ISSN 1725-2466

doi:10.3000/17252466.C_2009.306.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 306

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

52o anno
16 dicembre 2009


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

454a sessione plenaria del 10 e 11 giugno 2009

2009/C 306/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Relazioni transatlantiche tra l'UE e i paesi del Nord America nel settore del trasporto aereo — una vera convergenza normativa (parere esplorativo)

1

 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

454a sessione plenaria del 10 e 11 giugno 2009

2009/C 306/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Una strategia europea in materia di diritti di proprietà industriale COM(2008) 465 def.

7

2009/C 306/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Quadro strategico europeo per la cooperazione internazionale in campo scientifico e tecnologico COM(2008) 588 def.

13

2009/C 306/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano COM(2008) 663 def. — 2008/0256 (COD)

18

2009/C 306/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto riguarda la farmacovigilanza dei medicinali per uso umano, il regolamento (CE) n. 726/2004 che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali COM(2008) 664 def. — 2008/0257 (COD)

22

2009/C 306/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto concerne la farmacovigilanza, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano COM(2008) 665 def. — 2008/0260 (COD)

28

2009/C 306/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica, il regolamento (CE) n. 726/2004 che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali COM(2008) 662 def. — 2008/0255 (COD)

33

2009/C 306/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (rifusione) COM(2008) 809 def. — 2008/0240 (COD)

36

2009/C 306/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (rifusione) COM(2008) 810 def. — 2008/0241 (COD)

39

2009/C 306/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso una strategia comunitaria per le specie invasive COM(2008) 789 def.

42

2009/C 306/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una strategia europea per la ricerca marina e marittima: Uno Spazio europeo della ricerca coerente per promuovere l'uso sostenibile degli oceani e dei mari COM(2008) 534 def.

46

2009/C 306/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde — Verso una rete energetica europea sicura, sostenibile e competitiva COM(2008) 782 def./2

51

2009/C 306/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio (Euratom) che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare COM(2008) 790 def. — 2008/0231 (CNS)

56

2009/C 306/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti COM(2008) 818 def. — 2008/0238 (COD)

64

2009/C 306/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro COM(2009) 71 def./2 — 2006/0222 (COD)

68

2009/C 306/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Risultati del vertice sull'occupazione

70

2009/C 306/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione COM(2009) 21 def. — 2009/0009 (CNS)

76

2009/C 306/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici (versione codificata) COM(2009) 129 def. — 2009/0043 (COD)

79

2009/C 306/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee (versione codificata) COM(2009) 113 def. — 2009/0037 (COD)

80

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

454a sessione plenaria del 10 e 11 giugno 2009

16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Relazioni transatlantiche tra l'UE e i paesi del Nord America nel settore del trasporto aereo — una vera convergenza normativa (parere esplorativo)

2009/C 306/01

Con lettera del 15 dicembre 2008 la presidenza ceca dell'Unione europea ha invitato il Comitato economico e sociale europeo, ai sensi dell'articolo 262 del Trattato CE, ad elaborare un parere esplorativo sul tema:

«Relazioni transatlantiche tra l'UE e i paesi del Nord America nel settore del trasporto aereo — una vera convergenza normativa».

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore Jacek KRAWCZYK.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta dell'11 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 143 voti favorevoli, 3 voti contrari e 2 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

Nel campo del trasporto aereo intercontinentale di passeggeri, i collegamenti fra l'UE e il Nord America sono di gran lunga i più importanti. Gli oltre 60 milioni di passeggeri e 3,1 milioni di tonnellate di merci trasportati nel 2007 su tali rotte rappresentano il flusso di traffico aereo in assoluto più importante tra due regioni del mondo.

1.2

Tra l'UE e il Canada e tra l'UE e gli Stati Uniti sono stati avviati negoziati intesi ad istituire spazi aerei aperti (SAA). La nozione di SAA consente a entrambe le parti interessate piena libertà nell'impiego di tale spazio.

1.3

Il 30 aprile 2007 la Commissione ha firmato il testo della prima fase dell'accordo sui trasporti aerei con gli Stati Uniti d'America.

1.3.1

Pur avendo costituito un notevole successo, la prima fase ha mancato il suo obiettivo primario, cioè la creazione di uno spazio aereo aperto.

1.4

Il 30 marzo 2009 il Consiglio dei ministri dei Trasporti ha adottato una posizione politica che approva la firma dell'accordo UE-Canada. L'accordo finale è stato siglato il 6 maggio 2009 a Praga, durante il vertice UE-Canada.

1.4.1

L'accordo UE-Canada è il primo accordo dell'Unione europea che realizza un'apertura completa dei mercati, in termini di diritti di traffico e di investimenti, garantendo al tempo stesso un livello senza precedenti di convergenza normativa e di cooperazione tra le autorità.

1.4.2

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l'accordo UE-Canada sul trasporto aereo, il primo a seguire pienamente i nuovi sviluppi della politica esterna dell'UE in linea con le conclusioni del Consiglio del 2005.

1.4.3

Il CESE auspica che la Commissione compia uno sforzo per raggiungere risultati analoghi nel quadro dei negoziati relativi alla seconda fase dell'accordo tra UE e Stati Uniti.

1.5

A norma dell'art. 21 della prima fase dell'accordo, i negoziati relativi alla seconda fase, avviati nel 2008, contempleranno i seguenti punti, che rivestono un interesse prioritario per una o entrambe le parti: ulteriore liberalizzazione dei diritti di traffico, opportunità supplementari per investimenti esteri, effetti delle misure ambientali e dei vincoli infrastrutturali sull'esercizio dei diritti di traffico, ulteriore accesso ai trasporti aerei finanziati dallo Stato e disponibilità di aeromobili con equipaggio. Le parti interessate europee auspicano che i negoziati relativi alla seconda fase favoriscano un'ulteriore convergenza normativa.

1.5.1

Il CESE sottolinea l'importanza fondamentale del fattore tempo e auspica che rappresentanti dell'UE e degli Stati Uniti, investiti di deleghe adeguate, riprendano al più presto i negoziati. Qualora entro il novembre 2010 non venga compiuto alcun progresso di rilievo, l'UE potrà decidere di sospendere taluni diritti concessi alle compagnie aeree statunitensi.

1.5.2

Le questioni riguardanti il lavoro dovrebbero essere oggetto di particolare attenzione poiché costituiscono un capitolo importante dei negoziati relativi alla seconda fase. Il sostegno dei lavoratori è molto importante, e il CESE invita il secondo forum del lavoro, che si svolgerà a Bruxelles nel giugno 2009, a produrre risultati tangibili, sotto forma di raccomandazioni su importanti questioni sociali.

1.5.3

La realizzazione di uno spazio aereo aperto farà aumentare il traffico tra UE e Stati Uniti, cosa che potrebbe avere ripercussioni negative sull'ambiente. Il CESE raccomanda alla Commissione di eseguire un'analisi ambientale strategica del possibile accordo.

1.6

A giudizio del CESE, la seconda fase dell'accordo dovrebbe realizzare in via prioritaria gli elementi essenziali di uno spazio aereo aperto, ossia:

soppressione delle limitazioni in materia di proprietà e di controllo,

eliminazione di tutte le pratiche commerciali discriminatorie,

diritto di stabilimento, per consentire le fusioni e acquisizioni transfrontaliere e l'ingresso di nuovi operatori,

massimo grado di cooperazione e di convergenza normative ragionevolmente realizzabile,

eliminazione di ostacoli superflui alla libertà di circolazione dei cittadini dell'UE, dovuti a misure di sicurezza eccessive applicate dagli Stati Uniti.

1.7

Il CESE rivolge un fermo invito al Consiglio economico transatlantico affinché promuova i negoziati della seconda fase, assegnando loro la massima priorità e consentendo consultazioni attraverso il dialogo transatlantico sul lavoro, il dialogo transatlantico sull'ambiente e altri dialoghi ufficialmente associati al Consiglio economico transatlantico.

1.8

L'accordo sul settore aereo siglato fra l'UE e il Canada dovrebbe servire da riferimento per la seconda fase dell'accordo fra l'Unione europea e gli Stati Uniti. Il principale insegnamento che si può ricavare dai negoziati tra UE e Canada è che un cambiamento è possibile.

2.   Introduzione

2.1

Secondo i dati Eurostat sul trasporto aereo intercontinentale di passeggeri, i collegamenti fra l'UE e il Nord America sono di gran lunga i più importanti. Nel 2007 sono stati trasportati oltre 60 milioni di passeggeri (5,6 % in più che nel 2006; il 22,3 % del traffico totale tra l'UE e i paesi terzi).

2.2

In base ai dati forniti dalla IATA, sulle rotte del Nord Atlantico fra il Nord America e l'Europa (Russia inclusa), nel 2007 il traffico passeggeri è aumentato del 7,6 % rispetto al 2006, passando a 57,3 milioni di passeggeri. Si tratta dunque della principale corrente di traffico aereo fra le diverse regioni del mondo.

2.3

Sempre nel 2007, fra l'America settentrionale e l'Europa sono stati trasportati oltre 3,1 milioni di tonnellate di merci, il che fa di tale rotta una delle più importanti del traffico globale.

2.4

Le dimensioni del mercato del trasporto aereo tra EU e Stati Uniti sono dovute a ragioni geografiche, culturali ed economiche. Nel 2007 l'UE e gli Stati Uniti hanno generato da soli il 40 % del commercio globale e il 60 % degli investimenti esteri diretti mondiali. L'aviazione ha certamente contribuito allo sviluppo di questi flussi di scambio e di investimenti, che per entità sono al primo posto nel mondo. Anche la relazione tra l'UE e il Canada è molto forte, e l'UE è il secondo investitore estero diretto in Canada.

2.5

La forte relazione economica che sussiste tra l'EU e l'America settentrionale è sostenuta da una stretta cooperazione in campo regolamentare. Il Consiglio economico transatlantico, istituito nel 2007, offre una sede di alto livello per colloqui tra UE e Stati Uniti su questioni economiche strategiche, il cui obiettivo è accrescere il livello di convergenza normativa, gli scambi e gli investimenti. Sono in corso anche colloqui preliminari concernenti un possibile ampio accordo commerciale tra EU e Canada.

2.6

Nel quadro di questa cooperazione in campo normativo ed economico, tra l'UE e il Canada e tra l'UE e gli Stati Uniti sono stati avviati negoziati intesi ad istituire spazi aerei aperti. Uno studio condotto per conto della Commissione europea (prima dell'attuale crisi) ha concluso che uno spazio aereo aperto tra l'UE e gli USA provocherebbe, nei primi cinque anni, un incremento di oltre 25 milioni di passeggeri fra queste due regioni del mondo, generando benefici finanziari superiori ai 15 miliardi di euro per i consumatori e creando complessivamente 80 000 nuovi posti di lavoro nell'UE e negli USA grazie a:

l'eliminazione dei limiti di produzione esistenti all'epoca degli accordi bilaterali sui servizi aerei,

la promozione della cooperazione fra compagnie aeree attraverso alleanze di maggiore portata,

la riduzione dei costi delle compagnie aeree grazie ad una maggiore pressione concorrenziale.

2.6.1

La realizzazione di uno spazio aereo aperto farà aumentare il traffico tra UE e Stati Uniti, cosa che potrebbe avere ripercussioni negative sull'ambiente, in particolare generando maggiori emissioni, rifiuti e inquinamento acustico. Questi - e altri- problemi ambientali sono stati già esaminati in passato, peraltro senza grandi risultati.

2.7

La nozione di spazio aereo aperto consente a entrambe le parti piena libertà nell'impiego di tale spazio, elimina le restrizioni sugli investimenti di entità estere e consente il cosiddetto wet-leasing di aeromobili (leasing inclusivo di equipaggio) a condizioni non discriminatorie e trasparenti. Essa concretizza un impegno generale ad una convergenza delle normative e a un'armonizzazione degli standard ambientali e di sicurezza globale dei trasporti aerei.

3.   Prima fase dei negoziati tra UE e Stati Uniti

3.1

La Commissione ha avviato i negoziati sul nuovo accordo UE-USA relativo ai trasporti aerei sulla base di un mandato convenuto nel quadro del Consiglio dei ministri dei trasporti del 5 giugno 2003.

3.2

Il 30 aprile 2007 la Commissione ha firmato il testo della prima fase dell'accordo globale sui trasporti aerei con gli Stati Uniti d'America, che è in vigore dal 30 marzo 2008. Questo accordo ha sostituito gli accordi bilaterali in vigore che erano stati conclusi dagli Stati membri.

3.3

I principali elementi dell'accordo UE-USA sui trasporti aerei sono:

3.3.1

Accesso al mercato

il principio del «vettore comunitario», che consente alle compagnie aeree dell'UE di effettuare collegamenti da qualsiasi aeroporto dell'UE verso gli Stati Uniti,

l'eliminazione integrale delle restrizioni sulle rotte internazionali fra l'UE e gli USA,

l'eliminazione integrale delle restrizioni tariffarie su tutte le rotte fra l'UE e gli USA,

code sharing illimitato fra compagnie aeree di Unione europea, Stati Uniti e paesi terzi,

creazione di nuove opportunità, per le compagnie UE, di concedere a compagnie statunitensi aeromobili in wet-leasing (leasing di aeromobili inclusivo di equipaggio), da utilizzare su rotte internazionali fra gli Stati Uniti e qualsiasi paese terzo.

3.3.2

Cooperazione normativa:

sicurezza nei confronti di attentati, dirottamenti, ecc.: gli Stati Uniti hanno accolto la richiesta dell'UE di tener conto dei provvedimenti già in vigore nell'UE,

sicurezza (aspetti tecnici): procedure di consultazione in caso di timori per la sicurezza, e riconoscimento dello sviluppo di competenze in materia al livello dell'UE,

comitato misto: creazione di un comitato misto competente per risolvere problemi, anche di natura sociale, riguardanti l'interpretazione e l'attuazione dell'accordo,

concorrenza: impegno a promuovere approcci normativi compatibili,

sovvenzioni e altre misure pubbliche di sostegno: riconoscimento del fatto che misure del genere possono avere effetti distorsivi della concorrenza; il comitato misto dovrebbe mantenere un inventario dei problemi sollevati dalle due parti,

ambiente: riconoscimento della possibilità che le compagnie aeree statunitensi siano soggette alla tassazione del carburante aereo sulle rotte fra gli Stati membri qualora due di questi esercitino il diritto loro conferito dalla legislazione comunitaria di sopprimere l'esenzione fiscale esistente.

3.3.3

Proprietà e controllo

compagnie aeree statunitensi: garanzie circa le quote di proprietà che possono essere detenute da cittadini dell'UE, compresa la possibilità di detenere oltre il 50 % del capitale azionario, garanzia di un esame equo e rapido delle transazioni relative a investimenti UE in compagnie aeree statunitensi,

compagnie aeree UE: diritto di limitare reciprocamente gli investimenti USA in compagnie aeree UE al 25 % delle azioni con diritto di voto, accettazione da parte degli USA di qualsiasi compagnia aerea detenuta o controllata da cittadini dell'UE o dello Spazio aereo comune europeo (ECAA),

compagnie aeree di paesi terzi: accettazione unilaterale da parte degli USA della proprietà e/o del controllo, da parte dell'UE, di qualsiasi compagnia aerea nello Spazio economico europeo (SEE), nello Spazio aereo comune europeo (ECAA) e in 18 paesi africani.

3.3.4

Altri aspetti

assistenza a terra: disposizioni tradizionali che garantiscano l'accesso ai servizi di assistenza a terra,

questioni riguardanti l'esercizio delle attività, ad esempio il diritto di aprire uffici, avere personale e assumere addetti commerciali sul territorio dell'altro contraente,

sistemi telematici di prenotazione: gli USA hanno accettato disposizioni che garantiscono ai fornitori europei di tali sistemi di poter operare negli Stati Uniti, ma non hanno ancora preso impegni in tal senso in sede GATS/OMC.

3.4

La prima fase dell'accordo ha costituito un importante progresso verso uno spazio aereo aperto. Essa ha infatti stabilito principi importanti per la cooperazione normativa, ha istituito il comitato misto per monitorarne i progressi e ha contribuito all'eliminazione di alcuni ostacoli all'accesso al mercato.

3.5

Pur avendo costituito un notevole successo, la prima fase ha fallito il suo obiettivo essenziale, ossia la creazione di uno spazio aereo aperto. In particolare, la prima fase dell'accordo non è equilibrata in termini di accesso al mercato, perché offre agli USA il diritto illimitato di quinta libertà (cioè il diritto di effettuare trasporti dal proprio paese di stabilimento verso l'altra parte e da questa verso paesi terzi) all'interno dell'Unione europea senza che però le compagnie aeree comunitarie godano di eguali diritti sul mercato statunitense. Permangono pratiche commerciali selettive, come ad esempio il programma Fly America, che favoriscono le compagnie statunitensi. Infine, gli accordi della prima fase consentono agli investitori USA di detenere nelle compagnie aeree dell'UE una quota di azioni con diritto di voto (49 %) superiore a quella che gli investitori UE possono detenere in compagnie aeree statunitensi (25 %).

3.6

Entrambe le parti hanno convenuto di procedere alla seconda fase dei negoziati 60 giorni dopo l'entrata in vigore della prima fase dell'accordo.

4.   Accordo UE-Canada sul trasporto aereo

4.1

Dopo avere concluso la prima fase dell'accordo con gli stati Uniti, la Commissione ha ricevuto dal Consiglio, all'inizio di ottobre 2007, un mandato negoziale relativo all'avvio dei lavori per l'accordo UE-Canada sul trasporto aereo. Il progetto di accordo UE-Canada sul trasporto aereo è stato siglato dalla Commissione il 30 novembre 2008, al termine di quattro tornate di negoziati e conformemente alle istruzioni del vertice UE-Canada svoltosi a Quebec nel 2008. Il 30 marzo 2009 il Consiglio dei ministri dei Trasporti ha adottato una posizione politica che approva la firma dell'accordo UE-Canada. L'accordo finale è stato siglato il 6 maggio 2009 a Praga, durante il vertice UE-Canada.

4.2

Gli elementi principali del progetto di accordo sono:

4.2.1

Cooperazione normativa:

sistema di sicurezza unico e cooperazione ravvicinata,

disposizioni ambiziose in materia di cooperazione ambientale: consenso sull'importanza di tale cooperazione e sulla libertà delle parti di adottare misure,

accordo esplicito sull'importanza delle questioni sociali, cooperazione in materia sociale attraverso il comitato misto,

ruolo del comitato misto nella sorveglianza dell'attuazione dell'accordo,

riconoscimento reciproco delle norme di sicurezza e cooperazione ravvicinata,

un meccanismo commerciale che consenta di adottare misure in caso di pratiche discriminatorie e di trattamenti iniqui.

4.2.2

Diritti di traffico e investimenti: l'accordo prevede una rimozione graduale, in quattro fasi, delle limitazioni relative ai diritti di traffico, agli investimenti e al sistema di controllo:

nella prima fase saranno soppresse tutte le limitazioni del traffico tra l'UE e il Canada,

nella seconda fase la parte canadese consentirà investimenti nelle sue compagnie aeree fino al 49 % del capitale e le compagnie aeree canadesi riceveranno ulteriori diritti di traffico,

nella terza fase entrambe le parti consentiranno alle compagnie aeree dell'altra parte di stabilirsi nel proprio territorio, le compagnie aeree otterranno il diritto di effettuare operazioni di trasporto dal paese di stabilimento al territorio dell'altra parte e da qui a paesi terzi (pieni diritti nell'ambito della quinta libertà),

nella quarta fase sussisterà il diritto di detenere e di controllare il 100 % delle compagnie aeree stabilite nel territorio dell'altra parte, come pure il diritto di cabotaggio.

4.3

L'accordo UE-Canada è il primo accordo dell'Unione europea che realizza un'apertura completa dei mercati, in termini di diritti di traffico e di investimenti, garantendo al tempo stesso un livello senza precedenti di convergenza normativa e di cooperazione tra le autorità.

4.4

Il CESE accoglie con favore l'accordo UE-Canada sul trasporto aereo, che a suo giudizio è il primo pienamente in linea con i nuovi sviluppi della politica esterna dell'UE, conformemente alle conclusioni del Consiglio del 2005.

4.5

Il CESE auspica che la Commissione compia uno sforzo per raggiungere risultati analoghi nel quadro dei negoziati relativi alla seconda fase dell'accordo tra UE e Stati Uniti.

5.   Seconda fase dei negoziati tra UE e Stati Uniti

5.1

A norma dell'art. 21 della prima fase dell'accordo, i negoziati relativi alla seconda fase contempleranno i seguenti punti, che rivestono un interesse prioritario per una o entrambe le parti:

ulteriore liberalizzazione dei diritti di traffico,

opportunità supplementari per investimenti esteri,

effetti delle misure ambientali e dei vincoli infrastrutturali sull'esercizio dei diritti di traffico,

ulteriore accesso ai trasporti aerei finanziati dallo Stato e

la disponibilità di aeromobili con equipaggio.

5.2

Come risulta dalla consultazione, le parti interessate europee auspicano che la seconda fase favorisca un'ulteriore convergenza normativa.

5.3

È possibile che nella seconda fase le parti riescano realizzare ulteriori progressi negli ambiti di cooperazione aperti durante la prima fase, ad esempio:

cooperazione in materia di sicurezza (attentati, dirottamenti ecc.): in proposito occorre fare di più per addivenire all'integrale riconoscimento reciproco delle misure adottate dalle due parti,

sicurezza (aspetti tecnici): è stato raggiunto un progetto separato di accordo UE-USA, ritardato però a causa delle preoccupazioni statunitensi riguardo ai centri per la manutenzione e le riparazioni all'estero e alle tariffe dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA),

ambiente: entrambe le parti valuteranno l'opportunità di realizzare durante la seconda fase un grado molto superiore di convergenza in materia di questioni ambientali,

concorrenza: realizzare ulteriori progressi sarebbe importante, ma potrebbe risultare difficile a causa delle diverse procedure seguite nell'UE e negli USA,

comitato misto: vista l'esperienza maturata nella prima fase dell'accordo, il comitato misto dovrebbe essere dotato di maggiori poteri per intraprendere iniziative su aspetti normativi connessi con questioni come la gestione dell'attività o i sussidi e il sostegno nazionali.

6.   Questioni relative all'occupazione

6.1

I problemi relativi all'occupazione dovrebbero essere oggetto di particolare attenzione poiché costituiscono un capitolo importante dei negoziati relativi alla seconda fase. In particolare la promettente iniziativa del Forum UE-USA sulla liberalizzazione e sul lavoro Passato, presente e futuro, svoltosi a Washington nel dicembre 2008, andrebbe ulteriormente sviluppata tenendone presenti i risultati, ad esempio in materia di contratti collettivi, diritti individuali relativi ai contratti, orario di lavoro, formazione professionale, prestazioni sociali e rappresentanza sindacale.

6.2

Il CESE invita il secondo forum sul lavoro, che si svolgerà a Bruxelles nel giugno 2009, a produrre risultati tangibili, sotto forma di raccomandazioni su importanti questioni sociali collegate alla futura attuazione di uno spazio aereo aperto. Il sostegno dei lavoratori è molto importante ai fini dell'attuazione dei negoziati della seconda fase.

6.3

Il dialogo transatlantico sul lavoro dovrebbe essere coinvolto nella seconda fase dei negoziati. Nel parere sul tema Le relazioni transatlantiche – come migliorare la partecipazione della società civile (1), il CESE si è dichiarato decisamente favorevole al reinserimento del dialogo transatlantico sul lavoro nel dialogo istituzionale tra UE e Stati Uniti. Il CESE raccomanda inoltre di ampliare il gruppo consultivo del Consiglio economico transatlantico aggiungendovi il dialogo transatlantico sul lavoro e il dialogo transatlantico sull'ambiente.

7.   Le difficoltà legate alla tempistica:

7.1

Durante la prima fase dei negoziati le parti contraenti hanno stabilito il seguente calendario relativo alla seconda fase:

prima fase (maggio 2008 - marzo 2009): avvio dei negoziati,

seconda fase (marzo 2009 - novembre 2010): formulazione di una decisione funzionale dell'amministrazione statunitense sull'eventuale sospensione dei diritti,

terza fase: (novembre 2010 – marzo 2012): decisione in merito alla possibile sospensione dei diritti di traffico - possibile attuazione nel marzo 2012.

7.2

Qualora entro il novembre 2010 non venga compiuto alcun progresso di rilievo, l'UE potrà decidere di sospendere taluni diritti concessi alle compagnie aeree statunitensi. Il CESE sottolinea l'importanza fondamentale del fattore tempo e auspica che rappresentanti dell'UE e degli Stati Uniti, investiti di deleghe adeguate, riprendano al più presto i negoziati.

8.   Priorità del CESE per la seconda fase dell'accordo

8.1

La seconda fase dell'accordo dovrebbe realizzare gli elementi essenziali di uno spazio aereo aperto:

eliminazione delle restrizioni riguardanti la proprietà di quote e il controllo di compagnie aeree dell'UE e degli USA da parte d'investitori UE e USA. Tale eliminazione delle attuali restrizioni sarebbe totalmente in linea con l'accordo quadro stipulato al Vertice UE-USA dell'aprile 2007, che ha chiesto la rimozione di inutili ostacoli agli investimenti fra l'UE e gli USA,

eliminazione di tutte le pratiche commerciali discriminatorie, in particolare il programma Fly America,

diritto di stabilimento, che consenta le fusioni e acquisizioni transfrontaliere e l'ingresso di nuovi operatori,

massimo grado di cooperazione e di convergenza normative ragionevolmente realizzabile,

risoluzione delle questioni concernenti il lavoro che sorgano in conseguenza dell'attuazione della prima fase dell'accordo,

eliminazione di ostacoli superflui alla libertà di circolazione dei cittadini dell'UE, dovuti a misure di sicurezza eccessive applicate dagli Stati Uniti.

8.2

Data la loro importanza, i negoziati relativi alla seconda fase dovrebbero essere inclusi nell'agenda del Consiglio economico transatlantico, in modo da essere oggetto della massima attenzione. Il CESE invita il Consiglio economico transatlantico a promuovere i negoziati della seconda fase, assegnando loro la massima priorità e consentendo consultazioni attraverso il dialogo transatlantico sul lavoro e altri dialoghi ufficialmente associati al Consiglio economico transatlantico.

8.3

Il CESE raccomanda alla Commissione di eseguire, all'inizio dei negoziati relativi alla seconda fase, una valutazione strategica dell'impatto ambientale. In effetti, una valutazione strategica dell'impatto ambientale che individui le possibili conseguenze negative per l'ambiente contribuirebbe ad eliminare o a ridurre al minimo tali conseguenze nel quadro dei negoziati tra UE e Stati Uniti.

8.4

L'accordo sul settore aereo siglato fra l'UE e il Canada dovrebbe servire da riferimento per la seconda fase dell'accordo fra l'Unione europea e gli Stati Uniti. Il principale insegnamento che si può ricavare dai negoziati tra UE e Canada è che un cambiamento è possibile.

8.5

Se la seconda fase dei negoziati UE-Canada e UE-Stati Uniti sarà portata a termine e attuata con successo, ciò potrà favorire lo sviluppo di accordi sul trasporto aereo tra l'UE e paesi dell'America Latina.

9.   Gli aspetti internazionali dei possibili accordi

9.1

Data l'importanza dei due rispettivi mercati, l'accordo UE- Stati Uniti ha il potenziale di aprire la strada a una nuova era post-Chicago nell'aviazione.

9.2

Creando un «oasi» di convergenza normativa e di apertura, accessibile anche ai nuovi arrivati, l'accordo UE – Stati Uniti può sostituirsi alla convenzione di Chicago del 1944, estendendosi ad altri Stati che condividono lo stesso orientamento ed eventualmente incoraggiando un numero sempre maggiore di Stati a rivedere le proprie politiche al fine di beneficiare dei principi di questo accordo.

Bruxelles, 11 giugno 2009

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 32.


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

454a sessione plenaria del 10 e 11 giugno 2009

16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/7


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Una strategia europea in materia di diritti di proprietà industriale

COM(2008) 465 def.

2009/C 306/02

La Commissione, in data 16 luglio 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Una strategia europea in materia di diritti di proprietà industriale»

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore RETUREAU.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta del 10 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 98 voti favorevoli, 3 voti contrari e 1 astensione.

1.   Conclusioni sintetiche del CESE

1.1

Il CESE condivide la strategia comunitaria proposta dalla Commissione in materia di proprietà industriale, ma tiene a ritornare su alcune questioni già sviluppate nei pareri precedenti.

1.2

Il CESE invita anzitutto gli Stati membri a sostenere questa strategia, sia per quanto riguarda il futuro brevetto comunitario che rispetto agli attuali negoziati internazionali, soprattutto in seno all'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI). I dibattiti tuttora in corso sulla ripartizione delle tasse sui brevetti, che continua a frenare l'adozione del brevetto comunitario, sono percepiti male dalla società civile che si pone in un'ottica di progresso a lungo termine e si aspetta conclusioni effettive e pratiche che riducano considerevolmente i costi per l'ottenimento e il mantenimento dei brevetti.

1.3

Il CESE insiste, in particolare, sull'agevolazione dell'accesso ai diritti di proprietà industriale, sull'efficacia dei meccanismi di protezione di tali diritti e sulla lotta alla contraffazione, molto spesso legata alla criminalità organizzata, che pesa sull'economia e sulle imprese e fa correre rischi, talvolta gravi, ai consumatori (medicinali, giocattoli, elettrodomestici, ecc.).

1.4

Tutto ciò richiede un sistema di risoluzione delle controversie maggiormente efficace, la diffusione delle sentenze definitive pronunciate in un paese membro (soppressione dell'exequatur) e una cooperazione rafforzata e bene organizzata tra le autorità doganali e di polizia.

1.5

Inoltre, il coinvolgimento più attivo della società civile organizzata nei negoziati internazionali dovrebbe permettere di rafforzare le posizioni dei negoziatori europei e favorire i trasferimenti di tecnologie verso i paesi meno avanzati, nella prospettiva di uno sviluppo di tecnologie sostenibili.

2.   Proposte della Commissione

2.1

La comunicazione della Commissione verte sulla strategia europea in materia di diritti di proprietà industriale, vista la loro importanza crescente in termini di creazione di valore e di innovazione, e dato il ruolo che essi svolgono ai fini dello sviluppo industriale, in particolare per le PMI.

2.2

Se la maggior parte dei beni industriali immateriali è oggetto di un sistema di protezione comunitario armonizzato, altrettanto non si può dire per un bene essenziale come i brevetti d'invenzione; benché esista un sistema paneuropeo fondato sulla convenzione di Monaco, questo meccanismo non dispone di una giurisdizione unificata né di una giurisprudenza uniforme tra i tribunali nazionali, che rappresentano la giurisdizione di diritto comune in questa materia. Il costo attuale del brevetto paneuropeo è ritenuto eccessivo, soprattutto a causa delle spese di traduzione nelle lingue nazionali.

2.3

L'accordo di Londra, inteso a ridurre i costi di traduzione, è entrato in vigore il 1o maggio 2008, ma le questioni linguistiche e gli importi da trasferire agli uffici nazionali per la proprietà industriale continuano ad ostacolare una soluzione definitiva.

2.4

La Commissione ritiene che di recente siano stati compiuti, in materia di brevetto comunitario, dei progressi importanti, che preparano la strada a un sistema coerente di protezione dei beni industriali immateriali: questo è testimoniato in particolare dalla raccomandazione della Commissione al Consiglio intesa ad autorizzare la Commissione a negoziare un accordo relativo all'istituzione di un sistema unificato di composizione delle controversie in materia di brevetti (1).

2.5

Secondo l'avviso della Commissione «il sistema di proprietà intellettuale deve continuare a stimolare l'innovazione e a contribuire alla strategia di Lisbona nel suo insieme». Nelle sue conclusioni poi, la comunicazione illustra alcune azioni in grado di condurre alla realizzazione di un sistema europeo di proprietà industriale di questo genere, che renderebbe inoltre più efficace la lotta alla contraffazione.

3.   Le osservazioni del CESE

3.1

La comunicazione della Commissione si inserisce in un insieme di proposte, riflessioni e analisi sviluppate nel corso degli anni a seguito del fallimento — intervenuto al principio degli anni 70 — della convenzione di Lussemburgo che istituiva un sistema di brevetto comunitario. Il CESE, che ha sempre sostenuto la creazione di tale brevetto, non può fare a meno di esprimere soddisfazione all'annuncio dei progressi significativi compiuti nell'ultimo periodo.

3.2

Gli argomenti linguistici addotti da taluni Stati membri per non accettare le proposte della Commissione non hanno mai convinto il CESE. Infatti quest'ultimo ritiene che tutti gli aspetti attinenti alla proprietà industriale rientrino nell'ambito del diritto privato e che la questione delle lingue ufficiali sia di pertinenza del diritto costituzionale di ciascun paese, il che — in linea di principio — non dovrebbe interferire con i contratti o le controversie di tipo privato né ostare all'efficacia del diritto di proprietà in materia di beni industriali immateriali a livello comunitario.

3.3

Al di là del dibattito giuridico e politico, quello che dovrebbe prevalere è l'interesse dell'economia europea, delle imprese, degli inventori e dei titolari di un diritto di proprietà indiscutibile; e questo al fine di favorire la creazione di valore e di posti di lavoro, soprattutto per le PMI che nella pratica non dispongono di strumenti sufficienti per difendere la loro proprietà industriale dalla pirateria e dalla contraffazione. I pareri formulati successivamente dal CESE in materia di brevetti, lotta alla contraffazione (2) e brevetto comunitario (3) continuano ad essere validi e a farsi portavoce di un'istanza sociale di grande importanza per l'occupazione e lo sviluppo industriale.

3.4

La comunicazione oggetto del presente parere intende completare la comunicazione COM(2007) 165 def. sul tema Migliorare il sistema dei brevetti in Europa.

3.5   L'innovazione: un settore in evoluzione

3.5.1

Il CESE condivide l'analisi della Commissione sull'importanza crescente dell'innovazione come fonte di vantaggi competitivi in un'economia basata sulla conoscenza; i trasferimenti di conoscenze tra gli organismi pubblici di ricerca, le imprese e il settore di R&S privato sono essenziali ai fini del miglioramento della competitività europea; a tale proposito, il CESE è fortemente interessato all'invito a creare un quadro europeo per il trasferimento delle conoscenze e sostiene in particolare la proposta di una definizione ed applicazione armonizzate dell'esenzione della ricerca dall'infrazione ai brevetti.

3.5.2

Questo quadro comunitario dovrebbe permettere di combinare meglio la ricerca fondamentale, la R&S e la messa a punto di applicazioni innovative, e di fare rispettare maggiormente i diritti di ciascuna delle parti interessate nel rispetto dell'autonomia della ricerca fondamentale: spesso infatti è impossibile prevedere con anticipo le applicazioni pratiche dei programmi di ricerca, e questi non possono quindi essere orientati soltanto dalla domanda di applicazioni industriali; la ricerca costituisce, inoltre, un fondamento essenziale dell'economia della conoscenza e della strategia di Lisbona.

3.5.3

In questo senso, gli Stati membri dovrebbero continuare ad ispirarsi all'iniziativa «Legiferare meglio» mentre le altre parti interessate, quali inventori, università e centri di ricerca, imprese ed utilizzatori finali dovrebbero essere messe in condizione di operare scelte informate nella gestione dei loro diritti di proprietà industriale.

3.6   La qualità dei diritti di proprietà industriale

3.6.1

Il CESE condivide la posizione secondo cui il sistema applicato in Europa per la proprietà industriale deve agevolare la ricerca, l'innovazione e la diffusione delle conoscenze e delle tecnologie, con la conseguenza di spianare la strada a nuove ricerche e applicazioni.

3.7   Brevetti

3.7.1

Si deve al tempo stesso favorire l'accesso alla proprietà industriale mediante il brevetto comunitario e impedire che i diritti di brevetto siano utilizzati per eludere il sistema di protezione come fanno i troll dei brevetti: questi usano diritti di scarsa qualità (sovrapposizioni, accavallamenti, formulazione eccessivamente complessa e talvolta incomprensibile delle rivendicazioni) per appropriarsi delle invenzioni altrui, con la conseguenza di bloccare il deposito di nuovi brevetti o di creare una confusione che finisce per violare le regole della concorrenza, intasare il sistema giudiziario e nuocere all'informazione e alle ricerche in materia di prior art.

3.7.2

Il brevetto comunitario dovrebbe essere concesso solo in caso di un reale contributo inventivo, che superi lo stato attuale della tecnica e possa sfociare in una reale applicazione industriale. Le domande alla cui base non appare un reale contenuto inventivo in campo fisico devono essere respinte e dovrebbe essere incoraggiata la creazione di veri pool di brevetti complementari in vista di applicazioni diverse. Le rivendicazioni dovrebbero corrispondere rigorosamente all'innovazione tecnica introdotta dall'invenzione; esse dovrebbero essere interpretate in maniera restrittiva in termini di uso del brevetto come anche nel caso di controversie tra i titolari di brevetti.

3.7.3

Il ricorso alle competenze e a codici di buone pratiche per migliorare la qualità delle domande presentate è essenziale, poiché non va dimenticato che i titolari disporranno di diritti esclusivi per una durata relativamente lunga in cambio di una pubblicazione che permette di diffondere le conoscenze, ivi compresa la riproduzione delle invenzioni, e ciò al fine di incoraggiare la richiesta di licenze da parte dell'industria.

3.7.4

La qualità dei brevetti costituisce, inoltre, secondo il CESE, una garanzia fondamentale per chi fa richiesta di licenza e un incoraggiamento nei confronti delle applicazioni innovative. Il CESE sostiene quindi le proposte della Commissione per quanto riguarda ad esempio la rilevanza della qualità del dispositivo scientifico e tecnico per l'esame dei brevetti, la cooperazione tra esaminatori nazionali ed europei e l'importanza di selezionare esaminatori qualificati: questi ultimi costituiscono infatti il fondamento della competenza comunitaria in materia di tecnologie e di applicazioni. Gli esaminatori ed altri esperti altamente qualificati rappresentano la base umana essenziale per garantire la qualità del brevetto comunitario, e la Commissione dovrebbe riconsiderare tale questione allo scopo di offrire ai professionisti migliori le condizioni morali e materiali indispensabili per svolgere esami di qualità, a vantaggio dei richiedenti e dell'industria.

3.7.5

I paesi membri che concedono brevetti in assenza di un esame, e quindi di una garanzia, dovrebbero riflettere, come proposto dalla Commissione, sulla qualità dei brevetti rilasciati. Il CESE ritiene a questo riguardo che in taluni casi complessi e non evidenti i paesi interessati dovrebbero avvalersi delle competenze di esaminatori o di esperti nazionali, o eventualmente anche stranieri, per migliorare la qualità dei loro brevetti nazionali.

3.7.6

Gli uffici dei brevetti devono inoltre vigilare attentamente sul rispetto dei settori che la convenzione di Monaco ha escluso dalla brevettabilità, quali i software e i metodi, gli algoritmi o alcuni elementi del corpo umano come i geni o altro (4), che rientrano tutti tra le scoperte scientifiche non brevettabili.

3.7.7

Se la durata del brevetto comunitario è in teoria di 20 anni (secondo gli accordi TRIPS), in realtà quella media varia da 5 a 6 anni per le tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC) ed arriva fino a 20-25 anni per i medicinali (con una media, in conclusione, di 10-12 anni). Quanto poi ai modelli di utilità, essi hanno concretamente una durata di validità ancor minore.

3.8   Marchi

3.8.1

Il CESE sostiene la proposta della Commissione di procedere a uno studio approfondito del sistema dei marchi comunitario e si augura inoltre che la cooperazione tra l'Ufficio europeo dei brevetti e gli uffici nazionali venga maggiormente sviluppata.

3.9   Altri diritti di proprietà industriale

3.9.1

Il CESE sostiene altresì la valutazione proposta dalla Commissione in materia di ritrovati vegetali, da non confondere con gli OGM, ed è favorevole alla consultazione pubblica sulla possibilità di introdurre un'indicazione geografica protetta per i prodotti tipici non agricoli.

3.9.2

Il CESE seguirà con attenzione l'organizzazione delle DOP (denominazione d'origine protetta) e delle IGP (indicazione geografica protetta), le denominazioni protette che si applicano ai prodotti agricoli e alle bevande spiritose. Ritiene che tali denominazioni protette potrebbero applicarsi anche ad alcuni prodotti tipici non alimentari, ad esempio di origine artigianale, ed auspica che altre indicazioni che corroborano il valore del prodotto, come la sua origine biologica o la sua sostenibilità, vengano, se del caso, riportate sulle etichette delle denominazioni, pur non rappresentando necessariamente una condizione per la concessione di tali denominazioni.

3.9.3

Riguardo al mercato secondario dei pezzi di ricambio per autoveicoli, che la Commissione intende liberalizzare, il CESE nota una certa contraddizione tra questa strategia di liberalizzazione e la protezione dei disegni e dei brevetti. Il CESE ha comunque adottato un parere che appoggia questo orientamento (5). Ad ogni buon conto va rilevato che si tratta di una violazione al principio dei diritti esclusivi e che, a differenza degli altri fabbricanti, i costruttori sono tenuti a fornire pezzi di ricambio originali per un periodo di durata obbligatoria, A rigor di logica, dovrebbe valere il principio di una licenza obbligatoria, nonché quello dell'obbligo di utilizzo dei medesimi materiali se i pezzi in questione contribuiscono alla solidità strutturale del veicolo.

4.   Diritti di proprietà industriale e concorrenza

4.1

Il CESE ritiene, d'accordo con il Tribunale di primo grado, che in situazioni apparentemente sempre più frequenti, a causa del proliferare di diritti di scarsa qualità provenienti da alcuni paesi in particolare, la soluzione a certi problemi di contraddizione tra i diritti applicabili vada individuata ricorrendo nella maggioranza dei casi alla teoria dell'abuso di diritto. Dovrebbe derivarne un vero principio di licenza obbligatoria, che potrebbe tradursi in una presunzione semplice di obbligo di rilascio di licenza ad un prezzo ragionevole e in condizioni eque e non discriminatorie. In ogni caso, i brevetti stranieri riguardanti settori esclusi dal campo di applicazione del diritto comunitario oppure di scarsa qualità non dovrebbero essere riconosciuti come validi diritti opponibili.

4.2

Secondo la Commissione, la normalizzazione contribuisce a creare un ambiente industriale migliore; da parte sua il CESE ritiene che la standardizzazione, dalla quale sia i consumatori che le PMI possono trarre vantaggio, debba essere realizzata in maniera aperta e trasparente. Il CESE sostiene il punto di vista della Commissione secondo cui il titolare dei diritti di una tecnologia brevettata essenziale che diventa poi una norma standardizzata ricava da tali suoi diritti un valore artificialmente «gonfiato» se ne dissimula l'esistenza durante il processo di consultazione preliminare alla fissazione della norma. Un sistema sanzionatorio dovrebbe essere applicato a questo tipo di comportamenti.

4.3

Il futuro brevetto comunitario deve disporre di un livello di qualità superiore, in funzione dei criteri illustrati dalla Commissione per la strategia europea, ed anche di un sistema giurisdizionale specializzato, soprattutto per evitare le cosiddette patent ambushes (imboscate brevettuali) ed altre violazioni della concorrenza, spesso fondate su diritti di scarsa qualità. I cattivi brevetti escludono infatti alla lunga quelli buoni.

4.4

Il CESE accoglie con interesse la proposta di uno studio per analizzare l'interazione tra i diritti di proprietà industriale e le norme nella promozione dell'innovazione; esso parteciperà inoltre alla consultazione prevista sulla normalizzazione nelle TIC, che analizzerà tra l'altro l'interazione tra diritti e norme.

4.5

Nel periodo attuale, in cui si assiste alla nascita di tecnologie nuove e complesse e in cui la fabbricazione di un prodotto combina numerose scoperte e un grande numero di invenzioni e brevetti, si impone una strategia di cooperazione, ad esempio attraverso sistemi di licenze incrociate o pool di brevetti. Occorre garantire un equilibrio tra le parti interessate per evitare possibili distorsioni della concorrenza e violazioni dei diritti dei «piccoli inventori» rispetto agli enormi portafogli di brevetti delle grandi imprese, alcuni dei quali si arricchiscono ogni anno di migliaia di brevetti nuovi nel settore delle TIC.

5.   Le PMI

5.1

In un mercato globalizzato le micro (6), piccole e medie imprese hanno spesso difficoltà a proteggere i loro marchi e brevetti, qualora ne posseggano, poiché molte di esse lavorano per conto terzi. Numerose imprese esitano poi a presentare una domanda di brevetto o per mancanza di informazioni o per timore di un sistema notoriamente complesso e costoso. Talvolta i diritti esclusivi concessi in determinati paesi vengono elusi da prodotti contraffatti fabbricati in altri paesi nei quali i diritti del titolare di brevetto non sono protetti.

5.2

Spesso, quindi, resta solo il segreto di fabbricazione, ma l'analisi chimica dei prodotti o lo sviluppo dello spionaggio industriale fanno sì che i segreti non siano sempre ben protetti. Ad esempio, la produzione di profumi non prevedeva il brevetto poiché questo avrebbe richiesto la pubblicazione della formula chimica dei componenti. Dal momento che oggi questa protezione tramite il segreto di fabbricazione non esiste più a causa delle moderne tecniche di analisi, sarebbe opportuno che il diritto stabilisse una protezione adeguata per i prodotti complessi, ad esempio avvalendosi di una forma di diritto d'autore.

5.3

La riluttanza a presentare una domanda di brevetto, non foss'altro che per i costi di deposito della domanda e di rinnovo del brevetto europeo attuale, costituisce un freno ai trasferimenti di tecnologie, in quanto determina l'impossibilità per gli investitori interessati di ottenere le licenze; questa situazione costituisce una perdita per l'economia europea. Le micro, piccole e medie imprese vanno quindi sostenute e incoraggiate a ricorrere ai diritti di proprietà industriale e ad utilizzarli in strategie economiche che coinvolgono diverse imprese titolari di diritti che operano nel medesimo settore di attività, al fine di realizzare le invenzioni che combinano assieme diverse scoperte. In ogni caso, è un fatto che il titolare di diritti di proprietà industriale si trova in una posizione più favorevole per attirare gli investitori oppure per ottenere dei crediti che gli permettano di sviluppare le proprie attività.

5.4

Come è stato già espresso dal CESE in più di un'occasione, l'industria europea ha bisogno di brevetti di qualità ad un costo ragionevole, che siano validi in tutti i paesi della Comunità e siano in grado di dare un impulso al mercato interno.

5.5

Occorre altresì creare un sistema di risoluzione delle controversie che sia rapido ed efficiente sul piano dei costi; per risolvere certe controversie andrebbe incoraggiata la mediazione e, tra i possibili meccanismi, si potrebbe anche ricorrere all'arbitrato. È necessario inoltre che il sistema giudiziario in materia di brevetti sia specializzato, accessibile e rapido per evitare di bloccare le economie.

5.6

Trattandosi di questioni di interesse pubblico, è difficile spiegarsi come mai esse siano rimaste bloccate per tanti anni; tuttavia è vero che le grandi imprese hanno la possibilità di depositare una domanda di brevetto nel quadro del sistema attuale e di produrre redditi considerevoli per l'Ufficio europeo dei brevetti e gli uffici nazionali che ne fanno parte. Lo scopo del sistema non è però tanto questo, quanto piuttosto quello di favorire l'innovazione e lo sviluppo dell'industria a vantaggio delle imprese e della creazione di nuovi posti di lavoro qualificati, anche se si devono sostenere delle spese per garantire l'efficacia e l'estensione dei diritti concessi alle imprese e agli innovatori.

5.7

Il CESE è persuaso che coloro i quali, nell'ambito di un'impresa, contribuiscono direttamente all'innovazione e al deposito di brevetti, dovrebbero avere diritto ad una parte dei profitti realizzati grazie alle loro invenzioni (problema dell'inventore-dipendente, o del work for hire); questo sistema esiste già in alcuni paesi, ma dovrebbe essere esteso per fornire un maggiore impulso alle innovazioni.

6.   Rispetto dei diritti di proprietà intellettuale

6.1

Il CESE si è già espresso dettagliatamente sul rispetto dei diritti di proprietà industriale e sulla lotta contro la contraffazione e la pirateria in diversi pareri, in particolare nel suo parere riguardante il Libro verde La lotta alla contraffazione e alla pirateria nel mercato interno (7).

6.2

Spetta infatti agli Stati membri che hanno concesso diritti di «proprietà intellettuale» far rispettare i diritti esclusivi concessi, fermo restando il principio generale di esclusione dell'abuso di diritto. La contraffazione costituisce una grave violazione degli interessi economici delle imprese innovatrici, nonché dell'immagine di marca dell'industria comunitaria, e comporta gravi rischi per i consumatori. Inoltre le PMI solo difficilmente riescono a difendersi da sole ed hanno bisogno di aiuti concreti.

6.3

La qualità della legislazione, delle giurisdizioni e dei controlli doganali alle frontiere dell'UE sono essenziali per lottare contro le contraffazioni.

6.4

Il CESE sostiene quindi l'applicazione rigorosa del regolamento Bruxelles I e lo sviluppo della cooperazione giudiziaria e doganale intesa a tal fine. Le sentenze definitive pronunciate in uno Stato membro dovrebbero essere eseguite senza exequatur in tutti gli altri paesi.

6.5

In ottemperanza al diritto comunitario, la «tolleranza zero» raccomandata dalla Commissione rispetto alle violazioni dei diritti di proprietà industriale e del diritto d'autore riguarda la produzione commerciale di prodotti contraffatti o di copie da parte dei contravventori, come è già stato menzionato dal CESE nei suoi precedenti pareri. La protezione dei diritti di proprietà industriale non può essere garantita da una repressione a tutti i livelli. Occorre mirare ai grossi produttori e alle reti criminali dedite alla contraffazione, per smantellare un'industria che grava sulla crescita e l'occupazione degli Stati membri.

6.6

Anche la formazione e l'informazione hanno un ruolo essenziale da svolgere nei confronti dei consumatori: questi devono conoscere le condizioni in cui vengono fabbricati i prodotti contraffatti, tra cui il ricorso, ad esempio, al lavoro minorile o a forme di lavoro forzato. I consumatori devono altresì essere avvertiti dei rischi che corrono acquistando certi prodotti, come i farmaci, su siti Internet che propongono per lo più prodotti contraffatti pericolosi per la salute.

7.   Dimensione internazionale

7.1

A livello internazionale permane la necessità di adottare una strategia volta a far rispettare i diritti di proprietà industriale sia in Europa che nei paesi terzi per lottare contro la contraffazione e la pirateria. Al tempo stesso l'Europa dovrebbe cercare di favorire i trasferimenti di tecnologie sostenibili verso i paesi in via di sviluppo.

7.2

I trattati internazionali sui marchi, i brevetti e il diritto d'autore si fondano sulle antiche regole del diritto dei trattati (convenzione di Vienna). Il CESE esprime il proprio rammarico per una mancanza di trasparenza deplorevole. Non si tratta soltanto di coinvolgere nelle delegazioni nazionali i maggiori esperti, ma anche di optare per un approccio europeo, specialmente per soddisfare l'esigenza di qualità dei diritti protetti. Sarebbe opportuno fare partecipare maggiormente ai negoziati la società civile e le sue istanze organizzate, affinché i partner economici dell'Unione europea sappiano che le «delegazioni europee» beneficiano di un ampio sostegno fondato su un processo preliminare di consultazione e su un coinvolgimento nelle fasi successive dei negoziati, che possono prolungarsi per vari anni.

7.3

I criteri dello sviluppo sostenibile e della cooperazione internazionale rivolta a questo obiettivo dovrebbero prevalere nello spazio economico globale. È opportuno che tutti i negoziati puntino a stabilire soluzioni conformi alle aspettative dei cittadini e degli interessi organizzati in gioco.

8.   Osservazioni finali

8.1

Il CESE sostiene la strategia proposta dalla Commissione, fatti salvi i suggerimenti e le riserve precedentemente formulati.

8.2

Il CESE è pienamente consapevole degli ostacoli e delle difficoltà che si oppongono alla realizzazione di riforme complesse e costose. È convinto tuttavia che la possibile crescita sostenibile prodotta da un sistema europeo di protezione genererà delle entrate fiscali.

8.3

Il brevetto comunitario fornirà un nuovo slancio agli investimenti nelle tecnologie innovative.

8.4

In questo ambito, il CESE continuerà a sostenere tutte le iniziative comunitarie concrete intese a migliorare i diritti applicabili, la risoluzione delle controversie, la protezione dei titolari dei diritti di proprietà industriale nella lotta contro le organizzazioni criminali che sono all'origine degli atti di contraffazione. Il CESE insiste ancora una volta sull'urgenza di porre in atto soluzioni che imprese e cittadini attendono da troppo tempo.

Bruxelles, 10 giugno 2009.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  SEC(2009) 330 def. del 20.3.2009.

(2)  GU C 116 del 28.4.1999, pag. 35 (relatore: Malosse) e GU C 221 del 7.8.2001, pag. 20 (relatore: Malosse).

(3)  GU C 155 del 29.5.2001, pag. 80 (relatore: Simpson) e GU C 112 del 30.4.2004, pagg. 76 e 81 (relatore: Retureau).

(4)  Con la precisazione fornita, riguardo a taluni geni isolati, dalla direttiva 98/44/CE sulle biotecnologie.

(5)  GU C 286 del 17.11.2005, pag. 8 (relatore: Ranocchiari).

(6)  Imprese molto piccole e micro imprese.

(7)  GU C 116 del 28.4.1999, pag. 35 (relatore: Malosse).


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/13


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Quadro strategico europeo per la cooperazione internazionale in campo scientifico e tecnologico

COM(2008) 588 def.

2009/C 306/03

La Commissione europea, in data 24 settembre 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Quadro strategico europeo per la cooperazione internazionale in campo scientifico e tecnologico»

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore WOLF.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009, (seduta dell'11 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 111 voti favorevoli e 1 astensione.

1.   Sintesi e raccomandazioni

1.1

La cooperazione internazionale in campo scientifico ha numerosi effetti — e tutti, senza eccezione, positivi — sul progresso scientifico-tecnico dei partner interessati e sull'intesa fra i popoli. Ciò vale non soltanto all'interno dello Spazio europeo della ricerca (SER), ma anche a livello mondiale.

1.2

Di conseguenza, il Comitato accoglie con favore la comunicazione della Commissione e ne approva gli obiettivi fondamentali. Analogamente, esso accoglie con favore ed appoggia le conclusioni del Consiglio Competitività del 2 dicembre 2008 (1) e l'istituzione, decisa in quell'occasione, di un gruppo di esperti di alto livello (formazione specifica del comitato della ricerca scientifica e tecnica (CREST)).

1.3

Il Comitato sostiene l'intento della Commissione di pervenire a un'azione coordinata degli Stati membri con l'obiettivo di concludere accordi quadro internazionali nonché di integrare in maniera appropriata le priorità tematiche della cooperazione internazionale nella pianificazione comune dei programmi di ricerca e nella preparazione dell'Ottavo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (RST).

1.4

Si tratta, da un lato, di affrontare questioni fondamentali, quali ad esempio la mobilità dei ricercatori o gli accordi sulla proprietà intellettuale, e, dall'altro, di promuovere l'iniziativa individuale e i convegni specialistici in quanto piattaforme di scambio di conoscenze e di comunicazione, nonché di accrescere l'attrattività del SER.

1.5

Il Comitato ritiene che la Commissione sia chiamata a svolgere un ruolo eminente — anche nell'ottica della sussidiarietà — negli accordi internazionali sulle grandi infrastrutture scientifico-tecniche, dato che i costi (di costruzione e di esercizio) e l'utilizzo di queste superano di solito le possibilità dei singoli Stati membri e rappresentano dunque un tipico compito comunitario. Il Comitato appoggia quindi anche l'obiettivo di perseguire la realizzazione di infrastrutture di ricerca internazionali (come già fatto per l'ITER) o la partecipazione di partner internazionali a infrastrutture di ricerca europee.

1.6

Il Comitato appoggia la proposta della Commissione di mettere in risalto la questione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) in quanto tema della cooperazione internazionale e raccomanda nel contempo di introdurre anche in questo campo la nuova categoria «TIC per la scienza e la ricerca». Il Comitato raccomanda però di attribuire un'analoga importanza anche agli altri rilevanti temi globali quali l'energia, il clima, l'ambiente e la salute, purché ciò non porti ad escludere ulteriori temi, e in particolare la ricerca di base, dall'ambito della cooperazione internazionale.

1.7

Il Comitato fa notare che il successo della cooperazione internazionale dipende dall'attrattività del SER e dalla performance delle università e degli istituti di ricerca europei. Le misure necessarie a questo scopo sono componenti di cruciale importanza della strategia di Lisbona. A fronte dell'attuale crisi finanziaria ed economica, risulta ancora più importante attuare una politica anticiclica e rafforzare e rendere attrattivo il SER e le sue fondamenta — compresa la sua dimensione internazionale — con misure finanziarie e strutturali.

2.   Comunicazione della Commissione europea

2.1

La comunicazione all'esame presenta un quadro strategico europeo per la cooperazione internazionale in campo scientifico e tecnologico. Gli obiettivi sono i seguenti:

migliorare il coordinamento delle iniziative degli Stati membri e della Comunità europea (CE) volte a rafforzare la cooperazione strategica in campo scientifico e tecnologico e il dialogo sulla società dell'informazione con i partner a livello mondiale,

creare ulteriori sinergie fra le pubbliche amministrazioni, l'industria e la società civile per rendere più efficiente l'azione dell'UE in questi settori,

facilitare l'accesso alla conoscenza, alle risorse e ai mercati a livello mondiale,

esercitare un impatto positivo sulle attività scientifiche e tecnologiche programmate a livello mondiale riunendo le risorse,

migliorare le condizioni generali della ricerca internazionale,

offrire alle università e ai ricercatori europei maggiori possibilità di lavorare con i migliori scienziati e le migliori infrastrutture di ricerca al mondo,

rafforzare la posizione dell'industria europea a livello mondiale nel campo delle comunicazioni elettroniche e in altre tecnologie avanzate.

2.2

La comunicazione tiene conto delle conclusioni del Consiglio del febbraio 2008 ed è una delle cinque iniziative della Commissione sul futuro del SER. Il quadro proposto contribuirà alla libera circolazione della conoscenza (la «quinta libertà» dell'UE) a livello mondiale, nonché a conferire all'Europa un più alto profilo in campo scientifico e tecnologico a livello internazionale e a diffondere il know-how europeo in materia di TIC (tecnologie dell'informazione e della comunicazione).

2.3

In tale contesto, la mobilità dei ricercatori costituisce un aspetto centrale.

2.4

La cooperazione con i paesi partner particolarmente avanzati in campo scientifico sarà di natura diversa da quella con i paesi che stanno costruendo la propria base scientifica, ma entrambi i tipi di cooperazione sono necessari.

2.5

Con i paesi che hanno manifestato interesse ad associarsi al Settimo programma quadro di RST (7PQ) saranno avviati dialoghi bilaterali in campo scientifico e tecnologico.

2.6

Dato che gli aiuti alla R&S finanziati con risorse pubbliche provengono per la massima parte dagli Stati membri, l'UE può contribuire in modo efficace alla cooperazione internazionale su scala mondiale solo rafforzando il partenariato fra gli Stati membri e la CE.

3.   Osservazioni del Comitato

3.1

Osservazioni preliminari. Già nel parere del 2000 in merito alla comunicazione della Commissione Verso uno spazio europeo della ricerca (2) il Comitato aveva posto l'accento su una caratteristica particolare della ricerca scientifica: quella, cioè, per cui «i metodi e i concetti impiegati sono gli stessi per tutti i paesi. Le scienze (naturali) hanno dunque una “cultura mondiale” e un “linguaggio specifico” unici, e pertanto scale di valori comuni. (…) Solo così sono possibili lo scambio internazionale di conoscenze e la cooperazione su scala mondiale».

3.2

Situazione di partenza. Fortunatamente in molti Stati membri già da vari decenni esistono diversi progetti di cooperazione internazionale — che oltrepassa cioè i confini dell'UE — in campo scientifico e tecnico, e ciò sia tra le imprese (global players) che tra gli istituti di ricerca che godono di finanziamenti pubblici e i rispettivi gruppi di ricerca. Un ruolo importante è svolto al riguardo anche dall'azione catalizzatrice delle diverse associazioni specializzate tecnico-scientifiche (3) e di organizzazioni internazionali specializzate, quali ad esempio l'Agenzia internazionale per l'energia (AIE) (4), l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), l'Unione internazionale di fisica pura e applicata (UIFPA), il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (International Panel on Climate Change — IPCC) o per es. anche l'Agenzia spaziale europea (EASA) e il Centro europeo per le ricerche nucleari (CERN). In generale l'esperienza finora maturata mostra che gli Stati che effettuano scambi scientifici aperti e cooperano in questo campo, nel medio e lungo periodo ne traggono vantaggi anche sul piano culturale ed economico.

3.3

Approvazione di massima. Il Comitato approva dunque gli obiettivi fondamentali della comunicazione in esame: la cooperazione internazionale a livello globale fa risparmiare risorse e accelera la diffusione di nuove conoscenze. Nel complesso, essa ha numerose ricadute — e tutte positive — sul progresso tecnico-scientifico, come pure sulla comprensione tra i popoli. Contribuisce quindi in particolare anche a promuovere buone relazioni con i paesi vicini all'UE. Tuttavia, la cooperazione non può diventare un fine in sé, poiché comporta costi aggiuntivi che devono essere giustificati in ogni singolo caso dal valore aggiunto che da essa ci si attende.

3.4

Dialettica tra concorrenza e cooperazione. Anche la cooperazione di cui qui si tratta, ossia quella internazionale nel campo della ricerca e sviluppo, si inserisce nel rapporto dialettico tra concorrenza e cooperazione (5). Mentre nel campo della ricerca di base gli aspetti concorrenziali riguardano perlopiù solo le questioni di priorità dei risultati scientifici e del prestigio che ne deriva, in quello della ricerca applicata le questioni relative alla concorrenza acquistano anche un rilievo economico nella misura in cui dai risultati della RST derivano procedimenti o prodotti sfruttabili commercialmente e quindi anche vantaggi economici.

3.5

Promozione e riconoscimento dell'iniziativa individuale e della mobilità. I principali iniziatori e attori della cooperazione internazionale sono i ricercatori stessi (scienziati ed ingegneri). Per questo motivo, la loro iniziativa individuale e la loro mobilità vanno promosse e riconosciute e, a tal fine, sono necessari sia un incentivo individuale che un incentivo alla mobilità mediante misure analoghe a quelle già adottate — o alle quali si aspira — all'interno dello Spazio europeo della ricerca.

3.6

Promozione di convegni specialistici e associazioni tecnico-scientifiche internazionali. I convegni specialistici costituiscono il forum scientifico per diffondere e valutare risultati, scambiare conoscenze e idee, avviare cooperazioni e sviluppare approcci nuovi o perfezionati. A organizzare tali convegni sono generalmente singole associazioni specializzate tecnico-scientifiche, in quanto tipiche organizzazioni della società civile. Il Comitato raccomanda pertanto di dare maggiore considerazione e riconoscimento ai loro risultati, nonché di sfruttarne e incoraggiarne maggiormente le attività per la diffusione delle conoscenze, la valutazione dei risultati e il coordinamento della ricerca (6).

3.7

Promozione e riconoscimento dell'autonomia organizzativa. Oltre ai singoli ricercatori, sono soprattutto gli organismi di ricerca e le università che avviano, definiscono a livello contrattuale e coltivano la cooperazione internazionale nei rispettivi settori — e spesso addirittura parecchie e molteplici cooperazioni — con organismi partner selezionati. Questo merita di essere incentivato e sostenuto, in particolare garantendo, a livello giuridico, finanziario e di risorse umane, condizioni generali affidabili in grado di offrire una continuità sufficiente.

3.8

Ulteriori misure di sostegno. Per facilitare o avviare le summenzionate misure, gli accordi quadro a livello governativo degli Stati membri con i paesi terzi extraeuropei sono utili, se non addirittura essenziali. È proprio questo, ad avviso del Comitato, il più importante compito di coordinamento, che consiste appunto nel garantire — mediante l'applicazione di strumenti sia europei che nazionali — la coerenza delle politiche (della politica di ricerca, ma anche di quelle di vicinato, di sviluppo, industriale ed economica) nella cooperazione internazionale con i paesi terzi in materia di R&S.

3.9

Il ruolo della Commissione europea. Il Comitato, se da un lato sottolinea che gli organismi di ricerca e le imprese devono avviare e sviluppare sotto la propria responsabilità gli elementi e i programmi di cooperazione internazionale che di volta in volta li riguardano, dall'altro reputa che gli Stati membri e la Comunità abbiano compiti importanti da svolgere riguardo a questioni fondamentali e di più ampio respiro. Tali compiti dovrebbero essere discussi in partenariato tra la Commissione e gli Stati membri e incentrati — ad esempio — sui seguenti temi:

le questioni fondamentali di politica della mobilità, come le questioni relative ai visti e quelle fiscali, la tutela giuridica personale, le assicurazioni, il diritto a una pensione di anzianità ecc. In proposito si tratta in primo luogo di tutelare gli interessi della ricerca europea e dei ricercatori europei, ma a tal fine occorre anche pervenire ad elaborare regolamentazioni simmetriche con i partner internazionali,

la possibile associazione di altri paesi extracomunitari — e in particolare di paesi vicini — al Settimo programma quadro di RST, che includa accordi pertinenti di accesso reciproco,

le questioni fondamentali relative agli accordi internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale (7) nel campo della ricerca e sviluppo (8). Qui risulta evidente ancora una volta il punto debole dell'Europa, cioè la mancanza di un brevetto comunitario e di un periodo di grazia,

il sostegno alla cooperazione di gruppi di lavoro di paesi terzi a progetti finanziati dal programma quadro di RST e l'adeguata cooperazione dei gruppi di lavoro dell'UE ai progetti finanziati da tali paesi terzi; il conseguente adeguamento delle norme di accesso ai programmi,

gli sforzi tesi, nel quadro dell'iniziativa per la pianificazione comune dei programmi di ricerca, a garantire che gli Stati membri stanzino risorse sufficienti per la cooperazione internazionale,

il coordinamento di questi obiettivi con la preparazione e la definizione dell'Ottavo programma quadro di RST; il rafforzamento della cooperazione internazionale, sviluppando ulteriormente le misure già adottate e elaborandone di nuove.

3.10

Messaggio fondamentale della comunicazione. Il Comitato, di conseguenza, reputa che il messaggio fondamentale della comunicazione della Commissione consista nel richiamare l'attenzione del Consiglio e del Parlamento europeo sull'importanza sempre maggiore della cooperazione internazionale, nel garantire un'azione coordinata degli Stati membri e della Comunità, con l'obiettivo di concludere accordi quadro internazionali nonché nel definire le priorità tematiche e regionali della cooperazione internazionale e nel tenerne conto in maniera appropriata nella pianificazione comune dei programmi di ricerca e nella preparazione dell'8PQ.

3.11

Infrastruttura europea di ricerca. Ad avviso del Comitato, un ruolo più forte e diretto la Commissione dovrebbe svolgerlo — anche nell'ottica della sussidiarietà — riguardo alla cooperazione internazionale per le grandi strutture e i progetti rientranti nell'infrastruttura europea di ricerca, dato che i costi (di costruzione e di esercizio) e l'utilizzo di tali strutture superano di solito le possibilità dei singoli Stati membri. Ciò vale in particolare per alcuni dei programmi promossi e coordinati dalla Commissione ai quali l'UE partecipa direttamente (come ad esempio il programma di fusione con ITER) o nei quali l'UE svolge un ruolo importante di coordinamento, come il Forum strategico europeo sulle infrastrutture di ricerca [European Strategy Forum for Research Infrastructures — ESFRI (9)] e le ulteriori iniziative sviluppate a partire da tale forum. Il Comitato appoggia quindi in particolare uno degli obiettivi formulati dalla Commissione: quello di «affrontare le sfide scientifiche tramite infrastrutture di ricerca a livello mondiale», il che può implicare altresì la partecipazione di partner internazionali all'infrastruttura di ricerca europea. Al riguardo, vanno presi in considerazione anche l'aspetto geografico e il potenziale scientifico disponibile.

3.12

Forum strategico per la cooperazione internazionale — CREST. Di conseguenza, il Comitato accoglie con favore e appoggia la raccomandazione preliminare del Consiglio Competitività del 14 novembre 2008 e la relativa decisione del 2 dicembre 2008 (10) di istituire un forum strategico (in una specifica formazione del CREST) per la cooperazione tecnico-scientifica internazionale. Il Comitato accoglie con favore e appoggia anche gli obiettivi corrispondenti, ossia:

un partenariato di lungo termine tra la Commissione e gli Stati membri per un migliore coordinamento degli obiettivi, degli strumenti e delle attività della cooperazione tecnico-scientifica internazionale. In proposito si tratta anche di rafforzare la cooperazione internazionale nel programma quadro di RST,

l'ulteriore sviluppo della dimensione internazionale del SER,

il coordinamento delle attività e delle posizioni nei confronti dei paesi terzi, affinché l'Europa possa «parlare con una voce sola» nelle sedi internazionali.

3.13

Dimensione internazionale del SER. Il Comitato sottolinea soprattutto la dimensione internazionale del SER. In proposito si tratta di rafforzare sia la cooperazione (11) a geometria variabile (12) tra gli Stati membri che il coordinamento delle attività di R&S a livello internazionale.

3.14

Convergenza tra le discipline umanistiche e le scienze naturali. Il Comitato raccomanda di spingersi oltre la cooperazione internazionale meramente scientifica e tecnica, integrando nella cooperazione anche gli ambiti in cui emergono relazioni evidenti con le discipline umanistiche e con le connesse questioni etiche.

3.15

Lacune della comunicazione della Commissione. Il Comitato deplora tuttavia che la comunicazione non abbia richiamato sufficientemente l'attenzione sulle numerose cooperazioni e contratti già esistenti (cfr. il punto 3.2), nonché sui relativi iniziatori e strumenti, ragion per cui il lettore poco informato potrebbe avere un quadro eccessivamente negativo della situazione di partenza. Inoltre, le esperienze già acquisite in questo campo dovrebbero costituire la base di ogni ulteriore passo avanti e consentire di sfruttare meglio le iniziative — ad esempio — delle associazioni specializzate.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Osservazioni sulla scelta dei temi

4.1.1

TIC, incluse le «TIC per la scienza e la ricerca». Fra i temi di particolare rilievo per la cooperazione internazionale la Commissione pone l'accento sulle TIC in quanto tecnologie «orizzontali» essenziali per la scienza e l'industria, e anche sull'obiettivo di una diffusione globale del know-how europeo in questo campo. Questa scelta incontra il pieno sostegno del Comitato. Nel contempo, però, il Comitato fa notare che il tema delle TIC non deve essere inteso in maniera troppo restrittiva, ma dovrebbe invece abbracciare l'intero ambito di tali tecnologie, dall'armonizzazione dei diversi standard alle reti di comunicazione fino ai computer ad alte prestazioni e ai relativi software sempre più sofisticati, poiché l'ampia disciplina del calcolo scientifico o scientific computing  (13) (che include fra l'altro il grid- e il cloud-computing) nel frattempo si è sviluppata fino a diventare un pilastro di grande importanza dei metodi scientifici e tecnici. Il modo migliore per ottenere questo è quello di introdurre una sottocategoria TIC per la scienza e la ricerca. Inoltre, il Comitato fa notare che proprio in questo campo la cooperazione con i gruppi di esperti dei paesi terzi partner può essere di grande utilità.

4.1.2

Energia, clima, ambiente e salute. Vi sono tuttavia anche altri temi di rilievo globale altrettanto importanti, quali ad esempio la questione dell'energia e del clima, la ricerca sull'ambiente o la ricerca nel campo della salute. Questi temi dovrebbero anch'essi ricevere un'adeguata visibilità nella strategia proposta dalla Commissione.

4.1.3

Restare aperti ad ulteriori temi. Da un lato è vero che singoli temi e problematiche, in un determinato periodo, appaiono particolarmente importanti ed urgenti — come è attualmente il caso, ad esempio, dell'energia e del clima — e che è necessario anche non disperdere le scarse risorse disponibili. Dall'altro, però, considerato che non è possibile prevedere le nuove conoscenze e nemmeno gli orizzonti temporali necessari per la loro trasposizione in applicazioni tecniche, il Comitato raccomanda di non restringere a priori la gamma dei temi trattati negli accordi quadro internazionali, ma di restare aperti alla considerazione di altri problemi che in futuro potrebbero divenire di attualità. Un'ultima osservazione, anch'essa importante: la cooperazione internazionale riveste una grande importanza anche nella ricerca pura.

4.1.4

Ricerca pura (o di base). Il Comitato rammenta la decisiva importanza della ricerca pura nel contribuire alla scoperta delle leggi naturali, sulla cui base si sono sviluppate quasi tutte le tecnologie moderne e si sono potute acquisire conoscenze in campo medico. Il Comitato raccomanda che per la sua realizzazione si chieda anche il parere del Consiglio europeo della ricerca (CER).

4.2

Interesse diretto dell'Europa e differenti categorie. Nell'interesse stesso dell'Europa occorrerebbe operare una distinzione più netta tra le diverse categorie di cooperazione internazionale, ossia:

l'associazione al programma quadro comunitario di RST. In questo contesto, al di là dei paesi limitrofi già associati al programma quadro come la Norvegia e la Svizzera, il Comitato appoggia l'intenzione di avviare, in particolare, accordi di associazione — ad esempio con la Russia o anche (14) con l'Ucraina,

la cooperazione — particolarmente importante — con paesi altamente sviluppati non direttamente confinanti, vale a dire con Stati che dispongono di centri di formazione di qualità e di un'infrastruttura di R&S avanzata come gli USA, il Giappone e, in misura crescente, anche la Cina, il Brasile e l'India,

la cooperazione con altri paesi terzi volta innanzi tutto a realizzare il potenziale offerto dai talenti locali, promuoverlo e utilizzarlo nell'interesse reciproco.

4.3

La questione linguistica: un problema, ma non un tabù. La lingua scientifica internazionale è l'inglese. Per questo motivo, gli Stati membri di madrelingua inglese o in cui l'inglese è parlato correntemente dalla maggior parte del personale addetto alla R&S hanno un vantaggio naturale in termini di attrattiva non solo per gli studenti — in quanto futuri responsabili delle decisioni in materia di cooperazione scientifica —, ma anche per gli scambi scientifici. Gli altri Stati membri dovrebbero impegnarsi a trovare a loro volta delle soluzioni adeguate utili sia a loro stessi che allo Spazio europeo della ricerca.

4.4

Mobilità dei ricercatori e prevenzione della «fuga di cervelli». La mobilità dei ricercatori, dei docenti e degli studenti è un presupposto importante per lo scambio di conoscenze e per la cooperazione. Inoltre, essa costituisce ormai quasi sempre anche un prerequisito per lo sviluppo della carriera personale nel campo della ricerca. Nel lungo periodo, tuttavia, la mobilità può anche condurre a una situazione in cui i migliori talenti di un determinato paese si spostano ovunque si trovino le migliori e più interessanti condizioni per la ricerca e opportunità di sviluppo personale. Ciò costituisce un problema sia per l'UE nel suo insieme — in rapporto ai paesi vicini e ad altri come gli Stati Uniti — che per i singoli Stati membri.

4.5

Offrire opportunità. Poiché è assolutamente impensabile ostacolare la mobilità e impedire così ai giovani più dotati di cogliere le loro opportunità di sviluppo, è necessario che all'interno dell'UE la politica di ricerca di tutti gli Stati membri e della Comunità stessa si sforzi — anche e soprattutto utilizzando le risorse dei fondi strutturali — di sviluppare centri di eccellenza e/o altri modelli attrattivi e giungere così ad un equilibrio nel flusso di mobilità desiderato (brain circulation).

4.6

Accrescere l'attrattività dell'Europa: lo Spazio europeo della ricerca. Quanto si è detto vale altresì per la relazione tra l'UE nel suo insieme e i suoi partner internazionali. Un elemento decisivo per il successo della cooperazione internazionale e per la posizione negoziale dell'UE nell'ambito dei singoli accordi è l'attrattività delle attività di ricerca e sviluppo svolte nell'UE, nonché dei centri di formazione o universitari, delle infrastrutture e delle opportunità di carriera dei suoi ricercatori. Rafforzare lo Spazio europeo della ricerca è quindi una delle misure più efficaci anche per realizzare gli obiettivi di evitare una «fuga di cervelli» dall'Unione europea, di attirare in Europa i migliori scienziati provenienti da tutto il mondo e di poter negoziare gli accordi internazionali da una posizione di forza.

4.7

Strategia di Lisbona, crisi attuale e politica anticiclica. Il successo della cooperazione internazionale dipende quindi essenzialmente dall'attrattività del SER e dalla performance degli istituti accademici e di ricerca europei. Le misure necessarie a questo scopo sono componenti di cruciale importanza della strategia di Lisbona. A fronte dell'attuale crisi finanziaria ed economica, risulta ancora più importante attuare una politica anticiclica e adottare tutte le misure finanziarie e strutturali necessarie per rafforzare il SER e i presupposti su cui esso si fonda — compresa la sua dimensione internazionale — nonché per modularlo in modo tale da garantirne l'attrattività. Allo stesso tempo, il Comitato invita la Commissione e gli Stati membri a contrastare, attraverso una politica di assunzione anticiclica, la minaccia di disoccupazione per i giovani laureati che potrebbe risultare dalla diminuzione delle attività di ricerca e sviluppo svolte nel settore privato (15).

Bruxelles, 11 giugno 2009

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  Conclusioni della 2910a riunione del Consiglio Competitività (Bruxelles, 2 dicembre 2008) concernenti un partenariato europeo per la cooperazione scientifica e tecnologica internazionale.

(2)  Pubblicato nella GU C 204 del 18.7.2000, pag. 70.

(3)  Le associazioni specializzate nazionali, europee o anche internazionali, articolate secondo le singole discipline scientifiche, si finanziano per lo più con le quote associative dei loro membri e sono quindi delle tipiche rappresentanti della società civile organizzata.

(4)  Attraverso i cosiddetti implementing agreements («accordi di attuazione»).

(5)  Cfr. il parere del CESE sul tema La cooperazione e il trasferimento delle conoscenze tra gli organismi di ricerca, l'industria e le PMI: un presupposto importante per l'innovazione (GU C 218 dell'11.9.2009, pag. 8).

(6)  Cfr. il punto 3.10.1 del parere del Comitato pubblicato nella GU C 44 del 16.2.2008, pag. 1.

(7)  Questo non significa però limitare il margine di manovra relativo ai singoli accordi, che deve tener conto fra l'altro anche dell'equilibrio o meno tra le conoscenze preesistenti e le qualifiche dei partner.

(8)  A questo proposito cfr. anche GU C 218 dell'11.9.2009, pag. 8.

(9)  Cfr. GU C 182 del 4.8.2009 pag. 40.

(10)  Conclusioni della 2891a riunione del Consiglio Competitività (Bruxelles, 2 dicembre 2008) concernenti un partenariato europeo per la cooperazione scientifica e tecnologica internazionale.

(11)  Cfr. GU C 182 del 4.8.2009 pag. 40.

(12)  Con il concetto di «geometria variabile» si intende qui la possibilità che la cooperazione o la partecipazione di singoli Stati membri assuma configurazioni di volta in volta diverse (cfr. anche l'articolo 169 TCE).

(13)  Disciplina spesso denominata anche simulation science (scienza della simulazione) o numerical modelling (modellazione numerica). Con questo metodo è possibile affrontare questioni di grande complessità, che in precedenza non si prestavano a un esame sistematico.

(14)  In questo caso si tratta di una raccomandazione del CESE che va al di là della proposta della Commissione.

(15)  Cfr. CESE 864/2009, punto 1.7 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/18


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano

COM(2008) 663 def. — 2008/0256 (COD)

2009/C 306/04

Il Consiglio, in data 23 gennaio 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano»

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice HEINISCH.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta del 10 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 94 voti favorevoli e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Pur sottolineando le sue riserve in merito ad alcuni punti discutibili delle proposte contenute nella direttiva, il CESE prende atto del proposito di migliorare le informazioni trasmesse al pubblico sui medicinali soggetti a prescrizione medica. Un quadro normativo armonizzato contribuirebbe alla certezza e alla chiarezza giuridica nella Comunità. Il CESE mette in discussione il principio su cui si basa la proposta di direttiva COM(2008) 663 def., secondo il quale l'industria farmaceutica deve essere autorizzata a comunicare direttamente con i pazienti.

1.2

In questo senso, il CESE ritiene che le considerevoli differenze che intercorrono tra le disposizioni dei vari Stati membri in materia di prescrizione e di dispensazione dei medicinali rappresentino un ostacolo alla diffusione di informazioni adeguate e comprensibili sui medicinali. Il CESE invita pertanto la Commissione a continuare a perseguire un'armonizzazione delle disposizioni relative alla prescrizione e alla dispensazione di medicinali.

1.3

Ogni cittadino (paziente) ha il diritto di ricevere informazioni dettagliate e comprensibili nella propria lingua. Tale diritto interessa anche le informazioni fornite tramite Internet e riguardanti i medicinali soggetti a prescrizione medica. Le informazioni fornite dovrebbero essere specificamente riferite alla malattia, ossia dovrebbero informare il paziente, oltre che sul farmaco stesso, anche sulla malattia che il farmaco consente di trattare (1). Alla luce dei cambiamenti demografici è necessario in particolare predisporre canali di informazione per i pazienti più anziani (2).

1.4

Il CESE suggerisce di istituire un organismo indipendente che si affianchi ai titolari dell'autorizzazione all'immissione in commercio nella diffusione di informazioni. Questo organismo potrebbe fornire informazioni sui medicinali offerti da diversi produttori per una determinata indicazione. Il CESE chiede, pertanto, di integrare in tal senso la proposta di direttiva e di promuovere l'istituzione di questo organismo indipendente.

1.5

A norma di quanto stabilito all'articolo 100 nonies, paragrafo 1, della proposta di direttiva, i siti Internet necessitano della registrazione preliminare da parte delle autorità nazionali. In tal modo verrebbe agevolata e resa più sicura la salvaguardia degli interessi pubblici anche su Internet.

1.6

In taluni casi la linea di demarcazione fra pubblicità e informazione è difficile da individuare in quanto i confini fra i due concetti risultano labili. Il CESE ritiene che la direttiva all'esame debba definire l'informazione autorizzata in base a criteri di qualità (informazione obiettiva, indipendente, comparativa e comprensibile) senza attendere l'elaborazione, da parte della Commissione, dei previsti orientamenti.

1.7

Il CESE chiede di non considerare le informazioni relative a studi scientifici di tipo non interventistico come dati da divulgare e pertanto di stralciare dalla proposta i punti attinenti.

1.8

Le «pubblicazioni relative alla salute» non costituiscono un mezzo di diffusione adeguato per le informazioni sui medicinali soggetti a prescrizione medica. Potrebbe trattarsi, infatti, di informazioni ricevute passivamente dai cittadini (push information), mentre la direttiva dovrebbe limitarsi a considerare le informazioni ricercate attivamente dal paziente. Occorre pertanto eliminare dalla proposta di direttiva la possibilità di diffondere informazioni tramite tali «pubblicazioni relative alla salute». I siti Internet possono rappresentare invece un canale di informazione adeguato, ma il nuovo articolo 100 quater, lettera b) deve assicurare che si tratti di siti web dedicati esclusivamente ai medicinali e approvati dall'Agenzia europea per i medicinali e dalle agenzie nazionali competenti in materia.

1.9

Dalla proposta di direttiva emerge anche la necessità di migliorare la leggibilità delle informazioni ufficialmente approvate, con particolare riferimento al foglietto illustrativo. Il CESE condivide appieno le iniziative in tal senso, a prescindere dalla proposta di direttiva in esame. I pazienti devono ricevere informazioni complete e comprensibili, in special modo riguardo agli effetti collaterali dei farmaci e al proprio stile di vita generale. A tal riguardo si dovrebbe prevedere anche un adeguato aggiornamento dei medici e del personale sanitario.

1.10

Il CESE invita gli Stati membri, nell'imminenza dell'entrata in vigore della direttiva in esame, ad allestire un portale Internet, indipendente dall'industria farmaceutica, che consenta la diffusione di informazioni sui medicinali soggetti a prescrizione medica. A tale scopo è necessario organizzare conferenze e forum negli Stati membri in collaborazione con le organizzazioni dei pazienti e gli enti di previdenza sociale, compresi gli enti di assicurazione malattia integrativa.

1.11

Le direzioni generali sono invitate a informare i pazienti sulle possibilità e i rischi che presenta Internet per acquisire informazioni sui medicinali.

1.12

Il CESE approva i metodi di controllo delle informazioni previsti all'articolo 100 octies della proposta. Il controllo preventivo delle informazioni deve avvenire ogniqualvolta lo si reputi necessario. Tuttavia, tale controllo non è necessario qualora il contenuto delle informazioni sia già stato approvato dalle autorità competenti oppure nel caso in cui un controllo adeguato ed efficace di livello equivalente sia garantito per mezzo di un diverso meccanismo. Gli Stati membri devono avere la possibilità di decidere se sul loro territorio esista un meccanismo che garantisce un controllo equivalente e adeguato. La regolamentazione prevista all'articolo 100 octies è in tal senso equilibrata.

1.13

La comunicazione tra il paziente e gli operatori sanitari, in particolare il medico e il farmacista, deve rimanere la massima priorità. La consulenza personalizzata fornita dagli operatori sanitari è indispensabile per garantire l'uso sicuro dei medicinali soggetti a prescrizione medica.

2.   Introduzione

2.1

La proposta di direttiva in esame intende stabilire un quadro normativo chiaro in materia di comunicazione di informazioni al pubblico sui medicinali soggetti a prescrizione da parte dei titolari di autorizzazione all'immissione in commercio, allo scopo di incoraggiare un uso razionale di detti medicinali.

2.2

Occorre assicurare l'elevata qualità delle informazioni mediante l'applicazione coerente di norme chiaramente definite in tutta la Comunità.

2.3

È opportuno che le informazioni siano fornite attraverso canali che rispondono alle esigenze e alle capacità di pazienti di diverso tipo.

2.4

È necessario consentire ai titolari delle autorizzazioni all'immissione in commercio di fornire informazioni comprensibili, obiettive e non promozionali sui benefici e i rischi dei loro medicinali.

2.5

Occorre provvedere all'applicazione di misure di controllo e attuazione al fine di garantire il rispetto dei criteri di qualità da parte di chi fornisce le informazioni, evitando al contempo che ciò determini oneri burocratici superflui.

3.   Contesto

3.1

La direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (3) istituisce un quadro armonizzato sulla pubblicità dei medicinali a livello comunitario. Tale normativa vieta la pubblicità presso il pubblico dei medicinali soggetti a prescrizione medica. La direttiva non contiene, tuttavia, disposizioni dettagliate in materia di attività di informazione sui medicinali, ma prevede soltanto che a talune attività di informazione non si applichino le disposizioni sulla pubblicità.

3.2

Ai sensi dell'articolo 88 bis della direttiva 2001/83/CE (4), il 20 dicembre 2007 la Commissione ha adottato e presentato al Parlamento europeo e al Consiglio una comunicazione concernente la relazione sulle attuali prassi in materia di comunicazione e di informazioni sui medicinali ai pazienti (5). Secondo la relazione, le norme e le pratiche riguardanti i tipi di informazione che possono essere comunicati al pubblico variano significativamente tra gli Stati membri. Alcuni Stati membri applicano norme molto restrittive, altri invece consentono di comunicare al pubblico vari tipi di informazioni non pubblicitarie.

4.   Proposta della Commissione

4.1

La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, prevede che talune informazioni siano escluse dal campo di applicazione della disposizione relativa alla pubblicità dei medicinali (titolo VIII) e che le informazioni sui medicinali soggetti a prescrizione medica siano regolamentate in un nuovo titolo VIII bis.

4.2

I tipi di informazioni sui medicinali autorizzati soggetti a prescrizione medica che i titolari di autorizzazione all'immissione in commercio possono comunicare al pubblico o a un suo membro sono elencati all'articolo 100 ter della proposta di direttiva. Fra questi figurano, ad esempio, il riassunto delle caratteristiche del prodotto, l'etichettatura e il foglietto illustrativo del medicinale, così come approvati dalle autorità competenti. Inoltre, è ammessa l'informazione farmaceutica relativa a studi scientifici di tipo non interventistico.

