanti la regione artica. L'UE ha investito negli ultimi anni oltre 200 milioni di euro nella ricerca relativa alla regione artica, e partecipa a innumerevoli progetti comuni di ricerca, in particolare nel contesto del Settimo programma quadro di ricerca  (30). Esiste un'efficace rete di cooperazione tra differenti istituti di ricerca (sia nell'UE che fuori). I principali progetti di ricerca per il periodo 2008-2012 e i programmi di finanziamento della cooperazione regionale 2007-2013 figurano in una serie di elenchi (31). Nella regione artica sono stati realizzati vari progetti, tra l'altro nel quadro della politica regionale dell'UE, dei programmi Interreg e di cooperazione territoriale europea, degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale e dello strumento europeo di vicinato e partenariato. Il meccanismo per collegare l'Europa e la rete transeuropea di trasporto TEN-T non si estendono alla regione artica.

La Commissione ha deciso adesso di valutare come possano essere organizzate nell'UE le informazioni concernenti le attività di ricerca sulla regione artica. Viene considerata l'istituzione di un centro di informazione dell'UE sulla regione artica.

6.6

L'UE è una delle parti della politica della dimensione settentrionale ed è membro del Consiglio euroartico di Barents. L'UE è osservatore ad hoc presso il Consiglio artico, e ha chiesto lo status di osservatore permanente. Da anni partecipa a pieno titolo all'attività dei vari gruppi di lavoro del Consiglio artico.

6.7

Membri del Parlamento europeo partecipano alla Conferenza dei parlamentari della regione artica (cfr. il punto 3.3.7), e alla cooperazione parlamentare dei quattro consigli regionali nordici e della dimensione settentrionale. Il Parlamento europeo ha adottato due risoluzioni riguardanti la regione artica (2008 e 2011) (cfr. la nota 3 e P6_TA(2008)0474).

6.8

L'UE ha avviato un dialogo regolare con le organizzazioni rappresentative delle popolazioni indigene e con altre organizzazioni rappresentative della società civile attive nella regione, e partecipa all'attività della International Polar Foundation.

6.9

Il CESE ha elaborato pareri rilevanti per quanto riguarda la cooperazione nella regione artica, riguardanti tra l'altro la dimensione settentrionale, la politica regionale e marittima, lo sviluppo sostenibile e le relazioni con i paesi vicini. Il CESE intrattiene rapporti istituzionali con le società civili della Norvegia, dell'Islanda e della Russia (tramite il comitato consultivo dello Spazio economico europeo, il comitato consultivo misto UE-Islanda, la Camera civica della Federazione russa), e ha organizzato due forum della società civile della dimensione settentrionale (nel 2002 e nel 2006), nonché, nel febbraio 2013, una riunione delle parti interessate a margine della riunione ministeriale della dimensione settentrionale.

Bruxelles, 17 aprile 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  L'Università della Lapponia è l'università più nordica dell'UE, www.ulapland.fi; www.arcticcentre.org.

(2)  Comunicazione congiunta della Commissione e dell'Alta rappresentante dell'UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza - Definire una politica dell'Unione europea per la regione artica: progressi compiuti dal 2008 e prossime tappe, JOIN(2012) 19 final, Bruxelles, 26 giugno 2012.

(3)  Risoluzione del Parlamento europeo del 20 gennaio 2011 su una politica europea sostenibile per il Grande Nord P7_TA(2011)0024, punto 52.

(4)  Norsk Polarinstitutt, www.npolar.no e Matthews, J. A.: The Encyclopedia of Environmenta Change, Sage, London, 2013

(5)  Parere del CESE GU C 133 del 09.05.2013, pag. 133.

(6)  Comunicazione della Commissione - L'Unione europea e la regione artica COM(2008) 763 final, 20 novembre 2008.

(7)  Conclusioni del Consiglio sulle questioni artiche, Consiglio Affari esteri, 2985a riunione, 8 dicembre 2009.

(8)  Risoluzione del Parlamento europeo del 20 gennaio 2011 su Una politica europea sostenibile per il Grande Nord.

(9)  Per una descrizione d'insieme aggiornata della regione artica e della sua governance cfr. il documento Arctic Governance: balancing challenges and development (La governance artica: trovare un equilibrio tra sfide e sviluppo), Relazione informativa regionale, Parlamento europeo, direzione generale delle Politiche esterne dell'Unione, dipartimento tematico Relazioni esterne, Fernando Garcés de los Fayos, DG EXPO/B/polDep/Note/2012_136, giugno 2012.

(10)  www.lapinliitto.fi.

(11)  Ad esempio: http://www.arcticbusinessforum.com.

(12)  Arctic Climate Impact Assessment (Progetto internazionale per la valutazione dell'impatto del clima artico).

(13)  Norvegia: Visioni e strategie per il Grande Nord, 2011; Russia: Politica pubblica principale della Federazione russa nell'Artide fino al 2020 e oltre, 2008; Canada, strategia settentrionale: il nostro Nord, il nostro patrimonio, il nostro futuro, 2009; Svezia: strategia per la regione artica, 2012; Stati Uniti: Politica per la regione artica, 2009; Finlandia: strategia artica, 2010, che sarà rinnovata nell'aprile 2013; Danimarca, Groenlandia e Isole Fær Øer: strategia del Regno di Danimarca per l'Artide 2011-2020, 2011; Islanda: http://www.utanrikisraduneyti.is.

(14)  Assemblea parlamentare della NATO, Risoluzione 396.

(15)  Cfr. la pagina web www.arctic-council.org.

(16)  Arctic Council Indigenous peoples' secretariat IPS (Segretariato del Consiglio artico per le popolazioni indigene), http://www.arcticpeoples.org/home.

(17)  Cfr. www.beac.st.

(18)  Cfr. www.beac.st.

(19)  Cfr. www.norden.org.

(20)  Cfr. www.cbss.org.

(21)  Cfr. http://eeas.europa.eu/north_dim/index_en.htm.

(22)  www.consilium.europa.eu 6597/13.

(23)  http://www.northerndimension.info/component/content/article/10-innerpage/9-ndbc.

(24)  www.un.org.

(25)  www.imo.org.

(26)  www.un.org.

(27)  www.unep.org.

(28)  Risoluzione P6 TA(2008)0474 del 9 ottobre 2008.

(29)  Conclusioni del Consiglio sulle questioni artiche. Consiglio Affari esteri, 2985a riunione, 8 dicembre 2009. Cfr. anche la nota 9.

(30)  Settimo programma quadro di ricerca.

(31)  SWD(2012) 182 allegato I e Cooperazione territoriale europea, allegato II.


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

489a sessione plenaria del 17 e 18 aprile 2013

10.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 198/34


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale»

COM(2012) 722 final

2013/C 198/05

Relatore: DANDEA

La Commissione europea, in data 12 marzo 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale

COM(2012) 722 final.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 aprile 2013.

Alla sua 489a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 aprile 2013 (seduta del 17 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 169 voti favorevoli, 1 voto contrario e nessuna astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE si dichiara favorevole al piano presentato dalla Commissione e sostiene i suoi sforzi tesi a trovare soluzioni concrete per ridurre la frode e l'evasione fiscale. Un progresso reale è possibile soltanto se gli Stati membri riservano un'attenzione maggiore ad aumentare l'efficacia dei servizi di riscossione, assegnando risorse umane e finanziarie sufficienti, e assicurano un coordinamento migliore tra tali servizi.

1.2

Il CESE raccomanda alla Commissione e al Consiglio di includere la frode e l'evasione fiscale, oltre alla pianificazione fiscale aggressiva, nel quadro dell'Analisi annuale della crescita e del semestre europeo, e di attuare misure specifiche di lotta a questi fenomeni che assicurino progressi nel pagamento e nella riscossione delle imposte, una maggiore equità fiscale, una migliore redistribuzione e la riduzione della povertà.

1.3

Il CESE accoglie con favore le proposte della Commissione volte a includere in una lista nera i paesi che operano come paradisi fiscali, senza rispettare i principi della buona governance fiscale, e chiede che i criteri comuni in base ai quali questi paesi o territori saranno identificati vengano stabiliti a livello europeo, per evitare un'applicazione non uniforme a livello nazionale. L'inclusione nella lista nera non deve essere limitata ai paesi terzi, ma deve valere anche per quel che riguarda i territori o le giurisdizioni appartenenti a Stati membri oppure le imprese che operano in questi territori.

1.4

Il Comitato ritiene che la Commissione possa integrare le proposte relative all'inclusione in una lista nera con sanzioni per le imprese, compresa l'esclusione dagli appalti pubblici, dai finanziamenti dell'UE o dagli aiuti di Stato.

1.5

Il CESE ritiene che la pianificazione fiscale aggressiva, dato che erode le basi impositive, obbligando quindi gli Stati membri ad aumentare il livello delle imposte, rappresenti in quanto tale una pratica immorale che influisce pesantemente sul funzionamento del mercato interno e distorce l'equità dei sistemi fiscali in rapporto ai contribuenti. A causa della complessità del fenomeno, le proposte della Commissione relative alla clausola generale antiabuso o alla definizione degli accordi bilateri artificiosi devono essere sufficientemente chiare da poter essere attuate con facilità da tutti gli Stati membri.

1.6

Il Comitato riconosce l'importanza degli sforzi della Commissione tesi a negoziare accordi sulla buona governance in materia fiscale con i paesi vicini dell'UE. Il CESE raccomanda al Consiglio di conferire il mandato negoziale alla Commissione, considerato che questi strumenti possono rivelarsi estremamente utili nella lotta alla lotta alla frode e all'evasione fiscale.

1.7

Il Comitato raccomanda alla Commissione e agli Stati membri di continuare a prendere in considerazione la semplificazione e l'armonizzazione del quadro giuridico esistente a livello europeo e anche nazionale. Un quadro giuridico più semplice e armonizzato per il settore fiscale, che assicuri una tassazione equa, integrato con strumenti informatici moderni di verifica, controllo e scambio di informazioni ridurrebbe notevolmente le possibilità di frode ed evasione fiscale.

1.8

Il CESE raccomanda alla Commissione, al Consiglio e al Parlamento europeo di scoraggiare il mantenimento delle grandi differenze esistenti tra i livelli di tassazione, diretta o indiretta, degli Stati membri, in quanto tali differenze favoriscono la concorrenza fiscale.

1.9

Il CESE accoglie favorevolmente la decisione della Commissione di esaminare la possibilità di introdurre un codice di identificazione fiscale (CIF) europeo. Il Comitato rinnova la richiesta, rivolta agli Stati membri in numerosi pareri, di armonizzare il sistema d'imposizione indiretta, e invita la Commissione a presentare proposte in questo campo. Questa armonizzazione, oltre all'introduzione di un CIF europeo, ridurrebbe notevolmente la frode di tipo "carosello".

2.   Introduzione

2.1

La frode e l'evasione fiscale – e anche il mancato pagamento delle imposte attraverso il sistema della pianificazione fiscale aggressiva – alimentano disuguaglianze crescenti generate dalla crisi economica e dai piani di austerità, e rappresentano un pericolo rilevante per gli Stati membri nel loro sforzo teso ad assicurare un funzionamento efficace dei sistemi di tassazione per garantire il finanziamento dei servizi pubblici, la redistribuzione del benessere e la lotta alla povertà, oltre che per evitare la concorrenza fiscale tra gli Stati membri e i paesi terzi. L'entità stimata delle perdite finanziarie subite dagli Stati membri supera i 1 000 miliardi di euro l'anno (1).

2.2

Il 2 marzo 2012 il Consiglio europeo ha chiesto al Consiglio e alla Commissione europea di elaborare modalità concrete di lotta alla frode e all'evasione fiscale.

2.3

Nel giugno 2012 la Commissione ha pubblicato una comunicazione (2) in cui ha presentato il modo in cui può essere migliorato il rispetto degli obblighi fiscali e possono essere ridotte la frode e l'evasione fiscale. In questa comunicazione la Commissione annuncia la presentazione di un piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode e all'evasione fiscale.

2.4

Nel dicembre 2012 la Commissione ha presentato il piano d'azione annunciato, che comprende le iniziative recenti e anche nuove misure che possono essere attuate nel breve o nel lungo termine. Il piano è accompagnato dalla raccomandazione della Commissione concernente misure destinate a incoraggiare i paesi terzi ad applicare norme minime di buona governance in materia fiscale (3) e dalla raccomandazione della Commissione sulla pianificazione fiscale aggressiva (4).

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE si dichiara favorevole al piano presentato dalla Commissione e sostiene i suoi sforzi tesi a trovare soluzioni concrete per ridurre la frode e l'evasione fiscale (5). Il Comitato esprime tuttavia il proprio scetticismo per quanto riguarda l'attuazione di alcune misure proposte, tenuto conto delle numerose divergenze esistenti tra gli Stati membri, le quali sono all'origine della lentezza nell'assunzione delle decisioni a livello di Consiglio. Inoltre, la riduzione delle risorse finanziarie e umane destinate alle autorità fiscali (6) nella maggior parte degli Stati membri determinata dalle misure di austerità attuate negli ultimi anni rappresenta un rischio rilevante per l'attuazione delle nuove misure. Un progresso reale è possibile soltanto se gli Stati membri prestano un'attenzione maggiore ad aumentare l'efficienza dei servizi di riscossione, con il sostegno di risorse finanziarie e umane sufficienti, e assicurano un coordinamento migliore tra tali servizi.

3.2

Una parte considerevole delle perdite subite dai sistemi di riscossione delle imposte a causa dell'economia sommersa è dovuta alla pianificazione fiscale aggressiva. La Commissione riconosce che questa pratica sfrutta le incongruenze esistenti tra due o più regimi fiscali ed è considerata legittima a livello internazionale anche se viola i principi della responsabilità sociale delle imprese. Il CESE ritiene che la pianificazione fiscale aggressiva, dato che erode le basi impositive, obbligando quindi gli Stati membri ad aumentare il livello delle imposte, rappresenti in quanto tale una pratica immorale che influisce pesantemente sul funzionamento del mercato interno, scoraggiando la concorrenza leale tre le imprese in generale e tra le PMI in particolare, e distorce l'equità dei sistemi fiscali in rapporto ai contribuenti.

3.3

Il CESE accoglie favorevolmente la raccomandazione della Commissione relativa alla pianificazione fiscale aggressiva, ma ritiene che le misure proposte per combattere questa pratica siano insufficienti. A causa della complessità del fenomeno (ossia, della pianificazione fiscale aggressiva), la clausola generale antiabuso e la definizione degli accordi bilaterali artificiosi possono rivelarsi di difficile applicazione nel quadro degli accordi conclusi tra gli Stati membri. Inoltre, il CESE considera che queste misure sollevino più problemi di attuazione per gli Stati membri di quanti ne verrebbero sollevati da parte degli stessi paesi UE con una denuncia immediata di questi accordi, specialmente di quelli in cui sono coinvolte le giurisdizioni che hanno le caratteristiche di paradisi fiscali oppure che non accettano l'applicazione di un insieme di regole di base in materia di buona governance fiscale.

3.4

La Commissione propone agli Stati membri di adottare una serie di criteri per identificare i paesi terzi che non rispettano gli standard di buona governance nelle questioni fiscali, e di inserirli in una lista nera. Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che questa misura deve riguardare anche le giurisdizioni appartenenti a Stati membri e le imprese che continueranno a realizzare le loro operazioni coinvolgendo enti che appartengono a questi territori.

3.5

La Commissione ha avanzato delle proposte di modifica di alcune direttive (7) per eliminare le lacune che possono incoraggiare la frode o l'evasione fiscale. La Commissione ha inoltre chiesto al Consiglio il mandato per negoziare degli accordi in materia di cooperazione fiscale e lotta contro la frode con quattro paesi vicini, oltre che per firmare il progetto di accordo tra l'UE e i suoi Stati membri, da un lato, e il Liechtenstein, dall'altro. Il CESE raccomanda al Consiglio di valutare queste proposte quanto prima, considerato che questi strumenti possono rivelarsi estremamente utili nella lotta alla frode e all'evasione fiscale.

3.6

Il CESE ritiene che, nel quadro dell'attuazione del piano d'azione, la Commissione e gli Stati membri debbano continuare a prendere in considerazione la semplificazione e l'armonizzazione del quadro giuridico esistente a livello europeo e anche nazionale. Un quadro giuridico più semplice e armonizzato per il settore fiscale, che assicuri una tassazione equa, integrato con strumenti informatici moderni di verifica, controllo e scambio di informazioni, e dotato di un personale preparato, ridurrebbe notevolmente le possibilità di frode ed evasione fiscale. Inoltre tale quadro consentirebbe una riduzione degli oneri amministrativi e fiscali per le imprese e i cittadini, con benefici diretti per le entrate delle finanze pubbliche.

3.7

Il CESE raccomanda alla Commissione, al Consiglio e al Parlamento europeo di scoraggiare il mantenimento delle grandi differenze esistenti tra i livelli di tassazione, diretta o indiretta, degli Stati membri, in quanto tali differenze favoriscono la concorrenza fiscale. Inoltre il Comitato richiama l'attenzione sul legame diretto tra livello delle imposte ed evasione fiscale. Una lotta efficace contro la frode e l'evasione fiscale, oltre che contro la pianificazione fiscale aggressiva, può portare a una diminuzione del livello generale di tassazione a beneficio di tutti i contribuenti.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

La Commissione riconosce che, a causa delle libertà di cui godono le imprese nel quadro del mercato interno, queste possono stipulare accordi con giurisdizioni che hanno le caratteristiche di paradisi fiscali attraverso lo Stato membro con la reazione più debole. Questa possibilità indebolisce le basi impositive degli Stati membri e influisce sulle condizioni di concorrenza leale tra le imprese in generale e tra le PMI in particolare, alterando il funzionamento del mercato interno. Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a inserire in una lista nera le imprese che promuovono simili pratiche. Tra le altre misure attuate a livello nazionale, gli Stati membri dovrebbero prevedere la sospensione del diritto per queste imprese di partecipare a gare pubbliche di appalto, oppure potrebbero rifiutare di concedere loro aiuti di Stato qualora venissero chiesti.

4.2

Secondo le stime della Commissione, la pianificazione fiscale aggressiva provoca metà delle perdite subite dagli Stati membri a causa di pratiche specifiche dell'economia sommersa. Il CESE considera insufficienti le misure proposte dalla Commissione per combattere questa pratica (8) e raccomanda che sia la clausola generale antiabuso proposta che la definizione di accordi artificiosi vengano formulate con maggiore concretezza, in modo che gli Stati membri possano procedere rapidamente alla loro attuazione, senza generare situazioni complicate a livello dei tribunali, in caso di controversie legate alla pianificazione fiscale aggressiva.

4.3

Il CESE giudica utile la proposta della Commissione tesa a creare una piattaforma per la buona governance fiscale. Il Comitato raccomanda alla Commissione di invitare a questa piattaforma anche le parti sociali, in particolare quelle che contano tra i loro membri lavoratori dell'amministrazione fiscale con un ricco bagaglio di esperienze nel campo della lotta ai casi di frode o di evasione fiscale. È inoltre necessario chiarire il modo in cui la piattaforma interagirà con altre strutture che operano nel settore della fiscalità a livello europeo.

4.4

Nel quadro dei negoziati, coordinati in seno all'OCSE, sul Codice di condotta in materia di tassazione delle imprese, la Commissione propone di agire per eliminare dalle direttive esistenti le disposizioni che offrono l'opportunità, in determinate situazioni, di realizzare una pianificazione fiscale aggressiva oppure impediscono di adottare soluzioni adeguate, rendendo possibile una doppia non imposizione. Il CESE accoglie favorevolmente l'iniziativa della Commissione e raccomanda che queste misure vengano adottate il più presto possibile.

4.5

La Commissione propone di intensificare le attività per quanto riguarda i regimi fiscali speciali per espatriati e cittadini facoltosi, in quanto tali regimi sono dannosi per il mercato interno e riducono le entrate fiscali complessive. Il CESE invita gli Stati membri a eliminare questi regimi fiscali speciali. Inoltre il Comitato rinnova la sua richiesta (formulata in altri pareri (9) indirizzati alle istituzioni dell'UE) di adottare misure che limitino la possibilità di un utilizzo abusivo del principio di residenza mediante regimi di proprietà e residenza fittizi che consentono alle società di partecipazione senza attività o alle società di comodo di evitare ai loro beneficiari economici di pagare le tasse nel paese in cui hanno il domicilio.

4.6

Il CESE accoglie favorevolmente il lancio del portale "CIF su EUROPA". Questo strumento permette l'identificazione e la registrazione, in modo rapido, facile e corretto, del codice di identificazione fiscale da parte di terzi o di istituti finanziari privati. Inoltre tale strumento può essere utilizzato per migliorare l'efficacia dello scambio automatico di informazioni. Tenuto conto della decisione della Commissione di esaminare la possibilità di introdurre un CIF europeo, il CESE rinnova la richiesta, rivolta agli Stati membri in numerosi pareri, di armonizzare il sistema d'imposizione indiretta. Il Comitato invita la Commissione a presentare proposte in questo campo. Questa armonizzazione, oltre all'introduzione di un CIF europeo, ridurrebbe notevolmente la frode di tipo "carosello" qualora in futuro tale codice diventasse un identificativo unico dei contribuenti per tutti i tipi di imposte.

4.7

La Commissione ha avviato l'attività di standardizzazione dei formulari per lo scambio di informazioni in campo fiscale. Dal 1o gennaio 2013 è disponibile un'applicazione informatica sviluppata per l'utilizzo di questi formulari in tutte le lingue dell'UE. Il CESE ritiene che questi modelli possano svolgere un ruolo importante nella cooperazione amministrativa tra Stati membri in campo fiscale, soprattutto nella misura in cui lo sviluppo del sistema informatico permetterà lo scambio automatico di informazioni.

4.8

Il CESE apprezza in modo particolare la decisione della Commissione di procedere a una revisione sia della direttiva sulle società madri e figlie che delle disposizioni antiabuso esistenti in altre direttive. La revisione è necessaria per assicurare l'attuazione della raccomandazione della Commissione sulla pianificazione fiscale aggressiva. Il CESE raccomanda agli Stati membri di sostenere gli sforzi della Commissione affinché la revisione possa essere realizzata in un arco di tempo ragionevole. È importante che nel quadro di questa revisione venga introdotto l'obbligo per le imprese multinazionali di elaborare separatamente la situazione contabile per ogni paese in cui esse operano, precisando il volume della produzione realizzata e il profitto ottenuto. La presentazione dei dati contabili sotto questa forma faciliterebbe l'identificazione dei soggetti che abusano della fissazione dei prezzi di trasferimento oppure promuovono la pianificazione fiscale aggressiva. Inoltre il Comitato raccomanda l'adozione di un regolamento sulla tassazione dei profitti delle imprese sulla base di un insieme di norme comuni.

4.9

Il CESE accoglie favorevolmente gli sforzi della Commissione tesi a promuovere gli strumenti informatici sviluppati dall'UE in seno all'OCSE. Qualora l'OCSE approvi i formulari elettronici elaborati per lo scambio d'informazioni spontaneo o su richiesta nel campo della tassazione diretta, questi formulari rappresenterebbero degli strumenti estremamente utili ed efficaci nella lotta contro i casi gravi di frode o evasione fiscale.

4.10

La Commissione propone di creare un codice del contribuente europeo che raggruppi le migliori pratiche esistenti a livello degli Stati membri, per rafforzare la fiducia tra amministrazioni fiscali e contribuenti, per assicurare una maggiore trasparenza in rapporto ai diritti e agli obblighi dei contribuenti e per incoraggiare un'impostazione orientata al servizio. Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che la semplificazione dei sistemi fiscali avrebbe per effetto una riduzione degli oneri amministrativi che i contribuenti e le imprese devono affrontare e farebbe quindi aumentare la loro fiducia. Gli Stati membri potrebbero prevedere di ridurre gli oneri amministrativi per i buoni contribuenti, siano essi persone fisiche o imprese, e di aumentarli per coloro che infrangono la legge. È risaputo che, di norma, le imprese coinvolte in attività tipiche della pianificazione fiscale aggressiva sono grandi imprese transazionali.

4.11

La Commissione raccomanda agli Stati membri di promuovere un approccio del tipo Sportello unico per offrire tutti i tipi di informazione fiscale ai residenti e ai non residenti. Il CESE concorda con la proposta della Commissione e ritiene che un approccio di questo tipo rimuova una parte degli ostacoli cui sono posti di fronte i contribuenti che realizzano operazioni transfrontaliere. Inoltre, concentrando le informazioni esistenti a livello di Sportello unico di ogni Stato membro, la Commissione può sviluppare il portale web sulla fiscalità a livello europeo secondo l'esempio del portale e-Justice.

4.12

La Commissione propone che, sulla base dell'esperienza che Eurofisc maturerà nel campo della lotta alla frode attraverso lo scambio rapido d'informazioni in materia di IVA, questo programma venga esteso in futuro anche al settore della tassazione diretta. Il CESE ritiene che l'estensione del programma Eurofisc al settore della tassazione diretta completerà la serie di strumenti disponibili a livello dell'UE per combattere la frode, l'evasione fiscale e la pianificazione fiscale aggressiva.

4.13

Il CESE appoggia l'allineamento della definizione di certi tipi di reati fiscali, comprese le sanzioni penali e amministrative per tutti i tipi di tasse e imposte. Se un tale allineamento venisse realizzato, le imprese sarebbero disincentivate dal ricorrere allo Stato membro con la reazione più debole per effettuare le loro operazioni. La Commissione propone di esaminare la possibilità di questo allineamento.

