ISSN 1725-2466

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 51

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

50o anno
6 marzo 2007


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

III   Atti preparatori

 

Comitato delle regioni

 

66a sessione plenaria del 11 e del 12 ottobre 2006

2007/C 051/01

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione

1

2007/C 051/02

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive

7

2007/C 051/03

Parere del Comitato delle regioni in merito al Pacchetto allargamento 2005 2005/ELAR/001 e alla Comunicazione della Commissione I Balcani occidentali sulla strada verso l'UE: consolidare la stabilità e rafforzare la prosperità

16

2007/C 051/04

Parere del Comitato delle regioni in merito al Libro verde — Una strategia europea per un'energia sostenibile, competitiva e sicura alla Comunicazione della Commissione — Piano d'azione per la biomassa e alla Comunicazione della Commissione — Strategia dell'UE per i biocarburanti

23

2007/C 051/05

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sui partenariati pubblico-privati e sul diritto comunitario in materia di appalti pubblici e concessioni

27

2007/C 051/06

Parere del Comitato delle regioni, sul tema La creazione di Patti territoriali europei: proposta di revisione dei contratti e delle convenzioni tripartiti

31

2007/C 051/07

Parere del Comitato delle regioni sul tema La situazione dei minori stranieri non accompagnati — Il ruolo e le proposte degli enti locali e regionali

35

IT

 


III Atti preparatori

Comitato delle regioni

66a sessione plenaria del 11 e del 12 ottobre 2006

6.3.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 51/1


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione

(2007/C 51/01)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (COM(2006) 91 def. — 2006/0033 (COD)),

vista la decisione del Consiglio, del 27 marzo 2006, di consultare il Comitato delle regioni in merito a tale proposta, conformemente all'art. 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente del 22 febbraio 2006 di affidare alla commissione Politica economica e sociale l'elaborazione di un parere in merito a detta proposta,

visto il proprio parere (CdR 148/2005 fin) in merito alla comunicazione della Commissione Ristrutturazioni e occupazioneAnticipare e accompagnare le ristrutturazioni per ampliare l'occupazione: il ruolo dell'Unione europea (COM(2005) 120 def.),

vista la propria risoluzione in merito al programma di lavoro della Commissione europea e alle priorità 2006 del Comitato delle regioni (CdR 275/2005 fin),

visto il proprio progetto di parere (CdR 137/2006 riv. 1), adottato il 3 luglio 2006 (relatrice: Irene OLDFATHER, membro del Parlamento scozzese (UK/PSE)),

ha adottato il seguente parere in data 11 ottobre 2006, nel corso della 66a sessione plenaria.

1.   Posizione del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

è convinto che il carattere sociale fondamentale dell'economia europea — che implica un livello sufficiente di sicurezza sociale in ambiti quali la disoccupazione, le pensioni e altre prestazioni sociali, nonché un certo grado di tutela del posto di lavoro — dovrebbe essere mantenuto ma modernizzato al livello europeo, nazionale o regionale competente, conformemente al principio di sussidiarietà, onde garantire la competitività dell'economia europea e consentirle di far fronte alle future pressioni demografiche e alle sfide poste dalla globalizzazione;

1.2

si compiace della proposta di istituire un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (in appresso, FEG), con cui l'UE dimostri la sua solidarietà nei confronti dei lavoratori licenziati in conseguenza di trasformazioni rilevanti della struttura del commercio mondiale, ed è convinto che l'aiuto ai singoli lavoratori a riqualificarsi in vista di un reinserimento nel mercato del lavoro non costituisca affatto un «sussidio all'occupazione» (job subsidisation), ma riduca invece gli oneri che la disoccupazione fa gravare sulle persone e sugli Stati, massimizzi l'uso di un'importante risorsa economica e promuova una maggiore consapevolezza e accettazione della globalizzazione e della flessibilità del mercato del lavoro. Il CdR riconosce che, nell'Unione europea, in molti casi le ristrutturazioni economiche sono imposte da un'evoluzione della tecnologia o dei gusti dei consumatori che non ha nulla a che vedere con il commercio mondiale, per cui i lavoratori che ne subiscono le conseguenze non sono ammissibili al sostegno da parte del FEG. La proposta della Commissione, dunque, limita l'ambito di applicazione di tale fondo ai casi in cui è possibile ricondurre i licenziamenti in questione a delle trasformazioni rilevanti della struttura del commercio mondiale. Pertanto, il CdR è convinto che gli strumenti disponibili nell'ambito dei fondi strutturali vadano utilizzati soprattutto per far fronte ai licenziamenti causati dalle delocalizzazioni intracomunitarie; ritiene che il principio del cofinanziamento vada applicato anche al FEG per garantire che le domande di finanziamento rispondano a un'autentica motivazione nazionale, regionale o locale;

1.3

ritiene che, per far fronte alla sfida posta dalla globalizzazione, occorrano delle appropriate strategie a lungo termine, ossia una buona capacità previsionale, pianificazione e strategie appropriate di investimento, anche in capitale umano, mentre, per la finalità e l'ambito del suo sostegno finanziario (come definiti al vertice della presidenza britannica del dicembre 2005), il FEG si limita a contrastare gli effetti negativi delle trasformazioni strutturali del commercio mondiale mediante interventi a posteriori;

1.4

sottolinea l'effetto positivo generale della globalizzazione sulla crescita e sull'occupazione in Europa e insiste quindi sul fatto che un fondo inteso a mitigare gli effetti negativi della globalizzazione debba essere dotato di risorse adeguate. Pertanto, raccomanda di fissarne il massimale annuo di spesa a 1.000 milioni di euro, sempre che ciò sia compatibile con i vincoli delle prospettive finanziarie 2007-2013;

1.5

sottolinea che gli enti locali e regionali contribuiscono attivamente a contrastare gli effetti dei licenziamenti collettivi e quindi ritiene che tali enti debbano essere coinvolti nell'applicazione del FEG. Riconosce tuttavia che, poiché l'aiuto comunitario potrà essere concesso solo su richiesta dello Stato membro interessato, tale richiesta sarà considerata una tacita ammissione della gravità della situazione e obbligherà quello Stato ad assumersene la responsabilità. Il FEG, infatti, non deve far venir meno la responsabilità degli Stati membri, i quali devono trovare una soluzione autonoma ai problemi posti dalle ristrutturazioni economiche;

1.6

riconosce che non si vuole, né si può o si deve, sovrapporre l'intervento del FEG a quello dei fondi strutturali (date le lunghe e complesse procedure di programmazione e gestione/controllo) e che, nel richiedere l'intervento del FEG, gli Stati membri dovranno dimostrare sia l'assenza di sovrapposizione che la complementarità tra i vari strumenti finanziari. Prende atto che il FEG mira non a promuovere lo sviluppo generale di una data regione, bensì a far fronte agli effetti dei licenziamenti collettivi da parte di una data impresa, pur riconoscendo che questi ultimi possono avere ripercussioni più generali sulla prosperità di un'intera regione, a causa delle conseguenze indirette sui fornitori di tale impresa, che, considerate nel loro complesso, possono incidere notevolmente sullo sviluppo regionale;

1.7

prende atto che, a differenza di quanto avviene per i fondi strutturali, i contributi finanziari erogati dal FEG non saranno ripartiti «equamente» sulla base dei livelli relativi di sviluppo, ma si concentreranno sui casi in cui si verificheranno effettivamente dei licenziamenti del tipo previsto;

1.8

prende atto che, se il beneficiario finale è il singolo lavoratore, gli interventi del FEG (per esempio l'organizzazione di servizi di consulenza) verranno attuati non attraverso il lavoratore stesso, ma tramite le autorità locali/regionali/nazionali o le imprese;

1.9

richiama l'affermazione della Commissione secondo cui il FEG deve essere uno strumento in grado di intervenire in tempi rapidi e in modo non burocratico. Deplora pertanto che, in base al processo decisionale proposto, ogni intervento del FEG debba essere approvato singolarmente e «per lotti» dall'autorità di bilancio comunitaria (Consiglio e Parlamento), poiché ciò renderà difficile attuare tali interventi con la rapidità di intervento moralmente e praticamente necessaria.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Raccomandazione 1

Considerando 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(5)

Le azioni finanziate nell'ambito del presente regolamento non devono beneficiare dell'aiuto finanziario di altri strumenti finanziari della Comunità.

(5)

Le azioni finanziate nell'ambito del presente regolamento non possono devono beneficiare dell'aiuto finanziario complementare di altri strumenti finanziari della Comunità.

Motivazione

I fondi strutturali dell'UE provvedono al cofinanziamento di meccanismi nazionali che consentono agli Stati membri di intervenire in caso di licenziamenti di massa. Questi meccanismi non assumono però necessariamente la forma di azioni a breve o medio termine. Si dovrebbe quindi prevedere la possibilità che le misure finanziate dal FEG integrino a breve termine gli aiuti forniti dagli strumenti finanziari comunitari.

Inoltre il considerando 5 del testo proposto dalla Commissione appare in contraddizione con l'articolo 5, paragrafo 2, lettera d), il quale afferma che le domande di finanziamento presentate al FEG devono «contenere le seguenti informazioni:[.. .] d) le azioni specifiche da finanziare e la stima dettagliata dei loro costi, ivi compresa la loro complementarità con le azioni finanziate dai fondi strutturali».

Raccomandazione 2

Considerando 6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(6)

L'aiuto comunitario deve essere concesso unicamente su richiesta dello Stato membro interessato. La Commissione deve garantire la parità di trattamento delle domande presentate dagli Stati membri.

(6)

L'aiuto comunitario deve essere concesso unicamente su richiesta dello Stato membro interessato, previa consultazione degli enti locali e/o regionali interessati conformemente alle norme costituzionali di quello Stato. La Commissione deve garantire la parità di trattamento delle domande presentate dagli Stati membri, senza tuttavia tener conto della distribuzione geografica generale dei contributi finanziari del FEG.

Motivazione

Il presente emendamento sottolinea che non solo gli Stati membri, ma anche gli enti locali e regionali svolgono un ruolo attivo nel mitigare gli effetti negativi della globalizzazione. Poiché, ai fini della possibilità di intervento del FEG, il regolamento prevede la misurazione dell'impatto negativo dei licenziamenti sull'economia regionale o locale, gli enti locali e regionali dovrebbero essere coinvolti nella sua applicazione, conformemente al principio di sussidiarietà.

L'aiuto comunitario dovrebbe essere concesso secondo il bisogno, determinato in base ai criteri previsti nel regolamento. La Commissione dovrebbe resistere a qualsiasi pressione da parte degli Stati membri eventualmente interessati a un'«equa» ripartizione dei contributi finanziari.

Raccomandazione 3

Articolo 2

Criteri di intervento

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Il FEG fornisce un contributo finanziario qualora trasformazioni rilevanti della struttura del commercio mondiale siano all'origine di gravi perturbazioni economiche, in particolare un aumento massiccio delle importazioni nell'UE, un calo progressivo della quota di mercato dell'Unione europea in un determinato settore o una delocalizzazione in paesi terzi, aventi come conseguenza:

a)

il licenziamento di almeno 1 000 dipendenti di un'impresa, compresi i lavoratori licenziati dai fornitori o produttori a valle di tale impresa, in una regione in cui la disoccupazione, misurata al livello NUTS III, è più elevata della media nazionale o comunitaria,

oppure

b)

il licenziamento di almeno 1 000 dipendenti, per un periodo di 6 mesi, di una o più imprese di un settore, misurato al livello 2 della NACE, che rappresenta almeno l'1% dell'occupazione regionale misurata al livello NUTS II.

Il FEG fornisce un contributo finanziario qualora trasformazioni rilevanti della struttura del commercio mondiale siano all'origine di gravi perturbazioni economiche, in particolare un aumento massiccio delle importazioni nell'UE, un calo progressivo della quota di mercato dell'Unione europea in un determinato settore o una delocalizzazione in paesi terzi, aventi come conseguenza:

a)

il licenziamento di almeno 500 1 000 dipendenti di un'impresa, compresi i lavoratori licenziati dai fornitori o produttori a valle di tale impresa, in una regione in cui la disoccupazione, misurata al livello NUTS III, è più elevata della media nazionale o comunitaria,

oppure

b)

il licenziamento di almeno 500 1 000 dipendenti, per un periodo di 12 6 mesi, di una o più imprese di un settore che, misurato al livello 2 della NACE, che rappresenta i almeno l'1% dell'occupazione regionale o in cui l'occupazione regionale, misurata al livello NUTS II, sia diminuita di almeno il 10% nello stesso periodo,

c)

anche laddove non siano soddisfatti i criteri quantitativi di cui ai punti (a) e (b), la Commissione può, in circostanze eccezionali debitamente giustificate, autorizzare uno Stato membro a richiedere l'intervento del FEG.

Motivazione

I criteri andrebbero modificati per rendere più flessibile lo strumento. È altresì importante inserire nel regolamento, come clausola di salvaguardia, un criterio politico per la valutazione dell'ammissibilità delle domande di finanziamento.

Raccomandazione 4

Articolo 5, paragrafo 1

Domande

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.   Lo Stato membro presenta alla Commissione una domanda di contributo del FEG

(…)

1.   Previa consultazione degli enti locali e/o regionali interessati e delle parti sociali coinvolte, l Lo Stato membro presenta alla Commissione una domanda di contributo del FEG

(…)

Motivazione

Gli enti locali e regionali e le rispettive comunità subiranno le ripercussioni della delocalizzazione e della chiusura delle imprese e quindi dovrebbero essere coinvolti nella definizione delle strategie volte a contrastare tali effetti. Pertanto occorre che gli enti locali e regionali e le parti sociali partecipino al processo decisionale, anche per garantire la complementarità tra le azioni intraprese ai livelli locale, regionale, nazionale ed europeo.

Raccomandazione 5

Articolo 5, paragrafo 6

Domande

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

6.   La Commissione assicura il trattamento paritario delle domande presentate dagli Stati membri.

6.   La Commissione assicura il trattamento paritario delle domande presentate dagli Stati membri, senza tuttavia tener conto della distribuzione geografica generale dei contributi finanziari del FEG.

Motivazione

L'aiuto comunitario dovrebbe essere concesso secondo il bisogno, determinato in base ai criteri previsti nel regolamento. La Commissione dovrebbe resistere a qualsiasi pressione da parte degli Stati membri eventualmente interessati a un'«equa» ripartizione dei contributi finanziari.

Raccomandazione 6

Articolo 6

Complementarità, conformità e coordinamento

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

5.   Lo Stato membro si assicura che le azioni che beneficiano di un contributo del FEG non ricevano aiuti da altri strumenti finanziari comunitari.

5.   Lo Stato membro si assicura che le azioni che beneficiano di un contributo del FEG possano anche ricevere aiutinon ricevano aiuti da altri strumenti finanziari comunitari.

Motivazione

L'articolo 15, paragrafo 1 del testo proposto dalla Commissione cita espressamente la possibilità di fare un uso «complementare» del FEG rispetto ad altri strumenti finanziari comunitari (vale a dire i fondi strutturali e il FSE) nel caso di licenziamenti su larga scala.

Raccomandazione 7

Articolo 12

Procedura di bilancio

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.   Se ritiene che debba essere concesso un contributo finanziario del FEG, la Commissione trasmette all'autorità di bilancio una proposta di autorizzazione degli stanziamenti corrispondenti all'importo stabilito conformemente all'articolo 10.

(…)

2.   La Commissione presenta le proposte per lotti all'autorità di bilancio.

(…)

3.   Non appena l'autorità di bilancio rende disponibili gli stanziamenti, la Commissione adotta la decisione di concessione di un contributo finanziario.

1.   Se ritiene che debba essere concesso un contributo finanziario del FEG, la Commissione trasmette all'autorità di bilancio una proposta di autorizzazione degli stanziamenti corrispondenti all'importo stabilito conformemente all'articolo 10.

(…)

2.   La Commissione informa presenta le proposte per lotti all'autorità di bilancio.

(…)

3.   Non appena l'autorità di bilancio rende disponibili gli stanziamenti, l La Commissione adotta la decisione di concessione di un contributo finanziario.

Motivazione

L'obbligo di ottenere l'autorizzazione sia del Parlamento che del Consiglio per ogni domanda di contributo finanziario del FEG allungherà i tempi di un processo decisionale che è invece rivolto a fornire un sostegno immediato e a breve termine. Il requisito aggiuntivo della presentazione delle proposte «per lotti» comporterà un ulteriore allungamento dei tempi. Si dovrebbe delegare alla Commissione la competenza a decidere la concessione dei singoli contributi finanziari, salvo l'obbligo di informare in merito l'autorità di bilancio.

Raccomandazione 8

Articolo 16, paragrafo 2

Relazione annuale

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

2.   La relazione è trasmessa per informazione alle parti sociali.

2.   La relazione è trasmessa per informazione alle parti sociali, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni.

Motivazione

I risultati ottenuti con il Fondo hanno un rilievo immediato per gli enti locali e regionali, per cui rivestono interesse per il CdR. È importante mantenere un'ampia base di consultazione e garantire la trasparenza nei confronti delle istituzioni europee e delle parti sociali che contribuiranno al successo del progetto.

Raccomandazione 9

Articolo 17, paragrafo 2

Valutazione

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

2.   I risultati della valutazione sono trasmessi per informazione all'autorità di bilancio e alle parti sociali

2.   I risultati della valutazione sono trasmessi per informazione all'autorità di bilancio al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alle parti sociali.

Motivazione

I risultati ottenuti con il Fondo hanno un rilievo immediato per gli enti locali e regionali, per cui rivestono interesse per il CdR. È importante mantenere un'ampia base di consultazione e garantire la trasparenza nei confronti delle istituzioni europee e delle parti sociali che contribuiranno al successo del progetto.

Raccomandazione 10

Incidenza sul bilancio

L'importo massimo delle spese finanziate dal Fondo sarà di € 500 1.000 milioni all'anno in prezzi correnti, sempre che ciò sia compatibile con i vincoli delle prospettive finanziarie 2007-2013.

Motivazione

È improbabile che il massimale annuo previsto per il FEG sia sufficiente, considerate le stime sul numero di lavoratori colpiti ogni anno da licenziamenti imputabili alle trasformazioni strutturali del mercato mondiale. Pertanto, sembra ragionevole raddoppiare tale importo, che anche così rientrerebbe ampiamente nei limiti degli importi «non utilizzati» del bilancio comunitario.

Bruxelles, 11 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


6.3.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 51/7


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive

(2007/C 51/02)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (COM(2005) 646 def. — 2005/0260 (COD)),

vista la decisione del Consiglio, del 7 febbraio 2006, di consultarlo a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, del 16 febbraio 2006, di incaricare la commissione Cultura, istruzione e ricerca di elaborare un parere sull'argomento,

vista la Direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive, modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 giugno 1997,

visto il proprio parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniIl futuro della politica europea in materia di regolamentazione audiovisiva  (1) (CdR 67/2004 fin) (2),

visto il proprio parere in merito alla Quarta relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni in applicazione della direttiva 89/552/CEE «Televisione senza frontiere»  (3) (CdR 90/2003 fin) (4),

vista la Risoluzione del Parlamento europeo sulla «Televisione senza frontiere» (2003/2033(INI)),

vista la Quinta relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'attuazione della direttiva 89/552/CEE «Televisione senza frontiere» (COM(2006) 49 def.),

vista la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniSettima comunicazione relativa all'applicazione degli articoli 4 e 5 della direttiva 89/552/CEE «Televisione senza frontiere», così come modificata dalla direttiva 97/36/CE, per il periodo 2003-2004 (COM(2006) 459 def.),

vista la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul riesame della situazione relativa all'interoperabilità dei servizi di televisione digitale interattiva ai sensi della comunicazione COM(2004) 541 del 30 luglio 2004 (COM(2006) 37 def.),

vista la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniLa regolamentazione e i mercati europei delle comunicazioni elettroniche 2005 (undicesima relazione) (COM(2006) 68 def.),

visto il progetto di parere (CdR 106/2006 riv. 2) adottato il 20 giugno 2006 dalla commissione Cultura, istruzione e ricerca (relatore: LAMBERTZ, ministro-presidente della Comunità di lingua tedesca del Belgio (BE/PSE)),

considerando quanto segue:

1)

Dopo l'adozione della direttiva «Televisione senza frontiere» nel 1989 e la sua modifica nel 1997, lo sviluppo tecnologico ha continuato a progredire. In modo particolare la digitalizzazione e la convergenza dei mezzi di comunicazione hanno reso necessario un adeguamento del quadro normativo in vigore. In futuro sarà possibile diffondere contenuti digitalizzati mediante diverse modalità di trasmissione, offrendo così agli utenti, su qualsiasi tipo di terminale, un ampio spettro di informazioni e di possibilità di intrattenimento.