4.3

La diffusione delle pertinenti informazioni è esclusivamente consentita attraverso le pubblicazioni relative alla salute, i siti Internet sui medicinali e le risposte per iscritto alle richieste di informazioni di un membro del pubblico (articolo 100 quater).

4.4

L'articolo 100 quinquies contempla i requisiti generali concernenti la qualità delle informazioni nonché i dati che in esse devono figurare.

4.5

L'articolo 100 octies riguarda le disposizioni relative al controllo delle informazioni. I metodi di controllo si basano sull'esame delle informazioni prima della loro diffusione, a meno che il contenuto delle informazioni non sia già stato approvato dalle autorità competenti oppure un controllo adeguato ed efficace di livello equivalente non sia garantito per mezzo di un diverso meccanismo.

4.6

I siti Internet che forniscono informazioni sui medicinali soggetti a prescrizione medica devono essere registrati e non possono comprendere web-TV.

5.   Osservazioni di carattere generale

5.1

L'intento di migliorare le informazioni trasmesse al pubblico sui medicinali soggetti a prescrizione medica suscita molte riserve perché consente all'industria farmaceutica di comunicare direttamente con i pazienti.

5.2

Accanto alla regolamentazione delle informazioni destinate al pubblico, occorrono misure di accompagnamento, in particolar modo in relazione alla disponibilità e alla chiarezza delle informazioni fornite. Bisogna soprattutto tenere conto dei cambiamenti demografici e fare in modo che anche le persone più anziane e altre categorie di persone con specifiche esigenze di informazione siano poste in condizione di familiarizzare con le possibilità di utilizzo di Internet attraverso modalità ad esse comprensibili.

5.3

Il recepimento della proposta di direttiva in esame comporta tuttavia anche dei problemi legati al diverso status attribuito ai singoli medicinali negli Stati membri. Ne consegue che, mentre in uno Stato membro la pubblicità di un medicinale può essere autorizzata, in un altro, per lo stesso farmaco, è consentita unicamente la diffusione di informazioni ai sensi della presente proposta di direttiva. Persistono dunque delle differenze riguardo al genere e alla qualità delle informazioni disponibili nei singoli Stati membri.

5.4

La proposta in esame tiene anche conto dell'accresciuto interesse dei cittadini dell'Unione europea nei confronti delle informazioni riguardanti i medicinali e delle opportunità terapeutiche esistenti. I pazienti sono ormai consumatori responsabili, ricorrono alle prestazioni sanitarie in modo consapevole e raccolgono sempre più informazioni sui medicinali e sulle terapie. Pensare a un «consumatore maturo» è però comunque idealistico.

5.5

Un numero sempre maggiore di cittadini cerca su Internet informazioni anche sui medicinali soggetti a prescrizione medica. Occorre dunque tenere conto della crescente importanza di Internet considerandolo un mezzo di informazione essenziale tramite il quale il cittadino può ottenere informazioni sui medicinali. A tale proposito va segnalata la necessità di consentire un migliore utilizzo delle possibilità offerte da Internet anche alle fasce della popolazione che finora hanno usufruito in maniera piuttosto limitata di tale strumento (cfr. il punto 5.2).

5.6

L'esigenza di creare un quadro normativo comunitario in materia di diffusione di informazioni sui medicinali soggetti a prescrizione medica è legata anche al fatto che su Internet si trovano informazioni di dubbia qualità. L'imperativo è quello di garantire che siano fornite quindi informazioni affidabili. I siti web registrati devono essere indicati in modo chiaro, conformemente al paragrafo 5 dell'articolo 100 nonies della proposta, affinché il cittadino possa distinguerli dai siti poco attendibili.

5.7

Considerando che il foglietto illustrativo figurerà fra le informazioni sui medicinali soggetti a prescrizione medica che il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio può diffondere, il CESE, a prescindere dalla proposta in esame, sostiene gli sforzi tesi a migliorare la sua leggibilità. Tale obiettivo può essere raggiunto anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni dei pazienti. Il CESE raccomanda la creazione di un gruppo di lavoro che si occupi della questione.

5.8

Il CESE suggerisce l'istituzione di un organismo indipendente che si affianchi ai titolari dell'autorizzazione all'immissione in commercio nella diffusione di informazioni. Tale organismo potrebbe fornire informazioni sui medicinali di diversi titolari di autorizzazione e ad esempio illustrare anche i diversi farmaci disponibili per una specifica indicazione (in particolare i farmaci generici).

6.   Osservazioni specifiche

6.1

Il CESE è favorevole a mantenere il divieto di pubblicizzare presso il pubblico i medicinali soggetti a prescrizione medica.

6.2

La proposta di direttiva parte giustamente dal presupposto che le informazioni approvate ufficialmente, quali il riassunto delle caratteristiche del prodotto, l'etichettatura e il foglietto illustrativo del medicinale così come approvati dalle autorità competenti, nonché la versione accessibile al pubblico della relazione di valutazione elaborata dalle autorità competenti, non debbano essere classificate come pubblicità ma come informazioni. Informazioni di tale natura dovrebbero poter essere rese accessibili al pubblico.

6.3

Se le informazioni indicate al paragrafo 6.2 sono presentate in forma diversa da quella ufficialmente approvata, è necessario garantire il rispetto dei criteri di qualità di cui all'articolo 100 quinquies. Per motivi di chiarezza all'articolo 100 ter, lettera b), andrebbe introdotto un esplicito riferimento ai requisiti stabiliti all'articolo 100 quinquies. La necessità di presentare le informazioni ufficialmente approvate sotto un'altra forma emerge anche dal fatto che attualmente le informazioni in questione, ad esempio il foglietto illustrativo e le informazioni specialistiche, risultano a volte di difficile lettura per i pazienti. Il CESE rinnova pertanto la richiesta di migliorare la leggibilità e la comprensibilità delle informazioni trasmesse nella loro forma approvata (cfr. il punto 5.7).

6.4

Il CESE si oppone alla diffusione al pubblico di informazioni relative a studi scientifici non interventistici. Esistono fondati dubbi sul fatto che il paziente sia in grado di valutare correttamente le informazioni su tali studi traendone le conclusioni a lui necessarie. Ciò prescinde dalla questione della qualità di questo genere di informazioni. Il compito di fornire informazioni caso per caso sui relativi studi spetta, come avviene ora, agli operatori sanitari.

6.5

Le «pubblicazioni relative alla salute» non sono adatte alla comunicazione delle informazioni sui medicinali soggetti a prescrizione medica. Il concetto è di per sé ambiguo, al punto da rendere incerta un'interpretazione uniforme nei singoli Stati membri. Inoltre, per questo genere di comunicazione, si pone il problema di verificare l'eventuale superamento della linea di demarcazione fra le informazioni ricercate dal paziente (pullinformation) e quelle che gli vengono attivamente fornite (pushinformation); il paziente, infatti, quando entra in possesso di una pubblicazione relativa alla salute non mira necessariamente a ottenere informazioni su uno specifico medicinale (6).

6.6

A norma di quanto stabilito all'articolo 100 nonies, paragrafo 1, della proposta di direttiva, i siti Internet necessitano della registrazione preliminare da parte delle autorità nazionali. In tal modo verrebbe agevolata e resa più sicura la salvaguardia degli interessi pubblici anche su Internet.

6.7

I costi derivanti dalla registrazione dovrebbero corrispondere a un onere burocratico sostenibile sia dalle autorità che dall'industria farmaceutica.

6.8

Per i testi informativi è opportuno prevedere l'inserimento di un'avvertenza obbligatoria che inviti il paziente a contattare un operatore sanitario qualora necessiti di ulteriori chiarimenti in merito alle informazioni fornite. Sebbene la comunicazione al pubblico di informazioni relative anche ai medicinali soggetti a prescrizione risponda alle accresciute esigenze di informazione manifestate dai pazienti e all'immagine in evoluzione del consumatore consapevole, le informazioni che in base alla proposta di direttiva possono essere diffuse non sono in grado, nei singoli casi, di sostituirsi ai chiarimenti forniti dagli operatori sanitari.

6.9

Il CESE approva i metodi di controllo delle informazioni previsti all'articolo 100 octies della proposta. Il controllo preventivo delle informazioni deve avvenire ogniqualvolta lo si reputi necessario. Tuttavia, tale controllo non è necessario qualora il contenuto delle informazioni sia già stato approvato dalle autorità competenti oppure nel caso in cui un controllo adeguato ed efficace di livello equivalente sia garantito per mezzo di un diverso meccanismo. Gli Stati membri devono avere la possibilità di decidere se sul loro territorio esista un meccanismo che garantisce un controllo equivalente e adeguato. La regolamentazione prevista all'articolo 100 octies è in tal senso equilibrata.

6.10

Il CESE condivide pienamente quanto stabilito all'articolo 100 octies, paragrafo 2, della proposta di direttiva per quanto attiene all'elaborazione di orientamenti sulle informazioni consentite a norma del titolo in questione. Tali orientamenti e il codice di condotta in essi contenuto consentono di precisare la linea di demarcazione fra pubblicità non autorizzata e informazioni autorizzate. Si tratta qui di un criterio necessario poiché non è possibile stabilire una distinzione generale e astratta attraverso una «definizione generica».

6.11

Il CESE valuta positivamente sia il divieto di dotare di web-TV i siti Internet sia il divieto di diffondere le informazioni tramite la televisione o la radio.

Bruxelles, 10 giugno 2009.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  Cfr. parere del CESE in merito alla Proposta di direttiva concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera, GU C 175 del 28.7.2009, pag. 116.

(2)  Cfr. parere del CESE sul tema La considerazione delle esigenze degli anziani, GU C 77 del 31.3.2009, pag. 115.

(3)  GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2008/29/CE (GU L 81 del 20.3.2008, pag. 51).

(4)  Modificata dalla direttiva 2004/27/CE (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 34).

(5)  COM(2007) 862 def.

(6)  Specialmente nei casi in cui la «pubblicazione relativa alla salute» sia costituita da un supplemento a una rivista.


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/22


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto riguarda la farmacovigilanza dei medicinali per uso umano, il regolamento (CE) n. 726/2004 che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali

COM(2008) 664 def. — 2008/0257 (COD)

2009/C 306/05

Il Consiglio, in data 23 gennaio 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto riguarda la farmacovigilanza dei medicinali per uso umano, il regolamento (CE) n. 726/2004 che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali»

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice GAUCI.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta del 10 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 92 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l'intenzione della Commissione di istituire un sistema di farmacovigilanza più rigoroso attraverso una più stretta vigilanza di mercato, realizzata rafforzando le procedure di monitoraggio, in modo da definire chiaramente il ruolo e le competenze delle principali parti in causa ed assicurare la trasparenza del processo decisionale comunitario.

1.2

Il CESE raccomanda vivamente che il nuovo quadro normativo ponga i pazienti al centro della legislazione comunitaria, prevedendo norme sufficientemente armonizzate in questo campo per garantire ai cittadini dell'UE, almeno nel lungo termine, parità di accesso a informazioni affidabili in tutto il territorio comunitario e la piena disponibilità di medicinali sicuri, innovativi e accessibili, registrati in qualsiasi parte dello Spazio economico europeo a prezzi ragionevoli.

1.3

In questa prospettiva, il CESE è favorevole all'introduzione di miglioramenti significativi dell'attuale situazione, perché le differenze emerse tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali riguardanti i medicinali hanno profonde ripercussioni sui pazienti e potrebbero ostacolare il commercio all'interno dello SEE e influire sul buon funzionamento del mercato interno.

1.4

Il Comitato sottolinea pertanto l'importanza di coinvolgere i pazienti nella farmacovigilanza, anche mediante una comunicazione interattiva diretta in merito a casi di presunte reazioni avverse: la responsabilità dell'assistenza sanitaria dovrebbe essere sempre più condivisa con i pazienti che si interessano più attivamente alla propria salute e alle opzioni terapeutiche, grazie a una comunicazione bidirezionale basata anche su un adeguato impiego di Internet.

1.5

Il Comitato accoglie con favore il chiarimento e la codificazione della ripartizione dei compiti e delle competenze tra tutte le parti in causa: autorità competenti degli Stati membri, Agenzia europea per i medicinali (EMEA) e suoi comitati, Commissione, titolari di un'autorizzazione all'immissione in commercio e persone da essi designate ai fini della farmacovigilanza, pazienti. Il CESE ritiene che i nuovi elementi introdotti dalle proposte non debbano né rimettere in discussione né indebolire le strutture e le procedure esistenti a livello locale, in particolare quelle che comportano la partecipazione del paziente e degli operatori sanitari, dal momento che sono garantiti parametri comuni per dati comparabili con una procedura trasparente e rapida.

1.6

Il CESE accoglie con favore l'istituzione di un nuovo comitato di farmacovigilanza in sostituzione dell'attuale gruppo di lavoro sulla farmacovigilanza in seno all'EMEA, e ritiene che tale comitato potrebbe migliorare e rendere più rapido il funzionamento del sistema comunitario, a condizione che vengano chiariti i compiti, le procedure e i rapporti con gli altri comitati esistenti.

1.7

Occorre rafforzare con nuove risorse umane e finanziarie la raccolta e la gestione delle informazioni sulla farmacovigilanza attraverso la base di dati EudraVigilance, facendo di quest'ultima il punto interattivo unico per la raccolta e la divulgazione rapide delle informazioni sulla sorveglianza dei medicinali e garantendo una gestione efficace dei dati. Per riscuotere la fiducia dei cittadini è fondamentale garantire a tutte le parti in causa, e specialmente ai pazienti, un accesso trasparente, agevole ed interattivo alle informazioni, nel rispetto delle norme sulla protezione e sulla riservatezza dei dati.

1.8

Il CESE ribadisce l'importanza di procedure semplificate per le piccole e medie imprese (PMI) e chiede che venga ottimizzato il funzionamento dell’«ufficio PMI», che assicura assistenza finanziaria e amministrativa alle microimprese e alle PMI.

1.9

Vista l'espansione dei mercati internazionali e la crescente mondializzazione dell'attività delle aziende farmaceutiche, il CESE raccomanda di favorire il coordinamento tra le azioni degli Stati membri e quelle della CE a livello sia europeo che internazionale.

1.10

Il CESE chiede che entro un termine di cinque anni l'EMEA presenti al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato stesso una valutazione esterna indipendente dei risultati raggiunti sulla base del suo nuovo regolamento e dei programmi di lavoro, accompagnata da un esame delle sue prassi di lavoro, dell'impatto del nuovo meccanismo previsto dalla proposta di regolamento in esame e del funzionamento interattivo della base di dati EudraVigilance.

2.   Osservazioni preliminari

2.1

Le norme comunitarie armonizzate in materia di farmacovigilanza dei medicinali per uso umano sono contenute nel regolamento 726/2004/CE, che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce l'Agenzia europea per i medicinali, per quanto riguarda i medicinali autorizzati dalla Commissione secondo la procedura centralizzata prevista da quel regolamento, e nella direttiva 83/2001/CE.

2.2

La valutazione dei rischi durante lo sviluppo dei prodotti dovrebbe essere condotta in modo approfondito e rigoroso, anche se risulta impossibile individuare durante le sperimentazioni cliniche tutti rischi per la sicurezza. Una volta che un dato medicinale è stato immesso in commercio, si verifica generalmente un aumento notevole dei pazienti esposti, compresi quelle che soffrono di più patologie contemporaneamente o a cui sono somministrati vari medicinali. Di conseguenza, al fine di valutare e descrivere il profilo di rischio di un prodotto e di prendere decisioni consapevoli per ridurre al minimo i rischi, è essenziale raccogliere informazioni sulla sicurezza dei prodotti già in commercio e valutare i rischi in base a dati empirici.

2.3

Il presente parere si occupa soltanto delle modifiche che la Commissione propone di apportare all'attuale regolamento, mentre le modifiche relative alla direttiva 83/2001/CE sono trattate in un altro parere (1).

2.4

Il CESE è decisamente favorevole a un miglioramento sensibile del quadro legislativo comunitario in vigore, dato che tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di medicinali sono emerse differenze tali da poter ostacolare il commercio intracomunitario e influire sul buon funzionamento del mercato interno.

2.5

In assenza di un coordinamento gli Stati membri non potrebbero avvalersi delle migliori conoscenze scientifiche e mediche per valutare la sicurezza dei medicinali e ridurre al minimo i rischi.

2.6

Il CESE ha già messo in risalto il «carattere indispensabile di un efficace sistema di farmacovigilanza» e ha affermato di ritenere «che il sistema attuale vada rafforzato. Tutti i professionisti del settore coinvolti nella prescrizione o nella vendita di farmaci ed i pazienti stessi dovrebbero partecipare ad un sistema di sorveglianza dei farmaci immessi sul mercato» (2).

2.7

Il CESE accoglie con favore il proposito della Commissione di intensificare la vigilanza del mercato rafforzando le procedure di monitoraggio, in modo da definire chiaramente il ruolo e le responsabilità delle principali parti in causa ed assicurare la trasparenza del processo decisionale comunitario sulla sicurezza dei medicinali, affinché le misure adottate siano applicate ugualmente e integralmente a tutti i prodotti nell'UE.

2.8

La responsabilità dell'assistenza sanitaria viene condivisa in misura sempre maggiore con i pazienti che si interessano più attivamente alla propria salute e alle opzioni terapeutiche. È stato riconosciuto che è importante che i pazienti partecipino alla farmacovigilanza, tra l'altro segnalando presunte reazioni avverse, e il CESE si compiace del rilevo che viene dato a questa partecipazione e alle relative misure di sostegno a tutti i livelli.

2.9

Il CESE riconosce che le nuove disposizioni in materia di farmacovigilanza favoriranno i cittadini e i pazienti, migliorando l'accesso alle informazioni sulla salute e sui farmaci e consentendo di raccogliere in maniera proattiva dati di qualità elevata sulla sicurezza dei medicinali. Occorre rafforzare con nuove risorse umane e finanziarie la raccolta e la gestione delle informazioni sulla farmacovigilanza per mezzo della base di dati EudraVigilance, in modo che questa divenga un punto interattivo unico di raccolta e divulgazione di informazioni sulla sorveglianza dei medicinali per uso umano.

2.10

In vari pareri (3) dedicati ad argomenti specifici, il CESE si sta occupando di tutti gli aspetti del pacchetto di proposte in materia farmaceutica. In tale contesto si è tenuta a Bruxelles, sotto la guida del presidente Cassidy, un'importante e proficua audizione pubblica, cui hanno partecipato rappresentanti delle aziende farmaceutiche e di organizzazioni nazionali ed europee.

3.   Le modifiche al regolamento proposte dalla Commissione

3.1

L'obiettivo delle modifiche proposte è migliorare la tutela della salute pubblica nella Comunità e promuovere il mercato unico dei medicinali, rafforzando e razionalizzando la farmacovigilanza all'interno dell'UE ed eliminando le divergenze tra le norme nazionali, in modo da garantire il corretto funzionamento del mercato interno dei medicinali.

3.2

Scopo delle proposte è contribuire agli obiettivi strategici del quadro comunitario per l'autorizzazione, la supervisione e la sorveglianza dei medicinali attraverso:

il miglioramento della tutela della salute pubblica in tutta la Comunità per quanto concerne la sicurezza dei medicinali,

il sostegno alla realizzazione del mercato interno nel settore farmaceutico.

3.3

Gli obiettivi specifici delle modifiche proposte sono:

stabilire con chiarezza i ruoli, le competenze e le norme in conformità alle quali vengono svolti i vari ruoli, con segnalazioni periodiche da parte della Commissione europea, ispezioni di farmacovigilanza e verifiche da parte dell'EMEA,

razionalizzare il processo decisionale dell'UE, i tempi di istituzione della nuova struttura di comitato dell'EMEA e il numero di deferimenti all'EMEA,

far creare ad ogni Stato membro un sito web sulla sicurezza dei medicinali e all'EMEA un portale web europeo sulla sicurezza per favorire la trasparenza e la comunicazione sulla sicurezza dei medicinali, nonché per accrescere la consapevolezza e la fiducia sia dei pazienti che degli operatori sanitari su tali questioni,

rafforzare i sistemi di farmacovigilanza delle imprese, riducendo allo stesso tempo gli oneri amministrativi a loro carico,

potenziare la base di dati EudraVigilance sulla sicurezza dei medicinali mediante la gestione dei rischi, la raccolta di dati strutturati e la segnalazione periodica dei casi di sospetta reazione avversa,

accrescere il coordinamento delle iniziative intraprese dagli Stati membri e dalla CE nel quadro della cooperazione strategica in materia di scienza e tecnologia, per stimolare, grazie al Settimo programma quadro e all'iniziativa sui medicinali innovativi, l'innovazione nel settore farmaceutico,

coinvolgere le parti in causa nella farmacovigilanza,

semplificare le attuali procedure comunitarie in materia di farmacovigilanza.

3.4

Le proposte mettono in evidenza la necessità di garantire un adeguato finanziamento delle attività dell'Agenzia in materia di farmacovigilanza attraverso la riscossione di tasse presso i titolari di autorizzazioni all'immissione in commercio, le risorse messe a disposizione del Master Plan dell'EMEA per la telematica e l'impatto complessivo sul bilancio dell'EMEA.

4.   Osservazioni del CESE

4.1

Approvazione di massima. Il CESE approva gli obiettivi fondamentali delle proposte della Commissione: realizzare il mercato interno nel settore farmaceutico migliorando la tutela della salute pubblica come indicato più sopra.

4.1.1

Nel contesto della strategia di Lisbona rinnovata, il CESE ribadisce l'invito a semplificare il quadro normativo a beneficio di cittadini, pazienti, aziende, e della società in generale e sottolinea la necessità di «un approccio integrato che consenta di offrire vantaggi tanto all'industria quanto ai pazienti e di stimolare uno sviluppo permanente del settore farmaceutico in modo da contribuire ad un'economia dinamica fondata sulla conoscenza in Europa» (4).

4.2

Ruoli e competenze definiti con precisione. Il CESE sottolinea che «tutti i professionisti del settore coinvolti nella prescrizione o nella vendita di farmaci ed i pazienti stessi dovrebbero partecipare ad un sistema di sorveglianza dei farmaci immessi sul mercato. Questo sistema di monitoraggio volontario dovrebbe essere particolarmente rigoroso per i farmaci di nuova commercializzazione» (5).

4.2.1

Il CESE è persuaso che l'attuale normativa possa essere migliorata con la partecipazione di tutte le parti in causa, in quanto una delle principali carenze riguarda la mancata conoscenza o l'assenza di informazioni in merito alle caratteristiche e ai rischi che i medicinali immessi in commercio presentano.

4.2.2

Il CESE accoglie con favore il chiarimento e la codificazione della ripartizione dei compiti e delle competenze tra tutte le parti in causa: le autorità competenti degli Stati membri, l'EMEA e i suoi comitati, la Commissione, i titolari di un'autorizzazione all'immissione in commercio e le persone da questi designate ai fini della farmacovigilanza. Le nuove proposte sulla codificazione sono esaminate in un altro parere del CESE.

4.3

Razionalizzare il processo decisionale dell'UE. Il CESE appoggia la proposta di istituire un nuovo comitato in sostituzione dell'attuale gruppo di lavoro sulla farmacovigilanza in seno all'EMEA e ritiene che la costituzione di tale comitato, incaricato specificamente di occuparsi degli aspetti legati alla farmacovigilanza in tutta l'UE, rappresenti un passo nella giusta direzione per armonizzare le indicazioni in materia di sicurezza in tutto il territorio comunitario.

4.3.1

Il CESE auspica maggiore chiarezza e un ulteriore affinamento di alcune proposte, in particolare per quel che riguarda: l'interfaccia tra il comitato per i medicinali per uso umano e il nuovo comitato di farmacovigilanza, il coinvolgimento dei pazienti e del pubblico, anche attraverso la segnalazione di sospette reazioni avverse, la funzione dell'elenco dei medicinali sotto stretta osservazione e le definizioni riguardanti gli studi non interventistici.

Il CESE desidera menzionare il comitato per le terapie avanzate, recentemente costituito, che si occupa specificamente degli aspetti legati all'autorizzazione e ai prodotti immessi sul mercato, compresa la farmacovigilanza e il monitoraggio dell'efficacia, e dei medicinali per terapie avanzate come definiti nel regolamento 1394/2007/CE. Questo regolamento risponde all'esigenza di disporre delle conoscenze specialistiche necessarie per valutare prodotti così specializzati e complessi.

4.3.2

Di conseguenza, il CESE si chiede se un generico comitato di farmacovigilanza possa avere le conoscenze specialistiche richieste per regolamentare le questioni di farmacovigilanza riguardanti prodotti specializzati, come i medicinali per le terapie avanzate. Propone pertanto che nella valutazione del rapporto tra rischi e benefici di questi medicinali venga consultato il comitato per i medicinali per uso umano, tramite il comitato per le terapie avanzate.

4.3.3

Il contributo del futuro comitato di farmacovigilanza all'analisi della sicurezza dovrebbe essere riconsiderato nel quadro più generale dell'analisi del rapporto rischi/benefici, che è e dovrebbe rimanere di competenza del comitato per i medicinali per uso umano.

4.4

Il paziente innanzitutto. Il paziente deve essere al centro del nuovo quadro normativo proposto. Attualmente la legislazione comunitaria non prevede norme sufficientemente armonizzate in questo campo e, di conseguenza, in tutta l'UE i cittadini risentono di una disparità di accesso alle informazioni. I pazienti devono essere incoraggiati a comunicare le reazioni avverse rilevate in relazione a qualsiasi medicinale direttamente all'autorità nazionale competente, invece che ai titolari di autorizzazioni all'immissione in commercio. Il CESE è favorevole alla comunicazione diretta quale strumento essenziale per consentire ai pazienti di avere un ruolo più incisivo e per renderli più partecipi della gestione della propria salute.

4.4.1

È importante mettere a disposizione del pubblico, rispettando la riservatezza dei dati e gli interessi commerciali, informazioni chiare e trasparenti sulla sicurezza e in particolare: un simbolo grafico (6) che aiuti il consumatore a riconoscere immediatamente i medicinali sotto stretta osservazione, le conclusioni e le raccomandazioni dei rapporti periodici di aggiornamento sulla sicurezza, dati sul consumo di medicinali. La base di dati EudraVigilance deve essere costantemente aggiornata e resa pienamente e facilmente accessibile a tutti i pazienti.

4.4.2

Il CESE ritiene che i foglietti illustrativi dei medicinali debbano segnalare più chiaramente le potenziali reazioni avverse, grazie all'introduzione di informazioni sulla sicurezza e di una segnalazione specifica per i medicinali sotto stretta osservazione. In ogni caso bisogna evitare di fornire una massa eccessiva di informazioni, queste devono essere modulate in funzione delle diverse esigenze del pubblico cui sono indirizzate e devono poggiare su un uso appropriato di Internet. A questo proposito il CESE sta preparando un parere ad hoc (7).

4.4.3

Secondo il CESE lo scopo finale deve essere il completamento di un reale mercato unico europeo nel settore farmaceutico, fondato sulle necessità e sugli interessi dei pazienti e dei cittadini europei per quel che riguarda la disponibilità dei medicinali sicuri, innovativi e accessibili di cui i pazienti hanno bisogno, secondo un approccio comunitario unificato che riduca la dipendenza del mercato dai processi decisionali di 30 diversi Stati.

4.5

Trasparenza e comunicazione. Il CESE accoglie con favore le proposte rivolte a rafforzare la comunicazione con operatori sanitari e pazienti attraverso le informazioni sui prodotti, e raccomanda vivamente di cogliere questa opportunità per rendere sia il foglietto illustrativo che la sintesi delle caratteristiche del prodotto (8) più utili, di lettura più facile e più omogenei.

4.5.1

Le informazioni di farmacovigilanza relative ai medicinali per uso umano necessitano di una rete interattiva europea di basi di dati. Il CESE è decisamente favorevole al potenziamento della base di dati EudraVigilance come punto unico di raccolta delle informazioni sulle reazioni avverse, nonché su «ogni altro uso [dei medicinali], compresi i casi di dose eccessiva, uso erroneo, abuso ed errore terapeutico, e su quelle [reazioni avverse] osservate nell'ambito di studi sui medicinali o in seguito a un'esposizione professionale».

4.5.2

La trasparenza dovrebbe essere incoraggiata nelle azioni e nelle scelte decise a tutti i livelli delle agenzie e dell'EMEA. Un altro aspetto importante della farmacovigilanza è la comunicazione precisa e tempestiva dei dati di nuova acquisizione riguardanti i rischi. La comunicazione di tali dati rappresenta un passo in avanti importante sia per gestire i rischi che per ridurli al minimo. I pazienti e gli operatori sanitari necessitano di informazioni precise e comunicate in modo adeguato sui rischi associati sia al medicinale che alle condizioni per le quali esso viene utilizzato (9).

4.5.3

Il CESE ritiene che il messaggio centrale da trasmettere sia la crescente importanza di una politica trasparente in materia di accesso del pubblico alle informazioni e che alle richieste di accesso in tal senso occorra rispondere entro il termine stabilito dalla normativa. Per la fiducia dei cittadini è fondamentale che la politica di accesso trasparente alle informazioni sia concordata da tutti gli Stati membri. Il CESE auspica che venga motivato più chiaramente il rifiuto di consentire l'accesso pubblico a studi trasparenti e non a carattere promozionale sui medicinali dopo la loro immissione in commercio, nonché ai risultati di questi studi, mentre viene creato un portale web europeo sulla sicurezza gestito dall'EMEA. Il CESE ribadisce il proprio netto sostegno ai principi direttivi degli studi sulla sicurezza successivi all'autorizzazione [Post-authorisation safety study — PASS (10)] e alla verifica di una parte di tali studi conformemente agli articoli 24, 26 e 57, paragrafo 1, lettera d) del regolamento 726/2004/CE (11).

4.5.4

Il CESE appoggia la proposta di uno spoglio sistematico di tutta la letteratura medica da parte dell'EMEA, che consentirebbe di ridurre sensibilmente la ripetizione dello stesso lavoro. L'agenzia esaminerà, in collaborazione con i titolari di autorizzazioni all'immissione in commercio, una selezione della letteratura medica, per individuare le segnalazioni di presunte reazioni avverse a medicinali per uso umano contenenti determinati principi attivi. Tali segnalazioni saranno registrate nella base di dati EudraVigilance e pubblicate in un elenco dei principi attivi sotto osservazione.

4.6

Semplificazione delle procedure. Il CESE accoglie con favore le proposte rivolte a ridurre gli oneri amministrativi per la segnalazione delle reazioni avverse e a snellire l'attuale sistema di segnalazione di singoli casi, che prevede il doppio invio di copie cartacee ed elettroniche tra i vari Stati membri. Ritiene che sarebbe utile introdurre un obbligo giuridico specifico che imponga di osservare i requisiti messi a punto dalla Conferenza internazionale sull'armonizzazione (12) per l'invio in formato elettronico dei dati.

4.6.1

Inoltre va notato che attualmente risorse preziose per la farmacovigilanza al livello delle autorità nazionali competenti sono impegnate nel lavoro di ricezione e trattamento delle segnalazioni su singoli casi inviate dalle imprese, con un'inutile duplicazione del lavoro. Queste risorse potrebbe essere meglio utilizzate incoraggiando una collaborazione più stretta tra le autorità, sfruttando al massimo le competenze disponibili, ripartendo i compiti e semplificando gli aspetti amministrativi legati alla presentazione e alla gestione di tutti i rapporti sulla sicurezza.

4.6.2

Il CESE ribadisce l'importanza di procedure semplificate per le piccole e medie imprese (PMI) e chiede che venga ottimizzato il funzionamento dell’«ufficio PMI», che assicura assistenza finanziaria e amministrativa alle microimprese e alle PMI in conformità al regolamento 2049/2005/CE della Commissione.

4.7

Coordinamento delle iniziative degli Stati membri e della CE. Con l'espansione dei mercati internazionali e la crescente mondializzazione dell'attività delle imprese, il compito delle autorità di regolamentazione di valutare il rispetto della normativa e di monitorare la sicurezza dei medicinali diventa sempre più importante ed assorbe sempre più risorse, in quanto «l'industria farmaceutica dell'UE opera nel contesto dell'economia mondiale» (13). Per far fronte a questa situazione generale e alle sfide del mercato interno e internazionale, che possono comportare dei rischi potenziali per la salute pubblica, bisogna intensificare la cooperazione mondiale su due diversi livelli, in particolare:

a livello comunitario occorre rafforzare il coordinamento dinamico tra le istituzioni comunitarie e le autorità nazionali, comprese le agenzie nazionali il cui mandato istituzionale consiste nel sensibilizzare l'opinione pubblica, fornire valutazioni specialistiche e contribuire al processo decisionale,

a livello europeo e internazionale occorre avere un ruolo più incisivo nel Consiglio d'Europa, nella task-force internazionale contro la contraffazione dei prodotti medicinali (IMPACT) dell'Organizzazione mondiale della sanità, nella Conferenza internazionale sull'armonizzazione e nel suo Gruppo per la cooperazione mondiale, nell'accordo-quadro tra UE e Stati Uniti per promuovere l'integrazione economica transatlantica in relazione alla semplificazione amministrativa della normativa sui medicinali (14), nello Spazio economico comune e nel dialogo normativo sui prodotti industriali tra UE e Russia, negli accordi della Comunità europea con Svizzera, Australia, Nuova Zelanda, Canada e Giappone, nel meccanismo di consultazione e cooperazione tra UE e Cina in relazione ai medicinali e alle apparecchiature mediche.

4.7.1

Come ha affermato il vicepresidente della Commissione Günter VERHEUGEN, «il settore farmaceutico reca un importante contributo al benessere in Europa e nel mondo rendendo disponibili prodotti medicinali, contribuendo alla crescita economica e a un'occupazione sostenibile» (15).

4.7.2

La crescente internazionalizzazione del settore e le «carenze sul mercato farmaceutico UE che riguardano l'accesso dei pazienti ai medicinali e alle informazioni pertinenti … si configurano anche quali ostacoli per la competitività dell'industria» (16). A questo riguardo, il CESE raccomanda vivamente di:

rafforzare le iniziative a sostegno della ricerca farmaceutica europea e della cooperazione con la ricerca internazionale,

intensificare la cooperazione con i partner principali (Stati Uniti, Giappone, Canada) per migliorare la sicurezza dei medicinali a livello mondiale,

rafforzare la cooperazione con i partner emergenti (Russia, India, Cina).

4.8

Valutazione esterna indipendente dei risultati raggiunti dall'EMEA. Il CESE chiede che la relazione che l'EMEA presenterà nel 2015 contenga una valutazione esterna indipendente dei risultati raggiunti dall'Agenzia sulla base del suo regolamento istitutivo e dei programmi di lavoro; tale valutazione dovrà essere accompagnata da un esame delle prassi di lavoro e dell'impatto del nuovo meccanismo previsto per il comitato per i medicinali per uso umano, per il comitato per le terapie avanzate e per il nuovo comitato di farmacovigilanza, tenendo conto dei punti di vista delle parti in causa a livello sia comunitario che nazionale.

Bruxelles, 10 giugno 2009

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  Cfr. il parere CESE 1024/2009 (parere non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).

(2)  GU C 241 del 28.9.2004.

(3)  Il CESE sta lavorando sui seguenti pareri: CESE 1022/2009 (relatrice: HEINISCH), CESE 1023/2009 (relatrice: GAUCI), CESE 1024/2009 (INT/471 — relatore: CEDRONE), CESE 1191/2009 (INT/472 — relatore: MORGAN), CESE 1025/2009 (relatore: CEDRONE) e R/CESE 925/2009 (INT/478 — relatore: VAN IERSEL) (parere non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).

(4)  Cfr. la nota 2.

(5)  Cfr. la nota 2.

(6)  Come il triangolo nero in uso nel Regno Unito.

(7)  Cfr. il parere CESE 1024/2009 (relatore: CEDRONE) (parere non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).

(8)  PIL = Patient Information Leaflet e PCS = Summary of Product Characteristics.

(9)  Cfr. la procedura relativa a misure urgenti in materia di farmacovigilanza di cui all'articolo 107 della direttiva 2001/83/CE, la direttiva 65/65/CEE e successive modifiche, e il regolamento 2309/93 del Consiglio sul sistema di allarme rapido (RAS) in materia di farmacovigilanza.

(10)  PASS — La definizione proposta è la seguente: «lo studio farmacoepidemiologico o la sperimentazione clinica con un medicinale autorizzato allo scopo di identificare, caratterizzare o quantificare un rischio per la sicurezza, oppure confermare il profilo di sicurezza del medicinale in questione».

(11)  Il progetto di proposta sulla politica di accesso alla base di dati EudraVigilance è disponibile al pubblico sul sito web dell'EMEA (http://www.emea.europa.eu/htms/human/raguidelines/pharmacovigilance.htm).

(12)  La Conferenza internazionale sull'armonizzazione è un organismo che mira a standardizzare a livello mondiale gli aspetti normativi e scientifici della ricerca clinica e dello sviluppo e della registrazione dei medicinali.

(13)  Cfr. il documento COM(2008) 666 def. del 10 dicembre 2008 e il parere CESE 1456/2009 (INT/478, relatore: VAN IERSEL) (parere non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).

(14)  Cfr. anche l'accordo sul reciproco riconoscimento tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America.

(15)  Comunicato stampa IP/08/1924, Bruxelles, 10 dicembre 2008.

(16)  Ibidem.


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/28


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto concerne la farmacovigilanza, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano

COM(2008) 665 def. — 2008/0260 (COD)

2009/C 306/06

Il Consiglio, in data 23 gennaio 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto concerne la farmacovigilanza, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano»

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore CEDRONE.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta del 10 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 93 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e proposte

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) valuta positivamente l'iniziativa della Commissione che tende al miglioramento del sistema di farmacovigilanza ed alla sua armonizzazione a livello europeo, ponendo al centro il paziente e la sua esigenza di salute.

1.2

Il CESE sottolinea l'importanza che il progressivo potenziamento dello strumento della farmacovigilanza sia ispirato, in primo luogo alla trasparenza ed alla semplificazione delle procedure in un quadro sempre più concreto di maggiore armonizzazione delle procedure tra i diversi Stati membri, per arrivare ad una metodologia comune nella convinzione che occorre tendere all'obiettivo della libera circolazione dei medicinali ed alla realizzazione del mercato unico del settore.

1.3

Il CESE si esprime quindi positivamente sul miglioramento del quadro legislativo in vigore che vede la modifica ed un sostanziale miglioramento sia della direttiva 2001/83/CEE in esame sia del regolamento (CE) n. 726/2004 (sul quale è stato elaborato un parere specifico — CESE 1023/2009 — relatrice: Sylvia GAUCI). Tali interventi tengono conto dei limiti riscontrati nell'applicazione delle disposizioni vigenti e tendono a superare le attuali regolamentazioni nazionali che rischiano di costituire ostacolo, spesso artificioso, alla libera circolazione dei medicinali nell'UE ed impediscono un processo concreto di riduzione del rischio.

1.4

Il CESE sottolinea positivamente l'obiettivo di un diretto coinvolgimento nel processo di farmacovigilanza di tutti gli attori impegnando in questa attività non solo i professionisti del settore e le strutture pubbliche preposte, ma anche gli stessi pazienti che diventano soggetto attivo nel processo di riduzione del rischio e che intervengono sempre in misura maggiore nelle scelte terapeutiche più consone alla difesa della loro salute. Il CESE ritiene che i nuovi elementi introdotti dalle proposte non debbano né rimettere in discussione né indebolire le strutture e le procedure esistenti a livello locale, in particolare quelle che comportano la partecipazione del paziente e degli operatori sanitari, dal momento che sono garantiti parametri comuni per dati comparabili con una procedura trasparente e rapida.

1.5

Il CESE rileva come questa iniziativa si inserisca pienamente nella rinnovata strategia di Lisbona che prevede, oltre alla semplificazione delle procedure, di stimolare uno sviluppo permanente del settore farmaceutico in modo da poter disporre di un comparto che si fondi su una economia dinamica fondata sulla conoscenza, capace di dare un notevole contributo ad una occupazione di alta professionalità, ed in grado di rispondere pienamente alla domanda di salute che emerge sempre più prepotentemente dalla società civile.

1.6

Esso individua nella istituzione in seno all'EMEA di un nuovo comitato con il compito specifico ed esclusivo della farmacovigilanza e nella disponibilità di una base dati comunitaria (Eudravigilance) costantemente aggiornata e facilmente accessibile da tutti i cittadini sui rischi potenziali, i punti di forza dell'intervento legislativo, che si somma ad una richiesta di strumenti sempre più semplici e concreti nella predisposizione dei foglietti illustrativi che accompagnano ogni specialità farmaceutica.

1.7

Il CESE assegna quindi un giudizio positivo poiché l'iniziativa è accompagnata dalla riduzione degli oneri amministrativi e da un processo di semplificazione della possibilità di segnalazione delle reazioni avverse anche attraverso la riduzione dell'attuale procedura cartacea di segnalazione tra i singoli Stati membri.

1.8

Di fronte all'importanza che la farmacovigilanza riveste per la sicurezza dei cittadini nel loro diritto ad una disponibilità di farmaci sicuri ed efficaci, il CESE chiede che nei programmi di ricerca comunitari, a partire da quelli previsti nel campo della salute dal 7o programma quadro, venga inserito a pieno titolo il tema della farmacovigilanza con programmi che vedono direttamente coinvolti l'Unione europea, gli Stati membri, le industrie, le università ed i centri di ricerca pubblici e privati.

1.9

Il CESE ritiene che, dopo avere affrontato l'importante aspetto della farmacovigilanza, restino ancora aperti una serie di problemi nel settore — quali ad esempio — la questione del prezzo dei farmaci, la differente disponibilità di specialità all'interno degli stessi Stati membri, il problema legato all'utilizzazione dei prodotti generici e di una loro diffusione armonizzata, la difesa dalla contraffazione di farmaci ed i sistemi illegali di fornitura, la sicurezza dell'importazione dei principi attivi e degli eccipienti, ecc. Tali problemi devono essere affrontati per il raggiungimento dell'auspicata libera circolazione dei medicinali nell'Unione europea e la realizzazione del mercato unico.

2.   Introduzione

2.1

La richiesta di una «buona salute» e di un miglioramento della qualità della vita, che emerge in maniera consistente dalla società civile, pone in primo piano la necessità di rispondere in maniera adeguata alle sfide sanitarie, a partire dai temi della prevenzione, dell'uso corretto e del controllo dei medicinali.

2.2

Fra i principali strumenti di difesa della salute pubblica, il farmaco costituisce un bene prezioso, la cui scoperta ed una adeguata disponibilità rappresentano un elemento fondamentale per la difesa della salute dei cittadini. L'uso corretto di questo bene costituisce uno degli elementi principali nel progressivo innalzamento dell'età media delle popolazioni e contemporaneamente contribuisce alla riduzione della spesa sanitaria in quanto in grado di ridurre il ricorso alla spesa ospedaliera e a quella specialistica.

2.3

L'esigenza di un adeguamento delle norme sulla farmacovigilanza trae le sue ragioni dall'attento esame dell'esperienza acquisita e da uno studio indipendente avviato dai servizi della Commissione nel 2004, nel quale si sono riscontrate talune lacune ed è emersa l'esigenza di una maggiore definizione delle norme che regolano la materia. La Commissione ha deciso quindi di adeguare le norme vigenti sulla farmacovigilanza, adeguandola al progressivo avanzamento della legislazione generale sulla libera circolazione dei medicinali e sulla maggiore sicurezza per i cittadini nell'uso dei farmaci.

2.3.1

Dopo il 1965, anno del primo intervento legislativo comunitario in materia di farmacovigilanza, sono stati infatti effettuati esclusivamente interventi parziali e limitati. Oggi, tenendo conto dei limiti riscontrati nella pratica quotidiana, si pone l’esigenza di un salto di qualità nella definizione di norme sulla farmacovigilanza, anche per evitare che tale problematica contribuisca a creare ostacoli, spesso artificiosi, alla libera circolazione dei medicinali nell’Unione europea, una condizione assolutamente inaccettabile.

2.4

Le norme che attualmente regolano la materia sono il regolamento (CE) n. 726/2004 del 31 marzo 2004 e la direttiva 2001/83/CE, la cui modifica costituisce l'oggetto della proposta di direttiva in esame. Entrambi questi strumenti legislativi hanno contribuito positivamente al monitoraggio degli effetti collaterali dei farmaci, ma all'esame effettuato e ad una successiva consultazione che ha coinvolto tutte le parti interessate hanno presentato spazi di miglioramento per una più puntuale definizione di tali norme.

2.5

Le modifiche proposte si inseriscono in un quadro strategico sull'autorizzazione alla messa in commercio delle specialità medicinali e sulla successiva sorveglianza: questo per garantire una elevata tutela della salute pubblica e proseguire verso l'obiettivo del completamento del mercato interno del settore farmaceutico, tenendo conto della dimensione sociale che rivestono le produzioni farmaceutiche, che devono sempre mettere al centro gli interessi del malato.

3.   Il contesto

3.1

Il CESE da sempre, nei suoi precedenti pareri, ha sottolineato l'importanza della presenza in Europa di una industria farmaceutica competitiva, altamente innovativa, che negli ultimi cinquant'anni ha rappresentato uno dei settori a più elevata tecnologia, tasso di innovazione, impiego di occupazione di alta professionalità, con conseguente valore aggiunto e tasso di crescita nel panorama dell'industria moderna.

3.2

Ma insieme agli aspetti positivi, il farmaco porta con sé anche effetti collaterali nocivi ed indesiderati conseguenti al suo uso e a errori terapeutici, compreso l'uso improprio e/o l'abuso del prodotto. Tali usi impropri sono responsabili del 5% dei ricoveri ospedalieri.

3.3

Il compito assegnato a tale funzione appare fondamentale e richiede, per una sicura difesa della salute dei cittadini, una grande attenzione, soprattutto a fronte di un processo di commercializzazione di nuove molecole i cui sintomi avversi, quando si verificano, si evidenziano solo dopo l'autorizzazione e la conseguente messa in commercio dei nuovi medicinali.

4.   Definizioni

4.1

Col termine farmacovigilanza si designa il processo farmacologico che ha per oggetto l'individuazione, la valutazione, la comprensione e la prevenzione degli effetti avversi dei medicinali e, in particolare, degli effetti collaterali a breve e a lungo termine.

4.2

La valutazione dei rischi durante lo sviluppo dei medicinali dovrebbe essere condotta in modo approfondito e rigoroso, anche se risulta impossibile individuare tutti rischi per la sicurezza durante le sperimentazioni cliniche. Una volta che un dato medicinale è stato immesso in commercio, si verifica generalmente un aumento notevole dei pazienti esposti, compresi quelli che soffrono di più patologie contemporaneamente o a cui sono somministrati vari medicinali.

4.3

Con la locuzione reazione avversa (ADR) si intendono le conseguenze negative indesiderate associate a un dato trattamento farmacologico, ossia le reazioni inattese o pericolose derivanti dall'assunzione di un medicinale. Il significato di questa locuzione è diverso da quello di «effetti collaterali», in quanto tali effetti potrebbero anche essere positivi. L'ADR è una «reazione nociva e indesiderata a un dato farmaco che si produce in caso di sua assunzione, a dosaggio normale per gli esseri umani, a scopo di profilassi, diagnostico, terapeutico o per modificare una funzione fisiologica».

5.   Sintesi della proposta della Commissione

5.1

La direttiva si propone di rafforzare e di razionalizzare il sistema di farmacovigilanza, soprattutto per quanto attiene alla chiarezza dei ruoli e delle competenze in materia di responsabilità, attraverso la modifica della direttiva 2001/83/CEE che ha rappresentato finora per i medicinali per uso umano il quadro giuridico di riferimento in materia.

5.2

Perciò la Commissione ha deciso di modificare l'attuale normativa comunitaria. Gli obiettivi perseguiti sono i seguenti:

specificare chiaramente i ruoli e le responsabilità delle parti,

razionalizzare il processo decisionale in materia di sicurezza dei medicinali,

potenziare la trasparenza e la comunicazione per migliorare la comprensione e la fiducia dei pazienti e dei professionisti in materia di sicurezza,

potenziare i sistemi di farmacovigilanza delle imprese,

garantire il rilevamento pro-attivo proporzionato dei dati di qualità elevata sulla sicurezza e la gestione dei rischi successivi all'autorizzazione,

coinvolgere le parti in causa nella farmacovigilanza dando anche ai pazienti la possibilità di segnalare reazioni sospette e di partecipare al processo decisionale,

semplificare le attuali procedure comunitarie con conseguente miglioramento dell'efficienza sia per l'industria che per gli addetti alla regolamentazione del settore.

5.3

Le proposte secondo la Commissione, sono coerenti con l'obiettivo generale della libera circolazione dei medicinali che ha il compito di eliminare le disparità ancora esistenti tra le diverse norme nazionali, poiché contemperano l'elevato livello di salute pubblica con il corretto funzionamento del mercato interno dei medicinali.

5.4

Esse sono state oggetto di ampia consultazione fra tutte le parti interessate, i pazienti ed i professionisti del settore sanitario, le autorità competenti degli Stati membri e l'industria. La valutazione dell'impatto ha suggerito di aumentare la chiarezza, l'efficienza e la qualità del sistema di farmacovigilanza attuale, tenendo conto sia dei miglioramenti nell'ambito della salute pubblica, sia dei risparmi ottenibili sui costi del settore farmaceutico dell'UE.

5.5

Sulla strada di una maggiore chiarezza dei ruoli e delle responsabilità, le nuove norme chiariscono e codificano le funzioni e le responsabilità delle parti coinvolte. Pur continuando l'assegnazione del sistema di farmacovigilanza ai singoli Stati membri, attribuiscono la trasmissione di tutte le informazioni disponibili da parte dei titolari di autorizzazione all'immissione in commercio unicamente alla banca dati comunitaria Eudravigilance, avviando così, automaticamente, una valutazione comunitaria delle questioni connesse.

5.6

Tale rafforzamento delle norme relative alla sicurezza dei medicinali ha lo scopo di migliorare la fiducia dei pazienti e dei professionisti della sanità prevedendo nella sintesi delle caratteristiche del prodotto e nel foglietto illustrativo che accompagna ogni medicinale l'inserimento di una nuova sezione «informazioni essenziali».

5.7

Vengono potenziati i compiti all'interno dell'agenzia attraverso la creazione di un nuovo comitato scientifico responsabile della farmacovigilanza previsto dall'art. 27 del nuovo testo con l'assegnazione di un compito aggiuntivo in termini di valutazione dei rischi: fornire sostegno sia al comitato per i medicinali per uso umano dell'agenzia sia al gruppo di coordinamento degli Stati membri.

5.8

Per le imprese titolari della immissione in commercio è previsto l'obbligo di tenere un «fascicolo permanente del sistema di farmacovigilanza» e di fornire un sistema di gestione dei rischi per l'autorizzazione all'immissione in commercio di ogni nuovo medicinale proporzionato sia ai rischi individuati che a quelli potenziali.

5.9

Nella nuova normativa proposta un ulteriore contributo al miglioramento della farmacovigilanza nell'identificazione di eventi avversi connessi ai medicinali sarà possibile grazie al potenziamento dell'uso degli strumenti informatici (art. 24). La base dati Eudravigilance vedrà una modifica del campo di applicazione dei rapporti periodici di aggiornamento sulla sicurezza, che diverranno analisi del rapporto costi/benefici. È previsto, inoltre, un follow-up normativo di tali rapporti periodici di aggiornamento della sicurezza. Eudravigilance diverrà così un chiaro collegamento fra la valutazione di farmacovigilanza e le revisioni ed aggiornamenti dell'autorizzazione alla messa in commercio, consentendo inoltre l'accesso in tempo reale a tutte le informazioni contenute in tale banca dati.

5.10

La nuova proposta legislativa intende rendere la presentazione dei rapporti proporzionata ai rischi, semplificando le modalità di segnalazione delle reazioni avverse. Ciò consente di agevolare, sia ai professionisti del settore sanitario sia ai pazienti, la segnalazione di eventuali reazioni avverse e non volute risultanti dall'utilizzazione di un medicinale alle posologie normali ma anche gli effetti dovuti al sovradosaggio e agli errori terapeutici. Essa unifica la modalità di segnalazione delle reazioni avverse che diviene valida con le stesse norme sia per i medicinali autorizzati secondo la procedura centralizzata sia per quelli autorizzati dagli Stati membri.

5.11

La sezione 1 del capitolo 3 concerne la registrazione e la notifica degli effetti indesiderati. Le sezioni successive trattano in modo dettagliato le altre modalità di notifica e di valutazione delle informazioni della farmacovigilanza con formulazioni tecniche più dettagliate. La seconda sezione attiene ai «rapporti periodici di aggiornamento sulla sicurezza», la terza definisce la «procedura comunitaria» che all'art. 107 decies regolamenta la procedura che ogni Stato membro deve seguire quando intende sospendere o revocare un'autorizzazione all'immissione in commercio in presenza di gravi insufficienze rilevate, mentre la quarta sessione «pubblicazione delle valutazioni» costituisce una parte importante poiché costituisce il monitoraggio degli studi sulla sicurezza dei farmaci, successiva all'autorizzazione dell'immissione in commercio.

6.   Base giuridica

6.1

La proposta si basa sull'art. 95 del Trattato CE che richiede la procedura di codecisione e costituisce la base giuridica per raggiungere gli obiettivi della libera circolazione delle merci nel settore dei medicinali per uso umano. Dall'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam l'art. 95 tende inoltre ad eliminare gli ostacoli agli scambi intracomunitari e giustifica quindi un'azione a livello comunitario in materia di medicinali.

7.   Principi di sussidiarietà e di proporzionalità

7.1

Le norme comunitarie nel settore della farmacovigilanza garantiscono la migliore protezione della salute pubblica secondo le stesse regole in tutta la Comunità. Esse rispondono anche al principio di proporzionalità in quanto si propone di tutelare la salute pubblica senza imporre eccessivi oneri amministrativi, basandosi sulle strutture esistenti, sulle procedure già disponibili, sulle risorse esistenti e sulla prassi in atto. Esse prevedono che si possa raggiungere l'obiettivo di aumentare l'efficienza del sistema comunitario di farmacovigilanza riducendo i costi per l'industria, per effetto della semplificazione che ne deriva.

7.2

La maggiore sicurezza dei medicinali immessi sul mercato comunitario può essere meglio realizzata sulla base del principio di sussidiarietà previsto dall'art. 5 del Trattato. In esso viene sancita la migliore realizzazione di tali obiettivi a livello comunitario, in quanto le prescrizioni sulla sorveglianza dei medicinali per uso umano e la vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti farmaceutici rientrano in quanto disposto dall'art. 15, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008.

7.3

La proposta, inoltre, contenendo norme per la semplificazione del sistema comunitario di farmacovigilanza, rientra nelle iniziative di semplificazione di cui all'allegato 1 del programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2008.

8.   Osservazioni generali

8.1

Il CESE riconoscendo la positività e l'importanza del ruolo del farmaco per la qualità della vita dei cittadini ha sempre appoggiato tutte le iniziative tendenti ad aumentare nell'uso dei medicinali l'aspetto della sicurezza che costituisce un elemento fondamentale nella tutela della salute pubblica.

8.2

Di fronte alla scelta di una approfondita revisione delle normative esistenti, che tiene conto dell'esperienza precedente, il CESE fa una prima valutazione positiva di tale strategia in quanto l'obiettivo di maggiore sicurezza perseguito dalle modifiche proposte è parte integrante di tutti i precedenti pareri che il CESE ha espresso sui diversi temi riguardanti la politica del farmaco.

Il CESE valuta comunque positivamente il tentativo di semplificazione della Commissione nell'interesse sia dei cittadini-pazienti che delle imprese e condivide lo sforzo di perseguire la realizzazione del mercato unico in un settore complesso ed importante come quello dei farmaci.

8.3

Il CESE condivide le modifiche che chiariscono e definiscono meglio la terminologia della direttiva 2001/83/CE. Tali nuove formulazioni tendono a risolvere i problemi legati alle interpretazioni precedenti che ponevano a volte dubbi e erano alla base di valutazioni difformi. In particolare il CESE nell'art. 1 considera positivamente la migliore definizione del significato di «reazione avversa» prevista al punto 11 e la sua separazione dalla nozione di «sospetta reazione avversa» prevista e definita al punto 14 dello stesso articolo, la cui definizione deve tenere conto del rischio di confusione con quella prevista dalla Conferenza internazionale sull'armonizzazione (ICH).

9.   Osservazioni specifiche

9.1

Su questa strada il CESE trova positivi i chiarimenti espressi dal nuovo punto 15 per quanto attiene la definizione di «studio sulla sicurezza successivo all'autorizzazione» e la nuova formulazione prevista al punto 28 sul «sistema di gestione del rischio» che trova una successiva descrizione dettagliata sulla documentazione necessaria al nuovo art. 8 punto i bis) ed al punto 28 quater sul «sistema di farmacovigilanza» ed al successivo 28 quinques sul «fascicolo permanente» previsto che trova una più puntuale definizione all'art. 8, paragrafo 3.

9.2

Particolare attenzione il CESE assegna al nuovo articolo 21 bis in quanto la nuova definizione costituisce un ulteriore elemento di sicurezza subordinando il rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio del nuovo farmaco alla fornitura di ampia documentazione che attesti il pieno rispetto delle principali norme di sicurezza chiaramente esplicitate nel successivo art. 22, con riserva di certe condizioni di sicurezza del farmaco stabilite dalle autorità competenti.

9.3

L'art. 22 bis assegna all'autorità dello Stato membro l'obbligo di fare svolgere studi sulla sicurezza successivi alla messa in commercio qualora si sospetti l'esistenza di rischi. In base alla documentazione ottenuta da questi studi l'autorità competente dello Stato membro può confermare o ritirare tale autorizzazione. Positivo è a giudizio del CESE l'art. 23 che assegna al titolare dell'immissione in commercio, sulla base delle osservazioni dello studio, l'obbligo di comunicare immediatamente all'autorità nazionale competente divieti o restrizioni imposte dalle autorità di qualsiasi altro paese.

9.4

L'art. 101 definisce con chiarezza il ruolo degli Stati membri nella diretta gestione del sistema di farmacovigilanza e assegna loro la raccolta di tutte le informazioni sui rischi dei medicinali in relazione alla salute dei pazienti o alla salute pubblica in una unica raccolta dati denominata Eudravigilance, procedura dettagliatamente chiarita nell'art. 24. In ogni Stato membro è prevista la nomina di un'autorità competente con il compito di raccogliere le informazioni relative alle reazioni avverse del farmaco secondo le condizioni dell'autorizzazione o in caso di altri utilizzi quali dosaggio eccessivo, uso improprio, abuso, errori terapeutici.

9.5

Il CESE ritiene che la sicurezza dei malati nell'uso dei medicinali venga rafforzata dalla formulazione proposta nell'art. 102 che assegna agli Stati membri la possibilità di stabilire obblighi per i medici, i farmacisti, e gli altri operatori sanitari riguardo alla comunicazione di casi sospetti o reazioni avverse.

Bruxelles, 10 giugno 2009

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/33


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica, il regolamento (CE) n. 726/2004 che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali

COM(2008) 662 def. — 2008/0255 (COD)

2009/C 306/07

Il Consiglio, in data 12 febbraio 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 152, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica, per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica, il regolamento (CE) n. 726/2004 che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali»

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore CEDRONE.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta del 10 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 91 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) valuta positivamente la proposta di modifica del regolamento in esame in quanto risponde agli obiettivi di semplificazione e di armonizzazione delle informazioni ai pazienti.

Reputa tuttavia che le significative differenze tra le norme in vigore nei diversi Stati membri in materia di statuto giuridico della prescrizione e distribuzione dei medicinali siano un ostacolo a una informazione corretta e comprensibile in materia di medicinali.

Di conseguenza, il CESE invita la Commissione ad adoperarsi per armonizzare la definizione dello statuto giuridico della prescrizione e distribuzione dei medicinali contenenti lo(gli) stesso(i) principio(i) attivo(i), con lo stesso dosaggio, per le stesse indicazioni terapeutiche, con una stessa presentazione e con i diversi marchi esistenti negli Stati membri.

1.2

Il CESE ha sempre sostenuto gli interventi legislativi in materia di medicinali quando questi prevedono l'estensione armonizzata delle norme a tutti gli Stati membri dell'UE e quando introducono un processo di semplificazione. Questo, oltre a costituire un vantaggio per i pazienti, costituisce un vantaggio anche per le PMI, che spesso vedono le proprie aspirazioni ridotte dalla burocrazia.

1.3

Per raggiungere un livello sempre più elevato nell’informazione ai pazienti, il CESE, oltre alle misure proposte dalla Commissione, propone che i foglietti illustrativi che accompagnano ogni specialità farmaceutica presentino le informazioni attraverso una struttura visiva semplice ed immediata, basata su fasce colorate sulle quali vengano riportati — ad esempio — «i benefici» (fascia verde), «le controindicazioni» (fascia gialla) e gli eventuali «rischi possibili» (fascia rossa).

1.4

È opportuno inoltre che si predisponga un elenco di «medicinali generici», specialità farmaceutiche a brevetto scaduto ed aventi lo stesso principio attivo. Tale elenco può essere predisposto dall'Agenzia e fornito alle farmacie ed a tutti i centri di distribuzione, a disposizione dei pazienti.

1.5

Pur sapendo che l’utilizzo dell'informatica è ancora parziale fra i cittadini, il CESE ritiene utile che venga avviata la procedura per fornire ai pazienti le informazioni necessarie sui medicinali anche mediante l'utilizzo di Internet. Tale informazione, integrativa e non sostitutiva di quella attualmente in essere, deve essere verificata e deve presentare un «marchio» di riconoscimento comunitario che prevenga eventuali abusi o il ricorso ad informazione distorta.

1.6

Ribadendo la propria richiesta di continuare una politica di sviluppo che porti alla semplificazione delle procedure burocratiche e delle informazioni ai pazienti, il CESE invita la Commissione ad intervenire con ulteriori iniziative legislative in tutte quelle situazioni del settore farmaceutico che ancora presentano problemi di applicazione non armonizzata nei singoli Stati membri, poiché ciò costituisce un ostacolo al raggiungimento della piena e libera circolazione dei medicinali nell'UE.

2.   Le ragioni della proposta in esame

2.1

La proposta in esame interviene e modifica la prassi in atto prevista dal regolamento (CE) n. 726/2004 esclusivamente per quanto riguarda l'aspetto relativo alla «comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica».

2.2

Tali modifiche riguardano le norme relative all'informazione diretta ai consumatori sui medicinali soggetti a prescrizione medica e tende a garantire il corretto funzionamento del mercato interno per i medicinali per uso umano. Il regolamento, mentre modifica l'informazione al pubblico riguardo ai medicinali per uso umano, riconferma il divieto legislativo della pubblicità secondo quanto previsto dalla direttiva pubblicata sulla GU L 311 del 28.11.2001 e dalla sua recente modifica, prevista dalla direttiva 2008/29/CE.

2.3

L'esigenza di un adeguamento delle norme previste dal presente regolamento si basa sulla comunicazione presentata dalla Commissione al Parlamento europeo il 20 dicembre 2007. Tale relazione, intitolata Attuali prassi in materia di comunicazione e di informazioni sui medicinali ai pazienti, evidenzia come l'applicazione da parte dei singoli Stati membri di norme e pratiche sia a volte avvenuta in modo divergente in materia di informazione, creando situazioni di disparità ed un differente accesso del pubblico a tali informazioni.

3.   Sintesi della proposta in esame

3.1

La proposta di regolamento COM(2008) 662 def. persegue l'obiettivo di:

assicurare un'elevata qualità delle informazioni,

garantire che le informazioni siano fornite attraverso canali che rispondano alle esigenze dei pazienti,

consentire ai titolari dell'autorizzazione all'immissione in commercio di fornire informazioni comprensibili e non promozionali.

3.2

Le modifiche proposte tendono a risolvere le lacune riscontrate nell'attuale applicazione della legislazione farmaceutica prevista dal regolamento (CE) n. 726/2004 riguardanti la comunicazione di informazione al pubblico sui medicinali per uso umano, ed in particolare:

consentire ai titolari dell'autorizzazione di dare informazioni al pubblico, fermo restando il divieto di pubblicità,

stabilire condizioni armonizzate circa il contenuto delle informazioni di alta qualità che i titolari delle autorizzazioni all'immissione in commercio possono divulgare,

definire canali armonizzati per la loro diffusione, escludendo i mezzi di divulgazione non richiesti,

obbligare gli Stati membri ad istituire strumenti di controllo che devono comunque essere messi in atto solo dopo la divulgazione delle informazioni,

prevedere che tali informazioni vengano approvate dalle autorità competenti per la concessione delle autorizzazioni alla messa in commercio e devono ritenersi estesi anche alle informazioni divulgate sui siti web.

3.3

L'introduzione di un nuovo titolo VIII bis intende affrontare tali diversità garantendo un'informazione armonizzata di buona qualità e non promozionale. Si supera la disparità non giustificata riscontrata nel caso dei medicinali autorizzati a norma del titolo II del regolamento (CE) n. 726/2004, che prevede un solo riassunto delle caratteristiche dei prodotti, applicando a tali prodotti il titolo VIII bis della direttiva 2001/83/CE.

3.4

In deroga all'art. 100 octies, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2001/83/CE le informazioni sui medicinali di cui all'art. 100 ter, lettera d, della medesima direttiva sono soggette al controllo preliminare dell'Agenzia prima della divulgazione (art. 20 ter, COM(2008) 662 def.).

3.5

Pertanto è previsto che ai compiti dell'Agenzia previsti dall'art. 57, paragrafo 1, sia aggiunta una lettera u) che assegna all'Agenzia il compito di «fornire pareri sull'informazione del pubblico relativamente ai medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica».

3.6

Il 3o comma dell’art. 20 ter prevede la possibilità dell’Agenzia di opporsi alle norme presentate entro 60 gg. dal ricevimento della notifica. Per la sua pubblicazione in caso di mancata opposizione ha validità il metodo del «silenzio-assenso».

4.   Compiti dell'Agenzia

4.1

Il Comitato per i medicinali per uso umano (CMPH) nell'ambito dell'Agenzia ha il compito di preparare il parere su qualsiasi argomento attinente alla valutazione dei medicinali per uso umano. Tutte le decisioni in materia di autorizzazioni sono prese sulla base di criteri scientifici relativi alla qualità, alla sicurezza e all'efficacia del medicinale considerato.

4.2

L'Agenzia europea per i medicinali (EMEA) è composta da diversi comitati, fra i quali il Comitato per i medicinali per uso umano. L'Agenzia ha il compito di:

fornire agli Stati membri ed alle istituzioni comunitarie consulenza scientifica su qualsiasi argomento riguardante la valutazione della qualità, la sicurezza e l'efficacia dei medicinali,

coordinare sia la valutazione scientifica dei medicinali soggetti a procedura di autorizzazione per l'immissione in commercio nel territorio comunitario, sia le risorse scientifiche messe a disposizione dagli Stati membri ai fini della valutazione, sorveglianza e farmacovigilanza dei medicinali,

divulgare le informazioni sulle reazioni avverse ai medicinali autorizzati nell'UE mediante la base di dati Eudravigilance, consultabile in modo permanente da tutti gli Stati membri,

creare una base di dati sui medicinali che sia accessibile al pubblico.

4.3

Il regolamento (CE) in esame è integrato da:

il regolamento (CE) n. 2049/2005 che stabilisce le norme relative al pagamento delle tasse spettanti all'Agenzia europea per i medicinali da parte delle microimprese e delle piccole e medie imprese, nonché le norme relative all'assistenza amministrativa che queste ricevono dall'Agenzia,

il regolamento (CE) n. 507/2006 relativo all'immissione in commercio dei medicinali per uso umano,

il regolamento (CE) n. 658/2007 relativo alle sanzioni pecuniarie in caso di violazione di determinati obblighi connessi con le autorizzazioni all'immissione in commercio.

5.   Base giuridica, sussidiarietà e proporzionalità

5.1

Secondo la Commissione tali modifiche appaiono coerenti con le altre politiche e gli altri obiettivi dell'Unione. La scelta dell'art. 95 del Trattato appare appropriata, in quanto costituisce la base giuridica della legislazione farmaceutica comunitaria. Il contenuto delle modifiche proposte, per quanto attiene ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità, risulta rispondente ai requisiti previsti dall'art. 5 del Trattato stesso.

6.   Osservazioni generali

6.1

Il CESE ha sempre sostenuto gli interventi legislativi che prevedono un processo di semplificazione delle norme e la loro introduzione armonizzata in tutti gli Stati membri.

6.2

Esso valuta quindi positivamente la proposta di modifica del regolamento in esame in quanto risponde agli obiettivi di semplificazione e di armonizzazione delle informazioni ai pazienti e contemporaneamente semplifica le iniziative delle imprese, a partire dalle PMI.

6.3

Il CESE ritiene utile l’avvio di una procedura informatica di informazioni verificate, diffuse attraverso Internet, quale forma integrante delle disposizioni attualmente in atto, e valuta anche opportuno un miglioramento della struttura visiva dei foglietti illustrativi che accompagnano ogni specialità farmaceutica (vedi punto 1.3).

6.4

Il CESE invita la Commissione ad intervenire con ulteriori iniziative legislative in tutte quelle situazioni del settore farmaceutico che ancora presentano nei singoli Stati membri problemi di applicazione non armonizzata, compresa la questione del prezzo di vendita e dello statuto giuridico della prescrizione e della distribuzione, e che costituiscono un ostacolo al raggiungimento della piena e libera circolazione dei medicinali nell'UE.

6.5

Il CESE chiede di sapere le ragioni per le quali la modifica del regolamento (CE) n. 726/2004 Procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali ha richiesto due diversi interventi legislativi, paralleli e contemporanei: il primo (COM(2008) 664 def.) prevede modifiche per quanto attiene alla farmacovigilanza, il secondo (COM(2008) 662 def.) per quanto attiene alla comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica.

6.6

Il CESE esprime parere negativo su questa metodologia di lavoro della Commissione a «compartimenti stagni», che costituisce uno spreco di risorse per la procedura di due distinti provvedimenti legislativi e una causa di possibili ritardi nell'ottenimento di un regolamento unitario.

Bruxelles, 10 giugno 2009

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/36


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (rifusione)

COM(2008) 809 def. — 2008/0240 (COD)

2009/C 306/08

Il Consiglio, in data 16 febbraio 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (rifusione)»

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 18 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore RETUREAU.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta del 10 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 109 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Conclusioni del CESE

1.1

L'articolo 95 TCE costituisce a giusto titolo la base giuridica della direttiva rifusa, che mira a uniformare le condizioni di produzione e distribuzione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche nel mercato interno. La scelta della forma giuridica della direttiva si giustifica per due motivi: in primo luogo si tratta della rifusione di una direttiva, e in secondo luogo gli Stati membri sono direttamente responsabili dell'applicazione delle sue norme e del controllo della loro osservanza, conformemente ai principi di sussidiarietà e proporzionalità.

1.2

Ciò nonostante, ad avviso del Comitato economico e sociale europeo (CESE) il controllo sull'applicazione della direttiva rifusa deve mirare a un'armonizzazione quanto più possibile rigorosa della sua attuazione nel mercato interno, onde evitare le possibili complicazioni amministrative a livello transfrontaliero e le distorsioni della concorrenza che potrebbero derivarne.

1.3

Per quanto concerne le eventuali modifiche all'elenco dei prodotti tossici o pericolosi il cui uso è vietato o rigorosamente limitato, per il CESE il ricorso alla procedura di comitato può ritenersi un metodo sufficiente solo se le parti interessate sono state consultate ed è stato effettuato uno studio d'impatto per ciascuna sostanza aggiunta o ritirata dall'elenco.

2.   Proposte della Commissione

2.1

Proponendo di sostituire la direttiva RAEE («rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche») con una direttiva rifusa, volta ad aumentare i tassi di recupero e trattamento dei rifiuti, a estendere il campo di applicazione ai materiali medici e ospedalieri nonché agli strumenti di controllo, e a promuovere il riutilizzo dei materiali riparabili, la Commissione mira a una migliore tutela dell'ambiente e nel contempo a una semplificazione amministrativa. La proposta di direttiva sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (restriction of the use of certain hazardous substances in electrical and electronic equipment — RoHS) che forma oggetto del presente parere deve necessariamente tener conto della rifusione della direttiva RAEE ed essere essa stessa rifusa di conseguenza.

2.2

Per quanto concerne i prodotti tossici, i servizi della Commissione ritengono che la rifusione proposta produrrà benefici netti globali, ancorché modesti. Inoltre, le opzioni raccomandate avranno un effetto cumulativo considerevole nel senso di rendere più chiara la direttiva e di armonizzare il suo recepimento e la sua applicazione, contribuendo così a una migliore regolamentazione.

2.3

Si tratta in particolare di ampliare il campo di applicazione delle due direttive aggiungendo le apparecchiature mediche e di sorveglianza alle altre apparecchiature già coperte dalle direttive precedenti. Si sottolinea inoltre la necessità di riutilizzare una parte delle apparecchiature anziché trattarle come rifiuti; la distinzione tra apparecchiature riciclate e rifiuti forma oggetto di dichiarazioni e verifiche appropriate.

2.4

Nella sua versione rifusa, la direttiva RoHS mantiene la propria base giuridica (l'articolo 95 TCE in materia di mercato interno), e lo stesso vale per la direttiva RAEE (la cui base giuridica è l'articolo 175 TCE in materia di ambiente), conformemente all'obiettivo di quest'ultima, che è il recupero e il trattamento dei rifiuti delle AEE e il riutilizzo di una parte di queste ultime.

2.5

Gli allegati della direttiva rifusa RoHS precisano la natura delle apparecchiature cui essa si applica (allegati I e II) e fungono da nuovo riferimento per la direttiva rifusa RAEE. I prodotti tossici di cui la direttiva RoHS restringe l'uso restano immutati quanto alla loro natura e alle quantità massime tollerate; l'evoluzione scientifica e tecnica, così come le eventuali deroghe, sono prese in considerazione dalla procedura di comitato con controllo.

2.6

Secondo la Commissione, i benefici per l'ambiente saranno probabilmente considerevoli. Infatti, nei dispositivi medici e negli strumenti di monitoraggio e controllo sono utilizzate molte tonnellate di metalli pesanti di cui alla direttiva RoHS (oltre 1 400 tonnellate di piombo e circa 2,2 tonnellate di cadmio), pari allo 0,2-0,3 % del peso complessivo dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, e, se i rifiuti non vengono gestiti in maniera appropriata, tali sostanze possono essere riversate nell'ambiente (solo il 49,7 % dei rifiuti di dispositivi medici e il 65,2 % di quelli di strumenti di monitoraggio e controllo formano oggetto di una raccolta differenziata). Limitare l'uso di tali sostanze nel quadro della direttiva RoHS consentirà quindi, a medio e a lungo termine, di eliminarle dai prodotti e dai rifiuti di questi ultimi. Un'analisi più approfondita mostra che, anche secondo le previsioni che ipotizzano tassi di riciclo più elevati, l'inclusione di tali apparecchiature nel campo di applicazione della direttiva RoHS risulterà vantaggiosa per l'ambiente.

2.7

Inoltre, l'armonizzazione orizzontale delle definizioni nelle direttive rifuse contribuirà a migliorarne l'applicazione nonché a rimuovere ostacoli amministrativi e procedure di attuazione troppo divergenti.

3.   Osservazioni generali

3.1

La rifusione di atti normativi come le direttive RAEE e RoHS è una tecnica che può determinare, e di fatto determina nel caso in specie, una rielaborazione piuttosto significativa della normativa precedente.

3.2

Bisognerebbe fugare tutte le incertezze relative al campo di applicazione e alle definizioni, nonché quelle legate alle pratiche divergenti degli Stati membri in materia di conformità dei prodotti e l'eventuale ridondanza delle vecchie direttive rispetto al regolamento REACH. Se si vogliono limitare i costi di attuazione delle misure previste e gli oneri amministrativi, è indispensabile una effettiva armonizzazione.

3.3

Bisognerebbe rafforzare la complementarità e la coerenza delle due direttive con una serie di altre normative comunitarie (il quadro comune per la commercializzazione dei prodotti (1), REACH (2) e la normativa in materia di prodotti che consumano energia (3), per quanto concerne la progettazione delle apparecchiature).

3.4

Il CESE osserva con soddisfazione che in definitiva l'elenco dei prodotti vietati non viene modificato, mantenendo così un livello equivalente di tutela dei lavoratori e dei consumatori.

3.5

In proposito il CESE insiste sulla necessità di vigilare riguardo ai numerosi trasferimenti illegali di rifiuti pericolosi verso paesi privi delle attrezzature tecniche necessarie per trattarli in maniera appropriata, con gravi rischi per l'ambiente di quei paesi e la salute delle popolazioni locali. In alcuni di quei paesi il trattamento dei rifiuti elettronici pone già gravi problemi di salute pubblica: una situazione che potrebbe aggravarsi ulteriormente qualora i trattamenti preliminari dei rifiuti previsti dalla direttiva RAEE non fossero effettuati correttamente, nonché a causa dei rischi supplementari derivanti dall'estensione del suo campo di applicazione alle categorie 8 e 9.

3.6

Il CESE osserva che l'elenco delle sostanze vietate non viene modificato dalla rifusione proposta. Prima di autorizzare eventuali prodotti sostitutivi delle sostanze più tossiche o più pericolose occorre verificare che essi non comportino a loro volta dei rischi. Le eventuali esenzioni devono riguardare soltanto le sostanze che, allo stato attuale delle conoscenze e dell'evoluzione tecnologica, sono assolutamente insostituibili, ed essere accompagnate da tutte le necessarie disposizioni di tutela e precauzionali.

3.7

Il campo di applicazione definito dagli allegati I e II della direttiva RoHS rifusa può essere modificato dalla Commissione mediante la procedura di comitato con controllo; tuttavia, secondo il CESE tutte le ulteriori modifiche sostanziali dovrebbero formare oggetto di nuove analisi d'impatto e di nuove consultazioni preliminari. Il CESE si compiace dell'utilizzo della metodologia REACH per l'eventuale introduzione di nuovi divieti di sostanze.

3.8

Il CESE dà atto che l'armonizzazione orizzontale delle definizioni in tutte le direttive interessate (cfr. 3.3) contribuisce a una maggiore chiarezza e alla riduzione dei costi amministrativi.

3.9

Esso dà inoltre atto che la fissazione di un limite di tempo ragionevole (quattro anni) per le esenzioni di determinate sostanze consente di favorire la ricerca di soluzioni alternative, garantendo nel contempo ai produttori una sufficiente certezza giuridica.

3.10

Il CESE è consapevole del fatto che il quadro regolamentare così modificato inciderà sulla crescita delle imprese e sull'occupazione, e plaude al rafforzamento della coerenza tra le due direttive rifuse nonché alla semplificazione normativa e amministrativa così promossa.

3.11

Il CESE accoglie con favore l'estensione del campo di applicazione della direttiva RoHS a due categorie supplementari di apparecchiature (le categorie 8 e 9: dispositivi medici e strumenti di monitoraggio e controllo), nonché l'adozione del principio del riutilizzo di una parte delle apparecchiature raccolte, dato che il controllo che consente di distinguere i rifiuti dagli strumenti riciclati, in base alla dichiarazione e al controllo eventuale, è a suo avviso proporzionato.

3.12

Esso accoglie inoltre con favore l'armonizzazione delle definizioni degli operatori economici interessati con quelle di cui al pacchetto «commercializzazione dei prodotti», nonché le nuove definizioni aggiunte (ad esempio quella di «dispositivi medici»).

3.13

Il CESE auspica vivamente che, così facendo, l'armonizzazione dell'attuazione della normativa a livello degli Stati membri risulti in concreto molto più efficace di quella avviata nel quadro delle direttive precedenti anteriori alla rifusione. Sarebbe comunque opportuno verificare, dopo alcuni anni di applicazione della direttiva proposta, se gli obiettivi da essa perseguiti siano stati effettivamente raggiunti.

Bruxelles, 10 giugno 2009

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  GU L 218 del 13.2.2008, pag. 82.

(2)  GU L 396 del 30.12.2006.

(3)  GU L 191 del 22.7.2005, pag. 29.


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/39


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (rifusione)

COM(2008) 810 def. — 2008/0241 (COD)

2009/C 306/09

Il Consiglio dell'Unione europea, in data 20 gennaio 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 175, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (rifusione)»

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 18 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice Sylvia GAUCI.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta dell'11 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 103 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

La revisione della direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (di seguito «direttiva RAEE») mira a conseguire effetti positivi sia sul piano ecologico che su quello economico, a vantaggio dell'ambiente, delle imprese e dei cittadini europei.

1.2

L'esperienza mostra che non è stato realizzato l'obiettivo della direttiva RAEE, ossia attuare una strategia efficiente di gestione dei rifiuti a livello del mercato interno.

1.3

I numerosi problemi sorti durante il processo di applicazione di questa direttiva sono imputabili alle molteplici differenze fra gli Stati membri.

1.4

Queste derivano in parte dall'ambiguità delle definizioni contenute nella direttiva stessa, ma anche dalla libertà accordata agli Stati membri dall'articolo 175 del Trattato CE in materia di attuazione.

2.   Conclusioni e raccomandazioni

2.1

Per ora il Comitato può sintetizzare come segue i problemi da esaminare nel contesto della revisione della direttiva RAEE:

2.2

la direttiva RAEE presenta un potenziale di semplificazione in termini di riduzione degli oneri amministrativi a carico degli operatori di mercato.

2.3

Nel rivedere la direttiva, l'Unione europea, insieme alle amministrazioni nazionali, dovrebbe garantire condizioni eque in tutti gli Stati membri. Sarebbe auspicabile adottare una doppia base giuridica, vale a dire gli articoli 95 e 175 del Trattato CE, in modo tale che le disposizioni relative al campo d'applicazione, alle definizioni, alle specifiche dei prodotti e alle responsabilità del produttore nell'immissione dei prodotti sul mercato abbiano come base l'articolo 95 del Trattato CE e quelle sugli obiettivi e il trattamento dei rifiuti l'articolo 175 del Trattato CE.

2.4

Tutti gli attori della catena, inclusi i produttori, gli importatori, i dettaglianti, i commercianti e i rigattieri, dovrebbero avere le stesse responsabilità in materia di RAEE.

2.5

La revisione della direttiva dovrebbe consentire una migliore interazione fra, da una parte, le disposizioni relative alla tutela dell'ambiente, e, dall'altra, le norme che garantiscono il buon funzionamento del mercato interno.

2.6

La definizione di «produttore», in particolare, non dovrebbe comportare la creazione di nuovi ostacoli al mercato interno. Ciò sarà più conforme alla recente giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, la quale prescrive che la protezione ambientale non deve essere contraria ai principi del mercato interno. La definizione di produttore di cui all'articolo 3, lettera j), del testo in esame dovrebbe inoltre concordare, nella misura del possibile, con le definizioni pertinenti contenute nella decisione n. 768/2008/CE, pur riconoscendo l'obbligo specifico derivante dalla direttiva RAEE, vale a dire il fatto che tanto la registrazione quanto il finanziamento della raccolta e del recupero non sono caratteristiche del prodotto (come la composizione, gli ingredienti, l'impatto ambientale), bensì obblighi aggiuntivi cui adempiere esclusivamente a livello nazionale (vigilanza sul mercato e applicazione).

2.7

La versione riveduta della direttiva non dovrebbe creare ostacoli alla pratica della ripartizione dei costi della gestione RAEE sulla base delle attuali quote di mercato. Per quanto riguarda l'allegato II, occorre assicurare che le parti interessate possano continuare a sviluppare gli standard di trattamento. Attualmente i sistemi di raccolta basati sulle quote di mercato si stanno dimostrando idonei a una gestione efficace dei RAEE.

2.8

La direttiva dovrebbe realizzare il proprio obiettivo sociale: quello, cioè, di proteggere l'ambiente e ridurre l'impatto di tali rifiuti sulla salute umana. Una gestione economicamente efficace del flusso di rifiuti elettrici ed elettronici nell'UE dovrebbe contribuire a impedire che questo tipo di rifiuti venga esportato verso paesi terzi in cui le norme ambientali sono meno rigorose e i rischi per i lavoratori che li maneggiano più elevati.

3.   Osservazioni specifiche sull'articolato

3.1   Articolo 3, lettera j): definizione di «produttore»

3.1.1

Il Comitato approva la nuova definizione di «produttore», evidenziando tuttavia che essa potrebbe portare a comportamenti opportunistici (il cosiddetto free-riding) e a distorsioni della concorrenza.

3.1.2

Essa è intesa a garantire il corretto funzionamento del mercato interno. A questo proposito, il CESE invita la Commissione a semplificare le procedure e al tempo stesso impedire possibili abusi da parte di operatori commerciali disonesti.

3.1.3

La definizione modificata di «produttore», insieme alla precisazione dei termini «messa a disposizione sul mercato», nella nuova lettera o), dell'articolo 3, e «immissione sul mercato», nella nuova lettera p), dell'articolo 3, consente agli operatori d'intraprendere volontariamente azioni specifiche senza il rischio di dover farsi carico delle spese connesse al termine della vita utile di un prodotto.

3.1.4

Grazie alla delimitazione del ruolo di ciascun operatore, le imprese possono farsi un'idea chiara dei costi e quindi assumersi una quota più precisa delle responsabilità che derivano loro dal fatto di far parte della catena di fornitura delle attrezzature elettriche ed elettroniche.

3.1.5

Ai fini dell'applicazione pratica, bisogna dare agli Stati membri la possibilità di imporre obblighi nazionali alle persone fisiche o giuridiche che immettono per la prima volta nel loro mercato prodotti provenienti da paesi terzi o da altri Stati membri dell'UE (commercio intracomunitario). Gli Stati membri potrebbero così adottare provvedimenti proporzionati che consentano loro di identificare tali soggetti e chiedere loro di provvedere alla registrazione e al finanziamento della gestione dei RAEE derivanti dalle loro vendite.

3.1.6

Il Comitato ritiene che una definizione chiara del produttore possa ottimizzare i progressi ambientali e l'efficienza economica nei seguenti modi:

la definizione di produttore dovrebbe comprendere gli stessi operatori in tutti gli Stati membri.

Il Comitato ritiene altresì che i registri nazionali dei produttori dovrebbero funzionare in maniera più armonizzata. In effetti, l'eterogeneità dei requisiti amministrativi nei diversi sistemi nazionali di registrazione e finanziamento comporta un aumento dei costi per i produttori che effettuano operazioni transfrontaliere nel mercato interno.

I registri dei produttori differiscono sotto il profilo sia della raccolta di informazioni presso i produttori stessi sia dei principi di funzionamento. Fra l'altro, essi presentano differenze per quanto riguarda la definizione del tipo di apparecchiature, i criteri relativi al peso, la base di calcolo delle cifre riportate e la misura in cui vengono prese in considerazione le vendite in altri Stati membri. Variano anche la frequenza e la periodicità della comunicazione dei dati.

Il Comitato giudica quindi importante che le istituzioni europee emettano raccomandazioni e orientamenti per conseguire l'obiettivo ricercato, previa adeguata consultazione degli interessati.

Ritiene inoltre che potrebbe essere creata una rete europea dei registri nazionali allo scopo di favorire lo scambio di informazioni. Tale rete faciliterebbe l'armonizzazione dei sistemi di registrazione dei produttori negli Stati membri, in modo che i dati sulle loro attività vengano resi disponibili in tutta l'UE, alleggerendo così gli oneri amministrativi per chi si registra e consentendo nel contempo un'applicazione più efficace della direttiva. Una maggiore armonizzazione e una burocrazia meno pesante agevolerebbero i progressi e il conseguimento degli obiettivi in campo ambientale.

Il Comitato reputa che per prevenire i comportamenti opportunistici occorrerebbe creare una struttura europea che provveda al controllo della tracciabilità dei flussi di merci e dell'equilibrio finanziario dei sistemi europei di raccolta e di recupero, nonché garantire l'applicazione reciproca delle disposizioni giuridiche (e amministrative) e istituire un'assistenza giuridica efficace fra i diversi Stati membri dell'UE.

3.2   Articolo 5: Raccolta differenziata

3.2.1

I sistemi di ritiro dei RAEE sono uno strumento necessario per la raccolta su vasta scala degli apparecchi domestici.

