ISSN 1725-2466

doi:10.3000/17252466.C_2010.175.ita

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 175

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

53o anno
1 luglio 2010


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

83a sessione plenaria dal 9 al 10 febbraio 2010

2010/C 175/01

Parere del Comitato delle regioni sul tema Risposte concertate e sostenibili per affrontare i problemi del settore automobilistico europeo e rafforzarne il radicamento sul territorio

1

2010/C 175/02

Parere del Comitato delle regioni sulla sesta relazione intermedia sulla coesione economica e sociale

4

2010/C 175/03

Parere del Comitato delle regioni sul tema Contribuire allo sviluppo sostenibile: il ruolo del commercio equo e solidale e dei programmi non governativi in ambito commerciale a garanzia della sostenibilità

10

2010/C 175/04

Parere del Comitato delle regioni sul tema Qualità dei prodotti agricoli

15

2010/C 175/05

Parere del Comitato delle regioni sul tema Aiuti agli agricoltori delle zone caratterizzate da svantaggi naturali

19

2010/C 175/06

Parere del Comitato delle regioni sul tema Una strategia europea rinnovata: investire nella gioventù

22

2010/C 175/07

Parere del Comitato delle regioni sul tema Combattere l’analfabetismo funzionale — Pensare una strategia europea ambiziosa contro l’esclusione e per la realizzazione della persona

26

2010/C 175/08

Parere del Comitato delle regioni sul libro verde Promuovere la mobilità dei giovani per l’apprendimento

31

2010/C 175/09

Parere del Comitato delle regioni sul tema L’Internet degli oggetti e riutilizzo dell’informazione del settore pubblico

35

 

III   Atti preparatori

 

Comitato delle regioni

 

83a sessione plenaria dal 9 al 10 febbraio 2010

2010/C 175/10

Parere del Comitato delle regioni sul tema Anno europeo del volontariato (2011)

40

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato delle regioni

83a sessione plenaria dal 9 al 10 febbraio 2010

1.7.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 175/1


83aSESSIONE PLENARIA DAL 9 AL 10 FEBBRAIO 2010

Parere del Comitato delle regioni sul tema «Risposte concertate e sostenibili per affrontare i problemi del settore automobilistico europeo e rafforzarne il radicamento sul territorio»

(2010/C 175/01)

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.   ricorda che l'industria automobilistica è una filiera strategica per l'Unione europea, in quanto rappresenta, tra occupazione diretta e indotta, circa 12 milioni di posti di lavoro. Attraverso i costruttori e i numerosi produttori di componenti, il settore dell'automobile è presente sull'intero territorio europeo;

2.   constata che l'industria automobilistica sta attraversando una grave crisi, che rischia di acuirsi ulteriormente nei prossimi mesi e che avrà ripercussioni sull'economia europea nel suo insieme;

3.   ritiene che l'attuale congiuntura politica ed economica dovrebbe indurre l'Unione europea a ripensare le modalità del sostegno da fornire ai settori economici fondamentali per l'occupazione e dotati di un potenziale di crescita sostenibile;

4.   invoca un vero e proprio New Deal per l'insieme dell'industria automobilistica europea;

5.   considera essenziale che le industrie committenti e le autorità pubbliche interessate compiano ora uno sforzo di concertazione.

Le sfide principali

6.   è dell'avviso che la fine degli aiuti eccezionali previsti dal piano di rilancio europeo e dai piani nazionali farà emergere i notevoli eccessi di capacità esistenti nell'industria automobilistica europea, la quale dovrà quindi ridurre la propria capacità di produzione. Ne consegue che molti siti di assemblaggio e numerose PMI sono a rischio in tutta Europa;

7.   sottolinea che le imprese e i lavoratori del settore automobilistico hanno esigenze crescenti in termini di formazione, di riconversione interna ed esterna e di innovazione sociale;

8.   mette in rilievo l'evoluzione della domanda dei consumatori, che vogliono veicoli meno inquinanti, più affidabili e a prezzi accessibili;

9.   ricorda che la filiera dell'automobile deve affrontare nuove sfide in campo tecnologico. È importante sviluppare nuove soluzioni a favore della mobilità sostenibile.

Rendere più flessibili gli strumenti europei esistenti

10.   si rammarica del fatto che non tutti gli strumenti europei esistenti siano adatti a dare una risposta rapida alle situazioni che devono affrontare gli attori economici;

11.   deplora in particolare la procedura lunga e tortuosa attualmente in vigore per ottenere i mezzi finanziari del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione;

12.   si rammarica delle difficoltà che incontrano alcuni enti regionali nell'ottenere la modifica dei rispettivi programmi operativi FESR per adeguarli alla situazione di crisi, modifiche peraltro inizialmente incoraggiate dalla stessa Commissione europea;

13.   chiede al Parlamento europeo di pronunciarsi su tali questioni.

Per la creazione di un tavolo di concertazione strategica

14.   sottolinea che il futuro di numerose regioni europee dipende in larga misura dalle decisioni che prenderanno i costruttori automobilistici;

15.   raccomanda di intensificare il dialogo a monte tra la Commissione europea, gli Stati membri, gli enti regionali e locali interessati, i costruttori e i sindacati (1). Un dialogo di questo tipo permetterebbe di anticipare le grandi ristrutturazioni che saranno inevitabili e di adottare le misure necessarie per gestire le relative transizioni;

16.   auspica d'altronde che il gruppo ad alto livello CARS 21 sia mantenuto e possa lavorare fin dai primi mesi del 2010 per trovare risposte concertate e di lungo periodo alle sfide che deve affrontare l'industria automobilistica. È necessario che in questo organo siano rappresentati gli enti regionali e locali interessati e che si possano sentire tutte le voci;

17.   raccomanda di istituire un osservatorio europeo dell'evoluzione della filiera automobilistica per sostenere i lavori del CARS 21, degli operatori del settore e delle autorità pubbliche interessate.

Per un New Deal automobilistico

18.   invita la Commissione europea a elaborare una politica industriale di lungo periodo per il settore dell'automobile, che si articoli con le iniziative esistenti, integri la dimensione regionale e contribuisca al raggiungimento degli obiettivi europei di competitività, coesione territoriale, sviluppo sostenibile e lotta ai cambiamenti climatici;

19.   chiede alla Commissione di prestare particolare attenzione al mantenimento delle capacità industriali generate grazie ai fondi strutturali europei;

20.   esorta la Commissione europea ad avvalersi, nella sua riflessione sulla suddetta politica, dell'appoggio degli attori rappresentati in seno al gruppo ad alto livello CARS 21;

21.   chiede che questa politica industriale sia integrata e preveda, in particolare, le seguenti misure:

L'accesso ai finanziamenti per i produttori di componenti

22.   invita la Commissione europea a estendere le possibilità degli enti regionali e locali di sostenere le imprese in difficoltà nel quadro del mercato unico;

23.   sottolinea le grandi difficoltà di accesso al credito incontrate dai produttori di componenti di piccole e medie dimensioni, nonostante la loro solidità economica a lungo termine;

24.   raccomanda alla Commissione europea e agli Stati membri di agevolare l'introduzione di un sistema di finanziamento per queste imprese (2).

Una politica di ricerca e innovazione ambiziosa

25.   esorta la Commissione europea, di concerto con gli attori interessati e sulla base di analisi scientifiche rigorose, a individuare una gamma ridotta di opzioni tecnologiche da sostenere in via prioritaria, al fine di favorire lo sviluppo dell'automobile «senza carbonio»;

26.   raccomanda di assegnare finanziamenti supplementari all'iniziativa Auto verdi e alla tematica «Trasporti» del Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo;

27.   sottolinea la necessità di azioni forti a favore dell'informazione, della sensibilizzazione e della promozione di tecnologie che incoraggino la mobilità ecologica;

28.   raccomanda di realizzare rapidamente le infrastrutture e le norme necessarie allo sviluppo e alla commercializzazione di nuove tecnologie (p. es. i veicoli elettrici) (3);

29.   chiede alla Commissione europea di lanciare un'iniziativa esplorativa sulle possibilità di sostenere l'innovazione nel settore automobilistico attraverso le gare d'appalto pubbliche prima della commercializzazione.

Un'offerta di formazione adeguata

30.   sottolinea che la concezione, la produzione e la manutenzione dei veicoli si basano su tecnologie sempre più avanzate e generano quindi nuove esigenze in materia di formazione;

31.   raccomanda alla Commissione europea e agli Stati membri di agevolare fin d'ora lo sviluppo e l'accesso ai corsi di formazione iniziale e permanente a queste nuove tecnologie;

32.   raccomanda alla Commissione europea e agli Stati membri di agevolare le azioni di riconversione esterna, ossia verso altri settori.

Una regolamentazione che favorisca la transizione tecnologica

33.   sottolinea la capacità della regolamentazione europea di accelerare la transizione tecnologica verso veicoli più ecologici;

34.   invita la Commissione europea a continuare ad adoperarsi a favore della riduzione dell'impatto ambientale dei veicoli, tenendo conto al contempo della capacità di adattamento delle imprese;

35.   raccomanda di accompagnare qualsiasi nuovo intervento normativo con misure per il finanziamento della R&S che permettano alle imprese, e in particolare alle PMI, di affrontare la sfida tecnologica posta dagli interventi stessi.

Bruxelles, 10 febbraio 2010

La Presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  La riunione informale del 13 marzo 2009, alla quale la Commissione europea ha convocato i ministri degli Stati interessati e i rappresentanti della General Motors, andrebbe replicata in modo sistematico con gli altri costruttori presenti sul territorio europeo.

(2)  Per esempio sul modello del «factoring indiretto» (reverse factoring), adottato negli Stati Uniti e auspicato dall'Associazione europea dei fornitori di componenti automobilistiche (CLEPA).

(3)  Il gruppo di lavoro franco-tedesco sulla politica industriale è un ottimo esempio di iniziativa volta ad accelerare lo sviluppo delle norme e degli standard necessari. La sua missione infatti consiste nello studio delle possibilità di cooperazione e di creazione di nuove iniziative franco-tedesche nel campo della elettromobilità.


1.7.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 175/4


Parere del Comitato delle regioni sulla sesta relazione intermedia sulla coesione economica e sociale

(2010/C 175/02)

I.   RACCOMANDAZIONI STRATEGICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Introduzione

1.   accoglie con favore la Sesta relazione intermedia sulla coesione economica e sociale, che si incentra sulla creatività e sull'innovazione come elementi in grado di aiutare l'Unione europea a uscire più rapidamente, e anche rafforzata, dalla crisi economica, individuando inoltre i fattori in grado di stimolare la creatività e l'innovazione in tutte le regioni dell'UE. Il CdR apprezza inoltre il fatto che la relazione presenti la sintesi del dibattito sulla coesione territoriale avviato l'anno scorso dal Libro verde;

2.   constata che il mondo attraversa una grave crisi finanziaria ed economica. I poteri pubblici e gli istituti finanziari lottano per far fronte ai problemi. Le imprese, piccole e grandi, incontrano difficoltà finanziarie. Donne e uomini in tutto il continente rischiano di perdere la casa e il posto di lavoro e altri vedono svanire le prospettive di trovare un impiego. Le prospettive economiche e sociali a breve e medio termine non sono positive: disoccupazione, chiusure d'imprese, diminuzione delle entrate di bilancio a livello sia statale sia locale e meno margine di manovra per le finanze pubbliche;

3.   riconosce che i cambiamenti climatici presentano una minaccia reale per le vite di numerose persone e specie in tutto il mondo, e s'impongono fin d'ora azioni a tutti i livelli per ridurre al minimo l'aumento delle temperature. Allo stesso tempo, il cambiamento climatico offre anche una grande opportunità di cambiare le cose nell'interesse dell'ambiente, della società e dell'economia;

4.   si rende conto che l'attuale congiuntura è ben diversa da quella in cui erano stati definiti i parametri per il programma 2007-2013, ma constata che, prima dell'avvio di nuovi programmi nel 2014, rimane ancora oltre la metà della seconda parte del periodo di programmazione. Pur riconoscendo che la funzione della politica di coesione è quella di stabilire e attuare obiettivi strategici di lungo periodo, il CdR ritiene anche che potrebbero risultare sin d'ora utili lievi ritocchi per attenuare l'impatto dell'attuale crisi economica e finanziaria negli Stati membri dell'Unione europea e a livello degli enti locali e regionali e per facilitare la ripresa. Il CdR ritiene che ciò possa essere realizzato nel contesto degli attuali obiettivi strategici della politica di coesione;

5.   è consapevole che non si procederà a un riesame completo del periodo di programmazione in corso e che quindi è importante cogliere l'opportunità offerta dalla Sesta relazione intermedia sulla coesione economica e sociale per far tesoro delle migliori pratiche sinora sperimentate. Essa consente di esaminare in quale modo i fondi strutturali europei funzionano a livello locale e regionale e come essi possano essere utilizzati al meglio. Viste le crescenti preoccupazioni riguardanti il futuro stesso della politica di coesione dell'UE, tale contributo deve essere utilizzato per lanciare un messaggio forte attraverso la Quinta relazione sulla coesione, prevista per l'autunno 2010, per la discussione in merito al futuro periodo di programmazione, successivo al 2013; tale relazione, conformemente all'articolo 175 del nuovo Trattato sul funzionamento dell'UE, sarà dedicata d'ora in poi alla coesione economica, sociale e territoriale;

6.   riconosce che la politica di coesione territoriale, che il nuovo Trattato include tra i nuovi obiettivi dell'UE, deve riallacciarsi anche all'agenda di Lisbona. Il riesame di quest'ultima nel 2010 offre all'UE un'ulteriore opportunità di accertare quali successi siano stati realizzati e dove occorra maggiore flessibilità affinché gli Stati membri, e in particolare gli enti regionali e locali, possano realizzare al meglio dei programmi con un impatto diretto reale sul benessere e sulle opportunità dei cittadini. Permetterà anche di tener meglio conto delle questioni relative ai cambiamenti climatici nei futuri orientamenti dell'UE, tramite in particolare una revisione del sistema di attribuzione dei fondi strutturali secondo una destinazione specifica (cosiddetto earmarking) in linea con gli obiettivi della nuova strategia di Lisbona;

7.   si rammarica che nella Sesta relazione intermedia sulla coesione economica e sociale manchi un'analisi delle attuali condizioni economiche e ambientali. Essa omette di inquadrare l'attuale situazione nel contesto della peggior crisi economica dalla Grande depressione e non indica decisioni importanti per attenuare gli effetti dei cambiamenti climatici. Il punto essenziale è che essa non ne esamina l'impatto sulle nostre regioni e città e sui loro abitanti;

8.   sostiene la necessità di realizzare analisi migliori dell'impatto territoriale delle politiche d'innovazione dell'UE, allo scopo di individuare e promuovere le misure più idonee a livello europeo per sostenere gli investimenti nell'innovazione a livello locale e regionale. La competitività delle regioni quale fattore di crescita sostenibile può essere conseguita soltanto attraverso investimenti pubblici intelligenti nell'innovazione nel settore manifatturiero e, soprattutto, nel settore dei servizi;

9.   ha elaborato il presente parere per cercare di affrontare i problemi nella prospettiva non delle soluzioni internazionali, bensì nell'ottica delle regioni, delle città, e dei loro abitanti.

L'attuale situazione delle economie locali e regionali

10.   è consapevole del fatto che le imprese locali, il cui sviluppo è organicamente radicato nelle rispettive città o regioni, contribuiscono alla forza e alla stabilità economica di un territorio. Tali imprese (siano esse PMI, imprese sociali o iniziative che trovano origine nella comunità locale) possono catalizzare la rigenerazione di una località. Tuttavia, perché queste imprese possano crescere e prosperare sono necessari interventi sulle condizioni economiche, ambientali e sociali volti a migliorare le competenze, ad attuare programmi di sostegno diversi, ad attenuare le cause del degrado e ad investire nelle infrastrutture pubbliche;

11.   riconosce altresì l'importanza che un afflusso di investimenti presenta per una comunità. Le regioni e le comunità locali operano per attirare investimenti delle imprese e lavoratori qualificati, oltre ad avere un ruolo nel trattenere quelli che già vi vivono, o vi hanno studiato. Ciò implica individuare i problemi economici e sociali della regione e determinarne le possibili soluzioni, per poter poi beneficiare dei punti di forza specifici che ciascuna regione può offrire e quindi sfruttare appieno i vantaggi comparati che essa presenta in termini di offerte di lavoro, alloggi, istruzione/formazione e qualità della vita;

12.   l'analisi realizzata dalla Commissione europea nella Sesta relazione sulla situazione delle diverse categorie di regioni (convergenza, transizione e competitività e occupazione) rispecchia la diversa situazione socioeconomica delle tre tipologie di regioni, in particolare per quel che concerne le loro capacità in termini di creatività, innovazione e imprenditorialità. Sia l'attuale crisi economica che le diverse variabili che incidono sul potenziale di sviluppo regionale (densità demografica, accessibilità, capacità d'innovazione, ecc.) sono fattori che evidenziano l'esistenza di dati importanti di cui si deve tenere conto nel valutare le economie locali e regionali e nel progettare una politica di coesione efficace. Ciò rende necessaria l'introduzione di altri indicatori oltre al PIL pro capite per la classificazione delle regioni in relazione al nuovo periodo di programmazione post-2013.

La coesione territoriale

13.   accoglie con favore la parte della Sesta relazione intermedia sulla coesione economica e sociale che sintetizza le reazioni al Libro verde sulla coesione territoriale e alla quale gli enti locali e regionali hanno dato un contributo importante. Secondo la Sesta relazione intermedia, la finalità della coesione territoriale è quella di incentivare uno sviluppo armonioso e sostenibile di tutti i territori, mettendoli nelle condizioni di sfruttare le loro caratteristiche e le loro risorse territoriali; ciò richiede anche una pianificazione territoriale che preveda i collegamenti di trasporto e di comunicazione necessari per un efficiente flusso di merci, servizi e capitali. Il CdR evidenzia inoltre che nessuna regione è uguale all'altra e ciascuna ha delle modalità specifiche di sfruttamento di tutto il suo potenziale;

14.   in considerazione, tuttavia, dell'ampio sostegno a questo nuovo obiettivo territoriale e dell'attuale contesto economico, il CdR deplora la mancanza di proposte concrete riguardo al futuro sviluppo ed alla futura applicazione della coesione territoriale nel periodo di programmazione in corso e in quello futuro;

15.   rileva che la coesione territoriale assume maggiore importanza con l'applicazione del Trattato di Lisbona, perché è diventata un obiettivo politico dell'UE e costituisce la terza dimensione della politica di coesione. Il CdR ribadisce pertanto la richiesta, contenuta nel parere in merito al Libro verde sulla coesione territoriale, che dopo la ratifica del trattato di Lisbona venga pubblicato un Libro bianco sulla coesione territoriale per precisare meglio in quale modo questo obiettivo sarà integrato e reso realizzabile in tutte le politiche dell'UE;

16.   afferma che, in termini di cooperazione territoriale, alla base dei programmi vi deve essere l'idea di affrontare problemi comuni e di creare valore aggiunto da parte dell'UE, fondandosi sull'esperienza e sui risultati acquisiti con i programmi in corso. Il valore aggiunto verrà realizzato attraverso la collaborazione con gli enti locali e regionali, tramite aree funzionali più ampie, condividendo territori o aree marine o problematiche specifiche tra due o più Stati membri. Nell'attuale periodo di programmazione si potrebbero mettere a punto e sostenere una serie di progetti pilota che riuniscano aree economiche funzionali di uno o più Stati membri al fine di contribuire all'adozione di un approccio prospettico più strategico. Il CdR auspica vivamente di poter contribuire nel 2010 al processo di revisione del regolamento GECT (Gruppo europeo di cooperazione territoriale) facendo un bilancio delle esperienze acquisite dagli enti locali e regionali.

Integrare l'innovazione e la creatività nella politica di coesione

17.   ritiene che qualsiasi riesame della politica di coesione debba servire a trarre insegnamenti dalle iniziative riuscite anziché perpetuare gli insuccessi. Ne consegue che la stessa politica di coesione deve essere creativa e innovativa e sfruttare le competenze e l'esperienza acquisite dagli enti locali, dalle città e dalle regioni e tenerne conto nelle nostre politiche attuali e future;

18.   è consapevole del fatto che l'innovazione e la creatività non sono appannaggio esclusivo delle grandi imprese o degli istituti d'insegnamento superiore. Anche gli enti locali e regionali hanno bisogno di creare e innovare e promuovere concretamente la creatività e l'innovazione. I fondi strutturali sono uno strumento utile a questo fine. Tuttavia, occorre maggiore flessibilità per consentire di assegnare e utilizzare rapidamente questi fondi e per puntare non solo su una forte crescita, o più alti livelli di qualificazione, ma anche sulla promozione dell'imprenditorialità in tutta una serie di ambiti. Ciò permetterà agli abitanti delle comunità locali interessati a creare nuove imprese di ottenere la consulenza e le indicazioni necessarie a intraprendere questo passo;

19.   pur riconoscendo i progressi compiuti dall'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT), ritiene che esso costituisca uno strumento utile soprattutto per le grandi imprese e gli istituti di ricerca. Dato che l'innovazione e la creatività vanno incoraggiate in tutti gli Stati membri dell'Unione europea da tutti i livelli di governo e dai cittadini dell'UE, il Comitato raccomanda alla Commissione europea di valutare la possibilità di creare una rete virtuale della creatività e si offre di partecipare alla configurazione del suo contenuto. Detta rete - come numerose reti dell'UE per l'apprendimento aperto - sarebbe aperta a tutti e fornirebbe consulenza, assistenza e accessibilità sia a capitali di rischio sia a servizi tecnici. Tutti gli enti regionali e locali interessati, gli organismi pubblici a livello centrale, il settore privato e tutti gli uomini e le donne, con idee, esperienza e immaginazione avranno l'opportunità e la capacità di far confluire le loro idee in una rete più ampia;

20.   riconosce che gli innovatori e gli inventori devono poter trarre ispirazione e incoraggiamento da questo tipo di persone e di gruppi. Una rete virtuale della creatività contribuirebbe a sviluppare questo aspetto, producendo «campioni dell'innovazione» e offrendo assistenza e consulenza specifica. Il carattere «virtuale» della rete ha il vantaggio di consentire agli abitanti di zone insulari, delle regioni ultraperiferiche, rurali, di montagna e delle aree scarsamente popolate, che possono essere distanti dai centri universitari, di beneficiare dell'accesso a consulenza fornita da esperti, istruzione e conoscenze, come pure all'assistenza alle iniziative imprenditoriali e alla consulenza finanziaria, di svilupparsi in tal modo in una comunità, se non reale, almeno virtuale;

21.   ritiene che la creatività e l'innovazione siano necessarie anche nel programma in corso per poter affrontare al meglio le sfide della sostenibilità e dei cambiamenti climatici. Gli interventi per promuovere l'efficienza energetica ai livelli locale e regionale possono consentire di ridurre le emissioni, ma anche di creare nuovi posti di lavoro e imprese «verdi», fornendo occupazione sicura e a lungo termine e favorendo quelle competenze che la politica di coesione dell'UE dovrebbe sostenere. Nei loro programmi alcune regioni si sono prefisse obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio, e le buone pratiche corrispondenti possono essere applicate in maniera generalizzata per il restante periodo di programmazione;

22.   ritiene che sia necessario un partenariato fra uguali, rappresentanti del settore pubblico o di quello privato; è richiesto un approccio che incoraggi l'innovazione e la partecipazione a livello regionale e locale in maniera inclusiva e non esclusiva. A questo proposito il partenariato, sia esso fra soggetti pubblici e privati o fra soggetti pubblici, allo stesso livello di governance o anche tra livelli di governance diversi, assume un'importanza veramente cruciale. Gli enti locali e regionali e i loro partner possono offrire soluzioni al deficit d'innovazione, purché siano adeguatamente sostenuti a questo fine;

23.   dichiara che è il momento di dimostrarsi innovativi e creativi e di offrire agli enti locali e regionali l'opportunità di far conoscere le loro competenze e conoscenze. Ad esempio, per loro stessa natura la cultura e il turismo trovano alimento a livello locale e regionale e sono potenziali fonti di occupazione e investimenti. Numerose città europee, sia perché già tradizionali centri di cultura, sia perché designate Capitali europee della cultura, hanno dimostrato l'efficacia di questi settori per lo sviluppo di un'immagine attraente e peculiare e di un nuovo potenziale di occupazione, capace anche di attirare nuovi investimenti.

Semplificare la gestione per migliorare l'efficacia e il controllo

24.   si compiace delle misure di semplificazione decise sinora ed esorta a proseguire il dialogo con le parti interessate per vedere in quali casi altri adeguamenti possano essere apportati per il periodo di programmazione in corso. È convinto che una gestione e un controllo eccessivi in campo finanziario intralcino e indeboliscano la politica di coesione e siano controproducenti, avendo un effetto dissuasivo per i finanziatori dei progetti a causa dell'onerosità degli adempimenti e dei controlli finanziari. Pur riconoscendo l'importanza di un controllo finanziario rigoroso della spesa pubblica, il CdR ritiene che ciò non dovrebbe imporre agli enti regionali e locali di assumere un atteggiamento avverso ai rischi, evitando i programmi innovativi e creativi per timore d'insuccessi o di non riuscire a recuperare i fondi investiti. La gestione deve inoltre essere semplificata evitando nuove interpretazioni e assicurando, mediante disposizioni chiare e precise, un quadro giuridico stabile e ben definito per ciascun periodo di programmazione;

25.   ritiene che i fondi non spesi a causa della disposizione n+2 non vadano restituiti alla Commissione per essere resi agli Stati membri, bensì potrebbero essere utilizzati per un fondo di capitali di rischio e di capitali di avviamento su base regionale o per il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione della Commissione. Si propone anche un fondo europeo di adeguamento ai cambiamenti climatici per contribuire a finanziare progetti locali volti a consentire ai diversi settori di attività di adeguarsi agli attuali e ai futuri vincoli ambientali. Tali adeguamenti potrebbero prendere la forma di progetti di riqualificazione o di transizione professionale dei lavoratori interessati verso occupazioni ecocompatibili o di progetti imprenditoriali di ristrutturazione di imprese non sostenibili in termini ambientali. Le risorse destinate al fondo di capitali di rischio tramite la BEI potrebbero offrire alle PMI e alle iniziative originate da imprese sociali e comunità l'accesso a quei finanziamenti sia per il breve termine sia per la crescita che è più difficile ottenere nell'attuale congiuntura economica. In qualsiasi caso, è consigliabile rendere più flessibile la disposizione n+2 considerando gli obiettivi perseguiti dalla politica di coesione e gli effetti dei cambiamenti economici ciclici sulle finanze pubbliche e sugli investimenti privati;

26.   afferma inoltre che un'ulteriore semplificazione sarebbe possibile se la Commissione analizzasse le procedure di audit degli Stati membri e studiasse la possibilità di «contratti di fiducia» per evitare doppioni in tali procedure. In tale contesto non si tratterebbe di rafforzare i controlli, bensì in primo luogo di evitare gli errori, di fare opera di prevenzione e di valutare i risultati. Per ridurre gli oneri, ai piccoli progetti andrebbe applicato il principio di proporzionalità delle regolamentazioni.

Una conoscenza migliore e più approfondita; uno sguardo al futuro…

27.   prende atto del fatto che a partire dall'inizio del 2011 la Commissione intende realizzare dei progetti pilota per l'introduzione di indicatori supplementari che vadano al di là del PIL. In diversi pareri il CdR ha sostenuto la necessità dello sviluppo di nuovi indicatori tali da consentire una migliore considerazione delle disparità territoriali nelle politiche pubbliche in generale e nella politica di coesione in particolare;

28.   incoraggia gli scambi di esperienze tra le regioni dell'UE e lo sviluppo dei cluster per l'innovazione e l'eco-innovazione che possono contribuire in modo rilevante a ridurre il fenomeno dell'eccessiva concentrazione di queste attività solo in alcune regioni e ad attenuare i divari interregionali;

29.   riconosce che vi è una scarsissima condivisione di informazioni e un'insufficiente sfruttamento delle realizzazioni positive. È per questo motivo che il CdR ha lanciato con successo l'iniziativa Regione imprenditoriale europea (EER), intesa a favorire la condivisione delle buone pratiche e a premiare la strategia migliore per favorire lo sviluppo economico di una regione imprenditoriale nell'UE. Il Comitato accoglie con favore anche iniziative come InfoRegio e i premi annuali per l'innovazione (RegioStars); ritiene tuttavia che una base dati di più facile uso, preferibilmente riguardante altri ambiti oltre ai fondi per la politica regionale, consentirebbe di trarre degli insegnamenti dalle precedenti iniziative. Una base interattiva, ispirata a taluni siti Internet o a altre piattaforme sociali in rete, risulterebbe utile per tutti;

30.   prende atto che l'attuale assenza di dati, visto che quelli disponibili riguardanti la situazione finanziaria e i suoi effetti sugli enti regionali e locali risalgono a due o più anni fa, influirà negativamente sulla realizzazione dei programmi, sulla flessibilità della risposta e limiterà le necessarie modifiche alle sole regolamentazioni interne;

31.   ritiene che utilizzare solo il PIL per l'assegnazione dei fondi strutturali impedisce di tener conto dell'effettiva situazione economica nelle regioni e ignori l'aumento delle sacche di povertà in Stati membri con un PIL elevato;

32.   giudica opportuno studiare altri modi per semplificare ulteriormente il ricorso combinato al FESR, al FSE e ai programmi per lo sviluppo rurale e ritiene che il punto di partenza della riflessione potrebbe essere l'approccio dello «sportello unico». In questo modo le regioni potrebbero beneficiare maggiormente delle opportunità di finanziamento e programmare servizi mirati a determinate esigenze, combinare cioè il FESR e il FSE per migliorare i livelli di qualificazione e offrire un'occupazione a potenziali lavoratori;

33.   è convinto che la futura politica di coesione debba seguire un approccio più flessibile consentendo alle città e alle regioni di sviluppare programmi in funzione dei rispettivi contesti territoriali e comunità locali anziché cercare di adeguare le esigenze a quadri di riferimento imposti «dall'alto verso il basso». In pratica i programmi dovrebbero essere sviluppati a partire da strategie regionali frutto di ampie consultazioni con tutte le parti interessate;

34.   ritiene che lo sviluppo di macrostrategie, tra cui ad esempio la strategia dell'Unione europea per la regione del Mar Baltico, debba contribuire a rafforzare in maniera più generale il ruolo degli enti locali e regionali nell'attuazione delle politiche dell'UE; propone inoltre di proseguire lo sviluppo di nuove strategie in altre zone geografiche con un adeguato sostegno da parte degli Stati interessati e delle istituzioni europee;

35.   propone che le campagne dirette a promuovere l'efficienza energetica degli edifici e dei trasporti diventino una componente essenziale dei finanziamenti per la coesione, in quanto pilastro necessario dello sviluppo che può beneficiare dei finanziamenti UE.

Raccomandazioni

36.   il Comitato ritiene che potrebbe essere utile un Libro bianco sulla coesione territoriale e chiede alla Commissione europea come intenda utilizzare le 400 risposte al Libro verde sulla coesione territoriale per promuovere l'idea e l'attuazione della coesione territoriale nelle future politiche dell'UE;

37.   ribadisce l'esigenza di portare avanti la politica di coesione anche oltre il 2013, in quanto si tratta di uno strumento per lo sviluppo dell'Unione europea che risulta adesso ancora più vitale, non da ultimo in seguito della grave crisi economica che ha colpito l'Europa. A questo fine chiede che la Quinta relazione sulla coesione riaffermi il sostegno ad una politica di coesione ambiziosa, caratterizzata da un deciso approccio territoriale che ai sensi dell'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, sia diretta alla promozione della coesione economica, sociale e territoriale e sia disponibile non solo per le regioni in ritardo di sviluppo, ma per tutti i territori UE per eliminare i loro svantaggi socioeconomici e per sfruttarne i punti di forza territoriali;

38.   invita la Commissione europea a creare una base dati di facile utilizzo dedicata alle migliori pratiche seguite nei diversi ambiti d'intervento pubblici (ad esempio: sostegno alle innovazioni e all'inclusione e provvedimenti a favore del clima). Questo è un aspetto cruciale dell'assistenza tecnica per tutti i programmi finanziati nell'UE utile a consentire veri scambi e a sfruttare le buone pratiche;

39.   sottolinea che alcune regioni stanno promuovendo iniziative innovative e eco-compatibili che contribuiscono attivamente a favorire l'imprenditorialità, ma tiene a ribadire che i programmi devono essere sostenibili da un punto di vista sociale ed ambientale. Inoltre è necessario offrire agli enti locali e regionali la possibilità di prendere conoscenza delle buone pratiche adottate in altri Stati membri (1);

40.   riconosce che si dovrebbe considerare l'impiego di indicatori alternativi, diversi dal PIL ma osserva che ad oggi non vi è accordo su questo punto a livello dell'UE e che essi non sono disponibili a livello NUTS II. Pertanto il CdR appoggia la proposta, formulata dalla Commissione europea nella sua comunicazione Non solo PIL: misurare il progresso in un mondo in cambiamento, di presentare entro il 2012 una relazione sull'ulteriore sviluppo di modelli di indicatori europei;

41.   esorta la Commissione europea a proseguire gli studi sulle modalità per semplificare e facilitare l'applicazione. Questo può avvenire intervenendo sul funzionamento interno, senza dover sempre modificare le regolamentazioni. Semplici misure per fornire un'interpretazione chiara e orientamenti univoci a tutti i responsabili della gestione contribuirebbero a ovviare inutili difficoltà e ritardi nell'attuazione dei programmi. Potrebbe essere utile anche pubblicare le note di orientamento per l'attuazione concordate nei comitati di coordinamento tra la Commissione e gli Stati membri; in qualsiasi caso sarebbe molto utile far sì che i testi regolamentari mantengano, nei diversi periodi, la stessa terminologia e gli stessi contenuti per le questioni di gestione che siano per natura e logica considerate invariabili;

42.   raccomanda che qualsiasi stanziamento inutilizzato n+2 e n+3 di una regione venga impiegato per fondi di capitale di rischio e di avviamento su base regionale, destinati espressamente a creare progetti di sostegno alle PMI volti a favorire l'innovazione e lo sviluppo, oppure per il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione della Commissione o per un futuro Fondo europeo di adeguamento ai cambiamenti climatici;

43.   raccomanda che tutti i programmi abbiano accesso alle buone pratiche attuali per la riduzione dell'impronta di carbonio connessa all'attuazione dei programmi del FESR, del FSE e per lo sviluppo rurale, in modo che altri possano integrare tali pratiche anche nei loro programmi volti ad affrontare i problemi comuni posti dai cambiamenti climatici. La futura programmazione dovrà considerare la corrispondenza dei fondi strutturali in relazione non solo agli attuali obiettivi della strategia di Lisbona, ma anche in relazione allo sviluppo di un'economia a basse emissioni di carbonio in tutta Europa, con programmi di buone pratiche a zero emissioni di carbonio;

44.   propone alla Commissione europea di esaminare la possibilità di creare una rete virtuale della creatività e si offre di contribuire alla configurazione del suo contenuto;

45.   raccomanda di rivedere la politica di coesione in modo che il principio di sussidiarietà si applichi al livello non solo degli Stati membri, ma anche a livello locale e regionale;

46.   invita la Commissione ad applicare il principio di proporzionalità anche alle procedure amministrative nel prossimo periodo di programmazione, in modo che la documentazione richiesta sia commensurata ai fondi concessi con l'obiettivo di ridurre gli oneri burocratici.

Bruxelles, 10 febbraio 2010

La Presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  Il CdR segue con particolare interesse i seguenti progetti: www.train2000.org.uk/wiced - un esempio di imprenditorialità e innovazione tra i più all'avanguardia del mondo. WICED è l'acronimo di Women's International Centre for Economic Development (Centro internazionale femminile per lo sviluppo economico): il progetto fornisce sostegno e promuove l'imprenditoria femminile a Liverpool. www.deaca.dk/ - un esempio danese in materia di imprenditoria e ambiente. Nel 2007, i centri regionali per lo sviluppo imprenditoriale hanno investito circa 42 milioni di euro per sostenere 28 progetti. Tali progetti spaziano dal contributo allo sviluppo di energie sostenibili, biocarburanti e biomasse, al sostegno di iniziative di risparmio energetico partecipative (hands-on). Un esempio di progetto di risparmio energetico è la gestione intelligente dell'energia nelle growth houses (incubatori di imprese) nella regione di Syddanmark, che ha consentito di ridurre del 50 % il consumo di energia nelle unità pilota. http://dev.nwdacarboncalculator.com - sostenibilità ambientale. Il sistema di «calcolo del carbonio» consente ai coordinatori del programma nella regione del Nord-Ovest dell'Inghilterra di verificare l'impatto ambientale delle loro iniziative, in particolare in termini di emissioni di CO2. www.goeast.gov.uk/goeast/european_funding/project_case_studies/ - sostenibilità ambientale. La regione dell'Est dell'Inghilterra promuove l'individuazione e la diffusione di forme innovative di elaborazione e esecuzione dei progetti. http://www.emlyon.com/english/emlyon/who/index.aspx - Imprenditorialità. EMLYON (Francia) è una Business School europea specializzata in gestione d'impresa e management internazionale che si occupa di apprendimento lungo tutto l'arco della vita.


1.7.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 175/10


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Contribuire allo sviluppo sostenibile: il ruolo del commercio equo e solidale e dei programmi non governativi in ambito commerciale a garanzia della sostenibilità»

(2010/C 175/03)

I.   OSSERVAZIONI GENERALI

IL COMITATO DELLE REGIONI,

1.   accoglie con particolare favore la comunicazione della Commissione europea del 5 maggio 2009Contribuire allo sviluppo sostenibile: il ruolo del commercio equo e solidale e dei programmi non governativi in ambito commerciale a garanzia della sostenibilità, nella quale la Commissione illustra la situazione attuale del commercio equo e solidale e di altri programmi non governativi (vale a dire privati) in ambito commerciale a garanzia della sostenibilità;

2.   osserva che negli ultimi anni il mercato dei prodotti equosolidali ha conosciuto una rapida crescita. Oggi i consumatori dell'UE acquistano prodotti equosolidali certificati per circa 1,5 miliardi di euro all'anno, vale a dire per un importo 70 volte superiore a quello registrato nel 1999, anno in cui la Commissione ha presentato la sua prima comunicazione su questo tema;

3.   considera indispensabile che si giunga a una definizione chiara del commercio equo e solidale per evitare che i consumatori ben disposti all'acquisto di questi prodotti si trovino a dover scegliere tra una molteplicità di marchi e di certificazioni che vantano tutti di rappresentare prodotti ottenuti unicamente in condizioni alternative eque ed eticamente corrette. La comunicazione della Commissione del 5 maggio 2009 elenca i criteri definiti dal Fair Trade movement (movimento equosolidale) e ripresi dalla risoluzione del Parlamento europeo sul commercio equo e solidale e lo sviluppo del 6 giugno 2006. Il termine «commercio equo» è utilizzato conformemente agli standard che sono stati fissati dagli organismi internazionali di normazione e di valutazione della conformità aderenti alla International Social and Environmental Accreditation and Labelling Alliance (ISEAL - Alleanza internazionale per l'accreditamento e l'etichettatura sociale e ambientale), e che sono applicati dalle organizzazioni del commercio equo e solidale;

4.   prende atto con interesse del fatto che il grado di notorietà del marchio del commercio equo e solidale tra i consumatori del Regno Unito, nel 2008, superava il 70 % (mentre nel 2000 era appena del 12 %) e che tale indice in Francia raggiungeva nel 2005 il 74 % (contro il 9 % del 2000). In Germania, secondo uno studio condotto nel 2009 su 407 marchi commerciali e organizzazioni non profit, il marchio del commercio equo e solidale «Fair Trade» si colloca al primo posto nella classifica di sostenibilità;

5.   si compiace che alla fine del 2007 le vendite in tutto il mondo di prodotti equosolidali certificati superassero i 2,3 miliardi di euro (una cifra tuttavia nettamente inferiore rispetto a quella delle vendite di cibi biologici e pari a meno dell'1 % del commercio totale). L'Europa costituisce il mercato principale per i prodotti del commercio equo e solidale. È qui che si concentra il 60-70 % delle vendite globali, anche se sono riscontrabili ampie variazioni fra ad esempio la Svezia, in cui questo mercato registra la più rapida crescita, e i nuovi Stati membri dove il concetto è ancora relativamente poco noto.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Caratteristiche del commercio equo e solidale

6.   mette in risalto che una delle caratteristiche peculiari del commercio equo e solidale e degli altri programmi a garanzia della sostenibilità è data dal fatto che si tratta di un meccanismo essenzialmente volontario e dinamico, che si sviluppa parallelamente alla consapevolezza e alle esigenze della società e dei consumatori;

7.   sottolinea il punto di vista della Commissione secondo cui la fissazione di criteri di classificazione o di regolamentazione in materia di programmi privati in campo commerciale a garanzia della sostenibilità non servirebbe agli obiettivi di sviluppo sostenibile. Disciplinare tali criteri limiterebbe anzi il dinamismo delle iniziative private nel settore e rischierebbe di ostacolare l'ulteriore sviluppo del commercio equo e solidale;

8.   chiede che i marchi del commercio equo e solidale garantiscano, in condizioni di assoluta trasparenza per il pubblico, che ogni singola fase della filiera di produzione risponda a criteri di tracciabilità;

9.   osserva che lo sviluppo sostenibile può essere favorito da programmi che coniugano elementi ambientali, sociali ed economici. Per un buon funzionamento del mercato è importante che i consumatori e i produttori possano accedere a informazioni attendibili su questi programmi. A tale riguardo è utile disporre di marchi e certificazioni indipendenti dei quali i consumatori possano fidarsi e che siano sottoposti al controllo da parte di organismi autonomi.

Appalti pubblici

10.   si compiace in modo particolare per le direttive europee sugli appalti adottate nel 2004. Esse costituiscono la base di numerose leggi in materia di appalti pubblici emanate negli Stati membri e consentono di prendere in considerazione i criteri sociali e ambientali nell'aggiudicazione degli appalti;

11.   osserva che la spesa degli enti pubblici è pari al 16 % del PIL dell'Unione europea, il che li rende un mercato strategicamente importante. Tenere in considerazione lo sviluppo sostenibile e il commercio equo e solidale nell'aggiudicazione di appalti pubblici consente agli enti regionali e locali di contribuire in maniera determinante non solo a migliorare la redditività e l'efficienza a medio e lungo termine dei propri servizi, ma anche a promuovere la giustizia sociale e lo sviluppo sostenibile;

12.   sottolinea che i prodotti equosolidali offrono ai consumatori e anche al settore degli appalti pubblici adeguate possibilità di contribuire, con il proprio potere d'acquisto, a migliorare la coerenza tra gli obiettivi di politica commerciale e quelli di politica di aiuto allo sviluppo;

13.   mette in risalto che gli enti regionali e locali assorbono una quota rilevante della spesa per gli appalti pubblici. In virtù di questo importante ruolo, essi dovrebbero essere coinvolti nella promozione di misure volte a favorire lo sviluppo sostenibile e il commercio equo e solidale in tutta Europa. Gli enti locali devono tenere conto non solo dei criteri economici, tecnici o giuridici, bensì anche degli aspetti politici del commercio equo e solidale;

14.   ha constatato, in passato, che le norme vigenti in materia di appalti pubblici sono già piuttosto complesse e che numerosi enti locali incontrano particolari difficoltà ad applicarle correttamente. Chiede pertanto alla Commissione di stabilire per il futuro linee guida chiare e dettagliate per gli appalti «sociali», alle quali gli enti regionali e locali possano fare riferimento nell'aggiudicazione di contratti pubblici riguardanti prodotti equosolidali;

15.   ha preso atto con interesse del fatto che, allo scopo di fornire orientamenti alle autorità aggiudicatrici per aiutarle nell'attuazione di appalti più sostenibili, la Commissione ha adottato recentemente una comunicazione sugli appalti pubblici per un ambiente migliore, a complemento del suo manuale sugli appalti pubblici «verdi», e sta lavorando attualmente alla pubblicazione di un equivalente manuale per gli appalti «sociali». Tali manuali costituiscono nel loro insieme una guida esaustiva agli appalti pubblici sostenibili («ecosociali»);

16.   accoglie con favore l'annuncio di un secondo manuale e, in considerazione dei rapidi sviluppi del settore, chiede alla Commissione di assicurarne la pubblicazione al più presto;

17.   suggerisce di fungere esso stesso da moltiplicatore per la diffusione di un'apposita guida, avvalendosi a tal fine della sua rete di contatti e collaborando anche con la Commissione europea per consentire lo scambio di informazioni tra gli enti regionali e locali. Questi ultimi (in particolare quelli con esigenze analoghe) potrebbero creare delle proprie reti per la diffusione di buone pratiche in materia di prodotti equosolidali;

18.   chiede di valutare se non possa essere utile avviare un nuovo progetto per lo scambio di informazioni. Attualmente la Commissione europea e il Comitato delle regioni stanno creando una «borsa della cooperazione decentrata» per agevolare e coordinare lo sviluppo di misure di cooperazione decentrata tra gli enti regionali e locali dell'Unione europea e i loro partner nei paesi in via di sviluppo. Questa borsa, che funzionerà come servizio online, servirà da punto di incontro delle esigenze e delle richieste di sostegno, da una parte, e delle corrispondenti manifestazioni di interesse o offerte, dall'altra. I membri del Comitato sono invitati a utilizzare questo strumento elettronico (la cui entrata in funzione è prevista per il 2010) per fornire indicazioni utili. Tale sistema faciliterà notevolmente lo scambio di informazioni tra gli enti regionali e locali europei che operano nell'ambito della cooperazione allo sviluppo e consentirà di realizzare una migliore sintonia tra i progetti degli enti locali dell'UE e quelli dei paesi in via di sviluppo;

19.   in proposito, i progetti di cooperazione decentrata potrebbero essere utilizzati per agevolare lo sviluppo di prodotti equosolidali, procurare studi d'impatto e sostenere i piccoli produttori nel Sud del mondo;

20.   oltre a incentivare l'inserimento di prodotti equosolidali negli appalti pubblici, indica i vantaggi potenziali derivanti dalla promozione di appalti privati che siano in linea con gli standard del commercio equo e solidale. Incoraggia quindi gli enti regionali e locali a sviluppare incentivi che stimolino l'inserimento di prodotti equosolidali negli appalti del settore privato, ad esempio concorsi ispirati a quelli già esistenti quali «le capitali equosolidali» o «le città equosolidali».

Sostegno da parte della Commissione

21.   si compiace del fatto che, considerato il potenziale contributo dato allo sviluppo sostenibile dal commercio equo e solidale e da altri programmi in ambito commerciale a garanzia della sostenibilità, la Commissione si impegni in relazione a tali programmi e intenda sostenerli anche in futuro;

22.   considera indispensabile che si raggiunga un equilibrio tra, da un lato, il desiderio di commercio, di investimenti e di crescita economica in quanto parte di un approccio basato sulla liberalizzazione e la globalizzazione e, dall'altro, il rispetto dei principi di sviluppo sostenibile, della necessità di condizioni di mercato eque e trasparenti e di un chiaro riconoscimento, da parte dei paesi industrializzati più ricchi, dei problemi pressanti che i paesi meno sviluppati incontrano nei negoziati commerciali. Diverse organizzazioni del commercio equo e solidale sono convinte che il commercio, se praticato con equità e senso di responsabilità, possa rappresentare uno strumento efficace per promuovere lo sviluppo sostenibile e ridurre la povertà. Per raggiungere questo obiettivo è necessario tuttavia che la politica commerciale, così come è impostata, sia rivista radicalmente. L'approccio, attualmente prevalente, basato sui meccanismi del mercato non potrà eliminare gli squilibri che esistono tra il potere contrattuale delle grandi multinazionali e quello dei piccoli produttori. Solo coinvolgendo sistematicamente i piccoli produttori marginalizzati dei paesi poveri nella definizione della politica commerciale, si potrà contribuire a eliminare le ingiustizie derivanti dal sistema commerciale attuale;

23.   si compiace che la Commissione si sia servita sostanzialmente dei suoi strumenti di cooperazione allo sviluppo per fornire sostegno finanziario al commercio equo e solidale e ad altre attività inerenti al commercio sostenibile. Tra il 2007 e il 2008 sono stati destinati 19,466 milioni di euro a varie azioni in questo campo, la maggior parte delle quali ha riguardato misure di sensibilizzazione nell'Unione europea. Sempre per iniziative in questo settore, nel 2008 e nel 2009 sono stati messi a disposizione ulteriori stanziamenti per 1 milione di euro all'anno;

24.   in considerazione dello sviluppo impetuoso che ha interessato il settore del commercio equo e solidale in alcuni Stati membri, invita tuttavia la Commissione a valutare se non sia opportuno stanziare delle risorse aggiuntive per gli Stati membri che non si sono ancora impegnati in misura altrettanto marcata;

25.   sostiene l'intenzione della Commissione di procedere alla valutazione di impatto, di adoperarsi per migliorare la trasparenza del mercato e di prestare maggiore attenzione alla valutazione delle difficoltà nell'attuazione di questi programmi e nell'ottenimento della certificazione. Tali azioni potrebbero essere a loro volta sostenute da interventi analoghi da parte degli Stati membri, ad esempio per il finanziamento di studi sull'impatto del commercio equo e solidale.

Impegno degli enti locali nella politica di aiuto allo sviluppo

26.   accoglie con particolare soddisfazione il riconoscimento del ruolo importante che gli enti regionali e locali svolgono a favore della politica commerciale in relazione ai prodotti equosolidali. Del resto, l'impegno degli enti locali nella politica di aiuto allo sviluppo non è una novità. Numerose regioni ed enti locali europei portano avanti, ormai da diversi anni, progetti di commercio equo e solidale con i loro partner nei paesi in via di sviluppo. I partenariati devono potersi fondare sulla fiducia reciproca tra le parti e sulla trasparenza delle loro relazioni. I contratti stipulati all'insegna del commercio equo e solidale devono rispettare i principi di parità di trattamento, di mutuo riconoscimento e di proporzionalità;

27.   osserva inoltre che, nel contesto del decentramento, gli enti regionali e locali si accostano al commercio equo e solidale con professionalità sempre maggiore. Tali enti dispongono di conoscenze preziose in settori essenziali per i paesi in via di sviluppo e per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio. Essi devono essere quindi considerati attori importanti della politica in materia di commercio equo e solidale;

28.   accoglie con favore il desiderio della Commissione di mantenere il carattere non governativo del commercio equo e solidale e di altri programmi a garanzia della sostenibilità in tutta l'UE. L'intervento normativo pubblico potrebbe interferire con lo sviluppo o il funzionamento di programmi privati dinamici;

29.   ritiene tuttavia che nel settore degli appalti pubblici sia necessario prevedere determinate norme di legge che ne disciplinino i bandi in modo da dare la possibilità di partecipare anche ai fornitori di prodotti equosolidali.

Iniziative di sensibilizzazione

30.   si compiace dello sviluppo del commercio equo e solidale e della crescente disponibilità delle regioni e dei comuni europei a introdurre i criteri ecosociali nel quadro degli appalti pubblici. Questa disponibilità assume un'importanza ancora maggiore nell'attuale contesto di crisi finanziaria ed economica. La nascita del commercio equo e solidale, negli anni '70, scaturiva principalmente dalla critica verso l'iniquità delle strutture del commercio mondiale. Se in origine era nato quindi come movimento di sensibilizzazione dei consumatori, oggi il commercio equo e solidale desta attenzione, soprattutto da un punto di vista di mera politica commerciale, per via degli incrementi di fatturato che genera;

31.   ricorda che le strutture decentrate che danno corso alle iniziative europee di sensibilizzazione sono partner importanti del commercio equo e solidale, e che in quanto tali dovrebbero essere coinvolte in maniera sistematica, come anche le organizzazioni di tutela dei consumatori, negli obiettivi di politica di aiuto allo sviluppo. In questo contesto andrebbe favorito il confronto con le strutture inique del commercio mondiale, in particolare con la politica commerciale e agricola dell'Unione, attraverso la possibilità di agire a titolo personale acquistando prodotti equosolidali. L'opera di sensibilizzazione rimane uno strumento utile per contrastare la povertà, il sottosviluppo, lo sfruttamento, la fame e il degrado dell'ambiente;

32.   osserva con soddisfazione che negli ultimi anni gli enti regionali e locali dell'Unione europea, che rappresentano il livello più vicino ai cittadini, si sono affermati come validi attori nel quadro del commercio equo e solidale e degli appalti «equi». Le «città equosolidali» e le «università equosolidali» hanno contribuito nettamente ad allargare la partecipazione a migliaia di persone e hanno creato possibilità concrete di impegnarsi a favore del commercio equo e solidale. Le «città equosolidali» esistono fin dal 2001 nel Regno Unito e dal 2008 sono presenti anche in Germania. Nella classifica del consumo pro capite di prodotti equosolidali la Gran Bretagna si colloca al secondo posto nel mondo. Si contano oltre 700 «città equosolidali», distribuite in 12 Stati membri dell'UE, e un numero ancor maggiore di città si è candidato per ottenere il conferimento di questo titolo;

33.   richiama l'attenzione sulla necessità di rafforzare il potere dei consumatori attraverso iniziative di informazione e di sensibilizzazione condotte con il coinvolgimento della stampa locale e nazionale e sempre di più anche dei mezzi di comunicazione elettronici. Ulteriori potenzialità sono offerte dalla collaborazione con le organizzazioni di tutela dei consumatori;

34.   accoglie con favore le recenti iniziative del Fair Trade Advocacy Office intese a incoraggiare i parlamentari europei a impegnarsi a favore del commercio equo e solidale a sostegno dei produttori emarginati e dei lavoratori indigenti del Sud del mondo. Ritiene che tali iniziative potrebbero essere estese ad altri livelli di governo;

35.   sottolinea che anche i comuni e le regioni d'Europa si trovano ad affrontare ormai da tempo le sfide poste dalla globalizzazione. Per poter rispondere sul campo in maniera adeguata e orientata al futuro occorre assicurare la formazione continua, la professionalizzazione e il collegamento in rete degli attori comunali, regionali e nazionali. Questo lavoro in Europa è appena agli inizi e va sviluppato al più presto in maniera sistematica.

Sostegno ai comuni e alle regioni

36.   osserva con interesse che, ad esempio, la Germania ha creato dal 2001 un «servizio per i comuni del mondo» che collabora ormai con 2 600 comuni tedeschi e spesso anche con i loro partner internazionali (tra cui le città gemellate). Questo servizio, sostenuto dal governo federale, dalla maggior parte dei Länder, dalle associazioni dei comuni e dalla federazione delle organizzazioni non governative, ha contribuito in misura sostanziale a intensificare l'impegno dei comuni tedeschi nella politica di aiuto allo sviluppo al fine di promuovere il commercio equo e solidale e gli appalti pubblici ecosociali;

37.   propone di formulare agli enti regionali e locali delle raccomandazioni affinché, attraverso il sostegno sistematico, rafforzino e mettano in rete le loro capacità necessarie a far fronte alle crescenti sfide mondiali e ad assicurare uno sviluppo sostenibile al fine di contrastare la povertà e il degrado ambientale, e affinché agevolino in modo particolare gli scambi fra i vecchi e i nuovi Stati membri. Lo scambio di informazioni andrebbe incoraggiato attraverso il Portale del CdR sulla cooperazione decentrata, in modo che sia possibile scambiare esperienze e creare parametri di riferimento che aiutino i paesi dell'Europa meridionale e orientale a sviluppare idee su come sostenere il commercio equo e solidale nel contesto delle loro strategie per lo sviluppo sostenibile e l'adeguamento ai cambiamenti climatici;

38.   ritiene che il finanziamento di 19 milioni di euro, menzionato nella comunicazione, e la prevista dotazione aggiuntiva di un milione di euro rappresentino un buon inizio in termini di aiuti per il rafforzamento del commercio equo e solidale, ma fa presente che in futuro la portata dei problemi, ma anche le opportunità che si verranno a creare nel rafforzamento dei potenziali esistenti, renderanno necessario lo stanziamento di ulteriori risorse;

39.   sottolinea che gli enti regionali e locali possono contribuire anche in maniera molto diretta alla riuscita del commercio equo e solidale facendo in modo che:

nelle proprie riunioni, nei propri uffici e nelle proprie mense siano offerti solo caffè e tè del commercio equo e solidale,

i consigli municipali sostengano l'avvio di campagne in questo senso,

i comuni riconoscano l'attività delle «botteghe del mondo»,

sempre più città si adoperino per conseguire il titolo di «città equosolidali».

Elaborazione di una Strategia europea del commercio equo e solidale

40.   allo scopo di promuovere il commercio equo e solidale e gli appalti pubblici ecosociali, propone di elaborare una «Strategia europea del commercio equo e solidale per gli enti regionali e locali», accompagnata da un programma d'azione a garanzia dei criteri ecologici e sociali. Tale strategia potrebbe essere sviluppata sulla base di un lavoro preparatorio condotto a livello nazionale e regionale e realizzato attraverso seminari e convegni con la partecipazione delle parti direttamente coinvolte e dei rappresentanti interessati del mondo politico, dei poteri pubblici, delle organizzazioni non governative e del settore privato;

41.   reputa che questa strategia potrebbe essere adottata nel corso di una conferenza organizzata dal Comitato delle regioni o dalla presidenza di turno ed essere parallelamente discussa e presentata nella cornice di vasta risonanza degli «Open Days» organizzati a Bruxelles dal Comitato;

42.   in considerazione della crisi finanziaria ed economica e della minaccia di catastrofi climatiche, intende in tal modo considerare e coinvolgere anche gli attori chiave dei paesi del Sud e sensibilizzare sulle conseguenze della globalizzazione. In questa ottica, il rafforzamento delle strutture del commercio equo e solidale e l'importanza degli appalti pubblici ecosociali a livello comunale e regionale sono fondamentali altrettanto quanto l'intensificazione dei legami con i partner nei paesi produttori;

43.   fa presente che gli effetti complessivamente positivi del commercio equo e solidale e degli appalti pubblici ecosociali si sono finora concentrati prevalentemente sui prodotti agricoli dei piccoli agricoltori nei cosiddetti paesi in via di sviluppo. In futuro si dovrà considerare di ampliare la gamma dei prodotti e dei servizi equosolidali tenendo conto delle esperienze maturate e dei criteri seguiti e sviluppandoli ulteriormente per rafforzare la certezza giuridica. In questo contesto occorre perseguire e favorire l'intensificazione dei legami che uniscono i produttori ai consumatori finali. L'ampliamento della gamma dei prodotti dovrebbe interessare i manufatti artigianali e industriali provenienti da tutti i paesi d'origine nonché la fornitura di servizi equosolidali, quali ad esempio il «turismo equosolidale». Lo sviluppo delle strutture necessarie solleva due questioni: in primo luogo, quella della valutazione del rispetto dei criteri ecosociali e degli standard minimi previsti dall'Organizzazione internazionale del lavoro e, in secondo luogo, quella degli aspetti legati al trasporto e alla vendita;

44.   richiama l'attenzione sul fatto che finora, nel trattamento della questione, non si è tenuto adeguatamente conto delle direttive adottate dalla Commissione nel 2008 sul rafforzamento dei diritti delle persone disabili. Le esperienze maturate nell'ambito dei gemellaggi internazionali evidenziano risultati incoraggianti per quanto riguarda le iniziative volte ad aumentare il coinvolgimento delle persone disabili nel commercio equo e solidale e negli appalti pubblici ecosociali. Suggerisce di affrontare e approfondire questo tema nel quadro della strategia proposta sopra e nei lavori preliminari condotti a livello nazionale e interregionale;

45.   è consapevole del fatto che il commercio equo e solidale rappresenta meno dell'1 % del fatturato complessivo del commercio europeo. Tuttavia, i paesi all'avanguardia in questo campo, con quote superiori al 10 % come la Svizzera, il Regno Unito, i paesi scandinavi, i Paesi Bassi, l'Austria e il Lussemburgo, sono esempi che incoraggiano a intensificare l'impegno, soprattutto nell'Europa meridionale e orientale. La cooperazione, spesso eccellente, tra le organizzazioni non governative, i comuni e l'economia locale ha consentito di sviluppare con i partner del Sud ottimi modelli di responsabilità validi per tutta l'Europa. Questi esempi rappresentano uno stimolo per tutti i comuni e le regioni d'Europa, che possono così anche dare un importante contributo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio da qui al 2015.

Bruxelles, 10 febbraio 2010

La Presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


1.7.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 175/15


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Qualità dei prodotti agricoli»

(2010/C 175/04)

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Aspetti generali

1.   accoglie con soddisfazione e valuta molto positivamente la comunicazione della Commissione europea, in quanto dimostra l'interesse di quest'ultima per i prodotti agroalimentari di qualità e, in particolare, la sua intenzione di sviluppare un quadro adeguato che sostenga e potenzi una produzione agricola di qualità nell'UE e ne accresca l'accettazione fra i consumatori;

2.   ritiene che una produzione agroalimentare di qualità abbia un'importanza speciale per uno sviluppo sostenibile dell'ambiente rurale e aiuti a preservare a lungo termine i paesaggi regionali, forgiati dagli agricoltori e dagli allevatori con le loro forme di produzione, e la loro identità, contribuendo inoltre allo sviluppo regionale futuro;

3.   ricorda il notevole interesse che rivestono queste produzioni e che le rende meritevoli di un quadro di sostegno volto a garantire la loro stabilità a lungo termine e la redditività degli investimenti, attraverso misure orientate al mercato, tra cui una legislazione sulla possibilità di introdurre un'etichettatura recante l'indicazione del paese di produzione, e a promuovere norme di produzione comunitarie, in particolare per quanto riguarda la sicurezza alimentare, la protezione dell'ambiente e le tecniche di produzione tradizionali;

4.   si rallegra che la comunicazione della Commissione riconosca il fatto che la qualità dei prodotti agricoli è intrinsecamente legata alle tradizioni, allo sviluppo e alla sostenibilità delle regioni. Le produzioni di qualità vanno però rafforzate e protette tramite sistemi come le indicazioni geografiche (IG), i cui diritti di proprietà intellettuale devono essere tutelati a livello mondiale;

5.   desidera ricordare alla Commissione che essa deve essere la prima a scommettere, con misure concrete, sull'informazione ai consumatori - in particolare a quelli europei - in merito alle specificità delle indicazioni geografiche, alle loro caratteristiche e al loro legame speciale con lo sviluppo sostenibile dell'ambiente rurale;

6.   è d'accordo con la Commissione sul fatto che gli aspetti principali da affrontare per lo sviluppo di un'adeguata politica di qualità devono essere l'informazione, la coerenza e la capacità di evitare la complessità;

7.   reputa che si debbano sviluppare degli orientamenti che garantiscano il buon funzionamento del modello dei regimi di certificazione, assicurando una certa uniformità per quanto riguarda aspetti importanti, come i requisiti minimi di controllo, per evitare possibili squilibri tra regimi simili;

8.   riconosce che, nel caso delle misure relative all'etichettatura, bisogna elaborare norme di commercializzazione comunitarie, perseguendo però nel contempo l'obiettivo della loro semplificazione;

9.   è convinto che una politica ambiziosa di qualità agroalimentare sia cruciale perché vi sia un forte sviluppo di un'agricoltura europea sostenibile, in grado di soddisfare adeguatamente le necessità della società europea e di conquistare quote di mercato nei mercati esteri;

10.   crede altresì che vada riconosciuto nella giusta misura, di fronte alla società europea nel suo complesso, lo sforzo compiuto dagli agricoltori e dagli allevatori europei per conformarsi ai severi requisiti in materia di tutela ambientale, sicurezza alimentare e benessere degli animali.

I requisiti della produzione agricola dell'UE

11.   ritiene che si potrebbe studiare la possibilità d'introdurre un'etichettatura volontaria che indichi il luogo di produzione (luogo del raccolto delle produzioni agricole, luogo di nascita e di allevamento del bestiame, luogo di mungitura per le vacche da latte, ecc.). Si potrebbe anche sondare la possibilità di imporre l'obbligo di indicare l'origine (nel caso di un prodotto trasformato, si fa riferimento al luogo dell'ultima trasformazione sostanziale), valutando preliminarmente i vantaggi e gli inconvenienti derivanti da questa misura, che è già obbligatoria per alcuni prodotti. In tal modo si offrirebbe ai produttori europei la possibilità di differenziarsi sulla base dei termini riservati e si fornirebbero informazioni ampie e concrete ai consumatori;

12.   sostiene le proposte di sviluppo dell'etichettatura relativa al benessere degli animali e all'impronta di carbonio; propone inoltre lo sviluppo a livello europeo di norme dettagliate sulla produzione integrata.

Le norme di commercializzazione

13.   riconosce l'importanza delle norme di commercializzazione, che devono rimanere obbligatorie, anche se bisogna progettarne una revisione in profondità nel senso della semplificazione, eliminando gli aspetti superflui e lasciando ciò che realmente conta per la commercializzazione di ogni prodotto. Tale revisione dovrebbe essere effettuata in stretta collaborazione con gli operatori, creando un meccanismo di revisione che consenta di apportare modifiche in modo sufficientemente rapido e snello. In ogni caso, vanno mantenute le specificità settoriali di tali norme per facilitarne la comprensione e l'applicazione;

14.   giudica interessante studiare se sia fattibile introdurre termini riservati facoltativi per i prodotti tradizionali e quelli di montagna, ritenendo che proprio le amministrazioni regionali possano svolgere un ruolo molto importante nella definizione di tali termini.

Le indicazioni geografiche

15.   si dichiara contrario all'unificazione dei tre diversi regimi esistenti, allo scopo di preservare la coerenza del sistema e le specificità tipiche di ciascun prodotto. Inoltre chiede che vengano mantenuti i due strumenti, ossia la DOP (denominazione di origine protetta) e l'IGP (indicazione geografica protetta), in quanto entrambi si sono rivelati molto utili e sono stati ben accettati dai produttori. Ciononostante, ritiene essenziale intensificare l'attività d'informazione e di promozione di tali strumenti;

16.   reputa indispensabile la semplificazione non soltanto delle procedure amministrative, ma anche di tutto l'iter in materia di registrazione, mantenimento e gestione dei registri che gli operatori registrati nei vari sistemi devono seguire;

17.   si dichiara favorevole al possibile utilizzo di questi termini nei prodotti trasformati, purché si possa sufficientemente garantire l'origine degli ingredienti utilizzati e i produttori della denominazione in questione ne abbiano autorizzato l'uso;

18.   riconosce che potrebbe essere interessante studiare l'estensione degli obblighi di certificazione, nel caso di prodotti freschi, a diversi operatori della catena di approvvigionamento, sull'esempio di quanto avviene per i prodotti biologici, allo scopo di valutare i probabili aspetti positivi di questa applicazione;

19.   sottolinea che numerosi operatori legati al sistema della DOP e a quello dell'IGP hanno evidenziato la necessità di poter contare su strumenti che consentano di regolare le produzioni e che le DOP e le IGP, in mancanza di tali strumenti, correranno un evidente rischio di scomparsa o perdita della loro autenticità e qualità intrinseca, fatto che metterebbe in pericolo allo stesso tempo il tessuto socioproduttivo nell'ambiente rurale di molte regioni europee;

20.   esorta la Commissione europea a individuare i necessari strumenti di gestione della produzione nei sistemi DOP e IGP e a mettere tali strumenti a disposizione di questi sistemi. Lo sviluppo regionale endogeno è legato in molti casi allo sviluppo rurale sostenibile, il quale non sarà possibile se le DOP e le IGP non dispongono di strumenti tali da permettere di regolare il potenziale di produzione e, conseguentemente, di trovare un ragionevole equilibrio tra offerta e domanda, consentendo alla produzione e alla commercializzazione di crescere in misura proporzionale;

21.   le DOP e le IGP rappresentano dei diritti di proprietà intellettuale e per questo motivo bisogna prevedere la possibilità di una loro regolamentazione su base volontaria, esattamente come avviene per un qualsiasi marchio commerciale - sia per gli aspetti qualitativi che per quelli quantitativi; inoltre, tale regolamentazione non deve essere pensata con uno scopo speculativo, ma nell'ottica della sostenibilità;

22.   raccomanda di studiare gli aspetti legati alla tutela delle DOP e delle IGP. Gli operatori e le regioni sono dell'avviso che debba esistere un unico livello di protezione internazionale e, per tale motivo, si chiede alla Commissione europea di compiere gli sforzi necessari per garantire la massima tutela, a prescindere dall'impatto iniziale delle varie DOP, o IGP, oltre i confini regionali o nazionali;

23.   invita la Commissione europea a raddoppiare i suoi sforzi per rafforzare le norme nel quadro dell'OMC, a fare progressi in relazione agli accordi bilaterali con paesi strategici e a persistere nella tutela delle DOP e delle IGP nel quadro degli accordi ACTA (accordo commerciale anticontraffazione).

L'agricoltura biologica

24.   si compiace delle recenti modifiche legislative in questa materia e della decisione di introdurre il nuovo marchio biologico UE a partire dal 2010; è convinto che questa misura, insieme al grande impegno degli operatori dell'agricoltura biologica europei, garantisca un notevole sviluppo di questo sistema di produzione altamente rispettoso dell'ambiente.

Le specialità tradizionali

25.   condivide il giudizio della Commissione secondo cui questo regime non ha sfruttato tutto il suo potenziale e appoggia l'idea di studiare se sia fattibile l'introduzione di termini quali «prodotto tradizionale», purché vengano rispettati disciplinari perfettamente definiti e certificabili;

26.   chiede alla Commissione di studiare e successivamente attuare i necessari regimi di sostegno specifici per i prodotti tradizionali nonché per i prodotti di montagna, qualora questi due tipi di prodotti finiscano per sostituire le attuali specialità tradizionali garantite (STG).

La coerenza dei nuovi regimi UE

27.   raccomanda alla Commissione di assicurare la coerenza dei futuri regimi e delle future iniziative in materia di qualità attraverso una valutazione proattiva e pragmatica del loro valore aggiunto e della loro opportunità. Reputa che a questo riguardo occorra valutare anche le necessità dei consumatori e il loro interesse reale in rapporto all'introduzione di nuovi sistemi.

Gli orientamenti per i regimi privati e statali di certificazione dei prodotti alimentari

28.   appoggia l'iniziativa della Commissione di elaborare orientamenti di buone pratiche per il funzionamento di tutti i regimi in rapporto con la qualità dei prodotti agricoli e agroalimentari ed è d'accordo con essa sul fatto che non sia opportuno elaborare una legislazione che disciplini i sistemi statali e privati di certificazione.

Raccomandazioni finali

29.   esorta la Commissione a compiere uno sforzo notevole in materia di informazione e promozione del sistema agroalimentare europeo di qualità, uno sforzo rivolto al consumatore europeo allo scopo di rafforzare questo sistema, di chiarire i vari concetti che lo caratterizzano e di favorire il consumo di prodotti agroalimentari europei di qualità, coinvolgendo tutta la società europea nel mantenimento del tessuto produttivo delle zone rurali europee;

30.   chiede alla Commissione che venga riconosciuto in misura maggiore il ruolo strategico delle regioni europee in materia di produzioni agricole e agroalimentari di qualità e che si presti la massima attenzione alle richieste delle regioni in relazione a questo aspetto così importante per un migliore sviluppo socioeconomico regionale.

Bruxelles, 10 febbraio 2010

La Presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


1.7.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 175/19


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Aiuti agli agricoltori delle zone caratterizzate da svantaggi naturali»

(2010/C 175/05)

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni in materia di agricoltura e di sviluppo rurale

1.   osserva che la comunicazione in esame si concentra con chiarezza sulle zone svantaggiate intermedie («ZS intermedie»); appoggia con forza la proposta della Commissione di delimitare in modo più preciso tali zone; sottolinea che le zone montane non sono direttamente interessate da detta comunicazione e che l'obiettivo non è concentrarsi sui legami tra le diverse categorie di zone caratterizzate da svantaggi naturali;

2.   accoglie con favore il metodo di lavoro proposto dalla Commissione, che è in linea con le raccomandazioni formulate dal Comitato nel suo parere Libro bianco sulla governance multilivello (1);

3.   fa notare che l'agricoltura è un settore economico molto importante dell'Unione europea e che essa dà lavoro a quasi 30 milioni di persone. La presenza di agricoltori è essenziale al fine di mantenere il tessuto sociale nelle zone rurali, ma anche per preservare l'ambiente ed il paesaggio. Inoltre, è importante mantenere strutture di produzione agricola in tutta l'UE al fine di preservare quella capacità dell'Europa di produrre alimenti di alta qualità che sta acquisendo sempre maggiore importanza, dato che i cambiamenti climatici stanno riducendo tale capacità in altre parti del mondo. Il sistema di aiuti a sostegno delle zone svantaggiate (ZS) è di vitale importanza per compensare gli svantaggi naturali in determinate zone e contribuire così al mantenimento dell'agricoltura nelle stesse;

4.   mette il rilievo il fatto che gli enti regionali e locali sono direttamente interessati dalla comunicazione in esame, dato che le zone caratterizzate da svantaggi naturali rappresentavano nel 2005 il 31,2 % della superficie agricola utilizzata in Europa, in cui l'agricoltura è un settore importante dell'economia;

5.   osserva che, dall'inizio del 1975 ad oggi, la necessità di misure per le zone svantaggiate ha subito notevoli cambiamenti. La gestione appropriata del territorio al fine di superare gli svantaggi naturali è divenuta una priorità fondamentale. Nelle zone svantaggiate l'agricoltura contribuisce inoltre a mantenere l'attrattività della regione interessata, la biodiversità e il paesaggio culturale;

6.   pone l'accento sul fatto che le indennità compensative dovrebbero continuare ad essere appunto uno strumento di compensazione degli svantaggi dovuti ad handicap naturali o a condizioni di produzione avverse, e che esse non sono intese come misure agroambientali;

7.   sottolinea che le simulazioni richieste devono essere intese come un test e non come un elemento giuridicamente vincolante. In ogni caso il CdR si riserva di riesaminare le imminenti proposte della Commissione sulla base di un'analisi esaustiva e approfondita del loro impatto atteso;

8.   tiene conto delle osservazioni formulate nella relazione della Corte dei conti europea, secondo cui la Commissione adduce argomenti insufficienti a favore del mantenimento dell'attuale classificazione delle zone svantaggiate, il che va a scapito dell'attuazione efficiente ed efficace del sistema di aiuti (paragrafo 76 della relazione).

Aspetti pratici della delimitazione delle zone svantaggiate (criteri, grado di precisione richiesto, ecc.)

9.   reputa che la decisione di definire dei criteri biofisici al fine di migliorare l'individuazione delle zone caratterizzate da svantaggi naturali sia una maniera appropriata di creare un sistema più obiettivo, coerente e comparabile che assicuri una distribuzione più equa ed efficiente degli aiuti destinati alle zone svantaggiate;

10.   invoca criteri comuni semplici e gestibili nonché criteri di ammissione chiari per garantire la trasparenza e la comparabilità dei pagamenti. In questo modo dovrebbe essere assicurato un sistema efficiente di compensazione a favore dell'attività agricola e della capacità produttiva nelle zone caratterizzate da svantaggi naturali. È assolutamente essenziale assicurarsi che qualsiasi sistema sia comprensibile dagli agricoltori, tutelabile per via giudiziaria e gestibile dall'amministrazione;

11.   propone che la delimitazione delle zone caratterizzate da un unico svantaggio naturale sia basata anche su criteri geografici e di pianificazione territoriale anziché soltanto su criteri biofisici, in modo da prendere in considerazione elementi come l'isolamento geografico, l'accesso alle infrastrutture e la fragilità di particolari ecosistemi;

12.   osserva che la comunicazione in esame raccomanda di classificare come «zona caratterizzata da svantaggi naturali» una zona in cui almeno il 66 % della superficie agricola utilizzata soddisfi almeno uno degli otto criteri proposti dalla comunicazione stessa. Se è vero che l'intera attività di classificazione delle zone mira a garantire un sostegno alle zone in cui questo è di cruciale importanza per mantenere l'attività agricola, la soglia proposta non dovrebbe essere troppo elevata e condurre così alla potenziale esclusione di zone caratterizzate da svantaggi naturali considerevoli. Pertanto, la determinazione definitiva della soglia percentuale ai fini della classificazione di una determinata zona come «svantaggiata» dovrebbe essere oggetto di un'attenta valutazione e potrebbe essere discussa ulteriormente solo quando saranno state effettuate le simulazioni e saranno disponibili le rappresentazioni cartografiche;

13.   raccomanda di considerare la possibilità di stabilire criteri cumulativi o sistemi di indici per le zone eterogenee caratterizzate simultaneamente da molteplici svantaggi. L'uso di un indicatore composito consentirebbe di combinare più criteri, classificando così una determinata zona come «svantaggiata» anche qualora l'applicazione dei singoli criteri non conduca a tale classificazione;

14.   propone, inoltre, di considerare l'opportunità di utilizzare criteri supplementari, come ad esempio i giorni di capacità di campo - un criterio che indica la «lavorabilità» del terreno e misura l'interazione tra l'umidità del suolo ed il clima. Si dovrebbe poi includere nell'elenco dei criteri anche la quota di territorio adibita a pascolo permanente: è chiaro, infatti, che le zone in cui predominano i pascoli possono essere destinate a un minor numero di usi alternativi rispetto a quelle coltivate a seminativo;

15.   chiede che si esamini la possibilità di effettuare la nuova delimitazione delle cosiddette «zone intermedie» anche sulla base di unità territoriali più piccole rispetto a quelle di livello LAU 2 (ad esempio, località infracomunali o singole parcelle), purché siano disponibili i dati necessari. In tal modo si potrebbero garantire indennità compensative più appropriate, più comprensibili per gli agricoltori e meglio tutelabili per via giudiziaria;

16.   prende atto della raccomandazione della Commissione europea agli Stati membri di delimitare «con precisione» le zone che soddisfano i criteri biofisici applicando indicatori appropriati basati sulla produzione, ossia escludendo sistematicamente dalla qualifica di ZS le zone i cui svantaggi naturali sono già stati compensati con interventi artificiali e in cui gli indicatori pertinenti relativi alla produzione sono comparabili alla media nazionale;

17.   raccomanda tuttavia di sostituire l'idea di «delimitare la zona con maggiore precisione» proposta dalla Commissione con una serie di criteri adattati alle diverse realtà regionali associati a opportuni parametri di delimitazione. Gli Stati membri e le regioni si trovano infatti in una posizione migliore per individuare i criteri adatti e le soglie appropriate per delimitare l'estensione delle ZS in ciascuna regione. In ogni caso, l'applicazione della «delimitazione più precisa» o della soluzione adattata alle diverse realtà regionali deve costituire uno strumento facoltativo e non diventare un obbligo.

Stabilire una esclusione graduale

18.   manifesta apprezzamento per l'obiettivo della comunicazione, che è quello di introdurre un metodo più trasparente, adeguato e comparabile per individuare le zone agricole caratterizzate da svantaggi naturali e dunque ammissibili agli aiuti compensativi, e di rispondere così alle osservazioni formulate nella relazione speciale pubblicata in materia dalla Corte dei conti europea;

19.   tuttavia, manifesta preoccupazione per la possibile esclusione di molte regioni a causa dell'abolizione dei criteri socioeconomici o dell'impossibilità di continuare ad applicare i sistemi di indici di comprovata efficacia attualmente utilizzati per delimitare le zone; sarebbe comunque utile studiare i modi di includere criteri geografici e di pianificazione territoriale nel sistema di riclassificazione delle zone caratterizzate da svantaggi naturali;

20.   reputa inoltre necessario stabilire un'esclusione graduale per le regioni e/o i comuni non più classificabili come zone svantaggiate. Dovrebbe esservi un periodo transitorio appropriato che consenta agli agricoltori di adattarsi al nuovo regime di sostegno alle ZS. Si dovrebbe prendere in considerazione tale processo anche al momento di decidere la linea politica da adottare nella futura politica agricola comune.

Sussidiarietà

21.   è d'accordo sul fatto che l'uso di serie di criteri biofisici comuni potrebbe effettivamente dar luogo a un metodo di classificazione più trasparente, semplificato e comparabile, il che condurrebbe a sua volta a una gestione più efficiente dei fondi. Dato il rischio esistente di divergenze, il livello comunitario appare - in linea con il principio di sussidiarietà - il livello d'intervento più adatto.

Miglioramento della normativa comunitaria («Legiferare meglio»)

22.   accoglie con grande favore la procedura seguita nell'elaborare la comunicazione. La valutazione d'impatto tiene conto di diverse opzioni e le analizza nei dettagli. È importante tener presente i costi supplementari che il nuovo modello comporterà, specialmente nelle fasi iniziali;

23.   ciò nonostante, pone l'accento sul fatto che la riforma del sistema attuale e il passaggio a un sistema basato su criteri biofisici avranno conseguenze socioeconomiche di cui si dovrà tener conto nell'attuare il nuovo metodo;

24.   auspica vivamente, infine, che la definizione di una serie di criteri comuni per la delimitazione delle ZS serva anche a semplificare l'attuazione del sistema di aiuti compensativi degli svantaggi naturali a livello europeo e a garantire così una trasparenza e un'efficienza maggiori.

Bruxelles, 10 febbraio 2010

La Presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  CdR 89/2009 fin.


1.7.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 175/22


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Una strategia europea rinnovata: investire nella gioventù»

(2010/C 175/06)

I.   RACCOMANDAZIONI STRATEGICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.   ritiene che la gioventù europea sia il futuro della società. Tutti i giovani devono avere la possibilità di sviluppare a fondo il loro talento e le loro potenzialità. Il talento non si sviluppa soltanto a scuola (istruzione), ma anche in famiglia, nelle associazioni (sportive, musicali o culturali di altro tipo), nelle organizzazioni giovanili, nei gruppi non formali di giovani e nel proprio quartiere (in biblioteca, nelle scuole di musica e in altre strutture ancora). Gli enti regionali e locali costituiscono il livello più vicino ai giovani e svolgono quindi un ruolo cruciale nel fornire un inquadramento a tale sviluppo;

2.   dichiara che vale la pena di investire nei giovani e responsabilizzarli. I comuni e le regioni che offrono buone strutture per l'istruzione, formale e non formale, lo sport, la cultura e il tempo libero saranno in futuro luoghi economicamente più prosperi e sicuri, dotati di una forte dimensione sociale all'insegna della tolleranza e del rispetto reciproco;

3.   è convinto che le strategie a favore della gioventù dovrebbero essere maggiormente orientate verso i giovani ed adottare come punto di partenza il singolo individuo, il suo talento e la sua esigenza di sviluppare appieno il proprio potenziale;

4.   riconosce che i giovani costituiscono fin troppo spesso uno dei gruppi più vulnerabili della società, soprattutto nell'attuale congiuntura economica e finanziaria, e che, per la nostra società che invecchia, i giovani andrebbero considerati come una risorsa preziosa e basilare che può e deve essere mobilitata per raggiungere obiettivi sociali ed economici (1);

5.   sostiene la necessità di una politica della gioventù attiva, positiva e trasversale, che tenga conto del potenziale di tutti i giovani offrendo condizioni favorevoli a coloro che intendono sviluppare il loro talento e le loro competenze per vivere, lavorare e svolgere un ruolo attivo nella società, e che non si concentri solo sui soggetti che richiedono particolare attenzione in quanto presentano dei problemi;

6.   attira in particolare l'attenzione sull'importanza di adottare misure proattive e preventive (2), nonché di offrire ai giovani condizioni di vita migliori (1) e di creare una società favorevole all'infanzia e alla gioventù (3);

7.   accoglie con favore la comunicazione della Commissione incentrata su un metodo aperto di coordinamento (MAC) rinnovato da adottare per affrontare le sfide e le prospettive della gioventù, come pure la strategia, proposta dalla comunicazione, che prevede di investire nei giovani e di conferire loro maggiori responsabilità;

8.   riconosce che la politica della gioventù è - per sua propria natura - di ampia portata e sostiene pertanto l'approccio comunitario intersettoriale, che prevede l'inserimento trasversale delle esigenze della gioventù in un'ampia gamma di politiche e il contemporaneo sviluppo di iniziative più specifiche sul lavoro giovanile;

9.   raccomanda che la Commissione tenga conto delle esperienze e delle conoscenze degli enti regionali e locali, e che le sue azioni future prendano spunto dalle iniziative in atto (come quella delle capitali europee dei giovani) e dagli inquadramenti già esistenti, come la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia;

10.   ricorda che in numerosi Stati membri è sugli enti regionali e locali che ricade in prima istanza la competenza e la responsabilità per lo sviluppo, l'esecuzione e l'applicazione della politica della gioventù, come si evince dai risultati della consultazione (4) organizzata dalla rete di controllo della sussidiarietà del CdR nel quadro dell'elaborazione del presente parere; raccomanda alla Commissione, alla luce dell'importante ruolo degli enti regionali e locali nell'elaborazione e nell'attuazione della politica per la gioventù, di tenere conto delle caratteristiche specifiche delle regioni, come ad esempio quelle geografiche;

11.   chiede che nella elaborazione delle politiche per la gioventù si tenga debito conto del parere e dei contributi degli enti regionali e locali, che nella maggioranza degli Stati membri hanno competenze in queste materie;

12.   attira l'attenzione sul ruolo chiave degli enti regionali e locali nell'attuazione della strategia comunitaria proposta ed avrebbe auspicato un riferimento maggiormente esplicito ai ruoli e alle competenze degli enti regionali e locali nel corso di tutta la comunicazione; incoraggia gli enti regionali e locali a contribuire alla strategia comunitaria proposta in stretta cooperazione con tutte le parti interessate a tutti i livelli e in particolare avvalendosi dei giovani e delle loro organizzazioni rappresentative.

Integrazione (mainstreaming) dell'aspetto della gioventù e cooperazione

13.   sostiene l'approccio comunitario di integrare l'aspetto della gioventù in un'ampia gamma di politiche, in modo da tener conto costantemente degli interessi dei giovani in diversi ambiti strategici;

14.   sostiene l'approccio flessibile di una politica della gioventù articolata attorno a tre obiettivi di lungo termine generali e interconnessi, a loro volta collegati a campi d'azione da riesaminare periodicamente; ritiene necessario che gli obiettivi e gli interventi correlati siano perseguiti ai livelli di volta in volta competenti e in modo durevole, e raccomanda agli enti territoriali di prepararsi ad affrontare sul più lungo periodo alcuni temi prioritari scelti preventivamente, al fine di rafforzare le possibilità di impatto;

15.   appoggia i campi d'azione individuati nella comunicazione e le azioni proposte per gli Stati membri e la Commissione nelle rispettive sfere di competenza;

16.   ritiene indispensabile tener conto delle esigenze e delle aspirazioni dei giovani in occasione di ogni riforma dell'UE e raccomanda di inserire i giovani tra i gruppi di beneficiari delle strategie, delle campagne e delle attività di più ampio respiro condotte dall'UE, quali la strategia post-Lisbona, l'Agenda sociale europea, le strategie e le attività tematiche che l'UE (istituzioni e futuri Presidenti del Consiglio dell'Unione europea) programmerà e realizzerà in futuro, auspicabilmente in stretta cooperazione con gli enti regionali e locali e il CdR;

17.   ricorda a tale riguardo che i giovani rappresentano una componente essenziale per il raggiungimento degli obiettivi della nuova strategia di Lisbona, e reputa necessario garantire loro una migliore offerta in termini di istruzione, formazione, mobilità, inserimento nel mondo del lavoro, inclusione sociale e servizi per le giovani famiglie;

18.   per la gioventù auspica vivamente una strategia europea a medio termine, da impostare su un periodo relativamente lungo: essa dovrebbe puntare sulla qualità e limitarsi a poche priorità. Occorre combinare le forze e le risorse impegnate in modo da rafforzarne l'efficacia;

19.   si rallegra che il 2011 sia stato proclamato Anno europeo del volontariato; invita la Commissione europea ad inserire specificatamente i bambini e i giovani tra i gruppi destinatari del programma dell'Anno europeo e incoraggia con forza gli enti regionali e locali a partecipare attivamente.

Applicazione e scambio di esperienze

20.   è dell'avviso che una politica della gioventù efficace richieda approcci strategici trasversali ai livelli comunitario, nazionale, regionale e locale per ottenere risultati in settori come l'infanzia e la famiglia, l'istruzione, l'uguaglianza tra i sessi, l'occupazione, l'alloggio e l'assistenza sanitaria;

21.   rileva con piacere che la comunicazione riconosce il ruolo cruciale degli enti regionali e locali nell'attuazione delle strategie trasversali a favore della gioventù, ma ricorda che, in numerosi Stati membri, tali enti sono i principali responsabili dello sviluppo, dell'esecuzione e dell'applicazione della politica della gioventù;

22.   ritiene che, in nome del principio di sussidiarietà, la Commissione europea dovrebbe impegnarsi ad ispirare, stimolare e sostenere iniziative nuove o già avviate in materia di politica della gioventù in stretta collaborazione con gli enti regionali e locali;

23.   riconosce l'importanza di un dialogo strutturato con i giovani, a diversi livelli di governo e con la partecipazione di tutte le parti interessate;

24.   incoraggia il coinvolgimento attivo degli enti regionali e locali nelle strategie di apprendimento tra pari al fine di migliorare il processo di definizione delle politiche, nonché la loro partecipazione all'elaborazione, applicazione e diffusione dei migliori esempi di politiche per i giovani e con i giovani; la rete CLIP (European Network of Cities for Local Integration Policies for Migrants - rete europea delle città per l'elaborazione di politiche locali di integrazione per i migranti) e la rete ERY (European Regions for Youth - Regioni europee per la gioventù) rappresentano un buon esempio in tal senso (5);

25.   ritiene che la scelta del MAC rinnovato quale strumento per l'applicazione della strategia possa essere appropriata; in proposito occorre evitare che il livello europeo oltrepassi la propria sfera di competenza e che si accollino nuovi meccanismi burocratici alle amministrazioni degli Stati membri;

26.   sottolinea che gli enti regionali e locali costituiscono il livello di governo più vicino ai bambini, ai giovani, ai loro tutori, alle infrastrutture per l'istruzione, la salute e l'assistenza dei giovani, nonché alla società civile; evidenzia pertanto l'esigenza di integrare e coinvolgere direttamente gli enti regionali e locali quali protagonisti a tutti gli stadi del MAC proposto per attuare la strategia comunitaria;

27.   il rafforzamento degli strumenti di partecipazione della gioventù alle attività di queste istituzioni consentirà di realizzare un'interrelazione più agile e dinamica e di incrementare la capacità dei giovani di influenzare le decisioni pubbliche, garantendo così il loro effettivo coinvolgimento nella vita economica, sociale e politica delle regioni;

28.   sottolinea che il ricorso al MAC non deve comportare un trasferimento di competenze dai livelli inferiori dell'amministrazione agli Stati membri; insiste sul fatto che ciò non deve portare ad un'armonizzazione, né interferire con la sfera di competenze degli Stati membri con lo sviluppo di indicatori e l'imposizione di ulteriori obblighi in materia di elaborazione delle relazioni; richiama l'attenzione sul Libro bianco già pubblicato dal CdR sulla governance multilivello (6);

29.   ricorda la richiesta formulata dal CdR alla Commissione europea, quando auspicava che le modalità di applicazione del MAC valorizzassero adeguatamente il ruolo degli enti regionali e locali nel rispetto delle loro competenze e in considerazione delle iniziative già intraprese (7);

30.   invita gli Stati membri a sostenere il MAC attraverso piani d'azione regionali o locali e, viceversa, a contribuire a garantire che i piani nazionali tengano conto di quelli regionali e locali, i quali dovranno sottostare ad accordi scritti multilivello;

31.   riconosce l'esigenza di elaborare politiche sulla base di fatti concreti e sottoscrive la proposta di migliorare l'applicazione degli attuali strumenti disponibili per la raccolta di informazioni;

32.   accoglie la proposta della Commissione di costituire un gruppo di lavoro al fine di discutere eventuali «descrittori» (indicatori di tipo semplice) da utilizzare per valutare l'impatto delle azioni intraprese in diversi settori prioritari; riconosce che gli enti regionali e locali sono essenziali per la fase di applicazione sul campo ed incoraggia con forza la loro partecipazione attiva a tale gruppo di lavoro;

33.   sottolinea che l'attività di elaborazione delle relazioni andrebbe semplificata, dovrebbe concentrarsi su descrittori specifici per le aree prioritarie e non dovrebbe creare oneri amministrativi supplementari;

34.   chiede alla Commissione di garantire l'accessibilità a tutti i fondi comunitari pertinenti, ai livelli regionale e locale, da parte dei diretti interessati, nonché di promuovere la visibilità e l'attrattiva di tali programmi riducendo gli oneri amministrativi connessi alla gestione dei fondi comunitari nel caso di programmi come Gioventù in azione;

35.   chiede agli Stati membri di assegnare agli enti regionali e locali, nonché alle parti direttamente interessate finanziamenti adeguati per realizzare gli obiettivi comunitari in materia di volontariato giovanile, e incoraggia gli Stati membri a fare uso dei fondi e dei programmi comunitari (quali il Fondo sociale europeo e il programma Gioventù in azione) a mo' di sostegno e guida delle organizzazioni nazionali, regionali e locali per migliorare la qualità dei progetti internazionali di volontariato (8); le procedure di invito a presentare proposte e l'assegnazione di fondi andrebbero organizzate in maniera più trasparente e si dovrebbero ridurre gli adempimenti relativi alla presentazione delle domande, all'elaborazione delle relazioni e alla documentazione;

36.   concorda sulla necessità di cooperare con altre istituzioni dell'UE ed organizzazioni internazionali, in modo tale che le attività possano trarre forza e beneficio le une dalle altre.

Bruxelles, 10 febbraio 2010

La Presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  CdR 334/2006 fin.

(2)  CdR 337/2008 fin.

(3)  CdR 255/2007 fin.

(4)  Relazione sulla consultazione della Rete di controllo della sussidiarietà e dei membri della commissione EDUC in merito alla comunicazione Una strategia dell'Unione europea per investire nei giovani e conferire loro maggiori responsabilità - Un metodo aperto di coordinamento rinnovato per affrontare le sfide e le prospettive della gioventù, CdR 325/2009.

(5)  http://www.eurofound.europa.eu/areas/populationandsociety/clipabout.htm.

(6)  CdR 89/2009 fin.

(7)  CdR 253/2005 fin.

(8)  CdR 252/2008 fin.


1.7.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 175/26


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Combattere l’analfabetismo funzionale — Pensare una strategia europea ambiziosa contro l’esclusione e per la realizzazione della persona»

(2010/C 175/07)

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

A.   Principi e osservazioni generali

Superare le confusioni sulla definizione dell'analfabetismo funzionale

1.   ricorda che il fenomeno dell'analfabetismo funzionale primario è un problema che affligge, a livello mondiale, 960 milioni di persone. Secondo la definizione adottata dall'Unesco nel 1958, si dice analfabeta primario una persona che non ha mai imparato né a leggere né a scrivere. Il termine «analfabetismo funzionale» designa invece la condizione di un individuo che, pur avendo frequentato una scuola per un certo periodo, non ha acquisito le abilità di lettura, scrittura e calcolo considerate basilari nel corrispondente sistema di istruzione, e pertanto non è in grado di affrontare un testo scritto. L'analfabetismo funzionale è caratterizzato, in particolare, dal fatto che la persona non ha mai acquisito correttamente la capacità di usare in modo efficiente le abilità di lettura, di scrittura e di calcolo nelle situazioni della vita quotidiana in condizioni di pari opportunità;

2.   segnala che, sulla base degli studi condotti dall'OCSE nel quadro del programma PISA (Programme for International Student Assessment - Programma per la valutazione internazionale dell'allievo), nell'Unione europea la percentuale di giovani con scarse competenze nella lettura è in crescita, essendo passata dal 21,3 % del 2000 al 24,1 % del 2006. Questa allarmante constatazione esige una più intensa mobilitazione da parte delle istituzioni europee;

3.   rammenta che gli obiettivi del piano Istruzione e formazione 2010, che prevedeva una riduzione del 20 % della quota di allievi con difficoltà di lettura e di scrittura, sono lontani dall'essere raggiunti, e fa notare che anche nel nuovo quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione («ET 2020») sono stati fissati livelli di riferimento del rendimento medio europeo: entro il 2020, la percentuale dei quindicenni con risultati insufficienti in lettura, matematica e scienze dovrebbe essere inferiore al 15 %. Il CdR chiede inoltre che si giunga a una definizione comune a livello europeo di questa forma di analfabetismo;

4.   fa presente che il livello locale è quello più indicato per valutare la piaga dell'analfabetismo funzionale e porvi rimedio, poiché gli enti locali rappresentano spesso il primo punto di contatto per queste persone;

5.   ricorda che il Fondo sociale europeo, che sostiene nella maggior parte degli Stati membri dell'Unione i programmi di lotta all'analfabetismo funzionale, è lo strumento finanziario più adeguato: esso viene tuttavia utilizzato poco o male per mancanza di orientamenti strategici in materia;

6.   sottolinea che nel quadro della crisi economica e occupazionale, la padronanza delle competenze fondamentali è più che mai necessaria per riuscire a inserirsi nel mercato del lavoro. La capacità di leggere e scrivere si configura come una qualifica fondamentale per il futuro, come dimostra uno studio del Cedefop secondo cui nel 2015 il 75 % dei posti di lavoro richiederà qualifiche medio-alte;

7.   constata che l'applicazione della strategia di Lisbona, che doveva trasformare l'Unione europea nell'economia della conoscenza più avanzata al mondo, ha avuto la tendenza a concentrarsi sui lavoratori più qualificati; tuttavia, un'economia basata sulla conoscenza e sull'innovazione non può sostenersi solo grazie a un'avanguardia di professionisti altamente qualificati; è necessario che tutto il mondo del lavoro disponga delle competenze chiave che consentono l'apprendimento e la formazione permanenti. Inoltre, la strategia di Lisbona non potrà raggiungere gli obiettivi economici che si è data se in Europa permangono sacche di quasi sottosviluppo. Per l'Unione europea, la lotta all'analfabetismo funzionale rappresenta quindi anche un imperativo economico.

Sfatare i luoghi comuni

8.   il CdR e gli attori sul campo, tenendo conto dell'opportunità di definire il profilo delle persone a rischio di analfabetismo funzionale e di evitare possibili stereotipi in relazione a tale condizione, fanno le seguenti constatazioni:

l'analfabetismo funzionale non è un problema esclusivo dei giovani poiché interessa tutte le fasce d'età e in modo particolare le persone che hanno più di 45 anni,

la sua distribuzione sul territorio segue modelli complessi ed è difficile fare delle generalizzazioni. Nondimeno, le statistiche indicano una forte presenza di questo fenomeno nelle zone urbane caratterizzate da dinamiche di esclusione e nelle aree rurali con scarso accesso ai servizi,

esso non è limitato alle persone escluse dal mondo del lavoro poiché è dimostrato che la metà delle persone con questo problema ha un impiego,

l'analfabetismo funzionale non coincide con l'immigrazione poiché 3/4 degli analfabeti funzionali a cinque anni dal loro arrivo parlano solamente la lingua del paese nel quale risiedono. La lotta all'analfabetismo funzionale non deve essere quindi confusa con la politica linguistica a favore degli immigrati e va considerata componente essenziale dell'apprendimento permanente,

l'analfabetismo funzionale non interessa nella stessa proporzione uomini e donne nelle diverse fasce di età. In alcuni casi, per rispondere efficacemente a questo problema è necessario tenere conto della prospettiva relativa al genere;

9.   ricorda che la Carta dei diritti fondamentali, che con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha acquistato forza giuridica vincolante, garantisce, all'articolo 14, il diritto all'istruzione e all'accesso alla formazione professionale e continua. Poiché la capacità di leggere e scrivere è un elemento indispensabile per qualunque processo educativo, l'Unione europea deve completare e coordinare l'azione degli Stati membri per intensificare la lotta all'analfabetismo onde garantire il rispetto del diritto all'istruzione;

10.   rammenta l'esigenza di privilegiare la valutazione delle esigenze di formazione nel quadro dei programmi di formazione permanente, in particolare nelle amministrazioni pubbliche e nelle imprese, al fine di individuare le persone con problemi di analfabetismo funzionale e di consentire loro di acquisire la padronanza delle competenze fondamentali. Sono numerose, infatti, le persone che sul posto di lavoro mettono in atto una serie di strategie per nascondere il proprio analfabetismo;

11.   l'analfabetismo funzionale è un fattore di esclusione che rende più difficile l'attività lavorativa, limita la partecipazione democratica e sociale e compromette gravemente la realizzazione personale e la difesa dei propri diritti.

B.   Misure da considerare

La prevenzione, l'inserimento dei giovani e l'avanzamento professionale

Il CdR raccomanda di:

12.   promuovere lo scambio di buone pratiche a livello europeo, favorendo in particolare gli scambi tra gli enti locali che hanno compiuto importanti passi avanti nello sviluppo delle strategie di lotta all'analfabetismo funzionale. A tal fine si potrebbe istituire un registro delle buone pratiche tramite la creazione di un apposito forum permanente. Nel caso di strategie che coinvolgono i giovani sarebbe necessario tenere conto del tipo di difficoltà di lettura, per dare una risposta adeguata alle reali esigenze;

13.   inserire la lotta all'analfabetismo funzionale tra gli obiettivi trasversali della versione riveduta della strategia di Lisbona post-2010;

14.   sostenere, attraverso il Fondo sociale europeo, le imprese e le amministrazioni pubbliche che attuano programmi di formazione per i lavoratori che soffrono del problema dell'analfabetismo funzionale, assicurando che le procedure di individuazione utilizzate offrano le massime garanzie di rispetto della vita privata del lavoratore e di protezione della sua identità;

15.   promuovere iniziative di formazione per adulti destinate ai cittadini in condizione di analfabetismo funzionale che non svolgono attività lavorative retribuite;

16.   inserire la lotta all'analfabetismo funzionale negli orientamenti strategici comunitari che disciplinano il Fondo sociale europeo;

17.   elaborare una definizione europea dell'analfabetismo che includa l'analfabetismo funzionale;

18.   considerare i livelli locale e regionale come i più idonei a coordinare le risorse in funzione di obiettivi strategici e programmi d'azione, predisponendo meccanismi di coordinamento interregionali e sovraregionali atti a garantire un orientamento convergente nell'utilizzo di tali risorse. Il livello regionale deve essere sostenuto da quello nazionale e da quello europeo nel creare programmi che consentano a tutti i cittadini di accedere alla lettura, alla scrittura e alle competenze basilari. Occorre soprattutto assicurare che le autorità nazionali competenti procedano in maniera coordinata nell'adozione dei loro obiettivi strategici e nella definizione dei programmi. dando in linea di principio visibilità al contributo dello Stato, degli enti regionali e locali, degli operatori economici e della società civile;

19.   proporre che le amministrazioni degli enti regionali e locali diano l'esempio avviando programmi di formazione dei lavoratori interessati dall'analfabetismo funzionale tra il loro personale, integrando in tali programmi adeguate procedure di individuazione e offrendo programmi di formazione rivolti ai dipendenti che incontrano difficoltà nel lavoro. Questi programmi potrebbero essere sostenuti finanziariamente dall'Unione europea;

20.   favorire lo sviluppo della prevenzione e della lotta all'analfabetismo funzionale nel mondo del lavoro:

a livello delle imprese:

sensibilizzando gli imprenditori alla politica contrattuale, agli accordi di settore e agli accordi interprofessionali sui fondi di perequazione che consentono di realizzare programmi di formazione, rendere più sicuri i percorsi professionali e certificare le competenze professionali acquisite;

a livello dei lavoratori:

informando i lavoratori sul loro diritto individuale alla formazione e consentendo loro di accedere a incontri di orientamento con i consulenti per la formazione;

21.   includere il tema della lotta all'analfabetismo funzionale nell'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale in quanto fattore di aggravamento dell'esclusione;

22.   promuovere l'accesso alla stampa (cartacea o elettronica) e l'educazione ai mezzi di comunicazione, in particolare per i giovani, in modo da consentire loro di sviluppare il senso critico e di acquisire familiarità con la cultura del testo scritto per adattarsi meglio al mondo moderno;

23.   lanciare una campagna di comunicazione europea su questo flagello. Una tale iniziativa potrebbe contribuire a eliminare il tabù dell'analfabetismo e incoraggiare le persone interessate a chiedere aiuto;

24.   migliorare i meccanismi di formazione dei cittadini interessati da analfabetismo funzionale che, non essendo occupati, non vengono in genere individuati come tali e sono esposti al rischio di esclusione dai programmi formativi. Si tratta di gruppi come i disoccupati di lunga durata, le persone che si dedicano a lavori domestici ecc.;

25.   migliorare la formazione permanente di determinati gruppi di lavoratori autonomi, come i piccoli agricoltori o i piccoli proprietari, nell'ottica di migliorare le loro competenze chiave e di eliminare l'analfabetismo funzionale che ostacola lo sviluppo economico di determinati settori produttivi;

26.   dedicare un'attenzione particolare alla popolazione femminile, e in special modo alle lavoratrici di età più avanzata, che possono essere interessate in percentuale maggiore dall'analfabetismo funzionale, a causa di varie dinamiche di esclusione:

27.   promuovere un sistema europeo di valutazione dell'analfabetismo che comprenda indicatori e metodologie di valutazione comuni per gli Stati membri dell'UE;

28.   promuovere l'integrazione e il coordinamento della formazione permanente, dei tirocini formali e della formazione per adulti, onde realizzare una strategia congiunta di riduzione dell'analfabetismo funzionale.

C.   Conclusioni della consultazione con gli attori sul campo

29.   La lotta all'analfabetismo funzionale è una componente essenziale della politica di formazione permanente (formazione iniziale e continua) ed è distinta dalla politica linguistica per gli immigrati. Essa mira a consentire a tutti i cittadini di imparare a scrivere e a far di conto e di apprendere le competenze di base;

30.   la lotta all'analfabetismo funzionale migliora le prestazioni economiche dell'impresa e facilita l'avanzamento professionale e personale dei lavoratori, i quali si sentiranno così più a proprio agio nel lavoro e quindi anche nella vita privata;

31.   la formazione di base consente di anticipare i cambiamenti e di prevenire le cesure nel percorso professionale. Essa offre conforto alle fasce più deboli della popolazione ed evita il rischio di emarginazione;

32.   le misure di prevenzione e di lotta all'analfabetismo funzionale dovrebbero essere inserite sempre più spesso nelle politiche di diritto comune, in modo tale che ogni politica pubblica vi possa partecipare, direttamente o indirettamente, in maniera strutturale;

33.   a oltre 10 anni dal lancio della strategia di Lisbona, gli enti regionali e locali svolgono un ruolo importante come fornitori di istruzione e formazione permanente, ma anche come protagonisti della vita sociale ed economica degli Stati membri in quanto datori di lavoro e prestatori di servizi. Nella loro veste di prestatori di servizi al pubblico, essi hanno direttamente a che fare con la piaga dell'analfabetismo funzionale. Occorre richiamare la loro attenzione sugli esempi di buone pratiche riportati in allegato, promuovere lo scambio e sollecitarli al dialogo con i soggetti interessati. In questo modo i livelli di governo locali e regionali potranno essere coinvolti nella definizione e nella realizzazione delle iniziative adottate a livello europeo.

II.   ALLEGATI

Grafico: Quindicenni con scarse capacità di lettura nell'UE e in alcuni paesi terzi, in base alla scala PISA, nel 2000 e nel 2006 (fonte: OCSE)

Image

Esempi di buone pratiche

Servizi di assistenza telefonica che offrono consigli e iniziative per imparare a leggere e scrivere.

Programmi di formazione per adulti mirati a gruppi specifici.

Conseguimento di diplomi di istruzione post-scolastica in collaborazione con le università.

Iniziative didattiche, culturali e sociali indirizzate alle famiglie, per facilitarle nel compito di seguire i figli e per prevenire la dispersione scolastica.

Iniziative culturali destinate in particolare alle famiglie nomadi, nel quadro di programmi per la famiglia.

Attività di lettura per la prevenzione dell'analfabetismo funzionale in ambito rurale.

Attività didattiche e preventive realizzate nelle biblioteche e rivolte alla prima infanzia e all'infanzia.

Formazione dei genitori per aiutarli a seguire i figli nel percorso scolastico.

Attività formative destinate ai detenuti per l'acquisizione delle conoscenze di base.

Orientamento professionale di giovani che pur scolarizzati presentano conoscenze di base molto carenti.

Workshop con l'ausilio di supporti digitali per l'apprendimento di base e l'inserimento sociale e lavorativo.

Formazioni di base appositamente concepite per i lavoratori.

Formazioni di base per gli operatori degli enti locali.

Accesso alle conoscenze di base per i lavoratori agricoli con qualifiche di primo livello.

Individuazione delle esigenze formative di base dei lavoratori in funzione del posto di lavoro.

Programmi formativi di base nell'ambito dell'impresa.

Sensibilizzazione dei decisori.

Sviluppo di strategie regionali e di programmi d'azione in collaborazione con gli operatori locali.

Sviluppo del diritto alla formazione nell'impresa.

Consolidamento delle competenze di base per gli apprendisti nel quadro del percorso di professionalizzazione e di attribuzione delle qualifiche sulla base dell'esperienza acquisita.

Programmi formativi di base nell'impresa volti a garantire i percorsi di avanzamento professionale.

Percorsi di alternanza formazione-lavoro volti a facilitare il passaggio dalla scuola al lavoro.

Corsi di informatica e Internet.

Centri d'informazione per aiutare le persone ad orientarsi nei trasporti pubblici.

Programmi di rilevamento dell'analfabetismo funzionale negli enti locali.

Bruxelles, 10 febbraio 2010

La Presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


1.7.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 175/31


Parere del Comitato delle regioni sul libro verde «Promuovere la mobilità dei giovani per l’apprendimento»

(2010/C 175/08)

I.   RACCOMANDAZIONI STRATEGICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.   accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di suscitare in tutta Europa, con il Libro verde Promuovere la mobilità dei giovani per l'apprendimento, un dibattito volto a discutere le possibilità di promuovere meglio la mobilità, individuare gli ostacoli esistenti a una mobilità transfrontaliera dei giovani e mettere in rilievo i benefici delle esperienze acquisite in materia di mobilità;

2.   ribadisce il proprio sostegno, più volte manifestato, alla mobilità all'interno dell'Europa e al di là di essa, ed è d'accordo con il Consiglio e con la Commissione che, per tutti i giovani d'Europa, dei periodi di apprendimento all'estero dovrebbero gradualmente diventare la regola e non rimanere un'eccezione;

3.   fa notare che la promozione della mobilità dei discenti e dei docenti è un elemento centrale della cooperazione in materia di politica di formazione in Europa e che è espressamente sancito dal Trattato come uno degli obiettivi dell'azione dell'Unione europea in questo campo;

4.   in tale contesto, è dell'avviso che la trattazione di questo tema a livello comunitario rappresenti un notevole valore aggiunto europeo e possa dare un impulso importante alla configurazione di programmi, strumenti e iniziative - sia europei che nazionali, regionali e locali - volti a promuovere la mobilità dei giovani per l'apprendimento;

5.   ritiene che uno scambio approfondito di informazioni e di esperienze tra gli Stati membri possa costituire un importante vantaggio, e in relazione a ciò attribuisce una grande importanza in particolare alla diffusione, da parte della Commissione, delle buone pratiche degli Stati membri;

6.   aderisce all'approccio ampio adottato dal Libro verde, che è incentrato sulla situazione di tutti i giovani nei diversi contesti di apprendimento e include tutti i settori dell'apprendimento formale, non formale e informale;

7.   sottolinea l'importante contributo dato dagli enti regionali e locali al sostegno della mobilità per l'apprendimento, in particolare con riguardo all'informazione, alla consulenza e alla sensibilizzazione, ma anche, nella maggior parte dei casi, tramite misure che garantiscono la qualità e assicurano la disponibilità dei finanziamenti.

Sulla sempre maggiore importanza della mobilità per l'apprendimento

8.   condivide la valutazione della Commissione, secondo cui la mobilità per l'apprendimento, ovvero la mobilità transnazionale volta all'acquisizione di nuove competenze, è uno dei mezzi fondamentali attraverso i quali i giovani possono potenziare il proprio sviluppo personale, ottenere accesso a nuovo sapere, ampliare le loro conoscenze linguistiche, acquisire competenze interculturali e incrementare le proprie possibilità di occupazione;

9.   è convinto che, in tempi di sempre più rapida globalizzazione e di sempre più stretta interconnessione transfrontaliera di tutti i campi dell'esistenza e della vita professionale, le competenze interculturali, le conoscenze linguistiche e un sapere di carattere internazionale acquistino un'importanza ancora maggiore;

10.   concorda con la Commissione sul fatto che la mobilità promuove nei giovani un senso più profondo di identità europea e cittadinanza attiva europea e contribuisce a combattere la xenofobia. Essa stimola inoltre la circolazione del sapere, fondamentale per il futuro dell'Europa della conoscenza;

11.   conviene con la Commissione che la mobilità per l'apprendimento dovrebbe formare parte integrante dell'identità europea e costituire un'opportunità per tutti i giovani d'Europa, in modo da contribuire alla garanzia della competitività dell'Unione europea, alla costruzione di una società ad elevata intensità di conoscenza e dunque agli obiettivi della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione;

12.   condivide sì la valutazione della Commissione, secondo cui nel complesso sono ancora troppo pochi i giovani che vanno all'estero a scopi di apprendimento o di formazione, ma fa anche notare che il Libro verde non prende in considerazione le numerose misure finanziarie e organizzative offerte negli Stati membri che, al di fuori dei programmi comunitari, mirano a promuovere la mobilità;

13.   mette in evidenza che sia gli Stati membri che gli enti regionali e locali, nonché le scuole, gli istituti di insegnamento superiore, gli altri istituti di educazione e le organizzazioni giovanili, le imprese, le associazioni e le federazioni, promuovono tutta una serie di iniziative di mobilità funzionali all'apprendimento formale, non formale e informale;

14.   fa notare che spesso sono proprio i piccoli progetti di mobilità, decisi a livello locale, regionale e nazionale, a produrre effetti decisivi e a contribuire al rafforzamento di una mentalità europea, di una cittadinanza europea attiva e della democrazia.

Sui presupposti per una più forte mobilità dei giovani

15.   reputa che la disponibilità di informazioni complete e mirate, nonché di una consulenza personalizzata tagliata su misura dei bisogni individuali, siano condizioni fondamentali per realizzare e portare a buon fine un periodo di mobilità;

16.   ritiene che vi sia bisogno di informazioni supplementari, in particolare riguardo alle iniziative di promozione della mobilità estranee ai programmi comunitari, e che a tal fine sarebbe utile pubblicare delle sintesi - ad esempio nella forma di vademecum, anche in formato elettronico - sui programmi analoghi già esistenti negli Stati membri;

17.   è dell'avviso che, oltre che dalla qualità, trasparenza, compatibilità e accettazione delle offerte di formazione all'estero e dei titoli di studio ivi conseguiti, la propensione alla mobilità sia influenzata in particolare dall'insieme delle condizioni istituzionali e sociali nonché da considerazioni finanziarie;

18.   reputa necessario far conoscere meglio ai giovani i molteplici benefici di un periodo di mobilità, illustrare loro le possibilità esistenti in materia di incentivi alla mobilità e persuaderli dell'utilità di un periodo di questo tipo;

19.   richiama l'attenzione sul fatto che su taluni ostacoli alla mobilità si può agire dall'esterno solo in misura limitata, e sottolinea la sua convinzione che, per accrescere la mobilità, sia necessario un impegno considerevole in termini di disponibilità, di tempo, di sforzi e di apertura da parte di tutti i soggetti interessati;

20.   deplora pertanto che nel Libro verde si ometta di menzionare il fatto che ogni giovane è tenuto, malgrado gli ostacoli che ancora si frappongono alla mobilità, a dar prova di impegno personale e spirito di iniziativa per sforzarsi di superare le difficoltà esistenti, ad esempio partecipando a iniziative di scambi organizzati; in proposito sottolinea l'importanza di adottare misure che stimolino e promuovano l'iniziativa personale dei giovani;

21.   deplora altresì che il Libro verde non metta l'accento sull'importanza del ruolo svolto dalle famiglie, dato che è in seno alla famiglia che si deve far nascere già in una fase precoce la propensione a recarsi all'estero a scopo di apprendimento; ciò presuppone che i genitori conoscano la notevole utilità dei soggiorni all'estero, motivino i loro figli a trascorrere periodi di mobilità e li sostengano, laddove possibile, nella preparazione e realizzazione di tali soggiorni all'estero; in tale contesto, raggiungere gli strati meno istruiti ed economicamente svantaggiati della popolazione rappresenta una grande sfida;

22.   è decisamente favorevole a un'inclusione più efficace nei programmi di mobilità dei gruppi svantaggiati sul piano economico o sociale, delle persone con bisogni speciali e dei giovani immigrati, nonché a dare loro eventualmente un sostegno aggiuntivo, sotto forma di un tasso di sovvenzione più elevato, dato che spesso proprio queste categorie si trovano a fronteggiare ostacoli particolari;

23.   avverte che, benché sia giusto invocare un rafforzamento della mobilità transnazionale per l'apprendimento, occorre evitare di trascurare gli altri compiti e le altre esigenze delle scuole, degli istituti di insegnamento superiore, degli organismi di formazione e degli altri istituti di educazione - ad esempio per quanto concerne la programmazione di un anno scolastico o l'organizzazione a più lungo termine di processi di apprendimento - a detrimento della qualità dell'azione formativa;

24.   è favorevole a un proseguimento oltre il 2013 dei programmi educativi comunitari di promozione della mobilità, e invita la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo a prevedere in una fase precoce risorse sufficienti per tale scopo nel corso della preparazione del quadro finanziario pluriennale 2014-2020;

25.   constata con soddisfazione che il Libro verde menziona a più riprese il contributo essenziale dei livelli regionali e locali alla promozione della mobilità; esorta quindi la Commissione a tener conto in maniera più incisiva, nell'elaborazione ed attuazione dei programmi di mobilità, di questo ruolo fondamentale svolto dagli enti subnazionali, associandoli stabilmente all'elaborazione dei programmi stessi;

26.   reputa che l'esigenza di promuovere la mobilità dei giovani anche in tutta la gamma delle professioni debba rispecchiarsi nella configurazione del programma comunitario per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita; si potrebbe dunque, per esempio, creare la possibilità, per gli studenti di ogni tipo di scuola, di beneficiare di un sostegno anche per periodi di stage all'estero presso imprese o altre strutture extrascolastiche;

27.   raccomanda di ridurre nettamente gli oneri amministrativi legati alle iniziative comunitarie in materia di mobilità e di semplificare i voluminosi moduli di domanda;

28.   fa notare alle autorità competenti a livello nazionale, regionale e locale che esse potrebbero mantenere nel settore dell'istruzione le risorse finanziarie che si rendono disponibili a causa della diminuzione del tasso di natalità negli Stati membri dell'Unione europea e impiegarle tra l'altro per promuovere la quantità e la qualità della mobilità per l'apprendimento;

29.   incita gli Stati membri e gli enti regionali e locali ad adottare, nell'ambito della rispettiva sfera di responsabilità e competenza, disposizioni che sostengano la mobilità e contribuiscano a rimuovere gli ostacoli che si frappongono ad essa;

30.   ritiene che le macroregioni, le quali svolgono un ruolo sempre più importante in un'Unione europea composta ora di 27 Stati membri, possano dare un contribuito significativo anche nell'ambito del sostegno alla mobilità per l'apprendimento;

31.   raccomanda agli enti regionali e locali di contribuire all'apprendimento non formale attraverso iniziative di mobilità in connessione con i partenariati tra regioni o tra città;

32.   reputa che, in una società della conoscenza che diventa sempre più globalizzata, sia necessario sensibilizzare maggiormente anche il corpo insegnante, i formatori, i datori di lavori e i cittadini in genere riguardo all'importanza di acquisire competenze internazionali.

Su un nuovo partenariato per la mobilità

33.   condivide la valutazione della Commissione, la quale ritiene che, per realizzare un aumento significativo delle possibilità di mobilità dei giovani, sia necessario adottare, in tutti i settori, un'azione concertata, e che per far ciò vi sia bisogno di un nuovo partenariato in cui gli organismi pubblici collaborino con la società civile, con le imprese e un gran numero di altri soggetti attivi nel campo della formazione e della gioventù;

34.   è favorevole a compiere sforzi in tutti i campi e a tutti i livelli per sfruttare tutte le potenzialità esistenti in materia di mobilità e aprire nuove strade per la sua promozione;

35.   concorda con la Commissione che i cosiddetti «moltiplicatori» (insegnanti, formatori, animatori giovanili, persone che hanno già partecipato a programmi di mobilità, ecc.) svolgono un ruolo chiave nella promozione della mobilità dei giovani, e raccomanda quindi che nei prossimi bandi di concorso e nelle nuove generazioni di programmi si dia un più forte rilievo a questa importante funzione dei moltiplicatori;

36.   accoglie con favore la nuova azione Comenius Regio, che permette di coinvolgere anche istituti non scolastici e ha l'obiettivo di promuovere, a livello di regioni e comuni, una cooperazione europea in campo scolastico, nel quadro della quale i partner collaborino su temi di interesse comune, scambino esperienze e sviluppino strutture durevoli di cooperazione;

37.   considerate la ripartizione delle competenze nel campo della formazione e l'eterogeneità degli attori che vi operano, esprime riserve riguardo alla richiesta della Commissione secondo cui le autorità europee, nazionali e regionali, devono cooperare con gli istituti di educazione, gli organismi della società civile e le autorità locali al fine di unire le rispettive possibilità di finanziamento;

38.   fa osservare che, anche mettendo in comune le risorse finanziarie, non se ne accrescerà comunque il volume complessivo, ed è perciò favorevole a dare la priorità a un rafforzamento qualitativo dei programmi esistenti e a un miglioramento dell'informazione sulle offerte disponibili;

39.   esorta gli enti regionali e locali a promuovere la mobilità per l'apprendimento, non solo attuando progetti nel quadro del programma per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, ma anche esaminando in maniera approfondita in che misura iniziative di mobilità - per esempio nel quadro di partenariati bilaterali e multilaterali tra regioni in materia di formazione professionale - possano essere finanziate anche con risorse dei fondi strutturali europei;

40.   incita gli istituti di insegnamento superiore a esplorare nuove forme di cooperazione tra organismi pubblici e settore privato per promuovere la mobilità;

41.   esorta le imprese a recare il loro contributo alla promozione della mobilità, in particolare nei campi della formazione professionale iniziale e continua nonché della ricerca, ad adottare misure a favore della mobilità dei tirocinanti nonostante le differenze strutturali - talvolta notevoli - tra i sistemi di formazione professionale, e a investire nel sapere, nelle capacità e nelle competenze anche in questi tempi di difficoltà economiche;

42.   rammenta il sostegno dato al progetto pilota «Erasmus dei rappresentanti politici eletti a livello locale» (1), che dovrebbe offrire a tali rappresentanti la possibilità di ampliare le loro conoscenze, acquisire nuove esperienze e condividere le buone pratiche;

43.   sostiene sì l'opinione che la mobilità virtuale può solo completare l'esperienza della mobilità fisica e non può sostituirsi ad essa, ma è nondimeno convinto che la prima possa recare un valido contributo alla seconda, in quanto può agevolare notevolmente il compito dei giovani che si preparano a trascorrere un periodo di mobilità fisica e può migliorare in maniera sostenibile la qualità di tale esperienza.

Sulla fissazione di obiettivi di mobilità a livello europeo, regionale e locale

44.   richiama le conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2005 concernenti un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione, nelle quali si chiede alla Commissione di presentare, entro la fine del 2010, una proposta di livelli di riferimento del rendimento medio europeo («criteri di riferimento europei»), i quali dovranno tener conto degli aspetti quantitativi e qualitativi, e attende con grande interesse i risultati di questi lavori;

45.   rammenta che i livelli di riferimento del rendimento medio europeo non contengono alcuna fissazione di obiettivi per singolo Stato membro e non anticipano decisioni, che devono essere adottate dai singoli governi, anche se misure nazionali adottate sulla base di priorità nazionali contribuiscono a far raggiungere detti livelli di riferimento;

46.   per quanto riguarda l'invito della Commissione a stabilire, per completare i livelli di riferimento del rendimento medio europeo, criteri di riferimento specifici per ciascuna regione, università, scuola, impresa e associazione, fa osservare ad ogni modo che la fissazione di criteri di riferimento nazionali o regionali rientra nella competenza degli Stati membri;

47.   insiste inoltre sul fatto che la creazione di nuovi indicatori e criteri di riferimento può, in certe circostanze, comportare un considerevole onere amministrativo e finanziario supplementare per i livelli nazionale, regionale e locale, e che pertanto, in considerazione degli sforzi della Commissione per ridurre la burocrazia, tale creazione dovrebbe essere presa in considerazione solo nel caso in cui una completa analisi costi-benefici dovesse dare un risultato positivo;

48.   invita la Commissione a elaborare, dopo aver valutato i risultati della consultazione, un inventario delle buone pratiche raccolte accompagnato dall'indicazione di approcci risolutivi concreti e praticabili ai problemi esistenti nel campo della promozione della mobilità, e a mettere poi tale inventario a disposizione dei responsabili nazionali, regionali e locali competenti.

Bruxelles, 10 febbraio 2010

La Presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  Libro bianco del Comitato delle regioni sulla governance multilivello, CdR 89/2009 fin.


1.7.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 175/35


Parere del Comitato delle regioni sul tema «L’Internet degli oggetti e riutilizzo dell’informazione del settore pubblico»

(2010/C 175/09)

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.   accoglie con favore l'iniziativa della Commissione europea di riesaminare la direttiva sul riutilizzo dell'informazione del settore pubblico e di promuovere il piano d'azione sull'Internet degli oggetti, dal momento che potrebbero trasformarsi in strumenti preziosi per i cittadini, le imprese e le amministrazioni e contribuire a creare posti di lavoro e a migliorare la qualità dei servizi pubblici;

2.   sottolinea l'importanza di riutilizzare l'informazione del settore pubblico a fini commerciali e non, e di investire nella ricerca a sostegno di attività specifiche e dello sviluppo di applicazioni future intese a valorizzare il settore dell'Internet degli oggetti;

3.   insiste sull'importanza degli enti locali e regionali in linea con la strategia i2010 per una società europea dell'informazione, in quanto tali enti sono il motore della crescita economica a livello locale e creano, utilizzano e dispongono di molti prodotti e servizi di informazione digitale; per questa ragione occorre coinvolgere in modo efficace e completo gli enti regionali e locali nella gestione e nello sviluppo dell'Internet degli oggetti;

4.   sottolinea che, a livello locale e regionale, l'Internet degli oggetti può migliorare la qualità della vita e le attività socioeconomiche dei cittadini, stimolare lo sviluppo regionale e le imprese locali e fornire ai cittadini servizi pubblici più efficienti e su misura. Vi sono diversi modi in cui gli enti locali e regionali possono realizzare pienamente questo potenziale dal momento che sono tra i principali beneficiari dei principi di governance dell'Internet degli oggetti, oltre ad essere il motore fondamentale del suo sviluppo e della sua attuazione;

5.   chiede che vengano individuate soluzioni adeguate per la raccolta e la gestione dell'informazione del settore pubblico, tenendo conto delle diversità culturali e amministrative tra gli Stati membri e tra gli enti regionali e locali;

6.   sottolinea il ruolo della logistica necessaria alla gestione della grande quantità di dati che verranno usati dalle applicazioni sviluppate e gestite dalle amministrazioni pubbliche;

7.   accoglie con soddisfazione il fatto che la direttiva sul riutilizzo dell'informazione del settore pubblico si adoperi per minimizzare l'onere amministrativo supplementare che la disponibilità di tali informazioni comporta per gli organismi pubblici;

8.   sottolinea l'importanza e la necessità di poter contare su regole e pratiche comuni in materia di riutilizzo e sfruttamento delle informazioni del settore pubblico, che garantiscano l'applicazione delle stesse condizioni di base a tutti coloro che operano sul mercato europeo dell'informazione, una maggiore trasparenza riguardo alle condizioni di riutilizzo di detta informazione e l'eliminazione delle distorsioni del mercato interno;

9.   evidenzia la necessità di promuovere l'e-Inclusione, vale a dire una società dell'informazione inclusiva ed equa sul piano regionale e sociale, che utilizzi le tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC) per accrescere la competitività e migliorare i servizi pubblici nel più ampio quadro dell'Internet degli oggetti;

10.   raccomanda di incoraggiare lo sviluppo di laboratori in Europa che coniughino finanziamenti universitari e privati per amplificare gli effetti delle attività di ricerca nel settore delle tecnologie dell'informazione in Europa;

11.   sottolinea che l'accesso all'informazione del settore pubblico e il suo riutilizzo possono rafforzare le applicazioni dell'Internet degli oggetti. Le città e le regioni, che sono le principali depositarie e detentrici di contenuti dell'informazione del settore pubblico, contribuiscono in maniera essenziale a facilitare la creazione dell'Internet degli oggetti.

Direttiva sul riutilizzo dell'informazione del settore pubblico

12.   fa osservare che, per sviluppare un mercato del riutilizzo dell'informazione del settore pubblico, è necessario abbandonare gli accordi di esclusiva conclusi da organismi del settore pubblico e società private e attuare politiche che applichino modalità per la concessione delle licenze e la tariffazione che favoriscano e massimizzino il riutilizzo dell'informazione del settore pubblico (in particolare mediante l'applicazione dei costi marginali); è inoltre importante esaminare e chiarire i tipi di meccanismi utilizzati per la produzione e la gestione dei dati pubblici;

13.   per quanto riguarda il principio di un mercato competitivo dell'informazione del settore pubblico, sottolinea che è essenziale garantire che gli erogatori di servizi pubblici siano soggetti alle medesime condizioni delle istituzioni pubbliche, permettere che gli utilizzatori privati abbiano accesso ai dati pubblici e definire chiaramente le condizioni alle quali tali dati possono essere utilizzati a scopi commerciali;

14.   fa notare che è indispensabile stabilire un metodo oggettivo per misurare il valore economico dell'informazione, considerato il suo carattere pubblico e il suo rapporto con le istituzioni governative;

15.   propone di operare una distinzione tra l'accesso all'informazione pubblica e il suo riutilizzo, nel pieno rispetto delle norme in materia di protezione dei dati, allo scopo di accrescere i benefici per il produttore delle informazioni che potrebbe non essere in grado di coprire interamente le spese sostenute per generarle, e con l'obiettivo di minimizzare il numero di casi in cui l'accesso all'informazione pubblica è limitato.

Gli enti locali e regionali - principali motori e beneficiari dell'utilizzo dell'informazione del settore pubblico

16.   chiede di accordare maggiore importanza alla sensibilizzazione a livello regionale e locale, alla luce della carenza di informazioni e/o di meccanismi per individuare le informazioni che possono essere riutilizzate, e di aiutare gli organismi pubblici ad essere più trasparenti e a promuovere il riutilizzo dell'informazione del settore pubblico;

17.   sottolinea che si potrebbe sfruttare pienamente il potenziale del riutilizzo dell'informazione del settore pubblico coinvolgendo maggiormente gli enti locali e regionali i quali potrebbero contribuire in maniera significativa alla promozione del riutilizzo di queste informazioni per incrementare la competitività e creare occupazione;

18.   segnala l'assoluta necessità che le istituzioni pubbliche a livello locale e regionale dispongano di capacità interne adeguate e di risorse finanziarie sostenibili per la digitalizzazione. I partenariati pubblico-privati e lo sviluppo del mercato dell'e-learning costituiscono delle alternative per finanziare la digitalizzazione dei contenuti. L'informazione del settore pubblico può sviluppare un flusso di entrate in grado di autoalimentarsi e di contribuire alla creazione di dati e agli sforzi a favore della digitalizzazione. Inoltre, le reti e le comunità interattive sono anche importanti perché permettono di realizzare una riduzione dei costi, ad esempio nel caso dello sviluppo di software aperti.

L'Internet degli oggetti

19.   sottolinea che lo sviluppo delle tecnologie informatiche rappresenta una sfida cruciale per le nostre società e per il mercato unico europeo, a condizione però che l'UE destini risorse economiche sufficienti all'innovazione, alla ricerca di base e alla R&S e risorse politiche alla governance dell'Internet del futuro;

20.   osserva che lo sviluppo di piattaforme interattive, come ad esempio il web 2.0, è divenuto più utile in ragione delle loro complesse funzioni di condivisione delle informazioni e interoperabilità avanzata tra un gran numero di reti, con la possibilità di creare o fornire contenuti, sotto forma individuale oppure attraverso forme cooperative o collettive; in questo contesto, il rapido sviluppo delle tecnologie della memoria di massa è indispensabile per le banche dati delle pubbliche amministrazioni che conterranno la descrizione degli oggetti identificati tramite l'indirizzo Internet;

21.   propone di prestare particolare attenzione al futuro di Internet, che potrebbe trasformarsi in una combinazione di Internet degli oggetti e contenuti e servizi di elevata qualità grazie alla tecnologia del web 2.0 come piattaforma di supporto. Questo nuovo paradigma, che modificherà il posto e il ruolo delle reti pervasive nella vita dei cittadini e nella crescita economica, potrebbe provocare una profonda trasformazione sociale.

La governance dell'Internet degli oggetti, privacy e sicurezza dei dati

22.   sottolinea che non si può demandare interamente lo sviluppo dell'Internet degli oggetti al settore privato, considerati i profondi mutamenti a livello sociale che l'Internet degli oggetti comporterà. Solo la partecipazione dei responsabili politici europei e delle autorità pubbliche, compresi gli enti locali e regionali, può garantire che l'uso delle TIC stimoli la crescita economica e consenta di affrontare le sfide di una società che invecchia e di promuovere un uso più efficiente dell'energia;

23.   nota che la governance dell'Internet degli oggetti deve essere definita ed esercitata in maniera coerente con tutte le attività pubbliche, come affermato dal CdR nel suo Libro bianco sulla governance multilivello (1) che si propone di accrescere l'efficienza dell'azione comunitaria mediante un'azione coordinata dell'Unione, degli Stati membri e degli enti regionali e locali fondata sul partenariato e volta a definire e attuare le politiche dell'UE;

24.   sottolinea la necessità di rispondere con successo all'importante sfida strategica dell'Internet degli oggetti ricorrendo ai principi e ai meccanismi della governance multilivello, sia in senso verticale («enti regionali e locali - governo nazionale e Unione europea») sia in senso orizzontale («enti regionali e locali - società civile»), o sperimentando alcune innovazioni a livello locale e regionale;

25.   sottolinea che, nell'ambito della realizzazione delle infrastrutture dell'Internet degli oggetti e dei servizi veicolati su di esse, sarà necessario prestare la massima attenzione al soddisfacimento di tutti i requisiti di sicurezza ad ogni livello per garantire adeguati standard di rispetto della privacy e di protezione dei dati personali ed evitare ogni forma di utilizzo non autorizzato delle informazioni a carattere personale e dei profili degli utenti, riguardo in particolare alle preferenze in materia di acquisti, ai problemi medici, alle cartelle sanitarie, ecc.;

26.   osserva che l'organizzazione degli enti pubblici (per lo più a livello locale), la convergenza della normativa a livello europeo, la diffusione della cultura innovativa fra le risorse umane nella pubblica amministrazione grazie anche a un codice comune di etica, e le modalità di gestione delle funzioni legate alle TIC sono tutti fattori che condizionano la tutela della privacy;

27.   ritiene pertanto necessario prestare particolare attenzione allo sviluppo di orientamenti e raccomandazioni volti a definire strategie, regole, standard e formati comuni nell'ambito delle TIC con l'obiettivo di accrescere la sicurezza dei dati e favorire la protezione della vita personale;

28.   chiede interventi di formazione diffusa per tutto il personale, con particolare riferimento al personale tecnico specialistico (es. reti, sistemi, sicurezza, privacy), al personale direttamente coinvolto nei processi di sicurezza che richiedono metodologie diverse e al personale genericamente o indirettamente coinvolto nei processi di innovazione e ammodernamento (p. es. alfabetizzazione informatica dei consumatori).

Implicazioni socioeconomiche dell'Internet degli oggetti

29.   come ha già sostenuto in precedenti pareri (2), reputa che gli enti regionali e locali dovrebbero partecipare a una cooperazione ad ampio raggio volta a migliorare l'interoperabilità delle pubbliche amministrazioni e l'efficienza dell'erogazione dei servizi pubblici;

30.   sottolinea che gli enti regionali e locali possono assumere - ed effettivamente assumono - una funzione di leader nella promozione della competitività europea, nell'aumento delle opportunità commerciali e nel miglioramento dei servizi di sanità pubblica, nonché nell'uso delle TIC per accrescere l'efficienza energetica mediante la condivisione delle migliori prassi tecnologiche, l'identificazione dei partner per progetti e l'allocazione dei fondi;

31.   osserva che da sole le politiche di promozione delle TIC non saranno sufficienti per ottenere migliori risultati economici senza il supporto attivo e la partecipazione degli enti regionali e locali. È necessario che la società civile, gli enti regionali e locali e il governo collaborino per assicurare l'avvio di un circolo virtuoso di potenziamento delle risorse umane, modifiche organizzative, TIC e produttività;

32.   sottolinea che le azioni intese ad accrescere l'alfabetizzazione elementare nelle TIC, creare competenze di alto livello nelle TIC, promuovere l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita nelle TIC e potenziare le competenze manageriali e d'instaurazione di reti necessarie per l'utilizzo efficiente delle TIC rivestono un'importanza particolare e rientrano nelle competenze fondamentali degli enti regionali e locali.

Ricerca, sviluppo e innovazione

33.   elogia la Commissione per il suo impegno a continuare a sostenere la ricerca e lo sviluppo tecnologico nel settore dell'Internet degli oggetti mediante il 7PQ, al di là dei significativi successi finora conseguiti, e approva l'uso del programma CIP in quanto costituisce un'eccellente piattaforma per promuovere l'applicazione delle future tecnologie dell'Internet degli oggetti. A questo riguardo, potrebbe essere molto vantaggioso realizzare progetti pilota su scala locale e regionale, tanto in termini di facilità di attuazione che di rapporto costi/benefici;

34.   reputa che gli attori nazionali e regionali dovrebbero svolgere un ruolo più importante nello sviluppo di nuove grandi iniziative europee come ad esempio ERA-NET o le iniziative tecnologiche congiunte (3). In questo contesto il processo di accrescimento del potenziale di ricerca e innovazione per ottenere un vantaggio competitivo sostenibile in Europa, e quindi realizzare più rapidamente gli obiettivi dell'Internet degli oggetti, può riuscire solo se vi partecipano le città e gli enti regionali che stanno attribuendo alla ricerca e all'innovazione una priorità assoluta per i loro finanziamenti pubblici;

35.   chiede una maggiore complementarità tra le politiche esistenti e gli strumenti di cooperazione, nonché un uso coordinato del 7PQ, dei fondi strutturali e del programma CIP, i quali offrono possibilità di investimento adatte alle caratteristiche particolari dei diversi progetti di ricerca;

36.   sottolinea la necessità di attirare accademici di vaglia dai paesi extraeuropei ed evidenzia l'importanza delle regioni in quanto principali fornitori di servizi nel settore dell'istruzione e della formazione, nonché l'esigenza crescente di rafforzare gli investimenti regionali nelle risorse umane; occorre rivolgere un'attenzione particolare alle politiche dell'innovazione a livello locale, ai centri tecnologici, agli incubatori d'imprese, ai parchi scientifici e ai capitali di rischio.

Dialogo internazionale

37.   sottolinea che, nel contesto della cooperazione internazionale, le regioni rivestono un'importanza particolare grazie alla presenza di condizioni quadro favorevoli sul piano programmatico, strutturale e legislativo nell'ambito delle loro politiche di ricerca;

38.   fa notare che anche piccoli organismi a livello locale e regionale possono produrre conoscenze di interesse mondiale in campi specialistici circoscritti, in particolare quando essi partecipano a reti globali e collaborano con imprese la cui attività è basata sulla conoscenza;

39.   rileva a questo proposito la sempre maggiore importanza che vanno assumendo i collegamenti e la cooperazione fra le regioni sia all'interno di singoli paesi, sia fra paesi diversi, in particolare per le politiche tese a sostenere gli ecosistemi di reti, cluster e innovazione, mentre il sostegno loro accordato si orienta sempre più verso la creazione di «nodi» di livello mondiale per il collegamento a catene di innovazione globali piuttosto che verso cluster legati a specifiche realtà geografiche.

Bruxelles, 10 febbraio 2010

La Presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  CdR 89/2009 fin.

(2)  CdR 10/2009 fin.

(3)  CdR 83/2007 fin.


III Atti preparatori

Comitato delle regioni

83a sessione plenaria dal 9 al 10 febbraio 2010

1.7.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 175/40


83aSESSIONE PLENARIA DAL 9 AL 10 FEBBRAIO 2010

Parere del Comitato delle regioni sul tema «Anno europeo del volontariato (2011)»

(2010/C 175/10)

I.   RACCOMANDAZIONI STRATEGICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.   accoglie con favore la proposta della Commissione europea di designare il 2011 Anno europeo del volontariato e condivide l'analisi effettuata dalla Commissione stessa circa il contributo che il volontariato presta alla società europea su più fronti, nonché circa le sfide e le esigenze politiche del settore;

2.   si compiace che la Commissione riconosca il volontariato come componente centrale della cittadinanza attiva a livello locale, regionale, nazionale e di Unione europea. Per molti cittadini, il volontariato è una manifestazione personale dei concetti di coesione sociale e di capitale sociale: si tratta, nella sua forma più vera, di cittadinanza attiva;

3.   pone in rilievo il ruolo essenziale svolto dagli enti regionali e locali nel promuovere, sviluppare e appoggiare le attività di volontariato, come dimostrato dalla mole di attività di volontariato agevolate direttamente a questi livelli, e accoglie con favore il riconoscimento del ruolo degli enti regionali e locali nella proposta di decisione;

4.   si compiace che la Commissione europea comprenda l'importanza del volontariato in relazione all'occupabilità e all'apprendimento permanente. Si tratta infatti di un aspetto di estrema importanza non solo in questo momento di crisi economica, ma anche in momenti di prosperità, in quanto incoraggia la coesione sociale;

5.   pone in evidenza il contributo economico che il volontariato apporta alle economie locali, regionali, nazionali e dell'intera UE, nonché la sua rilevanza in quanto fattore in grado di influenzare gli investimenti e la creazione di posti di lavoro. Osserva che l'Anno europeo offre l'opportunità di condurre una riflessione più ampia sul contributo del volontariato nel contesto del rinnovo della strategia europea per la crescita e l'occupazione (strategia di Lisbona) e del programma nazionale di riforma;

6.   pone tuttavia l'accento sul fatto che le attività di volontariato non devono essere utilizzate, in nessun settore, come un surrogato o un sostituto del lavoro prestato dal personale impiegato retribuito; le autorità pubbliche dovrebbero, ciascuna secondo le proprie competenze, assicurarsi che né esse stesse né i loro partner contrattuali adottino pratiche di questo tipo.

Base giuridica e denominazione dell'Anno europeo

7.   accetta che il 2011 venga ridenominato «Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva», in linea con la base giuridica utilizzata per redigere la proposta di decisione, osservando però che presso il grande pubblico dovrebbe restare in uso il titolo originario, cosa che agevolerebbe il sostegno, il riconoscimento e la comprensione dell'Anno europeo 2011 ed eviterebbe di diluirne il tema centrale, cioè appunto il volontariato;

8.   chiede inoltre di evitare lunghe discussioni sulla base giuridica e di finalizzare al più presto possibile una decisione sulla proposta, in modo da lasciare un margine di tempo sufficiente per intraprendere le azioni preparatorie nel 2010;

9.   riconosce che il volontariato è una dimensione essenziale della cittadinanza attiva e della democrazia. Sottolinea tuttavia che questo è solo uno degli aspetti del volontariato, e che l'Anno europeo deve anche promuovere il vasto contributo che il volontariato presta alla società europea.

Migliorare le sinergie tra gli Anni europei

10.   ritiene che la designazione del 2011 Anno europeo del volontariato dovrebbe sviluppare alcune delle attività previste nel quadro dell'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale (2010), dato il ruolo svolto dal volontariato al riguardo. Suggerisce inoltre che l'Anno europeo promuova azioni integrative a quelle previste nel quadro del decimo anniversario dell'Anno internazionale dei volontari delle Nazioni Unite;

11.   chiede inoltre che i risultati dell'Anno europeo del volontariato 2011 vengano utilizzati per pianificare e attuare azioni collegate ai futuri Anni europei pertinenti, quali ad esempio l'Anno europeo dell'invecchiamento attivo (2012) e l'Anno europeo della cittadinanza (proposto per il 2013);

12.   raccomanda alla Commissione europea di sviluppare migliori sinergie tra gli anni europei in generale, anziché considerarli come eventi isolati: ciò, infatti, apporterebbe un più elevato valore aggiunto e consentirebbe di capitalizzare maggiormente le attività e i risultati dei vari anni europei;

13.   suggerisce, a questo proposito, la necessità di un coinvolgimento più ampio e di un maggiore coordinamento orizzontale dei servizi della Commissione europea, nonché di un maggiore impegno da parte degli Stati membri e di maggiori sforzi per coinvolgere i livelli subnazionali di governo, in modo da garantire che il seguito al 2011 sia efficace e sviluppi i risultati ottenuti.

Obiettivi dell'Anno europeo del volontariato (2011)

14.   accoglie con favore i quattro obiettivi stabiliti dalla Commissione europea per l'Anno europeo del volontariato, in quanto illustrano in maniera pratica e chiara le dimensioni del volontariato, sia per i singoli che per le organizzazioni;

15.   richiama l'attenzione sulle diverse forme, sfere e tradizioni del volontariato nei vari Stati membri e sottolinea, per il 2010 e 2011, la necessità di un approccio improntato alla comprensione e alla flessibilità. Ritiene che l'Anno europeo del volontariato offra un'opportunità unica di censire e creare ex novo forum pertinenti, con l'obiettivo di condividere esperienze e migliori pratiche tra i livelli nazionale, regionale e locale di tutti gli Stati membri dell'UE;

16.   chiede di prendere in considerazione l'idea di un approccio comune tra Stati membri per quantificare le attività di volontariato in quanto tema centrale del terzo dei quattro obiettivi proposti dal documento in esame, cioè «Ricompensare e riconoscere le attività di volontariato»;

17.   sottolinea la necessità di avvalersi dell'Anno europeo del volontariato per migliorare le condizioni in cui questa attività si svolge nell'Unione europea, prestando particolare attenzione alla messa a disposizione di infrastrutture dotate di risorse adeguate, efficienti e visibili, che consentano al pubblico di accedere agevolmente alle opportunità di volontariato;

18.   chiede di individuare un giorno specifico verso la fine del 2011 e di proclamarlo «Giornata europea del volontariato», tenendo conto delle diverse tradizioni di volontariato esistenti negli Stati membri. La Giornata europea del volontariato potrebbe essere utilizzata ogni anno per creare un senso di solidarietà tra i cittadini dell'UE che svolgono attività di volontariato e promuovono il volontariato presso il grande pubblico in maniera coerente ed innovativa;

19.   suggerisce inoltre, alla luce del ruolo che la politica pubblica può svolgere a livello locale e regionale nel promuovere ed agevolare le attività di volontariato, di istituire nel corso del 2011 - a livello comunitario e di singoli Stati membri - un premio biennale per la città o ente locale che si è dimostrato più attivo nel favorire il volontariato. Suggerisce inoltre premi per il «volontario dell'anno», per riconoscere l'impegno e i risultati dei singoli nel campo del volontariato;

20.   richiama l'attenzione sulla necessità di coinvolgere i cittadini che già praticano attività di volontariato (in particolare quelli appartenenti ai gruppi socialmente esclusi) in opportune azioni di comunicazione intese a promuovere l'impegno in materia di volontariato presso tutti i cittadini dell'UE;

21.   sottolinea che le azioni di comunicazione dovrebbero incentrarsi su temi che includano le attività di volontariato locali, quelle transfrontaliere e quelle nei paesi in via di sviluppo.

Risultati dell'Anno europeo del volontariato (2011)

22.   sottolinea che, affinché l'Anno europeo del volontariato raggiunga i suoi obiettivi, è necessaria una massa critica di iniziative che abbiano un impatto durevole sul volontariato in tutta l'UE. In particolare, l'Anno europeo del volontariato deve mirare a ottenere un impegno politico inteso a:

(a)

risolvere il problema della mancanza di uno statuto giuridico per i volontari che sia compatibile in tutta l'UE;

(b)

prevedere una raccolta di dati più sistematica sui volontari e sui servizi che essi forniscono, in modo da poter quantificare accuratamente il valore economico del settore; e

(c)

eliminare le barriere che ostacolano coloro che vorrebbero prestare attività di volontariato (ad esempio la mancanza di una procedura sistematica a livello UE in materia di certificato del casellario giudiziario per coloro che desiderano lavorare con bambini e adulti vulnerabili, oppure la minaccia di eliminare i sussidi per i disoccupati che vorrebbero impegnarsi in attività di volontariato ecc.);

23.   suggerisce che l'Anno europeo del volontariato getti le basi per formulare un piano d'azione per il volontariato che preveda un migliore riconoscimento e un maggiore sostegno per il volontariato in diverse aree strategiche e programmi dell'UE. Ritiene poi che le conferenze tematiche previste per il 2011 debbano essere utilizzate per individuare gli elementi centrali e le priorità di questo piano d'azione;

24.   ritiene che l'Anno europeo del volontariato potrebbe anche facilitare un dibattito sulle politiche appropriate a livello nazionale, per stimolare e promuovere le attività di volontariato;

25.   suggerisce inoltre di prestare maggiore attenzione ad un più ampio riconoscimento dell'equivalente monetario del volontariato come finanziamento complementare dei programmi finanziati dall'UE dopo il 2013, e osserva che ciò richiede un più forte riferimento nel Regolamento finanziario, nonché una più ampia consultazione interservizi con le direzioni generali competenti.

Risorse finanziarie

26.   deplora il livello relativamente basso di finanziamenti destinati all'Anno europeo del volontariato (soprattutto rispetto ai 17 milioni di euro stanziati nel 2010). C'è il rischio che, con finanziamenti di questa entità, gli obiettivi dell'Anno non vengano pienamente realizzati e le attività previste non filtrino attraverso le varie strutture fino al grande pubblico;

27.   suggerisce quindi che i 6 milioni di euro previsti dalla proposta di decisione vengano considerati lo stanziamento minimo, e che all'Anno europeo del 2011 vengano destinate maggiori risorse, in funzione delle disponibilità. Invita la Commissione europea ad articolare più chiaramente il ventaglio delle altre possibilità di finanziamento previste da programmi comunitari pertinenti che potrebbero contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell'Anno europeo del volontariato.

Ruolo del Comitato delle regioni

28.   si impegna a promuovere attivamente gli obiettivi dell'Anno europeo del volontariato e a partecipare, ove opportuno, alle attività svolte nell'ambito di questa iniziativa. Offre di collaborare con la Commissione europea e con gli Stati membri per dare espressione concreta all'Anno europeo del volontariato.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Emendamento alla Proposta di decisione del Consiglio relativa all'Anno europeo del volontariato

Articolo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento

Ogni Stato membro designa un organismo incaricato di organizzare la sua partecipazione all'Anno europeo (in appresso «organismo nazionale di coordinamento») e comunica alla Commissione la sua designazione entro un mese dall'adozione della presente decisione.

Ogni Stato membro garantisce che il predetto organismo coinvolga in maniera appropriata un'ampia pluralità di soggetti ai livelli nazionale, regionale e locale.

L'organismo nazionale di coordinamento è incaricato di elaborare il programma, le azioni e le priorità nazionali per l'Anno europeo conformemente agli obiettivi enunciati all'articolo 2 e secondo le modalità descritte nell'allegato.

Ogni Stato membro designa un organismo incaricato di organizzare la sua partecipazione all'Anno europeo (in appresso «organismo nazionale di coordinamento») e comunica alla Commissione la sua designazione entro un mese dall'adozione della presente decisione.

Ogni Stato membro garantisce che il predetto organismo coinvolga in maniera appropriata un'ampia pluralità di soggetti ai livelli nazionale, regionale e locale.

L'organismo nazionale di coordinamento è incaricato di elaborare il programma, le azioni e le priorità nazionali per l'Anno europeo , conformemente agli obiettivi enunciati all'articolo 2 e secondo le modalità descritte nell'allegato.

Motivazione

Per elaborare i programmi nazionali e stabilire le priorità è necessario consultare le parti interessate.

Emendamento 2

Emendamento alla Proposta di decisione del Consiglio relativa all'Anno europeo del volontariato

Articolo 7, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento

1. Il bilancio stanziato per l'attuazione della presente decisione per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2011 e il 31 dicembre 2011 è di 6 000 000 EUR.

1. Il bilancio stanziato per l'attuazione della presente decisione per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2011 e il 31 dicembre 2011 di 6 000 000 EUR. .

Motivazione

Per conseguire risultati tangibili, è necessario aumentare gli stanziamenti previsti per l'Anno europeo. La proposta attuale deve essere considerata il limite minimo.

Emendamento 3

Emendamento alla Proposta di decisione del Consiglio relativa all'Anno europeo del volontariato

Articolo 9

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento

La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, garantisce la coerenza fra le azioni previste dalla presente decisione e gli altri programmi e iniziative comunitarie, nazionali e regionali, che contribuiscono al conseguimento degli obiettivi dell'Anno europeo.

La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, garantisce la coerenza fra le azioni previste dalla presente decisione e gli altri programmi e iniziative comunitarie, nazionali, regionali , che contribuiscono al conseguimento degli obiettivi dell'Anno europeo.

Motivazione

È necessario assicurare la coerenza anche con le iniziative locali.

Bruxelles, 10 febbraio 2010

La Presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO