ISSN 1977-0944

doi:10.3000/19770944.C_2011.342.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 342

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

54o anno
22 novembre 2011


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RACCOMANDAZIONI

 

Comitato europeo per il rischio sistemico

2011/C 342/01

Raccomandazione del Comitato europeo per il rischio sistemico, del 21 settembre 2011, sui prestiti in valuta estera (CERS/2011/1)

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IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RACCOMANDAZIONI

Comitato europeo per il rischio sistemico

22.11.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 342/1


RACCOMANDAZIONE DEL COMITATO EUROPEO PER IL RISCHIO SISTEMICO

del 21 settembre 2011

sui prestiti in valuta estera

(CERS/2011/1)

2011/C 342/01

IL CONSIGLIO GENERALE DEL COMITATO EUROPEO PER IL RISCHIO SISTEMICO,

visto il Regolamento (UE) n. 1092/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativo alla vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario nell’Unione europea e che istituisce il Comitato europeo per il rischio sistemico (1), e in particolare l’articolo 3, paragrafo 2, lettere b), d) e f), nonché gli articoli da 16 a 18,

vista la Decisione CERS/2011/1 del Comitato europeo per il rischio sistemico, del 20 gennaio 2011, che adotta il regolamento interno del Comitato europeo per il rischio sistemico (2), e in particolare l’articolo 15, paragrafo 3, lettera e), nonché gli articoli da 18 a 20,

visti i pareri delle parti interessate del settore privato in questione,

considerando quanto segue:

(1)

I prestiti in valuta estera a favore di prenditori privi di copertura sono aumentati in vari Stati membri dell’Unione.

(2)

Livelli eccessivi di prestiti in valuta estera possono generare rischi sistemici significativi per tali Stati membri e creare le condizioni per effetti negativi di propagazione transfrontaliera.

(3)

Dal 2000 gli Stati membri hanno adottato misure sul piano delle politiche per contrastare i rischi derivanti dalla crescita eccessiva dei prestiti in valuta estera, ma molte si sono rivelate inefficaci, principalmente a causa dell’arbitraggio normativo.

(4)

È opportuno adottare misure con riferimento ai prestiti in valuta estera al fine di: 1) limitare le esposizioni ai rischi di credito e di mercato, potenziando così la capacità di tenuta del sistema finanziario; 2) controllare la crescita eccessiva del credito in valuta estera ed evitare bolle dei prezzi delle attività; 3) contenere i rischi di finanziamento e di liquidità, circoscrivendo quindi al massimo tale canale di contagio; 4) creare incentivi al miglioramento dei meccanismi di determinazione del prezzo del rischio associato ai prestiti in valuta estera; 5) contrastare l’elusione delle misure nazionali conseguita attraverso l’arbitraggio normativo.

(5)

Affrontare la questione dell’asimmetria informativa tra prenditori e prestatori può attenuare i timori per la stabilità finanziaria, sensibilizzando i prenditori sui rischi e promuovendo il senso di responsabilità nella concessione di prestiti.

(6)

Dovrebbe essere potenziata la tenuta del sistema finanziario agli andamenti negativi del cambio che incidono sulla capacità di servizio del debito in valuta estera da parte dei prenditori, anche mediante verifica del merito di credito prima della concessione di prestiti in valuta estera e riesami successivi dello stesso per l’intera durata di tali prestiti.

(7)

Dovrebbero essere adottate misure che agiscano in senso anticiclico nelle fasi di forte espansione, in particolare laddove la crescita dei prestiti in valuta estera rappresenti una parte significativa di una più ampia espansione del credito complessivo, per ridurre il rischio del formarsi e del successivo scoppio di bolle dei prezzi delle attività.

(8)

Si dovrebbero predisporre incentivi per gli istituti finanziari, affinché individuino più efficacemente i rischi occulti e i rischi di coda connessi ai prestiti in valuta estera e internalizzino i rispettivi costi.

(9)

Le autorità nazionali di vigilanza dovrebbero sollecitare gli istituti finanziari a ridefinire il prezzo dei prestiti in valuta estera internalizzando i rischi inerenti mediante una dotazione patrimoniale adeguata, accrescendo altresì la tenuta del sistema finanziario agli shock negativi grazie a una maggiore capacità di assorbimento delle perdite.

(10)

Le aspettative di sostegno della liquidità, da ricondurre al fenomeno dell’azzardo morale, determinano il perdurare di strutture di finanziamento non sostenibili alle quali si dovrebbe far fronte attraverso il controllo e, ove necessario, l’imposizione di limiti ai rischi connessi al finanziamento e alla liquidità suscettibili di essere assunti dagli istituti finanziari in relazione ai prestiti in valuta estera.

(11)

Al fine di contrastare il rischio di elusione delle disposizioni nazionali in merito ai prestiti in valuta estera, qualora un istituto finanziario conceda prestiti in valuta estera, sotto forma di prestazione di servizi transfrontalieri ovvero mediante succursali stabilite in altro Stato membro, a favore di prenditori domiciliati presso lo Stato membro ospitante, dovrebbe essere assicurato che tali prestiti siano soggetti a misure rigorose almeno quanto quelle adottate per i prestiti in valuta estera dallo Stato membro ospitante.

(12)

L’allegato della presente raccomandazione analizza i rischi sistemici significativi per la stabilità finanziaria nell’Unione connessi a livelli eccessivi di prestiti in valuta estera.

(13)

La presente raccomandazione fa salvi il mandato di politica monetaria delle banche centrali dell’Unione nonché le funzioni attribuite al Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS).

(14)

Le raccomandazioni del CERS sono pubblicate dopo che il Consiglio dell’Unione europea sia stato informato dell’intenzione del Consiglio generale di procedere in tal senso e sia data al Consiglio l’opportunità di rispondere.

HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:

SEZIONE 1

RACCOMANDAZIONI

Raccomandazione A –   Consapevolezza dei rischi da parte dei prenditori

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza e agli Stati membri di:

1.

richiedere agli istituti finanziari di fornire ai prenditori informazioni adeguate in merito ai rischi inerenti ai prestiti in valuta estera. Tali informazioni dovrebbero essere sufficienti a consentire ai prenditori di assumere decisioni consapevoli e prudenti e dovrebbero quanto meno includere l’impatto sulle rate di rimborso che deriverebbe da un forte deprezzamento della moneta avente corso legale nello Stato membro nel quale il prenditore è domiciliato e da un aumento del tasso di interesse estero;

2.

incoraggiare gli istituti finanziari a offrire alla clientela prestiti in moneta locale per le stesse finalità dei prestiti in valuta estera nonché strumenti finanziari a copertura del rischio di cambio.

Raccomandazione B –   Merito di credito dei prenditori

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di:

1.

tenere sotto osservazione i livelli dei prestiti in valuta estera e dei disallineamenti valutari del settore privato non finanziario e adottare le misure necessarie a limitare i prestiti in valuta;

2.

consentire la concessione di prestiti in valuta estera unicamente a prenditori che dimostrino il proprio merito di credito, tenendo conto della struttura di rimborso del prestito e della capacità dei prenditori di resistere a shock avversi del cambio e del tasso di interesse estero;

3.

considerare la possibilità di introdurre requisiti di sottoscrizione più rigorosi, quali il rapporto fra servizio del debito e reddito e il rapporto prestito/valore.

Raccomandazione C –   Espansione del credito indotta dai prestiti in valuta estera

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di verificare se i prestiti in valuta alimentino un’eccessiva espansione del credito complessivo e, in tal caso, di adottare nuove regole o regole più rigorose rispetto a quelle delineate nella raccomandazione B.

Raccomandazione D –   Gestione interna dei rischi

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di fornire agli istituti finanziari indirizzi affinché computino in maniera migliore i rischi inerenti ai prestiti in valuta estera nei sistemi interni di gestione dei rischi. Tali indirizzi dovrebbero quanto meno riguardare lo schema interno di determinazione del prezzo del rischio e allocazione del capitale. Gli istituti finanziari dovrebbero essere tenuti a dare attuazione a tali indirizzi in modo proporzionato alle proprie dimensioni e alla propria complessità.

Raccomandazione E –   Requisiti patrimoniali

1.

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di attuare misure specifiche conformemente al secondo pilastro del nuovo schema di regolamentazione di Basilea 2 (3) e, in particolare, di richiedere agli istituti finanziari una dotazione patrimoniale adeguata per coprire i rischi associati ai prestiti in valuta estera, specie quelli derivanti dall’esistenza di una relazione non lineare tra rischi di credito e di mercato. La valutazione a tale riguardo dovrebbe essere effettuata secondo il processo di riesame e valutazione prudenziale descritto nell’articolo 124 della Direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi e al suo esercizio (4) oppure ai sensi di un’analoga normativa futura dell’Unione sui requisiti patrimoniali degli enti creditizi. Si raccomanda a tale riguardo che l’autorità responsabile per l’ente creditizio in questione intervenga prima a livello regolamentare; qualora consideri tale azione insufficiente a contrastare adeguatamente i rischi connessi ai prestiti in valuta estera l’autorità responsabile per la vigilanza su base consolidata può adottare misure idonee ad attenuare i rischi osservati, in particolare attraverso l’imposizione di requisiti patrimoniali aggiuntivi all’ente creditizio impresa madre nell’Unione.

2.

Si raccomanda all’Autorità bancaria europea (European Banking Authorithy, EBA) di fornire orientamenti alle autorità nazionali di vigilanza in merito ai requisiti patrimoniali di cui al paragrafo 1.

Raccomandazione F –   Liquidità e finanziamento

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di tenere sotto stretta osservazione i rischi di finanziamento e di liquidità assunti dagli istituti finanziari in relazione ai prestiti in valuta estera, nonché le posizioni complessive di liquidità. Particolare attenzione dovrebbe essere prestata ai rischi relativi:

a)

all’accumularsi di qualsiasi disallineamento valutario e delle scadenze tra attività e passività;

b)

al ricorso ai mercati esteri degli swap in valuta (inclusi gli swap su tassi di interesse in più valute);

c)

alla concentrazione delle fonti di finanziamento.

Prima che le esposizioni ai rischi menzionati raggiungano livelli eccessivi, le autorità nazionali di vigilanza dovrebbero considerare di limitarle, evitando una dissoluzione disordinata delle strutture di finanziamento esistenti.

Raccomandazione G –   Reciprocità

1.

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza degli Stati membri di origine dei relativi istituti finanziari di imporre in materia di prestiti in valuta estera misure rigorose almeno quanto quelle in vigore nello Stato membro ospitante in cui operano fornendo servizi transfrontalieri o attraverso succursali. La presente raccomandazione si applica unicamente ai prestiti in valuta estera concessi a prenditori domiciliati negli Stati membri ospitanti. Ove pertinente, le misure dovrebbero applicarsi a livello individuale, sub-consolidato e consolidato.

2.

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza degli Stati membri di origine dei relativi istituti finanziari di pubblicare sui propri siti Internet le misure adottate dalle autorità di vigilanza degli Stati ospitanti; si raccomanda a queste ultime di comunicare tutte le misure, vigenti e nuove, in materia di prestiti in valuta estera a tutte le relative autorità di vigilanza degli Stati di origine nonché al CERS e all’EBA.

SEZIONE 2

ATTUAZIONE

1.   Interpretazione

1.

Ai sensi della presente raccomandazione si intende per:

 

«istituti finanziari», gli istituti finanziari come definiti nel Regolamento (UE) n. 1092/2010;

 

«valuta estera», qualsiasi valuta diversa da quella avente corso legale nello Stato membro in cui è domiciliato il prenditore;

 

«autorità nazionale di vigilanza», un’autorità competente o di vigilanza come definita nell’articolo 1, paragrafo 3, lettera f), del Regolamento (UE) n. 1092/2010;

 

«prenditori privi di copertura», i prenditori privi di una copertura naturale o finanziaria. Le coperture naturali comprendono in particolare i casi in cui i prenditori ricevano redditi in valuta estera (ad es. rimesse/proventi di esportazioni). Le coperture finanziarie normalmente presuppongono un contratto con un istituto finanziario.

2.

L’allegato forma parte integrante della presente raccomandazione. In caso di conflitto tra il dispositivo e l’allegato, il dispositivo prevale.

2.   Criteri di attuazione

1.

Ai fini dell’attuazione della presente raccomandazione si applicano i seguenti criteri:

a)

le raccomandazioni da A a G sopra enunciate riguardano unicamente i prestiti in valuta estera a favore di prenditori privi di copertura, eccezion fatta per la raccomandazione F che si applica anche ai prenditori provvisti di copertura;

b)

dovrebbe essere evitato l’arbitraggio normativo;

c)

si presterà debita attenzione al principio di proporzionalità nell’attuazione delle raccomandazioni da B a F, con riferimento alla diversa rilevanza sistemica dei prestiti in valuta estera tra gli Stati membri, anche tenendo conto degli obiettivi e del contenuto di ciascuna raccomandazione;

d)

l’allegato contiene specifici criteri di attuazione per le raccomandazioni da A a G.

2.

Si richiede ai destinatari di comunicare al CERS e al Consiglio le azioni intraprese in risposta alla presente raccomandazione o a motivare adeguatamente l’inerzia. Le relazioni dovrebbero quanto meno contenere:

a)

informazioni sulla sostanza e sulla tempistica delle azioni intraprese;

b)

una valutazione sul funzionamento delle azioni intraprese sotto il profilo degli obiettivi della presente raccomandazione;

c)

motivazioni dettagliate in caso di inerzia o di scostamento dalla presente raccomandazione, compreso qualsisi ritardo.

3.   Tempistica per il seguito da dare alla raccomandazione

1.

Si richiede ai destinatari di comunicare al CERS e al Consiglio le azioni intraprese in risposta alla presente raccomandazione e un’adeguata motivazione in caso di inerzia, entro il 31 dicembre 2012 salvo diversa indicazione nei successivi paragrafi.

2.

Si applicano termini specifici quanto al seguito da dare alla raccomandazione nei seguenti casi:

 

Raccomandazione A – si richiede alle autorità nazionali di vigilanza e agli Stati membri di riferire in due fasi:

a)

entro il 30 giugno 2012 le autorità nazionali di vigilanza e gli Stati membri riferiscono se abbiano o meno emanato, prima dell’adozione della presente raccomandazione, indirizzi riguardanti le questioni ivi affrontate. Inoltre, notificano la propria valutazione circa la necessità di rivedere tali indirizzi;

b)

entro il 31 dicembre 2012 le autorità nazionali di vigilanza e gli Stati membri notificano eventuali indirizzi aggiuntivi ai sensi della raccomandazione A, nonché la propria valutazione circa l’esistenza di prestiti forniti da istituti finanziari in moneta nazionale equivalenti a quelli erogati in valuta estera.

Gli Stati membri possono riferire attraverso le autorità nazionali di vigilanza.

 

Raccomandazione D – si richiede alle autorità nazionali di vigilanza di riferire in due fasi:

a)

una prima relazione sui progressi compiuti deve essere presentata entro il 30 giugno 2012;

b)

una seconda relazione sui progressi compiuti deve essere presentata entro il 31 dicembre 2012.

 

Raccomandazione E, paragrafo 2 – si richiede all’EBA di rispondere in due fasi:

a)

entro il 31 dicembre 2012 l’EBA riferisce in merito ai passi compiuti in vista dell’adozione degli orientamenti di cui alla suddetta raccomandazione;

b)

entro il 31 dicembre 2013 l’EBA adotta tali orientamenti.

3.

Il Consiglio generale può prorogare i termini di cui ai paragrafi 1 e 2 laddove negli Stati membri risultino necessarie iniziative legislative per assicurare la conformità a una o più raccomandazioni.

4.   Monitoraggio e valutazione

1.

Il segretariato del CERS:

a)

assiste i destinatari anche facilitando la presentazione coordinata delle relazioni, fornendo modelli per la compilazione e precisando, ove necessario, le modalità e la tempistica con cui dare seguito alla raccomandazione;

b)

verifica il seguito dato alla raccomandazione da parte dei destinatari, anche assistendoli su richiesta, e riferisce in proposito al Consiglio generale per il tramite del Comitato direttivo, entro due mesi dalla scadenza dei termini previsti per dare seguito alla raccomandazione.

2.

Il Consiglio generale valuta le azioni e le motivazioni comunicate dai destinatari e, ove opportuno, decide se la presente raccomandazione non sia stata rispettata e se i destinatari non abbiano adeguatamente motivato la propria inerzia.

Fatto a Francoforte sul Meno, il 21 settembre 2011

Il Presidente del CERS

Jean-Claude TRICHET


(1)  GU L 331 del 15.12.2010, pag. 1.

(2)  GU C 58 del 24.2.2011, pag. 4.

(3)  I pilastri sono definiti in base allo schema di regolamentazione di Basilea 2; cfr. Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali, giugno 2006, disponibile sul sito Internet della Banca dei regolamenti internazionali all’indirizzo www.bis.org.

(4)  GU L 177 del 30.6.2006, pag. 1.


ALLEGATO

RACCOMANDAZIONI DEL CERS SUI PRESTITI IN VALUTA ESTERA

INDICE

Sintesi

I.

Quadro generale dei prestiti in valuta estera nell’Unione

I.1.

Prestiti in valuta estera nell’Unione

I.2.

Fattori di espansione dei prestiti in valuta

I.2.1.

Fattori dal lato dell’offerta

I.2.1.1.

Finanziamento internazionale o interno?

I.2.1.2.

Crescente presenza di gruppi esteri nei PECO

I.2.1.3.

Pressioni concorrenziali

I.2.2.

Fattori dal lato della domanda

I.2.2.1.

Differenziali di interesse

I.2.2.2.

Percezione del rischio di cambio e aspettative sull’adozione dell’euro

II.

Rischi derivanti dai prestiti in valuta

II.1.

Rischio di credito influenzato dalle variazioni del tasso di cambio e del tasso di interesse estero

II.2.

Rischi di liquidità e di finanziamento

II.3.

Espansione eccessiva del credito, errori di valutazione del prezzo del rischio e potenziali bolle dei prezzi delle attività

II.4.

Concentrazione ed effetti di propagazione tra paesi di origine e paesi ospitanti: rischi per la stabilità finanziaria nell’Unione

II.4.1.

Casi di propagazione transfrontaliera: Austria e Svezia

II.5.

Maggiore volatilità dei coefficienti di adeguatezza patrimoniale a seguito di variazioni dei tassi di cambio

II.6.

Ostacoli al funzionamento dei canali di trasmissione della politica monetaria

II.7.

Probabilità del concretizzarsi dei rischi e condizioni perché ciò avvenga

III.

Azioni sul piano delle politiche nazionali

III.1.

Misure di politica adottate dai diversi paesi

III.2.

Valutazione dell’efficacia delle misure di politica

IV.

Raccomandazioni del CERS

Obiettivi di policy

Principi per l’attuazione delle raccomandazioni

Seguito da dare a tutte le raccomandazioni

Rischi di credito e di mercato

IV.1.

Raccomandazione A – Consapevolezza dei rischi da parte dei prenditori

IV.1.1.

Considerazioni economiche

IV.1.2.

Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

IV.1.3.

Seguito da dare alla raccomandazione

IV.1.3.1.

Tempistica

IV.1.3.2.

Criteri di conformità

IV.1.3.3.

Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

IV.1.4.

Collegamenti con il quadro giuridico dell’Unione

IV.2.

Raccomandazione B – Merito di credito dei prenditori

IV.2.1.

Considerazioni economiche

IV.2.2.

Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

IV.2.3.

Seguito da dare alla raccomandazione

IV.2.3.1.

Tempistica

IV.2.3.2.

Criteri di conformità

IV.2.3.3.

Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

IV.2.4.

Collegamenti con il quadro giuridico dell’Unione

Espansione del credito

IV.3.

Raccomandazione C – Espansione del credito indotta dai prestiti in valuta estera

IV.3.1.

Considerazioni economiche

IV.3.2.

Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

IV.3.3.

Seguito da dare alla raccomandazione

IV.3.3.1.

Tempistica

IV.3.3.2.

Criteri di conformità

IV.3.3.3.

Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

IV.3.4.

Collegamenti con il quadro giuridico dell’Unione

Errata valutazione del prezzo del rischio e capacità di tenuta

IV.4.

Raccomandazione D – Gestione interna dei rischi

IV.4.1.

Considerazioni economiche

IV.4.2.

Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

IV.4.3.

Seguito da dare alla raccomandazione

IV.4.3.1.

Tempistica

IV.4.3.2.

Criteri di conformità

IV.4.3.3.

Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

IV.4.4.

Collegamenti con il quadro giuridico dell’Unione

IV.5.

Raccomandazione E – Requisiti patrimoniali

IV.5.1.

Considerazioni economiche

IV.5.2.

Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

IV.5.3.

Seguito da dare alla raccomandazione

IV.5.3.1.

Tempistica

IV.5.3.2.

Criteri di conformità

IV.5.3.3.

Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

IV.5.4.

Collegamenti con il quadro giuridico dell’Unione

Rischi di liquidità e di finanziamento

IV.6.

Raccomandazione F – Liquidità e finanziamento

IV.6.1.

Considerazioni economiche

IV.6.2.

Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

IV.6.3.

Seguito da dare alla raccomandazione

IV.6.3.1.

Tempistica

IV.6.3.2.

Criteri di conformità

IV.6.3.3.

Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

IV.6.4.

Collegamenti con il quadro giuridico dell’Unione

Portata e coordinamento a livello di Unione

IV.7.

Raccomandazione G – Reciprocità

IV.7.1.

Considerazioni economiche

IV.7.2.

Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

IV.7.3.

Seguito da dare alla raccomandazione

IV.7.3.1.

Tempistica

IV.7.3.2.

Criteri di conformità

IV.7.3.3.

Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

Valutazione complessiva delle misure di politica

SINTESI

I timori per la stabilità finanziaria connessi a un livello eccessivo dei prestiti in valuta estera in alcuni Stati membri hanno animato il dibattito in diverse sedi nel corso degli ultimi anni.

All’interno dell’Unione, i prestiti in valuta a favore del settore privato non finanziario sono stati utilizzati soprattutto nei paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO), determinando l’accumularsi di considerevoli disallineamenti valutari nei bilanci del settore privato non finanziario. La prevalenza dei prestiti in valuta è riconducibile a fattori dal lato sia della domanda sia dell’offerta, fra cui differenziali di interesse positivi e la possibilità di accedere a finanziamenti erogati dalle banche controllanti.

Livelli elevati di prestiti in valuta possono avere conseguenze sistemiche per tali paesi e creare le condizioni per effetti negativi di propagazione transfrontaliera. In alcuni casi i prestiti in valuta hanno raggiunto livelli eccessivi e contribuito ad amplificare i cicli del credito, con potenziali effetti sui prezzi delle attività. Nei prestiti in valuta il rischio di credito include un rischio di mercato per tutti i prenditori privi di copertura, in quanto le rate di rimborso dipendono dai tassi di cambio. Tali prenditori tenderanno ad agire in modo analogo, e simultaneo, con andamenti negativi del cambio. Inoltre, la dipendenza dalle banche controllanti per i finanziamenti e, in alcuni casi, il ricorso ai mercati degli swap in valuta comportano un livello aggiuntivo di rischio di liquidità e rifinanziamento nei periodi di crisi. Infine, l’alto grado di integrazione dei gruppi finanziari determina un ulteriore canale di contagio transfrontaliero qualora si concretizzi il rischio inerente ai prestiti in valuta.

Dato il potenziale contagio transfrontaliero nonché la possibilità di eludere i provvedimenti nazionali, qualora adottati unilateralmente e non sottoscritti dagli altri Stati membri, il Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) ha formulato una serie di raccomandazioni.

Gli obiettivi delle raccomandazioni del CERS sono in linea con i rischi individuati: 1) limitare l’esposizione ai rischi di credito e di mercato, potenziando così la capacità di tenuta del sistema finanziario, 2) controllare la crescita eccessiva del credito (in valuta) ed evitare bolle dei prezzi delle attività, 3) contenere i rischi di finanziamento e di liquidità, 4) migliorare i meccanismi di determinazione del prezzo del rischio. Le raccomandazioni si applicano ai prestiti in valuta, definiti come la totalità dei prestiti in valute diverse dalla moneta avente corso legale in un dato paese. Ove applicabile, le raccomandazioni riguardano unicamente i prenditori privi di copertura, che cioè non dispongono di coperture naturali o finanziarie, ossia operatori esposti a disallineamento valutario.

Per contrastare il rischio di credito, le raccomandazioni includono: 1) sensibilizzare i prenditori riguardo ai rischi insiti nei prestiti in valuta, garantendo che siano informati in modo appropriato, 2) assicurare che nuovi prestiti in valuta siano concessi esclusivamente a prenditori con merito di credito adeguato e in grado di resistere a gravi shock del cambio. Si incoraggia a tenere conto del rapporto debito/reddito e del rapporto prestito/valore. Ogniqualvolta i prestiti in valuta inducano un’eccessiva espansione del credito complessivo, andrebbero prese in considerazione misure nuove o più rigorose per questa tipologia di prestiti.

Per evitare errori nella determinazione del prezzo del rischio inerente ai prestiti in valuta, le autorità dovrebbero richiedere agli istituti: 1) una migliore computazione di tale fattore nel proprio schema interno di determinazione del prezzo del rischio e allocazione del capitale, 2) una dotazione patrimoniale adeguata a fronte dei prestiti in valuta, in conformità al secondo pilastro dello schema di regolamentazione, data la relazione non lineare esistente tra rischi di credito e di mercato.

Le autorità dovrebbero svolgere un’attenta osservazione e, all’occorrenza, considerare di imporre limiti ai rischi di finanziamento e di liquidità associati ai prestiti in valuta, con particolare attenzione alla concentrazione delle fonti di finanziamento, ai disallineamenti valutari e delle scadenze tra attività e passività e al conseguente ricorso ai mercati degli swap in valuta.

Le raccomandazioni dovrebbero applicarsi, a seconda dei casi, a livello individuale, sub-consolidato e consolidato. Gli Stati membri dovrebbero contribuire a prevenire l’arbitraggio normativo rispettando il principio di reciprocità nei confronti degli altri Stati membri che hanno attuato misure tese a contenere i rischi associati ai prestiti in valuta. Interventi di vigilanza possono altresì essere discussi in seno ai collegi competenti.

I.   QUADRO GENERALE DEI PRESTITI IN VALUTA ESTERA NELL’UNIONE

I.1.   Prestiti in valuta estera nell’Unione

Il ricorso ai prestiti in valuta estera è notevolmente diversificato nell’Unione. Nella maggior parte degli Stati dell’Europa occidentale rappresentano una quota relativamente trascurabile sul totale dei prestiti, mentre nei paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO) (1) e in Austria la loro percentuale è abbastanza elevata (cfr. figura 1).

Figura 1

Prestiti in valuta alle famiglie e alle società non finanziarie nell’Unione

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Nelle economie caratterizzate da una quota cospicua di prestiti in valuta questo fenomeno è spesso riscontrabile tanto nel settore delle famiglie, quanto in quello delle società non finanziarie. Per contro, nei paesi in cui la loro incidenza sul totale dei prestiti è relativamente bassa, le imprese non finanziarie tendono a ricorrervi in misura maggiore delle famiglie. Questa tendenza può essere connessa alla presenza di società esportatrici, nonché al grado complessivo di apertura all’interscambio.

I rischi per la stabilità finanziaria sono elevati soprattutto nei paesi con ingenti consistenze di prestiti in valuta a favore di prenditori privi di copertura. In particolare le famiglie e alcune società non finanziarie – piccole e medie imprese (PMI) attive nel mercato nazionale – tendenzialmente non dispongono di copertura (sono cioè esposte a disallineamento valutario), poiché in genere percepiscono il loro reddito in moneta locale.

Le società non finanziarie esportatrici sono invece potenzialmente meno sensibili alle oscillazioni del cambio, in quanto hanno maggiori opportunità di cautelarsi dal rischio valutario (2). Pertanto, l’analisi seguente verte sui paesi che presentano una quota considerevole di prestiti in valuta a favore delle famiglie  (3).

Anche la struttura per valuta dei prestiti in divisa estera differisce da uno Stato membro all’altro (cfr. figura 2). Nella maggioranza delle economie esaminate (Bulgaria, Lettonia, Lituania e Romania) i prestiti in valuta sono denominati prevalentemente in euro: una scelta naturale data la partecipazione all’Unione e, in particolare, l’adozione di regimi di cambio fisso con l’euro. Tuttavia, in alcuni paesi (ad esempio Ungheria, Austria e Polonia) hanno assunto un ruolo predominante altre divise, specie il franco svizzero.

Figura 2

Prestiti in valuta alla componente del settore privato diversa dalle istituzioni finanziarie monetarie (escluse le amministrazioni pubbliche)  (4) nell’Unione

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Incentrare l’analisi sulle economie con maggiore incidenza dei prestiti in valuta a favore di prenditori privi di copertura (approssimata dai prestiti alle famiglie) consente di individuare diversi elementi comuni. Innanzitutto, dal dicembre 2004 la quota dei prestiti in valuta ha registrato un incremento praticamente in tutti i paesi (cfr. figura 3), ad eccezione dell’Austria. Nel contempo, la percentuale dei depositi in valuta detenuti dal settore privato non finanziario in queste economie è salita lievemente o, in alcuni casi, è scesa (tranne in Lettonia, dove tali depositi sono aumentati notevolmente). Gli spostamenti asimmetrici a favore dei prestiti in valuta potrebbero segnalare essenzialmente crescenti disallineamenti valutari nei bilanci del settore privato non finanziario. Oltretutto, indicano indirettamente l’esistenza di incentivi a favore dei prestiti in valuta negli Stati membri. In alcuni paesi la quota dei prestiti in valuta al settore privato non finanziario è salita ulteriormente da quando la crisi finanziaria ed economica mondiale ha investito gli Stati membri, mentre in altri è rimasta sostanzialmente invariata. In diverse economie questo incremento si è verificato a fronte di una flessione della domanda di credito.

Figura 3

Quote dei prestiti in valuta e dei depositi in valuta in alcuni Stati membri

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Nell’indagine delle fonti di finanziamento alla base della crescita del credito in tali paesi, il rapporto prestiti/depositi può fungere da indicatore approssimativo delle risorse disponibili internamente. Un marcato incremento del rapporto indica a sua volta una forte dipendenza dal capitale estero per il finanziamento dei prestiti (cfr. figura 4). In alcuni PECO il capitale estero è stato incanalato principalmente attraverso l’indebitamento con imprese madri di istituti finanziari che erogano crediti (5) operanti in detti paesi, oltre che attingendo ai mercati monetari esteri all’ingrosso.

Figura 4

Quota dei prestiti in valuta e rapporto prestiti/depositi in alcuni Stati membri

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I.2.   Fattori di espansione dei prestiti in valuta

Diversi sono i fattori di espansione dei prestiti in valuta dal lato sia dell’offerta che della domanda. Dal lato dell’offerta, la rapida crescita del credito in valuta nei PECO è principalmente la risultante del facile accesso al finanziamento all’ingrosso (grazie alle favorevoli condizioni di liquidità nei mercati mondiali e ai fondi erogati da imprese madri estere). Dal lato della domanda, il ruolo più importante spetterebbe ai differenziali di interesse, la cui rilevanza, seppur riconducibile a ragioni comuni, differisce probabilmente da un paese all’altro.

Prescindendo dai numerosi fattori specifici di domanda e offerta, l’espansione dei prestiti in valuta in alcuni PECO rientra nel fenomeno più ampio della domanda finanziata da capitale estero e/o del boom dei prezzi delle attività. Inoltre, la maggior parte degli Stati membri a elevata incidenza dei prestiti in valuta si trova in un processo di convergenza ed è spesso caratterizzata da un significativo potenziale di recupero del divario nello sviluppo economico. Di fatto, in questi paesi tale processo si è basato in ampia misura sugli afflussi di capitale estero, data l’insufficienza del risparmio interno.

I.2.1.   Fattori dal lato dell’offerta

I.2.1.1.   Finanziamento internazionale o interno?

Nei suddetti PECO i prestiti in valuta sono stati finanziati in gran parte tramite l’indebitamento transfrontaliero sotto forma di linee di credito accordate da istituti controllanti residenti negli altri paesi dell’Unione. Altri enti creditizi con ingenti depositi in moneta nazionale hanno attinto ai mercati di swap in valuta.

In caso di carenza di finanziamento interno gli istituti hanno fatto ricorso al canale esterno (6) (cfr. figura 5). Il minore grado di sviluppo dei mercati dei capitali dei PECO, rispetto ai primi paesi partecipanti all’area dell’euro, potrebbe inoltre avere avuto un’incidenza. Specificamente, la relativa scarsità di strumenti di debito con scadenze più lunghe denominati in moneta nazionale, da utilizzare quale parametro per la determinazione dei tassi sui prestiti o per reperire fondi a lungo termine, potrebbe avere scoraggiato gli istituti finanziari a operare con prestiti a lungo termine in moneta locale. Anche gli elevati costi di cartolarizzazione degli strumenti denominati in moneta nazionale hanno contribuito al fatto che le banche abbiano ottenuto risorse per finanziare mutui ipotecari in valuta estera.

Figura 5

Prestiti in valuta e rapporto prestiti/depositi in moneta nazionale in alcuni Stati membri

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Inoltre, il finanziamento nell’ambito di gruppi internazionali ha rappresentato una fonte di provvista relativamente meno onerosa rispetto ai canali disponibili per le banche locali al di fuori di tali gruppi. Questa situazione ha rafforzato ulteriormente altri fattori di stimolo dei prestiti in valuta, quali i differenziali di interesse e i margini di profitto.

Grazie alla disponibilità di finanziamento estero e al trasferimento del rischio di cambio ai prenditori, gli istituti hanno potuto offrire prodotti creditizi a tassi di interesse significativamente inferiori a quelli applicati ai prestiti in moneta nazionale. In alcuni paesi, come Bulgaria e Lettonia, caratterizzati da una quota elevata di depositi in valuta, gli istituti potrebbero essere stati incentivati a concedere prestiti in valuta in virtù dell’accesso a una base di raccolta interna ampia e stabile in divisa estera, soprattutto in euro. I regimi di cambio fisso o di ancoraggio della moneta nazionale hanno inoltre eliminato i costi di copertura del rischio di cambio (7).

I.2.1.2.   Crescente presenza di gruppi esteri nei PECO

L’espansione del credito è stata favorita dall’integrazione dei mercati finanziari europei, che si riflette, tra l’altro, nella presenza crescente o nella più intensa attività di istituti esteri nei sistemi finanziari di queste economie.

Ad eccezione dell’Austria, la quota dell’attivo delle banche estere sull’attivo totale del settore bancario nei sette paesi esaminati nella parte analitica del presente allegato è prossima o superiore al 60 % (cfr. figura 6). L’intervento degli istituti controllanti nel finanziamento in valuta delle controllate è motivato in ampia misura dalla maggiore redditività delle attività di credito nei paesi in fase di recupero del divario di sviluppo e dalla ricerca di quote di mercato più cospicue in tali paesi. L’elevata percentuale di banche di proprietà estera nei settori finanziari interni dei PECO ha quindi creato un ulteriore canale di afflusso di capitale, diretto principalmente verso i mercati del credito.

Figura 6

Quota delle attività delle controllate e succursali estere sul totale del settore bancario (%)

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I.2.1.3.   Pressioni concorrenziali

La massiccia presenza (in termini percentuali) di banche di proprietà estera nei settori finanziari dei PECO, unitamente al notevole potenziale di crescita di queste economie, ha contribuito all’accumularsi di pressioni concorrenziali nei mercati del credito, soprattutto in quello dei prestiti per l’acquisto di abitazioni (8). A seguito della maggiore concorrenza gli istituti finanziari hanno ampliato la gamma di prodotti includendo i mutui ipotecari in valuta, che hanno consentito loro di offrire alle famiglie crediti più convenienti. Il tentativo di proporre prodotti a tassi di interesse inferiori è stato anche uno dei fattori alla base dell’espansione dei prestiti in franchi svizzeri in alcuni PECO e in Austria. Le banche erogatrici di prestiti in franchi o in yen hanno potuto competere per una quota di mercato grazie agli oneri per il servizio del debito più contenuti rispetto a quelli delle banche erogatrici di prestiti in euro.

L’impatto delle pressioni concorrenziali è stato duplice. Da un lato, in un contesto competitivo gli istituti finanziari più tradizionali si sono visti «obbligati» a operare con prestiti in valuta per non perdere quote di mercato, il che potrebbe avere coinciso con un allentamento dei criteri di erogazione del credito. Dall’altro lato, a causa dei significativi differenziali di interesse, gli istituti hanno potuto anche stabilire commissioni e margini di profitto più elevati rispetto ai prestiti in moneta nazionale e quindi migliorare i propri risultati finanziari (esercitando ulteriori pressioni concorrenziali sulle banche non erogatrici di prestiti in valuta). Nel caso dei prestiti indicizzati a valuta estera, gli istituti finanziari hanno conseguito profitti aggiuntivi dai differenziali di cambio, al momento di convertire le rate di rimborso dei prestiti dalla/nella moneta nazionale.

I.2.2.   Fattori dal lato della domanda

I.2.2.1.   Differenziali di interesse

I differenziali di interesse tra i paesi esaminati e le maggiori economie avanzate europee sono i principali responsabili della forte domanda di prestiti in valuta nei PECO e in Austria (cfr. figure 7, 8 e 9). I prestiti in valuta sono diventati particolarmente appetibili nel segmento a lungo termine (ad esempio i mutui ipotecari), in cui l’effetto del differenziale di interesse sul rimborso mensile iniziale è maggiore che per i prestiti a breve termine. In presenza di regimi di cambio fisso, i prestiti in valuta sono tendenzialmente meno onerosi per una serie di motivi, fra i quali premi al rischio più contenuti (rischio di credito, di liquidità ecc.).

Differenziali di interesse dei prestiti alle famiglie in moneta nazionale e in euro (p.p.)

Figura 7

Paesi con regimi di cambio fisso o di ancoraggio della moneta nazionale

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Figura 8

Paesi con regimi di cambio flessibile

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Figura 9

Differenziali di interesse dei prestiti in moneta nazionale e in franchi svizzeri in Ungheria, Austria e Polonia (p.p.)

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I.2.2.2.   Percezione del rischio di cambio e aspettative sull’adozione dell’euro

Il fatto che i prestiti in euro abbiano raggiunto i livelli più elevati nelle economie con regimi di cambio fisso potrebbe essere dovuto a varie ragioni. A titolo di esempio, i più contenuti premi di liquidità sugli strumenti di debito in euro e il basso rischio di cambio percepito potrebbero avere stimolato la maggiore domanda di prestiti in euro in questi paesi. È possibile che alcuni prenditori non fossero consapevoli dei rischi assunti al momento di accendere un prestito in valuta e persino quelli informati potrebbero avere assunto posizioni in valuta scoperte, supponendo che fossero implicitamente garantite dal regime di cambio in vigore. Tali supposizioni sembravano in certa misura trovare conferma durante la crisi recente, specialmente nei PECO con sistemi di currency board o di ancoraggio della valuta nazionale, poiché le loro monete non si sono deprezzate. In Lettonia, però, per mantenere l’ancoraggio all’euro è stato necessario predisporre un programma con il sostegno dell’Unione / del Fondo monetario internazionale (FMI), soprattutto a causa delle politiche di bilancio procicliche e della contrazione della liquidità nei mercati finanziari mondiali.

L’andamento del cambio, fra l’altro, potrebbe avere favorito la domanda di prestiti in valuta in alcuni paesi con regimi di cambio flessibile (9). In Austria la bassa volatilità storica euro/franco svizzero ha contribuito alla percezione di un rischio di cambio modesto. Nei PECO con regimi di cambio flessibile i prenditori sono stati attratti dai prestiti in valuta per via del prolungato apprezzamento del tasso di cambio nominale e delle aspettative di un suo ulteriore rafforzamento, in certa misura alimentato dalle aspettative stesse (10). L’apprezzamento ha esacerbato gli squilibri esterni accumulatisi a seguito della vigorosa crescita della domanda interna.

Sui rischi percepiti circa i prestiti e i debiti in euro in alcune di queste economie hanno probabilmente influito le attese di una prossima adozione della moneta unica. Tali attese hanno assecondato l’ipotesi di un rischio di cambio pari a «zero» nei paesi con regimi di cambio fisso o di ancoraggio della moneta nazionale, mentre in quelli a cambio flessibile hanno incoraggiato la supposizione di una tendenza durevole del tasso di cambio nominale ad apprezzarsi.

II.   RISCHI DERIVANTI DAI PRESTITI IN VALUTA

Sebbene la presente sezione verta sui principali rischi connessi ai prestiti in valuta, è riconosciuto che esistono anche benefici derivanti tanto dall’integrazione finanziaria quanto da livelli sostenibili di prestiti in valuta.

II.1.   Rischio di credito influenzato dalle variazioni del tasso di cambio e del tasso di interesse estero

Le banche che operano nel settore dei prestiti in valuta sono esposte a un rischio di cambio indiretto (quale componente del rischio di credito) per via dei disallineamenti valutari nei bilanci della clientela. Un deprezzamento significativo della valuta locale si traduce infatti in un incremento del valore, in tale valuta, del debito in essere (anche in relazione al valore delle garanzie), nonché del flusso dei pagamenti per il servizio del debito. Di conseguenza, la capacità di servizio del debito dei prenditori interni privi di copertura si deteriora, comportando un significativo indebolimento della situazione finanziaria del settore privato. La riduzione della capacità di servizio del debito dei prenditori (11) e il minore tasso di recupero incidono sulla qualità del portafoglio prestiti, accrescono le perdite su crediti delle banche ed esercitano pressioni sugli utili e sulle riserve di capitale. Pur non figurando nello scenario dello stress test condotto dall’Autorità bancaria europea (European Banking Authority, EBA) a livello di Unione, nel relativo rapporto si sottolinea che in alcuni Stati membri il rischio principale potrebbe essere rappresentato da un movimento valutario avverso associato a un impatto dei prestiti denominati in valuta estera (12).

È difficile calcolare l’esatta portata dei rischi di cambio (e di tasso di interesse) inerenti ai prestiti in valuta. I metodi tradizionali di calcolo del rischio non tengono conto del fatto che i prestiti bancari in valuta a favore di prenditori privi di copertura combinino il rischio di mercato e di credito in modo fortemente non lineare (13). La letteratura accademica illustra come i metodi standard di gestione del rischio che trattano separatamente diverse tipologie di rischio possano indurre a sottostimare notevolmente il rischio complessivo esistente. Limitandosi a sommare le componenti di rischio di cambio e di insolvenza misurate separatamente si sottostima il livello effettivo di rischio per un fattore pari a diverse volte.

Infine, il profilo del rischio di tasso di interesse dei prestiti in valuta differisce da quello dei prestiti in moneta nazionale. Ciò può andare a scapito della qualità dei prestiti in valuta se i cicli dei tassi di interesse della valuta estera divergono da quelli dell’economia interna. Tuttavia, la portata dei rischi di cambio e di tasso di interesse differisce in misura significativa a seconda delle coppie valutarie, nonché in base ai sistemi di determinazione del prezzo propri di ciascun paese.

Nei paesi con regimi di cambio fisso o di ancoraggio della moneta nazionale, il rischio di cambio inerente ai prestiti in valuta non si è concretizzato durante la crisi, poiché le monete locali non si sono svalutate e sono rimaste ancorate all’euro. Di conseguenza, i prenditori di prestiti in valuta estera non hanno risentito del deprezzamento della moneta, bensì hanno beneficiato delle riduzioni dei tassi di interesse sull’euro.

Nei paesi con regimi di cambio flessibile, l’impatto della svalutazione della moneta locale è stata fortemente condizionata dai sistemi di determinazione del prezzo applicati dalle banche su diverse tipologie di prestiti. Poiché in alcuni paesi (ad esempio Austria, Polonia e Romania) i tassi di interesse sui mutui ipotecari in valuta sono esplicitamente collegati ai tassi di interesse di mercato, gli effetti negativi del deprezzamento della moneta locale sono stati in ampia misura compensati dal calo dei tassi di interesse in euro e in franchi svizzeri. Va tuttavia rilevato che la descritta interazione fra variazioni del tasso di cambio nazionale e dei tassi di interesse esteri è riconducibile a una specifica situazione delle economie avanzate e dei mercati finanziari mondiali nel corso della crisi. In caso di deprezzamento della moneta nazionale in combinazione con un incremento dei tassi di interesse esteri, i paesi con regimi di cambio flessibile avrebbero dovuto affrontare un incremento del rischio di insolvenza del prenditore, indipendentemente dal sistema di determinazione del prezzo del credito.

D’altro canto, il concretizzarsi del rischio di cambio è stato amplificato da crescenti tassi di interesse sui prestiti in valuta in Ungheria (shock simultaneo del cambio e dei tassi di interesse). Il sistema di determinazione del prezzo adottato dalle banche ungheresi consente loro di fissare unilateralmente il tasso di interesse applicabile ai prenditori di prestiti al dettaglio trascurando variazioni dei tassi di interesse esteri. Di conseguenza, in Ungheria gli oneri per interessi dei prenditori di prestiti in valuta al dettaglio sono aumentati negli ultimi due o tre anni, rafforzando l’effetto negativo della significativa svalutazione del fiorino ungherese nei confronti del franco svizzero.

In alcuni paesi il segmento in valuta presenta percentuali di prestiti in sofferenza e livelli di ristrutturazione più elevati (ad esempio in Ungheria e Romania). Questa è la conclusione che si trae se si considerano i tempi in cui sono stati accesi i prestiti: generalmente si registrano tassi di insolvenza più elevati per i mutui ipotecari denominati in valuta estera che sono stati contratti quando il tasso di cambio era più forte, a ulteriore dimostrazione del fatto che, con ogni probabilità, almeno alcuni prenditori non sono consapevoli dei rischi assunti al momento di accendere un prestito in valuta.

In altri paesi, quali la Polonia, i dati mostrano che i prestiti in valuta tendono ad avere un andamento più favorevole rispetto a quelli denominati nella moneta nazionale. Una migliore situazione finanziaria della clientela che assume prestiti in valuta non può tuttavia essere l’unica spiegazione di tale fenomeno. Di fatto, ciò dipende dalla pratica bancaria di convertire prestiti in valuta in moneta nazionale qualora si prospettino l’insolvenza o la ristrutturazione, nonché dagli interventi delle autorità per limitare l’accesso ai prestiti in valuta ai prenditori di migliore qualità.

Infine, la qualità del credito è connessa anche alla tipologia dei prestiti: normalmente quelli al consumo si configurano come più rischiosi rispetto ai mutui ipotecari (o ad altre forme di prestiti garantiti).

Nel complesso, l’evidenza mostra che il rischio di credito si è di fatto concretizzato, in particolare durante gli ultimi due anni, seppure in misura diversa nei paesi analizzati. È tuttavia difficile isolare l’impatto sulla qualità del credito derivante dal tasso di cambio e dai tassi di interesse esteri, in particolare a causa dei seguenti fattori: 1) la qualità del credito dipende anche da altre condizioni economiche, quali i livelli di disoccupazione, e dalla struttura temporale del portafoglio, 2) la maggior parte dei paesi interessati aveva attuato misure di policy per far fronte al fenomeno, che hanno avuto un impatto sulle caratteristiche del portafoglio dei prestiti in valuta, 3) vincoli nella disponibilità dei dati.

II.2.   Rischi di liquidità e di finanziamento

In alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO) i rischi di liquidità e di finanziamento solitamente connessi all’attività di credito delle banche risultano maggiori a seguito della prevalenza dei prestiti in valuta. Questi paesi hanno visto aumentare i rischi di finanziamento poiché le banche si sono approvvigionate in misura crescente sui mercati all’ingrosso, nonché presso gli istituti controllanti, anziché mediante depositi al dettaglio. Ciò ha accresciuto in modo significativo il ricorso delle banche locali ai fondi esteri e le vulnerabilità esterne di taluni paesi. In particolare, il ricorso di alcune banche dei PECO ai finanziamenti intragruppo può comportare rischi rilevanti laddove le banche controllanti siano stabilite in paesi che presentano vulnerabilità persistenti dei conti pubblici. Il rischio sovrano esistente nei paesi di origine può fungere da canale di contagio per via della disponibilità e del costo del finanziamento erogato dalle imprese madri a controllate e succursali nei PECO. Occorre pertanto un’attenta pianificazione (ad esempio sotto forma di piani di finanziamento) per circoscrivere potenziali effetti di propagazione verso i paesi ospitanti.

Da due o tre anni non si materializzano, tuttavia, rischi di finanziamento di questo genere e gli istituti controllanti onorano i propri impegni nei confronti delle controllate fornendo e rinnovando i finanziamenti necessari. La collaborazione delle autorità europee e degli istituti controllanti ha altresì contribuito a prevenire il concretizzarsi di tale tipologia di rischi (si pensi ad esempio all’Iniziativa di Vienna, cfr. riquadro 3). Questi continuano nondimeno a esistere e sono fra l’altro riconducibili a una concentrazione delle fonti di finanziamento. I costi di finanziamento sono inoltre soggetti a variazioni con il mutare della percezione dei rischi. Nel caso degli enti creditizi privi di un’impresa madre, il rischio di concentrazione può non essere così rilevante, sebbene altri aspetti dei rischi di finanziamento all’ingrosso possano essere maggiori.

D’altro canto, una nuova fonte di rischio di provvista di liquidità è emersa in alcuni paesi (specie Ungheria e Polonia) allorché le banche hanno preso a utilizzare i depositi denominati in moneta nazionale per finanziare i prestiti in valuta estera attraverso il mercato degli swap. Per non ritrovarsi con posizioni in valuta aperte, le banche locali hanno effettuato uno swap fra i propri depositi in moneta locale e fondi in valuta estera, in molti casi per un breve periodo di tempo, esponendosi al rischio di rinnovo dei prestiti. Quando le turbolenze finanziarie si sono scatenate nei mercati dei titoli e degli swap, determinandone il prosciugamento, le banche hanno faticato a rinnovare i propri swap in valuta a breve termine. Inoltre, con la svalutazione delle monete locali le banche nazionali hanno dovuto soddisfare maggiori richieste di margini (requisiti di deposito) sulle proprie operazioni di swap, che ne hanno incrementato il fabbisogno di liquidità in valuta. Le conseguenze di questo rischio di provvista di liquidità derivante dalle esposizioni nel mercato degli swap sono state mitigate dalle banche centrali, che hanno introdotto linee di swap e dispositivi di finanziamento per fornire liquidità d’emergenza in valuta alle banche locali, nonché dagli swap in valuta messi a disposizione dalle banche controllanti alle proprie controllate. In alcuni casi è stato necessario sostenere gli interventi delle banche centrali mediante prestiti, linee di credito e di swap dell’FMI, della BCE e della Banca nazionale svizzera.

Vanno comunque ribadite le differenze esistenti fra i paesi, date le diverse fonti di finanziamento utilizzate. In economie caratterizzate da una quota elevata di depositi in valuta, e di conseguenza da un più basso rapporto fra prestiti in valuta e depositi in valuta, l’accesso a una base di raccolta interna, ampia e stabile, in divisa estera potrebbe denotare l’esistenza di rischi di finanziamento meno accentuati.

II.3.   Espansione eccessiva del credito, errori di valutazione del prezzo del rischio e potenziali bolle dei prezzi delle attività

I prestiti in valuta estera possono causare gravi vulnerabilità alimentando un’espansione eccessiva del credito (14).

L’espansione eccessiva del credito spesso genera bolle dei prezzi delle attività, con potenziali implicazioni avverse per la stabilità finanziaria, nonché per l’andamento complessivo dell’economia. In particolare, disallineamenti nei bilanci derivanti da prestiti in valuta eccessivi da parte di prenditori privi di copertura nel settore privato non finanziario possono accrescere la vulnerabilità a shock esterni finanziari e dell’economia reale. Tali vulnerabilità possono risultare specialmente elevate se l’espansione del credito si concentra nel settore immobiliare. L’eccessiva concentrazione dei prestiti bancari nel mercato immobiliare può infatti agevolare il formarsi di bolle, poiché la domanda crescente di proprietà ne determina un aumento di prezzo, che a sua volta incrementa l’offerta di credito, dato il più elevato valore delle garanzie, nonché a domanda, nella prospettiva di un ulteriore rialzo dei prezzi delle attività. Se i prestiti sono finanziati mediante afflussi di capitali, si accresce l’indebitamento del paese verso l’estero, mentre il suo potenziale produttivo registra uno scarso incremento. La passata esperienza, inclusa quella di Irlanda, Spagna e paesi baltici durante la recente crisi finanziaria, dimostra che l’inversione di questa spirale viziosa può avere gravi conseguenze per la stabilità macroeconomica e finanziaria.

La rapida crescita del credito e l’accensione di prestiti in divise estere appaiono strettamente connesse nei nuovi Stati membri (NSM) (15), soprattutto laddove il debito del settore privato non finanziario è aumentato a un ritmo molto elevato negli ultimi anni, come riscontrano Rosenberg e Tirpák (16). Il loro studio giunge alla conclusione che, anche nell’ipotesi di un trend crescente del rapporto credito/PIL per effetto del processo di finanziarizzazione, una serie di NSM ha registrato un’espansione «eccessiva» del credito, nel senso che la crescita del credito osservata risulta superiore a quanto avrebbe suggerito l’evoluzione delle variabili macroeconomiche. I paesi per i quali si rilevano boom del credito particolarmente accentuati prima della crisi finanziaria mondiale hanno tendenzialmente presentato anche una maggiore quota di prestiti in valuta (cfr. figura 10). I dati storici indicano che un incremento dei prestiti in valuta potrebbe essere connesso ai boom del credito nei NSM finanziati mediante afflussi di capitale estero. La rapida espansione del credito a favore del settore privato non finanziario potrebbe essere associata a una crescente quota di prestiti in valuta (cfr. figura 11). Sebbene la presenza di una correlazione non implichi un nesso causale fra prestiti in valuta e boom del credito, non va comunque persa di vista l’analogia storica.

Figura 10

Quota dei prestiti in valuta e rapporto credito/PIL in alcuni Stati membri

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Figura 11

Differenze fra le quote dei prestiti in valuta e fra i rapporti credito/PIL in alcuni Stati membri (p.p.)

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All’espansione dei prestiti in valuta potrebbe avere contribuito il fatto che, anteriormente alla crisi, i prezzi di trasferimento all’interno del gruppo finanziario (ossia fra imprese madri e controllate/succursali) non abbiano adeguatamente tenuto conto dei rischi inerenti ai prestiti in valuta, nella fattispecie del rischio di cambio, del premio per il rischio paese e del rischio di finanziamento. La difficoltà di valutare in modo appropriato alcuni di questi rischi rende arduo il compito di determinare il prezzo idoneo dei prestiti in valuta. Di fatto, i livelli osservati dei prestiti in valuta potrebbero essere stati sintomatici di una maggiore assunzione di rischi.

In generale, gli errori nella determinazione dei premi per il rischio dal lato dell’offerta rappresentano una caratteristica comune dei periodi di boom. La diminuzione dei premi per il rischio a seguito di un eccesso di fiducia circa le prospettive di crescita e il rischio paese può contribuire a una riduzione dei tassi di interesse nominali per i prestiti in valuta. Tassi di interesse inferiori e condizioni di credito più distese influenzano fortemente i prezzi delle attività, soprattutto quelli degli alloggi. Di conseguenza, vi è il rischio di un’allocazione distorta delle risorse e del formarsi di bolle dei prezzi delle attività. L’aumento dei prezzi delle proprietà immobiliari in combinazione con condizioni di credito più distese e incentivi alla speculazione nonché la leva finanziaria hanno determinato un forte incremento dei prezzi delle abitazioni in una serie di paesi.

Poiché l’assunzione di prestiti in valuta estera comporta solitamente tassi di interesse inferiori rispetto alla moneta locale, ciò incide sul tasso di interesse reale percepito dai prenditori. Quando accendono un prestito in valuta, gli individui spesso si basano sulle aspettative di inflazione al consumo interna o sulla crescita salariale interna per deflazionare il tasso di interesse nominale estero, soprattutto se il rischio di cambio è considerato trascurabile. In presenza di tassi di cambio fissi o controllati rigidamente nonché in seguito a episodi di forte apprezzamento durevole della moneta locale è possibile una maggiore propensione a sottostimare il rischio di cambio associato ai prestiti denominati in valuta estera.

Ciò può dare luogo a tassi di interesse reali estremamente bassi e in molti casi pesantemente negativi, che esercitano un forte stimolo sulla domanda complessiva di credito e potenzialmente alimentano il boom dei prezzi delle attività.

La combinazione di tutti questi fattori prima della crisi ha determinato afflussi di capitali in numerosi PECO, associati a una forte espansione del credito soprattutto in valuta estera. I fondi sono stati per lo più incanalati verso il settore immobiliare e delle costruzioni, imprimendo una spinta ai consumi e alimentando le bolle dei prezzi delle attività. Tali paesi hanno inoltre registrato una crescita considerevole per quanto concerne sia il numero di nuove famiglie sia il tenore di vita complessivo. Questi andamenti hanno fortemente stimolato la domanda complessiva di credito e alimentato il boom dei prezzi delle attività, con una conseguente impennata dei prezzi delle proprietà immobiliari (cfr. figura 12).

Figura 12

Prezzi delle abitazioni ed espansione del credito in alcuni Stati membri (%)

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Va rilevato che un’ampia quota di prestiti in valuta al settore privato sprovvisto di copertura e le bolle dei prezzi delle attività tendono ad aggravare le vulnerabilità esterne.

Poiché nel tempo i prestiti esteri contribuiscono all’accumularsi di più ampi volumi complessivi di debito con l’estero, ciò può rendere un paese maggiormente vulnerabile a improvvise perdite di fiducia oppure a effetti di propagazione e di contagio determinati da crisi in paesi con debolezze percepite come simili. In tal caso, i dubbi del mercato circa la sostenibilità dell’ingente stock di passività sull’estero o uno shock esterno che provochi una svalutazione del cambio possono causare un disordinato riassorbimento degli squilibri accumulati.

Come discusso nella sezione II.1, il bilancio del settore privato non finanziario è esposto a rischi che possono concretizzarsi in caso di brusco deprezzamento del cambio in termini reali. Tale effetto può essere esacerbato se si verifica simultaneamente a un’ampia correzione dei prezzi delle attività. Non si può inoltre escludere che uno shock interno tale da causare lo scoppio di una bolla dei prezzi delle attività possa innescare una perdita di fiducia a fronte di gravi difficoltà di bilancio.

Non sembra esistere alcun rischio a breve termine che si ripetano boom del credito e delle attività alimentati dai prestiti in valuta, poiché la riduzione della leva finanziaria non è stata ancora completata in molti NSM. Nel medio periodo, tuttavia, non si può escludere che il fenomeno riprenda con forza, una volta che il contesto economico si sarà pienamente normalizzato e i rischi verso il basso a livello internazionale si saranno attenuati. Sebbene il credito estero abbia ad oggi registrato soltanto un lieve incremento, gli incentivi dal lato dell’offerta e della domanda nonché le strutture di mercato sembrano evidenziare variazioni del tutto marginali. Di fatto, l’esperienza maturata durante la crisi finanziaria mondiale non sembra avere indotto i consumatori a una radicale rivalutazione dei rischi associati all’assunzione di prestiti in valuta. In alcuni casi gli incentivi a contrarre prestiti in valuta estera connessi ai differenziali di interesse si sono persino accresciuti, dato il livello straordinariamente basso dei tassi di interesse nell’area dell’euro e in Svizzera. È infine improbabile che si siano già conclusi i processi di finanziarizzazione nei NSM, malgrado il significativo aumento dei rapporti credito/PIL nel periodo precedente la crisi finanziaria. Inoltre, sebbene le banche abbiano già compiuto sforzi per accrescere la raccolta sul territorio, i finanziamenti in moneta nazionale continuano a essere frenati dalla mancanza di mercati interni dotati di sufficiente spessore e liquidità.

In questo contesto va altresì ricordato che lo schema di regolamentazione di Basilea 3 proponeva di dotare le autorità nazionali di uno strumento aggiuntivo, potenzialmente in grado di contribuire a mitigare un nuovo boom del credito. Se da un lato l’obiettivo primario della riserva di capitale anticiclica (17) è fare in modo che il sistema bancario costituisca una riserva di capitale sufficiente nei periodi favorevoli, per poter meglio fronteggiare le perdite in seguito a un boom del credito, dall’altro, un rallentamento del credito sulla scorta di requisiti patrimoniali più elevati potrebbe rappresentare un effetto secondario positivo. La stima della crescita eccessiva del credito sottostante alla quantificazione della riserva di capitale ciclica può tuttavia presentare difficoltà nei NSM, a causa della brevità delle serie storiche di dati e del processo di convergenza (18).

II.4.   Concentrazione ed effetti di propagazione tra paesi di origine e paesi ospitanti: rischi per la stabilità finanziaria nell’Unione

Le oscillazioni del cambio incidono simultaneamente sul merito di credito di un intero gruppo di prenditori di prestiti in valuta privi di copertura. Questo tipo di rischio di concentrazione si può verificare tanto nell’ambito di un paese o di un istituto quanto tra gli Stati membri. Il fenomeno è aggravato da caratteristiche di evento di coda (si produce cioè un impatto considerevolmente più elevato in caso di ampie oscillazioni del cambio). Altre forme di rischio di concentrazione possono essere presenti nei prestiti in valuta, segnatamente nel finanziamento e nelle garanzie. La concentrazione delle fonti di finanziamento rende questo tipo di operazioni molto sensibili agli shock che colpiscono le imprese madri e/o i mercati degli swap in valuta. Infine, poiché la maggior parte di tali prestiti è rappresentata da mutui ipotecari, esiste una concentrazione anche in termini di garanzie, per lo più immobili residenziali o commerciali, il cui valore si deteriora in caso di andamenti negativi del cambio, con effetti sul rapporto prestito/valore e sui tassi di recupero.

La prevalenza di alti livelli di prestiti in valuta può contribuire ad amplificare i canali di contagio.

Esiste innanzitutto una stretta relazione fra le controllate che conferiscono il credito e le rispettive imprese madri. Da un lato, se le controllate sono colpite da uno shock negativo, è probabile che il fabbisogno di capitale e/o il fabbisogno di liquidità si trasmettano «in tandem» in diversi paesi data la presenza di vulnerabilità simili, che a loro volta possono sottoporre a tensioni le risorse del gruppo controllante. L’esposizione intragruppo rafforza quindi il legame fra banca controllante e controllate: le probabilità che la prima fornisca sostegno alle seconde in caso di difficoltà aumentano con l’entità dell’esposizione. Sebbene un probabile sostegno da parte della banca controllante possa essere visto come un elemento positivo per il paese ospitante, ciò pone in luce anche il rischio di contagio esistente fra il sistema finanziario del paese ospitante e quello del paese di origine e il possibile effetto che il rischio di credito inerente ai prestiti in valuta può produrre nel paese di origine (cfr. riquadro 2 in merito all’esperienza svedese).

In alcuni casi tipici le banche controllanti si limitano a mediare il finanziamento tra investitori esteri e controllate. Emettendo strumenti di debito sui mercati internazionali dei capitali con scadenze più brevi rispetto al portafoglio prestiti delle controllate e trasmettendoli immediatamente a queste ultime, le banche controllanti non si espongono soltanto a un rischio di controparte in relazione alle proprie controllate, ma anche a un rischio di rifinanziamento. Il rischio derivante da tale strategia di finanziamento può costringere la banca centrale del paese di origine a detenere maggiori riserve di quanto sarebbe stato altrimenti necessario nella prospettiva del prestatore di ultima istanza ed è possibile che i contribuenti del paese di origine finiscano per sopportare l’onere dei prestiti in valuta delle controllate.

I dati della BRI sui crediti interbancari internazionali possono essere utilizzati come misura indiretta delle esposizioni delle banche dei paesi di origine verso le controllate estere (19). Stando ai dati raccolti sulla base del prenditore immediato (20), tali crediti ammontavano a quasi 339 miliardi di dollari statunitensi alla fine del 2010, pari a circa lo 0,7 % delle attività bancarie nei paesi di origine. Tuttavia, come illustra la figura 13, oltre il 75 % dei crediti si concentra in soli cinque paesi: Germania, Grecia, Italia, Austria e Svezia. Di conseguenza, in alcuni casi le esposizioni individuali verso i sistemi bancari nei paesi ospitanti si possono ritenere considerevoli (ad esempio intorno al 6 % delle attività del settore bancario in Austria).

Figura 13

Quota dei crediti verso i sistemi bancari dei paesi ospitanti da parte dei paesi di origine (a fine 2010)

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Questa forte concentrazione è messa in luce anche dalla figura 14, che mostra la struttura dei crediti bancari internazionali di alcuni paesi di origine. In primo luogo, si può osservare che i finanziamenti erogati ai sistemi bancari dei paesi ospitanti rappresentano un’ampia quota dei crediti bancari internazionali dei paesi di origine qui illustrati.

Figura 14

Quota dei crediti bancari verso i paesi ospitanti sul totale dei crediti bancari internazionali

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In secondo luogo, l’esposizione relativa verso i PECO ha registrato un incremento significativo fra il 2005 e il 2010, rendendo i sistemi bancari dei paesi di origine più vulnerabili agli shock che colpiscono le controllate estere.

La crescente esposizione è confermata anche dai dati sui crediti bancari internazionali verso il gruppo dei paesi ospitanti, presentati nella figura 15.

Figura 15

Crediti bancari verso i paesi ospitanti nel gruppo dei paesi di origine con le maggiori esposizioni a fine 2010 (in miliardi di dollari statunitensi)

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La trasmissione del rischio fra i sistemi bancari del paese di origine e del paese ospitante non è un fenomeno a senso unico. I rischi possono anche trasmettersi dal paese di origine al paese ospitante. Le tensioni riguardanti le posizioni patrimoniali e/o la liquidità a livello di impresa madre potrebbero avere un impatto sui paesi ospitanti con controllate o succursali dello stesso gruppo.

Inoltre, i cambiamenti di strategia dei gruppi controllanti possono avere un impatto macroeconomico, ad esempio attraverso un ridimensionamento della leva finanziaria, un inasprimento dei criteri per la concessione del credito o vendite in blocco.

Esistono serie possibilità di trasmissione agli altri Stati membri, qualora si concretizzino rischi di credito e di finanziamento in paesi con alti livelli di prestiti in valuta. Sebbene i prestiti in valuta prevalgano nei PECO, il rischio di contagio attraverso il «canale del prestatore comune» (21) potrebbe creare pressioni sulla stabilità finanziaria nell’intera Unione.

Dall’analisi dei rischi di propagazione attraverso il canale del prestatore comune emerge, da un lato, che il grado di vulnerabilità di ciascun paese agli shock regionali è pressoché omogeneo; ciò è riconducibile al fatto che i settori bancari della regione PECO sono dominati da gruppi bancari esteri provenienti da pochi paesi dell’Unione europea. Dall’altro lato, vi sono alcuni paesi (ad esempio Repubblica Ceca e Polonia) che sono in grado di esercitare il massimo impatto sulla regione PECO, qualora si dovessero manifestare rischi nei settori bancari di tali paesi. Infine, tanto la sensibilità dei singoli paesi agli shock regionali quanto l’importanza regionale di un paese hanno mostrato una diminuzione marginale (4° trim. 2010 rispetto a 4° trim. 2009).