4.14

Nel quadro della comunicazione di giugno 2012, la Commissione ha presentato una serie di possibile misure che il Consiglio ha considerato non prioritarie. Il CESE ritiene che assicurare l'accesso diretto alle banche dati nazionali nel settore della tassazione diretta, come proposto dalla Commissione, rappresenti uno degli strumenti più potenti di cui gli Stati membri potrebbero avvalersi nella lotta alla frode e all'evasione fiscale. Inoltre la Commissione propone di valutare la possibilità di unificare gli strumenti giuridici di cooperazione amministrativa per tutte le tasse e imposte. Il CESE sostiene queste proposte della Commissione, in quanto esse possono aumentare l'efficacia della lotta contro la frode e l'evasione fiscale.

Bruxelles, 17 aprile 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2012)351 final, pag. 2.

(2)  COM(2012) 351 final.

(3)  C(2012) 8805.

(4)  C(2012) 8806.

(5)  Il Comitato si è più volte espresso a favore dell'adozione di misure volte a ridurre la frode e l'evasione fiscali, cfr. GU C 11 del 15.1.2013, pag. 31, GU C 347 del 18.12.2010, pag. 73 e GU C 255 del 22.9.2010, pag. 61.

(6)  Impact of austerity on jobs in tax services and the fight against tax fraud and avoidance in EU-27 + Norway ("L'impatto dell'austerità sull'occupazione nei servizi fiscali e la lotta alla frode e all'elusione fiscale nell'UE a 27 + la Norvegia") - relazione commissionata dalla Federazione sindacale europea dei servizi pubblici (FSESP) al Labour Research Department Lionel Fulton http://www.lrd.org.uk/, marzo 2013.

(7)  COM(2008) 727 final - 2008/0215 (CNS); COM(2012) 428 final - 2012/0205 (CNS).

(8)  C(2012) 8806 final.

(9)  GU C 229 del 31.7.2012, pag. 7.


10.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 198/39


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Valorizzare i settori culturali e creativi per favorire la crescita e l'occupazione nell'UE»

COM(2012) 537 final

2013/C 198/06

Relatore: PEZZINI

Correlatore: KONSTANTINOU

La Commissione europea, in data 19 dicembre 2012, ha deciso di consultare il Comitato economico e sociale europeo, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Valorizzare i settori culturali e creativi per favorire la crescita e l'occupazione nell'UE

COM(2012) 537 final.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 12 marzo 2013.

Alla sua 489a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 aprile 2013 (seduta del 17 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 175 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è convinto che cultura e creatività costituiscano per l'Europa:

la pietra angolare dei valori fondanti dell'identità comunitaria e del suo modello di economia sociale di mercato;

un binomio vincente in termini di sviluppo economico, sociale e produttivo di qualità a livello locale, regionale, nazionale e comunitario;

elementi cardine di vantaggio comparato del valore aggiunto europeo nella concezione, sviluppo, produzione e consumo di beni materiali e immateriali;

un fattore-chiave, abilitante di competitività, che investe tutti i settori economici e sociali;

un giacimento di elevate potenzialità per una maggiore e migliore occupazione;

una carta internazionale di presentazione di prestigio ed originalità dell'UE, nel mondo.

1.2

Il CESE ritiene che, di fronte all'importanza crescente del ruolo dei settori creativo e culturale - SCC - nello sviluppo dell'economia europea e nelle sue proiezioni internazionali, sia necessaria una strategia a medio-lungo termine volta ad assicurare:

una solida e coerente dimensione sociale del SCC, che sia in grado di ridefinire e riqualificare le professionalità esistenti, assicurare eque condizioni di lavoro e promuovere potenzialità latenti, e che sia in grado di:

liberare tutto il potenziale di creazione di posti di lavoro del settore culturale e creativo e garantire un'occupazione di qualità in un quadro di difesa dei diritti fondamentali;

ridefinire e riqualificare le competenze professionali esistenti;

ridurre oneri amministrativi e burocratici delle PMI, delle microimprese e dei lavoratori autonomi;

accompagnare, con interventi formativi di riqualificazione, e in un quadro trasparente d'informazione e consultazione dei lavoratori, i processi di riorganizzazione e ristrutturazione, nel pieno rispetto dei diritti e della dignità delle persone;

promuovere un dialogo sociale strutturato per i settori culturali e creativi, nel loro insieme, articolato tra il livello europeo, nazionale e dell'impresa;

definire un quadro regolamentare europeo adeguato, capace di assicurare una diversità culturale e di scelta, di ridurre gli oneri amministrativi, di facilitare la mobilità all'interno dell'UE e sul piano internazionale.

una dimensione tecnologica e di valore aggiunto creativo, che: tuteli i diritti di proprietà intellettuale, sul piano del mercato interno, ma anche, e soprattutto, sul piano internazionale; promuova la ricerca di nuove tecnologie ed applicazioni innovative di prodotto e di processo; sostenga con forza i nuovi processi e le nuove opportunità digitali, con un marchio di qualità europeo; assicuri lo sviluppo di catene del valore, attraverso reti e sistemi comuni di distribuzione;

una dimensione di dialogo territoriale con la società civile, che: applichi al SCC schemi di dialogo strutturato a livello europeo, nazionale e territoriale; promuova lo sviluppo dei settori creativi e culturali, necessari alla rivitalizzazione e qualificazione del territorio, dei suoi talenti espressivi e creativi, delle professioni intellettuali e dell'occupazione;

una dimensione internazionale dell'Europa Creativa e Culturale, conformemente agli impegni internazionali assunti nel quadro della Convenzione Unesco sulla diversità culturale, che sappia valorizzare nuovi modelli di business dove il design sia integrato nella catena dei valori e tutti gli attori siano in grado di aggiungere valore a prodotti e a processi che possano essere identificati come eccellenze europee sui mercati globali; che tuteli le loro opere contro la pirateria e la contraffazione con strumenti agili, accessibili ed efficaci;

una dimensione finanziaria e di accesso al credito in grado di sostenere le iniziative del settore sui mercati interno e internazionali - anche con agevolazioni fiscali, crediti d'imposta e l'eliminazione di doppie imposizioni - e di garantire strumenti appropriati alle caratteristiche del settore nell'accesso al credito, specie con riguardo ai sistemi di garanzia adatti alle micro imprese e a progetti di natura immateriale.

1.3

Il CESE chiede alla Commissione una verifica puntuale dell'applicazione al SCC dell'acquis comunitario, soprattutto per quanto concerne le regole appropriate di politica della concorrenza, dei diritti di proprietà intellettuale e di diritto del lavoro, e delle tutele delle clausole degli accordi internazionali conclusi tra l'UE e i paesi terzi.

1.4

Il Comitato propone alla Commissione di esaminare possibilità e modalità per l'organizzazione di un Forum degli stakeholder creativi e culturali allargato, al fine d'identificare meglio - anche attraverso un esercizio di foresight partecipativo - tutti gli attori in campo, e delineare punti qualificanti di un Piano d'Azione Strategico a medio-lungo termine per rilanciare la crescita e la creazione di posti di lavoro di qualità; tale piano d'azione deve essere basato su una strategia trasversale a livello locale, regionale ed europeo, con il coinvolgimento attivo degli Stati membri, delle autorità regionali e locali, delle parti sociali e della società civile.

1.5

Il Comitato chiede di avviare sin d'ora iniziative specifiche per combattere il lavoro precario nel SCC, per assicurare eque condizioni di lavoro a tutti i lavoratori del settore, in particolare alle attività "indipendenti" o anomale, svolte in regime di subfornitura, specie per il lavoro a chiamata; per garantire a tutti un accesso sicuro e su basi di parità alle reti digitali.

1.6

Il CESE attira l'attenzione della Commissione sulla necessità di adattare il quadro regolamentare alle specificità dei SCC, specie in campo di proprietà intellettuale, di semplificazione amministrativa e fiscale e di parità di trattamento IVA tra print e digital communication specialmente per le piccole imprese del settore.

1.7

Secondo il CESE, occorre riflettere sull'opportunità di attuare strutture di dialogo con la società civile focalizzate sul cittadino, approfittando dell'Anno europeo dei cittadini.

2.   I settori della cultura e della creatività in Europa

2.1

I settori culturali e creativi costituiscono in Europa una risorsa strategica essenziale: l'eccellenza e la competitività dell'Europa nei settori culturali e creativi sono il risultato degli sforzi di artisti, autori, creatori, professionisti e imprenditori, ovvero soggetti dotati di talenti tradizionali e innovativi nonché di competenze formali e informali che è bene preservare, promuovere e valorizzare.

2.2

Il Comitato ha già avuto modo di sottolineare che "le industrie culturali e creative europee, come riconosciuto dalla strategia Europa 2020, svolgono un ruolo centrale per la crescita, la competitività e il futuro dell'UE e dei suoi cittadini. […] Sono altresì motori di vantaggio comparato non altrove riproducibile, fattori di sviluppo locale e driver del cambiamento industriale" (1).

2.3

Secondo le definizioni del Libro verde del 2010 (2), sono culturali "le industrie che producono e distribuiscono beni o servizi che, quando vengono concepiti, sono considerati possedere un carattere, un uso o uno scopo specifici che incorporano o trasmettono espressioni culturali, quale che sia il loro valore commerciale" - conformemente alla Convenzione Unesco 2005 (3) - e sono creative "le industrie che utilizzano la cultura come input e hanno una dimensione culturale, anche se i loro output hanno un carattere principalmente funzionale", compresi "l'architettura e il design, che integrano elementi creativi in processi più ampi, e sottosettori come il design grafico, il design di moda o la pubblicità".

2.4

La delimitazione dei campi coperti dal settore culturale e/o dal settore creativo rimane tuttora vaga (4) e rende difficile stabilire l'effettiva portata del loro contributo allo sviluppo del prodotto interno lordo e della occupazione.

2.5

Nell'ambito della proposta del Programma quadro "Europa creativa" (5), sulla quale il Comitato ha avuto modo di esprimersi (6), si definiscono (art. 2) come settori culturali e creativi: "tutti i settori le cui attività si basano su valori culturali e/o su espressioni artistiche e creative, indipendentemente dal fatto che queste attività siano o non siano orientate al mercato e indipendentemente dal tipo di struttura che le realizza". Questo dovrebbe includere esplicitamente le industrie editoriali e grafiche, della carta stampata e digitali.

2.6

Questi settori, nel 2008, rappresentavano il 4,5 % del PIL totale europeo e occupavano il 3,8 % circa della forza lavoro, cioè oltre 8,5 milioni di addetti (7).

2.7

Il Parlamento europeo condivide la definizione sopra esposta e aggiunge in maniera esplicita: i musei e la moda.

2.8

Sebbene il peso dei settori culturali e creativi all'interno della produzione economica europea sia comunque molto rilevante, e in crescita, con un importante impatto occupazionale (8), la pluralità di definizioni esistenti - da quelle dell'OMPI e dell'OCSE a quelle dell'UNCTAD e dell'Unesco fino a quelle del Consiglio d'Europa, non permette di lavorare su una base certa e su statistiche internazionalmente comparabili: nell'UE si passa da percentuali del PIL che vanno dal 2,6 % (Libro verde), al 3,3 % (Programma Europa creativa), al 4,5 % (9), fino al 6,5 % (Consiglio d'Europa); e dagli oltre 5 milioni d'addetti, agli 8,5 (10), fino a quasi 18 milioni (11)!

2.9

La diversificazione delle industrie culturali e creative europee si riflette nelle caratteristiche delle strutture di settore, con una forte presenza di piccole, medie e micro imprese, che costituiscono circa l'80 % dell'intero universo produttivo. Le grandi imprese rappresentano meno dell'1 %, ma sono responsabili di oltre il 40 % degli occupati (12).

2.10

Tale conformazione dei settori culturali e creativi, in Europa, pone problemi sotto molteplici punti di vista: dallo sviluppo delle competenze all'accesso ai finanziamenti, dalla promozione di nuovi modelli di business alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale, dalla difficoltà di accesso ai mercati internazionali al miglioramento dei collegamenti con altri settori, per non parlare della difficoltà relativa al mutuo riconoscimento delle qualifiche (formali e informali, ecc.) (13).

2.11

Se in Europa i settori che costituiscono il nucleo non industriale, vale a dire le arti visive, lo spettacolo dal vivo e il patrimonio storico-artistico, mantengono spesso una forte valenza strategica, negli Stati Uniti tale valenza è concentrata soprattutto nei settori industriali, con un forte orientamento al mercato.

2.12

Il modello americano si presenta come il punto di riferimento naturale per i paesi nei quali la preoccupazione essenziale è quella di costruire un sistema di produzione culturale poco dipendente dai finanziamenti pubblici e fortemente orientato al profitto.

2.13

Il Giappone si pone come paese-guida, non solo nel contesto asiatico, dal momento che ha sviluppato, nel tempo, forme secolari e altamente specifiche di produzione, con forme nuove e originali di industria culturale, rivolte al grandissimo pubblico e orientate al gradimento di mercato.

2.14

In Cina si sta compiendo un formidabile sforzo di investimento infrastrutturale, in campo culturale, con una decisa strategia, che limita la penetrazione dei contenuti culturali americani, e con un marcato interesse ai modelli organizzativi europei e al ruolo dell'azione pubblica nel dare forma e sostegno ai sistemi culturali locali.

2.15

In India l'industria culturale che ha conosciuto lo sviluppo più impetuoso è quella del cinema, con una straordinaria crescita in termini di fatturato, anche se con produzioni fortemente ancorate alla cultura indiana tradizionale e, quindi, scarsamente interessanti per un pubblico estraneo a tale cultura.

2.16

L'America Latina è oggi al centro di un imponente processo di crescita delle proprie industrie culturali, anche grazie alla influenza della cultura spagnola negli Stati Uniti e alla rapida crescita economica e demografica del Messico, mentre il Brasile sta conoscendo una notevole fioritura culturale anche al di là del campo musicale. D'altro canto l'Africa sta sviluppando una sua anima culturale originale, che trae origine anche dai molteplici contatti con il mondo culturale paneuropeo: l'interazione tra i due continenti e l'educazione artistica possono insegnarci molto sulla vita quotidiana e la cultura globale di una regione, abbattendo le barriere che impediscono la cooperazione.

2.17

Il CESE ha sempre sostenuto l'importanza del varo di una strategia finalizzata a esprimere pienamente il potenziale dei settori della cultura e delle professioni creative dell'UE, per stimolare occupazione e crescita: già nel 2004, in un parere elaborato su richiesta della commissaria Viviane Reding, sono stati evidenziati i problemi dei settori culturali e creativi europei (14). Tali posizioni sono state ribadite e approfondite in numerosi pareri successivi (15).

2.18

L'Europa è di gran lunga il leader mondiale nelle esportazioni di prodotti dell'industria creativa. Per mantenere questa posizione abbiamo bisogno di investire nella capacità di tali settori di operare al di là dei confini nazionali. In tal senso si è espresso il Consiglio del 12 maggio 2009, e il Parlamento nella sua risoluzione del 12 maggio 2011.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il Comitato è consapevole che l'eccellenza e la competitività dell'Europa nei settori culturali e creativi sono il risultato degli sforzi di artisti, creatori, autori e professionisti, imprese e soggetti dotati di talenti tradizionali e innovativi, nonché di competenze formali e informali che è bene preservare, promuovere e valorizzare.

3.2

Il CESE è convinto che cultura e creatività costituiscano l'elemento chiave dell'identità stessa dell'Unione e della sua legittimazione, nella diversità di espressioni: unità nella diversità di creatività e cultura, che devono permeare lo sviluppo di una economia europea basata sulla conoscenza.

3.3

Per rispettare e promuovere l'identità culturale dell'Europa e assicurare la piena sostenibilità del SCC, le misure comunitarie a favore dei SCC devono essere realizzate nel rispetto del modello sociale europeo, dei principi democratici e degli standard ambientali.

3.4

Dalle numerose analisi effettuate, a livello europeo e nazionale, risulta evidente che i settori culturali e creativi - SCC si trovano a dover affrontare sfide comuni, ovvero:

un contesto di mercato europeo molto frammentato;

una struttura imprenditoriale composta per l'80 % da PMI e microimprese;

un impatto crescente sui processi produttivi e distributivi causato dal passaggio al digitale e dalla diffusione di nuove tecnologie;

un processo accelerato di globalizzazione, con nuovi soggetti e nuovi competitors;

una rapida obsolescenza delle competenze unita all'emergere di bisogni sempre nuovi;

limiti nella tutela dei diritti di proprietà intellettuale, specie a livello internazionale;

difficoltà di accesso ai finanziamenti e agli investimenti in innovazione tecnologica;

carenze di rilevazioni di dati;

una mancanza di definizione univoca e internazionalmente accettata dei settori in questione, con specifiche dei sottosettori;

esigenze di maggiori sinergie tra il mondo creativo e culturale e le innovazioni tecnologiche;

necessità di sviluppare dei partenariati tra i settori educativi e formativi, il mondo delle imprese e le attività creative e culturali;

l'innalzamento dei livelli di qualità e delle prospettive di carriera, riconoscendo il "valore creativo" nella catena dei valori;

lotta al dumping sociale nei settori creativi e culturali.

3.5

Secondo il CESE, l'importanza e la complessità del settore culturale e creativo richiedono un piano strategico comunitario coerente e su di un arco temporale ben più lungo, con programmi di lavoro nazionali e regionali dettagliati e obiettivi quantificabili e verificabili secondo una tabella di marcia, monitorata da Commissione e Parlamento, che stabilisca contributi e responsabilità ai diversi livelli d'azione: locale, regionale, nazionale e comunitaria.

3.6

Il Comitato chiede quindi alla Commissione di elaborare una nuova strategia coordinata, a medio-lungo termine, basata su una visione partecipata e condivisa all'orizzonte 2020 e che tenga pienamente conto delle specificità dei SCC e stabilisca un quadro di certezze, indispensabile per investimenti innovativi in tali settori e per lo sviluppo di risorse umane qualificate.

3.7

Inoltre, tale strategia deve necessariamente considerare che i SCC sono caratterizzati da una percentuale sproporzionata di impiego atipico, in particolare del lavoro a chiamata, con molte occupazioni temporanee free-lance, un numero molto elevato di lavoratori autonomi e di micro imprese spesso unipersonali, e un folto gruppo di PMI con meno di 10 dipendenti (16). La remunerazione dei lavoratori del settore è quindi spesso irregolare e talvolta vicino o al di sotto della soglia di povertà.

3.8

Molti lavoratori si trovano confrontati con difficili condizioni di lavoro e con l'assenza dei diritti di protezione sociale di base. In particolare le lavoratrici, che costituiscono una grossa percentuale della forza lavoro del settore, sono discriminate, in modo più grave soprattutto sul piano delle condizioni d'impiego e di lavoro con forti sperequazioni salariali e retributive.

3.9

Il settore ha un numero relativamente alto di lavoratori autonomi. Tale categoria è spesso divisa tra due estremi: un estremo è formato da professionisti altamente qualificati e di grande esperienza, con una forte posizione sul mercato; l'altro estremo è rappresentato da lavoratori autonomi il cui status non ha altre finalità che fornire lavoro a basso costo per ridurre i carichi amministrativi e finanziari sul cliente. L'ILO, da tempo, ha lanciato un allarme sui possibili abusi in questo settore (17).

3.9.1

È altrettanto vero che la crisi economica colpisce i SCC nel loro insieme, per via delle misure di austerità e dei tagli senza precedenti che in tutta Europa hanno interessato il sostegno pubblico alla cultura.

3.10

Secondo il CESE, anche ai SCC devono applicarsi le misure evidenziate nei propri pareri in merito a come anticipare i processi di ristrutturazione (18). Le tecnologie e i modelli di business nel settore SCC stanno cambiando rapidamente e molte grandi imprese stanno operando riorganizzazioni produttive sulla spinta della digitalizzazione della stampa scritta, di riduzione dei sostegni pubblici, di incorporazioni e fusioni.

3.11

Tali cambiamenti hanno un impatto diretto sui lavoratori dei SCC, che si concretizza spesso sotto forma di licenziamenti di addetti, pressioni sui salari, piani di prepensionamento, uso accentuato di lavoro temporaneo, abbassamento delle condizioni di lavoro e aumento dello stress, riduzioni della durata dei contratti di lavoro e mancanza di informazione e consultazione dei lavoratori.

3.12

Al fine di garantire la diversità e la ricchezza culturale dell'Unione, il Comitato ritiene opportuno che vengano evitate eccessive concentrazioni, sia nell'ambito produttivo che in quello distributivo; il CESE suggerisce di privilegiare le reti digitali e i meta-distretti, che permettano di raggiungere una massa critica di investimenti, di potenziare la ricerca e la penetrazione internazionale così da preservare l'occupazione.

3.13

Parimenti, secondo il CESE sono necessari sforzi congiunti, a livello comunitario e nazionale, per sostenere programmi di formazione e di qualificazione di nuovi e aggiornati profili professionali con interventi di apprendimento permanente, per tener conto delle trasformazioni in atto nel settore e per sviluppare professionalità ed expertise costantemente adeguate. Un'accelerazione degli investimenti nella modernizzazione dei sistemi educativi e formativi degli artisti, dei creativi e dei lavoratori dei SCC è necessaria, per preservare la posizione di spicco attualmente ricoperta dall'UE e raggiungere gli obiettivi dell'Europa 2020.

3.13.1

Tali azioni sono ancora più urgenti in ragione delle profonde trasformazioni conseguenti allo sviluppo della competizione globale mondiale, manifestatesi anche nel lavoro professionale intellettuale, che hanno obbligato a procedere alla creazione di sempre più nuovi concetti e modalità di espletamento del lavoro ad alta concentrazione di sapere, quali le Cooperative europee della Conoscenza.

3.14

Se, come sottolinea la Commissione stessa, "è necessario che le istituzioni finanziarie comprendano il potenziale economico di questi settori e sviluppino la loro capacità di valutare attività economiche basate su risorse immateriali", questo deve valere in primis per il quadro di bilancio comunitario 2014-2020, eliminando le incertezze attualmente esistenti - emblematiche quelle di Erasmus - rimodellando i programmi e gli strumenti di intervento comunitario (fondi strutturali, BEI, FEI, ecc.), per includere e privilegiare l'innovazione "non tecnologica" e la proiezione internazionale competitiva dei SCC.

3.15

La preparazione della futura politica di coesione, a decorrere dal 2014, deve trarre insegnamento dai progetti e dagli studi sulla realizzazione di strumenti che liberino tutte le potenzialità dei settori delle industrie creative; secondo il CESE, il settore culturale e quello creativo devono essere incorporati all'interno di strategie integrate di sviluppo regionale o locale, in collaborazione con le pubbliche autorità e con le rappresentanze rilevanti della società civile organizzata.

3.16

Occorre un quadro comunitario che agevoli la mobilità degli artisti e dei creatori, delle loro opere, dei servizi e dei sistemi distributivi, con il mutuo riconoscimento delle qualifiche, con strumenti educativi e formativi avanzati, all'interno/esterno dello Spazio culturale e creativo europeo che ponga in pratica le raccomandazioni che il gruppo di esperti sulla mobilità degli artisti della Commissione ha elaborato in materia (19).

3.17

Il CESE sottolinea che le industrie culturali e creative contribuiscono a stimolare la riconversione delle economie locali, favorendo l'emergere di nuove attività economiche, creando posti di lavoro nuovi e durevoli (20), accrescendo le capacità d'attrazione delle regioni e delle città europee, come descritto nello studio The rise of the creative class  (21).

3.18

Un elemento centrale di una reale nuova strategia per le ICC deve essere, a parere del CESE, un piano d'azione comunitario Creative Europe Open to the World-CEOW, per assicurare la presenza degli artisti e delle industrie culturali e creative, in particolare le PMI, in mercati chiave internazionali, attraverso l'istituzione di regimi specifici e di facilitazione nello scambio con i paesi terzi, e attraverso l'accordo su clausole precise e vincolanti, negli accordi bilaterali e multilaterali dell'Unione.

4.   Osservazioni particolari

4.1   Promozione di un contesto normativo appropriato

4.1.1

Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero adottare - con il pieno apporto e coinvolgimento attivo delle parti sociali - misure regolamentari specifiche, adattate alle peculiarità dei SCC, che includano regole di concorrenza appropriate per evitare concentrazioni di mercato eccessive e preservare diversità culturale, pluralità di scelta per il consumatore, e molteplicità di forme d'imprenditorialità.

4.1.2

Gli Stati membri dovrebbero ridurre i carichi amministrativi e burocratici che gravano, in particolare, sulle PMI creative e culturali e sui lavoratori autonomi, semplificando le procedure per le forniture di servizi e facilitando la mobilità dei servizi, degli artisti e degli operatori culturali.

4.2   Accesso ai finanziamenti, supporti finanziari UE e partenariato pubblico-privato

4.2.1

I SCC, anche quando sono maggiormente orientati al mercato, sono sempre il frutto di creatori individuali, autori, artisti, attori ed interpreti, che necessitano di un accesso semplice alla finanza e al credito: è vitale collegare il sostegno finanziario ai SCC con la creazione e il mantenimento di buone condizioni di lavoro per tutte le categorie di lavoratori anche dal punto di vista finanziario.

4.2.2

È importante creare quindi un ambiente fiscale di sostegno allo sviluppo delle PMI e dei lavoratori autonomi, con esenzioni di doppia tassazione in caso di mobilità transfrontaliera e transnazionale e regimi appropriati di sicurezza sociale.

4.2.3

L'UE e gli Stati membri devono incoraggiare la cooperazione tra settore pubblico e privato per assicurare la sostenibilità dei SCC e promuovere la diversità culturale di beni e servizi.

4.2.4

L'UE e gli Stati membri devono sostenere meccanismi di benchmarking sulle modalità di garanzia, prestito, investimento, incentivo all'export, per rendere più agevoli, per i progetti creativi e culturali, le condizioni d'accesso a meccanismi privati di finanziamento e per favorire i collegamenti tra settori non-commerciali che godono spesso di fondi pubblici, con settori più business-oriented come il design, la moda o la pubblicità.

4.2.4.1

Il CESE raccomanda l'elaborazione di:

un mapping delle principali azioni europee per i SCC nel passato triennio,

bilancio dei finanziamenti specifici ai SCC degli ultimi tre anni,

un quadro riassuntivo dei risultati ottenuti dall'applicazione del metodo di coordinamento aperto applicato ai SCC.

4.3   Imprenditoria creativa e culturale e modelli di business

4.3.1

Lo sviluppo di nuovi business model richiede l'accettazione delle nuove formule di digitalizzazione, di remixage, mashing and sampling - cioè la capacità di prendere un file multimediale digitale, che contiene un elemento, o tutti, di testo, grafica, audio, video e animazioni tratte da fonti preesistenti, per creare un nuovo lavoro derivato, o campionamento.

4.3.2

Il modello di creativity for social quality si riferisce infatti alla cultura, al territorio e alla società, nei distretti creativi, integrando misure di mobilizzazione del sapere e di promozione dell'uso del designer come broker o facilitatore di processi d'interfaccia tra sviluppo, tecnologia e produzione.

4.3.3

Per il CESE è indispensabile valorizzare nuovi modelli di business dove il design sia integrato nella catena dei valori e tutti gli attori siano in grado di aggiungere valore a prodotti e a processi che possano essere identificati come eccellenze europee sui mercati globali.

4.3.4

Secondo il CESE, è altresì importante incoraggiare la mobilità transfrontaliera e transnazionale e le capacità d'attrazione di professionalità e talenti, così come il trasferimento delle conoscenze, gli scambi d'esperienze e di capacità imprenditoriali, la costituzione di reti e di cluster tra differenti attori UE e differenti settori dell'economia nel territorio dell'UE.

Bruxelles, 17 aprile 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 051 del 17.2.2011, pagg. 43-49.

(2)  COM(2010) 183 final.

(3)  Cfr. http://portal.unesco.org/culture/en/ev.php-URL_ID=33232&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.html.

(4)  European Statistical System Network on Culture ESSnet-Culture – Relazione finale, ottobre 2012.

(5)  COM(2011) 785 final.

(6)  GU C 181 del 21.6.2012, pagg. 35-39.

(7)  Vedi anche il Rapporto TERA Consultants 2010 e il Rapporto Competitività UE 2010, COM(2010) 614 final.

(8)  Secondo Eurostat, tra il 2008 e il 2011 l'occupazione nei settori culturali e creativi ha mostrato una capacità di recupero migliore dell'economia dell'UE nel suo complesso.

(9)  TERA Consultants, 2010.

(10)  TERA Consultants, 2010.

(11)  Cfr. Relazione 2006 - The Cultural Economy of Europ" (CEOE).

(12)  Cfr. The study on the entrepreneurial dimension of cultural and creative industries.

(13)  GU C 175 del 28.7.2009, pagg. 63-72.

(14)  GU C 108 del 30.4.2004, pagg. 68-77.

(15)  GU C 181, 21.6.2012, pagg. 35–39; GU C 228, del 22.9.2009, pagg. 52–55; GU C 132, del 3.5.2011, pagg. 39–46; GU C 68, del 6.3.2012, pagg. 28–34; GU C 48, del 15.2.2011, pagg. 45–50; GU C 27, del 3.2.2009, pagg. 119–122; GU C 51, del 17.2.2011, pagg. 43–49; GU C 112, del 30.4.2004, pagg. 57–59; GU C 110, del 9.5.2006, pagg. 34–38; GU C 248, del 25.8.2011, pagg. 144–148; GU C 229, del 31.7.2012, pagg. 1–6; GU C 255, del 14.10.2005, pagg. 39–43; GU C 117, del 30.4.2004, pagg. 49–51; GU C 228, del 22.9.2009, pagg. 100–102; GU C 77, del 31.3.2009, pagg. 63–68.

(16)  A livello UE-27, nei settori culturali il 25 % dei lavoratori ha un impiego temporaneo rispetto al 19 % del totale degli occupati, e la quota di persone che lavorano da casa è doppia (26 %) rispetto al totale degli occupati. Anche la quota di persone che svolgono più di un lavoro è superiore nel settore culturale (6 %) rispetto al totale degli occupati (4 %). Cfr. Cultural Statistics, Eurostat pocketbooks, edizione 2011.

(17)  Cfr. parere CESE "Abuso della qualifica di lavoratore autonomo"GU C 161 del 06.06.2013.

(18)  Cfr. parere CESE, JO C 299 del 4.10.2012, p. 54–59.

(19)  Cfr. http://ec.europa.eu/culture/documents/moc_final_report_en.pdf.

(20)  Cfr. Iniziativa per l'occupazione dei giovani, vertice europeo dell'8 febbraio 2013.

(21)  Richard Florida, esperto americano di sviluppo urbano.


10.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 198/45


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Strategia per la competitività sostenibile del settore delle costruzioni e delle sue imprese»

COM(2012) 433 final

2013/C 198/07

Relatore: PLOSCEANU

Correlatore: GIBELLIERI

La Commissione europea, in data 7 settembre 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Strategia per la competitività sostenibile del settore delle costruzioni e delle sue imprese

COM(2012) 433 final.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 12 marzo 2013.

Alla sua 489a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 aprile 2013 (seduta del 17 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 128 voti favorevoli, 2 voti contrari e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il piano d'azione della Commissione sulla competitività sostenibile del settore edile, pubblicato nel luglio del 2012.

1.2

Il CESE riconosce che il settore ha un'importanza strategica per l'economia europea per la quota di PIL che rappresenta, per il numero di occupati e in quanto volano di crescita economica.

1.3

Il CESE ritiene che il settore edile possa contribuire in maniera sostanziale alla riduzione della domanda di energia dell'UE e dell'impronta ecologica dell'intera umanità, oltre ad attenuare gli effetti del cambiamento climatico e all'adattamento a tale processo - altrettanti problemi sociali che, nelle aspettative del Comitato, il piano d'azione proposto dovrà aiutare ad affrontare.

1.4

Con quasi il 10 % del PIL dell'Unione, il settore edile è essenziale per la buona salute dell'economia europea nel suo complesso. Nel perseguire l'obiettivo della crescita, i responsabili politici negli Stati membri devono impegnarsi rispetto ai problemi del comparto, come ha fatto la Commissione nella comunicazione in esame, e fare in modo che, una volta garantite le opportune condizioni finanziarie e normative, esso produca quei risultati che spettano di diritto ai cittadini europei, vale a dire crescita, occupazione e protezione dell'ambiente.

Il CESE è dell'avviso che il settore edile non abbia bisogno di un sostegno finanziario diretto sotto forma, ad esempio, di sovvenzioni, ma che il piano d'azione dovrebbe puntare a creare un quadro strategico e normativo che consenta al comparto di apportare un contributo ottimale alla crescita economica, al benessere sociale e alla gestione ambientale; questo obiettivo dovrebbe essere perseguito anche assicurando un flusso adeguato di investimenti pubblici e finanziamenti privati diretti a sostenere progetti redditizi, nonché il finanziamento prevalente dell'economia degli Stati membri tramite i crediti bancari, imponendo misure immediate ed efficaci volte a migliorare l'accesso delle PMI al credito, anche grazie allo sviluppo di strumenti specifici di garanzia e controgaranzia.

1.5

Un quadro regolamentare e di normazione dell'UE semplificato, stabile ed omogeneo è inoltre un fattore cruciale per la competitività sia interna che esterna del settore edile europeo.

1.6

Il CESE è perfettamente consapevole del fatto che, se è vero che le misure di austerità servono a riequilibrare una serie di carenze strutturali, non stanno portando ad un rilancio della crescita: al contrario, in molti paesi il loro impatto sta aggravando la crisi economica. Investire in edifici e infrastrutture sostenibili è necessario per garantire le future prospettive occupazionali e di crescita in Europa.

1.7

La società civile organizzata invita la Commissione, il Parlamento europeo, il Consiglio e i governi degli Stati membri a considerare gli investimenti nell'edilizia sostenibile e nelle infrastrutture essenziali come un contributo strategico alla crescita economica e all'incremento dei posti di lavoro in futuro, e non soltanto come un'ulteriore spesa pubblica. Il CESE raccomanda inoltre di non includere questi investimenti nell'analisi dei risultati di uno Stato membro rispetto ai criteri del Patto di stabilità e di crescita.

1.8

Le enormi potenzialità di riduzione della domanda energetica insite nella ristrutturazione del parco immobiliare dell'UE, ormai obsoleto, sarebbero utili per raggiungere l'obiettivo europeo di tagliare del 20 % le emissioni di gas a effetto serra e di ridurre della stessa percentuale i consumi energetici; servirebbero inoltre a diminuire le importazioni di energia da fonti fossili e a far sì che una quota maggiore della ricchezza dell'UE rimanga sul nostro territorio, contribuendo così a preservare e persino incrementare l'occupazione per tutta la durata della crisi economico-finanziaria in corso. Perché sia possibile sfruttare questo potenziale, i paesi dell'Unione devono garantire l'adozione di incentivi finanziari e fiscali atti ad orientare il mercato verso maggiori risparmi energetici, e devono inoltre ridurre la carenza di qualifiche.

1.9

Un'altra sfida di vaste proporzioni consiste nell'ammodernare le infrastrutture europee di trasporto, dell'energia e per la banda larga, affinché corrispondano alle esigenze delle generazioni future e garantiscano che il nostro continente non solo rimanga competitivo a livello globale ma continui anche ad attirare investimenti esteri diretti (IED). Se i governi dei paesi UE non sono in grado di capire l'importanza di questo tipo di investimenti, l'Europa rischia di rimanere indietro rispetto ad altre regioni del mondo, sul piano sia economico che del benessere sociale.

1.10

Il settore dovrà anche affrontare i nuovi problemi per l'ambiente edificato determinati dal cambiamento demografico, in particolare le ripercussioni che l'aumento della popolazione anziana avrà sull'accesso a tale ambiente. Il CESE prende atto dei lavori che il Comitato europeo di normazione (CEN) sta portando avanti, su mandato della Commissione, per conformare le norme pertinenti ai principi della progettazione per tutti gli utenti (Design for All). Il settore edile è inoltre confrontato al problema di una manodopera sempre più anziana, a proposito del quale il CESE ricorda la strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (1) e sottolinea che la questione dell'invecchiamento della forza lavoro interessa l'economia nel suo complesso.

1.11

Oltre al contributo che il settore edile può offrire per l'attenuazione dei cambiamenti climatici, il processo di adattamento alle conseguenze di tali cambiamenti pone una serie di nuove sfide per l'ambiente edificato che il comparto dovrà affrontare: tra queste, gli effetti di fenomeni meteorologici estremi, che richiedono un ambiente edificato più resistente e adeguate strutture di protezione. Il CESE sottolinea l'esigenza di tener conto anche di questi aspetti nell'ambito delle metodologie tecniche standardizzate oggi in uso, come gli Eurocodici.

1.12

Il settore dell'edilizia ha un ruolo cruciale da svolgere nel far fronte a queste sfide, a condizione di poter disporre degli investimenti necessari: se è vero infatti che i project bond europei (obbligazioni per il finanziamento di progetti) sono uno strumento utile per mobilitare finanziamenti privati supplementari destinati ai progetti, non possono però sostituirsi agli investimenti pubblici.

1.13

Molte imprese edili, soprattutto PMI, sono sottoposte a forti pressioni a causa dei ritardi di pagamento degli enti pubblici e di clienti del settore privato. È necessario applicare correttamente la direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali per assicurare la sopravvivenza delle imprese del settore. Per la piena attuazione delle disposizioni della direttiva 2011/7/UE e la realizzazione dei suoi obiettivi, il CESE sottolinea in particolare la necessità di ridurre a un massimo di 30 giorni i termini per il pagamento / l'accettazione nei contratti relativi ad appalti pubblici, e di assicurarne il rispetto - attraverso il pagamento effettivo delle fatture - con l'adozione di misure di bilancio e amministrative adeguate (anche ottenendo crediti bancari per il pagamento degli arretrati). Il CESE sostiene la necessità di risolvere in via prioritaria anche il problema degli arretrati maturati prima del recepimento della direttiva 2011/7/UE, in quanto i fortissimi ritardi nel pagamento delle fatture relative a contratti di appalti pubblici incidono pesantemente sulla competitività, redditività e sostenibilità delle imprese. I paesi che fino ad oggi applicavano scadenze di pagamento più ravvicinate non dovrebbero avvalersi delle deroghe previste dalla direttiva per introdurre termini di pagamento più lunghi. Il CESE raccomanda quindi di applicare un termine massimo di pagamento delle fatture di trenta giorni (compresa la procedura di accettazione e di verifica).

1.14

Affinché non vengano compromesse o ridotte in modo decisivo le possibilità di rilancio dell'economia, il CESE sottolinea l'esigenza di riportare in auge e anzi incrementare i crediti bancari a favore degli investimenti e dell'economia reale. Raccomanda di evitare l'eccesso di vigilanza prudenziale nella concessione di crediti nonché la preferenza per lo sviluppo di investimenti in titoli finanziari, a discapito del credito alle imprese che sono sopravvissute alla crisi. I prestiti ponte sono fondamentali per la sopravvivenza quotidiana di molte aziende del settore, soprattutto PMI, la cui sostenibilità finanziaria è quindi gravemente minacciata dall'attuale riduzione del volume dei prestiti erogati dalle banche. Per non diminuire ancora l'offerta, già ridotta, di credito da parte delle banche, l'applicazione di norme finanziarie prudenziali come quelle proposte nel quadro dell'accordo di Basilea III non dovrebbe comportare un'ulteriore contrazione dei prestiti accordati dal sistema bancario all'economia reale. Per ottenere questo risultato, la concessione di prestiti a basso tasso di interesse da parte della Banca centrale europea (BCE) dovrebbe essere subordinata alla condizione vincolante che una quota significativa del prestito vada a beneficio dell'economia reale.

1.15

Un fattore essenziale per un settore edile sostenibile e competitivo consiste nel garantire che i suoi addetti beneficino di condizioni di lavoro adeguate. Fin dal 1993 la relazione Atkins (2) era giunta alla conclusione che un comparto edile dipendente da forme di precariato, quale ad esempio il lavoro autonomo fittizio, non fa che disincentivare la produttività. Ecco il motivo per cui il piano d'azione dovrebbe contemplare anche delle strategie volte a stabilizzare i posti di lavoro e a contrastare pratiche illegali come quella del lavoro autonomo fittizio nel settore.

1.16

A prescindere dal tipo di contratto di lavoro, occorre introdurre degli incentivi al rafforzamento delle qualifiche della manodopera e all'offerta di possibilità di apprendimento permanente.

1.17

L'elusione delle norme e degli obblighi sociali falsa la concorrenza sul mercato dell'edilizia. Occorre perciò garantire parità di condizioni concorrenziali grazie all'osservanza dei regolamenti e degli obblighi sociali vigenti nel paese in cui il lavoratore presta la propria opera, tramite adeguati meccanismi che assicurino l'effettivo rispetto delle condizioni previste in tale paese "ospitante".

1.18

Il CESE esorta le istituzioni europee e gli Stati membri a rafforzare le loro strategie e a intervenire concretamente per contrastare l'incidenza della corruzione e l'ingerenza della criminalità organizzata nelle gare di appalti pubblici, prevalentemente per i grandi progetti infrastrutturali, poiché il ricorso alle minacce e alla violenza da parte di corrotti e criminali creano un contesto inaccettabile di concorrenza sleale e comportano una diminuzione di libertà e democrazia.

1.19

Il CESE sottolinea che agli Stati membri dovrebbe essere consentito applicare le misure di controllo o gli adempimenti amministrativi in vigore, e altri supplementari, da essi considerati efficaci e necessari, ivi compreso l'obbligo di garantire che vengano effettivamente adottati detti meccanismi di controllo, monitoraggio e applicazione delle norme e che vengano realizzate ispezioni efficaci e adeguate, al fine di assicurare il rispetto della legislazione nazionale e della direttiva 96/71/CE sul distacco dei lavoratori.

1.20

I lavoratori immigrati dovrebbero poter beneficiare di condizioni sociali minime e/o di un trattamento paritario nel rispetto delle condizioni e dei regolamenti in vigore nello Stato in cui prestano la loro opera. È quindi necessario introdurre adeguati meccanismi di applicazione delle norme per contrastare il dumping sociale e il trattamento iniquo rispetto alla legge di questa categoria di lavoratori.

1.21

Occorre rafforzare la quota di ricerca e sviluppo nel settore edile, poiché si tratta di uno strumento per incrementarne la produttività. Per farlo, serve una strategia che favorisca l'innovazione permanente, l'aumento di produttività basato sulle qualifiche della manodopera, nuovi prodotti "intelligenti" e un'organizzazione del lavoro anch'essa "intelligente", nonché posti di lavoro di qualità. A questo proposito, le tecnologie ambientali possono essere uno dei motori per creare nuovo sviluppo.

1.22

Il CESE auspica l'applicazione di condizioni contrattuali eque ed equilibrate in tutti gli Stati membri dell'Unione, condizioni che dovrebbero valere anche per le società di paesi terzi presenti sul mercato europeo dell'edilizia. Principi fondamentali di un contesto concorrenziale equo ed efficiente sono il fatto di privilegiare, nelle gare, l'"offerta economicamente più vantaggiosa" invece del "prezzo più basso" e una strategia di rifiuto sistematico delle offerte anormalmente basse.

1.23

Il CESE raccomanda di valutare gli attivi e di calcolarne i costi sulla base del loro intero ciclo di vita, affinché il settore edile possa contribuire più efficacemente allo sviluppo sostenibile, effettuando tali valutazioni, laddove opportuno, sulla base di norme elaborate o adottate dal Comitato europeo di normazione (CEN).

1.24

Il Comitato accoglie con favore l'istituzione del forum UE di alto livello sull'edilizia, e auspica di poterne fare parte per rafforzare la coerenza delle politiche europee rivolte al settore.

2.   Contesto

2.1

Nell'UE a 27 il settore edile ha subito un grave contraccolpo per via dei primi segni della crisi finanziaria nel 2008 e della conseguente riduzione delle attività di costruzione. La ripresa della crescita è stata ritardata dall'insorgere della crisi del debito pubblico nella zona euro e dai programmi di austerità imposti in molti Stati membri.

2.2

Malgrado tale quadro generale, nel 2011 il fatturato del settore edile ammontava a 1 208 miliardi di euro, pari al 9,6 % del PIL dell'UE a 27 e al 51,5 % degli investimenti fissi lordi (3).

2.3

Il settore conta 3,1 milioni di imprese, il 95 % delle quali sono PMI con meno di 20 dipendenti, mentre il 93 % ha meno di 10 operai.

2.4

L'edilizia si colloca al primo posto tra le attività industriali in Europa per numero di occupati: nel 2011 contava 14,6 milioni di addetti, pari al 7 % dell'occupazione totale e al 30,7 % di quella nell'industria. L'occupazione nel settore edile, tuttavia, è in costante diminuzione dal 2008.

2.5

Se si tiene conto dell'effetto moltiplicatore, cioè del fatto che 1 lavoratore nel settore crea altri 2 posti di lavoro in un altro comparto, si arriva ad un totale di 43,8 milioni di lavoratori nell'UE che dipendono, direttamente o indirettamente, dall'edilizia.

2.6

Fattori economici dello stesso tipo hanno inciso sul settore edile di tutti gli Stati membri, ossia, in sostanza:

gli effetti duraturi della stretta creditizia, che ha limitato le possibilità di ottenere prestiti;

il ritiro delle misure di rilancio dell'economia ancora da attuare;

l'insorgere della crisi del debito pubblico nell'estate del 2010;

l'introduzione in tutta Europa di misure di austerità in seguito alla crisi.

2.7

L'azione dei governi UE è stata ostacolata dai provvedimenti di risanamento di bilancio e dagli ingenti tagli agli investimenti attuati per far fronte alla crisi del debito pubblico.

2.8

Tale congiuntura ha ulteriormente indebolito le imprese, ancora fragili, e intaccato la fiducia dei consumatori.

2.9

Secondo le previsioni, la produzione totale dell'edilizia dovrebbe diminuire di oltre il 2 % nel 2012 in conseguenza di un calo generalizzato in tutti i segmenti del comparto.

2.10

Secondo uno studio della Banca mondiale, il settore edile è tra quelli in cui le piaghe della corruzione e della criminalità organizzata si manifestano nelle seguenti modalità:

l'attribuzione di progetti non mediante normali gare d'appalto ma per influenza della politica;

i metodi di accreditamento per la procedura di certificazione degli edifici.

Per gli Stati membri dell'UE, i fenomeni di corruzione sono evidenti nel caso di:

pratiche di ingegneria finanziaria e mancato pagamento dei lavori realizzati da imprese edili entro le scadenze stabilite;

mantenimento di barriere tecniche, amministrative o regolamentari che falsano le normali procedure di appalto.

3.   La proposta della Commissione

3.1

La strategia proposta dalla Commissione persegue i seguenti obiettivi:

affrontare le principali sfide del settore da qui al 2020 in termini di investimenti, capitale umano, fabbisogno energetico e conformità alle norme ambientali, regolamentazione e accesso ai mercati;

proporre un piano d'azione a breve e a medio termine per rimediare a questi problemi.

3.2

Il raggio d'azione della proposta comprende i seguenti interventi:

incentivare la domanda di un ambiente edificato sostenibile, in particolare per quanto riguarda la ristrutturazione degli edifici,

migliorare l'efficienza della catena di approvvigionamento/di valore e del mercato interno dei prodotti e dei servizi per l'edilizia;

ampliare le prospettive sui mercati internazionali per le imprese edili dell'UE.

3.3

Il piano d'azione presentato dalla Commissione si articola intorno a cinque obiettivi:

3.3.1

stimolare condizioni favorevoli agli investimenti;

3.3.2

migliorare la base di capitale umano;

3.3.3

migliorare l'impiego efficiente delle risorse, i risultati in campo ambientale e le opportunità imprenditoriali;

3.3.4

rafforzare il mercato interno dell'edilizia;

3.3.5

promuovere la competitività delle imprese edili dell'UE sul mercato globale.

3.4

Per quel che riguarda la governance, si propone di istituire un forum strategico trilaterale (Commissione, Stati membri, parti interessate) incaricato di monitorare i progressi compiuti nell'attuazione della strategia.

4.   Panorama attuale del settore edile – analisi SWOT (analisi dei punti di forza e di debolezza, delle opportunità e dei rischi)

4.1   Punti di forza

4.1.1

Le attività dell'edilizia - che contribuiscono ad attenuare gli effetti del cambiamento climatico e all'adattamento a tale processo, nonché a ridurre l'impronta ecologica dell'uomo - sono realizzate da imprese radicate localmente e ad alta intensità di manodopera.

La produzione pertanto non può essere delocalizzata, il che garantisce che i posti di lavoro rimangano all'interno del territorio dell'UE.

43,8 milioni di lavoratori nell'UE a 27 dipendono tuttora, direttamente o indirettamente, dal settore edile.

Il gran numero di PMI e microimprese operanti nell'edilizia è la riprova che le attività del settore sono fortemente radicate nelle comunità locali, di cui riflettono il variegato spettro di tradizioni e culture.

In molti paesi dell'Unione il settore edile ha una funzione centrale, insieme agli istituti di formazione professionale, nell'offrire ai giovani lavoratori un periodo di apprendistato, garantendo così la mobilità sociale.

4.2   Punti deboli

4.2.1

In molti paesi europei il settore edile è caratterizzato da una serie di norme che ostacolano i meccanismi di cooperazione tra imprese (ad esempio le norme sulla responsabilità), nonché da una catena di valore complessa e da un elevato potenziale di conflitti e inefficienza, tutti fattori, questi, che sono di ostacolo ad un incremento della sua competitività.

4.2.2

Malgrado recenti sviluppi positivi, ad esempio il manifesto intitolato Building Prosperity for the Future of Europe ("Costruire la prosperità per il futuro dell'Europa"), pubblicato per la prima volta nel novembre 2010 dalla piattaforma informale European Construction Forum (ECF) e appositamente ripubblicato nel gennaio 2013 in occasione della comunicazione della Commissione, il settore comprende uno spettro talmente ampio e variegato di soggetti che risulta difficile coordinarne tutti i diversi punti di vista e fare in modo che esso si esprima con una voce sola a livello nazionale o europeo.

4.2.3

In alcuni casi il settore si è dimostrato soggetto a bolle immobiliari di tipo speculativo, come quelle che si sono registrate negli anni 2000-2010 in diversi Stati membri, provocate dalla disponibilità di mutui a basso tasso di interesse destinati a progetti nel settore immobiliare.

4.2.4

Le misure politiche volte a promuovere forme specifiche di edilizia - ad esempio gli incentivi fiscali destinati alla ristrutturazione degli edifici per aumentarne l'efficienza energetica, i lavori di messa a norma o le tariffe di riacquisto dell'energia prodotta da singoli per sostenere le micro rinnovabili - sono spesso poco prevedibili, di breve durata e vengono ridotte o soppresse prima ancora che ne siano stati avvertiti adeguatamente gli effetti positivi.

4.2.5

Gli appalti pubblici funzionano tradizionalmente secondo il criterio del prezzo più basso; tuttavia, la pressione a ridurre le offerte per le gare d'appalto impedisce alle imprese di innovare i loro processi e investire in materiali nuovi e innovativi. Inoltre, spesso nelle gare d'appalto pubbliche non è consentito proporre delle varianti, un divieto che, insieme all'esistenza di regimi assicurativi restrittivi, rappresenta un ulteriore ostacolo all'incremento dell'innovazione.

4.2.6

Rispetto ad altri settori, nell'edilizia gli investimenti in ricerca e sviluppo sono scarsi, a causa della frammentazione del comparto, del fatto che i lavori edili sono rigidamente regolamentati e dei margini di utile tradizionalmente ridotti. Malgrado ciò, il CESE prende atto dell'iniziativa del partenariato pubblico-privato "Edifici ad alta efficienza energetica" (Energy-efficient Buildings - EeB), che integra il sostegno alla ricerca e sviluppo erogato dall'UE con un cofinanziamento del settore privato.

4.2.7

Malgrado i notevoli progressi compiuti negli ultimi anni il settore edile è tuttora penalizzato da un'immagine negativa, e deve quindi continuare a considerare un obiettivo prioritario quello di migliorare i propri risultati nel campo della salute e della sicurezza. Più in generale, nonostante la crisi che stiamo attraversando, l'edilizia non riesce ancora ad attrarre un numero sufficiente di ingegneri qualificati appena laureati. Dato che con i cambiamenti demografici il problema non potrà che aggravarsi, è compito del settore stesso cercare di rimediare alla propria immagine negativa e riuscire ad assumere giovani lavoratori qualificati.

4.3   Opportunità

4.3.1

Il rendimento energetico del parco immobiliare rappresenta per il settore edile una opportunità imperdibile di incrementare le proprie attività con le tecnologie oggi a disposizione. Resta però il fatto che i governi dei paesi UE devono riconoscere questo potenziale e offrire al comparto il sostegno finanziario e gli incentivi fiscali necessari per sfruttarlo.

4.3.2

Gli Stati membri e l'UE dovrebbero coordinarsi per varare programmi di investimento su vasta scala per la realizzazione di infrastrutture ed edifici essenziali, in misura superiore agli importi proposti dal meccanismo per collegare l'Europa nel prossimo quadro finanziario pluriennale.

4.3.3

Nel medio e lungo periodo, il settore dispone del potenziale per realizzare un'economia sostenibile e a basse emissioni di carbonio, a condizione che siano stati attuati i necessari incentivi sia normativi che finanziari.

4.3.4

Il settore dell'edilizia sarà in prima linea nel cercare soluzioni alle sfide consistenti nel ridurre gli effetti del cambiamento climatico e nell'adattarsi a tale fenomeno.

4.3.5

Lo sviluppo di nuove tecnologie che utilizzano l'informatica, ad esempio l'elaborazione di modelli informatici degli edifici (Building Information Modelling - BIM), contribuisce oggi a rafforzare l'innovazione e l'efficienza del settore.

4.4   Rischi

4.4.1

Il rischio principale per il settore edile è la scarsità di investimenti pubblici e privati, che ha portato al fallimento di un certo numero di imprese pur solide e determinato una nettissima riduzione degli occupati nel comparto dal 2008 ad oggi. Una crisi prolungata dell'edilizia comporterà una perdita permanente di posti per architetti, progettisti/arredatori d'interni, ingegneri e artigiani.

4.4.2

Un altro rischio, collegato al primo, è il fatto di disporre di una manodopera sempre più anziana e la mancanza di lavoratori giovani e qualificati che ne assicurino il ricambio. Dai dati disponibili per la Germania, ad esempio, risulta che nel 2011 il 44 % dei lavoratori dell'edilizia aveva più di 45 anni.

4.4.3

Un'altra minaccia è rappresentata dall'arrivo sul mercato UE degli appalti affidati ad imprese di paesi terzi, spesso di proprietà pubblica, che in diversi casi si sono avvalse dei finanziamenti dei loro governi per applicare prezzi inferiori a quelli in uso in regime di leale concorrenza: ne è un esempio il caso dell'autostrada A2 in Polonia, nel 2009, in cui era implicata un'azienda di Stato cinese. Questo tipo di concorrenza sleale non solo va a scapito della qualità nel comparto, ma erode anche i salari dei lavoratori edili locali.

4.4.4

La pressione delle autorità per realizzare risparmi nelle gare per appalti pubblici fa sì che si registrino sempre più spesso delle offerte anormalmente basse, le quali determinano un ambiente edificato di minore qualità, minacciano la protezione sociale dei lavoratori e comportano un aumento dei costi nel lungo periodo.

4.4.5

Le attività del settore edile sono già, a ragione, rigidamente regolamentate, ma le normative adottate dall'UE per l'edilizia potrebbero, in assenza di un coordinamento, rivelarsi controproducenti.

4.4.6

Una delle caratteristiche principali del settore edile nell'UE è la grande mobilità dell'occupazione. Il ricorso a manodopera proveniente da altri paesi, in particolare a lavoratori autonomi e a lavoratori temporaneamente distaccati, non dovrebbe trasformarsi in una forma di dumping sociale, finalizzato a evitare il versamento dei contributi previdenziali e ad eludere gli obblighi sociali in vigore nel paese in cui il lavoratore straniero presta la propria opera.

4.4.7

Una sfida rilevantissima per il comparto dei materiali da costruzione sarà quella del futuro accesso alle materie prime e dell'impiego efficiente delle risorse.

5.   Prospettiva economica, sociale e della società civile organizzata

5.1

I pareri espressi nel corso dell'audizione organizzata dalla CCMI il 19 dicembre 2012 hanno evidenziato i seguenti punti principali:

5.1.1

La Commissione ha pubblicato la comunicazione sul settore edile al momento giusto, e nel documento figurano molti degli elementi che l'industria auspicava venissero presi in considerazione.

5.1.2

La strategia proposta non contempla misure per rimediare agli effetti del cambiamento climatico sul settore.

5.1.3

Ai primi posti tra le questioni importanti che il settore dell'edilizia deve affrontare rimangono la finanza di progetto (project financing) e la tendenza dei clienti a pagare in ritardo.

5.1.4

La manodopera nell'edilizia è sempre più anziana, un problema che va risolto cercando di attirare lavoratori giovani qualificati.

5.1.5

Occorre un approccio migliore per trovare una soluzione ai rischi e ai punti deboli principali del settore e garantire il conseguimento degli obiettivi stabiliti dalla strategia Europa 2020 e per le reti transeuropee dei trasporti (TEN).

5.1.6

In assenza di una progettazione ed esecuzione di elevata qualità, il settore non potrà realizzare un'edilizia sostenibile né beneficiare di una competitività sostenibile. Una progettazione e un'esecuzione dei lavori di eccellenza non si possono ottenere con gare d'appalto basate esclusivamente sul "criterio del prezzo più basso", senza prendere in considerazione i costi più a lungo termine.

5.1.7

Gli appalti pubblici di servizi nell'edilizia, che funzionano tradizionalmente sulla base del prezzo più basso, impediscono alle imprese di innovare i loro processi e investire in materiali nuovi e innovativi. L'innovazione è ulteriormente ostacolata da regimi assicurativi penalizzanti per le società che intendano utilizzare metodi di lavoro diversi o materiali innovativi.

5.1.8

Si segnalano diseguaglianze sul piano della concorrenza tra imprese dei paesi OCSE e dei paesi BRICS, un problema che richiede soluzioni ad hoc.

5.1.9

Si potrebbe prendere di nuovo in considerazione l'idea di introdurre un'aliquota IVA ridotta per la costruzione di alloggi a prezzi accessibili quale possibile incentivo all'attività nel settore.

5.1.10

Si dovrebbe ulteriormente sviluppare e migliorare la collaborazione tra le parti sociali nell'edilizia dei vari paesi UE, da cui sono già sorte diverse ONG caratterizzate da una rappresentanza paritetica, e potenziare il dialogo sociale, per affrontare problemi molto specifici di questo settore (salute e sicurezza, formazione, retribuzione delle ferie, ecc.).

5.1.11

È inoltre necessario e opportuno adottare un codice deontologico per attenuare l'impatto della corruzione.

5.1.12

Sono necessarie maggiori iniziative di comunicazione sulle politiche di investimento per migliorare le strategie delle imprese, che oggi per lo più si limitano ad occuparsi della loro sopravvivenza nel breve periodo.

5.1.13

Il forum di alto livello per il settore edile istituito dalla Commissione, che ha dato inizio ai lavori nel gennaio 2013, è un'iniziativa di cui si sentiva davvero il bisogno e della quale il CESE dovrebbe essere chiamato a far parte.

6.   Osservazioni generali

6.1

In base alle previsioni, lo sviluppo futuro del settore edile dovrebbe presentare le seguenti caratteristiche:

il rendimento energetico degli edifici, un impiego efficiente delle risorse nella fabbricazione, il trasporto e l'utilizzo dei prodotti per gli edifici e la realizzazione di infrastrutture;

l'economia a basse emissioni di carbonio avrà conseguenze di grande rilievo per il settore dell'edilizia;

le sfide di portata generale sono:

gli squilibri della concorrenza sui mercati mondiali;

l'efficienza energetica;

l'edilizia sostenibile;

la resistenza alle catastrofi;

il clima degli ambienti interni ("criptoclima");

il recupero, il riciclaggio e il riutilizzo degli edifici e dei materiali;

la progettazione per soddisfare la domanda dei futuri clienti;

una manodopera sempre più anziana;

le procedure per gli appalti pubblici;

i partenariati pubblico-privato (PPP);

questioni specifiche nel campo della salute e sicurezza;

la deontologia delle imprese.

6.2

I diversi soggetti del settore edile devono formare una sorta di "catena alimentare": le imprese edili, i pianificatori del territorio, gli architetti, i progettisti/arredatori d'interni, i promotori immobiliari ecc. dovrebbero tutti essere partecipi di aree di conoscenza specialistica quali la finanza, le assicurazioni, gli appalti, il marketing e l'istruzione.

6.3

Per contrastare i fenomeni di corruzione e la criminalità organizzata, le imprese edili stanno mettendo mano ad un vasto e complesso armamentario di iniziative e riforme strutturali, tra cui:

l'eliminazione delle barriere tecniche, amministrative e regolamentari ancora esistenti che falsano le procedure di gara per l'aggiudicazione di lavori di infrastrutture, edilizia e assemblaggio, tramite una semplificazione del quadro normativo specifico per il comparto e l'attribuzione di responsabilità ben precise a tutti i soggetti interessati;

la revisione dei contratti e meccanismi di pagamento vigenti che comportino la partecipazione di fondi UE, grazie ad un invio e uno scambio migliorati della documentazione necessaria, ad un'accresciuta responsabilità degli organi incaricati del monitoraggio e del controllo e al ricorso al conto di garanzia vincolato presso terzi, per ciascun progetto. La revisione contabile e la verifica incrociata e congiunta, sia presso il beneficiario che presso l'impresa edile, degli importi dovuti e dei lavori che abbiano fruito di un cofinanziamento dello Stato membro e dell'UE, nel quadro di progetti realizzati con fondi europei.

Bruxelles, 17 aprile 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Comunicazione della Commissione, del 3 marzo 2010, Europa 2020 - Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (COM(2010) 2020).

(2)  Secteur, Strategic Study on the Construction Sector: Final Report: Strategies for the Construction Sector ("Studio strategico settoriale sul settore edile, Relazione finale: strategie per il settore edile"), WS Atkins International (1993).

(3)  Relazione statistica R54 della FIEC (Federazione internazionale europea della costruzione).


10.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 198/51


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — La politica estera dell'UE in materia di aviazione — Affrontare le sfide future»

COM(2012) 556 final

2013/C 198/08

Relatore: McDONOGH

La Commissione europea, in data 19 dicembre 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – La politica estera dell'UE in materia di aviazione – Affrontare le sfide future

COM(2012) 556 final.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 aprile 2013.

Alla sua 489a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 aprile 2013 (seduta del 17 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 165 voti favorevoli, 1 voto contrario e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la comunicazione della Commissione sulla politica estera dell'UE in materia di aviazione. Poiché l'economia europea dipende in misura sempre maggiore dal commercio estero e gli aeroporti svolgono un ruolo essenziale nel collegare l'Europa con le altre regioni del mondo, il CESE concorda appieno con la definizione di un programma ambizioso per il settore dell'aviazione.

1.2

Il CESE auspica in particolare un rapido avanzamento verso la creazione di uno spazio aereo comune che comprenda anche i paesi vicini dell'Unione, ossia la Turchia, la Russia, i paesi dell'Europa orientale e i paesi del Vicino Oriente, da un lato, e gli Stati del bacino del Mediterraneo e dell'Africa settentrionale, dall'altro: la vicinanza geografica dei mercati di questi paesi e la significativa crescita economica che si va registrando in molti di essi offrirebbero infatti delle opportunità di sviluppo ad una serie di aeroporti secondari o regionali.

1.3

Il CESE è inoltre risolutamente a favore di un programma di liberalizzazione ambizioso da realizzare con i paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) e dell'ASEAN, che offra ai vettori dell'UE la possibilità di incrementare la cooperazione con altre compagnie aree e aumenti il volume di traffico attraverso gli aeroporti europei.

1.4

La comunicazione pone giustamente l'accento sull'esigenza di realizzare condizioni di equa concorrenza per il settore delle compagnie aeree, e tra i fattori che falsano la concorrenza e per i quali occorrerebbe trovare una soluzione individua molto opportunamente le tasse che gravano sull'aviazione, gli aiuti di Stato impropri, la congestione degli aeroporti e dello spazio aereo, le responsabilità in materia di protezione dei consumatori e il costo delle emissioni di CO2.

1.5

Il CESE condivide le preoccupazioni della Commissione riguardo alla necessità di investire per incrementare le capacità degli aeroporti: è urgente garantire le capacità aeroportuali nell'Unione europea per non perdere competitività rispetto ad altre regioni in crescita e scongiurare così lo spostamento del traffico verso aree vicine.

2.   Introduzione e contesto

2.1

Il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione sulla politica estera dell'UE in materia di aviazione.

2.2

Il CESE condivide pienamente l'affermazione secondo cui l'aviazione svolge un ruolo fondamentale nell'economia europea, per i cittadini come per le imprese dell'Unione. Il settore, che conta 5,1 milioni di posti di lavoro e rappresenta il 2,4 % del PIL europeo, pari a 365 miliardi di euro, apporta infatti un contributo essenziale alla crescita economica e all'occupazione nell'UE.

2.3

Grazie ad uno sforzo coordinato della Commissione europea e degli Stati membri dell'Unione, sono stati conclusi 1 000 accordi bilaterali di servizio aereo con 117 paesi terzi. Si sono inoltre registrati passi avanti nella realizzazione di un più vasto spazio aereo comune con i paesi vicini, e accordi in tal senso sono già stati firmati con i paesi dei Balcani occidentali, il Marocco, la Giordania, la Georgia e la Moldova.

2.4

Tuttavia, il passaggio da una situazione in cui esistevano solo relazioni bilaterali tra gli Stati membri dell'UE e i paesi partner a un quadro più variegato (con relazioni sia bilaterali che a livello UE) ha ingenerato in alcuni casi una certa confusione tra i paesi partner e non ha consentito di definire e difendere sempre al meglio gli interessi dell'Unione europea.

2.5

Non solo: la frammentazione del settore dell'aviazione tra i vari livelli nazionali fa sì che esso sia tuttora eccessivamente influenzato da interessi locali e dipenda oltremisura da iniziative puntuali basate su singole autorizzazioni di negoziato intese a creare le condizioni per un accesso al mercato efficiente e per la crescita. Il ritmo con cui procede la liberalizzazione non coordinata del mercato a livello di Stati membri dell'Unione europea con alcuni paesi non UE, nonché l'evidente intenzione di taluni Stati membri di continuare a concedere diritti bilaterali di traffico aereo a paesi terzi senza adeguate contropartite o ignorando le implicazioni che ciò potrebbe avere per l'intera Unione, sono tali che, se non interveniamo ora per rendere la politica estera dell'UE più ambiziosa ed efficace, tra pochi anni potrebbe essere già troppo tardi.

2.6

Il Consiglio ha inoltre concesso alla Commissione le autorizzazioni a negoziare accordi globali con l'Australia e la Nuova Zelanda, paesi con i quali i negoziati sono ancora in corso. Oggi soltanto due compagnie aeree europee (British Airways e Virgin Atlantic) offrono voli da e per l'Australia, mentre in passato i vettori europei su questa tratta erano molti di più.

2.7

Il CESE accoglie positivamente le conclusioni globali adottate dal Consiglio in merito alla proposta della Commissione (1), ma ritiene che gli Stati membri potrebbero offrire un sostegno più esplicito ad una serie di negoziati chiave dell'UE, ad esempio conferendo alla Commissione un mandato forte affinché si giunga ad una "normalizzazione" delle relazioni oggi piuttosto tese con la Russia nel settore dell'aviazione.

2.8

Quello latino-americano è un mercato in rapida crescita, e la fusione tra il vettore cileno LAN e quello brasiliano TAM rappresenta una seria minaccia commerciale per Iberia, Tap e altre compagnie aeree europee che offrono collegamenti con l'America Latina. È urgente arrivare entro breve alla conclusione dell'accordo con il Brasile.

3.   L'importanza degli hub (aeroporti principali o di smistamento)

3.1

Malgrado la crescita registrata dalle compagnie aeree low-cost che offrono servizi negli aeroporti "non hub" (aeroporti secondari), gli hub europei hanno un peso rilevante nel settore dell'aviazione a livello mondiale e per le relazioni esterne, dal momento che spesso gli accordi sul traffico aereo sono mirati a questi aeroporti principali in Europa.

3.2

Lo sviluppo di grandi hub in aree come Abu Dhabi e Dubai rappresenta una seria minaccia concorrenziale per i servizi delle compagnie europee sulle rotte a lungo raggio: ne è un esempio l'accordo di partenariato recentemente concluso tra la compagnia australiana Qantas e la Emirates Airlines degli Emirati arabi uniti.

3.3

Per essere redditizio un hub richiede un livello significativo di domanda locale e una rete estesa di servizi di collegamento ("feeder"): è questo il motivo per cui gli hub con i risultati migliori corrispondono in genere agli aeroporti delle grandi città, i quali però sono sempre più congestionati e ormai incapaci di ulteriore espansione, principalmente in ragione di considerazioni ambientali.

3.4

Già oggi alcuni hub europei, date le loro insufficienti capacità, limitano il numero di rotte di collegamento gestibili, un problema che richiede una soluzione valida se si vuole preservare la competitività dell'Europa.

4.   Garantire una concorrenza equa e aperta

4.1

La competitività dei vettori aerei dell'UE, molti dei quali sono alle prese con problemi finanziari, viene meno quando gli oneri economici che determinano costi unitari di produzione più elevati sono superiori a quelli sostenuti dai vettori di altre regioni del mondo.

4.2

Nel valutare la competitività del settore europeo dell'aviazione - e in particolare delle sue compagnie aeree - a livello internazionale, è importante prendere in considerazione l'intera catena di valore dell'aviazione (aeroporti, fornitori di servizi di navigazione aerea, costruttori, sistemi informatizzati di prenotazione, prestatori di servizi di assistenza a terra, ecc.), come pure le strutture dei costi, il livello di esposizione alla concorrenza in altre parti della catena di valore e i meccanismi di finanziamento dell'infrastruttura in altri mercati chiave.

4.3

All'interno dell'UE non si è riusciti a creare condizioni di equa concorrenza né a livello dei singoli Stati membri né a livello locale/regionale, in quanto, ad esempio, non si è impedito che, in molti casi, i piccoli aeroporti offrissero alle compagnie aeree tariffe non commerciali in contrasto con il principio dell'investitore privato operante in un'economia di mercato. Le indagini approfondite avviate nell'ultimo periodo su tutta una serie di casi di possibili aiuti di Stato concessi alle compagnie aeree da aeroporti regionali in vari Stati membri dell'UE evidenziano la necessità di completare quanto prima i lavori sugli orientamenti della Commissione sugli aiuti di Stato per gli aeroporti, la cui stesura ha invece subito continui ritardi. Anche la recente adozione di norme europee in materia di sicurezza sociale per i lavoratori mobili nell'UE, ad esempio il personale di volo, permetterà di migliorare il funzionamento del mercato unico. La Commissione ha preso provvedimenti in parecchi casi di concorrenza percepita come sleale.

5.   Una strategia per la crescita basata su "più Europa"

5.1

Lo studio indipendente realizzato per conto della Commissione ha concluso che nuovi accordi globali di trasporto aereo a livello di Unione europea con i paesi vicini e i principali partner, soprattutto in mercati a rapida crescita e/o soggetti a vincoli, garantirebbero benefici economici molto rilevanti, superiori a 12 miliardi di euro l'anno.

5.2

Il mantenimento di un settore dell'aviazione forte, competitivo e basato in Europa, che colleghi il nostro continente con il resto del mondo, riveste un'importanza strategica per l'UE. Poiché oggi i mercati dell'aviazione in rapida crescita sono situati al di fuori dell'Europa, è vitale che l'industria europea abbia l'opportuna di espandersi anche in tali mercati.

5.3

È importante fare in modo che da questo processo emerga gradualmente un autentico spazio comune integrato dell'aviazione in cui le relazioni con i paesi vicini abbiano carattere aperto e integrato. Non ha più senso che il Consiglio sia chiamato a concedere autorizzazioni a negoziare accordi paese per paese: sarebbe di gran lunga più efficace concedere alla Commissione una unica autorizzazione a negoziare con i paesi vicini rimanenti, benché anche in questo caso singolarmente con ciascuno di essi.

5.4

Nell'ambito del terzo pilastro (accordi globali con i partner principali) è stata negoziata una serie di accordi importanti. Si tratta tuttavia ancora una volta di un ambito in cui restano da conseguire degli obiettivi fondamentali, in particolare per quanto riguarda gli accordi UE-USA e UE-Canada in materia di liberalizzazione delle norme su proprietà e controllo dei vettori aerei.

5.5

Nella maggior parte dei paesi vigono tuttora norme secondo cui la maggioranza dei diritti di proprietà e controllo di una compagnia aerea nazionale deve essere in mano a cittadini dello stesso Stato, il che impedisce ai vettori aerei di accedere a una più vasta platea di investitori e di mercati dei capitali, con il risultato di imporre al settore aereo una struttura industriale artificiale che non esiste in altri comparti. Negli Stati Uniti, ad esempio, gli stranieri non possono detenere più del 25 % delle azioni con diritto di voto di una compagnia aerea. Tali restrizioni nazionali in materia di proprietà e controllo hanno fatto nascere tre alleanze di compagnie aeree di livello mondiale (Star Alliance, SkyTeam e Oneworld): in particolare, le joint venture create su determinate rotte da alcuni dei membri di queste alleanze sono arrivate a svolgere un ruolo che si avvicina molto a quello di vettori aerei di dimensioni mondiali.

5.6

Ai sensi della legislazione europea in vigore, tuttavia, i vettori aerei dell'UE non sono soggetti a restrizioni nazionali per quanto riguarda la proprietà e il controllo e possono essere detenuti da qualsiasi soggetto economico dell'Unione europea.

5.7

La tendenza al consolidamento in Europa rimane una caratteristica unica, in quanto le fusioni e le acquisizioni transfrontaliere sono consentite soltanto all'interno dell'UE mentre i regimi di proprietà e controllo sono rimasti sostanzialmente quelli negoziati nel 1944 nell'ambito della Convenzione di Chicago. Le difficoltà risultanti dalle attuali disposizioni in materia di proprietà e controllo sono considerevoli e richiedono negoziati con i paesi partner e strutture gestionali estremamente complesse. I vettori facenti parte di alleanze cooperano sempre più strettamente per offrire ai clienti servizi basati su una rete integrata e senza soluzioni di continuità di multi-hub a livello mondiale.

5.8

Oggi i tempi sono maturi per adottare le ulteriori misure previste dall'accordo sui trasporti aerei UE-USA, ossia per liberalizzare la proprietà e il controllo delle compagnie aeree in modo da renderle capaci di attirare investimenti a prescindere dalla nazionalità degli investitori.

6.   Principi guida fondamentali della futura politica estera dell'UE in materia di aviazione

6.1

L'UE dovrebbe continuare a dar prova di audacia nel promuovere una maggiore apertura e liberalizzazione nel settore, garantendo al contempo il raggiungimento di un livello soddisfacente di convergenza normativa. Nei negoziati con i paesi partner occorrerebbe riservare la necessaria attenzione alle norme in materia di lavoro e ambiente e garantire il rispetto delle convenzioni e degli accordi internazionali in questi due ambiti, per evitare distorsioni del mercato e impedire una "concorrenza al ribasso". È importante che i vettori aerei che offrono collegamenti con l'Europa rispettino le norme e i regolamenti dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL).

6.2

Poiché l'economia europea dipende in misura sempre maggiore dal commercio estero e gli aeroporti svolgono un ruolo essenziale nel collegare l'Europa con le altre regioni del mondo, il CESE concorda appieno con la definizione di un programma ambizioso di liberalizzazione del settore dell'aviazione.

6.3

Per trarne tutti i benefici possibili, è importante che l'UE passi rapidamente all'azione (prima che si intensifichino le iniziative di liberalizzazione tra i mercati emergenti) in modo da sfruttare il vantaggio della prima mossa, cosa che servirebbe nel contempo a proteggere e a rafforzare la posizione del mercato europeo dell'aviazione a livello mondiale. In assenza di una tale strategia, l'Unione potrebbe in futuro ritrovarsi completamente tagliata fuori dai flussi mondiali di traffico aereo.

6.4

Il fatto di effettuare la prima mossa nel processo di liberalizzazione dell'aviazione inciderebbe anche in misura significativa sulla diffusione delle norme tecniche europee, con la possibilità di importanti ricadute per l'industria aerospaziale dell'UE.

6.5

Il CESE raccomanda da tempo di eliminare le restrizioni sulla proprietà e sul controllo (2) affinché i vettori aerei possano avere accesso ad una più vasta platea di investitori e di mercati dei capitali. Considerata l'importanza dei due mercati europeo e americano, i primi, risoluti passi avanti di questa strategia dovrebbero concentrarsi su nuove modifiche agli accordi UE-USA, che potrebbero servire da punto di riferimento per inaugurare una nuova era post Chicago del settore aereo.

6.6

La Commissione dovrà dimostrare che l'approccio coordinato ai negoziati darà buoni risultati in tempi più rapidi rispetto al processo degli accordi bilaterali, in modo tale da non rimanere indietro proprio nel momento in cui si presenteranno delle opportunità. Attualmente si deve constatare che la firma dell'accordo bilaterale con il Brasile registra un deplorevole ritardo. Va anche precisato che gli Stati membri hanno una responsabilità condivisa per quel che riguarda il potenziamento della politica esterna dell'UE in materia di aviazione, e che alla Commissione devono essere conferiti mandati negoziali forti, in particolare perché possa difendere le regole di mercato in vigore nell'Unione nei confronti di paesi e regioni del mondo in cui il settore dell'aviazione funziona in base a standard molto diversi.

6.7

La posizione dei vettori europei risulterebbe ulteriormente indebolita qualora una delle compagnie aeree del Medio Oriente rilevasse una delle compagnie aeree indiane che oggi versano in difficoltà finanziarie.

7.   Migliorare le relazioni con i partner fondamentali

7.1

Date le sue caratteristiche peculiari, il settore europeo del trasporto merci e corriere espresso è penalizzato sui mercati mondiali da accordi di servizio aereo bilaterali di tipo restrittivo, e dovrebbe avere un trattamento prioritario quando saranno rimossi gli ostacoli che impediscono l'accesso ai mercati.

7.2

Il CESE auspica in particolare che si avanzi rapidamente verso la creazione di uno spazio aereo comune che comprenda anche i paesi vicini dell'Unione, ossia la Turchia, la Russia, i paesi dell'Europa orientale e i paesi del Vicino Oriente, da un lato, e gli Stati del bacino del Mediterraneo e dell'Africa settentrionale, dall'altro: la vicinanza geografica dei mercati di questi paesi e la significativa crescita economica che si va registrando in molti di essi offrirebbero infatti delle opportunità di sviluppo ad una serie di aeroporti secondari o regionali. Lo sviluppo di un'agenda di cooperazione positiva e pragmatica con la Turchia consentirebbe di realizzare progressi reciprocamente vantaggiosi nella risoluzione di problemi reali che interessano la regione. In particolare, si dovrebbero registrare dei passi avanti nella conclusione di un accordo bilaterale in materia di sicurezza.

7.3

Il CESE è inoltre risolutamente a favore di un programma di liberalizzazione ambizioso da realizzare con i paesi BRIC e dell'ASEAN, i quali stanno rapidamente conquistando una posizione dominante nei mercati mondiali come fornitori di materie prime, di beni manufatti e servizi, e la cui popolazione si mostra sempre più desiderosa di viaggiare. È dimostrato che la conclusione da parte dell'UE di accordi globali sui trasporti aerei con Cina, India, Giappone e America Latina potrebbe apportare significativi benefici economici; l'Unione dovrebbe quindi prefiggersi la stipula di tali accordi. La liberalizzazione del traffico aereo offrirebbe ai vettori dell'UE la possibilità di incrementare la cooperazione con altre compagnie presenti in queste aree del pianeta e di aumentare il volume di transito attraverso gli aeroporti europei.

7.4

È essenziale inoltre che gli accordi conclusi siano in grado di apportare vantaggi reciproci tanto per l'UE quanto per i paesi terzi. Partendo da questo presupposto, è urgente che la Russia tenga fede all'impegno assunto con l'accordo del 2011 di attuare i "principi concordati sulla modernizzazione del sistema di sorvolo della Siberia". Qualora gli impegni sottoscritti non vengano rispettati, la Commissione, con il sostegno degli Stati membri, dovrebbe adottare le opportune contromisure.

7.5

Negli ultimi anni le relazioni con gli Stati del Golfo sono consistite per lo più in un processo unilaterale di apertura dei mercati UE ai vettori aerei del Golfo, con conseguenti squilibri significativi nelle opportunità offerte. Dato che l'UE potrebbe registrare ulteriori perdite di traffico aereo, si raccomanda che nell'immediato i paesi del Golfo non siano oggetto di nuovi negoziati.

8.   Realizzare investimenti negli aeroporti

8.1

Il CESE condivide le preoccupazioni della Commissione riguardo alla necessità di investire per incrementare le capacità degli aeroporti; tuttavia, nella comunicazione l'argomento andrebbe ulteriormente approfondito, precisando quali sono le azioni proposte per realizzare tale obiettivo e rendendo più esplicito il collegamento con la precedente proposta della Commissione sul "pacchetto aeroporti" (3).

8.2

È urgente garantire le capacità aeroportuali nell'Unione europea per non perdere competitività rispetto ad altre regioni in crescita e scongiurare così lo spostamento del traffico verso aree vicine.

8.3

Le conseguenze negative per l'economia europea, infatti, inizieranno a verificarsi ben prima che la domanda risulti superiore all'offerta. Secondo Eurocontrol, quando un hub arriva ad utilizzare oltre il 75 % della capacità teorica massima, diminuisce rapidamente la sua efficienza nel far fronte ai ritardi dovuti alle intemperie e a problemi operativi nonché nel garantire collegamenti affidabili.

8.4

Per di più, nelle fasce orarie di punta i passeggeri sostengono costi maggiori di quanto non avverrebbe se gli aeroporti disponessero di maggiori capacità. Recentemente, ad esempio, la commissione Trasporti della Camera dei Comuni del Regno Unito è stata informata che, in assenza di un ampliamento delle capacità aeroportuali nel Sud-Est dell'Inghilterra, entro il 2030 i costi sostenuti dai passeggeri per le tariffe aeree potrebbero ammontare in totale a 1,2 miliardi di sterline.

8.5

L'UE deve monitorare le capacità aeroportuali sul proprio territorio e definire degli orientamenti affinché gli enti locali dispongano di un quadro comune globale di riferimento per i progetti di espansione degli aeroporti.

8.6

Se l'incremento delle capacità negli aeroporti principali è un obiettivo vitale da raggiungere nel lungo periodo, nell'immediato occorre comunque sfruttare al meglio le capacità esistenti, soprattutto per quanto riguarda le bande orarie per il decollo e l'atterraggio (slot) negli aeroporti. Questi devono essere dotati delle capacità necessarie per far fronte alle variazioni dell'offerta e della domanda, ed essere in grado di orientare l'utilizzo delle bande orarie loro assegnate verso un risultato economico ottimale. In proposito, è importante che l'elemento della banda oraria previsto dal "pacchetto aeroporti" (4) seguiti ad agevolare uno sfruttamento più efficace delle capacità aeroportuali tenendo conto dei contesti locali nell'assegnare le bande, dal momento che, di fatto, solo così alcuni aeroporti avranno la possibilità di crescere in futuro. In molti casi l'uso delle piste negli aeroporti principali ha già raggiunto la piena capacità, mentre nei vicini aeroporti regionali sono disponibili capacità elevate.

8.7

Gli aeroporti secondari (non hub) possono svolgere un ruolo importante nel ridurre la congestione dei principali hub europei, permettendo così agli aeroporti europei di mantenersi ai primi posti nel settore. Dal momento che l'ampliamento di piste o terminal negli aeroporti principali richiede tempi lunghi, utilizzare maggiormente gli aeroporti secondari e realizzarvi investimenti adeguati possono servire nell'immediato a ridurre i problemi di capacità. Una rete ben sviluppata di aeroporti secondari e regionali migliorerà anche la sicurezza dei passeggeri, garantendo tra l'altro la disponibilità di una rete di aeroporti di emergenza o alternativi in caso di peggioramento delle condizioni meteorologiche o in altre circostanze.

8.8

Il CESE torna inoltre a chiedere che venga adottato quanto prima un sistema di sicurezza unico, che non solo consentirebbe alle compagnie aeree ingenti risparmi sui costi, ma permetterebbe anche di ridurre i tempi per i passeggeri. L'argomento va quindi discusso in via prioritaria con i nostri principali partner.

9.   Cielo unico EUROPEO/SESAR (Single European Sky ATM Research – Programma di ricerca sulla gestione del traffico aereo nel cielo unico europeo)

9.1

I blocchi funzionali di spazio aereo (functional airspace blocks – FAB) – i quali alla data del 4 dicembre 2012 dovevano essere interamente operativi e funzionanti - sono indispensabili per l'effettivo sviluppo del cielo unico europeo. Poiché si tratta di un fattore essenziale per una fornitura di servizi di navigazione aerea ottimale e una gestione efficiente del volume di traffico aereo, la Commissione deve adire la Corte di giustizia dell'UE nel caso degli Stati membri che non abbiano adempiuto ai loro obblighi in materia.

9.2

Un'attuazione tempestiva e omogenea delle proposte della Commissione può essere di aiuto per una crescita sostenibile del settore dell'aviazione, e potrà così contribuire pienamente al rilancio dell'economia europea.

10.   Gli strumenti da applicare

10.1

Gli accordi globali sui servizi aerei stipulati con i paesi vicini e con i partner più importanti, che condividono le posizioni dell'UE, dovrebbero riguardare le condizioni normative, per armonizzarle in modo da garantire una concorrenza leale e un'industria dell'aviazione sostenibile, prendendo in considerazione aspetti essenziali quali la sicurezza, l'ambiente e la regolamentazione economica.

10.2

Sebbene la Commissione non abbia ancora precisato quale forma dovrebbe avere esattamente il nuovo strumento proposto per tutelare gli interessi dell'UE dalle pratiche scorrette, è presumibile che esso consista in una procedura, di più ampia portata, per la presentazione di reclami contro i "sussidi occulti" che incidono sulle tariffe. Si può inoltre ipotizzare che il nuovo strumento potrebbe acquistare una rilevanza giuridica grazie alle clausole sulla concorrenza leale che la Commissione auspica di poter stipulare con i paesi terzi in questione.

10.3

La Commissione pone giustamente l'accento sull'esigenza che all'obiettivo di realizzare condizioni di equa concorrenza a livello internazionale corrisponda un'azione analoga anche all'interno dell'UE. Sul settore europeo dell'aviazione incide la presenza crescente di tutta una serie di oneri normativi e di incoerenze della regolamentazione. Tra i fattori che falsano la concorrenza e per i quali occorrerebbe trovare una soluzione, la Commissione mette opportunamente in evidenza le tasse che gravano sull'aviazione, gli aiuti di Stato impropri, la congestione degli aeroporti e dello spazio aereo, le responsabilità in materia di protezione dei consumatori e il costo delle emissioni di CO2.

10.4

La questione del sistema di scambio delle quote di emissioni (ETS) dell'UE riveste inoltre un particolare interesse, dal momento che nel dibattito sulla politica esterna europea nel settore dell'aviazione l'argomento è fonte di aspre controversie. Sia la Cina che l'India rifiutano di aderire al sistema ETS, e il Congresso degli Stati Uniti ha addirittura approvato una legge che proibisce alle compagnie aeree statunitensi di conformarsi alle norme europee. Anche se garantire la sostenibilità ambientale è un obiettivo estremamente importante, l'UE deve concedere all'ICAO (Organizzazione internazionale dell'aviazione civile) la possibilità di formulare una proposta per una soluzione globale su cui tutti i paesi partner possano convenire in occasione dell'assemblea dell'ICAO nell'autunno 2013, piuttosto che mettere il settore dell'aviazione in una posizione di svantaggio competitivo (5).

Bruxelles, 17 aprile 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Conclusioni della 3213a sessione del Consiglio Trasporti, telecomunicazioni ed energia, Bruxelles, 20 dicembre 2012.

(2)  Parere CESE sul tema Relazioni transatlantiche tra l'UE e i paesi del Nord America nel settore del trasporto aereo - una vera convergenza normativa, GU C 306 del 16.12.2009, pag. 1.

(3)  COM(2011) 823 final, GU C 277 del 13.9.2012, pag. 110.

(4)  COM(2011) 827 final - 2011/0391 (COD).

(5)  Cfr. anche il parere del CESE NAT/591 Scambio quote emissioni - Settore aereo in merito alla proposta di decisione COM(2012) 697 final - 2012/0328 (COD).


10.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 198/56


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 98/70/CE relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel e la direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili»

COM(2012) 595 final — 2012/0288 (COD)

2013/C 198/09

Relatore: RIBBE

Il Parlamento europeo e il Consiglio, in data 19 novembre 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 98/70/CE relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel e la direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili

COM(2012) 595 final – 2012/0288 (COD).

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 aprile 2013.

Alla sua 489a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 aprile 2013 (seduta del 17 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 147 voti favorevoli, 26 voti contrari e 23 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si è sempre espresso in favore di un aumento del ricorso alle energie rinnovabili, anche sotto forma di bioenergie. Tuttavia, già nel parere in merito alla direttiva sulle energie rinnovabili, aveva espresso una posizione critica nei confronti dell'impiego di agrocarburanti nel settore della mobilità. Si compiace pertanto del fatto che la Commissione intenda ora limitare al 5 % l'uso dei "biocarburanti convenzionali".

1.2

La Commissione intende adesso promuovere in misura maggiore l'utilizzazione energetica dei residui, dei sottoprodotti e degli scarti per la produzione di carburanti. Il CESE si compiace in linea di principio di questo proposito, ma sottolinea che bisogna tenere attentamente conto dell'esigenza di attuare una politica coerente e di non generare nuovi problemi. Ma proprio sotto questo aspetto, il CESE ravvisa dei rischi nella proposta della Commissione.

1.3

La biomassa è rinnovabile, ma le aree su cui viene prodotta hanno un'estensione limitata. È opportuno pertanto includere nelle riflessioni politico-strategiche i cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni, nella misura in cui comportano una concorrenza per l'uso dei suoli. Tuttavia tali cambiamenti o situazioni di concorrenza si verificano solo quando una preesistente produzione di derrate alimentari o mangimi viene sostituita, ad esempio da una produzione di bioenergia, e non già in caso di semplici spostamenti regionali delle coltivazioni.

1.4

L'approccio scelto dalla Commissione, basato sui cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni, fa parte di una valutazione comparativa delle fonti energetiche fossili e biogeniche, orientata esclusivamente al bilancio dei gas a effetto serra. Questioni come la sicurezza di approvvigionamento o il carattere finito delle materie prime fossili non trovano posto in questo schema matematico e vengono trascurate. In tal modo l'approccio basato sui cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni perde di vista l'obiettivo della sostenibilità.

1.5

L'approccio scelto dalla Commissione, basato sui cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni, è opinabile anche perché sarà applicato alle fonti energetiche liquide, ma non a quelle gassose o solide. Il CESE non è d'accordo.

1.6

La proposta in esame mette tuttavia in discussione la produzione europea di proteine e quindi l'impiego energetico diretto degli oli vegetali, estremamente utile in determinati settori, perché la Commissione applica agli oli vegetali il fattore del cambiamento indiretto della destinazione dei terreni e pertanto li assoggetta a delle limitazioni. Ciò non è giustificato, perché gli oli vegetali non sono "prodotti primari", bensì vengono generati come sottoprodotti di una auspicabile coltivazione di piante proteiche in Europa. Nel quadro delle pratiche agricole sostenibili bisognerebbe favorire, anziché limitare, la coltivazione di oleaginose in Europa, perché esse forniscono al tempo stesso mangimi proteici e oli vegetali, rimpiazzando in tal modo le importazioni di soia.

1.7

Per i biocarburanti definiti "avanzati", che la Commissione vuole adesso promuovere, il CESE ravvisa il rischio che dei pozzi di assorbimento del carbonio potenzialmente preziosi, (come il legno, la paglia e il fogliame), debbano adesso essere impiegati come base per la produzione di carburanti, cosa che condurrebbe a un aumento della concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera (cfr. il capitolo 4).

1.8

Il CESE non ravvisa nella proposta di modifica della direttiva sulle energie rinnovabili una base promettente per una strategia effettivamente capace di ridurre al minimo l'impiego di combustibili fossili, di accrescere la sicurezza di approvvigionamento dell'Europa e di contribuire alla prevenzione dei cambiamenti climatici.

1.9

I biocarburanti di ogni genere non costituiscono un rimedio duraturo al diffondersi di un consumo eccessivo di energia. Essi non potranno sostituire, non fosse altro che per ragioni di disponibilità, i carburanti di origine fossile. Pertanto, specie nel settore dell'autotrazione, in cui si cominciano a individuare alternative ai carburanti liquidi, i biocarburanti possono costituire al massimo una soluzione temporanea, soggetta per di più a gravi effetti indesiderati. Non va dimenticato in alcun caso il fatto che, indipendentemente dalle singole fonti energetiche, una riduzione del nostro fabbisogno energetico è di per sé indispensabile.

1.10

Il CESE è consapevole del fatto che in alcuni settori della mobilità, nonché nell'agricoltura e nella silvicoltura, non sono attualmente disponibili alternative praticabili al ricorso ai combustibili liquidi. In tali settori gli oli vegetali puri possono costituire un'alternativa pratica, ma anche la loro produzione è limitata, ragion per cui bisogna fare una pianificazione strategica del loro campo di applicazione.

1.11

Anche la comunicazione della Commissione Energia pulita per i trasporti: una strategia europea in materia di combustibili alternativi  (1), strategicamente collegata alla politica dei biocarburanti, non offre approcci sufficienti (2).

1.12

Nell'insieme, il CESE riscontra tra i vari approcci della Commissione considerevoli incoerenze, che andrebbero eliminate con urgenza. Il CESE invita la Commissione a riconsiderare nell'insieme la sua politica in materia di bioenergie, specie per quanto riguarda i trasporti. Nel far ciò occorrerà tenere conto del carattere finito della risorsa "superfici" (e quindi della biomassa), del bilancio energetico e dell'efficienza energetica delle varie bioenergie (e quindi dei differenti potenziali di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra) e dell'economicità. Occorrerebbe tenere conto in misura molto maggiore delle perdite di energia nei processi di conversione, sviluppare e promuovere alternative ai motori a combustione nel settore dei trasporti (ad esempio energia elettrica, tecnologia dell'idrogeno), promuovere l'impiego dell'elettricità per la mobilità ed elaborare una strategia europea autonoma per una produzione europea sostenibile di proteine e oli vegetali e per la loro utilizzazione.

2.   Introduzione: contesto politico e presentazione delle proposte della Commissione

2.1

La direttiva 2009/28/CE ("direttiva sulle energie rinnovabili") fissa obiettivi vincolanti per la promozione dell'uso di energia da fonti rinnovabili, la cui quota sul consumo energetico dovrà raggiungere il 20 % entro il 2020. Agli Stati membri è stato lasciato un ampio margine di discrezionalità nell'applicazione, poiché sono essi stessi a stabilire in quale settore (elettricità, calore / freddo, trasporti) vogliono attivarsi in maniera principale.

2.2

Tale flessibilità non vale tuttavia nel settore dei trasporti, dove almeno il 10 % dell'energia impiegata dovrà provenire da fonti rinnovabili. Inizialmente era previsto che tale contributo delle fonti rinnovabili prendesse la forma di biocarburanti (3), tuttavia, in seguito alle critiche avanzate dal CESE e dal Parlamento europeo, si è convenuto di considerare anche altre forme di energia rinnovabile, ad esempio elettricità da fonti rinnovabili per la propulsione di automobili e mezzi su rotaia, biogas, ecc.

2.3

Le proposte di modifica che vengono adesso presentate fanno seguito alla relazione pubblicata dalla Commissione nel 2010 sul cambiamento indiretto di destinazione dei terreni correlato ai biocarburanti e ai bioliquidi (4), in cui si giungeva alla costatazione che si deve "affrontare la questione del cambiamento indiretto della destinazione dei terreni correlato ai biocarburanti".

2.4

In linea di principio è mantenuto l'approccio, criticato dal CESE, che consiste nel ricorrere a carburanti derivati da materiale vegetale per il settore dei trasporti, tuttavia adesso viene introdotta una limitazione dell'uso di "agrocarburanti convenzionali" e si passa ai cosiddetti biocarburanti "avanzati", che non dovrebbero comportare rischi di cambiamenti indiretti di destinazione dei terreni. Questi biocarburanti, che la Commissione definisce "avanzati", sono carburanti liquidi prodotti ad esempio a partire da rifiuti e residui biogenici o da alghe. A giudizio della Commissione bisogna promuovere la loro produzione, poiché attualmente non sono disponibili commercialmente in grandi quantità. Saranno pertanto introdotti degli incentivi per fare aumentare la ponderazione dei biocarburanti avanzati rispetto agli agrocarburanti convenzionali in vista del conseguimento dell'obiettivo del 10 % dell'energia impiegata nei trasporti di cui alla direttiva 2009/28/CE.

2.5

Nell'insieme la Commissione, con le sue proposte, persegue i seguenti obiettivi:

limitazione del contributo dei biocarburanti convenzionali al raggiungimento dell'obiettivo di cui alla direttiva sulle energie rinnovabili entro un massimo del 5 % del consumo energetico complessivo del settore dei trasporti, vale a dire metà dell'obiettivo del 10 %;

promozione dei cosiddetti biocarburanti avanzati (che provocano cambiamenti indiretti minimi o nulli nella destinazione dei terreni); in tale contesto sarà consentito tra l'altro calcolare il contributo di detti carburanti al raggiungimento degli obiettivi della direttiva sulle energie rinnovabili in base a un fattore più elevato rispetto a quello relativo agli agrocarburanti convenzionali;

miglioramento del bilancio dei gas a effetto serra nel quadro dei processi di produzione di biocarburanti (riduzione delle emissioni associate) grazie all'obbligo di realizzare nei nuovi impianti maggiori riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra;

miglioramento della notifica delle emissioni di gas a effetto serra grazie all'obbligo, per gli Stati membri e i fornitori di carburanti, di comunicare le emissioni derivanti da cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni connessi alla produzione di biocarburanti.

3.   Osservazioni generali

3.1

Nel parere (5) sulla precedente proposta di direttiva in materia di energie rinnovabili, il CESE aveva espresso compiacimento e sostegno per l'orientamento generale della direttiva, ma aveva valutato in modo critico il ricorso alle bioenergie nel settore dei trasporti.

3.2

L'Europa deve estendere in modo coerente il ricorso alle energie rinnovabili, ma parallelamente deve perseguire con la stessa coerenza il risparmio energetico, un miglioramento effettivo e a vasto raggio dell'efficienza energetica e modifiche strutturali in vari settori (ad esempio quello della politica dei trasporti).

3.3

Il CESE aveva tuttavia respinto il trattamento speciale del settore dei trasporti e la particolare attenzione dedicata in tale settore agli agrocarburanti, tra l'altro perché "la scelta strategica di sostituire in parte il gasolio per autotrazione o la benzina con agrocarburanti costituisce inoltre una delle misure meno efficaci e più costose per la prevenzione dei cambiamenti climatici, e comporta un'allocazione estremamente erronea delle risorse. Il Comitato non comprende perché proprio le misure più dispendiose debbano essere anche quelle che ricevono il massimo sostegno politico, tanto più che una lunga serie di domande di natura non solo economica ma anche ecologica e sociale rimane senza alcuna risposta. Respinge pertanto l'obiettivo specifico del 10 % per gli agrocarburanti" (6). Questa posizione del CESE rimane immutata.

3.4

La Commissione non dovrebbe tuttavia concentrarsi tanto sull'obiettivo, fissato a livello politico, di una quota del 10 %, quanto piuttosto sulla definizione di una politica intesa possibilmente a consentire nel lungo periodo la sostituzione del 100 % dei carburanti fossili attualmente impiegati.

3.5

Con l'attuale volume dei trasporti, gli agrocarburanti possono contribuire solo in misura molto marginale alla realizzazione di questo obiettivo. La FAO ha calcolato che per coprire con agrocarburanti il fabbisogno energetico mondiale del settore trasporti occorrerebbe adibire alla loro produzione i due terzi della superficie agricola attualmente disponibile nel mondo.

3.6

Le conseguenze di una tale politica in termini di cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni sono evidenti.

3.7

I biocarburanti di ogni genere non costituiscono pertanto un rimedio duraturo al diffondersi di un consumo eccessivo di energia. Essi potranno sostituire solo in misura molto modesta, non fosse altro che per ragioni di disponibilità, i carburanti di origine fossile. Pertanto, specie nel settore dell'autotrazione, in cui si cominciano a individuare alternative ai carburanti liquidi, i biocarburanti possono costituire al massimo una soluzione temporanea, soggetta per di più a gravi effetti indesiderati. Non va dimenticato in alcun caso che, indipendentemente dalle singole fonti energetiche, una riduzione del nostro fabbisogno è di per sé indispensabile.

3.8

Un motivo che ha indotto il CESE a distanziarsi e ad assumere un atteggiamento critico nei confronti della proposta della Commissione del 2008 era la questione dei cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni. Il CESE apprezza pertanto l'approccio odierno, inteso a limitare l'impiego di agrocarburanti convenzionali.

L'approccio basato sui cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni è comprensibile, ma presenta gravi lacune

3.9

L'approccio della Commissione alla questione dei cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni è comprensibile: ogni volta che un terreno agricolo adibito alla produzione di derrate alimentari o mangimi viene destinato a nuovi campi di applicazione (come agrocarburanti, piante da utilizzare come materiali, ecc.), la produzione di derrate o mangimi deve avvenire su altri terreni, cosa che potrebbe avere conseguenze ecologiche e sociali negative.

3.10

Per tale ragione è da condividere il proposito di includere i cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni nelle riflessioni politico-strategiche.

3.11

Uno studio eseguito su incarico della Commissione stima che il solo aumento, nell'intera UE, del ricorso agli agrocarburanti dall'attuale quota inferiore al 5 %, al 10 % previsto, porterebbe a 1,4 milioni di ettari la superficie interessata da cambiamenti indiretti della destinazione.

3.12

Il CESE fa presente alla Commissione, al Parlamento europeo e al Consiglio che i cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni non si verificano solo con i carburanti liquidi, ma sono piuttosto connessi all'utilizzazione della biomassa, ogni qual volta quest'ultima non consista di residui.

3.13

Ciò significherebbe che un approccio analogo a quello in vigore adesso per i carburanti liquidi andrebbe applicato, coerentemente, anche per le fonti energetiche gassose e solide. Per esempio in Germania, nel 2011, oltre a 1,2 milioni di ettari adibiti a colture finalizzate alla produzione di agrocarburanti convenzionali, circa un altro milione di ettari era usato per coltivare piante (principalmente mais) destinate alla produzione di biogas. Il fattore dei cambiamenti indiretti nella destinazione dei terreni viene calcolato se dalle piante si ricavano carburanti, ma non se esse sono usate per generare elettricità. Ciò non risulta né logico né coerente.

3.14

Il CESE considera opportuno che per approvvigionare il settore dei trasporti si ricorra a fonti come la biomassa, che richiedono l'uso di superfici separate, solo qualora non vi siano alternative praticabili. La biomassa è rinnovabile ma, data l'esigenza di dedicare superfici alla sua produzione, non è disponibile in quantità illimitata.

3.15

Spesso sono disponibili o possono essere sviluppate delle alternative, ad esempio l'impiego nei trasporti dell'elettricità, che può essere generata grazie al vento e al sole con un grande risparmio di superfici. Ad esempio, per produrre 10 GWh all'anno serve una superficie di 400 ettari coltivati a mais, ma solo 8 ettari di impianti fotovoltaici, o 0,3 ettari di impianti eolici. In altri termini, là dove un impiego dell'elettricità nei trasporti è concepibile, giustificato in termini economici e applicabile nella pratica, occorrerebbe continuare a sviluppare e a utilizzare questa soluzione, al fine di evitare per quanto possibile, o di ridurre al minimo, la concorrenza per la destinazione dei terreni.

3.16

Il CESE non trova nell'attuale documento della Commissione un piano generale convincente, né in materia di bioenergie, né per la risoluzione dei problemi più volte individuati dalla stessa Commissione nel settore dei trasporti, vale a dire del fatto che in tale settore:

a)

la dipendenza dalle importazioni energetiche è estremamente elevata, e

b)

le emissioni di gas a effetto serra sono particolarmente fuori controllo.

Il nuovo approccio non migliora in misura significativa la prevenzione dei cambiamenti climatici e la sicurezza di approvvigionamento

3.17

La Commissione è consapevole del fatto che i cosiddetti biocarburanti "avanzati", prodotti da residui o alghe, avranno un costo sensibilmente più elevato rispetto agli agrocarburanti convenzionali, provenienti da coltivazioni alimentari. Poiché la Commissione ritiene che tali carburanti avanzati siano indispensabili per il raggiungimento dell'obiettivo del 10 %, si ricorre a un espediente contabile per il raggiungimento di tale quota. Ogni litro di carburanti avanzati prodotto a partire da materie prime menzionate nell'allegato IX, parte A, del progetto di direttiva (quindi ad esempio paglia, concime animale, fanghi di depurazione, gusci, corteccia, schegge, segatura o fogliame) viene computato in base al fattore 4, vale a dire equiparato a 4 litri di agrocarburanti convenzionali. Nel caso di combustibili prodotti ad esempio a partire da olio da cucina usato, grassi animali, materie cellulosiche di origine non alimentare (allegato IX, parte B), sarà applicato un fattore moltiplicatore pari a 2.

3.18

Pertanto, con una quota del 2,5 % di "carburanti avanzati", rivalutata in base al fattore 4, si potrà considerare come realizzato l'obiettivo del 10 %. Ipotizzando che detti carburanti avanzati, rispetto ai carburanti fossili, garantiscano una riduzione del 60 % delle emissioni di gas a effetto serra, la quota di tali emissioni a carico del settore dei trasporti diminuirebbe di circa l'1,5 %. Poiché nell'UE le emissioni di gas a effetto serra generate dal settore dei trasporti ammontano a circa il 25 % del totale, ne risulterebbe una riduzione teorica complessiva delle emissioni dell'UE inferiore a 0,5 %.

3.19

Indipendentemente dal fatto che l'obiettivo del 10 % venga raggiunto grazie all'impiego di un 2,5 % di biocarburanti "moderni" o a una miscela della quota massima del 5 % di carburanti convenzionali e, ad esempio, di un 1,25 % di biocarburanti avanzati, ciò non può essere considerato come un contributo sostanziale all'aumento della sicurezza di approvvigionamento dell'UE e alla lotta contro i cambiamenti climatici.

3.20

Nel lungo periodo è indispensabile che la quota di energie rinnovabili nel settore dei trasporti sia ben superiore all'obiettivo del 10 % previsto attualmente. La stessa Commissione prevede, all'orizzonte del 2050, una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra generate dal settore dei trasporti che va fino al 67 %. La proposta in esame non contiene alcun approccio di una strategia promettente, in grado di raggiungere tale obiettivo.

L'approccio della Commissione è in contraddizione con una strategia europea per le proteine

3.21

Il CESE sottolinea che un approccio basato sui cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni può essere preso in considerazione solo in caso di nuove forme di utilizzazione degli stessi, e non quando si verifica uno spostamento regionale di forme di utilizzazione preesistenti. Proprio a questo proposito, la proposta della Commissione contiene un errore concettuale decisivo.

3.22

Nel quadro dei calcoli relativi ai cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni, la Commissione afferma che la produzione di oli vegetali genera, come prodotto secondario, i cosiddetti panelli da pressatura, il cui "valore" tuttavia viene calcolato esclusivamente in termini di lotta ai cambiamenti climatici, includendone soltanto il valore energetico nei calcoli comparativi dei gas a effetto serra.

3.23

Però a nessuno, in Europa, verrebbe in mente di bruciare i pannelli da pressatura. Al contrario, la coltivazione di oleaginose sul continente riveste grandissima utilità. Ad esempio la colza, negli ultimi decenni, ha subito un processo di selezione inteso a promuoverne la coltivazione come pianta da foraggio, migliorando così il pessimo approvvigionamento europeo di proteine. Il CESE ha ripetutamente sottolineato l'assoluta necessità di ciò. Infatti attualmente occorre importare circa il 75 % dei mangimi proteici utilizzati. La coltivazione di piante proteiche in Europa consentirebbe di ridurre l'importazione di tali piante, tra cui la soia, limitando così anche le ripercussioni ecologiche e sociali negative che caratterizzano talvolta la coltivazione industriale di soia in altre regioni del mondo.

3.24

Pertanto l'olio vegetale non rappresenta l'obiettivo primario della coltivazione di oleaginose. La massa raccolta è costituita infatti per circa due terzi da panelli, e per solo un terzo da olio. Quest'ultimo costituisce quindi, insieme alla paglia ricavata da questa produzione (7), il prodotto secondario o di scarto.

3.25

La Commissione afferma l'intenzione di promuovere i prodotti secondari e di scarto, tuttavia, con la proposta in esame, viene messa in discussione la produzione europea di proteine e con essa l'utilizzazione diretta, estremamente opportuna, degli oli vegetali. Si tratta di una politica tutt'altro che coerente.

I cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni sono solo un criterio, le bioenergie sono qualcosa di più che una mera questione di esigenza di terreni e di emissioni di gas a effetto serra

3.26

Con le sue proposte la Commissione riduce il dibattito sulle bioenergie a una valutazione comparativa delle emissioni di gas serra derivanti da fonti energetiche fossili o rinnovabili. In base al suo approccio i combustibili biogenici possono essere computati ai fini dei requisiti della direttiva sulle energie rinnovabili solo se offrono un determinato grado di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra rispetto ai carburanti fossili.

3.27

Il CESE sottolinea che tale politica non va abbastanza lontano, perché esclude altre importanti questioni, come quella della sicurezza di approvvigionamento (compreso lo sviluppo di strutture regionali di approvvigionamento energetico). Non si tiene conto neanche della disponibilità limitata di energia e materie prime fossili, di aspetti sociali come l'allontanamento di piccoli coltivatori o di gruppi indigeni dalle zone di coltivazione oltremare, o dell'evoluzione dei prezzi alimentari. Infatti, a differenza dei cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni, tali questioni non possono essere ricondotte a un modello matematico basato sull'equivalente di emissioni di gas a effetto serra.

3.28

Nel valutare le rispettive emissioni di gas a effetto serra, inoltre, non si dedica la necessaria considerazione alle differenze tra una materia prima fossile e disponibile in quantità limitata come il petrolio (base per la benzina, il gasolio e il cherosene) e, ad esempio, gli oli vegetali (come prodotto di scarto di una strategia europea delle proteine), rinnovabili e soggetti a essere prodotti a tempo indeterminato. Per essere utilizzato adeguatamente, il fattore di calcolo delle emissioni di gas a effetto serra deve assolutamente tenere conto di tale differenza tra materie fossili e materie rinnovabili. In altri termini i derivati del petrolio, in funzione delle loro concrete ripercussioni, dovrebbero essere sostanzialmente penalizzati in via preliminare; inoltre occorre computare nel bilancio climatico delle fonti energetiche fossili le nuove e dannose (per il clima) tecniche di estrazione utilizzate per esempio per ricavare petrolio dalle sabbie bituminose o dagli scisti. In questo contesto la Commissione dovrebbe apportare delle modifiche.

3.29

Va inoltre osservato che nel caso di taluni carburanti biogenici sussistono differenze estreme. La combustione di biocarburanti comporta emissioni di gas a effetto serra derivanti: a) dalla modalità di coltivazione delle piante, b) dal consumo energetico connesso alla produzione tecnica dei biocarburanti, compreso il trasporto delle materie prime e dei prodotti finiti.

3.30

Occorrerebbe inoltre distinguere i biocarburanti prodotti grazie a tecniche di coltivazione a basso impatto sulla natura e sulle risorse, come ad esempio le colture ecologiche, da quelli ricavati ricorrendo a prodotti chimici, che peggiorano il bilancio delle emissioni di gas a effetto serra. Parimenti si dovrebbero distinguere i carburanti prodotti a livello locale da quelli derivanti da impianti centralizzati di grandi dimensioni, ecc. La Commissione non opera tali differenziazioni.

3.31

Invece i metodi di calcolo che essa propone stranamente privilegiano, nella contabilizzazione, i carburanti "avanzati", che vengono prodotti con un considerevole impegno in termini di energia e di trasporto, rispetto ad esempio a prodotti di base come gli oli vegetali puri, disponibili in natura quasi "a costo zero" (cfr. capitolo 4). Ciò, per il Comitato, è inaccettabile.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   La Commissione asserisce che nel caso dei carburanti "avanzati" non dovrebbero sussistere rischi di cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni. Il CESE tiene a far presente che ciò non va assolutamente considerato alla stregua di una assenza di ripercussioni sul clima. Sulla base di quattro esempi concreti tratti dall'elenco di "residui" proposto dalla Commissione, il CESE intende chiarire la sua posizione critica nei confronti dell'approccio proposto.

4.2   Glicerina

4.2.1

Tra i biocarburanti "avanzati", la Commissione punta adesso sulla glicerina invece che sul biodiesel "convenzionale", di cui si vuole ora contenere l'uso. Ma proprio i produttori europei di biodiesel sono diventati negli ultimi anni i principali fornitori di glicerina in Europa. L'80 % della produzione europea di tale sostanza proviene dalla produzione di biodiesel (8). Il CESE si chiede da dove dovrà provenire in futuro la "materia prima glicerina", cui si dovrà fare un ricorso maggiore, dato che si vuole limitare la produzione del suo principale materiale di base (biodiesel). Siamo in presenza di una contraddizione.

4.2.2

La stessa Commissione ha affermato che, in termini energetici e di prevenzione dei cambiamenti climatici, sarebbe comunque meglio utilizzare direttamente gli oli vegetali allo stato naturale, invece di convertirli in biodiesel (cfr. l'allegato V, parte A, della direttiva 2009/28/CE). Tale procedimento, opportuno ai fini della prevenzione dei mutamenti climatici, non darebbe luogo alla produzione di glicerina. Tuttavia l'attuale proposta della Commissione conduce a una rilevante e fatale "distorsione della concorrenza" nella classificazione delle emissioni di gas a effetto serra. Al residuo industriale glicerina, derivante da un procedimento di produzione a elevata intensità energetica (conversione degli oli vegetali in biodiesel mediante transesterizzazione), viene riconosciuto, grazie al fattore 4 con cui viene calcolato il suo valore in quanto residuo, un potenziale di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra artificialmente maggiore di quello degli oli vegetali, che ne sono il prodotto di base. Questo vantaggio teorico in termini di risparmio di emissioni di gas a effetto serra non ha alcun riscontro nella realtà (cfr. il punto 4.4.3).

4.3   Legno (da biomassa a liquido)

4.3.1

Sotto il profilo tecnico è senz'altro possibile convertire la biomassa in liquido, come propone la Commissione, menzionando come esempio l'impiego di legno. Il relativo processo, denominato Fischer-Tropsch, è noto da decenni. Esso consiste nella scomposizione totale delle molecole di lignina presenti nel legno e nella riduzione del monossido di carbonio (CO) residuo, per lo più grazie all'introduzione di idrogeno (H2), in molecole di idrocarburi (CH).

4.3.2

Tale processo non può essere eseguito partendo da residui lignei o corteccia, bensì richiede legno della migliore qualità (concorrenza con il legno per mobili e per impiallacciature), perché le molecole estranee, presenti appunto nei residui lignei e nella corteccia, disturbano il processo Fischer-Tropsch.

4.3.3

Si tratta inoltre di un processo caratterizzato da un consumo energetico estremamente elevato. Esso consente di produrre 135 kg di carburante diesel a partire da una tonnellata di legno in tronchi di ottima qualità con un contenuto di sostanza organica pari al 60 % in peso. L'energia contenuta nel legno impiegato viene perduta per oltre l'85 % nel processo, e appena il 15 % è convertita in "biocarburante avanzato". In altri termini, da un bosco di 1 000 alberi, 850 sarebbero bruciati per fornire l'energia necessaria al processo, e meno di 150 sarebbero convertiti in carburante. Nel corso della successiva combustione nei motori delle automobili, tale carburante derivante dalla biomassa libererà l'intera anidride carbonica che i 1 000 alberi adibiti al processo avevano fissato mediante la fotosintesi.

4.3.4

In termini energetici si tratta di un grado di rendimento inaccettabile, ben lontano dall'efficienza energetica che la Commissione continua a invocare. Gli obiettivi di efficienza energetica richiedono investimenti in processi in grado di produrre un impatto accettabile in termini di sfruttamento dell'energia.

4.3.5

Nondimeno, nel quadro della politica dell'UE in materia di energie rinnovabili questo processo viene rappresentato come ampiamente neutro in termini di CO2, proprio perché si intende ricavare dal legno l'energia necessaria per il processo. Ma l'UE prevede, d'altro canto, di creare serbatoi di anidride carbonica. Cosa c'è di meglio che convertire l'anidride carbonica in legno e lasciarla fissata in tale forma a lungo termine, piuttosto che rimetterla subito in circolazione attraverso un processo di combustione finalizzato alla produzione di "carburanti avanzati"?

4.3.6

Il CESE sottolinea che è naturale che il legno prodotto mediante una silvicoltura sostenibile possa e debba essere anche impiegato per scopi energetici, ad esempio in sostituzione di fonti energetiche fossili come il petrolio o il carbone. Ma ha anche affermato (9) che occorre attenersi alle raccomandazioni del Centro comune di ricerca e dare priorità alle misure più efficaci in termini di politica del clima e più convenienti in termini economici. Tali misure consistono innanzi tutto nell'utilizzazione termica del legno (ad esempio in sistemi di teleriscaldamento, in via ottimale in impianti di cogenerazione di calore ed elettricità) e non in processi di conversione, ad alto dispendio energetico, del legno in carburante liquido per i trasporti (10).

4.4   Paglia

4.4.1

Sotto il profilo ecologico e della protezione del clima, il fatto che la Commissione classifichi la paglia semplicemente come residuo (nel senso di rifiuto inutilizzabile) è altamente problematico. Per secoli, la paglia è stata il materiale essenziale dell'economia agricola a ciclo chiuso. In un ettaro di terreno agricolo sano si trovano, sotto la superficie, circa 10 tonnellate di organismi viventi, che hanno bisogno di nutrirsi. Bisogna sapere che l'humus viene formato, nel corso di vari secoli, da organismi viventi nel suolo, proprio grazie alla paglia, al fogliame o a erba in decomposizione, ecc. L'humus garantisce la qualità del suolo, la sua fertilità e l'assorbimento dell'anidride carbonica.

4.4.2

Il CESE non comprende cosa voglia realmente la Commissione: costruire e sviluppare i pozzi di assorbimento dell'anidride carbonica, oppure, privilegiando l'impiego della paglia per la produzione di carburanti, sottrarre una fonte decisiva ai potenziali pozzi di assorbimento?

4.4.3

L'UE promuove quest'ultimo approccio nel momento in cui classifica la paglia come un "rifiuto", da cui ricavare, ad alto costo energetico, carburanti avanzati, con una valutazione quadrupla ai fini del raggiungimento degli obiettivi legati al clima nel settore dei trasporti. Non viene invece calcolata la perdita corrispondente in termini di assorbimento dell'anidride carbonica.

4.4.4

Un'altra circostanza, anch'essa non ben ponderata: se manca la paglia nel sistema suolo, a risentirne non sono solo la struttura del terreno e i microorganismi. Anche i nutrienti sottratti al terreno attraverso l'asportazione della paglia devono essere rimpiazzati mediante concimi minerali, la cui produzione richiede soldi e molta energia.

4.4.5

Una politica che fa della paglia un bene economico, per il quale gli agricoltori ricevono un pagamento, costituisce per essi una fonte di lucro. Gli agricoltori non ricevono invece alcun incentivo per la creazione di humus, lo stoccaggio di carbonio nel suolo e il risparmio energetico derivante dall'uso della paglia in un'economia a ciclo chiuso. In questo contesto vengono chiaramente creati incentivi di mercato sbagliati.

4.4.6

Il CESE rinvia al proprio parere del 19 settembre 2012 in merito alla decisione sulle norme di contabilizzazione e i piani di azione relativi alle emissioni e agli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti da attività connesse all'uso del suolo, ai cambiamenti di uso del suolo e alla silvicoltura (11), in cui ha osservato che i previsti piani di azione, ad esempio per la creazione di serbatoi di anidride carbonica da parte del settore agricolo "devono essere obbligatoriamente accompagnati da altre misure politiche, o affiancati da quelle già esistenti, in modo da creare condizioni quadro che consentano ai proprietari dei terreni e ai coltivatori di attuare misure efficaci nel settore dell'uso del suolo, dei cambiamenti d'uso del suolo e della silvicoltura in modo economicamente sensato, senza derivarne unicamente degli oneri". Suscita rammarico il fatto che, neanche due mesi dopo che il CESE ha formulato questo principio, la Commissione, con la proposta in esame, si appresti a fare della paglia un combustibile "avanzato", lanciando in tal modo degli impulsi in direzione del tutto opposta.

4.5   Fogliame

4.5.1

Considerare il fogliame in maniera indiscriminata come "rifiuto" o materia prima per la produzione di carburanti "avanzati" è inaccettabile sotto il profilo ecologico. Le foglie svolgono un ruolo essenziale nel ciclo ecologico delle foreste, nonché per la loro produttività. L'asportazione di foglie da alcune foreste europee durante il medioevo, ad esempio, ha comportato un degrado duraturo di tali foreste. Sulla base dell'attuale proposta della Commissione sarebbe concepibile un impiego privilegiato del fogliame proveniente dalle foreste nella produzione di combustibili, un procedimento che è stato finalmente abolito con fatica alcuni decenni fa nell'interesse della salute delle foreste. Già considerazioni meramente economiche sconsigliano attualmente di dare attuazione alle proposte della Commissione.

5.   Proposte del CESE

5.1

Il CESE invita la Commissione a riconsiderare interamente la sua politica in materia di bioenergie, in particolare quella sui biocarburanti. Nel far ciò occorrerà tenere conto del carattere finito della risorsa "superfici" (e quindi della biomassa), del bilancio energetico e dell'efficienza energetica delle varie bioenergie (e quindi dei differenti potenziali di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra) e dell'economicità. Si raccomanda alla Commissione di tenere conto delle importanti osservazioni formulate dal Centro comune di ricerca, come pure delle tesi principali esposte nel documento dell'Ufficio federale tedesco per l'ambiente (12), presentato in un evento organizzato dal CESE a margine della conferenza sul clima di Durban.

5.2

Occorre dedicare molta più attenzione al dispendio energetico legato ai processi di conversione, che viene invece spesso sottovalutato. In molti settori (ad esempio nella produzione di medicinali) sono essenziali degli interventi sulla struttura molecolare dei prodotti di base, ma nel settore energetico non è così, e occorre invece perseguire la massima efficienza energetica, perché ciò che si vuole è ricavare energia. Tutti i prodotti energetici che derivano da una conversione chimica vanno ripensati ogni volta che siano disponibili delle alternative.

5.3

Invece di convertire il legno, con un elevato dispendio energetico, per poi usare come combustibile per auto il ricavato della conversione, occorrerebbe utilizzarlo come serbatoio di carbonio o bruciarlo direttamente, sostituendo fonti energetiche fossili nella produzione di calore.

5.4

La Commissione dovrebbe prevedere una strategia che, come nel caso della prevista strategia europea per le proteine, consenta di coniugare l'esigenza di produrre energia in maniera efficiente sotto il profilo energetico con processi naturali, ad esempio nel settore agricolo e in quello silvicolo. Ciò significa che nel quadro delle pratiche agricole sostenibili bisognerebbe favorire, anziché limitare, la coltivazione di oleaginose in Europa, perché esse forniscono al tempo stesso mangimi proteici e oli vegetali, rimpiazzando in tal modo le importazioni di soia.

5.5

La Commissione dovrebbe strategicamente concentrare, in maniera chiara, le limitate possibilità offerte dai biocarburanti sui settori nei quali, a differenza di quello dell'autotrazione, non sono ancora prevedibili alternative promettenti e realmente risolutive ai combustibili fossili. Tra questi settori figurano per esempio l'aviazione e la navigazione, ma anche l'agricoltura e la silvicoltura (in altre parole, i settori non stradali).

5.6

Ma la Commissione dovrebbe anche prendere sul serio il principio da essa stessa formulato, secondo cui le bioenergie vanno impiegate là dove è possibile ottenere, con il minimo sforzo economico, i massimi risultati in termini energetici e di difesa del clima. È indubbiamente il caso dell'utilizzazione termica, ma non dei combustibili liquidi.

5.7

Il CESE ha già preso posizione in varie occasioni in merito all'impiego delle energie rinnovabili nell'agricoltura, segnalando tra l'altro che in tale settore sono disponibili alternative promettenti grazie all'utilizzazione degli oli vegetali puri. Ad esempio, l'Austria sta sfruttando i risultati di un progetto promosso dalla Commissione nel quadro del Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo, riguardante l'utilizzazione di oli vegetali puri, non modificati chimicamente, e intende utilizzarli in misura maggiore nell'agricoltura. Suscita rammarico il fatto che la Commissione non formuli alcuna osservazione in materia e non assuma direttamente iniziative in questo campo.

5.8

Il CESE intende impegnarsi in futuro ancora più attivamente nel dibattito sociale in merito a temi come la destinazione dei terreni e la concorrenza per l'uso dei suoli, nonché del problema, sempre più grave, dell'impermeabilizzazione dei suoli.

Bruxelles, 17 aprile 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2013) 17 final.

(2)  Parere CESE "Energia pulita per il pacchetto trasporti" (non ancora adottato).

(3)  Nella proposta di direttiva viene usato ufficialmente il termine "biocarburanti". Il Comitato ha segnalato in numerosi pareri i problemi ecologici causati da questi "bio"carburanti e, dato che il prefisso "bio" induce a pensare che si tratti di prodotti ineccepibili sotto il profilo ecologico (si pensi all'agricoltura "bio"logica), nel proprio parere preferisce usare il termine "agrocarburanti".

(4)  COM(2010) 811 final del 22 dicembre 2010.

(5)  GU C 77 del 31.3.2009, pag. 43.

(6)  GU C 77 del 31.3.2009, pag. 43.

(7)  Nel caso della colza, la produzione di paglia ammonta pur sempre a circa 9 tonnellate per ettaro, ma il valore energetico di questa paglia viene stranamente ignorato nel computo dei gas a effetto serra.

(8)  Cfr. il resoconto d'attività 2009 dell'impresa ADM Hamburg:

http://www.oelag.de/images_beitraege/downloads/ADM%20GB%202009%20final.pdf.

(9)  GU C 77 del 31.3.2009, pag. 43.

(10)  Centro comune di ricerca della Commissione europea, Biofuels in the European Context: Facts, Uncertainties and Recommendations ("Biocarburanti nel contesto europeo: fatti, incertezze e raccomandazioni"), 2008, http://ec.europa.eu/dgs/jrc/downloads/jrc_biofuels_report.pdf.

(11)  GU C 351 del 15.11.2012, pag. 85.

(12)  Globale Landflächen und Biomasse nachhaltig und ressourcenschonend nutzen ("Utilizzare le superfici agricole globali e la biomassa in maniera sostenibile e preservando le risorse"), Umweltbundesamt, 2012; http://www.umweltbundesamt.de/uba-info-medien/4321.html.


ALLEGATO

al Parere del Comitato economico e sociale europeo

I seguenti emendamenti, pur avendo ricevuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni:

Punto 3.16 (emendamento 8)

Modificare come segue:

Il CESE non trova nell'attuale documento della Commissione un piano generale convincente, né in materia di bioenergie, né per la risoluzione dei problemi più volte individuati dalla stessa Commissione nel settore dei trasporti, vale a dire del fatto che in tale settore:

a)

la dipendenza dalle importazioni energetiche è estremamente elevata, e

b)

le emissioni di gas a effetto serra sono particolarmente fuori controllo.

Del resto, si fa rilevare che l'obbligo, previsto dalla Commissione, di comunicare le emissioni derivanti da cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni è difficilmente realizzabile dal punto di vista pratico e tecnico, e comporterebbe in ogni caso notevoli oneri aggiuntivi per l'amministrazione e le imprese interessate.

Motivazione

È stata presentata a voce

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

63

Voti contrari

:

79

Astensioni

:

34

Punto 4.3.1 (emendamento 11)

Modificare come segue:

Sotto il profilo tecnico è senz'altro possibile convertire la biomassa in liquido, come propone la Commissione, menzionando come esempio l'impiego di legno. Il relativo processo, denominato Fischer-Tropsch, è noto da decenni. Esso consiste nella scomposizione totale delle molecole di lignina presenti nel legno e nella riduzione del monossido di carbonio (CO) residuo, per lo più grazie all'introduzione di idrogeno (H2), in molecole di idrocarburi (CH). Sotto il profilo tecnico è possibile convertire la biomassa in liquido, come propone la Commissione, attraverso vari procedimenti. Per esempio il processo Fischer-Tropsch, che consiste nella scomposizione totale delle molecole di lignina presenti nel legno e nella riduzione del monossido di carbonio (CO) residuo, per lo più grazie all'introduzione di idrogeno (H2), in molecole di idrocarburi (CH), è utilizzato da decenni. Oltre a esso, sono stati sviluppati nuovi metodi.

Motivazione

Sebbene il processo Fischer-Tropsch sia ben noto, è fuorviante menzionarlo come unico esempio.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

53

Voti contrari

:

89

Astensioni

:

30

Punto 4.3.2 (emendamento 12)

Modificare come segue:

Tale processo non può essere eseguito partendo da residui lignei o corteccia, bensì richiede legno della migliore qualità (concorrenza con il legno per mobili e per impiallacciature), perché le molecole estranee, presenti appunto nei residui lignei e nella corteccia, disturbano il processo Fischer-Tropsch. Conformemente al principio dell'impiego efficiente delle risorse, questi processi possono essere applicati ai residui del taglio del legno, ai flussi di sottoprodotti industriali e ai residui derivanti dai lavori forestali. Ciò dà luogo a un impiego più efficiente del legno e comporta l'uso energetico di legname di qualità elevata.

Motivazione

La formulazione originaria è inaccurata. Il processo in questione consente un impiego più efficiente del legno.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

54

Voti contrari

:

96

Astensioni

:

27

Punto 4.3.3 (emendamento 13)

Modificare come segue:

Si tratta inoltre di un processo caratterizzato da un consumo energetico estremamente elevato. Esso consente di produrre 135 kg di carburante diesel a partire da una tonnellata di legno in tronchi di ottima qualità con un contenuto di sostanza organica pari al 60 % in peso. L'energia contenuta nel legno impiegato viene perduta per oltre l'85 % nel processo, e appena il 15 % è convertita in "biocarburante avanzato". In altri termini, da un bosco di 1 000 alberi, 850 sarebbero bruciati per fornire l'energia necessaria al processo, e meno di 150 sarebbero convertiti in carburante. Nel corso della successiva combustione nei motori delle automobili, tale carburante derivante dalla biomassa libererà l'intera anidride carbonica che i 1 000 alberi adibiti al processo avevano fissato mediante la fotosintesi. Se eseguito adeguatamente, questo processo è estremamente efficiente in termini di energia e di risorse. Il legname di migliore qualità continua ad essere impiegato per la produzione di tavole e di altro materiale, mentre i sottoprodotti, quali la corteccia, la segatura e i residui forestali vengono lavorati per ricavarne carburanti per i trasporti, elettricità e calore. Da una tonnellata di legname secco si possono ricavare 526 kg di metanolo o 205 kg di diesel Fischer-Tropsch. Ciò significa che circa l'energia contenuta nel legno può essere convertita in metanolo nella misura del 60 %, oppure carburante diesel nella misura del 50 %, attraverso tecnologie che sono già sperimentate a livello industriale. Sono in corso di sviluppo processi attraverso i quali sarà possibile accrescere l'efficienza di un ulteriore 5 %. Se la produzione di carburanti verrà integrata nell'industria del legno o in altre industrie che consumano calore, sarà possibile sfruttare il calore ottenuto come sottoprodotto dei relativi processi, portando il livello complessivo di efficienza del legno al 70-80 %.

Motivazione

L'affermazione non è corretta e dà un'idea completamente sbagliata dell'attuale produzione di biocarburanti.

Motivazione

È stata presentata a voce

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

66

Voti contrari

:

99

Astensioni

:

24

Punto 4.3.5 (emendamento 15)

Modificare come segue:

Nondimeno, nel quadro della politica dell'UE in materia di energie rinnovabili questo processo viene rappresentato come ampiamente neutro in termini di CO2, proprio perché si intende ricavare dal legno l'energia necessaria per il processo. Ma l'UE prevede, d'altro canto, di creare serbatoi di anidride carbonica. Cosa c'è di meglio che convertire l'anidride carbonica in legno e lasciarla fissata in tale forma a lungo termine, piuttosto che rimetterla subito in circolazione attraverso un processo di combustione finalizzato alla produzione di "carburanti avanzati"? Il legno è considerato una fonte energetica di comprovata neutralità in termini di carbonio, tenendo conto del periodo di tempo in cui gli alberi crescono. L'uso della biomassa ha dimostrato di avere effetti positivi sul clima attraverso il miglioramento della capacità di crescita delle foreste e un aumento del sequestro di carbonio, e perché sostituisce i combustibili fossili e altri materiali non rinnovabili.

Motivazione

La silvicoltura sostenibile e un aumento del ricorso al legno accrescono in maniera dimostrabile la capacità del legno di fissare il carbonio e offrono un sostituto all'impiego di materiali non rinnovabili. È fuorviante dire che le foreste costituirebbero un pozzo di assorbimento del carbonio più efficiente se si evitasse di sfruttarle.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

60

Voti contrari

:

96

Astensioni

:

25

Punto 1.5 (emendamento 1)

Sopprimere:

L'approccio scelto dalla Commissione, basato sui cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni, è opinabile anche perché sarà applicato alle fonti energetiche liquide, ma non a quelle gassose o solide. Il CESE non è d'accordo.

Motivazione

Poiché l'approccio basato sui cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni appare nel complesso problematico, non si dovrebbe al tempo stesso chiederne l'estensione ad altre fonti energetiche. Per le fonti gassose o solide sono in corso di elaborazione dei criteri specifici di sostenibilità. Prima di raccomandare ulteriormente l'approccio basato sui cambiamenti indiretti della destinazione dei terreni, andrebbero chiariti gli aspetti critici menzionati nel parere.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

56

Voti contrari

:

93

Astensioni

:

36

Punto 1.7 (emendamento 9)

Modificare come segue:

Per i biocarburanti definiti "avanzati", che la Commissione vuole adesso promuovere, il CESE ravvisa il rischio che dei pozzi di assorbimento del carbonio potenzialmente preziosi, (come il legno, la paglia e il fogliame), debbano adesso essere impiegati come base per la produzione di carburanti, cosa che condurrebbe a un aumento della concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera (cfr. il capitolo 4).

Motivazione

Il proposito è quello produrre biocarburanti avanzati utilizzando non già le foreste europee di latifoglie o di conifere, bensì i residui dei diradamenti e altri frammenti lignei. Con le tecniche attuali i biocarburanti sono più efficienti di quanto risulti dal testo originale, vedere l'emendamento proposto al punto 4.3.3.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

47

Voti contrari

:

121

Astensioni

:

18


10.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 198/67


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 912/2010 che istituisce l'Agenzia del GNSS europeo»

COM(2013) 40 final — 2013/0022 (COD)

2013/C 198/10

Relatore: PEZZINI

Il Consiglio, in data 27 febbraio 2013, e il Parlamento europeo, in data 12 marzo 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 172 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 912/2010 che istituisce l'Agenzia del GNSS europeo

COM (2013) 40 final – 2013/0022 (COD).

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 aprile 2013.

Alla sua 489a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 aprile 2013 (seduta del 17 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 169 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l'iniziativa di adeguare le strutture dell'Agenzia UE del sistema mondiale di navigazione satellitare, al fine di garantire la piena indipendenza ai suoi organi e una chiara autonomia delle attività di accreditamento e di sicurezza.

1.2

Il Comitato ritiene adeguato il nuovo quadro di autonomie e di cooperazioni all'interno dell'Agenzia del GNSS europeo (GSA). Pertanto il CESE sostiene, nelle circostanze attuali, la proposta di modifica del regolamento (UE) n. 912/2010 che istituisce la GSA e raccomanda di accettare tale proposta nella misura in cui si mostrerà in grado di raggiungere pienamente gli obiettivi indicati.

1.3

Il Comitato ritiene quindi importante, per valutare se la soluzione adottata si riveli effettivamente la migliore, che l'effettiva implementazione delle strutture funzionali realizzate sia tenuta sotto osservazione e che la Commissione presenti dei rapporti periodici circostanziati al riguardo.

1.4

Il Comitato ribadisce ancora una volta il ruolo chiave svolto dai programmi europei di navigazione satellitare EGNOS e Galileo, che si pongono come volano dell'innovazione e della competitività, al servizio dei cittadini, nell'ambito della politica spaziale europea e della strategia Europa 2020, insieme ai grandi progetti per il monitoraggio globale della terra e la sicurezza, che devono permettere di mantenere una forte leadership ed indipendenza strategica in campo spaziale per il futuro dell'Europa.

1.5

Secondo il Comitato, l'Unione deve prendere coscienza che gli obiettivi raggiunti in termini di integrazione e sviluppo sostenibile e pacifico degli Stati membri devono permettere di dedicare le risorse risparmiate ad uno sviluppo accelerato di grandi progetti in comune, competitivi a livello mondiale, come Galileo, GMES e ITER (Global Monitoring for Environment and Security - GMES e International Thermonuclear Experimental Reactor – ITER).

1.6

Il CESE esprime il suo profondo disappunto per la riduzione, da parte del Consiglio europeo del 19 febbraio 2013, dell'assegnazione finanziaria per Galileo nel bilancio pluriennale europeo 2014-2020 e chiede con forza alle istituzioni europee, ed in particolare al Parlamento, di rivedere questa decisione, rafforzando al contempo l'impegno per GMES e ITER.

1.7

Il Comitato ritiene indispensabile garantire la compatibilità e l'interoperabilità di Galileo con altri sistemi di navigazione satellitare e con gli standard europei, recepiti a livello mondiale.

1.8

Il Comitato chiede una forte azione di sostegno e sensibilizzazione sui vantaggi derivanti dai programmi GNSS, in modo da consentire al pubblico di avvalersi, nel modo migliore, delle nuove opportunità offerte dai servizi Galileo e EGNOS.

1.9

Secondo il CESE, anche la realizzazione dei Galileo Security Monitoring Centres deve essere accelerata.

1.10

Il Comitato esprime forti riserve in merito al trasferimento alle agenzie delle attività di sostegno alla ricerca e all'innovazione finora svolte dalla Commissione, e la sollecita a considerare con maggiore attenzione le lodevoli esperienze finora conseguite.

1.11

Il Comitato raccomanda di accelerare l'accordo di delega tra la Commissione e la GSA, specie per la promozione delle tecnologie GNSS in diversi campi di ricerca e della loro integrazione nelle iniziative strategiche settoriali, senza generare ulteriori ritardi, oltre a quelli accumulati dal programma Galileo.

2.   Introduzione

2.1

Il sistema mondiale di posizionamento, sincronizzazione e navigazione satellitare GNSS rappresenta un fattore chiave dell'innovazione tecnologica europea, al servizio dei cittadini, delle imprese, delle amministrazioni pubbliche e della società, permettendo di fornire servizi di radionavigazione, con la creazione di nuovi posti di lavoro e maggiori vantaggi economici competitivi.

2.2

Il CESE ha già adottato vari pareri sul programma Galileo (1). Le esigenze di sicurezza svolgono un ruolo cruciale nelle fasi di progettazione, realizzazione e funzionamento delle infrastrutture, derivanti dai programmi Galileo ed EGNOS.

2.3

È importante che il sistema Galileo, che ha già subito vari ritardi, entri finalmente in funzione al più presto - senza intralci procedurali e senza conflitti d'interesse - in modo che l'Europa abbia un proprio sistema di navigazione satellitare, senza dipendere dai servizi forniti da altri, specie se utilizzati a fini militari.

2.4

Il CESE è pienamente consapevole che la diffusione della radionavigazione via satellite, in numerosi settori d'attività, permetterà di accrescere la sicurezza e, sul piano commerciale, di aumentare il reddito, a condizione che venga assicurata continuità d'esercizio, senza interruzioni nella fornitura dei servizi.

2.5

La Commissione ha posto al centro dei lavori la questione della gestione dei rischi, la cui importanza è stata sottolineata in occasione della riforma della governance del 2007. Tutti i rischi dei programmi sono centralizzati in un registro, che comprende i rischi riguardanti la catena di fornitura industriale, i fattori esterni - l'influenza delle istanze politiche e le esigenze di sicurezza - e i fattori interni, come l'organizzazione dei programmi e l'Autorità di Supervisione GNSS che, dal 2007, ha assunto le responsabilità della precedente Impresa Comune Galileo (2).

2.6

Ad ogni rischio viene attribuita una probabilità e un grado d'impatto. Il registro dei rischi comprende molte eventualità: rischi tecnologici; rischi industriali, per realizzare sistemi integrati, specie in materia di sicurezza; rischi di mercato; rischi di governance; rischi, in materia di responsabilità civile, delle infrastrutture fornite.

2.7

In materia di sicurezza occorre ricordare che, anche se la Commissione è responsabile della gestione della sicurezza dei sistemi, a norma del regolamento la sua libertà in questo settore è limitata da due importanti fattori.

2.7.1

Innanzitutto, sono gli Stati membri che definiscono le esigenze in materia di sicurezza, dato che i rischi che possono influenzare la sicurezza di infrastrutture sensibili, come quelle della radionavigazione satellitare, variano sempre. Coprire una parte di questi rischi compete agli Stati membri.

2.7.2

In secondo luogo, il regolamento GNSS (CE) n. 683/2008 affida il compito dell'omologazione della sicurezza dei sistemi alla GSA. La separazione delle funzioni di gestione e di omologazione fa parte di una pratica di buona governance, ed è la prassi abituale ed essenziale per questo tipo di progetto.

2.8

Come già evidenziato in precedenza dal CESE, "una corretta realizzazione e gestione dei programmi europei del GNSS (Galileo ed EGNOS) è fondamentale per realizzare l'obiettivo di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva formulato dalla strategia Europa 2020", considerando anche che "i programmi del GNSS secondo la proposta che attualmente li riguarda produrranno 68,63 miliardi di euro di profitti netti per l'Unione nel periodo 2014-2034" (3).

2.9

Il Comitato ha inoltre apprezzato che "la Commissione deve gestire i fondi assegnati ai programmi e vigilare sull'attuazione di tutte le loro attività, comprese quelle delegate a GSA e all'Agenzia spaziale europea (ESA)" nonché "sviluppare un meccanismo di gestione del rischio" (4).

2.10

Il CESE ritiene indispensabile rafforzare le garanzie d'indipendenza dell'esercizio delle attività legate all'accreditamento di sicurezza, per realizzare la piena separazione tra queste e le altre attività dell'Agenzia GSA, per evitare conflitti d'interesse, specie con altre funzioni (5), e il rischio di essere, al contempo, giudice e parte in causa.

2.11

In tale nuovo contesto, secondo il CESE, è fondamentale garantire che il Consiglio di Accreditamento di Sicurezza (CAS) possa svolgere il compito affidatogli, in totale indipendenza dagli altri organi e dalle altre attività della GSA, con una netta separazione, all'interno dell'Agenzia, tra le attività d'accreditamento e le altre attività.

2.12

D'altra parte, il PE ha sottolineato che "si debbano affrontare la governance a lungo termine, la struttura di gestione del GNSS, la ripartizione dei compiti e delle responsabilità tra Commissione, la GSA e l'ESA, così come altre questioni rilevanti, quali il meccanismo di ripartizione degli introiti, il regime di responsabilità, la politica dei prezzi e il possibile coinvolgimento del settore privato, ai programmi GNSS" (cfr. Risoluzione del PE dell'8 giugno 2011 - P7_TA(2011)0265).

2.13

Il Consiglio, da parte sua, ha dichiarato che le attività di accreditamento - attualmente disciplinate dal capo II del regolamento (UE) n. 912/2010 - dovranno essere effettuate in modo rigorosamente indipendente dagli altri compiti assegnati alla GSA (cfr. Consiglio dell'UE, documento n. 11279/12 ADD 1 - 7.6.2012).

2.14

La Commissione propone quindi di "modificare il regolamento (UE) n. 912/2010 con l'obiettivo precipuo di accrescere l'autonomia e i poteri del consiglio di accreditamento di sicurezza e del suo presidente, nonché di allineare tali poteri su quelli rispettivamente del consiglio di amministrazione e del direttore esecutivo dell'Agenzia, stabilendo al contempo un obbligo di cooperazione tra i diversi organi dell'Agenzia".

2.15

Il Comitato sottoscrive la proposta della Commissione di emendare il regolamento (UE) n. 912/2010 e raccomanda di accettare le normative proposte nella misura in cui si mostreranno effettivamente rispondenti, con l'aiuto di verifiche e rapporti periodici, agli obiettivi che ci si era proposti.

3.   Osservazioni generali sul programma GNSS dell'UE

3.1

Il Comitato ribadisce che la politica spaziale europea è un elemento chiave della strategia Europa 2020 e un volano dell'innovazione e della competitività al servizio dei cittadini: i programmi europei di navigazione satellitare EGNOS e Galileo rivestono, al riguardo, un ruolo centrale che deve essere valorizzato e rafforzato, insieme al progetto GMES (6).

3.2

Il CESE sottolinea l'importanza strategica della politica spaziale e del programma GNSS, come elemento per creare una vera politica industriale europea, sulla base di progetti concreti, con benefici tangibili, per i cittadini e per le imprese.

3.3

L'applicazione effettiva del sistema di governance del GNSS europeo si rivela quindi fondamentale per valutare se la soluzione adottata sia effettivamente la migliore possibile: il CESE quindi, nell'appoggiare le modifiche proposte, chiede che l'effettiva implementazione delle strutture funzionali realizzate sia tenuta sotto osservazione e che la Commissione presenti dei rapporti periodici circostanziati al riguardo.

3.4

Il Comitato esprime il suo profondo disappunto per la riduzione da parte del Consiglio europeo del 19 febbraio 2013 dell'assegnazione finanziaria per Galileo, nel bilancio pluriennale europeo 2014 – 2020, a soli 6,3 miliardi di euro, dai 7,9 miliardi di euro previsti dalla Commissione.

3.5

Il CESE chiede alle istituzioni europee, ed in particolare al Parlamento, di ricostituire, nell'adozione della decisione definitiva riguardante il prossimo quadro finanziario pluriennale 2014-2020, i livelli di finanziamento precedentemente proposti per Galileo e di rafforzare al contempo l'impegno per i progetti GMES e ITER (7).

3.6

La GSA dovrebbe inoltre sviluppare una forte azione di sostegno e sensibilizzazione sui vantaggi derivanti dai programmi GNSS, in modo da consentire al pubblico di avvalersi, nel modo migliore, delle nuove opportunità di commercializzazione dei servizi Galileo e EGNOS, al fine di agevolarne la diffusione sul mercato e ottimizzare i benefici socioeconomici attesi.

4.   Osservazioni particolari

4.1

Adeguatezza del quadro di governance . In vista del trasferimento alla GSA della gestione della fase operativa di EGNOS e - a partire dal gennaio 2014 - della fase operativa del programma Galileo, il Comitato ritiene adeguato il nuovo quadro proposto di autonomie e cooperazioni all'interno della GSA, nonché rispondente agli orientamenti interistituzionali. Ritiene peraltro che tali positivi sviluppi debbano essere tenuti sotto osservazione per verificare se le soluzioni proposte risultino nei fatti rispondenti nel modo migliore possibile agli obiettivi indicati.

4.2

Centri di Monitoraggio della Sicurezza di Galileo. La realizzazione dei Galileo Security Monitoring Centres, in Francia e nel Regno Unito, deve essere accelerata e la loro struttura e le loro risorse devono essere rafforzate. Devono essere rafforzate le attività di formazione, per soddisfare le esigenze degli utilizzatori, in materia di accesso al PRS (Public regulated service).

4.3

Attività di comunicazione. Le campagne di comunicazione globale dell'Agenzia devono essere potenziate, man mano che i servizi di Galileo vengono avviati, in vista della fase di funzionamento a pieno ritmo nel 2018-2019. Occorre assicurare la gestione dei "centri d'eccellenza", per promuovere lo sviluppo e l'adozione delle applicazioni GNSS, e sviluppare "una strategia di marchio e di un contrassegno di qualità per la tecnologia e i servizi di EGNOS/Galileo" (per "contrassegno di qualità" il CESE intende un sistema basato su un marchio commerciale che autorizzi fornitori riconosciuti di tecnologie EGNOS/Galileo a vendere tecnologie e soluzioni che rispondono a rigorosi standard tecnici di eccellenza. Un simile sistema di marchio commerciale è stato utilizzato con grande successo dall'associazione internazionale WiFi Alliance per accelerare l'affermazione sul mercato della tecnologia LAN senza fili. Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Wi-Fi_Alliance) (8).

4.4

Ricerca e innovazione. Il Comitato ha espresso forti riserve in merito alla tendenza "a trasferire alle agenzie i compiti e le attività di sostegno alla ricerca e all'innovazione finora svolti dalla Commissione, così che quest'ultima si possa limitare alle questioni giuridiche e all'amministrazione degli aspetti finanziari" e ha sollecitato "a considerare con maggiore attenzione le esperienze conseguite con la creazione di questo tipo di grandi progetti di nuova frontiera tecnologica, prevedendo quindi un fondo d'emergenza adeguato, pari ad esempio al 10 %" (9).

4.5

Tempi e modalità d'attuazione. Il Comitato è preoccupato per i ritardi nell'adozione del regolamento relativo alla realizzazione e al funzionamento dei sistemi europei di radionavigazione via satellite, in sostituzione del regolamento (CE) n. 683/2008, in fase di discussione al Parlamento europeo e al Consiglio, dato che questo è strettamente collegato alla presente proposta della Commissione.

Bruxelles, 17 aprile 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 181 del 21.6.2012, pagg. 179-182; GU C 256 del 27.10.2007, pagg. 73-75, GU C 256 del 27.10.2007, pag. 47, GU C 324 del 30.12.2006, pagg. 41-42, GU C 221 dell'8.9.2005, pag. 28.

(2)  GU C 48 del 21.2.2002, pagg. 42-46, GU C 324 del 30.12.2006, pagg. 37-40.

(3)  GU C 181 del 21.6.2012, pagg. 179-182.

(4)  GU C 181 del 21.6.2012, pagg. 179-182.

(5)  GU C 388 del 15.12.2012, pag. 208.

(6)  GU C 299 del 4.10.2012, pagg. 72-75.

(7)  GU C 229 del 31.7.2012, pagg. 60-63.

(8)  GU C 107 del 6.4.2011, pagg. 44-48.

(9)  GU C 229 del 31.7.2012, pagg. 60-63.


10.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 198/71


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca»

COM(2013) 9 final — 2013/0007 (COD)

2013/C 198/11

Relatore unico: Sarró IPARRAGUIRRE

Il Parlamento europeo e il Consiglio, in data 5 febbraio 2013, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 43, paragrafo 2, e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca

COM(2013) 9 final – 2013/0007 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 marzo 2013.

Alla sua 489a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 aprile 2013 (seduta del 17 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 177 voti favorevoli e 10 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) giudica necessario modificare il regolamento (CE) n. 1224/2009 per adeguarlo al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).

1.2

Il Comitato ritiene che determinati aspetti essenziali, elencati nel presente parere, dovrebbero essere oggetto di atti di esecuzione e non di atti delegati.

2.   Antecedenti

2.1

Il regolamento (CE) n. 1224/2009 istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca.

2.2

Detto regolamento attribuisce alla Commissione una serie di competenze di applicazione di talune disposizioni previste dal regolamento stesso.

2.3

Il TFUE distingue tra il potere delegato alla Commissione di adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dell'atto legislativo, come previsto dall'articolo 290, paragrafo 1, del TFUE (atti delegati), e le competenze conferite alla Commissione per adottare condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell'Unione, come previsto dall'articolo 291, paragrafo 2, del TFUE (atti di esecuzione).

2.4

Nell'ambito dell'adeguamento del regolamento (CE) n. 1224/2009 alle nuove disposizioni del TFUE che disciplinano il processo decisionale, la Commissione ha dunque presentato una proposta di modifica del regolamento stesso, proposta che forma oggetto del presente parere e che riclassifica le competenze assegnate alla Commissione stessa in poteri delegati e competenze di esecuzione.

3.   Analisi della proposta

3.1

La proposta stabilisce le competenze assegnate alla Commissione in base al regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, classificandole in poteri delegati e competenze di esecuzione.

3.2

Essa adegua inoltre determinate disposizioni alle procedure decisionali previste dal TFUE.

3.3

La proposta realizza questi adeguamenti modificando i 66 articoli del regolamento (CE) n. 1224/2009.

3.4

L'analisi della proposta risulta pertanto molto complessa in quanto la modifica di questi 66 articoli comporta in totale circa 200 modifiche al regolamento (CE) n. 1224/2009, modifiche attraverso le quali si attribuisce alla Commissione il potere di adottare atti delegati e di esecuzione.

3.5

I poteri di adottare atti delegati sono attribuiti per un periodo di tempo indeterminato e possono essere revocati in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.

3.6

Gli atti delegati entreranno in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data della loro notifica o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.

3.7

Nell'ambito di tali procedure, la Commissione è assistita dal comitato per il settore della pesca e dell'acquacoltura istituito dall'articolo 30 del regolamento (CE) n. 2371/2002.

3.8

Nei suoi pareri, il CESE si è sempre dichiarato favorevole a concedere alla Commissione il potere di adottare atti delegati di controllo onde garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca.

3.9

Il Comitato tuttavia ritiene che dato l'elevato numero di modifiche al regolamento (CE) n. 1224/2009 previsto dalla proposta all'esame, occorrerebbe raggiungere preliminarmente un consenso con gli Stati membri sul contenuto e sulla portata di tutte le modifiche presentate.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

L'approccio generale del TFUE prevede che gli elementi essenziali di un atto legislativo siano sviluppati mediante atti di esecuzione mentre gli aspetti non essenziali devono esserlo mediante atti delegati.

4.2

Analizzando la proposta all'esame, il CESE ritiene che almeno gli aspetti di qualsiasi misura in merito a:

la notifica preventiva e il trasbordo;

l'adozione di modifiche relative alle modalità e alla frequenza di trasmissione alla Commissione di dati sui contingenti e sullo sforzo di pesca;

l'esenzione dall'obbligo di compilare note di vendita, concessa a talune flotte;

l'adozione di norme relative alla progettazione delle stive;

la determinazione di attività di pesca che saranno soggette a programmi specifici di controllo e ispezione

dovranno essere sviluppati, vista la loro importanza, non con atti delegati bensì mediante atti di esecuzione.

4.3

Il Comitato infine esprime perplessità circa il fatto che in qualsiasi momento si possa revocare alla Commissione la facoltà di adottare un atto delegato su un aspetto per il quale tale facoltà le è riconosciuta, senza però che questo comporti la revoca automatica dell'atto delegato già adottato in materia.

Bruxelles, 17 aprile 2013.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


10.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 198/73


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la segnalazione di taluni eventi nel settore dell'aviazione civile, che modifica il regolamento (UE) n. 996/2010 e abroga la direttiva 2003/42/CE, il regolamento (CE) n. 1321/2007 della Commissione e il regolamento (CE) n. 1330/2007 della Commissione»

COM(2012) 776 final — 2012/0361 (COD)

2013/C 198/12

Relatore: HENCKS

Il Consiglio, in data 24 gennaio 2013, e il Parlamento europeo, in data 17 gennaio 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 100, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la segnalazione di taluni eventi nel settore dell'aviazione civile, recante modifica del regolamento (UE) n. 996/2010 e abrogazione della direttiva 2003/42/CE, del regolamento (CE) n. 1321/2007 della Commissione e del regolamento (CE) n. 1330/2007 della Commissione

COM(2012) 776 final – 2012/0361 (COD).

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 aprile 2013.

Alla sua 489a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 aprile 2013 (seduta del 17 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 195 voti favorevoli, 1 voto contrario e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE si congratula con la Commissione per le misure di prevenzione degli inconvenienti nel settore dell'aviazione civile e per il potenziamento dei flussi d'informazione su eventi o incidenti che mettono a rischio o che, in assenza di interventi correttivi, potrebbero mettere a rischio passeggeri o qualsiasi altra persona o un aeromobile.

1.2

Al fine di poter individuare e prevenire i rischi di incidenti nell'aviazione civile è fondamentale che tutti i professionisti del settore siano indotti a segnalare tutti gli eventi o incidenti che possano costituire un rischio per la sicurezza, ivi compresi, se del caso, gli errori che gli agenti stessi possono avere commesso o contribuito a commettere o che sono imputabili a loro colleghi di lavoro.

1.3

Un tale sistema di notifica potrà funzionare efficacemente soltanto

se l'istituzione di sistemi di segnalazione degli eventi in questione ha per unico obiettivo la prevenzione di futuri incidenti ed inconvenienti e non mira a determinare colpe o responsabilità, e

se è applicato nel contesto di una "cultura dell'equità" che metta le persone coinvolte al riparo da azioni intraprese nei loro confronti dai datori di lavoro e che le tuteli da qualunque pregiudizio o procedimento giudiziario per errori non intenzionali, salvo in caso di negligenza grave deliberata e manifesta.

1.4

Il CESE ritiene che le misure di protezione delle fonti di informazione esistenti o supplementari, previste nel regolamento in esame, possano essere ancora rafforzate o completate. A tale scopo il CESE:

ribadisce la propria proposta di creare una carta dell'UE sulla "cultura giusta" (cultura dell'equità),

propone di menzionare esplicitamente che non solamente gli Stati membri, ma anche le organizzazioni del settore dell'aviazione civile devono astenersi dal perseguire violazioni della legge non premeditate o commesse inavvertitamente di cui sono venuti a conoscenza soltanto perché segnalate,

chiede che le norme interne che illustrano le modalità previste per garantire e attuare i principi della "cultura dell'equità", stabilite da parte delle organizzazioni del settore, siano, prima della loro applicazione, approvate dall'autorità pubblica competente.

1.5

Vista l'importanza cruciale di una cultura dell'equità per proteggere efficacemente gli informatori, nell'interesse ben inteso della prevenzione contro ogni rischio di incidente, il CESE ha commissionato a un esperto esterno uno studio in materia e non mancherà di comunicarne le conclusioni alle parti interessate.

1.6

Il CESE esprime riserve sulla nuova misura che prevede che d'ora in avanti gli informatori potranno trasmettere la loro segnalazione tanto al datore di lavoro quanto all'autorità pubblica competente, mentre finora era prevista solo una trasmissione all'autorità pubblica. Ritiene opportuno che nel caso delle segnalazioni trasmesse direttamente al datore di lavoro, nell'interesse della neutralità e al fine di evitare qualsiasi successiva interferenza del datore di lavoro nella formulazione dei fatti da parte degli informatori, una copia della segnalazione sia, allo stesso tempo, obbligatoriamente indirizzata dall'informatore all'autorità pubblica competente.

1.7

Il CESE deplora che una notifica degli inconvenienti da parte di passeggeri non sia esplicitamente prevista dal regolamento, quando invece i passeggeri hanno sovente un approccio più vigile nei confronti dei rischi di sicurezza delle infrastrutture e dei servizi e constatano delle mancanze che i professionisti del settore, per abitudine, vedono con occhi diversi. Ciò vale allo stesso titolo per le persone a mobilità ridotta, che sono quelle nella posizione migliore per valutare i fattori di rischio in relazione alla loro situazione specifica. Il CESE propone quindi di prevedere delle procedure per integrare tutti i passeggeri nel flusso d'informazione degli eventi da segnalare.

1.8

Il CESE stima infine che gli eventi o le carenze constatate durante le operazioni di imbarco, specialmente durante i controlli di sicurezza effettuati sui passeggeri, dovrebbero figurare tra gli eventi da segnalare obbligatoriamente.

2.   Introduzione

2.1

Dalla creazione del mercato unico dell'aviazione nel 1992, il rispetto delle disposizioni legislative sempre più rigorose in materia di sicurezza aerea riguardanti un aeromobile immatricolato in uno Stato membro, o gestito da una impresa con sede in uno Stato membro, aiutato da indagini approfondite e indipendenti sugli incidenti, si è tradotto in una riduzione consistente e pressoché costante dei tassi di incidenti mortali nell'aviazione.

2.2

L'esperienza ha dimostrato che spesso, prima del verificarsi di un incidente, vari inconvenienti o carenze avevano avvertito dell'esistenza di rischi per la sicurezza. È risultato presto chiaro che diventava sempre più difficile accrescere la sicurezza aerea applicando soltanto l'approccio "reattivo", fino ad allora prevalente, e consistente nel reagire e trarre insegnamenti solo dopo che gli incidenti si erano verificati.

2.3

L'Unione europea non poteva quindi limitarsi al suo ruolo di legislatore, ma si è vista obbligata a preoccuparsi altresì del trattamento sistemico dei rischi legati alla sicurezza aerea. Con la direttiva 2003/42/CE concernente le segnalazioni degli eventi nell'aviazione civile, ha adottato un approccio complementare detto "proattivo".

2.4

Il sistema delle segnalazioni si basa su una relazione di fiducia tra l'informatore di questi inconvenienti o carenze e l'entità responsabile della raccolta e della valutazione dei dati relativi.

2.5

Dal 2007 l'Unione europea tiene un repertorio centrale europeo (RCE) in cui sono riuniti tutti gli eventi nel settore dell'aviazione civile raccolti dagli Stati membri; allo stadio attuale sono conservati in questo repertorio circa 600 000 eventi.

2.6

Vista la delicatezza della questione, le informazioni raccolte sono confidenziali e possono essere utilizzate solo ai fini delle attività dei partecipanti e dei destinatari. Al fine di evitare paure e reazioni infondate, le informazioni al pubblico devono essere fatte in forma aggregata e devono limitarsi per lo più a una relazione annuale sul livello generale di sicurezza dell'aviazione.

2.7

Oltre al sistema di segnalazione obbligatoria, gli Stati membri possono istituire un sistema di segnalazione spontanea per raccogliere e analizzare i punti deboli osservati nell'aviazione civile che non rientrano nell'ambito di applicazione delle segnalazioni obbligatorie.

2.8

L'obbligo di notifica si applica all'intera catena del settore del trasporto aereo, in particolare agli operatori aerei, agli aeroporti certificati, alle società di assistenza a terra, ecc.

2.9

Le diverse categorie di addetti dell'aviazione civile che osservano eventi rilevanti ai fini della prevenzione degli incidenti hanno l'obbligo di segnalare tali eventi.

2.10

Nelle segnalazioni tutti i dati personali relativi all'informatore e gli aspetti tecnici che potrebbero permettere di identificare l'informatore devono essere eliminati. Gli Stati membri provvedono affinché gli addetti che segnalano inconvenienti non subiscano alcun pregiudizio da parte del datore di lavoro; nessuna sanzione amministrativa, disciplinare o professionale potrà essere inflitta a una persona che abbia notificato un evento del genere, salvo in caso di negligenza grave o violazioni deliberate.

3.   Contenuto del nuovo regolamento

3.1   Secondo la Commissione europea la trasmissione delle segnalazioni di eventi nell'UE e l'utilizzo dell'RCE patiscono tuttora di una serie di carenze che ne limitano l'utilità e mettono seriamente a rischio il feedback sulla base delle esperienze che permetterebbe di prevenire gli incidenti. Per porre rimedio a questa situazione, la Commissione propone le seguenti iniziative.

3.1.1   Miglioramenti nella raccolta degli eventi

La proposta definisce il quadro per garantire che siano segnalati tutti gli eventi che mettono in pericolo o rischiano di mettere in pericolo la sicurezza aerea. Oltre al sistema obbligatorio, la proposta prevede l'istituzione di sistemi su base volontaria.

La proposta prevede inoltre disposizioni volte a incoraggiare gli operatori del settore dell'aviazione a trasmettere informazioni, senza dover temere eventuali sanzioni, tranne in caso di negligenza grave.

3.1.2   Chiarimento del flusso di informazioni

Anche ciascuna organizzazione attiva nel settore dell'aviazione dovrà, a fianco dell'autorità pubblica, sviluppare un sistema di segnalazioni.

3.1.3   Miglioramento della qualità e della completezza dei dati

Le segnalazioni di eventi dovranno contenere quanto meno un certo numero di informazioni e campi obbligatori determinati. Gli eventi dovranno essere classificati in funzione del rischio che presentano secondo un meccanismo europeo comune di classificazione dei rischi da elaborare. Inoltre, dovranno essere istituite delle procedure di controllo della qualità dei dati.

3.1.4   Miglioramento dello scambio di informazioni

L'accesso degli Stati membri e dell'AESA ai dati dell'RCE è esteso a tutte le informazioni registrate nella suddetta banca dati. Tutte le segnalazioni devono essere compatibili con il software dell'UE ECCAIRS.

3.1.5   Miglioramento della protezione contro usi impropri delle informazioni in materia di sicurezza

In aggiunta all'obbligo di garantire la riservatezza dei dati raccolti, si deve assicurare che questi siano messi a disposizione e utilizzati unicamente al fine di mantenere o migliorare la sicurezza aerea. Devono essere conclusi con le autorità giudiziarie degli accordi per attenuare l'impatto negativo dell'utilizzo di questi dati a fini giudiziari.

3.1.6   Miglioramento della protezione dell'informatore al fine di garantire la disponibilità continua delle informazioni (cultura dell'equità)

Le norme relative alla tutela degli informatori sono rafforzate ed è ribadito l'obbligo di cancellare i dati personali dalle segnalazioni e di limitare l'accesso ai dati identificabili ad una cerchia ristretta di persone. È rafforzata la norma in base alla quale i dipendenti non devono subire da parte dei loro datori di lavoro alcun pregiudizio basato sulle informazioni comunicate, salvo in caso di negligenza grave (quale definita all'articolo 2, paragrafo 4 della proposta di regolamento). Le organizzazioni attive nel settore dell'aviazione civile sono invitate ad adottare una strategia che indichi le modalità stabilite per garantire la tutela dei dipendenti. Inoltre, ogni Stato membro deve nominare un responsabile dell'attuazione delle disposizioni riguardanti la protezione delle fonti al quale gli informatori possono segnalare delle violazioni riguardanti le relative norme. Se necessario, tale responsabile propone al suo Stato membro di adottare delle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che abbiano violato le norme in materia.

3.1.7   Introduzione di prescrizioni relative all'analisi delle informazioni e adozione di misure di controllo a livello nazionale

La proposta recepisce, nella legislazione UE, le norme relative all'analisi e al controllo degli eventi segnalati che sono state decise a livello internazionale.

3.1.8   Rafforzamento dell'analisi a livello UE

È rafforzato il principio di un'analisi da parte dell'AESA (Agenzia europea per la sicurezza aerea) e degli Stati membri delle informazioni presenti nell'RCE ed è formalizzata l'esistente collaborazione nell'ambito di una rete di analisti della sicurezza aerea, presieduta dall'AESA.

3.1.9   Aumento della trasparenza nei confronti del pubblico

Rispettando la necessaria riservatezza, gli Stati membri pubblicano una relazione annuale contenente, in forma aggregata, informazioni relative alle misure prese per aumentare la sicurezza aerea.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il CESE si congratula con la Commissione per le misure di prevenzione degli incidenti nel settore dell'aviazione civile e per l'intensificazione del flusso di informazioni su eventi che mettono a rischio o che, in assenza di interventi correttivi, potrebbero mettere a rischio passeggeri o qualsiasi altra persona o un aeromobile.

4.2

Inoltre, il CESE accoglie favorevolmente la semplificazione della legislazione in quanto raggruppa in un solo testo una direttiva precedente e due regolamenti.

4.3

Visto che gli Stati membri superano regolarmente i termini di attuazione delle direttive – come nel caso della direttiva 2003/42/CE riguardante l'argomento di cui ci occupiamo in questo parere – e dato che l'individuazione più rapida degli eventuali problemi di sicurezza può evitare delle catastrofi e salvare vite umane, il CESE concorda con la Commissione sul fatto che un atto legislativo direttamente applicabile, specificamente l'adozione di un regolamento, sia lo strumento giuridico più appropriato per raggiungere gli obiettivi perseguiti.

4.4

Senza pregiudizio dell'apprezzamento generalmente positivo della proposta di regolamento in esame, il CESE tuttavia si interroga su diversi punti.

4.5

D'ora in avanti gli informatori potranno trasmettere la loro segnalazione tanto al datore di lavoro quanto all'autorità pubblica competente, mentre finora era prevista solo una trasmissione all'autorità pubblica. Quando le notifiche sono indirizzate direttamente al datore di lavoro, quest'ultimo deve comunicarle all'autorità pubblica competente. Ora, l'articolo 7, paragrafo 3, del progetto del regolamento prevede che le organizzazioni del settore realizzino procedure di controllo della qualità dei dati, segnatamente per garantire la coerenza tra i diversi dati contenuti nelle segnalazioni di eventi e le informazioni sugli eventi inizialmente comunicate dall'informatore.

Il CESE ne deduce che i dati relativi a eventi inizialmente comunicati dall'informatore non sono necessariamente gli stessi di quelli poi trasmessi all'autorità pubblica; si tratta di un aspetto della proposta che il CESE non può approvare.

Esprime inoltre riserve in ordine alle segnalazioni trasmesse direttamente al datore di lavoro. Nell'interesse della neutralità e al fine di evitare qualsiasi successiva interferenza del datore di lavoro nella formulazione dei fatti da parte degli informatori, una copia della segnalazione dovrebbe, allo stesso tempo, essere indirizzata dall'informatore all'autorità pubblica competente.

4.6

Il CESE constata che nella lista degli inconvenienti ad obbligo di notifica (allegato 1 del regolamento) non figurano quelli riguardanti le operazioni precedenti l'imbarco. Di conseguenza, le carenze che si registrano durante il controllo di sicurezza prima dell'imbarco devono, al massimo, essere segnalate nell'ambito delle segnalazioni spontanee. Nonostante ciò, carenze del genere possono avere conseguenze disastrose al punto tale che il CESE stima che dovrebbero figurare tra gli eventi da segnalare obbligatoriamente.

4.7

Analogamente, una notifica di inconvenienti da parte dei passeggeri non è esplicitamente prevista dalla proposta di regolamento che, tuttavia, non l'esclude nel momento in cui indica che i sistemi di segnalazione spontanei devono permettere la raccolta di informazioni da parte di persone diverse dai professionisti del settore soggetti a una notifica obbligatoria.

Tuttavia, i passeggeri hanno sovente un approccio più vigile nei confronti dei rischi di sicurezza delle infrastrutture e dei servizi e constatano delle carenze che i professionisti del settore, per abitudine o deformazione professionale, vedono con occhi diversi. Il CESE propone quindi di prevedere delle procedure per integrare i passeggeri nel flusso d'informazione degli eventi da segnalare. Ciò vale allo stesso titolo per le persone a mobilità ridotta, che nell'allegato I, punto 4.3 della proposta di regolamento sono trattate su un piano di parità con l'imbarco dei bagagli e la spedizione mentre i fattori di rischio sono completamente differenti.

5.   Cultura dell'equità

5.1

Al fine di poter individuare e prevenire i rischi di incidenti nell'aviazione civile è fondamentale che tutti i professionisti del settore siano indotti a segnalare tutti gli eventi che possano costituire un rischio per la sicurezza.

5.2

Ciò vuol dire, eventualmente, chiedere agli interessati di segnalare errori che essi stessi hanno commesso, hanno contribuito a commettere o che sono imputabili a loro colleghi di lavoro.

5.3

È evidente che un tale sistema di notifica potrà funzionare adeguatamente soltanto nel contesto di una "cultura dell'equità" che metta le persone coinvolte al riparo da azioni avviate nei loro confronti dai datori di lavoro e che le tuteli da qualunque pregiudizio o procedimento giudiziario per errori non intenzionali, salvo in caso di negligenza grave, deliberata e manifesta.

5.4

Il CESE non può quindi che apprezzare la decisione di mettere l'accento sul fatto che l'unico obiettivo dell'istituzione di sistemi di segnalazione degli eventi è la prevenzione di futuri incidenti ed inconvenienti e non quello di determinare colpe o responsabilità; si compiace inoltre del fatto che la proposta di regolamento ribadisca e completi le misure di tutela dell'informatore che, tuttavia, potrebbero essere ulteriormente rafforzate.

5.5

Così, nel suo parere sul regolamento sulle indagini e sulla prevenzione degli incidenti nell'aviazione civile (1), il CESE aveva già posto l'accento sulla necessità di compiere maggiori sforzi a livello europeo per assicurare la modifica da parte di tutti gli Stati membri dei rispettivi ordinamenti penali nazionali, in modo da sviluppare una cultura dell'equità, sottolineando anche l'importanza di elaborare una "carta dell'UE sulla cultura giusta" con l'obiettivo di evitare qualsiasi sanzione per errori non intenzionali.

5.6

Il CESE si rammarica che questo suggerimento non sia stato accolto nella proposta di regolamento in esame; questa prevede, è vero, una cooperazione tra le autorità responsabili della sicurezza e le autorità giudiziarie sotto forma di accordi preventivi (articolo 15, par. 4: "Detti accordi preliminari sono intesi ad assicurare il giusto equilibrio tra l'esigenza di una buona amministrazione della giustizia, da un lato, e la necessaria continua disponibilità di informazioni in materia di sicurezza, dall'altro"), fatto che costituisce un passo nella direzione giusta, ma questi accordi riguardano solo l'opportuna riservatezza delle informazioni e non mettono gli informatori al riparo da un procedimento giudiziario.

5.7

In merito alla tutela dell'informatore, la disposizione secondo la quale gli Stati membri si astengono dal perseguire violazioni della legge non premeditate o involontarie di cui sono venuti a conoscenza soltanto perché segnalate dovrebbe altresì essere applicata al datore di lavoro dall'informatore; l'articolo 16, paragrafo 3 della proposta di regolamento dovrebbe essere completato in tal senso.

5.8

Per quanto riguarda la disposizione che impone a ciascuna organizzazione del settore di adottare norme interne che illustrino le modalità previste per garantire e attuare i principi della cultura dell'equità, il CESE propone che queste regole siano precedentemente approvate dall'organismo responsabile in ciascuno Stato membro dell'attuazione delle disposizioni dell'UE in materia di protezione delle fonti.

5.9

Anche se il regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, una parte dei suoi elementi (ad esempio le norme interne che illustrano come i principi della cultura dell'equità sono applicati dalle organizzazioni, ovvero le norme applicabili in caso di violazione del regolamento) devono ancora essere stabiliti o, se del caso, essere recepiti nel diritto nazionale. Il CESE avrebbe preferito che il regolamento prevedesse un termine per l'applicazione di questi elementi.

5.10

Vista l'importanza cruciale di una cultura dell'equità per proteggere efficacemente gli informatori, nell'interesse ben inteso della prevenzione contro ogni rischio di incidente, il CESE ha commissionato ad un esperto esterno uno studio in materia e non mancherà di comunicarne le conclusioni alle parti interessate.

Bruxelles, 17 aprile 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 21 del 21.1.2011, pagg. 62-65.


10.7.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 198/77


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 92/58/CEE, 92/85/CEE, 94/33/CE, 98/24/CE del Consiglio e la direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio allo scopo di allinearle al regolamento (CE) n. 1272/2008 relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele»

COM(2013) 102 final — 2013/0062 (COD)

2013/C 198/13

Il Parlamento europeo, in data 12 marzo 2013, e il Consiglio, in data 15 marzo 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 153, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 92/58/CEE, 92/85/CEE, 94/33/CE, 98/24/CE del Consiglio e la direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio allo scopo di allinearle al regolamento (CE) n. 1272/2008 relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele

COM(2013) 102 final – 2013/0062 (COD).

Poiché si era già pronunciato sul contenuto della proposta nel parere CESE 493/2008, adottato in data 12 marzo 2008 (1), il Comitato, nel corso della 489a sessione plenaria dei giorni 17 e 18 aprile 2013 (seduta del 17 aprile), ha deciso, con 178 voti favorevoli, 3 voti contrari e 10. astensioni, di non procedere all'elaborazione di un nuovo parere in materia ma di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 17 aprile 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele e recante modifica della direttiva 67/548/CEE e del regolamento (CE) n. 1907/2006 - COM(2007) 355 final - 2007/0121 (COD) (GU C 204 del 9.8.2008, pagg. 47–56).