ISSN 1725-2466

doi:10.3000/17252466.C_2011.166.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 166

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

54o anno
7 giugno 2011


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato delle regioni

 

89a sessione plenaria del 31 marzo e del 1o aprile 2011

2011/C 166/01

Risoluzione del Comitato delle regioni sul tema Le conseguenze delle catastrofi naturali e del disastro nucleare in Giappone: gli insegnamenti per l'Unione europea

1

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

89a sessione plenaria del 31 marzo e del 1o aprile 2011

2011/C 166/02

Parere del Comitato delle regioni sul tema Relazione sulla cittadinanza UE 2010

3

2011/C 166/03

Parere del Comitato delle regioni sul tema Revisione del bilancio dell'Unione europea

9

2011/C 166/04

Parere del Comitato delle regioni sul tema Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale

18

2011/C 166/05

Parere del Comitato delle regioni sul tema Strategia per la regione danubiana

23

2011/C 166/06

Parere del Comitato delle regioni sul tema Orientamenti 2011-2020 per la sicurezza stradale

30

2011/C 166/07

Parere del Comitato delle regioni sul tema Quinta relazione sulla coesione

35

2011/C 166/08

Parere del Comitato delle regioni sul tema Il futuro del Fondo sociale europeo dopo il 2013

45

2011/C 166/09

Parere del Comitato delle regioni sul tema Verso un atto per il mercato unico

52

 

III   Atti preparatori

 

Comitato delle regioni

 

89a sessione plenaria del 31 marzo e del 1o aprile 2011

2011/C 166/10

Parere del Comitato delle regioni sul tema Lavoro stagionale e trasferimenti intrasocietari

59

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato delle regioni

89a sessione plenaria del 31 marzo e del 1o aprile 2011

7.6.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 166/1


Risoluzione del Comitato delle regioni sul tema «Le conseguenze delle catastrofi naturali e del disastro nucleare in Giappone: gli insegnamenti per l'Unione europea»

2011/C 166/01

Il Comitato delle regioni e gli enti regionali e locali in esso rappresentati:

1.

presentano le loro condoglianze ed esprimono i sensi della loro vicinanza e solidarietà al popolo giapponese e a quanti sono stati colpiti dal terremoto, dallo tsunami e dagli incidenti nella centrale nucleare, nonché dalle conseguenze di queste calamità;

2.

si dichiarano disposti a fornire assistenza alle popolazioni e agli enti regionali e locali nelle aree del Giappone interessate dal disastro, ed esortano la Commissione europea ad offrire, e se necessario a coordinare, misure di aiuto adeguate in conformità con le esigenze e la sensibilità specifiche del popolo giapponese;

3.

invitano le autorità giapponesi alla massima trasparenza possibile e a diffondere informazioni aggiornate sulle conseguenze della catastrofe nucleare, che potrebbe avere gravi ripercussioni in altre regioni del mondo; ribadiscono la loro volontà di fornire aiuti e consulenza tecnica;

4.

esortano i loro membri a dare prova di solidarietà nel quadro degli accordi di partenariato e di cooperazione in vigore con gli enti regionali e locali del Giappone, e ad attuare, ovunque sia possibile, progetti di assistenza efficaci e concreti sul campo, avvalendosi delle reti di contatti di cui dispongono;

5.

sottolineano che i recenti avvenimenti in Giappone mettono in evidenza il ruolo importante degli enti regionali e locali, i quali si trovano a fronteggiare in prima linea le calamità naturali o provocate dall'uomo; sottolineano inoltre che anche nell'Unione europea occorre riaprire il dibattito sulle questioni centrali della sicurezza con il coinvolgimento di tutti i livelli di governo;

6.

rammentano in questo contesto i principi di solidarietà, cooperazione, coordinamento e sostegno nell'ambito della prevenzione delle catastrofi e della reazione ad esse, e appoggiano la proposta di istituire un sistema di protezione civile dell'UE (1), in particolare il previsto potenziamento del Centro di monitoraggio e informazione (Monitoring and Information Centre, MIC); ricordano l'impegno della Commissione europea a rafforzare la capacità dell'Europa di reagire alle catastrofi grazie ad unità e risorse messe a disposizione dagli Stati membri, e chiedono alla Commissione, nel quadro delle sue competenze in materia di azioni di sostegno, di proporre misure atte a migliorare lo scambio delle indispensabili informazioni operative, a livello non solo nazionale ma anche regionale e locale;

7.

sostengono l'iniziativa della Commissione europea di avviare senza indugio un rigoroso controllo di tutte le centrali nucleari nell'UE ad opera di esperti indipendenti e in conformità di severi criteri di sicurezza comuni, nonché di promuovere l'ulteriore sviluppo di tali criteri non soltanto per la sicurezza nucleare, ma anche a scopi di gestione delle emergenze e di protezione civile; sono convinti che i suddetti controlli debbano essere obbligatori, e quindi deplorano il fatto che il Consiglio europeo riunitosi in marzo non abbia accolto questo suggerimento;

8.

rivolgono pertanto un pressante appello agli Stati membri affinché definiscano criteri comuni e decidano il lancio immediato di valutazioni esaustive del rischio e della sicurezza («stress test») delle centrali esistenti e future, compreso il loro impatto sugli Stati membri e sulle regioni confinanti; sottolineano che occorre coinvolgere in questo processo anche i paesi non appartenenti all'Unione europea in cui esistono installazioni nucleari o ne è in programma la costruzione e adottare le misure necessarie per migliorare ulteriormente i meccanismi d'informazione transfrontalieri sulle questioni della sicurezza riguardanti gli impianti nucleari e la particolare dimensione transfrontaliera della gestione delle crisi e dell'intervento in caso di disastri; mettono l'accento sul fatto che questi «stress test» dovrebbero essere previsti dai negoziati per le future adesioni e che dovrebbe essere ottimizzato il coinvolgimento dei paesi o regioni vicini nel processo di autorizzazione degli impianti nucleari; chiedono infine la chiusura di tutte le centrali nucleari che non superino tali test;

9.

chiedono che sia effettuata senza indugi un'analisi dello stato d'attuazione della direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio, del 25 giugno 2009, che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari, e se necessario una modifica di tale direttiva;

9 bis

invitano la Commissione europea a presentare proposte di requisiti minimi per l'assicurazione degli impianti nucleari, affinché siano adeguatamente coperti rispetto ai rischi finanziari legati a un incidente al reattore che possa causare la fuoriuscita di materiale radioattivo nell'ambiente;

10.

approvano gli elevati criteri di sicurezza definiti nella proposta di direttiva del Consiglio sulla gestione delle scorie nucleari 2010/0306 (NLE), al fine di garantire uno smaltimento sicuro delle scorie altamente radioattive e del combustibile nucleare esaurito, e chiedono che gli enti regionali e locali interessati siano coinvolti in questo processo;

11.

dichiarano la propria disponibilità ad analizzare, in stretta collaborazione con gli organi nazionali ed europei competenti, i settori che rientrano nella loro sfera di responsabilità (ad esempio per quanto riguarda procedure di autorizzazione, piani di risposta alle emergenze ecc.) e se del caso ad aggiornarli alla luce delle lezioni del disastro avvenuto in Giappone, nonché dei dati scientifici più recenti;

12.

invitano la Commissione europea ad aumentare il sostegno finanziario per la cooperazione con i paesi terzi nel campo della prevenzione delle catastrofi naturali e provocate dall'uomo e della formazione per farvi fronte;

13.

chiedono che siano promosse con determinazione ancora maggiore le misure necessarie per risparmiare energia, aumentare significativamente l'efficienza energetica e riconvertire l'approvvigionamento energetico dell'Unione europea verso fonti rinnovabili di energia sicure, sostenibili ed economicamente accessibili; hanno particolarmente a cuore la cosiddetta «Terza rivoluzione industriale» o «democratizzazione della produzione di energia», che prevede un decentramento della produzione, dello stoccaggio e della distribuzione dell'energia del futuro, in modo da garantire la sicurezza energetica e un'economia basata sulle energie rinnovabili, e da permettere ai cittadini e agli enti regionali e locali di avere un'influenza diretta in materia. Essi inoltre si impegnano a favore delle modifiche infrastrutturali necessarie per creare reti elettriche aperte e intelligenti ed esortano la Commissione europea a riunire il prima possibile gli enti regionali e locali e le parti interessate del settore, per dare il via a una trasformazione della produzione d'energia in Europa;

14.

chiedono una politica di comunicazione aperta e giusta da parte di tutti i fornitori di energia nucleare e la creazione di collaborazioni efficaci fra tali fornitori, gli Stati membri e gli enti regionali e locali;

14 bis

sono favorevoli, soprattutto nel campo delle energie rinnovabili, ad un maggiore decentramento della produzione e della distribuzione di energia, così da potenziare la produzione locale e regionale, ridurre la distanza tra produttori e consumatori, limitare la dipendenza dai grandi fornitori di energia a livello mondiale, aumentare la creazione di ricchezza a livello decentrato e, soprattutto, migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico in caso di catastrofe; chiedono alla Commissione europea, anche nella prospettiva della strategia Europa 2020, di garantire un più ampio sostegno agli enti regionali e locali negli sforzi, già notevoli, che essi mettono in atto nel settore delle energie rinnovabili e allo scopo di conseguire una ampia autosufficienza nell'approvvigionamento energetico;

15.

tenuto conto degli obiettivi in materia di cambiamenti climatici e del fatto che il 30 % dell'energia elettrica prodotta nell'UE proviene attualmente da centrali nucleari, ritengono che sia necessaria una riflessione realistica sul futuro mix energetico dell'UE, e invitano pertanto la Commissione a promuovere forme rinnovabili e più efficienti di energia, tenendo presente l'obiettivo di rafforzare l'indipendenza energetica dell'Europa e di ridurre progressivamente la dipendenza dall'energia nucleare;

16.

danno mandato alla Presidente del CdR di presentare questa risoluzione al Presidente del Consiglio europeo, alla presidenza ungherese dell'UE, alla Commissione europea, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e alle autorità giapponesi competenti.

Bruxelles, 1o aprile 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Potenziare la reazione europea alle catastrofi: il ruolo della protezione civile e dell’assistenza umanitaria, COM(2010) 600 definitivo.


PARERI

Comitato delle regioni

89a sessione plenaria del 31 marzo e del 1o aprile 2011

7.6.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 166/3


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Relazione sulla cittadinanza UE 2010»

2011/C 166/02

IL COMITATO DELLE REGIONI

è consapevole che la cittadinanza europea, oltre a costituire un elemento che permette alle diverse identità nazionali di convivere nell'Unione europea a prescindere dalle modalità di attribuzione della cittadinanza nazionale, coinvolgendo i cittadini nel processo di integrazione comunitaria, concorre ad accrescere la costruzione della democrazia europea;

si è dichiarato a favore di ogni iniziativa capace di incrementare la partecipazione dei cittadini al processo democratico dell'Unione, anche attraverso azioni di democrazia diretta e partecipativa e di colmare il deficit democratico nell'UE;

sottolinea la necessità di rafforzare la consapevolezza dei cittadini sul loro status di cittadini dell'UE, sui loro diritti e doveri ed il significato di questi nelle loro vite quotidiane;

ritiene che le disposizioni sulla cittadinanza dell'Unione vadano lette insieme al principio per cui le decisioni devono essere prese nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini;

è consapevole che gli enti regionali e locali sono nella posizione migliore per promuovere una migliore comprensione della cittadinanza europea ed evidenziare i vantaggi concreti che essa conferisce ai singoli individui;

sottolinea che gli enti locali e regionali hanno da tempo sperimentato iniziative di successo, proponendosi quali promotori e facilitatori di cittadinanza;

sottolinea la necessità di adottare azioni capaci di garantire la formazione e l'educazione alla cittadinanza, il superamento dei vari ostacoli e delle asimmetrie e lacune informative, l'acquisizione di un consapevole e libero esercizio dei propri diritti e doveri;

sottolinea la responsabilità di tutti i livelli di governo nel contribuire a costruire una «cultura dei diritti».

Relatore

Roberto PELLA (IT/PPE), consigliere comunale di Valdengo

Testo di riferimento

Relazione 2010 sulla cittadinanza dell'Unione - Eliminare gli ostacoli all'esercizio dei diritti dei cittadini dell'Unione

COM(2010) 603 definitivo

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Il contesto: la cittadinanza europea dopo l'adozione del Trattato di Lisbona

1.

esprime apprezzamento per la Relazione sui progressi verso l'effettiva cittadinanza dell'UE 2007-2010  (1), che descrive i vari sviluppi intercorsi nel settore della cittadinanza nello stesso periodo ed accompagna la Relazione 2010 sulla cittadinanza dell'Unione - Eliminare gli ostacoli all'esercizio dei diritti dei cittadini dell'Unione;

2.

condivide l'approccio adottato dalla relazione di individuare i principali ostacoli che i cittadini incontrano ancora quotidianamente quando devono esercitare i loro diritti legati alla cittadinanza nell'Unione europea nei diversi contesti di vita, l'obiettivo di rilevare gli ostacoli per poi rimuoverli affinché i cittadini europei possano godere appieno dei loro diritti e la volontà della Commissione di rafforzare la «cittadinanza europea» in maniera concreta ed efficace;

3.

esprime apprezzamento per la comunicazione che accompagna la relazione sulla cittadinanza intitolata Verso un atto per il mercato unico - Per un'economia sociale di mercato altamente competitiva  (2), la quale si rivolge all'eliminazione di ostacoli per i cittadini europei nell'esercizio di quei diritti conferiti loro dall'acquis del mercato unico, nella fattispecie quando agiscono come operatori economici (imprenditori, consumatori o lavoratori) nel mercato unico;

4.

ricorda che una tappa fondamentale e altamente simbolica nella costruzione di un'identità europea e di una democrazia europea è stata l'introduzione, con il Trattato di Maastricht, della «cittadinanza europea», che è stata riconosciuta a tutti i cittadini degli Stati membri dell'Unione europea e considerata con l'adozione del Trattato di Amsterdam un complemento della cittadinanza nazionale;

5.

sottolinea che le novità normative introdotte dal Trattato di Lisbona hanno segnato un rafforzamento della cittadinanza europea considerata addizionale (non semplicemente complementare) e non sostitutiva della cittadinanza nazionale;

6.

è consapevole che la cittadinanza europea, oltre a costituire un elemento che permette alle diverse identità nazionali di convivere nell'Unione europea a prescindere dalle modalità di attribuzione della cittadinanza nazionale, coinvolgendo i cittadini nel processo di integrazione comunitaria, concorre ad accrescere la costruzione della democrazia europea, così come riconosciuto dal Trattato sull'Unione europea, che ha incluso la cittadinanza europea tra i principi democratici insieme al principio dell'uguaglianza dei cittadini europei;

7.

sottolinea che secondo il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea i cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei Trattati, ai quali bisogna aggiungere i diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, alla quale l'Unione ha inteso aderire con l'adozione del Trattato di Lisbona, nonché i diritti e le libertà sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che con il Trattato di Lisbona ha acquistato lo stesso valore giuridico dei Trattati;

8.

sottolinea che i diritti sui quali la relazione sulla cittadinanza UE pone l'accento sono da un lato diritti spettanti in via esclusiva ai cittadini dell'Unione e dall'altro lato diritti fondamentali, che spettano anche ai cittadini di paesi terzi;

9.

è consapevole che la cittadinanza dell'Unione costituisce oggi lo statuto fondamentale dell'individuo, soggetto politico del processo di integrazione europea, permettendo a tutti di avere lo stesso trattamento indipendentemente dalla loro nazionalità;

10.

è consapevole che la conoscenza e la promozione della cittadinanza europea costituisce un fattore fondamentale e strategico soprattutto nei paesi che sono diventati membri dell'Unione negli ultimi anni ed in quelli che domandano di diventare membro dell'Unione;

11.

ricorda che il Trattato sull'Unione europea richiede ai paesi che intendono diventare membri dell'Unione e agli Stati membri il rispetto e la promozione dei valori su cui si fonda l'Unione, il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze, valori comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini;

12.

sottolinea che il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, già nella sua raccomandazione agli Stati membri del 16 ottobre 2002, ha riconosciuto «che l'educazione alla cittadinanza democratica dovrebbe essere trattata come attinente a qualsiasi formale, informale o non formale attività didattica, inclusa la formazione attuata dalla famiglia, per permettere a un individuo di agire attraverso tutta la sua vita come un cittadino attivo e responsabile nell'ambito dei propri diritti e responsabilità in una società democratica»;

13.

ricorda che nella comunicazione del settembre del 2005 su Un'agenda comune per l'integrazione, la Commissione, nel prospettare il quadro per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi nell'Unione europea, ha invitato gli Stati membri a «porre l'accento sull'educazione civica nei programmi di accoglienza e altre attività per i cittadini di paesi terzi appena arrivati affinché gli immigrati comprendano e rispettino i valori comuni nazionali e europei, e ne traggano beneficio»;

14.

rileva che sin dall'avvio del dibattito sul futuro dell'Europa, il CdR si è dichiarato a favore di ogni iniziativa capace di incrementare la partecipazione dei cittadini al processo democratico dell'Unione, di inserirsi nel quadro delle azioni di democrazia diretta e partecipativa e di contribuire in maniera sostanziale a colmare il deficit democratico nell'UE, e in particolare accoglie con soddisfazione i progressi conseguiti a tale proposito con il Trattato di Lisbona;

15.

ricorda che, con il parere dal titolo Nuove forme di governo: Europa, un quadro per l'iniziativa dei cittadini, il Comitato delle regioni aveva invitato l'UE a rendere più democratiche e trasparenti le proprie politiche e strutture decisionali in modo da creare un quadro ideale per la partecipazione e le iniziative dei cittadini a livello europeo, ed aveva inoltre chiesto di istituire meccanismi in grado di favorire un dialogo politico interattivo e di mettere in pratica il principio della democrazia partecipativa;

16.

sottolinea che nell'ambito delle priorità politiche individuate per il periodo 2010-2012 esso ha ribadito che il consolidamento del ruolo istituzionale del CdR implica il riconoscimento del carattere prioritario dell'attuazione delle disposizioni del Trattato di Lisbona relative alle regioni o comunque aventi una componente territoriale come l'iniziativa dei cittadini; si compiace dell'adozione del regolamento (UE) n. 211/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, riguardante l'iniziativa dei cittadini, nel quale hanno trovato accoglimento molte delle esigenze segnalate dal Comitato delle regioni (CdR 167/2010 fin);

17.

sottolinea la necessità per i cittadini europei di andare oltre gli ostacoli alla libera circolazione e di poter interamente godere dei loro diritti nell'ambito dei Trattati indipendentemente da dove hanno scelto di risiedere o da dove hanno acquistato beni e servizi;

18.

evidenzia che negli Stati membri rimane una separazione tra le norme legali applicabili ed il confronto con la realtà quotidiana dei cittadini, in particolar modo nelle situazioni transfrontaliere;

19.

evidenzia che i maggiori problemi si presentano nel momento di attuazione della normativa europea dai parte dei singoli Stati membri e di adeguamento degli ordinamenti nazionali alle novità legislative;

20.

sottolinea la necessità di rafforzare la consapevolezza dei cittadini sul loro status di cittadini dell'UE, sui loro diritti ed il significato di questi nelle loro vite quotidiane;

21.

ritiene che una particolare attenzione debba essere rivolta ai migranti che intendono acquisire la cittadinanza di uno Stato membro, diventando in tal modo anche «cittadini europei».

Il ruolo degli enti regionali e locali

22.

ritiene che le disposizioni generali sulla cittadinanza dell'Unione, inserite nel Trattato sull'Unione europea nel titolo contenente le disposizioni relative ai principi democratici, vadano lette insieme al principio per cui le decisioni devono essere prese nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini, secondo il modello della democrazia di prossimità, la cui effettiva concretizzazione passa soprattutto attraverso il pieno ed effettivo coinvolgimento degli enti regionali e locali, quali «enti più vicini ai cittadini»;

23.

nota che la relazione della Commissione non dedica una attenzione adeguata al contributo che gli enti regionali e locali possono arrecare all'effettività e alla qualità della cittadinanza europea;

24.

è consapevole che gli enti regionali e locali, grazie alla loro vicinanza ai cittadini, sono nella posizione migliore per promuovere una migliore comprensione della cittadinanza europea ed evidenziare i vantaggi concreti che essa conferisce ai singoli individui, anche dimostrando l'impatto tangibile delle politiche dell'Unione sulla vita dei cittadini;

25.

è consapevole del fatto che gli enti regionali e locali avranno un ruolo fondamentale da svolgere nei processi partecipativi che verranno messi in atto per realizzare un vero e proprio approccio «dal basso», che consenta ai cittadini di contribuire in modo incisivo alla definizione delle politiche UE intese a rendere effettivo l'esercizio dei loro diritti;

26.

ritiene che gli enti locali e regionali possano consentire alle istituzioni europee di raggiungere in particolare quei gruppi che spesso dimostrano un ridotto grado di partecipazione, quali ad esempio i giovani e i migranti;

27.

rileva che gli enti locali e regionali sono titolari di responsabilità per la gestione dei problemi legati alla circolazione e al soggiorno dei cittadini europei, nonché in materia di accoglienza;

28.

rileva che la relazione, pur denunciando gli ostacoli che impediscono l'esercizio dei diritti di cittadinanza europea, non dedica adeguata attenzione alle condizioni preliminari necessarie per poter rendere effettiva ogni forma di cittadinanza e superare gli ostacoli geografici, culturali, linguistici, informativi e tecnologici che impediscono un consapevole e libero esercizio dei propri diritti e doveri;

29.

rileva che la relazione 2010 sulla cittadinanza non dedica una adeguata attenzione agli strumenti di civismo, che rappresentano nuovi canali per veicolare la democrazia e la cittadinanza;

30.

sottolinea che la relazione non prende adeguatamente in conto la necessità di procedere a livello locale e regionale ad interventi di semplificazione amministrativa intesi ad un'attuazione efficace dei diritti della cittadinanza europea;

31.

evidenzia che nel nuovo contesto multiculturale la cittadinanza va declinata non più in termini di mera difesa dell'identità e dell'appartenenza, ma quale momento di integrazione ed inclusione sociale;

32.

sottolinea che gli enti locali e regionali hanno da tempo sperimentato iniziative di successo, proponendosi quali promotori e facilitatori di cittadinanza, anche attraverso processi di democrazia partecipativa e deliberativa;

33.

rileva che, a fronte delle statistiche che dimostrano che la maggioranza dei cittadini UE non conosce il significato dei diritti riconosciuti dalla cittadinanza europea, in particolare della libertà di circolazione e di soggiorno, né hanno consapevolezza di essi, gli enti locali e regionali per la loro prossimità ai cittadini costituiscono i naturali canali (strumenti) per sostenere la diffusione di informazioni rivolte ai cittadini dell'Unione in questa materia;

34.

rileva che le istituzioni politiche locali, rappresentando per antonomasia l'espressione di un corpo elettorale «europeo» e, dunque, i primi autentici organi di governo europeo, costituiscono i canali privilegiati di informazione ai cittadini dell'UE rispetto ai loro diritti elettorali;

35.

sottolinea il contributo che possono offrire le reti di città e i gemellaggi tra comuni quanto alla promozione e alla sensibilizzazione ai temi della cittadinanza, quali strumenti di adesione alla vita civica e di integrazione, soprattutto in relazione ai nuovi Stati membri;

36.

condivide la volontà della Commissione di rafforzare il diritto dei cittadini dell'UE a ricevere assistenza nei paesi terzi dalle autorità diplomatiche e consolari di tutti gli Stati membri, proponendo misure legislative nel 2011 e informando meglio i cittadini; sottolinea il ruolo che gli enti regionali e locali possono svolgere ai fini della diffusione capillare delle informazioni su tale diritto e invita la Commissione a consultare il CdR nell'elaborazione di proposte in materia.

Obiettivi prioritari degli enti regionali e locali

Le condizioni di effettività della cittadinanza

37.

sottolinea la necessità di adottare azioni capaci di garantire la formazione e l'educazione alla cittadinanza, il superamento degli ostacoli culturali, linguistici e tecnologici, l'acquisizione di un consapevole e libero esercizio dei propri diritti e doveri, il superamento delle asimmetrie e lacune informative.

La cittadinanza attiva

38.

ritiene che il rafforzamento della cittadinanza europea possa trarre forza dal potenziamento della partecipazione attiva dei cittadini alla vita delle comunità locali, e in particolare di quella dei giovani, la cui mobilità sul territorio dell'UE è maggiore rispetto ad altre categorie;

39.

raccomanda alla Commissione di dare risalto anche agli aspetti legati alla cittadinanza europea nel quadro dello strumento di assistenza di preadesione (IPA), affinché i futuri cittadini dell'Unione siano debitamente informati e conoscano i loro diritti e doveri;

40.

sottolinea l'importanza del volontariato per promuovere la partecipazione e la cittadinanza attiva e la necessità di sostenerne l'azione.

La cittadinanza sociale

41.

ritiene necessario rafforzare a livello europeo le iniziative a favore della cittadinanza sociale, in quanto l'accesso ai diritti sociali viene legato a criteri e requisiti che pongono in essere profili discriminatori in contrasto con il principio di eguaglianza e di parità di trattamento previsto dal diritto comunitario con riferimento ai cittadini di altri paesi membri dell'Unione europea che hanno esercitato la libertà di circolazione, nonché dei cittadini di paesi terzi che pure sono protetti dal diritto dell'Unione europea;

42.

chiede alla Commissione che gli interventi che essa intende adottare per facilitare l'accesso alla sanità transfrontaliera e per lanciare progetti pilota per fornire un accesso on-line sicuro ad alcuni dati sanitari dei cittadini europei prevedano un coinvolgimento delle autorità locali e regionali quali enti più vicini ai cittadini;

43.

auspica che gli enti locali e regionali siano coinvolti nelle azioni che la Commissione intende adottare per migliorare il servizio di informazioni per i cittadini sviluppando un nuovo sistema di scambio elettronico di dati per ridurre ritardi e difficoltà nello scambio di informazioni nel settore della previdenza sociale.

La cittadinanza civile

44.

auspica che gli enti locali e regionali siano coinvolti nelle nuove azioni previste rispetto alla facilitazione della libera circolazione di cittadini dell'UE e dei membri delle loro famiglie originari di paesi terzi, che includono la non discriminazione, la promozione delle buone pratiche e della conoscenza delle norme UE, attraverso una maggiore diffusione di informazioni ai cittadini dell'UE circa i loro diritti di libera circolazione;

45.

riconosce che le differenze nella trasposizione della direttiva 2004/38/CE potrebbero costituire delle difficoltà all'esercizio effettivo dei diritti fondamentali dei cittadini.

La cittadinanza politica

46.

ritiene che il diritto alla piena libertà di circolazione e la partecipazione politica attiva dei cittadini siano aspetti fondamentali della cittadinanza dell'Unione;

47.

sostiene gli sforzi volti a garantire ai cittadini provenienti da paesi terzi e residenti legalmente nel territorio dell'Unione la possibilità di partecipare alla vita del loro comune, in funzione della durata della residenza. Il diritto dei cittadini stranieri a partecipare alla vita politica è riconosciuto anche dalla Convenzione europea sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale;

48.

invita la Commissione ad intraprendere azioni specifiche volte alla promozione dell'esercizio effettivo del diritto riconosciuto al cittadino europeo di partecipare alle elezioni comunali all'interno dello Stato dove stabilisce la sua residenza e a quelle europee;

49.

sottolinea la necessità di garantire negli Stati membri ai cittadini dell'Unione il pieno accesso alle informazioni come presupposto per la loro partecipazione politica attiva.

La cittadinanza amministrativa

50.

sottolinea la necessità di procedere a livello locale e regionale ad interventi di semplificazione amministrativa che rendano effettivi i diritti di cittadinanza europea, ed in particolare la libertà di circolazione e che eliminino tutte le pratiche dissuasive o le altre forme di discriminazione oggi esistenti, tramite le quali si fa distinzione tra cittadini europei a seconda dello Stato membro di provenienza, soprattutto in materia di concessione del diritto di soggiorno. Tali interventi, muovendo dalla identificazione dei problemi che affrontano gli enti locali e regionali, devono essere capaci di fornire soluzioni adeguate;

51.

sottolinea, al fine di agevolare l'esercizio della libertà di circolazione e della libertà di circolazione dei cittadini, la necessità di migliorare lo scambio di dati elettronici tra le amministrazioni pubbliche operanti nei paesi dell'Unione, nonché la comunicazione di queste con i cittadini;

52.

evidenzia la necessità di intervenire con strumenti di semplificazione amministrativa soprattutto nell'ambito delle cooperazioni transfrontaliere, realtà nelle quali i cittadini incontrano le maggiori difficoltà nell'esercizio del loro diritti;

53.

evidenzia l'opportunità di sostenere le diverse forme di cooperazione territoriale per implementare progetti ed interventi che mirano a rendere effettiva la cittadinanza europea e che possano contribuire alla riduzione degli ostacoli ed oneri amministrativi e burocratici, anche attraverso la diffusione delle molteplici «best practice» che riguardano i servizi transfrontalieri, ad esempio in materia di sanità e multilinguismo;

54.

reputa indispensabile intensificare e migliorare al più presto la cooperazione amministrativa e lo scambio di informazioni sulle buone pratiche tra le autorità competenti, al fine di garantire il libero esercizio dei diritti e doveri di cittadinanza europea.

La cultura della cittadinanza

55.

ribadisce la responsabilità di tutti i livelli di governo nel contribuire a costruire una «cultura dei diritti», sensibilizzando i cittadini ai loro diritti e ai loro doveri;

56.

sottolinea l'importanza di un'azione «comune» per la promozione dei diritti e dei doveri del cittadino, la quale dovrebbe costituire parte integrante della politica di informazione e comunicazione della Commissione europea;

57.

si impegna a sostenere gli enti locali e regionali nel 2011 affinché apportino un contributo rilevante e prezioso all'Anno europeo del volontariato, dando ampio spazio ad iniziative basate sul concetto di cittadinanza attiva;

58.

sostiene l'intenzione della Commissione europea di designare il 2013 come Anno europeo dei cittadini; tra le attività che può organizzare per sostenere il successo di questa iniziativa, considererà la possibilità di includere questa tematica nell'organizzazione degli Open Days;

59.

rileva che gli enti locali e regionali rappresentano i livelli di governo nei quali avviare iniziative volte alla «formazione alla cittadinanza europea» tanto dei soggetti in età scolare quanto degli adulti, ed in particolare di quanti intendono acquisire la cittadinanza di uno Stato membro;

60.

ritiene necessario promuovere azioni di sensibilizzazione e formazione a favore dei migranti che intendono acquisire la cittadinanza di uno Stato membro, diventando in tal modo anche «cittadini europei»;

61.

ritiene necessario avviare interventi volti alla «formazione alla cittadinanza europea» degli operatori delle amministrazioni pubbliche europee, nazionali, locali e regionali;

62.

invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere l'inclusione della cittadinanza europea nei programmi educativi e scolastici e a promuovere interventi per la formazione alla cittadinanza per gli adulti, anche attraverso i media e le TIC;

63.

sottolinea l'importanza dell'istituzione delle Capitali europee della cultura per promuovere l'identità e la cittadinanza europee;

64.

invita la Commissione a diffondere e sostenere azioni e progetti per la conoscenza e promozione della cittadinanza europea in favore dei cittadini dei paesi che sono diventati membri dell'Unione negli ultimi anni e di quelli che intendono diventare membri dell'Unione, ed in particolar modo attraverso la cooperazione con le autonomie territoriali in essi operanti;

65.

invita la Commissione ad intraprendere azioni per eliminare gli ostacoli - amministrativi e legislativi, informativi, motivazionali e linguistici - alla mobilità per l'apprendimento ancora esistenti e ad individuare le strategie per superarli per favorire la mobilità transnazionale dei giovani, prevedendo il coinvolgimento delle istituzioni pubbliche e della società civile, delle imprese e degli altri soggetti interessati;

66.

facendo seguito all'interesse espresso della Commissione europea, valuterà la creazione di una piattaforma flessibile e informale per favorire la cooperazione tra la Commissione europea, il Comitato delle regioni e le associazioni nazionali delle autonomie locali e regionali con l'obiettivo di facilitare e sostenere il dibattito sulla cittadinanza europea, di identificare le istanze e le difficoltà incontrate dagli enti locali nell'attuazione dei diritti di cittadinanza europea e di incoraggiare lo scambio di esperienze e buone prassi, contribuendo così a promuovere l'esercizio attivo della cittadinanza europea; invita la Commissione europea a considerare la possibilità di dedicare un adeguato sostegno a questa attività nell'ambito dello studio di fattibilità.

Bruxelles, 31 marzo 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  COM(2010) 602 definitivo.

(2)  COM(2010) 608 definitivo.


7.6.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 166/9


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Revisione del bilancio dell'Unione europea»

2011/C 166/03

IL COMITATO DELLE REGIONI

rammenta che l'UE deve essere dotata di un bilancio credibile, superiore all'1 % del suo PIL, al fine di realizzare i grandi obiettivi europei adattandoli alle specifiche esigenze dei diversi ambiti territoriali ed esercitare le nuove competenze derivanti dal Trattato di Lisbona;

condivide pienamente l'importanza della strategia Europa 2020; sottolinea tuttavia che il ruolo ad essa assegnato non deve andare a detrimento degli altri obiettivi fissati dai Trattati, in particolare la coesione sociale, economica e territoriale;

si rallegra che la Commissione europea abbia accolto la sua proposta di prolungare la durata del quadro finanziario pluriennale a dieci anni, con una vera e propria revisione intermedia («5+5»). Tale revisione deve limitare l'importo dei finanziamenti da poter destinare a priorità diverse in modo da garantire che la programmazione resti davvero decennale e non si trasformi in due programmi quinquennali;

ritiene che occorra garantire la flessibilità del bilancio, da un lato, per poter operare una revisione intermedia strategica grazie ad una «riserva di revisione» e, dall'altro, per far fronte agli eventi imprevisti e straordinari grazie ad una «riserva di flessibilità e interesse europeo», assicurando al tempo stesso la massima efficienza della spesa europea;

dissente totalmente dalla proposta di interrompere l'erogazione di finanziamenti nell'ambito della politica di coesione, della politica agricola comune (PAC) e della politica della pesca in caso di non rispetto da parte degli Stati membri del Patto di stabilità e crescita, in quanto gli enti regionali non possono essere considerati responsabili dell'incapacità delle istituzioni nazionali di soddisfare i criteri macroeconomici o di attuare correttamente le norme UE;

si compiace che la Commissione reputi necessaria anche in futuro una politica di coesione nell'intera UE e approva la proposta di un quadro strategico comune in cui rientrerebbero i fondi strutturali e gli altri fondi di sviluppo territoriale; ritiene pertanto che una possibile struttura delle linee di bilancio dovrebbe consentire in particolare di individuare, sotto uno stesso titolo, tutti i fondi relativi al quadro strategico comune;

ritiene che si dovrebbe abbandonare l'attuale struttura del bilancio e raccomanda che la nuova struttura consenta di mettere in evidenza la suddivisione dei compiti in un approccio di governance multilivello; non vede il motivo di ridurre le rubriche di spesa a sole tre grandi rubriche;

ritiene fondamentale poter emettere obbligazioni europee per i progetti (project bond UE), ed è convinto che, nel lungo periodo, l'aumento delle risorse proprie esistenti e/o l'introduzione di nuove risorse proprie dovrebbero mirare a sostituire i contributi nazionali al bilancio dell'UE.

Relatori

:

Mercedes BRESSO (IT/PSE), consigliere regionale del Piemonte

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO (ES/PPE), presidente della regione Murcia

Testo di riferimento

:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e ai parlamenti nazionali - Revisione del bilancio dell'Unione europea

COM(2010) 700 definitivo

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Introduzione

1.

accoglie con favore la comunicazione della Commissione sulla revisione del bilancio dell'Unione europea, in quanto essa presenta una visione globale della riforma che copre sia le spese che le entrate ed è intesa a produrre un autentico cambiamento;

2.

intende ribadire e approfondire le posizioni assunte e le proposte formulate nel parere adottato nell'aprile 2008 (1); pertanto rammenta che:

l'Unione europea deve essere dotata di un bilancio credibile, superiore all'1 % del suo PIL, al fine di realizzare i grandi obiettivi europei adattandoli alle specifiche esigenze dei diversi ambiti territoriali ed esercitare le nuove competenze derivanti dal Trattato di Lisbona,

il bilancio dell'UE deve essere in grado di rispondere a queste nuove sfide, e anche di perseguire gli obiettivi - che dell'UE sono propri - di integrazione e di coesione, ispirando la sua azione ad un'autentica solidarietà,

le limitate risorse delle finanze pubbliche degli Stati membri impongono di riformare il sistema delle risorse del bilancio UE nonché di fissare delle priorità e di concentrarsi sui settori in cui l'intervento dell'UE, esclusivo o complementare agli altri livelli di governance, apporti il massimo valore aggiunto,

lo sfruttamento di tutte le potenzialità legate alla governance multilivello deve essere al centro della strategia di riforma del bilancio UE, e gli enti locali e regionali possono apportare un notevole contributo all'elaborazione, alla programmazione, al cofinanziamento e all'attuazione delle politiche europee.

Principi da tenere presenti per la revisione del bilancio dell'UE

3.

ritiene che anni di esperienza nell'applicazione del bilancio europeo, in particolare per quanto riguarda la politica di coesione, abbiano dimostrato che le regioni o i governi locali, in quanto enti più vicini ai cittadini, individuano le necessità dei territori europei e intervengono più direttamente in materia. Ed è per questo che l'Unione europea sottolinea in ogni occasione l'importanza del processo di governance multilivello per garantire una migliore esecuzione del bilancio europeo; l'UE infatti considera la governance multilivello uno strumento efficace da applicare a tutte le politiche europee, nel rispetto del principio di sussidiarietà;

4.

esprime rammarico poiché, per quanto riguarda l'insieme delle spese pubbliche nell'UE, nonostante un contributo finanziario e una partecipazione attiva sempre crescenti da parte degli enti regionali e locali, tale governance multilivello non viene chiaramente percepita dai beneficiari finali; chiede sin d'ora alla Commissione di illustrare a tutte le parti in causa la situazione attuale delle finanze pubbliche nell'Unione europea e di adottare una struttura del bilancio più in linea con la governance multilivello;

5.

condivide l'affermazione della Commissione secondo cui «il volume della spesa dovrebbe rispecchiare le principali priorità politiche dell'UE (…)»; ne deduce l'elevatissima priorità che deve essere attribuita al concetto di coesione economica, sociale e territoriale, ma anche, in particolare, alla compatibilità del bilancio con la clausola sociale orizzontale;

6.

raccomanda che il lancio in tempi rapidi dei prossimi programmi venga facilitato garantendo un certo grado di continuità nelle regole di base del loro funzionamento e una forte capacità di anticipare, nella misura del possibile, tutti gli interventi legislativi e regolamentari ai fini della semplificazione.

a)   Valore aggiunto

7.

ritiene necessario e utile dare il proprio contributo al dibattito sulla procedura finanziaria annuale interistituzionale e sull'esecuzione del bilancio dell'UE, per assicurare la coerenza con il principio di buona governance basato sulla deliberazione a vari livelli; detto contributo potrebbe rappresentare il punto di vista degli enti regionali e locali su quelle voci del bilancio UE delle quali essi sono i principali beneficiari;

8.

ritiene che il concetto di valore aggiunto faccia riferimento all'effetto leva o moltiplicatore generato dall'applicazione del bilancio europeo in tutta l'Unione, e reputa quindi che tale nozione non possa essere compresa in termini puramente contabili, tenendo conto soltanto delle finanze pubbliche. Va infatti considerato anche il valore aggiunto del bilancio dell'Unione per i soggetti economici privati e i consumatori, così come il valore aggiunto per la governance delle spese dell'Unione; ritiene altresì che la valutazione del valore aggiunto del bilancio UE debba avvenire sulla base di un nuovo modello di crescita, in cui quest'ultima sia misurata con indicatori complementari al PIL, in grado di rispecchiare meglio il livello di sviluppo di ciascuna regione;

9.

prende atto dell'impegno assunto dalla Commissione di presentare un'analisi aggiornata dei costi della non Europa, ma la esorta ad agire tempestivamente, in modo che tale analisi possa influire sui negoziati per il prossimo quadro finanziario;

10.

rammenta che l'effetto leva del bilancio dell'UE è strutturante per la mobilitazione delle risorse a favore degli obiettivi strategici dell'UE previsti dal Trattato, come la politica di coesione, e delle strategie europee, come la strategia Europa 2020; tale effetto è determinante per il rafforzamento delle capacità istituzionali e si esercita a vantaggio di tutti i soggetti privati e di tutti i poteri pubblici, sia quelli più avanzati che quelli che presentano un ritardo, nel quadro del mercato unico;

11.

ritiene necessario cercare la visibilità degli interventi dell'UE - sia quelli che riguardano investimenti pesanti che quelli relativi ad investimenti immateriali (ricerca, inclusione sociale, formazione, ecc.) - a tutti i livelli, dai decisori politici fino al cittadino e al beneficiario finale, passando per chi gestisce il programma. Essa può essere ottenuta tramite diverse modalità flessibili e adeguate al contesto per evitare un sovraccarico amministrativo sproporzionato, e a tal fine bisognerebbe ispirarsi alle numerose buone pratiche esistenti, in funzione delle possibilità di ciascuna regione;

12.

concorda con la Commissione sul fatto che, grazie all'UE, «è possibile ottenere economie di scala» e «colmare le lacune create dalle dinamiche dell'iter decisionale politico a livello nazionale, tipicamente occupandosi delle questioni transfrontaliere in settori quali le infrastrutture, la mobilità, la coesione territoriale o la cooperazione alla ricerca»;

13.

insiste sulla necessità di mettere a punto una strategia di comunicazione dinamica e permanente che interessi tutti i territori e riguardi le finalità e i risultati del bilancio europeo; a questo proposito fa presente la propria disponibilità per l'attuazione di un piano d'azione decentrato.

b)   Solidarietà

14.

afferma che la solidarietà tra Stati membri, enti regionali e locali e cittadini europei costituisce non soltanto un obiettivo politico che va di pari passo con i valori europei, ma anche un elemento di efficienza economica per tutta l'UE; pertanto l'esercizio della solidarietà va considerato meno come una spesa che come un investimento grazie al quale l'UE può affrontare le sfide di oggi e di domani.

Un bilancio per il futuro: le spese

15.

è totalmente d'accordo sull'importanza della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva; in accordo con la Commissione mette in rilievo che, perché tale strategia abbia successo, occorre «un partenariato tra l'Unione europea e le autorità nazionali e regionali», come pure con gli enti locali; sottolinea che il ruolo assegnato alla strategia Europa 2020 non deve però andare a detrimento degli altri obiettivi fissati dai Trattati, in particolare la coesione sociale, economica e territoriale;

16.

attende la proposta relativa al quadro finanziario pluriennale per pronunciarsi in maniera dettagliata sulle spese, ma formula sin d'ora le seguenti osservazioni di principio.

Ricerca, innovazione, istruzione

17.

sottolinea l'insufficienza dell'attuale dotazione di bilancio dell'UE destinata alla ricerca, pari ad appena il 4 % di quella della ricerca pubblica in Europa; reputa quindi indispensabile garantire una migliore complementarità tra, da un lato, i programmi nazionali e regionali di ricerca e, dall'altro, il programma quadro europeo, in modo da realizzare economie di scala ed un effetto di massa;

18.

dissente dall'affermazione della Commissione europea secondo la quale «l'Europa si trova ad affrontare una serie senza uguali di sfide sociali, che possono essere affrontate soltanto tramite significativi progressi scientifici e tecnologici», in quanto tale ragionamento sottovaluta la capacità delle organizzazioni politiche, delle istituzioni e dei cittadini di riformare le nostre società, senza dover ricorrere a soluzioni scientifiche e tecnologiche. Ritiene però che l'innovazione contribuisca ad affrontare le più importanti sfide poste oggi alle nostre società. Concorda quindi pienamente con il Consiglio europeo del 4 febbraio 2011 sulla necessità di mobilitare in modo coerente le competenze e le risorse europee e di promuovere le sinergie tra l'UE e gli Stati membri per assicurare una più rapida immissione sul mercato delle innovazioni che apportano benefici alla società; a tale proposito sottolinea le opportunità che potrebbe offrire una revisione delle direttive sugli appalti pubblici nel senso di una maggiore innovazione sociale e ambientale;

19.

ritiene che il sostegno all'innovazione sia decisivo per trasformare l'economia europea e reputa che l'iniziativa faro «L'Unione dell'innovazione» debba in particolare incoraggiare gli Stati membri a sostenere la modernizzazione dei sistemi d'istruzione e formazione a tutti i livelli, anche sul posto di lavoro, poiché il progresso di un territorio dipende soprattutto dallo sviluppo del suo capitale umano; si rallegra quindi che nella suddetta iniziativa faro venga formulato un approccio politico fondamentalmente ragionevole, che essa si basi giustamente su una definizione ampia del concetto di innovazione, si incentri sulle grandi sfide che la nostra società deve affrontare e tenga conto delle possibilità che le nuove tecnologie offrono; appoggia nel contempo la proposta della Commissione di sviluppare nell'UE capacità nel campo della ricerca e dell'innovazione, nonché di attuare strategie intelligenti di specializzazione regionale anche con il sostegno dei programmi di assistenza tecnica finanziati dal FESR. Ricorda infine che tali strategie devono essere definite consultando tutti i soggetti interessati, in particolare gli imprenditori locali e regionali, per evitare di imporre modelli prescrittivi non corrispondenti alle realtà e al potenziale regionale e locale o tali da comportare un onere amministrativo e finanziario;

20.

si rallegra che la comunicazione della Commissione tenga conto dei contributi che gli enti territoriali e la società civile apportano in materia d'innovazione e riconosca che questi ultimi sono degli attori essenziali; ritiene inoltre che di ciò si dovrebbe tener conto nel bilancio dell'UE attraverso un programma quadro di ricerca adeguatamente finanziato. Il bilancio dell'UE dovrebbe essere utilizzato per consentire maggiori sinergie e una più grande complementarità tra i finanziamenti europei a sostegno della ricerca e dell'innovazione, in modo da garantire l'efficacia della spesa e, in particolare, dare la priorità al rafforzamento della capacità di ricerca nelle parti più povere d'Europa. Esiste inoltre un'urgente necessità di affrontare la questione della precisione e della disponibilità dei dati sulla partecipazione delle regioni al programma quadro e ad altri programmi di finanziamento della ricerca e dell'innovazione dell'UE, per consentire agli enti regionali e locali di valutare la loro prestazione a livello UE e rendere possibile un'individuazione precisa delle debolezze strutturali in quest'ambito;

21.

ritiene che le nuove tecnologie esistenti, che hanno potuto beneficiare dei finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo e che sono già utilizzabili, debbano essere sfruttate appieno.

Infrastrutture per il futuro

22.

ritiene che l'eliminazione delle strozzature transfrontaliere che si trovano sugli assi transnazionali strategici delle reti dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell'energia apporti un valore aggiunto di grande utilità per tutta la società, corrispondente inoltre alla nuova strategia UE per la crescita. Il potenziamento di infrastrutture di alta qualità adeguate alle esigenze e l'eliminazione delle strozzature critiche dovrebbero avvenire in linea di principio tenendo presenti la competitività economica dell'UE e uno sviluppo equilibrato e sostenibile;

23.

sottolinea che il finanziamento delle infrastrutture per il futuro rappresenta una necessità per due motivi di pari importanza: aumentare la mobilità e la coesione interna nell'UE e accrescere la competitività di quest'ultima rispetto ai paesi terzi, come la Commissione fa giustamente notare; raccomanda di procedere in modo logico, iniziando dalle scelte politiche relative ai progetti di infrastrutture e accordandosi successivamente sugli strumenti e i meccanismi finanziari collegati;

24.

ribadisce la sua opposizione alla creazione di un fondo unico che, partendo soprattutto da risorse assegnate nell'ambito della politica di coesione, raggrupperebbe tutti gli strumenti finanziari europei che sostengono le infrastrutture di trasporto. Infatti, il movimento di «traslazione» dei fondi potrebbe risultare in una perdita netta di risorse assegnate alla politica dei trasporti, ma soprattutto si rischierebbe di rimettere in discussione l'inserimento dei progetti di trasporto nelle strategie di sviluppo elaborate su base territoriale.

Energia e clima

25.

non è favorevole all'opzione di creare dei fondi specializzati di grandi dimensioni destinati agli investimenti in tali settori. Esprime invece la sua preferenza per una ridefinizione delle priorità e una loro integrazione in tutti gli ambiti politici interessati, in cui una gestione estesa a tutti i livelli di governo garantirebbe l'efficacia e la visibilità dell'azione europea; si potrebbero tuttavia utilizzare obbligazioni appositamente emesse dalla BEI per sostenere progetti transnazionali o transfrontalieri volti a produrre energia pulita e a rafforzare l'efficienza energetica, in quanto tali ambiti rientrano negli obiettivi della sicurezza energetica e dell'attenuazione dei cambiamenti climatici.

Politica agricola comune

26.

riconosce il valore aggiunto di una delle politiche interamente comuni dell'UE e accoglie con favore la prospettiva di controllarne le spese in modo da incentrarla maggiormente sull'obiettivo della coesione sociale e territoriale, anche per quanto riguarda le produzioni, su una crescita verde e su una migliore sinergia con le altre politiche dell'UE;

27.

ribadisce l'importanza della PAC nel preservare il tessuto delle comunità rurali di tutta Europa, contribuendo così al più vasto obiettivo della coesione sociale e territoriale; evidenzia inoltre l'apporto prezioso che essa reca alla società in generale tramite gli alimenti di qualità che fornisce, la gestione del paesaggio dell'UE e il contributo dato agli sforzi per combattere e attenuare gli effetti dei cambiamenti climatici e sottolinea che la PAC può apportare un valido contributo al raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020;

28.

ritiene che la PAC, stretta da un lato tra l'esigenza di una produzione europea competitiva di prodotti alimentari di qualità e dall'altro dalle richieste della società in materia di ambiente, clima, gestione delle acque e biodiversità, nonché preservazione degli spazi rurali vitali, debba essere basata su un utilizzo efficace dei suoi due pilastri per poter affrontare le sfide future; riconosce la necessità di riformare ulteriormente la PAC e di dotarla di un bilancio adeguato per poter affrontare altre priorità dell'UE; ribadisce tuttavia che tali riforme dovrebbero essere graduali e tese a un sistema più equo di ripartizione sia dei pagamenti diretti in tutta l'UE che degli stanziamenti nel quadro del secondo pilastro (sviluppo rurale) tra gli Stati membri; in particolare, le priorità chiave per la prossima fase della riforma dovrebbero essere la semplificazione e l'efficienza.

Politica di coesione

29.

si congratula con la Commissione per la sua analisi dell'impatto esercitato dalla politica di coesione sull'economia europea e per la sua dimostrazione dei principali effetti cumulativi sui PIL nazionali ed è dell'avviso che tale politica sia uno degli strumenti più efficaci per il sostegno solidale alle regioni più svantaggiate e contribuisca a creare crescita e prosperità nell'insieme dell'Unione europea, in particolare grazie agli scambi commerciali e alle esportazioni;

30.

si compiace che la Commissione reputi necessaria anche in futuro una politica di coesione nell'intera UE e dunque in tutte le sue regioni, con l'obiettivo di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale e lo sviluppo armonico dell'Unione nel suo complesso grazie a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Pone tuttavia l'accento sulla necessità di prevedere investimenti nelle infrastrutture delle regioni meno sviluppate al momento dell'elaborazione della futura politica di coesione. Anche in futuro, quindi, una quota considerevole delle risorse di bilancio UE dovrebbe essere destinata all'accelerazione dello sviluppo delle regioni meno sviluppate e alla rimozione degli ostacoli allo sviluppo;

31.

approva la proposta di un quadro strategico comune in cui rientrerebbero i fondi strutturali e gli altri fondi di sviluppo territoriale come il FEASR e il FEP e ritiene che in futuro tale semplificazione potrebbe essere estesa ad altri fondi; sostiene l'idea dei contratti di partenariato in materia di sviluppo e di investimento che traducono precisamente e in termini di bilancio i patti territoriali che lo stesso CdR promuove con riferimento ai programmi nazionali di riforma; tali contratti devono essere sviluppati in partenariato con gli enti regionali e locali e non semplicemente tra gli Stati membri e la Commissione, come proposto nella Quinta relazione sulla coesione, conformemente ai principi della governance multilivello; condivide l'idea di estendere la governance della politica di coesione ad altre politiche poiché ritiene che, in base all'esperienza, questo sia il metodo più efficace e più efficiente;

32.

auspica che la dimensione territoriale, e in particolar modo quella rurale, marittima e ultraperiferica, rientri a pieno titolo nel quadro della futura politica di coesione e che sia possibile trovare una migliore articolazione e una maggiore sinergia tra i programmi di sviluppo sostenuti dal FESR, dall'FSE e dal FEASR;

33.

ritiene che le capacità istituzionali e finanziarie del settore pubblico a livello nazionale, regionale e locale siano essenziali per conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020 e che la politica di coesione debba continuare a svolgere un ruolo di primo piano nel loro rafforzamento; chiede al tempo stesso chiarimenti sul finanziamento, a titolo dei diversi programmi di finanziamento dell'UE, delle misure proposte nel quadro delle sette iniziative faro;

34.

accoglie con favore l'intenzione di accrescere la visibilità e il campo d'applicazione dell'FSE, compresa un'enfasi maggiore sull'inclusione sociale; ribadisce di essere favorevole al mantenimento dell'FSE quale parte integrante della politica di coesione; sottolinea che la visibilità dell'FSE e l'efficacia dei suoi interventi potranno essere assicurate solo mediante un approccio integrato degli investimenti in capitale umano, infrastrutture, ricerca, sviluppo e innovazione;

35.

nota con grande favore che la Commissione pone l'accento sul sostegno alle nuove imprese, soprattutto le PMI, che svolgeranno un ruolo cruciale nell'accrescere la competitività europea; invoca pertanto un'integrazione più evidente delle politiche a favore delle PMI nel bilancio generale dell'UE, con particolare attenzione per le donne imprenditrici;

36.

ritiene necessario garantire una maggiore efficienza delle spese, ma non approva l'idea di creare una riserva di efficienza fondata sugli obiettivi della strategia Europa 2020;

37.

propone inoltre che, per i fondi strutturali, venga istituito un meccanismo specifico di allarme in tutte le regioni sfruttando il rapporto già esistente, in cui la Commissione europea consiglia le autorità di gestione riguardo al tasso di spesa e al potenziale di disimpegno se il tasso di spesa e i risultati non sono all'altezza degli obiettivi concordati;

38.

è, infine, dell'avviso che in futuro le somme individuate ogni anno da tale meccanismo di allarme, che rischiano di non essere spese per via delle difficoltà incontrate dalle regioni e dalle autorità di gestione, debbano essere rese al bilancio generale e alimentare la «riserva di flessibilità e interesse europeo». In tal modo gli Stati membri sarebbero dissuasi in particolare dalla pratica corrente di trattenere le quote destinate al cofinanziamento di progetti per recuperare in seguito i contributi non utilizzati;

39.

chiede che il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione sia integrato nel bilancio dell'UE, soprattutto allo scopo di accelerare la mobilitazione delle risorse, ma anche per dare un contributo più efficace alla realizzazione degli obiettivi della strategia Europa 2020, al fine di garantire una maggiore crescita occupazionale e una minore disoccupazione, contrastare l'esclusione dal mercato del lavoro, migliorare la qualità, la produttività e l'attrattiva dei posti di lavoro e aumentare la coesione sociale, economica e territoriale.

Un bilancio efficace

Nuovi finanziamenti

40.

è favorevole all'esame delle possibilità di sostegno europeo diverse dalle sovvenzioni, ma solo nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà e tramite una valutazione caso per caso, in funzione dei tipi di spesa e della situazione economica dei beneficiari; gli strumenti di ingegneria finanziaria andrebbero visti più come un prezioso complemento alle sovvenzioni che non come un sostituto;

41.

insiste tuttavia sulla necessità di essere prudenti nell'invenzione e nella moltiplicazione degli strumenti finanziari; osserva che la crisi ha fatto emergere la necessità di una regolamentazione a livello UE la cui ha assenza ha talvolta messo a rischio l'equilibrio finanziario dei bilanci pubblici locali e regionali; sottolinea la necessità di poter rendere conto ai cittadini e di non allontanarsi troppo dall'economia reale;

42.

approva inoltre la richiesta di stabilire un nesso tra il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria e il bilancio dell'UE, facendo in modo che dopo il 2013 tale meccanismo non venga più finanziato solo su base intergovernativa a partire dalle risorse non utilizzate, bensì integrato, conformemente ai principi della solidarietà all'interno dell'Unione, nei meccanismi di bilancio dell'UE previsti dal Trattato di Lisbona;

43.

richiama l'attenzione sulla necessità di attrezzare meglio gli enti regionali e locali per produrre risultati, in particolare quando saranno introdotti i nuovi meccanismi di finanziamento (BEI, PPP, project bond UE/obbligazioni europee per i progetti) che richiedono un livello elevato di competenze;

44.

invita la Commissione ad esaminare la fattibilità delle «obbligazioni dei cittadini» (fondi locali sottoscritti dai cittadini per lo sviluppo locale), che consentirebbero ai cittadini di investire nello sviluppo delle proprie comunità o regioni e fornirebbero investimenti per realizzare importanti progetti energetici e infrastrutturali nell'arco di diversi anni;

45.

incoraggia tuttavia la Commissione a dare prova di ambizione per innescare in modo efficace l'effetto leva che può derivare dall'impegno degli enti locali e regionali rispetto alle priorità politiche; sottolinea l'effetto moltiplicatore delle finanze pubbliche locali e regionali, anche nei confronti dei partner privati, e il ruolo unificante che può svolgere l'UE;

46.

ritiene fondamentale poter emettere obbligazioni europee per i progetti (project bond UE), con l'obiettivo di finanziare progetti di grandi dimensioni che abbiano ricadute economiche di medio o lungo termine. Questo meccanismo potrebbe aumentare la visibilità degli interventi dell'UE, ma soprattutto la loro efficacia, e può avere un effetto leva importante e benefico per la dinamica del mercato interno, oltre a contribuire al rafforzamento della coesione territoriale. Esso inoltre s'inserisce chiaramente nel tentativo di realizzare un modello di spesa UE più razionale e una concentrazione sul valore aggiunto europeo;

47.

accoglie con favore la consultazione pubblica lanciata dalla Commissione sull'iniziativa «prestiti obbligazionari Europa 2020 per il finanziamento di progetti infrastrutturali» e ritiene, in questo contesto, che il rafforzamento della coesione territoriale debba essere considerato una priorità. Dubita tuttavia che l'utilizzo delle obbligazioni europee per i progetti (project bond) debba essere limitato ai soli progetti transeuropei per le infrastrutture tecniche, dato che altri progetti infrastrutturali a dimensione regionale possono presentare un valore aggiunto europeo. Ritiene altresì che l'articolazione tra le obbligazioni europee per i progetti e gli aiuti europei dovrebbe essere chiarita e che dovrebbero essere adottate misure che permettano agli enti regionali e locali di accedere ai nuovi strumenti finanziari;

48.

invita la Commissione europea ad effettuare un'analisi più dettagliata della proposta di emettere Eurobond che, mettendo in comune una parte dei debiti pubblici, consentirebbero a tutti i paesi della zona euro di prendere in prestito a tassi d'interesse vicini ai migliori tassi sul mercato, di limitare movimenti speculativi ai danni delle emissioni nazionali di debito pubblico e di migliorare qualitativamente il coordinamento delle politiche finanziarie;

49.

ritiene che un bilancio credibile costituisca una delle risposte all'attuale crisi economica, poiché costituisce un incentivo per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.

Struttura delle spese

50.

ritiene che si dovrebbe abbandonare l'attuale struttura del bilancio e raccomanda che la nuova struttura sia pratica, realistica, trasparente e di facile comprensione, che consenta di mettere in evidenza la suddivisione dei compiti in un approccio di governance multilivello e che la ripartizione delle spese avvenga in funzione di come si struttureranno effettivamente i pagamenti e le politiche; non vede il motivo di ridurre le rubriche di spesa a sole tre grandi rubriche (spese interne, spese esterne e spese amministrative). Poche grandi rubriche significano un elevato grado di aggregazione dei dati e, di conseguenza, una perdita altrettanto elevata di informazioni. Risulterebbe necessario inserire all'interno di tali grandi rubriche delle sottocategorie maggiormente indicative, senza alcun vantaggio in termini di trasparenza;

51.

reputa che, pur rappresentando fattori trainanti di prima importanza per la mobilitazione politica, né i tre elementi della strategia Europa 2020 (crescita intelligente, sostenibile, inclusiva) né le sette iniziative faro siano adatti a definire la struttura del bilancio. Dato che alcune politiche, come ad esempio la politica di coesione o la PAC, non possono rientrare in uno solo dei tre elementi, la struttura proposta dalla Commissione rischia di dare luogo a negoziati interminabili al momento dell'assegnazione dei fondi e dell'attuazione;

52.

pensa, in particolare, che il riferimento esplicito alla politica di coesione debba essere garantito nella futura struttura del bilancio, tenendo conto anche del rafforzamento della sua base giuridica (coesione economica, sociale e territoriale) operato dal Trattato di Lisbona;

53.

ritiene pertanto che una possibile struttura delle linee di bilancio dovrebbe consentire in particolare di individuare, sotto uno stesso titolo, tutti i fondi relativi al quadro strategico comune (ossia FESR, FSE, Fondo di coesione, FEASR e FEP). Tale struttura potrebbe essere la seguente:

1)

politiche per i territori (politica di coesione, PAC 2° pilastro, politica comune della pesca, impatto territoriale dei cambiamenti climatici e grandi investimenti infrastrutturali, ricerca e innovazione a favore dell'equilibrio territoriale);

2)

politiche per un futuro sostenibile (PAC 1° pilastro, cambiamenti climatici, energia, ricerca);

3)

cittadinanza europea (compresi cultura, gioventù, comunicazione, spazio di libertà, sicurezza e giustizia);

4)

azioni esterne (comprese politica estera, politica di vicinato e politica per lo sviluppo);

5)

riserva di flessibilità e interesse europeo e riserva di revisione;

6)

spese amministrative.

Durata del quadro finanziario

54.

si rallegra che la Commissione europea abbia accolto la sua proposta di prolungare la durata del quadro finanziario pluriennale a dieci anni, con una vera e propria revisione intermedia («5 + 5»), poiché tale scelta rappresenta un possibile compromesso tra stabilità, flessibilità e controllo parlamentare democratico delle spese pubbliche europee; la revisione intermedia deve limitare l'importo dei finanziamenti da poter destinare a priorità diverse in modo da garantire che la programmazione resti davvero decennale e non si trasformi in due programmi quinquennali, meno appropriati degli attuali programmi settennali;

55.

sottolinea che le politiche d'investimento e di sviluppo, come la politica di coesione, non possono conciliarsi con una durata inferiore a sette anni. Per questo motivo, il prolungamento a dieci anni offre un orizzonte e una stabilità sufficienti, pur permettendo di realizzare nella pratica la flessibilità intermedia che al momento manca al bilancio dell'UE;

56.

tenuto conto delle nuove procedure e dei nuovi strumenti finanziari istituiti dal Trattato di Lisbona, ritiene possibile rendere significativa la suddetta revisione grazie all'intervento di un meccanismo a due livelli:

al primo livello, quello più generale, si potrebbe creare una «riserva di revisione» per un importo pari al 5 % della totalità del bilancio europeo per gli ultimi cinque anni di programmazione. La destinazione precisa di tale importo sarebbe oggetto del negoziato di metà periodo: quest'ultimo potrebbe confermare le decisioni adottate all'inizio del periodo con una ripartizione proporzionalmente identica fra le rubriche, i capitoli, gli Stati membri, ecc., oppure potrebbe comportare una nuova ripartizione adeguata all'evoluzione delle priorità europee e del contesto politico e socioeconomico; in ogni caso, questa «riserva di revisione» si aggiungerebbe alla «riserva di flessibilità e interesse europeo» prevista dalla Commissione europea nel quadro dei nuovi meccanismi di flessibilità;

al secondo livello, all'interno della rubrica relativa alla politica di coesione e alle altre politiche di sviluppo territoriale comprese nel Quadro strategico comune, gli Stati membri potrebbero essere autorizzati a riprogrammare, in accordo con le regioni, fino al 25 % degli importi iscritti nei contratti di partenariato in materia di sviluppo e di investimento; questa programmazione potrebbe essere effettuata fra i diversi fondi interessati, ossia il Fondo di coesione, il FESR, l'FSE, il FEASR e il FEP.

Reagire alle situazioni che cambiano - flessibilità e storni di stanziamenti

57.

ritiene che occorra garantire la flessibilità del bilancio, da un lato, per poter operare una revisione intermedia strategica grazie ad una «riserva di revisione» e, dall'altro, per far fronte agli eventi imprevisti e straordinari grazie ad una «riserva di flessibilità e interesse europeo», assicurando al tempo stesso la massima efficienza della spesa europea;

58.

si rallegra delle proposte della Commissione ma sottolinea che la flessibilità non deve servire da pretesto per sottovalutare le esigenze finanziarie delle politiche dell'UE; ritiene che la percentuale obbligatoria del 5 % proposta dalla Commissione dovrebbe rimanere indicativa, perché il margine di flessibilità dipende per definizione da indicatori variabili in funzione della situazione politico-economica;

59.

sottolinea che la «riserva di flessibilità e interesse europeo» non dovrebbe in nessun caso essere destinata a ricompensare i migliori risultati in termini di assorbimento finanziario, bensì ad accrescere la capacità dell'UE di reagire più rapidamente alle nuove sfide o a shock imprevisti, a sostenere nuove priorità o a promuovere la cooperazione e la sperimentazione a livello europeo. La riserva non dovrebbe essere assegnata preventivamente, bensì fare l'oggetto di una decisione esplicita dell'autorità di bilancio. Essa potrebbe ricompensare l'eccellenza di alcune linee di bilancio, valutate in termini di impatto e di risultati;

60.

ritiene inoltre che la flessibilità, per quanto concerne le risorse inutilizzate del bilancio europeo, debba permettere di ripartire tali risorse secondo un criterio obiettivo di eccellenza gestionale, e non servire in nessun caso ad altri fini;

61.

ritiene che la possibilità di riassegnazione, che consente gli storni fra rubriche per un determinato anno, come previsto dalla Commissione, sia necessaria poiché il sistema attuale si è rivelato eccessivamente rigido. Occorre studiare la possibilità di semplificare tali storni nell'ambito del quadro finanziario pluriennale, assicurando al tempo stesso il pieno rispetto del principio della sana gestione finanziaria e della disciplina di bilancio;

62.

accoglie con favore la proposta di consentire il trasferimento dei margini inutilizzati da un anno all'altro per evitare che siano riassegnati d'ufficio agli Stati membri, ed è d'accordo con la libertà di anticipare o rinviare le spese nel quadro della dotazione pluriennale di una rubrica;

63.

rammenta l'esigenza di garantire flessibilità a tutti i livelli, lasciando un adeguato margine di manovra agli enti regionali e locali per riassegnare i fondi e, se necessario, rivedere le priorità e la spesa.

Efficienza

64.

accoglie la richiesta della Commissione di aumentare l'efficienza della gestione del bilancio dell'UE, poiché ciò consentirebbe di ottenere risultati migliori, e incoraggia la Commissione a realizzarla al più presto;

65.

incoraggia vivamente gli enti regionali e locali a rafforzare le loro competenze tecniche e umane, pur ritenendo che occorra ridurre la complessità dei progetti finanziati dall'UE, in particolare gli oneri amministrativi e burocratici; nel quadro della crisi economica che ha comportato ampi tagli nei bilanci pubblici, e al fine di garantire un utilizzo efficiente del bilancio dell'UE, ribadisce la necessità di assicurare livelli di finanziamento adeguati, in modo da consentire agli enti regionali e locali di partecipare adeguatamente ai principali progetti finanziati attraverso i fondi strutturali;

66.

condivide anche la proposta di incentrare le spese su priorità concrete, tenendo presente che le regioni meno sviluppate dovrebbero avere la possibilità di stabilire un numero più elevato di priorità; per questo propone di non ampliare eccessivamente lo spettro degli obiettivi, tenendo conto fra l'altro che i successivi allargamenti hanno creato un'Unione europea con maggiori disparità interne;

67.

fa rilevare che l'efficienza nell'attuazione del bilancio europeo, e quindi nella gestione delle spese, passa necessariamente per il coordinamento, la coerenza e la cooperazione, sia fra livelli amministrativi distinti sia tra i vari fondi. Per questo motivo appare contraddittorio ritornare, come è stato fatto, alla programmazione monofondo, che a sua volta implica la necessità di disporre di nuovi meccanismi di coordinamento interfondo per evitare sovrapposizioni e doppioni; sono infatti i beneficiari dei finanziamenti a dover affrontare le difficoltà di un'eventuale mancanza di coordinamento, elemento essenziale quest'ultimo per rendere più efficace la gestione.

Rapporto tra il bilancio europeo e la governance economica dell'Unione

68.

ribadisce il suo allarme sul possibile collegamento fra l'assegnazione dei fondi strutturali e il rispetto, da parte degli Stati membri, del Patto di stabilità e crescita, ed esprime seria preoccupazione sulle condizionalità proposte che sarebbero imposte al livello regionale e locale in violazione dei principi di buona governance e responsabilità a tutti i livelli;

69.

dissente totalmente dalla proposta di interrompere l'erogazione di finanziamenti nell'ambito della politica di coesione, della politica agricola comune (PAC) e della politica della pesca in caso di non rispetto da parte degli Stati membri del Patto di stabilità e crescita, in quanto gli enti regionali non possono essere considerati responsabili dell'incapacità delle istituzioni nazionali di soddisfare i criteri macroeconomici o di attuare correttamente le norme UE; inoltre tale proposta rischierebbe di colpire in primo luogo le regioni che sono in ritardo di sviluppo e hanno assoluto bisogno dei programmi cofinanziati per far fronte alle loro debolezze strutturali;

70.

per fornire un maggiore incentivo, chiede che gli enti regionali e locali siano associati fin dall'inizio all'analisi della situazione e alla ricerca di soluzioni;

71.

è disposto a collaborare con le altre istituzioni per mettere a punto un vero sistema di condizionalità nel pagamento dei fondi, al fine di semplificare le procedure di controllo puramente formali;

72.

sollecita una revisione completa del regolamento finanziario dell'Unione per rendere le norme finanziarie più semplici sia da attuare che da far rispettare, allo scopo di incoraggiare un maggior numero di potenziali beneficiari a partecipare alle gare d'appalto dell'UE.

Riforma del finanziamento

73.

ribadisce che il nuovo sistema di finanziamento del bilancio dell'UE deve essere fondato sulla trasparenza e su nuove risorse proprie, ed escludere qualsiasi tipo di correzione finanziaria e di esenzione;

74.

ritiene che negoziare un bilancio europeo solo in termini di contributo netto degli Stati membri sia in contraddizione con la filosofia di fondo della creazione dell'Unione europea e con gli obiettivi della strategia Europa 2020: adottando un approccio di questo tipo si rischia infatti di incoraggiare le richieste di rinazionalizzazione delle politiche, tendenza alla quale il CdR si oppone fermamente;

75.

accoglie con favore le idee delineate dalla Commissione per definire un meccanismo di finanziamento fondato su risorse proprie. Osserva però che esse non hanno il medesimo impatto a livello territoriale e che alcuni dei meccanismi descritti vengono già gestiti dagli enti regionali e locali in alcuni Stati membri;

76.

valuterà attentamente l'impatto di ciascuna opzione sul piano territoriale, con un interesse particolare per quelle più legate alla tematica della crescita sostenibile, purché le risorse così individuate siano poi direttamente indirizzate verso progetti miranti, sul territorio, a favorire l'efficienza energetica, proteggere l'ambiente, prevenire i rischi o intervenire in caso di grandi catastrofi;

77.

è convinto che, nel lungo periodo, l'aumento delle risorse proprie esistenti e/o l'introduzione di nuove risorse proprie dovrebbero mirare a sostituire i contributi nazionali al bilancio dell'UE. Sottolinea che:

è necessario eseguire una valutazione d'impatto e uno studio di fattibilità accurati prima di approvare qualsiasi nuova risorsa propria,

qualunque nuova fonte di reddito deve essere stabile e non deve essere soggetta a cambiamenti imprevedibili;

78.

sottolinea che l'utilizzo di queste risorse finanziarie deve essere sostenuto da procedure amministrative agili.

Bruxelles, 31 marzo 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  CdR 16/2008 fin.


7.6.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 166/18


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale»

2011/C 166/04

IL COMITATO DELLE REGIONI

riconosce che la competenza per realizzare interventi concreti in questo settore spetta anzitutto agli Stati membri e agli enti regionali e locali, anche se la Commissione può sostenere il processo con finanziamenti europei, promuovendo lo scambio di buone pratiche e la condivisione delle conoscenze e procedendo a un'adeguata valutazione dell'impatto sociale delle politiche europee;

si compiace nel constatare che la lotta alla povertà infantile è indicata come una priorità dell'iniziativa faro, ma si rammarica per la limitatezza degli impegni assunti e per la prospettiva di corto respiro adottata in materia, e non vede alcuna ragione per ritardare l'adozione della raccomandazione sulla povertà infantile nel 2011;

invita la Commissione a esprimere un sostegno inequivoco al mantenimento e rafforzamento del lavoro del metodo aperto di coordinamento (MAC) in campo sociale, esplorando in che modo le parti interessate a livello regionale e locale possano essere coinvolte con più efficienza nel processo;

suggerisce alla Commissione di approntare degli orientamenti dell'UE per gli Stati membri con l'obiettivo di garantire un'effettiva partecipazione degli enti regionali e locali e delle altre parti interessate alla preparazione dei PNR; osserva inoltre che i «patti territoriali» sono potenzialmente il modo più completo e coerente di coinvolgere gli enti regionali e locali;

appoggia l'ampliamento degli orizzonti del Fondo sociale europeo in modo che, dall'occupabilità e dal numero dei posti di lavoro, si allarghino alla lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, purché nell'ambito del FSE si continui assolutamente a dare la precedenza a una politica dell'occupazione integrata quale elemento centrale di una lotta efficace contro la povertà;

evidenzia che la stragrande maggioranza dei partecipanti all'indagine del CdR si è espressa affinché la lotta alla povertà e all'esclusione diventi una priorità obbligatoria dei futuri programmi regionali nel quadro della politica di coesione dell'UE.

Relatrice

Christine CHAPMAN (UK/PSE), membro dell'Assemblea nazionale del Galles

Documento di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni La Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale: un quadro europeo per la coesione sociale e territoriale

COM(2010) 758 definitivo

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Visibilità e impegno … le azioni sono più incisive delle parole

1.

plaude all'impegno dell'UE di sottrarre al rischio di povertà ed esclusione sociale almeno 20 milioni di europei entro il 2020 e accoglie con soddisfazione la comunicazione della Commissione La Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale: un quadro europeo per la coesione sociale e territoriale (COM(2010) 758 definitivo), in quanto quadro dinamico per un'azione volta a realizzare questo obiettivo;

2.

si rallegra per la maggiore visibilità data al problema della povertà e dell'esclusione sociale nella strategia Europa 2020, e concorda sul fatto che la dimensione sociale debba essere messa al centro della strategia; ricorda che la povertà rappresenta una minaccia per almeno 1 cittadino europeo su 6;

3.

osserva che il metro con cui valutare il successo dell'iniziativa faro sarà la misura in cui essa farà nascere, incoraggerà e sosterrà politicamente, tecnicamente ed economicamente azioni in grado di produrre mutamenti reali e duraturi nella vita degli individui;

4.

riconosce in questo processo l'importanza della partecipazione delle persone che vivono in condizioni di povertà e delle ONG che lavorano con esse;

5.

invita la Commissione e gli Stati membri a dimostrare una volontà politica concreta traducendo in azioni tangibili gli impegni sulla povertà assunti a livello europeo, adottando un approccio che applichi i diritti sanciti nella Carta dei diritti fondamentali e introduca la clausola sociale orizzontale, in stretta collaborazione con gli enti regionali e locali, e a cogliere l'occasione per dare vita a una società più equa e più giusta;

6.

rileva però che la povertà e l'esclusione sociale non possono essere ridotte in modo duraturo e che una crescita inclusiva non può essere realizzata se non si affronta il problema delle disuguaglianze e della discriminazione; in particolare, l'aumento della crescita economica e dell'occupazione registrati nel periodo 2000-2008 non hanno avuto un effetto sostanziale di riduzione della povertà, e anzi le disuguaglianze sono aumentate in molti paesi: questa situazione è poi peggiorata a causa della crisi sociale ed economica in corso;

7.

sottolinea l'importanza di definire in via prioritaria un quadro e una tabella di marcia per attuare la raccomandazione sul coinvolgimento attivo e di adottare una direttiva che garantisca un reddito minimo adeguato, almeno al di sopra della soglia di povertà;

8.

esprime profonda preoccupazione per lo squilibrio tra il precedente impegno della Commissione europea a garantire una «crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva» e la recente comunicazione sull'Analisi annuale della crescita, tutta imperniata su un più accentuato risanamento di bilancio;

9.

sottolinea l'importanza del lavoro, ma osserva anche che il fatto di avere un'occupazione non basta a garantire l'uscita dalla povertà e che occorrono ulteriori interventi per combattere il fenomeno dei lavoratori poveri e garantire l'accesso a un'occupazione duratura e di qualità; si rammarica inoltre che non sia stata posta maggiore enfasi sulla questione fondamentale di garantire un reddito adeguato in linea con la raccomandazione 92/441/CEE del Consiglio e con la raccomandazione sul coinvolgimento attivo formulata nel 2008 dalla Commissione;

10.

sottolinea la necessità di perseguire l'obiettivo di un'elevata qualità della vita e un alto livello di benessere per tutti i cittadini dell'UE in modo da ridurre la povertà e l'esclusione sociale che colpiscono troppi cittadini dell'UE. Occorre adottare misure per ridurre gli effetti soglia e offrire maggiori e più ampie possibilità per (ri)entrare nel mercato del lavoro a coloro che vivono in una situazione di esclusione;

11.

riconosce che la competenza per realizzare interventi concreti in questo settore spetta anzitutto agli Stati membri e agli enti regionali e locali, anche se la Commissione può sostenere il processo con finanziamenti europei, promuovendo lo scambio di buone pratiche e la condivisione delle conoscenze e procedendo a un'adeguata valutazione dell'impatto sociale delle politiche europee; in questo senso, prende atto con favore dell'impegno assunto dalla Commissione di effettuare tali valutazioni, ma chiede che ciò avvenga in modo attento alla dimensione territoriale;

12.

ribadisce l'esigenza di introdurre una clausola sociale orizzontale nel quadro dell'articolo 9 del TFUE per assicurare che la legislazione relativa al mercato unico tenga conto dell'esigenza di promuovere la coesione sociale, e in particolare un livello elevato di occupazione, di garantire un'adeguata protezione sociale, di lottare contro l'esclusione sociale e la discriminazione, di mantenere un livello elevato di istruzione, formazione e tutela della salute umana e una buona politica abitativa, e che non limiti in alcun modo l'esercizio dei diritti fondamentali riconosciuti negli Stati membri e nei Trattati dell'UE;

13.

riconosce l'importanza del lavoro svolto durante l'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale (2010) al fine di dare un profilo più alto a questi problemi e invita ad utilizzare la Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale come uno strumento atto a raccogliere il lascito dell'Anno europeo e a farlo entrare tra le priorità politiche dell'UE per il prossimo decennio.

Il carattere multidimensionale della povertà e gruppi particolarmente vulnerabili

14.

si rallegra per il riconoscimento dato dalla comunicazione al carattere multidimensionale della povertà e dell'esclusione sociale, e in particolare per i riferimenti espliciti a povertà infantile, giovani, anziani, lavoratori poveri (comprese le famiglie monoparentali e monoreddito), donne, disabili, immigrati, minoranze etniche e Rom;

15.

accoglie con favore il riconoscimento dato alla complessità degli elementi che contribuiscono a spingere le persone verso la povertà, comprese le difficoltà nell'accesso all'occupazione, il basso livello retributivo e l'indebitamento personale, l'accesso ai servizi fondamentali, l'istruzione, la salute fisica e mentale, la situazione abitativa, la discriminazione e il grande problema della trasmissione della povertà da una generazione all'altra, nonché la dimensione territoriale della povertà;

16.

si compiace per il riferimento all'importanza di far fronte all'esclusione sociale causata dalla mancanza di una fissa dimora e ricorda il proprio recente parere in materia (1);

17.

rammenta il proprio parere in merito al Libro verde sulle pensioni (2) e accoglie con favore l'annuncio della Commissione di voler presentare nel 2011 un Libro bianco sulla sostenibilità e l'adeguatezza delle pensioni;

18.

torna a invitare la Commissione a formulare un'ambiziosa agenda europea di edilizia residenziale sociale, che rafforzi il suo ruolo nelle politiche di inclusione sociale della prossima generazione di fondi strutturali e confermi che le funzioni di servizio pubblico dell'edilizia sociale devono essere definite a livello degli Stati membri;

19.

concorda sulla necessità di un approccio olistico e integrato che tenga conto delle esigenze di tutti i gruppi e dei problemi particolari incontrati, al fine di alleviare e prevenire la povertà;

20.

insiste sul ruolo importante che possono svolgere in questo quadro gli operatori del settore e le ONG che lavorano con le persone in situazione di povertà, e riconosce inoltre l'opportunità di coinvolgere in questo approccio olistico e integrato anche tutti gli altri soggetti interessati, quali le parti sociali, i prestatori di servizi pubblici e privati, le organizzazioni della società civile, nonché gli enti e le amministrazioni regionali e locali;

21.

sottolinea le ricadute negative della povertà e dell'esclusione sociale, compresi gli effetti sulla salute fisica e mentale dei singoli, la solidarietà all'interno della società, la mancanza di fiducia, il disimpegno e la violenza, fino alla possibilità di tensioni sociali;

22.

chiede alla Commissione e agli Stati membri di riconoscere maggiormente che la povertà è una responsabilità comune e una sfida per la società nel suo complesso, e non deve essere stigmatizzata o considerata un fallimento dei singoli che si trovano in situazione di povertà o esclusione sociale;

23.

accoglie positivamente l'impegno ad adottare, durante il Consiglio europeo del giugno 2011, una strategia per l'integrazione sociale dei Rom.

Povertà infantile

24.

sottolinea in modo particolare l'importanza della lotta alla povertà infantile, che rappresenta un marchio d'infamia per la società europea, e concorda sul fatto che tale lotta è un elemento importante per combattere la trasmissione intergenerazionale della povertà, e che è necessario al riguardo un approccio olistico di prevenzione, che metta in primo piano i diritti dei bambini;

25.

esprime la propria delusione per l'incapacità dei dirigenti europei di fissare un obiettivo specifico e vincolante di lotta alla povertà infantile nel quadro della strategia Europa 2020;

26.

si compiace nel constatare che la lotta alla povertà infantile è indicata come una priorità dell'iniziativa faro, ma si rammarica per la limitatezza degli impegni assunti e per la prospettiva di corto respiro adottata in materia, e non vede alcuna ragione per ritardare l'adozione della raccomandazione sulla povertà infantile nel 2011;

27.

chiede un approccio più completo al problema della povertà infantile e osserva al riguardo che è stato già compiuto parecchio lavoro all'interno dell'UE per stabilire «principi comuni», come mostrano la dichiarazione firmata dal trio delle presidenze dell'UE (Belgio, Ungheria e Polonia) in occasione del convegno sulla povertà infantile del settembre 2010 e le conclusioni del Consiglio Occupazione del 6 dicembre 2010, che invitano ad elevare a priorità la lotta alla povertà infantile;

28.

osserva inoltre che le azioni adottate a livello regionale per affrontare in modo più completo il problema della povertà infantile forniscono un nuovo incoraggiamento alle buone pratiche volte a raggiungere i migliori risultati possibili in materia;

29.

chiede che, nel quadro della valutazione dell'impatto sociale delle politiche europee, si tenga conto in maniera esplicita degli effetti che le misure possono avere sulla situazione già precaria dei minori che vivono in famiglie a rischio di povertà.

Crisi sociale, finanziaria ed economica

30.

apprezza il riferimento alla crisi economica e finanziaria, ma esprime delusione per il fatto che la comunicazione non si spinga oltre, e chiede che ai notevoli costi sociali che si stanno già pagando si dia un maggiore rilievo. Invita inoltre la Commissione ad avviare un'analisi approfondita dell'impatto che le misure di austerità adottate dai governi nazionali di tutta Europa stanno avendo e avranno ancora negli anni a venire sulla povertà e l'esclusione sociale, anche tenuto conto degli effetti a livello regionale e locale sull'erogazione dei servizi fondamentali di interesse economico generale;

31.

chiede che vengano analizzati la portata, i costi e l'impatto delle riforme compiute, e in particolare delle innovazioni sociali, oltre a sviluppare e ad applicare in tutta Europa le nuove soluzioni che hanno dato buoni risultati;

32.

torna ad avvertire sul rischio che gli effetti della crisi creino una generazione perduta, rischio evidenziato dall'aumento della disoccupazione giovanile, arrivata al 21 % circa nel 2010; ribadisce però che la disoccupazione giovanile è un problema persistente che ha caratterizzato tutto il periodo 2000-2008, oscillando fra il 14,5 % e il 18 %, e osserva che queste cifre nascondono le significative variazioni che si registrano in seno all'UE, fra gli Stati membri e al loro interno, fino al livello delle comunità più piccole;

33.

richiama l'attenzione sulle difficoltà incontrate da chi vive in condizioni di povertà per accedere ai normali servizi bancari e finanziari e sul ruolo degli enti regionali e locali nel fornire informazioni, sostegno e consulenza finanziaria;

34.

chiede che siano adottate azioni urgenti per affrontare le conseguenze dell'elevato livello di indebitamento personale e in proposito accoglie con favore il rinnovo dell'impegno nei confronti dello strumento di microfinanziamento Progress per i microcrediti, ma avverte che occorre esercitare prudenza nell'adottare misure volte a stimolare nuove forme di microfinanziamento commerciale che perseguono uno scopo di lucro per chi presta denaro anziché un obiettivo di promozione di un'attività economica finanziariamente e socialmente sostenibile.

Governance e partenariato

35.

ritiene positivo che si parli di coinvolgere gli enti regionali e locali, mediante il Comitato delle regioni, per dare maggior rilievo alla dimensione territoriale della povertà e rafforzare le sinergie nell'utilizzo dei fondi dell'UE, ma critica la mancanza di riferimenti agli enti regionali e locali al punto 3.5, Rafforzare il coordinamento delle politiche tra gli Stati membri, dato che in molti paesi tali enti hanno una competenza diretta in materia di politiche sociali;

36.

invita la Commissione a esprimere un sostegno inequivoco al mantenimento e rafforzamento del lavoro del metodo aperto di coordinamento (MAC) in campo sociale, esplorando in che modo le parti interessate a livello regionale e locale possano essere coinvolte con più efficienza nel processo, e sottolinea il valore del lavoro compiuto per dare maggiore rilievo a temi come il coinvolgimento attivo e la povertà infantile;

37.

chiede chiarimenti sullo status dei piani nazionali d'azione (PNA) per l'inclusione sociale e se questi saranno inseriti nei programmi nazionali di riforma (PNR) connessi con la strategia Europa 2020; si augura vivamente che, se vi è quest'intenzione, ciò non conduca a concentrarsi esclusivamente sugli obiettivi macroeconomici, e invita la Commissione a considerare il ripristino dei PNA per l'inclusione sociale qualora il suddetto inserimento non dovesse funzionare a dovere;

38.

suggerisce alla Commissione di approntare degli orientamenti dell'UE per gli Stati membri con l'obiettivo di garantire un'effettiva partecipazione degli enti regionali e locali e delle altre parti interessate alla preparazione dei PNR; osserva inoltre che i «patti territoriali» sono potenzialmente il modo più completo e coerente di coinvolgere gli enti regionali e locali, come previsto dalla Quinta relazione sulla coesione;

39.

esprime preoccupazione per il rinvio al 2012 della comunicazione sul coinvolgimento attivo e chiede alla Commissione di anticiparne la pubblicazione al 2011, accompagnandola con una valutazione sull'attuazione del coinvolgimento attivo;

40.

si rallegra che la partecipazione delle persone in situazione di povertà sia stata definita come un obiettivo fondamentale delle politiche d'inclusione e vorrebbe che l'iniziativa faro fosse più esplicita sul modo in cui la Commissione propone di conseguire tale obiettivo, includendo i principali gruppi destinatari individuati nella comunicazione. Ad esempio, ci si chiede se sia questo lo scopo del comitato direttivo ad alto livello che sarà istituito per portare avanti le azioni nel campo dell'innovazione sociale.

Coesione territoriale e futuri finanziamenti dell'UE

41.

valuta positivamente il riferimento alla coesione territoriale nel titolo della comunicazione e sottolinea che la Piattaforma proposta e i fondi strutturali dell'UE non sono meri strumenti per realizzare la strategia Europa 2020, ma svolgono un ruolo più ampio in quanto perseguono l'obiettivo della coesione sociale e territoriale sancito dai Trattati europei;

42.

concorda sul fatto che occorre esplorare il modo di garantire un migliore e più efficace utilizzo dei fondi strutturali a sostegno degli obiettivi di Europa 2020 e appoggia l'ampliamento degli orizzonti del Fondo sociale europeo in modo che, dall'occupabilità e dal numero dei posti di lavoro, si allarghino alla lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, purché nell'ambito del FSE si continui assolutamente a dare la precedenza a una politica dell'occupazione integrata quale elemento centrale di una lotta efficace contro la povertà. Occorre in particolare diffondere le innovazioni sociali, in modo che si possano sviluppare nuove soluzioni ai problemi e alle sfide, e che le soluzioni che hanno dato buoni risultati vengano raccolte e impiegate come modello di riferimento per gli Stati, le regioni e gli enti locali. Osserva inoltre che raggiungere l'obiettivo del 75 % di occupazione non è di per sé sufficiente a ridurre la povertà e l'esclusione sociale, e che occorre rivolgere maggiore attenzione al problema dei lavoratori poveri e all'aumento della qualità e sostenibilità dei posti di lavoro in tutta Europa, con misure volte a garantire redditi adeguati, comprese le prestazioni sociali;

43.

sottolinea la dura realtà delle misure di austerità adottate nella maggioranza degli Stati membri e il loro impatto diretto sulle persone che vivono in condizioni di povertà ed esclusione; evidenzia che la stragrande maggioranza dei partecipanti all'indagine del CdR si è espressa affinché la lotta alla povertà e all'esclusione diventi una priorità obbligatoria dei futuri programmi regionali nel quadro della politica di coesione dell'UE; invita perciò la Commissione a tenere conto di questo fatto nelle proposte legislative che presenterà nel 2011, sottolineando al tempo stesso l'importanza di garantire la flessibilità necessaria, a livello regionale e locale, per stabilire i metodi di attuazione più idonei per combattere la povertà e l'esclusione sociale sul terreno;

44.

sostiene gli sforzi finalizzati a rafforzare il coordinamento e le sinergie tra i diversi fondi strutturali dell'UE, in modo da garantire approcci comuni per affrontare il carattere multidimensionale della povertà e dell'esclusione sociale, compresa la dimensione territoriale della povertà;

45.

si dichiara pronto ad assistere la Commissione europea per monitorare l'attuazione data alla strategia Europa 2020 dagli enti regionali e locali, attraverso la sua piattaforma di monitoraggio della strategia stessa.

Economia, innovazione e sperimentazione sociale

46.

guarda con entusiasmo al contributo che l'economia sociale, il volontariato e la responsabilità sociale delle imprese possono apportare in termini di valore aggiunto all'attuale sistema di servizi pubblici universali;

47.

riconosce il valore aggiunto di una partecipazione attiva di tutti i soggetti interessati, ivi compresi coloro che sono confrontati con la povertà e l'esclusione sociale, le ONG che lavorano con le persone in situazione di povertà, le parti sociali, i prestatori di servizi e, naturalmente, le autorità locali, regionali, nazionali e dell'UE;

48.

concorda coi principi guida adottati dal Centro europeo del volontariato (CEV) in merito all'Anno europeo del volontariato 2011, e sottolinea in particolare che il volontariato, in quanto attività non remunerata effettuata per libera scelta, non deve sostituire il lavoro remunerato, né essere utilizzato come alternativa a basso costo per sostituire i lavoratori o i servizi pubblici e tagliare i costi;

49.

plaude alle iniziative che mirano a incoraggiare le imprese ad assumere lavoratori appartenenti a categorie svantaggiate e a tenere meglio conto delle considerazioni sociali negli appalti pubblici;

50.

riconosce a questo riguardo l'importanza del sostegno all'economia sociale e ai laboratori protetti al fine di creare migliori condizioni di lavoro e impieghi più sostenibili;

51.

ribadisce l'importanza di misure atte a semplificare l'accesso delle ONG e delle entità minori ai finanziamenti europei, ad esempio per quanto riguarda le sovvenzioni globali;

52.

è anche d'accordo sul fatto che un'innovazione sociale basata sull'esperienza possa essere cruciale per elaborare nuove soluzioni o rispondere a nuove sfide, ma sottolinea che un simile approccio dovrebbe tener conto delle esperienze positive già in corso in Europa e cercare di sostenere e incoraggiare il trasferimento delle buone pratiche, l'apprendimento reciproco e le valutazioni fra pari da parte delle ONG e delle associazioni locali, con un'enfasi particolare sulle iniziative effettuate su piccola scala e sul campo. Tali azioni dovrebbero essere introdotte in modo razionale, per evitare il rischio di una stigmatizzazione delle persone in stato di povertà, e per questo è consigliabile usare prudenza con l'espressione «sperimentazione sociale».

Bruxelles, 31 marzo 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  CdR 18/2010, adottato nell'ottobre 2010.

(2)  ECOS-V-008 CdR 319/2010 fin, la cui adozione è prevista per il 28 gennaio 2011.


7.6.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 166/23


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Strategia per la regione danubiana»

2011/C 166/05

IL COMITATO DELLE REGIONI

manifesta vivo apprezzamento per la strategia dell'UE per la regione del Danubio («strategia europea per la regione danubiana») esposta nel testo di riferimento (COM(2010) 715 definitivo), la quale tiene conto di una serie di raccomandazioni presentate dal Comitato delle regioni nel suo precedente parere del 7 ottobre 2009. La strategia riveste in effetti un'importanza fondamentale per la cooperazione regionale e locale all'interno di tale regione;

fa espressamente notare che il coinvolgimento coerente e costante di tutte le parti interessate della regione danubiana è e sarà anche in futuro di fondamentale importanza per l'attuazione della strategia e il conseguimento dei suoi obiettivi;

si rallegra per il coinvolgimento di coordinatori nazionali o, a seconda dei casi, regionali, il cui compito è peraltro solo accennato in modo approssimativo dalla comunicazione. Lo sviluppo delle macroregioni è ancora agli inizi, per cui il Comitato invita a consentire sia uno scambio regolare di esperienze tra i coordinatori coinvolti nella strategia per la regione danubiana che uno scambio di esperienze tra questi e quelli coinvolti nella strategia per il Mar Baltico;

esorta la Commissione a far sì che le procedure di selezione dei progetti, nell'ottica delle strategie macroregionali, offrano presupposti adeguati affinché i sistemi di finanziamento e le sovvenzioni già disponibili possano effettivamente essere utilizzati per la strategia;

invita a considerare se, in ragione della particolare importanza geografica, storica e culturale della regione danubiana, lo spazio di cooperazione dell'Europa sudorientale possa essere effettivamente incluso, in quanto nuova macroregione, nell'asse B dell'obiettivo «Cooperazione territoriale europea». In tal modo la politica europea di coesione terrebbe conto della nuova macroregione («regione danubiana») e permetterebbe di cooperare in uno spazio di cooperazione unico.

Relatore generale

Wolfgang REINHART (DE/PPE), ministro degli Affari federali ed europei del Land Baden-Württemberg

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Strategia dell'Unione europea per la regione danubiana

COM(2010) 715 definitivo

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

manifesta vivo apprezzamento per la strategia dell'UE per la regione del Danubio («strategia europea per la regione danubiana») esposta nel testo di riferimento (COM(2010) 715 definitivo), la quale tiene conto di una serie di raccomandazioni presentate dal Comitato delle regioni nel suo precedente parere del 7 ottobre 2009. La strategia riveste in effetti un'importanza fondamentale per la cooperazione regionale e locale all'interno di tale regione, riconosciuta anche dal Parlamento europeo nella sua risoluzione del 17 febbraio 2011;

2.

osserva che le macroregioni perseguono anche l'obiettivo di accrescere, in aree funzionali, l'efficienza degli strumenti di cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale tra gli Stati membri, le regioni e i comuni e di migliorare ulteriormente, conformemente al principio della governance multilivello, la cooperazione a livello europeo, nazionale, regionale e locale, onde realizzare in modo più efficace anche obiettivi politici dell'UE. La strategia in esame rappresenta uno strumento utile per la politica di integrazione europea poiché fornisce tra l'altro l'opportunità di offrire soluzioni transfrontaliere, transnazionali e interregionali;

3.

ritiene che la dimensione territoriale della strategia contribuirà a concretizzare l'obiettivo di coesione territoriale introdotto dal Trattato di Lisbona tra le finalità dell'UE. Invita pertanto la Commissione ad avviare, attraverso l'elaborazione di un Libro verde, una riflessione più approfondita sul ruolo delle macroregioni e sul loro impatto sulla politica regionale dell'UE dopo il 2013. Ricorda a tale proposito che nella sua risoluzione sul programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2010 il Comitato delle regioni ha già presentato alla Commissione una richiesta in tal senso;

4.

ricorda la posizione della Commissione europea secondo cui l'elaborazione di strategie macroregionali deve tener conto attualmente del principio dei «tre no»: no a nuove regolamentazioni, no a nuovi organi e no a nuovi fondi. Da parte sua ribadisce che tale principio dovrebbe essere affiancato da «tre sì»: attuazione e controllo, di comune accordo, di regolamentazioni già esistenti per la macroregione, creazione di una piattaforma/rete/raggruppamento territoriale di enti regionali e locali e Stati membri con la partecipazione delle parti interessate sotto la responsabilità delle istituzioni dell'UE, e utilizzo concordato delle attuali risorse finanziarie dell'Unione per lo sviluppo e l'attuazione di strategie macroregionali;

5.

sottolinea che la strategia europea per la regione danubiana è perfettamente compatibile con lo sviluppo delle euroregioni incentrate sulla cooperazione tra zone di frontiera o con lo sviluppo di strutture europee nel quadro di progetti transfrontalieri, transnazionali e interregionali che assumono la forma giuridica di un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT);

6.

fa notare come la comunicazione in esame ponga l'accento sul fatto che il fiume più internazionale del mondo fa parte in larga misura del territorio dell'Unione europea e che «si presentano nuove prospettive per rispondere alle sfide e trarre vantaggio dal potenziale della regione». La strategia per la regione danubiana è la seconda strategia macroregionale di questo tipo elaborata dalla Commissione nell'arco di un solo anno e mezzo: un fatto, questo, che dimostra come vi sia un maggiore bisogno di una cooperazione più efficiente all'interno dell'UE. La strategia per la nuova macroregione della zona danubiana ne è un esempio;

7.

sottolinea come, in considerazione della particolare importanza della cooperazione territoriale europea, che costituisce uno dei tre pilastri della politica europea di coesione, le macroregioni offrano un quadro costruttivo per pensare in un'ottica di rete, mettere a fuoco gli interventi e adoperare quindi le strutture di coordinamento e finanziamento esistenti all'interno dell'UE in modo più efficiente in direzione degli obiettivi della strategia Europa 2020;

8.

osserva che l'ampio processo di consultazione rappresenta un presupposto fondamentale per l'accettazione della strategia per la regione danubiana e rispecchia l'accresciuto bisogno di tutti gli attori nazionali, regionali e locali che si identificano nella macroregione in quanto spazio unitario sul piano funzionale, naturale, culturale, sociale ed economico;

9.

fa espressamente notare che il coinvolgimento coerente e costante di tutte le parti interessate, delle istituzioni specializzate, delle reti interregionali, regionali e locali, degli enti regionali e locali della regione danubiana, degli organismi di sviluppo regionale, della società civile, delle organizzazioni non governative (ONG), nonché di tutti i paesi (Stati membri e non) della regione stessa è e sarà anche in futuro di fondamentale importanza per l'attuazione della strategia e il conseguimento dei suoi obiettivi;

10.

sottolinea il significato e la responsabilità particolari della regione del Danubio, composta da Stati membri dell'UE, paesi candidati all'adesione, paesi candidati potenziali e paesi coinvolti nella politica europea di vicinato. La macroregione copre in totale 14 Stati: alcuni Stati membri, ossia Germania (i Länder Baden-Württemberg e Baviera), Austria, Slovacchia, Repubblica ceca, Slovenia, Ungheria, Romania e Bulgaria, come anche paesi terzi, ossia Croazia, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Ucraina e Moldova. Essa offre la grande opportunità di spianare la strada alla crescita economica, alla prosperità e alla sicurezza. La strategia in esame può inoltre contribuire a fare della regione danubiana «una delle zone più attraenti d'Europa», per esprimersi con le parole della Commissione. La regione del Danubio è la patria di circa 115 milioni di persone e ricopre un quinto del territorio dell'UE;

11.

pone l'accento sul fatto che, grazie all'iniziativa degli Stati, dei territori e delle regioni interessati, è emerso il bisogno di una strategia unitaria ed è cresciuta la consapevolezza comune che i numerosi compiti e le molteplici sfide possono essere affrontati soltanto insieme. Il Comitato delle regioni fa notare al riguardo che, stante l'elevato grado di identificazione con la regione danubiana, la strategia rappresenta uno strumento estremamente efficace per garantire una pace duratura, il che significa stabilità e sicurezza non solo per i territori direttamente interessati bensì per l'intera Unione europea;

12.

osserva che la strategia per la regione danubiana è uno strumento di sostegno per continuare a promuovere la democrazia e lo Stato di diritto, il decentramento e il rafforzamento dell'autonomia regionale e locale nella regione, in particolare negli Stati che non sono membri dell'UE. Da quando è caduta la cortina di ferro, la regione danubiana rappresenta inoltre un ponte tra oriente ed occidente. Essa contribuisce ad andare oltre le frontiere interne ed esterne dell'Europa e continua a svilupparsi nella sua diversità e nella sua dinamicità dal punto di vista naturale, culturale, sociale, economico e scientifico;

13.

attribuisce alla cooperazione a tutti i livelli interessati - nazionale, regionale e locale - un'importanza di primo piano nel garantire il rispetto dei principi di sussidiarietà, prossimità ai cittadini e partenariato, e richiama l'attenzione sul valore aggiunto che la cooperazione regionale e locale nell'area danubiana apporta anche ai fini dell'ulteriore avvicinamento dei paesi candidati e potenziali candidati all'Unione europea.

La strategia dell'UE e i suoi contenuti

Sfide e compiti per la macroregione del Danubio

14.

si compiace per il fatto che la Commissione osservi che il Danubio «può essere una porta sul mondo, sia sui paesi vicini che sull'Asia». Le strategie macroregionali fungono da esempio per la cooperazione di vicinato all'interno dell'UE nonché dell'UE con i paesi terzi, e mostrano anche come approcci integrati e multisettoriali possano essere combinati e tradotti in pratica con una governance multilivello;

15.

condivide l'affermazione della Commissione secondo cui è possibile apportare miglioramenti in termini di sviluppo socioeconomico, di competitività, di gestione dell'ambiente e di crescita con un uso efficiente di risorse, e si possono ulteriormente accrescere la mobilità e la sicurezza;

16.

osserva che la struttura della strategia per la regione danubiana è stata costruita prendendo spunto dalle esperienze raccolte dalla strategia per il Mar Baltico. Per l'attuazione concreta della strategia, tutti gli attori nazionali, regionali e locali e le parti interessate hanno concorso a elaborare un piano d'azione imperniato su quattro pilastri, che raggruppano undici settori prioritari, e articolato in 124 esempi distinti;

17.

plaude soprattutto al fatto che la strategia in esame proponga obiettivi concreti, misurabili e intesi a produrre risultati tangibili per i cittadini;

18.

ritiene che le strategie macroregionali non debbano riguardare tutte le politiche bensì concentrarsi innanzi tutto sulle sfide comuni ad una macroregione, identificate congiuntamente nell'ambito di un approccio di partenariato. Si compiace, pertanto, per l'accento posto sulla cooperazione nei suddetti quattro pilastri: «Creare collegamenti con la regione del Danubio» (mobilità, energie sostenibili, promozione del turismo e della cultura), «Proteggere l'ambiente della regione del Danubio» (qualità delle acque, gestione dei rischi ambientali, preservazione della biodiversità), «Sviluppare la prosperità nella regione danubiana» (sviluppo della società della conoscenza mediante la ricerca, l'insegnamento e le tecnologie dell'informazione, sostegno alla competitività delle imprese, in particolare sviluppando i distretti di imprese, investimento nelle competenze) e «Rafforzare la regione danubiana» (rafforzamento delle capacità e della cooperazione istituzionali, cooperazione nel settore della sicurezza e della lotta contro la grande criminalità e la criminalità organizzata);

19.

fa notare che, per conseguire questi obiettivi, il coinvolgimento dei livelli nazionale, regionale e locale assume un rilievo determinante. Laddove ancora necessario, bisognerebbe rafforzare, con misure appropriate, la capacità degli attori locali e regionali di creare strutture di attuazione che consentano di raggiungere gli obiettivi. I processi di rafforzamento di tali capacità (capacity building) e miglioramento della governance sono elementi di cruciale importanza per l'attuazione della strategia in esame. Al riguardo il Consiglio delle città e delle regioni danubiane (CCRD) può essere un partner attivo nello sviluppo di progetti comuni;

20.

reputa che il piano d'azione sia fondamentalmente un importante documento di riferimento, e apprezza il fatto che la Commissione lo consideri un quadro indicativo basato sullo stato di avanzamento dei progetti e in grado di essere ulteriormente sviluppato in maniera dinamica;

21.

considera che un più intenso collegamento tra le reti, iniziative e organizzazioni esistenti, quali la Commissione internazionale per la protezione del Danubio (International Commission for the Protection of the Danube River - ICPDR), la Commissione del Danubio, il Consiglio di cooperazione regionale, il processo di cooperazione danubiana, il già citato CCRD, la Comunità di lavoro degli Stati del Danubio («ARGE Donauländer») e la Commissione turistica del Danubio, possa apportare un notevole valore aggiunto.

Coinvolgimento delle giovani generazioni

22.

richiama espressamente l'attenzione sul fatto che il coinvolgimento attivo delle giovani generazioni rappresenta una delle garanzie fondamentali di pace duratura e stabilità in Europa;

23.

dà atto che il piano d'azione lascia un certo spazio ai progetti con e per i giovani. Tuttavia, ad avviso del Comitato si dovrebbe accordare un maggior peso al ruolo e al significato delle giovani generazioni. È di decisiva importanza trasmettere ai giovani europei dei valori comunitari, in un processo continuo di scambio e comunicazione reciproca, e sensibilizzare i giovani al processo democratico così come alla comprensione, alla tolleranza e al rispetto nei confronti delle minoranze nonché alla diversità culturale ed etnica delle regioni d'Europa. Non bisognerebbe sottovalutare il contributo, insostituibile sul piano pratico, degli scambi scolastici e giovanili nonché dei workshop, delle reti e delle possibilità di cooperazione per i giovani;

24.

chiede che, nel corso dell'ulteriore sviluppo del piano d'azione, questo aspetto sia oggetto di una maggiore attenzione anche nel quadro dei programmi di mobilità esistenti. La «Rete danubiana dei giovani cittadini» (Young Citizen Danube Network - YCDN) fondata a Novi Sad (Serbia) è un esempio di come sia possibile costruire nelle giovani generazioni un'identità danubiana e quindi anche un'identità europea. Ma si potrebbe anche pensare, per esempio, alla creazione di un «Ufficio danubiano per la gioventù» che organizzasse stabilmente l'incontro, lo scambio, la formazione e la cooperazione dei giovani.

Trasporti

25.

riconosce l'importanza di attuare gli obiettivi nel campo dei trasporti, per quanto concerne in particolare la navigazione interna nonché l'infrastruttura stradale, ferroviaria e aeroportuale, e condivide la valutazione della Commissione secondo cui è necessario proseguire la realizzazione dei progetti della rete RTE-T e dei corridoi di trasporto merci di cui al regolamento (UE) n. 913/2010. Al riguardo va sottolineato in particolare il progresso rappresentato dalla strategia per la regione danubiana, data l'importanza dell'interconnessione di questi corridoi, tra loro e con i territori circostanti, come anche dei diversi modi di trasporto;

26.

osserva che il potenziale del Danubio deve essere sfruttato meglio. Obiettivi salienti del primo pilastro della strategia («Creare collegamenti con la regione del Danubio» migliorando la mobilità) sono: accrescere il traffico merci sul Danubio, creare collegamenti Nord-Sud, realizzare terminali efficienti nei porti danubiani e garantirne una gestione moderna, basata sulla multimodalità e l'interoperabilità. Il Comitato concorda inoltre con la Commissione sulla necessità di adottare un approccio integrato per raggiungere un equilibrio tra questi sviluppi e la sostenibilità dell'ambiente;

27.

richiama la convenzione di Belgrado che disciplina la navigazione sul Danubio.

Ambiente

28.

ribadisce la fondamentale importanza di proteggere l'ambiente, e in particolare di garantire la qualità dell'acqua, conformemente alla direttiva quadro dell'UE in materia di acque. Il Comitato è d'accordo con la valutazione della Commissione secondo cui «è essenziale (…) gestire le risorse idriche in modo sostenibile». Il piano di gestione del bacino idrografico danubiano costituisce al riguardo un riferimento importante. Priorità deve essere attribuita alle azioni volte a preservare la capacità di ritenzione naturale delle piene nel bacino del Danubio e a prevenire continue inondazioni. Considerando inoltre che il Danubio, il quale comprende diverse zone di protezione speciale e zone di conservazione specifiche che rientrano nell'ambito di Natura 2000, e il delta del Danubio, dal 1991 patrimonio mondiale dell'Unesco, presentano entrambi un ecosistema unico e fragile composto da specie rare e minacciate dall'inquinamento, si deve continuare ad arginare la perdita di biodiversità e di ecosistemi e a preservare la diversità delle specie viventi, facendo in modo che gli stanziamenti dell'UE vengano utilizzati per progetti conformi all'attuazione della normativa europea in materia di ambiente. Tale sforzo deve rispecchiarsi anche negli obiettivi e nei programmi concreti di sostegno della politica agricola comune e dei sistemi nazionali di sostegno del settore agricolo;

29.

sottolinea che è fondamentale garantire una buona qualità dell'acqua, conformemente alla predetta direttiva, ridurre l'eutrofizzazione del Danubio, completare e adottare il piano di gestione del delta danubiano entro il 2013, attuare i piani di gestione dei rischi di inondazione per l'intero Danubio, elaborare piani di gestione efficaci per tutti i siti Natura 2000, salvaguardare le popolazioni vitali di storioni del Danubio e di altre specie ittiche nonché ridurre l'erosione dei suoli. Nell'assolvimento di questi compiti svolgono un ruolo importante sia l'ICPDR che gli strumenti di cui dispone la Commissione, quali il Monitoraggio globale dell'ambiente e sicurezza (Global Monitoring for Environment and Security - GMES), come pure gli strumenti della politica agricola comune. In questo campo occorre far sì che le strutture e le conoscenze disponibili come anche gli strumenti esistenti servano in modo più efficace gli obiettivi della strategia, in particolare nel campo della prevenzione dei rischi quali le inondazioni e le catastrofi ambientali;

30.

sottolinea la necessità di potenziare la cooperazione regionale per ridurre il rischio e le possibili conseguenze di catastrofi naturali - come inondazioni, siccità, incendi boschivi, tempeste, erosione, formazione di ghiaccio e penuria idrica - o di incidenti industriali, rafforzando la gestione dei disastri, comprese la prevenzione, la programmazione delle misure e la risposta;

31.

osserva che, nell'orientare i trasporti e la tutela dell'ambiente in direzione di uno sviluppo sostenibile della regione danubiana, bisognerebbe prestare attenzione ad applicare i principi fondamentali della dichiarazione comune sulle direttive per lo sviluppo della navigazione interna e la tutela dell'ambiente nella regione danubiana, dell'ICPDR e della Commissione internazionale del bacino della Sava (ISRBC);

32.

insiste sull'importanza di promuovere un turismo sostenibile nella regione e richiama l'attenzione sulle potenzialità legate all'esistenza di una pista ciclabile su quasi tutta la lunghezza del fiume.

Energia

33.

osserva che, nella strategia in esame, gli investimenti in infrastrutture per l'energia, la promozione di energie sostenibili e un migliore coordinamento della politica energetica rappresentano a giusto titolo una priorità. La modernizzazione delle reti energetiche e l'attuazione del programma energetico europeo nonché il rafforzamento della rete RTE-E possono produrre per la regione dei sostanziali miglioramenti. Oltre a ciò, è importante conseguire gli obiettivi nazionali in materia di clima e di energia fissati per il 2020.

Economia

34.

sottolinea la grande importanza di sviluppare la prosperità nella regione danubiana, rafforzare la competitività delle imprese e favorire il loro raggruppamento in poli (clustering), accrescere il potenziale economico, rilanciare e migliorare il mercato dell'occupazione e offrire opportunità migliori ai gruppi sociali svantaggiati. Il Comitato fa inoltre notare la funzione svolta dalle zone metropolitane in quanto centri di produttività, di innovazione e di scambio;

35.

mette in risalto l'osservazione della Commissione secondo cui la macroregione danubiana «comprende un terzo degli abitanti dell'Unione esposti al rischio di povertà, molti dei quali appartenenti a gruppi emarginati. Le comunità Rom, l'80 % delle quali abita in questa regione, soffrono in particolare dell'esclusione sociale ed economica, della segregazione spaziale e di condizioni di vita inferiori alla media. Gli sforzi compiuti per sfuggire a queste difficoltà hanno un'incidenza in tutta l'Unione, ma è in primo luogo nella regione del Danubio che è opportuno affrontare il problema alla radice». Ritiene che, sulla base di tale osservazione, meriti dare un'impronta territoriale specifica all'iniziativa faro «Piattaforma europea di lotta contro la povertà»;

36.

richiama l'attenzione sull'importanza del ruolo delle regioni e degli enti locali ai fini dell'instaurazione di contatti e del monitoraggio di progetti a livello delle piccole e medie imprese (PMI). Il Comitato fa notare altresì che, alla luce delle esperienze acquisite con la strategia per il Mar Baltico, vi dovrebbe essere un maggiore coinvolgimento del settore privato;

37.

pone l'accento sul fatto che l'aumento della prosperità e della competitività dovrebbero andare di pari passo con lo sviluppo e la tutela sostenibile delle risorse naturali;

38.

sottolinea l'importanza di creare condizioni quadro favorevoli alle imprese per una economia di mercato competitiva e di ottimizzare così le opportunità di sviluppo per le PMI nella regione danubiana;

39.

osserva che le PMI, in particolare a causa delle dimensioni limitate dei mercati nazionali, rappresentano un fattore chiave per la prosperità della regione del Danubio. Al riguardo, bisognerebbe tener conto in ugual misura dei settori dell'agricoltura, dell'artigianato, dell'industria e dei servizi. Una formazione professionale adeguata al fabbisogno, quale ad esempio quella volta alla qualificazione dei lavoratori specializzati, come pure la scienza e la ricerca, sono elementi importanti per la competitività e la capacità di innovazione della regione danubiana. Un sistema efficace di trasferimento delle tecnologie dovrebbe favorire una rapida traduzione applicativa dei risultati della ricerca nella pratica aziendale;

40.

sottolinea, in tale contesto, l'importanza di sviluppare un accesso equilibrato alle infrastrutture digitali e di promuoverne l'applicazione nell'intera regione del Danubio, onde ridurre drasticamente il divario tecnologico talora notevole tra gli Stati in materia di accesso a tali infrastrutture e di utilizzo delle stesse.

Istruzione e ricerca

41.

osserva che migliorare le opportunità di formazione e qualificazione nella regione significa accrescerne notevolmente l'attrattività dal punto di vista economico e scientifico. Alla qualificazione dei giovani possono contribuire ad esempio delle misure e delle offerte nel campo della formazione duale;

42.

pone l'accento sull'opportunità di favorire in particolare il sostegno e la promozione mirati delle infrastrutture di ricerca e dei collegamenti multilaterali tra le università della regione del Danubio. Al riguardo le istituzioni collegate in rete quali l'Università Andrássy di Budapest e l'Accademia europea del Danubio assumono una particolare importanza, dato che le loro attività di ricerca e i loro programmi di studio sono orientati alla regione del Danubio.

Cultura e società civile

43.

pone l'accento sul fatto che la diversità naturale, culturale ed etnica, unica nel suo genere, che si osserva nella regione danubiana dovrebbe essere tutelata nel quadro dei progetti nel campo della cultura e resa accessibile e fruibile mediante progetti sostenibili nel campo del turismo;

44.

sottolinea il ruolo degli enti regionali e locali, dei loro raggruppamenti e delle loro associazioni, nonché della società civile, nella promozione del dialogo interculturale. Regioni ed enti locali sono particolarmente adatti ad integrare in maniera efficace in un dialogo interculturale e interreligioso le esperienze da loro acquisite in materia di assetto demografico eterogeneo;

45.

fa inoltre notare, in tale contesto, l'importanza della società civile così come dei partenariati tra città e altri enti locali. Essi non contribuiscono solo a instaurare e mantenere un dialogo interculturale e a demolire i pregiudizi, ma possono anche costituire un quadro di riferimento per la cooperazione economica e sociale, promuovere uno sviluppo sostenibile e favorire così l'attuazione degli obiettivi della strategia Europa 2020. Anche la cooperazione tra operatori della cultura e istituzioni culturali nelle città e regioni del bacino danubiano può contribuire a realizzare una rete dotata di un alto potenziale di creatività;

46.

richiama l'attenzione sul fatto che occorrerebbe dare impulso alla creazione e al mantenimento di reti e strutture sociali, promuovere l'impegno dei cittadini e rafforzare l'apprendimento transgenerazionale.

Buona governance e sicurezza

47.

pone l'accento sull'elevata priorità degli obiettivi previsti nel quarto pilastro del piano d'azione («Rafforzare la regione danubiana»). Per conseguirli, occorre in particolare fare delle condizioni dello Stato di diritto un presupposto per il miglioramento delle strutture e delle capacità necessarie per i processi decisionali del settore privato e di quello pubblico; occorre inoltre combattere la tratta di esseri umani, il contrabbando, la corruzione, la grande criminalità e la criminalità organizzata nonché i mercati neri transfrontalieri;

48.

fa notare che lo scambio di esperienze in materia di buone pratiche amministrative nel campo della collaborazione tra i livelli nazionale, regionale e locale nonché nei più diversi campi del servizio pubblico rappresenta una componente essenziale per la realizzazione di una buona governance, anche al di là delle frontiere nazionali e amministrative.

La strategia dell'UE e la sua attuazione

Coordinamento

49.

apprezza il fatto che la Commissione prosegua il coordinamento politico con gli Stati membri. Sull'esempio di quanto già avviene nella strategia per il Mar Baltico, ma tenendo conto delle specificità della regione danubiana anche nella strategia relativa a quest'ultima regione, un gruppo di alto livello composto da rappresentanti di tutti gli Stati membri dovrebbe sostenere il lavoro della Commissione, e rappresentanti dei paesi terzi interessati dovrebbero essere invitati alle riunioni del gruppo. La comunicazione in esame non precisa le cadenze temporali della valutazione dell'orientamento politico e dell'aggiornamento del piano d'azione; aspetti, questi, che bisognerebbe definire in maniera concreta;

50.

si rallegra per il coinvolgimento di coordinatori nazionali o, a seconda dei casi, regionali, il cui compito è peraltro solo accennato in modo approssimativo dalla comunicazione. Lo sviluppo delle macroregioni è ancora agli inizi, per cui il Comitato invita a consentire sia uno scambio regolare di esperienze tra i coordinatori coinvolti nella strategia per la regione danubiana che uno scambio di esperienze tra questi e quelli coinvolti nella strategia per il Mar Baltico. Il Comitato esorta, sulla base delle esperienze acquisite con quest'ultima strategia, a esaminare la possibilità di prestare assistenza tecnica per i compiti di coordinamento;

51.

osserva inoltre, in tale contesto, che forum organizzati a cadenza regolare e destinati a tutti gli attori nazionali, regionali e locali nonché alle parti interessate e alla società civile costituiscono uno strumento appropriato per valutare i progetti, riflettere criticamente sugli orientamenti politici e accrescere l'accettazione della strategia da parte dei cittadini;

52.

esorta a tener conto, nel coordinamento degli obiettivi, dei risultati degli studi condotti dall'Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo (European Spatial Planning Observation Network - ESPON) sulla regione del Danubio.

Relazioni

53.

reputa importante procedere a una verifica dei progressi compiuti nell'attuazione del piano d'azione. Al riguardo, le relazioni annuali presentate per i programmi già in corso e le relazioni strategiche a livello degli Stati membri dovrebbero costituire per i coordinatori una base di riferimento su cui elaborare i propri contributi. Per adempiere l'obbligo di presentare relazioni per i programmi UE, bisognerebbe orientarsi, nel periodo di programmazione in corso, sui dati già disponibili.

Attuazione

54.

osserva che gli attori nazionali, regionali e locali contribuiscono alla buona riuscita dei progetti. La mancanza di un sostegno alla realizzazione di strutture comporta tuttavia una serie di sfide quanto all'attuazione amministrativa della strategia. La comunicazione in esame richiede la presentazione di progetti concreti «particolareggiati, gestiti da un direttore di progetto, accompagnati da calendari di attuazione e dotati di finanziamenti». Il Comitato esorta a consentire, dopo un anno, una valutazione della strategia di attuazione, al fine di ottimizzare i processi e i canali decisionali.

Finanziamento e sovvenzioni

55.

osserva che la comunicazione in esame contiene soltanto affermazioni generiche quanto al finanziamento della strategia per la regione del Danubio, e prende atto della posizione della Commissione secondo cui alle macroregioni interessate non andrebbe accordato alcun trattamento di favore sul piano finanziario o giuridico. Nel periodo di programmazione in corso, la strategia dovrebbe essere attuata mobilitando o adattando risorse finanziarie già disponibili, e in linea con il quadro finanziario generale;

56.

esorta la Commissione a far sì che le procedure di selezione dei progetti, nell'ottica delle strategie macroregionali, offrano presupposti adeguati affinché i sistemi di finanziamento e le sovvenzioni già disponibili possano effettivamente essere utilizzati per la strategia;

57.

esorta la Commissione a provvedere affinché programmi di sostegno come quelli in materia di lavoro giovanile e di accesso alle TIC possano essere applicati anche alle strategie macroregionali;

58.

invita a esaminare in che misura possano essere offerte, soprattutto a partire dal 2014, iniziative di formazione mirate per i richiedenti a livello nazionale, regionale e locale, onde rafforzare le competenze necessarie per la richiesta di fondi e contribuire a un impiego effettivamente maggiore delle risorse e degli strumenti di sostegno esistenti;

59.

osserva che il conseguimento degli obiettivi dipende anche dal ricorso, da parte degli Stati membri nonché degli enti regionali e locali della regione danubiana e degli organismi di sviluppo regionale, ai programmi ambientali sostenuti dalla Commissione, quali ad esempio LIFE+ (per il ripristino dei fiumi e dei prati rivieraschi) e il programma Energia intelligente-Europa (EIE);

60.

attribuisce un ruolo di rilievo alla promozione di progetti transfrontalieri e transnazionali, compresi quelli delle organizzazioni non governative, degli attori economici e sociali e degli enti regionali e locali. I fondi strutturali e i programmi pertinenti della politica di coesione rappresentano strumenti importanti, che occorrerebbe impiegare in modo appropriato ed efficace per realizzare progetti;

61.

esorta a considerare se, in ragione della particolare importanza geografica, storica e culturale della regione danubiana, lo spazio di cooperazione dell'Europa sudorientale possa essere effettivamente incluso, in quanto nuova macroregione, nell'asse B dell'obiettivo «Cooperazione territoriale europea». In tal modo la politica europea di coesione terrebbe conto della nuova macroregione («regione danubiana») e permetterebbe di cooperare in uno spazio di cooperazione unico. Ciò renderebbe più agevole:

a)

poter sfruttare in modo più efficace il potenziale della regione, in particolare negli ambiti d'intervento strategici delle infrastrutture, delle idrovie, dell'energia, dell'innovazione, della tutela dell'ambiente, della protezione contro le inondazioni e dell'economia sostenibile,

b)

poter sfruttare in maniera mirata, sostenibile ed efficiente il potenziale economico e scientifico comune,

c)

garantire il trasferimento delle innovazioni tra le regioni del Danubio,

d)

poter realizzare maggiori sinergie sia nel quadro della cooperazione tra i livelli nazionale, regionale e locale che sul piano intersettoriale tra i diversi ambiti d'intervento, e poter accrescere il buon funzionamento e l'efficienza della regione danubiana e quindi anche dell'UE,

e)

poter considerare la regione danubiana nella sua dimensione naturale, culturale e storica globale come uno spazio unico all'interno dell'Europa;

62.

osserva, in tale contesto, che uno spazio di cooperazione favorirebbe lo sviluppo dinamico della regione del Danubio. Lo strumento di preadesione (Instrument for Pre-Accession - IPA) e lo strumento europeo di vicinato e partenariato (European Neighbourhood and Partnership Instrument - ENPI) sono misure flessibili che consentono di integrare i candidati all'adesione, i candidati potenziali e i paesi terzi nello spazio di cooperazione.

Bruxelles, 31 marzo 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


7.6.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 166/30


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Orientamenti 2011-2020 per la sicurezza stradale»

2011/C 166/06

IL COMITATO DELLE REGIONI

accoglie con soddisfazione i nuovi orientamenti in materia di sicurezza stradale presentati dalla Commissione europea e appoggia i sette obiettivi e le relative azioni proposte; invita la Commissione a precisare quale sia il contributo che si prevede apporterà ciascuno dei sette obiettivi proposti per raggiungere l'ambiziosa riduzione complessiva del 50 % del numero di vittime della strada entro il 2020;

condivide l'idea di armonizzare le diverse definizioni del concetto di «lesioni gravi» per consentire di monitorare e valutare meglio l'efficacia delle politiche in materia di sicurezza stradale; considera che, sulla base di una definizione comune di «lesioni gravi» e «lesioni meno gravi», si dovrebbe stabilire un obiettivo comune di riduzione del numero dei feriti gravi;

esorta tutti gli Stati membri a dare piena attuazione alla direttiva sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali e conviene con la Commissione sulla necessità di adottare misure volte a garantire che i principi enunciati in questa direttiva siano applicabili a tutte le infrastrutture stradali finanziate con fondi UE, sempre nel rispetto del principio di proporzionalità, affinché i progetti di scala minore non siano gravati da inutili adempimenti amministrativi o soggetti a eccessivi requisiti tecnici;

raccomanda alla Commissione di elaborare, nei limiti delle sue competenze, iniziative volte ad armonizzare le norme sulla circolazione stradale e la segnaletica verticale e orizzontale tra gli Stati membri e propone che la Commissione lanci, attraverso un libro verde, un dibattito pubblico sul tema oggetto del presente parere.

Relatore

Johan SAUWENS (BE/PPE), sindaco di Bilzen

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Verso uno spazio europeo della sicurezza stradale: orientamenti 2011-2020 per la sicurezza stradale

COM(2010) 389 definitivo

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

Introduzione

1.

Nel futuro Libro bianco sulla politica dei trasporti per il periodo 2010-2020, la Commissione presterà un'attenzione particolare alla sicurezza stradale. Gli orientamenti europei per la sicurezza stradale nell'orizzonte temporale fino al 2020 intendono definire un quadro di governance generale e obiettivi ambiziosi che servano a orientare le strategie nazionali e locali;

2.

nel quadro dell'elaborazione del presente parere è stata organizzata presso i partner della Rete di controllo della sussidiarietà una consultazione lanciata il 25 ottobre 2010 e conclusasi il 10 dicembre 2010.

Il programma di azione proposto e alcune osservazioni preliminari

—   Sicurezza stradale ed enti regionali e locali

3.

La sicurezza stradale è una questione di importanza fondamentale per la società. Nell'Unione europea gli incidenti stradali causano oltre 30 000 morti all'anno e, secondo le stime, 1 500 000 feriti, con un costo sociale quantificabile intorno a 130 miliardi di euro, senza considerare le enormi sofferenze umane che ne derivano;

4.

il maggior numero di incidenti stradali si registra su strade urbane e sulla rete stradale extraurbana e solo il 5 % avviene sulle autostrade. Nella maggioranza degli Stati membri la gestione di buona parte della rete stradale è di competenza degli enti regionali e locali. Questi ultimi in molti casi sono anche responsabili dell'applicazione del codice della strada da parte delle forze di polizia regionali e locali. Inoltre, spesso provvedono all'organizzazione dei servizi di trasporto pubblico, alla regolazione del traffico locale, alla realizzazione di campagne di prevenzione e alla prestazione dei primi soccorsi in caso di incidente;

5.

è pertanto logico che gli enti regionali e locali debbano essere coinvolti nelle iniziative adottate a livello nazionale ed europeo e debbano poter contribuire alla loro definizione, se lo ritengono auspicabile, ma anche che mettano a punto una loro strategia in materia di sicurezza stradale volta a risolvere i problemi locali e adeguata alle circostanze locali;

6.

la Commissione riconosce il ruolo che gli enti regionali e locali svolgono nella formulazione e nell'applicazione della sicurezza stradale e precisa che, nel rispetto del principio di sussidiarietà, le azioni descritte devono essere attuate al livello e nei modi più opportuni. La comunicazione della Commissione sottolinea a giusto titolo la necessità di adottare un approccio integrato: «Sono molti, infatti, i punti di contatto tra la sicurezza stradale e le politiche in materia di energia, ambiente, occupazione, istruzione, giovani, salute pubblica, ricerca, innovazione e tecnologia, giustizia, assicurazioni, commercio e affari esteri, tra le altre».

—   Obiettivo della Commissione europea

7.

In base ai dati della Commissione, nel 2001 sulle strade dell'Unione europea sono morte 54 302 persone. Il precedente programma di azione per la sicurezza stradale si prefiggeva l'obiettivo di dimezzare questo numero, scendendo a 27 000 vittime nel 2010. Nel 2009, nell'Unione europea le vittime di incidenti mortali sono state 34 500, il che equivale a una riduzione del 36 %. La Commissione stima che il calo che si registrerà alla fine del 2010 sia pari al 41 % rispetto ai dati del 2001. Sebbene questa percentuale non corrisponda del tutto all'obiettivo perseguito, il risultato è comunque incoraggiante;

8.

per il periodo 2010-2020 la Commissione aspira a dimezzare di nuovo il numero complessivo di morti sulle strade dell'Unione europea. Data la riduzione registrata nel decennio scorso e la volontà di migliorare ulteriormente il livello della sicurezza stradale nell'Unione europea, tale obiettivo appare legittimo ma ambizioso.

—   Obiettivi strategici

9.

La Commissione formula sette obiettivi strategici:

a)

miglioramento dell'educazione stradale e della preparazione degli utenti della strada,

b)

rafforzamento dell'applicazione della normativa stradale,

c)

miglioramento della sicurezza delle infrastrutture stradali,

d)

miglioramento della sicurezza dei veicoli,

e)

promozione dell'uso delle moderne tecnologie per migliorare la sicurezza stradale,

f)

miglioramento dei servizi di emergenza e assistenza post-incidente,

g)

protezione degli utenti vulnerabili della strada;

10.

questi obiettivi possono essere sottoscritti come tali. Nella forma attuale, gli orientamenti proposti non sollevano dubbi circa la loro conformità al principio di sussidiarietà e proporzionalità. Gli obiettivi delle azioni proposte infatti non sono tali da poter essere realizzati dagli Stati membri da soli e la loro portata fa sì che il livello UE sia quello migliore a tal fine, poiché la normativa europea in materia, le azioni transfrontaliere e la cooperazione a livello UE possono garantire la coerenza e l'efficacia delle politiche condotte a livello nazionale, regionale e locale. Inoltre, le azioni proposte offrono un evidente valore aggiunto rispetto a quelle che verrebbero realizzate esclusivamente a questi livelli. Infine, la forma delle azioni proposte rappresenta il modo più semplice per raggiungere gli obiettivi perseguiti e lascia il più ampio margine possibile all'adozione di decisioni nazionali;

11.

dato che gli enti regionali e locali svolgono un ruolo importante nell'elaborazione e nella realizzazione della politica in materia di sicurezza stradale, sarebbe tuttavia auspicabile che la Commissione quantificasse la portata del contributo specifico che si attende da ciascuno dei sette obiettivi proposti per raggiungere la prevista riduzione complessiva del 50 % del numero di vittime della strada. In questo modo sarà possibile chiarire in una certa misura quali siano gli eventuali sforzi che ci si attende dagli enti regionali e locali.

—   Attuazione degli orientamenti 2011-2020 per la sicurezza stradale

12.

Nel quadro dell'attuazione dei suoi orientamenti strategici, la Commissione enuncia due principi:

il miglioramento dell'impegno di tutte le parti interessate attraverso un rafforzamento della governance,

l'elaborazione (e il perfezionamento) di strumenti comuni per il monitoraggio e la valutazione dell'efficienza delle politiche in materia di sicurezza stradale;

13.

il Comitato delle regioni (CdR) constata che la Commissione desidera migliorare i controlli attraverso l'acquisizione e l'analisi dei dati. Il Comitato approva questa prospettiva. A tale riguardo osserva che il sistema attuale di raccolta dei dati (banca dati CARE) utilizza esclusivamente dati aggregati a livello degli Stati membri. Manca però la dimensione regionale, mentre tali informazioni, di norma, sono disponibili abbastanza facilmente negli Stati membri. Per le regioni europee sarebbe particolarmente interessante poter confrontarsi con i risultati delle regioni estere vicine o comparabili, come gli Stati membri possono già fare tra loro. L'inserimento e la messa a disposizione di tali informazioni nella banca dati CARE offrirebbe pertanto un valore aggiunto importante e rappresenterebbe un incentivo per gli enti regionali e locali.

—   Armonizzazione delle norme di circolazione stradale, della segnaletica verticale e orizzontale e degli orientamenti per la progettazione delle infrastrutture

14.

Il CdR osserva che gli Stati membri applicano nella pratica standard molto divergenti in materia di norme di circolazione stradale, segnaletica verticale e orizzontale e orientamenti per la progettazione delle infrastrutture. Parallelamente, aumenta anno dopo anno il traffico transfrontaliero tra gli Stati membri, sia nel settore del trasporto di merci che in quello del trasporto di persone a fini di lavoro o di tempo libero. Il Comitato ritiene che sia per la sicurezza stradale che per la libera circolazione all'interno dell'Unione sarebbe utile che le reti stradali dei singoli Stati membri fossero il più possibile realizzate e attrezzate secondo i medesimi principi e le medesime regole, in modo tale che il panorama stradale risulti chiaro e riconoscibile a tutti gli utenti della strada, anche quando questi attraversano le frontiere tra uno Stato membro e l'altro. Le buone pratiche esistenti devono fungere da guida per tutte le eventuali misure e deve essere lasciato un margine di manovra sufficiente per consentirne l'adeguamento e l'integrazione nella realtà locale.

Raccomandazioni politiche

IL COMITATO DELLE REGIONI

15.

sottolinea l'importanza da attribuire al tema della sicurezza stradale e sottoscrive i principi seguiti dalla Commissione nel definire gli orientamenti per il periodo 2011-2020:

favorire l'adozione di standard di sicurezza stradale più severi in tutta Europa,

promuovere un approccio integrato alla sicurezza stradale,

condividere le responsabilità nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità;

16.

si compiace dei risultati positivi ottenuti dal passato programma di azione per la sicurezza stradale che sono emersi dalla valutazione ex post, ma osserva che i costi umani derivanti dagli incidenti stradali rimangono a livelli inaccettabili, facendo registrare nell'Unione europea oltre 30 000 decessi all'anno;

17.

prende atto del fatto che per il periodo 2011-2020 la Commissione mira a dimezzare il numero totale di morti sulle strade. Ritiene che si tratti di un obiettivo legittimo ma anche ambizioso, considerando che nel precedente periodo 2001-2009 è stata raggiunta, nei diversi Stati membri, una diminuzione media del 36 %;

18.

accoglie con soddisfazione i nuovi orientamenti in materia di sicurezza stradale presentati dalla Commissione europea e appoggia i sette obiettivi e le relative azioni proposte;

19.

invita la Commissione a precisare quale sia il contributo che si prevede apporterà ciascuno dei sette obiettivi proposti per raggiungere l'ambiziosa riduzione complessiva del 50 % del numero di vittime della strada entro il 2020;

20.

condivide l'idea di armonizzare le diverse definizioni del concetto di «lesioni gravi» per consentire di monitorare e valutare meglio l'efficacia delle politiche in materia di sicurezza stradale;

21.

considera che, sulla base di una definizione comune di «lesioni gravi» e «lesioni meno gravi», si dovrebbe stabilire un obiettivo comune di riduzione del numero dei feriti gravi, analogamente all'obiettivo fissato per la riduzione del numero dei decessi;

22.

sottolinea l'importanza di raggiungere un accordo in merito alla direttiva per agevolare l'applicazione transfrontaliera della normativa in materia di sicurezza stradale. Le multe e le altre sanzioni per le infrazioni al codice della strada perdono infatti la loro forza dissuasiva se non possono essere riscosse al di fuori dei confini nazionali, il che pone in essere, tra l'altro, un trattamento discriminatorio poiché la punibilità o meno di un'infrazione del codice della strada viene a dipendere in questo modo dalla nazionalità della persona che la compie;

23.

esorta inoltre tutti gli Stati membri a dare piena attuazione alla direttiva sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali e conviene con la Commissione sulla necessità di adottare misure volte a garantire che i principi enunciati in questa direttiva siano applicabili a tutte le infrastrutture stradali finanziate con fondi UE, sempre nel rispetto del principio di proporzionalità, affinché i progetti di scala minore non siano gravati da inutili adempimenti amministrativi o soggetti a eccessivi requisiti tecnici;

24.

ritiene che, più in generale e nel rispetto dei principi di sussidiarietà e governance multilivello, gli enti regionali e locali dovrebbero, da un lato, definire la loro politica in materia di sicurezza stradale nel proprio ambito di competenza e, dall'altro, partecipare ai meccanismi creati per la gestione delle iniziative nel campo della sicurezza stradale a livello europeo o nazionale;

25.

reputa che gli sforzi dovrebbero essere volti a integrare gli obiettivi stabiliti negli orientamenti 2011-2020 in tutte le politiche collegate ai trasporti e nei progetti in materia di trasporti a livello UE, nazionale, regionale e locale;

26.

incoraggia la Commissione e gli Stati membri a impegnarsi per migliorare la raccolta e l'analisi dei dati sugli incidenti. È infatti essenziale giungere a un quadro più chiaro sull'incidentalità stradale per potere migliorare la definizione delle politiche e la valutazione dei progressi compiuti, non da ultimo a livello regionale e locale. Le modalità di raccolta dei dati e di reporting da parte degli Stati membri dovrebbero essere ulteriormente armonizzate come si raccomanda nel progetto di ricerca dell'UE SafetyNet;

27.

esorta la Commissione e gli Stati membri a integrare i sistemi esistenti di registrazione degli incidenti da parte dei servizi di polizia con informazioni sul livello di gravità delle lesioni disponibili presso i servizi di soccorso e gli ospedali;

28.

invita la Commissione ad aumentare la quantità di dati disponibili a livello regionale e locale, in particolare attraverso la banca dati CARE, in modo tale che gli enti regionali e locali possano confrontare i loro dati con quelli di regioni comparabili di altri Stati membri;

29.

in considerazione del fatto che in molti paesi gli incidenti stradali rappresentano la principale causa di infortunio sul lavoro, propone alla Commissione di sollecitare, nel suo programma di azione, i datori di lavoro del settore pubblico e privato ad adottare misure volte a promuovere una cultura della sicurezza nella quale gli spostamenti costituiscano una parte integrante. Le questioni di sicurezza stradale dovrebbe anche essere oggetto di maggiore attenzione nei piani di trasporto aziendale attuali e futuri dei datori di lavoro pubblici e privati;

30.

sottolinea l'importanza di inserire l'educazione stradale nei programmi scolastici obbligatori di tutti gli Stati membri per l'intera durata della scuola dell'obbligo;

31.

raccomanda alla Commissione di continuare a prestare attenzione, attraverso il programma quadro di ricerca, alla ricerca scientifica nel campo della sicurezza stradale su scala europea, in particolare per quanto riguarda gli aspetti seguenti:

i benefici potenziali per la sicurezza stradale derivanti dall'internalizzazione dei costi degli incidenti,

il monitoraggio dell'impatto prodotto dalle misure adottate sull'istruzione, le infrastrutture, la tecnologia automobilistica e il rispetto del codice della strada,

la quantità di incidenti stradali non registrati e le strategie per migliorare la registrazione,

la ricerca sui fattori che spiegano la genesi e la gravità delle lesioni riportate in determinati incidenti;

32.

raccomanda alla Commissione di elaborare, nei limiti delle sue competenze, iniziative volte ad armonizzare le norme sulla circolazione stradale e la segnaletica verticale e orizzontale tra gli Stati membri e propone che la Commissione lanci, attraverso un libro verde, un dibattito pubblico sul tema oggetto del presente parere;

33.

invita la Commissione ad adottare, attraverso i programmi di ricerca attuali e futuri, iniziative volte a definire raccomandazioni e codici di buone pratiche per realizzare e allestire infrastrutture stradali intrinsecamente sicure, capaci di contribuire a migliorare e armonizzare le prassi in materia di progettazione delle infrastrutture stradali nei diversi Stati membri. Tali raccomandazioni possono riguardare, ad esempio, la creazione di rotatorie, vie di accesso urbano, strade secondarie extraurbane, piste ciclabili e attraversamenti pedonali;

34.

esorta la Commissione a monitorare, attraverso un'organizzazione interna adeguata, l'attuazione del programma di azione per la sicurezza stradale. In tale contesto potrebbe essere opportuno istituire un'agenzia per la sicurezza stradale o rafforzare gli organismi esistenti come l'Osservatorio europeo della sicurezza stradale.

Impegno

IL COMITATO DELLE REGIONI

35.

richiama l'attenzione sulla Carta europea della sicurezza stradale (www.erscharter.eu) promossa dalla Commissione e lancia un appello agli enti regionali e locali a sottoscrivere tale carta su base individuale e a impegnarsi concretamente per migliorare la sicurezza stradale nel loro ambito di competenza.

Bruxelles, 31 marzo 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


7.6.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 166/35


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Quinta relazione sulla coesione»

2011/C 166/07

IL COMITATO DELLE REGIONI

si compiace del fatto che la futura politica di coesione potrà interessare tutte le regioni europee, indipendentemente dal loro livello di sviluppo, e appoggia la creazione di una nuova categoria intermedia di regioni, fondata sul principio della parità di trattamento tra le stesse;

auspica che per l'attuazione e la valutazione della politica di coesione si possano utilizzare indicatori complementari al PIL, per rispecchiare più fedelmente il livello di sviluppo di ciascuna regione;

ribadisce l'auspicio che il Fondo sociale europeo continui a far parte dei fondi strutturali nel quadro della politica di coesione e ritiene che la sua attuazione dovrà essere territorializzata;

auspica che l'obiettivo della cooperazione territoriale sia rafforzato, in particolare sul piano finanziario, e raccomanda che la ripartizione delle dotazioni per i diversi programmi avvenga a livello dell'UE e non più a livello nazionale;

appoggia il principio generale di un'articolazione tra la politica di coesione e gli obiettivi della strategia Europa 2020, ma ricorda che essa non deve essere esclusivamente al servizio di detta strategia, in considerazione dei suoi obiettivi propri sanciti dal Trattato;

auspica che l'obiettivo della coesione territoriale si traduca nell'individuazione di un asse territoriale prioritario all'interno del «menù» dell'UE, integrando le tematiche legate alla strategia Europa 2020;

sostiene l'elaborazione di un quadro strategico comune, e propone che i «contratti di partnership per lo sviluppo e gli investimenti» associno gli enti territoriali di ciascuno Stato membro, conformemente ai principi della governance multilivello;

si oppone alle disposizioni in materia di condizionalità macroeconomica cosiddetta «esterna» e alla proposta di istituire una «riserva di efficacia»; accetta la necessità di introdurre nuove forme di condizionalità finanziaria che sarebbero legate ai risultati, purché i criteri adottati siano generali, equi, proporzionali e fondati sul principio della parità di trattamento.

Relatore

:

Michel DELEBARRE (FR/PSE), sindaco di Dunkerque

Testo di riferimento

:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti - Conclusioni della Quinta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale: il futuro della politica di coesione

COM(2010) 642 definitivo

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

accoglie con favore la pubblicazione della Quinta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale, che costituisce una buona base di discussione sugli orientamenti riguardanti la politica di coesione dopo il 2013;

2.

riconosce l'importante analisi realizzata dalla Commissione europea in questa prima relazione sulla coesione pubblicata dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, in particolare per quanto riguarda il riconoscimento della coesione territoriale tra gli obiettivi chiave dell'Unione. Si rammarica tuttavia che la relazione si fondi essenzialmente su statistiche risalenti a prima della crisi finanziaria, economica e sociale che l'Unione europea deve affrontare dal 2008; esige quindi che il prossimo periodo di programmazione si basi su dati statistici posteriori alla crisi e invita il Consiglio e gli Stati membri a compiere ogni sforzo possibile, sul piano politico e amministrativo, per raggiungere questo obiettivo. Questa situazione rende inoltre ancor più necessaria l'utilizzazione di altri indicatori complementari e più aggiornati per diagnosticare lo stato reale dello sviluppo delle regioni. La crescita del PIL, infatti, non è di per sé sufficiente a rispecchiare l'impatto effettivo della crisi. Il Comitato delle regioni si è già pronunciato, a questo proposito, nel parere Misurare il progresso non solo con il PIL. In esso si propongono due indicatori onnicomprensivi disponibili sul breve periodo, ossia l'indice ambientale globale e l'indagine sociale armonizzata a livello regionale;

3.

si rallegra dei progressi della politica di coesione, che ha consentito di creare crescita e posti di lavoro, di accrescere il capitale umano, di agevolare la costruzione di infrastrutture essenziali per il territorio e di migliorare la protezione dell'ambiente; pone l'accento sul fatto che la politica di coesione viene altresì riconosciuta per il suo effetto leva sulla competitività e l'innovazione, in particolare grazie alla sua capacità di mobilitare il potenziale del settore privato;

4.

constata che, nonostante i progressi realizzati dalla politica di coesione in materia di riduzione delle disuguaglianze, permangono gravi squilibri tra regioni europee e in seno alle regioni stesse, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo delle infrastrutture, il reddito, la qualità dei servizi pubblici e la loro accessibilità. Tali squilibri sono accentuati in particolare dal diverso impatto che ha avuto la crisi economica e finanziaria e dalle sfide sempre più impegnative poste da fenomeni quali la globalizzazione, la disoccupazione (soprattutto quella giovanile), l'invecchiamento demografico, i cambiamenti climatici e la dipendenza energetica;

5.

insiste pertanto sulla necessità che la politica di coesione disponga di risorse commisurate agli obiettivi perseguiti, rafforzando le azioni a livello nazionale, regionale e locale, per consentire un reale riequilibrio economico, sociale e territoriale tra le regioni europee;

6.

ricorda che il valore aggiunto europeo della politica di coesione si fonda prima di tutto sul suo approccio:

solidale, attraverso il sostegno allo sviluppo equilibrato a livello dell'Unione,

strategico, attraverso l'identificazione di obiettivi chiave rispondenti alle esigenze dei territori e dei loro abitanti,

integrato sulla base di una sinergia tra le politiche settoriali in un determinato territorio,

trasversale alle diverse politiche aventi un impatto sul territorio,

territoriale, sulla base di una diagnosi territoriale che metta in risalto i punti forti e deboli di ciascuna regione,

pluriennale, attraverso la definizione di obiettivi a breve, medio e lungo termine,

di partenariato, che associ i livelli europeo, nazionale, regionale e locale, nonché gli attori socioeconomici del territorio, all'elaborazione e all'attuazione dei programmi operativi;

7.

ricorda che, grazie a questo approccio specifico, la politica di coesione permette, più di qualsiasi altra politica dell'UE, di rendere l'integrazione europea visibile al livello degli enti regionali e locali e dei cittadini, apportando risposte adattate e coordinate alle loro necessità.

Verso una nuova architettura della politica di coesione

Una politica di coesione per tutte le regioni, adeguata al loro livello di sviluppo

8.

si compiace del fatto che la Quinta relazione sulla coesione confermi che la futura politica di coesione potrà interessare tutte le regioni europee, indipendentemente dal loro livello di sviluppo. Sottolinea, a questo proposito, che i fondi strutturali dovranno essere concentrati prioritariamente nelle regioni europee meno sviluppate, apportando nel contempo un sostegno indispensabile alle altre regioni, al fine di incoraggiarle a intraprendere la strada della competitività, dell'occupazione, dell'inclusione sociale e dello sviluppo sostenibile, al fine di promuovere lo sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione;

9.

ritiene che si debba prendere in considerazione la creazione di una nuova categoria intermedia per le regioni con un PIL compreso tra il 75 % e il 90 % del PIL medio dell'UE. Tale sistema è inteso a limitare l'effetto soglia osservato al livello del 75 % del PIL medio europeo (attuale soglia di ammissibilità tra gli obiettivi di convergenza e di competitività), e a garantire parità di trattamento tra queste regioni. Si tratta di tenere conto al tempo stesso delle difficoltà delle regioni che, a partire dal 2013, usciranno per la prima volta dall'obiettivo convergenza, ma anche di quelle che, pur essendo state ammissibili ai finanziamenti dell'obiettivo competitività nell'attuale periodo di programmazione, sono ancora alle prese con difficoltà socioeconomiche strutturali che ostacolano l'attuazione degli obiettivi della strategia Europa 2020 e che soffrono di disparità regionali interne. La creazione di questa categoria non dovrà penalizzare le regioni che attualmente beneficiano dei finanziamenti dell'obiettivo convergenza o di quello competitività oppure che si trovino in una situazione di phasing in e phasing out;

10.

ribadisce il suo auspicio che vengano presi in considerazione indicatori complementari al PIL, in particolare per l'attuazione e la valutazione dei programmi, al fine di rispecchiare più fedelmente il livello di sviluppo e i problemi specifici di coesione sociale e territoriale di ciascuna regione (disuguaglianze infraregionali, variazioni dei redditi, tasso di disoccupazione, accessibilità ai servizi di interesse generale (SIG) e interoperabilità dei mezzi di trasporto, qualità dell'ambiente, benessere sociale, livello di istruzione, ecc.). La revisione intermedia del periodo di programmazione (5+5) deve rappresentare l'occasione per prendere in considerazione tali nuovi indicatori complementari al PIL. Chiede pertanto alla Commissione europea di elaborare un elenco di indicatori di sviluppo territoriali, sociali e ambientali applicabili a livello infraregionale, sulla base del lavoro svolto in quest'ambito da Eurostat, da ORATE (1) e dall'OCSE.

Il rafforzamento di un approccio integrato

11.

è favorevole a un approccio integrato in materia di politica di coesione al fine di favorire la complementarità dei fondi (Fondo di coesione, FESR, FSE, FEASR e FEP) e di facilitarne l'attuazione attraverso un approccio integrato; il Comitato raccomanda di definire chiaramente gli ambiti di intervento dei singoli fondi e le modalità di collegamento con le azioni realizzate a titolo di altri fondi UE - destinati ad esempio ai trasporti o all'ambiente - sia a livello strategico che operativo. Inoltre, è necessario definire orientamenti chiari a livello europeo e creare strutture di coordinamento a livello nazionale e infranazionale;

12.

chiede maggiori informazioni in merito alle modalità di attuazione del Fondo sociale europeo (FSE), è dell'avviso che quest'ultimo dovrebbe ormai entrare a far parte dei fondi strutturali nel quadro della politica di coesione e auspica una più stretta cooperazione tra il FSE e il FESR. A questo proposito, incoraggia il ricorso ai finanziamenti incrociati e la creazione di programmi operativi che attingono a più fondi (FESR e FSE);

13.

ritiene che, se il FSE deve contribuire al conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 e della strategia europea per l'occupazione, la sua attuazione dovrà essere territorializzata e rientrare pienamente nel quadro della politica di coesione, sulla base delle necessità individuate a livello territoriale (2). Si rallegra del fatto che le conclusioni della presidenza belga in seguito alla riunione informale (3) dei ministri responsabili della politica di coesione raccomandino di «rafforzare la dimensione regionale del FSE, e di conseguenza la sua visibilità» e la sua integrazione con le strategie socioeconomiche regionali;

14.

auspica che la visibilità dei progetti finanziati attraverso il FSE sia migliorata mediante un'attuazione maggiormente territorializzata, fondata sui bisogni locali più pratici e concreti, in modo da conferire ai progetti la massima efficacia possibile, integrando le attività già realizzate in materia di comunicazione e di sensibilizzazione e finanziate nell'ambito dell'assistenza tecnica ai livelli europeo, nazionale e regionale;

15.

raccomanda che la ripartizione tra FESR e FSE sia determinata da una percentuale definita a livello nazionale, per garantire dotazioni FSE adeguate alle sfide nel campo della coesione economica e sociale negli Stati membri e nelle regioni interessati. Il Comitato delle regioni propone che, all'interno dei margini così fissati, gli Stati membri provvedano alla ripartizione dei fondi strutturali (FESR e FSE) a livello nazionale, in collaborazione con gli enti regionali e locali;

16.

è dell'avviso che in futuro la flessibilità tra il FESR e il FSE debba essere incoraggiata e semplificata, più in particolare tramite il nuovo quadro strategico comune e soprattutto nell'ambito degli approcci allo sviluppo locale e nel quadro dei piani integrati delle città e degli enti locali (4). Invita inoltre la Commissione europea a prendere in considerazione, nelle future proposte legislative, la possibilità di introdurre un sistema analogo tra il FESR e il FSE, per garantire un approccio più integrato al livello dei territori rurali.

Una cooperazione territoriale rafforzata

17.

si compiace del riferimento alla cooperazione territoriale, che conserverebbe la sua attuale articolazione in tre parti, ma si rammarica del fatto che esso non sia più dettagliato. A tal proposito, auspica che questo obiettivo sia rafforzato attraverso:

un aumento della dotazione finanziaria a esso destinata,

regole specifiche più appropriate ai programmi di cooperazione territoriale, mediante un incremento dell'assistenza tecnica a livello locale, una semplificazione delle regole di audit e di controllo, una forfettizzazione dei costi indiretti applicabile e adeguata, la definizione di regole di ammissibilità delle spese UE, ecc.,

proposte volte a migliorare la governance di tali programmi;

18.

raccomanda che la ripartizione delle dotazioni finanziarie per i programmi di cooperazione territoriale avvenga a livello dell'UE e non più a livello nazionale. I beneficiari di questi programmi devono giustificare in modo più chiaro i risultati e il valore aggiunto generato attraverso i progetti di cooperazione territoriale nelle regioni grazie al trasferimento di buone pratiche e di know-how. Il Comitato intende privilegiare un approccio strategico e integrato al livello degli spazi di cooperazione, evitando qualsiasi considerazione nazionale in termini di ritorno finanziario;

19.

chiede alla Commissione di prevedere, nelle future proposte legislative, misure che consentano al FSE di intervenire nel quadro dei programmi di cooperazione territoriale al fine di finanziare azioni nel proprio ambito di intervento;

20.

sottolinea la necessità di una reale complementarità tra i tre obiettivi della politica di coesione. L'intervento UE ai livelli transfrontaliero, transnazionale e interregionale deve poter essere complementare all'azione portata avanti nell'ambito dei programmi regionali realizzati nel quadro degli obiettivi «convergenza» e «competitività regionale e occupazione». Potrebbe essere incoraggiata l'individuazione di assi o misure dedicati alla cooperazione territoriale nei programmi regionali, in particolare per consentire il finanziamento di progetti strutturanti a livello transfrontaliero o transnazionale. Parallelamente, si dovrebbe puntare a un migliore coordinamento tra le tre componenti dell'obiettivo «cooperazione territoriale»;

21.

sottolinea l'esigenza di articolare meglio i programmi di cooperazione territoriale con strategie territoriali elaborate sulla base di una volontà comune degli attori presenti sul territorio (5). Ritiene, a questo proposito, che i programmi transnazionali possano contribuire a sostenere le strategie macroregionali e le strategie marittime integrate attualmente emergenti. Analogamente, i programmi transfrontalieri potranno apportare il loro sostegno alle strategie euroregionali ed eurometropolitane attualmente in fase di attuazione. Il Comitato chiede pertanto di rivedere sensibilmente al rialzo il criterio dei 150 km di distanza utilizzato nella classificazione delle isole come regioni di frontiera;

22.

invita la Commissione europea ad agevolare la creazione di nuovi partenariati territoriali semplificando e migliorando le modalità di gestione dei programmi di cooperazione interregionale. Una migliore cooperazione interregionale non soltanto garantisce l'adozione di un approccio coordinato per affrontare i problemi comuni, ma riconosce anche che le soluzioni innovative non sono delimitate dai confini territoriali esistenti;

23.

ricorda che il gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT)  (6) rimane uno strumento prezioso per facilitare la cooperazione, in particolare quella transfrontaliera. Ritiene che nella futura programmazione il regolamento sui GECT dovrà essere semplificato e adeguato sulla scorta delle esperienze acquisite nel periodo in corso. Dette semplificazioni potranno riguardare, in particolare, le regole che disciplinano il personale e il regime fiscale dei GECT, nonché la riduzione dei tempi richiesti per le attuali procedure. Incoraggia peraltro la concessione più sistematica di sovvenzioni globali ai GECT, al fine di renderli direttamente responsabili della gestione dei fondi strutturali;

24.

chiede alla Commissione europea di migliorare l'attuale livello di cooperazione alle frontiere esterne. Occorre in particolare semplificare le procedure e rafforzare le sinergie tra gli interventi del FESR, da un lato, e quelli dello Strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI) e del Fondo europeo di sviluppo (FES), dall'altro;

25.

mette in rilievo l'importanza fondamentale della cooperazione territoriale per le regioni ultraperiferiche, la cui posizione geografica alle frontiere esterne più remote dell'UE fa della questione una vera e propria necessità. Chiede di attuare il Piano d'azione Grande vicinato per conseguire un migliore inserimento di queste regioni nei rispettivi contesti geografici.

Priorità strategiche adeguate alle specificità regionali

Verso una maggiore flessibilità nell'articolazione con la strategia Europa 2020

26.

sottolinea che, accanto alle altre azioni finanziate dall'Unione europea, la politica di coesione può e deve continuare a svolgere un ruolo decisivo, sia per consentire la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva prevista dalla strategia Europa 2020, sia per sostenere uno sviluppo armonioso dell'Unione attraverso l'espansione del potenziale endogeno di tutte le regioni e la riduzione degli squilibri tra i territori europei, come stabilito all'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

27.

appoggia il principio generale di un'articolazione tra la politica di coesione e gli obiettivi della strategia Europa 2020 e le iniziative faro di quest'ultima, al fine di registrare dei passi in avanti in direzione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Ritiene tuttavia che nel corso del periodo 2007-2013 siano già stati realizzati importanti progressi in quest'ambito, che vanno valutati prima di dare il via a una maggiore concentrazione delle risorse;

28.

ricorda a questo proposito che la politica di coesione non deve essere esclusivamente al servizio della strategia Europa 2020 e dei programmi nazionali di riforma, in considerazione dei suoi obiettivi propri sanciti dal Trattato, ossia la riduzione delle disparità economiche, sociali e territoriali tra le regioni dell'Unione europea. La politica di coesione deve quindi partire dalla situazione, dalle esigenze e dal potenziale di sviluppo dei vari territori;

29.

sostiene il principio generale di un «menù» UE, che elencherebbe ampie priorità tematiche e si sostituirebbe alla logica attuale di destinazione specifica (earmarking) dei fondi strutturali a categorie di spesa definite in modo restrittivo. Si oppone, tuttavia, a un'eccessiva limitazione del numero di queste priorità da scegliere al livello dei nuovi contratti nazionali di partnership per lo sviluppo e gli investimenti e dei programmi operativi, per lasciare agli enti regionali e locali un sufficiente margine di manovra nell'applicazione a livello territoriale degli obiettivi della strategia Europa 2020;

30.

ritiene inopportuno che la Commissione europea renda obbligatorie alcune di queste priorità, che dovranno invece essere definite a livello regionale, sulla base di un'analisi che metta in risalto i punti di forza e di debolezza del territorio. Analogamente, non considera opportuno imporre una concentrazione di tutti i fondi strutturali sulle sole priorità tematiche che le regioni dovranno scegliere dal «menù» UE. Questa disposizione sarebbe contraria al principio stesso dell'approccio integrato, il quale presuppone che una strategia di sviluppo si fondi su un investimento in diversi settori;

31.

chiede pertanto alla Commissione europea che l'elenco delle priorità tematiche eventualmente introdotto dalla futura regolamentazione in materia di politica di coesione non sia troppo restrittivo, non solo per tenere conto della diversità territoriale, economica e sociale di ciascuna regione, ma anche per andare al di là degli obiettivi della strategia Europa 2020 negli ambiti della coesione sociale e territoriale.

Verso una reale considerazione dell'obiettivo della coesione territoriale

32.

approva il principio di una maggiore flessibilità nell'organizzazione dei programmi operativi, al fine di poter intervenire a diversi livelli territoriali (infraregionale, regionale, pluriregionale e macroregionale), in funzione delle caratteristiche specifiche dei territori o degli spazi funzionali quali bacini fluviali, zone di montagna, arcipelaghi, ecc. Tali interventi dovranno tuttavia essere basati su una volontà comune degli attori del territorio, e in particolare degli enti regionali e locali, di associarsi per realizzare un vero progetto territoriale, senza per questo rimettere in discussione l'importanza del livello regionale;

33.

auspica che l'obiettivo della coesione territoriale si traduca in una nuova struttura della politica di coesione, tramite l'individuazione di un asse territoriale prioritario all'interno del «menù» dell'UE, integrando le tematiche legate alla strategia Europa 2020, affinché la coesione territoriale possa assicurare un assetto del territorio equilibrato volto a promuovere l'interdipendenza tra le regioni e la coerenza generale delle politiche. Appoggia inoltre la proposta della Commissione europea di tenere in debito conto le regioni caratterizzate da specificità territoriali  (7);

34.

sottolinea che le regioni ultraperiferiche (RUP) dovrebbero continuare ad essere oggetto di un'attenzione particolare in considerazione dello status specifico a esse attribuito dall'articolo 349 del TFUE. Ricorda la necessità di prevedere disposizioni finanziarie per queste regioni, volte a compensare gli handicap rappresentati da fattori quali la grande distanza, l'insularità, una superficie ridotta, una topografia e un clima difficili, nonché la dipendenza economica da pochi prodotti. Detta compensazione appare indispensabile per agevolare l'accesso delle RUP al mercato interno a condizioni di parità con le altre regioni europee;

35.

approva una maggiore considerazione della dimensione urbana nell'ambito della politica di coesione, attraverso un più ampio coinvolgimento delle città e degli agglomerati urbani lungo l'intero processo di elaborazione della politica di coesione, dai programmi nazionali di riforma ai contratti di partnership per lo sviluppo e gli investimenti e fino ai programmi operativi. A questo proposito, auspica che la dimensione urbana trovi adeguata considerazione nei programmi operativi, e ribadisce il suo pieno sostegno ad un approccio di sviluppo urbano integrato. Ricorda infatti che le zone urbane sono caratterizzate molto spesso da importanti disparità economiche, sociali e territoriali, alle quali vanno date risposte adeguate. Questo approccio di sviluppo urbano integrato dovrà fondarsi sui lavori realizzati nel quadro della Carta di Lipsia e volti a sottoporre a prova il nuovo sistema di riferimento comune per la città europea sostenibile. Le città vanno considerate anche come poli di crescita e sviluppo per l'insieme della loro regione;

36.

sostiene la proposta della Commissione europea volta a conferire ai rappresentanti regionali e/o locali un ruolo più incisivo nell'elaborazione e nell'attuazione delle strategie di sviluppo urbano nel quadro dei programmi operativi. La partecipazione e la responsabilizzazione degli enti regionali e locali dipenderanno necessariamente da un'attribuzione più sistematica di sovvenzioni globali destinate alle città, agli agglomerati e alle regioni interessati. Il Comitato delle regioni è favorevole al mantenimento della dimensione urbana nel quadro della politica europea di coesione. Le città possono costituire importanti motori di crescita e di innovazione. Inoltre, l'intensificarsi dei rapporti zone urbane-zone rurali può favorire in modo particolare la coesione economica, sociale e territoriale dell'UE e contribuire nel contempo all'attuazione della strategia Europa 2020. Per assolvere tale funzione, anche in futuro sarà necessario adottare misure per la stabilizzazione sociale ed economica e lo sviluppo sostenibile delle città e delle zone urbane sfavorite. Tali misure dovrebbero essere previste e attuate nel quadro dei programmi operativi regionali;

37.

si rammarica dell'assenza di un riferimento alla dimensione rurale, quando, secondo le definizioni in vigore, i territori rurali e periurbani costituiscono oltre l'80 % del territorio dell'Unione europea. Chiede alla Commissione europea di dedicare un'attenzione particolare al legame tra i diversi tipi di comuni, ossia le zone urbane (città piccole e grandi) e le zone rurali, che costituisce un elemento essenziale di una politica integrata di sviluppo regionale. Auspica peraltro che la dimensione rurale rientri a pieno titolo nel quadro della futura politica di coesione e che sia possibile trovare una migliore articolazione e una maggiore sinergia tra gli interventi del FESR, del FSE e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), sia tramite il quadro strategico comune che a livello di programmi operativi. Propone inoltre di trasformare l'attuale programma Urbact in un programma denominato Rurbact (8), che consentirebbe di promuovere lo scambio di buone pratiche e la costituzione di reti riguardanti problematiche urbane e rurali, e l'articolazione da stabilire tra le due dimensioni;

38.

incoraggia pertanto a identificare in seno ai programmi operativi un asse territoriale che permetta di finanziare progetti che rientrino nelle iniziative territoriali infraregionali. Il nuovo approccio allo sviluppo locale deve diventare il quadro strategico olistico per lo sviluppo subregionale di tutte le zone interessate, non importa se urbane, rurali o urbano-rurali, e deve essere integrato nei programmi regionali;

39.

deplora il fatto che la Quinta relazione sulla coesione non metta sufficientemente in risalto una tendenza all'aggravamento di talune disparità infraregionali. Dette disparità sono caratterizzate da fenomeni quali la segregazione spaziale, che dà luogo a talune forme di ghettizzazione, e il costante declino di alcune zone isolate. La rappresentazione chiara di queste disparità infraregionali, con l'aiuto di opportuni dati statistici, e l'adozione di misure volte a ridurle, consentirebbero di tenere meglio conto dell'obiettivo della coesione territoriale al livello locale, purché la gestione avvenga al livello regionale;

40.

sostiene la necessità di dedicare maggiore attenzione alle iniziative di sviluppo locale, che andranno incoraggiate attraverso un più sistematico cofinanziamento europeo. Eventualmente, parte di un programma operativo dovrebbe essere destinata a iniziative di sviluppo locale (ad es. partenariati, ecc.). Può trattarsi di inviti a presentare progetti regionali o pluriregionali (9) volti a incoraggiare un insieme di soggetti pubblici (rappresentanti eletti degli enti locali o rappresentanti di istituzioni pubbliche, ecc.) e privati (imprese, camere di commercio, imprese sociali, cooperative, associazioni, ecc.) a elaborare e attuare una strategia di sviluppo locale fondata su un approccio integrato (10). Le iniziative di sviluppo locale possono contribuire in modo rilevante allo sviluppo istituzionale a livello degli enti locali, i quali vanno sostenuti finanziariamente anche attraverso programmi di assistenza tecnica;

41.

ritiene che l'obiettivo della coesione territoriale si applichi a tutte le politiche dell'UE e che a tal fine sia necessario, da un lato, trovare una maggiore coerenza tra le politiche settoriali e la politica di coesione, e, dall'altro, tenere in debito conto, al momento della loro elaborazione, l'impatto territoriale di tutte le politiche dell'UE. In questo contesto, deplora il fatto che la Commissione europea non abbia ancora dato seguito alla sua richiesta di presentare un Libro bianco sulla coesione territoriale (11);

42.

si rammarica dell'assenza di un riferimento ai servizi di interesse generale nella Quinta relazione sulla coesione, quando il legame intrinseco tra i compiti propri dei SIG e la coesione territoriale è esplicitamente riconosciuto all'articolo 14 del TFUE e nel protocollo 26 allegato al Trattato di Lisbona. Reitera pertanto la sua richiesta di sottoporre a valutazioni ex ante ed ex post l'impatto territoriale delle politiche dell'UE sui SIG.

Attuazione della politica di coesione

Approccio strategico

43.

sostiene l'elaborazione di un quadro strategico comune, che includerebbe il Fondo di coesione, il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e il Fondo europeo per la pesca, auspicando però che esso sia definito congiuntamente dal Consiglio e dal Parlamento europeo, in partenariato con il Comitato delle regioni. Detto quadro strategico comune dovrà provvedere a definire con precisione i rispettivi ambiti di intervento e, quindi, il ruolo e i collegamenti tra questi fondi europei nelle regioni dell'Unione, nonché quelli con gli altri fondi UE aventi una chiara dimensione territoriale e una stretta relazione con i fondi strutturali, come i meccanismi per il finanziamento delle reti transeuropee oppure, fra gli altri, i futuri eventuali fondi per l'ambiente e per l'adattamento ai cambiamenti climatici;

44.

ritiene che le strategie macroregionali esistenti possano fungere da «quadri di riferimento strategico su scala macroregionale». Le strategie regionali definite nel quadro dei programmi operativi (basati sui tre obiettivi della politica di coesione) potranno ispirarsi agli assi prioritari delle suddette strategie macroregionali;

45.

chiede alla Commissione europea maggiori informazioni sul contenuto e sulle modalità relative ai «contratti di partnership per lo sviluppo e gli investimenti» che saranno negoziati tra la Commissione e gli Stati membri. Insiste sull'esigenza di mettere in pratica i principi di partenariato e della governance multilivello e propone quindi che gli enti regionali e locali, che sono direttamente implicati nei programmi operativi previsti da detti contratti, debbano partecipare a pieno titolo all'elaborazione, alla negoziazione e all'attuazione dei contratti stessi. Tali enti, infatti, devono prendere parte, nell'ambito delle decisioni adottate nel quadro del contratto nazionale, alla scelta delle priorità tematiche e alla definizione degli impegni finanziari da applicare ai programmi operativi cui partecipano;

46.

propone che tanto i «contratti di partnership per lo sviluppo e gli investimenti», quanto i «patti territoriali» per l'attuazione della strategia Europa 2020 introducano, per ciascuno Stato membro, un sistema di governance multilivello che associ i diversi livelli territoriali (europeo, nazionale, regionale e locale) nel quadro di un partenariato rafforzato con gli enti regionali e locali. Chiede che gli enti regionali e locali (in quanto cofinanziatori e/o cogestori di servizi pubblici) siano firmatari di tali patti territoriali (12), e partecipino pienamente alla loro elaborazione, negoziazione, attuazione e monitoraggio. Esattamente come il quadro strategico comune, i patti territoriali dovranno comprendere il Fondo di coesione, il FESR, il FSE, il FEASR e il FEP e garantire la coerenza con i programmi nazionali di riforma, agevolandone l'attuazione sul territorio;

47.

si rallegra del fatto che, analogamente a quanto avviene nel periodo in corso, si preveda la realizzazione di programmi operativi come strumento principale di attuazione della politica di coesione. Ricorda, a questo proposito, che la Commissione europea dovrà garantire la piena partecipazione degli enti regionali e locali all'elaborazione, alla negoziazione e all'attuazione di detti programmi;

48.

appoggia il ricorso alla stesura di relazioni annuali di esecuzione, che consentiranno di rendere conto del raggiungimento degli obiettivi lungo l'intero periodo di programmazione, come del resto avviene oggi. Non considera utile, invece, l'introduzione di un nuovo requisito di valutazione in corso di esecuzione dei programmi, dopo che l'erogazione di un determinato importo a titolo dei fondi è stata certificata alla Commissione;

49.

appoggia la proposta della Commissione europea volta a organizzare dibattiti politici periodici nelle diverse sedi competenti delle istituzioni europee. A questo proposito rimane a disposizione della Commissione per l'organizzazione di dibattiti con i propri membri in occasione delle sessioni plenarie o delle riunioni della commissione COTER;

50.

concorda con la Commissione europea sulla necessità che i ministri responsabili per la Politica di coesione si riuniscano periodicamente nell'ambito di una formazione ufficiale del Consiglio  (13) al fine di aggiornarsi sullo stato di avanzamento della programmazione e di valutare i progressi realizzati rispetto agli obiettivi stabiliti.

Partenariati e governance

51.

ritiene che il successo della strategia Europa 2020 dipenderà da un'attuazione capace di associare i diversi soggetti interessati a livello europeo, nazionale, regionale e locale attraverso un sistema di governance multilivello. Ricorda, a questo proposito, la necessità di introdurre patti territoriali che coinvolgano più direttamente gli enti regionali e locali;

52.

ricorda l'importanza di criteri più rigorosi e più precisi per l'applicazione del principio di partenariato con gli enti regionali e locali nell'elaborazione, nella negoziazione e nell'attuazione degli obiettivi strategici sia europei che nazionali, nonché dei programmi operativi. Si compiace del fatto che le valutazioni svolte dalla Commissione mettano in risalto come il coinvolgimento degli enti regionali e locali, e dei soggetti socioeconomici del territorio, costituisca un fattore decisivo per il successo della politica di coesione.

Rendimento, condizionalità, incentivi e sanzioni

53.

incoraggia vivamente gli enti regionali e locali a garantire il massimo rendimento della loro capacità amministrativa e istituzionale nonché a sviluppare le risorse finanziarie e umane necessarie per gestire la complessità dei progetti finanziati dall'UE, principalmente in termini di oneri amministrativi e burocratici; sottolinea l'esigenza di assicurare livelli appropriati di finanziamento per consentire agli enti regionali e locali di partecipare in modo adeguato ai principali progetti finanziati tramite i fondi strutturali;

54.

si oppone fermamente alle disposizioni in materia di condizionalità macroeconomica cosiddetta «esterna», ossia alla non erogazione di fondi strutturali disponibili per regioni e città a causa di errori e carenze dei rispettivi governi nazionali o al mancato rispetto del Patto di stabilità e di crescita da parte di tali governi. L'applicazione di sanzioni o di incentivi finanziari legati al Patto di stabilità e di crescita, destinati a garantire il rispetto delle condizioni macroeconomiche, rischia di penalizzare essenzialmente gli enti regionali e locali, che invece non sono responsabili del mancato rispetto degli obblighi che incombono agli Stati membri in questa materia (14);

55.

sostiene la creazione di una condizionalità (interna) intesa a migliorare l'efficacia della politica di coesione. Questo tipo di condizionalità dovrebbe essere strettamente connessa alle priorità tematiche della politica di coesione, senza cercare di instaurare dei collegamenti con riforme strutturali più ampie in qualche misura collegate al funzionamento di tale politica. Essa dovrebbe essere incentrata sulle condizioni strutturali e istituzionali necessarie a garantire che i fondi di coesione vengano utilizzati nel modo migliore. Dovrebbe essere semplice, attuabile, proporzionale e verificata ex ante;

56.

appoggia il mantenimento del cofinanziamento europeo, che garantisce la partecipazione e la responsabilizzazione dei soggetti locali. Analogamente a quanto avviene nel periodo in corso, i tassi di cofinanziamento europeo dovranno essere differenziati per obiettivo in funzione del livello di sviluppo di ciascuna regione. È invece contrario a qualsiasi riduzione dei tassi di cofinanziamento, che non devono fungere da variabili di aggiustamento in caso di restrizioni di bilancio in seguito all'accordo interistituzionale sulle prossime prospettive finanziarie. Nutre peraltro qualche perplessità sulle modulazioni dei tassi di cofinanziamento proposte dalla Commissione in funzione del valore aggiunto europeo, dei tipi di azione e dei beneficiari. Tali modulazioni rischiano di dare luogo a complessità suscettibili di generare irregolarità e di complicare ulteriormente i compiti delle autorità di gestione. Ricorda infine che i tassi di cofinanziamento applicabili per asse devono essere stabiliti nell'ambito di ciascun programma operativo, al fine di essere adeguati agli obiettivi prioritari selezionati;

57.

si oppone alla proposta di istituire una «riserva di efficacia» basata sugli obiettivi della strategia Europa 2020, riserva per la quale appare difficile definire criteri di attribuzione oggettivi. Detta «riserva di efficacia» rischia di beneficiare le regioni con i risultati migliori senza prendere in considerazione gli sforzi fatti da talune regioni che non dispongono necessariamente di condizioni favorevoli da un punto di vista territoriale, economico o sociale e senza tenere conto della natura di alcune soluzioni, in particolare di quelle integrate complesse, che richiedono una preparazione a lungo termine. La «riserva di efficacia» potrebbe spingere gli Stati membri a definire obiettivi poco ambiziosi. Ritiene peraltro che la creazione di una tale riserva, che avvenga a livello europeo o nazionale, non costituisca la garanzia di una maggiore efficacia degli investimenti. Sarebbe invece disposto a sostenere la creazione di una riserva di flessibilità basata non su criteri di efficacia ma piuttosto sugli stanziamenti disimpegnati automaticamente nel corso del periodo di programmazione, e che punterebbe:

a finanziare iniziative sperimentali in materia di crescita intelligente, sostenibile o inclusiva, oppure

a far intervenire i fondi strutturali in una situazione di crisi economica, sociale o ambientale, congiuntamente al Fondo di adeguamento alla globalizzazione e al Fondo di solidarietà dell'Unione europea;

58.

riconosce la necessità di introdurre nuove forme di condizionalità finanziaria (cosiddette «interne»), che sarebbero legate ai risultati, pur considerando indispensabile, per garantire un'attuazione coerente del sistema di condizionalità strutturale, definire dei criteri generali, equi, proporzionali e fondati sul principio della parità di trattamento, in base ai quali si possa stabilire chiaramente se una determinata condizione sia soddisfatta. Gli obiettivi quantitativi devono servire agli orientamenti strategici della programmazione senza generare costi aggiuntivi sproporzionati. Definiti attraverso un numero limitato di indicatori di attuazione e di risultato, essi consentono di misurare i progressi compiuti rispetto alla situazione di partenza e il conseguimento degli obiettivi prescelti per attuare gli assi prioritari. Non devono quindi essere oggetto di sanzioni se i risultati previsti non vengono pienamente raggiunti. Come hanno ricordato i ministri responsabili per la Politica di coesione, riuniti a Liegi il 22 e 23 novembre 2010, attualmente sono già in vigore importanti condizionalità, che hanno dato prova della loro efficacia. Si tratta, in particolare, della regola del disimpegno automatico, delle regole che disciplinano la chiusura, dell'approvazione dei sistemi di controllo e di audit, dei principi di addizionalità e di cofinanziamento, ecc. Dette condizionalità interne potranno quindi essere mantenute e migliorate;

59.

ricorda che le contropartite apportate dagli enti regionali e locali nel rispetto del principio di cofinanziamento danno al Comitato delle regioni il pieno diritto di partecipare - a fianco degli Stati membri e del Parlamento europeo - al dialogo costruttivo auspicato dalla Commissione europea al fine di approfondire le diverse modalità di condizionalità previste dalla Quinta relazione sulla coesione, nel quadro di una task force sulla condizionalità.

Valutazione e risultati previsti

60.

appoggia la proposta della Commissione europea di orientarsi maggiormente sui risultati, attraverso obiettivi e indicatori di risultato chiari e misurabili, stabiliti a monte in funzione degli obiettivi specifici di ciascuna regione, ma segnala il rischio che la Commissione valuti i risultati unicamente in funzione dei progressi compiuti nell'attuazione degli obiettivi della strategia Europa 2020. A questo proposito, ricorda che il periodo di programmazione 2007-2013 ha già costituito un passo avanti in materia attraverso l'introduzione di valutazioni ex ante, in itinere ed ex post, delle quali si dovrà fare un bilancio prima di impegnarsi ulteriormente in questa direzione;

61.

auspica il ricorso a un numero limitato di indicatori comuni, collegati agli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale e a quelli della strategia Europa 2020, per consentire alla Commissione europea di svolgere una valutazione globale e continua sull'intero periodo di programmazione. La maggior parte degli indicatori dovrà tuttavia essere stabilita a livello regionale, in funzione delle specificità territoriali di ciascuna regione e degli assi prioritari prescelti, e dovrà rispecchiare la necessità di una soluzione proposta per lo sviluppo del territorio.

Strumenti di ingegneria finanziaria

62.

sostiene il ricorso agli strumenti di ingegneria finanziaria per incrementare l'effetto leva dei fondi UE. Deplora tuttavia il fatto che la Commissione applichi delle restrizioni tematiche nello stabilire il diritto a beneficiare degli aiuti, e ritiene indispensabile lasciar decidere agli Stati membri a quale livello (nazionale, regionale) gli strumenti finanziari siano applicati in maniera più efficace. L'utilizzazione di detti strumenti dovrà tuttavia essere semplificata ed esplicitata, al fine di:

facilitare la partecipazione della Banca europea per gli investimenti (BEI) e di altre istituzioni bancarie pertinenti ai livelli nazionale, regionale o locale,

incoraggiare gli enti territoriali a mobilitare maggiormente tali strumenti e a garantirne l'attuazione,

soddisfare le esigenze di tutte le regioni, grandi e piccole, dato che gli strumenti esistenti sono concepiti soltanto per azioni su grande scala;

63.

nutre qualche perplessità sulla proposta della Commissione europea volta a incanalare il sostegno finanziario alle imprese principalmente attraverso gli strumenti di ingegneria finanziaria, riservando le sovvenzioni al cofinanziamento di programmi di aiuto mirati sull'innovazione, sulla protezione dell'ambiente, ecc. L'aiuto alle imprese nel quadro della politica di coesione non può avvenire esclusivamente per mezzo dell'ingegneria finanziaria, che non fa venir meno la necessità di sovvenzioni, dal momento che non tutte le attività possono essere finanziate con prestiti. La crisi ha dimostrato che in tempi di recessione gli strumenti fondati sul mercato non sono operativi. Del resto, non tutti gli enti sono in grado di gestire progetti finanziati da prestiti. Spetta agli enti regionali e locali determinare il tipo di aiuto più adeguato, in funzione del tessuto economico e imprenditoriale di ciascuna regione e in collegamento con la politica della concorrenza e con gli aiuti a finalità regionale.

Semplificazione

64.

si oppone a qualsiasi modifica sostanziale dell'attuale sistema di gestione dei fondi strutturali proposta dalla Commissione europea nel quadro della rifusione del regolamento finanziario. Invita pertanto la Commissione a mantenere l'attuale sistema, che comincia a dare i suoi frutti sul piano della diminuzione dei tassi di errore e irregolarità; si tratterà quindi di apportare i necessari miglioramenti e semplificazioni;

65.

sottolinea che l'efficacia e il miglioramento dei risultati della politica di coesione presuppongono che si trovi un equilibrio tra la semplicità e l'efficacia delle procedure e della gestione finanziaria al fine di accrescere l'applicabilità e la trasparenza della politica di coesione. Il riconoscimento delle piene competenze delle regioni nella gestione e nel controllo dei programmi operativi regionali farebbe parte di questi elementi di equilibrio. Il Comitato delle regioni dovrebbe inoltre poter proporre delle soluzioni al fine di semplificare maggiormente le regole di attuazione dei fondi da parte delle autorità di gestione e quelle per l'ottenimento dei finanziamenti da parte dei beneficiari. Invita inoltre la Commissione ad approfondire la riflessione sulla semplificazione, in particolare al fine di poter ridurre i tempi per il rimborso dei beneficiari;

66.

incoraggia la Commissione europea a ricorrere a metodi semplificati di rimborso dei beneficiari attraverso una forfettizzazione dei costi sia per il FESR che per il FSE. Esorta gli Stati membri a sostenere gli enti regionali e locali per consentire un'attuazione rapida di queste disposizioni, che contribuiranno peraltro a concentrare maggiormente la programmazione sui risultati attesi;

67.

sarebbe favorevole a una revisione delle procedure relative ai programmi di cooperazione territoriale intesa a stabilire regole comuni a tutti i programmi, in modo tale che ai partner possano applicarsi procedure di audit accettate a livello nazionale, eliminando così la necessità per i partner capofila di dover verificare audit provenienti dagli altri Stati membri;

68.

mette in guardia la Commissione europea riguardo alla sua proposta di introduzione di dichiarazioni di affidabilità contrattate tra le autorità di gestione e la Corte dei conti. Tale proposta non deve comportare ulteriori oneri per gli enti regionali e locali per quanto riguarda le regole di controllo e di audit, né una deresponsabilizzazione della Commissione europea nel suo ruolo di interpretazione e di sostegno in quest'ambito;

69.

sottolinea la necessità che le attività di controllo finanziario e di audit siano chiaramente basate sul rispetto del quadro regolamentare e risultino proporzionate; si oppone al processo di «regolamentazione strisciante» che «incoraggia» le autorità di gestione a intraprendere certi programmi di valutazione quando ciò non rientra tra gli obblighi previsti e in cui gli elenchi di controllo standard usati dalle unità di audit e forniti dal comitato di coordinamento dei fondi (CCOF) contengono elementi che non sono contemplati nei regolamenti UE né corrispondono ad un obbligo stabilito dalla normativa nazionale;

70.

si compiace della proposta della Commissione europea volta a escludere il primo anno di programmazione dalla regola del disimpegno automatico, e auspica che le spese di questo primo anno debbano essere giustificate solo al termine del programma operativo. Tale disposizione consentirà di porre rimedio ai ritardi accumulati nella fase iniziale del periodo stesso. La Commissione e gli Stati membri dovranno tuttavia assicurarsi che l'adozione dei programmi operativi sia effettiva nella fase più precoce possibile, al fine di ridurre i rischi di ritardo all'inizio del periodo di programmazione;

71.

deplora che la Commissione europea non proponga alcuna semplificazione riguardante i progetti generatori di entrate, per i quali la complessità del metodo di calcolo appare controproducente e scoraggia i potenziali promotori di progetti. Incoraggia inoltre la Commissione a semplificare e accelerare il sistema di approvazione dei grandi progetti;

72.

appoggia l'armonizzazione delle regole in materia di ammissibilità delle spese tra gli ambiti d'azione, gli strumenti e i mezzi, tramite disposizioni dettagliate contenute nel quadro strategico comune e misure giuridiche di attuazione direttamente derivanti da tale quadro, al fine di semplificare le procedure di attuazione e di ridurre al minimo i rischi di irregolarità. Sarà tuttavia opportuno assicurarsi che gli enti regionali e locali partecipino pienamente alla definizione delle suddette regole al fianco degli Stati membri, per garantire un'interpretazione comune corretta e una applicazione adeguata delle norme UE a livello nazionale e regionale.

Bruxelles, 1o aprile 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo (ORATE/ESPON).

(2)  Cfr. il parere Il futuro del Fondo sociale europeo dopo il 2013 - CdR 370/2010 (relatrice: Catiuscia MARINI, IT/PSE).

(3)  Riunione ministeriale informale svoltasi a Liegi il 22 e 23 novembre 2010.

(4)  Cfr. l'articolo 8 del regolamento (CE) n. 1080/2006 sullo sviluppo urbano sostenibile.

(5)  Cfr. il parere d'iniziativa del CdR Una strategia per l'area del Mare del Nord e della Manica - CdR 99/2010 fin (relatore: Hermann KUHN, DE/PSE).

(6)  Cfr. il parere d'iniziativa Nuove prospettive per la revisione del regolamento GECT - CdR 100/2010 fin (relatore: Alberto NÚÑEZ FEIJÓO, ES/PPE).

(7)  Cfr. l'articolo 174 del TFUE: un'attenzione particolare sarà rivolta «alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna».

(8)  Il programma Rurbact si fonderebbe su un'evoluzione e un rafforzamento del programma Urbact sulla scorta dell'esperienza della rete Ruract al fine di dedicare maggiore attenzione al legame tra le dimensioni urbana e rurale.

(9)  Cfr. per esempio come si è tenuto conto della coesione territoriale nell'approccio integrato della programmazione dei fondi strutturali in Italia nel periodo 2000-2006. Questi progetti territoriali integrati riguardano 7 regioni NUTS 2 con un'attuazione a livello infraregionale.

(10)  Cfr. l'esempio dei Gruppi di azione locale nel quadro del programma Leader+.

(11)  Cfr. il parere del Comitato delle regioni Libro verde sulla coesione territoriale (relatore: Jean-Yves LE DRIAN, FR/PSE), CdR 274/2008 fin.

(12)  Gli enti regionali e locali firmatari vanno individuati al livello di ciascuno Stato membro in funzione della ripartizione delle competenze infranazionali.

(13)  Potrà trattarsi di una formazione specifica per la politica di coesione, oppure di sessioni del Consiglio Affari generali a essa dedicate e cui partecipino i ministri competenti.

(14)  Cfr. il parere del CdR Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche, del 1o dicembre 2010, relatore Konstantinos TATSIS (EL/PPE) CdR 224/2010 fin, e la risoluzione del CdR sulle priorità per il 2011 adottata il 2 dicembre 2010, CdR 361/2010 fin (in particolare il punto 10).


7.6.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 166/45


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Il futuro del Fondo sociale europeo dopo il 2013»

2011/C 166/08

IL COMITATO DELLE REGIONI

raccomanda fortemente che il FSE mantenga la sua caratteristica di fondo strutturale e auspica che venga rafforzata la dimensione territoriale nell'elaborazione ed attuazione dei programmi operativi intersettoriali, ivi compresi quelli relativi alla cooperazione,

osserva con interesse come la Quinta relazione sulla coesione faccia riferimento al potenziale innovativo delle iniziative locali e sarebbe molto favorevole a che il FSE diventi parte integrante del modello di sviluppo locale in essa proposto,

ritiene che i core objectives del FSE debbano continuare ad essere quelli di migliorare le opportunità d'impiego tramite l'occupazione e un funzionamento efficiente dei mercati del lavoro, qualificare e incrementare il capitale umano, aiutare i lavoratori a mantenere il posto di lavoro e sostenere l'innovazione, l'imprenditorialità e le riforme in materia di istruzione e formazione,

sottolinea con forza che il FSE deve mantenere una forte attenzione alle priorità orizzontali come l’inclusione sociale dei soggetti e gruppi svantaggiati ed il contrasto alla discriminazione di genere e di età, curando e rafforzando in particolare l’obiettivo della parità di genere, in termini di pari opportunità e parità di trattamento sul lavoro e retribuzione (gender pay gap) per la donna,

considera che gli strumenti di protezione e sostegno del reddito possono rappresentare un ambito d’intervento del FSE se collegati alla realizzazione di interventi di politica attiva del lavoro. Ritiene infatti che l’erogazione di ammortizzatori sociali debba restare in capo agli Stati membri, in quanto l’ammissibilità di tali interventi rischierebbe di far deviare il FSE dai suoi scopi e di limitarne l’efficacia concentrandolo su interventi emergenziali e non di prospettiva,

evidenzia la condizione di emergenza delle comunità Rom, protagoniste di fenomeni, oltre che di esclusione sociale ed economica, anche di segregazione spaziale e condizioni di vita sotto la media, che occorre affrontare con strumenti europei operativi a livello territoriale e locale.

Relatrice

Catiuscia MARINI (IT/PSE), presidente della regione Umbria

I.   OSSERVAZIONI GENERALI

IL COMITATO DELLE REGIONI

Identità, finalità e legittimazione della politica di coesione nella prospettiva post-2013

1.

condivide l'idea, enunciata dalla Commissione europea nella Quinta relazione sulla coesione (1), di una politica di coesione rivolta a tutte le regioni europee, intesa a promuovere lo sviluppo armonioso dell'Unione e a favorire il recupero delle regioni in ritardo di sviluppo (lagging behind) dedicando ad esse la parte più rilevante di risorse, ma anche a sostenere la competitività delle regioni avanzate, contrastando approcci particolaristici che, nel perseguire gli interessi del proprio territorio/paese, possano determinare effetti negativi a danno di altri (beggar your neighbour);

2.

ritiene dunque indispensabile una strategia territorialmente definita che si ponga come necessario complemento del mercato unico, anche per contrastarne i possibili effetti di amplificazione degli squilibri territoriali, e che persegua obiettivi tanto di sviluppo economico quanto di inclusione sociale. Ritiene inoltre necessario garantire la coerenza e una gestione integrata tra gli obiettivi della politica di coesione piuttosto che promuoverli separatamente, seppur mantenendo una chiara ed esplicita distinzione tra i relativi interventi;

3.

auspica che la politica di coesione ricerchi la propria legittimazione e visibilità agli occhi dei cittadini europei sempre più nell'orientamento ai risultati e nella loro misurabilità, attuando pienamente il concetto di accountability ed evitando approcci del tipo one size fits all, con soluzioni burocraticamente preconfezionate, ma lasciando spazio ai processi di apprendimento a livello locale e a modalità di attuazione coerenti con le specificità del territorio, unitamente al conseguimento della coesione territoriale, nuovo obiettivo politico sancito dal Trattato di Lisbona (2);

4.

ritiene fondamentale, a garanzia della significatività degli interventi, lo stanziamento di un livello consistente di risorse finanziarie, in modo da raggiungere una soglia minima di disponibilità anche nelle regioni che non soffrono necessariamente di un ritardo di sviluppo in termini di medie statistiche ma che, tuttavia, sono spesso confrontate a sfide di coesione interna data l'esistenza di sacche di povertà e di sottosviluppo;

5.

chiede che il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione sia integrato nel bilancio dell'Unione, in particolare al fine di accelerare la mobilitazione delle risorse.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

Politica di coesione e obiettivi della strategia Europa 2020

6.

ritiene che la politica di coesione e la strategia Europa 2020 debbano essere coordinate e coerenti, individuando gli ambiti di diretto sostegno, le reciprocità e le complementarietà, salvaguardando l'autonomia della politica di coesione come prevista dal Trattato (3) e, contemporaneamente, valorizzando i profili attraverso i quali essa può contribuire al successo di Europa 2020;

7.

sottolinea con forza come, per il conseguimento di questi obiettivi, sia fondamentale il ruolo dei governi regionali e locali, che rappresentano il livello ideale per definire ed implementare le politiche comunitarie, in coerenza con una strategia a lungo termine finalizzata ad affrontare la sottoutilizzazione di risorse e l'esclusione sociale in specifici luoghi attraverso appositi interventi aggiuntivi e una governance multilivello;

8.

rigetta ogni ipotesi di rinazionalizzazione delle politiche di coesione, così come quelle di concentrazione settoriale, che non sembrano appropriate per offrire un supporto coerente e funzionale alla strategia Europa 2020 e, allo stesso tempo, confliggono con una dimensione territoriale e della governance multilivello che incarna i valori positivi di better governance sinora dispiegati dalla coesione e che trovano il proprio fondamento nel Trattato. Il miglioramento della governance economica, unito al rafforzamento della coesione europea, costituirebbe un contributo determinante al superamento della crisi economica (4).

Il ruolo del Fondo sociale europeo nella politica di coesione

9.

ritiene irrinunciabile che il FSE persegua le proprie finalità, come sopra richiamate, nell'ambito della politica di coesione europea, dunque attraverso schemi programmatici il più possibile organici ed integrati, con la dovuta attenzione alla dimensione territoriale. In particolare, le azioni di qualificazione del capitale umano per massimizzare i risultati devono essere comprese in una più ampia politica di sviluppo e ad essa collegate;

10.

evidenzia come la crisi economica abbia ulteriormente enfatizzato il ruolo del FSE come insostituibile strumento per sostenere l'adattamento dei lavoratori e delle imprese alle mutate condizioni del ciclo economico e dei mercati, nonché ai fini della protezione del reddito dei soggetti colpiti dagli eventi recessivi, ribadendo quindi l'importanza di continuare a perseguire tali obiettivi. Accoglie e richiama inoltre il concetto enunciato dal Parlamento europeo (5), ribadito dal CdR nel parere Il futuro della politica di coesione  (6), di una strategia europea di coesione incentrata sull'occupazione e sull'inclusione sociale e del ruolo cruciale giocato dal FSE nella promozione dell'occupabilità e nella lotta alla povertà, ruolo reso ancor più importante e necessario dall'attuale situazione di crisi economica. Il carattere pluriennale del FSE si è dimostrato prezioso nel fornire la tanto necessaria stabilità sia alle comunità locali che ai promotori dei progetti, particolarmente nei periodi in cui gli enti locali soffrono di ristrettezze di bilancio.

Il valore aggiunto del FSE rispetto ad altri strumenti finanziari nazionali

11.

raccomanda fortemente che il FSE mantenga la sua caratteristica di fondo strutturale, sottolineando come, nel contesto europeo, questo rappresenti ormai una costante degli interventi comunitari, laddove i diversi paesi - pur dotati di contesti normativi e finanziari differenziati - possono, tramite l'operatività del FSE, realizzare azioni aggiuntive, non ordinariamente o non sufficientemente trattate dagli ordinamenti nazionali. Auspica che venga rafforzata la dimensione territoriale nell'elaborazione ed attuazione dei programmi operativi intersettoriali, ivi compresi quelli relativi alla cooperazione;

12.

evidenzia quali contributi aggiuntivi forti e specifici:

la maggiore flessibilità di utilizzo delle risorse del FSE rispetto a quelle dei finanziamenti nazionali, tipicamente vincolati a scopi definiti. Tale caratteristica ha costituito un punto di forza del FSE e dovrebbe essere preservata anche nel nuovo periodo di programmazione,

la possibilità di praticare riforme dei sistemi di collegamento tra istruzione, formazione e lavoro,

la possibilità di favorire, per tutte le fasce di lavoratori, comprese le persone con disabilità, un continuo adeguamento delle competenze, in particolari quelle di alto livello, che ne facilitino un ruolo attivo nel sistema produttivo, dando in tal modo un sostanziale contributo all'inclusione sociale così come alla competitività delle regioni europee,

il sostegno del FSE, ancor più significativo nell'attuale contesto di contenimento e riduzione della spesa pubblica nazionale, nei settori dell'istruzione e o della ricerca, importante per garantire una significativa attività di innovazione che vada a sollecitare le capacità e l'iniziativa delle forze di lavoro,

il contributo aggiuntivo, rilevante dal punto di vista qualitativo, dato dal continuo confronto tra le diverse esperienze nazionali di utilizzo del Fondo sociale europeo nell'ambito della strategia Europa 2020, che consente di effettuare una valutazione comparativa dei sistemi nazionali e/o regionali e locali ma anche delle diverse sperimentazioni;

13.

evidenzia altresì l'importanza di poter operare in un quadro programmatico pluriennale con la conseguente certezza di risorse e di riferimenti programmatici.

Missioni prioritarie del FSE nel contesto della strategia Europa 2020

14.

sottolinea che il FSE contribuisce a tutti e tre i settori prioritari definiti dalla strategia Europa 2020 (7) - in maniera particolare a quelli della crescita intelligente e della crescita inclusiva. Riguardo ai cinque obiettivi quantificati, il Fondo persegue direttamente l'aumento del tasso di occupazione al 75 %, come pure, seppur meno direttamente, la riduzione dell'abbandono scolastico precoce e la generale riduzione del livello di povertà attraverso l'aumento di politiche per l'inclusione sociale  (8). Il FSE contribuirà alla realizzazione dei seguenti «orientamenti integrati di Europa 2020» definiti dal Consiglio europeo (9):

 

Orientamento n. 7: aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e ridurre la disoccupazione strutturale

 

Orientamento n. 8: disporre di una forza lavoro qualificata conforme alle esigenze del mercato occupazionale, promuovendo la qualità del lavoro e la formazione continua

 

Orientamento n. 9: migliorare l'efficacia dei sistemi d'istruzione e formazione a tutti i livelli e aumentare la partecipazione all'insegnamento superiore

 

Orientamento n. 10: promuovere l'inclusione sociale e lottare contro la povertà;

15.

esprime in particolare preoccupazione per l'accentuarsi dei fenomeni di esclusione sociale, specialmente quella dei migranti, riduzione del valore economico del lavoro e conseguente aumento del fenomeno dei cosiddetti working poors; sottolinea il rischio accresciuto di disoccupazione, e quindi di povertà, cui sono esposti i lavoratori over fifties, le minori prospettive di occupazione per le persone con disabilità, l'aumento delle diseguaglianze nella distribuzione dei redditi e il concomitante allargamento dell'area della povertà relativa ed assoluta; considera come l'accentuarsi di condizioni di privazione economica limiti l'accesso ad opportunità non solo materiali ma anche culturali e sociali, che rappresentano risorse fondamentali per lo sviluppo e la realizzazione del pieno potenziale di un individuo, sollecitando a tale proposito un deciso impegno del FSE, anche in coerenza con le iniziative faro di Europa 2020 «Un'agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro» e «Piattaforma europea contro la povertà»;

16.

evidenzia la condizione di emergenza delle comunità Rom, protagoniste di fenomeni, oltre che di esclusione sociale ed economica, anche di segregazione spaziale e condizioni di vita sotto la media, che occorre affrontare con strumenti europei operativi a livello territoriale e locale;

17.

sottolinea come, sulla base dell'esperienza maturata nell'attuale periodo di programmazione 2007-2013 con particolare riferimento agli interventi promossi a valere sull'asse Inclusione sociale dei POR e delle buone prassi emerse dall'attuazione di iniziative comunitarie, potrà inoltre apportare un decisivo contributo nell'ambito della priorità «crescita inclusiva» della strategia Europa 2020 (10); osserva con interesse come la Quinta relazione sulla coesione faccia riferimento al potenziale innovativo delle iniziative locali e sarebbe molto favorevole a che il FSE diventi parte integrante del modello di sviluppo locale in essa proposto. Vale la pena esplorare le possibilità offerte da un più vasto uso dei metodi strettamente «dal basso» - sul modello di Leader per i programmi di sviluppo rurale, ad esempio - in cui l'FSE potrebbe svolgere un ruolo centrale;

18.

ritiene che i core objectives del FSE debbano continuare ad essere quelli di migliorare le opportunità d'impiego tramite l'occupazione e un funzionamento efficiente dei mercati del lavoro, qualificare e incrementare il capitale umano, aiutare i lavoratori a mantenere il posto di lavoro e sostenere l'innovazione, l'imprenditorialità e le riforme in materia di istruzione e formazione;

19.

ravvisa la necessità di attuare un sistema coordinato di servizi per il lavoro, di formazione, di sostegno al reddito, di servizi per la conciliazione che, secondo i principi europei della flessicurezza, dia contemporaneamente risposta alle necessità di flessibilità richieste dal mercato e a quelle di sicurezza e occupabilità necessarie ai lavoratori;

20.

sottolinea con forza che il FSE deve mantenere una forte attenzione alle priorità orizzontali come l'inclusione sociale dei soggetti e gruppi svantaggiati ed il contrasto alla discriminazione di genere e di età, curando e rafforzando in particolare l'obiettivo della parità di genere, in termini di pari opportunità e parità di trattamento sul lavoro e retribuzione («gender pay gap») per la donna. A questo proposito, accoglie e sostiene la posizione del Parlamento europeo secondo la quale vige l'esigenza di dare alta priorità ai green jobs for women nel contesto del FSE. Si accoglie l'idea di introdurre il gender budgeting nel FSE così come nei piani di ricostruzione e nei piani di aggiustamento strutturale per assicurare che tali programmi attraggano e integrino le donne equamente (11);

21.

inoltre prende atto del fatto che la società non offre i mezzi necessari per il reinserimento lavorativo delle donne dopo il parto; per questo ritiene che il ruolo del FSE sia cruciale per la creazione di opportunità di reinserimento lavorativo per coloro che hanno abbandonato il mercato del lavoro per crescere figli o per occuparsi di parenti bisognosi;

22.

in ossequio al principio di sussidiarietà, ravvisa nei patti territoriali, che dovranno essere negoziati tra gli Stati membri, con le loro regioni, e la Commissione sulla strategia di sviluppo presentata nei Programmi nazionali di riforma - uno strumento a sostegno del contributo della politica di coesione alla realizzazione degli obiettivi di Europa 2020. Tali patti, basandosi sul quadro strategico comune e anche tramite accordi di natura contrattuale, stabilirebbero le priorità di investimento, l'allocazione delle risorse dell'Unione europea e dei diversi livelli di governo coinvolti (nazionali, regionali e locali) tra i settori e i programmi prioritari, le condizioni concordate e gli obiettivi da raggiungere. Essi verterebbero sul principio di condizionalità quale criterio di valutazione ex ante ed ex post della finanziabilità delle singole azioni;

23.

ritiene che, al fine di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale in modo coerente, uniforme ed integrato, sarebbe utile estendere il campo di applicazione dei patti ad altre politiche e ad altri strumenti di finanziamento dell'UE, valorizzando così la capacità di programmazione e la conoscenza delle priorità proprie di ciascun territorio;

24.

richiama la strategia europea per l'occupazione e sottolinea il ruolo cruciale del FSE come strumento per la creazione delle condizioni di attuazione della stessa.

Concentrazione geografica e tematica del Fondo sociale

25.

sottolinea come il FSE sia, tra i fondi strutturali, l'unico direttamente rivolto ai cittadini: giovani, disoccupati, lavoratori, anziani, soggetti a rischio di esclusione sociale. Pertanto è fondamentale che le azioni da esso supportate siano attuabili in tutti i territori dell'Unione, beneficiando così i singoli a prescindere dal luogo in cui vivono. L'intensità dell'aiuto dipenderà da:

il livello di ritardo di sviluppo dei singoli territori,

le difficoltà dei mercati del lavoro in declino di competitività,

la necessità di potenziare l'innovazione nei territori,

la necessità di sostenere interventi sul capitale umano anche nei territori più colpiti dagli effetti negativi della crisi economica;

26.

rigettando la logica dei finanziamenti a pioggia, sollecita a privilegiare, da un lato, le tematiche prioritarie per lo sviluppo e, dall'altro, le misure a favore dei soggetti deboli, ponendo dunque particolare attenzione agli ambiti dell'adattabilità e occupabilità, in connessione con gli obiettivi dell'UE in termini di sviluppo sostenibile, individuando le aree di innovazione, i potenziali di riconversione, le direttrici di intervento, inclusi i green jobs, in ragione di attente e puntuali e strutturate analisi dei fabbisogni e di una rinnovata capacità previsionale delle realtà amministrative;

27.

considera che gli strumenti di protezione e sostegno del reddito possono rappresentare un ambito d'intervento del FSE se collegati alla realizzazione di interventi di politica attiva del lavoro. Ritiene infatti che l'erogazione di ammortizzatori sociali debba restare in capo agli Stati membri, in quanto l'ammissibilità di tali interventi rischierebbe di far deviare il FSE dai suoi scopi e di limitarne l'efficacia concentrandolo su interventi emergenziali e non di prospettiva; osserva inoltre che è altresì necessario cofinanziare con le risorse del FSE i progetti degli Stati membri incentrati sui problemi urgenti dell'occupazione, nella misura in cui tali progetti contribuiscono in modo permanente a tradurre in realtà gli orientamenti integrati nn. 7, 8 e 10 della strategia Europa 2020;

28.

evidenzia come il principio di sussidiarietà dovrà essere tenuto in viva considerazione nell'ambito delle modalità di definizione della concentrazione tematica e geografica del FSE, ma si rammarica che in alcuni Stati membri il FSE sia attuato tramite programmi nazionali, con poca o nessuna differenziazione regionale delle misure adottate. L'osservanza di tale principio consente infatti di tenere conto delle esigenze effettive degli attori e dei territori, che costituiscono elementi imprescindibili per un'efficace programmazione degli interventi. Raccomanda dunque, alla luce dell'esperienza e in ragione proprio di una valorizzazione territoriale del potenziale inespresso di sviluppo, che il campo di applicazione del futuro FSE sia articolato in modo da lasciare margini di flessibilità più ampi rispetto al passato, per poter meglio perseguire le stesse finalità del FSE anche in funzione della strategia Europa 2020;

29.

sottolinea, in particolare, come il passaggio a un'economia a bassa emissione di carbonio, preconizzato in Europa 2020, possa avvenire solo attraverso la realizzazione di interventi sistematici finalizzati alla diffusione dell'innovazione nell'economia e per indurre la disseminazione dei risultati della ricerca e dell'innovazione verso le imprese e il territorio, moltiplicando i canali di trasferimento tecnologico dalle università e dai centri di ricerca alle imprese, che prevedano anche iniziative di formazione post-laurea dei ricercatori, al fine di rafforzare la competitività dei sistemi produttivi locali.

Complementarietà e sinergia con gli altri fondi, in particolare con il FESR

30.

richiama l'idea precedentemente espressa nel parere sul tema Il contributo della politica di coesione alla strategia Europa 2020, ossia la necessità di una più stretta interazione tra i fondi a carattere strettamente territoriale, FSE e FESR, al fine di creare possibilità occupazionali e sviluppare l'occupabilità attraverso l'istruzione e la formazione. Ravvisa nel Quadro strategico comune previsto nella Quinta relazione sulla coesione la sede principale per realizzare l'unitarietà d'intenti e l'integrazione dell'operatività tra i diversi fondi comunitari nonché per allinearsi agli obiettivi di Europa 2020;

31.

considera altresì il Patto territoriale, espressione del principio di partenariato, come uno strumento utile per rafforzare tale unitarietà a livello dei singoli Stati membri come pure a livello regionale e locale;

32.

evidenzia come la finalità orientata alle risorse umane del Fondo sociale europeo presenti chiari profili d'integrazione e complementarietà tanto con il FESR quanto con il FEASR e con il FEP. Considera infatti che una sinergia ottimale si avrebbe tramite una programmazione integrata e momenti gestionali fortemente coordinati, fatta salva l'autonomia dei rispettivi fondi, l'individuazione delle specificità e la definizione a livello europeo di soglie minime di attribuzione di risorse per ciascun fondo, onde assicurare un accettabile e ragionevole equilibrio tra le risorse allocate tra di essi. La Commissione dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a far tesoro delle buone pratiche in uso in materia di attuazione integrata di FESR e FSE a livello locale. Un esempio è dato dall'autorità di gestione congiunta di FESR e FSE - un approccio che ha contribuito a massimizzarne l'impatto sul campo e a incoraggiarne la complementarità;

33.

raccomanda, nel quadro delle modifiche riguardanti le spese ammissibili (e non ammissibili) dei singoli fondi, di esaminare le regole relative al finanziamento incrociato al fine di semplificarle ulteriormente a vantaggio dei beneficiari e degli organismi incaricati dell'attuazione;

34.

ritiene altresì che il maggiore orientamento al risultato, unitamente al rafforzamento della dimensione territoriale, a più efficaci azioni di comunicazione e ad un più forte legame con la programmazione integrata regionale, rappresentino efficaci strumenti per migliorare la visibilità del FSE agli occhi dei cittadini europei e l'impatto dello stesso sui diversi sistemi socioeconomici. Suggerisce di incoraggiare la complementarità tra FSE e FESR con metodi di comunicazione intelligente a livello locale, come ad esempio fare in modo che le strategie di comunicazione dei due fondi siano gestite da un unico organismo, metodo che in alcune regioni è stato utile nel far comprendere ai partner i benefici dell'avere strategie con obiettivi comuni per entrambi i programmi, malgrado il diverso orientamento delle rispettive attività.

Semplificazione e orientamento ai risultati del sistema di gestione (delivery system)

35.

ritiene che il sistema di gestione e controllo dovrà essere meno condizionato da esigenze di rispetto delle procedure formali (compliance formale) e dagli obiettivi di assorbimento delle risorse, per orientarsi sempre più ai temi chiave della verifica degli risultati effettivamente conseguiti e del rispetto della tempistica delle realizzazioni, incoraggiando la valutazione controfattuale di impatto degli interventi finanziati, in modo da verificare cosa realmente funziona e cosa no;

36.

reputa necessario, per il FSE post-2013, continuare il processo di semplificazione dell'attuazione degli interventi cofinanziati nell'ambito dei programmi operativi, avviato nel quadro della corrente programmazione con l'introduzione dei costi ammissibili ex art. 11, par. 3, lettera b), regolamento (CE) n. 1081/2006 (costi indiretti dichiarati su base forfettaria, costi fissi calcolati applicando tabelle standard di costi unitari, somme forfettarie), così come modificato dal regolamento (CE) n. 396/2009. L'obiettivo è migliorare e consolidare la semplificazione delle procedure di gestione e controllo delle operazioni in un'ottica di alleggerimento e snellimento degli adempimenti burocratici e amministrativi in capo ai beneficiari del FSE e degli organismi responsabili della gestione. In particolare, l'adozione di procedure di controllo orientate alla valutazione delle operazioni cofinanziate in termini di risultati quantitativi e qualitativi, quale diretta conseguenza dell'adozione dei costi ammissibili sopra richiamati (costi fissi calcolati applicando tabelle standard di costi unitari, somme forfettarie), potrà favorire un impiego più efficace del FSE;

37.

considera inoltre come l'impatto delle misure finanziate dal FSE sia meno facilmente misurabile rispetto ad altre tipologie di interventi e, per tale ragione, ritiene utile lo sviluppo e l'utilizzo di indicatori di risultato che consentano un miglior monitoraggio degli effetti delle azioni finanziate dal FSE, non soltanto in termini finanziari, ma soprattutto dal punto di vista del miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle persone, che sono i diretti beneficiari delle azioni; gli indicatori utilizzati dovranno essere definiti chiaramente, facilmente misurabili e quantificabili, nonché omogenei nell'applicazione;

38.

in questo contesto richiama il parere del CdR sul tema Misurare il progresso non solo con il PIL  (12), che sottolineava l'impellente necessità di completare il PIL con criteri che abbraccino aspetti economici, sociali e ambientali, di creare un indice ambientale globale e di realizzare un'indagine sociale armonizzata a livello europeo, nazionale e regionale (13). Ribadisce che la scelta di tali indicatori e dei loro contenuti deve essere frutto di un'ampia partecipazione dal basso verso l'alto degli enti locali, delle regioni, degli Stati membri e dell'Unione a un processo di discussione che, per aggregazione, renda possibile realizzare gli obiettivi e dare legittimità all'azione politica dell'UE attraverso una maggiore titolarità da parte dei cittadini degli sforzi tesi a uscire dalla crisi e a preservare l'ambiente e la qualità della vita;

39.

considera altresì come una buona prassi da rafforzare le valutazioni relative al placement, sia in termini quantitativi che qualitativi, da realizzare a partire da indagini dirette e non come imputazione indiretta di informazioni amministrative;

40.

sottolinea come, in generale, le valutazioni di placement abbiano aiutato a capire l'efficacia in termini di occupazione conseguita nell'arco di sei mesi/un anno da parte delle politiche formative e, in casi più specifici, abbiano fatto emergere, con grande nettezza, l'importanza di percorsi integrati di formazione e/o di ricerca con esperienze dirette in azienda o in centri di ricerca;

41.

ravvisa risultati di trasparenza nell'attuazione dei programmi comunitari, ma anche, in maniera rilevante, appesantimenti spesso inutili che determinano alti costi amministrativi e comunque ritardi nell'attuazione dei programmi;

42.

raccomanda pertanto che le procedure di controllo non siano tali da rendere meno efficienti i programmi e che il carico amministrativo risulti compatibile con l'esigenza di una attuazione snella ed efficace dei programmi, pur garantendo una sana e corretta gestione attraverso regole chiare e semplici che si prestino ad interpretazioni univoche e non contraddittorie, seguendo criteri di proporzionalità ed economicità complessiva rispetto agli scopi prefissati;

43.

ritiene che occorra rafforzare le responsabilità delle autorità di gestione nella definizione di procedure appropriate secondo i rispettivi ordinamenti nazionali e regionali, riducendo i livelli di controllo che, oggettivamente, tendono ad allungare notevolmente i tempi tecnico-amministrativi e ad appesantire gli oneri a carico dei beneficiari.

Bruxelles, 1o aprile 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  A tale proposito si richiama il parere del CdR in merito alla Quinta relazione sulla coesione, relatore: Michel DELEBARRE, CdR 369/2010 fin.

(2)  A tale proposito si richiama il parere del CdR in merito al Libro verde sulla coesione territoriale, relatore: Jean-Yves LE DRIAN, CdR 274/2008 fin.

(3)  Articoli dal 174 al 178 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).

(4)  A tale proposito si richiama il Libro bianco del Comitato delle regioni sulla governance multilivello, giugno 2009, CONST-IV-020.

(5)  Parlamento europeo, risoluzione del 7 ottobre 2010 sul futuro del Fondo sociale europeo.

(6)  Il futuro della politica di coesione, relatore: Michael SCHNEIDER, CdR 210/2009 fin.

(7)  Comunicazione della Commissione - Europa 2020 - Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, COM(2010) 2020 definitivo.

(8)  Può contribuire anche ad aumentare la quota della popolazione tra i 30 e i 34 anni che ha completato gli studi superiori (migliorando la qualità dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita a tutti i livelli e favorendo la partecipazione all'insegnamento superiore).

(9)  Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione, Parte I degli orientamenti integrati di Europa 2020, SEC(2010) 488 definitivo.

(10)  Un esempio di applicazione sperimentale della strategia Europa 2020 a livello locale è il Libro verde «Lazio 2020» che, ispirandosi alle politiche europee e nazionali, declina localmente la filosofia di Europa 2020 in una strategia per il rafforzamento del mercato del lavoro che tiene conto delle specificità regionali, dei centri di competenza, delle vocazioni del territorio.

(11)  Risoluzione del Parlamento europeo del 7 settembre 2010 sullo sviluppo del potenziale occupazionale di una nuova economia sostenibile (2010/2010(INI)).

(12)  Misurare il progresso non solo con il PIL, relatore: Vicente ÁLVAREZ ARECES, CdR 163/2010 fin.

(13)  La regione Umbria si è dotata di strumenti per misurare l'avanzamento socioeconomico della regione (andando quindi oltre il PIL) elaborando un Indicatore multidimensionale dell'innovazione, sviluppo e coesione sociale, strumento di monitoraggio del percorso legislativo. Inoltre, basandosi sul modello europeo dello European Innovation Scoreboard (EIS) o Quadro di valutazione dell'innovazione in Europa, elaborato dalla Commissione europea, si è dotata del RUICS (Regione Umbria Innovation & Competitiveness Scoreboard), attraverso cui si propone di valutare annualmente, mediante l'utilizzo di indicatori aggiornati in tutta la serie storica agli ultimi dati disponibili, il posizionamento dell'Umbria in materia di innovazione e competitività nei confronti di tutte le altre regioni italiane.


7.6.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 166/52


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Verso un atto per il mercato unico»

2011/C 166/09

IL COMITATO DELLE REGIONI

esprime vivo rammarico poiché i tre assi proposti restano nel complesso squilibrati per quanto riguarda il numero delle misure, la loro natura, la precisione del loro contenuto ma anche lo stato di avanzamento della loro attuazione; chiede alla Commissione di descrivere con maggiore precisione le proposte relative al secondo e terzo asse, in particolare fornendo delle indicazioni in merito a proposte legislative, così da assicurare lo stesso grado di precisione delle proposte del primo asse;

raccomanda alla Commissione di dare attuazione, nel quadro dell'atto per il mercato unico, a tutti i progressi apportati dal Trattato di Lisbona, che possono contribuire a ripristinare la fiducia dei cittadini dell'UE nel mercato unico, in particolare l'articolo 3 TUE che fissa nuovi obiettivi sociali per l'Unione riguardanti la lotta all'esclusione sociale e alle discriminazioni, la promozione della giustizia e della protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore, la Carta dei diritti fondamentali, l'applicazione della «clausola sociale orizzontale» nonché l'accesso universale ai servizi essenziali per i cittadini dell'Unione sul loro territorio (articolo 14 TFUE e protocollo 26);

raccomanda alla Commissione di conferire maggiore leggibilità, in particolare, all'obiettivo di «ritrovare la fiducia degli europei», raggruppando all'interno di un primo pacchetto di misure tutte le proposte relative all'accesso ai servizi essenziali, che costituisce una delle preoccupazioni quotidiane dei cittadini, sulla base dei progressi compiuti grazie al Trattato di Lisbona; raccomanda quindi che questo primo pacchetto di misure comprenda le proposte sull'applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell'UE (n. 29), sulla riforma dei sistemi di riconoscimento delle qualifiche professionali e la creazione di un «passaporto europeo delle competenze» (n. 33 e n. 35), sul miglioramento della direttiva sul distacco dei lavoratori (n. 30), sulla semplificazione delle regole per gli appalti pubblici e per i servizi di interesse generale (n. 17 e n. 25), sull'imprenditoria sociale (n. 36), sull'eliminazione degli ostacoli fiscali per i cittadini europei (n. 42) e sull'accesso ai servizi bancari di base (n. 40);

propone di istituire dei patti territoriali nel cui ambito, grazie a un approccio regionale flessibile, gli enti locali e regionali concentrerebbero gli interventi e i finanziamenti sull'attuazione della strategia Europa 2020 e delle iniziative faro. Occorre dedicare un'attenzione particolare ai progetti che promuovono l'innovazione sociale nelle regioni interessate e che producono il maggiore impatto sulla società. L'impiego dei patti territoriali, così come il loro contenuto, rientrano tra i criteri di assegnazione dei fondi dell'UE ai progetti.

Relatore

Jean-Louis DESTANS (FR/PSE), presidente del consiglio generale dell'Eure

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Verso un atto per il mercato unico

COM(2010) 608 definitivo

I.   RACCOMANDAZIONI GENERALI

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

si rallegra dell'iniziativa intrapresa dalla Commissione europea di sottoporre ad un ampio dibattito pubblico la proposta di un «atto per il mercato unico» fondato su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva e basato sull'esigenza di assicurare una vera adesione degli europei a questo progetto; ritiene che tale documento possa servire da tabella di marcia per la Commissione riguardo al fulcro delle politiche interne dell'Unione fino al 2014, e che il bilancio dell'attuale Commissione sarà giudicato alla luce dei risultati ottenuti in materia;

2.

condivide la constatazione, effettuata dalla Commissione sulla base delle conclusioni della relazione Monti, secondo cui vi è una disaffezione crescente e preoccupante dei cittadini dell'Unione europea nei confronti del mercato interno; afferma la necessità assoluta di porre rimedio a tale situazione attuando efficacemente il mercato unico, ma non come un obiettivo in sé, bensì come uno strumento che deve contribuire al conseguimento degli obiettivi stabiliti dal Trattato di Lisbona;

3.

conferma l'opinione della Commissione secondo cui il mercato interno deve consentire all'UE di cogliere le opportunità offerte dalla globalizzazione, aprire nuove frontiere della conoscenza e dell'innovazione basate sull'economia digitale, permettere una crescita sostenibile al fine di creare la piena occupazione e promuovere il benessere sociale;

4.

approva pertanto l'iniziativa della Commissione, basata su un approccio globale per il mercato unico che va oltre il semplice obiettivo di colmarne le lacune;

5.

esorta a rimuovere gli ostacoli al mercato unico digitale. Occorre agire al più presto per creare un mercato su scala europea, in crescita, efficace e vitale, per la produzione e la diffusione legali di contenuti digitali e di servizi on-line. Ciò consentirà la creazione di nuove imprese globalizzate, il consolidamento di quelle esistenti e, di conseguenza, un rapido aumento dei posti di lavoro europei basati sulla cultura e sulla conoscenza, come pure una crescente partecipazione delle imprese europee al mercato globale dei contenuti e dei servizi digitali;

6.

sostiene l'approccio della Commissione che, per riequilibrare il mercato unico, propone di basarsi su tre assi: uno economico, inteso a sostenere la crescita delle imprese; uno sociale, inteso a ritrovare la fiducia dei cittadini dell'UE, e un terzo relativo al miglioramento della governance;

7.

esprime vivo rammarico, tuttavia, poiché i tre assi restano nel complesso squilibrati per quanto riguarda il numero delle misure proposte, la loro natura, la precisione del loro contenuto ma anche lo stato di avanzamento della loro attuazione; chiede alla Commissione di descrivere con maggiore precisione le proposte relative al secondo e terzo asse, in particolare fornendo delle indicazioni in merito a proposte legislative, così da assicurare lo stesso grado di precisione delle proposte del primo asse;

8.

afferma la necessità di un'articolazione strutturale tra l'atto per il mercato unico e la strategia Europa 2020. Infatti, l'atto per il mercato unico non ha lo status di piattaforma conferito invece alla strategia Europa 2020 ed è considerato dalla Commissione soltanto come una «leva» di tale strategia, alla stregua della politica commerciale o del sostegno finanziario generale dell'Unione. Inoltre, si constata con rammarico che le priorità di crescita per le imprese (crescita «forte, sostenibile ed equa») non corrispondono alle priorità di crescita della strategia Europa 2020;

9.

raccomanda alla Commissione di dare attuazione, nel quadro dell'atto per il mercato unico, a tutti i progressi apportati dal Trattato di Lisbona, che possono contribuire a ripristinare la fiducia dei cittadini dell'UE nel mercato unico, in particolare l'articolo 3 TUE che fissa nuovi obiettivi sociali per l'Unione riguardanti la lotta all'esclusione sociale e alle discriminazioni, la promozione della giustizia e della protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore, la Carta dei diritti fondamentali, l'applicazione della «clausola sociale orizzontale» nonché l'accesso universale ai servizi essenziali per i cittadini dell'Unione sul loro territorio (articolo 14 TFUE e protocollo 26).

Una crescita forte, sostenibile ed equa con le imprese

10.

è convinto che il mercato unico possa funzionare bene soltanto se si garantisce la competitività delle imprese e la creazione di vantaggi sociali per i cittadini dell'UE;

11.

esprime rammarico poiché la parte della comunicazione dedicata alla crescita delle imprese sembra tenere conto esclusivamente delle imprese private, mentre il rilancio del mercato unico è di capitale importanza anche per l'economia sociale. Nel quadro delle misure previste occorre prendere in considerazione sia le situazioni particolari degli enti regionali e locali sia le condizioni che permettono lo sviluppo delle imprese comunali locali;

12.

fa rilevare che i servizi costituiscono un settore essenziale per la ripresa economica dell'UE: tale settore rappresenta infatti oltre il 70 % dei posti di lavoro e della creazione netta di occupazione nel mercato unico;

13.

sottolinea che la direttiva sui servizi è una delle azioni tese a realizzare il mercato unico, ma segnala che la sua attuazione sta incontrando delle difficoltà in diversi Stati membri; chiede quindi alla Commissione di portare avanti il processo di valutazione reciproca associando strettamente gli enti locali e regionali, che sono organizzatori e fornitori di servizi fondamentali, prima di elaborare qualsiasi nuova misura legislativa in tale ambito;

14.

rammenta il ruolo degli enti e delle camere locali e regionali nella realizzazione degli «sportelli unici», che sono un elemento essenziale della direttiva sui servizi e consentono ai fornitori di ottenere tutte le informazioni pertinenti e di effettuare tutte le procedure da un unico punto di accesso;

15.

chiede alla Commissione di effettuare, in via prioritaria, un esame approfondito delle conseguenze derivanti dalla liberalizzazione dei servizi, in termini di qualità del servizio e di posti di lavoro, di sicurezza sul luogo di lavoro, di livello di qualifiche del personale, di prezzi, di coesione territoriale e accessibilità, e di proporre un piano d'azione basato sulle conclusioni di tale esame alla luce degli obiettivi della strategia Europa 2020;

16.

sostiene la proposta della Commissione di introdurre uno statuto della fondazione europea, tenuto conto del ruolo specifico svolto dalle fondazioni nella creazione efficace di un'economia sociale di mercato fortemente competitiva;

17.

accoglie con favore l'impegno della Commissione a tenere particolarmente conto delle esigenze delle PMI, che sono il motore della crescita e della creazione di posti di lavoro, come pure della diversificazione dell'occupazione; esorta tuttavia la Commissione a rafforzare gli strumenti tesi a incentivare la creazione di nuove imprese, specialmente quelle innovative e a base tecnologica, e a finanziare le PMI, facendo sì che il meccanismo di garanzia previsto nel programma quadro per l'innovazione e la competitività sia mantenuto anche dopo l'attuale periodo di finanziamento;

18.

insiste affinché l'obiettivo di ridurre gli oneri burocratici non vada a vantaggio soltanto delle imprese ma anche degli enti locali e regionali; chiede alla Commissione di tenere pienamente conto di questo obiettivo nell'elaborazione delle sue proposte legislative, in particolare per quanto riguarda i servizi di interesse economico generale (SIEG) nonché le procedure per gli appalti pubblici e le concessioni, conformemente ai principi di libera amministrazione degli enti locali, proporzionalità e sussidiarietà; rimanda, per proposte relative alla semplificazione amministrativa delle procedure di appalto, alla risposta data al Libro verde della Commissione sulla modernizzazione della politica dell'UE in materia di appalti pubblici;

19.

si congratula con la Commissione per le iniziative avviate nel campo del miglioramento della regolamentazione e della riduzione degli oneri burocratici che gravano sulle imprese, in particolare tramite i lavori del gruppo ad alto livello presieduto da Stoiber al quale il CdR è stato associato. Osserva tuttavia che una migliore regolamentazione non significa necessariamente deregolamentazione e che questi lavori non devono sostituirsi al processo democratico;

20.

chiede che la valutazione dello Small Business Act (SBA) sia condotta associando strettamente i soggetti economici, le parti sociali e gli enti locali e regionali, in modo da poter evidenziare le migliori pratiche messe a punto a livello locale e regionale; raccomanda di elaborare, con il sostegno di tali soggetti, una tabella di marcia globale, corredata di un calendario preciso e di risorse da mobilitare per garantire un'attuazione efficace dello SBA, nonostante il suo carattere giuridico non vincolante, in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020; sottolinea l'importanza di adottare uno statuto di società privata europea per integrare concretamente le PMI nel mercato interno;

21.

esorta la Commissione a proseguire con decisione nel settore della fiscalità dell'UE, elemento fondamentale per adottare un approccio globale al mercato unico e portare avanti la costruzione europea, in particolare chiarendo il quadro applicabile in materia di IVA e proponendo la creazione di una base imponibile comune per le società (ACCIS) al fine di semplificare la vita delle imprese; si compiace quindi del fatto che la Commissione intenda presentare una proposta in materia nel secondo semestre del 2011;

22.

è d'accordo con la Commissione sul fatto che la tutela dei diritti di proprietà intellettuale è un elemento essenziale per il corretto funzionamento del mercato unico. Un'efficace protezione della proprietà intellettuale stimola l'innovazione e la creatività, la competitività e la creazione di posti di lavoro; invita quindi la Commissione a presentare una strategia globale in materia di proprietà intellettuale atta a garantire la massima diffusione delle opere e delle conoscenze, nel rispetto dei legittimi diritti dei creatori. In questo contesto sarebbe interessante esaminare modelli come Creative Commons, con il suo sistema di licenze, che sta prendendo sempre più piede nel mondo digitale e creativo;

23.

sostiene la proposta, presentata dalla Commissione nel dicembre 2010, che apre la via ad una «cooperazione rafforzata» tra il maggior numero possibile di Stati membri al fine di creare un brevetto unitario nell'UE. Tale sistema unificato di protezione consentirebbe agli Stati membri che vi aderiscono di creare un brevetto comune, ottenibile con un'unica domanda e valido in tutti gli Stati partecipanti; si compiace quindi della decisione del Consiglio del 10 marzo 2011 che autorizza l'avvio di una cooperazione rafforzata in questo campo;

24.

sottolinea l'importanza di istituire progressivamente un mercato unico verde per tecnologie, servizi e prodotti emergenti rispettosi dell'ambiente e a basse emissioni di carbonio mettendo a punto, a livello UE, delle norme per le emissioni di carbonio; insiste sul fatto che norme precise e un'etichettatura chiara per i prodotti efficienti sotto il profilo energetico devono progressivamente diventare obbligatorie in tutta l'Unione. Nel quadro dell'elaborazione di queste norme europee occorre tenere conto dell'aumento dei costi che esse potrebbero comportare per le PMI;

25.

raccomanda che le proposte della Commissione in materia di trasporti, in particolare il prossimo Libro bianco sulla politica dei trasporti, non si limitino ad eliminare i rimanenti ostacoli tra i modi e i sistemi di trasporto nazionali. Esse dovranno comprendere anche un obiettivo ambientale, la questione dell'accessibilità e del collegamento in rete dell'intero territorio, riservando una speciale attenzione alla situazione delle aree più periferiche, il cui collegamento con gli assi centrali europei e l'interoperabilità ed integrazione delle cui reti nella rete europea sono fondamentali per la creazione di un mercato unico reale ed efficace. Occorre in particolare promuovere le innovazioni più recenti in materia di trasporti intelligenti che sfruttano la tecnologia digitale e i relativi progetti pilota, nonché la loro utilizzazione su vasta scala in funzione dei risultati;

26.

sottolinea che le infrastrutture transeuropee continuano, il più delle volte, ad essere il risultato di politiche e programmi di acquisizione di attrezzature portati avanti dagli Stati membri in ambito nazionale e dunque restano eccessivamente limitate dal loro riferimento all'ambito geografico nazionale;

27.

ritiene fondamentale poter emettere obbligazioni europee per i progetti (project bonds), con l'obiettivo di finanziare progetti di grandi dimensioni che abbiano ricadute economiche a medio o lungo termine. Questo meccanismo potrebbe aumentare la visibilità degli interventi dell'UE, ma soprattutto la loro efficacia. Inoltre, esso eserciterebbe un importante effetto leva per favorire la dinamica del mercato interno e contribuire al rafforzamento della coesione territoriale;

28.

sottolinea tuttavia che le obbligazioni europee per i progetti (project bonds) non dovranno sostituirsi ai fondi strutturali, bensì avere una funzione ad essi complementare;

29.

chiede alla Commissione di presentare tempestivamente delle proposte relative alla realizzazione di reti interconnesse di distribuzione di energia che coprano tutto il territorio UE, per garantire in tal modo un approvvigionamento energetico sicuro a tutti i cittadini dell'Unione; sarebbe auspicabile che in tali proposte si tenesse conto delle regioni dell'UE geograficamente svantaggiate, come quelle insulari o montane;

30.

chiede che venga esaminata in modo più approfondito l'idea di emettere delle obbligazioni europee (Euro-bonds) che, tramite la messa in comune di una parte del debito pubblico, consentirebbero a tutti gli Stati membri della zona euro di beneficiare di tassi di interesse vicini a quelli concessi agli attuali «primi della classe», limiterebbero la speculazione nei confronti dei titoli obbligazionari nazionali e determinerebbero un salto di qualità nel coordinamento delle politiche di bilancio;

31.

ritiene che le proposte relative al commercio elettronico e all'aggiudicazione on-line degli appalti pubblici debbano comprendere la questione dell'accesso all'alta e altissima velocità e quella del finanziamento delle infrastrutture sull'intero territorio dell'Unione, prestando grande attenzione soprattutto alla copertura delle regioni geograficamente svantaggiate, il cui sviluppo economico dovrebbe trarre particolare beneficio dallo sviluppo di queste reti;

32.

rammenta che la cooperazione tra enti locali e regionali presenta grandi potenzialità di efficacia a vantaggio dei cittadini; chiede alla Commissione che la cooperazione amministrativa tra enti territoriali, nel rispetto dei principi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, venga considerata come una decisione di tipo organizzativo interna ad uno Stato e non sia quindi sottoposta alle normative sugli appalti pubblici;

33.

afferma che le disposizioni UE sugli appalti pubblici rivestono grande importanza in particolare per gli enti locali e regionali; deplora che, nella comunicazione interpretativa sugli appalti pubblici inferiori alla soglia, la Commissione dimostri scarsa sensibilità agli interessi degli enti regionali e locali in questo campo; raccomanda che, nel quadro dei futuri dibattiti su questo tema, vengano trovate delle soluzioni che garantiscano la certezza giuridica nell'interesse degli enti territoriali, nonché la massima trasparenza e semplificazione delle procedure di selezione e aggiudicazione, soprattutto nel caso in cui le amministrazioni aggiudicatrici intendano avvalersi della facoltà di limitare il numero di candidati invitati a presentare un'offerta;

34.

reputa necessario rafforzare la dimensione esterna del mercato unico, sulla base del principio di reciprocità, per poterne fare il «campo base» di fronte alla globalizzazione e preparare le imprese alla concorrenza internazionale; a questo proposito sostiene ogni iniziativa della Commissione volta ad allineare le norme internazionali alle norme UE, in particolare quelle in campo sociale e ambientale, altrimenti queste ultime potrebbero essere percepite come un freno alla competitività dell'economia dell'UE;

35.

chiede che nel diritto UE vengano trasposti gli impegni di accesso ai mercati sottoscritti dall'Unione nel quadro dell'Accordo OMC sugli appalti pubblici. Questa trasposizione offrirebbe una chiarezza e una certezza giuridica indispensabili alle amministrazioni aggiudicatrici;

36.

rammenta che il mercato unico offre delle potenzialità in termini di occupazione, crescita e competitività, in particolare nell'ambito degli scambi di servizi, e che, per sfruttarle pienamente, occorre adottare forti politiche strutturali di accompagnamento. Insiste con forza affinché tale dimensione venga rapidamente inserita nell'atto per il rilancio del mercato unico, sulla base di una politica di coesione rafforzata, che è anch'essa una politica di sostegno alla competitività dell'UE. Tale politica è infatti il corollario indispensabile del mercato unico, lo strumento di convergenza verso l'alto dei livelli di vita e uno strumento essenziale per articolare le strategie di sviluppo dei territori con le priorità politiche europee definite nella strategia Europa 2020;

37.

sottolinea l'importanza dell'industria per l'economia dell'UE, che da sola garantisce l'85 % degli investimenti nelle attività di R&S delle imprese e rappresenta il motore principale della domanda di servizi; chiede alla Commissione di dare maggiore risalto a questo aspetto nella proposta definitiva di un atto per il mercato unico e stabilire un adeguato collegamento con l'iniziativa faro «Una politica industriale per l'era della globalizzazione»;

38.

osserva inoltre che anche la politica di concorrenza svolge un ruolo determinante per la capacità delle imprese dell'UE di fare fronte alle sfide poste dalla globalizzazione, per quanto riguarda, ad esempio, le fusioni e le concentrazioni, la cooperazione tra imprese, il trasferimento di know-how e di tecnologia, gli aiuti all'esportazione e all'innovazione o, ancora, gli oneri burocratici e amministrativi che gravano su tutte le PMI; deplora l'assenza, nella comunicazione, di ogni riferimento alla politica di concorrenza e di ogni collegamento tra gli obiettivi di tale politica e l'atto per il mercato unico; insiste sulla necessità di mettere la politica di concorrenza al servizio di un'economia sociale di mercato fortemente competitiva;

39.

ritiene che i vantaggi del mercato interno non siano distribuiti in modo omogeneo tra le diverse regioni europee: ne sono un esempio le regioni ultraperiferiche che, a causa dei gravi vincoli di cui risentono, devono far fronte a difficoltà maggiori nell'accedere a detti vantaggi; sostiene pertanto una elaborazione modulata delle politiche europee riguardanti il mercato interno, sulla base dell'articolo 349 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare per quanto riguarda la fornitura dei servizi di interesse generale e una più chiara definizione del quadro applicabile in materia di IVA.

Gli europei nel cuore del mercato unico

40.

esprime rammarico per il fatto che questo asse della comunicazione non sia sufficientemente incentrato sulle preoccupazioni quotidiane dei cittadini dell'UE nei loro territori (occupazione, alloggio, istruzione, sanità, trasporti, ecc.) e deplora che la Commissione non sfrutti tutti i progressi realizzati grazie al Trattato di Lisbona;

41.

ritiene che il modello europeo, soprattutto nella sua dimensione sociale, rappresenti una fonte di competitività nel lungo periodo: poter disporre di lavoratori qualificati, motivati e in buona salute, nonché di imprenditori, di datori di lavoro e di ricercatori, sarà sempre più la chiave di una competitività duratura fondata sull'innovazione e la qualità;

42.

riconosce l'importanza essenziale dell'istruzione e delle qualifiche per la creazione di imprese capaci di generare crescita, posti di lavoro e integrazione sociale, fattori che sono presupposti per la riuscita del mercato unico;

43.

sostiene la proposta di definire un quadro di qualità per i tirocini, che possono costituire un elemento determinante per l'inserimento professionale dei giovani e la loro mobilità in Europa. Tale quadro, messo a punto con il sostegno delle parti sociali, dovrebbe prevedere una soglia minima di diritti e doveri relativi alle condizioni di lavoro e alla previdenza sociale, nonché contenere delle disposizioni in materia di retribuzione, o altre forme di compensazione, dei tirocinanti, modulabili in funzione dei redditi nei rispettivi Stati membri;

44.

giudica indispensabile favorire le «passerelle» e il riconoscimento dei diplomi tra gli Stati membri senza per questo evolvere verso un modello di istruzione europeo unificato; è tuttavia dell'avviso che l'obiettivo della Commissione di aggiornare la direttiva sulle qualifiche professionali (2005/36/CE) vada realizzato solo a seguito di una valutazione motivata del sistema attuale. L'obiettivo deve essere quello di semplificare le regole vigenti e integrare maggiormente le professioni all'interno del mercato unico;

45.

ricorda in tale contesto che la concorrenza globale e l'orientamento verso un'economia della conoscenza e dei servizi comportano nuove sfide sul piano dello sviluppo delle qualifiche e dell'istruzione. Bisogna evitare di creare una nuova fascia di «lavoratori poveri» poco qualificati e sottopagati. I servizi sociali dovranno quindi privilegiare l'assistenza a questo tipo di persone attraverso l'istruzione, la formazione, retribuzioni e condizioni di lavoro dignitose per tutti e misure volte ad aumentare la mobilità sociale;

46.

sottolinea l'assoluta necessità di tenere conto della specificità delle funzioni del servizio pubblico. La priorità data ai SIEG, compresi i servizi sociali, in quanto beni pubblici, costituisce un punto di forza per la riuscita di un'economia sociale di mercato fortemente competitiva. Rammenta che gli enti regionali e locali svolgono un ruolo strategico nella promozione della crescita dell'Europa, soprattutto per via della funzione del settore pubblico infranazionale, che rappresenta il 17,2 % del PIL dell'Unione e investimenti per 221 miliardi di euro; lo sviluppo di tali enti deve quindi essere sostenuto dall'UE;

47.

rammenta che il Protocollo sui servizi di interesse generale e l'articolo 14 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea riconoscono al tempo stesso la specificità e la diversità di questi servizi, compresi i servizi sociali di interesse generale (SSIG), e la competenza prioritaria degli Stati membri per quanto riguarda la loro prestazione, esecuzione ed organizzazione; sottolinea tuttavia che l'ampio margine di manovra di cui gli enti regionali e locali devono poter disporre in conformità del Trattato di Lisbona richiede, per venire effettivamente attuato, una base giuridica di diritto derivato che definisca le interazioni con altre politiche europee. Deplora pertanto che la Commissione non abbia ancora adottato iniziative in tal senso in base all'articolo 14 del TFUE, lasciando che sia la Corte di giustizia dell'Unione europea a pronunciarsi su questioni che meriterebbero invece un chiarimento da parte del legislatore, conformemente al principio di responsabilità democratica;

48.

fa notare che il diritto dell'UE influenza in vari modi i sistemi di protezione sociale nazionali. In particolare, è stato osservato in passato che l'UE interveniva in misura considerevole, tramite le disposizioni giuridiche in materia di appalti pubblici, concorrenza e aiuti di Stato, nell'organizzazione dei servizi comunali di interesse generale, senza che fosse garantita una vera certezza giuridica per i fornitori e i beneficiari di tali servizi;

49.

rammenta che il 3o Forum sui servizi sociali di interesse generale (SSIG), organizzato dalla presidenza belga dell'UE, ha presentato 25 proposte concrete di adeguamento del diritto UE alle specificità organizzative e di finanziamento di tali SSIG, in particolare in materia di controllo degli aiuti di Stato e di modalità di contrattualizzazione; raccomanda alla Commissione di far proprie tali proposte, soprattutto nel quadro della revisione del pacchetto Monti-Kroes e in vista di una semplificazione del diritto UE pertinente, tenendo conto del carattere essenzialmente locale di tali servizi e dell'elevata densità del tessuto dei soggetti incaricati di promuoverli localmente e verso le popolazioni locali;

50.

deplora che nell'atto per il mercato unico non figuri alcun riferimento allo statuto europeo delle associazioni, che pure sono soggetti sociali ed economici essenziali, in particolare nel settore dei servizi sociali d'interesse generale;

51.

sottolinea che, ai sensi della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE, le concessioni di servizi non rientrano nel campo di applicazione delle direttive relative all'aggiudicazione degli appalti pubblici, ma devono rispettare i principi generali stabiliti dal Trattato sul funzionamento dell'UE (divieto di ogni discriminazione, principio di parità di trattamento e trasparenza). Le amministrazioni aggiudicatrici pubbliche hanno quindi il diritto di garantire la prestazione di servizi mediante una concessione qualora esse reputino che si tratti del modo migliore per assicurare il servizio di interesse generale in oggetto e che il rischio legato alla gestione - pur se molto ridotto - sia interamente trasferito (1). Ritiene quindi che questa giurisprudenza offra la base necessaria per un consolidamento legislativo inteso al mantenimento dello statu quo, e si oppone ad una procedura unica di aggiudicazione di tali concessioni che ostacolerebbe la libertà di organizzazione e amministrazione degli enti locali, in particolare imponendo il rispetto del requisito UE di un'adeguata pubblicità preliminare;

52.

ritiene che la libera circolazione dei lavoratori e dei servizi non debba dare luogo a fenomeni di dumping sociale. Le quattro libertà del mercato unico devono essere conciliate con la clausola sociale orizzontale introdotta dal Trattato di Lisbona (articolo 9 TFUE);

53.

chiede alla Commissione di effettuare senza indugio, in applicazione dell'articolo 9 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e conformemente alla proposta n. 29 dell'atto per il mercato unico, un'analisi preliminare e approfondita dell'impatto sociale di tutte le proposte legislative sul mercato unico e dichiara la propria disponibilità ad assistere la Commissione contribuendo con la propria esperienza territoriale a queste analisi di impatto, in particolare mobilitando la piattaforma di monitoraggio Europa 2020 e la rete di controllo della sussidiarietà;

54.

osserva che attualmente l'interpretazione e l'attuazione della direttiva sul distacco dei lavoratori appaiono problematiche alla luce del rispetto dei diritti fondamentali e del principio della libera circolazione dei lavoratori; si rallegra che i servizi della Commissione abbiano costituito, insieme agli Stati membri e alle parti sociali in qualità di osservatori, un gruppo di esperti ad alto livello sull'attuazione della direttiva incaricato di esaminare le difficoltà che si osservano oggi in questo campo; ritiene che la revisione della direttiva dovrà tenere conto delle conclusioni formulate da tale gruppo di esperti ad alto livello e permettere di definire chiaramente il livello di protezione giudicato adeguato nonché il margine di manovra che occorre lasciare alle parti sociali e agli Stati membri nel caso della mobilità temporanea dei lavoratori.

Gli strumenti di una buona governance del mercato unico

55.

deplora vivamente lo sfasamento tra l'obiettivo dichiarato di buona governance e le misure proposte. È evidente che un lavoro globale inteso a consolidare il mercato interno deve tenere conto delle relazioni con il livello regionale e locale e non concentrarsi principalmente sulle relazioni tra le amministrazioni nazionali e dell'UE;

56.

sottolinea che il ruolo degli enti locali e regionali in tale ambito è di due tipi: dati i loro poteri, competenze e politiche, essi svolgono innanzitutto un ruolo di primo piano nella realizzazione del mercato unico. Tali enti, infatti, agiscono al livello più vicino ai cittadini dell'UE tramite i diversi servizi alla popolazione che assicurano, e sono quindi in grado di individuare le incomprensioni suscitate dal mercato unico e di farsi portavoce delle aspettative dei cittadini. Gli enti locali e regionali non devono pertanto essere considerati unicamente come cinghia di trasmissione «discendente» del mercato unico (attuazione del mercato unico), bensì devono fungere anche da cinghia di trasmissione «ascendente» (trasmettere le aspettative dei cittadini ai livelli più alti) per contribuire a definire il «punto di equilibrio» del mercato unico e garantire l'adesione dei cittadini a tale progetto. Queste considerazioni, che valgono per la definizione della strategia globale di rilancio del mercato unico, dovranno essere applicate anche in occasione dell'ulteriore esame di ciascuna delle 50 proposte che la Commissione si è impegnata a presentare;

57.

ritiene che l'articolazione dell'atto per il mercato unico costituisca, data la molteplicità dei soggetti di diversi livelli di governo coinvolti e la diversità degli strumenti regolatori, uno spazio politico idoneo ad un'effettiva attuazione dei principi della governance multilivello;

58.

approva l'intenzione della Commissione europea di estendere il processo di valutazione reciproca della direttiva sui servizi ad altre normative chiave del mercato unico, precisando che, per essere efficace, tale processo deve essere sistematicamente allargato alle parti interessate, compresi gli enti locali e regionali per i settori di loro competenza, in modo da diventare un processo multilaterale; raccomanda che tale processo sia esteso in priorità ad ogni iniziativa della Commissione riguardante gli appalti pubblici, le concessioni di servizi, i servizi di interesse generale, l'attuazione effettiva della Carta dei diritti fondamentali e la mobilità dei lavoratori;

59.

propone l'organizzazione di forum territoriali del mercato interno incentrati sui bisogni fondamentali degli europei e sulle condizioni di accesso, sul loro territorio, ai servizi che li interessano più direttamente: occupazione, formazione, alloggio, istruzione, trasporti, sanità, ecc.;

60.

ritiene che i gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT) si prestino in modo particolare alla sperimentazione transfrontaliera di pratiche innovative in materia di mercato interno e di soddisfazione delle esigenze di base dei cittadini europei;

61.

rammenta che gli strumenti informali di risoluzione delle controversie, in particolare la rete Solvit, non sono ancora sufficientemente conosciuti dalle imprese e dai cittadini. Occorre quindi lanciare una campagna di comunicazione strutturata per fare conoscere alle PMI e ai cittadini questi meccanismi e le soluzioni extragiudiziali che essi offrono e, al tempo stesso, dotarli di risorse e personale supplementari;

62.

invita tutti gli enti locali e regionali ad iscriversi al sistema di informazione del mercato interno che contribuisce al corretto funzionamento di quest'ultimo offrendo uno spazio di collaborazione e di scambio tra enti dei diversi Stati membri, e incoraggia la Commissione ad estendere le applicazioni di tale sistema al di là della direttiva sui servizi e della direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali.

II.   CONCLUSIONI

Verso un patto per affrontare le principali sfide del nostro tempo

63.

ritiene che la natura strategica delle sfide attuali imponga di andare oltre le proposte della Commissione e, come suggerito da Mario Monti nella relazione al Presidente Barroso, di concludere un vero patto tra tutte le istituzioni UE, gli Stati membri, gli enti territoriali, i cittadini europei e le imprese al fine di realizzare insieme un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che è l'unica in grado di fornire risposte sostenibili;

64.

propone che tale patto venga concluso sulla base dei principi di equilibrio, stabiliti dai Trattati, tra l'esercizio effettivo delle libertà fondamentali del mercato unico, la garanzia dei diritti fondamentali degli europei, il rispetto dei principi di coesione e solidarietà tra i popoli europei e il corretto svolgimento delle funzioni assegnate dalle autorità pubbliche, compresi gli enti territoriali, ai servizi di interesse generale garantendo a tutti l'accesso ai servizi essenziali;

65.

ritiene che questo patto dovrà essere comprensibile agli europei e alle PMI e che, a tal fine, la Commissione dovrà definire, nel suo pacchetto di 50 proposte, un numero limitato di azioni faro che siano più visibili per i cittadini e le PMI, in particolare in termini di effetti concreti sulle loro condizioni quotidiane di vita e lavoro, sul loro territorio di vita e di attività;

66.

propone che queste azioni faro formino oggetto di un seguito specifico in termini di attuazione e di impatto reale sulla vita degli europei e delle PMI, come pure di una campagna di comunicazione rivolta al grande pubblico e intesa a rendere comprensibile il patto e i suoi assi principali di attuazione;

67.

raccomanda alla Commissione di conferire maggiore leggibilità, in particolare, all'obiettivo di «ritrovare la fiducia degli europei», raggruppando all'interno di un primo pacchetto di misure tutte le proposte relative all'accesso ai servizi essenziali, che costituisce una delle preoccupazioni quotidiane dei cittadini, sulla base dei progressi compiuti grazie al Trattato di Lisbona; raccomanda quindi che questo primo pacchetto di misure comprenda le proposte sull'applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell'UE (n. 29), sulla riforma dei sistemi di riconoscimento delle qualifiche professionali e la creazione di un «passaporto europeo delle competenze» (n. 33 e n. 35), sul miglioramento della direttiva sul distacco dei lavoratori (n. 30), sulla semplificazione delle regole per gli appalti pubblici e per i servizi di interesse generale (n. 17 e n. 25), sull'imprenditoria sociale (n. 36), sull'eliminazione degli ostacoli fiscali per i cittadini europei (n. 42) e sull'accesso ai servizi bancari di base (n. 40);

68.

propone di istituire, accanto al patto applicabile a tutte le parti descritto più sopra, dei patti territoriali nel cui ambito, grazie a un approccio regionale flessibile, gli enti locali e regionali concentrerebbero gli interventi e i finanziamenti sull'attuazione della strategia Europa 2020 e delle iniziative faro. Occorre dedicare un'attenzione particolare ai progetti che promuovono l'innovazione sociale nelle regioni interessate e che producono il maggiore impatto sulla società. L'impiego e il contenuto dei patti territoriali rientrano tra i criteri di assegnazione dei fondi dell'UE ai progetti;

69.

ritiene che la Commissione, in virtù dell'articolo 349 del TFUE, dovrebbe condurre una riflessione complementare e realistica che tenga conto degli svantaggi e delle difficoltà cui devono far fronte le regioni ultraperiferiche per partecipare e cercare di beneficiare dei vantaggi offerti dal mercato unico europeo, oltre che per poter realizzare gli obiettivi fissati dalla strategia Europa 2020.

Bruxelles, 1o aprile 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  Sentenza del 10 settembre 2009, causa C-206/08, punti da 72 a 75.


III Atti preparatori

Comitato delle regioni

89a sessione plenaria del 31 marzo e del 1o aprile 2011

7.6.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 166/59


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Lavoro stagionale e trasferimenti intrasocietari»

2011/C 166/10

IL COMITATO DELLE REGIONI

sottolinea che sul territorio dell'UE devono essere assicurati la certezza del diritto, la legalità ed un trattamento giusto ed equo dei lavoratori dei paesi terzi;

rileva che la migrazione è strettamente connessa allo sviluppo e fa presente che occorre evitare che l'emigrazione di lavoratori qualificati eserciti un impatto economico negativo («fuga dei cervelli») sui paesi in via di sviluppo. Apprezza quindi il fatto che le direttive in esame promuovano la migrazione circolare, in modo tale da contribuire positivamente al mercato del lavoro degli Stati membri e allo sviluppo nei paesi d'origine;

prende atto con interesse delle procedure di esame di entrambe le proposte da parte dei parlamenti nazionali e delle opinioni e argomenti avanzati nel corso delle stesse; ritiene, sulla base delle proprie analisi, che le due proposte siano compatibili con il principio di sussidiarietà; sottolinea che il valore aggiunto della legislazione al livello europeo deve stare in particolare nella sua capacità di evitare una corsa verso il livello più basso di protezione, tra i diversi sistemi nazionali;

ribadisce l'importanza del diritto garantito dal Trattato agli Stati membri di determinare i volumi di ammissione, sottolineando però che gli Stati membri devono garantire la partecipazione degli enti regionali e locali alle decisioni in merito al numero di cittadini di paesi terzi da ammettere nel loro territorio e al loro profilo professionale;

ammonisce che entrambe le direttive dovrebbero essere attuate nel rispetto del principio della preferenza comunitaria;

è convinto, tuttavia, che il lavoro stagionale ed i trasferimenti intrasocietari possano dare un importante contributo alla ripresa di alcuni settori economici e produttivi in Europa.

Relatore

Graziano Ernesto MILIA (IT/PSE), presidente della provincia di Cagliari

Testi di riferimento

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi nell'ambito di trasferimenti intrasocietari -

COM(2010) 378 definitivo

e

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi per motivi di lavoro stagionale -

COM(2010) 379 definitivo

I.   OSSERVAZIONI GENERALI

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

accoglie le due proposte di direttiva della Commissione europea, riguardanti rispettivamente le condizioni d'ingresso e di soggiorno dei lavoratori stagionali provenienti dai paesi terzi e i trasferimenti intrasocietari di cittadini di paesi terzi; sottolinea, tuttavia, che le due proposte vanno viste alla luce del dibattito attuale sulla migrazione legale in seno all'UE e che un approccio coerente di tale politica - che prenda in considerazione anche gli aspetti sociali del fenomeno - è essenziale per creare certezza legale ed assicurare parità di trattamento e rispetto dei diritti fondamentali;

2.

richiama l'attenzione della Commissione sulla necessità di contrastare fenomeni d'immigrazione illegale e qualsiasi forma di lavoro illegale e di sfruttamento nel territorio dell'UE dei cittadini dei paesi terzi. Il Comitato delle regioni ritiene fondamentale garantire ai cittadini dei paesi terzi che lavorano legalmente nell'UE condizioni di lavoro e di soggiorno in linea con i diritti fondamentali e con i requisiti prescritti dalla legge, garantirne la parità di trattamento rispetto ai cittadini UE e favorirne la più ampia e piena integrazione sociale. A tale riguardo, il Comitato delle regioni chiede l'assoluto e incondizionato rispetto dei diritti fondamentali previsti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE e ricorda che questa ha assunto pieno valore giuridico, alla pari dei Trattati, a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona;

3.

sottolinea che sul territorio dell'UE devono essere assicurati la certezza del diritto (intesa come un quadro normativo definito), la legalità (intesa come rispetto della legge) ed un trattamento giusto ed equo dei lavoratori dei paesi terzi. Le regioni, gli enti intermedi come le province, ed i comuni (compresi quelli delle zone rurali) sono i primi ad avvertire l'impatto economico e sociale dei flussi migratori illegali e legali in quelle zone. Gli enti regionali, intermedi e locali sono responsabili della fornitura di un'ampia gamma di servizi alle persone (accoglimento, assistenza sanitaria, istruzione e formazione professionale, alloggio ecc.) e pertanto il ruolo da questi svolto sul territorio e nella gestione di questi fenomeni dovrebbe essere sottolineato dalla Commissione;

4.

ribadisce che gli enti regionali, locali ed intermedi sono attori fondamentali nella strategia Europa 2020, adottata recentemente per far fronte alle sfide della crisi economica e finanziaria, dei cambiamenti climatici e delle risorse energetiche e, di conseguenza, anche della politica dell'occupazione nell'UE che, come dimostrano le proposte legislative in oggetto, sono strettamente legate al tema della politica d'immigrazione;

5.

sottolinea che, sebbene l'immigrazione legale sia una competenza condivisa tra UE e Stati membri, l'attuazione della politica d'immigrazione legale è strettamente legata ad altre politiche quali, come indicato nelle proposte in oggetto, la politica del lavoro, dell'occupazione e degli affari sociali, della sicurezza sociale, dei servizi pubblici locali e dei servizi d'interesse generale, la politica dell'alloggio ed altre politiche che in molti Stati UE sono gestite a livello decentrato dagli enti regionali, intermedi e locali. Questi ultimi svolgono pertanto un ruolo importante nel raccogliere informazioni e dati statistici da utilizzare nel corso della valutazione della legislazione vigente o nell'elaborazione di nuove misure nell'ambito delle politiche migratorie. Si sottolinea quindi l'esigenza di uno stretto partenariato con tali enti;

6.

rileva che la migrazione è strettamente connessa allo sviluppo e fa presente che occorre evitare che l'emigrazione di lavoratori qualificati eserciti un impatto economico negativo («fuga dei cervelli») sui paesi in via di sviluppo. Apprezza quindi il fatto che le direttive in esame promuovano la migrazione circolare, in modo tale da contribuire positivamente al mercato del lavoro degli Stati membri e allo sviluppo nei paesi d'origine (1);

7.

riconosce che la migrazione circolare può creare un legame prezioso tra i paesi d'origine e i paesi ospitanti, e può essere utile a favorire il dialogo, la cooperazione e la comprensione reciproca; propone quindi di utilizzare gli strumenti e le strutture istituzionali esistenti, quali l'Assemblea regionale e locale euro mediterranea (ARLEM) istituita su iniziativa del Comitato delle regioni, per promuovere questo tipo di legami;

8.

rammenta comunque che la migrazione circolare non deve sostituirsi alla migrazione permanente e che è necessario predisporre canali efficaci per agevolare la circolazione e il rimpatrio dei migranti ed evitare qualsiasi forma di immigrazione irregolare;

9.

prende atto con interesse delle procedure di esame di entrambe le proposte da parte dei parlamenti nazionali e delle opinioni e argomenti avanzati nel corso delle stesse; ritiene, sulla base delle proprie analisi, che le due proposte siano compatibili con il principio di sussidiarietà; sottolinea che il valore aggiunto della legislazione al livello europeo deve stare in particolare nella sua capacità di evitare una corsa verso il livello più basso di protezione dei lavoratori stagionali e dei lavoratori trasferiti all'interno delle società, tra i diversi sistemi nazionali;

10.

considera necessaria a livello dell'UE la legislazione in materia di trasferimenti intrasocietari di alcune categorie di lavoratori qualificati, date le differenze tra le normative degli Stati membri in ordine all'ammissione e ai diritti dei cittadini di paesi terzi trasferiti all'interno delle società, l'esigenza di risolvere le situazioni di carattere transfrontaliero e di garantire un migliore adempimento degli obblighi internazionali imposti all'Unione dall'OMC; è inoltre convinto che una normativa UE di questo tipo renderebbe il mercato del lavoro dell'UE più interessante per i migranti altamente qualificati, contribuendo così alla competitività dell'economia dell'UE nel suo complesso;

11.

reputa necessaria a livello dell'UE la legislazione in materia di lavoratori stagionali in ragione delle differenze tra le normative degli Stati membri per quanto attiene all'ammissione e ai diritti dei lavoratori stagionali cittadini di paesi terzi, dell'esigenza di assicurare un insieme uniforme di diritti minimi e della necessità di contrastare i casi di abuso e di immigrazione illegale;

12.

ribadisce l'importanza del diritto garantito dal Trattato agli Stati membri di determinare i volumi di ammissione, sottolineando però che, nel rispetto del principio di sussidiarietà e della governance multilivello, gli Stati membri devono garantire la partecipazione degli enti regionali e locali alle decisioni in merito al numero di cittadini di paesi terzi da ammettere nel loro territorio e al loro profilo professionale (2);

13.

appoggia, in seguito all'esame delle due proposte alla luce del principio di proporzionalità, la scelta dello strumento giuridico, la direttiva in entrambi i casi, che lascia agli Stati membri il margine di discrezionalità necessario quanto agli accordi interni di attuazione e prende in considerazione le situazioni specifiche e le esigenze dei singoli Stati membri e delle autorità competenti per l'attuazione delle direttive a livello nazionale, regionale e locale;

14.

ritiene tuttavia che alcuni singoli elementi delle proposte richiedano un'analisi più attenta relativamente al principio di proporzionalità: le direttive infatti non dovrebbero imporre obblighi sproporzionati a coloro che desiderano entrare nell'UE in qualità di lavoratori stagionali o di lavoratori trasferiti all'interno di società o ai loro datori di lavoro, né comportare costi e oneri superflui a carico delle autorità nazionali, regionali o locali competenti per la loro attuazione; rispetto a quest'ultima considerazione, il termine di 30 giorni entro il quale le autorità devono esaminare le domande e pronunciarsi in merito all'ammissione può essere ritenuto eccessivamente breve e rischia di creare notevoli difficoltà di ordine amministrativo e finanziario per le autorità di alcuni Stati membri;

15.

ammonisce che entrambe le direttive dovrebbero essere attuate nel rispetto del principio della preferenza comunitaria, in particolare per quanto riguarda i cittadini dei nuovi Stati membri nei cui confronti si applicano ancora accordi transitori; a tal fine, potrebbe essere utile consentire agli Stati membri e alle loro autorità di effettuare c.d. «labour market test» (analisi del mercato del lavoro), per verificare cioè se un posto di lavoro non possa essere occupato da una persona in cerca di impiego sul mercato del lavoro dell'UE; a questo proposito, non è convinto dall'argomento della Commissione secondo cui le analisi del mercato del lavoro non sono necessarie in caso di trasferimento intrasocietario;

16.

esprime rammarico per il notevole ritardo con cui le due proposte in oggetto, contenute già nel pacchetto Immigrazione legale del dicembre 2005, sono state presentate dalla Commissione, a quasi 5 anni di distanza dalla formulazione dell'impegno politico su questi temi e anche per il fatto che, a causa delle difficoltà nella discussione legata al «permesso unico», i due processi che avrebbero dovuto correre in parallelo, adesso sono disgiunti. Si duole che le proposte siano state presentate, inoltre, in un periodo in cui alcuni settori quali agricoltura, allevamento e pastorizia (3), turismo ed edilizia, che costituiscono il nucleo principale del lavoro stagionale, sono stati particolarmente colpiti dalla crisi economica e finanziaria, come dimostrano i dati e le statistiche UE e che la loro ripresa sia ancora lenta. Pertanto la situazione economica è cambiata rispetto al 2005, anno dell'impegno politico su questi temi, ed i dati economici, statistici ed occupazionali sull'impatto del lavoro stagionale sull'economia europea dovrebbero essere aggiornati;

17.

è convinto, tuttavia, che nonostante il ritardo con cui sono state presentate le proposte e l'ulteriore tempo che sarà necessario per l'iter legislativo UE e la successiva implementazione a livello nazionale, il lavoro stagionale ed i trasferimenti intrasocietari possano dare un importante contributo al recupero di alcuni settori economici e produttivi in Europa.

RACCOMANDAZIONI SPECIFICHE SULLE DUE PROPOSTE

18.

apprezza l'introduzione di una procedura unica di domanda per i lavoratori stagionali e i trasferimenti intrasocietari quale strumento di semplificazione utile che garantirà trasparenza e certezza nelle procedure di ammissione; tuttavia, condivide le opinioni espresse da alcuni membri del Parlamento europeo, secondo cui sarebbe stato più semplice ed efficace inserire i lavoratori stagionali e i trasferimenti intrasocietari nell'ambito di applicazione della cosiddetta direttiva sul permesso unico (4); invita pertanto i colegislatori a continuare le negoziazioni in materia;

19.

condivide la proposta secondo cui gli Stati membri devono rifiutare la domanda se il potenziale datore di lavoro è stato oggetto di sanzioni in virtù della legge nazionale, a causa di lavoro non dichiarato e/o occupazione illegale; insiste tuttavia sul fatto che tale misura dovrebbe essere dissuasiva e proporzionata e non automatica; l'esclusione automatica dei potenziali datori di lavoro indipendentemente dalla gravità o dalla natura della violazione danneggerebbe i cittadini di paesi terzi in cerca di impiego.

RACCOMANDAZIONI SULLA PROPOSTA RELATIVA AL LAVORO STAGIONALE

20.

sottolinea che purtroppo attualmente in alcuni Stati UE i lavoratori stagionali di paesi terzi sono vittime di sfruttamento e presentano condizioni di lavoro e di soggiorno al di sotto degli standard previsti dalla legge. La ragione è che la normativa nazionale in materia di diritto del lavoro e sicurezza sociale spesso non è applicata o fatta rispettare nella prassi. Pertanto la proposta dovrebbe istituire un quadro giuridico ben definito che aiuti a contrastare tutte le forme di lavoro stagionale illegale ed assicuri condizioni di lavoro decenti per i lavoratori dei paesi terzi. Questo nuovo quadro normativo richiederà pertanto meccanismi di controllo al fine di evitare l'abuso o evasione delle regole quali il controllo delle succitate condizioni di lavoro e soggiorno, così come una cooperazione tra le autorità pubbliche a livello UE, nazionale, regionale e locale in una forma di governance multilivello integrata. A questo proposito il Comitato delle regioni raccomanda che anche l'attività delle agenzie di collocamento sia disciplinata in modo tale da garantire che non sia diretta a dissimulare situazioni di sfruttamento o abuso;

21.

ribadisce l'importanza del ruolo e delle competenze degli enti regionali e locali e del CdR nella prevenzione e nella lotta alla discriminazione e alla disumanizzazione dei lavoratori stagionali migranti alla luce dell'alto livello di incertezza e vulnerabilità tipiche del lavoro stagionale;

22.

è lieto che sia stata accolta l'idea, da esso sostenuta in un proprio precedente parere (5), di visti di lunga durata per ingressi multipli al fine di agevolare la mobilità circolare;

23.

sottolinea che sarebbe opportuno definire meglio l'ambito di applicazione della proposta e quindi i settori che vi rientrano al fine di evitare l'abuso dei permessi stagionali in settori che non possono essere considerati stagionali secondo le caratteristiche proprie del lavoro stagionale in Europa e alla luce dello spirito e degli obiettivi della presente proposta. Nella maggiore parte dei paesi dell'OCSE, gli immigrati sono sovrarappresentati nell'occupazione di lavori temporanei. La percentuale d'immigrati nel lavoro temporaneo può superare quella dei nativi (cittadini UE) di almeno 50 %, per cui è opportuno evitare che si abusi delle regole e che il lavoro stagionale sia utilizzato per legalizzare forme di lavoro di diversa natura e di carattere precario;

24.

apprezza il fatto che la direttiva obbligherebbe i datori di lavoro a dimostrare che i lavoratori stagionali cittadini di paesi terzi beneficiano di un alloggio adeguato e non eccessivamente costoso. In tal modo si riconosce direttamente la situazione di particolare vulnerabilità di questi lavoratori. Rileva che tale diritto eccede notevolmente i diritti di cui godono i lavoratori stagionali cittadini dell'UE e sollecita pertanto gli Stati membri a valutare la concessione di un trattamento simile anche a questi ultimi;

25.

si sottolinea, al riguardo, che alla luce delle ricerche e consultazioni effettuate dal relatore, alcune tipologie di lavori stagionali come quelle inerenti al settore agricolo (zootecnico e florovivaistico in modo particolare) o delle grandi costruzioni (opere e cantieri di grandi infrastrutture), possono richiedere periodi di lavoro oltre i 6 mesi, per cui si ritiene che il tempo massimo previsto sia troppo limitativo e potrebbe essere esteso a 9 mesi.

RACCOMANDAZIONI SULLA PROPOSTA RELATIVA AI TRASFERIMENTI INTRASOCIETARI

26.

accoglie positivamente gli sforzi della Commissione per sviluppare un quadro globale in materia di politica d'immigrazione e migliorare con questa proposta l'attrattiva esercitata dall'economia dell'UE sui lavoratori altamente qualificati delle multinazionali presenti nei paesi terzi, che potranno essere trasferiti e lavorare legalmente presso una sede europea della propria società a seguito di un trasferimento da questa operato; sottolinea in questo contesto la necessità di evitare da un lato discriminazioni e dall'altro lato di non invalidare il principio della preferenza comunitaria, assicurando che gli ICT godano delle stesse condizioni di lavoro e di occupazione di cui godono i lavoratori UE in situazioni comparabili nel paese di residenza; perciò raccomanda di cancellare il riferimento alla direttiva dei lavoratori distaccati nella determinazione dei diritti e condizioni dei lavoratori trasferiti all'interno delle società;

27.

richiede spiegazioni sull'esclusione, nella proposta sui trasferimenti intrasocietari, del c.d. «labour market test» (analisi del mercato del lavoro). Si sottolinea, a tale riguardo, che la direttiva «Carta blu» relativa ai lavoratori altamente qualificati anch'essi provenienti dai paesi terzi, prevede una tale analisi del mercato del lavoro;

28.

evidenzia inoltre che le società e le multinazionali extra UE ma con delle sedi registrate in uno Stato membro dell'UE dovrebbero essere incoraggiate ad impiegare anche professionisti locali altamente qualificati al fine di assicurare lo sviluppo professionale del personale locale in possesso di elevate qualifiche. Il rischio è che a livello locale le grandi multinazionali extra UE impieghino solo manodopera poco qualificata, attingendo invece a paesi terzi per quanto riguarda i lavoratori altamente qualificati. Sulla base dell'attuale proposta, non sembra vi sia alcuna garanzia che le posizioni di manager, specialisti e laureati in tirocinio saranno offerte con preferenza ai cittadini UE;

29.

fa notare che la proposta di direttiva - nella sua versione attuale - non prevede che gli Stati membri possano rifiutare una domanda per motivi di tutela della salute pubblica, dell'ordine pubblico o della pubblica sicurezza. Propone quindi di inserire tali motivi nella direttiva;

30.

apprezza il fatto che i lavoratori trasferiti all'interno di società che siano stati ammessi abbiano la possibilità di circolare tra le diverse sedi della stessa società o gruppo in diversi Stati membri; avverte tuttavia che la proposta - nell'attuale versione dell'articolo 16 - non consente esplicitamente agli Stati membri successivi al paese di prima ammissione di rifiutare una domanda di ammissione e rileva che ciò costituirebbe in effetti un'elusione del diritto di questi ultimi a determinare i volumi di ammissione dei cittadini di paesi terzi nel proprio territorio. Suggerisce pertanto di modificare la proposta in questo senso;

31.

sottolinea che il requisito che impone al lavoratore extra UE di dimostrare di possedere le qualifiche professionali richieste nello Stato UE ovvero di ottemperare ai requisiti prescritti dalla legge nazionale per l'esercizio di una professione regolamentata [articolo 5, paragrafo 1, lettere d) ed e) della proposta] non sembra proporzionale. Occorre rilevare come questo sarebbe un onere eccessivo e come, tutt'oggi nell'UE, il sistema di riconoscimento delle qualifiche professionali dei lavoratori UE sia ancora una questione aperta, come rilevato dal recente Atto europeo per il mercato unico, per cui s'invita la Commissione europea a rivedere tale requisito in senso meno restrittivo;

32.

apprezza che la proposta di direttiva sui trasferimenti intrasocietari favorisca il ricongiungimento familiare e riconosce che il regime specifico per i familiari di lavoratori trasferiti all'interno delle società potrebbe effettivamente contribuire a rendere il mercato del lavoro dell'UE più interessante per questi ultimi;

33.

raccomanderebbe ai colegislatori di prendere in considerazione i seguenti emendamenti legislativi alla proposta:

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Lavoratori stagionali - Proposta di emendamento 1

Articolo 6, paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 6

Motivi di rifiuto

1.   Gli Stati membri rifiutano la domanda di ammissione in uno Stato membro ai fini della presente direttiva se non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 5 o se i documenti presentati sono stati ottenuti mediante frode, ovvero sono stati falsificati o manomessi.

2.   Gli Stati membri possono accertarsi se i posti vacanti in questione non possano essere coperti da cittadini nazionali o dell'UE, o da cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente nello Stato membro interessato e che fanno già parte del mercato del lavoro interno in forza della legge dell'UE o nazionale, e rifiutare la domanda.

3.   Gli Stati membri possono rifiutare una domanda se il datore di lavoro è stato oggetto di sanzioni in virtù della legge nazionale, a causa di lavoro non dichiarato e/o occupazione illegale.

4.   Gli Stati membri possono rifiutare una domanda in base al volume di ingresso di cittadini di paesi terzi.

Articolo 6

Motivi di rifiuto

1.   Gli Stati membri rifiutano la domanda di ammissione in uno Stato membro ai fini della presente direttiva se non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 5 o se i documenti presentati sono stati ottenuti mediante frode, ovvero sono stati falsificati o manomessi.

2.   Gli Stati membri possono accertarsi se i posti vacanti in questione non possano essere coperti da cittadini nazionali o dell'UE, o da cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente nello Stato membro interessato e che fanno già parte del mercato del lavoro interno in forza della legge dell'UE o nazionale, e rifiutare la domanda.

3.   Gli Stati membri possono rifiutare una domanda se il datore di lavoro è stato oggetto di sanzioni in virtù della legge nazionale il lavoro non dichiarato e/o l'occupazione illegale.

4.   Gli Stati membri possono rifiutare una domanda in base al volume di ingresso di cittadini di paesi terzi.

Motivazione

Le sanzioni inflitte ai datori di lavoro che violano la legislazione dovrebbero essere proporzionate e dissuasive, ma non automatiche. Le sanzioni automatiche pregiudicano non tanto i datori di lavoro quanto i potenziali lavoratori cittadini di paesi terzi.

Lavoratori stagionali - Proposta di emendamento 2

Articolo 11

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 11

Durata del soggiorno

1.   I lavoratori stagionali sono autorizzati a soggiornare per un periodo massimo di sei mesi per anno di calendario, al termine del quale devono fare ritorno in un paese terzo.

2.   Entro il periodo di cui al paragrafo 1, a condizione che siano rispettati i criteri di cui all'articolo 5, i lavoratori stagionali sono autorizzati a prolungare il contratto o farsi assumere in qualità di lavoratori stagionali da un altro datore di lavoro.

Articolo 11

Durata del soggiorno

1.   I lavoratori stagionali sono autorizzati a soggiornare per un periodo massimo di mesi per anno di calendario, al termine del quale devono fare ritorno in un paese terzo.

2.   Entro il periodo di cui al paragrafo 1, a condizione che siano rispettati i criteri di cui all'articolo 5, i lavoratori stagionali sono autorizzati a prolungare il contratto o farsi assumere in qualità di lavoratori stagionali da un altro datore di lavoro.

Motivazione

Nel parere è stato spiegato che in alcuni Stati membri e in determinati settori i lavoratori stagionali svolgono attività della durata superiore a sei mesi. Si sostiene pertanto che è necessario prolungare tale periodo.

Trasferimenti intrasocietari - Proposta di emendamento 1

Articolo 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 5

Criteri di ammissione

1.   Fatto salvo l’articolo 10, il cittadino di un paese terzo che chiede di essere ammesso a norma della presente direttiva:

(a)

dimostra che l'entità ospitante e l'impresa stabilita in un paese terzo appartengono alla stessa impresa o allo stesso gruppo di imprese;

(b)

dimostra di aver lavorato nello stesso gruppo di imprese quanto meno nei 12 mesi immediatamente precedenti la data del trasferimento intrasocietario, se richiesto dalla legge nazionale, e di poter fare ritorno in un'entità appartenente a quel gruppo d'imprese stabilita in un paese terzo alla fine dell'incarico;

(c)

presenta una lettera di incarico del datore di lavoro da cui risulti:

(i)

la durata del trasferimento e l’ubicazione dell'entità ospitante o delle entità ospitanti dello Stato membro interessato;

(ii)

la prova che ricoprirà un posto di manager, specialista o laureato in tirocinio nell'entità ospitante o nelle entità ospitanti dello Stato membro interessato;

(iii)

la retribuzione durante il trasferimento;

(d)

dimostra di possedere le qualifiche professionali richieste nello Stato membro in cui è ammesso per il posto di manager o specialista ovvero, nel caso di un laureato in tirocinio, dei titoli di istruzione superiore richiesti;

(e)

presenta la documentazione attestante il rispetto dei requisiti prescritti dalla legge nazionale ai cittadini dell’Unione per l’esercizio della professione regolamentata che andrà a svolgere;

(f)

esibisce un documento di viaggio valido secondo quanto previsto dalla legge nazionale e la domanda di visto o il visto, se richiesto;

(g)

fatti salvi gli accordi bilaterali vigenti, dimostra di disporre o, se previsto dalla legge nazionale, di avere fatto richiesta di un’assicurazione sanitaria a copertura di tutti i rischi contro i quali sono normalmente coperti i cittadini dello Stato membro interessato, durante i periodi in cui non dispone di una copertura assicurativa di questo tipo né di prestazioni corrispondenti connesse al contratto di lavoro o in virtù di esso;

(h)

non è considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la salute pubblica.

2.   Gli Stati membri esigono che siano soddisfatte tutte le condizioni fissate per i lavoratori distaccati in una situazione simile dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e/o dai contratti collettivi di applicazione generale nei pertinenti settori occupazionali, per quanto riguarda la retribuzione pagata durante il trasferimento.

In mancanza di un sistema di dichiarazione di applicazione generale di contratti collettivi, gli Stati membri possono, se così decidono, avvalersi dei contratti collettivi che sono in genere applicabili a tutte le imprese simili nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate e/o dei contratti collettivi conclusi dalle organizzazioni delle parti sociali più rappresentative sul piano nazionale e che sono applicati in tutto il territorio nazionale.

3.   Oltre a quanto disposto dai paragrafi 1 e 2, il cittadino di un paese terzo che chiede di essere ammesso in qualità di laureato in tirocinio presenta una convenzione di tirocinio contenente una descrizione del programma di tirocinio, la sua durata e le condizioni di supervisione del programma.

4.   Qualora il trasferimento riguardi entità ospitanti situate in più Stati membri, il cittadino di un paese terzo che chiede di essere ammesso a norma della presente direttiva dà prova della notifica richiesta ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, lettera b).

5.   Qualunque modifica che incide sulle condizioni di ammissione di cui all'articolo 5 è notificata alle autorità competenti dello Stato membro interessato.

Articolo 5

Criteri di ammissione

1.   Fatto salvo l’articolo 10, il cittadino di un paese terzo che chiede di essere ammesso a norma della presente direttiva:

(a)

dimostra che l'entità ospitante e l'impresa stabilita in un paese terzo appartengono alla stessa impresa o allo stesso gruppo di imprese;

(b)

dimostra di aver lavorato nello stesso gruppo di imprese quanto meno nei 12 mesi immediatamente precedenti la data del trasferimento intrasocietario, se richiesto dalla legge nazionale, e di poter fare ritorno in un'entità appartenente a quel gruppo d'imprese stabilita in un paese terzo alla fine dell'incarico;

(c)

presenta una lettera di incarico del datore di lavoro da cui risulti:

(i)

la durata del trasferimento e l’ubicazione dell'entità ospitante o delle entità ospitanti dello Stato membro interessato;

(ii)

la prova che ricoprirà un posto di manager, specialista o laureato in tirocinio nell'entità ospitante o nelle entità ospitanti dello Stato membro interessato;

(iii)

la retribuzione durante il trasferimento;

(d)

dimostra di possedere le qualifiche professionali richieste nello Stato membro in cui è ammesso per il posto di manager o specialista ovvero, nel caso di un laureato in tirocinio, dei titoli di istruzione superiore richiesti;

(e)

presenta la documentazione attestante il rispetto dei requisiti prescritti dalla legge nazionale ai cittadini dell’Unione per l’esercizio della professione regolamentata che andrà a svolgere;

(f)

esibisce un documento di viaggio valido secondo quanto previsto dalla legge nazionale e la domanda di visto o il visto, se richiesto;

(g)

fatti salvi gli accordi bilaterali vigenti, dimostra di disporre o, se previsto dalla legge nazionale, di avere fatto richiesta di un’assicurazione sanitaria a copertura di tutti i rischi contro i quali sono normalmente coperti i cittadini dello Stato membro interessato, durante i periodi in cui non dispone di una copertura assicurativa di questo tipo né di prestazioni corrispondenti connesse al contratto di lavoro o in virtù di esso;

2.   Gli Stati membri esigono che siano soddisfatte tutte le condizioni fissate per i lavoratori distaccati in una situazione simile dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e/o dai contratti collettivi di applicazione generale nei pertinenti settori occupazionali, per quanto riguarda la retribuzione pagata durante il trasferimento.

In mancanza di un sistema di dichiarazione di applicazione generale di contratti collettivi, gli Stati membri possono, se così decidono, avvalersi dei contratti collettivi che sono in genere applicabili a tutte le imprese simili nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate e/o dei contratti collettivi conclusi dalle organizzazioni delle parti sociali più rappresentative sul piano nazionale e che sono applicati in tutto il territorio nazionale.

3.   Oltre a quanto disposto dai paragrafi 1 e 2, il cittadino di un paese terzo che chiede di essere ammesso in qualità di laureato in tirocinio presenta una convenzione di tirocinio contenente una descrizione del programma di tirocinio, la sua durata e le condizioni di supervisione del programma.

4.   Qualora il trasferimento riguardi entità ospitanti situate in più Stati membri, il cittadino di un paese terzo che chiede di essere ammesso a norma della presente direttiva dà prova della notifica richiesta ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, lettera b).

5.   Qualunque modifica che incide sulle condizioni di ammissione di cui all'articolo 5 è notificata alle autorità competenti dello Stato membro interessato.

   

Motivazione

Il progetto di direttiva - nella sua versione attuale - non prevede la possibilità per gli Stati membri di rifiutare una domanda per motivi di salute pubblica, ordine pubblico o pubblica sicurezza. Di conseguenza il Comitato propone che nella direttiva venga inserito questo motivo di rifiuto.

Trasferimenti intrasocietari - Proposta di emendamento 2

Articolo 6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 6

Motivi di rifiuto

1.   Gli Stati membri rifiutano la domanda di ammissione se non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 5 o se i documenti presentati sono stati ottenuti mediante frode, ovvero sono stati falsificati o manomessi.

2.   Gli Stati membri rifiutano la domanda se il datore di lavoro oppure l'entità ospitante sono stati oggetto di sanzioni in virtù della legge nazionale, a causa di lavoro non dichiarato e/o occupazione illegale.

3.   Gli Stati membri possono rifiutare una domanda in base al volume di ingresso di cittadini di paesi terzi.

4.   Qualora il trasferimento riguardi entità ospitanti situate in più Stati membri, lo Stato membro in cui è stata presentata la domanda limita l'ambito geografico di validità del permesso agli Stati membri in cui ricorrono le condizioni di cui all'articolo 5.

Articolo 6

Motivi di rifiuto

1.   Gli Stati membri rifiutano la domanda di ammissione se non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 5 o se i documenti presentati sono stati ottenuti mediante frode, ovvero sono stati falsificati o manomessi.

2.   Gli Stati membri rifiutano la domanda se il datore di lavoro oppure l'entità ospitante sono stati oggetto di sanzioni in virtù della legge nazionale lavoro non dichiarato e/o l'occupazione illegale.

3.   Gli Stati membri possono rifiutare una domanda in base al volume di ingresso di cittadini di paesi terzi.

4.   Qualora il trasferimento riguardi entità ospitanti situate in più Stati membri, lo Stato membro in cui è stata presentata la domanda limita l'ambito geografico di validità del permesso agli Stati membri in cui ricorrono le condizioni di cui all'articolo 5.

Motivazione

Il CdR condivide la necessità di sanzionare i datori di lavoro che violano la legislazione. Le sanzioni dovrebbero essere proporzionate e dissuasive, ma non automatiche. Le sanzioni automatiche pregiudicano non tanto i datori di lavoro quanto i potenziali lavoratori cittadini di paesi terzi.

Trasferimenti intrasocietari - Proposta di emendamento 3

Articolo 14, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 14

Diritti

Qualunque sia la legislazione applicabile al rapporto di lavoro, i lavoratori trasferiti all'interno della società hanno diritto:

1.

alle condizioni di lavoro e di occupazione fissate per i lavoratori distaccati in una situazione simile da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e/o da contratti collettivi di applicazione generale nello Stato membro in cui sono stati ammessi in virtù della presente direttiva.

In mancanza di un sistema di dichiarazione di applicazione generale di contratti collettivi, gli Stati membri possono, se così decidono, avvalersi dei contratti collettivi che sono in genere applicabili a tutte le imprese simili nell'ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate e/o dei contratti collettivi conclusi dalle organizzazioni delle parti sociali più rappresentative sul piano nazionale e che sono applicati in tutto il territorio nazionale;

2.

a un trattamento uguale a quello riservato ai cittadini dello Stato membro ospitante, per quanto concerne:

a)

la libertà di associazione, adesione e partecipazione a organizzazioni rappresentative di lavoratori o di datori di lavoro o a qualunque organizzazione professionale di categoria, compresi i vantaggi che ne derivano, fatte salve le disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza;

b)

il riconoscimento di diplomi, certificati e altre qualifiche professionali secondo le procedure nazionali applicabili;

c)

fatti salvi gli accordi bilaterali esistenti, le disposizioni della legge nazionale relative ai settori di sicurezza sociale elencati all'articolo 3 del regolamento (CE) n. 883/2004. In caso di mobilità tra Stati membri e fatti salvi gli accordi bilaterali esistenti, si applica il regolamento (CE) n. 859/2003 del Consiglio;

d)

fatti salvi il regolamento (CE) n. 859/2003 e gli accordi bilaterali esistenti, il pagamento delle pensioni legali basate sull'impiego precedente del lavoratore che si sposta in un paese terzo;

e)

l'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e l'erogazione degli stessi, a esclusione dell'edilizia sociale e dei servizi d'informazione e consulenza forniti dai centri per l'impiego.

Il diritto alla parità di trattamento di cui al paragrafo 2 fa salvo il diritto dello Stato membro di revocare o rifiutare di rinnovare il permesso a norma dell'articolo 7.

Articolo 14

Diritti

Qualunque sia la legislazione applicabile al rapporto di lavoro, i lavoratori trasferiti all'interno della società hanno diritto:

1.

.

2.

a un trattamento uguale a quello riservato ai cittadini dello Stato membro ospitante, per quanto concerne:

a)

la libertà di associazione, adesione e partecipazione a organizzazioni rappresentative di lavoratori o di datori di lavoro o a qualunque organizzazione professionale di categoria, compresi i vantaggi che ne derivano, fatte salve le disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza;

b)

il riconoscimento di diplomi, certificati e altre qualifiche professionali secondo le procedure nazionali applicabili;

c)

fatti salvi gli accordi bilaterali esistenti, le disposizioni della legge nazionale relative ai settori di sicurezza sociale elencati all'articolo 3 del regolamento (CE) n. 883/2004. In caso di mobilità tra Stati membri e fatti salvi gli accordi bilaterali esistenti, si applica il regolamento (CE) n. 859/2003 del Consiglio;

d)

fatti salvi il regolamento (CE) n. 859/2003 e gli accordi bilaterali esistenti, il pagamento delle pensioni legali basate sull'impiego precedente del lavoratore che si sposta in un paese terzo;

e)

l'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e l'erogazione degli stessi, a esclusione dell'edilizia sociale e dei servizi d'informazione e consulenza forniti dai centri per l'impiego.

Il diritto alla parità di trattamento di cui al paragrafo 2 fa salvo il diritto dello Stato membro di revocare o rifiutare di rinnovare il permesso a norma dell'articolo 7.

Motivazione

Il CdR ritiene necessario garantire parità di trattamento ai lavoratori trasferiti all'interno delle società, e il presente emendamento va in questa direzione. Inoltre, la cosiddetta direttiva «Carta Blu» (6) e la direttiva sui soggiornanti di lungo periodo (7) garantiscono una parità di trattamento equivalente ai lavoratori altamente qualificati.

Trasferimenti intrasocietari - Proposta di emendamento 4

Articolo 16

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 16

Mobilità tra Stati membri

1.   I cittadini di paesi terzi cui è stato rilasciato un permesso di trasferimento intrasocietario in un primo Stato membro, che soddisfano i criteri di ammissione di cui all'articolo 5 e che presentano domanda di permesso di trasferimento intrasocietario in un altro Stato membro, sono autorizzati a lavorare in un’altra entità appartenente allo stesso gruppo d'imprese stabilita in quest'ultimo Stato membro e nei siti dei clienti di tale entità se sussistono le condizioni fissate dall'articolo 13, paragrafo 4, in forza del permesso rilasciato dal primo Stato membro e del documento aggiuntivo di cui all'articolo 11, paragrafo 4, purché:

(a)

la durata del trasferimento nell'altro o negli altri Stato membri non sia superiore a 12 mesi;

(b)

il richiedente abbia presentato all'autorità competente dell'altro Stato membro, prima di trasferirsi in quest’ultimo, i documenti di cui all'articolo 5, paragrafi 1, 2 e 3, relativi al trasferimento in detto Stato membro, e abbia dimostrato al primo Stato membro di avervi provveduto.

2.   Se la durata del trasferimento nell'altro Stato membro è superiore a 12 mesi, l'altro Stato membro può richiedere una nuova domanda di permesso di soggiorno in qualità di lavoratore trasferito all’interno della società in quello Stato membro.

Se la normativa applicabile subordina la mobilità al rilascio di un visto o di un permesso di soggiorno, questo è rilasciato prontamente entro un termine che non ostacoli la prosecuzione dell'incarico pur lasciando alle autorità competenti il tempo sufficiente per trattare la domanda.

Lo Stato membro non obbliga il lavoratore trasferito all’interno della società ad uscire dal territorio per presentare domanda di visto o permesso di soggiorno.

3.   La durata massima del trasferimento nell'Unione europea non è superiore a tre anni per i manager e gli specialisti e a un anno per i laureati in tirocinio.

Articolo 16

Mobilità tra Stati membri

1.   I cittadini di paesi terzi cui è stato rilasciato un permesso di trasferimento intrasocietario in un primo Stato membro, che soddisfano i criteri di ammissione di cui all'articolo 5 e che presentano domanda di permesso di trasferimento intrasocietario in un altro Stato membro, sono autorizzati a lavorare in un’altra entità appartenente allo stesso gruppo d'imprese stabilita in quest'ultimo Stato membro e nei siti dei clienti di tale entità se sussistono le condizioni fissate dall'articolo 13, paragrafo 4, in forza del permesso rilasciato dal primo Stato membro e del documento aggiuntivo di cui all'articolo 11, paragrafo 4, purché:

(a)

la durata del trasferimento nell'altro o negli altri Stato membri non sia superiore a 12 mesi;

(b)

il richiedente abbia presentato all'autorità competente dell'altro Stato membro, prima di trasferirsi in quest’ultimo, i documenti di cui all'articolo 5, paragrafi 1, 2 e 3, relativi al trasferimento in detto Stato membro, e abbia dimostrato al primo Stato membro di avervi provveduto.

   

   Se la durata del trasferimento nell'altro Stato membro è superiore a 12 mesi, l'altro Stato membro può richiedere una nuova domanda di permesso di soggiorno in qualità di lavoratore trasferito all’interno della società in quello Stato membro.

Se la normativa applicabile subordina la mobilità al rilascio di un visto o di un permesso di soggiorno, questo è rilasciato prontamente entro un termine che non ostacoli la prosecuzione dell'incarico pur lasciando alle autorità competenti il tempo sufficiente per trattare la domanda.

Lo Stato membro non obbliga il lavoratore trasferito all’interno della società ad uscire dal territorio per presentare domanda di visto o permesso di soggiorno.

   La durata massima del trasferimento nell'Unione europea non è superiore a tre anni per i manager e gli specialisti e a un anno per i laureati in tirocinio.

Motivazione

Il CdR ritiene che la proposta - nell'attuale versione dell'articolo 16 - non consenta espressamente agli Stati membri successivi al paese di prima ammissione di rifiutare una domanda di ammissione e rileva che ciò darebbe luogo in effetti a un'elusione del diritto di questi ultimi di stabilire i volumi di ammissione dei cittadini di paesi terzi nel proprio territorio. Suggerisce quindi di modificare la proposta di conseguenza.

Bruxelles, 31 marzo 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  Cfr. pareri del CdR 296/2007 e 210/2008.

(2)  Cfr. pareri del CdR 296/2007 e 201/2009.

(3)  Il settore della pastorizia e del latte soffre in molti Stati UE della forte volatilità dei prezzi e richiede urgenti meccanismi di controllo del mercato, di stabilizzazione dei prezzi e di rafforzamento del potere contrattuale degli allevatori e dei pastori, che costituiscono l'anello debole della catena.

(4)  COM(2007) 638 definitivo, Proposta di direttiva del Consiglio relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro.

(5)  Cfr. il parere CdR 296/2007.

(6)  Cfr. articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2009/50/CE del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati, GU L 155 del 18.6.2009 pag. 17.

(7)  Cfr. articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, GU L 16 del 23.1.2004 pag. 44.