ISSN 1725-2466

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 162

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

51o anno
25 giugno 2008


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

442a sessione plenaria del 13 febbraio 2008 e 14 febbraio 2008

2008/C 162/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Definizione del ruolo e del regime delle azioni collettive nel settore del diritto comunitario del consumo

1

2008/C 162/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo — Strategia per la politica dei consumatori dell'UE 2007-2013 — Maggiori poteri per i consumatori, più benessere e tutela più efficace COM(2007) 99 def.

20

2008/C 162/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Politica spaziale europea COM(2007) 212 def.

24

2008/C 162/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'attuazione della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo, compresa un'analisi dell'opportunità di prevedere la responsabilità diretta del produttore COM(2007) 210 def.

31

2008/C 162/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Relazione della Commissione — Relazione sulla politica di concorrenza 2006 COM(2007) 358 def.

35

2008/C 162/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'omologazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa dei trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata) COM(2007) 840 def. — 2007/0284 (COD)

40

2008/C 162/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle denominazioni del settore tessile (rifusione) COM(2007) 870 def. — 2008/0005 (COD)

40

2008/C 162/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (versione codificata) COM(2007) 873 def. — 2007/0299 (COD)

41

2008/C 162/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (rifusione) COM(2008) 1 def. — 2008/0001 (COD)

41

2008/C 162/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Una valutazione indipendente dei servizi di interesse generale

42

2008/C 162/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Promuovere ampie possibilità di accesso di ogni tipo di pubblico alla biblioteca digitale europea

46

2008/C 162/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Mix energetico nel trasporto

52

2008/C 162/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Efficienza energetica degli edifici — contributo degli utilizzatori finali (parere esplorativo)

62

2008/C 162/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Eventuali effetti positivi o negativi dei maggiori vincoli ambientali ed energetici sulla competitività dell'industria europea

72

2008/C 162/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 460/2004 che istituisce l'Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione per quanto riguarda la durata dell'Agenzia COM(2007) 861 def. — 2007/0291 (COD)

79

2008/C 162/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Strumenti di gestione basati sui diritti di pesca

79

2008/C 162/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1782/2003, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori, per quanto riguarda il regime di sostegno per il cotone COM(2007) 701 def. — 2007/0242 (CNS)

83

2008/C 162/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (rifusione) COM(2007) 736 def. — 2007/0259 (COD)

85

2008/C 162/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'istituzione dell'Agenzia europea dell'ambiente e della rete europea d'informazione e di osservazione in materia ambientale (versione codificata) COM(2007) 667 def. — 2007/0235 (COD)

86

2008/C 162/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento (CE) n. …/… del Parlamento europeo e del Consiglio concernente le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli COM(2007) 848 def. — 2007/0287 (COD)

86

2008/C 162/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (rifusione) COM(2007) 858 def. — 2007/0292 (COD)

87

2008/C 162/22

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Prospettive della ricerca europea nel settore del carbone e dell'acciaio

88

2008/C 162/23

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga la decisione 85/368/CEE del Consiglio, del 16 luglio 1985, relativa alla corrispondenza delle qualifiche di formazione professionale tra gli Stati membri delle Comunità europee COM(2007) 680 def. — 2007/0234 (COD)

90

2008/C 162/24

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (a norma dell'articolo 128 del Trattato CE) COM(2007) 803 def. Parte V — 2007/0300 (CNS)

92

2008/C 162/25

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Integrazione finanziaria: il caso dei mercati borsistici europei

96

IT

 


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

442a sessione plenaria del 13 febbraio 2008 e 14 febbraio 2008

25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Definizione del ruolo e del regime delle azioni collettive nel settore del diritto comunitario del consumo

(2008/C 162/01)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 febbraio 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Definizione del ruolo e del regime delle azioni collettive nel settore del diritto comunitario del consumo.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 31 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore PEGADO LIZ.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 134 voti favorevoli, 94 voti contrari e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo ha deciso di riaprire il dibattito sulla necessità e sull'opportunità di una riflessione approfondita intorno al ruolo e al regime giuridico di una forma di azione collettiva armonizzata a livello comunitario, in particolare, almeno in un primo tempo, nei settori del diritto del consumo e della concorrenza.

1.2

Il Comitato è da sempre favorevole alla definizione, a livello comunitario, di un'azione collettiva volta a ottenere un effettivo risarcimento dei danni nel caso di violazione di diritti collettivi o diffusi. Un'azione del genere andrebbe a integrare opportunamente la protezione attualmente offerta dai mezzi di ricorso sia alternativi sia giudiziari, fra cui in particolare i provvedimenti inibitori così come sono stati definiti dalla direttiva 98/27/CE del 19 maggio 1998.

1.3

Il Comitato ha infatti sostenuto, più volte, la necessità di un intervento comunitario in questo campo in quanto, a suo parere, un'azione di questo tipo:

può contribuire in modo decisivo a eliminare gli ostacoli al funzionamento del mercato interno dovuti alle divergenze tra i vari regimi giuridici nazionali, restituendo così ai consumatori fiducia nei vantaggi del mercato unico e garantendo inoltre le condizioni di una concorrenza effettiva e leale tra le imprese (articolo 3, paragrafo 1, lettere c) e g) del Trattato),

permetterebbe di rafforzare la tutela dei consumatori rendendo le modalità di affermazione dei loro diritti dinanzi alla giustizia più agevoli e più efficaci e rendendo possibile un'applicazione della legislazione comunitaria con risultati concreti maggiori (articolo 3, paragrafo 1, lettera t) del Trattato),

rispetterebbe il principio fondamentale del «diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice» imparziale, diritto garantito dalla Carta europea dei diritti fondamentali (articolo 47).

1.4

Il fatto che negli ultimi anni molti Stati membri abbiano adottato regimi giuridici non uniformi di rappresentanza degli interessi collettivi dei consumatori, mentre altri Stati membri ancora non li prevedono, crea disuguaglianze nell'accesso alla giustizia e nuoce alla realizzazione del mercato interno. Il Comitato deplora questa situazione, tanto più che la soddisfazione e la fiducia dei cittadini costituiscono un obiettivo dichiarato della realizzazione del mercato interno del XXI secolo. Il Comitato intende seguire con attenzione gli effetti che eventuali misure potrebbero avere sulla competitività delle imprese europee e sulle conseguenze che l'imposizione di oneri sproporzionati potrebbe comportare, in ultima istanza, per i lavoratori e i consumatori.

1.5

Il Comitato si ripropone quindi di contribuire a tale riflessione avanzando proposte concrete riguardanti il regime giuridico dell'azione collettiva, tenendo conto dei regimi nazionali vigenti nei paesi europei, ma anche delle esperienze di altri paesi che hanno sviluppato queste azioni, tenendo conto in particolare dei principi contenuti nella raccomandazione C(2007) 74 del Consiglio dell'OCSE del 12 luglio 2007 sulla risoluzione delle controversie di consumo e sul risarcimento dei consumatori.

1.6

Nel definire i parametri per un'iniziativa legislativa a livello comunitario, il Comitato ha preso in considerazione la tradizione giuridica comune delle istituzioni giuridiche europee e i principi fondamentali comuni di procedura civile degli Stati membri, rifiutando gli elementi delle class action mutuati dal modello americano, incompatibili con queste tradizioni e questi principi. Il Comitato giudica particolarmente nefasto lo sviluppo di pratiche che attribuiscono a terzi investitori o ad avvocati ispirati dalla class action quote consistenti degli importi ottenuti a titolo di risarcimento o di danni punitivi in procedimenti avviati in nome degli interessi dei consumatori.

1.7

Tenuto conto degli obiettivi e delle finalità di un tale strumento, il Comitato ha analizzato le principali opzioni possibili in materia di regime giuridico (vantaggi e inconvenienti di un regime di opt-in, di opt-out o misto) il ruolo del giudice, il risarcimento dei danni, il ricorso e il finanziamento.

1.8

La base giuridica di un'iniziativa di questo genere e lo strumento giuridico da utilizzare sono altrettante questioni importanti che sono state anch'esse oggetto di analisi e di proposte.

1.9

Il Comitato ricorda peraltro che questa riflessione sull'introduzione di un meccanismo di azione collettiva non contrasta affatto, semmai è vero il contrario, con l'esistenza e lo sviluppo delle forme alternative di risoluzione delle controversie. Esso è stato tra i primi a parlare della necessità di creare strumenti efficaci tali da consentire ai consumatori di far valere i propri diritti, individuali o collettivi, senza agire in giudizio. A questo proposito, il Comitato propugna un migliore allineamento dei regimi basati sul difensore civico nei settori che costituiscono il mondo del consumo e in particolare laddove il commercio transfrontaliero è più sviluppato o presenta maggiori prospettive di sviluppo.

1.10

I mezzi di ricorso collettivo per i consumatori danneggiati s'iscrivono in tutta una serie di strumenti che possono andare dalle azioni individuali, volontarie e consensuali ad azioni collettive e giudiziarie. Ciascuno di questi livelli di risoluzione delle controversie deve funzionare in modo ottimale, e si deve fare in modo di agevolare il risarcimento dei danni subiti al livello più accessibile per le parti lese.

1.11

Il Comitato accoglie con favore l'intenzione espressa dalla Commissione di continuare gli studi sulla materia, ma insiste sulla necessità che vi sia, parallelamente, una reale volontà politica che porti a iniziative legislative adeguate.

1.12

Per tale motivo il Comitato, facendosi interprete della volontà dei rappresentanti della società civile organizzata, si rivolge al Parlamento europeo, al Consiglio e agli Stati membri, affinché questa riflessione sia condotta prendendo in considerazione gli interessi delle diverse parti e nel rispetto dei principi di proporzionalità e sussidiarietà e ad essa facciano seguito le decisioni politiche indispensabili all'adozione in tempi brevi di un'iniziativa nel senso raccomandato.

2.   Introduzione

2.1

L'obiettivo di questo parere d'iniziativa è quello di promuovere una riflessione allargata sul ruolo e il regime giuridico di una forma d'azione collettiva (1) a livello comunitario, in particolare, almeno in una prima fase (2), nel settore del diritto del consumo e della concorrenza. Il suo scopo ultimo è quello di indurre la società civile e le istituzioni competenti dell'Unione europea a studiare la necessità e l'impatto di tale iniziativa, riflettere sulla definizione della sua natura giuridica e sui termini e sulle condizioni della sua attuazione, nel quadro di uno spazio giudiziario europeo.

2.2

La metodologia utilizzata a tal fine è basata su un'analisi preliminare delle necessità esistenti nel quadro del mercato unico e della conformità dell'iniziativa con il diritto comunitario. In seguito viene studiata la sua capacità di risolvere i conflitti transfrontalieri in modo efficace e rapido, in particolare per quanto riguarda gli interessi economici dei consumatori.

3.   Il mercato unico e gli interessi collettivi dei consumatori

3.1

La massificazione delle operazioni commerciali, conseguenza dello sviluppo della produzione in serie a partire dalla seconda metà del secolo scorso, ha comportato cambiamenti di rilievo nel modo di stipulare i contratti e di ottenere gli accordi per la vendita e la prestazione dei servizi.

L'avvento della società dell'informazione e le possibilità create dalle vendite a distanza ed il commercio elettronico comportano nuovi vantaggi per il consumatore, che però può andare incontro a nuove forme di pressione ed incorrere in nuovi rischi nella stipula dei contratti.

3.2

Lo sviluppo di offerte pubbliche, contratti d'adesione, forme aggressive di pubblicità e di marketing, di un'informazione precontrattuale inadeguata, di pratiche commerciali sleali generalizzate e pratiche anticoncorrenziali, può arrecare danni a gruppi consistenti di consumatori che, la maggior parte delle volte, non sono identificati e difficilmente possono esserlo.

3.3

Nei sistemi giuridici di diritto procedurale tradizionali, che hanno le loro origini nel diritto romano, gli interessi individuali omogenei, gli interessi collettivi di gruppi o gli interessi diffusi di tutti non trovano sempre forme adeguate d'azione giudiziaria facili, rapide, poco costose ed efficaci (3).

3.4

Un po' ovunque nel mondo, e in particolare negli Stati membri dell'UE, i sistemi giuridici propongono forme di tutela giudiziaria degli interessi collettivi o diffusi.

3.4.1

Tuttavia, questi sistemi sono abbastanza diversi tra loro e presentano differenze marcate nella tutela di questi interessi. Queste differenze creano distorsioni nel funzionamento del mercato interno.

3.5

In assenza di armonizzazione a livello comunitario, infatti, i regimi giuridici nazionali si sono sviluppati, negli ultimi anni, secondo orientamenti molto diversi. Tali differenze si spiegano non tanto con il fatto che vi sono dei principi fondamentali divergenti, ma piuttosto con la differenza delle tradizioni procedurali. Le tavole allegate illustrano le divergenze più importanti a livello dei regimi nazionali (4).

3.6

Gli inconvenienti di questa situazione sono stati tempestivamente denunciati, soprattutto dalle organizzazioni rappresentative degli interessi dei consumatori, ma anche da parte di numerosi giuristi e professori di diritto comunitario, in quanto creano ineguaglianze nell'accesso al diritto e alla giustizia tra i cittadini europei (5).

3.7

Per quanto riguarda le istituzioni comunitarie, tuttavia, si è dovuto attendere il 1985 perché, in seguito ad un congresso organizzato a Gand nel 1982 sotto l'egida della Commissione, fosse pubblicato il celebre memorandum sull'accesso dei consumatori alla giustizia (6), documento nel quale la Commissione si occupava tra l'altro, per la prima volta, dei sistemi di difesa in giudizio degli interessi collettivi.

3.8

Ma perché la Commissione annunciasse concretamente la sua intenzione di mettere allo studio una direttiva-quadro per l'introduzione del diritto generalizzato delle associazioni a difendere in giudizio i loro interessi collettivi, invitando il Consiglio a riconoscere il ruolo preminente delle organizzazioni di consumatori, sia come intermediari che come attori diretti nel settore dell'accesso dei consumatori alla giustizia, si è dovuta attendere la sua comunicazione complementare del 7 maggio 1987, che faceva seguito ad una risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 1987 (7).

3.9

Anche il Consiglio nella sua risoluzione del 25 giugno 1987, esclusivamente dedicata alla protezione giuridica dei consumatori, sottolineava il ruolo importante che le organizzazioni di consumatori erano chiamate a svolgere e invitava la Commissione ad esaminare l'opportunità di un'iniziativa a livello comunitario in questo settore (8).

3.10

Infine, nel 1989, nel quadro della preparazione delle Future priorità per il rilancio della politica di protezione dei consumatori  (9), la Commissione sosteneva, nel suo programma triennale (1990-1992), che l'accesso alla giustizia ed al risarcimento dei danni non era soddisfacente in un gran numero di Stati membri, a causa dei costi, della complessità e dei termini necessari, e che esistevano problemi per le operazioni transfrontaliere. Dichiarava di avere in corso studi sulle misure da prendere e che la possibilità di azioni collettive per il risarcimento dei danni causati ai consumatori era oggetto di un'attenzione particolare (10).

3.11

Tuttavia, è soltanto nel 1993 che la Commissione si è decisa a rilanciare un dibattito pubblico sulla questione con la pubblicazione dell'importante Libro verdeL'accesso dei consumatori alla giustizia e la risoluzione delle controversie in materia di consumo nell'ambito del mercato unico  (11).

È in questa occasione infatti che è stata esaminata per la prima volta in modo approfondito ed in una prospettiva comunitaria la questione dell'istituzione di un regime uniforme per dei provvedimenti inibitori, regime che molti ritenevano sarebbe stata la base per una vera azione collettiva di difesa degli interessi dei consumatori (12).

3.12

Dal canto suo, il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 22 aprile 1994 (13), concludeva che sarebbe stato utile procedere ad una certa armonizzazione delle norme di procedura degli Stati membri, prevedendo la possibilità di istituire, per le cause fino a un certo importo, un procedimento comunitario che permettesse la risoluzione rapida delle controversie transfrontaliere, segnalando anche la necessità di armonizzare, fino ad un certo punto, le condizioni applicabili per l'avvio dei provvedimenti inibitori contro pratiche commerciali illecite.

3.13

Inoltre il CESE, nel suo parere adottato all'unanimità nel corso della sessione plenaria del 1o luglio 1994 (14), ha fatto tra l'altro riferimento al «riconoscimento generale della legittimazione processuale attiva delle associazioni di consumatori per rappresentare gli interessi collettivi o diffusi, in qualsiasi istanza giurisdizionale o extragiurisdizionale di qualsiasi Stato membro, a prescindere dalla nazionalità degli interessati, dalle stesse associazioni o dal luogo in cui è stata originata la controversia», ed ha espressamente invitato la Commissione a stabilire «norme fondamentali che disciplinino una procedura uniforme relativa alle azioni collettive e in rappresentanza congiunta», non soltanto per provvedimenti inibitori contro pratiche illecite ma anche per le azioni per danni e interessi (15).

3.14

Dal canto suo, il commissario Emma BONINO, già al momento di annunciare le sue priorità, ha messo l'accento sull'istituzione di un procedimento comunitario tale da permettere la rapida soluzione delle controversie transfrontaliere e l'armonizzazione delle condizioni applicabili per intentare provvedimenti inibitori contro pratiche commerciali illecite, accompagnato dal riconoscimento reciproco della legittimazione delle associazioni di consumatori ad agire in giudizio (16).

3.15

Successivamente, il 25 gennaio 1996 è stata pubblicata la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (17).

Con questa direttiva, la Commissione dava seguito alla raccomandazione della relazione Sutherland e rispondeva — accogliendola in gran parte — alla proposta che figurava nel Libro verde (18)  (19).

3.16

La direttiva in questione ha incontestabilmente rivoluzionato il diritto comunitario poiché per la prima volta e in via generale, la Comunità legiferava in una materia relativa al diritto procedurale civile (20).

Nondimeno, la proposta di estendere il campo d'applicazione al risarcimento dei danni non è stata accolta.

3.17

Parallelamente, la Commissione ha elaborato un piano d'azione sull'accesso dei consumatori alla giustizia e sulla risoluzione delle controversie in materia di consumo nell'ambito del mercato interno, presentato il 14 febbraio 1996, nel quale, dopo avere circoscritto e definito il problema delle controversie di consumo ed avere studiato le diverse soluzioni trovate a livello nazionale negli Stati membri, annunciava alcune iniziative che si proponeva di avviare. Fra queste, si può distinguere l'avvio di una riflessione sulla possibilità per i consumatori danneggiati da uno stesso professionista di dare mandato alle organizzazioni di consumatori di riunire le loro denunce ex-ante, per poter mettere in comune casi individuali omogenei allo scopo di presentarli congiuntamente dinanzi ad uno stesso organo giudiziario (21).

3.18

A questo proposito il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 14 novembre 1996, che considera che l'accesso alla giustizia è allo stesso tempo un diritto fondamentale dell'uomo ed una condizione indispensabile di garanzia nei confronti della sicurezza del diritto, che sia nazionale o che sia comunitario, riconosceva l'importanza dei metodi extragiudiziari di regolamento delle controversie di consumo, ma richiamava l'attenzione sulla necessità di garantire al consumatore la possibilità di ricorrere, dopo avere esaurito invano tutte le procedure di conciliazione extragiudiziarie, alle vie giudiziarie ordinarie nel rispetto del principio d'efficacia e di certezza giuridica. Di conseguenza, invitava la Commissione ad elaborare altre proposte intese a migliorare l'accesso dei cittadini europei non residenti ai procedimenti giudiziari nazionali ed incoraggiava gli Stati membri a favorire l'intervento delle associazioni di consumatori come mandatari delle persone autorizzate a presentare ricorsi e a riconoscere a queste associazioni una legittimazione attiva per intraprendere un'azione d'interesse collettivo di fronte ad alcuni comportamenti commerciali illeciti (22).

3.19

Da quel momento la questione sembrava essere stata praticamente accantonata dalla Commissione europea (23).

Al CESE, in compenso, essa è stata più volte menzionata, nell'ottica di dimostrare la necessità di uno strumento di procedura civile a livello comunitario, tale da permettere di difendere in giudizio interessi diffusi, collettivi o individuali omogenei (24).

3.20

La Commissione soltanto recentemente ha riaperto la questione nel suo Libro verde Azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie  (25), in termini che occorre sottolineare:

«Per motivi pratici, è molto improbabile — se non impossibile — che i consumatori e gli acquirenti che hanno subito un danno di lieve entità introducano un'azione di risarcimento del danno per violazione della normativa antitrust. Si dovrebbero pertanto esaminare delle modalità che permettano di meglio tutelare tali interessi mediante azioni collettive. Oltre alla tutela specifica degli interessi dei consumatori, le azioni collettive possono essere utilizzate per raggruppare in un'unica azione un numero consistente di domande di portata più modesta, risparmiando così tempo e denaro.»

3.21

Il Comitato, nel suo parere del 26 ottobre 2006, ha dato il suo sostegno all'iniziativa della Commissione ed ha confermato la necessità delle azioni collettive che mirano ad ottenere il risarcimento nella misura in cui «le azioni collettive soddisfano in maniera esemplare alcuni obiettivi fondamentali: 1) il reale risarcimento del danno, in quanto agevolano la richiesta da parte delle organizzazioni che agiscono a nome dei consumatori colpiti, contribuendo in tal modo a rendere effettivo l'accesso alla giustizia; 2) la dissuasione e la prevenzione di comportamenti anticoncorrenziali, considerando il maggior impatto sociale di questo tipo di azioni» (26).

3.22

Nel frattempo, la Commissione ha incaricato il centro studi per il diritto del consumo dell'Università cattolica di Lovanio di svolgere uno studio importante, pubblicato recentemente, sui mezzi alternativi di regolamento dei conflitti. Una parte non trascurabile di questo studio, che conta 400 pagine, è dedicata alla descrizione di 28 regimi nazionali di mezzi giudiziari collettivi di difesa dei consumatori, quelli dei 25 Stati membri più quelli degli USA, del Canada e dell'Australia (27).

3.23

Il nuovo commissario incaricato della protezione dei consumatori, Meglena KUNEVA, ha annunciato in molte dichiarazioni che questo tema è una delle priorità del suo mandato ed esso appare, del resto, già nella recente comunicazione Strategia per la politica dei consumatori dell'UE 2007-2013Maggiori poteri per i consumatori, più benessere e tutela più efficace  (28). L'importanza del tema è stata riaffermata oltre che da Meglena KUNEVA anche dal commissario Neelie KROES nel corso di una recente conferenza tenutasi a Lisbona su iniziativa della presidenza portoghese (29).

3.24

Da parte sua, anche il Consiglio (dei ministri) dell'OCSE ha appena adottato una raccomandazione sulla risoluzione delle controversie di consumo e il risarcimento dei consumatori [C(2007)74 del 12 luglio 2007]. In essa si riconosce che la maggior parte dei sistemi istituiti a tal fine negli Stati membri è stata creata per trattare casi nazionali e tali sistemi non sono sempre tali da permettere il risarcimento dei consumatori in controversie transfrontaliere.

4.   Le ragioni in favore di un'azione collettiva a livello comunitario

4.1

La protezione degli interessi dei consumatori sul piano giuridico negli Stati membri ed a livello dell'Unione europea passa non soltanto attraverso il riconoscimento dei diritti sostanziali, ma anche attraverso l'esistenza di procedimenti adeguati a far valere i loro diritti.

Occorre anche constatare che la moltiplicazione degli scambi transfrontalieri ha avuto per conseguenza lo sviluppo di controversie di consumo a livello europeo.

In numerosi casi si è verificato che il regolamento individuale delle controversie è insufficiente. Il suo costo e la sua lentezza contribuiscono in gran parte a rendere non effettivi i diritti dei consumatori, in special modo quando si tratta di un numero estremamente elevato di consumatori (nell'ordine delle migliaia o addirittura dei milioni) lesi da una stessa pratica e quando gli importi dei danni individuali sono relativamente modesti. Anche lo sviluppo graduale della «società europea» pone problemi in ordine alla determinazione del diritto applicabile; sarebbe auspicabile che i cittadini europei potessero far valere i loro diritti in modo uniforme. Allo stato attuale, comportamenti abusivi, che si realizzano in circostanze identiche e che causano danni identici in molti Stati membri, danno luogo a risarcimenti soltanto in quei pochi Stati membri in cui vige un regime di azioni collettive.

4.2

Inoltre, le Costituzioni di tutti gli Stati membri e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali affermano il diritto ad un processo equo. Questo diritto comprende in particolare il diritto di accedere in maniera ragionevole ed effettiva ad un tribunale.

4.3

Attualmente, i sistemi giudiziari sono tali che i cittadini non possono concretamente ed effettivamente contestare certe pratiche che sono per loro pregiudizievoli e portare la vertenza davanti al tribunale.

Molti Stati membri hanno dato da molti decenni due tipi di risposte a questo problema.

Hanno riconosciuto, inizialmente, all'interesse collettivo dei consumatori il diritto di essere protetto da azioni portate o dinanzi a degli organi amministrativi o dinanzi al giudice. Un'altra risposta adeguata è stata trovata anche con il riconoscimento di un procedimento che raggruppa azioni individuali. Il principio su cui si basano queste azioni è quello dell'economicità del procedimento nella misura in cui ingloba tutte le azioni sintetizzandole in un solo ed unico procedimento.

4.4

La creazione di un'azione collettiva europea permetterebbe un accesso alla giustizia per tutti i consumatori indipendentemente dalla loro nazionalità e situazione finanziaria e dall'entità del danno individuale. Essa offrirebbe anche vantaggi agli operatori grazie alle economie procedurali che permetterebbe di realizzare. I costi di un procedimento del genere sarebbero inferiori a quelli da sostenere nel caso di una pluralità di azioni individuali. Essa avrebbe l'ulteriore vantaggio della certezza giuridica, concentrando in una stessa decisione la risoluzione di innumerevoli vertenze simili (30). Eviterebbe infine le contraddizioni tra la giurisprudenza dei tribunali degli Stati europei chiamati a deliberare su controversie simili.

Questo sistema comune a tutti i paesi europei permetterebbe una migliore tutela dei consumatori, accrescendo anche la fiducia degli operatori e quindi gli scambi ed il commercio nell'Unione europea.

4.5

Tale azione così definita avrebbe un effetto positivo nel campo del diritto privato internazionale, tenuto conto delle difficoltà d'interpretazione e d'applicazione delle norme sul conflitto di leggi relative alle obbligazioni contrattuali e extracontrattuali (Roma I e Roma II). Essa consentirebbe inoltre di definire con precisione le regole di competenza giurisdizionale, di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (regolamento 44/2001) (31).

4.6

Così, il diritto del consumo risulterebbe rafforzato da un aumento dei ricorsi che permettono un giusto risarcimento a vantaggio dei consumatori e un'effettiva tutela della «parte debole», principio fondamentale del diritto comunitario. Sarebbe in particolare il caso della direttiva recentemente adottata sulle pratiche commerciali sleali. Queste pratiche sono spesso applicate simultaneamente in più Stati membri e ledono gli interessi di un alto numero di consumatori, senza che questi abbiano la possibilità di chiedere congiuntamente un risarcimento. L'azione collettiva è un complemento procedurale indispensabile all'attuazione effettiva di questa direttiva.

Tutte le direttive nel settore della tutela dei consumatori finora recepite negli Stati membri vedrebbero così il loro grado d'efficacia rafforzato dal riconoscimento di un'azione collettiva nei settori disciplinati dalle direttive.

Sarebbe auspicabile che vi fosse la possibilità di applicare tali disposizioni anche a vantaggio delle piccole e medie imprese che si trovano in una situazione analoga.

4.7

È del tutto evidente che l'attuazione di un procedimento giudiziario collettivo a livello comunitario, in quanto ricorso di ultima istanza per cercare di risolvere le controversie, non compromette in alcun modo i sistemi di risoluzione extragiudiziaria delle controversie legate al consumo. Questi ultimi hanno ricevuto il sostegno incondizionato del CESE. Le loro possibilità sono ancora da approfondire e sviluppare.

5.   Terminologia

5.1

Per ben definire l'oggetto della proposta occorre mettersi d'accordo sul tipo d'azione giudiziaria in questione.

Come mostra la sintesi dei regimi adottati negli Stati membri, la designazione ed il contenuto dei vari tipi d'azione variano molto. Occorre così fare una distinzione tra le azioni rappresentative, le azioni d'interesse collettivo e le azioni collettive.

5.2

Le azioni rappresentative sono accessibili solo alle associazioni di consumatori o organi amministrativi (del tipo difensore civico) per far cessare comportamenti contrari ai diritti dei consumatori o anche, in certi paesi, per ottenere la soppressione di clausole abusive o illecite nei contratti di consumo.

5.3

Le azioni d'interesse collettivo aprono la possibilità alle associazioni di consumatori di agire dinanzi ad un organo giudiziario o meno, quando l'interesse collettivo, generale, dei consumatori è leso dalla violazione di una disposizione precisa di diritto materiale o di una norma generale di comportamento. L'interesse collettivo non è la somma degli interessi individuali dei consumatori e si avvicina all'interesse generale.

5.4

L'azione collettiva è un'azione in giudizio che permette ad un gran numero di persone di fare riconoscere i loro diritti e di ottenere un risarcimento. Tecnicamente, costituisce dunque una realizzazione procedurale collettiva di diritti individuali.

5.5

L'azione collettiva non è riservata al solo settore della tutela dei consumatori e della concorrenza.

Tuttavia, nel caso del presente parere, è ricondotta ai soli settori materiali come li riconosce il diritto comunitario.

5.6

Si propone dunque per il presente parere di utilizzare il termine «azione collettiva» (32).

6.   Base giuridica

6.1

La base giuridica per la politica di difesa dei consumatori figura nel titolo XIV del Trattato, intitolato Protezione dei consumatori.

L'articolo 153 costituisce ovviamente un elemento importante della riflessione.

6.2

Infatti, allo stato attuale, anche se il diritto del consumo si è principalmente sviluppato attorno al riferimento costituito dall'articolo 95 del Trattato, la politica di tutela del consumatore, così come è qui prevista, costituisce manifestamente una misura volta a promuovere gli interessi economici dei consumatori.

6.3

Non vi è dubbio che l'azione collettiva garantirà un livello elevato di tutela e permetterà alle associazioni di consumatori di organizzarsi per tutelare gli interessi dei consumatori, cioè garantire loro un equo risarcimento in caso di violazione dei diritti che tutto il diritto comunitario, compreso il diritto in materia di concorrenza, riconosce loro in particolare.

6.4

Un'azione collettiva a livello comunitario contribuirà inoltre a migliorare il funzionamento del mercato interno a favore dei consumatori, conformemente all'intenzione alla base della «revisione del mercato interno», e ad aumentare la fiducia dei consumatori nella possibilità di sviluppare il commercio transfrontaliero (33).

6.5

Si può anche sostenere che, trattandosi di uno strumento puramente giudiziario, potrebbero essere eventualmente presi in considerazione come base giuridica adeguata gli articoli 65 e 67. Su questa base giuridica infatti già a partire dal 1996 la Commissione ha proposto, e il Consiglio e il Parlamento hanno adottato, una serie di strumenti giuridici nel settore del diritto procedurale civile a livello comunitario (34).

Questa soluzione potrebbe essere prevista dal momento che questa azione collettiva potrebbe essere utilizzata tanto per i conflitti transfrontalieri quanto per le controversie nazionali e in ambiti diversi dal diritto del consumo.

6.6

In ogni caso, l'azione collettiva dovrà rispettare i principi di sussidiarietà e proporzionalità, senza mai spingersi oltre ciò che è necessario per garantire il raggiungimento degli obiettivi del Trattato, nella misura in cui questi ultimi non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e, quindi, è più appropriata la loro realizzazione a livello comunitario.

6.7

Essa dovrà anche attenersi ai principi e ai meccanismi proposti nella raccomandazione del Consiglio (dei ministri) dell'OCSE (racc. C(2007)74 del 12 luglio 2007) che vengono presentati come principi e meccanismi comuni agli Stati membri, malgrado la diversità delle loro culture giuridiche.

7.   I parametri di un'azione collettiva a livello comunitario

7.1   Ciò che l'azione collettiva non deve essere

7.1.1   L'azione collettiva non deve essere un'azione in rappresentanza

7.1.1.1

L'azione in rappresentanza è aperta soltanto ad alcuni organismi specificamente autorizzati (associazioni di consumatori, difensore civico). I consumatori non possono generalmente ottenere risarcimenti per i danni subiti a titolo individuale.

7.1.1.2

Questi procedimenti hanno per principale obiettivo la cessazione delle pratiche illecite contrarie ai diritti dei consumatori o anche, per alcuni paesi, la soppressione di clausole abusive o illecite nei contratti di consumo, nelle quali il giudice non può prevedere un risarcimento.

7.1.1.3

Alcuni paesi hanno messo a punto questi meccanismi per permettere un indennizzo dei consumatori. Questo risarcimento non è tuttavia versato ai consumatori individuali, bensì è incamerato dagli organismi rappresentativi o versato allo Stato per scopi sociali.

7.1.1.4

Questo meccanismo non corrisponde dunque in pratica ad una vera azione collettiva nella quale tutti i consumatori sono risarciti in un'unica soluzione.

7.1.2   L'azione collettiva non deve essere una class action secondo il modello americano

7.1.2.1

Introdurre un'azione collettiva europea non vuol dire trapiantare in Europa la class action del sistema statunitense. Il sistema giudiziario americano è molto diverso dai sistemi giudiziari degli Stati membri. I punti deboli della class action, denunciati perché danno luogo a derive, sono propri di questo sistema giudiziario e non potrebbero verificarsi in Europa.

7.1.2.2

Negli Stati Uniti le sentenze sono pronunciate da giurie popolari e magistrati eletti. Questa composizione particolare, a differenza di quella della maggioranza degli Stati membri (magistrati di carriera), conduce molto spesso certe giurisdizioni degli Stati ad autorizzare azioni pretestuose e a emanare sentenze troppo favorevoli agli attori, inducendo i consumatori a presentare le loro richieste davanti a certi tribunali piuttosto che dinanzi ad altri ritenuti meno favorevoli (forum shopping).

7.1.2.3

Al contrario, l'azione collettiva europea, sarebbe un bastione contro questo fenomeno del forum shopping, poiché verrebbe creato e introdotto in ciascuno Stato membro un solo tipo di procedimento, con la conseguenza che, indipendentemente dalla giurisdizione o dallo Stato scelti dagli attori, lo svolgimento dell'azione e le misure pronunciate dal giudice avrebbero la stessa natura.

7.1.2.4

Negli Stati uniti, i danni e gli interessi compensativi possono essere accompagnati da danni ed interessi punitivi. Questi risarcimenti, che sono fissati dalle giurie e dai magistrati eletti, raggiungono spesso importi astronomici. I danni e gli interessi punitivi non esistono nella maggioranza degli Stati europei.

7.1.2.5

Gli avvocati sono remunerati in base a un sistema generalizzato di contingency fees. Si tratta di una sorta di patto di quota litis in cui gli avvocati, che possono essere essi stessi gli attori della causa, partecipano in percentuale ai risultati della stessa. Questo sistema è vietato nella maggioranza degli Stati membri dell'Unione europea, sia per legge sia in base ai codici deontologici degli avvocati.

7.2   La scelta fondamentale: opt-in o opt-out

Lo studio dei procedimenti di azioni collettive adottati negli Stati membri permette di classificarli in funzione del meccanismo principale di avvio dell'azione e d'intervento del consumatore nel procedimento stesso. Per quanto riguarda il consumatore vi sono due alternative: nel primo caso il consumatore deve esprimere la sua volontà esplicita di far parte del procedimento e si parla allora di opt-in; nel secondo caso l'avvio dell'azione comporta automaticamente l'intervento del consumatore senza che quest'ultimo debba manifestare espressamente la sua intenzione di parteciparvi, e si tratta allora del procedimento di opt-out. In quest'ultima ipotesi, il consumatore mantiene sempre la possibilità di escludersi dal procedimento. Lo sviluppo di un'azione collettiva europea implica quindi necessariamente la scelta del meccanismo ad essa sottostante.

7.2.1   Opt-in e test case

7.2.1.1

Il sistema detto dell'opt-in prevede che la persona manifesti la sua volontà di far parte del procedimento. Gli interessati devono dunque farsi conoscere ed associarsi espressamente all'azione prima che la causa sia decisa.

Parallelamente a questo meccanismo di opt-in si sono anche sviluppati dei meccanismi detti test case ovvero meccanismi che si basano su una prima sentenza d'accertamento. Questi procedimenti sono vicini alle azioni collettive fondate sull'opt-in poiché, anche in questo caso, gli interessati devono manifestarsi per partecipare al procedimento e depositare domande individuali. La particolarità di questo meccanismo risiede tuttavia nel fatto che il giudice sceglie una di queste domande individuali e delibera soltanto su questa. La decisione cui si arriva in questo procedimento test varrà per tutte le altre domande individuali registrate dal tribunale.

7.2.1.2   Vantaggi di questi meccanismi

7.2.1.2.1

Ogni membro del gruppo deve farsi avanti per far parte del procedimento, generalmente iscrivendosi in un registro. C'è dunque una manifestazione di volontà espressa che permette il rispetto del principio della libertà di agire in giudizio. L'attore agisce per conto delle persone soltanto dopo che queste gli abbiano espresso il loro accordo formale.

7.2.1.2.2

L'opt-in permette di determinare ex ante l'estensione prevedibile delle indennizzazioni in gioco. Ciò è importante per le parti responsabili direttamente interessate dalla richiesta di risarcimento tanto in generale quanto per la possibilità che offre loro di sottoscrivere delle polizze assicurative in grado di coprire una parte dei danni stimati. In questo modo saranno accantonati dei mezzi finanziari adeguati per rispondere alle richieste di risarcimento legittime.

7.2.1.2.3

Nel procedimento del test case, al giudice, per la valutazione del caso, è presentato un solo dossier individuale: ciò costituisce un guadagno di tempo e d'efficacia per il magistrato, poiché egli giudica la responsabilità dell'operatore sulla base di questo solo caso.

7.2.1.3   Inconvenienti di questi meccanismi

7.2.1.3.1

Questi meccanismi sono difficili da gestire e costosi: gli interessati devono presentarsi per far parte del procedimento e costituire un dossier individuale. La gestione dei dossier individuali diventa complessa nel momento in cui il numero degli interessati è considerevole.

7.2.1.3.2

Ciò genera tempi procedurali molto lunghi, poiché il tribunale deve organizzare e trattare tutti questi dossier individuali. Ora, nelle controversie di massa che sono all'origine della maggior parte delle azioni collettive, i danni individuali sono relativamente omogenei e non richiedono spesso un esame individuale.

7.2.1.3.3

Nel meccanismo del test case, il giudice non sempre fissa l'importo dei risarcimenti dovuti e rinvia a volte a procedimenti individuali. Ciò comporta problemi di gestione ed un'estensione dei tempi del procedimento.

7.2.1.3.4

Lo studio delle azioni collettive con opt-in o test case avviate nei paesi che dispongono di questo meccanismo rivela peraltro che una buona parte dei consumatori non deposita domande presso il tribunale in mancanza di misure d'informazione efficaci sull'esistenza di questo meccanismo. Gli interessati, in gran parte, si rifiutano anche di portare la vertenza davanti al tribunale a causa degli ostacoli materiali, finanziari e psicologici che genera l'azione giudiziaria (questioni di tempo, denaro ed estrema complessità).

7.2.1.3.5

C'è dunque un'importante divaricazione tra il numero delle persone che agiscono realmente e quelle potenzialmente interessate. Il risarcimento dei danni subiti dai consumatori non è pertanto totale. Il profitto illecito eventualmente realizzato dall'operatore quando ha messo in atto le sue pratiche può essere in gran parte trattenuto da quest'ultimo. Lo scopo dissuasivo del procedimento non è raggiunto.

7.2.1.3.6

Questi meccanismi pongono anche un problema nei confronti dell'effetto relativo della cosa giudicata. La decisione ottenuta nell'ambito del procedimento d'azione collettiva varrà soltanto per le persone che si sono associate all'azione. Di conseguenza, i consumatori che non si sono presentati avranno tutti i margini per intraprendere azioni individuali che potranno sfociare in decisioni in contraddizione con quella ottenuta nel quadro dell'azione collettiva.

7.2.2   Opt-out

7.2.2.1

L'azione collettiva tradizionale è basata su un sistema di opt-out che integra per principio ogni persona vittima di un comportamento, ad eccezione di quelle che hanno espressamente manifestato la loro volontà di escludersi.

Alcuni stati europei si sono ispirati a questo meccanismo per elaborare un meccanismo sui generis d'azione collettiva.

7.2.2.2   Vantaggi di questo meccanismo

7.2.2.2.1

L'esame dei regimi nazionali che rientrano nell'opt-out dimostra che questo procedimento è semplice da gestire e più efficace degli altri meccanismi adottati da alcuni Stati membri.

7.2.2.2.2

Garantisce un reale accesso degli interessati alla giustizia, e con ciò, anche un risarcimento giusto ed effettivo dell'insieme dei consumatori danneggiati da certe pratiche abusive o illecite.

7.2.2.2.3

Evita le difficoltà di gestione per l'attore e per il tribunale (infatti i membri del gruppo si fanno conoscere soltanto al termine del procedimento e non prima che questo sia avviato).

7.2.2.2.4

Ha peraltro un reale effetto dissuasivo sulla parte responsabile, poiché questa è costretta a risarcire tutte le persone lese da una certa pratica e eventualmente a restituire il profitto illecito che ne ha potuto trarre.

7.2.2.2.5

È anche necessario tenere conto dei vantaggi che presenta questo tipo di procedimento per l'operatore. L'azione collettiva permette un'economia di mezzi umani e finanziari ed una più grande efficacia nella difesa dell'operatore. Anziché dover gestire, simultaneamente, una pletora di controversie simili dinanzi ad una serie di giurisdizioni diverse, egli prepara i suoi mezzi di difesa dinanzi ad un solo organo.

7.2.2.3   Inconvenienti di questo meccanismo

7.2.2.3.1

Questo meccanismo potrebbe essere ritenuto non conforme ai principi costituzionali di alcuni paesi e alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, in particolare al principio della libertà di agire in giudizio, nella misura in cui le persone fanno automaticamente parte del gruppo senza avere manifestato il loro accordo esplicito all'azione. Se non si escludono, potrebbero essere vincolate dalla decisione pronunciata.

È tuttavia perfettamente possibile preservare questa libertà individuale o indirizzando alle persone interessate un'informazione personalizzata, metodo che permette di considerare che le persone che, pur avendo ricevuto tale informazione, non si ritirano, abbiano dato un mandato tacito all'azione, ovvero dando ai membri del gruppo il diritto di ritirarsi dal procedimento in qualsiasi momento ed anche a decisione avvenuta e, se la decisione è loro sfavorevole, il diritto di avviare azioni individuali.

7.2.2.3.2

Non sarebbero inoltre rispettati i diritti della difesa come il principio del contraddittorio e dell'uguaglianza dei mezzi: l'operatore deve poter far valere mezzi di difesa individuali contro una delle parti lese membro del gruppo. Questo principio è associato a quello di «processo equo» dell'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Infatti, nel sistema dell'opt-out, è possibile che non tutti gli interessati siano designati nominativamente e conosciuti dall'operatore. Di conseguenza, quest'ultimo potrebbe essere nell'impossibilità di fare valere mezzi di difesa individuali.

Tuttavia, nel quadro di un'azione collettiva, vi è inevitabilmente un'omogeneità delle situazioni individuali di cui è garante il giudice. Le controversie di consumo e della concorrenza sorgono soprattutto da contratti e, di conseguenza, le situazioni degli interessati sono pressoché identiche. La causa petendi è sempre la stessa. Diventa allora difficilmente giustificabile la pretesa dell'operatore di invocare nei confronti di un consumatore un mezzo di difesa particolare.

Durante tutto il corso del procedimento il giudice può disporre della possibilità di respingere un'azione nella quale egli si trovasse a constatare una grande eterogeneità di situazioni di fatto o di diritto.

Infine, nella fase della liquidazione dei danni, il giudice ha la possibilità di creare sottogruppi per adattare in particolare l'importo dei risarcimenti alle situazioni individuali e dunque alle eventuali attenuanti.

7.2.3   Opt-out ed opt-in secondo il tipo di controversia

7.2.3.1

Il sistema scelto recentemente dalla Danimarca e dalla Norvegia prevede allo stesso tempo un sistema di opt-in e di opt-out. Il giudice può decidere di optare per il secondo sistema se le controversie sono di modesta entità, le azioni simili e se risulta difficile avviare un procedimento sulla base dell'opt-in. Vi sono numerose controversie nel settore del consumo in cui i consumatori non hanno mezzi di ricorso individuali efficaci a causa dell'elevato numero di individui interessati e dell'entità esigua degli importi in questione. Il procedimento basato sull'opt-out permette di prendere in considerazione tutte le persone interessate e di ottenere una sanzione all'altezza del profitto illecito eventualmente percepito. Per le controversie in cui i danni individuali sono elevati si sceglie il sistema basato sull'opt-in e ciò comporta che ciascun consumatore si presenti per far parte del procedimento.

7.2.3.2   Vantaggi di questo meccanismo

Per le controversie di massa la gestione del procedimento è facilitata. L'obiettivo di risarcimento è raggiunto se la misura di pubblicità è efficace. Anche l'obiettivo dissuasivo è raggiunto.

Le eventuali violazioni dei principi costituzionali e della Convenzione europea dei diritti dell'uomo sono controbilanciati dall'efficacia del risarcimento e della dissuasione.

7.2.3.3   Inconvenienti di questo meccanismo

Occorre innanzitutto sollevare il problema della fissazione del confine tra i due meccanismi dell'opt-in e dell'opt-out. I due paesi che hanno adottato questi meccanismi l'hanno fatto solo di recente e non si dispone ancora di casi concreti. Nelle leggi è fatto riferimento soltanto a controversie di massa di importo esiguo per le quali non ci si deve aspettare l'avvio di procedimenti individuali.

Questo problema di linea di demarcazione non chiaramente definita potrà dare luogo a dibattiti molto lunghi durante il procedimento e a ricorsi che ne prolungheranno i tempi.

7.3   Il ruolo del giudice

7.3.1

In questo tipo particolare di procedimento che coinvolge numerosi attori, i poteri attribuiti al giudice assumono un rilievo di fondo.

7.3.2

Nella maggior parte dei meccanismi di opt-out, infatti, una prima fase del procedimento è dedicata all'esame da parte del giudice della ricevibilità dell'azione. Nei test case, l'esame del dossier individuale ha questa stessa finalità.

7.3.2.1

L'interesse di questa tappa della ricevibilità è che essa permette di bloccare all'inizio del procedimento tutte le domande che sono manifestamente infondate o pretestuose e che potrebbero compromettere in modo illegittimo l'immagine della parte avversa, evitando che si moltiplichino procedimenti abusivi o inadeguati.

7.3.2.2

È il giudice che è il garante del buon svolgimento di questa tappa di ricevibilità. Concretamente, è al giudice che spetta verificare se le condizioni stabilite nella legge per intraprendere l'azione collettiva siano rispettate.

7.3.2.3

È segnatamente il caso:

dell'esistenza stessa di una controversia (il diritto dell'attore all'azione non deve essere prescritto),

dell'impraticabilità di un procedimento congiunto o di un procedimento con mandato a causa della composizione del gruppo,

dell'esistenza di questioni di diritto o di fatto comuni ai membri del gruppo (stessa causa petendi),

della congruenza dell'azione nei confronti dell'operatore ai fatti addotti (criterio della presenza del fumus boni iuris),

della capacità dell'attore di rappresentare e proteggere in modo adeguato gli interessi dei membri del gruppo.

7.3.3

Nel contesto di una fase posteriore, è anche importante che il giudice possa convalidare l'eventuale proposta di transazione o rifiutarla se ritiene che non sia nell'interesse dei membri del gruppo. In ciò deve avere un potere superiore a quello d'omologazione delle transazioni che di solito la legge gli concede nella maggior parte dei sistemi giudiziari degli Stati membri.

7.3.4

La particolarità di questo procedimento conduce anche a prevedere modalità adeguate di produzione delle prove. Il giudice deve avere la possibilità di utilizzare poteri d'ingiunzione nei confronti della parte avversa o di terzi per ottenere la produzione di documenti oppure deve potere ordinare misure d'istruzione ai fini della costituzione di nuove prove. La legge che istituisce l'azione collettiva deve prevedere espressamente che il giudice non possa rifiutare di agire in questo senso se gli attori ne fanno richiesta.

7.3.5

Per permettere ai magistrati di assumere al meglio questi poteri, sembra necessario prevedere che solo alcuni tribunali designati nominativamente saranno competenti a trattare le azioni collettive. Occorrerebbe quindi adattare le strutture giudiziarie degli Stati membri e prevedere una formazione particolare dei magistrati di queste giurisdizioni.

7.4   Un risarcimento effettivo dei danni

7.4.1

L'azione collettiva deve permettere di richiedere il risarcimento del danno materiale (finanziario), del danno fisico e del pretium doloris e di altri danni morali. Essendo l'obiettivo dell'azione allo stesso tempo il risarcimento dei consumatori e la dissuasione, perché quest'obiettivo sia raggiunto sembra necessario prevedere un indennizzo per la totalità dei danni. Deve anche essere possibile mettere a disposizione dei tribunali metodi di valutazione semplici, poco costosi e trasparenti, senza per questo abbandonare il principio del risarcimento.

7.4.2

Gli attori dell'azione collettiva devono anche potere ottenere dal giudice diverse modalità di risarcimento. Accanto ai provvedimenti inibitori o alla nullità di un atto sempre possibile, il risarcimento dei danni deve potere essere diretto o indiretto. Inoltre, deve potersi accompagnare ad altre misure di riparazione come la pubblicità della diffusione, l'affissione, ecc.

7.4.3

Il risarcimento diretto ed individuale non deve essere il solo previsto dato che in alcune ipotesi esso sarà difficile o persino impossibile da realizzare, sia perché i membri del gruppo non possono essere identificati nel quadro di un meccanismo di opt-out, sia perché sono troppo numerosi, sia per l'importo eccessivamente modesto del loro danno individuale. L'aspetto essenziale è che vi sia sempre risarcimento delle persone anche in modo indiretto e che l'effetto dissuasivo sia raggiunto.

7.4.3.1

Devono essere concepiti meccanismi adeguati nei casi in cui il giudice può calcolare l'importo di ogni risarcimento individuale per membri identificati o identificabili del gruppo (meccanismo di opt-in, test case o anche opt-out quando l'operatore ha fornito l'elenco dei clienti interessati, ad esempio), ma anche nei casi in cui questa distribuzione individuale si riveli troppo costosa rispetto alla modesta entità del danno individuale.

7.4.3.2

Allo stesso modo, se le somme non sono tutte distribuite, occorre privilegiare una misura di risarcimento indiretto nel cui quadro la totalità della somma costituisce una rimanenza. Occorre che il giudice nella sua decisione esponga nei dettagli l'azione finanziata dalla rimanenza e che stabilisca modalità di controllo della sua realizzazione che può essere delegata ad un terzo.

7.4.3.3

Nell'ipotesi in cui anche questa misura di risarcimento indiretto sia impossibile, la totalità della rimanenza fissata dal giudice deve essere trasferita al fondo d'aiuto all'azione collettiva per il finanziamento di nuovi procedimenti.

7.4.3.4

Se il giudice non può calcolare l'importo di ogni risarcimento individuale nei casi in cui non è possibile identificare tutti i membri del gruppo (meccanismo di opt-out soltanto), egli deve poter fissare una griglia di valutazione delle varie categorie di danno. La distribuzione delle somme può essere delegata alla cancelleria del tribunale, ma anche all'avvocato del rappresentante del gruppo, ad un terzo (assicuratore, contabile, ecc.) con il vantaggio di esimere il tribunale da questa tappa complessa e lunga d'analisi delle domande individuali.

7.4.3.5

Il giudice in questa seconda ipotesi deve poter prevedere un risarcimento individuale per i membri del gruppo che si saranno fatti conoscere a seguito del provvedimento d'informazione sul giudizio e la rimanenza deve essere destinata ad azioni che risarciscono indirettamente il danno subito dal gruppo.

7.4.3.6

Se nessuna misura indiretta è possibile, la rimanenza deve essere trasferita al fondo d'aiuto.

7.5   I ricorsi

7.5.1

L'azione collettiva deve riconoscere il diritto di ricorso all'una e all'altra parte.

7.5.2

Considerando l'importanza che rappresentano, da un lato, la necessità di risarcimento rapido della vittima e, dall'altro, la certezza che i diritti dell'una e l'altra parte sono stati valutati precisamente, è necessario conciliare con queste esigenze imprescindibili il diritto di ciascuna delle parti di proporre appello contro la decisione.

7.5.3

È dunque importante che il riconoscimento di questo diritto obblighi gli Stati membri ad organizzare un procedimento accelerato in grado d'appello per evitare un meccanismo puramente dilatorio.

7.5.4

D'altronde, la certezza che i risarcimenti cui è condannata la parte responsabile sono stati precisamente accantonati nella sua contabilità, costituisce anche una garanzia in caso d'appello per i membri del gruppo.

7.6   Finanziamento del regime

7.6.1

Il regime dell'azione collettiva deve, a termine, autofinanziarsi.

7.6.2

Restando inteso che non è auspicabile, o possibile, instaurare un sistema generalizzato di contingency fees all'americana, perché contrario alla tradizione giuridica europea, è indispensabile prevedere un modo di finanziamento che permetta agli attori che non dispongono dei mezzi finanziari per intraprendere l'azione collettiva di ottenere un anticipo sulle spese giudiziarie (spese d'avvocato, spese di consulenza tecnica nel quadro delle misure d'istruzione accettate dal giudice, ecc.).

7.6.3

Uno dei mezzi per finanziare questo sistema, sarebbe la costituzione di un «fondo d'aiuto al ricorso collettivo» alimentato dall'importo dei «profitti illeciti» delle imprese condannate, definiti dal giudice nel corso del procedimento, nella misura in cui non sono reclamati dalle persone direttamente danneggiate e identificate (35).

7.6.4

Il fondo d'aiuto può, inoltre, avere il compito di centralizzare tutte le informazioni relative alle azioni collettive in corso e essere incaricato di divulgare le informazioni riguardanti l'iter da seguire per farsi conoscere, farsi escludersi dal gruppo o ottenere un risarcimento.

7.7   Altre norme procedurali

Nel dettaglio, dovrà essere prevista una grande quantità di norme procedurali, che ci si limita ad elencare pro memoria.

Si tratta:

del regime degli avvisi per la notifica degli interessati,

delle spese giudiziarie e assistenza giudiziaria,

della cooperazione tra le autorità giudiziarie ed amministrative degli Stati membri,

dei termini per gli atti giudiziari e dei termini di prescrizione,

dell'uso di Internet (ejustice).

8.   Lo strumento legislativo: regolamento o direttiva

8.1

L'attuazione di questa azione collettiva sul piano comunitario potrà realizzarsi attraverso una direttiva oppure un regolamento; per definizione, non si ritiene che una semplice raccomandazione sia di natura tale da creare le condizioni di efficacia e di uniformità necessarie per l'adozione armonizzata di un'iniziativa di questo genere nei 27 Stati membri.

8.2

Nel momento in cui si pensa a un campo d'applicazione allargato ad altri soggetti e non esclusivamente relativo ai diritti dei consumatori e se si scelgono come base giuridica gli articoli 65 e 67 del Trattato, si può immaginare l'adozione di un regolamento alla stregua, per esempio, dei regolamenti relativi alle procedure d'insolvenza, al titolo esecutivo europeo, al procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento, al procedimento europeo per le controversie di modesta entità o al sequestro conservativo di depositi bancari.

8.3

Tuttavia, se si decide di circoscrivere, almeno in una prima fase, il campo d'applicazione di questa iniziativa ai diritti dei consumatori nelle controversie transfrontaliere, il modo più adeguato per l'attuazione di quest'azione collettiva sul piano comunitario è una direttiva, che si inserirebbe nel solco della direttiva relativa ai provvedimenti inibitori.

8.4

Esistono ancora, infatti, disparità importanti tra gli Stati membri quanto alle norme procedurali e, di conseguenza, occorre individuare in generale i principi fondamentali dell'azione collettiva, visto che gli Stati attuerebbero la direttiva rispettando i loro principi procedurali abituali.

Infatti, per esempio, non è certo che l'armonizzazione sia possibile allorché i tribunali designati per deliberare su quest'azione dipendono dalle norme che regolano l'organizzazione giudiziaria di ogni Stato.

Le modalità di deferimento devono adattarsi alle particolarità degli Stati e ciò rende inadatto un regolamento.

8.5

È ovvio anche che in questo caso la direttiva dovrà essere una direttiva d'armonizzazione totale per evitare che uno Stato membro renda il sistema più vincolante a scapito delle imprese che hanno la sede sociale in questo Stato.

Bruxelles, 14 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Azione nei termini della procedura civile ed avente per oggetto la difesa degli interessi collettivi o diffusi o per la prevenzione (azione in soppressione) o per il risarcimento (domanda di danni interessi). Un altro senso dell'espressione «azione collettiva» può essere trovato soprattutto nella letteratura giuridica anglosassone per designare le radici sociologiche dell'associabilità (cfr. collective action in the European Union; interests and the new politics of associability Justin GREENWOOD e Mark ASPINWALL, Routledge, London, 1998), con un interesse notevole a livello dell'indagine sulle origini sociologiche e le necessità sociali che giustificano le azioni collettive in senso procedurale stretto.

(2)  Non si dovrà escludere la possibilità, ormai sancita già in molti sistemi giuridici nazionali, di allargare il quadro d'applicazione delle azioni collettive a tutti gli interessi collettivi o diffusi in settori come l'ambiente, il patrimonio culturale, l'assetto del territorio, e nei confronti di persone di diritto privato o pubblico, tra cui gli Stati, le amministrazioni o gli enti pubblici.

(3)  È raro trovare nella letteratura giuridica una formula così concisa come quella che un distinto giurista e deputato portoghese ha trovato per sostenere, durante il dibattito parlamentare, l'introduzione delle azioni collettive in Portogallo. Riferendosi ai nuovi diritti della 2a e della 3a generazione, diritto del lavoro, dei consumatori, dell'ambiente, dell'assetto del territorio, della tutela del patrimonio culturale, «diritti di portata universale che essendo di ciascuno, appartengono a molti, se non a tutti», il deputato Almeida SANTOS si chiedeva:

«considerato che questi diritti appartengono a tutti, o almeno ad un grande numero, si può giustificare il fatto che la loro protezione sia fatta al contagocce, che gli attori debbano mettersi in fila, in attesa che la loro causa venga giudicata, causa eventualmente identica a quella del loro collega o del loro vicino, e che spesso vincano la causa quando il risultato non ha più nessun senso, l'indennizzo è stato già consumato dall'inflazione, quando la riparazione dell'onore arriva troppo tardi per impedire il divorzio o riacquistare credito o, infine, quando il punto di arrivo di una via crucis procedurale è l'immagine vivente dell'inefficacia e dell'inutilità? Dovremo mantenere tale e quale la visione kafkiana del purgatorio giudiziario?»

Improvvisamente, si prende coscienza che una tutela giuridica esclusivamente individuale non è sufficiente; che ci sono diritti ed interessi «metaindividuali», a metà strada tra i diritti individuali e gli interessi collettivi; che il diritto di agire in giudizio di quelli che sono direttamente o indirettamente danneggiati è insufficiente; che la fine di una concezione individualista del diritto e della giustizia è vicina; che si profila all'orizzonte l'alba di un nuovo pluralismo e di un nuovo diritto (in D.A.R. I serie, n. 46, 21.2.1990, pag. 1617).

(4)  Lo studio del Centro studi per il diritto del consumo dell'Università cattolica di Lovanio, preparato per la Commissione (DG SANCO), è una compilazione eccellente che permette di individuare le conseguenze dei diversi approcci nazionali nel regolamento delle controversie transfrontaliere, soprattutto quando consumatori di diversi Stati membri sono interessati dalle stesse pratiche commerciali sleali transnazionali, dai vizi o difetti degli stessi prodotti o da contratti negoziati a distanza che includono le stesse clausole contrattuali generali abusive.

(5)  Nella dottrina, non si può dimenticare il lavoro anticipatore di Jacques Van COMPERNOLLE Le droit d'action en justice des groupements, LARCIER, Bruxelles, 1972, come pure il lavoro collettivo L'aide juridique au consommateur, di T. BOURGOIGNIE, Guy DELVAX, Françoise DOMONT-NAERT e C. PANIER, Cdc Bruylant, Bruxelles, 1981.

(6)  Trasmesso al Consiglio il 4 gennaio 1985 e completato, il 7 maggio 1987, da una Comunicazione complementare sull'accesso dei consumatori alla giustizia. Inoltre, nella comunicazione della Commissione del 4 giugno 1985, intitolata Nuovo impulso alla politica di protezione del consumatore (COM(85) 314 def.), i cui orientamenti sono stati approvati dal Consiglio il 23 giugno 1986 (GU C 167 del 5.6.1986), si sottolineava già che le procedure giuridiche classiche erano lente e spesso costose rispetto agli importi in causa in materia di consumo e che era necessario disporre di mezzi adeguati di consultazione e di ricorso per la debita tutela dei diritti dei consumatori.

(7)  Ne è stata relatrice la deputata olandese BOOT. Uno degli elementi del testo da mettere in evidenza, conseguenza degli emendamenti depositati dai deputati SQUARCIALUPI e PEGADO LIZ, è l'appello lanciato alla Commissione affinché proponesse una direttiva di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri tale da garantire la difesa degli interessi collettivi dei consumatori, offrendo alle associazioni di questi ultimi la possibilità di agire in giudizio nell'interesse della categoria che rappresentano e dei singoli consumatori (doc. A2-152/86 del 21 novembre 1986 (PE 104.304).

(8)  Risoluzione 87/C in GU C 176 del 4.7.1987.

(9)  Approvate dal Consiglio il 9 novembre 1989 (GU C 294 del 22.11.1989).

(10)  COM(90) 98 def. del 3 maggio 1990. Per la prima volta le azioni collettive sono prese in considerazione in un documento ufficiale della Commissione.

(11)  COM(93) 576 def. del 16 novembre 1993. Per la comprensione di questo documento occorre ricordare che, tra il 1991 e il 1992, sono sorte molte iniziative di discussione delle questioni legate all'accesso al diritto e alla giustizia, fra le quali occorre rilevare la conferenza sui meccanismi di compensazione dei consumatori organizzata dall'Office of Fair Trading a Londra nel gennaio 1991, la III conferenza sulla protezione giuridica del consumatore organizzata a Lisbona il 21-23 maggio 1992, sotto gli auspici della Commissione e dell'Instituto do Consumidor, come pure il colloquio La tutela del consumatore transfrontaliero organizzato a Lussemburgo nell'ottobre 1993 dal ministero dell'Economia e quello della Famiglia e della solidarietà, con l'appoggio della Commissione, e che si è tradotto in relazioni che restano molto importanti ancora oggi. È anche alla stessa epoca che molti esponenti accademici e giuristi di fama si sono espressi sulla questione (cfr. in particolare Group actions and Consumer Protection, a cura di Thierry BOURGOIGNIE., Collection Droit et consommation n. 28, Vol. XXVIII, 1992; Group actions and the Defence of the consumer Interest in the European Community, Anne MORIN, Inc, Francia, 1990).

(12)  Occorre tuttavia sottolineare che il Libro verde si basava su molte decisioni e documenti di lavoro precedenti, che lo sostenevano e gli conferivano la base d'appoggio politica indispensabile per la sua accettazione. Infatti, nel marzo 1992, la Commissione aveva affidato ad un gruppo di personalità indipendenti, presieduto da Peter SUTHERLAND, l'elaborazione di una relazione sul funzionamento del mercato interno per fare il punto su ciò che l'attuazione del Libro bianco sul mercato interno aveva permesso di raggiungere.

Pubblicata il 26 ottobre 1992, questa relazione, nella quale in particolare si trattava dell'accesso alla giustizia, precisava che non vi erano certezze quanto all'efficacia della tutela dei diritti del consumatore, esprimeva preoccupazione per l'inefficienza della Convenzione di Bruxelles del 1968 sul riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie e per le difficoltà da ciò derivanti ai fini dell'ottenimento dell'esecuzione in uno Stato membro di un titolo esecutivo rilasciato da una giurisdizione di un altro Stato membro, e raccomandava quindi un esame urgente da parte della Comunità di questa materia (raccomandazione n. 22). Questa raccomandazione si è concretizzata nella comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 2 dicembre 1992Il funzionamento del mercato interno dopo il 1992: azione a seguito alla Relazione Sutherland (SEC(92) 2277 def.). Nel documento di lavoro Per un programma strategico sul mercato interno, COM(93) 256, presentato dalla Commissione nel 1993, si è riconosciuta la necessità di predisporre un contesto operativo in materia di accesso alla giustizia in modo da inserirvi un insieme di iniziative riguardanti la diffusione, l'applicazione e la trasparenza del diritto comunitario. Inoltre, la comunicazione della Commissione al Consiglio del 22 dicembre 1993 richiamava l'attenzione sul fatto che il completamento del mercato interno avrebbe potuto condurre ad un aumento del numero delle cause in cui i residenti di uno Stato membro chiedono il rispetto dei loro diritti in un altro Stato membro (COM(93) 632 def.).

Dato che, a suo parere, non spetterebbe alla Comunità cercare un'armonizzazione che avrebbe eliminato le caratteristiche specifiche dei diversi regimi giuridici nazionali, la Commissione si proponeva tuttavia di fare degli sforzi a favore dell'informazione e della formazione al diritto comunitario, della trasparenza, dell'efficacia e del rigore nell'applicazione di questo diritto, e del coordinamento e della cooperazione in materia di giustizia tra essa e gli Stati membri, sforzi facilitati dall'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, ed in particolare del suo «Terzo pilastro». Questi sforzi annunciavano la pubblicazione del Libro verde e della vasta consultazione che sarebbe stata lanciata sulla sua scia. Nella riunione del 27 settembre 1993 (686a sessione «Mercato interno»), il Consiglio aveva già concluso che era fondamentale procedere all'approfondimento della riflessione relativa all'accesso alla giustizia, in particolare sulla base di un Libro verde annunciato dalla Commissione per la fine dell'anno, che doveva trattare della questione dei mezzi procedurali e, se necessario, quella di una maggiore trasparenza in ordine alle sanzioni. È infine a quest'epoca che risale la presentazione di un importante studio effettuato su incarico della Commissione da Eric BALATE, CL. NERRY, J.BIGOT, R. TECHEL M. A. MUNGE, L. DORR e P. PAWLAS, con l'assistenza di A. M. PETTOVICH, precisamente sul tema A right to group actions for consumer associations throughout the Community (Contract B5-1000/91/012369), studio che ancor oggi è imprescindibile per chi si occupi di questa materia.

(13)  Doc. PE 207.674 del 9 marzo, relatore: MEDINA ORTEGA.

(14)  CES 742/94; relatore: Ataíde FERREIRA (GU C 295 del 22.10.1994). L'interesse del Comitato su questo tema non era del resto nuovo. In altri documenti, in particolare due pareri d'iniziativa sul completamento del mercato interno e la tutela dei consumatori, elaborati da Ataíde FERREIRA ed adottati rispettivamente il 26 settembre 1992 (CES 1115/91, GU C 339 di 31.12.1991) ed il 24 novembre 1992 (CES 878/92, GU C 19 di 25.1.1993), si richiamava già l'attenzione della Commissione sulla necessità di individuare le possibilità d'azione nel settore della regolamentazione delle controversie transfrontaliere e di riconoscere i poteri di rappresentanza delle organizzazioni di consumatori nelle controversie tanto nazionali quanto transfrontaliere (punto 5.42, doc. CES 1115/91; punto 4.12, doc. CES 878/92 e sezione 4 dell'interessante studio allegato, condotto congiuntamente da Eric BALATE, Pierre DEJEMEPPE e Monique GOYENS e pubblicato dal Comitato (CES 93-2003) pagg. 103 e ss.).

(15)  Questo tema sarà del resto ripreso successivamente dal CESE in molti dei suoi pareri, fra i quali si metteranno in rilievo, vista la loro importanza, il parere d'iniziativa Mercato unico e tutela dei consumatori: opportunità ed ostacoli (relatore: Ceballo HERRERO), adottato nel corso della sessione del 22 novembre 1995, dove si constatava che a quella data, non era stato dato nessun seguito alle proposte avanzate dal CES nel suo parere precedente sul Libro verde (CES 1309/95); il parere sulla relazione della Commissione al Parlamento europeo ed al Consiglio — Il mercato unico nel 1994 (COM(95) 238 def.), relatore: VEVER, dove erano evidenziati i ritardi nell'attuazione effettiva del mercato interno, in particolare in tema di legislazione nel settore del consumo, specie per le relazioni transfrontaliere (CES 1310/95 — GU C 39 del 12.2.1996); il parere sulla comunicazione della Commissione Priorità per la politica dei consumatori (1996-1998), relatore: KOOPMAN, nel quale il Comitato, pur rallegrandosi per la proposta di direttiva sui provvedimenti inibitori e per il piano d'azione presentato dalla Commissione sulla protezione giuridica dei consumatori, dichiarava attendere con interesse gli sviluppi in questo settore e constatava che in esso il mercato unico era lungi dall'essere completato, e che «un'adesione cosciente ai diritti dei consumatori» era una condizione fondamentale per guadagnare la fiducia di questi ultimi (CES 889/96, GU C 295 del 7.10.1996). Lo stesso tipo di preoccupazioni appare anche nel parere del CES sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo ed al Consiglio Impatto ed efficacia del mercato unico (COM(96) 520 def.), del 23 aprile 1997, relatore: PASOLLI; CES 467/97 — GU C 206 del 7.7.1997).

(16)  Fin dal suo primo intervento pubblico, nel corso di un'audizione al Parlamento europeo il 10 gennaio 1995, Emma BONINO, nuovo commissario responsabile in materia di consumo, definì la politica dei consumatori come un elemento di primaria importanza nella costruzione dell'Europa dei cittadini ed assunse espressamente l'impegno di dare un seguito concreto alle consultazioni già condotte nel quadro del Libro verde sull'accesso alla giustizia.

Interpellata concretamente sulla situazione esistente in materia d'accesso alla giustizia, il commissario Bonino riconobbe che la protezione giuridica dei consumatori era lungi dall'essere soddisfacente e che la durata dei procedimenti giudiziari in alcuni Stati membri era tale da compromettere seriamente l'efficacia del diritto dei consumatori.

(17)  COM(95) 712 def.

(18)  Scegliendo come base giuridica l'articolo 100 A del Trattato sull'Unione europea, e tenuto conto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, la Commissione prevedeva l'armonizzazione delle norme procedurali dei vari Stati membri relative ad alcuni ricorsi, con gli obiettivi seguenti:

la cessazione o il divieto di ogni atto costitutivo di violazione degli interessi dei consumatori protetti da molte direttive riportate in allegato,

le misure necessarie per correggere gli effetti della violazione, anche mediante la pubblicazione della decisione, e

la condanna della parte soccombente ad una sanzione pecuniaria obbligatoria in caso d'inadempienza della decisione alla scadenza del termine fissato da questa.

La stessa proposta prevedeva che ogni organismo rappresentativo degli interessi dei consumatori in uno Stato membro, nel caso tali interessi fossero interessati da una violazione avente la sua origine in un altro Stato membro, potesse rivolgersi al giudice o all'autorità competente in questo Stato membro per far valere i diritti dei suoi rappresentati.

(19)  Il testo finale di questa direttiva è stato adottato in occasione del Consiglio Consumatori di Lussemburgo del 23 aprile 1998, a maggioranza qualificata con il solo voto contrario della Germania, e la sua versione definitiva, che riprende in gran parte le proposte e le critiche formulate, è stata pubblicata l'11 giugno 1998.

(20)  Direttiva 98/27/CE, del 19 maggio 1998, GU L 166 dell'11.6.1998. Occorre ricordare che il Parlamento europeo si è mostrato molto critico in relazione al campo d'applicazione ed alle limitazioni della proposta e che esso ha apportato varie modifiche al testo iniziale, in particolare:

l'estensione del campo d'applicazione della direttiva a tutte le direttive future in materia di tutela degli interessi dei consumatori,

l'inclusione, fra le organizzazioni la cui legittimazione deve essere riconosciuta, delle organizzazioni e federazioni rappresentative di consumatori o di imprese che agiscono a livello europeo, e non esclusivamente nazionale.

In un parere elaborato da RAMAEKERS, il CESE da parte sua si è espresso contro la base giuridica della proposta, ritenendo che questa dovesse essere l'articolo 129 A e non l'articolo 100 A del Trattato, contro il campo d'applicazione troppo limitato e contro l'obbligo di ricorrere preliminarmente ad un organismo del paese dove l'azione deve essere intentata, essendo quest'esigenza destinata a ritardare considerevolmente e senza necessità lo svolgimento dell'azione (CES 1095/96 — GU C 30 del 30.1.1997).

(21)  COM(96) 13 def.

(22)  Doc. A-0355/96 (PE 253.833).

(23)  Ciò non significa comunque che non appaiano episodicamente in alcune direttive dell'acquis comunitario dei riferimenti a ricorsi collettivi come mezzo adeguato ed efficace per garantire il rispetto delle loro disposizioni. È ad esempio il caso nella direttiva 97/7/CE del 20.5.1997 (vendite a distanza), articolo 11, o nella direttiva 2002/65/CE del 23 9. 2002 (vendita a distanza di servizi finanziari), articolo 13.

(24)  Ricordiamo a tale riguardo:

il parere d'iniziativa CESE 141/2005 — GU C 221 dell'8.9.2005, La politica dei consumatori dopo l'allargamento dell'UE (punto 11.6),

il parere CESE 230/2006 — GU C 88 dell'11.4.2006, in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d'azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori (2007-2013), (punto 3.2.2.2.1),

il parere CESE 594/2006 — GU C 185 dell'8.8.2006Un quadro giuridico per la politica dei consumatori.

(25)  COM(2005) 672 def. del 19.12. 2005.

(26)  Parere CESE 1349/2006 — GU C 324 del 30.12.2006, relatrice: Sanchez MIGUEL. Questo tema, del resto, era già stato affrontato nel parere d'iniziativa del Comitato Regolamentazione della concorrenza e consumatori (parere CESE 949/2006 — GU C 309 del 16.12.2006).

(27)  Studio già citato nella nota 4. Sebbene molto completo, questo studio comparato non copre la Bulgaria né la Romania, e tanto meno dà conto dell'evoluzione più recente in Finlandia, né dei sistemi molto avanzati del Brasile, di Israele e della Nuova Zelanda e nemmeno delle proposte discusse in Francia ed in Italia. Sul sistema australiano, cfr. il lavoro collettivo Consumer Protection Law de J. GOLDRING, L.W. MAHER, Jill McKEOUGH e G. PEARSON, The federation of Press, sydney, 1998; sul sistema neozelandese, cfr. consumer Law in New Zealand, di Kate TOKELEY, BUTTERWORTH, Wellington, 2000; per una descrizione degli sviluppi in Asia, ed in particolare in India, nelle Filippine, ad Hong Kong, in Bangladesh, in Tailandia e in Indonesia, cfr. Developing consumer Law in Asia, atti del seminario Iacl/Iocu, Kuala Lumpur, Faculty of Law, University of Malaya, 1994.

Sembra che nel frattempo, la Commissione abbia recentemente lanciato un'altro studio sul tema valutazione dell'efficacia e dell'efficienza dei meccanismi di ricorso collettivo nell'Unione europea (bando di gara 2007/S 55-067230 del 20.3.2007).

(28)  COM(2007) 99 def. del 13.3.2007, paragrafo 5.3, documento sul quale il CESE ha appena emesso il suo parere (relatrice: DARMANIN).

(29)  «Conferenza sull'azione collettiva: verso un'azione collettiva europea per i consumatori?» (9/10 novembre 2007) nel corso della quale il commissario KROES ha detto: «I consumatori non solo hanno diritti, ma dovrebbero anche essere capaci di farli effettivamente rispettare, se necessario davanti a un giudice. Ma quando una causa deve essere intentata da ogni consumatore a titolo individuale, nessun consumatore arriverà in tribunale: i meccanismi di azione collettiva sono quindi una necessità assoluta! Solo così (i consumatori) potranno beneficiare appieno del mercato unico». Dal canto suo il commissario KUNEVA ha giustamente sottolineato: «I consumatori non potranno godere di tutti i benefici del mercato unico finché non saranno istituiti meccanismi efficaci per trattare i loro reclami e per dare loro mezzi di ricorso adeguati. L'azione collettiva potrebbe essere un mezzo efficace per rafforzare il quadro delle possibilità di ricorso che abbiamo già istituito per i consumatori europei, attraverso l'incoraggiamento dei meccanismi di risoluzione delle controversie e la creazione di un procedimento europeo per controversie di modesta entità».

(30)  Come è stato giustamente rilevato da Patrick von BRAUNMUHL in occasione del Leuven Brainstorming Event on Collective Redress, organizzato dalla Commissione il 29 giugno 2007, «le azioni collettive potrebbero ridurre il numero delle cause individuali legate a uno specifico episodio. Soprattutto in un sistema di opt-out una società può regolare un elevato numero di reclami dei consumatori in un solo procedimento. Può negoziare con un gruppo di rappresentanti di tutti i consumatori interessati e può concentrare le proprie risorse su un sola causa invece che su diversi procedimenti giudiziari. Anche se un regolamento su base volontaria si dimostra impossibile e il giudice deve decidere, la certezza giuridica è maggiore se la decisione copre tutti i casi collegati allo stesso episodio o alla stessa violazione delle norme».

(31)  Questo punto è stato discusso in dettaglio nel seminario «Roma I e Roma II», organizzato dalla presidenza portoghese, insieme con le presidenze tedesca e slovena e l'Accademia europea del diritto (Europäische Rechtsakademie –ERA), a Lisbona il 12 e 13 novembre 2007.

(32)  Un'analisi comparativa delle differenti terminologie usate in diversi Stati membri e di ciò che esse significano nelle singole lingue, è condotta in un articolo di Louis DEGOS e Geoffrey V. Morson Class System nel Los Angeles Lawyer Magazine, novembre 2006, pagg. 32 e segg. In Irlanda si impiega il termine Multi-party litigation (MPL). In Inghilterra si usa il termine group litigation order (GLO) o semplicemente group action; in Germania si parla di Gruppenklage, in Svezia si utilizza l'espressione Grupptalan o Collective Lawsuit, in Portogallo Popular Lawsuit e in Ungheria Combined lawsuit.

(33)  Cfr. comunicazione della Commissione Un mercato unico per l'Europa del XXI secolo COM(2007) 724 def. del 20 novembre 2007.

(34)  Si ricordano tra l'altro:

Libro verde — L'accesso dei consumatori alla giustizia e la risoluzione delle controversie in materia di consumo nell'ambito del mercato unico (COM(93) 576 def.).

Raccomandazione della Commissione, del 12.5.1995, riguardante i termini di pagamento nelle transazioni commerciali e Comunicazione relativa alla raccomandazione della Commissione, del 12.5.1995, riguardante i termini di pagamento nelle transazioni commerciali, rispettivamente (GU L 127 del 10.6.1995 e GU C 144 del 10.6.1995).

Comunicazione della Commissione — Piano d'azione sull'accesso dei consumatori alla giustizia e sulla risoluzione delle controversie in materia di consumo nell'ambito del mercato interno (COM(96) 13 def. del 14.2.1996).

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Verso una maggiore efficienza nell'ottenimento e nell'esecuzione delle decisioni nell'ambito dell'Unione europea (COM(97) 609 def. — GU C 33 del 31.1.1998).

Direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19.5.1998 relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (GU L 166 dell'11.6.1998).

Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29.5.2000, relativo alle procedure di insolvenza (GU L 160 del 30.6.2000). Relatore del parere del CESE in materia è stato il consigliere RAVOET, CES 79/2001 del 26.1.2001 (GU C 75 del 15.3.2000).

Regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio, del 29.5.2000, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi (GU L 160 del 30.6.2000). Relatore del parere del CESE in materia è stato il consigliere BRAGHIN, CES 940/1999 del 20.10.1999 (GU C 368 del 20.12.1999).

Regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio, del 29.5.2000, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (GU L 160 del 30.6.2000). Del relativo parere del CESE è stato relatore il consigliere HERNÁNDEZ BATALLER, CES 947/1999 del 21.10.1999 (GU C 368 del 20.12.1999).

Direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29.6.2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU L 200 dell'8.8.2000).

Regolamento (CE) n. 44/2001 del 22.12.2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Bruxelles I) (GU L 12 del 16.1.2001). Del relativo parere del CESE è stato relatore il consigliere MALOSSE, CES 233/2000 dell'1.3.2000 (GU C 117 del 26.4.2000

Progetto di programma di misure relative all'attuazione del principio del riconoscimento reciproco delle decisioni in materia civile e commerciale (GU C 12 del 15.1.2001).

Decisione del Consiglio, del 28.5.2001, relativa all'istituzione di una rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale (GU L 174 del 27.6.2001). Il relatore del parere del CESE in materia è stato il consigliere RETUREAU, CES 227/2001 del 28.2.2001 (GU C 139 dell' 11.5.2001).

Regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28.5.2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale (GU L 174 del 27.6.2001). Del relativo parere del CESE è stato relatore il consigliere HERNÁNDEZ BATALLER, CES 228/2001 del 28.2.2001 (GU C 139 dell'11.5.2001).

Libro verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale (COM(2002) 196 def. del 19.4.2002).

Regolamento (CE) n. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21.4.2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (GU L 143 del 30.4.2004). Del parere del CESE in materia è stato relatore RAVOET, CESE 1348/2002 dell'11.12.2002 (GU C 85 dell'8.4.2003).

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un procedimento europeo per controversie di modesta entità (COM(2005) 87 def. del 15.3.2005). Relatore del parere del CESE in materia è stato il consigliere PEGADO LIZ (CESE 243/2006 del 14.2.2006).

Libro verde — Migliorare l'efficienza nell'esecuzione delle decisioni nell'Unione europea: il sequestro conservativo di depositi bancari (COM(2006) 618 def.). Relatore del parere del CESE in materia è stato il consigliere PEGADO LIZ (CESE 1237/2007 del 26.9.2007).

Regolamento (CE) n. 1896/2006 del 12.12.2006 che istituisce un procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento (GU L 399 del 30.12.2006). Il relatore del parere del CESE sulla proposta in materia (COM(2004) 173 def. del 19.3.2004) è stato il consigliere PEGADO LIZ (CESE 133/2005 del 22.2.2005, GU C 221 dell'8.9.2005).

(35)  Ne è un esempio il fondo che esiste in Québec ed è considerato indispensabile allo sviluppo delle azioni collettive. Questo fondo è alimentato dal rimborso delle somme anticipate agli attori che hanno vinto la loro azione collettiva e dalla rimanenza dei risarcimenti non reclamati dai membri del gruppo. L'attore che avvia un'azione collettiva deve soltanto poter ottenere dal giudice il rimborso delle spese sostenute per iniziare l'azione sulla base di documenti giustificativi.


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

I seguenti emendamenti sono stati respinti nel corso del dibattito, ma hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi:

1.   Punto 7.2.2.2.4

Modificare come segue: Ha peraltro un reale effetto dissuasivo sulla parte responsabile, poiché questa è costretta a risarcire tutte le persone lese da una certa pratica e eventualmente a restituire il profitto illecito che ne ha potuto trarre.

Motivazione

Cfr. motivazione dell'emendamento al punto 7.6.3.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 104 Voti contrari: 114 Astensioni: 13

2.   Punto 7.6.1

Sopprimere:

Il regime dell'azione collettiva deve, a termine, autofinanziarsi .

Motivazione

L'accesso alla giustizia costituisce una responsabilità dei poteri pubblici e non può dipendere dal successo di ricorsi anteriori e non collegati con i procedimenti successivi (cfr. anche motivazione al punto 7.6.3).

Esito della votazione

Voti favorevoli: 107 Voti contrari: 116 Astensioni: 10

3.   Punto 7.6.3

Sostituire come segue:

Uno dei mezzi per finanziare questo sistema, sarebbe la costituzione di un «fondo d'aiuto al ricorso collettivo» alimentato dall'importo dei «profitti illeciti» delle imprese condannate, definiti dal giudice nel corso del procedimento, nella misura in cui non sono reclamati dalle persone direttamente danneggiate e identificate. Spetta ai poteri pubblici garantire l'accesso alla giustizia, per esempio destinando il ricavo delle ammende per violazioni del diritto del consumo al finanziamento delle azioni collettive.

Motivazione

L'azione in questione mira a ottenere il risarcimento dei danni subiti dai consumatori, escludendo ogni «danno punitivo». Questa nozione mutuata dalla prassi statunitense mescola in modo inopportuno interessi civili e settore penale. Il fatto di dover indennizzare i consumatori lesi ha per il responsabile un fortissimo potere dissuasivo e attribuisce alle parti lese la piena indennizzazione per i danni sofferti.

Quanto al problema di sapere se sia stato realizzato un profitto come risultato della violazione di una legge o di una frode, si tratta di una questione che rientra nel campo delle sanzioni imposte dai poteri pubblici. Questi possono decidere che il prodotto delle ammende relative a tali pratiche sia destinato a facilitare le azioni collettive. La responsabilità dell'accesso alla giustizia è infatti compito del potere politico, soggetto a un controllo democratico, piuttosto che di persone o organismi di diritto privato.

Dato che le indennizzazioni dovute saranno state accordate ai consumatori lesi, non è opportuno creare legami artificiali tra la rimanenza di un'azione e ricorsi relativi ad altri casi, in particolare là dove la gestione potrebbe presentare un interesse che non corrisponde più a quello di ottenere un giusto risarcimento per i consumatori nel caso in questione.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 104 Voti contrari: 106 Astensioni: 18


25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/20


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo — Strategia per la politica dei consumatori dell'UE 2007-2013 — Maggiori poteri per i consumatori, più benessere e tutela più efficace

COM(2007) 99 def.

(2008/C 162/02)

La Commissione europea, in data 13 marzo 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo — Strategia per la politica dei consumatori dell'UE 2007-2013 — Maggiori poteri per i consumatori, più benessere e tutela più efficace

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 31 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice DARMANIN.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 148 voti favorevoli e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE accoglie positivamente la strategia proposta dalla Commissione per il periodo 2007-2013, giudicandola un promettente passo avanti in materia di protezione dei consumatori. Riconosce che la Commissione ha intrapreso un piano ambizioso, seppur vago sotto alcuni aspetti, e si augura che essa consegua i suoi obiettivi entro i termini prestabiliti.

1.1.1

Ciò detto, il CESE reputa che il bilancio medio annuale previsto per il relativo programma, pari a 22,7 milioni di euro, sia purtroppo insufficiente per realizzare le azioni previste dalla strategia. Vi è un'evidente disparità tra le mete che essa si prefigge e le risorse stanziate per la loro realizzazione.

1.2

Il CESE rileva che, per quanto la strategia in esame sia positiva e ambiziosa, i deludenti risultati delle iniziative intraprese finora nei settori attinenti alla politica dei consumatori non sono di buon auspicio per il successo della strategia. Per realizzare gli obiettivi stabiliti occorre istituire un programma dinamico per il prossimo futuro.

1.3

Il CESE rileva inoltre che, nel settore della protezione dei consumatori, la legislazione svolge un ruolo fondamentale. D'altro canto, la legislazione attualmente in vigore non è flessibile e l'esistenza di condizioni di mercato eque può rivestire grande importanza per consumatori e fornitori. Quando il mercato non funziona correttamente, il ricorso alla legislazione è inevitabile. Il CESE esorta la Commissione a garantire che, là dove la legislazione è necessaria, essa venga effettivamente applicata e rispettata, e a fare in modo che essa non danneggi in alcun modo i sistemi di tutela dei consumatori esistenti negli Stati membri. Uno degli strumenti individuati in questo senso è un migliore monitoraggio del mercato: a tal fine, il CESE esorta la Commissione a garantire lo svolgimento di adeguate ricerche di mercato a livello macro e microeconomico. La legislazione deve andare di pari passo con l'applicazione e con una costante valutazione delle norme. Inoltre, è essenziale che le norme siano semplici e comprensibili, visto in particolare che la maggior parte dei soggetti attivi nel mercato interno appartiene alla categoria delle PMI.

1.3.1

Sarebbe auspicabile che il programma per la difesa dei consumatori non soltanto garantisse l'applicazione e la valutazione delle misure per la salvaguardia dei diritti dei consumatori, ma finisse anche per promuovere la cooperazione e il coordinamento tra i settori imprenditoriali e le organizzazioni di tutela dei consumatori all'interno degli Stati membri. In ultima analisi, infatti, al di là delle normative, il modo migliore per proteggere i consumatori è fare in modo che questi due ambiti collaborino in vista di un obiettivo comune.

1.4

L'educazione dei consumatori, da un lato, e dei dettaglianti e fornitori di servizi, dall'altro, è un elemento fondamentale ai fini dell'osservanza e della conoscenza della legislazione, ma è anche indispensabile al fine di garantire la sostenibilità dei consumi e della produzione.

1.5

Il CESE ritiene essenziale che nel periodo 2007-2013 si affrontino le seguenti sfide:

incrementare l'uso della tecnologia per una promozione equa e un consumo responsabile di beni e servizi. Per quanto, infatti, l'uso del commercio elettronico per l'acquisto di beni e servizi si vada diffondendo sempre più, l'attuale quadro legislativo non prevede ancora alcuna forma di protezione dei consumatori, in quanto il commercio elettronico si evolve più rapidamente di quanto non facciano le decisioni a tutela dei consumatori in questo campo,

far applicare la legislazione dove necessario. Al riguardo si considera che le normative variano da uno Stato membro all'altro, così come la loro applicazione. È necessario che gli Stati membri che le applicano meno raggiungano il livello di quelli con i migliori risultati in tal senso,

prevedere rimedi legali per i consumatori a livello sia collettivo che individuale. I consumatori dovrebbero disporre di strumenti di ricorso semplici ed efficaci sia all'interno dei loro paesi che a livello transfrontaliero. Occorre inoltre armonizzare in tutta Europa i meccanismi di ricorso collettivo per consentire sia ai consumatori privati che alle aziende (in particolare le PMI) di avvalersi di tali rimedi,

proteggere i diritti dei consumatori sui mercati internazionali,

integrare la protezione dei consumatori in tutte le politiche e le norme comunitarie,

prevedere un'attenta vigilanza nei settori del mercato in cui la protezione dei consumatori rappresenta una necessità imprescindibile.

2.   Sintesi del documento della Commissione

2.1

La comunicazione in esame mette in evidenza le principali sfide che si profilano per il periodo 2007-2013. Tali sfide consistono sostanzialmente nel fatto che il mercato al dettaglio e il mercato dei servizi si evolvono e crescono in maniera tale da conferire più potere ai consumatori. Tuttavia, da questo maggiore potere può anche derivare una maggiore discriminazione tra consumatori informati e con un certo potere di acquisto e gruppi di consumatori vulnerabili. Ciò non significa però che il benessere dei consumatori stia effettivamente crescendo per quanto possibile: è quindi essenziale non incrinare la fiducia dei consumatori. Un'altra sfida è legata alla capacità delle imprese, e in particolare delle PMI, di adeguarsi ai progressi tecnologici che modificano i loro modelli di vendita o di prestazione di servizi e di affidarsi maggiormente al commercio elettronico e ai servizi su misura per i consumatori.

2.2

La strategia indica i seguenti obiettivi da realizzare entro il 2013:

dare maggior potere ai consumatori nell'UE, giacché è questo l'elemento essenziale per garantirne il benessere e al tempo stesso incrementare la competitività sulla base di informazioni giuste e pertinenti e di contratti e rimedi equi,

promuovere il benessere dei consumatori in termini di prezzi, scelta, qualità, accessibilità e sicurezza,

proteggere efficacemente i consumatori dai rischi più gravi, in particolare quelli che non possono essere affrontati direttamente dai singoli individui.

I suddetti obiettivi sono considerati essenziali ai fini della crescita economica nel mercato interno.

2.3

Essi dovranno essere conseguiti istituendo un quadro giuridico per l'impiego dei fondi della politica comunitaria dei consumatori, in modo da garantire la tutela dei consumatori e l'effettiva attuazione della legislazione attraverso l'applicazione, la cooperazione, l'informazione, l'educazione e i mezzi di ricorso.

2.4

I settori prioritari sono pertanto i seguenti:

migliore monitoraggio dei mercati dei consumatori e delle politiche nazionali a favore dei consumatori,

migliore regolamentazione della protezione dei consumatori,

maggiore rispetto delle norme e ricorsi,

migliore informazione e più corretta educazione dei consumatori,

centralità dei consumatori nelle altre politiche e normative dell'UE.

La strategia mette in evidenza, nel quadro di ciascun settore prioritario, una serie di azioni che vengono in parte discusse nelle osservazioni specifiche del presente parere.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE accoglie con favore la strategia per i consumatori 2007-2013 e si compiace in particolare del fatto che, nel quadro di tale strategia, la fiducia e la protezione dei consumatori risaltino come elementi essenziali di un mercato interno sano e prospero. Vanno tuttavia esaminati con attenzione i successi ottenuti all'interno dell'Unione europea grazie all'autoregolamentazione, alla coregolamentazione e ai codici di condotta.

3.1.1

Il CESE non ritiene comunque che la politica dei consumatori debba limitarsi all'attuazione del mercato interno, ma pensa al contrario, come afferma giustamente la Commissione nella comunicazione Un mercato unico per l'Europa del XXI secolo (COM(2007) 724 def.), che sia il mercato interno a dover soddisfare e servire gli interessi dei consumatori.

3.1.2

Il CESE reputa che la Commissione debba finalizzare la propria politica alla trasparenza dei mercati e al rafforzamento del mercato interno; inoltre, essa deve puntare a una tutela dei consumatori che al tempo stesso favorisca la formazione di mercati efficienti, contribuisca alla crescita economica e all'occupazione e porti maggiore benessere ai consumatori.

3.2

Le sfide che la Commissione individua nel mercato interno sono problemi reali che devono essere risolti e che la strategia in effetti affronta. Si tratta tuttavia di problemi riguardanti il mercato mentre, a parere del CESE, la Commissione ha di fronte altre due sfide di diversa natura: l'effettiva armonizzazione delle politiche nazionali e la collocazione del benessere dei consumatori tra gli obiettivi principali dell'azione delle varie DG della stessa Commissione.

3.3

Il CESE ritiene che la strategia della Commissione per la politica dei consumatori per il periodo 2007-2013 rappresenti un passo avanti molto importante e promettente, e che essa sia strutturata molto meglio della precedente strategia in materia di salute pubblica e di tutela dei consumatori (COM(2005) 115 def.), su cui il CESE aveva a suo tempo formulato un parere (1).

3.4

Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che la proposta in esame potrebbe essere in conflitto con altre misure già approvate a livello comunitario. È necessario che vi sia coerenza tra gli obiettivi operativi e la decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d'azione comunitaria in materia di politica dei consumatori (2007-2013) (2).

3.5

Il Comitato auspica che gli obiettivi definiti dalla Commissione, per quanto eccessivamente ambiziosi e per alcuni aspetti vaghi e poco precisi, vengano realizzati nei tempi prefissati e nel modo più consono alle esigenze del mercato interno e dei consumatori.

3.6

Sebbene la Commissione abbia già avviato una serie di iniziative nel quadro di questa politica, come il Libro verde sulla revisione dell'acquis relativo ai consumatori, il Comitato insiste con la Commissione perché proceda a un'attenta revisione delle direttive in questo campo. Il Comitato è infatti rimasto deluso dalle recenti comunicazioni riguardanti rispettivamente l'attuazione della direttiva sui contratti a distanza (COM(2006) 514 def. del 21.9.2006) e l'attuazione della direttiva sulle garanzie e la responsabilità diretta del produttore (COM(2007) 210 def. del 24.4.2007), nonché dalla recente modifica della direttiva sulla multiproprietà, nel senso che queste proposte non si spingono realmente fino in fondo nella ricerca di soluzioni alle questioni ancora in sospeso. Inoltre, esse non rispecchiano gli obiettivi stabiliti nella strategia della politica dei consumatori.

3.6.1

Il CESE attende con interesse la pubblicazione della proposta di direttiva della Commissione sui diritti contrattuali dei consumatori, annunciata nel Programma legislativo e di lavoro per il 2008 (COM(2007) 640 def.), ed esprime la sua disponibilità a formulare a tempo debito un parere in materia, in particolare per quanto riguarda il rispetto dei principi che reggono il processo di semplificazione del diritto comunitario.

3.7

Il CESE è disposto a sostenere, a determinate condizioni e per scopi molto specifici, l'approccio inteso alla piena armonizzazione del diritto dei consumatori, se l'obiettivo principale è quello di realizzare il mercato interno. Tuttavia, tale approccio non dovrebbe comportare l'indebolimento dei diritti acquisiti dei consumatori, bensì contribuire al loro consolidamento in tutti gli Stati membri, in modo da incoraggiare un'espansione degli acquisti transfrontalieri che sia vantaggiosa tanto per i consumatori quanto per i settori della vendita al dettaglio e dei servizi. Tale approccio, inoltre, dovrebbe prevedere la tutela dei consumatori al livello non solo degli Stati membri, ma anche dell'UE, dove vengono compiuti gli sforzi per realizzare un'effettiva integrazione del mercato.

3.8

Il CESE accoglie con favore le azioni indicate nei settori prioritari all'interno della strategia per i consumatori e guarda con interesse alla loro attuazione. Ritiene che le risorse (sia finanziarie che umane) della DG SANCO siano in realtà limitate, cosa che rende più ardua la realizzazione degli obiettivi. Inoltre, il bilancio medio di 22,7 milioni di euro all'anno destinato alla strategia per i consumatori risulta purtroppo insufficiente ai fini dell'attuazione delle varie azioni.

3.8.1

L'esperienza del programma precedente indica che uno dei motivi della mancata realizzazione di molti aspetti dei piani è stata la carenza di personale. Va detto inoltre che il bilancio annuale di tale programma era in realtà superiore al bilancio stanziato attualmente, che corrisponde a obiettivi meno ambiziosi.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Migliore monitoraggio dei mercati: il CESE constata che occorre migliorare la conoscenza del mercato e sostiene in effetti le misure proposte nel quadro di questa priorità. Esorta tuttavia vigorosamente la Commissione a ricercare modalità innovative per studiare le esperienze e i punti di vista dei consumatori. Oltre a ciò, sarebbe opportuno che la Commissione adottasse un approccio a vasto raggio per analizzare le esperienze dei consumatori negli Stati membri attraverso l'analisi di casi concreti e della loro risoluzione. Il Comitato sottolinea inoltre che la raccolta di informazioni concernenti il mercato non dovrebbe comportare l'esecuzione di gravosi compiti aggiuntivi per le imprese, e in special modo per le PMI.

4.2

Migliore regolamentazione della protezione dei consumatori: le iniziative che rientrano in questa priorità dovrebbero essere intraprese tenendo pienamente conto degli effetti del commercio elettronico e del divario digitale sui diritti dei consumatori, e di conseguenza stabilire chiaramente gli obblighi e i diritti vigenti nell'ambiente digitale. Bisognerebbe inoltre delineare azioni volte a impedire che parte dei consumatori si trovi nell'impossibilità di avvalersi di determinati servizi a causa del divario digitale, giacché in tal modo non si farebbe che creare una nuova categoria vulnerabile di consumatori.

4.3

Maggiore rispetto delle norme e ricorsi: è necessario garantire il rispetto delle norme ai fini di un effettivo raggiungimento degli obiettivi di questa politica. A tal fine è indispensabile una maggiore cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione. Il CESE accoglie con favore e sostiene i ricorsi collettivi proposti dalla Commissione. Tali ricorsi consentono in effetti di intervenire sui problemi che i singoli consumatori non possono risolvere da soli.

4.4

Migliore informazione e più corretta educazione dei consumatori: il CESE è convinto che l'educazione e l'informazione siano parte integrante della protezione dei consumatori. La creazione della Rete europea dei centri per i consumatori (ECC-Net) si è rivelata un importante passo in avanti nell'informazione dei consumatori. Il CESE ritiene tuttavia che la Commissione dovrebbe trovare dei modi più innovativi e creativi di comunicare con tutti i consumatori attraverso un linguaggio accattivante.

4.5

Consumo responsabile e sostenibile: avere consumatori informati non basta; è importante anche consumare in modo responsabile. Se il testo in esame precisa che non vi sarà spazio per commercianti e fornitori di servizi disonesti, va detto anche che le imprese e i commercianti si aspettano che i consumatori adottino dal canto loro modelli di consumo responsabili. Inoltre, il consumo responsabile dovrebbe diventare un settore importante del mercato interno. Tanto i fornitori di servizi e i dettaglianti che i consumatori dovrebbero sapere con maggiore esattezza in che cosa consiste il consumo sostenibile, e fare propria tale pratica.

4.6

Integrazione dei principi di protezione dei consumatori in tutte le politiche e le normative dell'UE: le misure proposte dalla Commissione, come l'introduzione di funzionari di collegamento per i consumatori nelle varie DG, sono utili e dovrebbero contribuire efficacemente all'attuazione di questa priorità. Il CESE concorda con quanti ritengono che ciascuna DG dovrebbe riferire annualmente sulle modalità con cui la politica dei consumatori è stata integrata nel rispettivo settore di competenza. Si rallegra perciò che il paragrafo 2 dell'articolo 153 del Trattato che istituisce la Comunità europea sia stato inserito nelle disposizioni generali del progetto di Trattato di riforma (nuovo articolo 12).

4.7

Migliore tutela dei consumatori sui mercati internazionali: è in effetti necessario che i consumatori siano protetti anche sui mercati internazionali. Tale protezione non dovrebbe applicarsi soltanto alla sicurezza dei prodotti, che è un settore di importanza crescente per i consumatori dell'UE, ma anche alla protezione relativa ai servizi e/o prodotti venduti in particolare attraverso il commercio elettronico, i quali presentano specifici problemi per i consumatori.

4.8

Uno degli obiettivi della strategia della Commissione è garantire che la politica in materia di servizi di interesse generale sia accompagnata dall'adozione di adeguate misure a favore dei consumatori. Il Comitato si attende che la Commissione condivida il punto di vista da esso più volte manifestato nei propri pareri in merito ai SIG e al servizio universale, in linea con il nuovo protocollo sui servizi di interesse generale del Trattato di Lisbona.

4.9

Cooperazione tra industria e associazioni per la difesa dei consumatori: al di là della legislazione e della sua applicazione, la protezione dei consumatori sarà assicurata in realtà dalla cooperazione tra questi due settori. Bisognerebbe quindi adoperarsi per facilitare tale cooperazione, estendendo a tutta l'UE le migliori pratiche degli Stati membri che adottano tale approccio e che dispongono inoltre di appositi codici di condotta.

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  GU C 88 dell'11.4.2006, relatore: PEGADO LIZ (INT/271).

(2)  Decisione n. 1926/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, GU L 404 del 30.12.2006, pag. 39.


25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/24


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Politica spaziale europea

COM(2007) 212 def.

(2008/C 162/03)

La Commissione, in data 26 aprile 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Politica spaziale europea

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 31 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore VAN IERSEL.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 145 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Per ragioni strategiche di natura politica ed economica, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si dichiara espressamente a favore di un accesso autonomo dell'Europa allo spazio. Approva pertanto le politiche illustrate nei documenti elaborati dal Consiglio Spazio, dalla Commissione e dall'ESA (1) nell'aprile e nel maggio 2007.

1.2

Una politica spaziale europea dovrebbe perseguire obiettivi pacifici, tra cui la tutela della sicurezza collettiva.

1.3

Il CESE ritiene che le attività spaziali europee, siano esse condotte al livello degli Stati membri, nel contesto dell'UE o dell'ESA, comporteranno vantaggi tangibili in diversi settori, ad esempio la ricerca scientifica, l'auspicabile fornitura di infrastrutture e di dati e infine una vasta gamma di applicazioni economiche grazie all'integrazione di sistemi spaziali e terrestri.

1.4

L'approccio dell'ESA si è rivelato finora di grande successo. Il coinvolgimento di tale agenzia nelle attività della Commissione dovrebbe liberare e, anzi, sicuramente libererà un potenziale aggiuntivo. A tal fine, la Commissione e l'ESA dovranno mettere a punto procedure di collaborazione, di delimitazione delle rispettive competenze e di ripartizione dei costi.

1.5

Gli sviluppi internazionali (Stati Uniti, Russia, Giappone, Cina, India e altri paesi dotati di tecnologia spaziale) obbligano l'UE ad agire in modo ancora più deciso sia come concorrente sia come partner nella corsa allo spazio. Ciò richiede l'elaborazione di programmi concreti in tempi brevi e l'introduzione di processi decisionali in grado di tenere conto degli analoghi processi in atto negli altri paesi interessati.

1.6

Al tempo stesso, un processo decisionale più rapido e concertato favorirebbe la definizione e la successiva realizzazione di missioni in linea con le esigenze degli utenti.

1.7

I sistemi Galileo e GMES sono i portabandiera dell'Europa. I programmi previsti nell'ambito di Galileo dovrebbero essere realizzati senza indugio.

1.8

L'inserimento della dimensione spaziale nel Settimo programma quadro e nelle politiche comunitarie deve portare a un approccio integrato di tutte le DG interessate. Il fatto di conferire una base più ampia alla riflessione strategica della Commissione comporterà un effetto benefico sugli approcci integrati a livello nazionale, che spesso mancano del tutto. È auspicabile un'azione concertata al riguardo.

1.9

Tutti gli Stati membri dell'UE, compresi i più piccoli e i nuovi, devono trarre beneficio dalla politica spaziale europea creando adeguate opportunità per le competenze scientifiche e per le capacità industriali altamente qualificate esistenti in tutta Europa, nei settori sia a monte che a valle.

1.10

In base alla politica industriale dell'ESA (2), centrata sul «giusto ritorno», ciascun paese recupera i propri investimenti attraverso sottoscrizioni e concessioni. Di conseguenza, le relazioni tra i governi, l'ESA, le imprese private e gli istituti di ricerca si basano su schemi profondamente radicati.

1.11

Finora, il principio del «giusto ritorno» è riuscito a sviluppare le capacità europee in materia spaziale. Tuttavia, la crescente maturità del mercato spaziale richiederà maggiore flessibilità, dato che l'esistenza di rapporti consolidati non porta di regola al rinnovamento industriale. A causa delle richieste del mercato, delle esigenze degli utenti e dello sviluppo dei servizi, ci si aspetta in particolare dalle PMI una risposta appropriata alle nuove esigenze e alle nuove opzioni nel campo della politica spaziale europea.

1.12

D'altro canto, un cambiamento repentino nelle procedure e nei rapporti consolidati può rivelarsi controproducente, tenuto conto anche delle profonde disparità tra i contributi forniti all'ESA.

1.13

Pertanto, il CESE caldeggia un'analisi aperta e trasparente e un dialogo sui risultati auspicabili per l'Europa di qui a dieci anni, in cui ci si interroghi in merito agli obiettivi e ai relativi strumenti istituzionali (concernenti l'ESA, la Commissione e gli Stati membri) necessari per portare a compimento una missione europea coordinata in comune. Il dialogo dovrebbe, tra le altre cose, vertere sulle modalità di finanziamento dell'ESA, sul possibile contributo dinamico delle imprese di medie dimensioni e sul mantenimento del più alto livello possibile di concorrenza.

1.14

Fondamentale a tale proposito appare anche la responsabilità della Commissione in materia di applicazioni e di promozione delle esigenze degli utenti. Il CESE è sicuro che la Commissione garantirà un dibattito aperto e la partecipazione del settore privato, in particolare delle PMI.

1.15

Il CESE è d'accordo con il Consiglio sull'importanza delle attività spaziali ai fini della difesa e della sicurezza. Bisognerebbe incoraggiare la definizione di futuri sistemi ai quali partecipino tutti i paesi europei.

1.16

Dato che il confine tra applicazioni civili e militari è labile, è opportuno fare il massimo ricorso ai cosiddetti effetti a doppio uso.

1.17

Infine, la comunicazione è un altro aspetto cruciale. Il CESE è del parere che sarebbe necessario far conoscere meglio i benefici insiti nelle attività spaziali per la vita quotidiana.

1.18

Una comunicazione ben mirata sulla politica spaziale europea dovrebbe risvegliare l'interesse dei giovani nei confronti di questo settore, o più generalmente, invogliarli a intraprendere lo studio di materie tecniche e/o scientifiche.

2.   Un nuovo approccio alla politica spaziale europea

2.1

Negli ultimi dieci anni, le istituzioni europee e le task force nazionali hanno discusso in misura crescente sulle nuove misure riguardanti il futuro della politica spaziale europea.

2.2

Nell'aprile 2007 la Commissione, in stretta collaborazione con l'ESA (3), ha pubblicato una comunicazione sulla politica spaziale (4) affiancata da una valutazione di impatto e da un vasto programma di azioni previste dall'ESA, dalla Commissione e dagli Stati membri.

2.3

Il 22 maggio 2007, il Consiglio Spazio (5) ha adottato una risoluzione sulla politica spaziale europea basata sulla comunicazione della Commissione.

2.4

Ad accrescere l'interesse nei confronti di questo tema hanno contribuito, come si afferma nei documenti sopraccitati, una serie di sviluppi mondiali e di obiettivi strategici europei:

il potenziale utilizzo dei servizi spaziali per qualsiasi tipo di problemi e come strumenti per una vasta gamma di politiche europee di complemento alla ricerca, ad esempio l'ambiente, la sicurezza, i trasporti, gli aiuti allo sviluppo, la coesione e l'istruzione,

la necessità incessante per l'Europa di avere un accesso autonomo allo spazio in quanto condizione indispensabile per una politica spaziale europea,

il numero crescente di soggetti mondiali (emergenti) in questo campo e la necessità per l'Europa di essere un protagonista di primo piano sia come partner sia come concorrente,

l'importanza dello spazio come fonte di innovazione, di competitività industriale e di crescita economica,

il potenziamento delle infrastrutture scientifiche, la società basata sulla conoscenza e gli obiettivi di Lisbona,

la necessità di collegare la ricerca europea alle applicazioni,

il contributo e il ruolo complementare della tecnologia spaziale rispetto alle tecnologie e alle applicazioni terrestri,

l'importanza dello spazio per la difesa e la sicurezza dell'Europa,

il confine labile tra le applicazioni delle tecnologie spaziali in campo civile e militare,

la consapevolezza che i singoli Stati membri non sono in grado di soddisfare i requisiti necessari per una politica spaziale credibile, e di conseguenza,

la necessità di definire con chiarezza le funzioni e le competenze di istituzioni e organizzazioni europee in campo spaziale.

2.5

Nel 2003 e nel 2004, la Commissione europea ha presentato rispettivamente un Libro verde e un Libro bianco sulla politica spaziale, documenti in cui ha illustrato gli orientamenti di una futura politica spaziale. In essi figuravano numerosi elementi, alcuni di ampio respiro, rielaborati nella comunicazione citata.

2.6

Nella risoluzione del 22 maggio, il Consiglio ha confermato che il settore spaziale «è un atout strategico che contribuisce all'indipendenza, alla sicurezza e alla prosperità dell'Europa, nonché al suo ruolo nel mondo». Una delle questioni chiave in tale contesto è intensificare la cooperazione europea per la fornitura di servizi spaziali a vantaggio dei cittadini. Nel collegare la politica spaziale con la strategia di Lisbona, il Consiglio ne ha sottolineato l'importanza per la politica estera e di sicurezza comune.

2.7

La risoluzione del Consiglio mette in evidenza l'obiettivo della creazione di uno Spazio europeo della ricerca e ribadisce la necessità di una cooperazione tra l'ESA e la Commissione, in modo da promuovere l'efficienza, accrescere il finanziamento dei programmi europei e garantire una maggiore coesione tra tecnologia e applicazioni. I rapporti tra ESA e Commissione si evolveranno sulla base delle esperienze conseguite. Rimane tuttavia aperta la questione del cofinanziamento delle infrastrutture di base esistenti (Kourou, Darmstadt, ecc.).

2.8

Temi di grande importanza sono la cooperazione e la divisione dei compiti tra l'ESA e la Commissione. L'ESA è leader nel campo delle scoperte e delle tecnologie, mentre la Commissione è responsabile delle applicazioni collegate alle sue politiche, ad esempio i trasporti, l'ambiente, la sicurezza e le relazioni con i paesi terzi. Inoltre, essa ha il compito di individuare le esigenze degli utenti non governativi in termini di servizi più adeguati.

2.9

Il requisito dell'efficacia rispetto ai costi nei programmi pubblici contribuirà alla competitività delle imprese private industriali e commerciali. A tale proposito sono particolarmente importanti le PMI e i fornitori. Allo stesso tempo, il Consiglio considera la politica industriale dell'ESA, e soprattutto il principio del «giusto ritorno», uno strumento per favorire gli investimenti e migliorare la competitività europea.

2.10

La risoluzione dello scorso maggio prelude indubbiamente a una nuova fase che i principali soggetti interessati hanno accolto con entusiasmo (6).

3.   Osservazioni generali

3.1

Quello dello spazio è un mondo in rapida evoluzione. Nel corso dell'ultimo decennio, il CESE ha accolto positivamente il Libro verde e il Libro bianco della Commissione sulla politica spaziale (7). Ancora una volta il CESE appoggia con vigore le nuove iniziative presentate dal Consiglio, dalla Commissione e dall'ESA lo scorso maggio. La nuova fase della politica spaziale europea ha inizio emblematicamente allo scorcio del 21o secolo. È il principio di una nuova era.

3.2

Gli sviluppi internazionali nel settore spaziale hanno un crescente impatto tecnologico e strategico.

3.2.1

È innegabile che la politica spaziale stia contribuendo in modo sempre più importante, se non addirittura indispensabile, al perseguimento di obiettivi terrestri. In altre parole, le applicazioni spaziali sono di vitale importanza per la realizzazione di obiettivi economici e sociali per un'Europa sempre più coesa.

3.2.2

Al livello scientifico e della ricerca, i progressi nel campo dell'astronomia e dello studio dei pianeti sono evidenti. L'ESA si avvale delle reti esistenti, che integra con programmi mirati e controlli incrociati. Contrariamente a quello scientifico, il settore bellico opera ancora su un piano strettamente nazionale.

3.2.3

Da un punto di vista strategico, l'Europa deve salvaguardare la propria indipendenza dagli Stati Uniti, dalla Russia e, in misura crescente, dalla Cina e dall'India e altri paesi con tecnologia spaziale, che sono al tempo stesso concorrenti e partner nel campo spaziale. Più in generale, il punto di partenza di qualsiasi politica spaziale dovrebbe essere la posizione dell'Europa nel mondo.

3.3

La risoluzione del Consiglio Spazio del 22 maggio 2007 e i documenti a essa collegati, come la comunicazione della Commissione del 2007, la relativa valutazione di impatto, la dichiarazione del direttore generale dell'ESA e infine gli elementi fondanti di un programma comune europeo che coinvolge ESA, Commissione e Stati membri sono un enorme passo avanti se si tiene presente che:

sin dall'inizio, le regole del mercato interno non sono state applicate al settore spaziale a causa di approcci strategici, programmi ed esigenze militari di livello nazionale,

esistevano differenze sostanziali tra gli Stati membri in materia di interessi, impegni finanziari, obiettivi tecnologici e risultati industriali,

di conseguenza, spesso prevalgono singoli modelli industriali nazionali.

3.4

L'accordo quadro del 2003 (8) tra l'ESA e l'Unione europea ha gettato le basi di una programmazione e di un'azione comune tra l'UE e l'ESA. Al momento, il Consiglio sta definendo un approccio globale volto a coordinare meglio e a promuovere l'efficacia dei singoli progetti, siano essi nazionali, intergovernativi o europei.

3.5

Secondo il CESE, tra gli elementi importanti dell'accordo figurano la crescita di consenso e di visione comune tra gli Stati membri, la conferma della cooperazione tra la Commissione e l'ESA e la divisione delle responsabilità tra le due parti come base per un aumento dei finanziamenti comunitari, un maggiore equilibrio tra R&S e applicazioni e, ciò che è più importante, l'intenzione dichiarata di mettere al centro le esigenze degli utenti, i partenariati pubblico-privati e la priorità accordata, nell'ambito della politica spaziale europea, a sistemi portabandiera quali Galileo o GMES (9).

3.6

Va notato, tuttavia, che le iniziative previste fanno parte di un lungo processo che di certo non è ancora giunto alla fase finale e nel cui quadro bisognerà ancora elaborare progetti concreti e prevedere flussi di finanziamento.

3.7

Il bilancio totale delle attività spaziali dell'ESA, di Eumetsat e degli Stati membri per il 2005 è stato di 4,8 miliardi di euro (esclusa la Commissione europea) (10). La Commissione assegnerà, nel periodo 2007-2013, fondi per un importo garantito di più di 1,4 miliardi di euro ad applicazioni e attività spaziali a titolo del Settimo programma quadro. La spesa mondiale per attività spaziali è di 50 miliardi di euro. Il bilancio degli Stati Uniti ammonta a circa 40 miliardi di euro, di cui più del 50 % per scopi militari. Inoltre, la spesa USA in questo settore si basa su un approccio totalmente ripiegato sugli Stati Uniti che fa sentire i suoi effetti sulla cooperazione tra le varie istituzioni e imprese (11). Gli Stati Uniti sono soprattutto un mercato chiuso, ma grande abbastanza per sostenere l'industria spaziale nazionale senza doversi misurare con la concorrenza internazionale.

3.8

Le attività spaziali europee sono un mix di programmi europei (intergovernativi o comunitari) e nazionali. L'ESA non si limita a coordinare i progetti e ha dato prova finora di straordinaria efficacia. L'ESA è un'agenzia di R&S che sviluppa con successo importanti infrastrutture a livello europeo. Tra i grossi operatori europei dell'ESA nel settore spaziale figurano Arianespace, Eumetsat e Eutelsat. A questi programmi si affiancano quelli specifici degli Stati membri, basati su tradizioni e obiettivi politici e tecnologici nazionali e, di conseguenza, su capacità, reti e applicazioni nazionali. Il modello europeo è un sistema complesso nel quale si intrecciano programmi comunitari e nazionali.

3.9

È probabile che i nuovi Stati membri aderiscano all'ESA, facendo così salire il numero di paesi aderenti da 17 a 22 (12). Bisognerebbe trarre i benefici derivanti dalle competenze scientifiche esistenti e dal potenziale rafforzamento dei cluster economici.

3.10

È del tutto possibile che vi siano sovrapposizioni tra programmi nazionali e programmi ESA. I progetti di difesa restano infatti di competenza prevalentemente nazionale. Anche questo può creare inefficienze, in quanto la distinzione tra le tecnologie per scopi militari e per scopi civili è poco chiara. Il nuovo approccio globale potrebbe contribuire a promuovere la convergenza.

3.11

I bilanci sono collegati alle infrastrutture e alla raccolta di dati. Quanto meglio sono organizzati i rapporti con le imprese e le forze del mercato, tanto più importanti sono gli effetti moltiplicatori ottenuti con applicazioni e servizi. A tale proposito, l'operatore di satelliti meteorologici Eumetsat è un esempio calzante che può servire da utile modello per altri settori.

3.12

Tenendo conto degli attuali vincoli di bilancio, è opportuno che l'Europa si concentri sulle sue priorità e sia totalmente aperta alla cooperazione internazionale. Quest'ultima presenta un elevato valore aggiunto con effetti moltiplicatori talvolta straordinari. Tuttavia, per poter agire su un piano di parità con i paesi terzi, l'Europa deve dimostrare di possedere capacità che, al di là delle priorità, siano in grado di soddisfare un numero sufficiente di requisiti di base. È auspicabile che tali requisiti vengano adottati di comune accordo e che di conseguenza vengano messe a disposizione risorse finanziarie sufficienti.

3.13

In un recente parere (13), il CESE appoggia totalmente Galileo, progetto europeo globale di navigazione satellitare che assicura dati più accurati in materia di posizionamento e misurazione del tempo in tutto il mondo per applicazioni civili in una vasta gamma di settori. Il sistema è paragonabile al GPS americano, anche se perfezionato.

3.13.1

Grazie a Galileo l'Europa manterrà la propria posizione di protagonista indipendente nel settore aerospaziale.

3.13.2

L'impresa non si rivelava interessante per il settore a monte. Il CESE approva la decisione del Consiglio di finanziare Galileo e la definizione dei programmi, i quali dovrebbero essere realizzati quanto prima al fine di creare condizioni favorevoli per il settore a valle (14).

3.13.3

A parte gli ostacoli alla creazione di un valido partenariato pubblico-privato, che resta in genere un affare complicato, vi sono altre questioni in sospeso che è necessario risolvere con urgenza per garantire una effettiva partecipazione dei privati.

3.14

Al di là di quelli già esistenti, il GMES fornirà una serie coerente di servizi sempre più indispensabili basati sull'osservazione terrestre. Inoltre, esso «migliorerà la capacità di monitoraggio e valutazione dell'Europa nel campo della politica ambientale e contribuirà a rispondere alle esigenze in materia di sicurezza» (15). I rapidi sviluppi mondiali in corso mostrano fino a che punto siano necessari strumenti inediti per rispondere alle nuove sfide legate alla protezione dell'ambiente, al cambiamento climatico, alla salute e alla sicurezza personale e collettiva.

3.14.1

Tali sfide riguardano una vasta gamma di settori, dalle crisi e le catastrofi naturali alle conseguenze del cambiamento climatico per via delle emissioni di gas e dell'inquinamento atmosferico, alla protezione civile e al controllo delle frontiere.

3.14.2

Le applicazioni pertinenti in questo settore sono orientate agli utenti, i quali provengono da varie realtà, ad esempio il mondo della politica, i pubblici servizi, le imprese o i cittadini. Questo impone un maggior coordinamento tra l'ESA, la Commissione e gli Stati membri e rende auspicabile l'individuazione delle varie esigenze da parte della stessa Commissione.

3.14.3

I servizi GMES contribuiranno allo sviluppo e all'attuazione di varie politiche comunitarie. Considerando il valore aggiunto di tali servizi, nel bilancio comunitario (2009) bisognerà prevedere un finanziamento operativo per i servizi e le applicazioni spaziali a sostegno delle politiche UE.

3.14.4

Anche nel caso delle infrastrutture GMES spetta ai governi raccogliere dati in modo affidabile e sostenibile. Bisognerà di conseguenza creare le condizioni per garantire la partecipazione delle imprese private.

3.15

Galileo, GMES e tutti gli altri programmi sono la dimostrazione del fatto che la politica spaziale sta diventando operativa e sostiene quelle prestazioni e applicazioni tecnologiche in continuo sviluppo che consentiranno di usare nuovi metodi per analizzare, prevedere e risolvere le questioni concernenti la collettività.

3.16

È importante che tutti gli Stati membri, inclusi i più piccoli e quelli di recente adesione, traggano beneficio dalla politica spaziale europea. Un impegno da parte di tutti gli Stati membri è inoltre una questione di interesse comune per l'UE in quanto tale.

3.17

I nuovi Stati membri trarranno certamente profitto dalle varie applicazioni. È inoltre importante creare opportunità per far sì che possano mettere a disposizione le loro attuali competenze scientifiche e le loro capacità industriali di alto livello al fine di incrementare le loro potenzialità.

4.   Gestione

4.1

Il Consiglio Spazio si è riunito per la prima volta nel novembre 2004 per discutere e promuovere la convergenza europea e i programmi su scala europea. Il CESE spera e confida che l'orientamento dato dal Consiglio lo scorso maggio crei il contesto necessario per una politica spaziale europea in linea con le ambizioni dell'Europa.

4.2

Il miglioramento delle disposizioni istituzionali resta indispensabile per garantire passi avanti. A tale proposito, il CESE accoglie favorevolmente il crescente coinvolgimento del Consiglio e della Commissione nelle questioni spaziali, nonché l'idea di prevedere nei dettagli le modalità della cooperazione e la divisione delle responsabilità tra ESA e Commissione.

4.3

Il Consiglio Spazio rappresenta la piattaforma ideale per discutere gli approcci intergovernativi e comunitari che dovranno essere collegati efficacemente.

4.4

L'introduzione del concetto di «spazio» nelle politiche comunitarie e nel Settimo programma quadro, grazie a un capitolo specifico dedicato alla politica spaziale, deve essere messa in evidenza attraverso il previsto impegno di tutte le DG interessate. Questo impegno integrato amplierà al tempo stesso la base della riflessione strategica. Risulteranno certamente utili, a tale proposito, le competenze specifiche dell'UE in materia spaziale, definite nel nuovo Trattato.

4.5

L'ordinamento giuridico, spesso trascurato, richiede un'attenzione specifica. In un contesto «monostatale» come quello USA, l'ordinamento giuridico esistente è il quadro naturale per lo svolgimento di attività concrete e per la relativa regolamentazione. Invece, nel complesso contesto europeo entro cui si muovono ESA, Commissione e Stati membri sovrani manca un ordinamento giuridico ben strutturato, il che finisce per essere controproducente. Tenendo presente l'ampliamento delle attività spaziali nell'UE, diventa quanto mai indispensabile disporre di un quadro giuridico-istituzionale logico e coerente.

4.6

La responsabilità della Commissione in materia di applicazioni e il coinvolgimento di varie DG avrà un'influenza positiva sul dibattito e sulla cooperazione con il settore privato e aprirà nuove prospettive per i progetti orientati agli utenti.

4.7

Un aspetto specifico da citare è la disposizione contenuta nel nuovo Trattato relativa al collegamento tra l'Alto rappresentante per gli affari esteri del Consiglio e la vicepresidenza della Commissione, cariche che saranno assunte da un'unica persona.

4.8

Uno dei motivi principali che giustificano una politica spaziale europea è che la riflessione strategica da parte della Commissione comporterà anche effetti positivi sugli approcci integrati a livello nazionale, che spesso mancano del tutto. Il coinvolgimento delle DG della Commissione promuoverà inoltre la creazione di reti con (potenziali) utenti nelle amministrazioni nazionali.

4.9

Per la stessa ragione, il Comitato accoglie molto favorevolmente l'istituzione di un ufficio GMES all'interno della DG Impresa, incaricato del coordinamento.

4.10

La partecipazione della Commissione conferisce alla politica spaziale un posto tra le altre politiche comunitarie, contribuendo a migliorare l'accettazione da parte dei cittadini dei vantaggi insiti in questo settore.

4.11

Finora, il mondo dello «spazio» è stato troppo isolato e non ha beneficiato di un'adeguata comunicazione. Una comunicazione efficace da parte della Commissione e del Consiglio dovrebbe mettere in risalto gli effetti di una politica spaziale sulla società. Una comunicazione ben mirata dovrebbe anche risvegliare l'interesse dei giovani nei confronti di questo settore e, più in generale, invogliarli a intraprendere studi scientifici e/o tecnici.

4.12

Il CESE sottolinea la grande importanza di una valutazione sistematica e del tutto trasparente, nonché di una corretta attuazione. I difficili rapporti tra centri di ricerca, pubblici poteri nell'UE e negli Stati membri e imprese private, unitamente alla complessità dei sistemi finanziari e organizzativi, sono aspetti che devono essere monitorati. In una logica di interazione dinamica, un monitoraggio efficace porterà alla trasparenza ed eventualmente a una semplificazione, a nuove considerazioni e all'elaborazione di nuovi progetti, come pure al loro finanziamento.

5.   Il «giusto ritorno» e il settore privato

5.1

Gli approcci e i programmi strategici degli Stati membri, le relazioni specifiche tra autorità nazionali e imprese private, la cooperazione intergovernativa all'interno e al di fuori dell'UE e l'ESA, agenzia intergovernativa di natura tecnologica, giustificano il principio del «giusto ritorno»: ciascun paese, in altri termini, è ripagato per i propri investimenti nelle attività dell'ESA sotto forma di contratti per le sue industrie attraverso un sistema complicato di sottoscrizioni e concessioni. Nelle circostanze attuali, la politica industriale dell'ESA è senz'altro un successo.

5.2

Di conseguenza, le relazioni tra governi, istituti di ricerca, ESA e imprese private si basano su schemi profondamente radicati anche perché il segmento spaziale costituisce un mercato circoscritto e altamente specializzato.

5.3

Bisogna tuttavia prendere in considerazione alcuni sviluppi decisivi:

la necessità di rafforzare la presenza europea nel mondo,

l'uso dell'«universo» per scopi civili e per obiettivi pacifici, tra cui la sicurezza collettiva,

la partecipazione politica e finanziaria dell'UE e della Commissione in una vasta gamma di settori,

il maggiore rilievo posto sulle applicazioni e sulle esigenze degli utenti, il passaggio dalla spinta tecnologica alle richieste del mercato,

il nuovo ruolo delle imprese private.

5.4

Il Consiglio chiede, nel caso dell'ESA, di mantenere il principio del «giusto ritorno». In tale contesto, gli Stati membri dell'ESA hanno interessi che non coincidono in tutto e per tutto. Va comunque notato che il principio del «giusto ritorno» ha già subito una evoluzione, nel senso che l'approccio è stato reso più flessibile che in passato e che lo si sta progressivamente modernizzando. Secondo il CESE, questo principio dovrebbe diventare in particolare tanto flessibile da permettere l'adeguato coinvolgimento delle medie imprese altamente specializzate (ancora) in prevalenza nazionali.

5.5

Nel caso della partecipazione e del finanziamento da parte della Commissione sono attualmente di applicazione le regole comunitarie, vale a dire quelle in materia di concorrenza e di appalti pubblici. Il CESE apprezza il fatto che la Commissione metta a punto strumenti e regole di finanziamento adeguati per le misure comunitarie nel settore spaziale, che tengano conto delle specificità di tale settore e rendano possibile una struttura industriale equilibrata degli Stati membri nel settore spaziale.

5.6

Un aspetto che merita particolare attenzione è il ruolo delle PMI nello sviluppo dei servizi. A tale proposito è necessaria una distinzione tra le grandi imprese, che spesso operano a livello internazionale, e un gran numero di imprese medie specializzate, che il più delle volte operano sul piano nazionale e cercano opportunità nel settore spaziale europeo. I consorzi creati dalle PMI in campo spaziale devono pertanto essere sostenuti.

5.6.1

L'importanza delle imprese medie specializzate sta comunque crescendo (16). Tale tendenza è probabilmente destinata a intensificarsi in questo settore vuoi per l'attenzione rivolta alle richieste del mercato e alle esigenze degli utenti, vuoi per il dinamico coinvolgimento delle imprese più piccole nello sviluppo dei servizi. La programmazione operativa e la definizione di progetti con le imprese di medie dimensioni diventeranno pratiche più correnti.

5.6.2

Finora, la politica spaziale è stata in gran parte separata dagli altri settori economici. Il cambiamento nelle priorità, l'approccio orizzontale e la cooperazione tra l'ESA e la Commissione contribuiranno al collegamento tra tecnologia, investimenti pubblici e imprese private. L'esperienza di Eumetsat nello sviluppo di servizi operativi può avere un valore pratico per il GMES.

5.6.3

Per quanto concerne i satelliti, la pianificazione aziendale, il marketing e la commercializzazione possono introdurre pratiche vantaggiose. Saranno a tale proposito potenziate le reti formate da imprese di medie dimensioni.

5.7

I sistemi spaziali e quelli terrestri dovrebbero essere integrati, come previsto per il GMES. È inoltre possibile sviluppare ulteriormente le reti di sensori intelligenti.

5.8

La partecipazione dell'industria presuppone una definizione precisa della domanda UE. La maggiore importanza rivolta ai servizi e alle esigenze degli utenti, al di là della ricerca, della raccolta dati e delle infrastrutture, implica la necessità di una costante sintonia tra scienza e applicazione in tutta Europa (17).

5.9

Tuttavia, come sottolineato in precedenza, le applicazioni hanno bisogno di essere sostenute dallo sviluppo tecnologico. L'ESTP (18), che riunisce rappresentanti del mondo scientifico e dell'industria, è ad esempio una piattaforma molto promettente per l'identificazione delle necessarie tecnologie, ed è da attendersi che definirà l'agenda strategica di ricerca a lungo termine. L'ESTP può anche facilitare il collegamento con altri settori e ambiti industriali.

5.10

Finora, il principio del «giusto ritorno» è riuscito a sviluppare le capacità europee in materia spaziale. Tuttavia, la crescente maturità del mercato spaziale richiederà una maggiore flessibilità dato che l'esistenza di rapporti consolidati non porta di regola al rinnovamento industriale. A causa delle richieste del mercato, delle esigenze degli utenti e dello sviluppo dei servizi, ci si aspetta in particolare dalle PMI una risposta appropriata alle nuove esigenze e alle nuove opzioni nel campo della politica spaziale europea.

5.10.1

A tale proposito, occorre tener conto anche delle grandi disparità nei contributi nazionali all'ESA, cosa che riguarda soprattutto i nuovi Stati membri e i paesi più piccoli, come pure i paesi non UE affiliati all'ESA.

5.11

Il CESE caldeggia pertanto un'analisi aperta e trasparente e un dialogo sui risultati auspicabili per l'Europa di qui a dieci anni al fine di salvaguardare e migliorare la posizione dell'UE nel mondo. Al riguardo ci si dovrebbe interrogare in merito agli obiettivi e ai relativi strumenti istituzionali (concernenti l'ESA, la Commissione e gli Stati membri) necessari per portare a compimento una missione europea coordinata in comune, oltre che al possibile contributo dinamico delle imprese di medie dimensioni e al mantenimento del più alto livello possibile di concorrenza.

5.12

L'analisi e il dialogo di cui sopra dovrebbero vertere sulle modalità di finanziamento dell'ESA, in particolare gli effetti dei contributi opzionali, ed esaminare in che modo si possano prevedere procedure e una progressiva integrazione dei servizi spaziali nel mercato interno dell'UE. Nei settori che vedono la partecipazione delle varie DG della Commissione andrebbero messe a punto specifiche norme di finanziamento e un sistema corrispondente per la ripartizione dei costi.

5.13

Una moderna politica industriale di tipo settoriale, come quella elaborata dalla Commissione in vari ambiti, può anch'essa essere utile, purché tenga conto delle caratteristiche specifiche dell'attività spaziale. Tra queste ultime si segnala la necessità di tecnologie e infrastrutture finanziate con denaro pubblico, lo sviluppo di prototipi, l'assenza di un vero e proprio mercato in diversi segmenti e infine l'esistenza di una politica industriale attiva nel settore spaziale condotta e finanziata dal governo negli Stati Uniti e in altri paesi.

5.14

Come primo passo nei confronti dell'industria, bisognerebbe concretizzare quanto prima le idee dei responsabili politici riguardo alle ambizioni industriali dell'Europa.

6.   Difesa e sicurezza

6.1

La risoluzione del Consiglio sottolinea l'importanza dello spazio per la difesa e la sicurezza. Sempre più spesso si discute sull'adozione di una strategia comune relativa alle capacità militari dell'Europa.

6.2

Tale dibattito rientra nell'ambito degli auspicabili passi avanti nel campo della politica estera e di sicurezza comune. Il CESE approva il graduale affermarsi dell'idea secondo cui la sicurezza non dovrebbe più essere una politica unica, bensì un mix di politiche elaborate dalle istituzioni europee e applicate al loro interno (19).

6.3

Bisogna anche tener presente che la distinzione tra applicazioni civili e militari è poco netta. È quindi consigliabile sottolineare le possibili opportunità reciproche per le diverse esigenze in entrambi i settori. I sistemi militari possono trarre vantaggio dalle missioni civili europee per via dell'effetto a doppio uso insito nelle applicazioni civili e militari.

6.4

Attualmente, la proprietà, la gestione e il finanziamento dei sistemi in materia di sicurezza sono elementi rigorosamente nazionali. Le sinergie tra i diversi paesi sono rare, anche se alcune azioni nel settore della difesa vengono coordinate in un quadro europeo. Vi sono diverse opzioni per il futuro, che vanno da un grado «minimo» di cooperazione europea a un modello europeo comune in tutti i suoi aspetti.

6.5

Il CESE ritiene che per motivi di sicurezza, tecnologia e bilancio si debba dare un impulso alla pianificazione di sistemi futuri che coinvolgano diversi paesi europei.

6.6

La logica nazionale è profondamente radicata quando si parla di sicurezza. Ma partendo da una visione comune del futuro che comprenda anche gli inevitabili sviluppi globali, sarà possibile avviare progetti concreti e fare passi avanti grazie alle esperienze acquisite.

6.7

Per evitare inutili duplicazioni, la programmazione potrebbe includere la specializzazione e la divisione delle attività (20). Si potrebbero inoltre elaborare programmi di ricerca per contribuire a sviluppare le capacità tecniche.

6.8

A tale proposito si può consentire all'AED (21), in quanto parte interessata, di sviluppare competenze specifiche come la definizione delle capacità, la proposta di programmi di sviluppo e il coordinamento tra le agenzie nazionali in campo militare e spaziale e l'ESA.

6.9

Il nuovo Trattato offre anche la possibilità di ampliare le iniziative della Commissione e del Consiglio per promuovere la ricerca in materia di sicurezza, anche se in tale contesto andrebbero evitate possibili sovrapposizioni o doppioni.

6.10

Decisioni di questo tipo richiedono preparazione e, di conseguenza, un impegno da parte del Consiglio Spazio e del Consiglio Affari generali. I miglioramenti istituzionali introdotti dal nuovo Trattato favoriranno questo approccio.

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Agenzia spaziale europea.

(2)  L'ESA persegue una propria politica industriale, la cui struttura e il cui contenuto non andrebbero confusi con la particolare politica industriale adottata dalla Commissione in questo settore.

(3)  L'Agenzia spaziale europea (ESA) è un'organizzazione del tutto indipendente che conta al momento 17 membri. Non tutti i paesi appartenenti all'ESA sono anche Stati membri dell'UE, e non tutti gli Stati membri dell'UE sono affiliati all'ESA. L'ESA riceve dai propri membri finanziamenti congiunti ripartiti in un programma obbligatorio e in programmi facoltativi.

(4)  COM(2007) 212 def.

(5)  Il Consiglio Spazio è un Consiglio congiunto nato dalla fusione tra il Consiglio Competitività e il Consiglio intergovernativo Spazio per prendere decisioni in merito alle politiche dell'ESA.

(6)  Cfr., in particolare, i comunicati stampa della Commissione europea e dell'ESA sui risultati del Consiglio Spazio del 22 maggio 2007, e intitolati rispettivamente: Il Consiglio Spazio adotta una politica spaziale europea di portata storica e La politica spaziale europea oggi diventa realtà [traduzioni italiane non ufficiali, NdT].

(7)  Parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioniL'industria aerospaziale europea: rispondere alla sfida mondiale (relatore: SEPI), GU C 95 del 30.3.1998, pag. 11;

parere del CESE in merito al Libro verdePolitica spaziale europea (relatore: BUFFETAUT), GU C 220 del 16.9.2003, pag. 19;

parere del CESE in merito al Libro biancoPiano di azione per attuare una politica spaziale europea (relatore: BUFFETAUT), GU C 112 del 30.4.2004, pag. 9.

(8)  L'accordo quadro CE-ESA dell'ottobre 2003 definisce un metodo di lavoro e intensifica le relazioni tra l'ESA e la Commissione.

(9)  Sistema globale di osservazione per l'ambiente e la sicurezza.

(10)  ESA: 2.485 milioni di euro, Eumetsat: 330 milioni di euro, Stati membri (Francia, Germania, Italia e Spagna): 1.190 milioni di euro (spesa civile) e 790 milioni di euro (spesa militare).

(11)  Non bisogna tuttavia sopravvalutare l'efficienza di un approccio totalmente americano e di un'organizzazione centrale. I singoli Stati e le imprese, ognuno con un proprio rappresentante al Congresso e le proprie lobby e reti, influenzano le scelte in termini di definizione dei contratti e degli obiettivi. La NASA, inoltre, soffre di eccessivo burocratismo oltre che della propria situazione di monopolio.

(12)  All'ESA partecipano infatti anche due paesi extracomunitari come Svizzera e Norvegia.

(13)  Parere del CESE in merito al Libro verde sulle applicazioni di navigazione satellitare (relatore: BUFFETAUT), CESE 989/2007 (non ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale). Il parere tratta, tra le altre cose, una serie di aspetti che secondo il CESE avrebbero dovuto figurare nel Libro verde.

(14)  Uno sviluppo inedito in tale contesto è che le industrie europee a valle stanno allineando le proprie posizioni nell'ambito dei Servizi Galileo (GS) e dell'Associazione europea delle imprese di telerilevamento (EARSC).

(15)  Comunicazione sulla politica spaziale europea, pag. 6.

(16)  Cfr. il parere del CESE sul tema Lo sviluppo della catena del valore e della catena di fornitura nel contesto europeo e mondiale (relatore: VAN IERSEL), CESE 599/2007.

(17)  «… questo dialogo fra sordi non può continuare: da un lato l'industria che chiede alle istituzioni di definire le loro esigenze, dall'altro le istituzioni che chiedono all'industria di proporre servizi adeguati alle loro necessità» (lettera inviata il 20 luglio 2007 dalla ASD Eurospace al commissario G. VERHEUGEN e a J.J. DORDAIN dell'ESA).

(18)  European Space Technology Platform, piattaforma formata dalle principali parti interessate tra cui gli Stati membri dell'UE che vi partecipano, l'ESA, l'industria spaziale europea (più di 100 imprese) e Eurospace, laboratori di ricerca e università, le agenzie spaziali nazionali e 21 organizzazioni.

(19)  «Attualmente, la politica spaziale in materia di sicurezza non è una politica unica, ma un mix di politiche portate avanti dagli Stati membri, dal Consiglio Spazio, dalla Commissione e, infine, dall'Agenzia europea di difesa (AED). Questo quadro complesso necessita di un miglior coordinamento al fine di razionalizzare la gestione ed evitare duplicazioni» (tratto da The Cost of Non Europe in the Field of Satellite-based Systems [«I costi della non Europa nel settore dei sistemi satellitari»], relazione congiunta elaborata dalla Fondation pour la recherche stratégique, Parigi, e dall'Istituto Affari internazionali, Roma, 24 maggio 2007).

(20)  Un precedente è l'accordo MUSIS (Sistema multinazionale di immagini spaziali per il controllo, il riconoscimento e l'osservazione), firmato da sei paesi.

(21)  Agenzia europea di difesa.


25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/31


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'attuazione della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo, compresa un'analisi dell'opportunità di prevedere la responsabilità diretta del produttore

COM(2007) 210 def.

(2008/C 162/04)

La Commissione, in data 24 aprile 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'attuazione della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo, compresa un'analisi dell'opportunità di prevedere la responsabilità diretta del produttore

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 31 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore CASSIDY.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 145 voti favorevoli, 3 voti contrari e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Le verifiche effettuate dalla Commissione hanno evidenziato notevoli divergenze tra le disposizioni di diritto interno adottate per recepire la direttiva 1999/44/CE su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo. Alcune divergenze possono essere attribuite a lacune normative della direttiva medesima, mentre per altre si può fin d'ora parlare di un suo recepimento non corretto. Al momento non è chiaro in quale misura tali divergenze si ripercuotano sul corretto funzionamento del mercato interno e sulla fiducia dei consumatori. Il CESE raccomanda alla Commissione di esaminare con urgenza le possibili ripercussioni su entrambi gli aspetti (1).

1.2

Il CESE esorta pertanto la Commissione a prendere le misure necessarie per garantire il rispetto della direttiva 1999/44/CE nei confronti degli Stati membri che non l'abbiano ancora recepita correttamente.

1.3

Il Libro verde Revisione dell'acquis relativo ai consumatori ha messo in evidenza una serie di tematiche trasversali. Nel corso di tale revisione la Commissione ha individuato alcuni problemi legati all'attuazione della direttiva sulla vendita di beni di consumo, in particolare per quanto riguarda la responsabilità diretta del produttore (RDP).

1.4

Il CESE ritiene che la direttiva in questione sia carente anche nel disciplinare le garanzie che devono fornire il fabbricante e il dettagliante, ad esempio quanto al rispetto dei requisiti di conformità di cui all'articolo 2 della direttiva 1999/44/CE.

1.5

Non sembrano sussistere ragioni sufficientemente valide per modificare esclusivamente la direttiva allo scopo di prevedere la RDP. Il Libro verde Revisione dell'acquis relativo ai consumatori  (2) ha avviato una consultazione pubblica su questa ed altre tematiche, identificate dalla Commissione nel corso della revisione della normativa comunitaria a tutela dei consumatori (vale a dire otto direttive (3)). Il CESE raccomanda quindi alla Commissione di valutare l'opportunità di prevedere la RDP in un eventuale atto normativo che dia seguito al Libro verde (ad esempio una direttiva «orizzontale»), un'iniziativa appoggiata da organismi come l'UGAL (4) e il BEUC. Il CESE sottolinea tuttavia che, come richiesto da Eurocommerce, gli esiti di tale iniziativa non dovrebbero gravare indebitamente sulle imprese.

1.6

Prima che la Commissione presenti una direttiva orizzontale, il CESE ritiene che sarà necessaria una valutazione di impatto.

1.6.1

Ciò vale per il campo d'applicazione della direttiva. Il CESE è favorevole al fatto che la direttiva si applichi ad ulteriori tipi di contratti in base ai quali vengono forniti beni (per es. noleggio auto) o prestati servizi digitali (per es. musica on-line) ai consumatori. Ciò vale inoltre per i beni usati venduti nell'ambito di un'asta alla quale il consumatore assista personalmente. Nel quadro di un approccio misto alla revisione dell'acquis relativo ai consumatori, andrebbero considerati parte integrante dell'eventuale strumento orizzontale anche altri aspetti, come la definizione di «consegna», il trasferimento del rischio, la nozione e la durata dei termini applicabili al difetto di conformità delle merci, la trattazione dei difetti ricorrenti, il regime dell'onere della prova e perfino certi strumenti di ricorso; tali aspetti andrebbero esaminati in dettaglio quando la proposta relativa a tale strumento sarà sottoposta a consultazione e a pubblica discussione.

1.7

Le parti interessate e gli Stati membri hanno opinioni divergenti circa l'impatto della RDP sul grado di tutela del consumatore e sul mercato interno. Secondo la maggior parte degli Stati membri e alcune parti interessate, la RDP è in grado di accrescere la tutela del consumatore. Alcuni ritengono che il produttore sia in posizione migliore, rispetto al venditore, per rendere il bene conforme al contratto; altri, invece, sono convinti che la RDP non accrescerebbe la tutela del consumatore, ma comporterebbe incertezza giuridica e oneri significativi per le aziende. Il CESE ritiene che siano necessarie maggiori informazioni su questi aspetti (5).

2.   Introduzione

2.1

Il 24 aprile 2007 la Commissione europea ha adottato la comunicazione sull'attuazione della direttiva 1999/44/CE (la direttiva Vendita di beni di consumo), che include un'analisi dell'opportunità di prevedere la responsabilità diretta del produttore, come previsto all'articolo 12 della direttiva.

2.2

La Commissione ha adottato il suo Libro verde Revisione dell'acquis relativo ai consumatori l'8 febbraio 2007. La direttiva 1999/44/CE è una delle otto direttive sulla tutela dei consumatori elencate nell'allegato II del Libro verde.

2.2.1

L'allegato I del Libro verde pone anche una serie di domande sulle norme specifiche applicabili alle vendite di beni di consumo. Il presente parere intende dare alla Commissione alcune indicazioni, rispondendo alla comunicazione COM(2007) 210 def. su «taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo, compresa un'analisi dell'opportunità di prevedere la responsabilità diretta del produttore». Il CESE ha già presentato il proprio parere sul Libro verde (6) nel corso della plenaria dell'11 e 12 luglio 2007 e in quell'occasione ha deliberato di non formulare pareri sulle questioni specifiche, cioè quelle sollevate dalla Commissione a proposito della direttiva 1999/44/CE, in quanto esse saranno trattate nella proposta di direttiva quadro della Commissione sui diritti contrattuali dei consumatori.

2.2.2

Nel Libro verde la Commissione ha sottoposto a consultazione pubblica una serie di tematiche di carattere trasversale. Tra queste figurano le lacune e carenze normative — comprese quelle derivanti dalla direttiva medesima — individuate dalla Commissione nel corso della revisione dell'acquis relativo ai consumatori.

2.3

Tutti gli Stati membri hanno recepito la direttiva nel proprio ordinamento (7). La comunicazione ha inteso esaminare le modalità con le quali gli Stati membri le hanno dato attuazione. La comunicazione fa parte del processo di revisione dell' acquis relativo ai consumatori, coerente con gli obiettivi di miglioramento della regolamentazione che la Commissione, il Parlamento europeo ed il CESE perseguono mediante la semplificazione dell'ambiente normativo.

2.4

La direttiva intende armonizzare le parti del diritto contrattuale in materia di vendita ai consumatori che riguardano le garanzie legali (warranties) e, in minor misura, le garanzie commerciali.

2.5

Tutti gli Stati membri erano tenuti a recepire la direttiva nell'ordinamento nazionale entro il 1o gennaio 2002 ed era anche data loro facoltà di adottare disposizioni più severe a tutela dei consumatori.

2.6

La Commissione mette in evidenza le lacune nel recepimento della direttiva constatate per alcuni Stati membri.

3.   Sintesi della comunicazione della Commissione

3.1

La comunicazione della Commissione in esame riguarda l'attuazione negli Stati membri della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (la direttiva Vendita di beni di consumo), e comprende anche un'analisi dell'opportunità di prevedere la responsabilità diretta del produttore a livello comunitario, come previsto all'articolo 12 della direttiva stessa.

3.2

La comunicazione sottolinea le difficoltà incontrate da alcuni Stati membri nel dare attuazione alla direttiva, dovute soprattutto al fatto che le definizioni di consumatore e di venditore contenute in quest'ultima non coincidono con quelle di altri strumenti comunitari.

3.3

Allo stesso modo, il campo di applicazione della direttiva è determinato dalla definizione di beni di consumo di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera b). Gli Stati membri hanno recepito tale definizione in modi diversi: in alcuni paesi, ad esempio, le normative pertinenti si applicano anche alle vendite di beni immobili.

3.4

Alcuni Stati membri si sono avvalsi della possibilità di non includere nella definizione di beni di consumo i beni usati, venduti in un'asta alla quale il consumatore abbia la possibilità di assistere personalmente. Altri hanno scelto invece di limitare la responsabilità del venditore per quanto concerne questo tipo di beni.

3.5

Tutti gli Stati membri hanno adottato disposizioni di diritto interno per recepire i requisiti previsti dalla direttiva. L'articolo 12 stabilisce che la Commissione debba presentare al Parlamento europeo e al Consiglio (entro un periodo specificato) una relazione sull'applicazione della direttiva negli Stati membri, che inter alia valuti l'opportunità di prevedere la responsabilità diretta del produttore e, se necessario, sia accompagnata da proposte. La comunicazione in esame adempie a tale obbligo.

3.6

La prima parte della comunicazione esamina l'attuazione della direttiva 1999/44/CE negli Stati membri, mentre la seconda parte esamina l'opportunità di prevedere, nell'ambito della legislazione europea, la responsabilità diretta del produttore nei confronti dei consumatori.

3.7

Il recepimento della direttiva ha sollevato una serie di problemi. Alcuni possono essere attribuiti a lacune normative della direttiva medesima, mentre in altri casi si può fin d'ora parlare di un suo recepimento non corretto. Le verifiche condotte dalla Commissione hanno evidenziato notevoli divergenze tra le norme di diritto interno, derivanti dall'utilizzo della clausola minima e delle diverse opzioni normative contemplate dalla direttiva. Al momento, però, non è chiaro in quale misura tali divergenze si ripercuotano sul corretto funzionamento del mercato interno e sulla fiducia dei consumatori.

3.7.1

Il Libro verde ha sottoposto a consultazione pubblica una serie di tematiche trasversali relative alle lacune e alle carenze normative individuate dalla Commissione nel corso della revisione dell'acquis relativo ai consumatori, comprese quelle legate all'attuazione della direttiva. Per questo motivo la Commissione ha deciso di non presentare, in questa fase, alcuna proposta legislativa riguardante la direttiva.

3.7.2

La Commissione conclude che mancano dati sufficienti per stabilire se l'assenza di norme comunitarie relative alla RDP incida negativamente sulla fiducia dei consumatori nel mercato interno. La questione è in via di approfondimento nel contesto del Libro verde.

3.8

Nel parere sul Libro verde Revisione dell'acquis relativo ai consumatori  (8), il CESE esprime dubbi sul fatto che l'approccio proposto possa portare ad un livello elevato ed uniforme di protezione dei consumatori in tutta l'Unione. La revisione dell'acquis relativo ai consumatori ha bisogno di una vera e propria legittimazione democratica e di basi chiare, sia giuridiche che concettuali. Il CESE richiama l'attenzione sul contesto digitale, la cui regolamentazione è insufficiente. Tutte le proposte di armonizzazione delle norme in questo campo dovrebbero essere supportate da un'adeguata valutazione di impatto e mirare alla semplificazione e al chiarimento della normativa esistente. La priorità andrebbe assegnata all'adozione di misure per una migliore attuazione delle norme, e al rafforzamento o all'introduzione di procedure semplici e chiare per ottenere compensazione. L'armonizzazione della legislazione in materia di protezione dei consumatori in tutta l'UE deve avere come principio guida l'adozione del migliore e più elevato livello di protezione dei consumatori esistente negli Stati membri.

4.   Problemi di recepimento

4.1

Le verifiche effettuate dalla Commissione hanno evidenziato notevoli divergenze tra le disposizioni di diritto interno adottate per recepire la direttiva 1999/44/CE. Alcune divergenze possono essere attribuite a lacune normative della direttiva medesima, mentre per altre si può fin d'ora parlare di un suo recepimento non corretto. Al momento non è chiaro in quale misura tali divergenze si ripercuotano sul corretto funzionamento del mercato interno e sulla fiducia dei consumatori. Il CESE raccomanda alla Commissione di esaminare con urgenza le possibili ripercussioni su entrambi gli aspetti, prendendo le misure necessarie nei confronti degli Stati membri inadempienti per garantire il rispetto della normativa (9).

5.   Responsabilità diretta del produttore (RDP)

5.1

Alcuni Stati membri hanno introdotto la responsabilità diretta del produttore, sotto varie forme che differiscono significativamente per condizioni e modalità. La direttiva del 1999 prescriveva alla Commissione di esaminare l'opportunità di prevedere la RDP e di presentare eventualmente una proposta. Solo 7 dei 17 Stati membri che hanno risposto al questionario della Commissione hanno introdotto una qualche forma di RDP, con condizioni notevolmente diverse per l'azione diretta contro il produttore. Altri Stati membri e alcune parti interessate hanno inoltre espresso forti obiezioni al concetto, in parte ritenendo che fosse troppo presto per valutarne gli effetti sulla necessità di modificare esclusivamente la direttiva 1999/44/CE (10).

5.2

Le parti interessate e gli Stati membri hanno opinioni divergenti circa l'impatto della RDP sul grado di tutela del consumatore e sul mercato interno. Secondo la maggior parte degli Stati membri e varie parti interessate, la RDP è in grado di accrescere la tutela del consumatore. Su un punto, tuttavia, gli Stati membri sono in disaccordo, in quanto alcuni di loro ritengono che il produttore sia in una posizione migliore, rispetto al venditore, per rendere il bene conforme al contratto, mentre altri ritengono che la RDP non accrescerebbe la tutela dei consumatori, bensì provocherebbe incertezza giuridica. Il CESE è dell'avviso che siano necessarie maggiori informazioni su questi aspetti.

5.3

Un certo numero di parti interessate e alcuni Stati membri ritengono che la responsabilità diretta del produttore peserebbe notevolmente sulle imprese, in quanto i produttori dovrebbero sviluppare un sistema per trattare i reclami e prevedere accantonamenti per far fronte a questa responsabilità. Al proposito, comunque, non vi è unanimità: altri Stati membri e altre parti interessate infatti non sono d'accordo.

5.4

L'esistenza di regimi divergenti in materia di RDP costituisce potenzialmente un problema per il mercato interno. In questa fase la Commissione non è ancora in grado di trarre delle conclusioni definitive. Mancano dati sufficienti per stabilire se l'assenza di norme comunitarie relative alla RDP incida negativamente sulla fiducia dei consumatori nel mercato interno.

5.5

Non sembrano esserci argomenti abbastanza solidi a sostegno dell'introduzione dell'obbligatorietà della RDP in tutti gli Stati membri. Introdurre la RDP comporterebbe, a seconda del prodotto o del servizio interessato, un'estensione della catena di responsabilità rispetto alla possibilità di rivalersi sul venditore. Nel caso di acquisti transfrontalieri di prodotti di valore elevato, come le automobili, la responsabilità diretta ricade sul fabbricante, ma la legislazione comunitaria prevede che i venditori o i distributori di automobili debbano rispettare la garanzia del fabbricante a prescindere dal luogo di acquisto del veicolo. Quanto agli acquisti transfrontalieri di vini e liquori — che rappresentano una quota sempre più rilevante del mercato interno — è difficile per l'acquirente far valere la RDP nei confronti del venditore o del «fabbricante», a meno che non si rechi di frequente nello Stato membro in cui ha acquistato tali merci. Per i beni di consumo in generale, l'introduzione della RDP potrebbe rafforzare la tutela del consumatore e la sua fiducia nel mercato unico.

5.6

La problematica della RDP necessita di un esame molto più approfondito, corredato di una dettagliata valutazione di impatto.

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  L'Università di Bielefeld, in Germania, ha eseguito un'analisi comparativa delle diverse normative nazionali, considerando tra l'altro le eventuali barriere agli scambi o distorsioni della concorrenza conseguenti alle otto direttive di cui alla nota 3 (lo studio è disponibile all'indirizzo http://ec.europa.ec/consumers/cons_int/safe_shop/acquis/comp_analysis_en.pdf).

(2)  COM(2006) 744 def. (Libro verde).

(3)  Direttiva 85/577/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, GU L 372 del 31.12.1985, pag. 31.

Direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente i viaggi, vacanze e circuiti «tutto compreso», GU L 158 del 23.6.1990, pag. 59.

Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, GU L 95 del 21.4.1993, pag. 29.

Direttiva 94/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 1994, concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili, GU L 280 del 29.10.1994, pag. 83.

Direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, GU L 144 del 4.6.1997, pag. 19.

Direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori, GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27.

Direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori, GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 51.

Direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo, GU L 171 del 7.7.1999, pag. 12.

(4)  UGAL: Organizzazione europea delle cooperative fra dettaglianti e di gruppi d'acquisto.

(5)  Cfr. nota 1.

(6)  CESE 984/2007, relatore: ADAMS (GU C 256 del 27.10.2007).

(7)  GU L 171 del 7.7.1999, pag. 12.

(8)  Cfr. nota 6.

(9)  Cfr. nota 1.

(10)  Cfr. nota 3.


25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/35


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Relazione della Commissione — Relazione sulla politica di concorrenza 2006

COM(2007) 358 def.

(2008/C 162/05)

La Commissione europea, in data 25 giugno 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Relazione della Commissione — Relazione sulla politica di concorrenza 2006

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 31 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore CHIRIACO.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 141 voti favorevoli, 3 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Premessa

1.1

La relazione annuale del 2006 sulle politiche della concorrenza mette in evidenza le modifiche intervenute nell'organizzazione interna del settore, nei metodi di lavoro della Commissione, e documenta il modo in cui la Commissione assicura la coerenza della struttura della governance economica europea nel perseguimento degli obiettivi della strategia di Lisbona.

2.   Strumenti

2.1   Antitrust  (1)articoli 81 e 82 del Trattato CE  (2)

2.1.1

L'ammenda è per la Commissione elemento centrale per dissuadere le imprese dal violare le regole della concorrenza.

È stata adottata una nuova soglia per l'immunità e la riduzione delle ammende nel caso di cartelli tra le imprese. Calcolando le ammende sulla base delle nuove linee guida, l'ammontare sarà uguale a una percentuale delle vendite annue del prodotto (fino al 30 %) moltiplicato per il numero di anni durante i quali l'impresa ha partecipato all'infrazione (con possibilità di raggiungere il 100 % in caso di recidiva).

2.1.2

Per rendere più efficace il metodo di controllo è stato adottato il Libro verde in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie contenute negli articoli 81 e 82 del Trattato CE. Il Libro ha mosso un forte dibattito in Europa e i singoli paesi europei hanno presentato oltre 150 osservazioni attraverso i governi, le autorità competenti in materia di concorrenza, le imprese, le organizzazioni dei consumatori, gli avvocati e le università.

Anche il CESE, nel suo parere sul Libro verde (3), dopo ampio dibattito, ha accolto in modo favorevole l'iniziativa della Commissione.

2.1.3

Con riferimento alle azioni sui cartelli, la Commissione, ha pubblicato sette decisioni finali, con 41 imprese condannate a pagare un importo totale di 1.846 milioni di euro (nel 2005 le imprese colpite erano state 33 per un importo totale di 683 milioni di euro).

2.2   Controllo delle concentrazioni  (4)

2.2.1

La Commissione ha predisposto, attraverso consultazione pubblica, un miglioramento degli orientamenti sulle questioni giurisdizionali  (5) che di norma possono essere sollevate durante il controllo delle concentrazioni, ai sensi del regolamento sulle concentrazioni (6).

La nuova comunicazione, la cui adozione è prevista per il 2007, sostituirà le comunicazioni esistenti in materia.

2.2.2

L'applicazione delle regole ha portato il numero delle concentrazioni notificate alla Commissione nel 2006 a 356. In totale, la Commissione ha adottato 352 decisioni finali, di cui 207 sono state prese in base al procedimento semplificato.

2.3   Controllo degli aiuti di Stato

2.3.1

La Commissione ha semplificato l'approvazione degli aiuti regionali adottando un regolamento di esenzione per categoria  (7); degli aiuti alla ricerca, allo sviluppo e all'innovazione (RSI) adottando una nuova disciplina (8); degli aiuti diretti a promuovere gli investimenti nelle piccole e medie imprese facilitando l'accesso delle PMI ai capitali (9); degli aiuti in favore della protezione dell'ambiente.

Infine, la Commissione ha adottato un nuovo regolamento de minimis  (10), in base al quale non saranno considerati aiuti di Stato le misure, fino a 200.000 euro (11), concesse nell'arco di tre esercizi fiscali.

2.3.2

Sul piano dell'applicazione delle regole, la Commissione nel 2006 ha esaminato 921 casi di aiuti di Stato, con un aumento del 36 % rispetto al 2005, adottando 710 decisioni finali. In un numero significativo di casi (91 %) la Commissione ha autorizzato gli aiuti, senza procedere a indagini formali, ritenendoli compatibili con il regime di libera concorrenza.

2.3.3

In tale quadro la Commissione, mentre ha ritenuto utili all'interesse comune europeo gli aiuti alla formazione, ha valutato rigidamente gli aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà, considerandoli legittimi soltanto a rigorose condizioni (12).

3.   Sviluppi settoriali

3.1   Energia

3.1.1

Il rapporto finale sull'energia, adottato dalla Commissione il 10 gennaio 2007 (13), presenta un'Europa dove i prezzi all'ingrosso di gas ed elettricità sono in continuo aumento, con una relativa limitazione di scelta per i consumatori a causa delle barriere all'ingresso dei prodotti energetici.

3.1.2

La Commissione ha avviato alcune inchieste antitrust sull'accaparramento di capacità di rete e di stoccaggio, sulle riserve di capacità di lungo periodo, sulla suddivisione dei mercati e sui contratti a lungo termine tra grossisti/dettaglianti e clienti finali.

3.1.3

Molte azioni e relative decisioni sono state intraprese dalla Commissione sulle concentrazioni nel settore energetico. I casi più importanti sono stati DONG/Elsam/Energi E2  (14) e Gaz de France/Suez  (15).

3.1.4

Il controllo degli aiuti di Stato ha evidenziato come l'accordo tra operatori di reti pubbliche e produttori, in Ungheria e in Polonia, escludeva parte del mercato all'ingrosso e, in Italia, come le tariffe agevolate per alcune compagnie industriali alteravano la concorrenza. Importante è anche la decisione relativa agli aiuti statali nel settore delle energie rinnovabili, che assicura che il finanziamento pubblico si debba limitare a coprire i casi straordinari senza favorire imprese o attività fuori norma.

3.2   Servizi finanziari

3.2.1

La Commissione ha avviato nel 2005 un'inchiesta sul settore bancario al dettaglio  (16) e, in particolare, sulla concorrenza transfrontaliera. Il rapporto finale è stato pubblicato il 31 gennaio 2007 e sono stati evidenziati: problemi nelle barriere all'entrata, la frammentazione del mercato, l'elevato grado di concentrazione tra emittenti e acquirenti di carte di pagamento.

3.2.2

La Commissione ha pubblicato il rapporto provvisorio dell'ampia inchiesta settoriale sull'assicurazione delle imprese il 14 gennaio 2007.

3.2.3

Inoltre, la Commissione ha autorizzato un numero rilevante di concentrazioni nel settore dei servizi finanziari, come nel caso di Talanx Aktiengesellschaft  (17).

3.2.4

Il controllo degli aiuti di Stato ha assicurato condizioni di concorrenza per i servizi finanziari, in particolare per i nuovi concorrenti e per le banche straniere, anche annullando il regime di sovvenzione occulta lussemburghese alle holding.

3.3   Comunicazioni elettroniche

3.3.1

La Commissione, operando la maggior parte dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica nel quadro normativo UE per le reti e per i servizi, ha emesso una raccomandazione relativa a 18 mercati specifici di prodotti e servizi a livello di commercio all'ingrosso e al dettaglio che, a parere della Commissione, devono essere sottoposti a una regolamentazione ex ante da parte delle autorità nazionali (18). L'applicazione della normativa settoriale ex ante e di diritto della concorrenza ex post si può misurare nei mercati di accesso a banda larga.

3.4   Tecnologia dell'informazione

3.4.1

Nel settore delle tecnologie dell'informazione, la Commissione ha continuato ad operare per impedire che la concorrenza fosse distorta in un mercato attualmente caratterizzato dalla convergenza digitale e dalla crescente interoperabilità.

Estremamente significativo a questo proposito è il caso di Microsoft , nei cui confronti è stata erogata una sanzione per non aver fornito, tempestivamente, le informazioni richieste dalla Commissione. Il ricorso avverso la decisione della Commissione (19), da parte di Microsoft, è stato respinto dal Tribunale di primo grado con la sentenza del 17 settembre 2007 (20).

3.4.2

Il controllo delle concentrazioni ha portato la Commissione ad autorizzare l'operazione tra Nokia e la società di attrezzature di rete di Siemens AG e, allo stesso modo, la fusione tra Alcatel e Lucent Technologies in quanto, a parere della Commissione, la fornitura di attrezzature per reti a fibra ottica e di soluzioni per l'accesso alla banda larga non hanno subito una riduzione della competitività.

3.5   Media

3.5.1

L'obiettivo della politica della concorrenza nel settore dei media è di garantire condizioni di concorrenza uguali sia tra gli operatori commerciali che tra questi e gli operatori finanziati dall'amministrazione pubblica.

3.5.2

Nel campo della trasmissione digitale la Commissione ha avviato un procedimento di infrazione contro l'Italia per verificare se, nel passaggio al digitale, fossero imposte restrizioni alle emittenti e vantaggi concorrenziali agli operatori analogici esistenti, in evidente violazione della direttiva sulla concorrenza.

3.5.3

La Commissione, inoltre, è intervenuta ripetutamente per ristabilire l'effettivo esercizio della concorrenza nell'ambito dei contenuti ad alta popolarità (c.d. «premium»), in materia di aiuti di Stato per film ed altre opere audiovisive, e nella gestione dei diritti.

3.6   Trasporti

3.6.1

I maggiori problemi riguardano la protezione dei mercati nazionali nel settore del trasporto stradale, i bassi livelli di interoperabilità nel settore del trasporto ferroviario, e la mancanza di trasparenza nell'accesso ai servizi portuali.

3.6.2

Nel settore del trasporto stradale, la Commissione ha continuato ad approvare sia aiuti di Stato volti a favorire la diffusione di tecnologie a favore dell'ambiente, sia aiuti di Stato per gli obblighi di servizio pubblico.

3.6.3

Non secondaria è stata la decisione della Commissione, in materia di trasporto ferroviario, relativa agli aiuti statali in favore di infrastrutture ferroviarie, ritenute di competenza della amministrazione pubblica e non identificabili come aiuti di Stato (21).

3.6.4

Nel settore dei trasporti marittimi, la Commissione si è impegnata a pubblicare linee guida sull'applicazione del diritto di concorrenza per facilitare il passaggio ad un regime totalmente competitivo. Per quanto concerne gli aiuti di Stato, la Commissione ha insistito per l'abolizione di qualsiasi clausola di nazionalità che esoneri gli armatori dal pagamento dei contributi di previdenza sociale dei marittimi.

3.6.5

Infine, nel settore del trasporto aereo, con il regolamento (CE) 1459/2006, è stata abolita, a partire dal 1o gennaio 2007, l'esenzione dal divieto contenuto nell'articolo 81, paragrafo 1, del Trattato CE in favore delle tariffe IATA per il trasporto passeggeri sulle tratte UE, e l'esenzione relativa a scali e orari.

3.7   Servizi postali

3.7.1

La forte evoluzione del mercato dei servizi postali ha spinto la Commissione, da un lato, a ridurre i servizi per i quali sono concessi diritti di monopolio a fornitori del servizio universale, dall'altro, a difendere la concorrenza nei settori liberalizzati al fine di evitare un monopolio di fatto.

3.7.2

Importante è la decisione della Commissione di definire compatibile, con le norme in materia di aiuti statali, la compensazione per servizi di interesse generale solo se questa non supera il costo dell'obbligo di servizio pubblico, e sempre che siano rispettati gli altri obblighi.

La Commissione ha poi verificato che gli operatori postali non beneficiassero di ulteriori vantaggi, come nel caso della Francia (22), in occasione del quale la Commissione ha raccomandato di eliminare, entro la fine del 2008, la garanzia di Stato illimitata di cui godono le Poste francesi in quanto organismo pubblico.

4.   La rete europea della concorrenza e le giurisdizioni nazionali

4.1

Il 2006 è stato un anno importante, si è consolidato il miglioramento del sistema avviato dal regolamento (CE) n. 1/2003 e si è rafforzata la cooperazione, da un lato, tra i membri della REC, cioè fra le autorità nazionali per la concorrenza e la Commissione, e, dall'altro, fra le giurisdizioni nazionali e la Commissione.

4.2

La cooperazione tra i membri della REC si basa su due obblighi principali per le autorità nazionali per la concorrenza: informare la Commissione quando vengono avviati nuovi procedimenti e, in ogni caso, prima della decisione finale. Sono state 150 le inchieste delle autorità nazionali sottoposte alla Commissione, e su 125 di queste, la Commissione ha emesso pareri e consigli alle autorità nazionali per la concorrenza.

4.3

L'importanza della cooperazione all'interno della REC ha portato, tra l'altro, ad un incontro tra il direttore generale della DG Concorrenza e le autorità nazionali competenti, in occasione del quale è stato approvato il programma modello della REC in materia di trattamento favorevole. La Commissione e le autorità nazionali si sono inoltre incontrate su questioni generali in materia di antitrust, inchieste settoriali o settori specifici.

4.4   Applicazione delle norme comunitarie sulla concorrenza da parte delle giurisdizioni nazionali all'interno dell'UE

4.4.1

L'articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 consente ai giudici nazionali di richiedere alla Commissione pareri o informazioni di cui è in possesso. Inoltre, lo stesso articolo impone agli Stati membri di trasmettere alla Commissione una copia di tutti i giudizi resi dalle giurisdizioni nazionali.

4.4.2

La formazione continua dei giudici nazionali è elemento centrale per sviluppare la conoscenza del diritto comunitario sulla concorrenza. A questo proposito, la Commissione ogni anno cofinanzia progetti formativi in tutti gli Stati membri.

5.   Attività internazionali

5.1

In preparazione all'adesione della Romania e della Bulgaria all'UE, la Commissione ha contribuito a diffondere in questi paesi l'applicazione delle norme sulla concorrenza, così come sta attualmente facendo con Croazia e Turchia.

5.2

Si è rafforzato il dialogo bilaterale tra la Commissione e numerose autorità nazionali competenti in materia di concorrenza, oltre che ai contatti con gli USA, Canada e Giappone. La DG Concorrenza ha inoltre assistito la Cina e la Russia nell'elaborazione del loro diritto sulla concorrenza.

5.3

Infine, nel campo della cooperazione multilaterale, la DG Concorrenza svolge un ruolo molto importante nella rete internazionale della concorrenza e partecipa al comitato della concorrenza dell'OCSE.

6.   Cooperazione interistituzionale

6.1

Il Parlamento europeo ogni anno pubblica un rapporto di propria iniziativa relativo alla relazione annuale della Commissione sulla politica della concorrenza. Il commissario responsabile per la politica della concorrenza dialoga regolarmente con il Consiglio e le commissioni parlamentari competenti.

6.2

Da sottolineare, infine, come la Commissione informa il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni delle grandi iniziative, e partecipa, in particolare, all'adozione del parere annuale del CESE sulla relazione annuale della Commissione sulla politica della concorrenza.

7.   Conclusioni ed osservazioni

7.1   Rapporto tra politica della concorrenza e politica economica di sviluppo

La politica della concorrenza, restituendo alla logica e alla dinamica del mercato interi settori economici ha contribuito concretamente alla creazione di un mercato unico europeo coeso, con meno regole e meno legislazione.

7.1.1

La politica della concorrenza svolge un ruolo sempre più importante nella politica economica europea. In passato, sia la Commissione (23), sia il CESE (24) hanno ribadito la necessità di attivare nuovi strumenti di politica economica al fine di far convergere la politica della concorrenza e la politica industriale verso l'obiettivo di una maggiore coesione economica e sociale, la tutela dell'occupazione, anche attraverso sistemi di controllo su aiuti di Stato e forme di delocalizzazione, la protezione dell'ambiente, nonché verso la promozione di vasti ed impegnativi programmi di ricerca e di sviluppo.

Allo stato attuale, la politica della concorrenza si coordina strettamente con altre politiche, quali il mercato interno e la politica del consumatore, al fine di creare mercati che funzionino meglio a tutto vantaggio dei consumatori e della competitività europea.

7.1.2

Sulla base dell'aggiornamento per i sette maggiori Stati membri dell'UE, la Commissione prevedeva per il 2007 una crescita economica del 2,8 % nell'UE e del 2,5 % nell'area dell'euro (25). Nonostante tali previsioni siano state riviste dal FMI con un ribasso della stima di crescita di Eurolandia da 2,1 % a 1,6 %, il CESE ritiene che la crescita europea dovrebbe continuare, sorretta da fondamentali solidi e da un contesto mondiale favorevole.

7.1.3

Il CESE ritiene importante per l'UE attestarsi su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su una economia sociale di mercato fortemente competitiva che mira alla formazione, alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente.

7.1.4

In un mercato dove sempre più avranno un peso rilevante le politiche di concorrenza, gli indicatori economici, sociali ed ambientali, sono fattori fondamentali per misurare la competitività non solo per i consumatori finali ma soprattutto per le imprese.

7.1.5

Il CESE ritiene che la competitività delle imprese e dei servizi europei debba essere salvaguardata con un sistema di regole certe fondate sulla corretta applicazione delle politiche di concorrenza, in stretto legame con le politiche commerciali.

L'UE è oggi il soggetto più aperto, a livello mondiale, alle merci straniere; l'abolizione delle più elementari difese europee contro dumping e sussidi colpirebbe in modo indiscriminato tutti coloro che nell'UE producono nel rispetto delle regole di concorrenza e del commercio legale, nonché delle norme UE che disciplinano gli aiuti di Stato.

A questo proposito, il CESE fa appello alla Commissione affinché, da un lato, sia più attenta nel denunciare i casi di concorrenza internazionale sleale all'OMC e, dall'altro, si impegni a inserire negli accordi commerciali bilaterali una clausola che imponga ai partner commerciali il rispetto delle norme sulla concorrenza, incluso l'effettivo controllo degli aiuti di Stato.

7.2   Controllo degli aiuti di Stato

7.2.1

Il CESE nell'apprezzare la strategia della Commissione nella modernizzazione del piano di azione nel settore degli aiuti di Stato basato su aiuti di Stato mirati, analisi economica, procedure efficaci, responsabilità condivisa da Commissione e Stati membri, ritiene giusta la valutazione della Commissione di considerare gli aiuti di Stato su trasferimento di tecnologia, attività innovative, disciplina multisettoriale per i grandi progetti di investimento, in modo favorevole e diverso dagli altri aiuti.

7.2.2

La Commissione, nell'esaminare i casi di aiuti di Stato, dovrebbe giustificare trattamenti fiscali specifici adottati dagli Stati per le imprese mutualistiche, come le cooperative e le imprese aventi un forte impatto sociale.

7.3   Banche e mercato finanziario

7.3.1

Il CESE è favorevole agli interventi della Commissione sul controllo degli incroci azionari e la gestione dei prodotti finanziari. In casi particolari è accaduto che gli istituti di credito fossero azionisti determinanti (patti di sindacato) di aziende industriali, con il risultato che crediti concessi dalle banche finissero per finanziare l'acquisto di quote di capitale delle stesse banche.

7.4   Energia

7.4.1

Il CESE sottolinea che energia non significhi solo mercato ma anche sviluppo, occupazione e ambiente. Oggi l'UE deve affrontare nuovi concorrenti globali (26) e molte volte le nuove strutture di mercato devono tenere conto dei rapporti di forza.

7.4.2

Il CESE ritiene che nell'affrontare il tema della separazione della produzione dalla distribuzione (unbundling) nel settore del gas, occorra procedere tenendo conto delle specifiche caratteristiche del settore (27).

7.5   Pluralità dell'informazione e diritto della concorrenza

7.5.1

Il CESE raccomanda nel settore dei media la distinzione tra normativa specificamente orientata a difendere il pluralismo dell'informazione e normativa generale antitrust, sottolineando come l'operare delle regole della concorrenza sia condizione necessaria, ma non anche sufficiente, per garantire il pluralismo.

7.5.2

Non cogliere questa specificità rischia nello stesso tempo un impoverimento dell'efficacia delle regole della concorrenza e l'indebolimento del principio del pluralismo.

7.6   Telecomunicazioni

7.6.1

Il CESE ritiene che la separazione funzionale delle reti TLC e la creazione di un'agenzia europea di settore devono essere valutate in modo adeguato rispetto ad altri settori in quanto gli investimenti in un settore cruciale per la competitività europea, considerando in particolare la velocità di evoluzione tecnologica, sono fondamentali per lo sviluppo competitivo del settore.

7.7   Applicazione delle norme di concorrenza e rafforzamento delle giurisdizioni nazionali dell'UE

7.7.1

Per assicurare un'applicazione efficace delle norme è necessario garantire una formazione continua ed un aggiornamento costante dei giudici nazionali e di tutti gli operatori del diritto sul diritto di concorrenza.

A questo proposito il CESE fa appello alla Commissione affinché adotti, il prima possibile, delle linee guida sull'applicazione dell'articolo 82 del Trattato CE, in particolare in relazione alle pratiche di esclusione.

7.7.2

Il CESE, pur valutando in modo positivo il cofinanziamento dei progetti elaborato dalla Commissione, ritiene che, oltre ai 15 progetti per la formazione varati nel 2006 per i 25 Stati membri, si possa e si debba fare di più nel rispondere alle sfide che la politica della concorrenza richiede ed ai problemi che nascono nel rapporto tra la Commissione, le imprese, le associazioni e i consumatori.

7.7.3

In particolare, il rapporto tra il CESE e la Commissione europea si è recentemente rafforzato a seguito della firma, nel corso dell'Assemblea plenaria del CESE del 30-31 maggio 2007 (28), dell'addendum al protocollo di cooperazione del novembre 2005. L'accordo pone il CESE al centro della fase di comunicazione grazie alla posizione privilegiata che il CESE stesso occupa nel favorire il dialogo con i cittadini.

7.7.4

Il CESE sollecita la Commissione ed il Parlamento europeo a sviluppare una politica di cooperazione interistituzionale che renda compatibili tra di loro gli ordinamenti nazionali con le normative europee.

Il CESE sostiene il processo di adozione di un nuovo Trattato (c.d. Trattato di Lisbona) che semplifichi il quadro normativo di riferimento e risponda alle esigenze di un'Unione a 27 Stati membri, consentendo a quest'ultima di trovare accordi su nuove politiche e di prendere le decisioni necessarie per vincere le nuove sfide che si trova ad affrontare.

7.7.5

Il CESE infine sottolinea come le politiche della concorrenza non debbano identificarsi con obiettivi a se stanti ma debbano continuare ad essere e a pieno titolo «attività» della Commissione europea (29).

Per contribuire alla trasparenza dei lavori, il CESE, ha organizzato una conferenza, presso la propria sede, dal titolo CIG 2007: la società civile organizzata fa sentire la sua voce sull'avvenire dell'Europa, che si è tenuta nei giorni 27-28 settembre scorsi e ha fatto registrare un'alta partecipazione.

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Le seguenti decisioni della Commissione sono impugnate dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee. Ad oggi non è stato adottato alcun provvedimento definitivo, ad eccezione del caso De Beers in cui la decisione della Commissione è stata annullata dalla Corte: caso COMP/38.638 Gomma sintetica, decisione della Commissione 29.11.2006; caso COMP/39.234 Extra di lega (riadozione) decisione della Commissione 20.12.2006; caso COMP/38.907 Travi d'acciaio (riadozione) decisione della Commissione 8.11.2006; caso COMP/38.121 Raccordi, decisione della Commissione 20.9.2006; caso COMP/38.456 Bitume Paesi Bassi, decisione della Commissione 13.9.2006; caso COMP/38.645 Metacrilati, decisione della Commissione 31.5.2006; caso COMP/38.620 Perossido d'idrogeno e perborato, decisione della Commissione 3.5.2006; caso COMP/38.113 Prokent/Tomra; caso COMP/38.348 Repsol CCP, decisione della Commissione 12.4.2006; caso COMP/38.381 De Beers, decisione della Commissione 22.2.2006.

(2)  GU C 321 del 29.12.2006.

(3)  INT/306. Il parere del CESE è disponibile all'indirizzo:

http://eescopinions.eesc.europa.eu/EESCopinionDocument.aspx?identifier=ces\int\int306\ces1349-2006_ac.doc&language=IT.

(4)  Solo la seguente decisione della Commissione è stata impugnata dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee: caso COMP/M.3796 Omya/J. M. Huber PCC.

(5)  Disponibile all'indirizzo:

http://ec.europa.eu/comm/competition/mergers/legislation/jn_fr.pdf.

(6)  Regolamento (CE) n. 139/2004.

(7)  Regolamento (CE) n. 1628/2006.

(8)  GU C 323 del 30.12.2006, pag. 1.

(9)  GU C 194 del 18.8.2006, pag. 2.

(10)  Regolamento (CE) n. 1998/2006.

(11)  Importo raddoppiato con riferimento al precedente regolamento (Cfr. regolamento CE n. 69/2001, GU L 10 del 13.1.2001, pag. 30).

(12)  Cfr. caso Northern Rock (IP/07/1859). La Commissione ha ritenuto che l'immissione di liquidità, corredata da adeguate garanzie bancarie e di interessi, alla quale la Banca d'Inghilterra ha dato corso il 14 settembre 2007, non costituisse aiuto di Stato. Al contrario, la garanzia concessa dal Tesoro sui depositi il 17 settembre, così come le misure accordate il 9 ottobre, che hanno permesso alla Northern Rock di disporre di liquidità e di garanzie supplementari coperte dal Tesoro, costituiscono aiuto di Stato. Queste misure possono essere autorizzate a titolo di aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione in applicazione delle linee direttrici comunitarie relative agli aiuti di Stato al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese in difficoltà. In base a questi orientamenti, questo tipo di aiuto deve essere concesso sotto forma di prestiti o di garanzie aventi durata non superiore a sei mesi, nonostante esistano, per il settore bancario, alcune eccezioni, subordinate a regole di prudenza, che sono state applicate nel caso di specie. In base a questi stessi orientamenti, le Autorità britanniche si sono impegnate a sottoporre alla Commissione, entro il 17 marzo 2008, un piano di ristrutturazione per Northern Rock che va al di là del semplice salvataggio a breve termine. Se questo piano dovesse costituire un aiuto di Stato, si dovrà decidere in funzione delle sue proprie caratteristiche e in relazione alle regole relative agli aiuti alla ristrutturazione.

(13)  COM(2006) 851 def.

(14)  Decisione della Commissione sul caso COMP/M.3868 DONG/Elsam/Energi E2 del 14.3.2006.

(15)  Decisione della Commissione sul caso COMP/M.4180 Gaz de France/Suez del 14.11.2006.

(16)  Decisione della Commissione del 13.6.2005 (GU C 144 del 14.6.2005, pag. 13).

(17)  Decisione della Commissione sul caso COMP/M.4055 Talanx/Gerling del 5.4.2006.

(18)  Raccomandazione della Commissione, dell'l1 febbraio 2003 relativa ai mercati rilevanti di prodotti e servizi del settore delle comunicazioni elettroniche suscettibili di una regolamentazione ex ante ai sensi della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (GU L 114, dell'8.5.2003, pag. 45). La Commissione ha approvato una nuova raccomandazione il 17 dicembre 2007 (GU L 344 del 28.12.2007, pag. 65) che in tale contesto fa riferimento solo a 8 mercati.

(19)  Il testo della decisione è disponibile all'indirizzo Internet: http://ec.europa.eu/comm/competition/antitrust/cases/decisions/37792/art24_2_decision.pdf

(20)  Causa T-201/04 (GU C 269 del 10.11.2007, pag. 45)

(21)  Caso N 478/2004 del 7.6.2006 (GU C 209 del 31.8.2006).

(22)  Caso E 15/2005, Recommandation proposant l'adoption de mesures utiles concernant la garantie illimitée de l'Etat en faveur de La Poste (non ancora pubblicato).

(23)  Accompagnare le trasformazioni strutturali: una politica industriale per l'Europa allargata, COM(2004) 274 def.

(24)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Accompagnare le trasformazioni strutturali: una politica industriale per l'Europa allargata (COM(2004) 274 def.), GU C 157 del 28.6.2005, pag. 75.

(25)  Cfr. IP/07/1295, disponibile all'indirizzo

(http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/07/1295&format=HTML&aged=1&language=IT&guiLanguage=en

(26)  In particolare Gazprom e Sonatrach.

(27)  Neelie KROES, More competitive energy markets: building on the findings of the sector inquiry to shape the right policy solution, Brussels, 19 settembre 2007.

(28)  La sintesi dei parerei adottati durante l'assemblea plenaria sopra citata è disponibile all'indirizzo:

http://www.eesc.europa.eu/activities/press/summaries_plenaries/2007/grf_ces83-2007_d_it.pdf.

(29)  Il testo del Trattato di Lisbona, adottato a Bruxelles il 3 dicembre 2007 dalla Conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri è disponibile all'indirizzo Internet:

http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/cg00014.it07.pdf


25.6.2008   

IT

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C 162/40


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'omologazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa dei trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata)

COM(2007) 840 def. — 2007/0284 (COD)

(2008/C 162/06)

Il Consiglio dell'Unione europea, in data 25 gennaio 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'omologazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa dei trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata)

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 147 voti favorevoli, 1 voto contrario e 7 astensioni.

 

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


25.6.2008   

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Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle denominazioni del settore tessile (rifusione)

COM(2007) 870 def. — 2008/0005 (COD)

(2008/C 162/07)

Il Consiglio dell'Unione europea, in data 8 febbraio 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle denominazioni del settore tessile (rifusione)

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 128 voti favorevoli e 2 astensioni.

 

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


25.6.2008   

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C 162/41


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (versione codificata)

COM(2007) 873 def. — 2007/0299 (COD)

(2008/C 162/08)

Il Consiglio dell'Unione europea, in data 8 febbraio 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (versione codificata)

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 141 voti favorevoli, 1 voto contrario e 1 astensione.

 

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


25.6.2008   

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C 162/41


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (rifusione)

COM(2008) 1 def. — 2008/0001 (COD)

(2008/C 162/09)

Il Consiglio dell'Unione europea, in data 31 gennaio 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (rifusione)

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 122 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

 

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


25.6.2008   

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C 162/42


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Una valutazione indipendente dei servizi di interesse generale

(2008/C 162/10)

Il Comitato economico e sociale europeo ha deciso, in data 16 febbraio 2007, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Una valutazione indipendente dei servizi di interesse generale

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore HENCKS.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 162 voti favorevoli, 24 voti contrari e 11 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La riforma dei Trattati approvata in occasione del vertice dei capi di Stato e di governo del 17-18 ottobre 2007 rappresenta un ulteriore passo in avanti per quanto riguarda tra l'altro i servizi di interesse generale (SIG), poiché introduce nelle disposizioni relative al funzionamento dell'Unione europea (UE) una clausola di applicazione generale per i servizi di interesse economico generale (SIEG) (articolo 14) che dovrà applicarsi a tutte le politiche dell'UE, compresi il mercato interno e la concorrenza, nonché un protocollo allegato ai due Trattati relativo al settore complessivo dei SIG, compresi i SIG di ordine non economico.

1.2

Tutti i tipi di servizi di interesse generale — che si tratti di SIEG o di SIG di ordine non economico — contribuiscono al tenore di vita complessivo dei cittadini e all'effettiva applicazione dei loro diritti fondamentali. Erogati nell'interesse generale, questi servizi dipendono da scelte politiche e, di conseguenza, rientrano nelle competenze del legislatore.

1.3

Da ciò deriva non soltanto l'obbligo ancora più stringente per l'UE e gli Stati membri di provvedere a un funzionamento efficiente dei SIEG — che prevede soprattutto lo sviluppo di una dinamica progressiva di valutazione delle prestazioni di tali servizi — ma anche la necessità per gli organi decisionali di definire chiaramente i concetti, gli obiettivi e i compiti che attribuiscono alle tre categorie di servizi. Finché non si sarà provveduto a fare quanto sopra, le valutazioni delle prestazioni non potranno servire a garantire ai cittadini la certezza del diritto che essi legittimamente attendono dalle istituzioni, sia nazionali che comunitarie.

1.4

Scopo della valutazione è rafforzare l'efficacia e l'efficienza dei SIEG, adattarli maggiormente alle esigenze in evoluzione dei cittadini e delle imprese e fornire alle autorità pubbliche gli elementi che consentano loro di compiere le scelte più pertinenti; la valutazione ha inoltre una funzione fondamentale da svolgere per pervenire a un armonioso equilibrio tra mercato e interesse generale, come pure tra obiettivi di ordine economico, sociale e ambientale.

1.5

Tenuto conto dell'importanza dei SIG nella lotta all'esclusione sociale e nella promozione della giustizia e della protezione sociali, entrambi obiettivi dell'UE in virtù del Trattato, è indispensabile una valutazione periodica a livello dei singoli Stati membri non solo dei SIEG — per i quali esiste una disciplina comunitaria — ma anche dei SIG di ordine non economico.

1.6

A livello tanto nazionale quanto regionale o locale la valutazione dei SIG (di ordine economico o non economico) deve essere indipendente, pluralista, basata sul principio del contraddittorio, riguardare i tre pilastri della strategia di Lisbona, fondarsi su una serie di criteri ed essere condotta in consultazione con tutte le parti interessate.

1.7

A livello comunitario sarà necessario definire le modalità di scambio, di confronto, di comparazione e di coordinamento e, nel rispetto del principio di sussidiarietà, occorrerà inoltre dare impulso al processo di valutazione indipendente elaborando, tramite il dialogo con i rappresentanti delle parti interessate, un metodo di valutazione armonizzato su scala europea sulla base di indicatori comuni.

1.8

Affinché tale valutazione risulti utile e pertinente è opportuno istituire un comitato direttivo pluralista e operante in totale indipendenza, composto di rappresentanti della Commissione europea, del Parlamento europeo, delle rappresentanze permanenti degli Stati membri presso l'UE, del Comitato delle regioni e del CESE.

2.   Contesto attuale

2.1

In forza dei Trattati i SIEG rientrano nell'ambito dei valori comuni dell'UE, segnatamente per il loro contributo alla coesione sociale e territoriale. Questo è confermato dal Trattato di riforma approvato in occasione del vertice dei capi di Stato e di governo dell'UE del 17-18 ottobre 2007: infatti — pur ponendo l'accento su una responsabilità comune degli Stati membri e della Comunità — il nuovo Trattato prevede che il Parlamento europeo e il Consiglio dell'UE possano stabilire, mediante regolamenti, i principi e le condizioni che consentano ai SIEG di assolvere i loro compiti, fatta salva la competenza degli Stati membri di fornire, fare eseguire e finanziare tali servizi.

2.2

Spetta quindi all'UE e agli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell'ambito del campo di applicazione del Trattato riformato, assicurare l'effettivo funzionamento di questi servizi sulla base di principi e in condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti.

2.3

Con l'entrata in vigore del Trattato riformato, il Parlamento europeo e il Consiglio dell'UE, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, dovranno pertanto stabilire tali principi e fissare tali condizioni, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

2.4

Un protocollo sui servizi di interesse generale, allegato ai Trattati riformati, menziona «il ruolo essenziale e l'ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare servizi di interesse economico generale il più vicini possibile alle esigenze degli utenti» come pure «un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utente.»

2.5

Nel medesimo protocollo sono menzionati, per la prima volta in un testo di diritto comunitario primario, i SIG di ordine non economico, e si sottolinea che la fornitura, la commissione e l'organizzazione di tali servizi rientrano tra le competenze degli Stati membri, che le disposizioni dei Trattati lasciano impregiudicate in materia: pertanto, i SIG di ordine non economico in linea di principio non sono soggetti alle regole che disciplinano il mercato interno, la concorrenza e gli aiuti di Stato, fermo restando che per l'attuazione delle competenze nazionali valgono i principi generali del diritto comunitario.

2.6

Il Trattato riformato non offre alcuna definizione che consenta di distinguere tra servizi di natura economica e servizi di natura non economica, il che significa che si è costretti a continuare a ricorrere alla Corte di giustizia europea in veste di arbitro, situazione da cui deriva il persistere dell'attuale incertezza giuridica. I cittadini ripongono grandi aspettative nell'UE: essa dovrebbe quindi adoperarsi per migliorarne il tenore di vita e assicurare il rispetto dei loro diritti fondamentali, oltre a far sì che le decisioni assunte in ambito comunitario non comportino un'involuzione a livello nazionale.

3.   Perché valutare i SIG

3.1

L'obbligo, sancito dall'articolo 14 del Trattato riformato, di provvedere a un funzionamento efficiente dei SIEG implica, in particolare, lo sviluppo di una dinamica progressiva di valutazione delle prestazioni di tali servizi.

3.2

Il CESE ritiene che un SIEG possa considerarsi dotato di un funzionamento efficiente se, tra l'altro:

soddisfa criteri di eguaglianza, universalità, accessibilità (anche per quanto riguarda i prezzi), attendibilità e continuità, qualità ed efficacia, garanzia dei diritti degli utenti e redditività sotto il profilo socioeconomico,

tiene conto dei bisogni specifici di alcuni gruppi di utenti, quali le persone disabili, dipendenti, svantaggiate, ecc.

3.3

Benché non sia espressamente menzionata nel Trattato riformato, la valutazione è destinata a diventare lo strumento di vigilanza che il Trattato implicitamente richiede.

3.4

Gli Stati membri o l'UE dovranno definire e adattare, in modo trasparente e non discriminatorio, compiti e obiettivi dei SIEG nei rispettivi ambiti di competenza, secondo il principio di proporzionalità nonché nell'interesse e con soddisfazione generale di tutti i destinatari di tali servizi.

3.5

Per verificare se tali compiti di interesse generale sono assolti correttamente ed efficacemente e che tali obiettivi — di varia natura, a seconda che si tratti di SIEG o di SIG di ordine non economico, o in funzione della natura stessa del servizio in questione — sono, o saranno, conseguiti, l'autorità competente deve introdurre un sistema di valutazione delle prestazioni, dell'efficienza e della qualità dei servizi che non consista soltanto nella realizzazione di indagini o sondaggi d'opinione.

3.6

La valutazione consiste quindi in un'analisi e in un controllo sistematico delle condizioni di effettiva attuazione della specifica missione di interesse generale sotto il profilo dell'assolvimento e della capacità di soddisfare le esigenze dei consumatori, delle imprese, dei cittadini e della società, come pure rispetto agli obiettivi dell'UE segnatamente in materia di coesione sociale, economica e territoriale, di economia sociale di mercato, nell'ambito della strategia di Lisbona e della garanzia di esercizio dei diritti fondamentali.

3.7

I SIEG sono contraddistinti dalla ricerca di una serie di equilibri:

tra mercato e interesse generale,

tra obiettivi di ordine economico, sociale e ambientale,

tra destinatari (singoli utenti — inclusi i gruppi svantaggiati — imprese, enti, ecc.) che non hanno tutti le stesse esigenze o gli stessi interessi,

e, infine, tra quanto rientra nelle competenze dei singoli Stati membri e le esigenze di integrazione comunitaria.

3.8

La natura di tali equilibri varia in funzione dei mutamenti economici e tecnologici e dell'evoluzione delle esigenze e delle aspettative, sia individuali che collettive, pur nel tentativo di preservare una coerenza tra le diverse situazioni nei singoli Stati membri, nonché tra le varie specificità geografiche e caratteristiche settoriali.

3.9

La valutazione delle prestazioni, pur essendo una funzione diversa dalla regolamentazione, costituisce tuttavia un elemento di quest'ultima, che può solo trarre vantaggio dal fatto di fondarsi su valutazioni pertinenti e di sollecitarne la realizzazione. La valutazione deve nel contempo servire a mettere in evidenza le disfunzioni, le differenze in termini di qualità e/o di tipo di servizi tra un paese e l'altro e, quindi, a porre l'accento sull'adeguamento delle esigenze a seconda dei bisogni e delle preoccupazioni degli utenti e dei consumatori, come pure in funzione dell'evoluzione del contesto economico, tecnologico e sociale.

4.   Quali servizi valutare

4.1

Gli obiettivi assegnati a tali servizi e l'importanza che essi assumono per l'attuazione delle diverse politiche comunitarie rendono indispensabile una valutazione periodica non solo dei SIEG — per i quali esiste una disciplina comunitaria — ma anche dei SIG di ordine non economico, in considerazione del fatto che tali servizi contribuiscono all'effettiva realizzazione dei diritti fondamentali e che il loro funzionamento si fonda sui principi della solidarietà e del rispetto della dignità umana, con riferimento a valori comuni che contraddistinguono il modello sociale europeo.

4.2

Dal momento che il protocollo allegato ai Trattati riformati ribadisce che i SIG di ordine non economico sono di esclusiva competenza degli Stati membri, la valutazione di tali SIG dovrà essere realizzata unicamente a livello nazionale, regionale o locale.

4.3

Tenuto conto del fatto che i SIG di ordine non economico, al pari dei SIEG, riguardano una serie di obiettivi dell'UE (garanzia dei diritti fondamentali, promozione del benessere dei cittadini, giustizia sociale, coesione sociale, ecc.), obiettivi per la cui realizzazione l'UE ha una parte di responsabilità, l'UE deve quantomeno provvedere affinché gli Stati membri svolgano valutazioni periodiche sul funzionamento di tali SIG di ordine non economico.

5.   La strategia delle istituzioni dell'UE

5.1

In occasione dei Consigli europei di Nizza (2000) e di Laeken (2001) si è stabilito che era necessario prevedere, a livello comunitario, una valutazione efficiente e dinamica degli effetti della concorrenza e delle prestazioni dei SIG, che tenesse in debito conto le particolarità e le competenze nazionali, regionali e locali.

5.2

Si è inoltre ritenuto che tale valutazione dovesse essere realizzata nel quadro delle strutture esistenti, segnatamente mediante valutazioni orizzontali e relazioni settoriali, come pure tramite la «relazione di Cardiff» sulla riforma economica elaborata dalla Commissione, e che dovesse prendere in considerazione le strutture e le prestazioni del mercato, inclusi gli aspetti legati all'occupazione, la valutazione sotto il profilo economico e sociale degli obblighi di servizio pubblico e l'opinione di cittadini e consumatori in merito alle prestazioni dei SIG, nonché le ripercussioni del processo di liberalizzazione su questi ultimi.

5.3

La Commissione europea realizza dal 2001 con cadenza annuale (ad eccezione del 2003) una valutazione orizzontale delle sole industrie di rete (elettricità, gas, servizi di comunicazione elettronica, servizi postali, trasporti aerei e ferroviari) in base a un metodo definito in una comunicazione (1) della stessa Commissione: tale metodo non incontra, tuttavia, l'approvazione di tutte le parti interessate, alcune delle quali ritengono che esso valuti le politiche comunitarie in materia di industrie di rete piuttosto che le prestazioni di tali industrie.

5.4

Nel 2003, nell'ambito della pubblicazione del Libro verde sui servizi di interesse generale, la Commissione europea aveva avviato una consultazione pubblica volta a definire l'organizzazione della valutazione, i criteri da utilizzare, le modalità per incentivare la partecipazione dei cittadini e per migliorare la qualità dei dati. Le principali conclusioni scaturite dalla consultazione vertono sull'esigenza di una valutazione che tenga conto delle diverse dimensioni e di una revisione dei meccanismi stessi di valutazione: secondo la Commissione, tuttavia, non vi era accordo su chi dovesse effettuare tale valutazione.

5.5

Il Libro bianco sui servizi di interesse generale (2) mette in evidenza il processo di valutazione che deve ormai precedere qualsiasi adattamento del quadro normativo comunitario, in modo particolare quando si tratta della liberalizzazione dei servizi.

5.6

Nel Libro bianco la Commissione riconosce la particolare responsabilità delle istituzioni comunitarie che, con l'aiuto dei dati forniti a livello nazionale, devono valutare i servizi soggetti a un quadro normativo settoriale stabilito dalla stessa Comunità. Essa non esclude che una valutazione a livello comunitario potrebbe essere presa in considerazione anche in altri settori, qualora si potesse stabilire in casi specifici che tale valutazione apporterebbe un valore aggiunto.

5.7

Infine, la Commissione ha incaricato un consulente esterno di redigere una relazione che esamini in modo approfondito il metodo di valutazione; le conclusioni sostanziali della relazione saranno illustrate in sintesi in una nuova comunicazione prevista per il 2008.

5.8

Secondo la Commissione, questo audit esterno dovrà esaminare la necessità di una valutazione delle prestazioni delle industrie di rete fornitrici di SIEG nell'UE, formulare raccomandazioni per migliorare le valutazioni orizzontali e analizzare l'adeguatezza del ruolo svolto dalla Commissione in qualità di organismo incaricato di realizzare tali valutazioni orizzontali.

5.9

Nella comunicazione della Commissione sui SIG (3) si legge: «ai fini della qualità e della trasparenza del processo decisionale, la Commissione ritiene importante svolgere periodicamente una valutazione approfondita e renderne pubblici la metodologia e i risultati, che possono quindi essere vagliati».

6.   Principi e criteri della valutazione

6.1

Nella comunicazione COM(2002) 331 def. la Commissione aveva assunto l'impegno di associare la società civile alla valutazione orizzontale delle prestazioni dei SIG, in particolare mediante la creazione «di un dispositivo permanente per rilevare i pareri dei cittadini e la loro evoluzione»; si era inoltre impegnata a garantire che «le parti interessate, incluse le parti sociali, (…) [fossero] consultate ad hoc su temi specifici».

6.2

L'evoluzione della società si traduce in una serie di aspettative che riflettono le accresciute esigenze del pubblico — in questo caso gli utenti o consumatori, i quali rivendicano non solo il riconoscimento dei loro diritti, ma anche un'attenzione alle loro specifiche caratteristiche. Le modalità di esecuzione dei SIG dipendono strettamente dalle società in cui tali servizi vengono erogati.

6.3

Data la varietà di strutture e di statuti (operatori pubblici, operatori privati o partenariati pubblico-privato) posti in essere dalle autorità nazionali, regionali e locali per garantire l'esecuzione dei SIG, è indispensabile una valutazione che tenga conto delle varie dimensioni.

6.4

La valutazione a livello degli Stati membri dovrà inoltre essere pluralista, cioè associare tutte le parti interessate, inclusi i singoli: autorità responsabili della definizione e dell'attuazione dei SIG, autorità di regolamentazione, operatori/prestatori incaricati della fornitura dei servizi, rappresentanti dei consumatori, dei sindacati e della società civile, ecc.

6.5

Oltre a essere condotta con spirito pluralista, la valutazione dovrà essere indipendente e basarsi sul principio del contraddittorio, dato che le diverse parti in causa non condividono tutte gli stessi interessi; anzi, in alcuni casi presentano interessi opposti e squilibri sul piano delle informazioni e delle competenze di cui dispongono.

6.6

Sarebbe pertanto impossibile valutare l'efficienza dei SIG sul piano economico e sociale, come pure le loro attività e prestazioni, sulla base di un unico criterio, vale a dire in relazione alle regole di concorrenza, ma occorre invece fondare tale valutazione su tutto un ventaglio di criteri.

6.7

Come evidenziato dal Ciriec e dal CEEP in uno studio condotto nel 2000 (4) su richiesta della Commissione europea, la valutazione ha senso soltanto se effettuata in relazione agli obiettivi e ai compiti assegnati, i quali dipendono da tre fonti di definizione — il consumatore, il cittadino e la collettività — e si articolano in tre componenti: la garanzia dell'esercizio dei diritti fondamentali della persona, la coesione sociale e territoriale, la definizione e attuazione di politiche pubbliche.

6.8

La valutazione deve coprire i tre pilastri della strategia di Lisbona (economico, sociale e ambientale) e al tempo stesso tenere conto delle politiche relative al mercato interno, alla concorrenza, alla tutela dei consumatori e all'occupazione, nonché di ciascuna delle politiche settoriali interessate.

6.9

La valutazione deve quindi basarsi su un insieme di criteri, in particolare:

la definizione del regime di obblighi di servizio pubblico e il relativo affidamento al fornitore di servizi,

la corretta esecuzione da parte del/degli operatore/i del/dei capitolato/i d'oneri o degli obblighi legati al servizio universale o all'affidamento,

il prezzo, la qualità e la possibilità di accesso al servizio per le persone disabili, come pure il grado di soddisfazione degli utenti,

le esternalità positive e negative,

la realizzazione degli obiettivi di politica pubblica,

la trasposizione delle disposizioni per garantire il rispetto dei vincoli giuridici.

6.10

Si tratta quindi di apportare elementi di conoscenza e di valutazione delle pratiche effettive e dell'impatto delle azioni sui diversi tipi di utenti, il che consentirebbe di eliminare lo squilibrio strutturale sul piano dell'informazione inerente ai rapporti tra operatori/prestatori, autorità di regolamentazione e consumatori.

7.   Realizzazione della valutazione

7.1

Il sistema di valutazione dovrà fondarsi su relazioni periodiche elaborate a livello nazionale o locale da organismi istituiti appositamente dagli Stati membri in base ai principi illustrati sopra.

7.2

A livello comunitario sarà necessario definire le modalità di scambio, di confronto, di comparazione e di coordinamento. Spetterà quindi all'UE — nel rispetto del principio di sussidiarietà e dei principi sanciti nel protocollo allegato ai Trattati riformati — dare impulso al processo di valutazione indipendente elaborando, tramite il dialogo con i rappresentanti delle parti interessate, un metodo di valutazione armonizzato su scala europea sulla base di indicatori comuni, nonché gli strumenti che ne assicurino il funzionamento.

7.3

Affinché la valutazione risulti utile e pertinente è opportuno istituire un comitato direttivo pluralista, rappresentativo di tutte le parti interessate (autorità pubbliche, parti sociali, operatori, autorità di regolamentazione, destinatari dei servizi — utenti e imprese — e organizzazioni sindacali), che potrebbe, a livello comunitario, essere composto di rappresentanti della Commissione europea, del Parlamento europeo, delle rappresentanze permanenti degli Stati membri presso l'UE, del Comitato delle regioni e del CESE.

7.4

Il comitato direttivo dovrebbe svolgere i seguenti compiti:

scegliere il metodo di valutazione,

definire gli indicatori,

elaborare i capitolati d'oneri degli studi da realizzare,

commissionare tali studi, da basare su un ampio ventaglio di competenze e consulenze,

vagliare in modo critico le relazioni,

formulare raccomandazioni,

divulgare i risultati.

7.5

Le relazioni di valutazione potrebbero essere discusse con tutte le parti interessate nell'ambito di un convegno annuale sulle prestazioni dei SIEG — sulla falsariga di quello organizzato da qualche anno a questa parte al CESE sul tema delle industrie di rete — oppure a margine del vertice sociale che precede il Consiglio europeo di primavera.

Bruxelles, 14 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  COM(2002) 331 def., del 18 giugno 2002. Comunicazione della Commissione Metodologia per la valutazione orizzontale dei servizi di interesse economico generale.

(2)  COM(2004) 374 def., del 12 maggio 2004. Comunicazione della Commissione Libro bianco della Commissione sui servizi di interesse generale.

(3)  COM(2007) 725 def., del 20 novembre 2007. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni che accompagna la comunicazione sul tema Un mercato unico per l'Europa del XXI secoloI servizi di interesse generale, compresi i servizi sociali di interesse generale: un nuovo impegno europeo.

(4)  Studio del Ciriec/CEEP Les services d'intérêt économique général en Europe: régulation, financement, évaluation, bonnes pratiques http://www.ulg.ac.be/ciriec/intl_fr/research/publications.htm.

Ciriec: Centro internazionale di ricerche e d'informazione sull'economia pubblica, sociale e cooperativa.

CEEP: Centro europeo delle imprese a partecipazione pubblica e delle imprese di interesse economico generale.


25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/46


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Promuovere ampie possibilità di accesso di ogni tipo di pubblico alla biblioteca digitale europea

(2008/C 162/11)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 febbraio 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Promuovere ampie possibilità di accesso di ogni tipo di pubblico alla biblioteca digitale europea

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice PICHENOT.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 153 voti favorevoli, 4 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Alla vigilia del lancio della «Biblioteca digitale europea» (BDE) (1) nel 2008, il presente parere del Comitato si propone di offrire un ampio sostegno a questo progetto che mira a rendere accessibile on line parte del patrimonio culturale, scientifico e tecnico, contribuendo così al lavoro delle istituzioni europee per la realizzazione di un portale, destinato a un ampio pubblico, che costituirà uno strumento di diffusione della conoscenza organizzata nell'era digitale.

1.2

Il Comitato riconosce gli sforzi unanimemente profusi dalla Commissione e dagli Stati membri e si compiace dell'attività di coordinamento delle istituzioni culturali avviata dalla CENL (Conference of European National Librarians — Conferenza delle biblioteche nazionali europee) allo scopo di creare una fondazione che riunisca tutte le istituzioni disposte a rendere accessibili i loro patrimoni digitalizzati. Esorta le organizzazioni della società civile — a livello europeo, nazionale e regionale — ad associarsi a questo progetto europeo di grande portata per garantire ai cittadini una corretta informazione sull'argomento.

1.3

Il coinvolgimento della società civile nello sviluppo del progetto BDE si rivelerà decisivo per quattro motivi principali — che giustificano l'impegno del Comitato — e cioè:

partecipare alla definizione dei pertinenti criteri di selezione dei contenuti da digitalizzare,

offrire il sostegno dell'opinione pubblica alle esigenze di finanziamento del progetto,

promuovere le iniziative in materia di partecipazione e innovazione di tutti gli attori interessati del settore editoriale e degli altri organismi culturali,

incoraggiare l'integrazione di tutti i cittadini nella società dell'informazione.

1.4

Il Comitato riconosce il lavoro già svolto dalla Commissione negli Stati membri — con la partecipazione delle parti interessate — durante le ultime presidenze e approva la recente relazione (2) del Parlamento europeo che illustra con efficace sintesi i progressi fin qui compiuti e le prossime iniziative. Nel presente parere il Comitato ha scelto di mettere in evidenza l'indispensabile contributo della società civile e di incoraggiare tutte le sue componenti a partecipare al lancio della BDE e ai futuri sviluppi del progetto; nel parere il Comitato propone inoltre di dare risalto alle aspettative e alle esigenze degli utenti per conseguire l'obiettivo dell'accesso per un vasto pubblico.

1.4.1

Il Comitato rivolge alle organizzazioni della società civile le seguenti raccomandazioni:

prendere parte fin dal 2008 alle iniziative di comunicazione destinate ai cittadini europei,

esaminare con attenzione le conclusioni raggiunte da gruppi di utenti che hanno sperimentato il livello di pertinenza dei contenuti del portale comune, la sua facilità d'uso e la sua e-accessibilità (3) per i disabili,

organizzare un dibattito di vasta portata sui contenuti in collaborazione con le biblioteche attive a livello locale,

stimolare una riflessione in seno alla società dell'informazione sull'adeguamento dell'attuale quadro normativo per renderlo compatibile con la digitalizzazione della produzione intellettuale, artistica e scientifica contemporanea.

1.4.2

Il Comitato rivolge agli Stati membri e alla Commissione le seguenti raccomandazioni:

istituire un comitato direttivo del progetto aperto al dialogo con la società civile,

garantire un contributo finanziario da parte degli Stati membri affinché entro il 2010 si possa pervenire a una digitalizzazione su vasta scala di materiali disparati e provenienti da fonti diverse,

concordare la messa a punto di programmi nazionali di digitalizzazione facendo riferimento a una carta comune per la gestione della documentazione e con il sostegno dei centri di competenza,

mantenere un programma comunitario a lungo termine per la ricerca di soluzioni ai problemi tecnici posti dal multilinguismo e dall'interoperabilità, nonché per la definizione di orientamenti comuni intesi a garantire la e-accessibilità per i disabili,

effettuare ricerche in collaborazione con il Comitato sulle aspettative, le esigenze e le pratiche degli utenti, in particolare delle persone con disabilità,

trarre delle conclusioni dalla disamina delle pratiche adottate dai singoli Stati membri in materia di eccezioni previste dalla direttiva 2001/29/CE (4) e approfondire la ricerca di soluzioni al problema del vuoto giuridico (opere orfane, edizioni fuori stampa, documenti originariamente concepiti per il formato digitale, ecc.).

1.4.3

Il Comitato esorta gli operatori economici e le istituzioni culturali a:

promuovere un ampio accesso ai contenuti digitalizzati — di epoca recente o contemporanei — consultabili sul portale della BDE,

elaborare modelli per l'accessibilità on line a pagamento di opere protette dal diritto d'autore a prezzi ragionevoli,

partecipare mediante partenariati pubblico-privato alla digitalizzazione dei loro patrimoni,

prendere in considerazione iniziative di sponsorizzazione a sostegno della digitalizzazione,

promuovere la funzione delle biblioteche pubbliche — con la possibilità di accesso in loco o tramite circuiti chiusi (intranet) — nel settore dell'offerta di contenuti in formato elettronico.

2.   Una comunicazione migliore con i cittadini sulla futura biblioteca digitale europea (BDE) e un maggiore coinvolgimento della società civile nello sviluppo del progetto

2.1   Una comunicazione migliore con i cittadini sul progetto della biblioteca digitale europea

2.1.1

Nel corso del 2010 un ricco patrimonio culturale europeo proveniente da biblioteche, archivi e musei sarà accessibile on line, permettendo così non solo ai cittadini del continente, ma all'intera popolazione mondiale, di avere accesso a sei milioni di documenti digitalizzati da utilizzare a fini ricreativi, educativi, professionali o scientifici. La realizzazione di questo obiettivo di ordine quantitativo costituirà soltanto la prima fase di un progetto di digitalizzazione su vasta scala.

2.1.2

Questo progetto, denominato provvisoriamente European Digital Library (EDL), solo per comodità viene definito «biblioteca», benché fin dalla pubblicazione della sua comunicazione (5) la Commissione avesse delimitato un campo di applicazione assai più vasto per l'opera di digitalizzazione, invitando tutte le istituzioni a prendervi parte. EDL riguarda infatti tutte le conoscenze di tipo culturale, scientifico e tecnico nonché tutti i tipi di documenti manoscritti, libri, spartiti, mappe, registrazioni audio e audiovisive, riviste, fotografie, ecc.

2.1.3

Sia il Comitato che gli Stati membri — come risulta dalle conclusioni del Consiglio del novembre 2006, adottate all'unanimità — considerano la BDE un progetto trainante, in grado di promuovere la più ampia partecipazione alla società dell'informazione e di contribuire a una migliore comprensione dell'identità europea da parte dei cittadini.

2.1.4

Il secondo e non meno ambizioso obiettivo dichiarato del progetto consiste nel fare della futura BDE, grazie a un portale comune, un punto di accesso multilingue e destinato a ogni tipo di pubblico, perché la biblioteca digitale non si limiti a presentare un interesse per la sola comunità scientifica o artistica. In questa prospettiva, il Comitato invita la Commissione a migliorare la comunicazione rivolta ai cittadini per incoraggiarne la partecipazione al lancio del progetto BDE, in particolare mettendo a loro disposizione una documentazione multilingue. È previsto l'avvio di una campagna di comunicazione nel novembre del 2008 che dovrebbe riguardare tutte le istituzioni europee e i 27 Stati membri.

2.1.5

Questa colossale opera di digitalizzazione, che rappresenterà un momento irripetibile nella storia dell'umanità, implica la necessità di discutere anche i criteri di selezione e di organizzazione dei contenuti e delle conoscenze a livello europeo. Il Comitato ritiene che un dibattito di ampia portata sulle condizioni in cui deve svolgersi il lavoro di digitalizzazione dovrebbe altresì affrontare tutta una serie di questioni — di ordine finanziario, tecnico e giuridico — necessarie per procedere lungo il cammino della società della conoscenza per tutti, e cioè:

le risorse finanziarie necessarie per digitalizzare il patrimonio di pubblico dominio, il che presuppone la ricerca di un equilibrio tra la digitalizzazione di documenti rari o fragili e la digitalizzazione «di massa» auspicata dal grande pubblico,

il sostegno finanziario agli editori che accettino di rendere accessibili on line i loro fondi documentali contemporanei dopo averne completato la digitalizzazione,

la partecipazione di sponsor e finanziatori del settore privato al lavoro di digitalizzazione e alla diffusione,

il mantenimento indiscriminato della scadenza dei diritti di proprietà intellettuale a 70 anni dalla morte dell'autore,

l'introduzione di criteri di trasparenza e collegialità nel selezionare, tra i materiali culturali di vario genere divenuti di pubblico dominio (testi, materiale audiovisivo, oggetti del patrimonio museale, archivi, ecc.) i documenti che è possibile digitalizzare,

la necessità di redigere una «carta europea per la gestione della documentazione» che serva da repertorio dei principali campi del sapere oggetto della digitalizzazione; la stesura di questa carta presuppone che si disponga di un quadro complessivo a livello europeo dell'accessibilità on line del materiale già digitalizzato,

la possibilità per gli autori di opere fuori stampa non riedite di scegliere di diffonderle in formato digitale tutelandole con una «licenza flessibile» (6),

l'utilità di creare un file interattivo che consenta una ricerca efficiente dei titolari dei diritti di opere cosiddette «orfane» (7),

il trattamento dell'informazione scientifica (8),

i problemi dell'accessibilità delle persone con disabilità ai portali Internet e al materiale digitalizzato, soprattutto nel caso di disabili visivi.

2.2   La partecipazione della società civile all'agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione

2.2.1

Fino ad oggi il dibattito sul progetto è rimasto confinato tra gli specialisti, a riprova della forte mobilitazione delle parti interessate (istituzioni culturali, autori, editori, librai, ecc.) e della loro effettiva partecipazione ai lavori del gruppo ad alto livello istituito dalla Commissione. Alla consultazione on line lanciata dalla Commissione nel 2005 per accompagnare la comunicazione i2010Le biblioteche digitali  (9) la percentuale di risposte dei singoli cittadini non ha superato il 7 %, mentre quella del mondo accademico si è attestata al 14 %. Il modesto tasso di partecipazione del grande pubblico non deve sorprendere se si tiene conto, da un lato, che il dibattito sulla BDE ha assunto inaspettatamente rilievo alla fine del 2004, dopo l'annuncio da parte di Google di una massiccia opera di digitalizzazione e, dall'altro, che il questionario della Commissione era rivolto ai gruppi di interesse economico su cui tale digitalizzazione ha effettivamente un impatto.

2.2.2

La diffusione sempre più ampia dell'accesso gratuito all'informazione su Internet — che nasconde tuttavia ingenti investimenti pubblicitari — contribuisce a ingenerare confusione nell'opinione pubblica circa l'offerta di qualsiasi tipo di biblioteca digitale. Spetta quindi soprattutto alla società civile partecipare a campagne informative ed educative — destinate in particolare ai giovani — sul valore della creazione intellettuale e artistica e sulla necessità di tutelarla.

2.2.3

Il Comitato invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare tutte le iniziative utili per garantire un maggiore coinvolgimento della società civile nelle prossime fasi dell'opera di digitalizzazione del patrimonio culturale. La partecipazione delle organizzazioni della società civile sarà determinante per le seguenti quattro attività fondamentali: definire criteri comuni di selezione dei contenuti; offrire un sostegno alle esigenze di finanziamento; incoraggiare tutte le parti interessate all'innovazione; infine, promuovere l'integrazione di tutti i cittadini nella società dell'informazione.

2.2.4

Il Comitato raccomanda a tal fine l'apertura già dal marzo del 2008 — al momento del lancio del prototipo — di uno spazio pubblico destinato a offrire opportunità di intervento alle strutture associative, educative, culturali, familiari e socioprofessionali rappresentative dei futuri utenti. Questi interventi della società civile si riveleranno utili nel corso dei diversi stadi del progetto, a partire dal vero e proprio avvio nel novembre del 2008 e nelle successive fasi di sviluppo.

2.2.5

Il dibattito dovrebbe servire a completare il calendario indicativo (per il periodo 2007-2010) accluso all'allegato delle conclusioni del Consiglio e anche a prorogare tale agenda, in modo da garantire l'ulteriore sviluppo della digitalizzazione e un arricchimento degli usi. Il Comitato accoglie con interesse l'invito ad instaurare relazioni con la Piattaforma della società civile per il dialogo interculturale, un movimento di partecipazione civica costituito intorno alla tematica delle biblioteche digitali.

2.2.6

Dopo il 2008 — Anno europeo del dialogo interculturale — il dibattito potrebbe quindi proseguire e dar luogo a una nuova consultazione, da organizzare nel corso del 2009, che dovrebbe consentire alla società civile di prendere parte alle decisioni sulle successive fasi — più a lungo termine — del progetto, tenendo conto dell'agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione (10).

2.3   Agevolare lo sviluppo della futura biblioteca

2.3.1

Il Comitato appoggia la proposta contenuta nella relazione del Parlamento europeo (11) di istituire un comitato di direzione della BDE, composto delle istituzioni culturali impegnate nel progetto EDL e incaricato di garantire il buon proseguimento del progetto stesso e di coordinare i programmi nazionali di digitalizzazione. Un dialogo proficuo dovrebbe essere avviato tra questo comitato di direzione, le organizzazioni di rappresentanza degli utenti e, in particolare, il Comitato.

2.3.2

Il Comitato riconosce il fondamentale ruolo trainante della CENL, che deriva dallo standard normativo internazionale di codificazione (scheda bibliografica) utilizzato da questo organismo e dal vantaggio acquisito grazie al lavoro di digitalizzazione del materiale scritto. Esorta pertanto le altre istituzioni culturali degli Stati membri, a livello regionale o nazionale o a livello comunitario, a confluire nel coordinamento di EDL per i fondi documentali degli archivi, dei musei nazionali e delle mediateche, in particolare nel quadro della fondazione creata nel novembre del 2007.

2.3.3

Per quanto riguarda questo aspetto fondamentale del progetto, il Comitato appoggia l'effettiva applicazione della direttiva 2001/29/CE che garantisce la protezione del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, segnatamente in materia di riproduzione e distribuzione delle opere. Tuttavia oggi, in piena era digitale, la direttiva rivela una serie di carenze per quanto riguarda il trattamento delle opere orfane, le modalità della conservazione digitale, lo status delle opere originariamente concepite per Internet (cosiddette digital born), e non apporta soluzioni nel caso delle opere fuori stampa non riedite.

2.3.4

La direttiva prevede delle eccezioni — facoltative e, quindi, attuate in modo diverso a seconda degli Stati membri — per gli atti di riproduzione specifici effettuati da biblioteche accessibili al pubblico, istituti di istruzione, musei o archivi, nonché quando si tratti di un utilizzo a beneficio delle persone con disabilità.

2.3.5

Oltre a questo aspetto giuridico, il Comitato riconosce che alla complessità del progetto contribuiscono anche altre difficoltà sotto il profilo tecnico. Accoglie quindi con particolare favore il lavoro che la Commissione svolge già da alcuni anni per risolvere tali problemi e appoggia le iniziative adottate nell'ambito del Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo e del programma eContentplus, soprattutto nel campo delle ricerche sull'interoperabilità e i centri di competenza per la digitalizzazione. L'interoperabilità e il multilinguismo — ossia i meccanismi grazie ai quali i contenuti di musei, biblioteche e archivi diventeranno accessibili su un sito comune — sono tra i principali fattori di successo del progetto BDE.

2.3.6

Le organizzazioni della società civile a livello nazionale e regionale, in particolare i consigli economici e sociali nazionali, sono invitati a dare il loro sostegno nei rispettivi Stati membri alla realizzazione degli investimenti necessari per la digitalizzazione, al fine di ottenere una massa critica di contenuti e garantirne la diversità. Il Comitato raccomanda altresì agli Stati membri il ricorso ai finanziamenti erogati dai fondi strutturali: il caso della Lituania rappresenta un esempio conclusivo in tal senso.

3.   Incoraggiare un largo accesso alla BDE offrendo un patrimonio contemporaneo di contenuti organizzati

3.1   Tenere conto delle aspettative e delle esigenze degli utenti (12)

3.1.1

Il Comitato ritiene importante che lo straordinario lavoro di digitalizzazione diventi anche un potente fattore di coesione sociale e territoriale (13) e raccomanda in particolare di tener conto delle aspettative di tutte le fasce di età nell'offerta di contenuti digitalizzati e nelle sue modalità d'accesso, allo scopo di agevolare i contatti e la trasmissione delle informazioni. È raro che, superata l'adolescenza, i non lettori si trasformino in lettori: la possibilità per un vasto pubblico di accedere alla biblioteca digitale costituisce un vantaggio proprio per i non lettori e i lettori occasionali, oltre che una sfida per la società della conoscenza.

3.1.2

Per quel che riguarda il concetto di apprendimento permanente (14), la digitalizzazione delle opere culturali — con particolare riguardo all'informazione scientifica (15) — presenta un notevole potenziale nel campo dell'accesso alla conoscenza. Un simile obiettivo comporta, tra l'altro, un adeguamento della formazione iniziale e permanente dei docenti (16) a questa nuova realtà per poter far fronte alle mutate condizioni della trasmissione del sapere.

3.1.3

Le ricadute previste di questo dispositivo rendono necessarie delle ricerche sulle aspettative e le pratiche degli utenti. Nella fase attuale vengono considerati prioritari i contenuti scritti (manoscritti, libri, riviste e manuali), per i quali sono state individuate tre modalità di utilizzo principali: ricerca full-text, consultazione on line e lettura off-line (biblioteca virtuale personale). Si dovrebbero sperimentare nuovi usi, ad esempio gli strumenti collaborativi, le piattaforme per annotazioni e l'inserimento di link ipertestuali di contenuto, senza escludere contributi multimediali (audiovisivi, animazione): si tratta di nuove funzionalità che rappresentano strumenti utili non solo alla diffusione di idee, ma prima di tutto allo sviluppo di una riflessione.

3.1.4

Per quanto riguarda i contenuti non scritti, dal 2007 il portale Michael (repertorio multilingue del patrimonio culturale europeo) consente l'accesso al portale di diverse collezioni digitalizzate — provenienti da musei, biblioteche e archivi di tutta Europa — messe a disposizione, complete di descrizione, da una serie di istituzioni culturali locali, regionali e nazionali. L'iniziativa, che in origine interessava il Regno Unito, la Francia e l'Italia, sarà estesa ad altri 15 Stati membri, offrendo così nuovi servizi nel settore del turismo culturale. Il portale, denominato Michael Culture, è gestito dalla fondazione che dal novembre 2007 riunisce e coordina l'attività delle istituzioni culturali partecipanti al progetto.

3.1.5

Il Comitato raccomanda la creazione di un «osservatorio degli usi» per studiare l'intera gamma di possibilità e di pratiche: l'interesse della BDE, infatti, risiede tanto nella ricchezza di contenuti offerti quanto nella diffusione di nuove pratiche di scambio intellettuale e nell'apertura a tematiche di ricerca. Il Comitato desidera partecipare all'attività del gruppo di lavoro «Utenti» di EDL.

3.2   Promuovere l'integrazione di tutti i cittadini nella società digitale, offrendo soluzioni specifiche per le persone con disabilità (17)

3.2.1

Conformemente alla dichiarazione ministeriale di Riga del giugno 2006 sulle nuove tecnologie in una società inclusiva, è opportuno che il progetto BDE non contribuisca ad aumentare il divario tra la pratica corrente di Internet e l'uso di questo strumento da parte di anziani, persone con disabilità e altri gruppi vulnerabili: in due recenti pareri esplorativi il Comitato ha definito le iniziative in grado di garantire a tali gruppi l'e-accessibilità, tra l'altro mediante il ricorso al Fondo sociale europeo.

3.2.2

La digitalizzazione e l'accessibilità on line di documenti provenienti da biblioteche, archivi e musei di tutta Europa costituiscono strumenti di inclusione insostituibili per le persone con disabilità, il cui accesso può tuttavia essere reso difficoltoso da una progettazione del sito troppo complicata, da un formato non adatto o da inadeguate misure di protezione.

3.2.3

La direttiva 2001/29/CE prevede espressamente la possibilità di eccezioni al principio della protezione del diritto d'autore quando si tratti di un utilizzo a beneficio delle persone con disabilità (disabili visivi e ipovedenti, disabili motori, disabili mentali).

3.2.4

È di fondamentale importanza che il portale Internet della BDE e i portali nazionali associati al progetto siano concepiti fin dall'inizio in modo da risultare accessibili — mediante tecnologie specifiche — alle persone con disabilità e da permettere loro di fruire del patrimonio culturale contenutovi.

3.2.5

Sebbene i dispositivi di protezione tecnologica contro la pirateria si rivelino spesso inefficaci di fronte a utenti esperti, è altrettanto vero che costituiscono dei limiti per l'utente medio. Il Comitato raccomanda perciò che nel concepire le misure di protezione tecnologica si tenga conto in partenza dei problemi di accessibilità e interoperabilità, affinché i dispositivi di lettura utilizzati dalle persone con disabilità (ad esempio, i sintetizzatori vocali) siano in grado di leggere i testi in formato digitale.

3.3   Ampliare l'offerta di contenuti disponibili con l'aggiunta di documenti contemporanei o di epoca recente

3.3.1

Il portale sarà disponibile a partire dall'autunno del 2008 e conterrà due milioni di opere, fotografie e mappe, non soggette al diritto d'autore e, quindi, accessibili e scaricabili gratuitamente, il che rappresenta un contributo insostituibile soprattutto nel caso di documenti rari, preziosi o altrimenti irreperibili. Tuttavia, il sito non potrà limitarsi, a termine, ad offrire l'accesso al solo patrimonio di questi documenti non di attualità.

3.3.2

Il portale BDE è infatti destinato, fin dall'avvio del progetto, a proporre agli utenti — oltre ai documenti non soggetti al diritto d'autore o appartenenti al patrimonio culturale — anche documenti contemporanei o di epoca recente ancora protetti dal diritto d'autore.

3.3.3

La Commissione ha costituito un gruppo di esperti ad alto livello (composto di rappresentanti degli editori, delle biblioteche nazionali, di professionisti del settore audiovisivo e degli archivi) incaricato della ricerca di soluzioni al problema dell'accesso alle opere più recenti. Nell'aprile del 2007 questo comitato di esperti — al quale era affidato il compito di rimediare al «buco nero dei secoli XX e XXI» (18) rappresentato dalle opere tutelate dal diritto d'autore — ha formulato delle proposte per agevolare l'accesso alle opere orfane e fuori stampa e per promuovere la conservazione digitale.

3.3.4

Conseguire l'obiettivo di una digitalizzazione di massa accessibile al grande pubblico implica la concezione di un nuovo modello economico che garantisca una ripartizione equa dei profitti tra autori, editori e fornitori di servizi. Gli utenti di Internet possono legittimamente sperare di avere accesso a un'offerta di servizi a pagamento a tariffe ragionevoli. Il Comitato invita gli operatori economici del circuito editoriale a cercare di pervenire concretamente a soluzioni condivise (19). Spetta a editori, autori e librai, nel rispetto delle posizioni di tutte le parti in causa, proporre ai consumatori un'offerta interessante, allo scopo di incentivare questo nuovo mercato e di evitare i rischi di pirateria e contraffazione.

3.3.5

Secondo le proposte formulate da tali categorie, nel caso di opere tutelate dal diritto d'autore — e a condizione che vi sia l'accordo dei titolari dei diritti — all'utente dovrebbe essere offerta la possibilità di accedere a brevi stralci dell'opera sul portale, oppure di sfogliarla virtualmente grazie a siti web specializzati. Per quanti desiderino accedere all'intero documento protetto da copyright, il portale rimanderebbe gli utenti a siti di operatori privati — compresa la rete delle librerie tradizionali — dove potrebbe scegliere tra diverse opzioni, a un prezzo ragionevole e nel rispetto del compenso che spetta ai titolari dei diritti d'autore. Il comitato degli esperti ad alto livello invita i titolari dei diritti ad aderire a queste nuove formule.

3.3.6

Per incentivare questa offerta a pagamento a prezzi ragionevoli, è importante che gli Stati membri estendano la facoltà di applicare un'aliquota ridotta dell'IVA sui libri e altre pubblicazioni anche alle pubblicazioni in formato elettronico.

3.3.7

Nell'intento di promuovere licenze più «permissive» che permettano di incrementare i contenuti contemporanei disponibili, un recente parere del Comitato (20) raccomanda di accordare una protezione adeguata, a livello comunitario, agli autori/creativi che scelgono di tutelarsi con una di queste licenze flessibili. Questi ultimi, infatti, pur permettendo l'accesso gratuito alle loro opere, devono comunque poter beneficiare di garanzie circa i loro diritti morali ed essere tutelati contro eventuali abusi commerciali.

3.3.8

Il Comitato raccomanda alla Commissione di prendere l'iniziativa di concepire nuovi tipi di licenze che consentano di tutelare con modalità distinte i diritti d'autore per la diffusione di un'opera in formato digitale da quelli percepiti per la pubblicazione su supporto cartaceo.

3.3.9

Nel 2007 la Commissione ha commissionato uno studio comparativo approfondito (21) sul recepimento nei diritti interni degli Stati membri della direttiva sui diritti d'autore e i diritti connessi (22). Il Comitato valuterà con la massima attenzione le conclusioni cui è giunto lo studio con l'obiettivo di conseguire una maggiore armonizzazione delle disposizioni a livello comunitario.

3.4   Rispondere all'esigenza di una conoscenza organizzata

3.4.1

In questo inizio del XXI secolo, di fronte alla valanga di informazioni — prive di riferimenti espliciti e difficilmente verificabili — disponibili su Internet, il punto di forza del progetto europeo risiede nella selezione dei contenuti al fine di garantirne l'obiettività e la pluralità, come pure nell'organizzazione e classificazione delle conoscenze e nella standardizzazione dei formati quali strumenti per conservare la leggibilità di tali informazioni. La capacità di garantire risposte pertinenti, calibrate e di qualità alle questioni e alle ricerche degli utenti dipende dall'evoluzione dei motori di ricerca e, in interazione con questo fattore, da un migliore coordinamento delle conoscenze digitalizzate su scala europea.

3.4.2

In materia di accesso a raccolte organizzate il Comitato sottolinea l'interesse della sperimentazione del prototipo lanciato nel marzo del 2007 che nasce dalla collaborazione tra le biblioteche nazionali di Francia, Ungheria e Portogallo. Questa biblioteca europea on line, i cui contenuti sono convalidati da esperti, rappresenta la base di un corpus europeo digitalizzato e un contributo alla prossima fase della BDE. Occorre aggiungere che si tratta di un sistema aperto a tutti i motori di ricerca. Il prototipo dovrebbe facilitare le ricerche grazie a questionari standard per la formulazione di domande mirate da parte degli utenti di Internet.

3.5   Tutelare la diversità culturale e linguistica

3.5.1

Il Comitato sottolinea il metodo senza precedenti che consiste nel creare su Internet una biblioteca multilingue (23) quale strumento fondamentale per preservare e valorizzare la diversità culturale. L'Europa — con il suo straordinario patrimonio culturale e la sua notevole produzione di contenuti — deve avere un ruolo determinante nel progetto di digitalizzazione delle conoscenze su scala mondiale, nel rispetto della convenzione dell'Unesco sulla protezione e la promozione della diversità culturale. Grazie alla diffusione a livello mondiale delle lingue europee, l'accessibilità sarà utile tanto ai cittadini europei quanto a quelli di altri paesi che intendano attingere al patrimonio culturale universale e ritrovare le radici europee della propria cultura.

3.5.2

Il Comitato raccomanda che, nella fase di sviluppo del progetto BDE successiva al 2010, ciascuno Stato membro metta a disposizione una «antologia» plurilingue delle opere maggiori della sua letteratura, allo scopo di partecipare alla diffusione di un'identità culturale europea e di soddisfare le esigenze di diversità culturale.

4.   Promuovere e aggiornare il ruolo delle biblioteche pubbliche nell'ambito di un sistema di accessibilità on line

4.1

Il Comitato raccomanda di rafforzare il ruolo delle biblioteche pubbliche in quanto istituzioni che garantiscono un accesso locale in un sistema globalizzato. La circolazione dei beni culturali ha ormai assunto una dimensione mondiale e multimodale, utile se il pubblico dispone degli strumenti materiali per avere accesso a un'offerta così vasta, e istituzioni culturali a livello locale come le biblioteche pubbliche continuano a garantire pari opportunità di accesso a tutti i cittadini. È quindi necessario, in una prospettiva di inclusione sociale, preservare la funzione delle biblioteche pubbliche nel settore dell'offerta di contenuti in formato elettronico.

4.2

Nel circuito che dall'autore arriva al lettore per il tramite del libraio, le biblioteche di prestito e le mediateche hanno dimostrato la loro utilità nel trasmettere le conoscenze organizzate e nel promuovere l'accesso del grande pubblico alla produzione culturale: nella loro qualità di istituzioni culturali locali, esse devono continuare a svolgere tale compito anche per quanto riguarda i contenuti in formato elettronico. È quindi opportuno incoraggiare la stipula di contratti o la concessione di licenze di tipo specifico al fine di favorire in modo equilibrato tali istituzioni e la realizzazione dei loro obiettivi di divulgazione (24).

4.3

È essenziale che la digitalizzazione delle opere di pubblico dominio delle istituzioni culturali nazionali avvenga in consultazione con le biblioteche attive a livello locale e i centri di archivio. Gli utenti delle biblioteche di prestito formano un vasto pubblico di non specialisti, le cui aspettative vanno prese in considerazione nel selezionare i contenuti non protetti dal diritto d'autore, tenendo quindi conto di tutti i tipi di pubblico.

4.4   Elaborare modelli economici per l'acquisto e l'offerta al pubblico di opere contemporanee digitalizzate

4.4.1

Le biblioteche di prestito acquistano supporti materiali di vario tipo (libri, CD, spartiti, manuali per l'apprendimento delle lingue ecc.) e li mettono a disposizione degli utenti per un tempo limitato, gratis o in cambio di una modica somma, permettendo loro l'accesso a questi prodotti senza che essi debbano tenere sistematicamente conto di considerazioni di ordine economico. È necessario elaborare un nuovo modello economico per i contenuti in formato elettronico che sia in grado di soddisfare le esigenze degli utenti di biblioteche e mediateche e di adattarsi in funzione delle loro pratiche. Poiché le biblioteche di prestito sono, del resto, tra i principali acquirenti di contenuti contemporanei e si mantengono continuamente aggiornate sul mondo dell'informazione e delle produzioni culturali e tecnologiche, è indispensabile che vengano coinvolte nella definizione di questo nuovo modello economico.

4.4.2

La crescente diffusione dei contenuti in formato elettronico, in particolare di quelli digitalizzati, non deve impedire alle biblioteche di prestito di mantenere la loro funzione educativa. Occorre quindi che i modelli economici e tecnici di circolazione dei contenuti digitalizzati tengano presente il ruolo e i compiti di questo tipo di istituzioni culturali, consentendo loro di continuare a svolgerli sia per il tramite di circuiti chiusi (intranet) che nell'ambito del servizio prestiti riservato agli utenti regolarmente iscritti.

4.5   Garantire l'accesso in loco agli utenti delle biblioteche pubbliche

4.5.1

Grazie ai circuiti chiusi (intranet), le biblioteche di prestito dovrebbero essere in grado di offrire agli utenti condizioni di accesso in loco ai contenuti in formato elettronico paragonabili a quelle esistenti per i contenuti su supporto materiale: computer, stampanti, software, connessione ad alta velocità, informazione e assistenza. È ormai indispensabile tener conto dei contenuti in formato elettronico tanto nel decidere le azioni di formazione — iniziale e permanente — del personale delle biblioteche quanto nell'organizzarne il lavoro.

4.6   Organizzare manifestazioni e formazioni per il grande pubblico sull'accesso alle collezioni digitalizzate e ai contenuti in formato elettronico

4.6.1

In assenza di informazioni e di formazione, troppo spesso il grande pubblico tende a considerare il PC — sempre più diffuso nelle famiglie — come un semplice strumento multimediale per il tempo libero, ignorando quindi le enormi risorse di tipo culturale, educativo, pedagogico e informativo disponibili su Internet. Le biblioteche di prestito devono assumersi il compito di organizzare manifestazioni e di offrire un'assistenza attiva per familiarizzare il pubblico con i contenuti in formato elettronico, proprio come già fanno con iniziative per tutte le fasce di età destinate ad avvicinare al libro e alla lettura.

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Biblioteca digitale europea (BDE) è la denominazione provvisoria del progetto europeo che prevede la digitalizzazione di documenti provenienti da musei, archivi, mediateche, biblioteche, ecc.

(2)  Relazione su i2010: Biblioteche digitali (2006/2040(INI)), relatrice Marie-Hélène DESCAMPS, membro del Parlamento europeo (luglio 2007).

(3)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La futura legislazione in materia di e-accessibilità (relatore: HERNÁNDEZ BATALLER), GU C 175 del 27.7.2007. Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Pari opportunità per i disabili (relatore: JOOST), GU C 93 del 27.4.2007, pag. 8.

(4)  Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione.

(5)  Comunicazione della Commissione del 30 settembre 2005i2010Le biblioteche digitali (COM(2005) 465 def.).

(6)  Un esempio di licenza flessibile è la Creative Commons (www.creativecommons.org).

(7)  Relazione del gruppo di esperti ad alto livello (sottogruppo sui diritti d'autore) Conservazione digitale, opere orfane e edizioni fuori stampaAspetti concreti legati all'attuazione (18 aprile 2007).

(8)  Comunicazione della Commissione, del 14 febbraio 2007, sull'informazione scientifica nell'era digitale: accesso, diffusione e conservazione (COM(2007) 56 def.).

(9)  Comunicazione della Commissione del 30 settembre 2005i2010Le biblioteche digitali (COM(2005) 465 def.).

(10)  Comunicazione della Commissione, del 10 maggio 2007, su un'agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione (COM(2007) 242 def.).

(11)  Relazione su i2010: Biblioteche digitali (2006/2040(INI)), relatrice Marie-Hélène DESCAMPS, membro del Parlamento europeo (luglio 2007).

(12)  L'utente non ha un semplice ruolo di cliente passivo, ma va considerato un utilizzatore coinvolto sia nella definizione che nella valutazione del servizio destinatogli.

(13)  Parere del CESE sul tema La futura legislazione in materia di e-accessibilità (GU C 175 del 27.7.2007, pag. 91).

(14)  Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente, relatrice: HERCZOG (GU C 195 del 18.8.2006).

(15)  Conclusioni del Consiglio europeo sull'informazione scientifica.

(16)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Migliorare la qualità della formazione degli insegnanti (relatore: SOARES) adottato il 16 gennaio 2008 (CESE 75/2008).

(17)  Proposta presentata dalla Commissione al Consiglio in merito a una campagna di sensibilizzazione nel corso del 2008 sul tema dell'inclusione nella società dell'informazione, intitolata e-Inclusion, be part of it! (e-inclusione, partecipa anche tu!).

(18)  Espressione usata dalla commissaria Viviane REDING nel suo intervento al CESE del 12 dicembre 2007.

(19)  Cfr. lo studio di Denis ZWIRN, numilog.com (aprile 2007), Etude en vue de l'élaboration d'un modèle économique de participation des éditeurs à la Bibliothèque numérique européenne (Europeana).

(20)  Parere del CESE in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale (versione codificata) (GU C 324 del 30.12.2006, pagg. 7-8).

(21)  Study on the implementation and effect in Member States' laws of Directive 2001/29/EC on the harmonisation of certain aspects of copyright and related rights in the information society (ETD/2005/IM/D1/91).

(22)  La durata della protezione dei diritti d'autore è stata portata a 70 anni dalla morte dell'autore e quella della protezione dei diritti connessi a 50 anni dalla morte.

(23)  Parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Un nuovo quadro strategico per il multilinguismo (GU C 324 del 30.12.2006, pag. 68).

(24)  Cfr. il punto 40 della direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione.


25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/52


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Mix energetico nel trasporto

(2008/C 162/12)

Con lettera datata 19 marzo 2007, la Commissione europea ha richiesto al Comitato economico e sociale europeo, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, l'elaborazione di un parere esplorativo sul tema:

Mix energetico nel trasporto.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 18 dicembre 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore IOZIA.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 130 voti favorevoli, 11 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) risponde volentieri alla richiesta del vicepresidente della Commissione e commissario ai trasporti Jacques BARROT, di elaborare un parere sul tema Mix energetico nel trasporto, sostenendo con convinzione l'esigenza di sviluppare un costante dialogo tra la Commissione e il Comitato, in rappresentanza della società civile organizzata.

1.2

Il CESE condivide le conclusioni del Consiglio di primavera che ha individuato le seguenti priorità:

aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento,

garantire la competitività delle economie europee e la disponibilità di energia a prezzi accessibili,

promuovere la sostenibilità ambientale e lottare contro i cambiamenti climatici.

1.3

Le politiche di orientamento del mix energetico più appropriato dovranno pertanto ispirarsi a queste priorità, come peraltro la Commissione aveva già messo in pratica con la comunicazione sugli obiettivi in materia di uso di combustibili per il periodo 2001-2020.

1.4

Il CESE, pur considerando che ancora per molti anni il petrolio sarà il principale carburante per il trasporto, e che il gas naturale, anch'esso risorsa non rinnovabile, potrà affiancare e sostituire parzialmente i derivati dal petrolio, ritiene indispensabile una decisa accelerazione del finanziamento alla ricerca sulla produzione e sull'utilizzo dell'idrogeno e sugli agrocarburanti di seconda generazione; plaude a questo proposito all'iniziativa della Commissione che ha deciso il 9 ottobre 2007 di finanziare un'iniziativa tecnologica congiunta del valore di 1 miliardo di euro per il periodo 2007-2013 e si associa alle richieste provenienti dal mondo delle imprese e della ricerca, attive nel settore dello sviluppo dell'utilizzo dell'idrogeno, affinché il Consiglio e il Parlamento europeo (PE) accelerino il processo di approvazione della proposta.

1.5

La crescente preoccupazione dell'opinione pubblica per i cambiamenti climatici, i rischi derivanti dall'innalzamento della temperatura media del pianeta che, senza interventi particolari, potrebbe arrivare ad incrementarsi tra i 2°C e i 6,3°C, inducono a rafforzare tutti gli strumenti idonei per contrastare gli effetti negativi del rilascio di gas ad effetto serra nell'atmosfera. Il CESE apprezza l'operato dell'Agenzia europea dell'ambiente (AEA) e il suo importante contributo nella diffusione di dati per l'andamento della lotta all'inquinamento atmosferico.

1.6

Il CESE condivide le conclusioni del Consiglio Ambiente del 28 giugno 2007 e sostiene la proposta di revisione da parte della Commissione del VI programma d'azione ambientale con le priorità individuate:

affrontare il cambiamento climatico,

fermare la perdita di biodiversità,

ridurre l'impatto negativo dell'inquinamento sulla salute,

promuovere l'uso sostenibile delle risorse naturali e la gestione sostenibile dei rifiuti.

1.7

In tutti i settori del trasporto sono allo studio soluzioni idonee a raggiungere questi obiettivi e le principali agenzie europee stanno orientando i loro sforzi per ottenere risultati concreti entro pochi anni. La scelta di sottomettere il trasporto aereo, che contribuisce in misura crescente alla produzione di gas ad effetto serra, al sistema dei certificati di emissione, consentirà di accelerare lo sviluppo di nuovi carburanti. Già alcune compagnie stanno verificando la possibilità di usare agrocarburanti, mentre allo stato i risultati ottenuti con l'idrogeno sono ancora molto parziali, e l'alternativa costituita dall'idrogeno deve fare ancora molta strada. I grandi motori marini sono più facilmente convertibili verso i carburanti promiscui con un contenuto di carbonio inferiore mentre, per quanto riguarda il trasporto ferroviario, la combinazione elettricità/sviluppo delle fonti rinnovabili può certamente incrementare la già ottima performance ambientale delle ferrovie.

1.8

Il miglior carburante è quello risparmiato. Secondo il CESE, l'opzione su cui puntare decisamente per la scelta del mix energetico più idoneo, e quella che dovrebbe sempre più assumere il rango di politica comunitaria, deve tener conto di tutti questi fattori, con una chiara priorità per la salute e il benessere dei cittadini europei e del pianeta. Politiche fiscali, incentivi, raccomandazioni o regolamenti dovranno sempre tenere in considerazione questa priorità, favorendo la scelta ecologicamente più compatibile ed economicamente più sostenibile. Occorre risparmiare a beneficio del trasporto collettivo, dei mezzi di trasporto alternativi, di una scelta di politica economica e sociale che aumenti la mobilità degli individui diminuendo quella non necessaria delle merci.

1.9

Il CESE è convinto che il futuro del trasporto dovrà basarsi su una progressiva decarbonatazione dei carburanti, e giungere all'emissione zero. La produzione di H2 mediante energia rinnovabile, come la biomassa, la fotolisi, la solare termodinamica o fotovoltaica, l'eolica o l'idroelettrica è l'unica opzione che non è un'autoillusione ecologica, in quanto l'idrogeno come elemento di stoccaggio energetico permette di rendere sincrone l'offerta energetica che è periodica per sua natura (notte/giorno, annualità, ecc.) e la domanda energetica variabile e disaccoppiata.

1.10

Lo sviluppo delle tecnologie della combustione e della trazione ha consentito la rapida diffusione delle automobili alimentate da sistemi ibridi. Ai fini del contenimento delle emissioni, la soluzione più idonea appare la trazione integralmente elettrica, sviluppando la produzione di elettricità da rinnovabili, oppure l'utilizzo ibrido, almeno fino a che ce ne sarà una notevole disponibilità, di gas naturale ed idrogeno. Un'altra possibilità intermedia è l'utilizzo della miscela idrogeno/metano, con basse percentuali di idrogeno. Questo metodo rappresenta un primo passo verso l'utilizzo dell'idrogeno per la mobilità.

1.11

L'utilizzo dell'idrogeno come vettore energetico adatto per il trasporto, pur con i limiti evidenziati allo stato, rappresenta la sfida per il futuro: la possibilità di vedere circolare auto che utilizzano parzialmente o integralmente l'idrogeno può diventare una realtà in un tempo relativamente breve, purché la ricerca continui ad essere sostenuta dalle autorità nazionali ed europee. Incoraggianti a questo proposito appaiono le risultanze del progetto CUTE (Clean Urban Transport for Europe — Trasporti urbani puliti per l'Europa).

1.12

Il CESE, come già proposto nel parere sul tema dell'efficienza energetica, ritiene che sarebbe utilissimo avere a disposizione un portale web ove le ricerche svolte nell'ambito accademico e le sperimentazioni che vengono realizzate a livello nazionale, nelle regioni e nelle città, possano essere fatte conoscere ad un pubblico più vasto ed in particolare agli amministratori locali. Il CESE ritiene che per ottenere un mix energetico ottimale sia necessario un adeguato mix nel trasporto, incrementando l'efficienza degli idrocarburi e la definizione di priorità nel trasporto. In attesa di poter contare su una produzione efficiente di idrogeno, è indifferibile l'utilizzo dell'elettricità, prodotta da energie rinnovabili. La sfida nel trasporto, in tempi brevi e ove possibile, è di utilizzare sempre più elettricità, prodotta da energie pulite e rinnovabili.

1.13

Il CESE sottolinea l'importanza della sensibilizzazione e del coinvolgimento della società civile che, attraverso i suoi comportamenti, contribuisce a realizzare gli obiettivi di riduzione dei consumi, di sostegno alla ricerca e a un'innovazione orientata verso carburanti puliti e sostenibili. Tali scelte devono essere incorporate nelle politiche europee e nazionali, sottolineando il valore aggiunto della capacità di collaborazione e di coesione degli Stati membri. Ciò comporta la difesa di valori comuni e di un modello sociale europeo attento alla salvaguardia dei beni ambientali, alla salute e alla sicurezza dei suoi cittadini e di chi vive e lavora nell'Unione, e preoccupato delle condizioni di vita dell'intera umanità.

2.   Introduzione

2.1

Il vicepresidente della Commissione e commissario ai trasporti Jacques BARROT ha chiesto al CESE di elaborare un parere sul tema Mix energetico nel trasporto.

2.2

Il Comitato condivide le preoccupazioni del commissario ai trasporti sull'approvvigionamento di carburanti e la necessità di anticipare le analisi e gli studi sulle possibili soluzioni per quanto riguarda sia l'evoluzione della politica dei trasporti sia la necessità di provvedere ai relativi carburanti.

2.3

Le scelte sull'efficienza energetica e le sfide contestuali poste all'Unione dal pieno rispetto degli obiettivi del protocollo di Kyoto, dall'emergenza del cambiamento climatico, dalla riduzione della dipendenza dai paesi terzi nell'approvvigionamento energetico, dalle scelte effettuate con l'Agenda di Lisbona e dal conseguimento degli obiettivi del Libro bianco sui trasporti e per lo sviluppo della co-modalità fanno assumere a questo tema una rilevanza centrale nella strategia dell'Unione in materia di energia.

2.4

Già nel 2001 la Commissione ha indicato la necessità di affrontare il tema del mix dei carburanti con la comunicazione sugli obiettivi in materia di uso di combustibili per il periodo 2001-2020, individuando alcuni obiettivi per carburanti diversi dal petrolio, e valutando possibile e compatibile il seguente scenario:

il gas naturale potrebbe incrementare la quota di mercato a circa il 10 % nel 2020,

l'idrogeno è il principale vettore energetico potenziale per il futuro. Il contributo dell'idrogeno al consumo di carburante potrebbe raggiungere una percentuale bassa,

i carburanti prodotti da biomassa-a-liquido (BTL) potrebbero largamente raggiungere la quota assegnata agli agrocarburanti, oltre il 6 % per il 2010, stimando un totale potenziale di carburanti derivanti da biomassa a circa il 15 %,

il gas di petrolio liquefatto (GPL) è un consolidato carburante alternativo per autoveicoli, con l'obiettivo di un incremento della quota di mercato possibilmente fino al 5 % nel 2020,

in sintesi i carburanti alternativi hanno un potenziale di sviluppare delle quote di mercato nelle prossime decadi e, sul lungo termine, di superare gli obiettivi indicati per il 2020.

2.5

Il CESE sostenne questa comunicazione e in un suo parere di iniziativa (1) identificò nello sviluppo del gas naturale (2), nella ricerca sugli agrocarburanti e nel miglioramento della resa energetica dei carburanti in commercio la strada su cui puntare per diversificare l'approvvigionamento e ridurre contestualmente le emissioni ad effetto serra.

3.   Il cambiamento del clima

3.1

Un numero sempre crescente di scienziati concorda ormai sul fatto che il clima risente in modo diretto delle emissioni dei gas ad effetto serra. La temperatura media nel corso del XX secolo è aumentata di circa 1°C e, sulla base degli attuali modelli climatici che riflettono a loro volta le tendenze delle emissioni mondiali di gas a effetto serra, si stanno ipotizzando scenari secondo i quali la temperatura media su scala globale potrebbe crescere tra i 2°C e i 6,3°C, con effetti devastanti sul tempo, sul livello del mare, sulle produzioni agricole e su altre attività economiche.

3.2

Il Consiglio Ambiente, tenutosi a Lussemburgo lo scorso 28 giugno 2007, conferma la validità del VI programma d'azione ambientale e della revisione di medio termine proposta dalla Commissione, sottolineando le quattro priorità ivi contenute: affrontare il cambiamento climatico, fermare la perdita di biodiversità, ridurre l'impatto negativo dell'inquinamento sulla salute, e promuovere l'uso sostenibile delle risorse naturali e la gestione sostenibile dei rifiuti.

3.3

Il Consiglio Ambiente conferma la strategia dell'integrazione tra politiche ambientali ed energetiche e richiama la necessità di aprire un negoziato per un accordo globale che si proietti oltre il 2012, da terminare entro il 2009. La conferenza ONU sui cambiamenti climatici di Bali è, secondo una dichiarazione del Presidente del Consiglio europeo José Socrates rilasciata a New York nel corso della riunione di alto livello del 27 settembre scorso, «il forum appropriato per negoziare azioni future. In questo contesto il summit di Bali (3) sarà una pietra miliare dove ci aspettiamo che la comunità internazionale lanci un percorso ambizioso per negoziare un accordo globale sui cambiamenti climatici». La presenza degli Stati Uniti, che hanno sciolto la riserva sulla loro partecipazione solo a metà ottobre, e il loro voto favorevole alla risoluzione finale, hanno rafforzato in modo significativo le decisioni che sono state adottate, considerando il peso dell'economia statunitense e della sua responsabilità nella immissione di gas a effetto serra nell'atmosfera.

3.4

Il Consiglio Ambiente sottolinea l'importanza che i costi ambientali siano internalizzati, congiuntamente con quelli dei consumi energetici, per poter affrontare politiche sostenibili di lungo termine. Altrettanto importante è intensificare il ricorso a strumenti di mercato nella politica ambientale, quali imposte, tasse o certificati di emissione, per contribuire al miglioramento dell'ambiente. L'eco-innovazione dovrebbe essere integrata rapidamente e su larga scala nella revisione dell'impatto di tutte le politiche europee rilevanti e si dovrebbe rendere più diffuso ed effettivo l'uso di strumenti economici, in particolare in relazione al consumo di carburante ed energia.

3.5

La Commissione, lo scorso 29 giugno 2007, ha presentato il Libro verde sull'emergenza ambientale. Nel corso della presentazione, il commissario UE all'ambiente Stavros DIMAS ha proposto azioni concrete immediate per adattarsi ai cambiamenti già in atto: innalzamento delle temperature, inondazioni e piogge torrenziali al Nord, siccità e caldo afoso al Sud, ecosistemi a rischio, nuove malattie — sono solo alcuni dei problemi descritti nel testo.

3.6

«Adeguarsi o scomparire: è questo il destino di alcuni settori in Europa», ha affermato DIMAS. «L'agricoltura, il turismo, l'energia subiranno danni devastanti ed è necessario agire adesso per ridurre i costi economici, sociali e umani che si avranno in futuro».

3.7

Il documento suggerisce alcune soluzioni concrete: ridurre lo spreco di acqua, costruire argini e barriere contro il rischio di inondazioni, trovare nuove tecniche per salvaguardare i raccolti, proteggere le fasce di popolazione più colpite dal nuovo clima, e adottare misure per salvare la biodiversità. Ridurre le emissioni di CO2 resta, comunque, l'obiettivo principale per tutti i paesi dell'UE.

4.   Il Consiglio europeo

4.1

Il Consiglio europeo di primavera del 2007 ha preso in esame i temi dell'energia e del clima proponendo «una politica climatica ed energetica integrata», definendola una priorità assoluta e sottolineando «l'obiettivo strategico di limitare l'aumento della temperatura media globale ad un massimo di 2°C rispetto ai livelli preindustriali».

4.2

La politica energetica per l'Europa (PEE), delinea chiaramente una strategia su tre assi:

aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento,

garantire la competitività delle economie europee e la disponibilità di energia a prezzi accessibili,

promuovere la sostenibilità ambientale e lottare contro i cambiamenti climatici.

4.3

Per quanto riguarda la politica dei trasporti, «il Consiglio europeo sottolinea la necessità di una politica dei trasporti europea efficace, sicura e sostenibile. In questo contesto è importante intraprendere azioni intese a migliorare la prestazione ambientale del sistema dei trasporti europeo. Il Consiglio europeo prende atto del lavoro che sta svolgendo la Commissione europea riguardo alla valutazione dei costi esterni dei trasporti e alla loro internalizzazione». Il Consiglio europeo del 21 e 22 giugno ha preso atto dell'intenzione della Commissione di presentare entro giugno 2008 un modello che valuterà tale internalizzazione per tutti i modi di trasporto, e prospetterà ulteriori iniziative coerenti con la direttiva «Eurobollo», estendendo ad esempio il campo di applicazione alla realtà urbana, assoggettando a pedaggio ogni tipo di veicolo o infrastruttura.

5.   Le emissioni di gas a effetto serra

5.1

Per quanto riguarda le emissioni, i trasporti sono attualmente responsabili del 32 % del consumo totale di energia in Europa e del 28 % del totale delle emissioni di CO2  (4). Il settore viene ritenuto responsabile per il 90 % della crescita delle emissioni tra il 1990 e il 2010 e potrebbe costituire una delle prime ragioni per le quali non si raggiungeranno gli obiettivi di Kyoto. Per il trasporto su strada dei passeggeri è previsto un aumento del 19 %, mentre il trasporto su strada delle merci dovrebbe incrementarsi di oltre il 50 %, secondo le valutazioni della Commissione.

5.2

Un altro settore che ha visto una crescita esponenziale è quello del trasporto aereo, che ha fatto registrare un aumento delle emissioni dell'86 % tra il 1990 e il 2004 ed è responsabile oggi per oltre il 2 % delle emissioni globali.

5.3

Il rapporto TERM 2006 (Transport and Environment Reporting Mechanism — Meccanismo di relazioni sui trasporti e l'ambiente) (5) considera che i progressi fatti nel 2006 nel settore dei trasporti sono ancora insoddisfacenti. Il rapporto prende in esame la revisione di medio termine del Libro bianco sui trasporti del 2001 che potrebbe portare benefici o impatti negativi, a seconda della lettura della sua applicazione a livello nazionale e regionale. Da un punto di vista ambientale, secondo l'AEA, la revisione di medio termine sposta il focus dalla gestione della domanda di trasporto alla moderazione degli effetti negativi attuali: la crescita della domanda di trasporto non è cioè più individuata come uno dei temi ambientali più rilevanti nell'ambito del settore dei trasporti. Questioni chiave come il cambiamento climatico, il rumore e la frammentazione del paesaggio dovuta all'eccesso di infrastrutture per i trasporti rendono ancora necessaria una gestione della domanda di trasporto. Il Libro bianco sembra aver fallito rispetto a questo obiettivo.

5.4

Un altro aspetto significativo che la relazione mette in risalto sono i sussidi ai trasporti, che in Europa ammontano a una cifra compresa tra i 270 e i 290 miliardi di euro. Quasi la metà è destinata al trasporto su strada, vale a dire una delle modalità meno ecocompatibili. I trasporti, pur essendo una delle cause di numerosi problemi ambientali quali il cambiamento climatico, le emissioni atmosferiche e il rumore, vengono incentivati con notevoli sovvenzioni. I trasporti su strada percepiscono 125 miliardi di euro all'anno, per lo più sotto forma di sovvenzioni per le infrastrutture, ammesso che le tasse e i pedaggi per i trasporti su strada non vengano considerati dei contributi per finanziare l'infrastruttura. I trasporti aerei, che sono il modo di trasporto con il maggiore impatto specifico sul clima, percepiscono sovvenzioni significative sotto forma di trattamento fiscale preferenziale, e in particolare di esenzioni dall'IVA e dalla tassa sui carburanti, per un importo totale compreso tra i 27 e i 35 miliardi di euro all'anno. La ferrovia riceve aiuti per 73 miliardi di euro all'anno ed è il maggior beneficiario di altre sovvenzioni iscritte in bilancio. Quanto ai trasporti per via navigabile, la relazione parla di sovvenzioni comprese tra i 14 e i 30 miliardi di euro (fonte: relazione dell'AEA Size, structure and distribution of transport subsidies in Europe [«Entità, struttura e distribuzione dei sussidi ai trasporti in Europa»], non disponibile in lingua italiana).

5.5

Nel rapporto annuale relativo alle emissioni di gas ad effetto serra nella Comunità 1990-2005 e nel rapporto 2007 viene evidenziato che:

nell'UE-15 le emissioni di gas a effetto serra (GES) sono diminuite dello 0,8 % (35,2 Mt CO2 eq) tra il 2004 e il 2005,

nell'UE-15 le emissioni di GES sono diminuite del 2,0 % nel 2005, in relazione agli anni base del protocollo di Kyoto,

nell'UE-15 le emissioni di GES sono diminuite dell'1,5 % tra il 1990 e il 2005,

nell'UE-27 le emissioni di GES sono diminuite dello 0,7 % (37,9 Mt CO2 eq) tra il 2004 e il 2005,

nell'UE-27 le emissioni di GES sono diminuite del 7,9 % in comparazione ai livelli del 1990.

Le emissioni di CO2 derivanti dal trasporto stradale sono diminuite dello 0,8 % (6 Mt CO2 eq) tra il 2004 e il 2005.

6.   La sicurezza delle fonti primarie di approvvigionamento

6.1

L'Unione dipende per oltre il 50 % dalle importazioni di energia (che per il 91 % sono costituite da petrolio) e se non ci sarà una forte inversione di tendenza questa dipendenza aumenterà fino a raggiungere il 73 % nel 2030. Il Consiglio, il PE a più riprese e anche la stessa Commissione si sono soffermati su questo tema vitale, sottolineando la necessità di provvedere ad una politica volta al raggiungimento del più alto livello di autonomia energetica possibile.

6.2

Nella Relazione sulle recenti ripercussioni economiche dell'aumento del prezzo del petrolio  (6) del 15 febbraio 2007, il PE ha osservato che il settore dei trasporti assorbe il 56 % del consumo totale di petrolio e si è espresso a favore dell'adozione di una strategia UE per l'eliminazione totale dei combustibili fossili, ipotizzando che «le forniture di combustibili destinati ai trasporti potrebbero essere potenziate agevolando la produzione di combustibili liquidi e oli non convenzionali a base di gas naturali o carbone», qualora ciò sia economicamente realizzabile. Il PE chiede inoltre l'adozione di una direttiva quadro sull'efficacia energetica nei trasporti, sull'armonizzazione delle legislazioni sul trasporto privato e sull'adozione di un'imposta dei veicoli in base al CO2, armonizzata con procedure di etichettatura e incentivi fiscali per diversificare le fonti energetiche. Il PE, infine, sollecita lo sviluppo di veicoli a bassa emissione di CO2, utilizzando biocarburanti di seconda generazione e/o bioidrogeno (idrogeno derivato da biomassa).

6.3

La crisi con la Russia, culminata con la decisione del 1o gennaio 2006 di ridurre le forniture a Kiev, e l'instabilità politica endemica nel Medio Oriente pongono all'Europa delle sfide epocali: riuscire a garantirsi approvvigionamenti sicuri e duraturi in una prospettiva di maggiore tensione futura della domanda sui carburanti fossili.

6.4

La produzione europea di energie alternative e rinnovabili per il settore dei trasporti allo stato riguarda quasi esclusivamente i biocarburanti, che attualmente coprono l'1 % del fabbisogno energetico dei trasporti in Europa (addendum dopo la plenaria del 24-25 ottobre 2007). Nel parere (7) in merito al progresso compiuto nell'uso dei biocarburanti, il CESE ha sostenuto l'esigenza di riconsiderare la politica finora seguita, puntando decisamente agli agrocarburanti di seconda generazione. Nel contempo, occorre promuovere e sostenere lo sviluppo di tecnologie di trasformazione di «seconda generazione» in grado di utilizzare materie prime derivanti dai cosiddetti «raccolti a rapida crescita», basati principalmente su coltivazioni erbacee o forestali, o da sottoprodotti agricoli, evitando l'impiego delle più pregiate sementi agroalimentari. In particolare, il bioetanolo ed i suoi derivati, che oggi vengono ottenuti per fermentazione (e successiva distillazione) di cereali, canna da zucchero e barbabietola, in futuro potranno essere prodotti da un più vasto spettro di materie prime, integrando biomasse di scarto delle coltivazioni agricole, i residui dell'industria del legno e della carta ed altre colture specifiche.

7.   Il mix dei trasporti

7.1

Il mix energetico nei trasporti è determinato in ampia misura dal modo di trasporto scelto per soddisfare le varie esigenze per merci e passeggeri. Tale mix è importante perché a modi di trasporto diversi corrisponde una maggiore o minore dipendenza dagli idrocarburi. Qualsiasi strategia tesa a individuare il migliore mix energetico nei trasporti deve tendere a ridurre la dipendenza del trasporto passeggeri e merci dai combustibili fossili.

7.2

Per conseguire questo obiettivo si può procedere in due modi. In primo luogo occorrerebbe riconsiderare l'efficienza degli idrocarburi e le priorità del trasporto, un aspetto — questo — discusso altrove nel parere. In secondo luogo, bisognerebbe privilegiare l'energia elettrica. Date le fonti di energia esistenti e il potenziale futuro delle energie alternative si può essere ottimisti sulla disponibilità di energia elettrica pulita per l'avvenire. La sfida consiste nell'usare più energia elettrica.

7.3

Il modo di trasporto con il maggiore potenziale in termini di utilizzo di energia elettrica è il trasporto ferroviario tanto di passeggeri quanto di merci, e su scala sia internazionale che nazionale, regionale o urbana. L'espansione del trasporto ferroviario a trazione elettrica può ridurre il trasporto aereo di corto raggio, il trasporto stradale di merci su lunga distanza e, in generale, l'utilizzo di autobus e automobili.

7.4

Il Consiglio consultivo europeo per la ricerca ferroviaria (ERRAC) sottolinea nella sua agenda le sfide a cui dovrà far fronte per consentire al trasporto ferroviario di triplicare il trasporto merci e passeggeri da qui al 2020. Lo sviluppo dell'efficienza energetica e i temi ambientali sono al centro delle iniziative. Nell'ambito dei progetti sulle reti transeuropee (TEN) sono allo studio possibili applicazioni delle celle a combustibile, alimentate a idrogeno, che potrebbero integrare il sistema elettrico dei veicoli a trazione e sostituire gradualmente i locomotori a carburanti fossili attualmente in circolazione.

7.5

Nell'immediato futuro il trasporto aereo continuerà a dipendere dagli idrocarburi, ma l'introduzione di servizi ferroviari ad alta velocità dovrebbe ridurre sensibilmente il numero dei voli di linea sulle tratte inferiori a 500 chilometri. Il trasporto aereo di merci cresce più in fretta di quello destinato ai passeggeri e fa uso di aeromobili appositi. In parte, specie per quanto riguarda i servizi di posta commerciale, esso potrebbe essere trasferito in futuro verso la rete ferroviaria ad alta velocità. Una tale evoluzione nel mix dei trasporti sarebbe ulteriormente favorita se si incrementassero i collegamenti ferroviari ad alta velocità da e verso gli aeroporti.

7.6

Il Consiglio consultivo per la ricerca aeronautica in Europa (ACARE) è impegnato nel sostenere la propria agenda di ricerca strategica, che prende in esame il tema globale del cambiamento climatico, delle emissioni sonore e della qualità dell'aria. Il progetto Clean Sky, iniziativa tecnologica congiunta, si occuperà di studiare le migliori soluzioni per un trasporto aereo sostenibile nel design, nei motori e nei carburanti. La realizzazione del progetto SESAR dovrebbe dare la possibilità di realizzare forti risparmi attraverso una razionalizzazione della gestione del controllo del traffico aereo (cfr. parere del CESE).

7.7

Il trasporto nazionale e internazionale di merci su strada è uno dei maggiori consumatori di idrocarburi. Una rete di trasporto merci ad alta velocità tra i principali nodi intermodali commisurata alle esigenze del XXI secolo potrebbe determinare una sostanziale riduzione del trasporto di merci su strada. La rete ferroviaria ad alta velocità, man mano che si sviluppa, potrebbe essere usata per il trasporto di merci nelle ore notturne. Una tale evoluzione nel mix dei trasporti sarebbe ulteriormente favorita da una specifica strategia di tariffazione per le strade, i carburanti e le licenze per i veicoli.

7.8

Il Comitato consultivo europeo di ricerca sul trasporto su strada (Ertrac) ha anch'esso adottato un'agenda di ricerca strategica: ambiente, energia e risorse ne sono i punti focali. La riduzione delle emissioni specifiche di CO2 (per chilometro) fino al 40 % per le auto private e fino al 10 % per i veicoli pesanti da lavoro entro il 2020 sono tra gli obiettivi primari dell'agenda, accanto a uno specifico capitolo dedicato ai carburanti.

7.9

Il trasporto per vie navigabili gode in genere del sostegno dell'opinione pubblica, che si tratti di trasporto fluviale, via canale, costiero o transoceanico. Sul piano energetico, i trasporti di merci per vie navigabili interne o per navigazione costiera sono valide alternative ai trasporti stradali e andrebbero incoraggiati nel mix dei trasporti.

7.10

I trasporti marittimi intercontinentali fanno in realtà un uso di idrocarburi maggiore di quelli aerei, e crescono inoltre più velocemente. Se è vero che questo modo di trasporto è responsabile per circa il 95 % degli scambi commerciali per volume ed è relativamente efficiente, è altrettanto vero che esso è una grave fonte di emissioni di biossido di zolfo e di biossido di azoto.

7.11

Con la globalizzazione delle catene dell'approvvigionamento e l'emergere delle economie asiatiche, i trasporti marittimi intercontinentali, secondo le previsioni, aumenteranno del 75 % in termini di volume nei prossimi 15 anni, con l'aumento di emissioni che ne deriverà, visto che questo tipo di trasporto è alimentato a diesel. Dato l'aumento delle emissioni e l'assottigliarsi delle riserve di idrocarburi, raggiungeremo forse finalmente un'era in cui il trasporto di merci su lunga distanza tra i principali porti di tutti e cinque i continenti avverrà grazie a supernavi portarinfuse a energia nucleare, come i sottomarini, le portaerei e le rompighiaccio di oggi? Ciò modificherebbe senz'altro il mix dei trasporti.

7.12

Nel settore marittimo la piattaforma tecnologica Waterborne sta sviluppando ricerche per migliorare complessivamente la resa dei motori marini, la riduzione degli attriti e i test sulle possibili alternative per i carburanti da utilizzare, compreso l'idrogeno.

7.13

Le autovetture sono veicoli polivalenti e indispensabili alla nostra vita quotidiana. Ciò detto, una strategia volta a modificare il mix dei trasporti deve tenere conto delle opportunità esistenti per sostituire le autovetture, nonché gli autobus urbani e suburbani con treni e tram a trazione elettrica.

7.14

Per quanto riguarda la scelta dei carburanti più idonei e più efficienti, occorrerà tenere conto della densità energetica relativa dei diversi carburanti. Si tratterà cioè di indirizzare gli sforzi verso l'utilizzo di carburanti a più alta densità. Si riporta a titolo esemplificativo una tabella che mostra alcuni valori di densità, espressi in MJ/kg:

Carburanti

Contenuto energetico

(MJ/kg)

Acqua pompata in una diga a 100 m d'altezza

0,001

Bagasse (8)

10

Legno

15

Zucchero

17

Metanolo

22

Carbone (antracite, lignite)

23-29

Etanolo (bioalcol)

30

GPL (gas di petrolio liquefatto)

34

Butanolo

36

Biodiesel

38

Petrolio

42

Gasohol o E10 (90 % benzina e 10 % alcol)

44

Benzina

45

Diesel

48

Metano (carburante gassoso dipendente da compressione)

55

Idrogeno (carburante gassoso dipendente da compressione)

120

Fissione nucleare (uranio, U 235)

85.000.000

Fusione nucleare (idrogeno, H)

300.000.000

Legame energetico dell'elio (He)

675.000.000

Equivalenza massa/energia (equazione di Einstein)

90.000.000.000

Fonte: J. L. Cordeiro, in base a dati dell'Agenzia internazionale dell'energia (AIE) e del Dipartimento statunitense dell'energia

7.15

In sintesi, esistono chiaramente diverse possibilità di modificare il mix dei trasporti in modo da produrre un impatto sostanziale sulla dipendenza del settore europeo dei trasporti dagli idrocarburi. Perché ciò avvenga è essenziale produrre più energia elettrica, il che consentirà l'ulteriore sviluppo dei trasporti a trazione elettrica e sarà la fonte per ogni ulteriore sviluppo dell'idrogeno a fini energetici.

8.   La società dell'idrogeno

8.1

Il danno ambientale è causato principalmente dai prodotti della combustione dei combustibili fossili ma anche dalle tecnologie per la loro estrazione, trasporto e trattamento. I maggiori danni sono comunque quelli legati al loro impiego finale. In particolare la combustione libera nell'aria, oltre all'anidride carbonica, anche elementi aggiunti nella fase di raffinazione (sostanze al piombo, ad esempio).

8.2

Per il 2020 è prevista una domanda globale di 15 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio, con un tasso annuo di crescita superiore al 2 %. La risposta a tale domanda dovrà continuare ad essere soddisfatta prevalentemente da fonti fossili, che oggi rappresentano fra l'85 % e il 90 % dell'offerta energetica mondiale. Tuttavia, è già in atto un progressivo spostamento di interesse verso combustibili a basso rapporto carbonio/idrogeno (C/H), passando dal carbone al petrolio e al metano, e arrivando progressivamente verso la completa decarbonatazione, cioè all'utilizzo dell'idrogeno come vettore energetico.

8.3

Nel corso di un'audizione svolta in Portogallo, sono stati presentati dati interessanti derivanti dalla sperimentazione della tecnologia a celle di combustibile alimentate a idrogeno applicata ad un autobus di linea per il servizio pubblico di Oporto. Estremamente interessante è stata la diversa attitudine dei cittadini verso l'idrogeno. L'informazione data ha contribuito a far diminuire sensibilmente la diffidenza e il timore verso questo vettore. L'idrogeno, è bene ricordarlo, non è un vettore primario di energia, liberamente disponibile, ma deve essere prodotto:

a partire da idrocarburi come il petrolio o il gas, risorse ancora abbondanti ma non rinnovabili,

per elettrolisi, dall'acqua, utilizzando l'energia elettrica.

La produzione mondiale annua di idrogeno è di 500 miliardi di metri cubi, equivalenti a 44 milioni di tonnellate: questi sono ottenuti per il 90 % dal processo chimico di reforming degli idrocarburi leggeri (principalmente il metano) o dal cracking di idrocarburi più pesanti (petrolio) e per il 7 % dalla gassificazione del carbone. Solo il 3 % proviene dalla elettrolisi.

8.4

Le emissioni calcolate secondo il metodo del ciclo di vita hanno evidenziato che la quantità di emissioni di gas a effetto serra prodotte utilizzando l'idrogeno ottenuto con metodi tradizionali, cioè l'elettrolisi, considerando il mix energetico del Portogallo che ha già una notevole componente di rinnovabili, è di 4,6 volte superiore alle emissioni di motori alimentati a diesel o a gas naturale e di tre volte a quelli alimentati a benzina. Ciò significa che la prospettiva dell'utilizzo generalizzato dell'idrogeno è legata allo sviluppo delle energie rinnovabili a bassissima emissione di gas a effetto serra.

8.5

La curva dei consumi ha dimostrato che per mantenere in efficienza l'apparato, anche da fermo, occorre un dispendio di idrogeno sensibilmente più alto di quello dei carburanti tradizionali. Per il trasporto urbano, che è obbligato a continue soste per il traffico o per le fermate normali, questo comporta ovviamente un'ulteriore riflessione per un suo futuro utilizzo.

8.6

Occorre però considerare che la sperimentazione effettuata ad Oporto era inserita in un contesto molto più ampio del progetto CUTE. Le risultanze totali del progetto divergono da quelle esaminate nel corso dell'audizione per la diversità delle condizioni orografiche, di traffico e di modalità di uso. Il progetto nel complesso ha avuto risultati incoraggianti, mettendo in evidenza anche i problemi collegati al suo sviluppo. Il principale di tali problemi, a giudizio della Commissione, appare la scarsa sensibilità dei dirigenti politici di alto livello a comprendere fino in fondo le potenzialità e i benefici derivanti da un significativo progresso nell'uso dell'idrogeno per il trasporto urbano.

8.7

Ai fini del contenimento delle emissioni, la soluzione più idonea appare la trazione integralmente elettrica, sviluppando la produzione di elettricità da rinnovabili, oppure l'utilizzo ibrido — almeno finché ce ne sarà una notevole disponibilità — di gas naturale e idrogeno. Non sono stati ancora fatti studi accurati su questa alternativa, ma essa secondo alcuni parametri di efficienza e di potere energetico appare la più efficiente.

8.8

Un'altra possibilità intermedia è l'utilizzo della miscela idrogeno/metano, con basse percentuali di idrogeno. Questo metodo rappresenta un primo passo verso l'utilizzo dell'idrogeno per la mobilità. Esso presenta pochi inconvenienti, in quanto i sistemi di distribuzione e di stoccaggio a bordo sono uguali e può essere utilizzato dalle automobili già in esercizio con prestazioni analoghe a quelle del metano, ma riducendo le emissioni e incrementando la velocità di combustione, riducendo così il particolato e la formazione di ossidi di azoto.

8.9

Secondo quanto riferito in una relazione presentata dall'ENEA (9), degli studi recenti condotti dal Denver Hithane Project della Colorado State University e in California, e sostenuti dal Dipartimento statunitense dell'energia e dai National Renewable Energy Laboratories, hanno dimostrato che una miscela del 15 % di H2 con CH4 riduce del 34,7 % il totale degli idrocarburi, del 55,4 % il monossido di carbonio, del 92,1 % l'ossido di azoto e dell'11,3 % l'anidride carbonica.

8.10

La produzione di H2 mediante energia rinnovabile è l'unica opzione che non sia un'autoillusione ecologica, in quanto l'idrogeno come elemento di stoccaggio energetico permette di rendere sincrone l'offerta energetica, che è periodica per sua natura (notte/giorno, annualità, ecc.), e la domanda energetica variabile e disaccoppiata: l'idrogeno va prodotto utilizzando la tecnologia che richiede il minor dispendio di energia con un'analisi complessiva del ciclo di produzione e di accoppiamento al servizio energetico richiesto. Ogni energia rinnovabile accoppiabile alla fruizione sotto forma di calore, di energia elettrica o carburante va perseguita senza passare al circuito più lungo dell'idrogeno, e quindi utilizzata direttamente.

8.11

Un altro fattore da tenere in considerazione è la produzione in prossimità del consumo, abbattendo i costi e le emissioni dovuti al trasporto. Questo teorema, valido in generale, è ancora più valido se applicato all'efficienza energetica, considerati i costi di dispersione dovuti alla trasmissione e alla distribuzione; pertanto, l'altro aspetto da considerare è la produzione distribuita sul territorio.

8.12

La prospettiva di utilizzo dell'idrogeno è legata anche alla diffusione della rete distributiva sul territorio. Analogamente alle difficoltà che si riscontrano con il gas naturale compresso (GNC), per il quale la rete distributiva è molto scarsa ed in alcuni Stati membri praticamente assente, la diffusione delle centrali di distribuzione per le automobili a celle di combustibile alimentate a idrogeno è inesistente. La diffusione del GNC, e in prospettiva dell'idrogeno, deve essere accompagnata da politiche distributive di massa.

8.13

La Commissione europea ha stanziato 470 milioni di euro per la costituzione dell'impresa comune «Celle a combustibile e idrogeno» (COM(2007) 571 def.), in relazione alla quale il CESE ha in corso l'elaborazione di un parere, che dovrebbe accelerare lo sviluppo dell'utilizzo dell'idrogeno. Questo interessa sicuramente anche il settore dei trasporti. Al finanziamento comunitario si aggiunge un finanziamento di pari importo dal settore industriale privato, complessivamente un miliardo di euro per accelerare la via dell'idrogeno in Europa. Il fondo servirà a finanziare le iniziative tecnologiche sulla realizzazione delle celle a combustibile a idrogeno e un programma di ricerca ed attuazione della tecnologia. La ricerca sarà condotta da partner pubblici e privati, appartenenti al mondo industriale ed accademico europeo, e avrà una durata di sei anni. L'obiettivo è chiaro: lanciare in commercio le automobili a idrogeno nel decennio 2010-2020. In altri termini, fra tre anni.

8.14

Già oggi molti veicoli a idrogeno sarebbero pronti a entrare sul mercato. Manca tuttavia una procedura comune, standard e semplificata per l'omologazione dei veicoli a idrogeno. Attualmente i veicoli a idrogeno non rientrano nel regime comunitario di omologazione dei veicoli. La definizione di standard europei permetterà di ridurre il margine di rischio sulla ricerca da parte delle case costruttrici delle automobili che, in tal modo, potranno valutare quali prototipi potranno avere un reale sbocco commerciale sui mercati.

8.15

Il progetto Zero Regio, cofinanziato dalla Commissione europea, consiste nella costruzione e sperimentazione di due infrastrutture innovative di erogazione multifuel a idrogeno, a Mantova e Francoforte, per il rifornimento di veicoli a celle combustibili, utilizzando differenti opzioni tecnologiche di produzione ed erogazione dell'idrogeno. A Mantova l'idrogeno è prodotto, all'interno della stazione di servizio, con un reformer da 20 mc/h alimentato a gas naturale. La tecnologia utilizza un processo catalitico ad alta temperatura con un flusso premiscelato di vapore e gas naturale che viene trasformato in idrogeno attraverso stadi successivi. La flotta di veicoli è costituita al momento da tre vetture Fiat Panda a celle combustibili. È prevista anche la distribuzione di idrometano, sempre allo scopo di contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2; le stazioni di Mantova e Francoforte sono anche considerate delle Green Petrol Station, essendo dotate di impianti solari fotovoltaici rispettivamente di 8 e 20 kWp, in grado di generare energia elettrica da fonte rinnovabile pari a circa 30.000 kWh/anno, corrispondente ad una riduzione di circa 16 tonnellate/anno di emissioni di CO2.

8.16

Le tecniche di cattura e segregazione dell'anidride carbonica sono molto costose ed incidono sull'efficienza finale della produzione, presentando notevoli problematicità sui possibili futuri rischi di inquinamento delle falde acquifere o di rilascio improvviso di enormi quantità di anidride carbonica. Le ipotesi di produzione dell'idrogeno utilizzando il carbone appaiono problematiche (10).

8.17

Recenti studi (11) hanno fatto emergere un problema finora trascurato: il potenziale consumo di acqua nell'ipotesi di un rapido sviluppo della società dell'idrogeno. Lo studio si basa sugli attuali standard di consumo di acqua sia per la produzione via elettrolisi che per il raffreddamento delle centrali elettriche. I dati che emergono sono molto preoccupanti: si calcola che occorrano 5.000 litri di acqua per 1 chilo di idrogeno, solo per il raffreddamento e agli attuali standard di efficienza oltre 65 kW per kg.

8.18

L'utilizzo dell'idrogeno come vettore energetico adatto per il trasporto, pur con i limiti evidenziati, rappresenta la sfida per il futuro: la possibilità di vedere circolare auto che utilizzano parzialmente o integralmente l'idrogeno può diventare realtà in un tempo relativamente breve, purché la ricerca continui ad essere sostenuta dalle autorità nazionali ed europee.

8.19

Il CESE, come già proposto nel suo parere sul tema dell'efficienza energetica (TEN/274), ritiene che sarebbe utilissimo avere a disposizione un portale web ove le ricerche svolte nell'ambito accademico e le sperimentazioni che vengono realizzate nelle regioni e nelle città possano essere rese note ad un pubblico più vasto, ed in particolare agli amministratori locali. Lo scambio delle migliori pratiche è essenziale per politiche che hanno un'elevata componente di sussidiarietà, cioè con livelli decisionali locali.

8.20

Nel succitato portale sarà necessario fornire al pubblico i dati medi elaborati su scala europea relativi a:

quanti grammi di CO2 si rilasciano nell'atmosfera per produrre un kWh di elettricità,

quanti grammi di CO2 sono emessi nell'atmosfera nel processo di produzione agricola e in quello di fabbricazione del combustibile diesel per produrre un litro di succedaneo del diesel,

quanti grammi di CO2 sono emessi nell'atmosfera durante il processo di produzione agricola e di produzione del bioetanolo per produrre un litro di bioetanolo.

Solo così potremo vedere quanto CO2 si emette e quanto se ne risparmia e potremo esprimere correttamente i kWh risparmiati in termini di peso di CO2.

9.   Osservazioni e raccomandazioni del CESE

9.1

Raccogliendo le sollecitazioni del commissario BARROT, il CESE ha elaborato il presente parere che si propone di fornire alla Commissione e agli altri livelli istituzionali comunitari le proposte che la società civile ritiene necessarie per rispondere alle sfide previste dal protocollo di Kyoto.

9.1.1

Il CESE ritiene indispensabile collegare la riflessione sul futuro del mix dei carburanti con un cambiamento rilevante degli attuali modi di trasporto, privilegiando il trasporto pubblico urbano ed extraurbano: a tal fine occorrerà riqualificare il parco macchine con mezzi più moderni e migliorare le infrastrutture. Occorre inoltre migliorare la qualità e l'efficienza delle ferrovie, attraverso investimenti in infrastrutture e in materiale rotabile: pertanto la produzione di energia elettrica necessaria a sostenere lo sviluppo delle ferrovie dovrà orientarsi sempre di più verso le energie rinnovabili e verso carburanti a sempre più basso tenore di carbonio.

9.2

Già in un suo precedente parere (TEN/274, relatore: IOZIA) il CESE aveva sostenuto con chiarezza che «il settore dei trasporti ha dedicato molte energie alla riduzione dei consumi e delle emissioni inquinanti: è tuttavia giustificato chiedergli un ulteriore sforzo considerando che è il settore a più forte crescita dei consumi ed una delle principali fonti di gas a effetto serra», e che «il fatto che il combustibile utilizzato per i trasporti dipenda dalle importazioni dai paesi terzi aumenta la responsabilità dell'industria europea del comparto di fornire il suo indispensabile contributo all'efficienza energetica, alla riduzione delle emissioni e alla diminuzione delle importazioni di prodotti petroliferi e di gas».

9.3

Il CESE condivide e sostiene il fatto che efficacia, sicurezza e sostenibilità sono e devono essere le linee guida su cui le istituzioni europee valuteranno le politiche da perseguire e i provvedimenti da adottare per consumare un'energia più pulita, disporre di un settore dei trasporti più pulito ed equilibrato, responsabilizzare le imprese europee senza compromettere la loro competitività e creare un quadro favorevole alla ricerca e all'innovazione.

9.4

Il futuro mix di carburanti per i trasporti dovrà di conseguenza rispondere a queste caratteristiche: riduzione complessiva delle emissioni dei gas a effetto serra, riduzione per quanto possibile della dipendenza da Stati terzi per l'approvvigionamento e diversificazione delle fonti, e costi compatibili con la competitività del sistema economico europeo.

10.   Le sfide poste alle future scelte in materia di carburanti per i trasporti per l'Unione europea: un impegno nella ricerca

10.1

Se la priorità assoluta è la conformità agli obiettivi di Kyoto, la maggior parte delle risorse disponibili dovrà essere indirizzata, sia dal pubblico che dal privato, verso la ricerca sui tipi di carburanti in grado di soddisfare pienamente i requisiti di efficienza economica, di sostenibilità ambientale e di basse emissioni indispensabili per poter gestire un trasporto ecocompatibile.

10.2

La collaborazione tra università, centri di ricerca, l'industria dei carburanti e le industrie manifatturiere, in particolare quelle automobilistiche, deve svilupparsi maggiormente. Il Settimo programma quadro (7PQ), di cui la decisione 2006/971/CE del Consiglio attua il programma specifico «Cooperazione», si pone l'obiettivo di conquistare la leadership in determinate aree scientifiche e tecnologiche chiave. Tra queste figurano l'ambiente e i trasporti.

10.2.1

Un campo che appare trascurato è quello del miglioramento dell'efficienza delle batterie tradizionali. Lo sviluppo delle automobili elettriche dipende in particolare dalla riduzione del peso e dall'aumento dell'autonomia e delle prestazioni delle batterie tradizionali. Il CESE raccomanda alla Commissione uno specifico impegno in questo senso.

10.3

Il CESE, in un suo parere (12) sul 7PQ aveva già espresso le sue preoccupazioni sia per la prevista penuria di carburanti fossili e i prezzi in costante aumento sia per gli effetti sul clima. Esso aveva proposto di assegnare più fondi alla ricerca nel settore energetico in generale, sottolineando per contro come la sfida per far fronte alle criticità nel settore dei trasporti poteva contare su una quantità di fondi giudicati sufficienti, pari a 4.100 milioni di euro per il periodo 2007-2013.

11.   Garantire la competitività delle economie europee e la disponibilità di energia a prezzi accessibili

11.1

Il CESE sottolinea l'aspetto fondamentale della strategia per il mantenimento della competitività dell'Unione, che è certamente basato su un sistema di prezzi accessibili e stabili. I trasporti costituiscono da sempre lo strumento indispensabile per trasportare merci, persone ed animali verso i mercati. Oggi essi assumono un'importanza vitale anche per un'altra fondamentale industria europea, quella del turismo. La terza sostenibilità, quella dei prezzi, rappresenta la sfida più complessa. Non sono oggi disponibili carburanti alternativi a quelli fossili in grado di competere sul piano dei prezzi con il petrolio e il gas naturale. Nonostante i rialzi di prezzo registrati negli ultimi anni, questi ultimi prodotti continuano ad essere i più competitivi.

11.2

Tuttavia, nell'auspicare un processo di incremento costante nell'utilizzazione dei biocarburanti e di altri carburanti rinnovabili, il CESE ritiene indispensabile sviluppare la ricerca applicata agli agrocarburanti di seconda generazione che utilizzano la biomassa di scarto o non alimentare e che non presentano gli inconvenienti riscontrati in quelli di prima generazione, cioè quelli derivanti essenzialmente da cereali, da barbabietole e canna da zucchero o da semi oleaginosi di uso alimentare umano ed animale (13). Il Comitato sottolinea che nel valutare il prezzo non ci si deve fermare esclusivamente al costo finale del prodotto, e che per una corretta comparazione dei costi nei confronti dei carburanti fossili si deve tenere conto dell'internalizzazione di tutti i costi esterni (danni ambientali, localizzazione delle fonti di produzione, costi di trasformazione, consumi di acqua e di suolo, ecc.).

11.3

Contemporaneamente alla progressiva sostituzione, quando non sia possibile operare processi di miscelazione dei componenti, occorre procedere ad un progressivo adeguamento e/o ripensamento dei sistemi distributivi che tenga conto delle qualità fisiche dei nuovi prodotti.

11.4

Il CESE, mentre sostiene gli aspetti positivi di questa strategia, è però conscio che essa, soprattutto nelle prime fasi, costituisce un processo costoso e presenta il rischio di ridurre la competitività del sistema Europa. Esso sottolinea pertanto che, per evitare questo rischio e per non limitare i risultati sul piano globale, l'Europa dovrà diventare l'elemento trainante di un confronto che veda alla fine coinvolte nella stessa direzione anche le altre aree geografiche del pianeta.

11.5

Gli investimenti necessari nel campo delle energie alternative derivanti dalla biomassa devono poter contare su un quadro normativo stabile: a questo fine è necessario adeguare le direttive sui carburanti alle nuove modalità produttive e instaurare una chiara collaborazione con le industrie manifatturiere, per far procedere i processi di innovazione di pari passo con le effettive potenzialità dell'industria. L'innovazione e la ricerca nel campo, oltre ai progetti definiti nell'ambito del 7PQ, dovranno godere di una particolare attenzione a livello centrale e periferico.

11.6

Al fine di non rendere vani gli sforzi e gli investimenti nello sviluppo di nuovi carburanti efficienti e sostenibili, occorrerà accompagnare questi processi con tutte le possibili iniziative volte a elevare la velocità commerciale dei veicoli riducendone al contempo i consumi, ad esempio intervenendo nei nodi stradali europei che rappresentano dei «colli di bottiglia» nel traffico nazionale o nel traffico urbano. L'azienda di trasporto pubblico Carris di Lisbona, che affianca ai tradizionali tram (il leggendario n. 28) una flotta di autobus ecologici, ha ridotto le emissioni di CO2 dell'1,5 % attraverso misure che hanno consentito la crescita della velocità commerciale, quali il raddoppio delle corsie preferenziali.

11.7

Da parte sua, l'azienda di trasporti di Coimbra, la SMTUC, ha sperimentato una linea azzurra fornita di autobus a trazione elettrica, che circolano nel centro della città su corsie riservate senza fermate prestabilite e che possono essere presi in ogni momento. Una striscia azzurra dipinta sull'asfalto segnala il percorso ad uso anche dei non residenti e dei numerosi turisti che hanno dimostrato di apprezzare questo tipo di trasporto, efficiente e pulito. Sempre a Coimbra, sono particolarmente apprezzate anche le linee di filobus che, grazie a batterie supplementari, possono districarsi da un nodo di traffico uscendo dai propri «binari». Questo modo di trasporto combina un livello di inquinamento ambientale ed acustico molto basso con una vita media dei mezzi molto più elevata, tale da assorbire i maggiori costi iniziali di acquisto.

11.8

Il CESE raccomanda di favorire questi mezzi di trasporto urbano attraverso idonee misure fiscali (aliquote ridotte per l'acquisto di veicoli ecologici o, in alternativa, finanziamenti straordinari alle amministrazioni locali, prezzi ridotti per gli autobus ecologici), il lancio di campagne di sensibilizzazione all'uso degli ecobus da sviluppare con un coordinamento europeo, e infine il miglioramento e la moltiplicazione dei parcheggi di scambio aumentandone ove necessario la sicurezza e abbassandone i prezzi, eventualmente integrandoli in quelli del trasporto urbano, come già attuato in moltissime città europee.

11.8.1

Il Libro verde Verso una nuova cultura della mobilità urbana COM(2007) 551 def., presentato dalla Commissione il 25 settembre 2007, affronta questi problemi e propone soluzioni di sostegno ai progetti di riqualificazione del trasporto urbano, attraverso le iniziative finanziate dal FESR e il programma Civitas. Nel Libro verde la Commissione lancia un messaggio molto forte a favore del trasporto urbano ecologico: il CESE condivide questa impostazione e raccomanda di mettere allo studio ulteriori iniziative concrete, sulla base di queste esperienze positive, rafforzando la cooperazione con la BEI e la BERS.

11.9

Il futuro del trasporto urbano, come già considerato dal CESE (14), è decisamente a favore del mezzo pubblico. Nel corso delle audizioni svolte per la redazione di questo parere sono stati presentati due progetti di ricerca e, che si trovano già allo stadio di sperimentazione pratica: una minicar elettrica che si guida senza patente e un'auto cibernetica, gestita da un complesso sistema di controlli a distanza, che può circolare su percorsi predefiniti. Questi veicoli potrebbero essere affittati per circolare all'interno delle città, magari in sostituzione dei pedaggi imposti all'ingresso dei mezzi ingombranti ed inquinanti.

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Sviluppo e promozione dei carburanti alternativi per il trasporto stradale nell'Unione europea, GU C 195 del 18.8.2006, pag. 75.

(2)  Id.

(3)  Conferenza ONU sui cambiamenti climatici di Bali, dicembre 2007.

(4)  AEA ha recentemente pubblicato la sua relazione annuale Transport and Environment: on the way to a new common transport policy (Trasporti e ambiente: in cammino verso una nuova politica comune dei trasporti), che valuta l'andamento e l'efficacia dell'integrazione delle politiche ambientali nelle strategie del settore dei trasporti.

(5)  Il rapporto è pubblicato sul sito Annual European Community GHG inventory 1990-2005 and inventory report 2007, European Environment Agency, Technical Report No. 7/2007.

(6)  Relazione sulle recenti ripercussioni economiche dell'aumento del prezzo del petrolio, Manuel António DOS SANTOS (PSE, PT).

(7)  Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeoRelazione sui progressi compiuti nell'uso dei biocarburanti e di altri combustibili provenienti da fonti rinnovabili negli Stati membri dell'Unione europea (COM(2006) 845 def.), relatore: IOZIA.

(8)  Residuo di biomassa, dopo l'estrazione del succo dalla canna da zucchero (fonte: Wikipedia).

Fonte: J. L. Cordeiro, in base a dati dell'Agenzia internazionale dell'energia (AIE) e del Dipartimento statunitense dell'energia

(9)  Ecomondo — Rimini, novembre 2006 — Ing. Giuseppe Migliaccio, ENEA.

(10)  La tecnologia consolidata oggi è quella delle cosiddette centrali a polverino di carbone con il classico ciclo a vapore e trattamento dei prodotti di combustione scaricati al camino. In pratica si produce vapore a pressioni e temperature «convenzionali» che alimenta delle turbine in impianti che sono ancora molto diffusi. Attualmente ci sono quattro diverse tipologie impiantistiche, classificate in ordine decrescente dal punto di vista della maturità tecnologica e dell'impatto ambientale: gli impianti a polverino supercritici e ultra supercritici; gli impianti a combustione in letto fluido; gli impianti di gassificazione con ciclo combinato e infine quelli basati sulla combustione con ossigeno. Oggi ci sono due soluzioni, che prevedono comunque il confinamento geologico della CO2 si tratta della combustione del carbone in caldaie, in cui si impiega dell'ossigeno in modo da avere un'elevata concentrazione di CO allo scarico, riducendo così i costi di cattura e separazione; e dell'impiego delle tecnologie Integrated Gasification Combined Cycles, che producono un gas di sintesi che viene successivamente trattato per purificarlo e quindi separarne la parte combustibile nobile dalla CO2.

(11)  Webber, Michael E., The water intensity of the transitional hydrogen economy, Environmental Research Letters 2, 2007, 03400.

(12)  GU C 185 dell'8.8.2006, pag. 10 (relatore: WOLF, correlatore: PEZZINI).

(13)  Cfr. parere CESE TEN/286 dopo la plenaria del 24-25 ottobre 2007.

(14)  GU C 168 del 20.7.2007 pag. 77.


25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/62


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Efficienza energetica degli edifici — contributo degli utilizzatori finali (parere esplorativo)

(2008/C 162/13)

La Commissione, in data 16 maggio 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

Efficienza energetica degli edifici — contributo degli utilizzatori finali.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore PEZZINI.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 195 voti favorevoli e 1 astensione.

1.   Conclusioni

1.1

Il Comitato riconosce che il rendimento energetico fornisce un contributo fondamentale all'esigenza di tutelare il clima, al mantenimento degli impegni assunti dall'UE a Kyoto e ai nuovi vincoli stabiliti dal Consiglio europeo del marzo 2007 in materia di riduzione delle emissioni, e raccomanda di intensificare gli sforzi rivolti ai consumatori.

1.2

Il Comitato è convinto che nell'edilizia vi sia un enorme potenziale di risparmio energetico, specialmente per quanto riguarda i consumi per riscaldamento, raffrescamento, forza motrice e illuminazione, oltre alle tecniche di isolamento termico, nella fase di concezione e di utilizzo degli immobili.

1.3

Nella definizione delle misure di miglioramento dell'efficienza energetica occorre tener conto dei vantaggi ottenuti tramite l'impiego diffuso di innovazioni tecnologiche, efficienti sotto il profilo costi/benefici, consentendo agli utenti finali di prendere decisioni più informate per quanto riguarda il loro consumo individuale di energia.

1.4

Il Comitato ritiene essenziale, per gli utenti finali, che si affrontino più direttamente i problemi di informazione e di finanziamento, sviluppando metodi innovativi: è indispensabile che i proprietari e gli inquilini non percepiscano queste nuove misure comunitarie come una nuova tassa che viene imposta su un bene primario come la casa.

1.5

Secondo il Comitato occorre che siano individuati nuovi stimoli culturali e nuovi incentivi, da un lato per compensare i maggiori costi e, dall'altro, per aumentare l'interesse verso:

la ricerca progettuale,

la revisione dei metodi costruttivi,

l'utilizzo di migliori materiali da introdurre nel processo di costruzione e

nuove soluzioni strutturali.

1.6

Il Comitato ritiene che debbano essere accelerati i lavori del CEN, conformemente al mandato della Commissione che prevede la definizione di standard armonizzati di misurazione del consumo energetico per gli edifici esistenti e per quelli di nuova costruzione, oltre a standard uniformi per la certificazione e per le procedure d'ispezione.

1.7

Il Comitato ribadisce l'importanza di evitare limitazioni insostenibili per gli Stati membri, di fronte alla concorrenza internazionale e di non addossare ai proprietari che locano o occupano un'abitazione di proprietà oneri eccessivi rispetto alle loro possibilità.

1.8

Gli obblighi e gli oneri derivanti dal processo di certificazione devono essere, a parere del Comitato, accompagnati da programmi pubblici di promozione, al fine di garantire un accesso equo al miglioramento del rendimento energetico: questo vale in particolare nel caso degli edifici ad uso residenziale costruiti o gestiti nel quadro della politica sociale e degli alloggi «multipiano e plurifamiliari», specie nei nuovi Stati membri, dove la maggior parte dei grandi caseggiati sono costruzioni di tipo standard per le quali è possibile utilizzare documenti di certificazione standardizzati.

1.9

Il Comitato ritiene importante lo sviluppo di iniziative comunitarie volte ad armonizzare le attività degli Stati membri in materia di rendimento energetico, per un importante passo avanti verso una maggiore coerenza europea, nel rispetto delle condizioni locali.

1.10

Il Comitato raccomanda alcune misure che potrebbero essere utili per promuovere, presso gli utilizzatori finali, l'efficienza energetica in generale, e negli edifici in particolare:

consulenza energetica gratuita e finanziamento pubblico degli studi di fattibilità,

concessione di crediti di imposta e/o sovvenzioni che consentano di effettuare «audit energetici»,

sgravi fiscali per i consumi di combustibili per riscaldamento, elettricità e forza motrice, e incentivi economici e deduzioni/rimborsi per l'acquisto di tecnologie efficaci dal punto di vista energetico e ambientale o per l'equipaggiamento degli edifici esistenti con sistemi di isolamento termico di qualità migliore,

prestiti a tassi agevolati per l'acquisto di apparecchiature e impianti efficaci da un punto di vista energetico (per es. caldaie a condensazione, termostati individuali, ecc.) e prestiti agevolati per gli interventi tramite le ESCO (1),

aiuti o detrazioni fiscali per gli investimenti in attività di R&S o in progetti pilota, allo scopo di promuovere la diffusione delle nuove tecnologie in tema di efficienza energetica nell'edilizia, sfruttando le possibilità offerte dal 7PQ di RST&D, dal programma quadro PIC 2007-2013, dal programma LIFE+ e dai fondi strutturali e di coesione,

prestiti BEI, soprattutto per la ristrutturazione sostenibile di grandi edifici pubblici o di servizio pubblico vetusti e per gli edifici abitativi ad uso sociale,

aiuti alle famiglie a basso reddito e ai pensionati per migliorare l'efficienza energetica delle abitazioni e prestiti a lungo termine e a tasso agevolato finalizzati al miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici,

pacchetti calmierati standard per servizi di manutenzione regolare, da parte di personale qualificato, delle caldaie e degli impianti di condizionamento centralizzati,

la realizzazione di un sito web comunitario, collegato ai siti nazionali e di facile accesso per gli utilizzatori finali,

la realizzazione di format didattici europei, in tutte le lingue UE, focalizzati sui diversi gruppi professionali di interesse, per il rilascio di una Patente europea della casa (2),

inserimento di priorità tematiche d'intervento in campo educativo nei programmi comunitari pertinenti: Programma comunitario istruzione, 7PQ-RST, Marie Curie, BEI, Università,

inserimento di format informativo-formativi per le scuole di ogni ordine e grado, per le associazioni professionali e sindacali, per i consumatori e per le loro organizzazioni.

1.11

Dal punto di vista del consumatore finale è necessario, secondo il Comitato, tenere in debita considerazione gli ostacoli che si frappongono alla promozione e alla implementazione dell'efficienza energetica degli edifici in Europa: barriere tecniche, economiche, finanziarie, giuridiche, amministrativo-burocratiche, istituzionali e gestionali, socio-comportamentali e barriere da mancanza di impostazione integrata (squilibri riscaldamento/raffreddamento, non considerazione delle fasce climatiche, ecc.).

2.   Introduzione

2.1

Il Consiglio europeo, nelle conclusioni del vertice di Bruxelles dell'8 e 9 marzo 2007, ha sottolineato «la necessità di aumentare l'efficienza energetica nell'UE, in modo da raggiungere l'obiettivo di risparmio del 20 % dei consumi energetici, rispetto alle proiezioni per il 2020» e ha individuato come aree prioritarie «il comportamento dei consumatori di energia dal punto di vista dell'efficienza e del risparmio energetico, la tecnologia e le innovazioni in campo energetico, e il risparmio energetico nell'edilizia».

2.1.1

La problematica dell'efficienza energetica degli edifici si inserisce nell'ambito delle iniziative della Comunità in relazione ai cambiamenti climatici (impegni assunti con il Protocollo di Kyoto) e alla sicurezza dell'approvvigionamento, in particolare nel quadro dei libri verdi sulla sicurezza dell'approvvigionamento energetico e sull'efficienza energetica, sui quali il Comitato ha avuto modo di pronunciarsi a più riprese (3).

2.1.2

Il consumo di energia per i servizi connessi agli edifici equivale a circa il 40 % (4) del consumo energetico dell'UE.

2.1.3

Il consumo medio delle abitazioni di molte regioni dell'Europa è pari, per il solo riscaldamento, a 180 kWh/mq/anno. Ciò dimostra che il parco edilizio di molte nazioni europee è particolarmente «povero» in termini di efficienza energetica.

2.1.4

Questo è dovuto a molteplici fattori. Da una parte, la scarsa consapevolezza da parte dei consumatori, delle difficoltà, sempre crescenti, di reperire energia a prezzi contenuti; dall'altra, la propensione degli architetti, delle imprese edili e del vasto mondo dei piccoli imprenditori che lavorano per l'edilizia (5) a costruire con poca attenzione all'efficienza energetica e alla qualità della costruzione dal punto di vista ambientale, privilegiando invece gli aspetti estetici e le tendenze del momento quali la qualità dei pavimenti, la ricchezza delle apparecchiature sanitarie, la bellezza, la vetrificazione delle facciate esterne, determinati materiali e dimensioni degli infissi.

2.1.4.1

Inoltre, c'è da rilevare che gli organismi amministrativi, in particolare gli uffici tecnici comunali e gli uffici di igiene sono poco sensibili per quanto riguarda la rilevazione del consumo energetico degli edifici che vengono sottoposti a un controllo ai fini dell'abitabilità, o non sono sufficientemente informati.

2.1.4.2

Eppure, contrariamente alla convinzione comune, esistono ampi margini per aumentare l'efficienza energetica, e questo non solo nei nuovi edifici ma anche negli edifici esistenti, e in particolare nei condomini delle grandi città (6).

2.1.5

Per quanto attiene al rinnovamento delle infrastrutture esistenti, sono importanti i contratti che possono essere sottoscritti con le società di servizi energetici (ESCO — Economy Service Companies), che permettono di affidare a queste ultime i miglioramenti da apportare agli edifici esistenti per realizzare economie, talvolta anche notevoli, sulla fattura energetica. La società ESCO viene retribuita grazie alle economie realizzate attraverso la riduzione dei consumi (7).

2.1.6

Inoltre, numerose misure potrebbero essere adottate nel quadro delle ristrutturazioni su piccola scala, come, per esempio, prevedere le persiane all'esterno delle finestre, installare un contatore in tempo reale (smart meter), che permette di rilevare costantemente i propri consumi; o dei sistemi di produzione d'acqua calda alimentati a gas (top boxes), che permettono di ridurre del 40 % i costi e l'emissione di gas nocivi. Si sono dimostrati di notevole efficienza anche i microsistemi di ventilazione dell'aria all'interno degli appartamenti, mentre l'attenzione al tipo di materiale usato, per esempio per una parete verticale trasparente (finestre), può ridurre le dispersioni di calore di un appartamento almeno di un 20 % (8). Anche la tecnica degli impianti sanitari che fanno risparmiare acqua riduce i consumi di energia. I fornitori di energia, nel quadro delle bollette, dovrebbero informare in modo chiaro e gratuitamente i consumatori in merito ai consumi relativi allo stesso periodo dell'anno precedente, in modo tale che essi siano in grado di mettere in prospettiva il proprio consumo attuale.

2.1.7

Il CESE è convinto che sia possibile realizzare ingenti risparmi attraverso iniziative in questo settore, contribuendo così al conseguimento degli obiettivi connessi ai cambiamenti climatici e alla sicurezza dell'approvvigionamento energetico. Visto che il margine di manovra per poter agire ancora, a breve o a medio termine, sulle condizioni di approvvigionamento dell'energia è relativamente limitato, è necessario intervenire sugli utilizzatori finali, e cioè:

migliorare l'efficienza degli usi finali dell'energia,

controllare la domanda di energia,

promuovere la produzione di energie rinnovabili (9),

prevedere un migliore governo dell'energia, basato molto sull'autocontrollo.

2.1.8

Gli elementi che impediscono il risparmio e un diverso uso delle risorse energetiche sono di varia natura:

approccio culturale,

difficoltà a gestire il cambiamento,

insufficiente conoscenza del know-how,

inadeguatezza della politica fiscale,

insufficienza di partnership imprenditoriali,

mancanza di informazioni.

2.1.9

Nell'edilizia vi è un enorme potenziale di risparmio energetico, specialmente per quanto riguarda i consumi per il riscaldamento, per la forza motrice e per l'illuminazione nella fase di utilizzo degli immobili. Questo è dimostrato dai cosiddetti edifici passivi (10), che consentono di sfruttare le enormi opportunità di risparmio, con un notevole impulso all'innovazione e alla competitività della Comunità, attraverso un orientamento sempre più attento allo sviluppo e all'utilizzo di nuove tecnologie, più efficienti sotto il profilo energetico.

2.1.10

Gli obiettivi strategici della politica energetica mirano a:

ridurre le emissioni inquinanti e clima-alteranti, nel rispetto delle peculiarità dell'ambiente e del territorio,

promuovere la crescita competitiva del sistema immobiliare, dell'industria e delle nuove tecnologie energetiche,

prestare attenzione agli aspetti sociali e di tutela della salute dei cittadini collegati alle politiche energetiche.

2.1.11

Nella definizione delle misure di miglioramento dell'efficienza energetica occorre, d'altra parte, tener conto dei vantaggi ottenuti tramite l'impiego diffuso di innovazioni tecnologiche efficienti sotto il profilo costi/benefici, consentendo agli utenti finali di prendere decisioni più informate per quanto riguarda il loro consumo individuale di energia attraverso la messa a disposizione di informazioni adeguate: informazioni sulle misure previste per il miglioramento dell'efficienza energetica; profili comparativi di utenti finali; tecniche oggettive specifiche riguardanti le apparecchiature che utilizzano l'energia (11).

2.1.12

Tutti i tipi di informazioni relative all'efficienza energetica, e soprattutto i relativi costi, dovrebbero essere ampiamente divulgati, nelle forme opportune, presso i destinatari interessati. Le informazioni devono affrontare anche i quadri finanziari e giuridici, devono appoggiarsi su campagne di comunicazione e di promozione e devono consentire un'ampia visione delle migliori prassi, a tutti i livelli.

2.1.13

Le misure limitate esclusivamente agli aspetti tecnici sono necessarie, ma non sono sufficienti, per ridurre il consumo energetico nell'edilizia. È necessario affrontare il tema dell'interazione, piuttosto complessa, tra il vasto e variegato mondo degli utenti e il continuo divenire della tecnologia.

2.1.14

Nell'ambito del precedente programma per l'energia intelligente 2003-2006, è stata sviluppata l'iniziativa di una piattaforma edilizia EPBD (12), che fornisce servizi per facilitare l'applicazione della direttiva 2002/91/CE sull'efficienza energetica nell'edilizia, che è entrata in piena applicazione all'inizio del 2006. La direttiva contiene le seguenti disposizioni, valide per gli Stati membri:

i requisiti e il metodo di calcolo delle prestazioni energetiche complessive degli edifici,

i requisiti comuni ai quali devono fare riferimento nell'UE gli edifici di nuova costruzione,

i requisiti minimi delle prestazioni, richieste ai grandi edifici esistenti, in caso di importanti lavori di ristrutturazione,

la certificazione energetica, obbligatoria per gli edifici di nuova costruzione, per gli edifici soggetti a importanti ristrutturazioni e per tutti gli appartamenti destinati a cambio di destinazione (13),

le regolari ispezioni delle caldaie e degli impianti di condizionamento d'aria negli edifici e la valutazione degli impianti di riscaldamento, nei quali le caldaie abbiano più di 15 anni di funzionamento.

2.1.15

Da un punto di vista tecnico, è fondamentale che i cittadini e i consumatori si rendano conto che è necessario un approccio integrato, che tenga conto di diversi fattori tra cui:

la qualità dell'isolamento termico,

la tipologia degli impianti di riscaldamento e condizionamento,

l'uso delle fonti rinnovabili,

l'esposizione dell'immobile,

l'importanza di impedire le trasudazioni e le formazioni di muffa.

2.1.15.1

In sostanza, due sono gli indicatori fondamentali:

il fabbisogno energetico specifico dell'involucro: che è in grado di stimare le prestazioni dell'involucro, le quali consentono di minimizzare le perdite di calore nel periodo invernale e di limitare il surriscaldamento nel periodo estivo,

il fabbisogno specifico globale di energia primaria: che consente di apprezzare anche l'efficienza del sistema impiantistico, il quale ha il compito di trasformare l'energia primaria in confort abitativo e in servizi vari.

2.1.16

Gli obiettivi di contenimento dei consumi energetici e delle emissioni di gas inquinanti e clima-alteranti devono passare anche attraverso politiche volte a:

1.

affiancare a interventi di isolamento termico (energetica passiva) dei sensibili miglioramenti delle tecnologie impiantistiche (energetica attiva);

2.

estendere la scala e la taglia degli interventi di risparmio energetico;

3.

integrare le fonti rinnovabili in sistemi «ibridi» ad alta efficienza;

4.

puntare sui sistemi innovativi: solar-cooling ; microcogenerazione; trigenerazione; pompe di calore e impianti ibridi  (14).

2.1.17

I programmi comunitari per l'innovazione e la ricerca svolgono un ruolo determinante nello sviluppo dell'efficienza energetica degli edifici, in relazione all'obiettivo tecnologico di sviluppare edifici intelligenti a «zero energia», cioè edifici a «energia positiva» che producano più energia di quella che consumano, utilizzando le energie alternative più comuni, e cioè quella solare, eolica e geotermica.

2.1.18

A livello comunitario, oltre al citato programma quadro per l'innovazione e la competitività (PIC), un ruolo determinante nel sostegno allo sviluppo delle tecnologie energetiche pulite è svolto dal Settimo programma quadro di RST, che prevede un'apposita priorità tematica nell'ambito del programma specifico Cooperazione.

2.1.19

Fondamentale è anche la standardizzazione tecnica europea nel settore dell'efficienza energetica degli edifici. Il CEN — Comitato europeo di normalizzazione — ha ricevuto dalla Commissione il mandato di elaborare le normative tecniche necessarie all'applicazione della citata direttiva sul risparmio energetico nell'edilizia (15). Il mandato prevede:

standard armonizzati di misurazione del consumo energetico per gli edifici esistenti,

standard armonizzati per gli edifici di nuova costruzione,

standard uniformi per la certificazione,

standard comuni per le procedure d'ispezione.

2.1.20

Quasi 30 norme europee (CEN) sono state elaborate (16). Gli Stati membri hanno già confermato che intendono dare applicazione a dette norme su base volontaria. Qualora si constatasse che la conformità volontaria alle norme non viene realizzata, sarebbe opportuno renderle vincolanti mediante adeguati provvedimenti legislativi.

2.1.21

In ogni caso, spetta alla Commissione fornire agli Stati membri gli strumenti necessari allo sviluppo di una metodologia, integrata e uniforme, di calcolo della prestazione energetica degli edifici. Una volta che gli Stati membri avranno stabilito le esigenze minime in materia di efficienza energetica, queste dovranno riflettersi nei «certificati di efficienza energetica»; questi sono essenzialmente dei marchi che vengono attribuiti agli edifici, analoghi a quelli attribuiti agli elettrodomestici. I certificati per gli edifici sono tuttavia più elaborati e complessi e sono accompagnati da raccomandazioni per aumentarne la performance.

2.1.22

I progetti di ricerca hanno dimostrato chiaramente che, accanto agli impianti tecnici di cui sono dotati gli edifici, anche il comportamento delle persone che utilizzano gli immobili (come luogo di residenza o come luogo di lavoro durante il giorno) nel senso di una maggiore o minore attenzione al risparmio rappresenta un fattore decisivo, determinante per il consumo energetico.

2.1.22.1

A tale proposito sarebbe positivo diffondere una cultura che preveda un abbigliamento più consono alle temperature elevate, evitando per esempio l'uso di giacca e cravatta nei periodi estivi (17), oltre ad un abbigliamento invernale adeguato, che consenta di tenere all'interno degli appartamenti e degli uffici una temperatura attorno ai 20-21 gradi centigradi (18).

2.1.23

Anche la posizione della casa rispetto ai punti cardinali influenza la quantità di calore necessaria per il benessere di coloro che la abitano. Il consumo energetico pro capite per il riscaldamento di villette a schiera identiche può variare di un fattore pari a 2,5 (e pari a 3 per le case a quattro facciate), mentre il consumo per l'elettricità può variare di un fattore che può essere moltiplicato per 4-5 volte.

2.1.23.1

Anche in considerazione di quanto detto sopra, sarebbe opportuno ampliare la normativa esistente con alcune prescrizioni sull'efficienza energetica, non solo degli edifici, ma anche dei quartieri.

2.1.24

Sempre più, anche a livello scolastico (19), il cittadino deve prendere coscienza che la propria abitazione ha bisogno di una notevole quantità di energia primaria per:

la climatizzazione invernale,

il raffrescamento estivo,

il riscaldamento dell'acqua calda sanitaria,

la forza motrice per gli ascensori,

l'illuminazione,

il funzionamento degli apparecchi domestici,

e del fatto che una buona parte di questa energia può essere risparmiata (20) con un minimo di attenzione e di buona volontà.

2.1.25

Gli utenti finali devono spesso prendere decisioni importanti relative agli investimenti, per esempio quando ristrutturano case o quando decidono modifiche di rilievo in case ancora in fase di progettazione o in costruzione. Hanno forti ripercussioni sulle prestazioni energetiche degli edifici anche le decisioni di investire in nuove tecnologie, che consentano anche un notevole risparmio energetico, quali:

materiali che aumentino l'isolamento,

infissi (porte e finestre) a migliore trasmittanza (21),

dispositivi di protezione solare, come per esempio le semplici persiane,

la scelta o l'adeguamento del sistema di riscaldamento (22),

l'installazione di sistemi integrativi quali il fotovoltaico, il solare termico, la geotermia orizzontale o verticale (23),

la prevenzione delle trasudazioni e delle formazioni di muffa.

2.1.26

È evidente che, mutando il quadro di riferimento fin qui generalmente utilizzato, dovranno essere individuati nuovi stimoli culturali e nuovi incentivi, da un lato per compensare i maggiori costi e, dall'altro, per aumentare l'interesse verso:

la ricerca progettuale,

la revisione dei metodi costruttivi,

l'utilizzo di materiali di qualità da introdurre nel processo di costruzione,

l'attenzione a nuove soluzioni strutturali per la collocazione degli apparecchi utili per il solare termico (24),

l'individuazione degli spazi più opportuni per l'installazione dei pannelli fotovoltaici,

la valutazione preventiva per l'utilizzo della geotermia verticale o orizzontale.

2.1.27

Tra gli incentivi, dovranno essere presi in considerazione i seguenti:

aumento della superficie edificabile,

riduzione degli oneri di urbanizzazione secondaria,

snellimento dei processi di autorizzazione per l'edificabilità,

non computo del maggiore spessore comportato da una struttura opaca verticale (muro) dotata di strati di materiale isolante,

attribuzione di etichette di qualità in base al livello di risparmio raggiunto.

2.1.28

Tutte le misure da adottare per conseguire un significativo risparmio energetico dovranno tener conto del fatto che la grande maggioranza degli europei vive in edifici già esistenti e che gli edifici nuovi rappresentano solo una piccola percentuale.

2.1.29

Negli immobili affittati un problema viene dal fatto che, generalmente, è il proprietario a sostenere le spese per le misure volte ad aumentare l'efficienza energetica (per esempio serramenti nuovi, caldaie ad alto rendimento, impianti per la produzione di energia pulita), mentre sono gli inquilini a beneficiare dei minori costi che ne derivano.

2.1.30

Si potrebbe ovviare a questo problema sostenendo il metodo del «finanziamento tramite terzi» (25). Questo consiste nel favorire gli interventi tesi al risparmio energetico negli immobili, realizzati da società collegate a istituti di credito, e nell'ammortizzare, per un determinato numero di anni, gli investimenti per il risparmio effettuati mediante la differenza tra le minori spese sostenute a seguito degli interventi e quelle che si sarebbero dovute sostenere di media, in quegli anni, senza gli interventi stessi.

2.1.31

Un valido sistema di finanziamento, utilizzato nei paesi industrializzati e che potrebbe essere sostenuto e ampliato, è la cosiddetta gestione della domanda di energia (Demand Side Management — DSM). Le società che producono o che forniscono energia investono in progetti di risanamento energetico degli edifici di loro competenza. I risparmi effettuati dopo gli interventi coprono le spese sostenute.

2.1.32

È evidente che il sistema può migliorare in presenza di un opportuno quadro giuridico, che incoraggi i fornitori di energia a investire in lavori di risanamento termico degli edifici ai quali forniscono energia termica.

2.1.33

La complessa problematica del risparmio energetico degli edifici residenziali si presenta allo stesso modo nella maggior parte dei nuovi Stati membri dell'Unione, e non può ricadere, nei suoi costi e nella sua complessità, unicamente sugli utilizzatori finali e sui cittadini. La Repubblica ceca, per esempio, ha saputo utilizzare parte dei fondi erogati dalla politica di coesione per interventi di risanamento degli edifici residenziali.

2.1.34

Le ristrutturazioni attuate secondo procedure attente all'energia rappresentano, pertanto, il principale settore in cui bisogna agire. Gli obiettivi di contenimento dei consumi energetici e delle emissioni di gas inquinanti devono passare attraverso politiche volte a:

affiancare a interventi di isolamento termico (parte energetica passiva) anche i necessari miglioramenti delle tecnologie impiantistiche (parte energetica attiva),

estendere la scala e la taglia degli interventi di risparmio energetico, anche attraverso politiche che prevedano agevolazioni finanziarie e urbanistiche,

diffondere i sistemi «ibridi», cioè integrare le energie tradizionali con l'apporto delle energie alternative o pulite, per diminuire l'uso dei combustibili fossili.

2.1.35

Per essere incisiva, una politica tesa al risparmio energetico degli edifici deve comunque conseguire, oltre al coinvolgimento dei cittadini, anche quello dei vari ordini professionali e degli imprenditori dei diversi settori, cioè:

ordini professionali,

sostenitori di un urbanesimo verde e bioclimatico,

project Manager,

energy Manager,

società ESCO,

imprese edili,

imprese immobiliari,

industrie manifatturiere che lavorano per l'edilizia,

fornitori di servizi e manutenzione.

3.   La situazione attuale

3.1   La situazione attuale a livello UE

3.1.1

L'obiettivo di rafforzare l'efficienza energetica negli edifici forma oggetto di numerosi provvedimenti comunitari, tra i quali: la direttiva sui prodotti da costruzione (26) del 1989 e, per la parte riguardante l'edilizia, la direttiva SAVE del 1993 (27), una direttiva sulla certificazione energetica degli edifici (28) del 1993, la direttiva sull'efficienza energetica degli edifici (EPBD) del 2002 (29), la direttiva 2005/32/CE relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia (30) del 2005, la direttiva concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici (31) del 2006, mentre vi sono altre numerose misure legislative per prodotto quali la direttiva sulle caldaie (32), le attrezzature d'ufficio (33), gli elettrodomestici con l'etichettatura del consumo energetico (34), il rendimento energetico dei frigoriferi (35), gli alimentatori per lampade fluorescenti (36). La direttiva EPBD del 2002 riguarda specificatamente il miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici residenziali e non residenziali, sia di nuova costruzione che esistenti.

3.1.2

Il temine ultimo per il recepimento di questa direttiva era stabilito per il 4 gennaio 2006, ma vari Stati membri hanno richiesto e ottenuto una proroga (37), mentre per altri è in corso una procedura d'infrazione da parte della Commissione per mancato o non corretto recepimento (38). Tuttavia, in tutti gli Stati membri la definizione dei criteri per ottenere la certificazione energetica dovrebbe avvenire entro la fine del 2007.

3.2   La situazione attuale per tipologie abitative e climatiche

3.2.1

Secondo il CESE, per affrontare con compiutezza la problematica relativa al contributo degli utilizzatori finali all'efficienza energetica degli edifici, occorre evidenziare le specificità delle grandi aree dell'UE interessate, e in particolare:

le diverse tipologie del patrimonio edilizio,

i diversi contesti climatici.

3.2.2

Tipologie di patrimonio edilizio. Nei nuovi Stati membri (NSM) e nei cinque Länder della Germania orientale, il patrimonio edilizio dispone di potenzialità di risparmio energetico molto significative, comparato allo stock di edifici esistenti nell'UE-15.

3.2.2.1

Il patrimonio edilizio di questi territori è per larga misura frutto delle scelte di pianificazione urbana del secondo dopoguerra, basate sul ricorso a componenti prefabbricate di grandi strutture multipiano plurifamiliari, frutto di produzioni di massa di rapida realizzazione e di soluzioni tecnologiche omogenee, standardizzate e centralizzate. Tale patrimonio edilizio è stato inoltre, per lunghi periodi, privato di qualsivoglia intervento di manutenzione o di ristrutturazione (39).

3.2.2.2

In Romania, per esempio, nel 2002 sono stati censiti 4 819 104 edifici residenziali. I grandi caseggiati sono 83 799, con 2 984 577 appartamenti, circa il 60 % di tutti gli appartamenti esistenti. Inoltre, il 53 % degli edifici residenziali ha più di 40 anni; il 37 % ha più di 20 anni; solo il 10 % ha meno di 10 anni.

3.2.2.3

Nel caso di caseggiati di grandi dimensioni, come generalmente si riscontra in tutti i paesi dell'ex blocco sovietico, l'alimentazione in energia termica destinata al riscaldamento, alla ventilazione e al riscaldamento dell'acqua sanitaria è garantita in larga parte (oltre il 95 %) da sistemi centralizzati. Gli studi effettuati nel 2005 per questo tipo di immobili hanno consentito di individuare un potenziale risparmio energetico del 38-40 %.

3.2.2.4

Questa situazione è imputabile da una parte agli utenti finali: cattiva qualità dei materiali; insufficiente isolamento termico; vecchie tecnologie a forte consumo energetico; impianti di riscaldamento obsoleti; lampade d'illuminazione a forte consumo; impianti a combustione a basso rendimento; pompe di cattiva qualità, ecc. ma da un'altra anche a una gestione energetica inefficace, che provoca notevoli perdite (40) che alla fine vengono pagate dai consumatori. Fra tutte le possibilità esistenti, l'efficienza energetica è quella più accessibile, meno inquinante e meno cara.

3.2.3   Aree climatiche

3.2.3.1

Nell'insieme delle grandi aree climatiche dell'Europa settentrionale e meridionale il consumo medio in energia del settore residenziale è pari a 4.343 kWh/anno (41). Tale energia è utilizzata principalmente per il riscaldamento, che assorbe complessivamente il 21,3 % della domanda elettrica, nonostante resti concentrato soprattutto nei paesi del Nord e del centro Europa. Segue la quota di energia elettrica utilizzata da frigoriferi e freezer (14,5 %) e quella utilizzata per l'illuminazione (10,8 %).

3.2.3.2

Nei paesi dell'Europa meridionale (Italia, Spagna, Portogallo, Slovenia, Malta, Grecia, Cipro e Sud della Francia), uno dei principali fattori di incremento del consumo di elettricità è rappresentato dalla rapida diffusione di condizionatori residenziali di potenza ridotta (42) e di basso rendimento (<12 kW output cooling power) e dal loro largo utilizzo nei periodi estivi.

3.2.3.3

Nel 2005 il consumo residenziale di elettricità per condizionatori d'aria — ai quali si applica la direttiva 2002/31/CE — è stato mediamente stimato intorno ai 7-10 TWh all'anno nell'Europa a 25 (43). Occorre rilevare, peraltro, che in tutta l'Europa le nuove apparecchiature moderne multimediali, i personal computer, le stampanti, gli scanner, i modem e i ricaricatori di telefoni mobili connessi in permanenza arrivano a pesare per il 20 % sul consumo elettrico delle famiglie.

3.3   Alcuni confronti internazionali

3.3.1

In Giappone il consumo energetico rappresenta circa il 6 % del consumo mondiale e sono state adottate da tempo misure, specie nei settori dei trasporti e dell'edilizia, per cercare di ridurre tale consumo e le emissioni di CO2 che ne derivano, dato che il settore residenziale rappresenta circa il 15 % del consumo totale.

3.3.2

Nel settore residenziale, il risparmio di energia primaria, la riduzione di emissioni CO2 e i risparmi, realizzati grazie a misure di efficienza energetica degli edifici sono stati stimati, rispettivamente, intorno al 28, al 34 e al 41 % (44). Gli standard giapponesi di efficienza energetica degli edifici residenziali (45) sono stati rivisti nel 1999 e includono sia standard di rendimento che standard prescrittivi: l'obiettivo è di raggiungere una piena applicazione di tali standard da parte di oltre il 50 % dei nuovi edifici.

3.3.3

Il metodo giapponese di valutazione congiunta delle strutture e degli elettrodomestici utilizzati ha le seguenti caratteristiche:

a)

valutazione dell'efficienza energetica delle strutture edili e degli elettrodomestici;

b)

valutazione dell'efficienza energetica di tutta la casa sulla base del consumo energetico totale, specificando il consumo per condizionamento, riscaldamento idrico, illuminazione e apparecchi di ventilazione, al momento della costruzione;

c)

valutazione dell'efficienza per quanto riguarda condizionamento, riscaldamento idrico, illuminazione e apparecchi di ventilazione durante il tempo di effettivo funzionamento;

d)

esecuzione di misurazioni dettagliate dell'efficienza, durante il funzionamento effettivo delle nuove abitazioni, per raggiungere gli standard di risparmio previsti per il 2010.

3.3.4

Negli USA, in conformità con i capitoli dedicati all'edilizia residenziale dall'International Energy Conservation Code (IECC (46)), già dal 1987 (47) sono stati stabiliti degli standard minimi di efficienza per dodici tipologie di elettrodomestici residenziali: questi sono alla base dei codici dell'energia di molti Stati federati.

3.3.5

Il controllo dell'efficienza energetica degli edifici è di competenza dei singoli Stati, e in molti cas, delle singole contee, anche dopo l'adozione dell'Energy Policy Act del 2005 (EPACT), che incoraggia i proprietari di edifici commerciali, con deduzioni fiscali accelerate, ad applicare sistemi di efficienza energetica per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili.

3.3.6

Il modello di Codice dell'energia (MEC) (48), sviluppato sulla base dell'IECC negli anni Ottanta, e aggiornato regolarmente fino, da ultimo, nel 2006, è stato accompagnato dal DOE's Building Energy Codes Program, vale a dire il programma del Dipartimento federale dell'energia, che ha il compito di promuovere codici sempre migliori nel campo dell'energia degli edifici e di assistere gli Stati federati nell'adozione e applicazione di tali codici. Questi ultimi sono sottoposti a regolare revisione per:

la ridefinizione delle zone climatiche,

la semplificazione dei requisiti prescrittivi,

l'eliminazione delle definizioni in disuso, superflue o contraddittorie.

3.3.7

Nel 2007 è stato presentato un progetto di legge federale, l'Energy Efficient Buildings Act, che mira a:

istituire un programma pilota di sovvenzioni alle imprese e alle organizzazioni per nuove costruzioni o ristrutturazioni di quelle esistenti realizzate con tecnologie energetiche efficienti,

prendere in debita considerazione proposte per l'edilizia destinata a persone a basso reddito,

fornire delle definizioni chiare di energy efficient building e cioè di edifici che, dopo la costruzione o la ristrutturazione, usino sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionamento d'aria che operano al di sopra o al di sotto delle soglie degli Energy Star standards, o che, nel caso questi non siano applicabili, usino prodotti di riscaldamento, di ventilazione e di condizionamento d'aria raccomandati dal Federal Energy Management Program.

3.3.8

Secondo il Dipartimento federale dell'energia (DOE), la concezione di nuovi edifici più confortevoli e più efficienti potrà ridurre i costi del raffreddamento e del riscaldamento del 50 %, e le misure d'integrazione dei codici d'efficienza energetica negli edifici potranno creare nuova occupazione nell'edilizia, nelle ristrutturazioni e nell'impiantistica.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il Comitato ha avuto modo di pronunciarsi a più riprese sia sulla necessità di realizzare risparmi energetici significativi e sostenibili, sviluppando tecniche, prodotti e servizi a basso consumo di energia, sia sulla necessità di modificare i comportamenti in modo da ridurre il consumo di energia pur mantenendo la stessa qualità di vita.

4.2

Il Comitato riconosce che il rendimento energetico fornisce un contributo sostanziale all'esigenza di tutelare il clima e al mantenimento degli impegni assunti dall'UE a Kyoto in materia di riduzione delle emissioni e raccomanda di continuare a intensificare gli sforzi a livello dei consumatori.

4.3

Il Comitato ritiene che per favorire il risparmio energetico degli edifici sia opportuno procedere ad un esame approfondito degli ostacoli che hanno impedito la piena attuazione della direttiva EPBD e, comunque, concedere un periodo transitorio per esempio di 10 anni prima di rendere obbligatoria la certificazione per tutti gli edifici esistenti che rientrano nel campo d'applicazione della direttiva.

4.4

Già nel 2001 il CESE, nel suo parere in merito alla proposta di direttiva EPBD, nel ribadire il proprio sostegno all'iniziativa della Commissione e alla sua volontà di sviluppare una metodologia comune in materia di bilancio e di monitoraggio del rendimento energetico dei fabbricati, aveva sottolineato tra l'altro l'opportunità di: «evitare limitazioni insostenibili per gli Stati membri di fronte alla concorrenza internazionale» e di «non addossare ai proprietari che locano o occupano un'abitazione di proprietà oneri eccessivi rispetto alle loro effettive possibilità, con il risultato di vanificare gli obiettivi della direttiva e di indurre i cittadini a respingere l'Europa unita» (49).

4.5

Il CESE ritiene che un eventuale ampliamento della direttiva EPBD dovrebbe prevedere l'inserimento di un'analisi del ciclo di vita del sistema edificio, al fine di illustrarne l'impatto sul ciclo del carbonio. Questo permetterebbe sia ai consumatori che alle autorità responsabili della regolamentazione di avere un'idea più chiara delle conseguenze, per le emissioni di carbonio, dei prodotti previsti dal sistema edificio.

4.5.1

In ogni caso, qualunque eventuale ampliamento della normativa comunitaria in questo campo, dal momento che è destinato a ripercuotersi sui mercati e sui costi per i consumatori finali — siano essi proprietari o inquilini -, dovrebbe, essere sottoposto a un'adeguata valutazione d'impatto.

4.5.2

Si deve anche garantire che le misure invocate per migliorare l'isolamento termico consentano un sufficiente scambio di aria e di vapore acqueo, impediscano trasudazioni e non provochino danni alla costruzione, ad esempio con formazioni di muffa.

4.6

Come il Comitato ha già avuto modo di evidenziare (50), «gli interventi volti a promuovere l'efficienza energetica variano considerevolmente in funzione delle condizioni locali e delle misure avviate sinora, le quali peraltro sembrano avere avuto un effetto modesto sul mercato interno. È quindi importante, in base al principio della sussidiarietà, che le ulteriori azioni al livello comunitario apportino reali vantaggi».

4.7

Il processo di certificazione dovrebbe essere accompagnato da programmi pubblici di promozione in modo da garantire un accesso equo al miglioramento del rendimento energetico, in particolare nel caso di edifici ad uso residenziale costruiti o gestiti nel quadro della politica sociale degli alloggi.

4.8

La manutenzione regolare da parte di personale qualificato delle caldaie, degli impianti di condizionamento e degli altri impianti per le energie alternative contribuisce a garantirne la corretta regolazione, in base alle specifiche di prodotto, e quindi assicura un rendimento ottimale.

4.9

Il Comitato, sulla scorta delle esperienze positive di alcuni Stati membri, e in seguito ai risultati conseguiti negli anni passati nell'applicazione di importanti politiche comunitarie, suggerisce, di seguito, alcune misure che potrebbero essere utili per promuovere l'efficienza energetica in generale, e negli edifici in particolare:

consulenza energetica gratuita,

concessione di crediti di imposta e/o sovvenzioni che consentano di effettuare «audit energetici»,

sgravi fiscali per i consumi di combustibili per riscaldamento, elettricità e forza motrice,

sgravi fiscali per l'acquisto di tecnologie efficaci dal punto di vista energetico e ambientale,

prestiti a tassi agevolati per l'acquisto di apparecchiature e impianti efficaci da un punto di vista energetico (per esempio caldaie a condensazione, termostati individuali, ecc.),

prestiti agevolati per gli interventi tramite le ESCO,

aiuti o detrazioni fiscali per gli investimenti in attività di ricerca e di sviluppo, o in progetti pilota, allo scopo di promuovere la diffusione delle nuove tecnologie in tema di efficienza energetica nell'edilizia,

aiuti alle famiglie a basso reddito e ai pensionati per migliorare l'efficienza energetica delle abitazioni,

prestiti a lungo termine e a tasso agevolato, finalizzati al miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici.

4.10

Il Comitato ritiene essenziale, per gli utenti finali, che si affrontino più direttamente i problemi di informazione e di finanziamento, sviluppando metodi innovativi: è indispensabile che i proprietari e gli inquilini non percepiscano queste nuove misure comunitarie come una nuova tassa che viene imposta su un bene primario come la casa.

4.11

Il rispetto del Protocollo di Kyoto e il risparmio energetico non devono apparire come un semplice trasferimento di costi supplementari dalle industrie produttrici di energia verso gli utilizzatori finali e verso i cittadini europei.

4.12

Per limitare oneri e gravami per i singoli proprietari, il Comitato ritiene che, ove possibile, la certificazione dovrebbe poter essere effettuata per l'intero edificio, sulla base di appartamenti a campione e valere per tutti gli appartamenti dell'edificio.

4.13

La realizzazione di un sito web, promosso dalla Commissione, in rete con i siti web nazionali, potrebbe essere utile per superare le barriere giuridiche, istituzionali, gestionali e tecniche che si frappongono ad un accesso user-friendly da parte degli utilizzatori finali.

4.14

Il Comitato ritiene importante sottolineare che è suo dovere dare il buon esempio in materia di efficienza energetica nella gestione dei propri edifici. Esso ha preso atto dell'eccellente esempio della «casa delle energie rinnovabili» di Bruxelles, situata nelle sue immediate vicinanze, che dimostra la possibilità di apportare notevoli migliorie agli edifici esistenti in modo efficace rispetto ai costi. Il Comitato stesso ha già introdotto dei miglioramenti a livello dei propri edifici e si è attivato per conseguire la certificazione EMAS; esso esorta ora la propria amministrazione a presentare una nuova relazione per illustrare lo stato di avanzamento dei lavori e individuare gli ulteriori miglioramenti possibili.

Bruxelles, 14 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  ESCO = Energy Service Company (società di servizi energetici).

(2)  Che attesti la sensibilità verso un uso efficiente delle risorse. Cfr. analoga proposta per la patente europea del computer.

(3)  Parere in merito al Libro verdeVerso una strategia europea di sicurezza dell'approvvigionamento energetico, relatrice: SIRKEINEN, GU C 221 del 7.8.2001, pag. 45; parere esplorativo sul tema L'approvvigionamento energetico dell'UE: strategia per un mix energetico ottimale, relatrice: SIRKEINEN, GU C 318 del 23.12.2006, pag. 185; parere esplorativo sul tema Efficienza energetica, relatore: BUFFETAUT, GU C 88 dell'11.4.2006, pag. 53; parere in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici, relatrice: SIRKEINEN, GU C 120 del 20.5.2005, pag. 115; parere in merito al Piano d'azione per l'efficienza energetica, relatore: IOZIA, GU C 10 del 15.1.2008, pag. 22.

(4)  Il 32 % per i trasporti, il 28 % per le industrie — Fonte: Commissione europea, DG ENTR.

(5)  Il PIL dell'edilizia corrisponde ad oltre il 5 % del PIL totale dell'UE.

(6)  Se il consumo medio degli edifici nelle regioni europee scendesse a 80 kWh/mq/anno, cioè in classe D, si potrebbe risparmiare molta dell'energia consumata nel comparto edile. Ciò è chiaramente presente nello spirito della direttiva 2002/91/CE.

(7)  Esistono, attualmente, tre tipi di contratto: il contratto a cessione globale limitata; il contratto a risparmio condiviso; il contratto a risparmio condiviso con quota garantita.

(8)  Ciò avviene con una finestra basso-emissiva, composta da due pareti in vetro con una intercapedine di gas nobile (kripto, xeno, argo).

(9)  Il potenziale contributo del sole, come fonte rinnovabile: la radiazione solare intercettata dalla Terra è di 177.000 TW; la radiazione solare al suolo è di 117.000 TW; il consumo globale energia primaria è di 12 TW (fonte: Università di Bergamo, facoltà di ingegneria).

(10)  Vengono definiti «passivi» gli edifici il cui consumo di energia è inferiore a 15 kWh/mq/anno.

(11)  Alcune di queste informazioni utili dovrebbero già essere fornite agli utenti finali ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 6, della direttiva 2003/54/CE.

(12)  EPBD — European Energy Performance of Buildings Directive.

(13)  In caso di acquisto, vendita, affittanza e successione.

(14)  Concentrazione energetica media: pannelli solari: ~ 0,2 kW/mq; macchina eolica: ~ 1-2 kW/mq; macchina idraulica: ~ 5.000 kW/mq; macchina termica: ~ 10 000 kW/mq (Fonte: Università di Bergamo, facoltà di ingegneria).

(15)  Cfr. nota 16 le norme le norme UN- CEN/Cenelec di riferimento, fin qui elaborate:

www.cen.eu/cenorm/businessdomains/sectors/utilitiesandenergy/news.asp.

(16)  EN ISO 6946 Componenti e elementi per edilizia; EN 10339 Impianti aeraulici ai fini del benessere; EN 10347 Riscaldamento e raffrescamento degli edifici; EN 10348 Riscaldamento degli edifici; EN 10349 Riscaldamento e raffrescamento degli edifici; EN 13465 Ventilazione degli edifici; EN 13779 Ventilazione negli edifici non residenziali; EN 13789 Prestazione termica degli edifici; EN ISO 13790 Prestazione termica degli edifici; EN ISO 10077-1 Prestazione termica di finestre, porte e chiusure; EN ISO 10077-2 Prestazione termica di finestre, porte e chiusure; EN ISO 13370 Prestazione termica degli edifici; EN ISO 10211-1 Ponti termici in edilizia; EN ISO 10211-2 Ponti termici in edilizia; EN ISO 14683 Ponti termici nelle costruzioni edili; EN ISO 13788 Prestazione igrometrica dei componenti e degli elementi per l'edilizia; EN ISO 15927-1 Prestazione termoigrometrica degli edifici; EN ISO 13786 Prestazione termica dei componenti per edilizia; EN 10351 Materiali da costruzione; EN 10355 Murature e solai; EN 410 Vetro per edilizia. Determinazione delle caratteristiche luminose e solari delle vetrate; EN 673 Vetro per edilizia. Determinazione della trasmittanza termica (valore U); EN ISO 7345 Isolamento termico. Grandezze fisiche e definizioni.

(17)  Cfr. decisione del primo ministro giapponese.

(18)  La temperatura nella Casa delle energie rinnovabili di Bruxelles non supera, nel periodo invernale, i 21°C.

(19)  Il joule, come unità di misura dell'energia, e il watt (1 joule/secondo), come unità di misura della potenza elettrica, sono destinati ad affiancare, nei processi educativi, le nozioni di metro, di litro e di chilogrammo.

(20)  Tra i vari tipi di energia, quella più economica è quella risparmiata!

(21)  Il valore della trasmittanza è destinato sempre più a raggiungere e superare il valore estetico delle componenti degli immobili.

(22)  Una caldaia a condensazione ha un rendimento del 120 % rispetto a una caldaia tradizionale, il cui rendimento si attesta sull'80 %.

(23)  La geotermia verticale si basa sul principio che la temperatura della Terra è più elevata in profondità, quindi una quantità di acqua spinta in un tubo, ad una certa profondità, risale poi ad una temperatura più elevata e, quindi, richiede una minore quantità di calore per raggiungere la temperatura necessaria per riscaldare i locali. La geotermia orizzontale consente di sfruttare la temperatura costante che ha la Terra ad una profondità di 4-5 metri e, quindi, consente di avere una temperatura dell'acqua più elevata, rispetto all'ambiente esterno, in una serpentina collocata a quella profondità. Il delta termico risulta, quindi, meno elevato. Ben diversa è la quantità di calore necessaria per portare una quantità di acqua da 6°C a 30°C, o da 14°C agli stessi 30°C.

(24)  Solar cooling: dal solare termico si può passare alla produzione di aria climatizzata fresca, con un notevole risparmio di energia. Il processo si basa sulla macchina frigorifera ad assorbimento di calore. L'impiego di collettori solari, come generatori di potenza termica per l'alimentazione di macchine frigorifere ad assorbimento, consente di utilizzare i pannelli nei periodi di maggiore insolazione.

(25)  Oggetto di raccomandazione dell'UE nell'articolo 4 della direttiva 93/76/CEE (GU L 237 del 22.9.1993, pag. 28). Nella fattispecie, si tratta di una soluzione tecnico-finanziaria che trova applicazione in una forma di appalto, che prevede la fornitura globale di servizi di audit, finanziamento, installazione, gestione e manutenzione di impianti tecnologici da parte di una società esterna, comunemente denominata ESCO (Energy Saving Company) e chiamata a remunerare l'investimento per la realizzazione dei nuovi impianti, ipotecando per un certo numero di anni una parte del valore economico del risparmio energetico previsto a seguito dell'intervento.

(26)  Direttiva 89/106/CEE.

(27)  Direttiva 93/76/CEE.

(28)  Direttiva 93/76/CEE, abrogata dalla direttiva 2006/32/CE.

(29)  Direttiva 2002/91/CE.

(30)  Direttiva 2005/32/CE.

(31)  Direttiva 2006/32/CE.

(32)  Direttiva 92/42/CEE.

(33)  Decisione 2006/1005/CE.

(34)  Direttiva 92/75/CEE.

(35)  Direttiva 96/57/CE.

(36)  Direttiva 2000/55/CE.

(37)  Cfr., fra gli altri, l'Italia.

(38)  Cfr. invio di un «parere motivato» alla Francia e alla Lettonia il 16 ottobre 2007.

(39)  Overview on Energy Consumption and Saving PotentialsCarsten Petersdorff (Ecofys ECOFYS GmbH, Eupener Straße 59, 50933 Colonia, Germania) maggio 2006.

(40)  Rispetto al tenore energetico del combustibile utilizzato, le perdite complessive di energia sono pari al 35 % per i sistemi che hanno le prestazioni migliori, e al 77 % per quelli meno efficaci.

(41)  Totale dei consumi elettrici diviso per il numero di famiglie.

(42)  Per questa tipologia di apparecchi la Commissione europea ha adottato nel marzo 2002 una direttiva (2002/31/CE) la cui piena applicazione era stata fissata per il giugno 2003, poi posposta all'estate 2004, mirata all'introduzione di apparecchi più efficienti. In particolare gli indici di efficienza energetica fissati per i condizionatori di piccola taglia di classe A erano pari a 3,2. Tuttavia, sul mercato vi sono già modelli con indice di efficienza energetica superiore, da 4 a 5,5 per i modelli migliori. Ciò significa che la diffusione generalizzata di una classe A non è più un obiettivo ambizioso, ma significa anche che i margini di risparmio sono molto ampi, poiché sul mercato europeo sono ancora molto diffusi i modelli di classe D ed E, con indice di efficienza di circa 2,5.

(43)  Cfr. nota 37.

(44)  Energy efficiency standard as measured by Japan's «CASBEE» rating. Fonte: From Red Lights to Green Lights: Town Planning Incentives for Green Building presentation to the Talking and walking sustainability international conference, February 2007 Auckland. Autore: Matthew D. Paetz, Planning Manager, BA, BPlan (Hons), MNZPI. Coautore: Knut Pinto-Delas, Urban Designer, Masters of Urban Design (EIVP, Parigi).

(45)  Giappone: Law Concerning Rational Use of Energy, Legge n. 49 del 22 giugno 1979.

(46)  USA: Residential Energy Code ComplianceIECC 2006 on the residential requirements of the 2006 International Energy Conservation Code, http://www.energycodes.gov/.

(47)  USA: the National Energy Policy and Conservation Act (NEPCA) 1987.

(48)  Negli USA il 63 % degli Stati ha adottato il codice MEC per l'edilizia residenziale e l'84 % ha adottato lo standard Ashrae/IES 90.1-2001 per l'edilizia commerciale, uno standard tecnico sviluppato dall'American Society of Heating, Refrigerating and Air-Conditioning Engineers — Ashrae e dall'Illuminating Engineering Society of North America — IES/IESNA.

Cfr. http://www.ashrae.org/ e http://www.greenhouse.gov.au/buildings/publications/pubs/international_survey.pdf.

(49)  Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul rendimento energetico nell'edilizia, relatore: LEVAUX, GU C 36 dell'8.2.2002, pag. 20.

(50)  Parere concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici, relatrice: SIRKEINEN, GU C 120 del 20.5.2005, pag. 115.


25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/72


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Eventuali effetti positivi o negativi dei maggiori vincoli ambientali ed energetici sulla competitività dell'industria europea

(2008/C 162/14)

La presidenza slovena, in data 20 settembre 2007, ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo di elaborare un parere esplorativo sul tema:

Eventuali effetti positivi o negativi dei maggiori vincoli ambientali ed energetici sulla competitività dell'industria europea.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore WOLF.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 128 voti favorevoli e 1 astensione.

Indice:

1.

Sintesi e conclusioni

2.

Punto di partenza e osservazioni generali

3.

Osservazioni specifiche, analisi e conclusioni

4.

Osservazioni particolari e raccomandazioni

1.   Sintesi e conclusioni

1.1

Nel presente parere il Comitato tratta il tema della politica energetica e dei cambiamenti climatici ed esamina in quali circostanze sorgono vantaggi o svantaggi per la competitività dell'UE se si riducono nettamente i consumi energetici e le emissioni di gas a effetto serra. In questo contesto è prestata particolare attenzione soprattutto agli aspetti economici.

1.2

Data la dipendenza reciproca tra la competitività, il potenziale economico, i posti di lavoro e il benessere sociale dei cittadini, la questione trattata è di grande rilevanza anche per il futuro sociale dell'Europa.

1.3

Il Comitato arriva alla conclusione che le sfide da affrontare in questo contesto rappresentano un'opportunità per innescare in Europa un'ondata di innovazioni e di investimenti, rafforzando così l'economia e la competitività (globale) dell'industria europea. Se si riesce a far questo, i vantaggi supereranno gli svantaggi anche per quanto riguarda la situazione occupazionale e il rafforzamento del modello sociale europeo.

1.4

Una premessa decisiva a tal fine è che vengano messe in atto misure adeguate di politica energetica, economica e di ricerca, che si applichino i principi giusti e si eviti un eccesso di regolamentazioni. In caso contrario vi è motivo di temere che gli svantaggi prevalgano — consumi troppo elevati, energia troppo cara, perdita della competitività dell'economia, delocalizzazione, messa a rischio del modello sociale europeo — e determinino degli sviluppi negativi. Disporre di energia a un prezzo sostenibile è la linfa vitale irrinunciabile delle società industriali e dei servizi moderni con tutte le loro conquiste sociali e culturali. Il costo dell'energia non deve pertanto essere ulteriormente aumentato, al di là di quanto risulta inevitabile per ragioni di tutela del clima e di diminuzione delle risorse, con altri provvedimenti statali.

1.5

Di conseguenza il filo conduttore di tutti gli obiettivi e gli strumenti in materia di politica energetica deve essere il livello più alto possibile di redditività; solo in questo caso si potranno minimizzare i costi per l'intera economia e gli oneri sociali per i cittadini. Per quanto riguarda la tutela del clima, il parametro per la misura di tale redditività è rappresentato dai costi sostenuti per evitare un determinato volume di emissioni (ad esempio di CO2). Per quanto riguarda invece i consumi energetici, ovvero la sicurezza degli approvvigionamenti, il parametro migliore è l'efficienza energetica (restando inteso che occorre definire correttamente tali grandezze). Gli strumenti europei in materia di politica energetica e climatica dovrebbero pertanto essere centrati su misure di efficienza energetica convenienti economicamente e sull'impiego di tecnologie energetiche economicamente convenienti e sostenibili.

1.6

Il filo conduttore delle misure politiche comunitarie dovrebbe essere una politica climatica ed energetica capace di favorire un approccio cooperativo, con partenariati fra il settore pubblico e quello privato, un approccio che permetta di sfruttare e collegare al meglio i punti di forza in materia economica, geografica e di risorse dei singoli Stati membri. Così ad esempio le tecniche per lo sfruttamento delle energie rinnovabili in Europa andrebbero applicate là dove esistono le condizioni più idonee a tal fine, soprattutto climatiche, e anche le forme di trasmissione più adatte, e non dove esse ottengono le sovvenzioni più alte. Si dovrebbero inoltre mettere a punto anche misure di cooperazione globale per lo sviluppo e l'impiego di tecniche di risparmio energetico e tecniche volte a evitare le emissioni di gas a effetto serra.

1.7

Nonostante l'urgenza dei problemi climatici, il ritmo dei cambiamenti e aggiustamenti necessari in materia di approvvigionamento e di consumi energetici non deve sopravanzare la capacità di adattamento dell'economia e della società. Criteri di valutazione di tale capacità sono: i cicli di ammortamento, i tempi necessari per formare le persone, le tappe di sviluppo delle tecnologie innovative e soprattutto gli adeguamenti socialmente sostenibili, le misure di formazione e altri cambiamenti sociali. La ricerca e lo sviluppo devono apportare un importante contributo in questo campo.

1.8

In nome di un approccio bottom-up si dovrebbero rendere possibili e promuovere le iniziative autonome di tutti gli attori e la pluralità, la diversificazione e la flessibilità delle tecniche e dei processi economici; infatti, solo dalla pluralità e dalla concorrenza dei diversi approcci, innovazioni e processi nasce la solidità necessaria per far fronte alle crisi isolate ed emergono di volta in volta le tecniche più efficienti. Da ciò consegue che abbiamo bisogno anche di un ampio mix energetico che non escluda troppo prematuramente nessuna tecnica che si dimostri ragionevole (1).

1.9

Nel definire gli obiettivi, le disposizioni normative e gli strumenti della politica energetica si dovrebbe tenere conto dei limiti di ciò che è tecnicamente possibile ed evitare in ogni modo le regolamentazioni eccessive e le sovrapposizioni, che comportano delle contraddizioni. Esse determinano una distorsione nell'allocazione delle risorse e portano quindi ad aumenti dei costi, inutili e dannosi per la prosperità e la competitività. Allo stesso tempo questi obiettivi e strumenti devono essere credibili nel tempo, poiché in base ad essi vengono effettuati investimenti costosi e si determineranno nuovi sviluppi, che solo se sfruttati per un periodo sufficientemente lungo creeranno benefici economici e quindi anche posti di lavoro e prosperità.

1.10

Ove possibile, alle regolamentazioni dettagliate si dovrebbero preferire sempre gli incentivi economici, come ad esempio un'assegnazione dei diritti di emissione definita in modo razionale. Costi energetici sostenibili continuano ad essere il presupposto della competitività a livello mondiale e anche dei servizi sociali di base e della formazione di capitale dell'industria europea necessaria per i nuovi investimenti e per sostenere le spese di R&S.

1.11

Occorrono inoltre una ricerca e uno sviluppo vasti e nettamente potenziati in materia di tecniche energetiche rispettose del clima e capaci di risparmiare risorse, unitamente alla formazione degli ingegneri, dei ricercatori e dei tecnici necessari per attuarle. I procedimenti innovativi per lo sfruttamento delle energie rinnovabili, che sono ancora lontani da una redditività accettabile, dovrebbero essere adeguatamente sviluppati, ma non introdotti prematuramente sul mercato grazie a sovvenzioni elevate (o a prezzi imposti). Questi fondi si dovrebbero invece investire in programmi potenziati per la ricerca e lo sviluppo di tecniche energetiche sostenibili e capaci di evitare le emissioni di CO2 fino a quando queste ultime non siano pronte per il mercato. Tutte le misure dovrebbero pertanto essere centrate sullo sviluppo innovativo e l'impiego efficiente di tecnologie energetiche a basso consumo di energia, rispettose del clima e competitive.

1.12

Occorre tuttavia tenere presente che bisogna definire obiettivi climatici globali e vincolanti per tutti i maggiori paesi emittenti, al fine di creare regole del gioco uguali per tutti a livello mondiale. Solo così si potrà evitare che i costi energetici più elevati dell'UE determinino una distorsione pregiudizievole della concorrenza mondiale, cominciando con la progressiva delocalizzazione delle industrie ad intenso consumo energetico, peraltro senza che ciò abbia alcun effetto positivo sulla protezione del clima (carbon leakage). Il CESE appoggia l'impegno di tutti gli attori europei nel perseguire questo obiettivo (ad es. la Conferenza di Bali). Finché esso non sarà raggiunto si deve evitare di imporre oneri che conducono a una distorsione della concorrenza per le industrie ad alto consumo energetico, perché senza di esse l'Europa non si manterrà competitiva nel lungo periodo.

2.   Punto di partenza e osservazioni generali

2.1

L'importanza dell'energia. Lo sviluppo e l'uso intensivo di processi industriali, macchinari e mezzi di trasporto che consumano energia ha contribuito in misura decisiva al raggiungimento del nostro tenore di vita attuale: l'energia ha liberato le persone dal peso della fatica fisica, moltiplicato la loro produttività, fornito luce e calore, rivoluzionato le rese agricole, consentito livelli di mobilità e comunicazione senza precedenti. L'energia è diventata la linfa vitale delle moderne economie sociali e il presupposto di tutti i servizi fondamentali.

2.2

Problematica. In base alla maggior parte delle previsioni, di qui al 2060, il fabbisogno energetico mondiale — a causa della crescita demografica e del fabbisogno legato allo sviluppo di molti paesi — raddoppierà (o addirittura triplicherà). Notoriamente questo processo trova ostacoli in due preoccupanti sviluppi che richiedono un'azione politica globale per far fronte a gravi conflitti e crisi economiche: l'esaurimento delle risorse e la protezione dell'ambiente. Sebbene in questo contesto il contributo antropico al cambiamento climatico («gas a effetto serra», specialmente CO2, metano e protossido di azoto) costituisca il problema ambientale principale, occorre tener conto anche delle ripercussioni che tutte le misure proposte possono avere sulla biodiversità, sulla salute e sulla gestione sostenibile delle risorse e dei rifiuti.

2.3

Consiglio europeo. Le conclusioni del Consiglio europeo di primavera del 2007 evidenziano le seguenti priorità in materia di politica energetica:

aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento,

tutelare la competitività delle economie europee e l'accesso all'energia a prezzi sostenibili,

promuovere la compatibilità ambientale e la lotta contro i cambiamenti climatici.

2.3.1

Il Comitato ha elaborato alcuni importanti pareri su questo tema che sono elencati nell'allegato (2).

2.4

Richiesta della presidenza slovena. Il ministro dell'Economia sloveno A. VIZJAK ha informato per iscritto il Comitato che tra le priorità della presidenza slovena nel campo della politica industriale figura l'obiettivo di promuovere un'economia europea il più efficiente possibile sotto il profilo energetico e con emissioni di gas a effetto serra quanto più possibile basse. A tal fine è particolarmente importante offrire incentivi per l'innovazione e per l'uso di tecnologie e prodotti compatibili con l'ambiente. Il relativo piano d'azione per una politica industriale sostenibile è in corso di elaborazione e sarà esaminato durante il Consiglio europeo di primavera del 2008. In questo contesto il Comitato è stato invitato ad esprimere il suo parere in merito agli eventuali effetti positivi o negativi dei maggiori vincoli ambientali ed energetici sulla competitività dell'industria europea.

2.5

Competitività, forza economica e benessere sociale. I documenti più recenti della commissione consultiva per le trasformazioni industriali (3) e anche del Comitato (4) (ad es. 58 concrete measures to ensure the success of the Lisbon strategy — misure concrete per assicurare il successo della strategia di Lisbona) hanno evidenziato lo stretto legame che esiste tra la competitività, il potenziale economico e la flessibilità necessaria per garantire i servizi sociali di base. Il presente parere si concentra quindi sugli aspetti economici (5) del tema oggetto della richiesta.

2.6

Paesi industrializzati. I paesi industrializzati sviluppati hanno senz'altro degli obblighi particolari, innanzitutto perché la loro quota di emissioni di gas a effetto serra è più elevata e in secondo luogo perché svolgono ancora un ruolo d'avanguardia nello sviluppo delle nuove tecnologie. Queste ultime vanno dal risparmio energetico, l'aumento dell'efficienza energetica e l'utilizzo di fonti di energia a emissioni zero (o a bassa emissione) (6), allo sviluppo di processi e tecniche adatte. Si tratta, distinguendo tra necessità, aspirazioni e realtà economica, di individuare la scelta giusta e perseguirla con realismo e determinazione.

2.7

Costi  (7). Attualmente, però, l'uso di forme di energia che rispettano maggiormente il clima significa, per il singolo consumatore e per i processi industriali, nella grande maggioranza dei casi (8), costi più elevati. Ne sono un esempio l'energia eolica e solare (9) (nella sola Germania, ad es., sono stati spesi 4 miliardi di euro nel 2007 per sovvenzionare l'uso delle energie rinnovabili (10)) o le centrali a carbone con sistemi di cattura e stoccaggio di CO2 (CCS), ancora in fase sperimentale. Tecnologie complesse dal costo più elevato sono necessarie anche per le pompe di calore o i veicoli che consumano carburanti con emissioni basse o addirittura nulle di CO2.

2.8

Rischi. Nella misura in cui questi costi considerevoli non comportano una riduzione altrettanto considerevole dell'uso delle risorse e finché le economie concorrenti extraeuropee non dovranno sopportare costi simili, la competitività europea ne risulterà penalizzata. «L'Europa può essere esemplare nella lotta contro i cambiamenti climatici, ma non può accettare una concorrenza sleale da parte di quei paesi che non impongono nessun vincolo ambientale alle loro imprese» (11). In Europa i costi del personale (salari, prestazioni sociali) sono molto più elevati rispetto a quelli delle economie emergenti, come la Cina o l'India, e pesano quindi fortemente sulla competitività europea; pertanto ogni ulteriore aumento unilaterale dei costi di produzione legato agli obiettivi di protezione del clima risulta ancora più oneroso e pericoloso.

2.9

Opportunità. Se la stragrande maggioranza dei paesi extraeuropei quali ad esempio la Cina, l'India e gli Stati Uniti adottasse simili misure di tutela del clima, vi sarebbe però addirittura l'opportunità di esportare le tecniche energetiche rispettose dell'ambiente sviluppate in Europa, dando così un contributo utile non solo all'economia europea, ma anche alla riduzione globale dei consumi e delle emissioni di CO2. La storia dell'economia mostra del resto che i periodi di crisi sono spesso seguiti da una più forte apertura verso le innovazioni e dallo sviluppo e dall'uso di nuove tecnologie, che, a lungo termine, rilanciano la crescita e la ripresa economica (finora però anche i consumi energetici!). Tutte le misure adottate in Europa dovrebbero pertanto essere incentrate sullo sviluppo innovativo e sull'uso efficiente di tecnologie energetiche che consentano di risparmiare energia, senza effetti sul clima e competitive, mentre si dovrebbero intensificare gli sforzi di politica estera per raggiungere accordi globali adeguati — i risultati della Conferenza di Bali indicano che, quanto meno, si continua a trattare (cfr. punto 2.11).

2.10

Problemi. Se però questi sforzi non produrranno risultati, sorgeranno grossi problemi. Innanzitutto interi rami dell'industria, i cui costi di produzione dipendono in maniera determinante dai costi dell'energia e del CO2, non saranno più competitivi sui mercati mondiali e cesseranno la loro produzione in Europa, sopprimendo i relativi posti di lavoro, per trasferirla in quei paesi che hanno costi energetici più contenuti e nessun costo per le emissioni di CO2. Del resto questo processo è già in corso in determinati comparti, come quelli dell'alluminio e del cemento (12). È evidente che la Commissione, grazie a una «valutazione d'impatto» (13), è perfettamente consapevole del problema; il Comitato ritiene tuttavia che vada trovata rapidamente una soluzione valida se si vogliono evitare ulteriori danni all'economia nel suo complesso. Oltre alla delocalizzazione delle industrie in attività, il problema principale sarà infatti che in futuro il flusso di capitali internazionale dirigerà i propri investimenti in nuovi impianti verso le regioni con bassi costi in campo energetico e di CO2 e non più verso l'Europa.

2.10.1

Delocalizzazione e carbon leakage . Questa delocalizzazione comporta inoltre una riduzione delle emissioni di CO2 nell'UE, ma a livello globale la quantità di CO2 immessa nell'atmosfera rimarrà esattamente la stessa o addirittura aumenterà; infatti, se la produzione delocalizzata utilizzerà tecniche più a buon mercato di quelle impiegate già ora o che saranno in futuro applicate in Europa, probabilmente ci sarà addirittura un aumento globale del volume dei gas a effetto serra (ad eccezione della produzione idroelettrica in paesi come la Norvegia), cui si deve aggiungere l'aumento delle emissioni di CO2 dovute ai trasporti.

2.10.2

Intensità energetica dell'economia. Se questo si verificasse, l'economia europea avrebbe perso importanti produzioni industriali e posti di lavoro, senza aver minimamente contribuito alla protezione del clima. Contemporaneamente, essendosi trasferite altrove le industrie ad alto consumo energetico, l'Europa avrebbe riportato un (apparente) successo temporaneo nella corsa all'efficienza energetica dell'economia  (14), cioè nella cosiddetta intensità energetica (rapporto fra i consumi di energia e il prodotto interno lordo).

2.10.3

Settore dei servizi. Anche il settore dei servizi, che rappresenta una gran parte del potenziale economico dell'Europa, può prosperare a lungo termine solo se l'industria europea rimane competitiva ed è pertanto penalizzato, nel confronto a livello internazionale, dai costi eccessivamente elevati dell'energia.

2.11

Accordi globali. Accordi globali, vincolanti ed equilibrati volti a ridurre le emissioni dei gas a effetto serra devono dunque costituire l'obiettivo prioritario di tutti gli sforzi internazionali in questo campo e non solo nell'interesse della protezione climatica (nel quale, infatti, si registreranno risultati tangibili solo se anche i grandi paesi emittenti di CO2 quali la Cina, l'India e gli Stati Uniti adottano le misure di protezione del clima). Il Comitato accoglie quindi con favore tutti gli sforzi in questo senso della Comunità, degli Stati membri e delle organizzazioni quali il G8, l'ONU, l'Unesco, l'OCSE, l'AIE, ecc., come per esempio l'appena conclusasi Conferenza di Bali.

3.   Osservazioni specifiche, analisi e conclusioni

3.1

Politica energetica e di protezione del clima. Per essere efficace la politica energetica e di protezione del clima deve portare a una diminuzione significativa dei consumi energetici e delle emissioni dei gas a effetto serra, preparare la società e i suoi attori determinanti (per es. architetti, investitori, imprenditori, insegnanti, studenti, cittadini, consumatori, ecc. poiché si tratta di una questione che interessa tutti, da un capo all'altro della catena) ai cambiamenti necessari, configurando però questo processo di adeguamento in modo tale da non compromettere la competitività globale dell'economia europea, vale a dire mantenendo l'equilibrio tra gli obiettivi del punto 2.3. Da tutto ciò derivano sfide e opportunità.

3.2

La sfida. L'aumento della domanda di energia a livello mondiale e la politica europea dell'energia e della protezione del clima degli ultimi anni hanno portato a un forte rincaro dell'energia e dei prodotti derivati. Per perseguire con la stessa intensità i tre obiettivi del punto 2.3 e riuscire anche ad accumulare a tal fine le risorse economiche necessarie per investire in futuro nelle tecnologie innovative, l'economia europea dovrebbe disporre di rifornimenti energetici ai prezzi più vantaggiosi possibili, nonostante l'aumento della domanda mondiale e nel rispetto della necessaria protezione del clima. I costi dell'energia non devono pertanto essere ulteriormente aumentati a causa di provvedimenti statali al di là di quelli strettamente necessari in ragione dei cambiamenti climatici e della scarsità di risorse.

In riferimento alle singole misure necessarie a tal fine e al loro impatto è possibile che si verifichino conflitti d'interesse fra fornitori e consumatori di energia.

3.3

Incentivi e scambio delle quote di emissione. A questo proposito vi sarà bisogno di adeguati incentivi economici affinché, nel quadro dei cicli di investimento, si impieghino tecniche efficienti di sfruttamento energetico, anche se i loro costi di investimento risultassero eventualmente maggiori. Se tali investimenti non vengono fatti nonostante la loro convenienza economica, si devono analizzare ed eliminare i fattori che li ostacolano. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, gli investimenti in efficienza energetica (cfr. punto 4.1) permettono di ridurre al minimo i costi sostenuti per evitare le emissioni di CO2. Teoricamente lo scambio di emissioni (emissions trading) potrebbe essere uno di questi strumenti di mercato. Occorre però migliorarne sensibilmente le attuali modalità di applicazione (cfr. punto 4.3) al fine di evitare un determinato volume di emissioni di CO2 con i costi più bassi possibile. La sovrapposizione con altri strumenti di sostegno alle energie rinnovabili e incentivi non corretti nel quadro dell'assegnazione delle quote (in particolare l'assenza di una correlazione tra le quote assegnate e la produzione effettiva, cosa che rende lo scambio delle quote anche un premio per la cessazione della produzione) si sono tradotti in profitti inattesi (windfall profits) che hanno determinato un aumento dell'energia elettrica dell'ordine di alcuni miliardi di euro. La messa all'asta completa delle quote proposta dalla Commissione condurrebbe solo a ulteriori aumenti.

3.4

Opportunità reali. Se nei prossimi 15-25 anni si riusciranno a concentrare tutti i numerosi investimenti di sostituzione o i nuovi investimenti necessari in questo arco di tempo su tecnologie redditizie, in grado di far risparmiare energia e di ridurre le emissioni, allora la protezione del clima potrà avere un impatto positivo sulla competitività dell'industria europea e, nonostante l'aumento del prezzo dell'energia, offrire un'opportunità di una maggiore prosperità generale.

3.5

Presupposti e raccomandazioni. Di seguito si discuteranno quindi alcuni presupposti necessari per tradurre nella pratica queste opportunità e si formuleranno le relative raccomandazioni. Un presupposto decisivo è che si mettano in atto le misure adeguate di politica energetica, di politica economica e di politica di ricerca, che si applichino i principi corretti e si evitino le regolamentazioni eccessive. Gli strumenti politici devono stimolare e rendere possibili le soluzioni economiche più redditizie; gli obiettivi quantitativi non devono prevedere un ritmo di cambiamento superiore a quello che un'economia sana può sopportare. I parametri di valutazione di questo ritmo sono i cicli di ammortamento, i tempi necessari per formare le persone, la tappe di sviluppo delle nuove tecnologie e soprattutto gli adeguamenti socialmente sostenibili, le misure di formazione e le altre trasformazioni sociali. La ricerca e lo sviluppo devono apportare un importante contributo in questo campo.

3.6

Un approccio ampio: pluralità, diversificazione, flessibilità e reciprocità. Secondo il principio di un approccio bottom-up si dovrebbero rendere possibili e promuovere le iniziative autonome di tutti gli attori e la pluralità, la diversificazione e la flessibilità delle tecniche e dei processi economici, senza per questo privilegiare un campo particolare. Solo grazie a un approccio ampio e alla concorrenza tra diverse opzioni, innovazioni e processi differenti si genera la solidità per superare crisi puntuali e si individuano i metodi e le tecniche particolarmente efficienti di volta in volta e la loro combinazione ottimale. Da ciò consegue che abbiamo bisogno anche di un mix energetico ampio che non escluda troppo prematuramente nessuna tecnica che si dimostri ragionevole (15). Per garantire il nostro approvvigionamento energetico occorre creare un'idonea compenetrazione fra produttori, fornitori e consumatori lungo tutta la catena di rifornimento, dal punto di trivellazione fino al cliente. Per realizzare ciò abbiamo bisogno di relazioni economiche reciproche, ovvero di condizioni sicure sia per gli investimenti di capitale straniero nell'UE che per gli investimenti dell'UE nei paesi fornitori.

3.7

Misure di politica europea e cooperazione globale. La politica climatica ed energetica europea dovrebbe favorire un approccio cooperativo, con partenariati fra il settore pubblico e quello privato, un approccio nel cui ambito si sfruttino e si colleghino al meglio i rispettivi punti di forza economici, geografici e quelli in materia di risorse dei vari Stati membri. Ad esempio nel territorio europeo le tecniche per lo sfruttamento delle energie rinnovabili si dovrebbero impiegare là dove esistono le migliori condizioni, soprattutto climatiche, e anche le forme di trasmissione più adatte e non dove esse ricevono il sostegno più forte a livello nazionale. Si dovrebbero inoltre mettere a punto anche misure di cooperazione globale per lo sviluppo e l'impiego di tecniche per il risparmio energetico e per evitare le emissioni di gas a effetto serra.

3.8

Obiettivi quantitativi che sono in contraddizione tra loro  (16) e si sovrappongono. Se si riesce ad aumentare al massimo possibile la redditività si minimizzano i costi per l'economia e gli oneri sociali per i cittadini.

Obiettivi energetici e di protezione del clima che si sovrappongono creano però un sistema eccessivamente dettagliato e soluzioni non redditizie e sono pertanto da evitare, come illustrano gli esempi seguenti:

l'obiettivo generale dell'UE in materia di protezione del clima, ovvero, conformemente alla decisione del Consiglio del marzo 2007, la riduzione del 20 % delle emissioni di CO2 nel periodo tra il 1990 e il 2020, comporterà una perdita di PIL (17) (secondo la stima della Commissione europea del 23.1.2008) compresa tra i 480 e i 560 miliardi di euro (GWS/Prognos) (18) nel periodo 2013-2020; ciò va accettato e deve costituire il punto di riferimento per le azioni future.

La fissazione di un obiettivo supplementare consistente in una quota ambiziosa del 20 % di energie rinnovabili nel mix energetico fa tuttavia aumentare ulteriormente questi costi, poiché i costi per evitare le emissioni di CO2 associati alle energie rinnovabili sono molto più elevati di quelli delle altre misure di riduzione di tali emissioni.

Emergono inoltre ulteriori svantaggi e complicazioni nel momento in cui anche l'efficienza energetica dell'intera economia (cfr. punto 2.10.2) è considerata un obiettivo supplementare quantificato esplicitamente (20 %). Il modo più semplice per raggiungere questo obiettivo, infatti, è delocalizzare l'industria oppure, basandosi sulla definizione standard dell'efficienza energetica (19), passare dal mix energetico di energia nucleare e carbone a quello (nettamente più caro) di gas ed energie rinnovabili. Questi effetti collaterali indesiderati mostrano che l'efficienza energetica dell'industria non dovrebbe essere un obiettivo in sé, ma un mezzo, seppure importantissimo, per raggiungere in modo duraturo i tre grandi obiettivi citati al punto 2.3.

Pertanto, il Comitato raccomanda che tutte le misure di protezione del clima siano innanzitutto valutate in relazione al loro impatto sul PIL in modo accurato e obiettivo affinché, nel quadro dell'indispensabile riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, si salvaguardi la competitività dell'industria europea e si consegua un'allocazione ottimale delle risorse.

3.8.1

Studi. Alcuni studi (20) fanno pensare che:

un obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 per l'UE di poco inferiore al 20 % (21) sia economicamente immaginabile se la politica e la società riusciranno a realizzare coerentemente le misure più efficaci sotto il profilo dei costi (studio McKinsey bottom-up, in cui vengono esattamente precisate le misure necessarie e possibili); esistono invero anche studi che presentano come economicamente realizzabili obiettivi di riduzione più elevati; tuttavia, questi ultimi, in quanto studi top-down non spiegano veramente come ciò possa avvenire.

Il costo di un'ulteriore riduzione di un punto percentuale delle emissioni di CO2 aumenterà però drasticamente (perdite cumulate di PIL tra i 480 e i 560 miliardi di euro, cfr. punto 3.8); così ad esempio una riduzione delle emissioni del 20 % esige già il passaggio costoso del mix energetico dal carbone al gas e alle energie rinnovabili.

La fissazione inoltre di un obiettivo supplementare, che consiste nell'innalzare al 20 % la percentuale di energie rinnovabili nel mix energetico, comporterà spese pari a molti miliardi di euro, trattandosi di un obiettivo raggiungibile solo sovvenzionando fortemente l'uso di tecnologie che, almeno allo stato attuale della tecnica, non sono redditizie.

3.8.2

Equilibrio fra gli obiettivi del punto 2.3. Nel rispetto dell'equilibrio necessario fra i tre obiettivi in materia di politica energetica e ambientale enunciati al punto 2.3, gli strumenti politici dovrebbero mirare, attraverso l'attuazione di misure di riduzione delle emissioni di CO2 economicamente interessanti, a conseguire effettivamente risultati realistici senza causare danni all'economia. Se, tuttavia, si pretende in più una riorganizzazione del mix energetico — costosa perché prematura dato lo stato della tecnica — a favore di una quota di energie rinnovabili troppo elevata e, in aggiunta, in vista di un obiettivo di efficienza energetica dell'intera economia eccessivamente vincolante, da un lato si avrà un'allocazione distorta delle risorse (22) e, dall'altro, sorgerà il rischio che la domanda di tecnologie particolarmente efficaci per la protezione ambientale non possa più essere soddisfatta con la produzione europea. Secondo uno studio della Commissione europea (23), ad esempio, un prezzo delle emissioni di CO2 oscillante fra i 20 e i 25 euro a tonnellata avrebbe già ripercussioni considerevoli sulla competitività di molti comparti dell'industria.

3.9   Ricerca e sviluppo, formazione

3.9.1

Rafforzare la ricerca e sviluppo (R&S) lungo l'intera catena energetica è il prerequisito per favorire l'evoluzione tecnologica indispensabile per proporre nuove alternative, ridurre i costi e ottenere una maggiore efficienza nello sfruttamento e nella promozione delle risorse, nella trasformazione dell'energia, nel suo stoccaggio fino al momento della sua utilizzazione nell'industria, nei trasporti e da parte dei consumatori privati. Come richiesto più volte dal Comitato, si dovrebbero aumentare significativamente i fondi destinati alla R&S, che dovrebbero profittare anche di una riduzione delle elevate sovvenzioni concesse a tecnologie non ancora in grado di stare autonomamente nel mercato.

3.9.2

In questo contesto, gli aiuti statali concessi alla ricerca energetica si dovrebbero concentrare sulla ricerca di base, la cui importanza è fondamentale (catalisi, biotecnologie bianche/verdi, ricerca di nuovi materiali, fusione nucleare, eliminazione degli attinidi), mentre gli operatori economici, incluse le PMI, dovrebbero finanziare la R&S applicata. Bisogna inoltre formare adeguatamente tutto il personale necessario, dai tecnici e ingegneri ai ricercatori, e informare tutti coloro che sono interessati indirettamente all'energia, anche come consumatori.

4.   Osservazioni particolari e raccomandazioni

4.1   L'efficienza energetica: un'opzione no regret

L'efficienza energetica aumenta la sicurezza degli approvvigionamenti, riduce l'impatto ambientale e stabilizza il prezzo dell'energia.

Aumentando l'efficienza energetica si potranno risparmiare, a livello mondiale, di qui al 2030, circa 6 Gt (miliardi di tonnellate) di CO2  (24) in costi negativi.

Essa è l'elemento chiave per integrare Stati extraeuropei in un accordo globale per la protezione del clima.

Per la sua ottimizzazione si devono risolvere i conflitti di obiettivi di ordine giuridico relativi al diritto di locazione e al tasso di riciclaggio.

Per misurare l'efficienza energetica di ogni Stato bisogna basarsi sull'uso dei beni da parte del consumatore finale e non esclusivamente sul consumo di energia in relazione al PIL.

Per i prodotti che consumano energia, nel caso di conflitti di obiettivi si dovrebbe centrare l'attenzione sulla fase dell'utilizzazione.

L'efficienza energetica dovrebbe essere promossa soprattutto nei settori dove sono possibili elevati risparmi, soprattutto nell'edilizia e nelle centrali elettriche.

I cicli di investimento e il periodo di ammortamento sono gli elementi che determinano la redditività dell'efficienza energetica.

Essi devono svolgere un ruolo decisivo anche per le energie rinnovabili (cfr. il punto sulle energie rinnovabili).

Gli impianti industriali che soddisfano i parametri di valutazione dell'efficienza energetica non devono essere assoggettati a costi supplementari imposti da determinati strumenti politici, come lo scambio delle quote di emissioni (ad es. la messa all'asta delle quote).

Il potenziale globale dell'efficienza energetica dovrebbe essere individuato settore per settore (25).

4.2   Le energie rinnovabili

4.2.1

Le energie rinnovabili contribuiscono all'approvvigionamento sostenibile (maggiore sicurezza degli approvvigionamenti, produzione di energia con poche o senza emissioni di CO2). A lungo termine devono riuscire a sussistere senza aiuti e diventare così nettamente più efficienti.

4.2.2

In futuro la promozione e lo sviluppo delle energie rinnovabili dovrebbero pertanto tenere presenti i seguenti aspetti, con l'obiettivo di ottimizzare la redditività degli aiuti concessi.

Le sovvenzioni dovrebbero mirare a raggiungere la migliore redditività possibile.

Si dovrebbero sviluppare i mercati guida soprattutto mediante condizioni quadro adeguate, e non ai danni delle industrie esistenti che hanno dato prova delle loro capacità, ma compatibilmente con esse.

Gli strumenti di sostegno dovrebbero favorire le aree del territorio dell'UE che si rivelino di volta in volta le più adatte. Si dovrebbe usare la biomassa a fini energetici nei luoghi in cui essa viene prodotta (costi di trasporto).

Le tecnologie per l'uso delle energie rinnovabili, ancora lontane da una buona redditività, dovrebbero essere sviluppate con gli strumenti della R&S e non imponendone l'uso generalizzato e prematuro attraverso ingenti finanziamenti pubblici.

La promozione dell'efficienza energetica dovrebbe essere combinata in modo razionale con quella delle energie rinnovabili: le misure di efficienza energetica devono essere realizzate per prime allo scopo di promuovere, in un secondo momento, l'uso delle energie rinnovabili. Ad esempio: la direttiva sul riscaldamento con le energie rinnovabili, in via di elaborazione, dovrebbe prevedere il finanziamento di fonti di calore provenienti da energie rinnovabili solo per gli edifici già isolati termicamente.

4.3   Ulteriori raccomandazioni d'azione

Prima di individuare gli obiettivi per il futuro se ne dovrebbero analizzare le possibilità di realizzazione e le conseguenze economiche e sociali. Gli obiettivi andrebbero poi definiti sulla base di un accordo a livello europeo o, meglio ancora, globale.

Gli strumenti politici dovrebbero raggiungere gli effetti di indirizzo auspicati (stimolo agli investimenti in misure economicamente convenienti, sviluppo di nuovi mercati) evitando quelli indesiderati (delocalizzazione degli investimenti, costi elevati per l'economia e i consumatori).

Gli strumenti politici dovrebbero essere impostati in modo più coerente di quanto verificatosi finora sull'efficienza in materia di protezione del clima, sull'efficienza energetica e del capitale, sempre sulla base di valori quantificabili. Il miglior criterio di valutazione a tal fine sono i costi sostenuti per evitare le emissioni di CO2.

L'UE dovrebbe semplificare l'attuale mix di strumenti eccessivamente vincolante (scambio di emissioni, promozione delle energie rinnovabili, promozione della cogenerazione di energia elettrica e termica, imposte energetiche, un quadro normativo con molteplici direttive specifiche). In questo contesto si dovrebbero eliminare i conflitti tra i diversi obiettivi; le misure economicamente redditizie devono essere attuate per prime (questo significa che nella maggior parte dei casi bisogna dare la precedenza alle misure in materia d'efficienza energetica rispetto a quelle relative allo sviluppo delle energie rinnovabili).

Si dovrebbe modificare il sistema dello scambio delle quote di emissioni al fine di promuovere l'efficienza energetica ed evitare la cessazione di attività produttive. Per consentire alle imprese di disporre del capitale necessario per investire nelle misure di efficienza energetica, non si dovrebbero assegnare le quote attraverso aste, bensì sulla base di un'analisi comparativa dell'efficienza in associazione con la quantità effettivamente prodotta. Ai fini degli auspicati effetti di indirizzo (aumento dell'efficienza energetica) il sistema di scambio delle quote conseguirebbe allora gli stessi risultati di un'asta completa, ma eviterebbe le ripercussioni negative (come la cristallizzazione degli aumenti non necessari del prezzo dell'elettricità, i windfall profits e la penalizzazione delle industrie ad alto consumo energetico). La sovrapposizione con altri strumenti per la promozione delle energie rinnovabili e incentivi non corretti per l'assegnazione delle quote andrebbero evitati e si dovrebbe invece tenere conto del rapporto tra le quote assegnate e la produzione effettiva (in modo che lo scambio delle quote non equivalga a un premio per la cessazione della produzione). In alcuni settori le aste implicherebbero un aumento del 10 % dei costi di produzione netti e impedirebbero così gli auspicati aumenti salariali.

La promozione dell'efficienza energetica dovrebbe essere armonizzata al livello dell'UE, allo scopo di installare gli impianti eolici e fotovoltaici nei luoghi più adatti. Una vasta promozione delle energie rinnovabili, finalizzate alla produzione di calore, di elettricità e di carburanti, non dovrebbe basarsi sulle esigenze regionali, ma dovrebbe tenere conto di volta di volta delle condizioni climatiche (e di trasmissione) migliori.

L'energia in quanto fattore di produzione dovrebbe essere esentata in larga misura da tutti i costi supplementari — costi addizionali rispetto a quelli che sorgono già al livello dei fornitori di energia e che determinano il prezzo di vendita dell'energia sul mercato — indotti dalle politiche energetiche e climatiche nazionali (scambio di emissioni, promozione delle energie rinnovabili, promozione della cogenerazione di energia elettrica e termica, tassazione dei prodotti energetici) per non compromettere la competitività dell'UE a livello internazionale ed evitare le delocalizzazioni. Solo delle industrie economicamente sane saranno in grado di attuare gli indispensabili miglioramenti dell'efficienza, sviluppare nuove tecnologie e raccogliere il capitale necessario.

Nel quadro degli accordi internazionali occorre concentrare l'attenzione su obiettivi quantitativi relativi (efficienza energetica, emissione di gas a effetto serra/PIL), affinché i paesi con un alto potenziale di crescita (e che quindi presentano anche un forte incremento dei gas a effetto serra) siano incentivati a partecipare a tali accordi. Gli incentivi dovrebbero esistere soprattutto per il trasferimento delle tecnologie; tale ad esempio è l'obiettivo del Forum AP 6 (26), formato da sei paesi dell'area asiatico-pacifica, per permettere un rapido trasferimento di tecnologie efficienti verso le regioni che devono recuperare terreno in questo campo.

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Nel rispetto delle decisioni dei singoli Stati membri in materia di energia nucleare.

(2)  Cfr. i pareri elaborati su questo tema dal Comitato negli ultimi 4 anni, elencati nell'allegato.

(3)  Parere d'iniziativa della commissione consultiva per le trasformazioni industriali sul tema Impatto delle norme ambientalieuropee sulle trasformazioni industriali, CESE 1709/2007, relatori PEZZINI e NOVICKI.

(4)  CESE 2007-09, introduzione di SEPI.

(5)  Alcuni aspetti sociali, anch'essi pertinenti al tema del presente parere, saranno oggetto di un parere d'iniziativa sul tema Le ripercussioni sociali degli sviluppi in atto nel settore dell'energia e dei trasporti.

(6)  Anche in questo caso le attese sono state ridimensionate, come di recente per l'uso dei biocarburanti, cfr. TEN/286.

(7)  Cfr. la stima dei costi del pacchetto UE sul clima presentata dalla Commissione europea il 23 gennaio 2008: 0,45 % del prodotto interno lordo, corrispondente a 60 miliardi di euro all'anno ovvero a circa 3 euro a persona alla settimana (più di 600 euro all'anno per una famiglia di 4 persone).

(8)  Fanno eccezione l'energia idroelettrica e quella nucleare.

(9)  Le tecniche di stoccaggio necessarie per aumentare l'offerta avrebbero come conseguenza un ulteriore, drastico aumento dei costi.

(10)  Inclusi i posti di lavoro creati in tale contesto.

(11)  Dal discorso del Presidente francese Nicolas SARKOZY al Parlamento europeo, Strasburgo, 13 novembre 2007.

(12)  Cfr. CCMI/040, Lo sviluppo dell'industria del cemento europea.

(13)  Commission eyes end to free pollution credits (La Commissione prevede di porre fine ai certificati di emissione gratuiti (NdT), EurActiv, 10.1.2008, http://www.euractiv.com/en/climate-change/commission-eyes-free-pollution-credits/article-169434

(14)  Almeno fino a quando non si manifesti una recessione generalizzata dell'economia.

(15)  Nel rispetto delle decisioni dei singoli Stati membri in materia di energia nucleare.

(16)  Un mezzo particolarmente efficace per ridurre le emissioni di CO2 potrebbe essere la tecnologia, attualmente in fase di sviluppo, per la cattura e lo stoccaggio di CO2 (CCS). Applicando questa procedura però l'efficienza energetica di un impianto diminuisce. Riduzione delle emissioni di CO2 ed efficienza energetica risultano quindi in questo caso due obiettivi in contrasto tra loro. Considerando che disponiamo ancora di importanti riserve di carbon fossile si potrebbe tuttavia accettare questa riduzione momentanea dell'efficienza energetica. In tal caso non si dovrebbe però fare di quest'ultima un obiettivo quantitativo supplementare.

(17)  Discorso tenuto il 23 gennaio 2008 dal Presidente della Commissione Barroso

(18)  Studio GWS/Prognos, ottobre 2007 (in Auftrag des deutschen Bundesministeriums für Wirtschaft (BMWi)).

(19)  Ciò dipende dalla definizione di efficienza energetica, intesa come rapporto tra i CPE (consumi primari di energia) e il PIL. Per i produttori di elettricità i consumi primari di energia sono a loro volta calcolati con il cosiddetto metodo del grado di efficienza, secondo il quale l'efficienza energetica risulta ad esempio triplicata se una centrale nucleare viene sostituita da energia eolica o solare senza che per questo si riducano i consumi anche di un solo KWh. Anche sostituendo una centrale nucleare con il metano, l'efficienza energetica aumenta, sebbene in questo caso vi siano addirittura emissioni di CO2.

(20)  McKinsey, Curva relativa alla riduzione dei costi relativi alle emissioni di CO2 in Germania, settembre 2007; EEFA (Energy Environment Forecast Analysis), studio sulle industrie ad alto consumo energetico, settembre 2007.

(21)  Più precisamente, per la Germania, 26 %, da cui estrapolando si arriva al 15 %-20 % per l'UE nel suo complesso.

(22)  Come si è già verificato per le misure politiche a breve termine attuate, a livello nazionale, nel quadro dei piani quinquennali relativi alla fissazione delle percentuali di energie rinnovabili e delle quote di emissione di CO2.

(23)  La fonte sarà indicata in seguito.

(24)  Cfr. la curva di McKinsey.

(25)  Conformemente all'approccio dell'IEA.

(26)  Asia-Pacific Partnership on Clean Development and Climate è un nuovo Forum per potenziare lo sviluppo e l'impiego delle tecnologie energetiche pulite. Ne fanno parte l'Australia, il Canada, la Cina, l'India, il Giappone, la Corea e gli Stati Uniti. Il fine perseguito è quello di soddisfare, in cooperazione con gli attori dell'economia, gli obiettivi climatici ed energetici secondo modalità che consentano allo stesso tempo di portare avanti lo sviluppo economico sostenibile e lottare contro la povertà. Investimenti, commercio e trasferimento delle tecnologie sono gli elementi principali su cui si concentra il Forum AP 6.


25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/79


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 460/2004 che istituisce l'Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione per quanto riguarda la durata dell'Agenzia

COM(2007) 861 def. — 2007/0291 (COD)

(2008/C 162/15)

Il Consiglio, in data 24 gennaio 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 460/2004 che istituisce l'Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione per quanto riguarda la durata dell'Agenzia

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 134 voti favorevoli, 3 voti contrari e 2 astensioni.

 

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


25.6.2008   

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Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Strumenti di gestione basati sui diritti di pesca

(2008/C 162/16)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 27 settembre 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Strumenti di gestione basati sui diritti di pesca.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore SARRÓ IPARRAGUIRRE.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 110 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

Il Comitato ritiene necessario che la Commissione, terminato il dibattito in corso, realizzi uno studio per illustrare le attuali capacità delle flotte comunitarie e stabilire i contingenti necessari per garantire la loro competitività, rispettando al tempo stesso la sostenibilità delle zone di pesca comunitarie.

1.2

Lo studio dovrebbe affrontare il problema di un aggiornamento dei diritti di pesca acquisiti dagli Stati membri in base al criterio della stabilità relativa, tenendo conto dei 24 anni trascorsi dal 1983.

1.3

Questo aggiornamento dovrebbe assumere il carattere di un'attribuzione di contingenti per un periodo determinato, per esempio cinque anni, in modo che essi possano essere ridistribuiti in caso si creino nuovi squilibri.

1.4

Nell'ambito di detto aggiornamento, è opportuno analizzare le soluzioni migliori per evitare in futuro il ripetersi degli attuali squilibri nei contingenti di alcune specie pelagiche e demersali in determinate zone di pesca, squilibri che, per la maggior parte degli Stati membri, determinano un eccesso o un deficit di contingenti.

1.5

In ogni caso, i contingenti effettivi dovrebbero basarsi su dati scientifici attendibili. È per tale motivo che il Comitato reputa necessari ulteriori sforzi per migliorare la conoscenza scientifica delle risorse. Attualmente, infatti, la mancanza di dati scientifici sufficienti impone di stabilire la maggior parte dei contingenti in base al principio di precauzione.

1.6

D'altro canto, il Comitato ritiene che il criterio della stabilità relativa comporti per gli Stati membri una serie di diritti acquisiti. Tali diritti non devono sparire del tutto bensì essere aggiornati in funzione delle esigenze di sostenibilità delle risorse e di competitività delle flotte comunitarie, che costituiscono gli obiettivi dell'attuale politica comune della pesca.

1.7

Qualora la Commissione giudicasse opportuno un sistema di gestione basato sui diritti di pesca, il Comitato è del parere che tale sistema dovrebbe essere applicato su scala comunitaria.

1.8

Il Comitato ritiene che i diritti di pesca adeguatamente aggiornati possano contribuire a ridurre i rigetti in mare e a diminuire notevolmente la pesca eccessiva.

1.9

Ciononostante, il Comitato giudica prioritari i diritti dei pescatori artigianali, i quali si rivelano di particolare importanza per gli Stati membri e le regioni insulari, e considera che la piccola pesca, intesa come la pesca praticata da navi di lunghezza fuori tutto inferiore a 12 metri (1), dovrebbe essere esclusa da un sistema di gestione basato sui diritti di pesca a livello comunitario.

1.10

Il Comitato ritiene che la Commissione, se stabilisse una gestione delle risorse basata sui diritti di pesca, dovrebbe iniziare da quelle attività di pesca per le quali, dati gli squilibri esistenti tra contingenti in eccesso e in deficit, esiste un largo consenso da parte degli Stati membri interessati.

1.11

In tal caso, a parere del Comitato spetterebbe alla Commissione fissare l'ambito di negoziazione dei diritti di pesca (a livello comunitario, di Stati membri, di organizzazioni di produttori o di imprese) e controllare queste operazioni.

1.12

Il Comitato infine è del parere che, se verranno superati gli squilibri attuali in linea con il criterio della stabilità relativa, sarà stato fatto un passo importante verso un sistema di gestione basato sui diritti di pesca.

2.   Introduzione

2.1

Con la sua Comunicazione relativa agli strumenti di gestione basati sui diritti di pesca  (2), la Commissione ha voluto avviare un dibattito della durata di circa un anno (fino al 27 febbraio 2008), sulla necessità di trovare soluzioni che permettano di conseguire in modo più efficace gli obiettivi di sostenibilità delle risorse e di competitività della flotta comunitaria, obiettivi stabiliti dalla nuova politica comune della pesca (PCP).

2.2

Nel Libro verde sul futuro della politica comune della pesca  (3), la Commissione ha sostenuto la necessità di esplorare nuovi strumenti di gestione, ad esempio «sistemi per la concessione di contingenti fondati sul mercato, con contingenti individuali trasferibili e aste; in questo modo nascerebbe un mercato dei diritti di pesca e i detentori di diritti potrebbero essere più interessati alla sostenibilità della pesca a lungo termine».

2.3

Nella Comunicazione sulla riforma della politica comune della pesca  (4), la Commissione affermava che «il settore della pesca continua a presentare caratteristiche specifiche che rendono difficile l'introduzione a breve termine di condizioni economiche normali, quali la libera concorrenza tra i produttori e la libertà di investimento». Tali caratteristiche includono lo squilibrio strutturale, dovuto alla scarsità delle risorse ittiche rispetto alle dimensioni della flotta comunitaria, e la dipendenza continuata dalla pesca di talune comunità costiere. Nella comunicazione, la Commissione definiva un calendario di azioni che avrebbe avuto inizio nel 2002 con l'organizzazione di seminari sulla gestione economica per discutere un sistema (individuale o collettivo) di scambio dei diritti di pesca. Nel 2003, la Commissione avrebbe riferito al Consiglio sull'esito di tali discussioni. Con un certo ritardo sul calendario previsto, nel maggio 2007 si è svolto un seminario sulla dimensione economica della pesca, seminario in cui si è discusso, tra le altre cose, il tema dei diritti di pesca (5).

2.4

Il CESE ha ritenuto opportuno elaborare il presente parere d'iniziativa per contribuire al dibattito previsto dalla Commissione su come si possano fare progressi verso una migliore gestione delle risorse. Questo aspetto dovrebbe essere il pilastro fondamentale della PCP per garantire la sostenibilità a lungo termine delle risorse e, al tempo stesso, la competitività delle flotte comunitarie.

2.5

L'obiettivo del presente parere è quello di illustrare le difficoltà esistenti nel portare avanti una gestione economica efficace delle risorse ittiche basata sui diritti di pesca e proporre eventuali soluzioni per superare tali difficoltà.

2.6

Il CESE è d'accordo sull'idea espressa dalla Commissione, che sia necessario creare un «clima più favorevole all'introduzione di condizioni economiche più normali e all'eliminazione degli ostacoli a un'attività economica normale, quali i contingenti nazionali di possibilità di pesca e il principio della stabilità relativa» (6).

2.7

Per tale motivo, il presente parere cerca innanzi tutto di analizzare più in profondità il principio di stabilità relativa, principio che secondo le principali associazioni comunitarie del settore della pesca (7) e secondo la stessa Commissione, costituisce uno dei principali ostacoli alla introduzione di un sistema di diritti di pesca a livello comunitario, dato che lo scambio o il trasferimento definitivo della proprietà dei diritti tra imprese degli Stati membri modificherebbe le percentuali attuali di ripartizione dei contingenti tra i paesi e, dunque, inciderebbe sulla stabilità relativa. In secondo luogo, il parere intende fornire elementi che consentano di mettere in atto questo sistema di gestione, già operativo a livello nazionale in alcuni Stati membri e in alcuni paesi terzi che competono sul mercato comunitario.

2.8   Antecedenti storici

2.8.1

Nel 1972 (8), il Consiglio ha approvato, per un periodo di transizione che avrebbe dovuto scadere il 31 dicembre 1982, una deroga al principio della parità di accesso alle risorse ittiche degli Stati membri, stabilito nel 1970 (9).

2.8.2

Di conseguenza, al fine di proteggere le zone costiere al termine di questo periodo di transizione, nel 1976 il Consiglio ha approvato le cosiddette «preferenze dell'Aia» (10) che, con l'obiettivo di tener conto delle «necessità vitali» delle comunità locali dipendenti dalla pesca, cercavano di proteggere la pesca costiera sul piano interno.

2.8.3

I negoziati tra la Commissione e gli Stati membri sulla ripartizione dei totali ammissibili di cattura (TAC) sono proseguiti sino al 1983, anno in cui è stato approvato il regolamento (CEE) n. 170/83 che istituisce un regime comunitario di conservazione e gestione delle risorse della pesca (11). Detto regolamento stabiliva la ripartizione definitiva in funzione dei seguenti criteri: le attività tradizionali di pesca di ciascuno Stato membro, le necessità specifiche delle regioni le cui popolazioni erano particolarmente dipendenti dalla pesca (tenendo conto delle «preferenze dell'Aia») e la perdita potenziale di catture nelle acque di paesi terzi come conseguenza della estensione delle zone economiche esclusive (ZEE) a 200 miglia marine.

2.8.4

Il regime di ripartizione, noto come criterio di stabilità relativa, garantiva a ciascuno Stato membro (12), una percentuale invariabile del totale ammissibile di catture (TAC) per ciascuna specie. Il Consiglio intendeva per «stabilità relativa» la stabilità che «data la situazione biologica momentanea delle popolazioni ittiche, deve salvaguardare le necessità specifiche delle regioni, i cui abitanti dipendono in modo particolare dalla pesca e dalle industrie collegate» (13). In altre parole, come aveva previsto il Consiglio nel 1976, le «Preferenze dell'Aia» venivano mantenute, prorogando la deroga al principio della parità di accesso.

2.8.5

Secondo quanto stabiliva il regolamento (CEE) n. 170/83, la Commissione doveva presentare, entro il 31 dicembre 1991, una relazione sullo sviluppo economico e sociale delle regioni costiere. Sulla base di tale relazione, il Consiglio avrebbe deciso gli adeguamenti necessari, ferma restando la possibilità di prorogare fino al 31 dicembre 2002 il regime delle condizioni di accesso e dei criteri di ripartizione dei contingenti.

2.8.6

Alla luce della relazione trasmessa dalla Commissione, il Consiglio ha preso la decisione politica di prorogare fino al 31 dicembre 2002 il regime delle condizioni di accesso e dei criteri di ripartizione dei contingenti (14).

2.8.7

Infine, l'articolo 20 del regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della politica comune della pesca stabilisce che «le possibilità di pesca sono ripartite tra gli Stati membri in modo tale da garantire a ciascuno di essi la stabilità relativa delle attività di pesca per ciascuno stock o ciascun tipo di pesca». L'articolo 17 dello stesso regolamento proroga al 31 dicembre 2020 la deroga del principio della parità di accesso e prevede nuovamente la presentazione di una relazione su tale deroga.

3.   Osservazioni generali

3.1

Secondo il CESE, è chiaro che il criterio della stabilità relativa, ossia la percentuale invariabile di TAC assegnata a ciascuno Stato membro 24 anni fa, non tiene conto degli sviluppi economici e sociali delle popolazioni attualmente dipendenti dalla pesca e dalle industrie collegate. E infatti, la presente capacità delle flotte comunitarie, lo sfruttamento odierno delle risorse e gli investimenti realizzati nelle regioni costiere hanno poco in comune con la situazione nel 1983, anno in cui alcuni Stati con interessi nel settore della pesca non erano ancora entrati a far parte della Comunità.

3.2

Nei regolamenti della Commissione sull'adeguamento dei contingenti (15), si può osservare che ogni anno, per alcune attività di pesca e in alcune zone di pesca comunitarie, si verificano importanti squilibri tra i contingenti assegnati agli Stati membri e le catture da essi realizzate sia di specie pelagiche sia di specie demersali. Tali squilibri, che in taluni casi comportano un eccesso o un deficit di contingenti o addirittura la loro mancata utilizzazione per mancanza di flotta, colpiscono la maggior parte degli Stati membri per l'una o l'altra attività o zona di pesca e non dipendono solo da ragioni biologiche ma sono anche conseguenza dell'applicazione del principio della stabilità relativa.

3.3

Il CESE ritiene che nell'assegnare i diritti nell'ambito del TAC, la questione primaria sia quella di assicurare la ricostituzione (e la sopravvivenza) degli stock delle diverse specie ittiche e delle altre risorse marine a livelli più elevati e maggiormente sostenibili. Raccomanda pertanto di compiere maggiori sforzi in relazione al miglioramento delle conoscenze scientifiche concernenti la situazione degli stock ittici e alle modalità di gestione dell'assegnazione delle quote e delle pratiche di pesca al fine di garantire i migliori risultati per quanto concerne sia la sopravvivenza degli stock sia la prosperità economica delle comunità di pesca che da essi dipendono. L'assegnazione totale deve essere mantenuta ben entro i limiti dei rendimenti massimi sostenibili stabiliti in base a criteri scientifici, controllando e rispettando scrupolosamente i limiti delle quote individuali assegnate

3.4

Il CESE ritiene necessario che la Commissione realizzi uno studio per illustrare le attuali capacità delle flotte comunitarie e stabilire i contingenti necessari per garantire la loro competitività e la sostenibilità degli stock ittici. Lo studio dovrebbe affrontare il problema di un aggiornamento dei diritti di pesca acquisiti dagli Stati membri in base al principio della stabilità relativa, al fine di analizzare le soluzioni migliori per evitare in futuro il ripetersi degli attuali squilibri nei contingenti di alcune specie pelagiche e demersali in determinate zone di pesca. Tutto questo dovrebbe permettere di conseguire la sostenibilità a lungo termine delle risorse e la competitività delle flotte comunitarie, vale a dire i due obiettivi principali della politica comune della pesca.

3.5

D'altro canto, il Comitato ritiene che il criterio della stabilità relativa comporti una serie di diritti acquisiti per gli Stati membri. Tali diritti non devono sparire del tutto bensì possono essere aggiornati in funzione delle esigenze di sostenibilità delle risorse e di competitività delle flotte comunitarie, che costituiscono gli obiettivi dell'attuale politica comune della pesca.

4.   Osservazioni particolari

4.1

Il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe realizzare lo studio richiesto nel più breve tempo possibile, una volta terminato il dibattito già avviato. Considerando la situazione attuale delle risorse ittiche nell'UE e la competitività della flotta comunitaria, non si dovrebbe aspettare il 2012, anno in cui è prevista una nuova relazione della Commissione, per correggere attraverso un aggiornamento gli attuali squilibri esistenti tra contingenti e flotta comunitaria.

4.2

Questo aggiornamento dovrebbe assumere il carattere di un'attribuzione di contingenti per un periodo determinato, per esempio cinque anni, in modo che essi possano essere ridistribuiti in caso si creino nuovi squilibri.

4.3

Inoltre, qualora in base al dibattito sulla ricerca di soluzioni alla situazione attuale la Commissione giudicasse opportuno un sistema di gestione basato sui diritti di pesca, il CESE reputa necessario applicare tale sistema su scala comunitaria.

4.4

Il CESE ritiene che dopo la firma del Trattato di riforma (Trattato di Lisbona) nel dicembre 2007, il clima tra gli Stati membri sia più favorevole all'accettazione di questo sistema di gestione della pesca.

4.5

Il Comitato si rende conto del fatto che la definizione di un sistema di gestione a livello comunitario basato sui diritti di pesca negoziabili comporta necessariamente delle difficoltà. Tuttavia ritiene che tale sistema potrebbe essere un mezzo per conseguire «lo sfruttamento delle risorse acquatiche vive in condizioni sostenibili dal punto di vista sia economico che ambientale e sociale» (16), tenendo contro, tra l'altro, dei criteri illustrati ai punti successivi.

4.5.1

Al fine di non ridurre i diritti di coloro che la praticano, la pesca artigianale (17), attività dalla quale dipendono numerose comunità costiere (specie nei paesi e nelle regioni insulari), dovrebbe restare esclusa dall'applicazione di un sistema di gestione basato sui diritti di pesca a livello comunitario.

4.5.2

Per evitare posizioni dominanti sul mercato, la compravendita dei diritti di pesca potrebbe limitarsi ad una percentuale del totale massimo annuale per specie in ciascuno Stato membro.

4.5.3

Il Comitato ritiene che l'applicazione di tale sistema di gestione dovrebbe essere progressiva e scaglionata tra le diverse attività di pesca comunitarie, iniziando con quelle per cui, dati gli squilibri esistenti tra contingenti in eccesso e in deficit, esiste un largo consenso tra gli Stati membri interessati.

4.5.4

Per le attività soggette al sistema di gestione basato sui diritti di pesca, la Commissione dovrebbe stabilire se la negoziazione debba realizzarsi a livello comunitario, degli Stati membri, delle organizzazioni di produttori o delle imprese e definire precise misure di controllo di queste operazioni.

4.6

Per il Comitato, i diritti di pesca opportunamente aggiornati possono contribuire a ridurre i rigetti in mare e a diminuire notevolmente la pesca eccessiva.

4.7

Il Comitato ritiene infine che, se verranno superati gli squilibri attuali rispettando il criterio della stabilità relativa, sarà stato fatto un passo importante verso un sistema di gestione basato sui diritti di pesca. Tale sistema, opportunamente regolato per evitare posizioni dominanti sul mercato, consentirà di ridistribuire in modo più equo e appropriato le risorse tra le diverse flotte comunitarie, il che contribuirà ad una maggiore sostenibilità delle risorse e alla competitività delle flotte stesse.

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Articolo 26 del regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio relativo al Fondo europeo per la pesca. (GU L 223 del 15.8.2006).

(2)  COM(2007) 73 def. del 26.2.2007.

(3)  COM(2001) 135 def. del 20.3.2001.

(4)  COM(2002) 181 def. del 28.5.2002.

(5)  Seminario organizzato dalla Commissione a Bruxelles il 14 e 15 maggio 2007.

(6)  COM(2002) 181 def., pag. 25.

(7)  Nel gruppo di lavoro «Risorse» del Comitato consultivo sulla pesca del 18 settembre 2007, la AEOP ed Europêche/Cogeca hanno presentato documenti (Rif.: AEOP 7-29 del 17.9.2007; Rif.: Europêche/Cogeca EP(07)119F/CP(07)1053.3, del 17.9.2007) in cui esprimono le loro preoccupazioni sui diritti di pesca.

(8)  Secondo gli Atti di adesione firmati dalla Comunità, dalla Danimarca, dal Regno Unito e dall'Irlanda, il periodo di transizione prendeva fine il 31 dicembre 1982. Cfr. GU L 73 del 27.3.1972.

(9)  Regolamento (CEE) n. 2141/70 pubblicato nella GU L 236 del 27.10.1970.

(10)  Risoluzione del Consiglio del 3 novembre 1976 (GU C 105 del 7.5.1981).

(11)  GU L 24 del 27.1.1983.

(12)  Nel 1983, la Comunità era formata da Belgio, Danimarca, Repubblica federale di Germania, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Regno Unito.

(13)  Sesto e settimo considerando del regolamento (CEE), n. 170/83, GU L 24 del 27.1.1983.

(14)  Articolo 4 del regolamento (CEE) n. 170/83.

(15)  Negli ultimi tre anni sono stati adottati: il regolamento della Commissione (CE) n. 776/2005, GU L 130 del 24.5.2005, il regolamento della Commissione (CE) n. 742/2006, GU L 300 del 31.10.2006 e il regolamento della Commissione (CE) n. 609/2007, GU L 141 del 2.6.2007.

(16)  Regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della politica comune della pesca, GU L 358 del 31.12.2002.

(17)  Intesa come la pesca praticata da navi di lunghezza fuori tutto inferiore a 12 metri (cfr. articolo 26 del regolamento (CE) n. 1198/2006).


25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/83


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1782/2003, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori, per quanto riguarda il regime di sostegno per il cotone

COM(2007) 701 def. — 2007/0242 (CNS)

(2008/C 162/17)

Il Consiglio, in data 4 dicembre 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 37 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1782/2003, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori, per quanto riguarda il regime di sostegno per il cotone

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore NARRO SÁNCHEZ.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 141 voti favorevoli, 33 voti contrari e 13 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il nuovo regime di sostegno a favore del cotone si applica a partire dal 1o gennaio 2008. Il Consiglio dei ministri è tenuto a prendere quanto prima una decisione affinché i produttori agricoli sappiano con la necessaria certezza quale sarà il quadro giuridico in vigore per la prossima campagna.

1.2

Il CESE sottolinea che il disaccoppiamento del 65 % stabilito nel regolamento annullato e che è mantenuto inalterato nella proposta della Commissione, è un sistema che non consente di mantenere la coltivazione del cotone in determinate zone produttrici dell'Unione europea. L'alto numero di lavoratori impiegati, i costi elevati di produzione, l'instabilità dei prezzi mondiali e altri fattori di diversa natura fanno sì che la proposta della Commissione non sia in grado di scongiurare la scomparsa di tale coltura.

1.3

Il CESE fa osservare che il sistema in vigore sino alla riforma del 2004, basato sull'aiuto alla produzione, assicurava la sostenibilità economica delle aziende nel complesso delle zone produttrici dell'Unione. Il CESE si rende tuttavia conto che è impossibile tornare al regime precedente a causa del nuovo orientamento politico della PAC e degli impegni internazionali assunti dall'Unione europea nel quadro dell'Organizzazione mondiale del commercio.

1.4

Il CESE fa osservare la diversa realtà produttiva esistente in Grecia e in Spagna. Attualmente, se si fa eccezione per il sostegno alla produzione, è difficile trovare un sistema di aiuti omogeneo che si adatti in ugual misura ad entrambi i paesi. A causa di tale differenza, e in virtù di quel principio di sussidiarietà che ha ispirato le ultime riforme settoriali delle OCM del vino e degli ortofrutticoli, il Comitato chiede che il regime di sostegno a favore del cotone sia il più flessibile possibile. Ciascuno Stato membro deve disporre della sussidiarietà necessaria per trovare la soluzione più adatta alle proprie zone produttrici.

1.5

Se si decide di mantenere un livello elevato di disaccoppiamento degli aiuti, si dovrebbe istituire un periodo transitorio per l'adattamento progressivo a livelli più alti di disaccoppiamento. Inoltre, un'alta percentuale di aiuti accoppiati non garantisce da sola il mantenimento della produzione agricola. Neanche l'integrazione del requisito della raccolta e della nozione di qualità sana, leale e mercantile assicura il mantenimento dei livelli di produzione precedenti alla riforma, ragion per cui è necessario prevedere condizioni di ammissibilità che integrino criteri quantitativi relativi al volume di produzione consegnata.

1.6

Il CESE sottolinea che il nuovo sistema deve favorire l'impostazione che punta alla qualità del prodotto ottenuto, a differenza del regime attuale che sta provocando un calo sensibile della qualità e rendendo difficile la commercializzazione del cotone europeo sui mercati. In quanto prodotto per uso tessile, il cotone deve rispondere alle esigenze di un'industria soggetta a una forte concorrenza: è quindi indispensabile creare i presupposti per favorire una produzione di qualità. È inoltre importante facilitare l'introduzione di alternative tecnologiche, di sistemi di produzione integrata e di metodi di produzione ecologica nelle zone in cui questo sia realizzabile.

2.   Osservazioni generali

2.1

Il regime di sostegno a favore del cotone risale al 1980, anno di adesione della Grecia alla Comunità europea. Tale regime fu poi esteso ai due paesi entrati a far parte della Comunità nel 1986, più precisamente Spagna e Portogallo. Il settore del cotone si basava su un sistema di «pagamenti compensativi» o «deficiency payments» in base al quale un aiuto veniva concesso alle imprese di trasformazione che avessero pagato ai produttori un prezzo minimo per l'acquisto di cotone. Il sistema è stato modificato nel 2000 con l'introduzione di quantità minime garantite e, al tempo stesso, di nuovi requisiti ambientali.

2.2

Nell'aprile 2004, il Consiglio dell'Unione europea ha adottato un nuovo regime di aiuti a favore del cotone che si ispirava ai principi su cui si basa la riforma della PAC del 2003 e che prevedeva il disaccoppiamento degli aiuti legati alla produzione. In questo modo, la percentuale degli aiuti non collegati aumentava al 65 % mentre quella degli aiuti legati alla produzione si collocava al 35 %. La riforma, entrata in vigore il 1o gennaio 2006, non prevedeva la possibilità di modificare le percentuali di questo disaccoppiamento parziale.

2.3

Il 7 settembre 2006, con una decisione senza precedenti, la Corte di giustizia delle Comunità europee, in base ad un ricorso presentato dal Regno di Spagna, ha annullato il regime di aiuti a favore del cotone approvato nel 2004 per violazione del principio di proporzionalità. Questo significa, conformemente al Trattato sull'Unione europea, che le azioni proposte nell'ambito della riforma del regime comunitario di aiuti al cotone sono state considerate eccessive rispetto all'obiettivo perseguito. La Commissione non aveva considerato i costi salariali nel calcolare la prevedibile redditività della coltivazione del cotone e non aveva tenuto conto degli effetti della riforma sulla situazione delle imprese di sgranatura. La Corte di giustizia ha sospeso l'annullamento della riforma fino alla presentazione di una nuova proposta da parte della Commissione europea.

2.4

Nel corso dell'elaborazione della nuova proposta, la Commissione ha commissionato due studi relativi alla produzione di cotone, il primo sul suo impatto ambientale, il secondo sul suo impatto socioeconomico. La Commissione ha inoltre tenuto diverse riunioni di lavoro con i rappresentanti del settore ed ha organizzato una consultazione pubblica.

2.5

Alla fine, suscitando enormi perplessità nel settore, lo scorso 9 novembre la Commissione ha presentato una proposta di riforma del regime di sostegno a favore del cotone praticamente identica alla precedente: disaccoppiamento parziale, con un 65 % degli aiuti non collegato alla coltivazione e il restante 35 % legato alla produzione. Il CESE ritiene che la proposta della Commissione debba essere rivista, per adeguarla alla diversa realtà produttiva della Grecia e della Spagna.

2.6

L'attuale regime di aiuti al cotone ha comportato una notevole diminuzione della produzione, la riduzione dei rendimenti e il conseguente abbandono progressivo del settore in determinate zone produttrici. Nel suo parere sulla riforma del 2004, il CESE aveva avvertito la Commissione dell'importante calo di produzione che il disaccoppiamento parziale nelle superfici coltivate avrebbe provocato.

2.7

Nell'Unione europea, la produzione si concentra quasi esclusivamente in determinate regioni di due paesi mediterranei: Grecia e Spagna. La Grecia è il principale produttore europeo di cotone (circa 380.000 ettari coltivati). Nel 2007, le superfici coltivate a cotone raggiungevano in Spagna i 63.000 ettari. In Portogallo non si produce più cotone, mentre in Bulgaria se ne coltiva una quantità assai limitata. Il cotone viene in generale prodotto in zone particolarmente depresse, dove esistono poche alternative occupazionali e che figurano ancora tra le regioni che rientrano nell'obiettivo «Convergenza» per il periodo 2007-2013.

2.8

In Grecia, la superficie coltivata è scesa dell'11 % e il volume di produzione è diminuito in una proporzione analoga, vuoi a causa delle condizioni climatiche sfavorevoli, vuoi essenzialmente come risultato dell'applicazione della riforma del 2004.

2.9

In Spagna, l'applicazione del regime attuale ha dato luogo ad una serie di cambiamenti molto più drastici che in Grecia. L'Andalusia, la principale regione spagnola produttrice di cotone, ha perso, in due sole campagne, il 30 % delle sue superfici e il 65 % della sua produzione, passando da un raccolto di 347.000 tonnellate nel 2004 ad un raccolto di 130.000 tonnellate nel 2007. Negli ultimi due anni, il 30 % dei produttori ha abbandonato la coltivazione di cotone. Questa diminuzione della produzione rende impossibile la sopravvivenza a breve termine della maggior parte del settore del cotone spagnolo, con ripercussioni sostanziali sull'occupazione nelle imprese di sgranatura e sull'impiego di manodopera nelle aziende produttrici.

2.10

Tenendo conto della situazione descritta ai punti precedenti, il CESE chiede alla Commissione di elaborare una proposta più flessibile, in modo da concedere agli Stati membri, in virtù del principio di sussidiarietà, un più ampio margine di manovra.

2.11

L'introduzione di un qualunque grado di disaccoppiamento nel settore del cotone comporterà una sua profonda riconversione. Le imprese di sgranatura dovranno far fronte a modifiche sostanziali per adeguarsi alla nuova situazione e dovranno contare sull'aiuto finanziario della Commissione per potersi ristrutturare e continuare a mantenere l'occupazione nelle zone produttrici. Occorre un sostegno finanziario specifico per consentire a tali imprese di affrontare i costi legati alla cessazione dell'attività di sgranatura e all'avvio di altre attività economiche che consentano di mantenere l'occupazione. Le azioni di riconversione del settore incluse nell'ultima riforma dell'OCM dello zucchero possono essere una fonte di ispirazione in questo senso.

3.   Osservazioni particolari

3.1

Il CESE condivide pienamente l'opinione della Commissione circa l'importanza delle funzioni da assegnare alle organizzazioni interprofessionali al fine di coordinare la commercializzazione del prodotto, elaborare contratti standard e promuovere la produzione di un cotone di qualità. Tuttavia, la struttura prevista per tali organizzazioni in base al regime attuale e il loro mancato collegamento ad altre misure hanno reso scarsa la loro rilevanza nei due anni in cui il regime è stato in vigore, ed hanno fatto sì che esse si limitassero a garantire l'accesso dei loro membri agli aiuti supplementari. In effetti, in Spagna esiste un'unica organizzazione interprofessionale, cui fanno capo 10 000 ettari coltivati a cotone.

3.2

La Commissione europea ha previsto di pubblicare, nell'ottobre 2008, un Libro verde sull'applicazione di una politica della qualità nell'Unione europea. Pertanto, le relative proposte legislative non saranno presentate prima del 2009. Di recente, la stessa Commissione ha fatto presente la sua intenzione di valutare la possibilità di inserire il cotone all'allegato I del regolamento 510/2006 del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari.

3.3

L'inserimento del cotone in questo regime di protezione potrebbe rivelarsi uno strumento utile per numerosi produttori che cercano di aumentare il valore aggiunto della loro produzione per far fronte alle sfide di un mercato aperto altamente competitivo e poter contare su un giusto reddito dai mercati. La Commissione dovrebbe estendere, mediante procedura d'urgenza, tale norma al cotone.

3.4

Un'adeguata certificazione del paese di origine e i controlli di qualità a livello europeo possono contribuire a dare alla produzione comunitaria di cotone il valore aggiunto cui tendono tutte le iniziative europee in materia. Tuttavia, dato che l'UE è importatrice netta di cotone, è necessario migliorare e potenziare i controlli sul cotone importato, il quale andrebbe pertanto inserito nell'elenco dei prodotti che possono formare oggetto di azioni di informazione e promozione, una misura che però da sola non basta a risolvere i problemi del settore.

3.5

Il CESE appoggia tutte le proposte della Commissione volte a migliorare la qualità del cotone. Negli ultimi anni, il settore ha registrato importanti progressi in campo ambientale, promuovendo i sistemi integrati di produzione, gli aiuti agro-ambientali o la produzione biologica. In Spagna si è assistito ad un sempre maggiore sviluppo della produzione integrata e all'applicazione di misure agro ambientali, mentre in Grecia nel 2008 sarà adottata una normativa per disciplinare la produzione integrata. Il nuovo regime deve promuovere questo tipo di iniziative.

3.6

L'UE dovrebbe facilitare l'adeguamento del settore comunitario del cotone all'uso di nuovi strumenti di innovazione tecnologica.

3.7

L'UE è importatrice netta di cotone. La produzione comunitaria rappresenta solo il 2 % del consumo di cotone nel mondo ed è ben distante da quella dei grandi produttori (Stati Uniti, Cina, India, ecc.). Pertanto, l'Unione europea non partecipa alla fissazione dei prezzi a livello internazionale di questa materia prima e il sostegno comunitario ai produttori di cotone non produce distorsioni della concorrenza. Da qui la necessità che la Commissione difenda il settore europeo del cotone ogniqualvolta sia messo in discussione in sedi multilaterali quali l'Organizzazione mondiale per il commercio.

Bruxelles, 14 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


25.6.2008   

IT

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C 162/85


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (rifusione)

COM(2007) 736 def. — 2007/0259 (COD)

(2008/C 162/18)

Il Consiglio, in data 10 gennaio 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 175 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (rifusione)

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e dato che esso aveva già formato oggetto dei suoi pareri CES 1235/1988, adottato il 24 novembre 1988 (1) e CES 887/1996, adottato il 10 luglio 1996 (2), il Comitato, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha deciso, con 133 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nei documenti citati.

 

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Parere del Comitato economico e sociale in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati — COM(1988) 160 def. (GU C 23 del 30.1.1989, pag. 45).

(2)  Parere del Comitato economico e sociale in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 90/219/CEE sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati — COM(1995) 640 def. (GU C 295 del 7.10.1996, pag. 52).


25.6.2008   

IT

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C 162/86


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'istituzione dell'Agenzia europea dell'ambiente e della rete europea d'informazione e di osservazione in materia ambientale (versione codificata)

COM(2007) 667 def. — 2007/0235 (COD)

(2008/C 162/19)

Il Consiglio, in data 22 novembre 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 175 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'istituzione dell'Agenzia europea dell'ambiente e della rete europea d'informazione e di osservazione in materia ambientale (versione codificata)

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 132 voti favorevoli, 2 voti contrari e 2 astensioni.

 

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


25.6.2008   

IT

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C 162/86


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento (CE) n. …/… del Parlamento europeo e del Consiglio concernente le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli

COM(2007) 848 def. — 2007/0287 (COD)

(2008/C 162/20)

Il Consiglio, in data 22 gennaio 2008, ha deciso, conformemente al disposto degli articoli 37 e 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento (CE) n. …/… del Parlamento europeo e del Consiglio concernente le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli (rifusione)

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e dato che esso aveva già formato oggetto del suo parere CES 413/1996, adottato il 27 marzo 1996 (1), il Comitato, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha deciso, con 131 voti favorevoli, 1 voto contrario e 8 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nei documenti citati.

 

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 1601/91, che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli — COM(1995) 570 def. — (GU C 174 del 17.6.1996, pag. 30).


25.6.2008   

IT

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C 162/87


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (rifusione)

COM(2007) 858 def. — 2007/0292 (COD)

(2008/C 162/21)

Il Consiglio, in data 30 gennaio 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (rifusione)

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e dato che esso aveva già formato oggetto dei pareri adottati rispettivamente il 24 febbraio 1971 (1) e il 23 febbraio 1995 (2) (CES 196/1995), il Comitato, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha deciso, con 133 voti favorevoli, 2 voti contrari e 2 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nei documenti citati.

 

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Parere del Comitato economico e sociale in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (GU C 36 del 19.4.1971, pag. 14).

(2)  Parere del Comitato economico e sociale in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 80/777/CEE del Consiglio, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali — COM(1994) 423 def. (GU C 110 del 2.5.1995, pag. 55).


25.6.2008   

IT

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C 162/88


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Prospettive della ricerca europea nel settore del carbone e dell'acciaio

(2008/C 162/22)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 27 settembre 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un supplemento di parere d'iniziativa sul tema:

Prospettive della ricerca europea nel settore del carbone e dell'acciaio.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 febbraio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore ZBOŘIL e dal correlatore GIBELLIERI.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 158 voti favorevoli, 1 voto contrario e 3 astensioni.

Parte I — Conclusioni e raccomandazioni

A.

Il Comitato economico e sociale europeo esprime soddisfazione per il fatto che la proposta di decisione del Consiglio presentata dalla Commissione e concernente una revisione degli orientamenti tecnici relativi al programma di ricerca del Fondo di ricerca carbone e acciaio (FRCA) si prefigga di migliorare ulteriormente i buoni risultati ottenuti finora. Tenuto conto della posizione della Commissione, che vuole rendere il programma quanto più semplice possibile per i partecipanti, non sono necessarie profonde modifiche.

B.

Il Comitato è d'accordo con il commissario POTOČNIK sul fatto che il programma di ricerca FRCA resti un programma distinto e complementare rispetto al Programma quadro di ricerca e copra tutti gli aspetti concernenti il carbone e l'acciaio.

C.

Il Comitato apprezza la semplificazione delle procedure amministrative introdotta dalla proposta di decisione che elimina, fra l'altro, alcune misure di accompagnamento in quanto già contemplate dal 7o programma quadro (PQ RST), porta dal 40 % al 50 % il contributo finanziario per i progetti pilota e dimostrativi e consente la pubblicazione di inviti mirati per la presentazione di proposte nell'ambito delle priorità stabilite dall'industria del carbone e dell'acciaio sulla base delle sue necessità strategiche che convergono con il 7o PQ RST e combaciano con il programma di ricerca strategico delle pertinenti piattaforme tecnologiche europee.

D.

Il Comitato sottolinea la necessità di accogliere la richiesta dei settori industriali interessati che vorrebbero fosse assegnato un ruolo più importante e proattivo sia al gruppo consultivo carbone (CAG) che al gruppo consultivo acciaio (SAG) nella gestione del programma di ricerca FRCA, consentendo loro di:

esercitare il proprio ruolo, così come definito nella decisione 2003/78/CE,

proporre elenchi di esperti provenienti dall'industria, dai centri di ricerca e dal mondo accademico da coinvolgere nella valutazione dei progetti di ricerca e dei progetti pilota/dimostrativi,

definire, per il programma di ricerca, priorità complementari alle pertinenti piattaforme tecnologiche europee (piattaforma tecnologica europea dell'acciaio (ESTEP), piattaforma tecnologica europea per centrali elettriche a combustibili fossili a emissioni zero (ZEP), piattaforma tecnologica europea per le risorse minerarie sostenibili (SMR)) (1),

decidere se è necessario indire inviti mirati per la presentazione di proposte su argomenti molto specifici e pertinenti,

modificare, se del caso, la definizione di «carbone» e «acciaio» allegata alla decisione.

E.

Il Comitato esorta la Commissione a reinserire nelle norme procedurali relative alla consultazione del comitato di programma del carbone e dell'acciaio (COSCO) le osservazioni e le proposte formulate dal CAG e dal SAG in merito alla valutazione dei progetti di ricerca e dei progetti pilota/dimostrativi.

1.   Parte II — Antecedenti

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 1o luglio 2004, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Prospettive della ricerca europea nel settore del carbone e dell'acciaio.

1.2

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 giugno 2005 (CCMI/018 — CESE 845/2005), sulla base del progetto predisposto dal relatore LAGERHOLM e dal correlatore GIBELLIERI.

1.3

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 luglio 2005, nel corso della 419a sessione plenaria, ha adottato il summenzionato parere con 57 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.4

A oltre due anni dalla pubblicazione del summenzionato parere del CESE, si sta preparando una serie di cambiamenti al programma FRCA. Il 9 luglio 2007 la Commissione europea, previa consultazione del comitato di programma del carbone e dell'acciaio (COSCO), ha infatti adottato una proposta di decisione del Consiglio relativa alla revisione degli orientamenti tecnici per il programma di ricerca FRCA riguardante i fondi per la ricerca nel settore del carbone e dell'acciaio.

1.5

La revisione è prevista dalle decisioni 2003/76/CE, 2003/77/CE e 2003/78/CE del Consiglio, del 1o febbraio 2003, con le quali è stato istituito il FRCA e ne sono stati definiti gli orientamenti. Va ricordato che la decisione del Consiglio 2003/76/CE ha anche trasferito le attività e le passività della CECA alla Comunità europea, destinando il loro valore netto alla ricerca nei settori legati all'industria del carbone e dell'acciaio.

2.   Parte III — Motivazione

2.1

Il Fondo di ricerca carbone e acciaio (FRCA) ha una dotazione annua compresa tra i 50 milioni e i 60 milioni di euro destinata alla ricerca nei due summenzionati settori e finanziata dagli interessi generati dai fondi rimasti disponibili alla scadenza del Trattato della Comunità europea del carbone e dell'acciaio. Il programma FRCA è un programma autonomo, complementare rispetto al Programma quadro di ricerca e riguarda tutti gli aspetti relativi al carbone e all'acciaio, dai processi di produzione alle applicazioni, dedicando un'attenzione particolare all'impiego e alla conversione delle risorse, alla sicurezza sul luogo di lavoro e alla tutela ambientale attraverso un migliore impiego del carbone come fonte di energia pulita e la riduzione delle emissioni di CO2 provenienti dall'uso del carbone e dalla produzione di acciaio.

2.2

La decisione proposta semplifica alcune procedure amministrative, fra l'altro:

eliminando alcune misure di accompagnamento in quanto già contemplate dal 7o programma quadro di RST,

portando dal 40 % al 50 % il contributo finanziario per i progetti pilota e dimostrativi e consentendo la pubblicazione di inviti mirati per la presentazione di proposte nell'ambito di priorità specifiche convergenti con il 7o programma quadro e che si integrano con il programma di ricerca strategico delle pertinenti piattaforme tecnologiche europee.

2.3

Le modalità di partecipazione sono semplici: le proposte possono essere presentate in qualsiasi momento, purché entro la data limite del 15 settembre di ogni anno. Non è previsto alcun tetto per il bilancio dei progetti, né per il numero di partner partecipanti a ciascun progetto. I paesi terzi possono partecipare, ma senza alcun contributo finanziario da parte dell'UE. I progetti sono valutati da esperti esterni e vengono selezionati sulla base della qualità della ricerca proposta. Il monitoraggio dei progetti avviene attraverso un processo di «revisione inter pares» annuale.

2.4

È stato necessario anche apportare alcune modifiche alle disposizioni che disciplinano la partecipazione ai gruppi consultivi e il ruolo degli Stati membri nel comitato di programma del carbone e dell'acciaio (COSCO), soprattutto alla luce dei recenti allargamenti dell'Unione europea (periodicità del riesame, durata del mandato, modalità di selezione delle proposte, monitoraggio dei progetti per evitare conflitti di interesse, ecc.).

2.5

La revisione della decisione è prevista dalla decisione con cui è stato istituito il FRCA. Secondo la Commissione, il FRCA finora ha dato buoni risultati e, quindi, non è necessaria una sua revisione in profondità.

2.6

Nel frattempo, la Piattaforma tecnologica europea dell'acciaio (ESTEP) ha proseguito i lavori. Il comunicato stampa dell'ESTEP del luglio 2007 ha presentato i primi risultati dell'impegno a lungo termine della piattaforma a favore di un futuro sostenibile. L'ESTEP ha proposto un programma di ricerca strategico nel dicembre 2003, varato nel marzo 2004.

2.7

ESTEP è stata una delle prime piattaforme tecnologiche a definire pubblicamente la propria visione del futuro. Le priorità del programma di ricerca strategico si concentrano in particolare sulla crescita sostenibile e mettono in primo piano la competitività nel tempo dell'industria basata sull'innovazione, la cooperazione con i partner, una forte attenzione verso le questioni ambientali e il suo stretto collegamento con i produttori di acciaio. È così che la piattaforma contribuisce ai programmi di ricerca dell'UE.

2.8

In linea con la priorità di produrre elettricità con un livello di emissioni prossimo allo zero proposta nel quadro del 7PQ, il punto di partenza per l'azione della piattaforma è quello di individuare e rimuovere gli ostacoli alla creazione di centrali elettriche altamente efficienti con un livello di emissioni vicino allo zero, che ridurranno drasticamente l'impatto ambientale dell'impiego dei combustibili fossili. Vi rientreranno anche la cattura e lo stoccaggio del CO2, nonché le tecnologie di conversione pulite che consentiranno di migliorare sostanzialmente l'efficienza delle centrali e la loro affidabilità, e di ridurne notevolmente i costi.

2.9

Per quanto riguarda gli aspetti industriali, ci sono dei riferimenti all'epoca della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (la CECA, il cui Trattato è giunto a scadenza nel luglio 2002), quando i produttori di acciaio coinvolti fornivano un contributo significativo alla valutazione e alla selezione di gran parte dei progetti di R&S che rientravano nel pertinente programma di sostegno alla ricerca. La parte del programma dedicata al carbone era gestita in base a principi analoghi a quelli previsti negli orientamenti tecnici corrispondenti. Questo ruolo dell'industria era legittimato dal fatto che i fondi CECA provenivano esclusivamente dalle imposte prelevate sull'industria del carbone e dell'acciaio.

2.10

La situazione è cambiata notevolmente nel 2003 con la creazione del Fondo di ricerca carbone e acciaio (FRCA) (decisioni 2003/76/CE, 2003/77/CE e 2003/78/CE del Consiglio, del 1o febbraio 2003, pubblicate nella GU L 29 del 5.2.2003, rispettivamente pag. 22 segg., 25 segg. e 28 segg.). In tale occasione, il capitale restante della CECA è stato trasferito al nuovo fondo e la Commissione è stata incaricata di gestire sia i fondi che il relativo programma di R&S, nel rispetto degli elementi essenziali dei precedenti programmi di ricerca CECA.

2.11

L'idea che la Commissione ha dell'influenza dell'industria del carbone e dell'acciaio sul programma FRCA è diversa da quella che ne ha l'industria. Per rispettare la decisione 2003/78/CE, il COSCO e i due gruppi consultivi per il carbone e l'acciaio (CAG e SAG) dovrebbero avere la possibilità di svolgere pienamente il ruolo loro assegnato, che non andrebbe limitato spostando la loro capacità d'influenza dalla valutazione diretta solo agli aspetti riguardanti le fasi precedenti l'invito a presentare proposte.

2.12

Con la recente proposta di revisione degli orientamenti tecnici del programma FRCA, la Commissione sta cercando di adeguare, ove ciò sia ritenuto vantaggioso, le procedure e le strutture formali a quelle utilizzate nel 7PQ comunitario di ricerca. L'armonizzazione con le norme e le procedure del PQ dovrebbe pertanto essere strettamente limitata ai settori in cui si può dimostrare chiaramente che in tal modo vi sarà una vera semplificazione e/o una maggiore efficacia. Se, da un lato, ove possibile, si dovrebbero sfruttare le sinergie esistenti tra il 7PQ e il programma FRCA, dall'altro, è assolutamente necessario salvaguardare il ruolo del programma FRCA quale programma complementare e indipendente (cfr. parte I, lettera B).

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Le priorità del programma di ricerca strategico della ESTEP si concentrano in particolare sulla crescita sostenibile e mettono in primo piano la competitività duratura dell'industria basata sull'innovazione, la cooperazione con i partner, una forte attenzione verso le questioni ambientali e il suo stretto collegamento con i produttori di acciaio. È così che la piattaforma contribuisce ai programmi di ricerca dell'UE.

Dal canto loro, le priorità della ZEP consistono nell'individuazione e nella rimozione degli ostacoli alla creazione di centrali elettriche altamente efficienti con un livello di emissioni prossimo allo zero, che ridurranno drasticamente l'impatto ambientale dell'impiego dei combustibili fossili. Vi rientrano anche la cattura e lo stoccaggio del CO2, nonché le tecnologie di conversione pulite capaci di migliorare sostanzialmente l'efficienza delle centrali e la loro affidabilità e di ridurne notevolmente i costi. Si terrà conto anche della piattaforma per le risorse minerarie sostenibili (SMR).


25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/90


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga la decisione 85/368/CEE del Consiglio, del 16 luglio 1985, relativa alla corrispondenza delle qualifiche di formazione professionale tra gli Stati membri delle Comunità europee

COM(2007) 680 def. — 2007/0234 (COD)

(2008/C 162/23)

Il Consiglio, in data 27 novembre 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga la decisione 85/368/CEE del Consiglio, del 16 luglio 1985, relativa alla corrispondenza delle qualifiche di formazione professionale tra gli Stati membri delle Comunità europee

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 29 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore METZLER.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 156 voti favorevoli, 3 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

Dopo aver esaminato nei dettagli i considerando della Commissione europea e del Parlamento europeo, in particolare per quanto riguarda le relazioni e le esperienze — che il Comitato può confermare — in materia di procedure per la presentazione di profili professionali comuni, il Comitato è giunto alla conclusione che le argomentazioni della Commissione europea e del Parlamento sono convincenti, coerenti e fondate. Il Comitato sottolinea questa valutazione nella prospettiva della creazione di un nuovo strumento inteso a rafforzare e ad agevolare la mobilità delle persone, cioè il Quadro europeo delle qualifiche (QEQ).

1.2

Il Comitato ritiene che questa decisione presti un contributo positivo al miglioramento della legislazione, in quanto sottopone ad un esame critico norme non utilizzate e non applicabili, sostituendole con strumenti più efficaci.

1.3

Il Comitato condivide l'obiettivo della Commissione di creare un sistema che consenta di valorizzare maggiormente tanto le esperienze pratiche quanto le qualifiche al fine di facilitare la mobilità e la migrazione in seno al mercato interno dei servizi. Si compiace particolarmente del fatto che tale sistema funzionerà, in un primo tempo, su base volontaria.

1.4

Sulla base delle esperienze del passato, il Comitato incoraggia a contrastare l'insicurezza legata all'abrogazione delle norme rafforzando la trasparenza e l'informazione sui suoi effetti, e a vigilare affinché si eviti confusione con il livello della direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali.

2.   Osservazioni generali

2.1

Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno convenuto di abrogare la decisione 85/368/CEE. La scelta è stata motivata dal fatto che tale atto legislativo descriveva un sistema per la creazione di qualifiche professionali comparabili che si è dimostrato difficile da applicare e scarsamente utilizzabile nella pratica. Dall'introduzione di queste norme, le istituzioni europee hanno individuato 219 qualifiche in 19 settori, scelti in quanto presentavano la massima probabilità di trasferimento degli addetti in un altro paese. Nel 1990 erano stati pubblicati dati sulla corrispondenza delle qualifiche solo per 5 dei 19 settori selezionati, riguardanti 66 professioni.

2.2

La Commissione ha osservato che questo numero, già di per sé troppo limitato, è stato poi ulteriormente ridotto dagli Stati membri. Questi, infatti, hanno modificato in rapida successione i settori professionali su cui sono basati i profili comuni: vista la concezione centralizzata del sistema, ciò ha reso necessarie profonde modifiche. Il sistema, inoltre, non è stato in grado di sostenere questo carico di lavoro supplementare. Oggi, quindi, non si può che constatare che il sistema, a oltre 20 anni dalla sua introduzione (1985), non si è dimostrato abbastanza efficiente nell'aumentare la mobilità dei lavoratori negli scambi transfrontalieri di servizi e nel facilitare la migrazione nel settore dei servizi alle persone.

2.3

La Comunità europea ha sostituito questo sistema impostato sull'armonizzazione con il sistema del Quadro europeo delle qualifiche (QEQ). Grazie alla sua semplice struttura di classificazione, quest'ultimo consente agli Stati membri di catalogare le proprie qualifiche e quindi di renderle comparabili. L'organismo creato dalla Comunità europea per controllare la classificazione ha la funzione di garantire la qualità e il livello del QEQ. A completamento del QEQ, la Comunità europea ha introdotto altre due strumenti: Europass e il Sistema europeo di trasferimento crediti (ECTS). Inoltre, per consentire di comparare i processi di apprendimento formali e informali, essa ha creato il portale Ploteus. La Commissione ha inserito le proprie attività e i propri sforzi nel quadro degli obiettivi generali comunitari del processo di Lisbona, inteso a rafforzare il mercato interno e a semplificare le procedure amministrative.

3.   Raccomandazioni

3.1

Il Comitato si compiace del più forte impegno dimostrato dall'Unione europea sul tema della facilitazione delle migrazioni finalizzata a migliorare il funzionamento del mercato interno anche per i lavoratori e per i servizi alle persone.

3.2

Il Comitato conviene sul fatto che le esperienze pratiche dovrebbero essere integrate nei confronti effettuati sotto il profilo della trasparenza. Il Comitato sottolinea che il QEQ si colloca al di sotto dell'ambito della direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali, sulla quale esso ha elaborato un parere, e che i due ambiti dovrebbero essere mantenuti separati.

3.3

Il Comitato accoglie con favore il fatto che fino al 2012 il QEQ sia applicato su base volontaria: resterà così del tempo per raccogliere esperienze pratiche e migliorare l'accettazione del nuovo sistema ricorrendo alla trasparenza e alla comunicazione.

3.4

Il Comitato apprezza il coinvolgimento delle parti sociali nei lavori, soprattutto in considerazione del fatto che, nel medio termine, non è da escludere che le categorie del QEQ abbiano un impatto sulla contrattazione collettiva. La stessa cosa vale per la futura evoluzione della Carta blu UE.

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/92


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (a norma dell'articolo 128 del Trattato CE)

COM(2007) 803 def. Parte V — 2007/0300 (CNS)

(2008/C 162/24)

Il Consiglio, in data 17 gennaio 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (a norma dell'articolo 128 del Trattato CE)

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 29 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore GREIF.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 147 voti favorevoli, 5 voti contrari e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE aveva accolto favorevolmente il nuovo approccio integrato e il nuovo ciclo pluriennale, in primo luogo nel parere sugli orientamenti per l'occupazione 2005-2008 (1) e poi in numerosi altri pareri, sottolineando tra l'altro la necessità di consultare e coinvolgere effettivamente i parlamenti nazionali, le parti sociali e la società civile in tutte le fasi di coordinamento della politica dell'occupazione.

1.2

Il CESE aveva in particolare fatto notare che un fattore determinante per il successo dei programmi nazionali di riforma è la partecipazione più ampia possibile di tutti gli attori sociali interessati, e segnatamente delle parti sociali, ad ogni fase del processo. A questo proposito, il Comitato aveva deplorato il fatto che, negli ultimi anni, il livello di consultazione delle parti sociali e il dibattito con la società civile non erano stati soddisfacenti. Per questo motivo il CESE ritiene che sia importante rafforzare i sistemi di relazioni industriali a livello comunitario e nazionale.

1.3

In tale contesto, il Comitato si rammarica ancora una volta che i tempi estremamente brevi previsti tra la pubblicazione della proposta di decisione del Consiglio e la sua adozione non consentano di organizzare un dibattito approfondito e una vera e propria consultazione delle parti. Per tale motivo, si riserva il diritto di rivedere la strategia alla luce del vertice di primavera 2008.

1.4

In merito alla serie precedente di orientamenti per l'occupazione, elaborati nell'ambito della strategia europea, il Comitato aveva a suo tempo avanzato, tramite diversi pareri, un certo numero di proposte. Considerando il limitato tempo a disposizione, il CESE ha raccolto tutte queste proposte in un documento riassuntivo, che è stato inviato alla Commissione ed è stato ben accolto dai servizi competenti (2).

1.5

Pur riconoscendo che gli orientamenti non hanno sostanzialmente perso il loro valore, il Comitato fa osservare che la nuova serie di orientamenti per l'occupazione è identica alla precedente. Il testo dell'introduzione, tuttavia, è stato leggermente aggiornato e sono state prese in considerazione alcune delle proposte presentate dal CESE.

1.6

Il Comitato propone alla Commissione di elaborare, mediante procedura standard, un allegato contenente un elenco di tutti gli obiettivi quantificabili che figurano negli orientamenti, per renderli più trasparenti.

1.7

Vista l'urgenza, il Comitato ribadisce le sue osservazioni principali su taluni degli aspetti di cui si dovrà tener conto al momento della decisione, alla luce della necessità generale di adeguare gli orientamenti per l'occupazione. Tali osservazioni vengono qui di seguito riassunte (3).

2.   Sintesi delle proposte specifiche del CESE

2.1   Ambizioni e obiettivi quantificabili

Il Comitato ribadisce la necessità di:

fissare nei nuovi orientamenti obiettivi molto più ambiziosi, efficaci, quantificabili a livello comunitario e nazionale e comparabili secondo un'analisi di benchmarking, e di conferire alla Commissione maggiori competenze di applicazione; in tale contesto, è necessario mettere tutto in opera per evitare di indebolire gli obiettivi di Lisbona, e dunque concentrarsi nuovamente su target quantitativi su scala europea, in particolare nel campo del collocamento in attività, dell'istruzione e della formazione permanente, dell'occupazione giovanile e della parità tra i sessi,

diffondere adeguatamente il calendario e la procedura da seguire tra tutte le parti interessate, al fine di garantirne la massima partecipazione e di dare loro il tempo sufficiente per reagire, a livello sia dell'UE che nazionale, già nella fase della definizione; in tale contesto sarà essenziale coinvolgere, sin dalle primissime fasi, le parti sociali e la società civile nella definizione, nell'applicazione e nel monitoraggio degli orientamenti,

migliorare la raccolta dei dati per facilitare il monitoraggio e la valutazione sia da parte degli Stati membri che della Commissione,

elaborare dei programmi nazionali di riforma che contengano indicazioni più concrete e definite per quanto riguarda obiettivi, calendari, costi e disposizioni finanziarie; i programmi potrebbero così diventare più ambiziosi e sarebbero altresì più validi sul piano dei tempi, delle responsabilità, del carattere vincolante delle misure e delle basi finanziarie, in quanto conterrebbero obiettivi concreti di stanziamento, da parte dei singoli Stati membri di adeguate risorse di bilancio a favore delle misure di politica attiva del mercato del lavoro,

dare maggiore risalto all'inserimento delle persone con esigenze speciali, tramite la definizione di obiettivi concreti e un più ampio riconoscimento delle esigenze della politica sociale; in tale contesto, occorre incrementare gli sforzi per assicurare che gli sviluppi positivi in campo economico e occupazionale rafforzino anche l'inclusione sociale nell'ambito della strategia di Lisbona; per questo è opportuno che la nuova serie di orientamenti sottolinei maggiormente gli obiettivi sociali comuni a tutti gli Stati membri per promuovere un'integrazione sociale attiva (ad esempio la lotta alla povertà e all'esclusione delle persone e dei gruppi particolarmente emarginati).

2.2   Occupazione giovanile

Il Comitato ribadisce la necessità di:

stabilire per ogni Stato membro l'obiettivo di ridurre di almeno il 50 %, nel periodo 2006-2010, la percentuale di giovani disoccupati, al fine di sottolineare che la lotta alla disoccupazione giovanile richiede maggiori sforzi da parte di tutti gli interessati,

riservare un'attenzione molto maggiore all'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, assicurando loro un primo impiego con prospettive future, nonché all'applicazione di misure volte a limitare il rischio, per i giovani, di cadere nella spirale del lavoro precario e non tutelato,

adottare un approccio più rigoroso e mirato alla formazione professionale al fine di costruire percorsi occupazionali per i giovani e garantire una formazione continua in grado di ridurre l'occupazione giovanile. Uno degli altri problemi che si pongono nel contesto è quello del rapporto tra l'istruzione e il moderno mercato del lavoro, e in particolare quello della scarsità di competenze di base e intermedie e dello squilibrio tra competenze e qualifiche da un lato ed esigenze del mercato del lavoro dall'altro,

creare sistemi di sicurezza sociale che diano ai giovani la possibilità di scegliere il proprio futuro e avviare misure per promuoverne l'inclusione sociale, in particolare per combattere il problema dei giovani che non seguono né un corso di studi né una formazione, non lavorano e non sono neanche iscritti nelle liste di disoccupazione,

ridurre l'abbandono scolastico del 50 % nel periodo 2006-2010 e promuovere i tirocini nelle aziende,

sviluppare adeguati incentivi e interventi di sostegno per le imprese affinché assumano un numero maggiore di giovani e di anziani con problemi particolari di ingresso nel mercato del lavoro,

ridurre il periodo di sei mesi al di là del quale è previsto l'obbligo di inserimento nella vita attiva dei giovani in cerca di occupazione o di tirocinio (si fa osservare che in base all'Orientamento 18, tale periodo sarà portato a 4 mesi a partire dal 2010),

promuovere le pari opportunità, il sostegno ai disabili e l'integrazione degli immigrati.

2.3   Parità tra i sessi

Il Comitato sottolinea nuovamente quanto segue:

per accrescere il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro è necessario stabilire priorità comuni nel coordinamento delle politiche occupazionali e lanciare politiche concrete per incoraggiare i genitori singoli a sviluppare competenze spendibili sul mercato del lavoro e migliorare le possibilità di accesso all'occupazione,

è importante consultare le parti sociali sugli aspetti relativi all'inclusione di criteri di genere,

i governi nazionali, gli enti nazionali per le pari opportunità e le parti sociali di tutti gli Stati membri hanno il preciso dovere di accertare che i rispettivi sistemi retributivi non danno origine a disparità tra uomini e donne; in tale contesto gli orientamenti comunitari devono rafforzare, a livello di Stati membri e di imprese, gli obiettivi di uguaglianza salariale tra uomini e donne attraverso indicatori precisi; di conseguenza, è necessario fissare degli obiettivi di riduzione delle differenze di genere nell'accesso alle formazioni professionali e tecnologiche e ridurre le differenze salariali al momento dell'assunzione,

è necessario adottare misure volte a eliminare le discriminazioni esistenti sul mercato del lavoro e le cause strutturali delle differenze di reddito legate al genere; si dovrà in particolare rafforzare la capacità delle donne di provvedere autonomamente alla propria sicurezza sociale, attraverso misure intese a ridurre i posti di lavoro a tempo parziale, sottopagati e non tutelati, come pure a migliorare la regolamentazione del tempo parziale (ad es. estendendo il diritto dei genitori al tempo parziale, con diritto di tornare al tempo pieno, e intensificando la partecipazione ai programmi di formazione aziendale),

occorre definire nelle politiche in materia di occupazione nuovi obiettivi specifici per l'uguaglianza di genere, accompagnati da indicatori qualitativi e quantitativi, al fine di eliminare gli stereotipi basati sul sesso e gli ostacoli che le donne incontrano per avviare una carriera in settori specifici e per diventare imprenditrici (4),

i programmi scolastici nazionali di livello secondario e superiore dovrebbero includere l'educazione all'imprenditorialità, soprattutto per le giovani donne; dovrebbero inoltre venire adottate misure per accrescere il numero di laureate nelle discipline tecnico-scientifiche, in modo da ridurre il divario occupazionale che caratterizza i settori tecnici come l'ingegneria e i servizi legati alle TIC,

si dovrebbe riservare una maggiore attenzione alla parità di genere e alla necessità di conciliare impegni professionali e vita familiare; in tale contesto, è necessario ridurre la segmentazione del mercato del lavoro in funzione del genere, soprattutto attraverso misure efficaci per conciliare lavoro e famiglia (in particolare, creazione di servizi di custodia dei bambini ampiamente disponibili, di qualità e abbordabili economicamente, e di forme di sostegno per le persone non autonome e le loro famiglie, comprese strutture sociali di assistenza attive 24 ore su 24),

è necessario promuovere in maniera efficace la ripartizione tra i partner degli obblighi di assistenza (e soprattutto incentivi per aumentare la partecipazione dei padri) ed eliminare le misure di politica familiare che tendono a incentivare l'abbandono e/o l'interruzione protratta dell'attività professionale; i genitori dovrebbero essere messi in grado di reinserirsi nel mercato del lavoro; le indennità corrispondenti ai periodi di aspettativa non dovrebbero ripercuotersi negativamente sull'evoluzione salariale, creare ulteriori incentivi all'abbandono professionale da parte delle donne o produrre nuovi ostacoli alla ripartizione tra i partner degli obblighi di assistenza ai figli.

2.4   Lavoratori anziani, disabili e immigrati

Il Comitato ha raccomandato:

una lotta più determinata alle numerose forme di discriminazione e penalizzazione che ancora permangono in relazione all'età, al sesso, alle disabilità o all'origine etnica, per quanto concerne in special modo l'accesso alla formazione ma anche l'accesso e la permanenza nel mercato del lavoro; a tale proposito, si dovrà garantire un adeguato monitoraggio della normativa UE e della sua applicazione,

una maggiore attenzione all'impatto dei cambiamenti demografici e alla problematica dell'invecchiamento della forza lavoro; in tale contesto, è necessario aumentare gli investimenti nella qualità dei posti di lavoro e garantire condizioni di lavoro adeguate ai lavoratori anziani, per permettere ai lavoratori di rimanere più a lungo sul mercato del lavoro in buone condizioni fisiche e psichiche. A tal fine si dovrebbe, in particolare, incrementare la partecipazione degli anziani alla formazione, allentare la pressione sui lavoratori nelle aziende e adeguare le condizioni di lavoro all'età (ad es. incentivando una maggiore tutela della salute sul luogo di lavoro e varando programmi aziendali di promozione della salute e prevenzione delle malattie, nonché di protezione dei lavoratori),

l'adozione di misure di sensibilizzazione al valore dei lavoratori più anziani (valorizzazione dell'esperienza e delle possibilità per essi di trasferire ai giovani lavoratori le competenze raggiunte nella vita lavorativa), nonché di misure di consulenza e sostegno alle imprese, in particolare alle PMI, nella programmazione delle risorse umane e nello sviluppo di un'organizzazione del lavoro che tenga conto dell'età dei dipendenti,

una maggiore priorità alle questioni di disabilità nei programmi di riforma nazionali e un maggiore coinvolgimento delle associazioni nazionali dei disabili nell'elaborazione di detti programmi; in tale contesto, è stato chiesto alla Commissione di analizzare l'impatto e sfruttare le sinergie che potrebbero derivare dall'adozione di misure in materia di lavoro flessibile e di sostegno, al fine di aumentare il tasso di occupazione dei disabili,

un rafforzamento e controllo dell'attuazione delle politiche di immigrazione e del loro impatto sulla pianificazione del mercato del lavoro a livello nazionale; in tale contesto si dovrà riconoscere una particolare importanza al sostegno individuale (pre)scolare, all'investimento precoce in competenze linguistiche e professionali e all'eliminazione degli ostacoli e delle discriminazioni istituzionali nell'accesso al mercato del lavoro degli Stati membri,

il controllo e l'adozione di misure per mantenere una presenza adeguata di manodopera competente e qualificata in modo da garantire la sostenibilità. Pur dichiarandosi a favore della mobilità dei lavoratori tra gli Stati membri, il Comitato esprime preoccupazione per l'impatto che il trasferimento di lavoratori qualificati e l'«esodo delle competenze» da un paese UE a un altro producono sul paese d'origine.

2.5   Posti di lavoro di qualità e mercati del lavoro «di passaggio»

Il Comitato ribadisce la necessità di:

definire misure per migliorare qualitativamente l'occupazione e di stabilire quindi un indice europeo della qualità della vita lavorativa, fondato su criteri di «qualità del lavoro» elaborati in modo scientifico, rilevato e pubblicato regolarmente, che consenta di mettere in rilievo i cambiamenti e i miglioramenti intervenuti nella qualità della vita lavorativa e le relative ripercussioni sulla produttività,

rafforzare la sicurezza del mercato del lavoro e prevenire le «trappole della precarietà», tra l'altro garantendo che i disoccupati non siano costretti ad accettare lavori non tutelati, lottando contro il lavoro non dichiarato e impedendo lo sfruttamento dei lavoratori con contratti a tempo determinato,

proteggere i lavoratori dalla discriminazione,

adottare una serie di nuove misure per migliorare il funzionamento dei sistemi sanitari e per promuovere l'inserimento tra gli obiettivi occupazionali della prevenzione delle malattie e della promozione di uno stile di vita sano: questo consentirebbe di ridurre il costo della malattia per la collettività, di incrementare la produttività della manodopera e di allungare la durata della vita lavorativa,

ammodernare e migliorare, ovunque sia necessario, il regime di sicurezza sociale delle forme di lavoro atipiche,

eliminare gli ostacoli al (re)inserimento e alla permanenza nel mercato del lavoro di quanti hanno obblighi di assistenza nei confronti di familiari e creare incentivi per una maggiore partecipazione dei padri alla cura dei figli,

sviluppare mercati del lavoro «di passaggio» per i gruppi socialmente emarginati, con incentivi adeguati per le imprese affinché assumano più lavoratori, e contestualmente misure di sostegno per aiutare i lavoratori di tali gruppi a superare i problemi alla radice della loro emarginazione (badando pur sempre a impedire che ne derivino agevolazioni indebite e distorsioni della concorrenza),

promuovere iniziative occupazionali nel settore non profit, e specie nell'economia sociale: dato che essa ha un ruolo particolare in questo contesto occorrerà garantirle un sostegno adeguato nella pianificazione di bilancio delle politiche del lavoro.

2.6   Flessicurezza

Il Comitato ha fatto le proposte seguenti:

le parti sociali dovrebbero partecipare da protagoniste a tutti i dibattiti sulla flessicurezza e svolgere un ruolo di primo piano nelle consultazioni della Commissione europea e nella definizione di tale concetto,

è fondamentale rafforzare i sistemi di relazioni industriali a livello sia europeo che nazionale; nel definire il concetto di flessicurezza, le parti sociali devono partecipare attivamente, negoziare, avere voce in capitolo ed assumersi le loro responsabilità; pertanto, nel quadro della valutazione dei programmi nazionali di riforma occorre anche esaminare le possibilità di rafforzare il dialogo sociale e i sistemi di contrattazione collettiva,

nel contesto della flessicurezza, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero prestare maggiore attenzione alla parità di genere e alla solidarietà tra generazioni; attualmente sul mercato del lavoro le donne, gli anziani e i giovani sono spesso svantaggiati sotto il profilo della flessibilità e della sicurezza: sarebbe opportuno mirare ad una convergenza verso l'alto e adottare misure quanto più possibile favorevoli,

gli Stati membri e la Commissione dovrebbero valutare la possibilità di migliorare l'adattabilità attraverso la flessibilità interna, facendo di quest'ultima una dimensione realizzabile e accettabile della flessicurezza; la flessibilità interna può svolgere un ruolo fondamentale nel migliorare la produttività, l'innovazione e la competitività, contribuendo così a raggiungere gli obiettivi della strategia di Lisbona,

occorre ricercare un equilibrio tra la flessibilità degli orari di lavoro e la protezione dei lavoratori; lo strumento più adeguato per garantire tale equilibrio è rappresentato dalle norme stabilite dalle contrattazioni collettive, in linea con le pratiche nazionali; tali contrattazioni sulla flessibilità dell'orario di lavoro devono però fondarsi su un quadro consolidato di diritti, dispositivi sociali ben funzionanti e regimi di previdenza sociale che favoriscano l'occupazione.

2.7   Investimenti, innovazione e ricerca

Il Comitato ha raccomandato:

un contesto macroeconomico favorevole, improntato ad una politica economica orientata alla crescita, al fine di superare l'ormai lunga crisi congiunturale e realizzare al massimo le potenzialità delle politiche attive del mercato del lavoro,

una maggiore coerenza nell'integrare gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, sia per stimolare l'economia sia per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro; in questo contesto va ricordato che la maggior parte dei programmi di riforma non tiene sufficientemente conto della necessità di adottare, oltre a riforme strutturali del mercato del lavoro, provvedimenti sul lato della domanda volti a promuovere la crescita e l'occupazione,

maggiori possibilità, a livello di bilancio, di garantire adeguati investimenti di infrastruttura negli Stati membri; a tale proposito, i programmi nazionali di riforma dovranno, nella misura del possibile, essere concepiti in modo da rilanciare l'economia sul piano europeo,

condizioni idonee a favorire la domanda sia esterna che interna, al fine di sfruttare al massimo il potenziale di crescita e piena occupazione; a tale proposito, si è sottolineato il fatto che sono pochi gli Stati membri che, nei propri programmi di riforma, tengono debitamente conto della necessità di creare nuovi stimoli economici,

l'importanza di disporre di finanziamenti adeguati a livello nazionale ed europeo per poter attuare le misure di politica occupazionale; in tale contesto, è stata sottolineata la necessità di eliminare le disparità attualmente esistenti tra le proposte concernenti il mercato del lavoro e le risorse finanziarie disponibili, nettamente insufficienti.

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Parere del CESE in merito alla Proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (ai sensi dell'articolo 128 del trattato CE), relatore: MALOSSE (GU C 286 del 17.11.2005).

(2)  Un opuscolo contenente le proposte del CESE sarà pubblicato quanto prima. Per consultare i pareri del CESE sull'occupazione e sugli aspetti ad essa collegati, cfr. http://eesc.europa.eu/sections/soc/index_it.asp.

(3)  Nel testo figurano i pareri seguenti: parere del CESE del 25 aprile 2007 in merito alla Proposta di decisione del Consiglio relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione, relatrice: O'NEILL (GU C 168 del 20.7.2007); parere del CESE del 12 febbraio 2007 sul tema L'occupazione per le categorie prioritarie (strategia di Lisbona), relatore: GREIF (GU C 256 del 27.10.2007); parere del CESE del 26 ottobre 2005 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio sulle politiche europee concernenti la gioventù: Rispondere alle preoccupazioni dei giovani in EuropaAttuare il Patto europeo per la gioventù e promuovere la cittadinanza attiva, relatrice: VAN TURNHOUT (GU C 28 del 3.2.2006); parere del CESE del 13 settembre 2006 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniUna tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010, relatrice: ATTARD (GU C 318 del 23.12.2006); parere del CESE dell'11 luglio 2007 sul tema Occupabilità e imprenditorialitàLa società civile, le parti sociali e gli enti regionali e locali in una prospettiva di genere, relatore: PARIZA CASTAÑOS (GU C 256 del 27.10.2007); parere del CESE del 17 gennaio 2007 sul tema Pari opportunità per i disabili, relatore: JOOST (GU C 93 del 27.4.2007); parere del CESE del 26 settembre 2007 sul tema Promuovere una produttività sostenibile nei luoghi di lavoro in Europa, relatrice: KURKI (GU C 10 del 15.1.2008); parere del CESE dell'11 luglio 2007 sul tema La flessicurezza (dimensione della flessibilità internacontrattazione collettiva e ruolo del dialogo sociale come strumento di regolazione e riforma dei mercati del lavoro), relatore: JANSON (GU C 256 del 27.10.2007); parere del CESE del 17 maggio 2006 in merito alla Proposta di decisione del Consiglio relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione, relatore: GREIF (GU C 195 del 18.8.2006); parere del CESE del 30 maggio 2007 in merito alla Proposta di raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche e dei titoli per l'apprendimento permanente, relatore: RODRÍGUEZ GARCÍA-CARO (GU C 175 del 27.7.2007); parere del CESE del 6 aprile 2005 in merito alla Proposta di raccomandazione del Consiglio e del Parlamento europeo sul proseguimento della cooperazione europea in materia di certificazione della qualità nell'istruzione superiore, relatore: SOARES (GU C 255 del 14.10.2005).

(4)  Cfr, in tale contesto, anche i seguenti pareri: parere del CESE del 6 luglio 2006 sul tema Stimolare lo spirito imprenditoriale attraverso l'istruzione e l'apprendimento, relatrice: JERNECK (GU C 309 del 16.12.2006) e parere del CESE del 25 ottobre 2007 sul tema Spirito imprenditoriale e agenda di Lisbona, relatrice: SHARMA, correlatore: OLSSON (SOC/267) (parere non ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale).


25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/96


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Integrazione finanziaria: il caso dei mercati borsistici europei

(2008/C 162/25)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 gennaio 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Integrazione finanziaria: il caso dei mercati borsistici europei.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 24 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore LEHNHOFF.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 103 voti favorevoli, 4 voti contrari e 9 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo raccomanda alle istituzioni europee di raddoppiare gli sforzi per illustrare ai cittadini comunitari i vantaggi offerti da un quadro giuridico armonizzato per le operazioni su titoli. Considera infatti che in questo modo dovrebbe essere possibile contrastare la tendenza, che si può tuttora ampiamente constatare, a limitare gli investimenti ai rispettivi mercati nazionali (home bias).

1.2

Il Comitato raccomanda alla Commissione, nel quadro della valutazione ex post del piano d'azione sui servizi finanziari annunciata nel Libro bianco sulla politica dei servizi finanziari 2005-2010 (1), di valutare con particolare attenzione se le numerose modifiche apportate ai testi legislativi europei di base concernenti le piazze finanziarie borsistiche ed extraborsistiche promuovano o meno una corretta integrazione dei mercati borsistici europei e se esse facilitino o meno gli investimenti transfrontalieri di capitali.

1.3

Questa valutazione è opportuna soprattutto per quanto riguarda gli effetti della direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MiFID) (2), della direttiva relativa al prospetto per l'offerta pubblica (3) e della direttiva sulla trasparenza (4), quali parti integranti del piano d'azione per i servizi finanziari, nonché degli sforzi in atto per semplificare le operazioni di regolamento transfrontaliero nell'ambito delle transazioni su strumenti finanziari (in questo caso soprattutto per quanto riguarda l'attuazione dell'impegno volontario assunto dagli operatori delle infrastrutture finanziarie nell'ambito del Code of Conduct for Clearing and Settlement — codice di condotta per la compensazione e il regolamento — e gli sforzi della Banca centrale europea (BCE) per realizzare una piattaforma unica per i servizi di regolamento delle transazioni in titoli a livello europeo — «Target 2/Titoli»).

1.4

Il Comitato giudica opportuno attendere i risultati di questo processo di valutazione prima di adottare iniziative ulteriori o complementari per promuovere l'integrazione. Se lo riterrà necessario, presenterà nuove proposte destinate a garantire miglioramenti nell'integrazione dei mercati borsistici.

1.5

Nella comunicazione del 2005 sulla politica industriale (5), sono state annunciate sette misure orizzontali, volte a sostenere le iniziative settoriali. Il Comitato giudica necessario aggiungere all'elenco delle misure che coprono diversi settori anche mercati finanziari efficienti e accessibili a costi ragionevoli alle imprese europee, specie se piccole e medie (PMI). Se la direttiva MiFID si prefigge di migliorare il funzionamento di tali mercati, è tuttavia indispensabile riflettere in modo più ampio sul ruolo che essi possono svolgere nella promozione della competitività europea, viste le importanti ripercussioni ad essi collegate. Il Comitato si rammarica che nell'ambito dell'esame intermedio della politica industriale (6) tale riflessione non sia stata avviata.

È importante rivolgere un'attenzione specifica alle piazze borsistiche, in quanto queste rivestono un interesse fondamentale per l'economia di mercato nel suo complesso. Vanno soprattutto seguiti i movimenti dei fondi degli emittenti sovrani e dei titoli di Stato di paesi emergenti o di paesi che dispongono di risorse naturali consistenti, in particolare quando la loro quota di investimenti sui mercati borsistici è molto alta. È quanto avviene alla Borsa di Londra, la London Stock Exchange, dove i fondi di Dubai e del Qatar detengono oramai il 48 % dei titoli. In generale, la Commissione dovrebbe collaborare con gli Stati membri e con le autorità di vigilanza per migliorare la trasparenza di questi fondi, capire i motivi che guidano le loro operazioni e assicurarsi che alla base non vi siano ragioni politiche. In linea generale, il Comitato esorta la Commissione a «presentare al più presto le sue proposte legislative per migliorare le informazioni fornite dagli investitori istituzionali sulle loro politiche in materia di investimenti e di voto» (7).

2.   Argomentazioni a favore del parere

2.1   Ambito di elaborazione del parere

2.1.1

L'integrazione finanziaria è un elemento fondamentale dell'unione economica e monetaria. Dall'introduzione dell'euro, l'integrazione del sistema finanziario europeo è diventata un obiettivo importante. La maggior parte degli studi concordano nell'affermare che tale integrazione ha indubbiamente effetti positivi sull'economia europea.

2.1.2

In considerazione dei notevoli vantaggi che l'integrazione finanziaria europea può avere per l'intera economia, la situazione attuale, caratterizzata da un'insufficiente integrazione di numerosi segmenti di mercato, rende necessario l'impegno costante di tutti i partecipanti a portare avanti tale processo, fino alla sua completa realizzazione.

2.1.3

La creazione di mercati finanziari integrati, competitivi ed efficienti è un aspetto essenziale del mercato interno e degli obiettivi di Lisbona, grazie al quale è possibile approfittare al massimo dei vantaggi in termini di crescita e di occupazione.

2.1.4

Tutte le piazze finanziarie svolgono funzioni importanti di interesse economico generale. Per il ruolo determinante che hanno sui mercati finanziari nazionali, le borse sono spesso assimilate ad enti pubblici di importanza nazionale. Il settore borsistico europeo è dominato da operatori tradizionali che spesso sono attivi solo a livello nazionale. Nonostante alcune fusioni o alleanze tra varie borse, tale mercato è ancora frammentato in una dozzina di piazze finanziarie diverse. Tuttavia, la possibilità di effettuare transazioni elettroniche permette di superare gli ostacoli e i conflitti inerenti a una concreta situazione geografica.

2.1.5

L'integrazione finanziaria è innanzi tutto un processo indotto dal mercato, che richiede tuttavia anche una efficace interazione tra le forze di mercato e l'azione dei poteri pubblici. Le autorità nazionali dell'UE devono inoltre essere fermamente determinate a potenziare il processo di integrazione. Questo presuppone in particolare la volontà irremovibile delle autorità statali ed europee di introdurre un quadro giuridico e regolamentare volto a favorire l'integrazione del mercato interno e la stabilità finanziaria.

2.1.6

Nel corso degli anni, l'importanza dei mercati azionari europei in quanto fonti di finanziamento per le imprese è aumentata a ritmi talvolta spettacolari. Ad esempio, un mercato borsistico sviluppato permette di incrementare gli investimenti aggregati e di ridurre i costi. Il mercato borsistico può fornire un notevole contributo alla messa a disposizione di risorse esterne aggiuntive. Pertanto, il settore finanziario è importante anche perché garantisce l'allocazione di fondi che consentono a loro volta lo sviluppo di altri comparti economici.

2.1.7

In tale contesto la grande eterogeneità delle norme nazionali in materia di mercati finanziari rappresenta un ostacolo. Le fusioni tra borse — in quanto aspetto strategico della regolamentazione in materia — da sole non bastano a soddisfare gli obiettivi politici di armonizzazione.

2.1.8

Nel caso dei mercati di titoli come le azioni o le obbligazioni è della massima importanza portare avanti l'integrazione delle infrastrutture di compensazione e regolamento. Resta infatti ancora elevato il numero dei sistemi di compensazione e regolamento esistenti e insufficientemente collegati tra loro.

2.1.9

In un'epoca in cui l'unione monetaria agevola di fatto un approccio paneuropeo alla gestione dei titoli, i mercati azionari dell'Europa continentale si trovano nella situazione paradossale di ordini gestiti per via elettronica, ma con costi elevati di transazione. Questa contraddizione è innanzitutto dovuta ai costi ancora troppo alti delle operazioni transfrontaliere.

2.2   Osservazioni generali — I mercati borsistici europei

2.2.1

Le borse (valori) permettono l'incontro dell'offerta e della domanda attraverso strumenti finanziari (funzione di mercato di una borsa). Dal punto di vista degli investitori, la borsa consente di acquisire o di trasferire il possesso di strumenti finanziari. Dal punto di vista delle imprese, le borse sono essenziali per procurarsi fondi propri o esterni. Le borse costituiscono pertanto, accanto al finanziamento attraverso aperture di credito da parte delle banche, la componente centrale del finanziamento dell'attività imprenditoriale. Senza un mercato borsistico ben funzionante, le possibilità di collocamento di nuovi strumenti finanziari risulterebbero notevolmente limitate. La creazione di un autentico mercato borsistico europeo può offrire alle imprese nuove opportunità di finanziamento per le loro attività attraverso l'emissione di titoli. Ciò vale anche per le imprese di paesi in cui per ora esiste solo un mercato borsistico caratterizzato da una scarsa liquidità, il che consente di effettuare con successo le emissioni solo entro certi limiti. Un mercato borsistico europeo, inoltre, dovrebbe contribuire a far sì che gli investitori abbandonino la tendenza — ancor oggi riscontrabile — a concentrare gli investimenti nei rispettivi mercati nazionali e possano approfittare della crescita dello spazio economico europeo nel suo complesso.

2.2.2

Globalmente si osserva tuttavia che le imprese finanziano solo una quota modesta dei loro investimenti (gli investimenti fissi lordi) rivolgendosi ai mercati borsistici. Anche negli Stati Uniti le emissioni nette di azioni sono in diminuzione, mentre sono inesistenti nella zona euro. Questo non è motivato dal diverso numero di imprese quotate in borsa, dato che tale numero rimane quasi invariato nel tempo. Può però essere spiegato dal fatto che le imprese procedono al riacquisto delle loro stesse azioni al fine di aumentare l'utile per azione, che costituisce l'indicatore più importante per i mercati finanziari.

2.2.3

Per permettere alle borse di svolgere la loro funzione pubblica, si devono realizzare due condizioni: da un lato la transazione (negoziazione) e dall'altro lo scambio di strumenti finanziari e controvalore monetario (regolamento) (8). Anche se sono necessari entrambi per permettere un'operazione di borsa, la negoziazione e il regolamento sono pur tuttavia due azioni distinte che vengono di fatto realizzate su due piattaforme tecniche ben diverse. La negoziazione è organizzata dalla stessa borsa mentre il regolamento si realizza per il tramite delle controparti centrali (CCP) e dei cosiddetti depositari centrali di titoli (CSD). Questi ultimi svolgono la funzione di custodia centrale dei titoli ed effettuano il trasferimento di proprietà attraverso scritture contabili (9).

2.2.4

In ciascuno Stato membro esiste per lo meno una borsa valori (10). A queste si aggiungono sistemi di negoziazione multilaterale (MTF) che, come le borse, permettono l'incontro di ordini di acquisto e di vendita attraverso strumenti finanziari, e internalizzatori, che concludono contratti direttamente con i loro clienti. Il regolamento avviene, il più delle volte, attraverso CSD nazionali i quali detengono, nei rispettivi paesi, una posizione di monopolio per determinati servizi.

2.2.5

L'esistenza di più piazze finanziarie in sé non deve essere considerata un punto debole del mercato europeo dei capitali. Al contrario, una efficace concorrenza tra le piazze finanziarie dovrebbe, stando alle regole dell'economia di mercato, ridurre i costi delle transazioni per gli investitori. A giusto titolo, dunque, la direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MiFID) (11) adotta come approccio il potenziamento della concorrenza tra le piazze finanziarie (12).

2.2.6

La concorrenza tra le piazze finanziarie è effettiva, però, solo a condizione che le borse europee agiscano in una situazione di concorrenza effettiva. Un ostacolo alla concorrenza è stata finora la cosiddetta «regola della concentrazione delle operazioni», in vigore in numerosi Stati membri, secondo la quale tutti gli ordini dovevano essere eseguiti sui mercati regolamentati (in genere le borse locali). La direttiva MiFID ha eliminato la possibilità di ricorrere a questa regola nazionale. Un altro ostacolo alla concorrenza europea, tenendo conto della storia esclusivamente nazionale delle singole borse, potrebbe consistere nel fatto che esse sono in grado di proporre un'offerta ristretta di strumenti finanziari negoziabili, limitata a strumenti nazionali. Se ad esempio una borsa tedesca non ha la possibilità di trattare strumenti finanziari francesi, non vi può essere alcun tipo di concorrenza.

2.2.7

Un esame degli strumenti finanziari negoziati dalle grandi borse europee mostra tuttavia che — a parte eventuali barriere di natura giuridica — la concorrenza tra le piazze finanziarie non conosce veri e propri ostacoli. Ad esempio nelle borse tedesche si negoziano più di 13.000 strumenti finanziari stranieri (13). Anche se non sono disponibili cifre comparabili per altre borse, questo esempio mostra chiaramente che sussistono le condizioni per un'autentica concorrenza tra le piazze finanziarie. Eventuali ostacoli giuridici nazionali perdono la loro importanza con l'applicazione del piano d'azione sui servizi finanziari. Ad esempio, la direttiva sul prospetto per l'offerta pubblica consente di commercializzare strumenti finanziari in tutta Europa con un unico prospetto. La direttiva MiFID armonizza non solo le esigenze di protezione degli investitori, ma anche le regole concernenti il funzionamento e la negoziazione sulle piazze finanziarie borsistiche ed extraborsistiche. Infine, la direttiva sulla trasparenza uniforma le informazioni sui mercati dei capitali. Spetta ora alle istituzioni europee valutare le ripercussioni concrete del nuovo quadro giuridico e correggerne le disfunzioni. Gli obiettivi del piano d'azione sui servizi finanziari, in particolare l'organizzazione transfrontaliera dei mercati finanziari, rappresenteranno in tale contesto il parametro di riferimento.

2.2.8

È lecito chiedersi se una concorrenza tra le borse non comporti anche dei rischi per la qualità dei meccanismi di formazione dei prezzi (e dunque per la funzione pubblica delle borse stesse) e se tali rischi possano essere neutralizzati promuovendo rigorosamente i consolidamenti. La cosa appare a prima vista evidente per effetto della ripartizione della liquidità su più piazze di negoziazione. Tuttavia il fatto che vi siano diverse piazze di negoziazione in Europa non implica necessariamente una scarsa qualità nella formazione dei prezzi. I meccanismi di negoziazione, ad esempio l'arbitraggio, consentono in effetti una compensazione, oltre al fatto che, dal 1o novembre 2007, tali piazze devono soddisfare un'ampia serie di requisiti armonizzati in materia di trasparenza prima e dopo la negoziazione (articolo 27 e successivi della direttiva MiFID). Tali requisiti dovrebbero garantire la comparabilità dei prezzi sulle diverse piazze di negoziazione, contrastando in tal modo la frammentazione menzionata ai punti precedenti. Per quanto si può giudicare, a così poco tempo dal recepimento della direttiva MiFID da parte degli Stati membri, l'approccio sembra dare i suoi risultati. I flussi di dati relativi alle transazioni extraborsistiche vengono pubblicati dalla Project Boat (un consorzio di nove banche di investimento) e consolidati da importanti operatori di servizi di informazione finanziaria con i dati provenienti dalle borse e dagli MTF. In questo modo si garantisce un'influenza reciproca dei prezzi sulle diverse piazze di negoziazione. Non sono pertanto necessari consolidamenti a livello dei proprietari delle borse per aumentare la liquidità.

2.2.9

Le decisioni pro o contro le fusioni o i rilevamenti sono — come sottolinea anche il commissario MCCREEVY — decisioni puramente economiche degli operatori borsistici e dovrebbero di conseguenza effettuarsi rigorosamente in base a criteri di mercato. Da un punto di vista politico, l'unico aspetto importante è accertare se esistano ostacoli giuridici alle fusioni o ai rilevamenti e, in caso affermativo, se sia possibile superarli.

2.2.10

Le fusioni o i rilevamenti tra gli operatori dei sistemi di negoziazione sono soggetti agli stessi ostacoli giuridici concernenti le altre fusioni e gli altri rilevamenti disciplinati dal diritto delle società. Gli esempi attuali, come la prevista acquisizione della Borsa italiana da parte della London Stock Exchange o come la fusione tra la Borsa di New York ed Euronext, mostrano che questo può accadere anche al di fuori dello spazio giuridico europeo.

2.2.11

La definizione di una piattaforma di negoziazione comune su scala europea può tuttavia comportare una serie di problemi giuridici specifici. Tra gli ostacoli figurano le differenze nei requisiti di ammissione al listino e nelle pratiche di negoziazione, nelle disposizioni fiscali e nelle regole di contabilità (14). Dall'adozione della direttiva MiFID e della direttiva sul prospetto per l'offerta pubblica, non è ancora stata condotta un'analisi approfondita circa l'importanza di questi ostacoli. Si nutrono tuttavia dubbi sul fatto che la loro portata sia tale da renderli insormontabili nella pratica. Che la loro importanza sia relativa è dimostrato dal successo conseguito nell'integrazione dei sistemi di negoziazione delle borse di Amsterdam, Bruxelles, Parigi e Lisbona nell'ambito di Euronext e nella fusione delle borse baltiche e scandinave nell'ambito della OMX Nordic. Risulta inoltre già evidente, nonostante sia passato poco tempo dall'adozione della direttiva MiFID, che in futuro le borse entreranno sempre più in concorrenza con i sistemi di negoziazione multilaterali, che possono operare in tutti gli Stati membri grazie ad un passaporto europeo. Alcuni esempi al riguardo sono l'attuale iniziativa Turquoise, lanciata da sette banche di investimento, e la Piattaforma Chi-X, istituita a Londra nel marzo 2007 dalla Chi-X Europe Limited. Una maggiore integrazione dei mercati borsistici europei appare allora non soltanto possibile, ma realizzabile già in un prossimo futuro (15).

2.2.12

La promozione dell'integrazione dei mercati borsistici non deve tuttavia essere confusa con una richiesta di concentrazione delle piazze di negoziazione o di regolamento in un'unica piattaforma commerciale paneuropea. Non bisogna dimenticare che sia le nuove piattaforme di negoziazione extraborsistiche sia le borse già esistenti sono imprese economiche orientate al profitto e che la creazione di situazioni di monopolio comporterebbe un peggioramento delle condizioni per gli emittenti e gli investitori (16).

2.2.13

Qualora la concentrazione delle borse rendesse particolarmente difficile l'accesso delle PMI attive sul piano regionale, il Comitato raccomanda alle istituzioni europee di esaminare possibili alternative alla promozione dell'integrazione tramite la concorrenza. Non bisogna trascurare il fatto che per le PMI l'ammissione alla quotazione spesso risulta più facile in una borsa regionale che nelle grandi borse europee. Infatti, grazie agli stretti legami che intercorrono a livello locale, è più semplice prendere contatto direttamente con gli investitori regionali attraverso una borsa regionale. È necessario pertanto esaminare scrupolosamente l'evoluzione effettivamente prevista, per valutare se l'accesso delle PMI alle borse risulti davvero più complicato. Se così fosse, una possibile soluzione sarebbe quella di istituire una o più borse non pubbliche, destinate a curare in modo specifico gli interessi delle PMI.

3.   Osservazioni particolari — Compensazione e regolamento sui mercati borsistici

3.1

L'ostacolo principale ad una maggiore efficienza della struttura borsistica europea non risiede tuttavia nell'orientamento tradizionalmente regionale delle borse, bensì nelle disparità relative ai sistemi di regolamento esistenti in Europa. La maggior parte di tali sistemi è frammentata tra i vari paesi, il che complica e rende più caro il regolamento delle transazioni borsistiche al di là delle frontiere nazionali. Tuttavia, i sistemi di regolamento delle transazioni di titoli esclusivamente nazionali offrono spesso soluzioni molto efficaci ed economiche che gli sforzi di consolidamento dovrebbero cercare di non compromettere. Per porre rimedio a questa frammentazione, esistono già diverse iniziative importanti il cui obiettivo è configurare in modo più efficiente le strutture europee di regolamento.

3.2

Le relazioni Giovannini (17) hanno identificato e analizzato gli ostacoli a un corretto regolamento delle transazioni borsistiche. Stando alle relazioni, le principali differenze nazionali risiedono nelle norme tecniche e nelle pratiche di mercato nonché nella diversità dei quadri fiscali e giuridici nazionali (18). Per quanto concerne il primo aspetto, gli operatori delle infrastrutture e del mercato (soprattutto le banche) stanno attualmente cercando di trovare una soluzione sotto il coordinamento della Commissione europea all'interno del gruppo Cesame (Clearing and Settlement Advisory and Monitoring Export Group) (19). Armonizzazioni come quella concernente i giorni festivi, in cui i sistemi di regolamento sono chiusi, sono già ampiamente applicate, mentre si lavora su altre armonizzazioni, ad esempio quella che riguarda il regolamento delle corporate actions (operazioni sul capitale).

3.3

Le norme tecniche e le pratiche di mercato, inoltre, risulteranno ampiamente armonizzate se avrà successo l'iniziativa — attualmente in corso — per la creazione di una piattaforma europea di regolamento delle transazioni di titoli. Nel luglio 2006, la Banca centrale europea (BCE) e le banche centrali nazionali della zona euro hanno presentato una proposta di piattaforma europea comune per i servizi di regolamento delle transazioni di titoli (20). Questa iniziativa, che tecnicamente si collega alla piattaforma di regolamento europea già esistente Target, verrà pertanto denominata Target 2/Titoli. In seguito, nel gennaio 2007, la BCE ha pubblicato i primi studi sulle conseguenze economiche, giuridiche e tecniche della prevista piattaforma (21). I requisiti tecnici di un tale sistema sono attualmente in fase di elaborazione con la collaborazione degli utilizzatori (22).

3.4

Nelle intenzioni della BCE, l'iniziativa Target 2/Titoli in futuro includerà tutte le transazioni di titoli regolate con moneta della banca centrale. La prevista piattaforma dovrà essere disponibile in linea di principio in tutta Europa alle stesse condizioni, semplificando così notevolmente il regolamento delle transazioni transfrontaliere di titoli.

3.5

Il successo dell'iniziativa Target 2/Titoli permetterebbe di sormontare gli ostacoli decisivi al regolamento delle transazioni transfrontaliere dei titoli con moneta della banca centrale in Europa. Se si riuscisse a contare sulla presenza di diversi fattori, i partecipanti alle transazioni dovrebbero poter ottenere anche notevoli vantaggi in termini di costi.

3.6

Attraverso il Codice di condotta, i CSD, le CCP e le borse si sono inoltre impegnati di fronte alla Commissione europea ad applicare una serie di misure (23). L'obiettivo consiste in particolare nell'intensificare l'efficienza e l'interoperabilità tra gli operatori delle infrastrutture. Di conseguenza i costi di regolamento per le transazioni transfrontaliere in Europa dovrebbero diminuire. Già all'inizio del 2007, una prima parte degli impegni assunti è stata realizzata. Ad esempio, è migliorata la trasparenza dei prezzi attraverso la pubblicazione e l'armonizzazione dei listini prezzi, il che permette agli utilizzatori di comparare più facilmente i prezzi. Gli operatori delle infrastrutture si sono inoltre impegnati a migliorare l'accesso ai loro sistemi e l'interoperabilità tra i sistemi stessi. Gli orientamenti pubblicati alla fine del giugno 2007 concretizzano questo impegno al punto da rendere possibile un effettivo collegamento in rete dei vari sistemi. Il fatto che l'evoluzione del Codice di condotta e la sua applicazione pratica siano state valutate in modo estremamente positivo — come dimostra anche il discorso pronunciato dal commissario MCCREEVY al Parlamento europeo il 10 luglio 2007 — fa pensare che si siano fatti molti passi avanti verso la promozione di un sistema europeo a basso costo per il regolamento delle transazioni in titoli.

3.7

Sul piano politico, attualmente non si avverte la necessità di interventi diversi dalle iniziative già descritte al fine di promuovere il consolidamento dei mercati borsistici. È meglio aspettare prima la conclusione dei diversi lavori volti a facilitare il consolidamento del panorama borsistico europeo — soprattutto per quanto concerne il regolamento delle transazioni di strumenti finanziari — e valutarne in seguito i risultati. Qualora le varie iniziative dovessero tutte fallire oppure si constatasse che esse non accrescono l'efficienza delle operazioni borsistiche in Europa, sarebbe allora il caso di esaminare l'introduzione di ulteriori disposizioni regolamentari in grado di migliorare la situazione.

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  http://ec.europa.eu/internal_market/finances/docs/white_paper/white_paper_it.pdf.

(2)  Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio, GU L 145 del 30.4.2004, pagg. 1-44.

(3)  Direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE, GU L 345 del 31.12.2003, pagg. 64-89.

(4)  Direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti.

(5)  COM(2005) 474 def. — Attuare il programma comunitario di Lisbona: un quadro politico per rafforzare l'industria manifatturiera dell'UE — Verso un'impostazione più integrata della politica industriale.

(6)  COM(2007) 374 def. — Esame intermedio della politica industriale.

(7)  ECO/202 — Le conseguenze economiche e sociali dell'evoluzione dei mercati finanziari — CESE 1262/2007 — GU C 10/2008, pag. 23 e INT/332 — Riesame del mercato unico — CESE 89/2007 — GU C 93/2007, pag. 6.

(8)  Il più delle volte definito come «Compensazione e regolamento» (Clearing and settlement).

(9)  Essi svolgono altri compiti che risultano dalla custodia dei titoli, ad es. corporate actions (operazioni sul capitale).

(10)  Un elenco delle singole borse è allegato alla rassegna dei mercati regolamentati elaborata dalla Commissione (GU C 38 del 22.2.2007).

(11)  Cfr. nota 2.

(12)  Cfr. il trentaquattresimo considerando e le disposizioni in materia di trasparenza dei mercati (artt. 27 e successivi).

(13)  Fonte: Deutsche Börse Info Operation, Total Turnover Foreign Shares, marzo 2007 www.deutscheboerse.com/dbag/dispatch/de/notescontent/gdb_navigation/listing/50_Reports_and_Statistics/60_Order_Book_Statistics/INTEGRATE/statistic?notesDoc=/maincontent/Monatsstatistik+auslaendischer+Aktien&expand=1.

(14)  McAndrew/Stefanadis, Current Issues in Economics and Finance (Federal Reserve Bank of New York), giugno 2002, pagg. 1, 3 e successive.

(15)  Cfr. a tale proposito il bollettino mensile della BCE del novembre 2007, pagg. 67, 77 e successive.

(16)  Cfr. a tale proposito il bollettino mensile della BCE del novembre 2007, pagg. 67, 74 e successive.

(17)  http://ec.europa.eu/internal_market/financial-markets/clearing/communication_fr.htm

(18)  Le norme nazionali sul trasferimento di proprietà, registrazione contabile dei titoli (normativa sulla custodia) e sull'insolvenza sono importanti ai fini di una procedura di regolamento.

(19)  http://ec.europa.eu/internal_market/financial-markets/clearing/cesame_fr.htm.

(20)  http://www.ecb.int/paym/market/secmar/integr/html/index.en.html.

(21)  Idem.

(22)  Dati esaustivi in proposito sono disponibili sul sito Internet della BCE (www.ecb.int)

(23)  http://ec.europa.eu/internal_market/financial-markets/clearing/communication_fr.htm#code.