Un canale aggiuntivo di contagio potrebbe funzionare attraverso i mercati; al fenomeno è possibile che contribuiscano, in particolare, i comportamenti gregari degli investitori. La presenza di vulnerabilità simili nei diversi paesi per effetto dei prestiti in valuta ne può costituire la causa oppure un’aggravante, anche se le capacità di rimborso dei prenditori e degli istituti finanziari differiscono da un paese all’altro. Il concretizzarsi dei rischi connessi ai prestiti in valuta in un paese può esercitare un impatto su altri in cui prevale questa tipologia di prestiti; il clima di fiducia degli investitori funge infatti da canale di propagazione, che determina la trasmissione della volatilità del cambio e della stretta di liquidità ai mercati locali.

II.4.1.   Casi di propagazione transfrontaliera: Austria e Svezia

RIQUADRO 1   L’esperienza dell’Austria: prestiti in valuta concessi dalle banche austriache nei PECO e nella Comunità degli Stati Indipendenti

Malgrado la capacità di tenuta complessivamente dimostrata durante la crisi recente e il sostegno fornito al processo di riassorbimento del divario nello sviluppo delle economie interessate, l’esposizione delle banche austriache nei PECO e nella Comunità degli Stati indipendenti (CSI) comporta, in Austria, rischi di propagazione tanto per il settore finanziario quanto per lo Stato. I prestiti in valuta rappresentano una possibile fonte di rischio di propagazione. Dalla metà del 2010 i prestiti denominati in valuta estera delle controllate, nei PECO e nella CSI, delle sei principali banche austriache (22) hanno mostrato un calo marginale, al netto degli effetti della valuta, aggirandosi intorno a 80 miliardi di euro alla fine del 2010. In media ciò corrisponde a una quota del 47,5 % sul totale dei prestiti concessi dalle controllate nei PECO e nella CSI. Come nel precedente periodo di riferimento, i prestiti in valuta sono stati mediamente caratterizzati da una peggiore qualità del credito rispetto ai prestiti nella moneta locale. Per i PECO e la CSI, la quota media dei prestiti in valuta in sofferenza è stata pari al 15,9 %, 2,5 punti percentuali in più rispetto a quella relativa alla totalità dei prestiti. Malgrado i volumi significativi di garanzie disponibili, erano coperti anche mediante fondi rischi in misura minore.

Un’altra caratteristica dei prestiti in valuta rilevante in termini di rischio è il fatto che si pone l’esigenza di finanziamenti in divisa estera. A differenza del finanziamento dei prestiti denominati in euro, relativamente stabile in quanto avviene mediante depositi in euro presso il rispettivo settore bancario oppure trasferimenti di liquidità intragruppo, il finanziamento dei prestiti non denominati in euro (principalmente denominati in franchi svizzeri) proviene da fonti meno stabili quali i mercati monetari e gli swap in valuta. Al culmine della crisi i gruppi bancari austriaci sono stati pertanto costretti a ricorrere allo swap euro/franchi svizzeri messo a disposizione dalla Banca nazionale svizzera. Sono rilevanti anche i trasferimenti di liquidità intragruppo (44 miliardi di euro a fine 2010) verso controllate di banche austriache nei PECO e nella CSI, come testimonia il rapporto prestiti/depositi pari in media al 108,1 % per i PECO e la CSI, seppure con notevoli differenze regionali. Di conseguenza, anche il finanziamento intragruppo potrebbe costituire un canale di contagio in tempo di crisi, qualora le banche centrali non fossero in grado di fornire un sostegno alla liquidità come quello assicurato durante l’ultima crisi.

L’erogazione di prestiti denominati in valuta nei PECO e nella CSI comporta dunque canali di propagazione a seguito dell’elevato rischio di credito, da una parte, e della necessità di adeguati finanziamenti in divisa estera, dall’altra. I rischi di contagio non si trasmettono, tuttavia, unicamente attraverso canali diretti ma anche attraverso canali «informativi». Nella prima metà del 2009, ad esempio, l’incertezza circa la rischiosità dell’esposizione delle banche austriache nei PECO e nella CSI ha determinato un considerevole incremento dei differenziali dei credit default swap (CDS) a cinque anni sia delle banche austriache sia dell’emittente sovrano rispetto ai titoli di Stato tedeschi (di oltre 450 e oltre 250 punti base). Una volta che gli investitori hanno ottenuto una visione più chiara della situazione e l’Iniziativa di Vienna si è rivelata capace di evitare un riassorbimento non coordinato delle esposizioni nei PECO e nella CSI da parte delle banche dell’Unione, i differenziali dei CDS austriaci si sono di nuovo ridotti rapidamente.

Per limitare i rischi di propagazione, nella primavera del 2010 le autorità austriache hanno emesso principi guida sui prestiti in valuta, che si applicano alle controllate di banche austriache operanti nei PECO e nella CSI. Le banche sono state innanzitutto chiamate a porre fine all’erogazione di prestiti in valuta particolarmente rischiosi. Sono state inoltre intraprese iniziative, a livello internazionale, in vista di rafforzare i mercati delle valute locali ed evitare la ripresa dei prestiti in valuta nei PECO.

Un altro fattore di mitigazione del rischio deriva dal fatto che la situazione patrimoniale delle controllate ha registrato un continuo miglioramento nel corso del tempo, con livelli di patrimonializzazione che superano i coefficienti minimi obbligatori in tutti i paesi e le regioni, talvolta in misura considerevole.

RIQUADRO 2   L’esperienza della Svezia: prestiti in valuta concessi dalle banche svedesi nei paesi baltici

Quando la crisi finanziaria ha colpito i paesi baltici nel 2008 SEB e Swedbank, le due banche svedesi con le maggiori esposizioni nella regione, hanno rapidamente costituito un fattore di rischio per la stabilità sistemica in Svezia. La motivazione principale è che i prestiti, negli Stati baltici, erano per lo più denominati in euro e numerosi operatori ritenevano che tali paesi sarebbero stati costretti alla svalutazione della moneta. Se ciò fosse accaduto, soprattutto in modo incontrollato, in quel momento l’effetto sulle banche svedesi operanti nei paesi baltici sarebbe stato devastante. In tali circostanze la Sveriges Riksbank stimava che le banche avrebbero registrato perdite su crediti ampie ma ancora gestibili, tuttavia la loro capacità di accedere al finanziamento mediante il mercato ne avrebbe potuto risentire.

Nel dicembre 2008, quando la crisi ha raggiunto una fase acuta in Lettonia e ingenti capitali hanno lasciato il paese, un accordo di swap è stato sottoscritto con brevissimo preavviso dalla Sveriges Riksbank e dalla Danmarks Nationalbank, da un lato, e dalla Latvijas Banka, dall’altro. L’accordo ammontava a 500 milioni di euro; tuttavia l’importo è stato prelevato solo in parte. Il principale obiettivo era sostenere la riserva in valuta della Lettonia finché non si fossero resi disponibili i primi trasferimenti dall’FMI e dall’Unione.

La Riksbank ha anche sostenuto l’Estonia. Nel febbraio 2009 ha sottoscritto uno schema di finanziamenti a titolo precauzionale con la Eesti Pank per fornire sostegno in valuta a breve termine. Lo scopo dell’accordo, che non è stato tuttavia mai utilizzato, era mettere la Eesti Pank nelle condizioni di fornire liquidità nel quadro del regime di currency board.

Le parti coinvolte nell’erogazione di prestiti in valuta nei paesi baltici hanno chiaramente sottostimato il rischio di cambio. Al tempo della crisi tutti e tre i paesi baltici partecipavano ai nuovi Accordi europei di cambio (AEC II) in vista dell’introduzione dell’euro e, unilateralmente, ciascuno di essi aveva ancorato la propria moneta all’euro mediante un regime ad ancoraggio rigido (Lettonia) oppure regimi di currency board a tutti gli effetti (Estonia e Lituania). Inoltre, i piani di adozione dell’euro annunciati dalle autorità di tali paesi e il loro forte impegno a mantenere la parità centrale generavano la percezione che tali prestiti fossero esenti da rischi connessi alla valuta.

Sebbene i regimi ad ancoraggio rigido e di currency board abbiano infine tenuto, il rischio di svalutazione nei paesi baltici ha avuto un impatto notevole sulla Svezia nella sua capacità di paese di origine. L’erogazione di prestiti in valuta nei paesi baltici da parte delle banche svedesi è stata fortemente sostenuta dai finanziamenti degli istituti controllanti. Emettendo strumenti di debito sui mercati internazionali dei capitali con scadenze più brevi rispetto al portafoglio prestiti delle controllate e trasmettendoli a queste ultime, le banche controllanti non solo si sono esposte a un rischio di controparte in relazione alle controllate nei paesi baltici, ma anche a un rischio di rifinanziamento e di finanziamento.

I timori degli investitori privati circa l’entità delle potenziali perdite su crediti derivanti dall’operatività delle banche svedesi nei paesi baltici e l’impatto sul sistema bancario svedese rappresentano il principale fattore alla base delle gravi pressioni registrate, durante la crisi, dal finanziamento all’ingrosso dei gruppi bancari svedesi, non soltanto in relazione agli Stati baltici. Il fenomeno ha interessato soprattutto il finanziamento bancario all’ingrosso denominato in valuta estera. Questo problema ha contribuito, a sua volta, ad accrescere le passività potenziali del settore pubblico svedese. Sebbene alle banche fosse stata applicata una tariffa per l’emissione di strumenti di debito nel quadro della garanzia statale di competenza del Riksgäldskontoret (ufficio svedese per il debito nazionale), lo Stato svedese ha finito per garantire in ampia parte i debiti della Swedbank, l’istituto con le maggiori esposizioni nei paesi baltici. Inoltre, anche prestiti in dollari statunitensi concessi dalla Riksbank e da altre banche centrali hanno parzialmente sostituito i normali finanziamenti all’ingrosso dei gruppi bancari svedesi in valuta estera. La finalità di questi prestiti straordinari erogati dalla Riksbank era sostenere il credito bancario in divise diverse dalla corona. Il debito in valuta estera in essere nel quadro del programma di garanzia statale e dello schema di prestito in dollari statunitensi della Riksbank a favore delle proprie controparti (ossia della maggior parte delle banche con operatività in Svezia) ha raggiunto il suo apice agli inizi del 2009, con un ammontare di 430 miliardi di corone svedesi, pari a circa il 15 % del PIL della Svezia. Il rischio di credito connesso ai prestiti in valuta erogati nei paesi baltici si è quindi trasformato in un rischio di finanziamento e in ultima istanza in un rischio per il contribuente svedese.

II.5.   Maggiore volatilità dei coefficienti di adeguatezza patrimoniale a seguito di variazioni dei tassi di cambio

Le fluttuazioni del cambio determinano volatilità nel valore delle attività in valuta e quindi nel valore delle attività ponderate per il rischio che sono utilizzate per stabilire i requisiti patrimoniali. Il capitale delle banche è detenuto nella moneta locale, anche qualora l’istituto controllante ne abbia versato in divisa estera. Di conseguenza le oscillazioni del cambio, in ultima istanza, mutano il fabbisogno di capitale delle banche, sebbene non incidano sull’ammontare del patrimonio, causando un deterioramento del coefficiente di adeguatezza patrimoniale in caso di svalutazione della moneta locale, o viceversa.

Nei paesi con regimi di cambio fisso (purché sostenibili) tale rischio non è rilevante. In quelli con regimi di cambio flessibile le banche sono state in grado di gestirlo. Ciò è stato possibile sia per la presenza di riserve di capitale elevate sia per il fatto che pesanti deprezzamenti hanno piuttosto riguardato coppie valutarie comprendenti il franco svizzero, che prevale nei prestiti (mutui) al dettaglio. Poiché gli effetti in termini dei requisiti patrimoniali non sono particolarmente rilevanti, essendo le ponderazioni di rischio su questi prestiti esigue, le banche hanno potuto soddisfare il fabbisogno patrimoniale aggiuntivo tramite le proprie riserve di capitale esistenti.

II.6.   Ostacoli al funzionamento dei canali di trasmissione della politica monetaria

L’impatto negativo dei prestiti in valuta sul meccanismo di trasmissione della politica monetaria può assumere almeno quattro forme, di seguito illustrate: impatto dei flussi di prestiti in valuta e delle consistenze accumulate di prestiti in valuta sul canale dei tassi di interesse e impatto dei flussi di prestiti in valuta e delle consistenze accumulate di prestiti in valuta sul canale del cambio.

Per quanto riguarda il canale dei tassi di interesse, la ricerca mette in luce che la sostituibilità tra prestiti interni e prestiti in valuta potrebbe esercitare effetti di disturbo sulla trasmissione della politica monetaria (23). L’inasprimento della politica monetaria mediante un innalzamento dei tassi di interesse interni aumenta il costo dei prestiti nella moneta nazionale. Tuttavia, data la disponibilità di credito in valuta a tassi di interesse inferiori, la diminuzione della crescita dei prestiti della moneta nazionale può essere compensata dall’espansione dei prestiti in divisa estera, che diventano relativamente più appetibili per i prenditori interni. Viene così compromesso il canale dei tassi di interesse per la trasmissione della politica monetaria.

Anche le consistenze accumulate di prestiti in valuta possono avere un impatto sul canale dei tassi di interesse. Se nell’economia i prestiti sono denominati nella moneta nazionale e presentano tassi di interesse variabili, l’inasprimento della politica monetaria ridurrà il reddito disponibile dei prenditori e la domanda interna. Se un’ampia parte dei prestiti è invece denominata in valuta estera, tale effetto sarà inferiore in misura corrispondente.

I flussi di prestiti in valuta incidono anche sul canale del cambio per la trasmissione della politica monetaria. Tuttavia questo canale di trasmissione potrebbe diventare meno efficace poiché le variazioni del tasso di cambio sono fortemente influenzate dal clima di fiducia nei mercati finanziari mondiali. Le banche trasformano i finanziamenti in divisa estera in prestiti denominati in valuta, spesso versati nella moneta nazionale (24). Di conseguenza, una rapida espansione dei prestiti in valuta esercita pressioni sul tasso di cambio della moneta nazionale, determinando un possibile apprezzamento. L’espansione dei prestiti in valuta sosterrà quindi il canale del cambio per la trasmissione della politica monetaria durante i cicli di inasprimento, esacerbando l’apprezzamento della moneta locale innescato da flussi di capitali in risposta a un incremento dei tassi di interesse. Inoltre la tendenza all’apprezzamento può generale una spirale viziosa, poiché i potenziali prenditori possono nutrire l’aspettativa che tale tendenza si protragga, ricevendo un ulteriore incentivo all’assunzione di prestiti in valuta.

Al contrario, nelle fasi di allentamento della politica monetaria interna i nuovi prenditori tenderanno a scegliere prestiti nella moneta locale. Le spinte verso un apprezzamento della valuta nazionale si attenueranno, ma non dovrebbero emergere pressioni al deprezzamento poiché i flussi di prestiti nella moneta locale sono neutrali per il mercato delle divise estere. I flussi di prestiti in valuta introducono pertanto un elemento di disturbo (che può essere anche asimmetrico) nel meccanismo di trasmissione della politica monetaria, incrementandone la complessità.

Anche la presenza di ingenti consistenze di prestiti in valuta può ostacolare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria a seguito delle «limitazioni del cambio» (i vantaggi del deprezzamento della moneta attraverso un incremento della competitività sono in parte compensati da effetti negativi sulle situazioni patrimoniali). In casi estremi la svalutazione (in particolare nelle economie emergenti) può produrre un effetto di contrazione a causa dell’alto livello di prestiti in valuta (25). In molti paesi con un’elevata quota di debito in divisa estera le autorità perseguono dunque politiche restrittive per stabilizzare il tasso di cambio durante le crisi al fine di evitare implicazioni negative per la stabilità finanziaria attraverso effetti sulle situazioni patrimoniali. Nella letteratura accademica questa reazione in caso di pressioni al deprezzamento è spesso definita come «paura di fluttuare» (26). Va rilevato che politiche di questo genere possono persino risultare ottimali a posteriori, poiché la perdita in termini di prodotto a seguito della stretta monetaria può essere più che compensata dal fatto che si evita la ricaduta di effetti negativi sulle situazioni patrimoniali. A priori, tuttavia, l’accumularsi di disallineamenti valutari viene fomentato se gli operatori economici anticipano questo tipo di reazione sul piano delle politiche (27).

Su un campione di 22 Stati membri dell’Unione ed economie emergenti (28), per i quali sono disponibili informazioni sui prestiti in valuta, i dati supportano le precedenti considerazioni nel corso della crisi. Nel complesso, i paesi con un’elevata quota di prestiti in valuta estera sono apparsi in certa misura vincolati nella propria risposta alla crisi sul piano monetario e del cambio. In primo luogo, questi hanno tendenzialmente evidenziato minori deprezzamenti nominali del tasso di cambio locale, coerentemente anche con i regimi di cambio (cfr. figura 16). Poiché nella maggior parte dei paesi il cambio è stato soggetto a pressioni al deprezzamento durante il periodo in esame, le banche centrali hanno perso riserve per difendere la moneta nazionale. In generale, i paesi con un’elevata quota di prestiti in divisa estera hanno tendenzialmente subito maggiori perdite rispetto a quelli privi di disallineamenti valutari di questo tipo (cfr. figura 17). Vale tuttavia la pena di ricordare che i paesi con regimi di currency board non gestiscono la propria politica monetaria (tassi di interesse, riserve e offerta di moneta non costituiscono una variabile sul piano delle politiche). Va tuttavia notato che la correlazione delle svalutazioni con le perdite di riserve e i disallineamenti di bilancio potrebbe risultare ancora più forte se l’analisi includesse anche le esposizioni transfrontaliere (29).

Figura 16

Prestiti in valuta e correzione del cambio (variazione % massima dal 7/2008 al 6/2009)

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Figura 17

Prestiti in valuta e perdite sulle riserve (variazione % minima dal 7/2008 al 6/2009)

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Oltre agli interventi sui mercati dei cambi alcuni paesi, in particolare quelli con un’ampia quota di prestiti in valuta, hanno dovuto innalzare i tassi di interesse durante la crisi in difesa del cambio (cfr. figura 18). Sia l’innalzamento dei tassi di interesse sia la vendita di riserve valutarie hanno un impatto restrittivo sulla crescita dell’offerta di moneta, che è tendenzialmente diminuita o è persino divenuta negativa in paesi con un’elevata quota di prestiti in valuta (cfr. figura 19).

Figura 18

Prestiti in valuta e tassi di interesse (variazione massima in punti base dal 7/2008 al 6/2009)

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Figura 19

Prestiti in valuta e offerta di moneta (variazione % minima dal 7/2008 al 6/2009)

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II.7.   Probabilità del concretizzarsi dei rischi e condizioni perché ciò avvenga

I rischi connessi ai prestiti in valuta si potrebbero realizzare, ad esempio, in uno scenario di brusca interruzione, che comporterebbe deflussi di capitali e deprezzamento della moneta nei paesi emergenti nonché in alcuni Stati membri in cui tali prestiti rivestono un ruolo importante. Se ciò si verificasse, si concretizzerebbero rischi di credito associati ai prestiti in valuta e forse anche rischi di provvista bancaria. Uno scenario di brusca interruzione potrebbe essere innescato dal crollo dei prezzi delle attività o da una crisi bancaria sistemica in un’economia emergente di particolare rilevanza, da un mutamento delle prospettive di crescita, da un aumento inatteso dei tassi ufficiali di un’importante economia avanzata e da un incremento dell’avversione al rischio degli investitori.

Per quanto concerne i tempi, i rischi derivanti dai prestiti in valuta sono più concreti in una prospettiva di medio periodo, sebbene il recente ulteriore apprezzamento di alcune valute, in particolare del franco svizzero, abbia aggravato i livelli di rischio di credito in taluni paesi nei quali prevalgono i prestiti in franchi.

In prospettiva, i rischi connessi ai prestiti in valuta potrebbero anche essere amplificati da una rinnovata espansione del credito nei PECO con l’avanzare della ripresa economica e l’accumularsi di aspettative positive riguardo ai futuri andamenti dell’economia. Uno studio di Bijsterbosch e Dahlhaus (30) individua i fattori che contribuiscono alle «riprese senza credito» (recuperi dell’economia non accompagnati dall’espansione del credito per motivi di domanda o di offerta). Da una stima delle probabilità di ripresa senza credito per un gruppo di PECO emerge che nella regione un recupero dell’economia risulterebbe in linea con una rinnovata crescita del credito, con la sola possibile eccezione dei paesi baltici, che probabilmente registrerebbero una ripresa non sostenuta dall’incremento del credito. La moderata espansione del credito che si osserva al momento in numerosi PECO non può pertanto ritenersi una situazione permanente, né può essere considerato inesistente il rischio di prestiti eccessivi in valuta nel prossimo futuro.

Va sottolineato che questo elenco di fattori in grado di scatenare il concretizzarsi dei rischi connessi ai prestiti in valuta non si può reputare esaustivo, poiché la valutazione potrà mutare nei trimestri a venire, ad esempio in seguito a variazioni nel ritmo della ripresa mondiale. Sebbene paesi diversi presentino un differente grado di probabilità del riaffiorare di rischi connessi al credito in divisa estera, esistono numerosi fattori che rendono possibile il concretizzarsi di tali rischi. Malgrado la crisi recente, i modelli imprenditoriali seguiti dalle banche e le caratteristiche fondamentali delle economie emergenti sono rimasti sostanzialmente invariati e possono contribuire al futuro accumularsi di credito in valuta.

Il realizzarsi dei rischi varia, infine, a seconda del regime di cambio perseguito dal paese. In caso di regime flessibile, le oscillazioni di mercato dei tassi di cambio si ripercuotono immediatamente sul merito di credito dei prenditori. I regimi flessibili sono quindi soggetti a tale rischio in via permanente; invece, per i regimi di currency board o di ancoraggio della moneta nazionale, nel momento in cui vengono contratti prestiti nella moneta di riferimento, il rischio riguarda un unico evento di svalutazione che, se si producesse, avrebbe un forte impatto. I sostenitori dell’esistenza di rischi anche per i regimi di cambio fisso sottolineano che una valutazione prudente dovrebbe tenere altresì conto della possibilità che tali regimi si infrangano o siano oggetto di un forte deprezzamento, ricordando situazioni del passato in cui ciò si è verificato con gravi conseguenze per la stabilità finanziaria. Tuttavia, la probabilità del concretizzarsi dei rischi per i paesi con regimi di currency board o di ancoraggio della moneta dipende anche dalla stabilità dei rispettivi accordi di cambio, dalla coerenza delle politiche di bilancio e dal rigore delle politiche di vigilanza da essi perseguite.

III.   AZIONI SUL PIANO DELLE POLITICHE NAZIONALI

III.1.   Misure di politica adottate dai diversi paesi

Per far fronte ai rischi derivanti dall’eccessiva espansione dei prestiti in valuta, le autorità degli Stati membri hanno adottato misure sul piano delle politiche fin dagli inizi del 2000, anche se la maggior parte degli interventi è stata attuata a partire dal 2007/2008. Dal 2010 diversi paesi hanno varato ulteriori provvedimenti e/o hanno inasprito quelli esistenti. Le misure, in genere introdotte in un pacchetto anziché singolarmente, prevedevano segnalazioni, regole vincolanti e raccomandazioni di natura prudenziale, amministrativa e di politica monetaria.

Dall’esame delle misure intraprese emergono due profili di risposta. In base al primo, i paesi con regimi di cambio fisso tendevano a non intervenire sui livelli dei prestiti in valuta oppure ad agire, più in generale, sull’eccesso dei prestiti complessivi. In queste economie i prestiti in valuta sono stati denominati prevalentemente nella valuta di ancoraggio. Pertanto, l’introduzione di misure intese a contrastare i prestiti in valuta poteva essere percepita dai mercati come timore circa la capacità di mantenere l’ancoraggio, il che a sua volta poteva contribuire al realizzarsi di tale timore. I paesi con regimi di cambio flessibile hanno emanato diverse misure per contrastare i livelli eccessivi dei prestiti in valuta.

In base al secondo profilo, i provvedimenti adottati interessavano sia la domanda che l’offerta di prestiti in valuta. Le misure dal lato della domanda consistevano soprattutto nell’imposizione di limiti al rapporto prestito/valore o al rapporto debito/reddito e di criteri di idoneità per i prenditori. Questi strumenti erano finalizzati prevalentemente ad assicurare il merito di credito dei prenditori, essendo rivolti in alcuni casi solo a quelli privi di copertura. Le misure dal lato dell’offerta miravano soprattutto ad assicurare la capacità dell’ente creditizio di coprire le perdite, una volta insorte, ossia tramite un’apposita dotazione patrimoniale aggiuntiva. Nella maggior parte dei casi le banche non presentavano disallineamenti valutari molto ampi riconducibili ai prestiti in valuta, in quanto ricevevano anche fondi in divisa estera o coprivano le loro posizioni tramite swap, ma due paesi hanno applicato anche limiti e/o requisiti patrimoniali alle posizioni in valuta aperte. Nel 2010 l’Ungheria ha vietato l’erogazione di prestiti in valuta (31). Una sintesi delle misure varate è riportata nella tavola 1.

Tavola 1

Misure attuate per contenere l’eccesso dei prestiti in valuta

Misure intraprese

Paese (anno) (32)

Segnalazioni sui rischi connessi ai prestiti in valuta

Lettonia (2007), Ungheria (2004-2008), Austria (2001)

Requisiti informativi e/o di trasparenza

Lettonia (2007 e 2011), Austria (2006), Polonia (2006)

Misure dal lato della domanda

Criteri di idoneità applicabili ai prenditori: copertura o merito di credito (33)

Austria (2008 e 2010), Polonia (2006)

Rapporto prestito/valore o debito/reddito più rigoroso per i prestiti in valuta (che per i prestiti in moneta nazionale) (33)

Ungheria (2010), Polonia (2010 e 2012), Romania (2008)

Misure dal lato dell’offerta

Ponderazioni di rischio o requisiti patrimoniali più elevati

Lettonia (2009), Ungheria (2008) (34), Polonia (2008 e 2012), Romania (2010) (35)

Standard minimi per i prestiti in valuta e i prestiti bullet connessi a strumenti di rimborso finalizzati a migliorare i sistemi di gestione dei rischi delle banche

Austria (2003)

Coefficienti di accantonamento più elevati per i prenditori privi di copertura

Romania (2008)

Massimale del 300 % dei fondi propri dell’ente creditizio per i prestiti in valuta a prenditori privi di copertura

Romania (2005-2007)

Limiti o requisiti patrimoniali per le posizioni in valuta aperte

Lettonia (1995), Lituania (2007), Romania (2001)

Differenziazione della riserva obbligatoria

Romania (2004)

Applicazione anche agli istituti finanziari non bancari di tutte le misure di contenimento della rapida crescita del credito

Romania (2006)

Altro

Divieto di concedere mutui ipotecari in valuta a prenditori privi di copertura (36)

Ungheria (2010)

Contributo alla prevenzione dell’arbitraggio normativo da parte delle autorità di vigilanza dei paesi di origine

Italia (2007 e 2010), Austria (2010)

Fonte: banche centrali nazionali e autorità nazionali di vigilanza.

RIQUADRO 1   L’Iniziativa di Vienna e i casi di coordinamento tra le autorità dei paesi di origine e dei paesi ospitanti

L’iniziativa di coordinamento delle banche europee nota come «Iniziativa di Vienna» è un consesso pubblico e privato istituito nel gennaio 2009 in risposta alla crisi finanziaria, finalizzato ad assistere le economie emergenti europee nel fronteggiare le turbolenze. Il consesso riunisce istituzioni finanziarie internazionali (FMI, Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, Banca europea per gli investimenti, Banca mondiale), istituzioni dell’Unione (Commissione europea, BCE con status di osservatore), banche centrali e autorità di regolamentazione dei paesi di origine e dei paesi ospitanti, nonché i più grandi gruppi bancari occidentali attivi nei paesi emergenti europei.

I principali risultati ottenuti dall’Iniziativa di Vienna negli ultimi due anni sono stati contribuire affinché le banche controllanti estere mantenessero l’impegno a coprire il fabbisogno finanziario delle controllate nell’Europa orientale e adoperarsi per far sì che i piani di sostegno pubblici dei paesi occidentali si applicassero anche alle controllate nell’Europa orientale.

Uno degli obiettivi a medio termine dell’Iniziativa di Vienna consiste nel far fronte alla questione dei prestiti in valuta nell’Europa orientale sviluppando il risparmio e i mercati in moneta locale. A tal fine, nel marzo 2010 è stato costituito il gruppo di lavoro pubblico-privato sullo sviluppo della moneta locale e del mercato dei capitali, Public-Private Sector Working Group on Local Currency and Capital Market Development. Di recente il gruppo di lavoro ha elaborato una serie di raccomandazioni, giungendo alla conclusione che qualsiasi impostazione delle politiche debba tenere conto delle specificità nazionali e richieda uno stretto coordinamento tra le autorità dei paesi di origine e dei paesi ospitanti per prevenire l’arbitraggio normativo e l’elusione delle misure attraverso i prestiti transfrontalieri.

L’Iniziativa di Vienna si è dimostrata la sede adeguata per assolvere il compito di fornire una piattaforma già operativa per un tale coordinamento, quando nel 2010 le autorità austriache hanno varato due piani di azione per contenere i prestiti in valuta nel paese, nonché negli Stati dell’Europa orientale e nella CSI.

Il primo piano di azione era finalizzato a ridurre l’elevata quota di prestiti in valuta (principalmente in franchi svizzeri) in Austria. Nel marzo 2010 l’autorità per i mercati finanziari austriaca ha adottato requisiti minimi per la concessione e la gestione dei prestiti in valuta e dei prestiti connessi a strumenti di rimborso alle famiglie austriache prive di copertura (consumatori).

La Banca d’Italia ha sostenuto il piano di azione volto a contenere i prestiti in valuta in Austria. Al momento di autorizzare il modello basato sui rating interni di un gruppo bancario italiano operante in Austria (qualche anno prima dell’adozione dei nuovi requisiti minimi da parte dell’autorità per i mercati finanziari austriaca), la Banca d’Italia ha chiesto esplicitamente all’intermediario di astenersi dal perseguire arbitraggio normativo tramite l’iscrizione delle esposizioni del portafoglio locale nel bilancio dell’impresa madre o mediante prestiti diretti transfrontalieri. Questa disposizione si è rivelata utile anche per contrastare l’elusione dei nuovi requisiti dell’autorità per i mercati finanziari austriaca applicabili ai prestiti in valuta in Austria.

Il secondo piano di azione mirava a una diminuzione delle esposizioni creditizie delle controllate austriache nei paesi dell’Europa orientale e nella CSI attraverso l’emanazione di principi guida da parte della Oesterreichische Nationalbank e dell’autorità per i mercati finanziari austriaca. Intesi a risolvere le problematiche più urgenti, tali principi richiedono alle banche austriache attive in questi paesi di non erogare nuovi prestiti denominati in valute estere diverse dall’euro alle famiglie prive di copertura e al settore delle PMI (prestiti al consumo in euro possono essere accordati solo a prenditori con il massimo merito di credito). In una fase successiva non ancora avviata, i principi guida prevedono anche il contenimento dei mutui ipotecari alle famiglie e alle PMI sprovviste di copertura denominati in qualsiasi valuta estera attraverso un approccio specifico per paese e il coordinamento con le autorità di vigilanza dei paesi ospitanti.

Per quanto riguarda l’obiettivo di limitare i prestiti in valuta negli Stati dell’Europa orientale e nella CSI, le autorità austriache hanno esortato le autorità di vigilanza di Belgio, Grecia, Francia e Italia (autorità dei paesi di origine delle banche principalmente attive in tali Stati) a trovare una posizione comune.

Come ha rilevato la Banca d’Italia, che sostiene il piano di azione, è necessario l’accordo delle autorità dei paesi ospitanti per il successo del piano tenendo conto della loro valutazione circa la rilevanza e la rischiosità dei prestiti in valuta nei rispettivi paesi.

Tuttavia, quando nel 2011 è stato introdotto un modello basato sui rating interni di un gruppo bancario italiano operante negli Stati dell’Europa orientale e nella CSI, la Banca d’Italia ha chiesto all’intermediario di applicare anche alle controllate presenti in quei paesi il divieto di attribuire le esposizioni locali all’impresa madre.

III.2.   Valutazione dell’efficacia delle misure di politica

L’efficacia delle misure adottate dipende soprattutto da due fattori: 1) le determinanti dell’evoluzione dei prestiti in valuta e 2) la possibilità di elusione.

Lo strumento delle segnalazioni, solitamente il primo a essere messo in atto a fronte di un rischio, non si sarebbe dimostrato efficace al fine di contenere l’eccesso di prestiti in valuta. Ciò potrebbe dipendere da un’errata percezione del rischio (ossia gli operatori economici non valutano il rischio allo stesso livello delle autorità competenti), ma con ogni probabilità deriva da incentivi perversi. Di fatto, vi è un problema di azzardo morale poiché gli istituti finanziari si attendono sostegno pubblico quando le attività che svolgono sono talmente rischiose e diffuse che l’assenza di un sostegno potrebbe rappresentare un’ulteriore minaccia per la stabilità finanziaria e l’economia reale. Inoltre, continuare a condurre tali attività, malgrado la loro rischiosità, può persino costituire un comportamento di per sé razionale. Ma la somma di azioni in sé razionali potrebbe contribuire all’insorgere di un rischio aggregato, che giustifica una risposta sul piano delle politiche.

Le raccomandazioni, in teoria, presentano lo stesso problema degli incentivi. Le autorità nazionali però ritengono che le raccomandazioni siano state in qualche modo efficaci nel limitare l’eccesso di prestiti in valuta, o quanto meno nel migliorare la qualità dei prenditori, poiché non vi è arbitraggio transfrontaliero.

Le misure dal lato della domanda, quali il rapporto prestito/valore e il rapporto debito/reddito, sarebbero più efficaci nel contenere l’eccesso di prestiti in valuta e i rischi connessi (39). Inoltre, possono essere applicate come interventi a tutela dei consumatori (e quindi imposte anche alle succursali), limitando così l’arbitraggio normativo. Nondimeno, i prestiti diretti transfrontalieri sono sempre al di fuori della portata delle misure nazionali. Dato che i differenziali di interesse (fattore dal lato della domanda) sono la principale determinante dei prestiti in valuta, le misure che influenzano la domanda riescono tendenzialmente a conseguire meglio i risultati auspicati.

Determinare l’efficacia delle misure dal lato dell’offerta è più complicato a causa della difficoltà di valutare, ad esempio, come oneri più elevati connessi ai rischi si traducano in una flessione dell’offerta dei prestiti in valuta.

Nel complesso, a causa soprattutto della possibilità di eludere le misure adottate, la loro efficacia è stata finora relativamente modesta e si è attenuata nel momento in cui i prestiti in valuta hanno proseguito la loro tendenza.

IV.   RACCOMANDAZIONI DEL CERS

OBIETTIVI DI POLICY

L’esame delle raccomandazioni del CERS sui prestiti in valuta estera si dovrebbe basare sugli obiettivi di policy che emergono in funzione dei rischi per la stabilità finanziaria precedentemente individuati. I rischi potenzialmente in grado di assumere carattere sistemico, ai quali è dunque opportuno prestare attenzione, sono i rischi di credito, che si intrecciano a quelli di mercato, i rischi di eccessiva espansione del credito e i rischi di finanziamento e di liquidità. Le raccomandazioni dovrebbero pertanto essere tese a:

I.

limitare le esposizioni ai rischi di credito e di mercato, potenziando così la capacità di tenuta del sistema finanziario;

II.

controllare la crescita eccessiva del credito (in valuta estera) ed evitare bolle dei prezzi delle attività;

III.

contenere i rischi di finanziamento e di liquidità, circoscrivendo quindi al massimo tale canale di contagio.

Tuttavia, in base a quanto riscontrato finora, una delle ragioni per le quali i prestiti in valuta hanno raggiunto livelli preoccupanti è un’errata definizione del prezzo del rischio. Di conseguenza, alle precedenti si affianca anche la finalità di creare incentivi al miglioramento dei meccanismi di determinazione del prezzo del rischio associato ai prestiti in valuta estera.

Infine, le misure nazionali adottate finora sono state eluse, in diverso grado, attraverso l’arbitraggio normativo. Alla luce di ciò, le raccomandazioni a livello dell’Unione si dovrebbero fondare sul coordinamento all’interno di quest’ultima.

PRINCIPI PER L’ATTUAZIONE DELLE RACCOMANDAZIONI

Le misure di seguito illustrate costituiscono un insieme di raccomandazioni alle quali dare attuazione ove pertinente. Pur nella loro concretezza, tali raccomandazioni enunciano una serie di principi, essendo riconosciuto che non esiste una soluzione di validità universale per far fronte ai livelli eccessivi dei prestiti in valuta. Si noti, ad esempio, che le raccomandazioni non fanno riferimento a livelli specifici dei prestiti in valuta, poiché questi possono differire da un paese all’altro.

Le raccomandazioni si applicheranno in tutti gli Stati membri. Tuttavia, il grado di prevalenza e l’importanza sistemica dei prestiti in valuta differisce da un paese all’altro dell’Unione. Pertanto, nel valutare l’attuazione delle raccomandazioni da B a F, il CERS terrà conto del principio di proporzionalità con riferimento alla diversa rilevanza sistemica dei prestiti in valuta estera tra gli Stati membri, prendendo atto degli obiettivi e del contenuto di ciascuna raccomandazione. A tal fine il CERS utilizzerà in particolare le informazioni fornite dai destinatari, i quali si possono avvalere degli indicatori enunciati nella sezione IV.2.3.2. Il principio di proporzionalità si applicherà fatto salvo il regolare, opportuno monitoraggio dei prestiti in valuta.

Inoltre le raccomandazioni fanno salvo il mandato di politica monetaria delle banche centrali nazionali.

Ove applicabile, le misure discusse si riferiscono unicamente ai prenditori privi di copertura, che cioè non dispongono di coperture naturali o finanziarie. Le coperture naturali riguardano i casi in cui le famiglie / le società non finanziarie ricevano redditi in valuta estera (ad es. rimesse o proventi di esportazioni). Le coperture finanziarie presuppongono un contratto con un istituto finanziario. Alcune raccomandazioni (ad esempio quella su liquidità e finanziamento) vertono, tuttavia, su rischi che sussistono indipendentemente dalla copertura o meno dei prenditori.

Ai fini delle raccomandazioni, per prestito in valuta (estera) si intende qualsiasi prestito in una moneta diversa da quella avente corso legale nel paese del prenditore.

Nel prosieguo della presente sezione sono illustrate le raccomandazioni del CERS. Per ciascuna si espongono:

1.

le considerazioni economiche alla base

2.

una valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

3.

il seguito da darvi nello specifico

4.

ove pertinente, il contesto giuridico.

Nel presente allegato si sostiene che vi sono timori di rischi sistemici connessi a livelli eccessivi dei prestiti in valuta. Tuttavia non esistono naturali misure di politica macroprudenziale alle quali ricorrere per far fronte a tali rischi. Lo scopo delle seguenti raccomandazioni è pertanto fronteggiare detti rischi macroprudenziali con gli strumenti di cui si dispone al momento, che concentrano l’azione su uno dei fattori alla base dei livelli eccessivi dei prestiti in valuta oppure su una componente del problema.

SEGUITO DA DARE A TUTTE LE RACCOMANDAZIONI

Quale azione comune da intraprendere con riferimento a tutte le raccomandazioni, i destinatari dovrebbero:

identificare ed esporre tutte le misure adottate (inclusa la relativa tempistica e una descrizione essenziale della sostanza) in risposta a ciascuna raccomandazione;

specificare, per ciascuna raccomandazione, quale sia stato il funzionamento delle misure adottate rispetto alle finalità, alla luce dei criteri di conformità;

in caso di inerzia o di qualsiasi altro scostamento da una raccomandazione, esporre le motivazioni dettagliate.

Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del Regolamento (UE) n. 1092/2010 (40), tale risposta va indirizzata al CERS e al Consiglio dell’Unione europea. In caso di risposta da parte delle autorità nazionali di vigilanza, il CERS informa anche l’Autorità bancaria europea (European Banking Authority, EBA), nel rispetto delle norme sulla riservatezza.

RISCHI DI CREDITO E DI MERCATO

IV.1.   Raccomandazione A – Consapevolezza dei rischi da parte dei prenditori

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza e agli Stati membri di:

1.

richiedere agli istituti finanziari di fornire ai prenditori informazioni adeguate in merito ai rischi inerenti ai prestiti in valuta estera. Tali informazioni dovrebbero essere sufficienti a consentire ai prenditori di assumere decisioni consapevoli e prudenti e dovrebbero quanto meno includere l’impatto sulle rate di rimborso che deriverebbe da un forte deprezzamento della moneta avente corso legale nello Stato membro nel quale il prenditore è domiciliato e da un aumento del tasso di interesse estero;

2.

incoraggiare gli istituti finanziari a offrire alla clientela prestiti in moneta locale per le stesse finalità dei prestiti in valuta estera nonché strumenti finanziari a copertura del rischio di cambio.

IV.1.1.   Considerazioni economiche

Questa raccomandazione poggia su una serie di considerazioni. In primo luogo, in termini di politiche prudenziali, affrontando le asimmetrie informative fra prenditori e prestatori si potrebbero mitigare i timori per la stabilità finanziaria. In effetti, un’informazione adeguata circa le caratteristiche dei prodotti riduce la selezione avversa e il rischio di credito, in quanto è più probabile che prenditori «cattivi» o disinformati scelgano prestiti in valuta estera. In secondo luogo, dal punto di vista della politica monetaria un’informazione adeguata contribuisce a limitare gli attriti sul mercato, che rappresentano un comune ostacolo per i prestiti bancari e i canali di trasmissione del credito in senso ampio. Infine, nell’ottica della tutela dei consumatori, per assumere decisioni consapevoli è essenziale disporre di informazioni esaustive e trasparenti nonché di standard uniformi.

IV.1.2.   Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

I vantaggi che derivano da questa raccomandazione sono i seguenti.

a.

Una maggiore consapevolezza dei rischi. Informazioni adeguate circa i rischi connessi ai prestiti in valuta estera (ad esempio rischio valutario o inasprimento della politica monetaria nel paese estero) aiutano i prenditori privi di copertura a comprendere che i prestiti in valuta non sono esenti da rischi (41).

b.

Grazie una migliore informazione circa i rischi a cui vanno incontro nel momento in cui assumono prestiti in valuta, alcuni prenditori potrebbero internalizzare i rischi inerenti a tali prestiti I. non effettuando spese tanto elevate in tempi di moneta nazionale apprezzata, oppure II. scegliendo piuttosto di accendere un prestito in moneta nazionale. In ultima istanza, ciò potrebbe attenuare le fluttuazioni di reddito dei prenditori nel tempo e ridurre le insolvenze, quindi le perdite.

c.

Maggiore mitigazione dei rischi. La consapevolezza dei rischi stimolerebbe altresì i prenditori a evitare un’eccessiva leva finanziaria o ad acquistare un’assicurazione di copertura (ad esempio per il rischio di disoccupazione), anche a fronte della volatilità della valuta estera. L’acquisto di un’assicurazione comporta comunque dei costi.

d.

Contenere le vendite in violazione dei principi di correttezza e diligenza (mis-selling) e accrescere la sostituibilità dei prestiti. Una migliore informazione promuove un’impostazione più orientata alle esigenze della clientela, poiché il rappresentante della banca dovrà spiegare i rischi associati ai prestiti in valuta, rendendo più difficile l’applicazione di tattiche di marketing aggressive. Richiedere agli istituti di offrire prestiti in moneta nazionale per le medesime finalità accresce la sostituibilità dei prestiti (fra valuta estera e moneta nazionale) e quindi la competizione a beneficio dei prenditori.

Nondimeno vi sono anche i seguenti svantaggi .

e.

Sostituzione imperfetta dei prestiti. Nella misura in cui esiste soltanto una sostituzione imperfetta dei prestiti in valuta estera con prestiti in moneta nazionale (ad esempio per mancanza di fondi) o i tassi di interesse sui prestiti in valuta sono inferiori e al momento meno volatili di quelli sui prestiti nazionali nell’arco del ciclo economico, potrebbero insorgere alcuni costi in termini di variabilità del prodotto (42).

f.

Costi di conformità gravanti sugli istituti finanziari, incluso quello per il tempo dedicato alla preparazione della documentazione necessaria e alla spiegazione dei potenziali rischi derivanti da tali prestiti ai prenditori. Esistono costi di conformità anche per le autorità nazionali di vigilanza, connessi all’elaborazione e alla revisione degli indirizzi.

IV.1.3.   Seguito da dare alla raccomandazione

IV.1.3.1.   Tempistica

Si richiede ai destinatari di comunicare in due fasi al CERS le azioni intraprese per l’attuazione di questa raccomandazione. La prima fase si estende fino al 30 giugno 2012, la seconda fino al 31 dicembre 2012.

IV.1.3.2.   Criteri di conformità

Per la raccomandazione A si definiscono i seguenti criteri di conformità.

Per i destinatari che hanno già emanato indirizzi aventi per oggetto gli aspetti trattati nella raccomandazione:

a.

deve essere svolta una valutazione della necessità di rivedere tali indirizzi, alla luce di quanto è richiesto ai destinatari che non ne hanno ancora emanati;

b.

se gli indirizzi sono ritenuti insufficienti (per ottemperare alla raccomandazione A), i destinatari li dovrebbero riesaminare in modo da soddisfare tutti i criteri di conformità.

Per i destinatari che non hanno ancora emanato tali indirizzi:

c.

emanazione e pubblicazione degli indirizzi;

d.

gli indirizzi dovrebbero quanto meno contenere:

I.

menzione del fatto che gli istituti finanziari sono tenuti a mettere in luce l’impatto che avrebbe sulle rate di rimborso un grave deprezzamento della moneta locale;

II.

menzione del fatto che gli istituti finanziari sono tenuti a mettere in luce l’impatto che avrebbe sulle rate di rimborso un grave deprezzamento, affiancato da un incremento dei tassi di interesse esteri.

Per tutti i destinatari:

e.

deve essere svolta una valutazione dell’esistenza di prestiti in moneta locale equivalenti a quelli offerti dagli istituti finanziari in valuta estera.

IV.1.3.3.   Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

La comunicazione deve vertere su tutti i criteri di conformità. Gli Stati membri possono riferire per il tramite delle autorità nazionali di vigilanza.

La prima relazione, da presentare entro il 30 giugno 2012, deve contenere quanto segue.

Per i destinatari che hanno già emanato indirizzi:

a.

gli indirizzi adottati in precedenza;

b.

una valutazione della necessità di rivedere tali indirizzi alla luce dei criteri di conformità.

Per i destinatari che non hanno ancora emanato tali indirizzi:

c.

non è necessaria alcuna relazione.

La seconda relazione, da presentare entro il 31 dicembre 2012, deve contenere quanto segue.

Per i destinatari che hanno già emanato indirizzi:

d.

gli indirizzi rivisti, se i destinatari hanno ravvisato la necessità di riesaminare gli indirizzi adottati in precedenza.

Per i destinatari che non hanno ancora emanato tali indirizzi:

e.

gli indirizzi elaborati in seguito a questa raccomandazione.

Per tutti i destinatari:

f.

una valutazione dell’esistenza di prestiti in moneta locale equivalenti a quelli offerti dagli istituti finanziari in valuta estera. A tal fine costituirebbero, ad esempio, un valido supporto i rapporti di ispezioni in loco confermanti l’esistenza di tali prestiti.

IV.1.4.   Collegamenti con il quadro giuridico dell’Unione

Il CERS prende atto con favore della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, che contiene disposizioni specifiche sui prestiti in valuta e sulla tutela dei consumatori (43). La proposta prevede un periodo di due anni per il recepimento della direttiva da parte degli Stati membri dopo la sua entrata in vigore. Il progetto di relazione del Parlamento include ulteriori riferimenti ai prestiti in valuta, soprattutto per quanto concerne la possibilità di convertirli (44).

Tuttavia, la raccomandazione del CERS è ancora rilevante dato il suo ambito di applicazione più ampio (non riguarda soltanto gli immobili residenziali) e i requisiti più rigorosi che definisce riferendosi specificamente all’impatto «sulle rate di rimborso che deriverebbe da un forte deprezzamento della moneta avente corso legale nello Stato membro nel quale il prenditore è domiciliato e da un aumento del tasso di interesse estero» e includendo anche una disposizione sulla sostituibilità fra prestiti in valuta estera e prestiti in moneta nazionale.

IV.2.   Raccomandazione B – Merito di credito dei prenditori

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di:

1.

tenere sotto osservazione i livelli dei prestiti in valuta estera e dei disallineamenti valutari del settore privato non finanziario e adottare le misure necessarie a limitare i prestiti in valuta;

2.

consentire la concessione di prestiti in valuta estera unicamente a prenditori che dimostrino il proprio merito di credito, tenendo conto della struttura di rimborso del prestito e della capacità dei prenditori di resistere a shock avversi del cambio e del tasso di interesse estero;

3.

considerare la possibilità di introdurre requisiti di sottoscrizione più rigorosi, quali il rapporto fra servizio del debito e reddito e il rapporto prestito/valore.

IV.2.1.   Considerazioni economiche

Questa misura è intesa a potenziare la tenuta del sistema finanziario agli andamenti negativi del cambio che influenzano la capacità di servizio del debito da parte dei prenditori. A tal fine si richiede prova del merito di credito dei prenditori all’inizio di un contratto, con successive revisioni per tutta la sua durata, dando luogo a una limitazione della quantità e dell’ammontare dei prestiti in valuta.

Inoltre, i prenditori si suddividono in diverse categorie in base al rapporto prestito/valore e al rapporto debito/reddito: i prestatori possono limitare l’offerta di fondi aggiuntivi malgrado la disponibilità dei prenditori a pagare un certo prezzo (cioè gli interessi).

IV.2.2.   Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

I vantaggi che derivano dalla raccomandazione sono i seguenti.

a.

Ci si attende che questa sia la misura più efficace per conseguire l’obiettivo di ridurre i livelli eccessivi dei prestiti in valuta.

b.

In fase di ripresa e in tempi di valute apprezzate gli istituti finanziari realizzano minori profitti con le politiche in essere, intraprendendo attività sempre meno rischiose. Tuttavia, nell’arco del ciclo si potrebbe produrre l’impatto opposto e questa misura potrebbe contribuire a mitigare i cicli del credito  (45). I limiti posti al rapporto prestito/valore tutelano le banche da un’eccessiva assunzione di rischi, poiché attenuano le perdite bancarie in caso di insolvenza del prenditore (minore perdita in caso di insolvenza)  (46). I limiti posti al rapporto debito/reddito tutelano i prenditori da un eccesso di indebitamento e da costi di transazione derivanti da un’apertura/chiusura irresponsabile di posizioni debitorie (meno casi di insolvenza).

c.

Gli istituti finanziari assumerebbero un rischio di credito inferiore (a seguito della selezione dei migliori prenditori) per effetto dei livelli minimi regolamentari stabiliti in termini di reddito e di garanzie. In questo modo viene risparmiata e può essere destinata ad altre attività economiche praticabili una parte di capitale che sarebbe altrimenti utilizzata per assorbire perdite inaspettate connesse ai prestiti in valuta.

d.

L’esposizione ai disallineamenti valutari del settore privato non finanziario si limita a prenditori che hanno tutta la capacità di resistere ad andamenti negativi del cambio. Requisiti più severi per quanto concerne il merito di credito dei prenditori darebbero luogo a un minore impatto degli andamenti avversi del cambio sul portafoglio dei prestiti in valuta delle banche.

e.

Per tradurre in termini operativi l’obiettivo di un maggiore merito di credito dei prenditori, l’introduzione di rapporti espliciti debito/reddito e prestito/valore rappresenta una misura trasparente che si applicherebbe in maniera uniforme a tutti i prestatori nell’ambito di una giurisdizione. I rapporti debito/reddito e prestito/valore tengono conto anche dei due aspetti principali nella determinazione dell’affidabilità creditizia dei prenditori: le garanzie che questi sono in grado di costituire e la loro capacità di ottemperare agli obblighi di rimborso.

Nondimeno, vi sono anche i seguenti svantaggi .

f.

Costi potenziali in termini di attività economiche praticabili. Definire i livelli di merito di credito migliori in assoluto (ossia calibrare adeguatamente i rapporti prestito/valore e debito/reddito) che si possano attuare nella pratica rappresenta una sfida. Di conseguenza, se il livello di merito di credito è fissato su una soglia prudente, è probabile che alcuni prenditori, il cui merito di credito sarebbe stato altrimenti considerato idoneo, si vedano negare prestiti in valuta unicamente a causa del minimo regolamentare. Tuttavia, nel lungo periodo ci si può attendere che questi costi a breve termine siano più che compensati dalla mitigazione dei cicli del credito.

g.

Dato il potenziale conseguimento di profitti inferiori in fase di ripresa o in.tempi di valute apprezzate, gli istituti finanziari potrebbero avere incentivi ad assumere rischi in altri settori di attività per compensare tale perdita.

h.

Ulteriori sfide sono rappresentate dalla valutazione delle garanzie (illiquide e immobili) nel caso dei rapporti prestito/valore e dalla definizione di reddito nel caso dei rapporti debito/reddito, nonché dalla prociclicità che potrebbe emergere qualora fossero mantenuti costanti nel tempo i limiti stabiliti per i rapporti prestito/valore e debito/reddito. Tuttavia, la definizione di rapporti prestito/valore e debito/reddito variabili nel tempo è di per sé complessa. In primo luogo occorre che le autorità determinino la fase del ciclo economico e creditizio; in secondo luogo devono affrontare la sfida di inasprire i criteri allorché il clima generale di fiducia nell’economia è eccessivamente ottimistico. Un’ulteriore sfida riguarda il ritardo che si può verificare qualora sia necessario attuare misure legislative e/o questi rapporti variabili nel tempo debbano essere modificati.

i.

Gli istituti finanziari devono sostenere costi di conformità, data l’esigenza di tenere sotto osservazione i livelli di merito di credito dei propri prenditori. Si stima che tali costi siano modesti, poiché gli istituti dovrebbero in ogni caso provvedere a ciò. Anche le autorità di vigilanza devono sopportare costi di conformità, connessi alla necessità di verificare se gli istituti finanziari ottemperino alla raccomandazione.

IV.2.3.   Seguito da dare alla raccomandazione

IV.2.3.1.   Tempistica

Si richiede ai destinatari di comunicare al CERS le azioni intraprese per l’attuazione di questa raccomandazione entro il 31 dicembre 2012.

IV.2.3.2.   Criteri di conformità

Per la raccomandazione B si definiscono i seguenti criteri di conformità.

a.

Tenere sotto osservazione i livelli dei prestiti in valuta e dei disallineamenti valutari del settore privato non finanziario; questo esercizio dovrebbe quanto meno includere il monitoraggio dei seguenti indicatori.

Prestiti erogati da istituzioni finanziarie monetarie (IFM) residenti.

Consistenze

I.

prestiti totali in essere a favore delle famiglie denominati in una valuta diversa da quella locale / prestiti totali in essere a favore delle famiglie

II.

prestiti totali in essere a favore delle società non finanziarie denominati in una valuta diversa da quella locale / prestiti totali in essere a favore delle società non finanziarie

III.

prestiti totali in essere a favore delle famiglie denominati in una valuta diversa da quella locale / PIL cumulato degli ultimi quattro trimestri (prezzi nominali)

IV.

depositi totali in essere delle famiglie denominati in una valuta diversa da quella locale / PIL cumulato degli ultimi quattro trimestri (prezzi nominali)

V.

prestiti totali in essere a favore delle società non finanziarie denominati in una valuta diversa da quella locale / PIL cumulato degli ultimi quattro trimestri (prezzi nominali)

VI.

depositi totali in essere delle società non finanziarie denominati in una valuta diversa da quella locale / PIL cumulato degli ultimi quattro trimestri (prezzi nominali)

Flussi

VII.

flussi lordi di prestiti nuovi e rinegoziati denominati in una valuta diversa da quella locale, se del caso con una scomposizione nelle seguenti monete: euro, franco svizzero e yen.

Prestiti erogati da istituzioni diverse dalle IFM (cioè società di leasing, soggetti finanziari operanti nel settore dei prestiti al consumo, società di emissione o gestione di carte di credito ecc.).

VIII.

prestiti totali in valuta concessi da istituzioni diverse dalle IFM alle famiglie / prestiti totali concessi da istituzioni diverse dalle IFM alle famiglie

IX.

prestiti totali in valuta concessi da istituzioni diverse dalle IFM alle società non finanziarie / prestiti totali concessi da istituzioni diverse dalle IFM alle società non finanziarie.

b.

Raccogliere informazioni sui nuovi prestiti in valuta con riferimento al merito di credito dei prenditori.

c.

Assicurare che soltanto i prenditori in grado di dimostrare il proprio merito di credito e la capacità di resistere a gravi shock del cambio e dei tassi di interesse beneficino di nuovi prestiti in valuta.

d.

Fornire, se esiste, la definizione nazionale dei rapporti minimi che assicurino il merito di credito dei prenditori e/o la disponibilità di garanzie sufficienti (ad esempio rapporti debito/reddito e prestito/valore).

IV.2.3.3.   Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

La comunicazione deve fare riferimento a tutti i criteri di conformità. La relazione deve contenere:

a.

Gli indicatori da I. a IX. in formato serie temporale. I dati dovrebbero coprire almeno un anno dopo l’emissione della raccomandazione e dovrebbero avere almeno frequenza mensile per gli indicatori I. e II. e trimestrale per i rimanenti. Le autorità dovrebbero riferire anche le serie temporali sottostanti ciascun rapporto, in modo da consentire un’ulteriore elaborazione dei dati (ad esempio calcolo dei tassi di crescita). Inoltre, ove disponibili, andrebbero inclusi anche i dati storici riguardanti i tre anni prima dell’emissione della raccomandazione. I dati sui prestiti raccolti ai sensi del Regolamento BCE/2008/32, del 19 dicembre 2008, relativo al bilancio del settore delle istituzioni finanziarie monetarie (rifusione) (47) sono preferibili rispetto ad altre fonti di dati non standardizzate. La trasmissione dei dati sui prestiti in valuta da parte delle istituzioni diverse dalle IFM (indicatori VIII. e IX.) è da considerarsi un obiettivo da perseguire con il massimo impegno (48).

b.

Una valutazione, nonché i dati disponibili, sul merito di credito dei prenditori di nuovi prestiti. Se disponibili, dati sui rapporti debito/reddito e prestito/valore dei nuovi prestiti.

IV.2.4.   Collegamenti con il quadro giuridico dell’Unione

La summenzionata proposta di direttiva in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali (49) introduce l’obbligo per gli Stati membri di assicurare che, «nel quadro della richiesta di credito, i consumatori forniscano ai creditori e, se del caso, agli intermediari del credito informazioni complete e corrette circa la loro situazione finanziaria e personale» (50). Ciò si applica in senso generale; non riguarda specificamente i prestiti in valuta, ma obbliga gli Stati membri ad assicurare che i consumatori forniscano dette informazioni. La raccomandazione del CERS si spinge oltre quanto dispone la proposta di direttiva, richiedendo ai creditori di valutare il merito di credito dei prenditori e consentendo l’erogazione di nuovi prestiti soltanto a favore di soggetti con merito di credito adeguato.

ESPANSIONE DEL CREDITO

IV.3.   Raccomandazione C – Espansione del credito indotta dai prestiti in valuta estera

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di verificare se i prestiti in valuta alimentino un’eccessiva espansione del credito complessivo e, in tal caso, di adottare nuove regole o regole più rigorose rispetto a quelle delineate nella raccomandazione B.

IV.3.1.   Considerazioni economiche

La mitigazione dei cicli di forte espansione e contrazione, attraverso livelli di credito più equilibrati, potrebbe aiutare a ridurre al minimo le perdite di prodotto intertemporali, nonché la probabilità e la gravità delle bolle dei prezzi delle attività. Le regole da applicare nel quadro di questa raccomandazione funzionano in senso anticiclico nelle fasi di forte espansione, quando possono risultare auspicabili misure di controllo del credito sia in moneta nazionale sia in valuta estera.

IV.3.2.   Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

a.

Il principale vantaggio di questa raccomandazione è che mitiga il ciclo del credito quando viene indotto dai prestiti in valuta, limitando l’esuberanza e le pressioni inflazionistiche e quindi riducendo il rischio del formarsi e dello scoppio di bolle. In una prospettiva intertemporale, nell’arco del ciclo ci si potrebbero attendere flussi creditizi più stabili e minori perdite di valore (ad esempio delle garanzie). Esercitando una pressione verso il basso sulla crescita economica nel breve periodo, questa raccomandazione incoraggia le autorità di vigilanza ad «andare controvento», cioè ad applicare misure più rigide quando gli operatori di mercato, inclusi i politici, assumono rischi eccessivi o appaiono addirittura euforici. Questa misura offre altresì alle autorità la flessibilità necessaria quando occorrono regole ancora più rigide riguardo al merito di credito dei prenditori di prestiti in valuta.

b.

Il principale svantaggio della raccomandazione, ossia i costi di conformità, dovrebbe essere trascurabile se le autorità hanno già attuato misure tese a garantire il merito di credito dei prenditori.

IV.3.3.   Seguito da dare alla raccomandazione

IV.3.3.1.   Tempistica

Si richiede ai destinatari di comunicare al CERS le azioni intraprese per l’attuazione di questa raccomandazione entro il 31 dicembre 2012.

IV.3.3.2.   Criteri di conformità

Per la raccomandazione C si definiscono i seguenti criteri di conformità.

a.

Tenere sotto osservazione il contributo dei livelli dei prestiti in valuta, con una scomposizione in base alle principali monete (da parte degli istituti finanziari sia nazionali che esteri), e dei disallineamenti valutari del settore privato non finanziario (famiglie e società non finanziarie vanno considerate separatamente) alla crescita complessiva del credito. A questo scopo possono essere utilizzati gli indicatori di cui alla sezione IV.2.3.2.

b.

Definire su base nazionale quando i prestiti in valuta inducano un’eccessiva espansione del credito.

c.

Giustificare i casi in cui le autorità rilevino che l’espansione del credito sia indotta unicamente da alcuni tipi di prestito in valuta a favore del settore privato non finanziario.

d.

Qualora si riscontri che i prestiti in valuta inducono un’espansione eccessiva del credito, introdurre misure nuove o più rigorose di quelle intraprese per contenere i prestiti in valuta, ad esempio in termini di rapporti debito/reddito o prestito/valore, oppure altro.

IV.3.3.3.   Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

La comunicazione deve fare riferimento a tutti i criteri di conformità. La relazione deve contenere:

a.

un’indicazione della crescita dei prestiti in valuta rispetto all’espansione complessiva del credito;

b.

la definizione dei casi in cui i prestiti in valuta inducano un’eccessiva espansione del credito;

c.

una giustificazione dei casi in cui le autorità rilevino che l’espansione del credito sia indotta unicamente da alcune tipologie di prestiti in valuta a favore del settore privato non finanziario;

d.

le misure intraprese, qualora fosse stato riscontrato che i prestiti in valuta contribuivano all’espansione eccessiva del credito; se del caso, in che modo sono state rese più rigorose tali misure;

e.

gli atti giuridici/normativi a fondamento di tali misure.

IV.3.4.   Collegamenti con il quadro giuridico dell’Unione

La riserva di capitale anticiclica, proposta nel regolamento sui requisiti patrimoniali (51), è la sola misura prudenziale che potrebbe, come effetto secondario, contribuire a limitare la crescita eccessiva del credito nelle fasi di forte espansione. Tuttavia, la raccomandazione differisce da questo quadro giuridico in quanto si incentra direttamente sulla crescita del credito indotta dai prestiti in valuta.

Errata valutazione del prezzo del rischio e capacità di tenuta

IV.4.   Raccomandazione D – Gestione interna dei rischi

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di fornire agli istituti finanziari indirizzi per una migliore computazione dei rischi inerenti ai prestiti in valuta estera nei sistemi interni di gestione dei rischi. Tali indirizzi dovrebbero quanto meno riguardare lo schema interno di determinazione del prezzo del rischio e allocazione del capitale. Gli istituti finanziari dovrebbero essere tenuti a dare attuazione a tali indirizzi in modo proporzionato alle proprie dimensioni e alla propria complessità.

IV.4.1.   Considerazioni economiche

Questa misura crea incentivi per gli istituti finanziari affinché individuino più efficacemente i rischi occulti e i rischi di coda e internalizzino i relativi costi. Inoltre, ove vi siano differenze di computazione dei rischi connessi ai prestiti in valuta tra gli enti creditizi nazionali, la raccomandazione istituisce approcci più omogenei riguardo agli elementi che intervengono nella determinazione del prezzo del rischio.

IV.4.2.   Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

I vantaggi che derivano da questa raccomandazione sono i seguenti.

a.

L’emanazione di indirizzi comunicherebbe con chiarezza l’opinione delle autorità secondo cui i prestiti in valuta richiedono un’adeguata considerazione nei sistemi di gestione interna dei rischi degli enti creditizi, trasmettendo implicitamente il giudizio che i prestiti in valuta sono percepiti come più rischiosi di quelli in moneta nazionale. Se tali indirizzi riguardassero, come minimo, lo schema interno di determinazione del prezzo del rischio e allocazione del capitale, ne deriverebbe un incentivo a una determinazione del prezzo corretta per il rischio. Inoltre, consentirebbe alle autorità competenti di tenere conto delle specificità dei sistemi di gestione dei rischi di ogni settore finanziario.

b.

Gli istituti finanziari tenderebbero a internalizzare ulteriormente i costi associati ai rischi inerenti ai prestiti in valuta tenendone conto nei rispettivi sistemi di gestione interna dei rischi. Quanto più tali costi sono internalizzati, tanto meno i costi delle esternalità gravano su altri operatori economici.

c.

Nel medio-lungo periodo, grazie alla migliore valutazione dei rischi le attività economiche non praticabili intraprese dovrebbero diminuire. Ciò significherebbe minori perdite per gli istituti finanziari e riduzioni di reddito più contenute per i prenditori impossibilitati a rimborsare il prestito quando i rischi si concretizzino, poiché potrebbero perdere le garanzie.

Nondimeno, vi sono anche i seguenti svantaggi .

d.

Questa misura richiede ai destinatari di elaborare «indirizzi», che non sono giuridicamente vincolanti. L’aderenza agli indirizzi da parte degli enti creditizi dipende pertanto dal grado di moral suasion esercitato dalle autorità. Di conseguenza, la loro attuazione probabilmente varierà sia all’interno del settore bancario sia da un paese all’altro.

e.

Gli istituti finanziari e le autorità di vigilanza devono sostenere costi di conformità per integrare tali indirizzi nei sistemi di gestione interna dei rischi e per valutare l’adeguatezza dei sistemi. Secondo le attese, tali costi sarebbero piuttosto contenuti in termini incrementali, poiché rappresentano solo una componente dei sistemi di gestione interna dei rischi, prevedibilmente già operativi presso gli istituti finanziari e già sottoposti alla valutazione delle autorità di vigilanza (cfr. il quadro giuridico dell’Unione alla sezione IV.4.4).

IV.4.3.   Seguito da dare alla raccomandazione

IV.4.3.1.   Tempistica

Si richiede ai destinatari di riferire al CERS in due fasi in merito alle azioni intraprese per attuare questa raccomandazione. La prima relazione deve essere presentata entro il 30 giugno 2012 e la seconda entro il 31 dicembre 2012.

IV.4.3.2.   Criteri di conformità

Per la raccomandazione D si definiscono i seguenti criteri di conformità.

Per le autorità che hanno già emanato indirizzi aventi per oggetto gli aspetti trattati nella raccomandazione:

a.

deve essere svolta una valutazione della necessità di rivedere tali indirizzi, alla luce di quanto è richiesto alle autorità che non ne hanno ancora emanati;

b.

se gli indirizzi sono ritenuti insufficienti (per ottemperare alle raccomandazione D), le autorità dovrebbero riesaminarli in modo da soddisfare tutti i criteri di conformità.

Per le autorità che non hanno ancora emanato tali indirizzi:

c.

elaborazione e pubblicazione degli indirizzi;

d.

gli indirizzi dovrebbero quanto meno contemplare:

I.

la richiesta che gli istituti eroganti credito in valuta a prenditori privi di copertura integrino i rischi specifici inerenti a tale attività nei rispettivi sistemi di gestione interna dei rischi;

II.

la richiesta che gli istituti finanziari tengano conto dei rischi derivanti dai prestiti in valuta nei rispettivi schemi interni di determinazione del prezzo del rischio e allocazione del capitale.

IV.4.3.3.   Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

La comunicazione deve fare riferimento a tutti i criteri di conformità.

La prima relazione, da presentare entro il 30 giugno 2012, deve contemplare quanto segue.

Per le autorità che hanno già emanato indirizzi:

a.

gli indirizzi adottati in precedenza;

b.

una valutazione della necessità di rivedere gli indirizzi alla luce dei criteri di conformità.

Per le autorità che non hanno ancora emanato tali indirizzi:

c.

non è necessaria alcuna relazione.

La seconda relazione deve contemplare quanto segue.

Per le autorità che hanno già emanato indirizzi:

d.

gli indirizzi rivisti, se le autorità hanno ravvisato la necessità di riesaminare gli indirizzi adottati in precedenza.

Per le autorità che non hanno ancora emanato tali indirizzi:

e.

gli indirizzi elaborati in seguito a questa raccomandazione.

IV.4.4.   Collegamenti con il quadro giuridico dell’Unione

La gestione interna dei rischi è stata trattata in molti rapporti elaborati dal Comitato delle autorità europee di vigilanza (Committee of European Banking Supervisors, CEBS) e dell’EBA. Inoltre, la direttiva sui requisiti patrimoniali (52) e la direttiva sull’adeguatezza patrimoniale (53) prevedono disposizioni in materia. Infine, la Commissione europea ha predisposto il Libro verde sul governo societario negli istituti finanziari e sulle politiche di remunerazione (54), che essendo generico nell’impostazione non avanza proposte concrete.

Nelle pubblicazioni di CEBS-EBA che affrontano la questione del governo societario si menziona la gestione interna dei rischi, ma senza alcun riferimento specifico ai prestiti in valuta. Si potrebbe affermare che la raccomandazione del CERS integri le pubblicazioni di CEBS-EBA.

IV.5.   Raccomandazione E – Requisiti patrimoniali

1.

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di attuare misure specifiche conformemente al secondo pilastro del nuovo schema di regolamentazione di Basilea 2 (55) e, in particolare, di richiedere agli istituti finanziari una dotazione patrimoniale adeguata per coprire i rischi associati ai prestiti in valuta estera, specie quelli derivanti dall’esistenza di una relazione non lineare tra rischi di credito e di mercato. La valutazione a tale riguardo dovrebbe essere effettuata secondo il processo di riesame e valutazione prudenziale descritto nell’articolo 124 della Direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi e al suo esercizio (56) oppure ai sensi di un’analoga normativa futura dell’Unione sui requisiti patrimoniali degli enti creditizi. Si raccomanda a tale riguardo che l’autorità responsabile per l’ente creditizio in questione intervenga prima a livello regolamentare; qualora consideri tale azione insufficiente a contrastare adeguatamente i rischi connessi ai prestiti in valuta estera l’autorità responsabile per la vigilanza su base consolidata può adottare misure idonee ad attenuare i rischi osservati, in particolare attraverso l’imposizione di requisiti patrimoniali aggiuntivi all’ente creditizio impresa madre nell’Unione.

2.

Si raccomanda all’EBA di fornire orientamenti alle autorità nazionali di vigilanza in merito ai requisiti patrimoniali di cui al paragrafo 1.

Per valutare l’efficacia delle misure raccomandate il CERS si avvarrà delle informazioni trasmesse dalle autorità nazionali di vigilanza nelle comunicazioni sul seguito dato alla raccomandazione. Sulla base di questa valutazione il CERS riesaminerà l’aspetto della relazione non lineare tra rischi di credito e di mercato entro la fine del 2014.

IV.5.1.   Considerazioni economiche

L’obiettivo di questa misura è «correggere» la determinazione del prezzo dei prestiti in valuta internalizzando i rischi inerenti. La più elevata dotazione patrimoniale accresce anche la tenuta del sistema agli shock negativi in virtù di una maggiore capacità di assorbimento delle perdite.

IV.5.2.   Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

I vantaggi che derivano da questa raccomandazione sono i seguenti.

a.

Grazie ai più alti livelli patrimoniali gli istituti finanziari presentano una maggiore capacità di tenuta agli andamenti negativi del cambio, poiché possono assorbire perdite più elevate. Ciò consente, indirettamente, una maggiore stabilità del flusso di credito all’economia (attraverso il ciclo).

b.

Requisiti patrimoniali più elevati, conseguiti attraverso l’adeguatezza patrimoniale in conformità del secondo pilastro, creano incentivi a una determinazione del prezzo corretta per il rischio e producono, a parità di tutte le altre condizioni, un effetto frenante sui prestiti in valuta. Tuttavia, l’impatto della più elevata dotazione patrimoniale sulla determinazione del prezzo dipende dall’elasticità della domanda e dell’offerta, dalla scarsità di capitale e dalla concorrenza. Se la concorrenza è elevata, il capitale ampiamente disponibile e l’offerta troppo elastica, la maggiore dotazione patrimoniale dovrebbe essere molto cospicua per potere influenzare la determinazione del prezzo.

c.

Quanto più i costi sono internalizzati, tanto meno i costi delle esternalità vengono a gravare su altri operatori economici. I costi internalizzati dagli istituti finanziari possono essere trasmessi o meno alla clientela. Per i prestiti in essere, se tali costi fossero trasferiti alla clientela, quest’ultima si troverebbe a sostenere tassi di interesse più elevati, oltre ad assumersi il rischio di cambio, e vedrebbe ridotta la propria capacità di rimborso. Nel caso dei nuovi prestiti, se tali costi fossero traslati alla clientela, si avrebbe una flessione dei prestiti accesi o degli importi richiesti dai prenditori. Se i costi non fossero trasmessi ai prenditori, gli istituti finanziari potrebbero realizzare minori profitti nelle fasi di espansione. Tuttavia, l’impatto attraverso il ciclo è difficile da determinare e può essere positivo.

Nondimeno, vi sono anche i seguenti svantaggi .

d.

Se la raccomandazione costituisce un vincolo attivo, almeno in un primo tempo gli istituti finanziari sopporteranno costi più elevati, corrispondenti alla differenza tra il costo del «capitale aggiuntivo» e il «nuovo» costo del debito (suscettibile di diminuzione in virtù della maggiore capacità di tenuta degli istituti).

e.

Le autorità di vigilanza devono sopportare costi di conformità per la conduzione del processo di riesame.

f.

L’esplicita indicazione di detenere maggiore capitale per far fronte a perdite inattese derivanti dai prestiti in valuta equivale a richiedere, inequivocabilmente, agli istituti finanziari di considerare i costi potenziali che potrebbero scaturire da andamenti negativi del cambio. Tuttavia, per gli istituti con livelli di capitale notevolmente superiori ai minimi obbligatori, questa dotazione patrimoniale più elevata può non costituire un vincolo attivo. Per tale ragione le raccomandazioni D ed E dovrebbero essere attuate congiuntamente.

IV.5.3.   Seguito da dare alla raccomandazione

IV.5.3.1.   Tempistica

Si richiede ai destinatari nazionali di riferire al CERS in merito alle azioni intraprese per attuare questa raccomandazione entro il 31 dicembre 2012. Si richiede all’EBA di riferire, per la prima fase, entro il 31 dicembre 2012 e, per la seconda, entro il 31 dicembre 2013.

IV.5.3.2.   Criteri di conformità

Con riferimento alla raccomandazione E si definiscono i seguenti criteri di conformità per i destinatari nazionali:

a.

Attraverso il processo di riesame prudenziale le autorità dovrebbero riscontrare se gli istituti che erogano credito in valuta presentino sufficiente capitale per coprire i rischi inerenti a questa attività.

b.

Se si ritiene che il capitale detenuto non copra tali rischi, le autorità dovrebbero richiedere agli istituti finanziari di aumentare a tal fine i livelli patrimoniali.

Per l’EBA:

c.

Gli orientamenti dovrebbero essere emanati e pubblicati.

IV.5.3.3.   Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

La comunicazione deve fare riferimento a tutti i criteri di conformità.

La relazione dei destinatari nazionali deve contemplare:

a.

riscontri dell’attuazione del processo di riesame prudenziale per quanto riguarda gli istituti con un’elevata percentuale di prestiti in valuta (divisa estera dalla prospettiva del prenditore privo di copertura);

b.

informazioni su come le autorità di vigilanza stimino le carenze patrimoniali degli istituti che erogano prestiti in valuta a prenditori privi di copertura, sotto il profilo del secondo pilastro;

c.

informazioni sull’entità delle carenze patrimoniali, a livello aggregato, per l’intero sistema finanziario nazionale (capitale richiesto dopo il processo di riesame prudenziale meno capitale detenuto prima del processo).

La relazione dell’EBA deve contemplare:

d.

riferimenti ai passi compiuti in vista di adottare gli orientamenti, per quanto riguarda la relazione da presentare entro il 31 dicembre 2012;

e.

gli orientamenti formulati, per quanto riguarda la relazione da presentare entro il 31 dicembre 2013.

IV.5.4.   Collegamenti con il quadro giuridico dell’Unione

I requisiti di capitale sono regolamentati dalla direttiva sui requisiti patrimoniali e dalla direttiva sull’adeguatezza patrimoniale e in futuro saranno disciplinati dal regolamento sui requisiti patrimoniali (57). Questa raccomandazione si avvale degli strumenti del quadro giuridico esistente (benché soggetto a revisione) per far fronte ai rischi derivanti dai prestiti in valuta. È noto che la proposta di regolamento si trova nella fase finale di definizione. Tuttavia, gli Stati membri dovrebbero poter mantenere o introdurre disposizioni nazionali volte a contrastare il rischio inerente ai prestiti in valuta per i prenditori in base al metodo standard applicabile al rischio di credito, qualora i prestiti siano concessi a prenditori privi di copertura, purché tali disposizioni non siano in contraddizione con la normativa dell’Unione.

RISCHI DI LIQUIDITÀ E DI FINANZIAMENTO

IV.6.   Raccomandazione F – Liquidità e finanziamento

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza di tenere sotto stretta osservazione i rischi di finanziamento e di liquidità assunti dagli istituti finanziari in relazione ai prestiti in valuta estera, nonché le posizioni complessive di liquidità. Particolare attenzione dovrebbe essere prestata ai rischi relativi:

(a)

all’accumularsi di qualsiasi disallineamento valutario e delle scadenze tra attività e passività;

(b)

al ricorso ai mercati esteri degli swap in valuta (inclusi gli swap su tassi di interesse in più valute);

(c)

alla concentrazione delle fonti di finanziamento.

Prima che le esposizioni ai rischi menzionati raggiungano livelli eccessivi, le autorità nazionali di vigilanza dovrebbero considerare di limitarle, evitando una dissoluzione disordinata delle strutture di finanziamento esistenti.

Per valutare l’efficacia delle misure raccomandate, il CERS si avvarrà delle informazioni trasmesse dalle autorità nazionali di vigilanza nelle comunicazioni sul seguito dato alla raccomandazione. Sulla base di questa valutazione il CERS riesaminerà la questione entro la fine del 2014.

Come menzionato nella proposta della Commissione sui requisiti patrimoniali (58), l’EBA raccoglierà informazioni sull’attuazione del regime di liquidità a livello dell’Unione, con riferimento al «requisito di copertura della liquidità» e alla «stabilità dei finanziamenti» (59). L’EBA prenderà atto dei timori espressi nella raccomandazione e potrà considerare di formulare orientamenti prima dell’attuazione formale del regolamento.

IV.6.1.   Considerazioni economiche

Poiché la provvista a breve termine è meno onerosa di quella a lungo termine, è possibile che gli istituti si finanzino eccessivamente nel breve periodo. Ciò è connesso a un problema di azzardo morale, poiché gli istituti si attendono un intervento pubblico di erogazione di fondi in valuta, in particolare attraverso le banche centrali (60), allorché i mercati non operino in modo adeguato. Tale problema crea una distorsione in quanto gli istituti non si aspettano di sostenere tutti i rischi che assumono. In tale contesto, la raccomandazione cerca di ovviare a detta carenza del mercato, limitando i rischi di rifinanziamento e di concentrazione per conseguire livelli di disallineamento delle scadenze più sostenibili e maggiore capacità di tenuta agli andamenti negativi dei mercati di raccolta. Tale raccomandazione inoltre è intesa a ridurre al minimo il contagio attraverso il canale della liquidità.

IV.6.2.   Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

L’attuazione di questa raccomandazione sul finanziamento e sulla liquidità presenta i seguenti vantaggi .

a.

Ridimensiona il problema dell’azzardo morale imponendo limiti ai rischi di finanziamento e di liquidità che gli istituti possono assumere.

b.

Accresce la capacità di resistenza alle instabilità nei mercati di raccolta, contenendo i rischi di rifinanziamento e i livelli di trasformazione delle scadenze, nonché la concentrazione. Questo significa che in tempi di crisi dei mercati gli istituti finanziari (1) non si troverebbero a sostenere maggiori costi di provvista poiché non sarebbero costretti a rifinanziarsi con tale frequenza o per tale entità in condizioni avverse; (2) potrebbero continuare a condurre le loro attività per un periodo più lungo senza dovere ricorrere a misure più drastiche, quali la vendita di attività o l’interruzione del flusso di credito.

Questa raccomandazione presenterebbe, secondo le attese, i seguenti svantaggi .

c.

In periodi di finanziamento abbondante e poco oneroso vi è un costo di provvista maggiore, che corrisponde alla differenza tra i «nuovi» costi, dovuti ad esempio alla scadenza più lunga del debito, e i costi che emergerebbero in assenza di intervento normativo.

d.

Il maggiore costo del finanziamento potrebbe, in ultima analisi, riflettersi in un aumento dei costi del credito per la clientela. Pur essendo a prima vista un aspetto negativo, ciò può in realtà contribuire a correggere il prezzo di tali prestiti.

e.

Sussiste incertezza riguardo al fatto che vi sia sufficiente offerta di fondi a più lungo termine nel mercato valutario.

f.

Le autorità di vigilanza devono sostenere costi di conformità per il monitoraggio e la valutazione dei livelli di esposizione.

IV.6.3.   Seguito da dare alla raccomandazione

IV.6.3.1.   Tempistica

Si richiede ai destinatari di riferire al CERS entro il 31 dicembre 2012 in merito alle azioni intraprese per attuare questa raccomandazione.

IV.6.3.2.   Criteri di conformità

Per la raccomandazione F si definiscono i seguenti criteri di conformità:

a.

Tenere sotto osservazione le condizioni di finanziamento e di liquidità degli istituti finanziari, inclusi come minimo i seguenti indicatori (61):

I.

provvista raccolta da ciascuna controparte significativa / attività complessive (62);

II.

ammontare degli swap in valuta (lordo) / passività complessive, disaggregate per divisa;

III.

disallineamenti delle scadenze tra attività e passività in valuta (per ogni divisa pertinente) rispetto ai disallineamenti delle scadenze tra attività e passività in moneta nazionale, per le fasce temporali più pertinenti (63), (64);

IV.

disallineamento valutario tra attività e passività.

b.

Limitare le esposizioni, ove le autorità nazionali di vigilanza ritengano eccessivi i rischi di liquidità e di finanziamento.

IV.6.3.3.   Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

La comunicazione deve vertere su tutti i criteri di conformità. La relazione dei destinatari dovrebbe contenere:

a.

un riferimento alle condizioni di liquidità e di finanziamento del sistema finanziario e a come sono influenzate dalle attività di prestito in valuta;

b.

un riferimento agli indicatori definiti nella sezione IV.6.3.2;

c.

ove pertinente, i limiti imposti alle esposizioni ai rischi di finanziamento e di liquidità;

d.

ove pertinente, copia dell’atto normativo o della decisione ufficiale che stabilisce i limiti.

IV.6.4.   Collegamenti con il quadro giuridico dell’Unione

Ad oggi non sono stati varati regolamenti dell’Unione sulla liquidità e sul finanziamento. Con il recepimento di Basilea 3 (65) nella legislazione europea, si dovranno detenere attività liquide sufficienti a resistere a condizioni di liquidità avverse per un mese. Verranno adottati ulteriori strumenti di monitoraggio – segnalazioni sulla provvista stabile – connessi maggiormente agli aspetti strutturali menzionati nella raccomandazione (quali i disallineamenti delle scadenze). Tuttavia, tali strumenti saranno in via provvisoria utilizzati al solo scopo di osservazione. Pertanto, ci si attende che le autorità non si limitino a ricorrere agli strumenti di monitoraggio contemplati nei regolamenti europei, una volta disponibili, ma si spingano oltre e colgano tutti gli altri aspetti della raccomandazione, che ad esempio superano la soglia di un anno. Vi è inoltre una differenza nei tempi di attuazione.

Alle riserve di liquidità fa riferimento anche il CEBS negli orientamenti esposti in Guidelines on Liquidity Buffers and Survival Periods, secondo cui quando un soggetto responsabile della gestione della liquidità detiene consistenze rilevanti in una valuta, esso presenta di conseguenza un livello elevato di rischio di liquidità in tale valuta e dovrebbe costituire una riserva per farvi fronte (66). Si ribadisce che la raccomandazione del CERS ha una prospettiva più strutturale.

PORTATA E COORDINAMENTO A LIVELLO DI UNIONE

IV.7.   Raccomandazione G – Reciprocità

1.

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza degli Stati membri di origine dei relativi istituti finanziari di imporre in materia di prestiti in valuta estera misure rigorose almeno quanto quelle in vigore nello Stato membro ospitante in cui operano fornendo servizi transfrontalieri o attraverso succursali. La presente raccomandazione si applica unicamente ai prestiti in valuta estera concessi a prenditori domiciliati negli Stati membri ospitanti. Ove pertinente, le misure dovrebbero applicarsi a livello individuale, sub-consolidato e consolidato.

2.

Si raccomanda alle autorità nazionali di vigilanza degli Stati membri di origine dei relativi istituti finanziari di pubblicare sui propri siti Internet le misure adottate dalle autorità di vigilanza degli Stati ospitanti; si raccomanda a queste ultime di comunicare tutte le misure, vigenti e nuove, in materia di prestiti in valuta estera a tutte le relative autorità di vigilanza degli Stati di origine nonché al CERS e all’EBA.

IV.7.1.   Considerazioni economiche

L’elevato grado di integrazione del settore finanziario nell’Unione ha ridotto l’efficienza delle misure attuate dalle autorità nazionali. Il quadro normativo può raggiungere l’obiettivo di stabilità finanziaria a livello di Unione solo se parimenti applicato in tutti gli Stati membri, evitando lacune.

In tali circostanze si avverte l’esigenza di un approccio organico a livello di Unione (o persino a livello internazionale). Le misure adottate sul piano nazionale dovrebbero essere rispettate dalle autorità dei paesi di origine; le autorità degli Stati di origine e di quelli ospitanti dovrebbero impegnarsi a collaborare in modo più efficiente. Per agevolare la reciprocità delle misure e conseguire l’adeguato coordinamento tra le autorità dei paesi di origine e di quelli ospitanti, gli interventi di vigilanza possono essere discussi in seno ai collegi competenti.

Sono di seguito esposti alcuni chiarimenti ed esempi volti a precisare l’attuazione del principio di reciprocità.

Questa raccomandazione, in pratica, significa che se una certa misura macroprudenziale è attuata nello Stato A dell’Unione per far fronte ai rischi inerenti ai prestiti in valuta, tutte le altre autorità nazionali dei paesi dell’Unione richiederanno agli istituti soggetti alla loro vigilanza di attenersi a quella misura nell’erogazione di prestiti in valuta alla clientela dello Stato A, anche quando i prestiti siano concessi da succursali o quale attività transfrontaliera. Tuttavia, ciò non lede la capacità dell’autorità del paese di origine di eseguire la vigilanza su base consolidata.

Il requisito di applicare tutte le misure a livello individuale, sub-consolidato e consolidato non significa che, nel caso di un gruppo bancario transfrontaliero, una misura imposta da un paese di origine ai prenditori nazionali debba valere per i prenditori di tutti gli altri paesi in cui il gruppo bancario è attivo (e che sono consolidati nel bilancio dei rispettivi gruppi). Se, ad esempio, il paese Blu impone un rapporto prestito/valore più severo per i mutui ipotecari in valuta, questa misura non si applica ai mutui ipotecari in valuta negli altri paesi (ospitanti / diversi da Blu) in cui opera una banca del paese Blu. Nondimeno, la reciprocità richiede a tutte le banche degli altri paesi (diversi da Blu) operanti nel paese Blu (tramite succursali o per attività diretta dell’impresa madre) di attenersi al rapporto prestito/valore più severo per tutti i mutui ipotecari in valuta nel paese Blu.

Esempio ipotetico: il paese Blu rileva rischi sistemici derivanti dai prestiti in valuta e inasprisce il rapporto prestito/valore in essere per i mutui ipotecari in valuta della clientela nazionale. I paesi Bianco, Arancione e Viola sono paesi di origine delle autorità di vigilanza di istituti che erogano prestiti in valuta nel paese Blu (mediante controllate o succursali, oppure per attività diretta dell’impresa madre). Dopo avere approvato l’inasprimento del rapporto prestito/valore e prima che tale misura entri in vigore, il paese Blu la comunica, insieme alla data di attuazione, ai paesi Bianco, Arancione e Viola. Questi ultimi richiedono, attraverso un mezzo di loro scelta, agli istituti sottoposti alla loro vigilanza che erogano prestiti in valuta nel paese Blu di attenersi al rapporto prestito/valore più severo per tutte le operazioni effettuate sul territorio del paese Blu. Tale rapporto sarebbe quindi applicato al territorio del paese Blu, indipendentemente dal creditore (purché si trovi nell’Unione).

IV.7.2.   Valutazione dei vantaggi e degli svantaggi

I principali vantaggi che derivano da questa raccomandazione sono i seguenti.

a.

La raccomandazione ridurrebbe al minimo la possibilità di arbitraggio normativo transfrontaliero, rendendo più efficaci le misure delle autorità nazionali riguardanti i prestiti in valuta. Inoltre, una maggiore esperienza nel coordinamento transfrontaliero può essere acquisita introducendo la necessità di informare adeguatamente le autorità di vigilanza coinvolte.

b.

Mediante la richiesta di applicare le raccomandazioni a livello individuale, sub-consolidato e consolidato si assicura che le esposizioni siano coperte e trattate in modo analogo indipendentemente dalla loro collocazione all’interno di un gruppo finanziario.

Vi sono anche i seguenti svantaggi e costi .

c.

Costi di conformità per le autorità di vigilanza: dopo che una nuova misura macroprudenziale volta a far fronte ai rischi derivanti dai prestiti in valuta sia entrata in vigore, le autorità nazionali di vigilanza (dei paesi ospitanti) dovrebbero darne comunicazione a tutte le autorità dei paesi di origine, affinché queste ultime richiedano agli istituti finanziari soggetti alla loro vigilanza di applicare gli standard dei paesi ospitanti. L’esigenza di coinvolgere tempestivamente le autorità dei paesi di origine e di informarle circa le misure previste pone delle sfide.

IV.7.3.   Seguito da dare alla raccomandazione

IV.7.3.1.   Tempistica

Si richiede ai destinatari di riferire al CERS entro il 31 dicembre 2012 in merito alle azioni intraprese per attuare questa raccomandazione.

IV.7.3.2.   Criteri di conformità

Per la raccomandazione G si definiscono i seguenti criteri di conformità:

a.

scongiurare l’arbitraggio normativo;

b.

riscontri della richiesta di reciprocità agli istituti operanti in altri paesi. Tali riscontri possono essere costituiti da protocolli di intesa, accordi conclusi in seno ai collegi di vigilanza, decisioni ufficiali oppure qualsiasi altro atto sufficiente ad assicurare reciprocità;

c.

prestiti diretti transfrontalieri in una valuta diversa dalla moneta locale del paese del prenditore (informazioni che le autorità dei paesi di origine devono fornire);

d.

riguardo alla portata dell’applicazione di tutte le raccomandazioni, il criterio della conformità consiste nell’applicazione delle raccomandazioni da A a F a livello individuale, sub-consolidato e consolidato.

IV.7.3.3.   Comunicazione sul seguito dato alla raccomandazione

La comunicazione deve fare riferimento a tutti i criteri di conformità.

La relazione dei destinatari deve contenere:

a.

copia dell’atto che attesta l’applicazione della reciprocità;

b.

una breve valutazione della sua efficacia.

Le relazioni sulle raccomandazioni da A a F devono precisare la portata dell’applicazione.

VALUTAZIONE COMPLESSIVA DELLE MISURE DI POLITICA

Per tutte le raccomandazioni summenzionate, i benefici derivanti dalla loro attuazione superano i costi connessi.

Nel complesso, queste misure mirano principalmente a ridurre il rischio sistemico attraverso vari mezzi, tenendo presente l’esigenza di correggere le carenze che vi contribuiscono.

Uno dei maggiori benefici attesi è il ridimensionamento dell’azzardo morale attraverso incentivi di correzione (quali i miglioramenti della gestione interna dei rischi e i requisiti patrimoniali) oppure limitando l’assunzione dei rischi (ad esempio tramite i requisiti relativi al merito di credito del prenditore). Per la natura stessa del fenomeno, ossia l’elevato impatto qualora i fattori di rischio si realizzino, è possibile che gli istituti finanziari ignorino gli scenari peggiori poiché si attendono sostegno da parte delle autorità.

Un altro dei principali benefici è il potenziamento della capacità di tenuta del settore finanziario e la limitazione del flusso di credito in periodi di esuberanza. Secondo le attese, sul piano intertemporale ciò produrrebbe un effetto positivo: minori perdite di valore ad esempio in caso di scoppio di bolle. Infine, sempre da annoverare tra i benefici più importanti, vi è il fatto che queste raccomandazioni, quale effetto secondario, aiutino le autorità a gestire in modo più efficiente le altre politiche economiche.

I costi principali sono connessi ai maggiori costi del capitale e della provvista per gli istituti finanziari e all’eventuale mancanza di validi sostituti qualora non fosse più possibile concedere (sufficienti) prestiti in valuta ad alcuni prenditori privi di copertura. In questo caso, in alcuni periodi del ciclo vi potrebbe essere un flusso di credito relativamente più esiguo, suscettibile di contenere la crescita economica a breve termine. Tuttavia, nel medio-lungo periodo l’espansione economica dovrebbe trarre vantaggio da queste misure.

Infine, queste misure comportano costi di conformità sia per gli istituti finanziari sia per le autorità di vigilanza.


(1)  I PECO comprendono Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania, Slovenia, Slovacchia, Estonia, Lettonia e Lituania, nonché paesi terzi quali Croazia e Serbia.

(2)  La copertura del rischio valutario può configurarsi, fra l’altro, come copertura naturale, quando una famiglia/impresa non finanziaria riceve redditi in valuta estera (ad esempio rimesse/proventi di esportazioni), o copertura finanziaria, che presuppone un contratto con un istituto finanziario. Quest’ultima forma è spesso considerata non accessibile alle famiglie e ad alcune PMI soprattutto per via dei costi relativamente elevati. Includere nell’analisi le società non finanziarie prive di copertura, per le quali non vi sono dati disponibili, con molta probabilità non modificherebbe il campione dei paesi considerati in questa sede.

(3)  Bulgaria, Lettonia, Lituania, Ungheria, Austria, Polonia e Romania.

(4)  Questa include società non finanziarie, ausiliari finanziari, altri intermediari finanziari, imprese di assicurazione e fondi pensione, famiglie e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie.

(5)  I termini «istituto», «istituto finanziario che eroga crediti» e «istituto finanziario» sono di seguito utilizzati indistintamente per indicare tutti gli istituti finanziari in grado di concedere crediti, ossia principalmente le banche, ma anche qualsiasi altro istituto non bancario capace di svolgere questa funzione.

(6)  In Ungheria e Romania il finanziamento delle imprese madri ha rappresentato circa il 50-70% del totale delle passività sull’estero del settore bancario. Per ulteriori informazioni cfr. Walko, Z., «The refinancing structure of banks in selected CESEE countries», Financial Stability Report, n. 16, Oesterreichische Nationalbank, novembre 2008.

(7)  Ad esempio in Bulgaria, Lettonia e Lituania, che hanno adottato regimi di currency board o di ancoraggio della moneta nazionale all’euro.

(8)  Questa preferenza è emersa per le ragioni seguenti: 1) i costi di accensione dei mutui sono relativamente bassi, 2) nasce una relazione di lungo periodo con la clientela (opportunità di vendita di altri prodotti), 3) i mutui hanno solitamente importi ingenti e scadenze lunghe, favorendo pertanto una rapida crescita dell’attivo delle banche. Gli istituti finanziari inoltre hanno promosso l’erogazione di mutui in quanto, per via delle garanzie, sono percepiti come meno rischiosi di altre tipologie di prestiti.

(9)  Una rassegna di varie ricerche sui prestiti in valuta indica che la volatilità della divisa estera è la determinante più robusta di tali prestiti, se si escludono i depositi in valuta e il tasso di cambio reale e la volatilità dell’inflazione. Cfr. Hake, M., «Determinants of foreign currency loans in CESEE countries: a meta-analysis», presentazione al 69th East Jour Fixe of the Oesterreichische Nationalbank, giugno 2011.

(10)  I prestiti erano prevalentemente denominati in valuta estera o indicizzati a valuta e il finanziamento era (o è stato convertito) in divisa estera; i prenditori però ricevevano i prestiti in moneta locale. Questo significa che gli istituti finanziari vendevano fondi in valuta, reperiti presso le imprese madri o nei mercati all’ingrosso, oppure ricevuti nell’ambito di contratti di swap, sul mercato a pronti, esercitando pressioni al rialzo sulle monete nazionali.

(11)  Il deprezzamento della moneta nazionale può persino ridurre la motivazione dei prenditori a pagare il dovuto poiché, ad esempio, il valore del prestito supera quello delle garanzie. Tale meccanismo è tuttavia prevalente in mercati (ad esempio gran parte del mercato dei mutui ipotecari degli Stati Uniti) nei quali le banche limitano gli sforzi di recupero alla raccolta delle garanzie, perdendo di vista canali di rimborso rappresentati da altre attività e redditi del prenditore.

(12)  Cfr. 2011 EU-wide stress test aggregate report, EBA, 15 luglio 2011, pag. 28.

(13)  Questa problematica è stata approfondita in uno studio guidato dalla Oesterreichische Nationalbank e condotto da un gruppo di lavoro della Research Task Force del Comitato di Basilea. Cfr. Breuer, T., Jandacka, M., Rheinberger, K. e Summer, M., «Does adding up of economic capital for market- and credit risk amount to conservative risk assessment?», Journal of Banking and Finance, vol. 34(4), 2010, pagg. 703-712.

(14)  Secondo l’FMI si può parlare di boom del credito se la sua crescita supera di 1,75 volte la deviazione standard dell’oscillazione media del credito intorno al trend osservato per tale paese. Cfr. FMI, «Are credit booms in emerging markets a concern?», World Economic Outlook, aprile 2004, pag. 151. La motivazione alla base è la seguente: supponendo che le osservazioni della crescita del credito fossero tratte da una distribuzione normale, esisterebbe soltanto il 5% delle probabilità che la deviazione standard fosse superata di un fattore più elevato di 1,75. Cfr. anche Boissay et al., Is lending in central and eastern Europe developing too fast?, bozza preliminare di rapporto, 31 ottobre 2005. Le fasi di forte espansione del credito sono definite dall’FMI come intervalli di tempo in cui la crescita media del credito in termini reali supera il 17% per un periodo di tre anni.

(15)  Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Romania, Slovenia e Slovacchia.

(16)  Cfr. Rosenberg, C. e Tirpák, M., «Determinants of foreign currency borrowing in the new Member States of the EU», Working Paper dell’FMI, n. 8/173, luglio 2008.

(17)  Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Guidance for national authorities operating the countercyclical buffer, dicembre 2010. Per un’analisi delle riserve anticicliche nel contesto di un’eccessiva espansione del credito e di bolle delle attività nei paesi nordici, cfr. Financial Stability Report No 1/2011, Sveriges Riksbank, 2011, pag. 52.

(18)  Per un esame delle difficoltà connesse alla stima dell’espansione eccessiva del credito nei PECO utilizzando il filtro di Hodrick-Prescott e per una presentazione generale dei metodi alternativi, cfr. Geršl, A. e Seidler, J., «Excessive credit growth as an indicator of financial (in)stability and its use in macroprudential policy», Financial Stability Report 2010/2011, Česká Národni Banka, pag. 112.

(19)  Paesi di origine: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito. Paesi ospitanti: Bulgaria, Repubblica Ceca, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia e Romania.

(20)  Crediti bancari internazionali, consolidati, sulla base del prenditore immediato. I crediti internazionali di banche del paese A verso banche del paese B comprendono i crediti bancari transfrontalieri verso le banche del paese B in tutte le valute contabilizzate da tutti gli uffici delle banche del paese A su scala mondiale, oltre ai crediti in divisa diversa dalla moneta locale verso banche non collegate residenti nel paese B contabilizzati da collegate estere di banche del paese A ubicate nel paese B.

(21)  Cfr. Fratzscher, M., «On currency crises and contagion», Working Paper della BCE n. 139, aprile 2002. Questo lavoro propone una metodologia di valutazione dell’importanza del canale di trasmissione tra due paesi sulla base dell’esposizione al prestatore comune, tenendo conto unicamente del canale dei prestiti bancari e ipotizzando una trasmissione uniforme dello shock tra i paesi.

(22)  Le sei «principali banche» comprendono i sei gruppi bancari austriaci con le maggiori esposizioni (in termini di attività sull’estero) nei PECO e nella CSI.

(23)  Cfr. Brzoza-Brzezina, M., Chmielewski, T. e Niedźwiedzińska, J., «Substitution between domestic and foreign currency loans in central Europe. Do central banks matter?», Working Paper della BCE n. 1187, aprile 2010.

(24)  Anche nell’eventualità in cui i prestiti fossero versati in divisa estera, in ultima istanza il denaro dovrebbe comunque essere convertito nella moneta locale nel momento in cui il beneficiario finale (ad esempio il venditore di una proprietà immobiliare) desiderasse acquistare beni e servizi.

(25)  Cfr. Galindo, A., Panizza, U. e Schiantarelli, F.,«Debt composition and balance sheet effects of currency depreciation: a summary of the micro evidence», Emerging Markets Review, vol. 4, n. 4, 2010, pagg. 330-339.

(26)  Cfr. ad esempio Hausmann, R., Panizza, U. e Stein, E., «Why do countries float the way they float?», Journal of Development Economics, vol. 66, n. 2, 2001, pagg. 387-414.

(27)  Cfr. Caballero, R. e Krishnamurthy, A., «Inflation targeting and sudden Stopps» in Bernanke, B. e Woodford, M., (a cura di), The Inflation Targeting Debate, National Bureau of Economic Research, Chicago, 2005.

(28)  I paesi in esame sono: Albania, Bulgaria, Cile, Colombia, Corea del Sud, Croazia, Egitto, Indonesia, Israele, Kazakistan, Lettonia, Macedonia, Messico, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Serbia, Singapore, Turchia, Ucraina e Ungheria.

(29)  Ad esempio in Russia, paese che ha perso circa il 40% delle proprie riserve in valuta durante la crisi, i timori erano principalmente connessi all’indebitamento transfrontaliero delle banche in divisa estera, mentre la quota di prestiti interni in valuta era moderata.

(30)  Bijsterbosch, M. e Dahlhaus, T., Determinants of credit-less recoveries, Working Paper della BCE n. 1358, giugno 2011.

(31)  Nella risposta del 3 dicembre 2010 a un’interrogazione del Parlamento europeo (E-8389/2010) il commissario Barnier ha affermato che il divieto assoluto sancito per legge di erogare prestiti in valuta non sembra soddisfare il principio di proporzionalità.

(32)  L’anno indica la prima volta che la misura è stata introdotta. Se la misura è stata rafforzata è riportato più di un anno.

(33)  Le misure sono menzionate anche quando si riferiscono solo a raccomandazioni e non a disposizioni legislative vere e proprie.

(34)  In Ungheria questa misura è stata annunciata ma mai attuata ed è applicabile unicamente ai prestiti in yen.

(35)  In Romania sono stati imposti requisiti patrimoniali più elevati agli enti creditizi con esposizioni ai prestiti in valuta eccessive rispetto al settore.

(36)  Nel luglio 2011 il governo ungherese ha abrogato la legge sul divieto di erogare mutui ipotecari in valuta (), ma allo stesso tempo ha emanato un decreto () che ne limita la concessione a prenditori in grado di certificare un reddito mensile nella valuta di denominazione del prestito superiore al salario minimo moltiplicato per 15. Benché queste misure abbiano abolito il divieto assoluto di accordare mutui ipotecari in valuta, i criteri sono talmente severi che oltre il 99 % dei cittadini ungheresi non possiede i requisiti per assumere un tale prestito.

(37)  Legge XC del 2010 concernente la formulazione e la modifica di alcune disposizioni legislative afferenti questioni economiche e finanziarie.

(38)  Decreto governativo n. 110/2011 riguardante la modifica del decreto governativo n. 361/2009 sulle condizioni di concessione prudente di prestiti al dettaglio e sulla valutazione del merito di credito.

(39)  Questa osservazione è corroborata da un’analisi della casistica di Ungheria, Hong Kong e Corea del Sud.

(40)  Regolamento (UE) n. 1092/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativo alla vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario nell’Unione europea e che istituisce il Comitato europeo per il rischio sistemico (GU L 331 del 15.12.2010, pag. 1).

(41)  I prenditori privi di copertura, ovvero soprattutto le famiglie, sono tipicamente inconsapevoli dei rischi inerenti ai prestiti in valuta; possono essere attratti da tassi di interesse nominali inferiori a quelli dei prestiti in moneta nazionale e tendono a sottovalutare il rischio di un deprezzamento della moneta interna oppure non comprendono l’impatto di tale deprezzamento sui costi di servizio del debito e sull’importo complessivo dovuto.

(42)  Variazioni del prodotto nel corso del ciclo sono un esito atteso di tutte le raccomandazioni. Pur essendo ripetitivo, tale fattore sarà menzionato in relazione a tutte le raccomandazioni pertinenti, in quanto può differire l’incidenza di ciascuna sul prodotto. Inoltre, in questo modo si agevola il lettore, che altrimenti dovrebbe consultare tutte le sezioni di valutazione.

(43)  COM(2011) 142 definitivo. Cfr. proposte di articoli 9, paragrafo 1, lettera f, e 11.

(44)  Progetto di relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali n. 2011/0062(COD) del 18 luglio 2011. Cfr. proposte di emendamento nn. 32, 140, 152, 153 e 154.

(45)  Uno dei principali insegnamenti della crisi recente è che la crescita economica alimentata dall’indebitamento è fragile e che l’obiettivo da perseguire dovrebbe essere la crescita economica nel medio-lungo termine.

(46)  In tal caso il prenditore potrebbe perdere la proprietà immobiliare. In presenza di un rapporto prestito/valore elevato il prenditore può facilmente veder scendere il valore del proprio immobile al di sotto del debito acceso per acquisirlo, se l’ordinamento del paese non prevede il diritto per chi contrae un mutuo ipotecario di chiudere un’operazione di mutuo senza essere responsabile di versare l’ammontare del prestito in essere che eccede il valore della garanzia (clausola walk-away).

(47)  GU L 15 del 20.1.2009, pag. 14.

(48)  I paesi che non siano in grado di fornire informazioni circa l’indebitamento in valuta delle istituzioni diverse dalle IFM e degli enti creditizi esterni dovrebbero adottare un approccio prudente nel trattare i rischi connessi ai prestiti in valuta e sono incoraggiati a raccogliere tali dati in futuro. Come è riconosciuto, i paesi che presentano la serie di dati più esaustiva (comprendente cioè i prestiti in valuta delle istituzioni diverse dalle IMF) possono ritrovarsi con dati di indebitamento in valuta più elevati. Ciò non andrà tuttavia a scapito di questi paesi rispetto a quanti non sono in grado di fornire tali informazioni.

(49)  Cfr. nota 36.

(50)  Cfr. proposta di articolo 15, paragrafo 1.

(51)  Cfr. proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti prudenziali degli enti creditizi e delle imprese di investimento, COM(2011) 452 definitivo, del 20.7.2011. La proposta contempla elementi, sviluppati e concordati a livello mondiale, dei requisiti patrimoniali e di liquidità degli enti creditizi noti come Basilea 3.

(52)  Direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi e al suo esercizio (rifusione) (GU L 177 del 30.6.2006, pag. 1).

(53)  Direttiva 2006/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi (rifusione) (GU L 177 del 30.6.2006, pag. 201).

(54)  COM(2010) 284 definitivo.

(55)  I pilastri sono definiti in base allo schema di regolamentazione di Basilea 2; cfr. Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali, giugno 2006, disponibile sul sito Internet della Banca dei regolamenti internazionali all’indirizzo www.bis.org.

(56)  GU L 177 del 30.6.2006, pag. 1.

(57)  Cfr. la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti prudenziali degli enti creditizi e delle imprese di investimento, COM(2011) 452 definitivo, del 20.7.2011. La proposta prevede elementi, sviluppati e concordati a livello mondiale, dei requisiti patrimoniali e di liquidità degli enti creditizi noti come Basilea 3.

(58)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti prudenziali degli enti creditizi e delle imprese di investimento, COM(2011) 452 definitivo e proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la Direttiva 2002/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario, COM(2011) 453 definitivo.

(59)  Cfr. (a) Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Basilea 3 – Schema internazionale per la misurazione, la regolamentazione e il monitoraggio del rischio di liquidità, dicembre 2010, sezioni II.1 e II.2, disponibile all’indirizzo http://www.bis.org/publ/bcbs188_it.pdf e (b) proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti patrimoniali degli enti creditizi e delle imprese di investimento COM(2011) 452 definitivo: parte sei; parte nove, articolo 444; parte 10, titolo II, articolo 481.

(60)  L’aspettativa di ricevere sostegno può differire in base al mandato della banca centrale.

(61)  Gli indicatori (I) e (III) sono analoghi a quelli proposti quali strumenti di monitoraggio nel documento Basilea 3 – Schema internazionale per la misurazione, la regolamentazione e il monitoraggio del rischio di liquidità, dicembre 2010 (http://www.bis.org/publ/bcbs188_it.pdf).

(62)  Questo indicatore corrisponde allo strumento di monitoraggio III.2.2.A. sulla concentrazione della raccolta, Basilea 3 – Schema internazionale per la misurazione, la regolamentazione e il monitoraggio del rischio di liquidità, dicembre 2010, pagg. 33-34.

(63)  Le fasce temporali devono essere definite da ciascuna autorità nazionale.

(64)  Questo indicatore corrisponde allo strumento di monitoraggio III.1. sui disallineamenti delle scadenze contrattuali, Basilea 3 – Schema internazionale per la misurazione, la regolamentazione e il monitoraggio del rischio di liquidità, dicembre 2010, pagg. 32-33.

(65)  Cfr. nota 54.

(66)  http://www.eba.europa.eu/documents/Publications/Standards---Guidelines/2009/Liquidity-Buffers/Guidelines-on-Liquidity-Buffers.aspx. Cfr. paragrafo 75.