3.2.2

Il Comitato insiste sulla necessità di fare in modo che tali rifiuti possano essere restituiti gratuitamente al distributore che fornisce un nuovo prodotto, a condizione che l'apparecchiatura resa sia di tipo equivalente e abbia svolto le stesse funzioni della nuova apparecchiatura fornita.

3.2.3

Il Comitato è tuttavia convinto che i consumatori debbano essere informati della portata dei loro diritti, in modo da evitare confusioni circa il ruolo degli operatori di mercato. In effetti, gli operatori di mercato non devono essere considerati responsabili della raccolta dei rifiuti per conto del consumatore, senza che venga previsto alcun limite al riguardo. In particolare, gli operatori di mercato dovrebbero rimanere liberi di definire le condizioni relative al loro obbligo di ritiro quando questo non intervenga al momento della consegna del nuovo bene. La Commissione ritiene che in tal modo le imprese potranno risparmiare spese di trasporto e di manodopera. Queste economie hanno una loro razionalità sotto il profilo ambientale e della concorrenza.

3.3   Articolo 7: Tasso di raccolta

3.3.1

Il Comitato è favorevole alla revisione degli attuali obiettivi di raccolta. Ritiene tuttavia inopportuno adottare un tasso di raccolta dei RAEE basato sul volume delle vendite, dato che, quasi in ogni caso, i prodotti hanno una vita utile di gran lunga superiore a uno o due anni e quindi non vengono riciclati due anni dopo la vendita.

3.3.2

Dato che adesso i materiali hanno maggiore valore rispetto a 5-10 anni fa, i RAEE di alto valore (vale a dire, con un elevato contenuto in metallo) scompaiono dalle vie di raccolta convenzionali, con la conseguenza che non sempre se ne trova traccia nei canali ufficiali di trattamento dei RAEE. Questi RAEE sottratti ai circuiti ufficiali possono subire un trattamento non conforme alle norme, oppure non subire alcun trattamento e finire nelle discariche, oppure essere esportati illegalmente, oppure essere trattati secondo le norme o esportati legalmente. Attualmente non si dispone di cifre esatte sulla destinazione di tali RAEE sottratti ai circuiti ufficiali (si veda la relazione dell'Agenzia europea dell'ambiente del marzo 2009).

3.3.3

Il Comitato ritiene che in avvenire tutti gli operatori di mercato dovranno essere considerati responsabili della gestione dei RAEE, su cui dovranno esercitare un maggiore controllo.

3.3.4

Il Comitato riconosce che il successo nella realizzazione degli obiettivi in materia di raccolta dipende da fattori estranei al semplice controllo dei produttori, che vanno dalla disponibilità di punti di raccolta al volume di RAEE generato dall'utente finale.

3.3.5

Il Comitato ritiene pertanto che i produttori non debbano essere considerati i soli responsabili. Degli studi hanno evidenziato che grandi quantità di RAEE sono raccolti e trattati al di fuori dei sistemi RAEE ufficiali e che numerosi soggetti interessati diversi dai produttori possono influire sui volumi raccolti e riciclati.

3.3.6

Il Comitato sottolinea che la revisione della direttiva RAEE dovrebbe mirare a massimizzare i risultati ambientali (incremento della raccolta) e a rafforzare l'efficienza economica della gestione RAEE (trattamento migliorato).

3.3.7

A giudizio del Comitato, se gli obiettivi di raccolta vengono misurati al momento in cui il RAEE arriva ai sistemi di riciclaggio, l'esistenza di flussi paralleli fa sì che sia impossibile, per i produttori, raccogliere RAEE sufficienti per conseguire l'obiettivo. Il Comitato ritiene pertanto che per conseguire gli obiettivi di raccolta sarebbe più utile prendere in considerazione il momento in cui il materiale arriva al riciclatore, poiché così facendo si potrebbero rilevare tutti i flussi RAEE, piuttosto che i flussi provenienti dai produttori considerati isolatamente.

In sostanza, il Comitato sottolinea che i flussi paralleli devono formare oggetto di regolamentazione, in modo da assicurare che tutti i RAEE vengano riciclati conformemente al disposto della direttiva. In particolare, sarebbe bene imporre l'obbligo di dichiarare i RAEE raccolti anche ad attori diversi dai produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche.

3.4   Articolo 12: Finanziamento relativo ai RAEE provenienti dai nuclei domestici

3.4.1

Il Comitato ritiene che la responsabilità del finanziamento relativo ai RAEE provenienti da nuclei domestici non vada accollata unicamente ai produttori, come prevede la proposta della Commissione nell'articolo 12.

3.4.2

Il Comitato giudica importante incoraggiare i produttori a scegliere fra soluzioni individuali o collettive, a seconda della gamma dei loro prodotti e del loro modello aziendale.

3.4.3

Attualmente, l'articolo 8 della direttiva RAEE impone ai produttori di materiale elettrico ed elettronico di farsi carico dei costi del riciclaggio dei loro prodotti al termine della vita utile di questi ultimi. In particolare, il paragrafo 2 prevede la responsabilità finanziaria di ciascun produttore per il riciclaggio dei prodotti che abbia immesso sul mercato dopo il 13 agosto 2005 e che provengano dai nuclei familiari. Il produttore può scegliere di adempiere tale obbligo individualmente oppure aderendo ad un regime collettivo.

3.4.4

Al momento i produttori stanno studiando delle soluzioni: è possibile che ben presto essi decidano di affrontare questo problema con sistemi individuali o collettivi.

3.4.5

Il Comitato condivide l'idea secondo cui l'articolo 8, paragrafo 2, costituisce la base giuridica idonea per attuare la responsabilità dei produttori in materia di RAEE.

3.4.6

La revisione della direttiva va considerata come un'opportunità per rafforzare la libertà di scelta fra la responsabilità individuale del produttore e le soluzioni collettive.

Bruxelles, 11 giugno 2009

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/42


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso una strategia comunitaria per le specie invasive

COM(2008) 789 def.

2009/C 306/10

La Commissione, in data 3 dicembre 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso una strategia comunitaria per le specie invasive»

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 24 febbraio 2009, ha incaricato la sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 454a sessione plenaria dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta dell'11 giugno 2009), ha nominato relatore generale SIECKER e ha adottato il seguente parere con 109 voti favorevoli e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Le specie invasive («SI») costituiscono una minaccia crescente per la biodiversità, l'agricoltura e la salute pubblica. Al momento attuale, il costo stimato delle SI va da 10 a 12 miliardi di euro l'anno, il che le rende una vera e propria minaccia anche per l'economia.

1.2

Il Comitato riconosce l'evidente necessità di intervento, come è stato espresso anche ai più alti livelli politici, e prende atto delle quattro alternative possibili descritte nella comunicazione per far fronte al problema delle SI: «status quo», uso degli strumenti giuridici vigenti unitamente a misure volontarie, adeguamento della normativa vigente e creazione di uno strumento giuridico comunitario specifico e completo.

1.3

Il Comitato dà atto che il documento offre un'ottima analisi, ma al tempo stesso osserva che l'Unione avrebbe dovuto fornire una risposta già tre anni fa, cioè quando fu adottato il piano d'azione sulla biodiversità, e chiede quindi un'azione immediata.

1.4

Il Comitato è convinto che l'approccio migliore per far fronte alla minaccia posta dalle SI sia attraverso l'adozione di uno strumento giuridico comunitario specifico e completo, nonché attraverso la creazione di un'agenzia europea incaricata di monitorarne l'applicazione.

1.5

Il Comitato sottolinea la necessità di sensibilizzare il pubblico europeo alla minaccia rappresentata dalle SI a seguito della rapida crescita dei commerci e delle attività di trasporto. Tale scopo potrebbe essere raggiunto attraverso attività di comunicazione e informazione che pongano in risalto le varie minacce e il costo economico di un'assenza o insufficienza di intervento.

1.6

Il Comitato giudica importante che gli aspetti sociali della lotta alle SI siano tenuti in debita considerazione nell'applicazione della normativa comunitaria vigente o in un futuro strumento giuridico comunitario completo, come dimostrano gli elevati rischi per la salute connessi alla fumigazione dei container quando questi arrivano nei porti dell'UE.

2.   La problematica

2.1   Che cosa sono le specie invasive?

2.1.1

La denominazione «specie invasive», utilizzata nel testo del documento, comprende sia il concetto «specie esotiche invasive», impiegato nella Convenzione sulla diversità biologica, che quello di «specie invasive alloctone». Per specie invasive («SI») si intendono, in generale, quelle specie la cui introduzione e/o diffusione potrebbe minacciare la biodiversità o avere altre conseguenze imprevedibili. Nella sua comunicazione, la Commissione europea afferma che le SI stanno diventando ormai un problema sempre più grave per l'UE.

2.1.2

Il progetto Daisie, finanziato nell'ambito del sesto programma quadro per la ricerca dell'UE, ha individuato 10 882 specie alloctone presenti in Europa, il 10-15 % delle quali avrà probabilmente un impatto economico o ecologico negativo. I principali fattori che influenzano direttamente la biodiversità sono il cambiamento degli habitat, i cambiamenti climatici, l'eccessivo sfruttamento, l'inquinamento e le SI.

2.2   La necessità di intervento

2.2.1

L'UE dispone di mezzi per affrontare i primi quattro di questi fattori ma, a differenza di molti altri paesi dell'OCSE, non esiste attualmente nessuno strumento completo a livello comunitario per far fronte al problema delle SI. Affinché l'UE possa raggiungere l'obiettivo «di arrestare il deterioramento della diversità biologica entro il 2010», questa lacuna deve essere colmata. Le SI rappresentano inoltre una grave minaccia economica per l'UE.

2.2.2

La necessità di un'azione coordinata per affrontare il problema delle SI è stata espressa ai più alti livelli politici. Il Consiglio Ambiente, il Parlamento europeo, il Comitato delle regioni (1) e il Comitato economico e sociale europeo (2) hanno sottolineato la necessità di una strategia comunitaria contro le SI, di un efficace sistema di allarme precoce e di meccanismi di reazione validi a livello comunitario. Impegni analoghi sono stati inseriti nel VI Programma di azione per l'ambiente, come anche nella comunicazione della Commissione Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 — e oltre e nel relativo piano di azione.

2.3   Principali canali di introduzione

2.3.1

Le SI possono penetrare in una nuova regione attraverso tre meccanismi generali: l'importazione sotto forma di merce, l'introduzione attraverso un vettore di trasporto e/o la propagazione naturale da una regione confinante nella quale la specie in questione è esotica. Questi tre meccanismi si traducono in sei vie di diffusione principali: rilascio, fuga, contaminazione, intrusione clandestina, corridoio e propagazione spontanea.

2.3.2

Le attività commerciali e i trasporti, in rapida espansione, aumentano le possibilità di introduzione delle SI e di conseguenti pressioni sull'ambiente. L'esistenza del mercato unico implica che una SI, una volta introdotta nel territorio di uno Stato membro può diffondersi rapidamente in tutto il territorio dell'UE. Le problematiche legate agli scambi possono pertanto essere affrontate in modo efficace solo alle frontiere esterne della Comunità europea. Date le modalità di insediamento e diffusione di queste specie, le misure adottate da uno Stato membro possono essere totalmente vane se i paesi confinanti non agiscono o non reagiscono in modo coordinato.

2.3.3

Inoltre è probabile che le crescenti concentrazioni di CO2, le temperature più elevate, l'aumento delle deposizioni azotate, le alterazioni dei regimi di disturbo e il maggiore degrado degli habitat facilitino ulteriori invasioni.

3.   L'impatto

3.1   L'impatto sull'ecologia

Gli effetti delle SI sull'ambiente sono notevoli e vanno dai cambiamenti ecologici meno percettibili alla quasi estinzione di specie native, fino alle alterazioni dell'ecosistema globale. Le SI sono considerate una delle maggiori minacce alla biodiversità.

3.2   L'impatto sull'economia

Le SI possono diminuire i raccolti di prodotti agricoli, forestali e ittici. È noto inoltre che esse incidono negativamente sulla disponibilità di risorse idriche e causano il degrado del suolo attraverso una sua maggiore erosione.

3.3   L'impatto sulla salute pubblica

Numerosi problemi per la salute umana, come allergie e problemi cutanei, sono causati da SI, e i cambiamenti climatici ne aggravano gli effetti.

3.4   L'impatto sui bilanci

Secondo una prima stima, i costi annuali sostenuti per le SI in Europa nel 2008 vanno da 9 600 a 12 700 milioni di euro. L'importo è senza dubbio sottostimato, poiché si basa sulla spesa attuale per l'eradicazione e il controllo delle SI, più il costo documentato dell'impatto economico.

4.   Strategie per affrontare il problema delle SI

4.1   La reazione politica alle sfide poste dalle SI ha portato all'approvazione, a livello internazionale, di un «approccio gerarchico articolato in tre fasi» che prevede misure basate su: 1) prevenzione, 2) rilevamento precoce ed eradicazione e 3) controllo e contenimento a lungo termine.

4.1.1   Prevenzione

Per ridurre o prevenire ulteriori introduzioni tramite i commerci occorrerebbe intensificare i controlli e le ispezioni alle frontiere. La prevenzione delle introduzioni intenzionali potrebbe essere ottenuta con l'imposizione di regole più rigorose, basate sullo scambio di informazioni tra gli organi nazionali, regionali e internazionali che si occupano del controllo delle SI. Per la prevenzione relativa agli organismi clandestini, introdotti tramite gli scafi o l'acqua di zavorra delle navi, sarebbe utile che venisse ratificata e attuata la Convenzione sull'acqua di zavorra.

4.1.2   Rilevamento precoce ed eradicazione rapida

Il rilevamento precoce e l'eradicazione rapida delle SI dipendono da programmi di monitoraggio efficaci, uniti a un meccanismo di rilevamento precoce volto a informare il più rapidamente possibile altre aree che potrebbero essere colpite e a scambiare informazioni sulle possibili strategie di eradicazione.

4.1.3   Controllo e contenimento

Laddove le SI sono ormai insediate e diffuse occorre concentrare gli sforzi sul controllo e sul contenimento. Ancora una volta, questo presuppone un efficace scambio di informazioni e l'attuazione di campagne o azioni coordinate per controllare o arrestare la diffusione delle specie interessate.

5.   Strumenti esistenti e alternative possibili

5.1   Normativa vigente

Per quanto concerne i diversi elementi delle strategie descritte sopra, la Commissione ha valutato la normativa comunitaria vigente, i programmi di ricerca, i piani di azione e le altre iniziative adottate. Da questa analisi risulta che esistono gravi discrepanze tra tutti i vari strumenti giuridici comunitari in vigore, tali da rendere praticamente impossibile una risposta adeguata alla minaccia posta dalle SI. A livello internazionale, nel 2004 l'Organizzazione marittima internazionale ha adottato la Convenzione sul controllo e la gestione dell'acqua di zavorra che dovrebbe entrare in vigore 12 mesi dopo la ratifica da parte di 30 Stati che rappresentano almeno il 35 % della stazza mondiale. Al 28 febbraio 2009 era stata ratificata solo da 18 paesi, rappresentanti il 15,36 % della stazza mondiale. Tra questi, gli Stati membri dell'UE sono appena due: la Spagna e la Francia. La convenzione è stata inoltre ratificata dalla Norvegia, uno dei paesi aderenti allo Spazio economico europeo (SEE).

5.2   Alternative possibili

Per combattere adeguatamente le SI, la comunicazione in esame descrive le quattro opzioni che seguono.

5.2.1   Status quo

Lo «status quo» costituisce un punto di riferimento rispetto al quale è possibile valutare le altre opzioni.

5.2.2   Massimizzare l'uso degli strumenti giuridici vigenti, unitamente a misure volontarie

I requisiti giuridici formali rimarrebbero invariati rispetto a oggi, ma si deciderebbe di affrontare attivamente il problema delle SI nell'ambito della normativa vigente. Gli Stati membri inserirebbero volontariamente gli aspetti relativi alle SI nelle funzioni di controllo delle frontiere. Potrebbe inoltre essere creato in tutta Europa un sistema di allarme precoce e di informazione basato sulle attività esistenti.

5.2.3   Adattare la normativa vigente

Sotto molti aspetti, questa opzione è simile a quella descritta al punto 5.2.1, ma prevede modifiche della normativa vigente in materia di salute delle piante e degli animali al fine di coprire una gamma più ampia di organismi potenzialmente invasivi.

5.2.4   Strumento giuridico comunitario specifico e completo

Questa opzione prevede la creazione di un quadro giuridico specifico e completo per gestire le SI, con procedure indipendenti per la valutazione e l'intervento che tengano conto della vigente normativa. Se questo approccio venisse ritenuto opportuno e conveniente in termini di costi, gli aspetti tecnici dell'attuazione potrebbero essere centralizzati da una specifica agenzia. Gli Stati membri, comprese le regioni ultraperiferiche, sarebbero tenuti a effettuare controlli alla frontiera e a scambiare informazioni relative alle SI. Potrebbero inoltre essere istituite procedure per la notifica e il monitoraggio obbligatori, nonché meccanismi di reazione rapidi ed efficaci. Si può prevedere che l'UE finanzierà in parte le azioni di eradicazione e di controllo, ma gli Stati membri potrebbero anche finanziare queste misure direttamente. Si tratta dell'opzione più efficace ai fini del controllo delle SI. Essa garantisce la massima chiarezza giuridica rispettando nel contempo il principio di proporzionalità.

6.   Osservazioni

6.1   Reiterazione

Il CESE riconosce che la comunicazione della Commissione traccia un'eccellente analisi della problematica, dalla quale emerge con chiarezza la portata della minaccia che le SI pongono alla biodiversità, all'agricoltura, alla salute pubblica e all'economia in generale. Il Comitato osserva tuttavia con sorpresa che la medesima analisi, forse non negli stessi termini ma certamente nello stesso spirito, era già stata esposta, con le medesime argomentazioni, nel piano di azione sulla biodiversità del 2006. Il CESE si sarebbe aspettato che nel frattempo si fosse raggiunto qualcosa di più della semplice reiterazione di un'analisi di ormai tre anni fa. La comunicazione in esame chiede interventi che avrebbero dovuto essere intrapresi anni fa.

6.2   La necessità di un approccio globale

6.2.1

Nella sua comunicazione, la Commissione afferma che non è possibile arrestare la perdita di biodiversità nell'UE senza affrontare le SI in modo globale. Le conseguenze ecologiche, economiche e sociali delle SI nell'UE sono notevoli e richiedono una risposta coordinata. Al momento attuale la Comunità non è in grado di affrontare il problema delle SI in maniera efficace, e aree ricche di biodiversità, ad esempio i territori d'oltremare dell'UE, non ricevono un'attenzione adeguata. La vigente normativa comunitaria copre parzialmente i diversi aspetti delle SI e rende difficile un'attuazione coordinata, pertanto le azioni portate avanti dagli Stati membri sono nella maggior parte dei casi poco o per nulla coerenti. Gli scenari scientifici indicano un aumento drammatico delle invasioni biologiche: è quindi probabile che la situazione sia destinata a peggiorare.

6.2.2

Il Comitato è convinto che il modo migliore per far fronte alla minaccia rappresentata dalle SI sia attraverso l'adozione di uno strumento giuridico comunitario specifico e completo, nonché attraverso la creazione di un'agenzia europea incaricata di coordinare e gestire la lotta alle SI secondo l'approccio gerarchico in tre fasi. Questo è l'unico modo per garantire un'azione efficace, come sottolinea anche la rivista Science. Il costo stimato di questa agenzia europea andrebbe da 4 a 10 milioni di euro l'anno: un importo irrisorio rispetto ai costi dell'impatto ecologico, economico e sanitario che si dovranno sostenere se l'UE non passerà all'azione. Anche l'avvio di un'iniziativa della Commissione per arrivare al più presto alla ratifica della Convenzione sull'acqua di zavorra rappresenterebbe un importante passo avanti nell'adeguata gestione della lotta alle SI.

6.3   Possibili resistenze

6.3.1

L'introduzione di un nuovo strumento europeo giuridicamente vincolante e l'istituzione di una nuova agenzia europea incaricata di dare esecuzione a una nuova normativa potrebbero incontrare resistenze in diversi Stati membri per motivi finanziari. A loro parere, questo tipo di misure dovrebbe essere finanziato dal bilancio europeo poiché, se a trarne vantaggio è tutta l'UE, non sarebbe ragionevole farne gravare i costi solo sugli Stati membri con i maggiori porti e aeroporti, per definizione i luoghi attraverso i quali la maggior parte delle SI fa ingresso in Europa. L'introduzione di ulteriori disposizioni legislative e regolamentari volte ad affrontare il problema crescente dell'invasione biologica potrebbe essere considerata dai rappresentanti politici nazionali come un costo, e quindi come un ostacolo alla crescita economica nazionale, mentre molto probabilmente anche i contribuenti, non riconoscendo ancora le minacce poste dalle SI, potrebbero opporsi a ulteriori aggravi fiscali. Tuttavia, tale riluttanza non dovrebbe diventare un pretesto per non agire.

6.4   Comunicazione e sensibilizzazione

6.4.1

Per affrontare con efficacia i problemi legati alle SI è importante che il pubblico sia informato e coinvolto. Attualmente, le invasioni biologiche sono ritenute una minaccia considerevole per la biodiversità solo dal 2 % dei cittadini europei. Le attività di comunicazione e sensibilizzazione dovrebbero creare tra i cittadini, le autorità e le industrie in Europa un senso di responsabilità comune verso i possibili rischi derivanti dal commercio e dal trasferimento di potenziali SI. Se, oltre a concentrarsi sulla minaccia per la biodiversità, queste attività di comunicazione e sensibilizzazione porranno in risalto anche gli altri pericoli, ad esempio per la salute pubblica e per l'agricoltura, anche la resistenza verso una nuova normativa e verso la creazione di una nuova agenzia europea potrà diminuire, soprattutto quando sarà chiaro che — sul lungo termine — il non agire si rivelerà molto più costoso di un'azione immediata. Inoltre, quanto prima si prenderanno misure adeguate, tanto minori saranno i costi complessivi.

6.5   Aspetti sociali

6.5.1

Il CESE invita la Commissione ad esaminare tutti gli strumenti e la legislazione esistenti per affrontare il problema delle SI e dei loro effetti collaterali dannosi sul piano sociale. L'esempio della fumigazione dei container in partenza per l'Europa da altri continenti per assicurarsi che arrivino a destinazione privi di organismi contaminanti illustra con chiarezza tali effetti collaterali.

6.5.2

Per escludere la presenza di infestanti nei container in arrivo nei porti dell'UE vi sono diverse modalità. Tuttavia, la soluzione più diffusa è la fumigazione dei container con bromuro di metile. Sebbene per gli scali di partenza questo sia il sistema più semplice ed economico, nei porti di arrivo è invece quello più complesso, più costoso e più pericoloso da applicare.

6.5.3

La degassificazione richiede un certo tempo prima che si possa accedere senza pericolo ai container trattati. Tuttavia, poiché l'intera economia ruota attorno a sistemi just-in-time, i container devono essere scaricati immediatamente, spesso senza lasciare tempo sufficiente per un'adeguata degassificazione. A causa di questa pressione dei tempi gli addetti portuali rischiano di entrare nei container troppo presto e senza adeguate protezioni. Inoltre, i container trattati spesso non sono correttamente contrassegnati con etichette di precauzione. Spedire un container fumigato è assai più costoso che spedirne uno non trattato, e per risparmiare sui costi i container fumigati vengono spediti senza le etichette di precauzione prescritte. In questi casi, per effettuare le operazioni di scarico gli addetti portuali entrano nei container subito dopo il loro arrivo, senza adeguate protezioni. Essendo un gas invisibile e inodore, il bromuro di metile può produrre i suoi effetti nocivi senza che i lavoratori ne siano consapevoli. Di conseguenza, sono in aumento i casi di lavoratori portuali intossicati da questo gas estremamente tossico e rimasti invalidi per il resto della loro vita. Poiché le alternative al trattamento con bromuro di metile esistono, nel futuro quadro di misure di controllo sostenibili per il rilevamento precoce delle SI sarebbe opportuno inserire anche il divieto della fumigazione dei container.

Bruxelles, 11 giugno 2009

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  GU C 57 del 10.03.2007.

(2)  GU C 97 del 28.04.2007.


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/46


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una strategia europea per la ricerca marina e marittima: Uno Spazio europeo della ricerca coerente per promuovere l'uso sostenibile degli oceani e dei mari

COM(2008) 534 def.

2009/C 306/11

La Commissione europea, in data 3 settembre 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una strategia europea per la ricerca marina e marittima — Uno Spazio europeo della ricerca coerente per promuovere l'uso sostenibile degli oceani e dei mari»

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore Marian KRZAKLEWSKI.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta del 10 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere all'unanimità.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che il contenuto della comunicazione della Commissione COM(2008) 534 def. e le proposte ivi presentate siano utili per lo sviluppo della ricerca scientifica marina e marittima nell'UE ed è convinto che la strategia per la ricerca marina e marittima che da essa emerge offra l'opportunità di conseguire gli obiettivi fissati nel documento.

1.2

Il Comitato sostiene gli obiettivi principali della nuova strategia sulla ricerca marina e marittima, in particolare quelli la cui realizzazione contribuirà all'integrazione dei singoli centri/programmi specializzati presenti nei diversi Stati membri.

1.2.1

Il Comitato ritiene che un efficace metodo per superare l'atomizzazione della ricerca sia lo sviluppo adeguato di infrastrutture di ricerca. Il Comitato osserva che le soluzioni prospettate nella comunicazione in merito agli indirizzi per lo sviluppo di tali infrastrutture servono a raggiungere questo scopo.

1.2.2

Secondo il Comitato, per aumentare il grado di integrazione della ricerca, gli Stati membri dovrebbero adeguare le loro strategie marine e marittime agli obiettivi europei di ricerca descritti nella comunicazione. D'altro canto, le istituzioni dell'UE dovrebbero tener conto dei segnali provenienti dagli Stati membri secondo il principio di feed-back  (1).

1.3

Il Comitato richiama l'attenzione sull'importanza di informare la società civile dei risultati della ricerca marina e marittima. Le comunità che vivono nelle zone costiere sono particolarmente interessate ai risultati della ricerca marina e marittima, perché proprio tali risultati incideranno sempre di più sullo sviluppo di queste regioni.

1.4

Secondo il Comitato, un aspetto molto importante che può avere un impatto significativo sull'efficacia dell'attuazione delle strategie della ricerca marina e marittima consiste nel garantire ai diversi centri di ricerca marina e marittima in Europa un ampio accesso alle banche dati dei diversi paesi dell'UE. Di conseguenza, il Comitato ritiene che per ampliare l'accesso alle banche dati marine e marittime sia utile la proposta della Commissione di attivare una rete europea di osservazione e di dati dell'ambiente marino (EMODnet).

1.5

Il Comitato ritiene che si debba dare priorità alla ricerca riguardante gli ecosistemi globali e regionali in relazione con le questioni climatiche e le loro conseguenze.

1.6

Il Comitato considera fondamentali per le ricerche marine e marittime europee le quattro zone chiave seguenti:

a)

l'area del Mar Baltico;

b)

l'area del Mediterraneo e del Mar Nero;

c)

l'area dell'Oceano Atlantico e del Mare del Nord;

d)

l'area dell'Oceano Artico.

1.7

Il Comitato desidera sottolineare l'importanza di stabilire una serie comune di indicatori complessi (per ciascuna delle aree elencate al punto 1.6), elaborati a partire dalle banche dati utilizzate congiuntamente. Il Comitato ritiene che questa questione dovrebbe essere affrontata più ampiamente dalla Commissione e dal Consiglio nei lavori che faranno seguito alla comunicazione. In particolare sarebbe utile sviluppare ulteriormente gli indicatori che descrivono lo stato degli ecosistemi marini e i cambiamenti che li interessano.

1.7.1

Gli indicatori che descrivono lo stato degli ecosistemi marini forniranno la base per valutare l'efficacia delle misure intraprese per assicurare la protezione e la gestione sostenibile delle risorse marine e permetteranno l'osservazione e la valutazione di tutti i cambiamenti che si stanno verificando negli ecosistemi marini.

1.8

Una questione importante riguarda la continuità della ricerca marina e marittima che nella nuova strategia andrebbe garantita maggiormente di quanto avvenuto finora. Recentemente vi sono stati diversi casi di interruzione di importanti progetti di ricerca marina e marittima.

1.9

È fondamentale che le ricerche commissionate siano legate all'attività economica sia delle grandi che delle piccole e medie imprese. In questo contesto è importante anche garantire alle imprese un migliore accesso ai risultati della ricerca, in modo che possano utilizzarli. Ecco perché risulta tanto vitale informare le parti interessate e le comunità costiere circa i progetti, gli ambiti e i risultati delle ricerche.

1.10

È inoltre necessario risolvere il problema di quei settori della ricerca scientifica marina e marittima che non rientrano nella strategia europea di ricerca e che, di conseguenza, hanno difficoltà a reperire fondi per i loro progetti. Per questo motivo, nei documenti che faranno seguito alla comunicazione si dovrebbe inserire un riferimento al sostegno disponibile per questo tipo di ricerche grazie alle risorse previste dalla Commissione.

1.11

Il Comitato ritiene che, nelle future azioni della Commissione relative alle ricerche marine e marittime, vada trattata più ampiamente la questione delle minacce alla biodiversità naturale nel Mar Mediterraneo, nel Mar Baltico, nel Mare del Nord e nel Mar Nero dovute alla progressiva perdita degli habitat naturali della fauna e della flora marine.

1.12

Il Comitato è convinto che promuovere la creazione di partenariati per la ricerca marina e marittima e sostenere lo sviluppo di quelli già esistenti rappresenti un aspetto chiave della strategia. Di conseguenza, approva il progetto della Commissione di lanciare un nuovo modello di gestione per la ricerca sotto forma di «Forum» per un «partenariato sostenibile a lungo termine» e invita la Commissione a elaborare in tempi brevi proposte per la creazione di una rete di contatti tra le comunità scientifiche coinvolte nella ricerca marina e marittima, contribuendo quindi ad armonizzare il processo di creazione di tale partenariato.

1.12.1

Secondo il Comitato, al «Forum» proposto dovrebbero partecipare, oltre agli scienziati, anche i rappresentanti delle diverse parti interessate e le persone responsabili dell'elaborazione della politica marina e marittima.

1.12.2

In riferimento alla recente creazione dell'Agenzia comunitaria di controllo della pesca, sarebbe opportuno associare quest'ultima ai lavori del Forum. Il Comitato è del parere che l'Agenzia debba svolgere un ruolo importante nel quadro del Forum e che vada inoltre consultata — nei settori di sua competenza — per l'elaborazione dei programmi di ricerca.

1.12.3

Il Comitato incoraggia la Commissione a creare il meccanismo di consultazione previsto per lo scambio bilaterale di informazioni tra l'ambiente scientifico e i responsabili degli indirizzi di politica marina e marittima.

1.13

Il Comitato invita la Commissione a sostenere la costruzione di navi oceanografiche negli Stati membri allo scopo di intensificare le ricerche marine e marittime, migliorarne la qualità e ampliarne il campo. A giudizio del Comitato, l'ideale sarebbe decidere di costruire un'unità paneuropea per la ricerca marina.

1.14

Considerata l'importanza e lo sviluppo di un'infrastruttura regionale per la ricerca marina e marittima nell'UE (2), il Comitato, riconoscendo e sostenendo la proposta — avanzata nella comunicazione — di agevolare l'individuazione delle esigenze delle strutture regionali di ricerca, invita la Commissione, in sede di definizione di tali esigenze, a tener conto dello sviluppo di collegamenti tra le «grandi» infrastrutture di ricerca (europee e nazionali) e le «piccole» infrastrutture di ricerca (regionali).

1.15

Sintetizzando le osservazioni, conclusioni e raccomandazioni presentate nel parere, il Comitato invita la Commissione a valutare, nei lavori che faranno seguito alla comunicazione, l'impatto della ricerca marina e marittima non solo sull'economia marittima sostenibile, ma anche sullo sviluppo sostenibile in generale.

2.   Contesto

2.1

La strategia europea per la ricerca marina e marittima presentata nella comunicazione in esame costituisce un elemento fondamentale del piano d'azione (3) che accompagna la comunicazione Una politica marittima integrata per l'Unione europea  (4). Essa rappresenta inoltre il proseguimento della dichiarazione di Galway (5) e della dichiarazione di Aberdeen (6), due documenti chiave per la politica marittima.

2.2

La strategia presentata nella comunicazione in esame costituisce inoltre la realizzazione del programma comunitario enunciato nel Libro verde Nuove prospettive per lo Spazio europeo della ricerca  (7) e delle specifiche raccomandazioni contenute nelle Conclusioni del Consiglio (8) sull'avvio del «processo di Lubiana» — verso la piena realizzazione dello Spazio europeo della ricerca.

2.2.1

In tale contesto, la comunicazione in esame rappresenta un esempio dell'utilizzo di un quadro coerente per lo Spazio europeo della ricerca a sostegno di un uso sostenibile dei mari e degli oceani.

2.3

Nei suoi pareri degli ultimi anni il Comitato economico e sociale europeo si è pronunciato in merito a una serie di documenti della Commissione riguardanti tanto la politica marittima comunitaria intesa in senso lato quanto lo Spazio europeo della ricerca. In essi però non ha affrontato diffusamente la questione della ricerca marittima e marina europea, principalmente perché le istituzioni europee non avevano ancora presentato documenti dedicati interamente a questo tema.

2.3.1

Tra i succitati pareri, va richiamata l'attenzione su quelli in cui il Comitato invita a intensificare le ricerche marine e marittime nel settore della pesca (9).

3.   Osservazioni generali

3.1

Dato che l'ambito delle ricerche marine e marittime nell'Unione europea è sempre più vasto e il loro ruolo è in continua crescita, è indispensabile garantirne l'integrazione e il coordinamento.

3.2

L'approccio presentato nella comunicazione in esame costituisce un'opportunità essenziale per lo sviluppo della ricerca marina e marittima europea, grazie in particolare ai seguenti elementi:

un migliore utilizzo delle risorse finanziarie destinate alla ricerca marina e marittima,

il rafforzamento della dimensione internazionale della ricerca in quanto fonte comune di conoscenze e di competenze,

una maggiore enfasi sull'ecologia e sull'innovazione,

l'integrazione dei diversi settori di ricerca.

3.3

L'idea proposta nella comunicazione di stabilire un più stretto collegamento tra gli istituti di ricerca europei esistenti specializzati nelle tematiche marine e marittime per giungere alla creazione di una rete degli istituti europei di ricerca sui mari e gli oceani rappresenta un importante incentivo per le future ricerche europee congiunte in campo marino e può essere considerata un passo fondamentale verso lo sviluppo della capacità del settore europeo della ricerca marina e marittima.

3.4

La comunicazione fa riferimento all'attività delle piattaforme di ricerca scientifica, come l'iniziativa ESFRI (10) o l'idea di offrire un sostegno europeo alla dimensione mondiale delle ricerche marine e marittime, utili per conseguire gli obiettivi della politica marittima europea integrata.

3.4.1

Il Comitato sostiene l'iniziativa ESFRI, che costituisce un'opportunità essenziale per le comunità di ricerca marina e marittima di tutta Europa. L'attività dell'ESFRI dovrebbe risultare fruttuosa anche per una vasta gamma di soggetti interessati, compresa l'industria e le piccole e medie imprese (PMI) e le comunità scientifiche regionali. L'accesso delle PMI all'infrastruttura comune di ricerca è una questione di grande rilevanza.

3.4.2

È altresì indispensabile garantire una stretta collaborazione sia tra i ricercatori e gli utenti dello spazio marino e delle risorse marine e marittime che tra i ricercatori, gli istituti di protezione dell'ambiente marino e le organizzazioni non governative.

3.5

Per quanto riguarda la questione dell'integrazione delle discipline tradizionali della ricerca marina e marittima, proposta nella comunicazione in esame, nella realizzazione della strategia enunciata nel documento si dovrebbero sfruttare i risultati della cooperazione tra gli Stati membri dell'UE nel quadro di iniziative finalizzate al coordinamento della ricerca scientifica, come ERA-NET e ERA-NET PLUS. Tali risultati forniscono informazioni sulle priorità comuni degli Stati membri dell'UE in materia di ricerca e sui settori in cui essi sono pronti a rafforzare la cooperazione.

3.5.1

Un esempio di iniziativa di ricerca nel settore marino e marittimo cui partecipano attivamente tutti gli Stati europei affacciati sul mare è dato dal Gruppo europeo di interesse economico (GEIE), che si appresta a introdurre un programma di ricerca comune riguardante il Mar Baltico (BONUS) sulla base dell'articolo 169 del Trattato CE.

3.5.2

Secondo la Conferenza delle regioni periferiche marittime d'Europa (CRPM) (11), si dovrebbe organizzare un coordinamento efficace tra le iniziative finalizzate all'integrazione delle attività di ricerca, ad esempio tramite la creazione di reti di poli di eccellenza e attraverso iniziative per l'integrazione dei programmi di finanziamento della ricerca, ad esempio mediante il sistema ERA-NET e altri sistemi analoghi.

3.5.3

L'integrazione e il coordinamento della ricerca marina e marittima dovrebbero facilitare l'accesso ai dati relativi all'ambiente marino. Dovrebbero inoltre contribuire al risparmio di risorse attualmente destinate alla realizzazione di ricerche identiche o molto affini in diversi centri scientifici.

3.6

La strategia presentata nella comunicazione in esame insiste molto affinché il finanziamento della ricerca marina e marittima nell'ambito del Settimo programma quadro (7PQ) sia utilizzato come leva per promuovere un effetto sinergico fra le attività di ricerca degli Stati membri e, ove necessario, conseguire la massa critica necessaria per affrontare i principali temi della ricerca marina multitematica.

3.6.1

Data la necessità di realizzare sinergie tra le attività di ricerca, è fondamentale che le future ricerche scientifiche si concentrino, tra le altre cose, sulla creazione di strutture per il sostegno, la raccolta e la gestione sostenibili dei dati relativi ai mari.

3.6.2

Nelle attività finalizzate alla realizzazione di sinergie tra progetti di ricerca è fondamentale tenere conto degli approcci regionali. Secondo la CRPM (12), le regioni sostengono l'obiettivo di un migliore coordinamento delle attività nei programmi comunitari di ricerca marina e marittima, perseguito ad esempio nel quadro del sistema ERA-NET e in futuro tramite una programmazione comune.

3.6.3

Tuttavia, come si sottolinea nei documenti della CRPM, finora i progetti finanziati nel quadro di ERA-NET hanno raramente coinvolto le regioni. Sarebbe quindi utile creare nuovi sistemi per coordinare il finanziamento dei programmi regionali di ricerca marina e marittima che non hanno la massa critica necessaria per essere integrati nei grandi progetti ERA-NET, oppure stabilire condizioni per il coordinamento tra gli enti regionali e le parti interessate impegnate nel quadro di ERA-NET. Tale coordinamento dovrebbe anche essere organizzato in riferimento a determinati bacini marittimi.

3.6.4

È inoltre fondamentale il coordinamento tra i fondi strutturali, il programma quadro e altre fonti di finanziamento. Tale coordinamento può derivare unicamente da un uso coerente delle fonti di finanziamento da parte di beneficiari quali i ricercatori e le imprese e da una programmazione coerente di fondi regionali, per i quali il livello decisionale svolge un ruolo chiave.

3.7

La strategia in esame propone l'elaborazione di un quadro concreto e innovativo di governance della ricerca che impegni i ricercatori, i responsabili politici e i rappresentanti della società, in modo da garantire una comprensione reciproca e l'adozione di scelte informate sulla base di solide conoscenze scientifiche.

3.7.1

Un tale approccio alla governance della ricerca merita una valutazione positiva. La possibilità offerta dalla Commissione ai governi degli Stati membri di definire un nuovo quadro per la ricerca marina e marittima con la partecipazione di ricercatori, rappresentanti dell'industria e autorità pubbliche è da ritenersi un passo nella giusta direzione.

3.7.2

Dato il ruolo svolto dalle regioni nel sostenere i trasporti marittimi e la ricerca marina e marittima, le regioni stesse e i consigli economici e sociali, spesso attivi a livello territoriale, dovrebbero essere presi in considerazione come partner nel proposto sistema di governance della ricerca marina e marittima.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il Comitato ritiene che l'elenco dei principali temi di ricerca che richiedono un approccio multitematico riportato nel riquadro 2 debba essere completato come segue:

aggiungere all'elenco dei principali temi di ricerca le ricerche sociologiche e culturali sulle situazioni e sull'evoluzione delle comunità che vivono nelle regioni marittime e oceaniche dell'UE,

inserire nell'ambito di ricerca della rete degli istituti di ricerca la creazione e lo sviluppo di strutture per il sostegno e la gestione sostenibili dei dati sui mari (in collegamento con gli obiettivi del programma Natura 2000), compresa la creazione di mappe GIS (Geographic information system) per le regioni marittime e costiere, che saranno utili per la pianificazione del territorio e la gestione integrata delle aree marittime,

attribuire una maggior importanza alla ricerca marina e marittima extraeuropea condotta per realizzare strategie economiche, per esempio quella su nuove possibilità di trasporto o sullo sfruttamento dei giacimenti di materie prime nella regione artica in seguito agli effetti dei cambiamenti climatici, e quella riguardante la pesca nei territori extraeuropei, che rivestono un'importanza significativa per l'approvvigionamento dell'UE,

è importante anche porre maggiormente l'accento sulle ricerche sui fondali e sulle fosse oceaniche; per questi tipi di progetti, è fondamentale cooperare con i paesi terzi, per cui, nel caso delle ricerche riguardanti la regione artica, andrebbero firmati accordi con il Canada, la Russia, gli Stati Uniti e il Giappone,

sottolineare maggiormente la necessità di condividere i risultati delle ricerche sulle nuove tecnologie collegate con i mari e gli oceani riguardanti, fra le altre cose, l'attività estrattiva nelle regioni marittime europee e gli investimenti nel campo delle energie rinnovabili in tali regioni,

sforzarsi di combinare alcuni dei temi di ricerca proposti con i lavori di ricerca marina e marittima effettuati dalle forze armate,

è importante che il lavoro sui temi di ricerca citati nel riquadro 2 sia effettuato nel rispetto del principio del regionalismo.

4.2

Il Comitato chiede che, nei documenti che faranno seguito alla comunicazione, la Commissione, nel discutere i progetti e nel valutare il progresso nella creazione di nuove infrastrutture di osservazione e ricerca, faccia riferimento direttamente all'elenco — definito dall'ESFRI — di esempi di nuovi progetti infrastrutturali paneuropei della ricerca, che potrebbero essere sviluppati nel corso del 7PQ (2007-2013).

4.2.1

Fra quegli esempi, i seguenti riguardano la ricerca scientifica marina e marittima:

navi oceanografiche costiere (principalmente sul Mar Baltico),

il rompighiaccio da ricerca «Aurora Borealis»,

l'Osservatorio europeo multidisciplinare del fondo marino (EMSO),

l'infrastruttura europea EURO-ARGO per la ricerca e la protezione della biodiversità (Global Ocean Observing in Infrastructure).

4.3

Il Comitato ritiene che si debba dedicare un'attenzione particolare alla questione della concessione di un sostegno per la costruzione di un maggior numero di navi oceanografiche, essendo queste uno strumento fondamentale della ricerca marina e marittima.

4.3.1

Se è vero infatti che il coordinamento dei centri di ricerca e le attività da questi condotte sono molto importanti, è vero anche che per la conoscenza dei fenomeni che si verificano lontano dalle coste occorrono navi oceanografiche. Purtroppo, la flotta di ricerca europea è invece piuttosto modesta. Per condurre ricerche marine e marittime complesse ed efficaci, l'Unione dovrebbe in primis disporre di navi oceanografiche adeguate.

4.4

Sulla questione, sollevata nella comunicazione, dell'elaborazione di nuovi modelli di insegnamento superiore nel settore marino/marittimo, il Comitato vorrebbe segnalare che, nel quadro della ricerca di innovazioni in campo educativo un esempio di indirizzo sinergico degli studi è costituito dalla «sozologia» (13). Questa disciplina universitaria copre gli aspetti ambientali, tecnici, economici e giuridici inerenti all'approccio moderno allo sviluppo sostenibile, e quindi è in sintonia con l'approccio attuale all'economia marina e marittima.

4.5

Tenuto conto del fatto che uno degli obiettivi principali della comunicazione è quello di conseguire sinergie nel campo della ricerca marina e marittima europea, il Comitato ritiene che si possa ottenere una maggiore integrazione della ricerca, e di conseguenza un aumento delle sinergie, adottando un approccio globale all'oggetto della ricerca.

4.5.1

Un esempio di tali attività è costituito dalle ricerche sinergiche riguardanti le zone costiere, sia nell'ambito delle conseguenze dei cambiamenti climatici (ad esempio l'innalzamento del livello dei mari) che in quello dei fenomeni geologici, delle possibilità di sfruttamento a scopi ricreativi etc. (necessità di cooperazione a livello ambientale, tecnico, economico e giuridico).

4.6

Per ottenere sinergie nel campo della ricerca marina e marittima, il Comitato ritiene che sia opportuno creare un sistema a tre livelli (piramide organizzativa) per gestire i finanziamenti destinati alla ricerca. La base di tale struttura sarebbe costituita dalle seguenti aree (regioni) principali:

a)

l'area del Mar Baltico;

b)

l'area del Mar Mediterraneo e del Mar Nero;

c)

l'area dell'Atlantico centro-orientale e del Mare del Nord;

d)

l'area dell'Oceano Artico.

4.6.1

In base all'esperienza e all'infrastruttura scientifica e di ricerca di queste quattro aree di base nell'ambito della ricerca marina e marittima, occorrerebbe creare un centro territoriale (per es. regionale o interregionale) di gestione della struttura per coordinare le attività relative al flusso delle informazioni e alla creazione di progetti interdisciplinari di ricerca che integrino le politiche di ricerca dei paesi che si trovano nell'ambito (o nelle vicinanze) delle quattro aree succitate.

4.6.2

Il vertice di tale struttura organizzativa sarebbe costituito da un sistema di coordinamento situato nello Spazio europeo della ricerca, che fungerebbe anche da centro di informazione per quanto riguarda il finanziamento delle ricerche.

4.7

La necessità dell'approccio territoriale deriva dalle singole specificità ambientali e naturali dei diversi bacini marini, in quanto gli eventi e processi naturali che si verificano in tali bacini, pur avendo caratteristiche comuni all'intero ambiente marino, hanno una natura e un decorso propri. È quanto si verifica ad esempio quando confrontiamo quanto accade nella regione del Mar Baltico con la situazione nei mari più caldi, per esempio il Mar Mediterraneo o il Mar Nero, o con quella della costa atlantica, caratterizzata dal fenomeno delle maree.

4.8

Nell'ambito delle suddette regioni (territori) esiste un'urgente necessità di creare delle associazioni basandosi sull'infrastruttura esistente, per esempio un'associazione delle stazioni di ricerca baltiche, un'associazione delle navi da ricerca baltiche, un'associazione degli istituti di ricerca baltici, un'associazione degli istituti di istruzione superiore baltici.

4.8.1

Lo scopo di queste associazioni dovrebbe essere lo scambio di informazioni sulle ricerche e sui compiti educativi e la realizzazione di progetti di ricerca ed educativi concordati congiuntamente.

4.9

Un settore importante della ricerca marina, in cui è stato ottenuto un evidente effetto sinergico, è costituito dalle ricerche sul fenomeno dell'eutrofizzazione e delle sue conseguenze. Mentre il fenomeno ha portata mondiale, alcune delle sue cause e conseguenze possono essere diverse in ciascuna delle aree (regioni) proposte, il che conferma la necessità di un approccio territoriale. D'altro canto le cause del fenomeno, i metodi di ricerca e l'analisi d'impatto, in particolare l'analisi economica, come pure gli aspetti sanitari/epidemiologici dovrebbero formare oggetto di chiare sinergie.

Bruxelles, 10 giugno 2009

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  Riscontro.

(2)  Secondo la Conferenza delle regioni periferiche marittime d'Europa (CPMRE) — il 20 % della ricerca marina e marittima viene effettuato nelle regioni.

(3)  SEC(2007) 1278 def.

(4)  COM(2007) 575 def.

(5)  Dichiarazione di Galway, http://www.eurocean2004.com/pdf/galway_declaration.pdf

(6)  Dichiarazione di Aberdeen, http://ec.europa.eu/maritimeaffairs/pdf/Aberdeen_Declaration_final_2007.pdf

(7)  COM(2007) 161 def.

(8)  Conclusioni del Consiglio in merito all'avvio del «processo di Lubiana», giugno 2008.

(9)  Pareri del CESE che invitano a destinare maggiori fondi alle ricerche marine e marittime (GU C 318 del 23.12.2006, pag. 117-121, GU C 224 del 30.8.2008, pag.. 77-80).

(10)  European Strategy Forum on Research Infrastructures (Forum strategico europeo per le infrastrutture di ricerca).

(11)  Conferenza delle regioni periferiche marittime d'Europa, CRPM Draft Working Document on Marine & Maritime Research, 11.2008 (Documento di lavoro della CRPM — Progetto di posizione della CRPM sulla strategia europea per la ricerca marina e marittima, disponibile in inglese e francese).

(12)  Si veda la nota 11.

(13)  NdT: termine coniato nel 1965 dallo scienziato polacco Walery Goetel per indicare la protezione dell'ambiente e delle risorse naturali.


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/51


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde — Verso una rete energetica europea sicura, sostenibile e competitiva

COM(2008) 782 def./2

2009/C 306/12

La Commissione, in data 13 novembre 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

«Libro verde — Verso una rete energetica europea sicura, sostenibile e competitiva»

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice BATUT.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta dell'11 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 124 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

In risposta alle domande poste dalla Commissione nel Libro verde, il Comitato economico e sociale europeo formula le seguenti osservazioni.

In merito alla politica delle reti:

1.1

Ostacoli e livelli di azione: l'adozione di procedure armonizzate e controllabili democraticamente rafforzerebbe la trasparenza in materia di relazioni internazionali, scelte dell'UE, mercati, fissazione dei prezzi e profitti degli operatori (regolatori e gestori delle reti). È necessario ascoltare gli abitanti del luogo e informare i consumatori.

1.2

Controversie: gli Stati membri devono restare liberi di scegliere l'energia che intendono utilizzare. La Commissione può però svolgere una funzione di coordinamento, tenendo conto delle esigenze dei cittadini in materia di fornitura di energia e di gestione del territorio. Occorre definire chiaramente sia il ruolo dei gestori di rete associati (ENTSO-E) e dell'ACER (1) sia la forza giuridica e l'esecutorietà delle loro decisioni.

1.3

R&S: occorrerà valutare la quota dei finanziamenti destinata alla R&S, ed aumentarla. Tali fondi, infatti, contribuiscono all'efficienza delle reti, alla loro manutenzione e sostenibilità, nonché all'efficienza energetica che può liberare l'UE dalla sua dipendenza e traghettarla nella nuova era energetica.

1.4

L'attività più importante: senza mai perdere di vista l'interesse del consumatore finale, occorre completare le reti, come pure definire gli orientamenti strategici comuni e le regole di inquadramento del mercato, individuare e rimediare alle carenze per assicurare il trasporto di energia in tutta l'Unione, garantire l'approvvigionamento e lo stoccaggio nonché ripartire chiaramente le competenze e le responsabilità. L'interesse pubblico dipende dalla presenza di reti efficienti, dalla qualità del servizio fornito e da tutti i mezzi che ne garantiscono l'universalità, la sicurezza e la continuità ad un prezzo accessibile.

1.5

Relazioni con i paesi terzi: il CESE auspica che sui temi dell'energia e delle reti di trasporto di energia l'Unione si esprima con una sola voce sulla scena internazionale, tratti tali settori come un elemento costitutivo della propria azione diplomatica (PEV) e proponga delle norme di governance nei paesi di transito.

Da questo punto di vista sarebbe opportuno sviluppare il dialogo con la Turchia. Occorre valutare adeguatamente i rischi legati agli investimenti rispetto ai vantaggi previsti, la tutela dei diritti dei lavoratori locali e il collegamento tra le attività energetiche e la politica di sviluppo. Il Comitato ritiene che l'energia, i trasporti e l'ambiente formino un trinomio indissociabile.

In merito alle TEN-E:

1.6

Per quanto riguarda l'approccio, il sostegno e gli investimenti, soltanto l'Unione può disporre di una visione d'insieme dell'approvvigionamento ed agire a livello transfrontaliero. La sua diplomazia rappresenta un elemento di sostegno rispetto ai rischi locali e alle zone di influenza delle altre potenze. La Commissione dovrebbe chiarire se si riferisce alle infrastrutture o alle forniture. Le TEN-E sono importanti per le infrastrutture; esse devono essere sottoposte all'autorità pubblica e poter conservare all'interno del bilancio dell'UE un finanziamento specifico, da mantenere sempre ad un livello utile. L'ammortamento degli aiuti comunitari investiti in queste reti non dovrebbe ripercuotersi sui prezzi al consumo. I bilanci degli operatori devono essere trasparenti. Andrebbero inoltre sviluppate le possibilità di offrire garanzie comunitarie agli investitori e di concedere prestiti agli operatori. L'Unione deve creare una nuova governance pubblica degli investimenti.

1.7

Revisione degli orientamenti: il CESE auspica un miglioramento dell'efficienza delle infrastrutture tramite la ricerca e la sensibilizzazione dei cittadini all'importanza delle sfide attuali, e propone di 1) instaurare un autentico dialogo sociale e veri e propri dialoghi settoriali, e 2) effettuare degli studi sull'opportunità e sulla fattibilità di un SIG europeo dell'energia al servizio dei cittadini (2).

1.8

Estensione delle TEN-E: sì, per quanto riguarda le infrastrutture petrolifere, riservando gli aiuti comunitari — dopo aver effettuato un inventario della situazione — alle compagnie petrolifere deficitarie. No, per quanto riguarda il CO2. Il CESE giudica prematura l'ipotesi di estendere il campo di applicazione delle TEN-E alle reti per la cattura di CO2, finché non saranno stabiliti l'interesse e l'innocuità del suo trasporto in rete. Una scelta di questo tipo richiede infatti un ampio dibattito in seno alla società basato su proposte chiare che dovranno figurare nel testo.

1.9

Nuovi progetti prioritari: l'accento posto sulle carenze di interconnessione è un elemento positivo; il CESE è favorevole alla connessione della rete alle fonti di energia rinnovabili come i parchi eolici del Baltico e del Mare del Nord. Per i progetti da realizzare entro il 2050 bisognerebbe anche prevedere la connessione con le fonti in evoluzione (energia offshore sottomarina, ecc.).

1.10

Sicurezza dell'approvvigionamento e solidarietà: per conseguire un certo livello di visibilità presso i cittadini, si deve garantire una buona comunicazione e ottenere dei risultati in termini di prezzi al dettaglio. Il Libro verde non è esplicito sui mezzi per realizzare la solidarietà tra Stati membri. Il presupposto di tale solidarietà è che tutti gli Stati contribuiscano alla circolazione dell'energia all'interno dell'Unione e costituiscano delle scorte strategiche da mettere a disposizione di altri Stati membri in caso di emergenza. Gli Stati membri, insieme con l'Unione, dovrebbero difendere questa solidarietà energetica nel mondo, e nell'UE dovrebbero rispettare il principio dell'interesse pubblico.

1.11

Misure supplementari per un'infrastruttura sostenibile: la sostenibilità energetica dovrebbe risiedere nella connessione delle energie rinnovabili, ma non è stata definita. Per quanto riguarda le reti elettriche, va affrontata la questione della loro modernizzazione al fine di risolvere i problemi legati alle perdite lungo le linee, alla frequenza, al voltaggio, all'armonizzazione dei codici tra Stati membri; per quanto riguarda invece il gas, vanno migliorate la capacità e la sicurezza delle zone di stoccaggio.

Inoltre:

1.12

Le TEN-E necessitano di una manutenzione di alta qualità che, a sua volta, richiede una manodopera estremamente qualificata. Il CESE ritiene che, per rispettare la strategia di Lisbona e la strategia per lo sviluppo sostenibile, sia indispensabile tenere conto dell'aspetto sociale: questo è invece ignorato dal Libro verde. Il CESE ritiene necessario sviluppare le competenze dei professionisti europei in materia di reti per preservare le capacità e tutelare l'occupazione in Europa. Esso auspica la creazione di un comitato consultivo europeo sull'energia e il cambiamento climatico.

1.13

Il CESE è favorevole alla creazione di un fondo europeo specifico che garantisca concretamente la solidarietà europea per i cittadini. Come corollario inevitabile di una politica energetica europea integrata, occorre mettere a punto una legislazione comunitaria in materia di responsabilità energetica delle compagnie nei confronti dei cittadini. È anche necessario che venga applicata la Carta europea dei diritti dei consumatori di energia.

2.   Introduzione

2.1

La Commissione ritiene che lo stato attuale delle reti di energia dell'Unione non consenta a quest'ultima di realizzare le ambizioni in materia di politica energetica (garantire un'energia sostenibile, sicura e competitiva) né tanto meno di conseguire gli obiettivi «20-20-20» in materia di protezione del clima. È necessario procedere ad un aggiornamento delle TEN-E e della politica delle reti. Il Libro verde in esame riguarda la revisione degli orientamenti delle TEN e del loro strumento di finanziamento.

2.2

Negli ultimi mesi la situazione internazionale è stata molto tesa: è intervenuta una nuova crisi dei rifornimenti di gas ad est, un nuovo conflitto è esploso in Medio Oriente e una crisi finanziaria imperversa a livello mondiale. Tutti questi eventi potrebbero avere delle ripercussioni sul completamento delle TEN-E.

3.   Sintesi del Libro verde

3.1

Il Libro verde prevede che l'Unione sviluppi la politica delle infrastrutture su sei assi regionali: l'interconnessione dei paesi baltici, il corridoio sudorientale per il gas, un anello per l'energia nel Mediterraneo, la connessione elettrica dei paesi centrali e sudorientali dell'Unione, un piano di azione per il gas naturale liquefatto (GNL), lo sviluppo della rete eolica nel nord dell'UE, le interconnessioni delle TEN-E e l'integrazione del mercato.

3.2

L'Unione potrebbe prevedere di:

sviluppare la politica delle reti, comprese le reti di importazione,

rafforzare la sicurezza dell'approvvigionamento e la solidarietà tra Stati membri, in particolare tramite progetti di infrastrutture volti a creare un'autentica rete energetica europea,

realizzare studi generali a vantaggio di tutti, sostenendo al tempo stesso l'elaborazione di progetti specifici,

connettere le nuove fonti energetiche e garantire l'integrazione delle possibilità a zero carbonio e delle nuove tecnologie di rete,

stimolare l'afflusso di risorse private, procedere verso la messa a punto di un nuovo strumento di finanziamento,

subordinare la concessione degli aiuti alla conformità dei piani strategici nazionali con i progetti prioritari europei,

giustificare l'intervento del settore pubblico quando il mercato non risponde alle esigenze,

contribuire a semplificare ovunque le procedure amministrative.

3.3

Il Libro verde è inteso a promuovere la comprensione e la solidarietà dell'opinione pubblica in modo da poter realizzare gli obiettivi del 2020.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il titolo e l'introduzione del Libro verde farebbero pensare ad un approccio globale inteso a rendere sicure e sostenibili le reti di energia. Il documento si concentra invece sulla creazione di collegamenti internazionali e non propone di effettuare una verifica della situazione per quanto riguarda la manutenzione delle strutture, le formazioni e le qualifiche del personale oppure le attività di ricerca e sviluppo, tutti elementi importanti per la sicurezza e la sostenibilità.

4.2

La concorrenza apporta vantaggi ai consumatori soltanto quando non è un fine di per sé bensì un mezzo, e consente loro di risparmiare offrendo, al tempo stesso, un servizio altrettanto affidabile che in un sistema monopolistico. Il ricorso al finanziamento privato e l'invito a creare dei partenariati per completare le TEN-E sono aspetti interessanti: essi sottolineano però quale sia il vero ostacolo allo sviluppo delle reti europee integrate di gas ed elettricità, ossia la mancanza di una volontà politica comunitaria forte e dotata delle risorse necessarie.

4.3

L'energia è un servizio d'interesse generale; gli investimenti privati sono poco adatti ai tempi lunghi. Il mercato non potrà garantire il passaggio alla nuova era energetica — al quale punta il pacchetto energia/cambiamento climatico — basandosi sui vecchi metodi di produzione e di trasporto. La Commissione, che vorrebbe stimolare le risorse private, può intervenire direttamente a livello transfrontaliero per costruire un nuovo piano d'insieme e proporre una nuova governance pubblica degli investimenti in modo che venga garantito, grazie alle reti, il principio di continuità del servizio di interesse generale della fornitura di energia.

5.   Situazione della politica energetica europea

5.1

A giudizio del CESE, in materia di TEN è necessario assicurare il coordinamento di tutti gli attori coinvolti ad opera di un organismo necessariamente centralizzato, il che contrasta con l'auspicata logica di mercato. La Commissione dovrebbe proporsi esplicitamente come obiettivo la ricerca di soluzioni ottimali sul piano dei costi/benefici che vadano concretamente a vantaggio dei consumatori, altrimenti questi ultimi potrebbero chiedersi a che cosa serva il mercato interno dell'energia.

Il ruolo delle agenzie ENTSO-E e ACER, così come è descritto nel Libro verde, risulta ambiguo. Esse saranno dei poli di coordinamento, ma non dovrebbero essere coinvolte nelle decisioni sull'utilizzo dei fondi pubblici. Inoltre l'UE dovrebbe preoccuparsi di garantire la continuità delle attività di ricerca e sviluppo: tale compito non può spettare alle agenzie.

6.   Osservazioni specifiche

Le reti

6.1

Se disponessero di risorse più consistenti, le reti attiverebbero la solidarietà energetica. L'Unione dovrebbe individuare gli anelli mancanti nelle sue connessioni e adoperarsi per colmare queste carenze. Il CESE ritiene che i successi della PEV sarebbero una garanzia di riuscita. Osserva che non è stato detto nulla sul limite geografico delle connessioni, sul modo in cui esse debbano essere realizzate, sugli organismi responsabili per il mantenimento della frequenza e del voltaggio elettrici, sulla politica da attuare in caso di problemi in una parte della rete e sulla ripartizione delle responsabilità e delle competenze, comprese quelle che spettano all'Unione nel suo ruolo di coordinamento.

Ritiene che, trattandosi di infrastrutture molto pesanti, strutturanti e con una durata di vita molto lunga, occorra spiegare chiaramente agli investitori e ai cittadini, in piena trasparenza, quali siano le prospettive del mercato.

Il CESE auspica che vengano effettuati degli studi sull'opportunità e la fattibilità di un SIG europeo dell'energia al servizio dei cittadini, con un approccio comune in materia di prezzi, fiscalità, regole finanziarie, sicurezza, continuità, sviluppo economico, tutela del clima.

6.2

La sostenibilità verrebbe ottenuta tramite la connessione alla rete delle energie rinnovabili (impianti eolici del Nord) e il trasporto del CO2 verso i siti di stoccaggio: tuttavia questo intervento, nei fatti, non garantisce la sostenibilità delle TEN-E. Per quanto riguarda le reti elettriche, la Commissione dovrebbe affrontare la questione della loro modernizzazione per risolvere i problemi legati alle perdite lungo le linee, alla frequenza, al voltaggio, all'armonizzazione dei codici tra Stati membri e allo sviluppo di reti intelligenti.

6.3

Il CESE, pur consapevole del fatto che la tecnica consente lo stoccaggio del CO2, giudica prematuro estendere il campo di applicazione delle TEN-E a delle reti per il trasporto di CO2. La questione dovrebbe innanzitutto essere oggetto di un vasto dibattito in seno alla società (3).

Sicurezza dell'approvvigionamento

6.4

Per il CESE la sicurezza comporta due livelli:

il livello internazionale: andrebbero conclusi degli accordi di investimento nei paesi terzi che potrebbero dare un contributo in tal senso; inoltre, la proposta di integrare gli oleodotti nelle TEN-E attenuerebbe i gravi rischi per la sicurezza marittima (4) e l'ecosistema derivanti dall'aumento dei volumi di petrolio trasportato via mare. Tale scelta richiede tuttavia delle valutazioni approfondite, poiché — dal punto di vista del cittadino — potrebbe essere pericoloso per l'UE pagare alle ricche compagnie petrolifere gli impianti che il mercato non sarebbe in grado di sostenere,

il livello nazionale: il contributo a questo livello potrebbe essere rappresentato dallo sviluppo delle energie rinnovabili, dall'aumento delle capacità di stoccaggio e dal miglioramento della sicurezza fisica delle reti.

Relazioni internazionali

6.5

Il Comitato ritiene che, in materia di reti per la trasmissione dell'energia, l'Unione dovrebbe parlare con una voce sola sulla scena internazionale. La dimensione energetica dovrebbe fare parte integrante della diplomazia dell'Unione e dare vita ad una nuova solidarietà politica tra Stati membri e con i paesi vicini. Il Libro verde avrebbe potuto indicare delle azioni concrete in questo campo.

6.6

Bisogna evitare che le reti divengano la posta in gioco di conflitti che potrebbero portare a scontri armati o alla creazione di sacche di illegalità, in particolare per i lavoratori. Al contrario, esse dovrebbero costituire un vettore della politica di sviluppo. Si dovrebbe portare avanti il dialogo sull'energia con la Turchia, in quanto zona strategica, e prevedere l'utilizzo sistematico dell'euro nelle transazioni.

Solidarietà

6.7

La solidarietà energetica si estrinseca a tre livelli: tra Stati membri, tra i cittadini e l'Unione e, infine, tra operatori. Il Libro verde non è esplicito circa i mezzi per realizzare la solidarietà neanche tra Stati membri. Gli operatori dovrebbero difendere la loro solidarietà energetica nel mondo, ma le pratiche commerciali o contrattuali da essi adottate non favoriscono tale solidarietà (esigenze degli azionisti). Tutti dovrebbero contribuire alla circolazione dell'energia all'interno dell'Unione, senza rifiutare le interconnessioni né ostacolarle. Il CESE è favorevole all'adozione di strumenti di regolamentazione che consentirebbero, in caso di bisogno urgente e su decisione collettiva, di mettere sul mercato delle capacità inutilizzate (rivendita obbligatoria nel quadro di un meccanismo «use it or lose it»).

6.8

La creazione di un fondo di riserva europeo specifico destinato ad interventi urgenti potrebbe costituire un'altra manifestazione della solidarietà europea, con l'obiettivo di proteggere gli Stati membri e i cittadini dai rischi legati ai luoghi di produzione e alla loro situazione geografica e geopolitica.

ENTSO-E e ACER, i pianificatori

6.9

Nella pianificazione delle TEN-E si dovrebbe assegnare un mandato chiaro all'ENTSO-E e all'ACER nonché definire il ruolo di mediazione dell'UE. Il Libro verde non è sufficientemente esplicito su questo punto. Il CESE si rammarica che la maggior parte dei regolatori europei abbia una missione ufficiale limitata alla creazione di un mercato concorrenziale, senza riferimenti alla sicurezza delle forniture, e che la competenza della Commissione in questo campo non sia definita chiaramente. Esso rileva inoltre che il fatto che i regolatori nazionali siano riuniti in un'Agenzia non ne fa comunque un regolatore europeo. Il CESE si interroga sulla natura giuridica di tale organo, sull'ampiezza dei suoi poteri e sul loro controllo. Il CESE ritiene che una delle funzioni della Commissione dovrebbe essere quella di agire per prevenire le controversie nella creazione delle reti, coinvolgendo gli enti locali in una fase molto precoce dei progetti di TEN-E.

Dimensione europea dell'interesse pubblico

6.10

Questa dimensione viene citata nel testo in esame per giustificare l'intervento dell'autorità pubblica in caso di carenze del mercato. Il CESE sottolinea che tale dimensione è essenziale, ma deplora che non ne vengano precisate le condizioni.

Finanziamento

6.11

Il finanziamento da parte dell'UE (5) funge da catalizzatore per la definizione di nuovi progetti. Gli Stati membri devono finanziare la maggior parte di tali progetti, ed è possibile concedere sovvenzioni dirette per progetti particolari. Per il periodo di programmazione 2007-2013 l'aiuto finanziario comunitario risulta pressoché stabile rispetto al periodo precedente, il che rappresenta quindi un passo indietro in euro costanti. La Commissione propone di effettuare degli studi generali che vadano a vantaggio di tutti.

6.12

Non sembra però che si sia tenuto conto dei seguenti fattori: 1) il consumo futuro; 2) lo stato delle reti e il costo della loro manutenzione; 3) l'incidenza delle nuove tecnologie (nuove fonti di energie rinnovabili, nuove modalità di trasporto — reti intelligenti — e di consumo, efficienza energetica).

6.13

Il Libro verde propone di combinare le modalità di finanziamento esistenti con un maggiore ricorso al settore privato. Il CESE osserva che il mercato non si presta volentieri ad investimenti che portino i loro frutti in tempi troppo lunghi; ciò nonostante è favorevole alla ricerca di modalità di finanziamento innovative per progetti strategici, a condizione che questo non incrementi gli oneri per il settore pubblico. Il CESE ritiene però che le TEN-E debbano essere sottoposte all'autorità pubblica.

Competitività delle reti

6.14

La Commissione rammenta che «inizialmente le TEN erano uno strumento del mercato interno», dato che «si presupponeva che gli investimenti sarebbero stati sostenuti dagli operatori del mercato, che avrebbero trasferito i costi ai consumatori». Il CESE ritiene che l'Unione, se decide di cofinanziare le TEN-E, dovrebbe creare una nuova governance pubblica degli investimenti. L'ammortamento delle somme investite in queste reti non dovrebbe ripercuotersi sui prezzi al consumo.

6.15

Il Libro verde non spiega in che modo la nuova situazione sarà più «competitiva», né per quale motivo la maggiore fluidità del trasporto di energia consentirebbe una più grande concorrenza, né in che modo ciò potrebbe andare a vantaggio dei consumatori. Il CESE ricorda che la Commissione ha ipotizzato una sinergia tra tutte le reti transeuropee.

Ricerca e formazione

6.16

Il Comitato ritiene che l'Unione dovrebbe concentrare i propri sforzi sulla ricerca, al fine di mantenere in Europa la piena padronanza delle tecnologie, condizione essenziale per l'efficienza energetica e il trasporto di energia.

Occupazione

6.17

Dato che le competenze non sono sempre appannaggio dei paesi dove si trovano reti e interconnessioni, il CESE auspica un'applicazione non restrittiva della direttiva sul distacco dei lavoratori. Il CESE auspica la creazione di un comitato consultivo europeo sull'energia e il cambiamento climatico.

Sensibilizzazione dei cittadini e comunicazione

6.18

Il CESE raccomanda di seguire l'indicazione della Commissione e di promuovere la «comprensione» da parte dei cittadini delle sfide in atto. I grandi progetti finanziati dall'Unione devono prefiggersi di migliorare le condizioni di vita dei cittadini e di assicurare la fornitura di servizi universali, per mezzo di tecniche atte a garantire i prezzi più accessibili: questo obiettivo non è automaticamente assicurato da un mercato concorrenziale. Inoltre, per aiutare gli Stati membri ad assistere i cittadini in caso di mancato rispetto degli impegni e/o di blocco delle reti, un fondo europeo di intervento urgente consentirebbe di assicurare la continuità del servizio malgrado il blocco delle reti (in caso di forza maggiore, guerra, fallimento, incidenti di borsa, ecc.). Si potrebbe esaminare la possibilità di istituire una responsabilità delle compagnie di rete nei confronti dei cittadini.

6.19

Gli organi di controllo e di valutazione devono aprirsi ad una partecipazione più ampia e associare tutti i soggetti interessati, sia le parti sociali che la società civile.

6.20

Per sollecitare la solidarietà del pubblico occorre compiere degli sforzi concreti in tal senso, al di là di quelli di comunicazione. Le ragioni dell'ostilità pressoché sistematica dei cittadini nei confronti di tutti i progetti di interconnessione (6) da realizzare sul loro territorio meritano di essere considerate e trattate con la massima trasparenza.

6.21

Il CESE ritiene che la sicurezza degli approvvigionamenti, la solidarietà tra Stati membri e la lotta contro il cambiamento climatico possano essere elementi in grado di contribuire ad una nuova crescita.

6.22

Il Comitato insiste sulla necessità di presentare congiuntamente, in un trinomio, le politiche in materia di energia/trasporti/ambiente.

Bruxelles, 11 giugno 2009

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  L'ENTSO-E (European Network of Transmission System Operators for Electricity, «Rete europea degli operatori dei sistemi di trasmissione») raggruppa 42 gestori di reti di 34 paesi europei.

L'ACER (Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia) svolge un ruolo di primo piano nello sviluppo del mercato interno dell'energia elettrica e del gas.

(2)  GU C 175 del 28.7.2009, pag. 43.

(3)  Per l'umanità l'ideale sarebbe poter utilizzare direttamente il CO2 come fonte di energia, senza che esso debba essere fossilizzato. La ricerca riuscirà un giorno a raggiungere questo risultato?

(4)  Cfr. SEC(2008) 2869.

(5)  Stabilito da regolamenti CE dal 2236/95 al 680/2007 per il periodo in corso 2007-2013.

(6)  COM(2006) 846 def., Piano d'interconnessione prioritario, del10 gennaio 2007.


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/56


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio (Euratom) che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare

COM(2008) 790 def. — 2008/0231 (CNS)

2009/C 306/13

La Commissione, in data 30 gennaio 2003, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 31 del Trattato Euratom, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

«Proposta di direttiva (Euratom) del Consiglio che definisce gli obblighi fondamentali e i principi generali nel settore della sicurezza degli impianti nucleari»

«Proposta di direttiva (Euratom) del Consiglio sulla gestione del combustibile nucleare esaurito e dei residui radioattivi»

COM(2003) 32 def. — 2003/0021 (CNS) — 2003/0022 (CNS).

Il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il parere relativo a dette proposte in data 26 marzo 2003.

La Commissione, in data 4 giugno 2009, ha deciso di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla versione modificata di una delle suddette direttive:

«Proposta di direttiva del Consiglio (Euratom) che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare»

per ricevere le osservazioni del Comitato sotto forma di un parere che completa quello del 26 marzo 2003.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore DANTIN.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta del 10 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 100 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

L'energia nucleare è oggi al centro di un rinnovato interesse riconducibile a ragioni economiche, di diversificazione delle fonti di approvvigionamento e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

1.2

Lo sviluppo nucleare presuppone un livello elevato di sicurezza e una trasparenza esemplare.

1.3

In tale contesto il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la direttiva, la quale, pur lasciando gli Stati membri liberi di scegliere se ricorrere o meno a questo tipo di energia, riveste una grande importanza tecnica e strategica per la sicurezza della popolazione, dei lavoratori del settore e dell'ambiente.

1.4

Il CESE è consapevole del fatto che il nucleare si sta sviluppando anche oltre i confini dell'Unione europea, talvolta in Stati in cui la cultura tecnologica e la gestione dei rischi non sono altrettanto avanzate quanto negli Stati membri. Alla luce di tale situazione, il CESE auspica che l'Unione europea svolga un ruolo guida e dimostri capacità propositiva in materia di sicurezza nucleare anche al di là del proprio territorio, come avviene già nell'ambito del pacchetto sul clima.

1.5

La sicurezza nucleare deve costituire un «bene pubblico mondiale» dal momento che le conseguenze di un incidente nucleare sulle popolazioni e sull'ambiente possono superare di gran lunga i confini dello Stato in cui dovesse verificarsi. A tal fine, rendendo obbligatorio sul proprio territorio, attraverso la direttiva in esame, il rispetto dei principi fondamentali di sicurezza che l'insieme degli Stati membri ha approvato in seno all'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA), l'Unione europea si pone nelle condizioni di esportare «il proprio modello di sicurezza» oltre i confini comunitari.

1.6

Il CESE considera appropriato l'approccio che consiste nell'obbligare gli Stati membri a predisporre autorità nazionali di sicurezza del tutto indipendenti, ad attribuire la responsabilità della sicurezza ai soli titolari delle licenze di esercizio e a garantire la trasparenza delle informazioni su tali questioni, e auspica dunque che tale aspetto della direttiva venga mantenuto e che l'approccio resti sempre caratterizzato da un livello molto elevato di responsabilità.

1.7

Il CESE attribuisce grande importanza all'acquisizione, al mantenimento e allo sviluppo delle competenze da parte degli Stati membri, e in special modo da parte di quelli la cui esperienza nel settore dell'energia nucleare è modesta o inesistente. Questi Stati membri devono affrontare la questione senza indugi, in particolare sviluppando i necessari percorsi di formazione. Il CESE auspica che venga prevista una certificazione europea delle competenze in materia di gestione nucleare e che le formazioni riguardino sia la gestione tecnica delle conseguenze degli incidenti nucleari sia quella sanitaria.

1.8

Il CESE sottolinea che la sicurezza è anche una questione di cultura industriale e di comportamenti e non può limitarsi all'elaborazione di norme e vincoli operativi.

2.   Introduzione

2.1

All'indomani della crisi del 1973 l'industria nucleare ha conosciuto un notevole sviluppo nell'Unione europea, e ben presto è emersa l'esigenza di armonizzare le pratiche in materia di sicurezza.

2.2

La risoluzione del Consiglio del 22 luglio 1975 sui problemi tecnologici di sicurezza nucleare (1) riconosce alla Commissione una funzione catalizzatrice per le iniziative che sono prese su un piano internazionale nel settore della sicurezza nucleare.

2.3

Nel 1992 è stata adottata una seconda risoluzione (2) nella quale il Consiglio invita gli Stati membri a proseguire e a rafforzare la loro concertazione per quanto riguarda i problemi di sicurezza. Nella sentenza relativa alla causa C-29/99 del 10 dicembre 2002, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha confermato che la Comunità è competente a legiferare nel settore della sicurezza nucleare.

2.4

Il 30 gennaio 2003, in applicazione dell'articolo 31 del Trattato Euratom, la Commissione ha proposto una direttiva sulla sicurezza degli impianti nucleari (3) in merito alla quale il CESE ha in seguito emesso un parere (4).

2.5

Visto che non è stato possibile raggiungere una maggioranza il Consiglio non ha adottato la direttiva, ma la concertazione è proseguita e ha portato fra l'altro, nel 2004, alla creazione del gruppo di lavoro sulla sicurezza nucleare.

2.6

La Commissione intende adesso rilanciare e approfondire l'istituzione di un quadro comunitario sulla sicurezza nucleare.

3.   Obiettivi, strategia e contenuto essenziale della nuova proposta di direttiva

3.1

La finalità generale della proposta è conseguire, mantenere e migliorare costantemente la sicurezza nucleare nella Comunità e rafforzare il ruolo delle autorità di regolamentazione. Il suo campo di applicazione comprende la progettazione, la scelta del sito, la costruzione, la manutenzione, l'esercizio e la disattivazione degli impianti nucleari, attività che impongono di tenere conto della sicurezza a norma del quadro legislativo e regolamentare dello Stato membro interessato. Viene riconosciuto e pienamente rispettato il diritto di ciascuno Stato membro di decidere se fare ricorso o no all'energia nucleare.

3.2

La strategia della direttiva in materia di sicurezza nucleare consiste nel sancire mediante una disciplina comunitaria un insieme di principi di sicurezza già presenti nella Convenzione dell'AIEA, cui aderiscono tutti gli Stati membri, integrandoli attraverso ulteriori prescrizioni di sicurezza per i nuovi reattori nucleari.

3.3

Si tratta pertanto di rendere vincolanti principi di sicurezza internazionalmente riconosciuti (AIEA, Convenzione sulla sicurezza nucleare, WENRA, ecc.) la cui applicazione è attualmente volontaria.

4.   Osservazioni generali

4.1

Nell'Unione europea l'energia proveniente dalla fissione nucleare rappresenta attualmente il 14,6 % dell'energia primaria consumata e il 31 % della produzione di elettricità. Per gli Stati membri che la utilizzano (quindici (5) su ventisette) essa rappresenta la fonte di energia con il prezzo più stabile e una di quelle che hanno il minor impatto in termini di emissioni di CO2. Tuttavia, il suo impiego è fonte di controversie, sia in alcuni dei paesi che la utilizzano, sia, ancor di più, negli Stati membri che non l'hanno inclusa nel proprio mix energetico per timore, in particolare, di contaminazioni radioattive dovute a eventuali incidenti e alla gestione delle scorie nucleari.

4.2

Conformemente alle prospettive menzionate dal parere del CESE sul tema Le sfide del nucleare per la produzione di elettricità  (6), l'energia nucleare è oggi al centro di un rinnovato interesse, per la sua convenienza economica e per l'opportunità di ridurre le emissioni di gas a effetto serra (politiche di salvaguardia del clima). In seno all'UE, alcuni Stati membri che avevano deciso di rinunciare all'energia nucleare rivedono oggi le proprie decisioni.

4.3

Affinché tale rilancio del nucleare venga accettato dai cittadini occorre garantire il livello di sicurezza più elevato possibile.

4.4

Questo rinnovato sviluppo di proporzioni «planetarie» pone le questioni della sicurezza nucleare sotto una nuova luce, specialmente per quanto attiene agli aspetti organizzativi e di controllo. La sicurezza nucleare deve costituire «un bene pubblico globale». A fronte di un simile impegno, la risposta deve essere «globalizzata» in quanto il rischio nucleare non resta circoscritto all'interno dei confini degli Stati che impiegano tale tecnologia.

4.5

Per progredire verso questo obiettivo l'Unione europea può svolgere un ruolo centrale sia nell'ambito della nuclearizzazione del suo territorio che per quanto riguarda le sue competenze industriali. L'Unione europea può dare il buon esempio, come già sul clima, avviando un processo di unificazione interna delle norme e delle organizzazioni incaricate della sicurezza, nonché individuando e superando gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento di tale obiettivo.

4.6

In un simile contesto, la direttiva presentata dalla Commissione giunge al momento opportuno. Il CESE la accoglie con favore, giudicandola di notevole importanza tecnica e strategica per la sicurezza delle popolazioni, dei lavoratori del settore nucleare e dell'ambiente, sia negli Stati membri che hanno optato per il nucleare sia in quelli che l'hanno respinto.

4.6.1

Il CESE approva la nuova strategia adottata dalla Commissione consistente nel ricercare un maggiore consenso rendendo pienamente responsabili gli Stati membri e le rispettive autorità nazionali di regolamentazione. I diversi Stati membri hanno infatti esperienze, strutture e pratiche differenti, e l'approccio che prevede in sostanza di imporre il rispetto di norme comuni elaborate in seno all'AIEA, di predisporre autorità di regolamentazione realmente indipendenti e di rendere pienamente responsabili i titolari di licenze, senza possibilità di delegare tale responsabilità, è certamente quello attualmente più accettabile per tutte le parti interessate e quello che può meglio garantire la sicurezza degli impianti.

4.6.2

Il CESE ritiene altresì che la direttiva in esame rappresenti un passo in avanti nel processo di miglioramento della sicurezza. Sarà opportuno condurre una riflessione continua e approfondita al fine di comprendere e di tenere presenti le variazioni, aggiunte o modifiche che si giustificheranno alla luce dell'eventuale evoluzione degli scenari, delle tecniche e dei piani organizzativi.

4.6.3

Il CESE è lieto di constatare come il documento in esame, sia nella sezione «Principali disposizioni della proposta» sia nell'articolo 5, riservi un'attenzione particolare alla trasparenza e all'affidabilità delle informazioni fornite al pubblico nell'ambito dei processi decisionali. In tal senso, la convenzione di Aarhus (7) sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale può rappresentare un punto di riferimento per i soggetti della società civile.

4.6.4

Al di là di quanto esposto sin qui e del contenuto della proposta di direttiva, occorre tenere a mente e far proprio il concetto secondo cui la sicurezza non consiste esclusivamente nel definire in modo rigoroso nuove norme tecniche e industriali. Essa deriva anche da una cultura, ossia da un insieme di pratiche che pongono la sicurezza al centro dell'attenzione, la quale porta, al di là dell'indispensabile rispetto delle procedure, a ricercare costantemente nuovi progressi nell'ambito della sicurezza e a individuare i fattori, interni ed esterni, che rischiano di pregiudicarla. Tale cultura non matura in un solo giorno e per dispiegare tutta la sua efficienza deve coinvolgere non soltanto industriali, operatori e autorità preposte ai controlli, ma anche i responsabili politici.

4.7

Lo sviluppo della sicurezza può scontrarsi con eventuali limiti nelle competenze in materia di tecnologie elettronucleari, dovuti soprattutto a carenze in termini di know-how ed esperienza e a un ambiente scientifico e tecnologico poco adatto. È dunque necessario compiere notevoli sforzi di formazione (8). Potrebbero essere effettuati trasferimenti intraeuropei di conoscenze teoriche e pratiche, integrati da misure di sostegno volte a rispondere meglio, in particolare, agli obblighi di cui agli articoli 4, 7 e 9 in materia di formazione e risorse umane. Occorrerà inoltre adoperarsi per mettere a punto una certificazione europea delle formazioni, delle qualificazioni e delle competenze in materia di gestione e di sicurezza nucleare.

4.8

Il Forum europeo sull'energia nucleare, istituito dalla Commissione e sostenuto dal Consiglio del marzo 2007, riunisce alti rappresentanti delle autorità pubbliche, membri del Parlamento europeo, esponenti del CESE e rappresentanti dei produttori di elettricità, del settore nucleare, dei consumatori, della finanza e della società civile. Funge al contempo da centro di competenze e da luogo di dibattito sulle possibilità e sui rischi connessi all'energia nucleare. Nel gennaio 2009 il Forum ha espresso una serie di suggerimenti e osservazioni (9) sulla proposta di direttiva e il CESE ritiene che sia bene trarne ispirazione, sia per la loro qualità che per il loro impatto sul grado di accettazione da parte dei cittadini e dei loro rappresentanti.

5.   Osservazioni particolari

5.1   Campo di applicazione e contenuto della direttiva

Il CESE accoglie con favore il riferimento ai principi fondamentali di sicurezza (SF-1, 2006) dell'AIEA e agli obblighi previsti dalla Convenzione sulla sicurezza nucleare, ma desidera specificare quali parti di tali principi corrispondano precisamente all'oggetto della direttiva in esame. Tale precisazione dovrebbe aver luogo nel quadro di un allegato alla direttiva, che viene descritto sommariamente al punto 6 e figura in allegato al presente pare. In questo modo la proposta di direttiva risulterà più chiara e alcuni articoli potranno essere semplificati.

5.2   Articolo 1

Per il paragrafo 1, il CESE suggerisce una formulazione più esplicita: «la presente direttiva mira a istituire un quadro europeo di regolamentazione della sicurezza nucleare, che definisce i principi di base cui devono conformarsi le leggi e i regolamenti degli Stati membri in materia di sicurezza nucleare al fine di mantenere e migliorare costantemente la sicurezza nucleare nella Comunità, e di rafforzare il ruolo delle autorità di regolamentazione».

5.3   Articolo 2

5.3.1

Definizione (1) «impianto nucleare»: il CESE suggerisce di aggiungere «e dei residui radioattivi» dopo «combustibile esaurito».

5.3.2

Definizione (8) «autorità di regolamentazione»: il CESE invita la Commissione a riprendere esattamente la definizione riportata nel glossario sulla sicurezza del 2007: «Autorità o rete di autorità che il governo di uno Stato ha dotato di poteri giuridici per dirigere il processo di regolamentazione, inclusa la concessione delle licenze, e quindi per disciplinare la sicurezza nucleare, la sicurezza radiologica, la sicurezza dei residui radioattivi e la sicurezza del trasporto».

5.3.3

Definizione (10) «reattori di potenza nuovi»: il CESE preferisce un riferimento alla costruzione di impianti dopo l'entrata in vigore della direttiva. Gli sviluppi che intervengono all'inizio della costruzione possono essere presi in considerazione dal titolare della licenza. Diversamente, qualsiasi modifica a costruzione ultimata sarà più difficile da realizzare se una tale eventualità non era già prevista in sede di progettazione e costruzione dell'impianto. Talune circostanze particolari inerenti a centrali la cui costruzione è stata interrotta e deve essere ripresa inducono il CESE a proporre la seguente formulazione: «reattori di potenza nuovi», i reattori di potenza cui viene rilasciata un'autorizzazione di costruzione (o la cui costruzione è ripresa dopo una pausa di almeno 5 anni) posteriormente all'entrata in vigore della presente direttiva.

5.4   Articolo 3

5.4.1

Il CESE suggerisce che l'articolo sia redatto precisando prima il quadro per la sicurezza, che è l'aspetto generale, e poi la responsabilità della sua attuazione. Esso consiglia di includere nell'articolo la possibilità di ritiro delle licenze in caso di infrazione poiché ciò rientra nel quadro generale e rafforza i poteri dell'autorità di regolamentazione. Di conseguenza, l'articolo 8 non ha più ragion d'essere. Il Comitato ricorda che la Commissione ha il potere di verificare la qualità del recepimento della direttiva ed eventualmente di avviare una procedura per infrazione nei confronti degli Stati membri che non ne abbiano rispettato i principi.

5.4.2

L'articolo 3 assumerà pertanto la seguente formulazione:

1.

«Gli Stati membri istituiscono e mantengono un quadro legislativo e regolamentare che disciplina la sicurezza degli impianti nucleari. Tale quadro comprende prescrizioni di sicurezza nazionali, un sistema di concessione di licenze e di controllo degli impianti nucleari, il divieto di esercizio senza una licenza e un sistema di supervisione regolamentare che prevede anche le misure di esecuzione necessarie, incluse quelle riguardanti la sospensione e il ritiro delle licenze. Esso deve sancire la facoltà dell'autorità di regolamentazione di ritirare la licenza di esercizio in caso di violazioni, gravi o ripetute, delle norme di sicurezza nell'impianto nucleare».

2.

«Gli Stati membri devono assicurare che la responsabilità primaria per la sicurezza degli impianti nucleari ricada sul titolare della licenza, sotto il controllo dell'autorità di regolamentazione competente, e che tale responsabilità continui a ricadere su di essi per l'intera durata di vita degli impianti nucleari, ossia fino a quando questi non cessino di essere assoggettati alla regolamentazione sulla sicurezza. Questa responsabilità del titolare della licenza non può essere delegata. Le misure di gestione e di controllo della sicurezza da attuare negli impianti nucleari devono essere proposte dal titolare della licenza e sottoposte all'approvazione dell'autorità di regolamentazione. Esse sono applicate dal titolare della licenza sotto il controllo dell'autorità di regolamentazione».

5.5   Articolo 4, paragrafo 1

5.5.1

Ai fini dell'indipendenza dell'autorità di regolamentazione, che considera particolarmente importante, il CESE propone la seguente formulazione: «Gli Stati membri assicurano che l'autorità di regolamentazione, il cui obiettivo è esclusivamente la sicurezza, sia effettivamente indipendente da tutte le organizzazioni il cui compito è promuovere o gestire impianti nucleari. Essa deve essere libera da qualsiasi influenza che possa incidere sulle attività di regolamentazione». Il riferimento al compito di «pubblicizzarne i benefici per la società» è ridondante rispetto al concetto della promozione del nucleare, e se si mantiene tale indicazione occorre menzionare altresì l'indipendenza nei confronti delle organizzazioni che militano contro il ricorso al nucleare.

5.6   Articolo 4, paragrafo 3

Il CESE suggerisce di riunire insieme l'articolo 4, paragrafo 3, e l'articolo 4, paragrafo 4, della proposta mediante la seguente formulazione: «L'autorità di regolamentazione concede le licenze alla luce della documentazione fornita dal richiedente, da cui risulti che la scelta del sito, la progettazione, la costruzione, l'attivazione, l'esercizio e relativa estensione della durata, la qualità e la quantità del personale, fino alla disattivazione, sono conformi agli obblighi, alle condizioni e alle norme di sicurezza in vigore. Essa controlla la corretta esecuzione degli impegni assunti dal titolare della licenza in materia di sicurezza nucleare».

5.7   Articolo 4, paragrafo 4

Soppresso e ripreso nell'articolo 4, nuovo paragrafo 3.

5.8   Articolo 4, paragrafo 6

Inserire un paragrafo 6 per migliorare la collaborazione fra le autorità di regolamentazione in seno all'Unione europea: «Le autorità di regolamentazione degli Stati membri procedono allo scambio delle migliori pratiche di regolamentazione e sviluppano una comprensione condivisa degli obblighi internazionali adottati».

5.9   Articolo 5

«Trasparenza»: il CESE sottolinea l'importanza di questo articolo non soltanto per rispondere alla critica di eccessiva segretezza spesso mossa all'industria nucleare, ma anche perché le informazioni sul funzionamento degli impianti nucleari riguardano senza eccezione tutti gli Stati membri, indipendentemente dal fatto che utilizzino o meno tale forma di energia sul proprio territorio, in quanto essi sono comunque responsabili di tutelare i propri cittadini in considerazione del carattere transfrontaliero del rischio nucleare.

5.10   Articolo 6, paragrafo 1

Il CESE suggerisce di precisare i riferimenti ai principi fondamentali di sicurezza dell'AIEA e a tal fine di inserire un rimando all'allegato sopra citato. L'articolo 6, paragrafo 1, sarebbe così riformulato: «Per quanto concerne la scelta del sito, la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la disattivazione degli impianti nucleari, gli Stati membri applicano i principi fondamentali dell'AIEA (Principi fondamentali dell'AIEA: Fundamental safety principles, IAEA Safety Standard Series No. SF-1 (2006)) di cui all'allegato».

5.11   Articolo 6, paragrafo 2

L'articolo in questione, che rinvia in modo non abbastanza preciso alla WENRA (Western European Nuclear Regulators Association) e al Gruppo ad alto livello, causa una difficoltà di interpretazione: come si può obbligare uno Stato membro a tenere conto di risultati futuri non definiti in termini né di contenuto né di calendario al momento dell'adozione della direttiva? Il CESE suggerisce di sopprimere il paragrafo, poiché il rispetto dei principi fondamentali di sicurezza e lo sviluppo di una cultura della sicurezza evolvono nel tempo parallelamente al progresso delle scienze e delle tecnologie.

5.12   Articolo 7

Questo articolo riguarda la responsabilità dei titolari di licenze ma, poiché la direttiva è destinata agli Stati membri, il CESE suggerisce di trasferire nell'allegato gli aspetti non strettamente connessi al ruolo degli Stati membri. L'articolo 7 sarebbe dunque così formulato:

«Obblighi dei titolari delle licenze — Gli Stati membri devono garantire che i titolari delle licenze siano responsabili della progettazione, della costruzione, dell'esercizio e della disattivazione dei loro impianti nucleari conformemente alle disposizioni di cui all'articolo 6».

5.13   Articolo 8

L'articolo è stato integrato negli articoli 3 e 4 ed è dunque soppresso.

5.14   Articolo 10

Il titolo «Priorità alla sicurezza» può generare confusione poiché induce a pensare che gli Stati membri che non impongono misure più rigorose di quelle stabilite dalla direttiva non diano priorità alla sicurezza, o che sia la stessa direttiva a non farlo. Il CESE propone di sostituirlo con il titolo seguente: «Rafforzamento della sicurezza».

5.15   Articolo 11

L'articolo 11 concerne la relazione periodica, necessaria e auspicabile, trasmessa alla Commissione sugli effetti della direttiva. La Convenzione sulla sicurezza nucleare stabilisce già la cadenza da rispettare nella presentazione di relazioni e il CESE ritiene che sia preferibile definire un calendario comune delle relazioni, ai fini della semplificazione e della coerenza delle procedure. La formulazione dell'articolo diventerebbe la seguente:

«Gli Stati membri riferiscono alla Commissione in merito all'attuazione della presente direttiva contemporaneamente e con la medesima frequenza rispetto alle relazioni nazionali presentate in occasione delle riunioni di riesame tenute nell'ambito della Convenzione sulla sicurezza nucleare. Sulla base di tale relazione, la Commissione presenta una relazione al Consiglio sui progressi realizzati nell'attuazione della presente direttiva, corredata, se del caso, di proposte legislative».

6.   Proposta di allegato alla direttiva

6.1

Gli obiettivi dell'allegato alla direttiva sono i seguenti:

formulare gli obblighi cui sono tenuti gli operatori nucleari ma che la direttiva non può imporre in quanto essa ha valore vincolante unicamente nei confronti degli Stati membri,

definire, sulla base dei dieci principi fondamentali previsti dall'AIEA, quelli che la direttiva intende rendere vincolanti per gli Stati membri.

6.2

L'allegato prevede sei principi:

6.2.1

Gli Stati membri devono garantire che la responsabilità della sicurezza venga assunta dal titolare della licenza.

6.2.2

La responsabilità e la gestione della sicurezza devono essere individuate al livello più elevato dell'impresa.

6.2.3

La valutazione della sicurezza deve avvenire sin dall'inizio della costruzione di un impianto e lungo la sua intera durata di vita.

6.2.4

Gli Stati membri accertano che gli impianti nucleari vengano ottimizzati per garantire il più elevato livello di sicurezza ragionevolmente raggiungibile.

6.2.5

Gli Stati membri si accertano che vengano compiuti tutti gli sforzi necessari per prevenire e ridurre gli incidenti nucleari.

6.2.6

Tutti gli Stati membri, senza eccezione, si accertano che siano adottate le disposizioni necessarie per far fronte a situazioni di emergenza e reagire in caso di incidenti nucleari, in conformità alla direttiva 96/29/Euratom.

Bruxelles, 10 giugno 2009

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  GU C 185 del 14.8.1975, pag. 1.

(2)  GU C 172 dell'8.7.1992, pag. 2.

(3)  COM(2003) 32 def. e COM(2004) 526 def. (versione modificata).

(4)  GU C 133 del 6.6.2003, pagg. 70-74.

(5)  Belgio, Bulgaria, Finlandia, Francia, Germania, Lituania, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria.

(6)  GU C 110 del 30.4.2004, pagg. 77-95.

(7)  Convenzione internazionale negoziata nell'ambito della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UNECE). È stata firmata da 40 dei 55 paesi UNECE.

(8)  GU C 175 del 28.7.2009, pag. 1-7.

(9)  Cfr. il documento del sottogruppo Armonizzazione del Forum europeo sull'energia nucleare, riguardante la proposta di direttiva europea sulla sicurezza nucleare.


ALLEGATO

al parere TEN/377 del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio (Euratom) che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare

COM(2008) 790 def. — 2008/0231 (CNS)

ANNEXE À LA DIRECTIVE  (1)

OBJECTIF DE SÛRETÉ

L'objectif fondamental de sûreté est de protéger les travailleurs et le grand public des effets nocifs des rayonnements ionisants pouvant provenir des installations nucléaires.

Afin de garantir la protection des travailleurs et du grand public, le mode de fonctionnement des installations nucléaires doit permettre de respecter les normes de sûreté maximales pouvant raisonnablement être atteintes compte tenu des facteurs économiques et sociaux.

Outre la protection des personnes définie dans les normes de base Euratom (directive 96/29), il convient de prendre des mesures

pour limiter les risques de survenue d'évènements pouvant entraîner la perte de contrôle du cœur d'un réacteur nucléaire, d'une réaction en chaîne nucléaire ou d'une source radioactive; et

pour atténuer les conséquences de tels événements s'ils surviennent.

L'objectif fondamental de sûreté doit être pris en compte pour toutes les installations nucléaires et à tous les stades du cycle de vie de l'installation nucléaire.

PRINCIPES DE SÛRETÉ

1.   Principe 1: Responsabilité de la sûreté

Chaque État membre garantit que la responsabilité première de la sûreté d'une installation nucléaire est entre les mains du titulaire de l'autorisation concerné et fait en sorte de s'assurer que tous les titulaires d'autorisations assument leurs responsabilités.

Chaque État membre s'assure que le titulaire d'une autorisation a pris des dispositions pour:

établir et conserver les compétences nécessaires;

fournir la formation et l'information adéquates;

instaurer des procédures et des mécanismes permettant de préserver la sûreté dans toutes les situations;

vérifier si la conception et la qualité des installations nucléaires sont appropriées;

garantir la gestion sans danger de tous les matériaux radioactifs utilisés, produits ou stockés;

garantir l'élimination sans danger de tous les déchets radioactifs générés,

afin de s'acquitter de ses responsabilités en matière de sûreté de l'installation nucléaire.

Ces responsabilités doivent être assumées conformément aux objectifs et exigences de sûreté applicables tels que définis ou approuvés par l'organisme de réglementation et leur respect doit être garanti tout au long de la mise en œuvre d'un système de gestion

2.   Principe 2: Direction et gestion de la sûreté

Chaque entreprise concernée par la sûreté nucléaire doit mettre en place et conserver une direction et une gestion efficaces de la sûreté.

2.1

Ce sont les niveaux les plus élevés de l'entreprise qui sont responsables de la direction de la sûreté. Il convient de mettre en œuvre et de conserver un système de gestion efficace, qui doit intégrer toutes les composantes de la gestion afin que l'élaboration et la mise en œuvre des exigences de sûreté soient cohérentes avec les autres exigences, notamment celles concernant la performance humaine, la qualité et la sécurité, et que la sûreté ne soit pas compromise par d'autres exigences ou revendications.

Le système de gestion doit également garantir la promotion d'une culture de la sûreté, l'évaluation régulière des performances en matière de sûreté et l'application des leçons tirées de l'expérience.

2.2

Le système de gestion intègre une culture de la sûreté qui préside aux attitudes et comportements en matière de sûreté de tous les individus et entreprises concernés. La culture de la sûreté inclut:

l'engagement individuel et collectif envers la sûreté de la part de la direction, des cadres et du personnel à tous les niveaux;

la responsabilité des entreprises et des individus en matière de sûreté à tous les niveaux;

des mesures visant à encourager la curiosité et l'apprentissage et à décourager la suffisance en matière de sûreté.

2.3

Le système de gestion reconnaît les nombreuses interactions des individus, à tous les niveaux, avec la technologie et les entreprises. Pour prévenir les erreurs humaines et organisationnelles ayant des conséquences sur le plan de la sûreté, il convient de tenir compte des facteurs humains et d'encourager les bons résultats et les bonnes pratiques.

3.   Principe 3: Évaluation de la sûreté

Des évaluations complètes et systématiques de la sûreté sont réalisées avant la construction et la mise en service d'une installation nucléaire et tout au long de son cycle de vie. Il convient d'adopter une approche progressive tenant compte du degré de risques potentiels de l'installation nucléaire concernée.

3.1

L'organisme de réglementation exige une évaluation de la sûreté nucléaire de la part de toutes les installations nucléaires, en respectant une approche progressive. Cette évaluation de la sûreté comprend l'analyse systématique du fonctionnement normal et de ses effets, ainsi que des éventuelles survenues de problèmes et de leurs conséquences. Les évaluations de la sûreté couvrent les mesures de sûreté nécessaires pour le contrôle des risques; la conception et les mesures de sûreté étudiées sont évaluées pour prouver qu'elles remplissent les fonctions de sûreté qui leur sont assignées. Lorsque des mesures de contrôle ou des actions spécifiques de la part de l'exploitant sont nécessaires pour maintenir la sûreté, une évaluation initiale de la sûreté est réalisée pour vérifier que les dispositifs mis en œuvre sont solides et fiables. Un État membre ne délivre l'autorisation pour une installation nucléaire que lorsqu'il a été démontré auprès de l'organisme de réglementation que les mesures de sûreté proposées par le titulaire sont adéquates.

3.2

L'évaluation de sûreté requise est répétée en totalité ou en partie si nécessaire ultérieurement dans la conduite des opérations afin de prendre en compte les circonstances nouvelles (telles que l'application de nouvelles normes ou de nouveautés scientifiques ou technologiques), le retour d'information des expériences tirées de l'exploitation du site en cours, les modifications éventuelles et les effets du vieillissement. Dans le cas d'une exploitation sur une longue période, les évaluations sont révisées et répétées aussi souvent que nécessaire. La poursuite de l'exploitation est alors conditionnée à ces réévaluations qui prouvent que les mesures de sûreté demeurent adéquates.

3.3

Dans le cadre de l'évaluation de sûreté requise, il convient d'identifier et d'analyser les éléments précurseurs d'accidents (événements amorceurs pouvant conduire aux conditions de l'accident) et de prendre des mesures pour empêcher la survenue d'accidents.

3.4

Afin d'améliorer encore la sûreté, il convient d'instaurer dans chaque installation des procédures pour le retour d'information et l'analyse des expériences en cours, y compris en ce qui concerne les événements amorceurs, les éléments précurseurs d'accidents, les quasi-incidents, les accidents et les actions non autorisées, de façon à en tirer des leçons, à partager les expériences et à s'y conformer.

4.   Principe 4: Optimisation de la sûreté

Les États membres s'assurent que les installations nucléaires sont optimisées pour répondre au niveau de sûreté maximal pouvant raisonnablement être atteint en pratique sans limiter leur fonctionnement outre mesure.

4.1

L'optimisation de la sûreté implique de réaliser une estimation de l'importance relative de différents facteurs, notamment:

La probabilité de survenue d'évènements prévisibles et les conséquences qui en découlent;

L'ampleur et la répartition des doses d'irradiation;

Les facteurs économiques, sociaux et environnementaux découlant des risques d'irradiation;

L'optimisation de la sûreté implique également de recourir aux bonnes pratiques et au bon sens dans la mesure du possible au quotidien.

5.   Principe 5: Prévention et atténuation

Chaque État membre s'assure que tous les efforts sont mis en œuvre, dans la pratique, pour prévenir et atténuer les incidents et accidents nucléaires dans ses installations nucléaires.

5.1

Chaque État membre s'assure que les titulaires d'autorisations mettent en œuvre tous les efforts pratiques:

pour empêcher la survenue de situations anormales ou d'incidents pouvant entraîner une perte de contrôle;

pour empêcher l'intensification de toute situation anormale ou incident éventuel; et

pour atténuer tout effet nocif d'un accident

en appliquant le principe de «défense en profondeur».

5.2

L'application du principe de «défense en profondeur» garantit qu'aucun problème technique, humain ou organisationnel ne peut avoir d'effets nocifs et que la probabilité est très faible de voir se combiner plusieurs erreurs pouvant avoir d'importants effets nocifs.

5.3

Le principe de «défense en profondeur» est mis en œuvre en associant plusieurs niveaux de protection consécutifs et indépendants qui devraient tous faillir avant qu'apparaissent les premiers effets nocifs pour les travailleurs ou le grand public. Les niveaux de défense en profondeur incluent:

a)

un choix adéquat du site;

b)

une conception adéquate de l'installation nucléaire, consistant en:

une qualité élevée de conception et de construction

une fiabilité élevée des composants et de l'équipement

des systèmes de contrôle, de limitation et de protection et des dispositifs de surveillance

une association adéquate de mesures de sûreté étudiées

c)

une organisation adéquate dotée de:

un système de gestion efficace, avec un fort engagement des cadres envers la culture de la sûreté;

procédures et pratiques opérationnelles globales;

procédures de gestion globale des accidents;

dispositifs de réaction à l'urgence.

6.   Principe 6: Capacité de réaction et de réponse à l'urgence

Les États membres s'assurent que les dispositions sont prises en matière de capacité de réaction et de réponse à l'urgence pour les accidents nucléaires, conformément à la directive 96/29.


(1)  Il presente testo riprende una parte del documento del sottogruppo Armonizzazione del Forum europeo sull'energia nucleare, riguardante la proposta di direttiva europea sulla sicurezza nucleare.


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/64


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti

COM(2008) 818 def. — 2008/0238 (COD)

2009/C 306/14

Il Consiglio, in data 21 gennaio 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 242 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti»

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore unico RODRÍGUEZ GARCÍA-CARO.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta del 10 giugno), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 114 voti favorevoli, nessun voto contrario e 1 astensione.

1.   Conclusioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente la proposta di direttiva ed esprime la sua soddisfazione per l'introduzione di una normativa il cui obiettivo principale è un livello più alto di protezione della salute dei cittadini dell'Unione, e che combina la sicurezza con misure volte a migliorare la qualità e l'accessibilità delle cure basate sul trapianto di organi.

1.2

Il Comitato è fermamente convinto del fatto che un'adeguata politica di reperimento dei donatori deve essenzialmente fondarsi sulle seguenti basi: la sensibilizzazione dell'opinione pubblica, la creazione di una coscienza collettiva tra i cittadini, la partecipazione attiva e disinteressata dei mezzi di comunicazione e la motivazione e il coinvolgimento del personale sanitario. Il CESE è convinto inoltre che con i suddetti elementi sia possibile pervenire a livelli omogenei di donazione in tutti gli Stati membri e che i maggiori sforzi della Commissione e degli Stati membri debbano concentrarsi su questi aspetti.

1.3

Il fondamento della donazione di organi nell'Unione europea deve essere il suo carattere volontario, altruista, solidale e gratuito. Le normative degli Stati membri devono impedire qualsiasi tentativo di commercializzazione di organi e punire severamente il traffico illecito di organi destinati ai trapianti. Agendo in modo congiunto e coordinato, gli Stati membri dell'Unione possono pervenire a un'elevata percentuale di donazioni, impedendo in questo modo qualsiasi tentativo di infiltrazione delle criminalità organizzata nelle procedure per il trapianto di organi.

1.4

Il CESE ritiene che l'esistenza di fattori giuridici, culturali, etici, religiosi, storici, sociali, ecc. non debba costituire la base che alimenta un rifiuto generalizzato della donazione da parte dell'opinione pubblica, in quanto ciò potrebbe provocare una non auspicabile carenza di organi. La possibile carenza di organi per motivi diversi da quelli puramente scientifici e demografici non deve essere compensata mediante l'importazione di organi provenienti da altri luoghi ove siano più forti la sensibilizzazione e la solidarietà dell'opinione pubblica rispetto ai trapianti di organi.

1.5

Il CESE ha la massima fiducia nell'operato delle autorità nazionali competenti menzionate nella proposta di direttiva, e ritiene che un'amministrazione sanitaria pubblica efficace e ben organizzata sia la miglior garanzia del controllo sull'attuazione delle norme di qualità e sicurezza nell'ambito dei trapianti di organi. Per questo motivo considera essenziale che la direttiva menzioni esplicitamente la necessità che gli Stati membri prevedano misure di ispezione e di controllo periodico del rispetto delle suddette norme da parte dei centri di prelievo e di trapianto degli organi.

1.6

In concomitanza con la pubblicazione della proposta di direttiva in esame, la Commissione ha presentato una comunicazione Piano di azione per la donazione e il trapianto di organi (2009-2015): rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri  (1). Pur non essendo stato interpellato in proposito, il Comitato economico e sociale europeo, per l'importanza rivestita dal tema per la cittadinanza dell'Unione, considera necessario prendere posizione sul suddetto piano d'azione e intende quindi elaborare un parere d'iniziativa in merito.

1.7

Il CESE ritiene che le osservazioni particolari sul testo della proposta di direttiva, esposte al punto 4 del presente parere, possano agevolare la comprensione e la coerenza dell'insieme del testo migliorandone la redazione definitiva. Ci riferiamo in particolare alle osservazioni che mettono in rilievo possibili incongruenze tra gli articoli.

1.8

Tra le osservazioni particolari, il Comitato desidera mettere in evidenza due aspetti fondamentali che rappresentano un evidente passo indietro rispetto alla direttiva 2004/23/CE sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani (2). Si nota infatti la mancanza di un articolo simile all'articolo 7, riguardante le ispezioni e le misure di controllo, e di uno analogo all'articolo 10, riguardante il registro dei centri di prelievo e di trapianto. Per migliorare il testo, la proposta di direttiva dovrebbe quindi includere articoli dello stesso tenore dei due articoli menzionati.

2.   Introduzione alla proposta di direttiva

2.1

L'articolo 152 del Trattato che istituisce la Comunità europea stabilisce, al paragrafo 4, lettera a), che il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 e previa consultazione del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni, contribuisce al conseguimento degli obiettivi previsti dall'articolo stesso adottando misure che fissano parametri elevati di qualità e sicurezza degli organi e delle sostanze di origine umana, del sangue e degli emoderivati.

2.2

Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno già adottato la direttiva 2004/23/CE, sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani, e la direttiva 2002/98/CE, che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti (3), entrambe oggetto di pareri elaborati dal CESE (4).

2.3

Nel maggio 2007 la Commissione ha adottato una comunicazione sulla donazione e il trapianto di organi, che forniva degli orientamenti per le successive possibili azioni a proposito del quadro relativo alla qualità e alla sicurezza in materia sia di donazione e trapianto di organi che di promozione della cooperazione tra gli Stati membri. Il CESE non ha elaborato pareri sulla suddetta comunicazione.

2.4

Le conclusioni del Consiglio europeo del 6 dicembre 2007 hanno riconosciuto l'importanza di poter contare su norme rigorose di sicurezza e qualità riguardanti gli organi, al fine di garantire un elevato livello di protezione dei pazienti.

2.5

Contemporaneamente la Commissione ha presentato la proposta di direttiva in esame e la comunicazione Piano di azione per la donazione e il trapianto di organi (2009-2015): rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri, in merito alla quale non è stato richiesto un parere del CESE.

2.6

Merita infine ricordare la risoluzione del Parlamento europeo del 22 aprile 2008 dal titolo Donazione e trapianto di organi nell'Unione europea  (5), di cui il CESE condivide pienamente il contenuto.

2.7

La proposta di direttiva ha per oggetto l'introduzione di norme, volte a garantire la qualità e la sicurezza degli organi di origine umana destinati alle persone, applicabili alla donazione, al reperimento, all'analisi, alla caratterizzazione, alla conservazione, al trasporto e al trapianto degli stessi.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il Comitato accoglie favorevolmente la proposta di direttiva relativa a norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti, fatte salve le osservazioni generali e particolari formulate nel presente documento. Il Comitato è pienamente d'accordo con il Consiglio e il Parlamento europeo sul fatto che il fine ultimo della direttiva deve essere quello di garantire la protezione della salute umana. A tal fine è indispensabile conseguire i massimi livelli possibili di qualità e di sicurezza nell'intero processo che si conclude con la realizzazione di un trapianto.

3.2

Non è possibile trapiantare un organo se non esiste prima un donatore vivente o deceduto dal quale si possa prelevare l'organo stesso. Per questo motivo il CESE ritiene che l'elemento più importante dell'intero processo sia agevolare e garantire l'esistenza di donatori. È questo l'aspetto principale su cui devono incentrarsi gli sforzi a livello di Unione europea. La sensibilizzazione dell'opinione pubblica, la creazione di una coscienza collettiva tra i cittadini, la partecipazione attiva e disinteressata dei mezzi di comunicazione e la motivazione e il coinvolgimento del personale sanitario sono aspetti essenziali per poter conseguire un elevato livello di donazioni.

3.3

In questo senso, il Comitato appoggia decisamente l'iniziativa del Parlamento europeo per la creazione della giornata internazionale del donatore, che la Commissione e gli Stati membri dovrebbero istituire come mezzo per la promozione della donazione tra i cittadini europei. A tal fine la società civile deve fornire il suo appoggio e la sua esperienza, tramite le diverse associazioni e organizzazioni che riuniscono i pazienti trapiantati.

3.4

Il CESE concorda sul principio della donazione volontaria, altruista e gratuita espresso nella proposta di direttiva. Ciascuno Stato membro deve garantire che nel suo ordinamento giuridico non vi siano lacune che possano consentire la commercializzazione di organi e l'assegnazione degli stessi ai pazienti in base a criteri diversi da quelli strettamente scientifici.

3.5

La donazione è il punto di partenza, fondamentale e imprescindibile, del processo che si conclude con l'impianto di un organo in un paziente. L'informazione e la sensibilizzazione dell'opinione pubblica rappresentano elementi essenziali di detto processo. Per questo motivo il consenso al prelievo degli organi delle persone decedute deve essere ottenuto nel pieno rispetto delle leggi, ma attraverso una procedura semplificata che permetta di conseguire il maggior numero di donazioni possibile. L'esistenza di fattori giuridici, culturali, etici, religiosi, storici, sociali, ecc. non deve essere la base che alimenta un rifiuto della donazione, in quanto ciò potrebbe tradursi in una non auspicabile carenza di organi. La possibile scarsità di organi per motivi non scientifici o non connessi a fattori demografici non deve essere compensata mediante l'importazione di organi provenienti da altri Stati ove siano più forti la sensibilizzazione e la solidarietà della popolazione rispetto ai trapianti di organi.

3.6

Il CESE ritiene che la motivazione del personale sanitario rispetto alla donazione degli organi sia importante quanto la sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Per favorire il buon esito del processo di donazione e trapianto non solo è importante che il personale sanitario sia preparato dal punto di vista scientifico e tecnico, ma è essenziale motivare gli operatori del settore sanitario perché agiscano da intermediari per l'ottenimento degli organi, migliorando le loro capacità di comunicazione affinché diventino veri e propri promotori del processo di donazione.

3.7

A questo proposito esiste in alcuni Stati membri, e specificamente in Spagna, una figura che gode di sufficiente credito e che ha dimostrato la sua utilità nella pratica: la figura del coordinatore intraospedaliero per i trapianti, la cui ragione d'essere è l'ottenimento del maggior numero possibile di organi mediante il seguito dei possibili donatori e la sensibilizzazione del personale sanitario delle unità ospedaliere che li accolgono più comunemente. Il coordinatore supervisiona, promuove e coordina la donazione, il prelievo, il trasporto e la disponibilità degli organi destinati ai trapianti. Il CESE considera necessario che i centri ospedalieri dell'Unione europea dispongano di professionisti del settore sanitario che svolgano queste funzioni, e invita quindi la Commissione e gli Stati membri a promuovere nel modo più efficiente possibile la creazione di un coordinatore per i trapianti in tutti i centri ospedalieri europei.

3.8

Il CESE concorda con l'istituzione in tutti gli Stati membri di programmi nazionali di qualità, allo scopo di garantire il rispetto delle norme di qualità e sicurezza definite nella direttiva. Considera inoltre irrinunciabile la designazione di autorità nazionali responsabili dell'applicazione dei requisiti stabiliti dalla direttiva stessa. Per poter gettare le basi di una efficace organizzazione a livello nazionale, è necessario applicare il programma nazionale di qualità, designare un'autorità nazionale che svolga con efficacia le sue funzioni e, in definitiva, conseguire un forte coinvolgimento dell'opinione pubblica in un aspetto della salute individuale e collettiva che sta assumendo un'importanza e un impatto sempre maggiori per la cittadinanza.

3.9

La responsabilità di garantire la qualità e la sicurezza del processo di trapianto spetta in primo luogo alle autorità sanitarie degli Stati membri. L'adozione di norme di qualità e sicurezza del processo di donazione e trapianto, nonché di norme comuni riguardanti i requisiti strutturali, materiali e di personale che devono rispettare i centri di prelievo e trapianto di organi, rappresenta oggettivamente una priorità per conseguire un alto livello di efficienza e sicurezza in questo tipo di terapie chirurgiche. In questo senso è importante che le autorità competenti degli Stati membri mettano a punto programmi particolareggiati per l'ispezione e il controllo periodico di questi centri, per garantire l'assoluto rispetto delle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti.

4.   Osservazioni particolari

4.1   Riguardo all'articolo 1:

la proposta di direttiva si pone l'obiettivo di garantire la qualità e la sicurezza degli organi e quindi di tutelare la salute umana (NdT: «alti livelli di qualità e sicurezza» nella versione spagnola). Il CESE ritiene che non ci si debba accontentare di dichiarare genericamente l'intenzione di garantire «alti livelli» di qualità e sicurezza, trattandosi di un'affermazione scarsamente significativa agli effetti pratici. In materia di trapianti si deve puntare all'eccellenza, alla perfezione assoluta. Il CESE propone quindi che questo articolo sia redatto nei termini seguenti: «… a garantire il necessario livello di qualità e di sicurezza degli organi di origine umana destinati al trapianto nel corpo umano, al fine di conseguire il massimo livello di protezione della salute umana».

4.2   Riguardo all'articolo 3, lettera (j):

la definizione di «organismo di reperimento» comprende centri, equipe, unità e altri organismi. A giudizio del Comitato, la definizione è troppo generica e la stessa denominazione non è coerente con la definizione di cui alla lettera (q) dello stesso articolo. Visto che in quest'ultima si definiscono i «centri per i trapianti», sarebbe più coerente parlare di «centri di reperimento» e non di «organismi di reperimento». Analogamente, la parola «organismo» o «ente», utilizzata sia nella lettera j e nella lettera q, dovrebbe essere soppressa, in quanto sia i prelievi che gli impianti di organi sono realizzati da professionisti inquadrati in equipe o unità che lavorano in centri sanitari appartenenti a enti pubblici o privati. Sono questi centri, unità ed equipe a essere autorizzati dall'autorità competente a svolgere queste attività. In conseguenza di queste osservazioni, anche l'articolo 5, che riguarda i centri di reperimento, andrebbe modificato nello stesso senso.

4.3   Riguardo all'articolo 3, lettera (r):

in questo caso, a proposito della definizione di tracciabilità, si propone, coerentemente con l'osservazione precedente, di sostituire la denominazione «organismo di reperimento» con «centro di reperimento».

4.4   Per quanto riguarda le definizioni non comprese nell'articolo 3:

l'articolo 2 della proposta afferma che la direttiva si applica alle diverse fasi del processo che va dalla donazione al trapianto. Tutte le fasi descritte sono definite all'articolo 3, salvo l'analisi e il trasporto. Il Comitato ritiene che tutte le fasi descritte debbano essere definite in modo chiaro all'articolo 3, soprattutto in considerazione del fatto che al trasporto di organi è dedicato l'intero articolo 8 della direttiva.

4.5   Riguardo all'articolo 6:

questo articolo, che riguarda il reperimento degli organi, fa brevissima menzione dei requisiti che devono rispettare le sale operatorie ove avviene il prelievo degli stessi. I requisiti di cui alle lettere a) e b) sono talmente ovvi e limitati che il CESE propone di sopprimerli dal testo e di introdurre in loro vece il rinvio a un allegato o a un documento successivo, che descriva in modo esaustivo i requisiti minimi in materia di strutture, attrezzature e personale delle sale operatorie ove si svolgano operazioni di prelievo di organi dai donatori vivi e da quelli deceduti.

4.6

Analogamente, il CESE esprime sorpresa per l'assenza di un articolo sulle ispezioni e le misure di controllo simile all'articolo 7 della direttiva 2004/23/CE, riguardante la definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani. L'articolo 18 della proposta di direttiva si limita ad affermare brevemente che le autorità competenti degli Stati membri garantiscono che gli organismi di reperimento e i centri per i trapianti siano sottoposti periodicamente a controlli e audit. Il CESE considera necessario introdurre nella direttiva un nuovo articolo sulla falsariga del già citato articolo 7 della 2004/23/CE.

4.7   Riguardo all'articolo 7:

4.7.1

il paragrafo 1 dell'articolo stabilisce che le analisi richieste per la caratterizzazione degli organi devono essere eseguite da un laboratorio qualificato. Il CESE fa notare che tra le definizioni di cui all'articolo 3 non è compresa quella del termine «qualificato». Se ne deduce che, per poter svolgere l'attività di analisi, il laboratorio deve essere autorizzato, accreditato, designato o dotato di apposita licenza, conformemente alla definizione di cui alla lettera a) del suddetto articolo 3. È comunque possibile optare per una definizione dei casi in cui, in tutta l'UE, un laboratorio sia qualificato a caratterizzare un donatore, un organo o un ricevente.

4.7.2

Il paragrafo 2 dell'articolo 7 contribuisce ad alimentare la confusione, in quanto, oltre ai laboratori qualificati, menziona per quanto riguarda la caratterizzazione degli organi e dei donatori anche organizzazioni e organismi. Nella lingua materna del relatore, si può capire che esistano laboratori qualificati, ma è più difficile comprendere a che cosa faccia riferimento la proposta di direttiva quando nel quadro di quest'attività menziona su un piano di parità con i laboratori organismi e organizzazioni. Il CESE insiste pertanto sulla necessità che il linguaggio usato nel testo si mantenga coerente e non sia fonte di confusione.

4.8   Riguardo all'articolo 9:

4.8.1

nel paragrafo 2 vanno soppressi i termini «accreditamento», «designazione» e «licenza», già compresi nella definizione di autorizzazione di cui alla lettera (a) dell'articolo 3. Inoltre, a giudizio del CESE, quando si parla di centri per i trapianti, l'autorizzazione deve indicare esplicitamente per quale tipo di trapianto sia autorizzato il centro. Questa indicazione concreta è più selettiva del termine «attività» utilizzato nel testo.

4.8.2

La lettera b) del paragrafo 3 del testo in lingua spagnola comprende il termine «almacenamiento» (immagazzinaggio) che non è definito all'articolo 3 e non è previsto nell'ambito dell'applicazione dell'articolo 2. Salvo motivi che giustifichino il suo utilizzo, riteniamo si tratti di un errore, in quanto il termine adottato nell'ambito dell'applicazione e nelle definizioni è «preservación» (conservazione). Chiediamo quindi di correggere il testo nelle versioni in ciò sia necessario (NdT: non riguarda la versione italiana).

4.8.3

Infine, pur considerando importante che i requisiti nazionali per l'autorizzazione dei centri per i trapianti siano disponibili su richiesta di qualsiasi Stato membro, il Comitato ritiene che sarebbe più utile, sotto il profilo della flessibilità e dell'efficienza, poter disporre dei requisiti stessi senza doverne fare richiesta. Le informazioni potrebbero essere trasmesse dalle diverse autorità competenti alla Commissione, che le conserverebbe e le terrebbe a disposizione di qualsiasi autorità competente di altri Stati membri.

4.9   Riguardo all'articolo 11:

rispetto alle reazioni avverse attribuibili a una o più fasi del processo di donazione e trapianto, e come già affermato al punto 4.4 del presente parere, il CESE constata che il testo comprende una fase (quella dell'«analisi») che non è definita nella direttiva, mentre ne esclude altre due che invece sono definite e che possono essere causa di eventi avversi, ossia la «caratterizzazione» e la «conservazione». Ritiene quindi necessario correggere il testo di conseguenza.

4.10   Riguardo all'articolo 15:

rispetto alla protezione dei donatori viventi, l'articolo stabilisce gli obblighi degli Stati membri affinché i donatori stessi conoscano precisamente tutti gli aspetti e le conseguenze della loro azione disinteressata, e le misure da adottare per tutelare la loro salute. Coerentemente con la rubrica dell'articolo e con il suo contenuto, il CESE propone di modificare la seconda frase del paragrafo 2, sopprimendo il riferimento alla salute altrui, per cui la frase stessa diventerebbe: «Queste valutazioni possono portare all'esclusione di persone la cui donazione potrebbe presentare un grave rischio per loro stesse».

4.11   Riguardo all'articolo 19, paragrafo 2:

il paragrafo riconosce alla Commissione e agli Stati membri il diritto di consultare, previa richiesta, i registri degli organismi di reperimento degli organi e dei centri per i trapianti degli altri Stati membri. Il CESE considera questo articolo un evidente passo indietro rispetto al testo dell'articolo 10 della direttiva 2004/23/CE sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani. Il Comitato ritiene quindi necessario che in quest'ambito si adotti la redazione della suddetta direttiva, in particolare per quanto riguarda la creazione di registri pubblici nazionali dei centri di reperimento e di trapianto, nonché per quanto riguarda la costituzione di una rete a livello UE che colleghi tutti i registri nazionali degli Stati membri.

Bruxelles, 10 giugno 2009.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  COM(2008) 819 def.

(2)  GU L 102 del 7.4.2004, pagg. 48-58.

(3)  GU L 33 dell'8.2.2003, pagg. 30-40.

(4)  GU C 85 dell'8.4.2003, pagg. 44-51, relatore: Bedossa e GU C 221 del 7.8.2001, pagg. 106-109, relatore: Ribeiro.

(5)  P6_TA(2008)0130.


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/68


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro

COM(2009) 71 def./2 — 2006/0222 (COD)

2009/C 306/15

Il Consiglio, in data 11 marzo 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro»

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore unico VERBOVEN.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta del 10 giugno 2009), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato all'unanimità il seguente parere.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato è sostanzialmente favorevole alla proposta di direttiva in esame, invita la Commissione a tener conto delle tre riserve in appresso formulate, modificando di conseguenza il testo della proposta, ed auspica che la direttiva sia adottata in tempi brevi dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

2.   Motivazione

2.1   Sintesi della proposta della Commissione

2.1.1

Lo scopo della proposta in esame è avviare la codificazione della direttiva 83/477/CEE del Consiglio, del 19 settembre 1983, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro (seconda direttiva particolare ai sensi dell'articolo 8 della direttiva 80/1107/CEE), e delle successive modifiche. La nuova direttiva è destinata a sostituirsi ai vari atti oggetto della codificazione (1); a detta della Commissione, tuttavia, essa ne preserva appieno la sostanza, limitandosi a riunire le norme in essi contenute e ad apportarvi le sole modifiche formali necessarie ai fini della codificazione stessa.

2.2   Osservazioni generali

2.2.1

L'esposizione all'amianto resta un grave fattore di rischio per diverse categorie di lavoratori, soprattutto del settore edilizio. In generale si ritiene che, nell'arco del XX secolo, in Europa siano state consumate varie decine di milioni di tonnellate di amianto. Nonostante il divieto di utilizzare questo materiale, introdotto dall'UE nel 1999, il rischio amianto sussisterà ancora per decenni a causa della presenza di tale materiale in numerosi edifici. Del resto, anche lo smantellamento dei molteplici tipi di attrezzature contenenti amianto e la gestione dei rifiuti possono presentare rischi di esposizione all'amianto. L'esistenza di un mercato dell'usato di un'ampia gamma di articoli contenenti amianto costituisce anch'essa un motivo di preoccupazione.

2.2.2

Il Comitato, che ha esaminato in numerose occasioni la problematica della protezione dei lavoratori esposti all'amianto, rimanda in particolare al proprio parere d'iniziativa adottato il 24 marzo 1999 (2).

2.2.3

La prima direttiva volta a proteggere i lavoratori dal rischio amianto, che risale al 1983, è stata più volte modificata per poterne estendere il campo di applicazione, rafforzare le misure di prevenzione e ridurre i valori limite di esposizione.

2.2.4

Queste revisioni successive possono comportare delle difficoltà per i destinatari della normativa in questione. La proposta in esame consente di riunire in un unico atto normativo le diverse disposizioni in vigore senza però modificarne il contenuto: essa, infatti, si limita ad apportarvi le sole modifiche formali necessarie ai fini della codificazione.

2.2.5

Il Comitato reputa tuttavia che la codificazione dei considerando presenti alcune lacune. Diversi considerando delle direttive codificate non sono infatti stati ripresi nella proposta di direttiva in esame: un'omissione che, in certi casi, va al di là del mero adattamento redazionale e incide su elementi sostanziali che il legislatore europeo aveva ritenuto importante sottolineare.

2.2.6

È questo il caso, innanzitutto, del considerando n. 2 della direttiva 2003/18/CE, in cui il legislatore europeo sottolinea in particolare l'importanza di un approccio preventivo riguardo alle fibre di sostituzione dell'amianto. Un punto, questo, particolarmente importante per evitare che i materiali utilizzati in alternativa all'amianto pongano a loro volta dei problemi sanitari.

2.2.7

Ciò vale inoltre per il considerando n. 4 di quella stessa direttiva, che richiama l'attenzione sull'importanza della decisione dell'UE di vietare la commercializzazione e l'uso dell'amianto crisotilo a partire dal 1o gennaio 2005. L'omissione di questo considerando è ancor meno giustificata se si considera che nella proposta in esame non è stato ripreso neanche il considerando n. 4 della direttiva 91/382/CEE, che sottolinea l'importanza del principio di sostituzione ai fini della prevenzione dei rischi connessi con le sostanze pericolose. L'omissione di questi due considerando non appare giustificata, tenuto conto dell'impegno dell'UE ad attivarsi per un bando dell'amianto a livello mondiale.

2.2.8

Ciò vale, infine, per il considerando n. 15 della direttiva 2003/18/CE, che chiede agli Stati membri di allineare i dati dei registri e delle cartelle cliniche dei lavoratori esposti all'amianto con quelli degli elenchi e delle cartelle cliniche previsti per i lavoratori esposti ad altri agenti cancerogeni.

2.2.9

L'omissione di questi contenuti sembra oltrepassare i limiti normali di una codificazione. Il Comitato reputa che la proposta debba includere dei considerando di contenuto equivalente, in modo da chiarire la portata giuridica dell'atto proposto riguardo a questi specifici punti.

2.2.10

Una codificazione non può introdurre alcuna modifica sostanziale. Il Comitato, esaminata la proposta di direttiva, ritiene che il testo rispetti rigorosamente questo principio, salve le riserve dianzi formulate riguardo all'omissione di determinati considerando. La direttiva proposta si limita infatti a riunire in modo razionale le diverse disposizioni in vigore, rendendole così più chiare, e non pone dunque alcun problema di fondo.

2.2.11

Il Comitato ritiene che, in forza della decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 (pubblicata nella GU C 218 del 13.9.2003), la Commissione debba chiedere il parere del comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro in merito alla proposta in esame e che, conformemente alla prassi seguita fino ad oggi, tale consultazione vada menzionata nel preambolo della nuova direttiva.

2.2.12

Il Comitato è sostanzialmente favorevole alla proposta di direttiva in esame, invita la Commissione a tener conto delle tre riserve sopra formulate, modificando di conseguenza il testo della proposta, ed auspica che la direttiva sia adottata in tempi brevi dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

3.   Osservazioni specifiche

In proposito il Comitato rimanda al suo precedente parere sul tema dell'amianto, adottato il 24 marzo 1999, e ribadisce in particolare l'auspicio che gli Stati membri ratifichino la Convenzione n. 162 dell'OIL relativa alla sicurezza nell'utilizzazione dell'amianto. Ad oggi solo dieci Stati membri su 27 si sono attivati in questo senso. Una ratifica da parte di tutti gli Stati membri dell'UE contribuirebbe all'autorevolezza della Convenzione dell'OIL come importante strumento per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nel mondo.

Bruxelles, 10 giugno 2009.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  Direttiva 83/477/CEE del Consiglio, direttiva 91/382/CEE del Consiglio, direttiva 98/24/CE del Consiglio (solo l'articolo 13) e direttiva 2003/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

(2)  Cfr. il parere del CESE, del 24 marzo 1999, sul tema L'amianto (relatore: ETTY), pubblicato nella GU C 138 del 18.5.1999.


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/70


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Risultati del vertice sull'occupazione

2009/C 306/16

Con lettera del 13 marzo 2009 il Presidente della Commissione europea ha invitato il Comitato economico e sociale europeo, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, ad elaborare un parere sul tema:

«Risultati del vertice sull'occupazione».

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 maggio 2009 sulla base del progetto predisposto dal relatore unico GREIF.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta dell'11 giugno 2009), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 140 voti favorevoli, 27 voti contrari e 24 astensioni.

1.   Raccomandazioni

1.1

L'attuale crisi dei mercati finanziari e dell'economia ha colpito duramente gli Stati membri. La disoccupazione aumenta in misura preoccupante. In tutta l'UE la priorità assoluta dev'essere quindi evitare licenziamenti di massa e un ulteriore aumento della disoccupazione. Per il CESE è chiaro che affinché questo si realizzi occorrono sforzi considerevoli di tutti i responsabili. Continuare come in tempi normali non serve in questa particolare situazione e non costituisce un'opzione di politica occupazionale.

1.2

Come contributo alla preparazione delle decisioni del Consiglio europeo del 18 e 19 giugno 2009 il CESE formula qui di seguito alcune raccomandazioni per superare l'attuale crisi del mercato del lavoro:

ristabilire la fiducia di consumatori ed investitori garantendo e stimolando la domanda privata e pubblica,

utilizzare strumenti di politica occupazionale attiva sovvenzionati con fondi pubblici per salvaguardare l'occupazione e attuando al tempo stesso misure di riqualificazione,

evitare se possibile le riduzioni salariali, promuovere le pari opportunità, tenere conto delle disuguaglianze esistenti e garantire più sicurezza sul mercato del lavoro,

mantenimento degli investimenti pubblici grazie a un'applicazione temporaneamente flessibile del patto di stabilità e all'ampliamento della base imponibile negli Stati membri,

maggior ricorso a risorse finanziarie europee, accesso facilitato ai fondi strutturali e rapido miglioramento del fondo di adeguamento alla globalizzazione.

portare avanti riforme strutturali socialmente accettabili, migliorare le competenze professionali e renderle più consone alle esigenze del mercato del lavoro, accrescere la mobilità e dare impulso all'imprenditorialità.

1.3

Le parti sociali e gli altri rappresentanti della società civile organizzata assumono nella gestione della crisi un ruolo chiave. Tutti coloro che hanno posizioni di responsabilità nell'economia, nella società e nella politica hanno il compito di garantire oggi che una crisi del genere non si ripeterà.

2.   Introduzione: nell'UE la disoccupazione cresce a dismisura, mantenere l'impostazione seguita in tempi normali non costituisce in queste circostanze un'opzione di politica occupazionale

2.1

L'attuale crisi dei mercati finanziari e dell'economia ha colpito duramente gli Stati membri. Da settembre 2008 a ora è aumentato enormemente il numero delle imprese colpite dalla profonda recessione economica. La disoccupazione aumenta in misura preoccupante:

secondo le stime più recenti nell'eurozona il tasso di disoccupazione crescerà dal 7,5 % del 2008 al 10 % nel 2009 e addirittura al 12 % nel 2010 (1).

Rispetto alle recessioni precedenti, quella in corso è caratterizzata da un incremento molto più rapido della disoccupazione. All'inizio degli anni '90 la disoccupazione cresceva dell'1 % ogni 12/15 mesi, nel 2009, nella sola eurozona, essa è aumentata del 3 % (2).

In numerosi settori si verificano ondate di licenziamenti, nei settori dei servizi (soprattutto nel settore bancario) come in quello della produzione (soprattutto nell'industria automobilistica e dei componenti, nell'industria chimica e nel comparto della costruzione).

Dobbiamo aspettarci un altro doloroso aumento della disoccupazione: secondo le attuali previsioni della Commissione e dell'OCSE più di 8 milioni di disoccupati supplementari.

2.2

Dinanzi a queste tendenze inquietanti sui mercati del lavoro, in tutta l'UE la priorità assoluta dev'essere quindi evitare licenziamenti di massa e un ulteriore aumento della disoccupazione. Per il CESE è chiaro che ciò richiederà sforzi particolari da parte di tutti i responsabili sia negli Stati membri sia a livello UE. Continuare come in tempi normali non serve in questa particolare situazione e non costituisce attualmente un'opzione di politica occupazionale. Il CESE ha pertanto accolto l'organizzazione di un vertice sull'occupazione come una buona occasione per aprire una discussione su che cosa si deve fare perché una crisi del genere con queste conseguenze drammatiche sui mercati del lavoro non si verifichi più. E a questo fine ha accettato l'invito a una collaborazione attiva dei rappresentanti degli interessi delle parti sociali e della società civile organizzata.

2.3

Già nel suo Programma per l'Europa (3) e in precedenti pareri (in particolare sul piano europeo di ripresa economica) ha sottolineato alcuni punti centrali che rivestono una particolare importanza come misure a breve termine per la gestione della crisi.

2.4

Per completare queste proposte, il CESE formula nel presente parere altre raccomandazioni su come fronteggiare l'ulteriore aumento della disoccupazione. Queste costituiscono il suo contributo alla preparazione delle decisioni del Consiglio europeo del 18 e 19 giugno 2009.

3.   Raccomandazioni del CESE sulla gestione dell'attuale crisi del mercato del lavoro

3.1   Ristabilire la fiducia di consumatori ed investitori garantendo e stimolando la domanda privata e pubblica

3.1.1

La politica del mercato del lavoro in sé non crea posti di lavoro. Essa può sostenere il processo di creazione di occupazione, ma non può sostituire il dinamismo necessario alla creazione di posti di lavoro. Il fondamento di una politica occupazionale efficiente è un'economia stabile. Senza una rivitalizzazione dell'economia non ci saranno sviluppi occupazionali positivi. Specie in una situazione di tensione sul mercato del lavoro, le misure di politica del mercato del lavoro possono quindi ottenere risultati positivi soltanto in un contesto macroeconomico più favorevole. In queste circostanze il CESE ha dato il suo sostegno al piano europeo di ripresa economica approvato nel dicembre 2008, considerando che esso costituisca la strategia giusta per reagire alle sfide presenti, ma chiede alla Commissione e a tutte le parti interessate negli Stati membri di attuare il piano senza ulteriori indugi (4).

3.1.2

Tuttavia, per evitare licenziamenti di massa e prevenire una disoccupazione di massa sono adesso necessari sforzi ben più intensi a livello nazionale ed europeo. Il CESE ribadisce pertanto le riserve già espresse relative alla portata insufficiente del piano di ripresa avviato (5). Se in autunno si dovesse evidenziare che le misure intraprese sinora per prevenire la disoccupazione di massa sono troppo modeste, il CESE invita ad approvare un secondo piano europeo di ripresa economica del PIL che abbia un impatto rilevante sul mercato del lavoro e che rappresenti un ulteriore 2 % del PIL. Oltre ad investimenti nazionali aggiuntivi diretti a intensificare gli effetti occupazionali, da effettuare in modo molto più coordinato rispetto a quanto accaduto finora, vanno individuati progetti d'investimento significativi a livello europeo.

3.1.3

Accanto alla rivitalizzazione dell'economia, è essenziale anche attuare misure occupazionali. Pertanto la spesa prevista deve essere destinata esplicitamente, per un importo pari all'1 %, a misure relative al mercato del lavoro, che possono assumere forme differenti nei vari Stati membri in funzione delle rispettive situazioni occupazionali (ad esempio rafforzamento del sostegno alla disoccupazione, promozione di modelli di flessicurezza, appoggio a modelli di lavoro a orario ridotto con adeguata garanzia di reddito, investimenti nella formazione e nel perfezionamento professionale, rafforzamento degli incentivi occupazionali, misure preventive adeguate alle esigenze delle aziende, creazione di posti di lavoro nel terzo settore, ecc.) e per un altro 1 % a investimenti con un alto contenuto occupazionale. Gli investimenti diretti alla soluzione di problemi ambientali e sociali e alla promozione dell'innovazione promettono «un doppio dividendo», in quanto essi non solo infondono nuovo dinamismo a breve termine all'economia, ma fanno aumentare allo stesso tempo, nell'ottica della strategia di Lisbona, anche la competitività e il futuro potenziale di crescita.

3.2   Utilizzare strumenti di politica occupazionale attiva sovvenzionati con fondi pubblici per salvaguardare l'occupazione attuando al tempo stesso le misure di riqualificazione

3.2.1

Il CESE accoglie con favore il fatto che sempre più Stati membri dell'UE, alla luce della situazione drammatica del mercato del lavoro e delle difficili circostanze di molte imprese, hanno applicato strumenti, sovvenzionati con fondi pubblici, di politica attiva del mercato del lavoro, per mantenere gli occupati in azienda e riqualificarli (il cosiddetto orario di lavoro ridotto) invece di licenziare. Nell'utilizzare tali modelli che permettono alle imprese di trattenere i dipendenti durante la crisi, in congiunzione con robusti sostegni ai redditi nel quadro della diminuzione del tempo di lavoro, il CESE individua una risposta molto più intelligente per la gestione della crisi che il semplice licenziamento dei dipendenti al primo segno di calo degli ordini, in quanto in questo modo non appena l'economia ricomincia a crescere vi è un livello sufficiente di manodopera specializzata formata a disposizione dell'impresa. Secondo il CESE questi modelli dovrebbero essere sviluppati anche in quei paesi dell'UE dove adesso non esistono ed essere estesi obbligatoriamente anche agli occupati con contratti di lavoro atipici.

3.2.2

Se tali modelli possono aiutare ad allentare la tensione nei settori e nelle imprese particolarmente colpite, ci si deve però chiedere che cosa fare se la contrazione continua e questi strumenti diretti alle imprese non sono sufficienti a impedire i licenziamenti. Devono quindi essere sviluppati, garantendone il finanziamento e coinvolgendo le parti sociali, strumenti aggiuntivi quanto più estesi possibile per la protezione dell'occupazione e per la riqualificazione con l'obiettivo di attenuare l'impatto della crisi sul mercato del lavoro (per es. reti di sicurezza specifiche, misure di qualificazione orientate alla domanda in settori di avanguardia, come ad esempio l'ambiente, l'energia, la salute).

3.2.3

Sono, inoltre, necessarie reti di sicurezza sociale sufficienti, efficaci e sostenibili, nel cui quadro occorre prestare particolare attenzione all'aiuto alle persone colpite più duramente, cioè ai gruppi socialmente deboli e svantaggiati nel mercato del lavoro. Infatti di regola la crisi colpisce in primis le persone più deboli con contratti di lavoro precari come quelli di lavoro interinale o coloro che hanno un lavoro a tempo determinato oppure ancora i gruppi svantaggiati nel mercato del lavoro. Anche i giovani sono colpiti in modo sproporzionato. Per tale ragione l'integrazione dei giovani nel mercato del lavoro è una delle massime priorità in questa crisi. L'economia sociale può assumere un ruolo significativo nella gestione della crisi, specie quando si tratta di creare posti di lavoro di particolare utilità sociale. Nel farlo occorre tuttavia aver cura di evitare distorsioni della concorrenza.

3.3   Evitare se possibile le riduzioni salariali, promuovere le pari opportunità, tenere conto delle disuguaglianze esistenti e garantire più sicurezza sul mercato del lavoro

3.3.1

Il forte repentino incremento della disoccupazione come anche l'utilizzazione di modelli di lavoro a orario ridotto mostrano che nella maggior parte dei paesi UE vi è una flessibilità nei mercati del lavoro sufficiente per permettere alle imprese di reagire nel breve periodo ad un declino degli ordini. Non si può quindi assolutamente parlare di mercati del lavoro rigidi in Europa. Nella crisi attuale gli appelli alla riduzione delle norme di protezione del lavoro esistenti mancano di qualsiasi fondamento reale. Di fronte ai rischi crescenti che un numero sempre più elevato di occupati corrono con l'aggravarsi della situazione sul mercato del lavoro, si manifesta piuttosto la necessità di un aumento della sicurezza effettiva nel mercato del lavoro. A parere del CESE una delle misure necessarie a tal fine consiste nel facilitare l'accesso alle prestazioni sociali di sostegno, specie in caso di disoccupazione, e la loro estensione al fine di impedire un ulteriore aumento delle disuguaglianze. In tale contesto il CESE invita la Commissione a riprendere la sua proposta di ampliamento della durata di riferimento delle prestazioni sociali di sostegno in caso di disoccupazione (6).

3.3.2

In ogni caso, per quanto riguarda tutte le misure adottate per uscire dalla crisi, occorre fare attenzione affinché esse non siano in contrasto con l'obiettivo di incentivare la domanda e l'occupazione e di attenuare le difficoltà sociali. Esse devono essere configurate in modo da essere accettabili sotto il profilo sociale e promuovere la crescita e l'occupazione. A tal fine negli Stati membri occorre rafforzare, con il coinvolgimento delle parti sociali, anche i consumi privati, attraverso opportune politiche fiscali e dei redditi.

3.3.3

Il CESE ha già affermato in precedenza che a una politica salariale, che tenga nel debito conto il doppio ruolo svolto dai salari nell'economia, spetta un ruolo centrale nella gestione della crisi. Poiché le imprese investono e creano posti di lavoro solo se vi sono buone aspettative di domanda, una strategia di medio termine volta a tenere l'incremento dei salari in linea con l'aumento della produttività dell'economia nel suo complesso assicura, in una prospettiva economica generale, che si raggiunga un equilibrio tra un'evoluzione sufficiente della domanda e la garanzia della competitività dei prezzi. Le parti sociali devono pertanto lavorare per evitare diminuzioni dei salari rivolte a scaricare le difficoltà sugli altri (beggar thy neighbour) (7). In questo contesto il CESE sottolinea, specialmente durante una recessione economica gravissima, la necessità di orientare la politica dei salari allo sviluppo della produttività complessiva dell'economia.

3.4   Mantenimento degli investimenti pubblici grazie a un'applicazione temporaneamente flessibile del patto di stabilità e all'ampliamento della base imponibile negli Stati membri

3.4.1

Le misure per stimolare l'economia e per stabilizzare il mercato del lavoro saranno molto costose. La maggior parte dei paesi UE supereranno la soglia del 3% del disavanzo del bilancio pubblico. Il CESE ha già dichiarato che, a suo giudizio, nelle circostanze straordinarie date, ciò è ragionevole, necessario ed è quindi tollerabile senza dover essere sanzionato, nel quadro della flessibilità introdotta con la riforma del patto per la stabilità e la crescita. Affinché si crei il potenziale per la crescita futura le condizioni del patto non devono comunque costituire un ostacolo a futuri investimenti nella ricerca, nello sviluppo e nella formazione (8). La crescita costituisce infatti la condizione necessaria per un rapido ritorno alla normalità dei bilanci pubblici una volta che sia stata superata la crisi. Occorre però pensare fin da ora a come si possa, dopo la crisi, ritornare nuovamente su un sentiero sostenibile a lungo termine.

3.4.2

Non si può attingere ai bilanci pubblici per tutto, dai salvataggi bancari agli incrementi delle spese sociali, passando attraverso gli investimenti nell'innovazione fino al sostegno alle imprese. Sarà inevitabile l'apertura di nuove fonti di entrate per lo Stato. Il CESE è del parere che sia necessario un rafforzamento della base imponibile degli Stati membri, tra l'altro attraverso la chiusura dei paradisi fiscali, mettendo fine alla concorrenza in materia di diminuzione delle imposte e anche attraverso misure contro l'evasione fiscale. Inoltre, è opportuno un ripensamento complessivo dei regimi fiscali, nel cui ambito devono essere prese in considerazione le questioni i riguardanti i contributi delle diverse forme di reddito e patrimonio (9).

3.4.3

Il rafforzamento della dimensione europea significa anche immaginare progetti comuni europei, per esempio nel settore delle infrastrutture per l'approvvigionamento energetico. Un contributo al finanziamento di tali progetti potrebbe venire dall'impiego a tal fine delle risorse non utilizzate del bilancio UE grazie a una maggiore flessibilità tra le linee di bilancio. In questo contesto andrebbe valutata anche l'ipotesi di un prestito obbligazionario europeo di un fondo di investimento sovrano europeo.

3.5   Maggior ricorso a risorse finanziarie europee, accesso facilitato ai fondi strutturali e rapido miglioramento del fondo di adeguamento alla globalizzazione.

3.5.1

Nell'assegnazione delle risorse provenienti dai diversi Fondi europei si richiede, accanto al loro impiego efficiente e alla flessibilità, anche un approccio pragmatico perché i loro effetti si facciano sentire più rapidamente. Si tratta a tale proposito di introdurre semplificazioni amministrative per l'impiego delle risorse previste, ma anche di prevedere un possibile aumento di risorse attraverso l'uso di quelle non utilizzate da altri settori d'intervento della politica comunitaria.

3.5.2

Per quanto riguarda il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, il CESE ha di recente emesso un parere (10) nel quale accoglie con favore la proposta della Commissione di estenderne provvisoriamente il campo di applicazione alle persone occupate che perdono il lavoro a causa della crisi economica mondiale.

3.5.3

Il CESE ha inoltre proposto di portare le risorse del fondo a 1 miliardo di euro e la durata del sostegno a 24 mesi, nonché di dimezzare a 500 il numero minimo di esuberi a partire dal quale è previsto l'intervento e di innalzare il tasso di cofinanziamento. Il CESE esorta anche a far partecipare le parti sociali a tutti i livelli nel trattamento delle richieste di intervento del Fondo. Se la crisi continuasse, si dovrebbe valutare anche un potenziamento delle risorse e un possibile abbassamento del numero minimo di 500 esuberi necessario per chiedere il sostegno del Fondo.

3.6   Migliorare le competenze, rispondere alle esigenze del mercato del lavoro e promuovere la mobilità

3.6.1

Migliorare le competenze è essenziale per la crescita e la produttività future dell'Europa, per la sua capacità di adeguarsi al cambiamento, per l'equità e la coesione sociale. È il modo migliore di sfruttare nuove opportunità per la creazione sostenibile di posti di lavoro.

3.6.2

Quando l'economia inizierà a riprendersi sarà necessaria tutta la forza lavoro disponibile, anche a causa dei cambiamenti demografici e della conseguente contrazione del numero di persone in età lavorativa.

3.6.3

La mobilità dei lavoratori è uno strumento fondamentale per un funzionamento efficace del mercato interno ed è indispensabile per consentire a un numero maggiore di persone di trovare un lavoro migliore, obiettivo primario della strategia di Lisbona. Bisogna accrescere la mobilità dei lavoratori tra un impiego e l'altro e tra differenti regioni e Stati membri, purché ciò avvenga nel rispetto dei contratti collettivi e delle vigenti discipline nazionali del lavoro. La mobilità favorisce inoltre la crescita economica e la competitività dell'UE nella competizione economica globale.

4.   Osservazioni sulle priorità stabilite al vertice sull'occupazione

4.1

Sulla base dei punti essenziali summenzionati il CESE sostiene le priorità stabilite al vertice sull'occupazione che possono contribuire alla stabilizzazione della situazione sul mercato del lavoro.

4.1.1

Conservare il lavoro: per il CESE è di particolare importanza che in questo campo si metta al centro l'aspetto della qualità del lavoro («more and better jobs») e un passaggio da un posto di lavoro ad un altro che sia interessante economicamente («make transition pay»). L'approccio della flessicurezza deve realizzare un'effettiva sicurezza nella transizione e in questo quadro, nella pratica si deve attribuire la stessa priorità alla sicurezza sul mercato del lavoro, a rapporti di lavoro stabili, al mantenimento dell'occupabilità, alla sicurezza sociale e alla flessibilità del mercato del lavoro. L'uscita dalla crisi verso un nuovo processo di crescita deve essere accompagnata in tal senso da maggiori garanzie per i lavoratori e da un minor livello di flessibilità e di contratti di lavoro precari.

4.1.2

Incentivazione della mobilità: condizioni economiche in evoluzione richiedono un alto grado di adattabilità innovativa anche sui mercati del lavoro. Si deve poter reagire in modo intelligente a strutture che cambiano rapidamente. Ai fini dell'approccio della flessicurezza ci si deve assicurare che i lavoratori siano attrezzati per raccogliere le nuove sfide che si presentano nel mondo del lavoro in modo che sia possibile una mobilità tra posti di lavoro di buona qualità. Sullo sfondo della crisi attuale si deve dedicare particolare attenzione al mantenimento dell'occupabilità. È importante creare e salvaguardare posti di lavoro, piuttosto che limitarsi a prevedere misure di sostegno in favore dei disoccupati. Bisogna inoltre fare tutto il possibile affinché i provvedimenti di politica del mercato del lavoro e quelli relativi all'occupazione conducano nei fatti alla mobilità da posti di lavoro persi verso posti di lavoro creati ex novo e non sfocino in una mobilità dal lavoro verso la disoccupazione oppure verso la trappola di posti di lavoro di cattiva qualità.

4.1.3

Perfezionamento professionale in linea con i fabbisogni sul mercato del lavoro: il CESE afferma la preminente importanza dell'accesso alla formazione e al perfezionamento professionale e del loro finanziamento, nonché dell'utilizzo del tempo di lavoro nel quadro dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Ciò deve però andare di pari passo con la creazione di posti di lavoro produttivi, altamente qualificati e ben retribuiti, in modo che i lavoratori non accettino - come troppo spesso sono costretti a fare - posti di lavoro poco qualificati. Lavoratori con una buona formazione e disponibilità di posti di lavoro produttivi sono essenziali per inserire i giovani nel mercato del lavoro e per promuovere la concorrenza e la prosperità.

4.1.4

Facilitare l'accesso al mercato del lavoro: questo aspetto deve avere una particolare priorità vista la crisi attuale che approfondisce le disuguaglianze e mette un numero sempre maggiore di persone dinanzi a problemi che toccano aspetti fondamentali della loro vita. Sono importanti soprattutto la creazione di occupazione per coloro che sono esclusi dal mercato del lavoro e un impegno effettivo per eliminare le discriminazioni nell'accesso e nella permanenza sul mercato del lavoro. Il CESE ha già dedicato un parere separato alla promozione dell'accesso di gruppi prioritari al mercato del lavoro e in questo contesto ha affermato che il rientro su tale mercato deve essere affiancato da sforzi nella prospettiva di una permanenza consolidata e un avanzamento nel mercato del lavoro (11). L'UE a tal fine deve creare, coinvolgendo le parti sociali e rispettandone l'autonomia, anche normative adeguate per il lavoro atipico e in tale contesto deve risultare chiaro che anche in futuro i contratti di lavoro a tempo indeterminato devono rimanere la regola.

4.1.5

Incentivare l'imprenditorialità e la creazione di posti di lavoro: il CESE riconosce che le misure a breve termine devono essere accompagnate da interventi a lungo termine e da una strategia lungimirante. Le imprese hanno bisogno di essere aiutate a superare la crisi del credito e a rilanciare la loro missione quotidiana di produrre, fornire servizi e creare posti di lavoro. Occorre sviluppare una mentalità imprenditoriale. I disoccupati, specie giovani, disposti ad avviare un'attività autonoma, vanno sostenuti attraverso strumenti economici, la promozione di investimenti produttivi e specifiche misure di qualificazione.

4.1.6

Le riforme strutturali previste nella strategia dell'UE per la crescita e l'occupazione vanno portate avanti, ma devono essere strutturate in modo socialmente responsabile e non devono vanificare gli sforzi rivolti a rinforzare la domanda privata e pubblica e ad ammortizzare le ricadute sociali.

4.2

Le parti sociali e gli altri rappresentanti della società civile organizzata assumono nella gestione della crisi un ruolo chiave. È necessario un dialogo sociale rafforzato, in particolare poi un potenziamento dei contratti collettivi, per definire e attuare una politica che ci conduca quanto più rapidamente possibile fuori dalla crisi e contemporaneamente attenui quanto più possibile le ripercussioni economiche e sociali della crisi per i cittadini. Tutti coloro che hanno posizioni di responsabilità nell'economia, nella società e nella politica hanno il compito di garantire oggi che una crisi del genere non si ripeterà.

Bruxelles, 11 giugno 2009.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  Previsioni intermedie dell'OCSE, marzo 2009. A titolo di comparazione con queste previsioni relative ai 16 Stati dell'Eurogruppo, nel 1999 la disoccupazione era pari al 9,9 % nell'UE-15 e al 10,9 % nell'UE-11 (URL: http://www.oecd.org/dataoecd/7/20/2666439.pdf)

(2)  Ibidem.

(3)  Cfr. CESE - Un programma per l'Europa: le proposte della società civile - www.eesc.europa.eu

(4)  Cfr. il parere del CESE, del 24 marzo 2009, sul tema Un piano europeo di ripresa economica COM(246) 800 def., relatore: Delapina (GU C 228 del 22.9.2009).

(5)  Ibidem.

(6)  Comunicazione della Commissione per il Consiglio europeo di primavera - Guidare la ripresa in Europa - COM(2009) 114 def.

(7)  Cfr. nota 4.

(8)  Ibidem.

(9)  Ibidem.

(10)  Cfr. il parere del CESE, del 24 marzo 2009, in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1927/2006, che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione., relatore: Pariza Castaños (GU C 228 del 22.9.2009).

(11)  Cfr. il parere del CESE, del 12 luglio 2007, sul tema L'occupazione per le categorie prioritarie (strategia di Lisbona), relatore: Greif (GU C 256 del 27.10.2007).


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

I seguenti emendamenti, che hanno ricevuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni (art. 54, par. 3, del Regolamento interno):

Punto 3.3

Modificare come segue:

«Evitare se possibile le riduzioni salariali, promuovere le pari opportunità, tenere conto delle disuguaglianze esistenti e garantire più sicurezza sul mercato del lavoro ; la flessicurezza costituisce l'approccio giusto per modernizzare e promuovere l'adattabilità dei mercati del lavoro »

Esito della votazione

Voti favorevoli: 84 Voti contrari: 90 Astensioni: 11

Punto 3.3.1

Modificare come segue:

«Il forte repentino incremento della disoccupazione come anche l'utilizzazione di modelli di lavoro a orario ridotto mostrano che nella maggior parte dei paesi UE vi è una la flessibilità nei mercati del lavoro sufficiente per contribuisce sensibilmente a permettere alle imprese di reagire nel breve periodo ad un declino degli ordini. Non si può quindi assolutamente parlare di mercati del lavoro rigidi in Europa. Nella crisi attuale gli appelli alla riduzione delle norme di protezione del lavoro esistenti mancano di qualsiasi fondamento reale. Di fronte ai rischi crescenti che un numero sempre più elevato di occupati corrono con l'aggravarsi della situazione dell'economia e sul mercato del lavoro, si manifesta piuttosto la necessità di un adeguato equilibrio tra sicurezza e flessibilità. aumento della sicurezza nel mercato del lavoro. Per promuovere la parità di opportunità ed evitare che si accrescano i divari bisogna adottare misure adeguate, rivolte innanzi tutto ai più sfavoriti. A giudizio del Comitato tali misure dovrebbero comprendere una riduzione dei costi non salariali della mano d'opera e la concessione di un adeguato sostegno al reddito, nonché il mantenimento degli incentivi alla riassunzione. A parere del CESE una delle misure necessarie a tal fine consiste nel facilitare l'accesso alle prestazioni sociali di sostegno, specie in caso di disoccupazione, e la loro estensione al fine di impedire un ulteriore aumento delle disuguaglianze. In tale contesto il CESE invita la Commissione a riprendere la sua proposta di ampliamento della durata di riferimento delle prestazioni sociali di sostegno in caso di disoccupazione. »

Esito della votazione

Voti favorevoli: 78 Voti contrari: 96 Astensioni: 9


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/76


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione

COM(2009) 21 def. — 2009/0009 (CNS)

2009/C 306/17

Il Consiglio dell'Unione europea, in data 27 febbraio 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 93 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione»

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 28 maggio 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore unico BURANI.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta del 10 giugno 2009), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 114 voti favorevoli e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il documento della Commissione viene presentato come seguito all'impegno, previsto dal Consiglio, di presentare entro il 31 dicembre 2008 una relazione ed eventuali proposte in merito agli sviluppi tecnologici in materia di fatturazione. Le norme relative, contenute nella direttiva IVA 2006/112/CE, non hanno pienamente raggiunto i loro obiettivi; d'altra parte, una loro revisione ha comportato ulteriori riflessioni, portando all'individuazione di altre carenze. La proposta di direttiva intende apportare un contributo alla politica di semplificazione, di riduzione degli oneri per gli operatori ed in particolare le PMI, e in modo indiretto ma efficace, di lotta contro la frode.

1.2

In materia di fatturazione, le proposte sono dettagliate e di carattere estremamente tecnico, tutte peraltro intese al raggiungimento degli obiettivi più sopra elencati; merita di essere ricordato, in particolare, l'esplicito riconoscimento della parità fra la fattura elettronica e la fattura su supporto cartaceo. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si dichiara d'accordo sulle misure suggerite, che sembrano razionali e conformi ai principi di una buona amministrazione; esprime peraltro serie riserve sull'eccessiva libertà concessa agli Stati membri (SM) di adottare o meno una serie di disposizioni. Ci si rende conto delle difficoltà incontrate dalla Commissione nel redigere norme cogenti valide in tutta l'UE; d'altra parte, le resistenze degli SM ad adottare talune norme possono essere dovute anche a differenti livelli di sofisticazione delle procedure amministrative o a rigidità legislative. Il risultato di questa situazione è tuttavia quello di provocare una flessibilità nell'applicazione della normativa con conseguente rallentamento sulla via dell'armonizzazione nonché un aumento degli oneri amministrativi per le imprese.

1.3

Il CESE ritiene di dover formulare serie riserve su un solo punto: la proposta di concedere l'accesso agli archivi elettronici degli operatori alle autorità di altri SM. Un tale diritto va bene al di là dei principi di cooperazione amministrativa e non sembra giuridicamente sostenibile, soprattutto se si tiene conto del fatto che viene contemporaneamente soppressa la norma secondo la quale l'uso dei dati deve essere limitato ai soli fini di controllo.

2.   Premessa

2.1

Le norme sulla fatturazione dell'IVA, che in estrema sintesi costituiscono la base giuridica e regolamentare per l'incasso del tributo e, indirettamente, per combattere l'evasione fiscale, sono contenute nella direttiva 2001/115/CE, ora incorporate nella «direttiva IVA», 2006/112/CE. L'art. 237 di quest'ultima prevede che la Commissione presenti una relazione, corredata, se del caso, di una proposta di modifica delle condizioni per la fatturazione elettronica che tenga conto degli sviluppi tecnologici in questo campo. Nella proposta di direttiva ora in esame, la Commissione rileva che le norme originali non hanno pienamente raggiunto gli obiettivi; coglie quindi l'occasione per ampliare la portata delle proposte in modo da sanare le carenze rilevate nella materia.

2.2

Il complesso delle nuove norme è ispirato a quattro fondamentali obiettivi: semplificare le norme per ridurre gli oneri amministrativi a carico delle imprese, favorire le PMI, diffondere l'uso della fattura elettronica, e infine contribuire alla lotta all'evasione dell'IVA: operazione certo non semplice ma che comunque la Commissione ha affrontato con ottime intenzioni; i risultati dipenderanno tuttavia dalla buona volontà ed efficienza che le amministrazioni nazionali dimostreranno nel mettere in pratica le disposizioni della direttiva.

2.3

La riduzione degli oneri amministrativi costituisce un impegno che la Commissione si è assunto nell'adottare il «piano d'azione» del 2007. Con questa proposta la Commissione, facendo rientrare la fatturazione elettronica in un pacchetto dei provvedimenti a favore della «better regulation» per alleggerire il carico burocratico delle imprese, mira ad un duplice scopo: quello di assicurate che le autorità fiscali attribuiscano alle fatture elettroniche la stessa valenza probante riservata alle fatture cartacee e quello di realizzare un insieme di norme armonizzate, che vadano a ridurre le opzioni attualmente lasciate agli SM soprattutto in materia di autocertificazione.

2.4

Per quanto riguarda le PMI, sono da accogliere con particolare favore due provvedimenti, l'uno che prevede l'estensione della fatturazione semplificata, l'altro la possibilità di contabilizzare l'IVA sulla base del principio di cassa: ne dovrebbe derivare una riduzione dei costi, una semplificazione di procedure e indirettamente un incoraggiamento per le PMI ad estendere e/o a riprendere oltre frontiera il loro raggio d'azione.

2.5

La proposta si colloca nel contesto della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione e riveste grande importanza politica in quanto consente l'ulteriore consolidamento del mercato unico. Entro tale scenario promuovere la diffusione della fatturazione elettronica e la sua conservazione contribuirà a rendere più fluide le operazioni commerciali, consentendo alle imprese di cogliere nuove opportunità e trarre vantaggio, in termini di riduzione dei costi e recupero di produttività, dall'utilizzo delle nuove tecnologie, soprattutto attraverso la riqualificazione delle risorse impiegate per la ricezione, registrazione ed archiviazione dei dati.

2.6

Come contributo alla lotta antifrode, la proposta della Commissione, pur cercando di eliminare gli ostacoli giuridici alla fattura elettronica, soprattutto nel caso della fatturazione transfrontaliera, mira a rendere più rigorose le norme sulla funzione della fattura nella detrazione dell'IVA, accelerando nel contempo lo scambio di informazioni sulle cessioni intracomunitarie.

2.7

Il CESE ritiene che il complesso delle norme in esame risponda ai principi ai quali la proposta si è ispirata e le approva in linea generale, formulando alcune osservazioni e proposte intese a migliorare, se condivise, le possibilità di applicazione pratica delle norme.

3.   Principali misure proposte e commenti

3.1

In materia di acconti o pagamenti successivi (art. 64.2), le nuove norme stabiliscono che le cessioni continuative di beni per un periodo superiore al mese di calendario, cedute o trasferite in esenzione di IVA, si considerano come effettuate alla scadenza di ogni mese di calendario; le prestazioni continuative di servizi assoggettate ad IVA effettuate per un periodo superiore all'anno si considerano effettuate alla scadenza di ogni anno civile. Gli SM hanno la facoltà di applicare la scadenza convenzionale dell'anno civile alle prestazioni di beni e servizi «in taluni casi» non rientranti nelle due categorie predette.

3.1.1

La semplificazione introdotta con queste norme è da accogliere con favore, anche perché essa permette un migliore controllo dei traffici a carattere continuativo; il CESE formula tuttavia qualche riserva sulla facoltà accordata agli SM di applicare la scadenza convenzionale dell'anno civile ai casi non previsti dalla direttiva: viene indebolita l'armonizzazione e la genericità della formulazione potrebbe generare confusioni se non anche contestazioni.

3.2

L'articolo 167 bis prevede che nei casi in cui l'imposta detraibile sia esigibile al ricevimento del pagamento («principio di cassa»), gli SM possano stabilire che il diritto alla detrazione sorga nel momento della cessione dei beni o della prestazione dei servizi, oppure al momento dell'emissione della fattura. Tali opzioni sono possibili soltanto se al soggetto passivo si applica il principio di cassa e se il suo fatturato annuo non supera i 2 milioni di euro.

3.2.1

Queste norme costituiscono una notevole facilitazione per le PMI che adottano la contabilità di cassa, e per quelle imprese che usufruiscono dell'inversione contabile ma non sono in possesso di fattura. Tuttavia, esse prevedono la facoltà, non l'obbligo, degli SM di adottarle: ancora un indebolimento dell'armonizzazione e, in una certa misura, del principio della parità di concorrenza. Nella relazione accompagnatoria, la Commissione propone di limitare le misure facoltative a tutti gli SM; tuttavia il testo dell'articolo («possono») si presta ad ambiguità circa l'intenzione dichiarata.

3.3

L'articolo 1.9 della proposta reca una serie di modifiche alle lettere a), c) ed f) dell'articolo 178 della direttiva 2006/112/CE. In buona sostanza per poter fruire delle detrazioni le fatture devono essere redatte secondo i criteri del titolo XI, capo 3 della direttiva IVA; in sostanza, quando il prestatore/fornitore contabilizza l'IVA in base al principio di cassa, gli SM possono autorizzare il destinatario a far valere un diritto a detrazione immediato. La norma introduce un principio che favorisce la fluidità delle operazioni; ma, ancora una volta, la facoltà lasciata agli SM di applicarla o meno non contribuisce all'auspicata armonizzazione.

3.4

Una serie di provvedimenti (soppressione degli articoli 181 e 182, nuovi articoli 218 bis e 219 bis), dovrebbe risolvere i problemi per le imprese fornitrici/prestatrici ad altre imprese, che attualmente devono — in linea di massima ma spesso con difficoltà interpretative — rispettare le norme di fatturazione vigenti nello SM di destinazione. Viene introdotto un insieme di proposte armonizzate per le fatture, sia elettroniche che cartacee, tali da permetterne l'utilizzo in tutta l'UE; altrettanto dicasi per le fatturazioni a privati, per le quali le norme applicabili rimangono quelle del luogo d'imposizione.

3.4.1

Nuove norme riguardano le fatture semplificate, che possono essere consentite in alcuni casi, principalmente quando la base imponibile è inferiore a 200 EUR e quando la cessione/prestazione è esente senza diritto a detrazione; questa facoltà si tramuta in un obbligo che gli SM possono imporre per le forniture di beni o servizi all'interno del loro territorio.

3.4.2

La distinzione fra la fattura «completa» e quella semplificata consiste del differente impiego che può esserne fatto: la prima serve per esercitare il diritto a detrazione, la seconda non ha, in linea di massima, questa funzione se non nei casi consentiti e limitatamente all'interno del territorio di uno stesso SM. Le innovazioni introdotte sono coerenti con la volontà della Commissione di semplificare le procedure e di alleviare gli oneri per le imprese, ma le diverse opzioni che sono offerte agli SM sono, ancora una volta, contrarie al principio dell'armonizzazione: segno evidente del permanere di resistenze fra gli SM ad adottare procedure e sistemi amministrativi uniformi. Nelle regolamentazioni concernenti la fattura semplificata sarebbe preferibile introdurre una prescrizione vincolante piuttosto che la disposizione facoltativa prevista dalla proposta di direttiva, al fine di evitare costi amministrativi supplementari per quelle imprese che, operando in diversi Stati membri, sarebbero tenute ad applicare regolamentazioni differenti.

3.5

Gli SM possono fissare delle scadenze per l'emissione della fattura da parte dei soggetti passivi che, nel loro settore, effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi. La proposta di direttiva in esame prevede di inserire all'articolo 222 della direttiva 2006/112/CE una limitazione di queste scadenze, stabilendo che la fattura debba essere emessa entro il quindicesimo giorno del mese successivo al mese in cui si è verificato il fatto generatore dell'imposta. Il CESE ritiene che la scadenza proposta sia troppo breve per molti settori, come ad esempio l'industria edile, e propone di sopprimere la modifica lasciando quindi inalterato l'articolo 222, oppure di prolungare il termine per l'emissione della fattura ad almeno due mesi.

3.6

Una serie di nuove norme riguarda le procedure di registrazione, di contabilità e di archiviazione (anche elettronica) delle transazioni, imponibili o non imponibili; il CESE non ritiene di formulare particolari commenti al riguardo. Un'eccezione va fatta per quanto riguarda la facoltà per gli SM di imporre l'obbligo di tradurre determinate fatture nella loro lingua ufficiale: un obbligo che esiste già in taluni paesi, ma che comunque costituisce un non indifferente onere aggiuntivo per le imprese.

3.7

Un'importante innovazione viene introdotta dal nuovo articolo 249 in materia di controlli: la formulazione originale permette l'accesso all'archivio elettronico delle fatture alle sole autorità del paese nel quale l'operatore è stabilito; il nuovo testo propone che l'accesso sia esteso alle autorità di un altro SM nel quale l'IVA è dovuta. Cade anche la limitazione ora vigente, in base alla quale le autorità nazionali hanno la facoltà di accesso «nella misura in cui ciò sia loro necessario ai fini di controllo».

3.7.1

L'estensione della facoltà di accesso alle autorità di un altro SM, e senza limitazioni, costituisce secondo il CESE la concessione di un diritto che va al di là delle norme in materia di cooperazione amministrativa. Non esiste, sino ad ora, alcuna disposizione che permetta ad un'amministrazione estera, con o senza mandato dell'autorità giudiziaria del paese competente, di interrogare o di perquisire un soggetto nazionale; la nuova norma introduce un concetto equivalente ad una perquisizione per via elettronica. Inoltre, riesce difficile immaginare come sia possibile accedere ad un archivio elettronico prendendo conoscenza unicamente dei dati che interessano, ignorando quelli estranei ai motivi della ricerca.

3.8

In conclusione, il CESE non può che felicitarsi con la Commissione per aver dato un nuovo impulso all'opera già intrapresa di semplificazione delle procedure, di alleggerimento degli oneri amministrativi e contabili, di maggior rigore nella lotta contro la frode; è perplesso nei confronti del debole progresso sulla via dell'armonizzazione delle norme, pur riconoscendo le difficoltà costituite dalle resistenze degli SM; mantiene una forte riserva di carattere giuridico, ma anche di principio, sulle nuove norme in materia di accesso agli archivi elettronici.

Bruxelles, 10 giugno 2009.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/79


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici (versione codificata)

COM(2009) 129 def. — 2009/0043 (COD)

2009/C 306/18

In data 3 aprile 2009 il Consiglio ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 175, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici (versione codificata)»

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e dato che esso aveva già formato oggetto di un primo parere adottato il 25 maggio 1977 (1), di un secondo parere adottato il 14 settembre 1994 (2) e di un terzo parere adottato il 22 aprile 2008 (3), il Comitato, nel corso della 454a sessione plenaria dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta del 10 giugno), ha deciso, con 110 voti favorevoli e 5 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nei documenti citati.

 

Bruxelles, 10 giugno 2009.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  Parere del Comitato economico e sociale in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio concernente la conservazione dell'avifauna, GU C 152 del 29.6.1977, pag. 3.

(2)  Parere del Comitato economico e sociale in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 79/409/CEE del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici, GU C 393 del 31.12.1994, pag. 93.

(3)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Adeguamento alla procedura di regolamentazione con controllo - Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione, GU C 211 del 19.8.2008, pag. 46.


16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/80


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee (versione codificata)

COM(2009) 113 def. — 2009/0037 (COD)

2009/C 306/19

Il Consiglio, in data 26 maggio 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 156 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee» (versione codificata)

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, in data 10 giugno 2009, nel corso della 454a sessione plenaria, ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 112 voti favorevoli e 2 astensioni.

 

Bruxelles, 10 giugno 2009.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI