ISSN 1725-2466

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 197

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

50o anno
24 agosto 2007


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

III   Atti preparatori

 

Comitato delle regioni

 

70a Sessione plenaria del 6 e del 7 giugno 2007

2007/C 197/01

Parere del Comitato delle regioni — Il futuro demografico dell'Europa

1

2007/C 197/02

Parere del Comitato delle regioni — Pacchetto allargamento 2006 — Capacità di integrazione

7

2007/C 197/03

Parere del Comitato delle regioni — Pacchetto allargamento 2006 — Paesi candidati

12

2007/C 197/04

Parere del Comitato delle regioni — Pacchetto allargamento 2006 — I paesi candidati potenziali

16

2007/C 197/05

Parere di prospettiva del Comitato delle regioni — Il contributo degli enti regionali e locali alla strategia dell'Unione europea a favore dello sviluppo sostenibile

21

2007/C 197/06

Parere d'iniziativa del Comitato delle regioni — Il rilancio del processo di riforma dell'Unione europea in vista del Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007

30

2007/C 197/07

Parere del Comitato delle regioni — Servizi postali comunitari

37

2007/C 197/08

Parere del Comitato delle regioni — Strategia comunitaria volta ad affiancare gli Stati membri nei loro sforzi per ridurre i danni derivanti dal consumo di alcol

48

2007/C 197/09

Parere del Comitato delle regioni — La governance nell'ambito del Consenso europeo sulla politica di sviluppo

52

2007/C 197/10

Parere del Comitato delle regioni — Regioni per il cambiamento economico

57

IT

 


III Atti preparatori

Comitato delle regioni

70a Sessione plenaria del 6 e del 7 giugno 2007

24.8.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 197/1


Parere del Comitato delle regioni — Il futuro demografico dell'Europa

(2007/C 197/01)

IL COMITATO DELLE REGIONI

sottolinea la necessità e l'urgenza di considerare le tendenze demografiche, a livello di enti regionali e locali, in maniera differenziata, dato che, con riferimento allo stesso periodo, anche all'interno dei singoli Stati membri si registrano tendenze molto diverse e in parte contrastanti, mentre in regioni appartenenti a Stati membri diversi sono riconoscibili le medesime tipologie di evoluzione. In futuro sia gli enti regionali che quelli locali dovranno definire le rispettive strategie e linee guida politiche sulla base di previsioni demografiche realistiche,

è del parere che l'evoluzione demografica debba essere un tema politico trasversale, poiché ciò consentirebbe di agire tempestivamente per scongiurare i rischi di lungo termine e di riconoscere e cogliere le opportunità che si presentano. A tal fine è necessario confrontarsi anche con verità scomode e prendere atto di tutti i fatti che emergono dal dibattito pubblico. Solo quando i politici e l'opinione pubblica avranno accettato, oltre all'invecchiamento generale della società, anche la diminuzione della popolazione in quanto fatto strutturale irreversibile, si potranno sviluppare delle reazioni appropriate,

sottolinea che non vi è motivo di considerare la sfida demografica come un fatto meramente negativo. Per le società europee, infatti, se da una parte la nascita di un numero di bambini inferiore a quello necessario per mantenere il livello di popolazione diverrà a lungo termine un problema da risolvere, dall'altra, il fatto che le persone vivano e restino sane più a lungo costituisce un indubbio vantaggio. Inoltre, occorre riconoscere — e si deve farlo nell'ambito di questo dibattito — che le persone anziane possono recare un contribuito concreto allo sviluppo della società. Le aree urbane economicamente prospere continuano a beneficiare di un'immigrazione che è oggi in grado di compensare il calo delle nascite.

I.   Raccomandazioni Politiche

Comunicazione della Commissione — Il futuro demografico dell'Europa, trasformare una sfida in un'opportunità

COM(2006) 571 def.

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali sulla comunicazione della Commissione

1.

esprime vivo apprezzamento per l'iniziativa della Commissione, volta a far proseguire il dibattito sul Libro verde Una nuova solidarietà tra le generazioni di fronte ai cambiamenti demografici e a sottolineare il passaggio dalla prospettiva della sfida a quella dell'opportunità. L'approccio della Commissione, basato su uno scambio di esperienze e sull'organizzazione di un dibattito europeo sulla gestione dei cambiamenti demografici, culminante ogni due anni in un «Forum demografico europeo», contribuisce in modo significativo ad appoggiare gli Stati membri e gli enti locali e regionali. La creazione e il sostegno di reti di regioni a livello europeo e l'utilizzo e la diffusione delle migliori pratiche contribuiranno notevolmente a rendere costruttivo il dibattito sull'argomento e a porlo in una prospettiva futura;

2.

appoggia le strategie generali della Commissione, volte a creare un'Europa:

che favorisca il rinnovamento demografico, aiutando le famiglie a realizzare il loro desiderio di avere figli e a conciliare vita lavorativa e vita privata,

che rivaluti il lavoro e, anziché incentivare i lavoratori ad abbandonare anticipatamente il mondo del lavoro, favorisca l'occupazione e una vita attiva più lunga e di qualità elevata grazie a strategie comprendenti l'apprendimento permanente, il divieto della discriminazione in base all'età e il sostegno a forme di organizzazione del lavoro adatte all'età del lavoratore,

che getti le basi per un aumento della produttività e dell'efficienza degli europei, al fine di garantire la competitività dell'Europa anche nei periodi di cambiamento demografico. Il mutamento della struttura demografica della società non comporta soltanto il rischio di una contrazione dell'economia, ma offre anche l'opportunità di sviluppare nuovi prodotti e servizi, in grado di aprire nuovi mercati,

che sia pronta ad accogliere e integrare gli immigrati legali, contribuendo, da un lato, a coprire il fabbisogno di manodopera supplementare e, dall'altro, a garantire il funzionamento dei sistemi di sicurezza sociale,

che sia in grado, grazie a finanze pubbliche sane, di soddisfare le esigenze sempre nuove poste ai sistemi di sicurezza sociale ed eviti di far gravare oneri sempre maggiori sulle sole generazioni future;

3.

è del parere che l'evoluzione demografica debba essere un tema politico trasversale, poiché ciò consentirebbe di agire tempestivamente per scongiurare i rischi di lungo termine e di riconoscere e cogliere le opportunità che si presentano. A tal fine è necessario confrontarsi anche con verità scomode e prendere atto di tutti i fatti che emergono dal dibattito pubblico. Solo quando i politici e l'opinione pubblica avranno accettato, oltre all'invecchiamento generale della società, anche la diminuzione della popolazione in quanto fatto strutturale irreversibile si potranno sviluppare delle reazioni appropriate;

4.

sottolinea che non vi è motivo di considerare la sfida demografica come un fatto meramente negativo. Per le società europee, infatti, se da una parte la nascita di un numero di bambini inferiore a quello necessario per mantenere il livello di popolazione diverrà a lungo termine un problema da risolvere, dall'altra, il fatto che le persone vivano e restino sane più a lungo costituisce un indubbio vantaggio. Inoltre, occorre riconoscere — e si deve farlo nell'ambito di questo dibattito — che le persone anziane possono recare un contribuito concreto allo sviluppo della società. Le aree urbane economicamente prospere continuano a beneficiare di un'immigrazione che è oggi in grado di compensare il calo delle nascite mentre, al confronto, numerose zone rurali subiscono cambiamenti demografici molto più rapidi, dato che i giovani le abbandonano in massa e un certo numero di anziani, pensionati, vi si trasferisce. Tali tendenze, tuttavia, non fanno che aggravare i problemi di spopolamento delle zone di origine degli immigrati;

5.

concorda con la Commissione sulla necessità di garantire i diritti di ciascuna generazione, come espressamente riconosciuto, fra l'altro, nella comunicazione della Commissione Promuovere la solidarietà tra le generazioni, del 10 maggio 2007. I bambini e i giovani devono avere l'opportunità di svolgere un ruolo attivo, in senso lato, nella società, e a tal fine occorre sostenere le loro famiglie, creare e mantenere strutture di assistenza e istituti di istruzione di alto livello, garantire formazione professionale e prospettive occupazionali; le generazioni intermedie hanno bisogno di essere aiutate e sostenute nella cura e nell'educazione dei figli, ma anche nella cura e nell'assistenza degli anziani; questi ultimi, infine, hanno bisogno di essere aiutati a partecipare nel modo più autonomo e attivo possibile alla vita sociale;

6.

ritiene fondamentali i fattori che la Commissione ha indicato come determinanti per l'evoluzione demografica. La diminuzione del numero medio di figli per donna, l'aumento della quota della popolazione totale costituita da persone anziane e molto anziane, il continuo allungarsi della speranza di vita e il fatto che tali cambiamenti nella struttura della popolazione siano compensati solo parzialmente dall'immigrazione sono altrettante caratteristiche generali dell'evoluzione europea. Tuttavia, i dati aggregati a livello degli Stati membri forniscono informazioni limitate sulle tendenze effettivamente in atto;

7.

sottolinea la necessità e l'urgenza di considerare le tendenze demografiche, a livello di enti regionali e locali, in maniera differenziata, dato che, con riferimento allo stesso periodo, anche all'interno dei singoli Stati membri si registrano tendenze molto diverse e in parte contrastanti, mentre in regioni appartenenti a Stati membri diversi sono riconoscibili le medesime tipologie di evoluzione. In futuro sia gli enti regionali che quelli locali dovranno definire le rispettive strategie e linee guida politiche sulla base di previsioni demografiche realistiche e su piccola scala, in modo da garantire pari opportunità per tutti;

8.

ribadisce le posizioni già espresse nel parere in merito al Libro verde Una nuova solidarietà tra le generazioni di fronte ai cambiamenti demografici. Osserva che aspetti essenziali di tale parere sono stati fatti propri dalla Commissione nelle comunicazioni Il futuro demografico dell'Europa, trasformare una sfida in un'opportunità e Promuovere la solidarietà tra le generazioni.

Sulle conclusioni della comunicazione della Commissione

9.

concorda con la Commissione nel ritenere che la responsabilità delle risposte concrete da dare alle sfide demografiche incomba in primo luogo agli Stati membri. Sottolinea tuttavia la speciale responsabilità degli enti regionali e locali nel superamento di tali sfide. Soprattutto gli enti locali sono colpiti in modo particolare dalle conseguenze dei cambiamenti demografici;

10.

sostiene con vigore gli sforzi profusi dalla Commissione per realizzare un nuovo patto fra generazioni. Ciò significa che:

i diritti e gli interessi di ogni singola generazione devono essere tutelati. La possibilità per ciascuna generazione di partecipare ai sistemi di istruzione, al mercato del lavoro e alla vita sociale assume un'importanza sempre maggiore. In particolare, in una società che invecchia i bambini e i giovani, che rappresentano una quota sempre più ridotta della popolazione, devono fruire di possibilità di partecipazione appropriate e sicure. In generale, occorre rafforzare il lavoro riguardante tutte le fasce di età, anche qui con un'attenzione particolare alle situazioni dei bambini e dei giovani, ma anche con il radicarsi di impostazioni nuove e diversificate riguardo alle varie età,

la capacità di sviluppo della società e la convivenza solidale delle generazioni passano necessariamente attraverso lo scambio di esperienze, competenze e sostegno fra le generazioni stesse. Tale scambio ha luogo innanzitutto in ambito familiare. Date le esigenze di mobilità e flessibilità connesse, ad esempio, al mercato del lavoro e dato l'aumento del numero delle persone che vivono da sole, nel contesto dei cambiamenti demografici anche le relazioni intergenerazionali al di fuori dell'ambito familiare assumono maggiore rilievo. In futuro si dovrà tenere tutto ciò in maggiore considerazione anche a livello europeo. Infatti, l'adozione di approcci che interessino più generazioni consentirà di sfruttare meglio di quanto si sia fatto finora le potenzialità disponibili per modulare i cambiamenti demografici. Occorre quindi che in futuro le reti e le iniziative in cui tali approcci si concretizzano siano maggiormente sostenute e promosse,

a livello europeo, si dovrebbe fare del nuovo patto tra generazioni l'oggetto di un continuo scambio di saperi e di esperienze, ispirato a modelli di migliori pratiche in materia di sviluppo della società in un contesto di cambiamenti demografici. Ciò vale anche per la continuazione dell'esperienza del Forum demografico europeo. In questo dialogo trasparente e aperto occorre coinvolgere nel miglior modo possibile le associazioni rappresentative della società civile;

11.

ritiene necessario far riferimento alle riforme già avviate a livello nazionale ed europeo, quali la strategia rinnovata di Lisbona per la crescita e l'occupazione, il patto di stabilità e di crescita, la strategia per lo sviluppo sostenibile, la politica di coesione e il metodo aperto di coordinamento nel campo della protezione e dell'integrazione sociali. Tuttavia fa notare che, se si vogliono creare le condizioni per adottare gli approcci necessari a livello europeo, nazionale, regionale e locale, non basta affatto affermare la necessità di impegnarsi a proseguire negli sforzi in tal senso, sia pure in relazione alle cinque direttrici politiche fondamentali;

12.

deplora la mancanza, nella comunicazione in esame, di una descrizione del ruolo delle politiche nazionali, regionali e locali. I cambiamenti demografici sono soprattutto cambiamenti a livello regionale e locale. L'impressione che si ricava dalla lettura della comunicazione, in cui i dati sono aggregati a livello nazionale ed europeo, è che i problemi debbano essere affrontati soprattutto a quei due livelli: un'impressione che il Comitato ritiene fuorviante perché impedisce di cogliere le crescenti disparità regionali, comprese quelle causate dalle migrazioni interne ai singoli Stati membri;

13.

si compiace che la Commissione intenda organizzare ogni due anni un Forum demografico europeo, le cui conclusioni formeranno oggetto di un capitolo della relazione annuale sullo stato di avanzamento dei lavori. Tuttavia, ritiene riduttivo e dunque inappropriato concentrarsi soprattutto sulla questione dell'allungamento della speranza di vita: al contrario, i vari aspetti dei cambiamenti demografici vanno considerati con pari attenzione;

14.

sottolinea che i cambiamenti demografici offrono notevoli opportunità di migliorare la qualità della vita degli anziani grazie a nuovi prodotti e servizi, e quindi di creare nuovi posti di lavoro, favorire la crescita economica e aumentare la competitività in Europa. Ciò riguarda tutti i settori di attività che contribuiscono a rendere autonoma e attiva la vita degli anziani: l'artigianato, l'industria, il commercio e le organizzazioni sociali, per esempio in campi come il turismo, la cultura oppure i servizi di prossimità, di mobilità o finanziari;

15.

è a favore di una maggiore considerazione anche a livello europeo, ad esempio mediante l'inclusione nella strategia di Lisbona, delle esigenze degli anziani e delle opportunità offerte dalla cosiddetta silver economy («economia argento» o «economia degli anziani»).

Proposte e richieste del CdR

16.

fa notare che, all'interno delle tendenze demografiche generali a livello europeo, si registrano variazioni molto significative da una regione all'altra. A livello regionale, infatti, si assiste al sovrapporsi di tendenze diverse, cosicché, tra le regioni europee, alcune risultano vincitrici (come le aree metropolitane di Londra e Monaco di Baviera) e altre perdenti (come i Länder della Germania orientale o le regioni della Polonia occidentale), con i rischi che ne derivano per la coesione territoriale. Parallelamente a questi cambiamenti, anche l'immigrazione dai paesi extracomunitari incide sulle tendenze demografiche. A rafforzare queste tendenze su larga scala contribuisce poi la migrazione interna all'Unione europea: in particolare gli agglomerati urbani più prosperi attirano un numero sempre maggiore di immigrati. Il risultato di queste diverse tendenze è una compresenza di processi di crescita della popolazione e di spopolamento;

17.

è d'accordo con la Commissione sul fatto che, in un contesto di cambiamenti demografici, il legame tra la capacità di innovazione e la qualificazione professionale assume un rilievo ancora maggiore. In futuro si dovrebbe consentire più efficacemente alle donne, e in particolare alle madri, di utilizzare le loro qualifiche in modo conforme alle loro aspirazioni ed esigenze. Inoltre, i sistemi di istruzione e le aziende devono prepararsi già oggi, sia pur gradualmente, all'aumento del numero degli anziani e degli immigrati e collaborare strettamente per attuare nuove forme di formazione continua;

18.

ravvisa nella possibilità di conciliare la vita familiare con quella professionale una condizione importante per la competitività dei siti europei, che va rafforzata anche mediante la politica occupazionale comunitaria e svolge un ruolo di rilievo proprio nel quadro dello sviluppo di una strategia per un'Europa che favorisca l'evoluzione demografica;

19.

in questo contesto, accoglie con favore la comunicazione della Commissione Promuovere la solidarietà tra le generazioni. Tuttavia, il Comitato mette in guardia contro il rischio di considerare le misure di sostegno alle famiglie e di conciliazione della vita privata con quella professionale come l'unica risposta politica ai cambiamenti demografici. Molte regioni devono reagire in modo molto concreto a tali cambiamenti, adeguando i servizi o le infrastrutture: infatti, per quanto necessarie, le misure di politica familiare incidono solo lentamente sull'evoluzione demografica. Inoltre, in molte regioni l'emigrazione di giovani qualificati costituisce un problema più grave dello stesso tasso di natalità di quelli che vi rimangono;

20.

accoglie con favore la proposta, avanzata nella comunicazione Promuovere la solidarietà tra le generazioni, di dar vita a un'«Alleanza per le famiglie» al fine di promuovere il necessario scambio di buone pratiche e di informazioni complete; tuttavia, raccomanda vivamente di non concepire l'«Alleanza per le famiglie» unicamente in vista di un aumento del tasso di natalità, bensì come uno strumento inerente a una più ampia reazione ai cambiamenti demografici. Il Comitato delle regioni e gli enti locali e regionali ad esso associati dovrebbero essere pienamente coinvolti nei lavori di tale «Alleanza»; essi sottolineano la loro disponibilità a collaborare in maniera costruttiva e ad avanzare proposte per sviluppare ulteriormente la politica generazionale europea;

21.

sottolinea le disparità regionali riguardo all'evoluzione demografica. Le regioni in cui l'economia è in espansione attraggono soprattutto giovani, donne ed emigrati. In queste regioni si osserva quindi un aumento delle disparità sociali indotte dai processi di segregazione, il che comporta, da un lato, un bisogno maggiore di integrazione sociale e, dall'altro, la necessità di raddoppiare gli sforzi per realizzare e migliorare infrastrutture adatte alle persone anziane, onde evitare un'eccessiva esclusione sociale;

22.

riconosce che l'integrazione degli immigrati è decisiva per il futuro della società. Ritiene che, malgrado i sistemi di istruzione abbiano moltiplicato gli sforzi per sfruttare meglio il potenziale dei giovani europei, sia necessario far ricorso anche a lavoratori altamente qualificati provenienti da paesi extraeuropei. Ritiene anche che, per quanto importante, la competizione per attrarre lavoratori altamente qualificati avrà effetti limitati sui cambiamenti demografici;

23.

al riguardo, fa notare che, nelle regioni in declino demografico, si registra non solo un calo generale della popolazione, ma anche e soprattutto una diminuzione dei giovani (in particolare tra i 20 e i 30 anni), delle donne e delle persone qualificate. Contrariamente a quelle in espansione, tali regioni non sono destinatarie di flussi migratori. Di conseguenza, pur nel quadro di tendenze identiche a livello macroscopico, i problemi variano notevolmente da una regione europea all'altra;

24.

in proposito, richiama l'attenzione sul problema del futuro dell'assistenza. Nelle regioni in declino demografico si registra un calo più che proporzionale della popolazione attiva. Il tasso di dipendenza degli anziani («old age dependency») non aumenta in misura corrispondente, ma, per quanto concerne le prestazioni private di assistenza domiciliare, in futuro il problema dell'emigrazione giovanile renderà più difficile garantire l'assistenza alle persone che ne avranno bisogno. L'importanza del welfare pubblico o privato ne risulterà così accresciuta proprio nelle regioni in calo demografico;

25.

ritiene necessario tener conto della notevole disparità delle tendenze in atto a livello regionale e raccogliere i dati necessari per valutarle. A tal fine, i dati locali, regionali e nazionali devono essere presentati in maniera tale da consentirne la comparazione. Tutto ciò andrebbe fatto in permanenza sotto forma di un «monitoraggio socio-demografico»;

26.

sottolinea in particolare la tendenza in atto nei nuovi Stati membri dell'Europa centrale e orientale e nei Länder della Germania orientale. Nelle regioni di questa parte dell'Europa gli effetti della diminuzione delle nascite e i cambiamenti strutturali dei fattori demografici sono già oggi evidentissimi, e per di più la situazione si evolve a un ritmo particolarmente elevato. Qui si registra una tendenza che, nella maggior parte delle regioni europee, si osserverà solo in seguito o avrà minore intensità. Nel sostegno a queste regioni, ad esempio nel quadro dell'iniziativa della Commissione Regioni per il cambiamento economico, il Comitato scorge la possibilità di sviluppare strumenti appropriati per affrontare le sfide dei cambiamenti demografici nell'intera Europa;

27.

richiama l'attenzione sui problemi incontrati negli Stati membri dalle culture minoritarie riguardo alla conservazione della propria lingua e della propria cultura, che possono essere particolarmente vulnerabili ai problemi posti dalle migrazioni e dai cambiamenti demografici. Quando cambia la composizione delle comunità e delle famiglie, cambiano anche le abitudini e la lingua utilizzata, e le comunità devono poter programmare e preparare tali cambiamenti;

28.

fa notare che la sfida demografica attuale rappresenta un evento unico nella storia europea. Per contrastare la tendenza in atto, quindi, la società europea non può disporre di rimedi già collaudati e di provata efficacia. In tutto il mondo, finora solo il Giappone ha vissuto delle esperienze analoghe. Il Comitato esprime dunque apprezzamento per l'approccio aperto con cui la Commissione affronta questo tema;

29.

ritiene che la comunicazione in esame si concentri eccessivamente sulla questione dell'allungamento della speranza di vita e delle sue conseguenze. Essa trascura infatti di considerare la questione — altrettanto importante — del modo di contrastare gli effetti della diminuzione della popolazione e le questioni, connesse con la prima, delle relative trasformazioni nelle regioni interessate. Anche se tali questioni vanno risolte a livello nazionale e regionale, è necessario che, per quanto concerne le infrastrutture, esse formino anche oggetto di un dibattito sull'utilizzo dei fondi strutturali;

30.

in proposito, ritiene necessario riesaminare l'eccessiva focalizzazione delle strategie europee sulla crescita. Le regioni in cui si registra un calo demografico devono adottare progetti di sviluppo diversi, le infrastrutture devono essere finanziabili e sostenibili da una popolazione più ridotta e i progetti di sviluppo regionale devono tener conto in modo adeguato delle esigenze di un numero inferiore di persone. Ciò non significa, tuttavia, che si debba investire meno: significa che si deve investire in modo diverso. Lo sviluppo dell'economia e lo sviluppo della società in una situazione di calo demografico e di forti disparità tra una regione e l'altra sono questioni qualitative prima che quantitative. Ciò significa che l'approccio politico, finora orientato esclusivamente alla crescita, va integrato da un modello di decrescita e trasformazione;

31.

ritiene che, per affrontare con successo le sfide poste dai cambiamenti demografici, sia necessario realizzare le seguenti condizioni politiche:

evitare di promuovere una concorrenza improduttiva tra le città e tra le regioni per attrarre un maggior numero di persone. Le città e le regioni più grandi e più forti attirano immigrati grazie alla loro capacità di attrazione o ai vantaggi che offrono. Tuttavia, ciò avviene a scapito di altre città ed altre regioni, la cui situazione demografica continua quindi a peggiorare,

coinvolgere i più alti livelli amministrativi nella ricerca di soluzioni tempestive. Le regioni devono attivarsi maggiormente che in passato per sviluppare insieme strategie comuni basate sulla cooperazione,

coinvolgere tempestivamente l'intera società grazie alla diffusione di informazioni sugli effetti dei cambiamenti demografici, in modo che tutti gli attori sociali possano adeguare le direttrici della loro azione a questi cambiamenti,

far sì che i governi pongano determinate condizioni per rallentare il ritmo dei cambiamenti demografici. Le politiche di tutti gli Stati membri dovrebbero tener conto delle esigenze delle giovani donne che desiderano conciliare la vita professionale con quella familiare, e a tal fine si dovrebbero realizzare meccanismi che garantiscano loro un maggiore sostegno sociale. Meccanismi analoghi dovrebbero essere disponibili anche per gli anziani, i quali dovrebbero poter fruire di un'organizzazione del lavoro più flessibile;

32.

ritiene necessario sostenere strategie adeguate e differenziate sul piano regionale per garantire ai cittadini il migliore accesso possibile ai servizi di interesse generale, alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) e all'istruzione;

33.

sottolinea che i cambiamenti demografici richiedono una diversa concezione dei percorsi professionali. Nell'economia e nelle amministrazioni, bisognerà sfruttare maggiormente l'esperienza dei lavoratori più anziani. È essenziale che, negli ultimi anni della loro vita professionale, tali lavoratori godano di una maggiore flessibilità. Si deve consentire loro di avvalersi di opzioni fondamentali come il telelavoro, l'orario flessibile e il pensionamento progressivo, le quali possono incoraggiarli a restare più a lungo nel mondo del lavoro. Le società europee, e soprattutto le parti sociali, dovrebbero sviluppare nuovi modelli di ripartizione dell'orario di lavoro, da un lato per offrire migliori prospettive occupazionali ai lavoratori giovani e, dall'altro, per promuovere un'occupazione adatta all'età del lavoratore;

34.

invoca un potenziamento dell'apprendimento permanente in quanto diritto ed esigenza dei cittadini, affinché questi possano adattarsi alle esigenze sempre mutevoli dell'economia e della società;

35.

fa notare che nelle regioni in calo demografico è necessario adeguare i servizi di interesse generale, le infrastrutture e la vita sociale alla quantità della popolazione, nonché al cambiamento e al calo della domanda. I problemi esistenti nei nuovi Stati membri dell'Europa centrale e orientale e nei Länder tedeschi orientali mostrano che le politiche orientate al ridimensionamento e alla trasformazione delle infrastrutture incidono sulla futura competitività delle regioni;

36.

ritiene necessario riesaminare globalmente il ruolo dei fondi strutturali e del FEASR nel superamento degli effetti dei cambiamenti demografici. Pertanto saluta con favore il fatto che la Commissione abbia annunciato che, nella comunicazione da adottare entro il 2008 in cui verranno proposte modalità per tenere meglio conto delle esigenze di una popolazione che invecchia, presterà un'attenzione particolare al ruolo potenziale dei fondi strutturali in questo campo;

37.

in proposito esorta a riesaminare il ruolo dei fondi strutturali e del FEASR anche per valutare se tali strumenti tengano sufficientemente conto delle esigenze delle regioni in via di espansione e di quelle in via di contrazione. Chiede inoltre che si effettui questo riesame in tempi tali da renderne l'esito disponibile già nella prima metà del periodo di finanziamento. Il Comitato si attende che la Commissione attribuisca al tema dei cambiamenti demografici un posto di rilievo nell'ambito dell'Obiettivo 3 del programma Interreg IV C;

38.

richiama l'attenzione sul fatto che le aree urbane in cui si registra un elevato tasso di immigrazione si trovano ad affrontare gravi problemi di integrazione dei vari gruppi sociali. Gli effetti dei cambiamenti demografici incidono in misura diversa sui vari settori della popolazione. In particolare l'integrazione dei giovani immigrati sta diventando una questione di fondamentale importanza per il futuro delle società europee. Inoltre, sono soprattutto le aree urbane a dover affrontare il problema dei rapidissimi cambiamenti della composizione demografica dei vari settori della popolazione;

39.

alla luce di tali considerazioni, propone di individuare a livello europeo i problemi e le tendenze caratteristici dei singoli ambiti regionali e locali, che richiedono soluzioni e strategie di volta in volta diverse. I case studies presentati in allegato rappresentano un contributo a tale individuazione.

Bruxelles, 6 giugno 2007.

Il presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE

II.   Procedura

Titolo

Comunicazione della Commissione Il futuro demografico dell'Europa, trasformare una sfida in un'opportunità

Riferimenti

COM(2006) 571 def.

Base giuridica

Articolo 265, paragrafo 1, TCE

Base regolamentare

 

Data della consultazione da parte della Commissione europea

12.10.2006

Data della decisione dell'Ufficio di presidenza

25.4.2006

Commissione competente

commissione Politica economica e sociale (ECOS)

Relatore

HARMS (DE/PSE), sottosegretario e plenipotenziario del Land Brandeburgo per gli Affari federali ed europei

Nota di analisi

14.12.2006

Esame in commissione

2.2.2007

Data dell'adozione in commissione

30.3.2007

Esito del voto in commissione

Parere adottato a maggioranza

Data dell'adozione in sessione plenaria

6.6.2007

Precedente parere del Comitato

Parere del Comitato delle regioni in merito al Libro verde: Una nuova solidarietà tra le generazioni di fronte ai cambiamenti demografici

CdR 152/2005 fin  (1)— COM(2005) 94 def.


(1)  GU C 115 del 16.5.2006, pag. 61.


24.8.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 197/7


Parere del Comitato delle regioni — Pacchetto allargamento 2006 — Capacità di integrazione

(2007/C 197/02)

IL COMITATO DELLE REGIONI

ritiene che la «capacità di integrazione» sia una condizione da prendere in debito conto per determinare il ritmo del processo di allargamento e non debba essere un pretesto per negare l'adesione all'UE o un criterio aggiuntivo; la considera piuttosto come un elemento fondamentale di trasparenza che coinvolge in primo luogo l'UE e quindi i paesi candidati,

ritiene che allargare l'UE significhi principalmente condividere un progetto politico comune, basato su valori e principi oltre che su politiche ed istituzioni comuni: pertanto, la «capacità di integrazione» deve essere considerata come uno strumento volto a preservare questi principi e valori dell'UE, le sue politiche nonché il funzionamento delle sue istituzioni. Per non correre il rischio di essere indebolito, il progetto politico comune dovrebbe potersi al contrario rafforzare attraverso gli allargamenti successivi,

ricorda che l'UE, ampliandosi, deve poter salvaguardare la propria capacità di agire e decidere attuando politiche comuni efficaci; essa deve pertanto condizionare la politica di allargamento alla possibilità di preservare la propria specifica struttura istituzionale, finanziaria e politica, la quale non deve, in ragione dell'allargamento, indebolirsi o rischiare di snaturare il significato e lo scopo inizialmente previsti,

evidenzia che un allargamento può difficilmente avvenire sulla base dei trattati esistenti (in particolare se non si apporta una modifica al Trattato di Nizza) e a prospettive finanziarie costanti: ogni processo di allargamento esige dunque il contributo di tutte le istituzioni e organi europei a una valutazione delle eventuali modifiche,

ritiene costruttivo essere associato alla riforma del sistema di finanziamento dell'UE, che deve intervenire congiuntamente al processo di riforma istituzionale e che non può essere disgiunto dalla sua politica di allargamento. Ricorda a tale riguardo il suo convincimento sull'impossibilità di ottenere più Europa con minori risorse, e ribadisce che la concentrazione delle risorse in settori che apportano un valore aggiunto europeo assume una particolare importanza per la futura struttura finanziaria.

I.   Raccomandazioni politiche

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2006-2007 comprendente una relazione speciale sulla capacità dell'Unione europea di accogliere nuovi Stati membri

COM(2006) 649 def.

IL COMITATO DELLE REGIONI

«Capacità di integrazione» e autorità regionali e locali

1.

ritiene che la «capacità di integrazione» sia una condizione da prendere in debito conto per determinare il ritmo del processo di allargamento e non debba essere un pretesto per negare l'adesione all'UE o un criterio aggiuntivo; la considera piuttosto come un elemento fondamentale di trasparenza, che coinvolge in primo luogo l'UE e quindi i paesi candidati;

2.

concorda pertanto con le conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2006, che vedono nella «capacità di integrazione» una delle chiavi per assicurare alla politica d'allargamento un rinnovato consenso da parte dei cittadini;

3.

ricorda che la capacità di integrare nuovi paesi nell'Unione europea si declina in particolare negli elementi seguenti: la capacità finanziaria dell'Unione di gestire le sue politiche, in particolare la PAC e la politica di coesione; la capacità del mercato del lavoro di assorbire i lavoratori provenienti dai nuovi paesi membri; la capacità delle sue istituzioni di lavorare proficuamente con un numero più grande di paesi membri secondo quanto indicato dal Consiglio europeo di Copenaghen;

4.

ricorda che l'UE, ampliandosi, deve poter salvaguardare la propria capacità di agire e decidere attuando politiche comuni efficaci; essa deve pertanto condizionare la politica di allargamento alla possibilità di preservare la propria specifica struttura istituzionale, finanziaria e politica, la quale non deve, in ragione dell'allargamento, indebolirsi o rischiare di snaturare il significato e lo scopo inizialmente previsti;

5.

ritiene che allargare l'UE significhi principalmente condividere un progetto politico comune, basato su valori e principi oltre che su politiche ed istituzioni comuni: pertanto la «capacità di integrazione» deve essere considerata come uno strumento volto a preservare questi principi e valori dell'UE, le sue politiche nonché il funzionamento delle sue istituzioni. Per non correre il rischio di essere indebolito, il progetto politico comune dovrebbe potersi al contrario rafforzare attraverso gli allargamenti successivi;

6.

considera tardivo l'odierno dibattito sulla «capacità di integrazione»: questo avrebbe infatti già dovuto svolgersi innanzitutto durante i negoziati sull'Agenda 2000, e in seguito immediatamente prima di ogni nuovo allargamento, nonché durante i negoziati sulle prospettive finanziarie 2007-2013;

7.

nota lo squilibrio esistente nel documento della Commissione per quanto riguarda la presentazione del dibattito sulla «capacità di integrazione»: questa è infatti vista più a carico dei paesi candidati che della stessa UE;

8.

evidenzia che un allargamento può difficilmente avvenire sulla base dei trattati esistenti (in particolare se non si apporta una modifica al Trattato di Nizza) e a prospettive finanziarie costanti: ogni processo di allargamento esige dunque il contributo di tutte le istituzioni e organi europei alla valutazione delle eventuali modifiche (nell'ambito ad esempio delle regole del mercato interno, del bilancio e delle finanze dell'UE, nonché del suo funzionamento istituzionale) necessarie per assicurarne il buon esito. In questa valutazione, le autorità regionali e locali — così come i parlamenti nazionali e la società civile — hanno un ruolo importante da svolgere in termini di condivisione sociale (capacità della società di integrare nuovi cittadini europei che condividono gli stessi valori e che formano una identità ed una cittadinanza comune, volta a realizzare un'unione sempre più profonda fra i popoli d'Europa);

9.

considera che, durante i negoziati con un paese candidato, l'UE dovrebbe essere in grado di accertare se la «capacità di integrazione» venga o meno assicurata, e questo parallelamente al monitoraggio del rispetto dei criteri di Copenaghen per i singoli paesi candidati; condivide pertanto la critica mossa dal Parlamento europeo che ha considerato insoddisfacente la risposta della Commissione, la quale non entrava nel dettaglio degli attuali negoziati dal punto di vista della «capacità di integrazione», e non enunciava i principi su cui si dovrebbe fondare tale definizione;

10.

si attende che la Commissione analizzi, durante la fase antecedente i prossimi allargamenti, l'impatto dell'allargamento sulle diverse politiche coinvolte ed il loro finanziamento, nonché sulla struttura istituzionale dell'Unione; tale esercizio dovrebbe altresì contenere un'analisi dei vari processi di riforma che maturano nei paesi candidati, soprattutto in termini di maggiore partecipazione dei cittadini al processo di adesione stesso nonché di decentramento amministrativo;

11.

propone che le istituzioni promuovano azioni per dare la possibilità ai cittadini e alle associazioni in cui essi sono inseriti di esprimere e scambiare pubblicamente le loro opinioni in merito al processo di integrazione;

12.

in questo contesto ritiene indispensabile un'analisi particolare sul futuro della politica di coesione e sottolinea l'utilità di effettuare delle simulazioni in funzione dei diversi scenari di allargamento possibili; tale esercizio di «capacità di integrazione» di una delle politiche più importanti dell'Unione, economicamente, socialmente e da un punto di vista della visibilità del valore aggiunto europeo per i cittadini, dovrebbe essere condotto in cooperazione con il Comitato delle regioni;

13.

è d'altro canto consapevole della difficoltà di misurare la «capacità di integrazione» in quanto questa costituisce per definizione un elemento non statico, essendo i mezzi messi in essere dall'Unione per raggiungere i suoi fini modificabili nel corso degli anni; chiede perciò che ne venga data una definizione più chiara e che si stabilisca con più precisione come essa va misurata;

14.

sottolinea che le autorità regionali e locali dovrebbero essere direttamente implicate nelle valutazioni d'impatto delle singole politiche europee che le vedono coinvolte, quando queste formino eventualmente oggetto di modifiche a causa dell'allargamento. Questo vale in particolare per le realtà regionali che confinano con i paesi candidati al processo di allargamento;

15.

appoggia la richiesta del Parlamento europeo di potere formulare il proprio «parere conforme» non solo alla fine del negoziato ma anche prima dell'apertura dei negoziati stessi;

16.

ricorda la sua scelta di istituire dei gruppi di lavoro (Balcani occidentali, Croazia e Turchia), da intendersi come strumento per aiutare le autorità regionali e locali dei paesi candidati nel loro sforzo di capacity building e per promuovere il necessario dialogo politico tra l'UE ed i paesi candidati; auspica altresì che, laddove previsto dai diversi accordi di associazione, tali gruppi di lavoro si trasformino in comitati consultativi congiunti, divenendo portavoce delle autorità regionali e locali dei paesi candidati durante tutta la fase negoziale;

17.

sottolinea che la riflessione sulla «capacità di integrazione» dovrebbe far altresì maturare anche le possibili piste alternative da individuare in caso di non-allargamento verso un dato paese candidato o verso altri paesi la cui candidatura sia stata respinta, come ad esempio il rafforzamento della politica europea di vicinato (PEV) o l'introduzione di logiche funzionalistiche (in materia di libero scambio o cooperazione territoriale, ad esempio) atte a far maturare forme di integrazione differenziata e/o di partenariati privilegiati.

Riforma istituzionale e finanziaria

18.

concorda con le conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2006 e sottolinea a sua volta la necessità di risolvere le questioni istituzionali prima di qualsiasi allargamento futuro e prima delle elezioni del Parlamento europeo del 2009; reitera il suo appello a trovare, nel processo di riforma, formule volte ad assicurare un miglior funzionamento delle procedure decisionali dell'UE ed al contempo a rafforzare la partecipazione dei cittadini e delle autorità regionali e locali al processo legislativo europeo, riconoscendo le potenzialità di una governance multilivello nell'Europa allargata;

19.

ritiene costruttivo associare il Comitato delle regioni alla riforma del sistema di finanziamento dell'UE, che deve intervenire congiuntamente al processo di riforma istituzionale e che non può essere disgiunta dalla sua politica di allargamento. Ricorda a tale riguardo il suo convincimento sull'impossibilità di ottenere più Europa con minori risorse, e ribadisce che la concentrazione delle risorse in settori che apportano un valore aggiunto europeo assume una particolare importanza per la futura struttura finanziaria.

Trasparenza e comunicazione per il consenso dell'opinione pubblica

20.

accoglie favorevolmente le proposte della Commissione in materia di trasparenza dei negoziati di adesione dei paesi candidati, volte a rafforzare la legittimità democratica del processo d'allargamento e a ridurre il divario esistente tra i cittadini e la loro leadership politica coinvolta nelle scelte relative all'adesione e all'allargamento; considera appropriato — per raggiungere lo stesso fine ed una maggiore qualità dei negoziati — coinvolgere attivamente nelle diverse fasi del processo di adesione la società civile, le autorità regionali e locali dei paesi candidati ed il Comitato delle regioni durante lo «screening» dei capitoli relativi alla politica di coesione ed al decentramento;

21.

sottolinea che, per coerenza con il suo approccio di trasparenza e apertura ai cittadini, la Commissione dovrebbe pubblicare il testo del suo rapporto annuale sui paesi candidati e su quelli potenzialmente candidati all'UE nelle lingue di questi stessi paesi al fine di migliorare la qualità del processo di adesione all'UE permettendo la partecipazione dei cittadini al relativo dibattito nazionale;

22.

evidenzia inoltre che il processo di adesione, così come è oggi strutturato, tende ad essere imposto dall'alto, a non essere necessariamente soggetto, per tutta la sua durata, al controllo democratico del Parlamento nazionale o delle autorità regionali e locali dei paesi candidati, e infine a non coinvolgere direttamente i cittadini, le parti politiche, la società civile e le autorità locali e regionali. Questa realtà ha comportato in particolare le conseguenze seguenti:

a)

le accelerazioni imposte per la modernizzazione e la democratizzazione dei paesi candidati non sono sempre andate di pari passo con il consenso dei cittadini;

b)

tali cambiamenti non sono sempre andati di pari passo con il processo di decentramento amministrativo, il quale gioca invece un ruolo catalizzatore sia nei confronti della democratizzazione che in quelli del consenso;

c)

le riforme interne di carattere politico e sociale imposte dalla politica di allargamento si innestano su strutture amministrative, siano esse nazionali oppure regionali o locali, tendenzialmente deboli e bisognose di poter contare sul know-how di altre amministrazioni europee e sul rispetto delle diversità e della sussidiarietà;

23.

considera pertanto utile proporre un approccio più partecipativo, da attuare tra l'altro anche attraverso lo strumento dei gemellaggi, già dimostratisi fondamentali per la conoscenza reciproca delle cittadinanze, per aiutare le amministrazioni dei paesi candidati nella lotta contro la corruzione dell'amministrazione pubblica, e per stimolare i governi locali, regionali e nazionali a condurre le necessarie riforme dell'amministrazione e della giustizia;

24.

condivide l'importanza, sottolineata dal Parlamento europeo e dalla Commissione, del ruolo svolto dalle autorità regionali e locali in materia di comunicazione. Tale politica dovrebbe essere maggiormente decentrata e aperta ai contributi della società civile per poter promuovere il consenso dell'opinione pubblica sia nei paesi membri che in quelli candidati all'adesione rafforzando la trasparenza e la responsabilità del processo di allargamento e rendendolo il più possibile condiviso. Approva quindi le proposte della Commissione, sottolineando però che essa non deve spogliarsi delle sue responsabilità politiche in materia di comunicazione e invitandola a promuovere lo sviluppo presso le autorità regionali e locali degli strumenti necessari per portare a buon fine questo sforzo comune;

25.

invita l'autorità di bilancio dell'UE, da un lato a contribuire allo sforzo finanziario che le autorità regionali e locali dei paesi membri dell'UE sono chiamate a mettere in atto, predisponendo fondi specificamente destinati all'organizzazione di campagne informative sull'allargamento a livello regionale e locale e, dall'altro, ad aiutare le amministrazioni regionali e locali dei paesi membri e dei paesi candidati a svolgere un ruolo di amplificatore del messaggio europeo.

Bruxelles, 6 giugno 2007.

Il presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE

II.   Procedura

Titolo

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2006-2007 comprendente una relazione speciale sulla capacità dell'Unione europea di accogliere nuovi Stati membri

Riferimenti

COM(2006) 649 def.

Base giuridica

Articolo 265, primo comma, del TCE

Base regolamentare

 

Data della consultazione da parte della Commissione europea

8.11.2006

Data della decisione dell'Ufficio di presidenza

25.4.2006

Commissione competente

Commissione Relazioni esterne e cooperazione decentrata (RELEX)

Relatore

Isidoro GOTTARDO (IT/PPE), consigliere comunale di Sacile (PN)

Nota di analisi

7.12.2006

Esame in commissione

25.1.2007

Data dell'adozione in commissione

29.3.2007

Esito del voto in commissione

adottato a maggioranza

Data dell'adozione in sessione plenaria

6.6.2007

Precedenti pareri del Comitato

CdR 115/2006 fin  (1), parere in merito al Pacchetto allargamento 2005 (2005/ELAR/001) e alla Comunicazione della CommissioneI Balcani occidentali sulla strada verso l'UE: consolidare la stabilità e rafforzare la prosperità (COM(2006) 27 def.), relatore Franz SCHAUSBERGER (AT/PPE), adottato nella sessione plenaria CdR dell'11.10.2006

CdR 50/2006 fin  (2), parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniDialogo tra le società civili dell'UE e dei paesi candidati (COM(2005) 290 def.), relatore Isidoro GOTTARDO (IT/PPE), adottato nella sessione plenaria CdR del 27.4.2006

CdR 499/2004 fin  (3), parere in merito alla Proposta di decisione del Consiglio relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni specificate nel partenariato europeo con la Croazia (COM(2004) 275 def.), relatore Isidoro GOTTARDO (IT/PPE), adottato nella sessione plenaria CdR del 13.10.2005

CdR 495/2004 fin  (4), parere in merito alla Raccomandazione della Commissione europea sui progressi ottenuti dalla Turchia sulla via dell'adesione (COM(2004) 656 def.), relatrice Helen LUND (DK/PSE), adottato nella sessione plenaria CdR del 6.7.2005


(1)  GU C 51 del 6.3.2007, pag. 16.

(2)  GU C 206 del 29.8.2006, pag. 23.

(3)  GU C 81 del 4.4.2006, pag. 42.

(4)  GU C 31 del 7.2.2006, pag. 11.


24.8.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 197/12


Parere del Comitato delle regioni — Pacchetto allargamento 2006 — Paesi candidati

(2007/C 197/03)

IL COMITATO DELLE REGIONI

ricorda che l'allargamento è stato un successo per l'Unione europea e, in senso lato, per tutta l'Europa, e

sottolinea l'importanza della prospettiva regionale e locale nel processo di allargamento per garantire la stabilità interna, di cui la democrazia di prossimità rappresenta un aspetto essenziale,

sottolinea l'importanza di soddisfare costantemente i criteri politici di Copenaghen, in particolare riguardo alla necessità di rafforzare la libertà di espressione, la libertà di culto, i diritti delle donne, i diritti delle minoranze e i diritti sindacali, nonché di migliorare ulteriormente il quadro istituzionale in materia di diritti umani,

sottolinea che il monitoraggio politico del processo di allargamento a livello nazionale, regionale e locale costituisce una sfida fondamentale, vista l'importanza della questione per il futuro dell'UE. Per questo motivo ha deciso di creare un gruppo di lavoro sulla Croazia e uno sulla Turchia, ciascuno dei quali avrà il compito di promuovere il dialogo con tutti gli interessati, cosa che aiuterà il Comitato stesso a definire la propria posizione politica,

si compiace dei progressi compiuti dalla Croazia nel conformarsi ai criteri politici ed economici e nel recepire l'acquis comunitario, nonché nell'applicare l'accordo di stabilizzazione e di associazione concluso con l'UE, ed esprime apprezzamento per il costante rispetto dei criteri politici di Copenaghen da parte delle autorità croate,

esprime apprezzamento per le importanti riforme varate dalla Turchia, ma manifesta ancora preoccupazione per il rallentamento del loro ritmo, e ricorda che l'istituzione di un comitato consultivo misto con la Turchia resta uno dei suoi obiettivi politici,

esprime apprezzamento per il continuo progresso delle riforme nell'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e per il fatto che tale paese è sulla buona strada per soddisfare i criteri politici di Copenaghen, ma osserva che nel 2006 il ritmo delle riforme ha fatto registrare un rallentamento.

I.   Raccomandazioni politiche

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2006-2007 comprendente una relazione speciale sulla capacità dell'Unione europea di accogliere nuovi Stati membri

COM(2006) 649 def.

IL COMITATO DELLE REGIONI

Raccomandazioni di carattere generale

1.

ricorda che i successivi allargamenti dell'UE hanno costituito sin dal principio una parte essenziale del progetto di costruzione europea;

2.

riconosce l'importanza del ruolo svolto dal processo di allargamento per lo sviluppo della democrazia e la stabilizzazione dei paesi candidati, nonché per la stabilità del continente europeo e per la sicurezza dell'UE;

3.

ricorda che l'allargamento è stato un successo per l'Unione europea e, in senso lato, per tutta l'Europa, in quanto ha aiutato a superare la divisione del continente e ha contributo alla sua pace e alla sua stabilità;

4.

sottolinea l'importanza della prospettiva regionale e locale nel processo di allargamento e prende atto del grande rilievo assunto dalle politiche regionali e locali nel garantire la stabilità interna, di cui la democrazia di prossimità rappresenta un aspetto essenziale;

5.

sottolinea l'esigenza di valutare ogni paese candidato secondo i propri meriti in base ai progressi da esso compiuti nel conformarsi ai rigorosi criteri cui è subordinata l'adesione all'Unione europea;

6.

sottolinea che attraverso il decentramento e senza imporre un modello uniforme si può realizzare una buona governance europea, basata sui principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

7.

osserva che, per l'esercizio di una democrazia locale e regionale efficace, è necessario un trasferimento equilibrato di poteri e di risorse finanziarie alle amministrazioni decentrate;

8.

chiede uno sforzo di cooperazione e lo scambio delle esperienze e delle buone pratiche acquisite nell'ambito della politica di preadesione attuata in collaborazione con gli enti locali e regionali degli Stati membri dell'UE e dei paesi candidati.

Croazia

9.

si compiace dei progressi compiuti dalla Croazia nel conformarsi ai criteri politici ed economici e nel recepire l'acquis comunitario, nonché nell'applicare l'accordo di stabilizzazione e di associazione concluso con l'UE, ed esprime apprezzamento per il costante rispetto dei criteri politici di Copenaghen;

10.

sottolinea che il monitoraggio politico del processo di allargamento a livello nazionale, regionale e locale costituisce una sfida fondamentale, vista l'importanza della questione per il futuro dell'UE. Per questo motivo ha deciso di creare un gruppo di lavoro sulla Croazia, che avrà il compito di promuovere il dialogo con tutti gli interessati, cosa che aiuterà il Comitato stesso a definire la propria posizione politica;

11.

fa presente il proprio intento di promuovere, attraverso questo gruppo di lavoro, il dialogo permanente con i rappresentanti politici in Croazia. Inoltre, il Comitato incoraggerà e appoggerà l'organizzazione di campagne di informazione e di comunicazione sul processo di allargamento nelle città e nelle regioni dell'Unione europea e della Croazia;

12.

sottolinea che la prosperità e la stabilità della Croazia e dei Balcani occidentali potrebbero essere sviluppate attraverso una cooperazione transfrontaliera attiva tra gli enti locali e regionali;

13.

esprime apprezzamento per la definizione di una strategia per la riforma della pubblica amministrazione e richiama l'attenzione sulla necessità di affrontare i problemi di capacità amministrativa a livello locale e regionale;

14.

ritiene importante il fatto che il governo croato abbia iniziato ad attuare strategie intese a riformare il sistema giudiziario e a lottare contro la corruzione, ed esprime apprezzamento per i passi avanti compiuti dalla Croazia in materia di tutela delle minoranze e di rientro dei profughi; sottolinea tuttavia l'esigenza di proseguire l'azione di riforma in tutti questi campi e raccomanda di accelerare le riforme soprattutto negli ultimi due;

15.

sottolinea l'importanza di una buona governance democratica e decentrata per soddisfare i bisogni dei cittadini, e fa notare che gli enti locali e regionali svolgono un ruolo di rilievo nella conduzione delle politiche di riforma;

16.

esprime apprezzamento per il proseguimento della piena cooperazione della Croazia con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia, e sottolinea la necessità di ulteriori progressi nell'organizzazione dei procedimenti giudiziari per crimini di guerra, anche per quanto concerne la protezione dei testimoni;

17.

raccomanda di compiere dei passi avanti in materia di appalti pubblici, per garantire la trasparenza delle relative procedure a tutti i livelli dell'amministrazione;

18.

accoglie con favore i recenti sviluppi nel campo della politica regionale e del coordinamento degli strumenti strutturali, ma richiama l'attenzione sull'esigenza di migliorare la capacità amministrativa per la gestione dei finanziamenti comunitari.

Turchia

19.

esprime apprezzamento per le importanti riforme varate dalla Turchia, ma manifesta ancora preoccupazione per il rallentamento del loro ritmo;

20.

sottolinea che il monitoraggio politico del processo di allargamento a livello nazionale, regionale e locale costituisce una sfida fondamentale, vista l'importanza della questione per il futuro dell'UE. Per questo motivo ha deciso di creare un gruppo di lavoro sulla Turchia, che avrà il compito di promuovere il dialogo con tutti gli interessati, cosa che aiuterà il Comitato stesso a definire la propria posizione politica;

21.

ricorda che l'istituzione di un comitato consultivo misto (CCM) con la Turchia resta uno dei suoi obiettivi politici;

22.

fa presente il proprio intento di promuovere, attraverso questo gruppo di lavoro, il dialogo permanente con i rappresentanti politici in Turchia. Inoltre, il Comitato incoraggerà e appoggerà l'organizzazione di campagne di informazione e di comunicazione sul processo di allargamento nelle città e nelle regioni dell'Unione europea e della Turchia;

23.

sottolinea l'importanza di soddisfare costantemente i criteri politici di Copenaghen, in particolare riguardo alla necessità di rafforzare la libertà di espressione, la libertà di culto, i diritti delle donne, i diritti delle minoranze e i diritti sindacali, nonché di migliorare ulteriormente il quadro istituzionale in materia di diritti umani;

24.

richiama l'attenzione sull'importanza della democrazia di prossimità e del ruolo che gli enti locali e regionali devono svolgere nell'attuazione delle politiche ad essa inerenti;

25.

pone l'accento sull'importanza delle amministrazioni locali e sul ruolo fondamentale dei consigli comunali;

26.

accoglie con favore il progresso costituito dalla recente istituzione di un difensore civico per le controversie riguardanti la pubblica amministrazione;

27.

sottolinea che migliorare il quadro normativo in materia di appalti pubblici è essenziale per garantire una governance locale responsabile e trasparente, in grado di fornire servizi essenziali per i cittadini;

28.

accoglie con favore l'adozione della legge che istituisce le agenzie di sviluppo regionale, e raccomanda di migliorare la trasparenza e la responsabilità della gestione di tali agenzie.

Ex Repubblica iugoslava di Macedonia

29.

si compiace del continuo progresso delle riforme nell'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e del fatto che il paese è sulla buona strada per soddisfare i criteri politici di Copenaghen, ma osserva che nel 2006 il ritmo delle riforme ha fatto registrare un rallentamento;

30.

esprime apprezzamento per la sostanziale conformità dello svolgimento delle elezioni del luglio 2006 agli standard internazionali, ma sottolinea la necessità di compiere ancora notevoli sforzi per ovviare alle carenze riscontrate e rispondere pienamente a tali standard nelle prossime elezioni;

31.

raccomanda di compiere degli sforzi per potenziare la lotta contro la corruzione — onde garantire la trasparenza e la responsabilità democratica a tutti i livelli — nonché per attuare le riforme della polizia e del sistema giudiziario;

32.

sottolinea l'importanza di dare piena attuazione all'accordo di Ohrid;

33.

sottolinea l'importanza della democrazia di prossimità e fa notare che gli enti locali e regionali possono svolgere un ruolo importante, in particolare nel garantire la corretta applicazione della normativa in materia di tutela delle minoranze e nel promuovere buone relazioni interetniche;

34.

accoglie con favore l'attuazione della legge del 2000 sulla funzione pubblica e gli sforzi recentemente profusi in direzione del decentramento, e incoraggia le autorità locali ad attivarsi per far valere i propri diritti e le proprie competenze;

35.

sottolinea la necessità di assicurare l'indipendenza e la professionalità della pubblica amministrazione;

36.

invita il governo macedone a compiere tutti gli sforzi necessari per allineare la normativa sullo sviluppo regionale all'acquis comunitario e per rafforzare la capacità amministrativa in questo campo, onde garantire un'attuazione efficiente della politica regionale;

37.

accoglie con favore l'introduzione di facilitazioni per l'ottenimento del visto e i negoziati di riammissione lanciati con tutti i paesi della regione, ed apprezza l'intento di concluderli rapidamente. Tali accordi promuoveranno i contatti personali tra i cittadini dell'UE e quelli dei paesi dei Balcani occidentali, e accresceranno le opportunità di viaggiare, specialmente per le generazioni più giovani.

38.

invita la Commissione europea a prendere i provvedimenti necessari per creare una base giuridica che consenta l'istituzione di un CCM tra il CdR e la ex Repubblica iugoslava di Macedonia.

Bruxelles, 6 giugno 2007.

Il presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE

II.   Procedura

Titolo

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2006-2007 comprendente una relazione speciale sulla capacità dell'Unione europea di accogliere nuovi Stati membri

Riferimenti

COM(2006) 649 def.

Base giuridica

Articolo 265, primo comma, del TCE

Base regolamentare

 

Data della consultazione da parte della Commissione

8.11.2006

Data della decisione dell'Ufficio di presidenza

25.4.2006

Commissione competente

Commissione Relazioni esterne e cooperazione decentrata (RELEX)

Relatore

Antti LIIKKANEN (FI/PSE), consigliere comunale di Rovaniemi

Nota di analisi

7.12.2006

Esame in commissione

25.1.2007

Data dell'adozione in commissione

29.3.2007

Esito del voto in commissione

Adottato all'unanimità. Procedura semplificata (articolo 26 RI)

Data dell'adozione in sessione plenaria

6 giugno 2007

Precedente parere del Comitato

CdR 50/2006 fin (1), parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al  Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniDialogo tra le società civili dell'UE e dei paesi candidati (COM(2005) 290 def.). Relatore: Isidoro GOTTARDO (IT/PPE), adottato nella sessione plenaria CdR del 27 aprile 2006

CdR 499/2004 fin (2), parere in merito alla Proposta di decisione del Consiglio relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni specificate nel partenariato europeo con la Croazia (COM(2004) 275 def.). Relatore: Isidoro GOTTARDO (IT/PPE), adottato nella sessione plenaria CdR del 13 ottobre 2005

CdR 495/2004 fin (3), parere in merito alla Raccomandazione della Commissione europea sui progressi ottenuti dalla Turchia sulla via dell'adesione (COM(2004) 656 def.). Relatrice: Helene LUND (DK/PSE), adottato nella sessione plenaria CdR del 6 luglio 2005


(1)  GU C 206 del 29.8.2006, pag. 23.

(2)  GU C 81 del 4.4.2006, pag. 42.

(3)  GU C 31 del 7.2.2006, pag. 11.


24.8.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 197/16


Parere del Comitato delle regioni — Pacchetto allargamento 2006 — I paesi candidati potenziali

(2007/C 197/04)

IL COMITATO DELLE REGIONI

osserva che il futuro dei paesi dei Balcani occidentali è nell'Unione europea e riconosce i progressi realizzati dai paesi candidati potenziali nell'attuazione della tabella di marcia verso la realizzazione della loro prospettiva europea,

rileva inoltre che un esame realistico della situazione in atto evidenzia che, nonostante tutti i progressi già compiuti, permangono gravi problemi nei principali ambiti politici ed economici come pure in relazione alla società civile, problemi la cui soluzione richiederà ancora sforzi considerevoli da parte di tutti gli interessati,

desidera sottolineare che il ritmo al quale i paesi candidati potenziali entreranno nell'UE dipenderà in primo luogo dai risultati dei rispettivi processi di riforma, e al tempo stesso anche dalla capacità di integrazione dell'UE,

insiste a questo proposito sul fatto che non si tratta di una mera questione «tecnica», e che la capacità di integrazione comprende non solo il buon funzionamento istituzionale dell'UE, ma anche il sostegno dell'opinione pubblica degli Stati membri alle decisioni dell'UE,

osserva che, se la cooperazione tra l'UE e la regione dei Balcani occidentali è un dato reale per quanto riguarda le riforme in materia di liberalizzazione degli scambi, privatizzazioni, revisione normativa e promozione degli investimenti esteri, manca a tutt'oggi un quadro che disciplini in modo chiaro la collaborazione al livello regionale e locale. Il gruppo di lavoro Balcani occidentali è stato creato dal Comitato delle regioni nel febbraio 2006 proprio per definire un tale quadro e assegnare così allo sviluppo sociale ed economico di questi paesi a livello locale e regionale un maggiore risalto nell'agenda politica dell'UE,

ricorda che seguire il processo di allargamento al livello nazionale, regionale e locale rappresenta una sfida di prim'ordine, data la rilevanza della questione per il futuro dell'Unione europea e la necessità di stabilizzare i Balcani occidentali. Per questo era importante che il Comitato delle regioni creasse una sede di discussione politica intesa a promuovere l'avanzamento di tale processo, favorendo tra l'altro il dialogo con tutte le parti interessate in vista di una definizione delle proprie posizioni politiche.

I.   Raccomandazioni politiche

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2006-2007 comprendente una relazione speciale sulla capacità dell'Unione europea di accogliere nuovi Stati membri

COM(2006) 649 def.

IL COMITATO DELLE REGIONI

Strategia di ampliamento e sfide generali

1.

osserva che il futuro dei paesi dei Balcani occidentali è nell'Unione europea, e riconosce i progressi compiuti dai paesi candidati potenziali nell'attuazione della tabella di marcia verso la realizzazione della loro prospettiva europea;

2.

osserva inoltre che un esame realistico della situazione in atto evidenzia che, nonostante tutti i progressi già compiuti, permangono gravi problemi nei principali ambiti politici ed economici come pure in relazione alla società civile, problemi la cui soluzione richiede ancora sforzi considerevoli da parte di tutti gli interessati;

3.

insiste fermamente sulla necessità di portare avanti i processi di riforma necessari per la stabilizzazione dell'intera regione. Al riguardo comprende il dilemma che le prospettive di adesione a più lungo termine pongono per i paesi candidati potenziali: infatti, quanto più si allontana l'obiettivo dell'adesione, tanto più grande è il rischio che il processo di riforma perda il suo slancio. Ritiene tuttavia che ciò non debba condurre all'allentamento dei criteri d'adesione o alla rinuncia al principio della massima ottemperanza alle condizioni fissate, e osserva che bisogna creare incentivi sufficienti e fornire assistenza per facilitare la continuazione del processo di riforma a tutti i livelli;

4.

accoglie con favore tutte le misure dell'UE atte a stabilizzare lo sviluppo dei singoli paesi, soprattutto per quanto riguarda la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, come pure l'assistenza nella creazione di strutture amministrative efficaci, misure che devono necessariamente associare i livelli regionale e locale; in questo contesto plaude anche a tutte le iniziative volte a sostenere i paesi candidati potenziali nello sviluppo autonomo della cooperazione politica ed economica nella regione;

5.

desidera inoltre sottolineare che il ritmo al quale i paesi candidati potenziali entreranno nell'UE dipenderà in primo luogo dai risultati dei rispettivi processi di riforma, e al tempo stesso anche dalla capacità di integrazione dell'UE;

6.

insiste al riguardo sul fatto che non si tratta di una mera questione «tecnica»: la capacità di integrazione comprende non solo il buon funzionamento istituzionale dell'UE, ma anche il sostegno dell'opinione pubblica degli Stati membri alle decisioni dell'UE; rammenta quindi ai responsabili politici europei l'importanza di dare ascolto all'opinione pubblica, ma in ogni caso anche di mostrare capacità di leadership per ottenere il sostegno dei cittadini in merito ai futuri ampliamenti che nell'insieme abbiano ottenuto una valutazione positiva;

7.

propone che le istituzioni promuovano azioni per consentire ai cittadini e alle loro associazioni di esprimere e scambiare pubblicamente le loro opinioni in merito al processo di allargamento;

8.

riconosce l'importanza, la ricchezza e il valore che i Balcani occidentali, i singoli paesi e le loro popolazioni apporteranno all'intera Unione europea;

9.

sostiene di conseguenza tutti gli sforzi intrapresi per realizzare i processi di preadesione e di adesione nella stretta osservanza dei criteri fissati, criteri che — viste anche le possibili ripercussioni sulle politiche comuni — vanno definiti con la massima trasparenza, in modo da consentire un ampio dibattito politico sui futuri allargamenti. Solo a tale condizione sarà possibile ottenere la necessaria adesione da parte dell'opinione pubblica. Il CdR, così come i suoi membri, parteciperà attivamente a questo confronto, nella consapevolezza che il futuro dei paesi dei Balcani occidentali rappresenta un importante banco di prova per il progetto comune europeo;

10.

esorta tutte le parti interessate della regione a partecipare in modo attivo e costruttivo alla risoluzione delle questioni controverse che a tutt'oggi ostacolano una prospettiva comune: la questione del Kosovo riveste chiaramente un'enorme importanza in questo senso, dato il suo impatto sull'intera regione;

11.

sollecita con vigore, nel periodo precedente all'adesione all'UE, misure appropriate che, senza scalfire in alcun modo le prospettive di adesione, contribuiscano da un lato a migliorare stabilmente le opportunità di uno sviluppo costruttivo dei paesi dei Balcani occidentali interessati, e dall'altro a favorire il processo di preadesione all'UE tramite provvedimenti concreti;

12.

riconosce a questo riguardo l'importanza annessa dalle popolazioni dei Balcani occidentali alle prospettive di facilitazione dei visti, e fa proprio il desiderio delle popolazioni di incrementare i contatti reciproci anche attraverso un maggior numero di borse di studio per gli studenti e i giovani lavoratori della regione;

13.

sostiene l'adozione di misure mirate alla cooperazione transfrontaliera e interregionale con gli enti locali e regionali degli Stati membri dell'Unione europea e le iniziative in materia di cooperazione interstatale nella regione dei Balcani occidentali, le quali andrebbero estese al maggior numero possibile di ambiti di intervento;

14.

osserva che, se la cooperazione tra l'UE e la regione dei Balcani occidentali è un dato reale per quanto riguarda le riforme in materia di liberalizzazione degli scambi, privatizzazioni, revisione normativa e promozione degli investimenti esteri, manca a tutt'oggi un quadro che disciplini in modo chiaro la collaborazione al livello regionale e locale. Il gruppo di lavoro Balcani occidentali è stato creato dal Comitato delle regioni nel febbraio 2006 proprio per definire un tale quadro e assegnare così allo sviluppo sociale ed economico di questi paesi a livello locale e regionale un maggiore risalto nell'agenda politica dell'UE;

15.

ricorda che seguire il processo di allargamento al livello nazionale, regionale e locale rappresenta una sfida di prim'ordine, data la rilevanza della questione per il futuro dell'Unione europea e la necessità di stabilizzare l'area dei Balcani occidentali. Per questo era importante che il Comitato delle regioni creasse una sede di discussione politica intesa a promuovere l'avanzamento di tale processo, favorendo tra l'altro il dialogo con tutte le parti interessate in vista di una definizione delle proprie posizioni politiche;

16.

osserva che, con la costituzione del gruppo di lavoro, il CdR intende promuovere un dialogo permanente con i rappresentanti politici di livello locale e regionale dei Balcani occidentali, nonché incoraggiare e sostenere l'organizzazione di campagne d'informazione e comunicazione sul processo di allargamento negli enti locali e nelle regioni dell'Europa e dei Balcani occidentali.

Albania

17.

sostiene che restano necessari sforzi considerevoli per rafforzare le strutture decentrate e, di conseguenza, le condizioni per lo sviluppo della democrazia locale. La riforma e l'ammodernamento dell'amministrazione non dovrebbero tradursi nello smantellamento delle capacità amministrative locali e regionali, bensì contribuire al loro potenziamento;

18.

accoglie con favore i progressi realizzati nel settore della tutela delle minoranze ed esprime nel contempo preoccupazione per l'esiguità delle risorse impiegate nella lotta al traffico di esseri umani. Urgono dei miglioramenti, specie in relazione alle categorie più vulnerabili della società come i bambini Rom; richiama l'attenzione sull'importante ruolo che spetta ai responsabili al livello locale e regionale nell'attuazione del quadro normativo in questo ambito;

19.

accoglie con favore, tenuto conto dell'attuale progetto di legge sul finanziamento dei comuni, tutte le misure in grado di contribuire al miglioramento delle dotazioni finanziarie per il livello locale e regionale e di estenderne il raggio d'azione alla promozione degli investimenti a tali livelli;

20.

accoglie con favore i miglioramenti nella pubblica amministrazione, in particolare in un settore finora poco trasparente come gli appalti pubblici (su cui esiste anche un nuovo progetto di legge ora in discussione al Parlamento), e propone che il livello locale e regionale sia coinvolto maggiormente nell'ulteriore definizione del quadro normativo;

21.

accoglie con favore i tangibili miglioramenti della situazione economica e si attende ulteriori sforzi per soddisfare gli impegni derivanti dall'accordo di stabilizzazione e associazione firmato nel 2006;

22.

visto l'esito delle elezioni amministrative svoltesi il 18 febbraio 2007, prende atto delle conclusioni della missione di monitoraggio dell'OSCE e chiede che in futuro ci si adoperi maggiormente per garantire elezioni conformi agli standard internazionali;

23.

plaude ai progressi nella lotta alla corruzione e alla tutela dei diritti dell'uomo e si aspetta ulteriori sforzi per migliorare ancora la situazione in questi settori.

Bosnia-Erzegovina

24.

richiama alla necessità di attuare riforme costituzionali e di rispettare gli obblighi derivanti dall'accordo di stabilizzazione e associazione con l'UE, in modo tale che nei prossimi mesi si possa dare maggiore impulso anche al processo di adesione;

25.

sostiene tutte le misure in grado di contribuire alla stabilizzazione della Bosnia-Erzegovina, e attribuisce al riguardo particolare importanza al rafforzamento della democrazia locale in entrambe le entità. Il miglioramento che ne deriverebbe nelle condizioni politiche su scala locale potrebbe contribuire in misura non trascurabile alla stabilizzazione della situazione globale;

26.

accoglie con favore i progressi ottenuti nella lotta alla corruzione e nel settore dei diritti umani e della tutela delle minoranze, ed esorta ad intensificare ulteriormente gli sforzi intrapresi finora a questo riguardo. Una democrazia locale vitale e il rafforzamento della società civile potrebbero dare un importante contributo a tal fine;

27.

invoca con forza una collaborazione attiva con il Tribunale penale internazionale dell'Aia;

28.

sostiene tutte le misure in grado di favorire la creazione di un autentico mercato interno nel paese, e nota che le attività condotte al livello locale possono svolgere un ruolo importante in tal senso;

29.

caldeggia per lo stesso motivo un rafforzamento istituzionale e finanziario del livello locale, che vada di pari passo con lo sviluppo di un'amministrazione efficiente;

30.

invoca sforzi sinceri da ambo le parti per giungere a una cooperazione più costruttiva e plaude ai risultati ottenuti da organizzazioni non governative ed enti non profit nel quadro della nuova strategia per lo sviluppo dell'autonomia locale.

Montenegro

31.

dà atto degli sforzi che il paese ha intrapreso dopo l'indipendenza per costruire strutture statali e plaude ai progressi già realizzati in questa direzione;

32.

accoglie con particolare favore la riforma degli enti locali in atto, la quale è stata avviata con una serie di proposte legislative volte a rafforzare le amministrazioni locali, in linea con il programma di lavoro per un'autonomia locale più efficiente;

33.

accoglie anche con favore l'intento del governo di allestire un organo di coordinamento per monitorare il processo di decentramento, tra l'altro con il compito di precisare maggiormente le competenze e le relative risorse finanziarie;

34.

accoglie infine con favore il nuovo codice etico per i dipendenti pubblici, che si applica anche ai dipendenti delle amministrazioni locali. Nel quadro della riforma della pubblica amministrazione, tale codice contribuirà a colmare ulteriormente le carenze che permangono in ambiti come, ad esempio, la lotta alla corruzione;

35.

dà atto dei progressi realizzati nella lotta alla corruzione e plaude alla collaborazione in atto con il Tribunale penale internazionale dell'Aia;

36.

invoca il rafforzamento delle misure volte a tutelare i diritti delle minoranze, con particolare attenzione alla situazione dei Rom e dei profughi.

Serbia

37.

fa riferimento al proprio parere dell'ottobre 2006 sui Balcani occidentali, dove si afferma che tutti questi paesi restano i benvenuti nell'Unione europea, e ribadisce il proprio costante sostegno agli enti locali e regionali serbi;

38.

deplora la decisione del Parlamento serbo di respingere il progetto del mediatore ONU Martti Ahtisaari sul futuro status del Kosovo e si augura che dal prosieguo dei negoziati emerga una soluzione costruttiva e condivisa da tutte le parti; esorta le autorità di Belgrado a partecipare in modo attivo e costruttivo alle consultazioni per risolvere la questione del Kosovo;

39.

accoglie con favore i progressi realizzati nello sviluppo di una pubblica amministrazione efficace, ma esorta nel contempo ad impegnarsi con eguale energia, in linea con il principio di sussidiarietà, per mettere a punto strutture amministrative decentrate e locali;

40.

raccomanda alla Commissione, nel quadro dell'assistenza da essa fornita al rafforzamento delle istituzioni, di annettere particolare attenzione alle capacità amministrative del livello locale, in particolare contribuendo al rispetto delle leggi e migliorando la comunicazione e la cooperazione tra governo centrale ed enti territoriali;

41.

esorta la Serbia a ratificare quanto prima la Carta europea dell'autonomia locale;

42.

plaude ai progressi ottenuti nella lotta alla corruzione e invoca ulteriori sforzi al riguardo;

43.

esorta a una collaborazione senza riserve con il Tribunale penale internazionale dell'Aia;

44.

accoglie con favore i progressi tangibili conseguiti nei negoziati sulle facilitazioni in materia di visti e sulle riammissioni.

Kosovo

45.

plaude agli sforzi dell'inviato speciale delle Nazioni Unite Martti Ahtisaari per definire il futuro status del Kosovo e sottolinea la necessità di trovare nell'immediato futuro una soluzione praticabile in grado di salvaguardare i diritti dell'intera popolazione;

46.

esorta le autorità di Pristina a partecipare in modo attivo e costruttivo alle consultazioni per risolvere la questione del Kosovo;

47.

accoglie con favore i progressi ottenuti nella lotta alla corruzione, dà atto degli sforzi intrapresi finora nel settore dei diritti dell'uomo e della tutela delle minoranze, e ne invoca di ulteriori;

48.

accoglie con favore l'elaborazione, da parte delle istituzioni del Kosovo, di un programma quadro per la riforma dell'amministrazione locale, finalizzato a migliorare la sicurezza e le condizioni di vita nei comuni;

49.

sottolinea che, malgrado tutti i progressi realizzati, le capacità amministrative al livello locale restano insufficienti sia sul piano gestionale che su quello strategico e della pianificazione.

Bruxelles, 6 giugno 2007.

Il presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE

II.   Procedura

Titolo

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2006-2007 comprendente una relazione speciale sulla capacità dell'Unione europea di accogliere nuovi Stati membri

Riferimenti

COM(2006) 649 def.

Base giuridica

Articolo 265, primo comma, del TCE

Base regolamentare

 

Data della consultazione da parte della Commissione europea

8.11.2006

Data della decisione dell'Ufficio di presidenza

25.4.2006

Commissione competente

Commissione Relazioni esterne e cooperazione decentrata (RELEX)

Relatore

Wolfgang GIBOWSKI (DE/PPE), sottosegretario di Stato, rappresentante del Land Bassa Sassonia presso il governo federale

Nota di analisi

7.12.2006

Esame in commissione

25.1.2007

Data dell'adozione in commissione

29.3.2007

Esito del voto in commissione

Adottato a maggioranza

Data dell'adozione in sessione plenaria

6.6.2007

Precedente parere del Comitato

CdR 115/2006 fin  (1)— Parere in merito alla comunicazione della Commissione I Balcani occidentali sulla strada verso l'UE: consolidare la stabilità e rafforzare la prosperità

(COM(2006) 27 def.).

Relatore: Franz SCHAUSBERGER (AT/PPE), adottato durante la sessione plenaria del CdR del 14.6.2006


(1)  GU C 51 del 6.3.2007, pag. 16.


24.8.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 197/21


Parere di prospettiva del Comitato delle regioni — Il contributo degli enti regionali e locali alla strategia dell'Unione europea a favore dello sviluppo sostenibile

(2007/C 197/05)

IL COMITATO DELLE REGIONI

raccomanda che, per permettere alla strategia per lo sviluppo sostenibile di affermare nella pratica la trasversalità e il carattere sovraordinato dello sviluppo sostenibile, le disposizioni degli articoli 99 e 128 del Trattato della Comunità europea, che sono alla base del ciclo triennale delle politiche e della definizione degli orientamenti integrati sulle politiche economiche e dell'occupazione, siano attuate in un quadro complessivo: questo dovrà includere nel pacchetto integrato di linee guida, insieme a quelli economici e sociali, anche gli aspetti ambientali e istituzionali,

propone alla Commissione europea di sviluppare una cooperazione rafforzata per la valutazione del contributo del livello di governo locale e regionale alle politiche di sostenibilità come parte di un partenariato istituzionale pluriennale,

invita la Commissione europea a proporre politiche di scala, quali la fissazione di tetti per la produzione di taluni inquinanti o lo sfruttamento di talune risorse, che accompagnino i meccanismi di regolazione del mercato e la politica fiscale ambientale. Per quanto riguarda quest'ultima è urgente la necessità di eliminare le distorsioni del mercato generate dai sussidi che favoriscono produzioni o prodotti ad elevato impatto o rischio ambientale,

ritiene che la strategia debba specificare che l'obiettivo di fondo, vale a dire la rottura della connessione fra crescita economica e degrado ambientale, richiede il controllo, la riduzione e la stabilizzazione del flusso di energia e materia e dei rifiuti connessi che alimenta il sistema economico per poi tornare all'ecosistema in forme meno utilizzabili,

insiste sull'importanza del ruolo che i livelli locali e regionali possono svolgere nella realizzazione dello sviluppo sostenibile, raccomanda la promozione dell'Agenda 21 locale, anche nell'utilizzo dei fondi europei, quale principale strumento per la realizzazione di ampi processi partecipativi, raccomanda la promozione ad ogni livello della piena attuazione ed estensione delle norme della convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia con riferimento a tutti i settori dello sviluppo sostenibile.

1.   Punti di vista del Comitato delle regioni

IL COMITATO DELLE REGIONI

Considerazioni generali

1.1

accoglie con favore l'approvazione della nuova strategia dell'Unione europea a favore dello sviluppo sostenibile (SSS);

1.2

si compiace che la nuova strategia riconfermi la trasversalità dell'obiettivo dello sviluppo sostenibile, che è sovraordinato (1) e determina tutte le politiche e attività dell'Unione;

1.3

sottolinea, come fanno le conclusioni del Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2006, che i progressi compiuti a tutt'oggi, successivamente all'adozione a Göteborg nel 2001 della strategia per lo sviluppo sostenibile, sono insufficienti ed esprime la sua preoccupazione sulla mancanza di un adeguato approfondimento delle cause che hanno determinato tali insoddisfacenti progressi e gli andamenti non positivi delle principali variabili ambientali;

1.4

concorda con la Commissione nel ritenere che si debba oramai puntare su un approccio proattivo allo sviluppo sostenibile, su azioni concrete da condurre sul campo e sul ruolo decisivo che il livello locale e regionale può svolgere per realizzare una società sostenibile sia all'interno dell'Unione europea che nel resto del mondo;

1.5

evidenzia, come peraltro già fatto in occasione di un suo precedente parere, l'importanza di integrare e mettere in luce lo sviluppo sostenibile in tutti i settori della politica dell'UE. È ancora oggi attuale il richiamo alla necessità che la politica di coesione sostenga le dimensioni economica, ecologica, istituzionale e sociale e che vengano debitamente valutati gli effetti a lungo termine di tutte le politiche;

1.6

sottolinea che la sicurezza e la protezione sono condizioni necessarie ai fini di una buona qualità della vita e che esse, insieme ad un ampio approccio alla salute pubblica, stanno al centro degli sforzi per promuovere lo sviluppo sostenibile. I concetti di sicurezza e di protezione comprendono tutta una serie di aspetti, che vanno dagli effetti dei cambiamenti climatici e della guerra fino alla violenza nei confronti delle donne e dei bambini; desidera altresì mettere in luce la necessità di inserire nei lavori a favore dello sviluppo sostenibile anche una prospettiva di pari opportunità;

1.7

rammenta i diversi ambiti in cui il ruolo dei livelli locali e regionali è determinante. Fra questi addita in particolare quello dell'assetto territoriale, dove molte delle misure necessarie per promuovere lo sviluppo — dall'utilizzo del suolo e delle risorse idriche alla gestione dei rifiuti e alle politiche per l'ambiente urbano — si riferiscono principalmente ai livelli locali e regionali; ritiene quindi che il processo di attuazione, monitoraggio e revisione della strategia debba vedere protagonisti i livelli locali e regionali quali partner chiave;

1.8

conferma l'attenzione ai seguenti aspetti: l'inserimento dei requisiti ambientali negli appalti pubblici nel settore della tecnologia, e in particolare nel campo dei rifiuti, dell'energia, dei trasporti, della fornitura idrica e della rete fognaria, delle strade e di altre infrastrutture, nonché la promozione del green public procurement; la diffusione ed estensione al territorio e agli uffici pubblici dei sistemi di ecogestione e audit (EMAS), che andrebbero inoltre migliorati e adattati alle problematiche e alle esigenze dello sviluppo sostenibile tenendo conto delle dimensioni economica, ecologica e sociale. In tale contesto andrebbe ulteriormente considerata la possibilità di tener conto dei vantaggi ambientali di beni e servizi prodotti localmente;

1.9

considera che la possibilità di scambiare esperienze e acquisire nuove conoscenze mediante la cooperazione e l'interazione fra i vari attori costituisce una parte importante degli sforzi diretti allo sviluppo sostenibile;

per quanto riguarda gli obiettivi chiave

1.10

concorda sugli obiettivi chiave definiti dalla nuova strategia, che devono essere ulteriormente esplicitati e arricchiti;

1.11

ritiene necessario specificare che la rottura della connessione fra crescita economica e degrado ambientale richiede che il tasso di rigenerazione delle risorse rinnovabili sia uguale o superiore alla somma del tasso di utilizzo delle risorse rinnovabili e non rinnovabili e che il tasso di produzione dei rifiuti sia inferiore al tasso di rigenerazione degli stessi da parte dei sistemi naturali. È quindi necessario che le strategie adottate non puntino solo ad evitare il deterioramento degli ecosistemi, ma soprattutto a dare impulso al completo ripristino delle loro funzioni, promuovendo misure di gestione finalizzate a recuperare e preservare la salute e l'integrità degli ecosistemi stessi, ed a farsi pertanto carico dell'obbligo di rendere compatibili l'uso e lo sfruttamento dei beni e dei servizi ambientali con la funzionalità socioecologica del territorio;

1.12

ritiene che il richiamo ad un'economia ecoefficiente non sia sufficiente e debba essere accompagnato dalla specificazione che l'ecoefficienza si riferisce al fatto che il benessere generato dalla crescita dovrebbe situarsi a un livello corrispondente ai costi sociali ed ambientali ad essa connessi, o comunque non dovrebbe superarli;

1.13

ritiene opportuno chiarire che in tale contesto la sostenibilità richiede equità nell'utilizzo delle risorse e nella produzione di inquinamento. Non è sostenibile una dimensione globale dove il mondo dei ricchi (11 % della popolazione mondiale) si appropria di oltre l'80 % delle risorse naturali e di una corrispondente quota del reddito globale;

per quanto riguarda i principi guida delle politiche

1.14

concorda sui principi guida definiti dalla nuova strategia, che dovranno essere ulteriormente ampliati ed esplicitati;

1.15

ritiene che, per quanto riguarda la partecipazione dei cittadini, delle imprese e delle parti sociali, occorra un riferimento più specifico alle forme di partecipatory e deliberative democracy, ovvero a modalità, meccanismi di partecipazione e decisione che, in situazioni diverse, si aggiungano alle forme della tradizionale democrazia rappresentativa; considera che la promozione della responsabilità sociale delle imprese comprenda la sperimentazione di interventi sulla struttura proprietaria delle imprese, quali ad esempio le imprese cooperative e i programmi di diffusione dell'azionariato ai lavoratori o alle comunità interessate;

1.16

concorda sulla necessità di assicurare la coerenza tra le politiche di governance, l'integrazione delle politiche e lo sfruttamento delle migliori conoscenze disponibili; ritiene però che nella situazione attuale tale coerenza non sia realizzata, che l'integrazione sia carente e che le migliori conoscenze facciano prioritariamente riferimento alla competitività e all'innovazione finalizzate alla crescita economica e alla conquista di nuovi mercati e molto meno alle esigenze di sostenibilità dello sviluppo;

1.17

ritiene a tal fine necessario chiarire che lo sviluppo sostenibile si riferisce alla qualità della vita e dell'esistenza, la quale può realizzarsi anche in assenza della crescita economica intesa come maggiore produzione di beni e servizi, ovvero come crescita del prodotto interno lordo (PIL) pro-capite. Si tratta innanzitutto di uno sviluppo «sostenibile», vale a dire in grado di rispondere ai bisogni presenti preservando nel contempo per le generazioni future la capacità di sopperire ai loro bisogni;

1.18

concorda che tutte le istituzioni europee e i paesi membri, ad ogni livello, devono garantire che le principali decisioni politiche si basino su proposte che sono state sottoposte ad una valutazione d'impatto di qualità, effettuata soppesando le dimensioni sociali, ambientali, istituzionali ed economiche dello sviluppo sostenibile;

1.19

richiama, per quanto riguarda le possibili sinergie fra le strategie di Lisbona e Göteborg, quello che aveva rilevato in un suo precedente parere, e cioè che la strategia di Lisbona costituisce la base per la risposta dell'UE all'impatto della globalizzazione sulla concorrenza, l'economia e la forza lavoro in Europa, ma che essa dovrebbe riflettere anche l'impatto sullo sviluppo sostenibile in Europa e a livello internazionale;

1.20

intende evidenziare come il rapporto fra le due strategie abbia smarrito gli orientamenti iniziali, secondo cui la strategia di Göteborg avrebbe dovuto realizzare la sintesi fra la strategia di Lisbona, da un lato, e il processo di revisione del Quinto piano d'azione e di definizione del Sesto piano d'azione in materia ambientale, dall'altro;

1.21

si rammarica che tale sintesi non si sia prodotta, che le due strategie vengano attuate nell'ambito di diversi percorsi decisionali e che la sostenibilità sia stata di fatto confinata nella sola dimensione ambientale, con la strategia per lo sviluppo sostenibile relegata in secondo piano dalla strategia di Lisbona e dalle sue parole chiave: crescita, competitività, innovazione;

1.22

constata che il richiamo ad una maggiore sinergia appare debole e non consistente con la governance dei due processi. Il primo (Lisbona) è infatti incardinato nelle procedure previste dal Trattato agli articoli 99 e 128 e incide sui processi di formazione delle politiche economiche e dell'occupazione dei vari paesi, nonché sulle decisioni dei Consigli che definiscono la politica dell'Unione;

1.23

si rammarica del fatto che il Consiglio di primavera, che avrebbe dovuto essere l'occasione per verificare l'attuazione degli impegni interni ed esterni in materia di sviluppo sostenibile (2), è ormai interamente dedicato al ciclo delle politiche economiche e sociali di Lisbona;

1.24

prende atto dell'intenzione della Commissione di presentare una relazione annuale sull'ambiente che permetta di contribuire ai lavori del Consiglio Ambiente per la fase preparatoria del vertice di primavera;

per quanto riguarda le sfide principali

1.25

prende nota delle sette sfide principali identificate dalla strategia e dei corrispondenti traguardi, obiettivi operativi ed azioni; considera tuttavia il rischio che la ripartizione finisca per trascurare l'interrelazione profonda fra le diverse aree di intervento identificate, diluendo la questione principale, e cioè il controllo integrato e complessivo del flusso di materia ed energia che alimenta il sistema economico;

1.26

considera con preoccupazione che i traguardi e gli obiettivi operativi non fanno riferimento, come sarebbe stato auspicabile, a target precisamente definiti, ma piuttosto a principi o ad orientamenti; annota che gli obiettivi riferiti alla sfida concernente i cambiamenti climatici vanno rivisti alla luce dei risultati dei gruppi di lavoro I e II dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) e degli orientamenti recentemente emersi nel Consiglio europeo del marzo 2007;

1.27

ritiene che vada riconsiderata, alla luce degli studi più recenti, la promozione dell'uso della biomassa al fine di diversificare le fonti di approvvigionamento dei carburanti nell'UE;

1.28

prende nota del recente sondaggio dell'Eurobarometro, il quale indica come il 61 % della popolazione europea pensi che la quota di energia prodotta con il nucleare debba essere ridotta; ritiene che la strategia debba indicare la necessità di eliminare le distorsioni del mercato generate dal supporto concesso dal bilancio dell'Unione europea all'energia nucleare (oltre 550 milioni di euro l'anno), che è di quattro volte superiore all'impegno per le energie rinnovabili e l'efficienza energetica (168 milioni di euro);

1.29

si rammarica che gli obiettivi quantificati, per quanto riguarda i trasporti, siano limitati alle caratteristiche delle autovetture e non includano anche i modi di trasporto. È necessario definire target specifici per quanto riguarda il rapporto fra i diversi modi di trasporto nonché introdurre regole di mercato che rendano più competitivo il trasporto su rotaia, anche mediante l'introduzione di strumenti innovativi, quali la definizione di tetti ai chilometri percorsi/anno per singolo mezzo di trasporto e di permessi scambiabili per il trasporto merci. Nella definizione dei target occorre tener conto delle situazioni specifiche delle varie persone, famiglie, imprese ed economie, nonché dei diversi tipi di territorio e della gamma di opzioni di trasporto e di altre infrastrutture attualmente disponibili;

1.30

considera con attenzione il ruolo che le amministrazioni locali possono svolgere, come indicato dalla strategia, per elaborare e applicare piani e sistemi di trasporto nell'ambito della strategia tematica sull'ambiente urbano;

1.31

si compiace della rilevanza attribuita alla sfida della povertà mondiale e dello sviluppo, ma esprime preoccupazione per i ritardi connessi al raggiungimento delle quote di aiuto ai paesi in via di sviluppo; ritiene che la strategia debba riconsiderare l'approccio a tale aiuto e alle politiche commerciali sia per l'ampliarsi delle differenze fra il mondo ricco e quello dei poveri, sia per l'incombente crisi ecologica;

per quanto riguarda le politiche trasversali a sostegno della società dei saperi

1.32

concorda che l'istruzione rappresenta una condizione fondamentale per promuovere cambiamenti nei modelli di consumo, e comunque nel comportamento in generale, ed è consapevole che questi possono essere devianti rispetto alle esigenze della sostenibilità, se non si interviene sugli ambiti che li influenzano o addirittura li determinano. Occorre affermare un sistema di valori che si trasmetta più coerentemente agli stili di vita (e quindi anche nei modelli di produzione e di consumo);

1.33

si compiace delle iniziative in atto nel contesto del Decennio dell'educazione allo sviluppo sostenibile proclamato dall'ONU; è tuttavia consapevole del fatto che l'educazione non è comunque sufficiente ad assicurare comportamenti sul mercato coerenti con le esigenze della sostenibilità e che questi si debbono accompagnare a meccanismi di regolazione e controllo sociale;

1.34

ritiene che occorra distinguere i settori dell'educazione e dell'istruzione da quello della formazione; considera la formazione permanente come uno degli strumenti più importanti, nell'ambito di una società di mercato, per assicurare pari opportunità a tutti rafforzando il pilastro sociale per lo sviluppo sostenibile;

1.35

concorda con l'esigenza secondo cui la ricerca sullo sviluppo sostenibile deve includere sia progetti a breve termine di supporto alla decisione sia progetti relativi a visioni a lunga scadenza, e deve affrontare problemi regionali e problemi globali;

1.36

ritiene urgente e necessario sviluppare tecnologie nuove e più rispettose dell'ambiente. In tale contesto appaiono utili gli obiettivi del Settimo programma quadro di ricerca nonché le misure, da rafforzare, a sostegno di iniziative che possano essere tradotte in pratiche per la promozione dello sviluppo sostenibile a livello locale e per il sostegno allo sviluppo di imprese animate da considerazioni ambientali, specie PMI;

1.37

concorda con l'esigenza di promuovere orientamenti interdisciplinari alla luce della continua evoluzione delle relazioni fra i diversi sistemi: economico, ecologico, sociale e istituzionale; ritiene che il grado di incertezza connesso all'evoluzione dei sistemi, i numerosi interessi associati ai processi decisionali, la necessità di rispondere a questioni che coinvolgono lo stesso oggetto dell'investigazione scientifica — da quale punto di vista indagare -, oltre la salvaguardia della salute e della qualità dell'ambiente e la rispondenza dei processi decisionali ai propri valori e principi etici, richiedono una massima trasparenza e partecipazione;

1.38

concorda con la necessità di una migliore comprensione delle relazioni fra creazione del reddito, contabilità e benessere. In particolare ritiene che il calcolo del reddito nazionale dovrebbe essere integrato dal calcolo di indicatori intesi a contabilizzare il flusso di energia e materia che alimenta il sistema economico e a misurare la scala complessiva dell'attività economica;

per quanto riguarda gli strumenti di finanziamento ed economici

1.39

ritiene che la gamma degli strumenti per le politiche di sostenibilità non può essere limitata ai soli interventi di regolazione del mercato, pur utili e indispensabili. La ricerca, attraverso la trasparenza ed interventi correttivi, del «giusto prezzo» che rifletta i costi sociali ed ambientali, è un'operazione che non tiene conto dell'impossibilità di considerare con sufficiente approssimazione la dinamica dell'evoluzione fra i diversi sistemi;

1.40

concorda con la necessità di garantire un maggiore coordinamento fra Stati membri e Commissione per il migliore utilizzo dei fondi europei — a tale proposito esprime preoccupazione per la possibilità che i fondi strutturali 2007-2013 finiscano per contribuire, come riportato in un recente rapporto del CEE Bankwatch Network, ad aumentare le emissioni di CO2;

per quanto riguarda comunicazione, mobilitazione degli attori e moltiplicazione dei successi

1.41

concorda con la necessità di agevolare, con adeguate misure di comunicazione, l'informazione e la sensibilizzazione sui temi della sostenibilità e che questi siano in linea con l'elaborazione di una visione coerente e realista dell'UE verso lo sviluppo sostenibile nel lungo periodo;

1.42

concorda sul ruolo che i livelli locali e regionali possono svolgere nella realizzazione dello sviluppo sostenibile con l'azione delle comunità delle zone urbani e rurali. L'Agenda 21 locale è il principale strumento per la realizzazione di politiche definite e attuate attraverso ampi processi partecipativi: il CdR ritiene tuttavia che l'affermazione piena di tale partecipazione non potrà avere luogo in mancanza di una chiara rilevanza dei relativi processi nella gestione dei bilanci dei corrispondenti livelli di governo, specie quando questi veicolano risorse derivanti dal bilancio comunitario;

1.43

ritiene che il monitoraggio debba concentrarsi non solo sulla definizione e il controllo degli andamenti relativi agli indicatori, ma anche sulle politiche e azioni intraprese dall'Unione europea nonchè dai singoli Stati sino ai livelli locali e regionali;

1.44

ritiene che tale sforzo richieda delle modifiche nell'attuale svolgimento dei processi decisionali nell'ambito della governance europea per lo sviluppo sostenibile;

1.45

esprime la convinzione che ciò implica una svolta copernicana nelle attuali relazioni fra i processi di Lisbona e Göteborg, che devono essere ricondotte alle intenzioni iniziali. Esemplificando: non devono essere i risultati della SSS dell'UE a contribuire ai lavori svolti nel contesto di Lisbona, secondo quanto affermato al punto 38 della strategia per lo sviluppo sostenibile, ma piuttosto i risultati della strategia di Lisbona a contribuire agli obiettivi di sviluppo sostenibile. La ragione risiede nel riconosciuto carattere sovraordinato di quest'ultimo rispetto alle politiche europee;

1.46

sottolinea l'importanza del fatto che le proposte della Commissione a favore dello sviluppo sostenibile vengano formulate e portate avanti in modo tale da agevolarne l'attuazione a livello locale e regionale nei 27 Stati membri. È essenziale che le misure proposte siano attuabili sul piano locale e regionale, indipendentemente dalle condizioni riscontrabili in ciascuno di essi;

1.47

eprime preoccupazione per l'indicazione della Commissione di un percorso di governance della SSS da riferire al Consiglio europeo di dicembre. Tale soluzione aggraverebbe il distacco fra le strategie di Göteborg e Lisbona e contribuirebbe all'ulteriore marginalizzazione della sotenibilità nella governance europea;

1.48

ricorda, a tale proposito, come il Consiglio di primavera 2005, in occasione del rilancio della strategia di Lisbona, abbia riaffermato che questa si colloca, essa stessa, nel contesto più ampio dell'esigenza di sviluppo sostenibile.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

IL COMITATO DELLE REGIONI

2.1

esprime la convinzione che l'approccio allo sviluppo sostenibile, che deve comprendere allo stesso tempo gli aspetti economici, ecologici, sociali ed istituzionali, è una condizione preliminare per un crescente benessere, una occupazione elevata e di qualità e una crescita economica che non crei maggiori costi ambientali e quindi un benessere solo apparente: la sua messa in opera richiede una profonda riforma della governance europea della sostenibilità;

2.2

raccomanda che, per permettere alla SSS di affermare nella pratica la trasversalità e il carattere sovraordinato dello sviluppo sostenibile, le disposizioni degli articoli 99 e 128 del Trattato della Comunità europea, che sono alla base del ciclo triennale delle politiche e della definizione degli orientamenti integrati sulle politiche economiche e dell'occupazione, siano attuate in un quadro complessivo: questo dovrà includere nel pacchetto integrato di linee guida, insieme a quelli economici e sociali, anche gli aspetti ambientali e istituzionali;

2.3

raccomanda altresì che tale ciclo riformato preveda nelle diverse fasi, fra i suoi protagonisti, anche i livelli locali e regionali quali partner chiave per determinare e realizzare, anche partendo dai livelli locali, gli obiettivi globali e i cambiamenti necessari per conseguire una società sostenibile. In tale luce occorrerà prevedere che alle relazioni sulle politiche economiche e dell'occupazione che ogni Stato membro deve presentare entro l'ottobre di ogni anno se ne aggiunga una sull'attuazione del Sesto piano d'azione ambientale. Le tre relazioni dovranno essere integrate e mostrare la coerenza e il contributo di ognuna agli obiettivi di sostenibilità definiti dalla SSS;

2.4

ritiene che la strategia debba specificare che l'obiettivo di fondo, vale a dire la rottura della connessione fra crescita economica e degrado ambientale, richiede il controllo, la riduzione e la stabilizzazione del flusso di energia e materia e dei rifiuti connessi che alimenta il sistema economico per poi tornare all'ecosistema in forme meno utilizzabili;

2.5

raccomanda che i documenti programmatici siano accompagnati da un'analisi di tali flussi, al fine di verificarne il contributo al de-coupling fra crescita economica e impatto sull'ambiente; raccomanda altresì che le finalità degli interventi in materia di coesione si riferiscano prioritariamente alla realizzazione degli obiettivi della strategia di sviluppo sostenibile: solo nell'ambito e nel rispetto di quest'ultima tali finalità potranno fare riferimento agli orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione dell'Agenda di Lisbona;

2.6

invita quindi la Commissione a presentare una proposta in tal senso e il Consiglio e il Parlamento europeo a prenderla prontamente in considerazione;

2.7

invita la Commissione europea a proporre politiche di scala, quali la fissazione di tetti per la produzione di taluni inquinanti o lo sfruttamento di talune risorse, incluse le pratiche agricole e della pesca, che accompagnino i meccanismi di regolazione del mercato e la politica fiscale ambientale. Per quanto riguarda quest'ultima è urgente la necessità di eliminare le distorsioni del mercato generate dai sussidi che favoriscono produzioni o prodotti ad elevato impatto o rischio ambientale;

2.8

raccomanda la definizione nella SSS di obiettivi definiti con precisione, sia quantitativamente che nella tempistica, e invita gli Stati membri a individuare strategie di sviluppo sostenibile che siano coerenti con quella europea e che portino ad essa un contributo. In questo contesto, impegna i livelli regionali e locali alla definizione di proprie strategie coerenti con gli obiettivi assunti ai livelli nazionale ed europeo e accompagnate da adeguati meccanismi di feedback;

2.9

invita la Commissione a considerare un piano di adattamento ai cambiamenti climatici che comprenda gli aspetti connessi all'impatto dell'innalzamento delle temperature sulla pesca, la protezione delle coste e le acque interne, così come l'impatto delle variazioni delle precipitazioni e di altri eventi avversi sull'agricoltura e sull'allevamento, sull'acquacoltura, sugli incendi forestali, sulla siccità, sulla biodiversità e sulle foreste, sul turismo, sulla protezione delle coste, sulla salute, ecc.;

2.10

raccomanda la definizione di procedure e il rafforzamento delle capacità istituzionali per lo svolgimento delle procedure di valutazione di sostenibilità e ambientale di piani, programmi e progetti che consentano l'effettiva informazione e partecipazione del pubblico; ritiene che dette procedure debbano avere come primo obiettivo la valutazione della coerenza degli interventi previsti e del loro contributo agli obiettivi definiti ad ogni pertinente livello dalle strategie di sostenibilità;

2.11

insiste sull'importanza del ruolo che i livelli locali e regionali possono svolgere nella realizzazione dello sviluppo sostenibile; invita la Commissione ad elaborare iniziative a sostegno della riqualificazione sociale, urbanistica ed ambientale delle periferie urbane; raccomanda la promozione dell'Agenda 21 locale, anche nell'utilizzo dei fondi europei, quale principale strumento per la realizzazione di ampi processi partecipativi; ritiene necessario a tal fine estendere i processi di partecipazione, sia per assicurare la rispondenza dei processi decisionali rilevanti al sistema di valori di cui sono portatrici le comunità interessate — funzione che data la sua natura il mercato non può assumere — sia per migliorare la qualità della pratica scientifica; raccomanda la promozione ad ogni livello della piena attuazione ed estensione delle norme della Convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia con riferimento a tutti i settori dello sviluppo sostenibile: economia, società, ambiente ed istituzioni;

2.12

raccomanda, per quanto riguarda la partecipazione dei cittadini, delle imprese e delle parti sociali, di prevedere un riferimento più specifico alle forme di partecipatory e deliberative democracy, la sperimentazione di interventi sulla struttura proprietaria, quali i programmi di diffusione dell'azionariato ai lavoratori e alle comunità, e l'attenzione alle imprese cooperative;

2.13

invita a riconsiderare: i) le dimensioni e modalità dell'aiuto allo sviluppo, ove l'approccio trickle down non è più percorribile a fronte dell'ampliarsi delle differenze fra paesi ricchi e paesi poveri e dei limiti alla crescita economica imposti dalla finitezza dell'ecosistema; ii) il modello di crescita indotto dalla globalizzazione e la sua sostenibilità; iii) i rapporti e priorità fra il mercato regionale europeo e il suo capitale da un lato, e i mercati e i capitali internazionali dall'altro; iv) la rincorsa, nei negoziati WTO, alla privatizzazione dei servizi pubblici e dei beni comuni, come ad esempio l'acqua (privatizzazione che, soprattutto in relazione a quest'ultima, andrebbe a suo parere assolutamente abbandonata); v) i sussidi, incentivi ed altre misure che creano ostacoli commerciali ai paesi in via di sviluppo;

2.14

confida che, nella valutazione in corso della strategia per lo sviluppo sostenibile e nel lavoro sul programma d'azione, la Commissione svilupperà e approfondirà il dialogo con il livello locale e regionale; ribadisce che intende svolgere un ruolo attivo negli sforzi intrapresi per realizzare una società sostenibile sia all'interno dell'Unione europea che nel resto del mondo;

2.15

propone alla Commissione europea di sviluppare una cooperazione rafforzata per la valutazione del contributo del livello di governo locale e regionale alle politiche di sostenibilità come parte di un partenariato istituzionale pluriennale. Nel quadro di tale cooperazione, il Comitato delle regioni elaborerà, inter alia, (cfr. Allegato I) dei pareri specifici su una serie di dossier presenti nel programma di lavoro della Commissione per il triennio 2007-2009 e considerati particolarmente rilevanti per lo sviluppo sostenibile dai livelli di governo regionali e locali e avanzerà altresì proposte concrete per la realizzazione di iniziative congiunte.

Bruxelles, 6 giugno 2007.

Il presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE

3.   Procedura

Titolo

Il contributo degli enti regionali e locali alla strategia dell'Unione europea a favore dello sviluppo sostenibile

Riferimenti

Base giuridica

Articolo 265, primo comma

Base regolamentare

Articolo 40, paragrafo 2, del Regolamento interno

Data della consultazione da parte della Commissione europea

11.12.2006

Data della decisione del Presidente

9.1.2007

Commissione competente

commissione per lo Sviluppo sostenibile (DEVE)

Relatore generale

Nichi VENDOLA (IT/PSE), presidente della regione Puglia

Scheda dei lavori

26.2.2007

Esame in commissione

Data dell'adozione in commissione

Esito del voto in commissione

Data dell'adozione in sessione plenaria

6.6.2007

Precedente parere del Comitato

Parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeoValutazione 2005 della strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile: bilancio iniziale e orientamenti futuri

CdR 66/2005 fin  (3)— COM(2005) 37 def.


(1)  CdR 66/2005 fin.

(2)  «RAMMENTANDO che, conformemente alla strategia per lo sviluppo sostenibile adottata al Consiglio europeo di Göteborg, i Consigli europei di primavera esamineranno i progressi compiuti nell'attuazione di tale strategia e forniranno ulteriori orientamenti politici per promuovere lo sviluppo sostenibile; che il Consiglio europeo di Barcellona darà inizio a questo nuovo approccio politico in base ad un'analisi equilibrata e coordinata delle tre dimensioni della strategia (sociale, economica e ambientale) in sede di definizione, esame, valutazione e controllo degli orientamenti politici strategici dell'Unione europea». Conclusioni della presidenza, Consiglio europeo di Barcellona, 15 e 16 marzo 2002.

(3)  GU C 81 del 4.4.2006, pag.28.


ALLEGATO I

Tabella di marcia del Comitato delle regioni relativa alla strategia dell'Unione europea a favore dello sviluppo sostenibile — Periodo 2007-2009

Tipi di attività

1.   Attività consultiva

1a.   In prospettiva del Consiglio europeo di dicembre 2007

Riferimento del documento della Commissione europea

Titolo del documento della Commissione europea

Procedura

Possibile adozione da parte del CdR

2006/ENV/012

Libro verde sull'adattamento ai cambiamenti climatici

Proposta non legislativa

Novembre 2007

1b.   In prospettiva del Consiglio europeo di marzo 2008

Riferimento del documento della Commissione europea

Titolo del documento della Commissione europea

Procedura

Possibile adozione da parte del CdR

2006/ENV/012

Libro verde sull'adattamento ai cambiamenti climatici

Proposta non legislativa

Novembre 2007

Parere di prospettiva sull'avvenire della Politica agricola comune

Febbraio 2008

2007/EMPL/013

Comunicazione sull'esame intermedio dell'attuazione dell'Agenda sociale (2005-2010)

Proposta non legislativa

Febbraio 2008

1c.   Altre attività consultive

Riferimento del documento della Commissione europea

Titolo del documento della Commissione europea

Procedura

Possibile adozione da parte del CdR

COM(2006) 571 def.

Comunicazione della Commissione — Il futuro demografico dell'Europa, trasformare una sfida in un'opportunità

Proposta non legislativa

Giugno 2007

Parere di prospettiva sulla situazione delle donne migranti nell'Unione europea

Ottobre 2007

Parere di prospettiva sul tema Educazione e sviluppo sostenibile

Novembre 2007

2007/ENV/012

Piano d'azione a favore della produzione e del consumo sostenibili

Proposta non legislativa

Febbraio 2008

2007/FISH/001

Comunicazione della Commissione — Verso una politica marittima dell'Unione: conclusioni politiche sulla consultazione del Libro verde

Proposta non legislativa

Febbraio 2008

2007/FISH/003

Comunicazione e proposta di regolamento del Consiglio sull'intensificazione della lotta contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN)

Proposta legislativa

Febbraio 2008

2007/TREN/005

Libro verde sui trasporti urbani

Proposta non legislativa

Secondo trimestre 2008

2006/SANCO/004

Libro bianco sulla strategia in materia di salute

Proposta non legislativa

Secondo trimestre 2008

2006/SANCO/005

Quadro comunitario per servizi sanitari migliori

Proposta legislativa

Secondo trimestre 2008

2.   Azioni complementari all'attività consultiva

Tipo di attività

Possibile data di esecuzione

Analisi delle possibilità di creazione di un Osservatorio congiunto permanente per il monitoraggio del contributo dei livelli regionale e locale alle politiche di sostenibilità (eventualmente in collaborazione con il Comitato economico e sociale europeo)

Seconda metà del 2007

Studio del Comitato delle regioni sul tema Il contributo degli enti regionali e locali alle strategie per lo sviluppo sostenibile

Secondo trimestre 2008

Dialogo territoriale 2009: inclusione nella Mutual Learning Platform della strategia di Lisbona di aspetti rilevanti della strategia dell'Unione europea a favore dello sviluppo sostenibile

Primo trimestre 2009

Partecipazione a conferenze tematiche e gruppi di lavoro in materia di sviluppo sostenibile

Biennio 2007-2009


24.8.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 197/30


Parere d'iniziativa del Comitato delle regioni — Il rilancio del processo di riforma dell'Unione europea in vista del Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007

(2007/C 197/06)

IL COMITATO DELLE REGIONI

sostiene la presidenza dell'Unione nel suo impegno per il processo di riforma dell'Unione europea e afferma la necessità di preservare la sostanza del Trattato costituzionale che è stato firmato a Roma il 29 ottobre 2004 da tutti i capi di Stato e di governo,

invita i capi di Stato e di governo a impegnarsi, in occasione del Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007, per giungere a una rapida conclusione del processo di riforma dei Trattati europei senza rimettere in causa le conquiste ottenute da e per gli enti locali e regionali, in particolare in tema di rispetto dei principi di sussidiarietà e di governance e della coesione territoriale dell'Unione europea e chiede che tali disposizioni siano contenute in un eventuale futuro trattato,

chiede di essere consultato sulla tabella di marcia che sarà proposta dal Consiglio europeo per la prosecuzione del processo di riforma dell'Unione europea, e desidera essere associato alla fase dei relativi negoziati, dato che il suo coinvolgimento contribuirà a rendere tale processo più inclusivo, a vantaggio dei cittadini,

ritiene che l'assenza di un Trattato costituzionale nuocerebbe al riconoscimento delle virtù del modello di integrazione europeo che mira a favorire il rispetto e il rafforzamento della diversità in seno all'UE e fa notare che, senza un Trattato costituzionale, all'Unione europea mancherebbe sia il riconoscimento dell'autonomia regionale e locale come pilastro del suo sistema democratico sia una capacità di azione adeguata per garantire la coesione territoriale e il rafforzamento della solidarietà comunitaria,

ribadisce la sua convinzione relativa all'assoluta necessità di promuovere, mediante una politica di comunicazione decentrata, una riflessione sui valori comuni, sulle conquiste della costruzione europea e sulle politiche comunitarie, nonché sulle sfide che attendono l'Unione europea e di adottare un approccio «a due sensi», dato che la comunicazione con gli enti locali e regionali si svolge attualmente in maniera troppo unilaterale, «dall'alto verso il basso»,

ritiene che la politica di comunicazione dell'UE diverrà più coerente ed efficace quando le istituzioni comunitarie troveranno un quadro normativo o una base giuridica idonei a garantire l'attuazione di un vero programma specifico che sia espressione di tale politica e dotato di mezzi finanziari adeguati.

I.   Raccomandazioni politiche

Documento di lavoro dei servizi della Commissione, Coût de l'absence de Constitution («Il costo dell'assenza di una Costituzione»), del 21 novembre 2006.

Nota di informazione del commissario Wallström Plan D: élargir et approfondir le débat en Europe («Piano D: ampliare e approfondire il dibattito in Europa»), del 29 novembre 2006.

SEC(2006) 1553

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

appoggia la presidenza dell'UE nel suo impegno per il processo di riforma dell'Unione europea e sostiene la necessità di preservare la sostanza del Trattato costituzionale che è stato firmato a Roma il 29 ottobre 2004 da tutti i capi di Stato e di governo;

2.

accoglie con favore la Dichiarazione di Berlino, del 25 marzo 2007, che, cinquant'anni dopo la firma dei Trattati di Roma, riconosce l'obiettivo di dare all'Unione europea, entro le elezioni del Parlamento europeo del 2009, una base comune rinnovata, e si rallegra del fatto che tale dichiarazione sancisca il riconoscimento della dimensione territoriale dell'UE così come i principi e i valori propugnati dal CdR;

3.

ribadisce la propria determinazione, espressa nella Dichiarazione per l'Europa adottata il 23 marzo 2007 in occasione della celebrazione del 50o anniversario della firma dei Trattati di Roma, a contribuire a un'Unione sempre più stretta fra i popoli d'Europa: un'Unione forte delle sue libertà, dei suoi valori e dei suoi principi di solidarietà e di responsabilità, che pur sviluppando politiche e azioni comuni, rispetta la diversità e le identità locali e regionali sulla base dei principi di sussidiarietà e di governance;

4.

invita i capi di Stato e di governo a impegnarsi, in occasione del Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007, per giungere a una rapida conclusione del processo di riforma dei Trattati europei senza rimettere in causa le conquiste ottenute dagli enti locali e regionali e a loro favore, in particolare in tema di rispetto dei principi di sussidiarietà e di governance e della coesione territoriale dell'Unione europea;

5.

di conseguenza, è favorevole alla convocazione, il più presto possibile, di una nuova Conferenza intergovernativa (CIG), dotata di un mandato e di un calendario specifici per dare all'Unione europea un nuovo Trattato che preservi la sostanza e gli equilibri raggiunti nell'ambito della Convenzione e del Trattato costituzionale firmato nel 2004 e che benefici del massimo sostegno possibile nell'Unione;

6.

riconosce che, per molti cittadini, non è più chiaro quale sia l'obiettivo dell'Unione europea nel 21o secolo e, nello spirito del Piano D, è convinto che l'UE non possa pretendere che i cittadini leggano lunghi trattati di natura tecnica e debba essere in grado di spiegare in maniera chiara e concisa la propria «ragion d'essere» ai cittadini di oggi e alle generazioni future. Invita quindi i leader europei a dotare l'UE di una dichiarazione d'intenti per l'Unione europea di una sola pagina, valida a lungo termine, che completi ogni futuro trattato e sulla quale le istituzioni europee possano, oggi come in futuro, richiamare l'attenzione dei cittadini;

7.

chiede di essere consultato e pienamente coinvolto nelle prossime tappe del processo di riforma dell'Unione europea sulla base della tabella di marcia che sarà proposta dal Consiglio europeo; desidera essere associato alla fase dei negoziati di una futura CIG, dato che il suo coinvolgimento contribuirà a rendere tale processo più inclusivo, a vantaggio dei cittadini.

Il contributo del CdR all'analisi del costo politico dell'assenza di Costituzione

8.

sostiene l'approccio della Commissione relativo alla portata simbolica di una Costituzione per il rafforzamento del senso di appropriazione della cittadinanza europea da parte dei cittadini dell'Unione sulla base di valori e ambizioni comuni;

9.

ritiene che, senza un Trattato costituzionale, l'Unione europea rinuncerebbe a compiere progressi significativi per la democrazia rappresentativa e partecipativa nel suo ambito e non disporrebbe di un quadro giuridico appropriato né di meccanismi decisionali atti a rafforzare la sua capacità di agire, in particolare mediante l'estensione del voto a maggioranza qualificata, e di accettare nuovi paesi candidati;

10.

sottolinea che, senza un Trattato costituzionale, l'Unione europea si priverebbe di personalità giuridica e di una base comune per i diritti fondamentali, nella forma di una Carta legalmente vincolante che costituisca una vera garanzia giuridica e democratica per i cittadini europei;

11.

fa notare che, senza un Trattato costituzionale, mancherebbe il riconoscimento dell'autonomia regionale e locale come pilastro del sistema democratico dell'Unione europea;

12.

ritiene che l'assenza di un Trattato costituzionale nuocerebbe al riconoscimento delle virtù del modello di integrazione europeo che mira a favorire il rispetto e il rafforzamento della diversità in seno all'UE;

13.

ricorda che, senza un Trattato costituzionale, l'Unione europea si priverebbe di una classificazione delle competenze più chiara e di un meccanismo politico-giuridico che rafforzi l'applicazione e il rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, in particolare per quanto concerne l'espresso riconoscimento della dimensione regionale e locale, rinunciando in tal modo a una maggiore considerazione delle competenze degli enti regionali e locali da parte dell'Unione; rinuncerebbe a migliorare la loro partecipazione al processo decisionale grazie alla sistematizzazione del loro coinvolgimento nella fase di consultazione prelegislativa, e a una garanzia giuridica di tale partecipazione, in particolare mediante l'attribuzione al CdR di un diritto di ricorso dinanzi alla Corte di giustizia, che rafforzerebbe la trasparenza e la democrazia nell'Unione;

14.

constata che con il Trattato costituzionale, l'Unione europea disporrebbe di una capacità di azione adeguata a garantire la coesione territoriale e il rafforzamento della solidarietà comunitaria;

15.

sottolinea che, senza un Trattato costituzionale, l'Unione europea si priverebbe di una vera politica comune in materia di asilo e di strumenti concreti per combattere l'immigrazione clandestina, elementi questi particolarmente importanti per gli enti regionali e locali, i quali devono garantire l'accoglienza degli immigrati nelle loro regioni e città;

16.

ricorda che, senza un Trattato costituzionale, l'Unione europea non sarebbe in grado di sviluppare una politica energetica di ampio respiro, e ciò penalizzerebbe l'impegno degli enti regionali e locali a favore dell'uso delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica, che contribuiscono a ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici.

La dimensione regionale e locale nell'assetto costituzionale

17.

chiede che, in ogni caso, in un futuro Trattato siano riprese le seguenti disposizioni:

il riconoscimento dell'importanza degli obiettivi dell'UE, dei valori e dei diritti fondamentali, e in special modo del rispetto delle autonomie locali e regionali nonché della diversità culturale e linguistica (articoli I-3 e I-5 del Trattato costituzionale e preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell'UE),

la nuova definizione del principio di sussidiarietà (articolo I-11, paragrafo 3, del Trattato costituzionale),

il riconoscimento degli oneri che la legislazione comunitaria può comportare per gli enti locali e regionali (Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità),

il riconoscimento del principio di consultazione e, di conseguenza, una maggior partecipazione degli enti locali e regionali all'elaborazione, all'attuazione e alla valutazione delle politiche comunitarie (Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità),

l'attribuzione ai parlamenti regionali con poteri legislativi della facoltà di partecipare al sistema di allerta precoce istituito nell'ambito del meccanismo di controllo ex ante del rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità (articolo 6 del Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità),

l'attribuzione al CdR del diritto di presentare ricorso a salvaguardia delle proprie prerogative (articolo III-365 del Trattato costituzionale) e per mancato rispetto del principio di sussidiarietà (articolo 8 del Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità),

l'equiparazione della durata del mandato dei membri del CdR a quella del mandato dei membri del Parlamento europeo e della Commissione (articolo III-386, 2o comma, del Trattato costituzionale),

un nuovo sistema per regolare il numero e la nomina dei suoi membri e supplenti, che sostituisca quello attuale e si orienti verso un sistema basato su criteri politici o territoriali (articolo III-386 del Trattato costituzionale),

il riconoscimento dell'importanza della democrazia di prossimità nell'UE (articolo I-46 del Trattato costituzionale),

le nuove disposizioni in materia di democrazia partecipativa, che invitano le istituzioni dell'UE a dare alle associazioni rappresentative, tra cui quelle a vocazione locale e regionale, la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni su tutti i settori di intervento dell'UE e a mantenere con tali associazioni un dialogo aperto, trasparente e regolare (articolo I-47 del Trattato costituzionale),

l'inserimento della coesione territoriale tra gli obiettivi dell'UE (articolo I-3 del Trattato costituzionale) e gli impegni assunti dagli Stati membri per la promozione della coesione economica, sociale e territoriale (Protocollo sulla coesione economica, sociale e territoriale),

il riconoscimento dello status specifico delle regioni ultraperiferiche (articolo III-424 del Trattato costituzionale),

l'inclusione della dimensione regionale e locale nelle questioni riguardanti la protezione civile (articolo III-284 del Trattato costituzionale);

18.

di conseguenza, chiede che il Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità sia incluso in ogni eventuale nuovo trattato o mantenuto come Protocollo n. 2, immediatamente successivo al Protocollo n. 1 sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'Unione europea;

19.

riconosce la necessità di tener conto di settori quali cambiamenti climatici, l'energia, il modello sociale europeo nel contesto dell'evoluzione demografica e della globalizzazione (1), la politica di migrazione, in particolare la lotta contro l'immigrazione clandestina, la politica economica nell'area dell'euro e sottolinea che, per essere efficace, l'intervento comunitario in questi settori deve essere appoggiato e portato avanti dagli enti locali e regionali; di conseguenza, chiede che un eventuale nuovo Trattato preveda la consultazione del CdR in questi nuovi settori di intervento;

20.

osserva che, al di là dei problemi di comunicazione già evidenziati infinite volte, i cittadini europei si aspettano dalle istituzioni dell'UE e degli Stati membri politiche più orientate ai loro interessi. È legittimo che i cittadini si chiedano quali vantaggi offra loro l'Unione europea, e le politiche dell'UE devono dare risposte convincenti a questa domanda;

21.

qualora il mandato della nuova CIG preveda il riesame delle basi giuridiche di cui alla Parte III del Trattato costituzionale, chiede che sia prevista la consultazione del CdR in materia di protezione civile, turismo e cooperazione amministrativa (rispettivamente, articoli III-284, III-281 e III-285 del Trattato costituzionale).

La prosecuzione dell'impegno del CdR riguardo al Piano D per il decentramento

22.

fa notare che, dall'inizio del periodo di riflessione, si è registrato un ampio consenso sulla necessità di dibattere sull'Europa al livello più vicino ai cittadini, di dare all'informazione un contenuto locale e regionale e di adattarla al pubblico cui è destinata;

23.

ribadisce la sua convinzione relativa all'assoluta necessità di promuovere, mediante una politica di comunicazione decentrata, una riflessione sui valori comuni, sulle conquiste della costruzione europea e sulle politiche comunitarie, nonché sulle sfide che attendono l'Unione europea;

24.

sottolinea che, aggiungendo una quarta «D» — come decentramento — al Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito proposto dalla Commissione, il CdR ha inteso dimostrare la pertinenza del dibattito politico e pubblico di prossimità nonché la necessità di promuovere una politica di comunicazione decentrata su tutto il territorio europeo;

25.

ricorda che il CdR realizza a Bruxelles un programma di grandi eventi (gli Open Days, la Settimana europea delle regioni e delle città, i forum, le settimane tematiche), organizzati insieme con altre istituzioni europee, alle quali offre quindi delle vere e proprie piattaforme di comunicazione con i rappresentanti degli enti regionali e locali, i mezzi di informazione regionali e locali, e gli editori delle pubblicazioni delle associazioni europee e nazionali degli enti regionali e locali;

26.

si rallegra inoltre per la serie di iniziative adottate dai suoi gruppi politici e dagli enti locali e regionali in materia di comunicazione sull'Europa ed elencate nelle sue due prime relazioni intermedie sull'attuazione del Piano D per il decentramento (2), iniziative che favoriscono la creazione di uno spazio pubblico di dialogo e dibattito ripreso dalla stampa locale e regionale;

27.

ribadisce quindi la necessità di adottare un approccio «a due sensi», come previsto dalla Commissione nel suo Libro bianco su una politica europea di comunicazione, dato che la comunicazione con gli enti locali e regionali si svolge attualmente in maniera troppo unilaterale, «dall'alto verso il basso»;

28.

nel contesto attuale del proseguimento dell'azione della Commissione, si impegna a seguire l'approccio territoriale già sviluppato con il Piano D per il decentramento e, allo scopo di consolidare una politica di comunicazione decentrata, raccomanda:

la creazione di una rete tra gli uffici stampa degli enti regionali e locali, che, adeguando agli interessi locali la diffusione delle notizie, renda più agevole ed efficace l'uso delle informazioni sull'Europa da parte dei media regionali e locali,

l'organizzazione nei vari Stati membri, in collaborazione con le associazioni nazionali dei poteri regionali e locali, di seminari per i rappresentanti regionali e locali al fine di dibattere i temi più delicati nel loro contesto nazionale,

l'organizzazione, in seno ai consigli regionali e degli enti locali, di una sessione speciale, aperta ai membri del Parlamento europeo e del Comitato delle regioni provenienti dalla stessa circoscrizione elettorale, dedicata ai risultati positivi dell'integrazione europea e al processo di riforma istituzionale dell'UE, da tenersi per esempio nella giornata dell'Europa (9 maggio),

lo svolgimento, a margine delle riunioni fuori sede delle commissioni del CdR, di convegni-dibattiti nel quadro del Piano D intesi ad avviare un dialogo tematico mirato tra i membri del CdR e i cittadini,

la pubblicazione nei siti Internet dei vari enti locali e regionali europei di un testo standard sul Piano D per il decentramento, che indichi le priorità della comunicazione sull'Europa, nonché l'evidenziazione dei link a questi siti nel sito Internet del CdR Debate EuropeGoing local e in quello della Commissione europea, favorendo così la diffusione di buone pratiche in materia di comunicazione e informazione sull'UE a livello locale e regionale;

29.

accoglie con favore l'iniziativa della Commissione, avviata con il convegno di Berlino Communicating Europe together del 18 e 19 gennaio 2007, per lo sviluppo di un partenariato tra le istituzioni europee e gli enti locali e regionali nel campo della comunicazione;

30.

richiama l'attenzione in particolare sulle proposte contenute nelle conclusioni di quel convegno, e specialmente sulla necessità di:

garantire un aumento delle risorse di bilancio a disposizione degli enti locali e regionali per permettere loro di contribuire a una politica di informazione e comunicazione rinnovata,

inserire dei corsi di educazione civica europea nei programmi scolastici,

incoraggiare, nell'ambito delle campagne elettorali regionali e locali, l'inserimento di tematiche europee nei programmi dei candidati per mezzo di un'informazione appropriata,

diffondere le buone pratiche in materia di informazione negli Stati membri, a livello locale e regionale;

31.

condivide il punto di vista della Commissione, secondo cui in futuro la comunicazione andrà indirizzata a gruppi di popolazione ben precisi, in particolare le donne e i giovani;

32.

ritiene che la politica di comunicazione dell'UE diverrà più coerente ed efficace quando le istituzioni comunitarie troveranno un quadro normativo o una base giuridica idonei a garantire l'attuazione di un vero programma specifico che sia espressione di tale politica e dotato di mezzi finanziari adeguati; ritiene inoltre che gli enti regionali e locali e le rispettive reti debbano essere coinvolti nell'attuazione di questi futuri programmi finanziati dai fondi comunitari; in tale contesto accoglie con favore le linee guida per la procedura di bilancio per il Parlamento europeo relativa al 2008 in cui si chiedono un maggior coinvolgimento e nuovi piani d'azione per la comunicazione orientati ai mezzi di comunicazione locali e regionali;

33.

prende atto del fatto che sia la Commissione (3) sia il Parlamento europeo (4) riconoscono la necessità di una collaborazione tra le istituzioni comunitarie per inviare ai cittadini un messaggio uniforme sull'Europa, e si compiace per il rilancio della cooperazione con le istituzioni regionali e locali volto a dimostrare la pertinenza e l'impatto delle decisioni dell'UE sulla vita dei cittadini;

34.

appoggia la proposta del Parlamento europeo concernente un accordo interistituzionale per definire principi comuni che possano presiedere alla cooperazione tra le istituzioni europee in materia di comunicazione, e chiede di partecipare all'elaborazione e all'attuazione di tale accordo (5);

35.

condivide la proposta del Parlamento europeo sulla valutazione delle attività del gruppo interistituzionale sull'informazione (GII), per determinare se siano possibili miglioramenti, e, qualora debba essere creato un gruppo di coordinamento di secondo livello — incaricato di coordinare le azioni concrete di esecuzione degli orientamenti fissati dal GII -, è disposto a parteciparvi in tale contesto (6);

36.

esprime inoltre apprezzamento per il fatto che l'accordo di cooperazione con la Commissione, firmato nel novembre 2005, è ora integrato da un addendum, relativo alla politica di informazione e comunicazione, che rafforza questa dimensione di cooperazione interistituzionale al servizio di una vera politica di comunicazione decentrata;

37.

appoggia le attività di comunicazione dei parlamenti regionali, e chiede che i suoi membri e i rappresentanti dei parlamenti regionali e delle associazioni di questi ultimi possano partecipare ai Forum interparlamentari sul futuro dell'Unione europea;

38.

accoglie con favore l'iniziativa del Parlamento europeo, che propone di istituire un «Fondo europeo per il giornalismo», inteso a favorire la trasposizione dei temi europei nelle varie situazioni regionali e locali (7);

39.

incarica il suo Presidente di trasmettere il presente parere ai membri del Consiglio europeo, al Consiglio, al Parlamento europeo, alla Commissione e al Comitato economico e sociale europeo.

Bruxelles, 6 giugno 2007.

Il presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE

II. A.   Procedura

Titolo

Documento di lavoro dei servizi della Commissione Coût de l'absence de Constitution («Il costo dell'assenza di una Costituzione»), del 21 novembre 2006.

Riferimenti

Base giuridica

Parere d'iniziativa (art. 265, quinto comma, del TCE)

Base regolamentare

Data della decisione dell'Ufficio di presidenza

12.2.2007

Commissione competente

Commissione Affari costituzionali, governance europea, spazio di libertà, sicurezza e giustizia (CONST)

Relatore

PAIVA, sindaco di Tomar (PT/PPE)

Nota di analisi

CdR 12/2007

Esame in commissione

27.2.2007

Data dell'adozione in commissione

3.5.2007

Esito del voto in commissione

Adottato a maggioranza

Data dell'adozione in sessione plenaria

6.6.2007

Precedente parere del Comitato

Parere CdR 250/2005 fin, del 13 ottobre 2005, sul tema Il periodo di riflessione: la struttura, gli argomenti e il quadro per una valutazione del dibattito sull'Unione europea (relatori SCHAUSBERGER (AT/PPE) e TOPE (UK/ALDE) (8).

II. B.   Procedura

Titolo

Nota di informazione del commissario Wallström Plan D: élargir et approfondir le débat en Europe («Piano D: ampliare e approfondire il dibattito in Europa»), del 29 novembre 2006

Riferimenti

SEC(2006) 1553

Base giuridica

Parere d'iniziativa (art. 265, quinto comma, del TCE)

Base regolamentare

Data della decisione del dell'Ufficio di presidenza

12.2.2007

Commissione competente

Commissione Affari costituzionali, governance europea, spazio di libertà, sicurezza e giustizia (CONST)

Relatore

PAIVA, sindaco di Tomar (PT/PPE)

Nota di analisi

CdR 12/2007

Esame in commissione

27.2.2007

Data dell'adozione in commissione

3.5.2007

Esito del voto in commissione

Adottato a maggioranza

Data dell'adozione in sessione plenaria

6.6.2007

Precedente parere del Comitato

Parere CdR 52/2006 fin, del 15 giugno 2006, in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniIl contributo della Commissione al periodo di riflessione e oltre: un Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito (COM(2005) 494 def.) e al Libro bianco su una politica europea di comunicazione (COM(2006) 35 def.) (relatrice BRESSO (IT/PSE)) (9).


(1)  Progetto di relazione sul tracciato per il processo costituzionale dell'Unione (2007/0000(INI)), commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo, relatori: Enrique BARÓN CRESPO, Elmar BROK, punto 8.

(2)  Communiquer sur l'Europe dans les Régions et les villesMise en œuvre du Plan D «Décentralisation»Premier rapport d'étape (octobre 2005-octobre 2006) («Comunicare l'Europa nelle regioni e nelle città — Attuazione del Piano D per il decentramento — 1a relazione intermedia (ottobre 2005-ottobre 2006)») (opuscolo disponibile solo in francese, inglese e tedesco).

(3)  SEC(2006) 1553, Plan D — Wider and deeper debate on Europe, nota d'informazione del commissario Wallström alla Commissione, 29 novembre 2006.

(4)  Risoluzione del Parlamento europeo, del 16 novembre 2006, sul Libro bianco su una politica europea di comunicazione (2006/2087(INI)).

(5)  2006/2087(INI), punto 9.

(6)  2006/2087(INI), punti 44 e 48.

(7)  2006/2087(INI), punto 33.

(8)  GU C 81 del 4.4.2006, pag. 32.

(9)  GU C 229 del 22.9.2006, pag. 67.


24.8.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 197/37


Parere del Comitato delle regioni — Servizi postali comunitari

(2007/C 197/07)

IL COMITATO DELLE REGIONI

ritiene opportuno prorogare al 31 dicembre 2010 il termine del 2009 proposto per il completamento del mercato interno dei servizi postali nella direttiva 2002/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda l'ulteriore apertura alla concorrenza dei servizi postali della Comunità. A suo avviso occorre anche prevedere un periodo di transizione fino al 2012 per gli Stati che lo ritengano necessario. La Commissione dovrebbe chiarire in via preliminare gli aspetti giuridici delle diverse opzioni presentate per il finanziamento degli obblighi di servizio universale. Nella prossima relazione, e al più tardi entro il 31 dicembre 2010, la Commissione, dopo un'ampia consultazione delle parti interessate e degli studi in materia, includerà una valutazione dell'efficacia dei metodi di finanziamento proposti dalla direttiva e della rispondenza del campo di applicazione del servizio universale alle esigenze dei clienti,

è dell'avviso che la rete postale nel suo insieme, comprese le agenzie concesse in franchising, potrebbe non solo fornire servizi postali, ma anche fungere da piattaforma per offrire altri servizi pubblici: si risponderebbe così ad esigenze diffuse nelle aree rurali, montane o remote, garantendo l'accesso ai servizi essenziali per via telematica,

osserva che i nuovi operatori hanno creato nuovi posti di lavoro nei mercati liberalizzati e, indirettamente, nelle industrie dipendenti dal settore postale. Tuttavia, con la liberalizzazione del mercato della corrispondenza, il settore postale, un tempo regolato da garanzie sociali in materia di occupazione e di redditi, corre il rischio di precipitare in una situazione di precarietà e di bassi salari.

I.   Raccomandazioni politiche

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 97/67/CE relativa al pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari

COM(2006) 594 def. — 2006/0196 (COD).

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

ritiene che la presenza di servizi postali efficienti sia essenziale per tutte le attività economiche e sociali e che essi costituiscano una componente fondamentale della comunicazione all'interno dell'UE;

2.

sottolinea il ruolo cruciale svolto dai servizi postali — e in particolare dalle disposizioni in materia di servizio universale intese a garantire la disponibilità di servizi postali di qualità elevata, affidabili ed economicamente accessibili, indipendentemente dalla posizione geografica o dalle condizioni finanziarie degli utenti — ai fini della coesione territoriale e sociale dell'Unione europea;

3.

ribadisce il proprio sostegno e impegno per il completamento del mercato unico europeo tramite una liberalizzazione regolamentata del mercato postale che garantisca in modo durevole la fornitura del servizio universale;

4.

ritiene che il calendario previsto per il completamento del mercato interno dei servizi postali entro il 2009, come proposto nella direttiva 2002/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda l'ulteriore apertura alla concorrenza dei servizi postali della Comunità, debba essere prorogato al 31 dicembre 2010 e prevedere anche un periodo di transizione fino al 2012 per gli Stati membri che lo ritengano necessario. La Commissione dovrebbe chiarire in via preliminare gli aspetti giuridici delle diverse opzioni presentate per il finanziamento degli obblighi di servizio universale. Nella prossima relazione, e al più tardi entro il 31 dicembre 2010, la Commissione, dopo un'ampia consultazione delle parti interessate e degli studi in materia, includerà una valutazione dell'efficacia dei metodi di finanziamento proposti dalla direttiva e della rispondenza del campo di applicazione del servizio universale alle esigenze dei clienti;

5.

ritiene che la regolamentazione delle operazioni postali a livello europeo e nazionale debba consistere in una serie di norme tali da assicurare la fornitura dei servizi universali ai consumatori, garantendo al tempo stesso alle imprese postali la possibilità di operare in modo flessibile per rispondere agli sviluppi del mercato e alle esigenze dei clienti;

6.

concorda sul fatto che l'impatto della globalizzazione, le richieste del mercato relative a un servizio di qualità elevata e i progressi tecnologici fanno sì che il settore dei servizi postali si trovi alle prese con una rapida trasformazione. Il Comitato sottolinea che un servizio postale universale di qualità elevata, moderno e tecnologicamente avanzato è un presupposto fondamentale per il completamento del mercato unico, nonché per la futura crescita economica e per l'inclusione sociale, visto che sono i consumatori e le piccole imprese delle aree urbane remote e isolate a fare particolare affidamento sui servizi postali. Tuttavia la tecnologia moderna ha anche creato nuovi mezzi di comunicazione, e se ne dovrebbe tenere conto nel definire il campo di applicazione del servizio universale;

7.

richiama l'attenzione sul processo in atto in diversi Stati membri per cui le spedizioni postali tradizionali vengono sostituite da nuove forme di comunicazione. Questa trasformazione ha determinato per gli operatori postali notevoli riduzioni del volume degli invii, che devono essere prese in considerazione nel definire il campo di applicazione e le forme di finanziamento dell'obbligo di servizio universale;

8.

raccomanda di prestare maggiore attenzione alla possibile perdita di posti di lavoro legata al processo di liberalizzazione, pur sottolineando che l'ingresso di nuovi concorrenti nel mercato potrebbe anche comportare, in aggiunta, notevoli possibilità occupazionali;

9.

propone che gli Stati membri e la Commissione europea esaminino ulteriormente la possibilità di avviare programmi di riqualificazione per gli attuali dipendenti delle poste che rischieranno di perdere il lavoro quando i monopoli dovranno affrontare la concorrenza delle nuove imprese sul mercato;

10.

osserva che i nuovi operatori hanno creato nuovi posti di lavoro nei mercati liberalizzati e, indirettamente, nelle industrie dipendenti dal settore postale. Tuttavia, con la liberalizzazione del mercato della corrispondenza, il settore postale, un tempo regolato da garanzie sociali in materia di occupazione e di redditi, corre il rischio di precipitare in una situazione di precarietà e di bassi salari;

11.

chiede che gli Stati membri e la Commissione prendano in esame le opportunità derivanti dalla concessione in franchising delle reti di agenzie postali, come è avvenuto in alcuni paesi nordici con risultati molto positivi. In tali paesi, la combinazione di un'agenzia postale in franchising con un altro tipo di attività economica si è rivelata un modo eccellente per offrire servizi postali adeguati alle esigenze dei clienti;

12.

ritiene che la rete postale nel suo insieme, comprese le agenzie concesse in franchising, potrebbe non solo fornire servizi postali, ma anche fungere da piattaforma per offrire altri servizi pubblici: ciò permetterebbe di rispondere ad esigenze diffuse nelle aree rurali, di montagna o remote, garantendo l'accesso ai servizi essenziali per via telematica;

13.

giudica necessario precisare se le informazioni da pubblicare di cui all'articolo 6 si riferiscano alle caratteristiche del servizio universale stabilite dalle autorità o alle condizioni del servizio per gli operatori del servizio universale. L'articolo dovrebbe essere modificato in modo da indicare chiaramente a quali soggetti si possano applicare le misure adottate dagli Stati membri;

14.

osserva che il nuovo articolo 7 introduce forme alternative di finanziamento, tra cui la compensazione pubblica tramite sovvenzioni statali dirette o, indirettamente, mediante il ricorso a procedure di appalto pubblico;

15.

chiede maggiori chiarimenti su tali alternative di finanziamento proposte all'articolo 7. A questo riguardo:

osserva in generale che le proposte della Commissione relative alle forme di finanziamento non sono state analizzate in termini di fattibilità o efficacia,

fa rilevare che l'efficienza di un fondo di compensazione non è stata dimostrata empiricamente in nessun paese al mondo,

sottolinea che, in un quadro generale di restrizioni dei bilanci pubblici, è difficile fare affidamento sul finanziamento degli obblighi di servizio universale tramite aiuti di Stato. La liberalizzazione del mercato postale non può avere come conseguenza una situazione in cui i costi di fornitura del servizio nelle zone svantaggiate (ad esempio le regioni montane o i territori scarsamente popolati) ricadano unicamente sul settore pubblico, mentre alle imprese private vanno i vantaggi. Un'ulteriore difficoltà consiste nel garantire che i contributi statali rispettino i criteri stabiliti per le compensazioni dalla sentenza Altmark (causa C-280/00 Altmark Trans);

16.

ritiene che l'articolo 9 non tenga sufficientemente conto della diversità di situazioni esistenti nei vari Stati membri e di come ciò ostacoli l'adozione di soluzioni alternative. Il Comitato propone quindi che la direttiva consenta di combinare e coordinare diverse procedure di licenza e di autorizzazione in funzione delle caratteristiche di ciascuno Stato membro;

17.

ritiene che la sicurezza e la certezza di funzionamento di un'impresa designata come fornitrice di un servizio universale non debbano essere soggette a disposizioni più rigorose di quelle generalmente destinate alle imprese postali, altrimenti ne deriverebbero costi supplementari per il fornitore del servizio universale;

18.

concorda sul fatto che, in un ambiente pienamente competitivo, il principio secondo cui i prezzi riflettono le condizioni e i costi normali di mercato debba poter essere disatteso soltanto al fine di tutelare o promuovere gli obblighi di servizio pubblico stabiliti nelle varie normative nazionali, e che ciò sia importante tanto per garantire l'equilibrio finanziario del servizio universale quanto per limitare le distorsioni del mercato. Per questo motivo gli Stati membri dovrebbero mantenere, se possibile, tariffe uniformi per gli invii a tariffa unitaria, il servizio più frequentemente utilizzato dai consumatori e dalle piccole imprese; in aggiunta, questi principi non dovrebbero impedire ai fornitori del servizio universale di praticare su base volontaria tariffe uniformi nel campo del servizio universale;

19.

ritiene particolarmente importante che i principi di tariffazione del servizio universale siano conformi alle disposizioni dell'articolo 12 e vengano regolamentati in modo sufficientemente chiaro e univoco;

20.

raccomanda di chiarire che cosa si intenda con prezzi «correlati ai costi» e con l'affermazione che i prezzi devono stimolare l'aumento di efficienza. Inoltre, nel testo della direttiva e nel preambolo si dovrebbe affermare espressamente che le disposizioni tariffarie per il servizio universale non dovrebbero obbligare le imprese postali ad abbassare i prezzi solo perché una maggiore efficienza ha consentito loro di ottenere maggiori profitti;

21.

giudica particolarmente importante che i requisiti di ragionevolezza e di «correlazione ai costi» dei prezzi del servizio universale siano definiti in modo sufficientemente chiaro, evitando che siano utilizzati come strumento di controllo dei prezzi e garantendo invece che vengano considerati nel quadro dei principi del diritto della concorrenza;

22.

ritiene che la tariffazione dei servizi diversi dal servizio universale non debba essere soggetta ad una regolamentazione diretta;

23.

osserva che l'articolo 14, paragrafo 2, che tratta della contabilità proposta, è più uniforme della regolamentazione attuale, poiché non è necessario differenziare il servizio universale nella contabilità o nel calcolo dei costi se l'impresa postale non riceve un finanziamento esterno per la fornitura di tale servizio;

24.

ritiene che la direttiva dovrebbe affermare chiaramente il principio per cui un'impresa postale non è tenuta ad effettuare la separazione dei costi del servizio universale se lo Stato membro non ha introdotto un sistema di finanziamento per tale servizio o se esso è affidato alle forze del mercato;

25.

giudica inutile il principio stabilito all'articolo 14, paragrafo 8, secondo cui un'autorità nazionale di regolamentazione può esercitare la propria discrezionalità nell'applicazione di tale articolo, che prevede ad esempio di imporre l'obbligo di separazione contabile; ritiene anche che bisognerebbe sopprimere la facoltà dell'autorità nazionale di regolamentazione di non applicare le disposizioni dell'articolo in questione. In compenso, nel paragrafo si dovrebbe chiarire che l'obbligo di separare la contabilità non va applicato se uno Stato membro non ha istituito un meccanismo di finanziamento per la copertura del servizio universale, come previsto all'articolo 7, o se non ha designato alcun fornitore di servizio universale;

26.

giudica essenziale che i costi del servizio universale siano ripartiti e presi in considerazione qualora l'impresa designata a fornire il servizio universale sia anche tenuta ad applicare una tariffazione correlata ai costi.

II.   Proposte di emendamento

Emendamento 1

Considerando 12 della direttiva 97/67/CE

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

(12)

Una completa apertura del mercato contribuirà ad espandere le dimensioni globali dei mercati postali e contribuirà a salvaguardare un'occupazione sostenibile e di qualità fra i fornitori del servizio universale, oltre a facilitare la creazione di nuovi posti di lavoro presso altri operatori, presso nuovi operatori e nei settori economici connessi. La presente direttiva lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri di regolamentare le condizioni di lavoro nel settore dei servizi postali.

(12)

Una completa apertura del mercato contribuirà ad espandere le dimensioni globali dei mercati postali e contribuirà a salvaguardare un'occupazione sostenibile e di qualità fra i fornitori del servizio universale, oltre a facilitare la creazione di nuovi posti di lavoro presso altri operatori, presso nuovi operatori e nei settori economici connessi. La presente direttiva lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri di regolamentare le condizioni di lavoro nel settore dei servizi postali.

Motivazione

Gli effetti prodotti da una completa apertura del mercato non possono essere previsti da una proposta legislativa presentata dalla Commissione europea. La seconda frase del considerando, invece, costituisce una chiara indicazione giuridica.

Emendamento 2

Considerando 17 della direttiva 97/67/CE

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

(17)

Alla luce degli studi realizzati e al fine di liberare a pieno il potenziale del mercato interno di servizi postali, è opportuno porre fine al ricorso al settore riservato e ai diritti speciali come modo per garantire il finanziamento del servizio universale.

(17)

Alla luce degli studi realizzati e al fine di liberare a pieno garantire un finanziamento sostenibile e sicuro del servizio universale, liberando al tempo stesso il potenziale del mercato interno di servizi postali, è opportuno, porre fine al per quegli Stati membri che lo ritengano necessario, mantenere il ricorso al settore riservato e ai diritti speciali come modo per garantire il finanziamento del servizio universale. Tuttavia, ciò dovrebbe essere possibile soltanto per un periodo transitorio, ossia fino al 2012.

Emendamento 3

Considerando 24 della direttiva 97/67/CE

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

(24)

In un ambiente pienamente competitivo, tanto per l'equilibrio finanziario del servizio universale quanto per limitare le distorsioni del mercato, è importante che si devii dal principio secondo cui i prezzi riflettono le condizioni e i costi normali di mercato solo per tutelare gli interessi pubblici. A tal fine è necessario continuare a consentire agli Stati membri di mantenere tariffe uniformi per invii a tariffa unitaria, il servizio utilizzato più di frequente dai consumatori e dalle piccole e medie imprese. I singoli Stati membri possono anche mantenere tariffe uniformi per alcuni altri invii per motivi connessi alla tutela degli interessi pubblici generali, come l'accesso alla cultura e la coesione regionale e sociale.

(24)

In un ambiente pienamente più competitivo, tanto per l'equilibrio finanziario del servizio universale quanto per limitare le distorsioni del mercato, è importante che si devii dal i prestatori di servizi universali godano della necessaria flessibilità tariffaria per garantire una fornitura finanziariamente sostenibile del servizio universale. In tal senso occorre garantire che, in relazione alle tariffe imposte dagli Stati membri, il principio secondo cui i prezzi riflettono le condizioni e i costi normali di mercato possa essere disatteso solo per tutelare gli interessi pubblici. A tal fine è necessario continuare a consentire agli Stati membri di mantenere tariffe uniformi per invii a tariffa unitaria, il servizio utilizzato più di frequente dai consumatori e dalle piccole e medie imprese. I singoli Stati membri possono anche mantenere tariffe uniformi per alcuni altri invii per motivi connessi alla tutela degli interessi pubblici generali, come l'accesso alla cultura e la coesione regionale e sociale. Il principio della definizione dei prezzi in base ai costi non impedisce agli operatori di applicare tariffe uniformi per i servizi a carattere universale.

Motivazione

La scelta di una progressiva liberalizzazione dei principi tariffari applicabili ai prestatori di servizi universali dovrebbe essere esaminata nelle sue conseguenze e affiancata, da una parte, dalla flessibilità necessaria a consentire al prestatore di servizio universale di far fronte alla concorrenza e, dall'altra, dalla possibilità di adattarsi alle richieste del mercato.

Emendamento 4

Articolo 3 della direttiva 97/67/CE

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

Gli Stati membri garantiscono che gli utilizzatori godano del diritto a un servizio universale corrispondente ad un'offerta di servizi postali di qualità determinata forniti permanentemente in tutti i punti del territorio a prezzi accessibili a tutti gli utenti.

2.

A tal fine, gli Stati membri provvedono affinché la densità dei punti di contatto e di accesso tenga conto delle esigenze degli utenti.

3.

Essi si attivano per assicurare che il servizio universale sia garantito tutti i giorni lavorativi, e come minimo cinque giorni a settimana, salvo circostanze o condizioni geografiche eccezionali, valutate dalle autorità nazionali di regolamentazione, e che include almeno:

una raccolta,

una distribuzione al domicilio di ogni persona fisica o giuridica o tramite deroga, alle condizioni stabilite dall'autorità nazionale di regolamentazione, in installazioni appropriate.

Ogni circostanza eccezionale ovvero ogni deroga concessa da un'autorità nazionale di regolamentazione ai sensi del presente paragrafo dev'essere comunicata alla Commissione e a tutte le autorità nazionali di regolamentazione.

4.

Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché il servizio universale comprenda almeno le seguenti prestazioni:

la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg,

la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione dei pacchi postali fino a 10 kg,

servizi relativi agli invii raccomandati e agli invii con valore dichiarato.

5.

Le autorità nazionali di regolamentazione possono innalzare il limite di peso di copertura del servizio universale per i pacchi postali ad una soglia non superiore ai 20 kg e stabilire regimi speciali per la distribuzione a domicilio dei pacchi postali.

Fatto salvo il limite di peso della copertura del servizio universale per i pacchi postali deciso da un determinato Stato membro, gli Stati membri garantiscono la distribuzione all'interno del loro territorio dei pacchi postali provenienti da altri Stati membri con peso fino a 20 kg.

1.

Gli Stati membri garantiscono che gli utilizzatori godano del diritto a un servizio universale corrispondente ad un'offerta di servizi postali di qualità determinata forniti permanentemente in tutti i punti del territorio, tenuto conto in particolare delle esigenze specifiche delle aree rurali e montane, a prezzi accessibili a tutti gli utenti.

2.

A tal fine, gli Stati membri provvedono affinché la densità dei punti di contatto e di accesso tenga conto delle esigenze degli utenti, in particolar modo di quelli residenti nelle aree rurali e montane.

3.

Essi si attivano per assicurare che il servizio universale sia garantito tutti i giorni lavorativi, e come minimo cinque giorni a settimana, salvo circostanze o condizioni geografiche eccezionali, valutate dalle autorità nazionali di regolamentazione, e che include almeno:

una raccolta,

una distribuzione al domicilio di ogni persona fisica o giuridica o tramite deroga, alle condizioni stabilite dall'autorità nazionale di regolamentazione, in installazioni appropriate.

Ogni circostanza eccezionale ovvero ogni deroga concessa da un'autorità nazionale di regolamentazione ai sensi del presente paragrafo dev'essere comunicata alla Commissione e a tutte le autorità nazionali di regolamentazione.

4.

Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché il servizio universale comprenda almeno le seguenti prestazioni:

la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg,

la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione dei pacchi postali fino a 10 kg,

servizi relativi agli invii raccomandati e agli invii con valore dichiarato.

5.

Le autorità nazionali di regolamentazione possono innalzare il limite di peso di copertura del servizio universale per i pacchi postali ad una soglia non superiore ai 20 kg e stabilire regimi speciali per la distribuzione a domicilio dei pacchi postali.

Fatto salvo il limite di peso della copertura del servizio universale per i pacchi postali deciso da un determinato Stato membro, gli Stati membri garantiscono la distribuzione all'interno del loro territorio dei pacchi postali provenienti da altri Stati membri con peso fino a 20 kg.

Emendamento 5

Articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 97/67/CE

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

2.

Gli Stati membri possono decidere di nominare una o più imprese come fornitori del servizio universale per una parte o per la totalità del territorio nazionale e per vari elementi del servizio universale stesso. In tal caso, definiscono, nel rispetto del diritto comunitario, gli obblighi e i diritti attribuiti ad essi. Queste informazioni vengono pubblicate. In particolare, gli Stati membri adottano misure volte a garantire che le condizioni a cui viene affidato il servizio universale si basino su principi di obiettività, non discriminazione, proporzionalità e minima distorsione del mercato e che la nomina delle imprese come fornitori del servizio universale sia limitata nel tempo. Gli Stati membri notificano alla Commissione l'identità del fornitore o dei fornitori del servizio universale da essi nominati.

2.

Gli Stati membri possono decidere di nominare una o più imprese come fornitori del servizio universale per una parte o per la totalità del territorio nazionale e per vari elementi del servizio universale stesso se lo ritengono necessario al fine di garantire la fornitura del servizio universale. In tal caso, definiscono, nel rispetto del diritto comunitario, gli obblighi e i diritti attribuiti ad essi. Queste informazioni vengono pubblicate. In particolare, gli Stati membri adottano misure volte a garantire che le condizioni a cui viene affidato il servizio universale si basino su principi di obiettività, non discriminazione, proporzionalità e minima distorsione del mercato e che la nomina delle imprese come fornitori del servizio universale sia limitata nel tempo. Gli Stati membri notificano alla Commissione l'identità del fornitore o dei fornitori del servizio universale da essi nominati.

Motivazione

La modifica è intesa a chiarire che gli Stati membri non sono più tenuti a designare un fornitore del servizio universale se viene stabilito che saranno le forze del mercato a garantire la prestazione di tale servizio.

Emendamento 6

Articolo 7 della direttiva 97/67/EC

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

Con effetto a partire dal 1o gennaio 2009 gli Stati membri non concedono né mantengono in vigore diritti esclusivi o speciali per l'instaurazione o la fornitura di servizi postali. Gli Stati membri possono finanziare la fornitura del servizio universale in conformità di uno o più degli strumenti di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, o in conformità di qualsiasi altro strumento compatibile con il trattato CE.

2.

Gli Stati membri possono garantire la fornitura del servizio universale appaltando tali servizi in conformità delle norme applicabili in materia di appalti pubblici.

3.

Se uno Stato membro stabilisce che gli obblighi del servizio universale, quali previsti dalla presente direttiva, comportano un costo netto e rappresentano un onere finanziario eccessivo per il prestatore del servizio universale, possono:

(a)

introdurre un meccanismo volto a compensare l'impresa interessata a partire da fondi pubblici;

(b)

ripartire il costo netto degli obblighi del servizio universale fra i fornitori di servizi e/o gli utenti.

4.

Se il costo netto viene ripartito conformemente al paragrafo 3, lettera (b), gli Stati membri possono istituire un fondo di compensazione che può essere finanziato mediante diritti a carico dei fornitori e/o degli utenti dei servizi e amministrato da un organismo indipendente dal beneficiario o dai beneficiari. Gli Stati membri possono vincolare la concessione di autorizzazioni ai fornitori di servizi di cui all'articolo 9, paragrafo 2, all'obbligo di contribuire finanziariamente al fondo o di adempiere gli obblighi del servizio universale. Soltanto i servizi di cui all'articolo 3 possono essere finanziati in tal modo.

5.

Gli Stati membri garantiscono che, nell'istituzione del fondo di compensazione e nella fissazione del livello dei contributi finanziari di cui al paragrafo 3 e 4, vengano rispettati i principi di trasparenza, di non discriminazione e di proporzionalità. Le decisioni adottate in conformità dei paragrafi 3 e 4 si basano su criteri oggettivi e verificabili e vengono rese pubbliche.

1.

Con effetto a partire dal 1o gennaio 2009 31 dicembre 2010 gli Stati membri non concedono né mantengono in vigore diritti esclusivi o speciali per l'instaurazione o la fornitura di servizi postali. Gli Stati membri possono finanziare la fornitura del servizio universale in conformità di uno o più degli strumenti di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, o in conformità di qualsiasi altro strumento compatibile con il trattato CE.

2.

Gli Stati membri possono garantire la fornitura del servizio universale appaltando tali servizi in conformità delle norme applicabili in materia di appalti pubblici.

3.

Se uno Stato membro stabilisce che gli obblighi del servizio universale, quali previsti dalla presente direttiva, comportano un costo netto e rappresentano un onere finanziario eccessivo per il prestatore del servizio universale, possono:

(a)

introdurre un meccanismo volto a compensare l'impresa interessata a partire da fondi pubblici;

(b)

ripartire il costo netto degli obblighi del servizio universale fra i fornitori di servizi e/o gli utenti.

4.

Se il costo netto viene ripartito conformemente al paragrafo 3, lettera (b), gli Stati membri possono istituire un fondo di compensazione che può essere finanziato mediante diritti a carico dei fornitori e/o degli utenti dei servizi e amministrato da un organismo indipendente dal beneficiario o dai beneficiari. Gli Stati membri possono vincolare la concessione di autorizzazioni ai fornitori di servizi di cui all'articolo 9, paragrafo 2, all'obbligo di contribuire finanziariamente al fondo o di adempiere gli obblighi del servizio universale. Soltanto i servizi di cui all'articolo 3 possono essere finanziati in tal modo.

5.

Gli Stati membri garantiscono che, nell'istituzione del fondo di compensazione e nella fissazione del livello dei contributi finanziari di cui al paragrafo 3 e 4, vengano rispettati i principi di trasparenza, di non discriminazione e di proporzionalità. Le decisioni adottate in conformità dei paragrafi 3 e 4 si basano su criteri oggettivi e verificabili e vengono rese pubbliche.

6.

Quando uno Stato membro considera che nessuno dei dispositivi citati garantisca il finanziamento sostenibile dei costi netti del servizio universale, per un periodo di transizione può continuare a riservare taluni servizi al fornitore di servizio universale designato.

I servizi che possono essere riservati sono la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii ordinari di corrispondenza interna e di corrispondenza transfrontaliera in ingresso, per posta celere o meno, conformemente ai limiti di peso e di prezzo indicati qui di seguito.

Il limite di peso è fissato a 50 grammi a partire dal 1o gennaio 2009. Esso non si applica se il prezzo è uguale o superiore di due volte e mezzo la tariffa pubblica applicabile all'invio di corrispondenza della prima categoria di peso della categoria più rapida. Nel caso del servizio postale gratuito per ciechi e ipovedenti, possono essere autorizzate delle deroghe ai limiti di peso e di prezzo.

Nella misura in cui ciò è necessario per garantire la prestazione del servizio universale, ad esempio per via delle specificità dei servizi postali di uno Stato membro, la posta transfrontaliera in uscita può continuare a essere riservata negli stessi limiti di peso e di prezzo.

7.

La Commissione procede a uno studio destinato a valutare l'efficienza di tutti i mezzi di finanziamento in funzione delle migliori pratiche attuate negli Stati membri, e la rispondenza del servizio universale alle esigenze dei clienti. In base alle conclusioni di tale studio, la Commissione presenta entro il 31 dicembre 2010, e previa un'ampia consultazione di tutte le parti interessate, una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio, corredata di una proposta che confermi, se necessario, la data del 2012 per il completamento del mercato interno dei servizi postali.

Motivazione

L'emendamento è volto a stabilire la coerenza con l'emendamento 2 riguardante il considerando 17 della direttiva 97/67/CE. È necessario che la Commissione elabori una relazione sull'efficienza delle diverse possibilità alternative di finanziamento. Il settore riservato deve essere mantenuto negli stessi termini della direttiva 97/67/CE fino al 2012 per gli Stati membri che lo ritengano necessario.

Emendamento 7

Articolo 9 della direttiva 97/67/CE

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

Per i servizi che esulano dal campo di applicazione del servizio universale quale definito all'articolo 3, gli Stati membri possono introdurre autorizzazioni generali nella misura necessaria per garantire la conformità con le esigenze essenziali.

2.

Per i servizi che rientrano nel campo di applicazione del servizio universale quale definito all'articolo 3, gli Stati membri possono introdurre procedure di autorizzazione, comprese licenze individuali, nella misura necessaria per garantire la conformità alle esigenze essenziali e per salvaguardare il servizio universale.

La concessione di autorizzazioni può:

se opportuno, essere subordinata agli obblighi del servizio universale,

se necessario, prevedere l'imposizione di obblighi in merito alla qualità, alla disponibilità e all'esecuzione dei servizi in questione,

se opportuno, essere subordinata all'obbligo di contribuire finanziariamente ai meccanismi di condivisione dei costi di cui all'articolo 7.

Tranne nel caso di imprese designate come fornitori del servizio universale in conformità dell'articolo 4, le autorizzazioni non possono:

essere limitate in numero,

per gli stessi requisiti di qualità, disponibilità o esecuzione imporre a un fornitore di servizi obblighi di servizio universale e, al tempo stesso, di contribuire finanziariamente a un meccanismo di condivisione dei costi,

riprendere condizioni applicabili alle imprese in virtù di altre norme legislative nazionali, non settoriali,

imporre condizioni tecniche o operative diverse da quelle necessarie per adempiere gli obblighi della presente direttiva.

1.

Per i servizi che esulano dal campo di applicazione del servizio universale quale definito all'articolo 3, gli Stati membri possono introdurre autorizzazioni generali nella misura necessaria per garantire la conformità con le esigenze essenziali.

2.

Per i servizi che rientrano nel campo di applicazione del servizio universale quale definito all'articolo 3, gli Stati membri possono introdurre procedure di autorizzazione, comprese licenze individuali, nella misura necessaria per garantire la conformità alle esigenze essenziali e per salvaguardare il servizio universale.

La concessione di autorizzazioni può:

se opportuno, essere subordinata agli obblighi del servizio universale,

se necessario, prevedere l'imposizione di obblighi in merito alla qualità, alla disponibilità e all'esecuzione dei servizi in questione,

se opportuno, essere subordinata all'obbligo di contribuire finanziariamente ai meccanismi di condivisione dei costi di cui all'articolo 7,

essere subordinata fra l'altro a obblighi in merito alla qualità, alla disponibilità e all'esecuzione dei servizi in questione. Nella misura in cui tali obblighi sono compatibili con il diritto comunitario, essi possono essere legati a considerazioni sociali e ambientali,

essere subordinata ai meccanismi di ripartizione dei costi previsti nell'articolo 7,

essere subordinata all'obbligo di offrire al personale assunto in precedenza per prestare tali servizi i diritti di cui avrebbe beneficiato nel caso di un «trasferimento» ai sensi della direttiva 77/187/CEE. L'autorità nazionale di regolamentazione dovrebbe fornire l'elenco dei dipendenti, con precisazioni sui loro diritti contrattuali.

Tranne nel caso di imprese designate come fornitori del servizio universale in conformità dell'articolo 4, le autorizzazioni non possono:

essere limitate in numero,

per gli stessi requisiti di qualità, disponibilità o esecuzione imporre a un fornitore di servizi obblighi di servizio universale e, al tempo stesso, di contribuire finanziariamente a un meccanismo di condivisione dei costi,

riprendere condizioni applicabili alle imprese in virtù di altre norme legislative nazionali, non settoriali,

imporre condizioni tecniche o operative diverse da quelle necessarie per adempiere gli obblighi della presente direttiva.

Motivazione

Entro la fine del 2009 la Commissione pubblicherà un nuovo studio inteso a chiarire in che modo i servizi universali saranno garantiti in futuro agli utenti di tutta Europa, sia nelle zone urbane che in quelle rurali. Fino a quel momento va conservato lo status quo e mantenuto il settore riservato.

Emendamento 8

Articolo 19 della direttiva 97/67/CE

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri assicurano che le imprese fornitrici di servizi postali stabiliscano procedure trasparenti, semplici e poco onerose per la gestione dei reclami degli utenti, in particolare in caso di smarrimento, furto, danneggiamento o mancato rispetto delle norme di qualità del servizio (comprese procedure per determinare di chi sia la responsabilità nei casi in cui sono coinvolti più operatori).

Gli Stati membri assicurano che tutte le imprese fornitrici di servizi postali stabiliscano procedure trasparenti, semplici e poco onerose per la gestione dei reclami degli utenti, in particolare in caso di smarrimento, furto, danneggiamento o mancato rispetto delle norme di qualità del servizio (comprese procedure per determinare di chi sia la responsabilità nei casi in cui sono coinvolti più operatori).

Motivazione

È importante garantire che le stesse procedure valgano per tutte le imprese fornitrici di servizi postali e non soltanto per quelle che forniscono il servizio universale.

Emendamento 9

Articolo 21 della direttiva 97/67/CE

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

La Commissione è assistita da un comitato.

1.

La Commissione è assistita da un comitato, composto di rappresentanti di ciascuno Stato membro e di rappresentanti degli enti locali e regionali di ciascuno Stato membro.

Motivazione

Il comitato istituito conformemente all'articolo 21 viene informato delle misure adottate dagli Stati membri per garantire la fornitura del servizio universale e ne controlla gli sviluppi. È importante che di questo comitato facciano parte anche i rappresentanti degli enti locali e regionali, i quali potrebbero avere opinioni divergenti da quelle degli Stati membri.

Emendamento 10

Articolo 22, lettera a) della direttiva 97/67/CE

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

Gli Stati membri assicurano che le imprese fornitrici di servizi postali forniscano tutte le informazioni, anche di carattere finanziario e attinenti alla fornitura del servizio universale, necessarie:

(a)

alle autorità nazionali di regolamentazione onde assicurare la conformità con le disposizioni della presente direttiva o con le decisioni adottate ai sensi di tale direttiva;

(b)

a fini statistici chiaramente definiti.

2.

Su richiesta, le imprese forniscono sollecitamente tali informazioni, osservando i tempi ed il livello di dettaglio richiesti dall'autorità nazionale di regolamentazione. Le informazioni richieste da detta autorità sono proporzionate rispetto all'assolvimento dei suoi compiti. L'autorità nazionale di regolamentazione motiva adeguatamente la richiesta di informazioni.

1.

Gli Stati membri assicurano che le imprese fornitrici di servizi postali forniscano una tutte le quantità ragionevole di informazioni pertinenti sui servizi universali, anche di carattere finanziario e attinenti alla fornitura del servizio universale, necessarie:

(a)

alle autorità nazionali di regolamentazione onde assicurare la conformità con le disposizioni della presente direttiva o con le decisioni adottate ai sensi di tale direttiva;

(b)

a fini statistici chiaramente definiti.

2.

Su richiesta, le imprese forniscono sollecitamente tali informazioni, osservando i tempi ed il livello di dettaglio richiesti dall'autorità nazionale di regolamentazione. Le informazioni richieste da detta autorità sono proporzionate rispetto all'assolvimento dei suoi compiti. L'autorità nazionale di regolamentazione motiva adeguatamente la richiesta di informazioni.

Motivazione

Il testo dovrebbe essere formulato in modo da indicare chiaramente che l'obbligo imposto alle imprese postali deve avere caratteristiche di ragionevolezza e di pertinenza, precisando che l'obbligo di notifica è limitato ai servizi che rientrano nel servizio universale.

Emendamento 11

Articolo 23 della direttiva 97/67/CE

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Ogni tre anni, e per la prima volta non oltre il 31 dicembre 2011, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della direttiva, che includa adeguate informazioni relative allo sviluppo del settore, in particolare per quanto riguarda i modelli economici, sociali, occupazionali e gli aspetti tecnologici, nonché alla qualità dei servizi. Tale relazione è corredata di eventuali proposte al Parlamento europeo e al Consiglio.

Ogni tre anni, e per la prima volta non oltre il 31 dicembre 2011, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della direttiva, che includa adeguate informazioni relative allo sviluppo del settore, in particolare per quanto riguarda i modelli economici, sociali, occupazionali e gli aspetti tecnologici, nonché alla qualità dei servizi. Tale relazione contiene anche un'analisi dettagliata degli effetti attuali e dei possibili effetti futuri della liberalizzazione sulle regioni, con particolare attenzione alle regioni di montagna con esigenze specifiche, ed è corredata di eventuali proposte al Parlamento europeo e al Consiglio.

Motivazione

È importante che la relazione non tenga conto soltanto delle conseguenze della direttiva a livello degli Stati membri ma che prenda in esame anche gli effetti sulle regioni.

Bruxelles, 6 giugno 2007.

Il presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE

III.   Procedura

Titolo

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 97/67/CE relativa al pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari

Riferimenti

COM(2006) 594 def. — 2006/0196 (COD)

Base giuridica

Articolo 265, primo comma

Base regolamentare

 

Data della consultazione da parte del Consiglio

22 novembre 2006

Data della decisione del Presidente

9 gennaio 2007

Commissione competente

Commissione Politica economica e sociale (ECOS)

Relatrice

Elina LEHTO, sindaco di Lohja (FI/PSE)

Nota di analisi

5 febbraio 2007

Esame in commissione

30 marzo 2007

Data dell'adozione in commissione

30 marzo 2007

Esito del voto in commissione

Adottato a maggioranza

Data dell'adozione in sessione plenaria

6 giugno 2007

Precedenti pareri del Comitato delle regioni

Parere in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda l'ulteriore apertura alla concorrenza dei servizi postali della Comunità (COM(2000) 319 def., CdR 309/2000 fin (1))

Parere in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a regole comuni per lo sviluppo dei servizi postali comunitari e al miglioramento della qualità del servizio (COM(95) 227 def., CdR 422/95 fin (2))


(1)  GU C 144 del 16.5.2001, pag. 20.

(2)  GU C 337 dell'11.11.1996, pag. 28.


24.8.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 197/48


Parere del Comitato delle regioni — Strategia comunitaria volta ad affiancare gli Stati membri nei loro sforzi per ridurre i danni derivanti dal consumo di alcol

(2007/C 197/08)

IL COMITATO DELLE REGIONI

si compiace che la Commissione abbia espressamente affermato che con l'azione comunitaria non mira a sostituire le misure nazionali già adottate nella maggior parte degli Stati membri o a elaborare una legislazione armonizzata nel campo della prevenzione dei danni alcol-correlati; condivide il parere della Commissione secondo cui, in virtù dell'articolo 152 del Trattato CE e del principio di sussidiarietà, le misure adottate nella maggior parte degli Stati membri sono di competenza delle autorità nazionali,

sottolinea a questo proposito che gli obiettivi dichiarati dalla Commissione — confrontare le misure già adottate dagli Stati membri e individuare quelle che si sono rivelate buone pratiche e, soprattutto, individuare i settori in cui, a suo giudizio, si potrebbero conseguire ulteriori progressi — dovranno essere perseguiti solo nei limiti degli obiettivi e dei poteri assegnati alla Commissione stessa dai Trattati,

conferma la valutazione della Commissione secondo cui, in materia di politica sanitaria, l'articolo 152 del Trattato CE prevede una chiara divisione dei compiti tra l'Unione e gli Stati membri limitando il contenuto dell'azione politica comunitaria all'integrazione delle politiche nazionali,

non concorda con la Commissione in merito alla necessità, ai fini della prevenzione e della riduzione del consumo massiccio ed estremo di alcol, di disporre di una definizione comune della nozione di binge-drinking,

dubita molto dell'utilità della proposta dalla Commissione di valutare le differenze nelle abitudini di consumo in funzione del paese, dell'età e del sesso; ciò vale anche per la proposta di creare un sistema che preveda definizioni flessibili ma normalizzate per i dati relativi all'alcol e indagini regolari e comparabili sul consumo di alcol; a causa della diversità delle abitudini culturali di consumo negli Stati membri, riconosciuta anche dalla Commissione, tale iniziativa fornirebbe infatti con tutta probabilità risultati limitati.

I.   Raccomandazioni politiche

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia comunitaria volta ad affiancare gli Stati membri nei loro sforzi per ridurre i danni derivanti dal consumo di alcol

COM(2006) 625 def.

IL COMITATO DELLE REGIONI

Sulla comunicazione della Commissione

1.

fa notare che i rischi per la salute del consumo nocivo e pericoloso di alcol sono già da tempo al centro di dibattiti sociali e politici. È pertanto comprensibile che la Commissione europea si dedichi a questo tema e si concentri sugli aspetti della prevenzione e della riduzione del consumo massiccio ed estremo di alcol, del consumo di alcol da parte dei minori, degli incidenti stradali per guida in stato di ebbrezza e della sindrome fetale da alcol (SFA);

2.

considera importante, data la diversità delle abitudini culturali di consumo di alcol negli Stati membri, che la comunicazione non abbia per oggetto il consumo di alcol in quanto tale, bensì l'abuso di alcolici e le sue conseguenze dannose;

3.

si compiace inoltre che la Commissione abbia espressamente affermato che con l'azione comunitaria non mira a sostituire le misure nazionali già adottate nella maggior parte degli Stati membri o a elaborare una legislazione armonizzata nel campo della prevenzione dei danni alcol-correlati; condivide il parere della Commissione secondo cui, in virtù dell'articolo 152 del Trattato CE e del principio di sussidiarietà, le misure adottate nella maggior parte degli Stati membri sono di competenza delle autorità nazionali;

4.

sottolinea a questo proposito che gli obiettivi dichiarati dalla Commissione — confrontare le misure già adottate dagli Stati membri e individuare quelle che si sono rivelate buone pratiche e, soprattutto, individuare i settori in cui, a suo giudizio, si potrebbero conseguire ulteriori progressi — dovranno essere perseguiti solo nei limiti degli obiettivi e dei poteri assegnati alla Commissione stessa dai Trattati;

5.

apprezza il fatto che, nel trattare le misure a sostegno e integrazione delle politiche nazionali, la Commissione tenga espressamente conto della notevole diversità esistente nell'Unione europea in materia di cultura e abitudini di consumo;

sul mandato

6.

conferma la valutazione della Commissione secondo cui, in materia di politica sanitaria, l'articolo 152 del Trattato CE prevede una chiara divisione dei compiti tra l'Unione e gli Stati membri limitando il contenuto dell'azione politica comunitaria all'integrazione delle politiche nazionali;

7.

condivide il giudizio della Commissione secondo cui molti Stati membri dispongono di una vasta gamma di misure volte a contrastare le conseguenze nefaste per la salute del consumo nocivo e pericoloso di alcol e che la maggior parte di essi ha già adottato provvedimenti per ridurre i danni legati all'alcol;

8.

prende atto della strategia della Commissione di appoggiare le iniziative degli Stati membri volte a ridurre i danni derivanti dal consumo di alcol, ma ritiene che, in considerazione non solo del principio di sussidiarietà, ma anche delle diverse abitudini culturali nel consumo di alcol, riconosciute dalla Commissione nella sua comunicazione, le potenziali analogie di certi problemi nei diversi Stati membri non richiedano necessariamente una soluzione su scala europea;

sulla necessità di un'azione

9.

condivide la posizione della Commissione secondo cui il consumo nocivo e pericoloso di alcol incide sensibilmente sulla salute pubblica e, in relazione a ciò, genera anche costi nel campo dell'assistenza sanitaria e dell'assicurazione malattia, in ambito giudiziario e dell'ordine pubblico e nell'ambito del lavoro, recando così danni allo sviluppo economico e alla società nel suo insieme. I giovani sono una categoria particolarmente esposta a questi rischi. Una strategia finalizzata alla prevenzione e al trattamento del consumo nocivo di alcol è pertanto oltremodo opportuna;

sulle cinque problematiche prioritarie e sulle buone pratiche corrispondenti

10.

come la Commissione, è del parere che l'abuso di alcol, soprattutto da parte dei giovani, produca effetti negativi non solo sulla salute e sul benessere sociale, ma anche sul livello di istruzione conseguito e sulla loro partecipazione alla vita sociale e democratica della comunità di appartenenza; constata inoltre che, anche in molti Stati membri dell'UE, cresce la tendenza tra i giovani ad assumere alcol in misura eccessiva. Ritiene pertanto particolarmente importante che negli Stati membri siano discusse anche misure di ordine pubblico volte a contrastare il consumo di alcol al di sotto dell'età legale e l'adozione da parte dei giovani di modelli di consumo nocivi; tuttavia, le misure legislative devono essere studiate e predisposte con particolare attenzione negli Stati membri, affinché il carattere repressivo delle misure non renda più difficile raggiungere le persone interessate;

11.

concorda con la Commissione sul fatto che un'applicazione efficace delle misure nazionali e regionali contro la guida in stato di ebbrezza potrebbe ridurre drasticamente il numero di coloro che perdono la vita o che subiscono traumi o lesioni permanenti in incidenti stradali;

12.

raccomanda che la Commissione, tramite una base comune di conoscenze scientifiche a livello comunitario prevista nella comunicazione, si adoperi per valutare l'impatto di un consumo di alcol moderato e per addivenire a una definizione comune di «consumo nocivo e pericoloso di alcol»;

13.

non concorda con la Commissione in merito alla necessità, ai fini della prevenzione e della riduzione del consumo massiccio ed estremo di alcol, di disporre di una definizione comune della nozione di binge-drinking;

14.

accoglie con favore l'iniziativa di effettuare una ricerca per analizzare i costi e i benefici delle diverse soluzioni strategiche, poiché sarà utile per valutare i risultati delle diverse campagne per la prevenzione dei danni provocati dal consumo di alcol;

15.

dubita molto dell'utilità della proposta dalla Commissione di valutare le differenze nelle abitudini di consumo in funzione del paese, dell'età e del sesso; ciò vale anche per la proposta di creare un sistema che preveda definizioni flessibili ma normalizzate per i dati relativi all'alcol e indagini regolari e comparabili sul consumo di alcol; a causa della diversità delle abitudini culturali di consumo negli Stati membri, riconosciuta anche dalla Commissione, tale iniziativa fornirebbe infatti con tutta probabilità risultati limitati;

16.

a prescindere da ciò, sottolinea espressamente che l'attuazione della strategia comunitaria volta ad affiancare gli Stati membri nei loro sforzi per ridurre i danni derivanti dal consumo di alcol non dovrà generare oneri finanziari per gli enti locali e regionali;

sui tre livelli d'azione

17.

ferma restando la piena competenza degli Stati membri in questo campo, espressamente riconosciuta dalla Commissione, apprezza il fatto che quest'ultima proponga di avviare e sostenere misure articolate su tre livelli contro i danni per la salute derivanti dal consumo nocivo e pericoloso di alcol;

18.

condivide in linea di principio l'opportunità di promuovere strategie volte a ridurre l'assunzione di alcolici al di sotto dell'età legale, soprattutto in collaborazione con gli Stati membri, e raccomanda in proposito che la proposta della Commissione di creare un forum «Alcol e salute» venga concepita come parte integrante della piattaforma d'azione europea in materia di alimentazione, attività fisica e salute in modo da assicurare la coerenza degli interventi e contribuire nel contempo a ridurre il peso della burocrazia e il numero di organi esistenti, come ha più volte richiesto la Commissione. I lavori a livello dell'UE su alcol e salute devono concentrarsi sullo scambio delle conoscenze e delle migliori pratiche in base alle misure già prese a livello nazionale, regionale e locale;

19.

accoglie con favore la proposta della Commissione di verificare, nell'ambito del 7o programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico (2007-2013), in che modo la ricerca condotta a livello europeo possa essere utile a una strategia comunitaria volta ad affiancare gli Stati membri nei loro sforzi per ridurre i danni derivanti dal consumo di alcol;

20.

si compiace vivamente del fatto che, nella comunicazione, la Commissione tratti e prenda in considerazione i provvedimenti e gli approcci risolutivi degli Stati membri per il contenimento dell'abuso di alcol; a questo proposito, condivide l'opinione della Commissione secondo cui le misure specifiche a tutela della salute pubblica adottate dagli Stati membri per ridurre i danni alcol-correlati sono elaborate in funzione dei rispettivi contesti culturali;

21.

come la Commissione, è soprattutto convinto del fatto che le strategie nazionali acquistano in efficacia laddove sono sostenute da attività sul territorio e iniziative degli enti locali; a questo proposito, apprezzerebbe un coinvolgimento dei responsabili istituzionali regionali e locali nelle attività dell'UE basate sull'articolo 152 del Trattato CE;

22.

come la Commissione, ritiene che gli enti locali potranno dare il loro contributo a strategie di prevenzione e di promozione volte a proteggere i cittadini dai danni legati al consumo di alcol, ma sottolinea che in molti casi ciò già avviene; accoglie pertanto con favore la strategia della Commissione a sostegno degli enti regionali e locali;

23.

per quanto riguarda il coordinamento delle misure a livello dell'UE, rinvia alla disciplina definitiva dettata dall'articolo 152 del Trattato CE: quest'ultimo prevede una chiara divisione dei compiti di politica sanitaria tra l'Unione e gli Stati membri limitando il contenuto dell'azione politica comunitaria all'integrazione delle politiche nazionali. Il tentativo della Commissione di accrescere la coerenza delle decisioni politiche non deve indurre a contravvenire a questa chiara ripartizione delle competenze; è contrario, quindi, anche all'introduzione di etichette uniformi di avvertenza, che la Commissione non esclude nella comunicazione; appoggia invece espressamente il ricorso all'autoregolamentazione da parte del settore pubblicitario;

sulle conclusioni

24.

come la Commissione, ritiene che il principale contributo della Commissione stessa alla strategia per ridurre i danni derivanti dal consumo di alcol debba consistere nell'affiancare le politiche e strategie nazionali in questo ambito; ciò tra l'altro è dettato anche dall'articolo 152 del Trattato CE; si compiace vivamente del fatto che la Commissione, considerata la chiara ripartizione delle competenze tra l'UE e gli Stati membri, non intenda presentare nuove proposte legislative;

25.

si compiace inoltre del fatto che, in relazione all'attuazione della strategia, la Commissione metta espressamente in evidenza i principi di sussidiarietà e di semplificazione amministrativa.

Bruxelles, 6 giugno 2007.

Il presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE

II.   Procedura

Titolo

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia comunitaria volta ad affiancare gli Stati membri nei loro sforzi per ridurre i danni derivanti dal consumo di alcol

Riferimenti

COM(2006) 625 def.

Base giuridica

Articolo 265, primo comma, del Trattato CE

Base regolamentare

Data della lettera della Commissione europea

24.10.2006

Data della decisione dell'Ufficio di presidenza

25.4.2006

Commissione competente

Commissione Sviluppo sostenibile (DEVE)

Relatore

Volker HOFF, ministro degli Affari federali ed europei del Land Assia (DE/PPE)

Nota di analisi

22.12.2006

Esame in commissione

6.3.2007

Data dell'adozione in commissione

6.3.2007

Esito del voto in commissione

maggioranza

Data dell'adozione in sessione plenaria

6.6.2007

Precedente parere del Comitato


24.8.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 197/52


Parere del Comitato delle regioni — La governance nell'ambito del «Consenso europeo sulla politica di sviluppo»

(2007/C 197/09)

IL COMITATO DELLE REGIONI

ritiene che la governance democratica, che è alla base della realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, debba adottare un approccio di ampio respiro. Una migliore governance è infatti la chiave di una politica di sviluppo ben riuscita e, a sua volta, una buona governance è centrata sul riconoscimento del fatto che è proprio al livello più vicino ai cittadini che vengono prese le decisioni migliori,

ritiene che non sia affatto sufficiente menzionare «il ruolo fondamentale che possono svolgere le autorità locali nel conseguimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio», dato che l'attuazione della buona governance presuppone anche, a tutti i livelli di potere di un determinato paese, l'adozione di modi di governo ispirati ai principi di trasparenza e di partecipazione dei cittadini e rispettosi del principio di sussidiarietà,

stando così le cose, ritiene essenziale, in particolare per i paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo (molti dei quali, oltretutto, sono interessati alla strategia per l'Africa), richiamare le raccomandazioni formulate nel parere CdR 142/2005 fin, del 13 ottobre 2005, sul decimo anniversario del partenariato euromediterraneo, e ribadite nelle conclusioni del seminario di Valencia del 10 aprile 2007 (CdR 59/2007), per la creazione di un forum euromediterraneo degli enti locali,

richiama l'attenzione sugli aiuti finanziari da destinare alla governance: riservare — come risulta dal regolamento del decimo FES — una quota massima del 15 % degli aiuti finanziari alla società civile, alla cooperazione tecnica e alla governance, mentre quest'ultima non compare tra i settori di concentrazione, sembra insufficiente. Tale quota dovrebbe pertanto essere portata almeno al 25 %, in modo da coprire contemporaneamente la dimensione nazionale e locale,

chiede alla Commissione, conformemente agli obiettivi dell'accordo di cooperazione CE/CdR per lo sviluppo e la valorizzazione della cooperazione decentrata, di prestare il proprio appoggio tecnico e finanziario e di collaborare con il CdR per la creazione di una borsa della cooperazione decentrata, allo scopo di facilitare e coordinare meglio lo sviluppo delle azioni di cooperazione decentrata tra gli enti locali e regionali dell'UE e i loro omologhi nei paesi terzi in via di sviluppo.

I.   Raccomandazioni politiche

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: La governance nell'ambito del «Consenso europeo sulla politica di sviluppo» — Verso un approccio armonizzato in seno all'Unione europea

COM(2006) 421 def. — SEC(2006) 1020, SEC(2006) 1021, SEC(2006) 1022

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

condivide molte delle linee generali della comunicazione in esame, secondo le quali:

a)

la governance democratica, che è alla base della realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, deve adottare un approccio di ampio respiro: essa, infatti, non deve limitarsi alla lotta contro la corruzione, ma essere frutto dell'interazione tra diversi elementi, il cui buon funzionamento determina la vita e il progresso di un paese a beneficio di tutti;

b)

si deve preferire il senso di appartenenza e il dialogo politico a condizioni imposte dall'esterno, che possono avere un effetto negativo sui cittadini;

c)

in linea con la dichiarazione di Parigi del 2 marzo 2005, occorre dotare l'insieme dei donatori europei di punti di riferimento comuni per l'applicazione del principio di governance democratica nei loro rispettivi interventi;

2.

tiene a riaffermare il principio già espresso nelle raccomandazioni contenute nel parere d'iniziativa sul tema La cooperazione decentrata nella riforma della politica di sviluppo dell'UE (CdR 224/2005 fin), secondo cui la chiave di una politica di sviluppo ben riuscita è una migliore governance, a sua volta centrata sul riconoscimento del fatto che è proprio al livello più vicino ai cittadini che vengono prese le decisioni migliori;

3.

di conseguenza, ritiene che l'effettiva attuazione di una governance democratica imponga di non circoscrivere al livello nazionale e intergovernativo i principi enunciati dalla Commissione e di tener conto della dimensione locale delle questioni del decentramento e dell'esercizio della democrazia; raccomanda quindi di concepire l'interazione non solo come dinamica tra i vari settori della vita nazionale, ma anche come ricerca di una buona articolazione tra il livello nazionale e i livelli locali di governo;

4.

ritiene che non sia affatto sufficiente menzionare «il ruolo fondamentale che possono svolgere le autorità locali nel conseguimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio», dato che l'attuazione della buona governance presuppone anche, a tutti i livelli di potere di un determinato paese, l'adozione di modi di governo ispirati ai principi di trasparenza e di partecipazione dei cittadini e rispettosi del principio di sussidiarietà; per questo motivo, ritiene che la comunicazione della Commissione debba essere attuata sulla base dei seguenti principi:

a)

la governance deve tradursi nell'istituzione di autorità locali credibili e competenti, in grado di incarnare presso i cittadini i progressi di un decentramento democratico che rispetti i loro diritti e soddisfi i loro bisogni;

b)

l'insieme delle politiche e dei programmi di cooperazione dell'UE (Commissione e Stati membri) deve tenere nella dovuta considerazione la necessità di assegnare agli enti locali — sia dei paesi in via di sviluppo che di quelli in transizione — mezzi all'altezza delle responsabilità cui essi devono far fronte, nonché di sostenere gli enti locali europei con le loro esperienze e le loro conoscenze;

c)

i progressi della governance locale e gli ostacoli che essa può incontrare devono essere oggetto di una costante valutazione a livello nazionale. Le esperienze raccolte devono confluire verso osservatori regionali concepiti come forum dove gli eletti locali di diversi paesi possono scambiarsi i rispettivi punti di vista e diffondere le buone pratiche. Questi osservatori seguirebbero inoltre, come fa l'Osservatorio della cooperazione decentrata UE-America Latina di Barcellona, le relazioni stabilite tra gli enti locali della regione del mondo interessata e quelli dell'UE o, eventualmente, di altre regioni; in un tale contesto, oggi sarebbe prioritario istituire un secondo osservatorio, incaricato di seguire le relazioni degli enti locali africani;

d)

in linea generale, nell'elaborazione di ciascun documento di strategia nazionale (DSN) si dovrebbe dedicare un'attenzione particolare ai processi di decentramento nei paesi in via di sviluppo;

5.

raccomanda di prevedere gli ostacoli che potrebbero frapporsi all'applicazione del principio di responsabilità, propugnato dalla strategia europea per lo sviluppo, alle relazioni tra l'UE e i governi dei paesi beneficiari, allorché occorrerà tener conto dei livelli substatali di governo.

Per quanto riguarda gli enti locali e regionali dei paesi in via di sviluppo, in particolare dei paesi ACP e dei paesi africani

Paesi ACP

6.

raccomanda innanzitutto di fare in modo di dare piena applicazione al nuovo articolo 4 dell'Accordo di Cotonou riveduto, nonché di organizzare un'effettiva consultazione degli enti locali decentrati per la messa a punto dei programmi di aiuto dell'UE negoziati con il governo del paese interessato;

7.

ritiene indispensabile che le informazioni sulle modalità e sull'impatto di questa consultazione vengano messe a disposizione delle associazioni che riuniscono gli eletti locali del paese interessato;

8.

a questo proposito accoglie con favore, in linea con la pertinente raccomandazione espressa nel parere CdR 224/2005 fin, la diffusione di linee direttrici presso le delegazioni della Commissione, in modo da sensibilizzarle sulla dimensione locale dell'azione dell'UE, soprattutto in materia di governance, ma deplora il fatto di non essere stato informato di tale diffusione;

9.

ritiene necessario rivedere la struttura del «profilo di governance», che non tiene sufficientemente conto del principio di responsabilità e non segna alcun significativo passo avanti in materia di promozione della governance democratica a livello locale. Quest'ultima, infatti, lungi dal costituire una dimensione a pieno titolo, è trattata in modo disorganico, frammentata fra i nove aspetti esaminati nel documento (1). La dimensione decentrata di molti di questi aspetti (per esempio, Stato di diritto e governance economica) meriterebbe invece una trattazione separata;

10.

raccomanda tuttavia che il «fondo per la governance», aiuto finanziario destinato a «promuovere cambiamenti concreti e progressi determinanti in materia di governance democratica», venga usato in primo luogo per favorire l'articolazione tra i livelli nazionale e locale di governo, nel rispetto dei principi di equità, trasparenza e partecipazione dei cittadini, e che tale aiuto non possa essere concesso ai governi che non si impegnino a trasferire agli enti locali fondi proporzionali alle responsabilità conferite a questi ultimi;

11.

richiama l'attenzione sugli aiuti finanziari da destinare alla governance: riservare — come risulta dal regolamento del decimo FES — una quota massima del 15 % degli aiuti finanziari alla società civile, alla cooperazione tecnica e alla governance, mentre quest'ultima non compare tra i settori di concentrazione, sembra insufficiente. Tale quota dovrebbe pertanto essere portata almeno al 25 %, in modo da coprire contemporaneamente la dimensione nazionale e locale.

Africa

12.

si compiace del fatto che il profilo di governance possa fondarsi sulle relazioni redatte sulla base del Meccanismo di valutazione inter pares (African Peer Review Mechanism — APRM), concepito e diretto dagli stessi paesi africani nel quadro del Nuovo partenariato per lo sviluppo dell'Africa (New Partnership for Africa's Development — NEPAD);

13.

auspica che l'attenzione e l'aiuto che l'Unione europea è disposta a prestare a questo processo di autovalutazione nazionale contribuisca a rafforzare la partecipazione degli enti locali e a far progredire il decentramento, nonché a far sì che tale processo si traduca in un programma d'azione nazionale inteso a ovviare alle carenze riscontrate;

14.

ribadisce che, per realizzare un decentramento dei poteri che possa essere percepito dai cittadini come un vero progresso, il rafforzamento della capacità amministrativa degli enti locali costituisce una priorità assoluta. L'azione in questo settore può concretizzarsi sotto diverse forme, quali, ad esempio:

a)

più forte appoggio alle reti degli eletti locali, indipendentemente dal fatto che si tratti di eletti a livello nazionale, regionale o continentale (ad esempio la creazione del CCRA — Consiglio dei comuni e delle regioni dell'Africa, branca africana dell'associazione CGLU — Città e governi locali uniti). Il successo degli incontri periodici Africities/Africités, riconfermatosi a Nairobi nel settembre 2006, dimostra quanto siano forti in tal senso le aspettative degli eletti locali;

b)

rafforzamento degli strumenti che possono accrescere l'efficacia delle organizzazioni, come il Programma per lo sviluppo municipale (Programme pour le développement municipal — Cotonou), che offrono un appoggio tecnico agli eletti locali e consentono loro di scambiarsi riflessioni e buone pratiche;

c)

mettere a disposizione degli eletti locali strumenti d'informazione efficaci, soprattutto a favore dell'Iniziativa di solidarietà digitale;

15.

raccomanda di associare le organizzazioni che riuniscono gli eletti locali e rappresentano i loro interessi alle istanze di dialogo politico tra l'UE e i paesi interessati, in particolare al vertice UE/Africa previsto per il secondo semestre 2007.

Riguardo alle altre regioni del mondo

16.

constata con soddisfazione che, per quanto riguarda l'America Latina, tra gli elementi di modernizzazione dello Stato si annovera il decentramento, e desidera essere informato dell'attuazione del programma per la governance in Asia, annunciato per il 2008;

17.

si compiace del fatto che il «fondo per la governance» annunciato nella comunicazione in esame figura effettivamente nello strumento finanziario che accompagna la politica europea di vicinato, e chiede di partecipare all'attuazione del programma di cooperazione tra poteri locali e regionali dei paesi partner ed Unione europea al di là delle zone transfrontaliere, di cui il Programma interregionale (PIR) 2007-2010 prevede il lancio a partire dal 2008;

18.

deplora tuttavia che i vari accordi firmati dall'UE con i singoli Stati interessati dalla sua politica di vicinato non diano molto spazio alla dimensione locale della governance;

19.

stando così le cose, ritiene essenziale, in particolare per i paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo (molti dei quali, oltretutto, sono interessati alla strategia per l'Africa), richiamare le raccomandazioni formulate nel parere CdR 142/2005 fin, del 13 ottobre 2005, sul decimo anniversario del partenariato euromediterraneo, e ribadite nelle conclusioni del seminario di Valencia del 10 aprile 2007 (CdR 59/2007), per la creazione di un forum euromediterraneo degli enti locali.

Riguardo agli enti locali dell'UE

20.

richiama innanzitutto il parere CdR 224/2005 fin, in cui chiedeva di tenere debitamente conto, nella definizione di una politica europea di sviluppo, degli enti locali dell'UE, nonché di far sì che le organizzazioni che li rappresentano a livello internazionale potessero dialogare efficacemente con le istituzioni europee;

21.

intende svolgere pienamente, nel quadro delle istituzioni europee, il proprio ruolo di organo rappresentativo degli enti locali, che sono nel contempo garanti e portatori della governance democratica presso i cittadini, desidera partecipare al dialogo politico dell'UE con le diverse regioni del mondo, in particolare con l'Africa, e ritiene che il prossimo vertice UE-Africa debba costituire la prima occasione per tale coinvolgimento;

22.

desidera in particolare impegnarsi nel dialogo con gli enti locali dei paesi interessati, per uno scambio di punti di vista sull'attuazione del decentramento e sulle pratiche che favoriscono il progresso della governance democratica; per questo motivo, in occasione della prossima revisione dell'Accordo di Cotonou, ritiene che, nel dispositivo istituzionale, gli enti locali e regionali meritino un'attenzione pari a quella riservata alle componenti economiche e sociali della società civile e che, di conseguenza, il Comitato delle regioni possa beneficiare di un dispositivo analogo a quello attualmente previsto per il Comitato economico e sociale europeo dal protocollo n. 1.4;

23.

tiene a ribadire che gli enti locali europei desiderano condividere le proprie esperienze e conoscenze con i loro omologhi di altre regioni del mondo: in realtà già lo fanno, anche nel settore della pace, ad esempio attraverso la cosiddetta «diplomazia delle città», ma una politica di governance dovrebbe beneficiare della loro presenza anche in altri modi:

a)

favorendo il ravvicinamento e gli scambi tra associazioni nazionali di eletti provenienti dall'Europa e da altre regioni del mondo;

b)

rafforzando le relazioni già esistenti tra gli enti locali nel quadro della cooperazione decentrata e, se del caso, organizzarli in reti tematiche o territoriali;

c)

facilitando nuove relazioni attraverso il lancio di programmi di gemellaggio tra gli enti locali europei e di altre regioni del mondo;

24.

chiede alla Commissione, conformemente agli obiettivi dell'accordo di cooperazione CE/CdR per lo sviluppo e la valorizzazione della cooperazione decentrata, di prestare il proprio appoggio tecnico e finanziario e di collaborare con il CdR per la creazione di una borsa della cooperazione decentrata, allo scopo di facilitare e coordinare meglio lo sviluppo delle azioni di cooperazione decentrata tra gli enti locali e regionali dell'UE e i loro omologhi nei paesi terzi in via di sviluppo. Questa borsa potrebbe assumere la forma di un servizio on-line, dove potrebbero incontrarsi, da una parte, i bisogni o le richieste di aiuti e, dall'altra, le manifestazioni di interesse o le offerte.

Bruxelles, 7 giugno 2007.

Il presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE

II.   Procedura

Titolo

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — La governance nell'ambito del «Consenso europeo sulla politica di sviluppo» — verso un approccio armonizzato in seno all'Unione europea

Riferimenti

COM(2006) 421 def. — SEC(2006) 1020, SEC(2006) 1021, SEC(2006) 1022

Base giuridica

Articolo 265, primo comma, TCE

Base regolamentare

 

Data della consultazione da parte del Consiglio

30.8.2006

Data della decisione del Presidente

20.11.2006

Commissione competente

Commissione Relazioni esterne e cooperazione decentrata (RELEX)

Relatrice

Juliette SOULABAILLE, consigliere comunale di Corps-Nuds (FR/PSE)

Nota di analisi

30.11.2006

Esame in commissione

25.1.2007

Data dell'adozione in commissione

29.3.2007

Esito del voto in commissione

Adottato all'unanimità. Procedura semplificata (articolo 26 RI)

Data dell'adozione in sessione plenaria

7 giugno 2007

Precedenti pareri del Comitato

Parere del 16 novembre 2005 sul tema La cooperazione decentrata nella riforma della politica di sviluppo dell'UE, relatrice: SOULABAILLE (FR/PSE) (CdR 224/2005 fin) (2)

Parere del 13 ottobre 2005 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeoDecimo anniversario del partenariato euromediterraneo: un programma di lavoro per far fronte alle sfide dei prossimi cinque anni (COM(2005) 139 def.), relatrice: TERRON I CUSI (ES/PSE) (CdR 142/2005 fin) (3)

Parere di prospettiva del 21 aprile 2004 sul tema Il partenariato euromediterraneo e gli enti territoriali: la necessità di un coordinamento e di uno strumento specifico per la cooperazione decentrata, relatori: Jacques BLANC (FR/PPE) e Gianfranco LAMBERTI (IT/PSE) (CdR 327/2003 fin) (4)


(1)  1) Governance politico/democratica, 2) governance politica/Stato di diritto (sistema giudiziario e sistema repressivo), 3) controllo della corruzione, 4) efficacia dei pubblici poteri, 5) governance economica, 6) sicurezza interna e esterna, 7) governance sociale, 8) contesto internazionale e regionale, 9) qualità del partenariato.

(2)  GU C 115 del 16.5.2006, pag. 42.

(3)  GU C 81 del 4.4.2006, pag. 46.

(4)  GU C 121 del 30.4.2004, pag. 18.


24.8.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 197/57


Parere del Comitato delle regioni — Regioni per il cambiamento economico

(2007/C 197/10)

IL COMITATO DELLE REGIONI

sottolinea che, malgrado il fatto che l'impostazione prescelta per l'iniziativa Regioni per il cambiamento economico, dalla sua pubblicazione l'8 novembre 2006, sia stata modificata abbandonando l'approccio dall'alto verso il basso (top-down) e adottando il principio bottom-up degli enti territoriali, non vi è stata alcuna comunicazione ufficiale al riguardo da parte della Commissione. Tuttavia il presente parere tiene ampiamente conto di tale evoluzione,

evidenzia la possibilità per il Comitato delle regioni di partecipare attivamente al monitoraggio dei programmi operativi nel quadro di Interreg IV C e Urbact II svolgendo un ruolo consultivo nei rispettivi comitati di sorveglianza,

auspica di realizzare una sinergia tra la Piattaforma di controllo di Lisbona e l'iniziativa Regioni per il cambiamento economico, mantenendo però le caratteristiche specifiche di entrambe. La Piattaforma di controllo di Lisbona consente di trasmettere esperienze per contribuire al rafforzamento della politica di coesione e dell'agenda di Lisbona,

ribadisce l'importanza della comunicazione e della disseminazione, elementi fondamentali per il successo dell'iniziativa Regioni per il cambiamento economico. In questo contesto al Comitato spetta il ruolo importante di cooperare con la Commissione europea,

chiede che l'iniziativa venga organizzata in modo da agevolare l'individuazione delle migliori pratiche a livello delle regioni e creare dei meccanismi semplici per diffonderle nelle altre regioni dell'Unione. L'iniziativa Regioni per il cambiamento economico deve fungere da stimolo e catalizzatore per le buone idee e le iniziative valide, così come hanno fatto in passato altre iniziative comunitarie.

I.   Raccomandazioni politiche

Comunicazione della Commissione Regioni per il cambiamento economico

(COM(2006) 675 def.)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

Sul piano generale

1.

giudica positivamente l'intendimento della Commissione europea di conferire, attraverso l'iniziativa Regioni per il cambiamento economico, maggiore efficacia alle azioni di sviluppo regionale e locale, valorizzando in modo sostanziale le esperienze territoriali di successo e promuovendone la circolazione, l'interscambio e l'adattamento ad altri contesti, attraverso azioni di rete, cui dare rinnovato impulso quali strumenti della politica comunitaria per la modernizzazione economica e il miglioramento della competitività;

2.

riconosce che l'iniziativa si pone al centro della vocazione istituzionale del Comitato delle regioni; ritiene pertanto, al riguardo, che debbano esserne sollecitate le potenzialità di azione e di coinvolgimento e chiede che ne sia valorizzato il ruolo di rappresentanza unitaria dei sistemi regionali e locali dell'Unione europea;

3.

sottolinea che presso il Comitato delle regioni è stata attivata la Piattaforma di controllo della strategia di Lisbona, composta da enti locali e regionali, i quali sono impegnati a valutare e dare risalto all'attuazione di tale strategia a livello territoriale;

4.

osserva che quella in esame è la sola iniziativa espressamente dedicata alla promozione delle cooperazioni tematiche tra attori locali e regionali, senza prerequisiti di tipo geografico: non è necessario, infatti, che tali attori appartengano alla stessa zona frontaliera o allo stesso spazio transnazionale. Per i territori, si tratta dello strumento di integrazione europea potenzialmente più flessibile, che inoltre dovrà contribuire a rafforzare una politica regionale sempre più efficiente, integrata e ambiziosa;

5.

condivide l'intendimento della Commissione di perseguire, attraverso Regioni per il cambiamento economico, un reale interscambio e circolazione di esperienze e di buone prassi in materia di sviluppo e coesione tra realtà territoriali europee, nella prospettiva della strategia di Lisbona. A tal fine, rileva l'importanza di coinvolgere effettivamente e direttamente le autorità di gestione dei programmi operativi regionali nelle reti promosse dall'iniziativa;

6.

prende atto che l'iniziativa Regioni per il cambiamento economico della Commissione europea rispetta il principio di sussidiarietà ed è concepita come un processo di apprendimento, di interrelazione e di assunzione del meglio di quanto il livello regionale/locale, mediante azioni di cooperazione territoriale, abbia prodotto ai fini del raggiungimento degli obiettivi di Lisbona e di Goteborg. Tuttavia, considera che il rafforzamento di tale livello sul piano politico non sia dissociabile dal buon esito della politica regionale europea;

7.

propone pertanto alla Commissione europea di discutere i progressi e le tematiche dell'iniziativa con scadenza annuale, nel quadro di una conferenza congiunta con il Comitato delle regioni.

Ruolo delle regioni e delle città

8.

fa notare che l'iniziativa Regioni per il cambiamento economico va considerata complementare alle attuali forme della cooperazione interregionale, tanto più che quest'ultima è stata rafforzata nel quadro del nuovo obiettivo «Cooperazione territoriale europea» della politica regionale. In tale contesto, occorre garantire che anche in futuro il sostegno alla cooperazione tra regioni, città e altri enti locali europei, avviato nel quadro di Interreg III C, continui ad un livello sufficiente;

9.

considera necessario chiarire le modalità di cooperazione tra regioni e città, dal momento che entrambi i livelli istituzionali vengono citati e considerati nei documenti della Commissione disponibili, ma si fa poi riferimento principalmente alle reti delle regioni. Ritiene, dunque, opportuno sottolineare al riguardo che regioni e città sono entrambi soggetti eleggibili sia per il programma Interreg IV C che per Urbact 2007-2013, fatto salvo che dovrà essere riconosciuto un ruolo motore alle regioni nell'ambito del primo ed alle città nell'ambito del secondo. Inoltre ritiene che sarebbe particolarmente utile e proficuo incoraggiare la partecipazione di istituzioni ed enti dinamici attivi nelle regioni e nelle città in qualità di partner;

10.

esorta la Commissione a dar prova di maggiore trasparenza rispetto al passato. Il programma di lavoro delle reti già attivate dovrebbe essere almeno diffuso su Internet, così come la sintesi dei diversi incontri effettuati, i risultati, le buone pratiche adottate e le coordinate del soggetto responsabile della rete, in modo che gli interessati possano accedere a tali informazioni ed eventualmente sfruttarne i risultati. Inoltre ritiene opportuno che la Commissione preveda la creazione di un sito Internet in cui gli interessati possano cercare i partner dell'iniziativa e altre informazioni.

Opzione accelerata

11.

riscontra che, successivamente agli incontri e alle discussioni avuti il 31 gennaio e il 16 marzo 2007 in sede di commissione COTER nonché rispetto alla bozza di parere approvata in tale ultima riunione, la Commissione europea risulta aver aggiornato e puntualizzato la sua posizione rispetto all'iniziativa Regioni per il cambiamento economico. In particolare si evidenzia che è chiaro che, ancorché non ancora formalmente ufficializzato in alcun documento ufficiale della CE, nella selezione delle operazioni per l'opzione accelerata verrà accolto l'approccio bottom-up. Inoltre l'attuazione di tali operazioni si conformerà al funzionamento dei programmi operativi (PO) Interreg IV C e Urbact II e ai rispettivi regolamenti di attuazione. In tale modo dovrebbe essere effettivamente assicurato l'accesso all'iniziativa in condizioni paritarie a tutte le regioni e città europee e l'auspicata trasparenza complessiva all'iniziativa;

12.

raccomanda inoltre di pubblicare parallelamente le manifestazioni di interesse sul sito web della Commissione e del Comitato delle regioni, e di inviare una comunicazione agli uffici regionali di Bruxelles nonché agli incaricati delle questioni di politica regionale nelle rappresentanze permanenti degli Stati membri presso l'UE, in modo che tale informazione venga diffusa e giunga rapidamente alle regioni e alle città. Infine, si può sfruttare la rete dei centri di informazione gestiti dalla Commissione in quasi tutte le regioni dell'UE, come pure la rete di promozione e pubblicità creata negli Stati membri per le esigenze dei Quadri comunitari di sostegno;

13.

propone, inoltre, di individuare una modalità di partecipazione attiva (consultazione su invito/proposta della Commissione?) per il Comitato delle regioni nell'elaborazione dei programmi operativi, ovvero — in alternativa — di stabilire un canale di comunicazione per far pervenire le indicazioni del Comitato stesso alle strutture tecniche che li stanno predisponendo.

Valorizzazione delle reti nell'iniziativa

14.

comprende come la Commissione avverta il bisogno di rendere le reti esistenti più generali e meno ristrette e come l'approccio tematico abbia preminenza su quello geografico (vedi punto 3); ritiene però che tali due approcci abbiano, in realtà, una valenza complementare da valorizzare: poiché si riconosce la necessità di salvaguardare e rispecchiare le diversità, bisogna intervenire, nel definire le tematiche, considerandone la proiezione territoriale; inoltre, un obiettivo cruciale da perseguire è la sinergia tra le varie reti, riflettendone le complementarietà sia a livello tematico che territoriale. In questo contesto, ricorda che dovrebbe essere rivolta attenzione alle aree deboli e affette da caratteristiche di marginalità;

15.

sottolinea l'esigenza di lasciare un maggiore spazio alle iniziative sul campo. In quanto rappresentanti degli enti locali e regionali, i membri del Comitato delle regioni non possono che compiacersi e attivarsi affinché questa «apertura» non si risolva in una «chiusura» a livello nazionale. Il Comitato delle regioni intende agire perché l'iniziativa in esame sostenga e riconosca effettivamente le reti di regioni e città interessate a lavorare insieme, per promuovere le innovazioni migliori in termini di sviluppo economico, sociale e ambientale;

16.

pone in evidenza il tema della sostenibilità delle reti, il quale consiste sia nella possibilità di mantenerne in essere gli interscambi attivati per tempi sufficientemente lunghi (il che pone un problema di risorse), sia nella capacità di facilitare il coinvolgimento e l'interazione tra le istituzioni (coinvolgimento effettivo dei soggetti istituzionali interessati) e tra i territori (coinvolgimento dei diversi contesti regionali e locali europei e dei rispettivi soggetti territoriali che effettivamente possano trarre vantaggio dall'esperienza condivisa).

Selezione dei temi privilegiati di riferimento

17.

esorta la Commissione a garantire il coinvolgimento delle varie tipologie di regioni e di enti locali tale da rispecchiarne la diversità, l'originalità e il valore delle distinte soluzioni di sviluppo adottate. Le esperienze da svolgersi nell'ambito di Regioni per il cambiamento economico e delle azioni accelerate dovrebbero tenere conto di queste diverse esperienze, nonché delle interazioni tra la dimensione regionale e quella locale rispetto alle tematiche prescelte. Il Comitato delle regioni si propone di svolgere un efficace ruolo di rappresentanza dell'integrazione tra le due dimensioni, sia nella definizione degli orientamenti tematici generali dell'iniziativa e delle sue modalità di attuazione, sia nel disegno e nell'esecuzione dei programmi di riferimento diretto (Interreg IV C e Urbact 2007-2013);

18.

teme che le modalità di scelta univoca dei temi privilegiati, seppure sufficientemente ampi e chiaramente inscrivibili nella rinnovata agenda di Lisbona, possano risultare troppo rigide (1), come nel caso del ruolo dell'industria nello sviluppo regionale, che risulta essere mancante nei temi attualmente proposti. Dovrebbe essere quindi precisato e definito un processo attraverso cui questi temi possano essere integrati o rivisti, garantendo la massima trasparenza del processo decisionale, in sinergia e collaborazione con le regioni e gli enti locali. Inoltre, l'autonomia delle regioni e degli enti locali nel gestire le proprie reti deve rimanere intatta, anche se queste saranno focalizzate su temi scelti dalla Commissione. Il Comitato si interroga, altresì, riguardo alla coerenza tra alcuni dei temi indicati e le priorità definite per il Fondo europeo di sviluppo regionale (2). In tale contesto andrebbe specificata, in particolare, l'ammissibilità dei temi direttamente afferenti al Fondo sociale europeo.

Quadro finanziario dell'iniziativa

19.

riconosce che, in generale, per conseguire un più efficiente ed efficace utilizzo delle risorse finanziarie previste per la politica di coesione, è indispensabile non solo un impegno da parte delle autorità nazionali e regionali, ma anche un ruolo più diretto della Commissione europea, individuando al riguardo, su base volontaria, nuovi percorsi di interazione, di scambio e di lavoro comune tra regioni, enti locali e Commissione;

20.

ritiene utile, altresì, la definizione più precisa del quadro di riferimento finanziario prevedibile per l'iniziativa, considerando in particolare che le risorse dovrebbero derivare da fonti diverse: le risorse residue eventualmente disponibili nei programmi 2000-2006, i due nuovi programmi operativi (in una certa percentuale non ancora definita nei rispettivi bilanci di previsione), i programmi principali regionali, le risorse per l'assistenza tecnica della Commissione direttamente disponibili. In tale contesto, le risorse finanziarie messe a disposizione a titolo dei due PO Interreg IV C e Urbact 2007-2013 possono solo essere un primo passo verso una realizzazione nell'ambito dei programmi principali. Sono questi ultimi la principale fonte di finanziamento dell'iniziativa. È inoltre opportuno determinare la percentuale di cofinanziamento nazionale tenendo conto dei limiti imposti dalla necessità di mantenere la stabilità di bilancio negli Stati membri.

Modalità di esecuzione e partecipazione all'iniziativa

21.

ritiene che l'iniziativa debba essere strutturata in maniera tale da agevolare l'individuazione delle pratiche migliori a livello regionale e da creare dei meccanismi semplici per diffondere tali pratiche presso le altre regioni dell'UE. In breve, l'iniziativa Regioni per il cambiamento economico deve fungere da stimolo e catalizzatore di buone idee e buone iniziative, così come hanno fatto in passato determinate iniziative comunitarie;

22.

insiste sull'importanza dell'effetto di dimostrazione e di diffusione per assicurare la validità dell'iniziativa. Regioni per il cambiamento economico deve giustificarsi attraverso il suo dinamismo, in particolare dimostrando di essere effettivamente in grado di ottenere l'inserimento dei migliori progetti nella programmazione principale (main stream) della politica di coesione, per assicurarne il finanziamento;

23.

considera positivamente, nel quadro della politica di comunicazione dell'iniziativa, l'informazione, data dalla DG Politica Regionale nella seduta della COTER in data 31 gennaio 2006, circa l'inserimento di un membro del Comitato delle regioni nella commissione di valutazione dei premi annuali per l'innovazione previsti in Regioni per il cambiamento economico;

24.

sottolinea che la comunicazione e la disseminazione sono essenziali per la diffusione dell'iniziativa. Le conferenze annuali programmate dovrebbero vertere sulla presentazione delle migliori pratiche e sulla loro possibile trasposizione nelle regioni e nelle città europee. Il Comitato delle regioni si dichiara disposto a cooperare con la Commissione su questo punto, in particolare per quanto riguarda lo scambio di dati con la Piattaforma di controllo di Lisbona. Si ritiene opportuno dare diffusione a maggiori informazioni sull'iniziativa già dalla fase preparatoria in corso. Alcuni dei documenti di riferimento — quale lo «Staff Working Document» contenente i temi proposti (3) — attualmente sono disponibili solo in lingua inglese: si suggerisce di darne diffusione anche nelle altre lingue comunitarie;

25.

accoglie con favore i tre convegni organizzati finora dalla Commissione nel quadro dell'iniziativa Regioni per il cambiamento economico e ritiene opportuno raccomandare l'attivazione di ulteriori iniziative di comunicazione e confronto (punti di incontro, convegni, forum reali o virtuali, ecc.) rispetto a quelle già indicate, e soprattutto inserire gli interventi di comunicazione, di promozione e disseminazione in un piano di comunicazione coordinato, che permetta, proiettando gli interventi in una dimensione temporale pluriannuale, di definire la cornice di coordinamento in cui si inserirà lo sforzo atteso da parte delle unità di informazione dei servizi della Commissione e degli altri attori coinvolti, tra i quali un ruolo speciale dovrebbe avere il Comitato delle regioni, che si rende disponibile per i necessari approfondimenti al riguardo;

26.

propone che fondi aggiuntivi vengano messi a disposizione delle autorità di gestione dei programmi Obiettivo 3, affinché l'iniziativa renda possibile valorizzare l'azione dei network di cooperazione territoriale nell'attuazione della strategia di Lisbona, in particolare a favore dei cittadini, nel quadro del Piano D della Commissione europea (4);

27.

appoggia le proposte della Commissione europea di organizzare conferenze tematiche periodiche nel quadro di questa iniziativa e di integrare le idee particolarmente utili per la politica strutturale nei programmi principali dei fondi strutturali mediante l'opzione accelerata;

28.

si interroga sui tempi necessari per l'avvio dell'iniziativa. È da notare che diventerà pienamente operativa solo nella seconda metà del 2007. Effettivamente viene dichiarata, da parte della Commissione, l'intenzione di avviare già alcune azioni accelerate con eventuali risorse disponibili a valere sui programmi tuttora in esecuzione (Interreg III C e Urbact attuale), in modo da anticipare il momento in cui saranno operativi i nuovi programmi. Ciò induce a ritenere utile una precisazione sui termini temporali complessivamente previsti;

29.

propone la partecipazione, a titolo consultivo, di un membro del Comitato delle regioni ai comitati di sorveglianza del programma Interreg IV C e del programma Urbact 2007-2013, al fine di assicurare il mantenimento della corretta linea di interazione e collaborazione nel funzionamento di Regioni per il cambiamento economico e in riconoscimento del ruolo di rappresentanza degli enti locali e regionali a livello europeo quale prerogativa del Comitato delle regioni;

30.

suggerisce alle istituzioni comunitarie di mantenere un dialogo costante con le associazioni dei cittadini e con la società civile, in modo da potenziare la democrazia partecipativa;

31.

invita la Commissione a produrre maggiori elementi di informazione sulle modalità di gestione dell'iniziativa. È importante specificare secondo quali modalità potrà esprimersi la collaborazione delle direzioni generali della Commissione coinvolte con le regioni e le città, nonché quali saranno le modalità di raccordo tra la Commissione e il Comitato delle regioni.

32.

chiede che ogni decisione relativa all'adozione, da parte di un programma operativo, di un'azione innovativa nel quadro di una rete a cui partecipa la regione sia presa dal comitato di sorveglianza del programma;

33.

sottolinea che lo scopo dell'iniziativa è alimentare la programmazione principale con le migliori idee derivanti dalle reti. Chiede, perciò, di chiarire secondo quale processo avverrà la selezione delle migliori pratiche e quindi il loro controllo in sede di rendicontazione; avanza l'ipotesi che, unitamente alla mera presentazione delle candidature volontarie da parte delle regioni, delle città e degli altri enti locali, si introduca per le stesse la possibilità di proporre alla Commissione, secondo una modalità codificata semplice e agile, suggerimenti e indicazioni su esperienze di particolare interesse e potenziale valore per la costituzione o ampliamento di reti, nel quadro dei temi definiti nell'iniziativa;

34.

chiede alla Commissione europea di fornire elementi di chiarificazione anche in merito all'organizzazione e al finanziamento dell'assistenza tecnica per l'iniziativa, alla quale si attribuisce grande importanza al fine di produrre una effettiva valorizzazione delle migliori pratiche; ritiene, in particolare, che occorra un sostegno di tipo metodologico per valutare le vere innovazioni e individuare quelle suscettibili di essere trasferite o sviluppate. Propone di conseguenza che la Commissione assuma tale ruolo di concerto con i valutatori esterni per ciascuna azione tematica, con riserva delle decisioni del comitato di sorveglianza;

35.

si interroga sulla pertinenza e completezza del titolo attribuito all'iniziativa. Si chiede se la denominazione Regioni per il cambiamento economico sia davvero la più adatta, o se viceversa non ci sia il rischio che si ingenerino confusioni con altre iniziative (ad esempio: Regioni della conoscenza o il gruppo di Lisbona). Ritiene che sarebbe stato preferibile, per l'impatto comunicativo, denominare l'iniziativa Regioni e città per il cambiamento economico, riconoscendo, tuttavia, che il termine onnicomprensivo di «Regioni» è stato appunto preferito in senso inclusivo dei vari livelli istituzionali di dimensione territoriale.

La Piattaforma di controllo di Lisbona

36.

mette in evidenza che il Comitato delle regioni ha attivato la «Piattaforma di controllo di Lisbona», che nel suo intendimento costituisce uno strumento operativo per gli enti locali e regionali al fine di dare risalto al contributo di questi livelli dell'amministrazione alla strategia di Lisbona e di aumentare il senso di appropriazione di tale strategia sul piano territoriale. Una piattaforma interattiva è operativa dal 2006. Per il momento, vi prendono parte 100 regioni e città. Scopo principale della piattaforma è aiutare le regioni a posizionarsi meglio rispetto alle tendenze di modernizzazione in atto nell'Europa e ad uscire da una prospettiva puramente nazionale. Gli strumenti della piattaforma sono il monitoraggio (valutazione dei bisogni), l'analisi comparativa (trasparenza sul piano europeo), l'interscambio in gruppi di lavoro e l'interattività (scambio on-line);

37.

rivolge alla Commissione europea l'auspicio che il lavoro proceda all'insegna della maggiore semplificazione, a fronte del rischio della complicazione. Raccomanda di perseguire la sinergia e la complementarità con la politica regionale. Ciò implica l'utilità di trovare dei punti in comune tra l'iniziativa Regioni per il cambiamento economico e la Piattaforma di controllo di Lisbona del Comitato delle regioni.

38.

propone, in particolare, di agevolare, nelle modalità più opportune ed efficaci, l'interazione tra l'iniziativa e la Piattaforma di controllo di Lisbona, considerando la funzione svolta da quest'ultima come sede di discussione e confronto sulle esperienze tra le regioni e le città europee. Ciò al fine di facilitare e alimentare, in termini di idee e proposte, il processo di selezione dei network interregionali di Regioni per il cambiamento economico e, in particolare, per l'opzione accelerata. Nel contempo, la Piattaforma dovrebbe mantenere e valorizzare il proprio ruolo di monitoraggio degli aspetti di governance e di indirizzo politico rispetto alla pianificazione e attuazione della strategia di Lisbona. Il Comitato delle regioni, a questo fine, si rende disponibile a stabilire le necessarie sinergie a livello istituzionale e operativo con la Commissione e con i programmi Interreg IV C e Urbact 2007-2013.

Ruolo di rappresentanza, di affiancamento e di supporto del Comitato delle regioni

39.

propone, in sintesi conclusiva e sulla base di quanto sopra esposto e del ruolo e significato di Regioni per il cambiamento economico, che il Comitato delle regioni, in coerenza con le proprie finalità istitutive, assuma, nella realizzazione dell'iniziativa, un ruolo di rappresentanza, di affiancamento e di supporto, che potrà essere decisivo. In particolare, richiama gli specifici strumenti di espressione di tale ruolo, proposti per il Comitato delle regioni nel presente parere:

a)

essere coinvolto nell'elaborazione dei nuovi programmi operativi Interreg IV C e Urbact 2007-2013, secondo modalità e forme di consultazione e/o partecipazione appropriate,

b)

svolgere un effettivo ruolo nell'integrazione tra la dimensione regionale e quella locale rispetto alle tematiche prescelte in sede di definizione degli orientamenti tematici generali, delle modalità di attuazione e dei programmi di riferimento diretto (Interreg IV C e Urbact 2007-2013); a tal fine, mantenere un continuo flusso di informazioni con le autorità di gestione di questi programmi, eventualmente prevedendo audizioni periodiche di queste presso il Comitato delle regioni, nonché la redazione, da parte loro, di un rapporto rivolto al Comitato con cadenza regolare,

c)

assicurare la partecipazione reciproca dei rappresentanti, rispettivamente della Commissione e del Comitato delle regioni, agli eventi da loro organizzati, ai fini della condivisione e dell'interscambio di informazioni sulle esperienze maturate nel quadro di Regioni per il cambiamento economico,

d)

partecipare all'esecuzione dei programmi Interreg IV C e Urbact 2007-2013 con ruolo consultivo, attraverso la nomina di un membro indicato dal Comitato delle regioni nel comitato di sorveglianza di ciascuno,

e)

collaborare per promuovere, nelle future reti, anche tramite uno studio preliminare, l'utilizzo del gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT), nuovo strumento giuridico istituito per orientare e facilitare la cooperazione territoriale,

f)

intervenire in forma attiva nelle attività di dimostrazione e di diffusione, all'interno di un piano di comunicazione coordinato, secondo modalità da concordarsi al momento della predisposizione di tale piano,

g)

stabilire un'azione sinergica e complementare tra l'iniziativa Regioni per il cambiamento economico e la Piattaforma di controllo di Lisbona del Comitato delle regioni;

40.

ribadisce che i progressi e l'impostazione tematica dell'iniziativa dovranno essere discussi e valutati nell'ambito di una conferenza annuale congiunta.

Bruxelles, 7 giugno 2007.

Il presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE

II.   Procedura

Titolo

Comunicazione della Commissione — Regioni per il cambiamento economico

Riferimenti

COM(2006) 675 def.

Base giuridica

Consultazione facoltativa, art. 265, primo comma

Base regolamentare

 

Data della consultazione da parte del Consiglio/Data della lettera della Commissione europea

8.11.2006

Data della decisione del Presidente/ dell'Ufficio di presidenza

9.1.2007

Commissione competente

commissione Politica di coesione territoriale (COTER)

Relatore

Alvaro ANCISI, consigliere comunale di Ravenna, (IT/PPE)

Nota di analisi

16.1.2007

Esame in commissione

16.3.2007

Data dell'adozione in commissione

16.3.2007

Esito del voto in commissione

Unanimità

Data dell'adozione in sessione plenaria

6-7.6.2007

Precedente parere del Comitato

 


(1)  Cfr. il documento di lavoro dei servizi della Commissione — SEC(2006) 1432 dell'8.11.2006.

(2)  Cfr. regolamento (CE) n. 1080/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1783/1999, articoli 4, 5 e 6.

(3)  Ibidem.

(4)  Si fa qui riferimento al piano della Commissione europea Debate Europe, Democrazia-Dialogo-Discussione: Il futuro dell'Europa, lanciato nel 2005.