2)

Il quadro normativo deve tener conto di questi sviluppi, se non altro anche per evitare distorsioni della concorrenza tra i servizi televisivi di tipo classico e gli altri servizi offerti dai mezzi di comunicazione. Il Comitato delle regioni e il Parlamento europeo hanno caldeggiato ripetutamente un adeguamento dell'attuale direttiva «Televisione senza frontiere» ai cambiamenti strutturali e agli sviluppi tecnologici, e hanno chiesto l'introduzione di norme di base per tutti i servizi di media.

3)

Data l'importanza cruciale che i media audiovisivi hanno per il mantenimento della diversità culturale e per lo sviluppo di una società pluralista in Europa, è necessario adeguare il quadro regolamentare europeo in modo tale da consentirne e promuoverne un ulteriore sviluppo. I media, nel complesso, sono particolarmente importanti per la salvaguardia della diversità culturale e dell'identità regionali e locali. Inoltre, l'esistenza di mezzi di comunicazione di massa a livello regionale e locale contribuisce alla diffusione di contenuti locali e spesso anche delle lingue minoritarie.

4)

I diversi servizi elettronici ai quali gli utenti oggi sono continuamente e in vario modo confrontati hanno portato a una diversa percezione della comunicazione commerciale. Nel quadro della revisione della direttiva è pertanto opportuno modificare le restrizioni quantitative in materia di pubblicità: si tratta infatti di un approccio pertinente e adeguato ai tempi. Sono però necessarie determinate limitazioni qualitative per garantire l'indipendenza editoriale e la libertà di programmazione dei servizi di media audiovisivi, presupposti indispensabili ai fini di un processo democratico di formazione del consenso a livello nazionale e regionale. In tale contesto occorre tener conto in misura sufficiente anche degli interessi relativi alla tutela dei minori e dei consumatori,

ha adottato il seguente parere in data 11 ottobre 2006, nel corso della 66a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

Campo di applicazione della direttiva

1.1

accoglie con soddisfazione l'estensione dell'ambito di applicazione della direttiva. Considerata la crescente convergenza è opportuno che tutti i servizi di media siano soggetti a determinati standard minimi in materia di tutela dei minori e della dignità umana, promozione di opere europee e indipendenti e diritto di realizzare brevi estratti dell'attualità in caso di avvenimenti che rivestono un'importanza per l'opinione pubblica;

1.2

reputa tuttavia che sotto questo aspetto la proposta della Commissione non sia sufficiente e, a causa della convergenza tecnica, a cui sempre più spesso fa seguito anche una convergenza di contenuti, ritiene necessario che la direttiva «Televisione senza frontiere» diventi, in misura ancora maggiore, una direttiva applicabile indipendentemente dalle piattaforme utilizzate e che contempli tutti i contenuti diffusi per via elettronica che si servono di immagini in movimento;

1.3

considera opportuno che ai servizi di media che, oltre a suoni o testi, utilizzano anche immagini in movimento si applichino gli standard minimi in materia di tutela dei minori e di rispetto della dignità umana, e non solo norme di natura puramente economica come ad esempio la direttiva sul commercio elettronico.

Disposizioni differenziate

1.4

Ritiene adeguata la proposta della Commissione di differenziare la normativa a seconda che si tratti di servizi di media audiovisivi lineari o non lineari, considerate le differenti possibilità di scelta e di controllo da parte degli utenti; accoglie con favore il fatto che tutti i servizi di media audiovisivi debbano soddisfare determinati requisiti fondamentali.

Principio del paese di trasmissione

1.5

Si compiace che la Commissione resti fedele al principio del paese di trasmissione; chiede tuttavia che lo Stato membro di ricezione abbia possibilità di azione più incisive nel caso in cui un fornitore di servizi di media eserciti un'attività orientata unicamente o prevalentemente verso il territorio di uno Stato membro diverso da quello di trasmissione.

Meccanismi di autoregolamentazione

1.6

Si compiace del fatto che la Commissione sia favorevole all'introduzione di meccanismi di autoregolamentazione ed esorti gli Stati membri ad incoraggiare l'adozione di norme al riguardo;

1.7

raccomanda tuttavia, non fosse altro che per ragioni di competenza, di non andare oltre. Considerata la diversità culturale e tenuto conto della sussidiarietà, vanno evitate disposizioni in merito ai contenuti dei meccanismi di autoregolamentazione a livello nazionale e regionale.

Diritto di realizzare brevi estratti dell'attualità

1.8

Si compiace del fatto che in futuro, al fine di garantire un flusso di informazioni transfrontaliero e il libero accesso alle informazioni, sia previsto il diritto di realizzare brevi estratti dell'attualità. Ciò contribuisce in maniera decisiva al pluralismo di opinioni, nonché all'informazione transfrontaliera su avvenimenti importanti verificatisi in altre regioni. Inoltre, in questo modo la normativa concernente il settore televisivo viene ulteriormente ravvicinata all'apposita convenzione del Consiglio d'Europa;

1.9

ribadisce che il diritto di realizzare brevi estratti dell'attualità dev'essere garantito anche e in particolare alle emittenti che trasmettono nelle lingue minoritarie.

Promozione di produzioni europee e indipendenti

1.10

Si compiace espressamente del mantenimento del sistema di quote inteso a promuovere la produzione di opere europee, poiché esse contribuiscono in modo determinante alla salvaguardia e allo sviluppo delle identità regionali; chiede tuttavia che tale sistema venga applicato in modo più rigoroso e più uniforme;

1.11

reputa necessario che gli Stati membri, nei limiti di quanto praticamente possibile, siano tenuti ad assicurare con mezzi adeguati che anche i fornitori di servizi non lineari soggetti alla loro giurisdizione promuovano la produzione di opere europee e indipendenti e l'accesso alle stesse.

Norme in materia di pubblicità

1.12

Reputa eccessiva la flessibilità introdotta in merito all'inserimento di prodotti nelle trasmissioni — che viene autorizzato per la prima volta con il progetto di direttiva all'esame — e ritiene che essa comporti evidentemente notevoli rischi per l'indipendenza editoriale, anche se l'articolo 3 nonies, paragrafo 1, lettera a), della proposta vorrebbe impedirlo;

1.13

ritiene che le disposizioni di cui all'articolo 11 (intervallo tra le pause pubblicitarie) e all'articolo 18 (limitazione oraria del tempo di trasmissione dedicato alla pubblicità) non siano più pertinenti; propone pertanto di rendere più liberali le norme quantitative in materia di pubblicità per i fornitori di servizi lineari;

1.14

reputa però che, in caso di soppressione di tali disposizioni, nell'interesse della tutela dei minori e dei consumatori sia necessario introdurre il divieto di interrompere con la pubblicità i programmi per bambini e i notiziari;

1.15

raccomanda di modificare le disposizioni in base alle quali gli spot pubblicitari isolati devono restare un'eccezione, in modo tale da prevedere la possibilità di deroga per ragioni oggettive.

Indipendenza delle autorità di regolamentazione nazionali

1.16

Appoggia la prevista indipendenza delle autorità di regolamentazione nazionali, ma reputa che fondamentalmente debba continuare a spettare agli Stati membri, ed eventualmente alle regioni con competenze legislative, decidere come organizzare la supervisione dei propri mezzi di comunicazione, soprattutto se dispongono di un servizio pubblico di radiodiffusione organizzato in modo pluralistico.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Raccomandazione 1

Punto 2, riformulazione dell'articolo 1, lettera a)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

2)

L'articolo 1 è sostituito dal seguente:

«Articolo 1

Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)

“servizio di media audiovisivo”, un servizio quale quello definito agli articoli 49 e 50 del Trattato il cui obiettivo principale è la fornitura di immagini animate, sonore o non, al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico, attraverso reti di comunicazioni elettroniche ai sensi dell'articolo 2, lettera a) della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;»

2)

L'articolo 1 è sostituito dal seguente:

«Articolo 1

Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)

“servizio di media audiovisivo”, un servizio quale quello definito agli articoli 49 e 50 del Trattato il cui obiettivo principale è anche la fornitura di immagini animate, sonore o non, compresi i teletesti di accompagnamento, al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico, attraverso reti di comunicazioni elettroniche ai sensi dell'articolo 2, lettera a) della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. Sono esclusi i giochi d'azzardo che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, comprese le lotterie e le scommesse

Motivazione

Proprio a causa della convergenza tecnica, a cui sempre più spesso fa seguito anche una convergenza di contenuti, non è opportuno che la direttiva contempli solo i servizi di media il cui obiettivo principale è la diffusione di immagini animate, sonore o meno. Anche al fine di evitare distorsioni della concorrenza è opportuno piuttosto applicare gli standard minimi di cui agli articoli da 3 quinquies a 3 nonies a tutti i servizi di media audiovisivi che si servono anche di immagini animate. Un motivo che depone a favore di questo approccio è dato anzitutto dal fatto che sono sempre più fluidi i confini tra i servizi di media il cui obiettivo principale è la fornitura di immagini in movimento con o senza accompagnamento sonoro e i servizi che utilizzano in maniera accessoria anche immagini animate con o senza audio (ad esempio la stampa in formato elettronico o i programmi radio trasmessi via Internet). Inoltre non si capisce come mai ai servizi di media che, oltre alle immagini animate, utilizzano in misura uguale o preponderante suoni o testi non si debbano applicare gli standard minimi in materia di tutela dei minori e di rispetto della dignità umana, ma solo norme di natura puramente economica, come ad esempio la direttiva sul commercio elettronico.

La direttiva dovrebbe contemplare anche i teletesti che accompagnano i servizi di media audiovisivi. Tali testi rientrano già nel campo di applicazione della direttiva vigente, ragion per cui andrebbero menzionati esplicitamente all'articolo 1, lettera a).

Per motivi di pubblica sicurezza e di ordine pubblico e al fine di evitare reati e di proteggere i consumatori, il settore del gioco d'azzardo non è considerato un'attività economica normale. Conformemente al disposto della direttiva sul commercio elettronico è pertanto necessario chiarire anche nella direttiva sui servizi di media audiovisivi che le disposizioni intese a facilitare le attività transfrontaliere non si riferiscono ai giochi di azzardo, di qualsiasi tipo essi siano. Nella direttiva sui servizi di media audiovisivi il gioco d'azzardo non viene menzionato esplicitamente; tuttavia, considerato che è prevista l'estensione del campo di applicazione della direttiva ai servizi di media audiovisivi non lineari, non è da escludere che vi rientrino anche i servizi relativi ai giochi d'azzardo. Per questo motivo l'articolo 1, lettera a), andrebbe completato inserendovi il testo dell'articolo 1, paragrafo 5, della direttiva sul commercio elettronico relativo ai settori esclusi dal campo di applicazione della direttiva stessa.

Raccomandazione 2

Punto 2, riformulazione dell'articolo 1, lettera c)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento

Articolo 1, lettera c)

(c)

«radiodiffusione televisiva» o «trasmissione televisiva», un servizio di media audiovisivo lineare nel quale il fornitore del servizio di media decide il momento di trasmissione di un programma specifico e stabilisce il palinsesto dei programmi;

Articolo 1, lettera c)

(c)

«radiodiffusione televisiva» o «trasmissione televisiva», un servizio di media audiovisivo lineare nel quale il fornitore del servizio di media decide il momento di trasmissione di un programma specifico e stabilisce il palinsesto dei programmi «servizio lineare» (cioè trasmissione televisiva), un servizio di media audiovisivo che consiste nella trasmissione, in forma codificata o non, di programmi televisivi destinati a un numero indeterminato di potenziali telespettatori ai quali vengono simultaneamente trasmesse o erogate le medesime immagini, indipendentemente dalla tecnica di trasmissione delle immagini stesse;

Motivazione

È possibile definire con maggiore precisione il concetto di «servizio lineare» facendo riferimento alle considerazioni formulate dalla Corte di giustizia nella «sentenza Mediakabel» in merito al concetto di «trasmissione televisiva». Per distinguere meglio tra il concetto di «servizio lineare» e «servizio non lineare», nei considerando andrebbero inoltre menzionati, a titolo esemplificativo, gli esempi citati dalla Commissione stessa nella motivazione della proposta di direttiva (cfr. punto 5 della relazione, doc. COM(2005) 646 def.), nonché quelli da essa addotti nel suo documento non ufficiale del febbraio 2006 per illustrare tale distinzione.

Raccomandazione 3

Punto 2, riformulazione dell'articolo 1, lettera h)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento

Articolo 1, lettera h)

(h)

«pubblicità occulta», la presentazione orale o visiva di beni, di servizi, del nome, del marchio o delle attività di un produttore di beni o di un fornitore di servizi in un programma, qualora tale presentazione sia fatta intenzionalmente dall'emittente per perseguire scopi pubblicitari e possa ingannare il pubblico circa la sua natura; una presentazione si considera intenzionale quando è fatta dietro compenso o altro pagamento;

Articolo 1, lettera h)

(h)

«pubblicità occulta», la presentazione orale o visiva di beni, di servizi, del nome, del marchio o delle attività di un produttore di beni o di un fornitore di servizi in un programma, qualora tale presentazione sia fatta intenzionalmente dall'emittente dal fornitore di un servizio di media audiovisivo per perseguire scopi pubblicitari e possa ingannare il pubblico circa la sua natura; una presentazione si considera intenzionale quando è fatta dietro compenso o altro pagamento o quando un prodotto, un servizio, un nome, un marchio o un'attività vengono messi in evidenza in modo indebito. Un'evidenziazione è indebita se non è giustificata da esigenze editoriali del programma in particolare ai fini di illustrare la realtà di vita;

Motivazione

Essendo stato esteso il campo di applicazione della direttiva, il divieto di pubblicità occulta dovrebbe valere, di conseguenza, per tutti i fornitori di servizi di media audiovisivi e non solo per le emittenti televisive/per i servizi lineari. All'articolo 1, lettera h), il termine «emittente» va pertanto sostituito con l'espressione «fornitore di un servizio di media audiovisivo».

La definizione di «pubblicità occulta vietata» di cui all'articolo 1, lettera h), andrebbe precisata facendo riferimento al punto 33 della comunicazione interpretativa della Commissione europea sulla pubblicità televisiva (criterio dell'indebita evidenziazione). Integrando l'articolo 3 nonies, paragrafo 1, vengono poi descritte con precisione le condizioni rigorose alle quali è consentito mettere a disposizione prodotti per le produzioni audiovisive.

Raccomandazione 4

Punto 4, nuova lettera c)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento

 

c)

all'articolo 2 bis viene inserito il seguente paragrafo 4:

«Nel caso dei servizi non lineari gli Stati membri possono adottare misure a norma dell'articolo 3, paragrafi da 3 a 5, e dell'articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (direttiva sul commercio elettronico).»

Motivazione

Il Comitato delle regioni appoggia il principio del paese d'origine quale principio fondamentale della direttiva. Tuttavia gli Stati membri dovrebbero continuare ad avere la possibilità di vietare, per esempio, i contenuti di estrema destra. Per i servizi lineari essi potrebbero procedere contro tali contenuti basandosi sull'articolo 2 bis, paragrafo 2, lettera a); per i servizi non lineari, però, si creerebbe un vuoto normativo in quanto la direttiva sui servizi di media audiovisivi impedirebbe il ricorso alle possibilità di intervento finora previste in virtù della direttiva sul commercio elettronico. Per questo motivo per i servizi non lineari va concessa agli Stati membri la facoltà di adottare provvedimenti di interdizione a norma della direttiva sul commercio elettronico, come avvenuto finora. A tal fine andrebbe indicato esplicitamente in un nuovo articolo 2 bis, paragrafo 4, che gli Stati membri per i servizi non lineari possono adottare misure a norma dell'articolo 3, paragrafi da 3 a 5, e dell'articolo 12, paragrafo 3, della direttiva sul commercio elettronico.

Raccomandazione 5

Punto 5, riformulazione dell'articolo 3, paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento

Articolo 3, paragrafo 3

Gli Stati membri incoraggiano i regimi di coregolamentazione nei settori coordinati dalla presente direttiva. Tali regimi sono concepiti in modo da poter essere largamente accettati dai principali soggetti interessati e da assicurare un'applicazione efficace delle norme.

Articolo 3, paragrafo 3

Ai fini dell'applicazione e del rispetto delle disposizioni della presente direttiva, gli Gli Stati membri incoraggiano i regimi meccanismi di autoregolamentazione e di coregolamentazione nei settori coordinati dalla presente direttiva. Tali regimi meccanismi sono concepiti in modo da poter essere largamente accettati dai principali soggetti interessati nei singoli Stati membri e da assicurare un'applicazione efficace delle norme.

Motivazione

Dovrebbe continuare ad essere prevista la possibilità di applicare la direttiva mediante meccanismi di autoregolamentazione e di autocontrollo. Nel dispositivo della direttiva, e a titolo sussidiario anche nei considerando, andrebbe pertanto chiarito che è prevista anche l'autoregolamentazione, purché la responsabilità finale spetti allo Stato e sia prevista una adeguata possibilità di intervento da parte di quest'ultimo. Andrebbe chiarito anche che l'espressione «largamente accettati» si riferisce al riconoscimento generale nello Stato membro in questione e non all'intera Comunità.

Raccomandazione 6

Punto 6, riformulazione dell'articolo 3 ter

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

«Articolo 3 ter

1.   Gli Stati membri provvedono a che, ai fini della realizzazione di brevi estratti dell'attualità, le emittenti stabilite in altri Stati membri non siano private dell'accesso, a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie, ad avvenimenti di grande interesse pubblico trasmessi da un'emittente soggetta alla loro giurisdizione.

2.   Le emittenti possono scegliere liberamente brevi estratti dell'attualità a partire dal segnale dell'emittente di trasmissione, ma hanno l'obbligo di indicare almeno la fonte.»

«Articolo 3 ter

1.   Gli Stati membri provvedono a che, ai fini della realizzazione di brevi estratti dell'attualità, le emittenti che sono stabilite in altri Stati membri o trasmettono programmi in una lingua minoritaria non siano private dell'accesso, a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie, ad avvenimenti di grande interesse pubblico trasmessi da un'emittente soggetta alla loro giurisdizione.

2.   Le emittenti possono scegliere liberamente brevi estratti dell'attualità a partire dal segnale dell'emittente di trasmissione, ma hanno l'obbligo di indicare almeno la fonte, oppure possono ottenere direttamente l'accesso all'avvenimento ai fini della trasmissione, conformemente alla legislazione dello Stato membro in questione

Motivazione

Ai fini della diversità regionale e culturale è di importanza fondamentale che anche le emittenti che sono stabilite all'interno di uno Stato membro, ma trasmettono in una lingua minoritaria, abbiano accesso agli avvenimenti di grande interesse pubblico. Da questo punto di vista si trovano infatti in una situazione paragonabile a quella delle emittenti stabilite in un altro Stato membro.

Dal punto di vista del pluralismo di opinioni, non è sufficiente sancire solo il diritto di accedere al segnale di trasmissione già esistente. La direttiva dovrebbe piuttosto lasciare ad ogni Stato membro la facoltà di decidere se garantire il diritto di realizzare brevi estratti dell'attualità sotto forma di diritto di accesso diretto o di diritto di accedere al segnale. L'articolo 3 ter, paragrafo 2, va pertanto integrato specificando che è previsto un diritto di accesso diretto ai sensi della legislazione di singoli Stati membri.

Raccomandazione 7

Punto 6, riformulazione dell'articolo 3 sexies

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento

Articolo 3 sexies

Gli Stati membri assicurano, con misure adeguate, che i servizi di media audiovisivi e le comunicazioni commerciali audiovisive forniti dai fornitori soggetti alla loro giurisdizione non contengano alcun incitamento all'odio basato su differenze di sesso, origine razziale o etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale.

Articolo 3 sexies

Gli Stati membri assicurano, con misure adeguate, che i servizi di media audiovisivi e le comunicazioni commerciali audiovisive forniti dai fornitori soggetti alla loro giurisdizione non contengano alcun incitamento all'odio basato su differenze di sesso, origine razziale o etnica, fondato sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale gli handicap, l'età o le tendenze sessuali o non offendano in altro modo la dignità umana.

Motivazione

Per garantire un livello di protezione uniforme è auspicabile un'armonizzazione con le disposizioni del diritto primario (art. 13 TCE). Inoltre, va richiamato il bene giuridico fondamentale della dignità umana sancito anche dall'articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Raccomandazione 8

Punto 6, riformulazione dell'articolo 3 nonies

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

«Articolo 3 nonies

1.   I servizi di media audiovisivi sponsorizzati o contenenti inserimenti di prodotti devono rispettare le seguenti prescrizioni:

(…)

c)

i telespettatori devono essere chiaramente informati dell'esistenza di un accordo di sponsorizzazione e/o dell'esistenza dell'inserimento di prodotti. I programmi sponsorizzati devono essere chiaramente identificati come tali attraverso l'indicazione del nome, del logo e/o di qualsiasi altro simbolo dello sponsor, ad esempio un riferimento ai suoi prodotti o servizi o un adeguato segno distintivo, all'inizio, durante e/o alla fine dei programmi. I programmi che contengono inserimento di prodotti devono essere adeguatamente identificati all'inizio della trasmissione, per evitare ogni possibile confusione da parte del telespettatore.

(…)

4.   I notiziari e le trasmissioni di attualità non possono essere sponsorizzati né contenere inserimenti di prodotti. I servizi di media audiovisivi per bambini e i documentari non possono contenere inserimenti di prodotti.»

«Articolo 3 nonies

1.   I servizi di media audiovisivi sponsorizzati o contenenti inserimenti di prodotti devono rispettare le seguenti prescrizioni:

(…)

(c)

i telespettatori devono essere chiaramente informati dell'esistenza di un accordo di sponsorizzazione e/o dell'esistenza dell'inserimento di prodotti. I programmi sponsorizzati devono essere chiaramente identificati come tali attraverso l'indicazione del nome, del logo e/o di qualsiasi altro simbolo dello sponsor, ad esempio un riferimento ai suoi prodotti o servizi o un adeguato segno distintivo, all'inizio, durante e/o alla fine dei programmi. I programmi che contengono inserimento di prodotti devono essere adeguatamente identificati chiaramente all'inizio, durante e anche alla fine della trasmissione, per evitare ogni possibile confusione da parte del telespettatore.

(…)

4.   I notiziari e le trasmissioni di attualità non possono essere sponsorizzati. L'inserimento né contenere inserimenti di prodotti può avvenire solo nelle opere cinematografiche, nei film realizzati per la televisione e nelle trasmissioni di intrattenimento a puntate che non sono destinate ai bambini. I servizi di media audiovisivi per bambini e i documentari non possono contenere inserimenti di prodotti.»

Motivazione

Contrariamente alla legislazione in vigore, il progetto di direttiva consente per la prima volta l'inserimento di prodotti in forme di comunicazione commerciale audiovisiva. L'obbligo di separare la pubblicità dai programmi — originariamente molto rigido — è stato attenuato eccessivamente, senza tenere sufficientemente conto dei rischi che questo comporta per l'autonomia dei programmi e l'indipendenza editoriale. La proposta di direttiva esclude l'inserimento di prodotti in determinate trasmissioni, ma questo vale solo per i notiziari, le trasmissioni di attualità, i programmi per bambini e i documentari. Ciò significa che, per esempio, nelle trasmissioni che si occupano di tutela dei consumatori o informano in merito a viaggi o prodotti l'inserimento di prodotti è consentito. I pericoli che ne derivano non possono essere scongiurati nemmeno con le disposizioni di cui all'articolo 3 nonies, paragrafo 1, lettera a), della proposta all'esame. L'esperienza maturata dimostra che chi inserisce prodotti in una trasmissione esercita anche un'influenza sulla sua struttura. D'altro canto non si può negare che la pubblicità classica sia giunta ai limiti delle proprie possibilità e che l'inserimento di prodotti in determinati tipi di trasmissioni, ad esempio nei film, sia già ampiamente diffuso da diverso tempo. Per questo motivo il Comitato è favorevole a una forma limitata di inserimento di prodotti nei film e nei telefilm. Già adesso questo tipo di trasmissioni, se si tratta per esempio di produzioni americane, contiene regolarmente inserimenti di prodotti.

In cambio di una parziale apertura all'inserimento di prodotti le disposizioni di cui all'articolo 3 nonies, paragrafo 1, lettera c), relative all'identificazione delle trasmissioni in cui vi sono tali inserimenti, andrebbero rafforzate in modo tale che, grazie a un richiamo continuo, anche gli spettatori che assistono solo a una parte della trasmissione vengano informati in merito alle pratiche pubblicitarie. A queste condizioni si potrà consentire l'inserimento di prodotti anche nelle trasmissioni di intrattenimento a puntate, purché non si rivolgano ai bambini.

Raccomandazione 9

Punto 10, riformulazione dell'articolo 11

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

10)

L'articolo 11 è sostituito dal seguente:

«Articolo 11

2.   La trasmissione di film realizzati per la televisione (eccettuate le serie televisive, i programmi a puntate, i programmi di intrattenimento leggero e i documentari), di opere cinematografiche, di programmi per bambini e di notiziari può essere interrotta da pubblicità e/o televendite una volta ogni 35 minuti.

I programmi che trasmettono funzioni religiose non possono essere interrotti da pubblicità o da televendite.»

10)

L'articolo 11 è sostituito dal seguente:

«Articolo 11

2.   La trasmissione di film realizzati per la televisione (eccettuate le serie televisive, i programmi a puntate, i programmi di intrattenimento leggero e i documentari), e di opere cinematografiche, di programmi per bambini e di notiziari può essere interrotta da pubblicità e/o televendite una volta ogni 35 30 minuti.

I programmi che trasmettono funzioni religiose, i programmi per bambini e i notiziari non possono essere interrotti da pubblicità o da televendite.»

Motivazione

La riduzione delle restrizioni proposta darebbe ai fornitori di servizi di media una maggiore flessibilità nella strutturazione dei loro programmi. D'altro canto, però, è necessario integrare la proposta della Commissione vietando le interruzioni pubblicitarie anche nei programmi per bambini e nei notiziari. Per quanto riguarda le trasmissioni per bambini, è necessario procedere in tal senso per motivi di tutela dei minori, poiché i bambini non sono ancora in grado di distinguere in misura sufficiente la pubblicità dal programma e di valutare correttamente i messaggi pubblicitari. Un tale divieto è necessario anche per i notiziari, considerata la particolare funzione che essi svolgono per la formazione di un'opinione indipendente.

Raccomandazione 10

Punto 20, riformulazione dell'articolo 23 ter

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

20)

È inserito il seguente articolo 23 ter:

«Articolo 23 ter

1.   Gli Stati membri garantiscono l'indipendenza delle autorità di regolamentazione nazionali e assicurano che esse esercitino i loro poteri in modo imparziale e trasparente.

2.   Le autorità nazionali di regolamentazione comunicano alle autorità di regolamentazione degli altri Stati membri e alla Commissione le informazioni necessarie ai fini dell'applicazione delle disposizioni della presente direttiva.»

20)

È inserito il seguente articolo 23 ter:

«Articolo 23 ter

1.   Gli Stati membri, fatte salve le loro disposizioni relative ai fornitori di servizi di media pubblici, garantiscono l'indipendenza delle autorità di regolamentazione nazionali e, laddove esistono, regionali e assicurano che esse esercitino i loro poteri in modo imparziale e trasparente.

2.   Le autorità nazionali di regolamentazione comunicano alle autorità di regolamentazione degli altri Stati membri e alla Commissione le informazioni necessarie ai fini dell'applicazione delle disposizioni della presente direttiva.»

Motivazione

L'indipendenza delle autorità di regolamentazione nazionali ha un'importanza fondamentale e va accolta con favore; la decisione di come organizzare la supervisione dei mezzi di comunicazione deve però continuare a spettare agli Stati membri ed eventualmente alle regioni con competenze legislative. Inoltre, l'articolo 23 ter deve lasciare impregiudicato lo status della radiotelevisione pubblica e non deve imporre obbligatoriamente un controllo esterno di tutte le emittenti. Questo vale soprattutto per diversi Stati membri e regioni che, in virtù della loro Costituzione, organizzano il servizio pubblico di radiodiffusione in modo pluralistico, controllandolo dall'interno e sottoponendolo solo a un controllo giuridico limitato da parte dello Stato.

Le garanzie di imparzialità e trasparenza andrebbero estese anche ad eventuali autorità di regolamentazione regionali che sono o potrebbero essere costituite in quelle regioni dotate di potestà legislativa in materia di comunicazione o negli Stati in cui sono presenti forme federative o comunità autonome. Ciò non modifica le potestà delle autorità nazionali ma mira solamente ad estendere le stesse garanzie di imparzialità e trasparenza a livello locale, in osservanza del principio di sussidiarietà come codificato dal Trattato di Maastricht.

Bruxelles, 11 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  COM(2003) 784 def.

(2)  GU C 318 del 22.12.2004, pag. 30.

(3)  COM(2002) 778 def.

(4)  GU C 256 del 24.10.2003, pag. 79.


6.3.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 51/16


Parere del Comitato delle regioni in merito al Pacchetto allargamento 2005 2005/ELAR/001 e alla Comunicazione della Commissione I Balcani occidentali sulla strada verso l'UE: consolidare la stabilità e rafforzare la prosperità

(2007/C 51/03)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la comunicazione della Commissione I Balcani occidentali sulla strada verso l'UE: consolidare la stabilità e rafforzare la prosperità (COM(2006) 27 def.),

vista la decisione della Commissione europea del 27 gennaio 2006 di consultarlo sull'argomento a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente del 28 febbraio 2006 di incaricare la commissione Relazioni esterne e cooperazione decentrata di elaborare un parere sulla strategia della Commissione europea relativa ai progressi realizzati nel quadro del processo di allargamento,

visto il Pacchetto allargamento 2005 (2005/ELAR/001),

visto il proprio parere in merito alla Proposta di decisione del Consiglio relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni specificate nel partenariato europeo con la Croazia (CdR 499/2004 fin), e di conseguenza l'intento di concentrarsi sui paesi partecipanti al processo di stabilizzazione e di associazione (PSA): Albania, Bosnia-Erzegovina, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Serbia e Montenegro e regione del Kosovo, a eccezione della Croazia,

visto il proprio parere sul tema Il ruolo delle collettività regionali e locali dell'Unione europea nel processo di consolidamento democratico nell'area dei Balcani occidentali (CdR 101/2003 fin) (1),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniDialogo tra le società civili dell'UE e dei paesi candidati (CdR 50/2006 riv. 1),

vista la dichiarazione comune alla stampa dei ministri degli Esteri degli Stati membri dell'UE, dei paesi aderenti, dei paesi candidati e dei potenziali paesi candidati dei Balcani occidentali, riunitisi a Salisburgo l'11 marzo 2006, in cui si ribadiscono le prospettive di integrazione europea dei paesi dei Balcani occidentali e, in linea con i risultati del vertice UE svoltosi a Salonicco nel 2003, si conferma come obiettivo ultimo di tali paesi l'adesione all'UE,

visto il Patto di stabilità per l'Europa sudorientale, adottato il 10 giugno 1999 dalla Commissione europea e da 40 paesi e organizzazioni partner come strumento per la prevenzione dei conflitti e per la ricostruzione della regione balcanica,

vista la risoluzione del Parlamento europeo del 16 marzo 2006 (2) sul documento di strategia per l'allargamento della Commissione,

vista la dichiarazione finale del convegno sul tema Il ruolo degli enti locali e regionali dell'Unione europea nel rafforzamento della democrazia dei Balcani occidentali, svoltosi a Pristina il 22 giugno 2005 (CdR 145/2005),

viste le conclusioni del seminario della commissione CONST sul tema Il contributo degli enti locali e regionali alla protezione delle minoranze e alle politiche contro la discriminazione, svoltosi a Vienna il 17 marzo 2006,

vista la Carta europea per le piccole imprese e la relazione sull'attuazione della Carta europea per le piccole e medie imprese in Moldavia e nei paesi dei Balcani occidentali (SEC(2006) 283) (3),

visto il progetto di parere (CdR 115/2006 riv. 1) adottato il 22 giugno 2006 dalla commissione Relazioni esterne e cooperazione decentrata (relatore: Franz SCHAUSBERGER (AT/PPE)),

considerando quanto segue:

Poiché il CdR ha già dedicato un parere specifico alla sola Croazia, il presente parere sarà incentrato sugli altri paesi che compongono i Balcani occidentali, ossia l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, il Montenegro, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e la Serbia, ivi compreso il Kosovo.

ha adottato il seguente parere all'unanimità in data 11 ottobre 2006, nel corso della 66a sessione plenaria.

1.   Il punto di vista del Comitato delle regioni

1.1   Osservazioni generali

Il Comitato delle regioni

1.1.1

ravvisa nell'ulteriore sviluppo dei paesi dei Balcani occidentali un comune progetto di pace europeo del tutto in linea con le idee fondatrici della Comunità, e sottolinea che i paesi dei Balcani occidentali devono diventare a termine una zona di pace, libertà, sicurezza e benessere, sotto la loro responsabilità e con il sostegno dell'Unione europea, quale parte integrante della famiglia europea;

1.1.2

considera la ricostruzione del passato un presupposto fondamentale per la riconciliazione tra gli Stati, le popolazioni e le etnie dei Balcani occidentali; sottolinea in tale contesto l'obbligo per i paesi in questione di agire in piena collaborazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia;

1.1.3

insiste sul fatto che l'appartenenza all'Unione europea non riguarda solo il mercato interno o la libera circolazione delle persone, ma si estende al riconoscimento di valori condivisi dai popoli e dagli Stati membri, quali dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto e protezione dei diritti umani, compresi quelli delle minoranze;

1.1.4

plaude ai progressi compiuti con le riforme politiche ed economiche successive all'apertura, nel 2003 a Salonicco, e alla conferma, l'11 marzo 2006 a Salisburgo, delle prospettive di integrazione europea dei paesi dei Balcani occidentali, e riconosce la grande responsabilità della comunità internazionale e dell'Europa nei confronti di tali paesi;

1.1.5

si compiace del fatto che le questioni relative ai paesi dei Balcani occidentali vengano affrontate non solo nei vari consigli settoriali ma anche nel Consiglio Affari generali, e che si preveda di riunire tutti i risultati nel giugno 2006;

1.1.6

accoglie con favore l'avvio dei negoziati con la Bosnia-Erzegovina sull'Accordo di stabilizzazione e associazione (ASA);

1.1.7

esprime l'auspicio che i negoziati con la Serbia sull'ASA riprendano al più presto, non appena i partner serbi avranno ristabilito le condizioni essenziali a tal fine;

1.1.8

accoglie con favore l'avvio dei negoziati sull'ASA con il Montenegro il 26 settembre 2006;

1.1.9

osserva che i paesi dei Balcani occidentali presentano strutture e tradizioni politiche e amministrative assai diversificate, in parte anche al livello regionale e locale, e grandi differenze in termini di sviluppo, cosa di cui si deve tenere adeguatamente conto nel processo di trasformazione, stabilizzazione e democratizzazione;

1.1.10

prende atto del programma di lavoro stilato dalla Croazia come presidente di turno del Processo di cooperazione nell'Europa sudorientale (SEECP) per il periodo che va dal maggio 2006 al maggio 2007, programma la cui riuscita dipende in ultima analisi dalla collaborazione costruttiva dei paesi dell'Europa sudorientale e che rappresenta un passo importante nella concretizzazione della prospettiva di integrazione europea per questa regione.

1.2   Le prospettive fondamentali dell'allargamento

1.2.1

sottolinea l'attuale prospettiva europea per i paesi dei Balcani occidentali con lo scopo ultimo di una loro adesione all'UE e il fatto che, di conseguenza, l'attuale dibattito sugli scenari di fondo dell'ampliamento non riguarda tali paesi. Il ritmo degli ampliamenti deve tenere conto della capacità di assorbimento dell'Unione;

1.2.2

riconosce l'importanza, la ricchezza e il valore che i Balcani occidentali, i singoli paesi e le loro popolazioni apporteranno all'intera Unione europea;

1.2.3

ribadisce il giudizio secondo cui bisogna condurre un dialogo sugli obiettivi di fondo e sui confini dell'Unione europea, incluse le possibili modalità di collaborazione con i vicini dell'UE (es. politica di vicinato o partenariati privilegiati). Ciò significa proporre a quegli Stati che oggi non hanno alcuna prospettiva di adesione rapporti di collaborazione economica, politica e strategica chiaramente definiti, nell'ambito di una strategia di incoraggiamento che preveda la graduale inclusione di detti paesi nel tessuto politico ed economico europeo;

1.2.4

appoggia la richiesta del Parlamento europeo alla Commissione di redigere entro il 31 dicembre 2006 una relazione sulla capacità di assorbimento dell'Unione, concentrandosi anche sui temi della natura e dei confini geografici dell'Unione europea, e si dice pronto a contribuire alla relazione di iniziativa prevista dal Parlamento europeo su questo tema;

1.2.5

sottolinea l'importanza che il processo di ampliamento goda del sostegno dei cittadini sia negli Stati aderenti che negli attuali Stati membri dell'UE, ma evidenzia che questo non deve diventare un criterio aggiuntivo per l'adesione.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1   Democrazia locale e regionale stabile — Società pluralistica

2.1.1

evidenzia che la creazione di istituzioni politiche democraticamente legittimate e provviste delle necessarie risorse finanziarie, nonché di amministrazioni efficienti su scala locale e regionale, è un fattore di stabilità duratura; tali istituzioni garantiscono l'applicazione dei principi di sussidiarietà, prossimità ai cittadini e partenariato, come pure il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nella vita quotidiana dei cittadini;

2.1.2

sottolinea che gli accordi di stabilizzazione e associazione in vista di una futura adesione all'UE potranno riuscire nel lungo termine solo ove vi sia una forte partecipazione degli enti regionali e locali;

2.1.3

raccomanda ai paesi dei Balcani occidentali di firmare o ratificare la Convenzione quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali, la Carta europea per le lingue regionali o minoritarie e la Carta europea dell'autonomia locale (4), e ad assicurarne l'applicazione. Altrettanto dicasi per la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali;

2.1.4

sollecita i paesi dei Balcani occidentali a dar seguito agli impegni assunti alla Conferenza interministeriale regionale dell'Europa sudorientale sulla governance democratica al livello locale e regionale (Zagabria, 24-25 ottobre 2004), e a prepararsi per la conferenza di valutazione che si terrà a Skopje (Ex Repubblica iugoslava di Macedonia) l'8 e il 9 novembre 2006, sotto l'egida del Patto di stabilità per l'Europa sudorientale e del Consiglio d'Europa;

2.1.5

esorta i paesi dei Balcani occidentali affinché, in linea con il principio di sussidiarietà, rafforzino i rispettivi livelli amministrativi infranazionali attraverso la definizione di un apposito quadro giuridico e l'attribuzione alle regioni e ai comuni delle risorse adeguate per esercitare le loro responsabilità aggiuntive;

2.1.6

fa appello ai governi e alle associazioni di enti regionali e locali nei paesi dei Balcani occidentali affinché collaborino alla definizione di iniziative e programmi di sviluppo delle capacità, per consentire agli enti regionali e locali di esercitare efficacemente le loro funzioni; plaude all'iniziativa del Consiglio d'Europa di creare un centro di consulenza per la riforma del governo locale e invita la Commissione a considerare la possibilità di avviare collaborazioni con tale centro al fine di realizzare in maniera efficace i suoi programmi di aiuto;

2.1.7

sollecita ad agevolare e a promuovere la partecipazione di tutti i gruppi etnici e di tutte le categorie della popolazione, specie le minoranze (fasce non maggioritarie della popolazione), alla vita pubblica, in tutti gli organi politici e le strutture amministrative, come pure nelle imprese pubbliche, e a rafforzare il dialogo e la cooperazione tra comunità, specie nei territori a popolazione mista, attraverso la definizione e la realizzazione di appositi piani strategici a medio termine;

2.1.8

raccomanda di trarre profitto dalle esperienze delle regioni UE dotate di politiche specifiche sul rispetto dei diritti dell'uomo e sulla protezione dei diritti delle minoranze, ma nota che a lungo termine risultano sostenibili solo le basi giuridiche e le politiche con un impatto locale e accettate e sostenute dalla popolazione;

2.1.9

ravvisa nel processo di adesione all'UE un forte stimolo per l'accettazione della convivenza o della coesistenza dei diversi gruppi etnici; indica che la soluzione delle questioni etniche richiede in ogni caso un trattamento specifico, data la complessità della situazione giuridica e l'eterogeneità strutturale degli insediamenti;

2.1.10

considera indispensabile, ai fini di un utilizzo sostenibile delle risorse dell'Unione europea, che le regioni, gli enti locali e le loro associazioni nei paesi dei Balcani occidentali vengano coinvolti nella concezione e nell'attuazione di tutti i programmi comunitari e resi (cor)responsabili in base alle rispettive capacità amministrative; rileva che per sostenere le riforme politiche ed economiche l'Unione ha già messo a disposizione circa 5,4 miliardi di EUR nel periodo 2000-2006; sottolinea l'importanza di continuare a garantire il sostegno finanziario per il rafforzamento e la prosecuzione dei partenariati, con misure volte allo sviluppo delle capacità anzitutto nell'ambito dello strumento di preadesione, e si attende una dotazione adeguata a tal fine per i paesi dei Balcani occidentali nel prossimo periodo finanziario 2007-2013;

2.1.11

si dichiara favorevole a promuovere il dialogo tra i rappresentanti degli enti regionali e locali dei Balcani occidentali e il CdR; ribadisce la propria disponibilità a dare un contributo concreto, ad esempio nei comitati consultivi misti per i paesi con prospettive di adesione, allo sviluppo delle istituzioni e al rafforzamento delle capacità amministrative per le associazioni nazionali delle regioni e degli enti locali; ritiene importante venire incontro al desiderio delle regioni e degli enti locali dei Balcani occidentali di ottenere informazioni sulle prassi amministrative, consulenza politica e assistenza tecnica da parte degli Stati membri;

2.1.12

sollecita il coinvolgimento del CdR, delle regioni degli Stati membri, come pure degli istituti di istruzione superiore (5) e delle organizzazioni regionali europee, ad esempio la Comunità di lavoro delle regioni europee di confine, con esperienze nel settore nella creazione dell'Istituto regionale di istruzione superiore per la riforma della pubblica amministrazione (cfr. COM(2006) 27 def., pag. 13); raccomanda che i programmi di formazione comprendano materie quali decentramento e regionalizzazione, sviluppo e gestione delle amministrazioni regionali e locali, cooperazione transfrontaliera e interregionale e gestione delle diversità;

2.1.13

accoglie con favore i risultati della Tavola rotonda regionale sul patto di stabilità, svoltasi a Belgrado il 30 maggio 2006, nel corso della quale i partecipanti hanno convenuto di assumere la responsabilità di un nuovo quadro di cooperazione sostenuto dalla stessa regione; dichiara la propria disponibilità a partecipare al consiglio di cooperazione regionale che sarà istituito nel 2008 nella scia del patto di stabilità e a portare in tale sede le esperienze del livello regionale e locale.

2.2   Cooperazione transfrontaliera e interregionale

2.2.1

giudica la cooperazione transfrontaliera politica, culturale, sociale ed economica tra le regioni e i comuni dei paesi dei Balcani occidentali non solo un elemento di stimolo per le economie locali e nazionali, ma anche un modo concreto per migliorare la comprensione e la fiducia reciproca nella regione e contribuire alla prevenzione dei conflitti etnici;

2.2.2

sollecita le amministrazioni delle regioni e degli enti locali dell'Unione europea a condividere maggiormente le proprie esperienze pratiche con gli esponenti politici e le autorità regionali e locali dei paesi dei Balcani occidentali, nel quadro di progetti di gemellaggio (6), programmi di scambio e seminari, e aggiunge che particolarmente significative a questo riguardo sono anche le esperienze delle regioni e degli enti locali dei paesi entrati nell'UE nel 2004; chiede alla Commissione di fornire maggiori informazioni alle regioni e agli enti locali degli Stati membri, attraverso i punti di contatto nazionali, sui progetti di gemellaggio esistenti nell'Unione europea;

2.2.3

raccomanda ai rappresentanti delle associazioni regionali e comunali europee, ai membri eletti a livello locale e regionale, agli esperti di amministrazione e agli scienziati dell'UE e dei paesi balcanici occidentali di sfruttare i loro incontri per trasfondere i risultati degli scambi di esperienze in concrete attività di sviluppo delle capacità, e cita a questo riguardo il manuale sulla democrazia locale (Toolkit of Local Government Capacity-Building Programmes — Gli strumenti dei programmi di sviluppo delle infrastrutture dei governi locali), edito nel settembre 2005 dal Consiglio d'Europa (7), come pure il «Manuale pratico della cooperazione transfrontaliera», redatto dalla Comunità di lavoro delle regioni europee di confine e pubblicato in nove lingue dalla Commissione europea;

2.2.4

esorta l'Ufficio per l'assistenza tecnica e lo scambio di informazioni (TAIEX), attivo nella regione sin dal 2004, a non limitare il proprio contributo alle amministrazioni centrali e confederazioni imprenditoriali, ma a estenderlo alle regioni, agli enti locali e alle loro associazioni;

2.2.5

sottolinea la responsabilità delle regioni e degli enti locali dei paesi dei Balcani occidentali per quanto attiene al rientro degli sfollati, al loro alloggio e alla loro istruzione, occupazione e integrazione; considera necessario rafforzare la cooperazione interregionale in quest'ambito e attingere all'esperienza di altri Stati, regioni ed enti locali;

2.2.6

considera la prevista istituzione di un regime di traffico frontaliero locale alle frontiere esterne degli Stati membri (COM(2005) 56 def. del 23.2.2005) un'iniziativa promettente e raccomanda l'adozione di disposizioni analoghe tra gli Stati balcanici (8) con la partecipazione del Consiglio d'Europa (9);

2.2.7

propone alla Commissione di valersi dell'esperienza dei membri del CdR, come pure di quella delle associazioni di regioni ed enti locali al livello nazionale ed europeo, per promuovere i partenariati tra regioni, comuni e città;

2.2.8

vede nella cooperazione transfrontaliera uno strumento moderno per la tutela delle minoranze e rinvia all'articolo 17 della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali.

2.3   Economia e occupazione

2.3.1

ritiene opportuno che, nell'attuazione delle riforme economiche, le istituzioni europee dedichino particolare attenzione alla lotta alla disoccupazione, all'esclusione sociale e alla discriminazione, oltre che alla promozione del dialogo sociale, dato che contemporaneamente alle riforme politiche sono da affrontare problemi economici e sociali (debolezza dell'economia, disoccupazione elevata, insufficiente coesione sociale);

2.3.2

considera fondamentale in tale contesto mettere a punto e attuare, con la partecipazione delle regioni e degli enti locali, approcci regionali in materia di economia e di occupazione nei paesi dei Balcani occidentali, finalizzati a una ripresa economica sostenibile e alla creazione di occupazione locale e di legami transfrontalieri;

2.3.3

raccomanda che, conformemente alle competenze degli enti regionali e comunali, e sulla base delle iniziative positive già realizzate in tale ambito, si proceda al potenziamento o se necessario alla creazione di consultori con il compito di fornire informazioni di base su imprese e imprenditorialità e di promuovere lo spirito di impresa soprattutto tra i giovani (cfr. SEC(2006) 283), al fine di sviluppare una rete di piccole e medie imprese vitali che diano un contributo significativo all'occupazione;

2.3.4

esorta a sostenere gli sforzi delle autorità locali e regionali per migliorare le comunicazioni elettroniche e l'accesso elettronico alle informazioni economiche (consulenza, presentazioni di offerte, informazioni legali e fiscali), per contribuire allo sviluppo di un assetto economico locale e regionale;

2.3.5

propone di sviluppare ulteriormente i sistemi di informazione e di promozione imprenditoriale al livello locale e regionale; raccomanda che il problema della «fuga dei cervelli» venga affrontato, in una prospettiva a lungo termine, con la creazione di piattaforme regionali per la ricerca e lo sviluppo e per la formazione e l'istruzione.

2.4   Formazione e cultura

2.4.1

raccomanda di fare tesoro delle esperienze maturate con il programma Tempus, che nel periodo 2001-2005 ha beneficiato di stanziamenti pari a 83 milioni di EUR per interventi nei Balcani occidentali e ha offerto a un massimo di 250 studenti e oltre 1 000 tirocinanti l'anno l'opportunità di studiare e partecipare a programmi di formazione continua in altri paesi; raccomanda inoltre di rafforzare ulteriormente le opportunità di partecipazione al programma Gioventù anche nelle aree rurali;

2.4.2

raccomanda che la Commissione crei una speciale finestra in Erasmus Mundus che consenta agli studenti della regione di seguire corsi post-laurea nel quadro di master europei, specialmente quelli che prevedono corsi internazionali e fasi di tirocinio; ritiene infatti che questo approccio favorisca la reciproca comprensione culturale e lo sviluppo di relazioni economiche;

2.4.3

considera importante che il processo di apprendimento sia bidirezionale, nel senso che non solo i cittadini dei paesi dei Balcani occidentali dovrebbero beneficiare dell'opportunità di studiare nell'UE, ma anche i cittadini UE andrebbero incoraggiati a studiare in tali paesi.

2.4.4

considera necessario introdurre le annunciate agevolazioni relative al soggiorno di studenti e tirocinanti negli Stati membri, sì da offrire alle giovani generazioni una prospettiva europea, e fa riferimento alle previste facilitazioni nella concessione dei visti, soprattutto per gli studenti;

2.4.5

esorta la Commissione a coinvolgere gli enti regionali e locali nell'ideazione, nella pianificazione e nell'attuazione degli interventi di restauro e di ripristino di monumenti e beni culturali;

2.4.6

richiama l'attenzione sul potenziale del turismo culturale come strumento di sviluppo economico per la regione, e incoraggia quindi gli sforzi in atto per preservare il patrimonio edilizio e culturale anche in ambito rurale;

2.4.7

sottolinea il ruolo importante della cooperazione nel settore dell'arte e della cultura per la stabilizzazione a lungo termine dei paesi dei Balcani occidentali e la loro integrazione nei progetti di cooperazione artistica e culturale dell'Unione europea;

2.4.8

desidera lanciare l'idea di creare un portale sui Balcani che agisca da piattaforma aggiuntiva di dialogo e di cooperazione soprattutto per i giovani dei Balcani occidentali. Un tale portale potrebbe favorire, oltre alla formazione e all'istruzione, anche lo scambio diretto di iniziative sociali e culturali.

2.5   Politiche diverse

2.5.1

ricorda agli enti locali e regionali la loro responsabilità nel rilascio delle autorizzazioni nelle principali zone turistiche, anche in vista del futuro sviluppo sostenibile di un turismo ecocompatibile di qualità;

2.5.2

esorta la Commissione affinché, nell'applicare lo strumento per l'aiuto di preadesione inteso a sostituire gli attuali regolamenti relativi alla preadesione e i regolamenti CARDS (10), tenga conto della valutazione del programma CARDS, in cui si raccomanda espressamente una pianificazione e una gestione maggiormente decentrate del programma. La dimensione regionale di CARDS è relativamente debole, manca di indirizzo strategico ed è definita inaccessibile dai partner locali. Tali critiche vanno prese in considerazione ai fini dell'ulteriore sviluppo nei paesi dei Balcani occidentali;

2.5.3

esorta i paesi dei Balcani occidentali a integrare nelle loro riforme gli obiettivi di Lisbona riveduti dal Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2006, e ad associare il livello regionale e comunale nella fase di definizione e di esecuzione; incoraggia inoltre l'elaborazione di piani strategici globali per lo sviluppo regionale;

2.5.4

propone che le autorità nazionali responsabili delle questioni ambientali (che spesso sono gli enti regionali e locali) siano coinvolte nelle principali attività dell'Agenzia europea dell'ambiente, la quale a partire dal 2006 sosterrà i programmi operativi di questi paesi attraverso appositi organismi comunitari, nell'ambito dei programmi Phare e CARDS 2005.

2.6   Informazione e comunicazione

2.6.1

fa riferimento alla necessità di tenere conto della capacità dell'UE di accogliere nuovi membri durante tutto l'andamento dei negoziati, pur sottolineando che non si tratta di un nuovo criterio di adesione, e di giudicare i progressi realizzati sulla base di criteri trasparenti e non di valutazioni politiche; sollecita l'adozione di un approccio conforme alle aspettative dei cittadini degli Stati membri dell'UE e dei paesi partner europei;

2.6.2

esorta gli Stati membri e le istituzioni europee a informare i cittadini in maniera più sistematica sui negoziati relativi al processo di ampliamento di Romania e Bulgaria (che era stato messo in secondo piano dal dibattito costituzionale svoltosi nell'ambito della Convenzione europea) e a coinvolgere le regioni e gli enti locali (tramite il CdR) nella definizione e nell'attuazione delle strategie e delle misure in materia di informazione, dal momento che tali enti sono i più vicini ai cittadini e quelli più in contatto con i media locali e regionali;

2.6.3

reputa necessario che le istituzioni comunitarie e gli Stati dei Balcani occidentali informino maggiormente i cittadini riguardo agli obiettivi, ai contenuti e alle esigenze del processo di integrazione per entrambe le parti coinvolte, onde evitare che tale processo venga percepito come un'imposizione dall'esterno o dall'alto; fa nuovamente riferimento al ruolo di spicco svolto dalle regioni e degli enti locali in tutte le misure in materia di comunicazione;

2.6.4

si esprime a favore dell'allargamento del dialogo civile nei paesi dei Balcani occidentali, il quale va condotto anche attraverso media liberi, indipendenti e professionali; propone che i paesi dei Balcani occidentali possano partecipare quanto prima al programma d'azione comunitaria per promuovere le organizzazioni operanti nel settore della cittadinanza attiva dell'Unione (partecipazione civica).

2.7   Albania

2.7.1

appoggia la proposta della Commissione di non limitare il piano d'azione albanese per la prevenzione e la lotta alla corruzione alle autorità nazionali, ma di estenderlo al livello regionale e locale (SEC(2005) 1421, pag. 18 (11));

2.7.2

propone di intensificare la cooperazione interregionale e transfrontaliera soprattutto con le regioni limitrofe situate negli Stati dell'UE;

2.7.3

sostiene gli appelli del Parlamento europeo relativi al potenziamento della lotta alla corruzione e delle garanzie di indipendenza dei media e all'instaurazione di un sistema elettorale conforme agli standard europei.

2.8   Bosnia-Erzegovina

2.8.1

prende atto con soddisfazione che la Bosnia-Erzegovina dispone di un livello regionale con competenze specifiche e un ruolo importante nella lotta ai problemi etnici; osserva che, in uno Stato fortemente regionalizzato privo di tradizione politica o di cultura del decentramento, è anche necessario migliorare l'efficacia finanziaria e l'efficienza delle strutture;

2.8.2

reputa necessaria una riforma costituzionale finalizzata al miglioramento delle istituzioni nazionali, e confida nella creazione delle condizioni per un corretto svolgimento delle elezioni in programma nell'ottobre 2006;

2.8.3

rinvia alle esperienze e alle conoscenze di membri eletti regionali provenienti da paesi federali (per es. il Belgio) riguardo al miglioramento del quadro giuridico e ai rapporti tra lo Stato nazionale e le sue diverse suddivisioni (per esempio, enti e cantoni), ed esprime la convinzione che al riguardo servano soluzioni innovative;

2.8.4

accoglie con favore l'idea di includere la Bosnia-Erzegovina nelle discussioni regolari in materia di politica economica;

2.8.5

chiede di sostenere l'integrazione di profughi e sfollati nelle città e nei comuni, ai sensi dell'accordo di riammissione del 31 gennaio 2005 tra Croazia, Bosnia-Erzegovina e Serbia e Montenegro.

2.9   Serbia

2.9.1

deplora che, nel quadro dell'adozione della nuova Costituzione serba, non si sia colta l'occasione per rafforzare il processo di decentramento, e reputa che un ulteriore rafforzamento dell'autonomia rafforzerebbe anche la coesione di tutto il paese;

2.9.2

sottolinea l'importanza del carattere multietnico della provincia autonoma di Voivodina e plaude allo spirito di fiducia reciproca e di tolleranza che vi regna, come pure al percorso intrapreso per associare le varie etnie nazionali alle decisioni politiche;

2.9.3

accoglie con favore le numerose attività della provincia autonoma di Voivodina volte alla cooperazione regionale e interregionale transfrontaliera in linea con il processo di integrazione europea e caldeggia quindi che le autorità regionali e locali siano coinvolte maggiormente nei prossimi negoziati sull'accordo ASA;

2.9.4

raccomanda di rafforzare con urgenza, attraverso una riforma dell'amministrazione locale, le istituzioni e gli enti politici locali, e di dotarli delle necessarie risorse finanziarie, giacché una tale misura, unita al potenziamento del livello regionale, risponde ai principi di sussidiarietà, prossimità ai cittadini e partenariato e contribuisce ad alleviare i compiti dello Stato centrale;

2.9.5

si attende che quanto prima la Serbia firmi la Convenzione quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera e ratifichi la Carta europea dell'autonomia locale;

2.9.6

incoraggia le autorità serbe a creare le condizioni, attraverso la cooperazione con il Tribunale penale internazionale dell'Aia per l'ex Iugoslavia, per dare seguito ai negoziati sull'accordo ASA.

2.10   Kosovo

2.10.1

considera che solo risolvendo la questione dello status del Kosovo in una prospettiva europea e in modo duraturo per ciò che attiene ai diritti dei cittadini delle varie etnie, si possano porre le basi per un'effettiva riconciliazione; si aspetta che i colloqui diretti (12) in corso sotto l'egida delle Nazioni Unite a Vienna terminino entro la fine del 2006;

2.10.2

attende che si provveda ad assicurare un'attuazione efficace delle norme costituzionali al livello locale grazie a un modello di decentramento efficiente che tuteli nel tempo i diritti delle minoranze e dei vari gruppi etnici, e a migliorare la situazione quanto mai carente relativa allo Stato di diritto e alla certezza del diritto, come pure quella riguardante la rappresentazione politica delle minoranze e la loro tutela (lingue minoritarie);

2.10.3

invoca un miglioramento delle relazioni tra serbi e albanesi del Kosovo, l'inclusione di tutti i gruppi nella vita democratica e amministrativa e la garanzia della protezione delle minoranze;

2.10.4

ritiene indispensabile rafforzare le capacità amministrative al livello locale, soprattutto per quanto riguarda l'elaborazione di strategie di sviluppo economico e la lotta alla criminalità organizzata e finanziaria (COM(2005) 561 def., pag. 30);

2.10.5

considera il miglioramento dei servizi pubblici in tutti gli enti locali una mossa particolarmente importante per evitare l'insorgere o il consolidamento di «strutture parallele».

2.11   Montenegro

2.11.1

attende che i risultati del referendum del 21 maggio 2006 siano riconosciuti da tutte le parti e posti in atto; esorta tutte le parti interessate a condurre un dialogo costruttivo sulla convivenza;

2.11.2

accoglie positivamente il fatto che il referendum sull'indipendenza del Montenegro del 21 maggio 2006 si sia svolto in modo democratico, trasparente e corretto, in linea con gli standard internazionali ed europei, come è stato anche incontestabilmente confermato dai rappresentanti del Comitato delle regioni che per la prima volta hanno partecipato come osservatori;

2.11.3

accoglie con favore il fatto che, attraverso il quorum straordinariamente elevato dell'86,5 %, la popolazione del Montenegro abbia dato prova di responsabilità e maturità democratica, conferendo così all'esito del referendum un elevato grado di legittimità;

2.11.4

considera il risultato del referendum (55,5 % di voti favorevoli all'indipendenza) un appello ai sostenitori e agli oppositori dell'indipendenza affinché collaborino strettamente in vista di tale obiettivo, tra di loro come pure tra Montenegro e Serbia;

2.11.5

raccomanda che, nel corso del processo di indipendenza, le parti evitino azioni unilaterali e effettuino tutti i passi necessari in uno spirito di concertazione;

2.11.6

auspica che il nuovo Stato montenegrino firmi e ratifichi quanto prima la Convenzione quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali, la Carta europea per le lingue regionali o minoritarie, la Carta europea dell'autonomia locale e la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali;

2.11.7

raccomanda alle autorità montenegrine di concertare al più presto con la Serbia modelli di cooperazione regionale transfrontaliera alla frontiera comune (Sandschak), e di tendere a un accordo in tal senso anche con gli altri paesi vicini: Bosnia-Erzegovina e Albania, come pure con la regione autonoma del Kosovo;

2.11.8

esorta le istituzioni dell'UE a sostenere il nuovo Stato nel percorso di secessione pacifica in vista dell'indipendenza;

2.12   Ex Repubblica iugoslava di Macedonia

2.12.1

plaude all'attribuzione dello status di paese candidato all'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, nel rispetto dei progressi realizzati nell'attuazione dell'accordo di Ohrid; invoca tuttavia l'attuazione integrale dell'accordo quadro di Ohrid con il sostegno della comunità internazionale come base per un miglioramento della stabilità;

2.12.2

auspica, dopo gli episodi di violenza verificatisi in occasione delle recenti elezioni parlamentari, che tutte le forze politiche creino le condizioni per lo svolgimento in futuro di elezioni democratiche pacifiche in linea con gli standard europei;

2.12.3

raccomanda l'ulteriore potenziamento dell'autonomia locale e della relativa dotazione finanziaria, dato che ciò ha contribuito a rafforzare la fiducia reciproca tra i vari gruppi etnici;

2.12.4

considera il rafforzamento delle capacità amministrative locali una questione di grande urgenza, in quanto è il presupposto per il decentramento della riscossione delle imposte e della ripartizione del gettito (risorse finanziarie per i comuni); condivide le perplessità della Commissione sul fatto che le fonti di finanziamento assegnate ai comuni non sarebbero sufficienti a cofinanziare i programmi e i progetti futuri nel quadro dei fondi strutturali e del Fondo di coesione, o ad assolvere i loro obblighi ambientali (SEC(2005) 1425, pag. 140 (13)), ed esorta a considerare la protezione dell'ambiente un tema trasversale da far confluire maggiormente anche in altri ambiti politici di competenza comunale, vedi l'assetto territoriale;

2.12.5

sostiene la proposta della Commissione volta a chiarire ulteriormente la procedura di arbitrato tra comuni e Stato centrale (SEC(2005) 1425, pag. 21 (14)) e considera indispensabile una collaborazione regolare e strutturata tra il livello nazionale e quello locale (SEC(2005) 1425, pag. 120 (15));

2.12.6

reputa necessario istituire un valido sistema di controllo finanziario con procedure di audit interne come premessa per una gestione corretta della cosa pubblica, sviluppare capacità volte a impedire i casi di malversazione e introdurre misure coerenti per arginare la corruzione su scala locale;

2.12.7

raccomanda l'adozione di misure sul rafforzamento dello spazio rurale, dell'economia e dell'agricoltura (ad esempio creando agenzie bancarie in aree rurali o affittando e vendendo agli agricoltori superfici agricole di proprietà demaniale), sì da sfruttare al massimo le capacità di autoapprovvigionamento esistenti.

2.12.8

auspica una soluzione rapida, definitiva e soddisfacente per tutti al problema del nome del paese, che attualmente è oggetto di negoziati sotto l'egida dell'ONU.

Bruxelles, 11 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  GU C 73 del 23.3.2004, pag. 1.

(2)  Relazione Brok (A6-0025/2006).

(3)  Documento non disponibile in italiano (NdT).

(4)  Una panoramica sullo stato di avanzamento delle ratifiche figura sul sito Internet dell'Ufficio Trattati del Consiglio d'Europa:

http://conventions.coe.int

(5)  Cfr., ad esempio, i percorsi formativi messi a punto nel Centro di competenze dell'Europa sudorientale dell'Università di Graz (Master in diritto dell'Europa sudorientale e integrazione europea), nelle Università di Trento, Ratisbona, Budapest e Lubiana (Master comune europeo in sviluppo locale comparato), nell'Accademia europea di Bolzano, nell'Università di Graz e nell'Istituto europeo di amministrazione pubblica (EIPA) (Master in integrazione e regionalismo europeo), come pure il corso postuniversitario in integrazione europea per le università di Belgrado, Nis e Novi Sad, con la partecipazione dell'università di Como, Francoforte sull'Oder, Gorizia, Maribor e Salisburgo (Tempus CD_JEP-190104-2004).

(6)  L'idea consiste nel distaccare esperti di amministrazioni nazionali, regionali e comunali nelle amministrazioni dei paesi dei Balcani occidentali, in modo che possano trasmettere le loro esperienze nel corso di una concreta attività lavorativa. Questa iniziativa si è rivelata particolarmente efficace durante i preparativi alle adesioni del 2004.

(7)  Direzione della cooperazione per la democrazia locale e regionale.

(8)  Una preziosa base di discussione sono le «Raccomandazioni per la sicurezza e la cooperazione transfrontaliera ai futuri confini esterni dell'UE nell'ottica del trattato di Schengen», elaborate dalla Comunità di lavoro delle regioni europee di confine.

(9)  La dichiarazione politica di Chisinau del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 6 novembre 2003 invoca la conclusione di «accordi regionali» in diversi settori. I negoziati si trovano già a uno stadio avanzato e sono conformi ai requisiti dell'UE.

(10)  Programma comunitario di assistenza alla ricostruzione, allo sviluppo e alla stabilizzazione.

(11)  Documento non disponibile in italiano: il riferimento alla pagina è quello dell'originale tedesco (NdT).

(12)  In base ai «principi guida» del gruppo di contatto con Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Federazione russa.

(13)  Documento non disponibile in italiano: il riferimento alla pagina è quello indicato nell'originale tedesco (NdT).

(14)  Documento non disponibile in italiano: il riferimento alla pagina è quello dell'originale tedesco (NdT).

(15)  Documento non disponibile in italiano: il riferimento alla pagina è quello dell'originale tedesco (NdT).


6.3.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 51/23


Parere del Comitato delle regioni in merito al Libro verde — Una strategia europea per un'energia sostenibile, competitiva e sicura alla Comunicazione della Commissione — Piano d'azione per la biomassa e alla Comunicazione della Commissione — Strategia dell'UE per i biocarburanti

(2007/C 51/04)

IL COMITATO DELLE REGIONI

visto il Libro verde Una strategia europea per un'energia sostenibile, competitiva e sicura (COM(2006) 105 def.), la comunicazione della Commissione Piano d'azione per la biomassa (COM(2005) 628 def.) e la comunicazione della Commissione Strategia dell'UE per i biocarburanti (COM(2006) 34 def.),

vista la decisione della Commissione europea del 2 dicembre 2005 di consultarlo in merito al libro verde Una strategia europea per un'energia sostenibile, competitiva e sicura a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato CE,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza del 16 febbraio 2006 di incaricare la commissione Sviluppo sostenibile della preparazione dei lavori in materia,

visto il proprio parere del 16 febbraio 2006 in merito al Libro verde sull'efficienza energetica: fare di più con meno (COM(2005) 265 def.) — CdR 216/2005 fin,

visto il proprio parere del 15 novembre 2001 in merito al Libro verdeVerso una strategia europea di sicurezza dell'approvvigionamento energetico (COM(2000) 769 def.) CdR 38/2001 fin (1),

visto il proprio parere del 17 giugno 2004 in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici (COM(2003) 739 def. — 2003/0300(COD)) — CdR 92/2004 fin (2),

visto il proprio progetto di parere (CdR 150/2006 riv. 1), adottato il 27 giugno 2006 dalla commissione Sviluppo sostenibile (relatrice: Emilia MÜLLER, ministro di Stato per gli Affari federali e europei del governo della Baviera (DE/PPE)),

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 11 ottobre 2006, nel corso della 66a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

In merito al Libro verde

1.1

accoglie con favore il Libro verde che fornisce un quadro adeguato della situazione attuale del settore energetico e offre suggerimenti per l'elaborazione di una strategia europea per un'energia sostenibile, competitiva e sicura;

1.2

osserva che l'europa deve venire a capo di numerose sfide nel campo energetico, per esempio prezzi energetici elevati e instabili, una domanda energetica mondiale crescente, rischi di sicurezza per i paesi produttori e di transito e per le rotte di trasporto, la crescente dipendenza dalle importazioni e l'ancora limitata diversificazione delle fonti di energia e di approvvigionamento, un inquinamento sempre maggiore, l'esigenza di una più forte integrazione e interconnessione dei mercati nazionali dell'energia e un fabbisogno elevato di investimenti nelle infrastrutture energetiche;

1.3

saluta con piacere il fatto che il Libro verde, di fronte a queste sfide, stimoli un dibattito intenso in materia di politica energetica in Europa e sottolinea l'importanza di una strategia energetica dell'UE di lungo periodo;

1.4

mette in rilievo il fatto che, per realizzare il triplice obiettivo «sicurezza dell'approvvigionamento — competitività — sviluppo sostenibile», è indispensabile tener conto di tutte le politiche collegate con quella energetica, quindi principalmente quelle dei trasporti, dell'ambiente, la politica regionale e quella di ricerca e sviluppo, oltre alla politica estera;

1.5

accoglie con favore la scelta di orientarsi verso una politica energetica europea comune, che sviluppi un partenariato tra i diversi livelli di governo europeo, nazionale e subnazionale, tenendo conto delle specificità dei singoli Stati membri conformemente al principio di sussidiarietà. Solo agendo in modo coordinato l'Europa potrà risolvere in modo sostenibile il problema della sicurezza e delle condizioni dell'approvvigionamento energetico;

1.6

fa osservare che un approvvigionamento energetico stabile e a prezzi abbordabili è di grande importanza per lo sviluppo sostenibile anche delle regioni e dei comuni;

1.7

evidenzia il ruolo degli enti locali e regionali come produttori di energia (per esempio attraverso la partecipazione ad aziende energetiche) vincolati al rispetto di condizioni di concorrenza eque;

1.8

apprezza le conclusioni del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo secondo cui per «assicurare la competitività delle economie europee e prezzi abbordabili» va promosso il potenziamento della cooperazione regionale in materia di energia all'interno dell'UE, facilitando l'integrazione dei mercati regionali nel mercato interno dell'UE;

1.9

sottolinea la necessità di diversificare le fonti energetiche esterne e interne per ridurre la dipendenza dell'UE dalle importazioni di energia e dalle forniture di singoli produttori e garantire in tal modo un approvvigionamento energetico sostenibile;

1.10

mette in evidenza che la decisione riguardante il mix energetico deve essere lasciata agli Stati membri in applicazione del principio di sussidiarietà;

1.11

si dichiara a favore di un incremento della quota di fonti energetiche rinnovabili con emissioni a effetto serra modeste o nulle nel mix energetico degli stati membri e ciò per combattere il cambiamento climatico;

1.12

trova che nella diversificazione del mix di fonti energetiche si sia omesso di includere l'energia idroelettrica, fonte efficace, efficiente e spesso utilizzata dai produttori e dai fornitori di energia regionali e comunali, e l'energia geotermica;

1.13

lamenta l'insufficiente attuazione delle direttive sulla liberalizzazione del mercato interno dell'elettricità e del gas in parecchi Stati membri;

1.14

ritiene necessario che nuove misure legislative siano precedute da una completa attuazione del secondo pacchetto del mercato interno e da una valutazione delle sue ripercussioni;

1.15

mette in risalto la necessità di creare una rete energetica europea unica e considera urgentemente necessaria a tal fine una più stretta cooperazione tra le autorità di regolamentazione nazionali;

1.16

respinge l'idea di istituire nuove strutture amministrative, come per esempio un'autorità regolamentatrice europea, dal momento che le autorità nazionali di regolamentazione sono in grado di conseguire gli obiettivi proposti dalla Commissione e confermati dal Consiglio europeo;

1.17

non vede alcun bisogno in questo momento di una nuova proposta legislativa per le riserve di gas naturale, dato che in primo luogo va attuata la direttiva, entrata in vigore nel maggio 2006, per la sicurezza dell'approvvigionamento di gas;

1.18

apprezza la presentazione di un piano strategico che rafforzi lo sviluppo delle nuove tecnologie energetiche a livello europeo, ne appoggi la rapida immissione nel mercato e renda possibile un coordinamento dei programmi di ricerca e innovazione europei e nazionali;

1.19

considera l'innalzamento dell'efficienza energetica un obiettivo importante, soprattutto al fine di evitare un'ulteriore crescita della dipendenza dalle importazioni;

1.20

fa osservare che già oggi vi sono nell'Ue molte misure di efficienza energetica in vigore o in corso di elaborazione, le quali cominciano appena a dare i loro frutti o devono ancora essere applicate. Tra queste vanno menzionate la direttiva sugli edifici, la direttiva sulla cogenerazione e la direttiva sull'efficienza degli usi finali dell'energia;

1.21

accoglie favorevolmente l'intenzione della Commissione di intraprendere a partire dal 2007 una revisione annuale della strategia dell'UE in cui si esamineranno gli obiettivi di medio e lungo periodo e le misure necessarie per la loro realizzazione.

In merito al piano d'azione per la biomassa

1.22

apprezza la presentazione del piano d'azione per la biomassa, la cui attuazione può offrire un contributo importante per la realizzazione dei tre obiettivi descritti nel Libro verde sull'energia;

1.23

accoglie positivamente l'intenzione della Commissione di potenziare, più di quanto sia avvenuto finora, il ruolo della biomassa tra le energie rinnovabili e considera il pacchetto globale di misure delineato dalla Commissione una base adeguata per l'espansione dell'uso della biomassa a fini energetici;

1.24

si compiace del fatto che la Commissione evidenzi l'importanza delle regioni per la promozione della biomassa e di altre forme di energia nel quadro della politica di coesione e di quella per lo sviluppo rurale;

1.25

rileva che l'uso della biomassa può dare un contributo determinante al raggiungimento dell'obiettivo della quota del 12 % di energie rinnovabili sul consumo energetico totale dell'UE entro il 2010 e sottolinea pertanto il significato della biomassa come importante alternativa alle fonti energetiche fossili;

1.26

mette in risalto che il piano d'azione illustra per la prima volta come dovrebbe ripartirsi l'obiettivo di triplicare, fino a circa 150 MTEP, il consumo di energia primaria dalla biomassa nell'UE, annunciato nel Libro bianco del 1997, fra i settori del riscaldamento, dell'elettricità e dei carburanti (riscaldamento: 75 MTEP, elettricità: 55 MTEP, carburanti 19 MTEP);

1.27

evidenzia che lo scenario presentato nel piano d'azione significherebbe un aumento della quota della biomassa sul consumo di energia primaria dell'Unione europea dal 4 % circa di oggi fino all'8 % del 2010, e osserva che, per raggiungere questo obiettivo nel rispetto del principio di sussidiarietà, il livello di volta in volta competente deve anche adottare misure volte in particolare ad assicurare l'approvvigionamento energetico, ad esempio attraverso il mantenimento di riserve obbligatorie, il miglioramento della catena di fornitura, ecc.;

1.28

apprezza la decisione del Consiglio del 14 febbraio 2006 di includere la fornitura di teleriscaldamento nell'elenco dei beni e dei servizi per i quali gli Stati membri possono applicare un'aliquota IVA ridotta e considera importante che gli Stati si avvalgano di questa possibilità;

1.29

ricorda che molti enti locali e regionali attuano e hanno attuato già con successo progetti per la produzione di elettricità e riscaldamento dalla biomassa e quindi hanno un ruolo di precursori in questo campo; ritiene che sia importante promuovere progetti di questo tipo;

1.30

sottolinea l'importanza della fonte energetica biomassa per le aree rurali; il suo uso può aprire nuove fonti di reddito per l'agricoltura («agricoltori come produttori di energia») e l'attività forestale e contribuire a creare nuovi posti di lavoro.

In merito alla strategia dell'UE per i biocarburanti

1.31

accoglie con favore la comunicazione della Commissione sulla strategia dell'UE per i biocarburanti che nel settore dei trasporti possono sostituirsi almeno in parte ai carburanti fossili e possono essere integrati nei sistemi di distribuzione dei carburanti;

1.32

sottolinea il fatto che negli enti locali e regionali le flotte di veicoli pubblici sono già alimentate con biocarburanti;

1.33

evidenzia l'importanza di produrre biocarburanti in modo sostenibile per evitare l'impoverimento della biodiversità. Si dovrebbe impedire che le grandi «monocolture» energetiche (coltivazione intensiva di un unico prodotto su vaste aree) turbino eccessivamente l'ecosistema locale;

1.34

sollecita la Commissione a potenziare gli sforzi di ricerca in materia di biocarburanti, sia a livello di materie prime (per incrementare le rese e le caratteristiche energetiche delle colture o per l'uso degli oli pirolitici come materia prima nell'industria petrolchimica), sia a livello di processi (conversione della biomassa in energia, come gassificazione, pirolisi, ecc.).

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

In merito al Libro verde sull'energia

2.1

chiede l'immediata e completa attuazione in tutti gli Stati membri della direttiva sulla liberalizzazione del mercato interno del gas e dell'elettricità al fine di assicurare una concorrenza equa;

2.2

si esprime a favore dell'esecuzione di analisi costi-benefici delle nuove proposte legislative presentate dalla Commissione;

2.3

sollecita, nel quadro della revisione del meccanismo europeo di scambi di quote di emissioni, un ulteriore sviluppo e miglioramento del meccanismo conformemente all'impostazione del Libro verde, creando così un clima stabile in cui le imprese possono prendere le necessarie decisioni d'investimento a lungo termine; sollecita inoltre l'eliminazione degli inutili oneri economici, in particolare a causa delle ripercussioni sui prezzi dell'elettricità e delle distorsioni della concorrenza derivanti dall'insufficiente armonizzazione dei piani nazionali di allocazione tra gli Stati membri;

2.4

osserva che il coordinamento a livello UE ha dato buona prova di sé durante la crisi delle forniture di gas del gennaio 2006 e chiede che anche in futuro, nel rispetto della responsabilità primaria e autonoma degli stati membri di garantire la sicurezza del loro approvvigionamento, si prevedano meccanismi efficienti di coordinamento, basati sui principi di solidarietà e sussidiarietà, nel caso di una crisi delle forniture;

2.5

domanda che nella ricerca e nello sviluppo ci si concentri nel campo delle energie sostenibili e dell'efficienza energetica e che a tal fine venga messa a disposizione una quota adeguata di aiuti comunitari;

2.6

propone che l'UE in tutti i settori di sua competenza offra incentivi per l'impiego di fonti energetiche sostenibili;

2.7

apprezza l'intenzione della Commissione di contribuire all'ulteriore sviluppo di misure di efficienza energetica e si dichiara a favore della rapida presentazione di un piano d'azione di ampie proporzioni per l'efficienza energetica;

2.8

chiede che nella preparazione di questo piano vengano integrati strumenti sostenuti dal mercato ed efficienti sotto il profilo dei costi, come per esempio, tra le altre cose, informazioni, consulenze, aiuti, accordi volontari, e si tenga conto dei limiti degli oneri addossabili ai bilanci pubblici, alle imprese e ai consumatori;

2.9

è contrario alla fissazione di obiettivi assoluti di aumento dell'efficienza. Gli Stati membri che hanno già applicato misure di risparmio o impiegano tecnologie particolarmente efficienti, hanno un potenziale inferiore di aumento dell'efficienza e subirebbero svantaggi concorrenziali se venissero applicati obiettivi assoluti;

2.10

è favorevole alla proposta di un accordo internazionale sull'efficienza energetica e all'avvio di un dialogo dell'UE con i paesi grandi consumatori di energia e con i paesi emergenti sull'efficienza e il risparmio energetico;

2.11

appoggia lo sviluppo di un progetto comune di politica estera e della sicurezza per garantire l'approvvigionamento e diversificare le fonti di fornitura, estendere i partenariati energetici e intensificare il dialogo con importanti paesi produttori, di transito o consumatori; in questo contesto risulta opportuna anche l'integrazione dei paesi confinanti con l'UE.

In merito al piano d'azione per la biomassa

2.12

invita la Commissione a tener conto dell'importanza degli enti locali e regionali nel quadro dell'attuazione e dell'ulteriore sviluppo del piano d'azione, a interessarsi espressamente alla dimensione locale e regionale e a contribuire in tal modo anche a un rafforzamento generale delle aree rurali;

2.13

sostiene l'impostazione della Commissione in materia di approvvigionamento di biomassa, secondo cui «è opportuno che le decisioni in merito alle colture energetiche da impiantare siano prese a livello regionale o locale»;

2.14

considera che per aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento, per salvaguardare le risorse, ridurre le emissioni a effetto serra e rafforzare le aree rurali e le risorse energetiche rinnovabili sia necessario, oltre a promuovere i risparmi energetici e incrementare l'efficienza energetica, sviluppare ulteriormente l'impiego di energie rinnovabili e promuovere in questo contesto lo sviluppo sostenibile dell'impiego energetico e produttivo della biomassa;

In merito alla strategia per i biocarburanti

2.15

ritiene indispensabile la soppressione degli ostacoli tecnici esistenti per i biocarburanti e la modifica della norma EN 14214 al fine di facilitare l'uso di una maggiore varietà di oli vegetali per il biodiesel, nella misura in cui ciò sia sostenibile senza effetti negativi significativi sui risultati dei carburanti; sostiene pertanto l'intenzione della Commissione di esaminare in primo luogo le cause di questi ostacoli, e determinare le specifiche della norma che possono essere modificate, garantendo al tempo stesso che da ciò non risulti una discriminazione dei biocarburanti;

2.16

invita la Commissione a tener adeguatamente conto anche nello sviluppo della strategia per i biocarburanti della dimensione locale e regionale;

2.17

accoglie con favore l'intenzione della Commissione di elevare la quota dei biocarburanti sul consumo totale di carburanti e di prevedere a questo proposito anche l'esame delle misure per la promozione dei biocarburanti.

Bruxelles, 11 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  GU C 107 del 3.5.2002, pag. 13.

(2)  GU C 318 del 22.12.2004, pag. 19.


6.3.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 51/27


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sui partenariati pubblico-privati e sul diritto comunitario in materia di appalti pubblici e concessioni

(2007/C 51/05)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sui partenariati pubblico-privati e sul diritto comunitario in materia di appalti pubblici e concessioni COM(2005) 569 def.,

vista la decisione della Commissione europea, del 15 novembre 2005, di consultare il Comitato delle regioni in materia, conformemente all'art. 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del Presidente del CdR, in data 22 febbraio 2006, di incaricare la commissione Politica economica e sociale della stesura di un parere sull'argomento,

visto il proprio parere in merito al Libro verde della Commissione europea relativo ai partenariati pubblico-privati e al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni (COM(2004) 327 def., CdR 239/2004 fin),

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde della Commissione europea relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni (COM(2004) 327 def., CESE 1440/2004 fin),

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il ruolo della BEI in tema di partenariato pubblico-privato (PPP) e l'impatto sulla problematica della crescita (CESE 255/2005),

visto il proprio progetto di parere (CdR 41/2006 riv. 2), adottato il 3 luglio 2006 dalla commissione Politica economica e sociale (relatrice: Bożena RONOWICZ, sindaco di Zielona Góra (PL/UEN-AE),

considerando quanto segue:

1.

La globalizzazione dell'economia e la crescente concorrenza che ne deriva per le aziende sia pubbliche che private, la cui maggiore competitività è uno degli obiettivi della strategia di Lisbona, impongono una stretta cooperazione fra il settore pubblico e quello privato nel quadro dei partenariati pubblico-privati (PPP), a vantaggio di entrambe le parti e soprattutto dei cittadini, che sono i destinatari dei servizi forniti.

2.

Grazie allo sviluppo del partenariato pubblico-privato basato sulla cooperazione fra un soggetto pubblico e un partner privato, entrambe le parti, il governo o gli enti locali da un lato e il settore privato dall'altro, realizzano progetti comuni con vantaggi reciproci, sfruttando il proprio potenziale per il conseguimento di obiettivi non solo commerciali, ma anche sociali, e garantendo così una migliore qualità dei servizi prestati.

3.

Gli enti locali e regionali dovrebbero impegnarsi maggiormente nei partenariati pubblico-privati, considerato che un coinvolgimento della base in progetti di partenariato fondati sui principi dei Trattati andrà innanzi tutto a vantaggio dei cittadini destinatari dei servizi,

ha adottato il seguente parere in data 12 ottobre 2006, nel corso della 66a sessione plenaria.

1.   Posizione del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

constata che, dato che finora il partenariato pubblico-privato non è stato definito con precisione e, soprattutto, mancano sia esperienze in tale ambito — specie nei nuovi Stati membri dell'UE — sia una regolamentazione giuridica adeguata, vi è la necessità di mettere a punto una comunicazione interpretativa riguardante tutte le forme di PPP di tipo contrattuale;

1.2

considera che spetti agli enti locali e regionali, in quanto organi più vicini ai cittadini beneficiari dei servizi pubblici, decidere come finanziare i servizi, quale forma dare ai partenariati pubblico-privati o se, invece, fornire essi stessi tali servizi;

1.3

ritiene che il partenariato pubblico-privato debba essere scelto innanzitutto per migliorare la qualità dei servizi offerti ai cittadini mediante la realizzazione di un progetto ben definito; ciò non significa tuttavia che questo tipo di partenariato costituisca in tutti i casi la soluzione ottimale;

1.4

osserva che i partenariati pubblico-privati tendono a trasferire il rischio verso la parte maggiormente in grado di gestirlo, assicurando nel contempo una protezione adeguata in caso di problemi nel corso della realizzazione del progetto;

1.5

fa notare che il partenariato pubblico-privato si fonda sul principio secondo cui il settore pubblico garantisce un'infrastruttura adeguata e un determinato tipo di servizio, collaborando attivamente alla realizzazione di un dato progetto con il settore privato; questo, dal canto suo, assume la responsabilità di raccogliere i fondi necessari al finanziamento dei lavori relativi al progetto, garantisce il trasferimento di tecnologie, assolve i compiti necessari per conseguire gli obiettivi del settore pubblico, e, una volta che la struttura è stata realizzata o modernizzata, la gestisce fornendo ai cittadini un servizio pubblico in cambio di un corrispettivo. Il partenariato pubblico-privato ha pertanto la funzione di configurare i rapporti fra le due parti in modo che i rischi associati a questa o quella componente del progetto ricadano sulla parte che sarà meglio in grado di controllarli;

1.6

osserva che il ricorso al partenariato pubblico-privato può costituire una soluzione vantaggiosa per garantire la realizzazione di un'infrastruttura o la prestazione di un servizio al pubblico. Tuttavia, solo un'analisi approfondita degli obiettivi concreti dell'infrastruttura o del servizio in questione permetterà di determinare se gli enti locali e regionali debbano intraprendere tali progetti da soli, se debbano affidarli a terzi, conformemente alla normativa sugli appalti pubblici in vigore nel paese, eventualmente mediante una concessione o un partenariato pubblico-privato istituzionalizzato;

1.7

sottolinea la necessità di riconoscere che la problematica del partenariato pubblico-privato va affrontata non solo sotto il profilo giuridico, economico e tecnico, ma anche in una prospettiva politica, dato che le decisioni relative ad un progetto comune del settore pubblico e del settore privato sono sottoposte a processi di votazione democratica e sono inoltre oggetto di controlli da parte degli organi competenti in materia, da cui conseguono l'obbligo di renderle pubbliche e il diritto dei cittadini — destinatari effettivi o potenziali dei servizi — di giudicarle;

1.8

afferma che in caso di realizzazione di un progetto nel quadro di un partenariato pubblico-privato il partner pubblico potrà talvolta conseguire i seguenti vantaggi (a condizione che questo tipo di partenariato risulti essere la soluzione ottimale per la fornitura di un'infrastruttura o di un servizio ai cittadini):

il coinvolgimento di capitali privati nel finanziamento di progetti di pubblico interesse, con conseguenti economie di bilancio e riduzione dei costi di investimento,

lo spostamento del rischio di investimento verso il partner privato negli ambiti in cui quest'ultimo lo gestisce meglio del partner pubblico,

la possibilità di accelerare al tempo stesso gli investimenti previsti e la fornitura di servizi pubblici, grazie alla maggiore flessibilità e velocità di intervento del settore privato,

l'ampliamento delle fonti di finanziamento locale del settore pubblico,

la garanzia dell'accurata realizzazione degli investimenti, dato che la gestione e la manutenzione dell'infrastruttura concepita, costruita o modernizzata saranno curate da un operatore privato che dovrebbe di conseguenza avere tutto l'interesse a realizzare il progetto con puntualità e rigore, sotto la sorveglianza del partner pubblico,

la garanzia di beneficiare di servizi pubblici di buona qualità in una prospettiva più a lungo termine, grazie a contratti pluriennali;

1.9

sottolinea che il partenariato pubblico-privato richiede la fiducia reciproca delle due parti e la trasparenza nei loro contatti bilaterali per potersi sviluppare liberamente e senza ostacoli, in linea con i principi fondamentali dei Trattati (ad esempio le pari opportunità, il riconoscimento reciproco e la proporzionalità). Affinché il partenariato pubblico-privato possa svilupparsi secondo i suddetti principi, devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:

un sistema stabile di amministrazione territoriale,

la fiducia dei mercati finanziari e delle rispettive controparti,

la buona salute finanziaria del partner pubblico e di quello privato,

la trasparenza e la concretezza delle disposizioni contrattuali, che devono prevedere un meccanismo di revisione e i casi di forza maggiore,

un calcolo corretto del costo dei progetti,

la garanzia di una protezione giuridica per entrambe le parti.

1.10

ribadisce che sia il partenariato pubblico-privato contrattualizzato che quello istituzionalizzato devono anzitutto garantire ai cittadini la qualità, la sicurezza e la continuità delle infrastrutture e dei servizi. I poteri pubblici non possono né debbono trascurare l'importanza di tutelare la prestazione dei servizi, indipendentemente dagli interessi economici dei prestatori, e debbono riservarsi determinate facoltà, come quella di imporre standard di qualità e di sicurezza e poterli modificare unilateralmente a beneficio dell'interesse pubblico nel corso dell'intero periodo di partenariato, o quella di poter recuperare il controllo del lavoro o del servizio e, una volta terminato il partenariato, ricevere dal prestatore quei beni considerati necessari per garantire la continuità dell'utilizzazione o del servizio.

1.11

ritiene che sebbene la maggioranza degli operatori consultati dalla Commissione non abbia approvato l'iniziativa comunitaria intesa a chiarire e adattare le norme relative al subappalto nei partenariati pubblico-privati, le istituzioni comunitarie non debbono dimenticare che il destinatario dei partenariati è il cittadino utente dei servizi, e che la riuscita di un partenariato pubblico-privato può essere compromessa quando il titolare del PPP non gestisca a dovere le relazioni con i subappaltatori e i fornitori a valle, che forniscono, in parte o in toto, le prestazioni. D'altro canto, gli enti locali e regionali hanno interesse a potenziare le PMI le quali, nella maggior parte dei casi, rivestono il ruolo di subappaltatori o fornitori. È pertanto opportuno specificare gli obblighi degli appaltatori e dei concessionari di rispettare i propri impegni economici nei confronti dei subappaltatori o dei fornitori a valle, alle medesime condizioni economiche e con gli stessi obblighi economici che valgono per le relazioni dell'ente aggiudicatore nei confronti dell'appaltatore o del concessionario.

2.   La posizione del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

chiede, nel caso in cui la Commissione lanci effettivamente un'iniziativa legislativa sulle concessioni di servizi, che venga riconosciuta la specificità di questo tipo di concessioni o di quelle relative ai servizi di interesse economico generale. Qualsiasi proposta della Commissione dovrebbe garantire procedure trasparenti e non discriminatorie per la selezione dei prestatori di servizi, unitamente a una serie flessibile di criteri orizzontali per l'aggiudicazione finale;

2.2

reputa che occorra proseguire il dibattito sui partenariati pubblico-privati a livello della Commissione europea vista la crescente importanza che la cooperazione fra, da un lato, le regioni e i comuni e, dall'altro, il mondo delle imprese ha assunto nell'Unione europea;

2.3

reclama una definizione precisa del partenariato pubblico-privato e un chiarimento della terminologia utilizzata, come per esempio il significato preciso di termini quali «PPP contrattuale» o «PPP istituzionale» e l'eventuale distinzione fra PPP di livello europeo e PPP nazionali e infranazionali;

2.4

ritiene necessario, in linea con quanto precede, evitare termini come «servizio pubblico» e «servizio di interesse generale», dato che nelle differenti legislazioni essi vengono definiti in maniera diversa. Un concetto valido, cui si potrebbe ricorrere per definire i PPP istituzionalizzati, che formano oggetto della normativa europea, sarebbe «partenariati riguardanti lo sfruttamento di un lavoro o la prestazione di servizi ai cittadini e remunerati interamente o parzialmente dagli utenti»;

2.5

invita ad affrontare anche la questione relativa alla disponibilità o meno a livello europeo dei necessari strumenti finanziari per garantire PPP su scala europea (riassicurazione, garanzie pubbliche);

2.6

apprezza gli sforzi compiuti dalla Commissione europea per garantire, a livello comunitario, che l'aggiudicazione degli appalti pubblici e delle concessioni rispetti i principi fondamentali del Trattato che istituisce la Comunità europea, quali la trasparenza, le pari opportunità, la proporzionalità e il riconoscimento reciproco;

2.7

ritiene che, nel caso di appalti pubblici di una certa complessità, il dialogo competitivo possa risultare efficace, ma riconosce che l'esperienza in materia non è ancora sufficiente per poterne valutare le eventuali conseguenze;

2.8

raccomanda che, per l'aggiudicazione delle concessioni, gli Stati membri dell'UE sviluppino procedure fondate su regole trasparenti e coerenti, tenendo conto delle eventuali definizioni e degli eventuali standard comuni europei proposti dalla Commissione europea;

2.9

afferma che, per conferire una maggiore certezza giuridica alle iniziative assunte nell'ambito dei partenariati pubblico-privati, potrebbero essere create imprese a partecipazione mista pubblico-privata per la fornitura di servizi pubblici;

2.10

fa osservare che l'unico caso cui le procedure relative agli appalti pubblici non dovrebbero applicarsi è quello degli offerenti (appaltatori) che (1) sono sottoposti ad un controllo da parte dell'ente aggiudicatore (come ad esempio i dipartimenti di tale ente) e (2) svolgono la maggior parte della loro attività all'interno dell'ente stesso. Per «operatore interno» il CdR intende un soggetto giuridicamente distinto dall'autorità competente, sulla quale quest'ultima esercita un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi. Al fine di determinare l'esistenza di tale controllo, devono essere presi in considerazione elementi come il livello di presenza in seno agli organi di amministrazione, di direzione o vigilanza, le relative disposizioni negli statuti, l'assetto proprietario, l'influenza e il controllo effettivi sulle decisioni strategiche e sulle singole decisioni di gestione. La qualità di «operatore interno» esclude qualsiasi partecipazione di un'impresa privata al capitale del prestatore di servizi che sia superiore al 33 %; il CdR in particolare ritiene errato il presupposto che affidamenti diretti fatti a società miste pubblico-private qualora costituite con procedure ad evidenza pubblica producano in ogni caso benefici, diretti o indiretti, per le società stesse, pertanto rifiuta l'equazione automatica «affidamento diretto uguale vantaggio competitivo contrario alle disposizioni del Trattato», nonché il principio che qualsiasi ulteriore vincolo all'operatività sul mercato sia incompatibile con il quadro sopra enunciato;

2.11

evidenzia che l'adozione di una comunicazione interpretativa sull'aggiudicazione delle concessioni e sui PPP istituzionalizzati potrebbe offrire maggiori indicazioni su come applicare i principi sanciti nel Trattato CE; per quanto riguarda la parità di trattamento, la trasparenza, la proporzionalità e il reciproco riconoscimento e offrirà così migliori prospettive ai progetti nel quadro di un PPP, favorendo più di quanto non sia avvenuto finora la realizzazione di progetti sulla base di prestiti concessi dalla Banca europea per gli investimenti (BEI);

2.12

sottolinea che l'elevata qualità dei servizi destinati ai cittadini è garantita dal sistema democratico dei singoli Stati membri, che riserva una posizione centrale al cittadino, tutelato dalle autorità che gestiscono o contribuiscono a gestire i servizi prestati, nonché provvedono alla vigilanza e al monitoraggio in materia;

2.13

ritiene che nel quadro della concessione di aiuti europei debba essere data priorità al finanziamento dei progetti di PPP.

Bruxelles, 12 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


6.3.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 51/31


Parere del Comitato delle regioni, sul tema La creazione di «Patti territoriali europei»: proposta di revisione dei contratti e delle convenzioni tripartiti

(2007/C 51/06)

Il COMITATO DELLE REGIONI,

vista la decisione della presidenza britannica del 21 e 22 novembre 2005 di consultarlo sull'argomento, a norma dell'articolo 265, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza del 25 aprile 2006 di incaricare la commissione Affari costituzionali e governance europea, spazio di libertà, sicurezza e giustizia di elaborare un parere in materia,

viste le conclusioni della riunione del gruppo di alto livello sulla governance e l'Unione europea svoltasi a Londra il 21 e 22 novembre 2005,

viste le conclusioni della riunione del gruppo di alto livello sulla governance e l'Unione europea svoltasi a Turku il 2 e 3 ottobre 2006,

visto il contributo della Commissione europea presentato alla suddetta riunione del gruppo di alto livello sulla governance e l'Unione europea svoltasi a Turku,

visto il Libro bianco della Commissione europea La governance europea, del 25 luglio 2001 (COM(2001) 428 def.) (1),

vista la comunicazione della Commissione europea Un quadro per i contratti e le convenzioni tripartiti di obiettivi fra la Comunità, gli Stati e le autorità regionali e locali, dell'11 dicembre 2002 (COM(2002) 709 def.),

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio europeo Un'agenda dei cittadiniPer un'Europa dei risultati, del 10 maggio 2006 (COM(2006) 211 def.),

visto il proprio parere (CdR 121/2005 fin) in merito alla relazione della Commissione Legiferare meglio 2004 e alla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Una migliore regolamentazione per la crescita e l'occupazione nell'Unione europea, adottato il 12 ottobre 2005 (2),

visto il progetto di parere (CdR 135/2006 riv. 1) adottato il 30 giugno 2006 dalla commissione Affari costituzionali, governance europea, spazio di libertà, sicurezza e giustizia (relatore: Raymond FORNI, presidente del consiglio regionale della Franca Contea (FR/PSE)),

considerando quanto segue:

1)

I contratti e le convenzioni tripartiti costituiscono uno strumento rilevante volto a promuovere in Europa la governance a diversi livelli grazie, in particolare, alla partecipazione degli enti locali e regionali all'attuazione delle politiche comunitarie, pur sempre nel rispetto delle strutture istituzionali presenti nei singoli Stati membri.

2)

Questo nuovo strumento facoltativo di governance garantisce una maggiore flessibilità, efficacia e democrazia all'interno dell'Unione europea, contribuendo in tal modo a favorire l'adesione dei cittadini al progetto europeo.

3)

Il rilancio dei contratti e delle convenzioni tripartiti costituisce una delle sue priorità politiche per il 2006 e pertanto auspica essenzialmente un maggiore apporto e potenziale di questo strumento riguardo all'attuazione della strategia di Lisbona.

4)

La generalizzazione dei contratti e delle convenzioni tripartiti che appartengono alla categoria degli strumenti di programmazione esecutiva, permette di rendere più coerente e omogenea la pianificazione delle politiche, dal livello europeo fino a quello locale, e di diversificare gli strumenti di concertazione tra tutte le istituzioni interessate alla politica di coesione economica e sociale a livello regionale.

5)

Dal momento che i risultati della fase sperimentale dell'applicazione dei contratti e delle convenzioni tripartiti sono inferiori alle aspettative, occorre non solo ridefinire lo strumento medesimo, ma anche rielaborarne le modalità, gli obiettivi e la portata.

6)

Il CdR ha apportato — nell'interesse degli enti locali e regionali — un contributo concreto sulla revisione dello strumento ai fini di ottimizzarne il potenziale. Ciò in occasione della riunione del gruppo di alto livello sulla governance e l'Unione europea svoltasi a Turku il 2 e 3 ottobre 2006, che, nelle sue conclusioni, ha da un lato affermato che nulla si opponeva a che lo strumento proseguisse e dall'altro constatato l'interesse di un certo numero di Stati membri a procedere su base volontaria ad una nuova fase sperimentale,

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 12 ottobre 2006, nel corso della 66a sessione plenaria.

PUNTI DI VISTA E RACCOMANDAZIONI DEL COMITATO DELLE REGIONI

1.   Promozione e valorizzazione del principio del partenariato nel funzionamento dell'Unione europea

Il Comitato delle regioni

1.1

ritiene che, alla luce dei problemi economici, sociali, ambientali e di deficit democratico che l'Europa deve affrontare, sia essenziale rafforzare l'azione dell'Unione europea, degli Stati membri e degli enti regionali e locali mediante un vero e proprio partenariato, allo scopo di accrescere l'efficienza dell'UE;

1.2

rileva che il radicamento del principio del partenariato interistituzionale, secondo i principi di sussidiarietà e proporzionalità, è il pilastro fondamentale per costruire un'Europa che sia sentita da tutti i cittadini europei come una «casa comune»;

1.3

reputa che l'applicazione sul campo del principio del partenariato permetterebbe di ovviare alle lacune del sistema attuale, apportando un reale valore aggiunto alla realizzazione degli obiettivi comuni chiaramente definiti nel quadro di Un'agenda dei cittadini proposta dalla Commissione europea nella comunicazione del 10 maggio 2006, senza alterare la ripartizione delle responsabilità istituzionali tra le varie parti interessate;

1.4

osserva peraltro che il dibattito recentemente avviato con i cittadini degli Stati membri nel quadro del periodo di riflessione, dimostra che il ravvicinamento ai cittadini europei è possibile grazie ad azioni concrete e visibili e che il coinvolgimento diretto degli enti locali e regionali nella costruzione europea costituisce un vettore indispensabile a tal fine.

2.   Valutazione da parte del Comitato delle regioni della fase sperimentale dei contratti e delle convenzioni tripartiti

Il Comitato delle regioni

2.1

ha sostenuto sin dall'inizio il concetto dei contratti e delle convenzioni tripartiti in quanto costituisce una forma di partenariato volta ad attuare con maggiore flessibilità e capacità di adattamento la legislazione e i programmi a forte impatto territoriale;

2.2

pur osservando che i risultati della fase sperimentale dei contratti e delle convenzioni tripartiti sono al di sotto delle sue aspettative, ritiene che, anziché mettere in discussione la rilevanza di questo strumento, occorra mettere in atto ogni più opportuna iniziativa perché la sua utilizzazione sia accresciuta e diffusa;

2.3

rileva in particolare che è stata finora sottoscritta una sola convenzione tripartita, vale a dire quella con la regione Lombardia, e deplora il mancato impegno della Commissione europea nel sottoscrivere i tre altri progetti di convenzione pilota previsti (Birmingham, Lilla e Pescara), il cui contenuto innovativo avrebbe potuto apportare un reale valore aggiunto; prende atto in tale contesto delle nuove iniziative avviate dagli enti locali e regionali (come il principato delle Asturie e la provincia autonoma di Trento) e sottolinea l'azione di alcune associazioni europee e nazionali intesa a sostenere e promuovere tale strumento;

2.4

ricorda che gli enti territoriali, incaricati di recepire e applicare gran parte della legislazione e delle politiche comunitarie, hanno accolto con grande interesse il lancio del concetto di contratti e convenzioni tripartiti, considerandoli un mezzo per svolgere tali compiti in modo più efficace; tali strumenti, inoltre, consentono alle istituzioni comunitarie, ai governi nazionali e alle autorità regionali e locali di definire gli obiettivi perseguiti, nonché di individuare e realizzare in forma integrata le azioni e gli interventi di loro competenza, valorizzando il ruolo di ciascun attore istituzionale;

2.5

non condivide quindi la valutazione della Commissione europea, secondo cui nessun ente locale, regionale o centrale ha mostrato particolare interesse per la proposta;

2.6

richiama l'attenzione sulla precarietà della fase sperimentale, concepita in un'ottica troppo limitata; inoltre, tenuto conto della valutazione effettuata dalla Commissione europea, giudica tanto più necessario rivedere tale strumento, prestando particolare attenzione ai seguenti punti:

introdurre una maggiore trasparenza e comunicazione in merito al nuovo strumento in occasione del «Piano D» e in altri contesti e, più in particolare, lanciare campagne informative destinate ai potenziali beneficiari, vale a dire gli enti locali e regionali, nonché agli Stati membri,

dar prova di un'autentica leadership a tutti i livelli,

organizzare un coordinamento efficace delle fonti di finanziamento,

rinnovare l'interesse, da parte della Commissione, che ne è stata iniziatrice, per questo strumento flessibile, pratico ed economico di gestione del denaro pubblico,

creare un adeguato coordinamento in seno alla Commissione europea,

sviluppare un buon coordinamento «verticale» tra i vari livelli di governo, in particolare tra il livello nazionale e quello regionale/locale, in linea con l'aspetto «regolatore» del principio di sussidiarietà,

organizzare partenariati, guidati da un «capofila» riconosciuto, tenendo conto delle competenze e delle responsabilità di ciascuno,

esplicitare il valore aggiunto dello strumento per la Commissione europea, gli Stati membri e gli enti locali e regionali;

2.7

rammenta che, nella sua risoluzione del dicembre 2003, il Parlamento europeo ha accolto con favore questo strumento e chiesto espressamente di far progredire il programma pilota riguardo a un numero sufficientemente ampio e diversificato di casi nonché di render disponibili risorse finanziarie per garantire un'adeguata pubblicità;

2.8

richiama l'attenzione sulle risposte al questionario inviato dalla presidenza finlandese agli Stati membri: esse evidenziano che la maggioranza degli Stati membri è favorevole al ricorso agli accordi tripartiti/multipartiti — con la partecipazione degli Stati membri, degli enti regionali e locali e della Commissione europea — allo scopo di promuovere l'applicazione del principio del partenariato nell'attuazione delle politiche europee;

2.9

intende contribuire a soddisfare le condizioni fondamentali definite dalla Commissione al fine di garantire la riuscita dello strumento, proponendo un certo numero di piste da seguire; è inoltre disposto a svolgere un ruolo motore al fine di imprimere lo slancio politico necessario per potenziare il ricorso a tale strumento; sottolinea tuttavia che nessuna iniziativa andrà in porto senza il sostegno e l'impegno degli Stati membri interessati nonché della Commissione europea.

3.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni in vista della creazione di «Patti territoriali europei»

Il Comitato delle regioni

3.1

si pronuncia a favore di una revisione dei contratti e delle convenzioni tripartiti e della loro ridefinizione come «Patti territoriali europei» al fine di adattarli ai bisogni e agli interessi dei diversi livelli di governo che potrebbero costituire le parti contraenti dell'accordo;

3.2

auspica che tali «Patti territoriali europei» consentano:

la concertazione e la sincronizzazione, ai diversi livelli istituzionali, dei processi programmatori, elaborativi, decisionali, attuativi e gestionali degli obiettivi e dei progetti perseguiti dalle grandi politiche europee,

l'attuazione flessibile, efficace e volontaria dei grandi obiettivi e delle priorità politiche dell'Unione europea mediante partenariati mirati che agevolino in particolare l'attuazione della politica di coesione, l'approccio su base locale alla strategia di Lisbona, le iniziative puntuali in materia di comunicazione, l'articolazione a livello locale delle grandi politiche europee, come quelle dei trasporti, dell'energia, ecc., nonché la realizzazione di strategie politiche integrate, come la politica marittima e costiera,

la gestione efficace di contratti o convenzioni tripartiti quali inizialmente proposti dalla Commissione europea per mettere a punto delle soluzioni vicine al territorio che non richiedano l'intervento di meccanismi «legislativi e/o regolamentari» pesanti e costosi e sviluppare progetti fondati sul partenariato, posti sotto la responsabilità di regioni ed enti locali, che beneficino di un supporto tecnico e finanziario nazionale ed europeo. Ciò potrebbe rivelarsi particolarmente utile nelle regioni con gravi svantaggi naturali e/o economici e sociali, oppure nelle regioni scarsamente popolate (tra cui quelle ultraperiferiche), in cui può essere talvolta difficile recepire o applicare la legislazione e le politiche europee;

3.3

sottolinea che questi strumenti rappresenterebbero di per sé un valore aggiunto assai significativo sia per gli enti regionali e locali che per l'Unione europea poiché permetterebbero di adattare meglio le azioni dell'UE alle realtà locali e regionali, rispondendo così in modo più efficace alle preoccupazioni concrete dei cittadini;

3.4

si dichiara pronto a collaborare con la Commissione europea, la presidenza dell'Unione europea e le altre istituzioni interessate, e in particolare con il gruppo di alto livello sulla governance, per individuare e valutare il valore aggiunto concreto di tali contratti o convenzioni, determinando criteri e indicatori adeguati;

3.5

reputa che la libertà di ricorso a tali Patti territoriali europei e la loro negoziazione in base alla volontà comune delle diverse parti contraenti costituirebbe un punto di forza che permetterebbe di consolidare un dialogo costante e regolare tra i tre livelli di governo, dall'elaborazione dei Patti fino alla loro attuazione, anche nei casi che vedono il coinvolgimento di più Stati membri; in ogni caso, tale strumento deve essere concepito nel rispetto e nell'applicazione della regolamentazione in vigore, a livello sia regionale e nazionale che comunitario, per quanto riguarda la ripartizione delle competenze in vigore in ciascuno Stato membro e l'applicazione della disciplina settoriale esistente o le norme che reggono la gestione e il controllo delle risorse finanziarie;

3.6

considera che non è possibile mettere a punto un vero partenariato senza che ciascuna delle parti dell'accordo contribuisca finanziariamente alla realizzazione degli obiettivi definiti congiuntamente; propone che la riflessione sulla questione del finanziamento dei Patti territoriali europei sia imperniata sulle sinergie realizzabili tra le linee di bilancio esistenti a livello europeo negli ambiti interessati e i fondi strutturali da un lato e le linee di bilancio disponibili sul piano locale regionale e nazionale dall'altro, e ciò senza dotare la politica regionale comunitaria di strumenti finanziari aggiuntivi né richiedere ulteriori risorse finanziarie a questo fine;

3.7

reputa che l'obiettivo comune dovrebbe essere quello di ottimizzare l'impatto dell'azione chiarendone concretamente sul terreno il valore aggiunto comunitario, che risulta evidente nel momento in cui varie amministrazioni pubbliche (europea, nazionale, regionale o locale) hanno competenze legislative oppure di elaborazione od attuazione di determinate politiche; chiede inoltre alla Commissione europea di fissare degli indicatori precisi per poter definire tale valore;

3.8

invita la Commissione europea ad estendere l'applicazione dei Patti territoriali europei a settori e a politiche europee diverse da quella ambientale e a promuoverne l'uso in particolare nell'ambito della strategia di Lisbona, della politica di coesione, delle grandi infrastrutture europee e della politica marittima;

3.9

giudica opportuno intensificare la concertazione tra la Commissione europea, il Consiglio dell'Unione europea, il Parlamento europeo e il Comitato delle regioni, sulla definizione e sull'attuazione dei Patti territoriali europei; ritiene inoltre che il sostegno dei governi nazionali coinvolti sia indispensabile a tal fine;

3.10

ribadisce la richiesta alla Commissione europea di ricorrere al suo segretariato generale per rafforzare il coordinamento trasversale nella gestione di questo nuovo strumento;

3.11

propone che siano messi a punto dei meccanismi di concertazione regolare tra le diverse autorità di governo coinvolte in un patto territoriale; tali meccanismi devono rimanere flessibili e richiedere risorse umane limitate; i Patti territoriali dovrebbero essere concepiti in modo tale che la Commissione possa stipularli con tutti gli Stati membri e le amministrazioni locali e regionali che soddisfino le condizioni e i criteri stabiliti, secondo principi di obiettività, di pubblicità e di trasparenza. Le regioni si impegnano a collaborare con la Commissione e con tutti gli Stati membri per elaborare tali criteri;

3.12

ritiene infatti essenziale migliorare l'interazione e lo scambio di informazioni tra gli enti locali e regionali che prendono parte a un patto territoriale e propone di monitorarne gli sviluppi mediante riunioni a cadenza annuale tra le autorità di governo coinvolte oppure mediante audizioni pubbliche;

3.13

sollecita infine la Commissione europea ad avviare una vera e propria campagna d'informazione nonché un'azione di sensibilizzazione sul lancio dei Patti territoriali europei mirata a tutti gli attori potenzialmente coinvolti, allo scopo di chiarire gli obiettivi e il significato politico di tale strumento;

3.14

ritiene necessario che, nella definizione dei Patti territoriali europei, un formale rilievo sia riconosciuto alle parti sociali locali, che sono gli attori dello sviluppo del territorio;

3.15

data l'importanza che deve acquisire la partecipazione dei cittadini alla definizione degli obiettivi dei Patti territoriali europei, ritiene opportuna l'adozione da parte delle istituzioni europee di iniziative volte a promuovere tale partecipazione nonché la formulazione di proposte riguardanti i relativi strumenti;

3.16

incarica il proprio Presidente di trasmettere il presente parere al Consiglio, alla Commissione europea, al Parlamento europeo, ai governi degli Stati membri e al gruppo di alto livello sulla governance e l'Unione europea.

Bruxelles, 12 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  GU C 287 del 12.10.2001, pagg. 1–29.

(2)  GU C 81 del 4.4.2006, pagg. 6–10.


6.3.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 51/35


Parere del Comitato delle regioni sul tema La situazione dei minori stranieri non accompagnati — Il ruolo e le proposte degli enti locali e regionali

(2007/C 51/07)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza, del 25 aprile 2006, di affidare alla commissione Affari Costituzionali, governance europea, spazio di libertà, sicurezza e giustizia l'elaborazione di un parere in materia, ai sensi dell'articolo 265, quinto comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il proprio parere CdR 241/2004 fin in merito al Libro verdeUguaglianza e non discriminazione nell'Unione europea allargata (COM(2004) 379 def.),

visto il proprio parere CdR 337/2004 fin in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniStudio sulle connessioni tra migrazione legale e illegale (COM(2004) 412 def.),

visto il proprio parere CdR 80/2005 fin in merito alla Comunicazione della Commissione sull'Agenda sociale (COM(2005) 33 def.),

visto il proprio parere CdR 144/2005 fin in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo che istituisce un programma quadro sulla solidarietà e gestione dei flussi migratori per il periodo 2007-2013 (COM(2005) 123 def.),

visto il proprio parere (CdR 51/2006 fin) in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniUn'agenda comune per l'integrazioneQuadro per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi nell'Unione europea (COM(2005) 389 def.), alla comunicazione su Migrazione e sviluppo: orientamenti concreti (COM(2005) 390 def.) e sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente (COM(2005) 391 def.),

vista la comunicazione della Commissione in merito alla dimensione locale e regionale dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (COM(2002) 738 def.),

vista la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo relativa all'ingresso gestito nell'Unione europea delle persone bisognose di protezione internazionale e al rafforzamento della capacità di protezione nelle regioni di origine «Migliorare l'accesso a soluzioni durature» (COM(2004) 410 def.),

vista la Direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta,

vista la Direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti,

vista la Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo per le frontiere esterne per il periodo 2007-2013, nell'ambito del programma generale «Solidarietà e gestione dei flussi migratori» (COM(2005) 123 def. — 2005/0047 (COD)),

vista la Proposta di decisione del Consiglio che istituisce il Fondo europeo per l'integrazione dei cittadini dei paesi terzi per il periodo 2007-2013, nell'ambito del programma generale «Solidarietà e gestione dei flussi migratori» (COM(2005) 123 def. — 2005/0048 (CNS)),

vista la Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo europeo per i rimpatri per il periodo 2008-2013, nell'ambito del programma generale «Solidarietà e gestione dei flussi migratori» (COM(2005) 123 def. — 2005/0049 (COD)),

visto il progetto di parere (CdR 136/2006) adottato il 30 giugno 2006 dalla commissione CONST (relatore: Paolo FONTANELLI, Sindaco di Pisa (IT/PSE)),

considerando quanto segue:

1)

Per minori stranieri non accompagnati, secondo la risoluzione del Consiglio d'Europa del 26 giugno 1997, si intendono «i cittadini di paesi terzi di età inferiore ai 18 anni che giungono nel territorio degli Stati membri non accompagnati da un adulto per essi responsabile in base alla legge o alla consuetudine e fino a quando non ne assuma effettivamente la custodia un adulto per essi responsabile».

2)

La protezione dei minori, dei minori stranieri non accompagnati e dei giovani richiedenti asilo, in quanto soggetti più vulnerabili e a più alto rischio di esclusione sociale, deve essere una priorità per l'Unione europea, per i paesi partner nonché per gli enti locali e le regioni.

3)

La gestione dei flussi di gruppi particolarmente vulnerabili quali vittime della tratta, richiedenti asilo e minori stranieri non accompagnati rientra, per le loro oggettive caratteristiche di ingresso irregolare sul territorio dei paesi partner, tra le procedure delle più generali politiche di contrasto dell'immigrazione irregolare.

4)

Questi particolari flussi migratori si inseriscono in una zona d'ombra degli ordinamenti legislativi, tra l'ingresso irregolare e la successiva permanenza legale in virtù della condizione di tutela garantita dal diritto internazionale e nazionale.

5)

È difficile disporre ad oggi di dati a livello UE a causa delle differenti tipologie di classificazione effettuata dalle autorità nazionali sui minori stranieri non accompagnati che in taluni paesi vengono ricondotti statisticamente tra i richiedenti asilo, in altri tra i migranti economici, ma anche tra i minori in stato di abbandono.

6)

L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) stima una cifra complessiva di circa 25 milioni di rifugiati nel mondo, e che il 50 % di questi sarebbero bambini. Stime recenti indicano che tra il 2 % e il 3 % si tratta di minori stranieri non accompagnati.

7)

L'Unicef ritiene che il numero di minori oggetto di traffico illegale, interno ed estero, ogni anno sia pari a circa 1,2 milioni (rapporto Unicef Stop the Traffic del luglio 2003). Il programma Separated Children in Europe, che ha preso l'avvio dai lavori della International Save the Children Alliance e l'UNHCR, stima per difetto che in Europa siano presenti almeno 100 000 minori non accompagnati. In Italia l'autorità nazionale di protezione dei minori stranieri (Comitato minori stranieri) ha raccolto i dati della presenza dei minori stranieri non accompagnati, pari a circa 8 000 minori ogni anno con una tendenza in aumento negli ultimi anni. In Spagna le autorità stimano tra i 3 000 e i 4 000 i minori stranieri non accompagnati contattati ogni anno, mentre per Francia, Olanda, Belgio il numero dei minori accertato varia tra i 5 000 e i 6 000 l'anno. Il numero dei minori stranieri non accompagnati è certamente più rilevante se si tiene in considerazione l'ingresso illegale e la difficoltà di poter stimare anche la presenza a seguito di ingressi irregolari sul territorio.

8)

I principali paesi dai quali provengono i minori stranieri non accompagnati risultano essere i paesi del Maghreb (e in particolare il Marocco), dell'Africa subsahariana (Senegal, Mali, Guinea Conakry, Camerun), i paesi dell'Asia (e in particolare l'Afghanistan), i paesi dell'Europa orientale (e in particolare la Romania, la Moldavia, l'Albania e le ex repubbliche iugoslave).

9)

L'onere dell'assistenza ricade spesso interamente sugli enti locali e sulle regioni che affrontano il fenomeno in termini emergenziali, perché per loro non è presente una politica di riferimento: essi operano dunque senza competenze specifiche in questo campo, senza una capacità giuridica che consenta loro di adottare decisioni in materia di ricongiungimento o rimpatrio assistito, e senza una programmazione di interventi, a scapito dell'efficacia e dell'utilità degli stessi, ma a fronte di un impiego di risorse assai rilevante,

ha adottato il seguente parere in data 12 ottobre 2006, nel corso della 66a sessione plenaria

1.   Punti di vista del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

ritiene essenziale gestire in maniera coordinata ed efficace i flussi migratori in seno all'UE nel rispetto del principio di sussidiarietà e di protezione dei diritti individuali, ed in particolare dei gruppi più vulnerabili, e ciò non solo per combattere il razzismo, la xenofobia e le altre cause di insicurezza, ma anche perché si tratta di una condizione necessaria al raggiungimento degli obiettivi di crescita della strategia di Lisbona e più in generale del mercato interno;

1.2

constata che innanzitutto gli obiettivi principali per poter effettuare interventi coerenti e programmati sui minori stranieri non accompagnati sono i seguenti:

1)

raggiungere una certezza dell'analisi del fenomeno, e quindi del riscontro oggettivo e statistico dei dati a livello UE tra i paesi partner;

2)

elaborare un programma prioritario di intervento nei paesi di origine dei minori.

1.3

ha deciso in tale contesto di elaborare il presente parere d'iniziativa sulla situazione dei minori stranieri non accompagnati nel quadro dei processi migratori, col quale si propone d'illustrare l'importanza del fenomeno all'interno della gestione dei flussi migratori vista la specifica vulnerabilità dei minori e la possibilità che ci si possa approfittare di loro abusando del sistema di protezione ai fini di azioni che tendono allo sfruttamento e al lavoro minorile;

1.4

rileva, data la particolare connotazione del fenomeno e data l'urgenza e l'importanza di trattare il tema tra i paesi partner, che una oggettiva rilevazione del fenomeno non possa essere effettuata senza il coinvolgimento attivo e costante degli enti locali e delle regioni responsabili della presa in carico dei minori;

1.5

è convinto che nell'approccio alla gestione dei flussi migratori sia necessario procedere ad un salto di qualità riguardo alla migrazione irregolare riconoscendo l'importanza dell'azione di controllo delle frontiere e più in generale dello sforzo di coordinamento dei ministeri degli Interni tra gli Stati membri, ma ponendo l'accento sulla pari importanza del controllo civile e sociale dei territori senza il quale qualsiasi azione di contrasto e di integrazione è destinata ad essere inefficace e a non produrre gli effetti imprescindibili di governance del fenomeno più volte richiamati dalla Commissione europea. È necessaria l'elaborazione di misure specifiche per evitare l'abbandono dei rispettivi paesi di origine da parte dei minori e promuovere il loro rimpatrio assistito, definendo in tali paesi un sistema di protezione che favorisca l'attuazione di interventi per la tutela dei minori stessi;

1.6

constata che la Commissione europea presta un'attenzione insufficiente al fenomeno dei minori stranieri non accompagnati e auspica che la strategia sui diritti dei minori proposta dalla Commissione (COM(2006) 367 def.) affronterà efficacemente questo aspetto;

1.7

ricorda che il fenomeno dell'immigrazione potrà essere affrontato, a medio e lungo termine, solo attraverso politiche di cooperazione ad uno sviluppo sostenibile dei paesi d'origine, in grado di offrire ai cittadini, e in special modo ai giovani, una serie di opportunità sul posto;

1.8

si compiace del fatto che la comunicazione della Commissione (COM(2005) 389 def.) parte da un punto di vista interessante, e cioè quello di considerare i paesi d'origine come parti coinvolte nella gestione delle migrazioni; in tale contesto è fondamentale promuovere con tali paesi degli accordi che dovranno stabilire un collegamento diretto tra l'immigrazione e il loro necessario sviluppo;

1.9

constata che numerosi poteri locali e regionali subiscono l'onere di ricevere ed assistere i minori stranieri non accompagnati e sono anche responsabili della loro sistemazione, della loro assistenza sociale e sanitaria, nonché della loro educazione. Tali enti devono promuovere, quando opportuno, il loro inserimento lavorativo e portare avanti un'importante attività amministrativa e di documentazione sopportandone anche il conseguente peso finanziario;

1.10

chiede che la gestione del Fondo europeo per l'integrazione tenga conto delle esigenze specifiche degli enti locali e regionali e raccomanda la partecipazione di questi ultimi alla negoziazione dei programmi nazionali e dei corrispondenti programmi operativi;

1.11

nota che le dimensioni che questi flussi hanno assunto, l'incidenza che gli stessi hanno sui territori in termini di specifici bisogni espressi e di particolari servizi da erogare e la tendenza in aumento degli ultimi anni, suggeriscono il pieno coinvolgimento degli enti locali e delle regioni ai fini di una efficace governance del fenomeno sul territorio e quello delle autorità nazionali nella promozione di una politica più attiva che favorisca la cooperazione tra gli enti locali e regionali, in particolare dei per quanto concerne i gruppi vulnerabili;

1.12

sottolinea, seppur in presenza dei pochi dati a disposizione, lo straordinario lavoro profuso dalle amministrazioni competenti in ciascuno Stato, quale emerge alla luce dello studio effettuato ai fini del presente parere e riconosce l'elevata professionalità e lo spirito di servizio dei funzionari, come anche l'imprescindibile apporto e sostegno delle organizzazioni non governative e di tutela dei minori impegnati in questi anni a favore dei più deboli, tra i quali i giovani richiedenti asilo e vittime della tratta;

1.13

deplora il fatto che non in tutti gli Stati membri siano presenti procedure e strutture unificate in tema di protezione dei minori stranieri non accompagnati; chiede agli Stati membri di attuare quanto più uniformemente possibile le norme europee vigenti e deplora il ricorso ad interventi disordinati, spesso in presenza di conflitti di competenze tra livelli di governo, con l'alto rischio di effettiva e sostanziale discriminazione di trattamento dei minori tra i paesi membri, ma soprattutto all'interno di uno stesso paese membro;

1.14

evidenzia da subito che il problema dei minori non accompagnati, interessando soprattutto le regioni o le autonomie locali che confinano con le zone di origine dei minori, nonché i comuni, le regioni o le autonomie locali che presentano un più elevato livello di sviluppo economico e che offrono maggiori possibilità di inserimento professionale, rischia di non mettere sufficientemente in luce le difficoltà di comuni, regioni o autonomie locali ad alta densità di popolazione, il che si ripercuote direttamente sulle possibilità di effettiva protezione dei minori; allo stesso modo, gli enti locali e regionali di piccole e medie dimensioni dispongono di risorse limitate e vedono in tal modo ridursi le loro possibilità di azione;

1.15

ribadisce il suo disappunto per l'orientamento adottato dalla Commissione di utilizzare formulazioni deboli nelle recenti proposte avanzate (COM(2005) 389 def., COM(2005) 390 def. e COM(2005) 391 def.) che riguardano anche il rimpatrio forzato dei minori stranieri non accompagnati e vittime della tratta, senza alcun richiamo esplicito e vincolante ad un articolo ben preciso della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e della Convenzione relativa ai diritti dei bambini del 1989;

1.16

considera indispensabile prevedere dei servizi regionali e locali con personale specializzato per rispondere ai particolari bisogni dei minori stranieri non accompagnati, richiedenti asilo e vittime della tratta ad alto rischio di discriminazione ed esclusione sociale, nonché operare dei controlli contro gli abusi e le frodi cui sono soggetti i sistemi di protezione dei minori, attraverso:

la previsione di specifici interventi sulla salute relativi ai traumi, anche attraverso la etno-psichiatria,

la previsione di interventi specifici per i minori soggetti a detenzione da parte della giustizia minorile,

il sostegno alla procedura di affidamento anche omoculturale,

una più convinta azione di cooperazione con i paesi di origine e il sostegno alla cooperazione decentrata tra comunità di origine e comunità di accoglienza, nel solco delle esperienze originali che gli enti locali e regionali hanno avviato,

interventi nel campo dell'istruzione, destinati ad inserire adeguatamente i minori stranieri non accompagnati nel sistema educativo, insistendo in particolare sull'insegnamento della lingua del paese di accoglienza,

la protezione, nei paesi UE, dei profughi minori non accompagnati da ulteriori contatti con le organizzazioni criminali che controllano il traffico di esseri umani.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

2.1   Per una maggiore consapevolezza del fenomeno dei minori stranieri non accompagnati

Il Comitato delle regioni

2.1.1

ritiene insufficienti le previsioni legislative esistenti a livello europeo ed in alcuni Stati membri sui minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo e chiede pertanto di procedere per coprire:

l'assenza di procedure di richiesta d'asilo dedicate che offrano una protezione adeguata,

l'assenza di servizi specifici dotati delle professionalità necessarie e di risorse adeguate e sufficienti sul piano sia economico che materiale,

l'assenza di riferimenti dedicati nelle recenti direttive sull'asilo (Convenzione di Dublino II),

l'assenza di procedure che individuino un tutore che abbia piena conoscenza delle questioni inerenti l'asilo e che possa disporre di un sostegno fino alla chiusura della pratica di riconoscimento dello status di rifugiato o accessorio del minore,

l'assenza di interventi atti a prevenire fenomeni di discriminazione ed esclusione sociale con particolare riferimento alla detenzione dei minori da parte della giustizia minorile;

2.1.2

esige l'apertura di una urgente discussione con il Consiglio, la Commissione e il Parlamento europeo sull'approccio al fenomeno dei minori stranieri non accompagnati a partire da una microprospettiva che mostri la difficile situazione a livello locale e il contributo concreto che gli enti locali e le regioni possono fornire, ribadendo la necessità di dotarsi di stime del fenomeno a livello europeo. Per questa ragione il Comitato avanza anche proposte di misure concrete da adottare per meglio governare il fenomeno;

2.1.3

auspica che nell'apertura di un dibattito sul fenomeno tanto rilevante dei minori stranieri non accompagnati a livello europeo, particolare importanza assuma la dimensione della condizione e del ruolo delle comunità e delle famiglie di origine;

2.1.4

spera che i nuovi interventi legislativi, politici, programmatici in tema di minori stranieri non accompagnati, seppur nell'ambito della gestione dei flussi migratori, siano sempre rivolti al sostegno dei principi adottati dalla Convenzione dell'ONU sui diritti del minore del 1989 ed in particolare l'articolo 3, dei principi sanciti dal Trattato istitutivo dell'Unione europea, di quelli della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché degli altri strumenti internazionali di rilievo concernenti i minori non accompagnati. Tali interventi dovranno essere orientati sempre e comunque al migliore interesse dei minori, prevedendo eventualmente misure per evitare lo sradicamento dal loro ambiente familiare e culturale e promovendone una protezione accresciuta in caso di abbandono del paese d'origine per motivi ideologici o di fede.

2.2   L'urgenza di un intervento di protezione dei minori non accompagnati a livello UE

Il Comitato delle regioni

2.2.1

chiede di lavorare sulla presa di coscienza del fenomeno a livello europeo e ritiene che certi atti legislativi recenti abbiano omesso la previsione della necessità di proteggere i diritti dei minori in tale contesto. L'assenza in un certo numero di paesi membri di una procedura unificata a livello nazionale ha di fatto obbligato i poteri locali e regionali a prendersi la responsabilità della gestione del fenomeno sul territorio e del conseguente onere finanziario;

2.2.2

sostiene la urgente necessità di procedere alla elaborazione a livello europeo di un coerente approccio comune al fenomeno dei minori stranieri non accompagnati quale fenomeno migratorio. Tale approccio deve tener conto della estrema delicatezza del tema dei minori e della loro protezione, del tema imprescindibile del ruolo delle comunità e delle famiglie di origine e quindi dell'attenzione particolare da riservare al ruolo dei poteri regionali e locali cui spettano le attività di accoglienza e di sostegno sociale;

2.2.3

richiede inoltre di prestare attenzione agli interventi della giustizia minorile in relazione ai minori stranieri non accompagnati per la situazione di possibile rischio di discriminazione ed emarginazione sociale, tenendo conto della possibilità di ricongiungere il minore alla sua famiglia.

2.3   Rafforzamento del ruolo degli enti locali e delle regioni in un processo che parte dal basso (bottom-up) — proposte di approccio al fenomeno dei minori stranieri non accompagnati, potenziali richiedenti asilo e vittime della tratta

Il Comitato delle regioni

2.3.1

accoglie con favore il fatto che i fenomeni migratori vengono affrontati sempre più spesso a livello UE. La competenza esclusiva dei singoli Stati membri non risponde al complesso rapporto esistente tra le articolate politiche di gestione dei flussi migratori e la responsabilità in seno agli enti locali e alle regioni delle politiche dell'accoglienza e dell'inserimento sociale sul territorio dei soggetti più vulnerabili quali vittime della tratta, richiedenti asilo e minori stranieri non accompagnati;

2.3.2

richiede il pieno coinvolgimento degli enti locali e delle regioni ai fini di una efficace governance del fenomeno sul territorio, in particolare dei gruppi vulnerabili. È inoltre fondamentale garantire la complementarità e la cooperazione tra le varie organizzazioni non governative coinvolte, affinché tutte le azioni vengano coordinate con le rispettive autorità di governo, a meno che questo non risulti contrario agli interessi del minore. Nelle situazioni di emergenza, il dialogo e i meccanismi di coordinamento devono essere avviati sin dalle prime fasi e proseguire durante tutto il processo. Le dimensioni che questi flussi hanno assunto, l'incidenza che gli stessi hanno sui territori in termini di specifici bisogni espressi e di particolari servizi da erogare e la tendenza in aumento degli ultimi anni, necessitano un tale approccio. Chiede inoltre che su questa base venga elaborato uno studio di previsione.

2.3.3

Il Comitato delle regioni ritiene perciò necessaria:

a)

la previsione a livello europeo di interventi legislativi che riconoscano lo status di minore straniero non accompagnato anche richiedente asilo e vittima della tratta a partire da un riconoscimento dei diritti essenziali per il minore e il particolare bisogno di protezione attraverso norme specifiche concernenti:

l'individuazione di procedure dedicate sulla rilevazione dell'età e dell'identità nel modo più preciso possibile,

la definizione di misure concrete per evitare possibili frodi e abusi ai sistemi di protezione,

precise condizioni per l'individuazione del tutore,

la preferenza alla procedura di tutela per affidamento,

il riconoscimento dei diritti al compimento del diciottesimo anno di età in relazione al percorso di inserimento sociale, sentita l'autorità giudiziaria competente,

la definizione di procedure d'indagine per ricercare i membri della famiglia ai fini di un ricongiungimento,

la promozione di misure che sostengano le azioni di protezione nei paesi di origine,

il coinvolgimento della comunità e della famiglia di origine,

le disposizioni sul rimpatrio assistito esclusivamente nel migliore interesse del minore e sempre previa indagine familiare, tenendo conto delle eventuali convenzioni internazionali sulla protezione dei minori ratificate dal paese d'origine,

la definizione di procedure e condizioni per l'assistenza in caso di emergenza,

l'acquisizione dell'opinione del minore sui provvedimenti che lo interessano, garantendo la partecipazione del giudice alla difesa dei suoi interessi;

b)

la previsione di un programma di interventi decentrato ed in rete (Rete europea di protezione dei minori) dedicato ai minori stranieri non accompagnati attraverso specifici servizi che possano integrarsi con l'attuale rete di servizi sociali esistente e che prevedano interventi di accoglienza, integrazione e sostegno alle comunità e alle famiglie di origine, anche supportando progetti pilota degli enti locali attraverso interventi di cooperazione decentrata nel solco delle iniziative promosse ed avviate degli enti locali e regionali in stretta collaborazione con le organizzazioni non governative e prevedendo la definizione di criteri volti a distribuire equamente il numero di minori stranieri non accompagnati su tutto il territorio dell'Unione europea. A tal fine il Comitato delle regioni si impegna a raccogliere le migliori prassi adottate dai diversi enti locali e regionali dei paesi membri al fine di presentare una mappa delle esperienze di accoglienza, inserimento sociale e ricongiungimento familiare adottate; a tale scopo potrà essere creato un comitato di controllo che osservi come vengono attuati tali interventi sul campo e che raccomandi, una volta accertate le esigenze di miglioramento, una serie di azioni concrete;

c)

nel caso in cui i minori rimangano nel paese ospitante, la definizione delle misure necessarie per un loro adeguato inserimento nel sistema educativo al fine di apprendere la lingua del paese che li ha accolti e familiarizzarsi con i valori democratici della società in cui vivono;

d)

l'individuazione delle aree di origine maggiormente coinvolte dal fenomeno e la concentrazione su di esse delle iniziative di cooperazione, delle politiche di vicinato e di iniziative specifiche a sostegno dell'infanzia e dell'adolescenza con il coinvolgimento delle comunità di origine;

e)

l'erogazione di un permesso di soggiorno di protezione sociale attraverso la collaborazione con i ministeri degli Interni per favorire il percorso di uscita dal circuito dello sfruttamento e contrastare efficacemente le organizzazioni criminali;

f)

la programmazione di una conferenza biennale europea sul tema dei minori stranieri non accompagnati e la previsione di analoghe conferenze a livello nazionale, facendo in modo che a tali conferenze prendano parte anche le organizzazioni non governative, le associazioni degli immigrati e altre associazioni specializzate sull'immigrazione;

g)

il finanziamento totale dei fondi destinati all'accoglienza e all'inserimento dei minori stranieri non accompagnati da parte delle autorità nazionali ed europee.

Bruxelles, 12 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE